In case you just want to come home di DouglasSpunk (/viewuser.php?uid=158121)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strong enough to leave you ***
Capitolo 2: *** Weak enough to need you ***
Capitolo 3: *** Cared enough to let you walk away ***
Capitolo 4: *** In case you change your mind ***
Capitolo 5: *** I'll be waiting here ***
Capitolo 6: *** In case you just want to come home ***
Capitolo 1 *** Strong enough to leave you ***
Salve
popolo. Sì, sembrano passati secoli e invece è
solo un anno... Un anno in cui
sono successe tante cose, belle e brutte. Qui è Elena che vi
parla e beh,
avrete capito (spero) che io e la Rose siamo ufficialmente tornate.
Sapete si
avvicina il Natale e quindi dovremmo essere tutti più
buoni... Certo.
Sinceramente
non so cosa dire. Ho - abbiamo - tanta ansia. E preferirei lasciare a
voi il
resto. So... Buona lettura.
P.S.
Rosa ha, come ad ogni Natale -__- , il pc guasto
quindi sarò io a postare anche i suoi capitoli dal suo
account.
Prologo
Strong
enough to leave you
Paura.
La
paura, nel vocabolario, è definita come uno stato
emotivoconsistente in un
senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo
reale o
immaginario.
Paura.
Le
persone hanno paura di tutto: dell'amore, della morte, delle malattie,
di
soffrire, dei cani, degli squali, della velocità; perfino
delle farfalle.
Si
ha paura di sbagliare, di provare qualcosa, di perdere qualcuno a noi
caro.
Paura.
La paura ci spinge a fare
scelte. Chi ha paura, di solito, sceglie di
non vivere. Non completamente,
comunque.
Io, Kristen Stewart, non
esulavo da quella definizione.
"Kristen?"
"Uhm?"
Lui ammiccò: labbra tese in un sorriso malizioso, occhi
socchiusi,
un sopracciglio alzato, voce roca.
Lei
mugugnò infastidita.
"No."
Il sorriso del biondo non si spense.
Avevano
fatto l'amore tutta la notte, eppure la voleva ancora. Fece forza sui
bicipiti, si alzò per metà e posò il
suo corpo su quello della donna che
cercava di recuperare
le
ore di sonno 'perse' ad 'accontentare' il suo
fidanzato.
"Robert... È tardi." Robert scese con la
bocca sul collo di Kristen, cominciando
a posarle baci lievi su tutta la mascella. Lei, in risposta, si morse
un labbro
per non gemere.
"Tecnicamente, Kristen, non è tardi",
arrestò la sua manovra per guardare
la radiosveglia che Kristen si ostinava a tenere sul comodino,
"sono le
sei e due minuti del mattino. Non è tardi."
"Mh" la sentì dire, "allora è
presto."
"Nah,"disse un attimo prima di baciarle la bocca
con impeto. Schiusero
insieme le labbra, nello stesso momento, quasi come se si fossero messi
d'accordo;
dopo furono solo gemiti, urla sommesse, sorrisi
orgogliosi
trattenuti in un morso e lasciati andare in un bacio frettoloso, parole
sconnesse e labbra umide.
Quello
che successe dopo fu l'amore senza paura. Quello vero, incondizionato.
Come se si
fossero sussurrati le migliori promesse. E le promesse si mantengono.
Si mantengono anche dopo giorni, mesi, anni, urla, "sì" e
"no",
"forse" e "se", "a domani" e "ci vediamo",
"Io ti amo" ed "io ti odio".
Le
promesse, quelle fatte col sangue di chi vive, col cuore di chi ama,
con gli
occhi di chi venera, le mani di chi adora, e la mente di chi pensa,
vanno
mantenute.
"Posso
portarle qualcosa, signorina?"
Scossi la testa in segno di diniego, e lasciai che l'hostess di volo mi
sorridesse
accondiscendente prima di andarsene.
Parigi.
Poi Cannes. Nessuno avrebbe saputo nulla. Né mio padre,
né mia madre.
Nessuno.
Men
che meno lui.
"signorina, posso portarle qualcosa?" Lei si morse
un labbro,
trattenendo una risata che altrimenti sarebbe esplosa potente.
"Si."
"Bene, cosa le porto?" La donna dagli occhi verdi
fece finta di pensarci,
guardandolo: Robert indossava uno stupido grembiule da cucina ed un
paio di
boxer,
in mano teneva un vassoio vuoto.
"Uhm" fece finta di pensarci. Lui sorrise. "Mi
andrebbe un
te".
"Alla pesca?" Kristen scosse la testa.
"Al limone?" Negò ancora.
"Alla men", stavolta non lo fece finire di parlare.
Si alzò in piedi sul
letto sovrastando in altezza il ragazzo, e posandogli due dita sulla
bocca.
"Mi andrebbe del te inglese." Lui
deglutì. " 'Te'. Mi andresti
tu. Alla colazione ci pensiamo dopo".
Paura.
Alla
paura, il nostro corpo, reagisce in determinati modi: attacchi di
panico,
vomito, ansia, tachicardia, addirittura infarto. Alcuni ridono. Il mio
corpo
aveva reagito così la prima volta.
La
paura mi aveva solo sfiorata; forse era più un'inquietudine.
Risi.
La
seconda volta, invece, tramai. Cominciai a chiedermi se quella minaccia
era
davvero pericolosa. Poi risi ancora. Mi diedi della stupida.
Al
terzo sms il cuore mi si fermò in gola.
La
quarta volta vomitai.
Da
quel momento, ogni qualvolta che il cellulare vibrava, il cuore
cominciava a
battere più forte, il viso impallidiva e lo stomaco si
contorceva.
È
la paura.
E quella... Beh, ti fa fare
cose
insensate.
"Kristen?"
"Ancora?" Lui rise
dell'espressione shoccata della ragazza.
"No amore," le diede un bacio
leggero sulla tempia destra, lei vi si adagiò
sopra quasi come se si stessero dicendo 'Ti amo, sai?' 'Anche io.'
"Volevo solo dirti che tra
poco devo andare. Oggi giriamo".
"No." Gli disse convinta,
abbracciandogli il torace non più longilineo,
ma muscoloso.
"Come no?"
"Ti voglio qui." Robert rise
ancora.
"Devo andare, lo sai."
"No."
"Siamo insieme da tre giorni
esatti, abbiamo fatto l'amore tutta la notte.
Non sei stanca di me?". Lei lo guardò negli occhi, rivedendo
in quelle
iridi celesti a volte verdi, tutto il piacere che si erano donati in
quelle
ore, in quella notte.
S'erano amati come mai.
S'erano donati a loro come mai. Avevano giocato e
sperimentato. Avevano riso, poi baciato. Quasi... Quasi come se non ne
avessero
più avuto il tempo, l'occasione. Come se fosse l'ultima
notte.
Quasi.
"Non potrei
mai stancarmi di te, Rob" Si sorrisero; lei sulla pelle
nuda di lui.
"Tanto
torno presto. Per pranzo. Così al mio ritorno potremmo
continuare a" cambiò tono di voce, usandone uno
più solenne, "bearci di quella parte piccola, ma perfetta,
della
nostra eternità."
Kristen lo
fissò sbigottita, per secondi interi, scrutandolo, cercando
di capire se stesse facendo sul serio oppure no. Poi scoppiò
a ridere.
"No, non
fai sul serio", gli disse fra le risate.
"Non ridere
di me, ehi!"
"Ma... Hai
citato Twilight!" Lui si fece stranamente serio.
"Beh...
È grazie a quel libro che t'ho trovata."
Kristen
smise di ridere, lasciando che le sue labbra si modellassero in un
sorriso tenero. Adorante.
"Già."
Lo baciò. "Robert?"
"Mh?"
"Ti amo."
"Anche io."
Un altro sorriso.
"Kristen?"
"Mh?"
"Facciamo
un figlio?" Che poi lei ci era abituata a quella frase. Quindi
perché le si apriva il cuore?
"Tra
qualche anno." E lui era abituato a quella risposta. Quindi
perché ci rimaneva male?
Era come un
copione ripetuto migliaia di volte. Senza modifiche.
"Ma... Sono
vecchio! Ho bisogno di un erede, capisci?" Le diede un morso sul
polpastrello del pollice.
"Hai Bear."
"Voglio un
bambino."
"No... Io
no. Non ora."
"Ma
andiamo, non lo vorresti un piccolo cucciolo con i tuoi occhi e i tuoi
capelli, e magari la mia altezza perché tu, amore, sei nana"
"Ehi!" Gli
diede un pugno sul braccio.
"Ma
è la verità. Comunque, dicevo, non lo vuoi un
figlio? Un mix di noi due. Sai che figo!"
"Non ora...
Lo sai, Rob."
"Ma io
voglio un piccolo Pattinson. Marlowe ha bisogno di un cugino."
Lei si
indispettì.
"Beh,
allora fallo con... Con quella lì, la Penn." Un altro morso,
stavolta più forte, come a volerla punire per quella pessima
uscita.
I giornali
si erano inventate troppe cazzate nel periodo in cui il loro rapporto
aveva vacillato.
Ma era
acqua passata.
"Io un
figlio lo voglio con te."
"Spiacente."
"Kristen?"
"Che vuoi?
Vuoi un figlio? Fallo con qualcuna delle troie che ti sei fatto."
Robert le prese il mento tra l'indice ed il pollice, portò
il suo viso ad un anelito da quello della ragazza,
e
le baciò il naso.
"Io non lo
voglio il figlio di un'altra." Un bacio sulle labbra. "Non
vorrò mai nessun altra madre che non sia tu per i miei
figli."
Il
perché delle lacrime di Kristen, Robert lo
associò al ciclo.
Poi lei lo
baciò. E lo fece ancora, ed ancora, ed ancora. Si baciarono
tanto, troppo forse; anche mentre lui si vestiva.
Poi un
ultimo bacio: a fior di labbra, dolce, ad occhi aperti, come a voler
consumarsi la bocca e tutto il resto.
La promessa
di un 'a dopo'.
"Ah
Kristen?"
"Dimmi." Il
sorriso stanco. Falso. Dai Kris, un'ultima volta. L'ultima scena e poi
avrai terminato la tua miglior interpretazione.
"...a
pranzo vorrei tanto le tagliatelle."
Applauso.
È finita.
Guardai l'ora sul display
dell'iPhone: tra poco Robert sarebbe tornato a casa. Avrebbe trovato le
sue tagliatelle nel forno, ed un biglietto attaccato al frigo.
Ero decisa a lasciarlo, a
salvarlo, e sapevo che lui non mi avrebbe mai e poi mai perdonata.
Ma... Ma quando ami qualcuno, e lo ami così tanto da
strapparti il cuore con le tue
stesse mani, allora
non ti importa.
Per Robert mi sarei presa il
colpo peggiore, l'insulto più brutto, la vita meno bella.
Per Robert, per la sua vita,
stavo dando la mia.
Forse in senso lato, ma lo
stavo facendo. Stavo rinunciando a me.
Non lo facevo solo per lui,
quello no. Non ho mai creduto alla cazzata dell'amore che ti fa
annullare te stesso per l'altra persona. No. Questo no.
L'amore è anche
egoismo.
Non stavo scappando per lui.
Io lo facevo anche per me. Perché una vita senza avere
Robert accanto non era vita; ma vivere con la consapevolezza del suo
cuore muto,
beh, era la morte. Vivere in
un mondo in cui lui non esisteva era morire.
Per questo l'avevo deluso una
volta ancora.
Perché l'amore
è egoista, ed io lo ero.
Lo
lasciò andare così, trattenendo il pianto -quello
vero- fino a quando non vide l'auto di Robert uscire dal vialetto.
Come
un'attrice navigata. Da premio Oscar.
Poi
lasciò le maschere, tornò Kristen, la ragazza
innamorata, impaurita. Quella che avrebbe voluto dirgli: "Aiutami."
Lo
sapeva che non l'avrebbe mai fatto.
No. Troppo
pericoloso. Per lei, per lui. Per chiunque.
Si rese
conto che piangere non le serviva. L'aveva fatto anche troppe volte
negli ultimi tre mesi.
Non ne
aveva parlato con nessuno; lui si sarebbe fatto male. O forse lei.
Qualcuno, comunque, avrebbe sofferto.
No, no, no!
Non avrebbe
potuto sopportare una cosa simile.
Così
si asciugò le lacrime; alle dodici aveva quel volo che le
avrebbe salvato la vita; lui, a lei. Ma che li avrebbe spezzati; a lui,
a lei.
Mise le
ultime cose nella valigia, le altre erano pronte da tempo. Poi
andò in cucina, prese la farina e le uova ed
impastò. Lui amava le sue tagliatelle.
Quando
ebbe finito, trascinò i bagagli nel baule della Jeep.
Tornò in casa.
C'era odore
di sugo, di talco e dopobarba. Profumo di Rob.
Decise che
una volta arrivata a Cannes, ne avrebbe acquistato una bottiglia...
Giusto per averlo con sé.
Poi vide il
blocchetto giallo e la matita che scendeva, appesa ad un filo; erano
incollati al frigo. Su quei post it ci scrivevano di tutto.
Dai "Ti
amo", ai "...oggi esco con i ragazzi, ci vediamo stasera. Le lasagne
sono in frigo. Ah Rob, il formaggio grattuggiato va messo
quando lo
inforni, okay? Non dopo. Ti amo"
Staccò
un foglio giallo canarino, e con la mano che tremava,
cominciò a scrivere:
"Mi
dispiace Rob. Non cercarmi. Non telefonarmi. Non amarmi. Io e te... Non
abbiamo futuro. Scusa per quel 'Ti amo'.
Scusa per
tutto. Dimenticati di noi, io lo farò. K."
In
realtà avrebbe voluto scrivergli cose ben diverse.
"Le
tagliatelle sono in forno; rob attento alla cottura, 5 minuti bastano",
e lui, leggendolo, si sarebbe fatto sfuggire un sbuffo.
Poi, quel
"Ci vediamo stasera. Ti amo. K.", gli avrebbe fatto tornare il sorriso.
O magari
nulla del genere sarebbe accaduto. Aveva tremolato scrivendogli quel
post it. Le parole vacillavano, e con loro, la voglia di Kristen di
andare via.
Ma doveva.
Lo doveva fare. Attraversò per l'ultima volta quel
corridoio, all'ingresso c'era una foto di loro due. Gliel'aveva
scattata Ruth.
Così
prese la cornice tra le mani, e tirò fuori la fotografia.
Era liscia, quasi appiccicosa; accarezzò il profilo di
Robert. Quasi sorrise, tirò su con il naso.
"Io ci ho
provato Rob. Ti giuro che l'ho fatto... Volevo dirtelo, volevo, ma come
posso, amore, come?
Lo so che
non è giusto ciò che sto facendo, che su di noi,
su questa storia, io e te c'abbiamo buttato il sangue, le lacrime. Lo
so che ti amo, lo so che mi ami, e so anche che è da
codardi
dire tutto ciò ad una tua foto, e che non mi senti, e che
mai lo saprai. E so che mi odierai, come so che ti ho amato
dall'inizio.
Non faccio
altro che amarti da quando ero su quel letto, stanca, e ti aspetto; sei
entrato e ti ho visto.Non faccio altro che amarti da quando ti ho
scelto, mi hai scelta.
In questa
vita non faccio altro che amarti da quando ci siamo trovati, e persi.
Ma soprattutto da quando ci siamo ritrovati.... Un centinaio di volte,
forse.
Sono una
codarda, Rob. Non ce l'ho il coraggio di dirti cosa sta succedendo, ma
sappi che già mi manchi, che ti amo. Che ti amerò
sempre. Che sei tu, che sei sempre tu.
Che se tu
ora entreresti da quella porta io te lo direi, e forse mi lascerei
salvare, CI lascerei salvare. Che se tu ora mi chiedessi di sposarti ti
direi sì, e mille volte ancora sì.
Che lo
voglio un figlio. Che se non lo avrò da te, allora non lo
voglio. Che non vorrò mai nessun altro padre che non sia tu
per i miei figli. Che sei tu, tu, tu e sempre tu, Robert.
E forse
doveva finire così, no? Io e te non siamo destinati a stare
insieme. Non oggi, non domani. Forse in un'altra vita.
Magari
ci rincorreremo per decenni, e forse ci fermeremo solo per darci un
bacio e scappare ancora. Lo facciamo sempre.
T'amo da
tutta una vita, Robert Pattinson... E forse, è proprio
questo il problema."
Si
asciugò le lacrime, diede un ultimo sguardo a quella casa, e
col cuore gonfio di lacrime, uscì, chiudendosi la porta alle
sue spalle.
Si strinse
di più nel suo giubbotto di pelle, quello Balenciaga nero,
quello che Rob amava tanto perché "è come te".
Tirò
su col naso, la fotografia in una mano; la stava stropicciando.
Si tolse la
giacca, alzò il coperchio del bidone della spazzatura e ce
lo buttò dentro, con rabbia. Come un'ancora quella foto.
Entrò
nella jeep, e finse un sorriso per Jessica, la loro vicina di casa.
Attrice
fino in fondo.
Cosa
dicevano i suoi fans? Che era da premio Oscar? Forse avevano ragione
loro.
Guardai
un'ultima volta l'ora sul display dell'iPhone: Rob era tornato a casa.
In
questo momento stava accarezzando i cani... Ora si stava togliendo le
scarpe.
Gli
avevo chiesto scusa per quel "ti amo". Gli avevo schiesto scusa dei
baci dati, e dei "ti amo" ricambiati; delle ferite inflitte, dei
silenzi rispettati e dei segreti tenuti fino a farmi -farci
affogare.
Riuscivo
a sentire quel suo "sono a casa, Kris"
BOOM.
Il
suono di qualcosa che si rompe, forse il forno dove c'erano le
tagliatelle che tanto amava. O magari il frigorifero dove c'era quel
pezzo di carta giallo canarino, con una menzogna scritta
a
caratteri cubitali: dimenticati di noi, io lo
farò. Bugia.
E
tutto quello -io e lui fatti a pezzi, un futuro andato, lacrime amare,
un giacchetto buttato nella spazzatura- accadeva solo per una ragione:
paura.
Perché
la paura si nutre dei sogni andati, delle debolezze.
E
l'amore vive di speranze, di vita.
E
la paura... Beh, la paura è il peggior nemico dell'amore.
Non
che non avessi mai provato a cambiare numero di telefono, l'avevo
fatto, e più volte anche; ma finiva sempre con riapparire
quell'anonimo.
L'ultima
volta non era bastato un sms.
Fu
quello a farmi paura. A farmi decidere.
Accadde
in una sera di Ottobre; eravamo a letto, ero felice quel giorno.
Credevo che la mia vita stesse cominciando a girare sul binario giusto.
Robert
era di nuovo con me, finalmente, e tutto andava bene.
Ci
baciavamo, parlavamo, ridevamo... Ci comportavamo come un fidanzato ed
una fidanzata.
Poi
le luci saltarono, un sms, ed una scritta nell'auto di Rob.
Lui
l'associò ai paparazzi. Io no. Fu allora che capii di essere
in trappola.
A
Robert non avevo mai provato a dirlo... Lui, lui avrebbe dato la sua
vita per me.
Ed
io non volevo.
Cannes
era stata la scelta più ovvia, quasi.
Nel
corridoio che portava alla nostra stanza, c'erano appese varie
fotografie: io e lui ai tempi di Twilight, una a casa dei suoi, lui e
le gemelle, noi e Tom, noi e Marlowe, noi con i cani,
noi
a Cannes.
Scappare.
Andare via. Trasferirmi nel posto in cui più eravamo stati
felici; prima di Rupert, prima di Dylan, prima della paura.
Sbuffai.
Sotto
di me solo nuvole.
La
California era lontana. Robert era lontano.
Forse,
lo era anche il pericolo.
Arrivare a Parigi, per la
coincidenza, fu estenuante. I ricordi di un volo simile, il jet lag,
l'insonnia... avevo riposato poco e niente.
Se chiudevo gli occhi vedevo
Robert. Robert che fissava quel foglietto, quella frase, quel "ti amo"
camuffato in un addio. E più tentavo di dimenticare, di
togliermi quell'immagine
della mente,
più queste si moltiplicavano.
Eravamo in aeroporto.
Una volta in questo stesso
luogo io e Robert ci eravamo nascosti in un bagno a fare sesso.
Sorrisi. Per poco non venimmo
beccati dagli inservienti.
Il sorriso svanì.
Io non avrei più
toccato il suo corpo... Lo avrebbero fatto altre persone.
Non... Non mi piaceva
quell'assurda idea. Non era giusto.
Robert era mio. Robert
è mio.
Perché lo stavo
facendo? Perché ero scappata? E se... E se gli dicessi tutto?
Presi il cellulare dalla tasca
posteriore dei pantaloni.
Chiusi gli occhi. Pensai.
Pensai al altre mani che
accarezzavano il suo corpo. E non per finta, su un set... Per davvero.
Se prendevo quella
coincidenza, se lo facevo, dicevo addio. Non un arrivederci.
Se andavo fino in fondo, lo
avrei salvato. Ci avrei salvato. L'avrei fatto.
Perché Robert se lo
meritava. Perché tra due anni, senza di me, lui
sarà vivo.
Sarà su qualche
poltrona degli Oscar, ad ascoltare il suo nome accompagnato da un "e il
vincitore è", pronunciato da qualche bella e perfetta
attrice.
E quando verrà il
momento del discorso lui sorriderà, imbarazzato -lo
è sempre-, e dirà qualche assurdità.
Ed io riderò con
lui. Da lontano.
Poi lo vedrò
toccare e fissare quella statuetta d'oro; emozionato, incredulo. Lo
capirò io quello sguardo. Solo io. Perché io e
lui ci siamo sempre capiti con gli occhi...
Perché in tutti
questi mesi non se n'era mai accorto? Perché aveva creduto a
tutte le mie bugie? Ai miei "va tutto bene".
Perché mi hai
creduto, amore mio? Se tu non l'avessi fatto...
Qualcuna, ad un party, lo
punterà, gli ammiccherà, e lui forse
ricambierà.
Ed un giorno lo
vedrò con una donna che non è me. E
dovrà andarmi bene perché l'ho scelto io. Mi
andrà bene anche quando si sposerà, quando
avrà dei figli.
Perché mi hai
creduto Rob?
Quindi riposi il cellulare
nella tasca, perché altrimenti lo avrei chiamato per dirgli "vienimi a prendere". E lui lo avrebbe fatto.
Scossi la testa, scacciando
quei pensieri dalla testa: io dovevo andare via.
'Non essere una codarda', mi
ripetevo. 'Fallo per lui'.
'Salvalo. Perché da
una come te bisogna essere salvati. Non te lo meriti uno come lui.
L'hai tradito, l'hai ferito. L'hai fatto stare male... Quindi goditi lo
spettacolo quando accadrà.
E vai via, lascialo stare. Se
anche lo chiamassi, gli spiegheresti tutto, e magari addirittura
tornereste insieme, credi che lui non ti lascerà?
Lo farà.
Perché sei tu. Sei quella che lo ha fatto soffrire, sei
quella che ha preferito gli amici al proprio fidanzato. L'hai fatto
scappare, ricordi?
E altre persone
l'hanno fatto sorridere, tu solo piangere. Te ne rendi conto?
Entra in quell'aereo e non
farti più vedere.'
Mi asciugai gli occhi con le
maniche della maglia, e tornai decisa sui miei passi.
Cannes era la mia nuova vita.
Una vita senza Robert. Una
vita che forse non sarebbe mai stata tale.
Quando arrivai all'aeroporto
di Cannes fui assalita dal profumo di vaniglia.
Il ché era stupido,
ma sentivo quell'essenza.
Come le torte fatte con Robert.
Come il bagnoschiuma che avevo
comprato e di cui si era innamorato.
Come i fiori che avevamo in
giardino.
Come il nome della nostra
terza cagnolina.
Come me e lui, e quel
té preso alle sei del pomeriggio; alle cinque no, era troppo
da inglesi, e noi eravamo in America.
Non sapevo se i ricordi
potessero avere un odore, ma in questo momento era così; lui
ed io eravamo vari profumi messi insieme. Ed ero sicura che questo
posto mai me li avrebbe
fatti scordare.
Forse anche per questo l'avevo
scelto. L'avrei avuto sempre vicino... O almeno, così amavo
pensare. Accesi il cellulare,convinta a sentirlo almeno un'ultima volta.
Una chiamata in anonimo,
volevo solo sentire la sua voce. Oramai ero nel taxi. La mia decisione
era stata presa. Solo un'ultima volta.
Schiacciai l'icona verde sulla
sua faccia, e attesi.
Attesi per sei lunghi squilli.
Poi rispose qualcuno.
Non seppi mai come feci a non
scoppiare a piangere, a riconoscere una voce che non avevo mai sentito.
Era Dylan.
Lui era con lei. S'era
già dimenticato di me.
"C'è qualcuno?"
C'era qualcuno? Io non lo
sapevo. C'ero? C'ero davvero o era il mio fantasma? Al momento mi
sentivo vuota. Spenta. Inutile.
Come... Come derelitto. Un
rifiuto. Uno zombie.
Staccai.
Scesi dall'auto cinque minuti
dopo. Ero arrivata da Ellie.
Mi attendeva sulla soglia di
casa sua: I capelli biondicci sciolti, un pigiama rosso, e ai piedi un
paio di ciabatte a forma di Minions. Quasi le sorrisi.
Mi venne incontro,
m'abbracciò. Mi lasciai stringere. Il suo profumo di
caramelle, così dolce, così familiare, mi
distese, tranquillizzandomi almeno in parte.
"Come stai, K?" La guardai,
fissai i suoi occhi grigio azzurro, e mi sentii... Stanca.
Stanca di tutto. Stanca della
mia vita, delle bugie. Di me e Rob.
Ero stufa di mentire.
Perché mi hai
creduto Robert?
Perché amore mio?
Perché non hai
letto nei miei occhi le bugie?
"Mi sono appena uccisa con le
mie mani." Ecco come stavo. O non stavo.
Tre ore dopo ero su un letto
non mio, con la consapevolezza che lui era con lei.
Lo odiavo... Mi aveva lasciata
andare senza neanche combattare. Né una chiamata,
né un messaggio. Come gli avevo chiesto.
La odiavo... Aveva
già preso il mio posto. E probabilmente l'avrebbe
occupato meglio di me.
Mi odiavo... Avevo fatto la
cazzata più grossa della mia vita. Stupida. Stupida. Ero una
stupida.
Ci odiavo... Perché
ci uccidevamo a vicenda. Perché?
Ci dicevamo sempre che eravamo
noi contro loro, ma non era vero: la battaglia più grande, i
nemici più forti, eravamo noi stessi.
Eravamo noi contro noi. E di
solito, perdevamo sempre.
Volevo... Volevo scrivergli
qualcosa. Insultarlo, magari. Dirgli che era un bastardo.
E lo stavo per fare: digitai
le prime parole, ma poi il suono di un sms.
Il
cuore partì in quarta. L'ansia esplose. Il respiro
accelerò.
La
paura mi invase.
Anonimo.
Lui.
O forse lei. Ancora una volta.
"Non
avvicinarti mai più a lui, puttana. Resta dove sei. Non
farti più
vedere...
O te ne pentirai. Amaramente".
Paura.
Io non parlo. Si avvicina il
Natale. Quindi abbiate Fede u.u
Baci e abbracci, frizzi e
lazzi.
Helen & Rose.
|
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Capitolo 2 *** Weak enough to need you ***
In case secondo capitolo
Aloha,
people! Visto? Non è passato così tanto tempo ed
eccoci di nuovo qui! Quella merdaccia di Rose non ci tiene a dirvi
niente -_- e come sempre fa a scarica barile, lasciando tutto sulle mie
spalle!
Questo capitolo avrà un salto temporale di due anni ed
è proprio dopo due anni, rispetto a quando si svoglie il
prologo, che si andrà a sviluppare il resto della storia.
Non voglio dire altro, anche perchè il capitolo
parlerà da solo. Vi auguro una buona letture e... Ci
'leggiamo' sotto.
P.S. Ricordate sempre il nostro motto - Killed by Helen Rose -
1
Weak
enough to need you
Due
anni dopo.
POV Robert
L'uomo prende a bere, il bere porta a bere, il bere prende l'uomo.
Bere.
E' impressionante rendersi conto di quante emozioni possa offrirti un
po' d'alcool. Con un bicchiere rilassi i nervi, con due senti un calore
nuovo dentro te, con tre inizi a non pensare, con quattro sei
totalmente rilassato, con cinque l'euforia ti assale, con sei il tuo
corpo agisce senza la compagnia della mente. Io... Beh io ero
già a sette. E lo ero da due anni.
Il tunnel dell'alcool. Credo si chiami così. Ci sono dentro
da
un po'. Tutti sono preoccupati. Tutti hanno paura per me. Ma non io;
non c'è niente di spaventoso in quello che sto facendo: il
tunnel non è buio e io non sono solo.
"Se andassimo in camera?" ansimai. Ogni sera quelle erano le parole
d'ordine.
"Ripetimi come ti chiami" la spinsi ad aprire le gambe e mettersi a
cavalcioni su di me. Era bella. Era bionda. Era buona. Le definivo
scherzosamente le tre "B". Senza queste non si faceva niente.
"Lola"
scadì quelle parole con una lentezza maniacale,
biascicandole al mio orecchio. Era bionda. Questo era ciò
che
contava.
Voltai il viso e con un grugnito, senza se e senza ma, infilai la mia
lingua nella sua bocca. No, non me ne appropriai. Niente di
ciò
che apparteneva a quelle donne sarebbe mai stato mio. Si trattava solo
di un prestito o, a volte, di un affitto. In un secondo le sue mani
scesero dal mio collo in giù, attraverso il torace, e si
fermarono
al posto giusto. Provai un senso di fastidio, come ogni sera, non
appena mi toccò i genitali. Solo per un attimo, rapido come
la luce.
"Siamo già pronti, mr Pattinson, eh. Stasera nessun lavoro
di bocca"
"Tu farai quelle che ti dico" sorridevo. Quel sorriso maniacale da maniaco
che entrava in gioco in questi momenti.
Mi sentivo carico. Mi sentivo stronzo. E lo ero davvero.
"Qui vibra qualcosa..."
"Allora muoviti a portarmi in camera" le strizzai con forza una natica
mentre con la sua intimità si sfregava sulla mia.
"Non vedo l'ora. Ma ti vibra il telefono" senza perdere il suo sguardo
da puttana, senza spostarsi di un millimetro, mise la sua mano in una
tasca dei miei jeans e tirò fuori il cellulare.
Lo afferrai dalle sue mani e senza guarda il display risposi. Sapevo
già perfettamente chi fosse.
"Che vuoi Tom?"
"Dove cazzo sei? Sono le
4 del mattino e io sono giro a cercarti da
più di due ore. E' Marlowe mia figlia, non tu. Non dovrei
preoccuparmi così per te!"
"Nessuno te lo sta chiedendo infatti" spostai Lola da sopra le mie
gambe e mi alzai per uscire un attimo fuori.
"Pattinson, non voglio
più ripetertelo, dove cazzo sei?"
Cincischiai ridendo come ridono gli ubriachi "Sono a casa..."
"No, non sei a casa."
"Ok. Non sono a casa. Ma in un posto più bello!"
"Rob ho girato quasi
tutti i night di LA quindi, anche se non dovessi dirmelo, sappi che
ormai ti trovo"
"Oh noooo....E io mi nascondo. Sai dove?"
"Dove?" il
suo tono era decisamente esasperato.
"Con la faccia tra le gambe di Lola" scoppiai ancora a ridere "Dovresti
venire anche tu a divertirti un po'. Sienna non se la
prenderà..."
"Per niente...Facciamo
così, tu mi dici dove sei e io vengo a divertirmi con te"
"Amico! Sei un grande! Tu... Tu... Io ti amo, sai? Non ho mai amato
nessun altro quanto io amo te in questo momento."
"Sicuro! Dove sei,
quindi?"
"Sono davvero fiero di te"
"Pattinson! Dove?"
"Voglia di scopare, eh? Capisco questi bisogni...."
"Appena arrivo ti spacco
la faccia."
"Fai presto, sono al Candy Cat Too. Dai che ti aspetto per iniziare..."
improvvisamente mi sentivo più eccittato di prima. Ma
sì,
avrei aspettato Tom.
"Evviva!"
Rientrai nel locale con un nuovo spirito. Finalmente dopo tanto tempo,
Tom provava a capire. E voleva anche farmi compagnia nel tunnel!
"Possiamo riprendere" si avvicino lentamente la bionda. Come si
chiamava? Aveva un viso poco gentile. Lineamenti molto marcati, una
fronte ampia, labbra piene e grandi.
Aveva anche un'altra cosa a cui non avevo badato prima. Gli occhi
verdi.
No, non erano i suoi
occhi. Nessuna avrebbe mai avuto quegli occhi. Nessuno tranne lei.
Ma erano verdi e questo bastò a guardarla con sdegno. "
Vattene". Un sibilo tra i denti.
"Cosa? Amore..."
"Oh nononono" la presi per le braccia e la spostai "Nessuno mi chiama
amore. Nessuna come te. Nessuna con gli occhi verdi che non sia lei ha
il diritto di chiamarmi amore"
Fu come svegliarsi da un attimo di pura trance. Ripresi una
lucidità che l'alcool mi aveva portato via e che,
oggettivamente
non era ancora tornata. Mi allontanai dal bancone, da lei, lanciandole
addosso una banconota da cento dollari. "Questi sono per il disturbo.
Ma, ti prego, stammi lontana" lo dissi con un disprezzo che non pensavo
potesse appartenermi.
Improvvisamente era tutto sbagliato. Il posto, la persona, io....
Niente di nuovo, niente che non succedesse ogni sera da due anni.
Dovevo andarmene e in fretta.
Dovevo dimenticare l'amore per
dimenticare il dolore. E ancora non ci ero riuscito.
Non appena misi piede fuori da quel locale sentii la
necessità incommensurabile di fumare. Una sigaretta. Una
sola. Dovevo farlo o sarei impazzito.
Mi avviai alla mia auto a passo svelto e traballante: sarei andato in
centro, o forse a Los Feliz, avrei odiato ogni attimo di quella notte e
lo avrei fatto fumando. Fumando tutte le sigarette che non fumavo da
anni.
Tentai di inflilare la chiave al posto giusto ma avrei giurato - giuro - che le
chiavi fossero due e non capivo bene quale riuscire a muovere.
"Che stai facendo?" girai la testa solo per vedere di chi diavolo si
trattasse. Poi tornai a concentrarmi sulle chiavi.
"Me ne vado" Tom era lì, dietro di me con la sua auto. Avevo
osservato i suoi occhi solo per un secondo e, nonostante la sbronza,
quel secondo era bastato a farmi comprendere che lo sguardo del mio
migliore amico era ancora una volta deluso. Deluso da me, dalla mia
vita, dai miei gesti. Ma di lei? Oh, no di lei non parlava mai.
Come se non fosse stata lei quella a mollare tutto. Come se non fosse
stata lei quella a lasciare me, a lasciare lui. Pensarci non serviva a
niente, se non a far salire alle stelle la mia rabbia e la mia
necesittà di sigarette.
"Sali in macchina, coglione"
"Ho la mia. Vattene, Tom"
"Robert, sali in macchina ho detto. E ti prego non costringermi a
scendere perchè ti spacco la faccia. E se lo dico lo faccio."
Mai contraddire uno Sturridge stanco e incazzato. "Però
portami
a comprare le sigarette" sbottai sedendomi al posto passeggero.
"Non se ne parla"
"Sei un rompi cazzo. E spegni questa radio che mi scoppia la testa"
"Quanto hai bevuto?" guardava fisso la strada. Riuscivo a scorgere la
forza che metteva nello stringere con le mani il volante. Non risposi,
non perchè me ne vergognassi o perchè avessi
paura di
lui, ma perchè improvvisamente mi resi conto di quanto
stronzo
lui stesse apparendo ai miei occhi.
"Credi che ti faccia bene, Rob? Credi che questo possa servire a
qualcosa? Secondo te andare a puttane ha un motivo fondato o lo fai per
sport? No, perchè io davvero non ti capisco. Non capisco
più il mio migliore amico, non lo riconosco più.
E
sì, sono fottutamente preoccupato. Dovresti andare da un
medico,
farti controllare il fegato... o quel che ne rimane"
"Smettila di comportarti come se fossi mio padre perchè,
notizia
flash, non lo sei! E non voglio, nè ho bisogno di qualcuno
che mi
controlli. Sono grande e vaccinato"
"Sei grande e..." scosse la testa e sorrise amaramente. Iniziai a
sentire un po' di nausea, giù nello stomaco, e ringraziai
mentalmente Buddha non appena la macchina si fermò.
"Grazie" sussurrai "Stavo per vomitare"
"Oh, non preoccuparti, non ho fermato per farti un favore. Devo solo
dirti una cosa e preferisco dirtela qui e non a casa dove possibilmente
sbraiterai così tanto da far inferocire Sienna contro di me"
"Uhm. Mi incazzerò così tanto?"
"Dipende" mi mise una mano sulla spalla e mi costrinse a fissare i miei
occhi nei suoi. La cosa iniziava a preoccuparmi. "Lei... torna ad LA"
BOOM
"Ho incontrato Scout e... L'ha sentita dopo molto tempo, sai... Dice
che Kristen sarà in città per qualche giorno"
BOOM BOOM
Non so bene come mi sentii in quell'istante. Sentire il suo nome fu
come avere uno squarcio nel petto, talmente profondo da farti smettere
di respirare, di pensare ad altro se non a lei. A quel nome. Al suo
nome.
Talmente strano da svuotarmi del tutto. Sentivo aria dentro di me, che
bruciava come le fiamme dell'inferno. Avevo l'inferno in quello
squarcio.
No. Lei
era l'inferno.
"Quello dall'altra parte della strada è un supermarket?"
"Eh?" la faccia sconvolta e confusa di Tom.
"Quello... E' un supermarket?"
"C-credo di si..." cercai di aprire velocemente la portiera dell'auto
"Rob, e ora che cazzo fai?"
"Cerco un negozio che venda alcolici. Forti possibilmente." scesi e mi
affacciai al suo finestrino "Kristen Stewart mi fa questo effetto."
"Tu di forte hai bisogno solo di un pugno!"
"Ok. Piano. Tirati su, Rob. Ci siamo quasi"
Trascinato da Tom come un ameba. Non riuscivo a reggermi in piedi e
questo fu palesato non appena inciampai nel portaombrelli di casa
Sturridge. Ridevo. Ridevo come ridono i bambini a un anno, come ridono
gli
ubriachi. Ecco.
"Dannate gambe lunghe di un Pattinson!"
"Sono a terra, Tom?"
"Sì, sei caduto. Vieni..." e giù altre risate. In
quel momento tutto ciò che importava era ridere. E farlo
dopo una certa notizia, non era per niente facile.
"Andiamo, Rob. Alzati..."
"Ma che sta succedendo?" Una bionda scendeva le scale di casa di Tom?
In sottoveste di seta. Oh. Adesso era tutto chiaro.
"Amiiiicoooo... Ahahahahah Tom quando hai portato Lola qui da te? Avevi
detto che ci saremmo divertiti insieme... Oh, ma forse lei è
Lola...Sei Lola?"
"Tom, chi è Lola?" capii dallo sguardo truce di quella donna
di
aver toppato in pieno. E sì, per quanto drammatica potesse
essere la situazione, ai miei occhi non sembrava che una barzelletta.
"Ma tu..." le puntai il mio lungo dito contro "Tu sei Sienna!"
"Sì, è Sienna. Vieni sul divano, coraggio..." mi
prese
per le spalle come un bimbo ma finì col trascinarmi lungo il
pavimento.
"Ma quanto ha bevuto?"
"La prima parte non la conosco, la seconda sì. Ho assistito."
"Hai assistito?? Tom, ma sei scemo? Togliergli la bottiglia, no?" ed
ecco uno scappellotto sulla nuca del mio amico per rimproverarlo.
Poverino. Lui mi voleva così tanto bene. Mi aveva guardato
in
silenzio ad ogni sorso di vodka che mandavo giù.
Sì, in
silenzio. Perchè lui sapeva che in quel momento nient'altro
sarebbe servito. Non che fossi certo dell'utilità della
vodka
alla pesca ma di una cosa ero sicuro: non mi avrebbe fatto pensare a
quella notizia per un po' e, soprattutto, Kristen odiava la vodka alla
pesca. Mi sembrò di farle un torto e ne fui felice.
"Tu...Tu sei una fottuta stronza-ladradimiglioriamici"
"Sienna non ascoltarlo, ti pr-"
"Perchè tu sei sposato e io no?? Ah già...Scusa
Sienna,
la stronza non sei tu... E' Kristen. Sai che torna? Kristen Stewart
torna alla base, sì." mi tolsi le scarpe gettandole
dall'altra
parte del salotto e sospirando aggiunsi "Torna davvero? Beh e io glielo
drò. Altrochè se glielo dirò. La
guarderò
negli occhi e urlerò 'Kristen,
io maledico il giorno in cui sei
nata!'. Dov'è mia nipote?" volsi lo sguardo a
marito e moglie
aspettando speranzoso la loro risposta.
"Ha appena citato Sex&The City"
"Non farci caso adesso... Ma ricordami di rinfacciarglielo quando
sarà lucido"
"Marlooooweeeeee"
"Io vado a letto, ok? Fallo stare zitto che se Marlowe scopre che lui
è qui non si riaddormenta più"
"Agli ordini, sergente" Sergente. Era vero, Sienna sembrava
così
autoritaria, così stronza. Era un po' stronza
effettivamente. Ma
Tom la amava. La amava da così tanto tempo che avevo perso
il
conto.
"Rob, devi riposare. Fra tre ore devi alzarti.."
"ohooo peeecccheeee?"
"Non fare il bambino. Hai l'incontro con Catherine!"
"Catherine? Oh si... Pretty
woman,
walking down the street. Pretty woman, the kind I'd like to meet.
Pretty woman, I don't believe you, you're not the truth. No one could
look as good as you... tututututu tutututu"
"Vabbè, si. Buonanotte, Rob. E, ti prego, fa dormire almeno
noi."
POV Kristen
Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della
partenza, la gioia del ritorno.
Io non avevo provato nè la prima nè la seconda. A
dire il
vero il mio non era stato nemmeno un viaggio ma una rinuncia. Una
grande rinuncia alla mia vita.
Per questo tornare era strano. Rivedere quei posti in cui ero
cresciuta, quelle strade in cui avevo imparato a guidare, quella
casa... In cui avevamo consumato fino all'ultima fibra il nostro amore.
Il mio amore malato.
Ero andata lì quella mattina, prima di passare in ufficio.
Mia
madre mi aveva detto che Rob l'aveva venduta dopo pochi mesi e la cosa
mi fece male. Ma come biasimarlo? Quella casa era tutto per noi. Era il
nostro mondo. E non sarebbe stato facile viverci trasformandolo in
qualcosa che ormai era diventato solo il suo di mondo.
Tornare a Los Angeles era pura follia. Mi sentivo in imbarazzo, fuori
luogo e impaurita. Sì, perchè la paura ormai mi
accompagnava da così tanto tempo che non ricordavo
più un luogo in cui
mi sentissi talmente al sicura da rimanere serena.
Ero arrivata ieri sera e ad aspettarmi in aeroporto c'era Cameron. Dio,
quanto mi era mancato. Forse la persona che più mi era
mancata
in due anni. Con una sola eccezione, ovviamente.
Mi aveva accompagnato a casa, da mamma. Un saluto breve, un abbraccio e
poi il mio letto.
Nessuno aveva chiesto niente. Io non avevo detto niente. E andava bene
così. A me andava bene così. Sapevo di averli
feriti anni
prima e lo stavo facendo di nuovo.
In quegli anni c'eravamo visti su skype. Avevo chiesto loro di non
venire a Cannes perchè non ce l'avrei fatta a sopportare i
loro
sguardi spenti, tristi, vuoti con cui mi avrebbero implorata di
tornare. E io non l'avrei fatto. Come avrei potuto? Mettere di nuovo in
pericolo la mia vita, quella dei miei amici, della mia famiglia...
quella di Rob.
Avevo tagliato i ponti con tutti. Solo per le feste riuscivo a mandare
qualche sms e a fare qualche chiamata in più ai miei. Per
far
sapere che stavo bene, ecco. Ma non era affatto così.
Avevo passato giorni chiusa in camera, sotto le coperte, al buio. Non
volevo vedere nessuno, nemmeno me stessa. La cosa andò a
degenerare fino a quando Ellie mi diede una bella strigliata. Mi fece
alzare, mi aiutò a fare un bagno caldo, a vestirmi... Mi
aiutò a rimettere in piedi quello che ormai restava della
mia
vita. Non le sarò mai abbastanza grata per tutto il suo
aiuto,
per avermi offerto un posto dove vivere insieme alla sua compagnia. Era
la ragazza più dolce del mondo.
Ci conoscevamo da molti anni, da quando Tom l'aveva conquistata durante
un concerto di Marcus. La loro storia era durata quanto l'attimo di un
soffio ma quei giorni erano stati così fantastici. Per lei e
Tom
ma anche per me e Robert. Era la compagna giusta per il mio - nostro -
fratellone. Ma la vita fa separare le strade delle persone.
Così
lei finì a Cannes, dove realizzò il suo sogno
più
grande, testuale, aprire una libreria con bar annesso.
E così, pian piano, grazie a lei avevo ricominciato a
prendermi
cura dei miei interessi. Le stavo insegnando a cucinare, mi tenevo
aggiornata sulle nuove uscite cinematografiche, leggevo libri su libri
e, cosa più importante, avevo iniziato a scrivere una
sceneggiatura.
Era questo il mio piccolo sogno nel cassetto. E fu proprio mentre
scrivevo, in un soleggiato pomeriggio francese, che il mio telefono
squillò e quella chiamata avrebbe decisamente cambiato le
carte
in tavola.
"Kristen, il telefono!"
"Vai tu, Ellie!" ormai quella casa era tanto di Ellie quanto di
Kristen. Convivevano da quasi due anni e avevano trovato il giusto
equilibrio. Fu sorprendente il modo in cui si amalgamarono col tempo.
Avevano imparato a dividere gli spazi, le necessità. Ed
Ellie,
quella cara ragazza, non si era mai pentita, neanche per un istante, di
aver dovuto aprire le porte ad una 'fuggitiva'. Lei
era l'unica a conoscere l'enorme segreto che opprimeva Kristen. Quel
segreto che le stava schiacciando la vita stessa. E lei... lei aveva
compreso tutto. Avevano parlato e pianto a lungo ed Ellie aveva
promesso a se stessa di proteggere quella fragile ragazza come se fosse
stata sua sorella.
"Non è il telefono di casa. E' il tuo cellulare, scema"
glielo
portò fino in veranda, lì dove Kristen era
concentrata a
scrivere la sua prima sceneggiatura.
"Scusami... non riesco a sbloccarmi in questa scena... Dammi qua"
afferrò il telefono scocciata e, prima di rispondere,
controllo
il numero sul display. Era diventata un abitudine ormai e il
più delle
volte quello era anonimo. Stavolta no, stavolta era un numero talmente
conosciuto che non ci pensò due volte prima di rispondere
con un
sorriso sulle labbra.
"Ruth!"
"Sbagliato tesoro.."
"P-pronto? Ruth sei tu, vero?"
"No, non è vero. Ahahah. Ma Ruth è qui accanto a
me..."
"Io non..."
"Sono Catherine, tesoro!"
"Oh mio Dio. Catherine!" non la sentiva da così tanto tempo
che
potè farle solo piacere ascoltare la sua voce, anche
dall'altro
lato del mondo. "Ma come stai? Non ci vediamo da così tanto
tempo e... Aspetta, perchè chiami dal telefono di Ruth?"
"Beh perchè sapevo che vedendo il suo numero avresti
risposto di sicuro. Cara, devo parlarti. Ti voglio."
"Mi vuoi?" chiese ironicamente Kristen mentre sorseggiava un
tè freddo al limone.
"Ti voglio. Sì. Mi hanno affidato un nuovo progetto. Un
remake.
La cosa ti affascinerà, ne sono sicura. Anche se la commedia
non
è il tuo genere ma... Cavolo tu sei così perfetta
e, che
tu ci creda o no ho chiesto consiglio anche a Julia..Oh, sarai
fantastica."
"Frena frena frena. Ma di cosa diavolo stai parlando? E poi.... Julia
chi?"
"Roberts, ovviamente!" la ragazza alzò un sopracciglio
continuando a non capire "Tu sarai la 'Pretty Woman' perfetta"
Oh. Ohooo.
Adesso iniziava a capire. I pezzi del puzzle si stavano
icastrando dentro la sua mente e l'unica cosa che riusciva a pensare
era un 'NO' secco.
"Catherine... Mi dispiace. Davvero. Ma non esiste. Non ho intenzione di
riprendere a lavorare. Non... Non riprenderò a lavorare"
"Non dire sciocchezze! Kristen, ti prego, pensaci. Almeno vieni qui.
C'è già un contratto che ti aspetta e... Io non
ho
intenzione di rinunciare. Voglio te. Vogliamo te."
"Beh io non voglio che mi vogliate" sbottò d'improvviso
passandosi una mano tra i capelli. Il panico la stava riacciuffando
come qualche anno prima. E questo non doveva succedere.
"Kristen. Aspettiamo te. Davvero. E poi... sceglieremo insieme il tuo
partner. Lo sceglierai tu... come all'inizio di tutto. Sarà
davvero come all'inizio di tutto. Un nuovo inizio però,
capisci?"
Era dura da mandare giù. Era straordinariamente difficile
assimilare quelle parole. Più di qualunque altra cosa.
"Io... Non lo so, Catherine. Non penso sia il caso... non.."
"Tesoro le chiamate all'estero costano tantissimo e non vorrei far
cadere in povertà la tua Ruth. Ti dico solo... di pensarci.
E
sappi che il film resta fermo se non vieni qui ad accettare. Ti voglio
bene e non vedo l'ora di rivederti all'opera"
"Cat..."
"Ciao, piccola K"
Fu così che il nuovo piccolo mondo 'felice' di Kristen
entrò inesorabilmente in crisi... fino ad una decisione.
Ore 8:30. Il mio primo appuntamento di lavoro dopo due
anni. Il mio
primo film dopo due anni. Solo Catherine poteva darmi il tormento per
mesi da convincermi a fare questa pazzia.
Arrivata all'edificio, entrai con una felpa blu addosso e il cappuccio
in testa. Era un ambiente familiare, c'ero già stata. Ma
questo
non servì a far placare la mia ansia. Presi al volo un
ascensore. Era grande, pieno di specchi e stranamente quasi vuoto. Solo
un uomo, in un angolo. Pantaloni e felpa nera. Anche lui cappuccio in
testa. Poggiava la fronte su una delle pareti.
Puzzava di vodka alla pesca. Storsi il naso e mi girai di spalle,
cercando di non vomitare - per l'ansia e per la puzza - e di non ridere
per la condizione di quel poveretto.
Dovevo salire al decimo piano. E dovevo
fumarmi una sigaretta. Chissà se l'avrei finita prima di
arrivare in cima.
Ne accesi una e aspirai. I miei nervi si rilassarono immediatamente e i
miei muscoli si sciolsero. Era esattamente quello che mi serviva.
"Scusi potrebbe evitare? Ho un terribile mal di testa, non fumo da due
anni e vorrei evitare di sentire puzza di fumo in spazi ristretti."
gettai fuori tutto il fumo.
No.
Non poteva essere vero. Non doveva
essere vero.
"Cazzo" Io. Un sussurro, ma abbastanza alto da fargli drizzare le
orecchie.
"...Cazzo..." Lui. Appunto.
Presa dal panico cercai di avvicinare velocemente la mia mano ai
pulsanti dell'ascensore, per riuscire ad aprire le porte a quel piano,
qualunque esso fosse. Ma una mano - la sua - fu più veloce a
bloccare l'ascensore.
"Cazzo!"
"Smettila di dire 'cazzo', cazzo!" mi sforzai di guardarlo in viso. Era
tremendamente diverso ma tremendamente uguale. Aveva la barba piuttosto
lunga, gli occhi più chiari e belli del dovuto. Lucidi,
rossi e spenti. Dovetti aggrapparmi a tutta la mia forza per
non alzare la mia mano e poggiarla sulla sua guancia.
"Che.. che ci fai qui?"
Cosa ci facevo là? Non lo sapevo. Non più. Adesso
sembrava tutto così giusto. E non doveva esserlo. Non doveva
essere giusto stare lì, con lui a trenta centimetri di
distanza.
"Oh non dirmi che....Tu sei qui per lei. Ti ha chiamato Catherine,
vero?" annuii impercettibilmente e questo basto a fargli scattare la
mano sulla parete. Gesù,
che paura!
"Nonono. Non può essere vero. Kristen, dimmi che non
è davvero ciò che penso."
"Ahm... Non so a cosa tu stia pensando. Eri tu quello che leggeva nella
mente degli altri, ricordi?" Patetica e scontata.
Rideva. Oh, lo avevo fatto ridere. Si
passava incessantemente la mano nei capelli. Li torturava.
"Cosa... Cosa hai fatto in questi anni? Ti sei divertita? Io
sì, tanto."
"Rob, hai bevuto" non una domanda ma una constatazione.
"Più o meno tutti i giorni da quando te ne sei andata" ti
prego,
non guardarmi così. Come se ti avessi ucciso. E l'ho fatto
davvero. Ho ucciso entrambi.
"Robert... Ti fa male"
"Adesso ti preoccupi? Adesso? Te ne sei andata lasciandomi un cazzo di
post-it, lasciandomi nel silenzio, nel... nel dolore, cazzo!" un pugno
alla parete. Un pugno che sembra aver colpito me. " e ti preoccupi
davvero se sto male? Tranquilla, il mio fegato sta bene." Respirava
profondamente per contenere quella rabbia che usciva fuori dai suoi
occhi. Odiavo vederlo così.
Sbloccò l'ascensore mentre tirava fuori qualcosa dal suo
portafoglio. Era nero, di pelle. Nuovo. Chissà chi
gliel'aveva
regalato. Chissà quante cose nuove aveva e io non sapevo
niente.
Non sapevo niente della sua vita, di chi frequentava, di come viveva.
Aveva un foglietto giallo in mano. Lo rilesse. "Questo è
tuo.
L'ho guardato ogni giorno per due anni. E' ora di riprendertelo".
Attaccò quel post-it ad uno specchio e senza rivolgermi il
minimo sguardo uscì fuori da quell'ascensore.
Lasciandomi sola con quelle parole.... come io avevo fatto con lui.
Ohooooo
si sono incontrati! *__* Quanto siete felici da 1 a 1000?
Noi tanto tanto tanto u.u Dovreste esserlo anche voi, eh!
Allora... Da dire c'è davvero poco. E' stato un capitolo
sviluppato su whatsapp alle 2 di notte, in particolare la scena dei 'cazzi' - così
la chiamo io -
Non disperate! Ogni cosa andrà per il meglio
alla fine.... Molto alla fine, ecco.
Quanti di voi se ne vanno in un brodo di giuggiole pensandoli in un
remake di Pretty Woman alzino la mano!
lokihyutfrdfcgvhbjkml8hyutfrcgvnmkjihcgfbvnjm,ldew
Ok. Vi lascio in pace adesso. Leggete, rileggete, piangete, ridete,
commentate, recensite ma... NON odiateci!
Noi vi vogliamo bene!
Helen & Rose
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Capitolo 3 *** Cared enough to let you walk away ***
Buongiorno mondo, Aloha, Bonjour.
So cosa state pensando, siamo
in ritardo
di qualche giorno ma… credetemi, ne è valsa la
pena. Preparatevi ad un capitolo
infinito molto mooooltooo coinvolgente…
Non dico
più niente e vi lascio alla lettura.
Come
sempre… Godetevela!
2
Cared
enough to let you walk away
Pov
Kristen
Uscii
dall'ascensore con il cuore in
gola e un foglio in mano. Cos'era appena successo?
L'avevo incontrato. Robert. Lui... Era stato a pochi centimetri da me.
Incontrarlo... Non era contemplato. Non ora, né mai. Ero
tornata con il solo intento di... Beh, di non so cosa.
Perché avevo deciso di tornare? Per Cat? Per un film? Per
cosa? Forse per tornare a respirare la sua stessa aria... E Cristo, per
qualche minuto, per qualche secondo, avevo davvero assaggiato la sua
stessa aria.
Aria satura di lui, del suo profumo; per qualche secondo avevo anche
sentito il sapore della sua bocca. Rossa.
La sua bocca era ancora rossa; come ieri, come nelle interviste che
avevo divorato, come le foto che avevo nascosto sotto al cuscino. Come
il ricordo dell'ultimo bacio che ci eravamo scambiati. Quel bacio era
stato calmo, non frettoloso, umido; bello.
Perchè ero tornata? Forse per darmi una seconda
possibilità. Ma quale possibilità potevo avere?
Avevo pensato a tutto: ero stanca di avere paura. Non volevo
più avere paura.
Se i messaggi sarebbero ritornati, l'avrei detto a qualcuno.
No. Non l'avrei mai fatto.
Tornare a Cannes era la soluzione. Dovevo tornarci. Mi mossi
velocemente verso la finestra posta di fronte all'ascensore; aprii la
vetrata, la spalancai, beandomi dell'aria pulita, disintossicandomi da
quel profumo tanto cercato. Poi trovato. Ora evitato.
Ispirai più aria possibile: la realtà era che
avevo paura.
Perchè ero tornata? Come avrei fatto a vivere senza di lui
ora che l'avevo rivisto? Via. Andare via. Ancora una volta, stavolta
per sempre. Non potevo di certo lavorare con lui... Baciarlo, far finta
di amarlo.
Sorrisi amaramente.
No, io avrei solo fatto finta di far finta di amarlo. Robert Pattinson
era l'amore della mia vita. E lo sarebbe stato sempre. Quindi non
potevo mentire così. Non potevo farci questo. Lui... Lui
aveva sofferto. L'avevo intuito guardando le foto, i suoi occhi.
Presi il cellulare dalla tasca e chiamai Ellie. Lei lo sapeva. Le avevo
raccontato tutto una volta, in piena notte, dopo un incubo. Dopo lui e
lei. Insieme.
"Nonono Rob no" non
sognava da tempo. Mesi. O almeno, se lo aveva fatto non ne ricordava
neanche un fotogramma di quei sogni. Troppi sonniferi, pochi incubi.
Non quella notte,
comunque. Il giorno prima era stato il compleanno di Robert. Avrebbe
voluto mandargli un regalo; in realtà gliel'aveva comprato.
Un orologio in pelle, antico.
Era andata un giorno al
mercatino vintage, e su una bancarella l'avevo visto: in un attimo
s'era decisa a comprarlo. La visione del polso di Robert che lo
indossava era bellissima.
Sul cinturino vi era
un'incisione: "Ci ritroveremo sempre."
Non potè non
acquistarlo.
Avrebbe voluto
mandarglielo, farglielo avere; darlo a Tom, così da
farglielo recapitare.
Ma poi aveva visto
quelle foto. Come sempre, aveva passato ore della sua vita sui siti di
gossip.
Tutto quello che andava
sotto il tag "Robert Pattinson" lei lo visionava. Quella sera, quella
volta, non l'aveva visto semplicemente uscire con qualcuno. No.
Sarebbe stato semplice
in quel caso.
Era stato visto uscire
da un locale. Con i suoi migliori amici. I loro migliori amici. Marcus,
Jamie, Jack, Tom, Micaela, Katy, Sienna... C'erano tutti.
Più Dylan. Ancora.
Era la seconda volta in
una settimana che si vedeva con Robert. E faceva male.
Perché lo
sapeva che l'uomo di cui era innamorata, non sarebbe stato in un
angolino a piangere. No. Era preparata alla valanga di donne
-sgualdrine-, con cui l'avrebbe visto.
A quello sì:
un pugno nello stomaco, un bicchiere d'acqua, digiuno per un giorno e
poi via. Come se mai fosse accaduto.
Ma Dylan... Lei c'era
sempre. Ed era quella la sua paura: cosa avrebbe fatto quando Robert si
sarebbe innamorato di qualcun'altra?
No.
No.
No.
Aveva paura dell'amore.
Forse per questo aveva
sognato Robert... Morto. Quello, a dire il vero, era la sua paura
peggiore.
"No no no" continuava a
ripetere.
"Kristen? K?"
Ellie, quella volta
l'aveva vista strana; persa. Quasi come se la sua amica si fosse
stancata di raccontarle bugie. L'aveva accolta volentieri a casa sua.
Era felice di averla con sé...
Ma avrebbe preferito
saperla altrove. A casa. Fra le braccia di chi l'amava.
Cercò di
svegliarla, di scuoterla: "Kristen, svegliati, è solo un
incubo,
ehi". Poi la mora urlò di più.
"Robert!" Ellie cadde
dal letto, spinta da Kristen che ora la guardava stralunata: gli occhi
sbarrati, i capelli sudati appiccicati alla fronte, le mani ad
asciugare la pelle madida di sudore, il petto che si alzava troppo
velocemente.
"K?" La bionda si
alzò, avvicinandosi all'amica con calma, come si fa con un
cucciolo impaurito. Come forse, proprio Kristen aveva fatto con Bear. O
magari con Rob, dopo aver litigato.
"Ellie?"
Arricciò il naso. "Che ci fai lì per terra?"
La voce rauca, ferma. Senza
volerlo Ellie rise.
"Mi ci hai buttato te."
"Che?"
La ragazza le sorrise
teneramente, chiedendole con gli occhi se poteva sdraiarsi accanto a
lei; Kristen le fece spazio. "Cosa stavi sognando?"
"Io..." si
spostò i capelli dalla pelle asciugandosi poi con la manica
del pigiama.
"Sembravi impaurita.
Troppo per essere un semplice incubo."
"Lo so. È che
sembrava così vero che... Ellie è stato
bruttissimo."
"Tesoro... Cosa succede?"
Che poi forse a qualcuno
poteva dirlo. Non voleva mentirle. Si stava dmostrando un'amica
impeccabile. Forse la più fidata. Ed aveva bisogno di
parlarne.
Di dirlo ad alta voce.
Così da renderlo reale, non solo una fantasia. Una paura.
Così allungò un braccio verso il comodino, prese
l'iPhone, fece
qualche movimento con il
pollice e lo passò all'amica. Ellie lo afferrò,
lesse: si portò una mano sulla bocca, sconvolta.
Poi si voltò
verso K, come la chiamava lei. L'abbracciò. Stretta.
Kristen pianse. Ellie la
strinse più forte.
"Tranquilla K... Non sei
più sola".
Non era più
sola.
Ellie mi era stata vicina come mai avrei potuto sperare. Non mi aveva
mai rinfacciato gli errori, al contrario, mi aveva fatto sentire a
casa... Ma casa mia era altrove.
Era Robert casa mia.
Ma ero stata bene con lei. Le volevo bene. Mi rispose dopo sette
squilli. Probabilmente dormiva.
'Mi hai svegliata.' Appunto. 'Spero tu abbia una una valida
motivazione.'
Sorrisi.
"O altrimenti?" Mi morsi un labbro, respirando aria pulita. Aria pura;
senza Rob.
'O altrimenti... Non lo so. Boh. Uhm. Ti, ti, cucino io qualcosa, senza
la tua supervisione, e ti costringo a mangiarla fino all'ultimo
boccone.' Risi. Oh, mi serviva.
"Tutto, eh?" Sbuffò.
'Senti, ma mi hai svegliata per dirmi cosa?' Ancora un respiro.
"Che torno a casa." Silenzio.
'Non ho capito.' Ammise.
"Torno a casa, a Cannes."
'Casa tua non è Cannes.' Respiro. 'Mi dici cosa succede?'
Espiro.
"L'ho visto."
'Chi?' Scossi la testa.
"Come chi? Rob!"
'Cazzo' Risi ancora. Stavolta con meno allegria. Forse era una risata
nervosa.
"Già. È quello che ci siamo detti, in effetti."
'Cosa?'
"Cazzo..."
'Voi vi vedete dopo due anni e dite "cazzo"?'
"sì. Almeno all'inizio."
'Profondo.' Molto.
"Oh beh... Poi abbiamo litigato."
'Prevedibile. Poi?' Respiro.
"Era ubriaco. O almeno credo abbia alzato il gomito ieri." Espiro.
'Prevedibile anche questo. Thomas gli avrà detto che sei
tornata in America.' Annuii più a me stessa che ad Ellie.
"Probabile."
'Poi? Avanti Kris, dimmi qualcosa che non so!'
"Mi ha..."
'Baciata?'
"Cosa? No. Peggio."
'Sbattuta sulle porte dell'ascensore e fatta sua stile spot Dior?'
Storsi il naso. Odiavo quella pubblicità.
"No."
'Bene. Perché non sarebbe stato positivo, insomma, almeno un
po' d'attesa... Certo, dopo due anni che non scopi e vedi Robert
Pattinson, immagino che gli ormoni abbiamo cominciato
a volare, ballare la zumba e'
La interruppi.
"Mi ha ridato il post it con cui l'ho lasciato. L'aveva nel
portafoglio".
Silenzio. Respiro. Aria pulita. Non è poi così
pulita... Manca il profumo di Robert. Espiro. Mi pizzica la gola.
'Quest'uomo ti ama!' La sentii urlare dall'altra parte del mondo.
"No. Non più. Aveva un portafoglio nuova, sai? Magari
gliel'ha regalato lei. O magari l'ha comprato da solo... Ed io non lo
so. Io non so nulla della sua vita attuale. Aveva un portafogli
nuovo." Le dissi sull'orlo dell'isteria.
'K calmati. Fai un respiro profondo e lascia stare il portafogli, okay?
Pensa solo che... Che ti ama.' Sbuffai.
"Non mi ama. Io non voglio che mi ami. Non me lo merito."
'Tu non lo meriti? Se c'è una persona al mondo che merita
l'amore di quell'uomo, beh, quella sei tu. Solo che ancora lo devi
capire. Ma va bene.'
Era la prima volta che si esprimeva su me e Robert. L'avevo sempre
sentita dirmi che mi appoggiava.
"Tu non l'hai visto. Era"
'Arrabbiato?' Mi precedette. 'Sì, beh, Kristen, è
normale. Quando l'amore della tua vita ti lascia così, senza
una spiegazione, allora ci si incazza.'
"Lo so", fui costretta ad ammettere. "Il punto è un altro:
Lui sarà nel film."
Ancora silenzio. Poi un colpo secco. Era caduta?
"ellie?"
'Ma porcocazzo K!'
"Che"
'Questa è sfiga.' Sentii un altro colpo. Ma cosa diamine? 'O
fortuna' Altro colpo. 'Occristo, è il destino!'
"Ma che cazzo stai combinando?"
'Sono scivolata. Ora sto riversando su di una macchina infernale tutte
le mie pene. E le tue, naturalmente.'
"Che dall'Ellese all'inglese sarebbe?"
'Picchio la caffettiera. Magari si decide a far uscire il
caffè.' Tipico. Era una ragazza così sbadata...
Amavo troppo Ellie e Tom insieme.
Chissà poi perché non avevano continuato la loro
relazione.
'Comunque, perché vuoi tornare?'
"Come perché? Lui è il protagonista machile, io
quello femminile." Le ricordai.
'Mh, mh, e quindi?'
"Come quindi?"
'Non vedo il problema.'
"Sei stupida." Ridacchiò.
'Sai cosa si dice delle bionde, no?' Scossi la testa, 'sono seria, K,
dovresti accettare. Vedila così, sarà la tua
ultima dose di Robert.'
Messa così, sembrava allettante come cosa.
"Le minacce." Le feci presente. Lei sembrò pensarci sopra.
'Provaci. Vedi cosa ne esce.'
"Qui non stiamo parlando di prove, okay? Parliamo della sua vita, della
mia... Della vita di qualcuno." Mi alterai.
Lei lo percepì.
'Scusa. Ma sai cosa penso. Provaci, parla con Cat. Provaci Kristen... E
poi ricordi? Siete Kristen e Robert contro loro.'
Sorrisi amaramente.
"Una volta. Tempo fa."
'Tesoro, mai dire mai.'
"Non sono qui per questo."
'Lo so. Fallo però. Non puoi vivere nella paura, non
più.'
"Non è così semplice."
Le dissi con quel qualcosa che mi rendeva difficile parlare; quando si
trattava di me e Robert nulla era facile. Non lo era mai stato.
'Kristen, ti fidi di me?'
Le avevo raccontato tutto. Dai timori alla paura più folle.
Tutto. Avevo urlato, pianto e parlato a macchinetta.
"Certo che mi fido."
'E allora stammi a sentire: tu ora entrerai in quella stanza, saluterai
Catherine. Ti concedo di avercela con lei. Poi però dovrai
sorriderle, perchè le vuoi bene e lei ne vuole a te.
Poi ti volterai verso Robert, e sorriderai anche a lui; che
lui lo accetti o meno quel sorriso. Perché io lo so che vuoi
sorridergli.'
"Ma"
'Sh. Poi firmerai quel contratto indipendetemente dalla scelta che
farà Robert. Sei lì per quel lavoro, per quel
film. Quante volte te l'ho fatto vedere in questi due anni, mh?'
sorrisi in uno sbuffo.
"Tante."
'Ecco. E quindi cosa farai?'
"Andrò in quella stanza"
'Continua'... Mi esortò.
"Firmerò il contratto e sorriderò a Rob."
'BRAVA!' Battè le mani. 'Oh il mio sogno che si realizza!'
Guardai l'orologio sul mio polso. Quello che avrei voluto dare a Rob,
notando di essere in ritardo.
"Okay, se voglio firmare" volevo? "Devo sbrigarmi".
'Va bene', strascicò la "e" finale, 'ti lascio andare. Fammi
sapere.'
"Certo."
'Bene. Ah K?'
"Uh?"
'Buona fortuna. Ti voglio bene.'
"Te ne voglio anche io."
'Andrà bene.'
Ci credetti. Ci credetti davvero fino a quando non aprii la porta che
mi separava da Cahtrine ed il mio ex fidanzato.
Ex.
Perchè, ora, questo era Robert per me: il mio ex fidanzato.
"Ciao."
Dissi con la voce fioca, quasi mi vergognassi per qualcosa. Robert
guardò subito nella direzione in cui ero entrata. Mi
fissò. Aveva le braccia conserte, strette al petto.
Non aveva lasciato la palestra, si notava dai bicipiti.
"Kristen Stewart!" Lui sussultò.
Venni investita da un ciclone di capelli lisci e profumo di viole. Mi
abbracciò; rimasi spiazzata. Non ero più abituata
al contatto fisico con le persone che fossero Ellie.
Paralizzata.
Rob lo notò. Oh, beh, lui notava sempre tutto.
Avvolsi le braccia intorno al busto di Catherine, ricordando chi lei
fosse. In realtà fu un abbraccio strano. Così
teso -da parte mia- da far spavento.
Com'è che mi ero ridotta ad aver paura anche degli amici? Di
chi mi voleva bene?
Gli occhi bruciarono.
Si allontanò da me, sorrideva. Era dolce Catherine. Aveva il
sorriso di una madre.
"Come sei bella! Guardati", mi accarezzò i capelli con fare
gentile, poi passò alle guance. "Hai schiarito i capelli,
sei ancora più bella!" Si girò verso Robert,
"Vero Rob?"
Lui, ancora con le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di me,
corrucciò le sopracciglia. Oh lo riconoscevo quello sguardo.
Mi stava fissando, squadrando;
mi stava facendo la radiografia. Mi sentii in soggezione. Nuda. Come se
potesse vedere, sentire, capire, che lo amavo, che l'avevo lasciato con
le lacrime sul viso e la morte nel cuore.
Stava paragonandomi alle donne che aveva avuto in questi mesi? Ero meno
bella di quella bionda che aveva baciato? Gli facevo schifo? Mi odiava?
Ero troppo sciatta in confronto a Lei?
Aprì la bocca, la mosse in modo impercettibile, forse me ne
accorsi solo io.
Mi avrebbe detto che non ero all'altezza? Che c'era di meglio? O che mi
trovava brutta? Preferiva le altre?
Sorrise. Non un sorriso normale, no. Non uno che aveva visto spesso.
Irrisorio. Derisorio. Sarcastico.
Poi parlò.
"È sempre stata la più bella."
Forse morii un po' in quell'istante. O riacquistai un po' di me stessa.
Forse mi sentii bene, forse mi sentii male. Non lo sapevo. Tutto quello
ciò che sapevo era che Robert mi trovava
bella. Era una cosa così stupida, eppure non potei
evitare di sorridergli.
Lui distolse lo sguardo subito dopo aver fissato la mia bocca.
Smisi di sorridere.
Catherine ci guardò.
"Ed eccoli qui i miei Robsten!" Esclamò entusiasta.
"Robert e Kristen. Solo Robert e..." il tono sicuro e veloce con cui
aveva parlato scemò sul mio nome non detto. Forse si era
accorto e pentito subito dopo di averlo pronunciato pochi
istanti prima.
"Kristen", dissi sottovoce; sussurandolo. Anche quello sembrava
sbagliato. Lui tornò a guardarmi. Aveva il viso tinto di
rosso. Forse per la rabbia.
"So come ti chiami". Sì, stava arrabbiando.
Avevo sbagliato ancora?
"Io"
"Beneee! Allora ragazzi, avete letto il copione? Bello vero? Oh sarete
perfetti, già vi vedo"
"Sì" Le disse lui, fissandomi ancora, "ho letto il copione.
Mi piace. Ma c'è un problema."
"Cioè?"
"Io con lei non ci lavoro".
"Sì beh, neanche io." Rob scosse la testa.
"Perfetto. È il tuo ruolo questo, no? Fai pure. Catherine,
è stato bello rivederti. In caso tu abbia qualche altro
copione, sia chiaro, copione che non includa lei", mi
indicò,
"allora chiamami." Questo fece male.
"Robert fermati." Lo fermò Cat, "non so cosa sia successo
tra di voi ma"
"Mi ha lasciato come un coglione." Il cuore mi si fermò. Mi
sentii guardata, giudicata. Poi condannata.
"Non mi interessano le vostre vicessitudini personali; mi avete dato la
vostra parola. Io per questo film voglio voi."
"Non è vero", stavolta fu il mio turno di parlare. "Non ti
ho detto che avrei firmato, ma solo che ci avrei pensato."
"Hai lasciato la Francia, era un sì."
"ERI IN FRANCIA?" Urlò Rob. "Te ne sei andata in Francia?"Si
infilò le dita nei capelli.
"Rob."
"Zitta. Zitta, muta devi stare. Non devi parlare. Te ne sei andata
dall'altra parte del mondo pur di non avermi tra i piedi?"
Per salvarti. Catherine alzò i palmi delle mani in aria.
"Okay... Io vado a prendere la mia dose di caffeina. Voi fate pure...
Uhm?"Uscì lasciandoci soli.
Però la sentii gracchiare un" Troppa tensione sessuale,
troppa troppa! Sarà un capolavoro."
Robert si tappò la radice del naso tra il medio ed il
pollice; si calmò.
Io forse trattenni il fiato.
"Che ci fai qui?"
"Cat mi ha chiamata e" Scosse la testa con vigore.
"No, no, cosa ci fai QUI! A Los Angeles." Non lo sapevo nemmeno io.
"Per il film." Stavolta annuì.
"Pretty woman l'hai sempre adorato."
"Te lo ricordi?"
Mi guardò in modo strano, poi andò a sedersi
sulla scrivania, facendo tendere la stoffa dei jeans. Ah... Avevo
sempre adorato il modo in cui le sue gambe si intrecciavano con le mie.
"Anche io, in effetti" tralasciò la mia domanda, "e l'idea
mi piace."
"Non capisco dove tu voglia arrivare." Storse il naso.
"Senti, io accetto." Boom.
Il rumore mai sentito di un frigo rotto da un calcio venne sostituito
dal rumore del mio cuore che esplodeva. Forse per la gioia. Forse per
la paura.
"Tu fa' ciò che vuoi. Non mi interessa. Per me un'attrice
vale l'altra. Non sei più nulla per me."
'Nulla per me'
'Nulla'
Nulla per lui.
Le labbra tremolarono, eco del tremore delle mani. Il cuore, che prima
batteva così felice, ora restava muto. Aprii la bocca per
parlare, ma non riuscii a dire una sola parola.
Quindi mi limitai ad annuire.
"Bene. Accetterai?" Deglutii.
"Io... Non lo so." L'avevo promesso ad Ellie.
"Fai come vuoi."
"Forse... Forse accetterò. Credo di sì."
"Perfetto."
Si alzò dalla scrivania e si avvicinò, tendendomi
la sua mano. Le amavo le sue mani. Ma non capii il suo gesto.
Inarcai un sopracciglio, perplessa.
"Colleghi?" Colleghi? Io e lui? Forse notò la mia
espressione scettica. Sorrise.
"Solo colleghi, Stewart. Niente passato in comune, niente di niente.
Nessun pasasato, nessun futuro. Solo questo film."
Solo colleghi.
Stewart.
Freddo. Gelo. Inverno. Afferrai la sua mano.
Caldo. Fuoco. Primavera... E autunno, e inverno, e tutto il mondo
insieme.
Perché noi quello eravamo. Tutto il mondo insieme.
"Solo colleghi, Pattinson." Ci stringemmo le mani.
Brividi.
Mi sorrise.
Aria pura.
Merda. Ero nei guai.
Giorno 1.
Partiamo dal presupposto che non ho mai avuto un diario, che odio
scrivere a penna e che questa moleskine me l'ha regalata mia madre anni
fa ma mai l'ho usata.
Poi Ellie mi ha convinta a "Buttar giù le idee"
perché "ti fa bene, K! È una cosa scritta anche
nei libri di psicologia".
Quindi eccomi qui... Cosa cazzo devo dire? Mi devo presentare?
Tipo, uhm, ciao sono Kristen e NO.
Iniziamo dal dire che oggi sono iniziale le riprese. 'Pretty woman -The
remake' è ufficialmente iniziato.
Wow.
E non c'è entusiasmo in questo wow. Proprio niente. E
dovrebbe... Insomma, è un film bellissimo, i miei fans
ancora mi amano e c'è Robert (che mi odia). Wow.
Wow. Veramente wow.
Lui poi, oh, lui mi calcola tantissimo.
Davvero. Mi sposta la sedia quando devo sedermi, mi versa l'acqua, mi
parla dei suoi sogni.
Certo. Nei miei, di sogni.
Facciamo il nostro lavoro. Non ci parliamo se non per dirci qualcosa
che riguarda una scena.
Colleghi. Lo siamo.
Bella merda.
Giorno 2.
È un coglione. Chi? Robert Pattinson.
Perché?
Prendiamo in esempio questa mattina: è arrivato con dieci
minuti di ritardo sul set. Che non sono tanti, ma per una produzione
come questa, valgono oro. Era mezzo ubriaco.
Sono sinceramente preoccupata per il suo fegato. Non fosse che ho paura
di Claire, la chiamerei.
Comunque, va bene che l'Edward di questo remake è un po'
diverso da quello dell'originale, ma cazzo, presentarsi in quello stato
su un set. A lavoro.
L'ho affrontato. "Rob potresti evitare la vodka", e lui, lui mi ha
risposto "Come tu hai evitato me?".
E cosa potevo dirgli? Nulla. Abbiamo girato qualche piccola
inquadratura "Bene", ha detto Cat.
"Bene" volevo ucciderla. "Bene" vuol dire "Rifalla".
Quindi domani dobbiamo rifare tutto. Che culo. Per stasera è
tutto.
Ps. Ho mangiato spaghetti a pranzo.
Giorno 3
Sul set sono venuti a trovarmi Alicia, CJ e Scout. Era da tempo che non
li sentivo o vedevo.
Rob, appena si è accorto di loro, ha cambiato strada. Oggi
non era sbronzo.
CJ mi ha fatto leggere dei piccoli articoli su me e Robert.
C'è chi grida al ritorno di fiamma, chi ha detto che in
questi due anni mi sono nascosta a Londra, in un convento.
Ancora non capisco come abbiano fatto a non scoprire nulla. Be,
comunque, oggi è stata una giornata normale. Abbiamo girato
e siamo andati "benino".
Domani rifaremo qualcosa. Wow.
Ps. A cena Cameron ha cucinato le polpette... Quelle precotte.
Giorno 4.
Oggi sono successe tre cose fondamentali:
1. Ho rivisto Bear.
2. Siamo andati 'più che bene'
3. Rob mi ha parlato.
Ma partiamo dal primo punto.
Robert stamattina ha portato Bear sul set. È stata una bella
cosa. Una delle più belle di questi ultimi due anni.
Ero in piedi, con Alicia; stavamo ripetendo una parte che non riuscivo
a ricordare, quando sento la voce di Rob -che per inciso è
sempre un colpo al cuore-, e poi un abbaiare famigliare.
Neanche il tempo di girarmi che mi sono trovata il mio cagnolone
accanto che mi annusava i piedi.
Non mi ha riconosciuta, credo. Ho guardato Rob chiedendogli il permesso
di accarezzarlo, lui ha fatto cenno positivo con il capo.
"Amore... Come sei bello!" gli ho sussurrato, coccolandolo.
È sempre così morbido.
Mi ha riconosciuta dopo aver parlato; m'ha leccato la faccia, mi
è saltato addosso fancendomi cadere sull'erba.
Ho riso così tanto... È stato bellissimo.
Non so perché Rob l'abbia portato sul set, ma è
stato il momento in cui e lui ci siamo sorrisi a vicenda.
Abbiamo girato tante scena, addirittura una che non era in programma.
Cat ci ha detto "Oh... Più che bene!" Mi sono sentita
felice. Come se tutto andasse al proprio posto. Credo che basti il suo
sorriso.
Non sono mai stata una persona sentimentale, mai, dico "cazzo" ogni due
per tre e bevo birra la mattina... Eppure se mi chiedessero la cosa
più bella che io abbia mai visto,
risponderei "Il suo sorriso".
Poi mi ha parlato. Parlato davvero.
"Dobbiamo provare", ancora non dice il mio nome.
Comunque, a pranzo, mentre giocavo con Bear, Lui si è
avvicinato.
"Amore della mamma... Mi sei mancato così tanto"
"Io no?" Ha chiesto.
Sì. Sì avrei voluto dirgl. Tu più di
tutti. Più degli amici, più di mamma,
più del mondo.
"Io no. Ovviamente. Ci vogliono sul set, comunque."
Poi
abbiamo ancora girato. La sua pelle più volte ha toccato la
mia. Il mondo mi è sembrato meno brutto. Ho avuto meno paura.
Il ché è abbastanza strano.
.
.
.
Oh a Diavolo! Ma chi voglio prendere in giro? Io sono innamorata di
quell'uomo. Amo quella barba troppo lunga e troppo bionda, di quel
sorriso e del suo acccento inglese.
Sono perfino innamorata di quel fegato oramai spappolato per il troppo
alcolo; è suo, quindi lo amo.
Sono fottutamente innamorata di Robert Pattinson. Ed è
questo che mi fotte.
Devo rimediare... Forse. Per oggi va bene così.
Ps. Ho cenato con delle patatine fritte. Cameron in cucina fa pena.
Giorno 5.
Sono incazzata.
Robert oggi è arrivato sul set in anticipo. Il
ché non sarebbe una cosa grave -anzi-, se solo io non
l'avessi osservato giocare con Bear... E beh, se solo non avessi fatto
una cazzata.
In pratica: è arrivato sul set, visto che era in anticipo e
non aveva nulla da fare, si è messo a lanciare la palla al
cane.
Mi è sembrato così bello. È bello
più di due anni fa.
Vabbè, sta di fatto che gli si è avvicinata una
ragazza della produzione: biondissima, (male, male), gli ha chiesto se
volesse qualcosa da bere e se dovesse coprire qualcosa con il trucco
(domanda ovvia); lui ha risposto sì ad entrambe le
domande. Al secondo sì si è toccato il collo.
Allora la ragazza è andata via, arrossendo. Povere Cassie,
immagino l'effetto che uno come lui possa suscitare.
Si è rimesso a giocare con Bear, quando quest'ultimo mi si
è avvicinato, l'ha fatto anche Robert.
"Ciao."
Avrei voluto chiedergli "ehi, ti ho fatto qualcosa? Ieri andavamo
così bene", ma la risposta sarebbe stata ovvia. E allora
vaffanculo, me lo sono tenuto dentro. Come sempre.
Però poi la cazzata è avvenuta quando Rob si
è grattato di nuovo il collo. Più forte stavolta.
Ho intravisto una parte di pelle arrossata, allora no, da povera
cogliona quale sono,
cosa ho fatto? Mi sono preoccupata! Sono scattata come una
molla, portando una mano sulla sua epidermide irritata da... Indovina?
Un succhiotto!
Lui è rimasto immobile. Fermo come una statua.
Io ho fissato le dita sulla sua giugolare.
Dio la sua pelle! Morbida. Poi mi sono ritratta, scottata dalla
consapevolezza che una donna, altre labbra, l'avevano toccato.
Quando ho staccato le dita e me le sono portate sulla bocca, c'era Rob;
il suo sapore. C'era, lo giuro. Non sono pazza.
Lui ha aperto la bocca, forse schifato, forse incazzato e prima che
potesse urlare, sono scappata.
FANTASTICO.
ps. Oggi ho cucinato io. Sia lodato Gesù Cristo
Giorno 6.
... Giornata di merda. Mi astengo anche dal commentarla.
Ps. Sono ritornata alle patatine.
Giorno 7.
Mi ha chiesto se le chiacchiere dei giornali fossero vere:
"Sei lesbica? È per questo che mi hai lasciato?"
Credo che il mio schiaffo non lo dimenticherà
così in fretta.
Ps. Amo il McDonald. Davvero.
Giorno 8.
Un sms.
Sono collassata sul set. Rob mi ha portata nel camerino.
"Stai bene? Vuoi dell'acqua?"
"Sì grazie". Mi ha versato l'acqua nel bicchiere, in
silenzio; poi me l'ha passata e si è seduto sulla sedia
posta di fronte al divanetto su cui ero appoggiata.
Ho bevuto, l'ho ringraziato.
Poi lui ha rovinato tutto: "Sei incinta? È per chquesto che
mi hai lasciato! Per qualcun altro?"
Sono solo riuscita ad alzarmi, infuriarmi, aprire la porta ed urlargli
"VAFFANCULO".
Me ne sono andata, ma ho fatto in tempo a sentirlo ridere e dire
"Almeno ha ripreso colore!"
...non ho mangiato granché.
Giorno 9.
Ancora sms. Lui non mi parla.
Giorno 10.
Pensavo fosse finita. Evidentemente mi sbagliavo.
Giorno 11.
Ho paura. Tanta paura.
Giorno 12.
Gli ho chiesto di poter tenere Bear per una notte. Ha detto di no.
Bernie e Vanilla neanche me le fa vedere.
Giorno 13.
Cameron ha trovato le gomme dell'auto tagliate.
Giorno 14.
Sola. Devo tornare a Cannes.
Giorno 15.
Ho sentito Tom. È stato bello. Gli voglio così
bene...
Giorno 16.
Non sono andata sul set. Ho finto di stare male... Ho solo tanta paura.
Giorno 17.
Gli ho detto "ti amo" per finta... Forse dovrei virgolettare 'per
finta'. Gli ho detto ti amo "per finta". Ecco, così va
meglio.
Ah, Lui mi ha chiesto se stessi mangiando. Cosa vuole da me?
Ps. Nel camerino ho trovato un panino. Il mio preferito. L'ho buttato.
Ho avuto paura fosse avvelenato.
Ho paura di tutto.
Giorno 18.
La vita è fatta di scelte. Tante piccole scelte. Si sceglie
un cioccolatino piuttosto che un altro, si sceglie un libro da leggere
invece di un film.
Si sceglie di andare via, di combattere.
E poi ci sono cose che non ti lasciano libertà di scelta.
Non si scelgono certe emozioni, certi amori, accadono e basta. Voglio
dire, io non ho scelto di amare Rob. È successo.
Mi sono innamorata di Robert Pattinson e questa cosa non è
più cambiata.
Punto. Amen. Ho ingoiato il rospo e via.
In fondo scegliere non è poi così difficile.
Così importante. Perché la vita è come
i film forse, l'amore è come una commedia romantica.
C'è l'inizio, il mezzo e la fine.
Ci si innamora, poi accade il peggio, poi, se sei fortunato, sceglierai
di buttarti ed avrai il tuo lieto fine. È sempre
così...
Nei film.
Poi nella vita è tutto un altro paio di maniche. L'ho
imparato oggi.
Oggi, diciottesimo giorni di riprese -di Robert-, ho deciso di non
voler avere paura.
Sono andata sul set, ho allacciato la vestaglia color panna, leggera,
profumata; ho chiuso gli occhi godendomi la musica che Robert suonava.
Intonava qualche nota semplice, che però non sembrava essere
priva di senso. Come una melodia abbozzata.
Il ragazzino biondo dei 'ciak' ha dato inizia alla scena.
Sono entrata nella sala, lentamente, guardandolo mentre chino sui
tasti, concentrato, sorrideva alla musica da lui creata.
Così bello...
Mi è parso quasi di disturbare quando ho deciso di fare il
mio lavoro, avvicinandomi a lui. Applausi si sono levati dalla piccola
folla. Rob ha fermato l'indice sul Do,
mezzo labbro superiore alzato.
Soddisfatto.
Così bello...
Forse è stata quella luce, forse il piano, forse solamente
lui e quella bolla che inconsapevolmente ci ha unito, fatto sta che ho
abbandonato Vivian e sono tornata Kristen.
"Non sapevo che suonassi." In realtà, nella vita vera,
l'avevo saputo subito che suonava. La conferma l'ebbi una volta, nel
2008: eravamo in un ristorante e lui si alzò per andare a
suonare una melodia al piano, sconosciuta. Bellissima.
"Suono solo per gli estranei", mi ha guardata.
"Cominciavo ad intristirmi di sopra, così sola sola."
"Signori", si è voltato verso le comparse "volete lasciarci
soli, per favore? Grazie". Poi è tornato a guardare me.
"La gente fa sempre tutto quello che dici tu?" Un silenzio
così serio, teso. Così sensuale. Così
noi. Ha posato le sue mani sui miei fianchi, posandomi col sedere sui
tasti.
Così bello...
Note stonate; stavolta non eravamo noi, era la musica. Era finzione.
Poi ha posato il capo sul mio ventre; io ho cominciato ad accarezzargli
i capelli.
Come feci tempo fa, quando dopo aver superato una crisi, ci eravamo
ritrovati a piangere l'uno nelle braccia dell'altro.
Così bello...
Lui in quell'occasione mi disse che m'amava e che senza di me non ce la
faceva; io gli dissi le stesse cose.
'ti amo'
'ti amo anche io.'
Così lui ha alzato la testa dal mio stomaco e mi ha guardata
davvero, facendomi capire era Lui. Robert. Non Edward.
Oh amore mio, io lo sapevo già.
Le sue mani sono corse al nodo che teneva chiusa la vetaglia, piano,
con delicatezza. Il copione non richiedeva quello... Poi l'ha sciolto.
Sempre guardandomi negli occhi.
Così bello...
È stato come dirgli "Ciao amore, come stai? Io bene. Mi sei
mancato"
Così bello...
Ha spalancato quel pezzo di stoffa inutile. L'affanno tipico delle
prime volte camuffato da abitudine.
Ancora note stonate; poi le sue labbra sulle mie. Dolci. Delicate.
Nei giorni precedenti ci eravamo già sfiorati la bocca, ma
mai così.
Non so esattamente cosa è accaduto, ma il mio cuore ha perso
un colpo quando si è accorto della caduta di quel muro fatto
di risentimento.
Robert era lì.
Così bello...
Poi mi ha presa fra le braccia; ho abbracciato il suo collo con le mie
braccia. Mi ha fatta sdraiare completamente sulla coda del pianoforte.
Così bello... Così noi.
Ha allungato una mano verso il mio volto, accarezzandomi, ma non
smettendo mai di guardarmi.
Il fuoco. I brividi.
Le sue labbra, ancora una volta, hanno toccato le mie. Un morso, un
bacio; poi il copione diceva che io avrei dovuto ritrarmi, ma a quella
bocca io non ce l'ho fatta a dire no.
Ho ricambiato il suo bacio. Catherine non ci ha fermati. La sua mano
destra è scesa sulla mia bocca, saggiando con i polpastrelli
la morbidezza di essa.
Poi la sua corsa è continuata.
Sul collo.
Così bello...
Sullo sterno.
Così bello..
Tra i seni.
Così bello...
Sullo stomaco.
Così bello...
Ho tirato la testa all'indietro quando il calore delle sue dita hanno
raggiunto l'ombelico, poi più giù.
Si è fermato lì, sulla mia intimità.
Mi ha guardata. L'ho guardato, e poi mi sono resa conto che io mai ho
avuto scelta.
Amare Robert non è mai stata una mia scelta, forse se
potessi, sceglierei di non amarlo.
Ma non posso.
Amarlo è stato automatico. È stato come avere
paura.
Io da Robert Pattinson non
guarirò mai. Perché siamo noi. Robert e Kristen.
Kristen e Robert.
Ed io lo amo.
Ecco cosa vorrei
dirgli. Quindi userò queste ultime righe di diario per
dirgli una cosa.
Ciao Robert, sono
Kristen. Lo so che mi odi, ma io beh, io Ti amo... E probabilmente,
quasi sicuramente, ti amerò per sempre. Forse è
questo il problema.
Pov Robert.
Bere. Avevo bisogno di
bere. Per dimenticare, per cancellare il sapore delle sue labbra.
Chiusi gli occhi
stropicciando le mani sulle palpebre. Sesso. Avevo bisogno anche di
sesso.
Per dimenticare Lei,
per cancellarla.
Una volta, tempo fa,
pensavo che il sesso senza amore fosse una cazzata. Una cosa
inconcepibile.
Poi Lei se n'era
andata e a me questo era rimasto: il sesso. Solo bionde, a volte rosse,
se è possibile alte. Il contrario di lei.
Entrai nella saletta
privata del locale; un locale 'in', uno di quelli frequentato da donne
bellissime, ben viste. Disponibili.
"Amico, puzzi di
vodka", mi voltai verso Jamie, sorridendo.
"Ah, ah. Stasera solo
vodka. Ieri era la serata Gin." Gli risposi ridendo. Perché
ridevo rimaneva un mistero.
"La serata Coca Cola a
quando?"
"Uhm. Non lo so."
"Probabilmente mai."
Si intromise una voce familiare. Mi volsi verso di essa.
"Ciao Tom", lo
salutammo in coro. Strano che fosse qui, di solito rimaneva a casa con
Sienna e Marlowe.
Tom era proprietario
della vita che aveva sempre desiderato: una casa col giardino, una
moglie affettuosa e una figlia da adorare. Una famiglia.
Lo odiavo per questo.
Lui aveva la vita dei miei sogni.
La mia, di vita,
invece, faceva schifo.
Una ragazza diversa
tutte le sere; nessuna valeva la pena di rischiare. Alcol; la gola che
bruciava era meglio del cuore che faceva male sotto il peso dei ricordi.
Una casa troppo
grande, poco personale, asettica; la poca voglia di abitarci con lei,
la troppa fretta di tornarci con altre donne.
Ma in fondo
è la vita che mi ero scelto.
Squallida.
Profondamente squallida.
"Robert, ti sto
cercando da ore". Mi sedetti, stanco, sulla poltroncina nera di velluto
-squallida pure quella-, e strofinai una mano sul volto.
"Beh, ora mia hai
trovato." Lo sentii sospirare.
"Dobbiamo parlare."
"Chi sei tu? La mia
fidanzata? Di solito lo dicono loro."
"Dobbiamo parlare,
Rob."
"Ma va? E dire che
pensavo volessi ballare."
Jamie rise. Tom no.
"Cos'è
stasera, fai l'ubriaco incazzato?"
"Non sono ubriaco."
Gli dissi. "Non ancora", aggiunsi. Il mio migliore amico si
alzò dalla poltroncina su cui era seduto e mi si
avvicinò. Era divertente Tom incazzato.
"TU! La devi smettere,
okay? Mi hai rotto il cazzo, Cristo Santo. Tratti tutti come se fossero
Merda", lo fermai.
"Non tutti." Lui
annuì.
"Ovvio. Non tutti.
Quelle che ti porti a letto le tratti bene, no?"
"Esattamente." Mi
trovai un dito contro il viso. Quello indice.
Ahi.
"Sai cosa? Sei un
fesso. Sei un fesso, rincoglionito, ubriaconone che lascia andare la
donna della sua vita. Ecco cosa sei."
Ora ero io quello
incazzato. Lui non sapeva... Lui aveva una vita perfetta.
"Ma tu cosa vuoi da
me, mh?"
"Nulla. Voglio solo
che tu la smetta con questa merda di vita." Lo fissai.
Tom Sturridge si era
trasferito in America un anno e mezzo fa, dopo tre mesi dalla fuga di
Kristen. Lo fece perchè la sua carriera da attore aveva
preso una svolta improvvisa
vedendolo protagonista
di una serie tv super seguita, il set era a Los Angeles.
Questa, ovviamente,
era la versione ufficiale. La versione ufficiosa ma sincera, era che
Tom voleva starmi vicino perché preoccupato per me.
Gli ero grato per
questo. Gli volevo bene, ma quel suo trattarmi con severità,
come se lui fosse l'uomo più vissuto del mondo, come se
fosse mio padre, mi irritava.
La sua vita mi
irritava.
"Questa 'merda di
vita', come la chiami tu, È la MIA di vita. Me la sono
scelta io, la voglio così. A me piace così."
"Balle." Forse.
"Lo dici tu."
"State calmi", si
intromise Jamie. Oh, anche lui mi stava sul culo. E tanto, anche. Tra
qualche mese sposerà Dakota.
Io... Io al massimo
avrei sposato la vodka. Ottima moglie.
"Ma cosa cazzo volete
da me? Cosa? È la mia vita. A me piace così. Se a
voi non sta bene, beh, la porta sapete dov'è."
Jamie scosse la testa.
Tom si fece rosso in viso.
"Sei il mio migliore
amico, Rob. Abbiamo giurato anni fa che se un giorno ci fossimo
ritrovati in una situazione simile, per una donna, l'altro l'avrebbe
aiutato: io sto mantendendo la
promessa fatta."
"Ed eccolo il punto
focale del problema: KRISTEN." Dire il suo nome mi fece male.
"Cosa c'entra Kris?"
Forse, una vita fa,
ero felice della loro intesa; sapere che la propria fidanzata ed il tuo
migliore amico sono come fratello e sorella, è qualcosa di
assurdamente bello.
Eravamo un trio noi
tre.
Lo amavo.
Ora mi dava fastidio.
Perché lui poteva chiamarla 'Kris' ed io no?
Perché con lui ci aveva subito ripreso confidenza?
Sembravano, erano, così amici che quasi la gelosia mi
divorava.
Perché io
lei e lui, giorni fa, li avevo sentiti ridere; li avevo visti
abbracciarsi. A me non era permesso avere i suoi sorrisi.
"Non. Chiamarla.
Kris." Gli ansimai contro. Lui non indietreggiò,
né sembrò stupito.
"Ma che cazzo ti
piglia?"
"Voi la difendete
sempre, Cristo. Dite che l'ho lasciata andare, ma sapete cosa?
È facile parlare quando la sera tornate a casa e ci trovate
la persona che vi ama.
È facile
parlare quando la donna che vi ama e dice di farlo, non ti tradisce e
ti resta accanto."
"Stai esagerando."
"No Credimi Tom, non
esagero. Lei mi ha lasciato come se io nulla fossi. E forse avete
ragione. Questa vita mi fa schifo, ed ho detto una cazzata prima.
Non me la sono scelta
io questa merda di vita, è stata lei, la vostra amata
Kristen, a buttarmici in questa merda. Ed io altro non faccio che
gallegiarci... Per non affogare."
Lo aggirai, presi la
bottiglia di rum e mi ci aggrappai.Uscii e tentai di scordarmi di Lei.
Di me.
Ecco il potere che
Kristen aveva su di me. Fuori dal locale c'era una rossa niente male;
me la sono portata a casa. Come si fa con i cani, o con le cose.
In effetti, questo
erano le donne per me: oggetti. Non che io dessi loro false speranze.
Neanche una notte
intera ci passavo insieme. Troppo intimo.
A loro, comunque, non
dispiaceva: io usavo il loro corpo per dimenticare
Lei, loro usavano
Robert Pattinson per qualche minuto di notorietà ed un paio
di orgasmi. Ci guadagnavamo entrambi.
Un contratto equo. Non
questa sera, però.
L'avevo baciata,
toccata, palpata. Ci eravamo messi in auto subito. Lì volevo
farmela. Sui sedili posteriori.
Hannah, si chiamava.
Piuttosto carina. Forse troppo lontana dai miei standard. Troppo minuta.
Le avevo baciato il
collo, poi i seni; ancora toccatine varie.
Era tutto
così... Monotono.
"Non ti piace?" mi
chiese, guardandomi in modo curioso. Forse doveva essere la sua
espressione seducente.
"Uh?" Non capii a cosa
si stava riferendo. Lei di tutta risposta volse lo sguardo verso la il
suo pugno chiuso intorno alla mia "erezione". Ecco il problema.
Non ci riuscivo
più. Cazzo.
"Merda, non un'altra
volta!"
"Ti succede spesso?"
sembrava demoralizzata. La guardai, ammonendola. Poi me la scostai di
dosso, facendola cadere a peso morto sul sedile.
Mi sedetti,
appoggiando la testa sul finestrino freddo.
"Non mi succede
spesso", puntualizzai stizzito.
"Allora sono io?"
aveva gli occhi da cucciolo bastonato. No ti prego, non i sensi di
colpa.
"Non sei tu,
tranquilla."
"Allora..."
"Allora" mi grattai il
mento. "Senti, sei molto carina, davvero, ma"
"Allora vedi?
È colpa mia." Scossi la testa, negando.
"Nono"
"Sei gay..."
"Che? No! Ma cosa ti
salta in mente?" Gridai scandalizzato. "È colpa di Kristen
stronza Stewart!"
La vidi aggrottare le
sopracciglia, perplessa. Era una ragazza abbastanza facile da leggere.
"Aspetta", si sedette
meglio, con le gambe incrociate, rivolta verso di me. Io mi appoggiai
ancora di più allo sportello. "Kristen Stewart? La tua
storica ex? L'attrice?"
Annuii.
"Sì, sì ed ancora sì"
"Okay. Allora non
capisco." Sbuffai. Ci aggiustammo io i pantaloni e le mutande, lei la
gonna.
"Quella strega mi ha
fatto qualcosa."
"Eh?"
"Da quando l'ho vista
rimanerci male per quel cazzo di succhiotto..."
"Succhiotto?"
"...io non riesco
più a scopare. Cristo Santo!" Sbattei un pugno sulla pelle
del sedile.
"Oddio"
"Già! Non
scopo. Non mi si alza. Vedo quegli occhi e quel modo di guardarmi e
nulla... Non si alza." Mi grattai una guancia.
"Beh con le altre. Con
lei sì, lui" indicai il mio amichetto delle parti basse,
"lui con lei funziona. E pure bene. Stamattina stavo per venire su quel
cazzo di pianoforte."
Mi bastava pensare a
Lei, qualsiasi parte di Lei, ed ero eccitato da far schifo.
Mi aveva fatto
qualcosa.
"Uh, okay. Sono finita
in una fan fiction e non lo so. Okay. Senti, secondo me dovresti
parlarne con qualcuno."
"Qualcuno? Un dottore?
Odio i dottori. Poi mi si alza, funziona, solo"
"Solo non con noi
comuni mortali che non siamo Kristen Stewart." sì beh, messa
così era ancora più patetica come cosa.
"No. Ha funzionato
fino a quando non è riapparsa nella mia vita, lo
farà ancora." Lei scosse la testa.
"Davvero, dovresti
parlarle. Insomma, perché vi siete lasciati?"
Le sorrisi amaro.
"Ah vorrei saperlo."
"Parlale lo stesso."
"A chi? La mia ex?"
"Sì."
"L'attrice?"
"Sì."
"No. Non se ne parla."
Parlare sul serio con Kristen? No. Assolutamente no. Cazzo no.
"Parlaci."
"Mi toglie la
fattura?" Rise.
"No. Ma magari risolvi
il problema lì sotto", indicò il 'problema' che
al momento, al solo pensiero di Kristen, si era fatto piuttosto
ingombrante.
Snervante.
Perché non
potevo desiderare una ragazza come Hannah? Sembrava una di quelle di
cui puoi innamorarti.
Semplice.
Non era Kristen.
Nessuno era Kristen, e questo sarebbe sempre stato il mio solo e vero
problema.
"Senti, questa
è la cosa più surreale che mi sia mai accaduta."
Indossò le
scarpe dal tacco alto, aprì la portiera e scese. Feci lo
stesso anche io.
Poi si
aggiustò i capelli tagliati corti.
"Mi spiace."
"Fa nulla. Ho baciato
Robert Pattinson, voglio dire..." Le sorrisi. L'effetto dell'alcol
cominciava a svanire.
"Comunque, parlaci con
lei."
"Vedrò."
"No, davvero, fallo.
Insomma, mi sembra evidente ci sia qualcosa che non va."
"Eh."
"Ed è
ancora più palese che Lei sia la soluzione."
"Forse."
"La ami, no?" Amarla?
Amare Kristen? Amare colei che mi aveva lasciato, tradito, umiliato?
No. Come si può amare una persona simile?
Come si può
amare chi ci fa male? Chi ci pianta un coltello nel cuore.
E magari quel coltello
gliel'avevi dato tu perché ti fidavi.
No. Non amavo Kristen.
Non più.
Forse era ossessione.
In fondo Lei era
sempre stata la mia ossessione; avevo stravolto la mia vita per entrare
nella sua.
Quindi sì,
non era amore ma ossessione. Qualcosa di malato.
"No." Hannah mi
guardò. "Non la amo. La odio."
"L'odio è
un sentimento comune all'amore, sai?"
Le sorrisi sghembo.
"Cazzate. Io odio i
cavoli. Li odio proprio."
"Certo. Ma non si
può odiare chi si ha amato fino a... Beh, fino a ridursi
così."
"Mh. Bella teoria. Mi
spiace per questa serata. Alla prossima."
La lasciai
lì, andando dalla parte del pilota. Aprii la sportiera.
"Ehi!"
"Cosa?"
"Diglielo."
"Eh?"
"Diglielo che l'ami."
Sorrise triste. "Io non posso più dirlo al mio fidanzato, ed
ho il cuore pieno di quelle due parole. Diglielo che l'ami. Magari poi
risolvi il problema.
Si sa che voi maschi
ragionate col cazzo invece del cervello."
Annuii, sorridendo.
"Grazie."
"Prego."
"Mi spiace per il tuo
ragazzo", avevo capito che era morto. I suoi occhioni si inumidirono.
"Spiace anche a me per
il tuo cuore... E per tutti gli orgasmi che mi sono persa stasera."
Scossi la testa,
chiusi lo sportello, misi in moto.
"Vuoi un passaggio?"
"No. Và da
lei e dille che l'ami."
Annuii.
Poi andai da lei per
dirle che l'odiavo.
Kristen stava da
Cameron. Lo aveva saputo da Cam stesso; ancora ci parlavo con lui. I
primi tempi gli chiedevo spesso di Kristen... Poi avevo capito che
neanche lui sapeva dove sua
sorella se n'era
andata.
Bevvi l'ennesimo sorso
di un liquore trovato nell'auto, e presi fiato.
La macchina di Cameron
non c'era.
Deglutii.
Le luci,
però, erano accese.
Ancora un sorso.
Diedi un'occhiata
all'ora: era tardi, quasi mattina.
Perché era
sveglia? Che stesse parlando con il suo nuovo fidanzato?
Mi innervosii.
Bevvi ancora, ancora,
fino a svuotare la bottiglia di liquore. Tirai su col naso, strusciai
la manica sulle labbra ed uscii dall'auto.
Un passo, un giramento
di testa.
Due passi, due insulti
da rivolgerle.
Tre passi, tre baci da
darle.
Quattro passi, quattro
morsi da lenire.
Bussai.
Il campanello
sembrò essere il rumore più fastidioso del
mondo... Beh, il più fastidioso dopo la sua risata che
precette l'apertura della porta.
Rideva mentre era al
telefono.
"Cam te l'avevo detto
di port", si fermò quando si rese conto di chi c'era di
fronte a lei.
Le sorrisi sfrontato.
"Ciao."
Lei
deglutì, e sempre guardandomi parlò al suo
interlocutore.
"Als, ti devo
lasciare... No è tutto okay. Sì. A domani. Anche
io" Arrossì.
Anche io.
L'amava anche lei?
Ti amo anche io.
"Ciao." Rispose al mio
ciao. "Vuoi entrare?" Negai col capo.
"Esci."
"Ma... Sono in pigiama
e", la squadrai. Aveva dei pantaloncini neri e una canotta grigia.
"Fa niente. Non
è una cosa lunga."
"O, okay." Socchiuse
la porta alle sue spalle, incrociò le braccia al petto e
camminò fino a sedersi in veranda.
Sembrava stanca.
"Puzzi di alcol."
Sbottò, arricciando il naso.
"Non sei la prima che
me lo dice."
"Mpf." Mi appoggiai
con la schiena alla balaustra di ferro, ed imitai la postura delle sue
braccia.
"Ho disturbato il
sesso telefonico con il fidanzato francese?"
Assottigliò
gli occhi.
"Che? Fidanzato
Francese?"
"Non è
francese?"
"Non ce l'ho un
fidanzato", ammise, mordendosi le labbra.
"Certo. Ovvio. Magari
hai una fidanzata?" Non ci credevo davvero a quelle voci, ma mi piaceva
vederla diventare rossa di rabbia.
"Ma la smetti con
questa storia? Sei ridicolo. Non ho un fidanzato, nè una
fidanzata. Non sono lesbica, lo sai meglio di me."
Sorrisi.
Alzò il
capo verso il cielo, annusando l'aria.
"Puzzi anche di
profumo femminile." Disse senza smettere di fissare la luna.
"Sono stato con una
donna." Chiuse gli occhi, mordendosi di più il labbro
inferiore.
"Perché sei
qui?" Si voltò di scatto verso me.
"Perché mi
hanno detto che dovevo parlarti. Che dovevo dirti cosa provo."
Non smise di guardarmi.
"E?"
Alzai un angolo di
bocca, imitando un sorriso.
"E, beh, ci ho pensato
tanto a cosa volevo dirti... Ce ne sarebbero di cose, ma mi limito a
due cose."
Si sistemò
meglio sulla sedia, abbracciando il suo busto con le braccia.
"Cioè?"
"Ti odio."
Sbarrò gli occhi. "E voglio sapere perché."
"Perché
cosa?"
Mi avvicinai a lei di
colpo, abbandonando la mia posa da finto indifferente, e fermandomi ad
un anelito dai suoi occhi.
"Perché mi
hai lasciato?"
Le mancò il
respirò.
"Perché hai
rovinato tutto? Perché sei scappata?" Tentò di
ridere con scarso successo.
"Sono quattro cose,
non due."
Diedi un pugno al muro
dietro la sua schiena. Kristen sobbalzò.
"Non cercare di fare
la simpatica. Non ti riesce."
Deglutì.
"Io... Scusa."
"Non mi interessano le
tue patetiche scuse. Dimmi perché. Ora." Scosse la testa
più di una volta.
"Vai via, Rob."
"Vai via? Mi stai
mandando via?" Guardarla negli occhi era così difficile.
Cristo... Sembravano feriti.
"Sì, lo sto
facendo. Non amo parlare con la gente ubriaca."
Risi. Risi
sguaiatamente. Allontanandomi e buttando la testa all'indietro. Lei non
parlava con chi era ubriaco... Oh beh, io ero perennemente ubriaco.
Smisi di ridere
all'improvviso.
"E ci parli con chi
è ubriaco per colpa tua?"
"Non è
colpa mia se tu vivi di alcol."
"Oh sì che
lo è. È sempre colpa tua, Kristen. Lo
è da quando mi hai lasciato con un cazzo di biglietto, senza
una spiegazione; hai idea di quanto fossi preoccupato?"
Continuava a negare.
"Capisci? Io, il fesso
che era stato lasciato senza motivo, si preoccupava perché
nessuno sapeva tu dove fossi. HO CHIAMATO UN CAZZO DI INVESTIGATORE
PRIVATO, DIAMINE!"
"Non urlare, non
urlare. Ti prego non urlare." Stava piangendo. No, le sue lacrime ora
non mi toccavano più.
"L'ho davvero chiamato
quel tipo, capisci? Poi mi sono detto che se non volevi essere trovata
dovevo assecondarti. Eri andata via, quindi mi odiavi."
"Non"
"NON STO URLANDO! TI
STO SOLO DICENDO COME STANNO LE COSE, STRONZA! TI STO DICENDO CHE TI
ODIO."
"Non"
"IO TI ODIO!"
"IO NO!"
Mi calmai. Avevo il
fiatone, così come Kristen. Ero così stanco di
combattere, di pensare per poi dire cose che le avrebbero fatto male.
Stanco di sentirmi
vuoto. Io volevo sentire.
"Dimmi perché, Kristen. Dimmi perché hai deciso di buttare via tutto. Dimmi perché mi hai lasciato solo mentre tu eri chissà dove, chissà con chi. Dimmi perché mi hai costretto a buttare quell'anello di fidanzamento che avevo nella tasca da due giorni; come uno stupido stavo aspettando il momento giusto."
I suoi singhiozzi erano troppo forti per non essere sentiti.
"Se ti avessi chiesto di sposarmi mi avresti detto no? Non dirmi che saresti scappata il giorno delle nozze." Tirò su col naso, asciugandosi le ciglia con i polsi. "Sì." Leccò le lacrime dalla sua bocca. "Sì." "Cosa 'sì'?" Deglutì. "Ti avrei detto sì. Avrei accettato"
Io credevo di non avere rimpianti. I rimpianti li avevo sempre lasciati agli altri, ai personaggi dei miei film. I rimpianti sono i peggiori nemici della vita di una persona. Mai, mai ne avevo avuti. Poi lei se n'era uscita con quella sillaba. Con quella frase. Mi avrebbe sposato. Se le avessi chiesto di sposarmi prima, se non avessi avuto questa assurda idea di aspettare il giorno giusto, Lei mi avrebbe detto sì.
Non sarebbe andata via.
E allora perché? Perché era andata via? Perché mi aveva lasciato? Perché non mi odiava? Glielo chiesi.
Mi accostai a lei, di scatto, inginocchiandomi ai suoi piedi. Appoggiai il capo sul suo basso ventre. Sentivo. Sentivo tutto.
I rimpianti, il cuore che batteva, i ricordi, la rabbia, la paura. Le sue braccia mi strinsero; le sue dita tirarono i miei capelli. Sentivo l'amore, l'odio, i timori, gli sbagli, le cose giuste, i baci, gli abbracci, le parole.
"Ti avrei detto sì."
Sentivo i silenzi, le lacrime -mie, sue-, la musica, le notti passate a parlare, il profumo di cioccolato. "E allora perché? Perché ci hai fatto questo?" "Non lo so, Rob. Non lo so più nemmeno io."
Alzai il viso; mi sentivo i capelli bagnati. Aveva le guance scarlatte. Portò le mani sui miei zigomi, accarezzandomi coi pollici. Fece combaciare la sua fronte con la mia, singhiozzò. Ci guardammo per lunghi istanti.
Avevo sempre amato i suoi occhi. Sempre. E di più amavo fare mie ogni sfumatura di quel verde. Lo facevo spesso.
"Dimmi perché." "Rob..." "Dimmi perché. Dimmi perché ti odio. Dai una motivazione a tutto questo." "Non posso." "Perché mi fai questo?" "Io... Ti prego Rob, ti prego." Sfiorai i nostri nasi, freddi entrambi.
"Dimmi perché." "E tu non guardarmi così." "Così come?" "Come se mi amassi." Sorrisi. "Io ti odio, non ti amo." "Io non ti odio." La fissai a lungo. "Ma non mi ami." Una nuova lacrima. "Non guardarmi in questo modo." "Se avessi un altro modo per guardarti, beh, credimi, lo userei."
"Sei così ubriaco." "Sei così bella."
"Hai il profumo di un'altra donna addosso." "Cancellalo col tuo."
"Non avvicinarti." "Perché?" "Perché non ti odio."
Uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore appena accennato. Respirò.
"Perché sei andata via?" "Perché non ti odio." "Perché non ti odio."
Ancora uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore lieve. Respirò un'altra volta.
"Perché sei andata via?" "Perché non ti odio." "Balle."
"Non baciarmi." "Ma voglio farlo." "Lo voglio anche io." Sospirai.
"Se mi avvicino ti lasci andare?" "Se ti avvicini facciamo l'amore, Rob."
Mi avvicinai.
"Rimani con me stanotte. Stai con me. Tienimi con te, Kristen. Dimentichiamoci di tutto. Non mi interessa nulla di questi due anni. Niente spiegazioni, niente parole. Solo io e te. Vieni con me. Stai con me. Solo per stanotte. "
"Io non posso." La odiavo.
"DIMMI PERCHÉ MALEDIZIONE!" "... Perché non ti odio, Robert."
Poi mi baciò. Le sue labbra sulle mie. Così dolci. Così belle. Così rosse. Così mie.
Non la odiavo. Non avrei mai potuto odiarla; perché era Kristen, perché era la donna della mia vita. L'unica che avrei voluto sposare, l'unica che avrei voluto come madre dei miei figli. Perché Hannah aveva ragione, chi si dona come ci eravamo dati noi, non si scorda. Ci si rincorre, ci si lascia, ci si odia e ci si ama. Ci si insulta e ci si bacia.
Lei si staccò. Portò due dita sulle sue labbra.
Le sorrisi. Un sorriso triste. Non mi odiava... Ma non mi amava.
"Vai via. Ti prego. Va via" Mi alzai asciugandomi il volto dalle lacrime. Le sue. Forse le mie.
"Lo capirò perché sei andata via. E quando accadrà, stai ben sicura che mi farò odiare."
POV Kristen.
Che poi ci ero abituata alla paura. Ci ero abituata al senso di amaro in bocca. Ci ero abituata a questo schifo di vita. Ci ero abituata al batticuore, allo stomaco divorato. Ci ero abituata all'insonnia.
Ma questa volta era diverso. La paura era così reale, tangibile... Era vera. Lui era andato via. La paura era tornata.
Con un sms ed una frase.
"Io ti avevo avvertito, puttana."
Beh, non c'è molto
da dire... Almeno da parte nostra. Lasciamo a voi la parola.
Come sempre, un bacio
da parte nostra.
Helen & Rose.
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Capitolo 4 *** In case you change your mind ***
Cap4 In case
Lo
so, lo so.
Siamo -sono- in ritardo. Chiedo scusa. Ma come voi tutti sapete le
Festività sono sempre frenetiche, il fandom impazzisce
sempre di
più e io ho mangiato un botto!
-E che ci frega?- starete dicendo. Non vi frega ma io volevo dirvelo lo
stesso u.u
Allora siamo al terzo capitolo, vi abbiamo lasciate/i con l'acquolina
in bocca l'ultima volta. NE SIAMO CONSAPEVOLI. Ma noi vi vogliamo bene.
Sempre e comunque.
E ricordatevelo anche a fine capitolo, please.
3.
In case you change your mind
POV ROB
Sapete cosa conta davvero nella vita di un essere umano? La risposta
è più semplice di quello che si possa credere o
immaginare. Probabilmente si tratta della cosa più ovvia e
necessaria della nostra vita.
Ma nessuno si sforza mai a pensare che questo cavillo di
innaturale importanza possa arrivare a determinare l'intera esistenza.
Vivere. Ecco cosa serve. Senza vivere la vita non esiste. E nascere,
crescere, respirare, mangiare, bere non conta.
Se non si vive, ma vivere davvero, la tua presenza sulla terra
è
solo poco più significante di quella di un granello di
polvere.
In 29 anni di vita quelli vissuti erano stati meno di un terzo. Gli
ultimi due non contemplavano nemmeno un paragone con le cellule
presenti all'interno del famoso granello di polvere.
Ma avevo recuperato tutto. In pochi istanti. Con il suo respiro mancato
sulle sue labbra e posato sulle mie.
Avevo sentito il mondo girare nel verso giusto. Mi sentivo come
rinsavito da un coma lungo una vita. Lucido come non mai, riuscii a
vedere chiaramente la mia vita futura.
La mia vita futura che era certezza fino a qualche hanno
prima.
La mia vita futura che mi era sfuggita, ancora una volta,
quando
lei aveva deciso di porre fine a quel flusso d'aria regalatomi con un
sentimento che, c'avrei
giurato, poteva sembrare amore.
Vuoi per l'alcool in corpo, vuoi per la frenesia del momento, non
l'avevo odiata. L'avevo desiderata, voluta, trattenuta. Ma non odiata.
Non in quel momento. Non con quel sapore a torturarmi i sensi.
Un lento morire che avrebbe potuto portarmi solo nei cieli. Biglietto
express per il Paradiso.
Se lei non avesse posto fine a quell'attimo di pura vita non so cosa
sarebbe successo.
Oh, ma chi voglio prendere in giro. Certo che lo so. Certo che le avrei
messo le mani sotto la felpa. Certo che l'avrei spogliata. Certo che
l'avrei fatta mia. Ancora e ancora e ancora.
Lì, fuori, sul portico. Poi dentro, sul divano, sul letto,
nella
doccia. Se avrebbe voluto anche la mattina dopo. Sul tavolo, in cucina,
mentre mi preparava la colazione. Pancakes con la fonduta di
cioccolato.
Ecco. Sì. Sarebbe diventata una perfetta giornata, tipica
della nostra routine di qualche anno prima.
I Coldplay cantano 'Oh, take me back to the start'. Vi prego.
Catapultatemi all'inizio. A quando entrando da quella porta l'avevo
vista seduta su quel letto. Piccola e spavalda, esattamente come ora.
Fatemi rivivere il
momento in cui i suoi occhi si incatenarono ai miei
per la prima volta e decisero inconsapevolmente di non mollarli mai
più. Fatemi ritornare ad essere geloso per il suo fidanzato.
Ridatemi la nostra
prima volta... e tutte quelle a seguire. Immergetemi
ancora una volta nella nostra bolla. Fatemela respirare e vivere. E
rendetemi forte.
Almeno quel che basta
per fare in modo che nessuno dei
due possa ripetere gli stessi errori. Mai più. Mai
più
ucciderci a vicenda.
Sarebbe stato facile rinchiudersi in un qualche bar a quel punto.
Bottiglia in mano. Senza pensieri.
Ma per la prima volta, dopo tanto tempo, decisi di percorrere la strada
più lunga e tortuosa. Quella via non battuta che avevo
abbandonato da anni. Tornai a casa.
Composi lentamente il numero di Tom e aspettai in silenzio, sul divano,
una sua risposta.
"Rob?
Stai bene?"
"Vieni a casa mia. Devi aiutarmi a fare pulizia."
Andare a lavoro, la mattina dopo, mi era sembrata la cosa
più
diffcile da fare negli ultimi giorni. Con la consapevolezza di un
imbarazzo celato, affrontai i suoi occhi non appena la vidi afferrare
una tazza di caffè dalle mani di Cassie. Un paio
di occhiaie le
attornavano le pupille. Era stanca, spossata. Non aveva dormito e aveva
pianto.
Sì, quei suoi occhi più scuri del solito erano un
chiaro
segno del tempo passato a piangere la notte passata. Lo avevo fatto
anche io. Avevo pianto anche io, con Tom accanto, mentre gettavamo ogni
bottiglia in un sacco nero dell'immondizia. Ogni goccia d'alcool era
sparita da casa mia. Dovevo farlo.
E la consapevolezza del suo dolore e del mio mischiati tra le lacrime e
gli affanni di quel bacio, mi avevano dato la forza per farlo. Non per
lei - non solo almeno - ma per me.
Per la mia vita. Prima o poi avrei
dovuto riprenderla in mano. Sicuramente senza Kristen. Sicuramente
senza i suoi occhi e i suoi baci. Senza il nostro amore ormai non
più amato da entrambi.
Me ne sarei fatto una ragione. E, piano piano, sarei uscito fuori dalla
trappola infernale che mi ero creato da solo negli ultimi due anni.
'Non
restare mai solo' così
aveva detto Tom prima di tornarsene a casa sua. E c'aveva ragione.
Rimanere soli era la cosa più deleteria che potesse
succedere ad
una persona.
E l'unico compagno
rimastomi sempre accanto, sempre
fedele, era Bear. Me lo sarei portato dietro per ogni cosa. 'Sai per
sostegno morale'.
Eh. Facciamoci sostenere dal cane che avevo preso insieme alla mia
donna. Alla ex donna.
O fidanzata. O vita. O come preferite voi.
Non appena Kristen lo vide mollò la presa dal mio sguardo,
strappando via con sè anche i miei occhi, e si
focalizzò
sul nostro cane. Nostro. Non pensavo ad una cosa in questi termini
da
parecchio tempo.
Io e lei, insieme
almeno nel riflesso di alcune cose.
"Come mai lo hai portato?"
"Ciao" mi guardò i piedi, le mani, le gambe. Tutto ma non
più i miei occhi. Bear la annusò, sfregandosi sui
suoi
jeans. Si lascò accarezzare tranquillamente da quelle sue
mani
tanto
lisce quanto infuocate.
Vederli insieme era qualcosa di meraviglioso. Era come... riavere la
normalità. Ma le illusioni durano sempre giusto il tempo di
un
respiro.
"Ho chiesto a Catherine di accelerare i tempi" un respiro che si mozza
di colpo se non ponderi le emozioni "voglio tornare a casa".
"Casa. Certo." un sussurro. Un sorriso amaro. 'Casa' era la nostra.
Quella dove avevamo riso e urlato. Quella dove eravamo cresciuti.
Voglio
tornare a casa . Quante
volte lo aveva sussurrato alle mie orecchie? Tante, troppe. Abbastanza
almeno da ripercorrerle tutte in un decimo di secondo, con il fiato
sospeso e l'immaginazione ferma sulle sue labbra che
sfioravano il mio
orecchio con l'impercettibile movimento che quelle paroline
comportavano. Lo aveva detto stanca, scocciata, impaziente, languida,
eccitata, felice.
E ogni volta la
sensazione era la stessa:
normalità. La normalità del nostro vivere
rinchiusa solo
tra quelle mura.
"Dice Catherine che se stringiamo i denti e siamo puntuali ogni giorno,
forse riusciamo ad anticipare addirittura di una settimana. E'
già una gran cosa, no?"
"No. Non lo so. Ma se Catherine ha detto così... Suppongo mi
tocca darle ascolto"
"Mi sta solo facendo un favore"
" Perchè? "
"Lei capisce le mie necessità"
"Le tue necessità?" ancora non mi guardava. Fissava gli
occhi in
quelli di Bear. Non aveva il coraggio di affronte il mio di sguardo.
Non lo avrebbe mai fatto in quel momento. E la guardavo e vedevo la
Kristen codarda nei miei confronti. Una Kristen mai esistita prima. "Tu
odiavi il Francese"
"Cazzo c'entra questo?"
"Torni lì, no? A casa"
"La cosa non ti riguarda. Smettila di fare qualunque cosa tu stia
cercando di fare perchè, semplicemente, non ti riguarda.
Non..."
"Non più? E' questo che volevi dire?"
"Non fare ciò che stai facendo, Robert"
"Sei tu cha fai tutto da sola. Come sempre. Vieni, Bear. Non perdiamo
tempo, altrimenti la signorina qui non può tornare a casa"
"Rob..." biascicò.
"Cosa?"
"Ieri sera..."
"Zitta. Stai zitta."
"Robert"
"Kristen vuoi tornare a casa tua o no? Se lo vuoi davvero lasciami
andare a preparare e iniziamo a lavorare"
"Voglio solo..."
"Cosa? Cosa vuoi? Hai fatto tutto tu anche ieri sera, se per caso te lo
stessi chiedendo e no, non ci ho pensato stanotte. Nè ci
penserò mai." bugia. "Puoi lasciarmi in pace ora?"
"S-si" le diedi le spalle e con Bear mi incamminai. Lontano da lei.
Almeno per qualche minuto.
"Ehi... EHI! No. Aspetta un pò!" ecco. Era troppo bello per
essere vero. "Ho fatto tutto io? Davvero? Ne sei così sicuro
Pattinson?"
"Kriste..."
"Oh. OH. Niente Kristen." mi puntò il dito contro "Te mi hai
chiesto di passare la notte insieme. Sei stato tu a dirlo!"
"Stai a vedere che ora..."
"E' colpa tua!" appunto. "Sei venuto a casa mia. A rompermi le palle."
"A romperti le...?"
"Chissà per cosa poi!"
"Chissà per...?"
" E smettila di ripetere le cose a metà! O per intero o stai
zitto. O dici altro. O insomma... Basta!" gesticolava come una matta.
Quasi mi venne voglia di sorridere. Era nel pieno di uno dei suoi
momenti sclero.
Con le mani tra i
capelli, gli occhi fuori dalle orbite
e la pelle chiazzata di rosso nel collo. Era bellissima. La visione
migliore che avessi mai potuto desiderare quella mattina.
"Tu mi hai baciata!" urlò. Poi respirò a fondo
due o tre
volte. Chiuse gli occhi. Strinse le sue mani a pugno e poi le
rilasciò mentre le sue palpebre si aprivano lentamente e
finalmente - finalmente - il suo verde si
scagliò sulla mia vista. Al centro di essa. Riempiendola di
ansia e amore insieme.
"Tu mi hai baciata..." Quattro parole. Il fiato buttato giù
in una volta. Seria. Calma.
"E tu però hai smesso di farlo" Serio. Calmo.
POV Kristen
Sapete cosa conta davvero nella vita di un essere umano? Sì?
Beh, se ne siete a conoscenza ditemelo. Perchè nella mia, di
vita, tutto ciò che conta adesso è smettere di
fissargli
gli occhi.
Probabilmente conta respirare. E innamorarsi ancora una volta dell'uomo
che ami da sempre per le parole che ti ha appena detto.
Forse è l'amore ciò che conta davvero, dunque. Ma
io avevo vissuto due anni senza di esso.
Difficile? Sì. Dannoso? Sì. Liberatorio? No. Se
è
possibile ci si sentiva ancora più incatenati a
ciò da
cui si scappava.
Cos'è la vita senza l'amore? L'amore quello vero. Condiviso
da
due anime che si donavano a vicenda, ogni istante, anima e corpo. Beh,
senza l'amore non c'è vita. Non c'è aria nei
polmoni
nè sangue che pompa nelle vene. Senza l'amore si sopravvive,
tra
lacrime e urla strozzate contro un cuscino ogni notte.
Continuare a sopravvivere poteva essere un giusto compromesso per non
morire, per me e per lui. Per non soffrire più di quanto
stessimo già soffrendo.
"Tu
però hai smesso di farlo" .
Vedevo quelle parole brillare, spente da delusione e sofferenza, nei
suoi occhi chiari. Un riflesso dei miei.
"Ho dovuto farlo"
"No. Non dovevi. Non avresti dovuto fare niente di quello che hai fatto
in questi anni"
"Non avrei dovuto ma l'ho fatto. L'ho fatto. E... non me ne pento"
"Non te ne penti.... Ma ti senti? Ti senti quando parli, Kristen? Cosa
cazzo stai..."
"Zitto." un sussurro stretto tra i denti mentre i miei occhi mollavano
ancora una volta i suoi per guardare il cielo. Chiaro. Limpido. Ma si
stava offuscando, come noi. Come le nostre parole. Come i miei occhi
colmi di lacrime.
"Non ci sto zitto. Non...." afferrò il mio viso con le sue
mani.
Calde, forti. Quanto le avevo desiderate in questi anni. Esattamente
dove si trovavano adesso.
Mi costrinse a guardarlo mentre anche lui piangeva. Come un bambino,
come la persona più fragile del mondo. E lo era. Ed io sarei
dovuta essere abbastanza forti per entrambi.
Ancora una volta.
"Non ci sto zitto. Non ci sto zitto. Non ci sto zitto..."
cantilenò. La sua fronte sulla mia. Le nostre lacrime a
specchiarsi, le une nelle altre.
Tremavo. Il mio petto, ormai sconquassato dai singhiozzi, sembrava
correre verso un'irrefrenabile e straziante dilaniamento.
Staccò
la mano destra dal mio viso. Mi sentii mancare.
Il freddo congelava la mia pella senza le sue fibre nervose poggiate a
riscaldarla. Gelo. Brividi. Brividi. Fuoco.
La sua mano sul mio petto. Al centro. Come un guanto miracoloso che
scioglie i nodi di un dolore ormai troppo acuto da mantenere nascosto.
Ripresi a respirare regolarmente. Insieme a lui.
Occhi negli occhi. Calore e umido di lacrime.
Era così bello. Lui. Io. Il nostro
contatto. Nostro.
Eravamo noi. Noi, noi, noi e sempre noi. E lo saremmo stati per tutta
la vita. Anche lontani, separati da km e da un amore nascosto nei
meandri dei nostri tormenti. Anche se ci fossimo sposati con altri.
Anche se lui si fosse sposato con un'altra. Non io. Io non avrei voluto
nessuno accanto. Mai. Solo il suo ricordo e quello del suo amarmi
inesorabilmente.
Saremmo stati noi nella prossima vita. E in quelle successive. Ci
saremmo distrutti, amati, odiati. Come sempre. Ma almeno in una - in
una soltanto - saremmo stati insieme. Felici.
Con una realtà che
osavamo sognare per il nostro futuro e che ci era stata strappata via.
Che io avevo strappato via.
"Ti devo baciare"
"No"
"Devo..."
"Ti prego..."
"Kris.." un sospiro. Una preghiera, anche la sua.
"Non sei ubriaco"
"Non adesso" no, non lo era. Era lucido. E stava per farlo.
Ed io lo avrei fermato.
Incanalai tutta la mia forza nelle mie braccia, fino a farla
sprigionare nelle mie mani. Le poggiai sulla sua maglia. Il suo cuore a
mille. Lo avrei spinto. Avrei dovuto farlo, almeno.
Quella sua mano, tanto calda ed elettrica, ancora sul mio
viso,
scese sul mio collo. Usò una delicatezza talmente rude da
farmi
sentire posseduta da lui soltanto con quel gesto.
Le mie di mani - maledette - fallirono in tutti i loro propositi.
Perse, confuse e assuefatte strinsero la sua maglia con una forza
inaudita.
Un 'ti prego
baciami come se non ci fosse domani'
urlato nel mio gesto e respinto dalla mia mente.
Persi il contatto con
le sue iridi chiare, chiudendo il mio sguardo al sicuro dentro me e
tanto bastò a farlo scattare.
Una molla - la sua - chiamata passione, desiderio, sesso... amore. Le
sue labbra. Di nuovo. Sulle mie.
Una molla - la mia - chiamata rifiuto, dolore, paura... amore. Le mie
mani. Di nuovo. Sul suo petto. Una spinta tanto forte da farlo andare
indietro di qualche passo.
"No. NO. Non avvicinarti mai più. MAI!" Urlai senza
guardarlo,
passandomi freneticamente le mani tra i capelli. Potevo immaginarlo il
suo viso.
Una maschera del dolore, proiettato da me stessa.
Non disse nulla. Sentivo il suo respiro corto che mi urlava
silenziosamente la sua delusione. Di nuovo.
Mantenni lo sguardo fisso su Bear, ancora accanto a noi, a guardarci
con i suoi occhioni e la lingua di fuori. Probabilmente era sconvolto
anche lui.
Immobili. Come statue con il respiro rotto dalla sofferenza. Per
secondi, minuti... forse ore. Poi prese da terra il guinzaglio del
nostro cane e lo tirò verso lui.
I miei muscoli congelati non si mossero fino a quando il rumore dei
suoi passi non scomparve dalla mia mente. Presi aria. Ma senza di lui
fu come annegare, per l'ennesima volta.
Mi serviva un salvagente.
Dovevo resistere fin quanto fosse stato possibile e poi, a
Cannes, annegare senza lui accanto sarebbe stato più
semplice.
Era stato semplice sentirlo andare via. Era stato semplice rifiutarlo,
allontanare le sue labbra. Era stato semplice urlargli contro.
Sì. Era stato semplice.
Almeno quanto lo era stato lasciarlo con un solo post-it ed un cuore
che gridava 'torna a casa, torna dall'amore'.
Non riuscivo a definire i miei pensieri o i miei sentimenti a
proposito. Era troppo forte e difficile da incanalare in un'unica sfera
e metterla da parte.
Ma avrei dovuto farlo,
o almeno fingere. Dovevo
lavorare. Con lui. E probabilmente non sarebbe stato il caso trasferire
tutto in quel campo. No. Era lavoro. Solo lavoro.
Non potevamo
intralciarlo.
Si girava all'aperto e ormai dovevo anche essere in ritardo. Ma la
truccatrice ci aveva messo più del dovuto a rendermi
presentabile. Aveva sussurrato "Vedo lacrime" e io avevo solo risposto
"Fa sparire tutto".
Mentre mi recavo sul set intravidi Bear, accucciato in un angolo con
Cassie accanto. Sarebbe stato per sempre il cane più bello
del
mondo, il più dolce. Il mio Bear.
"Fa il bravo mentre lavoriamo. Non farla impazzire" gli carezzai il
capo lentamente, come a prolungare all'infinito il gesto.
Vuoi perchè mi mancava non averlo in giro per casa, vuoi
perchè il suo pelo era morbido come non mai, vuoi
perchè
volevo ritardare il più possibile il momento in cui avrei
ri-incontrato i suoi occhi.
"Oh, lui è buono. Ci divertiremo un sacco insieme, vero
Bear?"
mi rassicurò con un sorriso solare e tranquillo.
Chissà
se ne era a conoscenza.
Chissà se la crew aveva capito o anche solo intuito la
situazione. Speravo in cuor mio che mai nessuno avrebbe saputo niente.
Continuavo a pregare affinchè non arrivassero fuori dal set
determinate voci, o supposizioni su me e Rob. Anche perchè
non
c'era proprio niente da supporre. Niente di niente. Nisba. Nada. No.
"Credo la stiano già aspettando sul set"
"Dovresti smetterla di darmi del 'lei'. Non sono poi così
vecchia, no?" le sorrisi lievemente, prima di lasciarla lì
ed
incamminarmi.
Mi sentivo come una condannata a morte. Un essere vivente, non una
donna. Soltanto un essere vivente che muoveva automaticamente i piedi,
uno dopo l'altro, camminando inesorabilmente verso il patibolo.
Ma io
non avevo nessuno dietro ad obbligarmi. Nessuno che mi stesse spingendo
a mettere quei passi in fila. La verità è che
forse il
patibolo non sarebbe stato tanto male, ragionando con il cuore.
Già, il cuore -il mio- non sarebbe mai stato d'accordo con
la
mia mente. Mai. Per nessun motivo, in nessuna era. Per nulla che
potesse riguardare lui.
Robert Pattinson.
Che si fa se la cosa che ti fa più male è anche
la cura al male stesso?
Robert.
Si rischia?
Rob.
Sì, si rischia. Per pochi istanti di futile
felicità.
Il mio Rob.
Era di spalle. Abito grigio. Con il copione in mano parlava con
Catherine. Non so di cosa. E non mi occorreva saperlo. Averlo davanti a
me bastava sia al mio cuore che alla mia mente.
"Oh finalmente!" Cat, alzò le mani al cielo come sollevata
da un peso "ma che fine avevi fatto? Ti aspettiamo da un po'"
"Qualche problemino con il trucco" mi avvicinai, cercando di non porre
il mio sguardo su di lui. I suoi, di occhi, mi stavano fissando.
"Adesso sono qui. Possiamo iniziare"
"Perfetto. Rob, hai capito il passaggio che ti ho spiegato?"
Fissarsi le unghie, facendo finta di controllare lo smalto poteva
essere un giusto perditempo mentre aspettavo di sentire la sua voce.
Senza guardarlo. Mai più i miei occhi su di lui.
Ma più
scambiarci amore e sofferenza con le nostre iridi bagnate.
"Rob?" riprovò.
"Mhm?"
"Si. Vabbè. Abbiamo capito. Andate. Appena siete in
posizione si parte"
Mi passò davanti con passo svelto e deciso. Non riuscii a
non
fissarlo mentre gli stavo dietro. Oh, quel corpo. Quando lo avevo
amato. Quanto avrei continuato ad amarlo il resto dei miei giorni.
"Ti sei sentita male? Per questo hai ritardato'"
"Cosa?"
"Hai sentito. Non farmelo ripetere."
"No. Io... sto benissimo" dovevo sembrargli un alieno per l'espressione
sbalordita rivoltagli. Si stava preoccupando per me?
"Devi mangiare. Devi..." uno sguardo talmente duro da fare a pugni con
la sua voce calda e ansiosa. Bellissima.
"Ok. ragazzi. Tutti pronti....."
"Io mangio. Sta zitto."
"...AZIONE!"
Respiro profondo. Presi la sua mano tra le mie, come da copione.
Sorridendo innamorata, anche questo come da copione -ovviamente-.
"Edw-"
"FERMI!" mi voltai di scatto, insieme a Rob, verso quella voce che
aveva appena urlato. Mi ritrovai davanti quell'assistente, Cassie,
sconvolta. Tremava.
Si pose davanti a Rob con uno sguardo sbarrato.
"Il tuo cane..."
"Bear!" esclamai già in pieno panico.
"Una macchina è sbucata mentre stava bevendo e..."
"CAZZO!"
L'urlo di Rob arrivò alle mie orecchie ovattato. Mi ero
già tolta le scarpe e avevo iniziato a correre verso
il punto in cui lo avevo lasciato prima.
Non so cosa provai in quei
secondi, prima di vederlo.
Sperai in un brutto
scherzo. Uno di quelli
pesanti che la gente intorno a te potrebbe considerare divertenti.
Invece no.
Invece sbagliavo. Invece non era uno scherzo.
Non lo era affato.
Stava lì, a terra. Accasciato. Dove lo avevo lasciato poco
prima. Dove adesso anche io mi ero inginocchiata.
"E' colpa mia" un sussurro. Una supposizione.
Riuscivo a sentire diverse voci confuse intorno a me.
"E' colpa mia" un altro sussurro. Una consapevolezza.
Qualcuno che
chiedeva, agitato, di chiamare un veterinario. Rob, forse.
"E' colpa mia" ancora
un sussurro. Una certezza.
Tutto
frenetico, fuori di me. Tutto calmo, piatto, dentro me.
La mia mano corse sul suo pelo. Lo carezzai inesorabilmente. Cercando
silenzio intorno a me. Cercando un po' di pace che non avevo
più
da tanto tempo.
Sapevo di chi fosse la colpa. Lo sapevo bene. E quella consapevolezza
mi fece rabbrividire mentre un'altra mano a carazzere Bear
sfiorò la mia. Come risvegliata da un coma, alzai lo sguardo
e
mi bastò un
secondo per capire
cosa stesse provando anche lui.
Aprii la bocca.
Volevo dire qualcosa. Avrei voluto averne la forza. Ma riuscii solo a
produrre un tremolio alle mie labbra. E questo bastò a
trasformare lo sfioramento di due mani ormai estranee in una salda
presa di due mani compagne di una vita.
Non pensavo sarei mai entrata in quella casa. La sua casa. Per la prima volta non
nostra. Soltanto sua. Di Robert. E il non farne parte mi logorava non
poco.
Quando mi aveva chiesto se volevo esserci, quello stesso
pomeriggio, non ero stata capace di dire no. O meglio, ero stata
impossibilitata dal dirlo. E per una volta non mi interessai ad alcun
tipo di minaccia.
Per Bear non c'era stato niente da fare. E io... Io mi sentivo l'unica
responsabile di questo. Mi ero ritrovata a piangere la sua morte nel
giardino di quella casa così sconosciuta e gelida.
Soltanto io e Rob a poggiarlo delicatamente, avvolto in una coperta,
sulla nuda terra. Tom e la piccola Marlowe accanto a noi.
Non sapevo quanto
fosse legata a
Rob fino a quando non la vidi disperarsi per Bear. Probabilmente in
questi anni era stato l'ottimo zio che si era prefissato di essere.
Probabilmente Tom portava così tanto
spesso Marlowe qui da
farle
considerare Bear il proprio cane. 'Zio Rob'. Ecco cos'era lui.
E
io? Io non ero più la zia Kristen. Agli occhi di quella
bambina
ero solo poco più che un'estranea.
Non smisi di
singhiozzare neanche un attimo mentre Rob e Tom lo ricoprivano e vi ci
piantavano sopra un'orchidea bianca.
E per la prima volta
mi resi conto di quanto avessi sbagliato a tornare. Forse lo sbaglio
più grande della mia vita.
Tornare per cosa, poi? Il lavoro? No. Per soffrire, più di
quanto lo stessi già facendo da lontana. Per far soffrire
gli
altri e mettere in pericolo la loro vita. E uno dei miei tesori ci
aveva rimesso davvero.
"Shssss" in quel momento avevo solo bisogno di un contatto con
qualcuno. E se quel qualcuno fosse stato lui, tanto meglio. Aveva lo
sguardo perso e vuoto. Le mani nelle tasche dei jeans.
E io... io
volevo che mi desse forza. Lo pretendevo.
Mi aggrappai al suo braccio. Come una bambina piccola si aggrappa alle
gambe del suo papà. Solo il suo calore poteva riuscire a
lenire
il dolore che sentivo dentro.
"Rob, io devo
accompagnare Marlowe
a casa. Se hai bisogno, qualunque cosa, sai cosa fare." lo guardai.
Sarebbero stati per sempre come fratelli. "Anche per te. Kris.
Qualunque cosa..." mi affrettai ad annuire, cercando di fargli capire
che sarei stata bene. Che niente sarebbe servito.
Da soli. Non ci
smuovemmo di un
millimetro da quella posizione. Forse anche lui in quel momento mi
considerava come un' ancora. O forse stava solo cercando di
assecondarmi.
Non mi importava. In quel momento andava bene così.
"Era... era il n-nostro.. bambino" tirai sù col naso.
"Shsssss. Calmati. Ti prego..."
"N-no" a quella sillaba sussurrata con tremore, mise fine al nostro
intreccio di braccia mi offrì un posto in prima fila in
quello
che sarebbe stato per sempre il mio porto sicuro. Mi strinse a
sè. Talmente forte da ridarmi il respiro che quei singhiozzi
mi
avevano tolto.
"Ne avrai altri... di bambini" lo sussurrò
impercettibilmente, tra i miei capelli.
"...Anche tu"
"No. Non io. Avevo fatto una promessa a me stesso e ho intenzione di
mantenerla" alzai gli occhi per farlo rientrare di nuovo nella mia
visuale e lo vidi serio, sconfitto.
Più di quanto non lo fosse
già prima.
Se solo avesse saputo. Se solo avessi avuto il coraggio di rischiare
talmente tanto da vuotare il sacco e dirgli 'Ti amo da morire. Ti
prego, proteggimi. Come hai sempre saputo fare tu.' Ero sfinita. E
dovevo ammettere che questa era la sconfitta definitiva. Quel
campanello d'allarme talmente forte da ridestarmi da ogni altra cosa,
meno che una: non sarebbe mai finita. Mai.
Scosse la testa come a ridestarsi improvvisamente da un brutto
pensiero "Andiamo? Ti porto fuori a prendere un tè.
Qui ho
la dispensa vuota"
"Una volta non sapevamo dove metterlo tutto il cibo che compravamo"
sorrisi.
"Una volta vivevo in una casa in cui c'era qualcuno che cucinava"
touchè.
"Sai sempre come farmi sentire in colpa, eh?" asciugai due lacrime che
ancora solcavano il mio viso con la manica della felpa.
"Eviterò di risponderti. Andiamo a prendere questo
tè,
oppure no?" non avrei dovuto farlo. Nel modo più assoluto.
Ma in
quel momento, in quel piccolo frangente di istante, davanti al nostro
Bear, mi resi conto
che niente mi sarebbe
stato più d'aiuto che
del tempo insieme a Robert. Per sentirmi protetta, almeno un po'.
Un'ora al massimo. Un tè, come aveva detto lui. E poi sarei
tornata sola.
"Sì. Andiamo"
Urth Caffè. Il tè in questo posto era meglio di
quello
inglese. Ne ero convinta da secoli. E ovviamente non l'avrei mai detto
a Rob.
Era così appartato e di buon gusto. Uno di quei posti in cui
oltre a bere un bell'infuso, eri te ad infonderti di
serenità.
Era quello serviva ad entrambi in quel momento.
Forse non sarebbe
giovato a sentirsi meglio ma almeno saremmo stati in un ambiente
pacifico.
"Mi mancava questo posto"
"Anche a me" oh. "Ci venivamo spesso"
"Già"
"E non ci beccavano mai!" ridacchiò, insieme a me, mentre
portava la tazza alle labbra. Ah, quel suono. Il suono della sua risata
era probabilmente la cosa più preziosa che potessi
ricordare. E
le sue labbra,
quel suo modo di
poggiarle a quella tazza. Se solo
avesse avuto vita, quel pezzo di ceramica, sarebbe morta all'istante
per interruzione di battito cardiaco.
"Posso chiederti una cosa? Credo mi spetti, saperlo.."
"Cosa?"
"Beh, dove sei stata? Ok, sì, in Francia ma... dove?"
Poggiai la mia tazza bollente sul tavolo e congiunsi le mie mani, prima
di guardarlo intensamente e sparare la bomba. "Cannes"
Ecco. Attacco di tosse compulsivo. Gli avevo fatto andare il
tè
di traverso e lo vedevo con gli occhi fuori dalle orbite mentre cercava
di ricomporsi. Probabilmente non avrei dovuto dirglielo.
Ma, ormai, che
senso avrebbe avuto? Nessuno.
"Cosa?? Ma sei seria??" lo guardai colpevole. Che altro fare?
"Perchè proprio lì?"
"Era un posto come un altro" lunga sorsata di tè. In attesa.
"Un posto come...? E quello che abbiamo vissuto lì? I nostri
ricordi? Non ti frega di niente?" si passava la mano tra i capelli con
un'agitazione piuttosto fuori dal normale. "Cristo!"
"Dovevo... solo scegliere un posto in cui vivere, Rob. Cannes mi era
sembrato quello migliore. Tutto qui."
"Tutto qui?"
"Cos'altro dovrebbe esserci?"
"Quindi... vivere nei ricordi? Se ne hai, certo."
"Cosa? Ma di che diavolo parli, Rob? Certo che ho dei ricordi legati a
Cannes. Che cazzo vuoi dire? Non essere così stronzo, dio.
Pensavo mi conoscessi!" e pensavo che avessimo messo giù le
pistole, almeno
per un po'.
"Sì, infatti. Lo pensavo anche io. Poi mi hai lasciato...
Con un post-it e il cuore a pezzi"
Abbiate
fede, come sempre.
Helen
& Rose
|
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Capitolo 5 *** I'll be waiting here ***
5
Here I am. Are you ready for this? I don't
think so. Trust me.
Fazzoletti in mano, gente. La signorina
qui presente che vi parla -Elena- ha pianto. E io faccio parte di tutto
questo. Quindi non oso immaginare voi. Come volte di voi sanno, questo
è l'ultimo capitolo. Non disperate, ci sarà un
epilogo. Ovviamente. Ma io vi consiglio di concentrarvi qui. Buttatevi
a capofitto in quest'ultimo capito, scritto da Rose. Non voglio
aggiungere altro se non 'Buona lettura'.
Ah e buona
fortuna con i feels.
4.
I'll
be waiting here
Pov Kristen
BOOM.
Robert aveva sempre saputo come uccidermi. Perché
faceva già troppo male così, senza che lui
infierisse, ma no, non gli era
bastato. Doveva per forza uccidermi... Esattamente come io avevo
fatto con Bear, tornando a Los Angeles.
Dovevo andare via, stavolta per sempre. Non potevo
permettere che anche lui si facesse del male.
"Senti
Rob... Io vorrei davvero che", mi fermai
mordendomi con forza un labbro. Zitta. Dovevo stare zitta e non parlare
troppo.
"Tu vorresti cosa?" Mi sfidò a continuare. Tanto
lo sapeva benissimo che non lo avrei fatto. Era una codarda io. Poi
parlò lui.
"Vorresti che io non ti odiassi?"
'Sì'. Non risposi.
"Vorresti che fossimo amici? Magari vorresti anche
raccontarmi dei tuoi fidanzati, o stare a sentirmi quando ho da
lamentarmi
della scopata del momento."
'No.' Non risposi. Lui si avvicinò di più a me.
Io mi tirai
indietro.
"Vorresti davvero che ti perdonassi?"
'Non lo so.' Non risposi.
"COSA DIAMINE VUOI, KRISTEN? EH. COSA VUOI?"
'Che
mi baci. Vorrei che tu mi baciassi.'
"Che
non urli. Vorrei solo che tu la smettessi di
urlarmi contro." Mi guardò esausto. Scosse la testa,
deglutendo; quel
movimento mi costrinse a seguirlo con lo sguardo. Ipnotico.
"Usciamo."
"Che?" Caddi dalle nuvole.
"Ci fissano." Mi ricordai del luogo in cui
eravamo, guardandomi poi intorno: aveva ragione, ci stavano guardando
tutti. Si
calò il cappello sulla testa ed uscì rapidamente
dal locale dopo aver lasciato
cinquanta
dollari sul tavolino. Mi affrettai a fare la stessa cosa.
Quando fummo entrambi fuori, lui era già nella sua auto
rossa. Ed io non sapevo cosa fare. Dovevo andare con Rob? Mi voleva?
Potevo farlo?
Poi tutto cambiò quando sentii vibrare qualcosa nella tasca
dei jeans.
Perché
sentivo così freddo? Perché il cuore batteva
così
forte? E lo stomaco perchè si contorceva in modo
così strano? Perché non smettevo di tremare?
Non ora, Kristen. Non un attacco di panico. Non ora. Aspetta
di essere lontano da Robert. Dai suoi occhi.
Perchè
forse era stato quel sms, o forse il suo sguardo. Dovevo solo andare
via.
"Sali o no?" E respirare. Tossicchiai,
schiarendomi la gola.
"Sì. Scusa."
Il
coraggio per aprire il messaggio anonimo non ce l'avevo.
Credo l'avessi esaurito tutto quando mi ero seduta accanto a lui. Il
coraggio se l'era mangiato la paura.
La paura non passa. Mica è come le persone o le situazioni
che passano. La paura, il terrore, non passa e non va via. Puoi
metterla da parte, ma quando è così reale, quando
ha
già ucciso, allora non va via.
La metti in un angolino, e vivi la tua vita in funzione di
essa. Io avevo smesso di vivere per colpa della paura. E pensavo
che questo fosse il peggio, ma non era così.
Il peggio è quando la paura si trasforma in
verità, in
realtà. Quando gli incubi diventano veri e tangibili, allora
capisci che c'è di
peggio della paura stessa: il dolore che da essa scaturisce.
Io, oramai, non avevo più paura del mio stalker: io avevo
paura del dolore. Fisico o morale è indifferente.
Perché da oggi in poi, il dolore era vero. Quello di Bear,
quello di Rob, il mio. Ma io me lo meritavo. Era colpa mia, solo ed
esclusivamente
colpa mia.
Non
so dove, e neanche quando, avevo letto che
quando un
animale muore, muore con lui anche un pezzo della tua anima, della tua
umanità. Che quando accade, bisogna accarezzarli e stargli
accanto,
non lasciarli andare via da soli; perché loro, al contrario
delle persone, solo
non ti lasciano mai.
E allora devi lisciargli il pelo -come aveva fatto Robert-,
e sussurrargli parole dolci -come avevo fatto io-, e dirgli che
è stato bravo
-come avevamo fatto entrambi 'Sei stato un bravo cane, Bear. Il
migliore.'-, e
non smettere di stargli accanto anche quando il cuore
terminerà di battere.
Sempre in quel libro c'era scritto che a volte, quando viene
a mancare il tuo cane o il tuo gatto, soffri come quano perdi qualcuno
di caro;
forse perché siamo così abituati a ricevere
coccole,
così abituati a
prendercene cura, che li vediamo come persone. Bear era il mio bambino.
Il nostro bambino. Ed io l'avevo ucciso. Non con le mie mani, ma era lo
stesso.
Speravo solo che non mi odiasse. Che non avesse sofferto
troppo.
"Kristen?"
Sentii la voce di Robert troppo vicino
al mio viso.
Percepii l'aria fondersi con il suo profumo; usava quel Dior
che io odiavo tanto. Non aprii gli occhi, non lo feci. Mi limitai a
sentire le
lacrime scaldarmi gli zigomi e perdersi giù per il collo.
"Ti squilla il telefono." Negai. Non volevo
rispondere. O forse sì. Volevo. Volevo farlo. Volevo
rispondere a quella donna, perché lo
sentivo che era una donna, e volevo denunciarla.
Potevo farlo. Potevo libermene e vivere la mia vita con
Robert. Tirai su col naso ed alzai le palpebre; presi il cellulare
dalla tasca
e risposi senza neanche sapere chi mi chiamava.
"Pronto?"
'Cristo K! Sono ore che ti cerco!" Era solo Allie.
Tirai un sospiro di sollievo. E poi scoppiai a piangere. Avevo appena
perso un amico e non potevo dire 'ti amo'
all'uomo che amavo. E la mia amica lo sapeva.
Quindi mi scordai di tutto; dimenticai della presenza di
Robert, di quel sms, di tutto.
"È
colpa mia Als, è colpa mia."
'Cosa? Perché piangi? Dio dimmi che stai bene, Kris! Qui
parlano di un cazzo di incidente sul set' Il panico nella sua voce. Non
riuscivo ad articolare frase che non fosse "È colpa mia."
"Dammi 'sto coso, ora." Rob me lo ordinò. Gli
diedi l'iPhone, lui me lo strappò di mano, azionò
il vivavoce.
'Robert?'
"Allie?" Sembrò sorpreso. "Quella
Allie?"
'Sì. Che ha K? Cos'ha? Cos'è successo?'
Sbattè le ciglia.
"Bear è stato investito." Esclamò lapidario.
'Oh Dio.' Mi guardò.
"Sapresti dirmi perché la tua amica continua a ripetere
che è colpa sua?" Stavolta a prendere il cellulare fui io;
glielo tirai
via, tolsi il vivavoce ed appoggiai l'apparecchio all'orecchio.
"Ti chiamo dopo. Così ti spiego."
'Okay... Ma è ciò che penso?'
"Sì." Fui concisa.
'Cristo.'
"Lo so."
'A dopo. Sta' attenta Kris.'
"Come sempre. Ti chiamo."
'Ti voglio bene.'
"Lo so..." E lei non sapeva quanto quella consapevolezza mi faceva
bene.
Chiusi
la telefonata, smettendo di singhiozzare. Pulii le
guance e cercai di darmi un contegno perso tempo fa.
"Mi spieghi?"
"Cosa?" Allargò le braccia, sbattendo poi le mani
sul volante.
"Tutto. Tutto, Kristen."
"Rob... Sono stanca. Ti prego, portami a casa."
Portami con te. A Londra. A Los Feliz. Su una spiaggia o in montagna.
Ma stai
con me.
Lui mi guardò incazzato. O forse solo spossato. Non lo
capii.
"E dov'è casa tua?" Lo fissai. Gli occhi umidi, la
pelle che ora scottava.
"Non lo so. Casa mia l'ho lasciata due anni fa." Per la prima volta ero
stata sincera. Totalmente sincera. E forse lui lo capì,
perché qualcosa cambiò nei suoi occhi
celesti. Qualcosa s'accese.
Rimise in moto l'auto, non mi parlò e mi lasciò
da Cameron.
Quando aprii la portiera disse solo: "Anche io. Anche
io non so dov'è casa mia. Ma la differenza tra me e te,
è che la mia, di casa,
mi ha abbandonato due anni fa."
Robert Pov.
"Quindi
stava da Allie?" Annuii a Tom.
"Okay."
"Non te l'aspettavi. Eh?"
"No." Posò le sigarette sul tavolino e si alzò
per
andare a prendere due Pepsi. Niente alcol al momento. "Non pensavo
potesse
andare a Cannes." Mi diede una lattina ed io la aprii, lasciandola
sgasare. "Insomma... CANNES!"
"Lo so. Gliel'ho detto anche io."
"E?"
"Nulla. Che era il posto più ovvio."
"E stava da Allie? La mia Allie?" Sorseggiai la
Pepsi Cola.
"Non è la tua Allie, ma comunque sì, quella lei.
Penso
sia stata a casa sua. Allie l'ha chiamata e sembravano molto in
confidenza."
"Poi Als vive a Cannes, quindi..."
"Eh, esatto."
"Senti... Ho un'idea, perchè non facciamo qualche
chiamata e la rintracciamo? Così magari ci parli e lei ti
toglie qualche
dubbio."
Non mi dispiaceva affatto, anzi. Io volevo disperatamente
sapere, perché cazzo, me la meritavo la verità,
qualunque
essa fosse. Se volevo davvero voltare pagina ed andare avanti con la
mia
vita, dovevo avere qualche risposta.
"Sì, va bene. Chiamo Lottie, lei sicuro la sente
ancora."
Effettivamente
Lottie e Allie erano in contatto; avevo
composto subito il suo numero di cellulare ed ora attendevo con poca
calma che
l'ex di Tom rispondesse.
'Pattinson?'
"Allie? Come fai a sapere che sono io?"
'Sesto senso.'
"Ma va."
'In realtà conosco il tuo numero: Kristen lo ripete spe' Si
fermò, lasciandomi incuriosito. 'Volevo dire... Ti va di
vederci su Skype? I
telefoni non sono poi così sicuri.'
"Sicuri?"
'Sì. Sicuri. Sei ottuso?' Tom mi fece segno di accettare,
accendendo già il Mac Book.
"Va bene, okay, ti mando il mio indirizzo"
'è sempre lo stesso?'
"Sì ma"
'Okay allora lo conosco. Ci sentiamo tra una decina di
minuti!'.
Ma come cazzo?
Dieci minuti dopo stavo Cercando di far zittire
il trillo di
Skype. Tom si era messo da parte, non volendo che lei lo notasse.
Rivederla fu strano, però bello. Era sempre bionda con le
guance rosse.
"Ciao
bionda."
'Ehilà biondastro.' Mi fece sorridere.
"Come stai?"
'Tanto assonnata. Tu però mi sa che hai confuso i ruoli: sei
Edward il magnate puttaniere, no Edward il vampiro vergine.' Tom
scoppiò a
ridere, facendomi scuotere la testa. Allie addolcì il volto.
'Ciao Thomas.'
Gli disse sorridendo. Anche io avrei voluto sorridere così a
Kristen, con
serenità. Senza rancore.
"Ciao Eleonor." Entrò anche lui nell'inquadratura
della web; si guardarono con tenerezza.
Forse la tenerezza di chi ha condiviso qualcosa ed ora ne
conserva un bel ricordo, non l'amore. Al contrario di me e di Kristen.
Perché io Kristen l'amavo.
'Okay
dai Rob, passa all'attacco. Cosa vuoi sapere?' Non
persi tempo.
"Kristen è stata da te in questi anni?"
'sì.'
"Perché?" Roteò gli occhi.
'Perché avevo bisogno di una brava cuoca che mi insegnasse a
cucinare. Sai, agli uomini non piace la donna che scongela ma non
cuoce.'
"Davvero Allie..."
'Davvero Rob...' Ero frustrato.
"Perché ripete che è colpa sua?"
'Fai le domande sbagliate. Non posso dirtelo, mi spiace.'
"Ti prego Als, ho bisogno di sapere, io sto impazzendo,
capisci?" Si passò una mano nei capelli, sciogliendo la
treccia.
'Kristen, lei... Sono una pessima amica.'
"Non è vero." Intervenne Tom. Lei gli sorrise.
'Sono una pessima amica perché sto per dirti alcune cose, ma
le voglio bene e... Robert, Kristen è spaventata.'
"Da cosa?"
'Non chiedermelo. Davvero. Ma se tu fossi meno egoista'
"Io? EGOISTA IO?"
'Pattinson fammi parlare o metto giù.' Le feci cenno con la
mano di continuare. 'Grazie. Dicevo, se tu fossi meno egoista ed
egocentrico,
capiresti che K è spaventata. Si dà la colpa di
cose che non portano la sua
firma. E se si dà la colpa per qualcosa che non ha fatto,
qualcosa dovrà pur
esserci sotto, ti pare?' Io non lo sapevo.
"Cosa? Cosa non va, perché?" I suoi occhi chiari si fecero
lucidi.
'Non posso... Ma ascoltala Rob. Ascoltala davvero. Non farla
tornare qui a Cannes. Questo non è il suo posto. Non farla
diventare ciò che
non è. Non farla diventare un involucro vuoto.'
"Io... Non capisco." Ammisi.
'Chiamala. Va' da lei.'
"Io..."
Non sapevo quello che dovevo fare. Che Kristen fosse
impaurita lo sapevo. Che i suoi occhi non fossero felici lo vedevo. Non
ero
così cieco, ma non mi amava. Era andata via... Mi aveva
lasciato da solo. Mi
rifiutavo di soffrire ancora a causa sua. Non più.
Sentii due schiaffi colpirmi la fronte.
"Pronto?
C'è qualcuno qui dentro? Svegliati Pattinson,
Kristen ti ama!" La risata di Allie riempì la stanza.
"Questa donna
ti sta dicendo che Kristen, la tua Kristen, la nostra Kristen Stewart,
quella
per cui hai lasciato tutto solo per conoscerla, ti ama."
"Cazzate. Se mi amava non mi lasciava. È
semplice."
'Senti Robert, fa' un po' come vuoi. Credi a ciò che
più
ti
fa comodo, tanto la verità la conosci, in fondo. Io non ci
perdo
nulla, anzi,
ho solo da guadagnarci una cuoca, ma ti sto dicendo di ascoltarla.
Tutto qui.'
E poi guardò il mio migliore amico. 'Non perdetevi per la
paura.
O per le incomprensioni. Non fatelo, perchè altrimenti
potresti ritrovarti a capirlo tardi, quando lei si sarà
già rifatta una vita, e
allora sì che sarà finita.'
Pensai
alle sue parole, alla possibilità di vederla fra le
braccia di un altro, incinta di figli non miei e mi venne il
voltastomaco.
Mi alzai dal divano, di scatto.
Tom
prese il mio posto.
Incamerai aria e poi la scacciai via.
"Vai
da Kristen?" Volsi lo sguardo verso Tom.
Andavo
da lei? Dalla donna che mi aveva lasciato da solo?
Andavo a spaccarmi il cuore per l'ennesima volta?
Deglutii.
"Torno
a casa."
Uscii da casa Sturridge in tempo per sentire il padrone di
casa parlare con Allie. "Come stai Eleonor? Ti trovo bene. Sei
bellissima come
al solito."
Il piano, in effetti, era quello: tornare a casa, da
Kristen. Per fare che, o per dirle chissà cosa, non lo
sapevo.
Ma lei non rispondeva al telefono e da Cameron non c'era. Mi
evitava.
Allie e Tom avevano torto, tra me e Kristen era finita. Per davvero.
Non mi amava, altrimenti non sarebbe andata via. Perché se
ami non molli, non lasci che ti si spezzi il cuore per nulla. Rischi.
Avevo abbandonato l'auto nei pressi di Los Feliz, dove
avevamo comprato la nostra pima vera casa; ci ero legato a quel posto,
era
stato il nostro rifugio per così tanto tempo che quando era
stata venduta, ci
stetti di merda.
Poi avevo cominciato a camminare, da solo, col cappuccio
della felpa calato fino al naso.
Erano le otto di sera e qui il sole stava tramontando; c'era
odore di pioggia, un inglese lo riconosce quel profumo. Ne avevo
ispirato il
più possibile.
Mi ero ritrovato a percorrere strade già fatte... Con lei.
Mai mi ero accorto che con Kris ci dividevo pure i vicoli
delle grandi città.
Io e Kristen, in effetti, condividevamo tutto: dagli amici
alla carriera, dai cani ai ricordi. Persino i fans.
E come puoi scordarti di quel tipo di persona? Ci sono
alcune persone che non si lasciano andare,
che non si scordano, anche se lo vuoi, anche se ci provi con le unghie
e con i
denti. Semplicemente non vanno via, nemmeno con il tempo.
E poi, come facevo a scordarmi di lei se ogni volta, con i
miei amici, in una conversazione qualsiasi, ci infilavano lei? Come
facevo ad andare avanti se devi per forza vederti o
sentirti per delle pratiche burocratiche?
Come facevo a non amarla se ancora ci pensavo? Se ancora
quelli che mi circondavano, in me e lei ci speravano? Se ancora le
canzoni le
dedicavo a lei?
Come potevo innamorarmi di qualcun'altra, farla stare bene e
baciarla, se c'era Lei? Come potevo piangere, ridere, vivere un altro
amore se poi
tutte le mie lacrime, le risate e le canzoni se l'era prese Kristen?
Non potevo. Io ero fermo a lei. Sarei sempre stato fermo a
lei; il resto sarebbe cambiato, ma io a lei, forse, mai avrei
rinunciato. Non
per davvero, comunque.
Però ci avrei provato a vivere senza di lei. Me lo dovevo.
Arrivai
a 'casa' mia mentre le prime gocce di pioggia
cominciarono a cadere. E fu lì che la vidi, a 'casa' mia.
Nel mio giardino.
Era seduta a gambe incrociate sull'erba, accanto al posto
dove avevamo seppellito Bear.
L'aveva presa proprio male. Non si era accorta della mia
presenza, quindi ne approfittai per guardarla, per ascoltarla; stava
parlando
al nostro cane, credo, mentre distrattamente accarezzava
Vanilla.
Bernie doveva
essere nella sua cuccia.
"Credimi Bear, se avessi saputo non sarei tornata. Se
avessi saputo lo avrei evitato. Non credevo ci saresti andato tu di
mezzo. Sono
una stupida, io... Scusa Bear, se solo potessi tornare indietro"
"Ma non si può." La interruppi, lei rimase
impassibile. Immobile nel suo tremolio. "E poi, cosa avresti potuto
fare?
Non l'hai investito tu. Smettila di accollarti colpe che non sono tue."
"Tu... Tu non sai niente, okay?" Mi avvicinai a
lei, di fretta, eliminando la distanza. Ancora non si mosse.
"E allora perchè non me lo dici, eh?" Si passò
due
dita sulle ciglia, così da asciugarle dalle lacrime o dalla
pioggia. Poi si
alzò.
Era così piccola.
"Non posso. Scusa se sono venuta qui, volevo solo, beh,
stare un po' da sola con lui."
"Come sei entrata?" Puntò lo sguardo verso la
cassetta postale -finta-, e sorrise. Lo feci anche io.
"La chiave l'abbiamo sempre nascosta lì..."
"...tanto nessuno avrebbe mai cercato nel posto più
ovvio." Continuai io, lei annuì.
"Già."
"Me l'hai insegnato tu."
"Lo so. Perchè é ancora lì?" La
fissai. Gli occhi
lucidi e rossi, il timore a renderli meno verdi.
"Non lo so. Forse speravo tu la usassi." Per un
attimo la vidi sbiancare, aprire la bocca e non mandare via nessun
soffio
d'ossigeno.
"L'ho usata, in effetti."
"L'hai fatto."
"Vanilla è bellissima." Sorrisi alla cagnolina
così simile a Bear; era per quello che tempo fa l'avevo
regalata
a Kristen. Le feci una carezza, lei sembrò gradire.
"È una peste. Roba che mi ha rotto due divani in
neanche un mese. Predilige quelli di cotone." Rise.
Accadde così, dal nulla. Lei rise. Una risata sincera, vera,
di quelle belle. Non la sentivo ridere da anni. Probabilmente l'aveva
fatto
con altre persone. Senza di me.
Quel pensiero, quel tarlo che non andava via, era come un
cancro.
"Perché
te ne sei andata?" Un lampò squarciò il
cielo. Kristen represse un gemito di terrore. Da quando aveva paura
dei tuoni?
"Io devo andare. Sta piovendo e" la fermai
semplicemente stringendole un braccio nel mio pugno.
"Ferma." Le intimai, calmo. "Dimmi
perché sei andata via." Mi
fissò implorante. Ma no, volevo delle risposte.
"Ti prego."
"No."
"Lasciami andare."
"No." Cercò di liberarsi, ma non sarebbe andata da
nessuna parte.
"Robert."
"Hai un altro?"
"Ti ho già detto che non ho nessuno", non le
credevo.
"Ma qualcuno ti avrà toccato, no?"
"No." Si stava arrabbiando. Sorrisi.
"Non ti credo. Lui ti chiama 'Piccola'?
"E loro, mh? Le puttanelle che ti scopi ti chiamano
'Amore'?"
La strattonai, fino a farla sbattere il seno contro il mio
torace. Abbassai il viso verso il suo. Stavolta non c'era paura nei
suoi occhi,
ma solo gelosia. Era gelosa. Oh, lo amavo.
"Perché mi hai lasciato?"
"Perchè non ti amavo più."
"Balle."
"Libero di non crederci." Le sorrisi sghembo.
"Hai un altro?"
"Oh sì. Diversi. Il mio preferito ha i capelli
rossi." Mi leccai un labbro, lei fece lo stesso.
"E dimmi, lui lo sa che cambi umore ogni due
minuti?"
"E le tue troie lo sanno che ascolti canzoni stupide
sotto la doccia?"
"Oh, e lui lo sa che sculetti quando cucini?"
"E loro lo sanno che Katy ha scritto una canzone su di
noi?"
"E lui ha mai visto il modo in cui ti spogli? Ti sei
mai spogliata per lui, come hai fatto per me?"
"E loro lo sanno che quando sei felice fischietti, e
quando sei nervoso suoni il piano?"
"E lui lo sa che quel tatuaggio è mio?"
"E loro lo sanno che vorresti tuo figlio avesse gli
occhi verdi?"
"No. Non lo sanno perché con loro non ci parlo, ci
scopo e basta." Sbuffai dal naso. "Anzi, ora neanche più
quello."
"Perché no?"
"Perché ti amo!" Sgranò le sue iridi ora
verdissime. Allungò la mano libera verso il mio viso. Serrai
le palpebre
aspettando lo schiaffo. Schiaffo che non arrivò. Il dolore,
il bruciore fu
peggiore.
Poggiò il palmo sulla mia guancia come a volermi accarezzare.
Pioveva ancora.
"Robert,
io"
"Dimmi perché." Fissai le mie pupille nelle sue.
"Dimmi perché mi hai lasciato." Abbassò lo
sguardo.
"Non ti amavo."
"Ridillo, però stavolta guardandomi negli occhi."
Lo fece, mi guardò e poi lo disse.
"Non ti amo Robert. Altrimenti come avrei fatto a
lasciarti?"
Le persone mentono di continuo. Lo fanno sempre, chi meglio,
chi peggio. Chi per abitudine, chi per difesa. Lei lo stava facendo. Mi
stava mentendo con gli occhi
incatenati ai miei.
"Non ti amo." Bugia.
Lo riconobbi da quello stesso sguardo che osava dirmi una
bugia. Se ami e guardi davvero, allora lo sai.
"Se c'è una cosa che ho sempre saputo su di te è
il
modo in cui menti; arricci le labbra, e gli occhi prendono sfumature
strane. Io
so quando menti, lo sapevo quando mi dicevi che amavi Michael.
Lo sapevo quando
quel porco ti chiamava e tu facevi finta di nulla. Lo sapevo quando
ripetevi
che andava tutto okay, ma poi tremavi per il minimo rumore. Lo so
quando menti
Kristen. Quindi, per favore,
smettila di dirmi cazzate."
"Io non voglio."
"Cosa non vuoi? Sii sincera per una buona volta."
Si
fece più lontana, la lasciai fare; se davvero voleva
andare via, non l'avrei fermata. Ed infatti, questo feci.
La lasciai andare via, voltarmi le spalle ed aprire il
cancelletto. Avevo perso ancora una volta.
Poi
esplose. Come una furia tornò indietro, tuonandomi
contro.
"IO
NON VOGLIO CHE TU TOCCHI E SCOPI ALTRE DONNE!" Sorrisi.
"Ed io non voglio che baci qualcuno che non sono
io."
"Non voglio che ti sposi. Mai. Con nessuna." Mi
diede una spinta.
"Non voglio che tu abbia dei figli che non portino il
mio cognome." La urtai.
"Non voglio che tu esca con quelle troie. Neanche devi
pensare a loro!" Uno schiaffo.
"Non voglio che tu smetta di amarmi." Le ghermii
il mento fra l'indice ed il pollice, stringendolo.
"Anche io. Anche io voglio che tu non smetta di
amarmi."
"Non credo smetterò mai di farlo, Rob." Feci
scontrare le nostre fronti, toccandole poi gli zigomi con impazienza.
Volevo baciarla. Volevo le sue labbra. Volevo lei.
"Piove. Ti prenderai qualcosa."
"Anche tu."
"Io sono più forte di te." Abbassò la testa fino
ad appoggiarla nell'incavo del mio collo.
"Rob..."
"Sh."
"Non ridere di me, ma, chi te l'ha regalato quel
portafogli?"
"Che?"
"Tu... Avevi un portafogli nuovo, e... Te l'ha regalato
lei? Dylan dico." Cercai di guardarla in viso, ma lei non me lo permise.
"No. Dylan non mi ha mai fatto un regalo." Annuì.
"L'ho comprato un paio di mesi prima che tu tornassi."
"Okay... E lei? Lei.."
"Lei cosa?" Stavolta ci riuscii a staccarla dalla
mia pelle per vederla in volto.
"Lei, insomma, lei rispose al telefono quando sono
andata via."
"Come?"
"Hai capito."
"Avevi chiamato?" Si morse un labbro.
"Non una sola volta, a dirla tutta." Sospirai.
"Era lì perché avevo bisogno di qualcuno che ti
odiasse, e lei beh, lei ti odia, quindi..."
"E tu? Tu mi odi?" Ci pensai, e sì, forse sì.
"Kristen Jaymes Stewart, io ti amo troppo per non
odiarti." Le baciai una tempia, scoprendola accaldata. "Entriamo, mi sa
che ti sta salendo la febbre."
Le
presi la mano e la portai all'interno di casa mia, al
caldo. Bernie le fece qualche festa, Kristen sorrise.
"Io vado a prendere qualcosa per asciugarci."
"Va bene." Andai in bagno, afferrai qualche
asciugamani e tornai in salotto.
La trovai all'entrata, stava passando in rassegna le foto
che avevo messo sugli scaffali: io e Tom, io e i ragazzi, io e i miei
genitori,
io e Marlowe, i cani. Io e lei no. Non c'eravamo
più.
Prese fra le mani una
cornice vuota. Quella che una volta ospitava una nostra fotografia. Non
l'avevo
più trovata.
Tirò fuori dalla tasca dei jeans un foglio piegato varie
volte su se stesso. Lo spiegò e riconobbi subito i soggetti:
eravamo io e lei.
"L'avevi
tu." Sobbalzò. "Quella foto, l'avevi
tu." Lei annuì. "L'ho cercata ovunque..."
"Davvero?"
"Sì. Volevo, beh, volevo bruciarla o qualcosa del
genere."
"E allora perché?"
"Cosa?"
"Perché l'hai tenuta?" Indicò la cornice. La
guardai negli occhi.
"In caso tu volessi tornare a casa." Deglutì.
"E... E se volessi? Se io non ci riuscissi a starti
lontano? Se mi mancasse ciò che avevo, le tue braccia, se...
Se io avessi
cambiato idea? Se volessi tornare a casa?"
"Sarò lì ad aspettarti."
Lasciò
cadere a terra la fotografia e corse verso di me,
finendo la sua corsa sulle mie labbra.
E fu fuoco e ghiaccio, quello dei nostri corpi; il mio più
freddo del suo.
E furono urla e sussurri, quelli dei miei 'perché', e i suoi
'non posso'.
E furono baci e morsi, i suoi e i miei.
E fu casa. Fummo noi.
Kristen pov.
Io
non volevo, non volevo davvero metterlo in pericolo, ma
lui, quella frase, quel suo modo di amarmi, mi avevano fatta cedere.
Perché io a casa ci volevo tornare, perché a me
le sue
braccia mancavano, perchè lo amavo, perché stare
senza di lui mi faceva così
male da sentirmi quasi mota.
Ed ora, con le labbra sulle sue, non riuscivo a pentirmene. Come poteva
essere sbagliato tutto questo?
Potevo dirglielo; potevo davvero. Così da essere libera e
combattere insieme a lui. E con la frenesia che contraddistingueva quel
giro di baci e
morsi, mi decisi a parlare.
"Guardami,"mi chiese; lo feci. Racchiuse il mio
volto fra le sue mani, mi lasciò un bacio sul naso, poi
sulle sopracciglia, su
per lo zigomo.
Ridacchiai. Così felice.
"Mi fai il solletico." Rise anche lui.
"Lo so." Mi fissò. "Sei bellissima."
"Anche tu." Lo era, oh se lo era. Lo baciai,
strusciandomi su di lui.
"Ferma." Mi ammonì. "Non fare certi
movimenti. Sono un uomo, e a te, lo sappiamo bene, non resisto. Lo
sai." Gli lasciai una carezza languida all'inizio della mascella,
poi giù, sul pomo d'Adamo.
"Perché dovresti fermarti?" Deglutì.
"Perché non voglio fare sesso, Kristen." Alzai la testa, di
scatto, guardandolo.
"Perché no?" Non mi voleva? Dio ero così sciatta?
"Perché la prima volta in due anni voglio solo...
Sentire. Sentire te, in un letto, e stare in silenzio o a parlare,
decidi tu.
Non mi sono spiegato, eh?" Gli sorrisi, per poi baciarlo lievemente.
"Ho capito."
Dove avevo trovato il coraggio nel lasciarlo andare?
"Voglio sentirti pelle contro pelle. Per fare l'amore
abbiamo tutta la vita."
E lui perchè s'era innamorato di una come me? Cosa avevo di
speciale? Nulla.
Lui lo era.
"Perché
piangi?" Mi pulì il viso con i due
pollici. Per Bear, piangevo. Piangevo per le strette di mano che ci
avevo legati. Piangevo per le lacrime mai asciugate ma lasciate seccare.
Piangevo per la paura.
Piangevo per il coraggio mancato.
Piangevo per quel ti amo rinnegato.
Piangevo per tutto, forse anche per le urla tenute strette
dentro; portate a marcire, a morire, ad implodere.
Piangevo anche per quell'aiuto non chiesto ma che desideravo
più di quanto desiderassi Robert.
Piangevo per le volte in cui avevo tremato nel letto,
rannicchiata nel piumone, cercando riparo da rumori, porte sbattute,
incubi,
sms.
Piangevo per la libertà che stavo riassaporando.
Piangevo perché l'amavo quest'uomo.
"Piango perché mi hai aspettato." Sorrise.
"Prima o poi si ritorna sempre a casa propria." Lo baciai ancora. E
ancora.
"Grazie." Tolsi la maglia, sbottonai i pantaloni.
Lui fece lo stesso.
Rimanemmo
in intimo. Andai a stendermi su di lui, adagiando
l'orecchio sul suo cuore che tamburellava forte.
'Mi sei mancato.'
Restammo
così per ore. Senza muoverci, senza parlare. Con
gli occhi chiusi e le braccia strette intorno ai nostri corpi. Lo amavo
così tanto.
Fu lui a spezzare il silenzio venutosi a creare.
"Perché sei andata via?" Mi chiese con la voce roca ed
assonnata.
"Ne riparliamo domani, Rob."
"Ma io voglio saperlo ora." Sospirai.
Come si dice che vieni minacciata di morte? Come si dice che per colpa
tua sono successe solo cose
brutte? Non ce lo scrivono un manuale su questo.
Ed io avevo il terrore che lui, saputa la verità, mi avrebbe
odiata. Non poteva odiarmi. Non ora.
"Non
odiarmi quando te lo dirò." Aprì gli occhi.
"È così brutto?" Annuii. Lo fece anche lui.
"Allora non lo voglio sapere."
"Come? Io credevo che"
"Non oggi, Kristen. Domani sì, domani mi dirai tutto.
Facciamo così, facciamo finta che questa sia l'ultima notte
al mondo. Okay?
Facciamo finta che sia così, che domani il mondo
finirà. Ti va?"
"Ma"
"La vuoi passare con me l'ultima notte della tua
vita?"
"Sì."
"Perfetto. Allora non c'è altro da dire. Se domani
saremo ancora vivi, allora mi spiegherai tutto. Ora no. Ho passato
troppi
giorni della mia esistenza a chiedermi perché mi hai
lasciato, e sai cosa? Ora
non mi importa. Ora sei qui. Domani torniamo alla realtà, ma
adesso, per il
momento, che nè dici di baciarmi e scordarci del mondo?"
Lo feci. Lo baciai per un'infinità di volte e mi dimenticai
del mondo... Fino a quando il cellulare squillò.
Fino a quando non vidi un'ombra fuori dalla porta finestra.
Fino a quando non sentii la voce del mio aguzzino. Era
camuffata, era finta, al contrario della mia paura.
Fino a quando non ricevetti l'ennesima minaccia, fino a
quando non venni colpita dall'ennesima verità, fino a quando
non ebbi
l'ennesima condanna.
'La bestia non ti è bastata?' Singhiozzai. 'Vuoi che muoia
anche lui?'
"Io, io glielo dirò." Ne ero convinta. La sentii
ghignare.
'Che stupida sei. Diglielo pure se vuoi, fallo. Sarà
ancora più divertente poi. Il primo a morire sarà
lui, lo vedrai abbandonare la
vita con i tuoi stessi occhietti... E poi toccherà a tutti
quelli che ami. La
biondina, la francesina, ecco, morirà per seconda.'
"Tu non torcerai loro neanche un capello."
'Ma davvero? Oppure sai cosa?' Sentii un rumore fuori dalla porta, come
se qualcuno volesse
entrare. Sobbalzai impaurita.
Avevo il cuore a mille, lo stomaco in fiamme.
'Oppure
'BOOM!' potrei uccidere solo te. '
"Tu... Tu non puoi. Non farai del male a nessuno."
'Vogliamo provare? Sapevi che Tom Sturridge ama
cucinare scalzo?' Deglutii a vuoto.
'Va' via troia. Torna a Cannes, restaci e vedrai che
nessuno si farà male.'
Staccai. Buttai l'iPhone sul divano e caddi. Caddi ancora.
In ginocchio, rannicchiata su me stessa.
Cosa dovevo fare? Dovevo svegliarlo? Tanto la mia decisione era
già stata presa.
Era un brutto scherzo. Stavo perdendo ancora una volta ciò
che avevo già perso
tempo fa.
Non potevo dirgli di nuovo addio, lasciarlo. Come potevo?
Mancavano cinque giorni alla fine delle riprese, e c'erano le
interviste...
C'era tutto un mondo dopo.
Come potevo?
Lui... Non ancora una volta. Non adesso.
Dov'era tutta quella spavalderia che mi aveva invaso pochi
minuti fa? S'era preso anche questo?
Bear, la relazione mia e di Rob, me. Aveva appena cancellato
anche me.
Mi alzai da terra; le ginocchia ressero, poi tremolarono.
Tutto girava, come su una giostra. Bruciavo. Ogni passo che facevo
verso quel letto era come cadere,
bruciare e diventare cenere pronta ad essere
soffiata via.
Lo stavo rifacendo.
Indossai i miei jeans, presi la sua maglia. Lo guardai
dormire. Gli accarezza le labbra, poi le baciai.
"Non odiarmi Robert, ma smetti di amarmi. Smettila di
aspettarmi... Ed io non smetterò mai di amarti. Perdonami se
puoi."
Slacciai il cinturino dell'orologio che avevo comprato per
lui; volevo darglielo da sempre, era il momento che fosse suo e non mio.
Lo lasciai lì, sul comodino.
'CI
RITROVEREMO SEMPRE.'
Robert pov.
L'avevo
sentita andare via. Era stato un rumore a
svegliarmi, poi la sua voce. Non ci avevo capito molto, in effetti.
Ma sapevo che mi aveva appena lasciato, ancora. E come
sempre, forse, non l'avrei rincorsa. Anche dopo tutte quelle parole;
magari
avevo capito male io. O no.
Ero più propenso per il 'no'. Io... L'avevo sentita. Quindi
al diavolo, avrei scoperto cosa c'era sotto questa faccenda.
Lasciandola
andare. Per il momento o per la vita, questo era tutto da decidere.
Mi
evitò all'inizio. Neanche mi
parlava, o guardava. Poi
parlò con Cat, e lei cambiò atteggiamento. Almeno
in
parte. Non le chiesi spiegazioni, Kristen neanche sedeva al mio
stesso tavolo.
Nelle scene in cui eravamo insieme diventava un'altra:
cambiava. Più volte mi era sembrato di avere la mia Kristen
fra le braccia, non
Vivian. Forse per lei fu lo stesso.
I cinque giorni più strani della mia
vita.
Eravamo
al termine delle riprese; tutti festeggiavano
contenti. C'era chi si dava pacche sulle spalle, chi si congratulava
per la
bella esperienza.
Poi c'eravamo noi, io e Lei. La mia Lei da quando neanche la
conoscevo.
Avevamo entrambi un calice di spumante in mano, Kristen ogni
tanto lo sorseggiava distratta: messaggiava. Sicuramente con Allie.
Cominciai a tamburellare la punta del piede destro sul finto
marmo; la stavo fissando da minuti. Ultimamente si estraniava spesso,
quasi
sempre. Sempre più pallida. In mensa non la si vedeva
più.
Ero preoccupato. Ed incazzato; ma mi ero ripromesso che non
le avrei detto nulla. Stanco. Ecco cosa. Ero stanco di essere sempre
quello che
rincorre. Se mi amava sapeva dov'ero.
L'avrei aspettata, non so per quanto, però.
Diedi una scrollata all'orologio, guardando l'ora: le undici
di sera. Non avevo avuto il coraggio di indossare quello che mi aveva
lasciato
sul comò. Quell'iscrizione.
Posai lo champagne e mi versai un succo di frutta; quanto
ero patetico.
Salutai i ragazzi della troupe, ringraziandoli e dicendogli
che ci saremmo visti per la Premiere. Presi la giacca di pelle, non la
indossai ma me la posai su
una spalla, trattenendola con l'indice, ed uscii.
Fuori c'era un gazebo pieno di lucine bianche, sembrava
quello di Twilight. Sorrisi ai vecchi ricordi. Quelli ci sarebbero
stati
sempre, e sempre li avrei conservati dentro me. Le dovevo tutto.
Sotto la struttura, appoggiata ad un pilastro, c'era
Kristen. Sembrava infreddolita. Mi fece quasi tenerezza.
L'ultimo addio forse... Forse. No. No.
Buttò fuori il fumo dalla sua sigaretta, ancora l'iPhone in
mano. Sembrava un salvagente. Come se potesse salvarla da
qualcosa.
"Ciao."
Le dissi, d'istinto. Sembrò essersi
impaurita, tant'è che alzai i palmi delle mani in alto.
"Sono solo
io."
"Scu, scusa. Non ti avevo sentito arrivare."
annuii. Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due parlò,
restammo solo a
guardare io la sua sigaretta diventare mozzicone e lei fissare il vuoto
alle
mie spalle.
Lei sembrava vuota.
Allie mi aveva chiesto di non farla divenire un involucro
vuoto. Lo era già. Lo sguardo vacuo, quasi assente. Viva
l'avevo vista solo
poche volte. Eppure ci convivevo da mesi.
Avrei voluto chiederle cosa avesse, cosa le stava capitando,
ma non lo feci e mai l'avrei fatto.
L'ultimo addio. Era un addio, di quelli civili. Ce lo
meritavamo.
"Senti"
"No Rob ti prego, non"
"Non ti implorerò, Kristen. Non stavolta. È
finita per
te, giusto? Forse hai ragione tu. Non c'è speranza per noi
due. Credo che a
volte ci aggrappiamo alle finte speranze, ai piccoli dettagli, pur di
non
vedere la realtà, pur di non capire che è finita.
Che non c'è più
l'amore." Bugia. Io l'amavo ancora.
"Tra me e te è finita. Niente più Kristen e
Robert. È
inutile farsi ancora del male. L'ho capito quando l'altra notte ti ho
sentita andare
via. Andremo avanti, tu con la tua vita ed io con la mia. Torni in
Francia?"
La vidi fare cenno positivo con la testa. Gli occhi lucidi.
"Sì." La voce flebile.
"Bene. Tu in Europa ed io qui, o forse a Londra. Sto
pensando di trasferirmi. Tom vuole crescere i suoi figli in
Inghilterra, ed io
vorrei tornare a casa." Che poi casa mia dov'era?
"Sienna è incinta di quasi tre mesi, sai?" Quasi
sorrise. Asciugò una lacrima prima che quella cadesse
rovinando la sua finta
maschera di indifferenza.
Io lo so quando menti.
"Sperano in un maschio." Le tremò un labbro.
"Chiamalo qualche volta, ne sarebbe felice. Oh poi ha anche il numero
di
Allie, quindi se non lo chiami tu lo farà lui."
Annuì ancora. Tremò. C'era vento e lei indossava
una
semplice canottiera con dei pantaloncini.
Mi avvicinai, sgranò gli occhi. Si guardava intorno.
Incurante della sua stranezza, le misi il giubbotto sulle
spalle magre.
Prese un respiro profondo e poi chiuse gli occhi. Non tolsi le mani
dalle sua braccia.
"Mi
hai dato tanto, ti devo quasi tutto. Senza di te
avrei smesso ancora prima di cominciare; mi hai dato la voglia di
provarci, la
speranza. Se tu non fossi mai entrata nella mia vita io non sarei
l'attore da
Golden Globes, avrei mollato. Ho inseguito te, ed ho preso anche il
sogno della
mia vita. Quindi grazie. Abbi cura di te stessa." Le lasciai un bacio
sulla fronte. Fermandomi un po' di più del dovuto,
perché le mie labbra stavano
così bene sulla sua pelle. Arricciai la bocca, corrucciai le
sopracciglia. Mi
allontanai quel tanto bastava per vedere due lacrime bagnarle le guance.
Le asciugai con il pollice.
"È
stato bello essere innamorato di te Kristen
Stewart."
6 mesi dopo, Kristen pov.
"Avanti
K, devi decidere cosa indossare a quella
premiere." Guardai per l'ennesima volta Allie, sperando di trasmetterle
tutto il mio astio. Lei e Ruth si erano messe d'accordo per rovinarmi
la vita.
"Kristeeeeen?"
"Eleonor, no."
"Non chiamarmi Eleonor. Domani devi partire."
"Ma va."
"La premiere è tra due giorni."
"Doppio ma va." Sbuffò esausta.
"Stewart, ti prego." Allie si buttò sul letto, a pancia in
giù, piagnucolando
cose senza senso. Mi fece ridere.
Aveva quasi ventisei anni ma pareva una bambina.
Ci pensai... Aveva ragione.
"Quello
blu mi piace." Alzò la testa, con una mano
tastò il materasso in cerca del vestito. Trovò il
tessuto scuro, lucido.
"Questo?" Annuii. Lei sorrise.
"Preferivo quello rosso, ma anche questo mi piace. Oh,
ho delle scarpe favolose da metterci sotto! Abbiamo già
avvertito Jillian e
vedrai, sarai una favola."
"Mh mh."
"Ci devi andare, lo sai."
"Non posso darmi malata? Come a scuola."
Ridacchiò.
"No tesoro, mi spiace."
"Mhhh." Sprofondai nella poltrona.
Non
volevo rivederlo. Non dopo quella frase che mi aveva
detto. E non da sola.
Los Angeles mi terrorizzava.
"Dai,
andrà bene. Avete poca promozione insieme. Quasi
nulla." Avevo ringraziato Catherine per questo.
"Ho paura." Ammisi.
"Non averne. Ci sarà Ruth lì. E poi Cam, i tuoi..
Non
sarai mai sola."
"Non ci sarai tu, e ci sarà Lui."
"Per poco." Prese fra le mani il vestito rosso che
voleva farmi indossare. Lo squadrò bene. "No Stew, devi
indossare questo.
Cristo, tu li ammazzi tutti così!"
Ammiccai quando ebbi l'idea migliore della mia vita.
"Va bene."
"Va bene?"
"Sì. Lo metto. Non sono una fan di quel genere di
vestiti, ma farò uno sforzo." I suoi occhi si illuminarono
come le luminarie che avevamo
in giardino. Era il ventuno Dicembre.
"Ommioddio, cioè ahhh, sarà perfetto, diremo di
farti
una treccia particolare, magari con un cerchietto e " La fermai.
"Calma gli animi, sorella. Io metto quel coso e tu
vieni con me."
Rimase immobile per un po', poi mi mandò a cagare.
"Ma vattene un po' affanculo."
"Vive la finesse!" Le dissi nel mio francese
davvero, davvero, migliorato.
"Stewart, taci."
"Dai... Che ti costa? Il biglietto lo pago io. Potresti
passare il Natale a casa tua."
"Questa È casa mia."
"Lo so ma... Da quanto tempo non ceni con i tuoi?"
Scosse il capo. "E poi ho bisogno di te. Dai Allie, ti prego."
"K... Io non so se"
"Tanto Tom neanche lo vedrai."
"Non si tratta di Thomas."
"Allie... Dai."
"Gli occhi da cucciolo no."
"Dai?"
"Kristen."
"Prenoto anche per te?"
"No."
"Prima classe. Pago io."
"Non mi compri con i soldi."
"...e con Jared Leto?"
"Prego?"
"Sai..." feci la vaga, "ci metto due minuti a
fartelo conoscere."
E si sa che a Jared Leto, Allie proprio non resisteva.
"Va bene. Però metti il vestito rosso e ti tieni i
tacchi tutta la sera."
Los Angeles,
23 Dicembre.
Non ero più
abituata a ... Questo. Erano passati più di tre
anni senza il cinema, senza i fotografi, senza i tappeti rossi da
calpestare, l'ansia da 'piacerà oppure no?', senza la voglia
di scappare dopo le domande
dei giornalisti. Senza
il mio lavoro.
E mi era mancato, un
po'. Il set, quello mi era mancato di più, l'avevo
capito una volta tornata a recitare.
Mi guardai ancora una
volta: le scarpe alte, il tessuto leggero rosso, il pizzo del corpetto.
Dovevo scendere.
Guardai Allie e Ruth;
eravamo ferme nell'auto, poco distanti dal luogo in cui si teneva la
premiere. Si udivano le urla, le risate.
C'erano già
tutti, da ciò che Als aveva letto su Twitter; anche Robert.
Mi sudavano le mani.
Avevo paura... E per la prima volta in quasi tre anni, non avevo solo
paura di chi mi minacciava, ma ero terrorizzata dal giudizio altrui.
Erano anni che non mi facevo vedere e questo era decisamente un
progetto rischioso, insomma... Pretty Woman!
Chi era tanto stupido
da sfidare un cimelio del cinema? Noi. L'avevamo rimodernizzato, reso
migliore esteticamente, ma... L'originale sarebbe sempre stato meglio.
Ci avrebbero fatti a pezzi.
Oramai come attrice
non valevo più niente, cazzo. Cosa mi era saltato in mente?
"Cristo! Si sentono le
tue paranoie anche al di fuori del tuo cervello." Fulminai con gli
occhi la mia migliore amica.
"È Facile
parlare quando non sei tu che devi affrontare quelle belve affamate con
dei tacchi assurdi."
"Li farai tutti
secchi, Kris. Sei stata bravissima." Mi disse Ruth.
"Cioè
cavolo, per forza! Con questo vestito sei una bomba, ma guardati. Ho un
ottimo gusto."
"Sta' zitta."
"Andiamo K, animo!"
Borbottai qualcosa, infastidita.
"Ruth, come la
convincevi quando faceva così?" Allie l'aveva chiesto
sottovoce, ma ero riuscita a sentirla lo stesso.
"Quando non voleva
scendere? Chiamavo Rob."
"Oh perfetto.
Resteremo qui dentro in eterno!" Si buttò contro lo
schienale, quasi affranta.
"Sentite, io scendo e
vado a vedere com'è la situazione lì fuori. Dico
a Cat che tra poco scenderai." Si chiuse lo sportello dietro di lei.
Il boato che avevo
sentito... L'inferno.
"Kristen, devi
scendere."
"E se lei fosse qui?"
"Impossibile." Allie
scosse la testa con decisione. "Siamo accerchiati da migliaia di
persone, centinaia di telecamere e non so quanti poliziotti. Non
farà nulla, sta' tranquilla."
Aveva ragione.
"Ho paura lo stesso."
"Lo so, ma ci sono io,
okay? Andrà bene."
"Lo spero."
Abbozzò un sorriso. "Scendi Als. Io ti seguo tra poco."
Aprì lo
sportello della Limousine; le sorrisi incoraggiante.
"Kay non so se..."
"Vai!"
Tentennò, poi scese facendo frusciare il suo abito rosa
pallido.
"Cinque minuti."
"Non di
più."
Richiusi la portiera e
restai sola, cercando il coraggio per affrontare quella bolgia umana.
Sospirai.
Potevo farcela. Non
dovevo deludere Allie, Ruth, Cat... Rob.
Di lui in questi mesi
non si era saputo molto. Però si era ripreso.
Sorrideva, rideva,
viveva. Un bel cambiamento. Ero contenta che lui fosse felice, solo,
beh, avrei voluto essere io la sua felicità; o almeno una
parte di essa.
Ma andava bene anche
così.
Non si era visto con
altre donne. Non voleva più solo sesso, probabilmente stava
aspettando la donna giusta di cui innamorarsi. Un giorno l'avrebbe
trovata.
Fu quel pensiero a
darmi il coraggio necessario a spalancare la portiera e tornare ad
essere Kristen Stewart, l'attrice.
Robert
pov.
Aspettavano tutti lei.
Io compreso. L'aspettavo da sei mesi. Ero al punto di partenza.
"Guarda qui Robert!"
Un sorriso al
fotografo.
Fingersi felice.
Fingere.
Pensavo che lo
scorrere del tempo avrebbe sfocato e poi cancellato il suo ricordo, il
suo amore. Il mio. Gli addii.
"Qui! Rob qui!"
"Tu e Kristen
tornerete insieme?"
"No."
Avevo trovato un
equilibrio: lavoro, amici, famiglia, niente alcol. Ero tornato a
Londra, a casa. Lei non faceva parte di quell'equilibrio. Tom l'aveva
sentita spesso... Ero tranquillo.
Ero sereno per la
maggior parte del tempo. Poi tornavo a letto, chiedevo il mondo fuori
dalla stanza e la nostalgia tornava. Ma andava bene anche
così.
"Perché
no?" Perché nulla è per sempre. Neanche io e lei.
Non risposi a quella
domanda. Passai oltre.
Avevo un equilibrio da
mantenere, e lei, Kristen, lo metteva alla prova.
"Cosa c'è
di speciale in questo Remake?"
"Kristen." Risposi. La
giornalista di 'E!' rimase di stucco. Sorrisi più
a me stesso che a lei.
Faceva freschetto,
però la nebbia che stava scendendo era frutto degli
sceneggiatori. Ci sarebbe stata anche la neve, dicevano. La location
prevedeva un pianoforte dietro il red carpet; avevano riprodotto varie
scene del film. Sentii il bisogno di allontanarmi un po', giusto il due
minuti; lo feci, avvicinandomi al piano e sfiorandone distrattamente i
tasti.
Poi udii una voce
familiare, seguita da un'altra. C'era profumo di zucchero.
Allie. Parlava
animatamente con Ruth. Probabilmente Lei era vicina.
Sorrisi. Poi chiusi
gli occhi.
'Non odiarmi Rob.'
"C'È
KRISTEN STEWART!" Urlò qualcuno.
'...ma
smetti di amarmi.'
Qualcosa mi
bagnò il naso: neve. Finta. Più o meno.
Riaprii gli occhi.
'Smettila
di aspettarmi.'
L'avevo capito.
Io e Kristen per tanti
anni avevamo viaggiato sulla stessa strada, ma ora, ora eravamo solo
due passi che si stavano separando, andando in due direzioni diverse.
Ma smetterla di
amarla... Oh questo mai.
Stavo bene,
sì. Speravo lo stesso per lei.
'...e
io non smetterò mai di amarti.'
Voltai il viso e la
vidi. Vestita di pizzo rosso, gli occhi decisi. Bella come mai. Mia non
più.
Un fiocco di neve
finto si fermò sulla sua bocca. Lo scacciò via
leccandosi il labbro superiore.
Oh beh, no amore, il
tempo non ti ha cancellata.
Mi vide.
Ci passammo, nello
stesso momento, una mano nei capelli.
Poi come se fossimo
soli, come se quella bolla si fosse appena ricreata, ci sorridemmo.
Un sorriso che non
scordi.
"Come mai vivi in
Francia?"
"Kristen sei
ufficialmente tornata?"
Mi avvicinai a lei.
Non ci parlammo. Ci limitammo a rispondere alle domande dei
giornalisti, fianco a fianco. Come una volta.
E la neve di scena
ancora cadeva.
Quando il giro
finì, Allie si avvicinò a Kristen per dirle che
l'aspettavano nel teatro. La bionda mi fece l'occhiolino, ricambiai
immortalato dai flash.
Affiancai Kristen. In
silenzio. Fu lei a parlare; a fermarmi. Mi bloccò, ghermendo
il mio polso nella sua debole stretta.
Aveva le mani fredde.
Passò un
dito sul cinturino in pelle dall'orologio. Il suo. Quello che lei mi
aveva lasciato.
"Lo indossi."
"Lo indosso."
Cercò il mio sguardo.
"Perché?"
Perché posso anche far finta di non aspettarti, ed ingannare
gli altri, ma quella cornice e quella foto, ancora sono l'ultima cosa
che guardo prima di dormire.
"Non ha importanza.
Andiamo dentro, qui si congela."
"Okay." Nessuno di due
si mosse, immobili, accerchiati da voci, occhi ingordi e telecamera.
"La mano."
"Come stai?"
"... Io bene. Tu?"
"Anche."
"Bene."
"Bene."
"Hai un fiocco di neve
finta proprio qui," le tolsi il ghiaccio da sopra lo zigomo.
"Ops." Sorridemmo.
"Sei bellissima." Si
morse un labbro.
"Anche tu."
"Vestito e rossetto
rosso, capelli semi intrecciati, occhi luccicanti. Sembri quasi la
Kristen di Cannes."
"Volevo essere bella
per te quel giorno." Ammise. "Forse anche oggi."
"Lo sei sempre."
"Ci guardano tutti..."
"Lasciali fare. Stiamo
solo parlando."
"Mi hai toccata prima."
"Tu stringi ancora la
mia mano."
La lasciò
andare.
"Scusa."
"Entriamo?" Me la
ripresi quella mano. Era mia di diritto.
Fissò il
nostro intreccio di dita. Poi me. Deglutì, impaurita.
"Che hai?" Ero stufa
di vederla terrorizzata. Volevo sapere perché aveva paura.
"Lasciami la mano, Rob"
"Cosa? Cosa ti fa
così tanta paura?" Mi chiese perdono con gli occhi, allentai
la presa e lei scappò via.
Il mio cellulare
squillò, lessi il messaggio di Tom: 'Sienna è in
travaglio!'.
Un sorriso sincero.
Poi vidi il panico sul
volto di Allie.
Poi Cassie,
l'assistente del set. Quella che aveva trovato Bear morto. Un luccichio
strano.
Un urlo fra le urla.
"K! HA UN COLTELLO!"
Non ci misi poi molto
a capire che quella donna volesse colpire Kristen.
Non ci misi poi molto
a correre verso di lei; la presi fra le braccia. Me la strinsi contro.
NON LEI.
IO MA NON LEI.
Il mio corpo a farle
da scudo.
Poi le lacrime.
"DEVI MORIRE PUTTANA!"
Poi un colpo.
Io ma non lei.
Poi un suono strano.
Colpisci me.
Poi il cuore che
martella.
Non lei.
Poi il pianto di
Kristen.
"Rob! Cristo no, no,
no"
Poi un dolore
lancinante al fianco.
"Che gli hai fatto?
Cosa. Rob amore, Rob"
Gliel'avevo detto che
l'avrei aspettata sempre?
Poi la neve che
diveniva di colore rosso. Come le sue labbra, il suo vestito, il mio
sangue.
"Rob! Rob amore, Rob!
No, no, no." Voci indistinte.
"Perché ti
sei messo in mezzo? Ti ho lasciato per evitare che succedesse questo,
per evitare lei ti facesse del male. Dio, Rob, rispondi!"
Ci avete mai
pensato al modo in cui la vostra vita avrà fine? Io
sì.
Speravo sarei morto da
vecchio, nel letto, con mia moglie accanto; magari andarcene insieme.
Sempre un attimo prima di lei, perché sono egoista e
preferirei morire prima di poter sentire la mancanza di chi amo.
Ma in
realtà, avevo sempre pensato che sarei morto in un cavolo di
incidente stradale; la mia guida lasciava davvero a desiderare.
Però il
punto è un altro: Ai tempi, quando lessi Twilight, pensai
che il miglior modo per andarsene fosse proprio quello di morire
proteggendo chi ami.
Nel 2008 pensavo di
non avere nessuno per cui valesse davvero la pena morire; forse la mia
famiglia o Tom.
Poi conobbi Kristen.
Poi mi innamorai di
lei e allora trovai quella persona per cui sarei morto davvero, senza
rimpianti.
Mi sarei buttato nel
fuoco pur di salvarla.
Mi sarei preso una
coltellata pur di farla vivere.
E l'avevo fatto.
Il coltello aveva
davvero trapassato la mia pelle, i miei muscoli.
Il bianco della neve
si sporcava di rosso per colpa del mio sangue.
Avevo paura della
morte. Anzi. Forse no. Non proprio... Era diverso.
Quando muori, dopo un
po' vieni dimenticato. Io, da puro egoista quale sono, avevo sempre
avuto paura di questo.
A me non faceva paura
la morte, ma il fatto di poter essere dimenticato.
La gente va avanti, le
memorie vengono scalfite dal tempo.
Eppure, eppure, se
fosse servito a salvarla, allora me ne sarei presi altri cento di
colpi. Per la sua vita ero disposto ad essere dimenticato.
"Sai, sai
perché indosso il tuo orologio?" Non rispose.
Parlai lo stesso. "Ci
ritroveremo sempre." Citai l'iscrizione scritta dietro la cassa. "Lo
speravo... E quindi ti ho aspettato. Perché ti amo."
Una lacrima. Poi due.
Avevo sonno.
"Tu mi ami."
"Io ti amo."
"Anche io ti amo."
Sorrisi.
Lo sapevo che mi
amava. Ora lo sapevo.
Tutti hanno bisogno di
una persona per cui morire, per cui ridere o versare lacrime.
Kristen Stewart era
quel qualcuno per cui morire.
Kristen Stewart quel
quel qualcuno per cui vivere.
Come ci si sente
quando si muore? Quando si capisce che è finita?
Forse sparisci, forse
ti senti trasparente o come se ti stessi sciogliendo.
Gli occhi diventano
vitrei, vedi più.
All'inizio, magari,
vanno via solo i colori: c'è solo il bianco e il nero.
Nel mentre, vorresti
anche muovere le mani ma non ci riesci. Sono pesanti.
Sono di qualcun altro?
Perché non rispondono ai comandi?
Il cuore tenta di
battere ad un ritmo veloce; sembra che voglia trapassare il petto.
Sembra stia battendo per poi fermarsi.
Mi sentivo come se
stessi avendo un attacco di panico.
Respira, mi dicevo.
Fallo.
Ma i polmoni non lo
volevano.
Apri gli occhi Rob.
Fallo idiota.
Se le palpebre sono
pesanti fregatene, e torna da lei.
Ha detto che ti ama.
Focalizzati su di lei.
Te lo ricordi quando
l'hai vista in tv? Eri sul divano, annoiato, insieme a Tom.
Ti ricordi come ti sei
sentito?
'Vado
in America, Tom.'
'Per
quell'attrice?'
'Per
lei. Per me. Non lo so. Se non ci provo non lo saprò mai.'
La testa
gira? Pensa che sei di nuovo su quel set, sotto al gazebo, lei sui tuoi
piedi. Eri felice, vero?
Apri gli occhi, non
stai morendo. Ti ha solo sfiorato. Concentrati. Fallo per lei.
Sei stanco? Non puoi
dormire. Devi aprire gli occhi.
La ami?
La vedi la prima volta
in cui avete dormito insieme? Fissati su quella sensazione e poi
lasciala andare.
C'è lei
accanto a te, non vedi? Non la senti?
Ha la mano nella tua,
c'è la neve finta.
Te lo ricordi quanto
eri felice quando lasciò Michael?
Te lo ricordi quanto
eri felice quando ti baciava?
Apri gli occhi.
'Ciao.
Sono Robert Pattinson... Quello che t'ha appena baciato.'
'Kristen
Stewart. Quella che ti ha appena scelto.'
'Lo
so chi sei.'
'...
Bel lavoro Robert.'
'Rob.
Rob va bene.'
Apri gli occhi. Va
tutto bene.
'Cioè
non hai mai bevuto la birra?'
'Sì
che l'ho fatto Rob!'
'Ma
quella non è birra. Questa lo è. Bevi ragazzina. '
'è
buona.'
'Lo
so. Come hai fatto senza di me, Stewart? Come.'
'Beh...
Non lo so Proprio.'
La neve.
C'è la neve. E c'è Kristen che ti chiama.
'Ciao.'
'Ciao.'
'Come
stai?'
'Bene.
Tu?'
'Da
quanto non mangi?'
'Che?'
'Sei
troppo magra.'
'Io
mangio.'
'Si
vede... Ero venuto qui per'
'Rob?'
'CHE
C'È?'
'Non
lasciarmi.'
Te lo ricordi il
sapore delle sue lacrime mischiato a quello della sua bocca? No? Allora
apri gli occhi, le sue labbra sono proprio sulle tue.
E quando
alzai le palpebre, esattamente così mi ritrovai.
Come la bella
addormentata, ma al contrario.
Erano tornati i
colori: il rosso sbiadito del suo rossetto, il verde acceso dei suoi
occhi.
Sorrise. Poi
scoppiò a ridere. A piangere. Mi baciò a stampo:
una volta, due, tre fino a non contarle più.
"Ciao." Mi disse.
"Dove siamo?"
"In ospedale. Sei
stato accoltellato, ma stai bene, davvero. Hai una ferita al fianco
sinistro; l'hanno messa a posto con qualche punto di sutura. Sei
svenuto, hai battuto la testa e Oh Robert!" Mi si buttò fra
le
braccia, piangendo.
"Ho avuto così tanta paura che quella pazza ti avesse
ucciso! Perché ti sei messo in mezzo? Stavi mandando a
puttane tutti i sacrifici fatti per salvarti, razza di idiota."
Cercai di connettere
meglio; avevo la bocca impastata.
"Ma di cosa stai
parlando?"
Singhiozzò.
"Io... Tre anni fa
più meno, ho cominciato a ricevere dei messaggi minatori.
Poi gli sms sono diventati vere e proprie minacce. Cameron
trovò l'auto rotta, casa nostra non era così
sicura e l'unico modo per farla smettere, per far restare tutti vivi,
era andare via e lasciarti."
"E l'hai fatto." Mi
stropicciai gli occhi con il pugno chiuso.
Cominciavo a capire.
"Sì... E tu
sei stato bene. Eri vivo, Rob, ma poi non ci sono riuscita. Mi mancavi
tanto, ti amo, capisci? E sono tornata e Dio, se non l'avessi fatto
ora... Lei ha"
Compresi. Non ci
voleva molto a fare due più due.
"E lei ha ucciso
Bear." Strinsi il lenzuolo fra le dita.
Kris annuì.
Ora capivo. Capivo il
perché del suo colpevolizzarsi per la morte del nostro cane.
Capivo il
perché della sua paura.
Capivo tutto.
Se n'era andata per
salvare me e chi amava.
"Non è
colpa tua, ma di quella psicopatica." Scosse il capo.
"È colpa
mia Rob, se io"
"Stai zitta. Se quella
donna è pazza mica è colpa tua? Dovevi
dirmelo."
"Non potevo... Se tu
fossi morto io, Dio Rob come avrei fatto?"
"Dovevi.
Perché cazzo te ne sei andata? Perché non me
l'hai detto?"
"Perché ti
amo." Rispose.
Fu in quel momento che
capii di essere vivo. Vivo per davvero.
Due
giorni dopo, 25 Dicembre -Kristen Pov.
"Okay Rob, basta,
smettila, hai dei punti di sutura!"
"Capirai. Solo sei.
Sono a casa da ieri!"
"Ah. Ci rinuncio.
Vaffanculo. Sei stato accoltellato neanche due giorni fa."
"Kristen", mi
posò le mani sulle spalle, "Sto. Bene."
"Lo so. Per fortuna."
"Ed è la
mattina di Natale."
"So anche questo."
"Il nostro primo
Natale da ... Beh, da anni, quindi ti va di goderci il momento?"
Lo guardai, e per un
momento lo vidi riverso a terra, col la camicia diventata rossa e la
giacca squarciata.
Per fortuna quel
coltello non aveva provocato danni seri, ma solo tanto spavento.
Cassie... Ce l'avevo
avuta sotto al naso per così tanto tempo che pensandoci, era
quasi ovvio.
Ossessionata da Rob.
Nel suo appartamento
avevano trovato muri interi rivestiti da foto di Robert... E mie. Con
la testa cerchiata di rosso.
Era in galera.
L'incubo era finito.
Potevo tornare a vivere.
"Oh?"
"Eh?"
"Stewart, tu non mi
ascolti."
"certo che ti ascolto."
"Ah, ah. Ovvio. E cosa
stavo dicendo?"
"Eeh. Eh." Non ne
avevo idea.
Lui
incrociò le braccia al petto. Un sorriso impertinente sul
viso.
"Ti ascolto."
"Non farò
sesso con te." Aveva quello sguardo. Ed era da ieri che ci provava,
quindi beh, era quello. Per forza. Doveva.
"Mh... E dire che ti
avevo chiesto di fare colazione, ma se vuoi fare sesso il mio corpo
è a disposizione."
"Ah. Ah. No. Hai una
ferita!"
Roteò gli
occhi.
"Kristen." Si
alzò dal letto, togliendosi poi il maglione color ruggine.
"Io. Tu. Sesso. Ora." Scoppiai a ridere e poi lo tirai verso di me, su
di me.
Sul letto.
Lo baciai. Fece lo
stesso. Con la bocca scese sulla pelle del collo: morse e
succhiò.
"Niente succhiotti"
"Sta' zitta." Mi tolse
la maglia senza distaccarsi dalla mia pelle.
"Dio quanto mi sei
mancata." Disse quando anche il reggiseno fece la stessa fine della
maglia.
"Anche tu", ammisi
ansimando. Le mani nei suoi capelli, poi più giù,
a tracciare il solco della spina dorsale.
Un gemito. I pantaloni
tolti; i miei e i suoi.
Ripercorsi con le dita
la sua schiena: i muscoli definiti, la pelle calda. La garza che
copriva la ferita.
Se Cassie l'avesse
ucciso... No. Sarei morta con lui.
Dopo avergli detto
delle minacce lui mi aveva abbracciato.
"Dimmi che non andrai
più via."
"Non andrò
più via." Un bacio.
"Dimmi che non mi
nasconderai più nulla." una carezza.
"Non ti
mentirò."
"Qualunque cosa,
qualunque, la affronteremo insieme."
E poi entrò
in me.
Oddio che sensazione
fantastica. Dio. Come avevo fatto a lasciarlo?
Spinse.
Ansimò.
Seguii i suoi
movimenti. Gemetti.
Le mani intrecciate,
le gambe avvolte ai suoi fianchi, le labbra incollate alle sue.
"Non smettere di
baciarmi."
"Non ho mai smesso di
aspettarti, ed ora che ti ho, pensi che io lasci le tue labbra?"
La paura
scivolò via.
E poi furono sorrisi,
e furono risate, e furono gemiti, e furono sospiri, e furono scuse.
Venimmo insieme. Come
la prima volta. Come l'ultima.
E fu nuova vita.
Fischiettavo.
Fischiettavo e
sculettavo mentre cucinavo la nostra cena di Natale.
Rob era a letto e
parlava con Tom; domani saremmo partiti per Londra, così da
vedere il piccolo Orlando.
"Sì sto
bene, cazzo Tom sei peggio di Kristen!"
"Ehi stronzo"
"Amore dai, sei
pesante." Mi disse. "Comunque ci vediamo domani sera, dai un bacio a
Marlowe."
Andai in stanza,
poggiandomi allo stipite della porta. Eravamo a casa di mia madre,
quella che non veniva mai usata.
"Come stanno?" Chiesi.
"Bene. Vieni, ti
faccio vedere il bambino." Salii sul letto, a carponi, e mi
appoggiai a lui.
Guardai la foto dal
suo Mac Book; il piccolo Sturridge riposava placido nella culla.
Sorrisi.
"Ha gli occhi di Tom."
"È la sua
copia sputata, guardalo." Gli diedi ragione baciandolo.
"Perché
Orlando? È..."
Rob rise.
"Boh. Hanno la
passione per i nomi brutti."
"A me piace Daniel. O
Grace. Nomi semplici ma belli." Lo vidi sorridere.
"Gracie Pattinson, oh
mi piace. Che ne dici di darci da fare e concepirla?" Nel mentre
cercò di slacciarmi la camicia - la sua -, che indossavo.
Unico vestiario che mi aveva permesso di mettere.
"Rob eddai ho la cena
sul fuoco."
"Guastasesso. Hai
chiamato tua madre?" Sorrisi.
Oh com'era bello
sorridere.
"Sì.
È con i genitori di Allie. Festeggiano tutti insieme. Ti
saluta."
"E insomma le hai
detto che abbiamo sverginato il tuo vecchio lettino di quando eri
piccola?" Gli diedi un pugno su un fianco.
"Ai! Cristo che
dolore."
"Oddio. Scusa amore,
scusa, scusa, me n'ero dimenticata!"
Scoppiò a
ridere.
"Perché
ridi?"
Lui alzò il
lenzuolo, facendomi notare che il fianco colpito da me, era quello sano.
Mi aveva preso in giro.
"Ma brutto stronzo!"
Gli saltai addosso. "Quella botta in testa t'ha fatto rintriciullire
peggio di prima."
"No no, è
la tua presenza che mi rende tale."
"Vaffanculo."
Mi strappò
un bacio, poi scesi dal letto perché la pentola della pasta
stava fischiando, segno che l'acqua bolliva.
Canticchiando una
canzone stupida sentita in tv, lo lasciai solo a parlare con Tom -di
nuovo-. Peggio di due fidanzati.
"Oh shake it up, shake
it up the happiness."
Mescolai il sugo con
un cucchiaio di legno, assaggiai.
A Rob però
forse piaceva più saporito di sale.
"Rob?" Andai nella mia
ex camera, solo vestita con quella camicia ridicola, ed un cucchiaio
pieno di salsa fra le mani. "Dimmi se va bene o"
"Ciao Kristen!" Quella
era la voce di Claire. Sua madre.
E quello era Richard.
Nello schermo del pc.
Rob era in
videochiamata con i suoi.
E mi avevano appena
vista nuda, in pratica.
Occristo.
Divenni della
tonalità più scura di rosso.
"Buon Natale" La mia
sembrava più una domanda.
Rob se la stava
ridendo.
Lo odiavo.
"Buon Natale anche a
te, cara." Richard faceva a gara con me per il rossore.
"Dimmi Robert,"
Cominciò sua madre, sorridendo, "dobbiamo aspettarci
l'arrivo di un altro Pattinson entro nove mesi?"
"Mamma!" Rob.
"Claire!" Io.
"Preferirei un
maschietto. Tenete presente il mio nome, eh."
"Papà!"
Sempre Rob.
"Richard!" Sempre io.
"Cosa abbiamo detto
mai?"
"Sì,
vabbè. Mamma, ci sentiamo domani quando parto. Auguri. Ciao.
Addio. Buon Natale." E chiuse il portatile.
Ci guardammo per
qualche secondo e poi scoppiammo a ridere.
Felici.
Sereni.
Senza paura.
La paura ti uccide. La
paura ti frena.
La paura non va via,
la paura si combatte.
Io avrei sempre avuto
paura che lei potesse tornare, che lui potesse andare via.
Ma la paura, se decidi
di viverla, allora puoi sconfiggerla.
Me n'ero andata da
casa nostra con una foto in tasca; ero stata abbastanza forte da
lasciarlo. Per ogni schifosissima ora della mia vita, in quei due anni,
non avevo fatto altro che riguardare quella foto. Era con me, sempre.
Una volta Allie per
sbaglio l'aveva lavata; messa in lavatrice.
Fu il giorno in cui
decisi di partire. Di ritornare a Los Angeles.
Troppo debole da avere
bisogno di Robert.
E l'avevo rivisto. Ci
eravamo insultati.
Mi aveva fatto capire
di odiarmi. Era un fantasma. Come me.
E quando quella sera
venne a casa mia, probabilmente, c'era venuto con lo scopo di dirmi
"Vaffanculo, ti odio. Va' via dalla mia vita."
Ed invece riuscimmo
solo a dirci "Vaffanculo, ti amo. Facciamo l'amore."
Io e lui eravamo
così.
Eppure... La paura. Ci
tenevo troppo per non lasciarlo andare.
Ma Robert e Kristen,
mai si lasceranno. Mai smetteranno di amarsi.
Ci avevo messo tempo a
capirlo, come se stessi cercando di tirare le tende, un po' alla volta,
perché altrimenti si sarebbero spezzate.
Però avevo
capito.
Perché la
paura è forte, ma noi lo eravamo ancora di più.
Mi fidavo di noi.
Di certezze non ne
avevo bisogno perché eravamo passati attraverso l'inferno,
attraverso i primi amori e le delusioni, attraverso i pericoli,
attraverso le fughe, attraverso porte sbattute, attraverso le urla,
attraverso le foto modificate, attraverso i ricatti, attraverso le
persone pazze, attraverso i silenzi, attraverso la distanza.
Avevamo battuto tutto
e tutti pur di stare insieme. Anche noi stessi.
E mentre lo guardavo
sorridere, così bello, con gli occhi così vivi,
riuscivo solo a pensare che casa mia era lui.
"Rob?"
"Dimmi."
"Non ci siamo fatti
nessun regalo." Lui sorrise.
"Il regalo
più bello me l'hai già fatto. Hai deciso di
tornare a casa e beh, di restarci."
"Perché ti
amo." Un sorriso. Ancora.
"È per
questo che ti ho aspettato, no?". Un bacio.
"Grazie per averlo
fatto."
"E di che. Kris?"
"Sì?"
"Facciamo un figlio?"
Avevo sempre pensato
se io io ci ero abituata a quella domanda, e lui ci era abituato alla
mia risposta, perché continuava a chiedermelo?
Solo ora capivo.
Aspettava solo il
momento.
"Sì."
Questo momento.
EH
BEH. Se siete arrivate fin qui vive, vi meritate un applauso di quelli
spropositati. A parte gli scherzi, io non so davvero bene cosa dire.
Questo
è l'ultimo capitolo per Rose qui e lei ci teneva a dire che
scrivere di questi due stronzi-barboni è tanto bello quanto
doloroso. Soprattutto in questi momenti. Ma aggiunge anche che li
aspetterà per sempre. Ringrazia tutte voi che avete letto
-c'avete avuto un coraggio- e si scusa con voi e soprattutto con Bear
per la malsana idea avuta su di lui. Sì, il lutto
è colpa sua. Io ho solo trascritto u.u
Oh
e testuale Rose : "Io shippo Tom e Allie, and I don't regret nothing".
Sì,
beh. Tom & Allie. I miei Tallie. Li amo, anche io ma... sono
una Sturridger, convinta. E nessuno, NESSUNO, mi farà
cambiare idea.
Tralasciando
questo piccolo particolare... Ragazze mie, io vi adoro. Adoro anche
tutte le minacce lasciate su twitter con gli indiretti, adoro ognuna di
voi. Anche se non vi conosco. E adoro il nostro lavoro. Non
sarà stato un capolavoro epico ma... credo sia venuto fuori
bene. Per me l'ultimo capitolo sarà il prossimo, l'epilogo e
lì... Lì credo alla parole 'fine'
piangerò davvero. Per adesso godetevi 'Questo
momento'. Fangirlate, urlate, insultate, fate quello che volete
insomma. Ci risentiamo presto, I promise.
With
love.
Helen
& Rose.
P.S.
It's an IRIE thing. I mean...
|
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Capitolo 6 *** In case you just want to come home ***
Epilogo
A due barboni, forse troppo
coglioni per amarsi alla follia ma impossibilitati dal non farlo.
E a Rosa, piccolo grande
fiore guerriero in un mondo di spine. Ti voglio bene.
Epilogo
In case you just want to come home
-
Ho appena passato la notte migliore della mia vita -
-
O.O Ti rendi conto che sono nella stanza accanto a fare la colazione e
mi scrivi su whatsapp? -
-Beh,
tu mi stai rispondendo.-
-Fammi
cucinare.-
-Uh,
non solo la notte migliore della mia vita ma anche il Natale migliore
della mia vita-
-...Il
sesso migliore della mia vita-
-Non
lo dici solo perchè non scopavi da due anni, vero? ;)-
-Pattinson,
non montarti troppo la testa con questa storia -.- -
-Il
sesso migliore, eh?-
-Decisamente-
-Molla
la colazione. Sai che la mia erezione mattutina può essere
anche migliore di quella notturna? ;)-
-...'Fanculo
i pancakes. Arrivo. Ho già tolto gli slip-
"Oddio Kristen, che bello rivederti a casa nostra!"
"Ciao, Claire. Mi siete mancati anche voi"
"Mamma. Smettila di soffocarla."
"Oh, sta zitto. La sto solo abbracciando. Vuoi un caffè o
una tisana, cara?"
"Sono a Londra, preferirei un tè"
"Arriva subito. Che bello riavervi insieme!"
"Sono geloso."
"Rob?"
"Oh adesso son tornato a non contare di nuovo un cazzo. Ci stai te.
Kristen di qua, Kristen di là."
"Come ai vecchi tempi"
"Già"
"Ammettilo che la cosa ti piace"
"Mi piace più del lecito"
"Oh
Signore benedetto!"
"Ciao,
Tom"
"I
Robsten insieme. Il mondo ha ripreso a girare!"
"Tom.
Smettila."
"Zitto,
Pattinson. E dammi questo scricciolo per qualche minuto. Devo
stringerla di brutto"
"Aw.
Mi sei mancato davvero"
"Visto?
Io non conto più niente"
"Sei
ubriaco?"
"No"
"Drogato?"
"No?"
"Hai
scopato con qualcuna che non sia lei?"
"Spero
di no..."
"Ovvio
che no!"
"Ok.
Allora il mio lavoro è finito. Hai ragione, non conti
più un cazzo."
"Ma"
"Vai
a vedere mio figlio, sù."
"Kris.."
"Va.
Tranquillo, non ti tradirei mai con Tom"
"Vorrei
ben dire"
"Cavolo"
"Cazzo, piccola. Puoi dirlo, sai? Cazzo..."
"Cazzo"
"Eh"
"L'hai preso davvero seriamente quel 'Sì', eh?"
"Decisamente."
"Grazie comunque"
"Di cosa?"
"Per tante cose. E perchè mi stai facendo recuperare due
anni di arretrati"
"Oh, il piacere è tutto mio"
"...e anche mio. Decisamente"
"Che pervertita."
"Ah, io? Io sarei la pervertita? No dico, hai notato dove siamo?"
"E' la mia stanza e allora?"
"E' la tua stanza, esattamente. E sotto ci sono i tuoi"
"Abbiamo fatto piano. Più o meno. E poi non è
mica la prima volta che lo facciamo qui"
"Eravamo dei ragazzini, una volta. Dai"
"Beh, vorrà dire che dobbiamo comprare casa"
"Qui?"
"Dove vuoi tu. Scegli un posto e ci andiamo a stare"
"... Mi piacerebbe avere una casa a Nothing Hill"
"Perfetto. Domani iniziamo a cercarla"
"Ti amo"
"Oh, no. Sono io ad amare te"
"Mi
dispiace che tu l'abbia messa in vendita. E' bella."
"Tu sei bella. E questa è solo una casa. In cui ho passato
solo brutti momenti, quindi..."
"Ok. Capito"
"E poi casa nuova è più bella. Dovrebbero finire
i lavori
entro qualche mese e poi possiamo definitivamente andarci a stare"
"Vivere a Londra. Wow"
"Non ti mancherà Los Angeles?"
"Ci son già stata lontana per tanto tempo. E... No, credo di
no. E poi ho te. E amo Londra"
"Mh. Qui ci resta sempre la casetta a Malibu"
"Vacanze sotto il sole della California, babe"
"Non chiedo di meglio"
"Amore,
dove sono i miei occhiali da sole?"
"Quali?"
"I Ray-ban. Oh, non fare la finta tonta. Li hai usati tu, ieri"
"Giuro che non so dove si trovano"
"Ho l'aereo tra due ore, Stewart. Caccia fuori questi occhiali"
"... Non andare"
"Amore.."
"Ti ho ritrovato solo un mese fa e tu ora vai in Marocco!"
"Ho firmato questo contratto prima che tu tornassi. Io.."
"Ok. Lo so. E' il tuo lavoro."
"Il nostro lavoro. Anche tu hai accettato un sacco di film per i
prossimi mesi"
"Non in Marocco"
"Senti, se hai intenzione di rinfacciarmelo per tutto il tempo,
rinuncio e me ne prendo le responsabilità"
"Sta zitto. Non te lo chiederei mai"
"Ecco perchè ti amo"
"Mh. Gli occhiali. Secondo cassetto del comò."
"Grazie"
"Sì, ma IRIE resta qui."
-Ho
chiamato a Londra. Stanno rifacendo i bagni. Sei convinto della scelta
delle mattonelle, vero?-
-Verdi.
Belle. Come i tuoi occhi. Convintissimo :) -
-Hai
paragonato i miei occhi alle mattonelle del bagno -.- -
-
Un bagno nuovo, però. Della nostra nuova casa -
-
Sta zitto -
-
Sei uscita con Alicia due giorni fa-
-
Che fai mi cerchi su google, ora? -
-
Sta zitta tu. Piuttosto, Stewart, quelle tette? -
-
O.O Cosa? -
-Hai
le tette grosse. Devi dirmi qualcosa?-
-
Non sono grassa! -
-
Incinta? *__* -
-
.... -
-
Kristen -
-Cosa?-
-
Sei incinta?-
-
Devo andare. Ci sentiamo dopo -
-
STEWART! -
-
Oh, non urlare per sms! E comunque, non ti direi niente per telefono -
-
E se ti ricattassi? Col sesso. Funzionerebbe anche per questo o ci
rinuncio a priori? -
-Io?
Col sesso? Ma va va -
-
Sesso. Quella cosa che non facciamo da 20 giorni. 20 lunghissimi ed
estenuanti giorni T_T -
-
Va bè. Sì. Ciao, Rob -
-Oh, Rob,
sai chi è incinta?-
-Tu?-
-Falla finita-
-Era per dire. Chi è la fortunata?-
-Christina!-
-Ma va? Cazzo faccio pena. Io non ho ancora fatto centro-
-Beh..-
-Beh?-
-Beh.-
-Sei diventata una pecora? Kristen. Ti odio. Beh?-
-Mi hai dato della pecora? Però l'ultima volta mica ti
è dispiaciuta la pecora. Eh-
-Battute squallide mode on? La cosa non ti si addice, sappilo-
-Ammazzati-
- Dopo di te. Con tanto amore-
-Dopo di me? Col cazzo. Altro che amore-
-Con quale cazzo? Se è il mio ok, altrimenti...-
-Quello finto di Alicia. Ciao. Addio-
-Ti mollo. Anni di amore, sofferenze e sesso spettacolare finiti in
frantumi su whatsapp. Sappilo-
-Rob?-
-Cosa?-
-Mi manchi-
-Anche tu. Non uscire con lei...-
-Con chi dovrei uscire? Sola? I paps mi odiano, nonostante tutto. Quasi
mi facevano cadere-
-Sanno della casa, eh?-
-Sanno tutto. Però non sanno la cosa più
importante-
-Che mi ami follemente come il primo giorno? Tranquilla, quello lo
sanno tutti -
-... che forse hai fatto centro mica lo sanno-
-... se nessuno me lo dice non lo so nemmeno io-
-Magari quando torni a casa-
- Devo davvero aspettare? Credo sia fuori discussione-
-... allora torna prima-
-Spacco la faccia a J.Franco e torno-
-Bravo. Fai il Rambo della situazione e poi torna da me. Presto.
Perchè mi sono dovuta innamorare di te? Sei sempre impegnato-
-Disse la ragazza, forse gravida, che girerà tre film in due
mesi-
-...-
-Non devo pensarci adesso, vero? Altrimenti do di matto-
-Anche
stamattina mi son svegliata senza di te. Stronzo-
-Io no. C'era una bella bionda vicino a me-
-Dimmi almeno che è la Kidman-
-Nono, troppo vecchiotta. Mi piacciono giovani-
- Oh, guarda un po' a me piacciono over-
-Devo chiamare Dylan o Camille?-
- Facciamo che chiamo tua madre e ti uccide lei o ti basto io?-
-Mi manchi anche tu-
-Oh tu a me per niente. Sai la pacchia di notte in un letto
così grande solo per me-
-Big Rob non ti manca? Sento odore di bugia persino da qui-
-Big Rob ha fatto fin troppo negli ultimi periodi. Bastano e avanzano
le mie nuove tette grosse a tenermi compagnia-
-Tette grosse. Dio... Vieni qui!-
-No, non ci vengo lì. Non me le faccio tutte quelle ore di
aereo-
-Neanche per me? Per le mie coccole?-
-Ne avrei bisogno. Davvero. Così tanto-
-Piccola? Ti amo-
-Mh. Lo spero bene. Serve proprio che tu mi ami per il resto della tua
vita ormai-
-Non chiedo di meglio :* Aspe, ma perchè?-
-Non potresti amarmi per il resto della tua vita senza fare domande
fino al tuo ritorno?
-... no?-
- Sei un bambino. Ecco cosa sei. Io ce l'ho già un bambino:
te-
- Non sono un bambino! Nostro figlio lo è -
- 'nostro figlio'. Suona bene, vero?-
-Fottutamente perfetto-
-La cosa migliore del mondo forse-
-E' nostra. Ovvio. E comunque l'ho capito. Voglio solo sentirtelo dire
da vicino-
-E io voglio solo baciarti come se non ci fosse un domani, dopo
avertelo detto-
- Non vedo l'ora di sentirlo allora-
-Domani
torni. Domani torni. Domani torni-
-Domani
torno. Domani torno-
-Posso
fangirlare per questo?-
-Anche
se non so cosa significa ma comunque puoi-
-
Pattinson -.- Come fai a non sapere cosa significa? Sei in dietro,
tesoro mio-
-Mica
posso stare avanti ;)-
-
Idiota -.- -
-Oh
quanto amore *_* -
-Porterò
qualcuno dentro per 9
mesi e lo espellerò da un buchino minuscolo. Questo per
colpa
tua. Ti basta come atto d'amore?-
-Cazzo
se mi basta!-
-Ecco
bravo.-
-ODDIO
DOMANI TORNO!-
-DOMANI
TORNI-
"Amore"
"Oddio
sei qui"
"Sono
qui"
"Ti
prego metti la tua mano sull mia pancia o rischio di
impazzire"
"Dillo"
"Ti
amo"
"Ti
prego. Dillo. Ti prego"
"...Auguri,
papà"
"No,
dai. Dillo davvero. Dillo bene."
"Aspetto
un bambino, siamo incinti,
la pagnotta è nel forno, saremo genitori, sarai il
papà
più figo del mondo.. Cosa vuoi che ti dica?"
"Ti
amo"
"Fa
l'amore con me"
"No,
quindi mi stai dicendo che praticamente ero l'unico a non saperlo"
"Amore..Dai"
"Ma
quale 'dai'. Oh, ma per favore"
"E
poi lo sapevi, lo avevi capito."
"E
che c'entra?"
"Sai,
non ho fatto toccare la pancia a nessuno. Volevo che fosse una tua
esclusiva"
"Davvero?"
"Assolutamente,
sì"
"Oh,
piccolino, quanto amo la tua mamma? Mh? Quanto?"
"Adesso
mi rincoglionisce pure il fidanzato"
"Vomitooo"
"Non sulla mia macchina, Stewart. Non sulla mia macchina."
"Accosta!"
"Non posso qui."
"Allora mi dispiace per la tua mac-"
"..Oddio... Kris... Cazzo."
"Ti rendi
conto che sei incinta, vero?"
"Hai detto bene. Incinta. Non malata. Quindi posso lavorare"
"Si vedrà la pancia"
"Sono al terzo mese. Non si vede niente. Rob, non mi stressare!"
"Sei tu che stressi me. E mio figlio"
"Tuo figlio? Lo hai fatto da solo?"
"Io.."
"Oh, già che ci sei partoriscilo tu. Fottiti"
"Kristen"
"Ho detto fottiti. Vado a lavoro"
"Benvenuta
a casa!"
"Oddio è bellissima"
"E non hai ancora visto l'interno.."
"Hai messo le nostre foto dappertutto, vero?"
"Certo. E c'è anche una sorpresa in camera nostra!"
"Amo Londra"
"Solo perchè riusciamo a fare sesso con il camino acceso ad
Aprile?"
"Ammetterai che questo è un punto a favore."
"Lo è"
"E poi non riesco a farlo in camera nostra. Quella foto è
gigantesca!"
"Ma siamo noi. Qual è il problema?"
"Appunto. Siamo noi. Avevo 18 anni, i capelli sparati in aria e tu mi
reggevi per il culo"
"Il photoshoot migliore di sempre"
"Solo perchè mi toccavi il culo e nessuno poteva dirti
niente"
"Eravamo fighi. E la scimmia aveva le corna"
"Robert. Dai."
"Che c'è? E' vero. Amore di papà, se penso che se
io non
avessi visto la mamma in quel film a quest'ora tu saresti figlio di una
scimmia, probabilmente"
"Oddio io e Mike genitori. No grazie"
"Oh, non dirlo nemmeno!"
"Dottoressa,
qui non se ne può più. Fanno le scommesse!"
"Chi scommette, scusa?"
"Ragazzi mi dispiace ma non vuole proprio girarsi. Forse vuole farvi
una sorpresa"
"Su mtv. Hanno messo un sondaggio"
"Oh ma stanno scommettendo sul sesso di mio figlio in mondovisione??"
"Qui abbiamo finito, Kristen. Il prossimo mese sarà l'ultima
e poi si nasce"
"Oh ma io chiamo Josh!"
"Grazie Dottoressa. E' meglio che la porti a casa prima che mandi
giù l'intera clinica"
"Mh... A
me piace Alison"
"Alison? Come la pazza col cappuccio rosso? No grazie"
"Melany?"
"Oh, che schifo."
"Se fosse un maschietto..."
"Daniel"
"Daniel?"
"Daniel Thomas Pattinson e non si discute"
"Mi inchino a voi, vostro onore. Non discuto"
"Ecco bravo. Vammi a comprare del gelato"
"Ma
l'ho comprato ieri. Vaniglia"
"Scusa
,ma per chi mi hai preso? Ti sembro la fidanzata di Christian Grey?"
"No.
Di Pattinson. Meglio, no?"
"Variegato
al cioccolato. Zitto e vai"
"Oddio sta
succedendo davvero"
"Credo... credo... Chiamo Tom"
"Cosa?"
"Chiamo... Non devo chiamarlo?"
"Pattinson, sta per nascere tuo figlio e tu chiami Tom?"
"Ok non lo chiamo"
"Tom. Urla
da quattro ore"
"E io cosa dovrei farti per telefono?"
"Tranquillizzami. Son scappato dalla sua stanza. Capisci?"
"Sei un coglione del cazzo. Vai in quella fottuta stanza e goditi
questi momenti, Pattinson"
"Ok,
Kristen, ci siamo. Quando arriva la prossima tu spingi con tutta la tua
forza"
"Quella che mi è rimasta. Rob?"
"Piccola? Sono qui..."
"Dammi... Dam- AHAAAAAAAAAAA"
"Brava, Kristen. Coraggio.."
"Oddio oddio oddio.. Non ce la faccio. Datemi un cesario, un
antidolorifico. Qualunque cosa.."
"Non possiamo. Lo sai. Dai che sta arrivando l'altra..."
"Che siamo contenti"
"Amore"
"Zitto. Sta zitto. Maledetta a me e a quando ti ho detto quel
sì. ODDIOMIO SANTISSIMO"
"Sei brava, amore, sei brava"
"Baciami la fronte. Per favore, Rob, baciami la fronte"
"Shsss. Non piangere. Certo che ti bacio la fronte"
"Avanti che alla prossima potrò ufficialmente proclamarvi
genitori"
"Ti amo"
"In questo momento io no. Ma non muoverti dalla mia front-EEEEEEE"
"Ci siamo, ci siamo.Ohooo... Finalmente questo cucciolo ha visto la
luce. Congratulazioni, ragazzi."
3 anni dopo. POV Rob
"Papà"
"No"
"Ti prego"
"Ho detto no"
"Peffavoreeee" Quanto
può essere irritante la voce dei bambini di tre
anni, alle 5:30 di mattina? Io lo so. Tanto. Sento un movimento sul
piumone su di me. Un peso leggero che schiaccia sulle mia gambe e
inizia l'arrampicata fino ad arrivare ad un centimetro dal mio viso.
Serro gli occhi con forza.
'Avanti,
Rob, torna a dormire.'
"Papi"
'Lui
non ha davvero bisogno di te'
"Uff"
'Torna a dormire'
"Eddaiiiii"
"O Daniel,
perchè non rompi un po' a mamma anzichè rompere a
me?"
"Perchè lei
domme!" apro gli occhi cercando di fare il mio
sguardo migliore di disappunto ma lo spettacolo che mi ritrovo davanti
è il più bello del mondo. Quello che osservo ogni
mattina
da
più di tre anni.
Il mio meraviglioso
bambino in pigiama con i
suoi occhioni azzurri fissi a scrutarmi.
"Dormivo anche io,
sai" mi giro facendolo sistemare meglio sulla mia pancia "e vorrei
continuare a dormire, posso?"
"Pecchè?"
"Perchè ho
sonno?"
"E pecchè?"
"Perchè
stanotte non ho molto dormito"
"E pecchè,
papà?" Perchè io e tua madre non
facevamo sesso da tre giorni e il suplizio era durato fin troppo.
"Perchè?
Eh. Perchè, Daniel.. Perchè... Perchè
non vai giù e guardi i cartoni?"
"Ma io voglio
sapeeereee" salta sulla mia pancia come fosse un tappeto elastico. Dio,
che male.
Questa piccola pulce,
tanto uguale a me quanto irritante, riempie i
nostri giorni da parecchio tempo ormai. Il nostro tesoro più
grande, l'amore incondizionato fatto persona, il sole delle nostre
vita. Lui è il nostro tutto. La nostra famiglia era tutto.
Noi
eravamo il tutto.
Ancoro le mie mani sui
suoi piccoli fianchi cercando di bloccarlo e lo faccio ricadere sul
petto, rubandogli una risata.
"Eddaiii liberamiii"
"Shss." poggio un dito
sulle mie labbra a mò di silenzio e sussurro "L'hai detto
pure tu. La mamma dorme"
Sposta i suoi occhioni
sulla schiena di Kristen e rimane a
scrutarla per un po'. Come se la stesse studiando, piega la
testa di lato spostando la sua vista su ogni dettaglio del modo di
dormire della sua mamma. Poi prende il mio viso e lo strizza tra
le sue piccole manine.
"Pecchè
domme sempre così?" alzo un sopracciglio
divertito notando la sua posizione. Pancia in giù, capelli
che
le coprono il viso e aggrappata come un koala al cuscino.
"Nun lu su." ancora
con le guance strizzare dalle sue mani, Daniel si
avvicina al mio viso per lasciarmi un bacino al centro tra le
mie sopracciglia. Sorrido, contento che anche per stamattina ho
ricevuto il vero buongiorno di mio figlio.
"Tesoro, torna a
dormire. E' prestissimo." fa segno di no con la
testa. "Vuoi dormire qui con noi?" mi scruta profondamente.
Probabilmente l'offerta deve essere parecchio allettante se ci sta
pensando
così tanto. Chiude gli occhioni per poi riaprirli di botto e
fare ancora segno di no.
"Ok. Che vuoi fare
allora?"
"Oggi prendiamo la
bacca, papà?" 5.30 del mattino e qui davvero
si pretende di fare conversazione con un bambino di tre anni? Anche
no.
"Sì, Dan.
Prendiamo la barca. Dormi ora"
"No." alzo gli occhi
al cielo mentre sento Kristen muoversi lievemente accanto a me.
"..e, e vengono i
nonni?"
"Sì. "
prendo la piccola peste di peso adagiandola
accanto a me, sperando che a contatto con il cuscino avrebbe ceduto.
Chiudo gli occhi stringendolo a me e beandomi del suo profumo. Quanto
lo ama.
Conto mentalmente
dieci secondi. Silenzio. Forse sta davvero
cedendo. Sorrido, soddisfatto di me stesso e contento di avere ancora
due ore piene di sonno davanti a me.
Poi mi
alzerò prima di
Kristen e sistemerò le ultime cose prima di partire.
Sì.
"Anche nonna Jules?"
"Daniel!"
"Sh. Domme lei,
papà" ah, pure? "Ma... pecchè tu poi dommi in
un'altra casa?"
"Eh?"
"L'ha detto nonna.
Pecchè... aspe, ha detto lei che porta...
fortuna o sfortuna. No mi ricoddo" non ho tempo di rispondere che
qualcuno si gira di botto nel letto puntandomi un dito contro.
"Tua madre
può scordarselo" ecco. Appunto.
E' bella. I
capelli arruffati, gli occhi semi chiusi,
l'aria di una incazzata e la voce eccitantemente roca. E' dannatamente
bella. Ed è mia.
"L'ha detto nonna
Jules" sussurra il piccolo con la testa sul mio petto. Oh. L'ha detto
nonna Jules.
"Ah."
"Già, ah.
Direi quindi che tua madre può anche
scordarselo" le rivolgo il mio miglior sguardo di finto disappunto.
Sbuffa, tremendamente
tenera, quando con una mano tra i capelli
getta la testa pesantemente sul cuscino. Ridacchio. Felice.
Forse più di quanto lo ero stato in questi anni.
Nella mia vita
sono stati davvero tanti i momenti in cui ho detto 'non
potrò
mai essere più felice di così'. Perchè?
Semplicemente perchè ogni momento successivo finiva per
rendermi
ancora più felice.
Ed ognuno di questi
istanti prevedeva lei.
L'essenza del mio essere. L'unica ragione della mia esistenza.
Era lei, la prima
volta che l'ho vista. Era lei al nostro primo bacio.
Era lei la nostra prima volta. Era lei quando mi scelse. Quando mi
disse ti amo come se fosse la confessione più preziosa del
mondo
intero e lo era. Era quando siamo andati a vivere insieme. Era lei,
orgogliosa, ad ogni mio nuovo film. Era lei quando è tornata
e
quando l'ho odiata. Era lei quando le sue labbra si erano riappropriate
delle mie, dopo anni. Era lei quando aprii gli occhi in quel dannato
ospedale. Era lei quando ci ritrovammo per sempre e quando mi disse
sì. Quella sillaba che ci portò Daniel. Era lei.
E' lei. E lo
sarà per sempre.
Protagonista assoluta
della mia vita.
"Mamma"
"Mh?"
"Ho fame" seriamente,
come diavolo fa ad essere così pimpante all'alba?
"Se invece vieni qua,
ti stringi alla tua mamma che è ancora tanto stanca e
dormiamo?"
"Amore, c'ho
già provato. Non attacca"
"Ma io non mi chiamo
mica Robert Pattinson e non sono mica il papà" sbruffona.
"Dai, Dan. Vieni qui"
Di tutta risposta il
mio piccolo si stringe ancora di più a me
facendo segno di no con la testa e marcando il concetto "Ho fame".
Semplice. Lineare. Ed irrimediabilmente irrimovibile.
"Visto? Stewart, non
sei poi così convincente come credi" è
terribilmente sexy chiamarla per il cognome ma lo è ancora
di
più quando lei fa lo stesso.
Per di
più in un
sussurro accompagnato da una lieve carezza del suo naso su tutto il
profilo della mia mascella. Oddio, questa carezza non ha proprio
niente di casto.
"Pattinson, a dire il
vero stanotte mi sembravi molto convinto di me,
sai?" un bacio, all'angolo della mia bocca. Umido, eccitante. Nel suo
pieno stile.
"Mh. Ho tuo figlio
sopra di me. Smettila"
"E dov'è
tutto il tuo autocontrollo?" un sussurro. Un altro bacio, sul collo.
"...E', è
andato a farsi fottere quando t'ho conosciuta" un
altro po' e potrei iniziare a gemere "Quello che stai
facendo...è..." la sua lingua dietro il mio orecchio. Non
può. Proprio no. "è perverso. Ho... Dan.."
"Papà"
appunto.
"Daniel, amore di
mamma, vai giu? Guarda i cartoni e io tra poco ti
raggiungo e ti preparo il latte" respiro profondamente non
appena mio figlio si sposta avvinghiando le sue mani sul viso
della madre.
"Tu fai presto, vero?"
Kristen fa segno di sì con la testa.
Così come ha fatto poco prima con me, posa un bacino
tra le sopracciglia e poi, gattonando sulla mia pancia -conficcando
le sue ginocchia sulla mia pancia, per l'esattezza- sguscia
fuori dal letto e con i suoi piedini corre via.
"Ma secondo te
perchè ci bacia sempre lì ogni mattina"
"Fissazioni da
mini-Pattinson"
Con un solo gesto me
la ritrovo a cavalcioni su di me. La sua fronte
accozzata alla mia. I nostri respiri non più separati. Come
può farmi questo effetto dopo tutti questi anni?
"Ti amo"
"Ti voglio" rido
arpionando i suoi glutei.
"Davvero stanotte non
ti è bastato?"
"Due volte a letto e
una in doccia. Fammici pensare. No."
"Dio, perdonami
perchè sto per sposare una ninfomane" le sue
labbra in un attimo sulle mie. Nessun freno, nessun timore. Solo
lussuria e tanta tanta lingua.
"Non, non possiamo"
bacio "non posso" altro bacio "Dan.. No, Kristen"
"Mi stai davvero
rifiutando?" si ferma fissando il suo verde nei
miei occhi con un sopracciglio alzato in segno di disappunto.
"No?" sorriso
impertinente e via di nuovo all'attaco. Cazzo, se la
voglio. L'avrei sempre voluta. Ancora e ancora e ancora. Ma...
"K...
amore, a che ora abbiamo il traghetto?"
"... alle 8" porta le
mani ai bordi della sua maglia e fa per togliersela.
"Ok. No. Ferma"
"Rob"
"Sh"
"Ma"
"Ho detto stop"
"Che palle sei?" eh.
C'ha anche ragione. Ma mi rifiuto. Al
pensiero di farlo con nostro figlio sveglio a pochi metri di
distanza... No.
Sbuffa. Come una
bambina a
cui è stato appena negato il giocattolo più
bello. Beh,
effettivamente.
La stringo a me con un
braccio, cercando di non ridere per il broncio
che ha appena messo sù. Terribilmente buffa e dolce.
Terribilmente Kristen.
"Kristen, non
fraintendermi, io ti desidero" a quelle parole si gira a bocca aperta.
"Oh, fantastico.
Feeling like Bella Swan" le schiocco un bacio sulla guancia cercando di
non ridere.
"Ehi Bella Swan, torna
in te. Tuo figlio sta sotto. Sveglio. Credi davvero sia il caso?"
"Io credo solo che
quelle di stanotte non possono essere state davvero
le nostre ultime volte da non sposati. E' assurdo"
Oh, lei è
assurda. Per come la vedo io, fare l'amore con mia moglie -a tutti
gli effetti- sarà la cosa migliore del mondo.
Altro che ultima
volta da non sposati.
"Se vuoi ti prometto
che prima di domattina troveremo un posto per una sveltina"
"Davvero?" i suoi
occhi accesi, pieni di speranza. L'ho già detto che sembrava
una bambina?
"Se ci tieni
così tanto..."
"Grazie" un piccolo
bacio a stampo e un sorriso stupido stampato in faccia. Ecco. Ci voleva
così poco.
Allunga il braccio sul
comodino per prendere un elastico per i
capelli. Li raccoglie alti, mi regala un altro sorriso e fa per
alzarsi.
"Aspetta. Vieni qui"
la blocco per i fianchi per farla ricadere su di me. "Guardami negli
occhi"
Verde. Era il mio
colore preferito da ormai tanto tempo. "Vuoi...ecco, si. Beh..."
"Rob. Cosa?"
"Devo farti gli
auguri?" lo avevo detto velocemente. Quasi vergognandomene.
"Tu vuoi che io li
faccia a te?"
"Beh, no"
"Beh, nemmeno
io. Non abbiamo mai festeggiato S. Valentino. Ci
sposiamo addirittura il giorno dopo della festa degli innamorati. Scusa
ma niente auguri."
"D'accordo. Non credi
che stiamo sfidando la sorte?"
Forse -e dico
forse- sposarsi il giorno della festa dei single è un po' un
affronto, no?
"Io credo solo che ti
stai cagando in mano"
"Oh sta zitta!" le
scaglio un cuscino addosso nello stesso momento in cui scappa via.
Sorrido,
consapevole che l'ansia sta iniziando ad attanagliarmi con qualche ora
d' anticipo.
Riuscire a contenere
la 'furia Daniel' durante il breve viaggio sul
traghetto si è rivelata un'impresa piuttosto ardua. Ha la
capacità di sfuggire alle braccia di ben sei persone mentre
corre da un punto all'altro del pontile. Soltanto dopo averci visto
arresi e sfiniti sui sedili del traghetto si era deciso a venire
davanti me
e sua madre con il fiatone. Uno sguardo pentito, un sorriso e ciao ciao
voglia di rimproverarlo.
Devo ammetterlo, non
sono in grado di fare il muso duro. Non so
farlo a quei due occhi verdi che mi hanno totalmente soggiogato anni
prima, figurarsi se posso anche solo credere di riuscirci con quegli
occhi azzurri, tanto simili ai miei, del mio bambino.
E' così che
funziona nella nostra famiglia: io reggo un
minuto, Kristen fa la dura. E giuro, ci crede davvero in ogni
singolo rimprovero. Crede nelle sue capacità di farlo
ubbidire
e fargli capire dove sbaglia.
Lei ci crede, certo.
Quando
però Daniel inizia a guardarla fissa negli occhi, senza
nemmeno
sbattere le palpebre, lei prende un respiro profondo cercando di non
far cadere la sua maschera severa.
Fissa per un attimo il
mio sguardo
per poi tornare su quello di nostro figlio. Silenzio. Poi sbotta
sotto voce 'Voi e i
vostri dannati occhi'. Gira i tacchi e scrolla via la
rabbia a tempo zero.
Sì, quella
piccola pesta può tranquillamente rivoltarci come
calzini. E cosa ancora più grave? Non riusciamo ad
impedirglielo.
Quando arriviamo
sull'isola mi sento come trasportato indietro nel
tempo. Alla prima volta in cui vi sono stato insieme a Kristen. Il
nostro primo capodanno insieme. Sembra ieri ma non lo è.
Decisamente no.
Decisamente siamo adulti, adesso. Decisamente abbiamo fatto un bel
po' di casini. Decisamente abbiamo corso ai ripari.
E probabilmente
fare un bambino è stata davvero una banedizione per
rinsaldare in maniera
totale il nostro rapporto.
Certo, quando avevo
chiesto a Kristen di fare un figlio e lei mi
aveva risposto con un semplice 'Si' -finalmente-, non mi aspettavo di
fare centro quasi al primo colpo. E invece è successo.
Abbiamo davvero creato
la cosa più bella del mondo.
"Rob, quando pensi di
tornare tra noi con la testa e dare una mano con i bagagli?" gracchia
mia madre alle mie spalle.
"Scusa. Stavo solo..."
"Claire, lascialo
perdere. Sta così da quando ci siamo
svegliati" mi passa accanto Kristen con Daniel in braccio ormai
addormentato.
"Però se
almeno ti dai una svegliata e porti
dentro casa qualcosa non sarebbe un reato, sai?"
"Facciamo le
spiritose?" prendo un borsone e quando la raggiungo a passi
veloci, le mollo una pacca sul sedere.
Blocca i suoi piedi a
terra, ormai davanti l'entrata di casa e mi rivolge un sorriso alquanto
divertito.
"Smettila"
"Di toccare una mia
proprietà? Non credo succederà mai,
moglie" mi abbasso alla sua altezza e, ghermendole con la mano libera
il mento tra pollice e indice, mi riapproprio di una cosa per la quale
sarei potuto morire e risorgere ogni giorno: le sue labbra.
Tanto dolce, tanto
lento... tanto amore. Petali che si sfiorano, esattamente come la prima
volta.
"Non sono ancora tua
moglie" mormora. Ancora, le sue labbra sulle mie.
Quelle cinque parole,
soffiate appena, provocano uno sfioramento che
non fa altro che ricordarmi di dover trovare un attimo di pace solo
per noi, prima di domani.
Respira,
Rob. Molto profondamente.
"Tu sei mia moglie
dalla prima volta che ti ho vista"
"Da quando mi hai
trovata sul letto di Catherine?" ridacchia.
"No. Da quando cantavi
con una chitarra in mano dentro la tv di Tom".
Sposto le mie labbra
sulla sua fronte. Adoro lambirgliela. Forse è
proprio questo il gesto, il bacio simbolo del mio amore spropositato.
Un sentimento
così grande in un gesto così tenero. E lei lo
adora.
"Chi mi ha nominato?
Oh, per favore. Smettetela di essere così sdolcinati
già da ora!"
"Ciao, Tom. Zitto,
Tom. Va via, Tom"
"Quanto amore per il
tuo testimone di nozze"
"Porto Daniel a
riposare nella sua stanza" ridacchiò, il mio amore.
Annuisco, quasi
incantato, mentre la vedo allontanarsi sulle scale. E'
bella. Sono belli. Mollerei tutto per seguirla e farla mia.
Adesso. E lo farei davvero se non ci fosse quel coglione
del mio migliore amico accanto a me in questo preciso istante.
"Dove hai mollato il
resto della tua ciurma? Mi mancano."
"Uhm. Anche Sienna?"
"No. Lei un po' meno
dei cuccioli" preciso, scherzando di rimando. Non
vedo quelle due pulci da troppi giorni. Marlowe ormai è
proprio una
signorinella. Un vagone di dolcezza e e scaltrezza
concentrato in
sette anni di pura gioia. Vederla crescere è la
soddisfazione
più grande per i suoi genitori. E anche per lo zio Rob e la
zia
Kris.
Adoro vederle insieme.
Kristen ha ripreso i rapporti con lei quasi
subito. Far capire a Marlowe chi fosse, dopo quei due anni di assenza,
non è stato facile. Le avevo sempre parlato di lei. Di
quanto le
avesse voluto bene dal primo giorno in cui l'aveva vista. Ma la zia
Kris restava sempre un'entità astratta fin quando era
tornata ad
essere il centro della mia esistenza.
Adesso sono
inseparabili. Passano insieme ogni momento che hanno a
disposizione e so che la vicinanza a Kristen sta sviluppando in
Marlowe un processo tanto complesso quanto magnifico: la
stewartizzazione.
Se Sienna è
una patita di moda e tutto ciò che concerne quel
mondo, Marlowe odia anche solo indossare un abito. Vuole jeans,
jeans e ancora jeans. Niente calze o gonne. Niente ballerine o
scarpette eleganti. Inizialmente Tom ha attribuito tutto alla
predominanza del suo gene: trasandato e amante della
comodità.
Poi, quando per Natale, ha espressamente preteso un paio
di vans e un berretto con 'una frase
bella bella'
-cito testualmente-, abbiamo iniziato a comprendere come stanno davvero
le cose.
Kristen, dal canto
suo, si è sentita tremendamente in colpa. Non
riesce a concepire che una bambina possa prendere ad esempio
qualcuno che non è la sua mamma. Ma io so che dentro di lei,
segretamente, riesce a sentirsi anche un briciolo soddisfatta di
questo.
Orlando ha quasi
quattro anni. Come previsto, la sua iniziale
somiglianza col papà non lo ha abbandonato. E più
cresce e più è uguale a Tom. Caratterialmente e
fisicamente.
Adora la musica e alla tenera età di due anni io e Kristen
abbiamo pensato bene di regalargli la sua prima chitarra giocattolo.
"Stanno in albergo. Ci
siamo soltanto noi ancora"
"I ragazzi?"
"Li ho sentiti. Visto
che la cerimonia sarà nel pomeriggio e che
tu rinunci al tuo addio a celibato, pensano di arrivare direttamente
domani mattina" annuisco distrattamente mentre porto dentro un'altra
valigia. Ma quanta roba ci siam portati dietro?
"Senti Rob"
"Cosa?"
"Sei proprio sicuro di
non voler.."
"Sì, Tom"
"Ma è una
cosa importante. Voglio dire, anche se non ci sono i
ragazzi, possiamo sempre uscire io e te e prenderci una birra oppure"
"Tom. Davvero, no." Il
discorso addio al
celibato per Pattinson è
un qualcosa che ormai affronto quotidianamente da più di due
settimane. Ci hanno provato tutti a convincermi a fare anche una
semplice rimpatriata in un qualche pub di Londra. Avevano persino
chiamato Cj per cercare di farmi combinare qualcosa. Che poi, cosa vuoi
che ne importi proprio a lui di una stupida festa con qualche
spogliarellista? Ovviamente non avevo ceduto.
"E poi avrò
il mio addio a celibato, tranquillo" provo a rassicurarlo sorridendo
lievemente.
Apro il frigo e niente
birre "Mamma, abbiamo il frigo vuoto" comunico mentre la vedo entrare
in cucina.
"Che vuol dire
'avrò il mio addio a celibato'?". Mh, odio quando Tom fa
quella faccia.
"Lizzie e Jules stanno
andando a prendere qualcosa. Avrai l'addio a celibato, Rob?"
"Oddio, mamma" sbatto
l'anta dell'elettrodomestico già esasperato per il suo tono.
"Scusa scusa" alza le
mani in segno di resa lasciandoci di nuovo soli.
Volgo il mio sguardo al mio migliore amico e cerca di incenerirlo
più che posso.
"Cazzo guardi?"
"Tu. Sei un coglione"
"No. Ma certo. Non
solo ti organizzi un addio a celibato senza dirmi
niente. A me. Il tuo migliore amico. Sono il tuo testimone, cazzo!"
"Non urlare" lo
riprendo con tono duro. "E tu non ci puoi venire al mio addio a
celibato, comunque"
"Cosa?!" alza ancora
di qualche decimo il suo tono allora afferro il
suo braccio e cerco di stritolarglielo nella morsa delle mie mani. "Ok
ok ok. Parlo piano. Mollami"
"Non devi fiatare.
Perchè siamo fin troppi in questa casa e nessuno deve
sapere. Nessuno"
"Oddio, Rob. Non dirmi
che.. No, non l'hai fatto davvero. Non a
Kristen. Non alla vostra famiglia. Non a pochi giorni dal vostro
matrimonio. Non puoi averla tradita, non-"
"Ma sei fuori?! Cazzo,
Tom. Stasera io e Kristen ci imboscheremo da qualche parte. Qui nessuno
vuole che gli sposi
passino l'ultima notte nella stessa stanza" termino in tono solenne e
severo, facendo un po'
il verso a mia madre e
mia suocera.
"Oh". L'espressione di
chi stava chiarendo nella sua testa un milione di dubbi. "Scusa se,
beh... sai, no..."
"No, Tom. Scusami tu
se non ti rendo partecipe delle mie scopate con la
mia donna" sapevo essere parecchio tagliente con il mio sarcasmo a
volte.
"Ho capito. Hai le
palle girate. Me ne vado, mh?"
"Ecco bravo. Sparisci
e non farti vedere fino a domani"
Alza la mano a mo di
saluto mentre si allontana, dandomi le spalle. Con
la sua camminata ciondolante e tipicamente inglese. Tipicamente mia.
Fratelli dal sangue diverso.
"Tom" si gira,
inclinando la testa. Lo sguardo che mi incita a continuare. Cazzo, gli
voglio bene.
"Grazie" e mai come
ora sono sincero.
"Per cosa?"
"Niente e tutto"
Scuote la testa, quasi
divertito.
"Ci vediamo domani,
coglione. Ti voglio con i nervi saldi"
Pov
Kristen
"Oddio. Non riesco a
credere che l'abbiamo fatto davvero" getto la
testa all'indietro facendo finire chissà quanta sabbia tra i
miei capelli.
"Vieni qua" mi sento
afferrare dalle sue braccia che, con precisione
più che assoluta, fanno in modo di far finire la mia testa a
contatto col suo petto ancora ansante "Fatto cosa?"
"Tutto questo" rido,
indicando me, lui e l'intera situazione.
"Il sesso?" chiede.
Sotto sotto ne è consapevole anche lui
dell'assurdità che stavamo vivendo.
"No. Cioè,
sì. Cazzo, amore. Sono le due di notte e siamo
scappati da casa nostra per fare l'amore in spiaggia. Come due
fuggitivi"
Lo sento ridere,
sottovoce. Quasi come se avesse paura che qualcuno possa scoprirci. Ed
effettivamente è così.
"Amo quando lo dici"
soffia fuori con estrema calma.
"Spiaggia?"
"No" ancora quella
risata. La sua. "Fare
l'amore"
Alzo il viso per
guardarlo meglio e trovo le sue pozze azzurre chiuse.
Il viso rilassato, pacifico. L'espressione di chi ha appena fatto il
sesso migliore del mondo.
E c'è da
dirlo: noi facciamo sempre il sesso migliore del mondo.
"Apri gli occhi.
Guardami" lo fa e mi investe con tutta la potenza del
suo sguardo. "Io però amo mettere in pratica quello dico.
Sempre"
"Oh, lo so bene".
Sorridiamo mentre gli stampo un bacio su quelle labbra tanto calde
quanto soffici.
"Ammetto
però che il nostro letto è più comodo.
E
poi questa casa ce la godiamo così poco che adesso che ci
siamo
ci è toccato scappare"
"Già.
Dovremmo venirci più spesso"
"Amore, lo dici ogni
volta che il discorso cade su una delle case che
hai deciso di comprare in giro per il mondo" infilzo le mie dita tra i
suoi capelli e massaggio la sua cute con calma ed estrema lentezza.
"Ehi. Così
mi fai passare per un megalomane con complessi di
superiorità"
Alzo un sopracciglio,
divertita. Oddio, un po' megalomane lo è se ci si mette.
"Eddai e poi non sono
così tante. Noi viviamo a Londra"
"Mh"
"E abbiamo la casa a
mare a Malibu."
"Giusto. Continua,
Pattinson" mi sistemo seduta a gambe incrociate, accanto al suo corpo
nudo steso sul telo da mare.
"Beh, abbiamo questa
casa. Quest'isola è importante per noi. E' tranquilla.
Voglio dire.."
"Ok. Lo so.
Dimenticato niente?"
"Beh, no. Non sono poi
così tante"
"Non sono
così tante se non conti l'appartamento a Parigi e
l'attico a New York" scoppio a ridere, nascondendo il viso nell'incavo
del suo collo.
"Ehi. Ci andiamo
spesso a Parigi. E anche a New York. Io lo faccio per Daniel. Sai non
mi va che.."
"Non ti va che stia in
albergo quando lo portiamo con noi" concludo, sapendo ormai a memoria
quella frase.
"Esatto"
"Ammetterai
però che un tantino megalomane lo sei" sfioro con la punta
del mio indice i suoi zigomi, il naso, gli occhi.
"Kristen.."
"Ma" lo zittisco,
facendo finire la corsa del mio polpastrello sulle
sue labbra "Lo fai per nostro figlio. E questo ti rende il
papà
migliore del mondo"
Lo sento allargarsi in
un sorriso sotto il mio dito e, senza riuscire a
contenere l'amore che mi scoppia dentro, incollo ancora una volta le
nostre labbra. Dio, il suo sapore,
"E' per questo che mi
sposi" soddisfatto come non mai. Si vede lontano
un miglio che non vede l'ora. Sembra un bambino che aspetta con ansia
il regalo di Natale che ha sempre desiderato.
Ed io non sono da meno.
"E perchè
me lo hai chiesto ogni giorno per otto lunghi mesi"
"E perchè
te l'ho chiesto ogni giorno per otto lunghi mesi" mi fa eco,
carezzandomi col suo sguardo pieno di adorazione.
Giugno
era sempre stato il mese preferito di Kristen. Sin da quando era
piccola.
Era
il mese della fine della scuola,
il mese in cui ci si trasferiva nella casa a mare, il mese in cui aveva
dato e ricevuto il suo primo bacio, il mese in cui iniziavano i
falò in spiaggia, il mese in cui aveva conosciuto Robert.
In
tanti anni, non avevano mai
individuato un'unica data da considerare come loro anniversario. Erano
state così tante le tappe importanti della loro storia che,
a
detta di Kristen, non aveva senso focalizzarsi su un unico giorno. In
fondo come potevano scegliere tra il giorno del loro primo bacio,
quello della loro prima volta, quello del loro ti amo urlato e
sussurrato con speranza e timore.
Ma
quella mattina, qualcosa sarebbe stato diverso.
Quando
Kristen si era ritrovata ad
aprire gli occhi, disturbata dai raggi di sole che filtravano dalla
finestra, non si era resa conto di quanto fosse in ritardo sulla
tabella di marcia. Si strinse su stessa, cercando di dare una svegliata
ai muscoli ancora intorpiditi dal sonno. Volse il viso alla sua destra
strizzando con forza gli occhi per poi aprirli di botto e fissarli
sulla radiosveglia.
"Cazzo!"
10.23.
Era bastato questo a farla
saltare come una molla. Si passò velocemente una mano tra i
capelli continuando ad imprecare e cercando di fare mente locale.
Era
giugno. Era sabato. Tra quattro ore sarebbero stati su un aereo per LA
e...
"Cazzo
devo finire le valige!" urlò quasi sbattendo con prepotenza
la sua mano sul materasso.
"Ti
calmi?" Sì, beh, forse
quella voce poteva essere l'unica capace a farla ragionare nei suoi
momenti di sclero. Ma non quella mattina. Non a quell'ora. Non con lui
lavato, vestito e sdraiato nel loro letto con le mani dietro la nuca.
"Sei
vestito?"
"So
che mi avresti preferito nudo"
disse Robert ammiccando. Quel suo sorriso malizioso che in situazioni
normali le avrebbe fatto salire un formicolio familiare lungo il
ventre. In condizioni normali, certo.
"Oddio!
Sei vestito!" lo
accusò "Sei vestito e non mi hai svegliato! Robert, ho una
marea
di cose da fare! E tu non mi hai svegliato!" urlava, esasperata.
"Amore,
abbiamo tutto il tempo."
"Non
è affatto vero" precisò con le orbite ormai fuori
dagli occhi.
Saltò
giù dal letto come un grillo "Dan, è sveglio?"
"Dorme
tranquillo."
"Oddio
e perchè non lo hai svegliato?!" Ancora il panico nella sua
voce.
"Dovresti
tranquillizzarti anche tu".
Mh.
Odiava quei momenti in cui Robert
cercava di ostentare la sua calma e il suo autocontrollo. Solo per
ricordarle che, diamine, lui sapeva essere più controllato
di
lei.
"Ti
devo chiedere una cosa, Kristen.
Torni un attimo a letto?" la vedeva vagare per la stanza, gesticolando.
Apriva e chiudeva cassetti prendendo cose praticamente a caso.
"Kristen,
per favore potresti"
"No.
No, Robert. Non posso. E sai perchè? Perchè non
mi hai svegliato. Stronzo"
"Kristen"
"Non
mi hai svegliato. Tra quattro ore partiamo e tu non mi hai svegliato"
"Ehi.
Ehi, ti fermi un attimo?" scese
anche lui dal letto per raggiungerla "Adesso tu ti fermi e mi guardi. A
me gli occhi Kristen. Adesso".
Le
bloccò le mani nelle sue.
La scrutò a fondo mentre i loro occhi si incatenavano gli
uni
agli altri. Come la prima volta. Come quel giorno, tanti anni prima.
"Ti
devo dire una cosa. Importante.
Quindi tu ora stai zitta e ferma. E mi ascolti. Prometto di essere
veloce e poi potrai fare le valige anche per Timbuctu. Ok?"
Dal
canto suo Kristen non rispose.
Stava lì a fissarlo come sempre e come mai prima d'ora.
Stava a
guardarlo come un bambino guarda la cioccolata, come un tossico guarda
la sua droga, come una donna innamorata guarda la sua ragione di vita.
Annuì
debolmente, senza distogliere gli occhi. Incapace per poterlo fare.
"Ok.
Sai che giorno è oggi?"
Fece
di no con la testa. Inerme e concentrata su di lui.
"Te
lo dico io. Oggi è l'otto Giugno. E io e te l'otto giugno"
"Ci
siamo conosciuti"
"Esatto"
sorrise, Rob a quella sua
ripresa di parola " E siccome ti amo, e siccome è un giorno
importante, io ho proprio bisogno di fare una cosa"
Guardò
ancora una volta il
viso della sua donna prima di prendere un respiro profondo ed
inginocchiarsi di fronte a lei. Senza mollare le sue mani.
"Cazzo"
era un sussurro. Kristen
aveva solo sussurrato e con quella singola parola aveva gettato fuori
tutta l'aria che aveva in corpo.
Rigida come un chiodo, stava lì con lo sguardo fisso e la
bocca aperta.
"Respira"
consigliò Robert, con un sorrisetto nervoso.
"Non,
non ce l'ho un discorso.
Però.." si fermò, infilando una mano in tasca e
tirandone
fuori una scatolina " l'anello c'è" ridacchiò.
Stava
ferma lei. Immobile. Immobile con il cuore a mille e un mucchio di
vestiti sparsi intorno a lei.
"Kristen.
Io ti amo. E questo
suppongo che tu già lo sappia. E' che ti amo proprio tanto.
Ti
amo così tanto che ti voglio mia. E so che probabilmente tu
stia
pensando che sono un cretino perchè tu sei già
mia da
così tanto tempo che a confronto Di Caprio aspetta un oscar
solo
due un annetto. Ma, sai, io voglio farti mia in tutti i sensi. Tutti i
modi. Senza nessuna esclusione. Perchè sei la ragazzina che
a
diciassette anni mi ha fatto perdere la testa, sei la persona che mi ha
fatto innamorare per la prima volta. Sei quella per cui ho mollato
tutto e ho cambiato vita. Sei la donna che mi ha fatto soffrire di
più al mondo e anche quella che mi rende più
felice. Sei
la proprietaria di due grandi occhi verdi come la luna. E,
sì,
mi sono appena citato. Perchè, cazzo, tu sei la mia musa in
tutto quello che faccio. Sei un maschiaccio in piena regola e mi rubi i
vestiti senza chiedermi il permesso. Ma sei anche la donna
più
bella e sexy del mondo. Sei l'attrice più brava della nostra
generazione. Sì, autocitazione anche qui. Ma lo continuo a
pensare e non cambierà mai. E sei una bomba a letto. Sai
cucinare da Dio e, diamine, mi hai reso padre. Sei la madre di mio
figlio. Di quel piccolo batuffolo che dorme di là e che mi
ha
aiutato a scegliere questo anello. E sarai la madre anche di tutti quei
bambini che arriveranno. E sei perfetta. Con lui, con me. A lavoro e a
casa. Sei la persona più forte e testarda che io conosca e
ti
amo terribilmente. E se mi dici no, sappi che io continuerò
a
chiedertelo ogni giorno della mia vita, a partire da adesso, fin quando
cederai. Quindi, ti prego, sposami Kristen Stewart. Sposami."
Silenzio.
Silenzio rumoroso. Silenzio pieno dei loro battitti furiosi.
"Davvero
me lo chiederesti ogni giorno?" tremava e sorrideva come un ebete.
"Sì.
Ogni giorno" tremava e... tremava.
"Se
ti dico di sì, potresti
continuare a chiedermelo lo stesso ogni giorno fino a quello in cui ci
troveremo davanti all'altare?"
"Sì.
Certo. Prometto di farlo ma, ti prego, adesso di qualcosa
perchè il ginocchio inizia a farmi male"
Scoppiò
a ridere. Come un'adolescente. Felice. Sicuramente più
rilassata di qualche attimo prima.
Certo
che lo avrebbe sposato. E lo avrebbe fatto anche in quel preciso
istante. Forse anche anni prima.
"Che
dici, muovi il culo? Mettimi questo anello che devo sistemare tutta
questa roba"
"Come
rovinare un momento romantico made in Kristen Stewart" sorrise, ormai
divertito e rilassato.
"Sì"
"Sì?"
"Sì."
Quando alle prime luci
dell'alba ci siamo lasciati davanti alle porte
delle nostre camere, rigorosamente separate, non sapevo che dopo poche
ore tutta la calma che mi si era infusa dentro in questi giorni,
sarebbe andata a farsi benedire.
Impossibilitata a
chiudere gli occhi, sono ormai ore che tutta l'ansia
per quel momento tanto atteso riesce a colpire il mio povero stomaco.
Sin da piccola è questo il mio modo di reagire ad ogni tipo
di
avvenimento importante: nausea, vomito, pressione bassa.
Ed è
così che va avanti ormai da ore. E' così che
continuo a camminare su e giù per la mia stanza, sin da
quando
sono iniziati i preparativi per la sposa.
E adesso, con addosso
il mio abito da sposa, non riesco ancora a calmarmi. A calmare la
mente, il cuore... lo stomaco!
E
se vomitassi all'altare? Sui piedi di Robert. Oddio. Così
sì che non mi sposerebbe.
"Uhm. Una sposa tutta
sola e super nervosa, eh?" mi volto. Quella voce. La voce di un'amica.
Di un sostegno.
"Ruth!" mando via il
fiato, chiamandola. Una mano tra i capelli, continuando a torturarli
ormai da ore.
"Non sarebbe stato
meglio legarli? Tra un pò te li strappi"
"E' stato Rob a
chiedermeli sciolti" su e giù. Su e giù.
Probabilmente fossi
stata su una strada avrei già fatto
chilometri.
"Mh. D'accordo. E come
stai?"
"Bene"
"Bene?"
"Sì"
Respira.
E' solo il tuo matrimonio. Stai solo per sposarti.
Con Robert. E con la voglia di vomitare per l'ennesima volta.
"A me non sembra
così bene. Mi hanno parlato di emergenza...stomaco?"
"Ansia. Sai come sono
fatta. Ma davvero. E' tutto ok. Forse, forse
dovrei togliermi questo abito. Respirare, vomitare di nuovo e
rimetterlo. Giusto, Ruth? Ho ragione, no?"
Ride. Era bella, come
sempre e calmissima. La invidiavo terribilmente in quel momento.
"Sai, se non sapessi
che tra pochissimo andrai a sposare l'uomo della
tua vita e che quindi l'ansia ti sta mangiando viva, griderei alla
gravidanza senza pensarci più di tanto"
BINGO
No. Non
poteva essere. Proprio no.
Ma se è 'proprio no',
per quale motivo il mio sangue si è appena gelato
bloccandomi il
respiro a metà torace?
Oh, lo so io per quale
motivo. Lo so
bene. So bene -più che altro me ne rendo conto adesso- che
le
mie amiche rosse non vengono a farmi visita da un bel po'.
Oh merda.
Oh cazzo.
"Ruth, potresti... Mi,
mi vai a chiamare Ellie un attimo?"
"Uhm. Certo. Tutto ok,
Kristen?"
"Si si. Mandami Ellie
però." annuisce prima di uscire per lasciarmi ancora una
volta sola.
Quando anni prima
avevo scoperto di aspettare Daniel, sicuramente la
situazione era molto diversa. Lo abbiamo cercato e, anche se non si era
fatto attendere più di tanto, quei mesi che avevano
preceduto
quel momento in cui mi ero ritrovata con un test positivo in mano erano
stati pieni di pensieri e desideri per un bambino.
Adesso no. Non che non
vorremmo altri figli, anzi. Fosse per Robert
potremmo mettere su una squadro di calcio.
E' che semplicemente
non lo
stiamo cercando. E' che semplicemente scoprirlo in questo momento non
sarebbe proprio il massimo.
"Ehi, Stewart" la voce
della mia migliore amica mi ridesta dai miei pensieri.
"Devi farmi un favore"
scatto come una molla, andandole vicina.
"Sei una figa
pazzesca. Questo abito è pazzesco. I capelli sono
i tuoi quindi sono pazzeschi e sei... stravolta. Ok, che succede?"
"Devi andare in
farmacia"
"Cazzo stai dicendo?"
come passare dalla calma alla confusione in meno di un istante.
"Vai in farmacia"
"Kristen, stai bene?"
mi prende le mani. Scruta a fondo il mio viso. Oh, sì la
stavo facendo preoccupare.
"No. Sì.
Cioè... Ellie va in farmacia e compra un test di gravidanza"
"Cosa?"
"Hai capito"
"Aspetta. Cosa?!"
Oddio, perchè urlava?
"Credo di essere
incinta"
"Tesoro ma
è bellissimo" a questo punto è più che
normale trovarmela stretta a me.
Un sorriso fino agli
occhi e una commozione che stenta a nascondere. E'
sempre così, lei. Incapace di contenere le sue emozioni.
Tanto sensibile e
sfrontata allo stesso tempo. Le voglio bene
così tanto. Ma adesso, adesso ho bisogno che almeno lei
tenga i
nervi saldi.
"Ellie, vai. Ti prego"
"Kris, io sono
felicissima e ti voglio bene ma... Non posso cercare una farmacia
adesso"
"Sì che
puoi. Vai. Avanti."
"No. Forse non te ne
rendi conto ma tra meno di mezzora tu devi essere
sotto. Nel giardino di questa casa. Davanti all'altare. Con accanto
Rob"
"Lo so. E' per questo
che ti devi muovere!"
"Ma sei impazzita?
Devi sposarti. Io sono la tua testimone e, cazzo,
non posso scappare da questa casa in questo momento. E tu non puoi fare
un test di gravidanza."
"Andiamo, Ellie. Sei
la mia testimone, lo hai detto tu. Devi sostenermi."
"Non puoi
semplicemente prendere un respiro profondo, svuotare la
mente. Sposarti e poi magari il test lo fai con Rob. Più
tardi."
Oh, no. Non
è minimamente possibile. Io devo sapere. E devo sapere
adesso.
Scuoto energicamente
la testa, dandole le spalle.
Io voglio sapere se
sarò madre. Di nuovo. Voglio sapere se mi andrò a
sposare
con un esserino in pancia.
Lo stomaco si rivolta
come mai prima d'ora. Nausea, ansia. Forse anche un po' di paura.
"Ok. Ok, ci vado"
"Oddio. Davvero?" fa
segno di sì, impercettibilmente "Grazie grazie grazie
grazie".
La stritolo tra le mie
braccia facendole mancare l'aria. L'ho già detto che
è la mia migliore amica?
"Dopo questa cazzata
però mi giuri che se sei incinta davvero io
sarò la madrina. Altrimenti col cazzo che ci vado"
"Lo prometto. Ora vai"
Non so come riesco
ancora ad essere viva, adesso, con questo bastoncino in mano.
Ho seriamente creduto
che potessi morire di infarto per tutto il tempo in cui ho aspettato
Ellie. Adesso rischio di morire inghiottita dall'ansia.
Aspetto tre minuti,
con in dosso soltanto la mia lingerie bianca. Ad occhi estranei la
situazione potrebbe sembrare più che patetica.
'La
sposa è in ritardo'. Così qualcuno ha
appena urlato fuori dalla mia camera. E lo sapevo. Sapevo bene di
essere in ritardo di ben quindici minuti.
Ma qui, in questo
momento, non posso che fregarmene. Non riesco a non pensare nemmeno per
un attimo al fatto che, probabilmente, questo giorno possa cambiare
doppiamente la mia vita.
Sento squillare un
telefono. I tre minuti sono quasi finiti.
"Kris, è
Rob"
"Mh?"
"Al telefono. E'
Robert."
"Cazzo vuol dire che
è al telefono?"
"Merda, Kris. Ti sta
chiamando. Vuoi provare a connetterti tra gli umani per un secondo?!"
sbraita Ellie. Si spazientisce.
Quasi come se quella a
stare per scoprire se stesse per diventare ancora una volta madre
sarebbe stata lei.
Afferro quel cellulare
dalle sue mani mentre mi lascio scivolare lungo la parete per sedermi
in terra. Dio, mi
starà odiando.
"Sono in
ritardo. Lo so."
"Piccola? Stai bene?"
aveva l'ansia nella voce. Un'ansia quasi pari alla mia.
"Sì. Sto,
sto bene. Davvero, dammi solo due minuti e scendo"
"Ti trema la voce"
"Anche a te".
Certo. Buttiamo pure
il discorso su di lui. Come se non fossi io quella ancora svestita,
seduta sul pavimento a gambe incrociate e con un test di gravidanza in
mano.
"Sai, beh, sto
aspettando la donna della mia vita all'altare da un po'. A dire il vero
la aspetto da tutta una vita" sorride. Ed io lo seguo.
Seguo in quel sorriso
perchè è vero. Ha ragione. Mi aspetta da tutta
una vita. Ci aspettiamo da tutta una vita. Con urla, pianti, gioie e
risate. Siamo così noi. Lo siamo sempre stati e lo saremo
sempre.
Due anime spezzate e
che insieme si son curate. Un ragazzo e una ragazza. Innamorati.
Testardi. Cazzoni. Pronti a farci del male più del dovuto e
ad amarci come se la nostra esistenza dipendesse solo da questo. Ed
è così. Noi dipendiamo dal nostro amore. Un amore
forse un po' malato ma forte più di ogni calamità.
Lo amo. Mi ama.
E amiamo i nostri
figli. Daniel... e quelle due lineette rosa su quel bastoncino bianco.
"Rob?"
"Sì?"
"Mi vuoi sposare?"
ride. Amo questo suono più di ogni altro suono al mondo.
"Oggi per la prima
volta dopo mesi non te l'ho chiesto. Certo, amore. Non scapperei dal
nostro matrimonio per nulla al mondo"
"Mi sposi... anche se
nell'abito da sposa saremo in due?"
"Kris, hai bevuto?"
"Anche se lo
stai venendo a sapere di nuovo per telefono?"
"Ma che cazzo..."
"Anche se sarai di
nuovo papà e l'ho scoperto due minuti prima di sposarci?".
Trattiene il respiro.
Ed io con lui.
Lo amo. Mi ama.
La paura. La paura ha
una definizione ben precisa. Ed io l'ho sperimentata abbondantemente
nella mia vita.
Ma in questo momento,
mi rendo conto che aver paura significa aprirsi ad una liberazione
capace di farti volare il cuore fuori dal petto.
Aver paura significa
passare dall'inquietudine alla pace in un batter d'occhio.
Ma allora, allora
perchè ci si continua a spaventare o ad avere ansia?
E' più
facile di quello che si possa pensare. Lo si fa per godere a pieno quel
momento di gioia che la sussegue.
"Adesso voglio
sposarti più di prima"
In case you just want to come
home
fine.
Grazie. Forse è
l'unica parola che si possa dire in questi casi. Forse anche la
più banale. Forse anche la più bella.
Un grazie enorme a tutti
voi che avete letto. Siete stati pazienti e non avete esagerato con le
minacce, nonostante il ritardo con cui arriva questo epilogo. Siete
stati grandiosi.
Grazie a whatsapp.
Perchè sappiate che senza di lui questa storia non sarebbe
esistita, in particolar modo questo epilogo. La prima parte
è tratta da vere conversazioni sclerotiche e spropositate
tra me e Rosa. Quindi, sì, adesso sapete quanto siamo
davvero psicopatiche.
Grazie a Demi. Senza di
lei non avremmo avuto il titolo perfetto ad ogni capitolo e soprattutto
non avremmo avuto il titolo della ff stessa.
Grazie alla musica che
nel bene e nel male, con lacrime e risate, ci ha accompagnate nella
stesura di questo racconto.
Grazie a due persone, due
ragazzi, due folli, due barboni, due coglioni. Chiamateli come volete,
amateli, odiateli ma senza di loro nulla ci sarebbe stato.
Rosa dice di voler
ringraziare me. Beh, io ringrazio lei. Un po' piangendo e un po'
ridendo, in questo momento, posso solo dire che anche io, grazie a lei,
ho la mia Ellie.
Grazie. Semplicemente
questo.
Helen & Rose.
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