Going Under di Dimea (/viewuser.php?uid=30497)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo / Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 1 *** Prologo / Capitolo I ***
Going Under
Prologo
L'umanità, incapace di mantenere la pace,
inciampò nei propri errori... Tanto da cadere nel 2035
nell'ennesima Grande Guerra, la terza.
La popolazione terrestre ne uscì sconvolta e spaventata da
un futuro incerto.
Alla fine della Terza Guerra Mondiale del 2040, le nazioni furono
soppresse, per poter essere rimpiazzate da un unico governo centrale :
la DOGMA, la cui sede si trovava nell'ex Inghilterra del sud, appena
sotto quel che restava di Londra.
Ai vertici del governo, un gruppo di Religiosi di diversi culti i
quali, nel 2045, scelsero come Comandante Generale , il
venticinquenne, William Rossenham. Tenente distintosi durante la Guerra
per coraggio e maestria, nonché abile stratega, tanto che i
commilitoni lo soprannominarono il Mozart della guerra.
Nel
frattempo il Comandante Generale, nell'inverno
del '47,
sposò Mary O'connor.
Dalla felice unione, qualche anno dopo, nacque Hope Sunshine.
La Terra vide, in questo governo quasi utopistico, la sua salvezza.
Ma
il periodo di pace durò ben poco.
Nel 2051 la vera struttura della DOGMA cadde in mano a Rossenham,
così come crollò la maschera del giovane
comandante generale, rivelando la sua vera essenza: quella di un
arrivista spregevole e affamato di potere.
Rossenham istituì la Neo-DOGMA.
Nacque
così un regime fondato sulle paure del suo
popolo.
Non tutti gli abitanti
della terra scelsero di sottostare alla tirannia della Neo-DOGMA, ma
ancora provati ed addolorati dalle perdite della Guerra, scelsero di
ritirasi nel sottosuolo, nei condotti che una volta ospitavano miniere
e Metro. Nacquero così gli Under e la repubblica di
UnderTown.
Ovviamente Rossenham non
prese bene la situazione, scegliendo così di istruire i
Terrestri all'odio viscerale e alla violenza nei confronti
degli Under.
Un gruppo di giovani
Under, organizzò un attentato ai danni del Comandante.
Rossenham fu ferito ad una spalla, mentre la moglie fu accidentalmente
uccisa.
Nel marzo del '55, con
l'editto di New-London , il capo del governo, dichiarò
apertamente guerra agli abitanti di UnderTown.
***
Maggio
2068, New-London
-Miss
Rossenham! Miss Rossenham! Oh, dove diavolo si sarà cacciata
quella ragazza!- sbuffò una donna corpulenta -Mi
farà morire di crepacuore, già me lo sento!-
Alcuni
capelli grigi le uscivano dalla crocchia tirata, segno evidente che i
suoi nervi e la sua pazienza erano sul punto di cedere. Aveva un paio
di occhietti porcini piuttosto scuri, incassati in una luna piena, e le
guance scottate dal sole.
Amaleah
Rovethym, non era certo un'icona di bellezza, ma serviva la famiglia
Rossenham sin dai primissimi passi della piccola Hope.
-Suo padre mi farà fustigare- cantilenò la donna
quasi più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Dalla porta fece capolino un viso mortificato.
-Madame Rovethym, scusi il ritardo...- si scusò una giovane
dai capelli ramati.
-Sia ringraziato il cielo! Dov'era finita miss Hope!?! L'ho cercata in
tutto il palazzo...- si rianimò la donna - Stasera
verrà presentata in società e lei è
ancora in queste condizioni! Mi farà morire di crepacuore,
l'ho sempre detto io!-
Sul volto di Hope comparve una smorfia di disapprovazione, mentre la
balia la spingeva verso il bagno
-Manca più di un mese al mio compleanno, non ne vedo il
motivo di questo "ballo" anticipato!-
-Ma cosa sta dicendo!- esclamò la balia, indicandole la stanza a getti -
Lei è il "Fiore di New-London"...-
-Sì, sì, il
fiore della speranza e bla bla bla... la storia la
conosco! Mia madre aveva PARECCHIA fantasia- rispose la rossa, mentre
l'acqua cominciava a colpirla. -Freddaaaaa!- ululò.
Amaleah corse a cambiare le impostazioni della stanza a getti, saltellando
goffamente.
-Non dica questo, miss Hope, sua madre per il nome, aveva
interpretato un'indovina...- cominciò la balia, ma fu
prontamente interrotta dalla giovane
-Lo so, madame, come le ho detto, conosco a memoria la storia.-
sbuffò.
Hope, si lasciò scivolare contro una parete.
La schiena premeva sul rivestimento del muro, un materiale resinoso ed
impermeabile, tutt'altro che freddo.
Sì, lei conosceva quella storia a memoria...
Sua madre, al terzo mese di gravidanza, si recò da
un'indovina per sapere il sesso del nascituro. La donna, una zingara di
nome Anya, le predisse che avrebbe dato la luce ad una splendida
bambina che per tutto il popolo della terra avrebbe simboleggiato la
speranza, nella luce della fratellanza. Insomma, un futuro radioso...
Peccato che lei venne a mancare pochi anni dopo.
Il fiume di pensieri della giovane venne interrotto dallo squittio di
madame Rovethym.
-Vapore!-
La rossa uscì dalla stanza
a getti completamente asciutta, ma con un cespuglio
ingarbugliato al posto dei capelli.
-Madame, il vapore è da ricalibrare!- ringhiò la
ragazza -Decisamente!-
-Oh cielo! è il caso di districarli- pigolò
allarmata la donna.
In men che non si dica, la giovane Hope, si ritrovò avvolta
in una vestaglia su di una poltrona.
La ragazza aveva smesso di stupirsi dei modi rozzi, quasi violenti,
della balia sin dall'età di cinque anni.
Madame Rovethym, le spuntò alle spalle brandendo una
spazzola.
-Ed ora domiamo questa chioma ribelle!- Il
suo sguardo sembrava quello di un serial killer...
Ci vollero quindici minuti di tremenda agonia per far tornare quel
gomitolo ramato, alla sua forma primaria.
-Signorina è tardissimo!-
La balia continuava a chiocciare, correndo per la stanza, in preda al
panico.
Hope era stata scaraventata in un abito monospalla blu notte, capace
solo di farla inciampare! E mentre madame Rovethym andava nel panico
inutilmente, la giovane lanciò una rapida occhiata allo
specchio.
I suoi occhi verdi e felini, spiccavano su quel volto pallido come la
luna e macchiato di efelidi.
Si sentiva una bambola. Certo, in un abito maestoso ed agghindata a
festa, ma pur sempre vuota.
La vita a Palazzo era stata dorata e meravigliosa. Ma diciotto anni
passati in una prigione luccicante, sono pur sempre diciotto anni di
prigionia.
Suo padre le aveva dato tutto, tranne un contatto con l'esterno... e
questa era la sua unica possibilità!
Il ballo era stato organizzato per trovarle un marito, che a sua volta
l'avrebbe rilegata in un palazzo d'oro... E lui avrebbe governato al
posto del Comandante.
Hope sospirò, mentre la balia la trascinava per le scale.
L'aveva portata davanti alla porta del salone dei banchetti.
-Coraggio, miss Rossenham, sorrida e tutto andrà bene...- le
sorrise dolcemente la balia.
Sa giovane sospirò ancora, e la porta si aprì.
Un'ondata di adrenalina le percorse la spina dorsale:
la sala era gremita come mai prima d'ora!
Sperando, in cuor suo, di non inciampare, Hope cominciò a
percorrere la passatoia rossa che la portava verso suo padre.
Attorno a lei, mormorii e sguardi stupiti: era la prima volta che
veniva mostrata in pubblico, e la cosa le provocava un certo imbarazzo.
Dopo quella che le sembrò un'eternità,
arrivò finalmente al fianco del Comandante Generale.
-Cari ospiti ed amici, - tuonò la voce del Comandante -Vi
presento il mio meraviglioso "Fiore di New-London" , mia figlia Hope.-
Sorrise raggiante prima di lanciare uno sguardo alla figlia. -Ed ora,
direi che l'ho tenuta tutta per me per troppo tempo... che iniziano le
danze!-
Una musica lenta e cantilenante pervase l'aria, e l'agonia della povera
Hope ebbe inizio...
Cominciarono a passarla di mano in mano, di abbraccio in abbraccio...
scambiandole sorrisi e qualche parola.
Finché qualcosa non l'attirò, o almeno...
qualcuno.
-Signorina, la vedo spaesata...- la giovane alzò i suoi
occhi verdi per incontrarne un paio color ghiaccio.
-N...no, tutt'altro, sono emozionata...- cercò di mentire
lei, stiracchiando un sorriso.
-Allora, vorrei poter avere l'onore del prossimo ballo.- le sorrise
ammiccante.
Perchè no?
pensò la giovane.
-Come vi chiamate?- azzardò lei
-Alexis Willer, per servirla- le sorrise ammiccante.
alla giovane scoppiò una risatina, mentre scivolavano sulla
pista.
I capelli biondo ramato dell'accompagnatore risplendevano sotto le luci.
-Posso chiedere la vostra età?-
-Ventuno... sì, ho ventun'anni- aggiunse in risposta alla
tua espressione meravigliata.
-Oddio, scusate, è che... oddio...- ridacchiò
nervosamente la ragazza.
Lui scosse la testa, mal celando un sorriso.
-Ricordate tantissimo vostra madre...- bisbigliò lui.
Il commento fece irrigidire la giovane.
La spiazzò.
Restava pietrificata anche quando lo diceva la balia.
-Scusate, ho detto qualcosa che non...-
-No, no figuratevi...- cercò di ricomporsi Hope.
-No, davvero scusatemi... vi accompagno a prendere una boccata d'aria!-
cercò di rimediare Alexis
-No, figuratevi...-
-Insisto!- Aggiunse guidandola verso il terrazzo.
Appena varcata la soglia, lui le diede la sua giacca -Fa freddino- si
giustificò.
La brezza leggera cominciò a pungerle il volto.
-Che meraviglia!- spalancò gli occhi la giovane - Che luna
fantastica!- sospirò
Fu allora che il tono di Alexis mutò...
-Nathan, ora!-
Hope riuscì a girarsi appena in tempo per vedere un ragazzo
alto, dalle grandi mani, premerle un fazzoletto sul volto... mentre
Alexis la immobilizzava.
Un odore ferroso ed alcolico pervase le narici della giovane, che si
accasciò tra le braccia di Alexis.
Continua...
Note dell'Autrice.
Cavolo, è stato un parto! Ma siamo solo all'inizio, in
questa storia ci sto mettendo anima e corpo e... !
Dove si troverà ora Hope?
Perchè è stata rapita?
Domande a cui risponderà il prossimo capitolo!
A prestissimo
Dimea Durless.
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Going Under 1
Capitolo
II
The New-London's Flower
'Cause
I need, I need a hand to hold
To hold me from the edge
The edge I'm sliding over slow
'Cause I need, I need Your hand to hold
To hold me from the edge
The edge I'm sliding past
Hold on to me
[Superchick
- Hold]
Plic...
Plic...
tac...
tac...
Plic... tac
Plic... tac
Hope cominciava a riprendere conoscenza.
Attorno a lei rumori inconsueti ed ancora indistinguibili, per la sua
mente intorpidita.
Plic... tac
Plic... tac
Sembrava il rumore della pioggia, ma isolato.
Acqua?
La ragazza scelse di mantenere gli occhi chiusi, per poter
far leva sull'udito e sull'olfatto.
L'aveva sempre fatto, sin da bambina, per poter legge qualche libro.
Infatti la balia non le permetteva di sollazzarsi nella letteratura,
costringendola a farlo di notte.
Le narici della giovane furono investite da un forte odore di umido e
muffa, tanto che a stento riuscì a mantenere una smorfia.
Clang...
Clang...
Quei rumori erano del tutto differenti da quelli che Hope
era abituata a sentire a palazzo...
All'improvviso un fruscio troppo vicino la
obbligò
a spalancare gli occhi sussultando, ma ci mise qualche secondo per
mettere a fuoco
Seduta accanto a lei, una ragazza dalla pelle color caramello, le
sorrideva visibilmente rasserenata, osservandola con due specchi scuri,
infatti i suoi occhi dovevano essere neri, o comunque castani,
indistinguibili nella penombra.
I capelli corvini erano molto corti, quasi rasati.
-Finalmente ti sei ripresa! temevo che quell'orso
ti avesse somministrato una dose troppo elevata!- sospirò,
incenerendo con lo sguardo una figura, già vista dalla rossa.
Il ragazzo dalle grandi mani grugnì -Eve, non ho mai
sbagliato
dose!- cercò di districarsi dallo sguardo di rimprovero.
Entrambi erano vestiti in modo inconsueto agli occhi della giovane
rossa, abituata alle candide divise del padre: la giovane
donna portava un paio di pantaloni color sabbia, arrotolati fino alle
ginocchia, una blusa nera stretta in vita da un alto cinturone in
cuoio, pieno di fibbie in ottone, color bronzo, e delle scarpe nere
dalla suola altissima. Per quanto riguarda l'energumeno appoggiato al
muro, indossava dei pantaloni strettissimi grigi ed una canottiera
bianca, macchiati di una strana sostanza vischiosa e nera.
-Nathan, è rimasta priva di conoscenza per ventiquattro
ore!- alzò i toni la ragazza -Poteva non farcela!-
-Però è qui...- si discolpò Nathan
-Ma cosa parlo a fare con te! Sei un orso e basta!-
Urlò Eve alzando gli occhi al cielo.
Nel frattempo, Hope, si era raggomitolata ai piedi del letto,
portandosi le ginocchia al petto. Gli occhi sgranati e spaventati,
tanto che il verde smeraldino delle sue iridi si era incupito.
Non era mai uscita dal Palazzo, ed ora si trovava in mezzo a due pazzi
che litigavano, in un luogo scuro e che sapeva di muffa.
Solo in quel momento, i ricordi del ballo le tornarono in mente.
Alexis...
Nathan...
Il fazzoletto dall'odore
strano...
Il buio...
Indossava ancora l'abito blu e la giacca del biondo.
-D...dove mi trovo- riuscì a dire con un filo di voce,
sospendendo il litigio dei due ragazzi.
La ragazza le sorrise dolcemente.
-Sei ad UnderTown- disse pacatamente.
Il Panico pervase la rossa.
-V...volete farmi quello che avete fatto a mia madre?-
-Se avessimo voluto ucciderti, non saresti qui ora...-
tagliò corto Nathan, prima di uscire dalla stanza.
Hope non si sentì affatto rassicurata dalle parole del
giovane, cosa che Eve notò.
-Noi, vogliamo solo cancellare
la tua cecità.- sussurrò dolcemente la ragazza
-Non
ascoltare Nath, è un bravo ragazzo ma ha problemi di...
ehm...
comunicazione- ridacchiò
-In che senso cancellare...?-
cercò di chiedere la rossa.
-Ogni cosa a suo tempo- la fermò la ragazza -ora,
è il caso di cambiarti,
altrimenti potresti sentirti, ehm, strana.-
UnderTown aveva un che di spaventoso.
Imponente e
caotica, un'unica enorme città che si estendeva per tutti e
cinque i continenti, collegata da intricati tunnel sottomarini e
suddivisa in
distretti : "Alpha
UnderTown" che si estendeva per tutta la Ex-Europa,
"Beta UT"
le Ex-Americhe, "Gamma
UT" la sezione comprendente
ciò che restava dell'Africa, "Delta UT" ovvero
l'Asia ed "Omega UT",
l'Oceania.
Nel giro di una ventina di anni, gli abitanti, avevano modificato le
vecchie tratte delle metropolitane per trasformarle in un ambiente in
cui vivere, edificando lungo le pareti. L'intento doveva esser stato
quello
di ottenere una struttura simile ad un alveare bronzato e brulicante di
vita.
Ogni costruzione tendeva verso l'alto come a voler cercare la luce del
Sole, assente a quelle profondità, e sbuffava impaziente. Ai
piedi di essi un fiume silenzioso, o forse solo coperto dal brusio
della vita.
Alpha UT,
era distribuita su sette livelli, tutti collegati ad un unico edificio
centrale, il Santuario. Esso era la sede dell'amministrazione del
distretto Alpha,
e conseguentemente di chi ne era a capo, il Magister.
-Coraggio, esci!- intimò, quasi, Eve.
Per tutta risposta Hope sporse la testa oltre l'uscio, sospirando.
-Ma non so come si allacciano questi cosi!- si
lagnò.
La mora rise scuotendo la testa.
-Anfibi, Principessa,
si chiamano Anfibi- la schernì un Nathan, visibilmente
impaziente.
La rossa lo fulminò con lo sguardo.
-Se ti obbligassi ad indossare un abito da donna, di alta sartoria, ne
saresti capace al primo colpo?- sentenziò la forestiera
Il ragazzo fece per ribattere, ma si fermò, rispondendo con
un'occhiata truce verso la ragazza.
Eve guardò stranita Hope, per poi cominciare a ridere.
-Oddio, è la prima volta che sa cosa rispondere! Data da
segnare, assolutamente sul calendario!-disse cercando di ricomporsi
-Bene, ora è il caso di incamminarsi...-
-Verso dove?- chiese spaventata la giovane.
-Ti ho detto di stare tranquilla, piaga!-
sentenziò, acido, Nathan.
-Ma è sempre così simpatico?-
-No, gli stai simpatica, in genere è peggio...- rispose Eve.
-Andiamo bene... - sussurrò uscendo dalla porta.
Fu in quel momento, che la ragazza alzò lo sguardo per la
prima volta - OH CAVOLO! Che... Che spettacolo!- urlò con
una voce stranamente più acuta del solito.
-Vero... sai, noi siamo abituati, ma i nuovi arrivati , gli ex-Upper,
hanno sempre la tua stessa reazione...- sussurrò
la mora.
La strada verso il Santuario non era molto lunga, ma Hope sentiva le
gambe pesare a causa degli Anfibi.
Si sentiva strana, vestita in quel modo: i pantaloni verdoni, erano
troppo corti e pieni di tasche, mentre la camicia di lino le era
stretta sotto al seno e sulle spalle da una strana cintura che le si
incrociava più volte sul busto e, dulcis in fundo,
Eve si era anche divertita a farle due codini bassi... che non vedeva
più da quando aveva sei anni e la balia la rincorreva per
tutto il palazzo, per poterglieli legare!
Ben presto arrivarono davanti al mastodontico portone del Santuario.
Era completamente costituito da tubi di rame intrecciati tra loro.
Lo spesso portone cominciò a scivolare lateralmente,
mostrando agli occhi della giovane Hope, una navata avvolta nella
penombra.
Il Santuario era ben poco illuminato, e pareva infinito.
Stanze, passaggi angusti, enormi corridoi e scale, su scale... su
scale!
Per un attimo, Hope, si sentì non poco fortunata a non
soffrire di vertigini, quando si ritrovò su un pianerottolo,
probabilmente all'ultimo piano dell'edificio.
Qualcosa nella sua mente le diceva di rilassarsi, mentre ogni fibra del
suo corpo cominciava ad irrigidirsi.
-Che ci facciamo qui?- chiese scettica.
Eve tacque.
No, non è un
buon segno...
Nathan le fece segno di avanzare.
La rossa, spaventata si voltò verso la mora, che le rispose
con un mezzo sorriso.
-Che ci facciamo qui!- ringhiò Hop, cercando di raccogliere
ogni briciola di coraggio.
-Sei stata convocata- disse l'orso,
atono - Ed ora, smettila di piagnucolare come una bambina, ed ENTRA...-
La ragazza inspirò profondamente, prima di varcare la
pesante porta in ebano.
Si ritrovò in una stanza, leggermente più
luminosa di quelle da poco attraversate. Infatti, benché
fosse piene di finestre, queste erano coperte con pesanti tende scure.
Le pareti erano ricoperte con una stoffa damascata bordeaux. Al centro
della stanza troneggiavano una grandissima poltrona, dietro ad una
pesante scrivania.
-Benvenuta Miss Rossenham- cantilenò una voce proveniente da
qualche angolo remoto della stanza.
Hope si fermò ad un passo dalla scrivania, sentiva una
presenza girale intorno.
Quella voce...
Lei l'aveva già sentita...
Qualcosa la sfiorò, e poi sentì un paio di mani
afferrarle le spalle.
L'aria calda sul collo, un respiro.
-O forse, dovrei chiamarla Fiore?-
No, non può...
Hope scosse la testa.
Quella voce la ricordava bene...
Alexis.
Note dell'autrice:
Ed eccoci alla fine del primo, vero, capitolo di Going Under.
Ho scelto di caricare un capitolo a settimana, per mantenere nella mia
testa una scadenza, ma ora passiamo alla parte più
importante:
Giusto per darvi qualche idea su "AlphaUT":
http://th09.deviantart.net/fs70/PRE/i/2010/146/a/7/Tamerlane_steam_city_by_EasternVision73.jpg
https://fbcdn-sphotos-f-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/t1/1902778_10151912161260079_1481067968_n.jpg
E sul Santuario:
http://i1.ytimg.com/vi/eRTGSClJpUM/0.jpg
A presto
Dimea
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
going under 2
Capitolo III
Oblivion
Blurring and
stirring the truth and the lies
so I
don't know what's real and what's not
always
confusing the thoughts in my head
so I
can't trust myself anymore
[...]
I'm
going under
Drowning
in you
I'm
falling forever
I've
got to break through
[Evanescense - Going Under ]
Fiore.
Nessuno l'aveva mai chiamata così...
Solo la balia una volta...
Ed il suo precettore...
ma furono severamente puniti, per ciò.
Cosa poteva saperne quel ragazzo?
Gli occhi della giovane cominciarono, lentamente, ad abituarsi al
buio.
Alexis era lì.
Troppo vicino per essere allontanato.
La giovane si sentì una stupida.
Si era fatta incantare dal suo volto d'angelo... un comportamento
troppo superficiale.
Hope cercò di divincolarsi, ma senza troppa convinzione.
Probabilmente sarebbe morta nel giro di poco.
-Perchè ...?- chiese la ragazza, con un filo di
voce.
-Per la tua incolumità.- rispose fermamente il ribelle.
Qualcosa non quadrava...
La situazione cominciò a prendere una piega surreale.
Ma la stavano prendendo tutti in giro?!?
La rapivano durante dei festeggiamenti in suo onore...
La chiudevano in una cella che sapeva di muffa con due pazzi che
litigavano...
La mandavano in una stanza buia con uno che poteva tranquillamente
essere un maniaco, nonché capo dei suoi rapitori...
E si aspettavano di vederla abboccare alla colossale balla "sulla sua
incolumità"?!? Tanto valeva ammazzarla subito!
La paura cedette il posto allo sconcerto.
La giovane si divincolò da Alexis, e le si parò
davanti afferrandogli le spalle... spingendolo contro il muro.
-Per la mia
incolumità?!? Ti prego... dimmi che mi stai
prendendo per una stupida! - ringhiò la rossa -Non puoi
sperare che io ti creda , lo sai.-
Il biondo scoppiò in una fragorosa risata.
-Ah! Ti fa ridere?!? TI FACCIO RIDERE?!?- Urlò Hope
L'adrenalina cominciava a pompare nelle tempie delle giovane.
Il respiro si fece più pesante.
-Rido... Perchè mi aspettavo una reazione molto prima...-
sibilò Alexis, visibilmente divertito -
è stato troppo semplice portarti via...-
Questo era troppo!
-Spero che questo ti basti...- sussurrò la rossa, poco prima
di assestare un gancio alla mascella del biondo.
Il ragazzo accusò il colpo, con una smorfia... e
ribaltò le posizioni.
I polsi della giovane, inchiodati alla parete dalla stretta di
Alexis... erano la prova che il giovane non aveva ancora mostrato la
sua forza.
Hope, cercò in tutti i modi di non mostrarsi debole, mentre
le lacrime cominciavano a farsi strada nel suo essere.
Sentiva il suo respiro sul collo.
le provocava una reazione a catena di brividi... di paura?
Paura, mista ad odio puro... quello per provava per il suo rapitore.
Ma poco importava, ora.
Pochi minuti, e tutto sarebbe finito...
-Era ora, principessina...
per un attimo ho temuto fossi una specie di frignona- la
schernì. -E tranquilla dolcezza... non ti sto prendendo in
giro.-sussurrò troppo vicino al volto della ragazza
Alexis lasciò la presa dai suoi polsi.
-Non potrei mai farti del male...- le bisbigliò
nell'orecchio poco prima di allontanarla.
Quel ragazzo era strano... troppo, per i suoi gusti.
Hope sentì i passi del giovane dirigersi alla sua
sinistra... poi le tende si spalancarono.
Gli occhi della rossa ci misero qualche minuto ad abituarsi alla luce.
Alexis era lì, in piedi davanti ad un'imponente finestrone.
Non accennava minimamente a voltarsi verso di lei.
Restava lì, a contemplare Alpha.
Sotto i suoi piedi sembrava un formicaio pululante di vita.
-Benvenuta tra noi, Hope- disse una voce familiare alle spalle della
ragazza.
Lei conosceva bene quel timbro... l'ultima volta che l'aveva udito
aveva dodici anni.
Il suo mentore...
Quello fuggito, scampato alla condanna a morte di suo padre.
Quello che, lontano da occhi indiscreti, le insegnava la difesa
personale.
Il suo migliore amico.
-Icarus!-gridò la ragazza correndo incontro alla figura.
Il suo viso era rimasto immutato nel tempo...
I capelli scuri come la pece, coprivano una fronte alta. Gli occhi
neri, come le pozze profonde su un volto da bambino cresciuto in
fretta.
Il corpo era spesso... tipico dell'addestramento militare,
completamente differente da quello magrolino del suo mentore...
All'epoca il giovane aveva poco più di vent'anni... ora
l'uomo davanti a lei doveva essere sulla trentina.
-Hai fatto un ottimo lavoro, Icarus... ha saputo difendersi-
decretò il ragazzo davanti alla finestra.
-Grazie Signore.-
-Alexis...chiamami Alexis, Icarus... quante volte te lo devo dire.-
Sospirò
-S...signore?- balbettò la rossa, incapace di comprendere la
situazione.
-Hope, il ragazzo davanti a te è il Magister di UnderTown-
La giovane sgranò gli occhi.
Alexis... Il Magister? Il comandante dei Ribelli...
-Benvenuta tra noi, Fiore della Speranza... benvenuta tra gli Under-
-Ma... ma Perchè sono qui?!? Perchè mi hai voluto
tra i ribelli.- I nervi di Hope cominciavano a vacillare.
-Ora calmati, ti verrà spiegato tutto... durante il
programma Oblivion-
parlò il giovane Magister.
-O...O
cosa?-
-Oblivion,
piccolo Fiore... ci sono troppe cose che il tuo adorato padre ti ha
tenuto nascoste. E' ora di conoscere le tue origini.- aggiunse Alexis,
voltandosi.
Erano passate poco più di due settimane dall'incontro
ufficiale con il Magister, ed Hope si sentiva ancora scombussolata ed
indignata.
Quel ragazzo si era preso gioco di lei, senza ritegno. L'aveva rapita e
schernita.
No, Hope non riusciva proprio a digerirlo!
Il lato positivo del progetto Oblivion, di cui in realtà non
aveva ancora capito l'utilità, era la presenza costante del
suo mentore.
Icarus la metteva a suo agio, nonostante si sentisse ancora
prigioniera... ma il suo compito era proprio quello... prepararla ad
accogliere il "progetto".
Le loro lezioni di autodifesa erano ricominciate, ed il loro rapporto
si era ricucito più saldo che mai.
Per loro il tempo non era passato. Restava pur sempre il suo
più caro amico... il suo unico amico.
Nel mentre, era strata trasferita dalla cella puzzolente, ad uno degli
alloggi presenti nel Santuario.
Decisamente più confortevole, ma pur sempre pervasa dalla
penombra.
Una mattina al posto del suo maestro, entrò nella sua stanza
Alexis.
Il solito sorriso sghembo stampato in volto.
-Muoviti, da oggi comincia il vero Oblivion.- sentenziò,
invitandola a seguirlo.
Si spostarono attraverso il Santuario, volti all'archivio.
-E' ora che tu conosca il tuo passato- riprese a parlare il ragazzo.
-Quindici anni fa, nel 2053, tua madre si unì segretamente
ai ribelli...-
-NO, TU MENTI! LEI FU UCCISA DAI RIBELLI!- Gridò
disperatamente la ragazza
-Se non ti calmi e non mi fai finire... giuro che mi
toccherà ricorrere ai sedativi di Nathan.-
mormorò calmo Alexis - Ora, mi lascerai finire... se dopo
non ti sentirai sicura, potrai consultare l'archivio, con i documenti
di tua madre... ed il suo diario.-
Hope rimase gelata, incredula. Ma decise di non proferire parola, fino
alla fine del racconto.
La situazione sembrava molto diversa da ciò che le avevano
raccontato da piccola.
Fu la madre stessa, ad organizzare l'attentato ai danni del Tiranno.
Ma qualcuno li tradì, e nell'imboscata l'unica a perdere la
vita fu la stessa Mary... per mano del Comandante.
La rossa rimase impietrita... la sua vita era stata riempita di
menzogne dalle persone che lei credeva fidate.
-Mary lo fece... per proteggerti. Voleva salvarti da tuo padre...
voleva salvare il popolo da tuo padre...- La voce del ragazzo si fece
più dolce.
Lei rimase lì, piegata dal speso della verità,
incapace di riprendere il controllo del suo corpo.
Silente come uno statua, cercava di trattenere le lacrime.
Ferita.
Si sentiva una ragazzina ingenua.
Una stupida.
Il suo mondo crollava davanti a lei...
Fu allora, che Alexis fece ciò che Hope non si sarebbe mai
aspettata.
Si alzò dalla sua sedia, e si avvicinò a lei.
Il suo sguardo pareva triste... aveva gli occhi di chi si è
già sentito così...
Inaspettatamente la strinse a sé, e le sussurrò
nell'orecchio.
-Per oggi, basta così.- la rassicurò- Piangi,
pure...-
E lei lo strinse forte, lasciando che i singhiozzi prendessero
il sopravvento sul suo corpo.
Continua...
Il progetto Oblivion è iniziato... e nulla sarà
più come prima nella vita di Hope.
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