L'Edizione della Memoria (se le rivolte si fossero fermate)

di AllePanda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Matrimonio ***
Capitolo 2: *** Mietitura ***
Capitolo 3: *** Tributi - parte uno - ***
Capitolo 4: *** Tributi -parte due - ***
Capitolo 5: *** Mentori - prima parte - ***
Capitolo 6: *** Mentori - parte due - ***
Capitolo 7: *** Welcome to the Capitol ***
Capitolo 8: *** Parata - prima parte - ***
Capitolo 9: *** Parata - parte due - ***
Capitolo 10: *** Strategia ***
Capitolo 11: *** Regolamento ***
Capitolo 12: *** Tormento e decisioni ***
Capitolo 13: *** Sessioni private - parte uno - ***
Capitolo 14: *** Sessioni private - parte due - ***
Capitolo 15: *** Cecilia ***
Capitolo 16: *** Meno uno ***
Capitolo 17: *** Odds are NEVER in our favour! ***
Capitolo 18: *** Fino alla fine ***
Capitolo 19: *** Blackout ***
Capitolo 20: *** Capitolo X ***
Capitolo 21: *** 18 X - ARENA - ***



Capitolo 1
*** Matrimonio ***


Matrimonio:


Caesar Flinkerman ha appena finito di annunciare a tutto Panem che io e Peeta Mellark siamo marito e moglie. Il presidente Snow ha accezionalmente dato a lui il potere di unirci in matrimonio, pare a gran richiesta del pubblico. Il noto presentatore degli Hunger Games, per questa speciale occasione si è presentato con capelli, palpebre e labbra dipinte di un bianco opaco con qualche spruzzo di colore dorato. Io invece ho indosso l’abito scelto dal presidente in persona. Ovviamente lo detesto, ma Peeta ha detto che sono meravigliosa e che lo sarei stata perfino vestita di stracci. Adesso cammino stretta a lui che, nonostante la gamba artificiale, sembra camminare molto meglio di me. Io con questi tacchi ancora vacillo ad ogni passo. Peeta mi tiene per mano e mi conduce rapidamente sull’auto che ci poterà alla nostra prossima destinazione. La folla è in visibilio mentre ci vede passare e ci lancia addosso fiori, riso e… beh credo che tirare scarpe dai colori impossibili sia una tradizione propria di Capitol City, perché non l’ho mai visto fare prima d’ora e mi auguro che negli altri distretti non si usi perché può risultare anche parecchio dolorosa. In men che non si dica, arriviamo alla residenza privata del presidente Snow. Ci scattano foto, ci filmano. Sono costretta a ballare e a sorridere come un’ebete, sforzando i muscoli del mio viso fino a sentirli tirare. Esattamente come è successo qualche tempo fa, durante la serata di gala per la conclusione del nostro tour della vittoria, siamo circondati da centinaia di estranei. Anche stavolta c’è cibo in abbondanza e i miei occhi si posano su piatti dall’aspetto invitate, esotico. I profumi nell’aria si mescolano, la musica ci avvolge. Peeta però ha uno sguardo triste che non posso fare a meno di notare. Lo maschera benissimo quando le telecamere ci riprendono, ma non appena gli sembra di poter tornare a respirare perché la troup si è spostata, lo vedo incupirsi. Haymitch me lo aveva detto che sarebbe stata dura, tuttavia non immaginavo che per Peeta, questa storia del matrimonio inscenato per sedare gli animi dei distretti, si sarebbe rivelato un fardello pesante quanto il mio. Non posso fare a meno di sentirmi in colpa, di pensare che se non avessi tirato fuori quelle bacche… be’… Forse non dovrei sentirmi in colpa invece. Se non l’avessi fatto, uno di noi sarebbe morto. Meglio vivi ed infelici allora? Condannati per sempre ad agire come marionette, a fingere di amarci? Nemmeno Peeta ha mai voluto avermi in questo modo. Quando eravamo nell’arena ha creduto fosse tutto vero. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio continuare a mentirgli…Voglio dire: in questo modo almeno lui avrebbe vissuto felice, pensando che lo amassi davvero. Lo osservo mentre chiacchiera con qualche sconosciuto della capitale. Sorride. No, mi dico. Peeta non è uno stupido e io non sono per niente brava a mentire sui miei sentimenti. Se ne sarebbe accorto comunque. Sono così immersa nei miei pensieri che non mi rendo conto del tempo che scorre via. Pensavo sarebbe stata una giornata interminabile e invece quando arriva Effie, nostra accompagnatrice ufficiale anche per la nostra Luna di Miele, gentilmente offertaci dal governo di Capitol City, mi sento completamente svuotata, quasi incredula che sia già successo. – Oh Katniss, tesoro, è stata una giornata grandiosa! Sono davvero felice per te – mi dice Effie non appena mi raggiunge, stringendomi le mani nelle sue. Le sorrido debolmente e la ringrazio. La vedo sventolare un braccio nella direzione di Peeta che adesso ci raggiunge e mi cinge i fianchi in un abbraccio mentre mi scocca un leggero bacio a fior di labbra. Questo porta inevitabilmente le telecamere su di noi, per l’ennesima volta. Leggo nei suoi occhi che, a differenza da me, per lui dev’essere stata una giornata lunghissima. Saluta Effie e tutti e tre ci dirigiamo finalmente alle macchine. Non parliamo molto tra noi, soltanto Effie ci fa notare quanto al pubblico è piaciuto questo momento della cerimonia piuttosto che un altro, o quanto lei si è sentita emozionata. Io e Peeta ci teniamo semplicemente per mano. In meno di mezz’ora abbiamo raggiunto un lussuoso palazzo nel centro di Capitol City. Durante il tragitto non faccio che pensare e ripensare agli eventi che mi hanno condotta a vivere questo momento. Ripenso ad Haymitch che con i piedi immersi nella neve, fuori dal treno, fermo a fare rifornimento, mi dice che: “poteva capitarmi molto di peggio rispetto a Peeta”. Penso al figlio del fornaio che a 11 anni mi salvò la vita. L’ho osservato a lungo mentre i suoi occhi erano persi chissà dove fuori dal finestrino esattamente come i miei. Chissà che cosa sta pensando? Mentre scendiamo dal veicolo, a me non può che tornare alla mente la minaccia del presidente Snow di uccidere Gale e tutta la mia famiglia, se non lo avessimo convinto di amarci davvero. Poi è arrivato il tour della Vittoria, che in qualche modo è riuscito a placare gli animi dei Distretti. Non so come, ma la gente alla fine si è davvero bevuta la storia degli Innamorati Sventurati, anche se Peeta, su mio suggerimento, ha dovuto chiedermi di sposarlo. Questo per convincere Snowe tutta Panem in modo definitivo. Cinna e gli altri hanno fatto il resto, occupandosi dei miei vestiti e dei miei discorsi in pubblico. Una parte di me ha sperato che qualcosa succedesse davvero. Le parole di quel serpente a sonagli di Snow mi avevano fatto credere che un futuro diverso era possibile. Oggi, il nostro matrimonio ha rappresentato la tomba della speranza di quei pochi che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e che probabilmente già non ci sono più. E’ questo il solo pensiero che mi distrugge e mi conforta al tempo stesso: per fortuna non sono più qui per vedere quanto il mio egoismo ha distrutto la loro speranza. La paura di perdere i miei cari ha vinto su qualsiasi scintilla avessi mai acceso. Il terrore delle forze di Capitol City ha fatto il resto. Veniamo scortati da Effie fino al nostro gigantesco appartamento e finalmente veniamo lasciati soli con noi stessi. Un soffice letto matrimoniale è stato preparato apposta per segnare l’inizio della nostra unione. Peeta mi aiuta a levare il pesante vestito di seta bianca. Rimango soltanto in intimo, quasi nuda davanti a lui, ma Peeta non dice nulla, mi allunga soltanto una vestaglia di seta che prende da un armadio. Lo vedo spogliarsi a sua volta. Io e il ragazzo del pane ci sdraiamo subito, stanchi come non mai. Sospiro mentre i miei occhi cercano i suoi. Lui copre entrambi con la coperta. – Stanca? – mi chiede. Annuisco. – Tu? –. In risposta ricevo un sorriso e un bacio leggero su una guancia. – Sai, non volevo che succedesse così – mi dice Peeta. Non rispondo, invece comincio a sistemarmi i capelli sciogliendoli dai mille fermagli in cui Cinna me li ha raccolti. Lui senza aggiungere altro allunga le dita sulla mia testa e comincia ad aiutarmi e a giocare con qualche ciocca dei miei capelli. Non mi dà fastidio, anzi, è un gesto molto tenero che mi riesce a rilassare. Sono ancora piuttosto tesa e lui lo capisce. C’è un’altra cosa che mi tormenta da tutto il giorno ormai. Qualche giorno fa Prim, dopo che avevamo finito con le prove per il vestito, mi ha chiesto cosa sarebbe successo dopo il matrimonio. Le ho dovuto spiegare che sarei dovuta andare a vivere con lui. Credevo si sarebbe messa a piangere e invece mi è sembrata davvero felice. La mia sorellina era felice per me. La cosa che mi ha gettato nel panico più totale però è stata la sua osservazione successiva riguardo al fatto di avere dei figli. “Ogni coppia che si sposa prima o poi avrà un bambino…Sono contenta, perché così sarà come avere un fratellino o una sorellina. Anche io dovrò proteggerlo” mi ha detto Prim con un candore quasi irreale. Un terrore profondo si è impossessato di me immediatamente. Durante la notte non ho fatto altro che sognare bambini che venivano estratti alla mietitura. Ognuno di loro era mio figlio.

 – Peeta… - dico con tono sommesso, mentre mi accoccolo vicino a lui. Sento il suo sguardo puntato su di me. -  Devo dirti una cosa importante -. Lui resta in silenzio mentre mi accarezza la testa. – Peeta io non potrò mai renderti felice… Mi dispiace, ma questa è una decisione che ho preso da tempo-. Ora il suo sguardo è preoccupato da morire ma non riesco a tenere a freno la lingua, devo dirlo. Lo dico: - io non farò mai dei figli! -.
 
 
 
  
 
 

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Capitolo 2
*** Mietitura ***


MIETITURA
 


Due occhi azzurri si fissano nei miei giusto il tempo per riempirsi di stupore. Peeta ed io siamo sposati da meno di qualche ora, siamo stanchi e spaesati perché non sappiamo più cosa sperare. Cosa fare delle nostre vite, adesso che Capitol City potrà usarci come meglio crede? Forse sono riuscita a salvare Gale e la mia famiglia ma a quale prezzo? Peeta mi stringe a sé in un abbraccio.  - Katniss. Non voglio che ti preoccupi di questo adesso, d’accordo? – mi sussurra tra i capelli mentre mi lascio accarezzare la schiena. – E invece dobbiamo pensarci…perché loro adesso non aspetteranno altro! Sarà solo questione di tempo, non lo capisci? – esplodo scostandomi dal suo petto per guardarlo di nuovo in viso. – Per un momento ho creduto…anzi, ho sperato che le cose sarebbero potute andare diversamente. E invece adesso dovremo fare da mentori per l’Edizione della Memoria…- continuo, in preda ad una specie di crisi. Tutta la tensione accumulata nelle ultime settimane mi fa rendere conto di quanto siano fragili adesso i miei nervi, mentre Peeta mi massaggia delicatamente la schiena per cercare di tranquillizzarmi. – Katniss… Non potevamo farci niente. Così le nostre famiglie saranno al sicuro – dice. Stringo il cuscino con una mano mentre con l’altra mi aggrappo alla spalla di Peeta, quasi stessi per affogare e mi servisse un salvagente. – Ti sbagli… - gli dico mentre una lacrima inizia a rigarmi il viso. Non vorrei piangere, non davanti a Peeta, ma ormai io e lui abbiamo condiviso così tante cose ed io sono così stanca che ho bisogno di lui. – Mia sorella e tutti gli altri bambini e ragazzi del Distretto sono ancora potenziali vittime di Capitol City… Apparentemente le cose si sono messe a posto. Ma qualcuno di loro verrà estratto e noi probabilmente lo vedremo morire nell’Arena…Tra l’altro quest’anno sarà sicuramente più orribile del solito e non solo perché dovremo fare da Mentori…-. Sto ormai singhiozzando. Peeta mi asciuga le lacrime dal viso e mi sussurra parole di conforto: - Non sarai sola Katniss. Prometto che questa cosa la affronteremo insieme, che divideremo tutto. Porteremo in due il nostro fardello e allora forse sarà più leggero – Mi bacia sulla fronte e mi stringe ancora di più. C’è un attimo di silenzio, rotto solamente dal rumore sommesso dei miei singhiozzi, poi Peeta aggiunge: - Non importa se non faremo figli. Per me non è un problema Katniss, dico davvero – dice tentando si sembrare il più neutro possibile. Il mio sguardo si alza dal suo petto, lo vedo in viso e capisco che sta mentendo, che a lui invece importa. Lui desidera sicuramente una famiglia, ma è disposto a rinunciarci, per me, per le mie paure. Peeta Mellark farebbe di tutto per rendermi felice, perfino morire – lo ha già dimostrato –, figuriamoci se non rinuncerebbe a sé stesso, alla sua felicità. E così un moto profondo di rabbia mi sale alla testa. Capitol City ha vinto ancora una volta. La nostra unione non è stata una vittoria, ma l’inizio di nuovi terribili attimi di esistenze vuote, infelici. Sposando Peeta ho condannato tutti noi a vivere anni ed anni di “felicissimi Hunger Games”. Scivolo nel sonno, abbracciata a lui, mentre Peeta continua a rassicurarmi, troppo stanca e distrutta per replicare. Nella testa mi si forma un ultimo pensiero prima dell’oblio: Spero solo che almeno quest’anno la fortuna sia a nostro favore.
 Il giorno della Mietitura arriva in fretta. Nel frattempo io e Peeta abbiamo cominciato a vivere assieme nella sua casa al Villaggio dei Vincitori. Ogni giorno Prim viene a farci visita, quindi ho praticamente smesso di tornare a casa mia, anche se di tanto in tanto porto loro selvaggina fresca. Peeta ed io andiamo abbastanza d’accordo. Lui trascorre moltissimo tempo a dipingere quadri che ora non sono più soltanto incubi che prendono vita. Ogni tanto dipinge anche noi due assieme, me che dormo, Prim che sorride. Gale ed io non abbiamo più alcun tipo di rapporto. Questa cosa mi distrugge ma cerco di non darlo a vedere, soprattutto, faccio il possibile per non farlo capire a Peeta. Gale non mi ha più cercata dal giorno prima del matrimonio. Cinna, Portia e lo staff dei preparatori erano arrivati in anticipo come al solito, per darmi una sistemata in vista del gran giorno.  Sarei partita per Capitol City l’indomani mattina, ma non potevo sposare Peeta senza prima aver visto Gale, senza avergli potuto spiegare. Ci incontrammo al lago, durante la notte, per non essere visti da nessuno. Entrati nella casetta, ci misi un po’ a fargli capire come stavano veramente le cose. Gale mi ha anche proposto di scappare con lui quella stessa notte, ma sarebbe servito solo a far torturare le nostre famiglie. E così  gli ho detto addio. Se n’è andato via arrabbiato con me, con il mondo intero,  gridando la sua furia contro Capitol City, mentre io lo osservavo sparire nei boschi assieme ad un pezzo del mio cuore. – Non finirà mai così – mi ha detto. Capitol city ha spezzato le nostre vite un anno fa alla mietitura, le ha separate con la forza, e adesso, tra poche ore sarò costretta a guardare negli occhi altri ragazzi come me destinati ad una esistenza per sempre infelice, nella migliore delle ipotesi. Mi alzo dal letto e mi preparo. Peeta è già sveglio da ore, non ha dormito quasi per niente stanotte, ma è rimasto accanto a me, a vegliare il mio sonno come sempre. – Katniss, sta tranquilla ok? Quest’anno il nome di Prim non c’è nella boccia di vetro – mi ricorda Peeta dandomi un bacio sulla guancia, mentre mi accarezza il viso con le dita. Il suo commento mi fa ricordare subito il giorno in cui il Presidente lesse la busta speciale con scritto cosa sarebbe successo in questa edizione della memoria. Sospiro. – Già, per fortuna Prim è salva – rispondo con un leggero sorriso, che però si spegne subito al pensiero successivo. Gale però non è più al sicuro. Se Peeta capisce quello che sto pensando, non lo dice. Mi invita solamente a preparami. Facciamo colazione assieme poi lui va a trovare la sua famiglia ed io la mia. Mi sento in colpa sapendo che quest’anno io posso stare più tranquilla di lui, perciò prima di separarci lo stringo forte mettendogli le braccia al collo e gli dico: - Vedrai che andrà tutto bene ok? Saluta tuo padre da parte mia -. Lo bacio e lui ricambia. Mentre sono seduta nel salotto di mia madre e sorseggio tè con mia sorella, non posso che sperare che i nuovi tributi siano degli sconosciuti. – Katniss… - esclama Prim d’un tratto – Sta tranquilla ok? Lui ha sempre avuto moltissimi nomi in quella boccia di vetro e non l’hanno mai pescato, invece io l’hanno scorso ne avevo soltanto uno…- continua. Sto per ribattere ma non ne ho la forza. – Non si può mai sapere – conclude Prim. So che il suo è un tentativo di consolarmi, ma non ce la faccio, non da quando so cosa succederà quest’anno!

 

Le due del pomeriggio arrivano in fretta. Mia madre e Prim restano a casa. Visto il cambio del regolamento, quest’anno sono libere di farlo. Le abbraccio forte entrambe prima di dirigermi verso la piazza. Lungo la strada trovo Peeta ed Haymitch che mi vengono incontro. Mi si stringe lo stomaco per la tensione, come ad ogni mietitura, come se fossi io a dover tornare un’altra volta nell’arena. – Salve Dolcezza – mi saluta un Haymitch  più sobrio del solito. Dopo la rovinosa caduta della scorsa Mietitura deve aver preferito non esagerare, o forse è merito di Hazelle, la madre di Gale, che non si occupa soltanto di rendere splendente la sua casa, ma si prende anche cura di lui. Fatto sta che, vorrei essere io quella ubriaca in questo momento, perché non voglio vedere, non voglio sentire… Peeta mi prende per mano. I miei occhi cercano i suoi mentre ci avviciniamo con passo lento alla piazza, di fronte al Palazzo di Giustizia. – I tuoi come stanno? – gli chiedo. – Bene… Sai, dopo l’anno scorso non sono molto propensi a credere che possa andare peggio – ribatte, ma sento nella sua voce della tensione. Non passa molto tempo prima che Bargis Johnson raggiunga il palco. Quest’anno, come avevo immaginato, Effie è stata promossa ad un altro distretto. Al suo posto c’è un ragazzo magro dall’aspetto ancor più stravagante. E’ così colorato che non si capisce nemmeno quanti anni abbia tanto la sua pelle è stata tirata e pitturata. I denti sporgenti gli conferiscono un’aria sinistra, gli occhi gialli e acquosi incutono ribrezzo. Io, Peeta ed Haymitch veniamo invitati a salire sul palco accanto a lui mentre i soliti Pacificatori si assicurano che nessuno faccia passi falsi. Durante la Mietitura ce ne sono molti più del solito, in circolazione. Bargis è forse uno dei pochi uomini scelti come accompagnatori di noi tributi. Da anni si vedono quasi soltanto donne, ma per l’occasione, quest’anno hanno deciso di mandarci lui. Se Effie mi era sembrata strana o disgustosa, per lui non ci sono davvero parole. Uno sguardo nella direzione di Peeta mi fa capire che lui la pensa esattamente come me. Haymitch si limita a stare seduto sulla sua sedia, lo sguardo perso nel vuoto. Stringo forte le mani fino a perdere circolazione nelle nocche ormai bianche. Peeta accanto a me mi fa sentire la sua presenza. Respiro alla ricerca di aria. Il cielo terso, il caldo soffocante del mese di Maggio, l’inno… e poi il riassunto dei nostri Hunger Games, di nuovo. La scena della morte di Rue, quella di Cato… Poi finalmente Bargis prende la parola – Benvenuti ai 75° Hunger Games! Questa edizione, come già sapete – e lancia uno sguardo nella mia direzione – sarà molto, molto speciale – rabbrividisco all’ascolto di quella vocetta stridula. In questo somiglia moltissimo ad Effie, penso. Sa essere irritante allo stesso modo. Il mio sguardo si perde tra la folla dei ragazzi tremanti che mi stanno di fronte. Lo cerco. Finalmente lo trovo. Come l’anno scorso i miei occhi si fissano nei suoi. Gale però distoglie subito lo sguardo ed io faccio altrettanto. Accanto a me Peeta sospira. – Ed è quindi con sommo piacere che, per chi non fosse stato attento nel giorno dall’apertura della busta, comunico che quest’anno a partecipare agli Hunger Games saranno soltanto coloro che l’anno scorso credevano di aver partecipato alla loro ultima mietitura. Infatti, per questa edizione dei giochi, il governo di Capitol city vuole ricordare a tutti voi, che nessuno è veramente al di sopra di Capitol City e che le regole le detta soltanto la capitale. Per cui, anche chi si credeva per sempre in salvo, dovrà ricredersi. Quest’anno a partecipare saranno tutti i ragazzi e le ragazze che l’hanno scorso sono scampati alla loro ultima mietitura -. La voce gracchiante di Bargis si spegne. Il silenzio cade su di noi come una pesante coperta, ci avvolge. Nessuno osa fiatare. Il rappresentate di Capitol City si schiarisce la voce, si gira verso noi vincitori e ci chiede se vogliamo dire qualcosa. Nessuno di noi si muove, Haymitch lo manda addirittura al diavolo e gli dice di darsi una mossa se non vuole far notte. Bargis diventa subito paonazzo per la rabbia, ma si trattiene. Per un istante riesco quasi a sorridere ma quando vedo il nostro accompagnatore ufficiale tuffare la mano nella prima boccia, stavolta è quella degli uomini, non posso fare a meno che iniziare a tremare. Perché tutto quest’affare sa di losco, non è giusto e soprattutto ho quasi la certezza che Snow in un modo o nell’altro voglia farmela pagare comunque, che non sia davvero finita. Bargis tira fuori un foglietto di carta, uno a caso, pescato tra mille altri. Il destino di quel ragazzo sta per cambiare. Sarò in grado di aiutarlo? E la ragazza che estrarrà tra poco? Non posso riportarli a casa vivi entrambi. Quello è un lusso che hanno concesso soltanto a me e Peeta, anche se ho dovuto pagare per quell’affronto e forse non del tutto. Sento che qualcosa di orribile potrebbe accadere. Nella mia testa non faccio che ripetermi: fa che non sia Gale. Bargis però non legge subito il nome. Si blocca e prendendo il microfono più vicino alle labbra dice, quasi si trattasse di cose di nessuna importanza – Oh! Quasi mi dimenticavo di parlarvi della nuova regola! –. Un mormorio generale si leva tra le file di ragazzi e ragazze mentre io devo tenermi lo stomaco perché sento che sto per vomitare per l’agitazione. Lancio uno sguardo preoccupato ad Haymitch che adesso sembra quasi risvegliarsi dal suo torpore. Peeta mi lancia a sua volta un’occhiata interrogativa. Ecco lo sapevo! Snow ha in mente qualcosa per farmela pagare comunque! Sto per fiondarmi su Bargis, vorrei scuoterlo fino a farlo svenire. Come può essere così spietato? Di quello stupido nome e facciamola finita! Peeta sembra leggermi nel pensiero perché mi bisbiglia – Probabilmente la sta tirando così per le lunghe perché è nuovo e vuole solo mettersi in mostra. Vedrai che non è niente –. Tuttavia noto senza fatica che anche lui è sbiancato in viso. – Quest’anno – la voce dell’uomo di capitol city ci risveglia tutti e di nuovo il silenzio torna a regnare tra i potenziali tributi e tra il pubblico – beh… Capitol City consentirà a chi lo desidera di offrirsi volontario al posto del tributo scelto, chiunque egli sia e dunque, uomo o donna. A mio parere non è una gran variazione, ma ad ogni modo… -. Sono senza parole. Non è “una gran variazione?” E’ un’ENORME variazione, penso. Ed ecco che lo stesso terrore di poco fa si rimpossessa di me. Perché mettere questa regola? Che senso può avere? Non ho il tempo di pensare ad una risposta, né di formulare un pensiero, sono così intontita che nemmeno lo vedo riprendere in mano il foglietto. Bargis legge d’un fiato il nome del tributo maschio di quest’anno. – E il tributo fortunato, che avrà l’onore di rappresentare il Distretto dodic in questa edizione della Memoria per i 75° Hunger Games è: …..Leam Mellark!


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Spazio autrice:

Non è una storia facile questa, ma ce l’avevo in mente da un po’. Perdonatemi se la scelta dei tributi non vi aggrada, ma è il massimo che la mia mente è riuscita ad elaborare tra mille milioni di idee che avevo. Dovevo fare una scelta e ho forse forzato un po’ la mano, ma spero vi piaccia lo stesso. Aspetto commenti o critiche. Grazie :)
 

  
 
    

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Capitolo 3
*** Tributi - parte uno - ***


TRIBUTI –parte uno -
 

Non passano neanche due secondi che Leam Mellark sta già per essere scortato dai Pacificatori verso il palco. La mano di Peeta è stretta nella mia, la sento sudata. Non ho il coraggio di voltarmi verso di lui. L’espressione che suo fratello maggiore ha sul viso è a dir poco sconvolta, non maschera affatto il terrore e la disperazione che prova, tuttavia la voce che si leva poco dopo tra la folla, fa quasi arrestare i miei battiti. – No! Leam! -. Una ragazza bionda, sicuramente anche lei figlia di commercianti grida il nome del figlio del fornaio. A questo punto sento Peeta bisbigliare un nome, forse “Helena”, seguito da un’imprecazione. Haymitch ci fissa per un istante, per poi tornare a osservare la piazza gremita e la scena di quella giovane diciannovenne, immobilizzata a forza dai Pacificatori mentre tenta, invano di correre verso il ragazzo. Deduco rapidamente che i due devono essere fidanzati, lo capisco dallo sguardo che si scambiano, carico di dolore. Leam scoppia a piangere. I secondi passano alla svelta e ancora non riesco a girarmi verso Peeta. Stupida! Devo dirgli qualcosa, almeno fare un tentativo di confortarlo…Ma che posso dire? Solo il pensiero che avrei dovuto fare da Mentore a qualcuno mi causava un senso di rigetto, figuriamoci ora. Poi realizzo che come al solito sto pensando di nuovo a me stessa. Come farà Peeta a sopportare tutto questo? I suoi genitori sono rimasti immobili come statue, li posso scorgere tra la folla. Non ricordo la loro reazione per la Mietitura di Peeta, in quel momento ero troppo sconvolta per pensare a qualcosa che non fosse cercare di non impazzire. Adesso invece scorgo chiaramente il fornaio piangere lacrime amare, la moglie invece stringe forte le braccia attorno al proprio busto, quasi volesse tenersi salda, per evitare di finire in pezzi. Tutto questo succede nell’arco di altri 3 secondi al massimo, perché prima che qualcuno possa realizzare del tutto l’accaduto, la voce della giovane donna scortata dai pacificatori si eleva alta di nuovo: - Mi offro volontaria! –
 

La cosa per un attimo spiazza tutti e mi sembra assurda perché a parlare è stata una ragazza invece di un ragazzo. Poi ricordo la nuova regola.
Mi sento boccheggiare come un pesce fuor d’acqua mentre osservo i Pacificatori lasciare le braccia di Leam per raggiungere con grosse falcate, il punto in cui si trova ora quella gracile creatura dai capelli biondissimi. Peeta finalmente riesce a dire qualcosa – No…Mio fratello forse avrebbe avuto una possibilità ma non Helena. Lei non ha mai fatto altro che ricamare cuscini e vendere stoffe…Non durerà un giorno nell’Arena –

 

Le parole di Peeta sono dure ma vere. Già dall’aspetto, dalle lacrime e dalla camminata ciondolnate, capisco che quella ragazza non avrà nessuna possibilità di tornare viva. Forse sarebbe anche un bene se non fosse una conoscente di Peeta, perché in questo modo saprei per chi battermi e chi sponsorizzare, ossia l’altro tributo, quello con maggiori possibilità di tornare vivo. Ma ora che vedo Leam in ginocchio, che supplica Bargis di non ascoltarla, che prova a convincerlo che è mezza matta, mi chiedo dove troverò la forza per lasciarla morire. Helena è ormai tra le braccia dei Pacificatori quando un giovane ragazzo bruno, un po’ pallido in viso, trova la forza per gridare a sua volta – No! Anche io mi offro volontario! –
Per un momento mi par di sognare. Che diavolo sta succedendo? La nuova regola ha forse loro dato alla testa?


 

Mentre le telecamere puntano sul nuovo potenziale tributo, Bargis Johnson ha un sussulto di piacere. Un sorriso a trentadue denti gli si stampa immediatamente sul viso, rendendolo se possibile, ancora più ributtante. I suoi occhi acquosi sembrano ridere a loro volta. Avere un volontario nel distretto dodici dopo 74 anni poteva essere un evento, ma averne addirittura due durante la stessa Mietitura potrebbe voler dire che anche lui, come Effie, avrà la carriera spianata. – Hem, benone, ma quante sorprese quest’oggi! – borbotta nel microfono. Un brusio si eleva tra i ragazzi e il resto del pubblico. – Silenzio prego! – esclama subito Bargis stizzito. – Ero sicuro che questa nuova regola avrebbe creato un po’ di scompiglio nei distretti, ma chi se lo aspettava che anche qui nel dodici avrebbe riscontrato un tale successo? Senza offesa, ma Katniss Everdeen fu la prima ad offrirsi volontaria in tanti anni ed ora, eccoci qui – commenta quasi con le lacrime agli occhi, ricordando moltissimo Effie.  – La cosa che più mi piace però e di cui sono certo, è che tra voi volontari del Dodici non c’è quell’orrendo spirito di competizione che si trova sempre nei distretti più ricchi. Tutto ciò vi fa onore. Però sappiate che soltanto due tributi avranno l’onore di rappresentare questo distretto ai giochi e quindi sarò costretto a fare una scelta. -. Bargis fa un bel respiro e poi prosegue mentre io e Peeta ci scambiamo occhiate confuse. – Bene. Due volontari. Direi che il nostro Leam è fuori dai Giochi. Tu invece come ti chiami cara? – domanda rivolgendosi alla ragazza, invitandola ad avvicinarsi al palco. Lei obbedisce, quasi fosse un automa, lo sguardo fisso a terra. Peeta sembra confortato quasi quanto me all’idea che non dovrà fare da mentore al fratello, eppure quell’espressione preoccupata non è ancora scomparsa dal suo viso. Cerco lo sguardo di Haymitch, sta riflettendo sulla situazione, non dice nulla. Dopo che Bargis fa una piccola intervista ai due volontari, scopro che Helena doveva sposare Leam il prossimo autunno. Peeta non mi aveva mai parlato di lei, visto che praticamente non mi ha mai raccontato nulla della sua famiglia, e adesso mi sento quasi arrabbiata con lui per non avermi informata prima. E’ stupido forse, ma soltanto adesso mi chiedo come ho fatto a tagliar fuori una parte così grande della sua vita. Subito dopo tocca al ragazzo. Ipotizzo che si sia offerto perché a sua volta innamorato di Helena, sennò la cosa non si spiega. I due fisicamente non si assomigliano neanche un po’, quindi non sono parenti, lui è chiaramente del giacimento. Il fatto di aver scelto di poter sorteggiare ragazzi che credevano di avere ormai la strada spianata, di poter finalmente vivere appieno la loro vita, senza più l’incubo degli Hunger Games, ha sortito uno strano effetto. Evidentemente l’amore vince, ha la meglio perfino sulla paura, esattamente come è stato per me quando ho sostituito Prim. Nelle passate edizioni non era mai successo niente del genere. Mi chiedo se anche negli altri distretti, quelli in cui non ci sono i soliti favoriti, le cose stiano andando in questo modo. Bargis è costretto a chiedere un paio di minuti agli astanti per ripassare il regolamento, non facendoci certo una splendida figura, per poi esclamare. – D’accordo, allora, secondo il regolamento a scegliere il tributo nel caso di più volontari, saranno i Mentori a dover decidere – conclude maligno.
Non appena le sue parole mi risultano comprensibili, mi sento sprofondare. Faccio un paio di conti e mi accorgo che noi mentori siamo giusto tre e che io dovrò condannare uno tra questi due a quanto di più atroce io abbia mai provato nella vita. Non riesco a parlare. Haymitch intercede per noi: - E’ proprio sicuro che tocchi a noi scegliere? –chiede. Bargis risponde con un assenso. – Ma allora che ci state a fare qui voi accompagnatori, non dovrebbe essere compito vostro? – lo apostrofa nuovamente Haymitch. Bargis trattiene a stento una parolaccia e noto che la sua tempia sinistra comincia a pulsare, ma si limita a rispondere che il regolamento è chiarissimo in proposito e che non sarà certo lui a permettersi di contraddirlo. Peeta chiede come dovremmo fare a decidere, se con un sorteggio o cos’altro. Bargis ridacchia quasi pensasse che fosse ovvio il metodo da utilizzare. Io mi sento mancare quando quel rozzo uomo di capitol city ci comunica che il nostro voto sarà palese. Dovremmo proprio puntare il dito contro uno dei due, davanti ai loro cari, davanti a tutto Panem.

 

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Capitolo 4
*** Tributi -parte due - ***


 

TRIBUTI –PARTE DUE -

Bargis sogghigna. Haymitch e Peeta sono rimasti immobili come statue mentre due paia di occhi terrorizzati si sono appena fissati nei miei. Lo devo accettare. Sto per essere responsabile della morte di un altro giovane tributo, sarò costretta a condannare uno di loro due. Osservo Helena, le mani tremanti, gli occhi che scrutano alle sue spalle alla ricerca di Leam, e senza pietà si fa strada in me la consapevolezza che dovrò scegliere l’altro ragazzo. Ora mi soffermo su di lui. So che si chiama Netan, corporatura media, non troppo mal nutrito. Ha i capelli scuri e occhi da giacimento. Non lo conosco personalmente, ma so che lavora nelle miniere con Gale da quando, come lui, ha finito la scuola. Mentre i miei occhi lo scrutano, tento disperatamente di ricordarmi qualche particolare di lui, della sua vita, perché una nuova consapevolezza si è fatta strada in me.  Helena non sopravvivrebbe nell’arena, questo è certo, ma chi mi assicura che mandandoci questo ragazzo,  qualcun altro non ne subisca le conseguenze? Somiglia così tanto a Gale che soltanto grazie a questo sono riuscita a farmi venire in mente che forse anche lui ha una famiglia da sfamare. Bocche fameliche, pance vuote e guance scavate… Posso davvero rischiare di condannarli? Come posso decidere senza sapere nulla?
 

- Bene bene – esclama Bargis entusiasta – Avanti, cari Mentori, dovete indicare chi tra i nostri volontari potrà avere l’onore di partecipare a questa Edizione della Memoria, che già si preannuncia piena di colpi di scena – gongola nel microfono.

Non ho il coraggio di muovermi, nemmeno quando Bargis mi schiaffa quell’affare metallico davanti al viso. I miei occhi corrono disperati verso quelli di Peeta visto che Haymitch ha ancora la testa bassa. Bargis domanda ad Helena come mai si è offerta volontaria e sembra quasi impazzire di gioia, riempiendomi così di disgusto, quando lei gli spiega che lo ha fatto perché lo ama. L’altro ragazzo non dà spiegazioni, si limita a dire come si chiama: Netan Thomas. Tiene i pugni chiusi e scruta tra la folla, forse alla ricerca di qualche parente. Seguo il suo sguardo finché i miei occhi si posano su una donna bruna con uno chignon sulla testa. Come tutti nel giorno della mietitura, indossa il suo abito migliore che tuttavia, anche a questa distanza, appare logoro e pieno di rattoppi. Deve essere sua madre, penso. Lo sguardo di Netan non si sposta se non verso quello di Helena, i due non fiatano nemmeno. E così prendo la mia decisione: sceglierò Netan. Pochi secondi dopo, sono la prima a comunicare la mia decisione nel microfono. Un fugace sguardo d’intesa mi fa capire che Haymitch e Peeta sono d’accordo con me. Helena viene invitata a lasciare il palco e viene presto scortata tra la folla da un paio di pacificatori mentre un Bargis sempre più entusiasta annuncia il nome del primo tributo del Distretto dodici.
 

- Netan, giusto? Un bell’applauso per il nostro giovane tributo di quest’anno! -

Ora Bargis comincia a porgli qualche domanda ma lui risponde in modo essenziale, il che rende il nostro presentatore un po’ irritato. Sarà che ora la conosco meglio, ma posso affermare con certezza che Effie Trinket è molto meglio di questo bieco individuo. Per quanto entrambi siano degli spostati, tirapiedi di Capitol City, almeno lei aveva un po’ di decenza e professionalità. Quest’uomo sembra godere fin troppo della sofferenza altrui, decisamente troppo per i miei gusti. Dopo aver detto il nome del ragazzo mi sono sentita sprofondare. Adesso, un sentimento di oppressione sembra volermi schiacciare il cuore, tanto che Peeta mi si avvicina e mi costringe a sedermi. Sento il cuore tamburellarmi nelle orecchie, mi sento malissimo, credo che potrei svenire. Non mi sono sentita così nemmeno quando il tributo ero io. D’improvviso provo un forte senso di smarrimento. Come ha fatto Haymtich a reggere tutto questo? Mi volto verso di lui e la risposta arriva, chiara e lampante: non ha potuto…Si è lasciato andare. Sarà questa la mia stessa fine? Finirò ad ubriacarmi tutti i giorni fino a dimenticare il mio nome? Vorrei tanto alzare i tacchi e andarmene ma Bargis ha appena annunciato che adesso estrarrà il nome del tributo femmina. Faccio un paio di respiri profondi. Devo calmarmi, sennò tutte le mie frustrazioni finiranno per abbattersi sui nuovi tributi ed io non voglio diventare come Haymitch… Non lo permetterò. Devo essere forte, mi dico. Ed ecco che Bargis si avvicina al microfono con il nome appena estratto. Un silenzio tombale si avvolge di nuovo. I respiri di tutti si arrestano mentre una nuova vita viene spezzata. E’ quella di Suzan Platfot. Le altre ragazze le fanno spazio mentre una sparuta giovane dai capelli ambrati comincia a guardarsi attorno spaesata.  Stavolta nessuno si offre volontario. Ancora col terrore negli occhi, viene scortata sul palco. Veste un abito elegante e ha i capelli corti raccolti in una fascia color lavanda, una lacrima le riga il viso, seguita a ruota da un’altra mentre i suoi enormi occhi color ocra si fanno più gonfi. Ho di nuovo  un tuffo al cuore ma non faccio altro che restare immobile mentre la cerimonia si conclude rapidamente. Stiamo tutti per andarcene quando Bargis ci sorprende tutti con un annuncio finale: - Aspettate! La cerimonia non finisce qui! E’ o non è questa un’edizione della Memoria? – Sto giusto per scendere dal palco quando quelle parole fanno arrestare Peeta che si trova giusto davanti a me. – Che significa? – si lascia sfuggire. – Tu ne sai qualcosa? –. Per tutta risposta resto ferma al mio posto, quasi fossi pietrificata – No. Tu Haymitch? – Lui scuote la testa. Perfetto! Credevo  di aver fatto il pieno di tortute psicologiche per il momento, e invece ora sembra che Capitol City voglia ancora qualcosa di più. Ma che cosa? Il mio primo pensiero è che Snow vuole farmela pagare davvero…che questo “qualcosa” in più è stato messo per me, per punirmi. Non passa molto tempo che la paura si trasforma in certezza.  - Ci sarà un terzo tributo, una specie di giocatore Jolly – spiega Bargis nel microfono. Questo non era previsto. Tutti noi ci sentiamo sprofondare mentre sento vibrare una voce che sembra avermi appena letto nel pensiero: - Ma questo non c’era scritto nella busta! –. Bargis scruta indignato il suo interlocutore prima di liquidarlo con un secco: - Non c’era scritto perché era una SORPRESA!- enfatizza con tono piccato. Senza bisogno di voltarmi so che a parlare è stato Peeta. La sua voce incrinata, quasi disperata mi ha provocato un’ennesima fitta nel petto.
Con noncuranza, il rappresentante di Capitol City continua con la spiegazione:- Il tributo Jolly potrà entrare in gioco quando i mentori della sua squadra lo decideranno, quindi fin dall’inizio, a metà o addirittura alla fine della gara. Egli rappresenterà il distretto in un modo speciale perché se dovesse essere lui a vincere, per un anno farà arrivare una fornitura extra di derrate alimentari direttamente da Capitol City. Non è forse un bel regalo, per questa edizione della memoria? –  chiede. Nessuno risponde o fiata, né tantomeno esulta. Bargis sembra incredulo di fronte ad un tale silenzio tanto che per mascherare l’imbarazzo, inizia ad applaudire da solo. Ovviamente nessuno lo segue in quel gesto.
-Bene bene… non è tutto! Questo speciale tributo non verrà estratto a sorte come tutti gli altri – annuncia sempre più eccitato. Un brivido mi percorre la schiena.  - Essendo questo un regalo soprattutto per coloro che più hanno bisogno, quale criterio migliore per scegliere il tributo jolly se non tra i giovani, estraibili quest’anno secondo le regole speciali dell’edizione della Memoria, che più hanno accumulato tessere per avere del cibo? Chi meglio del più bisognoso, del più coraggioso, tanto da risultare più volte sorteggiabile, potrebbe rappresentare la prospettiva di un futuro migliore per tutto il distretto? –
Ed ecco che finalmente capisco come vuole punirmi Snow. La sua minaccia aleggiava nell’aria fin dall’inizio ma solo ora sono capace di coglierne la reale portata.  Ne sono certa. So a memoria il numero delle tessere che lui ha accumulato per non farne mai prendere a Rory…
Bargis si fa consegnare da un pacificatore una busta nera sigillata in ceralacca. Rompe il sigillo e legge il nome che già da parecchio mi risuona nella testa. E’ un nome che fa accelerare i battiti del mio cuore per ogni secondo che passa. Prego con tutta me stessa che non si avveri quello che sto pensando.

 

- Il fortunato Tributo Jolly del distretto 12 è: Gale Hawthorne!

E’ il suo nome.  E il mondo mi crolla di nuovo addosso.
 
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Mentori - prima parte - ***


 

Capitolo 5: Mentori - prima parte -
 


 

Veniamo trascinati via da Bargis ancor prima di poter assimilare la nuova terrificante informazione. Quest’anno, per l’edizione della memoria, in via del tutto eccezionale dopo 75 anni di Hunger Games, ci sarà un “tributo Jolly” che se vincerà farà avere derrate alimentari in più al suo distretto, ma come sempre sarà soltanto uno a tornare a casa vivo. Questa rivelazione ha lasciato a dir poco sconcertati gli altri due tributi perché il fatto che se questo speciale tributo vince, l’intero distretto potrà essere sfamato per un intero anno, certamente non gioca a loro favore. Ho lasciato il palco muovendomi a rilento come una bambola mentre due paia di occhi imploranti, quelli di Netan  e di Suzan  sembravano volermi gridare: “ti prego, non abbandonarci!”. Dubito fortemente che questa regola sia equa. Probabilmente gli altri mentori cercheranno, come sembra normale, di far vincere il tributo Jolly e questo porrà entrambi gli altri tributi in una situazione di enorme svantaggio. Normalmente lo avrei trovato riprovevole e certamente, se non si fosse trattato di Gale, avrei scelto con obiettività chi sacrificare e chi tenere in vita. Ma la tremenda realtà che mi attende non può che travolgermi nel fisico e nella mente, tanto che mentre ci dirigiamo verso un furgone blindato, scortati da un paio di pacificatori, Peeta è costretto a tenermi la fronte almeno un paio di volte mentre vomito in un angolo quella poca colazione che ero riuscita a buttare giù stamattina. Mi detesto in questo momento, perché so benissimo di non essere io quella che si trova nella situazione peggiore attualmente, ma non riesco a calmarmi. – Katniss… - tenta invano di rassicurarmi Peeta, ma nemmeno lui è capace, in questo momento, di trovare le parole. Haymitch non fa che massaggiarsi le tempie e ansimare per il nervosismo. Saliamo sul furgone, davanti a noi vediamo i tre tributi salire su un altro mezzo uguale al nostro e mi accorgo subito che qualcosa non va.  Cerco Bargis che adesso si è seduto accanto a me e ridacchia divertito – Ehi! Ma non dobbiamo dirigerci al palazzo di giustizia? – chiedo. – Oh c’è stato un cambio di programma, non lo sapevate? – risponde lui con una smorfia. – No, nessuno ci aveva informato – interviene prontamente Peeta – beh ora lo sapete- è la risposta secca del nostro nuovo accompagnatore. – Si, ma perché? – insiste Peeta. Io però sono troppo stravolta per sorbirmi anche le loro schermaglie e Bargis mi dà a tal punto sui nervi che non mi importa niente di quello che dice, così lo afferro per il bavero della giacca e inizio a scuoterlo come una pazza mentre gli grido in faccia: - adesso sentimi bene tu, razza di viscida sanguisuga impomatata, se credi che tutto questo sia così divertente, perché non ti offri volontario e ci vai tu nell’Arena eh?! -. Haymich interviene prontamente e mi stacca da lui con uno strattone, non prima che questo però abbia già avvertito un pacificatore con la sua voce stridula, che lo sto aggredendo. Prima ancora che riesca a girare la testa verso di lui, sento il mio intero corpo percorso da una specie di corrente elettrica e mi accascio in ginocchio, sorretta da Peeta, la cui voce adesso mi giunge ovattata e lontana come non mai. Mi sembra soltanto di intravederlo mentre si scaglia a sua volta contro Bargis, dopodiché il buio mi avvolge.
 

Quando rinvengo ci troviamo già a bordo del treno. Sono stesa sul letto, nel mio scompartimento. Accanto a me trovo Peeta che lentamente mi stava accarezzando il viso. Subito non mi rendo conto di dove mi trovo, ancora con la mente ottenebrata, così mi viene spontaneo fargli un grosso sorriso, perché oramai il suo viso per me vuol dire casa. Mi bastano pochi secondi però, e tutto riaffiora alla mente, la mia espressione cambia e così anche quella di lui, che in risposta al mio, mi ha appena regalato uno dei suoi sorrisi, adesso ridotto in una smorfia. – Quell’idiota ti ha fatta sedare con un affare che dà la corrente – mi dice Peeta – per un attimo ho temuto volessero farci fuori tutti, visto che la situazione pareva parecchio strana, però poi mi sono calmato quando Haymtich mi ha trattenuto spiegandomi che in realtà eri soltanto svenuta – . Lo fisso meglio per un po’ e mi rendo conto che ha un occhio nero – che ti hanno fatto? – domando allarmata.  Lui sorride – niente, solo che Bargis non deve avere apprezzato molto il calcio che gli ho dato nelle parti basse quando credevo che volesse ucciderti - confessa. La cosa sarebbe esilarante se non ci trovassimo qui. In una sola giornata siamo stati di nuovo sommersi da troppe emozioni e il guaio è che il massacro non è ancora iniziato. Peeta sospira e sembra dar voce ai miei pensieri quando dice – la parte peggiore deve ancora arrivare purtroppo -. Restiamo in silenzio per un po’, mentre io cerco di riprendere sensibilità alle dita delle mani e a quelle dei piedi, mi stiracchio e sbuffo come non mai. Mi sento morire dentro. Mille pensieri, tra cui Hazelle con le dita dissanguate che strofina panni e i fratellini di Gale che muoiono di fame, le insidie dell’arena, gli occhi di Netan e Suzan che implorano e il ghigno di Bargis, mi rendono davvero impossibile mantenere la calma. – Dov’è Haymitch? Loro… loro dove sono adesso? – chiedo a Peeta ora più agitata che mai. – Sono nello scompartimento a fianco – si limita lui a rispondermi. Senza indugiare oltre mi dirigo a passo svelto verso il luogo che mi ha indicato, seguita da Peeta che sempre in silenzio, mi fa comunque sentire che posso contare su di lui in qualunque momento. In poche brevi falcata raggiungo il vagone ristorante. Quello che trovo ad attendermi non mi stupisce affatto. Seduto ad un tavolo in fondo alla sala c’è un Haymitch ubriaco fradicio che tracanna quello che deve essere il suo sesto o settimo drink dal colore trasparente, mentre dall’altro lato del vagone sono seduti Netan, Suzan e Gale che se ne stanno rigidi e in silenzio, senza sfiorarsi nemmeno con la sguardo. I loro occhi bassi,  i muscoli tesi e l’aspetto sconvolto mi rammentano quanto poco tempo è passato da quando a giocare in quel ruolo c’ero io. Un groppo alla gola mi impedisce di far uscire le parole. Quando mi sentono arrivare, tutti e tre fissano i loro occhi nei miei ed è in quel momento che una voragine di vergogna sembra volermi trascinare giù. Perché quello che vorrei fare ora, più di ogni altra cosa, sarebbe dire a Gale che non deve temere, che farò di tutto per aiutarlo a vincere e forse il fatto di sapere che se vincerà, tutto il distretto avrà di che gioirne, mi farà avvertire meno il senso di colpa per aver condannato a morte gli altri due. Tanto, soltanto uno sopravvive, no? Se poi sarò in grado di sfamare tutto il distretto 12, chi se ne importa se terrò in vita Gale anche per i miei personali interessi egoistici? E invece no. Capisco che non lo farò nel momento esatto in cui i suoi occhi grigi si perdono nei miei e una catena di lacrime inizia a colarmi giù dal viso. Ammesso e non concesso che ci riesca, che io, anzi, che noi – sempre se Haymitch e Peeta saranno d’accordo – riusciamo a riportare a casa Gale, riuscirò poi a guardarmi di nuovo allo specchio? Tutto il sangue versato fino ad ora, non era abbastanza?  Che dovrei fare? Cosa si aspetta che faccia, Snow? Ancora una volta sono gli occhi a parlare, mentre sento Peeta appoggiarmi un braccio attorno al collo e stringermi a sé, le iridi di Netan e Suzan mi trafiggono ancor più di quelle del mio ex compagno di caccia. Possibile che non ci sia un modo per uscirne?
 

 
 

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Capitolo 6
*** Mentori - parte due - ***



 

MENTORI - parte due -


Sei paia di occhi sono qui che ci fissano, mentre io e Peeta stiamo cercando ormai da un po’ di fare il punto della situazione.
Gale è stato il primo a rompere il silenzio, chiedendo come mai loro tributi siano stati trascinati via in malo modo senza avere l’occasione di salutare amici e parenti. Ecco un primo punto da cui partire per chiarirci le idee.
Lo ringrazio mentalmente per poi rispondere subito – non lo so, ma posso solo ipotizzare che faccia parte di una sorta di ritorsione nei nostri confronti, per essere tornati vivi in due e soprattutto per la storia delle bacche…almeno credo… - spiego. – Ma è assurdo! – sbotta subito dopo Gale.

La frustrazione e il dolore che prova posso immaginarli benissimo. Sua madre e i suoi fratelli, già sopraffatti dallo choc della sua estrazione alla mietitura, hanno dovuto subire anche l’ulteriore dispiacere di non poterlo salutare un ultima volta.
Appena formulo quest’ultimo pensiero mi si raggela il sangue, perché non voglio assolutamente pensare che quello sarebbe stato il loro ultimo saluto, anzi, che un ultimo saluto non ci sarà mai, perché è chiaro come il sole che Snow ha messo in piedi tutto questo per farmi tenere la testa bassa senza correre il rischio di scatenare qualche rivolta.
Forse ha pensato di non poter toccare me perché ho rappresentato una speranza per i distretti, perché sono riuscita a tornare salva dal remoto distretto 12 insieme a Peeta. A riportarmi alla realtà ci pensa proprio quest’ultimo – State tutti calmi, d’accordo? In un modo o nell’altro stare a discutere adesso non serve. Dovete preparavi ad entrare nell’Arena e non sappiamo cosa ci sarà lì ad attendervi, perciò per quanto mi riguarda potremmo fare così – deglutisce e prende fiato prima di proseguire, mentre gli sguardi di tutti si posizionano su di lui ed io mi ritrovo a stupirmi della sua compostezza, della fermezza e della convinzione che mette sempre in tutto quello che fa.
– Allora – riprende – per la prima volta il Distretto 12 ha 3 mentori che possono fare squadra per recuperare i tributi dall’arena. Inaspettatamente anche i tributi di quest’anno sono 3, perciò io suggerisco di dividerci i compiti. Ogni tributo avrà un mentore che si occuperà principalmente di lui e delle sue esigenze, troverà sponsor per lui e così via, anche se ovviamente dovremo fare gioco di squadra… -  e nel dirlo si gira verso di me e Haymitch.
Quest’ultimo è così confuso dai fumi dell’alcool che penso sia un miracolo che non crolli a terra. Peeta lo vede barcollare mentre cerca di infilare un cubettto di ghiaccio nel suo bicchiere e lo aiuta a sedersi. – Sto parlando anche con te… - e gli strappa via il drink dalle mani – da questo momento in poi niente più alcolici, sono stato chiaro Haymitch? Dobbiamo fare squadra, devi aiutarci come hai fatto l’anno scorso con Katniss… - gli dice con tono fermo mentre allontana da lui il bicchiere.
Vedere Peeta che si comporta come un allenatore severo ma paziente ha dell’incredibile, pare che sia l’unico qui a non sentirsi a pezzi, si è già calato perfettamente nella parte del mentore, penso, mentre mi siedo a mia volta accanto ad Haymtich.

 

Gli eventi sconvolgenti della giornata mi hanno fatto completamente dimenticare che il mio rapporto con Peeta dopo il nostro tour della vittoria, non è poi così migliorato.
Cioè, siamo rimasti amici in un certo senso, ma in fondo al suo cuore posso ancora leggere una profonda tristezza e credo che gli ci vorrà un bel po’ perché la ferita che gli ho inferto quando gli ho detto di non amarlo, si rimargini.
Forse non accadrà mai, lui però non serba rancore, solo una profonda tristezza. Vero è che ci sono delle volte, come in questo momento, in cui realizzo che in realtà non lo conosco bene quanto credo. Quante facce ha Peeta Mellark? Lui sa essere dolce e comprensivo, autoironico, brillante e affabulatore, timido e determinato al tempo stesso… D’un tratto i miei pensieri mi portano a chiedermi come deve sentirsi Peeta, adesso che tra di noi c’è ancora Gale? Non penso che lo odi o roba simile, e non credo nemmeno che tenterà di lasciarlo indietro durante la preparazione per l’Arena o peggio di lasciarlo morire.
Lui è buono, talmente buono che sono certa che se gli chiedessi di metterci d’accordo per riportare a casa Gale, accetterebbe soltanto perché glielo ho chiesto io, per farmi felice.
L’idea di Peeta come mentore personale di Gale è così bizzarra che neanche riesco ad immaginarmelo, eppure eccoci qui.
Li vedo scambiarsi occhiate d’intesa mentre Peeta inizia ad illustrare loro che cosa gli capiterà durante la preparazione iniziale, la parata e l’addestramento. Tutti loro ascoltano come rapiti le sue spiegazioni e i suoi consigli, mentre io continuo a pensare che una cosa ancora più strana di Peeta che tenta di tenere in vita Gale nell’arena, e che quest’ultimo abbia come sua mentore sia la sottoscritta. E Haymitch? Gale con il suo caratterino ci litigherebbe molto più di quanto non lo abbia fatto io l’anno scorso. No… questa cosa non può funzionare.
Sto già per fare la mia obiezione a Peeta, che adesso è passato a descrivere il bagno di sangue nell’arena e ha chiesto loro di parlare di ciò che sanno fare o di fare domande. La voce della ragazza mi riscuote da una specie di torpore: - Io sono brava soltanto con ago e filo ma ho guardato una vecchia edizione dei giochi in cui un tributo vinceva solo grazie ad un filo metallico, per cui forse ho una possibilità anche io. Come si accende un fuoco? -.
Le parole di Suzan mi lasciano a bocca aperta, ma non faccio in tempo a risponderle che ecco che anche Netan interviene – Io ho da sempre la passione per l’intaglio. Lo so che faccio soltanto il minatore ma è da quando ero bambino che incido piccole sculture nel legno…i coltelli li so maneggiare… -. E’ normale che questa scena mi riporti al momento in cui Peeta, l’anno scorso, mi rivolse la parola per la prima volta.
Sembrava impaziente di ricevere istruzioni di Haymtich. Mi sembrò insolito allora e adesso, vedere qui davanti a me una ragazza figlia di commercianti che anziché disperare, ha una luce di speranza negli occhi, mi fa capire che forse anche quest’anno il distretto 12 potrebbe avere di nuovo un vincitore. Conosco le ablità di Gale e anche Netan sembra determinato. Inoltre, non so gli altri due ma Gale beh, è più che mai deciso a fare ritorno visto che a casa ci sono i suoi fratelli ad aspettarlo.
Forse un poco lo conforta il fatto che io sono riuscita a sopravvivere e che sarò qui ad aiutarlo. Probabilmente Hazelle è abbastanza in gamba da tenere in vita i suoi fratelli per dei mesi ma Gale rappresenta per loro un intero mondo, nonché la possibilità di mangiare molto di più e molto meglio di chiunque altro nel Giacimento.
Poco male, almeno per questo so che ci saranno comunque mia madre e Prim a prendersi cura di loro e assicurarsi che abbiamo cibo a sufficienza. So che Gale questo lo immagina già e questo mi conforta. Non posso impedirmi di fissarlo dritto negli occhi. Se Peeta è a disagio per causa sua non lo dà a vedere. Come si sente invece Gale, dopo quello che c’è stato tra di noi, ora che io sono ufficialmente la signora Mellark?
 – Ottimo! Sono contento di vedere che avete uno spirito combattivo – commenta Peeta con un sorriso. Vorrei poter dire a Gale quello che provo, e restare da sola con lui almeno per un momento, ma mi trattiene il pensiero che dovrei comportarmi da mentore e lasciare da parte i miei sentimenti, perché non sarebbe giusto ignorare gli altri due tributi.
Così trasciniamo tutti accanto a noi e cominciamo a parlare tutti e sei assieme, Peeta in testa, mentre formuliamo qualche iniziale strategia. Ed è così che mi ritrovo ad essere una mentore, senza nemmeno essermene resa davvero conto.

 

 
 

 

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Angolo autrice: Scusate perché questo capitolo sarebbe "di passaggio" e non è niente di speciale credo. L'ho scritto mentre avevo l'influenza per cui è venuto come è venuto, tra uno starnuto e l'altro. Spero vi piaccia lo stesso.
 
   

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Capitolo 7
*** Welcome to the Capitol ***


 WELCOME TO THE CAPITOL – prima parte -
 

 Il treno si ferma durante la notte per una sosta. Non riesco a dormire anche se mi sento davvero stanchissima. Peeta ed io ci troviamo distesi in un morbido letto matrimoniale, nel nostro scompartimento.

Lui dorme già da un po’ e per non svegliarlo mi muovo il più lentamente possibile mentre mi sfilo di dosso la coperta e calzo un paio di ciabatte color rosa confetto che ho trovato ad attendermi accanto a letto. Esco chiudendo piano la porta alle mie spalle. Peeta sembra non accorgersene.

Osservo il corridoio vuoto e silenzioso. Chissà se Haymitch è ancora sveglio? Probabilmente no, vista la sbronza che si è preso solo qualche ora fa, starà ronfando della grossa. Mi sarebbe piaciuto parlare con lui, penso, mentre mi dirigo in fondo al treno. Visto che siamo fermi voglio approfittarne per prendere una boccata d’aria, visto che mi sento davvero soffocare.

Troppi pensieri angosciosi, troppe domande… Che devo fare adesso? Cosa si aspettano tutti che faccia? Quale sarà la mia strategia una volta che i tributi si troveranno all’interno dell’arena ed io non potrò fare altro che guardarli e sperare che sopravvivano? L’aspro consiglio che il nostro mentore ci diede l’anno scorso mi risuona amaro nella testa: ‘restate vivi’. Forse Haymitch ha davvero tentato, almeno i primi anni, di aiutare i ragazzi del suo distretto.

Anzi, sicuramente è così. Poi però non deve essere più riuscito a reggere. Ancora con questi pensieri in testa, scendo la scaletta che mi porta finalmente all’esterno. Il fresco della notte mi avvolge mentre tiro finalmente un sospiro di sollievo. Per un attimo dimentico chi sono e dove mi trovo. Poi lo sento, un rumore di passi che si sovrappone al frinire dei grilli che fino ad un attimo fa erano l’unico rumore percepibile, capace di smorzare il silenzio avvolgente della notte. – Ciao Catnip… Anche tu non riesci a dormire? -. Sento un nodo stringermi al petto quando realizzo, seppure nella fioca luce che gli illumina il viso, che Gale deve aver pianto.

Ovviamente cerco di dagli ad intendere che non me ne accorgo, ma il suo viso è spento, la voce non sembra quasi la sua. – Gale… - non so cosa dire. Il nostro ultimo incontro privato risale alla notte prima del mio matrimonio con Peeta ed è finita con me che gli dicevo di dimenticarmi.

Per un po’ di tempo mi sono illusa che sarei riuscita davvero a separare la mia strada dalla sua, che i nostri binari non si sarebbero più incrociati, che avrei messo da parte, una volta per tutte, quello che c’era stato o pensavo ci fosse tra noi. – E’ una notte stellata, volevo guardare il cielo un ultima volta, sapendo che è ancora quello che conosco io... – mi dice, quasi a volersi giustificare.

Il ricordo di quando non  facevo che chiedermi se la luna che vedevo nel cielo dell’arena fosse la stessa che conoscevo io, sembra volermi travolgere. Gale sembra tale e quale a me, non finirò mai di stupirmi di quanto ci assomigliamo. – Non sarà l’ultima… - dico quasi d’un fiato mentre la voce sembra volermi morire in gola – tornerai…torneremo insieme -.

Ed è in questo momento che decido finalmente di dare libero sfogo ai miei sentimenti. Senza pensare troppo, mi tuffo tra le braccia di Gale, che mi accoglie con una stretta vigorosa cingendomi forte. Ci lasciamo quasi subito però e io devo essere scoppiata a piangere senza nemmeno essermene resa conto, perché Gale mi passa un dito sulla guancia destra per asciugarmi una lacrima.

Mi allontano di qualche passo da lui – scusami io… devo controllarmi – balbetto. Lui annuisce, ma i suoi occhi mi fanno capire quanta angoscia sta provando ora. – Katniss…io non so se tornerò vivo o no, però voglio chiederti di non fare favoritismi…- si blocca quando vede i miei occhi sgranarsi. – Che stai dicendo? Tu hai una famiglia…i tuoi fratelli hanno bisogno di te Gale! – lo rimprovero quasi. – Lo so! – risponde seccato – credi che non lo sappia? Ma che alternative ho? Dimmelo! – fa una pausa mentre io tento di ricompormi e tornare ad usare un tono più calmo – Gale… - provo a dire, ma lui mi interrompe – non voglio vincere per poi tornare a casa con quei due sulla coscienza, sapendo che tu hai scelto di salvare me perché eravamo amici – spiega.

Il fatto che parli di noi al passato non mi passa inosservato, ciononostante non intervengo e lo lascio parlare. – Tu hai fatto delle scelte l’anno scorso, se non sbaglio – dice e l’accusa non troppo velata che si cela dietro quelle parole mi arriva forte e chiara. – Beh… io farò le mie…ma voglio che mi prometti che salverai chi riterrai opportuno salvare, che non cercherai di riportare a casa soltanto me! – conclude, il viso acceso di determinazione.

– Haymtich ha fatto una scelta l’anno scorso, prima che potessi farne una io! – replico – ha deciso di salvare me perché Peeta si era offerto di fare altrettanto e poi, soltanto in seguito, ha provato ad aiutare entrambi…capisci quello che voglio dire? Uno solo resta vivo… a meno che non ce ne usciamo tutti con una nuova trovata come “i magnifici tre del distretto 12”! – sbraito tentando di usare il torno più ironico che conosca.

– E allora che proponi di fare? – ribatte lui esasperato. – Non lo so! Ero venuta qui appunto per riflettere un po’… - mi arrendo subito con un ennesimo sbuffo. Restiamo a fissarci in silenzio, mentre ciascuno di noi inizia a soppesare mentalmente le parole dell’altro. Chi è il ragazzo pieno di rabbia che mi sta davanti? Gale è cambiato moltissimo dall’ultima volta che ci siamo visti, ma allo stesso tempo è come se fosse sempre lo stesso.

– Tu sei felice Catnip? – la sua domanda improvvisa mi coglie del tutto impreparata. – Cosa? – chiedo. – Sei felice…? con lui, intendo – ripete Gale, stavolta cercando di essere talmente chiaro da non lasciare spazio a dubbio.

– Peeta è una persona meravigliosa – è tutto ciò che mi viene da rispondere. Lui scruta di nuovo il cielo per un attimo credo che la conversazione tornerà di nuovo sulla questione “tributi”, finché Gale non mi sorprende di nuovo con una domanda decisamente fuori luogo per il contesto nel quale siamo immersi. – Ci sa almeno fare a letto? -.

Lo stupore sul mio viso dura solo mezzo secondo, perché poi un moto di rabbia mi assale – Che domande sono? Cosa…cosa significa adesso? Gale…sei forse impazzito? – balbetto disorientata. Per tutta risposta lui rincara la dose – dico solo che è questo che ci ha fatto Capitol City l’hanno scorso… ci ha separati per sempre…e adesso tu vorresti salvarmi perché ti senti in colpa, per avere la coscienza a posto per poi dimenticarti di nuovo che esisto… -.

Il suo tono è amaro.  – Gale…perché mi stai dicendo questo? Non lo pensi sul serio! – ribatto sopraffatta da vergogna, rabbia, dolore e mille altre emozioni. Lui aspetta un paio di secondi. – Invece lo penso… perciò non voglio che sia tu a farmi da mentore…E mi sembra ovvio che non voglio Peeta… - conclude. In preda alla rabbia mi avvicino a Gale e gli tiro un ceffone con quanta forza riesco a metterci.

Lui si porta subito una mano al viso e torna a fissarmi, lo sguardo vuoto – voglio credere che questo sia soltanto uno sfogo dovuto allo choc di quanto è successo stamattina – gli dico – ma non ti permettere più di tirare in mezzo Peeta, e soprattutto voglio che tu sappia che rispetterò il tuo desiderio di aiutare anche gli altri tributi, ma trovo vergognoso che pensi questo di me… Inoltre: no… Non ci sono andata a letto…ma se anche fosse, tu non saresti nella posizione per farmi sentire come mi hai appena fatto sentire… - ed è senza riuscire a guardarlo negli occhi che me ne torno sul treno, di corsa, verso il mio scompartimento.

Provo a non fare rumore, ma quando entro Peeta è già sveglio, la luce sul comodino è accesa. – Mi sono svegliato e non c’eri… - dice, poi osserva meglio il mio viso e la sua espressione si fa preoccupata – ehi, che è successo Katniss? -. Senza lasciargli terminare la domanda, mi avvicino a lui sedendomi sul letto e lo abbraccio forte. Vorrei dirgli un milione di cose, ma il timore di far scoppiare una lite tra Peeta e Gale mi trattiene dal rivelargli quanto è appena successo, così faccio finta di niente, gli dico soltanto che sono sconvolta perché non voglio assolutamente fare da mentore, è una cosa che mi dilania, che mi distrugge l’anima, ed è vero.

Per un po’ ho quasi il timore che Gale mi abbia seguita e apra la porta del nostro scompartimento, ma non succede niente. Peeta mi accarezza dolcemente la testa con le dita, ed io piano piano comincio a rilassarmi. – Va tutto bene…? Hai per caso incontrato di nuovo quello schizzato accompagnatore di Capitol City? Sai, non si è fatto più vivo da quando voi due avete litigato – mi chiede Peeta preoccupato. – No, no… deve essere ancora nel suo scompartimento con un paio di pacificatori davanti alla porta che gli fanno da guardia. Meglio che si tenga alla larga, comunque, è così viscido che il solo vederlo mi fa venire da vomitare – rispondo mentre mi accoccolo meglio vicino a Peeta. Spero che capisca e non indaghi oltre, ma ovviamente questo è chiedere troppo perfino per lui.

– Allora dov’eri? -. – Da Haymitch… - mento. – Sai, volevo parlare con lui di come trovare sponsor e cose del genere, tanto non riuscivo a dormire -. Peeta sembra perplesso – Haymitch? – chiede - ubriaco com’era non deve esserti stato molto d’aiuto, dico bene? – e dal suo tono di voce capisco perfettamente che non l’ha bevuta. Sto per cedere e raccontagli della mia conversazione con Gale quando Peeta mi stringe forte a sé e mi dà un lungo bacio. Quando ci stacchiamo i suoi occhi sono così intensi che quasi non riesco a reggere lo sguardo.

– Non preoccuparti ok? Ti starò sempre vicino, l’affronteremo assieme anche stavolta! – mi sussurra nell’orecchio. La voce di Peeta è calda e tranquillizzante. Senza aggiungere altro mi lascio cullare dalle sue braccia e mentre mi addormento mi sento tremendamente in colpa perché so di essere ancora troppo confusa riguardo ai miei sentimenti per lui e per Gale.

Ogni possibilità di fare chiarezza mi è stata strappata via, ed ora mi ritrovo qui, a desiderare il calore rassicurante di Peeta e a voler riacquistare il legame speciale che avevo con Gale. So bene che in questo modo li sto tradendo entrambi. Il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi, è che alla fine, in fondo, tutto questo, non è dipeso da me soltanto da me. Questo mi rassicura abbastanza da permettermi di chiudere occhio.

 

La notte è trascorsa con terribili incubi. Al mattino, mentre entro nel vagone ristorante ho ancora davanti agli occhi l’immagine di Gale nell’arena che trafigge con una spada la gamba di Peeta. Solo che in realtà quello era Cato. Credo che tra tutti quelli che faccio di solito, questo sia stato l’incubo più crudele che la mia mente abbia elaborato in assoluto. Peeta è dietro di me e nella carrozza ci sono già Suzan e Netan che parlano con Haymitch intento ad imburrare del pane con la marmellata. Ovviamente, accanto a lui c’è il solito bicchiere pieno di liquore.

Sta già per portarselo alla bocca quando Peeta interviene e con un colpo di mano glielo fa cadere per terra. Se qui ci fosse stata Effie, penso, avrebbe strillato che questo atteggiamento è decisamente da maleducati. – Ehi…che fai, sei forse impazzito ragazzo? – lo rimbecca subito Haymtich, mentre i due ragazzi di fronte a lui sono rimasti a fissare la scena con stupore. – Ne avevamo parlato ieri… ma visto che non sai rispettare i patti… - dice Peeta con tono deciso e nel mentre lo vedo afferrare tre bottiglie di liquore che stanno sul tavolo per poi scomparire verso quello che so essere il bagno.

Lo scatto di Haymitch è repentino quanto un battito di ciglia, cinonostante è ancora talmente addormentato che perfino Peeta con la sua gamba artificiale riesce a distanziarlo e scaricare il contenuto di ogni bottiglia nel gabinetto. Seguono ore di insulti da parte di Haymtich nei confronti di Peeta. Intanto sullo schermo del televisore scorrono veloci le immagini delle mietiture. Io e Peeta trascorriamo la giornata a soppesare ogni singolo partecipante e a formulare ipotetiche strategie.

Come la prima volta, i tributi che mi restano impressi non sono molti, considerando poi che quest’anno il loro numero è aumentato. Il distretto uno ha come tributo Jolly un volontario piuttosto ben piazzato, che deve avere più o meno l’età di Gale anche se la barba nera che porta lo fa sembrare più vecchio, oltre a conferirgli un’aria davvero inquietante.

Per il distretto due gareggiano soltanto ragazze. Devono avere applicato la nuova regola, penso. Il distretto cinque offre un raro esempio di bellezza che credo non si vedesse più dai tempi di Finnick Odair. Il distretto undici invece ha come tributo Jolly una ragazza che è talmente magra che le si vedono addirittura le costole.

Infine vediamo la nostra bizzarra mietitura, strana come non se ne vedevano da… be’…forse da quando io mi sono offerta volontaria l’anno scorso, in realtà. –Che ne pensi? – chiedo a Peeta un po’ scoraggiata. Lui sembra riflettere un poco prima di rispondere, poi dice –non so… continuo a pensare che ne sappiamo troppo poco sulle edizioni della memoria – confessa – hai ragione – confermo.

– Non sarebbe male poterne vedere una… -. Tutto d’un tratto ci viene in mente una stessa cosa. – Mi ero scordata che Haymitch ha partecipato all’ultima edizione della memoria! – esclamo. Peeta però non sembra essere altrettanto entusiasta della mia realizzazione. Lo sento sbuffare leggermente – ci avevo già pensato – confessa facendomi capire che la mia idea arriva decisamente in ritardo – purtroppo lui non ama molto parlarne. Però mi ha fatto avere una cassetta con l’edizione completa, pensavo di chiederti di guardarla assieme – dice. Ancora una volta mi rendo conto di quanto Peeta sia intelligente e perspicace.

Mi sento in colpa a entrare in questo modo nell’intimità della vita di Haymitch, del suo passato, dei suoi tormenti, ma purtroppo non possiamo fare altrimenti se vogliamo trarne qualche informazione in più. Vediamo Haymitch giovane, perfino bello. Si allea con una ragazza di nome Mayslee proveniente dal nostro distretto e si danno man forte finché lei, pur essendo parecchio in gamba, muore poco dopo aver rotto con lui l’alleanza. E’ una scena terribilmente straziante.

Poi vediamo Haymtich scoprire che tutto attorno all’arena c’è un campo di forza e lo vediamo usarlo come ultima spiaggia, contro l’ultima ragazza rimasta che gli dà la caccia. Haymitch ovviamente vince. Le ore seguenti trascorrono in modo penosamente lento. Netan, e Suzan chiacchierano parecchio con Peeta, mentre io me ne sto a fissare il vuoto, rivedendo nella testa le immagini della passata edizione della memoria. Gale non si fa più vedere e così Haymtich. 

Il treno nel frattempo giunge a destinazione e purtroppo, alla stazione di Capitol city siamo costretti a rivedere Bargis Johnson più isterico che mai, che ci intima di sbrigarci e mi rifila un’occhiataccia veloce per poi distogliere subito lo sguardo.

Quando scendiamo, le migliaia di persone vestite nei modi più strani e colorati ci accolgono festose come non mai. Cerco di infondere coraggio a Suzan, Netan e Gale con poche parole di incoraggiamento. Dico loro quello che gli succederà di lì a breve, invitandoli, come fece Haymtich a suo tempo, a non opporre resistenza quando i loro preparatori li tortureranno con creme, bagni e cerette d’ogni tipo. Evito attentamente però, di fissare Gale per tutto il tempo.

Arrivati al centro di addestramento ci dividiamo e è lì che Gale ed io ci lanciamo finalmente un ultimo sguardo prima che le porte tra di noi si chiudano e io possa cominciare davvero a sentirmi in trappola.
 

 

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Capitolo 8
*** Parata - prima parte - ***


 Capitolo 8: Parata –prima parte -
 

Io, Peeta ed Haymitch veniamo scortati da Bargis, il nostro insopportabile accompagnatore, all’interno dell’edificio dove i tributi, in questo momento, vengono sottoposti ai più vari trattamenti estetici dai loro stuff di preparatori.
Mi sembra strano a pensarci, ma quest’anno io e Peeta abbiamo molta più libertà di movimento, possiamo addirittura uscire e incontrare le persone che abitano qui nella capitale. L’idea ad essere sinceri non mi entusiasma nemmeno un po’, ma sono determinata a fare del mio meglio per far uscire vivo qualcuno di loro dall’arena.
 
Purtroppo avere a che fare con la gente non è il mio forte, non sono affatto tagliata per questo ruolo, perciò conto molto sull’aiuto di Peeta.
Lui a differenza di me sembra nato per stare in mezzo ad un pubblico. Ne è la prova la sua intervista con Caesar durante la scorsa edizione dei giochi. Bargis ci mostra quali saranno i nostri alloggi e poi si congeda rapidamente dicendoci che deve assolutamente assistere i nuovi tributi, anche se ho la sensazione che lui a differenza di Effie non sarà di grande aiuto.

La sua è soltanto una scusa per andare a zonzo da qualche parte senza far nulla. Poco male, almeno non dovrò far finta di riuscire a reggere la sua compagnia un minuto di più. Sia Peeta che io abbiamo con noi degli zaini nei quali abbiamo sistemato le nostre cose prima di partire. Se non altro, penso, non sarò costretta a subire trattamenti di bellezza, penso. Ma non faccio nemmeno in tempo a finire il pensiero che dalla porta dalla quale siamo appena entrati ecco apparire Cinna e Portia.

– Katniss…Peeta! – ci sorridono venendoci incontro. Entrambi li salutiamo cordialmente. Cinna è una persona fantastica, senza di lui l’anno scorso non sarebbe mai stato lo stesso. Ciononostante, rivolgo una occhiata interrogativa ad Haymitch.  Lui scrolla semplicemente le spalle. – Non siete obbligati a farvi torturare stavolta…a voi la scelta – dice, dopodiché si congeda e sembra volersi dirigere verso un ampio tavolo sul quale è stato allestito un banchetto. Peeta lo afferra immediatamente per un braccio – niente alcolici, ricordi? Abbiamo un accordo! – lo rimprovera. Il nostro ex mentore però, non sembra del tutto convinto.

– Sei davvero fastidioso ragazzino… volevo soltanto assaggiare un po’ di vitello tonnato, sai da queste parti è una vera favola! – commenta mentre afferra un piatto e con l’aiuto delle posate ci ficca sopra quella che sembra una bistecca ricoperta di una strana crema rosa. – Katniss… come stai? – mi chiede intanto Cinna, catturando nuovamente la mia attenzione. Vorrei dirgli che va tutto bene, ma è evidente che non è così. Lui sembra capirlo del mio sguardo. – Beh…siamo mentori ora – è tutto quello che riesco a farmi venire in mente.

– E tu Cinna…ti trovo in forma. Anche quest’anno ti occuperai del Distretto 12 allora? – sorrido. In effetti trovo confortante l’idea che siano lui e Portia ad occuparsi dei costumi di Gale, Netan e Suzan. Gli occhi dorati di Cinna però si tingono subito di una strana ombra triste. – Purtroppo no… ecco, in realtà noi…- comincia Cinna. – Noi siamo qui apposta per voi – conclude per lui Portia. Nel frattempo Peeta ha smesso di fare da cane da guardia a Haymtich e si è unito alla conversazione. – Quindi, chi si occuperà dei nostri tributi? Almeno, è in gamba? – chiede. Il silenzio imbarazzante che segue alla domanda di Peeta, mescolato con gli sguardi fugaci che Cinna e Portia si lanciano, non promette niente di buono e già so che la risposta non mi piacerà.

E’ la voce profonda e confortante di Cinna a rivelarci che purtroppo, quest’anno il presidente Snow in persona ha scelto una nuova coppia di stilisti per il Distretto 12 e li ha costretti a scegliere se occuparsi del 2 oppure ritirarsi.
La motivazione addotta è che ovviamente il loro lavoro con noi è stato così superbo, che non doveva assolutamente passare inosservato e sarebbe stato per lui un crimine non promuoverli. Cinna però non sembra per niente entusiasta della promozione. – beh…almeno siete qui, mi fa piacere poterti rivedere – dico mentre lui mi abbraccia forte.

– Purtroppo, dal vostro matrimonio, non siamo più riusciti a tenerci in contatto – commenta Cinna. Sono contenta che sia qui, ma il fatto che il presidente Snow lo abbia allontanato da me, lo trovo parecchio significativo. Insieme ci avviciniamo al buffet e chiacchieriamo mentre assaggiamo i vari cibi che ci vengono serviti su grandi vassoi d’argento. Io agguanto un po’ di tutto e assaporo ogni cosa con gusto. Alla fine lasciamo Haymtich da solo con un bicchiere pieno d’acqua e ghiaccio e l’umore decisamente sotto le scarpe. Peeta gli lancia uno sguardo eloquente poco prima che il nostro ex mentore esca totalmente dal suo campo visivo.

Ci allontaniamo insieme a Cinna e Portia che ci conducono in due stanze attigue e cominciano a lavorare su di noi. Tempo due ore ed eccoci più splendenti che mai.
Stavolta, senza lo stuff dei preparatori a torturarmi con cerette e creme, mi sento decisamente più a mio agio. Cinna mi lava e taglia i capelli, poi me li asciuga e mi aiuta a pettinarli nella mia solita treccia. A
pplica un trucco leggero sul viso, eccedendo un po’ soltanto sulla parte dell’arcata sopraccigliare, dove mi sistema un bel po’ di polvere fucsia. Infine mi aggiusta le unghie, applicando uno smalto trasparente che si nota appena.
– Ora mi dirai che c’è anche un vestito in serbo per me, non è così? – scherzo. Cinna però mi stupisce ancora. Con un grosso sorriso apre un’anta dell’armadio che sta alle nostre spalle e mi mostra l’abito che ha creato apposta per me. – Non dirlo a nessuno. Ora, perché non lo provi? – dice.

Io non posso fare a meno di sorridere, per la prima volta dopo tanto tempo. L’abito è semplicemente fantastico, è un vestito da sera color rosso amaranto. E’ piuttosto voluminoso per i miei gusti, ma indossato è così leggero che quasi non mi sento vestita. Le spalline sono a sbuffo e la scollatura è decisamente vertiginosa. Sul davanti tantissime perline rosse e fucsia danno l’idea che l’abito brilli di luce propria. Mentre lo indosso mi sento ridicola, perché anche se è un bell’abito, così conciata somiglio moltissimo ad una donna di Capitol City.

 – Che te ne pare? – mi chiede Cinna, osservando la mia reazione. – E’ parecchio…diverso ecco. Di solito i tuoi vestiti per me erano più… - spiego, sperando di non offenderlo. Lui ride sotto i baffi – certo, prima eri un tributo, poi durante il tour della vittoria ho dovuto farti apparire più desiderabile che mai…ora sei…- lascia la frase in sospeso. – Ora sono una di loro – dico in un sussurro. Mi osservo di nuovo allo specchio.
Per la prima volta da quando Cinna è il mio stilista, posso davvero dire che mi sento orribile… - Lo so che non è quello che ti aspettavi, ma ho pensato che dovendo trovare degli sponsor, avresti dovuto adeguarti un po’ alla situazione – dice semplicemente. Dentro di me gli sono grata perché so che tutto quello che fa ha una sua logica, fino ad ora Cinna non ha mai sbagliato, perciò decido di fidarmi.

– D’accordo. Se questo servirà a trovare sponsor – concludo semplicemente. Pochi minuti dopo ecco arrivare Peeta. Anche lui è conciato in modo decisamente buffo: pantaloni lilla e camicia celeste con sopra una giacca color panna. Portia gli ha anche tirato in su i capelli, pettinandogli in modo che formino una specie ci cresta sulla sua testa.  
Almeno Cinna mi ha lasciato la treccia. I due stilisti si congedano rapidamente dicendoci che adesso dovranno occuparsi dei tributi del distretto due. Mi si stringe il cuore al pensiero che Cinna non sarà dalla nostra parte, tuttavia, una volta rimasti soli, la vista di Peeta vestito in stile “Capitol City” torna a mettermi il buon umore.

– Sei decisamente inguardabile conciato così – gli dico senza riuscire a trattenere una risata. – Ah sì? A te invece dona moltissimo questo colore – risponde Peeta senza badare minimamente al mio commento. Insieme scendiamo giù nell’atrio dove ad attenderci c’è Haymitch intento a osservare un grande schermo televisivo sul quale, tra qualche ora verranno proiettati i tributi durante la loro parata. Adesso però c’è in onda il riepilogo delle mietiture.

Avverto dei brividi profondi lungo la schiena. Peeta mi stringe forte la mano e io mi aggrappo a lui mentre la voce insolente di Claudius Templesmith riassume nuovamente le regole speciali di quest’anno e spiega la storia del tributo “Jolly”. – Ohh ma che vedono i miei occhi – attacca subito Haymitch – se non sapessi di essere sobrio direi che voi due siete completamente impazziti, o meglio, quei due devono esserlo! – si riferisce a Cinna e Portia.
– E’ per gli sponsor! – taglio corto. Non ho la minima voglia di discutere con lui del mio aspetto. In questo momento la cosa che più mi preoccupa è che quel mostro di Bargis non è affatto utile come accompagnatore e quindi io e Peeta dovremmo stare attenti e informare i ragazzi di come dovranno comportarsi e assicurarci che non tardino per la parata.

Effie Trinket e la sua mania per la puntualità non mi sono mai mancate come in questo momento. – Haymitch, piuttosto, che tu sappia, ci è permesso incontrare i tributi prima della parata? – gli chiedo d’un tratto. – Spiacente dolcezza, solamente lo stilista può accompagnare i tributi durante la parata inaugurale –risponde. – Speriamo che non ce li infiocchettino come pacchi regalo e gli diano un aspetto decente, anche se dubito che i nuovi stilisti sapranno essere più bravi di Cinna. Il distretto due parte già con un discreto vantaggio  - commenta aspramente Haymtich.

– Quindi che facciamo? – domanda infine Peeta. Proprio in quel momento vediamo arrivare nell’atrio diverse persone. Subito mi metto sulla difensiva, ma presto capisco che si tratta di nient’altri che i mentori dei diversi distretti, che  iniziano ad arrivare anch’essi nell’atrio. Lo spazio è molto grande, ciascuno prende posto su uno dei morbidi divanetti di pelle bianca, tra quelli che si trovano sparpagliati per la stanza. Io siedo accanto ad Haymtich e Peeta si sistema accanto a me, senza lasciare mai la mia mano. Subito, un uomo con una mano sola si avvicina a noi e Haymitch gli afferra il moncherino salutandolo affettuosamente.

– Ehi Chaff come butta? – chiede. – Potrebbe andare peggio – risponde l’altro, lanciandomi uno sguardo incuriosito. –Oh ma tu sei Katniss Everdeen – commenta immediatamente, avvicinandosi e afferrandomi la mano libera con la sua. – Sì…piacere – dico senza troppo entusiasmo in verità. – Già…e tu sei… - continua – Peeta Mellark – risponde Peeta con un largo sorriso. Seguono chiacchiere interminabili tra Haymitch e Chaff, che scopro essere uno dei mentori del Distretto 11 e grande amico di Haymtich, a quanto pare.

I loro discorsi sono piuttosto noiosi e quindi più che altro faccio finta di ascoltarli mentre tutta la mia attenzione in realtà è catturata dalle altre persone che affollano la stanza. – Quella deve essere Johanna Mason – mi sussurra Peeta in un orecchio mentre mi indica una giovane donna dai capelli castani che passeggia avanti e indietro in modo convulso. Cerco di fare mente locale e presto rammento di chi si tratta.
Lei vinse i suoi Hunger games fingendo di essere una debole, e infine si rivelò tremendamente pericolosa. Gli altri mentori non mi sembra di conoscerli, a parte Johanna, abbastanza giovane perché io possa ricordami di lui c’è Finnick Odair, il bello del distretto quattro famoso per aver infilzato i suoi avversari con un tridente ed essere poi diventato una specie di gigolò qui a Capitol City. Tutti gli altri mi sono estranei.

Resto solamente impressionata dallo sguardo penetrante di quella che deve essere una mentore del distretto due. Sembra spietata solo a guardarla. Poco dopo Haymitch ci presenta un’altra sua amica di nome Cecilia, vincitrice del distretto 8. Il tempo trascorre inesorabile ed ecco finalmente l’annuncio dell’inizio della parata.

– Spero davvero che i nuovi stilisti abbiano fatto un bel lavoro – dico a Peeta mentre le nostre mani intrecciate diventano più scivolose a causa della tensione nervosa. – Sta tranquilla Katniss… qualunque cosa succeda, questo è soltanto l’inizio – risponde. Ed è proprio questo che mi tormenta. Sento provenire dagli alto parlanti la voce squillante di Claudius Templesmith: “Diamo il via alla parata inaugurale di questa terza edizione della memoria. Felici Hunger Games e possa la fortuna sempre essere a vostro favore”  

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Spazio autrice: Ehi salve a tutti. Spero che la storia non vi risulti noiosa. Mi sto impegnando per non lasciare nulla di scontato. In ogni caso, sarei felice se lasciate un commento. Grazie mille :)

 

 
 

 

 
 
 

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Capitolo 9
*** Parata - parte due - ***


 Capitolo 9: Parata – parte due –
 

La piazza antistante il palazzo dove si svolgeranno gli addestramenti dei tributi è gremita di gente. Sui maxischermi vedo comparire la sinistra figura di Snow, vestito a festa, con la sua barba irsuta e la solita rosa bianca appuntata sul petto. Ovviamente la cosa che più detesto di lui sono gli occhi di serpente che adesso scrutano la folla. Il primo carro, trainato da due cavalli bianchi, comincia a muoversi e ha così inizio la parata inaugurale dei 75esimi Hunger Games, nonché la Terza edizione della Memoria. Avremmo potuto sistemarci tra gli spalti ma preferisco di gran lunga trovarmi qui, a distanza di sicurezza da tutta quella strana gente urlante. Le folle mi hanno sempre messo soggezione.

Osservo i tributi del distretto uno e con sorpresa scopro che ad occupare il carretto sono soltanto in due. – Dov’è il ragazzo barbuto che avevamo visto durante le repliche delle mietiture? – esclamo ad alta voce per la sorpresa. Peeta sembra stupito quanto me. – Non so, forse i tributi Jolly faranno un’entrata a parte – dice semplicemente. La sua risposta è logica, ma sento ugualmente che l’ansia sta cominciando a pervadermi sempre di più. Il mio petto si alza e si abbassa ad una velocità esagerata, mi sento tesa esattamente come se su quel carro dovessi salirci io, adesso. Mi volto verso Haymitch in un muto grido d’aiuto. Anche lui però sembra saperne quanto me.

 – Vedrete che adesso salteranno fuori…non sono ancora nell’arena. Non possono mica farli sparire – è il suo unico commento sarcastico. Il ragazzo e la ragazza dell’uno sono completamente ricoperti di lustrini. I loro corpi nudi sono stati colorati di una tinta dello stesso colore e due coroncine d’argento sulle loro teste li fanno brillare come gemme.
Ciò non toglie che, rispetto ai vestiti che ho visto l’anno scorso, sembrino piuttosto ridicoli. Subito dopo è il momento del distretto due e inevitabilmente il tocco di Cinna appare in tutto il suo splendore. Il distretto due produce armi e articoli da battaglia per la capitale. I due tributi, due ragazze alte ma ben piazzate, l’una mora e l’altra bionda, hanno uno sguardo di ghiaccio.
I loro capelli sono stati ripetutamente intrecciati tra loro. Le ciocche bionde si fondono con quelle più scure, entrambe lunghissime. Non credo siano i loro veri capelli, perché ricordo che nel filmato delle mietiture, non erano tanto lunghi da poterli intrecciare così. Certo è, che l’effetto è stupefacente. Anche loro due, come me e Peeta l’anno scorso, sembrano combattive ma unite tra loro per andare avanti, uccidere e vincere.

Nei loro occhi scorgo però molta più sete di sangue di quella che mi piacerebbe trovarci. Indossano due tute aderenti di colore grigio chiaro, lisce e lucenti, in grado di rifrangere la luce quando questa ci batte contro. Sono taglienti: esattamente come la lama di un coltello. Tra i capelli, striscioline argentate rimandano altrettanti riflessi. Mi viene da pensare che questa sera sono tutti piuttosto abbaglianti qui. Stringo forte la mano di Peeta senza però distogliere gli occhi dallo schermo nemmeno per un secondo. – Che ne pensi? – sussurro. – Penso che non è ancora detta l’ultima parola…- risponde. Intanto la sfilata continua.

I tributi del distretto 3 sono due sedicenni, lei trema come una foglia e per un attimo sembra che debba cadere dal carro in movimento, ma all’ultimo si afferra saldamente al braccio del suo compagno che la tocca solamente per il tempo necessario a ridarle stabilità, poi le si allontana quasi lei avesse la peste.

La cosa ovviamente non passa inosservata e il pubblico rumoreggia, alcuni scuotono la testa mestamente. Giro la testa per guardarmi attorno e trovo quello che deve essere il mentore del distretto tre, buttare a terra, in un gesto di stizza, un vaso di fiori che si trova su una colonnina di marmo a titolo decorativo. In teoria dovrei rallegrarmi se gli altri tributi si mettono in ridicolo, perché in questo modo ho più possibilità di accaparrarmi qualche sponsor, ma la verità è che non posso fare altro che provare pena per quella povera ragazza. Seguono altri carri, ma  la mia tensione, anziché diminuire, aumenta per ogni coppia di tributi che avanza.

Nel frattempo e in sottofondo, le voci di Claudius e Caesar fanno la cronaca di ciò che accade. Quando finalmente il carretto con i tributi dell’11 passa per fare spazio ai Netan e Suzan, ho un tuffo al cuore. Peeta mi lancia uno sguardo che non fa che confermare quanto sto pensando. Non riesco a restare seduta perché sento una rabbia incontrollabile esplodermi dentro e credo che se lui non fosse qui accanto a me potrei anche prendere esempio dal mentore del distretto tre e fracassare qualcuno degli oggetti che mi circondano. 

– Che diavolo significa? – urlo. Le voci dei due presentatori però mi sovrastano e forse riescono a spiegare molto meglio di me, quello che in questo momento, tutti i presenti stanno pensando: “E per concludere, il Distretto 12…” esclama Caesar. Poi si interrompe, quasi fosse stato folgorato “Wow….davvero…wow… e chi se lo sarebbe aspettato” commenta. “Beh, dopo gli scintillanti sfortunati amanti del Distretto 12 dell’anno scorso, questo è un colpo basso, si si… Non ci siamo. Era ovvio che per superare i costumi dell’anno scorso ce ne sarebbe voluto, sarebbe comunque stato difficile, ma questo…”. “puoi dirlo forte” rincara la dose Claudius “guardali…sembrano…Cioè, l’idea di legargli i polsi con delle manette è nuova però…” aggiunge. “Sì ma i picconi e gli elmetti da minatori, la fuliggine e tutto il resto sono roba vecchia…” risponde Caesar. “Beh…a volte il vecchio torna di moda, ma direi che non è questo il caso, giusto Cesar?”. Giusto. Ma secondo te, che vorranno dire quelle manette?”chiede subito l’altro dopo un gesto di assenso. “Non saprei Caesar…”è tutto ciò che risponde Claudius. Io invece lo so benissimo cosa significa.

– E’ un bel pasticcio, dolcezza – dice d’un tratto Haymitch alzandosi dalla sua poltrona. – Io a questo punto vado a farmi un goccetto…tanto mi sa che per quest’anno servirò a poco. Basterete voi due a fare danni… - conclude, allontanandosi.

– Aspetta! – gli urlo, ma Peeta mi tira per un braccio – Katniss, no! Lascialo andare…tanto non serve. Se non vuole aiutarci dovremo pensarci noi – dice. – Ma come? Hai già cambiato idea? – replico. – Non ho cambiato idea, solo che mi sono reso conto che non ha molto senso sprecare così tante energie nel tenere sobrio Haymitch. Adesso mi sa che abbiamo una strategia da mettere in piedi e… - ma non lo lascio terminare – e lui è l’unico che  può dirci come fare, perché io e te non ne abbiamo la più pallida idea – controbatto.

Così dicendo sto per rincorrere Haymtich quando la voce di Caesar mi riporta alla parata. La storia delle manette mi ha sconvolta talmente tanto che mi stavo dimenticando del fatto che non tutti i tributi hanno finito di sfilare. “Molto bene…Come sapete, quest’anno ogni distretto avrà un aiuto speciale da un tributo particolare: il tributo Jolly. Spetterà ai mentori decidere quando farlo entrare in gioco. Se a vincere sarà questo speciale tributo, il distretto da cui proviene riceverà derrate alimentari in abbondanza per un intero anno, tutto ovviamente a nostre spese” sorride. “Ora però vi spiego come mai questi tributi non parteciperanno alla sfilata”.

A queste parole un sudore freddo comincia ad imperlarmi il viso. Torno a sedermi accanto a Peeta  e stavolta gli afferro tutto il braccio e me lo porto attorno al collo, voglio che mi stringa come non mai. Lui senza fiatare mi tira a sé e posso avvertire distintamente i suoi muscoli tesi.

Essendo, diciamo, una specie di arma segreta, abbiamo deciso che non sarebbe corretto presentarli al pubblico come gli altri tributi, perché rovineremmo la sorpresa. Ed è per questo che essi rimarranno chiusi nei loro alloggi speciali e parteciperanno a sezioni di allenamento del tutto speciali, separate da quelle degli altri tributi”. A quelle parole sento il pubblico iniziare a vociare per la sorpresa.

 “Tutto questo renderà gli Hunger Games di quest’anno del tutto sensazionali! Non si era mai vista una edizione in cui non intervisto dei tributi” commenta di nuovo Caesar. “In realtà, forse non dovrei dirlo, ma se devo essere sincero, questa cosa mi stava distruggendo dentro, perciò sono riuscito ad ottenere una cosa” deglutisce e prende fiato “ho ottenuto che l’intervista ai tributi Jolly si tenga, ma segretamente e registrata. Verrà poi mandata in onda al momento dell’entrata in scena del tributo all’interno dei giochi. Non è un’idea fantastica?” a quelle parole il pubblico applaude. Urla di giubilo si levano dagli spalti mentre il presidente Snow si affaccia dalla sua balconata, sopraelevata rispetto al pubblico sottostante.

– Benvenuti tributi. Felici Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore – fa una pausa e sembra riflettere se dire o meno qualcosa – come ben sapete, questa è la terza edizione della memoria. Le edizioni della Memoria sono state create per far ricordare  a tutti gli abitanti dei distretti che la ribellione porta soltanto sangue, che gli Hunger Games esistono per un motivo specifico e questo non dovete mai dimenticarlo.

Ciò nonostante, volevo anche farvi sapere che il governo di Capitol city tiene molto ai suoi distretti ed è per questo che ho deciso di premiarli. Se sarà in grado di vincere, il tributo Jolly porterà speranza al proprio distretto, ma per farlo dovrà dimostrare di saper stare alle regole, e restare in vita. Soltanto chi rispetta le regole può essere premiato. Chi non lo fa, avrà come destino una morte certa – e con queste parole si congeda, sovrastato dagli applausi del pubblico.

Le porte del centro di addestramento di chiudono alle spalle dei tributi ed io mi dico che voglio assolutamente che si rimangi ogni parola, che non è questo il messaggio che deve passare, che non è giusto. Peeta mi aiuta ad alzarmi e insieme ci dirigiamo verso i nostri alloggi. – che vuoi fare? – mi chiede con aria triste – Non lo so…io…loro sono… - balbetto in preda ad un attacco di ansia. In questo momento vorrei trovarmi incollata ad una bottiglia come fa Haymtich, per non pensare, per non vedere e non sentire più. Fosse per me mi butterei tra quella folla e griderei come la penso, che tutto questo è folle, che non si possono costringere dei ragazzini a massacrarsi l’un l’altro in nome di una pace creata attraverso il terrore, continuando a versare sangue.

– Voglio parlare con loro Peeta – dico infine. – Voglio che sappiano che mi impegnerò per aiutarli – è tutto quello che riesco a pensare ora.  – Voglio vedere Gale – concludo con le lacrime agli occhi. – D’accordo – risponde lui e un passo dopo l’altro ci incamminiamo verso la prossima tappa.

 

 
 

 

 
 
  

 
 

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Capitolo 10
*** Strategia ***


Capitolo 10 : Strategia
 

Corro rischiando di inciampare almeno un paio di volte a causa del vestito ingombrante che indosso. Quando arrivo davanti a loro li trovo ricoperti entrambi di fuliggine, ma il loro umore è chiaramente più cupo della loro pelle.
– Ehi…- li apostrofo con il tono più dolce e materno che mi riesce. Senza che nessuno sia riuscito ancora a dire una parola osservo Suzan scoppiare in lacrime mentre Netan tiene lo sguardo basso levandosi finalmente di dosso l’elmetto.

 

 – Siamo già finiti – dice con voce carica di rabbia, tristezza e frustrazione, facendo singhiozzare ancora più forte Suzan. Tutto questo non va bene, perché anche se qui non ci sono le telecamere a riprenderli, posso sentire gli sguardi degli altri tributi puntati addosso e l’ultima cosa di cui hanno bisogno adesso è apparire deboli e disperati. Peeta però interviene prima di me – Ok ragazzi… seguiteci… vi mostreremo i vostri alloggi. Dove diavolo è Bargis? … fa niente… restate calmi d’accordo? – dice, ma non sembra molto efficace.
– Non è ancora detto nulla, va bene? – prosegue – ci sono ancora le sessioni di addestramento e le interviste… per di più probabilmente si aspettano ancora grandi cose dal Distretto 12, non mollate proprio ora! -.

 

Mentre aspettiamo che arrivi l’ascensore vedo Suzan aggrapparsi stretta al braccio destro di Peeta  - grazie… tu sei gentile per lo meno… quel mostro del nostro stilista ci ha fatto vivere le ore peggiori della nostra vita e credo che impazzirei se non sapessi di avere almeno un mentore come te al mio fianco – dice la ragazza.
Netan fa un gesto di assenso mentre Peeta accarezza una guancia a Suzan per asciugarle le lacrime – niente pianti, ok? Pensate che se ne sono uscito vivo io, voi due potete tranquillamente sperare di farcela se… -. Peeta sembra bloccarsi un momento, l’ascensore arriva e mentre saliamo io non posso proprio evitare di sentirmi strana. Suzan è una ragazza tranquilla, gentile e forse un po’ troppo fragile, ma Peeta sembra riuscire a darle una grinta che non mi spiego.
Esattamente come non mi spiego perché mi infastidisce così tanto vederli mentre se ne stanno a braccetto a confabulare. Peeta sta soltanto cercando di tirarla su di morale per prepararla al peggio. Ora che ci penso però, è la prima volta che vedo Peeta accanto ad una ragazza che non sono io. – Che volevi dire? – chiede d’un tratto Netan. – chi? – chiedo io mentre le luci dei vari piani che a poco a poco raggiungiamo, si illuminano sul quadrante.

– Oh…beh…non mi è sembrato il caso parlarne laggiù perché avevo notato che le ragazze del due e quello del sei sembravano parecchio interessati ad origliare – confessa Peeta. – Ora però posso dirvi che come strategia da consigliarvi per tenervi in vita il maggior tempo possibile e magari, perché no, vincere, potreste prendere esempio dagli Hunger Games dell’anno scorso… Insomma, se non fossi riuscito a allearmi all’inizio con i favoriti e poi con Katniss, sarei morto senza nemmeno avere l’occasione di sacrificarmi per lei – spiega.

Lo stupore e lo sconcerto sul mio viso sono evidenti. D’altra parte però, credo di aver sospettato da subito che lui avesse in mente una cosa del genere, solo che tra immaginarlo e sentirgli parlare di me in quel modo, di come aveva deciso sin dall’inizio di salvarmi… - inoltre sarete molti di più e anche Haymitch durante la sua edizione della memoria, ad un certo punto ha dovuto creare un’alleanza – prosegue Peeta.

 I due ragazzi lo ascoltano con interesse e rinnovata speranza. – Dici davvero? E con chi si alleò? – domanda Suzan. – Con Mayslee Donner, la ragazza del suo distretto – risponde Peeta.
– Voi dovrete riuscire a fidarvi l’uno dell’altra. Solo così potrete sperare di arrivare abbastanza avanti nel gioco da avere qualche chance di tornare a casa – conclude. Netan scuote la testa: - lo sai benissimo che non posso. Nell’arena non ci sono regole e chi mi assicura che questa qui non sia come Johanna Mason. Magari finge di essere debole e indifesa e poi…no, non mi sembra una buona idea – sentenzia.
– Se è per questo anche tu non ispiri tanta fiducia. Per tutto il tempo non mi hai neanche rivolto la parola – ribatte Suzan – e quando ti ho chiesto di impedirgli di ficcarci addosso quelle manette, tu non hai avuto nemmeno il coraggio di ribattere! -. Netan, pur avendo il viso coperto di fuliggine, sembra accendersi di una tonalità di rosso. – Ci avevate detto di non opporci! Io li seguo i consigli dei mentori! – urla. – Si ma era evidente che qualcosa non quadrava! – grida Suzan di rimando.  

In quel momento l’ascensore giunge a destinazione e l’odiosa figura di Bargis compare nel corridoio antistante all’entrata nell’attico, facendo zittire tutti e placando momentaneamente la lite.  – Oh alla buon ora! – ci rimprovera subito con aria piccata mentre sogghigna con quell’orribile bocca dal contorno blu elettrico dalla quale spuntano i soliti denti sporgenti.

 – Dovete essere più puntuali ragazzi, capito? – continua mentre io mi diverto ad immaginare più e più volte il calcio che Peeta gli ha dato quando sono stata aggredita durante la partenza. – Molto bene, adesso che siete qui e vi ho accompagnato alle vostre stanze posso anche andarmene…Oh… le sessioni di allenamento cominciano domattina…mi raccomando puntuali perché non verrò a svegliarvi come fossi una balia…ciao ciao – e con quella sua vocetta odiosa fa per andarsene – oh quasi dimenticavo. Il vostro amico lì è già nella sua stanza – e così dicendo se ne torna da dove è venuto regalandoci un altro momento di libertà. Senza esitare corro dove so che ad attendermi c’è Gale.

Lo trovo intento a fissare con circospezione il marchingegno automatico che ti consente di ordinare del cibo in camera. Soppesa tra le mani quello che deve essere pollo fritto e impanato tagliato a pezzetti – ehi…Katniss…- esclama non appena mi vede. Senza pensare gli corro incontro e lo abbraccio forte. Peeta, Netan e Suzan entrano a loro volta nella sala da pranzo. Mi scosto da Gale per osservarlo meglio e noto immediatamente il suo nuovo taglio di capelli.

-Che ti hanno fatto? Quasi non ti riconoscevo! – gli dico. – Lasciamo perdere. Quella donna è assolutamente pazza. Mi ha tagliato i capelli di diverse lunghezze per formare sulla mia testa la scritta “Jolly” seguita dal numero 12 – risponde subito lui seccato. – Ha detto che in quel modo avrei certamente attirato l’attenzione -.

Dietro di me sento Peeta trattenere a stento una risata. Mi volto verso di lui e gli lancio  un’occhiataccia, giusto il tempo di notare che Suzan non si è ancora staccata dal suo braccio. In questo modo però rivedo anche quella cosa che è riuscita a farmi infuriare durante la parata e che i discorsi di Peeta mi avevano per un attimo fatto passare di mente. Torno immediatamente seria.

– Deve essere pazza sul serio la vostra stilista se ha fatto indossare a loro delle manette – dico. Questa sola frase è capace di far sparire immediatamente ogni aria festosa dalla stanza per farla piombare nel gelo del silenzio. – delle manette, hai detto? – replica subito Gale. Inevitabilmente ecco Suzan trattenere l’ennesimo singhiozzo. Netan sbuffa – si quell’idiota ha detto che non potevamo rifiutarci -.  Gale stringe i pugni e frantuma tra le dita una crocchetta. Peeta posa i suoi occhi azzurri su di me.

– E’ Snow… lui non vuole che il distretto 12 abbia alcuna speranza di farcela quest’anno – spiego. – Io e Peeta ci siamo sposati per placare gli animi dei distretti, ma a lui questo non è bastato. Evidentemente vuole punirmi per aver tentato di sobillare una rivolta con la storia delle bacche…e per farlo ha scelto di farmi soffrire nel vedere che, nonostante i miei sforzi, lui vincerà sempre – confesso. Peeta sa di che cosa parlo, ma sia Gale che Suzan e Netan lo vengono a scoprire per la prima volta.

 

 – Mi dispiace ragazzi…voi morirete per colpa mia, perché Snow non vuole che vinciate – e mentre lo dico non mi riconosco più perché sento che sto per scoppiare in lacrime. Non mi sono mai sentita così colpevole, così impotente come adesso. La verità è che sono stanca di essere una marionetta, di dover fare quello che mi viene chiesto. In ogni caso, qualunque cosa io faccia, qualcuno ci rimette.
– Non dire così Katniss – interviene Peeta avvicinandosi a me con fare protettivo.

– Quindi altro che gioco di squadra! Qui moriremo tutti soltanto perché facciamo parte del distretto 12! – commenta Netan con rabbia. – No, no, no…fermi tutti ok? – dice energicamente Peeta – se prima avevo qualche dubbio in proposito adesso ne sono certo: la strategia di fare squadra è l’unica possibile -. Tutti noi lo fissiamo – pensateci: abbiamo capito che Snow non vuole un altro vincitore proveniente dal Distretto 12…Quindi, probabilmente vi punterà più degli altri, giusto? – chiede.

Tutti gli altri annuiscono. – Sì, e con questo? – dice Netan. – Con questo, beh…mi sembra logico che formare un’alleanza tra noi tributi del 12 sia il modo migliore per mantenerci in vita il più a lungo possibile – spiega Gale cogliendo perfettamente la logica di Peeta.  – Ottimo…quindi, siamo d’accordo? – chiede quest’ultimo. – Siamo d’accordo – conferma Gale.
– Per… per me è sensato, ci sto – aggiunge Suzan. Netan sembra esitare, ma poi è costretto a gettare la spugna e arrendersi di fronte all’evidenza. – Ok…ma sappiate che quando sarà il momento io penserò soltanto a salvarmi la vita ok? -.

Passiamo almeno una mezz’ora a discutere di come riuscire a fregare Snow. Poi però arriva l’ora di cena e per grazia divina Bargis non si presenta. Fa mandare un bigliettino in cui dice che non si abbasserà a dividere il tavolo con qualcuno che lo ha così pesantemente offeso. Ovviamente si riferisce a me e Peeta. Haymitch invece ci raggiunge, mediamente sobrio, accompagnato dagli stilisti di Netan e Suzan.

Quando li vedo arrivare quasi mi crollano la braccia per lo stupore. Sembrano entrambi pericolosamente anziani, ma a differenza dei nostri “vecchi” del distretto 12, questi si sono fatti tirare talmente tanto la faccia per cancellare i segni del tempo che i loro occhi si sono stretti in due fessure. I capelli nero corvino di lei stonano enormemente a contatto con la pelle del viso, pallida e giallognola. Hanno collane e pendagli che spuntano da ogni dove, lui addirittura ha un tatuaggio a spirale che gli parte dal collo rugoso fino alla tempia.  Sono due esempi di come la chirurgia plastica qui a Capitol City sia decisamente troppo abusata.

 Se non altro sembrano gentili, ma di certo non sono né acuti né tantomeno dalla nostra parte visto che hanno conciato i nostri tributi in quel modo. Durante la cena nessuno parla. La ragazza dai capelli rossi, la senza voce che avevo riconosciuto l’anno scorso, non c’è. Se Gale la vedesse, come la prenderebbe? La riconoscerebbe? Non lo so, ma forse farei bene a parlargli di lei, prima che se ne esca con qualche frase bizzarra come feci io l’anno scorso. Finito il pasto, tutti quanti ci prepariamo per andare a dormire. Io e Peeta salutiamo gli altri e lo seguiamo fino ai nostri alloggi che sono separati dai loro.

 Infine, ci congediamo anche da Haymitch e sistemate le nostre poche cose, ci dirigiamo nel nostro posto, sul tetto. Non c’è nessuno quindi, possiamo parlare tranquillamente. Peeta chiude alle nostre spalle la porta e rieccoci di nuovo qui. – L’avresti mai detto? – mi chiede. – Che cosa? -.

– Che io e te avremmo fatto ritorno quassù, entrambi vivi. E’ un po’ strano, non trovi? – dice. – Già…- e mentre osserviamo il crepuscolo avvolgere le mille luci di Capitol City sento Peeta che mi stringe forte abbracciandomi la schiena. Restiamo in silenzio per un tempo indefinito, mentre le voci della gente si perdono nell’aria che ci scompiglia i capelli. Il mio umore, così come la mia espressione sono affranti, decisamente pessimi. –Peeta… Credi davvero che se faranno squadra avranno qualche possibilità? – gli chiedo mentre lui mi passa un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, accarezzandomi il viso.

– Certo…Gale poi è un po’ come te, no? Se la cava bene con archi e frecce, e sa mettere trappole. Li aiuterà a sopravvivere e a non morire di fame, un po’ come tu hai fatto con me l’anno scorso…poi…- risponde Peeta – poi, non so cosa succederà ma ti prometto che almeno uno di loro tornerà ok? Darò tutto me stesso per riuscirci…- e così dicendo Peeta mi aiuta a girarmi verso di lui per farmi vedere che i suoi occhi sono sinceri.

Senza esitare avvicino il mio viso al suo perché sento disperatamente il bisogno del suo calore e così ci baciamo mentre il mondo cade di nuovo a pezzi, mentre tutto sembra volermi crollare addosso… E io mi aggrappo all’unica cosa bella che c’è accanto a me. Mi aggrappo a lui perché so che lui è l’unico che può capirmi. E così cala la notte.

 
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Spazio autrice: la storia dei capelli di Gale non sapevo se metterla o no prché mi sembrava stupida, ma ogni tanto un po' di comicità ci sta...poi non so se riesco ad essere divertente o se risulto solo pietosa. Grazie per aver letto. Un bacio a tutti! Aspetto recensioni, critiche e quant'altro!
 

 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Regolamento ***


Salve a tutti! Sono felice che siate sempre più numerosi voi che mi seguite. Un ringraziamento speciale a tutti voi che avete avuto la voglia e la pazienza di leggere fino a qui e magari avete pure commentato. Siete fantiastici! spero che il nuovo capitolo vi piaccia. Buona lettura!
 


 Capitolo 11: "Regolamento"
 

La notte è trascorsa più in fretta di quanto avrei voluto. Devo essermi addormentata verso mattina, quando ormai il mio cervello era così stanco da dimenticarsi dove siamo e perché ci troviamo qui. Mi sono fatta cullare da un sonno di piombo, cullata dai baci di Peeta. Al mio risveglio però tutto si è fatto di nuovo chiaro, purtroppo. Siamo a Capitol city… Siamo i nuovi mentori dei tributi del Distretto 12, mi dico mentre alzo dal letto. Gale quest’anno è uno dei tributi… contuinuo nel fare mente locale. Peeta ha pensato che se faranno gioco di squadra potrebbero anche farcela. Osservo l’altro lato del letto. Peeta dorme ancora. In effetti è presto per alzarsi, dobbiamo incontrare Haymtich per convincerlo a darci una mano con gli sponsor. Tirare una secchiata d’acqua addosso a lui per fargli passare la sbornia sarebbe nulla, il punto è che qui a Capitol City nessuno si sveglia alle sei del mattino, nemmeno per parlare dei tributi. Per quello dovremmo aspettare almeno le undici, quindi tanto varrebbe riposare visto che noi mentori non abbiamo altro da fare per il momento. Tuttavia il sonno adesso non è proprio tra le mie priorità. Scelgo di lasciare dormire Peeta ancora un po’ e mi allontano dal letto senza fare rumore. Mi avvio verso il bagno e mi butto direttamente sotto la doccia. Premo qualche bottone a caso mentre mi passo una mano tra i capelli e mi massaggio un po’ le tempie. Snow non vuole farli vincere, Snow li vuole tutti morti… L’acqua lava via il sudore freddo dalla mia pelle, ma non l’angoscia che sento crescere dentro di me. In ogni caso comincio a strofinarmi energicamente i capelli con uno schampoo e mi costringo ad accettare che sarà un’altra lunga giornata. Oggi cominciano l’addestramento, penso.
 

 La colazione trascorre lentissima, tra schermaglie e battibecchi che trovano come protagonisti un Haymitch decisamente poco collaborativo e un Peeta assolutamente deciso a non dargli tregua. Quando il nostro ex mentore gli tira una fetta di marmellata sul naso decido di intervenire perché la situazione nella sua globalità sta ormai rasentando il ridicolo. – Adesso dateci un taglio per favore!- sbraito. Peeta mi lancia uno sguardo esasperato – E’ lui che non collabora a dovere! Che significa che siamo tagliati fuori? – protesta Peeta in direzione di Haymtich. Lui tenta nel frattempo di aggiustarsi il colletto storto della camicia, senza riuscirci – Significa che finora, tutti quelli che conosco e tutti quelli con cui ho parlato con cui ero in buoni rapporti, si sono rifiutati di considerare l’idea che un tributo del distretto 12 possa di nuovo spuntarla. Tutto qui – conclude come se stesse dicendo una cosa ovvia. – Ma tu devi…- inizia di nuovo Peeta.  – Io non “devo” un bel niente…Forse non avete capito bene la situazione. Ve lo rispiego: qualunque cosa io dica o faccia, non importa cosa o come, quelli si rifiutano a prescindere di tenervi in considerazione! E’ chiaro il concetto? – sbuffa facendo per alzarsi da tavola. Io però lo trattengo per la manica della giacca – Vuoi dire che ci ha veramente tagliato fuori? Come è possibile? Come ha fatto a convincere tutti ancor prima che il pubblico possa farsi un’idea di loro? Voglio dire, ci sono le sessioni di allenamento con gli streteghi ancora, il punteggio, le interviste… - elenco mentre gli occhi annoiati di Haymtich mi osservano gesticolare in modo convulso. – Ha ragione…non può aver comprato tutti… Troveremo comunque qualcuno disposto a finanziarci… - aggiunge Peeta con veemenza. Haymitch butta gli occhi al cielo e sospira. – Ammesso e non concesso che troviate qualcuno, ho quasi la certezza che comunque ai tributi favoriti o a quelli degli altri distretti arriveranno un sacco di paracaduti in più quest’anno. Loro hanno mentori come Finnick Odair, Cecilia, Chaff… La gente li ama da sempre anche senza che Snow ci metta lo zampino - insiste. – E noi siamo i vincitori dei 74° Hunger games…gli sfortunati amanti del distretto 12! – replica Peeta – amano anche noi! -. A quelle parole vedo spuntare un volto pallido e smorto dal fondo della sala. Bargis, più pomposo e bisbetico che mai, vestito con una giacca color lavanda e una camicia verde acqua, si avvicina a noi di gran carriera. Tento immediatamente di ignorarlo, posando lo sguardo sul lampadario fatto di mille pietre luccicanti che c’è appeso al soffitto, ma invano. – Oh, ma chi si vede! – lo imbecca Haymitch – alla buon ora -. Bargis lancia a tutti un’occhiataccia delle sue, grugnisce e poi risponde – E’ una mattinata terribilmente ricca di impegni per me. Non ho tempo da perdere con voi. Leggete subito e firmate, dopodiché spero di vedervi il più tardi possibile – dice mentre allunga sul tavolo una busta bianca. Tutti e tre ci sporgiamo per leggerne l’intestazione, che però non c’è. C’è soltanto un sigillo di ceralacca color prugna. – Che cos’è? – chiedo. Bargis storce il naso – Sai, dopo gli, hem,imprevisti dell’anno scorso, questa volta volevano essere sicuri che le regole vi fossero chiare fin da subito – spiega semplicemente. Apro la busta rompendo il sigillo e scopro che contiene una specie di regolamento speciale destinato ai tributi Jolly. Leggo a voce alta per far conoscere il contenuto anche agli altri. “Cari mentori del distretto 12. Ecco qui esposte le regole che vedranno protagonisti i tributi Jolly di questa edizione della Memoria. Punto primo: Potrete decidere voi quando far entrare in gioco il tributo Jolly. Questo avverrà in un luogo del tutto particolare, deciso di volta in volta dagli strateghi, che quindi avranno la possibilità di far partire il tributo dal luogo che riterranno più opportuno all’interno dell’arena, e non dalla consueta piattaforma di lancio come per gli altri tributi. In compenso il tributo in questione riceverà uno speciale equipaggiamento in dotazione”. Prendo fiato e osservo gli occhi dei miei compagni farsi sempre più seri. Questa non ci voleva. Sarà ancora più difficile tirare fuori vivo Gale da lì e fargli fare gioco di squadra se gli strateghi dovessero decidere di farlo cominciare per esempio dal lato opposto dell’arena rispetto a dove si trovano Netan e Suzan. Inoltre gli strateghi potrebbero farlo cominciare apposta dal punto più pericoloso per farlo morire subito. Un brivido mi attraversa ma continuo a leggere. “Questo non succederà se i mentori decideranno di far iniziare a giocare il loro tributo Jolly fin dal principio. In tal caso infatti, questo potrà essere piazzato sulla consueta piattaforma di partenza, come gli altri tributi”. Senza che io abbia bisogno di dire nulla, capisco che Haymitch e Peeta stanno già pensando che Gale dovrà entrare in gara immediatamente. Visto che sono d’accordo, proseguo nella lettura senza dar voce ai miei pensieri, perché quella serpe di Bargis è ancora qui a farmi fretta mentre pesta i piedi come un bambino viziato. Purtroppo, appena leggo le righe successive mi rendo conto di aver deciso troppo in fretta: “Se i mentori dovessero scegliere quest’ultima via però, ci sarebbe da subito una penalità a loro carico, perché avere un giocatore in più nell’arena proveniente dallo stesso distretto potrebbe comportare vantaggi non da poco per tale distretto. E’ stato dunque deciso che in una simile evenienza, il tributo Jolly non potrà appropriarsi di nessun oggetto o alimento presente nella cornucopia. Pena l’immediata eliminazione dal gioco ad opera degli strateghi”. Stavolta sto per dire qualcosa ma Peeta mi blocca – continua – dice. Così proseguo: “Secondo punto: come già preannunciato, se dovesse vincere il tributo Jolly il distretto da cui proviene riceverebbe derrate alimentari gratuite per un anno intero. Al contrario, il distretto da cui proviene il primo tributo Jolly che morirà, perderà la possibilità di richiedere le tessere e non riceverà cibo extra da Capitol City per almeno un anno” sento il mio cuore farsi sempre più piccolo nel petto mentre leggo “Punto terzo: far partecipare i tributi Jolly ai Giochi è obbligatorio. Verrà stabilito un termine entro il quale farlo entrare nell’arena. Se i mentori dovessero tardare, da regolamento, questo verrebbe comunque fatto entrare nell’Arena e i mentori in questione verrebbero puniti severamente con provvedimento da stabilirsi. Fine concludo con un sospiro.
 

Qualche ora dopo siamo in giro per Capitol City in compagnia di Haymtich. Abbiamo lasciato Bargis ai suoi “affari” e ci siamo rapidamente allontanati dal centro di Addestramento. Haymitch si è improvvisamente fatto serio e ha detto ci ha detto di seguirlo in un posto. Netan e Suzan stanno affrontando le loro sessioni di assestamento in questo momento, Gale le sue assieme agli altri tributi Jolly. Mi guardo attorno tra le case dai colori sgargianti e i pavimenti delle strade lastricati di delicate pietre rosa e arancione, afferrando saldamente la mano di Peeta quando qualcuno ci si avvicina perché vuole una nostra foto o semplicemente per stringerci la mano. Mi sento tremendamente a disagio e l’ultima cosa di cui ho voglia al momento è recitare la parte della ragazza dolce e socievole, ma Haymitch dice che dobbiamo piacere alla gente, come sempre, se vogliamo avere una chance di trovare sponsor. Cerco di sorridere. Peeta ha già sfoderato il suo sorriso da intervista quando una giovane donna dai capelli neri con una frangia cortissima e gli occhi dipinti di verde lo avvicina e gli dà un bacio a stampo, così, senza alcun preavviso. Mi sento avvampare mentre osservo Peeta staccarsi da lei rapidamente e cercare di allontanarla. I presenti intanto hanno iniziato a mormorare e lanciare gridolini mentre Haymitch ha abbandonato l’espressione corrucciata e seria di poco fa e sta già ridendo come un pazzo. – Dolcezza, se non fai attenzione quelle sgallettate te lo porteranno via un pezzetto per volta. Fossi in te, non gli staccherei gli occhi di dosso – ride. Peeta sembra mortificato, evidentemente non se lo aspettava. La ragazza intanto si è allontanata così come è venuta, come se nulla fosse. – Scusami – dice rivolto a me, io però non lo guardo nemmeno in faccia perché sono troppo occupata a tirare un calcio ad Haymitch – Allora! Dove sono questi sponsor? Dobbiamo darci da fare per convincerli a boicottare Snow! – sbraito. – Se non stai attenta a tutta quella acidità ti verrà una gastrite però – ridacchia di nuovo Haymtich. -  Sta zitto! – replico.
La città è davvero assurda. Ci sono fontane praticamente in ogni dove che spruzzano acqua pulita e la gente può fermarsi a chiacchierare sulle panchine, fare picnic. Sembra che qui nessuno abbia veramente niente di serio da fare. Non sto a descrivere l’abbigliamento. Ma la cosa che più mi colpisce è che i miei occhi si posano continuamente su del cibo. Ad ogni angolo di strada qualcuno sta mangiando qualcosa. C’è chi gusta una specie di nuvola di cotone rosa, bianca o azzurra, attaccata ad un bastoncino. Peeta dice che è zucchero filato, che una volta lo ha assaggiato anche lui. Io però non ne avevo mai visto uno. Poi troviamo un tizio che vende panini imbottiti di una strana salsa rossa e dolce e una fetta di carne. Mi sorprendo ad osservare i bambini di qua. Sono tutti ben pasciuti e hanno anche sufficienti energie per correre a destra e a manca, non assomigliano per niente a quelli del mio distretto, o a Rue, e a chiunque io abbia mai conosciuto della loro età. 

Quando giungiamo a destinazione, in una specie di posto dove, per l’appunto,  si mangia e c’è tanta gente ad affollare una sala ben arredata, mi sento finalmente più tranquilla. Ci sediamo su comode poltrone di pelle nera. La stanza ha tante luci dai colori diversi ma sono soffuse e regalano una calda intimità all’ambiente. Purtroppo però una musica assordante fa vibrare i timpani delle mie orecchie. Invoco mentalmente la tranquillità del bosco in cui ero solita andare a caccia in compagnia di Gale, inutilmente. Haymitch comincia le presentazioni ed io mi ritrovo seduta attorno ad un tavolino di cristallo a sorseggiare una strana bevanda aspra, mentre un omone con i baffi mi stringe la mano. – E’ un immenso piacere fare la vostra conoscenza signora Mellark! – mi dice. Per un attimo resto di stucco a quelle parole, perché ancora in qualche modo mi aspettavo di essere chiamata con il mio nome. Nessuno mi ha mai chiamata signora Mellark, a parte Peeta un paio di volte. Annuisco e sorrido più che posso. Evidentemente non sorrido abbastanza perché poco dopo, mentre il nostro interlocutore si gira per salutare Peeta, Haymitch mi tira una gomitata e bisbiglia tra i denti: - sorridi Dolcezza! -.
Seguono due ore interminabili di battute, scambi di opinione su questioni che a me risultano pressoché totalmente estranee. Nella mia testa le parole del nuovo regolamento continuano a rimbombare, sempre più insistenti. Il mio cervello cerca una soluzione. Qual è la via più sicura? Come posso aiutare Gale? Facendolo entrare subito e negargli di poter usufruire di qualsiasi aiuto proveniente dalla Cornucopia, oppure gettandolo in pasto agli Strateghi, garantendogli così sicuro equipaggiamento? Sorrido e annuisco di tanto in tanto, ma non trovo niente da dire, finché finalmente ce ne andiamo. Peeta è stato incredibile come suo solito. Le parole che escono dalla sua bocca sono sempre quelle adatte alla situazione. In quel campo credo proprio che non lo batta nessuno ormai, perfino Cesar Flinkermann non è alla sua altezza. Poco fa ha avuto delle trovate davvero geniali. Per quanto ho ascoltato il tizio di Capitol City ha detto in un primo tempo che avrebbe puntato tutto sull’energumeno del Distretto 1 e poco dopo, Peeta, non so come è riuscito a convincerlo che sarebbe invece molto più conveniente puntare su Suzan. Provo ad immaginare i due tributi, vedo nella mia testa i loro fisici così diversi… Come riesce Peeta ad essere tanto persuasivo?  Usciamo dal locale e ci dirigiamo nuovamente verso il centro della città. Cammino a pochi passi da Haymitch e Peeta, che adesso stanno discutendo animatamente sul prossimo posto da visitare. – Ehi! – dico loro un po’ stizzita – la smettete di ignorarmi! Non siamo ancora riusciti a parlare del regolamento che Bargis ha tirato fuori…Si può sapere che cosa stiamo concludendo? A me sembra solo che abbiamo fatto delle grandi chiacchiere. Forse è troppo presto per cercare sponsor, voglio dire, almeno dovremmo discuterne! – sbotto. – Ti sei già dimenticata del fatto che quest’anno avremo un problemino non da poco? – ribatte subito Haymtich seccato. – No, non l’ho affatto dimenticato – rispondo – solo che mi aspettavo almeno qualche vostro parere riguardo a Gale -. Ecco l’ho detto. Peeta mi si avvicina e mi lancia un’occhiata indecifrabile. – Sinceramente secondo me sarebbe meglio attenersi al piano iniziale – comincia -  per fare gioco di squadra dobbiamo fare in modo che lui sia di supporto a Netan e Suzan. E’ meglio se entri subito nell’Arena – conclude ed  ecco che io immediatamente mi rendo conto che non sono d’accordo. – Ma così dovrà rinunciare a tutto! Non potrà avere armi, né un sacco a pelo o una fiaschetta per l’acqua, un telo o del cibo…Come sopravviverà contro i favoriti? – urlo, la mia voce sembra quasi isterica. Haymitch nel mentre si è fermato e si ora si osserva la punta delle scarpe, vedo le ombre allungarsi mentre il sole arancio che sta all’orizzonte ci ricorda che ormai dobbiamo rientrare. – Volevi un parere. Non ho detto che sarà facile Katniss. Ma potrà sempre servirsi di quello che prenderanno Netan e Suzan dalla Cornucopia – incalza Peeta. – E se non dovessero uscire vivi dal Bagno di sangue? Ci hai pensato? O se non riuscissero a prendere un bel niente? Io e te l’hanno scorso non siamo stati molto abili in proposito – ribatto subito. – Ehi ehi! Calmatevi ragazzi…litigare non serve a niente adesso – interviene Haymtich – e comunque ha ragione lui – osserva. Punto lo sguardo in quello del nostro ex mentore, esterrefatta per le sue ultime parole. – Perché? – chiedo – è assurdo che Gale non possa avere la possibilità di scegliere delle armi! -. – Lo so! Ma in questo modo tutta la storia del gioco di squadra va letteralmente a scatafascio… - spiega. Peeta annuisce – esatto. Se Gale entra da solo, munito di tutto punto, le probabilità che gli strateghi lo facciano fuori, facendolo capitare in un brutto posto sono elevatissime. Inoltre Netan e Suzan sarebbero lasciati soli e avrebbero decisamente meno chance. Anzi, probabilmente finirebbero per non allearsi nemmeno tra di loro, spaventati e diffidenti come sono… Affronterebbero l’Arena da soli e probabilmente morirebbero – spiega. – In questo modo Gale sarà bersagliato dagli strateghi e loro due saranno allo sbaraglio -. – Ha ragione il ragazzo dolcezza – conferma Haymtich. Io provo a riflettere ancora sulle loro parole. Peeta è convincente, come suo solito, ma una voce dentro di me non fa che ripetermi che non è la scelta giusta farlo partire con gli altri. – No…! Non voglio – ribatto semplicemente. – Suvvia Katniss…Se dovesse partire dopo e magari gli altri mentori schierassero da subito i loro tributi Jolly, ci sarebbero in giro anche molti più favoriti da cui tenersi alla larga. Farebbero una strage. Credi veramente che quei due ce la farebbero da soli? – chiede alla fine Peeta, quasi rassegnato, con il tono che usa solitamente quando vuol fare ragionare qualcuno. – Ma non avrebbe senso… Scommetto che gli altri mentori non faranno entrare i loro tributi Jolly all’inizio per lo stesso motivo per cui non voglio farlo io! – dico e stavolta trovando dentro di me la giusta convinzione. – Ce lo vedi tu, l’energumeno dell’1 senza una mazza ferrata o una lancia? Quel tipo voleva scommettere già su di lui, solamente dopo avere assistito alla mietitura. Pensi che al pubblico di Capitol City farebbe piacere vederlo entrare subito per poi vederlo scappare a nascondersi da qualche parte perché non può combattere? – gli chiedo. Peeta ci riflette un momento, nel mentre le persone che ci stanno attorno, continuano con la loro vita di sempre, fanno compere, ridono e chiacchierano camminando nei loro mocassini lucidi e sui loro tacchi alti. La fronte di Peeta intanto si corruga. -  No…Non penso che vogliano questo. Forse hai ragione a dire che gli altri mentori li faranno entrare dopo, ma potrebbero sempre servirsi delle armi prese dagli altri tributi del loro distretto. Sono sicuro che il gruppo dei favoriti farà squadra come al solito. A quel punto gli basterà farsi passare le armi – dice. Poi emette un sospiro. – Katniss… la verità è che tu sai benissimo che farlo entrare subito sarebbe la scelta migliore per la squadra, solo che… - si blocca. Haymitch interviene  a concludere la frase per lui – solo che tu sei molto più interessata a tenere in vita Gale, piuttosto che pensare a cosa sia meglio per tutti -. A quelle parole, un senso profondo di vergogna mi assale. Tento di negare, ma la dura realtà mi si affaccia immediatamente alla mente. Sì, voglio che Gale entri dopo perché ho paura che sennò non avrebbe la possibilità di farcela. Voglio che nel frattempo le cose si siano messe un tantino meglio. Voglio aspettare che qualche tributo, magari qualche favorito, sia già stato eliminato prima di farlo entrare in gioco, così che abbia meno avversari e sì, voglio che gli diano un equipaggiamento come si deve. Se poi gli strateghi giocheranno con lui come il gatto col topo, sono sicura che Gale saprà comunque cavarsela. Ergo: la mia scelta si basa unicamente su Gale e su quante probabilità in più avrebbe lui di uscirne vivo. Visto che non rispondo, i miei interlocutori capiscono di aver colto nel segno. – non prendertela, è normale che tu abbia più a cuore il tuo amico – dice Haymtich tentando di apparire distaccato. In realtà capisco benissimo che nella sua voce si nasconde una nota di compassione e questo mi provoca una orribile sensazione di disgusto. Sì, disgusto per me stessa, perché quello che voglio fare è sbagliato, perché abbiamo deciso, ho deciso che sarò imparziale. Leggere quel regolamento stamattina però, deve avermi provocato una specie di tilt al cervello. Solo ora mi rendo conto che non sono proprio in grado di ragionare lucidamente quando ci sono di mezzo certi sentimenti, e mi detesto per questo. - Credevo di poter essere obiettiva – bisbiglio a mezza bocca mentre Peeta mi porta un braccio attorno al collo e mi avvicina a sé. – sta tranquilla Katniss…Adesso ci ragioneremo con calma… - mi dice, perché ormai ha capito di essere stato un tantino troppo duro, di aver impersonato il ruolo del mentore in modo decisamente eccessivo per i miei gusti, tanto che io lo allontano immediatamente. Non voglio la consolazione di Peeta, né tanto meno la Pietà di Haymitch. In questo momento voglio soltanto restare un poco da sola con me stessa per fare chiarezza. Quando raggiungiamo il centro di Addestramento è praticamente già l’ora di cena. Mi dirigo verso la mia stanza facendo in modo di lasciare indietro Haymtich e Peeta. Pigio il pulsante dell’ascensore che porta ai nostri alloggi e tiro un sospiro di sollievo quando le porte si chiudono e mi lasciano finalmente sola con i miei pensieri. – Hem hem -. Qualche colpo di tosse attira inaspettatamente la mia attenzione facendomi sobbalzare. Non sono sola come credevo. – Ehi tu sei Katniss Everdeen! Piacere! Io sono Finnik! –

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Tormento e decisioni ***


Capitolo 12: Tormento e decisioni

- Ciao! Io sono Finnick!-

Mi volto di scatto. Di fronte a me trovo un giovane ragazzo poco più vecchio di me. Capelli e pelle color del bronzo, il viso sveglio dal quale spiccano due occhi verde mare che non potrebbero mai passare inosservati, soprattutto per me che non ne ho mai visti di un colore simile. Mi saluta con un ampio sorriso ma io resto impassibile.

Di fronte a me si staglia la figura alta e sinuosa di Finnick Odair, mentore del Distretto quattro, che a suo tempo vinse i suoi Hunger Games grazie alla forza possente del suo tridente e anche grazie agli innumerevoli paracaduti che i suoi fan a Capitol City gli inviarono. Nel tempo che ci metto a pensare cosa dire, l’ascensore ci porta al quarto livello del palazzo.

– Oh me lo avevano detto che non eri molto loquace – commenta dispiaciuto Finnick per poi fissare lo sguardo sul quadrante con i tasti luminosi che indicano a che piano ti trovi. In questo momento sta lampeggiando quello con il numero 4.  – Io sarei arrivato – aggiunge  -  ma non ho molto da fare qui a dirla tutta. Ti andrebbe di prendere un caffè assieme? – mi chiede bloccando le porte dell’ascensore con un piede, impedendogli così di richiudersi.

Ci mancava soltanto lui, penso, mentre faccio un passio indietro per allontanarmi dal suo spazio vitale – No, grazie. Scusa ma invece io ho parecchio da fare, ci sono gli sponsor e… - balbetto cercando di tagliare corto, tornando a pigiare il pulsante con impresso il numero 12. Lui però non sembra rassegnarsi. – Avanti, il tempo di un caffè…che sarà mai? E poi tra poco sarà ora di cena…- incalza, rientrando all’interno dell’ascensore che ora riparte per raggiungere l’attico dove dimoriamo io, Peeta ed Haymitch.

Mi ritraggo ulteriormente, quasi scottata dalla sua presenza. Che diavolo vuole questo tizio adesso? Volevo solamente starmene in pace lontano da Peeta e dai suoi discorsi troppo logici, da Haymitch e dal suo umorismo del cavolo… Ci mancava pure il belloccio lascivo adorato da tutta Capitol City per il suo fisico scultoreo e per la sua ambiguità.
– Senti – comincio – niente di personale, ma al momento ho bisogno di riflettere e poi io non bevo quella roba, non so nemmeno cosa sia… - spiego. Finnick mi lancia un’occhiata carica di incredulità per poi scoppiare a ridere fragorosamente.

– Non è mica veleno! Comunque se preferisci qualcos’altro, basta ordinare e qui ti portano qualunque cosa, era soltanto un modo carino per invitarti a scambiare due parole – dice. Resta un momento in silenzio e poi sembra realizzare di colpo qualcosa, infatti aggiunge, passandosi una mano tra i capelli dorati – scusa, mi ero dimenticato che il tributo Jolly del vostro distretto è tuo cugino…Immagino sarai in ansia per lui -.

Per un attimo lo fisso senza capire, poi mi ricordo: qualcuno, durante la nostra permanenza all’interno dell’arena, quando restammo soltanto in otto e i giornalisti decisero di intervistare amici e parenti, ebbe la geniale idea di raccontare che Gale è mio cucino. Quindi Finnick ha seguito i nostri Hunger games da vicino, magari è pure stato il mentore dei ragazzi del 4 che l’anno scorso hanno partecipato al reality show assieme a noi.
Che idea si è fatto di me e Peeta? Perché vuole parlarmi? Sta forse cercando di tirarmi fuori qualche informazione succulenta su Gale, con cui eventualmente mettere in piedi la sua strategia? Crede davvero che mi metterò a raccontargli di lui?
– Già – è tutto quello che dico, restando sulla difensiva. Finnick sembra dispiaciuto del mio atteggiamento così poco cordiale, ma non mi importa. Spero soltanto che non decida di prendere di mira qualcuno dei tributi del dodici in conseguenza di questo.

In effetti, realizzo solo ora che farmi nemico un mentore di un altro distretto, così presto, non può essere certo una buona mossa.

Haymtich mi tirerebbe le orecchie se mi vedesse adesso, anzi, mi farebbe a pezzettini minuscoli e li calpesterebbe con tutta la forza che ha in corpo,  gridando: “ma cosa ha nella testa, dolcezza?!”. Forse dovrei quantomeno cercare di sembrare cordiale, così, per salvare le apparenze e non inimicamelo, ma faccio una fatica mostruosa soltanto a pensarlo. – Beh tu fai del tuo meglio e alla fine non potrai rimproverarti di nulla. Ti auguro buona fortuna ragazza in fiamme… - dice semplicemente Finnick quando arriviamo al dodicesimo piano e l’ascensore si apre verso il corridoio che porta all’attico.

Incredibilmente sembra che il mentore del distretto quattro abbia deciso di mollare la presa, così tiro un sospiro di sollievo e mi affretto a scendere dall’ascensore. Ad un tratto però mi sento afferrare da dietro e subito una scarica di paura mista ad adrenalina mi assale. Non credo si sia mai sentito di un mentore scomparso o fatto fuori prima dei giochi, ma quando Finnick mi mette un braccio attorno alle spalle e avvicina la bocca al mio orecchio, un brivido freddo mi percorre la schiena. Dura solo un paio di secondi.  
– Fai attenzione ai falsi amici Katniss. Ricordati che la vera Arena è qui fuori! – sussurra la voce calda di Finnick direttamente nel mio orecchio. Io resto immobile senza dire niente mentre le porte dell’ascensore si richiudono dietro la mia schiena.

Quando sento bussare alla porta, ho appena finito di farmi una doccia gelata. E’ Peeta che chiede il permesso di entrare in camere e io dal bagno gli rispondo. – Ci aspettano per la cena… - dice, al di là della porta. La sua voce è debole, sembra abbattuto. Tanto meglio, così impara a fare sempre il saccente, mi dico. Poi però lo sento sospirare. – Mi dispiace Katniss… - comincia. Io nel frattempo finisco di intrecciarmi i capelli e infilo velocemente un vestito verde che ho preso dall’armadio nella mia stanza. – Senti…possiamo parlarne ancora se vuoi. Posso anche provare a convincere Haymitch a fare come dici se credi davvero che sia meglio per lui… -. A quelle parole, spalanco la porta del bagno e mi fiondo direttamente verso Peeta.
– No! Non puoi fare come dico solamente per accontentarmi se non credi sia giusto! – grido rivolta a lui, che mi fissa con occhi stanchi – e poi io non voglio solamente favorire Gale! – aggiungo subito dopo afferrandogli saldamente le mani nelle mie. Lui sembra sorpreso di questo mia improvvisa ricerca di un contatto, tenta di ribattere ma io lo blocco subito iniziando ad inondarlo di parole come non facevo da mesi: - Peeta…Mi dispiace. Io non so che fare…Essere mentore è infinitamente peggio di quanto credessi, anche se non so cosa credessi…Insomma, voglio dire, Haymtich lo sai come si è ridotto… - e in men che non si dica inizio a singhiozzare come una bambina.
– Katniss…- Peeta mi si avvicina e mi abbraccia forte. Sento le sue mani carezzarmi dolcemente la schiena nel tentativo di calmarmi ma non mi fermo: - ho paura Peeta… Questa cosa è un incubo che non ha fine…- la mia voce rasenta l’isterismo. – Tranquilla…Katniss, sta tranquilla…-
Passiamo la mezzora successiva in quel modo. Io avvinghiata saldamente a Peeta, la mia ancora di salvezza in questo mare pieno soltanto di sale e dolore, lui che mi accarezza i capelli e mi sussurra parole di conforto. Mi rendo conto di non essere affatto gentile con lui, mai.

Poco prima decido di allontanarmi in malo modo per starmene sola e poi ho una crisi di nervi e mi lascio consolare. Neanche mi riconosco. Dov’è la ragazza coraggiosa e un po’ spericolata che l’anno scorso si è offerta volontaria come tributo, che ha partecipato ai giochi, ucciso e visto uccidere, riuscendo perfino a tornare a casa facendola in barba a Capitol City con quel gioco delle bacche? Ed ecco la risposa: non l’ho fatta franca come credevo… Capitol City, Snow… non perde mai. Forse sono riuscita a salvare Peeta, ma il prezzo da pagare ora potrebbe essere la vita di Gale, del ragazzo che mi è stato vicino quando credevo sarei impazzita, del mio ormai ex migliore amico. Lui aveva già finito, penso. Il suo nome ha rischiato di essere estratto per sette anni, ognuno passato a pregare, pregare che quelle innumerevoli tessere comprate per sfamare la famiglia non si rivelassero un’arma a doppio taglio.
E ce l’avrebbe fatta se non fosse stato per me, lui sarebbe scampato a Capitol City… Ma Gale ha avuto la sfortuna di innamorarsi della sottoscritta e di essere visto da Snow mentre mi baciava. Un solo bacio, un bacio pericoloso e costosissimo, il prezzo per amare me. Ed io adesso riesco solamente a frignare tra le braccia di Peeta, lui che è l’altro angelo venuto in mio soccorso quando non c’era più niente in cui sperare. Peeta, che ha quasi sacrificato la propria vita per salvare me che alla fine l’ho tradito pugnalandolo praticamente alle spalle.

Ci siamo sposati solamente perché Capitol City lo voleva e lui lo sa che io non sarò mai veramente sua moglie, eppure è qui, sempre pronto a confortarmi, ad aiutarmi a tenere in vita l’altro, quel ragazzo per cui lui sa che provo qualcosa di molto più profondo di un’amicizia. E gli sta bene, gli sta bene perché mi ama davvero, più della sua stessa vita, sempre e comunque.  Quando finalmente riesco a calmarmi, Peeta mi passa un fazzoletto ed io mi ricompongo un po’. Restiamo in silenzio qualche attimo finché non gli dico: - sai ho incontrato Finnick Odair in ascensore -. Peeta mi lancia uno sguardo preoccupato. – Quel Finnick? – domanda. – Già… - rispondo – è un tipo strano, sai? Voleva a tutti i costi parlare con me davanti ad un caffè – spiego. Peeta finalmente riesce a cambiare espressione e sorride – Da quando tu bevi caffè? – chiede.
– Appunto! Infatti ho rifiutato…-. Passano pochi secondi in cui entrambi cerchiamo di soppesare i nostri pensieri. – Cosa voleva veramente secondo te? – domanda infine Peeta. La scena dell’ascensore mi torna alla mente come in un flash. Mi sembra di sentire ancora il suo alito sul collo. – Niente… probabilmente sperava che mi sfuggisse qualche notizia su Gale visto che ha detto che gli dispiace che mio cugino è stato estratto come tributo Jolly – spiego quasi facendo spallucce. Non so come mai ma per il momento decido di tenermi per me il resto.
Non che io non mi fidi ciecamente di Peeta, ormai se c’è rimasto qualcuno di cui fidarsi è proprio lui, ma una vocetta nella mia testa urla di tacere sull’ultima parte della storia e così faccio. – Tuo cugino eh? – ribatte Peeta abbozzando un sorriso – beh…ovviamente sono tornata subito in camera e l’ho congedato – concludo.

Prima di andare a cena anche Peeta si fa la doccia, e visto che nel frattempo io mi sono calmata, decido di andare nella stanza di Haymtich per parlare con lui di quello che dovremo fare prossimamente con i nostri tributi. Lo trovo stravaccato sul letto a faccia in giù, con la bocca spalancata e il cuscino interamente ricoperto di saliva, tuttavia per il resto noto che è piuttosto pulito per i suoi standard. – Haytmich – lo sveglio, visto che deve essersi appisolato.
Lui mugugna qualcosa che non capisco e poi si tira su lentamente – è già ora di cena? Dov’è il ragazzo? – chiede con voce impastata. – Sì, tra poco si cena. Peeta sta facendo la doccia – rispondo. Come sente le mie parole ricaccia la testa sul cuscino. – Haymtich! – sbotto, - sono venuta per parlarti di ciò che diremo ai ragazzi! Manca poco alle interviste e dobbiamo preparali a dovere visto che Bargis non è di nessun aiuto e io sono un disastro in proposito – gli dico strattonandolo per ricevere di nuovo un minimo della sua attenzione.

Haytmich si siede sul letto con scatto repentino, allontanando il mio braccio in malo modo. – Oh te l’hanno mai detto che sei proprio una rompiscatole? Non hai pensato che anche Peeta se la cava bene con i discorsi? – mi rimprovera. – Poco male, tanto dovevo alzarmi per venire a mangiare, ma non ti consiglio di provare a strattonarmi di nuovo se non vuoi che ti rovini quel bel vestitino verde foglia strappandoti le maniche…così impari a sgualcirmi le camicie! -. Così dicendo Haymitch fa per dirigersi goffamente verso il bagno, ma lo blocco – dobbiamo anche discutere con loro del regolamento -. Finalmente, con questa frase, sembro catturare davvero la sua attenzione. – E allora? – domanda. Esito un secondo ma poi rispondo – allora ci ho pensato e… forse avete ragione tu e Peeta…almeno credo…- confesso infine. Lui sembra compiaciuto e non fa nulla per mascherarlo, il che mi fa alquanto irritare ma mi sforzo di non mostrarlo. – Quindi hai finalmente capito che  la decisione di farlo partire con gli altri è quella giusta? – domanda infine Haymtich. – Non ho detto questo! – replico immediatamente, lasciandolo lì a fissarmi con le sopraccigli aggrottate – Cioè… vorrei parlarne direttamente con loro per vedere cosa ne pensano e far decidere loro, voglio dire, io se fossi al posto loro vorrei poter scegliere – spiego. Haymitch ad ogni parola sembra farsi più scettico. – Dolcezza, stai dicendo delle assurdità. Così è come se te ne stessi lavando le mani. Tu sei il mentore e tu decidi…Lo dice anche il regolamento...E poi sono certo che adesso dici questo perché sai che ovviamente il tuo cuginastro sceglierà di entrare soltanto in un secondo momento – sbraita – la tua idea per non sentirti in colpa ha quasi funzionato, ma quasi… Peccato che sia totalmente fuori luogo e non ti permetterò di commettere un simile errore – aggiunge subito con tono deciso.

Ci squadriamo in cagnesco per diverse secondi, finché non cedo, di nuovo. Mi siedo sul letto e mi afferro la testa tra le mani cominciando a dondolarmi avanti e indietro in modo ossessivo. – Allora che devo fare?! Facciamoli cominciare tutti fin da subito! Hai vinto! – urlo. Haytmich si siede accanto a me e sbuffa sonoramente. – Katniss, devi stare calma, non puoi lasciarti andare in questo modo adesso – mi dice con voce seria, il che suona alle mie orecchie come una specie di barzelletta perché sentirsi dire da Haymitch che non bisogna lasciarsi andare è tutto un programma. – Voglio comunque metterli al corrente del regolamento – dico. Lui soppesa per un attimo l’idea e poi sbuffando dice – si gliene parleremo, ma diremo anche che saremo noi a decidere – puntualizza. I nostri sguardi da giacimento si trovano e capisco che la sua non è una mera presa di posizione, ma c’è dietro qualcosa. – D’accordo…- concedo – ti voglio puntuale però! -. Per tutta risposta Haymtich sogghigna e torna a dirigersi verso il bagno dove ficca la testa sotto il rubinetto del lavandino per darsi una sciacquata. – Sarò da te in un baleno dolcezza -
Mezz’ora dopo siamo tutti attorno al tavolo: io, Peeta, Haymtich, gli stilisti e i tre tributi. Bargis per fortuna non si fa vivo. Ormai ci ho fatto l’abitudine a non averlo trai piedi e spero vivamente che mantenga le distanze. Netan e Suzan siedono di fronte a me assieme a Gale e agli stilisti, mentre noi mentori siamo posizionati dall’altra parte del tavolo. Gale pare visibilmente scosso. Ancora non mi sono abituata alla sua nuova capigliatura, ma quello che immediatamente attira la mia attenzione è il grosso livido che ha sul collo. Non c’è bisogno che io dica nulla perché Gale sa che me ne sono accorta e quindi spiega – abbiamo fatto un addestramento speciale io e gli altri tributi Jolly… l’energumeno dell’1 mi ha afferrato per il collo e ha stretto finché l’istruttore non l’ha fermato. Gli strateghi ci hanno già fatto sapere che per questo gli daranno una penalità durante la gara – spiega con tono neutro. Deglutisco a fatica. – Perché ti ha preso di mira? – domanda improvvisamente Suzan, che fino ad ora è rimasta a fissarlo in silenzio come me, con i capelli biondi scompigliati e gli occhi gonfi.

– Niente… ho solamente fatto quello che mi veniva detto di fare e lui ha cominciato a fissarmi in modo strano, così gli ho detto di darci un taglio – sorride Gale in risposta, quasi stesse parlando di un gioco. E in effetti questo un gioco lo è, ma al massacro. Come può fingere che vada tutto bene? Forse sta solo cercando di mantenere la calma, deve essere così. – D’accordo, ma tu non provocarlo ok? – intervengo attirando subito l’attenzione di tutti su di me. – Sì Gale, ascolta la tua mammina – dice Haytmitch scoppiando subito a ridere mentre si porta un boccone alla bocca. – Smettetela!  Non c’è niente da ridere! – grida all’improvviso Netan, lo sguardo stanco e carico di un sentimento che conosco fin troppo bene, lo vedo ogni volta che vado a caccia, l’ho trovato in quello degli altri tributi, in quello di Peeta e nel mio stesso riflesso: paura. – Ragazzi, state tutti calmi per favore, ok? – è la voce di Peeta che tenta di placare gli animi.

Netan però sembra esasperato – no che non mi calmo! – urla gettando all’aria il suo piatto e provocando un grido da parte di Suzan che adesso sembra avere a sua volta una specie di crisi isterica. – oggi durante la sessione di addestramento è stato orribile – spiega – ho tentato di imparare a preparare delle trappole, ho seguito il corso sulle piante e mi sono cimentato nel lancio dei coltelli, ma quello che ho visto fare agli altri non è paragonabile… Sono dei mostri! -. Suzan rincara la dose – le ragazze del due si danno man forte e non so dire quale mi incuta più terrore, quella bionda mi ha anche detto che assomiglio ad un coniglio bianco, dice che sa spezzarne le ossa con lo sguardo e giurerei che potrebbe riuscirci! -, le mani tremanti si stringono su un lembo della tovaglia. Io ed Haymitch ci lanciamo un’occhiata preoccupata, è ovvio che la loro prima giornata di addestramento è andata male.

– Non importa – interviene la voce squillante di Peeta – anche io il primo giorno ho fatto schifo, Katniss ha dovuto dirmi di lanciare qualcosa di pesante per mostrare ai favoriti che non ero poi una preda tanto facile…basta che mostriate loro qualcosa in cui siete davvero bravi, dobbiamo lavorare su questo – dice. – Si ma quelli sono furbi. Scommetto che non mostreranno veramente il loro potenziale fino alla fine – ribatte subito Gale  – I tributi Jolly in particolare, non credo sia una buona idea dare subito loro un assaggio di ciò che sappiamo fare meglio, dovremmo tenerci qualcosa in serbo per gli strateghi… -. Peeta evidentemente si aspettava questa risposta perché ribatte subito – questo infatti è il consiglio che ci diede Haymtich l’anno scorso, e in effetti non hai tutti i torti, ma c’è un limite per mostrarsi deboli… E’ vero che se ottenete un buon punteggio con gli strateghi, gli altri tributi capiranno di che pasta siete fatti, ma non è sempre detto che fili liscio e che vi diano punteggi alti… Se pensano che siete deboli solo perché siete del 12, dimostrate loro il contrario – conclude Peeta. – Ben detto ragazzo – si limita ad aggiungere Haymtich.

A questo punto della conversazione mi sembra giunto finalmente il momento di raccontare loro del regolamento, così mi sbottono: - c’è un’altra cosa importante di cui parlare – esordisco, e in questo momento sento gli occhi di tutti puntati addosso, anche se, non so perché, il mio sguardo si fissa in quello di Peeta. Lui fa un breve cenno di assenso con la testa per incitarmi a proseguire. – Beh…come sapete quest’anno le regole sono diverse, e quindi, per essere sicuri di non sbagliare, stamattina gli strateghi ci hanno fatto avere il nuovo regolamento stampato su carta – spiego tirando fuori la busta, che fino ad ora avevo tenuto nascosta.

Gale si protende e l’afferra saldamente, facendo rovesciare il bicchiere di uno degli stilisti che stranamente se ne resta apatico a masticare il suo cibo. A questi due penso, non importa proprio nulla di noi, non credo siano una minaccia, ma avrei preferito parlare di queste cose senza di loro, anzi, decido che è meglio finire di cenare e congedarli. – Finita la cena! – esclamo rivolta a Gale e agli altri due tributi che già sono alle prese con la busta – ne parleremo finita la cena! – spiego. Gale intuisce quali sono i miei dubbi e poggia subito la busta sul tavolo tornando a rilassarsi, per quanto gli è possibile.


Le ore successive sono tremende e non ricevo nemmeno il sostegno che mi ero aspettata da parte di Haymtich, che infatti, decide molto presto di tornarsene in camera sua.  Peeta però è come sempre al mio fianco ed ha appena finito di vagliare tutti i pro e contro con Gale mentre io ho discusso con Netan e Suzan. – Allora? – mi volto verso Peeta speranzosa. – Allora accetto di entrare subito perché sennò tutta la storia del gioco di squadra andrebbe in fumo…Però dobbiamo concordare un piano di azione per uscirne vivi dal bagno di sangue e possibilmente con qualcosa tra le mani – sbuffa Gale. Non credo alle mie orecchie. Lo dice solo perché Peeta è riuscito in qualche modo a convincerlo oppure perché crede davvero sia meglio? – Perché Gale? – non riesco a trattenermi. Gli altri due ragazzi mi stanno guardando malissimo adesso, per loro è vitale che Gale sia con loro alla partenza. – Beh, tanto per cominciare non mi fido degli strateghi e non voglio che mi facciano entrare per poi esplodere magari subito su una mina o roba del genere… - spiega Gale – e poi Peeta ha ragione…se dobbiamo fare gioco di squadra non possiamo farci dividere – conclude.  – Così la decisione è presa…Anche Haymtich era d’accordo… - bofonchio quasi in trance. – Siamo d’accordo – ribatte Gale. E una nuova notte cala su Capitol City.
 
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Spazio autrice: sperando che questo capitolo, un po' pesante, lo ammetto, non sia stato per voi un tormento (come nel titolo) vi informo che finalmente, l'avrete capito, ci stiamo avvicinando alla parte più interessante della storia, ossia alle sessioni speciali con gli strateghi, le interviste e FINALMENTE l'arena! Volevo tagliare corto su queste parti, ma mi sono vista costretta a scrivere queste cose perché sennò tanti collegamenti non sarei riuscita a farli. Prometto molto più phatos nei capitoli che verranno e meno elucubrazioni mentali di Katniss...insomma, più azione. Sarei felice comunque di sapere cosa ne pensate. Un bacio :)

  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Sessioni private - parte uno - ***


 Capitolo 13  L’Edizione della memoria: Sessioni private – prima parte -
 

Sono a pochi passi da un monitor. Sullo schermo l’immagine di Gale è offuscata, ma riesco comunque a riconoscerlo. Stringe tra le mani qualcosa di molto simile all’arco con il quale l’ho visto cacciare per anni. E’ attento a tutto ciò che lo circonda, ma io so che non è al sicuro. Comincio ad urlare quando lo vedo sollevarsi in aria, catapultato via da qualcosa di simile ad un mostruoso elefante, scatenatogli addosso dagli strateghi, anzi no… esplode a causa di una mina…viene trafitto nel petto da una lancia…grido. Quando finalmente riapro gli occhi scossa dai tremiti, accanto a me sento il calore di Peeta. – Ssssst….Va tutto bene Katniss… era solo un sogno…- mi ripete lentamente per tentare di calmarmi. Faccio dei bei respiri profondi mentre il ritmo regolare del petto di Peeta che si alza e si abbassa mi aiuta a rilassarmi. Quando finalmente ci riesco gli lancio un’occhiata dispiaciuta. – E’ la quarta o la quinta volta che ti sveglio stanotte? – chiedo cerando di suonare autoironica. Lui per tutta risposta sta al gioco – la sesta a dire il vero…Un’altra e credo che potresti battere il tuo record personale -. Mi sorride. E’ un sorriso stanco il suo, fatto di borse sotto gli occhi e labbra tirate, ma è il “mio” sorriso, quello che Peeta rivolge soltanto e me, quello che mi fa capire quanto mi ama e che non sono sola. Quello che mi fa provare pace e disagio allo stesso tempo perché so che non posso ricambiare il suo amore. – Mi dispiace – sbuffo sul suo petto mentre lui continua a stringermi a sé. – Non dirlo nenache…- risponde – ne vuoi parlare? – aggiunge subito dopo in tono cauto. Ripenso al contenuto del sogno e decido che non mi va affatto di riviverlo anche da sveglia. – Sto bene…- mento. Peeta lo sa ma non insiste. Ce ne stiamo accoccolati nel nostro letto ancora per un tempo indefinito. Peeta non smette un secondo di accarezzarmi le braccia e la schiena. Il suo tocco vellutato è così piacevole che per un attimo dimentico perfino dove siamo. Mi beo delle sue mani morbide e forti allo stesso tempo. Ad un tratto Peeta avvicina le labbra alle mie. E’ un movimento che dura meno di mezzo secondo. – Scusa – dice semplicemente come se non mi avesse appena baciata di proposito. E’ strano che mi baci anche senza le telecamere, non dovrebbe farlo, anzi, dovrei appunto convincerlo che non deve. Tuttavia in questo momento decido di accantonare i suoi sentimenti perché sto cominciando di nuovo a sentirmi male e ho troppo bisogno di lui. Lo abbraccio, avvicinando sempre di più il mio corpo contro il suo. La presenza di Peeta è forse l’unica cosa in grado di non farmi impazzire. Ancora non so bene quello che siamo noi due, cioè…Siamo spostati ma lui lo sa che io provo ancora qualcosa di molto forte per Gale. Non voglio che mi baci e ignoro tutti i segnali che mi lancia, ma allora perché non riesco ad allontanare Peeta? –Katniss…- dice con tono interrogativo quando comincio a mia volta ad accarezzargli la schiena. – Sssst… non dire niente per favore… - lo zittisco posandogli un dito sulle labbra. I suoi enormi occhi azzurri si fissano nei miei e per un attimo ci siamo soltanto noi due: due ragazzi sperduti che sono riusciti a sopravvivere alla furia di Capitol City, due ragazzi che hanno lottato assieme, due ragazzi che… Osservo Peeta deglutire, mi osserva come se volesse chiedermi un muto permesso. Non dico niente ma i miei occhi sembrano comunicargli qualcosa perché quasi subito lo vedo tentare di nuovo di baciarmi. Stavolta me ne rendo conto in anticipo ma non lo fermo. Le sue labbra calde si premono contro le mie. Nel frattempo le sue mani continuano ad accarezzarmi la schiena. E’ un bacio lungo questo, diverso da quelli che ci scambiamo per le telecamere. D’improvviso il ricordo della grotta e del forte desiderio di continuare a baciarlo mi riaffiora alla mente. La stessa sensazione di quella volta mi pervade, stavolta però non ci sarà la stanchezza a fermarmi. Soltanto quando a lui scappa un piccolo gemito capisco però che forse stiamo andando un tantino oltre, che molto probabilmente è sbagliato tutto quello che sto facendo. Lo allontano con un braccio in modo forse troppo brusco perché Peeta mi lancia subito uno sguardo preoccupato e smarrito al tempo stesso. Sono un mostro, penso. Non posso usare Peeta per dimenticarmi che la vita di Gale dipenderà dalle mie prossime scelte. Non posso farmi confortare da lui per poi spezzargli il cuore di nuovo. – Katniss… tutto bene? – mi chiede. – No Peeta… cioè… io non dovrei, noi non dovremmo… - balbetto senza realmente sapere quello che dico, perché in realtà baciare Peeta e farmi accarezzare da lui è una sensazione che va più vicino alla felicità di quanto io stessa non voglia ammettere. Lui sembra capire al volo, come sempre, ma questa volta i suoi occhi si trasformano. Ogni traccia di desidero che fino a poco fa ho creduto di leggervi, adesso ha lasciato spazio a qualcos’altro. Il suo tono cambia e si fa più crudo di quanto vorrei.  – Pensavi a lui vero? – chiede. Io resto in silenzio senza sapere che cosa dire. – Katniss… per favore, dimmelo – incalza Peeta. – Sì – è tutto ciò che riesco a confessare. Qualcosa tra di noi sembra incrinarsi, Peeta si alza dal letto e comincia a fissarmi in un modo che non capisco. – Anche mentre ti stavo baciando? – è la sua domanda successiva. Ci metto un po’ a capire il senso delle sue parole. – Cosa? – chiedo di rimando confusa. Peeta sembra sempre più spazientito. – Ti ho chiesto: pensavi a lui mentre mi baciavi? Perché se è così… - spiega muovendo convulsamente le mani in aria. Io però non gli lascio terminare la frase non appena capisco che ha frainteso la mia confessione. – No! Io stavo pensando a Gale prima…non mentre ci baciavamo! – dico. Peeta però non sembra molto sollevato dalla mia spiegazione. – Wow… allora posso stare tranquillo – risponde caustico – mentre mi baciavi pensavi a me, tra cinque minuti però chissà… -. Le sue parole mi fanno male ma non so cosa rispondere.  In fin dei conti Peeta non sa nemmeno della mia conversazione con Gale dell’altra sera ed io non sto facendo altro che creare confusione senza riuscire a risolvere nessun dubbio. Non so cosa voglio e Peeta ne sta di nuovo pagando le conseguenze. Tuttavia, quando lui fa per allontanarsi, mi butto verso di lui e lo tiro per un braccio di nuovo verso di me. Peeta però oppone resistenza. – Lasciami andare Katniss, per favore… adesso ho bisogno di fare due passi da solo – dice. Così mi arrendo. Quando la porta sbatte e si chiude mi lascio cadere sul materasso come se fossi fatta di piombo, e infatti è così che mi sento: pesante. E’ come se qualcuno mi avesse messo sulle spalle un macigno, forse più che sulle spalle, sul petto, perché sta cominciando a fare dannatamente male.
 

Il resto della mattina lo trascorro da sola. Il tempo trascorre così lento che già alle dieci del mattino mi sembra di impazzire chiusa nella mia stanza, ma non mi va affatto di andarmene a zonzo per Capitol City, né tantomeno mi va di incontrare qualche altro mentore dalle misteriose intenzioni come mi  è capitato ieri con Finnick. Ma non riesco semplicemente a non fare nulla, per di più ora che l’unica persona in grado di aiutarmi a non impazzire, mi odia di nuovo. Sospiro. L’idea di Peeta arrabbiato con me è assurda, so che non durerà, che probabilmente tra qualche minuto verrà da me a scusarsi. Ma scusarsi per cosa? L’unica che sta sbagliando qui sono sempre e solo io. Non posso aspettarmi che lui capisca, visto che non mi capisco io stessa. Forse dovrei fare chiarezza, riflettere come ha detto di voler fare lui. Sospiro di nuovo e finalmente mi alzo dal letto. Per il resto della giornata penso di parlare di nuovo a quattr’occhi con Peeta di quanto ci siamo detti, ma sia a pranzo che dopo il clima di tensione che si crea a causa delle imminenti sessioni private con gli strateghi, nonché il pensiero di come aiutare i tributi, mi assorbe completamente. Osservo Peeta incoraggiare Suzan e Netan, vedo Gale impegnatissimo a descrivere ad Haymtich come preparare una buona trappola senza correre il rischio di farsi individuare. E mi sembra di diventare pazza. Tutto questo è tremendo e sta avvenendo lentamente davanti ai miei occhi. Così quando Haymitch tenta di rendermi partecipe delle sue ultime perle di saggezza in fatto di gentil sesso e tutti nella stanza ridono tranne me, lui capisce subito che ho qualcosa che non va. – Senti dolcezza, perché non vai un attimo fuori a prendere una boccata d’aria, sei quasi verde, ho paura che da un momento all’altro potresti vomitarmi sui pantaloni nuovi – dice. Gale mi lancia un’occhiata preoccupata. Da quando siamo arrivati a Capitol City io e lui non ci siamo più parlati a quattr’occhi, ma non servono le parole per capire che lui è preoccupato per me. Lui! E così penso che nonostante la mia indecisione, nonostante io sia la causa di tutti i loro guai, Gale e Peeta per me ci saranno sempre. – Sto bene, sono solo stanca – rispondo seccata, senza muovermi dal divano. Lancio un’occhiata in direzione di Peeta, anche lui mi stava fissando ma non appena i nostri occhi si incrociano lui si gira la testa dall’altra parte. Ha le braccia conserte e tutti i muscoli visibilmente tesi.
– Sentite – interviene Suzan ad allentare un attimo la tensione – io non sarò certo temibile come gli altri, ma ho in mente qualcosa che forse li convincerà che non sono così debole come sembro -. – Beata te, io invece brancolo ancora nel buio, e questi tre non fanno altro che litigare e lanciarsi frecciatine tra di loro…che razza di mentori siete?! – sbotta invece Netan. Lui, devo ammetterlo, sta cominciando a starmi sui nervi. Non solo per quello che ha appena detto, perché in fondo, come dargli torto? Se credevo di essere capace di non mostrare loro le mie debolezze e miei malumori, ho appena avuto la riprova che mi sbagliavo di grosso. Più che altro però Netan non me la racconta giusta, si è offerto volontario alla mietitura, fa un sacco di storie ed è pure saccente, crede di sapere tutto ma allo stesso tempo pretende che tu gli dia un mare di attenzioni. Quindi, sarà che sono nervosa perché tra me, Gale e Peeta volano fulmini a ciel sereno, sarà che Capitol City e il mestiere di mentore non fanno per me, in ogni caso sbotto e me la prendo con lui: - Ehi, è facile criticare, ma stiamo facendo il possibile per voi, l’arena non sarà una passeggiata, dovrete metterci del vostro e arrangiarvi se volete restare vivi -  dico. Netan per tutta risposta diventa ancora più isterico. – Sentila, ha parlato quella che ha ricevuto il maggior apporto di aiuto possibile. Peeta ha fatto di tutto per te, Haymtich… - dice, ma io non lo lascio terminare. – Se essere un tributo ti disturba tanto e hai pure questa alta opinione della sottoscritta, non avresti dovuto offrirti volontario! – gli grido in faccia. Soltanto dopo mi accorgo di quanto le mie parole abbiano lasciato tutti gli altri sgomenti. Netan deglutisce e stringe le mani a pugno. I suoi occhi si fanno acquosi ma non scoppia a piangere, semplicemente tira un pugno fortissimo sul tavolino che sta davanti al divano sul quale è seduto. Il tavolino in risposta si spezza a metà. Haymitch dopo alcuni secondi di stupore, si mette a ridere. – Wow…e ti ci nascondevi una simile potenza? Complimenti ragazzo- dice, ma Gale non è del suo stesso avviso. Si avvicina a Netan e con voce ferma gli dice: - ha ragione lei, non puoi comportarti così, devi capire che se vogliamo avere una chance in più di farcela, dobbiamo essere una squadra, ti aiuteremo ok? -. Netan però digrigna i denti in una smorfia e scuote la testa. – No! Lo so benissimo che alla fine verrò sacrificato per salvare te! – ribatte. Il cuore comincia a sembrarmi di nuovo pesante come un sasso, fa addirittura male a parlare. – Ti sbagli ok? Io… - tento di rispondere ma Netan mi sovrasta con la sua voce – volete davvero sapere perché mi sono offerto volontario? Credevo l’aveste capito. Il mio sogno proibito non era certo quello di morire durante gli Hunger Games ora che teoricamente ero finalmente fuori – dice con amarezza – l’ho fatto per lei, per Helena -. Non ho bisogno di voltarmi per sapere che adesso l’attenzione di Peeta deve essersi spostata tutta su Netan, e non solo la sua. Helena è la futura moglie di uno dei fratelli maggiori di Peeta, quello che era stato estratto alla mietitura come tributo, al quale lei aveva tentato di sostituirsi. – Cioè, volete farmi credere che siamo di fronte ad un classico triangolo amoroso e che tu Netan hai deciso di sacrificare la tua vita per lei che si era appena offerta per salvare la vita a lui? – domanda Haymtich incredulo. In realtà questa confessione non mi lascia così sorpresa. Credo di averlo sempre saputo. Chi altri si è mai offerto volontario nel nostro distretto? Io l’ho fatto per un motivo solo: amore. Amo la mia sorellina Prim più di ogni altra cosa al mondo, e forse il fatto che l’hanno scorso io sia anche riuscita a tornare a casa ha creato una specie di precedente. “Massì, offriamoci volontari per amore delle persone che amiamo, se ce l’ha fatta Katniss…”. No, in realtà quello che ha fatto Netan è molto di più di questo. Lui è la copia sputata di Peeta. Chissà se lui si sarebbe mai offerto volontario al posto mio, se solo avesse potuto farlo? Non lo sapremo mai. – Il tuo intento è stato nobile Netan, tu sei un bravo ragazzo, non so molto su di te perché prima della mietitura sapevo solo chi fossi così di sfuggita, ma sappi che sono sincera quando dico che giocherò in modo leale dentro l’arena – interviene Suzan con le lacrime agli occhi. Non resisto, non posso vederli piangere e farsi coraggio, sfogarsi e soffrire con loro un momento di più. Non posso perché so che arriverà un momento del gioco in cui tutte queste belle parole saranno morte e sepolte, un momento in cui tutte le alleanze dovranno per forza rompersi e a quel punto… Beh a quel punto Gale vorrà tornare da sua madre Hazelle e dai suoi fratellini, alla caccia e alla vita nel 12; Netan vorrà rivedere Halena almeno un ultima volta, o deciderà comunque di rifarsi una vita con un’altra ragazza; Suzan metterà da parte le sue paure e lotterà con tutto il suo essere per rimanere viva. E uccideranno per questo.

 

 
 
  
   

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Capitolo 14
*** Sessioni private - parte due - ***


Dopo una vita...Rieccomi qua con "L'edizione della memoria!" versione mia personale...hehe. Non ho mai avuto intenzione di lasciare la storia in sospeso tanto a lungo ma scrivo quando ho tempo e quando l'ispirazione chiama. Più che altro fino ad oggi mi sono mancati entrambi, per cui scusate tanto. Spero comunque che questo capitolo vi piaccia almeno un po' e sappiate che per l'arena ho già in mente tante idee. Ormai per arrivarci manca poco. Buona lettura :)

Allepanda
CAPITOLO 14 – L’edizione della memoria (se le rivolte si fossero fermate):
Sessioni private – parte due –
 
Siamo tutti davanti ai teleschermi. Caesar Flinkerman ha già fatto la sua comparsa in tenuta color lavanda e sta per annunciare i punteggi ottenuti durante le sessioni private con gi strateghi. Bargis, il nostro insopportabile accompagnatore se ne sta appeso come un pappagallo ad uno sgabello, le gambe incrociate come una delle donne più snob di capitol City che ostentano un paio di scarpe azzurre e verde mare in stile pelle di serpente, con borchie lucenti attorno alla zona del tallone. A qualche metro da lui, seduti sul pavimento, ci sono Netan e Suzan. Lei ha due enormi occhi gonfi e si mangia le unghie nervosamente. Lui si passa più volte una mano tra i capelli mentre con un piede picchietta più volte il pavimento. Sono visibilmente in fibrillazione. Osservarli e trovarli ridotti in quel modo mi fa stare male. Chissà se anche io e Peeta l’anno scorso eravamo così agli occhi di Haymitch? Gale nel frattempo si è messo a lanciare in aria una vecchia moneta e gioca a riprenderla restando sdraiato a pancia all’aria sul divano. Tutto questo è snervante. Soltanto poche ora fa ci siamo ritrovati i nostri tre tributi, più preoccupati che mai, che commentavano la propria sessione con gli strateghi dopo averla appena sostenuta. Netan, stranamente rispetto a quanto ci eravamo aspettati, non sembra aver perso la calma. Ci ha raccontato di aver lanciato diversi coltelli e di aver fatto centro anche con qualche bersaglio in movimento. Ora però è pallido come un cencio mentre aspetta il responso e prega quasi, con le mani giunte e gli occhi chiusi. Suzan invece è tornata in lacrime dicendo di essere sicura che gli strateghi non l’hanno nemmeno notata con la coda dell’occhio, troppo presi dal fare chiacchiere e decisamente poco interessati ai suoi nodi di rete poco riusciti. – Era quello che sapevo fare meglio e… ed è stato un disastro – ha detto con viso rigato dalle lacrime. Gale si è limitato a fare spallucce – E’ andata. Almeno mi hanno osservato. Ho ideato una specie di reazione a catena con delle trappole che alla fine li ha abbastanza stupiti credo… - ha detto tagliando corto. – Mi auguro soltanto di non essere tra gli ultimi -. E così eccoci qui. Il nostro presentatore di fiducia comincia come consueto dal Distretto 1. Sospiro. Certamente i nostri stilisti non ci hanno aiutato. La storia delle manette ai polsi ancora mi fa bruciare dentro, ma resto calma sperando di dare il buon esempio. Il tributo Jolly dell’1 è un energumeno che mi ricorda in qualche modo Cato, anche se in realtà non si somigliano, però l’atteggiamento è lo stesso. Non mi stupisco infatti quando lo vedo ottenere un bel 10. Peeta mi lancia un’occhiata e io per tutta risposta mi alzo e comincio a camminare nervosamente avanti e indietro. Non ce la faccio proprio a stare seduta adesso. Le ragazze del 2 ottengono entrambe un 9. Sono sicuramente pericolose, bisognerà guardarsi bene da loro. Poi spiccano un paio di 7 e 8. Non riesco a registrare altro perché la mia mente è troppo occupata a preoccuparsi per quello che sentiremo ora.  “Distretto 12” annuncia infine Caesar “Netan Thomas, con un punteggio di…8”. Posso avvertire chiaramente il sospiro di sollievo di Netan, che adesso finalmente riesce ad abbozzare un sorriso. Anche Peeta gli sorride. Haymitch sicuramente è meno preoccupato, ma resta impassibile. Io invece non riesco a concentrarmi, mancano ancora Suzan e Gale. “Dopodiché abbiamo Suzan Platfot” dice Caesar e noi tutti tratteniamo di nuovo il respiro. “con un punteggio di...Oh, beh…4 su 12…peccato” si lascia poi sfuggire Caesar che sembrerebbe quasi dispiaciuto se non sapessi per certo che, al contrario, non gliene potrebbe importare di meno. Peeta si avvicina rapidamente a lei mentre la ragazza scoppia in lascrime, di nuovo. – Non ce la farò mai…- frigna ed io anziché provare pena per lei mi infurio. – Adesso smettila! Non puoi startene lì a frignare in continuazione, è soltanto un numero, non significa niente. Nell’arena non è questo che conta! – provo a dire. Netan però sembra volersi rendere davvero odioso – sta zitta tu! Come puoi dire una simile fesseria! Se non ci fossero stati gli sponsor… - dice rivolto a me con rabbia. Vorrei ribattere ma ormai è il turno di Gale. – State buoni – bofonchia Haymtich sempre più seccato. Facciamo giusto in tempo a zittirci per sentire Caesar che ci comunica l’ultimo punteggio “Gale Hawthrone, con un punteggio di…10” conclude. I miei nervi sembrano rilassarsi immediatamente. Bargis, annoiato come non mai sbadiglia. – Poco male, pensavo peggio, ma non cantate vittoria troppo presto voi due ragazzi. Tra qui e l’arena c’è un abisso – dice con cattiveria prima di allontanarsi rapidamente dalla sala. Non prima però di aver lanciato un’ultima frecciatina crudele all’indirizzo di Suzan. – Quanto a te tesoro faresti bene a goderti la vita fino a domani, non credo ti resti molto tempo sai? – e ridendo come un matto imbocca l’uscita. Haymitch fa per alzarsi a sua volta. – Dove vai adesso? – domanda Peeta ancora inginocchiato accanto a Suzan. – Vado a bere qualcosa, tanto qui non vi servo più, no? – taglia corto lui. – Come sarebbe?!- protesta subito Peeta. Haymtich sbuffa. – Sarebbe che comunque un paio di sponsor ce li procureremo e che domani sarà una giornata importante perché dovremo darci da fare per preparare le interviste. Tanto vale lasciare loro la serata libera per riflettere – spiega con tono fin troppo calmo per i suoi standard, dopodiché se ne va.  
La sera non riesco a chiudere occhio. Peeta non è tornato nella mia stanza, deve essere rimasto a dormire nella sua. E’ ancora arrabbiato? Ad un tratto sento bussare alla porta. Evidentemente non lo è più. – Entra Peeta – dico con voce forse un po’ troppo entusiasta. Al diavolo! La realtà è che sapere che stanotte non dormirò da sola con i miei incubi ma tra le sue braccia mi conforta non poco. Quando però non ricevo risposta comincio a preoccuparmi. Mi alzo dal letto e mi dirigo verso la porta. Ho indosso una semplice camicetta e un paio di braghe corte. Fa un po’ freddo qui la notte, anche se in teoria siamo in estate e quindi non dovrebbe essere così, ma qui a Capitol City non fa mai caldo anche se ti trovi a più di 30 metri di altezza. – Peeta, senti mi dispiace – dico rivolta alla porta che ancora ci separa. So che dall’altra parte c’è lui perché avverto distintamente il rumore del suo respiro. Aspetto che dica qualcosa ma non lo fa, così proseguo il mio discorso e spero che capisca – io pensavo a te – dico arrossendo leggermente – mentre ti baciavo…Insomma io…- ma quando sto per sbottonarmi la porta si spalanca verso di me e vedo spuntare la chioma bruna di Gale. – Vi siete baciati? Quando? Avete litigato? – chiede chiudendo la porta senza preoccuparsi di fare troppo rumore. Entra e mi fissa con occhi increduli mentre sembra provare a convincersi che quello che ho detto è realmente successo. – Gale! Io credevo che tu…- dico con il cuore che ha preso a battere sempre più forte. – Che io fossi Peeta, lo so. Katniss a che gioco stai giocando? – mi chiede quasi con rabbia. Faccio un passo indietro e mi irrigidisco ma non smetto di sostenere il suo sguardo. – Non sto giocando, io sono solo…- balbetto. – Solo cosa? Ero venuto per parlare un po’ con te. Speravo che anche tu non riuscissi a dormire e beh, non mi ero ancora scusato per quello che è successo durante il viaggio verso Capitol City…insomma, quello che ci siamo detti, ma non pensavo che tu fossi così brava a mentire. Ti avevo chiesto se eri felice e tu mi avevi fatto credere di avere ancora una specie di posto nel tuo cuore, che stavi con lui solo per le telecamere, ma a quanto pare non è esattamente così, vero? – mi accusa. – Non ti ho mentito. Peeta è importante per me e comunque non ti riguarda – replico immediatamente seccata. Purtroppo però realizzo nello stesso momento che cosa mi stia dicendo. Gale sembra davvero innamorato di me, nonostante tutto e tutti. Ha lo stesso sguardo affranto che ha di solito Peeta, i suoi occhi grigi mi trafiggono. – tu non sei più la ragazza che conoscevo. Non so cosa speri di ottenere comportandoti in questo modo con noi due, probabilmente faremmo meglio a metterci il cuore in pace entrambi…Ma quello che mi fa più male è che mi hai mentito. Stasera speravo di trovare una vecchia amica, una persona di cui fidarmi per confidarmi, ma sai che ti dico? Non esiste più la mia Catnip… - spiega e fa per andarsene. Io però lo trattengo per un braccio – Gale! Aspetta, non è così…Sono ancora tua amica e non ti ho mentito! Ieri io e Peeta abbiamo litigato proprio perché stavo pensando a te – dico sperando di spiegarmi un po’. Gale però sgrana gli occhi e fa un’espressione sempre più accigliata. – Quindi quando stai con lui e lo baci pensi a me? Adesso sì che mi sento melgio…- risponde caustico. – No! – replico ma senza sapere cos’altro dire a mia difesa. Mi accorgo che effettivamente da suo punto di vista sono indifendibile. – Non lo faccio apposta, io voglio solo qualcuno…- dico e lui però mi interrompe – sì, tu vuoi solo qualcuno che ti aiuti, ti supporti, ti protegga fino alla morte e ti consenta di sopravvivere al meglio – urla adesso con rabbia – scommetto che se potessi sceglieresti quello che tra di noi saprebbe provvedere al meglio al tuo sostentamento…- e con queste parole ottiene finalmente una reazione. Senza attendere oltre gli mollo un ceffone in pieno volto con tutta la forza che riesco a metterci. – Vergognati! – gli urlo. –Sai che ti dico: io sarei stata benissimo da sola. Non avevo bisogno di te! Sapevo già cacciare quando ci siamo incontrati e comunque in cambio del tuo aiuto ti ho sempre dato qualcosa. Io non barattavo il mio amore o il mio corpo come tante donne del Giacimento facevano con il vecchio Craig! Non sono mai stata né sarò mai quel tipo di persona, ok? E’ poi con Peeta è successo tutto nell’Arena, non era previsto e presto capirai a tue spese che cosa significa cercare di restare vivi ad ogni costo! Ma ripeto: se avessi potuto ne avrei fatto a meno! Non è stata una mia scelta! – grido, tanto forte che un inserviente di capitol city si precipita per vedere se è tutto a posto. Gale lo congeda rapidamente con un cenno della mano. – E’ tutto ok, stiamo solo parlando – dice e questo subito si allontana. Lo sguardo di Gale è ferito come il mio, ma ora sembra anche mortificato. – Mi dispiace Canip…- dice e poi esce dalla stanza – a domani -. Io resto in silenzio e quando la porta si chiude alle sue spalle scoppio in un pianto a dirotto. Capitol City ha distrutto tutta la mia vita. L’incubo degli Hunger Games non avrà mai fine, penso mentre mi sdraio sul letto in preda a mille sussulti. Le parole di Gale mi riecheggiano nella testa. Non riesco a credere che pensi veramente questo di me. E la cosa peggiore è che in questo momento l’unico che vorrei avere accanto per consolarmi è a sua volta profondamente deluso e disgustato dal mio atteggiamento. Per di più il mio desiderio di Peeta che mi accarezza la testa e mi stringe a sé non fa altro che confermare la teoria di Gale. Io so soltanto usare le persone per i miei comodi. Li cerco soltanto quando ho bisogno di qualcosa…Quello che ho detto a Gale sul fatto di essere capace di stare sola, forse non è mai stato vero. Piango e mi vergogno di me stessa. Avrebbe potuto dire tante cose, che magari era geloso perché amavo Peeta ma no, secondo lui io sono un essere senza cuore che pensa solo a ciò che è più utile per sopravvivere. Un pensiero maligno mi fa vergognare ancor più di me stessa: “Se ne accorgerà quando sarà anche lui nell’arena…”. Non so come ha potuto essere tanto crudele, lui non può capire quello che io e Peeta abbiamo passato…
Quando le prime luci dell’alba lambiscono il copriletto finalmente la stanchezza mi coglie e mi addormento. E’ un sonno tormentato, senza sogni, smorzato soltanto dal suono sgradevole della voce di Haymtich che piomba come un ciclone nella mia stanza. – In piedi Dolcezza, oggi dobbiamo studiare un piano per le interviste! Forza! –
 
 

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Capitolo 15
*** Cecilia ***


Capitolo 15 – L’edizione della memoria  : “Cecilia”
 
Quando le prime luci dell’alba lambiscono il copriletto finalmente la stanchezza mi coglie e mi addormento. E’ un sonno tormentato, senza sogni, smorzato soltanto dal suono sgradevole della voce di Haymtich che piomba come un ciclone nella mia stanza. – In piedi Dolcezza, oggi dobbiamo studiare un piano per le interviste! Forza!

-Vattene Haymitch – sbuffo contro il cuscino mentre il mio ex mentore mi strattona malamente per un braccio invitandomi così ad uscire dal letto usando la grazia di un elefante. Noto subito che non ha addosso l’odore nauseabondo dell’alcool che mi sarei aspettata e così mi convinco ad aprire gli occhi. Questo non cambia però il fatto che ho tutta l’intenzione di non uscire dalla mia stanza oggi. Non voglio vedere nessuno. – Che fine ha fatto Effie? – dico con un voluto tono nostalgico nella voce – perché mi tocca essere svegliata da te? -. Le mie parole però non sembrano infastidire Haymtich. Si limita semplicemente a rispondere – beh devo darti ragione. Bargis ha veramente cominciato ad infastidirmi! Quel fottuto viziato di un capitolino non ne ha voluto sapere di alzarsi dal letto per tempo, a lui non importa niente di voi e lascia tutte le grane a me…- sbraita. – oh quindi stai forse dicendo che Effie faceva un buon lavoro? – chiedo volutamente maliziosa – già, e per quanto orridi, i suoi abiti erano sicuramente meglio di quelli di Bargis. Pensavo che tra uomini ci saremmo intesi ma non avrei potuto sbagliarmi di più…- sospira. La sua risposta così seria mi lascia perplessa ma decido comunque di ignorarlo. – Beh sai che ti dico? Che se Bargis può restarsene a letto posso farlo anche io! – e così dicendo mi copro il viso con il lenzuolo e chiudo di nuovo gli occhi dando le spalle ad Haytmich. Mi aspetto che ceda, che si allontani con una frase in stile “allora andrò a bermi qualcosa” e invece ricevo un calcio poderoso dritto sulle reni che mi scaraventa a terra dall’altra parte del letto. Resto così sorpresa dal suo gesto che quasi non presto attenzione alle sue parole infuriate che giungono immediatamente dopo. - …per questo tu…Mi stai ascoltando Katniss?! – urla con un diavolo per capello. Anche lui adesso ce l’ha con me? Non è possibile che perfino Haytmich si permetta di maltrattarmi in questo modo, insomma, non credo di meritare un trattamento del genere. Non lo capisce che sono stanca? Che tutto questo è troppo per me, che non ce la faccio né ce la farò mai a sopportare l’idea di essere mentore dei tributi di questa maledettissima ennesima edizione degli Hunger Games?! Che… - Adesso ascoltami attentamente Katniss! Devi essere forte. Non puoi mollare…quei ragazzi hanno bisogno di sapere che per loro ci sarai, hai capito? – dice sedendosi sul bordo del letto mentre mi rialzo in piedi. Mi infurio. – Se pensi che trattandomi in questo modo – comincio ma nel frattempo la porta della mia stanza si apre di nuovo e con mia enorme sorpresa mi ritrovo davanti una bella donna sulla trentina che però non ha per niente l’aria di essere una cittadina di Capitol City né tantomento una inserviente. E’ vestita con un abito molto simile a quelli che indossava mia madre da giovane e porta i capelli raccolti in una coda molto lunga. I suoi occhi verdi risaltano sul nero corvino di quella chioma. Chi è? Saluta gentilmente, avvicinandosi a me e ad Haymitch con fare guardingo. – Oh alla buon ora – esclama lui non appena la vede – Katniss stava giusto dicendo di essere entusiasta all’idea di conoscerti. Vuole apprendere da te tutti i segreti per conquistarsi la fiducia degli sponsor e chi meglio di Cecilia Vane? – dice lanciandomi un’occhiata allusiva. – Come? – balbetto cadendo letteralmente dalle nubi. – Sempre se ti fidi di me Katniss – interviene prontamente Cecilia con tono pacato.
Ed è così che inaspettatamente ci ritroviamo a girovagare per Capitol City, io e questa perfetta sconosciuta amica di Haymtich, ma soprattutto mentore del Distretto 8 ormai da alcuni anni. Mentre mi mostra nuovi luoghi di ritrovo per i cittadini di spicco, parlandomi un po’ di sé e di come fece amicizia con Haymtich io non posso fare a meno di inorridire per ogni parrucca ambulante, ogni unghia finta e colorata e ogni abito esageratamente colorato che mi capita di vedere per le strade, lastricate delle solite belle piastrelle arancioni. Qui in ogni angolo è tutto perfettamente in ordine ed io non potrei stare peggio e sentirmi più inadeguata di così anche se Cinna mi ha accuratamente vestita e pettinata. Il problema è proprio questo anzi: come posso starmene qui a conoscere gente tanto superficiale in compagnia di una potenziale avversaria che cercherà di mantenere in vita i tributi del proprio distretto mentre Gale domani potrebbe essere morto a causa mia e Peeta mi odia questi quanto lui ormai? Anche se Cecilia fosse seriamente intenzionata ad aiutarmi come sembra, la mia faccia parla da sola. Non sono capace di fingere. Sto male e li disprezzo, dal primo all’ultimo. Sono loro che mi hanno fatto questo e continuano a farlo. A farci questo. Cecilia cammina silenziosa ma disinvolta accanto a me. Mi segnala i posti in cui entrare, come iniziare una conversazione, con chi parlare. E tutto questo è assurdo. Perché  Haymtich ha voluto delegare a lei qualcosa che avrei potuto benissimo fare con lui? Per di più parlare di strategia con un avversaria? No…Lui è troppo intelligente per credere che io, col carattere che mi ritrovo, possa sbilanciarmi. Cecilia sembra saperlo e non fa troppe domande. Tutto questo non mi torna. C’è sicuramente qualcosa sotto. Per ora di pranzo siamo di nuovo nel centro di addestramento. Cecilia mi saluta una volta arrivate all’ascensore. – Cinna ha fatto un ottimo lavoro, ma i cerchi che hai sotto gli occhi cominciano ad intravvedersi. Fossi in te mi farei una bella dormita questa notte. Sai, una volta che sono nell’arena non sai mai quando potrai addormentarti. Haytmitch per lo meno sembrava un pazzo furioso l’anno scorso – spiega Cecilia – lui era solo mentre voi eravate due da tenere d’occhio. Con quelli dell’1 che andavano a caccia di notte, credo che i primi quattro giorni non abbia praticamente chiuso occhio -. Sussulto a quelle rivelazioni. Non che io abbia mai pensato granché a cosa stesse facendo Haymtich mentre ero nell’arena, diciamo che ero troppo occupata a chiedermi come mai non mi avesse ancora mandato dell’acqua o della pomata o del cibo… insomma, ero occupata a restare viva. Provo a pensare a cosa si deve provare ad avere la vita di due ragazzi tra le mani, così fragile da poterti sfuggire alla prima distrazione, nel tempo di un battito di ciglia. Deglutisco. – Quest’anno però sarete in tre, potrete darvi il cambio – prosegue poi Cecilia trovandomi visibilmente turbata a quella rivelazione, evidentemente più di quanto pensassi. – Grazie. Vedrò di riposare come si deve – rispondo semplicemente mentre lei scende dall’ascensore all’ottavo piano. – in bocca al lupo Katniss – conclude prima che le porte si chiudano tra di noi. Mentre salgo verso il dodicesimo piano riesco solo a pensare con terrore a quello che mi aspetta. Notti insonni, nervi tesi, incubi, per il resto della mia vita. Sono così assorta che quando le porte si spalancano sull’attico del dodicesimo piano, sobbalzo a causa della vibrazione. Mi avvio verso la sala da pranzo con mille domande e tanto nervosismo. Sono indecisa quando arriva il momento di aprire la porta. Al di là di essa mi aspettano un Haymtich decisamente fastidioso che mi deve delle spiegazioni,  un Peeta con il cuore spezzato e che forse da qui in poi prenderà sul serio l’idea di mantenere le distanze da me anche se saremo costretti a fingerci innamorati per il resto della vita e un Gale arrabbiato che non potrebbe sentirsi più tradito di così. Cosa potrebbe esserci di peggio? Ah già, due giovani tributi nervosi e disperati forse più di lui. Chiudo gli occhi e faccio un bel respiro mentre decido di entrare. La situazione nella stanza sembra stranamente tranquilla, quasi irreale. Se ne stanno tutti seduti attorno al tavolo a chiacchierare come se anziché andare al macello dovessero organizzare una gita. Peeta e Gale stanno chiacchierando, ma smettono di colpo quando si accorgono della mia presenza. – Ohoo…Bentornata Dolcezza! Piaciuto il giretto? Non hai ammazzato nessuno vero? – mi chiede subito Haymtich avvicinandosi a noi per abbandonare una Suzan in lacrime sulla sua poltrona. – No ma giuro che qualche testa l’avrei fatta saltare volentieri – replico subito sedendomi accanto a lui. Noto che Suzan ha gli occhi tanto gonfi che credo non abbia mai smesso di piangere da ieri. Non è una cosa buona, penso. Gli altri tributi se la mangeranno a colazione se non troverà un po’ di coraggio dentro di sé. Non può trincerarsi nella paura. Nessuno sembra interessato a sapere altro da me, ma decido comunque di parlare. – Ho fatto come mi hai detto – spiego rivolta ad Haymitch. - Abbiamo girato almeno una trentina di locali stamattina, ma è stata solamente una perdita di tempo… -. – Non è mai una perdita di tempo quando si tratta di sponsor – mi redarguisce subito lui. Ed ecco che in me scatta qualcosa. Il suo fare serafico, strafottente, mescolato a lui che mastica uno strano frutto che non conosco, mi danno troppo sui nervi.  – Perché hai mandato me? lo sai che è Peeta quello bravo con le parole? E poi perché Cecilia? – gli chiedo finalmente senza riuscire a trattenermi oltre. Haymtich ride mostrando una ridicola dentatura bluastra nella quale la polpa del frutto sembra essersi incastrata. – Beh forse lui sarà più bravo con le parole, ma tra i due non c’è dubbio che la gente qui sia rimasta piacevolmente colpita da te. Tu sei un MUST ormai, pendono comunque tutti dalle tue labbra e poi Cecilia ha molta più pazienza del sottoscritto– risponde tagliando corto. – Come sarebbe? – interviene d’un tratto Peeta. – Perché io non ne sapevo niente? Mi avevi detto che era rimasta a letto! – protesta verso Haymtich. Lui però non risponde. In compenso Netan ha l’ennesima crisi isterica. – “Cecilia” Per caso vi riferite a Cecilia Vane? Non sarà mica la mentore del distretto 8?! – attacca subito. Io però sono occupata a notare l’occhiata fugace di Gale rivolta nella mia direzione. Distoglie immediatamente lo sguardo, sembra ancora piuttosto arrabbiato. Peeta al contrario mi lancia un’occhiata interrogativa ma sembra rilassato (per quanto si possa essere rilassati il giorno prima dell’inizio dei giochi). – Stttt…fate un po’ di silenzio per favore. Lo sapete che siete proprio fastidiosi mcciosi? Ora basta, la cena verrà servita a breve, filate a lavarvi le mani! – risponde semplicemente lui alzandosi pigramente dal divano. – Ma come? – insisto. – Katniss…è maleducazione! Su fai la brava ragazza! – è la frivola risposta di Haymtich che conclude la discussione con un’evidente imitazione di Effie Trinket con qualche chilo di troppo e la barba.
A tavola restiamo tutti in religioso silenzio. Soltanto i singhiozzi di Suzan che rifiuta il cibo e si attorciglia i capelli tra le dita rompono questa assordante calma. Giuro che se non la smette le farò avere un buon motivo per piangere! – Ehi- comincio seccata rivolta a lei ma non faccio in tempo ad iniziare la frase che Netan sbatte con forza un pugno sul tavolo. – Adesso basta Suzan! – urla e poi rivolto a tutti noi - mi avete rotto…io me ne vado a letto! – dice e fa per andarsene. Gli altri non sollevano obiezioni quando lui si alza e Suzan comincia a singhiozzare ancora più forte. – Ehi, sta tranquilla ok, non perdere la speranza – sento Peeta sussurrarle mentre le porge gentilmente un fazzoletto. – Tutto questo è patetico! – commenta con rabbia Netan prima di sparire. Gale si limita a raccogliere il sugo del suo coniglio con le patate, usando un pezzo di pane. Mi lancia l’ennesima occhiata rabbiosa della serata e fa un breve gesto di dissenso con la testa rivolto a Peeta. – Non ce n’è bisogno. Dovrà farsene una ragione o morirà – dice poi. Io intanto non faccio che pensare che sono di troppo, che vorrei tanto andarmene e che tutto questo non ha senso. Per di più vedere Peeta che stringe forte una fragile Suzan non mi aiuita affatto. E’ una sensazione sgradevole, come se lì tra quelle braccia dovessi esserci io e non lei. Ma è lei il tributo che andrà nell’Arena, io  sono il mentore, io devo essere forte. Allora perché mi sale una angoscia infinita dal momento che quelle braccia non stanno stringendo me?
Domani ci saranno le interviste, realizzo infine. Me ne ero quasi scordata. – Che avete deciso per domani? – chiedo sperando in qualche modo di ricevere qualche notizia non troppo cattiva. Tutti e quattro mi squadrano come se avessi appena detto qualcosa di ridicolo o di tremendamente imbarazzante. – Cercheremo di mostrare che siamo una squadra – sintetizza Peeta. – Non una squadra qualunque però. Noi saremo gli antagonisti dei favoriti, rappresenteremo lo sfortunato e remoto distretto 12 che finalmente ha ritrovato la grinta e anche quest’anno sfornerà un vincitore – conclude Haytmich con un sorriso sbilenco. – Non sarà facile – aggiunge subito Gale rivolgendomi per la prima volta uno sguardo. – Non se qualcuno si è già chiamato fuori ed è così spaventato e malfidente -. E’ chiaro che si riferisce a Netan. – Sembrava così buono, voglio dire, si è offerto per salvare la donna che ama e guardatelo ora… - piagnucola di rimando Suzan. – Ora è un animale che lotta per la sopravvivenza- interviene Haymtich. – Quando sarà il momento sappiate che anche voi non guarderete più in faccia niente e nessuno, cercherete solo di restare vivi e l’istinto prevarrà su ogni cosa…tu Peeta ovviamente fai eccezione – scherza poi scuotendo il capo con fare quasi incredulo, lanciandomi poi uno sguardo indecifrabile. Io sprofondo nella vergogna più o meno nello stesso istante in cui gli sguardi di Gale e Peeta si fissano nel mio. – Io me ne vado a dormire – esordisce Peeta. – Anche io – gli tiene dietro Gale. Suzan annuisce e Haymtich rutta sonoramente mostrando, a modo suo, che si sta congedando.
Resto impalata a guardarli sfilare via, rapidamente nelle loro stanze. – E per le interviste? Che devo fare? – insisto un’ultima volta con Haymtich. – Tu devi solo restartene buona buona a guardare. Per fortuna quelli sanno il fatto loro – dice. – E basta? – ribatto. Lui sembra farsi pensieroso - Metti un vestito scollato, non guasta mai… - conclude e dopo avermi sorriso sadicamente se ne esce anche lui dalla stanza.  
 

 
 
 

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Capitolo 16
*** Meno uno ***


Capitolo 16 L’edizione delle Memoria:  "Meno uno"
 
Eccoci finalmente ad una svolta. Aspetto commenti/critiche per questo capitolo forse saranno tante, spero. Ditemi cosa ne pensate...Grazie a tutti di cuore. Buona lettura e scusate il ritardo!!!


 
Dieci. Nove. Otto. Sette. Sei. Cinque. Quattro. Tre. Due. Uno.

Ecco partire la musica. Le luci del palco si accendono. Uno dei fari sembra volermi puntare dritto addosso quando Caesar Flinkerman entra nello studio.

Al mio fianco Haymtich mi tira una gomitata. “Sorridi, Dolcezza!” mi intima fra i denti cercando si sembrare cordiale. Al mio fianco Peeta stringe di più le sue dita attorno alle mie. Come ci siamo finiti a tenerci per mano? Non ne ho idea, ma dal momento che la folla esulante in mezzo alla quale mi trovo ora, è talmente disgustosa che mi terrorizza, ho deciso di infischiarmene di tutto il resto. E poi io adesso siamo in pubblico e la gente sa che ci siamo sposati da poco, dovremmo essere gli sposini novelli più felici del mondo, forse è per questo che Peeta mi ha stretto la mano… In ogni caso stiamo per assistere alla prima intervista di Caesar. Al ricordo di quando ci costrinsero a rivivere l’esperienza dell’Arena seduti su un divanetto mi sale un conato di vomito. La boccata acida mi riempie la bocca, ho le mani che sudano e se non fosse per il trucco che ho in faccia, sono certa che sarei pallida come un cadavere.

Cinna ha insistito per curare di nuovo il mio aspetto e per fortuna sembra aver fatto un buon lavoro dal momento che nemmeno Peeta che è a pochi centimetri da me sembra accorgersi di niente. – Vuoi un po’ d’acqua? – mi chiede d’un tratto. Come non detto. Se n’è accorto. – Sto bene – mento. Lui mi sorride. – Andrà tutto bene Katniss -. Haymitch dall’altro lato, sogghigna.
“BUONASERA PANEM!” trilla Caesar Flinkerman nel suo microfono. La folla applaude in visibilio. “Siete pronti per conoscere i tributi di quest’anno?!” domanda. Un “Sì” corale si eleva tra la gente. Caesar sorride compiaciuto e si porta al centro del palcoscenico.

“Questa edizione ha in serbo tante sorprese anche per il sottoscritto devo dire… Sapete bene che verranno intervistati anche i tributi Jolly ma solo a tempo debito e dopo l’usuale cerimonia che accompagnerà gli altri due tributi” spiega Caesar “ i video verranno mandati in onda poco prima che il tributo entri nell’Arena. Sapete che quest’anno spetterà ai singoli mentori decidere quando, entro un tempo limite ovviamente”. Altro enorme sorriso a trentadue denti. La folla grida “Wow” e mille commenti e sospiri estasiati esplodono nella sala poco prima che Caesar chieda gentilmente di nuovo la parola. “Si, si, capisco perfettamente il vostro entusiasmo. Ho la pelle d’oca anche io. Ma non indugiamo oltre! Sono lieto di presentarvi il primo fortunato tributo di quest’anno”
E così ha inizio la “sfilata”.


Il Distretto uno, senza l’energumeno che è stato scelto come tributo Jolly, sembra il solito. Temibile. Un ragazzo e una ragazza abili, ben addestrati, ma nonostante questo dimentico i loro nomi non appena Caesar comincia a chiamare i tributi del due. – Cerca di prestare attenzione Dolcezza… - mi dice Haymtich d’un tratto cogliendomi in un momento in cui mi ero persa a fissare una parrucca argentata piena di lustrini alla mia sinistra.

– Sono attenta – ribatto un po’ seccata. – Quelli dell’uno sembrano temibili ma le ragazze del due sono certamente letali – dico. Haymtich fa un segno d’approvazione. Riconosco immediatamente lo stile di Cinna, è lui il loro stilista. Le due ragazze si chiamano Emy e Maya. La prima, mora dai tratti marcati, la seconda, bionda e longilinea. A vederle da qui sembrano decisamente più alte di quanto mi fossero sembrate in precedenza. Credo che entrambe sfiorino l’altezza di Gale, se non di più.

Dicono di sentirsi fortunate ad essere finalmente state scelte per partecipare ai giochi, perché nel loro distretto i volontari certo non mancano e dopo si tira a sorte tra questi e loro beh, non erano mai state fortunate prima. Una di loro, Emy credo, dice di aver conosciuto Clove alla scuola di addestramento. La definisce una “pivella sempliciotta troppo piena di sé”. Il pubblico emette gridolini di eccitazione. Caesar fa un’espressione finto-scioccata. “Quindi tu pensi che saprai fare di meglio?” chiede il presentatore. “Certamente. Se io avessi avuto a mio favore la regola della coppia che proviene dallo stesso distretto non avrei perso di certo. Quest’anno faremo sul serio, puoi giurarci”.

A quelle parole Caesar resta muto e deglutisce un secondo, prima di riprendere la sua solita faccia di bronzo. Io devo avere trattenuto il respiro e sento Haymtich tossire nervosamente. Ci mancava pure che ricordassero tutti la storia delle bacche. Gli strateghi non ne saranno molto contenti. Questo però mi porta a formulare un pensiero successivo.

Questa ragazza gli ha appena fatto fare l’ennesima figura dei perdenti, dopo di me potrebbero anche prendersela con lei, anzi, forse la metteranno nella lista anche un passo avanti. Insomma, potrebbe essere una gaffe degna di farci guadagnare un po’ di vantaggio. Lei non sembra essersene resa conto, ma la sua compagna di distretto si. La fissa con occhi increduli mentre lei continua a ridacchiare e a parlare di quanto sia abile. Strano, qualcosa mi dice che forse non è poi così temibile, non sembra molto astuta.

I tributi del tre sono del tutto anonimi. Così quelli del quattro e del sei. Del distretto cinque invece riconosco lo stesso ragazzo dal viso perfetto che ho scorto alla mietitura. Non è solo carino, c’è qualcosa in lui che mi dice di andare oltre alle apparenze. Siede composto, risponde in modo tranquillo alle domande di Caesar ma sempre con una sprezzante ironia che fa capire che non è un tipo che si arrende, che ha fiducia in sé stesso e soprattutto: ha un asso nella manica.

“Allora Hotty, è così che ti chiamano vero?” scherza Caesar mentre la telecamera si piazza con un primo piano sul viso del ragazzo. I riccioli scuri dei suoi capelli sembrano brillare e hanno un aspetto così curato da rendermi difficile credere che fino a qualche giorno fa lui fosse un addetto alla manutenzione nel centro dell’energia elettrica del suo distretto.

Lui sorride “chiamami Marcus” dice. “Ma Hotty è il tuo soprannome giusto? E come potrebbe essere altrimenti?!” chiede allusivo rivolto al pubblico che va in visibilio. “Ho notato che gli strateghi ti hanno dato un bel 9 come punteggio per le sessioni private. Devi averli stupiti, quindi dimmi: hai altre qualità a parte il tuo evidente charm?”. Marcus fa un sorriso tirato e poi guarda la telecamera.

“Preferirei non svelarlo, sai, la storia dei tributi Jolly. Secondo me è più una trovata per farli mettere in mostra, quindi perché dovrei giocare a carte scoperte? Voglio dire: lascerò il meglio per l’Arena, mi conoscerete per come sono solo quando ci avrò messo piede”. La sua risposta lascia il pubblico più  entusiasmato che mai.

“Fai il misterioso dunque. Bene, non vediamo l’ora di vederti all’opera!” conclude Caesar.
La ragazza del sette, credo si chiami Sigma, finisce per vomitare sulle scarpe di Caesar la colazione troppo abbondante che deve aver fatto. Si scusa, e anche se è visibilmente inorridito Caesar si mostra comprensivo. “Cose che capitano” dice.

Lei però è così mortificata, così pallida e così magra che non stento a credere che il suo fisico debilitato non abbia retto tutto quel cibo così sostanzioso. Ancora di più riesco a capire la sua ingordigia. Non deve essersi fermata nemmeno quando si sentiva sazia, tanta deve essere la fame che ha patito prima. Il ricordo dello stufato di Agnello con le prugne secche la prima volta che lo assaggiai mi fa venire una stretta allo stomaco. Oggi ne sono certa, non toccherò cibo. Tanto anche se mi sforzassi non riuscirei a finirlo tutto, a meno di voler vomitare come quella ragazza e la gente di Capitol City finirebbe comunque per buttarlo nell’immondizia o per vomitarlo anche si, per poi trangugiarne di nuovo.
 Nessun’altro cattura abbastanza la mia attenzione dopo di lei. Ci sono un paio di tributi che a stento riescono a mettere una parola dietro l’altra. Per fortuna quest’anno non vedo dodicenni. Il turno del distretto 12 arriva troppo velocemente.

“Bene, con il Distretto 11 abbiamo terminato. Ora: quest’anno il Distretto 12 purtroppo non sembra aver dato gli stessi frutti succulenti dell’anno scorso, ma chi può mai dirlo? Conosciamo i nuovi tributi prima di giudicare” esordisce Caesar. E in me si riaccende la rabbia. Già, come se non li avessero già giudicati dopo la parata con le manette e i vestiti sporchi di fuliggine.

Solo così realizzo di essermi completamente scordata della questione.
– Haymtich! Sicuramente Caesar gli chiederà il perché delle manette ai polsi! – dico, forse a voce troppo alta, al mio ex mentore strattonandolo per la manica della giacca.
– Credi che non ne abbiamo già parlato? – ribatte lui esterrefatto alzando un sopracciglio. Mi volto verso Peeta e lui sospira. – Tranquilla, ricordi la storia della squadra no? Andrà bene! – dice senza sbottonarsi troppo. – Però io… -.

– Eh piantala Katniss! – mi ferma subito Haymtich. – Goditi lo show! -. Peeta mi lancia a sua volta uno sguardo tale che capisco benissimo che mi sta pregando di restare buona al mio posto. A questo punto non so se essere più preoccupata o rassicurata.

“Per il distretto 12: apparentemente una creaturina fragile. Ha ottenuto solo 4 come punteggio con gli strateghi, ma il suo mentore, tra gli altri, quest’anno è Katniss Everdeen, per cui non disdegno che potrebbe riservare qualche sorpresa. Per di più ricordiamo tutti l’esperienza avuta con Johanna Mason del distretto 7. Fui io stesso ad intervistarla e devo dire che mi fregò alla grande, per cui fate subito un bell’applauso a Suzan Platfot, tributo del distretto 12!!!” grida a gran voce Caesar.
Strano, penso.  Sembra quasi che stia cercando in qualche modo di aiutarci. Già lo fece dopo la storia delle bacche…Mi chiedo se infondo non sia più umano di quanto non si possa pensare di lui. Evidentemente però, quando si tratta di vantaggi e bella vita, Caesar non ha dubbi di sorta al riguardo.

Se anche prova compassione, certamente preferisce stare sul carro vincente e indossare la sua maschera quotidiana. Questo pensiero mi fa improvvisamente vergognare di me stessa. E io? Che ho di diverso da lui? Ho finto durante tutto il tour della vittoria per paura, per salvare me e la mia famiglia. Ho volutamente nascosto ogni mio sentimento e sto continuando a farlo, faccio soffrire Peeta ogni giorno e ora anche Gale… e per che cosa? Capitol City vincerà sempre. I distretti si sono piegati, la gente non si è ribellata e mai lo farà. Perché lo fai Katniss? Per salvare il salvabile.

Ma questo incubo avrà una fine?  La risposta giunge lampante davanti ai miei occhi mentre osservo Suzan trattenere a stento le lacrime mentre parla di sua madre e del suo fratellino che la aspettano al Distretto. E per citare la famosa frase che ogni anno sentiamo riecheggiare dai microfoni di Capitol City: La fortuna non sarà mai dalla nostra parte.

 
- Bene…anche questa è andata. Ora tocca al ragazzo – sussurra Haymtich risvegliandomi dai miei pensieri. In meno di qualche secondo, accanto a Caesar sul palco adesso c’è Netan.
“Netan Thomas. Che piacere conoscerti” esordisce Caesar facendo per allungare la mano verso di lui e stringergliela. Lo scatto di Netan è così repentino che prima di realizzare quanto sia successo, diverse grida mi risuonano già nelle orecchie.

“Dove l’hai preso quello?!” grida Caesar esterrefatto. Quattro pacificatori irrompono come furie sul palcoscenico, ma è troppo tardi. Netan si è tagliato la gola con un coltello gigantesco, che probabilmente è riuscito a nascondere nella giacca o nei pantaloni. Lo ha fatto davanti a tutti con un impeto che ha dell’incredibile. Sembra proprio che Caesar non oserà mai più indossare quelle scarpe, perché dopo i succhi gastrici di Sigma, ora sono completamente inondate di sangue rosso scuro.


“L’ho fatto per te  Helena…” è l’ultimo rantolo che si riesce a percepire da Netan attraverso il microfono che porta attaccato alla giacca. Dopodiché lo studio si spegne. Le grida aumentano e il panico si impossessa di me. – Non dirmi che era questo il vostro piano?! – grido ad Haymtich sconvolta. – Oh certo, fare gioco di squadra e questo vanno molto d’accordo, non ti pare?  - replica lui sarcastico. Rapidi, diversi pacificatori giungono verso di noi con fare minaccioso e ci intimano di alzarci. – Ehi ehi, un momento! Il ragazzo era fuori di sé, noi non c’entriam…-. Haymtich non fa in tempo a realizzare quali conseguenze ha avuto il suo gesto che un primo Pacificatore lo stende a terra dandogli un forte colpo sulla testa. Peeta reagisce immediatamente. – Fermi! – si para tra i pacificatori e me – Noi non c’entriamo! Lasciatela stare! – grida. Io resto immobile senza riuscire a immaginare una soluzione possibile. Siamo perduti. Snow mi voleva morta anche prima che uno dei Tributi del mio distretto al quale avrei dovuto fare da mentore si suicidasse pubblicamente in diretta davanti a tutto Panem. Senza rendermene conto comincio a gridare. – No…No…non potete farci questo! Ho fatto ciò che volevate! Non c’entro, non c’entro niente! -. E’ inutile. Tutto ciò che ricordo dopo è un prurito al braccio, Peeta che mi guarda terrorizzato mentre tutto attorno a me comincia ad ondeggiare e infine il mondo diventa nero. Non ho più paura adesso.
Sono nella casa sul lago con mio padre. Lui mi tiene stretta sé, avvolta in una vecchia coperta. Fa freddo fuori ma non è ancora inverno inoltrato. La sensazione di benessere mi arriva dritta alle ossa. Mi sembra di volare. Un ticchettio fastidioso però comincia ad insinuarsi nella mia testa. E’ come se non ricordassi qualcosa di importante. Un colore: rosso. Il sangue. Rue… No! Non è Rue…I giochi! Sì Gli Hunger Games! Mio padre svanisce, sono adulta ora e la capanna è diventata una grotta. Peeta! Sangue, di nuovo. Ho paura. Netan…il suo sguardo terrorizzato, la rabbia…Snow… Grido!
Mi sveglio urlando. – Katniss! – la voce di Peeta mi fa ritornare alla realtà. Siamo in un posto che non conosco ma ha tutta l’aria di non promettere niente di buono. Poco lontano da me c’è Haymtich. Faccio per alzarmi e realizzo per fortuna di stare bene, mi trovo su una specie di lettino da ospedale, tutto nella stanza sa di opprimente, non ci sono neppure le finestre e i pochi mobili, sedi e mensole, sono fatti di metallo. – Fai piano, ti hanno sedato, potresti sentirti scombussolata – mi spiega Peeta. Ora ricordo. Il dolore al braccio era un’ago. – Perché? Che è successo dopo? State bene? – domando concitata. Haymitch mi mostra la borsa del ghiaccio che la sua mano sinistra tiene premuta sulla sua testa. – Siamo qui per parlarne, poteva andare peggio – commenta. – Quanto tempo sono rimasta addormentata? – è la domanda che mi giunge alla mente subito dopo non appena realizzo con terrore che né Gale né Suzan sono presenti. – Un paio d’ore, minuto più, minuto meno – risponde Haymtich. – Loro sono nella stanza accanto. Con Bargis – è la spiegazione successiva da parte di Peeta. Non c’è bisogno che aggiunga altro, sono già sulla porta. – Katniss, aspetta! -. Troppo tardi. – Oh Katniss, era ora che ti sveglissi. Ci sono decisioni importanti da prendere qui! – esordisce Bargis non appena mi vede. Ha l’aspetto più sciupato del solito, i capelli spettinati e la giacca tutta sgualcita. Anche lui deve esserci andato di mezzo alla fine. Come prevedibile Suzan è in lacrime. Si fionda tra le mie braccia e comincia a singhiozzare a più non posso. Ha le braccia livide, segno che anche lei è stata condotta qui con la forza. Gale, per parte sua ha un occhio nero. – Katniss! – arriva Peeta alle mie spalle, seguito da Haytmitch. – Non c’è niente di cui parlare, non ascoltarlo. Abbiamo già deciso! – conclude con fermezza. – Di che parlate? E poi scusate ma Netan? – chiedo ancora sconvolta. – Netan è morto Katniss, davanti a tutta Penem! – dice Gale con voce rotta. – Non ha retto alla pressione e ha pensato che se doveva morire tanto valeva farlo in modo plateale. Ha rubato un coltello dal centro di addestramento. Non so come ci sia riuscito, perché dovrebbero essere ben sorvegliati e poi…beh, l’avete visto anche voi – spiega. Le mie gambe vacillano al ricordo. – E poi che è successo? Perché ci hanno aggrediti? – chiedo ancora confusa. – Perché temevano che ci fossimo messi d’accordo per una specie di attentato o rivolta o come preferisci chiamarla ecco. Poco prima che ti svegliassi è arrivato un comunicato che Bargis ha dovuto leggere assieme a Caesar Flinkerman nell’edizione straordinari di oggi. – Quindi? – lo incalzo. – Quindi – riprende Gale – non ci ritengono colpevoli ma hanno comunque bisogno che i giochi vadano avanti e adesso abbiamo un tributo in meno -. – Non si era mai verificato niente del genere prima d’ora, quindi nessuno sapeva che regola andasse applicata, ma a quanto pare ne hanno trovata una – prosegue Bargis per lui attirandosi un’occhiataccia da parte di Peeta. – Cosa? Quante nuove regole hanno intenzione di tirare fuori ancora? Quindi, vuol dire che estrarranno a sorte un altro tributo? I giochi cominceranno tra poche ore, dal dodici ci vogliono almeno tre giorni di treno e anche con un Howercraft come faranno a….- comincio a blaterare disperata annaspando alla ricerca d’aria. Nella mia mente cominciano a prospettarsi diversi scenari davvero terribili. - E’ stato uno stupido! Ora Snow se la prenderà con tutti noi e anche con la sua famiglia – piagnucola intanto Suzan – ha fatto anche il nome di Halena…ora la uccideranno! -. A questo non avevo ancora pensato. Se l’hanno scorso ho tenuto duro e non mi sono ribellata è stato solo per questo motivo, se ho fatto tutto quello che ho fatto… - Oddio… - comincio a realizzare e sto per mettermi ad urlare di nuovo. – Adesso basta! Smettetela di spaventarla! E’ già abbastanza sconvolta – interivene Peeta a mia difesa. – Tutti noi lo siamo! Dolcezza, non ti hanno ancora spiegato le nuove regole. Dille un po’ che cosa hai intenzione di fare Peeta! – dice infine Haymtich. I miei occhi si fissano in quelli azzurro cielo del figlio del fornaio. – Che vuol dire? –
- Katniss, Snow vuole che a partecipare ai giochi al posto di Netan sia uno di voi tre. Un mentore – rivela infine Gale. – E Peeta ha intenzione di offrirsi volontario -.
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 17
*** Odds are NEVER in our favour! ***


Capitolo 17: “Odds are never in our favour!”


Mancano poche ore. Snow ha già annunciato a tutta Panem che i giochi si terranno senza ulteriori disguidi. Ho paura. Paura per la mia famiglia, per Gale e Peeta, paura che tutto quello che ho fatto fino ad ora non sia servito a niente.

– Katniss apri la porta! – è la voce di Peeta che mi esorta ad alzarmi dal pavimento del bagno in cui mi sono infilata subito dopo aver saputo. Lo sto ignorando ormai da venti minuti buoni.

– Lasciala stare, uscirà quando si sentirà meno confusa! – interviene ad un tratto la voce bassa di Gale. E’ così dunque? Mi trattano come una animale indifeso che si nasconde mentre si lecca le ferite? Penso, poi mi osservo riflessa nello specchio mentre mi accarezzo meccanicamente i capelli con sguardo vitreo e capisco che non posso proprio dargli torto.

Mi faccio pena da sola, ma ciononostante la forza di alzarmi da qui non la trovo. Qui è sicuro, è un bagno ultramoderno di Capitol City con doccia multi getto, idromassaggio, ci sono almeno trenta tipi diversi di profumazioni possibili e saponi d’ogni genere.

Chissà come deve essere dare tutto questo per scontato? Perché non poteva essere così per tutti? Perché noi abitanti dei distretti siamo costretti alla fame mentre qui basta pigiare un tasto e hai la sicurezza di tutto?

- Katniss! – insiste Peeta. Non rispondo.

– Adesso basta! – interviene di nuovo Gale. Lui però continua a battere contro la porta.  – Tu sta zitto! Ti avevo detto di non dirle niente! – lo rimprovera Peeta con tono aspro.-Non sei mica mia madre! – replica subito Gale - e poi lo sarebbe venuta a sapere comunque, quindi tanto valeva dirglielo subito – conclude pratico.

– No! Era troppo sconvolta! Hai visto cosa hai fatto? – replica Peeta – e comunque non sarò tua madre ma sono suo marito! – . Ecco fatto. Avverto distintamente il rumore di qualcosa che va a sbattere contro il muro accompagnato dal suono dei vetri rotti e da un’imprecazione. Tutto questo mi dà inspiegabilmente la forza di alzarmi.

– FERMI! – grido. Davanti a me trovo Gale carponi sul corpo di Peeta. Lo ha mandato a sbattere contro lo specchio della stanza da letto del centro di addestramento dove ci troviamo e lui ovviamente ha perso l’equilibrio non potendo poggiare tutto il peso del corpo sulla gamba destra. – Beh almeno sei uscita Catnip! -. Resto con le braccia conserte impalata davanti a loro mentre Gale si offre di aiutare Peeta a rialzarsi e questo evita accuratamente di afferrargli la mano.

– Scusami – dichiara infine Gale. – Non è importante, scuse accettate – risponde Peeta alzandosi in piedi però da solo.
- Katniss – dice infine Gale rivolgendosi a me dopo un silenzio che sembrava infinito – sapevamo che sarebbe stata dura -. – Ci aiuteremo a vicenda, tu e Haymtich da fuori e noi…- continua Peeta ma io lo blocco subito. Senza pensare mi getto verso di lui e lo stringo così forte che per un attimo lui sembra sbilanciarsi di nuovo.

– Loro non possono farci questo! Non possono! – frigno quasi fossi una bambina in preda ad un tumulto interiore incontrollabile. In quel momento sopraggiunge Haymtich – a quanto pare invece possono eccome. Quell’idiota di un ragazzino! – sbuffa ad alta voce. Prima ancora di accorgermi della sua camicia abbottonata male e dei capelli sconvolti, l’odore dell’alcool che lo impregna mi avvolge le narici e faccio un passo indietro disgustata.

– E’ ubriaco più o meno da quando ti sei chiusa nel bagno. Non sono riuscito a fermarlo- spiega Peeta con voce mortificata quasi fosse colpa sua se Haymtich non riesce proprio a starsene lontano da una bottiglie di Whisky. – Non doveva restare sobrio per aiutarci? – protesta subito Gale.

– Oh, acuta osservazione – lo canzona subito Haymtich – questo però era prima che qualcuno formulasse per la seconda volta la mia condanna a morte, quindi ho pensato che tanto valeva berci un po’ su – e così dicendo Haymtich finisce di scolarsi metà di una bottiglia dal liquido ambrato facendosene scivolare addosso una buona parte.

– Cosa? – è tutto ciò che riesco a dire tanto sono confusa. – lascia stare, è solo sotto sciock anche lui – mi dice Peeta cercando di aiutare Haymitch a restare in piedi. Quest’ultimo, per tutta risposta lo colpisce così forte da farlo cadere nuovamente a terra. Il suo gesto mi fa così arrabbiare che senza pensare a nulla decido di sfogare tutta la mia rabbia su Haymtich e come una furia lo spintono a mia volta sperando di fargli più male possibile.

– Smettila! Non è te che vogliono! Snow vuole soltanto me! Per colpa sua tutte le persone che amo potrebbero morire – urlo come una povera pazza mentre continuo a prendermela con il mio ex mentore. Gale interviene prontamente e mi blocca le braccia afferrandomi per la schiena. – Katniss! Calmati! -.

Haymitch però non ne vuole proprio sapere di stare zitto a quanto pare. – Puoi stare tranquilla Dolcezza, i tuoi ragazzi saranno salvi. Mio offrirò volontario così poi tu e Peeta non dovrete fare altro che cercare di riportare a casa vivo uno degli altri due. Spero almeno che tu ti sia decisa a sceglierti il fidanzato perché a quanto sembra il moro e il biondo qui presenti stanno iniziando a spazientirsi…- ride e poi crolla a terra come un sasso.

In un angolo della stanza c’è Suzan che sembra essersi fatta piccola piccola e, meraviglia delle meraviglie, stranamente non piange. Se ne sta in silenzio ad osservarci con i suoi grandi occhioni color miele. Mi ero completamente scordata di lei.

E improvvisamente mi faccio schifo. Che starà pensando adesso? Il suo compagno di distretto si è suicidato, conosce la storia di me e Peeta, o almeno quello che Capitol City le ha mostrato, sa che Gale è mio cugino o comunque si sarà accorta che tra noi c’è un rapporto speciale e se loro tre dovessero andare nell’Arena come tributi o se ci andassi io o Haymtich, lei non avrebbe comunque alcuna speranza. L’aiuterei? Solo uno sopravvive.

Anche se ora, davanti a me c’è l’eccezione vivente a questa regola che si è appena alzato e mi sta fissando con i suoi occhi azzurro cielo così buoni, inconfondibili…Come potrebbe mai succedere che riuscissimo a replicare la vittoria dell’anno scorso? Non ci sono possibilità. E io sento di avere sulla coscienza già abbastanza vittime. I miei incubi con il passare del tempo si sono fatti sempre più crudeli. I volti di Rue, Marvel, Cato, Lux… quanti altri dovranno aggiungersi a questa lista?

Per quanto io detesti in modi di Haytmich non posso pensare di ritrovarmi colpevole della sua morte, è inutile! Come mentore non sarei in grado di riportare a casa forse nessuno di loro. Haymtich serve fuori dall’Arena, esattamente come Peeta. Lui ci sa fare con le persone, è persuasivo, buono e soprattutto non si merita di finire nuovamente in quell’inferno. Inoltre il pensiero di dover salvare o lui o Gale mi ripugna così tanto da farmi venire le vertigini.

No, Peeta deve aiutare Haymtich con gli sponsor. Se anche morirò ci sarà comunque lui a prendersi cura di mia sorella, è pur sempre mio marito agli occhi di tutti e nessuno potrà biasimarlo se lo farà. – Katniss, non devi preoccuparti di niente – la voce di Peeta mi risveglia dal turbine incontrollato della mia mente. Suona perfino più calda di quanto non mi sia mai sembrata prima – ora accompagno Haymtich nella sua stanza. Ne parliamo tra poco ok? Lui ci serve fuori, deve aiutarti con gli sponsor e… - così dicendo Peeta fa per sollevare Haymtich dopo avergli portato il braccio sinistro dietro la sua testa. Gale fa per aiutarlo a sollevare l’uomo, ora apparentemente così ubriaco da non capire più dove si trova, quando io lo dico: - andrò io. Niente discussioni.

Se è vero che Haymtich vi serve fuori è altrettanto vero che io vi servo dentro l’Arena -. Il silenzio che ricevo in risposta mi dà la forza di continuare, nonostante una voce gridi terrorizzata dentro di me che così morirò. Non posso tirarmi indietro. –  Tu Peeta servi come mentore tanto quanto serve Haytmich. Nell’arena saresti carne da macello con quella gamba, considerata la potenza e l’età media degli altri tributi, soprattutto dei favoriti – faccio un grosso respiro – io saprei cavarmela credo, resisterei abbastanza da darvi un discreto vantaggio e voglio che tu ed Haymtich mi promettiate di potare fuori da lì chi tra Gale e Suzan vi sembrerà avere più chance di vincere! -.

Mentre finisco di parlare un tremito comincia a percorrermi le membra ma stringo forte le braccia al petto e guardo Gale e Peeta dritta negli occhi. Una risata inaspettata è ciò che ricevo in risposta da un Haymtich più che ubriaco, che riesce comunque ad essere abbastanza lucido per rispondere: - devo essere io il tributo, la mia vita faceva già abbastanza schifo prima, non voglio avere te o Peeta sulla coscienza, sono il più vecchio… -. Il discorso encomiabile che sta facendo però finisce in una spruzzata di vomito sulla moquette.

– E tutta la storia del gioco di squadra? Non ci saresti di nessun aiuto nell’arena! – interviene Gale rivolto ad Haymtich – e tu Catnip non essere sciocca, sta a noi due, penserò io a Peeta – prosegue. – No io non posso vincere, non avevo molte chance nemmeno l’anno scorso – ribatte immediatamente Peeta. – Questa è follia! – urlo.

– Sarò io ad offrirmi volontaria e non voglio che vi sacrifichiate l’uno per l’altro! E’colpa mia se Snow è arrabbiato, sono stata io ad avere l’idea delle bacche. Se fossi morta l’anno scorso tutto questo non sarebbe successo e non finirà mai se non mi offro volontaria io. E’ me che vuole! Lo sapete benissimo! Se voi vi offriste volontari io non saprei fare niente per aiutarvi e non avremmo ottenuto nulla! – grido di nuovo.

A quanto pare siamo arrivati ad una ampasse piuttosto grave. Nessuno di noi vuole cedere. Non so come uscirne, quando ad un tratto qualcuno ci raggiunge nella stanza.
-Oh, ma che bel quadretto! Guardateli come si divertono a dimostrarsi il loro affetto reciproco! – ci canzona Bargis con la sua voce gracchiante e sgraziata da Capitolino.

– Sono spiacente di rovinarvi il divertimento cari, ma a quanto pare non siete stati informati a dovere – dice.
Tutti noi drizziamo subito le orecchie. Ho la pelle d’oca. Che sta per succedere? Possibile che possa andare peggio?
-E’ inutile che vi scanniate tra di voi, il Presidente Snow ha deciso che non potranno esserci volontari tra voi mentori. Le regole per i tributi non valgono in questo caso – conclude Bargis con un sorriso cattivo. A quanto pare può andare peggio.  

Restiamo in ascolto in silenzio. Il cuore sembra scoppiarmi nel petto quando avverto le sue parole: - il nome del fortunato sarà sorteggiato senza possibilità di rettifica. Non è eccitante? Sarà la sorte a farla da padrona? Quindi: che i giochi abbiano inizio e possa la fortuna sempre essere a vostro favore! – ride a crepapelle. Haymtich grida di rabbia e fa per scagliarsi contro di lui ma due pacificatori che ha portato con sé di scorta per l’occasione, lo immobilizzano velocemente con una scossa elettrica che lo stende.

Nonostante questo il pacificatore continua a dargli la scossa mentre le membra di Haymtich si muovono convulsamente sul pavimento e della bocca l’uomo comincia a sputare schiuma bianca. Peeta grida – Siete impazziti? Se lo uccidete adesso Snow ve la farà pagare! Non ci servono altri imprevisti! -.

Questo sembra sufficiente a convincere Bargis che dà immediatamente ordine al Pacificatore di fermarsi. Questo tira via il dito dal pulsante del suo taiser elettrico, non prima però di aver sferrato a Peeta un pugno in pieno stomaco.

-
Ah dimenticavo, domani ci sarà la grande estrazione. I giochi verranno rimandati di un giorno per via dello spiacevole contrattempo.  Quello scemo di Caesar era così sconvolto che si è perfino rifiutato di effettuare le interviste con i tributi Jolly, sapete, tutto quel sangue andava pur lavato via dal palco...Sono cose che non dovrebbero succedere in mezzo alle persone per bene. Buonanotte – ghigna Bargis poco prima di allontanarsi.
 
La mattina dopo, quando il sole di Capitol City è già alto nel cielo io mi trascino giù dal letto come un fantasma. Non ho dormito affatto. Dopo aver trascorso la restante parte della serata rannicchiata in un angolo ai piedi del letto con Gale che mi accarezzava la testa, mentre Peeta si occupava di Haymtich, non ricordo più nulla. Io, Gale e Suzan siamo rimasti lì a fissarci terrorizzati. Nella mia testa hanno iniziato ad affacciarsi un milione di volti, demoni, sangue…

Devo avere urlato parecchio anche, perché adesso la gola mi fa male e ricordo Gale che mi guardava terrorizzato mentre Suzan singhiozzava. Al mio risveglio li ho trovati entrambi accucciati nel letto accanto a me ma ho deciso di non disturbare il loro sonno apparentemente tranquillo. Il risveglio sarà peggio di un incubo, tanto vale che si godano un po’ di oblio…

Non faccio nemmeno caso a come mi muovo, né a quello che indosso. So solo che ho bisogno d’aria. Quando raggiungo finalmente la terrazza del centro di addestramento capisco che è come se una forza misteriosa mi avesse condotto dalla persona di cui ho più bisogno in questo momento, la persona tra tutte con cui mi sono sentita più libera di esprimere me stessa.

– Cinna – dico con un fil di voce tanto che lui prima di voltarsi verso di me si ritrova già le mie braccia strette attorno alla vita. – Katniss! Speravo di vederti – mi dice poco dopo essersi ripreso dalla sorpresa.

E così finalmente riesco a sfogarmi. Cinna mi ascolta e sembra soppesare ogni mia parola. Non fa come Gale o Peeta, lui non controbatte, lui valuta e alla fine mi dice esattamente quello che speravo: - segui quello che senti Katniss. Io sono pronto a scommettere ancora su di te -. Non mi serve altro. – Ma come farò? Cosa farò se verrà estretto Peeta o Haymtich? – dico con voce quasi supplichevole.

– Allora vorrà dire che il tuo destino era quello di aiutarli come mentore. Io credo che a tutto ci sia una risposta, le cose non capitano per caso. Farai del tuo meglio per aiutarli e anche se dovrai piangere qualcuno dovrai pensare ad impegnarti per salvare almeno uno di loro. Me lo prometti? -.

– Lo farò Cinna, lo giuro – prometto. Quando ormai si è fatta ora di congedarci Cinna , dopo avermi abbracciata forte un’ultima volta dice: - Possa la fortuna sempre essere a tuo favore ragazza di fuoco, te lo auguro dal più profondo del cuore - Alle sue parole però qualcosa sembra incrinarsi dentro di me.  – Peccato che la fortuna non sarà mai a nostro favore finché Snow potrà decidere a suo piacere delle nostre vite! -.

Lo dico forte, sprezzante, consapevole che anche quassù potrei essere sentita, ma la rabbia e il senso di impotenza in me ormai sono così forti che non posso proprio trattenermi di più.  
Stasera ci sarà la speciale mietitura di 75esimi Hunger Games, dove per la prima volta sarà un mentore a partecipare con i tributi del suo distretto e prego con tutto il cuore di essere io, di essere io, io,io.  
 

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Buonasera tributi! Spero che questo capitolo non vi sia risultato troppo noioso ma andafa fatto! A presto!
 
 

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Capitolo 18
*** Fino alla fine ***


Capitolo 18: Fino alla fine

Siamo in diretta tv collegati con tutti i distretti di Panem. Per questa speciale occasione sarà Caesar Flinkerman in persona colui che estrarrà il nome del fortunato “mentore” che prenderà parte ai 75esimi Hunger Games.

Neanche a farlo apposta le immagini di Caesar che ci fa da ufficiale di nozze si scatenano selvagge nella mia mente. Poco fa ho avuto una accesa discussione con Peeta. E’ strano, anche questo ha suonato come un amaro ricordo: io che gli chiedo di prendersi cura della mia famiglia se verrò estratta, lui che mi prega di non morire. Gale potrebbe venire con me nell’Arena. I ruoli sarebbero invertiti. Non è bizzarro il destino? Curioso.Secondo Peeta non lo è affatto.

Non lo avevo mai visto piangere prima, non così. Ma ho cercato di ignorarlo. Caesar ha cambiato tenuta. Quest’oggi i suoi capelli color lavanda sono tinti di un potente rosso, stando a sentire lui rappresentano proprio quello che sembra: il sangue di Netan, ingiustamente versato. Non so come siano riusciti a giustificare o semplicemente a sopire gli animi dopo ciò che tutto Panem ha visto succedere in diretta.

Si sono sprecati i servizi televisivi dove eminenti psichiatri e dottori d’ogni genere hanno più volte confermato che il nostro tributo maschio era fortemente disturbato e che purtroppo “non tutti sono abbastanza in gamba per partecipare in modo corretto ai giochi, secondo le regole”.

Il terrore paralizzante che accadesse qualcosa alle nostre famiglie a casa se n’è andato quando in presa diretta, una troup di Capitol City con niente meno che Effie Trinket come cronista ufficiale si è catapultata al distretto 12 per sapere da mia madre e mia sorella, nonché da Hazelle e dalle famiglie di Peeta e Suzan cosa sperano o pensano succederà. Quando hanno inquadrato Prim ho davvero dato di matto. In quel momento la presenza di Peeta che mi cingeva tra le sue braccia è stata provvidenziale.

Ora però devo dire basta alle debolezze. La cosa che più mi ha lasciata stupita di quell’intervista però è stato ascoltare le parole di Helena. Alla domanda di Effie: “Cosa pensi che gli sia passato per la testa per comportarsi in quel modo folle?” la ragazza ha dignitosamente risposto “quello era semplicemente lui. Non lo conoscevo bene, ma so che se ha fatto quello che ha fatto non è stato certo per paura o per disobbedienza verso Capitol City” poi è scoppiata a piangere. “Spero che la famiglia mi perdonerà” poi le riprese sono state bloccate.

Ad ogni modo eccoci qui in piedi sul palcoscenico più spaventoso di sempre. Snow ci osserva dall'alto degli spalti. I suoi occhi da serpente sono freddi come il ghiaccio e acquosi. Siamo privi di fronzoli, io, Haytmich e Peeta ci presentiamo a tutto Panem non come “i gli sfortunati amanti del distretto 12 e il loro geniale mentore che in un colpo solo è riuscito a far vincere due tributi”, non siamo né accattivanti né temibili come ci avevano dipinto in qualità di nuovi mentori per il distretto 12 quest’anno.

Siamo tre persone stanche, straziate che ad un passo dal patibolo sperano soltanto che il boia faccia in fretta a colpire  e non infierisca troppo su di loro.

Peeta è nervoso forse più di me, non deve aver chiuso occhio. Haymtich deve avere un tale cerchio alla testa che è già un miracolo che ce la faccia a stare in piedi, quanto a me sono qui che tremo come una foglia e prego che non si veda. Grazie a Cinna che ci ha sistemato un po’ di trucco in viso, non sembro pallida come un cadavere ma per ordine di Snow i nostri stilisti non ci hanno confezionato alcun abito particolare.

Indosso qualche indumento preso a caso nell’armadio del nostro appartamento del dodicesimo piano. Haymtich è già tanto che abbia la camicia allacciata. Ti prego, imploro mentre Caesar Flinkerman si avvicina alla teca di vetro dentro alla quale sono stati piazzati tre minuscoli foglietti di carta bianca. Ti prego.

“E’ con doveroso entusiasmo che vi annuncio finalmente il nome del terzo tributo per il Distretto 12 di questa terza, specialissima, edizione delle memoria. Vorrei rammentarvi che il regolamento prevedeva che in un caso come questo fosse un mentore a dover sostituire il tributo, quale figura responsabile e d’esempio per tutti gli altri tributi.

Vado così a sorteggiare un nome” mentre Caesar parla, il pubblico sembra pendere dalle sue labbra. Io sto trattenendo il respiro, penso a Prim e a mia madre. Mi spiace solo che debbano sopportare di nuovo tanto dolore per causa mia. Pregherò che finisca in fretta. Ormai non posso più pensare a loro, devo lasciarle andare…Addio.

Osservo Gale e Suzan tra la folla sottostante il palcoscenico. Gli occhi grigi del mio vecchio compagno di caccia non mi abbandonano per un secondo. Che stai pensando Gale?  

La mano di Caesar si muove nella teca di vetro. Prende un biglietto.
“Ad ogni modo mi sembra doveroso dirvi fin da ora che tutti noi vi siamo affezionati più che mai” dice rivolto a noi tre. “Ed è con la morte nel cuore che vi comunico, che il prossimo tributo per il distretto 12 è…”

Peeta mi stringe forte la mano e sussurra – qualunque cosa succeda io… - ma non fa in tempo a terminare la frase che i suoi occhi diventano lo specchio della disperazione.


“KATNISS EVERDEEN” annuncia finalmente Caesar. Ce l’ho fatta! Sono stata scelta io. Tornerò nell’Arena e forse sacrificandomi riuscirò a combinare qualcosa di buono. Era destino, doveva essere così… Eppure un terrore profondo mi assale. Peeta non riesce a trattenere le lacrime, mi abbraccia forte mentre il pubblico vocia a più non posso. C’è anche chi emette qualche gridolino disperato, ma è poca cosa. Haymtich mi lancia un’occhiata seria e lucida di reale rammarico. – Mi spiace Dolcezza…-.

Ma non deve dispiacersi. Era ciò che volevo. Caesar si avvicina subito a me per farmi qualche domanda.
“Che sensazionale colpo di scena! Dunque sarai tu Katniss a fare ritorno nell’Arena. Questo ci rattrista un po’… tu come ti senti Peeta? La vita di tua moglie ora è nelle tue mani, deve essere una sensazione terribile ma sono sicuro, ehi guardami” insiste “ sono sicuro che se la ami veramente riuscirai a riportarla a casa, un po’ come avete fatto l’anno scorso! Giusto gente?”.

Il pubblico applaude mentre un Peeta distrutto mi accompagna lontano. Ho giusto il tempo di lanciare uno sguardo verso Gale. I suoi occhi gridano vendetta.
Noi mentori siamo costretti a lasciare il palco. Lui invece tra poco verrà intervistato da Caesar che manderà in onda l’intervista solo a tempo debito.


E’ sera inoltrata quando io e Peeta usciamo sul terrazzo a prendere un po’ d’aria. Lui non l’ha presa affatto bene. Non che per me sia una passeggiata, ma un Peeta così isterico proprio non lo riconosco. – Katniss, non è giusto! Non toccava a te! Dovevo andare io…Non posso perderti! Se tu muori, muoio anche io! – mi ripete per l’ennesima volta. – Allora farò in modo di non morire – ribatto. Lui sembra spazientirsi ma non si allontana. – Ti amo Katniss – sussurra poco prima di baciarmi dolcemente sulle labbra. In un momento del genere ho la testa talmente confusa da non riuscire a pensare a niente. Non posso allontanarlo. Il suo calore mi dà energia, vita. Peeta è in grado di farmi provare una sensazione di pace che nessun’altro è mai stato in grado di trasmettermi.

Eppure devo allontanarlo, è ciò che mi sono ripromessa di fare. Prima di salutarci definitivamente voglio che Peeta mi prometta una cosa e per farlo dovrà sicuramente andare contro il suo amore per me. – Peeta, ascoltami – comincio. Lui però sembra aver capito che tipo di discorso sto per fare e scuote la testa. – No Katniss, ti prego, lo sa che non posso! – dice. Sospiro. Non sarà facile convincerlo. – Invece si. Voglio che mi prometti che cercherai di salvare anche Gale e Suzan…Non voglio vincere per poi averli sulla coscienza sapendo di essere stata l’unica ad aver ricevuto dell’acqua o una medicina o… - spiego.

Peeta però non riesce più nemmeno a guardarmi in faccia. – Non posso promettertelo – insiste. I miei tentativi di convincerlo vanno avanti ancora per diversi minuti ma alla fine siamo costretti a ritirarci al dodicesimo piano senza che nessuno dei due abbia cambiato posizione di un singolo millimetro. Ad attenderci ci sono un Haymtich forzatamente sobrio, dal momento che Peeta lo ha seriamente minacciato di ucciderlo se non si farà in quattro per aiutarmi da domani in poi, Gale e Suzan. Ce ne stiamo impalati a fissarci per un po’, ognuno con i suoi pensieri.

– Sarà una lunga notte. Che ne dite di fare quel vecchio gioco con la carta? Lo conoscete? – propone improvvisamente Suzan. La ragazzina sconvolta degli ultimi giorni sembra stranamente la persona più lucida che c’è attualmente nella stanza. Questo mi fa ricordare che nessuno fino ad ora si è preoccupato di parlare con lei di nulla, di spiegarle che non abbiamo intenzione di abbandonarla al suo destino. Questo mi dà l’idea che spero convincerà almeno un po’ Peeta  a mantenere la sua promessa.

– Buona idea! – dico in risposta alla sua proposta. E così mi faccio spiegare da Suzan di che gioco si tratta. Dopo un po’ di moine riesco a convincere anche Gale a prendervi parte e ovviamente Peeta non è da meno anche se le occhiate torve che mi lancia non riescono a mascherare il suo tormento interiore. Quando mi sembra giunto finalmente il momento, con Haymtich addormentato sulla poltrona infondo alla stanza e noi quattro a scrivere su un foglio di carta sopra il tavolo da pranzo, decido di rivolgermi finalmente a Suzan.

– Mi sa che adesso ci conviene provare a dormire un po’. Domani arriverà prima che te lo immagini -. Lei fa segno di sì con la testa, si sistema la frangia e fa per alzarsi da tavola ma io la fermo – vorrei soltanto farti sapere che Peeta e Haymtich mi hanno promesso che non faranno favoritismi. Voglio che tra noi sopravviva quello che ha più chance. Nell’Arena ci aiuteremo a vicenda finché sarà possibile. Dobbiamo fare gioco di squadra secondo quello che era il piano iniziale. D’accordo? – dico. Gale e Peeta restano in silenzio.

Suzan sembra sollevata ma anche lei non riesce a proferire parola. Si limita ad annuire. – A me sta bene – sentenzia infine Gale. – Fare gioco di squadra ci aiuterà ad avere più possibilità. – E’ deciso allora? – chiedo ulteriore conferma. Peeta si limita a lanciarmi un’occhiata triste.

E così ce ne andiamo tutti a letto. Saluto Gale e Suzan. Loro li rivedrò domani mattina. Peeta cammina lento davanti a me fino alla camera da letto. Una volta sistemati ci accoccoliamo l’uno tra le braccia dell’altra. So già che non dormiremo granché ma almeno dobbiamo provarci. – Non metterò mai nessuno davanti a te Katniss – mi dice infine. Non mi volto a guardarlo negli occhi.

– Non riuscirei più a guardarmi allo specchio se li lasciassi morire per salvare me – insisto. - Lo sai che cercherò in tutti i modi di salvarti fino alla fine vero? – continua Peeta. A questo punto sono costretta ad alzarmi. – Che fai? – chiede sorpreso. – Vado a dormire da sola… - dico semplicemente.

– No Katniss io non volevo -. –E’ meglio così, voglio che ti rassegni all’idea che potrei non tornare. Se dobbiamo separarci tanto vale  farlo fin da ora – spiego ma lui non mi lascia andare. Mi abbraccia così forte da farmi mancare il respiro. E’ il momento Katniss, allontanalo da te, digli che si sbaglia, che tu non sei la sola creatura importante di questo mondo, anche gli altri meritano di vivere quanto te…

Le mie mani però finiscono per stringersi attorno ai capelli di Peeta. La sua bocca va a cercare la mia e con un impeto che non facevo suo mi blocca sotto di sé contro il materasso. – Promettimi che rispetterai il patto – riesco a dire tra un bacio e l’altro mentre Peeta mi accarezza praticamente ovunque provocandomi brividi ben diversi da quelli provati fino ad ora.

– Promettimi che tornerai da me – insiste lui. Entrambi sappiamo bene che l’altro non cederà, ma ora non mi importa. Infondo se morirò Peeta se ne farà una ragione con o senza i miei baci. Prima o poi troverà una ragazza in grado di amarlo davvero e… Le sue labbra sono così calde e morbide. I suoi occhi infuocati di amore. No.

Non ce la faccio ad immaginarlo con un’altra ragazza. Sono un egoista a sperarlo, devo dimenticarmene ma una parte di me vorrebbe tanto che fosse vero, che un giorno io e lui potremmo tornare a baciarci come stasera, che non morirò, che lui sarà sempre lì per me, pronto a cucinare del buon pane a dipingere con i suoi colori ad olio. Vorrei. Ma non mi è dato sperare.

Solo uno sopravvive. Se io vivo, Gale muore. E dopo Rue non posso proprio pensare di vivere anche con la sua morte sulla coscienza. Che diritto avrei di avere un futuro sereno con Peeta quando lui potrebbe essere morto a causa mia? E la povera Suzan… Ad un tratto i baci di Peeta si fanno di nuovo più casti e infine ci abbracciamo di nuovo stretti coprendoci con le lenzuola.

- Buonanotte Katniss – dice stringendomi forte a sé come non aveva mai fatto prima e il mio cuore vacilla. Paura, passione, senso di colpa, tutto si mescola finché la stanchezza ha la meglio e in un battito di ciglia si fa mattino.
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Blackout ***


Capitolo 19: Blackout
 
-MI OFFRO VOLONTARIO! Mi offro volontario!! – è il grido che mi fa riemergere dagli incubi di questa notte. Fuori dalle finestre tutto è ancora completamente buio, non ho idea di che ore siano, ma deve essere ancora parecchio presto.

La partenza è prevista per mezzogiorno e ad occhio e croce saranno le quattro del mattino. Sbatto le palpebre velocemente. Ho lo sguardo annebbiato per il sonno e forse per le lacrime. Devo aver pianto un po’ prima di addormentarmi cullata da Peeta. Pensavo a Prim.

Le grida che ho sentito però non erano un sogno. Peeta ora è seduto sul letto, si tiene la testa con le mani, ha il viso pallido. Prima ancora che possa dirgli qualunque cosa lo vedo trasalire. Mi fissa con occhi da pazzo e poi mi stringe a sé così forte da togliermi l’aria nei polmoni. – Va tutto bene, era un incubo – dico. Ma lui non mi lascia finire. – Sono uno stupido! – urla – dovevo offrirmi volontario comunque. Dovevo provarci.

Non posso lasciarti andare Katniss, non puoi essere tu a morire! – e capisco subito che il suo incubo deve essere stato davvero orribile perché Peeta prima d’ora non aveva mai perso tanto il controllo. – Non potevi farlo – replico subito – Peeta! Ti avrebbero ucciso, o peggio! Ti avrebbero fatto diventare un senza voce, avrebbero potuto fare del male alla tua famiglia…– elenco, ma lui non sembra riuscire a cambiare espressione del viso. Sconcerto, ecco cosa ci leggo. Senso di colpa. Perché Peeta?

Non puoi credere davvero che sia colpa tua se adesso ci troviamo in questa situazione. - Ehi – esordisco sfoderando il tono più calmo che conosco – ti prego non fare così, devi essere forte – ma mentre lo dico io stessa mi sento una stupida così mi blocco. Come posso confortare Peeta se io stessa non spero di tornare viva? Mi sembra assurdo. Oggi tornerò nell’Arena. Deve essere certamente un incubo, non posso essere ancora un tributo. Improvvisamente tutta la mia sicurezza vacilla.

Peeta è davvero disperato mentre mi accarezza i capelli e sussurra più e più volte: - non doveva succedere questo – come se fosse un mantra. Improvvisamente voglio allontanarmi, correre via da lui e da tutto questo. Non voglio ricordare un Peeta così distrutto. Poi penso che domani a quest’ora potrei già essere morta. Ergo: non ho proprio un bel nulla da ricordare… Perché allora mi vengono certi pensieri? La verità è in fondo non sono forse pronta a morire.

Mi faccio forza e dopo aver baciato Peeta almeno un centinaio di volte, riesco a scivolare nella doccia per prepararmi. Lui nel frattempo decide di cantare per me una canzone. Poco dopo, mentre mi asciugo i capelli si offre di pettinarmi e comincia a pregarmi di cantare per lui. Questo non può che riportarmi alla mente brutti ricordi. Io che canto per mia sorella Prim. Non la rivedrò più. Rue quando stava morendo sotto i miei occhi. Neanche lei potrò mai rivederla. Rifiuto di cantare fino a quando Peeta si rivela così insistente da farmi cedere.

E così canto. Ma non la canzone di Rue, nemmeno la canzone della Valle che Peeta ricorda di avermi sentita cantare da bambina. Parla di un amore sventurato. Mio padre me la insegnò quando ero piccola ma poi mi fu proibito cantarla in pubblico e in seguito anche in privato. Peeta ascolta come incantato mentre il pettine che mi passa tra i capelli scioglie lentamente anche i piccoli nodi. E’ il primo vero momento di pace da quando ho saputo.

L’idillio però non dura a lungo. Presto il sole comincia a sorgere, infame e entrambi siamo costretti a prepararci per il momento dei saluti. Appena fuori dalla porta della nostra camera trovo Gale addormentato sul pavimento. E’ seduto con la schiena al muro, le gambe distese di fronte a sé. – Gale! – esclamo stupita. Peeta dietro di me sembra esitare.

– Mi sembrava strano che tu e lui non aveste nemmeno provato a parlarvi ieri – dice. Già. Dopo che sono stata estratta, Gale è dovuto restare con Caesar e gli altri tributi Jolly per le interviste speciali. Poi sono stata troppo occupata a disperarmi e a pensare a me stessa e a cosa stavo facendo piuttosto che preoccuparmi per lui. Questa notte io ho avuto Peeta con me pronto a confortarmi.

Lui, beh…a giudicare da dove si trova adesso deve aver passato diverso tempo a decidere se bussare alla mia porta oppure no. Eccolo che si alza lentamente, il viso assonnato con qualche accenno di occhiaie. – Scusate, mi devo essere addormentato – bofonchia ancora frastornato. – Tranquillo, è presto ancora. Sono solo le sette e mezzo – è la risposta di Peeta al lampo di terrore negli occhi di Gale alla nostra vista.

– Avete tutto il tempo per parlare un po’ – conclude.  Mi volto velocemente a cercare il suo sguardo e tutto ciò che vedo è il suo smisurato amore per me. Peeta vuole che io sia felice, che non lasci nulla in sospeso, che passi questi ultimi attimi di quiete per dire a tutti le cose che devo dire senza dovermi preoccupare di non morire ogni secondo. Lui lo sa come si sta nell’Arena. Un brivido freddo mi percorre la schiena.

Non voglio tornare nell’Arena. Non voglio dover affrontare altri mostri terribili, inganni, trappole…Non voglio più uccidere nessuno. Peeta si allontana lentamente dopo avermi fatto una veloce carezza sul viso. – Vado a vedere come sta Suzan. Le servirà qualche ultimo consiglio – dice e poi sparisce lungo l’immenso corridoio. Gale ed io rimaniamo soli. Ci fissiamo per un momento che sembra eterno, dopodiché lui mi abbraccia forte.

– Mi dispiace Catnip… - dice e la sua voce sembra strozzata, ben diversa da quella del sicuro cacciatore che conoscevo. – Vedrai che insieme faremo gioco di squadra. Proverò a riportarti a casa – spiega. Il cuore mi sprofonda. No. Non può.

 – Gale! – ribatto subito ma lui mi precede – li ho visti Catnip, gli altri tributi – deglutisce per poi tornare a fissarmi negli occhi con sempre maggiore intensità – i favoriti sembrano parecchio letali. Non pensare solo all’energumeno dell’uno, quello l’ho sentito parlare e per fortuna non sembra intelligente quanto forte. Insomma, so che tu ci sei già passata ma stavolta sarà diverso, siamo molti di più ma noi del dodici formeremo una squadra.Ti dirò tutto quello che so, ci copriremo le spalle, proprio come quando andavamo a caccia nei boschi e poi…- temo già quello che sta per dire quando sopraggiunge Haymtich. Il suo arrivo è provvidenziale. Non avrei retto una parola di più. Se crede che lo lascerò fare si sbaglia di grosso.

– Ragazzi, la colazione vi aspetta – si limita a dire il nostro vecchio mentore – fareste bene a mettere qualcosa nello stomaco. Bevete almeno un paio di litri d’acqua. Ricordate che tutto nell’Arena, anche la cosa apparentemente più innocua potrà esservi fatale -. Le ore seguenti sono fatte di consigli, strategie, ultime importanti decisioni come comunicare a Bargis che gale entrerà subito nell’Arena con me e Suzan.

Così verso le undici e mezzo tutto Panem comincia a vedere le super speciali interviste di Caesar. Io decido di trascorrere gli ultimi minuti con Peeta mentre un teleschermo proietta le varie immagini, ascolto. – Grazie per quello che continui a fare per me – sussurro. Lui fa un sorriso triste e mi bacia sulla testa mentre le sue braccia mi stringono.

– Senza di te io non ho niente – dice. – Ce la farai – insiste. L’atteggiamento disperato di questa mattina sembra essersene andato. Il ragazzo distrutto ha lasciato spazio a quello più coraggioso, autoironico, maturo e tremendamente confortante. Massì. Se sto per morire tanto vale che mi crogioli un po’ in queste fantasie. Io e lui che ci rivediamo dopo che ho vinto per la seconda volta gli Hunger Games.

E’ questo che spera? Io che divento pazza del tutto perché Gale non c’è più a causa mia, lui che si prende cura di me finché in un raptus di follia mi sento in pericolo e non distinguo più la realtà dall’arena e così gli taglio la gola con un coltello da cucina e poi mi impicco nel vialetto della nostra casa perfetta al villaggio dei vincitori?  Ma Peeta mi stringe forte e fa quello che sa fare meglio da sempre: mi dà una buona ragione per non disperare completamente, un lato positivo che in questo schifo può ancora farmi sperare in qualcosa.

– Non sarai mai da sola Katniss – mi sussurra nell’orecchio mentre mi abbraccia un’ultima volta. Non sarò sola. Già. Purtroppo in questa follia ci siamo caduti tutti, lui, Gale, Haymitch. L’abbraccio che ci scambiamo è disperato. Intanto la voce di Caesar riecheggia come un eco lontana nelle mie orecchie. 


 
 “Titania, distretto 2. Mi dicono che la tua famiglia vanti un discreto albero genealogico di tributi. Quasi tutti vincitori, dico bene?” chiede il presentatore. “ Sì Caesar” annuisce una giovane e provocante ragazza dai lunghi capelli corvini.

“ Solo un paio di pecore nere non sono riusciti a vincere. Inutile dire che nessuno si ricorda più di loro. A casa mia preferiamo non parlarne, sono ancora un terribile neo per tutti quanti” spiega mentre a me viene la pelle d’oca per il ribrezzo. Ecco, forse con lei non ci penserò troppo su prima di ucciderla. 
 
E’ il turno di “Phoebus, dal distretto 4! Si dice che sei un abile nuotatore e un paziente stratega. Mi dicono che il tuo mentore Finnick Odair è parecchio orgoglioso di te” trilla Caesar nel microfono mentre indossa il suo completo rosso sangue. 
 
 Un ragazzone dalla pelle scura e gli occhi verdi non perde tempo e risponde sicuro di sè “beh, lo spero bene, deve aiutarmi a vincere!”. Il suo sorriso è come un pugnale che mi si conficca nella schiena. Non solo perché potrebbe veramente tentare di farlo, quanto perché è l’ennesimo sconosciuto, l’ennesima persona che si frappone tra me e il mio obiettivo. Anche lui dovrà morire. 
Volevo vedere l’intervista di Gale ma non ce la faccio più. Spengo il televisore mentre Peeta continua ad accarezzarmi la testa. 

 
Poco più tardi è giunta l’ora. Siamo già sul tetto del centro di Addestramento ad attendere di separarci forse per sempre questa volta. Haymtich accanto a noi ci dice di farci forza. – Io sarò sempre qui ad osservarti – mi dice Peeta  - e quando non lo sarò ti starò procurando uno sponsor. Avrai quello che ti serve in ogni momento e in ogni caso avrai Gale dalla tua parte e Suzan e… - le parole di Peeta si fermano. Ci fissiamo per un istante che sembra infinito – ti prego torna da me – conclude.  Non tonerò invece. Non è possibile.

Snow mi vuole morta e farà di tutto per uccidermi e se non bastasse questo ci sono almeno altri 35 tributi pronti a farmi la pelle. – Sei pronta? - la voce di Gale ci raggiunge proprio mentre stiamo per raggiungere la piattaforma di lancio. Lui e Peeta si scambiano uno sguardo penetrante  e carico di dolore e rispetto. – Buona fortuna – riesce a dire Peeta. Gale gli sorride e gli dà una pacca sulla spalla.

– Anche a te! Vedi di procurarci dei buoni sponsor! – dice semplicemente. Già. L’idea di scegliere un mentore ufficialmente serve per questo. Ti conoscono già, hai la possibilità di avere sponsor. Se avessero dovuto prendere uno sconosciuto sarebbe partito svantaggiato anche sotto questo punto di vista. E’ così che l’hanno giustificata.

Ma dietro questa scelta temo proprio ci sia esclusivamente la sete di vendetta di Snow. Ecco arrivare Suzan nel mentre. Haymtich si occupa di lei dandole rapidamente gli ultimi consigli utili per non farsi ammazzare. E’ il momento. Devo fare un ultimo tentativo per dare senso a tutto. 

– Gale! Peeta! – dico attirando la loro attenzione – . L’unica colpevole di tutto questo sono io. Sono io che Snow vuole morta, per la storia delle bacche e tutto il resto! Non possono salvarmi a tutti i costi,  - promettetemi che non tenterete di farmi vincere a tutti i costi. Non servirà comunque  se io per prima non tenterò di salvarmi -.

La mia voce è dura come la pietra. Due paia di occhi, grigi da giacimento e azzurri come il cielo, si fissano nei miei. Ed eccoli lì. Peeta con il suo dolore che però sembra comprendermi bene, lo sguardo profondamente triste.

– Non mi perdoneresti mai vero se salvassi te senza aver dato anche a loro almeno una chance? – domanda. – Già – mi limito a confermare. – Vorrei essere salvata solamente se per Gale e Suzan non ci fosse più nessuna possibilità – mento, in realtà so bene che Snow mi vuole morta in ogni caso. Gale invece reagisce diversamente.

– Sei sempre la solita. Non ti lascerò morire laggiù Catnip, anche io dovrei fare i conti con me stesso al ritorno. Faremo gioco di squadra ma quando sarà il momento non esiterò un secondo a…- dice. Haymtich fortunatamente interviene giusto in tempo: - ora basta. Salutatevi. Chi salverà chi lo vedremo a suo tempo. Quando sei nell’Arena è tutto diverso, l’istinto prevale su ogni cosa. Facciamo una cosa: cercate di restare vivi tutti, datevi man forte, non mollate! – è il suo discorso incoraggiante. Da parte sua è anche il discorso migliore che gli abbia mai sentito fare a un tributo, me compresa. Nel frattempo l’hovercraft è già atterrato.

Abbraccio Haymtich che mi sussurra nell’orecchio – ce la puoi fare! – ma questo non mi aiuta. Poi all’ultimo compare Cinna. Speravo di vederlo. Mi abbraccia forte e mi ripete di nuovo che anche lui scommette su di me. Sarà dura non averlo con me quando verrò sparata nel condotto che ci farà arrivare nell’Arena. Sono momenti delicati e in mia compagnia ci sarà un anonimo vecchietto spelacchiato di Capitol City che sicuramente mi odia o al meglio prova indifferenza nei miei confronti. E infine Peeta. Mi stringe, forte. Mi bacia. E’ triste lasciarlo quando ancora non so bene cosa provo per lui. Quando le sue braccia tornano a stendersi lungo i fianchi decido di girarmi. Sta piangendo di nuovo, per me.

– Torna da me Katniss. Ti amo – dice ora stringendomi da dietro la schiena. – Ci proverò – mi esce, credo per confortarlo. Gale è già un paio di metri avanti che chiacchiera con Suzan. Aspettano in silenzio che ci separiamo ma Peeta non sembra più voler collaborare tanto che un paio di Pacificatori sono costretti ad intervenire. E come se non fosse tutto già abbastanza straziante, vengo spinta a bordo con forza mentre gli occhi azzurri del figlio del fornaio mi scrutano per l’ultima volta. – Ti aspetterò! – grida. 


Quello che viene dopo sono io rannicchiata sul mio sedile, lo sguardo vuoto e una sensazione di nausea che non se ne va. La presenza di Gale se possibile peggiora le cose perché questo è un viaggio di non ritorno. Gli altri tributi mi sono indifferenti, non li guardo nemmeno. Dopo che mi hanno messo il rilevatore nel braccio me ne sto in silenzio persa nei miei pensieri dicendo mentalmente addio a tutti. Stavolta per sempre.

Una volta raggiunta la nostra destinazione ho giusto il tempo di lanciare un’occhiata agli altri tributi poi i Pacificatori mi conducono direttamente alla mia postazione di lancio. Ad ogni passo sento il cuore andare in fibrillazione, sempre di più. L’ho già sperimentata questa sensazione di arcano terrore. Non cambia niente rispetto alla prima volta. Forse l’unica consolazione, come ha detto Peeta è che non sarò sola, almeno non all’inizio.

Respiro profondamente e prego che il tempo che mi resta da vivere sia sufficiente per combinare qualcosa di buono, perché non sia stato tutto inutile.  Ad attendermi dietro la porta della mia postazione non c’è Cinna purtroppo. Oculus, il mio stilista, mi degna a malapena di uno sguardo quando mi sente arrivare.

– Non durerà molto questa volta. Le probabilità giocano decisamente a tuo sfavore – ride lanciandomi addosso con cattiveria quello che sarà il mio unico riparo contro la pioggia, il freddo o qualunque cosa mi aspetti da qui in poi. E’ una giacca nera non troppo dissimile da quella che mi diedero l’anno scorso.

Questo mi fa sperare. La indosso velocemente sopra la camicia. Mentre sono intenta a infilarmi gli stivali la voce metallica dell’altoparlante comincia a vibrare nella piccola stanza. 30 secondi al lancio. Il vecchio stilista spelacchiato se ne sta impalato a farmi smorfie e gestacci mentre comincia a sfogliare una rivista di moda che deve essersi portato dietro.

Lo trovo a dir poco disgustoso. La pelle del suo viso, tutta tirata per renderlo più giovanile, è ripugnante quasi quanto il suo atteggiamento.

Tutto questo fa schifo, penso mentre il count down prosegue. 25. Papà mi manchi… 21. Mamma mi dispiace. Prenditi cura di lei. Ce la puoi fare. 17… Prim. Ormai sei una giovane donna, ce la farai. Avrai una vita migliore della mia, te lo auguro di cuore. Non piangere per me… 13. Cinna grazie per tutto.

Non credevo potessi mancarmi così tanto adesso, ma so che sei con me comunque… 10. Haymitch. Credici. Per favore. Credici anche stavolta. Fa il miracolo. Giuro che mi impegnerò a capire subito cosa mi vuoi dire… 7. Netan. Mi dispiace. Non è colpa tua, non del tutto… 6. Finnick Odair ha detto “la vera Arena è qui fuori”…Che volevi dire Finnick? ...4 . Gale, Suzan spero siate pronti a tutto… 2. Peeta. Vorrei tornare da te. 1 …


 
Lentamente vengo sollevata verso l’esterno. E’ questione di un secondo. Non riesco a capire finché non sento il vento sul viso, segno che non sono più nel condotto.

 Allora perché è tutto completamente buio?!!

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Capitolo 20
*** Capitolo X ***


Capitolo 17 “X” : “What if?”
 
(da leggersi come “ics”, ossia la lettera dell’alfabeto che viene prima della y e non come il numero romano che significa “10”)!
 
Salve a tutti! Sono commossa per via del fatto che con gli ultimi capitoli che ho pubblicato ho riscontrato che molte persone in più hanno iniziato a leggere ciò che scrivo. Ringrazio tutti, dal primo all’ultimo, sia coloro che mi seguono dall’inizio che tutti voi che adesso siete qui a leggermi. Nel bene o nel male, questo mi rende davvero orgogliosa!
Grazie di cuore a tutti!!!
Tuttavia con gli ultimi capitoli ho potuto riscontrare che, anche se il numero delle persone che mi seguono è aumentato, alcuni di voi sono rimasti scontenti o un po’ delusi dalla scelta di fare entrare Katniss nell’Arena con Gale.
Mi sono riservata di pensarci perché in effetti la mia idea iniziale era quella che molti di voi hanno suggerito, ossia: Peeta e Gale nell’Arena con Katniss ed Haymitch come mentori che se la devono vedere con gli altri mentori come Finnick ecc e i vari sponsor.
Perché ho cambiato idea deludendo così molti di voi? Non lo so. Forse è stato il film  di “Catching faire” che avevo visto da poco al cinema. Mi ha fatto venire mille idee. L’Arena nella mia testa è già ben presente e so come sarà, ho anche già scritto diverse cose. Il punto è: non posso spoilerare tutto se non sono sicura del “tributo da giocare”. Quindi dopo i vostri commenti, mi sono detta: “o cancelli gli ultimi capitoli e  riscrivi un nuovo svolgimento, oppure prima fai un test e pubblichi uno sviluppo alternativo e vedi che succede”. Quindi,  forse sarò una indecisa ma ho deciso di pubblicare qualche capitolo “extra” prima di presentarvi l’arena, per aiutarmi a decidere chi sarà il “tributo-mentore”: Katniss o Peeta?
Siccome amo le “what if” non mi sembra poi una proposta tanto assurda. Quindi ecco a voi i capitoli 17 “X” e seguenti fino all’entrata nell’Arena. Da lì proseguirò la storia o con Peeta o con Katniss come tributo.
Spero solo che questa cosa non vi sconvolga troppo. Attenderò con impazienza eventuali critiche o commenti. Spero la mia decisione non vi sembri folle o un segno di debolezza o accondiscendenza. Ho semplicemente rivalutato le mie idee.
Ad ogni modo, credo ve ne accorgerete, ho preso e rielaborato (pochissimo in verità) un pezzo del libro “Catching fire”perché mi sembrava potesse starci bene. Spero la cosa non vi disturbi. Buona lettura!

 

Da dove riprendiamo?

“Dolcezza, non ti hanno ancora spiegato le nuove regole. Dille un po’ che cosa hai intenzione di fare Peeta! – dice infine Haymtich. I miei occhi si fissano in quelli azzurro cielo del figlio del fornaio. – Che vuol dire? – . - Katniss, Snow vuole che a partecipare ai giochi al posto di Netan sia uno di voi tre. Un mentore – rivela infine Gale. – E Peeta ha intenzione di offrirsi volontario -“



Brividi. Sono questi che mi salgono lungo la schiena, per tutta la spina dorsale, non appena realizzo. La testa mi gira ancora per via della sostanza che devono avermi iniettato nel braccio per farmi stare buona. Per quanto ci si aspetti che una come me possa stare buona.

– Cosa? – è tutto ciò che riesco a dire, stupidamente mentre i miei occhi si fissano automaticamente in quelli di Peeta. Non può essere. Non sta succedendo una seconda volta. Non ha senso. Snow dovrebbe prendersela con Netan e basta.

Allora perché non ha ancora trascinato sua madre e tutta la sua famiglia in piazza per impartire loro una punizione esemplare davanti a tutto Panem? Perché non ordina che i Pacificatori facciano chiudere le miniere per un mese intero così che i poveri minatori e le loro famiglie muoiano lentamente di fame? Il messaggio sarebbe chiaro: “chi si ribella paga!”.

Sarebbe dura, ma forse mia madre e Prim ce la farebbero, anzi, certamente si adopererebbero per aiutare gli altri nel distretto. Hazelle è in gamba… I genitori di Peeta hanno una attività, certamente avranno del cibo da parte. Insomma, è già successo. E’ stata dura, ma ci siamo sempre ripresi. Questo pensiero mi conforta perché so che se fosse questa la punizione di Snow potremmo riuscire a farcela. Ma Netan ha fatto quello che ha fatto davanti a tutto Panem.

Snow non può limitarsi a punire il distretto 12, ecco il motivo! La realtà mi schiaffeggia con forza perché lo sguardo di Haymtich che si incrocia col mio mi dà conferma che questa mia riflessione non potrebbe essere più vera. Tanto che Haymitch non perde tempo e mi scuote con forza ridestandomi dai miei pensieri per passare presto all’azione.

– Ehi Katniss, non è il momento di paralizzarsi per la paura, devi reagire! Tra poco saremo convocati dal presidente Snow, devi ascoltarmi ok? Ascolta attentamente…- dice, ma io non posso fare a meno di continuare a guardare Peeta e poi Gale e sento le mie mani tremare. Do la colpa al farmaco ma so che non è così. Vorrei urlare, correre via o semplicemente fare qualcosa ma mi sento impotente.

– Cosa credi che farà Snow? Cosa ti aspetti che farò io? – urlo alla fine, non so bene se ad Haymtich o Peeta oppure a Gale. Probabilmente a tutti e tre. – Ti aspetti che accetti semplicemente la cosa, che mi comporti bene e vada a parlare con Snow con uno stupido sorriso da telecamera quando lui ha già deciso tutto senza una reale motivazione? – grido. – Sta calma Katniss! – insiste Haymtich cercando di afferrarmi per le spalle.

Peeta a quel punto interviene – ehi – dice con tono calmo avvicinandosi per poi prendermi saldamente per mano. Bargis pur non essendo stato interpellato interviene – beh l’avete fatta grossa! Il presidente non può tollerare simili attentati alla autorità! E’ inaudito che anche io ci sia finito in mezzo – dice con rabbia tirando un ridicolo calcio ad una sedia. Intanto Peeta mi ha fatta sedere e ha preso ad accarezzarmi la mano. – Senti, lo so che non sarà facile. Non era previsto – comincia il suo discorso - ma non potrei essere in mani migliori.

Voglio dire, ci sarai tu fuori ad aiutarci. Haymtich ha l’esperienza e tu sei la persona più perspicace a intuitiva che conosca - dice, io però distolgo lo sguardo dal suo, non ce la faccio a reggerlo un momento di più.  – E saremo in tre a fare gioco di squadra, non sarà come l’anno scorso! – continua il discorso e io nel frattempo penso che stia cercando di convincere più sé stesso che me, i suoi occhi non mentono. Peeta è sconcertato esattamente quanto lo sono io. La sua voce non è la stessa di sempre, è incrinata, profondamente sconvolta. Nonostante tutto lui tenta con tutto se stesso di mascherare l’orrore e ancora una volta perché? Per salvarmi la vita. Non posso crederlo.  – Tu non andrai di nuovo là dentro – protesto allontanando con forza la sua mano per liberare la mia. Peeta sembra esitare un secondo su cosa rispondere, giusto il tempo perché Gale intervenga a sua volta sedendosi vicino a noi.

– Ha ragione lui Catnip! Se c’è qualcuno che deve offrirsi volontario quello è Peeta – dice con voce tanto sicura come se davvero fosse la cosa più ovvia, la cosa più naturale che Peeta Mellark debba mettere la sua vita a rischio per me. Quasi stessimo parlando di chi andrà a comprare il sapone invece che a morire in una arena.


– Che dici Gale? – mi esce senza nemmeno pensarci. Lui deglutisce e poi sospira dopo aver tentato di calmarmi mentre io comincio ad urlargli contro come una pazza. – Catnip! Sai benissimo che soltanto uno sopravvive! Se fossi tu il tributo ad entrare con me nell’arena io…Forse all’inizio potremmo fare gioco di squadra ma poi…poi… - e sua mia voce si rompe e tra tutti noi cala il silenzio.

– Quindi non vuoi che sia io perché nel caso restassimo vivi fino alla fine non riusciresti ad uccidermi mentre Peeta…- è il singhiozzo strozzato che esce dalla mia bocca mentre le ginocchia mi cedono e mi accascio per terra sconvolta. – Non ho detto questo! Non ucciderei nemmeno Peeta! Io… non vorrei uccidere proprio nessuno Catnip – balbetta adesso Gale confusamente. Le facce di tutti noi sono a dir poco sconvolte.

– Gale ha ragione. Nemmeno io voglio ucciderlo, ci daremo una mano a vicenda e poi sarà l’Arena a decidere – interviene Peeta mestamente.  – E se fossi costretta a scegliere chi salvare tra di voi? Come farei a riprendermi? Come?!- urlo infine io e nel mentre noto Suzan rannicchiata in un angolo della stanza, le ginocchia strette al petto, i capelli sconvolti. Deve aver stretto così tanto le mani a pugno che adesso i palmi delle sue mani perdono sangue.

Mi sento morire a questa ennesima visione. Quanto faccio schifo? Non so fare altro che preoccuparmi di me stessa, ancora una volta. Una vocina dentro di me grida che è per non vedere soffrire Peeta nell’arena un’altra volta, perché gli voglio bene, perché non può di nuovo sacrificarsi per me. E voglio bene a Gale. Ma quello che ho detto poco fa a è probabilmente il motivo più forte di tutti: non voglio dover convivere con altri incubi, non voglio sentirmi responsabile della loro morte…Non voglio dover scegliere! Non posso!


-Katniss, ti prego, ascoltami – prosegue poi Peeta, ma io non ci sento più. – Sei uno stupido! – gli grido in faccia tutta la mia rabbia alzandomi bruscamente – come puoi davvero credere di avere una possibilità questa volta? – chiedo. – C’è sempre una possibilità – replica lui prontamente. - L’anno scorso eri sicuro che saresti morto e avevi ancora tutte e due le gambe e Snow non ci aveva deliberatamente preso di mira e il numero dei tributi era decisamente inferiore – elenco con tono duro. -  Ora invece sei qui a farmi quel sorriso finto di incoraggiamento e a dirmi che andrà tutto bene… smettila di prendermi in giro Peeta! -. Le mie parole suonano troppo cattive perfino a me, ma la rabbia è troppa.

– Non ci sto! – insisto – Snow dovrà cambiare idea! Può punire il distretto, può togliere loro del cibo…anzi! Rinuncerò alla casa al villaggio dei vincitori, a tutti i miei privilegi e… - comincio a dire. – Adesso basta! – mi grida ad un tratto Haymitch scaraventandomi con forza contro il muro con impeto del tutto inaspettato scatenando ulteriori singhiozzi da parte di Suzan ed un gridolino terrorizzato di Bargis.

- Sentimi bene Dolcezza! Non è il momento di perdere la testa! Ma ti senti? – domanda quasi basito – hai appena proposto di punire centinaia di persone innocenti solo per pulirti la coscienza, per non avere  la morte di Peeta o di Gale o Suzan sulla coscienza. Ma che ti aspettavi? – continua. Io sgrano gli occhi, ho il fiato corto e gli occhi grigi di Haymtich sono così penetranti da farmi male.

La sua mano stringe con forza il mio abito a livello del collo, fa male ma non ci bado troppo, sono presa dal suo discorso e dallo sguardo fisso di Gale assolutamente disarmante. – Che dici Catnip? – sussurra con voce tremante. – Hai vinto gli Hunger Games! Sei una mentore adesso! Fattene una ragione Katniss! – inveisce contro di me Haymitch – capisco che sei sconvolta ma così non sei di nessun aiuto, ti è chiaro? – domanda infine. Non riesco a rispondere, mi limito ad annuire.- Quindi ora tu ti riprenderai e farai quello che devi fare! – è l’ultima parola di Haymtich prima di lasciarmi i vestiti e allontanarsi di qualche passo da me.

Non posso fare a meno di crollare di nuovo a terra e imitare Suzan mettendomi rannicchiata in posizione fetale mentre sia Gale che Peeta mi si avvicino per tentare di sincerarsi del mio stato mentale. – Tra quanto dovremo vedere Snow? – domando poi con gli occhi velati dalle lacrime. – Meno di mezz’ora Dolcezza – risponde Haymtich.

Il suo sguardo dice che ha già messo in moto il cervello per trovare una soluzione, ma la sfumatura grigio cupo dei suoi occhi dice anche che perfino lui ha dei limiti. E’ già riuscito a fare il miracolo una volta quando ha riportato me e Peeta a casa dopo i giochi dell’anno scorso. Per anni non era stato capace di salvare nessuno. Non posso pretendere altro da lui. 


L’ennesimo pensiero crudele mi si affaccia alla mente. Perché non si offre lui al posto di Peeta? Perché non decide di farla finita con una vita fatta di alcool e obnubilamento mentale e si sacrifica davvero per qualcun altro? Poi però mi tornano alla mente le immagini che ho visto sul treno in viaggio verso Capital City quando io e Peeta abbiamo visto la cassetta dei venticinquesimi Hunger games. Riconosco che non sarebbe giusto, che Haymitch ha già sofferto abbastanza, che forse una vita vera non l’ha proprio avuta come non la avrò io se sarò costretta a fare da mentore negli anni a venire.

Sarà una non-vita, fatta di dolore, sangue. Sarebbe bello dire che ce ne dimenticheremo, ma non ci sarà concesso dimenticare. Ogni anno ci costringeranno a rivivere ogni cosa, ogni paio d’occhi, ogni mano tremante, li vedremo scorrere davanti ai nostri occhi e gli incubi non avranno mai fine. Per questo devo essere io ad andare nell’Arena. Preferisco morire e salvare Peeta piuttosto che essere costretta a vivere un tale incubo.

Lui ne soffrirà ma non sarà solo, in qualche modo potrebbe rifarsi una vita. Devo dirglielo. Ma voglio aspettare un momento migliore, ora sono troppo scossa, tanto che le gambe non ne vogliono sapere di muoversi e di farmi alzare.


La situazione è davvero irreale. Dopo minuti che sembrano un’eternità la porta della stanza in cui ci troviamo confinati si apre e due pacificatori armati entrano senza dire una parola. Alla vista delle armi mi irrigidisco e già temo qualcosa di orribile che per fortuna però non avviene.

– Seguiteci! – è tutto ciò che dicono e a cominciare da Bargis che tenta goffamente di farsi largo per imboccare per primo l’uscita, ci avviamo per uno stretto e poco illuminato corridoio scortati dai pacificatori. – E’ inaudito essere trattato in questo modo, con il mio curriculum… peggio di un criminale incallito! Ah ma la cosa non resterà taciuta, ho amici di spicco tra la stampa! – blatera Bargis con un diavolo per capello tentando di sembrare minaccioso.

Per tutta risposta, il pacificatore più in carne tra i due gli assesta un colpo diretto nello stomaco con un manganello, tanto forte che Bargis è costretto a piegarsi in due alla ricerca d’aria. – Sta zitto! Se ci tieni alla lingua, fossi in te eviterei di divulgare certe informazioni, ci siamo capiti? – è la ben poco velata minaccia che arriva immediatamente da parte del pacificatore alto e magro. Quindi è così? Anche Bargis non ha alcun potere in questo senso.

L’egemonia di Snow è così forte che il suo regime non ammette voci fuori dal coro. Nessuno può permettersi di dissentire e i traditori vengono puniti tutti allo stesso modo: viene tagliata loro la lingua, così che non possano mai più parlare e i segreti rimangano tali. Snow sarà già fin troppo furioso per la figura che gli ha fatto fare Netan, se quello stupido di Bargis si azzardasse a creare qualche fastidio con le sue buffe minacce, sono certa che non esiterebbe un secondo a farlo diventare un senza voce.

Bargis si rialza malamente premendosi una mano sullo stomaco e la nostra marcia prosegue. Anche lui sembra aver finalmente inteso l’antifona, o forse è semplicemente troppo sconvolto, fatto sta che finalmente si decide a tacere. Nel frattempo Haymitch e Gale si sono avvicinati e bisbigliano qualcosa tra loro mentre una Suzan sempre più provata li segue, pallida come un fantasma.

A chiudere la fila Peeta che a quanto pare non mi ha ancora tolto gli occhi di dosso da quando mi sono ripresa dall’aggressione di poco prima. Restiamo in silenzio fino a quando i pacificatori ci intimano di seguirli attraverso una porta automatica che si apre con uno scatto metallico. La cosa non mi piace affatto. – Dove ci troviamo? – chiedo finalmente.

– Sotto la residenza del presidente Snow – è la secca risposta del pacificatore. - Avanti! – ci esorta. Quella che credevo essere una stanza sinistra in realtà si rivela essere uno strano ascensore che oltre ad andare verso l’alto muove anche di lato. A quanto pare devono averci tenuto in isolamento fino a che non fossero stati certi riguardo alle nostre responsabilità nella faccenda e adesso Snow vorrà nuovamente che sistemiamo le cose. O almeno lo spero. Spero che ci dia una possibilità. Non può davvero costringere uno di noi a partecipare di nuovo ai giochi.  


Ci deve essere un modo. Haymitch forse lo farà ragionare, penso. Ma quando l’ascensore si apre di fronte a quello che appare lo studio di Snow e l’odore tremendo di rose misto sangue mi penetra nelle narici, ogni mia più recondita speranza svanisce.


 
- Il presidente Snow vi aspetta – conclude uno dei pacificatori facendoci prepotentemente segno di entrare. Sono la prima a mettere piede nella stanza. La sensazione è la stessa di un dejavù. Snow è seduto dietro la sua scrivania con un prezioso volume rilegato tra le mani, si finge indifferente e ci dice di sederci. – Vi ho convocato – comincia subito Snow – per la gravità inaudita di quanto avvenuto durante le interviste. Un evento simile, sapete bene, non si è mai verificato in tutta la storia di Panem.

Quindi mi sono trovato parecchio in imbarazzo, come potete immaginare. Che fare?  – spiega mentre nella stanza regna il più totale silenzio. Solo i nostri respiri vanno ad aggiungersi alle parole di Snow. – Poi ho ricordato che per fortuna i nostri predecessori, coloro che ebbero la grande idea di inventare i giochi, dovevano pur aver pensato ad una eventualità del genere.


Nel caso, voglio dire, un tributo non fosse stato in grado di entrare nell’Arena proprio allo scadere massimo dei tempi – dice. Dallo sguardo di Haymitch capisco bene che come me non sta credendo ad una sola parola. La favola che quella regola venne scritta anni fa non regge. Snow deve avere riflettuto a lungo e ha personalmente deciso di comportarsi così. Dovrei dirglielo? Sbattergli in faccia che non credo alla sua lingua biforcuta da serpente, dirgli quanto lo disprezzo? Dovrei.

Ma non ne ho il coraggio. Non tanto per me, come sempre, ma perché tempo anche per la vita delle altre persone presenti in questa stanza e di quelle che mi aspettano a casa. Gli altri evidentemente sono del mio stesso avviso, perché di nuovo nessuno si permette di fiatare.

Continuo a lanciare occhiate disperate ad Haymtich ma lui sospira pesantemente senza però dire nulla. Il presidente intanto ci invita a sederci ma nessuno di noi si muove.- 
I giochi verranno rimandati di un giorno- riprende Snow - giusto il tempo di consentire al pubblico di assimilare la cosa e dare tempo agli strateghi per modificare le loro strategie…Inoltre occorrerà una pubblica estrazione e stavolta non saranno ammessi volontari – prosegue Snow. E sono queste le parole che d’un tratto sembrano rompere il sortilegio che ci teneva fermi e muti come statue.

– Cosa? – mi esce quasi fosse un lamento. – Estrazione? Non dovevamo essere noi a decidere? – chiedo sconvolta dando voce ai pensieri di tutti. Snow per tutta risposta scoppia in una tetra risata. – Oh no, ovviamente l’estrazione si farà e sarà pubblica, se poi qualcuno di voi vorrà farlo avrà la possibilità di offrirsi volontario, ma non ci sono cose da nascondere – sentenzia. – perché ci ha fatto convocare allora? – interviene infine la voce di Peeta. Snow appoggia lentamente il libro sulla scrivania e dirige lo sguardo verso di lui. – per mettere in chiaro una semplice cosa – è la secca risposta di Snow.


– Questi 75 Hunger games, come ben sapete, non saranno come gli altri- fa una pausa e sposta lo sguardo dalla scrivania al mio viso. – Sapete qual è lo scopo di una edizione della memoria? Lei sicuramente sì signor Abernathy–  conclude infine con una nota di scherno nella voce. Haymitch sussulta impercettibilmente e stringe forte la mascella ma non risponde. Faccio per intervenire ma Haymitch mi zittisce con un gesto repentino del braccio. Perché non replica niente?. Mi guardo attorno e finalmente noto una telecamera a braccio meccanico che ci sta squadrando dalla sommità della grande libreria che sta alle spalle di Snow.


Come ho potuto non notarla prima? Ero presa dalla paura e dallo schoc per quanto ero successo da non vedere neanche quell’enorme palla d’acciaio con il suo occhio diabolico. Per questo tutti quanti se ne stanno zitti. Suzan è così sconvolta che la capisco, Gale ha la mascella rigida e stringe i pugni ma cerca di sembrare impassibile. Peeta invece ormai non sembra neanche più così sorpreso di trovarsi davanti una telecamera.

Bargis dal canto suo deve sentirsi ancora pesantemente umiliato per poco fa, ma finge che non sia successo nulla. Chissà se a casa mia madre e Prim stanno vedendo queste immagini, se ci stanno seguendo in diretta? Che stanno pensando? Sono preoccupate che per causa mia il presidente faccia loro del male? No, questa è da sempre la mia di preoccupazione.

Loro conoscendole saranno lì davanti al nuovo televisore del nostro salotto al villaggio dei vincitori circondati dagli amici e dai conoscenti più cari, con il cuore in gola che mi pregano di non fare niente di avventato. Mamma, Prim, ma che potrei fare adesso? Vorrei tanto che questo incubo avesse fine. Vorrei tornarmene a casa per lamentarmi di quello stupido gattaccio sgangherato e spelacchiato, insegnare a Prim come si pulisce la selvaggina, recuperare ancora un po’ il rapporto con mia madre che finalmente negli ultimi tempi sembrava andare migliorando. Ma non posso. Non posso lasciare che qualcun altro muoia a causa mia… Che devo fare?


 
– Presidente Snow – risponde infine Haymitch rompendo finalmente la bolla di terrificante silenzio che si era creata - la ringraziamo infinitamente per la sua comprensione. Noi eravamo totalmente allo scuro delle intenzioni del ragazzo. posso permettermi, Netan si è dimostrato altamente instabile fin dal momento della mietitura – dice lasciandomi a bocca aperta per lo stupore. – Sì, non poteva essere altro che un giovano spostato. Ma sono io a dovermi scusare per primo – replica subito dopo Snow fancendo crescere in me un definitivo sconcerto. – Avremmo dovuto controllare meglio, impedire che un simile evento si verificasse.

E’ una tragedia per tutti noi. Un atto di ribellione vero e proprio che se ignorato potrebbe condurre soltanto al caos, a nuove guerre. E i cittadini di Panem si sono opposti in modo unanime a questo. Ogni singolo distretto si è dissociato apertamente da tale gesto – insiste - Ebbene. Gli imprevisti come quello che si è verificato non saranno più tollerati, che dipenda da voi oppure no. Ci tengo comunque a dire che non è per punire un innocente che la regola di far entrare un mentore è stata ideata. Semplicemente i giochi si devono tenere e ciascun distretto ha diritto di giocare ad armi pari. Non sono ammesse disparità di trattamento. La cosa più semplice era far entrare un vincitore. Se ci pensate bene, qualcuno potrebbe anche pensare che per il distretto 12 questo sia un ulteriore vantaggio. Un concorrente che ha già partecipato ai giochi e li ha perfino vinti sicuramente avrà accumulato preziose conoscenze ed esperienza -.

E’ strano. Anche se tutto mi ricorda la visita che Snow mi fece al villaggio dei vincitori, tutto in lui è diverso. Haymtich è diverso. E’ come… E poi realizzo. Come se fossimo nell’arena. E’ la stessa sensazione, non ti senti mai al sicuro perché sai che Panem è lì che ti sta osservando. Per questo Snow è così cortese e solenne, per questo Haymtich e tutti gli altri se ne stanno buoni e non dicono niente. Che senso ha tutto questo? Un sudore freddo mi scuote.


- Quindi, che questa edizione sia d’esempio a tutti noi, che resti impressa nella memoria di tutti gli abitanti dei distretti. Sarà grandiosa e spettacolare come nessuna prima di questa. Domani uno di voi mentori avrà l’onore di rappresentare per la seconda volta il vostro distretto. Ci tenevo a dirvi quanto questo riempia tutti noi di gratitudine. E’ un sacrificio che non sarà dimenticato – il tono melodrammatico fomenta in me un odio cieco.

- Per un futuro di pace, per non dimenticare il terrore causato dalla ribellione vi auguro felici Hunger Games, e possa la fortuna essere sempre a vostro favore! – conclude infine Snow. Dopodiché, la telecamera che ora anche io ha individuato nascosta nel mobile della libreria sembra spegnersi perché Snow ci congeda con tono totalmente diverso. – Potete andare. Domani sarà una lunga giornata. Dicono che farà bel tempo. Fossi in voi non mi perderei il sorgere o il tramontar del sole, non si sa mai.

Potrebbe essere l’ultimo -. Nessuno di noi ribatte. I Pacificatori ci scortano velocemente, di nuovo fino all’ascensore e quando questo si apre ci ritroviamo al piano terra di un enorme palazzo sfarzosissimo.

Ci viene indicato di uscire e veniamo infine scortati a piedi fino al centro di addestramento. Le persone che passano per strada, al solito vestite dei colori più strani, ci fissano e ci indicano con il dito facendo espressioni scandalizzate, eccitate che mi danno sui nervi tanto da farmi venire il mal di stomaco. Al nostro arrivo al dodicesimo piano infatti sono costretta a correre verso il bagno.

Una boccata acida mi sale dallo stomaco e vomito tutta l’agitazione e lo stress accumulati fin ora. Si potrebbe pensare che dopo un edizione degli Hunger Games si diventi immuni a tutto, ma non è così, soprattutto quando ti si prospetta l’incubo di tornare nell’Arena.


L’indomani siamo in diretta tv collegati con tutti i distretti di Panem. Per questa speciale occasione sarà Caesar Flinkerman in persona colui che estrarrà il nome del fortunato “mentore” che prenderà parte ai 75esimi Hunger Games.

Neanche a farlo apposta le immagini di Caesar che ci fa da ufficiale di nozze si scatenano selvagge nella mia mente. Poco fa ho avuto una accesa discussione con Peeta. E’ strano, anche questo ha suonato come un amaro ricordo: io che gli chiedo di prendersi cura della mia famiglia se verrò estratta, lui che mi prega di non morire. Gale potrebbe venire con me nell’Arena. I ruoli sarebbero invertiti. Non è bizzarro il destino? Curioso. Secondo Peeta non lo è affatto.

Non lo avevo mai visto piangere prima, non così. Ma ho cercato di ignorarlo. Caesar ha cambiato tenuta. Quest’oggi i suoi capelli color lavanda sono tinti di un potente rosso, stando a sentire lui rappresentano proprio quello che sembra: il sangue di Netan, ingiustamente versato. Non so come siano riusciti a giustificare o semplicemente a sopire gli animi dopo ciò che tutto Panem ha visto succedere in diretta.

Si sono sprecati i servizi televisivi dove eminenti psichiatri e dottori d’ogni genere hanno più volte confermato che il nostro tributo maschio era fortemente disturbato e che purtroppo “non tutti sono abbastanza in gamba per partecipare in modo corretto ai giochi, secondo le regole”.

Il terrore paralizzante che accadesse qualcosa alle nostre famiglie a casa se n’è andato quando in presa diretta, una troup di Capitol City con niente meno che Effie Trinket come cronista ufficiale si è catapultata al distretto 12 per sapere da mia madre e mia sorella, nonché da Hazelle e dalle famiglie di Peeta e Suzan cosa sperano o pensano succederà. Quando hanno inquadrato Prim ho davvero dato di matto. In quel momento la presenza di Peeta che mi cingeva tra le sue braccia è stata provvidenziale.

Ora però devo dire basta alle debolezze. La cosa che più mi ha lasciata stupita di quell’intervista però è stato ascoltare le parole di Helena. Alla domanda di Effie: “Cosa pensi che gli sia passato per la testa per comportarsi in quel modo folle?” la ragazza ha dignitosamente risposto “quello era semplicemente lui. Non lo conoscevo bene, ma so che se ha fatto quello che ha fatto non è stato certo per paura o per disobbedienza verso Capitol City” poi è scoppiata a piangere. “Spero che la famiglia mi perdonerà” poi le riprese sono state bloccate.

Ad ogni modo eccoci qui in piedi sul palcoscenico più spaventoso di sempre. Snow ci osserva dall'alto degli spalti. I suoi occhi da serpente sono freddi come il ghiaccio e acquosi. Il nostro incontro di ieri si è rivelato una mera pagliacciata mediatica. Forse per rimarcare ancora una volta quanto il presidente sia magnanimo e sappia trattare con riguardo anche dei potenziali rivoltosi dando loro una seconda chance per espira le proprie colpe. Già. Colpe. Ma chissà quali sono? Io vedo solo Snow e questo insano mondo capitolino da biasimare. Siamo privi di fronzoli oggi. Io, Haytmich e Peeta ci presentiamo a tutto Panem non come “i gli sfortunati amanti del distretto 12 e il loro geniale mentore che in un colpo solo è riuscito a far vincere due tributi”, non siamo né accattivanti né temibili come ci avevano dipinto in qualità di nuovi mentori per il distretto 12 quest’anno.

Siamo tre persone stanche, straziate che ad un passo dal patibolo sperano soltanto che il boia faccia in fretta a colpire  e non infierisca troppo su di loro.

Peeta è nervoso forse più di me, non deve aver chiuso occhio. Haymtich deve avere un tale cerchio alla testa per quanto ha bevuto che è già un miracolo che ce la faccia a stare in piedi. Qanto a me sono qui che tremo come una foglia e prego che non si veda. Grazie a Cinna che ci ha sistemato un po’ di trucco in viso, non sembro pallida come un cadavere ma per ordine di Snow i nostri stilisti non ci hanno confezionato alcun abito particolare.

Indosso qualche indumento preso a caso nell’armadio del nostro attico del dodicesimo piano. Haymtich è già tanto che abbia la camicia allacciata. Ti prego, imploro mentre Caesar Flinkerman si avvicina alla teca di vetro dentro alla quale sono stati piazzati tre minuscoli foglietti di carta bianca. Ti prego.

Poco prima di aprirlo lancia uno sguardo a tutti e tre. “Avete qualcosa da dire ragazzi? Questa estrazione cambierà per sempre le vostre vite… c’è qualcosa che vorreste far sapere ai cittadini di Panem?” chiede. “Niente in particolare” risponde Peeta. “Spero solo di essere estratto io perché so che sarei in buone mani” dice e il pubblico comincia a sospirare, sussultare con gridolini di trepidazione e commozione. “Kaniss?” si rivolge a me. “Per me è lo stesso, spero di essere io per far si che Peeta torni a casa sano e salvo” dico. A questo punto il pubblico vocia ancora di più. “Haymitch?” fa nuovamente Caesar ma lui fa segno di tagliare corto. “Se sarò io tanto meglio così almeno la smetterete di sospirare per i due piccioncini qui presenti. Se solo avessi potuto mi sarei offerto volontario.Loro sono giovani e hanno appena coronato il loro sogno d’amore…non vi sembra un’ingiustizia separarli in questo modo?” chiede e dal pubblico ora si levano veri e propri cori di assenso e di richieste di fermare tutto. Cesar deglutisce decisamente a disagio ma finge di non accorgersi che il pubblico è davvero in subbuglio.

“Bene. Felice di avere ascoltato la vostra opinione. Vi fa onore essere così altruisti da vorler sacrificare la vostra vita per gli altri, ma le regole parlano chiaro. Stavolta non potranno esserci volontari. Ed è con impazienza che vi annuncio finalmente il nome del terzo tributo per il Distretto 12 di questa terza, specialissima, edizione delle memoria. Vorrei rammentarvi che il regolamento prevedeva che in un caso come questo fosse un mentore a dover sostituire il tributo, quale figura responsabile e d’esempio per tutti gli altri tributi.

Vado così a sorteggiare un nome” mentre Caesar parla, il pubblico sembra pendere dalle sue labbra. Io sto trattenendo il respiro, penso a Prim e a mia madre. Mi spiace solo che debbano sopportare di nuovo tanto dolore per causa mia. Pregherò che finisca in fretta.
Osservo Gale e Suzan tra la folla sottostante il palcoscenico. Gli occhi grigi del mio vecchio compagno di caccia non mi abbandonano per un secondo. Che stai pensando Gale?  Chi desideri che venga estratto? Quale vita è sacrificabile per te? Chi saresti in grado di uccidere per salvarti?

La mano di Caesar si muove nella teca di vetro. Prende un biglietto.
“Ad ogni modo mi sembra doveroso dirvi fin da ora che tutti noi vi siamo affezionati più che mai” dice rivolto a noi tre. “Ed è con la morte nel cuore che vi comunico, che il prossimo tributo per il distretto 12 è…”

Peeta mi stringe forte la mano e sussurra – qualunque cosa succeda io… - ma non fa in tempo a terminare la frase che i suoi occhi accolgono la crudele sfumatura della consapevolezza.

“PEETA MELLARK” annuncia finalmente Caesar. No. Non può essere. Dovevo essere io o Haymtich. Ma non lui. Non ancora lui! Un terrore profondo mi assale. Peeta non riesce a trattenere le lacrime, mi abbraccia forte mentre il pubblico vocia a più non posso. C’è anche chi emette qualche gridolino disperato, ma alla fine è poca cosa rispetto al tumulto interiore e al battito impazzito del mio cuore in questo momento. Haymtich mi lancia un’occhiata seria e lucida di reale rammarico. – Mi spiace Dolcezza…-.

Caesar si avvicina subito a me per farmi qualche domanda.
“Che sensazionale colpo di scena! Dunque sarai tu Peeta a fare ritorno nell’Arena. Se non sbaglio alla mietitura era stato estratto tuo fratello vero?” chiede. “Si, Leam” è la scarna risposta di Peeta. “Sembra uno scherzo del destino. Poi quella ragazza, Helena, correggimi se sbaglio, si è offerta al posto suo e beh…quello sciroccato di Netan al posto di Halena e tutti sappiamo quanto è successo poi. Se non l’avessi visto non ci crederei. Peggio di una delle peggiori Telenovelas mai viste…Questo però ci rattrista un po’… perché questa invece la dura realtà. Tu come ti senti Katniss?” interrompe un momento il suo monologo per rivolgersi a me.

“La vita di tuo marito ora è nelle tue mani, deve essere una sensazione terribile ma sono sicuro, ehi guardami” insiste “ sono sicuro che se lo ami veramente riuscirai a riportarlo a casa, un po’ come avete fatto l’anno scorso! Giusto gente?”.

Il pubblico applaude mentre un Haymitch distrutto mi accompagna lontano mentre Caesar fa qualche ultima domanda a Peeta e intervista l’ultimo eccezionale tributo estratto per questa edizione della memoria. Ho giusto il tempo di lanciare uno sguardo verso Gale. I suoi occhi sono come due braci ardenti.
Anche lui tra poco verrà intervistato da Caesar che manderà in onda l’intervista solo a tempo debito assieme a quella degli altri tributi Jolly che entreranno più avanti nei giochi.


E’ sera inoltrata quando io e Peeta usciamo sul terrazzo a prendere un po’ d’aria. Devo parlargli lontana da occhi e orecchie troppo indiscreti. Non mi sono mai sentita tanto male come adesso. Cosa farò? Essere responsabili della propria vita è un conto, ma quella di altre persone. Quella di Peeta e di Gale e Suzan…


Restiamo in silenzio mentre ci teniamo abbracciati, stesi per terra su una coperta. Lui mi fissa tanto intensamente da far male. – Che c’è? – chiedo infine più frustrata che mai – ti aspetti forse un ringraziamento per il fatto che volevi offrirti volontario? Alla fine hai ottenuto ciò che volevi. Andrai nell’Arena mentre io dovrò guardarvi morire… – sbraito. Lui con Pazienza si sistema meglio accanto a me e sembra riflettere per trovare le parole giuste da dire. – Katniss, non mi aspettavo un ringraziamento da parte tua, sapevo che non saresti stata d’accordo – dice. La mia espressione truce non sembra frenarlo perché poco dopo continua – Anche se per te non è lo stesso, tu per me sei tutto – comincia. Io sbuffo sonoramente iniziando così a scaricare finalmente un po’ di tensione. – Ti rendi conto di quello che stai dicendo? – domando infine. – Peeta ti saresti veramente offerto volontario per tornare nell’Arena? -. Lui inspira profondamente e poi annuisce. – E adesso comunque è fatta! Sarò condannata ad averti sulla coscienza per tutto il resto della mia vita… - dico. – E smettila di fare quello sguardo! Non dovresti esserne felice! – grido. – Non lo sono – risponde lui – è solo che non voglio che dimentichi quanto è diversa la nostra situazione. Se tu fossi andata a morire nell’arena e io fossi sopravvissuto, non avrei avuto più ragione di vivere una volta tornato al nostro distretto. Tu sei tutta la mia vita – mi dice. – non sarei mai più stato felice. – faccio per ribattere, ma lui mi mette un dito sulle labbra. – per te è diverso. Non sto dicendo che non sarà dura.

Ma ci sono altre persone che renderanno la tua vita degna di essere vissuta. Tua sorella ad esempio. La tua famiglia ha bisogno di te, Katniss – conclude Peeta. La mia famiglia, mia madre, mia sorella… 
-Anche tu hai una famiglia! – ribatto. Lui fa un sorriso mesto. – Sì ma non c’è nessuno che abbia davvero bisogno di me – dice e nella sua voce non c’è autocommiserazione - Così invece potrei aiutarti e aiuterei anche Gale e Suzan -. A quelle parole mi sento stringere il cuore come in una morsa. E’ vero che la sua famiglia non ha bisogno di lui. Loro sentiranno la sua mancanza insieme ad una manciata di amici ma tireranno avanti. Anche Haymitch con l’aiuto di qualche barile di alcool tirerà avanti. Mi rendo conto che una sola persone verrebbe distrutta irreparabilmente dalla morte di Peeta: io.

- Io sì – gli dico – io ho bisogno di te -. Sembra turbato, prende un respiro profondo come se stesse per iniziare un lungo discorso, e la cosa non mi piace, non mi piace per niente perché attaccherà a parlare di Prim e di mia madre e di tutto quanto ed io non capirò più niente. Così lo interrompo subito con un bacio.  Sento di nuovo quella cosa. La cosa che ho sentito solo una volta prima d’ora. L’anno scorso nella caverna, quando stavo cercando di fare in modo che Haymitch ci mandasse del cibo. Ho baciato Peeta migliaia di volte durante quell’edizione e anche dopo.

Ma c’è stato solo un bacio che  mi ha fatto volere di più. Ma la mia ferita alla testa aveva iniziato a sanguinare e lui mi aveva fatto stendere. Questa volta non c’è niente che ci interrompa a parte noi due. E dopo qualche tentativo Peeta rinuncia a parlare. La sensazione dentro di me si fa più calda e si irradia dal petto, scende per tutto il corpo, lungo le braccia e le gambe, fino alle estremità. Anziché saziarmi, i baci hanno l’effetto opposto. Rendono ancora più grande il mio desiderio. Credevo di essere un’esperta da fame, ma questa è tutta un’altra cosa.

Vorrei dirgli un mondo di cose, vorrei trattenerlo qui ad ogni costo. La sensazione di calore si fa sempre più forte ed intensa.  Nel frattempo, sotto di noi, le luci di Capitol City brillano più luminose che mai. Ci stacchiamo solo un momento quando sentiamo un gran vociare più forte di prima. Caesar Flinkeraman sta mostrando proprio in questo momento in diretta tv le interviste dei nostri avversari più temibili: i tributi Jolly. Ed è mentre osservo gli occhi azzurro cielo di Peeta che, quasi fosse la prima volta, e non lo è, mi sento perduta all’idea di perderlo.

Tutta l’eccitazione svanisce di colpo, sostituita da un forte senso di angoscia. Forti altoparlanti conducono fino a noi le parole di Caesar. – Forse dovremmo andare a seguire l’intervista assieme agli altri – dico. Peeta però strabuzza gli occhi e afferrandomi stretta tra le sue braccia mi sussurra in un orecchio – sei pazza? Dopo dei baci del genere? – ride e io rido con lui anche se non posso fare a meno di sentirmi arrossire come non mai. – Questa potrebbe essere l’ultima volta che potrò averti tutta per me – spiega ed io vorrei mettermi a piangere perché proprio non capisco dove trova la forza per sembrare tanto “normale” in una situazione così incredibilmente orribile.


Poco dopo senza neanche sapere come, ci ritroviamo con le mani strette l’una in quella dell’altro, impalati davanti ad un teleschermo. Caesar con il suo sorriso sgargiante presenta i tributi più temibili di questa folle edizione.
 “Titania, distretto 2. Mi dicono che la tua famiglia vanti un discreto albero genealogico di tributi. Quasi tutti vincitori, dico bene?” chiede il presentatore. “ Sì Caesar” annuisce una giovane e provocante ragazza dai lunghi capelli corvini.

“ Solo un paio di pecore nere non sono riuscite a vincere. Inutile dire che nessuno si ricorda più di loro. A casa mia preferiamo non parlarne, sono ancora un terribile neo per tutti quanti” spiega mentre a me viene la pelle d’oca per il ribrezzo.
 
E’ il turno di “Phoebus, dal distretto 4! Si dice che sei un abile nuotatore e un paziente stratega. Mi dicono che il tuo mentore Finnick Odair è parecchio orgoglioso di te” trilla Caesar nel microfono mentre indossa il suo completo rosso sangue. 
 
 Un ragazzone dalla pelle ambrata e gli occhi verdi non perde tempo e risponde sicuro di sè “beh, lo spero bene, deve aiutarmi a vincere!”. Il suo sorriso è come un pugnale che mi si conficca nella schiena. Non solo perché potrebbe veramente tentare di farlo, se solo potesse, quanto perché è l’ennesimo sconosciuto, l’ennesima persona che si frappone tra me e il mio obiettivo. Anche lui dovrà morire. 
Volevo vedere l’intervista di Gale ma non ce la faccio più. Spengo il televisore mentre Peeta prende ad accarezzarmi dolcemente la testa. 

 
Capisco che Peeta vorrebbe trascorrere con me ogni altro momento che gli resta prima di rientrare nell’Arena, ma un’angoscia profonda mi assale– Scusami Peeta, io devo staccare un momento, ne ho bisogno. Vorrei restare un po’ di tempo da sola – dico e lui anche se leggo nei suoi occhi che non vorrebbe mai lasciarmi la mano, lentamente la fa scivolare via. – Ci vediamo più tardi allora – risponde per poi darmi un leggero bacio sulle labbra. La cosa non mi lascia indifferente e d’istinto lo bacio a mia volta, del tutto incurante di chi ci sta guardando. Ad ogni modo non potrebbero dire un bel niente dal momento che siamo marito e moglie agli occhi di tutti.

Neanche a farlo apposta, in questo preciso momento una telecamera portata a braccio da un paio di cameramen ci si avvicina per immortalare gli ultimi momenti di idillio degli sventurati amanti del distretto 12. La mia voglia di fuggire da tutto questo aumenta. Resisto quei pochi secondi indispensabili per recitare la parte che mi è stata assegnata, dopodiché, mentre Peeta si allontana verso il centro di addestramento, mi vedo costretta a rintanarmi nel primo posto tranquillo che mi capita a tiro. Così mi ritrovo da sola nella stanza dove gli stilisti ci preparano prima dello show. Il mio riflesso allo specchio appare pallido ed emaciato.


Mi siedo un momento e senza più riuscire a trattenermi lascio uscire fuori la mia ira. Prendo a calci le belle scarpe col tacco che si trovano sul pavimento e che Effie mi avrebbe detto di indossare con grazia, mando in frantumi lo specchio gettandovi contro una trousse di preziosi e costosissimi trucchi dai profumi esotici. Ribrezzo. Tutto quanto mi fa ribrezzo. I colori si mescolano ai vetri e quello che vedo ora non è più il semplice volto emaciato di una ragazzina a cui è stato rubato il futuro, è un mostro di fuoco e fiamme, rosse, gialle, verdi e blu. Non gli darò la soddisfazione. Snow non me li porterà via entrambi…
 
La notte trascorre lunga come non mai. Tornando al nostro attico al dodicesimo piano mi capita di incrociare Gale e Suzan che mi invitano ad una specie di strana festa di addio. Haymtich e Peeta sono già lì che giocano con gli schacchi mentre Gale tira fuori un mazzo di carte nuovo di zecca e ci insegna un vecchio gioco che dice lui e Rory erano soliti fare nei momenti di fame più nera, per passare il tempo. Sono quasi le quattro del mattino quando ci salutiamo per andare a letto, consapevoli che nessuno di noi sarà comunque in grado di dormire granché.

E’ tardi ma visto che i giochi non avranno inizio prima dei mezzogiorno potremmo dormire un po’. Mi rannicchio sotto le coperte del mio letto. Peeta cerca di non disturbarmi e si addormenta nel suo nonostante sono certa, volesse dormire accanto a me. Poco male, perché nemmeno un’ora dopo essermi addormentata vengo svegliata dalle mie stesse urla. Ed eccolo lì con me. Peeta mi abbraccia forte mentre io cerco di non pensare al fatto che domani a quest’ora l’immagine di lui e Gale col petto squarciato da un’ascia grondante di sangue, potrebbe non essere più un semplice incubo.
 
E infine arriva mattino. Alle dieci siamo già tutti pronti. La colazione trascorre silenziosa. Devo costringere Peeta a mandare giù qualcosa di più di un semplice panino e un bicchiere di latte, ma conosco bene la sensazione dello stomaco che si chiude per la tensione. Gale sbocconcella per un’ora una povera coscia di pollo. Alla fine la mangia tutta solamente perché anche lui, come me, non sopporta l’idea di sprecare del cibo, visto che qui, ciò che non si finisce di mangiare va gettato tra i rifiuti. E’ Suzan il vero problema. Io e Haymtich ci dobbiamo mettere tutto il nostro carisma e la nostra buona volontà per convincerla a mandare giù un misero biscotto al cioccolato.

E’ grazie a Peeta che anche lei alla fine si convince a mangiare di più.  Infine ci dirigiamo sul tetto del centro di Addestramento ad attendere di separarci forse per sempre questa volta. Ad ogni passo sento il mio cuore pulsare nel petto. Mi sembra di prendere la scossa ogni volta che inspiro e per di più mi sento davvero poco lucida. Forse sarà la stanchezza ma è come se una nebbia fitta di fosse insinuata nella mia mente.


Haymtich accanto a noi ci dice di farci forza, ma io sento che potrei crollare da un momento all’altro. – Katniss, so che farete del vostro meglio – mi dice Peeta – e nel dirlo mi prende dolcemente per mano. Ci fissiamo per un istante che sembra infinito “ Peeta ti prego torna da me” vorrei dire, ma non posso. Gale accanto a lui è pronto a sua volta per salutarmi ed io mi riscopro ad avere lo stesso assurdo desiderio anche rivolto a lui. “torna da me Gale”.
- Non è giusto – è quello che dico infine.


– Va tutto bene Catinp. – dice Gale avvicinandosi per abbracciarmi forte. – Promettimi solo che se non dovessi tornare ti prenderai cura dei miei fratelli come io ti avevo promesso avrei fatto con Prim - la voce di Gale mi raggiunge drittoa al cuore e mi mordo il labbro inferiore per non scoppiare in lacrime. Lo stringo forte e sussurro direttamente nel suo orecchio – lo prometto -.


Suzan si fa piccola piccola mentre Gale si allontana da me. Non posso evitare di raggiungerla per abbracciare forte anche lei. – Ehi, non mollare ok? Ti aiuteremo. Lo prometto – dico e le mie parole sono sincere anche se mentre le sto dicendo sento il mio cuore spaccarsi a metà. Quello che ricevo in cambio è un timido e spento sorriso.

– Farò gioco di squadra. Mi impegnerò per far vincere uno di noi. Non credo tornerò mai a casa viva. Ma almeno sarò servita a qualcosa – è il suo triste commento. Sto per intervenire ma Haymtich mi precede – ottimo. E’ questo lo spirito. Fate del vostro meglio. Restate vivi! – dice e a quelle ultime parole sono costretta a fare un respiro davvero profondo per non sprofondare nella follia.
 
Stiamo per raggiungere la piattaforma di lancio. Haymitch e Peeta si scambiano uno sguardo penetrante  e carico di dolore e rispetto. Tra loro in questi mesi era nata una profondo legame. Forse sembrerà una coppia bizzarra ma credo che Hyamtich non avesse niente di più simile ad un amico vero da anni.  – Buona fortuna ragazzo– gli dice poco prima di abbracciare Peeta. Sorride anche a Gale e mostrandogli il pollice in su gli dà una pacca sulla spalla con l’altra mano. – Buona fortuna anche a te. Potete farcela. Niente colpi di testa. Fate gioco di squadra – li incita. – E tu cerca di procurarci dei buoni sponsor! – dice semplicemente Gale in risposta.
 
Ecco arrivare Suzan verso di lui nel mentre. Haymtich si occupa di lei dandole rapidamente gli ultimi consigli utili per non farsi ammazzare. E’ il momento. Se ne stanno andando, per sempre. E se ne rivedrò anche solo uno vivo dipenderà anche da me. Mi stringo forte le braccia al petto, non tanto per riparami dal vento che si sta alzando dato che l’hovercraft che li porterà via è già atterrato, quanto per tenere assieme tutti i pezzi di me.

E infine Peeta. Mi stringe, forte. Mi bacia, un’ultima volta. Gale invece se ne sta lontano, lo sguardo puntato altrove. E so che sto di nuovo sbagliando.  E’ triste ferire di nuovo i sentimenti di qualcuno che ami tanto. E’ trista lasciare andare le persone quando sono tutta la tua vita.


E così succede. Ci allontaniamo prima di un passo, poi di due. Peeta si gira dopo avermi fissato intensamente un’ultima volta. Ha lo stesso sguardo attento e triste di quando volevamo mangiare le bacche e farla finita. Gale è già un paio di metri avanti che lo aspetta assieme a Suzan. Aspettano in silenzio che ci separiamo ma Peeta non sembra più voler collaborare tanto che un paio di Pacificatori sono costretti ad intervenire. E come se non fosse tutto già abbastanza straziante, vengono spinti a bordo con forza. E’ solo qualche secondo dopo che mi rendo conto di aver appena perso per sempre la possibilità di vedere di nuovo quegli occhi. Quelli grigi da giacimento di Gale e quelli azzurro cielo di Peeta.
 
 
Quello che viene dopo sono io rannicchiata su una poltrona al dodicesimo piano del centro di addestramento. Il primo giorno c’è poco da fare. Dobbiamo solo sperare che superino indenni il bagno di sangue e restino vivi. Quando la quantità di tributi sarà diminuita a sufficienza allora gli abitanti di Capitol city cominceranno a puntare su qualcuno di loro. Nel frattempo io e Haymtich sappiamo di esserci guadagnati un budget minimo nei giorni appena trascorsi. Lo useremo per mandare loro qualcosa nel caso dovesse servigli fin da ora. Il primo giorno costa tutto meno.
 
Ho lo sguardo vuoto e una sensazione di nausea che non se ne va. Sono le undici meno un quarto ed io sto continuando a fissare l’orologio come in trance. Minuto dopo minuto. Mi sento scivolare via. Haymtich mi raggiunge con qualcosa in mano, destandomi dal mio stato di trance. – Katniss! Non è il momento di deprimersi. Ormai è fatta. Tra poco saranno nell’arena – dice porgendomi quello che sembra un aggeggio di ultima generazione in mano.

– Che cos’è? – chiedo spiazzata – a che serve? -. Lui sorride. – E’ un Call-spo o come si chiama, insomma, un telefono nel quale sono memorizzati diversi numeri di persone importanti. Dobbiamo tenerlo sempre con noi nel caso serva contattarne qualcuno – spiega. Rimango interdetta per un secondo. – Come sarebbe? Credevo avremmo dovuto parlarci di persona…tutto il tempo passato in mezzo a quella strana gente allora? – dico. Haymtich ridacchia quasi si trovasse di fronte ad un bambino inesperto che non riesce a muovere i suoi primi passi.

– Quello era il tuo addestramento personale. Ti è servito per entrare nell’ottica e rompere il ghiaccio ma qui funziona così. La gente di questa città quando cominciano i giochi, che tu ci creda o no, deve comunque andare avanti con la propria vita. Mica tutti gli sponsor sono perdigiorno come credi. Alcuni di loro non dedicherebbero un secondo del loro tempo a parlare con te di persona. Ma con questo aggeggio è tutto più facile e veloce – è il resoconto dettagliato di Haymitch. Per di più così ti tieni aggiornato in tempo reale sul gradimento dei tributi nel pubblico. Mostrarti a tutti è servito anche a dare più chance ai ragazzi. Cecilia è molto popolare. Tu lo sei appena diventata e purtroppo la gente qui dimentica facilmente. Ogni anno si appassiona a un volto nuovo. Voi avete avuto successo ma andare in giro per la città con Cecilia ti ha resa, se vogliamo, ancora più vip – continua la sua spiegazione mentre si spaparanza sul divano.

– Un momento! Va bene avermi resa più popolare o come dici, ma perché proprio io? Perché invece Peeta non ha girovagato per Capitol City in compagnia di qualche famoso mentore? – la mia voce suona accusatoria mentre lo dico. Haymtich sospira. – Lui non ne aveva bisogno quanto te. Sa fare amicizia con tutti quel ragazzo- e non posso non notare una punta di amarezza nella sua voce. E poi in fin dei conti si è rivelata una scelta azzeccata, sbaglio? – chiede retorico. Io tuttavia non gli rispondo più.

Sono troppo triste e arrabbiata per continuare questa conversazione, così mi metto a giocherellare con il Call-spo o come si chiama, finché il televisore non si accende di colpo e il mio cuore comincia a tamburellare all’impazzata nel mio petto. Lo avevo lasciato spento di proposito per evitare la penosa carrellata di morti che ogni anno mandano in onda prima dei giochi. Spezzoni di vecchi o vecchissimi Hunger Games, misto quelli più recenti.


Ad ogni modo ogni televisore si accende automaticamente almeno mezz’ora prima dell’inizio e poi è impossibile spegnerli.
Claudius Templesmith compare nel suo assurdo abito blu notte, con abbinata una cravatta marrone. Comincia a commentare le ultime interviste ai tributi Jolly e così tento finalmente di uscire dalla mia bolla per concentrarmi su di loro. Sono temibili, non c’è che dire. La ragazza del due, l’energumeno dell’uno. Comincio a mangiarmi le unghie con foga, tanto che ad un certo punto Haymtich è costretto a intimarmi di smettere perché sto iniziando a sanguinare dalle dita.

– Sta calma. Qualunque cosa vedrai, devi sforzarti di restare lucida per aiutare quelli che sopravvivranno – dice. Ma io non voglio ascoltarlo. E’ un’attesa interminabile. Mi riscopro ad immaginare che cosa devono provare Peeta, Gale e Suzan in questo momento, ora che stanno per essere sparati nel tunnel. Poi mi fermo perché sto per impazzire di nuovo. Sullo schermo ancora non compare niente. Si vedono soltanto i volti di Caesar e Claudius.

I due parlano animatamente provando a ipotizzare lo scenario dell’arena. Infine dopo attimi interminabili ci comunicano di poterci finalmente mostrare i luogo. “Signore e Signori, tra poco secondi avrà inizio il count down e non per rovinarvi la sorpresa, ma spero non vi confoderete quando daremo il collegamento ufficiale con l’Arena. E’ un luogo molto particolare, studiato a regola d’arte dai nostri strateghi per garantire uno spettacolo mozzafiato. Tutto vi sarà comunque chiarito, come sempre nel corso del programma. Ed ecco a voi l’Arena dei 75esimi HUNGER GAMES!!!!” grida infine Cesar al termine della sua presentazione.


Nel momento stesso in cui parte il collegamento con l’Arena, ha inizio anche il count down di 60 secondi. Mi tengo stretta al divano, con le dita ancora doloranti, gli occhi fissi sullo schermo mentre Haymtich accanto a me ha preso a sua volta una posizione da battaglia. Le parole di Finnick Odair mi risuonano nella testa. Qui fuori è come se fosse un’altra arena.

I giochi stanno per avere inizio anche per noi. Non si scappa. Ecco gli ultimi trenta secondi  per pensare. Pensare ad una strategia, per farli restare vivi. Dove sono? All’inizio penso che qualcosa non vada nel collegamento. Lo schermo è completamente buio, ma i secondi scorrono e siamo già a 54 quando vado davvero in panico e grido ad Haymtich che il televisore deve essersi rotto. Temo ad una specie di sabotaggio. Devono averci tolto il collegamento apposta.

– Lo sapevo! – grido – presto corri! Dobbiamo raggiungere il piano terra dove ci sono altri teleschermi! Quelli non possono averli oscurati! – mi affretto correndo verso la porta. Haymtich però non si scosta di un millimetro. Ha gli occhi fissi sullo schermo nero. Il sangue mi ribolle nelle vene. Che fa? Se la prende comoda? E’ così che ha intenzione di salvare Peeta, Gale e Suzan? – Ehi!! – gli grido tirandogli addosso il primo oggetto che mi capita a tiro. In modo sorprendente lui lo schiva, ma non smette di distogliere lo sguardo.

– Ssst! Torna qui Katniss! Non c’è nessun errore! Osserva meglio! – dice concitato. Ed è solo allora che noto, nel buio, qualcosa che si muove. Un riverbero. Siamo a 20 secondi e come per magia la luce viene a rischiarare le tenebre. – Era un trucco! – mi esce di bocca mentre torno a sedermi velocemente sul divano. Adesso posso finalmente vedere in che situazione si trovano gli altri. – Non ci credo! – sussurro quasi quando realizzo. Le piastre metalliche sulle quali sono posizionati i tributi sono illuminate. Tutto il resto però è buio pesto, tanto che non si riesce a vedere niente a distanza maggiore di un metro.

I trentasei ragazzi sono tutti parecchio vicini tra loro. Riesco a indiduare Suzan, poi Peeta e infine Gale. Sono sicura che come me non si aspettavano niente del genere. Sono lontanissimi. Questa Arena è enorme se paragonata alla nostra. Le telecamere inquadrano prima da una parte e poi dall’altra per permettere a tutti di vedere. I tributi sono stati disposti in fila indiana a distanza di un metro, più o meno, l’uno dall’altro. Le file sono quattro, ciascuna va a formare come la diagonale di un enorme quadrato. Osservo Haymtich terrorizzata. 10 secondi. – Che facciamo? Sono lontanissimi! Lontanissimi! Come farannoa a fare gioco di squadra se sono così lontani? – ripeto ma la sua mente deve essere concentrata su qualcos’altro.

– Le luci! Osserva bene le luci! – mi dice infatti il mio ex mentore intimandomi ancora di mantenere la calma. Questo particolare mi era sfuggito. Osservo di nuovo cercando di non perdere neanche un secondo di più. 9 secondi. La cornucopia è al centro a circa duecento, dico duecento metri dal tributo più vicino.

E’ illuminata da piccoli faretti di luce bianca che la circondano lungo tutto il suo perimetro. La poca luce che emanano però non consente di vedere bene cosa contenga. Il fatto che siano in fila indiana pone in posizione di assoluto svantaggio chi sta dietro, ma come dice Haymtich un altro particolare cattura la mia attenzione.

Ci sono diversi colori. Le luci sono verdi, rosse, gialle e blu! Noto però che i tributi Jolly hanno il colore viola. Non ci sono ancora tutti i tributi in gara, mancano alcuni Jolly. In totale in gioco sono 31. Cinque entreranno a giochi iniziati. - Che i colori abbiano un significato? – chiedo. Haymitch sbuffa – probabilmente sì e credo che presto lo scopriranno a proprie spese Dolcezza… -.

La sua faccia è davvero seria. 5 secondi. Che significa? Come faranno a vederci? Ed ecco che le loro tute si accendono. E’ come un brutto scherzo, come se avessero copiato l’idea da Cinna. Sono vestiti che brillano al buio, ciascuno con un colore diverso, lo stesso della loro piattaforma. Tre secondi. Due. Uno. Ed ecco che i giochi hanno inizio.
 
Continua…
 
 
Spazio autrice: Okay, ora che avete letto spero non mi odierete. Sperimento e soprattutto do spazio alla fantasia. Il seguito ce l’ho già pronto in parte, ma voglio pensarci bene prima di postarlo. Da qui in poi le cose si complicano, soprattutto perché il punto di vista è quello esterno di Katniss. In più aspetto numerosi commenti o critiche, se possibile. Mi aiuterebbero molto. Grazie in anticipo e spero non vi siate annoiati con questo capitolo. A presto!!

 
Allepanda

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Capitolo 21
*** 18 X - ARENA - ***


Buonasera Tributi! Scusate l'attesa e mi auguro non resterete delusi da quello che per me, è un capitolo MOLTO importante perché si comincia finalmente con l'Arena. Darò spazio alla fantasia per quanto posso e spero di non risultare inverosimile o peggio, che l'arena vi sembri troppo somigliante a quella della Collins del secondo libro. Giuro che ci provo ad essere originale! Detto ciò, vi auguro buona lettura. 

Che tributo sarà protagonista dell'Arena in qualità di mentore? Direi proprio Peeta! Dopo i riscontri positivi ottenuti da parte vostra, ho deciso di tornare alla mia idea iniziale. Godetevi questa arena un po' particolare con Gale, Peeta e Suzan come tributi. 

 
Felici Hunger Games...e possa la fortuna sempre essere a vostro favore!! (P.S: se voleste lascarare un commento, ne sarei felice. La vostra opinione è importante!)
vostra Allepanda


Capitolo 18 X – L’ARENA -


“Strepitoso esordio quest’anno!” trilla Caesar Flinkerman nel suo microfono. “I nostri tributi, come potete notare si trovano in una situazione davvero curiosa. Grazie alla speciale telecamera ad infrarossi potremo seguire ogni loro passo nonostante il buio pesto che li circonda” continua descrivendo l’arena.

“Le piattaforme luminose dalle quali sono partiti si sono spente giusto poco fa, all’esatto scadere dei sessanta secondi. Non trovi anche tu che questa sia stata una delle trovate più geniali da parte degli strateghi? Sì oserei dire la più geniale degli ultimi cinquant’anni! Claudius?” dice rivolto al compagno commentatore che sta alla sua sinistra.

Questo annuisce vistosamente e ridacchia in modo sadico. “Ben detto Caesar, non mi sentivo così emozionato e incuriosito da diverso tempo” risponde poi. I loro discorsi però mi passano solo superficialmente addosso. I miei occhi sono incollati allo schermo. I giochi sono ufficialmente iniziati. Siamo in ballo!


 “Il numero dei tributi in gioco è 31 su 36” prosegue Caesar con la sua telecronaca. “ Cinque dei tributi Jolly si aggiungeranno poi. Come se non bastasse nell’Arena è buio pesto. Se non fosse per le loro tute illuminate non potrebbero vedere nulla” spiega.

“Eh già, brutta faccenda, brutta faccenda” rincara Claudius standosene sempre spaparanzato dall’altro lato della scrivania. “L’Arena a quanto sembra potrebbe essere minuscola o gigantesca. Chissà che sorprese hanno in serbo per noi questi 75esimi Hunger Games? Lo scopriremo solamente restando incollati ai nostri schermi. Oh oh ecco che i primi tributi stanno iniziando a prendere una decisione. I più coraggiosi si avventano dritti sulla cornucopia. E’ un bel rischio, considerando che non si vede ad un palmo di naso!”.

Caesar sembra avermi tolto le parole di bocca.
 Non possono vedere niente e  non potendo vedere, non rimane che sperare che per lo meno non ci siano trappole in agguato. Insomma, il buio pesto sembra una difficoltà già abbastanza grande per dei tributi che non sanno niente del luogo in cui si trovano. A meno che non intendano farli fuori tutti il primo giorno.


“Le quattro file di tributi sono partite dalla estremità di ciascun angolo dell’arena. Sistemati perpendicolarmente verso il centro hanno appena iniziato a muoversi. Voi da casa, per chi fate il tifo? Riuscite a distinguerli? Vedete dove si trova adesso il vostro tributo preferito?” vocia Claudius nel microfono.

“Scommetto che neanche i loro fratelli e sorelle o i loro genitori saprebbero trovarli in mezzo a quel pandemonio notturno” ridacchia poi con voce svenevole. Io sento distintamente restringersi la bocca del mio stomaco. Allo stesso tempo credo che se potessi vomitargli addosso tutto il mio disprezzo lo farei volentieri. Probabilmente così andrei anche a migliorare il colorito giallo smorto di quella roba svolazzante e incolta che Caludius chiama “capelli”.

Ad ogni modo ora devo concentrarmi sui tributi. La prima cosa che osservo non mi piace per niente.
Peeta, Gale e Suzan sono partiti separati. Ciascuno di loro era mescolato ad altri tributi. Sono partiti in file diverse ma in qualche modo mi ero aspettata che si sarebbero ritrovati. Certo, al buio e con quella scarsa visibilità le cose sono diverse da come le avevamo immaginate.

 La cornucopia sembra trovarsi  al centro dell’Arena, dritta davanti a loro. Il suo perimetro è illuminato da una potente luce bianca che non passa certamente inosservata.  Ma la cosa più strana sono i colori che contraddistinguono i diversi tributi. Peeta ha il verde, Suzan il giallo e Gale, come gli altri Jolly ha la tuta illuminata di colore viola. L’azione si svolge rapidamente davanti agli occhi atterriti miei e di Haymitch. Allo scadere dei sessanta secondi, diversi tributi si sono subito lanciati a tutta velocità verso la Cornucopia.

Non è vicina e tra la postazione di partenza e il centro dell’Arena potrebbe esserci qualsiasi cosa esattamente come ha detto Caesar. Cose tremende che sicuramente i tributi non vedrebbero in tempo per evitarle. E’ il primo pensiero che mi passa per la mente. E cosa c’è attorno? Possono muoversi altrove? Qualcuno deve aver fatto le mie stesse constatazioni. Almeno sette o otto tributi hanno infatti deciso di restare fermi sulla piattaforma per riflettere ancora un po’.


Ad ogni modo, la distanza tra loro e la cornucopia, con tanto di armi e tributi assetati di sangue è abbastanza da renderli sicuri di poter pensare ancora senza il rischio di essere attaccati immediatamente. Altri tributi cominciano a vagare alla cieca in altre direzioni, voltando invece le spalle alla Cornucopia. Cerco i miei amici con l’ansia che mi sale dalle viscere. Gale è ancora immobile sulla sua piattaforma e così Suzan mentre Peeta… 

- Oh cavolo! Cavolo cavolo! – esclmo come impazzita attirandomi un’occhiata preoccupata di Haymtich. Peeta è già lanciato a perdifiato nella mischia verso la Cornucopia. A dividerli una distanza considerevole. Ma perché Peeta? Che vuoi fare? Non capisco finché non è Cesar a ricordarmi le regole. “Ricordiamo a tutti i telespettatori che lo speciale regolamento di quest’anno impone ai tributi Jolly che abbiano deciso di entrare immediatamente nell’Arena, la penalità di non potere usufruire dell’abbondanza della cornucopia” spiega Caesar.

“Oppure?” ribatte subito Caludius. Bella domanda, vorrei tanto saperlo anche io, penso stringendo forte tra le dita la pelle morbida del divano fin quasi a strapparla. “Oppure beh, i nostri strateghi non sono certo scarsi a fantasia.

Avranno certamente escogitato un modo per punire gli eventuali trasgressori” risponde semplicemente Caesar.  “La regola è stata ovviamente inserita per pareggiare lo svantaggio nel quale i distretti che fossero partiti con solo due tributi,  sarebbero diversamente intercorsi” spiega ulteriormente Caesar. “Niente giocattolini per i giocatori in tuta viola” ridacchia stupidamente di rimando Claudius facendogli il verso.


Già. La regola di quest’anno impone che i tributi Jolly non possano prendere niente dalla Cornucopia, a meno che non ci tengano a farsi saltare in aria o roba simile. Quindi Gale e Peeta devono essersi accordati in questo modo.

Sarai tu Peeta quindi a rischiare la vita nel bagno di sangue? Ma non capisco comunque perché Gale non è lì a guardarti le spalle. Che stai facendo Gale? Un brivido mi attraversa mentre un dubbio lentamente si insinua nella mia mente. Che Gale non abbia intenzione di fare squadra con Peeta? No, non è possibile. Ci dev’essere una ragione per la quale Gale non si fa avanti!  Scarto immediatamente l’idea perché è troppo terribile anche solo da immaginare e mi concentro sull’azione.


I tributi più coraggiosi sono ormai ad una cinquantina di metri dal centro dell’Arena. Non riesco più a stare ferma. – Come faranno a fare gioco di squadra? – urlo rivolta ad Haymtich con rabbia, quasi fosse colpa sua il fatto di non avere previsto questo. – - abbiamo deciso di fare entrare Gale subito perché si aiutassero a vicenda. Non per sacrificare Peeta al bagno di sangue! Si farà ammazzare!  Hai visto gli altri tributi? La sua gamba non gli permetterà di correre via abbastanza velocemente – continuo mentre la mia voce si fa via via più roca fino a morire in un singhiozzo strozzato.

- Fossi in te mi preoccuperei più di quell’ enorme tigre laggiù! – taglia corto lui indicandomi qualcosa con il dito rivolto allo schermo.  E l’incubo comincia. Quando credevo che tutto fosse perduto, ecco che tutto si complica ulteriormente.  


“Oho…vedo che abbiamo intenzione di cominciare davvero alla grande quest’anno! “ esclama Caesar con entusiasmo non appena l’ombra scura compare sullo schermo, evidenziata solo dai contorni verdi che la visione notturna consente di intravvedere. Inevitabilmente mi tornano in mente gli occhiali speciali che l’anno scorso ero riuscita a trovare nello zaino recuperato alla Cornucopia. 

Se avessero voluto, gli strateghi avrebbero potuto garantirci una visione perfetta dell’Arena, ma evidentemente vogliono mettere in difficoltà anche noi mentori lasciandoci con una visione solo in parte più nitida di quella dei tributi. Oppure è solo un altro modo per divertire e incuriosire di più il pubblico di Capitol city, fatto sta che riusicre a capire bene cosa succede nell’arena si sta rivelando un’impresa. Già, gli occhiali. Dovranno procurarsene un paio e al più presto.

Magari resterà buio così tutto il tempo. Sarebbe terribile. Mandiamoglili… subito! Devo… Devo avere quegli occhiali. A Peeta servono subito… Comincio ad alzarmi per poi risedermi velocemente sul divano incapace di stare ferma.

– Haymitch! Loro non ci vedono! – dico con il cuore ormai in gola ad ogni passo di Peeta nella direzione del mostro. Quello che sembra un enorme gatto selvatico dai denti appuntiti come rasoi è nascosto, accucciato ad un lato della Cornucopia, a pochi passi dalla sua entrata. Mi sento impazzire all’idea che Peeta possa fare la stessa fine di Cato.

– Haymitch facciamo qualcosa! – urlo iniziando a dare di matto ogni secondo di più.

– OH STA ZITTA KATNISS!! SIEDITI E MANTIENI LA CALMA PER GIOVE!!!! – grida lui di rimando prendendo a scostarsi nervosamente una ciocca di capelli lontano dal viso. Sono fuori di me, ma la presenza di Haymtich mi permette di non finire in un angolo della stanza a mordermi le mani e urlare fino a svenire. Se non fosse per lui, per gli altri, io neanche ci starei qui. Ha fatto un enorme sforzo nel restare sobrio, si vede.

Le sue mani tremano leggermente per la crisi di astinenza.  Intanto le telecamere prendono a inquadrare i diversi tributi che si lanciano chi da una parte e chi dall’altra.

– E’ una trappola! E’ una trappola!! – dico a voce alta mentre osservo il grosso animale mutante di Capital City avvicinarsi al primo gruppo di tributi. – Peeta non è uno stupido, sa perfettamente che così facendo correi il rischio di lasciarci la pelle- mi dice infine Haymtich senza certo indorarmi la pillola, bensì rendendomi partecipe della dura realtà, che lui stesso ben conosce - ha semplicemente calcolato che senza uno straccio di arma o di provvista, la conseguenza sarebbe solo quella di prolungare l’attesa – dà voce ai suoi pensieri Haymtich. Mancano ormai pochi metri. Peeta è decisamente vicino al mostro anche se per fortuna la bestia si trova dalla parte opposta della cornucopia e ancora non sembra vederlo. Cerco di fare mente locale per tentare di capire chi sono gli altri tributi che  si sono lanciati al centro dell’arena.

Una è Titania, del Distretto 2. E’ un tributo Jolly come Gale, la riconosco per via della tuta illuminata di viola. – Ma lei non potrebbe prendere armi laggiù! – dico decisamente indignata. – Lascia che ci provi. Se gli strateghi la faranno in cenere, tanto meglio no? – replica il mio compagno di sventura con voce piatta. Già, tanto meglio se la inceneriscono, penso. Ma qualcosa dentro di me all’idea, sembra rivoltarsi. Osservo ancora e noto che ci sono anche Emy e Maya con lei, le altre esaltate assassine del due.

Probabilmente sono d’accordo per fare squadra assieme. – Ma possono passarsi le armi? – domando. – Sembra di si, ma per non correre rischi sarebbe meglio aspettassero al fine del bagno di sangue, credo. Ad ogni modo lo scopriremo presto -.


Difatti pochi secondi dopo arriva Caesar a toglierci ogni dubbio. “Sai, Caludius, temo proprio che i nostri tributi Jolly non abbiamo troppo chiara la regola della Cornucopia” esordisce “Non possono prelevare niente, né tanto meno usare niente all’interno del suo perimetro” dice. Così è questo il tranello. Si divertono a prenderci in giro, come sempre.

– Non è giusto! Non lo sapevamo questo! – dico. Haymtich sospira pesantemente – già, per fortuna Gale a quanto sembra non ha intenzione di avvicinarsi al perimetro della Cornucopia – ribatte.
Ma in realtà questo non è affatto un bene. Peeta è lì da solo, con la sua gamba artificiale che già gli conferisce un discreto handicap.

L’unico lato positivo è che con quel buio pesto i tributi faranno fatica a riconoscersi e quindi anche a capire che si tratta di Peeta. Ma contro tre assassine esperte non avrebbe molte chance, per di più l’animale è in agguato. Sospiro cercando di mantenere la concentrazione. Ci sono anche altri tributi, molti non li riconosco, vuoi per la scarsa visibilità, vuoi perché non sono riuscita a memorizzare a dovere i loro volti.

Nel frattempo mi accorgo con orrore che Gale non è più sullo schermo. – Dov’è Gale? – grido ad Haymitch. Lui per tutta risposta emette un ennesimo sospiro. – Il ragazzo si è diretto verso Suzan, lontano dalla mischia, ma ora tutte le telecamere sono concentrate sulla Cornucopia – è la sua risposta secca. – E non c’è modo di vedere cosa succede altrove? – chiedo incalzante. – Sì c’è! – ribatte – ma al momento non penso che siano loro il problema.

Deglutisco amareggiata, con la testa totalmente nel pallone, sperando solo il altre sue parole di coraggio, che stranamente non tardano ad arrivare. - Probabilmente Gale ha fatto la cosa giusta ad avvicinarsi a Suzan e restare a guardare, o forse no dato che Peeta è completamente allo sbaraglio, comunque puoi premere il pulsante rosso sul telecomando.

Ci sono più di un milione di telecamere nell’Arena. Ti permette di accedere al server e selezionare direttamente quella che ti interessa. Comparirà in un angolo dello schermo principale! – spiega velocemente. Così provo e immediatamente ottengo una nuova inquadratura. Tuttavia non sono molto brava a isolare la telecamera che sta seguendo Gale, non la trovo e per la tensione rischio due volte di far cadere il telecomando, tanto che Haymtich me lo prende di mano e decide di farlo direttamente per me.


– Come mai non mi hai spiegato prima come funzionavano tutti questi maledetti aggeggi?- lo rimprovero. – Perché tanto non ti sarebbe bastata una vita per imparare e poi se sta per svolgersi qualche azione interessante, credimi, loro sanno a quale telecamera dare la precedenza e poi noi del dodicesimo piano, abbiamo inserito un programma che, se lo desideri ti mostra in automatico cosa succede ai tributi del dodici e così via per tutti gli altri. Ecco. L’ho inserito– spiega poco interessato a discuterne proprio adesso, dopo aver armeggiato rapidamente sul vetro del telecomando.

In effetti realizzo che durante tutto questo tempo a Capitol City non ho fatto altro che chiudermi in me stessa senza mai davvero ascoltare quanto Haymitch aveva da insegnarmi. Mi vergogno di me, ma adesso devo davvero calmarmi.

Sullo schermo della telecamera che Haymitch ha appena selezionato per me, vedo Suzan sussultare all’arrivo di Gale, che cerca subito di farsi riconoscere, ma lei a quanto pare è troppo terrorizzata e sembra provare a tirargli un pugno. Gale ovviamente lo schiva e quando Suzan lo riconosce, entrambi si prendono per mano e cominciano a camminare lentamente verso il centro e la cornucopia. Ritrovarsi però ha richiesto diverso tempo, ma visto che attorno a Gale e Suzan sembra tutto tranquillo, mi concentro di nuovo sull’azione vera e propria.

La Cornucopia. I tributi più vicini sono ormai a pochi metri dalle luci bianche della cornucopia quando si eleva un grido. Una ragazza la cui tuta è illuminata di viola, un tributo Jolly viene attaccata alla gola dall’enorme bestia scura che con le sue zanne possenti conficcate nella carotide non le lascia nemmeno il tempo di rendersi conto della situazione.

Muore in un soffio. Il cannone spara. “Ecco il primo tributo che ci abbandona” commenta subito Claudius annunciandone la morte come se stesse parlando del tempo. Osservo l’espressione del suo viso. Bel tempo o pioggia. Farà freddo domani, mi immagino che potrebbe dire con quella stessa espressione.

Un fremito di rabbia mi attraversa. Non che gli Hunger Games non mi facessero ribrezzo fin da piccola, ma adesso che so che cosa si prova dall’altra parte è anche peggio. “A lasciarci è Fanny” continua Caesar “ distretto 8! Il distretto 8 ha un tributo in meno.

La bestia che i nostri strateghi hanno deciso di usare per dare inizio alle danze, fa venire la pelle d’oca anche a me” commenta per poi scoppiare in una risatina demenziale assieme al suo compare Claudius Templesmith. L’azione nell’Arena però non si ferma ad ascoltare le scemenze dei presentatori televisivi. I tributi si sono appena resi conto dell’esistenza della bestia e se alcuni di loro sono abbastanza coraggiosi da avventarsi comunque sulle armi che spuntano dalla cornucopia, altri indietreggiano terrorizzati.

Ovviamente Peeta decide di provare a prendere uno zaino impilato sopra alcune casse di armi, infischiandosene del caos che lo circonda. Sudo freddo dandogli dell’idiota ripetutamente mentre le gambe mi tremano, frenetiche. Osservo il figlio del fornaio mentre con troppa leggerezza è ancora intento a prelevare qualcosa somigliante ad un pugnale dal mucchio, quando un tributo gli si avvicina. E’ Marcus del distretto 5.

Lo ricordo perché Cesar nell’intervista con lui aveva fatto diverse battutine svenevoli riguardanti il suo bell’aspetto. Peeta è ancora girato di spalle quando Marcus è ormai tanto vicino da poterlo attaccare facilmente a mani nude. La bestia intanto, dopo aver consumato a morsi il povero corpo della ragazza dell’8, si è messa a correre verso alcune postazioni di partenza. Oddio no! Non so cosa fare, dove guardare. Gale e Suzan sono proprio nella traiettoria della bestia adesso e Peeta è in balia degli altri tributi.

Haymitch sospira pesantemente al mio fianco mentre entrambi siamo costretti a restare seduti a guardare, guardare senza potere davvero intervenire tempestivamente. Un pensiero tremendo mi attraversa. E se morissero tutti adesso? Se non tornasse a casa nessuno? La consapevolezza che da qui a qualche secondo potrei davvero veder morire Peeta o Gale mi provoca un conato di vomito. Lo trattengo a stento.

Sono ormai pronta ad aspettarmi il peggio quando noto che Marcus e Peeta invece di attaccarsi a vicenda si scambiano qualche parola. Non realizzo davvero finché Haymitch non parla – bravo ragazzo! Si è creato degli alleati! – dice.

– Alleati? – commento incredula – non ne avevamo mai parlato! -. Haymtich in risposta scuote leggermente la testa. – Non ne avevamo discusso in tua presenza Dolcezza, le tue uscite con Cecilia sono servite anche a questo. Tanto non saresti stata comunque d’accordo! – replica subito.

- E’ incredibile! Avresti dovuto parlarmene invece! Magari non sarei stata del tutto contraria! – ribatto piccata. Ad ogni modo lasciamo presto cadere la discussione. Haymtich mi dovrà rendere conto a tempo debito di questi segreti tra lui e gli altri. Il sollievo che provo nel vedere Peeta aiutato da Marcus è tale, da farmi restare in silenzio a guardare senza insistere oltre. Nel frattempo il cannone spara di nuovo.

Muoiono  entrambi i tributi del distretto 6 per mano di Phoebus, il tributo Jolly del distretto 4. Il ragazzone li infilza entrambi con una grossa spada che ha strappato alla cornucopia in barba al divieto previsto dal regolamento.

Aspetto con il fiato sospeso che qualcosa lo faccia saltare in aria ma non accade niente. L’unica cosa che noto è che proprio quando la bestia ha quasi raggiunto il gruppo di tributi che si è dato alla fuga, questa si arresta di colpo e cambia idea. Fa dietro front e marcia a tutta velocità su Phoebus.

– Ecco come hanno deciso di far rispettare la regola gli strateghi – ancora una volta è Haymitch a dare voce ai miei pensieri - la bestia attacca solo i tributi con le luci viola. E’ un deterrente per i Jolly ad avvicinarsi alla cornucopia. Non si sta interessando di Peeta ad esempio, perché lui ha il verde -. Questa è una buona notizia.

– Quindi non ucciderà Peeta neanche se resterà lì alla Cornucopia? – chiedo con crescente sollievo. – non ho detto questo. Probabilmente tenterà di farlo quando avrà raggiunto il suo obiettivo. Una volta eliminati o allontanati tutti i tributi Jolly si concentrerà sul resto. Faranno bene  a muoversi a prendere qualcosa e filarsela -.

Phebus fa in tempo a mietere un’altra vittima prima che il mostro gli si avventi contro. Intanto Peeta sembra finalmente avere finito di rifornirsi alla cornucopia. Noto con sollievo che oltre alle armi è riuscito a prendere una discreta quantità di cibo. Mette tutto in un enorme zaino mentre Marcus lo aiuta guardandogli le spalle. Poco prima che la bestia li raggiunga per avventarsi su Phoebus, prendono a correre a perdifiato nella direzione opposta a quella della Cornucopia. Marcus in testa con una grossa lancia tra le mani, Peeta dietro di lui con lo zaino in spalla.

Avevo scordato le sue incredibili capacità di fare amicizia, ma ancora non mi spiego come sia riuscito a convincere Marcus a fare squadra con lui. Durante l’intervista mi era sembrato un tipo pieno di sé, di quelli che amano fare le cose a modo loro e vogliono tutta quanta l’attenzione su di sè. Beh, se Peeta ha convinto Cato l’anno scorso, forse non dovrei stupirmi troppo. La sua scelta però continua a sembrarmi strana. Io mi sono alleata con Rue per quel breve lasso di tempo solo perché sapevo di potermi fidare.

Peeta può dire altrettanto di Marcus? La cosa non mi piace. Purtroppo però, date le circostanze dovrò per forza fare affidamento sul giudizio di Peeta. Quello che mi preoccupa comunque è che non si capisce niente di come è strutturata l’arena. E’ strano. Buio sì, ma non come quando gli strateghi si divertono a oscurare per forza il cielo.


Sullo schermo si intravedono diverse ombre che sembrano quasi contornare un enorme perimetro quadrato. E’ solo quando una ragazza va a sbattere contro quello che sembra un muro che comincio a capire. – Non sono all’aperto! – esclamo. Già, non ho potuto capirlo subito perché non avevo alcuni elementi fondamentali come il vento, l’umidità, insomma, quelle sensazioni che puoi riconoscere solo provandole, a pelle. Haymtich sembra rifletterci sopra.

– Se è davvero come dici faranno meglio ad uscire da lì al più presto, gli strateghi si divertono a giocare al gatto col topo a volte. Gli ultimi che lo capiranno saranno quelli più a rischio – dice pensando ad alta voce. – Si ma dov’è l’uscita? -. Solo qualche secondo dopo ecco Caesar spiegare al pubblico la fantastica trovata degli strateghi. Viene inquadrata una piccola apertura in quella che si vede essere un’alta parete rocciosa.

Il buco sarà grande poco più di un metro. Bisognerebbe strisciare per uscire, solo che non ci sono appigli, e l’imboccatura è situata a diversi metri da terra. – Come faranno a uscire? -. Fortunatamente quella non è l’unica uscita. In totale ne vengono mostrate quattro, una per ciascun angolo della grotta nella quale sono rinchiusi i tributi.

Il guaio è che è troppo buio e troppo grande quel posto! Gale e Suzan tuttavia sembrano aver capito dove si trovano, almeno, Gale è esattamente sotto una delle aperture e sta studiando come fare per uscire. La guerra tra tributi però non si arresta e il cannone spara ripetutamente.

Phoebus viene ferito dalla bestia di Capitol City ma lui e Titania, un altro tributo Jolly sembrano essersi alleati a loro volta per sconfiggerla, non essendosi rassegnati al fatto di non potere entrare in possesso delle armi. Lei è davvero spietata quando conficca la sua spada nel cranio della bestia dopo che Phoebus ha provveduto ripetutamente a infilzare un’enorme mazza chiodata nella schiena dell’animale. Ad aiutarli ci sono anche le due ragazze del distretto due Amy e Maya. Alla fine la bestia muore tra atroci ruggiti, lamenti e uggiolii.

Peeta e Marcus corrono a perdifiato fino a raggiungere uno degli angoli della grotta. Vanno prima a sbattere, non capendo dove si trovano. Forse credevano di trovarsi in una pianura o qualcos’altro. La sensazione di claustrofobia si fa strada dentro di me quasi fossi là con loro. Sono troppo lontani. Gale e Suzan all’estremità a sud-est e Peeta e Marcus in quella di nord-ovest. Entrambi sono vicini all’uscita.

A separarli, una parete alta diversi metri da terra. Sto già disperando quando noto che Marcus ha già cominciato ad arrampicarsi sulla parete.

– C’è una corda! – esclamo con stupore quando finalmente la vedo. Ogni parete rocciosa ha una serie di funi intrecciate tra loro in modo tale da formare una specie di rete, capace di aiutare i tributi nell’arrampicata. Noto con sollievo che anche la parte di Gale e Suzan ne ha una.

Anche altri tributi riescono a capire come uscire da lì. Bisogna solo stare attenti a non farsi attaccare alle spalle. Phoebus infatti non perde tempo e con una lancia, a distanza di diversi metri riesce a impalare la schiena di un povero ragazzo. Il cannone spara. – Ne stanno morendo troppi – è ciò che mi viene da dire con orrore. Haymtich conferma.

– Sì, sta iniziando a sembrare esagerato anche a me. Se ho contato bene i tributi in gioco dovrebbero essere più o meno 17 adesso -. Poco più della metà. Ed è appena iniziata. Peeta e Marcus si guardano attorno un’ultima volta prima di prendere ad arrampicarsi il più velocemente possibile. Sanno che dovranno essere veloci o le probabilità di essere attaccati e uccisi aumenteranno. Lo stesso vale per Gale e Suzan.

Quest’ultima si sta rivelando sorprendente agile. In men che non si dica la ragazza raggiunge l’imboccatura della grotta, Gale è dietro di lei. Il fatto di essere arrivati prima gli ha conferito un discreto vantaggio sugli altri.

Durante la scalata però, quando ormai sembrava essere arrivata in cima, Suzan urta contro una ragazza di un altro distretto che, nascosta dal buio della grotta, aveva preso a salire a pochi centimetri di distanza da lei. Per lo spavento l’altra ragazza sembra perdere l’equilibrio ma appena riesce a riprendersi tenta di pugnalare Suzan alla schiena. Gale la blocca rapidamente afferrandola per un piede. Lei urla e si dimena, mentre lui la tira giù con forza e quando è a portata di mano le sferra un calcio direttamente nello stomaco.

La ragazza finisce per mollare inevitabilmente la presa e crolla a terra sbattendo la testa con forza. Il cannone spara. Poco dopo Suzan e Gale sono in superficie e corrono lontano dalla imboccatura della grotta. Sono i primi ad uscire. La luce finalmente illumina il paesaggio mozzafiato dell’arena che fino ad ora ci era stato oscurato.

Peeta e Marcus intanto sono stati pericolosamente avvicinati da altri tributi. Ma quello che davvero mi ha lasciata senza fiato, non sono le nuvole bianche o il cielo terso e immenso, di quell’azzurro infinito che sembra essere la vera Arena di quest’anno. Il cuore mi si sta frantumando nel petto perché sa che cosa è davvero appena successo. Gale ha appena mietuto la sua prima vittima. Ha ucciso per la prima volta.

Qualcuno, dall’altra parte dello schermo, esattamente come me, avrà visto sua figlia, sorella, amica, morire per mano sua. E’ questo che ci fanno ogni anno. Ci rendono dei mostri. Non esistono se non li guardiamo. Le parole di Gale mi rimbombano nella testa come fossero martellate.

Fa male. E’ questo che lui ha dovuto subire l’anno scorso mentre mi guardava tentare di sopravvivere ad ogni costo? Non c’è abbastanza tempo però per queste riflessioni. A questo sembra Phoebus e Titania saranno i favoriti di questa edizione assieme a Maya ed Emy e il branco ha appena deciso che la caccia è aperta!
 
Continua.....
 

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