Vuoi provare a morire?

di TrustNoBitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Respira. ***
Capitolo 2: *** Quella scritta rosso sangue ***



Capitolo 1
*** Respira. ***


1

 

La stanza era stretta e buia. Non riusciva a vedere niente: né una porta né una finestra.

Il caldo si faceva opprimente, mentre il suo respiro continuava a farsi più forte, più presente.

Cercò di alzarsi, ma era paralizzato.

Non sentiva più la gamba destra. Non sentiva il sangue, il calore umano.

Dove si trovava? Come era arrivato lì?

Chi l'aveva portato?

 

Ben presto, i suoi occhi cominciarono ad abituarsi al buio e riuscì ad intravedere qualcosa. O qualcuno.

 

- Chi c'è? - urlò, ansimando.

 

Respira.

Respira.

Respira.

Ordinava una voce nella sua testa.

Ma non riusciva. Non più.

 

All'improvviso, sentì un forte rumore provenire da dietro le spalle.

Poi un respiro. Calmo, confortevole, quasi materno. Poi, sempre più forte, inquietante.

 

Il ragazzo cercò, di nuovo, di alzarsi, ma invano.

Il respiro si avvicinò sempre più in fretta.

 

- Vuoi provare a morire? -.

Poi, il nulla.

 

2

 

Erano le 8 di mattina, quando Noora, trasferitasi da poco a Torino per frequentare l'Università Caravaggio, scoprì di essere incinta.

Era seduta sulla lavatrice, posta di fronte al gabinetto.

I lunghi capelli neri scivolavano sulle spalle, mentre la maglietta bianca, consumata e sgualcita, si macchiava di piccole gocce d'acqua.

Gli occhi si riempivano sempre più di lacrime, poi cominciarono i singhiozzi.

Le sue mani tremavano, mentre tentava di prendere il cellulare dalla tasca dei jeans.

 

Non aveva ancora ricevuto nessuna telefonata da lui.

Erano passati due giorni dall'ultima volta che l'aveva visto e ancora nulla.

 

In un primo momento, pensò di chiamarlo, di dirgli come stava, cosa aveva scoperto, poi decise che, forse, era meglio lasciar perdere. Almeno, per quel giorno.

 

Si asciugò in fretta le lacrime, si cambiò maglietta e si pose di fronte allo specchio del bagno.

Gli occhi erano rossi e lucidi, i capelli scompigliati, ma non le importava granché.

 

Non riusciva ancora a comprendere l'intera faccenda.

 

Avrebbe voluto chiamare i suoi genitori, piangere sulle loro spalle e chiedere loro singhiozzando: - E adesso cosa faccio? -, ma aveva troppa paura.

Paura di tutto. Della loro reazione, ma soprattutto, della reazione di lui.

 

Come faceva a dirgli una cosa del genere? Si era laureato da poco e stava già fantasticando sul suo futuro. Sul loro futuro.

 

Non andò all'università, quel giorno.

Lasciò procedere il mondo intero, veloce, nella solita routine, mentre lei restò in casa, intrappolata nel tempo, in un mondo diverso, privo di problemi o questioni, lasciati in sospeso.

Aspettò semplicemente che lui chiamasse.

 

Poco dopo, si addormentò, sul divano, con il cellulare sul petto.

Erano già le quattro del pomeriggio.

Ma a lei non importava. Non più.

 

Mentre tentava di alzarsi dal divano, con le gambe ancora indolenzite, si spense la luce del soggiorno..

- Cazzo! - fece.

 

Si alzò frettolosamente dal divano, ma qualcuno la scaraventò contro la parete.

Lei urlò dal dolore e, subito, si alzò tremolante per raggiungere la porta di casa.

 

Venne scaraventata una seconda volta. Poi una terza, una quarta, una quinta.

 

Noora si coprì la testa con le braccia, piangendo, supplicando, pregando, singhiozzando, di nuovo piangendo.

Restò sdraiata sul pavimento, in quelle condizioni, per un bel po', quando qualcuno cominciò a camminarle intorno.

 

- T-t-ti prego – esclamò, di nuovo lei – N-no-non …

Poi sentì una risata.

Una risata malata, fredda, inquietante.

In quel momento, Noora pensò che fosse la cosa più spaventosa che avesse mai sentito in tutta la sua vita.

 

Cercò di aprire gli occhi e quello che vide la fece urlare ancora di più.

Era umano?

 

- Vuoi provare a morire? -.

 

Poi, il nulla.

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Capitolo 2
*** Quella scritta rosso sangue ***


 

3

 

Il vento soffiava prepotente, fuori dalle mura dell'università.

Giulia era appena arrivata in aula, interrompendo la lezione di storia.

Scivolò lungo il corridoio, si inoltrò fra le file di banchi e si sedette vicino a Camillo, intento a prendere più appunti possibile.

 

- Ciao – fece Giulia, sottovoce.

- Ehi, ciao – rispose il ragazzo, sorridendole.

 

Nel frattempo, la ragazza si tolse il giubbino, prese qualche libro e quaderno dallo zaino e si guardò intorno, scrutando gli altri studenti: - Dov'è Noora? -.

Anche Camillo cominciò a guardarsi intorno: - Mh, strano. Non lo so – e girandosi verso la compagna – Non c'è nemmeno Daniel -.

- Mh, probabilmente sono rimasti a casa insieme – constatò Giulia, aprendo il quaderno.

- No, non penso. Non si sono più visti dopo … lo sai … dopo quella cosa -.

- Daniel ti ha detto qualcosa? -.

- No, non lo vedo da un po'. Probabilmente, è a casa, malato – concluse Camillo.

 

Quando finì la lezione, Giulia prese il cellulare e chiamò Noora, ma c'era la segreteria.

Si stava preoccupando, così decise di mandarle un messaggio.

 

Mentre si stava dirigendo verso la biblioteca, sentì un urlo provenire dal corridoio di lato.

Lasciò cadere i libri che aveva in mano e la borsa e cominciò a correre.

 

Con il cuore in gola, si fermò all'improvviso di fronte alla parete, unendosi alla folla, ammutolita da quell'orrendo spettacolo.

 

Tutti stavano guardando il muro. Tutti erano sconvolti, angosciati, spaventati, scioccati.

Nessuno era in grado di dire una sola parola.

Giulia spalancò gli occhi, con il fiato pesante.

 

Poco dopo, arrivò anche Camillo.

Tutti stavano guardando quella scritta sul muro, di un rosso accesso, che diceva “Vuoi provare a morire?”.

 

Chi è l'artefice di tutto questo? Come mai nessuno si è accorto, di nulla, fino ad ora?

 

Erano queste le domande che, pesanti, dominavano la mente di Giulia, in quel preciso momento, in mezzo a quella folla, mentre osservava la vernice rossa colare e sporcare il pavimento.

 

Ad un certo punto, un ragazzo si avvicinò alla parete, macchiò il dito con quel liquido ancora fresco e lo annusò.

Con lo sguardo pietrificato dalla paura, si girò verso i compagni:

- Questa non è vernice …

 

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