Frammenti

di Hymn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro ***
Capitolo 2: *** Presentazione ***
Capitolo 3: *** Appetito ***
Capitolo 4: *** Conoscenza ***
Capitolo 5: *** Malinconia ***
Capitolo 6: *** Contatto ***
Capitolo 7: *** Calore ***
Capitolo 8: *** Sangue ***
Capitolo 9: *** Assuefazione ***
Capitolo 10: *** Salvezza ***
Capitolo 11: *** Vicinanza ***
Capitolo 12: *** Ritorno ***
Capitolo 13: *** Affetto ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni ***
Capitolo 15: *** Rinascita ***



Capitolo 1
*** Incontro ***


Un'ombra scura passò davanti alla luna, mentre, diversi metri più in basso, la vita procedeva nel tipico clamore della notte.

Urla di ubriachi, risate e schiamazzi di matricole che avevano, come sempre, violato il coprifuoco. Giovani amanti che, scappando dalla vista degli umani, ignari di essere osservati dall'alto, si rifugiavano nei vicoli più scuri e recessi della Vecchia Capitale per far incrociare le loro labbra, in un tafferuglio di lingue e dita intrecciate.

Combriccole di giovani che, per scommessa, si divertivano a scippare persone più anziane, e come sempre venivano inevitabilmente acciuffati e puniti con una ramanzina se non qualche scazzottata.

L'odore pungente del sangue umano che scorreva a litri, pompato da diverse decine, se non centinaia di cuori, raggiungeva come un profumo inebriante le narici di quell'ombra che, dall'alto, osservava gli umani con distaccato interesse, chiedendosi quale fosse lo sventurato (o sventurata) che gli avrebbe offerto, volente o nolente, sostentamento.

Schiuse le labbra in una risata silenziosa, tirandole leggermente così da scoprire i canini, bianchi e affilati.

Il vento leggero di ottobre gli carezzava il volto pallido, scompigliando leggermente i capelli scuri come la notte, mentre i suoi occhi, azzurri e luminosi, studiavano la folla di persone al livello del suolo.

Difficile era interpretare quegli occhi. Vi brillava una malcelata malizia, un divertimento quasi puerile, una specie di disinteresse che in realtà celava la capacità innata che, fin dalla sua vita umana, lo caratterizzava, il saper discernere e capire le persone come fossero parte di sé.

Damian Assange, accucciato su un tetto, continuava a studiare le persone che scivolavano lente sul selciato sporco delle strade.

Balzò di nuovo, rapido e scattante come un felino, i muscoli duri e resi mortalmente potenti dalla sua Seconda Nascita oltre due secoli addietro, guizzarono con l'eleganza tipica della sua specie.

Molti lo guardavano con sospetto, anche tra le sue amicizie 'umane'.

Vampiro di stirpe Lancaster, stirpe famosa per aver da sempre generato redivivi mentalmente instabili con inclinazioni psicopatiche.

Non si definiva pazzo. Era semplicemente incline al comportarsi nel modo più strano ed imprevedibile possibile, e quel suo carattere così stranamente infantile non veniva quasi mai approfondito.

Si passò una mano tra i capelli scuri, sistemando una ciocca oltre l'orecchio, mentre faceva proprie informazioni appena sussurrate.

Sorrise maggiormente, ascoltando i 'ti amo' sussurrati in segreto, storie di tradimenti che venivano celati ai più non sfuggivano ai suoi sensi affilati e potenziati.

Il rumore umido di baci rubati, il fruscio di una mano sulla pelle nuda, il rumore di un cuore che accelerava i battiti.

Niente poteva scampare al suo udito fino, alla sua forte empatia, alla sua straordinaria comprensione dell'animo umano.

Poi, qualcosa lo distrasse.

Un mantello frusciava dietro una figura, un ragazzo probabilmente, a giudicare dall'odore. Voltò lo sguardo, saltando di tetto in tetto per seguire quella curiosa figura.

Matricola.”, si ritrovò a pensare, quando si accorse che dietro di lui un gruppo folto di studenti anziani del Collegio di Aldenor, riconoscibili dallo stemma sui mantelli, urlavano cercando invano di acciuffare il fuggitivo.

Il ragazzo perse secondi preziosi, dopo essere inciampato in una depressione del selciato. Si guardò attorno, mentre gli studenti anziani si stessero avvicinando.

Damian continuò a seguirlo, finché intuì ben prima del ragazzo che la direzione che stava seguendo lo avrebbe portato senza ombra di dubbio a finire in un vicolo cieco.

Lo precedette dall'alto, appollaiandosi sulla grondaia, un sorriso divertito sul viso, le gambe penzolanti che oscillavano.

Sì, quel ragazzo si era decisamente cacciato nei guai. Guai grossi.

La feluca ancora calata sul viso, il sorriso beffardo che aveva sul viso incuriosirono il vampiro.

Notò i capelli rossicci del ragazzo, la corporatura non esile ma nemmeno troppo massiccia, tipica di un ragazzo che era prossimo al diventare uomo.

Ma la cosa che maggiormente lo colpì fu l'odore del suo sangue. Ricco di adrenalina, sentiva distintamente il suo cuore pompare quel liquido così profumato nei suoi vasi sanguigni, suscitando nel vampiro un desiderio cocente di assaggiarlo. Si leccò con fare pensieroso le labbra, ignorando per qualche istante la sua voglia di sangue.

Si era ripromesso di non ferire mai giovani matricole, ma soltanto individui poco raccomandabili. Stupratori, ladri, assassini. Mai uno studente.

Poi un rumore di passi lo distrasse. Gli studenti anziani lo avevano raggiunto, e sembravano del tutto intenzionati a fargli passare un brutto quarto d'ora.

Immaginò il ragazzo impegnato per le prossime settimane a pelare patate, come spesso ero successa anche a lui, al suo anno da matricola.

Scosse la testa, e con una risata divertita si buttò giù dal tetto. Atterrò non visto dal fuggitivo, alle sue spalle, mentre gli studenti anziani retrocedevano di un passo avendolo, al contrario, notato.

Sorridendo divertito afferrò con un braccio la matricola per la vita, e tappandogli la bocca con l'altra mano, balzò di nuovo verso l'alto.

Sta' fermo, giovanotto, o il tuo sangue finirà per farmi perdere il controllo.”

Sussurrò roco al suo orecchio, ci aveva visto giusto. Il suo sangue aveva un odore tremendamente invitante, il suo corpo caldo, leggermente affaticato, rischiava di risvegliare il suo lato più istintivo e pericoloso.

Lasciò la sua bocca e la sua vita solo quando, dopo diversi salti e centinaia di metri percorsi, si ritrovarono vicino all'argine del fiume.

Il ragazzo saltò all'indietro, allontanandosi dal vampiro.

La feluca gli era volata via, e adesso Damian poteva discernere il suo viso leggermente lentigginoso, gli occhi scuri. Sorrise.

Cosa pensi di fare, mostro?”

Il ragazzo sibilò, tirando fuori una croce da sotto la camicia, fissando arcigno il vampiro. Damian alzò un sopracciglio, fissando prima gli occhi, poi la croce scintillante.

Metti via quell'affare, se avessi voluto ucciderti, avrei potuto farlo fin da subito.”

Scese il silenzio, mentre la matricola rifletteva alle sue parole. Lentamente, senza allontanare gli occhi dal redivivo, infilò nuovamente la croce sotto la camicia, annullandone l'effetto.

In un lampo Damian gli fu dietro, le dita affusolate che accarezzavano lo zigomo caldo del ragazzo.

Profumi di pericolo, giovane matricola.”

Una risata roca lo scosse, e lasciò un morso leggero sul collo del ragazzo che tentava invano di liberarsi. Lo lasciò andare subito dopo, sorridendo con finta innocenza.

Non hai paura di me, ragazzo?”

No, non la aveva, o se la aveva sapeva come celarla. E questo intrigava Damian; infilò le mani in tasca, fissandolo negli occhi. Poteva ammaliarlo, si disse, quando il ragazzo ricambiò con ostinata sfacciataggine il suo sguardo.

Sì, no, forse. Sono cresciuto con i monaci, non mi fai paura, vampiro.”

Di nuovo rise, di gusto. La sfacciataggine di quel ragazzo lo divertiva. Era abituato ad un atteggiamento simile, da parte di un altro uomo, ma lo studente era diverso. La sua sfacciataggine non era indice di una maschera, era il suo vero carattere.

Sei sicuramente un Lor...”

Il ragazzo sbuffò, indispettito. “Sì, sono un Lord. Mi chiamo Julian, vampiro.”

Il redivivo gli si fece di nuovo vicino, avvicinando una mano al suo viso per scostargli una ciocca di capelli. Ma Julian lo precedette, e con uno schiaffo allontanò il suo braccio.

Damian Assange. Mi devi un favore, Julian Lord. Ed io...”

Gli fu di nuovo alle spalle, rapido come il vento, il braccio destro serrato attorno alla sua vita, la mano sinistra a reclinargli con ferrea delicatezza la testa all'indietro. Poggiò di nuovo le labbra sul suo collo, strusciandole fin sopra la sua mascella, ridendo roco e gustandosi il suo brivido, una sensazione che gli cresceva nel petto, ben oltre l'attrazione fisica.

Era affascinato da Julian.

Io riscuoto sempre dai miei debitori.”

Sussurrò di nuovo al suo orecchio, mordendolo sul lobo, mentre il ragazzo continuava a protestare, cercando di infastidirlo inutilmente con gomitate sull'addome e tallonate sulle ginocchia.

Lasciò la presa, e con un paio di balzi sparì nella notte, lasciando Julian Lord ad imprecare sonoramente contro di lui; la sua minaccia di vendetta si perse nel vento , suscitando sulle labbra di Damian un sorriso divertito e, stranamente, felice.

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Capitolo 2
*** Presentazione ***


Per oggi sei congedato da ogni tuo impegno allo Studium, Julian.”

Fissava con cocente adorazione la persona che più stimava da quando aveva memoria, Axel Vandemberg. Lo aveva seguito fino alla Residenza, in silenzio, ascoltando ciò che aveva da fare in sua vece.

Era un tipo strano, il Duca della Chiave, il due volte Duca della Chiave, si corresse mentalmente Julian. Aveva carisma, aveva fascino.

Lo aveva più volte visto, dalla finestra della camera di Jordan, allenarsi con l'altro loro fratello, Bryce Vandemberg.

Era un uomo astuto, sempre pronto ad imbracciare le armi se ci fosse stato bisogno di combattere. Ed in più, bruciava prepotentemente d'amore per Eloise Weiss. Un amore struggente, passionale, di quelli che ti consumano nel profondo.

Allungò una mano, allontanando quei pensieri, quando il Princeps gli porse una busta sigillata dalla ceralacca con lo stemma dei Vandemberg.

Consegnalo a Gareth, lo conosci, giusto?”

Julian si fece meditabondo. “Quell'uomo impacciato, a cui le donne cadono ai piedi come coriandoli a carnevale?”

Axel annuì con un sorriso divertito, che trovò risposta in quello di Julian.

Proprio lui. Gli avevo dato appuntamento per stasera alla Locanda della Luna Nera. Ma ho già disposto che qualcuno prenda il mio posto.”

Non aggiunse altro, e con un cenno del capo congedò il giovane Lord, che sorridendo con tranquillità si inchinò, prima di allontanarsi con gran zelo, infilando la missiva nella tasca interna del mantello.

 

Stupido Axel!”

Gareth scosse veementemente la testa, i capelli biondi che oscillarono a quel movimento, gli occhi verdi accesi di divertimento.

Mi chiedo che cosa abbia di importante da fare, stanotte. Anzi no, credo di saperlo.”

Sorrise sornione, e Julian ridacchiò sotto i baffi, sia per l'implicita considerazione sulla vita privata di Axel ed Eloise, sia per tre ragazze che, a quel sorriso, parvero aver dimenticato perfino il loro nome o la loro dignità. Risero leggere, le voci cristalline e un po' alte, nel tentativo di farsi notare da Gareth.

Il novizio Duca aveva insistito per tirarsi dietro Julian, dato il suo zelo nel riferire e consegnare la missiva dell'erede al trono di Aldenor; e probabilmente era stato un bene, visto che nel tragitto aveva rischiato di cadere al suolo inciampando nei suoi stessi piedi diverse volte, e ci sarebbe finito, se Julian non l'avesse sorretto.

Avevano da poco ordinato da bere, quando Julian si accorse che l'oste aveva portato al loro tavolo, isolato dagli altri, tre calici. Due colmi di pregiato vino, il terzo celava il contenuto essendo in acciaio. Un lumino acceso, inoltre, faceva bollire un piccolo contenitore d'acqua che emanava un piacevole aroma speziato. Fissava quel calice coperto con sguardo interrogativo, finché una voce alle spalle lo fece sobbalzare sulla sedia, facendogli andare di traverso il vino.

 

[…]

 

Aveva ricevuto da Axel in persona una lettera. La lesse ripetute volte, assimilandone il significato.

Lasciò il foglio sul tavolo, per giustificare la sua assenza quella sera, e si infilò sotto la doccia.

Si lavò di dosso l'odore del sangue che, dalla sera prima, ancora incrostava i capelli scuri. Si beò dell'acqua tiepida della vasca, rabbrividendo di piacere per la sensazione di calore che gli procurava.

Si asciugò e, vestendosi in fretta uscì, diretto alla Locanda.

Una volta entrato guizzò gli occhi alla ricerca di Gareth Elridge. L'oste gli indicò un tavolo, nascosto alla vista, mentre nelle orecchie di Damian risuonavano decine di cuori e di voci.

Non odiava i luoghi affollati, tutt'altro. Trovava divertente osservare gli umani in circostanze simili. Sorride divertito, i canini appena scoperti, quando un odore diverso, familiare, lo colpì alle narici. Cercò di ricordare, e quando ci riuscì, rise sommessamente. L'oste gli scoccò un occhiataccia, e scosse la testa.

Onorevole Assange, vi stanno aspettando.”

Si congedò lanciando sul bancone qualche moneta d'oro, prima di incamminarsi nella saletta che gli era stata indicata. Entrando notò immediatamente la chioma bionda di Gareth, e soprattutto Julian Lord, le spalle rivolte verso di lui.

Ne riconobbe la chioma rossiccia, e in particolar modo l'odore del sangue.

Signori, buonasera.”

Rise roco, avvicinandosi al tavolo e stringendo la mano che Gareth gli porgeva, sorridendo tra sé per il brivido che la sua voce aveva provocato nello studente.

Damian, bentrovato! Lascia che ti presenti...”

Julian si alzò senza troppi indugi, voltandosi e puntando lo sguardo in quello del vampiro. Damian abbassò lo sguardo su quello del giovane, sorridendo con una punta di malizia, stringendogli la mano quando il ragazzo si presentò, come se fosse la prima volta.

Julian Lord.”

Lo tirò a sé, facendo leva sulle loro mani giunte, e poggiando la mano sinistra sulla sua guancia gli sfiorò le labbra con il pollice. Sorrise quando lo vide arrossire, infastidito da quel gesto, e abbassò le labbra al suo orecchio.

Mi piace mettere in difficoltà la gente, giovane Lord.”

Sussurrò con malizia, lasciando andare la presa dopo un tempo decisamente troppo lungo, ma Gareth parve non farci caso, impegnato a ricambiare i saluti delle ragazze con scarso interesse. Già era promesso ad una sola donna, come testimoniava un anello che Damian notò al suo anulare sinistro.

Damian Assange, sono piacevolmente colpito da voi. Sembrate un giovane talentuoso.”

A quelle parole Gareth si girò, ridendo.

Sì, Damian. Probabilmente, se riuscirà negli studi, diventerà un Duca della Chiave.”

Una scintilla maliziosa comparve in fondo agli occhi di Damian, mentre il ragazzo scoccava invece un'occhiata omicida al giovane Elridge, prima di tornare a fissare gelidamente il redivivo. Allontanò con violenza la mano dalla sua, quando il pollice di Damian gli solleticò la pelle del polso, i capillari pulsanti sotto la superficie.

Forse è il caso che vi lasci soli.”

Il redivivo osservò attento i movimenti del ragazzo, il nervosismo evidente dal leggero tremore delle sue mani, troppo lieve perché Gareth potesse notarlo. Ne sorrise, e si sedette come se niente fosse successo davanti al calice d'acciaio.

Non c'è problema giovane Lord, sarà una chiacchierata veloce e incomprensibile per voi, non c'è nessun bisogno che ve ne andiate.”

Regalò un sorriso sghembo al ragazzo, che serrò le dita attorno allo schienale, tornando a fulminare Gareth con lo sguardo quando quest'ultimo rise alla battuta di Damian. La mano del novizio Duca batté sulla spalla di Julian. “Suvvia Julian, rimani! Parleremo dell'Ordine...” - abbassò la voce, sussurrando - “Sicuramente ne trarrai vantaggio nel tuo futuro!”

A quel duplice invito non poté far altro che sedersi, alzando lo sguardo sui due per osservare con una certa curiosità il calice che Damian si stava portando alle labbra.

Il redivivo notò il suo sguardo, e con una certa lentezza trasse un lungo sorso. Quando poggiò il calice, le sue labbra erano macchiate di rosso. Sorrise dell'espressione sconvolta del ragazzo, guizzando la lingua per ripulirle, schiudendo le labbra sui canini. Intrecciò quindi le pallide ed affusolate dita per poi concentrarsi su Gareth, iniziando a confabulare con l'uomo di faccende di cui Julian, in quel momento, si sentiva del tutto estraneo.

 

Passarono probabilmente un paio d'ore; Damian si accorse di come Julian stesse cercando di seguire più o meno attentamente il loro discorso, e inconsciamente si ritrovò a rallentare ed esplicare concetti in modo più chiaro, nonostante Gareth li conoscesse già. Probabilmente quelle spiegazioni extra sarebbero decisamente giovate al giovane Duca. Si accorse anche di come gli occhi marroni dello studente seguissero attentamente i suoi movimenti, e ne sorrise tranquillamente, con una certa punta di autocompiacimento. Non era vanitoso, ma l'essere così apprezzato gli piaceva e, soprattutto, gli mancava.

Si ritrovò a desiderare di sfiorare quel viso concentrato con le dita, e si sentì stranamente a disagio. Approfittò poi dello sbadiglio di Gareth, per troncare la conversazione.

È quasi mezzanotte, meglio finirla qui per stasera.”

Gareth si destò, e Julian distolse l'attenzione quando si accorse che il redivivo lo stava fissando.

Accidenti... Julian, ti accompagno al Collegio, o passera...”

Il Duca della Chiave non fece in tempo a concludere il discorso che Damian prese parola, fissando con un certo interesse, con sincera curiosità Julian.

Lo riaccompagno io, Elridge. Faremo prima, e lo farò rientrare dalla finestra, nessuno si accorgerà della sua assenza.”

Gareth parve valutare la cosa, mentre un espressione attonita e decisamente sconvolta si dipinse sul volto di Julian. Damian sorride a quella vista, ridacchiando sotto i baffi.

Beh, molto bene allora! Julian, Damian, a presto!”

Elridge si alzò, provocando un notevole trambusto nel tentativo di liberarsi dall'ingombro della sedia che si era impigliata al mantello, lasciando poi il vampiro ed il ragazzo da soli, mentre quest'ultimo, ancora attonito, non riusciva a pensare qualcosa di sensato, preso alla sprovvista dalla piega che avevano preso gli eventi.

Damian si alzò, il calice ormai vuoto, e fissò con sguardo interrogativo Julian. “Beh, ti alzi?”

Senza dargli modo di aprir bocca Julian si alzò, fissandolo in cagnesco. Lo seguì fuori dal locale, prima di precederlo di un paio di passi, nervoso, il cuore che batteva a mille.

A che gioco stai giocando, Assange?”

In un fruscio di stoffa il redivivo gli fu dietro, tirandolo con sé in un vicolo laterale, deserto e scuro.

Sono curioso, Lord. Sei... Particolare.”

Gli sfiorò la guancia con le dita mentre parlava, sorridendo del rossore che imporporava le sue gote, sincera curiosità nei suoi occhi. Julian ricambiò lo sguardo, rilassandosi appena. Si era accorto che Damian non mentiva, né pensò che lo stesse ammaliando.

Sono solo un comune essere umano, Assange, come tanti altri.”

Scostò la sua mano con un gesto brusco, ma più gentile dell'ultima volta. Sorrise appena al suo complimento, scuotendo la testa.

Ne ho visti tanti di umani in due secoli, ne ho amati tanti e tanti mi hanno fatto soffrire.”

Soffiò vicino al viso del giovane, la voce bassa e tranquilla, nessuna malizia a colorarne il timbro. “E sì, sei particolare Julian Lord, e vorrei avere la possibilità di conoscerti meglio.”

La matricola arrossì pericolosamente, il cuore che accelerava i battiti. Damian ignorò la sua reazione, combattendo con l'impulso di metterlo ulteriormente a disagio. Allontanò la mano dal suo viso prima di voltarsi di scatto, fiutando qualcosa.

Vieni, ora.”

Sibilò e afferrò il ragazzo per un braccio, tirandoselo contro. Julian emise uno sbuffo, quando impattò contro il corpo resistente e tonico del redivivo, e trattenne il fiato quando venne stretto dal suo braccio, finché non si ritrovarono su un balcone al secondo piano. Chiuse gli occhi e si accucciò, mentre uno schiamazzo di voci proveniva dal basso.

Ordine della Croce, giovane Lord, non è consigliabile che ti vedano assieme ad un vampiro.”

Sussurrò divertito, e quando il gruppo di uomini armati sparì alla vista, Damian lo strinse di nuovo. Gli tappò la bocca con una mano, prima di saltare di nuovo al livello del suolo, solo per balzare nuovamente su un balcone vicino.

Poco dopo erano giunti al Collegio di Aldenor.

Gli occhi azzurri di Damian si levarono sull'ala dei dormitori, mentre il suo braccio ancora si teneva premuto contro il corpo caldo di Julian, facendosi avvolgere dal suo calore.

Lasciò andare il ragazzo soltanto quando questo si scostò con forza da lui, e rise quando vide l'evidente disagio sul suo viso.

Grazie di avermi accompagnato, Damian.”

Sorrise quando si accorse dello sforzo che quelle parole costarono a Julian, e di nuovo gli fu vicino. Gli alzò il viso con due dita, guardandolo negli occhi.

Sentì il suo corpo irrigidirsi per quel gesto, e senza aspettare altro poggiò le labbra sulla guancia. Chiuse gli occhi e le lasciò leggermente premute, rubando a quel corpo il calore della vita che pulsava incessante al suo interno.

Ricordati, giovane Lord, mi devi un favore.”

Sussurrò al suo orecchio, prima di prenderlo di nuovo con entrambe le braccia e, saltando, lo depositò sul davanzale della sua camera, prima di sparire di nuovo nella notte, lasciandolo lì, da solo, a fissare confuso il cielo notturno.

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Capitolo 3
*** Appetito ***


 

Erano passati alcuni giorni da quel casuale quanto fortuito incontro con Julian, quella sera alla Locanda. Si era accorto che il ragazzo non aveva quasi mai allontanato lo sguardo mentre parlava con Gareth riguardo alle mansioni di un Duca della Chiave, ma aveva evitato di girarsi e guardarlo direttamente.

Non tanto perché non volesse, quanto perché qualcosa dentro di sé gli disse che era tremendamente sconveniente.

Si era quindi ritrovato a pensare, la notte stessa, a quel ragazzo. Si morse le labbra, tirandole in un sorriso divertito al pensiero che Julian non aveva mai mostrato il benché minimo timore nel guardarlo direttamente negli occhi, nonostante conoscesse la sua natura di vampiro.

L'aveva osservato in quei giorni, o per meglio dire quelle notti. Era abitudine comune uscire dal Collegio, e quell'abitudine era particolarmente diffusa tra le matricole.

La sera seguente, mentre ciondolava tranquillamente su un tetto, Damian aveva fiutato l'odore particolare ed invitante del sangue e della pelle di Julian. Seguendone la traccia l'avevo visto sgattaiolare via insieme ad altre due persone.

Scendendo sui tetti più bassi aveva scoperto che le altre due figure erano Jordan Vandemberg, riconoscibile dalla capigliatura bionda, e Sophia Lord.

Anzi, Sophia Blackmore. Se ne rese conto poco dopo, quando sentì i ragazzi confabulare riguardo la stretta parentela di Sophia con un certo 'Cain'.

Sorrise divertito a quella vista, tre matricole che continuavano ad eludere il coprifuoco del Collegio come se fosse la cosa più naturale del mondo. E maggiormente lo divertiva l'importanza di Sophia e Jordan, entrambi appartenenti a famiglie di Reggenza.

Poi, tornò a focalizzare l'attenzione su Julian, la capigliatura rosso scuro appena visibile al di sotto della feluca. Dei tre, in quel momento, era il personaggio più strano e fastidiosamente sconosciuto. Scosse la testa, nonostante le labbra piegate in un sorrisetto malizioso. “Colpa del suo sangue” si disse, non poteva esserci altra spiegazione per tanto interesse, se non l'aroma particolare della linfa vitale che circolava nel corpo di quel ragazzo.

 

Sentiva sulla lingua e nei muscoli la necessità di nutrirsi. Erano passati tre giorni dall'ultimo “pasto”, e fino al giorno prima ne aveva risentito gli effetti. L'uomo di cui si era nutrito era ubriaco. E non poco. L'enorme quantità di alcool si era riversata nel corpo del vampiro, lasciandolo intontito per tutto il giorno successivo, insieme al sangue.

Saltava agilmente per i tetti delle zone più malfamate della città, come sempre, in cerca di qualche personaggio poco raccomandabile e decisamente fuorilegge da cui attingere nutrimento. Odiava uccidere o anche solamente debilitare persone innocenti o, comunque sia, civili comuni.

Superò senza indugio la Cattedrale di Black Friars, concedendosi giusto qualche istante per osservarla dall'alto di un tetto. Ne studiò la facciata, scura ed imponente. E, subito affianco, i cancelli del Presidio, da cui emanava la tipica nebbia malsana, densa per quanto incredibile di vita.

Gli umani li chiamavano semplicemente “demoni”, ma la maggior parte dei redivivi sapeva quanta vita vi fosse all'interno. Ne sentiva anche ad una certa distanza l'impalpabile ed opprimente presenza, quasi come una mano che spingeva incessantemente a livello dell'addome, fin sotto la pelle e diretta allo stomaco.

Dopo un tempo sufficientemente breve saltò di nuovo, allontanandosi dal Presidio e dalla Cattedrale, mentre si inoltrava nel borgo di Altieres, che aveva ormai ben poco a che vedere rispetto alla vera ed originale nazione da cui prendeva il nome.

Palazzi in rovina caratterizzavano le strade antiche e lastricate, ma non vi diede peso. Superò tranquillamente il Borgo, inoltrandosi quindi in quello di Maderian ed infine in quello di Faldras, diretto al Canale dei Fraticelli.

Da sempre conosciuto come ritrovo di criminali e come luogo in cui i crimini erano più frequenti, era il luogo adatto per ricavare nutrimento e sostentamento per un vampiro.

Il sangue in quel posto scorreva copioso, pompato da decine e decine di cuori che probabilmente non avevano neanche più il diritto di battere.

 

Saltò di nuovo, fino a giungere su uno dei tetti più bassi limitrofi al Canale. Si nascose nell'ombra, gli occhi azzurri che guizzavano vigili da una parte all'altra della strada, in attesa; schiuse appena le labbra, facendo fuoriuscire i canini dalle loro sedi, bianchi e scintillanti nella pallida luce della luna, mentre sentiva ormai distintamente l'odore del sangue.

Sangue sporco, sangue mescolato a quantità forse eccessive di alcool e droghe, nulla che non potesse sopportare.

Stava per darsi di nuovo la spinta per atterrare con noncuranza sulla strada sottostante, quando di nuovo una voce lo distrasse. Più che una voce era un urlo, maschile. “Soph, urla!”

Scattò di nuovo, saltando sul tetto di fronte, fino a ritrovarsi su un balcone.

Guardando verso il basso, i canini ben sporgenti ed i muscoli tesi, vide una scena familiare, frequente al Canale. Scena che adesso assumeva sfumature ben più terribili, visto che ad essere accerchiati non erano ladri che tentavano di sgraffignare qualcosa alle bande presenti, ma tre ragazzi.

Strinse i pugni, gli occhi che guizzavano rapidi. Sophia era tenuta ferma da un uomo decisamente corpulento, mentre Jordan e Julian, ancora le feluche calate sui visi erano immobili, le mani agli stiletti che avevano sotto ai mantelli.

Si chiese il perché, quando lo scintillio di una lama premuta al collo di Sophia gli esplicò il motivo di tale rigidità.

Senza pensarci due volte saltò giù, atterrando alle spalle dell'uomo. La mano saettò su quella dell'uomo che reggeva il pugnale, spezzandogli con un sonoro schiocco il polso e facendogli lasciare la presa sulla lama.

Scappate, ora.” - latrò contro gli studenti nel momento esatto in cui Sophia riuscì a divincolarsi dalla presa dell'uomo. Serrò il braccio attorno alla vita del delinquente, tappandogli la bocca con la mano destra, mentre affondava i canini nel suo collo.

Chiuse gli occhi, il sapore del sangue che si stava riversando sulla lingua e in gola gli fece storcere il naso, il viso contratto in una smorfia. Quell'uomo era ubriaco, ed il suo sangue sapeva in modo quasi nauseante di alcool.

Julian, andiamo!”

Spalancò gli occhi di colpo, e alzando lo sguardo incrociò quello marrone del ragazzo. Addossato contro il muro stava fissando la scena con gli occhi spalancati mentre Jordan lo stava chiamando, tenendo Sophia per la vita.

Sentiva il suo cuore battere all'impazzata, il sangue pompato a quella velocità lo destabilizzò. Ritrasse i canini dal collo dell'uomo che cadde a terra, svenuto, mentre attorno a lui si allargava lentamente una pozza del suo stesso sangue che sgorgava placido dalla giugulare perforata.

Mosse un passo in avanti verso Julian, i canini ancora estratti, quando quello scattò e si diresse velocemente verso la sorella e l'amico, correndo rapido e quasi al limite delle sue possibilità.

Lo vide inciampare e cadere a terra, ed istintivamente gli fu dietro, sorreggendolo. Lo guardò, le labbra ancora sporche di sangue, ma l'unica cosa che vide nei suoi occhi fu panico.

Jul...”

Il ragazzo si divincolò, cadendo a terra e strisciando all'indietro, urlando a Sophia e Jordan di andare avanti e nascondersi.

Julian...”

Tornò ad incrociare il suo sguardo, afferrando il suo polso con la mano, ricevendo in cambio un nuovo sguardo pieno di terrore e disprezzo.

Lo tirò su, facendolo poggiare al muro. Si portò alle labbra il polso sinistro e se lo graffiò con i denti, facendo gocciolare poche gocce del proprio sangue sulla ferita che il ragazzo si era procurato sul palmo. Fissò la pelle richiudersi, poi inchiodò nuovamente gli occhi in quelli marroni di Julian.

Non volevo che tu...”

Serrò maggiormente le dita attorno al suo polso quando di nuovo Julian cercò di allontanarsi, premendo poi la mano sinistra sulla sua spalla e fermandolo con forza al muro.

Lasciami andare, mostro!”

Contrasse la mascella, lanciandogli un'occhiata infastidita e rabbiosa, facendolo improvvisamente tacere. Si accorse che il sangue sotto alle sue dita stava rallentando e allentò leggermente la presa sul suo polso, senza lasciarlo andare.

La prossima volta non venite a giocare al Canale, stupidi ragazzini!”

Ringhiò infastidito in direzione di Julian, scoccando poi un'occhiataccia a Jordan e Sophia che erano rimasti a pochi metri da loro, fissando la scena.

Specialmente voi due! E tu...” - tornò a guardare Julian, il nervosismo palpabile nel tono della voce - “Tu ora vieni con me.”

Fece cenno ai due ragazzi di scappare, e afferrando Julian per la vita saltò in alto, di nuovo sui tetti.

Cosa vuoi, Damian?!”

Voltò appena lo sguardo verso di lui, fissandolo per qualche istante in silenzio. A quel contatto d'occhi Julian lasciò andare la smorfia infastidita che aveva sul viso, distogliendo lo sguardo e rimanendo in silenzio.

Il vampiro continuò a guardarlo, seguendo dai tetti Sophia e Jordan che correvano sotto di loro. “Non avrei voluto farvi assistere a tutto quello.”

Soffiò appena, la voce gelida e distaccata. Non appena lasciarono il Borgo di Faldras scattò in avanti, oltrepassando di gran lunga Jordan e Sophia, finché non si ritrovarono, pochi minuti dopo, nei pressi del Collegio.

 

Scesero a terra, e solo dopo aver lasciato la presa attorno al corpo di Julian si voltò di nuovo verso di lui, assestandogli uno schiaffo.

Scusami per avervi fatto vedere cosa significa essere un vampiro.”

Sbuffò appena, poi gli alzò il viso con due dita, facendo leggermente pressione sotto al suo mento.

La prossima volta non vi aiuterò, sappiatelo.”

Lo lasciò andare, cercando il suo sguardo, sguardo che non trovò poiché il ragazzo stava fissando un punto imprecisato alla loro sinistra.

Scusa.” - mormorò appena, senza guardare Damian. Il vampiro sorrise tra sé, avvicinandosi di nuovo a lui e sollevandolo per la vita con le braccia. Lo vide avvampare, le ciocche di capelli rossicci che rimbalzarono appena sulla sua fronte.

Che stai fa-” - lo zittì poggiando una mano alla sua bocca, fissandolo con un certo divertimento in fondo agli occhi. Lo strinse leggermente, stringendo di più il braccio attorno alla sua vita, allontanando poi la mano dalle sue labbra.

Mi devi due favori, giovane Julian.”

Sussurrò appena, allungando anche l'altro braccio attorno al suo corpo, premendoselo contro. Sentiva il suo cuore battere forte, il viso arrossato dal fastidio di quel gesto. Poggiò le labbra sui suoi capelli, ignorando i vani tentativi di Julian di allontanarsi.

La prossima volta non farmi preoccupare.” - mormorò appena, e rise leggero quando, a quelle parole, il ragazzo si bloccò. Fece per dire qualcosa, quando un rumore di passi in lontananza lo fece voltare. Annusò l'aria, e riconobbe gli odori di Sophia e Jordan, e si girò nuovamente verso il ragazzo, fissandolo negli occhi.

Questo è per l'altra volta.”

Tornò a sussurrare leggermente al suo orecchio, prima di scendere con le labbra sulla sua mascella. Lo sentì irrigidirsi nuovamente, e ridendo roco sulla sua pelle lo strinse più forte, rendendo di nuovo inutile ogni suo sforzo di liberarsi.

Assange, lasciami andare... Or-”

Bloccò le sue parole con un leggero morso sulla guancia, chiudendo gli occhi.

Stringimi, Lord, adesso.” - sussurrò con voce ferma sulla sua pelle, e rise di nuovo quando le braccia del ragazzo si intrecciarono esitanti dietro la sua schiena. Allungò una mano sulla sua nuca, e scivolò con le labbra fin sopra alle sue, lasciandogli un leggero bacio, assaporando il sapore delle sue labbra umide. Lo sentì irrigidirsi e lasciare la presa, spingendolo via. Rise ancora, divertito, e in un guizzo gli fu dietro, la mano poggiata sulla sua bocca per non farlo gridare.

Au revoir, petit garçon.”

Lo lasciò andare, saltando all'indietro su un tetto nello stesso momento in cui Sophia e Jordan girarono l'angolo, raggiungendolo.

Si nascose nell'ombra, fissando divertito la scena che si presentava ai suoi occhi: Julian imbambolato davanti all'entrata del Collegio, mentre la sorella adottiva ed il giovane principe si sinceravano delle sue condizioni.

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Capitolo 4
*** Conoscenza ***


 

Stai bene, Julian?”

Il ragazzo alzò gli occhi dal libro, fissando con un sopracciglio alzato Jordan che, dal suo letto, lo stava scrutando con aria evidentemente preoccupata.

Sì, perché? Ho qualcosa in faccia?” - domandò con una vena di ironia, rompendo la maschera di preoccupazione di Jordan che gli sorrise con il suo solito sorriso tranquillo.

Non hai niente sul tuo bel faccino, Jules. Ma dall'altra sera...” - fece un cenno con la mano, come per scacciare una mosca e sottolineare l'ovvio - “... L'altra sera sembravi scosso.”

Si morse le labbra, ricambiando lo sguardo blu di Jordan. Non blu, azzurro. Scrollò le spalle, per poi tornare a ridacchiare.

Fai te. Incroci uno stronzo che a momenti sgozza la nostra Soph, poi un vampiro dissangua lo stronzo di cui sopra. Sì, ero scosso.”

In risposta Jordan ridacchiò, annuendo alle sue parole, guardandolo tuttavia con una punta di serietà. “Quel vampiro aveva ragione. Il Canale non è luogo per noi.”

Julian sbuffò, incrociando le braccia al petto e ghignando con una punta di malignità. “Se tu preferisci i libri al brivido non venire con me e Sophia.”

Fu il turno di Jordan di sbuffare, alzando un sopracciglio e chiudendo il libro che stava leggendo, comodamente sdraiato sul letto.

Non si tratta di questo. Se Soph dovesse subire qualche ferita, anche mortale, l'intera Altieres andrebbe nel panico. E lo sai bene anche tu.”

Sì, lo sapeva. Ma ormai Sophia e Gabriel non erano accompagnati? Non era forse sparita la rivalità tra loro?

Hai ragione, non sono portato per la politica, non avendo sangue blu nelle vene.”

Con un'occhiataccia frenò Jordan dal commentare, e con un cenno poco simpatico della mano si alzò, fissandolo negli occhi.

Andiamo, Principe, abbiamo lezione.”

Detto questo, senza aggiungere altro e senza sorridere si avviò alla porta, afferrando la tracolla e ficcandoci dentro il libro, prima di sparire dietro la porta, sbattendosela alle spalle.

Jordan sospirò e scosse la testa, e si affrettò a seguire il ragazzo nel corridoio.

Ma si fermarono poco dopo, una voce piuttosto seccata li obbligò a girarsi.

Lord, Vandemberg, fermatevi.”

Nel girarsi Julian sorrise, mentre Jordan sembrava volersi sotterrare dalla vergogna. A pochi passi da loro stava Eloise, con indosso ancora l'uniforme della Societas di Medicina. E accanto a lei stava Sophia, che sul viso aveva lo stesso sorrisetto sfacciato di Julian.

Voi tre, quando la smetterete di violare il coprifuoco?”

La voce di Eloise tradiva un certo nervosismo di fondo, le dita affusolate serrate attorno allo stetoscopio che teneva al collo.

Onorevole Eloise, non succederà più.”

Julian la guardò tranquillamente, e si confrontarono con lo sguardo. Lo studente anziano li squadrò uno ad uno, specialmente Sophia, prima di sorridere con un certo sarcasmo.

Non lo metto in dubbio. Ed ora, tu...” - indicò Jordan con un dito - “... Tu presterai servizio nelle cucine. È arrivato proprio da poco un carico di diversi quintali di patate da pelare.”

Jordan rabbrividì all'idea, poi abbassando lo sguardo annuì con un cenno del capo.

Tu, Sophia Blackmore... Parlerò con il tuo tutore, e lui sceglierà la punizione più adeguata. E mi assicurerò che tu non pianga a comando, oppure dovrai vedertela direttamente con me.”

La ragazza le scoccò un'occhiata truce, palesemente ignorata dalla studentessa di Medicina.

Mentre tu, Lord, presterai servizio all'ospedale della Misericordia. I pavimenti del pronto soccorso necessitano di una bella pulizia.”

Il ragazzo mantenne il suo solito sorriso sfacciato ed annui, suscitando un sorriso quasi divertito sulle labbra di Eloise. “Sarà fatto, onorevole Eloise.”

 

 

Sono distrutto.”

Jordan si lasciò letteralmente cadere sul proprio letto, le braccia larghe, mentre fissava il soffitto, le mani doloranti per le decine e decine di patate che era stato costretto a pelare. Julian lo guardò con una punta di divertimento, flettendo le braccia per sciogliere i muscoli.

Parli tu, io che dovrei dire? Ho pulito decine di volte il pavimento della Misericordia, sembrava che Megan si divertisse a far vomitare accidentalmente i pazienti direttamente per terra.”

Risero entrambi, e Jordan alzò la testa, poggiandosi con la schiena al muro. “Probabilmente Eloise le ha detto proprio di renderti la vita un inferno, stranotte.”

Julian scosse la testa, alzandosi dal letto e avviandosi all'armadio, quando un bussare di nocche sul vetro fece voltare entrambi i ragazzi.

Cain?” - si guardarono, confusi - “Sa che Sophia non è con noi, che è venuto a fare?”

Julian scrollò le spalle, e si avvicinò alla finestra per aprirla. E, subito dopo, rimase perplesso a fissare a pochi centimetri di distanza il viso divertito di Damian. Il vampiro lo spinse indietro, scivolando elegantemente all'interno della stanza. Jordan sobbalzò, riconoscendolo, e si allontanò dal letto, avvicinandosi alla porta.

Sarebbe comunque inutile, giovane Vandemberg, se volessi ti raggiungerei prima che tu possa dire 'ah'.”

La risata divertita del redivivo fece infuriare Julian che, lasciando da parte il timore e soprattutto l'imbarazzo di averlo in camera, gli si scagliò contro, per lo meno verbalmente.

Che cazzo ci fai qui, Damian? Sei venuto per cosa, di prec-”

Non terminò la frase, che Jordan prese parola, facendolo voltare.

Damian? Damian Assange? 'Quel' Damian Assange?”

Gli occhi azzurri di Jordan incrociarono quelli ben più azzurri e luminosi di Damian. Il vampiro rise di gusto, e in un guizzo fu dietro Julian, girandolo verso Jordan e sfiorando con le labbra il suo orecchio. Jordan alzò un sopracciglio, mentre Julian cercava di divincolarsi.

Esatto, piccolo Vandemberg, sono 'quel' Damian, di cui immagino tu abbia sentito parlare da tuo fratello...”

Parlò con voce roca, facendo rabbrividire Julian, che continuava a divincolarsi nella presa ferrea delle sue braccia.

Lasciami andare, mostro! Lasciami!”

Il redivivo sbuffò, e gli tappò la bocca con la mano, fissando nuovamente Jordan. “Piccolo principe, spiega al tuo fastidioso compagno di camera chi sono.”

Jordan esitò, incerto su cosa fare, soprattutto nel guardare la scena che gli si parava davanti, ambigua e del tutto priva di senso.

Damian Assange, due volte Duca della Chiave, colui che ha aiutato Axel a diventarlo due volte a propria volta.”

La voce appena sussurrata di Jordan fece sgranare gli occhi a Julian, che si immobilizzò. Damian rise di nuovo, roco, al suo orecchio. Lo lasciò andare, semplicemente sedendosi con disinvoltura sul davanzale.

Lui... Lui che cosa?!” - il ragazzo si voltò, fissando allibito Damian.

Volete dirmi che questa specie di maniaco è... Tu?!”

La confusione sul suo viso fece sorridere Damian, che scosse la testa. “Sì, io. Proprio io.”

Julian borbottò qualcosa di incomprensibile, una specie di il mondo va a rotoli che fece sorridere maggiormente Damian.

Il redivivo scese dal davanzale e si avvicinò al ragazzo, fissando tuttavia Jordan che, se possibile, era ancora più confuso del compagno di stanza. “Giovane Vandemberg, reclamo la compagnia del giovane Lord per stanotte.”

Julian si voltò, cercando di allontanarsi, ma il braccio di Damian gli serrò la vita, e la sua mano scivolò a tappare la sua bocca prima che potesse dire qualsiasi cosa.

Lascia la finestra aperta, petit prince, o sarò costretto a lasciarlo davanti all'ingresso principale.”

Detto questo saltò sul davanzale, tenendo ancora stretto Julian che guardava con aria implorante Jordan; tuttavia il giovane rampollo Vandemberg fissava i due con aria sbigottita, la bocca semiaperta per lo stupore e la confusione. Non riuscì a dire niente, se non un 'va bene' alla richiesta di Damian, che sorridendo con una punta di malizia saltò di nuovo, tirandosi dietro Julian e lasciando Jordan inebetito nel mezzo della stanza.

 

 

Voglio scendere.”

La voce di Julian era decisamente irritata, e soprattutto gelida. Fissava con sguardo truce Damian, che manteneva in viso un sorriso divertito e strafottente.

Assange, riportami a terra!”

Il vampiro si voltò, fissandolo. Si morse le labbra, ridendo roco, ed annuì. “Come desideri, Lord.”

Replicò con una punta di sarcasmo, e lasciò la presa. Il giovane batté la schiena sulle tegole, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore e di protesta. Subito Damian tornò a sollevarlo, guardandolo con una punta di divertimento.

Non era quello che volevi?”

Julian gli scoccò un'occhiata assassina, massaggiandosi il coccige, mentre il pensiero di dar fuoco al vampiro continuava a diventare sempre più allettante.

Esattamente, vampiro.”

Damian rise, scuotendo la testa e lasciando la presa attorno alla sua vita, lasciandolo in piedi. Gli sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, sorridendo di nuovo mentre lo sentiva irrigidirsi.

Sali sulle mie spalle, andiamo al Bathory.”

Julian rimase interdetto, gli occhi marroni puntati su quelli azzurri di Damian. Il redivivo ricambiò lo sguardo con tranquillità, come se il ritrovarsi sopra uno dei tetti più alti della Vecchia Capitale fosse cosa normale per uno studente del Collegio di Aldenor. Con un sospiro il ragazzo gli si avvicinò, e Damian si abbassò leggermente sulle ginocchia per favorirgli il gesto. Non appena le braccia del ragazzo passarono attorno al collo di Damian, il redivivo portò le braccia sotto alle ginocchia del ragazzo.

Sta' zitto, e non ti muovere.” - lo ammonì con voce divertita, e rise nuovamente quando lo sentì annuire e stringersi leggermente più forte. Non gli diede tempo di replicare, che saltò giù, atterrando poi silenziosamente diversi metri più in basso.

Lasciò scendere il ragazzo dalle proprie spalle, guardandolo con una certa curiosità. Julian se ne accorse, e alzò un sopracciglio.

Che vuoi, Damian?”

Il vampiro scrollò le spalle, iniziando a camminare senza preoccuparsi che il ragazzo lo stesse veramente seguendo. “Sei abituato a saltar giù dai palazzi?”

La sua voce era tranquilla, ma una sorta di nervosismo ne venava le note più basse. Julian non se ne accorse, e semplicemente annuì.

Cain è un vampiro, ed è fratello di Sophia. Sì, non è la prima volta.”

Lo vide irrigidire la postura, ed evitò di aggiungere altro al suo 'capisco.' che ottenne in risposta. Lo affiancò, rapido, e fece finta di non vedere il sorrisetto che comparve sulle labbra del vampiro quando se lo vide comparire a fianco.

 

 

Davvero hai aiutato Axel Vandemberg a diventare Duca della Chiave per la seconda volta?”

Lo sguardo di Damian si accese di divertimento, annuendo con un cenno distratto della testa alla domanda che gli era stata posta minimo già tre volte. Julian sembrava entusiasta di quella cosa, un sorriso compiaciuto sul volto. Incrociò di nuovo i suoi occhi marroni, e alzando un braccio attirò l'attenzione dell'oste.

Sussurrò qualcosa al suo orecchio, per poi tornare a concentrarsi su Julian. Incrociò le dita e poggiò la guancia destra sulle mani, studiandolo.

E l'hai addestrato?”

Annuì di nuovo, senza perdersi uno qualsiasi dei suoi movimenti. Il muoversi morbido delle labbra, i veloci battiti delle palpebre, il battito del cuore che gli risuonava nelle orecchie.

E l'hai istrui-” - lo zittì con un cenno della mano, tornando a sollevare la testa nel momento in cui l'oste depositò di fronte ad entrambi due calici. Quello di Damian, d'acciaio, nascondeva il contenuto.

Sangue, si disse il ragazzo, mentre l'inserviente accendeva un piccolo braciere, facendo diffondere nell'aria un piacevole aroma d'agrumi.

Sollevò il proprio, bevendo un lungo sorso di vino.

Da quanto conosci i Vandemberg?”

La domanda nacque spontanea sulle labbra di Damian, e sorrise nel vedere il giovane confuso dalla sua sincera curiosità. Lo capiva, o meglio, riusciva a capirlo. Anche le sue prima chiacchierate con un vampiro non erano il massimo del comfort.

Due anni circa. Da quando i monaci dell'Ordine della Spada mi hanno dato la borsa di studio per studiare al Collegio. Lì ho conosciuto Jordan, e di conseguenza la sua famiglia.”

Damian annuì con un cenno della testa. Se l'era immaginato, ma amava ascoltare i racconti della gente, lo aiutava a comprenderle meglio, meglio di quanto già sapeva fare di suo.

E Sophia? La chiami sorella, ma non siete imparentanti.”

A quella domanda la mascella di Julian si contrasse impercettibilmente per un istante, e Damian stava per aggiungere altro, ma il ragazzo lo precedette.

Siamo cresciuti insieme all'orfanotrofio. Sono più suo fratello di quanto non lo sia Cain. Lo conosce da poco, ma io e lei siamo insieme da quando ho memoria.”

La sua voce era tagliente, e Damian socchiuse appena gli occhi, evitando di allungare una mano e lasciargli una carezza tra i capelli. Si limitò a sorridere divertito e malizioso, facendo avvampare Julian.

Capisco.”

Il ragazzo bevve un altro sorso di vino, e Damian ne approfittò per mandar giù un po' del sangue contenuto all'interno del calice che aveva davanti. Poggiandolo sul tavolo notò nuovamente che Julian lo stava guardando sospettoso. Si pulì le labbra con un fazzoletto, evitandosi di leccar via il sangue residuo.

Tu invece? Io non so niente di te.”

Damian corrugò la fronte, spostando di nuovo lo sguardo su quello del ragazzo. Si chiese mentalmente il motivo di tanta curiosità, ed intrecciando di nuovo le dita prese un respiro che non gli era necessario.

Sono stato vampirizzato a ventiquattro anni. Non credo ti interessi sapere come ho vissuto il periodo dopo la trasformazione...” - estrasse i canini dai loro loculi, fissandolo con una punta di divertimento quando lo vide rabbrividire. Ritrasse i denti, e riprese a parlare.

Non c'è molto da dire, e sono passati oltre due secoli da quel giorno. Ti posso solo dire che ero come il tuo amico Jordan. Studiavo, studiavo, raccoglievo informazioni. Ho passato molto del mio tempo allo Studium, con l'intenzione di diventare Duca della Chiave, e come già sai ci sono riuscito, per due volte consecutive.”

Tagliò corto, reclinando la testa e continuando a scrutarlo. Sei un ragazzo particolare, Julian, si ritrovò a pensare, mentre la matricola sosteneva senza il minimo cenno di cedimento il suo sguardo.

Da piccolo mi nascondevo negli armadi, specie durante i temporali. Per farmi uscire l'unico modo era offrirmi un dolce. Mi divertivo a mettere in imbarazzo la gente. Crescendo ho imparato a sfruttare i loro punti deboli per ottenere ciò che volevo.”

Vide Julian serrare appena le labbra, e sorrise melenso.

Se diventerai veramente Duca della Chiave, ti renderai conto di quanto le mie parole rispecchino la realtà di quella carica.”

Prese un altro sorso dal calice, e ricominciò a parlare.

Io, Axel, ogni Duca che ottenne e ottiene dal suo Ordine ha imparato a destreggiarsi tra i sotterfugi ed i giochi di potere della politica.”

Poggiò di nuovo il calice, ormai vuoto, sul tavolo. Vide Julian fissare pensieroso il braciere, la fiamma ormai tremula sullo stoppino, la cera fusa che minacciava di spegnerla. L'odore di agrumi stuzzicava piacevolmente l'olfatto del vampiro.

Pensi che Gareth Elridge sarà un Duca della Chiave degno di tale titolo?”

La domanda del ragazzo prese in contropiede Damian, e fu il turno del redivivo farsi pensieroso. Lasciò passare qualche minuto di silenzio, studiando l'intreccio ramato dei capelli del giovane.

Sì, sono sicuro che oltre il suo modo di fare da Dongiovanni e la sua goffaggine ci sia un animo attento e ambizioso.”

Julian sorrise divertito a quelle parole, e Damian sorrise in risposta, più per cortesia che per reale tranquillità. Qualcosa di quel ragazzo gli sfuggiva, non riusciva a comprenderlo veramente fino in fondo.

Vedeva ambizione, vedeva sfrontatezza e disinteresse delle regole, una grande capacità di aggirare ostacoli e problemi, tutte qualità che gli sarebbero tornate utili in futuro. Ma il suo modo di ragionare gli sfuggiva. Non che fosse oscuro, era soltanto fuori dal comune. In poche parole, una sfida.

Di che stirpe sei?”

La voce del ragazzo lo fece destare dai propri pensieri, e lo guardò un attimo spiazzato.

Prego?”

Julian alzò un sopracciglio, poggiandosi allo schienale della sedia. “Di che stirpe sei?”

Ci mise qualche attimo a comprendere la sua domanda, troppo preso dai suoi ragionamenti. Rise roco, e alzandosi gli fu dietro, poggiando le labbra al suo orecchio. Lo sentì irrigidirsi nuovamente, e lo bloccò contro la sedia con un braccio, l'altra mano che scendeva a sfiorare la pelle del suo addome attraverso le aperture tra i bottoni della camicia.

Di stirpe Lancaster, celebre per aver generato vampiri mentalmente instabili, così dite voi umani.”

Rise di nuovo, mordendolo sul lobo per poi lasciarlo quando lo senti sbraitare un'offesa colorita verso quel 'vampiro bastardo' che lo aveva trasformato, e tornò a sedersi come se niente fosse successo.

Il maniaco è compreso nel 'mentalmente instabile', Assange?!”

Damian gli sorride, tranquillamente. “Probabile.”

Tagliò corto, e tirando fuori di tasca un borsello lasciò sul vassoio qualche moneta d'oro.

Prese il mantello, e porse a Julian il suo.

Ti riaccompagno al Collegio, si sta facendo tardi.”

Julian lo squadrò, confuso. Mentalmente instabile, aveva detto. Ma era sicuro che Damian fosse tutto meno che 'mentalmente instabile'. Amava mettere in difficoltà le persone. E in quel momento, si rese conto, era proprio lui la nuova sfida del vampiro.

Sorrise sfacciato, ed afferrò il mantello dalle sue mani, sistemandoselo sulle spalle.

Che c'è Damian, ti preoccupi così tanto dei miei orari e delle mie punizioni?”

Il vampiro tornò a ridere, e Julian sorrise di conseguenza.

No, ma so cosa significa lavare i pavimenti dell'ospedale o pelare patate per otto ore consecutive.”

Passarono davanti al bancone, senza che l'oste li degnasse di uno sguardo, ed uscirono di nuovo all'aria aperta. Il ragazzo si calò la feluca sul viso, nascondendosi alla vista dei passanti, e seguì il vampiro in un vicolo nascosto. Ad un cenno di Damian montò nuovamente sulle sue spalle, e si strinse di nuovo nel momento esatto in cui il vampiro balzò verso l'alto, atterrando dolcemente su un tetto. Si lasciò sfuggire una sbadiglio che fece ridacchiare Damian.

Vorrei conoscerti meglio, Julian.”

La voce di Damian era tranquilla, mentre sfidava ogni legge fisica nel saltare senza alcun problema per decine di metri, i muscoli delle gambe che guizzavano con potenza ad ogni movimento.

Il ragazzo annuì con un cenno della testa, e non si rese conto del sorriso che fece comparire sulle labbra di Damian.  

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Capitolo 5
*** Malinconia ***


 

E tu gli hai detto di sì?”

Julian sollevò gli occhi dal libro all'ennesimo bisbiglio di Jordan riguardo alla sera in cui Damian lo aveva prelevato più o meno con la forza dalla loro camera, portandolo poi al Bathory.

Sì, non so neanche io il perché.”

Replicò atono, chiudendo il libro e poi guardando di nuovo Jordan negli occhi, alzando un sopracciglio. Il Principe si fece pensieroso. “Sicuro che non ti abbia ammaliato?”

Julian rise sottovoce, iniziando a girarsi tra le dita la penna con cui stava, fino a poco prima, prendendo appunti. “Sì, ne sono piuttosto sicuro.”

No, non ne era sicuro. Non aveva mai evitato di guardarlo negli occhi, e le storie dei monaci spiegavano come nessuno si rendesse veramente conto di esser caduto in malia di un vampiro. Ma qualcosa gli diceva che di Damian, bene o male, poteva

Axel ha sempre raccontato che Assange è una specie di maniaco. Specie per le occhiate che lanciava a Rafael Valance.”

Julian fermò le dita, stringendo appena più forte la penna, ma Jordan non parve accorgersene, troppo interessato alla lettura di un grosso tomo di Storia Antica per osservare le reazioni dell'amico.

Sì, si era decisamente accorto delle strane tendenze di Damian... E lo avrebbe definito lui stesso un maniaco, visti i primi due incontri. Ma di nuovo qualcosa nella sua mente gli diceva di non fermarsi alle apparenze. Aveva ripensato diverse volte al loro terzo incontro, e tralasciando la piccola parentesi in cui Damian lo aveva aggirato, palpandolo sull'addome, era stata una serata normale. Piacevole.

Julian?”

Sobbalzò sulla sedia, mettendo di nuovo a fuoco il mondo e allontanando la mente dai propri pensieri su Damian, per focalizzare di nuovo l'attenzione su Jordan, un espressione confusa sul viso.

Jordan sbuffò appena, chiudendo delicatamente il libro, ponendo tra le pagine un foglio per poter facilmente ritrovare il punto in cui aveva interrotto la lettura.

Sicuro di star bene? Da quando abbiamo incontrato Damian al Canale sei spesso distratto.”

Julian si grattò la nuca, se possibile ancora più confuso di quanto già non fosse. Era davvero così distratto come diceva Jordan? Scosse la testa, sbadigliando leggermente.

Sì, sto bene. Immagino di essere solo stanco.”

Da quando Eloise li aveva scoperti, la mattina seguente, sia Jordan che Julian tornavano nella loro stanza con le mani doloranti e – nella migliore delle ipotesi – con le gambe a pezzi, specialmente il giovane Lord.

Il piano del pronto soccorso richiedeva costantemente pulizia, e Megan sembrava veramente essersi accordata con Eloise per rendere quella punizione una specie di dramma.

Pazienti sanguinanti, vomito ovunque, se non anche maleodoranti fluidi corporei di dubbia origine.

Si stiracchiò, riponendo la penna in un astuccio di latta, sbadigliando ancora. Jordan lo imitò, alzandosi silenziosamente per non far rumore, seguito a ruota da Julian.

Non riuscirono a dire altro che Sophia irruppe nella Biblioteca, seguita da Eloise che aveva sul viso un'espressione a metà tra il divertito e lo scocciato.

Vandemberg, tuo fratello sta morendo. Di nuovo.”

Jordan si passò una mano tra i capelli, con fare annoiato. “Prima o poi morirà veramente, e nessuno gli crederà.”

Sophia rise, affiancandosi al fratello. Eloise la guardò appena quando le passò davanti, per via del leggero odore di Rose che solamente lei poteva sentire, legata com'era al potere del Presidio.

Credo sia colpa mia. Accidentalmente...” - e di accidentale c'era veramente poco - “Accidentalmente ho usato la sua futura urna cineraria come vaso.”

Julian la spettinò, evitando con un salto all'indietro il finto pugno della sorella, alzando un sopracciglio. Eloise scosse la testa, e afferrò sia Jordan che Sophia per la collottola.

Vandemberg, Blackmore, il moribondo ha bisogno della sua famiglia e della sua protetta, ora più che mai.”

Nella sua voce era evidente una palese vena di sarcasmo, per nulla addolorata. Jordan la guardò sconsolato. “Preferirei stare qui.”

Julian ghignò, e si incamminò verso l'uscita della Biblioteca, precedendoli nel corridoio. Quando anche la studentessa anziana e le due matricole furono uscite tirò un'allegra pacca sulla schiena al Principe, fissandolo.

Spera che questa volta abbia già preparato anche il buffet per la sua morte, così almeno mangiamo gratis!”

Fece per andarsene quando Eloise parve ricordare una cosa. “Lord, aspetta.”

Il giovane si voltò di nuovo, fissandola curioso, aggrottando le sopracciglia quando si vide porgere una busta. La girò tra le mani, leggendovi sopra il proprio nome, scritto con grafia impeccabile.

È stata consegnata ad Axel...” - a quelle parole Jordan si lasciò sfuggire un colpo di tosse tremendamente simile ad una risata, ricevendo in cambio uno sguardo omicida da Eloise - “Ma è per te. Non so dirti di più.”

Julian fece un mezzo inchino, sorridendole tranquillo. “Ti ringrazio, Onorevole Eloise.”

Con un ultimo sorriso a Sophia e Jordan si allontanò, ma non si perse il commento acido della ragazza al giovane Principe. E soprattutto non si perse la soddisfazione di sentir regalare a Jordan una nuova settimana di pelatura di patate per quella risatina che si era lasciato sfuggire.

 

[…]

 

L'ora di cena era passata da diverse decine di minuti, ma di Jordan ancora non c'era traccia. Si rigirava tra le mani quel cartoncino rettangolare, leggendo ancora le parole che vi erano scritte con una certa curiosità di fondo.

 

22.00, lascia la finestra aperta.

E vestiti elegante, piccolo Julian.

Damian Assange

 

Si chiese di nuovo cosa volesse da lui Damian, e soprattutto il perché di quella strana richiesta.

Non aveva un vestito elegante, ma quando aprì l'armadio trovò un pacco poggiato sul ripiano della biancheria. Sulla carta, palesemente pregiata, spiccava nuovamente il suo nome.

Cosa vuoi, Damian? - non poté fare a meno di pensare mentre scartava quello che si rivelò essere un completo. E, di nuovo, un biglietto.

Dovrebbe essere della tua taglia. O almeno il manichino aveva le tue stesse misure.

Avvampò letteralmente nel leggere quelle parole, e imprecò sottovoce contro il vampiro, irritato. Maniaco aveva detto Jordan. Sì, era decisamente un maniaco.

Si sedette sul letto, iniziando a spogliarsi dell'uniforme, rimanendo solamente con le mutande indosso.

Non si accorse che Damian lo stava fissando con un sopracciglio alzato, comodamente seduto sul davanzale, lo sguardo che studiava i deltoidi del ragazzo, scivolando lentamente sulla sua schiena, e fermandosi inevitabilmente sui suoi glutei. Scosse la testa, e silenziosamente gli fu alle spalle. Avvicinò le labbra al suo orecchio, sorridendo.

Sei in ritardo, Julian.”

Rise divertito quando il ragazzo sobbalzò sul letto, voltandosi di scatto e fissando arcigno il redivivo, affrettandosi ad abbottonare la camicia e tirarsi su i pantaloni.

Da quanto sei qui, Assange?!”

Damian sorrise, sedendosi sul suo letto, accavallando con nonchalance le gambe. “Abbastanza da vederti in mutande.”

Replicò con tranquillità, sorridendo maggiormente del suo visibile imbarazzo, ridacchiando sommessamente.

Maniaco, guardone e per di più vampiro!”

Julian sibilò, facendo ridere Damian più forte; lo ignorò, e afferrò la cravatta che ancora era sul lenzuolo, per poi avvicinarsi allo specchio che era appeso dentro l'anta dell'armadio. Si passò la stoffa attorno al collo, dopo aver sollevato il colletto della camicia, esitando al momento di dover fare il nodo. Damian lo squadrò, e scosse la testa con espressione sorpresa alla palese difficoltà che il ragazzo stava incontrando. Si alzò e ricambiò lo sguardo sospettoso di Julian attraverso lo specchio.

Sta' fermo, te la annodo io.” - Julian sbuffò, incrociando le braccia al petto e storcendo la bocca.

So cavarmela benissimo da solo.”

Damian scosse la testa, ignorando la sua lamentela, e prese le sue mani tra le proprie. “Ti faccio soltanto vedere.”

Portò le sue mani ad afferrare la stoffa, guidandole con le proprie, e lentamente intrecciò i lembi della cravatta mostrandogli più volte come sistemarla. Infine tirò con un colpo secco il nodo, che risultò essere veramente perfetto. Alzò di nuovo lo sguardo sul suo, sempre attraverso il riflesso, e rimase immobile. Il ragazzo era palesemente arrossito, le mani che sistemavano lentamente il colletto, mentre gli occhi marroni erano piantati su quelli azzurri del vampiro. Ma la cosa più strana, che poi fece rilassare Damian, era il lieve sorriso che ornava le labbra del giovane.

Sei bello, Julian. Retrocesse di un passo, sorridendogli tranquillamente di rimando, per poi guardarlo per intero quando si voltò.

Come sto?”

La voce leggermente imbarazzata di Julian lo fece sorridere maggiormente, e lo squadrò da capo a piedi, annuendo soddisfatto. “Ti cade a pennello, Julian. Però...”

Sì avvicinò di nuovo, portando le mani al suo collo, avvertendo sul dorso delle dita il calore della sua pelle ed il battito del suo cuore, testimoniato dalla pressione del sangue nei suoi vasi. Esitò appena, per poi sistemare con cura il colletto della camicia, e tirare meglio la giacca sulle sue spalle.

Adesso va bene.”

Sollevò di nuovo lo sguardo su quello del ragazzo, un'espressione curiosa in viso quando notò l'espressione incerta sul suo volto. “Va tutto bene?”

Julian sobbalzò, preso alla sprovvista, e si ritrovò ad annuire. “S-Sì. Volevo...”

Per la prima volta da quando era entrato il suo sguardo corse finalmente a guardare per intero la figura di Damian.

L'abito blu scuro, la camicia bianca, dovette ammettere, gli calzavano a pennello. I suoi occhi,a contrasto con quella stoffa scura parevano brillare più del solito, mentre la sua pelle pareva leggermene più rosata, più calda in confronto a quel bianco quasi accecante della camicia.

Damian si accorse del suo sguardo e sorrise. “Stai... Bene.”

La voce del ragazzo, ridotta ad un sussurro, fece ridacchiare Damian, che senza troppe cerimonie spinse Julian sul davanzale afferrandolo poi per la vita.

Adesso saltiamo.” - senza dire altro portò il braccio destro attorno alla sua vita, sollevandolo, e poi salto giù. Atterrarono con grazia, tra un fruscio d'abiti causato dall'attrito dell'aria; davanti a loro era ferma una carrozza senza insegne, una di quelle generalmente usate dai civili non appartenenti ad alte sfere o Famiglie di Reggenza, e pareva proprio che...

Sali, petit garçon, ne abbiamo di strada da fare.”

 

[…]

 

Erano in viaggio da una buona decina di minuti, e nella carrozza regnava il silenzio, rotto solamente dal rumore degli zoccoli del cavallo che la trainava. Julian si voltò verso Damian, che scrutava con attenzione le strade fuori dal finestrino.

Andiamo ad una festa, se te lo stai domandando.”

Julian reclinò appena la testa, facendo scorrere lo sguardo sul viso concentrato del vampiro. “Una festa?”

Damian annuì, guizzando appena lo sguardo verso Julian. Sorrise sereno, per poi tornare a volgere lo sguardo. “Una festa in maschera, nessuno ti riconoscerà.”

Julian rimase interdetto, facendosi pensieroso. “Vieni qui, Julian.”

Alzò di nuovo lo sguardo sul viso del vampiro, senza replicare. Gli si sedette accanto, in imbarazzante silenzio. Era imprevedibile, si disse. Mentalmente instabile, aveva detto.

No, non era mentalmente instabile. Anzi, era sicurissimo che la mente di Damian fosse particolarmente brillante, forse contorta, ma seguiva logiche che a lui, in quel momento, erano ignote.

Poi fu un attimo. Non si rese veramente conto di quello che era successo, semplicemente si ritrovò seduto tra le gambe di Damian, le sue braccia che lo stringevano attorno all'addome. Abbassò lo sguardo sulle sue dita intrecciate, mentre con la coda dell'occhio si accorse che il vampiro continuava a guardare fuori dal finestrino. Era diverso, sembrava preoccupato. Di cosa, questo non lo sapeva.

Damian?”

Il vampiro voltò gli occhi quando si sentì chiamare, ricambiando lo sguardo incerto di Julian. “Sì, Ju?”

Il ragazzo sorrise d'istinto, non era abituato a sentirsi chiamare solamente 'Ju'. Fin da piccolo la sorella aveva storpiato il suo nome in 'Jules', e quello era l'unico soprannome che aveva avuto.

Va tutto bene?”

Domandò appena, a voce bassa, incerto se la domanda fosse più o meno opportuna. Damian era comunque una creatura antica, nonostante l'aspetto di un giovane e bellissimo ventiquattrenne. Il redivivo sorrise, alzando la mano destra a sfiorare la sua guancia con il pollice.

Sto bene, ragazzino. Alle volte sento la mancanza del calore che voi umani possedete e che a noi vampiri è stato sottratto.”

Tornò ad intrecciare la mano alla sinistra, guardando nuovamente fuori dal finestrino, sorridendo leggermente di più quando sentì le mani di Julian poggiarsi sulle sue.

Cosa nascondi dietro il tuo sguardo, Damian?

 

[…]

 

C'è troppa confusione, Dam.”

Damian sorrise divertito al ragazzo, guardandolo oltre la maschera che indossava. Ricambiò il suo sguardo spaesato, ed alzò di nuovo la mano sulla sua guancia, sfiorandola fin dove era possibile senza spostare la maschera che anch'egli indossava.

Non staremo troppo, te lo prometto.”

Ridacchiò di nuovo, portando il braccio attorno alle sue spalle e stringendolo appena a sé, la sua mano destra che ciondolava tranquilla sulla clavicola del ragazzo.

Quella sera al Clarimonde la vita notturna era in fibrillazione. Julian notò tra la folla una figura conosciuta, e senza domandarsi altro si rese conto che si trattava di Ashton Blackmore. Al suo fianco ballava una ragazza giovanissima, che sembrava esser nata semplicemente per compiacere il suo compagno immortale. Damian si accorse dello sguardo indagatore di Julian, e si sporse appena verso il suo viso.

Gli umani cedono al fascino dei vampiri anche senza essere ammaliati.” - sussurrò appena, ricambiando lo sguardo del ragazzo quando questi voltò gli occhi verso di lui - “Siete semplicemente attratti dalla nostra razza. Ma tu...”

Lasciò libere le sue spalla, e si piazzò davanti a lui, afferrando la sua mano destra con la propria, portando la sinistra sulla sua vita.

Tu sei stranamente immune alla mia influenza.”

Julian sorrise a metà, incerto se quello fosse un complimento o meno. Imitò il suo gesto, poggiando la sinistra sulla sua vita. “Damian, non so ballare.”

Il vampiro alzò un sopracciglio, sorridendo poi divertito e malizioso, lo stesso sorriso che Julian ricordò di aver visto al loro primo incontro. Avvampò, ma Damian non vi diede peso, semplicemente si limitò a far scivolare le punte dei piedi sotto alle sue scarpe, tenendolo sollevato.

Lascia fare a me, Lord. Anche se mi stupisco che al Collegio non vi insegnino più come comportarvi alle feste di classe.”

Julian sbuffò innervosito, facendo ridere Damian per l'espressione contrariata che gli era salita in viso. Senza dire altro il vampiro iniziò a muoversi, guidando, o per meglio dire trasportando letteralmente il ragazzo nei passi del valzer che risuonava nel locale.

 

Vuoi bere, Julian?”

Cercò di distrarlo dallo stato di totale sconforto in cui il giovane era caduto, dovuto alla sua incapacità di ballare e sopratutto dalla sensazione di inadeguatezza che provava nel trovarsi in quel posto. Annuì appena, e vide Damian allontanarsi tra la folla, in direzione del tavolo allestito a buffet.

Il ragazzo fece vagare lo sguardo sulle persone, annoiato, finché non si accorse dell'assenza di Ashton e della ragazza che sembrava gravitargli attorno. Quando Damian tornò con un calice ricolmo di vino gli fece notare la cosa. Il vampiro guizzò rapidamente gli occhi, sorridendo con una punta di malizia e sedendosi accanto al ragazzo, il braccio destro che circondava le sue spalle.

Lasciò che Julian bevesse metà del vino, e sfilandogli il calice di mano lo portò alle labbra, bevendo a propria volta un lungo sorso. “Saranno andati nelle sale privé del locale.”

Allo sguardo leggermente preoccupato di Julian, Damian sorrise tranquillamente. “Voi umani avete la strana tendenza a donare spontaneamente il vostro sangue.”

Julian sgranò gli occhi. “Vuoi dire che la sta uccidendo?!”

Il vampiro scosse la testa, ridendo. “No. Semplicemente che Ashton sta nutrendosi di lei, senza ucciderla. Le sanerà le ferite come io ho fatto con il tuo palmo.”

Julian si morse le labbra, fissando il palmo della mano sinistra. Fletté le dita, annuendo. Poi alzò di nuovo lo sguardo, di nuovo preoccupato. Quasi intimorito.

Damian ricambiò lo sguardo, intuendo il motivo del suo improvviso nervosismo. Sfiorò con le labbra la sua guancia, ridendo sulla sue pelle nel sentirlo di nuovo arrossire e rabbrividire.

Non intendo nutrirmi di te, Julian, nonostante ti debba confessare che il tuo sangue ha un odore molto particolare.”

Il ragazzo si alzò di scatto, il cuore accelerato.

Non mi sei d'aiuto, Damian.” - sibilò appena, e fece per allontanarsi, ma le dita del vampiro si serrarono attorno al suo polso. Lo fissò serio negli occhi, la camicia che si tendeva sul suo petto al ritmo del respiro. “Dovresti averlo capito, Lord. Non intendo farti del male.”

Julian rimase interdetto, poi annuì con fare imbarazzato. Fece per sedersi, ma Damian scosse la testa. “Usciamo, torniamo con calma al Collegio.”

 

[…]

 

Speravo di regalarti una serata diversa.”

Damian sembrava quasi contrariato, mentre sedeva comodamente sul sedile, lo sguardo impegnato a seguire la strada che si muoveva lentamente. Il cocchiere aveva messo il cavallo al passo, e Julian si rese conto che, a quella velocità, ci avrebbero messo almeno un'ora prima di giungere al Collegio.

Mi sono divertito, davvero.”

Gli sorrise, e Damian notò la sua espressione dal riflesso nel finestrino. “Sono contento.”

Non disse altro, ma rilassò le spalle ed il viso, tranquillo. Si voltò solamente quando Julian tornò a sedersi tra le sue gambe, sbadigliando e poggiando la testa alla sua spalla. Le braccia di Damian tornarono ad intrecciarsi sul suo addome. “Grazie.”

Mormorò appena al suo orecchio, e Julian in tutta risposta scrollò le spalle, ridacchiando. Il redivivo sorrise sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. “Non agitarti, Julian.”

Parlò con voce ferma, mentre allungava la mano destra sul petto del ragazzo. Julian si irrigidì, abbassando lo sguardo sulle sue dita. “Dami-”

Ssh.” - Damian non disse altro, sbottonando un paio dei bottoni della camicia del ragazzo, all'altezza del petto. Julian trattenne il fiato, rabbrividendo leggermente quando la mano fredda del vampiro si poggiò all'altezza del cuore, per poi riprendere a respirare lentamente quando si accorse che Damian non stava facendo altro.

Mi piace il suono del tuo cuore, Ju.” - mormorò appena, alzando la testa dalla sua spalla e poggiando lievemente le labbra sul suo collo. Julian rabbrividì di nuovo, e fece per parlare quando la mano sinistra di Damian si poggiò appena sulle sue labbra, come ad intuire le sue azioni. Rimase fermo, deglutendo e chiudendo gli occhi man mano che le labbra fresche del vampiro risalivano sul suo collo, poi dietro il suo orecchio.

Non aver paura di me, piccolo Julian, non intendo farti del male.”

Julian deglutì a vuoto, chiudendo gli occhi a propria volta. “Lo so.”

Non aggiunse altro, mentre il braccio di Damian tornava a stringerlo con forza attorno alla vita. La sua mano destra rimase sul suo cuore, mentre di nuovo lo baciò leggero sulla guancia, prima di poggiare il mento sulla sua spalla e rimanere ad occhi chiusi contro di lui, respirando piano il profumo della sua pelle e facendosi cullare dal calore avvolgente del suo corpo.

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Capitolo 6
*** Contatto ***


Pasqua. E come ogni sacrosanta Pasqua, pioveva.

Si girava nel letto, annoiato e senza alcuna intenzione di alzarsi. Voltò la testa, fissando il letto vuoto di Jordan. L'amico aveva deciso di passare la giornata alla Reggenza di Famiglia, mentre Sophia era impegnata a preparare la festa di fidanzamento con Gabriel.

Immaginò la sua espressione del tutto annoiata, mentre con le dita dei piedi giocava con le pieghe del lenzuolo, sedendosi e puntellandosi con le mani sul materasso.

Allungò poi lo sguardo sulla scrivania, la dove aveva poggiato la maschera che Damian gli aveva procurato per quel ballo al Clarimonde.

Damian. Sospirò di nuovo, ricordando sia con la mente che con il corpo la presa salda delle sue braccia attorno alla vita, le sue dita fredde sul petto e la carezza leggera delle sue labbra dietro l'orecchio.

Ma soprattutto aveva impresso nella memoria il suo sguardo, riflesso nel finestrino della carrozza. Non riusciva a dare una spiegazione del suo comportamento, ora malizioso ora gentile, né tanto meno era capace di interpretare i suoi occhi.

Sapeva che di lui poteva fidarsi, e non perché Damian lo avesse confermato. Semplicemente perché lo sentiva dentro. Lo aveva aiutato due volte, senza... Beh, in cambio aveva preteso un contatto lieve tra le loro labbra. Chiamarlo bacio non era poi così adatto.

Le sue guance imporporino al ricordo e scosse la testa, abbandonandosi di nuovo con la schiena sul materasso, la nuca che sprofondava nel cuscino.

Chiuse gli occhi, rallentando il respiro ed allargando le braccia, annoiato. La finestra chiusa manteneva la temperatura della stanza piacevolmente tiepida, non troppo calda ma neanche troppo fredda.

E, cullato da quella temperatura, tornò ad addormentarsi.

 

Un rumore di nocche alla porta lo fece sussultare. Si stropicciò gli occhi, guardando la sveglia. Erano le dieci di sera. Si alzò, sbadigliando. Sapeva già che non era Jordan, né tanto meno la sorella. Nessuno dei due avrebbe avuto problemi nell'entrare senza bussare. Il primo, dopotutto, era il suo compagno di camera, l'altra avrebbe senza dubbio fatto valere la propria autorità di sorella. Non che fosse più grande, né tanto meno avrebbe avuto problemi nel vedere sia Julian che Jordan nudi, integralmente o meno.

Arrivo.”

Biascicò con voce assonnata, facendosi sfuggire un altro sbadiglio. Poggiò la mano sulla maniglia, e non fece in tempo ad aprire del tutto la porta che tutto divenne scuro.

O meglio, si ritrovò serrato contro qualcosa, o per meglio dire qualcuno. Qualcuno di massiccio, di forte. Sentiva sulle spalle il petto di qualcuno alzarsi ed abbassarsi, mentre una mano era corsa a tappargli gli occhi. Trattenne il respiro, un braccio stretto attorno alla vita.

Era sicuramente un uomo, sentiva la i muscoli duri contro il proprio corpo, nonostante la presa fosse piuttosto delicata. Salda, ma delicata.

Poi solo dopo si rese conto di un dettaglio di cui non si era accorto inizialmente per l'inaspettata situazione. La temperatura del corpo non era tipica di un umano, nemmeno dopo essersi bagnato per via della pioggia leggera che in quel momento stava cadendo.

No, non era decisamente umano. “Damian?”

Sulle labbra gli comparve un sorriso nel momento in cui sentì la voce bassa di Damian risuonargli all'orecchio. “Sì, Ju?”

Senza dire altro allontanò la mano dai suoi occhi, sfiorandogli il collo con le dita mentre la ritraeva e andava a chiudere la porta. Sorrise divertito al ragazzo, slacciandosi il mantello ed arrotolando le maniche della camicia fino ai gomiti, senza sfilarsi tuttavia la cravatta ed il gilè. “Sei solo, ragazzino?”

Si guardò intorno, poggiando il mantello sul letto intatto di Jordan, sedendovisi sopra e fissando poi Julian, che si sedette di fronte a lui, sul proprio letto.

Sì, Jordan è a Palazzo, Sophia è con Stuart.”

Damian sorrise con una punta di malizia, e sfruttando la sua velocità gli fu dietro, poggiando le labbra al suo collo.

Julian rabbrividì, scattando in avanti e sbuffando, infastidito. “Ci sarà una volta in cui non cerchi di molestarmi?”

Le sue parole fecero ridere il vampiro, che indossò un finto sorriso innocente, ricambiando lo sguardo di Julian. Quel repentino cambio d'espressione fece sorridere il ragazzo, che tornò a sedersi accanto a lui, a gambe incrociate.

Ti infastidisco, piccolo Ju?”

Il sussurro di Damian lo fece sospirare e scuotere la testa, prima di girarsi e guardarlo negli occhi, lasciandosi poi scivolare con la schiena al muro. “Solo quando cerchi di stuprarmi.”

Damian si avvicinò a lui, allargandogli gentilmente le gambe con le mani e sedendosi tra di esse, incrociando le proprie e sfilandosi le scarpe per non sporcare le lenzuola. Julian arrossì al contatto delle sue dita sulle proprie gambe, e Damian rise leggermente. “Ho promesso di non farti del male, e stuprarti decisamente rientra anche nella mia concezione di 'male'.”

Poggiò le mani sulle sue ginocchia, e lo tirò a sé afferrando poi per la vita. Lo strinse, sorridendo sulla sua spalla quando lo sentì irrigidirsi.

D... Damian?”

La voce incerta del ragazzo lo fece sorridere, ed allentò un po' la presa attorno al suo corpo, guardandolo negli occhi. “Cosa, Ju?”

Julian esitò appena, allungando la mano a sfiorare il viso di Damian. Il vampiro guizzò gli occhi sulle sue dita, e vi poggiò la guancia, abbassando le palpebre e sospirando appena per il calore della pelle del ragazzo.

Io... Hai detto che ti manca il calore del corpo umano.”

Mormorò leggermente, e Damian riaprì gli occhi alle sue parole, fissandolo leggermente più serio. Julian si morse le labbra, indeciso se continuare o meno.

Ti manca altro della vita... Umana?”

Soffiò quella domanda quasi con imbarazzo, e Damian sciolse l'abbraccio, semplicemente per sedersi comodamente accanto a lui, afferrando delicatamente la sua mano sinistra nella propria destra. Si prese qualche istante di tempo per pensare, e quando parlò di nuovo la sua voce era tranquilla.

Mi manca il sentire il cuore battere, certe volte.”

Premette pollice ed indice sul polso del ragazzo, avvertendo sotto la sua pelle il sangue scorrere al ritmo del battito del cuore, che gli risuonava nelle orecchie. Scivolò con le dita lungo l'avambraccio di Julian, avanti ed indietro, senza accorgersi dello sguardo che il ragazzo gli stava rivolgendo.

Sentire Damian parlare di sé gli sembrava strano. Non sapeva se era per pura cortesia o, più semplicemente, per renderlo veramente partecipe.

A volte mi manca il calore del sole sulla pelle, cosa proibita a noi vampiri. E la cosa più difficile, certe volte, è il veder morire le persone a cui ti affezioni.”

Finì di sussurrare quelle parole, alzando di nuovo lo sguardo su quello di Julian. Le dita smisero di muoversi sulla sua pelle, quando lesse negli occhi del giovane una certa malinconia.

Non credo di poterlo immaginare.”

Julian replicò dopo qualche attimo di silenzio, sorridendo poi tranquillo. Damian continuò tuttavia a scrutarlo, mordendosi le labbra.

Potrei tranquillamente trasformare le persone a cui mi affeziono in vampiri.”

Lasciò il suo braccio, semplicemente per tornare a sistemare una ciocca dei suoi capelli dietro l'orecchio, intrecciandovi poi le dita. “Ma sarebbe troppo egoista.”

Annuì con un cenno della testa, poggiando la testa alla sua spalla. “Perché sei venuto, Damian?”

Sentì il vampiro irrigidirsi per qualche istante, poi il suo braccio passare attorno alla sua vita per stringerlo leggermente, come aveva fatto la volta precedente al Clarimonde.

Non lo so.” - sussurrò appena, voltando la testa per poggiare la labbra alla sua tempia, e sorrise quando si accorse che il ragazzo era completamente rilassato e non rigido come la prima volta.

Volevo solo vederti. Te l'ho detto, piccolo Julian...”

Gli alzò la testa con le dita, obbligandolo a guardarlo negli occhi. Sentiva sulla sua pelle il respiro caldo di Julian, l'odore del sangue che scorreva sotto la pelle del suo collo.

Sei una persona interessante.”

Julian deglutì, ricambiando lo sguardo azzurro del vampiro, stranamente serio. “Perché lo pensi?”

Rabbrividì quando le labbra di Damian sfiorarono la sua fronte, e chiuse gli occhi quando si ritrovò di nuovo tra le sue braccia, il viso premuto sul suo petto. Seguì la guida delle sue mani quando queste gli sollevarono appena le gambe e le sistemarono ai lati della sua vita, stringendosi a lui.

Sto cedendo alla sua presenza. Ma stava davvero cedendo? O si stava legando spontaneamente al vampiro?
Sospirò quando la mano sinistra di Damian oltrepassò il confine sottile della camicia, poggiandosi sulla sua schiena e iniziando a muoversi lentamente sulla sua pelle, il contrasto con le sue dita fredde lo fece leggermente rabbrividire.

Cerchi in ogni modo di esorcizzare la paura.”

Sussurrò al suo orecchio, carezzandolo ancora sulla schiena e stringendolo appena più forte a sé. “Hai paura, ne sei consapevole, e fai in modo di non arrenderti ad essa.”

Lasciò la sua schiena con il braccio destro, per sollevargli il viso e guardarlo di nuovo negli occhi, sfiorando il rossore sulle sue guance.

E non sei scappato quando mi hai visto. Non tutti gli umani vogliono provare a fidarsi di un vampiro come me.”

Rimase in silenzio per qualche istante, il pollice che si muoveva sulla sua guancia, mentre Julian rimaneva immobile nella stretta del suo braccio, incapace di muoversi o dire qualcosa.

Non... Non mi pare di essere speciale.”

Damian sorrise, baciandolo di nuovo sulla guancia.

Le sue labbra sono morbide.

Istintivamente intrufolò le dita sotto la camicia del vampiro, toccando la sua pelle con dita tremanti, indeciso se fosse giusto, se fosse lontanamente concepibile. Sentiva sotto i polpastrelli i muscoli guizzanti di Damian, chiudendo gli occhi.

Fidati di me, Julian. Sei più speciale di quello che credi.”

Il ragazzo annuì con un cenno della testa, e si proibì di riaprire gli occhi quando avvertì sul viso il respiro di Damian, vicino, forse troppo vicino.

Apri gli occhi, piccolo Ju.”

La sua voce era gentile, tutto di lui era gentile. Aprì gli occhi e si ritrovò con quelli di Damian vicinissimi. I loro nasi quasi si sfioravano, e non poté fare a meno di notare il sorriso tranquillo che solcava le sue labbra.

Damian...” - smise di parlare quando la sua mano si poggiò di nuovo sulle sue labbra. “Permettimi solo una cosa.”

Non riuscì a dir niente, ma seguì con lo sguardo la sua mano che scivolava sui bottoni della camicia, separandoli dalle rispettive asole finché non poté sfilargliela del tutto. Carezzò con il dorso delle dita il suo petto, mentre Julian rabbrividiva a quel contatto. Disegnò il profilo della sua muscolatura accennata ma tonica, sorridendo leggermente per la lievissima peluria che ricopriva il suo torace. Non era ancora un uomo, si disse, ma lo sarebbe diventato molto presto. Tornò a guardarlo, notando il suo imbarazzo e la confusione sul suo viso.

Damian...”

La sua voce era ridotta ad un mormorio leggerissimo, mentre gli occhi fissavano le dita di Damian che dal suo petto si spostarono alla sua camicia, aprendola e sfilandola. “Grazie piccolo Julian.”

Senza capire più niente si ritrovò premuto contro il corpo di Damian, e rabbrividì più forte per quel contatto così intimo, per certi versi confortante. Abbandonò la testa sulla sua spalla, senza saper che fare, serrando a propria volta le braccia attorno al suo corpo.

Il suo corpo è forte e scattante.

Poi fu un attimo. Si sentì spingere sul letto, con Damian che si sistemava sul suo corpo. Sentì le sue labbra sul petto, un tocco tanto delicato quanto profondo, che lo fece fremere. “Non agitarti, non ti farò del male.”

La voce di Damian bastò a farlo calmare, mentre lo vedeva risalire sul suo corpo, sistemandosi con le ginocchia ai lati del suo addome. Avrebbe potuto ammaliarlo e renderlo suo, ma qualcosa dentro di sé urlava che era sbagliato. Intrecciò la mano destra ai suoi capelli, mentre con la sinistra carezzò il suo viso, soffermandosi appena sulle sue labbra.

Damian non...” - il vampiro premette l'indice sulla sua bocca per farlo tacere, poi si avvicinò al suo viso con il proprio. Sfiorò con la punta del naso le sue labbra, assaporando il suo lievissimo sospiro, che sicuramente neanche il ragazzo si rese conto di aver emesso.

Fidati di me, Ju.”

Spostò l'indice, e vi sostituì con calma le labbra, premendole delicatamente su quelle del giovane. Si aspettò di essere allontanato, ma il giovane sembrava inerme, finché la sua mano non si poggiò sulla spalla di Damian. Il vampiro sorrise sulle sue labbra, muovendo le proprie per schiudere lievemente quelle di Julian, afferrando il suo labbro inferiore e rubandone il sapore.

Si concesse di sfiorare con la lingua la sua bocca, per poi intrufolarla tra le sue labbra alla ricerca della sua. La stuzzicò appena, e poi sorrise quando Julian la mosse contro la sua.

Il sorriso si distese quando si accorse dell'inesperienza del ragazzo, e lo condusse il quel lieve bacio; intrecciò la lingua alla sua, assaporando il sapore intenso della sua saliva, giovane e maschile. Si allontanò dalle sue labbra dopo qualche istante, cercando i suoi occhi.

Damian...” - Julian rabbrividì appena, allontanando lo sguardo. Damian si morse le labbra, e lo tirò di nuovo a sedere, tornando ad abbracciarlo, il viso nascosto sul suo collo.

Non volevo esagerare. Scusami.”

Il ragazzo sorrise istintivamente, e intrecciò la mano ai suoi capelli. Cosa stava succedendo, di preciso? Non lo sapeva nemmeno lui, poi voltò lo sguardo, il letto immacolato di Jordan.

Ti andrebbe di rimanere qui fino a domani?”

Sussurrò appena all'orecchio del redivivo, che serrò di più le braccia attorno al suo corpo.

Me ne andrò non appena ti addormenterai, piccolo Julian. Non posso rimanere, o sarò obbligato a rimanere chiuso qui fino a domani sera.”

Ridacchiò leggermente sul suo collo, mordendolo d'impulso senza tuttavia estrarre i canini. Julian sussultò, facendo ridere più forte Damian, che lo pizzicò sulla schiena a dispetto. “Stupido vampiro.”

Borbottò divertito, scuotendo la testa, mentre Damian lo tirava nuovamente sdraiato, tenendolo stretto tra le braccia. “Tra me e te sei tu il più stupido, a rimanere stretto a me.”

Gli sorrise divertito, scompigliandogli i capelli. “Hai detto che di te posso fidarmi. E quindi voglio fidarmi.”

Il sorriso di Damian si ampliò, gli occhi gli brillarono, felicità e malizia mescolate.

Non te ne pentirai, Ju.” - allungò il braccio, tirando su entrambi le coperte, per poi tornare a stringere il ragazzo, sistemando una gamba tra le sue, sfiorando il suo collo con le labbra.

Buonanotte, ragazzino.”

Julian ridacchiò, e dopo aver sussurrato un 'grazie' chiuse gli occhi, la testa abbandonata sul cuscino, mentre la mano di Damian si muoveva placidamente sulla sua schiena.

Era sbagliato, si disse. Quando lo vide addormentarsi fece per andarsene, ma si accorse che, nonostante il sonno, le braccia di Julian non avevano allentato la presa. Sospirò.

Resterò.”

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Capitolo 7
*** Calore ***


Aprì gli occhi quando si accorse che ormai il sole era già alto, grazie al tepore della stanza. Il Lunedì dell'Angelo, secondo giorno di assenza di Jordan, che non avrebbe rivisto fino alla sera. Sbadigliò, e voltando la testa si ritrovò a fissare la finestra che era inspiegabilmente chiusa, le tende scure a nascondere la luce del sole che filtrava appena dal basso.

Eppure Julian era sicuro di averla lasciata aperta, la sera prima. Sbadigliò di nuovo, e solo in quel momento si rese conto di un dettaglio.

Poggiato sul petto nudo, o per meglio dire, stretto attorno al petto aveva un braccio, un braccio decisamente tonico e soprattutto freddo. Mosse appena la testa verso destra, ancora intontito dal sonno, ritrovandosi poi a fissare il viso addormentato di Damian.

Batté le palpebre più volte, incerto. Poi la scena della sera prima riaffiorò tra i ricordi, ricordò le labbra morbide ma decise di Damian sulle proprie, la sua lingua ed il sapore intenso e maschile della sua saliva invadergli il gusto. Sentì il viso arrossarsi, e ringraziò mentalmente che il vampiro avesse ceduto alla pressione del giorno e che, di conseguenza, avesse cercato rifugio nel sonno.

Sbadigliò di nuovo, e tornò a guardare il suo viso.

Osservò la trama intrecciata dei suoi capelli scuri, che ricadevano appena sulla sua fronte alta. Si diceva che una fronte alta fosse sinonimo di saggezza ed intelletto, e dopotutto non era Damian diventato Duca della Chiave per due volte consecutive?

Spostò lo sguardo lungo il profilo armonioso ma deciso dei suoi zigomi, il mento appena pronunciato, i lineamenti affilati quasi come quelli di un felino. Ed in effetti aveva un qualcosa di felino, Damian; il guizzare dei muscoli quando saltava, la decisione ma l'estrema delicatezza delle sue braccia che più volte l'avevano sollevato per portarlo al riparo sui tetti.

Seguì al contrario il profilo del suo naso con lo sguardo, soffermandosi sugli occhi, le palpebre abbassate; le ciglia, nere anch'esse, ricadevano morbide sui suoi zigomi, in un netto contrasto con il pallore della sua pelle. Ma la cosa che più sembrava strana erano le sue labbra. Le ricordava più rosee, e meno fredde al tatto quando le sfiorò leggermente con le dita.

Tirate in un sorriso, le labbra di Damian si schiusero appena al passaggio delle dita del giovane, per poi tornare nella loro posizione abituale.

Non dovevi andartene, Assange?”

Sussurrò appena, e vide Damian muoversi leggermente, senza tuttavia svegliarsi. Julian si sistemò a propria volta su un fianco, facendo un po' di attenzione a non muoversi troppo, e allungò un braccio sotto al guanciale, poggiando di nuovo la testa sul cuscino.

Scivolò con lo sguardo sul collo di Damian, la pelle pallida che lasciava intravedere al di sotto le vene in cui il sangue non veniva pompato dal cuore, fermo ormai da secoli. Continuò a studiare il suo corpo, le spalle larghe ed il petto scolpito, che si alzava ritmicamente seguendo un respiro che non era necessario, ma memoria di una vita che, duecento anni prima, era una comune vita umana.

Più in basso ancora sfiorò con lo sguardo e con le dita il suo addome, i muscoli tonici ed eterni che si contraevano leggermente sotto i polpastrelli più caldi di Julian. Sentì nuovamente le guance avvampare, ed alzando lo sguardo si ritrovò a fissare nuovamente il viso di Damian, le sue labbra ancora tirate in un sorriso. Sfiorò con la mano il suo viso, un gesto istintivo e non veramente pensato.

Sembri innocuo, si disse con un lieve sorriso. Aveva ancora ben impressa nella memoria il suo assalto all'uomo che minacciava di sgozzare Sophia. Ricordava i suoi canini improvvisamente estratti dai loro loculi, la carne lacerata e, in seguito, l'odore pungente del sangue che andava sgorgando dalla giugulare lacera dell'uomo.

Scosse la testa per scacciar via il pensiero, prima di muoversi appena verso l'esterno del letto. Si chiese come potevano esser riusciti a dormire in un letto singolo, considerando che Damian era molto più robusto di lui.

Scivolò fuori dal letto, lasciando cadere dolcemente il braccio di Damian sul materasso, prima di alzarsi e stendere le braccia, sbadigliando ancora una volta.

Prese il libro e la pergamena dalla scrivania, sedendosi poi al fianco del letto, poggiando il tomo sul materasso e stendendoci sopra il foglio.

Ricominciò a scrivere ciò che la sera prima aveva interrotto per l'arrivo inatteso di Damian, mentre il pennino grattava delicatamente la pergamena, depositandoci sopra una linea continua di inchiostro. Guardò le lettere reclinando la testa, sbuffando appena. Non aveva nulla a che vedere con la grafia perfetta e armoniosa di Damian, tutt'altro. Era ancora particolarmente spigolosa, quasi geroglifico in confronto alle lettere eleganti del redivivo. Alzò appena lo sguardo, tornando a fissare il vampiro che stava dormendo. Sorridendo ricominciò a leggere, poggiandosi con gli avambracci sul lenzuolo.

È un vampiro.

Io un ragazzo.

Quanto è corretto parlare di fiducia?

Smise di leggere, sovrappensiero. Alzò di nuovo lo sguardo sul redivivo, incerto. Un vampiro ottiene sempre ciò che vuole, quante volte i monaci lo avevano ripetuto, all'orfanotrofio?

Cosa vuoi, Damian?

Ripensò a quella sera, dopo il Clarimonde. Alle sue braccia che si stringevano attorno al proprio addome, la sua mano che cercava calore contro il suo corpo di adolescente. Un movimento sul materasso lo fece sobbalzare, e rialzando gli occhi vide che il redivivo si era girato. Si ritrovò a fissare la sua schiena e le sue spalle, larghe effettivamente come aveva sentito quando, sulla carrozza, le sue braccia lo strinsero da dietro. Non intendo farti del male. Lo so.

Chiuse il libro, poggiandolo poi sotto al letto, assieme al pennino ed al foglio di pergamena, tornando ad intrufolarsi nel proprio letto, e allungando le braccia attorno alla schiena di Damian. Le incrociò sul suo petto, il proprio a contatto con le sue scapole, la testa poggiata alla sua spalla; chiuse gli occhi, quando la mano di Damian si spostò sulla sua.

Sorrise tra sé, respirando piano sul suo collo, il profumo leggero della sua pelle che iniziava a diventare familiare.

Voglio fidarmi di te.”

Sussurrò appena, ma non sapeva veramente se Damian lo avesse sentito.

D'altro canto, il vampiro si era svegliato nel momento esatto in cui le braccia calde di Julian si erano avvolte attorno al suo corpo, e le parole del ragazzo lo avevano fatto sorridere.

In un certo senso, lo avevano reso felice.

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Capitolo 8
*** Sangue ***


Erano passati alcuni giorni da quando aveva sentito il calore di un corpo umano tra le braccia, da quando aveva osservato durante le lunghe ore della notte il viso di Julian, così maledettamente indifeso che, se avesse voluto, avrebbe potuto uccidere nell'arco di pochi secondi.

Aveva ancora sulla pelle l'odore di quella del ragazzo, ormai ridotto ad un flebile profumo, profumo che lo faceva sorridere.

In quel momento si sentiva stranamente vulnerabile, perché quel ragazzo non era scappato davanti al suo essere malizioso, era rimasto più o meno inerme dopo averlo visto appropriarsi della vita di un malintenzionato, ed era persino arrivato a concedergli fiducia.

L'aveva anche stretto tra le braccia, pensando che avesse ceduto alla pressione del giorno, quando in realtà si era svegliato nello stesso momento in cui l'aveva sentito scivolare via dalle sue braccia.

Sono i vampiri ad ammaliare gli umani, e tu sei caduto vittima di un umano?

Era distratto, da qualche giorno. O per meglio dire, era presente, anche troppo, ma a volte si ritrovava perso in pensieri, la mente concentrata sul ricordo delle labbra calde del ragazzo e della sua irruenza data dalla sua inesperienza, sul ricordo del suo cuore che per tutta la notte aveva martellato dolcemente il suo udito finissimo e, soprattutto, dal ricordo del suo calore sulla pelle.

Damian.”

La voce piuttosto scocciata di Axel Vandemberg lo fece tornare alla realtà, e tornò a focalizzare lo sguardo sul principe e nuovamente su Gareth Elridge.

Sì, principe Axel?”

Si spostò rapido alle spalle dell'ormai ex Duca della Chiave, che non si scompose più di tanto a sentire la sua voce roca all'orecchio. “Sono tremendamente tentato di assaggiarvi, Vandemberg, ogni parte di voi.”

Sfiorò con le dita la pelle del suo collo, e ciò che ricevette in cambio fu un ringhio decisamente scocciato, poi Axel si voltò di scatto, rovesciando la sedia e stringendo con forza le dita attorno al polso del redivivo.

Temo di non potervi concedere il piacere.”

Alle loro spalle Gareth parve riscuotersi dal sorridere allegramente ad una combriccola di giovani matricole che avevano evidentemente violato il coprifuoco; i doveri di Princeps di Axel l'avrebbero obbligato a rispedirle al Collegio con una severa ramanzina condita da una doverosa punizione, ma in quel momento era troppo preso dalla discussione con Gareth e Damian riguardo il futuro dell'ordine della Chiave.

Addolorato.” con voce sinceramente dispiaciuta e carezzevole Damian replicò al tono più irritato di Axel, ed allontanò il polso dalla sua mano con un elegante movimento del braccio, prima di tornare a sedersi con nonchalance al proprio posto, mentre Axel, dall'altro capo del tavolo, gli lanciava occhiate omicide e decisamente scontrose.

Gareth rise, suscitando nelle matricole al loro fianco un altro coro di voci, prima che Axel si alzasse nuovamente, sbattendo la mano sul tavolo, ed incamminandosi verso le ragazze. Quando lo videro avvicinarsi, alcune di loro sfoggiarono sorrisi civettuoli mentre, le più intelligenti, si sbrigarono a sistemarsi per scappare. Axel ne afferrò una particolarmente celere per il colletto, bloccandola e fissando arcigno le altre, che rabbrividirono palesemente.

Voi adesso ve ne tornate al Collegio in meno di venti minuti, o domani, giuro su Dio, vi obbligherò personalmente a pulire i bagni di tutta la Misericordia!”

Damian alzò un sopracciglio, fissandolo.

Axel sfogava il suo essere in difficoltà diventando arcigno e sfuggente, se ne era reso conto sei anni prima al loro primo incontro. Lo comparò istintivamente con Julian che, d'altro canto, arrossiva violentemente ogni qual volta cercava di... 'molestarlo', così diceva il ragazzo.

Per stasera abbiamo finito.”

La voce irritata di Axel fece sorridere Damian, maliziosamente e soprattutto divertito. Annuì, alzandosi di nuovo, e ancora una volta si portò alle sue spalle.

Quando ti arrabbi sei eccitante, Princeps.”

Lo morse sul collo, prima di saltare all'indietro ed evitare il suo pugno, ridendo roco.

Maledizione Damian, sei assurdo!”

Il vampiro continuò a ridere, per poi inchinarsi.

Gareth, Axel, au-revoir.”

E, senza aggiungere altro, scelse di uscire dalla finestra, tra un fischio di ammirazione di Gareth ed una maledizione scurrile del giovane Principe.

 

[…]

 

Sanguinava.

Sentiva la testa maledettamente pesante, i canini estratti dai loculi a causa del suo autocontrollo che stava scemando.

Per una singola volta era stato disattento, troppo disattento, confidando appieno nelle proprie capacità di vampiro.

Si era nutrito, sì, al Canale. Ma troppo preso dalla foga della caccia, dall'eccitazione e dal piacere del sangue, non si era accorto degli altri due uomini che, armati di croci e lame benedette gli si erano avvicinati.

Si rese conto troppo tardi del potere di quei monili, li sentiva anche a distanza. Le braccia sembravano cadergli, era più lento, era più vulnerabile.

Non aveva bevuto che qualche lungo sorso dal corpo dell'uomo, non era nel pieno delle sue forze, e questo aveva favorito notevolmente i due uomini. Le croci che brillavano sul petto avevano permesso loro di colpirlo al fianco e alla spalla; il sangue iniziò a sgorgare da quelle ferite, più per colpa della differenza di pressione tra i vasi e l'ambiente esterno che per il pompaggio assente del cuore.

Non era riuscito a far nulla, ed istintivamente era fuggito via, due croci e due spade benedette, due uomini palesemente addestrati all'arte della scherma, erano in quel momento un mix potenzialmente letale.

Stava saltando tra i tetti, allontanandosi rapidamente dal Canale e senza avere veramente idea di dove andare, ormai abbandonato ciecamente all'istinto.

La vista annebbiata, la sete che cresceva per il bisogno spasmodico di risanare il proprio corpo lo stavano destabilizzando.

Solamente in fondo alla mente riusciva veramente a rendersi conto del perché si stesse muovendo proprio in quella direzione, seguendo inconsciamente come la prima volta la scia dell'odore di Julian.

In quel momento riusciva esclusivamente a pensare al suo sangue, all'odore pericolosamente appetitoso del suo sangue.

Saltò di nuovo, quasi perdendo l'equilibrio, prima di saltare un'ultima volta ed atterrare sul davanzale della finestra del ragazzo. Fu Jordan ad aprirla, e prima che il ragazzo si potesse rendere conto delle condizioni del vampiro, Damian stava già istintivamente ricorrendo ai suoi poteri. Lo fissò negli occhi, ed iniziò a parlare, la voce rotta ed instabile.

Vattene Vandemberg, torna tra qualche ora, dimenticati di avermi visto.”

In malia del vampiro Jordan annuì, e senza dire niente si voltò, salutando Julian con un sorriso ed allontanandosi dalla camera, chiudendo la porta alle spalle, per poi andare a rifugiarsi nella biblioteca, dimenticandosi quasi immediatamente il motivo per cui se ne era andato dalla camera.

Fece per tornare indietro, ma qualcosa che non sapeva identificare, lo spinse a rimanere lì, afferrare un libro, e cominciare a leggerne le parole senza realmente capirne il significato.

Damian?”

La voce di Julian fece voltare di scatto il vampiro, le pupille dilatate, i canini ancora estratti. Julian guizzò per neanche un istante gli occhi sulle ferite di Damian, e capì inconsciamente di essere in pericolo. L'istinto di sopravvivenza lo spinse immediatamente a retrocedere verso la porta, ma fu troppo lento, e Damian troppo veloce. Il vampiro lo sbatté contro il muro, premendolo con la spalla sana contro la parete e lacerando la carne del suo collo, strappando un urlo al giovane.

Damian, lasciami anda-” non riuscì a finire di parlare che la mano di Damian saettò a tappargli la bocca, mentre il sangue del ragazzo cominciava a riversarsi rapido tra le labbra e sulla lingua di Damian.

Sentiva nel corpo l'eccitazione della caccia ed il piacere inebriante del sangue caldo, mentre i vani tentativi di liberarsi di Julian lo fecero affondare maggiormente nel suo collo, facendolo ansimare dalla necessità di nutrirsi.

La voce di Julian usciva come un lieve sussurro da sotto il palmo della mano del vampiro mentre lo chiamava per nome, implorante, il suo respiro caldo lo faceva rabbrividire mentre si impossessava della sua vita, come fosse un semplice delinquente.

Poi un attimo; spalancò gli occhi nell'esatto momento in cui un odore salato lo colpì alle narici, sovrastando il sapore del sangue, e qualcosa di umido e bollente toccò la pelle della sua mano.

Ci mise solamente un istante a ritornare completamente lucido, rendendosi conto che quell'odore era odore di lacrime, e che quel sangue apparteneva a Julian.

Julian. Ritrasse di scatto i denti dalla carne del ragazzo, fissandolo inorridito mentre lo vide svenire e cadere a terra; sentiva il suo cuore battere all'impazzata, leggeva sul suo viso la paura e la consapevolezza di essere ad un passo dalla morte.

Si inginocchiò rapido accanto a lui, lacerando il polso destro con i denti e facendo cadere poche gocce del proprio sangue sul collo del ragazzo, osservando le ferite richiudersi dopo pochi secondi.

Julian. Julian. Julian!”

Chiamò il nome del ragazzo più volte, scuotendolo per le spalle, senza neanche essersi accorto che le ferite che aveva sulla spalla e sul fianco si erano risanate grazie al nuovo sangue che aveva ingerito, mentre sfiorava con il pollice le sue guance per portar via la scia salata delle sue lacrime.

Ti dimenticherai di me, adesso, come se non mi avessi mai conosciuto.”

Mormorò al suo orecchio, ricorrendo lucidamente ai propri poteri di creatura della notte, poi afferrandolo lo depositò sul letto. Rimase qualche minuto affiancato a lui, accertandosi che non sarebbe morto, poi si allontanò. Fece per voltarsi, quando la mano di Julian scivolò sul suo polso, stringendolo flebilmente.

Damian... Che è successo?”

Il vampiro si blocco di scatto, voltando leggermente la testa ed incrociando i suoi occhi, resi stranamente più belli dalle occhiaie che si erano formate al di sotto per colpa del sangue di cui si era appropriato.

Perché mi riconosci, Julian, perché?

Si avvicinò di nuovo a lui, carezzandolo sul viso, indeciso. “Ti ho trovato svenuto sul pavimento, Julian.”

Non aggiunse altro, ma si sedette accanto a lui, prima di sistemarsi alle sue spalle ed abbracciarlo con forza, il viso poggiato sul suo collo. Ignorò l'odore del suo sangue, concentrandosi sul calore del suo corpo.

Stai bene, Damian?” mormorò Julian, la voce stanca ed improvvisamente assonnata.

Tu stai bene, Ju... ?” Damian rispose in un sussurro, gli occhi chiusi. Quando il ragazzo annuì con un lievissimo cenno della testa, il redivivo lo strinse appena più forte.

Allora sto bene anche io, ragazzino.”

Non si accorse della confusione del ragazzo, ma sorrise appena quando lo sentì rabbrividire per le labbra che si poggiarono sul suo collo e si rilassò appena quando lo sentì sbadigliare.

Ho sonno, sono stanchissimo.”

Damian alzò la testa, e lo baciò sulla guancia, sistemandosi sul suo letto in modo da farlo sdraiare, senza allontanarlo dal proprio corpo. Tirò su con una mano la coperta, coprendo entrambi dopo essersi sfilato le scarpe, il ragazzo ancora serrato contro il proprio corpo, la testa sul proprio petto.

Dormi, piccolo Julian, non me ne vado.”

Ti proteggerò io, avrebbe voluto aggiungere nell'accorgersi che il ragazzo stava velocemente scivolando nel sonno, di nuovo tra le sue braccia.

Ti proteggerò da me stesso, senza allontanarmi, in un modo o nell'altro, ragazzino.

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Capitolo 9
*** Assuefazione ***


Osservava di nascosto Eloise, mentre la ragazza stava scribacchiando su un foglio i valori di pressione e battito cardiaci. Si sentiva stanco da qualche giorno, e su consiglio di Jordan aveva deciso di andare alla Misericordia a farsi dare un'occhiata, sperando di venire a capo di quella strana ed improvvisa spossatezza.

Non hai niente che non vada da Julian...”

Il ragazzo alzò lo sguardo sulla studentessa, confuso. Se non aveva nulla, perché si sentiva così maledettamente stanco?

Devo farti una domanda.”

Eloise alzò gli occhi in quelli del giovane, poggiando sulla scrivania il calamo con cui stava scrivendo. “Hai i sintomi di chi ha avuto di recente un emorragia. Ma non hai nessun segno di ferita da taglio, né eventuali emorragie interne.”

Prese un attimo di respiro, infilando le mani nelle tasche del camice.

Hai nutrito qualche vampiro, Lord?”

Julian la fissò, gli occhi sgranati, poi scosse la testa con veemenza.

No, gli unici vampiri che conosco di persona sono i Blackmore, e non...”

Poi si fermò, incerto. Damian. Ricordava confusamente che qualche sera prima si era presentato in camera, e che gli aveva fatto compagnia, ma...
“Non che cosa, Julian?”
La ragazza stava spazientendosi, di norma avrebbe buttato fuori dall'ambulatorio persone che non avevano reali problemi di salute. Ma Julian era un caso a parte, era amico di Jordan e di Sophia, e bene o male nutriva per lui un affetto quasi fraterno. Sorrise appena quando lo vide tremare leggermente, avvicinandosi a lui.
“Io... Credo di essere stato attacco da un vampiro.”
Mormorò appena, la voce rotta. Aveva come dei brevi flash, ricordi sparsi ma, adesso, tremendamente vividi. Ricordò la carne lacerata, il dolore pulsante al collo e l'odore metallico del sangue. Ed inoltre ricordò due occhi, azzurri ghiaccio, fin troppo cristallini.
Ricordò Damian sbatterlo al muro, affondare i canini nel suo collo e rubargli la vita che gli scorreva dentro.

La ragazza lo squadrò, improvvisamente più seria. Si avvicinò a lui, e senza curarsi di essere delicata gli torse il collo, alla ricerca di segni visibili di un morso, segni che non trovò.

Ti ha curato... Non voleva ucciderti, Julian.”

Sussurrò appena, più per se stessa che rivolta al ragazzo, memore delle parole e dei racconti di Ashton che, a detta sua, non uccideva mai le ragazze con cui si intratteneva al Clarimonde, chiedendone in cambio il sangue.

Starò attento, Onorevole Eloise.”

La voce del ragazzo era rotta, quasi tremante, mentre la ragazza gli sfiorava gentilmente una guancia con la mano, prima di farlo alzare dal lettino. Lo squadrò, incerta su cosa dire o fare, e si limitò a sorridergli prima di aprirgli la porta e vederlo sparire dall'ambulatorio, diretto al Collegio.

 

[…]

 

Si torceva nervosamente le mani, seduto sul letto con solo un telo da bagno legato in vita, i capelli gocciolanti che inumidivano le sue spalle.

Erano diversi giorni che Damian pensava a Julian, ed erano diversi giorni che si tormentava per avergli involontariamente fatto del male.

Era stato istintivo, aveva ceduto al suo lato più terribile con quella persona a cui aveva chiesto fiducia e di cui voleva fidarsi.

Scosse la testa, innervosito. Odiava quella situazione, odiava se stesso in quel momento. Rimase in silenzio per qualche altro secondo, prima di afferrare letteralmente il comodino e lanciarlo di peso contro la porta del rifugio.

La porta si scalfì leggermente, a differenza del comodino che si schiantò con un rumoroso e fastidioso schiocco di legno su legno, andando in pezzi.

Irritato fissò le assi che giacevano informi a terra, prima di lasciar scivolare sulle lenzuola il telo e vestirsi velocemente. Lasciò perdere il mantello, non ne aveva bisogno e lo avrebbe solamente intralciato. Doveva vedere Julian, controllare che stesse bene.

E soprattutto, si ritrovò a sperare, controllare che non ricordasse assolutamente nulla di ciò che era successo.

 

[…]

 

Avanti.”

Non alzò la testa dal libro quando sentì bussare, troppo concentrato nel leggere senza tuttavia memorizzare quelle ultime righe di testo che doveva studiare.

Devo parlarti, Julian.”

Il ragazzo si irrigidì nel sentire la voce bassa di Damian, e serrò le dita attorno al legno della scrivania, mentre con la mano sinistra estraeva senza esitare la croce da sotto la camicia. Si voltò verso di lui, l'espressione del viso tirata in una smorfia arcigna. Lo sguardo di Damian si spostò dal viso di Julian alla croce luccicante sul suo petto, ma non indietreggiò.

Non ho più niente da spartire con te, Damian.”

La voce di Julian uscì in un farfuglio, confuso dall'espressione triste che aveva letto negli occhi azzurri di Damian, e distolse lo sguardo, più per fastidio che per paura.

Damian sospirò appena. “Ti faccio così... Paura, Julian?”

Il ragazzo si morse le labbra, alzando di nuovo lo sguardo e fissandolo irritato. “Mi hai quasi ucciso!”

Senza dir niente, senza neanche provare a difendersi il vampiro avanzò di un passo, e fu come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco. L'effetto della croce lo stava indebolendo, trasmettendogli una sensazione di sofferenza dentro il corpo.

Non... Non ti avvicinare, Damian!”

Julian non si mosse, troppo impaurito e confuso dall'atteggiamento di Damian. “Julian, perdonami.”

La voce di Damian uscì in un sussurro, sofferente, mentre muoveva un secondo e poi un terzo passo verso Julian; rimasero distanziati esclusivamente da una singola falcata, e Julian non sembrava intenzionato ad allontanarsi o far altro.

Vattene, Damian!”

Vide il vampiro stringere con forza i pugni, il viso ed il corpo tremanti per l'effetto della croce benedetta; con un mugolio sommesso si avvicinò ulteriormente al ragazzo, che si irrigidì di scatto e si portò le braccia davanti al corpo, temendo di essere di nuovo morso.

Quando poi sentì le braccia di Damian attorno al busto esitò, mentre sentiva il corpo del vampiro tremare sempre di più per via del potere del monile che aveva al collo.

Non volevo, piccolo Ju, non volevo.”

La voce di Damian gli giunse, rotta e tremante, all'orecchio: nelle sue parole era palpabile il dolore fisico e la sofferenza interiore per il gesto che aveva fatto. Esitando ancora Julian si strappò la croce dal collo e la lanciò lontano, sul letto di Jordan, ansimando appena dal dolore quando Damian gli crollò stremato addosso. Rimase abbracciato a lui, in attesa che il vampiro si riprendesse, ed allungò timidamente le braccia dietro la sua schiena. Damian aumentò la forza nelle proprie braccia, gli occhi chiusi ed il viso sprofondato sul petto di Julian, mentre ne respirava a pieni polmoni l'odore. Rimase fermo in quella posizione per qualche secondo, prima di sollevare Julian e farlo sedere sul letto, sedendosi a propria volta sulle sue ginocchia e stringendosi a lui sia con le braccia che con le gambe.

D... Damian?”

Esitò nel chiamarlo, sempre più confuso dagli strani atteggiamenti del vampiro, il cuore ancora accelerato per via della paura che provava.

Julian, non vole-”

Si interruppe quando sentì la mano del ragazzo scivolare sulle sue labbra e bloccargli le parole in gola; ricambiò il suo sguardo, leggendovi paura, irritazione, e una sorta di preoccupazione.

Va... Va tutto bene.”

Mormorò appena, chiudendo gli occhi, mentre stringeva tra le mani il viso di Damian, sfiorando i suoi zigomi con le dita che tremavano.

Essere un vampiro fa schifo.”

Sentì la voce di Damian farsi amareggiata, e riaprì gli occhi, senza saper cosa dire. Cercò di rilassarsi, respirando più lento e più a fondo, avvertendo man mano il cuore rallentare i battiti. Anche Damian se ne accorse, e abbozzò un leggero sorriso nel sentire il battito farsi più regolare e le mani calde del ragazzo attorno al viso. Socchiuse gli occhi, e senza dir niente sollevò la maglia di Julian, poggiando direttamente le mani sulla pelle della sua schiena.

Il ragazzo rabbrividì, un lieve sorriso sulle labbra.

Sei caldo, Julian” farfugliò appena Damian, la voce leggermente più ferma, mentre le sue dita percorrevano i dorsali e la colonna vertebrale del giovane. Julian sorrise, e chiuse gli occhi del redivivo con le dita, riaprendo i propri.

E tu sei freddo.” sussurrò di rimando, avvicinando il viso al suo e lasciandogli un lieve bacio sulla guancia. Damian sorrise maggiormente, mormorando un 'grazie' in risposta a quel gesto. Julian scosse la testa, e senza dire altro, più per istinto che per pensiero logico, spostò lentamente le labbra sopra quelle di Damian. Il vampiro non si mosse, aprendo semplicemente gli occhi in un'espressione confusa e sorpresa.

Perché ti fidi di me?”

Mosse appena le labbra su quelle del ragazzo nel fare la domanda, e Julian gli sorrise di rimando, tirando maggiormente le labbra. “Io... Io credo di potermi fidare di te, vampiro o meno, pericoloso o meno.”

Sussurrò di rimando senza allontanare le labbra, prima di muoverle di nuovo e lasciando un lieve bacio umido su quelle di Damian. Il vampiro esitò leggermente, prima di stringersi con più forza al ragazzo, e ricambiò quel lieve contatto di labbra, senza approfondire il bacio.

Julian non si mosse, il cuore che batteva improvvisamente all'impazzata, consapevole delle braccia possenti del vampiro che lo stavano stringendo, del suo corpo che premeva sul proprio come se volesse entrarvi dentro e non uscirne più.

Julian, mi inebri.”

Sentì la sua voce all'orecchio, e a quelle parole spontaneamente si irrigidì. Damian riprese a carezzarlo, allontanandosi da lui e lasciandolo seduto sul letto, andando a poggiarsi con la fronte al vetro della finestra.

Ho paura di te, adesso.”

Fu un pugno nello stomaco. Damian strinse i pugni, proibendosi di prendere a cazzotti il muro fino a ridurlo in brandelli, semplicemente per non spaventare ulteriormente il ragazzo.

Ho paura, ma mi voglio fidare.”

'Di nuovo', si trattenne dall'aggiungere.

Damian si voltò, squadrandolo con gli occhi, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, il viso tirato in una smorfia di autocommiserazione. Incrociò gli occhi scuri del ragazzo, si soffermò leggermente sul suo viso spruzzato di lentiggini e sui suoi capelli rossicci, l'odore del suo sangue che lo attraeva come il miele attrae le mosche.

Non aveva bisogno di nutrirsi, prima di arrivare al Collegio aveva preventivamente messo a tacere la sete di sangue, ma l'odore della vita di Julian era come una specie di richiamo.

Non l'odore del sangue di Axel Vandemberg, non quello di Rafael Valance, ma quello di una matricola, di un'anonima e sconosciuta matricola del Collegio di Aldenor.

'Gli umani riescono ad ammaliare noi vampiri con la stessa facilità con cui noi possiamo ammaliare loro.'

Quella convinzione iniziò a farsi strada nella sua mente, facendo breccia in oltre duecento anni di assoluta certezza di poter resistere meglio degli umani ai piaceri della carne.

Ti ringrazio, giovane Lord.”

Commentò infine, la voce incerta e spezzata, aprendo la finestra ed issandosi sul davanzale con le braccia, pronto a spiccare il salto, a scomparire nella notte per andare a rifugiarsi lontano dagli occhi di Julian.

Fece per saltare, quando le dita calde del ragazzo si strinsero attorno al suo polso. Lo vide esitare quando incrociò il suo sguardo, ma si fermò. Rimase in silenzio, cercando di decifrare la sua espressione.

Vengo con te.”

Damian alzò un sopracciglio, sorpreso. “Sto andando a nutrirmi.”

Tagliò corto, mentendo. Sentì le dita di Julian stringersi più forte attorno al polso, e la sua risata leggera lo confuse maggiormente.

Hai la pelle più calda delle altre volte, e sei meno pallido. So riconoscere un vampiro che si è nutrito da uno che ha sete di...” deglutì appena “Di sangue.”

Damian esitò, prima di rilassare le gambe, e poggiare di nuovo i piedi sul pavimento della camera di Julian. Scosse la testa. 'L'ingenuità degli umani che intrappola i vampiri'

Si voltò di nuovo verso il ragazzo, sorridendogli tranquillo.

Andiamo, allora.”

Gli diede di nuovo le spalle, e sbuffò quando sentì il ragazzo salirgli in spalla. “Sei ingrassato, ragazzino.”

Julian gli sferrò un pugno leggero sulla spalla, sbuffando a propria volta.

Eloise mi ha messo all'ingrasso per farmi recuperare le forze, vampiro.”

Non aggiunse altro e strinse le braccia attorno al collo di Damian, un leggero sorriso sulle labbra. Chiuse gli occhi quando il vampiro saltò, atterrando sul tetto di fronte a loro, e non ebbe modo di dire niente che Damian riprese a saltare, sempre più in alto, regalandogli una visione notturna della

Vecchia Capitale, così come non la aveva mai vista.

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Capitolo 10
*** Salvezza ***


 

Erano appena le dieci di sera, e alla Locanda della Luna Piena solo uno dei tavoli più grandi era ancora occupato da un paio d'ore dalle medesime persone.

Calici di vino andavano svuotandosi e riempiendosi numerose volte, mentre l'allegra compagnia chiacchierava del più e del meno, ridendo e scherzando, tra una battuta e l'altra.

Julian Lord e Sophia Blackmore – misteriosamente presente grazie alla gentile concessione di Bryce Vandemberg – erano in compagnia, quella sera, di altre rumorose presenze.

Accanto a Sophia sedeva suo fratello di sangue, Cain Blackmore, che era presente per ordine di Ashton, al fine di sorvegliare la piccola erede Blackmore.

Dall'altro capo del tavolo stavano Justin Sinclair e Drayden, suo gemello, intenti come sempre a litigare sonoramente, mentre le cugine Mayfield, Caroline e Fayette ed Alexandria sedevano accanto ai cugini.

Troppi legami, si trovò a pensare Julian, osservando i ragazzi presenti al tavolo, cugini, sorelle, legami di sangue così antichi da essere ancora presenti nei loro alberi genealogici.

« È vero che sei stato morso da un vampiro? » la voce cristallina e dalle vaghe sfumature infantili di Cain fece improvvisamente tacere tutti i presenti, mentre Julian si voltava lentamente verso il giovane vampiro. Lo squadrò appena, evitando di soffermarsi sui suoi occhi verdi, nervoso.

« Chi ti avrebbe detto certe idiozie? »

Cain rise a quella domanda palesemente nervosa, suscitando nelle tre Mayfield sorrisetti compiaciuti, mascherati immediatamente dopo un'occhiataccia dei cugini.

« Eloise ne ha parlato con Axel, che ne ha parlato con noi Blackmore. E soprattutto, lo avverto. Hai un odore diverso da quello di un comune essere umano. Odori di vampiro. »

Il redivivo pronunciò quelle parole come se fossero una cosa ovvia, nonostante nessuno potesse realmente sentire la differenza nell'odore della pelle del ragazzo.

Julian deglutì, osservando tutti con la coda dell'occhio, innervosito.

« Sì, sono stato morso. » tagliò corto Julian, bevendo un'altra lunga sorsata di vino, mentre Fayette sembrava sul punto di svenire dall'emozione della scoperta.

« E sei ancora vivo! » commentò la più giovane delle Mayfield, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro; Sophia la squadrò con sufficienza, prima di guardare Julian con espressione arcigna.

« Come mai non ne so nulla, fratello? » sbraitò leggermente, suscitando in Justin una risata.

« La mogliettina si è arrabbiata. » la voce del gemello maggiore risuonò allegra, facendo irritare maggiormente la giovane Blackmore, che gli rivolse uno sguardo tagliente.

« Ed è anche più bella quando è... » una gomitata di Drayden fu sufficiente a zittirlo, semplicemente per farlo sbottare subito dopo, irritato nei riguardi del gemello.

« MA SEI IMPAZZITO?! »

Bastò poco prima che l'attenzione di tutti si focalizzasse sui due gemelli che, senza alcun preavviso né alcuna minaccia verbale iniziarono a darsele di santa ragione, arrivando perfino a lanciarsi dietro le sedie del locale. E bastò veramente poco prima che il proprietario della Locanda arrivasse dalle proprie stanze, sbraitando verso i due contendenti e all'intero gruppetto di amici, intimandogli di uscire all'istante.

« Siete sempre i soliti, voi due! » sbraitò Caroline, esasperata per esser stata nuovamente buttata in mezzo di strada a causa dei litigi dei gemelli. Drayden e Justin nel frattempo avevano ripreso tranquillamente ad azzuffarsi, sferrandosi a vicenda pugni e ganci, sbuffando quando si colpivano a vicenda in punti particolarmente sensibili.

« Sto per urlare. » la voce atona di Sophia fece ridere tutti, ma obbligò i due gemelli a fermarsi, gli occhi sgranati.

« NON VALE! » esclamarono in coro, scocciati da quell'atteggiamento.

« Non possiamo neanche fare a pugni, adesso?! » borbottò Drayden, contrariato, aiutando poi il fratello a rialzarsi. « Tanto alla Caserma ti rendo il resto! »

Sophia alzò gli occhi al cielo, sconsolata dalla testardaggine dei due gemelli, e decise di lasciar perdere, evitando di guardarli mentre continuavano a battibeccare.

« Credo sia meglio andare. » la voce di Alexandria risuonò limpida nell'aria, mentre osservava tutti i presenti, indugiando con espressione scocciata sui due gemelli, che la ignorarono spudoratamente.

« Sì, è meglio prima che ci scoprano. » borbottò Julian, suscitando un'occhiata curiosa negli altri. Solo Cain parve ignorarlo, sistemandosi il colletto della camicia con le mani pallide. Sophia guardò il fratello, sospettosa. « Non voglio ritrovarmi a pulire i pavimenti della Misericordia per altre tre settimane. »

Sophia scosse la testa, ma non disse nulla. « Bene, andiamo. »

Su esortazione di Alexandria il gruppetto si incamminò verso il Collegio, mentre i gemelli deviarono verso la Caserma. Nessuno dei presenti si accorse tuttavia del bisbiglio lieve che Sophia pronunciò all'orecchio del fratello vampiro, neanche Julian.

 

[…]

 

« Jordan? »

Nella lieve penombra della stanza, illuminata solo dalla pallida luce della luna che filtrava dalla finestra, Julian cercava di capire se l'amico fosse più o meno sveglio, o per lo meno presente. Quando non ricevette risposta si avvicinò alle imposte, aprendole e gettando l'intera camera in una pozza di luce lunare che permetteva di discernere leggermente meglio gli oggetti al suo interno. Sospirò leggermente quando si accorse del letto immacolato dell'amico, e lasciò cadere sulla sedia il mantello, iniziando a spogliarsi della camicia con lentezza, prima di sistemarla con cura nell'armadio.

« Chi è il vampiro che si è nutrito di te? »

Una voce proveniente dalla porta fece sobbalzare Julian, che si voltò di scatto senza vedere nessuno, il cuore che batteva più veloce. Una risata argentina, quasi infantile si liberò nell'aria, e le ombre addensate vicino alla porta scivolarono via, rivelando agli occhi del ragazzo Cain che, con la sua solita aria di finta innocenza se ne stava li, gli occhi poggiati sul ragazzo.

« Non ti riguarda, Cain. » sbottò il ragazzo, affrettandosi ad indossare una canottiera scura, ma le dita fredde del più giovane vampiro Blackmore si serrarono intorno al suo polso, e si sentì sbattere leggermente al muro, la sua mano a bloccargli le spalle.

Il cuore accelerò notevolmente i battiti, le mani si strinsero a pugno mentre cercava inutilmente di liberarsi dalla presa salda e forte oltre l'umano di Cain, mentre il giovane vampiro rideva di nuovo, facendo tremolare le ombre nella stanza. Vampiri maledetti, si trovò a pensare Julian, mentre sentiva il viso del redivivo avvicinarsi al collo.

« L'odore di vampiro è molto forte sul tuo corpo, Lord. » sussurrò Cain al suo orecchio, senza sfiorarlo con le labbra ma respirandoci lievemente sopra. Julian rabbrividì irritato, protestando sonoramente quando la mano affusolata e fredda di Cain sfiorò la pelle esattamente sopra la giugulare. « Ed il tuo sangue in questo momento è invitante. »

Poggiò le labbra sul collo, suscitando una colorita imprecazione in Julian che alzò il ginocchio cercando inutilmente di far leva sull'addome del vampiro, per allontanarlo.

E si stupì seriamente di averlo veramente allontanato, tanto che rimase perplesso nel sentirlo ridere divertito. Sbattendo le palpebre mise meglio a fuoco la stanza, confuso e nervoso, per poi alzare un sopracciglio nel vedere Damian, alle spalle di Cain, tenere il giovane vampiro per il colletto della camicia. Un gesto semplice per lui, che aveva allontanato il biondo Blackmore senza alcuna fatica.

Con un elegante torsione del busto Cain si liberò della presa del vampiro più anziano, per poi sorridergli con fare infantile.

« Damian Assange, l'odore era il tuo. »

Damian emise un ringhio basso, sfoderando i canini, le mani serrate a pugno mentre muoveva un passo verso Julian, frapponendosi tra lui e Cain.

« Non solo l'odore, questo umano mi appartiene. »

Ringhiò l'ultima parola, facendo aprire la bocca a Julian, che borbottò qualcosa di incomprensibile, ricevendo in cambio un'occhiataccia da Damian ed una a metà tra il divertito ed il sorpreso da Cain. Optò per il tacere, vista la situazione, trovando più interessante fissarsi i lacci delle scarpe che osservare i due vampiri.

« Rilassati, Duca. » miagolò Cain, rivolgendo a Damian un'occhiata languida che ricevette in risposta un ringhio leggermente più forte. Cain lo ignorò, per concentrarsi poi su Julian.

« State insieme, Lord? »

Julian sgranò gli occhi, aprendo la bocca ed urlando un « No! » nello stesso istante in cui Damian proruppe in un « Sì. » secco.

Vampiro e ragazzo si guardarono per un attimo. « Tu sei pazzo! » sentenziò Julian, facendo alzare un sopracciglio a Damian.

« Tu mi hai baciato, Julian.» commentò Damian con voce divertita, facendo avvampare il ragazzo.

Cain fissava la scena beandosi della scenetta comica che gli si stava presentando davanti.

« Sophia avrà di che discutere con te. »

Julian mosse un passo in avanti verso il giovane vampiro, pronto a sferrargli un pugno, ma la mano di Cain bloccò la sua a mezz'aria, fissandolo divertito. « Tu non dirai NULLA a Soph! E tu » - si rivolse a Damian, irritato. « Io e te non stiamo e non staremo mai insieme! »

Cain rise e scrollò le spalle.

« Il mio scopo era solo capire se stavi bene. Evidentemente sei in mani... Sicure. »

Commentò con voce melensa all'orecchio di Julian, facendolo irritare maggiormente, mentre Damian se ne stava ancora dietro il ragazzo, le spalle rigide ed i canini ancora estratti, mentre osservava Cain che, salutandoli con una risata cristallina, saltò giù dalla finestra per poi essere inglobato dalle ombre, sparendo alla vista.

Il ragazzo rimase fermo dov'era, sentendo dietro di sé la presenza di Damian, incerto se voltarsi o meno per paura di leggere chissà cosa nel suo sguardo.

Osò voltarsi, incrociando poi gli occhi di Damian. Non erano affabili come la prima volta, maliziosi e pieni di una vita che ad un vampiro è preclusa. Erano freddi, la mascella era contratta. Julian distolse lo sguardo, avvicinandosi a lui di un passo, finché non gli fu davanti, a capo chino.

Sentiva sulla nuca lo sguardo severo di Damian, e osservava il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente al suo respiro.

« Non... »

La mano di Damian saettò a tappare la bocca a Julian, impedendogli di parlare. « Sì, no. Vuoi che me ne vada? »

La sua voce era distante, senza emozioni di alcun genere. Julian chiuse gli occhi, prima di scuotere debolmente la testa.

« Molto bene. Allora abituati al pensiero che non potrai scapparmi. »

La voce di Damian fu solo un leggero sussurro all'orecchio del giovane, che rabbrividì per l'improvvisa vicinanza delle sue labbra al proprio viso.

« Io non appartengo a nessuno. »

Sbottò Julian, alzando il viso e fissando Damian con irritazione, prima di sgranare di nuovo gli occhi quando un braccio si serrò attorno alla vita del ragazzo. « Sbagliato, ragazzino. Tu sei mio. »

Sussurrò roco al suo orecchio, sfiorandolo leggermente con le labbra, inumidite appena dalla lingua del vampiro. Il ragazzo avvampò, e Damian se lo premette contro con maggior forza, obbligandolo a piegarsi all'indietro per poterlo guardare in viso.

« Metterti in imbarazzo mi piace in modo spropositato, Lord. »

Julian non disse nulla, si limitò a rabbrividire quando si sentì mordere dietro l'orecchio, facendo ridere il vampiro, che cinse con entrambe le braccia il ragazzo, sollevandolo da terra fino a prenderlo in braccio, tenendolo ben stretto. « Devi stringerti con le gambe, Julian, o scivolerai. »

Sorrise divertito. « Ti odio Damian. »

Julian farfugliò contrariato, stringendosi con le gambe al suo addome, facendo di nuovo ridere Damian.

« Smetti di ridere! » sbottò, di nuovo irritato, ed il vampiro si morse le labbra, sorridendogli poi con una punta di malizia.

« Come desideri, Lord. » commentò semplicemente, e senza dir nulla lo obbligò con le spalle al muro, osservando i suoi zigomi avvampare. Bloccò le sue gambe con le braccia, premendosi con il petto contro il suo, respirando sul suo viso.

« Lasciami... Lasciami andare! »

Damian rise roco sul collo di Julian nel sentire la sua voce vacillare, incerta, e risalì con le labbra lungo la sua mascella. « Non vedo perché smettere, Julian. »

Sussurrò, mordendolo all'angolo delle labbra, prima di poggiare le proprie sulle sue, schiudendogliele ed intrufolandovi la lingua, cercando la sua per baciarlo.

Mosse le labbra sulle sue come per incitarlo, e portò una mano alla sua nuca per obbligare il suo viso contro il proprio. Julian tremò di nuovo, ma non ricambiò il bacio, nervoso per quell'atteggiamento strafottente e provocante che Damian ostentava nei suoi confronti.

Il vampiro si allontanò dal suo viso, fissando il ragazzo negli occhi.

« Baciami. Ora. »

Sussurrò Damian, ma Julian scosse la testa, lasciando andare la presa delle gambe e scivolando a terra, rimanendo tuttavia bloccato dal corpo del vampiro. « Non appartengo a nessuno, Damian. »

Julian ringhiò sommessamente, ricambiando sfrontatamente e soprattutto inconsciamente lo sguardo di Damian, di nuovo gelido e serio.

« E non guardarmi così! »

Il ragazzo sbraitò, fissando il vampiro con una certa rabbia di fondo.

« Compari nella mia vita, mi provochi, mi rubi baci e mi scombussoli la vita più di quanto abbiano fatto altre persone, neanche mi conosci, ed adesso ti aspetti che io ti appartenga?! »

Finì il discorso con uno sbuffo sonoro, chiudendo la bocca e restando in silenzio quando Damian non replicò. Sono morto, si ritrovò a pensare Julian, mentre gli occhi azzurri del vampiro non si staccavano dal viso del giovane. Poi Damian sorrise, allontanandosi da lui e baciandolo lieve sulla guancia.

« È questione di tempo, Julian. Ti conoscerò, mi conoscerai, ed allora sarai mio. »

Il ragazzo non osò contraddirlo, la voce seria ma calda del vampiro lo fece risolvere in un mezzo sorriso involontario, suscitando una risata nell'altro.

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Capitolo 11
*** Vicinanza ***


 

La notizia del bacio con Damian aveva veramente raggiunto le orecchie di Sophia e quelle di Jordan. I due ragazzi rimasero piuttosto di sasso alle parole di Cain che sembrava provare un certo interesse nell'incastrare il ragazzo.

Sophia aveva semplicemente alzato un sopracciglio, Jordan si era limitato ad aprire la bocca ed evitò di proferire alcunché per il resto della serata; l'indomani mattina pareva tuttavia essersi dimenticato dell'accaduto, o per lo meno sembrava disinteressato.

Aveva esordito con la tua vita sessuale non mi interessa, ricevendo in cambio un pugno poco gentile sulla scapola. Jordan rise, ma Julian non era affatto divertito dalla situazione, e alla prima sera disponibile, con l'amico che era impegnato a studiare e la sorella che era ormai prossima al festeggiamento ufficiale del fidanzamento decise di uscire, dirigendosi in un parco poco lontano dal Collegio, per poter rientrare velocemente nel caso di guai.

La luna era alta nel cielo, probabilmente erano le undici, e gli unici suoni erano il rumore dei passi di qualche uomo e donna che camminavano affiancati, le urla dei gufi ed il frullare delle loro ali quando scendevano per catturare uno sventurato topo come cena.

Si era portato un libro, giusto per passare il tempo e distrarsi, finendo tuttavia per poggiarsi con la schiena alla panchina ed il libro sul viso, riparandosi da quel flebile riflesso di luce che le stelle e la luna emanavano.

Non si accorse che qualcuno lo aveva avvicinato e si era silenziosamente seduto accanto a lui.

Il respiro regolare del giovane, il battito cadenzato del suo cuore erano ormai praticamente inconfondibili per Damian, che osservava il libro poggiato sul volto del giovane con un sorrisetto divertito. Fece passare il braccio attorno alle sue spalle, mentre con la mano destra sollevava il tomo polveroso per rivelare i suoi lineamenti.

Il ragazzo trasalì, voltandosi da una parte e dall'altra prima di ritrovarsi a fissare Damian. Il vampiro rimase impassibile per qualche secondo, poi sorrise divertito, strizzandogli l'occhio. Julian avvampò e per tutta risposta Damian parve non accorgersene, accavallando comodamente le gambe e fissando con noncuranza davanti a sé.

« Ciao, Damian. » borbottò Julian dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, e Damian voltò semplicemente lo sguardo, osservando il ragazzo che gli sedeva accanto. Aveva il viso chino e gli occhi piuttosto stanchi, un lieve ed impercettibile sorriso sulle labbra.

« JuJu. » disse semplicemente, poggiando la mano sinistra sui capelli rossicci del ragazzo e spettinandolo. Sorrise divertito nel sentirlo avvampare, ma evitò di commentare per non aumentare ulteriormente il divario ed il disagio che il ragazzo provava nei suoi confronti.

Lasciò quindi ciondolare la mano sulla sua spalla, rilassando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi, le ciocche scure che ricadevano leggere all'indietro.

Julian voltò appena la testa, osservando il viso di Damian, ed inconsciamente sorrise, prima di sistemarsi meglio sulla panchina e fissare il cielo notturno.

« Mi piace la notte » proferì dopo un po', e Damian aprì pigramente una palpebra. Puntò lo sguardo sul ragazzo, un sorriso rilassato sulle labbra.

« Io conosco solo la notte. » commentò serafico, sfiorando con le dita il braccio del ragazzo, ridacchiando tra sé quando lo sentì rabbrividire. Julian sbuffò, e senza chiedere il permesso, Damian iniziò a percorrere il braccio del ragazzo, carezzandolo distrattamente. Julian rimase in silenzio, sospirando piano.

« La notte è bella. C'è silenzio. È calma. Più o meno. »

Rimasero in silenzio per un altro po', poi Julian riprese. « A te piaceva il gelato? »

Damian sollevò la testa, per poi voltarsi verso il ragazzo, fermando il lento movimento delle dita. Scrollò piano le spalle, fissandolo. « Non credo di ricordare. »

« A me piace alla nocciola. »

Damian ridacchiò, tranquillo, per poi rimanere interdetto quando sentì la mano di Julian sul viso. Rimase immobile, guizzando lo sguardo sulle sue dita e poi sui suoi occhi, confuso. Il ragazzo gli sorrise appena, rosso in viso, e abbassò la mano. Senza dire altro Damian la afferrò, ed intrecciò le dita a quelle del ragazzo, che poggiò la guancia alla sua spalla, gli occhi chiusi.

« Julian? »

Lo chiamò dopo qualche secondo, ed il ragazzo aprì appena gli occhi.

« Sono stanco. » mormorò dopo qualche secondo, respirando piano ed accoccolandosi al redivivo quando un lieve sbuffo di vento gli sollevò la camicia, facendolo rabbrividire. Damian sorride

, e strinse piano il braccio attorno alle spalle del ragazzo. Chiuse gli occhi, avvertendo la presenza di Julian grazie al calore del suo corpo ed al martellare costante del suo cuore.

« Perché vuoi conoscermi? »

Julian si voltò verso di lui, dopo aver fatto quella domanda, in attesa. Ma Damian si limitò a ridere, e non rispose. Il ragazzo sbuffò, senza distogliere lo sguardo.

È bello, anche per essere un vampiro, si ritrovò a pensare. Carezzò con lo sguardo il profilo affilato della sua mascella, la linea perfetta del suo naso ed il contorno armonioso dei suoi zigomi.

In quel momento Damian si sistemò meglio, e nel farlo involontariamente sfiorò con la punta delle dita il collo di Julian, che sobbalzò e si irrigidì, ancora dolorante per il morso improvviso di poco tempo prima.

Il vampiro aprì un occhio, blu come uno zaffiro, e lo puntò sul ragazzo, curioso. « Qualcosa non va? » domandò tranquillamente, percependo la tensione nel corpo di Julian. Il ragazzo scosse la testa, prima di tornare a fissare davanti a sé.

« Sto bene. » mormorò in risposta, la voce flebile ed incerta. Il vampiro chiuse di nuovo l'occhio, sospirando pesantemente. Rimasero quindi in silenzio per diversi minuti, l'unico rumore ad accompagnarli era il verso di in gufo nascosto tra le fronde degli alberi.

« Damian? »

Il vampiro si voltò del tutto verso di lui, sistemandosi per bene sulla panchina, fissando il ragazzo. Era confuso dall'atteggiamento ora tranquillo, ora nervoso di Julian. Fece per parlare quando sentì prima le mani dello studente sul viso e poi le sue labbra calde sulle proprie.

Rimase perplesso per una manciata di istanti, prima di allungare le braccia e trarre a sé Julian, una mano tra i suoi capelli, trattenendo ben stretti i loro visi.

Avvertì i muscoli del ragazzo irrigidirsi per quel contatto, ma non vi diede peso, i sensi all'erta e nella mente solo l'intenzione di approfondire quel bacio. Si spinse contro di lui, obbligandolo a sdraiarsi sulla panchina e gli schiuse con impeto le labbra, cercando la sua lingua, sfiorandola con la propria, mentre una mano saettava a sbottonare la sua camicia, per cercare con le dita la sua pelle bollente.

Dopo qualche istante si allontanò dalle sue labbra, sorridendo smaliziato per il suo respiro leggermente irregolare e per il suo cuore accelerato, le guance tinte di un piacevole rossore.

Poi, come se nulla fosse, semplicemente sollevò di peso il ragazzo, saltando sui tetti fino a raggiungere il Collegio di Aldenor, intrufolandosi nella camera di Julian attraverso la finestra.

 

* * *

 

« Damian... » protestò debolmente il ragazzo, quando vide il vampiro avvicinarsi a lui, sorridendogli.

« Non parlare » mormorò con voce bassa e divertita il vampiro, prima di spingerlo sul letto, sdraiato. Julian cercò di divincolarsi, ma Damian era più forte di lui, troppo più forte di lui. Le dita gelide del vampiro corsero ad immobilizzare i polsi del ragazzo sopra la sua testa, si sedette quindi sul suo addome, intrappolando tra il suo corpo ed il materasso.

Si chinò su di lui, finché i loro nasi non si sfiorarono. Il ragazzo rabbrividì, e puntò gli occhi su quelli azzurri di Damian. Il vampiro sorrise divertito, e lasciò un suo polso solo per portare la mano al suo viso, sfiorando con il pollice le labbra del giovane, schiudendole con una lieve pressione del dito.

« Dovresti vederti, Lord. Sei bellissimo, così. » ridacchiò piano, avvicinando nuovamente le loro labbra. Le sfiorò per un paio di volte, inebriandosi del sapore della bocca del giovane, prima di forzare quell'ultima resistenza. Julian protestò con un mugolio contrariato, ma Damian si premette su di lui, smorzando quel suono ad un lievissimo gemito indistinto, mentre mordeva il suo labbro e tracciava con la lingua l'interno della sua bocca. Sorrise malizioso quando Julian, dopo qualche istante, ricambiò il bacio, con l'incerta passione dell'inesperienza, più per trasporto che per necessità. Annullò quel contatto dopo pochi secondi, semplicemente per portare la mano alle asole della camicia dello studente. « Damian, no. »

Il ringhio del ragazzo lo fece ridere, e si limitò a tappargli la bocca con una mano, mentre separava anche l'ultimo bottone dalla rispettiva asola, e con l'altra mano sfiorava la pelle calda dell'addome di Julian. A quel contatto il ragazzo avvampò, e morse con quanta forza poteva le dita del vampiro, che alzò lo sguardo sul suo, un sopracciglio alzato.

« Non sento che un lieve solletico, ragazzino. » soffiò, prima di levare la mano dalla sua bocca ed avvicinarvi le labbra. Espirò su quelle del ragazzo, divertito. « Sei combattivo, ragazzino. Mi piacciono le sfide... »

Sussurrò con voce roca, prima di morderlo sul collo. Il ragazzo scosse veementemente la testa, e portò la mano su quella di Damian. Il vampiro si bloccò, voltando lentamente lo sguardo sugli occhi di Julian, studiandone lo sguardo e ascoltando il suo cuore accelerato.

« Non voglio più farti del male, Julian. »

Il ragazzo sospirò, prima di rotolare via da sotto il corpo del vampiro, sdraiandosi su un fianco e fissandolo. Damian ricambiò lo sguardo, sdraiandosi a propria volta, traendo a sé il ragazzo, per stringerlo. Julian non oppose resistenza, bensì circondò con le braccia il corpo granitico del vampiro, nascondendosi con il viso sul suo petto. Damian sorride, e con un rapido movimento sfilò la camicia del ragazzo, per poter toccare la sua pelle; Julian rabbrividì ma, ancora una volta, non fece proteste. « Puoi levarla? »

Domandò con un filo di voce, ed il vampiro rise. Si spostò di poco, il giusto necessario per sganciare rapidamente i bottoni e sfilarsi la cravatta, gettando poi la stoffa superflua chissà dove nella stanza. Poi, subito dopo, tornò a stringere il ragazzo, sospirando compiaciuto del brivido che percorse la spina di Julian, accogliendolo contro il proprio corpo. Posò le labbra al suo orecchio, sorridendo.

« Ogni volta sei sempre più vicino ad essere mio, Lord. » sussurrò piano. Morse leggermente il lobo del ragazzo, divertito, aspettandosi di vederlo e sentirlo scoppiare. Quando questo non accadde gli alzò il viso con una mano, cercando il suo sguardo. Julian sorrise imbarazzato a quel contatto, e scrollò le spalle. « Va bene. »

Damian rise di nuovo, tornando a stringerlo, le labbra sul suo collo. Respirò attraverso la pelle di Julian il profumo del suo sangue, e di nuovo gli lasciò un leggero morso. Il ragazzo di nuovo rabbrividii, ma non disse niente.

« A cosa pensi? » domandò il vampiro, dopo qualche minuto di battibecco in cui aveva spogliato sia Julian che sé dei pantaloni e delle scarpe, quando si accorse che Julian non sembrava intenzionato a parlare.

« Io... Sto bene. » sussurrò il giovane, e si sistemò più comodo contro il corpo tonico ed eterno del redivivo. Damian sorrise. « Non voglio altro che farti star bene. »

Julian sorrise, e Damian lo stringe più forte a sé, voltandosi e tirandoselo sopra. Il ragazzo arrossì, e Damian sfiorò con le dita il rossore sulle sue guance; si sistemò meglio sul materasso, offrendo al giovane una posizione migliore, e tornò ad abbracciarlo, disegnando con le dita sulla sua schiena nuda, le gambe intrecciate alle sue, intrappolandolo gentilmente in una morsa che, Damian si ritrovò a pensare, era certo che non avrebbe mai volontariamente sciolto.

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Capitolo 12
*** Ritorno ***


Osservava la città dall'alto della cattedrale di Black Friars, l'unica in tutta la città in cui i redivivi potevano introdursi senza rischiare di perdere definitivamente la 'vita' che avevano guadagnato con la seconda rinascita.

Damian faceva scorrere come sua abitudine i vivaci occhi di zaffiro lungo i profili delle case, bagnati semplicemente dalla tenue luce della luna piena che, quella sera, spiccava in un cielo terso e senza nuvole.

Da qualche settimana, ormai, la vita della Vecchia Capitale era ritornata ad una parziale normalità, dopo lo sconfinamento delle creature del Presidio, intrusione sedata grazie alla neo pupilla Blackmore, Sophia, ed ai nuovi Chiamati dell'Ordine della Croce.

Rimase stupito a quella notizia, l'ultimo Cavaliere era stato Gabriel Stuart, più per scelta personale che per vero destino, ma se ne disinteressò subito dopo, o per meglio dire, rimase particolarmente di sasso nello scoprire che uno dei Cavalieri era proprio Julian Lord, fratello acquisito di Sophia, nonché oggetto dell'interesse del vampiro stesso.

Aveva evitato di pedinarlo e tendergli imboscate come suo solito, in quel periodo, vista la gravità della situazione e l'importanza del ruolo che adesso il ragazzo rivestiva.

Sorrise tra sé, perso nei ricordi; Julian voleva diventare Duca della Chiave, ma a quanto pare non ne avrebbe più avuto motivo.

Anche se, effettivamente, il Presidio si era oramai inabissato, grazie al potere della Rosa di Blackmore, che aveva usato Sophia come sua spada per riequilibrare e garantire agli abitanti della Vecchia Capitale un altro millennio di serenità, o per lo meno un millennio lontano dagli influssi nefasti dei Presidiales.

Sbadigliò, lasciandosi cadere giù dal tetto fino al selciato di fronte all'ingresso della Cattedrale, atterrando con la stessa agilità e furtività di un puma, per poi incamminarsi come nulla fosse lungo la strada.

Pensò ai nuovi membri dell'Ordine della Croce. Jordan Vandemberg, fratello minore di Axel Vandemberg. Schioccò le labbra al pensiero del temperamento decisamente focoso ed attraente del più grande dei tre fratelli, escludendo il giovane re Fabian. Gli occhi glaciali di Axel lo avevano sempre attratto, ma aveva rinunziato poco dopo averlo conosciuto, nonostante non avesse mai perso l'occasione di metterlo in apparente difficoltà.

Il principino Jordan condivideva gli stessi lineamenti di Axel e Bryce, gli stessi occhi e capelli, ma non il carattere. Nonostante fosse decisamente vivace, stando ai racconti di Julian, non perdeva occasione di commentare l'esagerata imprudenza dell'amico, e spesso si rifugiava in biblioteca, perso tra i libri.

Decisamente una persona noiosa, alla fine.

Di Alexandria Mayfield e Jerome Sinclair non aveva mai sentito parlare, ma un sorriso compiaciuto comparve sulle sue labbra nel riconoscere i cognomi. In oltre due secoli di esistenza aveva sedotto, con o senza la propria malia di vampiro alcuni dei membri delle rispettive famiglie. E non era mai stato deluso, le notti in loro compagnia erano sempre state di un'estrema piacevolezza, fisica e mentale. Le donne Mayfield erano una sfida costante, altezzose e sicure di sé, fiere e poco inclini all'essere controllate, ed altrettanto orgogliosi erano gli uomini Sinclair, da sempre combattenti.

Ridacchiò tra sé e sé, ignorando l'occhiata sospettosa di una giovane coppia che gli passò a fianco, e che evidentemente non si era resa conto della natura di Damian. Non che lo desse a vedere, ovviamente.

Dopo qualche minuto di passeggiata, mentre faceva roteare al dito l'orologio a cipolla che quel giorno aveva deciso di portarsi dietro, fingendo un'eleganza che non gli apparteneva, si ritrovò d'inanzi all'imponente struttura del Collegio di Aldenor.

Un sorriso allegro e malizioso comparve sulle sue labbra, mentre iniziava a percorrere con passi più veloci ed ampi il perimetro dell'edificio; non gli ci volle molto ad arrivare sotto la finestra della camera di Julian, ormai familiare.

Non si guardò neanche intorno, limitandosi a fiutare l'aria in cerca di eventuali odori estranei finché, sicuro di esser solo e non visto, spiccò un balzo. Rapido e silenzioso come un dardo atterrò sul davanzale, scrutando l'interno della stanza attraverso il vetro.

Avvertiva distintamente il battito del cuore di Julian, il suo respiro tranquillo. Quindi, con tutta la tranquillità del mondo, bussò, battendo leggermente le nocche sul vetro.

Immediatamente si accorse che il respiro del ragazzo si era fermato, ed il cuore aveva sussultato. Evidentemente lo aveva preso di sorpresa, ed era abbastanza certo dal rumore felpato dei passi che il ragazzo non si aspettava alcuna visita, vista, o per meglio dire udita la lentezza con cui si stava avvicinando alla finestra. Quando vide i vetri aprirsi, sorrise allegramente, ricambiando lo sguardo lievemente assonnato del giovane.

«... Damian?» domandò con voce roca e lievemente sorpresa «... Che ci fai qui?»

Damian rise alla sua domanda, e con un rapido movimento si infilò dentro la stanza, arrivando alle spalle del giovane e sollevandolo tra le braccia. «Tu che dici, petit chiot?» sussurrò Damian al suo orecchio, avvicinandovi le labbra.

Julian protestò con scoordinati e poco convinti movimenti delle braccia quell'intrusione e quel contatto, fermandosi subito dopo quando Damian lo depositò gentilmente sul letto, sfiorando con dita fredde la croce scura che il ragazzo portava sul petto; rabbrividì leggermente a quel contatto, abbassando lo sguardo. «Quando credevi di dirmelo?» la voce di Damian non era né irritata né contrariata, ma tranquilla. Il ragazzo alzò nuovamente lo sguardo, osservando gli occhi di Damian scrutare la pelle ormai perfettamente guarita attorno alla croce.

«Presto, ho avuto molto da fare» replicò il ragazzo, leggermente a disagio, più per dispiacere che per la vicinanza con il redivivo; Damian scosse piano la testa, sdraiandosi accanto a lui e osservandolo con il viso poggiato nel palmo della mano.

«Lo so, alcuni vostri allenamenti li ho visti» disse tranquillamente, allontanando la mano dal petto del giovane semplicemente per risalire con un dito sul suo collo, fino al suo viso, dove con il pollice schiuse leggermente le labbra di Julian «... Ed ho anche notato come il tuo amichetto sia particolarmente interessato a Jerome Sinclair»

Quando vide Julian accigliarsi e sbuffare il redivivo sorride divertito, ignorando la reazione del ragazzo - «Ottimi gusti, i Sinclair sanno il fatto loro» aggiunse subito dopo, sorridendo maggiormente quando avvertì il cuore di Julian accelerare ed un rossore pervadere le sue guance.

«Te ne intendi, Damian?» la voce irritata del giovane gli solleticò piacevolmente l'udito.

Sei geloso, piccolo Julian? - si ritrovò a pensare, e scrollò piano le spalle.

«In passato ho condiviso il letto con qualcuno di loro, lo ammetto» sussurrò come disinteressato, per poi tornare a puntare lo sguardo su quello di Julian.

Ammirò il colore nocciola degli occhi del ragazzo che gli era sdraiato accanto, e smise di sorridere quando notò l'irritazione ormai palese sul suo volto. «Capisco» la risposta secca del ragazzo lo fece sospirare, e si sdraiò completamente, osservandolo.

Non parlarono per diversi minuti, quando Julian, messo da parte l'orgoglio, tornò a rivolgersi al vampiro.

«Mi sei... Mancato, credo» sussurrò lentamente, soppesando le parole. Damian si voltò verso di lui, sorridendo compiaciuto, e non diede modo al ragazzo di aggiungere altro che rapidamente lo tirò sopra di sé, stringendolo tra le braccia.

«Anche tu, piccolo Julian. Molto» sussurrò a propria volta, ridendo quando le guance di Julian si tinsero violentemente di rosso per quell'abbraccio improvviso.

Poi senza dir niente il vampiro poggiò le labbra su quelle del giovane. Si aspettava una minima resistenza, che invece non ci fu. Anzi, Julian mosse per primo le labbra, schiudendo quelle di Damian ed intrufolando la lingua nella sua bocca.

Il vampiro sorrise malizioso e decisamente compiaciuto dall'iniziativa del ragazzo, e velocemente invertì le posizioni, sistemandosi sopra il corpo di Julian, evitando di pesargli eccessivamente. Avvertì un lieve rigore nel corpo del ragazzo a quel gesto, e per non turbarlo troppo si allontanò lievemente dalle sue labbra, per osservarlo.

Rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, quando la mano di Julian saettò sulla nuca di Damian, per premerselo nuovamente contro, cercando le sue labbra con violenta necessità. Coinvolto da quella situazione che non si aspettava Damian si portò le mani alla camicia, sbottonandosela con rapidità, finché non si ritrovò a torso nudo, avvinghiato al corpo del ragazzo, petto contro petto.

Permise a Julian di riprendere fiato, prima di tornare a baciarlo con foga e passione crescente, una mano intrecciata ai capelli rossicci dello studente per bloccare il suo viso contro il proprio. Continuava a tracciare le labbra del giovane, ormai arrossate e turgide, con la punta della lingua, mentre l'aria si riempiva dei respiri pesanti di entrambi; prese quello inferiore tra i denti, tirando leggermente e sfiorando con il canino, facendolo sanguinare. Accolse sulla lingua il sapore inebriante di quelle poche gocce di sangue ed il mugolio di Julian, sorridendo quando avvertì le sue unghie sulla pelle della schiena.

Allontanò le labbra da quelle del ragazzo per permettergli di riprendere aria, sorridendo compiaciuto per il suo respiro affannoso e per il suo cuore accelerato, e si permise di scivolare con le labbra lungo il suo viso e sul suo collo, suggendo la pelle del giovane fino a lasciargli un marchio violaceo, sorridendo soddisfatto per il proprio operato.

«Prendi il mio sangue» ansimò Julian al suo orecchio, improvvisamente, facendolo bloccare e permettendogli di frenarsi. Allontanò il viso dal suo collo, scrutandolo seriamente.

«Ne sei sicuro, Julian?» domandò, la voce leggermente tesa, gli occhi che scintillavano nella penombra della stanza, illuminata dalla flebile luce della candela.

«Sicurissimo» confermò il ragazzo, i capelli leggermente spettinati dalla foga dei loro baci. Damian indugiò per qualche secondo, prima di annuire e sorridere.

«Grazie» gli disse, e tornò a poggiare le labbra sulla pelle accaldata di Julian, inspirando a pieni polmoni l'odore inebriante del sangue del ragazzo che scorreva poco sotto la pelle, ben protetto dai suoi vasi sanguigni. Schiuse le labbra, poggiando i denti sul collo del giovane, e poco dopo lasciò i canini liberi di uscire dai loro loculi ed affondare nella carne morbida del giovane.

Lo sentì rabbrividire sotto di sé, e con la mano cercò la sua, stringendola forte, evitando di sorridere nel sentire le sue dita stringersi attorno alle sue. Dopo qualche istante lasciò il sangue libero di fluire sulla lingua, e sospirò per il gusto intenso che gli colpì il palato, caldo ed avvolgente. Lasciò che il liquido rossastro gli invadesse la bocca prima di deglutire, facendolo scivolare lungo la gola e rabbrividendo veementemente per la sensazione di tepore che gli pervase le membra; sentì il cuore battere lentamente, nutrito dalla vita del giovane, e poco dopo allontanò le labbra dal suo collo, mordendosele e baciando i due fori per sanarli. Osservò la pelle richiudersi sulle ferite, e leccò via le ultime gocce di sangue che imperlavano il collo di Julian, sorridendo soddisfatto.

«Il tuo sangue è delizioso» sussurrò più rivolto a se stesso che al giovane, e cercò il suo sguardo. Sorrise nel vederlo lievemente più pallido, e scivolò con la mano sul suo viso, lasciandogli una lieve carezza.

«Lieto che ti sia piaciuto» replicò divertito ma con voce stanca il più giovane, respirando più a fondo per sopperire inconsciamente alla mancanza di parte del suo sangue nelle vene. Damian lo squadrò, e tornò a poggiare leggermente le labbra alle sue, intrufolando la lingua, ancora macchiata di sangue, nella sua bocca. Sentì il ragazzo sbuffare ma ricambiare il bacio, e quando nuovamente allontanò il viso dal suo lo vide risolversi in una smorfia.

«Fa schifo il mio sangue, altroché!» protestò, cercando di pulirsi la lingua sul dorso della mano, facendo ridere Damian.

«Non sei ancora un vampiro, se mai lo diventerai capirai cosa si prova» gli disse, ammiccandogli, e lo tirò a sedere sul materasso; gli porse nuovamente la camicia, osservandolo.

«Vestiti, devi nutrirti o domani sarai molto più stanco» disse alla sua domanda silenziosa, e si rivestì a propria volta, sistemandosi il colletto della camicia osservando il proprio riflesso nello specchio.

«Porta anche un cambio d'abito, stanotte non tornerai qui» gli disse, sistemando con le mani alcune pieghe sulla stoffa, e ricambiò attraverso lo specchio lo sguardo confuso del giovane. Non disse niente, si limitò a sorridergli incoraggiante, annuendo convinto nel vederlo afferrare ed infilare una seconda camicia ed un paio di mutande nella borsa da scholaro.

«Dove mi porti?» azzardò a chiedere Julian, ricevendo in cambio un occhiolino divertito da parte del vampiro - «Lo vedrai, piccolo Julian, non ti preoccupare.»

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Capitolo 13
*** Affetto ***


Damian era rimasto in silenzio finché di fronte a loro non comparve una carrozza, ovviamente senza insigne. Julian squadrò il mezzo e subito dopo il vampiro, confuso, avvertendo nella borsa il peso leggero degli indumenti che aveva dovuto prendere su consiglio del vampiro.
«Odio la segretezza, Damian, lo sai» commentò con una punta d'irritazione Julian, mentre con gli occhi seguiva la creatura del sangue aprire la carrozza e salirvi elegantemente. In risposta non ottenne che un sorriso sbilenco ed un invito non verbale a seguirlo all'interno; rimase interdetto per qualche istante, poi con un sospiro salì nella carrozza.
Poi si sentì letteralmente afferrare di peso, mentre la portiera si chiudeva alle sue spalle, e si ritrovò premuto contro la morbida seduta di stoffa. Sgranò gli occhi, incrociando quelli scintillanti di Damian, e tentò di scacciarlo in tutti i modi possibili.
«Sei vivace, Julian Lord» sussurrò il vampiro al suo orecchio, sfiorando la pelle del giovane con le labbra per giusto il tempo di un battito di ciglia, premendole sulla guancia prima di sedersi comodamente accanto a lui, ignorando le protese del giovane quando strinse il braccio attorno alla sua vita.
«Non mi hai detto dove stiamo andando» protestò il ragazzo, ma Damian ignorò ancora la sua richiesta, battendo le nocche sul divisorio della carrozza per autorizzare il cocchiere a partire. Con una lieve scossa il mezzo si mise in moto, inizialmente lento, finché i cavalli non assunsero un'andatura di trotto rapido; nella carrozza scese il silenzio, ma Damian non parve farci caso, troppo impegnato a fischiettare tra sé un motivetto allegro che, alla fine, fece sorridere Julian.
Non parlarono fino a che la carrozza si fermò; Damian scese per primo, porgendo la mano a Julian per aiutarlo a scendere. Il ragazzo alzò un sopracciglio e non l'afferrò, scendendo sul selciato con un salto, osservando il vampiro pagare il cocchiere e poi tornare da lui. Al sorriso di Damian abbozzò un sorriso confuso, e quando gli fu fatto cenno di seguirlo si incamminò dietro di lui.
«Siamo nel Borgo di Valdyer» disse Damian, varcando la porta di un grosso ed imponente edificio, camminando svelto sul pavimento polveroso, mentre con una mano teneva il polso di Julian, guidandolo nel buio, «E sei esattamente nella tana del lupo cattivo» aggiunse, aprendo senza sforza un enorme e maestoso portone di legno che rivelò agli occhi di Julian una camera dalla mobilia decisamente antica, molto più pulita rispetto alla stanza, o stanze, precedente.
«Quindi tu... Vivi qui?» chiese il ragazzo, sentendosi piuttosto stupido nel dar voce a quella domanda che, probabilmente, era tutto meno che intelligente. Evitò di guardare Damian per non incrociare un suo sguardo probabilmente divertito, della serie come sei perspicace, ragazzo, e sfilandosi il mantello, lasciandolo scivolare noncurante sul pavimento, mosse qualche passo all'interno della stanza.
Sfiorò con le dita il legno pregiato dei mobili, probabilmente mogano, o chissà che altro; non si accorse che il vampiro, nel frattempo, aveva raccolto il mantello per sistemarlo su un'apparentemente e sicuramente comoda poltrona.
«Quando hai finito di esplorare, mon amie, dovresti mangiare qualcosa» commentò Damian, e Julian, leggermente spaesato, annuì, tornando poi ad osservare la stanza, e poi il vampiro. Ripeté il passaggio di sguardi più volte, un sopracciglio alzato.
«Non ti facevo amante dell'eleganza...» disse, più tra sé che rivolto direttamente al redivivo, poi scosse la testa quando lo sentì ridere.
«Oh andiamo! Non sembri qualcuno amante dell'arte e della raffinatezza!» disse, sbuffando, e sbuffò ancora nel sentirsi sollevare di peso dal vampiro.
«Perché no, petit garçon?» chiese Damian, fissandolo.
«Oh, lascia perdere» fu la risposta di Julian, che si rilassò tra le forti braccia del vampiro, poggiandosi con la testa al suo petto. «Dove intendi farmi cenare, puissant vampire?»
Damian non rispose, si limitò a sorridergli e premere le labbra sulle sue, prima di aprire con una spallata la gigantesca porta, uscendo nuovamente nella notte, iniziando a saltare ancora una volta tra i tetti, Julian ben stretto tra le braccia.


[…]

«Non ho più fame!»
La voce di Julian si alzò di qualche tono, prima che la riabbassasse di colpo nel rendersi conto che diverse teste si erano voltate verso lui e Damian, che imperterrito teneva la forchetta tra le dita, infastidendo il ragazzo, cercando di fargli aprire le labbra per ficcargli in bocca un'altra bella forchettata di patate arrosto, dato che il ragazzo aveva lasciato andare le posate pochi istanti prima.
«Maa-aaaa-aaangia» fu l'unica risposta, palesemente in tono canzonatorio del vampiro alle proteste del giovane, che per disperazione acconsentì ad aprire la bocca ed a farsi imboccare di quell'unica forchettata che concesse al vampiro, sottraendogli il piatto ormai vuoto per più di metà.
«TU ERI UN DUCA DELLA CHIAVE, PER IL PRESIDIO!» urlò infine il ragazzo, scattando in piedi come una molla quando Damian, con un repentino scatto del polso si impossesò nuovamente del piatto.
Nella Locanda scese istantaneamente il silenzio; Julian si voltò lentamente verso gli altri commensali, che impegnati fino a pochi attimi prima nelle loro conversazioni, in quel momento tacevano per osservare, chi divertito e chi scocciato, il ragazzo ed il vampiro seduto di fronte a lui, la forchetta ancora a mezz'aria. Afferrò quindi il borsello, schiaffando diverse monete d'argento ed alcune di bronzo sul tavolo, uscendo quasi infuriato dalla Locanda, mentre con qualche risata le conversazioni delle persone presenti tornavano a risuonare nell'aria. Con aria falsamente colpevole Damian si alzò, afferrando con nonchalance un calice di vino dalla mano di un uomo e bevendone un lungo sorso.
Altrettanto gentilmente posizionò nuovamente il calice tra le sue dita, ringraziandolo in francese ed uscendo svelto, per poi raggiungere Julian fuori dalla porta.
Prima che il ragazzo potesse parlare gli tappò la bocca con una mano, e spiccò un balzo, atterrando nuovamente sul tetto frontale a loro.
«Ero sicuro che sapessi stare di più al gioco, piccolo Cavaliere senza macchia e senza paura» gli sussurrò all'orecchio, canzonandolo, ed evitò con estrema serenità la gomitata che avrebbe ricevuto in pieno petto, finendo per far spaccare qualche osso al ragazzo che, adesso, aveva saldamente immobilizzato tra le proprie braccia.
«Sei. Un. Perfetto. IMBECILLE!» fu la breve e concisa risposta di Julian, che tuttavia non poté far altro che ritrovarsi a sorridere, divertito per quella decisamente poco dignitosa ma alquanto divertente figuraccia all'interno della Locanda.
«Non potrò tornare la dentro per chissà quanto, adesso!|» aggiunse subito dopo, non propriamente convinto delle parole che aveva appena pronunciato.
Rimasero qualche istante in silenzio, finché non scoppiarono entrambi a ridere, divertiti.
«Ecco perché amo la compagnia di voi umani. Siete fin troppo esilaranti, certe volte» ridacchiò Damian, e rise ancora più forte quando sul volto di Julian passò un ombra scura, palesemente contrariato dalla generalizzazione nelle parole del vampiro.
«Umani?» soffiò quindi il ragazzo, più uno sbuffo che una vera e propria parola articolata, tuttavia perfettamente udibile da Damian.
«Diciamo che tu sei il mio umano preferito, al momento» fu la rassicurazione di Damian, che sorrise allegramente al ragazzo che stringeva tra le braccia, prima di spettinarlo leggermente con una carezza affettuosa.
«Accetto il compromesso» il ragazzo annuì alle parole di Damian, prima di chiudere gli occhi e poggiare le labbra sulla sua guancia, ben più fredda della sua pelle. Quando le allontanò, sulla pelle diafana del vampiro era comparsa una leggera traccia rosata, dovuta al contatto tiepido di quel lieve bacio. Il vampiro sorrise, ma non disse nulla, assaporando la sensazione di tepore - che già stava svanendo - sulla pelle. Si voltò per sorridere al ragazzo, tirandolo a sdraiarsi sul tetto.

Rimasero per un po' in silenzio, la testa di Julian nell'incavo della spalla di Damian, a fissare il cielo, finché il redivivo non si rese conto che il ragazzo stava appisolandosi. Sorrise leggermente, rendendosi conto che, nonostante la cena anche abbondante, Julian non si era ripreso dalla perdita di sangue del pomeriggio. Sfiorò leggermente con le dita il suo collo, la dove lo aveva morso. I segni erano guariti grazie al suo sangue di vampiro, ma ricordava precisamente dove e quanto a fondo aveva lacerato la carne del giovane.
Avvertiva ancora il sapore del sangue caldo di Julian sulla lingua e lungo la gola, fino a saziarsi.
«Julian?» mormorò Damian all'orecchio dello studente, respirando leggermente sulla sua pelle.
Il ragazzo si mosse leggermente, mugolando una risposta flebile al richiamo. Damian scosse la testa, evitando di ridere per non disturbarlo, e facendo attenzione a non svegliarlo si alzò in piedi, sollevandolo tra le braccia e stringendoselo al petto. Lo baciò delicatamente sulla fronte, per poi saltare silenzio nella notte fino al Borgo di Valdyer, facendosi cullare dal calore del giovane corpo che stringeva contro di sé.

[…]

Fece ruotare sui cardini la massiccia porta del rifugio spingendocisi contro con le spalle, mentre annusava l'aria in cerca di odori sospetti o meno, più per abitudine che per altro.
Entrato nella stanza notò subito che altre candele erano accese, ed il mantello di Julian perfettamente ripiegato sulla cassettiera. Opera di Edward senza ombra di dubbio, si ritrovò a pensare il vampiro.
Adagiò delicatamente il ragazzo nel letto a baldacchino, spogliandosi nel frattempo della camicia e dei pantaloni, rimanendo scalzo e fissando la propria immagine riflessa nello specchio. Allontanò lo sguardo dopo qualche istante, portandolo su Julian.
Si umettò le labbra, pensieroso. Non poteva farlo dormire con quei vestiti, né tuttavia voleva svegliarlo per farlo spogliare.
Con un sorriso metà dolce e metà malizioso si sedette accanto al ragazzo, che ormai si era addormentato pesantemente. Portò le mani sulla sua camicia, iniziando a separare lentamente i bottoni dalle relative asole, facendo scivolare fuori dai pantaloni del giovane i lembi della stoffa. Senza problemi lo sollevò di poco, per potergli sfilare l'indumento, che poi poggiò con quanta più cura poteva sulla poltrona, attento a non sgualcirla.
«Non penso di aver mai spogliato qualcuno per non concluderci nulla, piccolo Julian» sussurrò divertito, più a se stesso che al ragazzo, tornando al letto e sganciando la fibbia della cintura di Julian, poggiando infine anch'essa sulla sedia.
Rimase qualche istante a contemplare il petto e l'addome del ragazzo, lasciandoci una lieve carezza, prima di oltrepassarlo ed infilarsi a propria volta al di sotto delle coperte.
Non lo faceva per causa del freddo, più semplicemente per mantenere vive quelle abitudini che ancora lo legavano alla sua vita umana.
Batté le palpebre, per poi tirare a sé Julian, che mormorò qualcosa di incomprensibile; il vampiro sorrise, passando un braccio sul fianco del ragazzo per stringerlo, facendogli poggiare la fronte contro il proprio collo, in attesa dell'alba.
In attesa del risveglio di Julian, in attesa del proprio sonno di morte.

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Capitolo 14
*** Rivelazioni ***


Rivelazioni

    Erano passate diverse settimane da quando si era risvegliato con Damian letteralmente avvinghiato contro. Quando aveva aperto gli occhi si era subito accorto che qualcosa non andava. Ricordava di essersi addormentato su un tetto, completamente vestito. Ed adesso si trovava nel letto del redivivo più imprevedibile della Vecchia Capitale, vestito, o per meglio dire quasi del tutto vestito, con Damian che lo teneva stretto, facendolo aderire al suo corpo. Quando poi si rese conto che Damian era letteralmente nudo, se non per l'intimo, e che la morbida camicia che lui indossava era aperta, favorendo l'incontro dei reciproci petti, avvampò, e le guance si tinsero di un rosso acceso che sarebbe stato oggetto di scherno da parte di chiunque.
    Soprattutto, si accorse in un secondo istante, di qualcosa che premeva contro il proprio bacino. Ci mise meno di una frazione di secondo a rendersi conto che ciò che premeva erano i sessi di entrambi. Era... eccitato?!
    Il pensiero lo fece rabbrividire. Chi, Julian Lord?! Attratto da... un vampiro?! Scosse la testa con veemenza, tentando invano di voltarsi – la forza dell'abbraccio era così elevata che in un altro momento ne sarebbe stato spaventato –, ed infine si arrese; ignorò la sensazione di calore che dalle guance fluiva al basso ventre e viceversa, e richiuse gli occhi. Sì, perché il viso pallido di Damian, i capelli scuri scompigliati, le ciglia che carezzavano la pelle degli zigomi e le labbra perfette del vampiro, in quel momento, gli sembravano tutto meno che sconvenienti.
    Eppure era Jordan, quello che era attratto dai ragazzi... non lui. Oh, che dramma. Non basta che Cain abbia raccontato del bacio preteso... ora sono io a desiderarlo! - si ritrovò a pensare, piuttosto sconvolto... ma anche stupito.
    Che lui, Julian Lord... sì, lui, Julian Lord, si stesse innamorando di un vampiro. Roba da pazzi! - pensò lo studente, finché, con un leggero sorriso inconscio, si addormentò di nuovo. L'alba era passata da poco, aveva ancora tempo per dormire.
    Quando poi si era risvegliato era tardo pomeriggio. Ringraziò gli dei che fosse domenica, che nessuno lo avrebbe cercato, e che la sorella fosse impegnata (quando mai?) con il giovane Stuart, il membro musone della famiglia... ah no... c'era pure Jerome.
    Voltandosi nel letto, si ritrovò a fissare gli occhi azzurri di Damian. E ci volle meno di un secondo per farlo avvampare. Sentì la risata divertita e vibrata del vampiro, e sbuffò leggermente.
    «Bon après-midi, mon cher» sussurrò infine il vampiro, ricevendo in cambio un'occhiataccia da parte del ragazzo.
    «Primo, ti odio. È pomeriggio! Dovevo studiare!» iniziò a protestare con voce assonnata Julian, fissando il redivivo negli occhi, ignorando il formicolio che provava alla base della schiena e nelle mani, riconoscendolo come desiderio di sfiorare la sua pelle «ed infine non sono tuo.» finì per borbottare, poco convinto e con decisamente poca voglia.
    Damian sorrise con una punta di malizia che, neanche a farlo apposta, fece rabbrividire Julian. Senza perdere tempo, quindi, il vampiro lo tirò fuori dalle coperte, per poi premersi sopra di lui, bloccandolo tra sé ed il materasso.
    «Qualcosa dice il contrario...» gli sussurrò roco all'orecchio, facendo rabbrividire ancora una volta, per poi gustarsi il suo gemito sorpreso quando con la lingua lo lappò leggermente sul lobo.
    «D-Damian, smetti» mormorò con voce più ferma possibile Julian, e cercò di allontanare il vampiro, o per lo meno ci provò, nuovamente con scarso entusiasmo. Che gli stava succedendo?
    «Sai che lo vuoi. Potrai mentire quanto vuoi, ma il tuo corpo desidera il mio. Lo desidera, e tu non accetti il voler desiderare me, petit garçon» proseguì il vampiro, iniziando a sbottonare i pantaloni del ragazzo con la mano destra, mentre si teneva sollevato senza sforzo alcuno puntellandosi con la sinistra.
    Julian si bloccò, interdetto. Aveva ragione Damian, o cercava solo di convincerlo per ottenere qualcosa che non era desiderato da entrambe le parti? Stava cercando di ammaliarlo, o voleva realmente renderlo partecipe di qualcosa che anche lui, realmente, cercava e desiderava? Dopotutto, nella sua camera al Collegio, era stato proprio lui a prendere l'iniziativa e baciare il vampiro. Batté gli occhi un paio di volte, prima di rimettere a fuoco il viso serio di Damian, e nonostante la scintilla maliziosa che ne animava gli occhi, tutto lasciava intendere che, se non avesse voluto, non l'avrebbe forzato.     Non lo stava ammaliando. Stava solo dicendo la verità. Lui, Julian Lord, desiderava veramente il contatto con il corpo di Damian, desiderava come fuoco le sue labbra sulla pelle, e necessitava di sapere che andava oltre la pura attrazione fisica.
    Si era innamorato di Caroline, in passato, aveva sofferto per lei, ed era andato avanti. Non glielo aveva mai detto, avendola vista impegnata con Justin, suo cugino di chissà quale grado.
    E poi, era arrivato Damian. Gli aveva aperto altri scenari, dimostrandogli che non erano necessariamente sbagliati. Aveva visto Jordan innamorarsi lentamente di Jerome.
    Quindi, che male c'era se lui si stava innamorando di Damian? Nessuno, gli sussurrò una voce decisa nella mente, voce che riconobbe come la propria. Batté ancora una volta le palpebre, e sorrise a Damian. Il vampiro ricambiò il suo sorriso, e si chinò sopra di lui, schiudendogli le labbra e baciandolo. Le lingue si sfiorarono più e più volte, mentre le dita del vampiro separarono del tutto i bottoni dei calzari dalle asole, ed in men che non si dica, si ritrovarono entrambi nudi, premuti l'uno contro l'altro sotto le coperte. Il tocco di Damian sul suo corpo provocava a Julian scariche di adrenalina e di piacere che neanche avrebbe mai potuto immaginare di provare, non così intense, non così desiderate con un uomo.
    Un sorrisetto comparve sulle labbra di Julian quando sentì Damian ansimare nel momento in cui strinse le dita sulla sua virilità, e continuarono a strusciarsi l'uno sull'altro per diversi minuti, finché Damian non ribaltò le posizioni. Si sistemò sotto Julian, lo strinse a sé. Farà male, gli sussurrò all'orecchio. Il ragazzo non disse niente, si limitò a mugolare un assenso, e si irrigidì subito dopo quando Damian iniziò a prepararlo a ciò che sarebbe successo di li a poco.
    La bocca di Damian incrociò gentilmente quella di Julian, ancora una volta, baciandolo lentamente come a chiedergli scusa del dolore che a breve avrebbe provato.
    E, difatti, urlò di dolore quando il vampiro si fece strada dentro di lui. Non si rese conto di altro se non della sua presenza dentro di sé, delle sue braccia e dei suoi muscoli che lo stringevano contro il suo corpo solido e marmoreo, finché, dopo quel che sembrarono ore ma che forse furono semplicemente dieci minuti cedettero al piacere. Per primo Damian, favorito dal suo ruolo in tutto ciò, e dopo qualche minuto anche le membra di Julian furono scosse dall'orgasmo, liberando il doloroso piacere che lo aveva scosso per tutto il tempo.
    «Mi spiace» sussurrò Damian al suo orecchio, e con le dita portò via dalle guance di Julian poche lacrime che gli erano uscite dagli occhi. Quando Julian se ne accorse rimase perplesso, non aveva avuto la minima percezione di aver pianto. Il dolore era ancora presente, forte, ma si sentiva... libero, appagato.
    «Non preoccuparti» mormorò con voce rotta ed affannata, rilassandosi lentamente sopra il suo corpo. Damian sorrise tra sé, e circondò la vita di Julian con il braccio destro. La mano sinistra andò ad intrecciarsi ai suoi capelli, scivolando delicatamente tra le ciocche rossastre.
    «Te l'ho detto che mi deside-» non riuscì a finire la frase, che Julian lo morse con prepotenza sulle labbra.
    «Oh, sta' zitto, Assange. Non la avrai vinta una prossima volta!» dopo le sue parole calò il silenzio tra loro. Damian gli rivolse il sorriso più malizioso che mai gli avesse rivolto, e Julian diventò paonazzo. «N-non volevo dire assolutamente nulla! Io...» la risata di Damian gli fece morire le parole in gola, e poggiò le labbra sulla spalla del vampiro.
    «A quanto pare sono diventato davvero tuo, alla fine» borbottò con voce a metà tra il divertito e l'imbarazzato.
    «Oh, lo so, mon cher. Lo sapevo fin da quando ti ho conosciuto. E me l'ha detto un uccellino che sarebbe capitato.»
    Julian alzò lo sguardo a quelle parole, inarcando un sopracciglio. «La storia dell'uccellino che canta è da bambini, Damian» commentò Julian, ricevendo un sorriso divertito da parte di Damian. Il redivivo chiamò qualcuno, Liliane, per la precisione. Lo sguardo di Julian saettò inevitabilmente verso l'ampio portone del rifugio... che logicamente rimase chiuso. Probabilmente solo Damian al momento era l'unico a poterlo aprire. Distolse quindi lo sguardo quando avverti una specie di rifrullo ed un cigolio, rimanendo infine imbambolato quando un falco si sistemò comodamente su un trespolo che, fino a quel momento, aveva scambiato per un elemento decorativo della stanza, qualcosa a cui appendere i vestiti.
    «Tutte le storie sono vere, petit garçon» sussurrò Damian all'orecchio di Julian, tirandoglielo lievemente con i denti, per poi sorridere divertito della sua espressione confusa. Non spiegò niente, si limitò a dare al falco, anzi, alla falconessa, l'ordine di zampettare sulla schiena coperta di Julian. Con un battito di ali il rapace atterrò dolcemente sulla coperta, e andò a becchettare gentilmente i capelli rossi del ragazzo, per poi tornarsene nuovamente sul suo trespolo, fissando i due ragazzi giacere nel letto.
    «Che... cosa?» riuscì infine a dire Julian, sorpreso da ciò che aveva visto. Damian gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, riprendendo a carezzarlo tra i capelli.
    «Oltre ad essere mentalmente instabili, i vampiri di stirpe Lancaster riescono a comunicare con gli animali, piccolo Ju» gli spiegò, pizzicandolo su un gluteo, prima di spingerlo nuovamente sotto di sé, mentre la falconessa usciva di nuovo da un'apertura nel soffitto.
    «Peccato tu sia umano, Lord...» mormorò di nuovo il vampiro al suo orecchio, scivolando infine a baciarlo lentamente sul collo.
    «Sei più desiderabile di quanto ami ammettere...»


    Fissava gli sguardi stupefatti ed un po' sconvolti di Jordan e Sophia. A dire il vero Jordan era più divertito, mentre a Sophia pareva fosse paralizzata la mascella.
    «Tu... e Damian... state... tu sei... il suo... ragazzo?» formulò a fatica la sorella adottiva del ragazzo, per quella che era circa la quinta volta. Julian abbassò ancora una volta lo sguardo, annuendo.
    Dopo un mese da quella notte, aveva trovato il coraggio – e la voglia – di mettere al corrente le due persone che aveva più care.
    «Com'è stato?» domandò Jordan, più per il gusto di imbarazzare Julian che per reale interesse. Il ragazzo gli scoccò un'occhiataccia, ed il Principe ridacchiò, ricevendo in cambio una seconda occhiata omicida della sorella.
    «Da quando sei gay?» chiese infine Sophia, stranita. Non che non fosse abituata a parenti omosessuali. Non era una novità che alla Reggenza si avvertissero le grida ed i gemiti di Adrian e Cain nel bel mezzo della notte. E subito dopo la voce di Ashton che minacciava loro di buttarli fuori a calci, chiedendo gentilmente loro di fare almeno più piano.
    «Non sono gay! Ho... ehm... avuto... ragazze» aggiunse, facendo spalancare ancor di più la bocca a Sophia.
    «E non me l'hai detto?!» quasi urlò, e Julian alzò le mani in segno di resa, mentre Jordan, li accanto, era vicino al rotolarsi sul letto dalle risate che tentava di trattenere.
    «Io non voglio sapere i dettagli della tua vita sessuale, io non voglio dirti i miei» rispose, alzando un sopracciglio, prima di tirare un buffetto in testa alla sorella, che infine sorrise.
    «Ne sei sicuro?» gli chiese infine, più serena. Julian annuì, dopo qualche secondo.
    «Sì... devo solo abituarmi alla presenza assillante di Damian. Anzi... esci fuori» disse infine il ragazzo. Se ne era accorto circa cinque minuti prima, quando il gatto obeso che aveva regalato a Sophia per Natale si era messo stranamente a cuccia, fissando intensamente la finestra.
    E, difatti, dopo circa un'istante, la finestra venne spalancata, e Damian si palesò agli occhi dei tre ragazzi. Sì guardò attorno, valutando quanto pregiata fosse la mobilia della camera di Sophia, logicamente scelta da Adrian.
    «Bonsoir, petit prince, petit princess... mon cher» disse, salutando Jordan e Sophia, ed infine rivolgendo uno sguardo languido e malizioso a Julian, che arrossì e distolse lo sguardo.
    Con nonchalance il vampiro si sistemò comodamente sulle gambe di Julian, allungando le gambe e poggiandole in grembo a Sophia e Jordan, favorito dalle posizioni dei tre ragazzi, disposti a triangolo con le rispettive sedie.
    «Parlavate di me, per caso?» domandò con un sorriso smagliante, i canini che scintillarono nella luce della stanza. Il gatto si mosse, la pancia ondeggiante, per poi salire in grembo a Jordan.
    «Oh, il gatto si è innamorato di te, petit Vandemberg... gli ho detto che hai un certo fetish per gli animali pelosi e grassi» disse seraficamente il vampiro, mentre Jordan e Sophia si guardarono confusi, per poi volgere entrambi lo sguardo su Julian, chiedendo spiegazioni. Il mentalmente instabile non poteva essere così tanto instabile.
    «I Lancaster sanno comunicare con gli animali» disse con tono neutro Julian, prima di mugolare per i canini di Damian sulla guancia.
    «Ah» fu la risposta di entrambi  i suoi amici, e Damian fece scorrere divertito lo sguardo dal ragazzo alla ragazza, prima di riportarlo sul suo compagno.
    «Non hai decantato la mia possente viril-» non terminò la frase, che capitombolò giù, dato che Julian scivolò via dalla sedia, e gli fece battere la schiena a terra. Il vampiro sghignazzò divertito, per poi osservarlo malizioso quando il ragazzo gli premette un piede sul petto.
    «Giuro ti ficco un paletto nel cuore!» gli disse, rossissimo in viso, mentre sia Jordan che Sophia, adesso, se la ridevano.
    «A voi invece vi ignorerò per una settimana!» disse, esasperato, allontanandosi da Damian, che tornò in piedi in un battito di ciglia, e lo sollevò di peso, baciandolo sulle labbra, ricevendo in cambio un fischio ammirato di Jordan.
    «Certe volte vorrei che pure Jerome fosse così affettuoso» disse il principe con tono affranto, prima di proseguire. «e non solo sotto le coperte»
    A quelle parole Sophia balzò in piedi, attirando l'attenzione di tutti e tre i ragazzi presenti nella stanza, mentre il gatto scivolò giù dalle gambe di Jordan, offeso probabilmente dell'aver sentito il nome del giovane soldato, amante e partner del principe.
    «Avete intenzione di raccontarmi tutte le vostre pratiche sessuali, voi tre?!» domandò stizzita, prima di scuotere la testa.
    «Voi maschi, tutti uguali!» disse, e sia Julian che Jordan si scambiarono un'occhiata complice. Gli impliciti riferimenti di Gabriel sulla relazione con Sophia, in effetti, non erano poi così rari.


    «Sei veramente insopportabile!» mugolò Julian, scontroso e lievemente irritato, la feluca calata sul viso per celarsi agli sguardi dei passanti. Damian aveva optato per il trasportarlo fino al Collegio non come sempre, saltando da un tetto all'altro. Aveva preferito camminare con nonchalance per le strade cittadine, ignorando le risate divertite ed alcune battute che ragazzi e ragazze gli rivolgevano al loro passaggio.
    Qualcuno aveva riconosciuto, difatti, la figura di Julian. Altri ancora ignoravano chi fosse il ragazzo, ma conoscevano perfettamente Damian, se non di persona, di fama.
    «Cosa vuoi fare, piccolo Julian?» gli chiese il vampiro, ignorando la sua lamentela, prima di svoltare in un vicolo e balzare sul tetto di fronte a loro, circa sette metri più in alto.
    «Voglio andare a dormire. Da solo» sottolineò con la voce e con una mano, premendola deciso sull'ampio petto del redivivo. Damian rise, sfilandogli la feluca ed indossandola. Ricambiò lo sguardo di Julian, e gli sorrise, poggiando una mano sul suo viso mentre lo teneva sollevato senza batter ciglio con il braccio destro.
    «Non se ne parla, mon cher. Saresti stato mio, e come ti ho detto, da Damian Assange, il vampiro più mentalmente instabile della Capitale, non si scappa»

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Capitolo 15
*** Rinascita ***


Rinascita

    «Stiamo facendo il possibile» fu la risposta pragmatica di Eloise e di Megan, venuta a dare supporto all'amica. Non avevano mai previsto di ritrovarsi in una situazione del genere. Non con uno dei ragazzi più esuberanti dell'intera Capitale.
    «Nessun mi-» chiese di nuovo Sophia, ma venne bloccata da Jordan, che le poggiò stancamente la mano destra sulla bocca. Megan scosse il capo, spazientita. Non era uno dei compiti che preferiva comunicare la situazione di un malato ai familiari ed agli amici più prossimi.
    «È stabile, principessa. Ma non sappiamo per quanto. Giorni, forse. Ore, magari» fu la risposta diretta della dottoressa. Eloise la guardò con sguardo carico di astio ed irritazione, che la più anziana ignorò con indifferenza. La situazione era quella. Inutile mentire.
    «Sei impazzita, Megan?! Ti sembra questo il modo di-» Eloise sbottò subito dopo che Jordan e Sophia si furono ritirati. Ma ancora una volta Megan non le diede modo di rispondere, che con tutta la delicatezza di cui era dotata la sbatté al muro, noncurante delle sue proteste, e le piantò il famigerato gomito alla gola.
    «Sei un brillante medico, Weiss, ma in questo momento non sei lucida» ringhiò Megan, incrociando lo sguardo infastidito di Eloise... la capiva, ma non poteva darle ragione.
    «Ma Julian Lord sta morendo, lo sai bene quanto me. E sai bene quanto me che stiamo cercando di fare il possibile. E sai bene quanto me che quel possibile non è sufficiente!»
    Eloise ricambiò il suo sguardo, e tutta la stanchezza di quei dieci giorni parve caderle improvvisamente sulle spalle. Sorretta da Megan si sedette su una lettiga, e sospirò, torcendosi le mani.
    «Hai visto quanto l'infezione si è spinta in profondità. Non potrebbe sopravvivere neanche se gli versassimo addosso sangue di vampiro. Abbiamo rimosso tessuto necrotico, e continua ad aumentare. Non possiamo fare altro... non lasciandolo umano» terminò Megan, lasciando quindi Eloise sola. La sentì singhiozzare, e scrollò le spalle. Non farsi coinvolgere. Questo era il suo mantra. Non rendersi partecipe delle sofferenze dei pazienti e dei loro parenti.
    Perché, con Eloise ridotta in quelle condizioni, con il giovane Vandemberg e la piccola Blackmore ridotti all'ombra di se stessi, le era così maledettamente difficile?

    «Ci sta lasciando» ripeté Sophia per quella che, forse, era la trentesima volta in quel giorno. Si era rifugiata, assieme a Jordan, in un piccolo stanzino celato della Misericordia, con compagnia solo qualche scopa e bocce di disinfettanti. Gli altri parenti, vivi e redivivi, affollavano la sala d'attesa dell'ospedale, cercando di capire dove i due eredi al trono si fossero cacciati. Non che i vampiri Blackmore fossero veramente ignari di dove i due ragazzi si fossero nascosti. Ma avevano semplicemente il buon gusto e la delicatezza di lasciarli soli, a consolarsi a vicenda, se mai potevano consolarsi.
    «Lo sta facendo. Senza il nostro permesso, Sophie» affermò Jordan, con voce atonale. Ai primi attimi di rabbia, panico e tremendo dolore si erano sostituiti una maschera di glaciale indifferenza. Doveva mostrarsi forte, per la sua migliore amica, per la sorella del suo migliore amico. Neanche la vicinanza di Jerome lo faceva sentire meglio. Anzi, la vitalità che il soldato gli ricordava, con la sua pelle calda ed il suo cuore pulsante, lo infastidivano.
Lo infastidivano perché il cuore di Julian batteva al limite delle sue capacità, mentre le membra si facevano fin troppo bollenti, divorate dall'interno ed in superficie da un'infezione che neanche le medicine somministrategli da Eloise e Megan avevano debellato. Avevano solamente guadagnato tempo. E non ne era riconoscente. Gli sembrava di avviarsi al patibolo trascinando un carico che ritardava la sua pena capitale.
    «Non credo di poterlo sopportare, Jordan» mugolò Sophia, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso contro il petto dell'amico. Odiava mostrarsi debole con lui... con loro. Odiava dare l'idea di debolezza e fragilità, quando invece lei non lo era affatto. Ma in quel momento, con Julian steso su una lettiga, in quarantena, con il corpo devastato da chissà quale malattia, non poteva far altro che piangere. Jordan sospirò, e sistemandosi meglio a sedere contro il duro e freddo pavimento della Misericordia, strinse la ragazza contro di sé, carezzandola distrattamente tra i capelli scuri con la mano sinistra, mentre il braccio destro le circondava la vita.
    Si era sempre immaginato un momento di dolore come quello accompagnato da pioggia battente e gracchiare di cornacchie, come presagio. Invece, fuori dalle mura dell'ospedale, il sole stava per sorgere.
    Cain aveva già ceduto, mentre Adrian ed Ashton riuscivano a sopportare la pressione opprimente del sole grazie alle pesanti tende nere che Eloise aveva ordinato con sguardo furente di far sistemare alle finestre della sala d'attesa.
    Nessuno dormiva decentemente da qualche giorno. Bryce stesso, nonostante tutto, sembrava decisamente meno incline a morire. Anche i gemelli Sinclair, generalmente scherzosi e bonaccioni, non riuscivano in nessun modo a partorire battute di spirito per cercare di risollevare l'atmosfera. Neanche avevano voglia di massacrarsi a vicenda. I pensieri di tutti, o per lo meno quasi tutti, erano rivolti al ragazzo che combatteva tra la vita e la morte una battaglia che, lentamente, lo stava portando ad un'inesorabile sconfitta.
    «Jordan» gracchiò Sophia con voce arrochita dopo quelli che parvero almeno decine di minuti, richiamando l'attenzione di Jordan che, fino a qualche istante prima, fissava il vuoto, cercando senza successo di scacciare i ricordi dei brigantaggi e delle bighellonate combinate con Julian e la loro compagnia di amici.
    «Dimmi, Sophie» mormorò il ragazzo, smettendo di stringerla quando la ragazza si oppose all'abbraccio fraterno dell'amico. Si alzò, preoccupato, quando Sophia balzò in piedi, gli occhi chiari sgranati e cerchiati da vistosissime occhiaie.
    «Damian. Nessuno l'ha avvisato. Solo io e te sapevamo di lui e Julian» disse, rapidamente, la voce agitata e preoccupata. Jordan rimase a fissarla solo per qualche istante, poi spalancò di corsa la porta.
    «Aspettami qua!» le urlò, correndo per i corridoi ed evitando pazienti e medici finché non si ritrovò all'entrata dell'ospedale. Ignorò i richiami di suo fratello Bryce e di Jerome, per poi correre fuori dall'edificio. Fermò disperatamente una carrozza, e chiese implorante un passaggio per il borgo di Valdyer.
    Era una corsa contro il tempo, e la morsa che provava allo stomaco gli stava suggerendo che quel tempo, il tempo di Julian, era terribilmente vicino all'esaurirsi.

    Tump, tump, tump.
    Aleggiava nel suo sonno di morte da poco tempo... forse un paio d'ore. Aveva cacciato, la sera prima, e la sua sete di sangue si era estinta nel collo di un giovane stupratore. Quantomeno, il suo sangue era pulito. Aveva detto ad Edward di non disturbarlo, quella mattina. Voleva riposare, voleva dormire, sognare cosa avrebbe potuto inventare per trovare Julian, che non vedeva da almeno due settimane.
    Tump, tump, tump.
    Poi si sentì chiamare, una voce maschile lo stava strappando con poca grazia dal suo sonno comatoso. Sembrava la voce di Julian... no, la voce parlava di Julian.
    «Maledizione, Damian, apri questa porta! Jules sta m o r e n d o !!!» il vampiro spalancò gli occhi a quelle parole, ed il loro accostarsi non gli piaceva affatto. Julian, morte. No, era un binomio che decisamente non gli andava a genio.
    In meno di un secondo balzò in piedi, correndo a spalancare il pesante portone del rifugio, indietreggiando istintivamente quando una lama di luce si bloccò a pochi centimetri dal suo piede. Era giorno. C'era troppa luce. E lui doveva cercare Julian.
    Mentre la mente lavorava frenetica vice Jordan davanti a sé, gli occhi azzurri incorniciati di aloni nerastri, segno di lunghe notti in bianco, il cuore che batteva all'impazzata e la carnagione generalmente chiara, sembrava tinta di un pallore malsano. Ricambiò il suo sguardo, e gli ci volle meno di qualche istante per rendersi conto della gravità della situazione. Si vestì rapidamente, mentre Jordan parlava senza freni, spiegando al redivivo la condizione critica in cui Julian stava versando da ormai dieci giorni, ecco perché non lo aveva mai trovato al Collegio!, e ascoltò senza davvero troppo interesse le scuse di Jordan per quella dimenticanza.
    Provava rabbia, tremendamente tanta rabbia, che avrebbe potuto ucciderlo anche solo con lo sguardo, ma sapeva che non era colpa sua. Era lui, Damian Assange, l'ultimo arrivato. E dall'alto dei suoi duecentotrentacinque anni sapeva di non poter avere la precedenza sulla cerchia di amici di Julian.
    «Taci, Jordan. Fai accostare il più possibile la carrozza al portone. Adesso» ringhiò contro il ragazzo, che stava imbambolato a fissarlo. Jordan si riscosse, ed annuendo uscì fuori, comunicando al cocchiere ciò che Damian gli aveva ordinato.
    Nel frattempo il vampiro aveva indossato un pensate pastrano nero, che lo copriva per intero dalla punta dei capelli alla punta dei piedi. Sembrava un fantasma, ed avrebbe trovato il paragone simpatico, se la situazione non fosse stata così drammatica.
    Con un respiro ed un ringhio infastidito uscì all'aria aperta, barcollando, ma subito si sentì sorreggere da qualcuno. Non ebbe neanche il tempo di domandarsi chi fosse, che si rese immediatamente conto che le braccia che lo aiutavano a camminare erano quelle di Jordan. Gli avrebbe sorriso, se ne fosse stato capace. Salì svelto sulla carrozza, e ad un cenno del ragazzo il cocchiere fece nuovamente partire i cavalli al galoppo. Dal canto suo Damian comunicò debolmente ai destrieri l'urgenza che provava, incitandoli a correre più rapidamente che potevano. Aggiunse una flebile minaccia di morte, del tutto ignorata dai cavalli. Era basta l'ansia e la preoccupazione che il vampiro aveva impresso in quel guizzo di pensiero per spronarli a correre come non avevano mai fatto prima.

    «Dov'è?» la voce di Damian tremava, bassa e roca, mentre cercava di ignorare la morsa delle braccia di Sophia strette attorno alla vita. Non aveva abbracciato nessuno se non Cain, suo fratello, e Jordan. Appena aveva visto Damian, nonostante lo conoscesse da veramente pochi mesi, gli era saltata addosso, sapendo bene che forse il vampiro era l'unico che, assieme a lei e Jordan, potesse essere così spaventato all'idea di perdere Julian.
    «Dov'è?» ripeté ancora una volta, prima che Jordan allontanasse delicatamente Sophia dal redivivo. «Ultima stanza a destra» fu la risposta, non di Jordan, ma di Eloise, che comparve nella sala d'attesa. Aveva dismesso gli abiti da medico, per restare vicino alla sua famiglia. Era più utile in panni civili, in quel momento. Si sedette sulle gambe di Ashton, che le rivolse un tenue sorriso e le carezzò la guancia.
    «Non è colpa tua, ragazzina umana» le mormorò quindi all'orecchio, ed Eloise, fiera combattente, si limitò a scrollare le spalle. Il loro abbastanza non era sufficiente, ricordò a se stessa.
    Damian si limitò a fissare per qualche istante Eloise, scorrendo rapidamente lo sguardo su tutti i presenti, prima di dirigersi con ampie ed incerte falcate verso la camera di Julian. Avvertiva, adesso, il suo cuore battere debolmente assieme a tutti gli altri.
    Quando Megan lo vide comparire sulla soglia gli si avvicinò minacciosa. Damian la ignorò, cercando con lo sguardo Julian, ed ebbe un tuffo al cuore nel vederlo febbricitante.
    Si voltò lentamente verso la ragazza, e senza curarsi di esser delicato lasciò uscire i canini dai loro loculi, ed emise un debole ringhio minaccioso. La ragazza, se ebbe paura, non lo diede a vedere. Si limitò a sistemarsi di lato per farlo passare, obiettando che voi vampiri non vi ammalate, passa pure, cane rabbioso.
    Damian nuovamente la ignorò, avvicinandosi a Julian e sedendosi sulla sedia accanto al letto. Fece scorrere le dita gelide e pallide sulla fronte del ragazzo, imperlata di sudore e bollente, prima di stringere la sua mano.
    «Julian... piccolo Julian, mi senti?» sussurrò al suo orecchio, la voce instabile, una sfumatura di pura isteria a renderla più tremolante. Per qualche secondo non successe niente, finché le dita di Julian si strinsero leggermente attorno a quelle di Damian. Il vampiro serrò più forte la mano del ragazzo nella propria, e ricambiò lo sguardo del ragazzo, che lo guardava attraverso le palpebre socchiuse.
    «Sei... venuto a trovarmi?» domandò, a fatica. Damian fece per parlare, ma il ragazzo proseguì, delirando.
    «Non puoi... portarmi fuori. È quasi ora di lezione» mormorò flebilmente, e Damian avvertì sulle guance qualcosa di bollente rotolar giù, fino ad impattare sui suoi pantaloni. Lacrime di sangue.
    «Non ti porto da nessuna parte, non preoccuparti» fu la debole risposta del vampiro, che si poggiò con la fronte alla spalla bollente del ragazzo, avvertendo nelle narici l'odore pungente del disinfettante coprire quello nauseabondo della morte e della malattia che stava divorando le membra di Julian.
    «Non c'è nulla da fare, giusto?» domandò a Megan, che era rimasta impassibile sulla soglia della camera, fissando quasi commossa la scena che le si parava davanti. Difficilmente aveva visto un vampiro piangere, e mai per un paziente umano.
    «Non in questa... vita» disse, soppesando le parole. Damian si voltò lentamente verso di lei, e ricambiò lo sguardo azzurro della ragazza, di un azzurro screziato di verde. Si voltò di nuovo verso Julian, carezzando con le dita pallide ed affusolate i suoi lineamenti marcati. Congelarlo nel tempo... sarebbe stata la scelta giusta?
    «Devo parlare con la sua famiglia» disse infine, deciso. Megan annuì debolmente. Probabilmente era l'unica cosa da fare.

    Quando Damian finì di parlare, un discorso breve, conciso, ma diretto, nella sala d'attesa crollò il silenzio.
    Sophia era ben stretta tra le braccia di Gabriel, che la cullava come avrebbe potuto fare con una bambina indifesa. La teneva saldamente ancorata a sé, facendole nascondere il viso nell'incavo accogliente della sua spalla, come sempre facevano dopo le notti più vivaci. Solo che di vivace, quella situazione, non aveva niente. Avvertiva sulla spalla il calore della lacrime della sua amata, e ne condivideva il dolore.
    Si era affezionato a Julian, anche se mai lo aveva ammesso, né a lui, né a Sophia. Si limitava a scrutare entrambi con occhi di gelo quando i due lo prendevano in giro sull'affetto che aveva iniziato a nutrire per il fratello della sua amata. Il risultato di tali scherzi erano numerosi lividi sulle spalle e sugli stinchi del giovane, a seguito di una sessione d'allenamento particolarmente violenta.
    Bryce e Jordan erano rimasti in silenzio, accanto ad Axel, che fissava Damian con occhi fiammeggianti. Il suo protetto stava venendo meno. Avrebbe tollerato di vederlo tornare sottoforma di vampiro? Il più piccolo dei tre Vandemberg aveva trovato conforto, nonostante il viso pietrificato in una maschera di serenità, nello stritolare la mano ed il braccio del fratello maggiore, che guizzava lo sguardo tra il ragazzo e la sua protetta. Soffriva del vederli così addolorati... non era forse meglio avere Julian, ancora una volta, seppur immortale? Si trattava solamente di accettare un nuovo membro redivivo in famiglia... no?
    Dall'altra parte della stanza gli unici a sorridere di tale proposta erano i fratelli Sinclair. Quale persona migliore di un vampiro per avviare risse che avrebbero certamente vinto? Quando provarono a prendere parole ricevettero un'occhiata omicida da parte dell'intera comitiva, ed optarono per rimanere in silenzio, spalla contro spalla, seduti a terra.
    Eloise, dal canto suo, fissava Megan, senza sapere cosa dire. Era, in effetti, l'unica soluzione per salvare Julian. Ma quel salvataggio significava strappare ciò che di umano aveva caratterizzato il ragazzo, in tutti quegli anni. Erano disposti a sacrificarlo?
    Damian si sedette a terra, incrociando le gambe e chiudendo gli occhi, noncurante delle scie rosate che ancora macchiavano la sua pelle. Non aveva asciugato le lacrime. Non se ne preoccupava minimamente. Sentiva, in fondo alla mente, l'urgenza di prendere una decisione. E doveva essere presa il prima possibile.
    «Fallo» fu la sola parola che venne pronunciata. Sophia si era alzata e si era allontanata da Gabriel, ed adesso fronteggiava Damian. Il redivivo tornò in piedi, abbassando la testa solo per incrociare lo sguardo della ragazza. Vide il percorso salato delle lacrime incrostarle gli zigomi, le occhiaie scure a contornarne gli occhi, ed in fondo al suo sguardo vide brillare un piccolo e quasi impercettibile barlume di speranza.
    «Hai la mia benedizione, Damian. Ma, se mio fratello sopravvivesse al processo, ti reputerò responsabile di qualsiasi cosa gli accadrà in futuro. E giuro sul mio sangue e sul trono che mi spetta di diritto, che se mai gli accadesse qualcosa, verrò da te in prima persona per renderti alla morte da cui sei scampato due secoli fa» gli disse, con voce salda e decisa, i pugni stretti.
    Il vampiro sorrise della veemenza che colorava le parole della ragazza, ed annuii. Indietreggiò di un passo, e si piegò su un ginocchio, chinando la testa.
    «Per servirti, mia signora» si limitò a dire, e di nuovo si erse in tutta la sua altezza, per poi chinarsi verso la ragazza e poggiare le labbra sulla sua guancia, mormorandole un tenue ringraziamento che fece sospirare Sophia e ridacchiare Adrian Blackmore, seduto in disparte assieme a Cain, che giaceva addormentato tra le sue braccia, i capelli biondi scarmigliati sul suo petto.
    «Fa' quel che devi, Damian» sussurrò Sophia in risposta, prima di scivolare all'indietro. Prontamente Gabriel le fu alle spalle, per sorreggerla. Alzò lo sguardo sul redivivo, fissandolo con occhi di ghiaccio.
    «Hai promesso, vampiro. La malattia mi sta sottraendo uno dei Cavalieri. Vedi di non sottrarle il fratello» disse, a voce alta, e di nuovo Damian si ritrovò ad annuire. Fece scorrere lo sguardo sui presenti, incrociando poi quello di Jordan, che annuì con un lieve cenno della testa, mentre ancora stringeva il braccio di Bryce, e nell'altra mano quella di Jerome, che si limitò a stringere più forte quella del ragazzo.
    «Vi ringrazio» disse Damian, e facendo dietro-front corse di nuovo nella camera di Julian, dove, per il ragazzo, il tempo stava per battere gli ultimi rintocchi.

    «Sto morendo» fu il sussurro di Julian, quando vide ricomparire Damian e Megan in camera. La ragazza gli si avvicinò rapida, intuendo con uno sguardo che non rimanevano altro che pochi minuti.
    «Morirai per sempre, Julian... morirai per sempre accanto a me, però» fu la risposta di Damian, che strinse la sua mano, con forza, ignorando il mugolio infastidito del ragazzo.
    «Vuoi... trasformarmi?» domandò dopo qualche istante di silenzio lo studente, e Damian annuì.
    «Ho chiesto il permesso a tua sorella. Mi ha minacciato di morte. Dovrò badare a te per l'eternità, piccolo Julian» disse, cercando di risultare un po' ironico, e Julian ridacchiò leggermente, prima di scivolare di nuovo sdraiato, respirando a fatica.
    «Tipico... di mia... sorella» riuscì a mormorare, prima di chiudere gli occhi. Damian lo tirò rapidamente a sé, ignorando le lamentele di Megan sui modi bruschi che stava usando, ma al momento la ragazza non poteva udire il cuore del ragazzo rallentare inesorabilmente. Sulla soglia vide comparire, con la coda dell'occhio, Adrian ed Ashton, ed avvertì dopo qualche istante i passi ed i cuori accelerati di tutte le persone che erano li per il ragazzo che stava stringendo tra le braccia. Chiuse gli occhi e senza pensarci ancora affondò i canini nel collo del ragazzo, serrandolo disperato contro di sé. Ne bevve il sangue, avvertendolo malato ed indebolito, lasciandone a sufficienza per avviare il processo di trasformazione.
    Quando, dopo un minuto, allontanò le labbra macchiate di sangue dal collo di Julian, notò sul suo viso un'espressione di pura tranquillità. Avvertì di nuovo sulle guance lacrime scarlatte rotolare giù dai suoi zigomi e cadere sul collo del giovane, sanando e chiudendo i fori che i suoi canini avevano lasciato, con la speranza di non perdere per sempre Julian e la sua vitalità.
    «Adesso... aspettiamo» furono le parole pragmatiche di Ashton, che strinse a sé Sophia e Jordan, come a volerli proteggere dall'inesorabile.
    «Aspettiamo... e speriamo» furono le ultime parole che Damian pronunciò, tornando a stringere il ragazzo e nascondendo il viso sul suo collo, pregando che Julian trovasse la forza sufficiente per cogliere l'ultimo richiamo che aveva potuto lanciargli, conferendogli l'immortalità che lui stesso aveva tanto agognato due secoli prima.


fine

Note conclusive
Io ancora non ci credo di averla conclusa... mi sento... vuoto.
Uccidere, per modo di dire, il mio piccolo Jules, è stata una sofferenza.
Non so davvero che dire. Fa strano, scrivere la parola fine, seppur ad una fan fiction.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e che mi hanno supportato.
Grazie a Cristina e Luigi, miei fedeli lettori.
Grazie a Damianne e Rafael Assange per le loro recensioni.
Hymn

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