Lady Elisabeth e il caso dell'argenteria scomparsa

di Diana924
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo, gennaio 1878 ***
Capitolo 2: *** Furto ***
Capitolo 3: *** Riunione ***
Capitolo 4: *** Decisioni ***
Capitolo 5: *** William ***
Capitolo 6: *** My Mother ***
Capitolo 7: *** L'ospite ***
Capitolo 8: *** Prime indagini ***
Capitolo 9: *** L'invito ***
Capitolo 10: *** Confusione ***
Capitolo 11: *** Ritorno in società ***
Capitolo 12: *** Indizi ***
Capitolo 13: *** Raccolta di idee ***
Capitolo 14: *** Seaton ***
Capitolo 15: *** Dubbi ***
Capitolo 16: *** Highgate ***
Capitolo 17: *** Rivelazione ***
Capitolo 18: *** Epifania ***
Capitolo 19: *** Cercando Fanny ***
Capitolo 20: *** Fanny ***
Capitolo 21: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 22: *** Primi chiarimenti ***
Capitolo 23: *** Chiarimenti ***
Capitolo 24: *** E Liam? ***
Capitolo 25: *** Una vecchia Coppia ***
Capitolo 26: *** Idee ***
Capitolo 27: *** Lady Mary von Strock ***
Capitolo 28: *** Presunto Colpevole ***
Capitolo 29: *** Riunione ***
Capitolo 30: *** William ***
Capitolo 31: *** Convergenze ***
Capitolo 32: *** Svolte ***
Capitolo 33: *** Clarence ***
Capitolo 34: *** Confessione ***
Capitolo 35: *** La Calma dopo la Tempesta ***
Capitolo 36: *** Il giorno dopo ***
Capitolo 37: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo, gennaio 1878 ***


Entrò veloce in casa lasciando ad Eddy il bagaglio e salendo subito nella sua stanza, incurante di Mrs Bennet che era appena uscita dalla cucina e dei suoi ragazzi che la stavano salutando.

Erano quelli i momenti in cui detestava le gonne e preferiva vestire come un uomo, quelle maledette gonne la intralciavano anche troppo pensò quando aprì la porta della sua stanza e lo vide: Liam, il suo irlandese, il padre di tre dei suoi figli, non di Harriet pensò, non di Harriet.

Era seduto sulla poltrona girata verso la finestra ma non appena sentì i suoi passi si alzò e le sorrise. Lei rimase immobile per riprendere fiato e quindi fu lui a compiere quei pochi passi per portarsi accanto a lei e abbracciarla.

<< Come stai? E come sta la nostra bambina? >> le chiese riferendosi a Harriet.

Seppellì il suo volto sulle sue spalle, godendosi l’abbraccio ed evitando di guardarlo, altrimenti lui avrebbe capito, lui la capiva sempre per poi sussurrare: << Sta bene la nostra bambina, sta benissimo >>. Avrebbe voluto dire quelle parole a William, persino a  Fergus, ma in quel momento c’era solo Liam con lei, e stranamente le andava a genio.

Veloce gli stampò un bacio sulla guancia per poi allontanarsi di corsa, sicura che lui avrebbe fatto altrettanto.

Aprì la porta che dava sul giardino e con poche e rapide falcate si diresse al bordello, doveva controllare i registri di quei pochi giorni e voleva farlo il prima possibile. Poi un bagno e per concludere uno dei ragazzi, forse Fergus o Liam, o entrambi, era da molto che non si concedeva qualche bizzarria.

Aprì la porta mentre il vecchio Donald stava leggendo il “ Times “ e senza nemmeno salutarlo si diresse nel salotto per constare se vi erano o meno dei danni e se doveva far acquistare più alcolici.

Vide quello che c’era, o meglio che non c’era, l’immagine si fermò nella sua testa e le parve di urlare, sia per la sorpresa che per aver realizzato quello che era accaduto poi tutto si fece nero e pesante.

 

NOTE:

Rieccomi qui con la terza storia di Lizzie. Avviso subito che l'aggiornamento sarà due volte a settimana, venerdì e domenica perchè gli altri gironi sono a Bologna e sono imepgnata con l'uni. Coem semrpe, per chiarimenti/avvisi/eventuali spoiler o altro mi trovate sulla mia pagina autrice: Diana924(EFP)

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Capitolo 2
*** Furto ***


Quando rinvenne era sul divano e Liam le stava accarezzando la testa con gesti lenti e misurati che la misero a suo agio per qualche secondo prima d’irritarla.

<< Dimmi che non è accaduto quello che temo >> disse scandendo bene le parole e cercando di alzarsi. I suoi subito si posarono sulla teca di cristallo, la stessa teca di cristallo dove teneva gli alcolici e i bicchieri di cristallo di cui si servivano i suoi ospiti e che ora era desolatamente vuota.

Rimase a fissare la teca per quelle che le parvero ore, per poi voltarsi verso Liam che non l’aveva persa di vista un attimo.

<< Dimmi che è solo un sogno, che mi sveglierò nel mio letto di Seaton pronta a partire >> disse cercando di alzarsi dal divano e l’altro l’aiuto sostenendola per le braccia. << Ti giuro che fino a ieri c’erano tutti, non ne so niente >> si difese lui alzando le mani in un segno involontario di difesa.

<< Non so se crederti, convoca gli altri. Convoca quelle maledette puttane nella biblioteca a casa, e se anche uno solo non si presenta vi riterrò tutti complici! >> urlò furiosa uscendo di corsa dalla casa e attraversando il giardino con un piglio guerresco che spaventò Amelia Fairfax che stava curando il giardino, inseguita da Liam che tentava invano di calmarla.

Come si era permesso il ladro, chiunque egli fosse, di derubarla? Lei, che aveva fatto così tanto per quei ragazzi, per quelle sgualdrine insignificanti che l’avevano ripagata in quel modo: era proprio vero che la gratitudine non era di questa terra. Ma si sarebbero accorti con chi avevano a che fare, nessuno di loro l’avrebbe fatta franca, non finché era lei a comandare.

Non era per il valore dei bicchieri, pensava di cambiarli perché cominciavano a scheggiarsi, era per l’atto in sé. Rubare a lei, a lei! Ora doveva recuperare il suo ascendente sui ragazzi, se avessero anche solo sospettato che era rimasta turbata dall’atto si sarebbero sbagliati, avrebbero visto chi era realmente Elisabeth Norbert e avrebbero pagato per quello, avrebbero pagato tutti.

<< Fottute puttane! Tutti nel salotto! Ora! >> urlò non appena entrò in casa e fece un segno a Liam che l’aveva seguita come un cane: se qualcuno si fosse dimostrato duro d’orecchi sarebbe stato compito dell’irlandese far comprendere loro le sue intenzioni.

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Capitolo 3
*** Riunione ***


Li aveva convocati nel salotto e si aggirava inquieta tra quelle pareti come una tigre in gabbia, imprecando tra sé e ogni tanto fissando su di loro uno sguardo ripieno di fiele. Nessuno di loro osare parlare, tutti troppo terrorizzati da quella donna che all’apparenza era così fragile ma che nei fatti aveva in mano i fili della loro vita.

<< A me, rubare a me, a me! Una donna così oneste a rispettabile, ma come si permettono? È proprio vero che non posso lasciarvi soli un momento. Ma se scopro chi è stato … sappiate che se il colpevole è uno di voi vi caccio da qui, uscirete da questa casa come ne siete entrati! >> urlò fermandosi davanti a Tony che rabbrividì istintivamente.

<< Madame, se fosse stata una persona che non lavora per voi? >> intervenne Dicky cercando di non tremare, solo perché è nuovo parla pensò Liam, mai interrompere una donna come Liz in quei momenti, e soprattutto non darle mai e poi mai l’opportunità di sfogarsi.

E infatti lo schiaffò fu improvviso, tanto da lasciare tutti stupiti, specialmente Dicky, che si era abituato a dare e non a ricevere quel tipo di trattamento, tanto che si portò la mano sul volto con gli occhi sgranati, come se non volesse credervi fino in fondo. << Non fare domande stupide inutile marchetta! E ora ditemi dov’eravate ieri visto che questa puttana – e indicò Liam – è stato così stupido da non accorgersi di nulla. Mai affidare le tue proprietà a degli estranei, mai! Forza puttane, parlate! >> urlò Liz poco prima di sedersi sulla poltrona con l’aria di una regina, gli occhi che mandavano lampi.

Subito tutti tacquero e si consultarono con gli occhi per decidere chi sarebbe stato il primo a subire l’ira di Liz.

Come previsto il primo a parlare fu Liam, che asserì di aver passato il resto della notte con Freddie, e siccome Freddie era assente, a quell’ora doveva trovarsi nella chiesa dov’era diacono, Liz si appuntò mentalmente di farsi confermare quella storia. L’irlandese aveva appena terminato di parlare che Fergus si alzò dal divano dove si era seduto per dare la sua versione dei fatti.

Prevedibile pensò Liz osservando lo scozzese, era così imprevedibile ed era certa che con il suo ritorno la schermagli tra i due sarebbe ricominciata, e chi ne avrebbe tratto i migliori vantaggi sarebbe stata lei, e solo lei.

Dopo che Fergus ebbe finito di parlare, e  nessuno era sfuggito lo sguardo di sfida che aveva gettato a Liam, anche gli altri decisero che era il loro turno e iniziarono a parlare, mentre Liz li ascoltava impassibile.

L’ultimo fu Dicky, ormai la sua guancia destra era paonazza ma per fortuna non si vedeva il segno delle dita, che riassunse brevemente quello che aveva fatto e come prova fece segno a Tony di togliersi la camicia, suscitando al risata divertita di Liz.

<< Molto bene, dopo interrogherò gli esterni, ma sappiate che io vi sospetto tutti, a priori e per principio. Ora vado a farmi un bagno, domani riceverò mr von Strock, e mi aspetto che siate cordiali con lui, tutti voi >> e detto questo lasciò la stanza.

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Capitolo 4
*** Decisioni ***


Quando Liz lasciò la stanza subito Eddy corse a chiudere la porta per poi osservarli tutti, specialmente Liam. Da quando lui e madame erano tornati a Londra era la prima volta che poteva osservarlo a suo piacimento.

<< Allora, vorrei sapere chi è stato così stupido, e soprattutto cosa possiamo fare per rimediare a questo pasticcio >> disse l’irlandese con voce pacata, troppo pacata. << ignoro chi abbia toccato una simile vetta di idiozia, per me potresti anche essere stato tu >> lo punzecchiò Fergus con un sorrisetto minoico sul viso.

Come tutti pensarono Liam fronteggiò l’altro, le mani che si aprivano e si chiudevano a scatti. Come si permetteva quella sgualdrina di Fergus di accusarlo si disse, il mondo stava andando in rovina se persone simili osavano anche solo pensare cose simili si disse Liam. Se Liz non fosse stata presente l’avrebbe già colpito ma sapeva bene che non poteva correre quel rischio. << Come osi accusarmi? >> si limitò invece a dire cercando di restare calmo.

Fergus si limitò a ridacchiare, come se da tempo avesse in serbo una sorpresa, e lui temeva di conoscere quale fosse la suddetta sorpresa: William von Strock.

<< Oso eccome, ed è anche facile: sapevi che madame avrebbe ricominciato a vedere il ragazzino e per sviare la sua attenzione hai rubato i bicchieri: un colpo di genio mio caro irlandese >> lo provò Fergus alzandosi dal divano.

<< Madame non sa nulla e William … il ragazzino, mi ha giurato che non parlerà >> rispose lui, Fergus aveva tra le mani un’arma potente, ne era ben coscio. << Il ragazzino parlerà, è troppo onesto, non è come noi >> e allargò le braccia provocando risate e commenti.

<< Però si vergogna e per questo terrà la bocca chiusa >> era la sua ultima possibilità, sapeva che se Liz avesse scoperto di lui e William difficilmente lo avrebbe perdonato: il ragazzino era il suo primo amore, come lui non l’avrebbe perdonata se l’avesse sorpresa tra le braccia di Ernie tanto tempo prima.

<< E non tornerà da noi, vero? >> chiese Dicky che si era allungato distrattamente sul divano, il segno delle dita di Elisabeth ancora visibile. << Evidentemente no, e non darti troppa importanza >> lo riprese Liam, ora oltre a Fergus avrebbe dovuto sopportare anche le intemperanze di Dicky che ben sapendo di essere prezioso per Liz in termini di denaro sonante aveva alzato un po’ troppo la testa.

<< Di certo non da te, e ora andate, e se qualcuno ha quei bicchieri li tiri fuori, ora! >> urlò Liam.

<< Potrebbe averli uno degli esterni, Freddie, Clarence o altri >> suggerì Eddy sperando che l’irlandese lo ascoltasse, non chiedeva molto: solo un suo sguardo. << Potrebbe, e infatti madame vuole interrogarli, e poi lo farò io e spero di non udire versioni differenti >> e detto questo aprì la porta ed uscì.

<< E ora? >> chiese Tony appoggiato ad una finestra. << Ora prendiamo un bel respiro, poi io mi recherò da madame e vedrò se sa qualcosa sul ragazzino e il papista >> rispose Fergus avvicinandosi alla porta. << E noi? >> chiese Eddy. << Voi fate quello che volete, tu corri poi da lui, per quel che mi riguarda … >>, il primo ad alzarsi fu Dicky che fece un segnoa  Tony e l’altro lo seguì, imitato dagli altri.

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Capitolo 5
*** William ***


Gli interrogatori degli esterni non avevano dato grandi risultati ma non si sentiva sicura e aveva passato la nottata a controllarli e a controllare i registri, William aveva fatto un ottimo lavoro pensò con un sorriso.

Avevano negato, tutti loro avevano negato ma era evidente che uno di loro mentiva ed era ignorare l’identità del ladro a renderla furiosa, nessuno si era mai preso gioco di lei in quel modo.

Per fortuna il giorno dopo avrebbe rivisto William e lui le avrebbe risollevato il morale si disse prima di coricarsi.

Il giorno dopo si preparò per l’incontro indossando il suo abito blu e raccogliendo i capelli in una crocchia e sperando di riuscire a mentire.

Aveva raccontato così tante bugie a William che ormai non avrebbe dovuto avere problemi eppure nel vederlo attendere in salotto non riuscì a trattenere un sospiro: era bello e innocente come l’aveva lasciato si disse mentre lui la notava e si alzava dal divano.

Represse l’istinto di correre tra le sue braccia e parlargli di Harriet, sua figlia, e strinse con forza le mani sentendo le unghie premere sulla pelle e fu lui a compiere quei passi stringendola a sé. << Mi sei mancata così tanto Lisa >> le disse prima di baciarla teneramente sulla bocca e lei sorrise, quell’ingenuità e quel candore la divertivano e allo stesso tempo al rassicuravano eppure vi era qualcosa di eccessivo e di sbagliato, come se William stesse recitando una parte.

<< E anche tu Will, ma i miei figli, prima Alfred che non stava bene e poi il Natale, non potevo lasciarli soli >> gli spiegò, al verità era mille volte più semplice e allo stesso tempo più complessa: aveva una figlia, lei gli aveva dato una figlia ma lui non doveva saperlo. Per quanto lo amasse la sua libertà era più importante, troppo tempo da zitella le aveva reso ostiche le problematiche del vivere con qualcuno che non fosse un suo dipendente.

<< Ti comprendo benissimo Lisa, fatti guardare, sei radiosa >> le disse lui osservandola, se sapesse perché lo sono non resterebbe in mia compagnia pensò lei, l’avrebbe subito voluta sposare ma era necessario che sentisse lady von Strock. Se la donna le avesse fatto comprendere che non poteva sposarlo non avrebbe pianto ma lo avrebbe tenuto come amante, e se invece avesse avuto una risposta positiva allora sarebbe stata rovinata perché lui avrebbe scoperto Harriet.

<< Tutti questi mesi, come hai fatto? >> gli chiese prima di sedersi accanto a lui sul divano e lui la fissò sconvolto, che avesse compreso tutto da un’occhiata? << Cosa … a cosa … ti riferisci? >> chiese cercando di rimanere calmo, la sua educazione mirava a quello: farlo rimanere impassibile come una statua di fronte a tutto e doveva riuscirvi ad ogni costo.

<> lo punzecchiò lei con un sorriso malizioso. << No, certo che no, che indecenza >> le mentì lui, la verità era che Liam si era preso quello che voleva e basta, idem per Fergus, ma c’era dell’altro, qualcosa che non sapeva come chiamare. << Nemmeno un pensiero, niente di niente? >> chiese lei sempre più maliziosa mentre le sue mani scivolavano verso il cavallo dei suoi pantaloni. << Nulla, assolutamente nulla >> mentì una seconda volta, era spregevole e meschino mentire ma non aveva alternative.

<< Interessante, quindi mi hai atteso >> disse prendendolo per mano. << Certamente, sai quanto ti ami >> le rispose lui, quanta ingenuità e quanto candore anche se vi era una nota stonata che non riusciva a identificare e questo le dava sui nervi

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Capitolo 6
*** My Mother ***


Liz sorrise distendendosi nel letto a voltandosi verso William prima di sentire le labbra dell’altro su di sé, quanto le era mancato William von Strock.

<< Un penny per i tuoi pensieri >> disse con un sorriso facendolo trasalire.

<< Non sto pensando >> le rispose William abbracciandola. << Non dire stupidaggini, tutti pensiamo, vuoi dirmi cosa ti turba? >> gli chiese mentre si voltava in modo da poterlo vedere in viso.

Lui rimase in silenzio per qualche secondo, chiedendosi se sarebbe stato opportuno raccontarle quello che era accaduto tra lui e Liam, in quello stesso letto fino a pochi giorni prima, e ora l’aveva diviso con lei, che ignorava tutto. Si chiese come avrebbe reagito, se si fosse arrabbiata con lui come sperava o se avesse espresso il desiderio di poterli vedere e partecipare come temeva e come Liam gli aveva prospettato.

<< Mia madre vuole incontrarti >> rispose, era una verità e una bugia perché non poteva parlarle del legame che c’era tra lui e l’irlandese. << Ed era questo a preoccuparti? >> domandò Elisabeth ridacchiando, il suo William era un amore di ragazzo, così ingenuo e così inesperto del viver di mondo e queste sue capacità al intrigavano oltre misura.

Non aveva detto a William che progettava di recarsi da lady Mary perché non desiderava che s’intromettesse nella discussione per rovinarla: si trattava di affari e non di stupidi sentimenti.

<< Certamente, siete le due più importanti della tua vita, e se non ti accettasse come mia moglie? Non potrei sopportare l’idea di non vederti mai più >> le disse lui stringendola a sé. << Non essere ridicolo, sistemeremo tutto, fidati >> ribatte Elisabeth prima di baciarlo, non voleva sposarlo, voleva solo che lady Mary comprendesse che la loro era una bagattella di nessuna importanza e che non scoprisse mai che lei aveva avuto una figlia da William.

<< Mi fido di te, e conosco mia madre >> disse lui prima di farla distendere sotto di lui e iniziare a toccarla con le dita, tocchi leggeri eppure insistenti a cui lei reagì con dei sospiri a inarcando la schiena pronta per quando lui l’avrebbe posseduta, sarebbe stata la quarta volta quella giornata, e udì il rumore di qualcuno che bussava con insistenza.

Poi la porta si aprì e vide Liam entrare e comportarsi come se tutto quello che era in quella stanza gli appartenesse.

<< Cosa vuoi? Avevo dato ordine di non essere disturbata! >> urlò mentre si rimetteva la vestaglia con gesti decisi e William rimaneva sorpreso e ancora disteso a letto. << Lungi da me disobbedire ai tuoi ordini Lizzie, ma Mrs Chambers ha appreso del tuo ritorno e si è precipitata da te, che devo fare? >> , gli occhi dell’irlandese passavano da lei a William.

<< Dille che arrivo tra dieci minuti, nel frattempo falla accomodare in salotto >> ordinò mentre cercava degli abiti da indossare e William si alzava. << Devo scendere con te? >> le chiese il ragazzo. << No, assolutamente no, esci dalla prota sul retro, ci rivedremo quando mi recherò da tua madre >> lo avvisò prima di baciarlo un’ultima volta e aprire la porta, per sua fortuna Dicky stava salendo le scale proprio in quel momento, << Fai uscire Mr von Strock dalla porta sul retro, e non farmi domande >> gli ingiunse prima di fermarsi di fronte allo specchio e controllare quanto appariva presentabile.

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Capitolo 7
*** L'ospite ***


Mrs Chambers sedeva rigida su una delle sedie del salone, avendo disdegnato sia le poltrone che il divano. Quel giorno indossava un abito grigio che la faceva apparire ancora più anziana di quanto non fosse e non si era tolta il cappello. Elisabeth si sentì a disagio di fronte all’altra, lei che indossava l’abito blu della mattinata e aveva i capelli sciolti non avendo avuto il tempo di pettinarli con cura.

<< Mrs Chambers, buongiorno >> la salutò abbracciandola e cercando di rimanere impassibile. << Mia cara Liz, siete tornata ieri e non siete ancora venuta a trovare la vostra vecchi amica >> la rimproverò bonariamente Mrs Chambers e lei si rilassò, non era nulla d’importante dunque.

<< Sono tornata ieri sera, sarei venuta a trovarvi domani come ogni settimana >> rispose, era sua intenzione recarsi ogni mercoledì da Mrs Chambers come faceva ogni mercoledì da almeno otto anni. << Ne sono felice mia cara, e i vostri figlioli? >> le chiese Mrs Chambers prima di sedersi di nuovo sulla sedia.

<< Stanno bene … i bambini stanno bene >> rispose, per tutto il mondo, con l’eccezione di Liam e dei suoi ragazzi, lei aveva solo tre figli: Alfred, Charles e Georgiana. Nessuno sapeva dell’esistenza di Harriet e si sarebbe dovuta inventare qualcosa, forse che era la sua pupilla, una trovatella di cui si prendeva cura. Era crudele ma aveva lavorato duramente per quella vita e voleva che i suoi ereditassero senza il possibile marchio sociale che sarebbe sicuramente derivato dalla scoperta dell’esistenza di Harriet.

<< Sono felice per voi, mi sembrate quasi più grassa mia cara. Ed è segno di buona salute >> disse l’altra scrutandola.

Maledetta gravidanza che le aveva rovinato la linea, non era più giovane come un tempo ma per fortuna nessuno avrebbe indovinato il vero motivo del suo aumento di peso. << In effetti mi sono trovata molto bene a Seaton con i miei figli >> rispose evasiva.

<< Molto bene mia cara, ci vedremo domani, sono venuta solo per essere la prima a darmi il bentornato. Dimenticavo: lady Mary von Strock vuole vedervi il prima possibile, suggerisce una colazione a casa sua questo giovedì >> le disse l’altra prima di congedarsi e dirigersi verso la porta lasciandola senza parole.

Ricadde sulla poltrona, Mrs Chambers non era andata a casa sua solo per invitarla ma per trasmetterle il messaggio di lady Mary la quale in quel momento doveva essere sicuramente informata dal suo ritorno a Londra. E sicuramente era ora che affrontasse la madre di William si disse respirava affannosa.

<< Va tutto bene? >> disse una voce insinuante come lo strisciare di un serpente: Fergus. << Cosa vuoi serpe? >> chiese mentre l’altro si  sedeva accanto a lei. << Nulla d’importante madame, volevo solo informarmi sulla vostra salute, vi ho visto crollare sul divano >> le spiegò l’altro, quella era la mezza verità: conosceva troppo bene Fergus e la sua faida con Liam per credere che fosse solo per quel motivo, doveva esserci altro. << Ti ringrazio Fergus, come vedi sto bene, Liam dov’è? >> chiese, per stuzzicarlo. << E’ uscito, e io non m’impiccio degli affari degli altri, tuttavia … >> e non terminò il discorso ma le poggiò la mano sulle spalle.

Elisabeth represse il desiderio di prenderlo a ceffoni, detestava chi non si spiegava per bene o chi s’interrompeva e soprattutto odiava che i suoi ragazzi si prendessero simili libertà. << Tuttavia cosa? >> chiese cercando di moderare la voce. << Tuttavia sembra che o’Donnel guardi un po’ troppo spesso quel ragazzino del vostro amato, ce ne siamo accorti tutti, persino gli esterni >> le confidò lo scozzese mentre lei rifletteva su quelle parole.

Liam e William, impossibile si disse, Liam poteva aver tentato un approccio ma era certa che l’altro l’avesse respinto, William era troppo puritano per anche solo pensare a un’idea simile. << Ti ringrazio per quest’informazione, e ora suppongo che vorrai qualcosa >> disse lentamente alzandosi. << Solo una ricompensa adeguata >> rispose l’altro con un sorriso. << Molto bene, porta qui Eddy >> e l’altro sghignazzò prima di eseguire.

Chiunque avesse detto “divide et impera “ era senza alcun dubbio nel giusto.

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Capitolo 8
*** Prime indagini ***


Dopo il piacevole intervallo con Eddy Elisabeth aveva deciso che era ora di prendere in mano la situazione e aveva ordinato al ragazzo di mandarle immediatamente Liam nelle sue stanze.

Là dentro si era liberata dei suoi abiti femminili con l’eccezione del corsetto e aveva indossato una vecchia giacca e dei pantaloni leggermente lisi, era meglio non indossare il frac in simili frangenti. Si stava ammirando allo specchio quando questi le mandò l’immagine della porta che si apriva: Liam.

L’irlandese rimase a fissarla mentre lei si voltava con grazia, un sorriso sul volto. << Ho avuto fin troppa pazienza con quest’affare ed è ora di finirla e pertanto oggi andremo da Fanny, se quella vecchia puttana non ci saprà dare delle risposte allora mi rivolgerò a Scotland Yard >> disse decisa, le unghie che premevano dolorosamente sul palmo delle mani, quasi a sangue.

<< Come vuoi, Fanny non sarà niente, prova con Taylor >> le suggerì l’irlandese sedendosi sulla poltrona. << Taylor i mentirebbe, ma forse non è poi una così cattiva idea, e tu vieni con me >> disse lei alzandosi e precedendolo fuori dalla porta.

Mentre scendevano le scale vide Miss Fairfax che stava pulendo nel salotto. << Miss Fairfafax? Dica a Mrs Bennet di servire la cena leggermente in ritardo questa sera, e un solo coperto, mi raccomando >>, aveva bisogno di pensare e per farlo doveva essere da sola.

Aveva anche lei pensato ad Alfred Taylor ma vi era un problema in quel pensiero: se Alfred Taylor avesse saputo la notizia la già scarsa stima che nutriva per lei sarebbe diminuita o scomparsa del tutto e l’avrebbe ritenuta incapace di controllare i suoi ragazzi.

E una notizia del genere le avrebbe fatto perdere tempo e denaro, il quale sarebbe inevitabilmente finito nelle mani degli altri ruffiani di Cleveland Street, Alfred Taylor in testa e il solo pensarci la faceva infuriare oltremodo.

Rivolgersi alla polizia sarebbe potuta essere una valida alternativa, doveva solo dichiarare che i bicchieri erano stati rubati in casa sua e costringere gli altri a giurare il falso e il problema era rappresentato da Mrs Bennet e da Miss Fairfax che potevano seriamente comprometterla di fronte alla polizia e al bel mondo londinese di cui faceva parte dopo tanti tentativi. No, doveva farcela da sola e coinvolgendo altri il meno possibile.

Era immersa in questi pensieri quando si ritrovò di fronte alla porta di Alfred Taylor, per fortuna Liam era rimasto in silenzio. Bussò sperando che quella seccatura finisse il prima possibile e venne ad aprire alla porta lo stesso Alfred Taylor in vestaglia.

<< Quale onore, sei venuta ad aprirmi la porta mamma Affie, quale onore! >> disse lei con un sorriso malizioso a cui l’altro rispose. << Lizzie Norbert, è un onore per me vederti alla mia porta. E con il tuo irlandese, ma entra piccina, entra >> disse facendola entrare con Liam, il tono delle sue parole era freddo e colmo di risentimento.

Conosceva bene quelle stanze, piene di tappeti e di profumi orientali e sapeva che lui conosceva altrettanto bene il suo luogo di lavoro.

<< Posso offrirvi da bere? >> chiese lui prendendo una bottiglia di scotch scozzese. << Non bevo quella schifezza, e non sono qui per conversare >> rispose lei, odiava bere in casa d’altri, specie se era ospite di un uomo come Taylor. << E di cosa vorresti parlare my dear? >> la provocò lui mentre si serviva da solo.

<< Solo affari, come dovresti sapere qualcosa mi è stato sottratto e io lo rivoglio indietro >> rispose lei, non si era nemmeno seduta su uno dei due divani. << Mi è giunta voce, e allora è vero, che brutta cosa essere derubati, ma si sa … bisogna sempre controllarli questi ragazzi >> e così gli era giunta voce, in appena due giorni gli era già giunta voce. << Non ho bisogno di avere quei bicchieri di cristallo che hai comprato da Harrods a pochi cent spacciandoli per vetro di Boemia, ma ti consiglio di controllare a Saint James Park, si dicono cose interessanti versando da bere alle persone giuste >>  aggiunse beffardo prima di ritirarsi.

Le aveva dato un indizio o si stava solamente prendendo gioco di lei?

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Capitolo 9
*** L'invito ***


Lady Mary von Strock si era sposata a quindici anni e a venti aveva avuto suo figlio William, tre mesi dopo la morte di suo marito, lord Karl von Strock il quale era di vent’anni maggiore di lei.

In realtà prima di William c’era stata la piccola Victoria ma sua figlia era morta ad appena quattro anni di febbre tifoidea, la stessa malattia che aveva strappato il principe Alberto di Sassonia alla regina Vittoria. William non ricordava sua sorella, sapeva a malapena di Vicky e l’unica prova del passaggio di sua figlia era una vecchia fotografia che lady Mary teneva nella sua stanza.

Nel vedere Mrs Norbert lady Mary rimase sorpresa: per essere bella Elisabeth Norbert era bella ma non era quel che voleva per suo figlio, una donna costumata era mille volte più utile di una donna bella, e rendeva un uomo più felice.

<< Mrs Norbert, seguitemi nella biblioteca, lì saremo libere di parlare >> disse conducendo l’altra nella stanza designata. Una volta entrata si sedette su una poltrona e fece segno a Mrs Norbert di imitarla per poterla scrutare a suo piacere.

Elisabeth indossava quel giorno un abito verde chiaro il cui bordo era bianco panna, un abito scollato ma non volgare e aveva guanti del medesimo colore, il trucco era appena accennato e i capelli erano pettinati con cura. Lady Mary si era aspettata di vederla indossare ancora gli abiti da lutto ma erano passati tre anni dalla morte di Mr Norbert e sua moglie doveva aver deciso che era passato sufficiente tempo.

<< Mrs Norbert, non mi dilungherò in chiacchiere inutili quindi troviamo subito il bandolo di questa matassa: mio figlio è preso da voi >> era inutile perdere tempo: Mrs Norbert le sembrava una brava donna, peccato per la differenza d’età che avrebbe sicuramente fatto parlare la buona società.

<< E anch’io lo sono, credetemi lady von Strock >> disse subito Mrs Norbert che appariva nervosa e in ansia.

<< Molto bene, so quello che succede tra voi, e vorrei sapere che intenzioni avete: siete vedova e avete tre figli ma siete ancora giovane >>, voleva sapere perché si fosse scelta come amante suo figlio che era anche più giovane di lei.

<< Ho ottime intenzioni con vostro figlio, ma lui deve ancora terminare l’università e i miei figli sono troppo giovani >> rispose Elisabeth e lady Mary cercò di non pensare che Mrs Norbert era di cinque anni maggiore di Vicky.

<< Capisco Mrs Norbert, ma perché mio figlio? >> chiese, voleva sapere le motivazioni che c’erano dietro quella scelta. << Perché fu lui a cominciare lady Mary, e io lo corrisposi come se fosse un gioco, uno sciocco balocco prima di scoprire che non potevo fare a meno della sua presenza. Vostro figlio mi fa stare bene e ai miei figli piace, ed è questo che per me conta realmente >> rispose Mrs Norbert.

<< Vi comprendo Mrs Norbert, facciamo … un anno o due di fidanzamento ufficiale e poi il matrimonio >> disse, quella donna le piaceva e inoltre due anni erano tanto tempo, sufficiente a suo figlio per ponderare la sua decisione e decidere se voleva veramente sposare Mrs Norbert.

<< A me sta bene, vi ringrazio lady von Strock. Potrei parlare con vostro figlio? >> chiese Mrs Norbert, commettendo l’unico errore in un colloquio altrimenti perfetto. << William non è in casa, ma sarà mia premura avvertirlo che volete parlargli quando tornerà, vi accompagno alla porta >>

<< Molto bene, ditegli … nulla, non è nulla d’importante >> e invece doveva esserlo, importante e personale, e quasi sicuramente si trattava di qualche indecenza si disse lady Mary mentre usciva dalla biblioteca seguita da Mrs Elisabeth Norbert.

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Capitolo 10
*** Confusione ***


William non era in casa mentre Elisabeth s’incontrava con sua madre, era nel bordello, dove Liam gli aveva chiesto d’incontrarsi.

In quei giorni si sentiva confuso, estremamente confuso su i suoi sentimenti.

Era stato cresciuto con la consapevolezza che doveva amare una donna e che questa donna sarebbe stata sua moglie e che di tutto si sarebbe occupata sua madre come aveva sempre fatto.

Poi aveva conosciuto Elisabeth Norbert e Liam o’Donnel e quei due avevano distrutto il suo sistema di valori.

Elisabeth l’aveva incontrata quasi per caso a casa di Mrs Chambers e se n’era subito innamorato, così bella, così giovane, così delicata. E lei aveva ricambiato i suoi sentimenti, accettando i suoi versi e poi facendogli scoprire la carnalità perché era vedova, e con tre figli. Era stato tutto così bello, anche la scoperta sulla sua vera professione, perché da un lato vi era la Elisabeth spudorata ed esperta di tutte le perversioni che aveva solo intravisto e dall’altro la sua Lisa, una donna innamorata che si donava con un abbandono così naturale e spontaneo.

E infine Liam. Lo stesso Liam che lo aveva sedotto e si era approfittato di lui perché era ubriaco e che aveva insistito per averlo da sobrio. Che aveva coinvolto quello scozzese degenerato di Fergus McAgron  e persino Richard, il giovane Dicky aveva una spetto da bambola di porcellana ma in realtà adorava il frustino e altri giochi simili.

Lui amava Elisabeth, ma provava un sentimento simile per Liam, e non era una semplice amicizia virile, era qualcosa di più profondo e intenso e sapeva bene che era sbagliato, la gente finiva sulla forca per quello, o veniva sepolta viva in qualche prigione oscura da cui non sarebbe più uscita e lui non poteva dare un simile dispiacere a sua madre.

<< Dobbiamo parlare >> disse non appena l’altro aveva chiuso la porta e lui stava guardando fuori dalla finestra. << Di cosa giovane Will? >> chiese l’irlandese sedendosi sul letto, a differenza di quanto aveva sempre letto o sentito dire in lui non vi erano tracce di effeminatezza.

<< Di tutto questo, ora che Lisa è tornata non possiamo più vederci, se prima era sbagliato ora è persino immorale >> rispose, la sola idea di tradire Elisabeth mentre lei era a Londra era inconcepibile.

<< Non capisco il perché giovane Will, era sbagliato quando era presente come lo è ora, cosa ci sia di sbagliato io non lo intendo >> si divertiva così tanto a mettere a disagio il giovane von Strock, era così moralista quel ragazzino che era uno spasso turbarlo.

<< E’ sbagliato che due uomini facciano quelle cose, è sbagliato che io tradisca la donna che amo per voi, che siete il padre dei suoi figli. È sbagliato che mi sia prestato a quei giochi rivoltanti ed è sbagliato quello che provo per te in questo momento! >>, quella si che era una notizia interessante, doveva solo decidere come servirsene.

<< Cosa provi per me? >> gli chiese avvicinandosi. << Desiderio? Passione? >> lo strinse a sé, in fondo era solo un ragazzino spaventato, avrebbe fatto un favore a Liz se al suo ritorno lo avesse trovato svezzato e pronto per il mondo.

<< O forse è qualcos’altro? Amore? Tenerezza? >> gli prese il volto tra le mani, toccava all’altro fare la prossima mossa in quella schermaglia.

<< Non lo so Liam, non lo so >> rispose William von Strock, non si era allontanato, non lo aveva respinto. << Non lo so, non lo so >> ripeté prima di congiungere le loro labbra. Qual’era l’amore? Quello che provava per Elisabeth? O quello che sentiva per Liam?

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Capitolo 11
*** Ritorno in società ***


Il giorno dopo aver parlato con lady Mary era mercoledì, il giorno che Elisabeth Norbert consacrava al salotto di Mrs Chambers.

Era stata assente da Londra troppo a lungo per rifiutarsi e così si vestì con la solita eleganza sebbene trovasse tutto quello una perdita di tempo, doveva cercare il misterioso ladro, non discutere con altre donne dell’ultima moda di Parigi o di quale associazione benefica avrebbero patrocinato quel mese.

<< Mrs Norbert, venite venite >> l’accolse Mrs chambre quando mise piede nel salotto e tutti fecero per voltarsi verso di lei mettendola a disagio, odiava essere osservata, come quando aveva scoperto la verità sulla professione di suo zio e aveva mantenuto il segreto per tre settimane, con il terrore che suo zio sapesse che lei sapeva e voleva torturarla con il silenzio.

<< Ci siete mancata così tanto cara >> le disse la donna con un sorriso materno. << Ora dovete prometterci che non ci lascerete più >> intervenne Mrs Manwaring, moglie di un editore con fare lezioso. << Ovviamente, Londra mi è mancata così tanto >> mentì, quel tipo di attenzione non l piaceva per niente, poi per fortuna notò William che non l’aveva persa di vista un solo istante.

<< Scusatemi, ma devo urgentemente di una questione urgente con Mr von Strock >> e detto questo si allontanò velocemente dalle due donne.

William era bello come sempre si disse una volta che lo ebbe raggiunto, bello e innocente.

<< Ho parlato con tua madre, dov’eri ieri? >> chiese distrattamente, non voleva sembrare accusatrice o turbata. << Io … in giro … ero a fare un giro per Londra >> le rispose, le stava mentendo, non era così stupida da non accorgersene.

<< Per questa volta fingerò di crederti >> rispose accarezzandogli il volto con la punta delle dita, prima o poi avrebbe scoperto cosa le stava nascondendo.

<< Ci stanno osservando tutti >> disse invece lui e lei fece vagare gli occhi sul resto degli invitati, nessuno badava a loro, forse ogni tanto un’occhiata distratta ma nulla di più.

<< Non è vero, e se fosse? Lascia che ci osservino cuore mio, lascia che tutti ci vedono >>, avrebbe potuto baciarlo da quanto erano vicini ma così non sarebbe stato abbastanza divertente. << Baciami >> disse William, a metà tra un’implorazione e un ordine. << Credi che sia così facile? Cosa devi dire prima? >> lo provocò con un sorriso, nessuno ormai badava a loro. << Ti amo Lisa, ti adoro, ti venero ma ora baciami, te ne prego, baciami >> era così prevedibile, come tutti gli uomini.

Non erano soli così si accontentò di poggiare le sua labbra su quelle di lui, qualcosa di rapido e veloce in modo che lui ne fosse appagato ma non troppo, doveva pur mantenere il controllo si disse.

<< Vediamoci all’uscita, come sempre >> disse prima di dirigersi verso le altre donne, se ricordava bene i tempi era ora di parlare di beneficenza e di altre amenità; era ufficiale: Elisabeth Norbert aveva appena fatto ritorno in società.

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Capitolo 12
*** Indizi ***


La mattina dopo Elisabeth indossò diversamente dal solito degli abiti maschili.

Aveva girato troppo a lungo intorno al problema ed ora era venuto il momento di saperne di più sul furto. Chiunque fosse stato il ladro aveva avuto tutta la notte a disposizione per compiere il furto, e doveva essere per forza uno degli esterni, sarebbe stato molto facile infatti nascondere i bicchieri in una delle stanze per poi portarli via all’alba quando i ragazzi se ne andavano.

Gli abiti che indossava quando si rimirò nello specchio non erano ricercati o le davano un aspetto androgino come quando al bordello si divertiva a voler imitare Georges Sand, la rendevano un ragazzino spaventato si disse calandosi il berretto sulla testa, i suoi capelli si sarebbero rovinati, per fortuna non li aveva acconciati in una qualche maniera particolare.

<< Notevole, veramente notevole >> si limitò a dire Liam mentre l’accompagnava, non si fidava a girovagare da sola per quelle strade, anche se era appena mattina Whitechapel le faceva paura.

Non si sentiva a suo agio nel vagare in quel luogo pieno di sudiciume e di povertà, così tanta povertà che le sembrava di toccarla. Gli odori, le strade, persino il cielo era diverso in quel quartiere, troppo diverso per una come lei.

<< Sii più rilassata, stai attirando l’attenzione >> le disse Liam che le camminava accanto mentre visitavano i rigattieri del quartiere.

<< E’ più facile che a dirsi, mi sento osservata perciò sono nervosa, e più sono nervosa più mi sento osservata, è un circolo vizioso e dubito che saremo così fortunati da incappare nei miei bicchieri, la serendipità è così rara al mondo >> ribatté lei piccata stando attenta a non far sfuggire i capelli dal berretto, li aveva fermati con una forcina ma sapeva che sarebbe bastato poco per far fallire anche quel trucco.

<< Ecco il tuo problema Lizzie, parli troppo complicato, usa il cockney >> la riprese lui mentre intorno a loro si alzavano lamenti, grida e urla. Usare quel dialetto mostruoso, nemmeno da morta si disse. Sapeva che molti dei suoi ragazzi venivano da quel mondo e la cosa intimamente le ripugnava.

Era cresciuta in una casa spartana ma quel tipo di miseria le era sconosciuto, si ricordò la sua vergogna quando era arrivata a Londra con un abito di satin nero sgualcito e rovinato ad appena dieci anni, e di come Liam che allora aveva quindici anni nella sua livrea da servitore le fosse sembrato un grande lord. Suo zio George Norbert aveva cercato di non farle sapere nulla ma lo zio cominciava ad invecchiare e lei era la sua unica erede, e gli affari erano pur sempre affari.

D’improvviso fu una visione del sole, o meglio un timido raggio che colpì qualcosa di vetro che riflette il raggio nella sua direzione ad allontanarla dal viale delle rimembranze. Quelli erano i suoi bicchieri si disse, doveva solo controllare se due di essi avessero la base leggermente sbeccata e ne avrebbe avuto la certezza.

<< Cercate qualcosa? >> disse il rigattiere e restò nauseata nel vederlo, quanto odiava Witchechapel

<< Nulla di che, questi sono interessanti, quanto? >> la precedette Liam indicando i bicchieri mentre lei li controllava tastandoli con noncuranza, e uno, e due e tre … erano i suoi.

<< Tre ghinee, sono ottimi, adatti alla principessa di Galles o alla stessa regina Vittoria >> rispose il venditore. << Sono rotti >> disse indicando la base e sperando di non aver parlato troppo acutamente. << Facciamo due, e mezzo >> disse Liam veloce prima che s’iniziasse una contrattazione.

Odiava contrattare, era così che Gin gli aveva imposto di trovarsi un lavoro, contrattando con lord George, senza sapere dove sarebbe esattamente finito., per fortuna sua sorella non sapeva che la soluzione trovata gli era piaciuta fin dall’inizio.

<< Dove li avete rubati? >> s’intromise Elisabeth e lui cercò di contenere il nervosismo, si stava lentamente scoprendo. << Giovane, da me niente merce rubata, mi sono stati venduti dal paggio di un gran signore, un giovanotto in livrea, e voi insegnate a vostro fratello come rivolgersi agli anziani >> disse il negoziante rivolto a Liam emntre incartava con malagrazia i bicchieri.

Aveva avuto un’informazione importante, ma purtroppo si ritrovava al punto di partenza.

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Capitolo 13
*** Raccolta di idee ***


Tornata  casa Elisabeth si chiuse nella biblioteca e prese uno dei fogli che solitamente usava per la sua corrispondenza, solo che quel girono non aveva lettere in programma, doveva solo fissare alcuni punti per sé stesse su quello che aveva scoperto in quei giorni.

Un paggio di un gran signore aveva detto il venditore e questo non l’aiutava affatto, anzi, ampliava la rosa dei sospetti da cui però escludeva con assoluta certezza Freddi il quale era un diacono. Ed Eddy che era tornato a casa con lei e non avrebbe avuto il tempo materiale di compiere un simile furto.

Liam? Esitò qualche istante e infine scrisse il suo nome in cima all’elenco dei sospetti. Da quando era tornata l’altro sorrideva in una maniera che non le piaceva, e poteva aver compiuto quella bravata per un motivo che le sfuggiva ma era pur sempre un possibile sospetto.

Subito dopo di lui veniva Fergus e lì era tutto diverso. Fergus era divorato dall’ambizione e dall’invidia e quelli erano motivi più che sufficienti per attuare quel furto, e non solo,  poteva anche far ricadere la colpa su Liam, sapeva che lo scozzese lo detestava di tutto cuore, ricambiato.

Dicky, no, la sola idea che fosse stato lui era folle, non avrebbe mai perso la posizione di vantaggio che aveva là dentro, non dopo la sua vita precedente, ma lui e Tony erano da tenere d’occhio.

Ecco a cosa non aveva pensato si disse mentre una macchia d’inchiostro finiva sul foglio rovinandolo: il ladro poteva avere un complice e quindi anche Eddy poteva essere sospettato, chi le diceva che quando si recava a spedire i suoi telegrammi e le sue lettere non spedisse anche qualcos’altro?

E in quanto agli esterni, erano tutti sospettati quindi si ritrovava al punto di partenza si disse mentre accartocciava il foglio con furia e lo lanciava nel camino della stanza che Mrs Chambers aveva acceso quella mattina.

Rimase ad osservare la carta bruciare fino a ché non sentì la porta aprirsi e dei passi leggeri che sia avvicinavano a lei. << Scruta nelle fiamme come le streghe? >> disse una voce insinuante che riconobbe all’istante: Fergus.

<< Le streghe sono vecchie e brutte, ti sembro vecchia e brutta? >> chiese alzandosi, aveva sostituito gli abiti da ragazzo con un vestito rosso con ricami neri. << Io vedo solo una donna giovane e bella, giovane e bella come una ninfa >> rispose l’altro, per questo adorava Fergus, a differenza di Liam era più vicino al suo status ed era fornito di una discreta cultura.

<< Non come una dea? >> lo punzecchiò piccata con un sorriso sarcastico, erano pochi i ragazzi di una certa cultura che lavoravano per lei, per la maggiore si trattava di proletari, quelli dotati di cultura erano i clienti con cui conversava, persone che compravano la merce che lei vendeva con oculata perizia.

<< Una dea è solitamente bionda madame, Venere che era la più bella delle dee era bionda, e voi non lo siete madame, per questo vi ho paragonato a una ninfa >> le rispose avvicinandosi.

<< Ragazzino impertinente, ragazzino impertinente e vizioso, cosa vuoi? >> chiese, a differenza delle parole utilizzate vi era un fondo di tenerezza nelle sue parole. << Perché credete che debba volere qualcosa oltre alla vostra compagnia? >> le rispose con una domanda lo scozzese appoggiando il capo sulle sue ginocchia. << Perché sei una vipera Fergus, e le vipere mordono >> rispose lei mentre gli accarezzava i capelli e sentiva le sue mani sulle gambe.

<< Siete ingiusta madame, molto ingiusta >> disse lui mentre lentamente le sue mani si facevano strada sulla sua pelle. << No, sei una vipera Fergus … la mia piccola vipera scozzese, e vieni con me, e chiama Dicky, voglio divertirmi con voi, i miei due efebi, vieni Fergus >> disse lei prima di baciarlo, un bacio leggero.

L’altro ricambiò impercettibilmente e poi con grazia si alzò per dirigersi verso la porta.

<< Ah, Fergus, quello che accadrà non cambierà le cose, meglio metterlo subito in chiaro si disse, in modo che l’altro non si facesse illusioni di sorta.

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Capitolo 14
*** Seaton ***


Gineive o’Donnel aveva tollerato tante cose nella sua vita, ma a tutto vi era un limite.

Aveva sopportato la povertà perché non aveva alternative e aveva visto tre suoi fratelli morire perché non poteva cambiare le loro condizioni.

Aveva accettato che Matha tornasse in Irlanda e che Liam avesse delle preferenze che a suo parere l’avrebbero condannato all’inferno.

Aveva compreso perché aveva scelto di fare quel lavoro ed era stata felice di apprendere che suo fratello aveva generato tre figli, tre bei bambini di cui lei si prendeva cura da anni.

Ma mai e poi avrebbe tollerato di crescere anche quella piccola bastarda di Harriet, mai. Non aveva capito di chi fosse figlia, forse di quel ragazzo che era stato ospite al Manor l’estate scorsa, il giovane dal cognome straniero che Mrs Norbert adorava.

 Entrò nuovamente nella stanza dove la neonata dormiva, i bambini erano con il loro insegnante Mr Roberts e Georgie stava giocando con le bambole, e lentamente si avvicinò alla culla.

Sarebbe stato così facile compiere quel gesto e poi scrivere a madame che si era trattato di un incidente ma era troppo buona cristiana per farlo e si limitò ad osservarla piena d’odio.

Quei capelli biondi, e quegli occhi azzurri, era così evidente che la bambina non era sangue del suo sangue, doveva per forza essere figlia di uno di quei degenerati, che vergogna, che vergogna si disse, fortuna che non avrebbe avuto il cognome di suo fratello, almeno quello, sarebbe stata la beffa in aggiunta al danno si disse.

Harriet aprì gli occhi e tese le piccole mani per farsi prendere in braccio ma lei rimase a fissarla, rigida, anzi incrociò le braccia come per rifiutarla, non voleva avere nulla a che fare con lei, quella bambina non era nulla per lei, nulla.

<< Tutto bene? >> chiese una voce dietro di lei che la fece voltare, Georgie. A lei voleva bene, perché era sua nipote, sangue del sangue, la figlia di suo fratello. << Certamente, non vuoi giocare con le bambole? >> chiese avvicinandosi. << Si, ma volevo vedere Harrio >> rispose la bimba avvicinandosi a piccoli passi.

<< Harriet sta dormendo, meglio non disturbarla >> la balia era impegnata in una discussione con la cuoca e sarebbe passato diverso tempo prima che il pianto di Harriet sarebbe divenuto abbastanza forte.

<< Molto bene, io torno a giocare >> disse Georgie, Gin sentiva non molto chiaramente i primi singulti di Harriet. << Arrivo, il tempo di scrivere una lettera e ti raggiungo >> e detto questo chiuse con forza la porta.

Doveva scrivere a suo fratello per denunciare quell’indecenza e fra convincerlo a fare qualcosa, qualsiasi cosa perché Liam era convinto che Harriet fosse sua figlia, e lo credeva perché non l’aveva ancora vista, sarebbe bastata una semplice occhiata per comprendere che quella bambina non aveva nulla degli o’Donnel.

Doveva essere insinuante, sospettosa e fargli credere che non fosse una sua idea, suo fratello doveva giungere alla conclusione tramite gli indizi che lei gli avrebbe lasciato, e serviva una prova si disse mentre accludeva alla lettera una foto di Harriet, una prova convincente.

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Capitolo 15
*** Dubbi ***


Elisabeth Norbert in quei giorni era piena di dubbi.

La sua indagine non stava affatto proseguendo come lei si era sperata, anzi era tornata al punto di partenza e la cosa non le piaceva affatto.

I suoi ragazzi cominciavo anche a mancarle di rispetto e lei sapeva bene che più tempo avrebbe fatto passare e più si sarebbero sentiti autorizzati a mancarle di rispetto, quei ragazzini che lei aveva colmato di favori.

E aveva dei dubbi su William. Da quando aveva parlato con lady Mary si diceva che doveva parlargli di Harriet ma sapeva come l’altro avrebbe reagito, poteva dirgli che aveva avuto una figlia e non aggiungere altro, e sperare che lui credesse che l’avesse concepita con Liam, Fergus o uno degli altri ma se poi avesse voluto vederla la verità gli sarebbe immediatamente balzata agli occhi.

Lei non voleva sposarsi, non lo aveva desiderato a vent’anni e non lo desiderava ora che era una zitella rispettata ma era ben consapevole che William e lady Mary aspettavano solo una sua risposta, e si chiese cosa avrebbero fatto nell’apprendere che lei non aveva risposte da dare loro.

Le importava che William si sposasse con un’altra? No perché sapeva che alla fine lui sarebbe tornato da lei, pieno di sensi di colpa ma sarebbe tornato, lo conosceva bene lei si disse mentre apriva gli occhi.

William dormiva ancora, un angelo si disse, il mio piccolo angelo, così ingenuo e così giovane.

Lentamente si alzò e indossò la sua vestaglia, aveva bisogno di pensare, e doveva essere da sola. Era appena mattina, una domenica mattina tutto sommato tranquilla si disse osservando dalla finestra.

<< Va tutto bene? >> le chiese una voce dietro di lei, William doveva essersi svegliato. << Certamente, tu? >> chiese senza guardarlo negli occhi.

<< Io aspetto la tua risposta, solo allora andrà tutto bene >> le rispose lui, com’era prevedibile il suo amore. << Avrai la tua risposta però … non subito >> rispose sentendo che lui la stava abbracciando. Si strusciò come un gatto su di lui, quanto avrebbe voluto baciarlo. << Lisa, quanto dovremo attendere io e mia madre? >> le chiese lui, ecco il problema, lui e sua madre, William sembrava dipendere in tutto e per tutto da lady Mary.

<< Pazienta ancora un po’, e avrai la mia risposta, oggi devo andare a Highgate e resterò assente per tutta la giornata >> gli spiegò, odiava quella giornata ma per sua fortuna si trattava di un evento con scadenza annuale.

<< Comprendo e se posso permettermi, chi … ? >> le chiese lui imbarazzato. << Mio zio, George Norbert. Questo posto fu una sua idea, ora è meglio che vai >> disse lei prima di baciarlo dolcemente sulle labbra.

William era appena uscito dalla stanza di Elisabeth e stava scendendo le scale quando sentì un bracciò che lo bloccava e si girò. Non seppe dirsi se era sorpreso, felice o terrorizzato nell’accorgersi che si trattava di Liam.

<< Giovane William, a quanto sembra Elisabeth ti ha appena lasciato andare >> disse l’irlandese che lentamente si stava avvicinando. << A te cosa importa? >> chiese William, in quei giorni non sapeva come comportarsi, forse avrebbe dovuto parlarne a sua madre, lady Mary sapeva sempre cosa fare ma temeva una sua reazione, no, non poteva confidarsi con nessuno.

<< Niente, però … sento ancora il suo odore su di te, il suo profumo >> Liam era vicinissimo a lui, bastava poco per un bacio e William si scoprì a desiderare quella labbra. << Potrebbe vederci >> tentò di fargli capire che non potevano, non lì almeno, non Lisa che poteva uscire da quella porta da un momento all’altro. << Che veda, chissà … per me le piacerebbe eccome >> e detto questo finalmente Liam azzerò la distanza tra i due baciandolo e lui si arrese, era così bello arrendersi a quell’uomo, era così giusto e sbagliato allo stesso tempo.

<< Cosa ti stavo dicendo Tony? >> chiese Fergus a Tony che era accanto a lui. << Non ci avrei mai creduto se non lo avessi visto con i miei occhi scozzese >> rispose l’altro, il bacio tra Liam e l’amante di madame E si era anche intensificato. << Questa non è solo carnalità, c’è dell’altro, se lo sapesse madame >> riflette ad alta voce Fergus. << Sarebbe una follia Fergus, e Liam si arrabbierebbe con te >> per quanto amasse essere colpito Tony era sicuro che Liam avrebbe fatto male, realmente male, a entrambi. << No, bisogna solo aspettare il momento giusto, avvisa il tuo amichetto Dicky, al resto penso io. Quel ragazzino ci sta rovinando, e sta rovinando anche madame e quel papista imbecille >>.

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Capitolo 16
*** Highgate ***


Elisabeth Norbert scese dalla carrozza con grazia, i capelli raccolti in una crocchia severa e celati da un cappello nero, come l’abito che indossava.

<< Tutto bene? >> le chiese Liam che era al suo fianco osservandola.

<< Certamente, prenditi pure la mattina libera, io sono impegnata >> e detto questo mosse i primi passi,sapeva esattamente dove andare.

La tomba di suo zio George Norbert era semplice e scarna e non vi erano fiori, evidentemente il custode doveva averli tolti perché erano marciti; ogni anno quando era l’anniversario della sua morte lei lasciava dei fiori con la promessa che sarebbe tornata per innaffiarli, promessa che come ogni anno non manteneva.

Come sempre depose i fiori per poi sedersi accanto alla lapide stando attenta a non sporcarsi l’abito, era nero ma Mrs Chambers aveva un occhio particolare per individuare le macchie su i suoi vestiti, qualsiasi tipo di macchia.

<< Ciao zio >> disse, si sentiva strana a parlare a quella lapide, erano così tante le cose che voleva confidargli, e se era divenuta ciò che era, era anche per merito, o colpa, di suo zio.

Aveva dieci anni quando alla morte di sua madre si era dovuta trasferire da quello zio di cui non aveva mai sentito parlare ma che era il suo unico parente, abbandonando Seaton.

Era scesa dalla stazione spaventata da Londra e dalla sua immensità, e aveva visto Liam. Liam che l’aveva accompagnata fino alla casa di suo zio, che l’aveva fatta ridere con dei motti di spirito e con il suo accento irlandese.

Suo zio George Norbert era un brav’uomo, cordiale e alla mano, gli occhi azzurri eternamente curiosi e divertiti, come se fosse rimasto ragazzo ma in quella casa c’era qualcosa di strano si era detta. Vi erano valletti, segretari, stallieri e paggi e solamente due donne, l’anziana miss Norris e Mrs Chambers che era appena rimasta vedova, nessun’altra.

Ogni sera suo zio la mandava a letto presto dopo una serie di letture che i primi tempi l’avevano scandalizzata, Dumas, Stendhal, Newton, persino lo scandaloso Charles Darwin e poi lo sentiva abbandonare la casa, finché una notte la curiosità era stata troppa.

Si era servita del’albero che si trovava davanti al sua finestra ed era scesa fino al giardino dove aveva seguito con discrezione suo zio per poi servirsi di un altro albero, sporcando e lacerando in alcuni punti la batista ma i graffi avevano perso d’importanza quando aveva sbirciato alle diverse finestre.

Uomini che fottevano altri uomini con frenesia e con lussuria, uomini che frustavano o si facevano frustare, o peggio, e altri abbigliati come donne che none esitavano a fottere o a farsi fottere; aveva ancora gli occhi pieni di quelle immagini quando aveva visto suo zio che seduto alla scrivania contava e ricontava dei soldi, tanti soldi.

Ecco da dove arrivavano i soldi che suo zio spendeva, altro ché le rendite che millantava di ricevere da una tenuta a Worcester, e quei soldi … era stato allora che aveva deciso che avrebbe fatto parte anche lei di quell’affare.

C’era voluto del tempo per convincere il caro zio George ma alla fine aveva accettato e alla sua morte si era ritrovata padrona del bordello e dei ragazzi, la migliore eredità che le potesse capitare.

Erano passati più di dieci anni si disse alzandosi e lanciando un bacio alla lapide, e doveva smetterla di perdersi per viale delle rimembranze, ogni volta era peggio. Mentre tornava verso la carrozza si chiese dove fosse sepolto l’amore di Liam, sapeva solo che era morto poco prima che l’irlandese la ingravidasse e non ricordava molto di lui, se non errava però era di qualche anno più anziano di Liam, uno o due anni.

Liam non si era mosso, era fermo accanto alla carrozza e lui e Tony stavano fumando quando li raggiunse, e non solo visto il modo in cui si guardavano.

<< Voi due, uno a cassetta e l’altro al suo posto, torniamo a casa >> ordinò prima di salire, odiava l’anniversario di morte di suo zio George Norbert.

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Capitolo 17
*** Rivelazione ***


Una volta ogni due settimane Liam o’Donnel riceveva la corrispondenza di sua sorella Ginéive o’Donnel che lui chiamava Gin.

Solitamente le lettere di sua sorella lo tenevano informato sulla crescita dei suoi figli, informazioni che Liz preferiva non dargli escludendolo dalla loro vita ma grazie a sua sorella lui riusciva quasi sempre a scoprire tutto.

Anche quel giorno aveva ricevuto la corrispondenza a cui si sommava una lettera di Alfred, il primogenito. Non avrebbe mai dimenticato l’emozione che aveva provato quando l’aveva preso tra le braccia la prima volta, suo, il suo bambino, il suo primo figlio, questo prima che Elisabeth glielo strappasse dalle mani.

Alfred era molto legato a lui e non di rado gli aveva posto delle domande su suo padre, se lo avesse conosciuto o se sapesse qualcosa di lui, e allora lui era costretto a restare in silenzio. Odiava che lui e Charles lo chiamassero Mr Liam e sapeva bene che se Elisabeth avesse sposato il giovane William von Strock, e gli era sempre più evidente che lei si stava baloccando un po’ troppo con quell’idea, lui avrebbe perso tutto, l’unica donna che amava, al sua posizione e i suoi quattro bambini.

Rilesse la lettera di Gin, all’inizio gli era sembrata solo un cumulo di malignità e di insinuazioni su Liz, che sua sorella non sopportava, mentre aveva solamente lodi per i bambini a cui stava insegnando il gaelico che definiva la loro lingua originaria. Elisabeth non avrebbe apprezzato, ma Gin non avrebbe ceduto così facilmente, aveva accettato che i bambini fossero battezzati secondo il rito protestante ma era l’unica che avrebbe fatto, conosceva bene sua sorella.

La lettera di Alfred invece era piena di descrizione su Harriet, quello che faceva, come dormiva, quante volte mangiava e sul suo aspetto fisico. Biondi, suo figlio scriveva che Harriet aveva i capelli biondi e gli occhi verdi ma azzurri e che non piangeva quasi mai.

Nella sua famiglia nessuno aveva mai avuti i capelli biondi, sua nonna da giovane li aveva rossi, ed era un miracolo che non l’avessero bruciata come strega, ma biondi, il biondo non era affatto un colore irlandese.

Fu allora che guardò con maggior attenzione la foto di Harriet che Gin aveva inviato assieme alla lettera, soffermandosi in special modo sul volto di sua figlia.

Non era possibile si disse mentre si alzava dalla sedia, non doveva essere vero, lo avevano ingannato entrambi e se da Liz se lo aspettava il giovane William era una sorpresa, una sgradita sorpresa. Ma gliel’avrebbe fatto vedere a tutti e due, come avevano anche solo osato pensare una cosa del genere si disse

Elisabeth aveva deciso che avrebbe parlato di Harriet con William. Ovviamente lui avrebbe urlato gridato, avrebbe avuto delle pretese ma lei non avrebbe ceduto. Avrebbe potuto vederla ma che non s’intestardisse nel volerle dare il suo cognome o nel riconoscerla, era riuscita a controllare Liam e avrebbe controllato anche lui.

<< Ti ringrazio di essere venuto qui, siediti per favore, devo parlarti, si tratta di una questione importante, e delicata >> disse sedendosi sulla poltrona, per l’occasione lo aveva invitato nella sua stanza.

<< Hai deciso di accettare la mia proposta? >> chiese lui, gli occhi che luccicavano come quelli di un bambino, Lisa non poteva aver scoperto quello che c’era stato tra lui e l’irlandese, era impossibile.

<< Non essere sciocco, mi sto prendendo del tempo per pensarci ma quando avrò deciso sappi che sarai il primo  a saperlo >> rispose lei con un sorriso indulgente,e ra come un bambino e lei stava per dargli quella notizia.

<< E allora di cosa volevi parlarmi amore io? >> le chiese lui, stranamente accigliato.

<< Ecco William, è complicato e non so da dove cominciare pertanto inizierò dal principio, un mese fa io … aveva appena trovato le parole quando dal piano terra venne un rumore di porte sbattute che la preoccupò, seguito da dei passi veloci e da una voce che avrebbe riconosciuto tra mille: << Dove sei? Dove sei fottuta troia? Dove accidenti sei puttana? >> e prima che potesse anche solo pensare a cosa dire Liam aprì la porta della stanza, pieno di rabbia e di rancore

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Capitolo 18
*** Epifania ***


Elisabeth rimase sorpresa, pietrificata come una statua nel vedere Liam entrare nella stanza.

Non sarebbe stato possibile rabbonirlo con dolci parole o con qualche bacio questa, l’irlandese era furioso e non solo con lei.

<< Liam, Liam fammi spiegare, posso spiegarti tutto ma non qui, il tempo di congedare William e poi parliamo >> disse cercando di avere una voce autoritaria, il pensiero di perdere la faccia di fronte a uno dei suoi dipendenti era orribile.

<< No puttana, tu resti qui e mi ascolti, è stata una bella idea, lo sai vero? Tu e il tuo compare siete stati bravi, ma io non mi faccio ingannare da nessuno. Dimmi, Fergus lo sa già? È per questo che quel cretino non fa altro che sorridere e che passa tutto quel tempo con te? Sappi una cosa, possiamo subito rimediare: stenditi su quel letto per fatti fottere finché non sarai gravida per la quinta volta! >> urlò lui avvicinandosi a loro, William istintivamente avanzò per proteggerla.

Credeva che Harriet fosse di Fergus, ed era meglio che continuasse a crederlo, non voleva immaginare cosa sarebbe successo se avesse scoperto che era di William, o almeno lei sperava che fosse di William, ne era quasi certa. Doveva solo distrarlo, poi avrebbe parlato con William e gli avrebbe spiegato tutto quell’affaire, o gli avrebbe scritto una lettera. Una lettera, era meglio una lettera si disse, mille volte meglio una lettera.

<< Lisa, cosa sta dicendo Liam? Tu hai solo tre figli, vero? E Fergus, cosa c’entra adesso quello scozzese degenerato? >> le chiese William, afferrandola per le spalle, lui era un problema minore si disse.

<< William, tesoro mio, ora vai nell’altra stanza e aspettami lì, ti spiegherò tutto con calma ma per favore lasciaci soli, dirò a Tony di portarti il tea ma per favore vai >> lo pregò, doveva almeno salvare parte della sua reputazione con lui.

Liam li stava osservando, mentre saliva le scale si era detto che era impossibile, che Harriet non poteva essere di William ma di Fergus e di fronte a Liz aveva accusato lo scozzese, troppo tempo quei due passavano insieme e la scusa che lui leggeva per lei non era più credibile, ricordava ancora quando la sera prima aveva beccato Tony e Dicky, quei due erano inseparabili, che ridacchiavano sulle “ letture “ di madame, e sapeva come quel piccolo mentecatto di Dicky, che era bravo solo ad usare la frusta, fosse legato a Fergus, tra i due c’era un’intesa che non era riuscito a spezzare, forse d’affari.

Ma ora, mentre li osservava si disse che la sua prima impressione era stata giusta, la mocciosa era di William e il ragazzino era un attore eccezionale, avrebbe dovuto farlo come lavoro, altro che la diplomazia.

<< Lui resta qui, che stupido che sono stato, altro che Fergus, sei troppo furba a volte, non quello scozzese ma questo ragazzino. È vero Lizzie? Rispondimi dannazione! È lui il padre? E tu maledetto bamboccio, dopo tutto quello che ho fatto mi ripaghi così? L’ingratitudine di voi inglesi non ha prezzo! >> urlò guardando ora lei ora William.

Liz cerco una scappatoia, una qualsiasi che le permettesse di salvare la sua dignità di fronte a William ma non ne trovò nessuna, non aveva idee, nessun sotterfugio, nessuna blandizia, solo paura, una grande strisciante devastante paura che cresceva dentro di lei.

<< Si, è vero, ma fammi spiegare Liam, non essere precipitoso, fammi spiegare tutto e poi potrai decidere >> disse, dopo avrebbe parlato con William, ora era necessario parlare. Non le interessava che riconoscesse Harriet o che volesse darle il suo cognome, a essere sincera non voleva nemmeno che la incontrasse ma ora sarebbe stato necessario e lei si sarebbe adeguata, a volte le sembrava di fare solo quello: adeguarsi. Adeguarsi al lavoro, adeguarsi ai suoi ragazzi, a Liam, persino ai suoi figli e ora quello.

<< Lisa … tu … tu mi hai dato un figlio? Perché volevi tenermi segreta la sua identità? Lisa, ora devo sposarti, per offrire legittimità a questa povera bambina infelice, se prima era un’ipotesi ora la mia decisione irrevocabile, tu sarai la mia sposa e io riconoscerò la bambina come mia … >> Liz aveva smesso di ascoltarlo  non appena aveva parlato di matrimonio, c’era qualcos’altro che in tutta quella conversazione, un dettaglio che non era come sarebbe dovuto essere.

Perché Liam si stava prendendo tutta quella familiarità con William?  E perché William non protestava o non si ritraeva come sempre?

A meno che … fu come un’illuminazione, una rivelazione che la turbò e la paralizzò.

<< Tu sei andato a letto con lui >> disse allontanandosi da William, lo sguardo fisso di fronte a sé, non voleva guardare nessuno dei due, come aveva fatto a essere così cieca? L’amore non rendeva ciechi, rendeva stupidi e lei non poteva permettersi la stupidità, non nel suo lavoro.

<< Lisa, amore mia, so di aver sbagliato, di aver ceduto a un desiderio così abietto ma … >> << Non mi preoccupa che tu abbai ceduto a Liam, insomma … quando vuole ne sa una più del diavolo, ma che me l’abbia tenuto nascosto. Io ti ho tenuta nascosta Harriet, ma non osare paragonare la cosa: tu … con lui, in casa mia. Fergus aveva ragione. Fuori, tutti e due! Fuori da casa mia, fuori dalla mia vista! Fuori! >> lo interruppe, la voce che diventava più acuta ogni secondo che passava.

Liam che la conosceva bene fu il primo ad arretrare, per poi fare cenno a William d’imitarlo e l’altro a malincuore acconsentì.

<< E chiamatemi Fergus! >> urlò prima di gettarsi sul letto disperata.

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Capitolo 19
*** Cercando Fanny ***


A differenza di quanto aveva creduto Fergus non era servito a nulla, nemmeno concedersi completamente a lui e lasciarlo sfogare era stato sufficiente per placarla, anzi, le aveva messo addosso più rabbia e rancore.

Non era il tradimento in sé, o almeno non quello di Liam, per lei poteva sbattersi chi voleva, non le importava affatto, ma William, William!

Aveva avuto un segreto con lei, lei che pure amava, e invece di confessarle subito la sua mancanza aveva continuato al tresca sotto il suo tetto. Anche lei gli aveva mentito e aveva omesso diversi particolari dei suoi ultimi mesi, ma non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello che lui le aveva nascosto.

E non era solo quella ferita all’altezza del cuore a farle male, era anche l’impressione di aver perso la sua autorità di fronte ai suoi ragazzi, era solo questione di minuti e gli altri avrebbero saputo tutto, o forse lo sapevano già.

<< Lo sapevate? >> chiese mentre giaceva a letto con i capelli scomposti, coperta solo dal lenzuolo.

<< Cosa madame? >> chiese Fergus che si stava abbottonando la camicia di fronte alle finestre.

<< Di come quel papista irlandese e figlio di buona donna abbia toccato William, ma forse vi siete divertiti a vederlo, nevvero? >> chiese cercando di controllarsi.

<< Non io madame, io ho cercato più volte di avvisare Liam che stava sbagliando ma sapete com’è: si sente così potente qua dentro da dimenticare che deve tutto a voi >> la lusingò lo scozzese, quale mente aveva quel suo dipendente, la mente scaltra di uno statista e il corpo flessuoso di un efebo.

<< E tu? Tu lo ricordi il tuo posto Fergus? >> gli chiese sensuale, non doveva pensare a Liam o a William, no, non in quel momento. << Certamente madame, accanto a voi, sempre pronto ad esaudire i vostri desideri, che si tratti di soddisfare i vostri clienti … o di soddisfare voi >> le rispose con un sussurro avvicinandosi a lei con un ghigno sul volto.

In un’altra occasione avrebbe accettato ma aveva altri problemi, tra cui quello del ladro, a cui aveva così poco pensato in quei giorni e quella sera voleva scoprire qualcosa, e sapeva lei a chi doveva rivolgersi.

<< Non ora puttana, dopo, ora aiutami a vestirmi, devo andare a trovare qualcuno >> disse alzandosi e cercando la sua biancheria. << E chi, sempre se posso chiederlo madame >> le chiese l’altro mentre l’aiutava.

<< Fanny >> rispose lei semplicemente mentre apriva l’armadio e con calma indossava dei pantaloni. << Fanny? >> si chiese se Fergus ne conoscesse l’identità, era da tempo che non parlava con lui. << Esatto, è l’unico che può aiutarmi >> rispose aprendo la porta e dirigendosi verso la stanza di Eddy, sperando in cuor suo di non trovarvi Liam.

<< Edward, questa sera mi accompagnerai fuori >> gli ordinò mentre l’altro scattava in piedi, per fortuna era solo. << Ma Madame, io … io lavoro, non saprei >> rispose imbarazzato, ora quel ragazzino si permetteva di contestare un suo ordine quando poco prima scattava! Era tutta colpa di Liam si disse, colpa di lui e della sua tresca se ora anche Eddy si permetteva di risponderle, e non contava che per di più lui si facesse fottere da Liam non ora che alzava anch’egli la testa.

<< Sono io a decidere quando lavori, ragazzino impertinente, e ora vieni subito con me o ti passerò i clienti di Tony >> lo minacciò, se Tony era abituato a quelle pratiche il ragazzo ne era estraneo e infatti al seguì immediatamente, si era ridotta in tale stato: doveva minacciarli perché le obbedissero ma avrebbero visto di che tempra era fatta, oh se l’avessero vista.

Venti minuti dopo erano in quella taverna di Whitechapel, dove sapeva che Fanny si recava tra un cliente e l’altro, e sperava di trovarlo in abiti femminili.

<< Tesoro mio, sei davvero tu? Ma fatti abbracciare! >> urlò Fanny gettandole le braccia al collo e baciandola sulla guancia. << Non sei cambiato affatto, vero Fanny? >> chiese divertita, quella indossava un abito rosa che le stava divinamente. << Ma perché dovrei, e tu fatti osservare: sempre più bella Betsy, attenta che un giorno mi supererai >> motteggiò l’altro agitando il ventaglio. << Dobbiamo parlare John , casa tua non è lontana se ricordo bene >> gli chiese, Fanny era uno dei pochi di cui si fidava ciecamente e se si serviva del suo nome, del suo vero nome, allora era una questione delicata.

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Capitolo 20
*** Fanny ***


Erano passati tre anni dall’ultima volta che Elisabeth Norbert era stata ospite a casa di Fanny, o per meglio dire, di John Lafferty, ma all’apparenza niente era cambiato si disse mentre sedeva sulla poltrona della camera da letto e aveva tra le mani un bicchiere di whiskey. La parete era di una tonalità chiara, come il resto della casa, poche finestre, mobili di pregio e abiti, tanti abiti, tutti abiti da donna che aveva ammirato divertita e ammirata.

<< Me li compra la mia cameriera, Madge, è una brava donna, poi li modifico io >> rispose Fanny sedendosi accanto a lei. Nei suoi gesti c’era una civetteria tutta femminile che molto spesso l’aveva divertita e che le facevano sempre dire che aveva sbagliato a nascere uomo, sarebbe stata una donna perfetta.

<< Fammi capire meglio zucchero: mentre eri via un ladro, che tu supponi essere uno dei tuoi esterni, ha rubato i tuoi calici, e ora che li hai ritrovati vuoi cercarlo? Dà retta a questa vecchia signora, non ne vale la pena zucchero. Hai riavuto i tuoi calici, no? Bene, hai  di nuovo quello che avevi perso, non proseguire, cosa speri di ottenere zucchero? >> le chiese lui e lei sorrise nel sentire quel vezzeggiativo, i vezzeggiativi di Fanny riuscivano sempre a farla sorridere.

 << Perché Fanny? Perché qui non si tratta dei miei bicchieri, o per meglio dire non solo … il mio potere, la mia influenza dipendono da come tratterò il ladro, e sta sicura che lo troverò, non posso permettermi debolezze. Alfred Taylor mi detesta e sta ridendo di me, lo conosco bene, già m’immagino le sue risate mentre si contempla allo specchio con quegli orrendi abiti femminili che tanto ama indossare. E non è l’unica sai? Tutti a Londra sono pronti a scavalcarmi, e questo solo perché sono una donna, ammettono che una donna possa fare la ruffiana, ma deve farlo solo per altre donne, non appena prova a gestire dei ragazzi si ribellano, maledetti ipocriti figli di buona donna >> rispose cercando di mantenere il tono calmo e misurato.

Era per quello che non poteva permetterlo, già subire il furto era stato un affronto ma perdere la stima degli altri sarebbe stata una perdita che non poteva permettersi, e lo sapeva bene, fin troppo si disse.

<< Cos’è successo zucchero? E non dirmi che si tratta solo del furto, non sono così stupida da crederci >> le domandò lei, persino Fanny, che pure non viveva più con lei si era accorta che qualcosa non andava.

<< Quel ragazzino maledetto non è perché mi ha tradito, l’ho tradito anch’io così tante volte. No, quello che mi ha fatto infuriare è che l’abbia fatto alle mie spalle, senza dirmi nulla. E con Liam, Liam! Ora non m’importa nulla di chi si sbatte quella troia, ma poteva avvertirmi e invece no. Hanno fatto tutto alle mie spalle, e non cercare il lato sentimentale della cosa Fanny, perché non esiste >> meglio mettere subito le cose in chiaro: non si sentiva furiosa per il tradimento ma perché avevano fatto tutto alle sue spalle, William, così ingenuo e all’apparenza così puritano da non farla neppure insospettire, e Liam era stato così abile a ingannarla.

<< Certo certo zucchero, ma ti sei un po’ troppo alterata a mio parere. A zia Fanny puoi dirlo di esserti innamorata di quel ragazzino. L’ho visto, e devo dire che è veramente carino >> rispose Fanny con un sorriso. << Quando l’hai visto? >> chiese lei sorpresa.

<< Liam me l’ha fatto conoscere qualche mese fa, è veramente un ragazzino adorabile, un po’ troppo rigido ma sono sicuro che tu e Liam lo migliorerete >> fu la risposta. << Forse provo qualcosa per quel ragazzino, ma ciò non toglie che lui sia stato un ingrato >> rispose alzandosi, indossava solo al camicia e i pantaloni.

<< Come dici tu zucchero, come dici tu >> le rispose Fanny alzandosi e abbracciandola.

<< Fanny, oh Fanny, la mia Fanny >> disse lei godendosi l’abbraccio dell’altro, era così strano stringere a sé quel corpo perfettamente maschile eppure con indosso abiti da donna, una sensazione a cui non era abituata. Non le piaceva quella pratica, anche a causa di Alfred Taylor, ed era stata esplicita più volte con i suoi ragazzi: potevano farlo, a molti clienti piaceva, ma non voleva sapere, che si vestissero pure da donne, lei non voleva vederli.

<< E’ tutto così folle che potremmo farlo >> le sussurrò lui all’orecchio facendola rabbrividire.

<< Perché no? Ma tieni l’abito, non ho mai frugato sotto una gonna, sarà divertente >> rispose con un sorrisetto prima di cercare le labbra di Fanny, o di John Lafferty.

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Capitolo 21
*** Ritorno a casa ***


Quando Elisabeth Norbert si svegliò quella mattina trovò Fanny in veste da camera che la osservava sorridendo, in mano una tazza di caffè.

<< Dovevi vedere la cara Madge quest’oggi, quasi non ci credeva che fossi una donna, oh Mr Fanny oh Mr Fanny diceva, impagabile, impagabile >> le disse con un sorriso e lei avvampò.

<< Non vede molte donne nel tuo letto >> rispose mentre si alzava dal letto sistemandosi i capelli. << Tu sei la prima zucchero, e non tergiversare, devi dire a quel ragazzo cosa provi, e spiegargli che non è il tradimento ad averti ferito ma che te l’abbia tenuto nascosto. Scommetto cinque ghinee che lui sta pensando il contrario >> rispose con un sorriso mentre lei cerava la sua biancheria.

<< Questo era indubbio, ma io sto rischiando di perdere la faccia di fronte a tutti se non trovo il ladro >> ribatté lei mentre si stava sistemando il corsetto. << Faccio io zucchero, bisogna tirare qui >> l’aiutò lui, stringendo con forza le stringhe.

<< Fanny, per l’amore del cielo, non respiro >> protestò Elisabeth mentre si appoggiava al muro, per quanto odiasse il corsetto di stecche di balena sapeva bene che doveva indossarlo, era anche un’abitudine, una scomoda abitudine ma ormai vi era avvezza.

<< Allora va benissimo zucchero >> fu la risposta di Fanny prima di allontanarsi da lei. << C’è una cosa che questa vecchia signora non capisce zucchero: perché porti il corsetto sotto gli abiti maschili >> chiese tornando a sedere.

<< Per una cara vecchia abitudine, senza di esso mi sento persa >> rispose, ed era la verità, fin da bambina aveva indossato un corsetto e tranne rarissime eccezioni non era mai uscita di casa senza.

<< Capisco zucchero, sicura di voler ornare a casa da sola? >> chiese lui mentre lei iniziava a sbocconcellare qualcosa, mangiando come un uccellino. << Certamente, nessuno m’importunerà e inoltre è ancora presto >> rispose lei prima di pulirsi la bocca col tovagliolo.

E così venti minuti dopo era in strada e si muoveva più velocemente che poteva per Saint James Park. A quell’ora del giorno Londra non era affollata e così ne approfittò per organizzare in maniera migliore i propri pensieri.

Anche se Fanny aveva ragione, e lei sapeva che aveva ragione, non poteva cedere, un suo cedimento avrebbe significato la perdita della stima, sia da parte dei suoi colleghi ché dei suoi clienti, e soprattutto dei ragazzi e quello non poteva permetterlo.

Avrebbe risolto il caso e punito il colpevole e così avrebbe riottenuto il suo potere, ma soprattutto avrebbe fatto comprendere a William che aveva errato nascondendole il suo affaire con Liam.

Non era furiosa per il tradimento ma perché lui le aveva mentito, sarebbe stato molto meglio se lui avesse confessato immediatamente ma non doveva pensarci.

Gli esterni, era sicura che si fosse trattato di uno degli esterni e lei avrebbe scoperto anche chi si disse mentre senza farsi vedere entrava in casa.

<< Mrs Chambers, novità? >> disse nel vedere Mrs Chambers che stava pulendo i tappeti aiutata da miss Fairfax.

<< Il giovane William von Strock è qui dalle sei, vi aspetta nella biblioteca >> rispose miss Fairfax cercando di trattenere un sorriso. << Molto bene, miss Fairfax, cercate Fergus, Tony e Dicky e dite loro di raggiungermi nella mia stanza, devo discutere di una faccenda delicata >> le ordinò prima d’iniziare a salire le scale.

<< E la colazione Madame? >> chiese Mrs Chambers preoccupata. << Ho già mangiato a casa di Fanny, ricordate Fanny Mrs Chambers? >> le chiese e vide l’altra annuire. << E Liam? Dov’è lui? >> chiese mentre era a metà delle scale. << E’ uscito proprio mentre il giovane von Strock entrava, non ha detto dove andava ma dovrebbe tornare dopo l’ora di pranzo >> le comunicò miss Fairfax con un sorriso.

Fu tentata di correre in biblioteca e tra le braccia di William per poterlo perdonare ma una cosa erano gli affari e un’altra il cuore, e in quello scontro tra la ragione e i sentimenti la prima ne usciva vincitrice, ne era sempre uscita vincitrice.

Si era appena seduta sul per cambiarsi quando sentì bussare. << Chi è? >> chiese mentre cercava l’abito viola di satin.

<< Siamo noi madame, lei ci ha convocati e noi siamo venuti come ha ordinato >> rispose una voce: Fergus, mellifluo come sempre.

<< Entrate pure puttane >> rispose mentre indossava l’abito e si rimirava allo specchio. << Tony, aiutami un po’ ad allacciarlo e voi due sedetevi, poi dobbiamo parlare >> ordinò mentre Tony si avvicinava.

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Capitolo 22
*** Primi chiarimenti ***


Tony non era abituato ad abiti simili, ad essere onesti non era abituato ad abili femminili quindi ebbe qualche difficoltà ad aiutarla ma vi riuscì, non appena ebbe finito Elisabeth gli fece cenno di raggiungere gli altri.

<< Miei cari, è bello sapere che basta alzare la voce e voi correte >> iniziò con un sorriso accavallando le gambe. << Ora, da quando sono tornata sono accadute tante cose, forse troppe e voi sapete a cosa mi riferisco >> aggiunse fissandoli e vide distintamente Fergus sorridere. Indovinava quali fossero i suoi pensieri ma metterlo continuamente in competizione con Liam era troppo divertente per farla desistere.

<< ma state tranquilli miei tesori, non cambierà nulla qua dentro … tranne per quel disgraziato che ha osato rubarmi quel che era mio di diritto! Fate girare la voce tra gli altri: se si presenta subito verrà solo allontanato per un po’, ma se lo scopro da sola allora uscirà da questa casa come vi è entrato! Sono stata chiara troie? >> urlò alzandosi in piedi e fronteggiandoli.

Fergus strinse con più forza le unghie nella carne delle sue mani: tutto quello che aveva fatto era stato vanificato. Madame non meritava quel papista proletario e irlandese di Liam e il ragazzino poteva essere un divertimento interessante ma lei aveva bisogno d’altro. Di qualcuno istruito, che facesse da padre ai suoi bastardi e che le desse altri figli, qualcuno come lui e madame in quegli anni gli aveva fatto comprendere più e più come amasse la sua compagnia, quante sere passate a leggere di teatro, letteratura e poi a fotterla, perché a madame piaceva farlo in maniera violenta, lui lo sapeva bene considerando quello che lei gli chiedeva.

L’irlandese era con un piede nella fossa, sarebbe bastato attendere che quel pasticcio terminasse e lui avrebbe preso il posto che gli spettava, doveva solo attendere, per il momento si limitò ad annuire insieme a Dicky e a Tony.

Dicky era stato un ottimo alleato, discreto ed affidabile, nessuno osservando quel ragazzo delicato avrebbe detto che avesse iniziato a godere del dolore che provocava nei suoi pazienti, ma prima di provare qualcosa di nuovo lo testava su Tony che era sempre più arrendevole e disposto a sopportare di tutto, purché non restassero segni.

<< E ora andate, questa sera pretendo di vedere dei risultati >> li congedò Elisabeth con un sorriso. Loro non era un problema, a meno che lei non permettesse che divenissero tali, forse Fergus ma bastava poco per rimetterlo a posto.

Ora doveva risolvere la questione con William, era ovvio che non si sarebbe più fidata di lui, ma provava qualcosa per lui, era il padre di Harriet e l’aveva scoperto in una maniera disgustosa e forse poteva addirittura sposarlo, sarebbe stato così inaspettato e avrebbe finalmente risolto quell’odiosa diatriba tra Liam e Fergus, meglio proporre un terzo candidato che avvantaggiare troppo uno dei due si disse mentre apriva la porta della libreria.

William la stava aspettando in piedi e qualcosa le disse che l’aveva aspettata in piedi per tutto il tempo.

Lo vide prima illuminarsi di felicità e poi abbassare gli occhi colpevole.

<< William, bambino mio, non sono arrabbiata perché mi hai tradito, l’ho fatto anch’io così tante volte, ma perché me lo hai tenuto nascosto >> disse lei avvicinandosi all’altro, sarebbe stato così facile convincerlo pensò. William era un romantico e come tutti i romantici era ingenuo e sognatore.

<< Noi dobbiamo parlare, e dobbiamo farlo adesso >>

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Capitolo 23
*** Chiarimenti ***


Erano seduti uno di fronte all’altro, lui visibilmente turbato e lei che cercava con tutte le forze di non correre da lui per confortarlo, abbracciarlo, consolarlo e forse anche baciarlo.

<< Lisa, so di essermi comportato in una maniera che non esito a definire indecente e so che tu hai tutte le ragioni per essere furiosa con me, a mia discolpa posso solo rivelare che non ricordo come tutto sia iniziato, che ero ubriaco e che non ricapiterà più, te lo giuro >> dichiarò William e le venne da sorridere di fronte all’ingenuità di quel ragazzo che non sapeva nulla del mondo.

<< Non m’interessa, potevi tradirmi una, due, mille volte e non mi sarebbe importato, non è questo a ferirmi, affatto. Quello che mi ha ferito è che tu me l’abbia tenuto nascosto, perché non mi hai subito scritto? O se ti riusciva penoso perché non me ne hai parlato non appena sono tornata a Londra >> rispose lei alzandosi dalla sedia, si trovava molto più a suo agio passeggiando per al stanza.

<< Perché … lui, quell’essere disgustoso mi disse che non ti sarebbe importato, e … che … anzi, … avresti voluto … assistervi … e … partecipare >> rispose lui timoroso evitando di guardarla. Liam, aveva trovato la molla perfetta con William facendo leva sulla sua vergogna e sulla sua inesperienza.

Le sarebbe piaciuto osservarli mentre Liam si fotteva William? Indubbiamente si, i due uomini più importanti della sua vita e lei che li osservava, oh che le sarebbe piaciuto. Partecipare? Avrebbe adorato partecipare, uno da dietro e l’altro che la guardava negli occhi, o ina alternativa uno che si occupava della sua bocca e l’altro … in parti di cui non era bene parlare in una conversazione tra gentiluomini. E lei era senza alcun dubbio un gentiluomo, come la grande Georges Sand o l’immortale Ninon de Lenclos.

<< Oh William! Vieni qui, ricorda: tu puoi tradirmi con chi ti pare, ma io devo saperlo, pretendo di saperlo >> disse avvicinandosi a lui che l’osservò sorpreso. << Lisa, questa è follia! Non ne soffriresti se sapessi che ti preferisco altri? >> le chiese. << Ovviamente, ma me ne farei una ragione … provavi qualcosa per Liam? O lo provi ancora adesso? >> chiese improvvisamente spaventata, a quello non aveva pensato: poteva sopportare un tradimento occasionale ma non che William s’innamorasse, uomo o donna non era importante.

<< Non credo Lisa, e se anche ho provato qualcosa era solo attrazione, qualcosa di fisico che col tempo è scemata. Ma tu … perché mi hai tenuto nascosto di aver avuto una figlia da me mia amata? >> le chiese, ecco, da accusatrice ad accusata.

<< Non sei in grado di fare il padre, devi ancora finire la tua tesi William! E … non volevo che mi sposassi a causa sua. Non so se sono pronta a rinunciare alla mia indipendenza. E i ragazzi? Hai pensato a loro? Molti di loro non hanno una casa degna di questo nome e inoltre … ho un problema tra le mani che devo risolvere, da sola >> spiegò cercando di mantenere il tono calmo e abbastanza basso da non essere udito dall’esterno.

Stava per parlargli del furto e non poteva, non ora che era così vicina, sentiva di essere vicina alla soluzione, doveva solo effettuare un piccolo controllo e poi avrebbe avuto la risposta che cercava.

<< Non è importante, voglio vederla … voglio stringerla tra le braccia e voglio darle il mio cognome com’è giusto che sia. E voglio sposarti >> dichiarò William abbracciandola, ora si che era sull’orlo del precipizio.

<< Al tempo William von Strock, a tempo debito deciderò se sposarti o meno, a me non importa: io voglio stare con te, anello o meno >> rispose,a nche quelal volta era salva ma lui, e senza dubbio la sua ingombrante madre, stavano diventando troppo insistenti

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Capitolo 24
*** E Liam? ***


Liam o’Donnel in quei giorni aveva cercato di farsi vedere il meno possibile da Elisabeth perché se la conosceva bene la donna lo avrebbe accolto a suon d’insulti. Aveva lavorato, come ogni notte da anni, poi aveva affidato i suoi risparmi ad Eddie, era l’unico di cui si fidasse, perché portasse ad Elisabeth la sua parte ma aveva evitato di presentarsi di persona.

Aveva notato il sorriso trionfante di Fergus, un sorriso che si era leggermente affievolito ma non era importante, rischiava di perdere la sua posizione dominante, e tutto per un errore di giudizio.

Per sua sfortuna il ragazzino non si era fatto più rivedere e Liz era sempre più furiosa con lui. Ovviamente non per il tradimento, a Liz poco importava che i ragazzi andassero a letto tra di loro e lei non si era mai fatta troppi scrupoli, ma per quel piccolo dettaglio sulla segretezza, quello la irritava.

Aveva voluto che restasse un segreto per lei perché non voleva dividerli, che ognuno di loro stesse in due stanze separate e distinte del suo cervello.

E come se non bastasse Liz si era vendicata con gl’interessi, farsi ingravidare da quel ragazzino e ingannarlo facendogli credere che la bambina era sua, fortuna che Gin era intervenuta in tempo scrivendo la lettera si disse mentre si alzava dalla solita panchina di Hyde Park.

Harriet non era sua figlia, ma Alfred, Charles e Georgiana si, bastava guardarli, erano troppo simili a lui, specialmente Alfred, il suo primogenito. Si chiese se Eddy che aveva seguito Lizzy ne fosse a conoscenza e se si perché non gli aveva scritto, conoscendo Lizzy lei gliel’avrebbe vietato ma era così facile far scivolare una missiva al momento giusto.

Doveva tornare a casa pensò, il sole iniziava a tramontare, almeno quel poco che riusciva a vedere a causa del fumo delle fabbriche, Londra non era più come quando era bambino, non che riuscisse a vedere il sole allora, anche il sole sembrava essersi dimenticato di Whitechapel, ma vi era qualcosa di diverso nell’aria.

Mentre attraversava Maryleone Road si chiese come si sarebbe dovuto comportare quando Elisabeth lo avrebbe convocato di nuovo, perché poteva anche essere furiosa con lui ma lui la conosceva fin troppo bene e lei prima o poi lo avrebbe fatto chiamare, sarebbero stati soli, nella sua stanza o in biblioteca e allora lui avrebbe riconquistato tutto, ragazzino o non ragazzino.

Alfred Taylor aveva già aperto si disse nel passare sotto le sue finestre, e anche Liz dopo una cena veloce avrebbe aperto pensò allungando il passo, e se … Alfred Taylor fosse stato coinvolto in quel pasticcio che era stato il furto?

Sapeva bene quel che pensavano i ragazzi di Lizzy: si trovavano bene con lei, la consideravano una via di mezzo tra una madre, una sorella maggiore e un’amante ma detestavano dover dipendere da una donna. Anche a lui sembrava intollerabile talvolta, ma sapeva che le avesse annunciato di non voler più lavorare per lei Liz non gli avrebbe più permesso di vedere i suoi figli e quello non poteva permetterlo.

Alfred Taylor non offriva lavori, lui si serviva per la maggior parte di proletari o di valletti ma era un uomo e se uno dei ragazzi avesse deciso di ingraziarsi il futuro datore di lavoro derubando il precedente?

Doveva mettere Liz al corrente di quella sua intuizione si disse mentre apriva la porta, appena in tempo per vedere miss Fairfax che con un vassoio stava per salire le scale. << Miss Fairfax, Amelia! Dove stati portando quel vassoio? >> le chiese e la ragazza nel sentire la sua voce si voltò timorosa.

<< Liam, bentornato io … ecco … sto portando … il vassoio a madame, mangia nella sua stanza .. con il giovane von Strock >> rispose Amelia Fairfax cercando di non guardarlo prima di proseguire per la sua strada.

Ecco, exit Liam ed entra William si disse prima di dirigersi in cucina, Liz poteva essere arrabbiata con lui ma non era cambiata.

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Capitolo 25
*** Una vecchia Coppia ***


Elisabeth era rimasta con William fino a sera, quando era stata costretta a mandarlo via perché doveva aprire il bordello.

William le aveva chiesto se prima o poi poteva cortesemente recarsi da sua madre per avvisarla della sua decisione. Dava per scontato che lei lo avrebbe sposato, siccome aveva avuto da lui una figlia ora lui pretendeva che lei lo sposasse, era per questo che non gli aveva detto nulla, se Liam non avesse detto nulla sarebbe stato tutto più facile, molto più facile.

Aveva appena finito d’indossare i suoi abiti maschili quando la porta si aprì rivelando Liam.

<< Guarda un po’, è da tanto che non ci vediamo, devo dedurne che non hai lavorato in questi giorni? >> chiese prima di dirigersi verso le scale. << Ho lavorato, dei miei soldi si è occupato Eddy, e credo che tu lo sapessi >> rispose lui con un sorriso sornione.

Ovvio che lo sapeva, era impossibile che Eddy guadagnasse così tanto per uno come lui e bastava osservare la maniera con cui Eddy le consegnava il denaro, a testa bassa ed evitava di guardarla.

<< So quello che devo sapere, e dimmi, dove sei stato? >> chiese lei mentre camminavano nel giardino. << Un po’ lì, un po’ là, ti conosco troppo bene per sapere che non mi avresti perdonato a cuor leggero >> rispose lui offrendole il braccio, che lei respinse.

<< Perché non mi hai detto nulla? Di te e il mo William? >> lo interrogò poco prima di aprire la porta. << Perché tu non mi hai detto nulla di Harriet? È stata necessaria la lettera di mia sorella per aprirmi gli occhi >> domandò lui, ecco che da accusatrice diveniva accusata.

<< Tu non mi hai chiesto nulla, e ti ricordo che sei stato tu a pensare che fosse tua, io non ti ho detto né si né no. Ma tu, tu, per quel tuo stupido orgoglio virile hai pensato di essere il padre >> lo rimproverò per poi fare un cenno al vecchio Donald che non le fece domande.

<< Forse, ma potevi dirmelo. Dimenticavo: tu sei il capo e quindi devi sapere tutti, ma guai che uno di noi sappia un’informazione in più rispetto a quelle che ci elargisci con la tua solita magnanimità >> rispose, stavano giurando attorno al problema, se mai il problema era esistito.

<< Sei tu ad aver iniziato questo gioco di ripicche, io non potevo saperlo, me ne sono resa conto solo quando è nata. Ricorda che sono pur sempre io a comandare qui, se non ti sta bene prendi la tua roba e sparisci, non apprezzerò questa tua scelta ma la rispetterò, e dì addio ai bambini >> ribatte piccata, sapeva bene che Liam non l’avrebbe mai lasciata, soprattutto per i bambini, amava troppo i bambini per lasciarla.

<< Lo faccio per i bambini, sappilo, lo faccio solo per loro >> le rispose lui mentre entravano e trovavano i ragazzi seduti sul divano o suoi pouf, Fergus aveva Clarence sulle ginocchia e Freddy li stava osservando mentre Dicky e Tony stavano bevendo.

<< Signori, troie, cominciamo pure >> li salutò prima di raggiungere il suo posto, dove si sedette accavallando le gambe e scrutandoli, uno di loro l’aveva tradita, doveva solo capire chi. << Fergus, nous sommes comment un veille couple, c’est ne pas vrai? >> chiese riferendosi a sé stessa e a Liam, e lo disse in francese in modo che solo Fergus e forse Clarence a causa delle vacanze del suo datore di lavoro.

<< Si vous le ditez madame, j’approuve ça >> rispose lo scozzese mentre una certa idea cominciava a farsi strada nella sua testa

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Capitolo 26
*** Idee ***


La serata era andata come sempre, i soliti clienti, i soliti soldi, nulla di diverso dal solito, solo lei che invece di avviarsi verso la sua stanza quella notte era rimasta nel salotto a conversare con i clienti e i suoi ragazzi, senza mai smettere di guardarsi intorno.

Uno dei suoi ragazzi era colpevole eppure non riusciva ancora a decidersi. Poteva sempre punire uno di loro a caso ma non le sarebbe servito, e soprattutto dopo averlo cacciato avrebbe avuto comunque delle grane con i clienti che lo preferivano. No si disse mentre rientrava pronta per andare a letto, doveva colpire a colpo sicuro, come i tiratori scelti, un colpo solo, che doveva però essere quello giusto.

Era sicura che si trattasse di uno degli esterni, doveva solo decidere quale. Qualcuno desideroso di avere abbastanza soldi per potersi rendere indipendente, e siccome lei sapeva di quel desiderio pretendeva che gli esterni le dovessero più soldi, o che voleva cambiare padrone, la detestavano perché era donna, la temevano perché era lei a comandare ma sotto sotto lei li conosceva, erano loro a desiderare il suo imperio. Non sapevano quel che volevano, come Liam che come lei ben sapeva aveva i soldi per andarsene eppure non lo faceva, un po’ per i bambini e un po’ perché era così semplice delegare a un altro gran parte delle incombenze.

Si chiese chi fosse, fin dall’inizio si era indirizzata verso Freddie ma non vi aveva realmente creduto, il ragazzo inoltre era diacono e una denuncia per furto lo avrebbe rovinato, no, non poteva trattarsi di lui, a meno che non fosse così stupido da credere di farla franca e non gli sembrava quel tipo di ragazzo, e dopo cinque anni lo conosceva bene.

Clarence forse? Clarence era stato valletto in diverse famiglie ma non era riuscita a scoprire nient’altro, poteva essere lui ma perché farlo quando lei dava ai suoi ragazzi tutto quello di cui avevano bisogno? La loro indipendenza in cambio del soddisfacimento dei loro bisogni era uno scambio a suo parere favorevole, era quello di ogni donna ben maritata.

E in proposito a quello, aveva fatto intendere a William che l’avrebbe sposato, prima o poi, più poi che prima a suo papere, ora doveva parlare con sua madre, era lei quella che comandava, non il suo ragazzo adorabile, doveva convincere lady Mary che avrebbe sposato suo figlio, ma che non c’era fretta e soprattutto doveva tacergli l’esistenza di Harriet, meglio farle intendere che la bambina era nata dopo il matrimonio, o durante la loro luna di miele, quella era un’idea fantastica. E ci voleva poco, realmente poco: sarebbe bastato cambiare una data sul certificato di nascita di sua figlia se mai lady Mary avesse insistito nel volerlo visionare.

Il problema non era William, era lady Mary e sapeva bene che era quello il vero ostacolo. Poteva sempre farle credere che Harriet fosse una sua protetta, affidatela da chissà chi, così le sarebbe apparsa come una dama rispettabile, e ovviamente avrebbe fatto in modo che si vedessero il meno possibile e in quello Gwen le sarebbe stata d’aiuto.

Quella si che era un’ottima idea si disse prima di addormentarsi, un ottima idea era quello di cui aveva bisogno per conciliarsi il sogno.

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Capitolo 27
*** Lady Mary von Strock ***


Lady Mary von Strock aveva scelto per quell’incontro un abito color isabella, e si era fatta acconciare i suoi capelli in una crocchia severe che le lasciava scoperto il volto. Sedeva composta su una poltrona quando le fu annunciato di lady Elisabeth Norbert.

Si alzò per riceverla degnamente e la squadrò: un abito blu appena scollato ma non troppo da risultare indecente, forse più adatto durante la stagione stiva, un’espressione assorta e quella che identificò come sfacciataggine, prima o poi avrebbe ottenuto il suo matrimonio o l’allontanamento dell’altra.

Liz d’altra parte si senti osservata e dovette combattere con la tentazione di essere sgarbata, non poteva permettersi passi falsi con lady Mary e non era di fronte ad uno dei suoi ragazzi o uno dei colleghi, ma di fronte alla madre di William e in futuro, se fosse dipeso da lei sarebbe stato un futuro molto lontano, sua suocera.

<< lady Norbert, si segga, noi due dobbiamo parlare >> le disse lady Mary facendole segno di sedersi su una poltrona di fronte alla sua e lei e obbedì. << Saltiamo i convenevoli e veniamo al dunque mia cara, sappiamo entrambe che avete avuto … un affaire … con mio figlio, un affaire in cui voi vi siete compromessa oltre misura, ora siete vedova e avete dei figli ma sono ancora infanti, e vi serve un uomo per crescerli, e non solo … per appagare i vostri vizi >> espose lady Mary rigida come un palo, negli occhi una scintilla di giusta indignazione.

<< Ne convengo con voi, ma vostro figlio, lord William, è ancora giovane e ritengo sia doveroso aspettare del tempo prima di procedere al fidanzamento. Inoltre vi è una questione di cui ancora non vi ho informato >> rispose lei prima di aprire il ventaglio.

<< Quale questione? Non vi sarete fin troppo compromessa? In tal caso avete già perso troppo tempo e vi ordino di sposare mio figlio il prima possibile >> disse lady Mary glaciale, sapeva che prima o poi sarebbe accaduto, e ora dovevano organizzare in fretta un matrimonio in maniera tale che nessuno avesse nulla da obbiettare.

<< Assolutamente, non è quello che credete voi lady Mary, non sarei mai così incosciente, credetemi. No, una delle mie cameriere residenti a Seaton, dove vivono i miei figli, è di recente venuta a mancare a causa di … l’errore di una notte se posso permettermi. La neonata che è nata quindi si trova senza madre e ho risolto di farla vivere con me come mia protetta e mia pupilla, e anche per offrire della compagnia ai miei figli >> replicò guardandola negli occhi e cercando di non tremare.

Vi aveva pensato tutta la notte e anche mentre si dirigeva all’appuntamento ed era giunta ad una conclusione, quella era l’unica strada possibile e sperò che l’altra le credesse, perché non avrebbe dovuto farlo?

Una pupilla, lady Mary sorrisa, Elisabeth Norbert aveva accolto una neonata di dubbi natali e se ne sarebbe presa cura, ora era ufficiale: doveva convincere quella donna a sposare suo figlio, e doveva accadere entro l’anno.

<< Non ero a conoscenza che vi occupaste in questo modo di filantropia, ne sono piacevolmente colpita milady. La .. creatura … ha già un nome? >> le chiese interessata, un vero peccato che a Londra nessuno sapesse di quella lodevole iniziativa.

<< Si chiama Harriet, ora sapete perché sono rientrata più tardi di quanto sperassi, dovevo occuparmi di diverse faccende. Al governante dei miei figli è un’ottima amministratrice ma non è molto abile con queste faccende … private >> le rispose Liz, una parte di sé si stava congratulando per quel risultato e per la dabbenaggine di lady Mary mentre un’altra parte avrebbe voluto rivelarle che Harriet era figlia di William e dunque sua nipote, ma non poteva farlo.

<< Vi capisco, è sempre più difficile trovare domestici validi in questi anni. Ma parlando del matrimonio, entro al fine dell’anno, o voi lascerete mio figlio >> e quello era un ultimatum. I suoi affari en avrebbero giovato i primi giorni, ma aveva bisogno di William, per quanto la cosa le apparisse patetica e inutile aveva bisogno di quel ragazzo, no si corresse, aveva bisogno della sua ingenuità e del suo candore, anche dopo lei e Liam William rimaneva ingenuo come un fanciullo.

<< Sta bene, il fidanzamento sarà entro quest’anno, per il matrimonio … vedremo. Ora se non vi dispiace devo andare >> e dette queste parole si alzò dalla poltrona, strinse la mano di lady Mary ed uscì da quella casa.

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Capitolo 28
*** Presunto Colpevole ***


Non vi era che una soluzione si disse mentre riposava accanto a William due notti dopo. Non in merito al suo matrimonio, quello poteva riuscire a posticiparlo di un anno o due, anche tre se riusciva a deviare l’attenzione di lady Mary; ma in merito alla faccenda del ladro.

Aveva bisogno di trovare un colpevole, ma soprattutto aveva necessità che tutti pensassero che avesse trovato un colpevole. Finora la sua indagine era stata inconcludente, bastava vedere come i suoi ragazzi si fossero fatti più sfrontati.

Doveva punirli, scegliendo a caso forse, ma con la certezza che vedessero tutti, che sapessero, e se poi uno di loro fosse stato così coraggioso da voler confessare peggio per lui, innocente o meno lei avrebbe punito qualcuno quella sera.

William era stato felicissimo di sapere che sua madre era stata favorevole all’idea del matrimonio, fin troppo per i suoi gusti. << Ora non sarà più sbagliato quello che accade tra noi, tra un anno tu sarai mia moglie e riconoscerò come mia la nostra bambina, tutto il mondo deve sapere che è mia figlia >> le aveva dichiarato a cena rischiando di farle cadere le posate. giovane impetuoso e ingenuo si era detta prima di recuperare il controllo di sé. << Non dire assurdità, Harriet potrà assumere il tuo cognome, ma non subito. Ho fatto credere a tua madre che Harriet sia una mia protetta, e deve continuare a crederlo >> l’aveva avvisato prima di tagliare la carne con insolita violenza.

<< Mia madre apprezza la sincerità Lisa, e sono sicuro che adorerà … >> << … cosa? Che ci approverà? Che vorrà vedere Harriet? Non dire assurdità, non lo deve sapere, fidati di me, se lo scoprirà non sarà certamente ora >> aveva replicato piccata alzandosi dal tavolo. << Lo saprà? Devi promettermi che prima o poi lo scoprirà >> l’aveva supplicata lui e pur di farlo smettere con quei piagnistei lei aveva accettato.

Lui le era stato molto riconoscente ma si era detta che gli stava offrendo troppo potere su di sé, e non andava bene soprattutto perché William le aveva chiesto, ad essere sincera quello era un ordine mascherato, male, da richiesta; di chiudere il bordello. Fantasia infantili e sciocche chimere, non avrebbe mai smesso quel lavoro, non lo aveva fatto quando era divenuta madre di Alfred e non avrebbe cessato ora che stava per sposarsi.

Che l’altro lo credesse pure, gli avrebbe mostrato la differenza tra un sogno infantile e la realtà.

E ora aveva faccende più importanti a cui pensare.

Aveva dato ordine a Liam di radunare tutti quella sera, che arrivassero prima del solito, e che l’aspettassero nella biblioteca del bordello.

<< Signore, signore … vi ringrazio di essere tutti qui convenuti, com’era mio desiderio >> iniziò, quella sera indossava un abito nero abbastanza scollato e che le lasciava le spalle nude, e aveva i capelli in parte fermati in uno chignon, alcune ciocche cadevano distrattamente sulla sua spalla destra.

 << Ora, per venire al vero motivo per il quale vi ho convocato qui, e vi assicuro che devo prendere questa decisione a malincuore, ma uno di voi se ne dovrà andare. Non so chi sia stato il vero colpevole, e vista la situazione non m’interessa neppure ma qualcuno deve essere punito, e sia chiaro che non tornerò sulla mai strada! Spero che questo vi sia di lezione sgualdrine! Freddie, avanza! >> ordinò.

Vide distintamente i volti degli altri, persino Liam e Fergus erano sbiancati, sebbene lo scozzese stesse sorridendo, un sorriso mellifluo tipico dei suoi. Freddie era rimasto immobile, quasi che non volesse credere a quello che aveva appena udito, almeno finché una gomitata di Dicky non lo fece avanzare di pochi passi, furono gli altri ad allontanarsi da lui.

<< Frederick, ti ho accolto in questa da quando avevo quindici anni, ti ho dato da mangiare, ti ho vestito e ti ho trovato un lavoro più che dignitoso. E tu mi ringrazi così? Come ti sei permesso inutile puttanella di fare questo a me? A ME? Dovrei denunciarti a Scotland Yard, e poi scrivere al pastore Jenkins per non farti trovare più lavoro quando uscirai dal carcere. Ma siccome oggi mi sento buona non lo farò … mi limiterò invece a cacciarti da casa mia. Esci immediatamente da quella porta e non farti più rivedere! Tratterrò i tuoi effetti come risarcimento, e in quanto a voi … da oggi lavorerete anche per lui, almeno finché non avrò trovato qualcun altro. E ora fuori! Tutti fuori! E solo uno di voi ha intenzione di raccontare cos’è accaduto qui può anche seguirlo! >> urlò irata.

Prima o poi qualcosa sarebbe successo, ne era sicura, ora più che mai, specialmente dopo quella decisione

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Capitolo 29
*** Riunione ***


Come ogni mercoledì lady Elisabeth Norbert si era recata da Mrs Chambers, come sempre, lasciando al serata libera ai suoi ragazzi.

Erano tutti presenti, con l’ovvia eccezione di Freddie che nonostante le richieste di Eddy e di Tony non aveva osato presentarsi nuovamente a Cleveland Street.

<< Signori, qui la situazione ci sta sfuggendo di mano, e noi non possiamo permetterlo >> iniziò Liam che si era sistemato vicino al fuoco mentre gli altri erano o seduti sulle poltrone e sui divani o in piedi come lui.

<< Se hai una soluzione esponila subito, le mie orecchie sono in ascolto di sentire con quale rivoluzionaria idea ci salverai dall’ira di madame >> lo punzecchiò Fergus, se erano destinati a crollare almeno si sarebbe preso qualche piccola soddisfazione, e irritare l’irlandese era in cima alla lista delle sue priorità. Era preoccupato come gli altri, e conosceva abbastanza bene Liz da sapere che difficilmente sarebbe tornata sulle sue decisioni e loro non avevano nulla per farle mutare idea, tutti loro tranne il vero ladro, perché tutti loro sapevano che Freddie era innocente, forse la stessa Liz lo pensava.

<< Non fare tanto lo spiritoso, scozzese, qui siamo tutti sulla stessa barca, e se per caso io dovessi andare a fondo tutti voi mi seguireste, è una promessa! >> ribatté Liam picchiando il pugno sul muro. << Non tutti, Eddy resterebbe, era con madame lui, madame garantisce per lui >> s’intromise Tony sornione e tutti loro si voltarono verso Eddy. Era vero, Eddy era stato a Seton con Liz dunque lui era automaticamente innocente, ma non gli altri, lui era l’unico che ne sarebbe uscito innocente, senza nemmeno l’ombra di un sospetto.

Eddy si sentì gli occhi di tutti gli altri puntati contro e tremò, sapeva bene cosa stessero pensando gli altri, ma Liam l’avrebbe punito, erano pur sempre amanti si ripeté. << Edward … nessuno qui dentro ti sta accusando di qualcosa, ma se sai qualsiasi cosa su questo affare parla, o ti affiderò a Dicky e non credo che lui sarà delicato come me >> disse Liam, gelido, nemmeno Liam sarebbe stato dalla sua parte pensò prima di scorgere il ghigno di Dicky, l’altro stava sicuramente immaginando in quali maniere torturarlo.

<< Io non so nulla, credetemi … ero a Seton, non so nulla >> si difese sperando che gli credessero. << Per ora ti crediamo, ma la mia pazienza ha un limite, e mi sto controllando anche troppo >> disse Liam osservandoli tutti e chiedendosi chi fosse così sfacciato da aver permesso che Freddie fosse accusato del suo furto, uno degli esterni assicurava Elisabeth, ma poteva avergli mentito, se aveva mentito sulla bambina poteva mentire anche su quello che pensava in merito al furto.

<< Questa volta però qualcuno deve confessare, quella è capace di farci sloggiare tutti … e da chi possiamo andare? Alfred Taylor? Io per quello non lavoro! >> disse Clarence alzando un po’ troppo la voce.

Nemmeno lui avrebbe mai lavorato per uno come Taylor, ma non era sicuro che sarebbe potuto rimanere, non ora che Liz si stava baloccando anche troppo con quell’idea assurda del matrimonio e poteva tranquillamente farlo sparire dalla sua vita.

<< Fa’ silenzio marchetta, devo pensare, poi vi riferirò >> disse cercando di recuperare la sua autorità. << pensare … e così ora i proletari come te pensano? >> domandò Fergus sarcastico, poco prima che lo colpisse in piena faccia con un pugno, per fortuna non gli aveva rotto il naso, ma il ragazzo doveva imparare a rispettare le gerarchie. << Come vi stavo dicendo, ci penserò e poi vi riferirò, a meno che qualcuno non voglia confessare, ammetto che lo preferirei >> disse prima di uscire di lì.

Si era fatto un’idea ma aveva bisogno di tempo per verificarla, se non fosse stata un’abitudine non avrebbe salutato il vecchio Donald che stava legge ndo il giornale; aveva bisogno di stare da solo e di riposare, il girono dopo avrebbe fatto la sua mossa.

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Capitolo 30
*** William ***


Elisabeth sapeva che prima o poi i suoi ragazzi avrebbero fatto la loro mossa, era solo una questione di attesa, e anche se la sua riserva di pazienza cominciava a estinguersi ne aveva sempre in gran quantità.

Sfogarsi in quel modo le aveva fatto bene si disse, ma ancora più bene le aveva fatto aver convocato subito William, aveva bisogno di lui, del suo corpo.

<< Mia madre mi ha riferito che ti sei recata a casa sua >> disse lui mentre si avvolgeva attorno al corpo la vestaglia, cominciava a mettere su peso a causa delle quattro gravidanze ma era un bene, essere troppo magra era un indice di povertà, e lei non era povera, c’era stato un tempo in cui lo aveva creduto, ma era stato quasi in un’altra vita.

<< Esatto, abbiamo conversato >> rispose prima di tornare a letto e distendersi accanto a lui. << So che hai accettato la mia proposta di matrimonio amore mio. Sono sorpreso che mia madre non mi abbia imposto di sposarci subito, insomma .. tu hai avuto una bambina, da me >> le espose, mostrandosi perplesso, sua madre aveva insistito perché il matrimonio avesse luogo, ma non aveva deciso una data e la cosa lo aveva spiacevolmente sorpreso.

<< Tua madre crede che Harriet sia un’orfana che allevo per spirito caritatevole >> spiegò prima di alzarsi, come se non avesse già abbastanza problemi, ora anche quel ragazzino che l’avrebbe indubbiamente disapprovata.

<< Perché mentirle? Io non comprendo perché tu menta così facilmente amore mio >> ecco che cominciava a disapprovarla, stupido ingenuo ragazzino sognatore.

<< Perché non ho altre alternative, ho lavorato a lungo per avere un’ottima reputazione e allo stesso tempo dirigere un’attività che in pubblico viene deplorata, e non intendo cambiare ora che diventerò una donna sposata >> gli rispose, che lui capisse che non avrebbe smantellato il bordello per lui.

<< Pensavo che avresti chiuso quel luogo infernale >> disse lui, prevedibile come sempre mentre si rivestiva. << E rimandare i ragazzi per strada? Non sono un tale mostro William von Strock, i miei ragazzi resteranno al loro posto >> rispose algida sperando di averlo convinto.

<< Tu credi che io sia disposto ad accettare che mia mogli guadagni i suoi soldi in una maniera così abbietta? >> rispose lui mentre si allacciava i pantaloni. << Attento a come parli ragazzino. Come credi che sia divenuta ricca? Sperando? Pregando? No, ho rilevato un’attività e l’ho portata a nuova gloria, sei libero di credere quel che vuoi, ma continuerò, e non pensare che intenda vivere con tua madre … io resterò qui,e  tu vivrai con me >> disse gelida come le nevi del Nord. Sapeva che prima o poi lui le avrebbe proposto di trasferirsi a casa di sua madre, e per quanto rispettasse lady Mary non si sentiva in grado di vivere in casa d’altri, non dopo che per oltre dieci aveva la sua indipendenza e anche prima suo zio George la trattava da pari a pari.

<< Tutto questo è assurdo, spero che tu te ne renda conto >> disse lui cercando di farla ragionare, non sapeva ancora contro chi si era appena messo.

<< Non è assurdo e se pensi che lo sia … >> non riuscì a terminare la frase perché sentì qualcuno che stava bussando alla porta.

<< Non voglio vedere nessuno! >> urlò aprendo di scatto la porta, Liam era in attesa con un sorriso soddisfatto sul volto. << Gli altri mi hanno chiesto di parlarti, sa Iddio che ne farei a meno, ma è importante >> le comunicò prima di sbirciare oltre la sua spalla, dove William si era come bloccato.

<< Voglio sperarlo, attendimi nella biblioteca >> rispose prima di chiudere la porta.

<< Ora devi andare William, ma sono sicura che io e tua madre riusciremo a metterci d’accordo >> disse prima di baciarlo dolcemente sulle labbra, che l’altro credesse pure che fosse una donna debole e preda delle proprie passioni. Il mondo si divideva in donne forti, come la regina e Mrs George Sand, e donne deboli, e lei era una donna forte.

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Capitolo 31
*** Convergenze ***


Liam odiava la sua posizione in quei momenti. In quanto membro del personale più vicino a madame era compito suo farle sapere a quali conclusioni erano arrivati loro, d’altro canto madame era sempre così gentile lui a sentire quella vipera di Fergus.

Così aveva bussato alla porta di Elisabeth che sembrava impegnata in una schermaglia con il piccolo von Strock. Era stato divertente averlo, ma nulla di più, era così bello corrompere un incorruttibile, peccato che sempre dopo qualche tempo fosse divenuto tutto così noioso.

<< Parla, e sbrigati, ho poco tempo e non mi va di ascoltare le tue lagne >> disse Elisabeth che aveva cominciato a camminare avanti e indietro per la stanza, ricordandogli tanto una tigre in gabbia, e come una tigre lei era bella e letale.

<< Crediamo di avere un nome, pertanto tu devi far tornare Freddie >> le disse, sapeva che in quelle circostanze era inutile perdere tempo con inutili giri di parole che l’avrebbero solamente irritata.

<< Sputa il nome, io non farò assolutamente nulla finché non avrò un nome! >> non gridava perché le era stato insegnato a non mostrare emozioni davanti alla servitù, e in quei dieci anni aveva mancato a quella regola fin troppe volte, specialmente di fronte a Lima, il padre dei suoi figli, doveva ricordargli che lui era solo un servo, specialmente ora che aveva deciso che avrebbe sposato William.

<< Noi sospettiamo di Clarance, persino Fergus la pensa come me >> le rivelò lui con un sorriso malizioso sul volto. << Se tu e Fergus pensate la stessa cosa la fine del mondo dev’essere imminente allora >> fu la replica di Liz, se Liam, irlandese, cattolico e proletario, e Fergus scozzese, presbiteriano e borghese; erano d’accordo su qualcosa allora la soluzione era una sola: la stessa a cui era giunta lei.

<< Pensala come vuoi, ma i fatti parlano, inoltre degli esterni è uno dei pochi che in livree non desterebbe sospetti >> rispose lui impassibile, doveva lasciarla sfogare e poi tutto sarebbe andato bene, la conosceva da troppi anni quella femmina così particolare. << Perché lui come primo lavoro lavora come valletto, o cocchiere, non ricordo, nevvero? >> chiese Elisabeth fermandosi vicino lo specchio. Aveva i capelli scarmigliati e stava respirando pesantemente, era quasi irriconoscibile si disse mentre con gesti veloci si sistemava i capelli raccogliendoli in una crocchia severa.

<< Esatto, è perfetto >> rispose lui avvicinandosi a lei. << Potrebbe non essere stato lui, ma sono stanca di questa faccenda, mi sta drenando via tutte le energie e non voglio >> disse lei, in quel piano c’erano delle pecche, ma era l’unico piano che avevano al momento.

<< Cosa farai allora? >> le chiese Liam curioso, Liz riusciva sempre a stupirlo. << Convocherò Clarence, e … farò in modo che lui confessi, se è colpevole crollerà, altrimenti … beh, voglio chiudere questo affaire una volta per tutte >> rispose lei prima che lui l’abbracciasse da dietro. << Credi che stia sbagliando? >> gli chiese prima di voltare la testa, sembravano un dipinto alquanto stucchevole pensò. << Non ho mai detto questo, ma stai attenta >> fu la risposta di Liam prima che lei cercasse le sue labbra.

Forse stava sbagliando tutto, o forse no ma era stanca di tutto quel maledetto affaire e aveva bisogno di una pausa. << Dopo devo scrivere ai bambini >> disse mentre lui la voltava, solo con lui poteva permettersi di mostrarsi fragile, ed entrambi sapevano che terminati quei momenti nessuno dei due doveva parlarne. << Per il tuo matrimonio? >> chiese lui sfiorandole il volto, lei era l’unica donna che avesse mai amato.

<< Ovviamente, William non piaceva molto a nessuno dei tre ma non intendo mutare la mia decisione, ne riparleremo dopo >> rispose Elisabeth Norbert prima che Liam la prendesse tra le braccia, trattandola come se fosse una bambina, o fatta di vetro.

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Capitolo 32
*** Svolte ***


Elisabeth aveva mandato Liam a spedire le lettere dirette a Seaton, ben sapendo che lui vi aggiungeva le sue, dirette a sua sorella Gwen.

Una buona dormita, e la presenza di Liam con lei l’avevano ritemprata dalle fatiche della giornata precedente, specialmente quando Liam si era preso cura di lei. Odiava dover dipendere da qualcuno, specialmente da uno dei suoi ragazzi, anche se si trattava di Liam, specialmente se si trattava di lui che la conosceva meglio di tutti loro. E soprattutto odiava sentirsi protetta, erano quelli i momenti in cui si ricordava di essere una donna, era così facile dimenticarlo quando i ragazzi la trattavano con sussiego e le si rivolgevano come se la sua opinione fosse determinante. Malediva l’educazione che le aveva dato sua madre prima di morire, un’educazione che suo zio George Norbert aveva provvidenzialmente modificato.

Sfogliando il suo registro in marocchino rosso quella mattina dopo la colazione aveva tracciato una linea sul nome di Clarence, poco importava se fosse stato realmente lui il colpevole, era pronta riprendersi Freddy ma l’altro doveva andarsene.

Le rimaneva ancora una cosa da fare prima di convocarlo si disse mentre si vestiva, indossando l’abito crema che la rendeva tremendamente femminile. Vi abbinò dei guanti bianchi e un cappello del medesimo colore prima di uscire di casa, non prima di aver avvisato Mrs Chambers che sarebbe tornata per pranzo, in direzione di casa di Alfred Taylor.

Mentre avanzava si disse che nel pomeriggio doveva parlare con William, o almeno con sua madre per definire le nozze, per fortuna non era come le volte precedenti quando Liam e sua sorella avevano insistito affinché battezzasse secondo il rito cattolico i bambini. Pazzi, pazzi e incoscienti aveva risposto l’ultima volta stringendo a sé Georgie che era scoppiata in lacrime.

Gwen, che suo fratello chiamava Gin, era libera di insegnare ai suoi figli il gaelico e le tradizioni della loro isola, ma se solo avesse avuto sentore che cercava di imporre loro le sue stupide tradizioni papiste l’avrebbe licenziata all’istante.

Bussò tre volte prima che Alfred Taylor in persona le aprisse la porta, avvolto in una vestaglia rossa di gusto alquanto discutibile per i suoi gusti.

<< Buongiorno Alfred, o come devo chiamarti? >> lo salutò con un sorriso sarcastico, se lo conosceva bene l’altro si era cambiato in tutta fretta. << Alfred, anche se preferirei Mr Taylor, ma non si può chiedere tanto a te, vero Liz? >> chiese lui di rimando fissandola, se lo conosceva bene le stava invidiando l’abito.

 << Forse, Mr Alfred Taylor, ora mi fai entrare o vuoi che congeli sulla porta? >> chiese incrociando le braccia. << Entra pure, ma non toccare nulla >> disse lui lasciandola entrare. Se si aspettava di recarsi nel salotto, o anche nella biblioteca ne fu delusa perché Taylor rimase esattamente dov’era.

<< Non mi accompagni? >> chiese mentre cercava di recuperare il suo sangue freddo, se al suo posto ci fosse stato un uomo Alfred Taylor non si sarebbe mai comportato in quella maniera.

<< No, e ora dimmi subito cosa vuoi, dubito che tu sia venuta fin qui per scambiare quattro chiacchiere. Ho saputo del licenziamento, bella e spietata, se preferissi le donne ti sposerei all’istante, sappilo >> le rispose lui mellifluo. Sposare Alfed Taylor, il solo pensiero le provocava mal di stomaco, se cercava un motivo per sfuggire al matrimonio quello era più che sufficiente.

<< Solo l’idea di passare una notte accanto a te è sufficiente per farmi avere la nausea, senza rancore, per caso qualcuno dei miei ragazzi ti ha contattato? >> ribatté, la miglior difesa era sempre l’attacco. << E perché dovrei rivelartelo? >> chiese lui, come tutti non la stimava perché era una donna, ma Elisabeth sapeva bene di valere quanto Alfred Taylor, se non di più.

<< Perché così io ti rivelerò il nome dei tuoi ragazzi che sono scontenti di te e pensavano di venire da me. E come regalo vi aggiungo uno dei miei abiti, felice? >> chiese, sapeva esattamente come lusingarlo.
<< A patto che si tratti di quello verde >> fu al risposta di Alfred mentre lei sorrideva trionfante, era fatta. << Quello verde mi piace troppo >> ribatté, era curiosa di sapere dove l’avrebbe portata quella risposta. << Allora voglio quello rosso, quello con il bordo nero, e mi limiterò a dirti se hai indovinato o meno >> rispose lui, e ad Elisabeth andava più che bene.

<< Molto bene, ascoltami allora >> rispose avvicinandosi a lui e sussurrandogli all’orecchio un nome. Lui sorrise e poi le rispose sempre a voce bassa.

Cinque secondi dopo Elisabeth Norbert lasciò l’abitazione di Alfred Taylor con un sorriso trionfante sul volto e le mani che le prudevano dalla soddisfazione.

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Capitolo 33
*** Clarence ***



Elisabeth Norbert aveva fatto passare una notte intera, non c’era nulla di più entusiasmante per lei ché la certezza di avere quel nome, e di essere l’unica in tutta la casa a possederlo.

Liam aveva cercato di convincerla a rivelargli l’identità del ladro ma non aveva ceduto, si era limitata a sorridergli con malizia prima di tornare al suo lavoro.

Mentre camminava tra i suoi ragazzi era ben sicura che avere un simile potere era una sensazione straordinaria, un’emozione a cui avrebbe rinunciato a malincuore perché la stava inebriando, eppure sentiva anche il furore e la rabbia che lottavano per emergere ma riusciva a controllarsi.

In mattinata aveva convocato William nella sua biblioteca, se voleva cedere alla vedova von Strock l’altra avrebbe dovuto accettare delle condizioni, condizioni minori ma pur sempre condizioni.

<< Accetto di sposarti entro l’anno, ma sappi che non posso lasciare questa casa pertanto dovrai venire a vivere con me >> gli comunicò dopo averlo fatto sedere. << Assolutamente no, vivrai a casa nostra, con me e mia madre, e potrai venire qui quante volte desideri, ma non permetterò che la mia futura moglie lavori in un luogo simile >> fu la replica di William, aveva sbagliato a concedergli tutto quel potere su di sé si disse Elisabeth, altrimenti lui non si sarebbe mai permesso un tono simile in sua presenza.

<< L’ipotesi che io e tua madre accetteremmo di vivere insieme è un’utopia e un’illusione, e non intendo rinunciare a questo posto, è casa mia e non intendo tollerare un trasferimento. Inoltre un anno dopo il matrimonio le presenteremo Harriet, come mia protetta >> aggiunse, voleva che Harriet avesse il cognome di William ma sapeva bene che sarebbe stato difficile ottenere quel risultato.

<< No, la presenteremo come nostra figlia, mia madre capirà … è sempre stata comprensiva e capirà >> ribatté William, illuso, illuso e ancora illuso pensa lei, Mary von Strock non avrebbe capito, non una donna come lei.

<< Non capirà, pensavo che potresti adottarla così avrebbe il tuo cognome, ma non pensare di adottare i miei figli, Liam non te lo permetterà >> rispose, se anche tra William e Liam c’era qualcosa, e lei ora ne dubita, l’irlandese non avrebbe rinunciato facilmente ai suoi figli.

<< Non vedo il motivo di tutti questi sotterfugi Lisa amor mio >> disse lui prima di stringerla a sé. << Sono necessari, fidati, sono necessari >> rispose lei prima di baciarlo dolcemente sulle labbra. << Ora dovresti andare, e … non dire a tua madre di cosa abbiamo parlato >> gli consigliò prima di aprire la porta e dargli un ultimo bacio sperando che le obbedisse.

Lo seguì con lo sguardo finché non fu sicura che fosse uscito, poi fece chiamare Dicky che entrò nella stanza sistemandosi la livrea da valletto. << Dicky Dicky Dicky, cosa devo fare con te? Almeno fatti pagare, darsi via così è inconcludente e mi danneggia, ora mandami Clarence, non appena arriva voglio che tu lo porti da me >> ordinò prima di sorridergli, un sorriso a metà tra il malizioso e l’osceno.

Clarence non si fece vedere che dopo cena, quando lei stava per perdere la pazienza.

Il giovane entrò nella biblioteca in preda all’ansia, come molti degli esterni era stato pochissime volte nella casa, preferendo di gran lunga il bordello e soprattutto si sentiva gli occhi degli altri su di sé. Mentre saliva le scale tutti lo avevano osservato, anzi squadrato da capo a piedi.

Se alcuni si erano limitati a dei mormorii altri come Fergus avevano anche sghignazzato, mostrandogli comunque il loro disprezzo.

<< Clarence, vieni qui e siediti accanto a me >> lo salutò Elisabeth dopo che Dicky ebbe chiuso la porta e lui obbedì.

<< Sai, volevo parlarti a proposito di quell’incresciosa faccenda, sai … se non fosse stato per il negoziante, come lui preferisce farsi chiamare ma ti assicuro ragazzo mio che quel tipo è un rigattiere di infimo ordine, non mi sarei mai resa conto che i bicchieri valevano una fortuna, e io che li spacciavo per opere di Boemi pensando che non lo fossero, e invece lo erano >> disse prima di scoppiare a ridere, sperando che l’altro abboccasse all’esca.

<< E … quanto valevano? Se posso permettermi madame? >> chiese Clarence agitandosi nervosamente sulla sedia.

<< Oh Clarence, certo che puoi. Valevano mille sterline l’uno, per fortuna dopo che ho spiegato al situazione il negoziante ha preferito regalarmeli, come se mi si potesse regalare qualcosa che era mio in precedenza >> sbottò, sapeva bene di essere un’ottima attrice, Liam le aveva detto più di una volta che era brava quanto la Divina Sarah Bernhardt.

<< Ah … ma se uno era sbeccato madame >>disse lui sempre più nervoso. << E tu come sai che uno dei bicchieri è sbeccato se io non lo utilizzo da tre anni? >> cheise lei, un sorriso trionfante sulle labbra.

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Capitolo 34
*** Confessione ***


Elisabeth rimase in silenzio nell’attesa di una spiegazione, un chiarimento, una giustificazione, qualcosa ma Clarence preferì rimanere muto, limitandosi a fissarla terrorizzato.

<< Clarence, perché? E non te lo ripeterò una seconda volta, e ora rispondimi maledetta puttanella! >> non urlò ma sapeva che in quella maniera incuteva ancora più paura nel ragazzo, doveva controllarsi prima di esplodere, non era opportuno che si lasciasse trascinare fin da subito dall’ira.

<< Madame …. Io … non so spiegare … era l’unico modo >> rispose lui fissandola negli occhi, era ancora spaventato ma il suo aspetto non gl’ispirava pietà o compassioni solo rabbia.

<< Alfred Taylor vero? E ti servivano dei soldi, annuisci quando parlo! >> e questa volta aveva alzato la voce, impercettibilmente ma l’aveva fatto e lo vide tremare. << Esatto, e lui, lui è migliore di voi >> rispose Clarence abbassando lo sguardo.

Migliore di lei, secondo quel ragazzino Alfred Taylor era migliore di lei, e questa era un’assurdità, ne era più che certa.

“ Dimmi perché? Perché potete scegliervi voi i clienti? Perché vi fa tenere più soldi o forse perché preferisci essere fottuto da un vecchio che ama indossare abiti da donna e … >> era così furiosa in quel momento e stava esagerando, Alfred Taylor aveva solo dieci anni più di lei , ma in quel momento non voleva pensarci, voleva solo urlare finché lui non la interruppe con delle semplici parole: << Perché voi siete una donna! >>

Perché voi siete una donna, poche parole che l’attraversarono come una freccia, ferendola più di una pallottola tanto che si portò d’istinto una mano al cuore per cercare di fermare la tachicardia e rifletterci meglio.

Risentimento, rabbia e delusione si susseguirono velocemente nel suo animo, rendendola più risoluta. Risentimento perché nonostante tutto quello che aveva fatto per lui Clarence avrebbe preferito lavorare per Alfred Taylor, e solo perché era un uomo. Rabbia perché un simile pensiero riusciva a farla infuriare, lei che era simile, se non superiore, a metà dei ruffiani di Londra. Infine delusione perché se anche Clarence aveva avuto simili pensieri, ed era sicura che in fondo anche gli altri ragazzi fossero della medesima opinione, e soprattutto non li aveva tenuti per sé visto quello che aveva appena detto.

<< E’ per questo vero? Per questo che mi hai derubato? Perché sono una donna? Mi hai derubato solo perché sono una donna. Dopo tutto quello che ho fatto per te! Io ti ho dato un lavoro quando tu non avevi niente, io ti ho permesso di trovarti un lavoro ufficiale, ti ho accolto nel mio letto e tu … ignobile creatura … tu mi ripaghi cos? >> urlò, che al sentissero tutti, non le importava.

<< Madame … non voglio essere scortese, ma … non è naturale che un uomo sia sottomesso ad una donna, l’unica eccezione che noi inglesi sopportiamo è la regina Vittoria, ma voi non siete la regina, siete una semplice donna. Viziata, egocentrica, debole, vi siete fatta trascinare dal vostro sentimentalismo per quanto riguarda quel ragazzino. Pensavate che saremmo rimasti a vedere mentre chiudevate il bordello? >> chiese l’altro osando ora alzare gli occhi e fissarla.

<< Perché non mi hai detto nulla? Se fossi venuto a parlamene quando sono tornata da Seton ti avrei detto che non ho intenzione di chiudere questo posto. Mi sposerò, è vero, ma non cambia niente. Quei vizi … in un uomo nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare, ma siccome sono una donna … ora vattene, sparisci dalla mia vista! Non voglio rivederti mai più, se solo oserai varcare la mia porta ti ritroverai in galera prima ancora che tu possa intonare God save the Queen >> dichiarò calma, la calma nella sua voce era però falsa, l’unica cosa che voleva era ferirlo, fargli male e vederlo implorante, ma quello doveva rimanere solamente una chimera.

Poteva sempre avvisare gli altri, era una buona idea si disse, avvisare gli altri in maniera tale che in futuro nessuno assumesse Clarence, quella si ché era un’ottima idea, a dir poco eccellente.

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Capitolo 35
*** La Calma dopo la Tempesta ***


Quando la porta si chiuse Elisabeth attese di sentire i passi di Clarence prima di prendere il primo oggetto che trovò a portata di mano, che si rivelò essere un vaso in stile cinese, e lo scagliò con forza contro il pavimento.

L’artefatto si ruppe in mille pezzi e le schegge le macchiarono il vestito color malva che indossava quel giorno ma non le importò, voleva solo sfogarsi così si diresse verso il comodino e prese i primi oggetti che trovò per poi ripetere il gesto, sempre più furiosa.

Per quanto insistesse la sensazione di essere stata umiliata rimaneva, avesse potuto mandarla via nella stessa maniera con cui aveva cacciato Clarence sarebbe stato tutto più facile.

Lui le aveva preferito Alfred Taylor non perché fosse più abile, avesse clienti più altolocati o trattasse meglio i suoi ragazzi, tutte ragioni che lei avrebbe compreso e perdonato, ma perché lei era una donna, e questo non riusciva ad accettarlo, non lo avrebbe mai accettato.

<< Io ti porgo e vasi e tu li rompi, ti va bene come accordo? >> disse una voce accanto alla porta e si voltò in direzione del suono di quella voce, accorgendosi solo in quel momento di Liam che a fissava.

<< Cosa vuoi? >> chiese cercando di ricomporsi, doveva avere una spetto spaventoso, sporca di polvere, le unghie ormai rotte e con i capelli scarmigliati, una moderna Furia pensò per un secondo.

<< Solo vedere come stavi, come faremo con Freddie? >> le domandò lui, la conosceva da troppo tempo per sapere che non sarebbe stato saggio avvicinarsi a Liz in quel momento, non mentre lei stava sbollendo l’ira contro gli oggetti. << Lo richiameremo ovviamente, stupido papista irlandese >> fu la risposta secca di lei, era così evidente, perché Liam le aveva posto una domanda così stupida si chiese.

<< E tu? Cosa pensi di fare ora? >> chiese lui, la mano sulla maniglia. << Per ora sfogarmi, poi vedremo >> rispose lei, doveva suonare qualcosa il prima possibile, Wagner sarebbe stato l’ideale, aveva bisogno di suonare qualcosa e rilassarsi, poi di dormire, l’indomani avrebbe pensato a mente lucida e soprattutto avrebbe avuto l’agio di poter pensare a William von Strock e al suo imminente matrimonio.

<<  E riguardo il tuo matrimonio? >> chiese Liam, era stata quella la preoccupazione di tutti loro, come se temessero che William von Strock avrebbe chiuso il bordello, ma potevano stare tranquilli: William avrebbe avuto lo stesso potere che aveva avuto il defunto principe Alberto, pace all’anima sua, ossia niente, sarebbe stato solo una decorazione.

<< Non ti preoccupare, se riesco a gestire almeno venti ragazzi saprò gestire un marito >> rispose prima di dirigersi verso lo specchio e sistemarsi con gesti nervosi i capelli cercando di farli tornare come erano in mattinata, prima di Clarence.

<< E noi? >> chiese lui, che lentamente si stava avvicinando. << Voi resterete ai vostri posti, una di queste sere devi uscire a farti un giro, odio avere mancanza di … carne per gli ospiti, se invece la tua domanda si riferiva al nostro … rapporto personale allora la risposta è semplice, niente cambierà, perché io non voglio che cambi >> rispose, perché rinunciare a Liam e agli altri? Solo perché si sarebbe sposata? Non era una risposta sufficiente per lei.

<< Si arrabbierà >> disse lui ormai dietro di lei, osservando come si stava sistemando l’abito. << E tu lascia che si arrabbi, ora lasciami sola e dì a Mrs Chambers e a miss Fairfax di portarmi la cena nella sala della musica >> dichiarò prima di sentire la porta chiudersi.

Aveva bisogno di pace e di rilassarsi.

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Capitolo 36
*** Il giorno dopo ***


Elisabeth Norbert si svegliò ben determinata quella mattina.

Aver cacciato Clarence si era rivelata la scelta migliore, sia per i suoi affari ché per la sua tranquillità, avrebbe dovuto scrivere a Freddie, o fare in modo che ricevesse sue notizie perché ignorava se il ragazzo sapesse leggere e scrivere.

Fergus doveva sicuramente saperlo, non Liam che era appena capace di vergare la sua firma, come tutti i proletari, ma Fergus era diverso, e anche la maggior parte degli esterni.

Suonò il campanello, quella mattina non aveva voglia di fare colazione nella sala da pranzo, meglio rimanere a letto si disse, era un comportamento pigro e svogliato e la pigrizia non era mai d’aiuto a persone come lei che gestivano un’attività, ma quella particolare mattina sentiva il bisogno di indulgervi.

<< Avete chiamato Mrs? >> chiese miss Fairfax aprendo la porta e dirigendosi verso al finestra e tirare le tende prima di aprila parzialmente per far uscire l’aria viziata. << Altrimenti non sareste qui Fairfax. Dite ai ragazzi che mi portino la colazione qui a letto, poi portatemi l’occorrente per scrivere e ordinate a Liam di raggiungermi >> ordinò mentre la ragazza annuiva e poi si precipitava fuori dalla stanza.

Sapeva bene che se miss Fairfax si fosse limitata a dire a Liam che lei voleva vederlo l’altro non sarebbe venuto, ma se si fosse trattato di un ordine allora sarebbe stato diverso: poteva darsi tutte le arie che voleva, ma lui restava sempre un suo dipendente. Lei era la padrona e lui il servo, che avesse avuto dei figli da lui era irrilevante, avrebbe potuto avere figli da ognuno dei suoi ragazzi se solo avesse voluto, ma aveva scelto Liam, tre volte.

<< Mi hai fatto chiamare? >> chiese Liam entrando senza bussare ed interrompendo le sue meditazioni. << Certamente, dovresti bussare, per decoro e buona educazione >> rispose lei mentre lui deponeva il vassoio della colazione sul suo letto. Proletari si ripeté mentre prendeva in mano la tazza ricolma di latte e caffè, ignoranti e irrispettosi nascevano e rimanevano, gli sforzi della sua classe per renderli migliori erano inutili.

<< Nessuno me le ha insegnate, tuo zio mi ha insegnato altre cose >> rispose lui confermando i suoi pensieri, ma non era il momento di perdersi in simili pensieri.

<< Devi fare in modo che Freddie sappia che può tornare quando vuole, alle stesse condizioni ovviamente, al resto penserò io >> replicò portando la tazza alla bocca. << Sicura che non hai bisogno di altro? >> chiese lui sfiorandole il braccio. << Sicurissima >> rispose prima che la porta si aprisse rivelando miss Fairfax che portava la carta da lettere.

<< Scusi Mrs, ecco quel che mi ah chiesto … scusi ancora >> disse la ragazza prima di appoggiare il materiale ai piedi del letto e fuggire via spaventata. << Come dicevo … ora ho da fare, ti chiamerò io, puoi andartene >> disse distratta, aveva questioni più urgenti di Liam e delle sue pretese.

Sentì la porta sbattere ma non se ne curò molto, doveva scrivere una lettera ai suoi figli per spiegare loro che si sarebbe sposata, una a Gwen contenente la stessa notizia ben sapendo che l’irlandese non avrebbe apprezzato, come Liam, i due fratelli non avrebbero apprezzato la sua decisione di coniugarsi, ma era disposta a metterli di fronte al fatto compiuto se fosse stato necessario. E se lei li conosceva bene sarebbe stato necessario.

L’ultima lettera, la più importante e allo stesso tempo la più difficile, era per Mary von Strock, la madre di William. Doveva farle capire che accettava di sposare suo figlio ma che aveva delle condizioni, non era una resa, solo una momentanea pausa.

Vergò le parole servendosi della stilografica nera e sperando che Mrs von Strock non si facesse troppe domande, ma era impossibile, a meno che William non le avesse confessato tutto, in tal caso lei era perduta.

Senza attendere oltre iniziò a vestirsi, scegliendo per l’occasione un abito bianco e viola, era opportuno portare la lettera a Mary von Strock in persona, vi era la pur remota possibilità che William la intercettasse, e lei non poteva permetterselo.

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Capitolo 37
*** Epilogo ***


Lady Mary era un’ottima avversaria, Elisabeth Norbert lo riconobbe mentre la sua carrozza si fermò di fronte casa sua e Tony l’aiutò a scendere dandole la mano. Recarsi da lady Mary era stata una scelta ponderata e ammirava le sue capacità di amministrare la casa e di saper trovare sempre un vantaggio.

La donna non era favorevole al matrimonio, questo le era stato evidente fin dal principio, perché lei era di diversi anni più anziana di William, perché era una vedova con tre figli e aveva rinunciato alla sua indipendenza solo messa alle strette.

Per fortuna non aveva insistito troppo su Harriet, le donazioni che faceva ai vari istituti che si prendevano cura di orfani e donne perdute erano sufficienti a far tacere ogni chiacchiera, nessuno doveva sapere la verità. Lady Mary non sarebbe stata felice di sapere che Harriet avrebbe preso il cognome di William, ma lui era stato così insistente e lei era disposta ad un’unica concessione, quella.

Miss Fairfax le stava togliendo il soprabito quando l’avvisò che William la stava aspettando nella biblioteca, e non era solo ammise la cameriera prima di distogliere lo sguardo timorosa che lei dicesse qualcosa contro di lui.

<< Lui eh? Che sgualdrina il mio irlandese >> si limitò a dire con un sorriso sulle labbra prima di salire le scale trionfante.

Niente le vietava di continuare il suo lavoro, nemmeno William, lui era libero di fare quello che voleva ma lei si sarebbe tenuta il bordello, e i suoi ragazzi, d’altra parte era intenzionata a non avere altri figli, e sapeva come mantenere questo suo proposito.

Vide Fergus che la stava aspettando, impettito nella sua livrea e colse nei suoi occhi una sfumatura di rancore, ne conosceva bene il motivo. << Attento a quel che hai intenzione di fare piccola serpe >> lo ammonì con un sorriso seducente prima di sfiorare i bottoni della livrea con le dita.

<< Non so a cosa vi riferiate madame >> rispose lo scozzese esibendo un sorriso falso come solo lui sapeva fare, se fosse stata più giovane e inesperta delle cose di mondo Elisabeth gli avrebbe creduto, ma lo conosceva troppo bene.

<< Io credo che tu lo sappia invece piccola serpe scozzese, attento … a Seaton c’è sempre bisogno di un valletto, o di un nuovo precettore per i bambini >> lo minacciò, sapeva bene che lei era la più forte.

Di fronte alla porta della libreria rimase per qualche istante immobile, indecisa sul da farsi. Loro due erano all’interno, i padri dei suoi figli, uno un suo dipendente e l’altro era il suo fidanzato. Avevano avuto una tresca senza avvisarla ma, e odiava pensarlo, sentiva ancora un residuo di sentimento nei loro confronti.

Perché privarsi di Liam e del piacere che le donava? E perché liquidare William e la rispettabilità che le avrebbe portato nel matrimonio? No, avrebbe avuto entrambi, la sua occupazione e il suo matrimonio, come sempre.

Spalancò la porta e li vide entrambi: William von Strock, così ingenuo nella sua bionda giovinezza e Liam o’Donnel così virile e disincantato. Il più giovane stava sfogliando uno dei suoi volumi mentre l’altro guardava fuori dalla finestra ma entrambi alzarono lo sguardo nel sentirla entrare.

<< Noi tre … noi tre staremo insieme … per sempre … insieme >> disse con un sorriso trionfale sulle labbra prima di tendere le braccia e lentamente si avvicinò a entrambi .

 

 

E con questa storia posso annunciare che il ciclio di Elisabeth si chiude, con un finale aperto. All'inizio avevo pensato ad una quarta storia ma ho avuta di diventare ripetitiva e di rovinare quella che alla fin fine era un'idea originale ben congeniata. Vista la fine siete libere di shippare Elisabet/Liam, Elisabeth/William, Liam/William o anche Liam/Elisabeth /William.
I miei ringraziamenti più grandi vanno a catherine_c e LadyMary che l'hanno emssa tra le ricordate, a hola1994 che l'ha messa tra le seguite e a Lola Black ma soprattutto a controcorrente che è sempre stata così gentile da commentare ogni capitolo.
La prossima storia sarà compeltamente diversa, con tempo e luogo assolutamente differente, vi dò solo un piccolo indizio sul titolo: " La rosa e la croce " e un piccolo spoiler: quest'anno ho studiato storia dei paesi islamici
Per maggiori info ci si sente sulla mia pagina autrice: Diana924(EFP)

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