In case you just want to come home

di DouglasSpunk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strong enough to leave you ***
Capitolo 2: *** Weak enough to need you ***
Capitolo 3: *** Cared enough to let you walk away ***
Capitolo 4: *** In case you change your mind ***
Capitolo 5: *** I'll be waiting here ***
Capitolo 6: *** In case you just want to come home ***



Capitolo 1
*** Strong enough to leave you ***


 


Salve popolo. Sì, sembrano passati secoli e invece è solo un anno... Un anno in cui sono successe tante cose, belle e brutte. Qui è Elena che vi parla e beh, avrete capito (spero) che io e la Rose siamo ufficialmente tornate. Sapete si avvicina il Natale e quindi dovremmo essere tutti più buoni... Certo. 
Sinceramente non so cosa dire. Ho - abbiamo - tanta ansia. E preferirei lasciare a voi il resto. So... Buona lettura.
P.S. Rosa ha, come ad ogni Natale -__- , il pc guasto quindi sarò io a postare anche i suoi capitoli dal suo account.


Prologo
Strong enough to leave you
 
 
Paura.

La paura, nel vocabolario, è definita come uno stato emotivoconsistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario.

Paura.

Le persone hanno paura di tutto: dell'amore, della morte, delle malattie, di soffrire, dei cani, degli squali, della velocità; perfino delle farfalle.
Si ha paura di sbagliare, di provare qualcosa, di perdere qualcuno a noi caro.

Paura.

La paura ci spinge a fare scelte. Chi ha paura, di solito, sceglie di
non vivere. Non completamente, comunque.
Io, Kristen Stewart, non esulavo da quella definizione.



"Kristen?"
"Uhm?" Lui ammiccò: labbra tese in un sorriso malizioso, occhi socchiusi, un sopracciglio alzato, voce roca.
Lei mugugnò infastidita.
"No." Il sorriso del biondo non si spense.
Avevano fatto l'amore tutta la notte, eppure la voleva ancora. Fece forza sui bicipiti, si alzò per metà e posò il suo corpo su quello della donna che cercava di recuperare
le ore di sonno 'perse' ad 'accontentare' il suo fidanzato.
"Robert... È tardi." Robert scese con la bocca sul collo di Kristen, cominciando a posarle baci lievi su tutta la mascella. Lei, in risposta, si morse un labbro per non gemere.
"Tecnicamente, Kristen, non è tardi", arrestò la sua manovra per guardare la radiosveglia che Kristen si ostinava a tenere sul comodino,
"sono le sei e due minuti del mattino. Non è tardi."
"Mh" la sentì dire, "allora è presto."
"Nah,"disse un attimo prima di baciarle la bocca con impeto. Schiusero insieme le labbra, nello stesso momento, quasi come se si fossero messi d'accordo; 
dopo furono solo gemiti, urla sommesse, sorrisi orgogliosi trattenuti in un morso e lasciati andare in un bacio frettoloso, parole sconnesse e labbra umide.
Quello che successe dopo fu l'amore senza paura. Quello vero, incondizionato.
Come se si fossero sussurrati le migliori promesse. E le promesse si mantengono. Si mantengono anche dopo giorni, mesi, anni, urla, "sì" e "no", "forse" e "se", "a domani" e "ci vediamo", "Io ti amo" ed "io ti odio".
Le promesse, quelle fatte col sangue di chi vive, col cuore di chi ama, con gli occhi di chi venera, le mani di chi adora, e la mente di chi pensa, vanno mantenute.


"Posso portarle qualcosa, signorina?" Scossi la testa in segno di diniego, e lasciai che l'hostess di volo mi sorridesse accondiscendente prima di andarsene.
Parigi. Poi Cannes. Nessuno avrebbe saputo nulla. Né mio padre, né mia madre. Nessuno.
Men che meno lui.


"signorina, posso portarle qualcosa?" Lei si morse un labbro, trattenendo una risata che altrimenti sarebbe esplosa potente.
"Si."
"Bene, cosa le porto?" La donna dagli occhi verdi fece finta di pensarci, guardandolo: Robert indossava uno stupido grembiule da cucina ed un paio di boxer,
in mano teneva un vassoio vuoto.
"Uhm" fece finta di pensarci. Lui sorrise. "Mi andrebbe un te".
"Alla pesca?" Kristen scosse la testa.
"Al limone?" Negò ancora.
"Alla men", stavolta non lo fece finire di parlare. Si alzò in piedi sul letto sovrastando in altezza il ragazzo, e posandogli due dita sulla bocca.
"Mi andrebbe del te inglese." Lui deglutì. " 'Te'. Mi andresti tu. Alla colazione ci pensiamo dopo".


Paura.
Alla paura, il nostro corpo, reagisce in determinati modi: attacchi di panico, vomito, ansia, tachicardia, addirittura infarto. Alcuni ridono. Il mio corpo aveva reagito così la prima volta.
La paura mi aveva solo sfiorata; forse era più un'inquietudine. Risi.
La seconda volta, invece, tramai. Cominciai a chiedermi se quella minaccia era davvero pericolosa. Poi risi ancora. Mi diedi della stupida.
Al terzo sms il cuore mi si fermò in gola.
La quarta volta vomitai.
Da quel momento, ogni qualvolta che il cellulare vibrava, il cuore cominciava a battere più forte, il viso impallidiva e lo stomaco si contorceva.
È la paura.
E quella... Beh, ti fa fare cose insensate.





"Kristen?"
"Ancora?" Lui rise dell'espressione shoccata della ragazza.
"No amore," le diede un bacio leggero sulla tempia destra, lei vi si adagiò sopra quasi come se si stessero dicendo 'Ti amo, sai?' 'Anche io.'
"Volevo solo dirti che tra poco devo andare. Oggi giriamo".
"No." Gli disse convinta, abbracciandogli il torace non più longilineo, ma muscoloso.
"Come no?"
"Ti voglio qui." Robert rise ancora.
"Devo andare, lo sai."
"No."
"Siamo insieme da tre giorni esatti, abbiamo fatto l'amore tutta la notte. Non sei stanca di me?". Lei lo guardò negli occhi, rivedendo in quelle iridi celesti a volte verdi, tutto il piacere che si erano donati in quelle ore, in quella notte.
S'erano amati come mai. S'erano donati a loro come mai. Avevano giocato e sperimentato. Avevano riso, poi baciato. Quasi... Quasi come se non ne avessero più avuto il tempo, l'occasione. Come se fosse l'ultima notte.

Quasi.

"Non potrei mai stancarmi di te, Rob" Si sorrisero; lei sulla pelle nuda di lui.
"Tanto torno presto. Per pranzo. Così al mio ritorno potremmo continuare a" cambiò tono di voce, usandone uno più solenne, "bearci di quella parte piccola, ma perfetta,
della nostra eternità."

Kristen lo fissò sbigottita, per secondi interi, scrutandolo, cercando di capire se stesse facendo sul serio oppure no. Poi scoppiò a ridere.

"No, non fai sul serio", gli disse fra le risate.
"Non ridere di me, ehi!"
"Ma... Hai citato Twilight!" Lui si fece stranamente serio.
"Beh... È grazie a quel libro che t'ho trovata."

Kristen smise di ridere, lasciando che le sue labbra si modellassero in un sorriso tenero. Adorante.

"Già." Lo baciò. "Robert?"
"Mh?"
"Ti amo."
"Anche io." Un altro sorriso.
"Kristen?"
"Mh?"
"Facciamo un figlio?" Che poi lei ci era abituata a quella frase. Quindi perché le si apriva il cuore?
"Tra qualche anno." E lui era abituato a quella risposta. Quindi perché ci rimaneva male?

Era come un copione ripetuto migliaia di volte. Senza modifiche.

"Ma... Sono vecchio! Ho bisogno di un erede, capisci?" Le diede un morso sul polpastrello del pollice.
"Hai Bear."
"Voglio un bambino."
"No... Io no. Non ora."
"Ma andiamo, non lo vorresti un piccolo cucciolo con i tuoi occhi e i tuoi capelli, e magari la mia altezza perché tu, amore, sei nana"
"Ehi!" Gli diede un pugno sul braccio.
"Ma è la verità. Comunque, dicevo, non lo vuoi un figlio? Un mix di noi due. Sai che figo!"
"Non ora... Lo sai, Rob."
"Ma io voglio un piccolo Pattinson. Marlowe ha bisogno di un cugino."

Lei si indispettì.

"Beh, allora fallo con... Con quella lì, la Penn." Un altro morso, stavolta più forte, come a volerla punire per quella pessima uscita.

I giornali si erano inventate troppe cazzate nel periodo in cui il loro rapporto aveva vacillato.
Ma era acqua passata.

"Io un figlio lo voglio con te."
"Spiacente."
"Kristen?"
"Che vuoi? Vuoi un figlio? Fallo con qualcuna delle troie che ti sei fatto." Robert le prese il mento tra l'indice ed il pollice, portò il suo viso ad un anelito da quello della ragazza,
 e le baciò il naso.
"Io non lo voglio il figlio di un'altra." Un bacio sulle labbra. "Non vorrò mai nessun altra madre che non sia tu per i miei figli."

Il perché delle lacrime di Kristen, Robert lo associò al ciclo.
Poi lei lo baciò. E lo fece ancora, ed ancora, ed ancora. Si baciarono tanto, troppo forse; anche mentre lui si vestiva.
Poi un ultimo bacio: a fior di labbra, dolce, ad occhi aperti, come a voler consumarsi la bocca e tutto il resto.
La promessa di un 'a dopo'.

"Ah Kristen?"
"Dimmi." Il sorriso stanco. Falso. Dai Kris, un'ultima volta. L'ultima scena e poi avrai terminato la tua miglior interpretazione.
"...a pranzo vorrei tanto le tagliatelle."

Applauso. È finita.


Guardai l'ora sul display dell'iPhone: tra poco Robert sarebbe tornato a casa. Avrebbe trovato le sue tagliatelle nel forno, ed un biglietto attaccato al frigo.

Ero decisa a lasciarlo, a salvarlo, e sapevo che lui non mi avrebbe mai e poi mai perdonata. Ma... Ma quando ami qualcuno, e lo ami così tanto da strapparti il cuore con le tue
 stesse mani, allora non ti importa.

Per Robert mi sarei presa il colpo peggiore, l'insulto più brutto, la vita meno bella.
Per Robert, per la sua vita, stavo dando la mia.
Forse in senso lato, ma lo stavo facendo. Stavo rinunciando a me.
Non lo facevo solo per lui, quello no. Non ho mai creduto alla cazzata dell'amore che ti fa annullare te stesso per l'altra persona. No. Questo no.
L'amore è anche egoismo.

Non stavo scappando per lui. Io lo facevo anche per me. Perché una vita senza avere Robert accanto non era vita; ma vivere con la consapevolezza del suo cuore muto,
beh, era la morte. Vivere in un mondo in cui lui non esisteva era morire.

Per questo l'avevo deluso una volta ancora.
Perché l'amore è egoista, ed io lo ero.







Lo lasciò andare così, trattenendo il pianto -quello vero- fino a quando non vide l'auto di Robert uscire dal vialetto.
Come un'attrice navigata. Da premio Oscar.
Poi lasciò le maschere, tornò Kristen, la ragazza innamorata, impaurita. Quella che avrebbe voluto dirgli: "Aiutami."
Lo sapeva che non l'avrebbe mai fatto.
No. Troppo pericoloso. Per lei, per lui. Per chiunque.
Si rese conto che piangere non le serviva. L'aveva fatto anche troppe volte negli ultimi tre mesi.
Non ne aveva parlato con nessuno; lui si sarebbe fatto male. O forse lei. Qualcuno, comunque, avrebbe sofferto.
No, no, no!
Non avrebbe potuto sopportare una cosa simile.
Così si asciugò le lacrime; alle dodici aveva quel volo che le avrebbe salvato la vita; lui, a lei. Ma che li avrebbe spezzati; a lui, a lei.
Mise le ultime cose nella valigia, le altre erano pronte da tempo. Poi andò in cucina, prese la farina e le uova ed impastò. Lui amava le sue tagliatelle.
 Quando ebbe finito, trascinò i bagagli nel baule della Jeep. Tornò in casa.
C'era odore di sugo, di talco e dopobarba. Profumo di Rob.

Decise che una volta arrivata a Cannes, ne avrebbe acquistato una bottiglia... Giusto per averlo con sé.

Poi vide il blocchetto giallo e la matita che scendeva, appesa ad un filo; erano incollati al frigo. Su quei post it ci scrivevano di tutto.
Dai "Ti amo", ai "...oggi esco con i ragazzi, ci vediamo stasera. Le lasagne sono in frigo. Ah Rob, il formaggio grattuggiato va messo
quando lo inforni, okay? Non dopo. Ti amo"

Staccò un foglio giallo canarino, e con la mano che tremava, cominciò a scrivere:
"Mi dispiace Rob. Non cercarmi. Non telefonarmi. Non amarmi. Io e te... Non abbiamo futuro. Scusa per quel 'Ti amo'.
Scusa per tutto. Dimenticati di noi, io lo farò. K."



In realtà avrebbe voluto scrivergli cose ben diverse.

"Le tagliatelle sono in forno; rob attento alla cottura, 5 minuti bastano", e lui, leggendolo, si sarebbe fatto sfuggire un sbuffo.
Poi, quel "Ci vediamo stasera. Ti amo. K.", gli avrebbe fatto tornare il sorriso.

O magari nulla del genere sarebbe accaduto. Aveva tremolato scrivendogli quel post it. Le parole vacillavano, e con loro, la voglia di Kristen di andare via.
Ma doveva. Lo doveva fare. Attraversò per l'ultima volta quel corridoio, all'ingresso c'era una foto di loro due. Gliel'aveva scattata Ruth.
Così prese la cornice tra le mani, e tirò fuori la fotografia. Era liscia, quasi appiccicosa; accarezzò il profilo di Robert. Quasi sorrise, tirò su con il naso.

"Io ci ho provato Rob. Ti giuro che l'ho fatto... Volevo dirtelo, volevo, ma come posso, amore, come?
Lo so che non è giusto ciò che sto facendo, che su di noi, su questa storia, io e te c'abbiamo buttato il sangue, le lacrime. Lo so che ti amo, lo so che mi ami, e so anche che è da
codardi dire tutto ciò ad una tua foto, e che non mi senti, e che mai lo saprai. E so che mi odierai, come so che ti ho amato dall'inizio.
Non faccio altro che amarti da quando ero su quel letto, stanca, e ti aspetto; sei entrato e ti ho visto.Non faccio altro che amarti da quando ti ho scelto, mi hai scelta.
In questa vita non faccio altro che amarti da quando ci siamo trovati, e persi. Ma soprattutto da quando ci siamo ritrovati.... Un centinaio di volte, forse.
Sono una codarda, Rob. Non ce l'ho il coraggio di dirti cosa sta succedendo, ma sappi che già mi manchi, che ti amo. Che ti amerò sempre. Che sei tu, che sei sempre tu.
Che se tu ora entreresti da quella porta io te lo direi, e forse mi lascerei salvare, CI lascerei salvare. Che se tu ora mi chiedessi di sposarti ti direi sì, e mille volte ancora sì.
Che lo voglio un figlio. Che se non lo avrò da te, allora non lo voglio. Che non vorrò mai nessun altro padre che non sia tu per i miei figli. Che sei tu, tu, tu e sempre tu, Robert.
E forse doveva finire così, no? Io e te non siamo destinati a stare insieme. Non oggi, non domani. Forse in un'altra vita.
 Magari ci rincorreremo per decenni, e forse ci fermeremo solo per darci un bacio e scappare ancora. Lo facciamo sempre.
T'amo da tutta una vita, Robert Pattinson... E forse, è proprio questo il problema."


Si asciugò le lacrime, diede un ultimo sguardo a quella casa, e col cuore gonfio di lacrime, uscì, chiudendosi la porta alle sue spalle.
Si strinse di più nel suo giubbotto di pelle, quello Balenciaga nero, quello che Rob amava tanto perché "è come te".
Tirò su col naso, la fotografia in una mano; la stava stropicciando.
Si tolse la giacca, alzò il coperchio del bidone della spazzatura e ce lo buttò dentro, con rabbia. Come un'ancora quella foto.
Entrò nella jeep, e finse un sorriso per Jessica, la loro vicina di casa.
Attrice fino in fondo.
Cosa dicevano i suoi fans? Che era da premio Oscar? Forse avevano ragione loro.






Guardai un'ultima volta l'ora sul display dell'iPhone: Rob era tornato a casa.
In questo momento stava accarezzando i cani... Ora si stava togliendo le scarpe.
Gli avevo chiesto scusa per quel "ti amo". Gli avevo schiesto scusa dei baci dati, e dei "ti amo" ricambiati; delle ferite inflitte, dei silenzi rispettati e dei segreti tenuti fino a farmi -farci
affogare.
Riuscivo a sentire quel suo "sono a casa, Kris"

BOOM.

Il suono di qualcosa che si rompe, forse il forno dove c'erano le tagliatelle che tanto amava. O magari il frigorifero dove c'era quel pezzo di carta giallo canarino, con una menzogna scritta
 a caratteri cubitali: dimenticati di noi, io lo farò. Bugia.

E tutto quello -io e lui fatti a pezzi, un futuro andato, lacrime amare, un giacchetto buttato nella spazzatura- accadeva solo per una ragione: paura.
Perché la paura si nutre dei sogni andati, delle debolezze.
E l'amore vive di speranze, di vita.
E la paura... Beh, la paura è il peggior nemico dell'amore.


Non che non avessi mai provato a cambiare numero di telefono, l'avevo fatto, e più volte anche; ma finiva sempre con riapparire quell'anonimo.
L'ultima volta non era bastato un sms.
Fu quello a farmi paura. A farmi decidere.
Accadde in una sera di Ottobre; eravamo a letto, ero felice quel giorno. Credevo che la mia vita stesse cominciando a girare sul binario giusto.
Robert era di nuovo con me, finalmente, e tutto andava bene.

Ci baciavamo, parlavamo, ridevamo... Ci comportavamo come un fidanzato ed una fidanzata.
Poi le luci saltarono, un sms, ed una scritta nell'auto di Rob.
Lui l'associò ai paparazzi. Io no. Fu allora che capii di essere in trappola.
A Robert non avevo mai provato a dirlo... Lui, lui avrebbe dato la sua vita per me.

Ed io non volevo.

Cannes era stata la scelta più ovvia, quasi.
Nel corridoio che portava alla nostra stanza, c'erano appese varie fotografie: io e lui ai tempi di Twilight, una a casa dei suoi, lui e le gemelle, noi e Tom, noi e Marlowe, noi con i cani,
noi a Cannes.
Scappare. Andare via. Trasferirmi nel posto in cui più eravamo stati felici; prima di Rupert, prima di Dylan, prima della paura.
Sbuffai.
Sotto di me solo nuvole.
La California era lontana. Robert era lontano.

Forse, lo era anche il pericolo.



Arrivare a Parigi, per la coincidenza, fu estenuante. I ricordi di un volo simile, il jet lag, l'insonnia... avevo riposato poco e niente.

Se chiudevo gli occhi vedevo Robert. Robert che fissava quel foglietto, quella frase, quel "ti amo" camuffato in un addio. E più tentavo di dimenticare, di togliermi quell'immagine
 della mente, più queste si moltiplicavano.

Eravamo in aeroporto.
Una volta in questo stesso luogo io e Robert ci eravamo nascosti in un bagno a fare sesso.
Sorrisi. Per poco non venimmo beccati dagli inservienti.

Il sorriso svanì.

Io non avrei più toccato il suo corpo... Lo avrebbero fatto altre persone.
Non... Non mi piaceva quell'assurda idea. Non era giusto.
Robert era mio. Robert è mio.

Perché lo stavo facendo? Perché ero scappata? E se... E se gli dicessi tutto?
Presi il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni.

Chiusi gli occhi. Pensai.

Pensai al altre mani che accarezzavano il suo corpo. E non per finta, su un set... Per davvero.
Se prendevo quella coincidenza, se lo facevo, dicevo addio. Non un arrivederci.
Se andavo fino in fondo, lo avrei salvato. Ci avrei salvato. L'avrei fatto.
Perché Robert se lo meritava. Perché tra due anni, senza di me, lui sarà vivo.

Sarà su qualche poltrona degli Oscar, ad ascoltare il suo nome accompagnato da un "e il vincitore è", pronunciato da qualche bella e perfetta attrice.
E quando verrà il momento del discorso lui sorriderà, imbarazzato -lo è sempre-, e dirà qualche assurdità.

Ed io riderò con lui. Da lontano.

Poi lo vedrò toccare e fissare quella statuetta d'oro; emozionato, incredulo. Lo capirò io quello sguardo. Solo io. Perché io e lui ci siamo sempre capiti con gli occhi...
Perché in tutti questi mesi non se n'era mai accorto? Perché aveva creduto a tutte le mie bugie? Ai miei "va tutto bene".

Perché mi hai creduto, amore mio? Se tu non l'avessi fatto...

Qualcuna, ad un party, lo punterà, gli ammiccherà, e lui forse ricambierà.
Ed un giorno lo vedrò con una donna che non è me. E dovrà andarmi bene perché l'ho scelto io. Mi andrà bene anche quando si sposerà, quando avrà dei figli.



Perché mi hai creduto Rob?



Quindi riposi il cellulare nella tasca, perché altrimenti lo avrei chiamato per dirgli "vienimi a prendere". E lui lo avrebbe fatto.

Scossi la testa, scacciando quei pensieri dalla testa: io dovevo andare via.

'Non essere una codarda', mi ripetevo. 'Fallo per lui'.

'Salvalo. Perché da una come te bisogna essere salvati. Non te lo meriti uno come lui. L'hai tradito, l'hai ferito. L'hai fatto stare male... Quindi goditi lo spettacolo quando accadrà.
E vai via, lascialo stare. Se anche lo chiamassi, gli spiegheresti tutto, e magari addirittura tornereste insieme, credi che lui non ti lascerà?
Lo farà. Perché sei tu. Sei quella che lo ha fatto soffrire, sei quella che ha preferito gli amici al proprio fidanzato. L'hai fatto scappare, ricordi?
 E altre persone l'hanno fatto sorridere, tu solo piangere. Te ne rendi conto?
Entra in quell'aereo e non farti più vedere.'


Mi asciugai gli occhi con le maniche della maglia, e tornai decisa sui miei passi.

Cannes era la mia nuova vita.
Una vita senza Robert. Una vita che forse non sarebbe mai stata tale.


Quando arrivai all'aeroporto di Cannes fui assalita dal profumo di vaniglia.
Il ché era stupido, ma sentivo quell'essenza.
Come le torte fatte con Robert.
Come il bagnoschiuma che avevo comprato e di cui si era innamorato.
Come i fiori che avevamo in giardino.
Come il nome della nostra terza cagnolina.
Come me e lui, e quel té preso alle sei del pomeriggio; alle cinque no, era troppo da inglesi, e noi eravamo in America.


Non sapevo se i ricordi potessero avere un odore, ma in questo momento era così; lui ed io eravamo vari profumi messi insieme. Ed ero sicura che questo posto mai me li avrebbe
fatti scordare.

Forse anche per questo l'avevo scelto. L'avrei avuto sempre vicino... O almeno, così amavo pensare. Accesi il cellulare,convinta a sentirlo almeno un'ultima volta.
Una chiamata in anonimo, volevo solo sentire la sua voce. Oramai ero nel taxi. La mia decisione era stata presa. Solo un'ultima volta.
Schiacciai l'icona verde sulla sua faccia, e attesi.
Attesi per sei lunghi squilli. Poi rispose qualcuno.

Non seppi mai come feci a non scoppiare a piangere, a riconoscere una voce che non avevo mai sentito.

Era Dylan.
Lui era con lei. S'era già dimenticato di me.

"C'è qualcuno?"

C'era qualcuno? Io non lo sapevo. C'ero? C'ero davvero o era il mio fantasma? Al momento mi sentivo vuota. Spenta. Inutile.
Come... Come derelitto. Un rifiuto. Uno zombie.

Staccai.



Scesi dall'auto cinque minuti dopo. Ero arrivata da Ellie.
Mi attendeva sulla soglia di casa sua: I capelli biondicci sciolti, un pigiama rosso, e ai piedi un paio di ciabatte a forma di Minions. Quasi le sorrisi.
Mi venne incontro, m'abbracciò. Mi lasciai stringere. Il suo profumo di caramelle, così dolce, così familiare, mi distese, tranquillizzandomi almeno in parte.

"Come stai, K?" La guardai, fissai i suoi occhi grigio azzurro, e mi sentii... Stanca.

Stanca di tutto. Stanca della mia vita, delle bugie. Di me e Rob.
Ero stufa di mentire.


Perché mi hai creduto Robert?
Perché amore mio?
Perché non hai letto nei miei occhi le bugie?


"Mi sono appena uccisa con le mie mani." Ecco come stavo. O non stavo.


Tre ore dopo ero su un letto non mio, con la consapevolezza che lui era con lei.
Lo odiavo... Mi aveva lasciata andare senza neanche combattare. Né una chiamata, né un messaggio. Come gli avevo chiesto.
La odiavo... Aveva già preso il mio posto. E probabilmente l'avrebbe occupato meglio di me.

Mi odiavo... Avevo fatto la cazzata più grossa della mia vita. Stupida. Stupida. Ero una stupida.

Ci odiavo... Perché ci uccidevamo a vicenda. Perché?

Ci dicevamo sempre che eravamo noi contro loro, ma non era vero: la battaglia più grande, i nemici più forti, eravamo noi stessi.
Eravamo noi contro noi. E di solito, perdevamo sempre.


Volevo... Volevo scrivergli qualcosa. Insultarlo, magari. Dirgli che era un bastardo.
E lo stavo per fare: digitai le prime parole, ma poi il suono di un sms.



Il cuore partì in quarta. L'ansia esplose. Il respiro accelerò.
La paura mi invase.

Anonimo.

Lui. O forse lei. Ancora una volta.


"Non avvicinarti mai più a lui, puttana. Resta dove sei. Non farti più
vedere... O te ne pentirai. Amaramente".



Paura.









Io non parlo. Si avvicina il Natale. Quindi abbiate Fede u.u

Baci e abbracci, frizzi e lazzi.
Helen & Rose.

 

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Capitolo 2
*** Weak enough to need you ***


In case secondo capitolo Aloha, people! Visto? Non è passato così tanto tempo ed eccoci di nuovo qui! Quella merdaccia di Rose non ci tiene a dirvi niente -_- e come sempre fa a scarica barile, lasciando tutto sulle mie spalle!
Questo capitolo avrà un salto temporale di due anni ed è proprio dopo due anni, rispetto a quando si svoglie il prologo, che si andrà a sviluppare il resto della storia.
Non voglio dire altro, anche perchè il capitolo parlerà da solo. Vi auguro una buona letture e... Ci 'leggiamo' sotto.

P.S. Ricordate sempre il nostro motto - Killed by Helen Rose -



                                                                                                                                                    1                                                                                                                                                          
Weak enough to need you



Due anni dopo.


POV Robert

L'uomo prende a bere, il bere porta a bere, il bere prende l'uomo.
Bere.
E' impressionante rendersi conto di quante emozioni possa offrirti un po' d'alcool. Con un bicchiere rilassi i nervi, con due senti un calore nuovo dentro te, con tre inizi a non pensare, con quattro sei totalmente rilassato, con cinque l'euforia ti assale, con sei il tuo corpo agisce senza la compagnia della mente. Io... Beh io ero già a sette. E lo ero da due anni.
Il tunnel dell'alcool. Credo si chiami così. Ci sono dentro da un po'. Tutti sono preoccupati. Tutti hanno paura per me. Ma non io; non c'è niente di spaventoso in quello che sto facendo: il tunnel non è buio e io non sono solo.

"Se andassimo in camera?" ansimai. Ogni sera quelle erano le parole d'ordine.
"Ripetimi come ti chiami" la spinsi ad aprire le gambe e mettersi a cavalcioni su di me. Era bella. Era bionda. Era buona. Le definivo scherzosamente le tre "B". Senza queste non si faceva niente.
"Lola" scadì quelle parole con una lentezza maniacale, biascicandole al mio orecchio. Era bionda. Questo era ciò che contava.
Voltai il viso e con un grugnito, senza se e senza ma, infilai la mia lingua nella sua bocca. No, non me ne appropriai. Niente di ciò che apparteneva a quelle donne sarebbe mai stato mio. Si trattava solo di un prestito o, a volte, di un affitto. In un secondo le sue mani scesero dal mio collo in giù, attraverso il torace, e si fermarono al posto giusto. Provai un senso di fastidio, come ogni sera, non appena mi toccò i genitali. Solo per un attimo, rapido come la luce.
"Siamo già pronti, mr Pattinson, eh. Stasera nessun lavoro di bocca"
"Tu farai quelle che ti dico" sorridevo. Quel sorriso maniacale da maniaco che entrava in gioco in questi momenti.
Mi sentivo carico. Mi sentivo stronzo. E lo ero davvero.
"Qui vibra qualcosa..."
"Allora muoviti a portarmi in camera" le strizzai con forza una natica mentre con la sua intimità si sfregava sulla mia.
"Non vedo l'ora. Ma ti vibra il telefono" senza perdere il suo sguardo da puttana, senza spostarsi di un millimetro, mise la sua mano in una tasca dei miei jeans e tirò fuori il cellulare.
Lo afferrai dalle sue mani e senza guarda il display risposi. Sapevo già perfettamente chi fosse.

"Che vuoi Tom?"
"Dove cazzo sei? Sono le 4 del mattino e io sono giro a cercarti da più di due ore. E' Marlowe mia figlia, non tu. Non dovrei preoccuparmi così per te!"
"Nessuno te lo sta chiedendo infatti" spostai Lola da sopra le mie gambe e mi alzai per uscire un attimo fuori.
"Pattinson, non voglio più ripetertelo, dove cazzo sei?"
Cincischiai ridendo come ridono gli ubriachi "Sono a casa..."
"No, non sei a casa."
"Ok. Non sono a casa. Ma in un posto più bello!"
"Rob ho girato quasi tutti i night di LA quindi, anche se non dovessi dirmelo, sappi che ormai ti trovo"
"Oh noooo....E io mi nascondo. Sai dove?"
"Dove?" il suo tono era decisamente esasperato.
"Con la faccia tra le gambe di Lola" scoppiai ancora a ridere "Dovresti venire anche tu a divertirti un po'. Sienna non se la prenderà..."
"Per niente...Facciamo così, tu mi dici dove sei e io vengo a divertirmi con te"
"Amico! Sei un grande! Tu... Tu... Io ti amo, sai? Non ho mai amato nessun altro quanto io amo te in questo momento."
"Sicuro! Dove sei, quindi?"
"Sono davvero fiero di te"
"Pattinson! Dove?"
"Voglia di scopare, eh? Capisco questi bisogni...."
"Appena arrivo ti spacco la faccia."
"Fai presto, sono al Candy Cat Too. Dai che ti aspetto per iniziare..." improvvisamente mi sentivo più eccittato di prima. Ma sì, avrei aspettato Tom.
"Evviva!"

Rientrai nel locale con un nuovo spirito. Finalmente dopo tanto tempo, Tom provava a capire. E voleva anche farmi compagnia nel tunnel!
"Possiamo riprendere" si avvicino lentamente la bionda. Come si chiamava? Aveva un viso poco gentile. Lineamenti molto marcati, una fronte ampia, labbra piene e grandi.
Aveva anche un'altra cosa a cui non avevo badato prima. Gli occhi verdi.
No, non erano i suoi occhi. Nessuna avrebbe mai avuto quegli occhi. Nessuno tranne lei.
Ma erano verdi e questo bastò a guardarla con sdegno. " Vattene". Un sibilo tra i denti.
"Cosa? Amore..."
"Oh nononono" la presi per le braccia e la spostai "Nessuno mi chiama amore. Nessuna come te. Nessuna con gli occhi verdi che non sia lei ha il diritto di chiamarmi amore"
Fu come svegliarsi da un attimo di pura trance. Ripresi una lucidità che l'alcool mi aveva portato via e che, oggettivamente non era ancora tornata. Mi allontanai dal bancone, da lei, lanciandole addosso una banconota da cento dollari. "Questi sono per il disturbo. Ma, ti prego, stammi lontana" lo dissi con un disprezzo che non pensavo potesse appartenermi.
Improvvisamente era tutto sbagliato. Il posto, la persona, io.... Niente di nuovo, niente che non succedesse ogni sera da due anni. Dovevo andarmene e in fretta.
Dovevo dimenticare l'amore per dimenticare il dolore. E ancora non ci ero riuscito.
Non appena misi piede fuori da quel locale sentii la necessità incommensurabile di fumare. Una sigaretta. Una sola. Dovevo farlo o sarei impazzito.
Mi avviai alla mia auto a passo svelto e traballante: sarei andato in centro, o forse a Los Feliz, avrei odiato ogni attimo di quella notte e lo avrei fatto fumando. Fumando tutte le sigarette che non fumavo da anni.
Tentai di inflilare la chiave al posto giusto ma avrei giurato - giuro - che le chiavi fossero due e non capivo bene quale riuscire a muovere.

"Che stai facendo?" girai la testa solo per vedere di chi diavolo si trattasse. Poi tornai a concentrarmi sulle chiavi.
"Me ne vado" Tom era lì, dietro di me con la sua auto. Avevo osservato i suoi occhi solo per un secondo e, nonostante la sbronza, quel secondo era bastato a farmi comprendere che lo sguardo del mio migliore amico era ancora una volta deluso. Deluso da me, dalla mia vita, dai miei gesti. Ma di lei? Oh, no di lei non parlava mai.
Come se non fosse stata lei quella a mollare tutto. Come se non fosse stata lei quella a lasciare me, a lasciare lui. Pensarci non serviva a niente, se non a far salire alle stelle la mia rabbia e la mia necesittà di sigarette.
"Sali in macchina, coglione"
"Ho la mia. Vattene, Tom"
"Robert, sali in macchina ho detto. E ti prego non costringermi a scendere perchè ti spacco la faccia. E se lo dico lo faccio."
Mai contraddire uno Sturridge stanco e incazzato. "Però portami a comprare le sigarette" sbottai sedendomi al posto passeggero.
"Non se ne parla"
"Sei un rompi cazzo. E spegni questa radio che mi scoppia la testa"
"Quanto hai bevuto?" guardava fisso la strada. Riuscivo a scorgere la forza che metteva nello stringere con le mani il volante. Non risposi, non perchè me ne vergognassi o perchè avessi paura di lui, ma perchè improvvisamente mi resi conto di quanto stronzo lui stesse apparendo ai miei occhi.
"Credi che ti faccia bene, Rob? Credi che questo possa servire a qualcosa? Secondo te andare a puttane ha un motivo fondato o lo fai per sport? No, perchè io davvero non ti capisco. Non capisco più il mio migliore amico, non lo riconosco più. E sì, sono fottutamente preoccupato. Dovresti andare da un medico, farti controllare il fegato... o quel che ne rimane"
"Smettila di comportarti come se fossi mio padre perchè, notizia flash, non lo sei! E non voglio, nè ho bisogno di qualcuno che mi controlli. Sono grande e vaccinato"
"Sei grande e..." scosse la testa e sorrise amaramente. Iniziai a sentire un po' di nausea, giù nello stomaco, e ringraziai mentalmente Buddha non appena la macchina si fermò.
"Grazie" sussurrai "Stavo per vomitare"
"Oh, non preoccuparti, non ho fermato per farti un favore. Devo solo dirti una cosa e preferisco dirtela qui e non a casa dove possibilmente sbraiterai così tanto da far inferocire Sienna contro di me"
"Uhm. Mi incazzerò così tanto?"
"Dipende" mi mise una mano sulla spalla e mi costrinse a fissare i miei occhi nei suoi. La cosa iniziava a preoccuparmi. "Lei... torna ad LA"
BOOM
"Ho incontrato Scout e... L'ha sentita dopo molto tempo, sai... Dice che Kristen sarà in città per qualche giorno"
BOOM BOOM
Non so bene come mi sentii in quell'istante. Sentire il suo nome fu come avere uno squarcio nel petto, talmente profondo da farti smettere di respirare, di pensare ad altro se non a lei. A quel nome. Al suo nome.
Talmente strano da svuotarmi del tutto. Sentivo aria dentro di me, che bruciava come le fiamme dell'inferno. Avevo l'inferno in quello squarcio.
No. Lei era l'inferno.
"Quello dall'altra parte della strada è un supermarket?"
"Eh?" la faccia sconvolta e confusa di Tom.
"Quello... E' un supermarket?"
"C-credo di si..." cercai di aprire velocemente la portiera dell'auto "Rob, e ora che cazzo fai?"
"Cerco un negozio che venda alcolici. Forti possibilmente." scesi e mi affacciai al suo finestrino "Kristen Stewart mi fa questo effetto."
"Tu di forte hai bisogno solo di un pugno!"



"Ok. Piano. Tirati su, Rob. Ci siamo quasi"
Trascinato da Tom come un ameba. Non riuscivo a reggermi in piedi e questo fu palesato non appena inciampai nel portaombrelli di casa Sturridge. Ridevo. Ridevo come ridono i bambini a un anno, come ridono gli ubriachi. Ecco.
"Dannate gambe lunghe di un Pattinson!"
"Sono a terra, Tom?"
"Sì, sei caduto. Vieni..." e giù altre risate. In quel momento tutto ciò che importava era ridere. E farlo dopo una certa notizia, non era per niente facile.
"Andiamo, Rob. Alzati..."
"Ma che sta succedendo?" Una bionda scendeva le scale di casa di Tom? In sottoveste di seta. Oh. Adesso era tutto chiaro.
"Amiiiicoooo... Ahahahahah Tom quando hai portato Lola qui da te? Avevi detto che ci saremmo divertiti insieme... Oh, ma forse lei è Lola...Sei Lola?"
"Tom, chi è Lola?" capii dallo sguardo truce di quella donna di aver toppato in pieno. E sì, per quanto drammatica potesse essere la situazione, ai miei occhi non sembrava che una barzelletta.
"Ma tu..." le puntai il mio lungo dito contro "Tu sei Sienna!"
"Sì, è Sienna. Vieni sul divano, coraggio..." mi prese per le spalle come un bimbo ma finì col trascinarmi lungo il pavimento.
"Ma quanto ha bevuto?"
"La prima parte non la conosco, la seconda sì. Ho assistito."
"Hai assistito?? Tom, ma sei scemo? Togliergli la bottiglia, no?" ed ecco uno scappellotto sulla nuca del mio amico per rimproverarlo. Poverino. Lui mi voleva così tanto bene. Mi aveva guardato in silenzio ad ogni sorso di vodka che mandavo giù. Sì, in silenzio. Perchè lui sapeva che in quel momento nient'altro sarebbe servito. Non che fossi certo dell'utilità della vodka alla pesca ma di una cosa ero sicuro: non mi avrebbe fatto pensare a quella notizia per un po' e, soprattutto, Kristen odiava la vodka alla pesca. Mi sembrò di farle un torto e ne fui felice.
"Tu...Tu sei una fottuta stronza-ladradimiglioriamici"
"Sienna non ascoltarlo, ti pr-"
"Perchè tu sei sposato e io no?? Ah già...Scusa Sienna, la stronza non sei tu... E' Kristen. Sai che torna? Kristen Stewart torna alla base, sì." mi tolsi le scarpe gettandole dall'altra parte del salotto e sospirando aggiunsi "Torna davvero? Beh e io glielo drò. Altrochè se glielo dirò. La guarderò negli occhi e urlerò 'Kristen, io maledico il giorno in cui sei nata!'. Dov'è mia nipote?" volsi lo sguardo a marito e moglie aspettando speranzoso la loro risposta.
"Ha appena citato Sex&The City"
"Non farci caso adesso... Ma ricordami di rinfacciarglielo quando sarà lucido"
"Marlooooweeeeee"
"Io vado a letto, ok? Fallo stare zitto che se Marlowe scopre che lui è qui non si riaddormenta più"
"Agli ordini, sergente" Sergente. Era vero, Sienna sembrava così autoritaria, così stronza. Era un po' stronza effettivamente. Ma Tom la amava. La amava da così tanto tempo che avevo perso il conto.
"Rob, devi riposare. Fra tre ore devi alzarti.."
"ohooo peeecccheeee?"
"Non fare il bambino. Hai l'incontro con Catherine!"
"Catherine? Oh si... Pretty woman, walking down the street. Pretty woman, the kind I'd like to meet. Pretty woman, I don't believe you, you're not the truth. No one could look as good as you... tututututu tutututu"
"Vabbè, si. Buonanotte, Rob. E, ti prego, fa dormire almeno noi."




POV Kristen
Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della partenza, la gioia del ritorno.
Io non avevo provato nè la prima nè la seconda. A dire il vero il mio non era stato nemmeno un viaggio ma una rinuncia. Una grande rinuncia alla mia vita.
Per questo tornare era strano. Rivedere quei posti in cui ero cresciuta, quelle strade in cui avevo imparato a guidare, quella casa... In cui avevamo consumato fino all'ultima fibra il nostro amore. Il mio amore malato.
Ero andata lì quella mattina, prima di passare in ufficio. Mia madre mi aveva detto che Rob l'aveva venduta dopo pochi mesi e la cosa mi fece male. Ma come biasimarlo? Quella casa era tutto per noi. Era il nostro mondo. E non sarebbe stato facile viverci trasformandolo in qualcosa che ormai era diventato solo il suo di mondo.
Tornare a Los Angeles era pura follia. Mi sentivo in imbarazzo, fuori luogo e impaurita. Sì, perchè la paura ormai mi accompagnava da così tanto tempo che non ricordavo più un luogo in cui mi sentissi talmente al sicura da rimanere serena.

Ero arrivata ieri sera e ad aspettarmi in aeroporto c'era Cameron. Dio, quanto mi era mancato. Forse la persona che più mi era mancata in due anni. Con una sola eccezione, ovviamente.
Mi aveva accompagnato a casa, da mamma. Un saluto breve, un abbraccio e poi il mio letto. 
Nessuno aveva chiesto niente. Io non avevo detto niente. E andava bene così. A me andava bene così. Sapevo di averli feriti anni prima e lo stavo facendo di nuovo.
In quegli anni c'eravamo visti su skype. Avevo chiesto loro di non venire a Cannes perchè non ce l'avrei fatta a sopportare i loro sguardi spenti, tristi, vuoti con cui mi avrebbero implorata di tornare. E io non l'avrei fatto. Come avrei potuto? Mettere di nuovo in pericolo la mia vita, quella dei miei amici, della mia famiglia... quella di Rob.
Avevo tagliato i ponti con tutti. Solo per le feste riuscivo a mandare qualche sms e a fare qualche chiamata in più ai miei. Per far sapere che stavo bene, ecco. Ma non era affatto così.
Avevo passato giorni chiusa in camera, sotto le coperte, al buio. Non volevo vedere nessuno, nemmeno me stessa. La cosa andò a degenerare fino a quando Ellie mi diede una bella strigliata. Mi fece alzare, mi aiutò a fare un bagno caldo, a vestirmi... Mi aiutò a rimettere in piedi quello che ormai restava della mia vita. Non le sarò mai abbastanza grata per tutto il suo aiuto, per avermi offerto un posto dove vivere insieme alla sua compagnia. Era la ragazza più dolce del mondo.
Ci conoscevamo da molti anni, da quando Tom l'aveva conquistata durante un concerto di Marcus. La loro storia era durata quanto l'attimo di un soffio ma quei giorni erano stati così fantastici. Per lei e Tom ma anche per me e Robert. Era la compagna giusta per il mio - nostro - fratellone. Ma la vita fa separare le strade delle persone. Così lei finì a Cannes, dove realizzò il suo sogno più grande, testuale, aprire una libreria con bar annesso.
E così, pian piano, grazie a lei avevo ricominciato a prendermi cura dei miei interessi. Le stavo insegnando a cucinare, mi tenevo aggiornata sulle nuove uscite cinematografiche, leggevo libri su libri e, cosa più importante, avevo iniziato a scrivere una sceneggiatura.
Era questo il mio piccolo sogno nel cassetto. E fu proprio mentre scrivevo, in un soleggiato pomeriggio francese, che il mio telefono squillò e quella chiamata avrebbe decisamente cambiato le carte in tavola.

"Kristen, il telefono!"
"Vai tu, Ellie!" ormai quella casa era tanto di Ellie quanto di Kristen. Convivevano da quasi due anni e avevano trovato il giusto equilibrio. Fu sorprendente il modo in cui si amalgamarono col tempo. Avevano imparato a dividere gli spazi, le necessità. Ed Ellie, quella cara ragazza, non si era mai pentita, neanche per un istante, di aver dovuto aprire le porte ad una 'fuggitiva'
. Lei era l'unica a conoscere l'enorme segreto che opprimeva Kristen. Quel segreto che le stava schiacciando la vita stessa. E lei... lei aveva compreso tutto. Avevano parlato e pianto a lungo ed Ellie aveva promesso a se stessa di proteggere quella fragile ragazza come se fosse stata sua sorella.
"Non è il telefono di casa. E' il tuo cellulare, scema" glielo portò fino in veranda, lì dove Kristen era concentrata a scrivere la sua prima sceneggiatura.
"Scusami... non riesco a sbloccarmi in questa scena... Dammi qua" afferrò il telefono scocciata e, prima di rispondere, controllo il numero sul display. Era diventata un abitudine ormai e il più delle volte quello era anonimo. Stavolta no, stavolta era un numero talmente conosciuto che non ci pensò due volte prima di rispondere con un sorriso sulle labbra.
"Ruth!"
"Sbagliato tesoro.."
"P-pronto? Ruth sei tu, vero?"
"No, non è vero. Ahahah. Ma Ruth è qui accanto a me..."
"Io non..."
"Sono Catherine, tesoro!"
"Oh mio Dio. Catherine!" non la sentiva da così tanto tempo che potè farle solo piacere ascoltare la sua voce, anche dall'altro lato del mondo. "Ma come stai? Non ci vediamo da così tanto tempo e... Aspetta, perchè chiami dal telefono di Ruth?"
"Beh perchè sapevo che vedendo il suo numero avresti risposto di sicuro. Cara, devo parlarti. Ti voglio."
"Mi vuoi?" chiese ironicamente Kristen mentre sorseggiava un tè freddo al limone.
"Ti voglio. Sì. Mi hanno affidato un nuovo progetto. Un remake. La cosa ti affascinerà, ne sono sicura. Anche se la commedia non è il tuo genere ma... Cavolo tu sei così perfetta e, che tu ci creda o no ho chiesto consiglio anche a Julia..Oh, sarai fantastica."
"Frena frena frena. Ma di cosa diavolo stai parlando? E poi.... Julia chi?"
"Roberts, ovviamente!" la ragazza alzò un sopracciglio continuando a non capire "Tu sarai la 'Pretty Woman' perfetta"

Oh. Ohooo.

 Adesso iniziava a capire. I pezzi del puzzle si stavano icastrando dentro la sua mente e l'unica cosa che riusciva a pensare era un 'NO' secco.
"Catherine... Mi dispiace. Davvero. Ma non esiste. Non ho intenzione di riprendere a lavorare. Non... Non riprenderò a lavorare"
"Non dire sciocchezze! Kristen, ti prego, pensaci. Almeno vieni qui. C'è già un contratto che ti aspetta e... Io non ho intenzione di rinunciare. Voglio te. Vogliamo te."
"Beh io non voglio che mi vogliate" sbottò d'improvviso passandosi una mano tra i capelli. Il panico la stava riacciuffando come qualche anno prima. E questo non doveva succedere.
"Kristen. Aspettiamo te. Davvero. E poi... sceglieremo insieme il tuo partner. Lo sceglierai tu... come all'inizio di tutto. Sarà davvero come all'inizio di tutto. Un nuovo inizio però, capisci?"
Era dura da mandare giù. Era straordinariamente difficile assimilare quelle parole. Più di qualunque altra cosa.
"Io... Non lo so, Catherine. Non penso sia il caso... non.."
"Tesoro le chiamate all'estero costano tantissimo e non vorrei far cadere in povertà la tua Ruth. Ti dico solo... di pensarci. E sappi che il film resta fermo se non vieni qui ad accettare. Ti voglio bene e non vedo l'ora di rivederti all'opera"
"Cat..."
"Ciao, piccola K"
Fu così che il nuovo piccolo mondo 'felice' di Kristen entrò inesorabilmente in crisi... fino ad una decisione.


Ore 8:30. Il mio primo appuntamento di lavoro dopo due anni. Il mio primo film dopo due anni. Solo Catherine poteva darmi il tormento per mesi da convincermi a fare questa pazzia.

Arrivata all'edificio, entrai con una felpa blu addosso e il cappuccio in testa. Era un ambiente familiare, c'ero già stata. Ma questo non servì a far placare la mia ansia. Presi al volo un ascensore. Era grande, pieno di specchi e stranamente quasi vuoto. Solo un uomo, in un angolo. Pantaloni e felpa nera. Anche lui cappuccio in testa. Poggiava la fronte su una delle pareti.
Puzzava di vodka alla pesca. Storsi il naso e mi girai di spalle, cercando di non vomitare - per l'ansia e per la puzza - e di non ridere per la condizione di quel poveretto.

Dovevo salire al decimo piano. E dovevo fumarmi una sigaretta. Chissà se l'avrei finita prima di arrivare in cima.
Ne accesi una e aspirai. I miei nervi si rilassarono immediatamente e i miei muscoli si sciolsero. Era esattamente quello che mi serviva.
"Scusi potrebbe evitare? Ho un terribile mal di testa, non fumo da due anni e vorrei evitare di sentire puzza di fumo in spazi ristretti." gettai fuori tutto il fumo.

No.
Non poteva essere vero. Non doveva essere vero.

"Cazzo" Io. Un sussurro, ma abbastanza alto da fargli drizzare le orecchie.
"...Cazzo..." Lui. Appunto.
Presa dal panico cercai di avvicinare velocemente la mia mano ai pulsanti dell'ascensore, per riuscire ad aprire le porte a quel piano, qualunque esso fosse. Ma una mano - la sua - fu più veloce a bloccare l'ascensore.
"Cazzo!"
"Smettila di dire 'cazzo', cazzo!" mi sforzai di guardarlo in viso. Era tremendamente diverso ma tremendamente uguale. Aveva la barba piuttosto lunga, gli occhi più chiari e belli del dovuto. Lucidi, rossi e spenti. Dovetti aggrapparmi a tutta la mia forza per non alzare la mia mano e poggiarla sulla sua guancia.
"Che.. che ci fai qui?"
Cosa ci facevo là? Non lo sapevo. Non più. Adesso sembrava tutto così giusto. E non doveva esserlo. Non doveva essere giusto stare lì, con lui a trenta centimetri di distanza.
"Oh non dirmi che....Tu sei qui per lei. Ti ha chiamato Catherine, vero?" annuii impercettibilmente e questo basto a fargli scattare la mano sulla parete. Gesù, che paura!
"Nonono. Non può essere vero. Kristen, dimmi che non è davvero ciò che penso."
"Ahm... Non so a cosa tu stia pensando. Eri tu quello che leggeva nella mente degli altri, ricordi?" Patetica e scontata.
Rideva. Oh, lo avevo fatto ridere. Si passava incessantemente la mano nei capelli. Li torturava.
"Cosa... Cosa hai fatto in questi anni? Ti sei divertita? Io sì, tanto."
"Rob, hai bevuto" non una domanda ma una constatazione.
"Più o meno tutti i giorni da quando te ne sei andata" ti prego, non guardarmi così. Come se ti avessi ucciso. E l'ho fatto davvero. Ho ucciso entrambi.
"Robert... Ti fa male"
"Adesso ti preoccupi? Adesso? Te ne sei andata lasciandomi un cazzo di post-it, lasciandomi nel silenzio, nel... nel dolore, cazzo!" un pugno alla parete. Un pugno che sembra aver colpito me. " e ti preoccupi davvero se sto male? Tranquilla, il mio fegato sta bene." Respirava profondamente per contenere quella rabbia che usciva fuori dai suoi occhi. Odiavo vederlo così.
Sbloccò l'ascensore mentre tirava fuori qualcosa dal suo portafoglio. Era nero, di pelle. Nuovo. Chissà chi gliel'aveva regalato. Chissà quante cose nuove aveva e io non sapevo niente. Non sapevo niente della sua vita, di chi frequentava, di come viveva.
Aveva un foglietto giallo in mano. Lo rilesse. "Questo è tuo. L'ho guardato ogni giorno per due anni. E' ora di riprendertelo".
Attaccò quel post-it ad uno specchio e senza rivolgermi il minimo sguardo uscì fuori da quell'ascensore.
Lasciandomi sola con quelle parole.... come io avevo fatto con lui.





Ohooooo si sono incontrati! *__* Quanto siete felici da 1 a 1000?
Noi tanto tanto tanto u.u Dovreste esserlo anche voi, eh!
Allora... Da dire c'è davvero poco. E' stato un capitolo sviluppato su whatsapp alle 2 di notte, in particolare la scena dei 'cazzi' - così la chiamo io -
Non disperate! Ogni cosa andrà per il meglio alla fine.... Molto alla fine, ecco.
Quanti di voi se ne vanno in un brodo di giuggiole pensandoli in un remake di Pretty Woman alzino la mano! lokihyutfrdfcgvhbjkml8hyutfrcgvnmkjihcgfbvnjm,ldew 

Ok. Vi lascio in pace adesso. Leggete, rileggete, piangete, ridete, commentate, recensite ma... NON odiateci!
Noi vi vogliamo bene!

Helen & Rose






 

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Capitolo 3
*** Cared enough to let you walk away ***


Buongiorno mondo, Aloha, Bonjour.

So cosa state pensando, siamo in ritardo di qualche giorno ma… credetemi, ne è valsa la pena. Preparatevi ad un capitolo infinito molto mooooltooo coinvolgente…
Non dico più niente e vi lascio alla lettura.
Come sempre… Godetevela!

 

 

2

Cared enough to let you walk away

Pov Kristen

Uscii dall'ascensore con il cuore in gola e un foglio in mano. Cos'era appena successo?
L'avevo incontrato. Robert. Lui... Era stato a pochi centimetri da me. Incontrarlo... Non era contemplato. Non ora, né mai. Ero tornata con il solo intento di... Beh, di non so cosa.
Perché avevo deciso di tornare? Per Cat? Per un film? Per cosa? Forse per tornare a respirare la sua stessa aria... E Cristo, per qualche minuto, per qualche secondo, avevo davvero assaggiato la sua stessa aria.
Aria satura di lui, del suo profumo; per qualche secondo avevo anche sentito il sapore della sua bocca. Rossa.
La sua bocca era ancora rossa; come ieri, come nelle interviste che avevo divorato, come le foto che avevo nascosto sotto al cuscino. Come il ricordo dell'ultimo bacio che ci eravamo scambiati. Quel bacio era stato calmo, non frettoloso, umido; bello.
Perchè ero tornata? Forse per darmi una seconda possibilità. Ma quale possibilità potevo avere?
Avevo pensato a tutto: ero stanca di avere paura. Non volevo più avere paura.

Se i messaggi sarebbero ritornati, l'avrei detto a qualcuno.
No. Non l'avrei mai fatto.
Tornare a Cannes era la soluzione. Dovevo tornarci. Mi mossi velocemente verso la finestra posta di fronte all'ascensore; aprii la vetrata, la spalancai, beandomi dell'aria pulita, disintossicandomi da quel profumo tanto cercato. Poi trovato. Ora evitato.
Ispirai più aria possibile: la realtà era che avevo paura.
Perchè ero tornata? Come avrei fatto a vivere senza di lui ora che l'avevo rivisto? Via. Andare via. Ancora una volta, stavolta per sempre. Non potevo di certo lavorare con lui... Baciarlo, far finta di amarlo.
Sorrisi amaramente.
No, io avrei solo fatto finta di far finta di amarlo. Robert Pattinson era l'amore della mia vita. E lo sarebbe stato sempre. Quindi non potevo mentire così. Non potevo farci questo. Lui... Lui aveva sofferto. L'avevo intuito guardando le foto, i suoi occhi.

Presi il cellulare dalla tasca e chiamai Ellie. Lei lo sapeva. Le avevo raccontato tutto una volta, in piena notte, dopo un incubo. Dopo lui e lei. Insieme.

"Nonono Rob no" non sognava da tempo. Mesi. O almeno, se lo aveva fatto non ne ricordava neanche un fotogramma di quei sogni. Troppi sonniferi, pochi incubi.
Non quella notte, comunque. Il giorno prima era stato il compleanno di Robert. Avrebbe voluto mandargli un regalo; in realtà gliel'aveva comprato. Un orologio in pelle, antico.
Era andata un giorno al mercatino vintage, e su una bancarella l'avevo visto: in un attimo s'era decisa a comprarlo. La visione del polso di Robert che lo indossava era bellissima.
Sul cinturino vi era un'incisione: "Ci ritroveremo sempre."
Non potè non acquistarlo.
Avrebbe voluto mandarglielo, farglielo avere; darlo a Tom, così da farglielo recapitare.
Ma poi aveva visto quelle foto. Come sempre, aveva passato ore della sua vita sui siti di gossip.
Tutto quello che andava sotto il tag "Robert Pattinson" lei lo visionava. Quella sera, quella volta, non l'aveva visto semplicemente uscire con qualcuno. No.
Sarebbe stato semplice in quel caso.
Era stato visto uscire da un locale. Con i suoi migliori amici. I loro migliori amici. Marcus, Jamie, Jack, Tom, Micaela, Katy, Sienna... C'erano tutti. Più Dylan. Ancora.
Era la seconda volta in una settimana che si vedeva con Robert. E faceva male.
Perché lo sapeva che l'uomo di cui era innamorata, non sarebbe stato in un angolino a piangere. No. Era preparata alla valanga di donne -sgualdrine-, con cui l'avrebbe visto.
A quello sì: un pugno nello stomaco, un bicchiere d'acqua, digiuno per un giorno e poi via. Come se mai fosse accaduto.
Ma Dylan... Lei c'era sempre. Ed era quella la sua paura: cosa avrebbe fatto quando Robert si sarebbe innamorato di qualcun'altra?
No.
No.
No.
Aveva paura dell'amore.
Forse per questo aveva sognato Robert... Morto. Quello, a dire il vero, era la sua paura peggiore.
"No no no" continuava a ripetere.
"Kristen? K?"
Ellie, quella volta l'aveva vista strana; persa. Quasi come se la sua amica si fosse stancata di raccontarle bugie. L'aveva accolta volentieri a casa sua. Era felice di averla con sé...
Ma avrebbe preferito saperla altrove. A casa. Fra le braccia di chi l'amava.
Cercò di svegliarla, di scuoterla: "Kristen, svegliati, è solo un incubo, ehi". Poi la mora urlò di più.
"Robert!" Ellie cadde dal letto, spinta da Kristen che ora la guardava stralunata: gli occhi sbarrati, i capelli sudati appiccicati alla fronte, le mani ad asciugare la pelle madida di sudore, il petto che si alzava troppo velocemente.
"K?" La bionda si alzò, avvicinandosi all'amica con calma, come si fa con un cucciolo impaurito. Come forse, proprio Kristen aveva fatto con Bear. O magari con Rob, dopo aver litigato.
"Ellie?" Arricciò il naso. "Che ci fai lì per terra?"

La voce rauca, ferma. Senza volerlo Ellie rise.
"Mi ci hai buttato te."
"Che?"
La ragazza le sorrise teneramente, chiedendole con gli occhi se poteva sdraiarsi accanto a lei; Kristen le fece spazio. "Cosa stavi sognando?"
"Io..." si spostò i capelli dalla pelle asciugandosi poi con la manica del pigiama.
"Sembravi impaurita. Troppo per essere un semplice incubo."
"Lo so. È che sembrava così vero che... Ellie è stato bruttissimo."
"Tesoro... Cosa succede?"

Che poi forse a qualcuno poteva dirlo. Non voleva mentirle. Si stava dmostrando un'amica impeccabile. Forse la più fidata. Ed aveva bisogno di parlarne.
Di dirlo ad alta voce. Così da renderlo reale, non solo una fantasia. Una paura. Così allungò un braccio verso il comodino, prese l'iPhone, fece
qualche movimento con il pollice e lo passò all'amica. Ellie lo afferrò, lesse: si portò una mano sulla bocca, sconvolta.

Poi si voltò verso K, come la chiamava lei. L'abbracciò. Stretta.
Kristen pianse. Ellie la strinse più forte.

"Tranquilla K... Non sei più sola".

Non era più sola.


Ellie mi era stata vicina come mai avrei potuto sperare. Non mi aveva mai rinfacciato gli errori, al contrario, mi aveva fatto sentire a casa... Ma casa mia era altrove.
Era Robert casa mia.

Ma ero stata bene con lei. Le volevo bene. Mi rispose dopo sette squilli. Probabilmente dormiva.

'Mi hai svegliata.' Appunto. 'Spero tu abbia una una valida motivazione.'
Sorrisi.
"O altrimenti?" Mi morsi un labbro, respirando aria pulita. Aria pura; senza Rob.
'O altrimenti... Non lo so. Boh. Uhm. Ti, ti, cucino io qualcosa, senza la tua supervisione, e ti costringo a mangiarla fino all'ultimo boccone.' Risi. Oh, mi serviva.
"Tutto, eh?" Sbuffò.
'Senti, ma mi hai svegliata per dirmi cosa?' Ancora un respiro.
"Che torno a casa." Silenzio.
'Non ho capito.' Ammise.
"Torno a casa, a Cannes."
'Casa tua non è Cannes.' Respiro. 'Mi dici cosa succede?' Espiro.
"L'ho visto."
'Chi?' Scossi la testa.
"Come chi? Rob!"
'Cazzo' Risi ancora. Stavolta con meno allegria. Forse era una risata nervosa.
"Già. È quello che ci siamo detti, in effetti."
'Cosa?'
"Cazzo..."
'Voi vi vedete dopo due anni e dite "cazzo"?'
"sì. Almeno all'inizio."
'Profondo.' Molto.

"Oh beh... Poi abbiamo litigato."
'Prevedibile. Poi?' Respiro.
"Era ubriaco. O almeno credo abbia alzato il gomito ieri." Espiro.
'Prevedibile anche questo. Thomas gli avrà detto che sei tornata in America.' Annuii più a me stessa che ad Ellie.
"Probabile."

'Poi? Avanti Kris, dimmi qualcosa che non so!'
"Mi ha..."
'Baciata?'
"Cosa? No. Peggio."
'Sbattuta sulle porte dell'ascensore e fatta sua stile spot Dior?'

Storsi il naso. Odiavo quella pubblicità.
"No."
'Bene. Perché non sarebbe stato positivo, insomma, almeno un po' d'attesa... Certo, dopo due anni che non scopi e vedi Robert Pattinson, immagino che gli ormoni abbiamo cominciato
 a volare, ballare la zumba e'

La interruppi.
"Mi ha ridato il post it con cui l'ho lasciato. L'aveva nel portafoglio".

Silenzio. Respiro. Aria pulita. Non è poi così pulita... Manca il profumo di Robert. Espiro. Mi pizzica la gola.

'Quest'uomo ti ama!' La sentii urlare dall'altra parte del mondo.
"No. Non più. Aveva un portafoglio nuova, sai? Magari gliel'ha regalato lei. O magari l'ha comprato da solo... Ed io non lo so. Io non so nulla della sua vita attuale. Aveva un portafogli
nuovo." Le dissi sull'orlo dell'isteria.

'K calmati. Fai un respiro profondo e lascia stare il portafogli, okay? Pensa solo che... Che ti ama.' Sbuffai.
"Non mi ama. Io non voglio che mi ami. Non me lo merito."
'Tu non lo meriti? Se c'è una persona al mondo che merita l'amore di quell'uomo, beh, quella sei tu. Solo che ancora lo devi capire. Ma va bene.'
Era la prima volta che si esprimeva su me e Robert. L'avevo sempre sentita dirmi che mi appoggiava.

"Tu non l'hai visto. Era"
'Arrabbiato?' Mi precedette. 'Sì, beh, Kristen, è normale. Quando l'amore della tua vita ti lascia così, senza una spiegazione, allora ci si incazza.'

"Lo so", fui costretta ad ammettere. "Il punto è un altro: Lui sarà nel film."
Ancora silenzio. Poi un colpo secco. Era caduta?
"ellie?"
'Ma porcocazzo K!'
"Che"
'Questa è sfiga.' Sentii un altro colpo. Ma cosa diamine? 'O fortuna' Altro colpo. 'Occristo, è il destino!'

"Ma che cazzo stai combinando?"
'Sono scivolata. Ora sto riversando su di una macchina infernale tutte le mie pene. E le tue, naturalmente.'
"Che dall'Ellese all'inglese sarebbe?"
'Picchio la caffettiera. Magari si decide a far uscire il caffè.' Tipico. Era una ragazza così sbadata... Amavo troppo Ellie e Tom insieme.
Chissà poi perché non avevano continuato la loro relazione.

'Comunque, perché vuoi tornare?'
"Come perché? Lui è il protagonista machile, io quello femminile." Le ricordai.
'Mh, mh, e quindi?'
"Come quindi?"
'Non vedo il problema.'
"Sei stupida." Ridacchiò.
'Sai cosa si dice delle bionde, no?' Scossi la testa, 'sono seria, K, dovresti accettare. Vedila così, sarà la tua ultima dose di Robert.'
Messa così, sembrava allettante come cosa.
"Le minacce." Le feci presente. Lei sembrò pensarci sopra.
'Provaci. Vedi cosa ne esce.'

"Qui non stiamo parlando di prove, okay? Parliamo della sua vita, della mia... Della vita di qualcuno." Mi alterai.
Lei lo percepì.
'Scusa. Ma sai cosa penso. Provaci, parla con Cat. Provaci Kristen... E poi ricordi? Siete Kristen e Robert contro loro.'
Sorrisi amaramente.
"Una volta. Tempo fa."
'Tesoro, mai dire mai.'
"Non sono qui per questo."
'Lo so. Fallo però. Non puoi vivere nella paura, non più.'
"Non è così semplice."

Le dissi con quel qualcosa che mi rendeva difficile parlare; quando si trattava di me e Robert nulla era facile. Non lo era mai stato.

'Kristen, ti fidi di me?'
Le avevo raccontato tutto. Dai timori alla paura più folle. Tutto. Avevo urlato, pianto e parlato a macchinetta.

"Certo che mi fido."
'E allora stammi a sentire: tu ora entrerai in quella stanza, saluterai Catherine. Ti concedo di avercela con lei. Poi però dovrai sorriderle, perchè le vuoi bene e lei ne vuole a te.
 Poi ti volterai verso Robert, e sorriderai anche a lui; che lui lo accetti o meno quel sorriso. Perché io lo so che vuoi sorridergli.'
"Ma"
'Sh. Poi firmerai quel contratto indipendetemente dalla scelta che farà Robert. Sei lì per quel lavoro, per quel film. Quante volte te l'ho fatto vedere in questi due anni, mh?'
sorrisi in uno sbuffo.

"Tante."
'Ecco. E quindi cosa farai?'
"Andrò in quella stanza"
'Continua'... Mi esortò.
"Firmerò il contratto e sorriderò a Rob."
'BRAVA!' Battè le mani. 'Oh il mio sogno che si realizza!'

Guardai l'orologio sul mio polso. Quello che avrei voluto dare a Rob, notando di essere in ritardo.

"Okay, se voglio firmare" volevo? "Devo sbrigarmi".

'Va bene', strascicò la "e" finale, 'ti lascio andare. Fammi sapere.'
"Certo."
'Bene. Ah K?'
"Uh?"
'Buona fortuna. Ti voglio bene.'
"Te ne voglio anche io."
'Andrà bene.'

Ci credetti. Ci credetti davvero fino a quando non aprii la porta che mi separava da Cahtrine ed il mio ex fidanzato.
Ex.
Perchè, ora, questo era Robert per me: il mio ex fidanzato.

"Ciao." Dissi con la voce fioca, quasi mi vergognassi per qualcosa. Robert guardò subito nella direzione in cui ero entrata. Mi fissò. Aveva le braccia conserte, strette al petto.
Non aveva lasciato la palestra, si notava dai bicipiti.

"Kristen Stewart!" Lui sussultò.
Venni investita da un ciclone di capelli lisci e profumo di viole. Mi abbracciò; rimasi spiazzata. Non ero più abituata al contatto fisico con le persone che fossero Ellie.
Paralizzata.
Rob lo notò. Oh, beh, lui notava sempre tutto.
Avvolsi le braccia intorno al busto di Catherine, ricordando chi lei fosse. In realtà fu un abbraccio strano. Così teso -da parte mia- da far spavento.
Com'è che mi ero ridotta ad aver paura anche degli amici? Di chi mi voleva bene?
Gli occhi bruciarono.
Si allontanò da me, sorrideva. Era dolce Catherine. Aveva il sorriso di una madre.

"Come sei bella! Guardati", mi accarezzò i capelli con fare gentile, poi passò alle guance. "Hai schiarito i capelli, sei ancora più bella!" Si girò verso Robert, "Vero Rob?"

Lui, ancora con le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di me, corrucciò le sopracciglia. Oh lo riconoscevo quello sguardo. Mi stava fissando, squadrando;
mi stava facendo la radiografia. Mi sentii in soggezione. Nuda. Come se potesse vedere, sentire, capire, che lo amavo, che l'avevo lasciato con le lacrime sul viso e la morte nel cuore.
Stava paragonandomi alle donne che aveva avuto in questi mesi? Ero meno bella di quella bionda che aveva baciato? Gli facevo schifo? Mi odiava? Ero troppo sciatta in confronto a Lei?
Aprì la bocca, la mosse in modo impercettibile, forse me ne accorsi solo io.
Mi avrebbe detto che non ero all'altezza? Che c'era di meglio? O che mi trovava brutta? Preferiva le altre?

Sorrise. Non un sorriso normale, no. Non uno che aveva visto spesso. Irrisorio. Derisorio. Sarcastico.
Poi parlò.
"È sempre stata la più bella."

Forse morii un po' in quell'istante. O riacquistai un po' di me stessa. Forse mi sentii bene, forse mi sentii male. Non lo sapevo. Tutto quello ciò che sapevo era che Robert mi trovava
 bella. Era una cosa così stupida, eppure non potei evitare di sorridergli.
Lui distolse lo sguardo subito dopo aver fissato la mia bocca.
Smisi di sorridere.
Catherine ci guardò.

"Ed eccoli qui i miei Robsten!" Esclamò entusiasta.
"Robert e Kristen. Solo Robert e..." il tono sicuro e veloce con cui aveva parlato scemò sul mio nome non detto. Forse si era accorto e pentito subito dopo di averlo pronunciato pochi
 istanti prima.
"Kristen", dissi sottovoce; sussurandolo. Anche quello sembrava sbagliato. Lui tornò a guardarmi. Aveva il viso tinto di rosso. Forse per la rabbia.
"So come ti chiami". Sì, stava arrabbiando.
Avevo sbagliato ancora?
"Io"
"Beneee! Allora ragazzi, avete letto il copione? Bello vero? Oh sarete perfetti, già vi vedo"
"Sì" Le disse lui, fissandomi ancora, "ho letto il copione. Mi piace. Ma c'è un problema."
"Cioè?"
"Io con lei non ci lavoro".
"Sì beh, neanche io." Rob scosse la testa.
"Perfetto. È il tuo ruolo questo, no? Fai pure. Catherine, è stato bello rivederti. In caso tu abbia qualche altro copione, sia chiaro, copione che non includa lei", mi indicò,
"allora chiamami." Questo fece male.

"Robert fermati." Lo fermò Cat, "non so cosa sia successo tra di voi ma"
"Mi ha lasciato come un coglione." Il cuore mi si fermò. Mi sentii guardata, giudicata. Poi condannata.
"Non mi interessano le vostre vicessitudini personali; mi avete dato la vostra parola. Io per questo film voglio voi."
"Non è vero", stavolta fu il mio turno di parlare. "Non ti ho detto che avrei firmato, ma solo che ci avrei pensato."
"Hai lasciato la Francia, era un sì."
"ERI IN FRANCIA?" Urlò Rob. "Te ne sei andata in Francia?"Si infilò le dita nei capelli.
"Rob."
"Zitta. Zitta, muta devi stare. Non devi parlare. Te ne sei andata dall'altra parte del mondo pur di non avermi tra i piedi?"
Per salvarti. Catherine alzò i palmi delle mani in aria.

"Okay... Io vado a prendere la mia dose di caffeina. Voi fate pure... Uhm?"Uscì lasciandoci soli.
Però la sentii gracchiare un" Troppa tensione sessuale, troppa troppa! Sarà un capolavoro."

Robert si tappò la radice del naso tra il medio ed il pollice; si calmò.
Io forse trattenni il fiato.
"Che ci fai qui?"
"Cat mi ha chiamata e" Scosse la testa con vigore.
"No, no, cosa ci fai QUI! A Los Angeles." Non lo sapevo nemmeno io.
"Per il film." Stavolta annuì.
"Pretty woman l'hai sempre adorato."
"Te lo ricordi?"
Mi guardò in modo strano, poi andò a sedersi sulla scrivania, facendo tendere la stoffa dei jeans. Ah... Avevo sempre adorato il modo in cui le sue gambe si intrecciavano con le mie.

"Anche io, in effetti" tralasciò la mia domanda, "e l'idea mi piace."
"Non capisco dove tu voglia arrivare." Storse il naso.
"Senti, io accetto." Boom.

Il rumore mai sentito di un frigo rotto da un calcio venne sostituito dal rumore del mio cuore che esplodeva. Forse per la gioia. Forse per la paura.

"Tu fa' ciò che vuoi. Non mi interessa. Per me un'attrice vale l'altra. Non sei più nulla per me."

'Nulla per me'

'Nulla'

Nulla per lui.

Le labbra tremolarono, eco del tremore delle mani. Il cuore, che prima batteva così felice, ora restava muto. Aprii la bocca per parlare, ma non riuscii a dire una sola parola.
Quindi mi limitai ad annuire.

"Bene. Accetterai?" Deglutii.
"Io... Non lo so." L'avevo promesso ad Ellie.
"Fai come vuoi."
"Forse... Forse accetterò. Credo di sì."
"Perfetto."

Si alzò dalla scrivania e si avvicinò, tendendomi la sua mano. Le amavo le sue mani. Ma non capii il suo gesto.
Inarcai un sopracciglio, perplessa.

"Colleghi?" Colleghi? Io e lui? Forse notò la mia espressione scettica. Sorrise.
"Solo colleghi, Stewart. Niente passato in comune, niente di niente. Nessun pasasato, nessun futuro. Solo questo film."
Solo colleghi.

Stewart.

Freddo. Gelo. Inverno. Afferrai la sua mano.
Caldo. Fuoco. Primavera... E autunno, e inverno, e tutto il mondo insieme.
Perché noi quello eravamo. Tutto il mondo insieme.

"Solo colleghi, Pattinson." Ci stringemmo le mani.

Brividi.
Mi sorrise.
Aria pura.
Merda. Ero nei guai.


Giorno 1.

Partiamo dal presupposto che non ho mai avuto un diario, che odio scrivere a penna e che questa moleskine me l'ha regalata mia madre anni fa ma mai l'ho usata.
Poi Ellie mi ha convinta a "Buttar giù le idee" perché "ti fa bene, K! È una cosa scritta anche nei libri di psicologia".
Quindi eccomi qui... Cosa cazzo devo dire? Mi devo presentare?
Tipo, uhm, ciao sono Kristen e NO.
Iniziamo dal dire che oggi sono iniziale le riprese. 'Pretty woman -The remake' è ufficialmente iniziato.

Wow.

E non c'è entusiasmo in questo wow. Proprio niente. E dovrebbe... Insomma, è un film bellissimo, i miei fans ancora mi amano e c'è Robert (che mi odia). Wow.
Wow. Veramente wow.
Lui poi, oh, lui mi calcola tantissimo.
Davvero. Mi sposta la sedia quando devo sedermi, mi versa l'acqua, mi parla dei suoi sogni.
Certo. Nei miei, di sogni.
Facciamo il nostro lavoro. Non ci parliamo se non per dirci qualcosa che riguarda una scena.
Colleghi. Lo siamo.

Bella merda.



Giorno 2.

È un coglione. Chi? Robert Pattinson.
Perché?
Prendiamo in esempio questa mattina: è arrivato con dieci minuti di ritardo sul set. Che non sono tanti, ma per una produzione come questa, valgono oro. Era mezzo ubriaco.
Sono sinceramente preoccupata per il suo fegato. Non fosse che ho paura di Claire, la chiamerei.
Comunque, va bene che l'Edward di questo remake è un po' diverso da quello dell'originale, ma cazzo, presentarsi in quello stato su un set. A lavoro.

L'ho affrontato. "Rob potresti evitare la vodka", e lui, lui mi ha risposto "Come tu hai evitato me?".

E cosa potevo dirgli? Nulla. Abbiamo girato qualche piccola inquadratura "Bene", ha detto Cat.

"Bene" volevo ucciderla. "Bene" vuol dire "Rifalla".
Quindi domani dobbiamo rifare tutto. Che culo. Per stasera è tutto.

Ps. Ho mangiato spaghetti a pranzo.



Giorno 3

Sul set sono venuti a trovarmi Alicia, CJ e Scout. Era da tempo che non li sentivo o vedevo.
Rob, appena si è accorto di loro, ha cambiato strada. Oggi non era sbronzo.

CJ mi ha fatto leggere dei piccoli articoli su me e Robert. C'è chi grida al ritorno di fiamma, chi ha detto che in questi due anni mi sono nascosta a Londra, in un convento.

Ancora non capisco come abbiano fatto a non scoprire nulla. Be, comunque, oggi è stata una giornata normale. Abbiamo girato e siamo andati "benino".
Domani rifaremo qualcosa. Wow.

Ps. A cena Cameron ha cucinato le polpette... Quelle precotte.



Giorno 4.

Oggi sono successe tre cose fondamentali:
1. Ho rivisto Bear.
2. Siamo andati 'più che bene'
3. Rob mi ha parlato.

Ma partiamo dal primo punto.
Robert stamattina ha portato Bear sul set. È stata una bella cosa. Una delle più belle di questi ultimi due anni.
Ero in piedi, con Alicia; stavamo ripetendo una parte che non riuscivo a ricordare, quando sento la voce di Rob -che per inciso è sempre un colpo al cuore-, e poi un abbaiare famigliare.
Neanche il tempo di girarmi che mi sono trovata il mio cagnolone accanto che mi annusava i piedi.
Non mi ha riconosciuta, credo. Ho guardato Rob chiedendogli il permesso di accarezzarlo, lui ha fatto cenno positivo con il capo.
"Amore... Come sei bello!" gli ho sussurrato, coccolandolo. È sempre così morbido.
Mi ha riconosciuta dopo aver parlato; m'ha leccato la faccia, mi è saltato addosso fancendomi cadere sull'erba.

Ho riso così tanto... È stato bellissimo.
Non so perché Rob l'abbia portato sul set, ma è stato il momento in cui e lui ci siamo sorrisi a vicenda.

Abbiamo girato tante scena, addirittura una che non era in programma.

Cat ci ha detto "Oh... Più che bene!" Mi sono sentita felice. Come se tutto andasse al proprio posto. Credo che basti il suo sorriso.

Non sono mai stata una persona sentimentale, mai, dico "cazzo" ogni due per tre e bevo birra la mattina... Eppure se mi chiedessero la cosa più bella che io abbia mai visto,
 risponderei "Il suo sorriso".

Poi mi ha parlato. Parlato davvero.
"Dobbiamo provare", ancora non dice il mio nome.

Comunque, a pranzo, mentre giocavo con Bear, Lui si è avvicinato.
"Amore della mamma... Mi sei mancato così tanto"
 "Io no?" Ha chiesto.

Sì. Sì avrei voluto dirgl. Tu più di tutti. Più degli amici, più di mamma, più del mondo.

"Io no. Ovviamente. Ci vogliono sul set, comunque."

Poi abbiamo ancora girato. La sua pelle più volte ha toccato la mia. Il mondo mi è sembrato meno brutto. Ho avuto meno paura.
Il ché è abbastanza strano.
.
.
.
Oh a Diavolo! Ma chi voglio prendere in giro? Io sono innamorata di quell'uomo. Amo quella barba troppo lunga e troppo bionda, di quel sorriso e del suo acccento inglese.
Sono perfino innamorata di quel fegato oramai spappolato per il troppo alcolo; è suo, quindi lo amo.
Sono fottutamente innamorata di Robert Pattinson. Ed è questo che mi fotte.
Devo rimediare... Forse. Per oggi va bene così.

Ps. Ho cenato con delle patatine fritte. Cameron in cucina fa pena.



Giorno 5.

Sono incazzata.

Robert oggi è arrivato sul set in anticipo. Il ché non sarebbe una cosa grave -anzi-, se solo io non l'avessi osservato giocare con Bear... E beh, se solo non avessi fatto una cazzata.

In pratica: è arrivato sul set, visto che era in anticipo e non aveva nulla da fare, si è messo a lanciare la palla al cane.
Mi è sembrato così bello. È bello più di due anni fa.
Vabbè, sta di fatto che gli si è avvicinata una ragazza della produzione: biondissima, (male, male), gli ha chiesto se volesse qualcosa da bere e se dovesse coprire qualcosa con il trucco
 (domanda ovvia); lui ha risposto sì ad entrambe le domande. Al secondo sì si è toccato il collo.

Allora la ragazza è andata via, arrossendo. Povere Cassie, immagino l'effetto che uno come lui possa suscitare.
Si è rimesso a giocare con Bear, quando quest'ultimo mi si è avvicinato, l'ha fatto anche Robert.

"Ciao."
Avrei voluto chiedergli "ehi, ti ho fatto qualcosa? Ieri andavamo così bene", ma la risposta sarebbe stata ovvia. E allora vaffanculo, me lo sono tenuto dentro. Come sempre.
Però poi la cazzata è avvenuta quando Rob si è grattato di nuovo il collo. Più forte stavolta. Ho intravisto una parte di pelle arrossata, allora no, da povera cogliona quale sono,
 cosa ho fatto? Mi sono preoccupata! Sono scattata come una molla, portando una mano sulla sua epidermide irritata da... Indovina? Un succhiotto!
Lui è rimasto immobile. Fermo come una statua.
Io ho fissato le dita sulla sua giugolare.
Dio la sua pelle! Morbida. Poi mi sono ritratta, scottata dalla consapevolezza che una donna, altre labbra, l'avevano toccato.
Quando ho staccato le dita e me le sono portate sulla bocca, c'era Rob; il suo sapore. C'era, lo giuro. Non sono pazza.
Lui ha aperto la bocca, forse schifato, forse incazzato e prima che potesse urlare, sono scappata.

FANTASTICO.

ps. Oggi ho cucinato io. Sia lodato Gesù Cristo


Giorno 6.

... Giornata di merda. Mi astengo anche dal commentarla.
Ps. Sono ritornata alle patatine.


Giorno 7.
Mi ha chiesto se le chiacchiere dei giornali fossero vere:
"Sei lesbica? È per questo che mi hai lasciato?"
Credo che il mio schiaffo non lo dimenticherà così in fretta.

Ps. Amo il McDonald. Davvero.


Giorno 8.
Un sms.
Sono collassata sul set. Rob mi ha portata nel camerino.
"Stai bene? Vuoi dell'acqua?"
"Sì grazie". Mi ha versato l'acqua nel bicchiere, in silenzio; poi me l'ha passata e si è seduto sulla sedia posta di fronte al divanetto su cui ero appoggiata.

Ho bevuto, l'ho ringraziato.
Poi lui ha rovinato tutto: "Sei incinta? È per chquesto che mi hai lasciato! Per qualcun altro?"

Sono solo riuscita ad alzarmi, infuriarmi, aprire la porta ed urlargli
"VAFFANCULO".

Me ne sono andata, ma ho fatto in tempo a sentirlo ridere e dire
"Almeno ha ripreso colore!"

...non ho mangiato granché.


Giorno 9.

Ancora sms. Lui non mi parla.


Giorno 10.

Pensavo fosse finita. Evidentemente mi sbagliavo.


Giorno 11.

Ho paura. Tanta paura.


Giorno 12.

Gli ho chiesto di poter tenere Bear per una notte. Ha detto di no.
Bernie e Vanilla neanche me le fa vedere.


Giorno 13.

Cameron ha trovato le gomme dell'auto tagliate.


Giorno 14.

Sola. Devo tornare a Cannes.


Giorno 15.

Ho sentito Tom. È stato bello. Gli voglio così bene...


Giorno 16.

Non sono andata sul set. Ho finto di stare male... Ho solo tanta paura.


Giorno 17.

Gli ho detto "ti amo" per finta... Forse dovrei virgolettare 'per finta'. Gli ho detto ti amo "per finta". Ecco, così va meglio.
Ah, Lui mi ha chiesto se stessi mangiando. Cosa vuole da me?

Ps. Nel camerino ho trovato un panino. Il mio preferito. L'ho buttato.

Ho avuto paura fosse avvelenato.
Ho paura di tutto.


Giorno 18.

La vita è fatta di scelte. Tante piccole scelte. Si sceglie un cioccolatino piuttosto che un altro, si sceglie un libro da leggere invece di un film.
Si sceglie di andare via, di combattere.
E poi ci sono cose che non ti lasciano libertà di scelta.
Non si scelgono certe emozioni, certi amori, accadono e basta. Voglio dire, io non ho scelto di amare Rob. È successo.
Mi sono innamorata di Robert Pattinson e questa cosa non è più cambiata.
Punto. Amen. Ho ingoiato il rospo e via.
In fondo scegliere non è poi così difficile. Così importante. Perché la vita è come i film forse, l'amore è come una commedia romantica.
C'è l'inizio, il mezzo e la fine.
Ci si innamora, poi accade il peggio, poi, se sei fortunato, sceglierai di buttarti ed avrai il tuo lieto fine. È sempre così...

Nei film.
Poi nella vita è tutto un altro paio di maniche. L'ho imparato oggi.

Oggi, diciottesimo giorni di riprese -di Robert-, ho deciso di non voler avere paura.

Sono andata sul set, ho allacciato la vestaglia color panna, leggera, profumata; ho chiuso gli occhi godendomi la musica che Robert suonava.
Intonava qualche nota semplice, che però non sembrava essere priva di senso. Come una melodia abbozzata.
Il ragazzino biondo dei 'ciak' ha dato inizia alla scena.
Sono entrata nella sala, lentamente, guardandolo mentre chino sui tasti, concentrato, sorrideva alla musica da lui creata.

Così bello...

Mi è parso quasi di disturbare quando ho deciso di fare il mio lavoro, avvicinandomi a lui. Applausi si sono levati dalla piccola folla. Rob ha fermato l'indice sul Do,
mezzo labbro superiore alzato.
Soddisfatto.

Così bello...

Forse è stata quella luce, forse il piano, forse solamente lui e quella bolla che inconsapevolmente ci ha unito, fatto sta che ho abbandonato Vivian e sono tornata Kristen.

"Non sapevo che suonassi." In realtà, nella vita vera, l'avevo saputo subito che suonava. La conferma l'ebbi una volta, nel 2008: eravamo in un ristorante e lui si alzò per andare a
suonare una melodia al piano, sconosciuta. Bellissima.

"Suono solo per gli estranei", mi ha guardata.
"Cominciavo ad intristirmi di sopra, così sola sola."
"Signori", si è voltato verso le comparse "volete lasciarci soli, per favore? Grazie". Poi è tornato a guardare me.
"La gente fa sempre tutto quello che dici tu?" Un silenzio così serio, teso. Così sensuale. Così noi. Ha posato le sue mani sui miei fianchi, posandomi col sedere sui tasti.

Così bello...

Note stonate; stavolta non eravamo noi, era la musica. Era finzione. Poi ha posato il capo sul mio ventre; io ho cominciato ad accarezzargli i capelli.
Come feci tempo fa, quando dopo aver superato una crisi, ci eravamo ritrovati a piangere l'uno nelle braccia dell'altro.

Così bello...

Lui in quell'occasione mi disse che m'amava e che senza di me non ce la faceva; io gli dissi le stesse cose.

'ti amo'

'ti amo anche io.'

Così lui ha alzato la testa dal mio stomaco e mi ha guardata davvero, facendomi capire era Lui. Robert. Non Edward.
Oh amore mio, io lo sapevo già.

Le sue mani sono corse al nodo che teneva chiusa la vetaglia, piano, con delicatezza. Il copione non richiedeva quello... Poi l'ha sciolto.
Sempre guardandomi negli occhi.

Così bello...

È stato come dirgli "Ciao amore, come stai? Io bene. Mi sei mancato"

Così bello...

Ha spalancato quel pezzo di stoffa inutile. L'affanno tipico delle prime volte camuffato da abitudine.
Ancora note stonate; poi le sue labbra sulle mie. Dolci. Delicate.
Nei giorni precedenti ci eravamo già sfiorati la bocca, ma mai così.
Non so esattamente cosa è accaduto, ma il mio cuore ha perso un colpo quando si è accorto della caduta di quel muro fatto di risentimento.

Robert era lì.

Così bello...

Poi mi ha presa fra le braccia; ho abbracciato il suo collo con le mie braccia. Mi ha fatta sdraiare completamente sulla coda del pianoforte.

Così bello... Così noi.

Ha allungato una mano verso il mio volto, accarezzandomi, ma non smettendo mai di guardarmi.

Il fuoco. I brividi.

Le sue labbra, ancora una volta, hanno toccato le mie. Un morso, un bacio; poi il copione diceva che io avrei dovuto ritrarmi, ma a quella bocca io non ce l'ho fatta a dire no.

Ho ricambiato il suo bacio. Catherine non ci ha fermati. La sua mano destra è scesa sulla mia bocca, saggiando con i polpastrelli la morbidezza di essa.
Poi la sua corsa è continuata.

Sul collo.

Così bello...

Sullo sterno.

Così bello..

Tra i seni.

Così bello...

Sullo stomaco.

Così bello...

Ho tirato la testa all'indietro quando il calore delle sue dita hanno raggiunto l'ombelico, poi più giù.
Si è fermato lì, sulla mia intimità.

Mi ha guardata. L'ho guardato, e poi mi sono resa conto che io mai ho avuto scelta.
Amare Robert non è mai stata una mia scelta, forse se potessi, sceglierei di non amarlo.

Ma non posso.
Amarlo è stato automatico. È stato come avere paura.

Io da Robert Pattinson non guarirò mai. Perché siamo noi. Robert e Kristen. Kristen e Robert.

Ed io lo amo.

Ecco cosa vorrei dirgli. Quindi userò queste ultime righe di diario per dirgli una cosa.


Ciao Robert, sono Kristen. Lo so che mi odi, ma io beh, io Ti amo... E probabilmente, quasi sicuramente, ti amerò per sempre. Forse è questo il problema.



Pov Robert.

Bere. Avevo bisogno di bere. Per dimenticare, per cancellare il sapore delle sue labbra.
Chiusi gli occhi stropicciando le mani sulle palpebre. Sesso. Avevo bisogno anche di sesso.
Per dimenticare Lei, per cancellarla.

Una volta, tempo fa, pensavo che il sesso senza amore fosse una cazzata. Una cosa inconcepibile.

Poi Lei se n'era andata e a me questo era rimasto: il sesso. Solo bionde, a volte rosse, se è possibile alte. Il contrario di lei.

Entrai nella saletta privata del locale; un locale 'in', uno di quelli frequentato da donne bellissime, ben viste. Disponibili.

"Amico, puzzi di vodka", mi voltai verso Jamie, sorridendo.
"Ah, ah. Stasera solo vodka. Ieri era la serata Gin." Gli risposi ridendo. Perché ridevo rimaneva un mistero.
"La serata Coca Cola a quando?"
"Uhm. Non lo so."

"Probabilmente mai." Si intromise una voce familiare. Mi volsi verso di essa.
"Ciao Tom", lo salutammo in coro. Strano che fosse qui, di solito rimaneva a casa con Sienna e Marlowe.

Tom era proprietario della vita che aveva sempre desiderato: una casa col giardino, una moglie affettuosa e una figlia da adorare. Una famiglia.
Lo odiavo per questo. Lui aveva la vita dei miei sogni.

La mia, di vita, invece, faceva schifo.
Una ragazza diversa tutte le sere; nessuna valeva la pena di rischiare. Alcol; la gola che bruciava era meglio del cuore che faceva male sotto il peso dei ricordi.

Una casa troppo grande, poco personale, asettica; la poca voglia di abitarci con lei, la troppa fretta di tornarci con altre donne.
Ma in fondo è la vita che mi ero scelto.
Squallida. Profondamente squallida.

"Robert, ti sto cercando da ore". Mi sedetti, stanco, sulla poltroncina nera di velluto -squallida pure quella-, e strofinai una mano sul volto.
"Beh, ora mia hai trovato." Lo sentii sospirare.
"Dobbiamo parlare."
"Chi sei tu? La mia fidanzata? Di solito lo dicono loro."
"Dobbiamo parlare, Rob."
"Ma va? E dire che pensavo volessi ballare."

Jamie rise. Tom no.

"Cos'è stasera, fai l'ubriaco incazzato?"
"Non sono ubriaco." Gli dissi. "Non ancora", aggiunsi. Il mio migliore amico si alzò dalla poltroncina su cui era seduto e mi si avvicinò. Era divertente Tom incazzato.

"TU! La devi smettere, okay? Mi hai rotto il cazzo, Cristo Santo. Tratti tutti come se fossero Merda", lo fermai.
"Non tutti." Lui annuì.
"Ovvio. Non tutti. Quelle che ti porti a letto le tratti bene, no?"
"Esattamente." Mi trovai un dito contro il viso. Quello indice.

Ahi.

"Sai cosa? Sei un fesso. Sei un fesso, rincoglionito, ubriaconone che lascia andare la donna della sua vita. Ecco cosa sei."
Ora ero io quello incazzato. Lui non sapeva... Lui aveva una vita perfetta.

"Ma tu cosa vuoi da me, mh?"
"Nulla. Voglio solo che tu la smetta con questa merda di vita." Lo fissai.

Tom Sturridge si era trasferito in America un anno e mezzo fa, dopo tre mesi dalla fuga di Kristen. Lo fece perchè la sua carriera da attore aveva preso una svolta improvvisa
vedendolo protagonista di una serie tv super seguita, il set era a Los Angeles.

Questa, ovviamente, era la versione ufficiale. La versione ufficiosa ma sincera, era che Tom voleva starmi vicino perché preoccupato per me.
Gli ero grato per questo. Gli volevo bene, ma quel suo trattarmi con severità, come se lui fosse l'uomo più vissuto del mondo, come se fosse mio padre, mi irritava.

La sua vita mi irritava.
"Questa 'merda di vita', come la chiami tu, È la MIA di vita. Me la sono scelta io, la voglio così. A me piace così."
"Balle." Forse.
"Lo dici tu."
"State calmi", si intromise Jamie. Oh, anche lui mi stava sul culo. E tanto, anche. Tra qualche mese sposerà Dakota.
Io... Io al massimo avrei sposato la vodka. Ottima moglie.

"Ma cosa cazzo volete da me? Cosa? È la mia vita. A me piace così. Se a voi non sta bene, beh, la porta sapete dov'è."

Jamie scosse la testa. Tom si fece rosso in viso.

"Sei il mio migliore amico, Rob. Abbiamo giurato anni fa che se un giorno ci fossimo ritrovati in una situazione simile, per una donna, l'altro l'avrebbe aiutato: io sto mantendendo la
promessa fatta."
"Ed eccolo il punto focale del problema: KRISTEN." Dire il suo nome mi fece male.
"Cosa c'entra Kris?"
Forse, una vita fa, ero felice della loro intesa; sapere che la propria fidanzata ed il tuo migliore amico sono come fratello e sorella, è qualcosa di assurdamente bello.
Eravamo un trio noi tre.
Lo amavo.

Ora mi dava fastidio. Perché lui poteva chiamarla 'Kris' ed io no? Perché con lui ci aveva subito ripreso confidenza? Sembravano, erano, così amici che quasi la gelosia mi divorava.
Perché io lei e lui, giorni fa, li avevo sentiti ridere; li avevo visti abbracciarsi. A me non era permesso avere i suoi sorrisi.
"Non. Chiamarla. Kris." Gli ansimai contro. Lui non indietreggiò, né sembrò stupito.
"Ma che cazzo ti piglia?"
"Voi la difendete sempre, Cristo. Dite che l'ho lasciata andare, ma sapete cosa? È facile parlare quando la sera tornate a casa e ci trovate la persona che vi ama.
È facile parlare quando la donna che vi ama e dice di farlo, non ti tradisce e ti resta accanto."

"Stai esagerando."
"No Credimi Tom, non esagero. Lei mi ha lasciato come se io nulla fossi. E forse avete ragione. Questa vita mi fa schifo, ed ho detto una cazzata prima.
Non me la sono scelta io questa merda di vita, è stata lei, la vostra amata Kristen, a buttarmici in questa merda. Ed io altro non faccio che gallegiarci... Per non affogare."

Lo aggirai, presi la bottiglia di rum e mi ci aggrappai.Uscii e tentai di scordarmi di Lei. Di me.
Ecco il potere che Kristen aveva su di me. Fuori dal locale c'era una rossa niente male; me la sono portata a casa. Come si fa con i cani, o con le cose.

In effetti, questo erano le donne per me: oggetti. Non che io dessi loro false speranze.
Neanche una notte intera ci passavo insieme. Troppo intimo.
A loro, comunque, non dispiaceva: io usavo il loro corpo per dimenticare
Lei, loro usavano Robert Pattinson per qualche minuto di notorietà ed un paio di orgasmi. Ci guadagnavamo entrambi.
Un contratto equo. Non questa sera, però.

L'avevo baciata, toccata, palpata. Ci eravamo messi in auto subito. Lì volevo farmela. Sui sedili posteriori.
Hannah, si chiamava. Piuttosto carina. Forse troppo lontana dai miei standard. Troppo minuta.
Le avevo baciato il collo, poi i seni; ancora toccatine varie.
Era tutto così... Monotono.

"Non ti piace?" mi chiese, guardandomi in modo curioso. Forse doveva essere la sua espressione seducente.

"Uh?" Non capii a cosa si stava riferendo. Lei di tutta risposta volse lo sguardo verso la il suo pugno chiuso intorno alla mia "erezione". Ecco il problema.
Non ci riuscivo più. Cazzo.

"Merda, non un'altra volta!"

"Ti succede spesso?" sembrava demoralizzata. La guardai, ammonendola. Poi me la scostai di dosso, facendola cadere a peso morto sul sedile.
Mi sedetti, appoggiando la testa sul finestrino freddo.

"Non mi succede spesso", puntualizzai stizzito.
"Allora sono io?" aveva gli occhi da cucciolo bastonato. No ti prego, non i sensi di colpa.

"Non sei tu, tranquilla."
"Allora..."

"Allora" mi grattai il mento. "Senti, sei molto carina, davvero, ma"
"Allora vedi? È colpa mia." Scossi la testa, negando.
"Nono"
"Sei gay..."
"Che? No! Ma cosa ti salta in mente?" Gridai scandalizzato. "È colpa di Kristen stronza Stewart!"

La vidi aggrottare le sopracciglia, perplessa. Era una ragazza abbastanza facile da leggere.

"Aspetta", si sedette meglio, con le gambe incrociate, rivolta verso di me. Io mi appoggiai ancora di più allo sportello. "Kristen Stewart? La tua storica ex? L'attrice?"
Annuii. "Sì, sì ed ancora sì"
"Okay. Allora non capisco." Sbuffai. Ci aggiustammo io i pantaloni e le mutande, lei la gonna.

"Quella strega mi ha fatto qualcosa."
"Eh?"
"Da quando l'ho vista rimanerci male per quel cazzo di succhiotto..."
"Succhiotto?"
"...io non riesco più a scopare. Cristo Santo!" Sbattei un pugno sulla pelle del sedile.

"Oddio"
"Già! Non scopo. Non mi si alza. Vedo quegli occhi e quel modo di guardarmi e nulla... Non si alza." Mi grattai una guancia.
"Beh con le altre. Con lei sì, lui" indicai il mio amichetto delle parti basse, "lui con lei funziona. E pure bene. Stamattina stavo per venire su quel cazzo di pianoforte."

Mi bastava pensare a Lei, qualsiasi parte di Lei, ed ero eccitato da far schifo.
Mi aveva fatto qualcosa.

"Uh, okay. Sono finita in una fan fiction e non lo so. Okay. Senti, secondo me dovresti parlarne con qualcuno."
"Qualcuno? Un dottore? Odio i dottori. Poi mi si alza, funziona, solo"
"Solo non con noi comuni mortali che non siamo Kristen Stewart." sì beh, messa così era ancora più patetica come cosa.

"No. Ha funzionato fino a quando non è riapparsa nella mia vita, lo farà ancora." Lei scosse la testa.
"Davvero, dovresti parlarle. Insomma, perché vi siete lasciati?"
Le sorrisi amaro.
"Ah vorrei saperlo."
"Parlale lo stesso."
"A chi? La mia ex?"
"Sì."
"L'attrice?"
"Sì."
"No. Non se ne parla." Parlare sul serio con Kristen? No. Assolutamente no. Cazzo no.

"Parlaci."
"Mi toglie la fattura?" Rise.
"No. Ma magari risolvi il problema lì sotto", indicò il 'problema' che al momento, al solo pensiero di Kristen, si era fatto piuttosto ingombrante.
Snervante.
Perché non potevo desiderare una ragazza come Hannah? Sembrava una di quelle di cui puoi innamorarti.
Semplice.

Non era Kristen. Nessuno era Kristen, e questo sarebbe sempre stato il mio solo e vero problema.

"Senti, questa è la cosa più surreale che mi sia mai accaduta."

Indossò le scarpe dal tacco alto, aprì la portiera e scese. Feci lo stesso anche io.
Poi si aggiustò i capelli tagliati corti.

"Mi spiace."
"Fa nulla. Ho baciato Robert Pattinson, voglio dire..." Le sorrisi. L'effetto dell'alcol cominciava a svanire.
"Comunque, parlaci con lei."
"Vedrò."
"No, davvero, fallo. Insomma, mi sembra evidente ci sia qualcosa che non va."
"Eh."
"Ed è ancora più palese che Lei sia la soluzione."
"Forse."
"La ami, no?" Amarla? Amare Kristen? Amare colei che mi aveva lasciato, tradito, umiliato? No. Come si può amare una persona simile?
Come si può amare chi ci fa male? Chi ci pianta un coltello nel cuore.
E magari quel coltello gliel'avevi dato tu perché ti fidavi.

No. Non amavo Kristen. Non più.
Forse era ossessione.
In fondo Lei era sempre stata la mia ossessione; avevo stravolto la mia vita per entrare nella sua.
Quindi sì, non era amore ma ossessione. Qualcosa di malato.

"No." Hannah mi guardò. "Non la amo. La odio."
"L'odio è un sentimento comune all'amore, sai?"
Le sorrisi sghembo.

"Cazzate. Io odio i cavoli. Li odio proprio."
"Certo. Ma non si può odiare chi si ha amato fino a... Beh, fino a ridursi così."
"Mh. Bella teoria. Mi spiace per questa serata. Alla prossima."

La lasciai lì, andando dalla parte del pilota. Aprii la sportiera.
"Ehi!"
"Cosa?"

"Diglielo."
"Eh?"

"Diglielo che l'ami." Sorrise triste. "Io non posso più dirlo al mio fidanzato, ed ho il cuore pieno di quelle due parole. Diglielo che l'ami. Magari poi risolvi il problema.
Si sa che voi maschi ragionate col cazzo invece del cervello."

Annuii, sorridendo.

"Grazie."
"Prego."
"Mi spiace per il tuo ragazzo", avevo capito che era morto. I suoi occhioni si inumidirono.

"Spiace anche a me per il tuo cuore... E per tutti gli orgasmi che mi sono persa stasera."

Scossi la testa, chiusi lo sportello, misi in moto.
"Vuoi un passaggio?"
"No. Và da lei e dille che l'ami."

Annuii.

Poi andai da lei per dirle che l'odiavo.
Kristen stava da Cameron. Lo aveva saputo da Cam stesso; ancora ci parlavo con lui. I primi tempi gli chiedevo spesso di Kristen... Poi avevo capito che neanche lui sapeva dove sua
sorella se n'era andata.

Bevvi l'ennesimo sorso di un liquore trovato nell'auto, e presi fiato.
La macchina di Cameron non c'era.
Deglutii.
Le luci, però, erano accese.
Ancora un sorso.
Diedi un'occhiata all'ora: era tardi, quasi mattina.

Perché era sveglia? Che stesse parlando con il suo nuovo fidanzato?
Mi innervosii.

Bevvi ancora, ancora, fino a svuotare la bottiglia di liquore. Tirai su col naso, strusciai la manica sulle labbra ed uscii dall'auto.

Un passo, un giramento di testa.
Due passi, due insulti da rivolgerle.
Tre passi, tre baci da darle.
Quattro passi, quattro morsi da lenire.

Bussai.
Il campanello sembrò essere il rumore più fastidioso del mondo... Beh, il più fastidioso dopo la sua risata che precette l'apertura della porta.
Rideva mentre era al telefono.

"Cam te l'avevo detto di port", si fermò quando si rese conto di chi c'era di fronte a lei.

Le sorrisi sfrontato.
"Ciao."
Lei deglutì, e sempre guardandomi parlò al suo interlocutore.

"Als, ti devo lasciare... No è tutto okay. Sì. A domani. Anche io" Arrossì.

Anche io.
L'amava anche lei?
Ti amo anche io.

"Ciao." Rispose al mio ciao. "Vuoi entrare?" Negai col capo.
"Esci."
"Ma... Sono in pigiama e", la squadrai. Aveva dei pantaloncini neri e una canotta grigia.
"Fa niente. Non è una cosa lunga."
"O, okay." Socchiuse la porta alle sue spalle, incrociò le braccia al petto e camminò fino a sedersi in veranda.
Sembrava stanca.
"Puzzi di alcol." Sbottò, arricciando il naso.
"Non sei la prima che me lo dice."

"Mpf." Mi appoggiai con la schiena alla balaustra di ferro, ed imitai la postura delle sue braccia.
"Ho disturbato il sesso telefonico con il fidanzato francese?"
Assottigliò gli occhi.

"Che? Fidanzato Francese?"
"Non è francese?"
"Non ce l'ho un fidanzato", ammise, mordendosi le labbra.
"Certo. Ovvio. Magari hai una fidanzata?" Non ci credevo davvero a quelle voci, ma mi piaceva vederla diventare rossa di rabbia.
"Ma la smetti con questa storia? Sei ridicolo. Non ho un fidanzato, nè una fidanzata. Non sono lesbica, lo sai meglio di me."

Sorrisi.
Alzò il capo verso il cielo, annusando l'aria.

"Puzzi anche di profumo femminile." Disse senza smettere di fissare la luna.
"Sono stato con una donna." Chiuse gli occhi, mordendosi di più il labbro inferiore.

"Perché sei qui?" Si voltò di scatto verso me.
"Perché mi hanno detto che dovevo parlarti. Che dovevo dirti cosa provo."
Non smise di guardarmi.
"E?"
Alzai un angolo di bocca, imitando un sorriso.
"E, beh, ci ho pensato tanto a cosa volevo dirti... Ce ne sarebbero di cose, ma mi limito a due cose."

Si sistemò meglio sulla sedia, abbracciando il suo busto con le braccia.

"Cioè?"
"Ti odio." Sbarrò gli occhi. "E voglio sapere perché."
"Perché cosa?"

Mi avvicinai a lei di colpo, abbandonando la mia posa da finto indifferente, e fermandomi ad un anelito dai suoi occhi.

"Perché mi hai lasciato?"
Le mancò il respirò.
"Perché hai rovinato tutto? Perché sei scappata?" Tentò di ridere con scarso successo.
"Sono quattro cose, non due."

Diedi un pugno al muro dietro la sua schiena. Kristen sobbalzò.

"Non cercare di fare la simpatica. Non ti riesce."
Deglutì.

"Io... Scusa."
"Non mi interessano le tue patetiche scuse. Dimmi perché. Ora." Scosse la testa più di una volta.

"Vai via, Rob."
"Vai via? Mi stai mandando via?" Guardarla negli occhi era così difficile. Cristo... Sembravano feriti.

"Sì, lo sto facendo. Non amo parlare con la gente ubriaca."
Risi. Risi sguaiatamente. Allontanandomi e buttando la testa all'indietro. Lei non parlava con chi era ubriaco... Oh beh, io ero perennemente ubriaco.

Smisi di ridere all'improvviso.

"E ci parli con chi è ubriaco per colpa tua?"
"Non è colpa mia se tu vivi di alcol."
"Oh sì che lo è. È sempre colpa tua, Kristen. Lo è da quando mi hai lasciato con un cazzo di biglietto, senza una spiegazione; hai idea di quanto fossi preoccupato?"

Continuava a negare.

"Capisci? Io, il fesso che era stato lasciato senza motivo, si preoccupava perché nessuno sapeva tu dove fossi. HO CHIAMATO UN CAZZO DI INVESTIGATORE
PRIVATO,
 DIAMINE!"
"Non urlare, non urlare. Ti prego non urlare." Stava piangendo. No, le sue lacrime ora non mi toccavano più.

"L'ho davvero chiamato quel tipo, capisci? Poi mi sono detto che se non volevi essere trovata dovevo assecondarti. Eri andata via, quindi mi odiavi."

"Non"
"NON STO URLANDO! TI STO SOLO DICENDO COME STANNO LE COSE, STRONZA! TI STO DICENDO CHE TI ODIO."
"Non"
"IO TI ODIO!"
"IO NO!"

Mi calmai. Avevo il fiatone, così come Kristen. Ero così stanco di combattere, di pensare per poi dire cose che le avrebbero fatto male.
Stanco di sentirmi vuoto. Io volevo sentire.
"Dimmi perché, Kristen. Dimmi perché hai deciso di buttare via tutto. Dimmi perché mi hai lasciato solo mentre tu eri chissà dove, chissà con chi.
 Dimmi perché mi hai costretto a
buttare quell'anello di fidanzamento che avevo nella tasca da due giorni; come uno stupido stavo
aspettando il momento giusto."


I suoi singhiozzi erano troppo forti per non essere sentiti.

"Se ti avessi chiesto di sposarmi mi avresti detto no? Non dirmi che saresti scappata il giorno delle nozze."
Tirò su col naso, asciugandosi le ciglia con i polsi.
"Sì." Leccò le lacrime dalla sua bocca. "Sì."
"Cosa 'sì'?" Deglutì.
"Ti avrei detto sì. Avrei accettato"

Io credevo di non avere rimpianti. I rimpianti li avevo sempre lasciati agli altri, ai personaggi dei miei film.
I rimpianti sono i peggiori nemici della vita di una persona.
Mai, mai ne avevo avuti.
Poi lei se n'era uscita con quella sillaba.
Con quella frase. Mi avrebbe sposato.
Se le avessi chiesto di sposarmi prima, se non avessi avuto questa assurda idea di aspettare il giorno giusto, Lei mi avrebbe detto sì.

Non sarebbe andata via.

E allora perché? Perché era andata via? Perché mi aveva lasciato? Perché non mi odiava?
Glielo chiesi.

Mi accostai a lei, di scatto, inginocchiandomi ai suoi piedi. Appoggiai il capo sul suo basso ventre.
Sentivo. Sentivo tutto.

I rimpianti, il cuore che batteva, i ricordi, la rabbia, la paura. Le sue braccia mi strinsero; le sue dita tirarono i miei capelli.
Sentivo l'amore, l'odio, i timori, gli sbagli, le cose giuste, i baci, gli abbracci, le parole.

"Ti avrei detto sì."

Sentivo i silenzi, le lacrime -mie, sue-, la musica, le notti passate a parlare, il profumo di cioccolato.
"E allora perché? Perché ci hai fatto questo?"
"Non lo so, Rob. Non lo so più nemmeno io."

Alzai il viso; mi sentivo i capelli bagnati. Aveva le guance scarlatte.
Portò le mani sui miei zigomi, accarezzandomi coi pollici. Fece combaciare la sua fronte con la mia, singhiozzò. Ci guardammo per lunghi istanti.

Avevo sempre amato i suoi occhi. Sempre.
E di più amavo fare mie ogni sfumatura di quel verde. Lo facevo spesso.

"Dimmi perché."
"Rob..."
"Dimmi perché. Dimmi perché ti odio. Dai una motivazione a tutto questo."
"Non posso."
"Perché mi fai questo?"
"Io... Ti prego Rob, ti prego." Sfiorai i nostri nasi, freddi entrambi.

"Dimmi perché."
"E tu non guardarmi così."
"Così come?"
"Come se mi amassi." Sorrisi.
"Io ti odio, non ti amo."
"Io non ti odio." La fissai a lungo.
"Ma non mi ami." Una nuova lacrima.
"Non guardarmi in questo modo."
"Se avessi un altro modo per guardarti, beh, credimi, lo userei."

"Sei così ubriaco."
"Sei così bella."

"Hai il profumo di un'altra donna addosso."
"Cancellalo col tuo."

"Non avvicinarti."
"Perché?"
"Perché non ti odio."

Uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore appena accennato.
Respirò.

"Perché sei andata via?"
"Perché non ti odio."
"Perché non ti odio."

Ancora uno sfioramento con le labbra. Il suo sapore lieve.
Respirò un'altra volta.

"Perché sei andata via?"
"Perché non ti odio."
"Balle."

"Non baciarmi."
"Ma voglio farlo."
"Lo voglio anche io." Sospirai.

"Se mi avvicino ti lasci andare?"
"Se ti avvicini facciamo l'amore, Rob."

Mi avvicinai.

"Rimani con me stanotte. Stai con me. Tienimi con te, Kristen. Dimentichiamoci di tutto. Non mi interessa nulla di questi due anni.
Niente spiegazioni, niente parole. Solo io e te.
Vieni con me. Stai con me. Solo per stanotte. "


"Io non posso." La odiavo.

"DIMMI PERCHÉ MALEDIZIONE!"
"... Perché non ti odio, Robert."

Poi mi baciò. Le sue labbra sulle mie. Così dolci. Così belle. Così rosse.
Così mie.

Non la odiavo.
Non avrei mai potuto odiarla; perché era Kristen, perché era la donna della mia vita.
L'unica che avrei voluto sposare, l'unica che avrei voluto come madre dei miei figli.
Perché Hannah aveva ragione, chi si dona come ci eravamo dati noi, non si scorda.

Ci si rincorre, ci si lascia, ci si odia e ci si ama.
Ci si insulta e ci si bacia.

Lei si staccò.
Portò due dita sulle sue labbra.

Le sorrisi. Un sorriso triste.
Non mi odiava... Ma non mi amava.

"Vai via. Ti prego. Va via" Mi alzai asciugandomi il volto dalle lacrime. Le sue. Forse le mie.

"Lo capirò perché sei andata via. E quando accadrà, stai ben sicura che mi farò odiare."



POV Kristen.

Che poi ci ero abituata alla paura.
Ci ero abituata al senso di amaro in bocca.
Ci ero abituata a questo schifo di vita.
Ci ero abituata al batticuore, allo stomaco divorato.
Ci ero abituata all'insonnia.

Ma questa volta era diverso. La paura era così reale, tangibile... Era vera.
Lui era andato via. La paura era tornata.

Con un sms ed una frase.


"Io ti avevo avvertito, puttana."







Beh, non c'è molto da dire... Almeno da parte nostra. Lasciamo a voi la parola.
Come sempre, un bacio da parte nostra.
Helen & Rose.

 

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Capitolo 4
*** In case you change your mind ***


Cap4 In case Lo so, lo so. Siamo -sono- in ritardo. Chiedo scusa. Ma come voi tutti sapete le Festività sono sempre frenetiche, il fandom impazzisce sempre di più e io ho mangiato un botto!
-E che ci frega?- starete dicendo. Non vi frega ma io volevo dirvelo lo stesso u.u
Allora siamo al terzo capitolo, vi abbiamo lasciate/i con l'acquolina in bocca l'ultima volta. NE SIAMO CONSAPEVOLI. Ma noi vi vogliamo bene. Sempre e comunque.
E ricordatevelo anche a fine capitolo, please.





3.
In case you change your mind


POV ROB

Sapete cosa conta davvero nella vita di un essere umano? La risposta è più semplice di quello che si possa credere o immaginare. Probabilmente si tratta della cosa più ovvia e necessaria della nostra vita.
Ma nessuno si sforza mai  a pensare che questo cavillo di innaturale importanza possa arrivare a determinare l'intera esistenza.
Vivere. Ecco cosa serve. Senza vivere la vita non esiste. E nascere, crescere, respirare, mangiare, bere non conta.
Se non si vive, ma vivere davvero, la tua presenza sulla terra è solo poco più significante di quella di un granello di polvere.
In 29 anni di vita quelli vissuti erano stati meno di un terzo. Gli ultimi due non contemplavano nemmeno un paragone con le cellule presenti all'interno del famoso granello di polvere.
Ma avevo recuperato tutto. In pochi istanti. Con il suo respiro mancato sulle sue labbra e posato sulle mie.

Avevo sentito il mondo girare nel verso giusto. Mi sentivo come rinsavito da un coma lungo una vita. Lucido come non mai, riuscii a vedere chiaramente la mia vita futura.
 La mia vita futura che era certezza fino a qualche hanno prima. La mia vita futura che mi era sfuggita, ancora una volta,  quando lei aveva deciso di porre fine a quel flusso d'aria regalatomi con un sentimento che, c'avrei giurato, poteva sembrare amore.
Vuoi per l'alcool in corpo, vuoi per la frenesia del momento, non l'avevo odiata. L'avevo desiderata, voluta, trattenuta. Ma non odiata. Non in quel momento. Non con quel sapore a torturarmi i sensi.
Un lento morire che avrebbe potuto portarmi solo nei cieli. Biglietto express per il Paradiso.

Se lei non avesse posto fine a quell'attimo di pura vita non so cosa sarebbe successo.
Oh, ma chi voglio prendere in giro. Certo che lo so. Certo che le avrei messo le mani sotto la felpa. Certo che l'avrei spogliata. Certo che l'avrei fatta mia. Ancora e ancora e ancora.
Lì, fuori, sul portico. Poi dentro, sul divano, sul letto, nella doccia. Se avrebbe voluto anche la mattina dopo. Sul tavolo, in cucina, mentre mi preparava la colazione. Pancakes con la fonduta di cioccolato.
Ecco. Sì. Sarebbe diventata una perfetta giornata, tipica della nostra routine di qualche anno prima.
I Coldplay cantano 'Oh, take me back to the start'. Vi prego. Catapultatemi all'inizio. A quando entrando da quella porta l'avevo vista seduta su quel letto. Piccola e spavalda, esattamente come ora.
Fatemi rivivere il momento in cui i suoi occhi si incatenarono ai miei per la prima volta e decisero inconsapevolmente di non mollarli mai più. Fatemi ritornare ad essere geloso per il suo fidanzato.
Ridatemi la nostra prima volta... e tutte quelle a seguire. Immergetemi ancora una volta nella nostra bolla. Fatemela respirare e vivere. E rendetemi forte.
Almeno quel che basta per fare in modo che nessuno dei due possa ripetere gli stessi errori. Mai più. Mai più ucciderci a vicenda.

Sarebbe stato facile rinchiudersi in un qualche bar a quel punto. Bottiglia in mano. Senza pensieri.
Ma per la prima volta, dopo tanto tempo, decisi di percorrere la strada più lunga e tortuosa. Quella via non battuta che avevo abbandonato da anni. Tornai a casa.
Composi lentamente il numero di Tom e aspettai in silenzio, sul divano, una sua risposta.
"Rob? Stai bene?"
"Vieni a casa mia. Devi aiutarmi a fare pulizia."



Andare a lavoro, la mattina dopo, mi era sembrata la cosa più diffcile da fare negli ultimi giorni. Con la consapevolezza di un imbarazzo celato, affrontai i suoi occhi non appena la vidi afferrare una tazza di caffè dalle mani di Cassie. Un paio di occhiaie le attornavano le pupille. Era stanca, spossata. Non aveva dormito e aveva pianto.
Sì, quei suoi occhi più scuri del solito erano un chiaro segno del tempo passato a piangere la notte passata. Lo avevo fatto anche io. Avevo pianto anche io, con Tom accanto, mentre gettavamo ogni bottiglia in un sacco nero dell'immondizia. Ogni goccia d'alcool era sparita da casa mia. Dovevo farlo.
E la consapevolezza del suo dolore e del mio mischiati tra le lacrime e gli affanni di quel bacio, mi avevano dato la forza per farlo. Non per lei - non solo almeno - ma per me.
Per la mia vita. Prima o poi avrei dovuto riprenderla in mano. Sicuramente senza Kristen. Sicuramente senza i suoi occhi e i suoi baci. Senza il nostro amore ormai non più amato da entrambi.

Me ne sarei fatto una ragione. E, piano piano, sarei uscito fuori dalla trappola infernale che mi ero creato da solo negli ultimi due anni.

'Non restare mai solo' così aveva detto Tom prima di tornarsene a casa sua. E c'aveva ragione. Rimanere soli era la cosa più deleteria che potesse succedere ad una persona.
E l'unico compagno rimastomi sempre accanto, sempre fedele, era Bear. Me lo sarei portato dietro per ogni cosa. 'Sai per sostegno morale'.
Eh. Facciamoci sostenere dal cane che avevo preso insieme alla mia donna. Alla ex donna.
O fidanzata. O vita. O come preferite voi.
Non appena Kristen lo vide mollò la presa dal mio sguardo, strappando via con sè anche i miei occhi, e si focalizzò sul nostro cane. Nostro. Non pensavo ad una cosa in questi termini
da parecchio tempo.

Io e lei, insieme almeno nel riflesso di alcune cose.
"Come mai lo hai portato?"
"Ciao" mi guardò i piedi, le mani, le gambe. Tutto ma non più i miei occhi. Bear la annusò, sfregandosi sui suoi jeans. Si lascò accarezzare tranquillamente da quelle sue mani tanto
lisce quanto infuocate.

Vederli insieme era qualcosa di meraviglioso. Era come... riavere la normalità. Ma le illusioni durano sempre giusto il tempo di un respiro.
"Ho chiesto a Catherine di accelerare i tempi" un respiro che si mozza di colpo se non ponderi le emozioni "voglio tornare a casa".
"Casa. Certo." un sussurro. Un sorriso amaro. 'Casa' era la nostra. Quella dove avevamo riso e urlato. Quella dove eravamo cresciuti.
 Voglio tornare a casa . Quante volte lo aveva sussurrato alle mie orecchie? Tante, troppe. Abbastanza almeno da ripercorrerle tutte in un decimo di secondo, con il fiato sospeso e l'immaginazione ferma sulle sue labbra che sfioravano il mio orecchio con l'impercettibile movimento che quelle paroline comportavano. Lo aveva detto stanca, scocciata, impaziente, languida, eccitata, felice.
E ogni volta la sensazione era la stessa: normalità. La normalità del nostro vivere rinchiusa solo tra quelle mura.
"Dice Catherine che se stringiamo i denti e siamo puntuali ogni giorno, forse riusciamo ad anticipare addirittura di una settimana. E' già una gran cosa, no?"
"No. Non lo so. Ma se Catherine ha detto così... Suppongo mi tocca darle ascolto"
"Mi sta solo facendo un favore"
" Perchè? "
"Lei capisce le mie necessità"
"Le tue necessità?" ancora non mi guardava. Fissava gli occhi in quelli di Bear. Non aveva il coraggio di affronte il mio di sguardo. Non lo avrebbe mai fatto in quel momento. E la guardavo e vedevo la Kristen codarda nei miei confronti. Una Kristen mai esistita prima. "Tu odiavi il Francese"
"Cazzo c'entra questo?"
"Torni lì, no? A casa"
"La cosa non ti riguarda. Smettila di fare qualunque cosa tu stia cercando di fare perchè, semplicemente, non ti riguarda. Non..."
"Non più? E' questo che volevi dire?"
"Non fare ciò che stai facendo, Robert"
"Sei tu cha fai tutto da sola. Come sempre. Vieni, Bear. Non perdiamo tempo, altrimenti la signorina qui non può tornare a casa"
"Rob..." biascicò.
"Cosa?"
"Ieri sera..."
"Zitta. Stai zitta."
"Robert"
"Kristen vuoi tornare a casa tua o no? Se lo vuoi davvero lasciami andare a preparare e iniziamo a lavorare"
"Voglio solo..."
"Cosa? Cosa vuoi? Hai fatto tutto tu anche ieri sera, se per caso te lo stessi chiedendo e no, non ci ho pensato stanotte. Nè ci penserò mai." bugia. "Puoi lasciarmi in pace ora?"
"S-si" le diedi le spalle e con Bear mi incamminai. Lontano da lei. Almeno per qualche minuto.
"Ehi... EHI! No. Aspetta un pò!" ecco. Era troppo bello per essere vero. "Ho fatto tutto io? Davvero? Ne sei così sicuro Pattinson?"
"Kriste..."
"Oh. OH. Niente Kristen." mi puntò il dito contro "Te mi hai chiesto di passare la notte insieme. Sei stato tu a dirlo!"
"Stai a vedere che ora..."
"E' colpa tua!" appunto. "Sei venuto a casa mia. A rompermi le palle."
"A romperti le...?"
"Chissà per cosa poi!"
"Chissà per...?"
" E smettila di ripetere le cose a metà! O per intero o stai zitto. O dici altro. O insomma... Basta!" gesticolava come una matta. Quasi mi venne voglia di sorridere. Era nel pieno di uno dei suoi momenti sclero.
Con le mani tra i capelli, gli occhi fuori dalle orbite e la pelle chiazzata di rosso nel collo. Era bellissima. La visione migliore che avessi mai potuto desiderare quella mattina.
"Tu mi hai baciata!" urlò. Poi respirò a fondo due o tre volte. Chiuse gli occhi. Strinse le sue mani a pugno e poi le rilasciò mentre le sue palpebre si aprivano lentamente e finalmente - finalmente - il suo verde si scagliò sulla mia vista. Al centro di essa. Riempiendola di ansia e amore insieme.
"Tu mi hai baciata..." Quattro parole. Il fiato buttato giù in una volta. Seria. Calma.
"E tu però hai smesso di farlo" Serio. Calmo.


POV Kristen

Sapete cosa conta davvero nella vita di un essere umano? Sì? Beh, se ne siete a conoscenza ditemelo. Perchè nella mia, di vita, tutto ciò che conta adesso è smettere di fissargli gli occhi.
Probabilmente conta respirare. E innamorarsi ancora una volta dell'uomo che ami da sempre per le parole che ti ha appena detto.
Forse è l'amore ciò che conta davvero, dunque. Ma io avevo vissuto due anni senza di esso.
Difficile? Sì. Dannoso? Sì. Liberatorio? No. Se è possibile ci si sentiva ancora più incatenati a ciò da cui si scappava.
Cos'è la vita senza l'amore? L'amore quello vero. Condiviso da due anime che si donavano a vicenda, ogni istante, anima e corpo. Beh, senza l'amore non c'è vita. Non c'è aria nei polmoni nè sangue che pompa nelle vene. Senza l'amore si sopravvive, tra lacrime e urla strozzate contro un cuscino ogni notte.
Continuare a sopravvivere poteva essere un giusto compromesso per non morire, per me e per lui. Per non soffrire più di quanto stessimo già soffrendo.
"Tu però hai smesso di farlo" .
Vedevo quelle parole brillare, spente da delusione e sofferenza, nei suoi occhi chiari. Un riflesso dei miei.
"Ho dovuto farlo"
"No. Non dovevi. Non avresti dovuto fare niente di quello che hai fatto in questi anni"
"Non avrei dovuto ma l'ho fatto. L'ho fatto. E... non me ne pento"
"Non te ne penti.... Ma ti senti? Ti senti quando parli, Kristen? Cosa cazzo stai..."
"Zitto." un sussurro stretto tra i denti mentre i miei occhi mollavano ancora una volta i suoi per guardare il cielo. Chiaro. Limpido. Ma si stava offuscando, come noi. Come le nostre parole. Come i miei occhi colmi di lacrime.
"Non ci sto zitto. Non...." afferrò il mio viso con le sue mani. Calde, forti. Quanto le avevo desiderate in questi anni. Esattamente dove si trovavano adesso.
Mi costrinse a guardarlo mentre anche lui piangeva. Come un bambino, come la persona più fragile del mondo. E lo era. Ed io sarei dovuta essere abbastanza forti per entrambi.
Ancora una volta.

"Non ci sto zitto. Non ci sto zitto. Non ci sto zitto..." cantilenò. La sua fronte sulla mia. Le nostre lacrime a specchiarsi, le une nelle altre.
Tremavo. Il mio petto, ormai sconquassato dai singhiozzi, sembrava correre verso un'irrefrenabile e straziante dilaniamento. Staccò la mano destra dal mio viso. Mi sentii mancare.
Il freddo congelava la mia pella senza le sue fibre nervose poggiate a riscaldarla. Gelo. Brividi. Brividi. Fuoco.
La sua mano sul mio petto. Al centro. Come un guanto miracoloso che scioglie i nodi di un dolore ormai troppo acuto da mantenere nascosto. Ripresi a respirare regolarmente. Insieme a lui.
Occhi negli occhi. Calore e umido di lacrime.
Era così bello. Lui. Io. Il nostro contatto. Nostro.
Eravamo noi. Noi, noi, noi e sempre noi. E lo saremmo stati per tutta la vita. Anche lontani, separati da km e da un amore nascosto nei meandri dei nostri tormenti. Anche se ci fossimo sposati con altri.
Anche se lui si fosse sposato con un'altra. Non io. Io non avrei voluto nessuno accanto. Mai. Solo il suo ricordo e quello del suo amarmi inesorabilmente.
Saremmo stati noi nella prossima vita. E in quelle successive. Ci saremmo distrutti, amati, odiati. Come sempre. Ma almeno in una - in una soltanto - saremmo stati insieme. Felici.
Con una realtà che osavamo sognare per il nostro futuro e che ci era stata strappata via. Che io avevo strappato via.

"Ti devo baciare"
"No"
"Devo..."
"Ti prego..."
"Kris.." un sospiro. Una preghiera, anche la sua.
"Non sei ubriaco"
"Non adesso"  no, non lo era. Era lucido. E stava per farlo. Ed io lo avrei fermato.
Incanalai tutta la mia forza nelle mie braccia, fino a farla sprigionare nelle mie mani. Le poggiai sulla sua maglia. Il suo cuore a mille. Lo avrei spinto. Avrei dovuto farlo, almeno.
Quella sua mano, tanto calda ed elettrica,  ancora sul mio viso, scese sul mio collo. Usò una delicatezza talmente rude da farmi sentire posseduta da lui soltanto con quel gesto.
Le mie di mani - maledette - fallirono in tutti i loro propositi. Perse, confuse e assuefatte strinsero la sua maglia con una forza inaudita.
Un 'ti prego baciami come se non ci fosse domani' urlato nel mio gesto e respinto dalla mia mente.
Persi il contatto con le sue iridi chiare, chiudendo il mio sguardo al sicuro dentro me e tanto bastò a farlo scattare.

Una molla - la sua - chiamata passione, desiderio, sesso... amore. Le sue labbra. Di nuovo. Sulle mie.
Una molla - la mia - chiamata rifiuto, dolore, paura... amore. Le mie mani. Di nuovo. Sul suo petto. Una spinta tanto forte da farlo andare indietro di qualche passo.
"No. NO. Non avvicinarti mai più. MAI!" Urlai senza guardarlo, passandomi freneticamente le mani tra i capelli. Potevo immaginarlo il suo viso.
Una maschera del dolore, proiettato da me stessa.

Non disse nulla. Sentivo il suo respiro corto che mi urlava silenziosamente la sua delusione. Di nuovo.
Mantenni lo sguardo fisso su Bear, ancora accanto a noi, a guardarci con i suoi occhioni e la lingua di fuori. Probabilmente era sconvolto anche lui.
Immobili. Come statue con il respiro rotto dalla sofferenza. Per secondi, minuti... forse ore. Poi prese da terra il guinzaglio del nostro cane e lo tirò verso lui. 
I miei muscoli congelati non si mossero fino a quando il rumore dei suoi passi non scomparve dalla mia mente. Presi aria. Ma senza di lui fu come annegare, per l'ennesima volta.
Mi serviva un salvagente.
 Dovevo resistere fin quanto fosse stato possibile e poi, a Cannes, annegare senza lui accanto sarebbe stato più semplice.


Era stato semplice sentirlo andare via. Era stato semplice rifiutarlo, allontanare le sue labbra. Era stato semplice urlargli contro. Sì. Era stato semplice.
Almeno quanto lo era stato lasciarlo con un solo post-it ed un cuore che gridava 'torna a casa, torna dall'amore'.
Non riuscivo a definire i miei pensieri o i miei sentimenti a proposito. Era troppo forte e difficile da incanalare in un'unica sfera e metterla da parte.
Ma avrei dovuto farlo, o almeno fingere. Dovevo lavorare. Con lui. E probabilmente non sarebbe stato il caso trasferire tutto in quel campo. No. Era lavoro. Solo lavoro.
Non potevamo intralciarlo.


Si girava all'aperto e ormai dovevo anche essere in ritardo. Ma la truccatrice ci aveva messo più del dovuto a rendermi presentabile. Aveva sussurrato "Vedo lacrime" e io avevo solo risposto "Fa sparire tutto".
Mentre mi recavo sul set intravidi Bear, accucciato in un angolo con Cassie accanto. Sarebbe stato per sempre il cane più bello del mondo, il più dolce. Il mio Bear.
"Fa il bravo mentre lavoriamo. Non farla impazzire" gli carezzai il capo lentamente, come a prolungare all'infinito il gesto.
Vuoi perchè mi mancava non averlo in giro per casa, vuoi perchè il suo pelo era morbido come non mai, vuoi perchè volevo ritardare il più possibile il momento in cui avrei
ri-incontrato i
suoi occhi.
"Oh, lui è buono. Ci divertiremo un sacco insieme, vero Bear?" mi rassicurò con un sorriso solare e tranquillo. Chissà se ne era a conoscenza.
Chissà se la crew aveva capito o anche solo intuito la situazione. Speravo in cuor mio che mai nessuno avrebbe saputo niente. Continuavo a pregare affinchè non arrivassero fuori dal set determinate voci, o supposizioni su me e Rob. Anche perchè non c'era proprio niente da supporre. Niente di niente. Nisba. Nada. No.
"Credo la stiano già aspettando sul set"
"Dovresti smetterla di darmi del 'lei'. Non sono poi così vecchia, no?" le sorrisi lievemente, prima di lasciarla lì ed incamminarmi.
Mi sentivo come una condannata a morte. Un essere vivente, non una donna. Soltanto un essere vivente che muoveva automaticamente i piedi, uno dopo l'altro, camminando inesorabilmente verso il patibolo.
Ma io non avevo nessuno dietro ad obbligarmi. Nessuno che mi stesse spingendo a mettere quei passi in fila. La verità è che forse il patibolo non sarebbe stato tanto male, ragionando con il cuore.
Già, il cuore -il mio- non sarebbe mai stato d'accordo con la mia mente. Mai. Per nessun motivo, in nessuna era. Per nulla che potesse riguardare lui.
Robert Pattinson.
Che si fa se la cosa che ti fa più male è anche la cura al male stesso?
Robert.
Si rischia?
Rob.
Sì, si rischia. Per pochi istanti di futile felicità.
Il mio Rob.

Era di spalle. Abito grigio. Con il copione in mano parlava con Catherine. Non so di cosa. E non mi occorreva saperlo. Averlo davanti a me bastava sia al mio cuore che alla mia mente.
"Oh finalmente!" Cat, alzò le mani al cielo come sollevata da un peso "ma che fine avevi fatto? Ti aspettiamo da un po'"
"Qualche problemino con il trucco" mi avvicinai, cercando di non porre il mio sguardo su di lui. I suoi, di occhi, mi stavano fissando. "Adesso sono qui. Possiamo iniziare"
"Perfetto. Rob, hai capito il passaggio che ti ho spiegato?"
Fissarsi le unghie, facendo finta di controllare lo smalto poteva essere un giusto perditempo mentre aspettavo di sentire la sua voce. Senza guardarlo. Mai più i miei occhi su di lui.
Ma più scambiarci amore e sofferenza con le nostre iridi bagnate.

"Rob?" riprovò.
"Mhm?"
"Si. Vabbè. Abbiamo capito. Andate. Appena siete in posizione si parte"
Mi passò davanti con passo svelto e deciso. Non riuscii a non fissarlo mentre gli stavo dietro. Oh, quel corpo. Quando lo avevo amato. Quanto avrei continuato ad amarlo il resto dei miei giorni.
"Ti sei sentita male? Per questo hai ritardato'"
"Cosa?"
"Hai sentito. Non farmelo ripetere."
"No. Io... sto benissimo" dovevo sembrargli un alieno per l'espressione sbalordita rivoltagli. Si stava preoccupando per me?
"Devi mangiare. Devi..." uno sguardo talmente duro da fare a pugni con la sua voce calda e ansiosa. Bellissima.
"Ok. ragazzi. Tutti pronti....."
"Io mangio. Sta zitto."
"...AZIONE!"

Respiro profondo. Presi la sua mano tra le mie, come da copione. Sorridendo innamorata, anche questo come da copione -ovviamente-.
"Edw-"
"FERMI!" mi voltai di scatto, insieme a Rob, verso quella voce che aveva appena urlato. Mi ritrovai davanti quell'assistente, Cassie, sconvolta. Tremava.
 Si pose davanti a Rob con uno sguardo sbarrato.

"Il tuo cane..."
"Bear!" esclamai già in pieno panico.
"Una macchina è sbucata mentre stava bevendo e..."
"CAZZO!"
L'urlo di Rob arrivò alle mie orecchie ovattato. Mi ero già tolta le scarpe e avevo iniziato a correre verso il punto in cui lo avevo lasciato prima.
Non so cosa provai in quei secondi, prima di vederlo.

Sperai in un brutto scherzo. Uno di quelli pesanti che la gente intorno a te potrebbe considerare divertenti. Invece no.
Invece sbagliavo. Invece non era uno scherzo.
Non lo era affato.
Stava lì, a terra. Accasciato. Dove lo avevo lasciato poco prima. Dove adesso anche io mi ero inginocchiata.
"E' colpa mia" un sussurro. Una supposizione.
Riuscivo a sentire diverse voci confuse intorno a me.
"E' colpa mia" un altro sussurro. Una consapevolezza.
Qualcuno che chiedeva, agitato, di chiamare un veterinario. Rob, forse.
"E' colpa mia" ancora un sussurro. Una certezza.
 Tutto frenetico, fuori di me. Tutto calmo, piatto, dentro me.
La mia mano corse sul suo pelo. Lo carezzai inesorabilmente. Cercando silenzio intorno a me. Cercando un po' di pace che non avevo più da tanto tempo.
Sapevo di chi fosse la colpa. Lo sapevo bene. E quella consapevolezza mi fece rabbrividire mentre un'altra mano a carazzere Bear sfiorò la mia. Come risvegliata da un coma, alzai lo sguardo e mi bastò un
secondo per capire cosa stesse provando anche lui. Aprii la bocca.
Volevo dire qualcosa. Avrei voluto averne la forza. Ma riuscii solo a produrre un tremolio alle mie labbra. E questo bastò a trasformare lo sfioramento di due mani ormai estranee in una salda presa di due mani compagne di una vita.


Non pensavo sarei mai entrata in quella casa. La sua casa. Per la prima volta non nostra. Soltanto sua. Di Robert. E il non farne parte mi logorava non poco.
Quando mi aveva chiesto se volevo esserci, quello stesso pomeriggio, non ero stata capace di dire no. O meglio, ero stata impossibilitata dal dirlo. E per una volta non mi interessai ad alcun tipo di minaccia.
Per Bear non c'era stato niente da fare. E io... Io mi sentivo l'unica responsabile di questo. Mi ero ritrovata a piangere la sua morte nel giardino di quella casa così sconosciuta e gelida.
Soltanto io e Rob a poggiarlo delicatamente, avvolto in una coperta, sulla nuda terra. Tom e la piccola Marlowe accanto a noi.
Non sapevo quanto fosse legata a Rob fino a quando non la vidi disperarsi per Bear. Probabilmente in questi anni era stato l'ottimo zio che si era prefissato di essere. Probabilmente Tom portava così tanto
spesso Marlowe qui da farle considerare Bear il proprio cane. 'Zio Rob'. Ecco cos'era lui. E io? Io non ero più la zia Kristen. Agli occhi di quella bambina ero solo poco più che un'estranea.
Non smisi di singhiozzare neanche un attimo mentre Rob e Tom lo ricoprivano e vi ci piantavano sopra un'orchidea bianca.
E per la prima volta mi resi conto di quanto avessi sbagliato a tornare. Forse lo sbaglio più grande della mia vita.
Tornare per cosa, poi? Il lavoro? No. Per soffrire, più di quanto lo stessi già facendo da lontana. Per far soffrire gli altri e mettere in pericolo la loro vita. E uno dei miei tesori ci aveva rimesso davvero.
"Shssss" in quel momento avevo solo bisogno di un contatto con qualcuno. E se quel qualcuno fosse stato lui, tanto meglio. Aveva lo sguardo perso e vuoto. Le mani nelle tasche dei jeans.
E io... io volevo che mi desse forza. Lo pretendevo.
Mi aggrappai al suo braccio. Come una bambina piccola si aggrappa alle gambe del suo papà. Solo il suo calore poteva riuscire a lenire il dolore che sentivo dentro.
"Rob, io devo accompagnare Marlowe a casa. Se hai bisogno, qualunque cosa, sai cosa fare." lo guardai. Sarebbero stati per sempre come fratelli. "Anche per te. Kris. Qualunque cosa..." mi affrettai ad annuire, cercando di fargli capire che sarei stata bene. Che niente sarebbe servito.
Da soli. Non ci smuovemmo di un millimetro da quella posizione. Forse anche lui in quel momento mi considerava come un' ancora. O forse stava solo cercando di assecondarmi.
Non mi importava. In quel momento andava bene così.

"Era... era il n-nostro.. bambino" tirai sù col naso.
"Shsssss. Calmati. Ti prego..."
"N-no" a quella sillaba sussurrata con tremore, mise fine al nostro intreccio di braccia mi offrì un posto in prima fila in quello che sarebbe stato per sempre il mio porto sicuro. Mi strinse a sè. Talmente forte da ridarmi il respiro che quei singhiozzi mi avevano tolto.
"Ne avrai altri... di bambini" lo sussurrò impercettibilmente, tra i miei capelli.
"...Anche tu"
"No. Non io. Avevo fatto una promessa a me stesso e ho intenzione di mantenerla" alzai gli occhi per farlo rientrare di nuovo nella mia visuale e lo vidi serio, sconfitto.
Più di quanto non lo fosse già prima.

Se solo avesse saputo. Se solo avessi avuto il coraggio di rischiare talmente tanto da vuotare il sacco e dirgli 'Ti amo da morire. Ti prego, proteggimi. Come hai sempre saputo fare tu.' Ero sfinita. E dovevo ammettere che questa era la sconfitta definitiva. Quel campanello d'allarme talmente forte da ridestarmi da ogni altra cosa, meno che una: non sarebbe mai finita. Mai.
Scosse la testa come a ridestarsi improvvisamente da un brutto pensiero "Andiamo? Ti porto fuori a prendere un tè. Qui ho la dispensa vuota"
"Una volta non sapevamo dove metterlo tutto il cibo che compravamo" sorrisi.
"Una volta vivevo in una casa in cui c'era qualcuno che cucinava" touchè.
"Sai sempre come farmi sentire in colpa, eh?" asciugai due lacrime che ancora solcavano il mio viso con la manica della felpa.
"Eviterò di risponderti. Andiamo a prendere questo tè, oppure no?" non avrei dovuto farlo. Nel modo più assoluto. Ma in quel momento, in quel piccolo frangente di istante, davanti al nostro Bear, mi resi conto
che niente mi sarebbe stato più d'aiuto che del tempo insieme a Robert. Per sentirmi protetta, almeno un po'. Un'ora al massimo. Un tè, come aveva detto lui. E poi sarei tornata sola.
"Sì. Andiamo"


Urth Caffè. Il tè in questo posto era meglio di quello inglese. Ne ero convinta da secoli. E ovviamente non l'avrei mai detto a Rob.
Era così appartato e di buon gusto. Uno di quei posti in cui oltre a bere un bell'infuso, eri te ad infonderti di serenità. Era quello serviva ad entrambi in quel momento.
Forse non sarebbe giovato a sentirsi meglio ma almeno saremmo stati in un ambiente pacifico.
"Mi mancava questo posto"
"Anche a me" oh. "Ci venivamo spesso"
"Già"
"E non ci beccavano mai!" ridacchiò, insieme a me, mentre portava la tazza alle labbra. Ah, quel suono. Il suono della sua risata era probabilmente la cosa più preziosa che potessi ricordare. E le sue labbra,
quel suo modo di poggiarle a quella tazza. Se solo avesse avuto vita, quel pezzo di ceramica, sarebbe morta all'istante per interruzione di battito cardiaco.
"Posso chiederti una cosa? Credo mi spetti, saperlo.."
"Cosa?"
"Beh, dove sei stata? Ok, sì, in Francia ma... dove?"
Poggiai la mia tazza bollente sul tavolo e congiunsi le mie mani, prima di guardarlo intensamente e sparare la bomba. "Cannes"
Ecco. Attacco di tosse compulsivo. Gli avevo fatto andare il tè di traverso e lo vedevo con gli occhi fuori dalle orbite mentre cercava di ricomporsi. Probabilmente non avrei dovuto dirglielo.
Ma, ormai, che senso avrebbe avuto? Nessuno.
"Cosa?? Ma sei seria??" lo guardai colpevole. Che altro fare? "Perchè proprio lì?"
"Era un posto come un altro" lunga sorsata di tè. In attesa.
"Un posto come...? E quello che abbiamo vissuto lì? I nostri ricordi? Non ti frega di niente?" si passava la mano tra i capelli con un'agitazione piuttosto fuori dal normale. "Cristo!"
"Dovevo... solo scegliere un posto in cui vivere, Rob. Cannes mi era sembrato quello migliore. Tutto qui."
"Tutto qui?"
"Cos'altro dovrebbe esserci?"
"Quindi... vivere nei ricordi? Se ne hai, certo."
"Cosa? Ma di che diavolo parli, Rob? Certo che ho dei ricordi legati a Cannes. Che cazzo vuoi dire? Non essere così stronzo, dio. Pensavo mi conoscessi!" e pensavo che avessimo messo giù le pistole, almeno
per un po'.
"Sì, infatti. Lo pensavo anche io. Poi mi hai lasciato... Con un post-it e il cuore a pezzi"







Abbiate fede, come sempre.
Helen & Rose


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Capitolo 5
*** I'll be waiting here ***


5

Here I am. Are you ready for this? I don't think so. Trust me. 

Fazzoletti in mano, gente. La signorina qui presente che vi parla -Elena- ha pianto. E io faccio parte di tutto questo. Quindi non oso immaginare voi. Come volte di voi sanno, questo è l'ultimo capitolo. Non disperate, ci sarà un epilogo. Ovviamente. Ma io vi consiglio di concentrarvi qui. Buttatevi a capofitto in quest'ultimo capito, scritto da Rose. Non voglio aggiungere altro se non 'Buona lettura'.

Ah e buona fortuna con i feels.

4.

I'll be waiting here

Pov Kristen

BOOM. Robert aveva sempre saputo come uccidermi. Perché faceva già troppo male così, senza che lui infierisse, ma no, non gli era bastato. Doveva per forza uccidermi... Esattamente come io avevo fatto con Bear, tornando a Los Angeles.
Dovevo andare via, stavolta per sempre. Non potevo permettere che anche lui si facesse del male.

"Senti Rob... Io vorrei davvero che", mi fermai mordendomi con forza un labbro. Zitta. Dovevo stare zitta e non parlare troppo.
"Tu vorresti cosa?" Mi sfidò a continuare. Tanto lo sapeva benissimo che non lo avrei fatto. Era una codarda io. Poi parlò lui. "Vorresti che io non ti odiassi?"
'Sì'. Non risposi.
"Vorresti che fossimo amici? Magari vorresti anche raccontarmi dei tuoi fidanzati, o stare a sentirmi quando ho da lamentarmi della scopata del momento."
'No.' Non risposi. Lui si avvicinò di più a me. Io mi tirai indietro.
"Vorresti davvero che ti perdonassi?"
'Non lo so.' Non risposi.
"COSA DIAMINE VUOI, KRISTEN? EH. COSA VUOI?"

'Che mi baci. Vorrei che tu mi baciassi.'

"Che non urli. Vorrei solo che tu la smettessi di urlarmi contro." Mi guardò esausto. Scosse la testa, deglutendo; quel movimento mi costrinse a seguirlo con lo sguardo. Ipnotico.
"Usciamo."
"Che?" Caddi dalle nuvole.
"Ci fissano." Mi ricordai del luogo in cui eravamo, guardandomi poi intorno: aveva ragione, ci stavano guardando tutti. Si calò il cappello sulla testa ed uscì rapidamente dal locale dopo aver lasciato cinquanta 
dollari sul tavolino. Mi affrettai a fare la stessa cosa.
Quando fummo entrambi fuori, lui era già nella sua auto rossa. Ed io non sapevo cosa fare. Dovevo andare con Rob? Mi voleva? Potevo farlo?
Poi tutto cambiò quando sentii vibrare qualcosa nella tasca dei jeans.

Perché sentivo così freddo? Perché il cuore batteva così forte? E lo stomaco perchè si contorceva in modo così strano? Perché non smettevo di tremare?
Non ora, Kristen. Non un attacco di panico. Non ora. Aspetta di essere lontano da Robert. Dai suoi occhi.

Perchè forse era stato quel sms, o forse il suo sguardo. Dovevo solo andare via.
"Sali o no?" E respirare. Tossicchiai, schiarendomi la gola.
"Sì. Scusa."

Il coraggio per aprire il messaggio anonimo non ce l'avevo. Credo l'avessi esaurito tutto quando mi ero seduta accanto a lui. Il coraggio se l'era mangiato la paura.
La paura non passa. Mica è come le persone o le situazioni che passano. La paura, il terrore, non passa e non va via. Puoi metterla da parte, ma quando è così reale, quando ha già ucciso, allora non va via.
La metti in un angolino, e vivi la tua vita in funzione di essa. Io avevo smesso di vivere per colpa della paura. E pensavo che questo fosse il peggio, ma non era così.
Il peggio è quando la paura si trasforma in verità, in realtà. Quando gli incubi diventano veri e tangibili, allora capisci che c'è di peggio della paura stessa: il dolore che da essa scaturisce.
Io, oramai, non avevo più paura del mio stalker: io avevo paura del dolore. Fisico o morale è indifferente.
Perché da oggi in poi, il dolore era vero. Quello di Bear, quello di Rob, il mio. Ma io me lo meritavo. Era colpa mia, solo ed esclusivamente colpa mia.

Non so dove, e neanche quando, avevo letto che quando un animale muore, muore con lui anche un pezzo della tua anima, della tua umanità. Che quando accade, bisogna accarezzarli e stargli accanto, non lasciarli andare via da soli; perché loro, al contrario delle persone, solo non ti lasciano mai.
E allora devi lisciargli il pelo -come aveva fatto Robert-, e sussurrargli parole dolci -come avevo fatto io-, e dirgli che è stato bravo -come avevamo fatto entrambi 'Sei stato un bravo cane, Bear. Il migliore.'-, e non smettere di stargli accanto anche quando il cuore terminerà di battere.
Sempre in quel libro c'era scritto che a volte, quando viene a mancare il tuo cane o il tuo gatto, soffri come quano perdi qualcuno di caro; forse perché siamo così abituati a ricevere coccole, così abituati a prendercene cura, che li vediamo come persone. Bear era il mio bambino. Il nostro bambino. Ed io l'avevo ucciso. Non con le mie mani, ma era lo stesso.
Speravo solo che non mi odiasse. Che non avesse sofferto troppo.

"Kristen?" Sentii la voce di Robert troppo vicino al mio viso.
Percepii l'aria fondersi con il suo profumo; usava quel Dior che io odiavo tanto. Non aprii gli occhi, non lo feci. Mi limitai a sentire le lacrime scaldarmi gli zigomi e perdersi giù per il collo.
"Ti squilla il telefono." Negai. Non volevo rispondere. O forse sì. Volevo. Volevo farlo. Volevo rispondere a quella donna, perché lo sentivo che era una donna, e volevo denunciarla.
Potevo farlo. Potevo libermene e vivere la mia vita con Robert. Tirai su col naso ed alzai le palpebre; presi il cellulare dalla tasca e risposi senza neanche sapere chi mi chiamava.
"Pronto?"
'Cristo K! Sono ore che ti cerco!" Era solo Allie.
Tirai un sospiro di sollievo. E poi scoppiai a piangere. Avevo appena perso un amico e non potevo dire 'ti amo' all'uomo che amavo. E la mia amica lo sapeva.
Quindi mi scordai di tutto; dimenticai della presenza di Robert, di quel sms, di tutto.

"È colpa mia Als, è colpa mia."
'Cosa? Perché piangi? Dio dimmi che stai bene, Kris! Qui parlano di un cazzo di incidente sul set' Il panico nella sua voce. Non riuscivo ad articolare frase che non fosse "È colpa mia."
"Dammi 'sto coso, ora." Rob me lo ordinò. Gli diedi l'iPhone, lui me lo strappò di mano, azionò il vivavoce.
'Robert?'
"Allie?" Sembrò sorpreso. "Quella Allie?"
'Sì. Che ha K? Cos'ha? Cos'è successo?' Sbattè le ciglia.
"Bear è stato investito." Esclamò lapidario.
'Oh Dio.' Mi guardò.
"Sapresti dirmi perché la tua amica continua a ripetere che è colpa sua?" Stavolta a prendere il cellulare fui io; glielo tirai via, tolsi il vivavoce ed appoggiai l'apparecchio all'orecchio.
"Ti chiamo dopo. Così ti spiego."
'Okay... Ma è ciò che penso?'
"Sì." Fui concisa.
'Cristo.'
"Lo so."
'A dopo. Sta' attenta Kris.'
"Come sempre. Ti chiamo."
'Ti voglio bene.'
"Lo so..." E lei non sapeva quanto quella consapevolezza mi faceva bene.

Chiusi la telefonata, smettendo di singhiozzare. Pulii le guance e cercai di darmi un contegno perso tempo fa.
"Mi spieghi?"
"Cosa?" Allargò le braccia, sbattendo poi le mani sul volante.
"Tutto. Tutto, Kristen."
"Rob... Sono stanca. Ti prego, portami a casa." Portami con te. A Londra. A Los Feliz. Su una spiaggia o in montagna. Ma stai con me.
Lui mi guardò incazzato. O forse solo spossato. Non lo capii.
"E dov'è casa tua?" Lo fissai. Gli occhi umidi, la pelle che ora scottava.
"Non lo so. Casa mia l'ho lasciata due anni fa." Per la prima volta ero stata sincera. Totalmente sincera. E forse lui lo capì, perché qualcosa cambiò nei suoi occhi celesti. Qualcosa s'accese.
Rimise in moto l'auto, non mi parlò e mi lasciò da Cameron.
Quando aprii la portiera disse solo: "Anche io. Anche io non so dov'è casa mia. Ma la differenza tra me e te, è che la mia, di casa, mi ha abbandonato due anni fa."

 
Robert Pov.

"Quindi stava da Allie?" Annuii a Tom. "Okay."
"Non te l'aspettavi. Eh?"
"No." Posò le sigarette sul tavolino e si alzò per andare a prendere due Pepsi. Niente alcol al momento. "Non pensavo potesse andare a Cannes." Mi diede una lattina ed io la aprii, lasciandola sgasare. "Insomma... CANNES!"
"Lo so. Gliel'ho detto anche io."
"E?"
"Nulla. Che era il posto più ovvio."
"E stava da Allie? La mia Allie?" Sorseggiai la Pepsi Cola.
"Non è la tua Allie, ma comunque sì, quella lei. Penso sia stata a casa sua. Allie l'ha chiamata e sembravano molto in confidenza."
"Poi Als vive a Cannes, quindi..."
"Eh, esatto."
"Senti... Ho un'idea, perchè non facciamo qualche chiamata e la rintracciamo? Così magari ci parli e lei ti toglie qualche dubbio."
Non mi dispiaceva affatto, anzi. Io volevo disperatamente sapere, perché cazzo, me la meritavo la verità, qualunque essa fosse. Se volevo davvero voltare pagina ed andare avanti con la mia vita, dovevo avere qualche risposta.
"Sì, va bene. Chiamo Lottie, lei sicuro la sente ancora."

 Effettivamente Lottie e Allie erano in contatto; avevo composto subito il suo numero di cellulare ed ora attendevo con poca calma che l'ex di Tom rispondesse.
'Pattinson?'
"Allie? Come fai a sapere che sono io?"
'Sesto senso.'
"Ma va."
'In realtà conosco il tuo numero: Kristen lo ripete spe' Si fermò, lasciandomi incuriosito. 'Volevo dire... Ti va di vederci su Skype? I telefoni non sono poi così sicuri.'
"Sicuri?"
'Sì. Sicuri. Sei ottuso?' Tom mi fece segno di accettare, accendendo già il Mac Book.
"Va bene, okay, ti mando il mio indirizzo"
'è sempre lo stesso?'
"Sì ma"
'Okay allora lo conosco. Ci sentiamo tra una decina di minuti!'.

 
Ma come cazzo?
Dieci minuti dopo stavo Cercando di far zittire il trillo di Skype. Tom si era messo da parte, non volendo che lei lo notasse.
Rivederla fu strano, però bello. Era sempre bionda con le guance rosse. 

"Ciao bionda."
'Ehilà biondastro.' Mi fece sorridere.
"Come stai?"
'Tanto assonnata. Tu però mi sa che hai confuso i ruoli: sei Edward il magnate puttaniere, no Edward il vampiro vergine.' Tom scoppiò a ridere, facendomi scuotere la testa. Allie addolcì il volto. 'Ciao Thomas.'
Gli disse sorridendo. Anche io avrei voluto sorridere così a Kristen, con serenità. Senza rancore.
"Ciao Eleonor." Entrò anche lui nell'inquadratura della web; si guardarono con tenerezza.
Forse la tenerezza di chi ha condiviso qualcosa ed ora ne conserva un bel ricordo, non l'amore. Al contrario di me e di Kristen. Perché io Kristen l'amavo.

'Okay dai Rob, passa all'attacco. Cosa vuoi sapere?' Non persi tempo.
"Kristen è stata da te in questi anni?"
'sì.'
"Perché?" Roteò gli occhi.
'Perché avevo bisogno di una brava cuoca che mi insegnasse a cucinare. Sai, agli uomini non piace la donna che scongela ma non cuoce.'
"Davvero Allie..."
'Davvero Rob...' Ero frustrato.
"Perché ripete che è colpa sua?"
'Fai le domande sbagliate. Non posso dirtelo, mi spiace.'
"Ti prego Als, ho bisogno di sapere, io sto impazzendo, capisci?" Si passò una mano nei capelli, sciogliendo la treccia.
'Kristen, lei... Sono una pessima amica.'
"Non è vero." Intervenne Tom. Lei gli sorrise.
'Sono una pessima amica perché sto per dirti alcune cose, ma le voglio bene e... Robert, Kristen è spaventata.'
"Da cosa?"
'Non chiedermelo. Davvero. Ma se tu fossi meno egoista'
"Io? EGOISTA IO?"
'Pattinson fammi parlare o metto giù.' Le feci cenno con la mano di continuare. 'Grazie. Dicevo, se tu fossi meno egoista ed egocentrico, capiresti che K è spaventata. Si dà la colpa di cose che non portano la sua firma. E se si dà la colpa per qualcosa che non ha fatto, qualcosa dovrà pur esserci sotto, ti pare?' Io non lo sapevo.
"Cosa? Cosa non va, perché?" I suoi occhi chiari si fecero lucidi.
'Non posso... Ma ascoltala Rob. Ascoltala davvero. Non farla tornare qui a Cannes. Questo non è il suo posto. Non farla diventare ciò che non è. Non farla diventare un involucro vuoto.'
"Io... Non capisco." Ammisi.
'Chiamala. Va' da lei.'
"Io..."
Non sapevo quello che dovevo fare. Che Kristen fosse impaurita lo sapevo. Che i suoi occhi non fossero felici lo vedevo. Non ero così cieco, ma non mi amava. Era andata via... Mi aveva lasciato da solo. Mi rifiutavo di soffrire ancora a causa sua. Non più.
Sentii due schiaffi colpirmi la fronte.

"Pronto? C'è qualcuno qui dentro? Svegliati Pattinson, Kristen ti ama!" La risata di Allie riempì la stanza. "Questa donna ti sta dicendo che Kristen, la tua Kristen, la nostra Kristen Stewart, quella per cui hai lasciato tutto solo per conoscerla, ti ama."
"Cazzate. Se mi amava non mi lasciava. È semplice."
'Senti Robert, fa' un po' come vuoi. Credi a ciò che più ti fa comodo, tanto la verità la conosci, in fondo. Io non ci perdo nulla, anzi, ho solo da guadagnarci una cuoca, ma ti sto dicendo di ascoltarla. Tutto qui.' E poi guardò il mio migliore amico. 'Non perdetevi per la paura. O per le incomprensioni. Non fatelo, perchè altrimenti potresti ritrovarti a capirlo tardi, quando lei si sarà già rifatta una vita, e allora sì che sarà finita.'

Pensai alle sue parole, alla possibilità di vederla fra le braccia di un altro, incinta di figli non miei e mi venne il voltastomaco.
Mi alzai dal divano, di scatto.

Tom prese il mio posto.
Incamerai aria e poi la scacciai via.

"Vai da Kristen?" Volsi lo sguardo verso Tom.

Andavo da lei? Dalla donna che mi aveva lasciato da solo? Andavo a spaccarmi il cuore per l'ennesima volta?
Deglutii.

"Torno a casa."
Uscii da casa Sturridge in tempo per sentire il padrone di casa parlare con Allie. "Come stai Eleonor? Ti trovo bene. Sei bellissima come al solito."

 
Il piano, in effetti, era quello: tornare a casa, da Kristen. Per fare che, o per dirle chissà cosa, non lo sapevo. Ma lei non rispondeva al telefono e da Cameron non c'era. Mi evitava. 
Allie e Tom avevano torto, tra me e Kristen era finita. Per davvero.
Non mi amava, altrimenti non sarebbe andata via. Perché se ami non molli, non lasci che ti si spezzi il cuore per nulla. Rischi.
Avevo abbandonato l'auto nei pressi di Los Feliz, dove avevamo comprato la nostra pima vera casa; ci ero legato a quel posto, era stato il nostro rifugio per così tanto tempo che quando era stata venduta, ci stetti di merda.
Poi avevo cominciato a camminare, da solo, col cappuccio della felpa calato fino al naso.
Erano le otto di sera e qui il sole stava tramontando; c'era odore di pioggia, un inglese lo riconosce quel profumo. Ne avevo ispirato il più possibile.
Mi ero ritrovato a percorrere strade già fatte... Con lei. Mai mi ero accorto che con Kris ci dividevo pure i vicoli delle grandi città.
Io e Kristen, in effetti, condividevamo tutto: dagli amici alla carriera, dai cani ai ricordi. Persino i fans.
E come puoi scordarti di quel tipo di persona? Ci sono  alcune persone che non si lasciano andare, che non si scordano, anche se lo vuoi, anche se ci provi con le unghie e con i denti. Semplicemente non vanno via, nemmeno con il tempo.
E poi, come facevo a scordarmi di lei se ogni volta, con i miei amici, in una conversazione qualsiasi, ci infilavano lei? Come facevo ad andare avanti se devi per forza vederti o sentirti per delle pratiche burocratiche?
Come facevo a non amarla se ancora ci pensavo? Se ancora quelli che mi circondavano, in me e lei ci speravano? Se ancora le canzoni le dedicavo a lei?
Come potevo innamorarmi di qualcun'altra, farla stare bene e baciarla, se c'era Lei? Come potevo piangere, ridere, vivere un altro amore se poi tutte le mie lacrime, le risate e le canzoni se l'era prese Kristen?
Non potevo. Io ero fermo a lei. Sarei sempre stato fermo a lei; il resto sarebbe cambiato, ma io a lei, forse, mai avrei rinunciato. Non per davvero, comunque.
Però ci avrei provato a vivere senza di lei. Me lo dovevo.

Arrivai a 'casa' mia mentre le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere. E fu lì che la vidi, a 'casa' mia. Nel mio giardino.
Era seduta a gambe incrociate sull'erba, accanto al posto dove avevamo seppellito Bear.
L'aveva presa proprio male. Non si era accorta della mia presenza, quindi ne approfittai per guardarla, per ascoltarla; stava parlando al nostro cane, credo, mentre distrattamente accarezzava Vanilla. 
Bernie doveva essere nella sua cuccia.
"Credimi Bear, se avessi saputo non sarei tornata. Se avessi saputo lo avrei evitato. Non credevo ci saresti andato tu di mezzo. Sono una stupida, io... Scusa Bear, se solo potessi tornare indietro"
"Ma non si può." La interruppi, lei rimase impassibile. Immobile nel suo tremolio. "E poi, cosa avresti potuto fare? Non l'hai investito tu. Smettila di accollarti colpe che non sono tue."
"Tu... Tu non sai niente, okay?" Mi avvicinai a lei, di fretta, eliminando la distanza. Ancora non si mosse.
"E allora perchè non me lo dici, eh?" Si passò due dita sulle ciglia, così da asciugarle dalle lacrime o dalla pioggia. Poi si alzò.
Era così piccola.
"Non posso. Scusa se sono venuta qui, volevo solo, beh, stare un po' da sola con lui."
"Come sei entrata?" Puntò lo sguardo verso la cassetta postale -finta-, e sorrise. Lo feci anche io.
"La chiave l'abbiamo sempre nascosta lì..."
"...tanto nessuno avrebbe mai cercato nel posto più ovvio." Continuai io, lei annuì.
"Già."
"Me l'hai insegnato tu."
"Lo so. Perchè é ancora lì?" La fissai. Gli occhi lucidi e rossi, il timore a renderli meno verdi.
"Non lo so. Forse speravo tu la usassi." Per un attimo la vidi sbiancare, aprire la bocca e non mandare via nessun soffio d'ossigeno.
"L'ho usata, in effetti."
"L'hai fatto."
"Vanilla è bellissima." Sorrisi alla cagnolina così simile a Bear; era per quello che tempo fa l'avevo regalata a Kristen. Le feci una carezza, lei sembrò gradire.
"È una peste. Roba che mi ha rotto due divani in neanche un mese. Predilige quelli di cotone." Rise.
Accadde così, dal nulla. Lei rise. Una risata sincera, vera, di quelle belle. Non la sentivo ridere da anni. Probabilmente l'aveva fatto con altre persone. Senza di me.
Quel pensiero, quel tarlo che non andava via, era come un cancro.

"Perché te ne sei andata?" Un lampò squarciò il cielo. Kristen represse un gemito di terrore. Da quando aveva paura dei tuoni?
"Io devo andare. Sta piovendo e" la fermai semplicemente stringendole un braccio nel mio pugno.
"Ferma." Le intimai, calmo.  "Dimmi perché sei andata via." Mi fissò implorante. Ma no, volevo delle risposte.
"Ti prego."
"No."
"Lasciami andare."
"No." Cercò di liberarsi, ma non sarebbe andata da nessuna parte.
"Robert."
"Hai un altro?"
"Ti ho già detto che non ho nessuno", non le credevo.
"Ma qualcuno ti avrà toccato, no?"
"No." Si stava arrabbiando. Sorrisi.
"Non ti credo. Lui ti chiama 'Piccola'?
"E loro, mh? Le puttanelle che ti scopi ti chiamano 'Amore'?"
La strattonai, fino a farla sbattere il seno contro il mio torace. Abbassai il viso verso il suo. Stavolta non c'era paura nei suoi occhi, ma solo gelosia. Era gelosa. Oh, lo amavo.
"Perché mi hai lasciato?"
"Perchè non ti amavo più."
"Balle."
"Libero di non crederci." Le sorrisi sghembo.
"Hai un altro?"
"Oh sì. Diversi. Il mio preferito ha i capelli rossi." Mi leccai un labbro, lei fece lo stesso.
"E dimmi, lui lo sa che cambi umore ogni due minuti?"
"E le tue troie lo sanno che ascolti canzoni stupide sotto la doccia?"
"Oh, e lui lo sa che sculetti quando cucini?"
"E loro lo sanno che Katy ha scritto una canzone su di noi?"
"E lui ha mai visto il modo in cui ti spogli? Ti sei mai spogliata per lui, come hai fatto per me?"
"E loro lo sanno che quando sei felice fischietti, e quando sei nervoso suoni il piano?"
"E lui lo sa che quel tatuaggio è mio?" 
"E loro lo sanno che vorresti tuo figlio avesse gli occhi verdi?"
"No. Non lo sanno perché con loro non ci parlo, ci scopo e basta." Sbuffai dal naso. "Anzi, ora neanche più quello."
"Perché no?"
"Perché ti amo!" Sgranò le sue iridi ora verdissime. Allungò la mano libera verso il mio viso. Serrai le palpebre aspettando lo schiaffo. Schiaffo che non arrivò. Il dolore, il bruciore fu peggiore. 
Poggiò il palmo sulla mia guancia come a volermi accarezzare.
Pioveva ancora.

"Robert, io"
"Dimmi perché." Fissai le mie pupille nelle sue. "Dimmi perché mi hai lasciato." Abbassò lo sguardo.
"Non ti amavo."
"Ridillo, però stavolta guardandomi negli occhi." Lo fece, mi guardò e poi lo disse.
"Non ti amo Robert. Altrimenti come avrei fatto a lasciarti?"
Le persone mentono di continuo. Lo fanno sempre, chi meglio, chi peggio. Chi per abitudine, chi per difesa. Lei lo stava facendo. Mi stava mentendo con gli occhi incatenati ai miei.
"Non ti amo." Bugia.
Lo riconobbi da quello stesso sguardo che osava dirmi una bugia. Se ami e guardi davvero, allora lo sai.
"Se c'è una cosa che ho sempre saputo su di te è il modo in cui menti; arricci le labbra, e gli occhi prendono sfumature strane. Io so quando menti, lo sapevo quando mi dicevi che amavi Michael.
Lo sapevo quando quel porco ti chiamava e tu facevi finta di nulla. Lo sapevo quando ripetevi che andava tutto okay, ma poi tremavi per il minimo rumore. Lo so quando menti Kristen. Quindi, per favore, 
smettila di dirmi cazzate."
"Io non voglio."
"Cosa non vuoi? Sii sincera per una buona volta."

Si fece più lontana, la lasciai fare; se davvero voleva andare via, non l'avrei fermata. Ed infatti, questo feci.
La lasciai andare via, voltarmi le spalle ed aprire il cancelletto. Avevo perso ancora una volta.

Poi esplose. Come una furia tornò indietro, tuonandomi contro.

"IO NON VOGLIO CHE TU TOCCHI E SCOPI ALTRE DONNE!" Sorrisi.
"Ed io non voglio che baci qualcuno che non sono io."
"Non voglio che ti sposi. Mai. Con nessuna." Mi diede una spinta.
"Non voglio che tu abbia dei figli che non portino il mio cognome." La urtai.
"Non voglio che tu esca con quelle troie. Neanche devi pensare a loro!" Uno schiaffo.
"Non voglio che tu smetta di amarmi." Le ghermii il mento fra l'indice ed il pollice, stringendolo.
"Anche io. Anche io voglio che tu non smetta di amarmi."
"Non credo smetterò mai di farlo, Rob." Feci scontrare le nostre fronti, toccandole poi gli zigomi con impazienza.
Volevo baciarla. Volevo le sue labbra. Volevo lei.
"Piove. Ti prenderai qualcosa."
"Anche tu."
"Io sono più forte di te." Abbassò la testa fino ad appoggiarla nell'incavo del mio collo.
"Rob..."
"Sh."
"Non ridere di me, ma, chi te l'ha regalato quel portafogli?"
"Che?"
"Tu... Avevi un portafogli nuovo, e... Te l'ha regalato lei? Dylan dico." Cercai di guardarla in viso, ma lei non me lo permise.
"No. Dylan non mi ha mai fatto un regalo." Annuì. "L'ho comprato un paio di mesi prima che tu tornassi."
"Okay... E lei? Lei.."
"Lei cosa?" Stavolta ci riuscii a staccarla dalla mia pelle per vederla in volto.
"Lei, insomma, lei rispose al telefono quando sono andata via."
"Come?"
"Hai capito."
"Avevi chiamato?" Si morse un labbro.
"Non una sola volta, a dirla tutta." Sospirai.
"Era lì perché avevo bisogno di qualcuno che ti odiasse, e lei beh, lei ti odia, quindi..."
"E tu? Tu mi odi?" Ci pensai, e sì, forse sì.
"Kristen Jaymes Stewart, io ti amo troppo per non odiarti." Le baciai una tempia, scoprendola accaldata. "Entriamo, mi sa che ti sta salendo la febbre."

Le presi la mano e la portai all'interno di casa mia, al caldo. Bernie le fece qualche festa, Kristen sorrise.
"Io vado a prendere qualcosa per asciugarci."
"Va bene." Andai in bagno, afferrai qualche asciugamani e tornai in salotto.
La trovai all'entrata, stava passando in rassegna le foto che avevo messo sugli scaffali: io e Tom, io e i ragazzi, io e i miei genitori, io e Marlowe, i cani. Io e lei no. Non c'eravamo più. 
Prese fra le mani una cornice vuota. Quella che una volta ospitava una nostra fotografia. Non l'avevo più trovata.
Tirò fuori dalla tasca dei jeans un foglio piegato varie volte su se stesso. Lo spiegò e riconobbi subito i soggetti: eravamo io e lei.

"L'avevi tu." Sobbalzò. "Quella foto, l'avevi tu." Lei annuì. "L'ho cercata ovunque..."
"Davvero?"
"Sì. Volevo, beh, volevo bruciarla o qualcosa del genere."
"E allora perché?"
"Cosa?"
"Perché l'hai tenuta?" Indicò la cornice. La guardai negli occhi.
"In caso tu volessi tornare a casa." Deglutì.
"E... E se volessi? Se io non ci riuscissi a starti lontano? Se mi mancasse ciò che avevo, le tue braccia, se... Se io avessi cambiato idea? Se volessi tornare a casa?"
"Sarò lì ad aspettarti."

Lasciò cadere a terra la fotografia e corse verso di me, finendo la sua corsa sulle mie labbra.
E fu fuoco e ghiaccio, quello dei nostri corpi; il mio più freddo del suo.
E furono urla e sussurri, quelli dei miei 'perché', e i suoi 'non posso'.
E furono baci e morsi, i suoi e i miei.
E fu casa. Fummo noi.

Kristen pov.

Io non volevo, non volevo davvero metterlo in pericolo, ma lui, quella frase, quel suo modo di amarmi, mi avevano fatta cedere.
Perché io a casa ci volevo tornare, perché a me le sue braccia mancavano, perchè lo amavo, perché stare senza di lui mi faceva così male da sentirmi quasi mota.
Ed ora, con le labbra sulle sue, non riuscivo a pentirmene. Come poteva essere sbagliato tutto questo?
Potevo dirglielo; potevo davvero. Così da essere libera e combattere insieme a lui. E con la frenesia che contraddistingueva quel giro di baci e morsi, mi decisi a parlare.
"Guardami,"mi chiese; lo feci. Racchiuse il mio volto fra le sue mani, mi lasciò un bacio sul naso, poi sulle sopracciglia, su per lo zigomo.
Ridacchiai. Così felice.
"Mi fai il solletico." Rise anche lui.
"Lo so." Mi fissò. "Sei bellissima."
"Anche tu." Lo era, oh se lo era. Lo baciai, strusciandomi su di lui.
"Ferma." Mi ammonì. "Non fare certi movimenti. Sono un uomo, e a te, lo sappiamo bene, non resisto. Lo sai." Gli lasciai una carezza languida all'inizio della mascella, poi giù, sul pomo d'Adamo.
"Perché dovresti fermarti?" Deglutì.
"Perché non voglio fare sesso, Kristen." Alzai la testa, di scatto, guardandolo.
"Perché no?" Non mi voleva? Dio ero così sciatta?
"Perché la prima volta in due anni voglio solo... Sentire. Sentire te, in un letto, e stare in silenzio o a parlare, decidi tu. Non mi sono spiegato, eh?" Gli sorrisi, per poi baciarlo lievemente.
"Ho capito."
Dove avevo trovato il coraggio nel lasciarlo andare?
"Voglio sentirti pelle contro pelle. Per fare l'amore abbiamo tutta la vita."
E lui perchè s'era innamorato di una come me? Cosa avevo di speciale? Nulla.
Lui lo era.

"Perché piangi?" Mi pulì il viso con i due pollici. Per Bear, piangevo. Piangevo per le strette di mano che ci avevo legati. Piangevo per le lacrime mai asciugate ma lasciate seccare.
Piangevo per la paura.
Piangevo per il coraggio mancato.
Piangevo per quel ti amo rinnegato.
Piangevo per tutto, forse anche per le urla tenute strette dentro; portate a marcire, a morire, ad implodere.
Piangevo anche per quell'aiuto non chiesto ma che desideravo più di quanto desiderassi Robert.
Piangevo per le volte in cui avevo tremato nel letto, rannicchiata nel piumone, cercando riparo da rumori, porte sbattute, incubi, sms.
Piangevo per la libertà che stavo riassaporando.
Piangevo perché l'amavo quest'uomo.
"Piango perché mi hai aspettato." Sorrise.
"Prima o poi si ritorna sempre a casa propria." Lo baciai ancora. E ancora.
"Grazie." Tolsi la maglia, sbottonai i pantaloni. Lui fece lo stesso.

Rimanemmo in intimo. Andai a stendermi su di lui, adagiando l'orecchio sul suo cuore che tamburellava forte.
'Mi sei mancato.'

 Restammo così per ore. Senza muoverci, senza parlare. Con gli occhi chiusi e le braccia strette intorno ai nostri corpi. Lo amavo così tanto.
Fu lui a spezzare il silenzio venutosi a creare.
"Perché sei andata via?" Mi chiese con la voce roca ed assonnata.
"Ne riparliamo domani, Rob."
"Ma io voglio saperlo ora." Sospirai.
Come si dice che vieni minacciata di morte? Come si dice che per colpa tua sono successe solo cose brutte? Non ce lo scrivono un manuale su questo.
Ed io avevo il terrore che lui, saputa la verità, mi avrebbe odiata. Non poteva odiarmi. Non ora.

"Non odiarmi quando te lo dirò." Aprì gli occhi.
"È così brutto?" Annuii. Lo fece anche lui. "Allora non lo voglio sapere."
"Come? Io credevo che"
"Non oggi, Kristen. Domani sì, domani mi dirai tutto. Facciamo così, facciamo finta che questa sia l'ultima notte al mondo. Okay? Facciamo finta che sia così, che domani il mondo finirà. Ti va?"
"Ma"
"La vuoi passare con me l'ultima notte della tua vita?"
"Sì."
"Perfetto. Allora non c'è altro da dire. Se domani saremo ancora vivi, allora mi spiegherai tutto. Ora no. Ho passato troppi giorni della mia esistenza a chiedermi perché mi hai lasciato, e sai cosa? Ora non mi importa. Ora sei qui. Domani torniamo alla realtà, ma adesso, per il momento, che nè dici di baciarmi e scordarci del mondo?"
Lo feci. Lo baciai per un'infinità di volte e mi dimenticai del mondo... Fino a quando il cellulare squillò.
Fino a quando non vidi un'ombra fuori dalla porta finestra.
Fino a quando non sentii la voce del mio aguzzino. Era camuffata, era finta, al contrario della mia paura.
Fino a quando non ricevetti l'ennesima minaccia, fino a quando non venni colpita dall'ennesima verità, fino a quando non ebbi l'ennesima condanna.
'La bestia non ti è bastata?' Singhiozzai. 'Vuoi che muoia anche lui?'
"Io, io glielo dirò." Ne ero convinta. La sentii ghignare.
'Che stupida sei. Diglielo pure se vuoi, fallo. Sarà ancora più divertente poi. Il primo a morire sarà lui, lo vedrai abbandonare la vita con i tuoi stessi occhietti... E poi toccherà a tutti quelli che ami. La biondina, la francesina, ecco, morirà per seconda.'
"Tu non torcerai loro neanche un capello."
'Ma davvero? Oppure sai cosa?' Sentii un rumore fuori dalla porta, come se qualcuno volesse entrare. Sobbalzai impaurita.
Avevo il cuore a mille, lo stomaco in fiamme.

'Oppure 'BOOM!' potrei uccidere solo te. '
"Tu... Tu non puoi. Non farai del male a nessuno."
'Vogliamo provare? Sapevi che Tom Sturridge ama cucinare scalzo?' Deglutii a vuoto.
'Va' via troia. Torna a Cannes, restaci e vedrai che nessuno si farà male.'
Staccai. Buttai l'iPhone sul divano e caddi. Caddi ancora. In ginocchio, rannicchiata su me stessa.
Cosa dovevo fare? Dovevo svegliarlo? Tanto la mia decisione era già stata presa.
Era un brutto scherzo. Stavo perdendo ancora una volta ciò che avevo già perso tempo fa.
Non potevo dirgli di nuovo addio, lasciarlo. Come potevo? Mancavano cinque giorni alla fine delle riprese, e c'erano le interviste... C'era tutto un mondo dopo.
Come potevo?  
Lui... Non ancora una volta. Non adesso.
Dov'era tutta quella spavalderia che mi aveva invaso pochi minuti fa? S'era preso anche questo?
Bear, la relazione mia e di Rob, me. Aveva appena cancellato anche me.
Mi alzai da terra; le ginocchia ressero, poi tremolarono. Tutto girava, come su una giostra. Bruciavo. Ogni passo che facevo verso quel letto era come cadere, bruciare e diventare cenere pronta ad essere 
soffiata via.
Lo stavo rifacendo.
Indossai i miei jeans, presi la sua maglia. Lo guardai dormire. Gli accarezza le labbra, poi le baciai.
"Non odiarmi Robert, ma smetti di amarmi. Smettila di aspettarmi... Ed io non smetterò mai di amarti. Perdonami se puoi."
Slacciai il cinturino dell'orologio che avevo comprato per lui; volevo darglielo da sempre, era il momento che fosse suo e non mio.
Lo lasciai lì, sul comodino.

'CI RITROVEREMO SEMPRE.'

 Robert pov.

L'avevo sentita andare via. Era stato un rumore a svegliarmi, poi la sua voce. Non ci avevo capito molto, in effetti.
Ma sapevo che mi aveva appena lasciato, ancora. E come sempre, forse, non l'avrei rincorsa. Anche dopo tutte quelle parole; magari avevo capito male io. O no.
Ero più propenso per il 'no'. Io... L'avevo sentita. Quindi al diavolo, avrei scoperto cosa c'era sotto questa faccenda. Lasciandola andare. Per il momento o per la vita, questo era tutto da decidere.

Mi evitò all'inizio. Neanche mi parlava, o guardava. Poi parlò con Cat, e lei cambiò atteggiamento. Almeno in parte. Non le chiesi spiegazioni, Kristen neanche sedeva al mio stesso tavolo.
Nelle scene in cui eravamo insieme diventava un'altra: cambiava. Più volte mi era sembrato di avere la mia Kristen fra le braccia, non Vivian. Forse per lei fu lo stesso.
I cinque giorni più strani della mia vita.

 Eravamo al termine delle riprese; tutti festeggiavano contenti. C'era chi si dava pacche sulle spalle, chi si congratulava per la bella esperienza.
Poi c'eravamo noi, io e Lei. La mia Lei da quando neanche la conoscevo.
Avevamo entrambi un calice di spumante in mano, Kristen ogni tanto lo sorseggiava distratta: messaggiava. Sicuramente con Allie.
Cominciai a tamburellare la punta del piede destro sul finto marmo; la stavo fissando da minuti. Ultimamente si estraniava spesso, quasi sempre. Sempre più pallida. In mensa non la si vedeva più.
Ero preoccupato. Ed incazzato; ma mi ero ripromesso che non le avrei detto nulla. Stanco. Ecco cosa. Ero stanco di essere sempre quello che rincorre. Se mi amava sapeva dov'ero.
L'avrei aspettata, non so per quanto, però.
Diedi una scrollata all'orologio, guardando l'ora: le undici di sera. Non avevo avuto il coraggio di indossare quello che mi aveva lasciato sul comò. Quell'iscrizione.
Posai lo champagne e mi versai un succo di frutta; quanto ero patetico.
Salutai i ragazzi della troupe, ringraziandoli e dicendogli che ci saremmo visti per la Premiere. Presi la giacca di pelle, non la indossai ma me la posai su una spalla, trattenendola con l'indice, ed uscii.
Fuori c'era un gazebo pieno di lucine bianche, sembrava quello di Twilight. Sorrisi ai vecchi ricordi. Quelli ci sarebbero stati sempre, e sempre li avrei conservati dentro me. Le dovevo tutto.
Sotto la struttura, appoggiata ad un pilastro, c'era Kristen. Sembrava infreddolita. Mi fece quasi tenerezza.
L'ultimo addio forse... Forse. No. No.
Buttò fuori il fumo dalla sua sigaretta, ancora l'iPhone in mano. Sembrava un salvagente. Come se potesse salvarla da qualcosa.

"Ciao." Le dissi, d'istinto. Sembrò essersi impaurita, tant'è che alzai i palmi delle mani in alto. "Sono solo io."
"Scu, scusa. Non ti avevo sentito arrivare." annuii. Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due parlò, restammo solo a guardare io la sua sigaretta diventare mozzicone e lei fissare il vuoto alle mie spalle.
Lei sembrava vuota.
Allie mi aveva chiesto di non farla divenire un involucro vuoto. Lo era già. Lo sguardo vacuo, quasi assente. Viva l'avevo vista solo poche volte. Eppure ci convivevo da mesi.
Avrei voluto chiederle cosa avesse, cosa le stava capitando, ma non lo feci e mai l'avrei fatto.
L'ultimo addio. Era un addio, di quelli civili. Ce lo meritavamo.

"Senti"
"No Rob ti prego, non"
"Non ti implorerò, Kristen. Non stavolta. È finita per te, giusto? Forse hai ragione tu. Non c'è speranza per noi due. Credo che a volte ci aggrappiamo alle finte speranze, ai piccoli dettagli, pur di non vedere la realtà, pur di non capire che è finita. Che non c'è più l'amore." Bugia. Io l'amavo ancora.
"Tra me e te è finita. Niente più Kristen e Robert. È inutile farsi ancora del male. L'ho capito quando l'altra notte ti ho sentita andare via. Andremo avanti, tu con la tua vita ed io con la mia. Torni in Francia?" 
La vidi fare cenno positivo con la testa. Gli occhi lucidi.
"Sì." La voce flebile.
"Bene. Tu in Europa ed io qui, o forse a Londra. Sto pensando di trasferirmi. Tom vuole crescere i suoi figli in Inghilterra, ed io vorrei tornare a casa." Che poi casa mia dov'era?
"Sienna è incinta di quasi tre mesi, sai?" Quasi sorrise. Asciugò una lacrima prima che quella cadesse rovinando la sua finta maschera di indifferenza.
Io lo so quando menti.
"Sperano in un maschio." Le tremò un labbro. "Chiamalo qualche volta, ne sarebbe felice. Oh poi ha anche il numero di Allie, quindi se non lo chiami tu lo farà lui."
Annuì ancora. Tremò. C'era vento e lei indossava una semplice canottiera con dei pantaloncini.
Mi avvicinai, sgranò gli occhi. Si guardava intorno. Incurante della sua stranezza, le misi il giubbotto sulle spalle magre.
Prese un respiro profondo e poi chiuse gli occhi. Non tolsi le mani dalle sua braccia.

"Mi hai dato tanto, ti devo quasi tutto. Senza di te avrei smesso ancora prima di cominciare; mi hai dato la voglia di provarci, la speranza. Se tu non fossi mai entrata nella mia vita io non sarei l'attore da Golden Globes, avrei mollato. Ho inseguito te, ed ho preso anche il sogno della mia vita. Quindi grazie. Abbi cura di te stessa." Le lasciai un bacio sulla fronte. Fermandomi un po' di più del dovuto, perché le mie labbra stavano così bene sulla sua pelle. Arricciai la bocca, corrucciai le sopracciglia. Mi allontanai quel tanto bastava per vedere due lacrime bagnarle le guance.
Le asciugai con il pollice.

"È stato bello essere innamorato di te Kristen Stewart."

6 mesi dopo, Kristen pov.

"Avanti K, devi decidere cosa indossare a quella premiere." Guardai per l'ennesima volta Allie, sperando di trasmetterle tutto il mio astio. Lei e Ruth si erano messe d'accordo per rovinarmi la vita.
"Kristeeeeen?"
"Eleonor, no."
"Non chiamarmi Eleonor. Domani devi partire."
"Ma va."
"La premiere è tra due giorni."
"Doppio ma va." Sbuffò esausta.
"Stewart, ti prego." Allie si buttò sul letto, a pancia in giù, piagnucolando cose senza senso. Mi fece ridere.
Aveva quasi ventisei anni ma pareva una bambina.
Ci pensai... Aveva ragione.

"Quello blu mi piace." Alzò la testa, con una mano tastò il materasso in cerca del vestito. Trovò il tessuto scuro, lucido.
"Questo?" Annuii. Lei sorrise.
"Preferivo quello rosso, ma anche questo mi piace. Oh, ho delle scarpe favolose da metterci sotto! Abbiamo già avvertito Jillian e vedrai, sarai una favola."
"Mh mh."
"Ci devi andare, lo sai."
"Non posso darmi malata? Come a scuola." Ridacchiò.
"No tesoro, mi spiace."
"Mhhh." Sprofondai nella poltrona.

Non volevo rivederlo. Non dopo quella frase che mi aveva detto. E non da sola.
Los Angeles mi terrorizzava.

"Dai, andrà bene. Avete poca promozione insieme. Quasi nulla." Avevo ringraziato Catherine per questo.
"Ho paura." Ammisi.
"Non averne. Ci sarà Ruth lì. E poi Cam, i tuoi.. Non sarai mai sola."
"Non ci sarai tu, e ci sarà Lui."
"Per poco." Prese fra le mani il vestito rosso che voleva farmi indossare. Lo squadrò bene. "No Stew, devi indossare questo. Cristo, tu li ammazzi tutti così!"
Ammiccai quando ebbi l'idea migliore della mia vita.
"Va bene."
"Va bene?"
"Sì. Lo metto. Non sono una fan di quel genere di vestiti, ma farò uno sforzo." I suoi occhi si illuminarono come le luminarie che avevamo in giardino. Era il ventuno Dicembre.
"Ommioddio, cioè ahhh, sarà perfetto, diremo di farti una treccia particolare, magari con un cerchietto e " La fermai.
"Calma gli animi, sorella. Io metto quel coso e tu vieni con me."
Rimase immobile per un po', poi mi mandò a cagare.
"Ma vattene un po' affanculo."
"Vive la finesse!" Le dissi nel mio francese davvero, davvero, migliorato.
"Stewart, taci."
"Dai... Che ti costa? Il biglietto lo pago io. Potresti passare il Natale a casa tua."
"Questa È casa mia."
"Lo so ma... Da quanto tempo non ceni con i tuoi?" Scosse il capo. "E poi ho bisogno di te. Dai Allie, ti prego."
"K... Io non so se"
"Tanto Tom neanche lo vedrai."
"Non si tratta di Thomas."
"Allie... Dai."
"Gli occhi da cucciolo no."
"Dai?"
"Kristen."
"Prenoto anche per te?"
"No."
"Prima classe. Pago io."
"Non mi compri con i soldi."
"...e con Jared Leto?"
"Prego?"
"Sai..." feci la vaga, "ci metto due minuti a fartelo conoscere."
E si sa che a Jared Leto, Allie proprio non resisteva.
"Va bene. Però metti il vestito rosso e ti tieni i tacchi tutta la sera."



 Los Angeles, 23 Dicembre.

Non ero più abituata a ... Questo.  Erano passati più di tre anni senza il cinema, senza i fotografi, senza i tappeti rossi da calpestare, l'ansia da 'piacerà oppure no?', senza la voglia di scappare dopo le domande
dei giornalisti. Senza il mio lavoro.
E mi era mancato, un po'.  Il set, quello mi era mancato di più, l'avevo capito una volta tornata a recitare.
Mi guardai ancora una volta: le scarpe alte, il tessuto leggero rosso, il pizzo del corpetto.
Dovevo scendere.
Guardai Allie e Ruth; eravamo ferme nell'auto, poco distanti dal luogo in cui si teneva la premiere. Si udivano le urla, le risate.
C'erano già tutti, da ciò che Als aveva letto su Twitter; anche Robert.
Mi sudavano le mani. Avevo paura... E per la prima volta in quasi tre anni, non avevo solo paura di chi mi minacciava, ma ero terrorizzata dal giudizio altrui. Erano anni che non mi facevo vedere e questo era decisamente un progetto rischioso, insomma... Pretty Woman!
Chi era tanto stupido da sfidare un cimelio del cinema? Noi. L'avevamo rimodernizzato, reso migliore esteticamente, ma... L'originale sarebbe sempre stato meglio. Ci avrebbero fatti a pezzi.
Oramai come attrice non valevo più niente, cazzo. Cosa mi era saltato in mente?
"Cristo! Si sentono le tue paranoie anche al di fuori del tuo cervello." Fulminai con gli occhi la mia migliore amica.
"È Facile parlare quando non sei tu che devi affrontare quelle belve affamate con dei tacchi assurdi."
"Li farai tutti secchi, Kris. Sei stata bravissima." Mi disse Ruth.
"Cioè cavolo, per forza! Con questo vestito sei una bomba, ma guardati. Ho un ottimo gusto."
"Sta' zitta."
"Andiamo K, animo!" Borbottai qualcosa, infastidita.
"Ruth, come la convincevi quando faceva così?" Allie l'aveva chiesto sottovoce, ma ero riuscita a sentirla lo stesso.
"Quando non voleva scendere? Chiamavo Rob."
"Oh perfetto. Resteremo qui dentro in eterno!" Si buttò contro lo schienale, quasi affranta.
"Sentite, io scendo e vado a vedere com'è la situazione lì fuori. Dico a Cat che tra poco scenderai." Si chiuse lo sportello dietro di lei.
Il boato che avevo sentito... L'inferno.
"Kristen, devi scendere."
"E se lei fosse qui?"
"Impossibile." Allie scosse la testa con decisione. "Siamo accerchiati da migliaia di persone, centinaia di telecamere e non so quanti poliziotti. Non farà nulla, sta' tranquilla."
Aveva ragione.
"Ho paura lo stesso."
"Lo so, ma ci sono io, okay? Andrà bene."
"Lo spero." Abbozzò un sorriso. "Scendi Als. Io ti seguo tra poco."  
Aprì lo sportello della Limousine; le sorrisi incoraggiante.
"Kay non so se..."
"Vai!" Tentennò, poi scese facendo frusciare il suo abito rosa pallido.
"Cinque minuti."
"Non di più."
Richiusi la portiera e restai sola, cercando il coraggio per affrontare quella bolgia umana.
Sospirai.
Potevo farcela. Non dovevo deludere Allie, Ruth, Cat... Rob.
Di lui in questi mesi non si era saputo molto. Però si era ripreso.
Sorrideva, rideva, viveva. Un bel cambiamento. Ero contenta che lui fosse felice, solo, beh, avrei voluto essere io la sua felicità; o almeno una parte di essa.
Ma andava bene anche così.
Non si era visto con altre donne. Non voleva più solo sesso, probabilmente stava aspettando la donna giusta di cui innamorarsi. Un giorno l'avrebbe trovata.
Fu quel pensiero a darmi il coraggio necessario a spalancare la portiera e tornare ad essere Kristen Stewart, l'attrice.

Robert pov.

Aspettavano tutti lei. Io compreso. L'aspettavo da sei mesi. Ero al punto di partenza.
"Guarda qui Robert!"
Un sorriso al fotografo.
Fingersi felice. Fingere.
Pensavo che lo scorrere del tempo avrebbe sfocato e poi cancellato il suo ricordo, il suo amore. Il mio. Gli addii.
"Qui! Rob qui!"
"Tu e Kristen tornerete insieme?"
"No."
Avevo trovato un equilibrio: lavoro, amici, famiglia, niente alcol. Ero tornato a Londra, a casa. Lei non faceva parte di quell'equilibrio. Tom l'aveva sentita spesso... Ero tranquillo.
Ero sereno per la maggior parte del tempo. Poi tornavo a letto, chiedevo il mondo fuori dalla stanza e la nostalgia tornava. Ma andava bene anche così.
"Perché no?" Perché nulla è per sempre. Neanche io e lei.
Non risposi a quella domanda. Passai oltre.
Avevo un equilibrio da mantenere, e lei, Kristen, lo metteva alla prova.
"Cosa c'è di speciale in questo Remake?"
"Kristen." Risposi. La giornalista di 'E!' rimase di stucco.  Sorrisi più a me stesso che a lei.
Faceva freschetto, però la nebbia che stava scendendo era frutto degli sceneggiatori. Ci sarebbe stata anche la neve, dicevano. La location prevedeva un pianoforte dietro il red carpet; avevano riprodotto varie scene del film. Sentii il bisogno di allontanarmi un po', giusto il due minuti; lo feci, avvicinandomi al piano e sfiorandone distrattamente i tasti.
Poi udii una voce familiare, seguita da un'altra.  C'era profumo di zucchero.
Allie. Parlava animatamente con Ruth. Probabilmente Lei era vicina.
Sorrisi. Poi chiusi gli occhi.

'Non odiarmi Rob.'


"C'È KRISTEN STEWART!" Urlò qualcuno.

'...ma smetti di amarmi.'

Qualcosa mi bagnò il naso: neve. Finta. Più o meno.
Riaprii gli occhi.

'Smettila di aspettarmi.'

L'avevo capito.
Io e Kristen per tanti anni avevamo viaggiato sulla stessa strada, ma ora, ora eravamo solo due passi che si stavano separando, andando in due direzioni diverse.
Ma smetterla di amarla... Oh questo mai.
Stavo bene, sì. Speravo lo stesso per lei.

'...e io non smetterò mai di amarti.'

Voltai il viso e la vidi. Vestita di pizzo rosso, gli occhi decisi. Bella come mai. Mia non più.
Un fiocco di neve finto si fermò sulla sua bocca. Lo scacciò via leccandosi il labbro superiore.

Oh beh, no amore, il tempo non ti ha cancellata.

Mi vide.
Ci passammo, nello stesso momento, una mano nei capelli.
Poi come se fossimo soli, come se quella bolla si fosse appena ricreata, ci sorridemmo.
Un sorriso che non scordi.

"Come mai vivi in Francia?"
"Kristen sei ufficialmente tornata?"
Mi avvicinai a lei. Non ci parlammo. Ci limitammo a rispondere alle domande dei giornalisti, fianco a fianco. Come una volta.
E la neve di scena ancora cadeva.
Quando il giro finì, Allie si avvicinò a Kristen per dirle che l'aspettavano nel teatro. La bionda mi fece l'occhiolino, ricambiai immortalato dai flash.
Affiancai Kristen. In silenzio. Fu lei a parlare; a fermarmi. Mi bloccò, ghermendo il mio polso nella sua debole stretta.
Aveva le mani fredde.
Passò un dito sul cinturino in pelle dall'orologio. Il suo. Quello che lei mi aveva lasciato.
"Lo indossi."
"Lo indosso." Cercò il mio sguardo.
"Perché?" Perché posso anche far finta di non aspettarti, ed ingannare gli altri, ma quella cornice e quella foto, ancora sono l'ultima cosa che guardo prima di dormire.
"Non ha importanza. Andiamo dentro, qui si congela."
"Okay." Nessuno di due si mosse, immobili, accerchiati da voci, occhi ingordi e telecamera.
"La mano."
"Come stai?"
"... Io bene. Tu?"
"Anche."
"Bene."
"Bene."
"Hai un fiocco di neve finta proprio qui," le tolsi il ghiaccio da sopra lo zigomo.
"Ops." Sorridemmo.
"Sei bellissima." Si morse un labbro.
"Anche tu."
"Vestito e rossetto rosso, capelli semi intrecciati, occhi luccicanti. Sembri quasi la Kristen di Cannes."
"Volevo essere bella per te quel giorno." Ammise. "Forse anche oggi."
"Lo sei sempre."
"Ci guardano tutti..."
"Lasciali fare. Stiamo solo parlando."
"Mi hai toccata prima."
"Tu stringi ancora la mia mano."
La lasciò andare.
"Scusa."
"Entriamo?" Me la ripresi quella mano. Era mia di diritto.
Fissò il nostro intreccio di dita. Poi me. Deglutì, impaurita.
"Che hai?" Ero stufa di vederla terrorizzata. Volevo sapere perché aveva paura.
"Lasciami la mano, Rob"
"Cosa? Cosa ti fa così tanta paura?" Mi chiese perdono con gli occhi, allentai la presa e lei scappò via.

Il mio cellulare squillò, lessi il messaggio di Tom: 'Sienna è in travaglio!'.
Un sorriso sincero.
Poi vidi il panico sul volto di Allie.
Poi Cassie, l'assistente del set. Quella che aveva trovato Bear morto. Un luccichio strano.
Un urlo fra le urla.
"K! HA UN COLTELLO!"
Non ci misi poi molto a capire che quella donna volesse colpire Kristen.
Non ci misi poi molto a correre verso di lei; la presi fra le braccia. Me la strinsi contro.
NON LEI.
IO MA NON LEI.
Il mio corpo a farle da scudo.
Poi le lacrime.
"DEVI MORIRE PUTTANA!"
Poi un colpo.
Io ma non lei.
Poi un suono strano.
Colpisci me.
Poi il cuore che martella.
Non lei.
Poi il pianto di Kristen.
"Rob! Cristo no, no, no"
Poi un dolore lancinante al fianco.
"Che gli hai fatto? Cosa. Rob amore, Rob"
Gliel'avevo detto che l'avrei aspettata sempre?
Poi la neve che diveniva di colore rosso. Come le sue labbra, il suo vestito, il mio sangue.
"Rob! Rob amore, Rob! No, no, no." Voci indistinte.
"Perché ti sei messo in mezzo? Ti ho lasciato per evitare che succedesse questo, per evitare lei ti facesse del male. Dio, Rob, rispondi!"
 Ci avete mai pensato al modo in cui la vostra vita avrà fine? Io sì.
Speravo sarei morto da vecchio, nel letto, con mia moglie accanto; magari andarcene insieme. Sempre un attimo prima di lei, perché sono egoista e preferirei morire prima di poter sentire la mancanza di chi amo.
Ma in realtà, avevo sempre pensato che sarei morto in un cavolo di incidente stradale; la mia guida lasciava davvero a desiderare.
Però il punto è un altro: Ai tempi, quando lessi Twilight, pensai che il miglior modo per andarsene fosse proprio quello di morire proteggendo chi ami.
Nel 2008 pensavo di non avere nessuno per cui valesse davvero la pena morire; forse la mia famiglia o Tom.
Poi conobbi Kristen.
Poi mi innamorai di lei e allora trovai quella persona per cui sarei morto davvero, senza rimpianti.
Mi sarei buttato nel fuoco pur di salvarla.
Mi sarei preso una coltellata pur di farla  vivere.
E l'avevo fatto.
Il coltello aveva davvero trapassato la mia pelle, i miei muscoli.
Il bianco della neve si sporcava di rosso per colpa del mio sangue.
Avevo paura della morte. Anzi. Forse no. Non proprio... Era diverso.
Quando muori, dopo un po' vieni dimenticato. Io, da puro egoista quale sono, avevo sempre avuto paura di questo.
A me non faceva paura la morte, ma il fatto di poter essere dimenticato.
La gente va avanti, le memorie vengono scalfite dal tempo.
Eppure, eppure, se fosse servito a salvarla, allora me ne sarei presi altri cento di colpi. Per la sua vita ero disposto ad essere dimenticato.
"Sai, sai perché indosso il tuo orologio?" Non rispose.
Parlai lo stesso. "Ci ritroveremo sempre." Citai l'iscrizione scritta dietro la cassa. "Lo speravo... E quindi ti ho aspettato. Perché ti amo."
Una lacrima. Poi due. Avevo sonno.
"Tu mi ami."
"Io ti amo."
"Anche io ti amo." Sorrisi.
Lo sapevo che mi amava. Ora lo sapevo.
Tutti hanno bisogno di una persona per cui morire, per cui ridere o versare lacrime.
Kristen Stewart era quel qualcuno per cui morire.
Kristen Stewart quel quel qualcuno per cui vivere.

Come ci si sente quando si muore? Quando si capisce che è finita?
Forse sparisci, forse ti senti trasparente o come se ti stessi sciogliendo.
Gli occhi diventano vitrei, vedi più.
All'inizio, magari, vanno via solo i colori: c'è solo il bianco e il nero.
Nel mentre, vorresti anche muovere le mani ma non ci riesci. Sono pesanti.
Sono di qualcun altro? Perché non rispondono ai comandi?
Il cuore tenta di battere ad un ritmo veloce; sembra che voglia trapassare il petto. Sembra stia battendo per poi fermarsi.

Mi sentivo come se stessi avendo un attacco di panico.
Respira, mi dicevo. Fallo.
Ma i polmoni non lo volevano.

Apri gli occhi Rob. Fallo idiota.
Se le palpebre sono pesanti fregatene, e torna da lei.
Ha detto che ti ama. Focalizzati su di lei.
Te lo ricordi quando l'hai vista in tv? Eri sul divano, annoiato, insieme a Tom.
Ti ricordi come ti sei sentito?

'Vado in America, Tom.'
'Per quell'attrice?'
'Per lei. Per me. Non lo so. Se non ci provo non lo saprò mai.'

La testa gira? Pensa che sei di nuovo su quel set, sotto al gazebo, lei sui tuoi piedi. Eri felice, vero?
Apri gli occhi, non stai morendo. Ti ha solo sfiorato. Concentrati. Fallo per lei.
Sei stanco? Non puoi dormire. Devi aprire gli occhi.
La ami?
La vedi la prima volta in cui avete dormito insieme? Fissati su quella sensazione e poi lasciala andare.
C'è lei accanto a te, non vedi? Non la senti?
Ha la mano nella tua, c'è la neve finta.
Te lo ricordi quanto eri felice quando lasciò Michael?
Te lo ricordi quanto eri felice quando ti baciava?
Apri gli occhi.

'Ciao. Sono Robert Pattinson... Quello che t'ha appena baciato.'
'Kristen Stewart. Quella che ti ha appena scelto.'
'Lo so chi sei.'
'... Bel lavoro Robert.'
'Rob. Rob va bene.'

Apri gli occhi. Va tutto bene.

'Cioè non hai mai bevuto la birra?'
'Sì che l'ho fatto Rob!'
'Ma quella non è birra. Questa lo è. Bevi ragazzina. '
'è buona.'
'Lo so. Come hai fatto senza di me, Stewart? Come.'
'Beh... Non lo so Proprio.'

La neve. C'è la neve. E c'è Kristen che ti chiama.

'Ciao.'
'Ciao.'
'Come stai?'
'Bene. Tu?'
'Da quanto non mangi?'
'Che?'
'Sei troppo magra.'
'Io mangio.'
'Si vede... Ero venuto qui per'
'Rob?'
'CHE C'È?'
'Non lasciarmi.'

Te lo ricordi il sapore delle sue lacrime mischiato a quello della sua bocca? No? Allora apri gli occhi, le sue labbra sono proprio sulle tue.
 E quando alzai le palpebre, esattamente così mi ritrovai.
Come la bella addormentata, ma al contrario.
Erano tornati i colori: il rosso sbiadito del suo rossetto, il verde acceso dei suoi occhi.
Sorrise. Poi scoppiò a ridere. A piangere. Mi baciò a stampo: una volta, due, tre fino a non contarle più.
"Ciao." Mi disse.
"Dove siamo?"
"In ospedale. Sei stato accoltellato, ma stai bene, davvero. Hai una ferita al fianco sinistro; l'hanno messa a posto con qualche punto di sutura. Sei svenuto, hai battuto la testa e Oh Robert!" Mi si buttò fra le
braccia, piangendo. "Ho avuto così tanta paura che quella pazza ti avesse ucciso! Perché ti sei messo in mezzo? Stavi mandando a puttane tutti i sacrifici fatti per salvarti, razza di idiota."
Cercai di connettere meglio; avevo la bocca impastata.
"Ma di cosa stai parlando?"
Singhiozzò.
"Io... Tre anni fa più meno, ho cominciato a ricevere dei messaggi minatori. Poi gli sms sono diventati vere e proprie minacce. Cameron trovò l'auto rotta, casa nostra non era così sicura e l'unico modo per farla smettere, per far restare tutti vivi, era andare via e lasciarti."
"E l'hai fatto." Mi stropicciai gli occhi con il pugno chiuso.
Cominciavo a capire.
"Sì... E tu sei stato bene. Eri vivo, Rob, ma poi non ci sono riuscita. Mi mancavi tanto, ti amo, capisci? E sono tornata e Dio, se non l'avessi fatto ora... Lei ha"
Compresi. Non ci voleva molto a fare due più due.
"E lei ha ucciso Bear." Strinsi il lenzuolo fra le dita.
Kris annuì.
Ora capivo. Capivo il perché del suo colpevolizzarsi per la morte del nostro cane.
Capivo il perché della sua paura.
Capivo tutto.
Se n'era andata per salvare me e chi amava.
"Non è colpa tua, ma di quella psicopatica." Scosse il capo.
"È colpa mia Rob, se io"
"Stai zitta. Se quella donna è pazza mica è colpa tua? Dovevi dirmelo."
"Non potevo... Se tu fossi morto io, Dio Rob come avrei fatto?"
"Dovevi. Perché cazzo te ne sei andata? Perché non me l'hai detto?"
"Perché ti amo." Rispose.
Fu in quel momento che capii di essere vivo. Vivo per davvero.
 
Due giorni dopo, 25 Dicembre -Kristen Pov.

"Okay Rob, basta, smettila, hai dei punti di sutura!"
"Capirai. Solo sei. Sono a casa da ieri!"
"Ah. Ci rinuncio. Vaffanculo. Sei stato accoltellato neanche due giorni fa."
"Kristen", mi posò le mani sulle spalle, "Sto. Bene."
"Lo so. Per fortuna."
"Ed è la mattina di Natale."
"So anche questo."
"Il nostro primo Natale da ... Beh, da anni, quindi ti va di goderci il momento?"
Lo guardai, e per un momento lo vidi riverso a terra, col la camicia diventata rossa e la giacca squarciata.
Per fortuna quel coltello non aveva provocato danni seri, ma solo tanto spavento.
Cassie... Ce l'avevo avuta sotto al naso per così tanto tempo che pensandoci, era quasi ovvio.
Ossessionata da Rob.
Nel suo appartamento avevano trovato muri interi rivestiti da foto di Robert... E mie. Con la testa cerchiata di rosso.
Era in galera.
L'incubo era finito. Potevo tornare a vivere.
"Oh?"
"Eh?"
"Stewart, tu non mi ascolti."
"certo che ti ascolto."
"Ah, ah. Ovvio. E cosa stavo dicendo?"
"Eeh. Eh." Non ne avevo idea.
Lui incrociò le braccia al petto. Un sorriso impertinente sul viso.
"Ti ascolto."
"Non farò sesso con te." Aveva quello sguardo. Ed era da ieri che ci provava, quindi beh, era quello. Per forza. Doveva.
"Mh... E dire che ti avevo chiesto di fare colazione, ma se vuoi fare sesso il mio corpo è a disposizione."
"Ah. Ah. No. Hai una ferita!"
Roteò gli occhi.
"Kristen." Si alzò dal letto, togliendosi poi il maglione color ruggine. "Io. Tu. Sesso. Ora." Scoppiai a ridere e poi lo tirai verso di me, su di me.
Sul letto.
Lo baciai. Fece lo stesso. Con la bocca scese sulla pelle del collo: morse e succhiò.
"Niente succhiotti"
"Sta' zitta." Mi tolse la maglia senza distaccarsi dalla mia pelle.
"Dio quanto mi sei mancata." Disse quando anche il reggiseno fece la stessa fine della maglia.
"Anche tu", ammisi ansimando. Le mani nei suoi capelli, poi più giù, a tracciare il solco della spina dorsale.
Un gemito. I pantaloni tolti; i miei e i suoi.
Ripercorsi con le dita la sua schiena: i muscoli definiti, la pelle calda. La garza che copriva la ferita.
Se Cassie l'avesse ucciso... No. Sarei morta con lui.
Dopo avergli detto delle minacce lui mi aveva abbracciato.
"Dimmi che non andrai più via."
"Non andrò più via." Un bacio.
"Dimmi che non mi nasconderai più nulla." una carezza.
"Non ti mentirò."
"Qualunque cosa, qualunque, la affronteremo insieme."
E poi entrò in me.
Oddio che sensazione fantastica. Dio. Come avevo fatto a lasciarlo?
Spinse. Ansimò.
Seguii i suoi movimenti. Gemetti.
Le mani intrecciate, le gambe avvolte ai suoi fianchi, le labbra incollate alle sue.
"Non smettere di baciarmi."
"Non ho mai smesso di aspettarti, ed ora che ti ho, pensi che io lasci le tue labbra?"
La paura scivolò via.
E poi furono sorrisi, e furono risate, e furono gemiti, e furono sospiri, e furono scuse.
Venimmo insieme. Come la prima volta. Come l'ultima.
E fu nuova vita.

Fischiettavo.
Fischiettavo e sculettavo mentre cucinavo la nostra cena di Natale.
Rob era a letto e parlava con Tom; domani saremmo partiti per Londra, così da vedere il piccolo Orlando.
"Sì sto bene, cazzo Tom sei peggio di Kristen!"
"Ehi stronzo"
"Amore dai, sei pesante." Mi disse. "Comunque ci vediamo domani sera, dai un bacio a Marlowe."
Andai in stanza, poggiandomi allo stipite della porta. Eravamo a casa di mia madre, quella che non veniva mai usata.
"Come stanno?" Chiesi.
"Bene. Vieni, ti faccio vedere  il bambino." Salii sul letto, a carponi, e mi appoggiai a lui.
Guardai la foto dal suo Mac Book; il piccolo Sturridge riposava placido nella culla. Sorrisi.
"Ha gli occhi di Tom."
"È la sua copia sputata, guardalo." Gli diedi ragione baciandolo.
"Perché Orlando? È..."
Rob rise.
"Boh. Hanno la passione per i nomi brutti."
"A me piace Daniel. O Grace. Nomi semplici ma belli." Lo vidi sorridere. 
"Gracie Pattinson, oh mi piace. Che ne dici di darci da fare e concepirla?" Nel mentre cercò di slacciarmi la camicia - la sua -, che indossavo. Unico vestiario che mi aveva permesso di mettere.
"Rob eddai ho la cena sul fuoco."
"Guastasesso. Hai chiamato tua madre?" Sorrisi.
Oh com'era bello sorridere.
"Sì. È con i genitori di Allie. Festeggiano tutti insieme. Ti saluta."
"E insomma le hai detto che abbiamo sverginato il tuo vecchio lettino di quando eri piccola?" Gli diedi un pugno su un fianco.
"Ai! Cristo che dolore."
"Oddio. Scusa amore, scusa, scusa, me n'ero dimenticata!"
Scoppiò a ridere.
"Perché ridi?"
Lui alzò il lenzuolo, facendomi notare che il fianco colpito da me, era quello sano.
Mi aveva preso in giro.
"Ma brutto stronzo!" Gli saltai addosso. "Quella botta in testa t'ha fatto rintriciullire peggio di prima."
"No no, è la tua presenza che mi rende tale."
"Vaffanculo."
Mi strappò un bacio, poi scesi dal letto perché la pentola della pasta stava fischiando, segno che l'acqua bolliva.
Canticchiando una canzone stupida sentita in tv, lo lasciai solo a parlare con Tom -di nuovo-. Peggio di due fidanzati.
"Oh shake it up, shake it up the happiness."
Mescolai il sugo con un cucchiaio di legno, assaggiai.
A Rob però forse piaceva più saporito di sale.
"Rob?" Andai nella mia ex camera, solo vestita con quella camicia ridicola, ed un cucchiaio pieno di salsa fra le mani. "Dimmi se va bene o"
"Ciao Kristen!" Quella era la voce di Claire. Sua madre.
E quello era Richard. Nello schermo del pc.
Rob era in videochiamata con i suoi.
E mi avevano appena vista nuda, in pratica.
Occristo.
Divenni della tonalità più scura di rosso.
"Buon Natale" La mia sembrava più una domanda.
Rob se la stava ridendo.
Lo odiavo.
"Buon Natale anche a te, cara." Richard faceva a gara con me per il rossore.
"Dimmi Robert," Cominciò sua madre, sorridendo, "dobbiamo aspettarci l'arrivo di un altro Pattinson entro nove mesi?"
"Mamma!" Rob.
"Claire!" Io.
"Preferirei un maschietto. Tenete presente il mio nome, eh."
"Papà!" Sempre Rob.
"Richard!" Sempre io.
"Cosa abbiamo detto mai?"
"Sì, vabbè. Mamma, ci sentiamo domani quando parto. Auguri. Ciao. Addio. Buon Natale." E chiuse il portatile.
Ci guardammo per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere.
Felici.
Sereni.
Senza paura.
La paura ti uccide. La paura ti frena.
La paura non va via, la paura si combatte.
Io avrei sempre avuto paura che lei potesse tornare, che lui potesse andare via.
Ma la paura, se decidi di viverla, allora puoi sconfiggerla.
Me n'ero andata da casa nostra con una foto in tasca; ero stata abbastanza forte da lasciarlo. Per ogni schifosissima ora della mia vita, in quei due anni, non avevo fatto altro che riguardare quella foto. Era con me, sempre.
Una volta Allie per sbaglio l'aveva lavata; messa in lavatrice.
Fu il giorno in cui decisi di partire. Di ritornare a Los Angeles.
Troppo debole da avere bisogno di Robert.
E l'avevo rivisto. Ci eravamo insultati.
Mi aveva fatto capire di odiarmi. Era un fantasma. Come me.
E quando quella sera venne a casa mia, probabilmente, c'era venuto con lo scopo di dirmi "Vaffanculo, ti odio. Va' via dalla mia vita."
Ed invece riuscimmo solo a dirci "Vaffanculo, ti amo. Facciamo l'amore."
Io e lui eravamo così.
Eppure... La paura. Ci tenevo troppo per non lasciarlo andare.
Ma Robert e Kristen, mai si lasceranno. Mai smetteranno di amarsi.
Ci avevo messo tempo a capirlo, come se stessi cercando di tirare le tende, un po' alla volta, perché altrimenti si sarebbero spezzate.
Però avevo capito.
Perché la paura è forte, ma noi lo eravamo ancora di più. Mi fidavo di noi.
Di certezze non ne avevo bisogno perché eravamo passati attraverso l'inferno, attraverso i primi amori e le delusioni, attraverso i pericoli, attraverso le fughe, attraverso porte sbattute, attraverso le urla, attraverso le foto modificate, attraverso i ricatti, attraverso le persone pazze, attraverso i silenzi, attraverso la distanza.
Avevamo battuto tutto e tutti pur di stare insieme. Anche noi stessi.

E mentre lo guardavo sorridere, così bello, con gli occhi così vivi, riuscivo solo a pensare che casa mia era lui.

"Rob?"
"Dimmi."
"Non ci siamo fatti nessun regalo." Lui sorrise.
"Il regalo più bello me l'hai già fatto. Hai deciso di tornare a casa e beh, di restarci."
"Perché ti amo." Un sorriso. Ancora.
"È per questo che ti ho aspettato, no?". Un bacio.
"Grazie per averlo fatto."
"E di che. Kris?"
"Sì?"
"Facciamo un figlio?"
Avevo sempre pensato se io io ci ero abituata a quella domanda, e lui ci era abituato alla mia risposta, perché continuava a chiedermelo?
Solo ora capivo.
Aspettava solo il momento.

"Sì."

Questo momento.
 
 
 
 

 


EH BEH. Se siete arrivate fin qui vive, vi meritate un applauso di quelli spropositati. A parte gli scherzi, io non so davvero bene cosa dire.
Questo è l'ultimo capitolo per Rose qui e lei ci teneva a dire che scrivere di questi due stronzi-barboni è tanto bello quanto doloroso. Soprattutto in questi momenti. Ma aggiunge anche che li aspetterà per sempre. Ringrazia tutte voi che avete letto -c'avete avuto un coraggio- e si scusa con voi e soprattutto con Bear per la malsana idea avuta su di lui. Sì, il lutto è colpa sua. Io ho solo trascritto u.u
Oh e testuale Rose : "Io shippo Tom e Allie, and I don't regret nothing".

Sì, beh. Tom & Allie. I miei Tallie. Li amo, anche io ma... sono una Sturridger, convinta. E nessuno, NESSUNO, mi farà cambiare idea.
Tralasciando questo piccolo particolare... Ragazze mie, io vi adoro. Adoro anche tutte le minacce lasciate su twitter con gli indiretti, adoro ognuna di voi. Anche se non vi conosco. E adoro il nostro lavoro. Non sarà stato un capolavoro epico ma... credo sia venuto fuori bene. Per me l'ultimo capitolo sarà il prossimo, l'epilogo e lì... Lì credo alla parole 'fine' piangerò davvero.  Per adesso godetevi 'Questo momento'. Fangirlate, urlate, insultate, fate quello che volete insomma. Ci risentiamo presto, I promise.

With love.
Helen & Rose.


P.S. It's an IRIE thing. I mean...

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Capitolo 6
*** In case you just want to come home ***


Epilogo

A due barboni, forse troppo coglioni per amarsi alla follia ma impossibilitati dal non farlo.
E a Rosa, piccolo grande fiore guerriero in un mondo di spine. Ti voglio bene.








Epilogo
In case you just want to come home







- Ho appena passato la notte migliore della mia vita -
- O.O Ti rendi conto che sono nella stanza accanto a fare la colazione e mi scrivi su whatsapp? -
-Beh, tu mi stai rispondendo.-
-Fammi cucinare.-
-Uh, non solo la notte migliore della mia vita ma anche il Natale migliore della mia vita-
-...Il sesso migliore della mia vita-
-Non lo dici solo perchè non scopavi da due anni, vero? ;)-
-Pattinson, non montarti troppo la testa con questa storia -.- -
-Il sesso migliore, eh?-
-Decisamente-
-Molla la colazione. Sai che la mia erezione mattutina può essere anche migliore di quella notturna? ;)-
-...'Fanculo i pancakes. Arrivo. Ho già tolto gli slip-




"Oddio Kristen, che bello rivederti a casa nostra!"
"Ciao, Claire. Mi siete mancati anche voi"
"Mamma. Smettila di soffocarla."
"Oh, sta zitto. La sto solo abbracciando. Vuoi un caffè o una tisana, cara?"
"Sono a Londra, preferirei un tè"
"Arriva subito. Che bello riavervi insieme!"
"Sono geloso."
"Rob?"
"Oh adesso son tornato a non contare di nuovo un cazzo. Ci stai te. Kristen di qua, Kristen di là."
"Come ai vecchi tempi"
"Già"
"Ammettilo che la cosa ti piace"
"Mi piace più del lecito"


"Oh Signore benedetto!"
"Ciao, Tom"
"I Robsten insieme. Il mondo ha ripreso a girare!"
"Tom. Smettila."
"Zitto, Pattinson. E dammi questo scricciolo per qualche minuto. Devo stringerla di brutto"
"Aw. Mi sei mancato davvero"
"Visto? Io non conto più niente"
"Sei ubriaco?"
"No"
"Drogato?"
"No?"
"Hai scopato con qualcuna che non sia lei?"
"Spero di no..."
"Ovvio che no!"
"Ok. Allora il mio lavoro è finito. Hai ragione, non conti più un cazzo."
"Ma"
"Vai a vedere mio figlio, sù."
"Kris.."
"Va. Tranquillo, non ti tradirei mai con Tom"
"Vorrei ben dire"

"Cavolo"
"Cazzo, piccola. Puoi dirlo, sai? Cazzo..."
"Cazzo"
"Eh"
"L'hai preso davvero seriamente quel 'Sì', eh?"
"Decisamente."
"Grazie comunque"
"Di cosa?"
"Per tante cose. E perchè mi stai facendo recuperare due anni di arretrati"
"Oh, il piacere è tutto mio"
"...e anche mio. Decisamente"
"Che pervertita."
"Ah, io? Io sarei la pervertita? No dico, hai notato dove siamo?"
"E' la mia stanza e allora?"
"E' la tua stanza, esattamente. E sotto ci sono i tuoi"
"Abbiamo fatto piano. Più o meno. E poi non è mica la prima volta che lo facciamo qui"
"Eravamo dei ragazzini, una volta. Dai"
"Beh, vorrà dire che dobbiamo comprare casa"
"Qui?"
"Dove vuoi tu. Scegli un posto e ci andiamo a stare"
"... Mi piacerebbe avere una casa a Nothing Hill"
"Perfetto. Domani iniziamo a cercarla"
"Ti amo"
"Oh, no. Sono io ad amare te"

"Mi dispiace che tu l'abbia messa in vendita. E' bella."
"Tu sei bella. E questa è solo una casa. In cui ho passato solo brutti momenti, quindi..."
"Ok. Capito"
"E poi casa nuova è più bella. Dovrebbero finire i lavori entro qualche mese e poi possiamo definitivamente andarci a stare"
"Vivere a Londra. Wow"
"Non ti mancherà Los Angeles?"
"Ci son già stata lontana per tanto tempo. E... No, credo di no. E poi ho te. E amo Londra"
"Mh. Qui ci resta sempre la casetta a Malibu"
"Vacanze sotto il sole della California, babe"
"Non chiedo di meglio"

"Amore, dove sono i miei occhiali da sole?"
"Quali?"
"I Ray-ban. Oh, non fare la finta tonta. Li hai usati tu, ieri"
"Giuro che non so dove si trovano"
"Ho l'aereo tra due ore, Stewart. Caccia fuori questi occhiali"
"... Non andare"
"Amore.."
"Ti ho ritrovato solo un mese fa e tu ora vai in Marocco!"
"Ho firmato questo contratto prima che tu tornassi. Io.."
"Ok. Lo so. E' il tuo lavoro."
"Il nostro lavoro. Anche tu hai accettato un sacco di film per i prossimi mesi"
"Non in Marocco"
"Senti, se hai intenzione di rinfacciarmelo per tutto il tempo, rinuncio e me ne prendo le responsabilità"
"Sta zitto. Non te lo chiederei mai"
"Ecco perchè ti amo"
"Mh. Gli occhiali. Secondo cassetto del comò."
"Grazie"
"Sì, ma IRIE resta qui."

-Ho chiamato a Londra. Stanno rifacendo i bagni. Sei convinto della scelta delle mattonelle, vero?-
-Verdi. Belle. Come i tuoi occhi. Convintissimo :) -
-Hai paragonato i miei occhi alle mattonelle del bagno -.-  -
- Un bagno nuovo, però. Della nostra nuova casa -
- Sta zitto -
- Sei uscita con Alicia due giorni fa-
- Che fai mi cerchi su google, ora? -
- Sta zitta tu. Piuttosto, Stewart, quelle tette? -
- O.O Cosa? -
-Hai le tette grosse. Devi dirmi qualcosa?-
- Non sono grassa! -
- Incinta? *__* -
- .... -
- Kristen -
-Cosa?-
- Sei incinta?-
- Devo andare. Ci sentiamo dopo -
- STEWART! -
- Oh, non urlare per sms! E comunque, non ti direi niente per telefono -
- E se ti ricattassi? Col sesso. Funzionerebbe anche per questo o ci rinuncio a priori? -
-Io? Col sesso? Ma va va -
- Sesso. Quella cosa che non facciamo da 20 giorni. 20 lunghissimi ed estenuanti giorni T_T -
- Va bè. Sì. Ciao, Rob -

-Oh, Rob, sai chi è incinta?-
-Tu?-
-Falla finita-
-Era per dire. Chi è la fortunata?-
-Christina!-
-Ma va? Cazzo faccio pena. Io non ho ancora fatto centro-
-Beh..-
-Beh?-
-Beh.-
-Sei diventata una pecora? Kristen. Ti odio. Beh?-
-Mi hai dato della pecora? Però l'ultima volta mica ti è dispiaciuta la pecora. Eh-
-Battute squallide mode on? La cosa non ti si addice, sappilo-
-Ammazzati-
- Dopo di te. Con tanto amore-
-Dopo di me? Col cazzo. Altro che amore-
-Con quale cazzo? Se è il mio ok, altrimenti...-
-Quello finto di Alicia. Ciao. Addio-
-Ti mollo. Anni di amore, sofferenze e sesso spettacolare finiti in frantumi su whatsapp. Sappilo-
-Rob?-
-Cosa?-
-Mi manchi-
-Anche tu. Non uscire con lei...-
-Con chi dovrei uscire? Sola? I paps mi odiano, nonostante tutto. Quasi mi facevano cadere-
-Sanno della casa, eh?-
-Sanno tutto. Però non sanno la cosa più importante-
-Che mi ami follemente come il primo giorno? Tranquilla, quello lo sanno tutti -
-... che forse hai fatto centro mica lo sanno-
-... se nessuno me lo dice non lo so nemmeno io-
-Magari quando torni a casa-
- Devo davvero aspettare? Credo sia fuori discussione-
-... allora torna prima-
-Spacco la faccia a J.Franco e torno-
-Bravo. Fai il Rambo della situazione e poi torna da me. Presto. Perchè mi sono dovuta innamorare di te? Sei sempre impegnato-
-Disse la ragazza, forse gravida, che girerà tre film in due mesi-
-...-
-Non devo pensarci adesso, vero? Altrimenti do di matto-


-Anche stamattina mi son svegliata senza di te. Stronzo-
-Io no. C'era una bella bionda vicino a me-
-Dimmi almeno che è la Kidman-
-Nono, troppo vecchiotta. Mi piacciono giovani-
- Oh, guarda un po' a me piacciono over-
-Devo chiamare Dylan o Camille?-
- Facciamo che chiamo tua madre e ti uccide lei o ti basto io?-
-Mi manchi anche tu-
-Oh tu a me per niente. Sai la pacchia di notte in un letto così grande solo per me-
-Big Rob non ti manca? Sento odore di bugia persino da qui-
-Big Rob ha fatto fin troppo negli ultimi periodi. Bastano e avanzano le mie nuove tette grosse a tenermi compagnia-
-Tette grosse. Dio... Vieni qui!-
-No, non ci vengo lì. Non me le faccio tutte quelle ore di aereo-
-Neanche per me? Per le mie coccole?-
-Ne avrei bisogno. Davvero. Così tanto-
-Piccola? Ti amo-
-Mh. Lo spero bene. Serve proprio che tu mi ami per il resto della tua vita ormai-
-Non chiedo di meglio :* Aspe, ma perchè?-
-Non potresti amarmi per il resto della tua vita senza fare domande fino al tuo ritorno?
-... no?-
- Sei un bambino. Ecco cosa sei. Io ce l'ho già un bambino: te-
- Non sono un bambino! Nostro figlio lo è -
- 'nostro figlio'. Suona bene, vero?-
-Fottutamente perfetto-
-La cosa migliore del mondo forse-
-E' nostra. Ovvio. E comunque l'ho capito. Voglio solo sentirtelo dire da vicino-
-E io voglio solo baciarti come se non ci fosse un domani, dopo avertelo detto-
- Non vedo l'ora di sentirlo allora-

-Domani torni. Domani torni. Domani torni-
-Domani torno. Domani torno-
-Posso fangirlare per questo?-
-Anche se non so cosa significa ma comunque puoi-
- Pattinson -.- Come fai a non sapere cosa significa? Sei in dietro, tesoro mio-
-Mica posso stare avanti ;)-
- Idiota -.- -
-Oh quanto amore *_* -
-Porterò qualcuno dentro per 9 mesi e lo espellerò da un buchino minuscolo. Questo per colpa tua. Ti basta come atto d'amore?-
-Cazzo se mi basta!-
-Ecco bravo.-
-ODDIO DOMANI TORNO!-
-DOMANI TORNI-

"Amore"
"Oddio sei qui"
"Sono qui"
"Ti  prego metti la tua mano sull mia pancia o rischio di impazzire"
"Dillo"
"Ti amo"
"Ti prego. Dillo. Ti prego"
"...Auguri, papà"
"No, dai. Dillo davvero. Dillo bene."
"Aspetto un bambino, siamo incinti, la pagnotta è nel forno, saremo genitori, sarai il papà più figo del mondo.. Cosa vuoi che ti dica?"
"Ti amo"
"Fa l'amore con me"

"No, quindi mi stai dicendo che praticamente ero l'unico a non saperlo"
"Amore..Dai"
"Ma quale 'dai'. Oh, ma per favore"
"E poi lo sapevi, lo avevi capito."
"E che c'entra?"
"Sai, non ho fatto toccare la pancia a nessuno. Volevo che fosse una tua esclusiva"
"Davvero?"
"Assolutamente, sì"
"Oh, piccolino, quanto amo la tua mamma? Mh? Quanto?"
"Adesso mi rincoglionisce pure il fidanzato"

"Vomitooo"
"Non sulla mia macchina, Stewart. Non sulla mia macchina."
"Accosta!"
"Non posso qui."
"Allora mi dispiace per la tua mac-"
"..Oddio... Kris... Cazzo."

"Ti rendi conto che sei incinta, vero?"
"Hai detto bene. Incinta. Non malata. Quindi posso lavorare"
"Si vedrà la pancia"
"Sono al terzo mese. Non si vede niente. Rob, non mi stressare!"
"Sei tu che stressi me. E mio figlio"
"Tuo figlio? Lo hai fatto da solo?"
"Io.."
"Oh, già che ci sei partoriscilo tu. Fottiti"
"Kristen"
"Ho detto fottiti. Vado a lavoro"

"Benvenuta a casa!"
"Oddio è bellissima"
"E non hai ancora visto l'interno.."
"Hai messo le nostre foto dappertutto, vero?"
"Certo. E c'è anche una sorpresa in camera nostra!"

"Amo Londra"
"Solo perchè riusciamo a fare sesso con il camino acceso ad Aprile?"
"Ammetterai che questo è un punto a favore."
"Lo è"
"E poi non riesco a farlo in camera nostra. Quella foto è gigantesca!"
"Ma siamo noi. Qual è il problema?"
"Appunto. Siamo noi. Avevo 18 anni, i capelli sparati in aria e tu mi reggevi per il culo"
"Il photoshoot migliore di sempre"
"Solo perchè mi toccavi il culo e nessuno poteva dirti niente"
"Eravamo fighi. E la scimmia aveva le corna"
"Robert. Dai."
"Che c'è? E' vero. Amore di papà, se penso che se io non avessi visto la mamma in quel film a quest'ora tu saresti figlio di una scimmia, probabilmente"
"Oddio io e Mike genitori. No grazie"
"Oh, non dirlo nemmeno!"


"Dottoressa, qui non se ne può più. Fanno le scommesse!"
"Chi scommette, scusa?"
"Ragazzi mi dispiace ma non vuole proprio girarsi. Forse vuole farvi una sorpresa"
"Su mtv. Hanno messo un sondaggio"
"Oh ma stanno scommettendo sul sesso di mio figlio in mondovisione??"
"Qui abbiamo finito, Kristen. Il prossimo mese sarà l'ultima e poi si nasce"
"Oh ma io chiamo Josh!"
"Grazie Dottoressa. E' meglio che la porti a casa prima che mandi giù l'intera clinica"



"Mh... A me piace Alison"
"Alison? Come la pazza col cappuccio rosso? No grazie"
"Melany?"
"Oh, che schifo."
"Se fosse un maschietto..."
"Daniel"
"Daniel?"
"Daniel Thomas Pattinson e non si discute"
"Mi inchino a voi, vostro onore. Non discuto"
"Ecco bravo. Vammi a comprare del gelato"

"Ma l'ho comprato ieri. Vaniglia"
"Scusa ,ma per chi mi hai preso? Ti sembro la fidanzata di Christian Grey?"
"No. Di Pattinson. Meglio, no?"
"Variegato al cioccolato. Zitto e vai"

"Oddio sta succedendo davvero"
"Credo... credo... Chiamo Tom"
"Cosa?"
"Chiamo... Non devo chiamarlo?"
"Pattinson, sta per nascere tuo figlio e tu chiami Tom?"
"Ok non lo chiamo"

"Tom. Urla da quattro ore"
"E io cosa dovrei farti per telefono?"
"Tranquillizzami. Son scappato dalla sua stanza. Capisci?"
"Sei un coglione del cazzo. Vai in quella fottuta stanza e goditi questi momenti, Pattinson"


"Ok, Kristen, ci siamo. Quando arriva la prossima tu spingi con tutta la tua forza"
"Quella che mi è rimasta. Rob?"
"Piccola? Sono qui..."
"Dammi... Dam- AHAAAAAAAAAAA"
"Brava, Kristen. Coraggio.."
"Oddio oddio oddio.. Non ce la faccio. Datemi un cesario, un antidolorifico. Qualunque cosa.."
"Non possiamo. Lo sai. Dai che sta arrivando l'altra..."
"Che siamo contenti"
"Amore"
"Zitto. Sta zitto. Maledetta a me e a quando ti ho detto quel sì. ODDIOMIO SANTISSIMO"
"Sei brava, amore, sei brava"
"Baciami la fronte. Per favore, Rob, baciami la fronte"
"Shsss. Non piangere. Certo che ti bacio la fronte"
"Avanti che alla prossima potrò ufficialmente proclamarvi genitori"
"Ti amo"
"In questo momento io no. Ma non muoverti dalla mia front-EEEEEEE"
"Ci siamo, ci siamo.Ohooo... Finalmente questo cucciolo ha visto la luce. Congratulazioni, ragazzi."



3 anni dopo. POV Rob

"
Papà"
"No"
"Ti prego"
"Ho detto no"
"Peffavoreeee" Quanto può essere irritante la voce dei bambini di tre anni, alle 5:30 di mattina? Io lo so. Tanto. Sento un movimento sul piumone su di me. Un peso leggero che schiaccia sulle mia gambe e inizia l'arrampicata fino ad arrivare ad un centimetro dal mio viso. Serro gli occhi con forza.
'Avanti, Rob, torna a dormire.'
"
Papi"
'Lui non ha davvero bisogno di te'
"Uff"
'Torna a dormire'
"
Eddaiiiii"
"O Daniel, perchè non rompi un po' a mamma anzichè rompere a me?"
"Perchè lei domme!" apro gli occhi cercando di fare il mio sguardo migliore di disappunto ma lo spettacolo che mi ritrovo davanti è il più bello del mondo. Quello che osservo ogni mattina da più di tre anni.
Il mio meraviglioso bambino in pigiama con i suoi occhioni azzurri fissi a scrutarmi.

"Dormivo anche io, sai" mi giro facendolo sistemare meglio sulla mia pancia "e vorrei continuare a dormire, posso?"
"Pecchè?"
"Perchè ho sonno?"
"E pecchè?"
"Perchè stanotte non ho molto dormito"
"E pecchè, papà?" Perchè io e tua madre non facevamo sesso da tre giorni e il suplizio era durato fin troppo.
"Perchè? Eh. Perchè, Daniel.. Perchè... Perchè non vai giù e guardi i cartoni?"
"Ma io voglio sapeeereee" salta sulla mia pancia come fosse un tappeto elastico. Dio, che male.
Questa piccola pulce, tanto uguale a me quanto irritante, riempie i nostri giorni da parecchio tempo ormai. Il nostro tesoro più grande, l'amore incondizionato fatto persona, il sole delle nostre vita. Lui è il nostro tutto. La nostra famiglia era tutto. Noi eravamo il tutto.
Ancoro le mie mani sui suoi piccoli fianchi cercando di bloccarlo e lo faccio ricadere sul petto, rubandogli una risata.
"Eddaiii liberamiii"
"Shss." poggio un dito sulle mie labbra a mò di silenzio e sussurro "L'hai detto pure tu. La mamma dorme"
Sposta i suoi occhioni sulla schiena di Kristen e rimane a scrutarla per un po'. Come se la stesse studiando, piega la testa di lato spostando la sua vista su ogni dettaglio del modo di dormire della sua mamma. Poi prende il mio viso e lo strizza tra le sue piccole manine.
"Pecchè domme sempre così?" alzo un sopracciglio divertito notando la sua posizione. Pancia in giù, capelli che le coprono il viso e aggrappata come un koala al cuscino.
"Nun lu su." ancora con le guance strizzare dalle sue mani, Daniel si avvicina al mio viso per lasciarmi un bacino al centro tra le mie sopracciglia. Sorrido, contento che anche per stamattina ho ricevuto il vero buongiorno di mio figlio.
"Tesoro, torna a dormire. E' prestissimo." fa segno di no con la testa. "Vuoi dormire qui con noi?" mi scruta profondamente. Probabilmente l'offerta deve essere parecchio allettante se ci sta pensando così tanto. Chiude gli occhioni per poi riaprirli di botto e fare ancora segno di no.
"Ok. Che vuoi fare allora?"
"Oggi prendiamo la bacca, papà?" 5.30 del mattino e qui davvero si pretende di fare conversazione con un bambino di tre anni? Anche no.
"Sì, Dan. Prendiamo la barca. Dormi ora"
"No." alzo gli occhi al cielo mentre sento Kristen muoversi lievemente accanto a me.
"..e, e vengono i nonni?"
"Sì. "  prendo la piccola peste  di peso adagiandola accanto a me, sperando che a contatto con il cuscino avrebbe ceduto. Chiudo gli occhi stringendolo a me e beandomi del suo profumo. Quanto lo ama.
Conto mentalmente dieci secondi. Silenzio. Forse sta davvero cedendo. Sorrido, soddisfatto di me stesso e contento di avere ancora due ore piene di sonno davanti a me.
Poi mi alzerò  prima di Kristen e sistemerò le ultime cose prima di partire. Sì.

"Anche nonna Jules?"
"Daniel!"
"Sh. Domme lei, papà" ah, pure? "Ma... pecchè tu poi dommi in un'altra casa?"
"Eh?"
"L'ha detto nonna. Pecchè... aspe, ha detto lei che porta... fortuna o sfortuna. No mi ricoddo" non ho tempo di rispondere che qualcuno si gira di botto nel letto puntandomi un dito contro.
"Tua madre può scordarselo" ecco. Appunto.
 E' bella. I capelli arruffati, gli occhi semi chiusi, l'aria di una incazzata e la voce eccitantemente roca. E' dannatamente bella. Ed è mia.
"L'ha detto nonna Jules" sussurra il piccolo con la testa sul mio petto. Oh. L'ha detto nonna Jules.
"Ah."
"Già, ah. Direi quindi che tua madre può anche scordarselo" le rivolgo il mio miglior sguardo di finto disappunto.
Sbuffa, tremendamente tenera, quando con una mano tra i capelli getta la testa pesantemente sul cuscino. Ridacchio. Felice. Forse più di quanto lo ero stato in questi anni.
Nella mia vita sono stati davvero tanti i momenti in cui ho detto 'non potrò mai essere più felice di così'. Perchè? Semplicemente perchè ogni momento successivo finiva per rendermi ancora più felice.
Ed ognuno di questi istanti prevedeva lei. L'essenza del mio essere. L'unica ragione della mia esistenza.
Era lei, la prima volta che l'ho vista. Era lei al nostro primo bacio. Era lei la nostra prima volta. Era lei quando mi scelse. Quando mi disse ti amo come se fosse la confessione più preziosa del mondo intero e lo era. Era quando siamo andati a vivere insieme. Era lei, orgogliosa, ad ogni mio nuovo film. Era lei quando è tornata e quando l'ho odiata. Era lei quando le sue labbra si erano riappropriate delle mie, dopo anni. Era lei quando aprii gli occhi in quel dannato ospedale. Era lei quando ci ritrovammo per sempre e quando mi disse sì. Quella sillaba che ci portò Daniel. Era lei. E' lei. E lo sarà per sempre.
Protagonista assoluta della mia vita.
"Mamma"
"Mh?"
"Ho fame" seriamente, come diavolo fa ad essere così pimpante all'alba?
"Se invece vieni qua, ti stringi alla tua mamma che è ancora tanto stanca e dormiamo?"
"Amore, c'ho già provato. Non attacca"
"Ma io non mi chiamo mica Robert Pattinson e non sono mica il papà" sbruffona.  "Dai, Dan. Vieni qui"
Di tutta risposta il mio piccolo si stringe ancora di più a me facendo segno di no con la testa e marcando il concetto "Ho fame". Semplice. Lineare. Ed irrimediabilmente irrimovibile.
"Visto? Stewart, non sei poi così convincente come credi" è terribilmente sexy chiamarla per il cognome ma lo è ancora di più quando lei fa lo stesso.
 Per di più in un sussurro accompagnato da una lieve carezza del suo naso su tutto il profilo della mia mascella. Oddio, questa carezza non ha proprio niente di casto.
"Pattinson, a dire il vero stanotte mi sembravi molto convinto di me, sai?" un bacio, all'angolo della mia bocca. Umido, eccitante. Nel suo pieno stile.
"Mh. Ho tuo figlio sopra di me. Smettila"
"E dov'è tutto il tuo autocontrollo?" un sussurro. Un altro bacio, sul collo.
"...E', è andato a farsi fottere quando t'ho conosciuta" un altro po' e potrei iniziare a gemere "Quello che stai facendo...è..." la sua lingua dietro il mio orecchio. Non può. Proprio no. "è perverso. Ho... Dan.."
"Papà" appunto.
"Daniel, amore di mamma, vai giu? Guarda i cartoni e io tra poco ti raggiungo e ti preparo il latte"  respiro profondamente non appena mio figlio si sposta avvinghiando le sue mani sul viso della madre.
"Tu fai presto, vero?" Kristen fa segno di sì con la testa. Così come ha fatto poco prima con me, posa un bacino tra le sopracciglia e poi, gattonando sulla mia pancia -conficcando le sue ginocchia sulla mia pancia, per l'esattezza- sguscia fuori dal letto e con i suoi piedini corre via.
"Ma secondo te perchè ci bacia sempre lì ogni mattina"
"Fissazioni da mini-Pattinson"
Con un solo gesto me la ritrovo a cavalcioni su di me. La sua fronte accozzata alla mia. I nostri respiri non più separati. Come può farmi questo effetto dopo tutti questi anni?
"Ti amo"
"Ti voglio" rido arpionando i suoi glutei.
"Davvero stanotte non ti è bastato?"
"Due volte a letto e una in doccia. Fammici pensare. No."
"Dio, perdonami perchè sto per sposare una ninfomane" le sue labbra in un attimo sulle mie. Nessun freno, nessun timore. Solo lussuria e tanta tanta lingua.
"Non, non possiamo" bacio "non posso" altro bacio "Dan.. No, Kristen"
"Mi stai davvero rifiutando?" si ferma fissando il suo verde nei miei occhi con un sopracciglio alzato in segno di disappunto.
"No?" sorriso impertinente e via di nuovo all'attaco. Cazzo, se la voglio. L'avrei sempre voluta. Ancora e ancora e ancora. Ma...
 "K... amore, a che ora abbiamo il traghetto?"
"... alle 8" porta le mani ai bordi della sua maglia e fa per togliersela.
"Ok. No. Ferma"
"Rob"
"Sh"
"Ma"
"Ho detto stop"
"Che palle sei?" eh. C'ha anche ragione. Ma mi rifiuto. Al pensiero di farlo con nostro figlio sveglio a pochi metri di distanza... No.
Sbuffa. Come una bambina a cui è stato appena negato il giocattolo più bello. Beh, effettivamente.
La stringo a me con un braccio, cercando di non ridere per il broncio che ha appena messo sù. Terribilmente buffa e dolce. Terribilmente Kristen.
"Kristen, non fraintendermi, io ti desidero" a quelle parole si gira a bocca aperta.
"Oh, fantastico. Feeling like Bella Swan" le schiocco un bacio sulla guancia cercando di non ridere.
"Ehi Bella Swan, torna in te. Tuo figlio sta sotto. Sveglio. Credi davvero sia il caso?"
"Io credo solo che quelle di stanotte non possono essere state davvero le nostre ultime volte da non sposati. E' assurdo"  
Oh, lei è assurda. Per come la vedo io, fare l'amore con mia moglie -a tutti gli effetti- sarà  la cosa migliore del mondo. Altro che ultima volta da non sposati.
"Se vuoi ti prometto che prima di domattina troveremo un posto per una sveltina"
"Davvero?" i suoi occhi accesi, pieni di speranza. L'ho già detto che sembrava una bambina?
"Se ci tieni così tanto..."
"Grazie" un piccolo bacio a stampo e un sorriso stupido stampato in faccia. Ecco. Ci voleva così poco.
Allunga il braccio sul comodino per prendere un elastico per i capelli. Li raccoglie alti, mi regala un altro sorriso e fa per alzarsi.
"Aspetta. Vieni qui" la blocco per i fianchi per farla ricadere su di me. "Guardami negli occhi"
Verde. Era il mio colore preferito da ormai tanto tempo. "Vuoi...ecco, si. Beh..."
"Rob. Cosa?"
"Devo farti gli auguri?" lo avevo detto velocemente. Quasi vergognandomene.
"Tu vuoi che io li faccia a te?"
"Beh, no"
"Beh, nemmeno io. Non abbiamo mai festeggiato S. Valentino. Ci sposiamo addirittura il giorno dopo della festa degli innamorati. Scusa ma niente auguri."
"D'accordo. Non credi che stiamo sfidando la sorte?"
Forse -e dico forse- sposarsi il giorno della festa dei single è un po' un affronto, no?
"Io credo solo che ti stai cagando in mano"
"Oh sta zitta!" le scaglio un cuscino addosso nello stesso momento in cui scappa via.
 Sorrido, consapevole che l'ansia sta iniziando ad attanagliarmi con qualche ora d' anticipo.


Riuscire a contenere la 'furia Daniel' durante il breve viaggio sul traghetto si è rivelata un'impresa piuttosto ardua. Ha la capacità di sfuggire alle braccia di ben sei persone mentre corre da un punto all'altro del pontile. Soltanto dopo averci visto arresi e sfiniti sui sedili del traghetto si era deciso a venire davanti me e sua madre con il fiatone. Uno sguardo pentito, un sorriso e ciao ciao voglia di rimproverarlo.
Devo ammetterlo, non sono in grado di fare il muso duro. Non so farlo a quei due occhi verdi che mi hanno totalmente soggiogato anni prima, figurarsi se posso anche solo credere di riuscirci con quegli occhi azzurri, tanto simili ai miei, del mio bambino.
E' così che funziona nella nostra famiglia: io reggo un minuto, Kristen fa la dura. E giuro, ci crede davvero in ogni singolo rimprovero. Crede nelle sue capacità di farlo ubbidire e fargli capire dove sbaglia.
Lei ci crede, certo. Quando però Daniel inizia a guardarla fissa negli occhi, senza nemmeno sbattere le palpebre, lei prende un respiro profondo cercando di non far cadere la sua maschera severa.
Fissa per un attimo il mio sguardo per poi tornare su quello di nostro figlio. Silenzio. Poi sbotta sotto voce 'Voi e i vostri dannati occhi'. Gira i tacchi e scrolla via la rabbia a tempo zero.
Sì, quella piccola pesta può tranquillamente rivoltarci come calzini. E cosa ancora più grave? Non riusciamo ad impedirglielo.

Quando arriviamo sull'isola mi sento come trasportato indietro nel tempo. Alla prima volta in cui vi sono stato insieme a Kristen. Il nostro primo capodanno insieme. Sembra ieri ma non lo è.
Decisamente no. Decisamente siamo adulti, adesso. Decisamente abbiamo fatto un bel po' di casini. Decisamente abbiamo corso ai ripari.
E probabilmente fare un bambino è stata davvero una banedizione per rinsaldare in maniera totale il nostro rapporto.
Certo, quando avevo chiesto a Kristen di fare un figlio e lei mi aveva risposto con un semplice 'Si' -finalmente-, non mi aspettavo di fare centro quasi al primo colpo. E invece è successo.
Abbiamo davvero creato la cosa più bella del mondo.

"Rob, quando pensi di tornare tra noi con la testa e dare una mano con i bagagli?" gracchia mia madre alle mie spalle.
"Scusa. Stavo solo..."
"Claire, lascialo perdere. Sta così da quando ci siamo svegliati" mi passa accanto Kristen con Daniel in braccio ormai addormentato.
"Però se almeno ti dai una svegliata e porti dentro casa qualcosa non sarebbe un reato, sai?"
"Facciamo le spiritose?" prendo un borsone e quando la raggiungo a passi veloci, le mollo una pacca sul sedere.
Blocca i suoi piedi a terra, ormai davanti l'entrata di casa e mi rivolge un sorriso alquanto divertito.
"Smettila"
"Di toccare una mia proprietà? Non credo succederà mai, moglie" mi abbasso alla sua altezza e, ghermendole con la mano libera il mento tra pollice e indice, mi riapproprio di una cosa per la quale sarei potuto morire e risorgere ogni giorno: le sue labbra.
Tanto dolce, tanto lento... tanto amore. Petali che si sfiorano, esattamente come la prima volta.
"Non sono ancora tua moglie" mormora. Ancora, le sue labbra sulle mie.
Quelle cinque parole, soffiate appena, provocano uno sfioramento che non fa altro che ricordarmi di dover trovare un attimo di pace solo per noi, prima di domani.
Respira, Rob. Molto profondamente.
"Tu sei mia moglie dalla prima volta che ti ho vista"
"Da quando mi hai trovata sul letto di Catherine?" ridacchia.
"No. Da quando cantavi con una chitarra in mano dentro la tv di Tom".
Sposto le mie labbra sulla sua fronte. Adoro lambirgliela. Forse è proprio questo il gesto, il bacio simbolo del mio amore spropositato.
Un sentimento così grande in un gesto così tenero. E lei lo adora.

"Chi mi ha nominato? Oh, per favore. Smettetela di essere così sdolcinati già da ora!"
"Ciao, Tom. Zitto, Tom. Va via, Tom"
"Quanto amore per il tuo testimone di nozze"
"Porto Daniel a riposare nella sua stanza" ridacchiò, il mio amore.
Annuisco, quasi incantato, mentre la vedo allontanarsi sulle scale. E' bella. Sono belli. Mollerei tutto per seguirla e farla mia. Adesso. E lo farei davvero se non ci fosse quel coglione del mio migliore amico accanto a me in questo preciso istante.
"Dove hai mollato il resto della tua ciurma? Mi mancano."
"Uhm. Anche Sienna?"
"No. Lei un po' meno dei cuccioli" preciso, scherzando di rimando. Non vedo quelle due pulci da troppi giorni. Marlowe ormai è proprio una signorinella. Un vagone di dolcezza e e scaltrezza  concentrato in sette anni di pura gioia. Vederla crescere è la soddisfazione più grande per i suoi genitori. E anche per lo zio Rob e la zia Kris.
Adoro vederle insieme. Kristen ha ripreso i rapporti con lei quasi subito. Far capire a Marlowe chi fosse, dopo quei due anni di assenza, non è stato facile. Le avevo sempre parlato di lei. Di quanto le avesse voluto bene dal primo giorno in cui l'aveva vista. Ma la zia Kris restava sempre un'entità astratta fin quando era tornata ad essere il centro della mia esistenza.
Adesso sono inseparabili. Passano insieme ogni momento che hanno a disposizione e so che la vicinanza a Kristen sta sviluppando in Marlowe un processo tanto complesso quanto magnifico: la stewartizzazione.
Se Sienna è una patita di moda e tutto ciò che concerne quel mondo, Marlowe odia anche solo indossare un abito. Vuole jeans, jeans e ancora jeans. Niente calze o gonne. Niente ballerine o scarpette eleganti. Inizialmente Tom ha attribuito tutto alla predominanza del suo gene: trasandato e amante della comodità. Poi, quando per Natale, ha espressamente preteso un paio di vans e un berretto con 'una frase bella bella' -cito testualmente-, abbiamo iniziato a comprendere come stanno davvero le cose.
Kristen, dal canto suo, si è sentita tremendamente in colpa. Non riesce a concepire che una bambina possa prendere ad esempio qualcuno che non è la sua mamma. Ma io so che dentro di lei, segretamente, riesce a sentirsi anche un briciolo soddisfatta di questo.
Orlando ha quasi quattro anni. Come previsto, la sua iniziale somiglianza col papà non lo ha abbandonato. E più cresce e più è uguale a Tom. Caratterialmente e fisicamente. Adora la musica e alla tenera età di due anni io e Kristen abbiamo pensato bene di regalargli la sua prima chitarra giocattolo.

"Stanno in albergo. Ci siamo soltanto noi ancora"
"I ragazzi?"
"Li ho sentiti. Visto che la cerimonia sarà nel pomeriggio e che tu rinunci al tuo addio a celibato, pensano di arrivare direttamente domani mattina" annuisco distrattamente mentre porto dentro un'altra valigia. Ma quanta roba ci siam portati dietro?
"Senti Rob"
"Cosa?"
"Sei proprio sicuro di non voler.."
"Sì, Tom"
"Ma è una cosa importante. Voglio dire, anche se non ci sono i ragazzi, possiamo sempre uscire io e te e prenderci una birra oppure"
"Tom. Davvero, no." Il discorso addio al celibato per Pattinson è un qualcosa che ormai affronto quotidianamente da più di due settimane. Ci hanno provato tutti a convincermi a fare anche una semplice rimpatriata in un qualche pub di Londra. Avevano persino chiamato Cj per cercare di farmi combinare qualcosa. Che poi, cosa vuoi che ne importi proprio a lui di una stupida festa con qualche spogliarellista? Ovviamente non avevo ceduto.
"E poi avrò il mio addio a celibato, tranquillo" provo a rassicurarlo sorridendo lievemente.
Apro il frigo e niente birre "Mamma, abbiamo il frigo vuoto" comunico mentre la vedo entrare in cucina.
"Che vuol dire 'avrò il mio addio a celibato'?". Mh, odio quando Tom fa quella faccia.
"Lizzie e Jules stanno andando a prendere qualcosa. Avrai l'addio a celibato, Rob?"
"Oddio, mamma" sbatto l'anta dell'elettrodomestico già esasperato per il suo tono.
"Scusa scusa" alza le mani in segno di resa lasciandoci di nuovo soli. Volgo il mio sguardo al mio migliore amico e cerca di incenerirlo più che posso.
"Cazzo guardi?"
"Tu. Sei un coglione"
"No. Ma certo. Non solo ti organizzi un addio a celibato senza dirmi niente. A me. Il tuo migliore amico. Sono il tuo testimone, cazzo!"
"Non urlare" lo riprendo con tono duro. "E tu non ci puoi venire al mio addio a celibato, comunque"
"Cosa?!" alza ancora di qualche decimo il suo tono allora afferro il suo braccio e cerco di stritolarglielo nella morsa delle mie mani. "Ok ok ok. Parlo piano. Mollami"
"Non devi fiatare. Perchè siamo fin troppi in questa casa e nessuno deve sapere. Nessuno"
"Oddio, Rob. Non dirmi che.. No, non l'hai fatto davvero. Non a Kristen. Non alla vostra famiglia. Non a pochi giorni dal vostro matrimonio. Non puoi averla tradita, non-"
"Ma sei fuori?! Cazzo, Tom. Stasera io e Kristen ci imboscheremo da qualche parte. Qui nessuno vuole che gli sposi passino l'ultima notte nella stessa stanza" termino in tono solenne e severo, facendo un po'
il verso a mia madre e mia suocera.
"Oh". L'espressione di chi stava chiarendo nella sua testa un milione di dubbi. "Scusa se, beh... sai, no..."
"No, Tom. Scusami tu se non ti rendo partecipe delle mie scopate con la mia donna" sapevo essere parecchio tagliente con il mio sarcasmo a volte.
"Ho capito. Hai le palle girate. Me ne vado, mh?"
"Ecco bravo. Sparisci e non farti vedere fino a domani"
Alza la mano a mo di saluto mentre si allontana, dandomi le spalle. Con la sua camminata ciondolante e tipicamente inglese. Tipicamente mia. Fratelli dal sangue diverso.
"Tom" si gira, inclinando la testa. Lo sguardo che mi incita a continuare. Cazzo, gli voglio bene.
"Grazie" e mai come ora sono sincero.
"Per cosa?"
"Niente e tutto"
Scuote la testa, quasi divertito.
"Ci vediamo domani, coglione. Ti voglio con i nervi saldi"


Pov Kristen

"Oddio. Non riesco a credere che l'abbiamo fatto davvero" getto la testa all'indietro facendo finire chissà quanta sabbia tra i miei capelli.
"Vieni qua" mi sento afferrare dalle sue braccia che, con precisione più che assoluta, fanno in modo di far finire la mia testa a contatto col suo petto ancora ansante "Fatto cosa?"
"Tutto questo" rido, indicando me, lui e l'intera situazione.
"Il sesso?" chiede. Sotto sotto ne è consapevole anche lui dell'assurdità che stavamo vivendo.
"No. Cioè, sì. Cazzo, amore. Sono le due di notte e siamo scappati da casa nostra per fare l'amore in spiaggia. Come due fuggitivi"
Lo sento ridere, sottovoce. Quasi come se avesse paura che qualcuno possa scoprirci. Ed effettivamente è così.
"Amo quando lo dici" soffia fuori con estrema calma.
"Spiaggia?"
"No" ancora quella risata. La sua. "Fare l'amore"
Alzo il viso per guardarlo meglio e trovo le sue pozze azzurre chiuse. Il viso rilassato, pacifico. L'espressione di chi ha appena fatto il sesso migliore del mondo.
E c'è da dirlo: noi facciamo sempre il sesso migliore del mondo.
"Apri gli occhi. Guardami" lo fa e mi investe con tutta la potenza del suo sguardo. "Io però amo mettere in pratica quello dico. Sempre"
"Oh, lo so bene". Sorridiamo mentre gli stampo un bacio su quelle labbra tanto calde quanto soffici.
"Ammetto però che il nostro letto è più comodo. E poi questa casa ce la godiamo così poco che adesso che ci siamo ci è toccato scappare"
"Già. Dovremmo venirci più spesso"
"Amore, lo dici ogni volta che il discorso cade su una delle case che hai deciso di comprare in giro per il mondo" infilzo le mie dita tra i suoi capelli e massaggio la sua cute con calma ed estrema lentezza.
"Ehi. Così mi fai passare per un megalomane con complessi di superiorità"
Alzo un sopracciglio, divertita. Oddio, un po' megalomane lo è se ci si mette.
"Eddai e poi non sono così tante. Noi viviamo a Londra"
"Mh"
"E abbiamo la casa a mare a Malibu."
"Giusto. Continua, Pattinson" mi sistemo seduta a gambe incrociate, accanto al suo corpo nudo steso sul telo da mare.
"Beh, abbiamo questa casa. Quest'isola è importante per noi. E' tranquilla. Voglio dire.."
"Ok. Lo so. Dimenticato niente?"
"Beh, no. Non sono poi così tante"
"Non sono così tante se non conti l'appartamento a Parigi e l'attico a New York" scoppio a ridere, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
"Ehi. Ci andiamo spesso a Parigi. E anche a New York. Io lo faccio per Daniel. Sai non mi va che.."
"Non ti va che stia in albergo quando lo portiamo con noi" concludo, sapendo ormai a memoria quella frase.
"Esatto"
"Ammetterai però che un tantino megalomane lo sei" sfioro con la punta del mio indice i suoi zigomi, il naso, gli occhi.
"Kristen.."
"Ma" lo zittisco, facendo finire la corsa del mio polpastrello sulle sue labbra "Lo fai per nostro figlio. E questo ti rende il papà migliore del mondo"
Lo sento allargarsi in un sorriso sotto il mio dito e, senza riuscire a contenere l'amore che mi scoppia dentro, incollo ancora una volta le nostre labbra. Dio, il suo sapore,
"E' per questo che mi sposi" soddisfatto come non mai. Si vede lontano un miglio che non vede l'ora. Sembra un bambino che aspetta con ansia il regalo di Natale che ha sempre desiderato.
Ed io non sono da meno.
"E perchè me lo hai chiesto ogni giorno per otto lunghi mesi"
"E perchè te l'ho chiesto ogni giorno per otto lunghi mesi" mi fa eco, carezzandomi col suo sguardo pieno di adorazione.


Giugno era sempre stato il mese preferito di Kristen. Sin da quando era piccola.
Era il mese della fine della scuola, il mese in cui ci si trasferiva nella casa a mare, il mese in cui aveva dato e ricevuto il suo primo bacio, il mese in cui iniziavano i falò in spiaggia, il mese in cui aveva conosciuto Robert.
In tanti anni, non avevano mai individuato un'unica data da considerare come loro anniversario. Erano state così tante le tappe importanti della loro storia che, a detta di Kristen, non aveva senso focalizzarsi su un unico giorno. In fondo come potevano scegliere tra il giorno del loro primo bacio, quello della loro prima volta, quello del loro ti amo urlato e sussurrato con speranza e timore.
Ma quella mattina, qualcosa sarebbe stato diverso.
Quando Kristen si era ritrovata ad aprire gli occhi, disturbata dai raggi di sole che filtravano dalla finestra, non si era resa conto di quanto fosse in ritardo sulla tabella di marcia. Si strinse su stessa, cercando di dare una svegliata ai muscoli ancora intorpiditi dal sonno. Volse il viso alla sua destra strizzando con forza gli occhi per poi aprirli di botto e fissarli sulla radiosveglia.
"Cazzo!"
10.23. Era bastato questo a farla saltare come una molla. Si passò velocemente una mano tra i capelli continuando ad imprecare e cercando di fare mente locale.
Era giugno. Era sabato. Tra quattro ore sarebbero stati su un aereo per LA e...
"Cazzo devo finire le valige!" urlò quasi sbattendo con prepotenza la sua mano sul materasso.
"Ti calmi?" Sì, beh, forse quella voce poteva essere l'unica capace a farla ragionare nei suoi momenti di sclero. Ma non quella mattina. Non a quell'ora. Non con lui lavato, vestito e sdraiato nel loro letto con le mani dietro la nuca.
"Sei vestito?"
"So che mi avresti preferito nudo" disse Robert ammiccando. Quel suo sorriso malizioso che in situazioni normali le avrebbe fatto salire un formicolio familiare lungo il ventre. In condizioni normali, certo.
"Oddio! Sei vestito!" lo accusò "Sei vestito e non mi hai svegliato! Robert, ho una marea di cose da fare! E tu non mi hai svegliato!" urlava, esasperata.
"Amore, abbiamo tutto il tempo."
"Non è affatto vero" precisò con le orbite ormai fuori dagli occhi.
Saltò giù dal letto come un grillo "Dan, è sveglio?"
"Dorme tranquillo."
"Oddio e perchè non lo hai svegliato?!" Ancora il panico nella sua voce.
"Dovresti tranquillizzarti anche tu".
Mh. Odiava quei momenti in cui Robert cercava di ostentare la sua calma e il suo autocontrollo. Solo per ricordarle che, diamine, lui sapeva essere più controllato di lei.
"Ti devo chiedere una cosa, Kristen. Torni un attimo a letto?" la vedeva vagare per la stanza, gesticolando. Apriva e chiudeva cassetti prendendo cose praticamente a caso.
"Kristen, per favore potresti"
"No. No, Robert. Non posso. E sai perchè? Perchè non mi hai svegliato. Stronzo"
"Kristen"
"Non mi hai svegliato. Tra quattro ore partiamo e tu non mi hai svegliato"
"Ehi. Ehi, ti fermi un attimo?" scese anche lui dal letto per raggiungerla "Adesso tu ti fermi e mi guardi. A me gli occhi Kristen. Adesso".
Le bloccò le mani nelle sue. La scrutò a fondo mentre i loro occhi si incatenavano gli uni agli altri. Come la prima volta. Come quel giorno, tanti anni prima.
"Ti devo dire una cosa. Importante. Quindi tu ora stai zitta e ferma. E mi ascolti. Prometto di essere veloce e poi potrai fare le valige anche per Timbuctu. Ok?"
Dal canto suo Kristen non rispose. Stava lì a fissarlo come sempre e come mai prima d'ora. Stava a guardarlo come un bambino guarda la cioccolata, come un tossico guarda la sua droga, come una donna innamorata guarda la sua ragione di vita.
Annuì debolmente, senza distogliere gli occhi. Incapace per poterlo fare.
"Ok. Sai che giorno è oggi?"
Fece di no con la testa. Inerme e concentrata su di lui.
"Te lo dico io. Oggi è l'otto Giugno. E io e te l'otto giugno"
"Ci siamo conosciuti"
"Esatto" sorrise, Rob a quella sua ripresa di parola " E siccome ti amo, e siccome è un giorno importante, io ho proprio bisogno di fare una cosa"
Guardò ancora una volta il viso della sua donna prima di prendere un respiro profondo ed inginocchiarsi di fronte a lei. Senza mollare le sue mani.
"Cazzo" era un sussurro. Kristen aveva solo sussurrato e con quella singola parola aveva gettato fuori tutta l'aria che aveva in corpo.
Rigida come un chiodo, stava lì con lo sguardo fisso e la bocca aperta.

"Respira" consigliò Robert, con un sorrisetto nervoso.
"Non, non ce l'ho un discorso. Però.." si fermò, infilando una mano in tasca e tirandone fuori una scatolina " l'anello c'è" ridacchiò.
Stava ferma lei. Immobile. Immobile con il cuore a mille e un mucchio di vestiti sparsi intorno a lei.
"Kristen. Io ti amo. E questo suppongo che tu già lo sappia. E' che ti amo proprio tanto. Ti amo così tanto che ti voglio mia. E so che probabilmente tu stia pensando che sono un cretino perchè tu sei già mia da così tanto tempo che a confronto Di Caprio aspetta un oscar solo due un annetto. Ma, sai, io voglio farti mia in tutti i sensi. Tutti i modi. Senza nessuna esclusione. Perchè sei la ragazzina che a diciassette anni mi ha fatto perdere la testa, sei la persona che mi ha fatto innamorare per la prima volta. Sei quella per cui ho mollato tutto e ho cambiato vita. Sei la donna che mi ha fatto soffrire di più al mondo e anche quella che mi rende più felice. Sei la proprietaria di due grandi occhi verdi come la luna. E, sì, mi sono appena citato. Perchè, cazzo, tu sei la mia musa in tutto quello che faccio. Sei un maschiaccio in piena regola e mi rubi i vestiti senza chiedermi il permesso. Ma sei anche la donna più bella e sexy del mondo. Sei l'attrice più brava della nostra generazione. Sì, autocitazione anche qui. Ma lo continuo a pensare e non cambierà mai. E sei una bomba a letto. Sai cucinare da Dio e, diamine, mi hai reso padre. Sei la madre di mio figlio. Di quel piccolo batuffolo che dorme di là e che mi ha aiutato a scegliere questo anello. E sarai la madre anche di tutti quei bambini che arriveranno. E sei perfetta. Con lui, con me. A lavoro e a casa. Sei la persona più forte e testarda che io conosca e ti amo terribilmente. E se mi dici no, sappi che io continuerò a chiedertelo ogni giorno della mia vita, a partire da adesso, fin quando cederai. Quindi, ti prego, sposami Kristen Stewart. Sposami."

Silenzio. Silenzio rumoroso. Silenzio pieno dei loro battitti furiosi.

"Davvero me lo chiederesti ogni giorno?" tremava e sorrideva come un ebete.
"Sì. Ogni giorno" tremava e... tremava.
"Se ti dico di sì, potresti continuare a chiedermelo lo stesso ogni giorno fino a quello in cui ci troveremo davanti all'altare?"
"Sì. Certo. Prometto di farlo ma, ti prego, adesso di qualcosa perchè il ginocchio inizia a farmi male"
Scoppiò a ridere. Come un'adolescente. Felice. Sicuramente più rilassata di qualche attimo prima.
Certo che lo avrebbe sposato. E lo avrebbe fatto anche in quel preciso istante. Forse anche anni prima.
"Che dici, muovi il culo? Mettimi questo anello che devo sistemare tutta questa roba"
"Come rovinare un momento romantico made in Kristen Stewart" sorrise, ormai divertito e rilassato.
"Sì"
"Sì?"
"Sì."



Quando alle prime luci dell'alba ci siamo lasciati davanti alle porte delle nostre camere, rigorosamente separate, non sapevo che dopo poche ore tutta la calma che mi si era infusa dentro in questi giorni, sarebbe andata a farsi benedire.
Impossibilitata a chiudere gli occhi, sono ormai ore che tutta l'ansia per quel momento tanto atteso riesce a colpire il mio povero stomaco. Sin da piccola è questo il mio modo di reagire ad ogni tipo di avvenimento importante: nausea, vomito, pressione bassa.
Ed è così che va avanti ormai da ore. E' così che continuo a camminare su e giù per la mia stanza, sin da quando sono iniziati i preparativi per la sposa.
E adesso, con addosso il mio abito da sposa, non riesco ancora a calmarmi. A calmare la mente, il cuore... lo stomaco!
E se vomitassi all'altare? Sui piedi di Robert. Oddio. Così sì che non mi sposerebbe.
"Uhm. Una sposa tutta sola e super nervosa, eh?" mi volto. Quella voce. La voce di un'amica. Di un sostegno.
"Ruth!" mando via il fiato, chiamandola. Una mano tra i capelli, continuando a torturarli ormai da ore.
"Non sarebbe stato meglio legarli? Tra un pò te li strappi"
"E' stato Rob a chiedermeli sciolti" su e giù. Su e giù.
Probabilmente fossi stata su una strada avrei già fatto chilometri.
"Mh. D'accordo. E come stai?"
"Bene"
"Bene?"
"Sì"
Respira. E' solo il tuo matrimonio. Stai solo per sposarti. Con Robert. E con la voglia di vomitare per l'ennesima volta.
"A me non sembra così bene. Mi hanno parlato di emergenza...stomaco?"
"Ansia. Sai come sono fatta. Ma davvero. E' tutto ok. Forse, forse dovrei togliermi questo abito. Respirare, vomitare di nuovo e rimetterlo. Giusto, Ruth? Ho ragione, no?"
Ride. Era bella, come sempre e calmissima. La invidiavo terribilmente in quel momento.
"Sai, se non sapessi che tra pochissimo andrai a sposare l'uomo della tua vita e che quindi l'ansia ti sta mangiando viva, griderei alla gravidanza senza pensarci più di tanto"
BINGO

No. Non poteva essere. Proprio no.
Ma se è 'proprio no', per quale motivo il mio sangue si è appena gelato bloccandomi il respiro a metà torace?
Oh, lo so io per quale motivo. Lo so bene. So bene -più che altro me ne rendo conto adesso- che le mie amiche rosse non vengono a farmi visita da un bel po'.
Oh merda.
Oh cazzo.

"Ruth, potresti... Mi, mi vai a chiamare Ellie un attimo?"
"Uhm. Certo. Tutto ok, Kristen?"
"Si si. Mandami Ellie però." annuisce prima di uscire per lasciarmi ancora una volta sola.
Quando anni prima avevo scoperto di aspettare Daniel, sicuramente la situazione era molto diversa. Lo abbiamo cercato e, anche se non si era fatto attendere più di tanto, quei mesi che avevano preceduto quel momento in cui mi ero ritrovata con un test positivo in mano erano stati pieni di pensieri e desideri per un bambino.
Adesso no. Non che non vorremmo altri figli, anzi. Fosse per Robert potremmo mettere su una squadro di calcio.
E' che semplicemente non lo stiamo cercando. E' che semplicemente scoprirlo in questo momento non sarebbe proprio il massimo.

"Ehi, Stewart" la voce della mia migliore amica mi ridesta dai miei pensieri.
"Devi farmi un favore" scatto come una molla, andandole vicina.
"Sei una figa pazzesca. Questo abito è pazzesco. I capelli sono i tuoi quindi sono pazzeschi e sei... stravolta. Ok, che succede?"
"Devi andare in farmacia"
"Cazzo stai dicendo?" come passare dalla calma alla confusione in meno di un istante.
"Vai in farmacia"
"Kristen, stai bene?" mi prende le mani. Scruta a fondo il mio viso. Oh, sì la stavo facendo preoccupare.
"No. Sì. Cioè... Ellie va in farmacia e compra un test di gravidanza"
"Cosa?"
"Hai capito"
"Aspetta. Cosa?!" Oddio, perchè urlava?
"Credo di essere incinta"
"Tesoro ma è bellissimo" a questo punto è più che normale trovarmela stretta a me.
Un sorriso fino agli occhi e una commozione che stenta a nascondere. E' sempre così, lei. Incapace di contenere le sue emozioni.
Tanto sensibile e sfrontata allo stesso tempo. Le voglio bene così tanto. Ma adesso, adesso ho bisogno che almeno lei tenga i nervi saldi.
"Ellie, vai. Ti prego"
"Kris, io sono felicissima e ti voglio bene ma... Non posso cercare una farmacia adesso"
"Sì che puoi. Vai. Avanti."
"No. Forse non te ne rendi conto ma tra meno di mezzora tu devi essere sotto. Nel giardino di questa casa. Davanti all'altare. Con accanto Rob"
"Lo so. E' per questo che ti devi muovere!"
"Ma sei impazzita? Devi sposarti. Io sono la tua testimone e, cazzo, non posso scappare da questa casa in questo momento. E tu non puoi fare un test di gravidanza."
"Andiamo, Ellie. Sei la mia testimone, lo hai detto tu. Devi sostenermi."
"Non puoi semplicemente prendere un respiro profondo, svuotare la mente. Sposarti e poi magari il test lo fai con Rob. Più tardi."
Oh, no. Non è minimamente possibile. Io devo sapere. E devo sapere adesso.
Scuoto energicamente la testa, dandole le spalle.
Io voglio sapere se sarò madre. Di nuovo. Voglio sapere se mi andrò a sposare con un esserino in pancia.
Lo stomaco si rivolta come mai prima d'ora. Nausea, ansia. Forse anche un po' di paura.
"Ok. Ok, ci vado"
"Oddio. Davvero?" fa segno di sì, impercettibilmente "Grazie grazie grazie grazie".
La stritolo tra le mie braccia facendole mancare l'aria. L'ho già detto che è la mia migliore amica?
"Dopo questa cazzata però mi giuri che se sei incinta davvero io sarò la madrina. Altrimenti col cazzo che ci vado"
"Lo prometto. Ora vai"

Non so come riesco ancora ad essere viva, adesso, con questo bastoncino in mano.
Ho seriamente creduto che potessi morire di infarto per tutto il tempo in cui ho aspettato Ellie. Adesso rischio di morire inghiottita dall'ansia.
Aspetto tre minuti, con in dosso soltanto la mia lingerie bianca. Ad occhi estranei la situazione potrebbe sembrare più che patetica.
'La sposa è in ritardo'. Così qualcuno ha appena urlato fuori dalla mia camera. E lo sapevo. Sapevo bene di essere in ritardo di ben quindici minuti.
Ma qui, in questo momento, non posso che fregarmene. Non riesco a non pensare nemmeno per un attimo al fatto che, probabilmente, questo giorno possa cambiare doppiamente la mia vita.
Sento squillare un telefono. I tre minuti sono quasi finiti.
"Kris, è Rob"
"Mh?"
"Al telefono. E' Robert."
"Cazzo vuol dire che è al telefono?"
"Merda, Kris. Ti sta chiamando. Vuoi provare a connetterti tra gli umani per un secondo?!" sbraita Ellie. Si spazientisce.
Quasi come se quella a stare per scoprire se stesse per diventare ancora una volta madre sarebbe stata lei.
Afferro quel cellulare dalle sue mani mentre mi lascio scivolare lungo la parete per sedermi in terra. Dio, mi starà odiando.
"
Sono in ritardo. Lo so."
"Piccola? Stai bene?" aveva l'ansia nella voce. Un'ansia quasi pari alla mia.
"Sì. Sto, sto bene. Davvero, dammi solo due minuti e scendo"
"Ti trema la voce"
"Anche a te".
Certo. Buttiamo pure il discorso su di lui. Come se non fossi io quella ancora svestita, seduta sul pavimento a gambe incrociate e con un test di gravidanza in mano.
"Sai, beh, sto aspettando la donna della mia vita all'altare da un po'. A dire il vero la aspetto da tutta una vita" sorride. Ed io lo seguo.
Seguo in quel sorriso perchè è vero. Ha ragione. Mi aspetta da tutta una vita. Ci aspettiamo da tutta una vita. Con urla, pianti, gioie e risate. Siamo così noi. Lo siamo sempre stati e lo saremo sempre.
Due anime spezzate e che insieme si son curate. Un ragazzo e una ragazza. Innamorati. Testardi. Cazzoni. Pronti a farci del male più del dovuto e ad amarci come se la nostra esistenza dipendesse solo da questo. Ed è così. Noi dipendiamo dal nostro amore. Un amore forse un po' malato ma forte più di ogni calamità.
Lo amo. Mi ama.
E amiamo i nostri figli. Daniel... e quelle due lineette rosa su quel bastoncino bianco.
"Rob?"
"Sì?"
"Mi vuoi sposare?" ride. Amo questo suono più di ogni altro suono al mondo.
"Oggi per la prima volta dopo mesi non te l'ho chiesto. Certo, amore. Non scapperei dal nostro matrimonio per nulla al mondo"
"Mi sposi... anche se nell'abito da sposa saremo in due?"
"Kris, hai bevuto?"
"Anche se lo stai venendo a sapere di nuovo per telefono?"
"Ma che cazzo..."
"Anche se sarai di nuovo papà e l'ho scoperto due minuti prima di sposarci?".
Trattiene il respiro. Ed io con lui.
Lo amo. Mi ama.
 
La paura. La paura ha una definizione ben precisa. Ed io l'ho sperimentata abbondantemente nella mia vita.
Ma in questo momento, mi rendo conto che aver paura significa aprirsi ad una liberazione capace di farti volare il cuore fuori dal petto.
Aver paura significa passare dall'inquietudine alla pace in un batter d'occhio.
Ma allora, allora perchè ci si continua a spaventare o ad avere ansia?
E' più facile di quello che si possa pensare. Lo si fa per godere a pieno quel momento di gioia che la sussegue.

"Adesso voglio sposarti più di prima"








In case you just want to come home
fine.











Grazie. Forse è l'unica parola che si possa dire in questi casi. Forse anche la più banale. Forse anche la più bella.
Un grazie enorme a tutti voi che avete letto. Siete stati pazienti e non avete esagerato con le minacce, nonostante il ritardo con cui arriva questo epilogo. Siete stati grandiosi.
Grazie a whatsapp. Perchè sappiate che senza di lui questa storia non sarebbe esistita, in particolar modo questo epilogo. La prima parte è tratta da vere conversazioni sclerotiche e spropositate tra me e Rosa. Quindi, sì, adesso sapete quanto siamo davvero psicopatiche.
Grazie a Demi. Senza di lei non avremmo avuto il titolo perfetto ad ogni capitolo e soprattutto non avremmo avuto il titolo della ff stessa.
Grazie alla musica che nel bene e nel male, con lacrime e risate, ci ha accompagnate nella stesura di questo racconto.
Grazie a due persone, due ragazzi, due folli, due barboni, due coglioni. Chiamateli come volete, amateli, odiateli ma senza di loro nulla ci sarebbe stato.
Rosa dice di voler ringraziare me. Beh, io ringrazio lei. Un po' piangendo e un po' ridendo, in questo momento, posso solo dire che anche io, grazie a lei, ho la mia Ellie.
Grazie. Semplicemente questo.

Helen & Rose.



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