Little bit of love

di Foglia 21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luce fioca ***
Capitolo 2: *** La pasta ***
Capitolo 3: *** Speciale ***
Capitolo 4: *** Carta bianca ***
Capitolo 5: *** Il mojito più buono ***
Capitolo 6: *** Colpo al cuore ***
Capitolo 7: *** Aiuto inaspettato ***
Capitolo 8: *** Che fai qui? ***
Capitolo 9: *** La vita cambia ***



Capitolo 1
*** Luce fioca ***


Era una notte particolarmente buia e fredda e Mika rabbrividì nella giacca di pelle, stringendo le braccia al petto nel vano tentativo di scaldarsi. Jody lo aveva lasciato al benzinaio e ora stava percorrendo il breve tratto che lo divideva dal suo piccolo e modesto appartamento. Erano le quattro e mezzo del mattino e non era certo sicuro trovarsi nelle periferie di Miami a quell’ora, da solo per giunta. Tutto questo per poter usare un piccolo studio di registrazione. Robe da matti!
Percorse un tratto buio, per poi trovarsi nella familiare strada di Carolina e scorgere la sua figura illuminata dalla luce fioca dei lampioni. Carolina era una donna sulla cinquantina, molto bella e con uno sguardo saggio e materno.
Lo salutò allegra quando lo vide, lui la adorava. Spesso si chiedeva come potesse resistere al freddo con quegli abitini succinti ed essere pure di buon umore.
“Finito tardi stasera?”
Le sorrise e annuì. “Abbiamo lavorato un po’ più del solito!”
Carolina si ravviò all’indietro i capelli biondi e poi gli scompigliò i riccioli castani.
“E a te com’è andata?”
Lei sbuffò. “Serata smorta. Vedremo nella prossima ora…”
Mika non sapeva se dispiacersi o essere felice della cosa. Si limitò ad abbracciarla e a lasciarle un bacio sulla guancia, constatando quanto fredda fosse la sua pelle scoperta. Vedere lei lo aiutava sempre a farsi coraggio. La sua forza vitale non poteva che trasmettere energia.
“Sei il mio angelo!” disse la donna con gli occhi illuminati da una scintilla di gioia. “Ora fila a casa a riposare! Altrimenti dormirai al lavoro domattina!”
“Vado!Vado!”. A volte Carolina sembrava sua madre. Le fece un cenno di saluto, fece qualche passo e poi si voltò di nuovo, togliendosi la giacca.
“Ma che fai?”
Gliela porse. “Mettila tu! Io tanto sono quasi arrivato!”
Lei esitò. “Prenderai freddo!”
“Ma va! Prendila!”
Carolina la indossò, fissandolo con gratitudine.
Mika, già lontano, le urlò. “E poi sei bellissima anche un po’ più coperta!”
Udì da lontano un eco della sua risata cristallina, poi si mise a correre per l’ultimo tratto di strada.
 
Fu un sollievo chiudersi la porta alle spalle. Mika si svestì in fretta e si fece una doccia bollente, poi si mise a letto. Prima di addormentarsi, protetto dal pesante piumone multi color, osservò a lungo i poster appesi alle pareti: Freddie Mercury, David Bowie e tutti i suoi idoli. La musica era la sua passione, ma spesso aveva dei dubbi sul fatto che potesse rivelarsi davvero la sua strada per il futuro. Ogni porta chiusa in faccia era un enorme dolore e per una voce come la sua chi poteva vedere un futuro discografico? Tuttavia lui non era tipo da arrendersi, non ancora perlomeno. Era davvero troppo presto per urlare: “Fallimento”.
Crollò nel mondo dei sogni con una melodia che gli girava per la testa. Allegra, molto carina. Sperò di ricordarla il giorno dopo.

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Capitolo 2
*** La pasta ***


 
“Maledetti riccioli!” Mika fece un ultimo tentativo per sistemare la massa indisciplinata che aveva in testa, poi si allontanò dallo specchio sbuffando. A volte avrebbe voluto radersi a zero e farla finita con tutte quelle scenate mattutine.
Perlomeno stavolta non era in ritardo. Si infilò la camicia nei pantaloni e prese una felpa dall’armadio, mettendo in tasca cellulare, cuffiette e portafogli.
Uscì di casa relativamente allegro e, per essere uno che aveva dormito tre ore, questo era un bel traguardo. “Ciao Luke!”. Salutò il venditore di hot – dog che stava dall’altro lato della strada e si incamminò verso il bar. Per una volta avrebbe fatto in tempo a fare colazione prima di iniziare il suo turno.
Quella del lavoro in bar era una lunga storia, ma semplificando aveva deciso di provare qualcosa di nuovo nel tentativo di trovare ispirazione. Vedere e conoscere persone diverse magari gli avrebbe dato la spinta per scrivere nuove canzoni. E poi qualche soldo in più non faceva certo male.
Cinque minuti dopo, varcando la soglia, fu avvolto da un piacevole profumo di caffè e ciambelle appena sfornate.
“Ciao bello, come va?”
Mika non si riteneva particolarmente bello. Era troppo alto e troppo magro, nonostante mangiasse per tre, e non era neppure il caso di parlare dei riccioli. Eppure quando Joe lo salutava così sapeva che era serio, perché lo fissava con una dolcezza inaudita.
Joe. Lui sì che era bello: aveva due meravigliosi occhi grigi e morbidi capelli biondi. Portava un paio di occhiali che gli davano un’aria da intellettuale e aveva un fisico magnifico, messo in risalto dai jeans neri e la camicia bianca. Quando gironzolava tra i tavoli a prendere le ordinazioni i suoi occhi finivano sempre sul suo sedere. Era una cosa inevitabile.
“Oh! Ci sei? Stai ancora dormendo?”
Mika arrossì fino alla punta dei capelli e si mordicchiò il labbro, imbarazzato. “N-no! Buongiorno!” borbottò andando a sedersi al bancone.
Joe lo seguì e mise un po’ di caffè in una tazza, per poi versarci sopra un po’ di schiuma di latte e completare il tutto con del cacao in polvere. Assieme al cappuccino gli sistemò davanti una grossa fetta di torta alle mele, la sua preferita in assoluto. “Ilda l’ha appena sfornata!” Il ragazzo gli fece l’occhiolino e se ne andò per servire due signore che erano appena entrate.
Si avventò sulla torta pensando a quel che avrebbe potuto fare dopo il lavoro. Forse sarebbe andato a trovare Angelina, una delle sue migliori amiche. Non la vedeva da più di una settimana e quella mattina lei gli aveva scritto per sapere se era vivo. Tirò fuori il cellulare dalla tasca e le scrisse, chiedendole di vedersi nel pomeriggio. Poi si alzò e andò a salutare la signora Ilda.
“Ciao Ilda!”. Lei alzò gli occhi dall’impasto per la torta al cioccolato e gli sorrise.
“Buongiorno, caro! Come stai oggi?”
Ilda era la proprietaria del locale ed era una persona molto dolce e simpatica, che gli ricordava sua nonna.
“Bene! Ho appena mangiato la tua torta di mele! Mi fa impazzire!”
“Ho una ricetta ancora più buona! Vedrai!”
Andò a poggiare la felpa nell’armadietto e tornò al bancone, stavolta per lavorare.
Il Dr. John era già arrivato . Si era sistemato al solito tavolo e beveva il suo caffè amaro con gli occhi incollati sul giornale. Aveva uno studio medico lì vicino e tutte le mattine alle otto in punto varcava la soglia, salutandoli con il suo sguardo calmo e sereno. Era stato il primo cliente che aveva servito in assoluto, infatti aveva quasi rischiato di versargli il caffè addosso. Lui non aveva detto nulla, ma da quel momento lo chiamava affettuosamente “ricciolo combina guai”.
Pian piano aveva imparato a conoscere tutti i clienti abituali ed era rimasto affascinato nel conoscerli meglio. Ancora più bello però era vedere tanta gente sconosciuta andare e venire e provare ad immaginare quale fosse il suo nome e che storia avesse alle spalle. Quella ragazza per esempio si chiamava Mary, aveva ventisette anni e sognava di fare un viaggio in Italia, per andare a trovare i nonni paterni che non aveva mai incontrato. Suo padre le aveva raccontato che la domenica la sua mamma cucinava sempre la pasta fatta in casa. La mattina, alzandosi per andare a fare colazione la trovava con le mani sporche di farina mentre lavorava la pasta canticchiando. Per lui questo era diventato il sapore della domenica, quello che si immaginava non appena apriva gli occhi nel letto della sua stanza. Ma lui con i suoi genitori aveva litigato e non si parlavano più da anni. A Mary era rimasto questo sogno nel cassetto e chissà se sarebbe riuscita a conoscerli prima o poi.
“Ah, Mika! Sempre con la testa tra le nuvole!”
Mika distolse lo sguardo dalla ragazza bruna che faceva colazione in un angolo e guardò il Dr John sorridendo. Prese la banconota che gli porgeva e gli diede il resto, vedendo che anche Joe lo fissava divertito.
“Che volete voi due?” borbottò, fingendosi offeso. John e Joe, le due J, si scambiarono un’occhiata e poi scoppiarono a ridere. Dopo un po’ Mika si unì a loro.

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Capitolo 3
*** Speciale ***


Mika diede un morso al suo sandwich, fissando intensamente il pavimento a scacchi del fast food di Londra. Era tornato a casa per il weekend, su pressante insistenza di sua madre, ed era uscito a pranzo con la sorella Yasmine. Lei era la maggiore e si sentiva in dovere di vegliare sui suoi fratelli (in pratica voleva sapere tutto). In quel momento, per esempio, gli stava facendo il terzo grado.
“Insomma! Cosa combini a Miami? Torni qui con l’aria di uno che non dorme da una settimana e fai pure come se niente fosse!”
Mika fece spallucce. “È vero che dormo poco! Sto lavorando parecchio con un’amica, Jody.”
“E che razza di lavoro fate?”. Yasmine lo fissò a metà tra l’incuriosito e lo scocciato e bevve un sorso di coca, iniziando poi a mordicchiare nervosamente la cannuccia.
“Beh, ogni tanto registriamo per delle pubblicità, così ci lasciano usare lo studio per cose nostre.”
“Bene dai! Sono contenta allora!”
“Solo che…”. Con Mika c’era sempre qualche “ma” o “solo che”.
“Cosa?”
“Lo possiamo usare solo la notte, quando non c’è nessuno. E quindi torno a casa un po’ tardi.”
Si dedicò con attenzione alle sue patatine fritte. Sapeva che Yasmine si sarebbe allarmata.
“Quanto tardi, scusa?”
“Beh…diciamo…tre, quattro del mattino?”
“E torni a casa da solo?” Yasmine era fuori di sé. Si preoccupava davvero troppo.
“Sì, Jody mi accompagna solo per un tratto di strada.” Borbottò il ragazzo a mezza voce, evitando lo sguardo della donna che gli stava di fronte come se fosse la Medusa.
Lei non disse nulla per qualche minuto (cattivo segno in genere), poi parlò con tono rabbioso. “Non mi piace che tu te ne vada in giro da solo a quelle ore della notte!”
“Non lo farei se avessi altra scelta!”
“E almeno ti riposi la mattina?”
“….”
“Mika?”
Lui sospirò, affondando una mano nei capelli con un gesto nervoso.
“Ho trovato un lavoretto carino! In un bar. Sai, per provare qualcosa di nuovo!”
“Che il Signore ci aiuti! Ti vuoi uccidere?”
Mika scoppiò a ridere. “Non ti sembra di esagerare un po’?
“Forse, ma dormire non dovrebbe essere un optional! Ti ammalerai se continui così! E poi la sentirai la mamma…”  Yasmine posò la coca e si mise a fissare la vetrina dei dolci, rassegnata. “La vuoi anche tu la torta?”
“Sì! Tortaaa!”
“Sei proprio scemo!”
 
Faceva bene tornare a casa ogni tanto, anche solo per sentire il rumore di mamma che cucinava mentre lui guardava la televisione seduto sul divano.
Purtroppo i momenti di relax venivano spesso rovinati tragicamente.
“Oh caro! Mi ero dimenticata di darti la posta!”
Mika prese le buste che Joannie gli stava porgendo e le osservò distrattamente: qualche pubblicità, una cartolina dal Giappone da parte di un amico e lei. Se l’era completamente dimenticata, ma capì subito che quella era la risposta di una casa discografica a cui aveva mandato delle canzoni qualche mese prima. La aprì con il cuore che batteva forte nel petto.
Gentile Signor Penniman,
Siamo spiacenti di informarla che i brani da lei inviati non soddisfano le nostre attuali richieste….
Mika, fuori di sé, accartocciò la lettera e la lanciò contro la parete. “Che vadano al diavolo!” sbottò.
“Cosa combini?”. Sua madre spuntò dalla cucina, con un mestolo in mano e  il grembiule sporco di sugo. Osservò il figlio incuriosita e si avvicinò, vedendo che aveva gli occhi lucidi. “Che è successo?”
“Non mi vogliono!”. Rispose Mika con voce rotta.
“Ma chi?”
“Una casa discografica!”
Joannie sospirò e si sedette al suo fianco, poggiando il mestolo sul tavolino e sporcando di sugo il telecomando. “Tesoro mio, vedrai che presto qualcuno si accorgerà di quanto sei bravo!”
Mika la osservò incerto. “E se non succede?”
“Io sono sicura che tu farai qualcosa di molto speciale! Ma non devi perdere la fiducia in te stesso! Mai! E vedrai che qualcosa di magnifico arriverà!”
Parole da mamma. Mika sorrise. “Tutt’al più finirò in qualche brutto giro…”
La donna sogghignò. “E ti ritroverai in galera senza neppure rendertene conto!”
Scoppiarono a ridere entrambi, perché qualche anno prima lei non faceva altro che dire: “Tu, o finisci in galera o diventi molto speciale!” 

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Capitolo 4
*** Carta bianca ***


Mika era seduto al bar, con una tazza di cioccolata calda e i pastelli sparsi ovunque. Gli piaceva rimanere a disegnare lì: si metteva sul tavolino più vicino alla vetrata e, immerso nel profumo di dolci e caffè, lasciava che la matita scorresse sulla carta bianca. 
Ora stava disegnando il parco lì vicino, con il camioncino dei gelati e la signora che li vendeva. All'improvviso sentì una mano immergersi nei suoi riccioli e sussultò.
Joe rise e gli accarezzò la nuca mentre lui arrossiva furiosamente. "Che cosa disegni?"
Mika ci mise almeno cinque secondi per ritrovare l'uso della parola. "I-il camioncino dei gelati."
Joe osservò i disegni e sorrise. "Mi piacciono i colori che usi...gli alberi fatti con il viola sono molto belli!"
L'altro ricambiò il sorriso e fece una firma sull'angolo del foglio. "Te lo regalo allora! Tanto l'ho finito!"
Joe sembrò molto felice, prese il disegno e fece per dire qualcosa, quando la voce di Ilda lo chiamò dalla cucina.
"Tesoro!? Verresti a darmi una mano?"
Joe gli fece un cenno e corse via, mentre lui raccoglieva le sue cose.
 
"Dunque, cosa mi racconti? Perché mi hai trascurata per una settimana intera?"
Mika scoppiò a ridere. "Angelinaaaa! Non sarai mica arrabbiata!"
Lei scosse il capo divertita. "No, però mi devi raccontare del bar e di questa Jody!"
Il ragazzo si sistemò meglio sul sedile della macchina. Stavano andando al mare per una passeggiata, cosa che facevano sempre quando trovavano un pomeriggio tutto per loro. Non c'era niente di meglio che camminare con le sneakers che affondavano nella sabbia e intanto parlare di tutto quello che passava loro per la testa. 
"Beh, Jody è una tipa strana. Non parliamo molto, però siamo in sintonia e la cosa mi piace. Dice di adorare la mia voce!"
"Bah, io la adoro di più!" Fece Angy, fingendosi offesa.
Mika sospirò, e le sferrò un pugno sul braccio. 
"E il bar...è assolutamente fantastico! Ilda fa delle torte pazzesche! Devi assolutamente venire a provarle!"
"Anche la torta al cioccolato?". Angelina rischiò seriamente di finire fuoristrada, dopotutto era molto simile all'amico quando si trattava di dolci.
Mika annuì, assumendo uno sguardo estremamente serio. Lì non si scherzava.
"E i tuoi colleghi come sono?"
Mika arrossì e scrollò le spalle. "Simpatici...". Borbottò sommessamente. Lui si tradiva sempre così. 
"Ah ah! C'è qualcuno vero?"
Mika osservò attentamente il panorama fuori dal finestrino, trovando improvvisamente interessanti le ville dei ricconi lì vicine. 
"Daiiiii! Sputa il rospo!"
Lui si voltò improvvisamente, con gli occhi lucidi e spiritati. "Si chiama Joe..."
"Ah beh...è come se lo conoscessi, ora che so il suo nome!"
"Uff...ha un bellissimo sedere, ed è dolcissimo! Ti basta?!"
"Certo che no! Lui lavora la mattina?"
"Angelina..."
Non avrebbe dovuto parlare. Era proprio quando diceva qualcosa ad Angelina che quella cosa diventava ufficiale. 
 
 

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Capitolo 5
*** Il mojito più buono ***


Trovarsi immischiato in un'uscita a quattro non era proprio nei piani di Mika, che non riusciva a capacitarsi di quanto era successo. Insomma, ad Angelina erano bastati solo cinque minuti per conoscere Joe e invitarlo a bere qualcosa con loro la sera dopo. A lui non era rimasto altro da fare che tornare a casa e passare il tempo nell'ansia più completa. 
Ora si trovava assieme ad Angelina, Roger ( il fidanzato dell'amica) e Joe in un bar molto carino, dalle parti della spiaggia. Il locale, con decorazioni quasi gotiche, era sempre pieno di gente e i baristi preparavano cocktail fantastici. Lui in quel momento si stava scolando ( forse un pò troppo in fretta ) il mojito più buono che avesse mai bevuto fino a quel momento.
"Allora Joe, raccontaci qualcosa su di te!"
Joe sorrise ad Angelina, posando la sua birra e sistemandosi gli occhiali. "Ehm...mi sono trasferito qui da qualche mese. Prima vivevo a Londra."
"E come mai hai scelto proprio Miami?" chiese Roger. 
"Beh, è una città che mi ha sempre affascinato! E poi qui ho uno zio che mi ospita."
Angelina bevve un sorso del suo vino e diede una gomitata a Mika. "Pure Mika stava a Londra!"
Joe inarcò le sopracciglia sorpreso. "Sul serio? Non lo sapevo!"
Mika annuì, l'alcool stava cominciando a farlo sentire a suo agio. "Sì, la mia famiglia vive lì!"
"Hai fratelli?"
"Un fratello e tre sorelle!"
"Wow! Dev'essere fantastico! Io sono figlio unico!"
"Diciamo che ha i suoi lati positivi! Anche se a volte è una rottura."
 
Fu una serata piacevole, parlarono e soprattutto bevvero molto, cosa probabilmente programmata dalla diabolica Angy. La ragazza aveva sicuramente in piano pure di lasciare un Mika completamente ubriaco nelle mani di Joe, che si era offerto di portarlo a casa. 
"Ma tu quanto hai bevuto?"
Joe rise mentre percorrevano le strade deserte di Miami. "Sicuramente meno di te!"
Mika inciampò sul marciapiede e l'altro lo afferrò, stringendogli la vita. 
"Questo è certo..." Se non fosse stato così ubriaco sarebbe impazzito a quel tocco. "Joe?"
"Sì?"
"Pensi che io sia strano?"
"Un pò...ma mi piaci proprio perché sei così!" Joe si fermò e lo tirò a sè, avvicinando il viso al suo.
Mika, con gli occhi lucidi e i riccioli scompigliati, osservò lo sguardo tenero dell'altro, che gli lasciò un bacio sulla fronte e uno sulla punta del naso. 
Il cuore gli batteva all'impazzata mentre le loro labbra si incontravano appassionate. Fu un momento breve, eppure interminabile. Si staccarono entrambi senza fiato e Joe gli scostò con dolcezza i capelli dal viso. 
Ma cosa diamine stava succedendo? A Mika girava la testa e non riusciva a capacitarsi di nulla, se non del desiderio di saltare addosso al ragazzo di fronte a lui. Si fece guidare verso casa e, una volta all'interno del suo appartamento, non ci fu più niente a separarli. Stesi sul divano, si baciarono con passione, conoscendosi attraverso i loro corpi, parlandosi con le carezze e i sospiri. 
 
La prima sensazione che Mika percepì non appena ebbe ripreso conoscenza fu quella di un lancinante dolore alla testa. Non ebbe neppure il tempo di pensarci che fu costretto a balzare giù dal letto e a raggiungere il bagno per vomitare. Bene, doveva aver bevuto parecchio la scorsa notte. 
Dopo quella che parve un'eternità il ragazzo si buttò sotto la doccia. Uscì dal bagno pronto per affrontare una giornata terribile in balia dei postumi. Aspirina, tuta, divano e bottiglia d'acqua. Di mangiare decisamente non se ne parlava e l'intenzione principale era quella di sonnecchiare davanti al televisore. 
La suoneria del cellulare fu come una bomba per le sue orecchie.
"Pronto?"
"Mikaaaaa?"
"Angy...."
"Stai male, eh?" Rise la ragazza dall'altro capo.
"Mmm...."
"Com'è andata poi con Joe?"
".....Joe?"
"Sì! Sei rimasto con lui, non ricordi?"
Silenzio. Non ricordava neppure di essere andato via dal bar.

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Capitolo 6
*** Colpo al cuore ***


Mika, dopo aver trascorso una domenica terribile, provò quasi sollievo nell’andare al lavoro il lunedì mattina. La cosa in verità lo intimoriva un po’, perché non aveva la minima idea di cosa aveva fatto con Joe quella sera.
Certo, quando il sabato prima era uscito non avrebbe mai immaginato che il giorno dopo l’avrebbe trascorso a farsi passare una sbornia.
Sospirò ed entrò nel locale, sedendosi al banco e guardandosi attorno. A parte il dottor John, non c’era nessuno. Ilda stava sistemando alcune tazzine sulla macchina del caffè, la salutò e ordinò il suo solito cappuccino.
“Non mangi niente, tesoro?”
“No, grazie!”
“Non stai bene?”. Ilda si preoccupava sempre troppo, aveva le sopracciglia inarcate e uno sguardo ansioso.
Mika scrollò le spalle. “Tranquilla Ilda! È tutto a posto!”
Un attimo...perché lo stava servendo lei?
“Ma dov’è Joe?”
Ilda sospirò, con un tono che non prometteva nulla di buono. “Purtroppo Joe ha avuto un’emergenza in famiglia. Suo zio ha avuto un’incidente automobilistico ieri mattina.”
Mika ebbe un tuffo al cuore. Il pensiero che Joe stesse soffrendo in quel momento lo faceva stare fin troppo male. “E come sta?”
“È sotto osservazione all’ospedale. Joe è rimasto con lui perché non se la sentiva di lasciarlo solo.”
“Capisco…”. Aveva le lacrime agli occhi al pensiero che non l’avrebbe visto.
La giornata passò con una lentezza esasperante e con un numero di clienti che si poteva contare sulle dita delle mani. Il lunedì era sempre una giornata smorta e Mika spolverò il bar da cima a fondo mentre Ilda preparava alcune torte salate.
Chiusero alle otto e Mika salutò Ilda dirigendosi verso casa. Si sentiva depresso e non sapeva cosa fare. Jody era partita per due settimane e Angy era andata a trovare i suoi a Pittsburgh. Non che avesse molta voglia di uscire con qualcuno comunque. Si chiuse in casa e, dopo aver passato un’oretta steso sul divano ad ascoltare la musica, cercò di lavorare ad alcune canzoni senza molto successo. Anche il pianoforte sgangherato aveva perso la sua attrattiva.
 
Il mattino dopo uscì di casa alle sette e un quarto e camminò per quaranta minuti prima di arrivare a destinazione. Dopodiché dovette chiedere informazioni ad almeno venti persone prima di trovare il reparto giusto.
Con un sacchetto di Starbucks tra le braccia, Mika percorse i corridoi dell’ospedale cercando di fare il disinvolto e ignorando le occhiatacce delle infermiere. Vedere Joe che parlava con un medico fu un sollievo. Quando l’altro lo vide restò a bocca aperta per lo stupore.
“Mika! Cosa ci fai qui?”. Disse venendogli incontro. Aveva le occhiaie ed era un po’ pallido, ma sembrava sereno.
“I-io ho saputo di tuo zio e ho pensato di…portarti la colazione…”
Dio, quant’era imbranato!
Joe sorrise dolcemente. “Sei stato molto gentile. Ti va di andare fuori a mangiare?”
Il ragazzo annuì e insieme si diressero verso l’uscita. Poco vicino all’edificio c’era una zona verde e si sedettero su una panchina a sorseggiare il caffè.
“Mi ci voleva proprio!” Joe sospirò e si passò una mano sul viso.
“Come sta tuo zio?”
“Bene…ci ha solo fatto prendere un bello spavento! Ma non si è fatto molto male!”
“Sono contento...ero in pensiero! E…mi sei mancato…”
Joe scoppiò a ridere. “Tornerò presto vedrai! Pensavo già dopodomani!”
“Bene…”
Mika si schiarì la gola, era in imbarazzo. Tremendamente in imbarazzo. Sentiva il profumo di Joe e il suo calore. “In realtà...credo di doverti delle scuse. Per quello che ho fatto l’altra sera!”
“Cioè?”
Si chiese perché Joe avesse assunto quello sguardo strano. Come se fosse spaventato. Come se desiderasse ardentemente qualcosa.
“Io…non ricordo niente…ma…s-se ho fatto qualcosa di stupido…mi dispiace molto!”
“Niente? Non ricordi niente?”
“G-già! Niente!”
Joe sembrò sconvolto, poi scosse il capo e gli diede un buffetto sulla guancia. “Non hai fatto nulla di male! Hai riso e parlato tanto…ti ho accompagnato a casa e sei crollato sul letto!”
Mika scoppiò a ridere. “Ok, solo un sacco di figure meschine allora!”
Joe ridacchiò, con voce stranamente amara. “Già…solo quelle…”. Poi sospirò, abbracciandolo all’improvviso e immergendo il viso nei suoi morbidi riccioli.
Mika avvampò e ricambiò l’abbraccio. Il suo cuore batteva forte, ma non era l’unico.
“Sono contento che sei venuto.” Si staccò velocemente. “Non dovresti andare al lavoro?”
“Oddio!” Mika balzò in piedi e lo fissò ancora per qualche istante. “B-beh! Ci vediamo allora!”
L’altro annuì, sempre con quello sguardo strano. Dubbioso, amaro, nascosto da un’aria serena e un sorriso dolce. Lo salutò e lui scappò via, pieno di domande.
 

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Capitolo 7
*** Aiuto inaspettato ***


 
Mika cantava sempre e ovunque. Cantava mentre cuoceva il bacon, cantava sotto la doccia e quando passava l’aspirapolvere. Poi, la sera, dopo aver cenato e fatto la doccia, si metteva al piano e lasciava che le sue dita scorressero sui tasti. Quello era il momento in cui si sentiva più libero. Diventare amici di Michael Holbrook Penniman Jr significava avere un continuo sottofondo musicale ad accompagnare i vari momenti della giornata.  
Joe Miller stava lentamente imparando ad adorare questo aspetto del suo collega che, indipendentemente da cosa stesse facendo, intonava sempre qualcosa. Se Mika, mentre stava pulendo la macchinetta del caffè o stava sistemando i dolci in vetrina, non cantava nulla, voleva dire che qualcosa non andava.
“Ehi? Tutto bene?”
Mika alzò gli occhi su Joe, che lo stava osservando preoccupato, e scrollò le spalle. “Sì, sì!” disse cominciando a riempire le zuccheriere che aveva raccolto poco prima dai tavoli. In realtà era un po’ depresso, ma non aveva voglia di parlarne.
L’altro si avvicinò e sospirò. “Le bugie non le sai proprio dire.” Prese una manciata di bustine di zucchero e gliele lanciò, cercando di farlo sorridere.
Mika ridacchiò e alzò lo sguardo, rimanendo in silenzio per qualche secondo ancora. “Sai che mi piace cantare?” disse poi.
Joe sogghignò. “Ah, sì? Non l’avevo mai notato…”
“Ho mandato alcune mie canzoni a delle case discografiche…”
“Eh?”
Il ricciolino sospirò. “L’ultima che mi ha risposto ha detto che dovrei accostarmi di più a Robbie Williams e le icone del momento…”. Era arrabbiato e dalla sua voce trapelava chiaramente. Lui voleva essere se stesso, non la copia di qualcun altro.
“Beh…da quello che ho sentito una voce strepitosa ce l’hai! Però canti sempre cose di altri! Componi anche musica tua?”
Mika arrossì fino alla punta dei capelli. Joe credeva che lui avesse una voce STREPITOSA! Stava per svenire. “Beh, sì! Potrei farti sentire qualcosa un giorno!”
“Perché non carichi su Myspace?”
Che diamine era Myspace? “Su cosa?”
“È una rete sociale su cui puoi creare un tuo profilo e caricare la tua musica. Le persone potranno ascoltare e dare un’opinione!”
Geniale, c’era solo un ma. “Joe…io sono una schiappa con il computer! Non riuscirei mai a fare una cosa del genere!”
Joe scoppiò a ridere. “Ci sono io, no? Ce l’hai il computer?”            
“Sì!”
“Allora dopo il lavoro vengo da te e iniziamo a lavorarci! Ti va?”
“S-sì!” Mika tremava dall’emozione. Joe sarebbe venuto a casa con lui. Cominciò a pensare alle condizioni dell’appartamento: non ricordava se fosse presentabile o meno. Era talmente concentrato nei suoi pensieri che rischiò di rovesciare il contenitore dello zucchero. Lo riacciuffò per un pelo e osservò Joe, mentre quest’ultimo si sbellicava dalle risate. Ultimamente era davvero allegro.
 
Mika si sedette al piano, stiracchiandosi e poggiando le dita sui tasti. L’idea di cantare davanti a Joe lo innervosiva e neppure lui riusciva a spiegarsi del tutto il perché. Eppure ora erano lì e non restava altro da fare. Iniziò suonando la canzone che Angelina preferiva in assoluto. Lei la definiva dolce e sincera e lui, mentre la cantava, sapeva di svelare una parte di sé diversa da quella che mostrava di solito. Joe era seduto al tavolo da pranzo, e lo fissava con la curiosità scritta negli occhi, in attesa che cominciasse.
La voce tremava, ma pian piano Mika acquistò sicurezza e si perse nella melodia, suonando delicatamente il piano.
In any other world
You could tell the difference
And let it all unfurl
Into broken remnants
Smile like you mean it
And let yourself let go
'Cause it's all in the hands of a bitter, bitter man
Say goodbye to the world you thought you lived in
Take a bow, play the part of a Lonely, lonely heart
Say goodbye to the world you thought you lived in
To the world you thought you lived in
I tried to live alone
But lonely is so lonely, alone
So human as I am
I had to give up my defenses
So I smiled and tried to mean it
To let myself let go
'Cause it's all in the hands of a bitter, bitter man
Say goodbye to the world you thought you lived in
Take a bow, play the part of a lonely lonely heart
Say goodbye to the world you thought you lived in
To the world you thought you lived in
'Cause it's all in the hands of a bitter, bitter man
Say goodbye to the world you thought you lived in
Take a bow, play the part of a lonely lonely heart
Say goodbye to the world you thought you lived in
To the world you thought you lived in…..

 
La voce gli morì in gola ancor prima di finire il brano, quando di botto ritornò con i piedi per terra. Si voltò verso Joe e vide che aveva gli occhi lucidi e un sorriso dolce stampato sulle labbra. Per un po’ non disse nulla, come se avesse perso l’uso della parola, poi aprì la bocca.
“S-sei….io, non so cosa dire…ti adoro! Penso che piacerai a un sacco di persone…”
Mika sorrise e arrossì fino alla punta dei capelli. Anche lui aveva gli occhi lucidi.

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Capitolo 8
*** Che fai qui? ***


Mika camminava a passo spedito per le strade deserte di Miami. Era ansioso di rivedere Carolina, a cui aveva pensato parecchio nelle ultime due settimane. Una mattina, uscendo di casa, aveva trovato una borsa sullo zerbino. Dentro era stata riposta con cura la giacca che le aveva prestato, assieme ad un pacchetto di squisiti biscotti al cioccolato.
Arrivò alla solita via quasi correndo ma, svoltato l’angolo, fu costretto a fermarsi. Sotto la fioca luce dei lampioni non c’era proprio nessuno. Riprese a camminare lentamente, continuando a guardarsi attorno. Che fosse ammalata? Oppure non aveva più bisogno di lavorare la notte. Sperò di rivederla in panni diversi dai soliti.
Mika percorse sovrappensiero il tratto che lo divideva da casa, sentendosi vuoto come mai prima di allora. Arrivò davanti al portone e si mise a frugare nelle tasche per trovare le chiavi. Sussultò quando una mano si posò sulla sua spalla. Si voltò e rimase a bocca aperta.
“Che fai qui?”
Joe lo fissò con uno sguardo strano, senza sorridere, e capì che doveva essergli successo qualcosa.
“P-posso rimanere qui stanotte?”
Mika annuì e riprese a cercare le chiavi.
Una volta entrati Joe si sedette sul divano e si tolse la giacca, mentre lui prendeva cuscino e coperte.
“Fai come se fossi a casa tuaaa!” Urlò mentre era immerso nell’armadio. Prese anche uno dei suoi pigiami e tornò in salotto.
“Hai fame? Ti faccio un toast…”
Joe scosse il capo e finalmente accennò un sorriso, che pur essendo smorto almeno rivelava un po’ di sentimento. “Stai tranquillo…” disse semplicemente, prendendo ciò che lui gli porgeva.
Anche lui abbozzò un sorriso. “Nel mobiletto del bagno trovi asciugamani e uno spazzolino di riserva. Prendi pure ciò che ti serve….e….”
Joe si alzò e gli afferrò improvvisamente una mano, stringendola e accarezzandone il dorso. Lo fissò con occhi lucidi. “Grazie!” mormorò poi, dirigendosi verso il bagno e interrompendo quel contatto.
Mika, basito, lo osservò sparire nell’altra stanza. Avrebbe tanto voluto chiedergli spiegazioni, ma sapeva che non era il momento giusto.
 
Il giorno dopo Mika fu svegliato da un fantastico odore di pancake. Si diresse verso la cucina stropicciandosi gli occhi e trovò Joe, decisamente di un umore migliore della sera prima, mentre sistemava la colazione in tavola. Lo accolse con un sorriso e gli fece cenno di sedersi.
Mika trovava parecchio insolito il trovarsi seduto a tavola di fronte a Joe, ma cercò di far finta di niente. “Allora?” disse mentre versava sui pancake una generosa quantità di sciroppo. “Ti va di dirmi cos’è successo?”
Joe cambiò espressione, mettendosi a giocherellare con la forchetta con aria assorta.
Si pentì di aver parlato. “ S-se non vuoi parlarne va bene…”
“Ho un fratello!” Sbottò Joe interrompendolo.
Questo non era decisamente ciò che Mika si aspettava. Aveva un fratello….e allora? Poi si ricordò di qualche chiacchiera fatta al bar e di Joe che gli diceva di essere figlio unico. “M-ma…non avevi detto….?”
“Sì…ma a casa di mio zio ho scoperto dei documenti, delle foto….ed è saltato fuori lui…”
Stettero qualche secondo in silenzio.
“Sei arrabbiato con i tuoi genitori? Cosa provi?”
“Non sono arrabbiato…e solo che mi sono messo a pensare a tante cose. Al fatto che c’è una persona così vicina a me che non conosco…e…”
“E?”
“Non so…mi sono messo a filosofeggiare sulla vita….poi sono uscito e sono venuto qui.”
Joe lo osservò intensamente, facendo scorrere lo sguardo sui suoi lineamenti, soffermandosi poi sulle labbra.
Mika, prevedibilmente, arrossì fino alla punta dei capelli, senza riuscire a sostenere quello sguardo. “C-come mai proprio qui?”
Joe ridacchiò e si mostrò imbarazzato, forse per la prima volta da quando lo conosceva. “Non so, forse perché sei la persona a cui penso di più ultimamente….”
Pensò di svenire mentre l’altro lo fissava con sguardo a metà tra l’incerto e lo speranzoso. “Davvero?”
“Sì.”
Joe abbassò lo sguardo sui suoi pancake, cominciando a mangiarli in silenzio mentre lui lo fissava imbambolato.
“Ma dimmi…come va con Myspace?” Chiese cambiando completamente argomento.
Mika si batté una mano sulla fronte. Negli ultimi giorni era stato così impegnato da non ricordarsi neppure di controllare. “Non lo so!”
Joe si alzò di scatto e corse al pc. Mika non lo seguì, aveva una paura matta di non essere piaciuto a nessuno. E poi era ancora sconvolto da quell’assurdo cambio di argomento.
Dopo qualche minuto, in cui lui era rimasto immobile sulla sedia, l’altro si mise ad urlare. “Mika, corri! Devi vedere assolutamente!” Dalla voce di Joe non riusciva a capire se avrebbe trovato qualcosa di positivo ad attenderlo.
Arrivò davanti al pc e osservò la pagina. Non ci volle molto perché rimanesse a bocca aperta. C’erano più di mille commenti.

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Capitolo 9
*** La vita cambia ***


Quando la vita cambia davvero succede in fretta. Un giorno torni a casa dal lavoro stremato e ti siedi sul divano immergendoti nei sogni, il giorno dopo stai parlando con un uomo che ti propone un contratto presso la sua casa discografica.
Mika correva per le strade di Miami, inciampando ovunque e andando a sbattere contro la gente. Agli insulti rispondeva con un sorriso ebete, per poi rimettersi a correre. In quel momento avrebbe potuto partecipare ad una maratona, e avrebbe sicuramente vinto. Quello era il momento in cui era il sogno ad aggredirlo e lo rendeva soddisfatto per la seconda volta in poche settimane.
Arrivò alla villetta a schiera ormai familiare e cominciò a suonare al campanello. Non riusciva a stare fermo, aveva il respiro corto e rideva come uno scemo.
Vederlo e saltargli addosso furono una sola cosa.
“Mika! Che cavolo hai?”
Joe lo strinse mentre Mika si aggrappava a lui, come un piccolo koala. “Mi ha chiamato! Mi ha chiamato!”
“Ma chi?”
“Vuole farmi un contratto discografico!”
Joe lo fissò confuso per un po’, prima di scoppiare a ridere a sua volta e stringerlo ancora più forte. “Lo sapevo! Lo sapevo!”
Stettero un po’ così, stretti in quell’abbraccio, poi Mika si allontanò un po’ per guardarlo negli occhi. “E tutto grazie a te…”. Si avvicinò timidamente alle sue labbra e l’altro coprì la distanza in un battito di ciglia. Si unirono in un bacio passionale, come se già si conoscessero, come se già si fossero esplorati. I loro corpi si strinsero, aderendo uno all’altro stretti tra le braccia, e così rimasero per parecchio.
 
Joe adagiò Mika sul letto con dolcezza, e con altrettanta delicatezza si stese su di lui. Unì nuovamente le loro labbra e le sue mani iniziarono subito ad insinuarsi sotto la camicia. Gli accarezzò i fianchi, godendo di quella pelle morbida, e iniziò a sbottonare l’indumento, scoprendo il petto dai muscoli leggermente delineati. Con la lingua iniziò a torturargli i capezzoli, facendolo gemere per il piacere, e facendo volontariamente scontrare i loro bacini.
“Joe….” Sospirò Mika aggrappandosi alla sua schiena, facendolo spogliare a sua volta.
Joe, completamente nudo, gli lasciò una scia di baci sull’ombelico, spostandosi poi verso il basso. Ormai in preda alla frenesia gli tolse rapidamente i jeans e la biancheria, scoprendo il suo membro eretto. Lo accolse nella sua bocca e iniziò a muoversi sempre più velocemente, facendo impazzire il ricciolino sotto di lui, che accompagnava i suoi movimenti.
Mika venne lasciandosi sfuggire un urlo di piacere, mentre Joe gli baciava delicatamente il naso e le guance, e gli scostava le ciocche sudate dalla fronte. Poi lasciò che l’altro lo penetrasse e ben presto il dolore lasciò posto alla felicità di donare all’altro il piacere che lui aveva appena vissuto. Mentre Joe raggiungeva l’orgasmo le sue mani gli accarezzavano la schiena e il suo corpo si donava completamente a lui.
Rimasero abbracciati a lungo tra le lenzuola, baciandosi e coccolandosi. Parlandosi con le carezze ed esprimendo quel nuovo amore.
 
Quando la vita cambia a volte non te ne accorgi, perché la felicità ti rapisce e ti porta lontano. Ed è forse questa la bellezza, in quella tenera inconsapevolezza che magari poi rimpiangi, ma che ti dà anche la forza di lottare per qualcosa.
 
Ciao! Primo angolo autrice…:3 Questo capitolo è scritto di getto e non so davvero come sia nato, visto che io sto attraversando un periodo tutt'altro che facile. Per me è come se la storia cominciasse da qui, e questi due ne passeranno davvero tante! XD Spero continuerete a seguirmi! Baci e alla prossima!

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