Il Battito

di Alicecream
(/viewuser.php?uid=480117)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sangue nel Sangue ***
Capitolo 2: *** Il Buio ***
Capitolo 3: *** Fumanta ***



Capitolo 1
*** Sangue nel Sangue ***


Furono anni oscuri per Caos, anni che narrerò. Caos, un regno di cui nessuno ricordava la nascita. Un regno, in cui tutto poteva accadere. Governava allora il saggio re Klusmos III, mio nonno, noto per la sua grande capacità oratoria, riusciva a convincere chiunque delle sue idee. Si racconta che il popolo gioisse nel sentire i suoi discorsi.
Era un re e un uomo buono e giusto, e quando fu al termine della sua vita, decise di dividere il regno in tre parti, spartite tra i suoi figli: Iracon, Optimus e Febo.
Iracon era un uomo grande e robusto, non brillava di intelligenza, ma si guadagnava il rispetto altrui grazie alle sue grandi e sviluppate abilità in battaglia.
Optimus era mio padre, era discretamente alto, era il "principe sognatore" per il popolo, perché teneva molto ai princìpi che il padre aveva insegnato, aveva un carattere debole, ma era un uomo dal cuore d'oro.
Febo era il più piccolo dei tre, era scaltro e acuto, ma molto arrogante.
Klusmos aveva sempre cercato di mantenere la pace nel regno, e nella famiglia, riuscendoci per 40 anni. Diede tutto ai suoi figli, e li educò alla pace e al rispetto di ogni vita. Ma quando il re morì, iniziarono per Caos gli anni oscuri. Febo, il figlio minore, si impose come successore unico alla corona e cercò in tutti i modi di uccidere i suoi fratelli, tendendo intrighi e complotti a loro insaputa. E quando Iracon scoprì il tutto si infuriò e decise di dichiarare guerra al fratello.
I due avevano già preparato eserciti e armi, per affrontarsi, ma mio padre
si oppose alla loro folle lotta. Li chiamò nel suo palazzo, parlò loro e cercò di farli ragionare, ma questi non vollero sentire ragioni.
Lo ritenevano infantile per il suo carattere, per le sue idee di pace, e dopo giorni di continue suppliche di fermarsi, folli di odio che si rispecchiava nei loro occhi ormai non più umani, lo uccisero. Mentre uno lo teneva fermo, l'altro lo trafiggeva con un pugnale.
Mentre uno lo uccideva, l'altro lo scherniva.
Mio padre morì così, ucciso dai suoi fratelli, tradito dal suo stesso sangue.
Mentre la sua vita si spegneva, una lacrima solcò il suo viso. Percorrendo le gote, arrivando al mento e candendo a terra, la speranza moriva con lui. "Sorridi, ora Caos ha un problema in meno, sorridi fratello" quelle furono le ultime parole che mio padre sentì, mentre il suo ultimo sguardo fu verso gli occhi di suo fratello Febo, occhi che sembravano demoniaci, occhi di un uomo che sembrava felice nel vedere a terra il sangue.
Il sangue del suo sangue.


Note dell'autore:
Salve gente! Allora, inizio col dire che questa storia non è mia ma del mio migliore (o almeno penso) amico, che ha una fantasia.. come dire, eccentrica. Comunque, nonostante quello che dice, è davvero bravo a scrivere. Qualche recensione non gli farebbe male, insomma. Al prossimo capitolo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Buio ***


Dopo la morte di mio padre, Iracon uccise anche Febo.
Nessuno capì mai la ragione di ciò, alcuni lo definivano pazzo, altri troppo invidioso. Nessuno capì cosa avesse portato un uomo a uccidere i suoi stessi fratelli.
Iracon cambiò da allora, divenne sempre più duro e rabbioso.
Portò il regno alla miseria per le continue lotte e campagne militari che intraprendeva giorno per giorno.
Divenne un tiranno e il popolo inizialmente lo odiò, poi cominciò ad averne paura.
Alla sua morte, Caos tirò un sospiro di sollievo, credendo che nessun sovrano salito al trono sarebbe potuto essere più crudele di Iracon, che venne poi ricordato come "l'Omicida".
Iracon morì di un male senza origine che in molti definirono come "il prezzo del sangue", il sangue delle sue innumerevoli vittime...
Il re non aveva avuto figli, anzi per l'esattezza aveva avuto due figlie che però erano morte quando ancora erano in fasce, sorte toccata anche ai figli di Febo, che vennero uccisi nella culla, per ordine dello zio.
Io e mia sorella venimmo nascosti, tenuti segreti a tutti, per paura di nostro zio. Mia madre ci crebbe in una casa umile, nel folto della foresta, fino all'età di 6 anni, ovvero fino a quando mio zio fu in vita.
Mia sorella si chiamava Edor, che nella nostra lingua significa "odio di fuoco", il che la rappresentava benissimo, in quanto già da piccola sembrava provare avversione verso tutto e tutti, tanto da detestare e respingere anche me. Edor era nata 9 anni prima della mia nascita. In quanto figli di Optimus, fummo portati a palazzo, Castel Basileus, e venimmo istruiti alla vita di corte e al governo di un regno.
Si pensò di scegliere solo un sovrano per Caos, stavolta.
Venni scelto io, un bambino senza carattere, debole e pauroso. Ovviamente mia sorella si oppose in tutti i modi, e tentò di persuadere i Lord perché scegliessero lei. Ma forse fu proprio per questo che non la considerarono, per il suo carattere così deciso e determinato, un animo colmo di odio. Fu per questo che a 18 anni Edor abbandonò il palazzo, e giurando vendetta mi maledisse. Quel giorno pioveva a dirotto, anzi dal cielo sembravano cadere tutte le idee oscure che Edor aveva in mente.
Mentre la tempesta si abbatteva su Caos, mia sorella pronunciò parole, che trafissero la mia anima e la lacerarono più di quanto potessero fare i fulmini che si abbattevano sul mio castello.
"Fratello, crescerai salvo fino a 16 anni,
Seppur tra angoscia, intrighi e inganni.
Prima che il Sole oggi muoia, prometto
Di morte, sarà per chi più ami, il letto.
Vedrai poi il mondo sparirti dagli occhi,Prima che la sera degli anni l'orologio rintocchi,
Ghiaccio e neve domineranno il tuo cuore,
Mentre l'animo tuo fragil sarà come un fiore
Ti sfiderò all'alba del tempo descritto
Due anime l'Ade prenderà per diritto
E verso il passato io tuo sguardo sarà
Mentre all'oblio il tuo futuro, apparterrà."
Il suo spettro aleggiava dietro le mura, mentre io la guardavo dalla finestra della mia camera.
Quando finì di parlare mi guardò, e io mi sentii rabbrividire.
In quel momento, il respiro mi sembro mancare, il mio cuore si fermò. Buio.
Caddi a terra e quando riaprii gli occhi pensai che non fosse successo nulla, cercai di metabolizzare il tutto, mi guardai nel riflesso della finestra. Ma non credetti ai miei occhi, i miei capelli cambiarono, e alcune ciocche divennero bianche.
Pensavo di sentire il mio cuore battere, ma mi sbagliavo, era soltanto l'orologio a pendolo. Appoggiai la mano sul petto. Niente. Non sentivo niente. Restai in silenzio per qualche attimo, un tempo che sembrò eterno, mentre la paura mi consumava e si nutriva di ogni parte di me.
Mia madre entro velocemente in camera mia. Mi guardò, e il suo sguardo mi parve lo stesso di ogni volta che pensava a mio padre. Era atterrita e sembrava che stesse peggio di me. Lentamente si avvicinò e tremando mi prese la mano, gelida. Mi abbracciò, e mi disse qualcosa per tranquillizzarmi, anche se forse tentava solo di rassicurare se stessa. Non ricordo molto.
Mi sembrava di avere la testa fra l'ovatta. Sentivo le lacrime di mia madre scendere, come le lacrime di un angelo su un morto. Luce che cadeva piano piano per terra, percorrendo il mio volto.
Non ricordavo più nulla.
Non ricordavo il mio nome.
Mentre quella disperazione liquida scendeva.
Ma in quel momento, qualcosa accadde. Anche se non ricordo niente. So che quando riaprii gli occhi, mia madre era a terra, con un'ustione al braccio, e una lama nel petto.
Non sapevo che fare. Non capivo più nulla. Dopo poco arrivarono i domestici. E trovarono me, un bambino di 9 anni, che guardava il volto di sua madre morta, come gli scogli guardano le onde, con cui mai potranno vivere. Sentii delle grida disperate. E dopo... Buio.




Note:
Gente! Ho visto che non  avete lasciato nessuna recensione, il che mi dispiace, anche perché ricordatevi che recensire una storia senza recensioni vi da qualche punto in più. Comunque, spero che questo capitolo vi incuriosisca un po' di più. Mi farebbe piacere se lasciaste qualche parere, anche consigli o correzioni, no problem. Grazie a tutti e al prossimo capitolo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fumanta ***


NOTA:
Grazie a quelli che hanno letto i primi due capitoli :)
Spero che questo vi incuriosisca.
Lasciate qualche recensione, farebbe piacere.
Buona lettura.


Mia madre era morta. Ero solo ora.
I domestici, i Lord e i Signori se ne andarono da palazzo, credendo che fossi un essere crudele, tanto da uccidere mia madre, e che avessi un animo malvagio.
Volendo avrebbero potuto uccidermi, ma forse, per paura, non lo fecero. Una legge del regno imponeva che l'erede al trono dovesse rimanere in vita, poiché per destino doveva regnare.
Probabilmente fu per questo motivo che mi tennero in vita. Decisero di rinchiudermi nel palazzo.
Ero prigioniero nel mio stesso castello. Dicevano che così facendo il mio animo sarebbe tornato limpido e puro, e al momento giusto avrei potuto governare Caos; nel frattempo loro si occuparono del regno.
Due volte la settimana i Lord mi scrivevano una lettera per avere mie notizie, nessuno aveva contatti diretti con me.
Avevo 10 anni ormai. Non sapevo quasi nulla sul mondo, mia madre era morta, non ricordavo il mio nome, sembrava che nessuno lo rammentasse, ed ora ero solo. Nei miei giorni in solitudine, cominciai a studiare i libri antichi di Caos, per cercare risposte a ciò che mi era accaduto: la maledizione di mia sorella, la morte di mia madre, la mia prigionia...
Non so perché, ma venni ispirato dai libri e dai tomi che trattavano la magia.
Sapevo che ognuno di noi ha un potere dentro di sé, che poteva essere controllato; almeno, così mi era stato detto. Sapevo che era tutto vero, e ne ebbi la conferma quando scoprii che ogni uomo a Caos aveva un potere più o meno grande.
Intanto Edor aveva costruito un suo maniero, vicino alla foresta buia. Il suo castello era fatto di fuoco. Risplendeva giorno e notte, come una torcia gigantesca, fatta di pietre d'ambra affusolate e intrecciate, e lingue di fuoco, un fuoco che non si spegneva mai.
Quel fuoco era dominato da Edor.
Quel fuoco era il suo odio.
Edor non usciva mai dal suo palazzo, si pensava che stesse architettando qualcosa, e stando a ciò che aveva predetto, non mi avrebbe fatto nulla fino ai miei 16 anni, anche se questo non mi rassicurava.
Ogni giorno mi esercitavo, per trovare dentro di me il mio potere. Ma non ci riuscivo mai...
Un dì, quando avevo 11 anni, vidi dal balcone della stanza più grande del palazzo, che si affacciava sulla città, una bambina che sembrava avere la mia età, correre per la strada inseguita da un uomo. Correva più forte che poteva, ma presto l'uomo l'avrebbe raggiunta.
Era alla fine della strada e arrivò al castello, non aveva ormai via di fuga.
L'uomo sorrise, era in trappola, ma lei non si diede per vinta, attraversò gli spuntoni di roccia che circondavano il maniero che si ergevano attorno alle mura de palazzo e si arrampicò con l'agilità di un gatto sulle le mura, poi per un attimo non la vidi più.
Riapparve, correndo per il cortile, si arrampicò ancora è giunse alla finestra del primo piano.
Era straordinario come un essere così piccolo potesse avere tanta energia e agilità. Corsi al primo piano.
Era seduta su un divanetto. Mi fermai vicino alla porta, avevo paura. Era la prima persona che vedevo dopo tanto tempo di solitudine. Mi seccava la gola e tremavo, ma poi mi convinsi che era ridicolo che facessi il timido in casa mia.
Mi feci coraggio e mi diressi verso di lei.
Mi guardò, sembrava che mi stesse studiando, poi sorrise."Ciao, io sono Jaz !"
Mi sembrava strano come potesse parlare con così disinvoltura a un estraneo.
"Perché mi parli ? Non mi conosci neppure" dissi io. Lei sembrò confusa.
"Tu non sai chi sono vero ?" Continuai.
"Sei un amico che ancora non conoscevo", quelle parole uscirono dalla sua bocca in maniera così sincera e vera, che mi colpirono e mi persi per un attimo, per cercare di capirle.
"Tu non hai paura di me ?" le chiesi,"Perché dovrei ?" fu la sua risposta.
Avevo passato tutto quel tempo a nascondermi da persone che mi temevano o mi odiavano, e anche io mi ero convinto di essere un mostro.
Ma in quel momento tutto crollò."Non lo so" esitai un momento. "Io ... Non ho un nome" dissi allora con un filo di voce, "Non ha importanza, ne troveremo uno" disse sorridendo.
Le chiesi perché stava scappando, e lei mi confessò di essere una ladra.
Una parte di me voleva rimproverarla, ma poi mi convinsi che in fondo non sapevo sulla sul mondo fuori dalle mura e perciò zittii i miei pensieri.
Mi disse di essere orfana e di non avere scelta.
Quel giorno aveva rubato un ciondolo al mercato, ed era stata scoperta. Eravamo simili.
Diventammo subito amici, e mi regalò quel ciondolo. C'era un incisione, ma lei non sapeva leggere, mentre io, avendo ricevuto la migliore istruzione da illustri precettori fino a qualche anno prima, sapevo leggere e scrivere molto bene.
Era scritto nella nostra lingua, "Fumanta" lessi."Amati" ripeté lei.
"È un bel messaggio, ricordalo sempre".
Era incredibile, in poco tempo mi aveva insegnato più lei che ogni libro che avevo letto fino ad allora.
Alla fine mi disse: "Ti chiamerò 'Goes', 'nuovo amico' ".
E quel suo sorriso mi contagiò, per la prima volta dopo tanto, sorrisi.
Non ero solo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2474434