Lilian's life

di julierebel17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jeans strappati ***
Capitolo 2: *** Boobs and beer! ***
Capitolo 3: *** Andare oltre... ***
Capitolo 4: *** Te l'ho mai detto? ***



Capitolo 1
*** Jeans strappati ***


“Lilian alzati, sono le sette e venti”
“Mamma è sabato”
“Appunto, sbrigati che fai tardi a scuola!”
L’urlo di mia madre è così forte che quasi cado dal letto.
Ah si, il sabato ho scuola…che ebete.
Mi alzo in fretta e corro in bagno.
Doccia veloce, pettinata altrettanto frettolosa. Ho tipo venti minuti per truccarmi, vestirmi, preparare la cartella e fare dieci minuti di strada per arrivare a scuola.
La gente normale come me, fa così, no?
Riga spessa di eye-liner, effetto panda assicurato…mi compiaccio dei miglioramenti nel tracciare linee precise sulle palpebre.
Pochissimo fondotinta, leggero velo di cipria, blush.
Chili di mascara.
Due piccoli diamantini azzurri spuntano tra quelle righe nere, beh, direi che i miei occhi si vedono, più o meno, sono a posto.

Mi vesto in un lampo.
Pantalone nero così strappato che mi si vedono quasi le gambe per intero.
Maglia qualsiasi trovata in giro per l’armadio (?), felpa enorme e qualche accessorio.
Collane con teschi ma per lo più cinture e robe così.

Sono le otto e cinque, sarei dovuta essere in classe cinque minuti fa.

Preparo la cartella volando:
“Ciao ma!”
“Lilian ma quel pantalone! Va a cambiarti!”
Non ha il tempo di dirlo che mi son chiusa la porta alle spalle.

Corro a più non posso e come previsto, mi ritrovo fuori scuola alle otto e un quarto, senza fiato e per giunta con il vice che mi manda in presidenza.

“Signorina Ferguson in presidenza!”
“Signor Grey mi lasci spiegare…io…mia madre sta male e…”
“La smetta con le scuse. In presidenza. Lei in classe non ci entra finché non parla con la preside”
“Ah dannazione!”
Tiro un calcio al cancello.
A quanto pare, la preside mi adora dato che sono nel suo ufficio almeno due o tre volte alla settimana.
“Cosa sono queste imprecazioni?! Vuole un bel rapporto?! Sa cosa significa all’inizio del quinto anno avere un richiamo scritto?! E mi faccia il favore di coprire quelle gambe per una buona volta.
Non è una cubista, è una studentessa e fino a prova contraria, le prostitute battono in strada, non in un istituto scolastico!”

Ovviamente la voce del vicepreside si sente così chiaramente che tutti gli alunni delle classi presenti nella zona “anteriore” della scuola si affacciano divertiti, con tanto di insegnanti per osservare la scena da soap opera.

Con tanta nonchalance e sicuramente una quantità ancor maggiore di pazienza gli passo accanto dicendo:
“Mi scusi, la cubista va in presidenza, sa mi ha fatto perdere cinque minuti e non vorrei fare tardi!”
Lo dico a voce alta in modo tale che i ragazzini di prima mi sentano e comincino ad applaudire mentre ai professori scappa un risolino.
 
Faccio un giro su me stessa, un inchino alle prime del piano terra e con sottofondo di urla entro diretta in presidenza.
Mi han ferita nell’orgoglio, ma non hanno capito che in questa scuola ci sto solo per obbligo e che sto aspettando la fine di quest’anno per diplomarmi ed andarmene.

“Buongiorno, posso? Vorrei andare in classe, sa com’è, è quasi passata la prima ora di lezione” dico acidamente alla preside.
“E lei signorina dove crede di andare con quello straccio addosso? Forse sua madre non ha denaro per comprarle degli abiti adatti?”
Mi sale il sangue al cervello.
Vorrei urlarle che è solo una vecchia zitella indispettita, ma evito.
“La prego di non tirare in ballo mia madre. Questo è il mio stile, a prima mattina stava per venire a prendermi giù per le scale per tirarmi via questo pantalone, ma non gliel’ho permesso.
Quindi non credo neanche le sue parole siano ADATTE”.
La vecchiaccia mi guarda con tono di sfida.
“Lei, in classe vestita così non entra, se vuole può accomodarsi fuori ed aspettare per il resto del giorno”
“Non posso tornarmene a casa? Almeno tolgo il disturbo visto che, a quanto pare, la mia presenza NON E’ gradita”
“Suvvia signorina, pochi capricci, dimentica chi ha il coltello dalla parte del manico, METAFORICAMENTE PARLANDO, sia chiaro. E’ entrata nell’Istituto quindi fino alle tredici è sotto la mia tutela.
Resti all’entrata, ci sono i tavolini, può sempre ripassare per domani, ammesso che lei studi”
“Certo, signora, studio eccome. Ho la media dell’otto e le assicuro che i voti son tutti meritati, ora mi scusi, ma devo andare.
Ah, sa, leggendo ho trovato una citazione molto simpatica:
"Al mondo ci sono solo due modi di elevarsi: o grazie alla propria operosità o grazie all’imbecillità altrui".
Carina vero? Buongiorno”.

Esco vincente dalla mia discussione dopo aver lasciato a bocca aperta la vecchiaccia.

Mi siedo nel corridoio, giusto fuori alla sua camera, con quest’arrabbiatura non ce la faccio proprio a studiare.

Allungo le gambe in avanti, mi stiracchio per un attimo, da seduta, chiudendo gli occhi e sbabababam!!!
Qualcuno inciampa sui miei piedi.

“Insomma che diavolo di modi sono?! Se ero in te, mi stendevo in mezzo al corridoio!”
Noto un ragazzo abbastanza alto, sicuramente magro, capelli neri abbastanza lunghi, evidentemente piastrati e con ciocche tinte di rosso fuoco.

I suoi occhi sono azzurri e la pelle chiara.

Ha due o tre buchi all’orecchio destro, un piercing al naso e due al labbro.

La sua voce m’indispone.

“Ma chi ti credi di essere per parlarmi così?!” gli faccio mentre lo vedo rialzarsi dal pavimento.
“Senti cara, modera i toni e piuttosto non fare tanto la scema con chi sta più in alto di te”

“Ancora continui? Tu? Dovrei avere paura di te?!”
“Di me no, mica posso bocciarti per cattiva condotta?”
“Ma che cazzo ne sai della mia condotta?! E chi saresti?”. Non l’ho mai visto in giro.
“Thomas Sterne, piccola ribelle. Ho visto la scenata col vice ed ho sentito la conversazione con la preside, devo parlare con lei di alcune cose. Mi sono appena trasferito in questo cazzo di paesino e questa scuola di merda quindi non ti ci mettere anche tu, sfigata”

Gli mollo uno schiaffo sulla guancia…con tutta la rabbia che ho.
Non permetto ad uno nuovo di venire nel mio territorio e chiamarmi sfigata, credendosi chissà chi.
“Senti pivellino, sfigata lo dici a tua sorella! Adesso origli anche le conversazioni, sta attento, potresti farti male, sul serio. Questa è zona mia!”
“E pisciaci, così marchi il territorio, come i cani, che dici?”
“Vuoi che ti molli un altro schiaffo?”
“Provaci”
La mia mano parte a raffica, ma non so con quale presa mi viene bloccato il polso e mi ritrovo quel tipo alle spalle, col suo braccio lungo il mio collo.
“Senti, hai un bel caratterino, ma non permetterti più di alzare un solo dito, ok? Altrimenti sarai tu quella che si farà male”

“Clarisse, veda dov’è il nuovo alunno, Sterne, devo parlargli per il modulo d’iscrizione”.
La voce della preside fa sì che l’idiota molli la presa, liberandomi il collo.
Quasi non respiravo, Dio che male.
“Signora Setter mi scusi, ero andato in bagno, ho sentito che mi cercava” dice con voce angelica entrando in presidenza.

Mi allontano dal corridoio e mi siedo nei pressi della reception.
Prendo l’ipod e comincio ad ascoltare un po’ di musica per tranquillizzarmi.
Vedi tu se mi devo far venire il sangue acido di sabato mattina.

Si fanno le tredici e finalmente posso tornare a casa.

Non mangio molto, piuttosto, mi concentro su come vestirmi stasera.
Probabilmente con lo stesso pantalone.
Cambio felpa e maglia.
Sistemo il trucco, cotono meglio i capelli neri da cui spuntano ciocche verdi acido.

Improvvisamente squilla il cellulare.
“Eeeehi angel, come stai?!” grido divertita.
E’ la mia migliore amica, Meredith.

“Senti, stasera allora venite da me? Invita anche gli altri, si si, mia madre va dalla nonna per il week-end, casa libera. Ah davvero? Wow, bella notizia dai, magari è più figo di Mark, altrimenti torno sulla vecchia strada, ahahah, a dopo, alle otto da me”.

Mia madre, molto spesso, deve recarsi (soprattutto durante i week-end) da mia nonna che abita a qualche chilometro da noi.
Mio padre questo mese è fuori per lavoro, fa l’ingegnere e sono abituata alla sua assenza.
Una volta lo mandano in Cina, un’altra in Giappone, un’altra ancora in Olanda, è normale.

Dunque…ricapitolando…genitori altrove…casa vuota…bella comitiva…voi cosa fareste?

Io do festini.
Ok detta così suona male:
organizzo semplici ed innocue feste in casa che durano fino al mattino seguente.
Gli invitati non sono molti, saranno sette persone in tutto.
Meredith e Francis, lei come sapete è la mia migliore amica, mentre quello stronzo di Fra l’ho conosciuto tipo due anni fa, è il tipico coglione col berretto al contrario. Capelli biondi, fisico perfetto, pelle dorata, battutine squallide, occhi verdi, avete presente?
Ecco, stanno insieme da tre anni circa.

Poi ci sono Alexandra e Daniel, lei è di origine russa, alta, magra, con un culo da paura (forse questo non avrei dovuto dirlo io…certo, però, dai, tra amiche, capita di giudicarsi), bionda, occhi chiari, un metro e ottanta.
Daniel ovviamente è il suo ragazzo, una specie di Francis con i capelli scuri ma più corti e mossi.

Infine ci sono Lucas e Charlene.
Credo che Lucas sia l’unico un po’ più serio della compagnia, sicuramente diverso dal mio ragazzo, Mark…oddio, se si può chiamare ragazzo.
Non è nulla di ufficiale, però, dai, quando ci incontriamo è sempre per fare qualcosa di divertente e mi basta.
Charlene ha i capelli rossi, tinti, e dipende assolutamente da Lucas.

Mark? Mark è il figo di turno, addominali bene in vista, sguardo fiero, occhi scuri come la pece, il classico “tipo buono” direi io.
Infatti, sta con una alla sua altezza:
Lilian.
Ecco la mia comitiva.
Che dire…questa sera, quei sette matti verranno in casa mia e berremo, fumeremo e ci divertiremo con un po’ di buona musica, qual è il problema?
Ah si, ci dovrebbe essere anche un tipo nuovo, Meredith ha detto che lo ha conosciuto Mark, a quanto pare è un ragazzo simpatico, buon per me.

So che il mio “quasi ragazzo” non mi è per nulla fedele, potrei dire che la nostra è una “relazione aperta”.
Io sto con chi voglio, lui pure.

“Lilian, si sono fatte già le tre, devo andare altrimenti arriverò da tua nonna che sarà buio, sta attenta e non aprire a nessuno, d’accordo? Un bacio”.
Mia madre mi stampa un bacio in fronte e va via con tipo venti buste della spesa, manco la nonna non avesse cibo.

“E’ fatta!” penso.

Sistemo la casa, il divano, i letti, prendo scodelle e piatti vari per la pizza e le patatine.

Per mettere tutto in ordine, si fanno le sette, faccio una doccia e rimetto i vestiti di prima (li avevo tolti prima di cominciare a pulire, sapevo che avrei sudato).

Il trucco, come previsto, si è sciolto…si sono intelligente a truccarmi prima delle pulizie.
Lo risistemo e mentre organizzo i dettagli si fanno le otto.

Improvvisamente sento bussare al campanello:
Perfetto! Quei folli sono qui!
Apro gioiosa osservando la faccia sorridente di Meredith, entrano uno alla volta battendomi “il cinque”.
Meredith…Francis…Lucas…Charlene…Alexandra…Daniel…Mark che saluto abbracciando energicamente ed infine il famoso “simpatico ragazzo sconosciuto” che avrei preferito restasse tale…
“Ciao! Io sono Lilian, tu saresti?” dico con un sorriso finto quanto i capelli delle bionde ossigenate.
“Lilian? Bel nome, io sono Tomhas, per gli amici Tom”
“Sei nuovo di qui, Tom?”
“Si, mi sono appena trasferito, non ho molti amici ma FORTUNATAMENTE ho conosciuto Mark pochi giorni fa”.
“Mi fa piacere, beh…sei il BENVENUTO in casa mia, allora”.
Lo invito ad entrare con un filo di bile che mi si rivolta in corpo.
Questo qui a casa mia, non ce lo voglio proprio.

In men che non si dica, il soggiorno sembra un accampamento.
Scodelle di patatine ovunque, gente che limona sul pavimento, bottiglie di birra vuote e chi più ne ha più ne metta.

“Lil..mmhh…Lilian…dai smettila Daniel! Li noi andiamo in camera tua ok?”
“Certo, buonanotte” dico sorridente ai piccioncini che continuano a baciarsi vogliosamente.

“Lilian…noi andiamo nella camera degli ospiti invec....aah…giù quelle mani Francis! Aspetta solo cinque minuti!” mi dice Meredith mentre salgono al piano superiore anche loro.

Scena comica: Mark ed io che quasi ci baciamo sul divano e Tomhas, da solo, su una poltrona a fissarci.
Mi sento quasi a disagio.

Improvvisamente suona il campanello ed il mio terrore è che possa essere tornata mia madre per non so quale strana ed incompresa ragione.

Apro con non poco timore:
“Ella! Sei tu! Dannazione che paura! Che vuoi?”
“Ho saputo che stai dando una festa, fammi entrare!”
“Scusa è per pochi amici intimi, non puoi…”
Non ho il tempo di ribattere che quell’oca, se non ex del mio ragazzo si fionda in casa mia.
Dovrei denunciarla per violazione di domicilio.
Ah si, per la cronaca, questa è una di quelle con i capelli finti…avete presente?
Quelle di cui parlavo prima.

Bionda fino alle punte dei piedi. Bleah.
Puzza ancora di ossigeno.

In un attimo la ritrovo sul divano accanto a Mark.
Eh no, eh, questo è troppo.
“Sei al mio posto!”
“Ma che vuoi scusa, sto con Mark, mettiti su una sedia, a terra, ci sono tanti posti, devi stare proprio qui?”
Stasera è la volta buona che la caccio di casa prendendola per i capelli.

“Senti, o ti sposti o ti caccio fuori, decidi tu”.
Il mio “quasi ragazzo” ovviamente, da bravo coglione che è, mentre bacia quella “bella” topa, se ne esce con:
“Su ragazze, non fate tante storie, si può sempre fare un ménage à trois”
“Adesso basta, cari miei…fuori!”.
Prendo il cuscino del divano su cui sono seduti e comincio a tirarlo via facendoli quasi cascare per terra.
La cosa bella è che faccio tutto ciò davanti agli occhi divertiti di Tom.
“Ehi! Piccola che ti prende?!” mi urla Mark.
“Piccola dillo a quest’animale che ti porti dietro, tu e la tua zecca adesso andate a trovarvi un altro posto in cui farlo. A casa mia NO!”.
Li sbatto fuori chiudendomi la porta alle spalle molto violentemente.

“Immagino fossi tosta, ma non così tanto da cacciare fuori di casa gli ospiti sgraditi”.
Tom ride.
“Smettila di fare lo stronzo, altrimenti caccio fuori anche te”.

“Davvero? Vedi che non sono né ubriaco né in preda alle canne, quindi non credo ci riusciresti con quel po’ di forza che ti ritrovi”.

In effetti, ho bevuto già sei birre, senza mangiare nulla tra l’altro.
Molto stabile non sono…tanto che stavo per cadere mentre buttavo al di là della porta quei due idioti.

“Non hai bevuto?”
“Certo, una sola birra, sono un tipo a posto io, mica come te”

“Oh smettila cazzo! Smettila di fare il saputello, ti odio!” gli urlo con rabbia, forse più a causa di Mark che sua.

“Sicura che è me che odi? O odi Mark perché ti considera una delle tante? Una qualunque? O odi te stessa perché ci sei andata a letto credendo nella favola dell’amore e del bel principe che vive in un castello?”

Provo una fitta al cuore a causa delle sue parole.

“O odi te stessa?”
Si forse mi odio per essermi fatta trattare come una stupida. Come un oggetto.

“E tu? Tu non ti odi per essere così fottutamente stronzo con qualsiasi persona che incontri?
Se fossi in te, mi sarei suicidata per quanto facessi schifo”

“Sai che le tue parole non mi feriscono, vero?” ride ancora.

Il mio sangue ribolle.

“Vattene di qui”.

“Ma dai, è divertente prenderti in giro”.

Sono girata di spalle e raccolgo da terra le bottiglie per buttarle in un enorme sacco dell’immondizia.
Do una pulita alla stanza, ma lui continua a parlarmi:
“Poverinaaa”
“Ti ho detto di andartene”
“Nooo…resterò qui a scherzare quanto voglio invece…piccola illusa. Ah scusa, non volevo.
Chiamo Mark? Così ti risolleva il morale dopo le mie cattiverie.
Ah scusa ancora…Mark adesso si starà facendo la sua bionda.
Ops…ho parlato troppo…ahahahah”.

Per una volta non riesco a tener testa a qualcuno e ciò mi addolora.

Capisco per un attimo quanto siano cattive e brutte le battutine pungenti che faccio solitamente con le sfigate che mi circondano.

Allora è così che ci si sente quando si viene feriti.

Ciao a tutti! Eccomi con una nuova storia! Probabilmente mi odierete in questo momento, dicendo:"Hai 3 storie in corso ed al posto di continuarle, ti metti a scriverne un'altra?!"
Beh, si, sono folle. Quando mi gira, mi gira ed oggi mi andava di scrivere una nuova storia. Di solito non scrivo così, ma ho provato a ribaltare un po' i ruoli dei personaggi. Hope u like it! Bye guys! Love u! <3 *recensite ù_ù*

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Capitolo 2
*** Boobs and beer! ***


____Boobs___and____beer___

Gli occhi cominciano a grondare lacrime, ma continuo a tenere il capo basso affinché quello stronzo di Tom non se ne accorga.

Sto in silenzio ed ogni tanto tiro su col naso.

Probabilmente si è accorto di aver esagerato.
“Ehi, Lilian”

“Cosa c’è?” gli rispondo indifferente.
“Lilian? Guarda che scherzavo” dice quasi come se si sentisse in colpa.

“Lo so”

Silenzio imbarazzante.
“Spero non te la sia presa, ehi, guardami almeno mentre ti…”
Prova a girarmi prendendomi per un braccio, all’altezza dell’omero.
“Non azzardarti a toccarmi! Hai capito?! Adesso sei qui, non ci posso fare nulla, va bene? Sei in questa fottuta casa e ti tocca stare con me, a meno che non te ne vada pure tu da qualche parte a scopare con qualche bionda come ha fatto quel dannato coglione.
Che gli prenda un infarto adesso! Dannazione!
Lasciami in pace! Hai ragione! Vuoi che ti dica questo? Si?
Va bene.
Hai ragione Tomhas. Hai perfettamente ragione.
Ho creduto alla storia del principe, a quella dell’amore perfetto, a quella dell’amore vero.
Ci sono cascata. Mi sono fatta trattare come un oggetto.
Ho agito da ragazzina.
Lo ammetto. Sei contento adesso?!
Sei contento?!”

Urlo come non mai, tra singhiozzi e lacrime, come se fosse colpa sua se non mi sono accorta di quanto Mark facesse schifo, lasciandogli fare ciò che preferiva.

“Ehi…calmati, non…non volevo che te la prendessi tanto…scusami…è meglio se vado via”

Rifletto per un microsecondo…la serata non si prospetta delle migliori...al piano superiore ci sono due coppie, sicuramente occupate per tutta la notte.
Posso restarmene qui e rimpinzarmi di gelato guardando un film banale…o parlando con un tipo che odio…ma per quale motivo?
Perché mi ha sbattuto in faccia la verità.

“Aspetta Tom! Non…non andartene. Ecco, non voglio compagnia…è che su sono tutti occupati e non voglio restare a guardare un film idiota da sola…mi dà noia”

Tomhas sorride compiaciuto.

“Sapevo l’avresti fatto”
“Non credo, non sono così prevedibile” rido istericamente.
“No? Davvero? Invece credo che se ci si perde qualche mese con te, è possibile precedere ogni tua mossa”

Mi guarda per poi farmi l’occhiolino.

“Stupido, non è così”.
La cosa un po’ mi diverte, siamo seduti sul divano, con una coperta addosso e la scodella di patatine.
“Beh? Allora io bevo un’altra birra, ne vuoi anche tu?”
Sto per sorseggiare la mia birra che mi tira di mano la bottiglia dicendo:
“No no, signorina. Da’ qua. Basta birra per stasera, sei già abbastanza brilla”
“Ma…ma Tom! Lascia! E’ mia! Vattela a prendere in cucina!”

“Noooo”.
Agita la bottiglia di qua e di là come una bandiera e gli salto addosso per prenderla.
Niente da fare.

“Va bene…è tua” dico come una bambina.
Non nego che mi gira la testa, ma non ho in mente di rinunciare alla mia birra.
Tiro giù la zip della felpa mostrando la profonda scollatura della maglia con sguardo indifferente.

“Mmh…mmhh…na na na” canticchio attirando la sua attenzione su di me e spostandomi in un angolo del divano.
“Cosa? Cosa stai facendo?” mi chiede insicuro.
“Mmh? Ah nulla, sentivo caldo, mi tolgo la felpa”.
Gattono fino a lui avvicinandomi centimetro per centimetro.
Il suo sguardo si sposta un po’ più in basso anziché sul mio viso.

“Davvero non posso avere neanche un goccino di birra Tommy?”
Ride di gusto.

“Credi che un paio di tette cambi la situazione?”
“Un paio di tette, l’aria innocente e gli occhi da cerbiatto”, preciso.
“Mah…non so, solo questo?”

“Mmh aspetta, forse possiamo contrattare…chiudi gli occhi”
“Ma cosa…?” “Shhh. Chiudi gli occhi”.
“Ok”.
Gli do un bacio a stampo.
Li riapre.
“Basta adesso?”
“Va bene, visto che sei così disperata, ti darò un sorso della mia birra”.
“Aaaawww, grazie”
“Ma non azzardarti a chiamarmi mai più Tommy!”
“Ahahahahah scusami allora”.
Bevo un buon sorso di birra, veramente l’ultimo dato che ho un giramento di testa così forte che chiudo per un secondo gli occhi.
“Che hai?”
“La testa”.
“Gira?”
“Si, Tom, gira tutto”. “Te l’avevo detto di non esagerare, sei birre e mezza, forza poggiati qui”.
Mi indica il suo petto e mi ci poggio sopra.
Per quanto NON voglia, devo stare lì, è l’unico posto dove non rischio di cadere a terra.

“Senti non mi sto poggiando perché lo voglio, sia chiaro! Non mi piaci per nulla! E’ solo per necessità, perché mi gira tutto e non posso evitarlo, capito?! Non farti strane idee!” gli urlo indignata.
“Si…si…ho capito, tranquilla. Ma adesso riposa al posto di fare sempre tante storie” mi dice tranquillo.
“Aaah! E non pensare di sfiorarmi con un solo dito, ok?! Se mi trovo anche un capello fuori post…”
“Shh. Zitta. Dormi!”.
“Mpf!” dico ancora più indignata di prima, causandogli un risolino.

Chiudo gli occhi per un nanosecondo e cado in un sonno profondo.

Mi sveglio e noto l’ora sull’orologio posto sul tavolino del soggiorno.
Sono le cinque e mezzo e sono sul divano, Tom non c’è, la mia testa sta  sprofondando in un morbido cuscino zebrato.
Sento un rumore provenire dalla cucina e decido di andare a controllare.
Il salotto è perfettamente in ordine.

“Ehi?” dico infreddolita, ho addosso solo la canotta scollata. Ma che idiota, eh, mi son tolta la felpa ieri notte.
“Buongiorno, Lilian” mi dice a bassa voce passando uno straccio bagnato sulla tavola.
Anche la cucina splende.

“Lascia stare, avrei dovuto pulire io”
“A quanto pare ti sei alzata tardi”
“Beh, grazie”.

Fissa per un attimo le mie tette.
“E smettila di guardarle! Ho capito che ti piacciono, ma basta!” gli dico ridendo.



Hi guuuuys!! Ecco a voi il secondo capitolo di questa sottospecie di storia decente.
Felice delle visualizzazioni, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!! Eheh! <3 Thank u!


 

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Capitolo 3
*** Andare oltre... ***


“Idiota! Pensavo avessi freddo, tieni!” mi porge la sua felpa e resta a mezze maniche.
“Ma…posso andare a prendere la mia di là, non preocc…”
“Basta storie. Ricordi?”
“Ufff. Ok”.

Ci fissiamo per un attimo e per la prima volta mi perdo nel suo sguardo ammirevole.
“Ehm perché mi…fissi?” gli chiedo imbarazzata.
“Ah? Ah…ehm…ecco…nulla, bei capelli”.
Mi squadra da capo a piedi.
Faccio lo stesso.
Ok…forse non è il caso di…continuare, ma…non posso evitarlo.
“Posso abbracciarti?” gli chiedo con gli occhi bassi.
“Perché mai una stronza acida come te vuole abbracciare uno odioso come me?”
“Ah, basta storie, ricordi? Fatti abbracciare e sta zitto”.
Mi si avvicina con calma e lo guardo fisso negli occhi:
lo stringo a me.
“Sicuro che ti basti un abbraccio?” gli chiedo curiosa.
“Dovresti chiederlo a te, piuttosto che  a me” sussurra al mio orecchio.
Mi parte spontaneo un bacio, un bel bacio.
Lo sento stringermi i fianchi, ma non faccio nulla per impedirgli di spingermi sul suo bacino.
“Ok, basta”, mi stacco improvvisamente stupendolo.
“Ma…”
“E tu saresti quello a cui bastava un bacio, eh? Beh, se ne parla la prossima volta, caro mio, ci conosciamo da un giorno”.

Mi guarda con due occhi che implorano la mia vicinanza ma non desisto e vado a dormire chiedendogli di venire con me.
Ci addormentiamo vicini e OVVIAMENTE vestiti *non è successo nulla, non fatevi film mentali*
Ci svegliamo alle undici e noto che anche le altre due coppiette sono sveglie.
Tutti vanno via, ma Tom decide di restare.

“Perché vuoi restare qui?”
“Tua madre torna stasera, no?”
“Si…però…cioè…”
“Ricordi quello che ti ho detto ieri?”
“Mi hai detto tante cose ieri”
“Se ci si perde qualche mese con te, è possibile precedere ogni tua mossa”
“Quindi?”
“Posso perdere qualche mese con te?”
“Eh?”
“Ti va di uscire con me, qualche volta?”
“Senti, sai che ti odio…non c’è verso che tu mi faccia cambiare id…”
Mi bacia come ho fatto io questa mattina.
“…ea”
“Davvero sei ancora convinta?”
“Ah? Ehm…no…ecc…o…io…domani?”
“Di già? Perfetto, facciamo così, andiamo a pranzo fuori, avverti tua madre che non torni per il pranzo”
“Eh? Aspetta…non…”
“Shhh”
Mi bacia di nuovo e corre via.
Ma…ma io lo odio, perché diavolo…
Studio in fretta per il lunedì e mi anticipo anche i compiti per martedì dato che trascorrerò il giorno fuori.

*Il giorno seguente
“Mamma, vedi che non torno per il pranzo”
“Dove vai Lili?”
“Vado a pranzo da Meredith, ok?”
Ovviamente come concordato con la mia amica, sarò “da lei” per tutto il pomeriggio.
Incontro Tom a scuola e mi scappa un sorriso, ricordando il nostro primo incontro.

“Allora? Dove ti va di andare? Prendiamo la pizza?”
“Mmh si, perfetto, birra?”
“No, per te niente birra!”
“Aaah! Non comportarti come se fossi il mio ragazzo!”
“Ohw, sei perfida!”
“E tu stronzo!”
Andiamo a mangiare due buone pizze in un parco abbastanza lontano da scuola ed ovviamente beviamo BIRRA.
Scherziamo molto e mi rendo conto che è diverso dalla persona che credevo di aver conosciuto.

#Tre mesi dopo

Oggi è sabato e come sempre c’è la serata “sclero” a casa mia.
Ho invitato ovviamente anche Tomhas.

“Sono già saliti tutti?”
“A quanto pare…ci siamo solo io e te in salotto”
“Ah davvero? Allora? Me lo vuoi dare o no ‘sto bacio? Starò aspettando da tipo due settimane” mi dice speranzoso e sincero.
“Mmh? Ma se mi hai chiamato illusa tre mesi fa”
“Dai, ancora te lo ricordi?”
“Ho un’ottima memoria” gli dico sfoderando il mio sorriso migliore.
“Ed anche un bel paio di tette” dice gettandosi su di me.
“Stai calmo tipo!”
“Tipo?”
“Preferisci che ti chiami idiota?”
“Stronza”
“Grazie” sorrido.

E’ tutto così diverso, all’inizio ci squadravamo con sguardi orribili quasi come se volessimo menarci e adesso?
Adesso siamo in casa mia e non possiamo fare a meno di sorriderci.
I sorrisi dicono tanto, forse troppo.
Basta osservare le labbra perfette della persona che si ha di fronte per cadere in trappola.

Uno, due, tre, quattro sorrisi ed il gioco è fatto.
Sei sua.

Ma io sono una ribelle ed il sorriso di Tom ancora non mi ha conquistata o almeno, non del tutto.
Non si può pretendere che un bambino di cinque anni possa imparare due pagine intere di storia, geografia o quant’altro, no?
E’ lo stesso con me.
Non si può volere che io cambi così all’improvviso.
Mi sento maledettamente piccola perché non posso anzi non riesco a cambiare di colpo.
Abituata a storie passeggere, amori stupidi e ragazzi ancora peggiori; ci sono nata con un’armatura addosso; fatta di parole ed apparenze, ma pur sempre un’armatura.
Ecco tutto.
Non mi si può presentare davanti una persona che si professa un ragazzo serio necessitando i miei apprezzamenti.
Ho creduto a coloro i quali l’hanno fatto, tempo prima, e sono spariti dopo poco…
“Perché non dici nulla?” mi chiede Tomhas curioso.
“Mmh? Ho sonno”
“Non è molto tardi, la notte ci sorride”
“Beh, salutamela allora perché io vado a dormire”
“Sei vecchia dentro, tu”
“Mentre tu ed il tuo amichetto avete il sangue che pulsa nelle vene”
“Ma che dici!” mi rimprovera dandomi un colpetto sulla testa.
“Come previsto. Poi ero io quella prevedibile”
Mi arriva un bacio al volo; Tom mi morde delicatamente il labbro per poi passarci sopra la lingua.
Sento le sue mani finire sotto la mia maglia e vedo nei suoi occhi una scintilla d’emozione.
Si stacca da me violentemente.
“E questo? L’avevi previsto?”
Sorrido e mi stringo a lui.
Mi piace il suo profumo; non saprei descriverlo, ma profuma di buono.
E’ un profumo dolce, molto raro direi. Profuma di campi, profuma di musica, profuma di libertà.
Profuma d’amore.

A proposito d’amore, strano a dirsi, ma dopo tre mesi ancora non ci siamo detti che ci amiamo.
Buffo, no?
Pensare che a Mark l’ho detto dopo una settimana.
In effetti, dopo due sole settimane lo abbiamo anche fatto.
Lo dico io, Tom è uno strano.
Ci sfioriamo, ci stringiamo, ci baciamo, ma null’altro.
Ci saziamo della nostra reciproca presenza.

Forse è questo quello che chiamano “amore”…il bastarsi senza aver necessariamente bisogno d’andare oltre…




Tutto per voi un capitolo nuovo di zecca! L'ho scritto di getto, ultimamente non ho molta ispirazione e, tra l'altro, dovrei anche andare a dormire...dannata scuola, dannate interrogazioni, aaaah! *Scleri a parte* se vi va leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, ne sarei davvero felice, grazie mille! <3 baci, J.

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Capitolo 4
*** Te l'ho mai detto? ***


_____Te l'ho mai detto?___

“Mi arrendo, hai vinto. Questo no, non l’avevo previsto” gli dico con gli occhi da cerbiatto.
“Ti ricordi?” mi chiede con aria quasi sognante.
“Cosa?”
“Quando ci siamo conosciuti. Giuro che quel giorno t’avrei menata, eri proprio stronza”.
La sua frase pungente mi irrita e m’imbarazza contemporaneamente.
“Lo so. Ma cazzo ero in ritardo, la preside se l’era presa con me, il vice pure, tu facevi l’idiota e poi l’angelo.
Mi sembra ovvio che avessi voluto ucciderti.
Cadesti ai miei piedi…letteralmente…ahahahah”
Sbuffa per poi accennare un sorriso.
“Meglio dimenticare”.

Mi stendo addosso a lui, letteralmente.
Ho solo voglia di coccole.
“Un bacio” dico a voce spezzata.
“What?” “Bacioooo” ripeto come una bambina finché non mi accontenta.
“Grazie dolcezza!” grido.
A volte mi sento un maschiaccio.

Mi abbraccia mentre poggio il capo sulle sue gambe.
Ho addosso un’enorme coperta calda.
“Sei stanca?”
“Abbastanza, quella stronza della prof. di mate continua a rompere.
Fa di tutto per mettermi in difficoltà. Meno male che non ci riesce.
Anche all’ultimo compito ho preso otto, ma ho paura che stia tramando qualcosa”
“Se vuoi posso sedurla e farti avere dieci” mi dice con aria malevola.
“Ma tu sei proprio scemo, eh!”
Sorride.
“Dai, sono riuscito a sedurre te, figurati se non ci riesco con una quarantenne” afferma nascondendo un sorriso.
Poi dicono che uno non si deve incazzare.
“Cosa stai insinuando?! Che la mia vita sentimentale/sessuale è meno prolifera di quella di una quarantenne?! Stai davvero dicendo questo Tomhas Sterne?!”

“Ahahahah, sei buffa quando ti innervosisci, ebbene sì, sto insinuando proprio questo!”
“Sei un…un…aaaaaaah…sei solo uno stupido, insensibile, irritante, inadeguato, indecente oltraggio della natura! Non parlarmi mai più.
Tra noi è finita!” gli urlo alzandomi di scatto dal divano.

Corro in cucina con un diavolo per capello.
Osservo la sua ombra avvicinarsi a me.
“Ti va un po’ di birra?”
“Va all’inferno, stronzo”.
“Te la prendi tanto, stupida”.
Mi tira a sé e mi bacia.
Mi oppongo con tutta la forza che ho in corpo.
Faccio resistenza.
Mi dimeno.
E poi?
E poi gli crollo tra le braccia.
E lo divoro con un’avidità inconsueta.
Un’avidità mai avuta prima, come se dovessi proteggere quell’individuo da qualsiasi ente esterno che potesse danneggiarlo.
Come se appartenesse proprio a me.
Come se fosse stato creato SOLO ed ESCLUSIVAMENTE per me.
“Te l’ho mai detto?”
“Che mi odi?” chiede curioso.
“No, che ti amo…”



Sooo guys! Questo, a quanto pare, è l'ultimo capitolo. Mi scuso se la fine della storia risulterà banale, noiosa, probabilmente anche deludente, ma ho deciso di impegnarmi nel seguito di Behind Blue Eyes che mi prenderà, molto, molto tempo.
Quindi era necessario chiudere opere meno importanti.
Ringrazio i pochi lettori che si sono degnati di leggere e...che dire...alla prossima.
Spero vi sia piaciuta, nonostante tutto.
Grazie mille!
Baci xx
La vostra J.

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