Gli anni

di SidV
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 8 anni (I parte) ***
Capitolo 2: *** 8 anni (II parte) ***
Capitolo 3: *** 10 anni ***
Capitolo 4: *** 13 anni ***
Capitolo 5: *** 15 anni ***
Capitolo 6: *** 18 anni (I parte) ***
Capitolo 7: *** 18 anni (II parte) ***
Capitolo 8: *** 18 anni (III parte) ***
Capitolo 9: *** 21 anni (I parte) ***
Capitolo 10: *** 21 anni (II parte) ***
Capitolo 11: *** 21 anni (III parte) ***
Capitolo 12: *** 21 anni (IV parte) ***
Capitolo 13: *** 21 anni (V parte) ***
Capitolo 14: *** 24 anni (I parte) ***
Capitolo 15: *** 24 anni (II parte) ***
Capitolo 16: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** 8 anni (I parte) ***


A otto anni l’ho conosciuta.
E lei si è completamente attaccata a mio fratello.
A tredici anni l’ho baciata, ed ero incazzato nero.
Non ci siamo quasi parlati per più un anno.
A quindici anni le ho spezzato il cuore.
Per i tre anni successivi ci vedevamo raramente e, quando succedeva lei mi trattava come uno passato di lì per caso. Già... neanche avessi speso quegli anni scopandomi tutto quello che mi passava vicino.
A diciotto anni abbiamo fatto l’amore.
Poi lei ha pianto. E mi ha mollato.
A ventun anni sono completamente fuori controllo.
E mi manca come l’aria che respiro.



Quando andammo a vivere a Lipsia ero incazzato nero. Non era per il divorzio dei miei... almeno non del tutto... è che avevo già una mia vita dove stavamo prima. E, diavolo, l’idea di andare a vivere il resto della mia esistenza in un buco di seicento abitanti davvero non mi andava già. Bill era più tranquillo. Ma lui ha sempre vissuto in un mondo tutto suo ed era sul serio convinto gli bastassimo io e mamma per stare bene. Dall’altro lato mio fratello è sempre stato inconsciamente sicuro di volere per se stesso una vita nomade, tra virgolette, quindi Lipsia era solo un posto di passaggio.
- mi devo svegliare prestissimo la mattina, però Tomi! Abbiamo un ora e mezza di pullman per arrivare a scuola!
Eh, già. I problemi di mio fratello... oddio, che poi a otto anni effettivamente la cosa non mi piaceva per niente. Non che sia cambiato nel tempo, dormire è tutt’ora la seconda cosa che preferisco al mondo. La prima, da quel che si dice in giro, la sbandiero in continuazione...
- si... come se ti svegliassi da solo! Ci vogliono la mamma e una banda per farti alzare, Bill!
Io lo facevo da solo già allora. Fin da bambino sono stato abituato a organizzarmi da me la gestione del tempo. Mamma aveva troppo da fare con Bill per pensare anche a me, e mi stava benissimo così. Infondo sono io il fratello maggiore. Quei dieci minuti che ci separano hanno effettivamente influenzato la mia vita molto più di quello che ci si possa immaginare.
Comunque c’era un altra cosa che mi preoccupava in quei giorni. Insomma, io e mio fratello avevamo già un immagine stabilita da noi stessi a quei tempi, credo per equilibrare i periodi dove ci mandavano in giro con il nome scritto sulla stessa felpa per poterci distinguere. Il fatto era che, se il mio modo di vestire era a tutti gli effetti discutibile per un bambino di otto anni, quello di Bill era da internare. Voglio dire, era un problema a Berlino, figurarsi a Lipsia!
E si, preoccuparmi per Bill sempre e comunque prima di chiunque altro, lui stesso compreso ovviamente, è sempre stato un mio problema. Non che nessuno me l’abbia mai chiesto, sia chiaro, ma probabilmente è ancora colpa di quei diavolo di dieci minuti.
Comunque, fortunatamente, già il secondo giorno nella nuova casa mi sentivo meglio. Sono uno che si rallegra facilmente.
Avevamo trovato ad attenderci una camera gigantesca in mansarda solo per noi due, un giardino spaziale, due bici bmx nuove e un cucciolo di pastore di nome Spotty. Ho sempre avuto un debole per i cani e Gordon, il nuovo compagno di mia madre, aveva capito fin da subito che sono uno che si compra facilmente.
Ecco, è successo quel giorno, mentre ero in cortile a cercare di spiegare a Bill che se si decideva a salire su quella diavolo di bici potevamo farci un bel giro da soli e no, non si sarebbe rotto nessuna unghia.
La mamma ci aveva raggiunto con un vassoio con del te verde dentro, dicendoci che era arrivata una sua amica che abitava difronte a noi per farci conoscere sua figlia, che aveva la nostra età.
- non siete contenti, vi farete già una nuova amica!
La smorfia di totale disgusto con la quale la guardammo non sembrava per nulla averla fatta cambiare piani. Sabina ha smesso di capirci quando ci ha partoriti.
- è una bambina deliziosa!
Il problema non era se era deliziosa o meno, era che a tutti gli effetti era una bambina. E già io e Bill avevamo difficoltà a fare amicizia con altre persone a prescindere, ci siamo sempre bastati uno con l’altro, ma se poi ci mettevi pure che era femmina, ecco quello proprio non andava bene per niente. Insomma, chi è il bambino che a otto anni vuole fare amicizia con una dell’altro sesso, cavolo?!
Non siamo riusciti a dirle niente però, probabilmente per uno stupido scherzo del destino, perchè Carla, la sua amica, era spuntata dalla porta con un fagotto attaccato alla gonna.
Con il senno di poi avrei dovuto capirlo allora che era lei. Che sarebbe potuta essere solo lei. Già, il tonfo che fece il mio cuore quando incrociai il suo sguardo aveva un sacco di cose da dire di suo. Però io, i segnali su di lei, non ho mai colti. Sono proprio negato in questo.
- Tom, Bill vi presento Erin.
La pelle era candida come quella di una bambola di porcellana e pareva altrettanto fragile. I capelli di un biondo talmente chiaro da sembrare quasi bianchi. E no, non credevo di aver mai visto qualcuno con gli occhi grandi come i suoi, di quel bellissimo verde bosco.
Erin era bella come un sogno. E me ne ero reso conto anche allora, nonostante tutta la stupidità dei miei otto anni.
Oddio, stupidità che però non tardò a manifestarsi... appena ci lasciarono da soli in cortile per farci conoscere meglio, o più probabilmente per liberarsi di noi ed entrare in casa a spettegolare.
- sei più alta di me. Non mi piacciono le femmine alte!
Ho avuto uscite migliori nel corso degli anni, mi voglio difendere così.
Ma fu la sua reazione a lasciarmi completamente senza parole, ed io sono uno che qualcosa da dire lo trova sempre.
Erin mi dedicò solo uno sguardo di sufficienza e poi mi ignorò bellamente, passandomi davanti e raggiungendo Bill. Quella era una cosa buffa, a quei tempi. In generale i nostri coetanei ci evitavano, ma se dovevano parlare con qualcuno dei due, quello ero io. Bill era davvero troppo strano, troppo appariscente e troppo lunatico per tutti. Invece lei era andata da lui tranquillamente, come se lui fosse del tutto normale... cosa che oltretutto non lo era affatto, almeno per una che è nata e cresciuta a Lipsia.
- perchè non vuoi andare sulla bici?
Gli chiese.
E quel traditore di Bill, proprio quello che non parlava mai con nessuno al di fuori della sua famiglia, che poveri noi al compenso ci riempiva di parole ventiquattro ore al giorno, in tutta risposta le dedicò uno dei suoi sorrisoni giganteschi e si mise a chiacchierare con quella specie di alieno biondo senza tanti problemi.
- neanche a me piacciono le biciclette. Preferisco le altalene.
E sapete com’è finita questa assurda situazione?
Bill ha talmente rotto le scatole alla mamma che il giorno dopo avevamo già una coppia di stupide altalene su quell’albero sul quale io volevo fare una stupida casetta e il sottoscritto girava con la sua ancora più stupida bici per l’isolato da solo. Con il cane. Come uno stupido.
 

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Capitolo 2
*** 8 anni (II parte) ***


Io non ho mai amato molto gli sport, o tutto quello che gli assomiglia. Quello era Tom e io lo seguivo solo perchè senza di lui non ci so stare tutt’ora. Ho sempre fatto quello che faceva mio fratello, da quando siamo nati. L’ho seguito anche alla nascita! Ecco perchè non ero per niente entusiasta di quella dannata bicicletta. Perchè io ci sapevo andare a mala pena e sicuramente per stare dietro a lui, che è sempre stato un incosciente con tutto quello che è veloce, mi sarei di sicuro rotto qualcosa. Ma non lo avrei mai ammesso, perchè il complesso di inferiorità nei suoi confronti è una cosa con la quale sto cercando di ragionarci ancora adesso.
è brutto da dire, ma io non volli quelle altalene per stare con Erin, anche se ancora oggi è il nostro punto di ritrovo, ma per un senso enorme di gloria personale che avevo provato quando lei aveva deciso di venire da me, ignorando Tom che era quello che piaceva sempre a tutti per primo.
Sapevo che era offeso con me in quei giorni, ma non me ne importava niente, perchè tanto io avevo una amichetta e lui no... inoltre lui è uno che sbollisce subito. C’è anche da dire che Erin non è mai stata una di grande compagnia, infatti solitamente lei passava i pomeriggi a dondolare con lo sguardo perso nel vuoto mentre io le rovesciavo addosso i miei soliti fiumi di parole. Per un po’ la trattai esattamente con si tratta un pubblico. Manifesti te stesso e lasci l’altro passivo. E qui voglio però subito chiarire una cosa, perchè non potrei mai far passare Erin come una scema. Anzi! Lei aveva capito perfettamente il perchè della mia compagnia, ma non ci dava semplicemente peso. A lei le cose le sono sempre scivolate addosso. Tutte, a parte mio fratello. Ma questa è un altra storia, e ci vollero ancora anni ora che entrambi lo ammettessero, almeno ad alta voce. Ovviamente a me, tra di loro pare che certe cose siano tabù.
In quel periodo ero solo io la persona con la quale lei voleva stare. E lei mi cominciò anche a piacere. Sapete quando? Sapete quando mi resi conto che non era lei ad avere bisogno di me, bensì l’incontrario?
Dopo un mese e mezzo che abitavamo a Lipsia iniziò la scuola.
Quella mattina io ero assolutamente tranquillo e mi preparai lentamente e accuratamente come al solito, con i miei soliti vestiti bizzarri e la matita nera sugli occhi. Scesi le scale come se niente fosse e ignorai l’occhiata preoccupata che mi rivolse mio fratello, che anche in quell’occasione aveva ragione. Lipsia non era per niente pronta ad avere uno come me tra le sue fila.
Me ne cominciai ad accorgermene quando salimmo sull’autobus, quando tutti quei bambini sconosciuti ci indicarono entrambi come se due buffi animali esotici si fossero aggiunti alla loro scolaresca. Io li ignorai, perchè Tom era seduto accanto a me e quindi sapevo di essere al sicuro. Già, io sono uno che pensa sempre e solo a se stesso.
- hai notato che Erin non ha salutato nessuno? - mi disse Tom - infatti mi pareva che non avesse altri amici, se no perchè passerebbe tutto il tempo da noi?
Lui, al mio contrario è uno che nota tutto, che si preoccupa delle persone ancora prima di rendersene conto. Ma in quel momento feci spallucce e mi concentrai solo sui miei problemi, che consistevano nel solito “mi staranno bene i capelli?”.
Solo qualche tempo dopo la mamma ci spiegò che Erin era sempre stata isolata, perchè era una bambina associale e non parlava mai con nessuno. Mi pare si chiamasse atrassia.  
- ma con me ci parla mamma! Anche con Tom ogni tanto lo fa!
- si vede che voi due siete speciali, no?
Non commentai oltre, perchè sentirmi speciale è sempre stata una cosa di cui necessito. Anche se, ammetto, forse è sempre stata solo lei ad essere veramente speciale.
Ma sto divagando...
Comunque arrivammo a scuola senza particolari intoppi e anche le lezioni finirono con tuttalpiù un paio di risolini di troppo e una immediata predica degli insegnati sul fatto che il nostro abbigliamento e le nostre pettinature non erano adatte a degli studenti seri.
Tom ci rise sopra come sempre - ma io non sono uno studente serio!
Il fattaccio però accadde poco prima di tornare sulla corriera. Eravamo in cortile e ci stavamo avviando per prenderla, come al solito in ritardo, quando un gruppetto di bambini della nostra classe ci circondò. Tom aveva detto di lasciarci passare con il suo classico sorriso da bonaccione ma loro erano decisamente di un altra idea.
- ma chi? Tu o tua sorella?
Già. I bambini sanno essere davvero cattivi. Io sapevo di conciarmi in un modo vistoso e strano però a mio fratello era sempre andato bene così, la mamma ci rideva sopra dicendo che almeno ora riusciva a distinguerci, Gordon sosteneva il nostro stile rispecchiasse il nostro essere degli artisti e papà... beh, papà non ci aveva veramente mai parlato con noi di questo.
- la mia mamma ha detto che i maschi che si truccano sono dei froci - mi disse uno - tu sei un frocio, Kaulitz?
- hai i capelli come quelli di un mostro dei film dell’orrore!
E via dicendo. Non ricordo bene tutto quello che dissero, ma so che ci rimasi male. Perchè io ero sempre cresciuto in una specie di campana di vetro creata da mio fratello, dove lui faceva di tutto per non farmi mai arrivare le cose che mi avrebbero fatto stare male. Perchè io sono anche una persona decisamente fragile.
Ricordo distintamente però quando Tom si scagliò contro uno dei bambini, dandoli un paio di ben piazzati pugni in faccia.
Tom non si arrabbia mai veramente, non è come me che mi scaldo per un nonnulla. Ma quando quella levetta nel suo cervello fa click... lui perde completamente il controllo. Succede praticamente sempre per colpa mia. O di Erin.
Si creò il caos e ne prendemmo tante quel giorno... ma proprio tante, finchè non arrivò l’autista a sperarci e ci caricò sul bus in fretta e furia, dopo un bella lavata di capo a tutti.
Mi faceva male la guancia ed ero ancora così scemo da preoccuparmi che, con tutto quello che avevo pianto, mi si era rovinato il trucco.
- a quello gli ho fatto male, però Bill! L’ho proprio steso!
Tom era accanto a me e cercava di farmi ridere, nonostante il suo labbro perdesse ancora sangue e probabilmente ne aveva prese molte più di me di botte, alla fine. Ma sorrideva mentre mi cercava di pulire la faccia con un lembo della sua maglietta enorme.
- non piangere Bill. Io sono qui con te.
C’è sempre stato, per me. Vorrei solo che adesso mi permettesse di fare altrettanto per lui, anche se sono abbastanza certo di essere negato per consolare o cercare di aiutare.
Quando scendemmo dalla corriera io e Tom andammo spediti a casa, io per piangere ancora un pò e farmi coccolare dalla mamma, Tom probabilmente correva solo perchè aveva paura che mi volessero fermare di nuovo.
L’unica però che ci fermò fu Erin, quando arrivammo al cancello di casa.
Si attacco al mio zainetto e tirò forte per attirare la mia attenzione. Ricordo che mi chiesi anche “da quanto è qua?”.
- a me piacciono i tuoi capelli Bill. Tu sei molto bello.
Ed è stato in quel momento che ho cominciato a volerle davvero bene. Perchè Erin era venuta da me, senza che nessuno le chiedesse niente, con tutta l’onestà che perfino oggi scaturisce dai suoi occhi chiari e mi disse esattamente quello che avevo bisogno di sentirmi dire.
Tom qualche anno dopo mi disse che Erin non aveva amici perchè è in grado di capire così bene le persone che la maggior parte della gente le fa schifo. Tom è sempre stato quello che la capiva meglio, almeno quando non c’è di mezzo lui.
Quella fu la prima volta che Erin rimase a dormire da noi. Dormì con me nel mio lettone, con la manina ben serrata alla mia.
Ancora adesso dorme con me, quando torniamo a casa.
Ma è stato quando avevamo poco più di dodici anni che mi accorsi che lei, pur essendo vicino a me, nel sonno si voltava sempre nella direzione di Tom, cercandolo anche nel buio. E che lui faceva altrettanto.

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Capitolo 3
*** 10 anni ***


Atrassia.
Me la diagnosticò un medico barbuto quando avevo circa cinque anni, perchè i miei non trovavano per niente normale che una bambinetta non avesse alcun tipo di espressione facciale, o di apparente emozione. Oh, io mi emozionavo eccome... solo che la mia faccia rimaneva di gesso.
Ora come ora va molto meglio... intendo dire che la gente riesce a capire se sono felice o no, se mi sento bene o no... o almeno le persone che ho più vicine.
Sembra strano, ma questo comunque non mi ha creato particolari problemi da bambina. Certo, non sono mai stata l’idolo della classe e un po’ tutti mi avevano imparato ad evitare, anche perchè oltretutto non sono neanche un tipo che ama particolarmente chiacchierare. Ma io stavo bene comunque, perchè avevo la mia mamma, il mio papà e sopratutto la nonna. Non mi interessava per niente che gli altri mi considerassero quella strana, io ero ok.
Non ero contenta neanche io di dover conoscere i gemelli Kalituz, a dire il vero. Ma la mamma aveva tanto insistito, e volevo farle un piacere, perchè lei si è sempre preoccupata per me, per il mio essere così associale e diversa rispetto ai miei coetanei... credo anche il suo senso di colpa dell’essere così spesso via di casa per il lavoro. Cosi mi imposi di fare un piccolo sforzo e cercare anche magari di biascicare due parole. La cosa mi si dimostrò molto più facile di quello che io stessa avevo immaginato, perchè Bill Kaulitz è davvero un tipo interessante. Ah, va anche detto che a me le persone piacciono molto raramente. Ma lui... beh, in un certo senso mi assomigliava. Era... strano come me. Appena lo vidi per la prima volta mi resi subito conto che pure una come me desiderava un amico. E lui era decisamente un esemplare perfetto. Parlava innanzitutto per tutti e due, non attirava troppa gente intorno a se, almeno a quei tempi, e lo trovavo davvero carino.
Poi c’era Tom.
No, non lo evitai per antipatia. Non so dire tutt’ora esattamente perchè lo feci. Semplicemente forse non mi pareva interessante come il suo gemello, nonostante il carattere più solare e quei lunghi “serpentelli” che aveva a posto dei capelli.
Tom a tutti gli effetti cominciò a piacermi solo un paio di anni dopo, fino ad allora lo consideravo solo una specie di appendice di Bill. Non mi dava fastidio, ma neanche ero contenta della sua presenza sempre accanto a noi.
Cambiai idea quando avevamo dieci anni e divisero i due gemelli in classi diverse, per non ho tutt’ora capito quale idiota idea dei nostri insegnati.
E si, io finii in classe con Tom.
Bill invece, contro ogni pronostico, si fece un altro amico. Oddio, non serve neanche specificare che praticamente tutta la sua nuova classe lo derideva e gli facevano un sacco di dispetti, ma in Andreas trovò comunque un altro ragazzino che si isolava dal resto del gruppo e si teneva occupato con le sue perenni cuffie nelle orecchie. Andi mi è piaciuto subito, perchè non è assolutamente il tipo di persona che parla per il gusto di farlo... lui adora veramente ascoltare le persone e quando apre bocca pare che abbia sempre la cosa giusta da dire. Tom le chiama “le perle di Andi”.
Comunque, quei due avevano legato e tutti agli effetti noi eravamo diventati uno strano quartetto. Lo stesso che c’è ancora oggi, quando i gemelli tornano a casa. Quella con l’atrassia, il vampiro di dubbia sessualità, il rastafariano erotomane e il Dalai Lama di Lipsia.
Ma sto divagando.
In classe nostra anche i nostri compagni avevano cercato di attaccare briga con Tom (io venivo come al solito ignorata, fortunatamente) ma lui aveva praticamente risolto subito la situazione uscendosene con una delle sue volgarissime battutaccie che sulla bocca di un bambinetto facevano ancora più ridere. Finì che la classe si abituò a lui e qualche maschietto cominciava a trovalo davvero simpatico e qualche bambina, lo sentivo quando a pausa si riunivano nei banchi dietro il mio, aveva perfino una cotta per lui. Ha sempre avuto successo con le donne. Andreas dice che è il fascino del cretino. Io ci ridevo semplicemente su.
Era una sera di novembre quando papà mi mise a letto e mi accarezzò i capelli più del solito, che capii che qualcosa nella mia vita stava definitivamente per cambiare.
- papà va via di casa, bambina. Si è innamorato di una persona e vuole tanto tanto stare con lei. Ma ti voglio tanto bene, Erin. Tu sarai sempre il mio tesoro più prezioso.
Tesoro o no, il mattino dopo se ne andò per davvero, per sempre. Lo vedo solo qualche settimana nel periodo estivo, lui si è anche fatto una famiglia nuova di zecca a Monaco. No, non l’ho mai odiato. Probabilmente fin da piccola sapevo che l’amore faceva fare cose davvero inconcepibili.
Non piansi, perchè io... beh, io non piango mai... e non vuole essere un motivo di vanto o altro, anzi... mi piacerebbe riuscire a farlo... ma proprio non mi riesce. Ho pianto due volte in vita mia. Solo due.
Avevo una unica paura, quella di dimenticare la faccia di papà. Quando lo dissi alla nonna, che è sempre stata la persona alla quale io parlavo di più in assoluto, lei mi mise una mano sulla fronte, scostandomi quei capelli che so di aver preso da lei e mi disse quello che avrebbe alla fine fatto di me quella che sono.
- l’essere umano purtroppo è progettato male, Erin. La memoria... con gli anni ti cancella un sacco di cose. Ma c’è un rimedio, sai? - rovistò nella sua grande borsa e ne trasse poi fuori una vecchia macchina fotografica, una Canon degli anni settanta - quando vuoi ricordare per sempre una persona, un momento, una cosa anche... beh, puoi fotografarla e costruirti così l’album della tua vita.
Tornai a scuola il giorno dopo, con la Canon nello zaino, e appena misi piedi in classe la maestra mi prese subito da parte.
- sei sicura di stare bene, piccola? Se non ti senti ancora pronta puoi tranquillamente tornare a casa, sai giustificata.
La trovai una cosa davvero idiota da dire, manco io mi fossi rotta qualcosa. Feci spallucce e andai al mio banco, quello esattamente accanto a quello di Tom, anche il quel caso per un buffo gioco del destino, credo.
- quella strana faceva paura pure al suo papà, perchè lui è scappato da lei!
Disse una bambina seduta davanti a me, neanche troppo a bassa voce. So che si chiamava Suzanne e che le piaceva Tom. E che la maestra la rimproverò subito, dicendole di chiedermi scusa. Io feci di nuovo spallucce.
Tom, accanto a me, non mi disse nulla al riguardo, continuando a guardare perso fuori dalla finestra, una mano a sorreggergli il mento. Quando parlò, però... beh, disse una cosa che era così tanto scema e senza senso che mi misi a ridere. Per davvero. Io, che non avevo mai riso davanti a nessuno.
- tu lo sapevi che i miei capelli, se ci giochi un pò, hanno un effetto rilassante?
Non avevo mai avuto mal di pancia dal ridere, men che meno sapevo che viene il pizzicorio delle guance quando ridi troppo. Ma mi sentii bene, per davvero.
- ti posso fare una foto, Tom?
La feci a pausa merenda, e fu la prima di tutta la mia vita. L’ho conservata per anni, ovviamente. Si vede il suo profilo sottile, un sorriso sulle labbra piene, un piccolo raggio di luce che gli illumina la guancia e la mia mano che, probabilmente senza tanta delicatezza, era attaccata ad uno dei suoi “serpentelli”.
Lo faccio ancora adesso, cercare i suoi capelli intendo, quando mi sento triste, o solo pensierosa, o sono arrabbiata per qualcosa. O almeno lo farei, se lui fosse qui. Se non gli avessi spezzato il cuore. O se lui non lo avesse spezzato a me. Ancora e ancora.
 

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Capitolo 4
*** 13 anni ***


Quando avevamo sei anni Gordon ci mise una sua vecchia chitarra acustica in cameretta, dicendoci che potevamo giocarci, se volevamo.
Beh, a quanto pare volevamo eccome.
Imparai da autodidatta, perchè suonare mi piaceva più di ogni altra cosa e sentire la voce di Bill che accompagnava il mio suono mi faceva sentire davvero bene. Forte, importante, felice e spensierato.
Lo fa ancora, fortunatamente.
Io e mio fratello abbiamo sempre amato essere al centro dell’attenzione e fare casino così, quando un paio di anni dopo Bill mi disse che dovevamo assolutamente scrivere le nostre canzoni e diventare musicisti, io non me lo feci ripetere due volte. L’ho già detto che sono un entusiasta, no?
A Lipsia passavamo così i nostri giorni, nel nostro cortile, con io che suonavo la chitarra, una tutta mia nuova di balla, Bill che cantava senza freni, Andreas che sfogliava un libro appoggiato ad un albero ed Erin che ci fotografava, mentre noi poi pretendevamo anche degli applausi per quelle ridicole esibizioni.
A dodici anni Bill si ostinò che voleva più pubblico. Non smetterò mai di ringrazialo per quel suo essere un indistruttibile testardo. Nè smetterò di ringraziare che mamma e Gordon siano degli irresponsabili, perchè probabilmente permettere ai tuoi figli dodicenni, che considerando il nostro aspetto ne dimostravamo ancora meno, di suonare alle undici di sera per la fiera del paese o qualunque altro avvenimento.. beh, altri due non l’avrebbero mai neanche preso in considerazione.
Una sera Gorgon ci portò anche ad un concorso musicale a Magdburgo e lì conoscemmo Georg e Gustav, di un paio di anni più vecchi di noi. Non ho mai capito se è perchè noi gli piacevamo veramente o se Bill li ha presi per sfinimento, ma quei due idioti hanno davvero accettato di unirsi al nostro gruppo. e sentire suonare le nostre canzoni con ora anche una batteria ed un basso... diavolo, mi emozionò un casino! Ci cominciammo anche a credere davvero, di poter campare di musica per il resto della nostra vita.
Così iniziò la nostra carriera... se così allora si poteva chiamare. Incidemmo un paio di demo pure e li distribuimmo un po’ ovunque in regione.
- non fate poi così schifo, sai?
Andi ha sempre avuto delle parole carine per noi, in tutti questi anni. Erin non ci diceva mai nulla al riguardo, ma era sempre con noi... e ci faceva un sacco di fotografie, ma non ce le faceva quasi mai vedere. Ne è sempre stata molto gelosa. Ricordo anche che spesso sorrideva, quando sul palco facevamo gli scemi.
Le ho viste poi, le suo foto intendo. Quelle che ha fatto nel corso degli anni. E ci sono io in un sacco. Cazzo, volevo mettermi a piangere quel giorno. E poi abbracciala forte. E baciarla. Ma, come al solito, siccome sono un emerito imbecille non ho fatto nulla di tutto questo. Oh, no! il grande Tom Kaulitz è battuto in ritirata, dopo aver fatto una delle peggiori uscite della sua vita.
Fatto stà che, sempre grazie alla testaccia dura di mio fratello, un bel giorno dei produttori, tra cui anche David, quello che poi diventò il nostro manager e il nostro miglior-peggior amico-nemico, vennero per ascoltarci.
Avevo tredici anni la prima volta che misi piede in una casa discografica. Ero completamente sovraeccitato, ma fingevo tranquillità perchè... perchè diavolo sono un idiota che sperava di poter passare per professionale. Bill, camminava per i corridoi a testa alta, come se tutto gli fosse dovuto, anche se a casa la notte prima non era neanche riuscito a chiudere occhio per gli attacchi di panico ed Erin aveva dovuto passare la nottata a fargli le carezze. Chissà perchè, ma di Bill non sono mai stato geloso. Forse solo una volta, ma era davvero una cazzata.
Georg non ha mai avuto una gran dignità nonostante quello che cerca di ostentare ora davanti alle telecamere, e passò quasi tutta la mattinata a fotografare qualsiasi cosa, compresi i bagni e la vasca del pesce rosso.
- e chi è che se lo aspettava di poterci tornare davvero, lì?!
Beh io, se permetti brutto orso! Io io io io io ci credevo davvero. Più di Bill.
Gustav... beh, Gustav sono tutt’ora convinto che gli manchino molte delle emozioni umane, quindi era a tutti gli effetti tranquillo e salutava tutti con la solita sua esagerata educazione. A volte lo guardo e gli chiedo che cazzo c’entra lui con noi. Gustav di solito alza gli occhi al cielo e maledice il fato, per poi voltarmi le spalle e addormentarsi. O procacciarsi del cibo.
Fatto stà che uscimmo da lì dopo circa sei ore, nelle quali avevamo suonato davanti a quattro brutti musi, avevamo discusso che no, nè io nè Bill avevamo la minima intenzione di cambiare guardaroba o parrucchiere e poi, cazzo... avevamo firmato un contratto discografico.
- ma ci pensi? è uno vero! Con la Sony BMG! Porca troia che figata!
A casa Erin aveva accolto la bella notizia dandomi due pacche sulle spalle per poi correre ad abbracciare mio fratello, tutta contenta. Io rimasi lì impiantato come un fesso per un paio di minuti, accanto a me solo Andi che se la rideva tutto contento delle mie sventure, prima di cercare l’attenzione della mamma. O del cane.
Poi successe il fattaccio, solo un paio di esaltanti settimane dopo.
Quel pomeriggio ricevemmo una visita in sala prove da David, che ci disse che la Sony si stava sciogliendo... o qualcosa del genere... e che quindi era tutto rimandato... ma che non dovevamo preoccuparci, che lui avrebbe risolto tutto.
Non abbiamo mai avuto molta fiducia in lui fin dal principio, nonostante tutto.
Bill pianse chiuso in camera sua tutto il giorno.
Io... ecco io mi agitai eccome.
C’è da dire una cosa del sottoscritto: ho davvero un carattere di merda. Perchè quando mi punto su una cosa deve andare per forza come dico io, ed essendo uno che punta in alto se quella cosa prende la piega sbagliata io ringhio e mostro i denti, come quella volta che era davvero certo fosse una perdita di tempo presentasi agli EMA, convinto che non avrebbero mai vinto degli sfigati tedeschi. E poi perdo completamente la testa.
Corsi in cortile e cominciai a prendere a calci qualunque cosa alla mia portata, imprecando con termini che neanche sapevo cosa volessero dire, facendo scappare sia mamma sia Gordon sia Andreas.
Poi, quando presi la mia chitarra e la spaccai conto l’albero sentii distintamente il rumore di un click. Quello di una macchina fotografica.
Erin.
No, lei non l’ho allontanata, non l’ho mai fatto. E me ne chiedevo pure il perchè, siccome sono un totale idiota.
Stava seduta sui gradini di casa tranquilla, il viso serio parzialmente nascosto dalla Canon.
- questa mi servirà per ricattarti, quando le cose si sistemeranno e tu sarai famoso e dichiarerai alla stampa che no, tu sei un tipo ragionevole e non dai mai di matto.
La prima volta che la baciai ero incazzato nero.
Avevo dato il mio primo bacio a dieci anni in una tenda al campeggio estivo, poi lei, non mi ricordo il nome, aveva baciato anche Bill e poi pure Andi. Mi era sembrato una cosa disgustosa. Poi ho avuto anche un paio di ragazze fisse, storielle infantili da un paio di settimane e poi amici come prima, voglio dire. I baci avevano anche cominciato a piacermi parecchio a dire la verità.
Ma quello che diedi a lei fu solo per farle dispetto, per sfregio.
Perchè lei se ne stava lì impalata davanti a me assolutamente rilassata a dirmi quelle che poi decisamente non si rivelarono stronzate, ma ero davvero convinto fosse lì solo per ridere di me, mentre tutto quello per il quale io, cazzo, mi ero fatto un culo come una casa, stava andando in pezzi senza che io potessi farci niente. Ed era ancora più alta di me e la cosa, si... mi faceva andare il sangue al cervello. Che cazzate da moccioso...
Così la tirai per quei suoi dannatissimi capelli quasi bianchi, che non avevo neanche mai immaginato così morbidi al tatto, e spinsi le mie labbra sulle sue. Non era poi neanche questo gran bacio casto che qualcuno potrebbe immaginarsi da un tredicenne. sono sempre stato un tipo precoce, io.
Erin no.
Ma non fece una piega... si lasciò baciare e solo quando la lasciai andare e trovai i suoi occhi verdi puntati dritti dritti nei miei mi resi completamente conto dell’enorme cagata che avevo fatto. Erin aveva... anzi, Erin ha un sapore delizioso. E assuefante.
- ti sei calmato ora, Tom?
Ed Erin è una che non scappa mai, anche davanti alle cose più spaventose e cattive che le persone le possono fare. Forse si era già accorta che lo volevo davvero bene, che ero solo un tredicenne scemo che voleva farle i dispetti. Non lo so. Non le ho mai chiesto scusa, nè lei le ha mai volute davvero. Per il bacio intendo... ma neanche negli anni successivi, e le feci decisamente di peggio.
Ma mi calmai per davvero.
Quella notte rimase a dormire da noi. Passò quelle che credo fossero un paio di ore ad accarezzare gli assurdi capelli di mio fratello, asciugandoli anche le lacrime, finchè lui non sprofondò in quel suo sonno incredibilmente pesante. E poi si girò nella mia direzione. Io, ovviamente, la stavo fissando già da un bel po’. Perchè è quello che facevamo da qualche mese a quella parte io e lei... e ci addormentavamo uno girato versa l’altra e ci svegliavamo ancora così. Non ne avevo mai dato un reale peso alla cosa fino ad allora.
Rimasi per l’ennesima volta impalato come un idiota a fissarla un bel po’ di tempo prima di raccogliere le palle ed alzarmi. Dal letto di Bill al mio ci separano al massimo due metri, ma sono piuttosto sicuro di averci messo un sacco in più del dovuto per arrivare a lei, sedermi a terra e cercare la sua mano, che spuntava già da fuori il copriletto pesante.
Già, Erin ha sempre saputo di cosa avessi bisogno.
- sei ancora arrabbiato, Tom?
No, non lo ero più poi così tanto. Ma non le risposi mai, così non so se si può davvero considerare una bugia. Almeno quella.
Ma la baciai ancora. E fu un bacio diverso da quello del pomeriggio. Solo un leggero strofinarsi di labbra e le sue erano davvero calde ed accoglienti. Ce ne demmo un bel po’ di baci così, quella notte. La mattina quando la mamma ci svegliò ci ritrovò così, con Bill che dormiva con la pancia scoperta, Erin che sonnecchiava tranquilla accanto a lui e io ai piedi del letto con la mano ancora stretta alla sua.
Quella sera ricevemmo una telefonata. Era David. Era il nostro nuovo contratto con la Universal Music. E il giorno dopo dovevamo partire per Berlino e iniziare subito le registrazioni.
Sapete come mi sono comportato io con Erin, dopo quello che era successo? Oh, molto semplicemente ho fatto finta che non fosse mai accaduto niente. La mattina dopo sono partito zaino in spalla e chitarra sotto braccio tutto felice e contento, senza neanche salutarla bene. Solo un bel “ci si vede”. Grande mossa!
Un coglione vero e proprio...
Ma ero un tredicenne al quale avevano appena ricostruito un sogno. Ed ero un tredicenne che era spaventato. Da lei. Da noi. Da quello che sentivo. Ero un tredicenne, e avevo una paura fottuta.
 

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Capitolo 5
*** 15 anni ***


Tom non mi parlò mai del suo primo bacio con Erin.
Fu lei a farlo, mentre io preparavo una valigia spaventosamente grande per partire per Berlino.
- mi ha baciato.
Così, molto semplicemente. Mi voltai verso la mia amica di scatto, notando appena Andreas cadere dal letto palesemente per la sorpresa, e cercai anche di capire come accidenti faceva a dirmi una cosa del genere con quel tono piatto. Mi ricredetti appena notai le sue gote arrossate e il fatto che non riusciva a guardarmi negli occhi.
- e tu l’hai lasciato fare?
Dissi, con tutta la presunzione che lei fosse solo mia. Non nel senso che ero innamorato di lei, a questo punto credo proprio di non avere il gene dell’amore a meno che non sia per me stesso, ma ero davvero infastidito che Tom l’avesse fatto senza prima chiedermi il permesso. Una delle mie solite manie idiote, insomma.
- volevo consolarlo...
- ma a te Tom piace, Erin?
Le domandò Andi, che è sempre stato molto più concreto di me. E lei non rispose. Non ha mai risposto a questa domanda. Ma, d’altronde, non l’ha mai fatto neanche lui. Che scemi. Come se nessuno se ne fosse accorto.
Quando alla partenza lui però non si degnò neanche di salutarla e vidi una piccola parte di quella che era stata la mia prima vera amica andare in pezzi, mi incazzai talmente tanto che quando salimmo in macchina tempestai mio fratello di pugni e calci. Non mi disse niente, quel cretino, mi lasciò sfogare e non mi chiese neanche il perchè di quella violenza. Da un lato voglio credere che sapesse benissimo il vero motivo di quelle botte e sentiva di meritarsele, ma siccome conosco Tom probabilmente meglio di me stesso... beh, quell’idiota era talmente contento che non ci diede alcun peso, pensando che ero impazzito del tutto. L’ho detto io che lui è bravissimo a capire i gesti delle persone, ma quando c’è lei di mezzo quella sua rara qualità svanisce del tutto. Con il suo cervello, si ritrovano a sguazzare nel vuoto assoluto.
I due anni successivi passarono così velocemente che neanche me ne resi conto. Successe di tutto. A quattordici anni avevamo inciso il nostro primo cd e la Universal lo distribuì a livello nazionale e io... beh, quelli sono stati davvero i giorni più felici della mia vita. Ci dissero di cambiare il nome del nostro gruppo e Tom si lamentò un bel po’ per questo. Devillish era una sua idea. Idiota, come la maggior parte di quelle che ha.
Ma a tutti gli effetti è in quegli anni che i Tokio Hotel hanno messo le radici per diventare quel fenomeno mondiale che siamo adesso.
Io e la mia ragazza, quella che mi ero trovato a Berlino dopo un paio di mesi che eravamo lì in pianta fissa, ci lasciammo di comune accordo. Io non avevo la testa per pensare altro che al gruppo e a lei questa cosa non andava proprio bene. Beh, giustamente se mi metto nei suoi panni. Ma siccome i miei mi piacciono molto di più, la odiai un pochino per non aver fatto nessuna scenata. Erin mi disse, al telefono perchè ci potevano vedere davvero poco, che la mia vera fidanzata era la mia musica. Andi disse che, siccome comunque ci avevo fatto l’amore un paio di volte, non potevo lamentarmi proprio di un cazzo e che lui sarebbe morto vergine. Eh, già. Io persi la verginità prima di Tom. Solo che non glielo dissi mai, perchè era una cosa che sapevo di voler tenere solo per me o per qualcuno che perlomeno non cercava di avere rapporti con qualsiasi cosa avesse le sembianze di una donna.
D’altro avviso ovviamente, come ormai tutti sanno, era Tom. Lui ha sempre amato parlare delle sue esperienze sessuali.
- signori, ho fatto sesso!
Proprio così. è noto comunque che Tom non fa l’amore, lui fa semplicemente sesso. Tom non cerca neanche di fingere di essere carino, lui vuole solamente fottere. E ci riesce anche, la maggior parte delle volte.
Fatto sta che lo dichiarò entrando in sala prove con le mani ben puntate sui fianchi e una totale espressione da beone idiota.
Mio fratello si era trovato pure lui la ragazza e ci stette anche quasi un anno. Immagino perchè gli faceva comodo una che le apriva le gambe senza tante storie, anche se suona davvero brutto detto così. Finì piuttosto male in ogni caso, con Greog che la beccò in fragrante mentre si faceva scopare da una altro. Le dinamiche mi sfuggono, ma Tom ci rimase parecchio male. Se teneva a lei? No. Ci rimase male perchè “io non vengo tradito. semmai è l’incontrario!” testuali parole.
Spacconata o no, lo vidi incazzato decisamente di più quando, un giorno come un altro nella nostra camera d’albergo, gli comunicai che Erin usciva con un ragazzo. Non durò molto a tutti gli effetti ma ovviamente lui si arrabbiò in stile Tom, mettendo il broncio e brontolando su tutti e con tutto. Spaccando anche qualcosa. Un paio di volte. Ero decisamente indispettito da quel suo atteggiamento visto che per me non ne aveva alcun diritto, non uno che l’aveva piantata senza un saluto, non l’avevo mai chiamata di sua spontanea volontà e quando si vedevano ci scambiava si o no tre frasi. Oddio, non che lei avesse mai fatto niente per migliorare la situazione...
L’altra reazione alla Tom, quella che poi ebbe per il resto degli anni fino ad arrivare ad adesso, si manifestò pochi giorni dopo, quando finimmo l’ennesimo concerto. Fu quel giorno che, come lo chiamano le nostre grupies, il “sex gott” di cui tutte parlano iniziò la sua proficua vita.
A quindici anni la nostra carriera aveva raggiunto livelli che, sinceramente, non mi ero affatto aspettato, nonostante il mio spropositato ego. Sempre stato quello insicuro dei due gemelli, io. I miei capelli erano una splendida criniera nera, Greog persisteva nel non farsi la doccia dopo i live e fare battute oscene sul mio culo da ragazzina, Gustav ingrassava a vista d’occhio e se ne fregava altamente e Tom... beh, Tom ringraziavo tutte le mattine non avesse ancora messo incinta nessuna, considerando come si impegnava per distribuire parti del suo copro al popolo.
A Lipsia invece mamma e Gordon stavano alla grande e progettavano di smettere di lavorare appena noi cominceremo a fare i soldi veri, Andreas era ancora “irrimediabilmente vergine” e Erin... beh, Erin aveva perso sua nonna. Aveva appena perso la persona sulla quale faceva più affidamento da sempre... al sua vera roccia. La persona alla quale teneva di più al mondo. Così... da un giorno all’altro nonna Wanda semplicemente non si era più svegliata. Piansi un bel po’ per lei e per la mia amica. Per il mio non essere lì con lei.
La mattina dopo mi presentai a colazione con un paio di enormi occhiali da sole a coprirmi gli occhi arrossati e Tom aveva la sua espressione media, quella del “anche stanotte ho fatto il mio sporco lavoro”. Siccome comunque, faccia da pirla o meno Tom abbia, che io riesca nascondere qualcosa a mio fratello pare risulti impossibile, lui mi chiese immediatamente cosa era successo per essermi ridotto così, senza neanche un filo di trucco. Abbastanza significativo devo dire, parlando del sottoscritto. Quando glielo dissi la faccia di Tom, quella identica alla mia per precisione, si congelò completamente. Strano anche in questo caso, lui ha sempre avuto almeno diecimila espressioni facciali diverse. E poi scattò dritto sulla sedia.
- dobbiamo andare a casa, ora!
- ma... ragazzi state calmi - ci disse David - oggi e domani avete un sacco di cose da fare... la radio... il photoshooting... l’intervista a “Bravo” e...
- non me ne frega un cazzo! - sbottò Tom, alzando la voce - dobbiamo andare da lei! Bill, dannazione, ha bisogno di noi!
Tom... Tom e il suo essere sempre stato completamente, assolutamente e irrimediabilmente innamorato di Erin. Non ne parlava e se lo faceva ci rideva su, chiamandola al massimo una cotta infantile. Cazzate su cazzate. Non se n’era mai accorto neanche lui, fino almeno al giorno dopo. Tom è sempre stato davvero solo uno scemo, come si dice da solo di continuo.
Il povero David dovette fare i salti mortali per riuscire a farci partire per davvero, ma la sera stessa eravamo sul treno che ci avrebbe riportato a Lipsia, per esserci almeno al funerale. Per tutto il viaggio Tom non aveva fatto altro che mangiarsi le unghie in un modo isterico che non è davvero da lui, ma la sua espressione seria parlava da sola così tanto che perfino quell’enorme e muscolosa fabbrica di cazzate che è Georg si trattenne di fare una delle sue stupidissime battute inopportune.
Riuscimmo ad arrivare in tempo e pure a passare velocemente a casa a cambiarci prima di correre da lei il più in fretta possibile. Arrivammo comunque che il funerale era già iniziato. Io mi volevo anche avvicinare ma Gordon mi trattenne.
- ricordatevi che ora non siete più solo i suoi amici... non vorrei che scatenaste un putiferio. Non sarebbe davvero giusto.
Provai a ribattere, ma Tom mi afferrò per un braccio e mi fece semplicemente segno di no con la testa. E mi fermai, perchè leggevo anche nei suoi occhi la mia stessa voglia di stare con lei. Ma non era davvero il momento.
Finì tutto abbastanza velocemente... o forse ero io che non mi ero reso conto del tempo che passava, non saprei dire... ricordo solo che a un certo punto ho visto quei bellissimi capelli di Erin, quelli quasi bianchi come la neve, spuntare da dietro un paio di persone. E poi lei ci ha visti... e aveva una espressione tristissima e sembrava ancora la stessa piccola bambina spaesata delle elementari.
L’ho vista cominciare a correre verso di noi e lì nessuno mi ha fermato. Le sono andato incontro e quando lei mi è saltata addosso l’ho stretta con tutta la forza che avevo in corpo, per farle capire che, diavolo, almeno noi c’eravamo ancora ed eravamo lì per lei. Lo notai comunque... mio fratello ci si era affiancato e per un paio di secondi mi aveva lanciato uno sguardo che non mi aveva mai rivolto, che non aveva mai rivolto a nessuno a dire la verità.
Gelosia. Sordida, bruciante... intensa. Volevi essere tu a stringerla per primo, Tom? Ressi il suo sguardo, perchè no, non se lo era per niente meritato quel privilegio nel corso degli anni. Ma, ancora una volta, Erin ci dimostrò che per quante esperienze noi abbiamo avuto, per tutti i posti che abbiamo visto, per tutte le persone che abbiamo conosciuto, lei sarà sempre e comunque quella più matura.  
Credo che si accorse della presenza di Tom appena arrivò, per un piccolo e quasi impercettibile brivido che le scosse il corpo. Poi notai il suo braccio magro spingersi oltre le mie spalle e la sua mano pallida afferrare i capelli di mio fratello. E stringerli forte.
Solo in quel momento Erin ha cominciato a piangere. Solo quando ha toccato lui.
Erin... Erin e il suo essere sempre stata completamente, assolutamente e irrimediabilmente innamorata di Tom. Per lei il mio gemello è sempre stato il centro di tutti i suoi sentimenti più forti. La causa e la soluzione.
L’abbiamo accompagnata a casa sua quasi subito, appena si era un pochino calmata. Ci siamo seduti su quel tappeto tutto colorato che c’è nella sua cameretta e siamo stati zitti un bel pò. Io continuavo ad accarezzale la schiena, Andi come al suo solito sembrava fosse lì per controllare che nessuno di noi crollasse definitivamente e Tom... lui l’ha guardata tutto il tempo, come se Erin fosse diventata il centro dell’universo. Forse lo è sempre stata, per lui. Poi lei ha parlato.
- posso toccarti ancora i capelli, Tom?
Si è addormentata così, con la testa sulla sua spalla, in mano ancora i dread di mio fratello... poi lui l’ha semplicemente presa in braccio e se l’è messa sulle ginocchia, come se Erin fosse diventata improvvisamente una bambola, una di quelle alle quali tanto assomiglia, e si fosse spezzata. L’ha stretta contro il suo petto e ha chiesto solo una coperta, quando si è accorto che lei tremava un po’. Nessuno è riuscito a convincerlo a metterla a letto, a farlo staccare da lei. O a staccare lei da Tom.
è stato in quell’esatto momento che ho cominciato a sperare con tutto il mio cuore da sognatore che le cose si mettessero a posto, che potessero davvero stare insieme per sempre come una normale coppia di quindicenni che si vogliono talmente tanto bene da essere intoccabili per tutti gli altri. Non avevo ancora fatto i conti con la stupidità di Tom. O con l’ostinazione caparbia ed irritante di Erin.
Il giorno dopo io e mio fratello dovevamo tornare a Berlino con il treno delle tre del pomeriggio. è successo alle due meno dieci. Poco prima di uscire di casa.
Erin si era alzata, aveva cominciato a rovistare sotto il suo letto e ne era uscita con una scatola azzurra. “Il colore preferito di Tom” mi sono anche ritrovato a pensare.
Io ero andato in bagno e quella scena l’ho vista solo da una porta dimenticata aperta, spiando e avendo il terrore di entrare in     quel loro piccolo mondo di pace.
- hai detto che le volevi vedere, vero? è per ringraziarti di stanotte...
Ed eccola là... la scatola con tutte le foto che Erin aveva scattato negli anni. Quella contenente le persone più importanti della sua vita, i suoi ricordi più importanti. I suoi sentimenti, cazzo... quelli erano i suoi sentimenti. Lei là, in quel preciso momento ha cercato di dirtelo, Tom... ma tu non eri per niente pronto. Brutto idiota fifone.
Ho intravisto il viso mio in un paio di foto, Andi, sua mamma e suo padre, il nostro cane Spotty, le altalene che ci sono nel nostro cortile, sua nonna e lei insieme in un bel po’... e poi c’era il viso di mio fratello. Tom con la chitarra. Tom a scuola. Tom in bici. Tom che dorme. Tom che ride. Le mani di Tom. Tom. Tom. Tom. E ancora solo Tom.
- cazzo Erin... fatti curare.
Ho sentito dei rumori. Il passo veloce di mio fratello uscire dalla camera. Il tonfo sordo che ha fatto la scatola atterrando sul pavimento, scivolata dalle sue mani. E poi un sonoro crack. Ed era il cuore di Erin.
Quella è stata la seconda volta che lui le ha spezzato il cuore. La seconda e avevamo solo quindici anni.
La terza volta che sentii quel crack... era il cuore di Tom. Ed è stato bello forte. E il rimbombo che ne seguii... beh, lo sento distintamente ancora oggi.
 

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Capitolo 6
*** 18 anni (I parte) ***


Non capirò mai cosa io possa avere fatto di tanto brutto nella mia vita precedente per farmi capitare in questa degli amici come loro. Ok ancora per Erin... anche se neppure lei è tanto carina e perfetta come sembra apparire. Erin è ostinata, adora le scene di mutismo, la capisci quanto capisci un filetto di tonno e non ascolta mai nessuno.
Ma Tom e Bill... loro diavolo... sono un incubo! Il mio personale intendo, non vorrei mai che qualcuna delle loro grupies potesse sentire i miei pensieri e poi cercarmi per uccidermi. Sono uno che crede molto nelle potenzialità dell’essere umano. E pure un po’ paranoico.
Da piccoli erano rumorosi e decisamente irritanti, ma almeno innocui.
A quindici anni talmente famosi da darmi quasi il vomito, non dalla gelosia perchè quella proprio non è da me, ma bensì perchè ero costretto a fare da tramite tra loro e tutte le mie compagne di scuola.
- puoi dare questo a Bill, Andreas?
Ovviamente, cara.
- ti posso abbracciare, Andreas? Così tu poi abbracci Tom ed è come se lo avessi fatto io!
Eccerto. La prossima volta magari anche lo bacio da parte tua!
Io poi sono anche uno che si stanca velocemente ma non è assolutamente capace di dire di no. Così una volta l’ho anche fatto, intendo baciare Tom, giusto per vendicarmi di tutte le angherie che passavo per colpa loro. Oddio, considerare che mi avrebbe fatto schifo ovviamente mi è venuto in mente solo a fatto compiuto.
Ma sapete cosa mi fa davvero saltare i nervi?
Quando avevano diciassette anni loro e i loro degni compari avevano iniziato la turnè mondiale. E quei due cretini mi chiamavano continuamente. E no, non hanno mai avuto una grande concezione delle parole “fuso orario”.
Così per quasi un anno venivo svegliato alle più improbabili ore della notte solo per sentire dall’altro capo del telefono Bill lamentarsi di essere apparso troppo grasso nel servizio di Rolling Stone. E quindi dirgli:
- è davvero impossibile, Bill. Hai il girovita di una una ballerina di danza classica. Una magra, se stavi per chiedermelo.
Quando chiamava quell’altro cretino poi era decisamente peggio. Tom sente il bisogno continuo di ricordarti che ti vuole tanto bene e che ti stima proprio... ma solo quando è ubriaco fradicio.
- ma io un po’ ti amo, Andi... perchè tu non mi vuoi più bene? è perchè io sono bello e tu no? ... ma a me piaci tanto lo stesso... quando torno ti faccio due grattini, vuoi?
Manco mi avesse scambiato per Spotty, cazzo!
Poi c’è stato quel problema.
Raccogliere i pezzi di Erin, intendo, dopo la superlativa cazzata, che per altro mi suonava talmente vigliacca e fasulla da farmi saltare i nervi, che quel coglione con i rasta le aveva detto prima di andarsene per l’ennesima volta, a quindici anni.
Sinceramente non è che lei me ne abbia mai parlato, mi è stato tutto riferito da Bill al telefono la sera stessa, e quando sono andato di corsa a casa sua, l’ho trovata che seppelliva la scatola azzurra nei meandri di un armadio profondissimo. Probabilmente lo stesso posto dove voleva nascondere i sentimenti che provava per Tom. Non ha pianto, perchè lei non lo farebbe mai per una cosa del genere orgogliosa com’è... ma si è chiusa in quel suo impassibile mutismo per quasi un mese. A scuola era perfino più sociopatica del solito e, a dire il vero, cominciò anche a farmi paura.
Già, perchè anche se il gemello con in testa una specie di riccio gigante sostiene da sempre di essere lui il suo migliore amico, in tutti questi anni accanto ad Erin tutti i giorni c’ero solo io. No, non mi ha mai pesato davvero. Le voglio davvero bene, infondo. è solo che mi piace lamentarmi della gente della quale mi circondo.
Erin però un giorno, anzi da un momento all’altro, torno quella di sempre. Certo, sempre un po’ inquietante, ma nella sua norma.
Stavamo guardando la tv facendo i compiti... o almeno io li facevo, perché Erin la scuola è sempre stata sul groppo, si interessava solo delle materie che le piacevano o che considerava davvero importanti per il suo futuro. Pragmatica? Forse. Fatto sta che io ho sempre fatto i compiti per due.
Comunque... su MTV ovviamente c’era uno speciale su di loro, come al solito in quel periodo. Stavano parlando dell’ultimo singolo uscito e Tom dichiarò di averlo scritto lui il testo, sorridendo si, ma non con la sua solita espressione da pavone. Poi passarono la canzone e lei... beh, sorrise.
“ti ho fatto male/non lo pensavo veramente/volevo abbracciarti/ ma sono un codardo/ sono solo un bambino che non capisce niente/di quello che sente/bambola di neve/non scioglierti per me”
Non ricordo tutte le parole... ma queste credo siano sufficienti per per far capire che erano per lei. Tom è talmente scemo che l’unico modo che conosce per scusarsi è quello più complicato in assoluto. Anche se poi, diavolo a lui, ci fa anche dei soldi...
Per i quasi tre anni successivi Tom e Bill tornarono a Lipsia talmente poche volte che le posso contare sulle dite della mani, e ogni volta erano comunque pochi giorni. Tornava sempre ad essere come prima, come se niente fosse successo e noi avessimo ancora dodici anni. Tutti a dormire dai Kaulitz. Io nel sacco a pelo, loro nei loro letti ed Erin accanto a Bill. Lei e Tom si parlavano di nuovo... ma molto poco. Poi, dopo il primo anno di lontananza, la freddezza dei loro contatti aveva cominciato pure a mettere a disagio anche uno come me, che si sente sempre tranquillo ovunque sia.
Il perché ovviamente era dovuto a Tom. A lui e al suo essere un inguaribile porco. Leggevamo di lui sui giornaletti di gossip, sentivamo sempre tutte le voci a scuola, noi l’ascoltavamo quando nelle intervista parlava sempre e solo di scopate o di donne in generale. Una volta fu persino capace di dire che lui preferisce le more e le donne dalla pelle bianca come il latte gli fanno un po’ impressione. Cretino bugiardo che non è altro.
Lei ascoltava. Ed a ogni cosa che le arrivava alle orecchie riguardo lui vedevo la mia amica spegnersi un altro pò. Al terzo anno di separazione sembrava quasi che avvicinarsi a Tom la facesse sentire sporca. Lei... che è sempre stata pura come la neve di montagna.
Era estate e c’erano le vacanze estive. Erin non era andata da suo padre, perchè lui era in viaggio per lavoro e i gemelli sarebbero tornati per almeno due settimane, decidendo di passare il loro diciottesimo compleanno a casa propria. Un idea di Bill, immagino. Tom voleva solo fare festa... l’ottenne anche, venendo poi a patti con il fratello.
Ed io ero contento.
Si, sinceramente anche un pochino di vederli e di passare un po’ di tempo con i miei amici, per quanto discutibili che siano. Ma principalmente per tre motivi. Erin stava con un ragazzo e lui la adorava. E volevo vedere che faccia avrebbe fatto per cretino di Tom vedendoli insieme. Volevo vedere se così, una buona volta, fosse in grado anche uno come lui di rendersi conto di cosa le aveva fatto passare.
Non successe, comunque.
E infine... cazzo, Erin aveva già diciotto anni... ed era davvero bellissima.
 

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Capitolo 7
*** 18 anni (II parte) ***


La mia personale esperienza con i ragazzi, non considerando Tom, iniziò al primo anno di liceo. Lì conobbi Luca, uno studente italiano venuto a passare sei mesi da noi per un soggiorno studio. Era carino, rideva un sacco ed era anche uno dei pochi a non avere soggezione di me. Mi misi con lui quando me lo chiese. Un po’ mi piaceva... e poi volevo vedere se anche io potevo avere una relazione normale. Poi lui un giorno mi disse queste testuali parole.
- sei talmente ariana che appena trono a casa me ne vanto con tutti!
Pessima uscita. Non faceva ridere, sapeva di nazista e patetico vista da tutti i lati e, nel frattempo, mi ero pure resa conto che l’idea di lasciarmi toccare da lui un pochino mi schifava. Lo lasciai immediatamente.
Negli anni dopo, mettici anche la batosta che avevo presa da Tom, me ne stetti per i fatti miei, interagendo giusto il minimo sindacale. Io, tra l’altro, sono anche una che da sola sta pure meglio.
Tobias ed io ci incontrammo ad un corso di fotografia al quale mi iscrissi durante il mio ultimo anno di liceo. Era un ragazzo gentile ed educato, pacato nei modi e perfettamente normale, di un paio di anni più vecchio di me. Avevamo un sacco di cose in comune anche oltre la fotografia... ci piaceva la stessa musica, adoravamo passeggiare con i cani e leggevamo entrambi un sacco di libri che parlavano di posti lontani. Tobias era un sognatore, uno che voleva cambiare il mondo... adesso vive in sud Africa e lavora come interprete. Mi piaceva davvero. Stavo bene, con lui. Vivevamo una relazione tranquilla, ci vedevamo tutti i fine settimana e li passavamo andando al cinema o al parco.
Bill e Tom tornarono a casa gli ultimi giorni di Luglio, mancavano dieci giorni al loro diciottesimo compleanno. Sono nati in estate... e non poteva essere altrimenti... loro attirano la luce da sempre. Io sono nata a Gennaio.
- l’inverno ti ha fatto con i suoi colori, bambina.
Mi diceva sempre la nonna. Io e loro siamo sempre stati all’opposto in un sacco di cose.
Ci vedemmo quella sera a cena, in un piccolo ristorantino appena fuori Lipsia.
Ricordo che Bill mi parve davvero bellissimo e lui si mise anche a ridere quando gli dissi che, nel rivederlo, stavo per mettermi ad urlacchiare come una delle sue fan sfegatate.
E ricordo ancora meglio lo sguardo che Tom rivolse prima a Tobias e poi a me, quando glielo presentai. Fastidio, gelosia, disprezzo...
Bill l’aveva invece accolto con entusiasmo, stringendogli la mano e dicendo che, se un ragazzo piaceva a me, allora piaceva pure a lui.
Il suo gemello però passò tutta la cena a smanettare con il cellulare, parlando con Andreas del più e del meno al massimo. Non mi guardò più, dopo che ci salutammo appena arrivati.
- prima che me ne dimentichi devo assolutamente parlavi della festa! - urlacchiò Bill improvvisamente, battendo le mani con il suo solito entusiasmo, quello che a volte contagia anche me - e voglio che sia la festa con la F maiuscola! Abbiamo affittato il palasport e ci saranno musica, alcolici e un sacco di gente che viene fin qui apposta per noi!
- per te, semmai. Io non ho invitato praticamente nessuno.
Bill gli diede un piccolo pugnetto scherzoso sulla spalla - se aspettavo te saremmo stati solo noi e tutte le conigliette di Paly Boy!
Tom rise e io alzai gli occhi al cielo. Ovviamente.
- comunque siete tutti invitati ed Erin, devi portare assolutamente anche Tobias!
- io non vengo perchè vi odio e mi fate schifo. E ho paura di confondere Bill con una delle conigliette e provarci con lui, se bevo troppo!
Disse Andreas. E lo ringraziai mentalmente mille volte, perchè l’occhiataccia che Tom aveva lanciato a suo fratello avrebbe potuto raggelare anche l’inferno. Non Bill, perchè lui è sempre troppo occupato a concentrasi su se stesso, per sua fortuna.
No, a Tom il mio ragazzo non piaceva per niente. Non tardò neanche a dimostrarmelo, tra l’altro. Alla Festa. Ubriaco fradicio e incazzato nero.
- sono molto simpatici i tuoi amici, sai? - mi disse Andreas, mentre mi riaccompagnava a casa - non l’avrei mai detto! Bill è fortissimo!
L’ho anche abbracciato per questa sua uscita. Ho sempre apprezzato le persone che capiscono il mio amico e parlano bene di lui. C’è troppa gente che non lo fa.
- e il gemello... non vorrei passare per gay ma... capisco perchè ha tutte quelle donne sempre attorno. Voglio dire... è davvero bello.
Ah già, dimenticavo. C’era anche questa cosa. Si, perchè se Bill piace tanto alle ragazzine, per il suo look androgino e il suo carattere solare e superficiale... Tom piace alle donne più grandi e anche i maschi orgogliosi di esserlo devono ammettere che è uno di quelli riusciti meglio, tra la loro specie.
Tom ha quei lunghi capelli biondi, un viso da lineamenti fini e perfetti, labbra piene e un taglio degli occhi che non necessita assolutamente di niente in più per risultare irresistibile, lo so benissimo da me. Certo, ha la stessa faccia di Bill... ma Tom non potrebbe mai essere scambiato per una donna, non ha quando ha più di tredici anni almeno.
Ma, come al solito quando penso a lui, sto tergiversando.
Il nove Agosto, alle undici di sera, io e Tobias arrivammo alla Festa. Eravamo anche in ritardo perchè io, per un attacco di puro narcisismo femminile che non avevo mai creduto di possedere, ci avevo messo un sacco di tempo nel scegliere cosa mettere e come sistemarmi quella massa incolta che sono i miei capelli ricci.
Ci saranno stati un paio di centinaia di persone affollate nel capannone, la musica era a livelli altissimi e, quando Bill mi ciondolò incontro, notai che mi ero persa decisamente più di un brindisi.
- alla buon ora! - mi urlò all’orecchio, perchè la musica era assordante - io adesso voglio andare a cantare e a ballare, ma se hai bisogno del bagno è infondo sulla destra e ci troverai dentro chiuso Andreas a vomitare, se cerchi invece mio fratello è molto probabilmente attaccato ad una cassa di birra.
Tobias doveva andare ai servizi così ci scambiammo solo un veloce bacio e poi io, sistemandomi le pieghe del vestito, andai da Tom. Bastò comunque quella piccola dimostrazione d’affetto a farlo andare fuori di testa.
Lo trovai dietro un enorme telone bianco, come diceva Bill con in mano un bicchiere di una bibita al colorito inesistente, vodka probabilmente, e gli occhi appannati. Mi diede anche un po’ fastidio, perchè i suoi occhi nocciola sono belli quando luccicano, ma niente in confronto alla rabbia che mi causò appena aprì bocca.
Feci appena in tempo a salutarlo e a fargli degli sbrigativi auguri di buon compleanno che mi afferrò per un braccio saldamente, spingendomi contro un muro. Solo allora mi resi conto che non ero ancora rimasta da sola con lui, dal suo arrivo. Che l’avevo evitato. E, a conti fatti, avevo fatto bene.
- perchè l’hai portato a cena, l’altra sera?
- perchè è il mio ragazzo, Tom. E volevo presentarvelo.
Le sue labbra presero immediatamente quella pieghetta maliziosa che gli avevo visto un sacco di volte solo in tv. Quella da stronzo arrogante, per essere precisi.
- ci hai già scopato?
Così, senza un minimo riguardo. Senza preoccuparsi neanche per un attimo dei miei sentimenti. Con quella luce maligna nello sguardo. Con una cattiveria, io lo sapevo, che non era per niente da Tom.
- non sono affari tuoi questi!
- si, invece! - mi urlò contro.
Ero arrabbiata con lui. Non lo ero mai stata prima. Delusa, intristita... distrutta, quello si. Ma provare quella quantità di odio nei confronti di Tom... quella era una cosa completamente nuova per me. A dire il vero non mi ero mai arrabbiata con nessuno, prima di allora.
Andi dice che i sentimenti più forti, sia quelli belli che quelli brutti, si manifestano solo con la persona della quale si è innamorati. Probabilmente anche in questo caso non si sbaglia, ma in quel preciso momento non lo sapevo e anche se lo avessi saputo... i fatti che ne susseguirono probabilmente non sarebbero cambiati comunque.
- con quante donne sei stato tu, in questi anni? Cinquanta? Cento? Di più? - lo spinsi via - non mi risulta di avertelo mai fatto pesare!
Volevo solo difendermi. Invece mi feci solo più male.
- so giocare a questo gioco molto meglio di te, Erin.
E lui lì, davanti ai miei occhi, prese la prima ragazza che gli capitò sotto tiro e la baciò. In un modo che io non avevo mai fatto, neppure con Tobias. E no, era comunque ovvio che io e lui non avevamo mai fatto sesso. Vidi distintamente le loro lingue giocare, le sue mani scorrere sui fianchi della ragazza fino a infilarsi nella sua scollatura e prenderle un seno tra le dita. Lei si sciolse tra le sue braccia... e prima di portarsela dietro diretto in bagno per fotterla contro un muro, Tom ebbe anche il coraggio di fissarmi. E sorridermi. Con lo stesso sorriso con il quale mi salutava quando avevano tredici anni. E baciava me.
è cattivo.
Quello fu il mio primo pensiero.
è ubriaco.
Il secondo. Ma era una scusante, l’ennesima che spargevo per lui.
Appena trovai Tobias tra la folla gli chiesi di portarmi a casa subito, che avevo mal di testa. Lui fu anche così gentile da non chiedermi niente, di non indagare sul perchè ero ancora più pallida del solito e tremavo.
Stavo anche per mettermi a piangere... ma non lo avrei mai fatto per Tom. Non in quel momento. Non il quel modo.
Lo feci, comunque, pochi giorni dopo. Ma le ragioni furono ben diverse. Io piansi per me e per lui... perchè non era assolutamente giusto averci fatto conoscere, e renderci al contempo impossibile stare insieme.
Non dormii, quella notte. Mi rigirai nel mio letto con quelle infantili coperte rosa ancora e ancora, ficcandomi le unghie nel palmo della mani per trattenermi dal gridare.
Quando, la sera dopo, Tom comparve sulla soglia della mia camera con Spotty al guinzaglio, Tobias era appena andato via.
- l’ho visto uscire. Non aveva una bella faccia.
Io sospirai a lungo e cercai il pelo di Spotty quando mi corse incontro.
- che cosa vuoi?
Quel giorno è impresso nella mia memoria a fuoco... e si che io sono una che dimentica un sacco di cose. Ma so dire con precisione che quando gli chiesi il motivo del suo arrivo, lui si abbassò il solito cappellino sugli occhi e strinse le braccia al petto, appoggiandosi alla mia scrivania.
- parlare con te di ieri notte. E dirti che sono un coglione.
Non risi, quel giorno. Ed era strano, perchè io ridevo sempre quando lui si apostrofava così.
- eri ubriaco. Non importa.
Non era vero non importasse. Quella è stata la prima vera bugia che io dissi a Tom. Credo se ne accorse perfino lui, che di me non ha mai capito niente, perchè da quella posizione non si mosse per un bel po’, come se si rendesse benissimo conto che la situazione così non poteva rimanere, ma non sapesse che parole usare. Rimase immobile per non so dire quanto, fissando la parete davanti a lui. Quella dove avevo attaccato le mie foto, quelle che mi piacevano di più. Ce n’era anche una sua e ricordo che prima di metterla ci avevo pensato su un sacco... ma era la mia prima foto e il sorriso che lui aveva in quel momento è stato uno dei più belli che gli avevo mai visto fare.
Ora ne ho un altro in mente, ma non l’ho mai fotografato. Non ne avevo bisogno. Quello è impresso come un marchio a fuoco nella mia mente.
- ho lasciato Tobias.
Gli dissi, ad un certo punto. Non so neanche bene perchè lo feci, perchè ne parlai con Tom. Ma solo allora lui parve risvegliarsi e alzò di scatto il capo, cercando il mio sguardo.
- cosa? Perchè?
Feci spallucce - perchè comunque tra un po’ ci saremmo lasciati comunque, non aveva molto senso portare questa relazione ad altri livelli.
- perchè dici questo?
Tom è uno che fa sempre un sacco di domande.
- io vado a vivere a Monaco con Andi, appena finisce l’estate. Voglio studiare per diventare fotografa professionista e lì ci sono i migliori istituti del paese.
Andreas vuole diventare architetto e anche la sua scuola è in questa città. Andammo via insieme anche per convenienza.
- lasci Lipsia?
In quel momento mi resi conto che per Tom io sarei sempre rimasta la ragazzina che, quando tornava a casa dai suoi mille impegni, era quella che correva a dormire a casa sua. Lui non aveva neanche mai preso in considerazione l’ipotesi che anche io potessi avere dei sogni, delle speranze per il futuro.
La cosa mi fece arrabbiare parecchio. Anzi, direi che è uno dei motivi per il quale l’ho anche odiato un po’, in questo periodo.
Reagì d’istinto, in quel momento.
- cosa credevi, Tom? Io non posso rimanere bloccata qui per sempre perchè a te fa piacere così!
Gliela urlai in faccia, la mia verità. Quella volta non avevo usato mezzi termini o altri sistemi materiali per fargli capire come mi sentivo. Forse avrei dovuto fare così fin dal principio, magari un sacco di cose sarebbero andate in modo diverso. O, forse, non sarebbe cambiato nulla comunque.
- e io allora? - mi rispose lui, con il mio stesso tono alto di voce. Quella era anche la prima volta che ci urlammo addosso. Fu anche l’ultima, a dire il vero.
- maledizione, Tom! Non stiamo parlano di te, per una volta! Si tratta solo di quello che voglio io! Il mio mondo ha smesso di ruotare intorno a te e a Lipsia anni fa, lo sapevi questo?!
Vidi il suo viso tirarsi e la sua mascella fremere. L’avevo colpito proprio dove non dovevo farlo.
Puntò il dito contro la mia parete di fotografie, di scatto.
- e quella foto, allora? Quelle foto anzi, cazzo! Quelle che tre anni fa mi hai sbattuto in faccia aspettandoti chissà cosa da me! Quelle non contano più niente, Erin?!
Ripensandoci, devo dare ragione sia a Bill che ad Andi... Tom, nei miei confronti è sempre stato un vero coglione.
Ed io una vera scema.
Perchè allora mi alzai improvvisamente da terra e corsi all’armadio, lasciando anche cadere un paio di cose a terra, non mi importava nulla. Io, che sono una maniaca dell’ordine. Nella foga mi graffiai, ma quel piccolo dolore mi non mi suscitò nulla.
E gliele lanciai addosso, quelle dannate fotografie. Quella scatola. Gli piovvero addosso tutti quegli anni di ricordi che avevo di lui... e volevo che se li portasse via, lontano da me, che sparissero come volevo che sparisse anche lui. E tutto quello di sbagliato che mi faceva provare. E si, tutto quello che ancora, nonostante tutto, sapevo di non riuscire a reprimere.
E stato sotto quella cascata di fotografie che Tom si è mosso, così veloce che quasi non me ne resi conto. Così veloce che cademmo sul mio letto tutti e due e quando lui mi baciò, quasi non mi accorsi di avere già immerso le mani nei suoi capelli, stringendo. Tirandolo a me. Volevo fargli male come lui aveva fatto a me. Volevo averlo vicino.
La prima volta che ci baciammo fu per un suo dispetto. La seconda per consolarlo.
Il nostro terzo bacio sapeva invece di disperazione. Di sentimenti repressi. Di possesso. Di rabbia, di dolore, di bisogno. Sapeva sopratutto di bisogno.
- stai con me, Erin...
Me lo disse quando uscì dalla mia camera, lasciandomi sdraiata a letto con le braccia sugli occhi per nascondergli ancora una volta, l’ennesima, i miei sentimenti. Che erano duemila, e correvano troppo velocemente perchè io riuscissi a starci dietro.
- torno tra due giorni.
Poi si chiuse la porta alle spalle.
Ed è stato in quel preciso istante che mi resi effettivamente conto che, per quanti chilometri possiamo mettere uno dall’altra, io non potevo comunque cancellarlo dal mio cuore. Dalla mia testa. Dalla mia vita. Che lui veniva prima di tutto... di me stessa, dei miei sogni. Che io ero completamente dipendente da Tom e da lui venivo attratta come una calamita. Come una dannata falena con la sua luce. Che per lui io si, potevo anche morire.
E presi la mia decisione.
Quella che poi lo fece sorridere. Quella che poi mi fece piangere. Quella che poi gli spezzò il cuore. E quella che poi spezzò un po’ anche il mio. Di nuovo.
 

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Capitolo 8
*** 18 anni (III parte) ***


Erin, a otto anni, era stata una bambina bella come una bambola.
A tredici anni una spilungona magra come un chiodo ma con dei capelli sofficissimi.
A quindici anni una adolescente senza alcuna espressione facciale, ma con degli occhi dolcissimi, che parlavano anche per lei.
A diciotto anni Erin... beh, Erin era bellissima. Era una donna.
E quando arrivò alla festa con quell’idiota del suo ragazzo e lo baciò... io provai l’intenso desiderio di sbatterla dentro un bagno, strapparle quel vestito ridicolmente corto che indossava, quello che lasciava ben poco all’immaginazione... e poi mangiarla.
E scoparla, cazzo.
Davanti a lui. Per fargli ben entrare in quella sua testa da stupido bonaccione che lei è mia. Che è sempre stata solo mia. Che, cazzo, può essere solo mia.
Non lo feci, nonostante la testa che mi girava per la troppa vodka bevuta, per fortuna. In compenso le scaricai addosso tutto il mio malessere. E feci quella cosa davanti a lei... per dimostrarle che potevo avere chiunque volessi, io... sempre e comunque. Non lei, però a quanto pareva. E poi, non contento di averle sbattuto in faccia il mio essere un fottuto depravato, mi scopai quella troietta dietro la porta di un bagno sudicio. Le tappai la bocca, dicendole di non fiatare e chiusi gli occhi. Volevo almeno immaginare di farlo con Erin, quello. Non funzionò. Avevo sempre immaginato che farlo con lei... sarebbe stato completamente diverso da quello che, nel semplicemente infilarmi nell’ennesimo, mi procurava solo un altro orgasmo.
Quando uscii dal bagno trovai Andi alla porta ad aspettarmi. E mi assestò il primo pugno che dava nella sua vita. E me lo presi, perchè in quel caso probabilmente me lo sarei dato da me.
- dov’è?
Eppure, per quanto schifo mi facessi anche da solo, io continuavo a cercare solo lei.
- è andata via con lui. Ora hai veramente mandato tutto a puttane, Tom.
Non lo so se fosse veramente vero... se era proprio quello il momento in cui l’avevo definitivamente persa. O almeno avevo compromesso il nostro futuro. Forse era quello... o quando eravamo bambini... o a quindici anni... o solo tre giorni dopo, quando non mi resi conto ancora una volta di quello che realmente lei provava.
Il giorno dopo lo dissi a Bill. Gli dissi che suo fratello è davvero una spaventosa testa di cazzo.
- Andi mi ha anche picchiato, sai?
Bill, annuì, come se quella fosse l’unica cosa intelligente che mi fosse uscita dalla bocca. Probabilmente era veramente così, vista da un altra ottica.
- ora però basta, Tom. Adesso tu mi dici per davvero cosa vuoi da lei. Perchè così non puoi più andare avanti. Spero tu te ne renda conto.
Beh si, diavolo. A quel punto ci ero arrivato pure io.
- voglio Erin.
- e allora vattela a prendere, cretino! - mi disse Bill, con la sua solita faccia, quella che sembra dire “se faceste tutti a modo mio il mondo sarebbe molto più bello” - ah, Tom... e vedi di strisciare.
Aveva perfettamente ragione, ma a quello non sono arrivato, nonostante io ci abbia pure provato. Ma, a tutti gli effetti, l’unica cosa che io ed Erin abbiamo è in comune è che siamo entrambi due mostri d’orgoglio.
Sotto casa sua rimasi impalato come un perfetto idiota quelli che potevano essere dieci minuti come un ora... non lo so bene, so che mi mossi solo quando Spotty si mise ad abbaiare e vidi Tobias uscire da casa sua, con la stessa faccia di uno al quale è passato sopra un tir. Due volte.
Già, perdere Erin ti fa sentire così. A pezzi. Io adesso lo so benissimo.
Quando andai da lei... e la trovai con il suo vecchio pigiamino viola indosso sperai che veramente il tempo si potesse riavvolgere, e tornare al tempo in cui lei si attaccava ai miei capelli e nessuno dei due poteva volere niente di più.
Non riuscii comunque a dirle granchè, non le dissi neppure scusa a dirla tutta. Mi uscì solo un “sono un coglione” del tutto ridicolo e che puzzava pure un po’ di vigliaccheria.
So bene che non era vero che per lei era tutto a posto, so benissimo che il fatto fossi completamente sbronzo non l’ha comunque fatta assorbire meglio la botta che le ho dato... ma non riuscivo davvero a trovare niente da dirle che non fosse un altro “sono un coglione”.
Poi notai quella foto... la prima che mi fece da quando ci conosciamo, appesa sul muro. Stava in alto... ma l’avrei riconosciuta tra mille. E cominciai ancora una volta a sperare di poter riaggiustare tutto.
Ma Erin mi disse che se ne voleva andare via da Lipsia, non avevo neanche idea di quanto tempo. E la prima cosa che pensai fu: “e io quando la vedo allora? Dove la vado a trovare?”.
Aveva ragione ancora una volta Andi nel dire che io non ho mai capito quali fossero davvero le cose più importanti della mia vita. E che sbagliavo nel mettere al primo posto sempre e comunque la musica perchè, cazzo, Erin non era scontata per niente. Che il mio mondo doveva girare intorno alla mia compagna, non ai miei sogni. Probabilmente non ero pronto a tutto quello. O non volevo esserlo.
Ma fu comunque lei la prima a farmelo notare che, no... lei non sarebbe rimasta a Lipsia ad aspettarmi per tutta la vita. E, siccome sono davvero uno scemo, io caddi come una mela marcia dall’albero. Perchè, in sincerità, io un po’ marcio mi ci sento per davvero ora.
In quel momento però io mi attaccai alla mia unica speranza, a quella che comunque era la mia unica certezza. Erin mi voleva bene, quindi non poteva proprio cancellarmi del tutto, come quella foto che aveva sul muro. Non poteva mettermi da parte.
Fu quando lei mi gettò addosso tutti i ricordi che aveva di me con uno scatto d’ira che non avevo mai immaginato potesse essere da Erin che mi resi conto che non potevo neanche concepire l’idea di vivere senza di lei... capii cosa provavo per davvero. E assaporai una piccola parte del dolore che mi avrebbe causato lasciarmela scivolare via.  
E feci al contempo l’unica cosa che me la fece avere e me la fece perdere.
Le saltai addosso e la baciai. Come desideravo fare da quando l’avevo vista al ristorante, appena tornato in paese. Come se non ci fosse un domani, come se potessimo diventare sul serio una cosa unica. Ancora una volta... io volevo mangiarla. Per non permetterle di allontanarsi da me, mai.
Invece mi aveva incatenato lei, quando si attaccò ancora una volta ai miei capelli e rispose al mio bacio con il mio stesso identico trasporto, ma questo l’ho realizzato solo recentemente. Perchè è come se io fossi un tossico, e lei la mia qualità preferita di eroina.
Ringraziai Spotty mentalmente almeno duemila volte quando si mise ad abbaiare e mi fece staccare da lei e riprendermi un attimo. Meno male che l’avevo portato... perchè se no, molto probabilmente, io l’avrei spogliata e le sarei entrato dentro senza neanche interessarmi della sua opinione, tanta era la paura che avevo di perderla. Poi sarei anche potuto morire.
- sai con me, Erin.
A detta sia di Andi che di Bill quella fu la prima volta che mi comportai con lei come un essere dotato di cervello e che non si muove solo in base ai suoi più bassi istinti. Sarà... ma quell’unica volta non ha comunque fatto poi questa grande differenza. O forse si, da un certo punto di vita. Se avessi agito in modo diverso... beh, dubito quello sarebbe successo.
Mi piacerebbe dire che i due giorni per pensarci su furono una mia brillane e tenera idea, ma non è affatto così. Io sono più il tipo che vuole tutto e subito. Ma dovevo assolutamente andare a registrare in quei giorni e se non ci fossi andato... dubito che ora sarei ancora qui a farmi le mie seghe mentali. David mi avrebbe preso e scuoiato vivo.
Due giorni solo, mi dissi.
Come no! Furono una totale agonia ed ero così perso nei miei pensieri che se quella volta Gustav non si è liberato di me cominciai anche a pensare che forse un pochino di bene me ne voleva pure lui. Un po’, non troppo, considerando tutti gli epiteti poco carini che mi scaricò contro. Ne valsero comunque la pena.
Era il dodici Agosto.
Avevo diciotto anni e tre giorni e quando entrai nella mia camera trovai Erin seduta sul letto di mio fratello a leggere un libro. Non so quale, non ci feci caso, mi soffermai invece sul fatto che non avevo mai notato lei avesse un profilo così bello, illuminato solo da una leggera luce pomeridiana che entrava dalla finestra.
- Bill rientra stasera.
Si, non sono mai stato bravo con le entrate ad effetto. Ne con le grandi dichiarazioni. Sono più bravo ad aprire la bocca e lasciare che qualcosa ne esca.
Lei però mi sorrise appena, mentre si voltava a guardarmi.
- lo so, l’ho chiamato prima.
“A me non mi hai chiamato però”. Ecco, quello però fui così sveglio da tenerlo per me.
Io mi sedetti sul mio letto difronte a lei e per un paio di minuti mi misi a raccontarle anche di cosa avevo fatto in quei giorni e che il nostro nuovo singolo stava venendo molto meglio di quello che mi aspettavo.
- sei bravo in quello che fai, Tom. Non ti preoccupare.
Chissà perchè lei negli anni è sempre riuscita a dirmi talmente tante cose carine e io al massimo me ne sono uscito con un “sono più alto di te di un bel po’ ormai!”. Se qualcuno mettesse a confronto i nostri cervelli il mio probabilmente lo scambierebbero per una patata. Neanche tanto grossa.
- ti devo chiedere una cosa. E vorrei che tu fossi completamente sincero nel rispondermi.
Annui, perchè avevo la gola secca e l’unica cosa che volevo fare in quel momento era abbracciarla.
- tu hai mai fatto l’amore, Tom?
- no.
Non ci dovetti pensare neanche un secondo. Era la cosa più semplice mi si potesse domandare. Perchè era vero, io non avevo mai fatto l’amore. Quello posso farlo solo con lei.
Quando mi porse la seconda domanda lo fece solo dopo essersi alzata e poi subito dopo seduta accanto a me, non dovette neanche cercare il mio sguardo, perchè non glielo avevo tolto di dosso neanche un secondo.
- e lo faresti con me, ora?
Mi misi a ridere come un completo imbecille, anche se veramente io volevo solo piangere. Perchè credo che quello è stato a tutti gli effetti il momento più felice della mia vita. Ridemmo insieme e, solo quando lei cercò la mia mano e io gliela stinsi forte, cercai le sue labbra per quello che era a tutti gli effetti il nostro quarto bacio.
Si, li ho contati con un bambinetto. E allora?!
Non avrei mai potuto immaginarlo più bello e assuefante. Esattamente il sapore che ricordavo di lei. Non era cambiata.
Per quanto mi riguarda quel bacio è durato ore... so solo che a un certo punto le mie mani si sono mosse da sole... perchè volevano sapere se la pelle di Erin era davvero morbida come me la ero immaginata.
Beh, lo era. Morbida e calda.
Mi tolsi velocemente la maglietta mentre Erin mi toglieva il cappellino dalla testa e poi lasciai scivolare invece lentamente il suo vestito ai piedi del letto, perchè lei volevo guardarla bene. Volevo imprimerla bene nel cervello. Erin non era assolutamente come le altre ragazze che avevo avuto fino ad allora... delle quali non mi importava un bel niente e la mia priorità era semplicemente venire. Di lei volevo vedere tutto, scoprire tutto.
Erin era pura e candida ma aveva un corpo di donna.
Persi il controllo, però, quando lei mi baciò per tutta la sua lunghezza la vena che collega la mascella al collo, mentre con le mani mi scioglieva i capelli e ci passava le dita in mezzo.
La spinsi contro il letto, sovrastandola completamente e con le labbra andai ad assaggiare la sua pelle, i suoi seni soffici che non erano per niente quelli della ragazzina che ricordavo, la conca piatta della pancia e poi più giù... per cogliere anche quell’altro suo sapore, quello che volevo tenere solo per me.
- Tom...
E, cristo, sentirla sussurrare il mio nome in quel modo... per quante altre volte altre donne l’abbiano tenuto sulla punta delle labbra come Erin in quel momento... mi pareva che avesse un suono nuovo e non credevo davvero che il solo dare piacere potesse farmi uscire così completamente di testa.
Fu quando mi abbassi i boxer che lei me lo disse.
- Tom... io non l’ho mai fatto...
E cominciai a tremare come un cretino.
- cosa c’è?
Mi morsi forte le labbra, strattonando forse un po’ troppo il cerchietto che ho al lato di quello inferiore, perchè cominciò a sanguinare.  
- io... ho paura.
Non ero mai stato così sincero con lei neppure una volta prima di quello. Feci anche uno sforzo per dirlo, ma eravamo io e lei nella stessa camera di quando eravamo piccoli, ed eravamo nudi. Mentirle mi avrebbe fatto sentire come di sporcarci entrambi.
Erin sbattè un paio di volte gli occhi verdi e spostò appena la testa.
- di cosa?
- di farti male. E di fare qualcosa di sbagliato.
Erin mi diede una carezza sulla guancia e mi sorrise, prima di parlarmi di nuovo.
- in questo non c’è niente di sbagliato, Tom. Forse è la cosa più giusta che abbiamo mai fatto insieme - avvicinò il suo viso al mio, prima di raccogliere con la punta della lingua il rivoletto di sangue che mi usciva dal labbro - io ho preso il tuo sangue. Ora prendi tu il mio. Sarà il nostro legame.
Avrei dovuto immaginarlo già in quel momento che c’era qualcosa che sapeva di addio in quella frase. Ma.. invece entrai piano in lei, continuando a baciarla e osservando ogni sua espressione. La smorfia di dolore che le causai, quando distrussi quel pezzettino di cane che la rendeva ora davvero una donna, gli occhi che poco dopo cominciarono ad appannarsi ed infine... quell’espressione. Quella che ero io a procurale. Quella che solo io le avevo visto.
Erin era mia. Solo mia. Mia mia mia mia mia mia mia.
Mia.
E il mio posto era dentro di lei. Lo è ancora adesso. Ma non posso più farlo.
Fu quando tornai dal bagno e la trovai avvolta nelle coperte mentre cercava di reprimere i singhiozzi che, con il senno di poi, avrei dovuto capire che qualcosa non andava per davvero.
- non è niente - mi disse, mentre la abbracciavo, agitato come uno scemo che non ha idea di quello che sta facendo - mi sento solo diversa, adesso. Ma sono felice, dico sul serio. Non pensare mai l’incontrario. Mi credi, vero Tom?
Oh si, le credetti eccome. Ma avevo diciotto anni ed ero felice anche io. Perchè Erin era assuefante, morbida, calda, pura, candida, buona e mia.
Facemmo l’amore di nuovo. E di nuovo.
Quando quella sera Bill tornò a casa e fu ora di andare a dormire, Erin gli disse che quella notte avrebbe dormito con me, con una espressione talmente innocente e pudicamente verginale che ancora mi è impressa nel cervello. Bill non disse niente, immagino mi abbia guardato in faccia e notato il sorriso da cretino che non riuscivo a togliermi di dosso.
- io sono un po’ geloso però, sappiatelo!
- e a me non me ne frega niente!
Già, a me importava solo di Erin.
Si infilò leggera tra le mie coperte e mi abbracciò stretto, incrociando le gambe con le mie.
- voglio farlo ancora...
- tu hai un problema e Bill dorme nel letto affianco, cretino. Non possiamo.
- vi sento benissimo coppia di imbecilli!
Chissà perchè il termine “coppia di imbecilli” mi piacque tanto...
- non avevo mai solo dormito con una ragazza, sai?
Erin rise e nessuno dei due prestò la minima attenzione agli sbuffi di protesta di mio fratello.
- non avevi neanche mai fatto l’amore, se è per questo.
- già. Quello non lo avevo mai fatto.
Non ce lo siamo mai detti, quel cazzo di “ti amo”. Forse perchè arrivati a quel punto era scontato. Forse perchè siamo due orgogliosi idioti e nessuno dei due voleva dirlo per primo.
Il mattino dopo io e Bill saremmo partiti per la turnè, il nostro pullman ci sarebbe venuto a prendere sotto casa alle undici, noi ci alzammo alle nove. Lei mi baciò e mi disse che doveva passare a casa a cambiarsi, ma che sarebbe venuta a salutami più tardi. Io le promisi che le avrei mandato i biglietti aerei per ovunque saremmo andati, così poteva raggiungerci e potevamo fare ancora una volta l’amore. Almeno un milione di volte. Erin mi diede uno scappellotto in testa e andò via facendo la finta timida, dicendo che ero un vero porco.
Alle undici e mezza non era ancora arrivata ed Erin è una che non tarda mai. David insisteva per partire, blaterando sul fatto che avremmo sgarrato troppo sulla tabella di marcia, ma c’era Bill che cercava di tenerlo buono, fortunatamente. Georg mi prendeva in giro dicendo che adesso avrei dovuto cominciare a comportarmi bene come lui, visto che mi ero fatto la ragazza. La cosa non mi preoccupava per niente. Gustav invece mi guardava e sembrava preoccupato. è sempre stato lui quello intuitivo dei quattro.
Alle dodici meno un quarto arrivò Andi, in sella alla sua ridicola bicicletta rossa.
- sai dov’è finita Erin? Qui non è ancora arrivata e a casa non c’è...
Gli chiesi, con la mia faccia da inguaribile ottimista. Perchè quel giorno per me tutto non poteva assolutamente andare male.
Ma poi notai l’espressione del mio amico e il mio cuore perse il primo battito.
- è partita, Tom. è andata da suo padre. Mi ha detto di darti questa. Mi dispiace, non sono riuscito a fermarla.
Quando mi diede quella foto... la foto dalla quale è partito tutto... a me uscì solo un ridicolo “ah” e poi salii sull’autobus velocemente.
- partiamo David. Non viene più.
Corsi nella mia cuccetta e tirai le tende.
Nell’esatto momento in cui presi in mano quella cazzo di fotografia capii tutto... capii che lei mi aveva lasciato. Che voleva andare a Monaco a studiare e che voleva concentrarsi su quello... che aveva imparato da me. Seguire sempre prima i proprio sogni.
Bella cazzata.
Quando cominciai a piangere non feci neanche lo sforzo di trattenere i singhiozzi. O il fatto che tremavamo. Non mi importava che tutti gli altri mi vedessero mentre piangevo come un bambino.
Già, d’altronde era quello che ero.
Un patetico bambino che non aveva capito niente di Erin.
Il cuore ad essersi spezzato, la terza volta, fu il mio.
 

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Capitolo 9
*** 21 anni (I parte) ***


Le lacrime di mio fratello fanno davvero male, ti consumano dentro e ti senti andare a pezzi esattamente come lui. Perché Tom è il tipo di persona che sorride sempre, forse per uno stupido senso di orgoglio, anche quando le cose vanno talmente male che un burrone comincia anche a parerti una buona idea. Lui sorride e cerca di vederci il lato buono. Io, al contrario, sono quello che piange per un nonnulla.
Per questo non riuscirò mai a dimenticare quel giorno sull’autobus che ci avrebbe portato a quella che comunque si rivelò l’esperienza più gratificante ed entusiasmate della mia vita, della nostra vita.
Perchè era l’immagine più sbagliata io potessi accettare in un momento come quello. Stavamo andando incontro al successo mondiale al quale avevamo sempre aspirato. Georg aveva una ragazza che gli voleva davvero bene, il suo basso e i capelli perfettamente piastrati. Gustav aveva la pancia piena e una dose di buonsenso che bastava per tutti e quattro. Io ero semplicemente e completamente entusiasta. Per me stesso, per i miei amici... per quello che mio fratello ed Erin avevano condiviso la notte prima, per quello che ero convinto avrebbero condiviso per il resto della loro vita.
Ma, per quanto mi scocci ammetterlo, io non ho mai capito un cazzo riguardo un sacco di cose, un sacco di persone. C’erano altri a farmi svegliare, per quello. C’era Tom.. ma in quel momento lui era troppo occupato a lottare contro il suo terrore più grande, quello di cui neppure si era accorto fino a quel giorno. Perdere Erin. E le conseguenze che quello avrebbe portato.
Quando sentii il primo singhiozzo, stavo ancora dicendo a David che dovevamo assolutamente ricontattare quelli della Desquared, perchè non ero ancora convinto dei miei costumi di scena. Mi bloccai all’istante perchè, per quanto la gente sostiene che il legame tra gemelli che ti fa provare il dolore dell’altro sia una enorme cazzata, io quella devastazione interiore la sentii eccome.
Corsi da lui, scostando le tende e quando lo trovavi acciambellato su se stesso, con quella foto stretta tra le mani e mi accorsi delle lacrime che gli scorrevano sulle guance mi misi a piangere pure io, come uno sciocco. Cercai anche di abbracciarlo, ignorando le domande degli altri del gruppo su cosa gli fosse successo, ma Tom mi spinse via.
- lasciami stare, Bill. Davvero, lasciami stare.
L’ho fatto per davvero, quel giorno. L’ho fatto per gli anni dopo. Sapendo benissimo che il mio gemello stava andando in pezzi. Ma lui aveva ringhiato e mostrato i denti ed io, come al solito, mi ero appiattito ed ero andato a cercare qualcosa che mi potesse distrarre dalla sua sofferenza.
Seppi tutto da Andreas il giorno dopo, quando ebbi appena dieci minuti liberi per chiamarlo e cercare di capire quello che era successo, perchè Tom al riguardo non aveva ancora aperto bocca. Ed Erin non mi rispondeva al cellulare. Lei la sentii solo un paio di mesi dopo, probabilmente quando fu lei a decidere che si, era il momento per condividere anche con me quello che le passava per la testa. Ero davvero arrabbiato con la mia amica perchè no, Tom non me lo si deve toccare.
- sarei stata sempre la sua seconda preoccupazione, Bill. E non lo trovo giusto. Poi... io sarei stata gelosa, invidiosa, patetica e possessiva nei suoi riguardi. So che mi sarei comportata in un modo che disprezzo. E poi... mi sarei completamente annullata. Perchè per me Tom è sempre venuto prima di tutto. E non è giusto. Per niente. Per tutti e due. Non era il nostro momento, tutto qui.
Tutto qui.
- e allora perchè hai fatto l’amore con lui?
- perchè sono innamorata, Bill. Lo amo. Lo sai benissimo. Non potevo semplicemente farne a meno. Non potevo più aspettare. Chiamami egoista... ma volevo entrargli dentro almeno una piccola parte di quanto lui è presente nel mio di cuore.
- ma perchè non gli hai detto quello che volevi fare?
- lui non me lo avrebbe permesso. Ed io, siccome sono una scema, gli avrei anche detto che si, potevo rinunciare a tutto. Ma non è vero. E, prima o poi ne avremmo comunque pagato le conseguenze.
Sarà anche come dice Erin, ma io il dolore di Tom l’ho visto con i miei occhi. E fa davvero male.
Gli dissi tutto, a mio fratello, di quello che io e lei ci dicemmo in quella telefonata. Volevo che lui si sfogasse, che l’accusasse di essere una vera stronza, perchè era quello che io pensavo di Erin in quel momento. Mi lui mi liquidò con un cenno del capo che assolutamente non mi aspettavo.
- questo l’ho capito anche da solo, Bill. Smetti di preoccuparti.
Già, perchè quell’idiota di Tom decise che il momento giusto per capire i sentimenti di Erin era quello in cui lei gli aveva frantumato il cuore. E poi calpestato, più volte. Lui la capii solamente allora, e non l’ha mai denigrata per questo.
- va bene così, è stata la decisione più giusta per tutti e due. Io non avrei saputo farlo. Passerà, comunque...
No, non passò affatto. Per quando Tom continui tuttora a sorridere come il solito cretino che si dimostra, continui a comportasi come se nulla fosse, continui a giocare con le donne, continui ad atteggiarsi a quel Tom Kaulitz che il nostro pubblico adora... io so che qualcosa in lui è andato completamente perso. O che è rimasto a quel dodici Agosto, nella nostra camera, quando lui ed Erin erano una cosa sola.
Sono passati tre anni.
Abbiamo fatto due turnè e inciso un altro disco.
è stato il successo mondiale che ci ha confermato come una delle migliori rock band europee, che ci ha fatto vincere un disco di platino e ho perso il conto di quando riconoscimenti discografici.
Porto i capelli tagliati più corti ora, indosso sempre jeans di una taglia ridicolmente piccola per essere quella di un maschio e sono felice, perché io per me stesso ho sempre desiderato solo essere riconosciuto per quello che sono. Un musicista.
Georg ha cambiato un paio di fidanzate fisse nel frattempo ed è passato dall’essere un porco incredibile al compagno fedele da un momento all’altro con la quiete d’animo che lo contraddistingue.
Gustav è passato da una taglia 56 ad una 52, per poi tornare alla prima e poi di nuovo d’accapo, confermando che la relazione che più comunque l’ha segnato negli anni è stata quella come il cibo.
L’atteggiamento di Tom è rimasto uguale a quello degli inizi della nostra carriera. Continua a portarsi donne diverse in camera d’hotel quasi ogni notte, ride e si atteggia da scemo del villaggio... anche se in un paio di volte ha anche rischiato di rimetterci sia la faccia che la vita.
Una volta una delle nostre fan, mentre stavamo firmando autografi, si mise ad urlare di essere incinta, e che il bambino era suo. Tom la liquidò con una freddezza che lasciò me e tutta la gente che ci osservava completamente allibiti.
- impossibile. Tu sei bionda, Io non scopo le bionde.
Ah, questa è una cosa che ancora non ho detto.
Un paio di giorni dopo quel fattaccio Tom si presentò davanti a noi per un soundchek con a posto dei suoi rasta delle lunghe treccine scombinate e i capelli tinti di nero.
- avevo voglia di cambiare. E poi così io e Bill ci assomigliamo di più!
Disse durante un intervista. Stava mentendo, ovviamente.
Mio fratello tolse i rasta perché gli ricordavano quando Erin si attaccava a loro per tranquillizzarsi e si fece moro perché il colore chiaro, per lui, è sempre appartenuto a lei e basta. Cominciò anche ad essere decisamente più metodico nel scegliere le sue compagne di scopate. Nessuna ragazza tedesca. Nessuna ragazza con gli occhi verdi. Nessuna ragazza particolarmente alta. Nessuna ragazza bionda, ovviamente. Nessuna ragazza che avesse niente per ricordarli Erin.
Voleva dimenticarla? No. Gli era impossibile. Semplicemente non voleva che nessuna donna che avesse i suoi colori potesse anche solo lontanamente sovrapporsi al suo ricordo.
Tom è un vero coglione, quando vuole.
Poi ci fu quella volta che, mentre stavamo uscendo da una conferenza stampa e una grupie si lancio verso di lui con un coltello tra le mani, puntando al suo sterno.
- o mio o di nessuno!
Urlava mentre i bodygard che ci circondavamo riuscirono per un pelo a fermarla. A me venne quasi un infarto mente Tom fece spallucce dichiarando che lui le donne le faceva andare fuori di testa.
- tutte tranne una! Quella a cui tieni ha usato talmente tanto la ragione che ti ha piantato!
Gli sbottai in faccia. Davvero poco carino da parte mia, lo so bene anche di mio. Ma mi ero spaventato talmente tanto che una sua cazzata del genere mi aveva fatto sbroccare. Non mi parlò per un paio di giorni, dopo i quali io letteralmente gli sgusciai tra le braccia chiedendo scusa, che avevo solo paura di perderlo. Mi perdonò, perchè lui è uno che perdona sempre. Sono io quello che ha un ottimo rapporto con il portare rancore.
Infine ci fu la volta peggiore, quella per cui lo pregai anche di smettere di rimorchiare donne con quella sufficienza. Non venni ascoltato, perchè il sesso è l’unico modo che conosce per spegnere del tutto il cervello.
Quella notte avevamo appena finito un live ed eravamo ad un after party circondanti da un sacco di gente e ricordo che stavo parlando con un tizio del fatto che no, per l’ennesima volta, io non ero gay e non sarei andato a letto con lui neppure per l’ira di dio e che Tom era un paio di metri indietro con una tale Christa, la sua compagna di letto per quella sera. Poi sentì il botto che causò il corpo inerme di mio fratello quando crollò a terra, incosciente. E no, non era una bevuta di troppo come dicevano i giornali. Quella stronza gli aveva versato nel bicchiere un cooktail di metadone, eroina e MD. Per farlo sovraeccitare, disse lei poi alla polizia, Già, fatto sta che il cuore di mio fratello smise di battere per una minuto e mezzo e io credetti di morire con lui.
Finì comunque bene, grazie al cielo e al settimana dopo eravamo ancora in viaggio diretti verso Mosca e Tom riuscì anche a riderci su. Idiota.
Quella notte mi chiamò Andi. Voleva sapere se andava tutto bene. E perfino uno ottuso come me si rese conto che era Erin quella veramente preoccupata tra i due. Ma, testarda com’è, non aveva avuto il coraggio di telefonare lei stessa.
Fu solo un paio di mesi fa che risentii la sua voce. La stessa vocina bassa e incolore che conoscevo fin da bambino. Quella voce che però per mio fratello aveva anche tutte le sfumature del mondo.
Avevamo appena compiuto ventun anni.
Tom era in ospedale, ricoverato. Aveva avuto un crollo e l’avevo trovato collassato nella sua stanza d’albero, dopo che quell’idiota si era preso un miscuglio di ecstasy e viagra, una dose tale da mandarlo a tappeto.
- non fare quella faccia, Bill! Volevo solo passar quarantotto ore a scopare e non pensare a niente!
A cosa non volevi pensare, Tom? A chi non volevi pensare, Tom?
La risposta, ovviamente la sapevo benissimo.
Erin.
D'altronde si era sempre trattato di lei, non è vero?
 

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Capitolo 10
*** 21 anni (II parte) ***


Lei non ci voleva venire davvero stasera.
L’ho convinta con tutte le mie forze, facendo leva su tasti che neppure io avevo idea le potessero premere tanto, ancora adesso.
Amicizia. Affetto. Preoccupazione. Mancanza. Voglia di vedersi.
Amore.
Non che i segnali non li avessi mai colti, perchè sono sempre stato io quello attento a queste cose, tra di noi. O, perlomeno, l’unico che ci facesse davvero caso. O che potesse darci un reale peso.
- perchè non riesco a farci l’amore?
Domanda scema. Sapevamo entrami la risposta, anche se fui solo io quello con il coraggio di dirla ad alta voce.
- chiama Bill, non mi fido dei giornali.
O era sesto senso? Quello che hai solo quando si tratta di lui?
Anche quella telefonata, sebbene fatta d’impulso, non servì neppure per un attimo a farmi dubitare che le cose no, non sarebbero mai cambiate.
Perchè quel ragazzo di Monaco ti amava davvero, perchè tu sei bellissima, perchè hai una carriera davanti, perchè i tuoi progetti si stanno realizzando, ma tu non sei completa comunque.
Per tutte queste ragioni ora, mentre mi volto verso di te so perfettamente che sguardo avrai. Lo stesso di quando avevi tredici anni e lui suonava solo per noi.
Tom è sul quel palco enorme, ci sono diecimila persone che urlano... ma gli occhi di lei luccicano nello stesso modo. E sta guardando solo Tom.
Vi siete feriti in tutti i modi possibili, uno con l’altro. Respinti. Allontanati.
Ma tu sei davvero capace di smettere di amarlo, Erin?
Credi davvero che sia possibile?
 

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Capitolo 11
*** 21 anni (III parte) ***


Monaco era bellissima ed enorme.
Non mi ero mai sentita tanto piccola ed insignificante in tutta la mia vita. Ma non ero mai neanche allontanata così tanto dalla realtà di Lipsia. O almeno non lo avevo fatto con il cuore rimasto altrove. In quella mansarda precisamente.
Non ho mai finito l’università, comunque. Non ne ho mai avuto bisogno. Vinsi quel concorso un anno fa ed ebbi quasi immediatamente la mia prima mostra fotografica. Ero spaventata, eccitata, felice e terrorizzata al tempo stesso. Non mi ero mai sentita così, eccetto una volta. E in quel caso stavo facendo l’amore con Tom, sapendo bene che poi l’avrei lasciato andare.
Volevo guardare dritto anche io per la mia strada.
Ci sono anche riuscita, a grosso modo. Non l’ho più sentito, non l’ho più visto di persona. Non l’ho più cercato. Volevo davvero che entrambi fossimo liberi di vivere i nostri desideri, senza doverne rendere conto a nessuno. Senza limitarci da soli per colpa dell’altro.
Andi non commentò quando vide che in quella galleria c’era anche una foto sua. Una di spalle, con il sole che gli punta la schiena e i campi del nostro paesino sullo sfondo. Si, non potevo lasciarlo da parte, soprattutto in quell’occasione. Perchè volevo con tutta me stessa Tom potesse essere lì con me e mi stringesse forte la mani, dicendomi “che figata, Erin!” ancora una volta, con quel sorriso sciocco e sempre felice.
Una boriosa bambinetta attaccata talmente tanto ai suoi ricordi da risultare irritante, lo so.
Ci ho provato, una volta, ad innamorarmi di un altro ragazzo. Siamo stati insieme tre mesi, prima che lui cercasse di toccarmi in un modo che avevo lasciato fare a lui e lui soltanto prima di allora, in un modo che potevo concepire solo con lui... e io scappai. Letteralmente. Come una patetica codarda.
Perchè non riuscivo a fare l’amore con quel ragazzo, nonostante sapessi benissimo che mi adorava e che era davvero dolce, gentile e amorevole nei miei confronti e che si, mi piaceva davvero.  
- lui non è Tom.
Oh, lo sapevo benissimo anche da me. Ero perfettamente conscia che nessuno avrebbe mai potuto sostituirlo nel mio cuore, mai e poi mai. Ci era entrato troppo affondo. Posso anche fingere con la testa, farmi diecimila raccomandazioni... ma ho sempre avuto rispetto del mio corpo. E no, non potevo mentirgli.
La nonna un giorno mi disse che io le assomigliavo talmente tanto che, quando mi sarei innamorata, sarebbe stato per sempre. Non si sbagliava.
Sono passati tre anni da quella notte che abbiamo passato insieme. Quella che, non gli mentì quella volta, fu davvero la più felice della mia vita.
Ho continuato a pensare a lui. A cercarlo quasi inconsciamente in tv e nelle riviste. Ho anche implorato Andi di informarsi con suo fratello di cosa stesse combinando quando qualcosa mi stonava. Non volevo farlo io, avrebbe suonato davvero troppo egoista da parte mia. Sapevo che era arrabbiato con me e no, non sto parlando di Tom.
Poi una mattina mi svegliai e accesi la tv. I titoli del telegiornale dicevano: “Tom Kaulitz in overdose da stupefacenti ricoverato d’urgenza”.
Andreas non era in casa e io agì istintivamente.
- come sta?
- ciao, Erin.
- ciao, Bill.
Il mio amico Bill. Quello che, comunque, aveva accetto anche il mio essere così strana, sbagliata e odiosa. Quello che, alla fine, mi aveva perdonato dell’aver fatto a pezzi il cuore del suo unico fratello, del suo gemello. Bill, il primo ragazzo, la prima persona alla quale ho voluto davvero bene.
- si riprenderà. Ma no, non sta bene per niente. Sai di cosa sto parlando, vero? Gli manchi, Erin. Anche se fa finta di niente, anche se si comporta ancora come uno spocchione arrogante. Sta crollando, giorno dopo giorno. Ha bisogno di te. Tu no?
Gli buttai giù il telefono immediatamente quando sentì dall’altro capo Tom chiedere con chi stesse parlando. Perchè, dal tono della sua voce, compresi perfettamente lui avesse immaginato da subito che fossi io e che era arrabbiato. Non ero affatto pronta a parlarci. Gli avrei detto solo che è un vero coglione. E che lo amo da morire.
- stasera suonano in città. Ho i biglietti, ci vuoi venire con me, Erin?
No. Non ci volevo venire.
Ho seguito i miei sogni e li ho realizzati tutti. Sono fiera di me stessa.
Ma sono felice? No. Ovviamente no.
Non potrei mai esserlo, mi manca Tom. Non posso esserlo fino in fondo, senza di lui.
Neppure Tom è felice senza di me. E lo capii davvero solo quando Andi mi passò un foglietto bianco piegato malamente a metà.
- era con i biglietti, ce li manda Bill.

Questo era il nostro segreto/adesso sono qui a nasconderlo da solo/non posso far nulla a parte leggere/i nostri nomi sul muro/e rimuoverli pulendo la pietra/avevo fiducia in te in ogni modo/ma non abbastanza da farti restare/mi giro e ho perso il mio terreno/vieni e salvami/sto bruciando, non riesci a vedere?/vieni e salvami/solo tu puoi liberarmi/vieni e salvami/salvami, salvami/eravamo distesi quando sognavamo/i nostri pianti erano finti?/vorrei che tu potessi negarlo/qui, oggi/il mio S.O.S. è alla radio/è l'unica possibilità per farti sapere/di cosa ho paura. Riesci a sentirmi?/vieni e salvami/sto bruciando, non riesci a vedere?/vieni e salvami/salvami, io e te, io e te, io e te/i muri si avvicinano/perdo i sensi/la tua ombra mi da la caccia/provo a sentire il tuo viso/non sei qui... sei qui?/vieni e salvami/sto bruciando, non riesci a vedere?

L’ho visto, Tom. Un po’ tardi, ma l’ho visto.
Ma Tom mi avrebbe capito?
perchè non provi a mettere da parte tutto ed essere semplicemente felice, Erin?
Andi ha sempre avuto ragione su un sacco di cose ed è sempre stato il primo a farmi aprire gli occhi su quello che desidero veramente. Su quello che voglio. Su quello di cui ho bisogno. Ed io sono veramente una stupida egoista.
Così eccomi qui, a fissarlo e sentirmi esattamente come avevo immaginato nelle mie peggiori ansie anni prima... di troppo. Quella cosa in più che comunque stona tra lui e il suo, di sogno. Inadeguata. Sbagliata. Opprimente.
Perchè lui è così bello che, davvero... io non c’entro niente con il suo mondo.
Così dò le spalle al tuo essere così splendente, tornando nell’ombra che orami mi sta tanto comoda.
E lo sento.
Il suo grido.
L’unica certezza di cui ho bisogno.
- ERIN!
 

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Capitolo 12
*** 21 anni (IV parte) ***


Viene. Viene di sicuro. perchè non dovrebbe farlo, insomma? Lei gli vuole bene. Sa che sta raggiungendo dei livelli massimi di stupidità anche per essere lui, vorrà fermalo. Le ho mandato anche quella canzone. Sono sicuro al cento per cento che lei ha capito che l’ha scritta mio fratello. Sa riconoscere la sua scrittura, inoltre era piuttosto evidente, considerando le parole. L’ho trovata la settimana scorsa nella sua valigia, in mezzo ad un paio di spariti, e Tom mi ha guardato come se l’avessi beccato a pisciare in chiesa.
- è davvero bella.
- è patetica e poi è una vera cazzata. Buttala via.
Certamente.
Ne ho fatte due copie. Una per me, perchè nel frattempo ho deciso che sarà inclusa nel nostro prossimo album, e l’atra l’ho spedita a casa dei miei amici a Monaco con due biglietti per stasera. Ho anche sparso la voce tra i buttafuori che se arrivano due dicendo di chiamarsi Erin ed Andreas, di portarli ai camerini nostri. Non ho detto niente a nessuno, ovviamente neanche a Tom, quell’idiota mi avrebbe insultato e, per come affronta tutte le situazioni con lei, sarebbe perfino arrivato a darsi malato o addirittura a scappare. A gambe levate. Ma almeno una cosa l’ho capita in tutti questi anni: mio fratello va messo alle strette. Solo allora si decide a darsi una svegliata, a prendere una qualche importante decisione. Come una specie di animale da zoo.
Lo sa solo David, ma a qualcuno dovevo pure chiedere di recuperare i biglietti.
- credi che, se lei venisse, lui smetterà di comportarsi come una diva ubriaca e un po’ troia?
Beh, me lo auguro. Perchè se dopo tutta la fatica che ho fatto Tom riesce anche a sputtanare tutto, è la volta buona che lo ammazzo di botte.
Certo, sempre che Erin venga al concerto. O nei camerini, dopo. O che voglia parlare con lui, cosa non del tutto da sottovalutare. Per uno che ama una sola donna da praticamente sempre, in questi anni ha dimostrato la sua costanza ingroppandosi più o meno l’equivalente della popolazione germanica femminile. Ma Tom ha trovato nel sesso l’unico momento, mentre non suona, in cui riesce a non pensare a lei. O a quello che avrebbero potuto essere, insieme.
- smetti di fissarmi, Bill, o comincio a credere che tu ti sia preso una bella cotta per tuo fratello. Egocentrico come sei non me ne stupirei neppure, considerando abbiamo la stessa faccia.
- il mio neo è sul mento ed è uno di bellezza. Il tuo, sulla guancia, sembra un brufolo.
Divago, perchè effettivamente non sono mai stato bravo a gestire queste situazioni, mantenere un segreto con Tom intendo. O un segreto in generale.
Quando finisce il soundchek andiamo tutti a farci una doccia e a cambiarci. Io passo davanti allo specchio almeno due ore e mezza, un pochino di più del solito, ma sta volta non solo per ego... ma è che sto cercando di evitare tutti. Sono un libro aperto anche per il mio cane, figurarsi per il mio gemello!
Ci rivediamo in sala comune solo quando manca mezz’ora all’inizio del concerto e io tremo palesemente come una foglia, in preda all’ansia.
- ti stai cagando sotto Kaulitz?
Mi domanda Gerog e lo fulmino immediatamente con lo sguardo.
- no, cretino. è il nostro ultimo live del tuor, questo. Sono un po’ emozionato e basta.
Fortunatamente mi credono tutti all’istante, sanno che sono un tipo estremamente emotivo.
- ehi Tom... ma Erin non vive qui, adesso? Pensi che venga?
Ecco, Georg è invece un tipo decisamente stupido. Punto e basta. Sto per saltargli al collo e strozzarlo quando sento Tom ridacchiare, continuando imperterrito a giocare a ping pong con Gustav.
- non verrà. Questa è una storia vecchia, lo sai.
Oh, bravo. Che gran figo.
Considerando il fatto che la consideri così tanto una storia vecchia, devo immaginare tu a ping pong faccia improvvisamente pietà, visto che hai miseramente perso contro uno che, al massimo, la pallina se la vuole mangiare.
- dieci minuti, ragazzi. Dai, è ora di andare.
Ci dice David, spuntando con la testa dalla porta,
Quando saliamo sul palco mi rendo conto che, nel mio geniale piano, ci sono un paio di pecche di troppo per poter funzionare davvero.
Primo: Tom stasera deve suonare chitarra e pianoforte a intervalli di tre secondi, sicuramente ha il tempo di guardare la platea e trovarci il viso di Erin. Già, perchè mio fratello in questo anni ha anche deciso di imparare a suonare piano e batteria, pur di tenere la testa occupata.
Due. lo stadio ha la capienza di 12575 persone. E noi l’abbiamo riempito.
Se lei non viene nei camerini dopo è stato ufficialmente una idea di merda. Sempre che riesca a passare prima di una folla di impazzite fan che vogliono palparci il culo appostate fuori.
Lo dicevo io che nella vita potevo fare solo il cantante. è l’unica cosa che so fare.
Appena si accendono le luci un boato ci accoglie e subito la batteria di Gustav comincia a suonare, così non ho neanche il tempo per insultarmi. Lo faccio tra un pezzo e l’altro, mentre prendo fiato, comunque.
Per tutti il tempo spio mio fratello con la coda dell’occhio. é concentrato e la sua espressione è seria, mentre suona senza quasi riuscire a guardare la platea. Vorrei anche avvicinarmi, ma è arrabbiato con me, anche se ad alta voce non me l’ha mai detto. C’è l’ha  per via della telefonata che mi ha fatto Erin mentre lui era in ospedale. Per il fatto che non gliel’ho passata, per cosa le ho detto... per non essere riuscito a sentire la sua voce. L’unica cosa che mi ha detto è stata “se è tanto preoccupata, poteva anche venire qui”. Poi si è zittito sull’argomento come al solito. Probabilmente si è sentito in colpa per quelle parole e pure per aver fatto quella immensa cazzata, ma è talmente scemo che non è un grado di condividere con nessuno, nemmeno con me, quello che gli passa per quella ridicola testina di cazzo che si ritrova.
Ce la siamo cavata alla grande stasera, nonostante tutti i pensieri che avevo sia io che mio fratello. Perchè si, l’idea di suonare a Monaco l’aveva agitato eccome. Si può comunque dire che “abbiamo tirato giù tutto”, come dice Tom. Normale, per persone che vivono su un palco da dieci anni ormai? Sarà anche così, ma io davvero ci lascio tutto il mio cuore ogni volta, come se fosse la prima. O l’ultima.
- grazie Monaco! Ti vogliamo bene! Siete stati gr...
Non riesco neppure a finire la frase che, mentre mio fratello mi strappa improvvisamente il microfono di mano per portarselo alla bocca, mi dò ancora una volta del cretino per non aver tenuto conto di un altra probabile conseguenza del mio sempre più intelligente piano.
La reazione di Tom, se mai l’avesse vista.
- ERIN!
Istintiva, fuori luogo e assolutamente cretina, ovviamente.
- ERIN!
Proprio così, due volte. Scandendo bene ogni lettera così che tutti i presenti possano sentirlo urlare il nome di una donna come un pazzo.
Cerco subito di guardare nella sua stessa direzione, ma non ci vedo niente, c’è troppa gente. Faccio per toccargli il braccio e dirgli di calmarsi che Tom fa una cosa ancora più senza senso di quella prima. Intendo saltare giù dal paco, scavalcare la sbarra e lanciarsi in mezzo ai fan, correndo come un indiavolato verso l’uscita dell’ala est.
E si scatena il putiferio immediatamente, perchè quando mi accorgo alcune fan che gli si attaccano ai capelli, tirandolo e di una che gli afferra il viso con forza, graffiandolo, io mi butto con lui tra la folla impazzita, seguito da Gerog e Gustav, cercando di salvarlo.
“I Tokio Hotel ammazzati da donne in calore dopo un concerto” avrebbero citato i giornali domani. Davvero une fine poco gloriosa.
Per fortuna che sono intervenuti provvisoriamente più o meno una trentina di bodyguard a salvare noi gruppo di coglioni.
Veniamo portati in camerino praticamente di peso e abbandonati lì in quelli che a me sono parsi due giorni, ma in realtà erano solo cinque minuti.
- ma vuoi vi siete del tutto ammattiti!
Ci urla contro David, sbattendo la mano sul tavolo al quale sono appoggiato, appena mette piede nella stanza.
- non urlare David. Sono traumatizzato!
Gerog ci ha rimesso la giacca in quel tuffo, Gustav ci ha rimediato un paio di sberloni che immagino volessero essere carezze. Per quanto mi riguarda, i miei capelli sono un vero disastro. E se mi si sono rovinati i pantaloni giuro che faccio un casino.
- tu ha un trauma dalla nascita! Ma Tom la deve avere sbattuta proprio forte la testa, cadendo dal seggiolone! Come si fa a fare una cosa così completamente imbecille come buttarsi in mezzo a donne fottutamente arrapate e capaci di uccidere per una toccatina?! E voi tre idioti pure dietro! Volevate rimetterci la pelle?!
Guardo mio fratello, che se ne sta seduto immobile con i gomiti appoggiati sule ginocchia, la testa china e le mani strette forte una contro l’altra da quando siamo entrati. Non ha più aperto bocca, dopo l’urlo di prima.
Ha due graffi sulla guancia piuttosto profondi che sanguinano po’ e la maglietta strappata sul collo. Gli occhi di un tossico allucinato sono comunque quelli che mi preoccupano di più. Sto per andare da lui e dirgli che probabilmente se l’era solo immaginata, ha solo creduto di vederla perchè tra tutta quella gente è veramente impossibile individuare solo una ragazza, e poi magari anche abbracciarlo un po’. Ma mi ricordo appena in tempo di una cosa... del fatto che, nel cortile della scuola a pausa, era sempre lui a saperci dire dove Erin sarebbe stata. Fu lui a trovarla quando la perdemmo in gita a Vienna, alle medie. Ed è stato ancora una volta Tom a scovalra, dopo le peggiore litigata che avevamo mai avuto da bambini e lei era scappata. Mio fratello ha sempre saputo dove cercarla. E, almeno su quello, non è mai sbagliato.  
E tutto questo mi viene in mente nell’esatto istante in cui  Andreas spunta dalla porta e mi fa un cenno di saluto con la mano come se niente fosse e, dietro di lui, vedo fare capolino la testolina biondissima di Erin. Mi lascio anche sfuggire un urletto entusiasta degno della più sfigata tra le popstar adolescenti. Ma ha funzionato, più o meno, la mia idea forse neanche tanto balorda.
- come avete fatto a passare?
Chiedo, dopo averli abbracciati con slancio entrambi.
- si è creato il caos, là fuori. Ci siamo semplicemente mischiati alle guardie e, quando ci hanno bloccati, abbiamo detto chi eravamo e ci hanno lasciato passare. Sei stato bravo a dire a tutti quelli della sicurezza che saremmo arrivati, se no rischiavo di venire calpestato a morte!
Non ho dato molta retta al resoconto di Andi, nonostante gli abbia fatto io quella domanda, perchè sono troppo concentrato ad osservare Erin decidersi e finalmente mettere un piede davanti all’altro e avvicinarsi a mio fratello, ancora fermo dove l’avevo lasciato.
Ha alzato la testa, adesso però, e tiene la bocca leggermente socchiusa. E la fissa con gli occhi sempre più spalancati. Quando lei gli si ferma davanti e sono sicuro che stia per dirgli qualcosa, lui la anticipa.
- mi sono tagliato i capelli.
Fa davvero uscire tutte le prime cazzate che gli passano per il cervello, quel ragazzo.
Erin però si mette a ridere, e riconosco la stessa risata limpida e fresca che aveva anche da piccola, quando lui diceva una delle due scemenze, tanto per tirarci su di morale nelle giornate di merda o alleviare la tensione. La vedo inginocchiarsi davanti a lui e posargli lentamente le mani sopra le sue, prima titubante, poi con fermezza.
- vorrà dire che, quando ne sento il bisogno, ora cercherò le tue mani.
Tom, a queste parole, sembra finalmente risvegliarsi dalla stato di apatia in cui era finito. Scivola lentamente giù dal divanetto, fino a trovarsi seduto esattamente difronte a lei, alla ragazza che ha sempre voluto e affonda piano il viso nei capelli biondi di Erin, dove finalmente vedo il viso di mio fratello rilassarsi, dopo tanto tempo. Il sorriso che gli spunta sulle labbra è quello più sincero che io gli abbia mai visto.
Sento appena Gustav arrivarmi alle spalle e tirarmi per un braccio, concentrato come sono su quell’immagine bellissima alla quale siamo stati tutti invitati.
- usciamo, Bill. Lasciamoli da soli, adesso.
- ma c’è la conferenza stampa! - urlacchia nervoso David.
- ce ne occuperemo noi - gli risponde Georg, dandogli una sonora manata delle sue sulla spalla - diremmo che la troia è diventata schizofrenica. Ci crederanno tutti, infondo normale quello lì non lo è mai stato.
Sono titubante appena un paio di secondi, perchè le ultime due volte che li ho lasciati da soli in una stanza è finita con un cuore a pezzi. Una a testa, precisamente.
Ma, mentre mi volto per dare un ultima occhiata prima che Andi chiuda la porta dietro di noi, mi accorgo dei loro visi che si cercano con un leggero sfiorarsi di guance, le mani ancora cinse una con l’altra. Il bacio che si scambiamo è talmente sincero che mi metto pure a piangere.
Perchè nessuno di loro due lo farà, anche se di gioia.
Perchè sono un coglione e una scema.
E io quello cretino che piange sempre per primo.
 

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Capitolo 13
*** 21 anni (V parte) ***


Quando, tempo fa, lessi sul programma che il nostro ultimo live sarebbe stato a Monaco mi sono chiesto chi diavolo l’avesse deciso e se io per caso gli stessi proprio sul cazzo. Poi ho avuto quello che si può definire una specie di attacco di panico, neppure tanto leggero. E mi sono ubriacato talmente tanto che la ragazza che avevo rimorchiato quella notte è dovuta correre nella stanza di Bill e farlo venire a darmi una mano a vomitare tutto il mio essere così patetico. Mi è andata anche abbastanza bene ad avere con me una sana di mente, considerando la sfiga nera che ho avuto con alcune delle tipe che ho tirato su recentemente. L’ho pagata abbastanza cara comunque... Bill non mi ha parlato per un po’ e David voleva mandarmi in comunità. Ci ho discusso un bel po’ su quello, ma alla fine l’ho spuntata con un paio di moine di troppo e lui che ha decretato che si, sono troppo idiota per essere un caso recuperabile.
Ma avevo davvero il fottuto terrore di venire in questa città, di rischiare di vederla, anche se non l’ho detto a nessuno, perchè di questa cosa in sincerità me ne vergogno un po’. E no, non l’ho dimenticata neppure per mezzo secondo quella bellissima stronza, ma questo non vuol dire che io sia più masochista o ottuso di quello che sembra. Capii perfettamente quello che Erin intendeva dirmi quel giorno, tre anni fa. Non l’ho neanche odiata più di tanto, più che altro ce l’ho avuta con me stesso. Cazzo, con tutte le cagate che io le avevo fatto passare negli anni prima, non potevo proprio permettermi di recriminarle niente. Ho anche pensato che avesse ragione, che avesse fatto bene. Che non era il momento giusto per noi. Ci ho anche creduto per almeno un mese, sono stato piuttosto in gamba in quello. Poi ho scopato con quella ragazza, mi pare si chiamasse Karin, ma non sono mai stato bravo con i nomi. Sarebbe meglio comunque dire che mi ha scopato lei. Sembrava tanto tenera e piccolina all’apparenza... ma arrivati in hotel mi ha legato le mani e montato fino al giorno dopo per poi prendere la sua borsa ed andarsene come se nulla fosse successo. Grande, direbbe qualcuno. Oddio, lo direi anche io in realtà in un altra occasione... se non fosse che era la prima che ho avuto dopo quella notte con Erin e dopo quella “cosa” io mi sia perfino messo a piangere come un patetico verginello chiuso in bagno. Ma è stato davvero troppo... troppo forte, troppo veloce, troppo duro, troppo senza sentimenti, troppo... troppo alla Tom, vacca troia. Perchè io sono sempre stato una vera puttana da monta, lo so. Ma fare l’amore mi aveva fatto capire a fondo che non c’è nulla di più bello che si può fare in due. Così intenso come lo è stato farlo con Erin, almeno. Capii quel giorno che mi era assolutamente impossibile considerare anche solo l’idea di fare l’amore in quel modo con un altra ragazza. Ma, al contempo, sapevo bene di non avere alcun diritto di catapultami a Monaco, entrarle in casa, caricarmela in spalla come un uomo delle caverne e portarla via con me. Perchè lei ci sarebbe pure venuta, se glielo avessi chiesto. Ma non era giusto. Non è così che doveva andare. Volevo una cosa pulita, almeno per quel che riguarda noi due. Così ho deciso di aspettarla. E le cose sporche di farle solo con altre donne delle quali non mi importava un beato cazzo di niente.
C’è stato solo un momento in questi anni in cui stavo per mandare a fan culo tutti i miei buoni propositi e correre a rapirla. è stato quando ho beccato Bill al telefono con lei e ho sentito la sua voce. Sono quasi impazzito e mio fratello ha dovuto implorarmi del non fare altre stronzate, che se lei era pronta a tornare da me lo avrebbe fatto lei stessa. Mi sono fermato, ma a quel punto credevo comunque che probabilmente era troppo tardi per noi. Mi sono detto di andare avanti, una volta per tutte.
Poi questa sera, appena abbiamo finito il live e ho avuto un attimo per alzare gli occhi dalla chitarra, l’ho vista. Era lì... riconoscerei i suoi capelli tra un miliardo di persone, e mi accorsi subito che mi aveva girato le spalle, che se ne stava andando ancora una volta.
E l’ho gridato, il suo nome. Come un coglione mi sono lanciato tra la gente per corrererle incontro, stringerla a me e, diavolo, strisciare ai suoi piedi e implorarla di non lasciarmi.
Non mi è andata molto bene.
Non ho sentito quasi niente degli insulti che David mi ha tirato addosso pochi attimo fa, perso com’ero nei miei pensieri. Tutti di merda, ovviamente, perchè ero davvero convinto di averla spaventata e che lei da me non sarebbe tornata per niente al mondo, dopo l’ennesima scenata da idiota che le avevo fatto difronte a tutti.
“Tu non hai mai capito niente di quella ragazza” mi aveva detto Andi, quelli che mi pare fossero diecimila anni fa. Ma gli credetti allora, come gli credo adesso.
Perchè, quando mi decido al alzare la testa dal pavimento che sto fissando, la trovo stretta tra le braccia di mio fratello.
Bella. Tenera. Calda.
Li sento appena parlare, ma le parole non mi arrivano neanche al cervello, perchè sono troppo occupato a domandarmi che parole dirle, come dovei comportarmi... a trattenermi dal fare la solita figura del coglione e saltarle addosso e baciarla a morte.
Ma è lei ad avvicinarsi a me, dopo un eternità forse e, quando finalmente me la trovo davanti, le nostre ginocchia che si sfiorano, mi esce la cosa più scema che potevo dirle.
- mi sono tagliato i capelli.
Bravissimo. I miei complimenti, Tom.
Come se non l’avesse notato.
Ma, ancora una volta, Erin mi capisce. Capisce che sono un coglione, che mi dispiace di essermeli tagliati, che mi dispiace di aver cercato di dimenticarla così, che le sto chiedendo scusa... capisce tutto.
Le sua mani stringono le mie praticamente subito e lei sorride, come per dirmi che va tutto bene. Che staremmo bene. Che, diavolo, è tornata.
- vorrà dire che, quando ne sento il bisogno, ora cercherò le tue mani.
“Stiamo insieme, Tom. è il nostro momento”. Eccole lì, le parole che aspettavo. Le parole che ancora non riusciamo a dirci. Ma che, anche se mimetizzate, non vuol dire che siano meno belle.
Mi esce appena una specie di ringhio di frustrazione dalle labbra quando letteralmente mi sciolgo addosso a lei e la abbraccio stretta. Ed Erin è ancora così morbida... e mi domando se sia davvero mai cambiato qualcosa, tra di noi, da quella notte. Se lei cambierà mai. Se io cambierò mai. Sono già passati tre anni, ma il nostro legame... cazzo, è ancora talmente forte?
Cerco le sua labbra e le trovo già socchiuse, pronte a prendermi. Pronte a ricominciare tutto d’accapo.
Ha lo stesso sapore. Lo stesso di quando aveva dodici anni. Lo stesso di quando ne aveva diciotto, ed era mia.
Ma noi, alla fine in tutto questo tempo, siamo davvero cambiati? Siamo cambiati da quando avevamo otto anni e lei è arrivata nel mio cortile con quel vestitino a fiori e io mi atteggiavo da duro?
- ci hanno lasciati soli...
Sussurra Erin, appena sotto la mia bocca, ridacchiando.
Mi accorgo solo adesso che la stanza è rimasta vuota e che noi due siamo seduti per terra, stretti uno all’altra, come due cretini.
- risultiamo così patetici? - le chiedo, ridendo pure io.
Lei fa spallucce, nel suo solito modo altezzoso e indifferente - è importante?
Le tiro una ciocca di capelli, sbuffando - sei scema?!
Erin piega la testa di lato, appoggiandosi sulla mia spalla, evitando il mio sguardo. ma so benissimo che è arrossita - si. Sono scema.
- se è per quello io sono un coglione - rispondo immediatamente, puntandomi un dito al petto.  
- bella coppia...
- siamo una coppia?
Si irrigidisce sotto le mie braccia e vorrei tirarmi una sberla da solo. Voleva essere una specie di battuta... ma a quanto pare la mia famosa simpatia è andata a farsi fottere quando l’ho rivista.
- tu credi che potrebbe funzionare?
Sospiro - non lo so, Erin. Voglio che ci proviamo per davvero, questa volta.
Lei sorride e sento i suoi muscoli rilassarsi. Credevi che ti avrei riposto in un altro modo? è più paranoica di quello che avessi mai immaginato questa scema...
Si drizza piano e cerca di nuovo il mio sguardo, posandomi una mano, quella libera dalla mia, sulla guancia.
- ti hanno graffiato.
- non me ne sono neanche accorto...
- ma a parte questo... tu stai bene, Tom?
- adesso si.
- non fare mai più niente di così scemo, allora.
Capisco immediatamente a cosa si riferisce e annuisco, ridacchiando per smorzare la tensione- ci proverò. Ma non farlo neanche tu.
Alza un sopracciglio - cosa intendi?
- lasciarmi.
Mi bacia quasi di scatto- arrivati a questo punto credo mi sia impossibile anche solo il pensiero. Ma tu dovrai capire molte cose di me che ti ho tenute nascoste.
Alzo un sopracciglio - tipo?
- io sono davvero una irrecuperabile orgogliosa... sono arrogante... voglio sempre avere ragione... ho bisogno dei miei tempi e dei miei spazi e non sono per niente ragionevole su questo...
Rido ancora, accerezzandole le spalle magre - questo lo sapevo già benissimo. Siamo molto più simili di quello che appare...
- ma sono anche un tipo davvero geloso. Non ho intenzione di dividerti con nessuna.
Sospiro ancora una volta, cercando le sigarette nelle tasche dei jeans.
- se ho te, delle altre donne non so che farmene - l’accendo e faccio un lungo tiro - sinceramente sono quasi offeso da questa tua paura...
Lei mi dà una spinta, neanche tanto leggera e arriccia le sue belle labbra - beh, dimostralo, idiota! In questi anni sei stato piuttosto chiaro nel dimostrarmi che scopare è l’attività che preferisci al mondo!
La guardo dritto negli occhi, serio, perchè voglio che questa cosa la capisca molto bene.
- la cosa che preferisco è fare l’amore con te.
E lei arrossisce immediatamente, così mi ricordo che ad Erin discorsi del genere l’hanno sempre messa in imbarazzo. E rido di nuovo forte, perchè in questo ci compensiamo benissimo. Io non parlerei d’altro!
- poi amo anche tanto la mia musica... ma se posso avere entrambe sono a posto.
- ovviamente. Ma sappi che pure io non voglio rinunciare al mio lavoro. Non voglio essere il tipo di donna che si fa mantenere o quella che ti insegue dovunque tu debba andare per il tuo...
Spengo la sigaretta nel posacenere e cerco ancora la sua mano - troveremo il modo...
Erin mi spia per un paio di secondi in silenzio, prima di parlare.  
- mi piacciono lo stesso, i tuoi capelli...
E poi mi bacia improvvisamente, con una passione che non ho idea da dove l’abbia tirata fuori dal nulla, stringendomi forte a se e infilando la mano tra le mie trecce.
Potrei non smettere mai di baciarla, mi dico. Sa davvero di buono...
- tu non dovresti andare alla conferenza stampa, adesso?
Mi dice invece, quasi svegliandomi dai miei pensieri. Io mugugno scontento, affondando il naso nei suoi capelli e cercando la sua pelle, sotto la maglietta estiva. Ho voglia di lei. Ho voglia di lei da tre cazzo di anni...
- più tardi... - le sussurro all’orecchio, prima di prendere un lobo e mordicchiarlo.
Mi dà uno scapellotto in testa e mi allontana - non fare lo scemo, e fatti curare per il tuo perenne arrapamento! è importante e mi pareva di essere stata chiara riguardo a questo: non voglio assolutamente interferire con il tuo lavoro!
Mi lamento come un bambino di cinque anni al quale hanno tolto la torta di compleanno. Il paragone è anche piuttosto azzeccato tra l’altro... solo che Erin è più buona.
- ma sarà già iniziata...
- Tom! - sbotta.
Sbuffo pesantemente - va bene mamma... - dico, alzandomi pigramente- mi faccio una doccia e vado...
Me la devo fare per forza e non tanto perchè ho sudato sul palco... ma se mi presento con tutti i bollenti spiriti che mi sento addosso adesso mi prenderanno davvero per una bestia in calore. E Gerog mi sfotterà per il resto dei suoi giorni. Me lo vedo già: “fai tanto il figo ma non riesci neanche a fartela dare dalla tua donna!”. Eviterei volentieri. La presa per il culo, non la parte in cui me la dava.  
Entro in bagno, mi spoglio velocemente e, appena entro, lascio che l’acqua calda mi cada sulla faccia per un po’. Cerco di riprendermi da tutti gli avvenimenti che sono successi e provo anche a inventarmi qualcosa per motivare la mia scenata di prima sul palco, dopo il live. Non mi va che i fotografi comincino ad assillare Erin da subito e sono anche un po’ preoccupato che qualcuna delle mie fan cerchi di farle la pelle. Potrei dire che ho visto un fantasma... che ero ubriaco... che tale “Erin” è una che mi deve dei soldi... sono ancora occupato a valutare tutte le mie idee balorde, considerando l’idea di improvvisare un balletto per sviare il discorso, quando sento la porta aprirsi e un fruscio di vestiti che cadono a terra subito dopo.   
- Erin? - dico, quasi in un sussurro, deglutendo.
- sai, pensavo... - la porta della doccia si apre e lei ci si infila veloce dentro, sul viso una espressione serissima - che potremmo anche rimandare i buoni propositi a domani...
Scoppio a ridere. Perchè lei mi ha sempre capito prima di chiunque altro, ha sempre saputo di cosa ho bisogno, è decisamente meno timida di quel che sembra e.... beh, è bellissima. Io sono un porco. Ma se posso farlo con lei, direi che va benissimo così.
Così la tiro tra le mie braccia, lasciando che l’acqua ci scivoli addosso e, come l’altra volta, perdo immediatamente la testa appena la tocco. Perchè il suo corpo premuto contro il mio è tutto quello che ho sempre desiderato. Mi accorgo del suo piccolo tatuaggio, quello che ha sulla spalla, solo mentre le bacio il collo e lei mi accarezza i fianchi.
“12.08.2007”
Oh, Erin...
- io...
Mi mette un dito sulle labbra, sorridendo - lo so, Tom. Anche io. Tanto tanto.
Quelle due paroline... ce le diremmo prima o poi. Per adesso facciamo semplicemente l’amore, con l’acqua calda che ci scivola addosso, ripulendoci da tutti i nostri rimpianti, dalla nostra tristezza... da quello che ci siamo lasciati alle spalle.
Continuiamo a ridere e baciarci anche dopo, mentre ci asciughiamo a vicenda, mentre ci rivestiamo, mentre ci salutiamo prima di uscire dal camerino. Non possiamo arrivare al nostro pullman insieme, non vorrei imporle subito la stampa, così lei va avanti ed esce dall’entrata principale, mentre io prendo la secondaria, dove so che una marea di giornalisti mi aspetta. E continuo a sorridere come un coglione, perchè so che questa volta la troverò ad aspettarmi arrivato al pullman.
Infatti eccola là, la folla che mi aspettavo. Tiro un profondo sospiro e faccio segno di andare alle guardie del corpo che mi circondano.
- Tom, lei sta bene?
- è vero che ha avuto un attacco di nervi?
- consuma ancora droghe?
Si, sto benissimo. Più che un attacco di nervi era una crisi completa. Si, ho ritrovato l’unica droga che mi è indispensabile. Me le ripeto nel cervello le risposte che vorrei dare veramente, ma serro bene la mascella. Per il resto mi lascio spingere fuori e mi calo gli occhiali scuri sul viso, ignorando i giornalisti.
- Erin è una delle sue tante donne?
Ah... a questa però non posso proprio non rispondere anche se so che poi David mi appenderà per il collo ad un muro. Ma lei, forse mi sorriderà dicendo che sono un vero coglione, quindi non mi trattengo un secondo di più.
- no. Erin è la mia ragazza.
 

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Capitolo 14
*** 24 anni (I parte) ***


“Per essere del tutto sincero, non credo che questo sia qualcosa che io debba per forza dire a voi, ma siccome mi ci hanno costretto sarò molto breve. Si, Erin è la mia ragazza. Ho sclerato l’altro giorno perchè, per una serie di cose, tra di noi è andata veramente di merda per un sacco di tempo e non la vedevo da quando, tre anni fa lei mi ha piantato. Ma ora è tornata da me e non ho intenzione di fare niente per allontanarla di nuovo. E tantomeno voglio che voi la perseguitate e la facciate scappare. Voglio stare con lei da quando avevo otto anni. Tutto qua, quindi torniamo a parlare di musica, per favore, perchè il resto sono un po’ tutti cazzi miei e suoi.”

è stato questo quello che Tom ha dichiarato in diretta tv nazionale circa una settimana dopo che siamo tornati insieme. Ha scatenato un bel casino, questa storia. Voglio dire, nessuno si sarebbe mai aspettato che il “sex gott” finisse sul serio in una relazione stabile a soli ventun anni. Ne sono comunque passati altri tre dal quel giorno. Dal 20.08.2010, la data in cui sono andata da lui, la data in cui siamo ufficialmente diventati una coppia, la stessa data che lui si è tatuato sulla mano.
- non era giusto che solo tu avessi sulla pelle un giorno importate!
- non è una gara...
- lo so da me!
- ma tu non odiavi i tatuaggi?
- ho solo sempre avuto una fottuta paura degli aghi. Ma, per questo, ne valeva la pena.
Esattamente quello che penso anche io. Di noi, intendo. Ne vale la pena. Sempre.
Tre anni... qualcuno potrebbe anche dire che sono volati, ma non è per niente vero, Almeno per me. Stare con Tom a tutti gli effetti si è rivelato piuttosto complicato, come supponevo. No, non ho cambiato idea neanche un solo secondo, è solo che certe situazioni create sia da noi stessi, sia dalle fan, sia dalla stampa non ci hanno reso sempre la vita facile.
Di Tom, standoci insieme, mi sono resa conto che a tutti gli effetti un sacco di stereotipi che si dicono in giro sono veri. Tom fuma come un drago, non rinnega mai un paio di bicchieri di troppo, gli piacciono le feste dove può fare più casino possibile, è sempre circondato da donne ed è effettivamente il maschio più perennemente eccitato del mondo. Non che la cosa mi abbia mai infastidito più di tanto, non rischio certo di passare per una persona pudica neppure io alla fin fine, ma si può dire che a volte è completamente fuori luogo. Per lui saltarmi addosso al sicuro nei camerini o per strada, circondanti dalla folla, non fa la minima differenza. Fortunatamente io sono un pochino più realista di lui su queste cose.  
- voglio solo fare sempre l’amore con la mia donna, non vedo cosa ci sia di male!
Dice sempre lui, quasi offeso. Ha cambiato un pochino atteggiamento solo quando un fotografo ci ha beccati nella sua auto. Si, so benissimo che non è stata questa grande idea... ma non ci vedevamo da tre settimane e avevamo solo un ora di tempo per stare insieme, prima di un suo live. Abbiamo imparato ad accontentarci di qualsiasi posto e si, toccarci è per entrambi diventato indispensabile. Ci dimostriamo così un sacco di cose, un sacco di parole. Fatto sta che, quando ha visto quella foto su un giornale di gossip, si è veramente arrabbiato molto. All’inizio pensai che fosse perchè avevano invaso la nostra intimità e, quando glielo feci notare e gli dissi anche che potevamo anche aspettarcelo che prima o poi sarebbe successo, quel cretino se ne è uscito un una frase talmente scema e adorabile insieme che gli ho dato un pugno. Perchè c’era anche Bill e non potevo di certo saltagli addosso e strappargli la maglietta.
- e che cazzo, ora hanno visto tutti la tua espressione! Quella solo mia! Non mi sta bene per niente...
Tom è anche molto più tenero di quello che tutti si aspettano. è dolce a modo suo, almeno molto più di me, è protettivo, perfezionista, istintivo e davvero maldestro quando si tratta di questioni di cuore.
Come quella volta, il primo mio compleanno da quando stiamo insieme. Lui era in città ma io avevo dato la mia parola che mi sarei presentata ad una festa barra mostra di fotografia in centro. Era lavoro, per me, e su questo sono sempre stata intransigente. Avrei voluto che mi accompagnasse lui, ma c’era troppa gente e al tempo, per fortuna, i giornalisti non erano ancora arrivati a capire chi fosse la sua famigerata fidanzata. Alcuni si domandavano perfino se esistesse, tanto eravamo stati bravi a non farci mai beccare. Tom è stato sempre molto attento a proteggere il mio anonimato, aveva il terrore che potesse accadermi qualcosa.
- verrei, lo sai Erin. Ma se ci vedono insieme...
Io avevo sospirato e annuito, perchè sapevo anche da sola lui avesse ragione. E, siccome succede raramente, quando ce l’ha non mi va proprio di contraddirlo.
Si, ero triste. Mi sentivo anche un po’ sola... ma era meglio così. Non me ne sarei neanche mai lamentata con lui ad alta voce per il mio dannato orgoglio, ma anche perchè sapevo bene di mio che con Tom le cose sarebbero state così fin dal principio.
Ci andai, a quella festa e ci portai Andi, che fingeva anche di essere il mio ragazzo da un po’ di tempo, per non far insospettire alcune persone che sapevano della nostra amicizia. Lui chiamava il mio nome e quella della ragazza di Tom “una buffa coincidenza” con tutti. Ad Andi hanno sempre creduto tutti, ha un viso talmente limpido che sembrerebbe pessimo nel mentire. Sbagliato, ovviamente. Andi è molto più infido di quel che appare.
- ho chiamato Tom prima.
- perchè?
- perchè è l tuo compleanno e qui non ci dovrei essere io, ma lui.
- lo sai bene che non è possibile...
- già. Ma lo sapevi che quel pezzo di idiota non si era mai accorto che fai gli anni il giorno di san Valentino?
- non me ne stupisco. Comunque sai che non è il tipo da queste cose.
- speravo nell’incontrario, sinceramente. Comunque ho usato un altro sistema...
- che intendi dire?!
- che gli ho detto che questa è una festa quasi solo per coppiette e che io sono il tuo accompagnatore. E che se non si dava una svegliata ti avrei rubata a lui, prima o poi.
- che gran scemata...
- sarà... ma quel coglione del tuo ragazzo l’ha presa piuttosto male...
- ... quanto male?
Sentimmo in quell’esatto istante, neanche fossimo in uno stupido telefilm romantico, gli urletti di un gruppo di ragazze all’ingresso e, mentre Andi scoppiava a ridere da vero stronzo, io mi mettevo le mani nei capelli.
- così tanto male che è arrivato di corsa... non lo facevo un tipo geloso...
Beh, si. Tom è un tipo geloso. Geloso, stupido, irrazionale, avventato... ma quella sera si era fatto largo tra la gente a spintonate fino ad arrivare a noi, aveva lanciato ad Andi una delle peggiori occhiatacce del mondo e poi mi aveva allungato una rosa, palesemente strappata da un giardino.
- se per te va bene, Erin... ho tutta l’intenzione di marcare il mio territorio...
- sembri un cane e lei il tuo albero...
- silenzio Andi! con te parlo dopo, merdone!
Si era inginocchiato davanti a me, posandomi le braccia incrociate sulle ginocchia. Sapevo di tutta la gente che ci osservava, che scattava foto, che allungava le orecchie per ascoltare... ma non me ne importava nulla. Vedevo solo Tom... io d’altronde ho sempre visto solo lui...
- ascolta... io so di non poterti dare una relazione normale... non potremmo mai passeggiare mano nella mano in centro, da soli... non possiamo neanche prendere un caffè in santa pace... ma io non permetterò mai che qualcuno ti porti via da me!
- Tom...
- lasciami fine! Ti prometto che verrò a tutti i tuoi compleanni, che ci sarò alle tue mostre, che questo Natale torneremo a Lipsia insieme e parlerò anche civilmente con tua mamma, che...
L’avevo baciato, lì in mezzo a tutti. Perchè la domanda che mi frullava in testa da un bel po’, quella fa faceva più meno “perchè non posso dire che sei mio?”, aveva avuto la sua risposta. “Perchè no?” potevo rinunciare anche a una parte della mia tranquillità, non me ne importava veramente nulla, se potevo avere Tom, anche alla luce del sole, fuori dal nostro piccolo paesino di campagna.
Lui fece un cenno del capo dietro di se, indicando il bodygard che aveva alle spalle e che cercava un modo discreto per portaci via da lì di peso ad entrambi.
- mi dispiace, ma ti toccherà girare per un po’ con Marcus alle spalle...
E aveva sorriso. E tutto era perfetto e bellissimo, perchè quando Tom sorride la stanza intorno a lui sembra illuminarsi e il mio cuore sentirsi improvvisamente sempre più leggero. Perchè Tom, per quanto tempo passi, quando sorride ritorna ad avere otto anni.
- andiamo a casa, Tom. Voglio stare con te.
- ti amo.
Quello è stato il suo regalo per i miei ventidue anni. Due semplici paroline che in realtà già sapevo benissimo... ma, sarà un luogo comunque, sentirselo dire è un altra cosa.
Abbiamo fatto l’amore, quella notte, nella mia piccola stanza da universitaria in una palazzina anonima, ma era tutto quello di cui avevamo bisogno noi due.
è stato un po’ più semplice, alla fine, vederci dopo quel giorno. Certo, i giornalisti avevano cominciato a seguirmi dalla mattina alla sera, ma quando si erano resi conto che era solo una normalissima fotografa alle prime armi, si sono stancati di me, per fortuna. Ho ricevuto un paio di lettere minatorie da alcune ragazze anonime, ma non è mai successo niente di più grave. Andi dice che ho un carattere davvero forte, ma solitamente Tom si mette a ridere come una scemo e dice:
- questa qui è semplicemente fredda come la roccia e non gliene frega niente del parere altrui!
Lui è anche quello che ha capito tutti i lati del mio carattere, anche quelli peggiori e ci ride su, facendoli sembrare sempre una cosa perfetta. Ecco, perfetta. Io mi sento così, da quel giorno di tre anni fa.
è stato un paio di mesi dopo quel giorno che, comunque, una delle mie paure si è avverata. E sto parlando del passato di Tom, del suo essere sempre circondato da donne che cercano di portarselo a letto e del mio essere una ragazzina gelosa e paranoica.
I Tokio Hotel erano in Spagna per ritirare dei premi agli MTv VMA e, quella sera, erano ospiti ad un programma musicale dove avrebbero lasciato un paio di interviste. Io, Andy, un paio di amici e uno Spotty ormai anziano che, nel frattempo, tenevamo noi, eravamo sdraiati sul divano a giocare a carte e gli ascoltavamo come sottofondo. Ricordo bene che l’intervistatrice era davvero carina e che Tom, quando aveva saputo di dover andare là aveva fatto una faccia strana. Non ci avevo dato peso, al momento... io sono una che si accorge delle cose solo messa davanti alla realtà. Ci devo sbattere la faccia, insomma.
- così ti sei fatto la ragazza, Tom...
- già
- e cosa ci trovi di speciale in lei?
Avevo poggiato le carte sul tavolino e cercato il telecomando per alzare il volume. Notai subito Bill che cercava di intervenire per sbloccare la situazione, ma Tom gli diede una leggera gomitata e si stampò in faccia il suo solito sorrisino malizioso.
- è quella giusta per me, tutta qua.
- conoscendoti può significare un sacco di cose... stai dicendo che a letto è meglio di chiunque altra?
- beh, direi di si...  
- meglio di me?
Ecco, la faccia lì l’avevo sbattuta per bene.
Andi aveva blaterato qualcosa simile a “pensa te sta puttanella” ma io ero concentrata a guardare gli occhi di Tom farsi duri, con quell’espressione cattiva che non si adatta molto al suo viso. Nello studio si alzava un brusio e io speravo da un lato mandassero la pubblicità, ma dall’altro sapevo bene che non l’avrebbero mai fatto. Cose così fanno odiens... e poi volevo anche vedere con i miei occhi come andava a finire.
- stiamo davvero parlando di questo ancora, Mila?
- non credi che qualcuna potrebbe riportarti al tuo vecchio stile di vita?
- ne dubito seriamente.
E in quel momento quella ragazza che lui aveva chiamato anche per nome, gli buttò le braccia al collo e lo baciò. In diretta. Fregandosene dei suoi sentimenti. Dei miei. Facendomi davvero male, al cuore, dove i lividi non si vedono per niente. Spensi immediatamente il televisore, come ultima immagine ricordo Bill che scattava in piedi e gliela toglieva di dosso. E l’espressone confusa di quello che è il mio ragazzo, ricordo soprattuto quella. Scoprii solo più tardi il suo fu solo uno schok, ma scema come sono ci lessi tutt’altro.
Io, da parte mia, ebbi la reazione in assoluto più idiota che si possa avere in un momento come quello. Una alla Tom, precisamente.
Salì sul primo aereo, una sola borsa sulla spalla e piombai in albergo da lui alle quattro del mattino.
Quando bussai alla porta, due colpi secchi, e lui mi venne ad aprire con indosso solo i boxer e una faccia assonnata io per un istante riuscì anche a pensare “lei è qui”. Che cosa brutta...
- Erin... ma che...
- mi fai entrare?
Tom si scostò lentamente dalla porta, stroppicciandosi gli occhi, prima di chiuderla dietro di se.
- che ci fai qui?
Mi disse, mentre io, dopo aver velocemente perlustrato la stanza con lo sguardo, mi voltavo a guardarlo dritto in faccia.
- va tutto bene?
Mi domandò, probabilmente notando che l’espressione che avevo io in faccia era quella di una pazza ammattita... di gelosia, diavolo! E no, non andava tutto bene. Mi fece arrabbiare ancora di più quella sua domanda, mi pareva talmente ipocrita e sufficiente da parte sua da mandarmi completamente fuori controllo.
Gli saltai letteralmente addosso, facendolo cadere sul letto, sovrastandolo con il mio corpo e cominciandolo a baciarlo con una tale enfasi da lasciare entrambi senza fiato quasi subito. Tom rimase per un attimo spaesato, poi rispose alle mie attenzioni con trasporto, fraintendendo completamente le mie azioni. Feci praticamente tutto da sola... mi alzai la gonna e mi spostai di lato le mutandine con la mano libera, l’altra era occupata a tenerlo fermo tirandolo per i capelli. E, appena libera dagli indumenti, me lo feci scivolare velocemente dentro, cominciando a muovere i fianchi sopra di lui.
- Erin... piano... ti fai male...
Si, volevo farmi male. Volevo dimostrare a me stessa che lui era ancora mio... che io era ancora la sua ragazza. Volevo punirlo per qualcosa che, alla fine, non era neanche colpa sua. Ma ero arrabbiata, gelosa, fuori di testa, paranoica e un po’ odiavo anche il fatto che non si fosse preoccupato della mia reazione, vedendo quella scena patetica in televisione.
Aumentai presto il ritmo e mi morsi le labbra quasi a sangue, per trattenere un paio di smorfie di dolore che mi ero causata da sola. Gli tenevo le mani puntate sul petto e spingevo, impedendogli di muoversi e non lo guardavo neanche negli occhi. Tom, quella notte, ebbe un orgasmo solitario... ma che solo poi mi accorsi fece molto più male a lui che a me.
- non te lo lascerà fare!
Gli urlai praticamente contro, ancora seduta a cavalcioni su di lui, il suo sesso ancora dentro di me. Serrai anche forte le gambe, per impedirgli di uscire... volevo trattenerlo lì anche a forza, dovendo.
- che diavolo stai dicendo?!
- andare via da me!
Il suo scatto fu immediato, scambiò le posizioni velocemente, ricordandomi che comunque vadano le cose io sono una ragazza e lui un ragazzo, che lui è più forte di me. Lo è sempre stato, e non sto parlando solo fisicamente.
- sei impazzita?! Perchè dovrei fare una cosa del genere?!
Solo in quel momento, mentre lui mi prendeva il mento con una mano costringendomi a guardarlo, i miei occhi incontrarono i suoi. Rimasi completamente spiazzata, perchè per una volta non era lui a non avermi capito per niente, ma bensì l’incontrario. Tom era arrabbiato sì... ma quella che gli leggevo negli occhi era principalmente paura. Spavento. Angoscia. Dolore. Panico.
L’avevo ferito. Di nuovo.
E così, come una patetica bambina che ha il terrore di perdere la sua bambola preferita, mi misi a piangere. Senza alcun freno... singhiozzando e gemendo, passandomi ripetutamente le mani sul viso cercando di nascondermi al suo sguardo. Ero davvero ridicola... volevo tanto fare la donna vissuta, ma alla fine io non avevo capito un cazzo.
Tom, invece, le cose le aveva molto più chiare delle mie in testa.
- io vado da nessuna parte, scema...
Lo disse con un tono di voce talmente dolce da darmi la nausea di me stessa, di quello che gli avevo fatto. Eppure continuava ad accarezzarmi i capelli e a posarmi leggeri baci sulle guance piene di lacrime salate.
- calmati adesso... Erin, calma...
- scusa...
- non è successo niente... sono qui io adesso...
- ti amo da morire Tom... e ho tanta paura...
Già, perchè fino alla fine è sempre stata quella la mia di verità. Il mio amore per lui... e tutto il male che avevo provato a separarmene. Il perchè non ero andata da Tom molto tempo prima... avevo semplicemente paura di ritrovarlo, per poi perderlo ancora una volta. E una terza... no, il mio piccolo cuore di neve non avrebbe retto.
- lascia che ti ami io, adesso, Erin.
è stata quella notte che io e Tom abbiamo dato veramente una svolta alla nostra relazione. Niente più bugie, niente più segreti, niente più parole non dette, niente più paure... è stato mentre lui ricominciava a muoversi delicatamente sopra di me, baciandomi ogni lembo di pelle e spogliandomi completamente, con i suoi capelli che mi scivolavano sul viso, che siamo diventati per davvero Tom ed Erin. Quello che dovevamo essere dalla prima volta che i nostri sguardi si sono trovati. Noi due, insieme.
Oggi ho ventiquattro anni.
Le cose non sono cambiate. Io sono sempre una scema che viaggia per il mondo a fare foto, lui un coglione che fa musica con gli amici di sempre ed è circondato da folle di ammiratrici adoranti. Ma è anche quello che, quando ha un attimo libero, mi telefona per dirmi che la stanza del suo albero è perfetta per farci l’amore tutta la notte.
Gli scatto l’ennesima fotografia, mentre lo osservo suonare la chitarra in quella che è la nostra casa, a Monaco, un piccolo appartamento che abbiamo preso l’anno scorso solo per noi due, la nostra piccola tana. Il nostro nuovo punto di ritrovo.
- è una nuova canzone?
Lui annuisce, con la faccia tutta seria e concentrata, quella che ha sempre mentre suona.
- ci sto lavorando... tu invece invece di farmi foto, che tanto lo so da me che sono bellissimo, potresti anche avvicinarti e darmi un bacio.
Faccio spallucce e lui si mette a ridere.
- sei davvero ostinata...
- parla lui parla...
Ma gli siedo comunque accanto, posando la testa sulla sua spalla. Sono io la prima a sorridere, questa volta.
- Tom... ti devo dire una cosa.
 

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Capitolo 15
*** 24 anni (II parte) ***


Tom ed Erin stanno insieme. E questo è ormai un dato di fatto.
Io ed Andi, da quando si sono decisi ad essere effettivamente del tutto sinceri uno con l’altra riguardo i loro sentimenti, facciamo a gara per prendercene il merito. Perchè solo una cosa ci è chiara, al momento: se fosse stato solo per loro due, saremmo ancora punto e d’accapo.
Riassumendo:
Io ho dalla mia il fatto che Erin si è avvicinata a Tom in quanto mia prima amica e la mia ormai “famosa” idea dell’improvvisata al concerto.
Andi punta tutto invece su anni di terapia che ha dovuto fare ad entrambi, un pugno a Tom e un paio di minacce di rubargli la donna. Inoltre conclude sempre che, a conti fatti, non gliene frega niente e che non capisce perchè ancora ci frequenta. Torna comunque all’attacco ogni paio di mesi, Andi è uno che adora vincere anche se, sostiene, combattere contro me e gli altri è troppo facile, a conti fatti abbiamo sempre torto.
Siamo d’accordo comunque entrambi solo su una cosa: quei due, insieme, sono davvero una coppia di imbecilli.
Passano da sembrare due erotomani, al non parlarsi per arrivare a sembrare un duo comico ad intervalli settimanali. La cosa la reputo un po’ inquietante, ma ho smesso di cercare di stagli dietro. Alla fin fine sembra sia io quello dei tre ad avere una discreta sanità mentale, nonostante quel che si dice in giro.
In questi quattro anni ci sono state un paio di occasioni che li comprendono che non riuscirò mai a dimenticare e che mi diverto ancora a raccontare a chiunque per prenderli in giro.
Come quella volta che Tom ed Erin invitarono a cena il padre di lei. Fu un idea di mio fratello, che mi blaterò qualcosa riguardo al fare le cose fatte bene. è molto più all’antica di quanto sembri per certe cose. Comunque, non che noi l’avessimo mai visto più di tanto, ma non ricordavo affatto fosse tanto grosso. Non intento grasso, ma proprio imponente. Tipo armadio a due ante. Tipo... una folla, ma in una sola persona. Quando Tom si trovò davanti quell’omone di più di due metri e almeno cento chili di muscoli e una faccia tra il serial killer e il sociopatico-cronico pensò in ordine due cose.
- io me la filo. E come ha fatto questo “coso” a fare una figlia come Erin?
La cena andò alla fine piuttosto bene, si raccontarono un paio di cose riguardo al nostro stile di vita come band, dell’ultima mostra fotografica di Erin e dell’appartamento che avevano intenzione di prendere insieme. Lui parve anche d’accordo su tutto, dicendo che erano grandi abbastanza per prendere certe decisioni e che per lui l’importante era solo che la sua bambina fosse felice. Davvero un tenerone, pare. Meno simpatico e amichevole si dimostrò quando, di punto in bianco, disse:
- gradirei comunque smettere di leggere di vuoi due che vi accoppiate in luoghi pubblici.
Tom praticamente si strozzò con la birra che stava bevendo, ma fortunatamente intervenne Erin alzando le spalle, al suo solito, e dicendo che al mondo tutti fanno sesso, anche gli animali, quindi lei non ci vedeva niente di così imbarazzante.
Ha davvero la solidità emotiva di un blocco di cemento.
L’anno prima, invece, ci prendemmo tutti una bella e meritata vacanza, una che io e mio fratello progettavamo di rifare da mesi. Alle Maldive, come quando avevamo diciotto anni e David ci aveva lasciati lì mentre lui si occupava di tutte le faccende burocratiche riguardo alla pubblicità e la stampa del nostro nuovo album, per evitare che noi facessimo solo casini. Quell’anno si auto-invitarono pure Georg e Gustav con le loro rispettive fidanzate di quel tempo, Tom ovviamente portò Erin e io... beh, io portai Andreas. Ed eviterei di commentare oltre questa cosa, perchè non è di alcuna utilità al mio racconto ed è pure un po’ deprimente.
Comunque... Erin in bikini è qualcosa tra il santo e il completamente porco che ci fece andare tutti fuori di testa. Andi si strozzò con il suo drink senza la minima dignità e perfino Gustav abbandonò per un paio di secondi il suo panino super farcito per rimanere a bocca spalancata.
- Tom, ho fatto ufficialmente una gran stronzata a lasciarla a te. Davvero, è quasi più bella di me! Quasi quasi la rivoglio indietro...
Neanche a dirlo, il mio caro gemellino non la prese per niente bene e praticamente si chiuse con lei nella loro camera per un paio di giorni, blaterando che non ci si deve fidare delle bestie affamate lasciate libere. Buffo detto da Tom, considerando che solitamente quello dell’allupato è il suo ruolo...
Riemersero quando Erin decise che si era comportato abbastanza da moccioso geloso e che aveva assolutamente bisogno di prendere un po’ di sole. Neanche a dirlo, si scottò il giorno stesso e Tom colse l’occasione per farla andare in giro coperta da un gigantesco pareo floreale per il resto della vacanza. Gran perdita per il paesaggio, devo ammettere.
Di quella vacanza mi rimangono dei bei momenti impressi nella memoria, a parte ovviamente le cosce di marmo della mia amica e il fatto che Georg era stato mollato per un barista cubano rosso di capelli di punto in bianco causando in noi l’ilarità generale.... ma non fatecene una colpa, non siamo mai stati un gruppo di persone molto sensibili. Quella notte però decise che solo una gran quantità di alcolici potevano sistemare il suo povero cuore martoriato, testuali parole, e quindi ci prendemmo un gran sbronza generale. La persona più divertente ubriaca si rivelò essere Erin, anche se prima di mandarla completamente fuori controllo alcuni di noi, ovviamente il sottoscritto in primis, rischiarono il coma etilico. Erin beve come una spugna... Tom la scusò dicendo che è per un quarto russa, anche se non è per niente vero. Capimmo di avercela fatta quando si mise a cantare a squarciagola “Untouched” delle Veronicas in piedi a bordo piscina, prima di caderci dentro e trascinare con lei il degno compagno, intento a sollevarle il vestito per non dico neanche fare cosa. La ragazza di Gustav, l’unica astemia del gruppo povera donna, dovette chiamare un bagnino a tirarli furori prima che si annegassero a vicenda, forse cercando di copulare o di picchiarsi. Io li avrei anche aiutati, ma ero occupato a svuotare il mio stomaco addosso ad una palma.
Voglio concludere il mio racconto con quello che, a mio parere, rimane e rimarrà per sempre l’aneddoto più ridicolo di loro due insieme. è successo solo un paio di settimane fa, mentre eravamo tutti riuniti davanti alla stampa per comunicare che avremmo a breve cominciato ad incidere un nuovo disco. C’erano parecchi giornalisti e, come sempre, io avevo preso il monopolio del microfono, stranamente senza neanche il supporto idiota di mio fratello, occupato a guardare nel vuoto per un motivo che ignoravo. Non male, infondo sono comunque il minore dei mali a pararle in pubblico, lo sostiene pure David e lui mi odia. Avevo ricevuto dall’inizio della conferenza solo un pallido aiuto da Gustav, che aveva blaterato qualcosa riguardo l’introduzione di nuove sonorità da parte sua, ma non parlando assolutamente del fatto che sono bello da morire nè del mio nuovo taglio di capelli, quindi poteva benissimo anche evitare di dare il suo intervento.
Porto i capelli biondissimi e lunghi fini alle spalle ora, se qualcuno se lo stesse domandando. Tom li ha anche lui lunghi, anche se quasi sempre raccolti, e ha li lascia liberi da treccine o rasta, segno che forse è maturato. Non è più biondo cenere ma castano scuro ormai, segno questo invece che sta invecchiando. Lui, non io. Io ho fatto un patto con il diavolo.
Stavo comunque dicendo, lasciando da parte per un attimo la faccenda estetica, che stavo rispondendo da solo alla valanga di domande dei giornalisti quando uno si decise a farne finalmente una anche a Tom. Non ricordo di preciso cosa, credo qualcosa riguardo al fatto che sapeva avesse imparato molto bene a suonare il pianoforte e si chiedeva se desiderasse inserirlo di più nel nuovo disco. Non è molto importante cosa comunque, perchè la risposta di mio fratello fu come al solito: non coerente, spropositata e assolutamente fuori luogo.
- io ed Erin siamo incinti.
Il giornalista, stoico, riuscì a commentare anche con un dignitosissimo - come, scusi? - mentre da parte nostra la reazione fu molto più plateale. Georg cadde dalla sedia, Gustav si accasciò sul tavolo allo stremo delle forze per tollerarci ancora, David dietro le quinte ebbe credo il suo terzo infarto, Andi tra la folla si drizzò in piedi urlacchiando come una vacca in calore ed io... io cercai lo sguardo di Erin infondo alla sala e, solo quando lei alzò le spalle con il solito sguardo impassibile come se fosse tutto normale lanciare una bomba del genere in un momento come questo, ebbi una specie di attacco di panico gracchiando che ero troppo giovane per cambiare pannolini. Mi ripresi solo quando Tom mi disse che non lo avrei dovuto affatto fare io, al massimo Andi, e allora mi lanciai addosso a mio fratello abbracciandolo stretto. Poi feci lo stesso anche con Erin... e insieme a lei strinsi forte anche le due piccole creaturine che le stavano crescendo dentro.
Gemelle. Anche loro.
Forse la storia si ripeterà.
Forse si, forse no.
Importa?


fine.



 

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Capitolo 16
*** epilogo ***


A 24 anni lei mi disse di essere incinta.
Ho riso, ho pianto un po’... mi sono anche agitato come uno scemo.
Erin mi strinse forte, dicendomi che era tutto ok, che eravamo ancora io e lei, solo con un qualcosina in più.
Mi andava bene? Si. Si. Si.
Ero contento? Non lo sapevo, mentirei a dire l’incontrario. Non me lo aspettavo. Forse non ero pronto, forse avevo paura... forse tutte queste cose insieme.
Ma lei era vicino a me, mi teneva la mano e leggevo nei suoi occhi chiari tutta la determinazione e la forza che me la fecero sembrare già una madre.
La madre di mio figlio.
Beh, la madre delle mie figlie per meglio dire, anche se questo lo scoprimmo insieme solo al terzo mese di gravidanza. Ce lo disse un medico paffuto che fu così gentile da non commentare neanche il pallore inquietante che avevano assunto le mie guance quando vidi quelle due specie di rane nuotare nella pancia della mia donna. Erin disse - sono perfette - e io non osai aggiungere altro. O contraddirla per carità... gli ormoni la facevano essere leggermente più isterica del solito in quel periodo e io sono uno molto affezionato alle sue palle.
Comunque aveva ragione, ovviamente. Avrei dovuto ricordarlo allora, Erin non sbaglia quasi mai. Quello, solitamente, sono io.
Infatti avevo torto... le due rane sono nate il 14 Novembre, fuori pioveva fortissimo ma io non riesco a collegare alle mie bambine altro che non sia la luce. Già, Kris ed Edith brillano.
E si, io le volevo. Tanto tanto da morire.
Andi mi proibì pure di fare una scenetta tipo re leone fuori dalla finestra ma io ero talmente orgoglioso di loro da non capirne il motivo. Solo quando Erin disse le parole “probabile bronchite” mi fermai... considerando che, probabilmente, ero assolutamente negato in quanto istinto paterno, ma fortunatamente mi ero circondato da gente che ne aveva in abbondanza. Perfino David era davvero bravo con loro, anche se sosteneva fosse solo perchè aveva passato anni ad accudire me e mio fratello e che di esperienza con i mocciosi ne aveva anche per le prossime sei generazioni di Kaulitz.
Bill era più ridicolo e imbarazzante di me. Perchè era occupato al contempo a dire che erano le bambine più carine del mondo e contemporaneamente nell’berciare quanto fossero stronze a scombinargli i vestiti.
Hanno quattro anni adesso.
Io ed Erin non le lasciamo mai da sole, seguono me nei concerti e lei viene con noi, facendo compagnia alla piccole dietro il palco mentre io suono. E stata a lei a mettere da parte la sua passione per il momento. Ho provato a parlarle, dicendole che potevamo fare a turni o che qualcosa ci saremmo inventati, che qualcuno che ci aiutasse l’avremmo trovato di certo. Ma è stata irremovibile. Le bambine erano sue ed era compito solo di lei in quanto madre crescerle. E che erano loro il suo sogno, adesso.
- siamo noi, la nostra famiglia ad essere il mio sogno, Tom. Forse lo sono sempre stato. Adesso l’ho capito.
Porta comunque la macchina fotografica sempre con se e abbiamo ormai almeno dieci album di foto loro e di noi insieme.
Io però ne ho una mia preferita. Me l’ha regalata Erin a Natale un paio di anni fa. La porto nel portafoglio sempre con me le la mostro continuamente a tutte le interviste, a tutte le persone che incontro con la mia solita espressione da padre orgoglioso e un po’ scemo.
C’è la mia famiglia ritratta, tutta la mia famiglia.
Bill, dietro di noi, fissa l’obbiettivo con un sorrisone da modello che non si toglierà mai dalla faccia, Erin è accanto a me e mi poggia una mano sulla spalla, in quel suo modo di essermi sempre vicino... delicato... costante... perfetto.
E poi ci sono io, in centro... con le piccole in braccio, Kris sulla destra ed Edith sulla sinistra. E, tutte e due, tengono tra le piccole manine ben salda una ciocca dei miei capelli.
Un dejavù.
Bellissimo.



davvero la fine.

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