Il diario di una sfigata cronica

di Alexis Cage
(/viewuser.php?uid=450143)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piove ***
Capitolo 2: *** Ma non ha senso ***
Capitolo 3: *** Posso disperarmi, adesso? ***
Capitolo 4: *** Mi perseguitano tutti ***
Capitolo 5: *** Troppi suoni, troppi spari ***
Capitolo 6: *** Vomito a gogò ***
Capitolo 7: *** Ovviamente ***
Capitolo 8: *** Poi si vedrà ***
Capitolo 9: *** Chiaccherate tra volatili ***
Capitolo 10: *** Lezioni di danese e caos...come sempre ***
Capitolo 11: *** Voli imprevisti e altri grilletti premuti ***
Capitolo 12: *** Tutto molto incasinato ***
Capitolo 13: *** Scopro che nei recessi della mia anima c'è una Ivy figlia dei fiori e allegramente odiosa ***
Capitolo 14: *** Perdiamo qualcosa indietro ***
Capitolo 15: *** Tanta stanchezza ***
Capitolo 16: *** Abbiamo un paio di birre ***
Capitolo 17: *** Ma quanto sono forte? ***
Capitolo 18: *** Loquacità a mille e gente troppo neutra ***
Capitolo 19: *** Tentano di ammazzarmi e faccio discorsi deprimenti...la mia solita giornata, insomma ***
Capitolo 20: *** Mi fregano, e pure spesso ***
Capitolo 21: *** Terrore ***
Capitolo 22: *** Ansia ***
Capitolo 23: *** I cinque minuti peggiori della mia vita ***
Capitolo 24: *** Colazione ***
Capitolo 25: *** Faccio amicizia e mi deprimo nel giro di due ore ***
Capitolo 26: *** Tanto tra poco moriremo ***
Capitolo 27: *** Pre ***
Capitolo 28: *** Il mio carissimo amorino complessato esce di testa ***
Capitolo 29: *** Pianifichiamo ***
Capitolo 30: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 31: *** Un attimo di troppo ***
Capitolo 32: *** Il piano malefico va a compimento ***
Capitolo 33: *** Cose da tutti i giorni ***
Capitolo 34: *** Prendo a calci di tutto ***
Capitolo 35: *** Magari ***



Capitolo 1
*** Piove ***


Accade velocemente, come in un flash.

Papà è completamente concentrato su di me. Non si è accorto del qualcuno che gli è strisciato alle spalle...e che gli ha appena rubato la pistola dalle mani.

Dopo qualche istante di fragore sono tutti per terra. Sanguinanti o morti, tanto non fa molta differenza.

Resta solo papà, ma per poco: dopo un bel discorsetto si spara in testa. Magari voleva far uscire i cattivi pensieri che aveva, magari voleva semplicemente smetterla di fare cazzate. Poco m'importa, tanto...si sarà ammazzato, sì, ma non me ne frega un cazzo. Lui non è mai stato mio padre.

Eccole lì, quelle tre parole. Semplici da pronunciare.

La mia voce suona strana mentre le dico. Il silenzio che segue fa quasi male alle orecchie.

Il silenzio che segue...e che resta.

Perchè non è cambiato nulla. La formula non funziona.

Non funziona.

Sono ancora tutti morti, anche io.

Ho fallito.

E ora...ora cosa cazzo devo fare?


Sono un fantasma, un cazzutissimo fantasma. Che figo.

Fossi un maschio, penserei di andare nelle docce femminili...ma sono una femmina, e non abbastanza depravata da fare una capatina negli spogliatoi maschili di qualche squadra di rugby (anche perchè non è che il naso smette di sentire la puzza, quando si muore). Così, non mi resta altro da fare che girare senza alcuna meta per la città.

Come sempre. Mi mancano solo i roller.

E anche tutti gli altri. Sì, diciamocelo, mi mancano. E sicuramente aumenta la mancanza il fatto che ho creduto sul serio di poter rimettere a posto le cose.

Ma evidentemente non sono stata abbastanza potente.

E ora, che mi resta? Un cazzo, ecco cosa.

Un tuono scuote il cielo. Alzo gli occhi verso le nuvole, chiedendomi distrattamente se un fantasma possa prendersi la polmonite, poi li riporto sulla lastra di marmo che ho davanti.


"Evelyn Sullivan

morta a 17 anni

amata figlia e sorella

non verrà dimenticata"


Non ci hanno messo nemmeno dei fiori, quei porci bastardi. Schifosi figli di puttana.

Beh, almeno a me è andata meglio che agli altri: io una tomba ce l'ho (vuota, ma ce l'ho), e un qualcosa che testimoni la mia esistenza in questo mondo. A loro cosa resta, non contando i corpi che si decomporanno in quella merda di casa di metallo?

Niente, ecco cosa resta. E pure a me.

Fanculo.

Non so perchè, ma appena mi chiedo che ora sia so esattamente che sono le tre e mezza del pomeriggio. Tra poco arriverà Mary, come ha sempre fatto in questa prima settimana di lutto. Magari anche questa volta ci sarà Alice, forse con loro verrà Brian. Sono stati gli unici a farlo...ma dire che non mi importa niente del basso numero di visitatori è poco: dio, è vero che ci si accorge di cosa si aveva quando è troppo tardi.

L'ultima volta che li ho visti avevano gli occhi rossi. Tutti e tre. Sono certi che li abbia abbandonati per sempre, e sono disperati per questo.

Ma io non li abbandonerò. Sarà una strana bontà caratteristica dei fantasmi, ma voglio restare con loro e difenderli, per quel che posso.

Chissà, magari un futuro ce l'ho ancora. Posso aiutarli. Posso cercare June. Posso far finta che non sia successo niente. Posso...

-Evelyn Faber, giusto?-

No.

Non è possibile.

Questa voce.

Non riesco nemmeno a voltarmi, tanto sono esterfatta. Perchè...perchè non è possibile.

L'ho visto morire. Ho aspettato accanto al suo cadavere, pregando che diventasse un fantasma...ma non è successo.

È morto.

-Ultime parole?-

No, un attimo. Ok, sono leggermente shoccata...ma qui c'è qualcosa che non va.

Questa non è esattamente la sua voce. Ha qualcosa...di strano.

Di diverso.

Infine, mi volto. Non posso dire che prima le mie gambe fossero pietrificate, visto che le gambe non ce le ho più...diciamo che mi sono leggermente paralizzata nel cervello.

Perchè è impossibile.

Eccolo qua. Esattamente davanti a me.

Ma...è diverso.

A parte i vestiti neri che mi ricordano assurdamente quelli che indossano le spie nei film. A parte il pallore quasi spettrale e le occhiaie. A parte il fisico più asciutto e atletico, come se si fosse allenato per anni. A parte la cicatrice che gli attraversa l'occhio sinistro (che è ancora al suo posto, grazie al cielo).

Quello che mi lascia senza fiato è il suo sguardo. Gli stessi occhi, sì...sempre di quel colore assurdo, indimenticabile...ma lo sguardo, quello sguardo.

Non è il suo.

Ha uno strano dispositivo in mano. Una parte della mia mente si chiede cosa diavolo sia, ma la situazione assurda riprende tutta la mia attenzione.

Perchè è lì, davanti a me. Ma non è lui.

-E...Evan?-

Il suo volto impassibile non fa una piega. È una maschera bianca, vuota, senza emozioni.

No, questo non può essere lui.

-Beh, non sono molto originali come ultime parole. Buona parte delle altre ha detto la stessa cosa. Comunque...addio.-

Attiva il dispositivo. Quasi non me ne accorgo.

Perchè non so proprio cosa dovrei fare.

Il dispositivo si illumina.

E dopo, semplicemente, smetto di esistere.


Evan spegne il dispositivo quasi distrattamente, la mente già rivolta alla prossima meta.

Ormai gliene manca solo una, poi potrà tornare a casa.

Ma lui gli ha detto di stare attento, alla diciannovesima, all'ultima: è lei quella che ha creato la realtà senza poteri. Tutto quel casino l'ha fatto lei...e chi è, quello che ne pulisce la merda?

Lui. Ovviamente.

Ma non è il momento di perdersi in pensieri del genere. Lui gliel'avrà detto mille volte, ogni volta che si distraeva...chissà come faceva a scoprirlo sempre, poi. Di certo non leggendogli nella mente, visto che nessuno può farlo.

Bene, è ora di andare.

Evan getta un'occhiata veloce alla lapide, come ha già fatto altre undici volte. Sfigata, questa Evelyn: su diciotto che ne ha incontrate, solo sei erano ancora vive; le altre erano o già morte, o fantasmi. Beh, tanto meglio: meno lavoro per lui.

Rimette il dispositivo nella cintura, poi ne prende in mano un altro. Schiaccia un piccolo tasto rosso.

Un secondo dopo, nel cimitero non c'è più nessuno. Nè vivo nè morto.

E, ironia della sorte...comincia a piovere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ma non ha senso ***


Sto camminando per la strada dove abito da, circa, quando sono nata.

Anzi, no. Non sto camminando.

Sto saltellando...e di certo questo non favorisce l'immagine che tutti i miei cari vicini hanno di me. Tutto è cominciato quando, più di dieci anni fa, un certo caro fratellone ha avuto la brillante idea di rubarmi le mutande del costume da bagno che avevo perso nella piscinetta allestita da papà, e sventolarle per tutta la via...certo, io non avrei dovuto rincorrerlo per riprendermele, ma fa niente. È un'altra storia.

Comunque, riesco a frenare l'entusiasmo e a camminare da persona normale (non che io possa sembrare normale, ovviamente).

Che poi, perchè sono così entusiasta? Sto solo andando a casa di Evan per poi accompagnarlo dove gli altri ci aspettano, come sempre fatto negli ultimi tre giorni.

Gli altri hanno accettato Evan nel gruppo meglio di quanto mi sarei mai aspettata. Insomma, pensavo fossero almeno un pochino scettici...e invece no. Subito amiconi, come se si conoscessero già.

Proprio strano, visto che (in teoria) non si sono mai visti prima della scorsa domenica.

Destino? Chi lo sa. Evan dice che è già tanto che siamo tutti vivi, qua, vista la fortuna che sembra ammantarci...e ogni volta che provo a esporre le mie pare mentali su tutto quello che è successo mi blocca in un modo rapido, esplicito ed efficace.

Di certo le pare mentali mi passano di mente, quando lui mi blocca in quel modo così efficace che è il baciarmi.

Io ed Evan. Sì. Il mio subconscio sarà fiero di me.

Anche se penso non sarebbe tanto contenta di quanto poco ci sia in quell' "io ed Evan"...ma insomma, non possiamo stare appiccicati ogni santo secondo: almeno in questa realtà non voglio farmi dare della troia solo perchè vado con uno che conosco da una settimana.

Beh, in effetti lo conosco da molto di più.

Ben due settimane, contando il "prima". Un vero record.

Il cielo è sereno come l'ho visto poche volte nella mia vita. Nella mia lunga vita.

Adoro poter dire sinceramente di avere una doppia personalità. O meglio...un doppio passato. Ma per adesso la cosa non mi disturba...stranamente. Insomma, è come se avessi due vite diverse nella testa: in una sono Ivy Sullivan, la stronza...nell'altra sono Ivy Faber, la presa male.

Incredibile come lo stesso carattere venga chiamato in modo diverso solo perchè si hanno più amici.

So che dovrei essere quantomeno psicopatica. Del resto, non capita spesso di vivere la propria vita per due volte, una diversa dall'altra...completamente diversa. Ma l'ho capito, ormai (dopo trentaquattro anni di convivenza): non sono normale.

Quindi è meglio non preoccuparsi e basta. Che bello, fare la menefreghista.

Hey, vedo qualcuno in fondo alla via.

È normale, che il cuore mi salti di un battito appena riconosco chi è quel qualcuno?

Come cazzo fa a farmi salire così tanto il diabete?! Poi lui dice che non ha mai avuto poteri...sì, certo. Penso che il mandarmi in corto il cervello ogni volta che ci vediamo possa essere considerato un super potere.

-Hey!- chiamo allegramente. Massì, che vadano a farsi fottere tutti i moralisti. Io lo voglio salutare, io lo saluto, punto.

Evan si volta...come sempre. Come sempre mi aspetto che esponga quel suo sorrisetto snervante che ormai ha ribattezzato lui stesso "il sorrisetto per la cogliona".

Di certo non mi sarei mai aspettata quello che vedo quando sposta gli occhi su di me.

Perchè, beh...ha un'espressione estremamente vuota.

In modo quasi inquietante.

-Cos'è tutta questa allegria di prima mattina?- chiede qualcuno...qualcuno che, mio malgrado, conosco fin troppo bene.

Ah, ecco spiegata l'espressione strana di Evan: esattamente davanti a lui (per questo non l'avevo visto, il bastardo si era nascosto dietro) c'è Jack con la sua solita faccia seccata dal mondo.

-Prima mattina? Sono le undici.- noto mentre li affianco. O meglio: affianco Evan.

Sposto il peso sul piede più vicino a Jack, sperando che non abbia notato questa piccola cosa che nella mia mente sembra gigante quanto il mio ego.

Io paranoica? No, per niente.

-Infatti. È prima mattina.- ribatte Jack dopo qualche istante. Io lo guardo male:

-Ti rendi conto che stai sprecando la tua vita a dormire?-

E qua accade qualcosa di molto, molto strano.

Insomma, d'accordo, stiamo insieme da una settimana (sì. Stiamo insieme. Wow)...ma qualche volta ho anticipato quello che Evan avrebbe replicato alle mie massime, come se ci conoscessimo da anni, e anche ora quasi prevedo quello che dirà, qualcosa come "senti chi parla" o "Ha parlato quella che sta sempre sveglia" o un classico "sarebbe uno spreco anche se non dormisse mai"...e invece no.

Semplicemente, non dice niente.

-Senti chi parla. Tu neanche ti svegli, di mattina, ti alzi e basta.- fa Jack dopo qualche secondo di ritardo. Sì, di ritardo...perchè ne sono certa: quello avrebbe dovuto dirlo Evan.

Ecco...diciamo che lo sento.

Getto uno sguardo di puro odio a Jack proprio mentre sbucano dal fondo della via Bill e Mary. Al momento giusto, oserei dire: così posso guardare cosa diavolo sta accadendo a questo cazzone al mio fianco.

La prima cosa che noto è che è pallido. Davvero pallido. Arriva quasi al livello dell'avvelenamento cronico dell'altra vita. Come cazzo ho fatto a non vederlo prima?!

E poi...sbaglio, o sembra più magro? E cosa sono, quelle occhiaie da ore piccole?

E perchè cazzo io mi sto preoccupando così tanto? La preoccupazione faceva parte dell'altro mondo. Questa è una realtà diversa, migliore...dove la gente si può anche beccare l'influenza. Sì, probabilmente si è ammalato.

Deve essere così.

-Ivy? Sei ancora tra noi, o dobbiamo chiamare ET per riaverti?-

Guardo male pure Bill. Sì, oggi è proprio una giornata da occhiatacce.

-Ci sono, non preoccuparti troppo.-

-E chi si preoccupav...?-

-Oggi.- comincia Mary, interrompendo il biondo prima che cominciamo a battibecchiare...come ogni giorno -Pensavamo di andare a mangiare alla pizzeria ristorante indiano accanto al cinema, poi andiamo a vedere il film, com'è che si chiama...?-

-Carrie.-

-Sì, quello, con Alice e Brian.-

-Che ovviamente verranno da posti completamente diversi.- nota Jack mentre cominciamo a camminare tutti assieme. Io faccio il mio sorriso da presa per il culo:

-Quando si decideranno a dirci che stanno insieme?-

-Mai, probabilmente.- risponde allegramente Bill, che ovviamente trova tutta quella situazione spassosa.

-Beh, sanno che li prenderesti per il culo fino alla morte. Ci credo che non si decidono a dirlo.- interviene Evan.

Sì, il morto che cammina è intervenuto. Che miracolo.

E...sì, sta decisamente male. Probabilmente si è beccato una di quelle influenze che fanno venire mal di gola...come spiegare quello strano tono che ha nella voce, se no?

Evan nota che lo sto studiando. Fa una faccia prima sorpresa, poi divertita:

-Ho un volto così bello che rimani abbagliata ogni volta che lo vedi?-

...sì, sono proprio un'idiota a preoccuparmi.

E di che, poi? È Evan, c'è il sole e tutto va bene.

Devo essere proprio messa male, se quelle tre magiche parole mi sembrano quasi...stonate.

No, Ivy, no. Questa è la realtà senza poteri. Deve andare tutto bene.

Punto.

-Non hai pensato che magari ti fisso spesso perchè hai un volto davvero orrendo?-

-No, è impossibile.-

-Vanitoso.-

-Bugiarda.-

-Sicuro di star bene?-

Domanda shock. Che persona terribile che sono, a fare queste domandine a tradimento mentre mi preoccupo per gli altri.

Evan non risponde. Ha gli occhi fissi su Mary e Bill, a braccetto poco davanti a noi, ma non li vede davvero. Mi accorgo a malapena che anche Jack lo sta fissando con un cipiglio preoccupato.

Cioè...Jack è preoccupato per Evan. Siamo proprio in un'altra dimensione.

-Sì. Sì, dai, sto bene...stamattina mi veniva un po' da vomitare ma è passato, dai...-

-Sì, perchè se ti viene da vomitare stai da dio.- nota Jack con la sua simpatia solare. Beh, non posso dargli torto.

Evan alza gli occhi al cielo:

-Andiamo, ora sto meglio.-

-E tra poco dovrai mangiare in un ristorante indiano. Sì, sei proprio nel pieno delle tue facoltà mentali.- aggiungo io con la mia, di simpatia solare. Evan sbuffa, poi fa una smorfia e deglutisce velocemente.

-D'accordo, l'idea dell'indiano non mi fa impazzire, ma...il film...-

-Facciamo una bella cosa, ok?- lo interrompo senza tante cerimonie -Io ti accompagno a casa e questi qua vanno a mangiare. Io li raggiungo dopo, al cinema...e te te ne starai a casa a riposare.-

-Ma...-

-Non era una domanda, genio.-

Quanto mi piace zittirlo così. Sì, sono una dittatrice nata.

Evan abbassa le spalle, come afflosciandosi, e annuisce stancamente. Dio, deve stare proprio male per non tentare di averla vinta in una discussione con me.

-Quindi non vieni a mangiare?- interviene Mary. Io sorrido tranquillamente: qua mi riesce facile farlo.

-Sì, non è un problema.-

-Così Evan si risistema per bene.- aggiunge Bill, poi i due piccioncini riprendono a camminare serenamente per la strada, come se non ci fosse alcun problema al mondo.

Jack resta ancora per qualche secondo con noi.

-Non vuoi che venga anche io? Nel caso 'sto qua stia davvero male e tu debba trascinarlo in casa, sai.-

-Come osi dubitare di me, il maschio mancato per eccellenza?!- replico subito con un'occhiata d'odio, poi aggiungo:-Tanto saremmo stati io e lui nell'angolino, con Bill e Mary sulle loro e te troppo distratto da una certa cassiera...-

E Jack, incredibilmente, sorride. Già, qualche giorno fa Roxanne (la cassiera sopracitata) ha accettato di uscire con lui dopo averlo tenuto sulle spine per un po'. Che simpatica, eh?

Quanto mi piace fare la zia petulante impicciona...specie quando di mezzo ci sono i miei amici.

Così quei fantastici tre cominciano la marcia verso il ristorante, e io e Evan cominciamo la marcia verso casa sua.

-Mi sa che devo vomitare.- mi annuncia mentre raggiungiamo la porta d'ingresso. Io non riesco a non ghignare, vedendo la sua faccia sofferente. Sì, sono proprio comprensiva.

Finalmente siamo dentro casa sua (cioè, casa di Dan e Angie). Faccio un inchino a Evan mentre dico:

-Orsù, signore, muovete il culo verso la vostra profumata destinazione per espeller...-

Ma non finisco la frase.

Perchè mi sono raddrizzata, e ho visto una cosa proprio strana.

Evan ha una pistola in mano. E ce l'ha puntata esattamente verso...me.


-Ultime parole?-

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Posso disperarmi, adesso? ***


Non ha senso. Per niente.

E non parlo solo dell'avere una pistola puntata alla testa. Perchè accade qualcosa di davvero, davvero, strano...nella mia mente. Come sempre.

ABBASSA LA PISTOLA

Quasi non mi accorgo di starlo facendo. Perchè, insomma...dovrebbe essere impossibile.

Mica questa è la realtà dove i poteri non sono, non erano e non saranno mai esistiti?

Cosa cazzo sta succedendo?!

Lo stupore, però, non intacca il funzionamento della mia vista: così metto da parte il piccolo problemino del traviamento mentale (che in teoria non potrei fare) e guardo Evan...o almeno, questo qua che assomiglia terribilmente a Evan.

E rimango senza parole...di nuovo. Cos'è, sta tornando una cosa quotidiana? Pensavo fosse finita, tutta questa faccenda del restare ogni dannato secondo senza parole.

-Com'è che sai fare questa cosa, te?-

E, incredibile ma vero...lui sembra più sorpreso di me.

Comunque, qua c'è un altro problema. Il traviamente non ha funzionato.

Quindi: sono nella merda.

-Perchè questo tono sopreso? Dovresti saperlo, che questa è la realtà dove non esistono i poteri, è ovvio che io non li abbia.- dico senza rendermene conto. Beh, però è vero...ma, anche se per il fallito traviamento sembra che io non abbia davvero i cosi, quasi mi sembra di sentire che questo qui non è Evan.

Quindi, ecco la domanda clou: dove cazzo è finito il mio Evan?!

-Sì che hai i poteri, sono io immune. E...non sai proprio raccontare palle, come tutte le altre. So che sai.- fa lui.

E sarà dal suo tono di voce, sarà per lo sguardo torvo che ha...ma qua mi arriva una specie di illuminazione (incredibile).

Lui è Evan...ma è un altro. Non il mio, ma è sempre un Evan.

-Cosa dovrei sapere?- chiedo con tono scazzato. Sì, ho una pistola puntata alla testa e ho un tono scazzato.

-L'esistenza delle realtà. Te che ne hai creata una nuova e hai scombinato i confini tra tutte, rendendo possibile viaggiarci attraverso...o forse no. No, forse ti sei fermata alla formula e poi basta.-

La cosa strana è che sembra davvero dispiaciuto di essersi lasciato scappare qualcosa di troppo.

Ma comunque...se l'è lasciato scappare, e ovviamente non posso ignorarlo.

Esistenza delle realtà? Viaggiarci attraverso?! E...è pure colpa mia?!

No, dai. Mi sta raccontando palle. Sicuramente...forse per prendere tempo per uccidermi più tardi, solo lui sa perchè.

-Facciamo così: se vuoi sparare, fallo.- faccio io. E lo penso davvero -Abbi un attimo di pietà e fallo subito.-

Ed ecco che accade l'ennesima cosa che mi lascia senza parole: il falso Evan ghigna...e in un modo molto simile a quello del vero Evan.

-Ah, ma io non voglio ucciderti. Lui è stato chiaro: se avessi trovato una di voi che fosse arrivata ancora viva dopo la formula, avrei dovuto portargliela. Viva.-

-...quindi non mi puoi uccidere come hai fatto con le...altre?- tento. Magari ci casca e si lascia scappare qualcos'altro che mi faccia capire cosa cazzo sta succedendo.

Così, sarebbe carino capirci qualcosa.

E ovviamente non ci casca. Ghigna ancora (no, Ivy, no. È impossibile che sia Evan. Ricordalo) e risponde serenamente:

-No, non ti posso uccidere. Sei l'ultima, complimenti, e potrai pure continuare a vivere...e non stai capendo un cazzo di quello che sta succedendo...-

-Chi è "lui"?- lo interrompo. Sì, non mi piace quel suo tono da presa per il culo. Forse riuscirei a sopportarlo meglio, se non avessi una fottuta pistola puntanta alla testa.

-"Lui" è un pronome personale di terza persona singolare, grammaticalmente sbagliato perchè la forma corretta è "egli", e...-

-Sai una cosa? Fottiti.-

Sì. Mi punta una pistola alla testa e io lo insulto.

Normale.

Nonostante tutto, la situazione mi sembra stabile. Insomma, lui mi minaccia e mi sfotte, io gli rispondo male. Niente colpi di scena.

E invece no, perchè la vedo benissimo: quell'ombra improvvisa che gli oscura gli occhi un po' verdi un po' blu.

Dopo io faccio la tremenda cazzata di preoccuparmi per lui...ovviamente.

-...Evan?- lo chiamo titubante. Sarà sbagliato, ok, ma insomma, è uguale. Sembra solo un attimo più cattivo...ma è innegabile.

Lui è Evan. Forse...un Evan di un'altra realtà?

Ma dura solo un attimo: l'ombra scompare e l'espressione torna quella di prima.

-Cos'è, hai la sindrome di Stoccolma, ora? Gentile a preoccuparti per me, Ivy...ma questo non toglie che verrai con me, che tu lo voglia o...no, aspetta.-

Stavolta è più marcata, l'espressione esterfatta che ha. Mi guarda con occhi semplicemente increduli mentre dice con voce insicura:

-...Ivy...?-

Che ho combinato, ora?

-Perchè cazzo ti ho chiamata Ivy?!-

-Perchè forse io mi chiamo Ivy?!- ribatto incazzata. Quasi penso di averlo zittito...ma dura poco.

-No.- fa infatti lui con tono sicuro -Te ti chiami Evel...ah, giusto. È un diminutivo.-

Devo dire che non è molto sveglio. E non mi viene neanche lontanamente in mente l'idea che questo potrebbe avvantaggiarmi.

-Però. Che cima.- faccio io...poi decido di riprovarci. Magari ora che sembra distratto si lascerà sfuggire qualche spiegazione su cosa cazzo stia accadendo -Nella tua realtà non mi chiamavano così?-

-No. Nella mia realtà c'erano le stelle e gli arcobaleni e tutti erano felici.-

-E fumavano anche qualche erbetta strana, magari?-

Accade in un istante...ma accade: l'Evan dell'altra dimensione sorride per quello che ho detto.

Un secondo dopo, però, ritorna alla sua solita espressione semi impassibile, semi sarcastica, semi preoccupata.

-Nella mia realtà non ti ho mai conosciuta. Come cazzo faccio a sapere che ti chiamano Ivy?-

-Se non lo sai te.-

Scrolla la testa, come stesse davvero pensando a una risposta per questo quesito irrisolto. Poi sembra riscuotersi: mi ripunta la pistola alla testa (non mi ero nemmeno accorta che l'avesse abbassata un poco, fantastico) e dice con quel tono neutro che il mio Evan non ha mai avuto:

-Ora andiamo nella mia realtà.-

-No.-

Eheh. Hai sentito bene, caro mio, è inutile che tu faccia quell'espressione incazzata.

-E perchè, di grazia?-

-Perchè se vengo probabilmente quell'"egli" mi ucciderà...se mi rifiuto però tu non mi ucciderai, visto che devi portarmi viva da quello là.-

E ora gli compare un sorrisetto fastidioso sul volto. Dio, è quasi uguale a quello dell'Evan che conosco io...ma c'è qualcosa in più: un pizzico di crudeltà.

-Non posso ucciderti, è vero. Ma come la mettiamo con gli altri? I tuoi amici così simpatici...-

Merda.

È vero, in questa realtà ci sono persone a cui voglio bene.

-Li avviserò. Mi aiuteranno, ti cattureranno e di sbatteranno in prigione.-

Ah, quanto sarebbe bello se accadesse per davvero.

-E magari i morti cammineranno sulla terra? Che fantasia. Ma ora basta: dobbiamo andare.-

-Dove?-

-Vieni con me e lo vedrai.-

Sembrerebbe quasi la proposta di un'avventura entusiasmante...se non fosse per il tono.

-No.-

-Allora qualcun'altro morirà, e sarà tutta colpa tua...Ivy.-

Che simpatico...ma un attimo.

Qualcun' altro.

E un pensiero terribile mi passa nella mente. Ha lo stesso effetto di un fulmine. Prima c'era il buio, quel buio dell'ignoranza che è così bello; dopo arriva il fulmine...e, quando torna il buio, tutto è cambiato. Anche se è passato, gli occhi hanno visto.

Evan, il mio Evan, è morto.

È inutile sperare che non sia accaduto.

Ma qual'è la cosa che mi fa salire un groppo in gola?

Non mi sento disperata. Solo...solo triste.

Sarà perchè sono diventata crudele? Sarà perchè qua davanti a me c'è un altro Evan?

L'ha ucciso lui. Chissà com'è, essere uccisi da se stessi.

Dio santo. Evan è morto.

-Ora basta. Dobbiamo andare.-

E questo, di Evan, sta per ricevere un calcio nelle palle.

-No.-

-Non era una domanda.- replica lui. Prende un qualcosa dalla tasca dei jeans che indossa: una specie di scatolina di metallo con un bellissimo, classicamente rosso tasto.

E, senza dire niente, lo preme.

Passa un secondo.

Due.

Tre.

Al quarto, mi vien da chiedermi quanto basso possa essere il suo quoziente intellettivo.

-Allora? Mica avevi fretta?- non riesco a trattenermi dal dirgli. Sì, dai, ormai si è capito che sono leggermente masochista.

Gli è ricomparsa quell'espressione esterfatta...poi sembra capire qualcosa (almeno qualche volta l'unico neurone che ha si accende).

-Ah. Oh.-

Bene, ora va avanti a monosillabi.

-Merda. Il trasporto vale per una persona. A questo Faber non aveva pensato...-

-FABER?!-

D'accordo, forse non avrei dovuto interromperlo così. Ma insomma...porca puttana!

-Non dovevo dirlo.- dice Evan/nonEvan. Io non lo cago.

-Cioè, anche nella tua realtà mio padre ha rotto la minchia e ha cercato di distruggere il mond...-

E questo Evan scoppia a ridere.

Sì, non me lo sto immaginando. Ride, e di gusto, come se avessi detto qualcosa di spassoso.

Non avrei mai pensato di essere così simpatica.

-Tuo...padre?! Ma se lui l'ha ucciso dopo che l'ha potenziato! Era troppo debole, troppo indietro...Nathan non ha dovuto nemmeno scomodarsi, ha lasciato l'onore a me.-

Poi chiude la bocca di scatto, ricordandosi con chi sta parlando. Ma è troppo tardi.

Ed è come se la mia stessa mente fosse un passo avanti a me: è così, che comprendo un po' di cose.

Nathan. È Nathan che guida i pensatori nell'altra dimensione. È Nathan che, a quanto pare, mi ha uccisa in quella dimensione, e ha ucciso pure l'ennesima versione cattiva di mio, nostro padre. È Nathan che ha inviato Evan ad uccidermi in ogni dimensione.

È Nathan il cattivo.

La voce dell'altro Evan mi richiama bruscamente alla realtà.

-Sì...potrei tornare indietro, prendere un dispositivo anche per te e tornare...ma chi mi dice che sarai ancora qua ad aspettarmi?-

Ha fatto un ragionamento. Allora non è poi così pirla.

-Quindi...facciamo così: domani verrò da te e ti dirò cosa faremo.-

-Fottiti.-

-Lo prenderò come un sì. E dopo...-

Poi sento qualcosa di davvero sorprendente.

Delle chiavi che stanno aprendo la porta d'entrata.

-Eccoci qua, c'è nessuno?!- grida una voce che conosco, ed entrano Dan e Angie.

Guardo Evan...ma ha già messo via la pistola, chissà dove.

-...ciao, vicina di casa.- mi saluta Angie, sorridendo tranquillamente -Stavi portando Evan a divertirsi da qualche parte?-

Sì, in un posto fantastico che molti chiamano "fanculo".

-Dovevamo andare al cinema con alcuni suoi amici, ma non stavo tanto bene.- fa lui con nonchalance, sorridendo amabilmente. Dan lo studia per qualche istante, facendomi provare una sorta di misto di speranza e paura...perchè, se lui capisse, penso che questo Evan non si farebbe troppi problemi a toglierlo di mezzo.

Poi quegli istanti passano: Dan sorride e guarda Angie mentre dice:

-Sarà per quelle polpette che hai fatto ieri, amore caro? Sai, penso non fossero poi così commestibili...-

-Ma sta' zitto, che le hai mangiate anche te e stai fin troppo bene.- replica lei.

-Hai pensato che le abbia mangiate, non significa che io le abbia mangiate per davvero...-

-Io...io penso di dover andare.- intervengo. Spero non si accorgano del tono che ha la mia voce, ma non riesco a fare di meglio. Non ci riesco proprio.

Angie fa spallucce, sorridendo ancora:

-Beh, allora a domani. Spero tu non voglia abbandonare Evan proprio ora che si sta un po' ambientando.-

Io annuisco debolmente. Mi sembra di non avere più forze, sul serio. Non mi sono mai sentita così, nemmeno nell'altra realtà.

Detto questo, Dan e Angie mi salutano e vanno in una qualche stanza della casa. Come dovesse farlo per cortesia, Evan mi apre la porta d'ingresso e mi fa cenno di uscire, sempre con quel sorriso amabilmente falso.

Ho fatto un passo fuori dalla casa, quando vengo tirata indietro. Mi volto subito, pronta a un classico calcio nelle palle (perchè i classici sono sempre i migliori), e mi ritrovo col volto a pochi centimetri da quello di Evan.

No.

Lui non è Evan.

Lui è un assassino...e basta.

Devo ricordarmelo.

Da questa vicinanza spiacevolmente ravvicinata sono più evidenti le differenze tra lui e...ed Evan: sembra ancora più pallido, con occhiaie marcate...e cos'è, quella striscia di fondotinta sull'occhio sinistro?

-Domani pomeriggio loro saranno al lavoro, qua non ci sarà nessuno. Vieni alle due di pomeriggio...o accadrà qualcosa di spiacevole a qualche tuo conoscente.-

Detto questo, mi lascia andare e chiude la porta d'ingresso.

Così.

Le gambe si muovono da sole: torno a casa con la mente completamente sconnessa. È successo tutto così in fretta che non riesco a pensare a niente. O è una specie di autodifesa innalzata dalla mia mente?

Saluto mio padre, ancora in giardino. Passo davanti a mia madre, seduta su una panchinetta del cortile a leggere. Sento Nathan che mi dice qualcosa...dio, Nathan. Entro in camera mia, mi siedo sul mio letto.

Nell'altra realtà ero sola, prima che accadesse il tutto. Quando è cominciato quel tutto, però...avevo gli altri. Avevo qualcuno con cui affrontarlo.

Ora non c'è nessuno.


Dio, non mi è mai venuta così tanta voglia di piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Mi perseguitano tutti ***


È un lunedì, come ogni settimana.

È l'inizio della settimana...come ogni settimana.

Evan è morto. Un altro Evan vuole uccidere tutte le persone a cui voglio bene. Il mio amato fratellone di un'altra dimensione me l'ha inviato contro per farmi quanto più male possibile.

E...non ho per niente voglia di andare a scuola.

Come ogni settimana.

La musica della sveglia, però, mi ricorda rumorosamente che devo alzarmi...e non è semplice riprendere a dormire, in situazioni del genere. Già è tanto che sia riuscita ad addormentarmi...ieri.

Che brutta giornata, ieri. Proprio brutta brutta. Delle peggiori.

Ma...oggi è un nuovo giorno, giusto? E magari sarò più fortunata.

Magari un tir tirerà sotto l'altro Evan.

Non mi resta che sperare, mi sa.

Sento qualcuno che bussa alla porta della stanza, quasi costringendomi ad accendere il cervello e attivare i ricettori uditivi.

-Ivy? Comincio io al bagno, devo produrre qualcosa di molto sostanzioso.-

-Buona cagata.- auguro a Nathan, e lui sghignazza da dietro la porta prima di entrare in bagno e cominciare a...produrre.

Cosa sarà successo, nell'altra realtà, per cambiarlo così tanto?

Cioè, anche in quella vecchia non è che fosse l'allegria, ma almeno combatteva dalla parte giusta. Perchè invece là ha preso il posto dell'uomo che odiava con tutto il cuore (e che ora, probabilmente, ora si sta imburrando un toast in cucina)?

Potrei chiederlo a Evan, visto che sarò costretta ad incontrarlo questo pomeriggio...ah, no, giusto.

Non è detto che questo Evan voglia rispondermi.

Che situazione di merda.

-Ehi, c'è qualcuno in casa?- sento chiedermi la voce della mamma da dietro la porta...come ogni settimana. Come ogni giorno, in realtà: lo fa sempre, da quando ho cominciato ad andare a scuola.

Le biascico qualcosa in risposta e mi alzo...lentamente. Magari se faccio tutto con calma il pomeriggio non arriverà mai.

Se. Magari.

Arrivo in cucina che non c'è nessuno: papà sarà già in viaggio verso il lavoro, la mamma si starà preparando e Nathan sarà ancora a produrre. Come ogni giorno di ogni settimana.

Qua mi accade qualcosa di molto, molto strano: non ho fame. Già...Ivy Faber non ha fame.

Devo stare proprio di merda.

Ehi, magari potrei morire di fame. Sì, potrebbe funzionare: se muoio Evan tornerà indietro e dirà che sono morta e il Nathan cattivo sarà felice e non avrà più intralci per prendere il potere...

Ma certo.

Sono una cogliona. È così ovvio!

I confini tra le dimensioni si sono indeboliti. Io sono, a quanto pare, l'Ivy più potente di ogni realtà. Nathan lo sa. Nathan ha paura, perchè potrei raggiungerlo e sconfiggerlo...e per questo ha inviato Evan a uccidermi dappertutto.

Allora perchè Evan vuole portarmi viva da Nathan, se sanno che potrei sconfiggerli?

Nonostante l'illuminazione della colazione, non trovo una risposta sensata per questo.

Dio, vorrei solo smetterla di preoccuparmi così. Anzi, vorrei proprio non preoccuparmi più: vorrei che il massimo della preoccupazione fosse il pestare una merda di cane mentre cammino fuori. Sono pure scappata dalla mia realtà originale, per non preoccuparmi più. Che cazzo devo fare ora?!

Potrei ammazzarmi. Tanto, sono già morta una volta, no? Una seconda non farà poi tanto male.

Ma se morissi, cosa accadrebbe?

Nathan non avrebbe più ostacoli. Potrebbe dilagare per ogni realtà. Potrebbe far imporre i pensatori in ogni realtà...anche qui, anche se non esistono?

Beep, Ivy, la domanda è annullata: la risposta è troppo semplice.

Quindi: morire non sarebbe la soluzione migliore. Anzi, visto che sono l'unica che può sconfiggerlo (da quando sono diventata io l'eroina che salva il culo a tutti ogni dannata volta?!) è meglio che resti viva.

Così ci sarebbe ancora qualche speranza...proprio poca, ma ci sarebbe.

Pochissima...ma ci sarebbe.

Cos'avevo detto, non so quando, nell'altra realtà? L'importante è crederci.

Il problema è che non ci credo neanche io.



Mentre vado a scuola metto il pilota automatico alle gambe: che ci pensino loro, a dirigermi...io voglio solo dormire.

Il probleme del mio pilota automatico, però, è che viene sempre influenzato da quella cosa strana che c'è tra le mie orecchie. È per questo che mi ritrovo a fare la strada lunga per arrivare a scuola, quella che passa per il parco dei tossici.

Che so, forse spero che mi ammazzino loro?

Di solito passo di qua con gli altri, ed è sempre pieno di gente. Ora, alle otto meno dieci di mattina, è completamente vuoto.

È innegabilmente un bel parco: c'è il sentiero che lo attraversa per bene, le panchine ai margini di esso e tanti, tanti alberi. Non ho ancora capito quale mente sovrannaturale possa aver partorito un posto del genere in una città del genere, quasi tutta grigia e...grigia. Probabilmente qualcuno di intelligente.

Perchè qualcuno di intelligente c'è, da qualche parte.

Il sentiero svolta verso destra, dove c'è il cancello che marchia la sua uscita. C'è un'ultima panchina, prima di quell' ammasso di ferraglia, ma è nascosta dagli ultimi alberi...ed è per questo, che non li vedo subito.

Ma, come dire...li sento ancora prima di avanzare di qualche passo e, infine, vederli.

Sono tre, e sono così pallidi che il loro soprannome viene fuori da solo, quasi non fosse stato partorito dalla mia mente malata ma sia esistito da sempre.

Signore e signori, ecco a voi...i fratelli della muerte!

Tutti e tre con capelli scuri, occhi chiari e occhiaie ben visibili; tutti e tre vestiti di nero, con espressioni assenti e sguardi...rivolti verso di me.

Beh, vaffanculo. Non sono dell'umore di ricevere occhiatacce da gente che non conosco.

Continuo a camminare imperterrita. Quando vedo che loro non spostano gli occhi da me, però, è impossibile continuare ancora. In altre parole: mi rompo il cazzo.

-Qualche problema? Sono così interessante, o state pensando a un qualunque modo di derubarmi per prendervi una dose con i miei soldi? Buttatevi sotto un tram e basta, che è meglio.-

Sono sempre così brava a fare nuove conoscenze.

Mi aspetto quasi che si alzino per pestarmi. Facciano pure, tanto ormai ci sono abituata. Oppure resteranno lì, con quelle facce da pesci lessi?

E poi quello che sembra più vecchio esibisce una smorfia che dovrebbe essere un sorrisetto. Nella sua mente magari lo è, ma quello che vedo io sembra un ghigno da squalo.

-Però, che loquacità. Comprendo perchè tutti vogliono ammazzarla...o sono in errore, fratelli?-

-Nessun errore, questa volta. È la nostra ragazza, non ci sono dubbi.- risponde quello che sta in mezzo mentre compare sul suo volto lo stesso identico ghigno del fratello che sembra più grande.

-Questa volta non falliremo. La porteremo dalla Signora, e lei le spiegherà tutto quello che deve sapere per salvarci ancora.-

Oh, ma non ci credo.

Ormai ho superato ogni apice della sfiga. Andiamo, non è possibile che sia così sfigata.

Pure loro?!

-Sì. Pure noi.-

Fantastico. Mi leggono nella testa.

Ma ho la controffensiva: mi basta pensarci...e so che ho la mente schermata. Ci sarà un motivo, se tutti dicono che sono super potente.

-Cosa cosa? La signorina ci chiude fuori? Non va bene, non va bene.- fa il maggiore, che sembra gradire le ripetizioni. Quello alla mia destra, che sembra il più giovane, fa spallucce con una tranquillità spiazzante:

-Che lo faccia. Non potrà opporsi a lei.-

-Di certo non ci impedirà di portarla da lei quando vorremo.-

-Ma come, non volete catturarmi ora?- intervengo io, rompendo quel loro parlare saccentemente. E qual'è la cosa più ironica? Voglio sentire davvero la risposta.

Sono proprio andata.

Stavolta è il turno del minore, di fare spallucce:

-Temo che dovrai attendere. Dobbiamo aspettare che la Signora ci dia il via libera...dopo comincerà il divertimento.-

-Vedendo chi la accompagna, penso sarà un divertimento intenso.-

-Accompagnarla? Come può accompagnarla se lui stesso, poichè non ricorda, pensa di tenerla in pugno? La minaccia, ecco cosa.-

-Allora non ci resta che fargli ricordare...-

Se, vabbè, ciao. Questi sono andati.

Non sto neanche ad ascoltarli. Mi sono rotta le palle di tutta sta situazione di merda.

Tanto, più ascolto più mi si confondono le idee. Meglio non sprecare tempo.

Ricomincio a camminare verso il cancello, lo supero, esco dal parco, mi allontano di qualche metro...e sento una voce non troppo lontana dirmi con tonoallegro:

-Sta' tranquilla, lui ricorderà! E tornerà ad essere il tuo punto debole più grande!-

Non riesco a capire quale dei tre abbia parlato.

Ma non me ne importa più niente.



L'altro Evan non è venuto a scuola. Qualcuno lassù mi avrà ascoltata e sarà stato centrato in pieno da un tir?

Il problema di questa realtà è che, a differenza di quella merdosa da cui sono venuta, beh...ho degli amici. Perchè è un problema? Loro capiscono subito se c'è qualcosa che non va, quasi avessero un po' di poteri. Capisco solo ora che questa loro empatia è più comunemente chiamata...amicizia.

-Ivy? Tutto bene?- mi chiede Mary. Io faccio spallucce ed esibisco un sorrisetto che sembra falso pure a me:

-Solo un po' di stanchezza, è lunedì.-

Lei annuisce e mi sorride di rimando...ma capisco dalla sua espressione che questo è solo l'inizio.

All'intervallo è il turno di Jack. Sto sorseggiando la mia cioccolata (chissà, magari sarà la mia ultima cioccolata, meglio gustarsela) seduta su un banco accanto alla finestra aperta, al fresco dell'arietta che entra, quando lui si avvicina con calma spiazzante. Fissa un qualcosa tra gli alberi che vediamo fuori dalla scuola e, dopo qualche istante, dice:

-Allora?-

-Allora che?-

-Allora che? Dovresti sentirti, qualche volta.-

-Sei qua per insultarmi o c'è una motivazione più profonda che giustifica la tua presenza nel mondo?-

-Cosa c'è che non va?- mi domanda lui prima che cominciamo a discutere all'infinito. È proprio una cosa ironica, questo mio battibecchiare con tutti senza alcuna logica.

-Cosa ci dovrebbe essere?-

-Smettila di rispondere alle domande con domande e rispondi.-

-Che cosa figa, hai fatto un chiasmo!-

-Ivy! Porca troia! Rispondi!-

Lo fisso, scandalizzata. Grazie al cielo non c'è nessun altro in classe...no, un attimo: che differenza farebbe? Ci sentono litigare dalla prima superiore, tanto che ormai i prof non ci sgridano più, si limitano a guardarci male e basta. Possiamo insultarci quanto vogliamo.

Che cosa bella. Nell'altra realtà appena mi partiva una bestemmia tutti restavano senza parole, visto che per loro ero la bambina disadattata troppo cresciuta.

Che figli di puttana.

-Sono solo stanca. È un delitto?-

-Sì, se sei te. Non sei mai stanca.-

-Perchè tu ovviamente lo sai.-

-Sì che lo so. Adesso fai pure fatica a connettere. Che ti succede, Ivy Faber?-

Ivy.

L'altro Evan non sapeva nemmeno il mio vero nome.

-Allora, mi vuoi dire che ti prende o no?-

-No.-

-Bene.- fa lui all'improvviso. Si stacca dal muro a cui era appoggiato e sbuffa sonoramente. -Fantastico. Dimmi quando ti passa, così posso sentire per quale cazzata sei diventata una stronza colossale.-

Entrano Brian e Alice, misteriosamente scomparsi all'inizio dell'intervallo, e vengono seguiti da Mary e Bill. Cos'è, la sfilata delle coppie? Poi entrano anche altri nostri compagni di classe nell'esatto momento in cui suona la campana.

Jack fa per tornarsene al suo posto, dall'altra parte dell'aula.

-Aspetta un attimo, tu.-

Si volta lentamente, quasi distratto...ma i ricordi di questa vita mi dicono che Jack non è mai distratto:

-Sì?-

-Non preoccuparti per me, ok?-

-Se lo dici te.- fa, e poi se ne va al suo posto.

Quasi capisco gli altri, quando dicono che io e lui dovremmo metterci insieme...ma so anche che non capiterà mai. Lo sento quasi allo stesso livello di Nathan.

Beh, almeno lui non manda degli Evan a uccidermi.

La quarta ora è il corso di tedesco a cui abbiamo aderito (nell'altra realtà era italiano...chissà perchè è cambiato), ed è l'entropia pura: quando il prof si presenta è un miracolo, quando fa lezione senza che nessuno parli è il segnale del giudizio universale che sta arrivando.

È nella quarta ora, che arriva il turno di Alice.

-Sicura di star bene? Sembri un po' giù.-

Sì, ma che palle.

-Sono. Solo. Stanca.-

-Sicura sicura? Qualcuno ieri mi ha detto che te ne sei andata perchè Evan stava male...non è che ti sei beccata qualcosa anche te?-

Evan.

-Magari.-

-Beh, se stai proprio male domani stattene a casa, così non ci influenzi...aspetta, domani abbiamo la verifica di letteratura!-

E si slancia in avanti per abbracciarmi. Io non riesco a trattenermi e scoppio a ridere, quasi senza parole:

-Cazzo fai, decerebrata?!-

-Cosi mi ammalo anch'io!-

-E così fai ammalare anche Bribri, vero?- non mi trattengo dal notare. Ovviamente lei diventa bordò nel giro di, circa, un millisecondo:

-Cazzo c'entra?!?-

-Niente, certo. Proprio niente.-

-Il tuo sarcasmo prima o poi scioglerà la scuola.-

-È per questo che continuo ad usarlo, no?-

-Comunque...hai sentito che tra un mese esci il film di Divergent?- cambia argomento lei, quasi sperasse che non me ne accorga.

Dopo, passiamo tutta l'ora a parlare del film in futura uscita, del fatto che a Mary verrà un infarto perchè Alice (che ha letto il libro da cui è tratto il film) sa che ci saranno mille scene di quasi volo, e a Mary vengono puri attacchi di panico quando vede scene del genere; a un altro film; al film che loro hanno visto ieri, alla faccia disgustata che Brian aveva nelle scene più cruente del film...e quasi mi dimentico di tutto il casino.

Ma no, ovviamente: c'è una vocina, nella mia testa, che continua a ricordarmelo.

Infine, al secondo intervallo, giunge il turno di Bill. Mi raggiunge alle macchinette mentre schiaccio il bottone per la cioccolata (non è che ne beva una cinquantina tutti i giorni: in realtà sono qua solo perchè volevo seminare il biondo...ma non è che abbia funzionato tanto).

-Qualcuno mi dice che stai male.- comincia con voce serena.

-Gira un po' d'influenza.-

-Oppure hai semplicemente la mente altrove?-

Dio santo, qualcuno che mi capisce allora esiste, alla fine.

-Forse, dai.-

-E...magari stai pensando a qualcuno che quest'oggi è assente?-

No. Un attimo.

-Che?-

-Andiamo, lo sai cosa intendo.-

Non mi piace per niente l'espressione che ha sulla faccia questo idiota.

-Sinceramente...no, non lo so.-

-Sese. Comunque...non dimenticarti di noi solo per lui, eh. Noi siamo meglio.-

Sto seriamente mettendo in dubbio la sua sanità mentale.

-Ti fai troppi viaggi mentali.-

-Sì, certo, hai ragione.- replica Bill, dondolandosi con fare soddisfatto. Magari lo è davvero, solo perchè pensa di aver capito cosa mi angustia.

Povero montato.

Beep, la cioccolata è pronta. La prendo e mi dirigo verso il mio porto sicuro in questa situazione più che imbarazzante: il bagno delle ragazze.

-Smettila di farti, che poi vedi cose che non esistono!- grido dietro a Bill.

-E voi usate precauzioni!-

No, un attimo...CHE?!

Scappo in bagno prima che qualcuno tra gli studenti vicino alle macchinette capisca che l'idiota si stava rivolgendo a me...e mi accorgo solo ora che ho un sorrisetto divertito stampato sul volto.

Alla fine ce l'hanno fatta, a tirarmi su il morale.



Ed è per questo che, all'orario stabilito, sono davanti alla casa di Dan e Angie.

Perchè non posso permettere che lui faccia loro del male.

Preferisco morire.

Probabilmente morirò davvero. Ma, francamente, non me ne importa più così tanto.

Probabilmente mi torturerà. Tenterà di usarmi in qualunque modo, di traviarmi fino a farmi passare dalla sua parte...ma io ho ancora fede, una fede verso qualcuno.

Perchè, signore e signori...ho capito. Il criceto si è riattivato.

Evan, il mio Evan, non avrebbe mai accettato di continuare questa guerra...non di sua volontà.

Quindi, praticamente, devo tentare di riportare questo Evan all'Evan che so che è stato, e che sento esistere ancora da qualche parte in lui.

Al massimo, che può accadere di peggio del morire? O mi uccide Nathan, o mi uccide la "signora" dei fratelli della muerte.

Così, suono il campanello.

E stavolta prego che quest'idiota non sia finito sotto un tir.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Troppi suoni, troppi spari ***


-Eccola qua.-

-Eccomi qua.-

Si sporge fuori e guarda prima a destra, poi a sinistra. Cosa pensa, che arrivi un miracolo dal cielo che mi salvi il culo anche questa volta?

-Forza. Muoviti.-

Se, calmo bello. Non è che solo perchè sono un ostaggio debba comandarmi a bacchetta.

-Che fretta hai?- gli chiedo io con il mio sarcasmo che prima o poi mi costerà le chiappe. Vedendo come stanno andando avanti le cose, però, non è che me ne preoccupi molto.

-Che allegria, signorina. Non vuoi incontrare tuo fratello?- mi domanda in risposta lui, facendomi segno di andare nella sala della casa...e facendo un sorrisetto strano. Perchè sì: è il sorrisetto di Evan.

Ma questo non è Evan. Perchè a volte me lo dimentico?

-Io un fratello ce l'ho già. E degli amici. E una famiglia.- gli rispondo io. Mi siedo tranquillamente sul divano (devo almeno tentare di far finta di essere calma, dai) e decido di tirargli una frecciatina. Così, mi annoio.

-Te non pensi alla tua famiglia? Nella tua realtà non c'è un Dan o una Angie? Oppure...sono entrambi morti? Li hai uccisi tu? La cosa non mi sorprenderebbe.-

Niente. Nemmeno un'ombra veloce di rabbia o rimorso negli occhi.

-No, non c'è un Dan o una Angie. Mai conosciuti.- mi risponde Evan mentre si siede sulla poltrona davanti a me.

Ommioddio: mi ha risposto! Stiamo intavolando una conversazione!

Miraaacolo.

-Pensavo che in ogni realtà ci fossero le stesse persone.- tento con molto coraggio. Chissà, magari riusciamo davvero a discutere amabilmente l'uno con l'altra.

Sorprendentemente, il tentativo non va a vuoto; questo rincoglionito fa spallucce e dice:

-Beh, è giusto, ma magari quei due nella mia realtà non sono nati come mio fratello e mia probabile cognata...-

-Come fai ad essere sicuro che Angie sia fidanzata con Dan? Potrebbe essere tua sorella, no?-

-Si capisce da come si parlano. Andiamo, è evidente che stanno insieme da sempre...-

Chiude la bocca di scatto e spalanca gli occhi, come se avesse detto qualcosa che non sapeva di conoscere nemmeno lui: il fatto che Angie e Dan stanno insieme da sempre. Una cosa piccola e innocente, sì: ma non avrebbe dovuto conoscere.

L'effetto è un po' comico (solo un po'?), ma mi trattengo dal sorridere perchè, beh, questa è una cosa alquanto importante.

Perchè conferma quello che pensavo prima.

La mia teoria? Semplice semplice...ma complicata. Ovviamente.

In qualche modo, nella sua realtà io ho perso. Probabilmente alla scogliera sono morta e basta, kaput e addio mondo. Così tutti i quattro moschettieri sono stati catturati.

Non ho la più pallida idea di che fine abbiano fatto quei Jack e Bill...ma, non so come, so che a Evan è stato fatto un lavaggio del cervello che l'ha messo al servizio prima di papà, poi di Nathan. È per questo che non ricorda niente per la maggior parte del tempo.

Ed ecco la star: Nathan. il caro fratellone. Che gli avranno fatto, per farlo diventare cattivo?

Quasi inconsapevolmente mi sporgo verso di lui. Con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la faccia che penso di avere, immagino di sembrare una cospiratrice cronica...ma pazienza. L'importante è che questo Evan non si distragga.

-Non è che sai tutte queste cose perchè, beh, le hai vissute? Cosa c'è stato, prima che tu diventassi il braccio destro di Nathan, prima che lui uccidesse papà? Chi c'era con te, quando eri piccolo?-

E qua accade qualcosa che non ho previsto: Evan si mette nella mia stessa posizione e sorride tranquillamente...prendendomi altamente per il culo:

-Vuoi davvero conoscere la mia fantastica infanzia?-

-Perchè, te la ricordi?-

Sbuffa, si raddrizza, sprofonda nella poltrona, incrocia le braccia, mi getta un'occhiata delle sue.

Dio, quanto gli assomiglia.

-A nove anni mi sono ritrovato in mezzo tra una rissa tra sperimentali e pensatori. Uno di quelli ha tentato di condizionarmi per distrarre i nemici...e non ha funzionato. Gli sperimentali se ne sono accorti, mi hanno rapito e mi hanno usato come cavia per i loro esperimenti per, circa, cinque anni...quando è arrivato Faber e mi ha salvato. Salvato per modo di dire, ovviamente: pure lui mi ha usato in mille esperimenti, e quando si è accorto che ero immune a ogni cosa ha iniziato ad allenarmi e a usarmi per combattere i pensatori suoi nemici. Un anno e mezzo fa Nathan ha preso il potere. Da allora stiamo cercando di dare ai pensatori il posto che spetta loro di diritto da quando sono comparsi su questo mondo di merda.-

...interessante. Sul serio.

Potrei quasi crederci, se non fosse accaduto quello che è accaduto stamattina al parchetto.

Che hanno detto, i fratelli della muerte? Che Evan ancora non ricorda?

-Due anni fa hai perso la memoria, vero?-

Stavolta non riesce a trattenere l'espressione scandalizzata che gli invade il volto. Sembra dire: "Come cazzo fa a saperlo?"

Come cazzo faccio a saperlo? Sarò troppo intuitiva, forse?

-No.-

-Quanti anni hai, diciannove?-

-...no.-

E invece sì.

Tutto quadra. Che devo fare, cambiare il nome in Sherlock?

La realtà da dove viene va più velocemente...o magari Nathan l'ha fatto venire qua due anni prima, chissà. Comunque sia, questo è l'Evan smemorato arrivato da due anni dopo il Grande Disastro, come la mia mente malata ha ribattezzato il mio fallimento (eh, lo so, è colpa mia se sono morta).

È sensato, in fondo.

Ma come cazzo faccio a farglielo capire?!

-Non ti è mai passato per la testa che magari è stato mio padre o direttamente Nathan a raccontarti tutto quello che è successo prima che perdessi la memoria...e che abbiano inventato un po' di cose?-

-Nathan non lo avrebbe mai fatto. E se l'avesse fatto Faber...Nathan me l'avrebbe detto.-

-E perchè? Per perdere l'assassino provetto che sei diventato? Per far tornare l'Evan che di certo si sarebbe opposto a tutto il suo piano?-

Non dice niente. Come...beh, come se ci avesse già pensato prima, ma avesse accantonato tutto per evitare di incasinare la sua vita. Anche se falsa.

E ora tocca alla stoccata finale.

-Come sai che mi chiamo Ivy, se tutti quelli che ti hanno parlato di me, quindi Nathan e basta, mi hanno chiamata solo e sempre Evelyn?-

Si deve ricordare di me. Anche soltanto lontanamente.

Perchè...perchè sì.

Restiamo in silenzio per un tempo che mi sembra infinito. E ovviamente mi passano per la mente mille immagini...dove, ancora più ovviamente, ci sono tutte le scene che mi aspetto che accadano. Non è una cosa incoraggiante che più della metà abbiano come soggetto me stessa morta.

Poi sento un rumore strano e alquanto snervante. Di quei ding! che possono farti uscire di testa.

-Il traghettatore.- annuncia Evan a chissà chi (io di certo non lo capisco). Si alza di scatto, va al tavolino della sala e prende la scatolina di metallo che ci è letteralmente comparsa sopra.

Lo osserva per qualche istante e dopo si volta verso di me. Ha il suo solito sorrisetto, sul volto...ma vedo che gli occhi sono cambiati.

Sì, questo discorsetto non è stato un completo fallimento, in fondo.

Ma tanto non è servito a niente: ora che quel coso è comparso dal nulla...mi sa che dovrò vedere il Nathan cattivo.

Merda.

-È giunta l'ora. Squillino le sette trombe, perchè Ivy Faber sta per uscire dalla sua realtà.-

-Lo vedi, che a volte sei simpatico?- gli dico io. Naturalmente non mi sono persa l'"Ivy Faber" e lo "squillino le sette trombe" (non l'aveva già detto qualcuno?)...ma ora penso di non aver tempo per commentarli.

Come cazzo esco da questa situazione di merda?

Poi sento qualcosa di davvero, davvero strano.

Una specie di trillo fastidioso. Come un...campanello?

-Toc toc, i due porcellini sono in casa?-

Uhm, aspetta. Questa voce l'ho già sentita. Mi ha gridato qualcosa stamattina, giusto? Mentre me ne andavo...ed è per questo, che non so a chi appartiene.

A chi dei tre.

-Pazienza, noi entriamo e basta.-

-Non sia mai che facciamo attendere la Signora.-

Ed eccoli qua. Gli scassapalle.

Mi dimentico completamente di chi ho vicino e guardo Evan come fosse il mio Evan, quando gli chiedo:

-Hai chiuso la porta a chiave, vero?-

-No.- risponde candidamente, e toglie la sicura dalla pistola che gli è comparsa tra le mani. Ma dove la tiene, nelle mutande?!

Comunque, 'sta cosa della pistola non mi piace per niente. Dopo gli farò un discorsetto anche su questo.

Aspetta...dopo?

Sento la porta venire aperta. E poi...il caos, come sempre.

Uno dei tre fratelli della muerte compare, come per magia, accanto a noi. Evan punta la pistola su di lui e spara, e io non riesco a trattenere un grido. Gli spari mi riportano alla mente troppi brutti ricordi.

Era a tre metri di distanza. Evan aveva il polso fermo e uno sguardo da assassino, quando ha premuto il grilletto.

Come cazzo ha fatto a non beccarlo?!

Non ho quasi il tempo di farmi questa domanda, che il fratello è stato affiancato dagli altri due.

Stavolta Evan non perde un secondo: spara tre colpi nel giro di un attimo.

E pure lui resta senza parole.

-Ma come...-

Poi gli compare sul volto un'espressione più che incazzata che non gli ho mai visto fare.

-Hijos de puta.-

No, un secondo...questa versione parla pure spagnolo?! Ma quando mai?!

Uno dei fratelli, il più alto, si concede di sorridere. Vedo di sfuggita che il fratello al suo fianco sta caricando una mini pistola sbrilluccicante.

-È un piacere rivederti.-

Dopo, il fratello in mezzo solleva di scatto il braccio. Impugna la pistola sbrilluccicante.

Bang!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Vomito a gogò ***


-E non preoccuparti così, mica l'abbiamo ammazzato. Che, sei la sua ragazza? Pensavo volesse ammazzarti.-

Già mi stanno sul cazzo, 'sti tre. E non ho problemi a esternare questo pensiero.

-Vaffanculo.-

-Guarda che ti abbiamo fatto un favore.- nota uno dei tre fratelli mentre si sdraia sulla poltrona, quasi sfondandola -Tra poco si ricorderà di te.-

-Ma per quel tempo non saremo qua.- aggiunge l'altro, di fratello, quello che sembra il più vecchio. Sta guardando lo schermo di un congegno strano. A quanto pare ne hanno parecchi, di congegni strani, nella loro dimensione.

Li guardo male, uno per uno (il maggiore gironzola alla cazzo, il minore giochicchia con la pistola sbrilluccicante e quello di mezzo sfonda la poltrona), poi riporto gli occhi su Evan.

Non ha un bell'aspetto. Non che prima ce l'avesse, intendiamoci, ma ora è quasi cadaverico.

Se si lamentasse o cose del genere sarei già più contenta...ma così, svenuto e sdraiato sulla schiena sul divano, sembra pronto per una cassa da morto. Non un bello spettacolo, diciamocelo, considerando anche che gli hanno appena sparato addosso una freccetta piena di quello che mi ricorda del sedativo per elefanti.

Almeno non è messo male quanto me: è da un po' che mi è venuta la voglia malsana di affondargli un dito nella guancia. Meglio che non mi chieda il perchè.

-Quindi...ricorderà quello che ha dimenticato?- mi azzardo a chiedere ai tre.

È quello di mezzo a rispondere...non per mio gaudio.

-Ohoh, adesso la signorina è interessata? Non ricorderà, comunque. Non ha mai dimenticato. Ha solo...rimosso. Dico bene, fratelli?-

-Dici bene, fratello.- gli risponde quello che sembra più vecchio. Ha un'espressione sorprendentemente scazzata, sul volto...ehi, magari qualcuno mi capisce.

Lancia al mezzano il congegno strano e aggiunge:

-Parla tu con Didime e Fenicia.-

-Perchè non lo fai te, fratello?- interviene il minore con un sorrisetto da presa per il culo. Il maggiore lo guarda male:

-Lo sai. Mi ucciderebbe.-

-Non è che io sia messo meglio, eh.- nota quello di mezzo con un ghigno semi sadico, semi masochista -La differenza tra noi due è che io ho una maggior resistenza ai suoni alti.-

-Didime non urla.-

-Fenicia sì. Dovresti sentirla sotto la doccia, dio santo...-

-Ehi.-

Oh, finalmente mi cagano.

Li guardo male (di nuovo), uno per uno, e dico:

-Non che mi dispiaccia farmi i cazzi vostri...ma potreste spiegare anche a me qualcosa?-

-Vuoi che ti spieghi della mia intensa vita sessuale con la futura cognata di Mark?- risponde quello di mezzo. Quello che mi sta più sul cazzo, intendiamoci.

-Mark?- ripeto, giusto per replicare qualcosa. Il maggiore dei fratelli della muerte alza la mano.

-Io. Il coglione è Mike, l'intelligente è Maurice...-

-...e vogliamo solo aiutarvi.- finisce il minore, quello intelligente.

No, prendiamoci un secondino.

Mark, Mike e Maurice?

Ma scherziamo?!

Che hanno fatto ai loro genitori per fargli scegliere nomi così?!

-Le altre lettere erano finite?- chiedo simpaticamente. L'intelligente, Maurice, sorride:

-No, è che sapevano che saremmo stati i fratelli della morte e hanno scelto i nomi apposta...-

-Fratelli della muerte.-

-Ops, pardon. Sei te che ci chiudi fuori, non posso sentire tutto solo dalle tue sensazioni...-

-Ok, pausa finita.- lo interrompe garbatamente il coglione chiamato Mike. Si raddrizza di scatto, avvicina il congegno all'orecchio (che sia forse un cellulare?) e alza un dito, come se bastasse quello per zittirci tutti.

In effetti ce la fa: cala un silenzio istantaneo.

È per questo, che sentiamo tutti la voce che esce dal congegno.

-?-

Non ho mai sentito così tanto odio in una sillaba. Ah no, giusto: lo sento sempre quando lo dico io.

Mike sorride tranquillamente:

-Ehy, Fen! Ci puoi portare tutti...-

-IDIOTA. APRI LA BOCCA DI NUOVO E TI CASTRO.-

Mi sta simpatica, questa Fenicia.

Dal congegno arriva un'altra voce:

-Hey, idiota quasi castrato. Avvisare che andavate no, eh?-

-Sai come siamo fatti, Dì. Non potete pretendere che...-

-Lo sai che non sto parlando con te, vero? So che ci sente.-

Mark tossicchia dal suo angolo. Maurice se la ride. Mike sbuffa:

-Senti, tu dì all'isterica di portarci a casa e poi potrai pigliarlo a schiaffi quanto vorrai.-

-L'isterica ti castrerà.-

-Meglio, sesso sicuro a vita.-

-SEI UN COGLIONE.-

-Ehy, ciao Fen. Ci puoi portare tutti a casa o dovremo restare in questa dimensione di merda per sempre?-

-CREPA.-

-Lo prendo come un sì. C'è la Faber e l'altro, Sanders...-

-Sanders no.-

Ed è questo, che rompe tutto. Si era creata una specie di calma, con tutti gli insulti tra loro...ma ora...

Sanders no.

Merda.

-L'abbiamo sparafleshato, tra poco recupererà la memoria.- spiega Mike.

La voce che gli risponde è dura:

-No, Mike. Lo sai che la Signora non vuole.-

Ed eccola qua. La Signora.

Meeerda.

-Andiamo, tra poco tornerà com'era prima che gli facessero il lavaggio del cervello. Sai cosa potrebbe aver visto, in questi anni? Ci racconterà tutto, avremo mille...-

-La Signora non vorrà.-

E mi viene l'illuminazione.

Ding.

Che aveva detto, Evan? Il traviamento non ha funzionato con lui perchè è immune ai poteri...quindi io ce li ho ancora.

Fantastico.

EVAN SANDERS VERRA'.

-Bene. Preparatevi.-

I tre fratelli della muerte spostano gli occh su di me. E mentirei, se dicessi che non mi piace quello che ci vedo dentro.

Che bello, far paura alla gente.

-Che volete? Io qua non lo mollo.- dico loro, artigliando un braccio a Evan. Che ci provino, a contraddirmi, vedranno cosa si prova a essere pestati mentalmente da una ragazza.

Mentirei anche se dicessi che non mi è mancata questa onnipotenza.

Mark scatta verso il fratello e gli strappa il quasi cellulare dalle mani.

-Didime? Stai...stai bene?-

-Cazzo vuoi, tu? Io con te non ci parlo.-

-Sì, sta bene.- fa Mike. Riprende il cellulare e annuncia alla ragazza dall'altra parte:

-Siamo pronti.-

Maurice si muove più velocemente di quanto immaginassi: tra le mani gli compare una siringa piena di una roba viola, si avvicina, inietta quella roba ad Evan. Poi mi prende il braccio e la inietta a me con molta finezza.

-Ehi!- obbietto. Lui mi getta un'occhiata divertita:

-Non dirmi che ti dà fastidio.-

-No, solo...avevo ragione a pensare che foste dei tossici.-

Sono sempre più simpatica. Lo so.

-Vai, Dì...e togli dalle mani di tua sorella gli oggetti taglienti, per amor dei miei coglioni.-

-Sarà fatto.-

Il criceto mi si attiva solo ora.

Che cazzo sta succedendo?!

-No, aspettate...-

-Preparati a vomitare.- sento dire Maurice.

Dopo, ovviamente, il caos.



Mi pare di essere stata ficcata in una giostra sadica a forma di palla e di essere stata sballottata dappertutto, rimbalzando di qua e di là, sbattendo ovunque e rompendomi la testa.

Atterro (se si può chiamare "atterrare") su un pavimento grigio metallo.

E dopo che succede?

Vomito. Ovviamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ovviamente ***


Dopo mezz'ora sono seduta vicino a una roba elettronica gigantesca. E quando dico gigantesca intendo gigantesca, cazzo, come i computer appena nati.

Evan è seduto di fronte a me. Ha un'espressione che mi fa semplicemente scompisciare: un misto tra perdizione totale e incazzatura assoluta.

-Quel figlio di puttana.- mormora da circa dieci minuti. Non posso esserne certa, ma per intuito penso si riferisca al mio fratello di questa dimensione.

Chissà, magari ce l'ha con lui perchè l'ha ingannato per due anni.

Ma ora sono sicura del fatto che questo Evan è una versione più vecchia di due anni del mio Evan. A parte il pallore mortale, le occhiaie e l'inquietante cicatrice che gli attraversa l'occhio (sì, era davvero trucco quello che gli avevo visto) sembra...normale.

Normale per i nostri limiti, s'intende.

Si stringe un po' nella coperta che gli hanno dato dopo che si è assentato per un po', per svuotare l'anima nel primo bagno che ha trovato (io non sono stata così veloce). Strano, lo trovo quasi tenero.

Mi sa che mi sta venendo un complesso mammesco. Capita.

-Mi ha lavato il cervello.-

-Già.-

-Mi ha nascosto tutto.-

-Già.-

-Mi ha usato. Per due anni.-

-Già.-

-Mi ha fatto ammazzare della gente.-

-Già.-

-Mi ha ingannato.-

-Già.-

-La vuoi smettere?-

Questo mi risveglia dal "già" in cui mi ero imbrigliata. La cosa strana che noto quando guardo Evan, però, è che sono convinta che sia incazzato, davvero incazzato. Il vecchio Evan non lo sarebbe stato, l'Evan assassino sì.

E questo, ovviamente, mi sorprende: ha un'espressione esattamente a metà. Che cosa strana.

-Già.- ripeto per la millesima volta.

Io masochista? Naaaa.

Ovviamente lui ghigna. Ovviamente dice:

-Questo mi era mancato.-

-E ne sei sorpreso? Cioè, non pensavi ti sarebbe mancato il mio rompimento di palle? Basta, mi ritengo offesa.-

-Ok.-

-Ok.-

-Bene.-

-Fantastico.-

-Stupendo.-

-Geniale.-

-Fanculo.-

-Fottiti.-

-Crepa.-

-Già fatto.-

-Giusto.-

-Già.-

-Mi dispiace proprio interrompere questo bellissimo discorso.- interviene una voce dall'entrata della stanzetta-computer. Mi volto anche se ho riconosciuto la voce di Mike. Che dire, sono così aperta al mondo che non ho per niente voglia di parlargli.

Stranamente, però, vedo qualcosa che non mi sarei mai aspettata: una ragazza supera Mike, fermo sulla soglia, tirandogli un colpo con i fiachi per levarlo da là, poi si piazza davanti a me e Evan (seduti entrambi, siamo la pigrizia impersonificata) e legge qualcosa sulla cartelletta che stringe.

È strano: anche se ha occhiali da studentessa, un'espressione seria e i capelli scuri disordinati, non mi dà tanto l'idea di una ragazza...normale.

Sempre secondo i nostri standard, ovviamente.

-Ora devi rispondere a qualche domanda, Ivy. Primo: cosa sai di tutto questo? Secondo: perchè hai traviato mia sorella per far venire qua il nostro peggior nemico? Terzo...-

-Fen, dio santo, sta' tranquilla, tanto non scappano.-

E qua cerco in tutti i modi di non scoppiare a ridere. La ragazza, Fen, ha un'espressione così incazzata e così da...psicopatica, che quasi fa paura.

Sembra una bomba a orologeria.

-Sta' zitto o giuro che ti ammazzo.-

-Sempre scorbutica, eh?- nota tranquillamente Mike, affiancandola. Le mette casualmente un braccio sulle spalle, e un'occhio di Fen (Fenicia? Che nome è?) comincia a tremolare, come se stesse per esplodere per davvero.

-Tira giù il braccio.-

-Se no, che mi fai? Mi castri?-

-Vuoi provare?-

-Beh, non mi dispiacerebbe andare in una stanza appartata per farlo...poi, se dopo vorrai ancora castrarmi...-

-Non provar...ridammi gli occhiali!-

-Ma a cosa cazzo ti servono, se hanno le lenti che sono di normalissimo vetro?- chiede tranquillamente Mike, inforcando gli occhiali che ha appena tolto dal volto di Fenicia. Poi, ira funesta, me li ficca davanti agli occhi dicendo:

-Provali anche te, vero che non servono a un cazzo!-

Sbatto le palpebre per la sorpresa. Poi, non so perchè, guardo Evan attraverso le lenti.

Sta ghignando, il bastardo.

-Sei uno stronzo!- sbotta intanto Fen, quasi strappandomi la faccia mentre si riprende gli occhiali e se li rimette frettolosamente -Lo sai che se non li tengo per un po' esplodo!-

-Allora perchè quando facciamo sesso non li tieni mai?!-

-Fatti qualche domanda, se duri poco non mi disturbo a...-

-Duro poco?! Io?! Chi era quella che godeva da matti, tre giorni fa?!-

-Non hai mai sentito parlare di orgasmo simulato?!-

-Oh, fidati, lo riconosco quando simuli, e non simuli da tanto tempo...-

E qua la mia mente fa un attimo una pausa, visto che nel mio tranquillo mondo non sono abituata a sentire discorsi del genere (non all'aperto, almeno) e...sì, dai, c'è un limite a tutto.

Poi, come mandata dal cielo, giunge nella stanza un'altra ragazza...e sbatto le palpebre un paio di volte, leggermente abbagliata. Cioè, ha i capelli lunghi e bianchi, la pelle bianca, gli occhi chiarissimi e, tombola, è pure vestita di bianco.

C'è troppo bianco.

-Ragà, vorrei stare a sentire dei vostri porno per anni, ma la Signora vuole incontrare 'sti due, quindi...-

-Andiamo!- esclamo io, riattaccando il cervello e saltando in piedi.

Per ricevere tre sguardi preoccupati. Ah, loro pensano che io sia folle?

Evan si alza lentamente. Mette sulla sedia la coperta, mi affianca, infila le mani nelle tasche dei jeans che indossa e dice tranquillamente:

-È un po' cogliona...già.-

No. Non mi è mancato per niente.


L'edificio in cui ci troviamo è molto, come dire, diverso dalla casa di metallo. Prima di tutto: è terribilmente scrostato (cioè, i muri sono scrostati). Secondo: ha i tubi che ricoprono il soffitto, che è alquanto basso. Terzo: il pavimento è bagnato, forse per tutte le goccioline snervanti che cadono dai tubi sul soffitto. Quarto: c'è un silenzio spettrale.

Fa un po' schifo.

Ah, quinto: c'è un solo corridoio, e cinque sole stanze. Stiamo andando verso la quinta.

Didime (sì, si chiama davvero così) trotterella davanti a noi, e dietro abbiamo Fenicia e Mike.

E solo un pensiero mi sta nella mente ristretta già di suo: stiamo per vedere la famosa Signora.

Aiuto.

Qual'è il problema? Oh, beh, è ovvio: siamo nella dimensione dove papà ha vinto.

I poteri hanno vinto.

Quindi non è strano che senta circa tutto quello che mi sta attorno, vero?

So che Didime e Mark si sono già riappacificati, che Maurice si sente con una e che Mike e Fenicia faranno grande sesso, stanotte (e lui non verrà castrato, per la felicità dei suoi coglioni). So che Evan sta cercando di ricordare cos'è successo negli ultimi anni...non solo perchè non vuole pensare a tutto quello che ha fatto, ma anche perchè non riesce a ricordare il volto di Dan.

So tanto, sì...ma non è soltanto un sapere, quello che provo quando l'ultima prova viene aperta e sento la voce della Signora.

È anche un riconoscere.

-Ivy. Sapevo che sarebbe arrivato questo momento.- dice Karen Faber con voce commossa.

Sì. Mia madre.

Siamo una famiglia esplosiva.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Poi si vedrà ***


-Diciamo che è una cosa un po' strana.- dico dopo qualche istante. Stranamente, non intendo il fatto che, in teoria, se fossi la Ivy di questa realtà non dovrei vedere mia madre da, circa...diciasette anni? Mi pare strano il fatto che la prima volta che ho visto mia madre oggi sia stata quando ha bussato alla mia porta dicendo il classico "Ehi, c'è qualcuno in casa", mentre la seconda...beh, è adesso.

È la capa della roba simile a un'organizzazione che vuole combattere mio fratello. Quindi, praticamente, vuole ammazzare suo figlio.

Ma soprattutto...mica doveva essere morta quando sono nata io?

Tutto molto chiaro.

-Sì. Lo è anche per me.- replica Karen Faber (come la devo chiamare, mamma? Perchè in teoria non sono uscita dalla sua pancia, eh). Mi studia per qualche istante, e mi chiedo se l'espressione che ha sia simile a quella che ho io quando faccio lo stesso. Non ho mai visto la mia vera madre fare un'espressione del genere.

-Lo so che non sei tu, la bambina che ho partorito diciassette anni fa...ma, insomma...-

-Sì. Non sai che aspettarti, visto che la Ivy di questa dimensione non l'hai mai vista.- noto io con grande diplomazia. Non è una cosa fantastica da dire, insomma, è come se l'accusassi implicitamente di avermi abbandonata...ma boh, non sento di avercela con lei.

E so che lei lo sa.

Mi viene in mente una domanda strana, così, all'improvviso (a quanto pare il mio cervello elabora più velocemente di quanto abbia mai pensato, strano) e le chiedo:

-Ma...perchè non hai mai provato a cercarmi nelle altre dimensioni?-

-Voglio occuparmi dei miei figli, non lasciarli al loro destino.- replica subito lei, come lo trovasse ovvio -E, visto che te ti ho già persa...non voglio abbandonare Nathan. Non ora.-

-Non ti sei fatta tutti questi problemi quando mi hanno uccisa.- dico io.

Ok, forse un pochino ce l'ho con lei.

Sono cattiva? Sì.

Lei è stata cattiva? Sì.

La me della realtà da cui sono scappata la settimana scorsa sta tornando, mi sa. Antipatica come sempre, ovvio.

La carissima Karen Faber fa un'espressione un po' ferita, prima di mascherarla dietro un'impassibilità impossibile e dire:
-Ho dovuto. Lewis mi avrebbe uccisa...-

-Sarò un poco, come dire, di vecchie vedute...ma io avrei preferito morire che vedere mio marito uccidere mia figlia per poi essere ucciso dal figlio che dopo gli ha fregato il posto di tiranno dell'anno.- noto ancora io.

Recepisco dopo qualche secondo (di troppo) che forse sono stata un po' dura...ma la cosa non mi tange.

Che mi succede? Un tempo non l'avrei mai fatto, anzi, avrei sentito le emozioni di questa mia madre e avrei cercato in tutti i modi di farla felice.

Beh...ne è passato di tempo, da quel tempo. Una settimana...intensa.

È bastata una settimana da persona normale per farmi capire com'è una vita vera e farmi odiare dal profondo dell'anima tutto il casino delle altre dimensioni?

Nella stanza è calato un silenzio alquanto imbarazzante. Cioè, imbarazzante per la me del passato...ora quasi non ci bado.

-Ehm...chiedo venia per l'interruzione, capa, ma ho un paio di notizie.- interviene Maurice (ma da dove è spuntato?). Karen Faber si volta verso di lui, non perdendo quell'espressione impassibile.

-Dimmi.-

-Faber non sa che lei è qui.- annuncia il minore dei fratelli della muerte con un sorrisetto soddisfatto -Non sa neanche che Sanders è qui, del resto...-

-Ma se ne accorgerà.- lo interrompe Fenicia. Alla faccia di chi diceva che io sono la persona più pessimista del mondo, la sua faccia sembra dire "Siamo sopravvissuti pure oggi. Wow."

-Te l'ho mai detto che sei la personificazione dell'allegria, Fen?- chiede tranquillamente Mike, al suo fianco, ricevendo come premio un'occhiata assassina.

Sembrano odiarsi così tanto, sempre ad insultarsi o a incenerirsi con gli occhi...eppure lo sento, che morirebbero per salvarsi a vicenda.

La cosa più importante, però, è che tutti loro lo farebbero: sono come una grande famiglia, non tanto felice ma solo per cause esterne.

E qua mi chiedo: che ci faccio io qua?!

-Per ora non lo sa, quindi siamo in vantaggio noi.- li interrompe Mark prima che Mike e Fen degenerino in un battibecco (come accade a me ed Evan...che ora se ne sta qua a sentire tutto, tranquillamente) -Abbiamo un po' di tempo per arrivare al generatore prima di loro e...-

-Scusate un secondo.-

Si voltano tutti verso di me così velocemente che io mi chiedo: ricevono così poche visite da non essere abituati a sentire una voce sconosciuta? E loro dovrebbero aiutarmi a sconfiggere Nathan?

Siam messi bene.

-Potreste spiegarmi perchè diavolo mi avete rapita dalla mia bellissima e tranquillissima vita? O...non c'è una motivazione precisa e sperate soltanto che ci sia una botta di culo in cui io trovo Nathan e lo ammazzo e poi vengo ammazzata dai suoi?-

-Niente di tutto questo.- mi risponde Didime con un sorriso solidale sul volto cereo (ma quanto cazzo è bianca?).

-E allora cosa devo fare?- chiedo io, visto che la bianca non sembra voler dire altro. Gli altri si scambiano qualche sguardo, come se non sapessero da dove cominciare...e, a super sorpresa, è qualcuno che conosco da più di un giorno che mi spiega tutto.

Secondo me prima o poi Evan chiederà che lo assuma a vita come quello che mi spiega tutto ogni volta.

-Sono successe un po' di cose, da quando sei morta.- comincia. Con quel tono tranquillo, quello che ha sempre avuto in ogni dimensione.

Ah, il mio spiegatore ufficiale.

-Faber, Lewis Faber, è riuscito a catturare tutti noi: te, me, Nathan, Jack e Bill. A tuo padre è sempre piaciuto sperimentare, l'abbiamo capito dopo quello che ha fatto a Mina, quindi non è così sorprendente che ci abbia provato anche con noi. Non so che fine abbiano fatto Jack e Bill, penso che siano morti...-

No, Ivy. Quelli non sono i Jack e Bill che conosci, sono quelli di un'altra dimensione.

Non sono i miei amici. Devo ricordarlo.

-...comunque, Faber ha smesso quasi subito di provarci con me perchè ha capito che sono immune ai vostri poteri.-

-Ma io riuscivo a leggerti la mente, prima.- noto, davvero confusa. Evan mi fissa, confuso più di me.

-...no, invece. Non ce l'hai mai fatta, nessuno di voi pensatori ce l'ha mai fatta.-

-Ah.- dico semplicemente. Boh, magari in questa dimensione è andata così. -Sì, ok, fa niente. Vai pure avanti.-

-Ok. Allora...sono rimasto loro prigioniero per un po', non mi ricordo tanto. So perfettamente, però, che Faber ha fatto esperimenti anche a Nathan, ed è così che l'ha potenziato e traviato. Vostro padre vi teneva come ostaggi l'uno per l'altro, sapeva che non avreste tentato di ribellarvi sapendo che uno di voi due rischiava di essere torturato...ma un giorno lui ti ha uccisa in uno dei suoi esperimenti, e Nathan l'ha sentito; ma ha deciso di fare finta di niente, aspettando un momento migliore per entrare in azione. È diventato così potente da poter uccidere Faber appena quello l'ha liberato, pensando di poter controllarlo. Poi è stato semplice: i pensatori sotto Faber senior hanno cominciato a seguire Faber Junior, e lui mi ha convinto ad aiutarlo perché cercava "un modo per far convivere pensatori e normali"...così ha potuto sfruttarmi a dovere per togliere di mezzo i pensatori che volevano opporsi alla sua tirannia.-

No, un attimo...cosa?

-Cosa?-

-Non tutti la pensavano come lui: alcuni non lo volevano come capo, altri lo ritenevano troppo crudele. Sono stati alcuni di questi ultimi che hanno rivelato l'esistenza dei pensatori ai normali, pensando che avrebbero reagito bene...e ovviamente parecchi normali hanno reagito male. Così Nathan è diventato più crudele e ha cominciato a eliminare quelli troppo estremisti, che fossero normali o pensatori.- continua Evan sempre tranquillamente. Oh, beh, non è lui quello che ha assistito auditivamente alla cagata magistrale fatta dal presunto tiranno questa mattina.

-Normale.-

-Per noi sì.- interviene Mark, poi continua:

-Comunque...noi veniamo da un gruppo di pensatori che non vuole seguire i metodi di Faber. Certo, abbiamo capito che i normali ci dànno la caccia, ma non vogliamo ucciderli per questo. Sono solo spaventati, no? In teoria ci occupiamo di scovare le diavolerie tecnologiche che usano i normali per scovare i pensatori ed internarli; ma qualche tempo fa abbiamo catturato Sanders e gli abbiamo impiantato un rilevatore. Per questo l'abbiamo trovato quando è venuto a cercarti nella tua realtà.-

-Ecco perché vi avevo sempre tra i piedi.- nota Evan, con un tono infastidito che mi fa preoccupare: in teoria dovrebbe essere loro grato perché loro gli hanno ridato la memoria...di certo non dovrebbe essere infastidito. Eppure ormai dovrei sapere che mi preoccupo per nulla, perché passa un secondo che lui sorride e aggiunge:

-Beh, penso che sia stata una fortuna l'avervi tra i piedi, in fondo.-

In una via indiretta li ha ringraziati per avergli dato una mano, e pare che nessuno dei presenti se lo fosse aspettato: deve avere proprio una brutta fama in questa realtà.

-Ok, adesso so che è successo.- dico io per rompere il silenzio che è calato. -Ma non ho ancora capito una cosa.-

-Spara.- fa Maurice, sorridendo affabilmente.

-Perchè mi avete portata qui? Se ho capito bene, là fuori c'è la gente normale che vi vuole ammazzare perchè siete pensatori, e i cattivi di Nathan che vi vogliono ammazzare perchè non siete dalla loro parte. Che possiamo fare noi?-

Noi. Ho appena detto noi.

Fantastico.

È il turno della mia non madre. Si schiarisce leggermente la gola e spiega:

-Nate...Nathan ha qualcosa di grande, in mente. Non si accontenterà che i pensatori comandino sugli altri normali, lui vuole che ci siano i pensatori...e basta.-

-Quindi...- comincio, ma non riesco ad andare avanti. Il cervello ha realizzato cos'ha detto la mamma (questa mamma...sì, ok, va bene) ed è arrivato alla conclusione prima di me.

Un genocidio? Cioè, Nathan?!

Il figlio supera il padre?!

Nathan, il mio fratellone...vuole uccidere migliaia di persone innocenti. Cosa posso fare io?

-Sì. Quindi...sì.- fa Mark. Ha un'espressione cupa, mentre aggiunge:

-Non sappiamo esattamente come farà, ma sappiamo che c'è un dispositivo, noi lo chiamiamo "generatore", che può effettivamente uccidere tutte le menti più deboli: tutte le persone normali.-

-Ma non sappiamo nè dove sia, nè come funzioni...nè come bloccarlo.- finisce per lui Didime.

E qua tocca a loro, restare sorpresi: Evan ha la risposta a tutto.

Del resto, è lo spiegatore.

-Questo lo so io.-

Si voltano tutti verso di lui...e non mi sorprende, il sogghigno soddisfatto che c'è sul volto di Evan.

Stranamente, però, lui guarda me mentre continua:

-Il generatore può essere attivato solo da Nathan...e si trova in Danimarca. Non so dove, ma è lì. Comunque...il generatore può essere sia attivato che distrutto da qualcuno potente quanto Nathan, ed è per questo che mi ha mandato ad ucciderti. Per evitare che tu lo distruggessi.-

-Chiaro.- faccio io -Praticamente sono l'unica che può distruggerlo.-

-Fantastico. Noi pensavamo che tu potessi solo bloccare in qualche modo Faber...così potrai anche salvare il mondo!- esclama Mike fin troppo allegramente.

Devo salvare il mondo. Di nuovo.

Fantastico.

-Calma, però.- dico subito, sperando di interrompere quello che ho visto nascere su tutti i loro volti -Anche se (e dico se) riuscissi a spegnere quella macchina e a mettere fuori gioco il cattivo...chi vi dice che tutto tornerà alla normalità? I pensatori ci saranno comunque, idem per la gente normale.-

-Abbiamo qualcosa che potrebbe cambiare tutto.- ribatte Maurice. Così, allegramente al massimo.

Devono sapere qualcosa che io non so, per avere un sorriso così speranzoso sui volti.

È Mike a dire, sempre più allegro:

-Stiamo cercando il Libro, e siamo abbastanza sicuri di averlo quasi in pugno.-

Ah.

Talà, eccolo qua.

-Il Libro. Quello che mi ha fatto creare la nuova dimensione?-

-Quello che Faber avrebbe voluto farti usare per sconfiggere gli scienziati, prima di capire che sarebbe stata una cazzata e rinchiuderti con tutti noi.- mi corregge amabilmente Evan. Io lo guardo come a dire "Sì, intendevo quello, hai capito", poi chiedo ancora:

-Pensate che sul Libro ci sia scritto un qualcosa per sedare tutti i pensatori violenti e tutti i normali troppo spaventati?-

-Meglio.- risponde Didime. Le brillano gli occhi, come se volesse dire qualcosa di eclatante, ma è Mark che afferma:

-Sappiamo di una formula capace di cancellare completamente i poteri da questa realtà.-

Ah.

Wow.

Perchè provo un vago senso di deja-vù?

Faccio per dire qualcos'altro (qualcosa come "avete un culo tremendo", o "ma io tornerò a casa, dopo?")...poi Maurice mi espone le sue papille gustative in uno sbadiglio enorme, e mi trattengo a stento dallo scoppiare a ridere.

Comunque, non sono l'unica ad averlo notato; la mia non madre sorride leggermente e dice:

-Hai ragione, è un po' tardi. Che ne dite se discutiamo di tutto quello che abbiamo da fare questa mattina?-

Quasi fosse un segnale Mark e Didime, Maurice, Mike e Fenicia escono dalla stanzetta borbottando vari "'Notte" "Buonanotte" "A oggi" con tono un po' stanco.

-Ma che ore sono?- domando. Nella realtà senza poteri non erano mica le tre?

-Due del mattino.- mi risponde candidamente Karen Faber -Tra sei ore ci dovremo svegliare...molto probabilmente partiremo subito per andare in Danimarca. Lì potremo metterci in contatto con i nostri alleati pensatori, valutare come andare avanti, soprattutto per trovare il generatore...poi si vedrà.-

Poi si vedrà. Certo, come sempre.

Fin'ora non è che sia andato così fantasticamente, eh.

Karen Faber, mia non madre, ci indica le uniche due camere rimaste libere del corridoio e ci augura la buonanotte, chiudendosi nella stanza in fondo alla base.

-Che casino.- dico non riuscendo a trattenermi quando arrivo alla porta della mia nuovissima stanza, di fronte a quella di Evan.

-Già.- risponde lui, al massimo della loquacità.

Mi sto voltando verso la porta per aprirla, quando sento una mano prendermi per un braccio e farmi girare.

Poi, tranquillamente, Evan mi bacia.

Un bacio leggero, così veloce che quasi non ho tempo di realizzare cos'è successo. Lo so, sono lenta di cervello. Non è una novità.

Dopo un istante Evan si allontana. Fa un mezzo sorriso, un po' di scuse e un po' con gli occhi che brillano.

-È da due anni che era in sospeso. Giusto?-

-Giusto.- concordo io nella mia vitalità cerebrale. -Beh...beh, buonanotte.-

Quasi non sento la risposta che mi dà lui: apro la porta, entro nella camera, mi chiudo dentro e mi siedo per terra. Sono comoda così.

Come fosse la prima volta che mi bacia, certo.

Poi mi viene in mente: in effetti è la prima volta che questo Evan mi bacia.

Sarò così perchè sono psicologicamente instabile? O perchè non avevo più speranza che questo Evan tornasse ad essere il mio Evan?

Comunque sia, mi sa che devo farmi curare. O prendermi dei tranquillanti, così non scapperò più di fronte alle cose inaspettate che, a quanto pare, si ostinano a tartassarmi la vita.

Tipo Evan, per fare un esempio. A caso, eh.

Che casino.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chiaccherate tra volatili ***


Sarà che non ho mai visto il mare e per questo ero super emozionata prima di vederlo (e morire, ma questi son dettagli)...ma è giusto che non sia per niente impaurita nel dover prendere l'aereo? Cioè, emozionata sì...ma impaurita no. Per niente.

Sarà che ora sono foderata dalla paura. Beh, meglio per me.

-Non hai paura?- mi chiede Maurice. Sì, perchè l'unico compagno che ho nel raggio di due sedili è lui: Evan è tra mia madre e Mark, Didime e Fenicia leggono gli opuscoli della compagnia aerea (e sembrano pure divertirsi) e Mike è tutto solo dietro a loro, quindi davanti a noi.

Io faccio un'espressione indifferente:

-Nah. Non ho mai volato, non so se devo aver paura o no. Devo aver paura?-

-Nah.- replica lui, scimmiottando il mio tono. Me la prenderei con lui...se non avesse un'espressione così simpatica. Sì, dai, Maurice è quello che mi sta più simpatico tra i fratelli della muerte.

Per quel che li conosco, eh.

-Lo sai che c'è più probabilità di cadere con l'aereo che di vincere alla lotteria?- continua Maurice.

-Davvero rincuorante.-

-Io ho appena vinto alla lotteria. Davvero rincuorante, eh. Proprio. Sul serio.- interviene una voce.

Realizzo dopo qualche istante che la voce appartiene a quello seduto al posto accanto a me, un tipo sulla trentina con le mani che stanno distruggendo un opuscolo e un'espressione da "bene, tra poco moriremo".

E qua mi domando: da quant'è che ho una faccia così simpatica da invogliare un completo sconosciuto a intervenire in una mia conversazione?

'Sta cosa non va bene, eh.

-Ops. Pardon.- sorride tranquillamente Maurice, come fosse normale parlare con i compagni di volo. Il tipo gli lancia un'occhiata semi assassina, semi comprensiva.

-Niente, niente. Non è mica colpa tua. È colpa mia, ho crocettato io quelle caselline e ho vinto io.-

-L'aver vinto non mi sembra una cosa così brutta.- noto io.

Sì...io.

Da quant'è che rispondo ai completi sconosciuti che intervengono nelle nostre conversazioni?

Eh, il mondo cambia.

Il tipo ci getta un'altra occhiata, poi risponde:

-Sarebbe bello, se un altro gentile signore non avesse vinto con me. Ora dobbiamo trovarci e sistemare la faccenda, e quasi certamente io perderò ogni moneta dei soldi che non ho mai neanche potuto vedere.-

-Fantastico.- dico tranquillamente io mentre Maurice sorride:

-Magnifico.-

Il tipo ci getta l'ennesima occhiataccia, scandagliandoci per bene. Poi fa:

-E voi dove li trovate i soldi per fare una gita romantica, eh?-

No, dai.

Questo no, è troppo.

-Non siamo fidanzati.- mi sento rispondere all'istante. Sarà che ormai mi sono abituata?

Maurice sorride tranquillamente:

-Siamo amici, stiamo facendo una gita e basta. Sei mai stato a Copenhagen?-

Il tizio fa spallucce, poi sussulta e stringe il sacchetto pre vomito nella mano sinistra.

-N...No. Mai. Mi piace, però, penso sia una bella città.-

-Per la Sirenetta degli Andersen?-

-Per l'incendio.-

Questo è interessante.

-...l'incendio?- ripete Maurice, sinceramente confuso.

-Per il bombardamento inglese, nel 1800...mi pare.- gli spiego io (che brava persona sono). Ma questo di certo non spiega perchè questo piaccia al tizio accanto a me.

Sì, non vorrei ritrovarmi vicino un piromane. Voglio saperlo solo per sicurezza, eh.

-1807.- replica all'istante il tizio -Per quel bastardo di Nelson.-

Oh, fantastico. Uno con la memoria lunga?

Poi i motori si accendono e il tizio si zittisce per tutto il tempo in cui l'aereo decolla.

Ed è una figata pazzesca. Il volare, intendo...semplicemente pazzesco.

Ci sono le nuvole sotto, le nuvole sopra e una striscia azzurra in cielo...con il Sole che brilla proprio lì in mezzo.

Che figata pazzesca.

Per fortuna sono resuscitata.

-E voi, perchè andate a Copenhagen?-

-Dicono sia una bella città.- rispondo io senza voltarmi. Di certo il cielo fuori dal finestrino è meglio del colorito che deve avere il grande amante del volo che è il mio vicino di posto.

-E non avete paura?-

-Di cosa?- interviene Maurice, sporgendosi leggermente per guardare il tizio, e quindi io lo imito.

Sì, c'avevo azzeccato sul colorito del tizio.

Lui ammicca e dice, come fosse ovvio:

-Dei pensatori, no? Dicono siano parecchi e che si stiano riunendo in Grecia, in Messico e in Danimarca. Ma non li vedete i notiziari?-

Quello che ho visto io nella mia realtà dava bel tempo per tutta la settimana.

Maurice fa spallucce, quasi fosse un discorso da niente:

-Non mi fanno tanta paura. Del resto, che possono fare nel concreto? Leggerci nella mente mente e basta...-

-Non quelli di quello là...Faber.- lo interrompe il tizio (sembra ben informato) -Loro sono armati. E se uno ti legge nella testa riesce anche a capire quale sarà la tua prossima azione...ed ad agire per primo.-

-Ma perchè dovrebbero voler di certo uccidere?- chiedo io. Sì, alla mia mente ultradimensionale 'sta cosa sembra un po' strana.

Il tizio fa una faccia filosoficamente scazzata:

-Chiedilo a quelli che hanno ammazzato. Ci credo che ora gira dappertutto la polizia, se ci sono squilibrati del genere...-

-Non è detto che siano tutti squilibrati. Di certo ci sono pensatori non assassini, no?- lo interrompo ancora io. 'Sta cosa mi fa proprio incazzare, specie considerando che abbiamo sprecato un casino di tempo in aeroporto prima di partire, a causa di tutti i controlli anti-pensatori che il governo ha deciso di piazzare lì; curiosamente non è scattato nessun allarme quando sono passata io sotto i controlli.

Il tizio mi fissa di nuovo, e dice:

-Allora perchè non hanno ancora fatto niente per fermare quelli simili a loro?-

-Magari sono in pericolo le loro famiglie, magari temono che la gente li linci solo perchè sono pensatori.-

Questo lo zittisce.

Il tizio sembra pensarci su per qualche istante, poi fa spallucce e dice:

-Di gente stupida che lincia una persona solo perchè è diversa ce n'è, in effetti. Però...se mi ritrovassi vicino un pensatore non so cosa farei. Probabilmente lo denuncerei, penso...beh, sempre che me ne accorga, è impossibile riconoscerli...-

Questo è divertente.

-...e, chissà, magari voi siete pensatori e io neanche me ne sono accorto!- nota, e scoppia a ridere per la prima volta. Io e Maurice lo seguiamo a ruota...non so dal suo canto, ma dal mio è una risata davvero divertita.

Perchè questo è fottutamente divertente.

E qual è la cosa più strana? Non mi è mai venuto in mente, neanche per un istante, di leggere nella mente di 'sto tizio.

-Direi che è una cosa reciproca, no?- nota Maurice quando smette di ridere. Il tizio annuisce:

-Non ci si può più fidare di nessuno.-

-Come sempre, quindi.- faccio io, tornando all'allegrissima Ivy di due settimane fa. Ma quanto ero allegra?

Maurice alza gli occhi al cielo. Io lo guardo male. Il tizio sorride, un poco stancamente...almeno non ha più un colorito da vomito.

E ho una stanchezza gigante, addosso. Fantastico, mi mancava tutto questo tramtram...visto che, appena arriveremo all'aereoporto, ce ne andremo in pullmino a una base di pensatori alleati di mia madre. Sperando che ci vogliano aiutare, ovviamente.

Quindi: il mio culo diventerà ancora sformato per il troppo stare seduta.

Fantastico.

-Sta meglio, ora?- domanda Maurice al tizio. Lui gli sorride stancamente:

-Sì, un po'. Vediamo come andrà l'atterraggio, ma per adesso ho dovuto ricredermi sulle capacità di volo del metallo alato.-

L'allegria non manca nemmeno a 'sto qua, eh.

In questo momento passa un'hostess con il carrello delle cibarie. Io e Maurice decliniamo l'offerta di sostanze commestibili (il mio stomaco non approva l'ossessione per la sicurezza di questa mia madre) e, quando lo chiede a lui, il tizio fa un sorriso più che falso:

-Visto che me l'avete negato all'imbarco perchè non ho pagato quello schifo in più per il cibo, potreste almeno evitare di chiedermelo ora.-

Questo è più sfigato di me, eh.

Lascerei correre...se l'hostess non facesse una faccia così merdosamente antipatica.

ANDIAMO, UNO STUZZICHINO SE LO MERITANO TUTTI.

E all'improvviso accade il miracolo: l'hostess sorride, prende un pacchetto di noccioline e lo consegna al tizio mentre dice:

-Questo lo offre la ditta...per chiedere venia a causa del trattamento. Buon proseguimento.-

E se ne va senza dire altro. Il tizio guarda il pacchetto, poi me e Maurice, poi il pacchetto, poi ancora noi.

-Non me lo sono sognato, vero?-

-No. Credo di no.- sorride Maurice con un'espressione tranquilla -Avanti, goditelo, ora che ce l'hai.-

Non dovevi farlo.

Getto un'occhiata veloce e scazzata al mio compagno di viaggio.

Tanto non se n'è accorto nessuno.

...o almeno spero.

Vanamente, ovvio. Perché è più semplice pensare che Nathan non si sia accorto di niente, piuttosto che sospettare che in qualche modo abbia scoperto il mio arrivo in questa dimensione e il ritorno dei ricordi di Evan, e che abbia mandato qualcuno a seguirci nella nostra scampagnata in Danimarca.

Sfortuna vuole che non sappia che quel qualcuno è su questo stesso aereo.

Troppo ingenua, Ivy, troppo ingenua.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Lezioni di danese e caos...come sempre ***


Il furgoncino alfine si è rivelato essere un minibus, con venti posti e il navigatore dalla voce odiosa. Odiosa perchè, a parte non conoscere neanche una parola in inglese, ha quel caratteristico tono dei navigatori che farebbe andare in bestia chiunque.

Fatto sta, però, che sia anche un navigatore intelligente...o almeno lo sembra, visto che ci sta mandando proprio alla base di pensatori di questa magnifica città.

Io me ne sto seduta in seconda fila, tranquilla tranquilla. Sì, a volte non sono reattiva come un chiwawa in una centrifuga. Capita.

Mi piace la Danimarca. Cioè, quello che ne ho visto...quindi quasi niente. Ha tanto verde e tanti fiori e il cielo tanto grigio.

Piacerebbero a papà.

Una cosa che non mi piace sono i continui pedaggi per tutte le strade. Insomma, ci saremo lasciati l'aereoporto alle spalle da almeno mezz'ora e abbiamo già pagato cinque volte!

Stavolta però c'è un tizio a prendere i soldi.

-God morgen. Èn og halvtreds Kroner, bedes.-

Ok. Per fortuna non sono io a guidare.

Mia madre arraffa qualche moneta dall'incavo del cruscotto in cui ha infilato i soldi (che sono corone danesi...quante cose s'imparano, facendo queste scampagnate), le dà al tipo e sorride tranquillamente.

-Er rigtige?-

-Ja. Tak og farvel, dame.-

-Tak.-

Dette queste cose molto sensate, mia madre ritira su il finestrino e rimette in moto...non prima che tutti gli spifferi di freddo esistenti in questa terra amletica raggiungano la sottoscritta.

A casa non fa così freddo. Cioè, mi aspettavo molto peggio (la Danimarca mica era vicina al circolo polare artico...o no? Non sono una cima in geografia)...ma fa freddo lo stesso.

Ma non sembra un freddo naturale. Insomma...ce l'ho addosso da quando ho sentito quella specie di qualcosa sull'aereo. Come una presenza.

Una presenza che conosco.

E, considerando le mie conoscenze...non è un bene, vero?

Sono così immersa in queste mie pare mentali che non mi accorgo neanche che qualcuno si è avvicinato...finchè mi tira in testa qualcosa di pesante.

-Che cazz...?- faccio mentre mi tiro via dalla capoccia il qualcosa, che si rivela essere un giaccone nero come la mia anima (muahahah).

Evan si siede stancamente accanto a me e mi lancia una delle sue occhiatacce scazzate:

-Hai solo una felpa e sei a Copenhagen. Fa freddo.-

Poi se ne sta zitto. Io non riesco a trattenermi (perchè, ci sono mai riuscita?) e commento:

-Sembrerebbe quasi una cosa carina, il darmi la giacca...se tu non avessi quella faccia.-

-Perchè? Che faccia ho?-

-Sembra che stia pianificando un omicidio di massa. Non dimenticarti di coinvolgermi, eh, voglio ammazzare anche io qualcuno...a cominciare da Nathan, magari. Strozzandolo. A mani nude...o con i lacci delle sue scarpe? Sì, ci starebbe morire soffocati dai propri lacci. Bene, ho deciso come voglio morire...-

-È che mi fa male la testa.- sbotta lui, interrompendomi. Bene, mi chiedevo quanto avrei dovuto continuare a divagare per farmi interrompere.

Ma la cosa che vedo non mi piace: si sfrega gli occhi, si china e si prende la testa tra le mani...come se stesse davvero male.

Evan che sta male? Quando mai? Non è mai successo! È stato solo minacciato, pestato, avvelenato ed è solo crepato un paio di volte.

-Male in che senso?-

-Nel senso che ha. Me la sento scoppiare...e fa male.-

-Non è che è perchè hai dormito poco?- ipotizzo io. Lui mi guarda ancora male:

-Ho passato due anni a inseguire e ammazzare gente e tu pensi che mi faccia male la testa perchè ho dormito poco?!-

-Ok, ok. Scusa.- sbuffo. Perchè devo essere sempre rimproverata? Prima Maurice che mi ha sgridata perchè ho aiutato il tizio dell'aereo, ora il morto che cammina...manca solo che pure Nathan Versione Cattiva mi rimproveri.

-Comunque mettitela e basta, o me la riprendo.-

-Obbedisco.- faccio io, infilandomi la sua giacca nera come i nostri animi (muahahahahahahah).

Poi mi viene in mente: e se parlando di altro il mal di testa scomparisse? Potrebbe funzionare.

Che genio che sono.

-Sei già stato in Danimarca?-

Lui resta col volto appoggiato alle mani, mentre mi bofinchia dietro:

-Ovviamente.-

-Quindi qualche parola di danese la sai?-

Questo almeno gli strappa un sorriso. Solleva un po' la testa e mi guarda ironicamente, poi dice:

-Vuoi sapere come si dice "fanculo", vero?-

-Beh...anche.-

Ma come fa a leggermi sempre nella mente, lui che non è un pensatore?

-Kneppe skiderik. Dillo a Nathan.-

-Significa "vaffanculo"?-

-Significa "fottiti bastardo". È meglio, no?-

Ah, come mi capisce sempre.

-Altre parole? Non è che potrò dire a ogni danese che incontrerò kneppe skideche...-

-Skiderik. Beh, se vuoi puoi dire tæve hore.-

-Che sarebbe...?-

-Puttana cagna. Poco fine ma sempre efficace.-

-È così divertente parlare con te.- me ne esco io con molta nonchalance. -Imparo sempre nuove parolacce...mi piace.-

-Dai, ti insegno qualcosa di decente.- sbuffa Evan come se mi volesse fare una grande concessione, raddrizzandosi leggermente. Io faccio spallucce:

-Va beh. Sentiamo.-

La cosa ironica è che voglio davvero imparare qualche parola.

-Du vil ikke dø...eller jeg vil dø.-

-Ellamadonna, questo è troppo, dai.- sbuffo. Che pensa, che sia super intelligente?!

Così esagera.

Evan fa filosoficamente spallucce:

-Pazienza, così non saprai mai cosa significa.-

-Ma come, non me lo dici te?-

-Scordatelo.-

-Ma perchè?! Perchè...era una cosa brutta, vero? Una bella bestemmia, o un insulto verso di me?! Cos'era quella roba...ah, sì: kneppe skiderk!-

Sì. Me la prendo per poco.

Capita.

-SkiderIk.-

-Fanculo. Dimmi cosa significa.-

-Scordatelo.-

-Ti posso costringere.- provo io. Ovviamente non attacca: Evan ghigna da persona crudele quale è e dice:

-Con me non funziona. Rinunciaci.-

-Dimmelo.-

-Scordatelo.-

-Dimmelo.-

-Scor.da.te.lo.-

-Dai, dimmelo.-

-No.-

-Da...-

Solo qualcosa di davvero, davvero grande potrebbe farmi rinunciare al tartassare Evan fino alla sua confessione...e infatti accade.

Il qualcosa di davvero, davvero grande, intendo.

Praticamente: la Karen Faber di questa dimensione frena nel bel mezzo della strada a più corsie e trafficata che stiamo percorrendo.

Così.

Sbatto contro il sedile davanti e sento l'aria uscire violentemente dal mio petto. Poi qualcosa mi tira indietro e mi tiene dritta...e mi accorgo che è la mano di Evan.

-Che...che cosa...?-

-Sta' ferma.- mi dice lui. Controlla ancora che sia ben appoggiata al mio schienale, poi comincia a guardarsi attorno.

-Gli altri?- gli chiedo io, sbattendo qualche volta le palpebre.

Sì, dai, non sto male. Mi fa male il collo e la schiena...ma almeno sono intera.

E...cosa cazzo è successo?!

Volto la testa verso la parte posteriore del minibus. Didime sta controllando il taglietto che Mark si è fatto sbattendo la testa sul sedile davanti...e Mike e Maurice cercano di togliere gli occhiali a Fenicia senza che le lenti rotte di quelli si spacchino completamente, accecandola.

Nel complesso sembrano stare bene.

Poi guardo in avanti: anche la guidatrice sta bene.

Sembra solo...scioccata.

-Ma...mamma? Cos'hai?- le domando io. No, non mi accorgo nemmeno di averla chiamata "mamma".

Lei non mi risponde. Farfuglia qualcosa d'insensato:

-I...i suoi...i suoi occhi...n-non è possi...possibile...-

-Mamma?- dico ancora. Mi sembra quasi naturale l'alzarmi per andare accanto a lei...ma qualcuno mi costringe a restare seduta.

-Non muoverti da qui.- fa Evan. Sento distrattamente qualche clacson che suona, ma non mi chiedo perchè facciano tutto quel casino.

Perchè ho visto: Evan è spaventato...ma è diverso.

È anche...forte. Sicuro. Come non lo è mai stato prima.

Si volta anche verso gli altri, e subito lo imito. Il taglietto di Mark sanguina ancora, Fenicia ha addosso un nuovo e non distrutto paio di occhiali; tutti hanno delle espressioni impaurite e stanche.

Sembra quasi che si aspettino di morire da un secondo all'altro.

-Anche voi. Restate qua. Cercherò di distrarlo...appena non frenerà più il pullman dovrete ripartire.-

Dette queste memorabili parole, Evan si alza e va da mia madre.

-Appena vi lascerà liberi, anche se non risalgo. Dai gas e scappate.- le dice.

E...mi sa che mi sto perdendo qualcosa d'importante.

Senza dire altro, Evan prende due pistole da sotto il sedile del guidatore, apre le porte davanti ed esce.

Così.

E solo in questo momento mi ripiglio.

-Aspetta!- gli grido dietro raddrizzandomi, ma è troppo tardi, ormai è sceso.

No, non può andare là fuori con quello che ha frenato il bus con la mente (non so come lo so, lo so e basta. Sento che sta bloccando il bus anche ora, non lasciandoci libertà di fare qualunque cosa)...non può rischiare così.

La mia attenzione, però, viene subito catturata da quello che ha frenato il bus con la mente. Ora che mi sono raddrizzata lo vedo chiaramente, piazzato davanti al veicolo...e capisco la reazione di mia madre.

Perchè nonostante il pallore da cadavere, nonostante le cicatrici che gli deturpano il volto...non posso non riconoscerlo.

È Bill.

Ma non ha più i suoi occhi. Quelli azzurri, quelli che credevano sempre nel meglio.

Ora i suoi occhi sono circondati da mille cicatrici. E sono neri come la pece...come quelli di Nathan.

Come quelli di papà.

E solo ora capisco perchè mia madre ha quell'espressione.

Perchè quelli sono gli occhi di papà.

Dio santo.

Nathan...cos'hai fatto?

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Voli imprevisti e altri grilletti premuti ***


Evan si piazza esattamente davanti al minibus e, quindi, a rigor di logica, di fronte al mostro che un tempo fu Bill.

Non so perchè ma mi ricorda un automa. Bill, intendo. Uno di quelli che non hanno un'anima, come fossero comandati da lontano.

Quindi quello non è Bill, il mio amico. Non posso permettermi di pensarlo.

Evan tiene le pistole in vista ma non sollevate...come se avesse qualcosa in mente. Beh, è stato gentile a non dirmi in cosa diavolo consiste il suo piano.

Se esiste, ovviamente.

Mia madre è ancora paralizzata sul posto del guidatore. La affianco cercando di non far rumore e mi accovaccio accanto a lei, continuando a guardare il mostro che un tempo fu Bill.

Che sta dicendo qualcosa anche se la sua bocca è cucita.

DACCI IVY. VOGLIAMO IVY. VOI SARETE LIBERI SE AVREMO IVY. DACCI IVY E POTRETE ANDARE. VOGLIAMO IVY. SOLO IVY.

Non è propriamente come il traviamento mentale made by me: lo sentiamo tutti...ma è solo come se avesse parlato ad alta voce con questa voce da automa (di certo non quella di Bill).

Comunque, mi sta venendo il dubbio che Nathan l'abbia mandato per rapire me.

-E se non te la consegnassimo?- domanda Evan. Ha un tono tranquillo, il bastardo.

MORTE. MORTE ALL'ARMA. MORTE ALLA FENICE. MORTE AL GENIO. MORTE AL TRADITORE. IVY CATTURATA. DACCI IVY.

Il mio dubbio sul fatto che mi voglia rapire sta diventando una certezza. Ehi, sono ridiventata popolare!

E qua mi viene una delle mie più che amate illuminazioni: il mostro è telecinetico...ma non è telepate. Perchè per essere telepate devi avere una mente...e lui non ce l'ha. Non più.

Io non posso comunicare con Evan perchè lui è immune, questo è un punto a sfavore, ma intanto il mostro non può traviarci. È un passo avanti.

-Tu sei l'esperimento sacrificabile di Faber, l'unico che ha poteri telecinetici. Tu dici che se te la consegnamo ci lasci vivere, noi lo facciamo e dopo puoi ucciderci tranquillamente. Quindi non raccontare palle e parla chiaro: ci ucciderai comunque, vero?-

VUOLE IVY. DACCI IVY. MORTE AI TRADITORI. È INUTILE. MORTE AI TRADITORI.

-La prenderò come una conferma.- fa Evan. Muove la testa come se stesse annuendo, e non so perchè ho la certezza che sorrida mentre dice:

-Sei come un orologio caricato da Faber: dici sempre le stesse cose e non sai usare i tuoi poteri. E si sa...gli orologi che devono essere caricati si scaricano, prima o poi.-

Che bravo che è Evan.

Sì, ok, ma...cosi non l'ha incitato a muovere il culo?!

Gli occhi neri del mostro non si muovono, eppure mi sembrano diversi da prima. Che Evan sia riuscito a confonderlo?

Beh, magari non c'è bisogno di far tanto per confondere un mostro senza cervello.

ALLORA È MEGLIO CHE VI UCCIDA SUBITO.

Che frase lunga.

All'improvviso mi passa per la testa una visione fugace e alquanto orribile: il mostro scatta e uccide Evan spaccandogli la testa (perchè se è un mostro è anche forte), entra nel minibus, uccide mia madre, i tre fratelli della muerte, le due gemelle...e dopo prende me. Non mi uccide, lo stronzo.

Perchè sono sempre io quella che deve vedere gli altri morire?

Ma la visione fugace e alquanto orribile scoppia come una bolla di sapone quando Evan solleva leggermente le pistole e spara alle ginocchia del mostro.

Ahi. Deve far male.

Però Evan ha una buona mira, bisogna ammetterlo.

-Bene. Possiamo andare.- fa lui sciallatamente, voltandosi verso di noi con un'espressione da "so' figo e so di esserlo" (sì, questo conferma che lui è Evan). Sento i cinque ammassati dietro di me che si tranquillizzano in modo percepibile e, ovviamente, io guardo male Evan attraverso il vetro del parabrezza. Ancora più ovviamente, lui ghigna ancora di più...

Ed è in questo momento che vedo un movimento strano alle sue spalle.

Evidentemente Evan vede la mia espressione: si volta e, tutti assieme, guardiamo il mostro Bill che si rialza.

Così, con le rotule spappolate. Fanculo ai medici.

Sento che non ha una mente. Sento che per questo non è vivo, e quindi non può morire, esattamente come un automa...ma so anche che se si tagliano le gambe a un automa, quello non si può rialzare. Magari si muove ancora, ma...non si rialza. Punto.

Insomma: quello che sta accadendo è leggermente impossibile.

Si raddrizza lentamente, con calma, come se non ci fosse fretta. Maneggia un po' con le mani attorno alle sue ginocchia, una per una, e le fa schiccare entrambe in modo orribile per rimetterle a posto.

Poi solleva la testa e non fissa Evan, di fronte a lui, con la bocca comicamente spalancata per l'incredulità...

Fissa me.

VIENI CON NOI. NO MORTE. AIUTA NATHAN. NO MORTE.

Ma ormai vi conosco, caro il mio mostro. So che li ucciderete lo stesso, qualunque cosa io faccia.

Non sono più così ingenua.

Le scelte sono due: vederli morire oppure consegnarmi e sapere che sono morti.

Non voglio scegliere.

Evan gli spara ai piedi, il mostro si accascia.

Poi, ovviamente, si rialza.

-Porca puttana CAGNA!- sbotta con la sua finezza Evan, sparandogli direttamente alla testa.

Il mostro fa un passo indietro e abbassa la testa, poi la solleva e lo guarda.

Oh, no...

ERRORE. MORTE.

Il mostro solleva una mano. Evan si solleva.

Il mostro sposta il braccio...e mi accorgo solo ora che siamo su un ponte. Le macchine sfrecciano accanto a noi ma sembrano lontane, non appartengono al nostro mondo. Il fiume, invece, può farne parte...specie se qualcuno ci viene lanciato dentro da un certo telecinetico.

Il mostro fa un cenno con la mano verso il lato del ponte, verso il fiume.

Evan si fa un voletto oltre il parapetto del ponte.

-EVAN!-

Senza neanche rendermene conto sono scattata in piedi e sto per correre fino al parapetto. Sì, una parte del mio cervello mi dice che il ponte sembra alto e, sì, potrei anche tuffarmi direttamente per riprendermi Evan...ma succede qualcosa che non avevo calcolato.

Qualcuno mi trattiene per il braccio.

Mi volto leggermente...e vedo mia madre. Ha gli occhi lucidi.

Mi sta puntando una pistola alla testa.

-Non voglio che succeda di nuovo.-

Poi preme il grilletto.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Tutto molto incasinato ***


È universalmente riconosciuto che, nel momento in cui una persona spara alla testa di una seconda persona, questa muore. Stranamente, ciò non è mai strato dimostrato in modo teorico...forse perchè l'atto pratico lo rende leggermente (ma proprio leggermente, eh) ovvio.

Beh, non lo è più. Chi vuole fare un'altra prova per ridimostrarlo?

Si accettano volontari.

Mia madre (forse per lo stupore, forse rendendosi conto di quello che sarebbe dovuto succedere) fa cadere la pistola. Stranamente nella mia testa il suono che quella fa mentre colpisce il fondo del minibus risuona un po' troppo forte e un po' troppo a lungo. Sarà per lo shock di essere quasi stata uccisa dalla propria madre per, cito sue testuali parole:"Non voglio che succeda di nuovo"?

Sono circondata da psicopatici.

Ma...urge una spiegazione: perchè non sono morta?

Sento un rumore strano, come se qualcos'altro di metallico fosse caduto sul fondo del minibus. Abbasso gli occhi...e studio per qualche istante il proiettile che teoricamente dovrebbe trovarsi nella mia testa. Sembra quasi che sia stato bloccato un secondo dopo essere uscito dalla pistola, tenuto fermo nell'aria durante gli istanti che nella mia mente si sono bloccati...e lasciato andare.

Quasi come se ci fosse un telecinetico qua accanto?

Alzo gli occhi e lo vedo. Eccolo lì, mostruoso come sempre. Ma...sbaglio, o ha qualcosa che non va?

Poi mi ricordo quello che ha detto Evan, prima: il mostro è un burattino nelle mani di Nathan, ed è stato caricato da lui. E, se una cosa si carica, allora prima o poi si scarica, no?

Sembra che il mostro abbia appena sprecato tutta la sua carica per salvarmi dalla mia psicopatica madre. È lì immobile, con la mano alzata verso di noi e un'espressione...incredula?

Si fissa il braccio come se non capisse quello che è successo.

Poi guarda di nuovo me. E, lo giuro davanti a qualsiasi entità sovrannaturale esista in cielo...i suoi occhi non sono più così neri. O meglio: non sono più così simili a quelli di mio padre.

Nonostante il colore, la forma, tutto sia come prima, lo vedo chiaramente. Quelli sono gli occhi di Bill.

TI PREGO.

Non ha neanche il tempo di abbassare le palpebre, un secondo e bum!, è per terra...scarico.

E direi che sono successe troppe cose in questi ultimi cinque minuti.

Sento delle sirene lontane. Gli uccelli cinguettano, qualcuno grida, il fiume scorre.

È la voce di Didime, però, che mi riporta alla realtà.

-State...state tutti bene?-

Evidentemente lo chiede per l'incidente e il mostro. Evidentemente questo mi sblocca.

-Tu...mi hai sparato.- dico ancora prima di pensarlo. Mi volto lentamente verso la Karen Faber di questo mondo e la fisso. Ha un'espressione tra il terrorizzato e il disperato.

-Mi hai sparato.- ripeto, giusto per dare un po' di enfasi. Cioè, se qualcuno ti spara è giusto pretendere almeno una fottutissima spiegazione, no?!

Ma lei non cambia espressione e dice:

-Pensavo che saresti diventata come Nate. Non potevo perdere anche te. Non c'era altra scelta.-

Sì, il ragionamento ci sta...ma qua c'è un problema proprio grosso.

-Se fossi una persona bastarda, cinica e senz'anima sarebbe una cosa sensata...- comincio io sorprendendola, visto che ha appena spalancato gli occhi. Poi aggiungo: -Ma una madre non potrebbe mai sparare alla propria figlia. Non così. Lo so che non sono davvero tua figlia, ma...se fosse stato il contrario io non ti avrei mai, mai uccisa.-

E poi danno a me della cinica senza cuore.

Visto che non mi piace stare troppo vicina alla persona che ha appena cercato di ammazzarmi, mi rialzo ed esco dal minibus senza voltarmi. Sì, chissenefrega di tutti quelli che ci sono dentro...a quanto pare è meglio starsene da soli, contando che la mia stessa madre mi ha sparato.

Vado davanti al minibus e mi fermo accanto al corpo del mostro.

Ha la faccia piena di cicatrici e tutta tirata. La pelle è quasi bianca, gli occhi sporgono e ha le labbra in una linea perfetta. Per il resto...sì, è lui. È innegabilmente Bill.

Pure Bill. Quanti ancora ne devono morire?

E ora mi ricordo.

Cazzo.

-Merda.- dico mentre corro al parapetto del ponte. Che poi, cosa mi aspetto di vedere? La corrente l'avrà già portato via...se è sopravvissuto al volo, ovvio.

Raggiungo il parapetto e mi affaccio, non volendo vedere cosa penso che vedrò ma non riuscendo a non guardare...

E ovviamente mi sono preoccupata per niente.

-Ehilà. Lo sai che c'è una bell'arietta, qui?-

-MA VAFFANCULO.-

È appeso a un filo...e non è una metafora: non so come, non so da dove l'ha preso, ma è appeso a un filo lungo quattro metri e agganciato al groviglio di tubi che c'è sulla parte sotto del ponte.

In pratica: si è salvato il culo.

Io lo ammazzo.

-Visto che sei ancora viva deduco che l'esperimento è morto...bene.- fa lui. Poi, tranquillamente, come nulla fosse, comincia ad arrampicarsi sullo stesso filo che gli ha salvato il culo.

Cioè, io non riesco neanche ad arrampicarmi sui primi due metri della pertica della scuola.

Qualcosa alle mie spalle stride in modo alquanto fastidioso. Mi volto subito e sopprimo le bestemmie da scaricatrice di porto che mi sono nate in gola appena riconosco l'auto che ha creato quel suono alquanto fastidioso.

La polizia, deduco dalla scritta politi sul fianco. Fantastico.

-Ehm...Evan, c'è un problemino...-

-Se ti levi dalle palle sistemo tutto.-

Mi volto, e mi trovo Evan accucciato sul parapetto, più calmo della calma e alquanto...incombente.

-Sì, ma stai calmo.- replico levandomi dalle palle. Lui sorride soddisfatto e torna sulla strada normale. Fa per dire qualcosa, quando una voce poco lontana ci distrae.

-Ehi, voi! Tutto bene laggiù?!-

Ci giriamo verso il poliziotto che ha parlato e io, in uno scatto decisamente insolito di collaborazione, gli rispondo:

-Tutto bene, non preoccupatevi!-

Che poi, è una cosa alquanto idiota da dire a un poliziotto.

-Non muoverti.- dice all'improvviso Evan. Lo guardo, sorpresa, e seguo ciò che i suoi occhi stanno scrutando con espressione alquanto inquietante.

La scritta "politi".

E qua il cervello si riattiva completamente.

-No, un attimo...- faccio mentre Evan si sposta davanti a me, nascondendomi per qualche istante il poliziotto che teoricamente dovrebbe essere danese...e quindi dovrebbe anche parlare danese.

Un altro poliziotto lo affianca. Ci studia per qualche istante, e ci grida dietro:

-Non muovetevi! Dovete venire con noi!-

Due poliziotti inglesi in Danimarca...che cosa curiosa.

Qualcosa nella mia mente mi ricorda che questo dimostra che siamo più che nei guai e comincia a lavorare per trovare un modo per uscirne. Sì, quel qualcosa nella mia mente esiste.

Poi, semplicemente, il minibus fa uno scatto avanti e becca in pieno i due poliziotti non danesi.

Ma chi ha dato la patente alla mia non madre?!

Qualcuno si sporge dalla porta del minibus: Maurice.

-Forza, muovetevi, non abbiamo tempo!-

Lo fisso per qualche istante. Poi fisso mia madre, alle sue spalle, e lei ricambia lo sguardo.

-C'è un altro modo?- sussurro alla schiena di Evan. L'ho detto a bassa voce, quasi mi aspetto che non mi abbia sentita...e invece sì.

Volta leggermente la testa verso di me, poi lui guarda Maurice...e sorride:

-Grazie, ma no. Non abbiamo bisogno del vostro aiuto.-

Solo nella mia testa quell' "abbiamo" suona in modo alquanto melodico?

Stranamente, Maurice non sembra nè sorpreso nè deluso. Fa un sorriso che pare stanco e dice soltanto:

-Sì. Capisco.-

Poi, all'improvviso, si rovista nelle tasche e lancia verso di noi un oggetto metallico. Evan lo prende al volo e lo studia mentre Maurice spiega:

-Per tenerci in contatto. Anche noi vogliamo quello che volete voi.-

-Sì, ma con gli stessi mezzi?- commento io. Stavolta Maurice fa un sorriso che trasuda stanchezza:

-Non tutti sono disperati quanto loro, Ivy. Ricordatelo.-

Detto questo, rientra completamente nel minibus, le porte di esso si chiudono e ripartono sotto i nostri occhi.

Lasciandoci completamente scoperti alla polizia che non è polizia.

Merda.

-Direi che questo è il momento migliore per esporre il tuo piano sull'altro modo.- dico a Evan. Con mio sommo orrore, lui si volta di scatto verso di me e bofinchia:

-...perchè, non ce l'hai te il piano?-

Merda secca.

-Scherzo, idiota. Un piano ce l'ho...ma non ti piacerà.-

Io lo odio.

E...non è normale che anche adesso io lo guardi male e lui mi risponda con un ghigno, vero?

-Perchè non mi piacerà?-

Mentre discutiamo amabilmente, i tanti poliziotti che non sono poliziotti ci hanno accerchiati e si stanno avvicinando. Strano, sembrano temere Evan...anzi, non è neanche un po' strano, in effetti.

Poi accade tutto troppo in fretta.

Sento soltanto di essere presa in braccio e sollevata. Dopo Evan sale sul parapetto...e fa un passo nel vuoto.

Con me tra le braccia, ovviamente.


L'impatto con l'acqua non fa male...è solo un po' fredda per i miei gusti. Un po' troppo.

Riapro gli occhi quando ormai sono sotto. Mentre muovo gambe e braccia per restare in questa posizione, batto mille volte le palpebre prima di riuscire a vedere decentemente...e mi ritrovo davanti Evan, con i capelli fluttuanti che sembrano raggi attorno alla sua testa, che mi tende un congegno strano. Io lo prendo e lo studio.

Che cazzo è? A cosa serve? Si mangia?

L'aria comincia a scarseggiare. Mi fa male la gola.

Evan mi schiocca le dita davanti agli occhi per attirare la mia attenzione, poi si indica la bocca...e vedo solo ora che stringe tra le labbra un congegno identico a quello che ho io in mano.

Ah.

Lo imito subito...e aspiro una meravigliosa boccata d'aria. Non so come ma sento un rumore strano, come se qualcosa fosse filtrato.

Cioè, 'sto coso filtra l'acqua e la trasforma in aria?! Che, siamo in Star Wars?!

Senza il problema della deficienza d'aria mi concedo di guardarmi attorno: siamo davvero lontani dal limite dell'acqua. Stiamo scendendo verso il fondale (alquanto sporco, devo dirlo). E non mi piace.

Poi riporto gli occhi su Evan...e lo fisso con orrore, cercando di capire cosa cazzo sta facendo.

Si sta spogliando.

Ma io non so. Che gente pervertita.

Si accorge della mia faccia mentre si sfila le scarpe. Ricambia il mio sguardo per qualche istante...poi ghigna. Indica le scarpe, che ora fluttuano verso il basso, poi i pantaloni e la maglietta che se ne vanno verso l'alto. E dopo indica me.

Ah. I vestiti appesantiscono e portano verso il fondo. E non penso che i congegni strani che ci fanno respirare durino a lungo.

Eh no, bello mio. Per farmi spogliare ti devi sforzare molto di più.

Nonostante la telepatia mancante, sembra che Evan comprenda appieno cosa penso (sarà per il colore che ha assunto la mia faccia?): alza gli occhi al cielo e mi indica di nuovo, poi si stringe le mani sulla gola, passando direttamente alle minacce.

Ok, va bene. Mi tolgo la giacca, le scarpe...e dopo qualche istante i pantaloni. Poi incrocio le braccia e concentro tutto il mio odio nello sguardo che lancio ad Evan.

Fottiti.

Evan ghigna un'ultima volta, poi si volta. Così, tranquillamente in boxer, comincia a nuotare verso un punto imprecisato. Dopo qualche istante lo seguo, pensando che tutta questa storia sta diventando davvero ridicola.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Scopro che nei recessi della mia anima c'è una Ivy figlia dei fiori e allegramente odiosa ***


Dopo dieci minuti di sana nuotata in acqua sporca e gelida (e pure in mutande) raggiungiamo il punto della riva dove finisce il ponte. Mentre rispuntiamo fuori nell'aria freschina di marzo, non posso fare a meno di chiedermi cosa diavolo penserebbe una persona normale se ci vedesse ora, esseri simili a umani fradici e infreddoliti che risorgono dal fiume.

Non dev'essere un bello spettacolo.

Appena metto piede sui freddi sassolini della riva mi tolgo dalla bocca il congegno strano e sputacchio un po' di acqua, giusto per far scena.

-Tutto bene?- mi chiede Evan, sempre al mio fianco. Mi volto verso di lui e io, infreddolita, tremante e incazzata lo incenerisco con gli occhi. È in boxer e fresco come una rosa, come se avesse appena fatto una nuotatina piacevole in piscina a fine maggio.

-M-ma come fai?- tento di chiedergli e contemporaneamente di bloccare il tremore. Ma come cazzo fa a stare lì, tranquillo e sicuro...e in boxer?!

Ecco, ho deciso: sono incazzata con lui.

Intanto Evan, non sapendo della mia novella decisione, fa serenamente spallucce e dice:

-Sono allenato da anni? Ho un'innata resistenza alle temperature estreme? Non faccio schifo quanto te?-

Cioè, un conto è incazzarsi per niente, un conto è farlo con una giustifica...e lui me la sta pure offrendo su un piatto d'argento. Che dolce.

Non lo degno neanche di una risposta, mi volto e comincio a camminare verso dove il ponte e la terra si uniscono (lontano dall'acqua ma non a tiro di fucilate. Furba, no?)...mettendo il piede destro coperto dal calzino esattamente sopra un vetro rotto il cui antico possessore farà una brutta fine.

-Ahi! Cazzo! Male!!-

Lo so, ho una capacità di sintesi pazzesca.

Faccio un passo indietro, perdo l'equilibrio, agito un po' le braccia, mi volto (perchè se cado devo farlo con stile: di faccia)...e finisco direttamente contro Evan.

Lui mi prende al volo e, sarà per il casino del momento, sarà per il voletto di un'ora fa, sarà per tutta 'sta situazione di merda...casualmente le sue labbra finiscono sulle mie.

Casualmente, eh.

E mi succede qualcosa di proprio strano, mai accaduta prima (nella dimensione tranquilla e normale, per intenderci): c'è come una scossa elettrica che mi attraversa il corpo, una carica di adrenalina che mi spinge ad aggrapparmi di più a lui (rischiando di cadere, ma fottesega) e rispondere al bacio, che mi fa desiderare e credere di poter restare così ancora per un po', fanculo tutti i problemi, per l'eternità o fino alla fine del mondo...

Cosa che potrebbe accadere da un momento all'altro.

Non c'è tempo.

Mi stacco da lui e lo spingo via...e quasi scoppio a ridere vedendo l'espressione ferita che ha.

-Non è la situazione adatta per fare cose del genere, eh.-

-Ogni situazione è adatta per fare cose del genere.- ribatte subito lui, prendendomi un braccio e tirandomi per farmigli ricadere addosso.

Poi sento un rumore davvero, davvero strano.

Come...una risatina?

-Ah, i giovani di oggi. Quanta libidine in giro.-

A parte il fatto che qualcuno ha appena detto questo in inglese...ma c'è qualcosa che non va. Nella sua voce.

È esattamente uguale alla mia.

Evan guarda qualcosa alle mie spalle e spalanca gli occhi. Mi volto anch'io, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo...e mi ritrovo davanti me.

O meglio: una mia versione...HIPPIE?!

-Beh.- commenta quella me mentre si stiracchia e scende dalla scrivania su cui era seduta (mi sa che siamo in una discarica abusiva) -Se avete finito possiamo andare.-

-Ma...tu...io...-

Questo è il meglio che il mio cervello riesce a comporre.

La mia gemella sorride tranquillamente, come fosse normale per lei trovarsi davanti una copia di se stessa.

Normale. Ahah.

-Sì, siamo uguali. Io sono di un'altra dimensione, dove sono stata adottata a tre anni dopo che i miei genitori, Faber, hanno avuto un incidente. In pratica: due mesetti fa ho ricevuto un biglietto in cui era spiegato che esistono millemila dimensioni, qualcuno ne ha reso i confini così deboli che ci si può passare attraverso, e che dovevo premere il tasto rosso di un congegno strano che c'era in allegato al biglietto. Così sono arrivata qua e...ehi, ma non avete freddo?!-

-No.- rispondo io, stringendomi la maglietta addosso per riscaldarmi (inutilmente) -Per niente.-

La cosa strana è che, anche se sto gelando, non mi fanno per niente invidia gli strati di vestiti che indossa la mia gemella. Cioè, ha una gonna rossa con sopra un'altra gonna, viola, e un maglione giallo con sopra un coprispalle arancione...e tutto è coperto da fiori.

E lo accetterei, giuro, se 'sta qua non avesse anche un fiore infilato tra i capelli.

La mia sosia non coglie il sarcasmo e ridacchia, poi dice allegramente:

-Andiamo, lavoro dall'altra parte della strada in un negozio di vestiti. Curioso, no? Che vi manchino e che io lavori proprio lì. Trovo questa cosa davvero affascinante.-

-Affascinante. Sì.- faccio io, ancora a vuoto visto che non sente la nota ironica. Sento qualcuno ridacchiare e fulmino Evan. Lui tossicchia sogghignando e chiede al mio clone, mentre quella si arrampica per i cinque metri scarsi di salita che ci dividono dalla strada:

-Non ci hai detto chi ti ha fatto venire qua dalla tua dimensione.-

Lei si volta di scatto e fa un sorrisetto pieno di divertimento:

-Ha detto che vuole dirvelo di persona. Dai, muovetevi, diventerete dei ghiacciolini se restate lì.-

Sì, l'unica spiegazione è che sia completamente fatta. La Danimarca non è molto lontana da Amsterdam, giusto?

Ma un attimo...

-Cioè, tu hai ricevuto un fottuto biglietto con un fottuto congegno...e hai premuto il bottone rosso?! Così?!-

-C'era scritto.- fa la mia sosia. Evan mi sfiora la schiena per farmi muovere il culo, e cominciamo a salire anche noi.

-Ah. Adesso è tutto più chiaro.-

Stavola la sosia si volta: sorride ancora, e io provo (di nuovo) l'immensa tentazione di pigliarmi a schiaffi.

-Lui ha detto che saresti stata così.-

-Così come?-

-Acida.-

Evan ridacchia ancora. Evan si becca una gomitata nello stomaco.

Il piede mi fa un po' male. Ehi, magari mi sono fatta un brutto taglio infetto e morirò a breve...meglio che stare ad ascoltare 'sta qua.

Infine arriviamo sulla strada. Guardo verso il centro del ponte, dove qualcuno ha deciso di fare bungee jumping senza corda, e non sono molto sorpresa quando vedo che le macchine passano tranquillamente per la strada sgombra.

Ma tutto quel casino è successo davvero?

Poi mi volto, e vedo il negozio dove lavora la mia sosia.

-...che diavolo c'è scritto?-

-Begærets butik.- risponde la flippata Ivy, pronta.

Poi, di punto in bianco, Evan dice:

-Hai presente "Cose Preziose" di Stephen King?-

-Quello dove il proprietario di un negozio in realtà è un mostro che ammazza la gente?-

-Quello.-

-E...?- lo incoraggio io, non capendo perchè abbia tirato fuori la questione. Evan ghigna:

-Indovina come si chiama in danese.-

Guardo lui. Poi guardo il nome del negozio.

Simpatico.

Attraversiamo la strada ed entriamo in negozio...che è come tutti i negozi di questo mondo: cassa, file di vestiti, camerini, bagno, ufficio del personale.

-Prendete quello che volete, tanto tra poco questo negozio lo abbandoniamo.- fa la mia sosia -Non ci serve più.-

-Davvero?- dico io. Quando lei annuisce prendo la prima maglietta che mi trovo davanti e mi ci asciugo la faccia e i capelli.

Dieci minuti dopo sto facendo la stessa cosa, solo che sono un po' più vestita. E, devo dirlo, sono stati i dieci minuti più lunghi di tutta la mia vita: non avrei mai pensato di fare "compere" con la me di un'altra dimensione...e di venire criticata in ogni mia scelta. È snervante.

Così, ci ritroviamo in piedi vicino alla cassa, tutti vestiti (chi da persona normale e chi no) e in silenzio.

-Stiamo aspettando qualcuno?- domando nella mia sagacia. Evan alza gli occhi al cielo, come a dire "maddai?", e l'altra me risponde:

-Sì, quello che mi ha inviato il biglietto, ha comprato il negozio e mi ha detto quello che devo fare...-

-In pratica quello che vi ha salvato il culo.-

Un'ennesima voce interviene per l'ennesima volta. La cosa ironica è che questa è l'ennesima voce che sento qua e che, beh, conosco.

Del resto, basta andare per esclusione: in questa dimensione ho incontrato praticamente tutti...tranne lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Perdiamo qualcosa indietro ***


-Dai, metti il piede di fata qua, che te lo fascio.-

-Davvero? Ma che cosa carina...che ti hanno dato?-

-Perchè?-

-Sei gentile.-

-Io sono sempre gentile.-

-Se, certo.-

-Smettila di lamentarti e dammi il piede...non tutti e due.-

-Ma sei comodo!-

-Dammi il piede e smettila di lamentarti!-

-Lo vedi, che non sei gentile?-

-Fanculo.-

-Ecco.-

Mi asciugo ancora un po' i capelli e sorrido tranquilla, mentre Evan sbuffa e comincia a fasciarmi il...com'è che l'ha chiamato? Ah, sì: piede di fata.

Intanto, seduti sulle poltroncine accanto ai vestiti di fronte a noi, la mia versione hippie e Jack ci osservano in silenzio.

O meglio: Jack osserva me.

Finisco di bere la cioccolata (gentilmente offerta dalla mia versione hippie...sì, dai, come gusti ci siamo) e guardo Jack di rimando. Ha uno sguardo strano nei suoi occhi blu, che mi sembrano stranamente diversi dalle altre versioni di lui che ho conosciuto.

Ora sembra...tranquillo. Strano pensarlo, ancora di più vederlo.

-Che c'è?- gli chiedo alla fine. Lui, semplicemente, fa spallucce:

-Non ti vedo così da due anni...e non sembri cambiata per niente. È strano.-

-Non mi vedi già tutti i giorni?- noto accennando alla mia versione hippie. Quasi istintivamente Jack si volta verso di lei...e poi accade una cosa proprio strana.

Lei sorride a lui e lui sorride a lei.

-Beh, sì, ma non è la stessa cosa. Siete la stessa persona...ma non siete uguali.-

Già. Jack è invecchiato.

E...quante volte la gente ha detto che io e lui saremmo stati una bella coppia, nella realtà senza poteri? Ma non era vero: siamo troppo simili. Lui col suo odio, io con il mio...e, specialmente in questa realtà, non gli serviva una Ivy cazzuta che fomentasse il suo odio.

Gli serviva qualcuno come me, ma che riuscisse a rendere la sua fiamma un fuocherello leggero. Qualcuno che non avesse già dell'odio di suo.

La Ivy hippie mi fissa tranquillamente dalla poltroncina su cui è seduta.

Evan casualmente mi fa il solletico sotto il piede, e quasi si becca un calcio in faccia.

-Fatto.- dice ghignando tranquillamente. Io mi riprendo il mio piede, poi guardo Jack:

-Cosa...cos'hai fatto in questi due anni?-

Ok, la vera domanda sarebbe:"Sai cos'è successo a Bill, vero?"

A quanto pare, in questi due anni non ha perso i suoi poteri: sorride leggermente e dice, con un'espressione che mi pare la copia vecchia di mille anni di quella battagliera e sconfitta assieme che aveva nella mia realtà originale:

-Sì. Lo so. E, comunque, per di più ho vagato...solo per ingannare il tempo, però. In realtà sapevo già quando saresti arrivata, ho dovuto aspettare solo un anno dopo che sono scappato...-

-No, frena.- lo interrompo -In che senso sapevi quando sarei arrivata?-

E questo sorrisetto che gli è comparso sul volto è nuovo.

-Perchè l'ho visto. Il tuo caro fratellone non ha fatto esperimenti solo su Evan e su...su Bill...sai?-

Oh, ma dai. Questo è troppo.

-Riesci a...vedere nel futuro?-

-Non è esattamente un vedere.- mi corregge subito lui. Come fosse normale. -Sembra più un...calcolare correttamente. Appena Nathan ha scoperto il viaggio tra dimensioni, beh, era ovvio che avrebbe cominciato a cercare te, l'unica capace di ostacolarlo. Così ho deciso di scappare, sono riuscito a far venire lei qui da noi per tenerla al sicuro, ho preso il negozio...e ho aspettato.-

-Come potevi essere sicuro che io sarei arrivata?-

Per tutta risposta, Jack fa un cenno verso Evan:

-Sapevo che lui avrebbe ricordato.-

Quanta fiducia. Il Jack che conoscevo non era così fiducioso verso il prossimo...o, nello specifico, verso Evan.

Poi Jack dice qualcosa di davvero strano.

-Allora, come vanno le protesi?- domanda.

Protesi. Che sono le protesi?

Una sostituzione a una mancanza. Una mancanza fondamentale.

Mi volto verso Evan. Lui ha gli occhi spalancati fissi su Jack.

-...bene. Sono ancora intere. Come...come hai fatto a scappar...-

-Protesi?!-

Ok, non avrei dovuto gridare. Ok, non me ne fotte un cazzo.

Lentamente, Evan si volta verso di me. Ha un'espressione strana stampata sul volto...tra il preoccupato e l'arreso.

-Non è importante...non abbiamo tempo, dobbiamo...-

-Non me ne fotte una beata minchia su cosa dobbiamo o non dobbiamo fare.- lo interrompo, stavolta con voce pacata -Ora tu mi spieghi a cosa cazzo vi riferivate, o vado a chiederlo direttamente a Nathan. Perchè è colpa sua, vero? Vero?-

-Beh, però la bomba non è che l'abbia fatta esplodere lui, eh...-

-Io ti ammazzo.- ringhia Evan nello stesso momento in cui io dico -Cosa?!-

Jack ci fissa sorridendo tranquillo. Anzi, non tranquillo...divertito. Divertito, il bastardo.

-Prima o poi l'avrebbe scoperto da sola, no?- nota guardando Evan. Lui gli getta un'altra occhiata assassina, poi si volta verso di me con una faccia...timorosa?

E, visto che è alla mia sinistra, solo ora che si è girato posso vedere bene la cicatrice che gli attraversa l'occhio.

Beh, diciamocelo: non sono mai stata una grande intenditrice di cicatrici. Quella sembra essere stata fatta da un taglio...ma se così non fosse?

-Diglielo tu.- borbotta Evan a Jack, poi si sfrega distrattamente la guancia sinistra e abbassa lo sguardo. Viene quasi voglia di abbracciarlo.

Jack prende seriamente il suo ruolo di cantore: accavalla le gambe, guarda ancora una volta la Ivy hippie e racconta:

-È successo un anno e mezzo fa. Me lo ricordo bene, io, senza di me saresti ancora a marcire. A Praga, giusto? Giusto. Beh, in sostanza non è che sia così complicato: a Praga c'era una base di pensatori "ribelli", ed Evan era stato mandato là con una squadra per ripulire la zona. Purtroppo per lui, ai ribelli quella cosa non andava tanto bene...e si sono dimostrati fin troppo concordi con Nathan, nel pensiero sull'inutilità completa dei normali esseri umani.-

-...in che senso?-

-Non gliene fregava un cazzo della gente normale, erano ribelli soltanto perchè non volevano sottomettersi a Nathan. Comunque...disseminarono tutti i ponti di Praga con esplosivi su esplosivi. Non servirono a niente, quelli di Nathan cancellarono la loro esistenza dalla faccia della terra...ma uno praticolarmente stupido, mentre attraversavano un ponte dopo aver finito il lavoro, si era avvicinato a un cestino che gli era sembrato particolarmente strano. E poi...-

-Bum.- dice Evan senza alzare lo sguardo. Si sfrega ancora la guancia sinistra.

Jack annuisce:

-E poi bum. Sui venti membri della squadra, furono ritrovati quindici corpi...più dei resti rimasti non classificabili. Sai, erano troppo bruciati. Comunque, Evan risultò scomparso e Nathan stava già per rendere ufficiale che uno dei resti non classificabili fosse il suo...quando ebbi la prima visione. Non so come, non so perchè, ebbi la certezza che Evan fosse ancora vivo. Lo dissi ai pensatori, nessuno mi credette...tranne Nathan. Oh, quante ne diede a quelli che non mi avevano creduto. Così mandò alcuni fidati a Praga...e trovarono Evan. O almeno, la maggior parte di lui.-

-Non pensavo lo trovassi così divertente.- borbotta il diretto interessato. Jack sorride, stavolta con una nota di tristezza:

-Lo sai come funzionano le mie visioni. Ha fatto male anche a me.-

Poi resta in silenzio. La prossima domanda a cui non ha risposto mi sembra un po' ovvia...ma la faccio comunque:

-Cosa?-

Non voglio che risponda Jack: mi volto verso Evan, aspettando che sia lui a parlare.

Per tutta risposta, lui alza il braccio sinistro.

-Questo. E la gamba.-

Ah.

-E un po' di faccia...ma solo superficialmente.-

-Molto consolante.-

D'accordo, va bene. Non avrei dovuto dirlo.

Quasi senza accorgermente mi giro completamente verso di lui e tendo le mani:

-Posso...?-

Poi lui fa una cosa strana: sorride, come a dire "potrei impedirtelo?"...e mi porge la mano sinistra.

È strano. Cioè, non si sente niente. La pelle è normale pelle, le nocche, i nervi, le unghie...ma c'è qualcosa che non va. Sì, adesso lo vedo.

È tutto troppo...perfetto.

-Com'è possibile?-

-Ringrazia i medici di tuo fratello. Senza di loro il tuo ragazzo sarebbe leggermente menomato.- mi risponde tranquillamente Jack. Così, come fosse normale che io scopra solo adesso che l'Evan di questa dimensione corrisponde solo per tre quarti agli Evan delle altre realtà.

Mi accorgo ora che sto praticamente stritolando la mano dell'Evan-solo-tre-quarti.

-Oh. Scusa.-

-No, fa niente. Lo sai che è svitabile? Non ci sono rimpiazzi, però. Ma tienitela pure...del resto, se sono il tuo ragazzo anche la mano è tua, no?-

-...ma che ti prende?- gli chiedo, sinceramente confusa. Che è, quell'espressione allegra che ha stampata sulla faccia?

Per tutta risposta, Evan sorride ancora di più:

-Jack ha detto che sono il tuo ragazzo. Te non lo hai corretto all'istante.-

'Sto ragazzo ha qualche problema mentale. Ma serio.

Nel silenzio che è calato (Evan ha ancora quell'espressione allegra e soddisfatta, io sto sbattendo le palpebre da mezzo minuto per dimostrargli la mia perplessità) la voce di Jack risuona alquanto...fastidiosa, mentre dice alla Ivy hippie:

-Ecco, vedi? Io due anni fa ero a questi livelli. Almeno sono cresciut...-

Poi si zittisce. Così, all'improvviso.

Tanto all'improvviso che io smetto di fissare Evan chiedendomi se sia serio, impazzito o coglione e mi volto verso Jack...che ha gli occhi puntati oltre la vetrina del negozio.

-GIU!-

In un istante, così velocemente che mi coglie completamente di sorpresa, Evan sfila la mano falsa dalla mia, mi agguanta il polso, mi butta per terra e si mette sopra di me...e poi si sente un rumore di vetri infranti, accompagnato dal suono di una raffica di proiettili.

Merda.

Dopo un altro istante Evan si solleva leggermente da me, permettendomi così di vedere il negozio. La vetrina è andata, parecchi trespoli coi vestiti sopra sono caduti...e la Ivy versione hippie è per terra, accanto a Jack.

Lo guardo. Lui guarda l'altra Ivy, accoccolata sul pavimento e col respiro affannato.

-L-lei...- riesco in qualche modo a balbettare. Jack alza di scatto la testa, forse solo perchè ho la stessa voce della sua Ivy. Mi fissa per qualche istante, poi dice:

-La porta sul retro. Andate.-

No, non voglio. Non senza di lui.

Ma Evan è decisamente più pratico: mi agguanta per il polso e mi costringe ad alzarmi.

-No! Aspetta!- grido senza trattenermi, cercando di divincolarmi.

È Jack, non posso...

-Ivy! Non c'è tempo.- ribatte subito Evan, scrollandomi per le spalle. Poi, ovviamente, dice la cosa giusta.

-Fallo per loro.-

Guardo Jack. È ancora per terra, accanto all'altra Ivy...che non respira più.

Non mi piace vedermi morta.

-Forza.- mi sussurra un'ultima volta Evan.

Senza dire altro, nel giro di un secondo mi trascina verso la porta dell'ufficio, la apre e mi spinge oltre, facendomi quasi cadere...

Poi ci sono altri spari.

Mi volto verso la porta, che si è semichiusa. Non riesco nemmeno ad allungare una mano per riaprirla.

No, dai, non può essere successo ancora, non può...non può e basta.

Ed Evan spalanca la porta e se la richiude alle spalle con un colpo secco. Mi riagguanta il polso e mi trascina a forza (non mi ricordo più come si muovono le gambe) verso l'auto che c'è nel cortiletto sul retro. Nel giro di un secondo saliamo, lui prende le chiavi dal cruscotto, le infila, accende la macchina e con una sgommata esce dal cortiletto.

Sbuchiamo in una viuzza laterale sprovvista di case, corta e che porta verso un...boschetto? Possibile?

È un dono della fortuna ritardataria, o un regalino traditore della sfiga?

Senza pensarci due volte Evan fa entrare la macchina nel bosco. Ed è mentre posa la mano destra sul cambio, che lo vedo.

-Ma...la...la tua....-

Non riesco a dire di più. Comunque lui capisce: si volta leggermente verso di me e mi guarda con gli occhi spalancati e il volto cereo.

E la sua espressione non mi piace per niente.

-Già. D'ora in poi sarà un problema contare fino a dieci, eh?-

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Tanta stanchezza ***


La benzina è finita.

Siamo in una specie di radura del bosco in cui, sì, lo ammetto, ci siamo persi. Ora Evan ha acceso un fuocherello e sta arrostendo dei marshmellow che abbiamo trovato nell'auto di Jack.

Che bravo boyscout.

-Ma...sicuro di star bene?- domando per la millesima volta. Per la millesima volta Evan alza gli occhi al cielo e replica:

-Sì. Non rischio di morire dissanguato, il braccio è collegato solo al mio sistema nervoso.-

-Ma...perchè sembra che ti abbiano appena sparato, allora?-

-Perchè il sistema nervoso mi trasmette dolore. Sai, gli mancano il mignolo e l'anulare, ci era affezionato.-

Ma che simpatico.

Mi sistemo meglio per terra, cercando di fare in modo che la giacca del negozio di Jack e dell'altra Ivy mi copra quasi del tutto. Poi non riesco a trattenermi e guardo di nuovo la mano sinistra di Evan. Più esattamente, dove ci sono stati il mignolo e l'anulare...prima di essergli tranciati da un proiettile vagante.

Ora ci sono due buchi da cui sbuca qualche cavo elettronico tagliato e annerito.

Fa un po' impressione.

-Quindi ti fa male. Come se te li avessero tagliato davvero.- faccio di nuovo io. Evan non mi guarda mentre risponde:

-Sì.-

Il cielo si è annuvolato ancora di più, manca solo che cominci a piovere. Che giornata di merda.

-E non c'è modo di far diminuire il male?- tento. Lo so, lo so. Sono ingenua.

A sorpresa, però, Evan sorride:

-Oh, un modo c'è. Ma so che non ti piacerà.-

Questo mi fa preoccupare.

-...che modo sarebbe? Ti ricordo che siamo all'aperto e fa tanto freddo...-

-Non quel modo. Ok che sei pervertita ma non pensare sempre e solo al sesso.- fa lui. Io lo guardo male e lui continua:-Te non preoccuparti e basta, ok?-

Ok, sono preoccupata all'inverosimile.

Evan punzecchia un po' il fuocherello e dice:

-Vai a prendere qualche ramo, e non allontanarti troppo. Resta nel raggio di cinque metri.-

-Ok capo.- replico io scattando in piedi con innata agilità. Poi comincio a cercare...e la cosa si rivela alquanto semplice: insomma, siamo in un bosco.

Così racimolo qualche ramoscello a caso e ripercorro i cinque metri che mi dividono dal nostro accampamento.

-Questi vanno ben...- comincio per poi bloccarmi subito .

-Io l'ho detto che non ti sarebbe piaciuto.- commenta soltanto Evan, continuando a rendere cilindrica la cartina che ha in mano. Certo, ho già visto qualcuno (com'è che si dice?) rollarsi una sigaretta...ma Evan non ha messo dentro questa del tabacco.

Fantastico.

-L'altra opzione sarebbe ubriacarsi. Ma sai quanto è difficile infilarsi nelle mutande un bottiglia?-

-Cioè, te la tieni nelle mutande per i momenti depressi?- commento io, risedendomi accanto a lui e gettando i rametti nel vuoto. Evan sghignazza un po' mentre dice:

-No, dovrei portarmene dietro troppa. La tengo nelle mutande per quando mi sparano.-

-Quindi te ne devi portar dietro troppa lo stesso.-

-In effetti.- commenta solo lui. Lecca un lato della cartina e finisce quella che è a tutti gli effetti una canna, poi chiede:

-Hai da accendere?-

Io lo guardo male:

-Ti pare?!-

-Ok. Scusa.- fa lui sogghignando ancora. Wow, pensavo che solo fumando della droga si diventi coglioni, non che si diventi imbecilli anche prima.

Poi lui tira fuori un accendino e, visto che proprio non mi va di vederlo, mi sdraio e studio un po' il cielo. Le nuvole sono misteriosamente scomparse, lasciando spazio a un tramonto che rende il tutto davvero carino. Carino ma non stupendo; del resto, il tramonto è sempre uguale dovunque ci si trovi, no?

Chissà perchè, solo ora mi viene da pensare alla mia famiglia. Quella vera, con cui ho vissuto per diciassette anni nella realtà senza poteri. Insomma, penso che saranno almeno un po' preoccupati visto che mi hanno trascinata via da là quando, solo stamattina? E per loro erano le tre del pomeriggio...ora là dovrebbe essere sera. Chissà come saranno preoccupati. Avranno chiamato la polizia? Il papà avrà imbraccato la zappa e sarà uscito a caccia di rapitori per trovarmi o vendicarmi, la mamma avrà pianto? Nathan avrà mobilitato tutto il quartiere per cercarmi, i Sullivan avranno partecipato? E i miei amici, loro che staranno facendo?

Qua sono morti quasi tutti. Jack qualche ora fa, Bill poco prima (se si poteva considerare ancora in vita nella sua forma di mostro), Mina è stata uccisa da Ladsen...Mary come starà? E Brian e Alice? In questa realtà sono morta, saranno andati a trovarmi al cimitero?

E Nathan, il mio fratellone, con quel suo odore di vernice per il suo lavoro...e la mamma? A chi dirà "c'è qualcuno in casa"? Riuscirò a tornare da loro?

O meglio, mi correggo mentre sento un odore troppo dolce che comincia a pervadere l'aria, vorrò tornare da loro?

-Evan?-

Non mi risponde. Mi volto leggermente e vedo che ha un'espressione strana sul volto cadaverico: sembra...triste. Ha gli occhi rossi puntati sul cielo.

-Secondo te se vinciamo, se sconfiggiamo Nathan e cancelliamo i poteri e tutti potranno vivere in pace...io cosa dovrò fare?-

All'improvviso si mette a ridacchiare. E a me viene una voglia matta di tirargli un ceffone.

-Cerca di ascoltarmi, è importante!- sbotto mettendomi seduta di scatto -Dovrò tornare alla mia realtà? Là c'è la mia famiglia...ma qua ci sarebbe un casino gigantesco, non voglio lasciart...lasciarvi qua a rimettere tutto a posto da soli...-

-No, no, aspetta un...secondo.- m'interrompe Evan. Si raddrizza pure lui, mi guarda con gli occhi brillanti e dice, cercando di non scoppiare di nuovo a ridere: -Te pensi davvero che abbiamo una possibilità? Cioè, una possibilità di vincere?! Sveglia, Ivy! Quel fottuto bastardo ha un cazzo di esercito di esseri come Bill e più potenti e anche lui è potente, è potenziato, è il più potente, ha ucciso Faber! Te sarai super potente ma non lo ucciderai, non sei di questa realtà, non sei abbastanza forte...-

-Lo ucciderai te. Te sei immune ai suoi poteri.-

E così, di punto in bianco, torna serio. Si stende di nuovo e guarda il cielo per qualche secondo.

-No. Io morirò prima. Mi uccideranno e te sarai da sola, uccideranno anche te e, dio, spero che ti uccidano. Non voglio che ti facciano quello che hanno fatto a Jack e a Bill e a me. Due anni. Non mi ricordo la sua faccia, Ivy, non riesco a ricordarmela...-

Ok. Pensavo che drogarsi rendesse coglioni, non espansivi e pessimisti. Così è troppo, dai.

-La faccia di chi?-

Questo, non so perchè, lo fa ridacchiare ancora. Sbuffa, ridacchia e dice:

-Non mi viene il nome. Non mi ricordo. Mi ricordo di te perchè sei qua, ma di lui proprio no. Era un coglione. Era ancora vivo quando sei morta te. Te sei morta e lui era vivo, potevo tornare da lui ma Nathan mi ha detto "uno di quelli che hanno ucciso la tua famiglia è ancora vivo" e io sono andato a cacciarlo e dio, non l'ho riconosciuto, lui era troppo debole...troppo...-

E solo adesso capisco.

Dan.

Dio santo. Nathan ha mandato Evan a...Dio santo.

Poi Evan scatta in piedi e quasi mi fa venire un infarto.

-Andiamo, dai!-

-Dove?!-

-Ad ammazzarlo! Subito, ora, leviamocelo dalle palle e scappiamo e andiamo in una di quelle belle spiagge da cartolina. A prendere il sole e a crepare per cancro alla pelle per il troppo sole e a ubriacarci di coctail che fanno solo là...-

-E mettiti seduto e basta.- sbuffo, prendendolo per il braccio destro e facendolo sedere. Stranamente lui non oppone resistenza, quasi si ammazza per rimettersi seduto accanto al fuoco e resta lì, con lo sguardo perso nelle fiammelle.

-Devi tornare indietro.-

-Che?-

-Dopo. Perderemo e moriremo, sì, ma magari avremo una botta di culo e vinceremo. E dopo devi tornare a casa. Qua scoppieranno sommosse su sommosse e io ok, forse morirò, ma tu tornerai indietro e ricomincerai di là con la tua famiglia. Almeno vivrai.-

Oh, ma che gentile.

-E te che farai, resterai di qua con tutti i casini? Da solo?-

-Me lo merito.-

-E invece no.-

-Ho ucciso un casino di gente.-

-Ti aveva cancellato la memoria.-

-Non puoi darmi ragione e basta, per una volta?-

-No.-

E lui scoppia a ridere e si stende di nuovo a guardare il cielo.

-È proprio strano riaverti qua, sai? Cioè, dopo che ti ho ammazzata un po' di volte non mi facevo più problemi, quindi ok. Va bene così. Nathan mi ha detto di portarti da lui se eri ancora potente, non so perchè, me l'ha detto e basta e io l'avrei pure fatto e questo non va bene, ma ora basta, mi ricordo. Ora basta.-

Certo che quando è fatto è strano.

-Stai pensando che sono strano, vero? Si vede dalla faccia che hai. Ma non mi fa più male.- fa lui. Alza la mano sinistra e se la mette davanti agli occhi, poi scoppia a ridere e dice:

-Ehi, qua manca qualcosa! Mi hanno fregato le dita o sono io mezzo cieco?-

Poi si volta di scatto verso di me con un'espressione stranamente seria e la mano ancora sollevata, e dice:

-Una settimana fa era il tuo compleanno, vero? Me l'ha detto Nathan, e io ho solo pensato: quanto può essere sfigata una che è nata il ventinove febbraio? Ma adesso penso che mi sarebbe piaciuto regalarti qualcosa di carino. Non qualcosa di ovvio, però, come la bigiotteria o robe varie...qualcosa che solo tu avresti potuto capire. Tipo uno di quei cosi che mettono i pagliacci sulle mani e che danno la scossa alla gente, o robe del genere, per vendicarsi della gente e ridere assieme. Ma ora è troppo tardi, vero? Troppo tardi... tra poco moriremo tutti e sarà troppo tardi per dirsi addio. Magari ti uccido io, sì, così non verrai catturata da Nathan e non soffrirai come ho sofferto io, sì...-

Forse è stata la giornata pesante, forse è colpa della roba che si è fumato; fatto sta che si addormenta mentre ancora bofinchia qualcosa sull'uccidermi. Così, chiude gli occhi e comincia a dormire.

Spero almeno che quando si sveglierà non sentirà più male.

Comunque, a quanto pare stavolta tocca a me fare l'uomo della situazione: così mi ricordo che ci sono un po' di robe nel furgoncino, tra cui delle coperte. Le prendo e copro per bene Evan (sarebbe da coglioni morire assiderati, no?), poi mi avvolgo in un'altra, mi stendo accanto a lui e tento di addormentarmi. E poi mi chiedo: e se ci trovassero così, belli addormentati? Dovrei stare sveglia...ma so che non ce la farei mai: tra tutto quello che è successo mi si chiudono già gli occhi.

E poi mi viene in mente: il cellulare di Maurice. Evan l'aveva appoggiato sul cruscotto del furgoncino, giusto?

Mi alzo, prendo pure quello, metto la sveglia tra due ore (spero che Evan sia sano di mente per allora) e mi sdraio di nuovo.

Ma il sonno non arriva. Continuano a risuonarmi in testa alcune frasi di Evan, frasi che non avrebbe mai detto prima di non aver fumato solo per non spaventarmi.

"Te pensi davvero che abbiamo una possibilità? Cioè, una possibilità di vincere?!"

"Non mi ricordo la sua faccia, Ivy, non riesco a ricordarmela..."

"Ma ora è troppo tardi, vero? Troppo tardi... tra poco moriremo tutti e sarà troppo tardi per dirsi addio."

In fondo siamo uguali, io e lui. Così egoisti da tenerci tutto per noi, così buoni da non volere che gli altri soffrano per noi.

A quanto pare il drogarsi non allevia il sonno di Evan: ha la stesso espressione che gli ho visto nella mia dimensione originale, la notte in cui Dan se n'è andato...e sta stringendo i pugni fino a farsi male.

E io, come sempre, gli prendo la mano destra e gliela tengo. Perchè ok, siamo condannato, e ok, presto moriremo...ma ci meritiamo almeno di dormire tranquilli. Che dorma almeno lui.

No, non posso lasciarlo da solo. Neanche se vinciamo.

Neanche se sopravviviamo.

Non posso tornare indietro.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Abbiamo un paio di birre ***


Come previsto, la sveglia non è servita a un granchè: non sono riuscita neanche a chiudere gli occhi.

Il bell'addormentato ha continuato il suo riposino pieno di incubi e intanto io mi sono fatta mille pare mentali. Dello stile: e se ci attaccano? Io sono disarmata, ma magari Evan ha qualcosa...considerando che si è spogliato quasi completamente quando ci siamo fatti una nuotata l'unico posto in cui potrebbe avere armi sono le sue mutande. Quindi: siamo condannati.

Come previsto, la sveglia serve a Evan: appena parte con quel suo rumore snervante lui apre gli occhi, si raddrizza di scatto e ricasca indietro.

Che risveglio teatrale.

-Ehi? Tutto bene?- gli chiedo pungolandogli la spalla con un dito. Lui sbuffa e non mi risponde.

-...c'è qualcuno in casa?-

-No.-

-Oh. Fantastico.-

Restiamo in silenzio per un po'. Ho un sonno pazzesco, ho solo voglia di trovare un po' di benzina e ripartire per allontanarmi da chiunque ci stia inseguendo...e ho pure un coglione mestruato qua accanto. Stupendo.

-Allora? Che roba era, quella? Cara vecchia maria, LSD? Qualcosa che prima fa vedere arcobaleni e poi ti fa sembrare una vecchia bisbetica ultracinquantenne?-

-Perchè, assomiglio a una vecchia bisbetica ultracinquantenne?-

-Eh, un po' sì.-

Evan socchiude un occhio (miraaacolo) e gli compare il solito ghigno sul volto cadaverico:

-Dalla tua faccia direi di no.-

-Intendo nell'anima. Sei vecchio dentro, caro mio, è questo che fa la droga. Prima ti fa vedere la luce e poi ti ritrovi nel grigio mondo chiamato realtà. Ci credo che fa invecchiare...-

-Ah. Molto interessante.- fa lui con poco interesse. Io alzo gli occhi al cielo (scuro, addio stelle) mentre Evan si riraddrizza, e mi accorgo che si è avvicinato a me solo quando riabbasso lo sguardo e ricomincio a parlare:

-Secondo te perchè tutti si fanno e si rifanno e così via? Perchè la prima volta gli piace, e quando "tornano" alla normalità...ehm...-

-Sì. Vai pure avanti.-

Ok, così si sta avvicinando troppo.

-...la realtà è una merda e quindi vogliono farsi ancora e...ancora...-

-Ah-ah.- fa lui fissandomi negli occhi. È troppo vicino. Come posso continuare la mia filippica se è così vicino? -Ma lo sai che sei tremendamente noiosa?-

-Snippe skirchecazz.-

-È kneppe skiderik.-

-Fottiti.-

-Con piacere.-

E in un secondo annulla i pochi centimetri che ci dividono.

No, non dovrebbe farlo. Non ora, non in questa situazione. Non dovremmo.

Ma dio, quanto è bello sentire le sue dita tra i capelli, le sue labbra sulle mie...

Ah, già. È anche a tiro di pugno.

-Ehi!- sbotta allontanandosi di scatto quando io, appunto, gli tiro un pugno nello stomaco.

-Che roba era?-

-...che?-

-Quello che ti sei fumato. Cos'era?-

-Ma a chi importa, dai! Era roba che toglie il dolore e basta...-

-"E basta" un cazzo. Dimmi cos'era e che effetti fa dopo.-

Lui apre la bocca, la richiude, la riapre. Ha un'espressione strana stampata in faccia.

-Mi dici una cosa?- fa dopo qualche istante. Io lo guardo male:

-Rispondi...-

-Perchè tieni tanto a me? Cioè, qua sta per finire il mondo e c'è un casino di gente che ci vuole uccidere...e te ti preoccupi per cosa mi sono fumato. È porpora, comunque, l'ha scoperta Nathan. Toglie il dolore. Ma cosa ho fatto per conquistare così tanto la tua fiducia? Anche prima, non sei voluta restare con tua madre e gli altri ma sei rimasta con me. E io sono più pericoloso di loro. Perchè ti fidi così tanto?-

Bene, ora so che effetti ha la droga su soggetti come Evan.

-Potrei farti la stessa domanda, no?- noto dopo qualche istante. Beh, in effetti è vero: a me piace Evan perchè si è introdotto (a forza) nella mia vita in un momento in cui non avevo alcuna speranza...e mi ha vista per come sono. Non ha visto la sfigata, non la santarellina, non l'egoista: ha visto me, e mi ha accettata. E io cosa ho fatto per lui? L'ho fatto ammazzare tipo una o due volte e ora gli faccio rischiare la vita. Sono simpatica.

Evan sbuffa, poi sta per mezzo minuto ad osservare il cielo scuro. Comincio a pensare che gli si sia bloccato il collo, quando riabbassa lentamente il volto e mi guarda:

-Te mi hai dato un'altra possibilità...o almeno, in questa realtà, non so come potrebbe essere andata nel resto dell'universo. Insomma, sono arrivato a forza nella tua vita e ti ho quasi costretta ad accettare tutto il casino del mio mondo...e te l'hai accettato. Non mi hai abbandonato. Mi hai visto e hai detto:"Sì, ok, questo sembra normale come me.". Niente persecuzioni, nessuna fuga da me...perchè mi hai visto come Evan, e non come pensatore o scienziato o buono o cattivo o vaffanculo. Con te sono me.-

"Con te sono me". Il massimo della dolcezza.

Fa per aggiungere ancora qualcosa, quando un rumore che non ci saremmo mai aspettati di sentire giunge da poco lontano.

Risate.

-Pensatori?-

-Campeggiatori.- correggo io. -Escursione notturna a marzo...sì, dai. È possibile.-

Evan mi getta un'occhiata esasperata, come a dire "sì, certo, possibilissimo", poi si alza e comincia ad andare verso dove sembravano provenire le risate.

E il mio cervello si riaccende ora. Con calma, eh.

-Che vuoi fare?-

Lui si volta verso di me con un'espressione tra l'esasperato e il divertito:

-Se hanno fatto un'escursione notturna saranno venuti qua in qualche modo, no? E se hanno un'auto, allora hanno anche la benzina. Dai, Ivy, ci puoi arrivare anche te.-

-Ah...ah.-

-Bene. Non muoverti da qua.- fa Evan, portandosi due delle tre dita rimaste sulla sua mano sinistra vicino alla testa e agitandole in segno di saluto. Io sbatto qualche volta le palpebre, giusto per esprimere la mia confusione.

-E se è una trappola?- gli chiedo dopo qualche istante. Lui, già con una gamba infilata in un cespuglio, fa filosoficamente spallucce:

-Me ne farò una ragione.-

E poi scompare tra gli alberi.

Così, passiamo dall'insultarci al baciarci al dividerci nel giro di tre minuti. Ma un qualcosa di normale nella mia vita no, eh? Qualcuno lassù mi odia.

All'improvviso mi rendo conto di tre cose: sono a) in un bosco, b) di notte, c) da sola. E pure in una nazione in cui si parla una lingua che non conosco, anzi, non so neanche dire "fottiti bastardo".

Ah, anche d) fa freddo e e) c'è tipo mezzo mondo che mi vuole morta.

Manca solo che si metta a piovere.

Un tuono mi fa perdere tre battiti cardiaci per lo spavento. Dopo qualche secondo, quelle troiette di gocce bagnate cominciano a scendere dal cielo scuro e a infradiciare tutto ciò con cui entrano in contatto.

Si è messo a piovere.

Cioè, ma io non so. Non posso crederci. È una cosa troppo al di fuori della mia comprensione. Non si può, è dichiarabile moralmente illegale.

Si è messo davvero a piovere.

Borbotto un poetico "vaffanculo", prendo le coperte, le caccio nel furgoncino e salgo sul posto del passeggero...all'asciutto. Almeno questo, mi dico.

Beh, almeno così per Evan sarà più semplice, visto che se piove penso che i tizi campeggiatori si rifugeranno nelle tende...oppure sta piovendo solo qua, esattamente sopra il furgoncino? Quasi mi sembra normale pensarlo.

Ehi, il sedile è morbido. Prima non mi ero accorta di essere così stanca (ah, l'adrenalina, quel gran bastardone di un ormone) ma adesso, così comoda e al sicuro all'interno di qualcosa, mentre le gocce di pioggia picchiettano sui finestrini...insomma, no, devo stare sveglia. O Evan riesce a prendere la benzina e ripartiremo, o lo beccheranno in pieno e dovremo scappare a gambe levate per non farci pestare da un gruppo di campeggiatori incazzati. Quindi no, non dovrei sistemarmi meglio la coperta addosso, raggomitolarmi sul sedile e appiggiarmici completamente, nè dovrei lasciare che le mie palpebre si chiudano così facilmente...

E il rumore di una portiera aperta mi riporta bruscamente alla realtà.

-Checcazz...-

-No, continua pure a dormire. Potrei essere uno che ti vuole ammazzare ma fa niente, te dormi.-

-Fanculo.- bofinchio a Evan richiudendo gli occhi e infilando la testa sotto la coperta, al calduccio. Sì, lo so, ho una bellissima tecnica per affrontare la vita.

Lo sento ridacchiare, poi accende il furgoncino e, incredibile ma vero, ripartiamo.

-Come hai fatto a prendere la benzina?- gli chiedo, alzando la testa quel tanto che basta per vedere oltre la coperta. Evan sorride tranquillamente:

-Gliel'ho chiesta.-

-...che?-

Forse ho sentito male.

-Ho detto ai cinque tipi che c'erano lì che io e la mia ragazza siamo partiti per una gita romantica e abbiamo finito la benzina. Loro me l'hanno data e in più mi hanno regalato anche un paio di birre, se vuoi ce le scoliamo quando ci cattureranno. Simpatici, no?-

-Se lo dici te.- gli concedo. Visto che ormai sono sveglia (più o meno) mi rimetto in posizione umana e mi stiracchio un po' mentre chiedo:

-Qual'è la prossima tappa della gita romantica, allora?-

Nonostante la stanchezza mi accorgo dell'espressione sul volto di Evan, e capisco solo ora: non lo sa. Cosa dobbiamo fare, ora?

-Potremmo...potremmo andare da Nathan. Distruggere il coso, quello là, il generatore, e poi tu uccidi Nathan. Dopo potremmo cercare il Libro, forse papà l'ha conservato, e così potremo togliere i poteri a tutti e non ci saranno più pensatori...-

-...e ci saranno arcobaleni per sempre? Andiamo, Ivy. Potremmo...sì, potremmo andare da qualche pensatore pacifico. Loro potranno aiutarci.-

-Ma ci accetteranno? Prima era diverso perchè c'era mia madre, ma adesso, se vedranno te...-

-Qua sei famosa.- m'interrompe Evan, con gli occhi fissi sulla strada che attraversa il bosco -Ti riconosceranno. Io correrò i miei rischi, ma almeno te potrai andare avanti.-

-Oppure...- faccio io. Sì, mi sta venendo un'idea in mente.

-Oppure?-

-Oppure andiamo da qualche pensatore cattivo. Di quelli che conosci te. Non ci sono molte possibilità che i buoni sappiano dove sono il generatore e il Libro, no? I cattivi invece potrebbero saperne qualcosa.-

-I cattivi pensano che tu sia morta. Sanno che tu devi restare morta.-

-Correrò i miei rischi.- ribatto io. Le labbra di Evan si stringono in una linea sottile:

-No.-

-È la cosa più logica da fare.-

-No.-

-Senti, facciamo così.- sbuffo, voltandomi completamente verso di lui -Andiamo dai buoni e tu te ne stai nascosto qua. Se non potranno aiutarci andremo dai cattivi, io me ne starò nascosta qua e te andrai a prendere le informazioni che ci servono...-

-Andiamo dai buoni e io me ne sto nascosto qua.- m'interrompe Evan senza tante cerimonie -Se non potranno aiutarci io andrò dai cattivi, prenderò le informazioni che ci servono e tornerò da te, mentre tu resterai dai buoni. Punto.-

Lo odio quando fa così.

-E se i cattivi sapessero che ora ti ricordi? Saresti da solo, là, in mezzo a tutti quei nemici...-

-Quindi è meglio che tu rimanga con i buoni.- dice per l'ennesima volta lui. Per tutta risposta io lo guardo male:

-Sei un poco masochista, eh.-

E, a sorpresa, lui scoppia a ridere. Di gusto.

-Chi è che è morto un centinaio di volte?-

Beh. È una bella sfida. Io due volte (contando il cambio di realtà), lui tre (contando il cambio di realtà e anche quando è stato ucciso da se stesso).

-Dai, va bene.- fa Evan -So dov'è una base di pensatori contro Nathan. Andremo là. Intanto, magari cerca di dormire, per ora devo restare sveglio solo io per guidare...approfittane.-

-Ok, capo.-

Così riprendo la posizione "gatto appallottolato che dorme" e, come ha detto lui, cerco di dormire.

Fosse facile addormentarsi quando si sa di dover svegliarsi in un posto dove c'è la possibilità di venire ammazzati.

Capita.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Ma quanto sono forte? ***


Dopo tipo tre o quattro ore di viaggio e viaggio e...viaggio, arriviamo infine in una zona piena di edifici simili a scatole grige ammassate alla cazzo, tutte recintate e con posti di guardia.

Vado sempre a finire in luoghi così solari e accoglienti, eh.

-Sicuro di essere nel posto giusto?- domando a Evan, dimostrandogli così la cieca fiducia che nutro in lui.

-Sì.- replica tranquillamente. Imbocca una delle strade labirintiche che rendono questo posto dimenticato da dio quasi come una città e svolta a destra in un'altra via, nascosta dietro una di queste mega scatole. E ci ritroviamo in coda.

-Ma...?-

-Sì.-

Evan oggi non è al massimo della loquacità, diciamocelo.

Comunque, davanti a noi ci sono altre cinque o sei auto, tutte in attesa di passare per un passaggio con sbarra controllato da due o tre tizi vestiti di nero. Dopo il passaggio la strada, illuminata da parecchi lampioni, continua fino ad arrivare a un parcheggio, dove ci sono parecchi camion e furgoni e, accanto al parcheggio, c'è una delle megascatole.

-Quello è la base dei nemici di Nathan?-

-Non è che possono mettersi nella suite del Grand Hotel, eh.- borbotta in risposta Evan, chiamato anche mister solarità.

Così, ci mettiamo in fila. E noto che i tipi vestiti di nero fanno il loro lavoro fin troppo bene, per i miei gusti: controllano chiunque ci sia nell'auto che deve passare e guardano nel bagagliaio, giusto per vedere che non ci sia qualche regalino nascosto.

-Toglimi una curiosità, come facciamo a passare se appena ti vedranno ti spareranno in faccia?-Evan non si volta neanche verso di me, dice e basta:

-L'importante è che tu riesca ad entrare. Poi, se mi trattengono...fa niente.-

-Fa niente un cazzo, come fai a sapere che ti tratterranno e basta?-

-Ho fiducia nell'umanità?-

Non gli rispondo neanche.

So che potrei traviarli, anche facilmente...ma non voglio che lui rischi così. Come fa a fidarsi tanto dei miei poteri, se li uso da nemmeno un mese? È proprio da stupidi fare una cosa del genere.

Non che fino ad ora abbiamo dimostrato un acume sopra la norma, eh.

-Sono protetti?- chiedo quando ormai manca solo una macchina all'incontro fatale. Evan capisce subito:

-Alcuni sì. Penso anche questi di guardia...-

-Ok. Mi basta saperlo.-

Non so da dove venga questa sicurezza. Beh, non che abbia mai saputo da dove venisse quello che penso sia solo un po' d'istinto di sopravvivenza, quindi quello che mi ha salvato il culo la maggior parte delle volte. Fatto sta che mi è venuta una voglia matta di prendere mentalmente a pugni qualcuno.

Giusto per scaricare un po' la tensione.

Ecco, ora tocca a noi.

Uno dei tizi vestiti di nero si avvicina, si piega leggermente accanto al posto del guidatore, ci illumina i volti con la torcia...e, semplicemente, chiede:

-Nomi e provenienza, per favore.-

Se è rimasto sorpreso, Evan non ne dà segno mentre risponde:

-Andy Corroway e Elizabeth Sarephim. Inghilterra.-

-Perchè siete venuti qua?-

-Cerchiamo rifugio.-

Il tizio ci studia per qualche secondo, sondando i nostri volti. Chissà che faccia vede addosso a quella di Evan...io non ne ho idea. L'unica cosa che so è che lui vede qualunque viso tranne quello vero.

NON È SANDERS.

Mi basta questo. Mi basta che lui non veda il suo volto, e il resto lo colma la sua mente.

-Perchè avete un furgoncino?-

Ahi. A questo non ho pensato.

-Abbiamo portato un po' di cose da casa, con noi...ma dei bastardi di Faber ci hanno attaccati e ci hanno rubato tutto.-

Scommetto che la prima cosa che ha pensato il tizio è stata "perchè non vi hanno uccisi, allora?". Ma non gli dò il tempo di pesarne una seconda.

FIDATI. NON C'È BISOGNO DI CONTROLLARE.

-Ok. Potete andare.-

Evan gli fa un cenno, poi rimette in moto il furgoncino e fa per ripartire...quando il tizio ci ferma ancora:

-Un attimo, aspettate.-

Si rimette come prima, a un passo da noi, e chiede con voce affannata:

-Conoscete Sanders? Evan Sanders, il braccio destro di Faber?-

-Certo.- rispondo io con un sorriso (sì. Io con un sorriso), visto che Evan è troppo occupato ad abbassare leggermente la testa.

-È stato visto poco tempo fa qua, poco lontano da Copenhagen, ma sappiamo che doveva restare in Inghilterra...l'avete visto?-

-È quello con la cicatrice, vero?- gli chiedo io. Il tizio annuisce e allora faccio spallucce:

-No, mi spiace.-

-Ok, va bene. Andate.-

Detto questo, il tizio si allontana ancora ed Evan riparte verso il parcheggio. Intanto io mi rendo conto che siamo passati davvero.

-Lo sai che cominci a farmi paura?- commenta semplicemente Evan. Io ghigno:

-Chi è quello che tutti vogliono ammazzare?-

-Beh, insom...-

-Occhio!-

Un altro tizio ci indica dove parcheggiare. Evan gli fa un cenno e si piazza esattamente lì, come se fossimo normalissimi pensatori in cerca di un posto sicuro.

Fino ad adesso gli unici posti sicuri che ho visto sono stati tutti furgoncini.

-Bene.- dico io.

-Fatto.- dice Evan.

-Di nuovo? Quand'è che hai fumato?- commento io.

-Cogliona.- replica lui.

Dette queste frasi poetiche, restiamo in silenzio per un po'. Io mi sto chiedendo: che facciamo, ora, travio la mente di chiunque mi si pari davanti finchè avremo qualche notizia sul generatore (o finchè incapperò in qualcuno che si sa proteggere dal traviamento)? Contiamo sulla bontà di cuore dei pensatori, chiedendo a chiunque ciò che cerchiamo?

-Direi che ora dobbiamo far finta di volerci stabilire qua.- fa Evan rispondendo, come sempre, alle mie domande -Offrono rifugio a chiunque, prima verificano solo che i rifugiati siano davvero pensatori.-

-Quindi dovrò traviare qualcun altro per farti passare?-

-Esattamente. Dopo ci daranno delle stanze o un appartamento, e da lì potremo cercare informazioni.-

Dai, non sembra male.

-Te dovrai continuare a nascondermi il volto per tutto il tempo.-

-Non sarà un problema.-

Stranamente, questo lo fa voltare verso di me. Mi fissa per qualche istante e dice, con un'espressione strana stampata in faccia:

-Forse c'è un modo più veloce, sai?-


Così, adesso sono nella mini scatola che sta davanti a quella più grande, quasi fosse un atrio dove i pensatori e i normali che ci vogliono aiutare vengono smistati e inviati nel posto che spetta loro.

Sono arrivata qua da un'entrata tra le mille che tappezzano una parete della mini scatola, simmetrica alla parete di fronte, che però porta all'edificio principale. Esattamente in mezzo, però, c'è una fila di banchi simili a quelli del check in che si fa in aereoporto, e con per ognuno delle tende che mi ricordano quelle usate per isolare i bambini durante il controllo pidocchi. Per ogni banco c'è una fila di cinque o sei persone al massimo, quindi mi metto in fila pure io e...aspetto.

Odio aspettare.

Spero che Evan non rischi, stando da solo in macchina. Cioè, se gli accadesse qualcosa sarebbe tutta colpa mia, no? Non va bene. L'idea è stata sua, sì, ma se accadrà davvero quello che lui pensa accadrà, allora resteremo divisi per un po'. Quindi...quindi no, non va bene.

Mi guardo un po' attorno, giusto per far qualcosa. Ci saranno una trentina di persone, in fila, e tutte hanno delle facce stanche, pallide e fiacche. Sono anch'io così? Poi guardo quelli che escono dall'altra parte, oltre le tende da controllo anti-pidocchi...e vedo che anche loro sono fiacchi. Anzi, di più: sembrano stremati.

In effetti non me lo sono mai chiesta: io non ero abituata ai poteri e continuavo a svenire...che effetto hanno i "cosi" sulla gente normale? Li sfiancano così tanto?

Meno due persone. Ora ce ne sono altre due, poi tocca a me.

Dietro di me è arrivata una famigliola, un uomo con un bambino che sembra avere cinque anni e un'altra più piccola (dejà-vù?). Loro sì, che hanno le facce stanche e distrutte. Quasi mi viene da dirgli di cambiare fila, visto che quello che voglio fare rallenterà un po' il tutto...ma no, non cambierebbe niente.

Non parlano inglese nè danese. Da quello che il bambino borbotta alla sorellina, mi pare di sentire qualcosa di...tedesco? Questo rifugio è così famoso da spingere i pensatori ad abbandonare la loro patria per venire qua?

Ohoh, il tizio davanti a me è appena uscito dalla tendina. Tocca a me.

-Avanti, per favore.- mi dice il tipo del banco, uno sui quarant'anni e (indovina?) un'espressione stanca. Ok che è notte, ma mi sa che sono l'unica qua ad essere ancora un po' sveglia. Lui sistema un po' i fogli che ha davanti e chiede, senza staccare gli occhi dal pezzo di carta che deve compilare per me:

-Pensatore o normale?-

-Pensatore.-

-Anni?-

-Diciassette.-

Mi sembra che mi stia arruolando nell'esercito, fantastico.

-Allora ancora precoce...bene, vai a farti esaminare. Nella tenda.- finisce il tipo, facendomi un cenno. Io gli passo accanto e, sorpresa delle sorprese...vado nella tenda.

Lì c'è una tizia uguale a quello del banco. Ma proprio uguale...cioè, è la sua fotocopia. Mi nasce il sospetto che siano gemelli.

-Siediti, per favore.- mi dice con lo stesso tono del fratello al banco. Io vedo che c'è uno sgabellino e obbedisco, poi studio un po' il computer e gli aggeggi da attaccare alla testa (tipo quelli dei film) che lei ha davanti.

-Come ti chiami?-

Non mi passa per la testa neanche per un istante di dirle il nome che ha sparato Evan prima:

-Ivy.-

Sì, ok, lo confesso: non mi ricordo il nome che ha sparato Evan prima.

-D'accordo, Ivy.- sospira la donna, facendo ruotare il suo sgabello verso di me e attaccandomi uno di quei cosi a ventosa sulla tempia -Vediamo un po'. Sei giovane, non dovresti avere poteri così forti...ma è la prassi. I capi vogliono sapere chi viene da noi.-

Capi? Quindi ci sono più persone? Oh, fantastico, più gente da convincere.

-Ora devi soltanto cercare di leggere quello che sto pensando. Anche se non ci riesci fa niente, il computer rileverà l'uso dei poteri in ogni caso.-

Oh, allora sono a posto.

La tizia resta in silenzio a guardare il computer, aspettando un responso. Io sospiro un po' (sì, non voglio ammetterlo ma sono leggermente tesa) e, come sempre...sento quello che sta pensando. Senza riguardi, perchè se mi limitassi il computer mi segnerebbe semplicemente come "fuori dalla norma".

E accade qualcosa che non mi sarei mai aspettata: lo schermo del computer diventa rosso, bianco, poi si spegne e comincia ad uscirne del fumo. Non potevo chiedere di meglio.

La donna guarda il computer con un'espressione esterfatta. Si volta verso di me, poi torna a studiare il computer.

-Deve...deve essersi rotto, aspetta un secondo mentre vado a...-

No, non si è rotto.

Si volta di nuovo verso di me. Vedendo la faccia che ha mi viene naturale sorridere, mentre le dico senza parlare:

Sì, sono stata io. Scusa.

-A-aspetta un secondo qua, ok?- mi chiede lei. Io sorrido ancora di più:

-Certo.-

La tizia esce dalla tendina, raggiunge il fratello e sento che gli dice:

-Quella che c'è dentro ha rotto il computer. I capi hanno detto di portargli chiunque distrugge il computer...-

-Ok, faccio io.-

E sento il mio sorriso che si amplia. Perchè è logico: per questa specie di test loro possono vedere subito chi è potente...e così i capi possono trovare subito chi è abbastanza potente per eguagliare Nathan e, quindi, spegnere il generatore.

Evidentemente i capi di questo rifugio sanno del generatore. Evidentemente hanno appena trovato la soluzione ai loro problemi.

Esattamente come aveva predetto Evan.

Quanto mi piace quando va tutto per il verso giusto.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Loquacità a mille e gente troppo neutra ***


-Allora? Chi sono questi famosi "capi"?-

Tutto ciò che accade nella vita di una persona la cambia irrimediabilmente. Magari troppo, magari non troppo...ma nel mio caso è evidente: non mi sarei mai sognata di cominciare una conversazione con un completo sconosciuto, e pure per la seconda volta. Questo significa che c'è speranza per tutti?

Il sopracitato sconosciuto, comunque, neanche si degna di rispondermi.

-Posso almeno sapere per quanto cammineremo? Sono stanca, è notte e io di solito di notte dormo.-

Ancora niente. Sto cominciando a sospettare che questo tizio, a cui il gemello dell'atrio mi ha affidata cinque minuti e varie rampe di scale fa, sia irrimediabilmente muto.

Va beh, non è un problema. Non per me.

Provo a leggergli la mente...e non sento niente.

-Sei proprio forte, eh? Ti hanno insegnato a chiudere la testa o è tutto talento naturale?-

E all'improvviso, non so perchè, mi torna quell'impulso psicopatico e m'incazzo col mondo. Sta capitando un po' troppo spesso, nell'ultimo periodo...e non va per niente bene.

Così non ci penso neanche e mi scaglio contro la sua mente.

RISPONDI.

-Io non so niente. So solo che ti devo portare da loro, all'ultimo piano dell'Hangar. I capi sono quattro, Catchlyt controlla l'Hangar e gli altri vengono da altre basi, si sono riuniti qua perchè vogliono attaccare Faber.-

Si blocca di scatto e mi fissa con gli occhi spalancati. Io gli sorrido:

-Grazie mille per la disponibilità.-

Ha la bocca spalancata. La richiude, la riapre, la chiude di nuovo.

-Ma come cazzo...-

-A posto, Josh. Da qui in avanti ci penso io.-

Oh, bene, una faccia simpatica. Neanche tanto, visto l'espressione che ha questo qua...ma meglio del tizio apatico chiamato Josh, no?

Gli dà una pacca sulla spalla e mi fa cenno di affiancarlo per continuare la salita delle scale. Ormai ho fatto tre piani, quanti ne mancano per arrivare all'ultimo?

-Allora? Tu sei più loquace del caro Josh?-

-Dipende da chi ascolta.-

-Bene, sembri simpatico.-

Dai, non è così male. Avrà qualche anno più di me e ha una faccia simpatica...non è vietato chiaccherare con la gente, no?

-Grazie. Ma parliamo un po' di te: com'è che ti chiami?-

-I...Iris.-

-Iris? Ma che bel nome.-

-Ringrazia i miei genitori.-

Arriviamo ad un altro piano, lo superiamo e andiamo avanti. E ho la netta sensazione che 'sto tizio non sia così simpatico come sembra.

-E dove sono i tuoi genitori?-

-Spero sottoterra...ma ne dubito. Sai, non penso che i bastardi di Faber sotterrino quelli che ammazzano.-

-Oh. E sei venuta qua tutta da sola?-

Però, mi viene quasi voglia di ringraziarlo per le condoglianze. Forse qua sono così abituati a sentire storie tragiche da non badarci neanche più.

-Mi vedi con qualcuno?-

-Ti vedo con me.-

-Però. Perspicace.-

La chiamavano "Ivy l'allegra ma anche no". Tattarattaaa.

-Sì, va bene. Vedo che non sei così loquace, quindi lasciami un'ultima domanda.-

Ah, io non sarei loquace?

-Spara.-

-Te non dovresti essere morta due anni fa?-

Oh.

Questo non è loquace, è perspicace.

-...perchè dovrei esserlo?-

-Perchè sei l'unica a cui non riesco a leggere nella mente. E hai qualcosa che ricorda tuo fratello.-

Oh.

Ok, non mi piace più la sua loquacità.

Alfine siamo arrivati a un ennesimo pianerottolo tra due rampe di scale e con una per niente invitante porticina grigia. Il tizio m'invita con un gesto a precederlo:

-Prima le signore.-

-Però, non avrei mai pensato che esistesse qualcuno capace ancora di farlo.- ribatto subito io, che ovviamente non posso starmene zitta. Poi mi accorgo che non so neanche il nome di quello con cui sto parlando, e aggiungo: -Complimenti...com'è che ti chiami?-

Sì. Lo sto chiedendo davvero io.

-Cazzi miei...Iris.-

Per mantenere un attimo di dignità lo guardo semplicemente male, poi decido (così, visto che non ho niente di meglio da fare) di aprire la per niente invitante porticina grigia...e mi ritrovo nel classico covo che sembra essere stato strutturato apposta per congiure, piani malefici e robe varie.

È una stanza larga e con le luci spente; non è completamente buio solo perchè c'è qualche lampione vicino alla finestra che porta a un balconcino presente nella stanza, ma a quanto pare questo non disturba i presenti. Sono quattro, hanno tutti grossi giacconi neri e non sembrano per niente simpatici con quelle loro facce torve.

E hanno la mente schermata. Giusto per rendere tutto più merdoso, eh.

Nonostante la chiusura mentale, però, riesco comunque a sentire quello che provano...e in un istante so che mi hanno riconosciuta. Peccato, cominciava a piacermi il nome "Iris".

-Ma cos'è, ce l'ho stampato in faccia chi sono?- dico, giusto per rompere il silenzio. Nessuno dei quattro mi risponde...forse non avrei dovuto dire niente.

-Come sai che sappiamo chi sei?- parla finalmente uno dei quattro, protendendosi sul lungo tavolo che li divide da me. Io faccio spallucce:

-A quanto pare i sentimenti sono divisi dalla mente in sè...quindi anche se la schermate non serve a niente, perchè sento quello che provate. Mi avete riconosciuta, no? Anche 'sto qua mi ha riconosciuta.-

Mi sento stranamente tranquilla. Cioè, sto parlando con i tizi che vogliono ammazzare mio fratello e distruggere i pensatori cattivi...e mi sento tranquilla. Sono fiera di me stessa.

-Non toccava a te dirglielo, Adrian.- interviene uno dei quattro. Io non riesco a trattenermi e mi volto leggermente verso il tizio:

-Già, non toccava a te...Adrian.-

Ma quanto sono simpatica? Ancora non capisco perchè tutti vogliano uccidermi.

-Comunque.- riprendo, voltandomi di nuovo verso i quattro -Se sono qua è perchè voi sapete del generatore e tutto il resto...sapete dov'è?-

-Perchè dovremmo dirtelo?- chiede uno dei quattro. Io faccio spallucce con nonchalance...ehi, sto diventando davvero brava.

-Perchè se no vi costringerò a dirmelo. Così mi risparmiereste la fatica, no?-

-Chi ci dice che ne saresti capace?-

E non è mio, il ghigno che mi sta nascendo sul volto. Scommetto che somiglia incredibilmente a quello di Evan.

-Vogliamo provare?-

-Volentieri.-

Ok, questo non me l'aspettavo.

-...se proprio insistete...-

-Oh, ma non così.- mi interrompe quello che aveva parlato per primo. Ora è appoggiato allo schienale della sua sedia, con le braccia incrociate e gli occhi che brillano nel buio, e sento qualcosa che mi lascia senza parole.

È neutro. Completamente. Gli altri tre erano preoccupati, ora sono un po' curiosi (anche se non lo mostrano)...ma lui no. Non prova...niente.

È inquietante.

-Nathan è capace di condizionare la gente o, come dici te, "traviarla", e io stesso lo so fare. Ma questo non basta. Noi abbiamo bisogno di una persona che superi Nathan, che abbia più poteri di lui...oppure sarà inutile dichiarare il luogo dove si trova il generatore, per non dire rischioso. E noi non vogliamo prenderci rischi inutili, quindi ci devi dimostrare di essere più potente di Nathan.-

Beh, sembra sensato. Ma se traviassi direttamente uno di loro sarebbe molto più veloce...

-So cosa stai pensando. Ma ti avverto: è inutile cercare di estorcere il nome del luogo da uno dei miei tre compagni...loro non lo sanno. Lo so solo io, e non posso essere condizionato.-

Ah. Ecco.

A quanto pare dovrò dimostrare loro di essere più potente di mio fratello. La cosa più strana è che io non ho dubbi di esserlo...e questo non è dovuto al mio innato egocentrismo. E va bene, se lo devo fare lo faccio. C'è qualcuno che non dovrebbe essere qua e che mi aspetta nel parcheggio...non voglio che resti troppo da solo a lungo, magari gli viene voglia di farsi un'altra cannetta.

-Sentiamo, allora. Che volete che faccia?-

Il tizio antipatico fa un cenno al tizio che mi ha portata qua (Adrian). Lui annusce ed esce dalla stanza senza dire una parola, lasciandomi in balia di questi quattro.

E riecco il silenzio.

-Allora...- faccio io, giusto per dire qualcosa -Perchè tante precauzioni all'entrata? Non vi fidate di chi viene qua a chiedervi aiuto?-

-Se tu avessi passato quello che abbiamo passato noi saresti restia ad accettare gli sconosciuti quanto lo siamo noi.- replica uno dei tre tizi che in teoria potrei traviare tranquillamente. Faccio una faccia (ahah, faccio una faccia) come a dire "ma lo sai con chi parli?"... ma, insomma, anche a loro sarà capitato di tutto, no? Potremmo fare un bel circoletto e chiaccherare su tutte le ingiustizie che la vita ci ha riservato, magari sorseggiando un po' di cioccolata calda, simile a quella delle macchinette della scuola...

Un secondo: ma io un tempo andavo davvero a scuola?! Quasi non me lo ricordavo.

Mi riscuoto dalle mie peregrinazioni mentali per il ritorno rumoroso di Adrian. Mi volto verso di lui, pronta a qualsiasi prova mi metteranno sotto il naso...e quasi mi viene un infarto.

Adrian ha trascinato nella stanza qualcuno che conosco bene.

-Il compito è semplice.- dice il tizio neutro, senza sapere del casino che ho in testa -Devi costringere questo qua a buttarsi dal balcone. Ovviamente lo fermeremo; questa sarà la prova che sei più potente di Nathan, perchè solo chi è davvero potente può portare ad agire contro il proprio istinto di sopravvivenza.-

Mi volto di scatto verso il tizio, e per una volta sono quasi senza parole.

-Chi...chi è lui?-

-Un infiltrato di Nathan. L'hanno trovato nel parcheggio e non è schedato da nessuna parte, è una spia.-

Ah. Ah, certo, è ovvio.

A quanto pare il qualcosa che ho fatto a Evan per non farlo riconoscere ha ingannato tutti, fin'ora, e sta durando ancora. Fantastico, non c'è che dire...ma potrebbe essere un attimo problematico.

Perchè il tizio neutro mi ha appena detto che devo traviare Evan. Se non lo faccio, potremo dire addio al sapere dove cazzo è quel cazzo di generatore.

Qual'è il problema? Io non posso traviare Evan perchè lui non può essere traviato. Quindi: se non lo smaschero, mi riterranno debole e non sapremo dov'è il generatore; se lo smaschero, molto probabilmente Evan non vedrà la fine di questa lunga notte.

Merda.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Tentano di ammazzarmi e faccio discorsi deprimenti...la mia solita giornata, insomma ***


-Perchè lui? Perchè non dovrei provarci con uno di voi?-

Tentativo labile, lo so. Non ho trovato di meglio.

-Perchè è inutile che uno di noi rischi , specie in un momento come questo...-

-Ma mi avete appena detto che bloccherete quello che travio prima che si butti.- noto io. Ehi, forse qualche speranza c'è. -Questo non significa che sarebbe la stessa cosa, influenzare lui o voi?-

Uno dei quattro emana così tanta ansia da quasi stendermi. Però, ho scelto proprio bene coloro che dovrebbero aiutarmi a sconfiggere Nathan...davvero 'sti qua sono capi dei ribelli? Siam messi bene.

-Perchè sei così restia a sperimentare su un nemico?- mi chiede quello neutro, l'unico a non essersi scomposto. Io faccio spallucce:

-Perchè non voglio diventare un' assassina, forse? Non vi basta quello che ho fatto al computer giù come prova che sono abbastanza potente?-

-Non prova niente, i computer sono iper sensibili. Sarebbe successa la stessa cosa anche a uno di noi.-

Ah. Fantastico.

-Inoltre- aggiunge quello dei quattro che non ha ancora parlato -esistono diverse tipologie di potere. Te potresti essere potentissima nel leggere la mente e solo in quello...Faber sa anche traviare e cambiare i ricordi.-

Oh, questo lo so. Non c'è la prova vivente qua accanto a me?

-Andiamo, non abbiamo tempo da perdere.- sbotta all'improvviso quello che emana ansia -Che t'importa se muore? È di certo un assassino, se lo meriterebbe, e così la sua morte sarebbe servita a qualcosa...-

-Non è che non voglia, è che lei non può traviarmi.-

Bene. Se non lo ammazzano loro lo ammazzo io.

Cala un silenzio istantaneo. Tutti guardano verso Evan; io mi volto verso di lui e, ovviamente, lo incenerisco con gli occhi... perchè dai, questa è la chiara dimostrazione che è un coglione immenso.

-In che senso?- domanda quello neutro. Evan sorride tranquillamente:

-Perchè sono immune ai vostri poteri...-

-Non è possibile.- lo interrompe subito quello che lo tiene per un braccio, Adrian. Lo guardo meglio, e mi accorgo che ha una strana espressione sul volto mentre uno dei quattro aggiunge con voce incerta:

-Gli unici due umani immuni ai poteri sono Cassidy Meirfay e...-

E l'illusione scoppia come una bolla di sapone.

-Sanders?!- esclamano quattro voci contemporaneamente. Adrian lo molla subito, come se scottasse, e tutti tirano fuori delle pistole (a quanto pare le nascondono anche loro nelle mutande, sarà un vizio).

Fantastico. Non potevo sperare di peggio.

-Ok, ok.- dico, mettendomi tra loro e quindi stando davanti a Evan (perchè non gli spareranno se ci sono io in mezzo, vero?). Decido in un istante di usare la carta sincerità massima, quindi cerco di essere il più convincente possibile mentre continuo, stando attenta a non perdermi nessuna mossa di questi tizi:

-Ok. Va bene, è davvero Evan Sanders, il flagello di dio eccetera eccetera. Ed è anche la prova più lampante che non possiamo perdere tempo: mio fratello è stato così potente da cambiargli completamente la memoria, due anni fa, per farlo diventare il suo braccio destro...quindi chissà quanto Nathan è potente ora. E potete non preoccuparvi per Evan, è innocuo: conoscete quelli che stanno con mia madre, Karen Faber? Gli hanno dato un siero strano che gli ha fatto tornare la memoria, quindi ora non sta più dalla parte di Nathan, sta dalla nostra. Quindi, gentilmente, potreste abbassare le pistole, o vi devo traviare per farvelo fare?-

Però. Forse Evan aveva ragione, nell'altra realtà, quando aveva detto che mi avrebbe votata solo per la parlantina. Quasi quasi mi candido a dittratrice del mondo al posto di Nathan.

Comunque, i fantastici quattro non hanno abbassato le pistole.

-Non ti aspetterai che ci crediamo davvero, eh?- fa il simpaticone che prima ha detto che posso benissimi ammazzare Evan, tanto non serve a niente.

-Sì. Me lo aspetto.- replico. Ok, non è una grande mossa diplomatica...ma non ci si può aspettare di meglio da una futura dittatrice, no?

Vedendo che il tizio simpaticone sta per dire qualcos'altro faccio per rerispondergli male, ma Evan mi precede:

-No, fa niente. Prendetemi, rinchiudetemi, fate quello che volete, ma ascoltatela. È riuscita a bloccarmi e mi ha costretto a seguirla fino a qua, vuole solo sapere dov'è il generatore e basta, di me potete fare tutto quello che...-

-Zitto!- gli sibilo. Lui sorride tranquillamente, come fosse normale chiedere a qualcuno di rinchiuderlo.

Normale. Ahah.

-...se avete finito...- fa il tizio neutro con la voce un po' meno neutra -Adrian, rinchiudili entrambi nelle prigioni.-

-Nelle prigioni? Siamo finiti nel medioevo, ora non ci ascoltate neanche?-

Io lo sapevo che la mia linguaccia mi avrebbe ammazzata, prima o poi.

Il tizio neutro apre la bocca per dire qualcosa...poi un rumore un po' troppo forte ci distrae.

Ok, diciamo che "un po' troppo forte" sminuisce il rumore che può fare un muro che crolla dopo un'esplosione, ecco.

Qualcuno mi butta per terra, evitandomi così una bella botta in testa. Quel qualcuno è Evan...e ovviamente lui si è beccato una bella botta in testa al mio posto per le macerie della parete che è appena crollata.

Fin qua non vedo niente di diverso dal solito.

Passa un po' di tempo con un silenzio assurdo. Poi, lentamente, come se avessimo tutto il tempo del mondo, cominciamo a rialzarci tutti assieme. Non so da che parte della mia mente venga l'immagine di un film dove i morti viventi risorgono dalle macerie di un magazzino, e la scena assomiglia fin troppo a quello che vedo.

Siamo ancora tutti interi. Un po' ammaccati, due dei quattro perdono sangue da qualche ferita e Adrian ha un brutto taglio sulla gamba, e sento uno strano fastidio al gomito...ma tutto passa in secondo piano rispetto all'enorme buco che ora c'è al posto della parete che prima aveva pure un balcone. Cioè, un balcone. Non so se mi spiego.

Mi avvicino al limite del grande buco, e stranamente nessuno cerca di fermarmi. Peggio per me: un fascio di luce accecante mi becca in piena faccia, non facendomi vedere niente per almeno mezzo minuto. E in queste situazioni mezzo minuto è un tempo davvero, davvero lungo.

C'è un elicottero qua davanti a noi.

Cioè...c'è un elicottero qua davanti a noi?!

-TRA DIECI MINUTI FAREMO SALTARE IN ARIA QUESTO POSTO. PORTATE I BAMBINI ALL'ESTERNO E CONSEGNATECELI, POI TORNATE DENTRO. ESEGUITE, O NON GRAZIEREMO I BAMBINI.-

Ok, non mi piacciono le voci che parlano con gli altoparlanti. Questa, poi, è proprio strana: insomma, sembra quella di una ragazza...ma è incredibilmente fredda.

Poi la luce si abbassa leggermente, permettendomi così di vederli.

Sono in quattro: uno guida l'elicottero, due sono nella parte dietro, con i mitra puntati su di noi, e la quarta si sporge dallo sportello laterale aperto, anche lei armata.

E mi vede. Come potrebbe non farlo? Sono praticamente in mezzo allo squarcio nella parete.

Il problema, però, è che mi riconosce...e non sembra nemmeno pensarci, quando punta la sua pistola verso di me.

E io sono così ritardata che non mi passa neanche per la mente di spostarmi, di fare qualunque cosa. Resto a fissare la ragazza. Ha gli occhi azzurri ed è bionda e abbronzata, la classica ragazza americana. E ha un'espressione che non capisco, sembra decisa e terrorizzata allo stesso tempo. Perchè è così? Come può avere paura di spararmi se ha appena detto che uccideranno i bambini se cerchiamo di opporci?

E perchè non riesco a vedere cos'ha nella mente?

Lei posa l'indice sul grilletto. Io penso che sia meglio stare a guardare. Tanto, che senso avrebbe tentare di schivare il proiettile, di nascondermi? Non ce la farei mai. È inutile.

Poi qualcuno mi spinge di lato, facendomi colpire col gomito sinistro un pezzo di parete...e fa male.

La vista mi si annebbia per qualche istante.

Quando torna, vedo stagliata contro la luce una figura scura, con le braccia spalancate. E, nonostante il rumore delle pale dell'elicottero, sento benissimo quello che Adrian dice.

-Sparami, dai. Tanto mi hai già ucciso.-

Sta parlando con la ragazza. Io sposto gli occhi su di lei...e la vedo tentennare.

-Ci ucciderai tutti?- continua Adrian, stavolta a voce più alta -Ucciderai tutti quelli che sono qua? Sai che non ci arrenderemo...ucciderai anche i bambini?-

La ragazza non dice niente. Ha ancora quell'espressione disperata, ma la pistola ora è rivolta verso l'alto, verso il cielo nero.

La sto guardando, e solo per questo vedo anche i due che la affiancano: loro hanno ancora i mitra puntati verso di noi...e uno ha un marchingegno strano che non mi piace.

"Faremo saltare in aria questo posto", ha detto.

ANDATEVENE. DIMENTICATEVI DI NOI, DI TUTTO.

L'elicottero si sposte leggermente, come se il pilota volesse spostarsi.

VIA. ADESSO. NON TORNATE PIÙ.

Questa volta funziona: i due tipi alzano i mitra e il pilota fa girare l'elicottero all'improvviso.

La ragazza spalanca gli occhi e si volta di scatto verso i compagni:

-Cosa diavolo state facendo?! Vi ha condizionati! Tornate indietro!-

Ma è inutile: l'elicottero è già a parecchi metri di distanza. Il pilota li sta portando lontano, via da noi...non potranno fare male a nessuno.

E direi che ora posso svenire, no?

Ciao ciao, mondo.


Mi risveglio in un letto.

Cioè, qua c'è qualcosa che non va. È da due giorni che non mi risveglio in un letto.

Sono morta?

-Se stai pensando di essere morta...no, non lo sei. Mi spiace.-

Mi raddrizzo di scatto e subito una fitta incredibile mi attraversa la testa, facendomi vedere le stelle per qualche secondo.

Poi il mondo riappare, e si rivela essere un mondo alquanto piccolo: una stanzetta grigia con un letto, un armadio, un comodino con una lampada che rischiara l'ambiente, e un Evan seduto su una poltrona. Insomma, c'è tutto l'essenziale.

Mi ricordo tutto quello che è successo. Ma, nemmeno io so perchè, la prima cosa che mi viene da chiedere è:

-Che ore sono?-

-Cinque di mattina appena passate.- replica Evan, sempre pronto. Ha la testa fasciata e indossa abiti diversi da quelli che aveva prima del casino, e chissà come questo mi fa azzeccare quello che è accaduto mentre io ero nel mondo dei sogni.

-Ci danno una possibilità?-

Lui annuisce. Ha un sorrisetto tranquillo che non gli ho mai visto sul volto...non su questo, almeno.

-Dopo che li hai praticamente salvati hanno deciso di potermi sopportare. Vogliono aiutarti, comunque. Tre capi volevano attaccare subito Nathan, ma Catchlyt si è opposto...-

-Quello neutro?-

Evan resta zitto per qualche secondo. Dopo un po' dice, con un'espressione tra il preoccupato e il divertito:

-Sai, a volte non riesco proprio a seguire quello che succede nella tua testa.-

-...intendo quello che sa dov'è il generatore. Sì, quello con l'aria di capo.-

-Sì. Catchlyt. Lui vuole prima parlarti, quindi ora aspettano che ti svegli per sapere cosa fare.-

-Beh, è già qualcosa.- noto io. Cerco di mettermi ancora un po' seduta, e mi accorgo solo ora che ho il braccio sinistro appeso al collo e fasciato in zona gomito.

Ah, quindi quel male non me lo ero immaginata.

-Che è successo quando quelli là hanno sfondato la parete?- chiedo, giusto per mantenermi al passo coi tempi. Evan fa spallucce, come se non fosse accaduto niente di grave:

-Erano soldati di Nathan. La ragazza, Meirfay, è immune come me, per questo non sei riuscita a traviarla. Comunque: non so come, sono riusciti a trovare questa base (sai, in teoria è schermata dai radar) e a puntarci una bomba sopra. E sai qual'è la parte più divertente?-

-Sentiamo.-

-Solo loro sanno, sapevano, dov'è la base. Nathan l'avrebbe distrutta in due secondi, ma la Meirfay non voleva che morissero anche i bambini...quindi è venuta qua da sola per dar loro una possibilità di non venire uccisi. Non ha avvertito Nathan, e per questo noi siamo al sicuro. Per ora.-

Oh, davvero consolante.

-...come fai a essere certo di tutte queste cose?-

-Me l'ha detto Adrian mentre mi mettevano a posto la testa.- risponde subito Evan, picchiettandosi una tempia con l'indice della sua mano menomata -Da quel che ho capito, Cassidy Meirfay stava dalla parte dei ribelli...poi qualcosa l'ha spinta a unirsi a Nathan. Non so cosa, penso sia colpa di Adrian, non me l'ha voluto dire. È con Nathan da due mesi, l'ho vista una o due volte perchè ero occupato tutto il tempo a ucciderti in ogni realtà...-

-Grazie.-

-...ma non mi sembra un'assassina.-

Sì, non lo sembra. Non lo è. Si capiva dalla sua faccia.

Poi mi viene in mente un altro problema da aggiungere alla lista interminabile de "I problemi di Ivy Faber":

-I capi non potrebbero pensare che abbiamo portato noi qui quelli di Nathan?-

-Lo penserebbero...se tu non avessi praticamente salvato il loro culo d'oro. E non hanno più dubbi neanche sui tuoi poteri, visto che sei riuscita a traviare tre uomini che teoricamente Meirfay aveva reso immuni ai poteri, quindi...-

No, un secondo.

-Chi è immune può rendere immuni anche gli altri?-

-No.- dice subito Evan. Non ha più l'espressione divertita di prima -Io non so farlo.-

Ecco, ci mancava che si deprimesse perchè ha trovato una più brava di lui.

Stupendo.

-Andiamo, puoi fare l'eroe anche senza i tuoi non-poteri.- comincio con un tono che spero non sia ironico -Chi è che si è fatto avvelenare per salvarmi, quando mio padre mi aveva catturata? Chi è che mi ha difesa, quando hanno cominciato a sparare nel negozio di Jack? Chi...-

-Sì, ok, ho capito.-

-...è che si è beccato un colpo in testa al mio posto? E, ancora più importante: chi è che mi ha salvata da un controllore sadico quando dovevo andare a un torneo dall'altra parte della città e senza quel cazzo di biglietto?-

Lui resta in silenzio. Ha un'espressione strana, sul volto pieno di ombre per la luce della lampada sul comodino...sembra quasi un po' sorpreso.

-Me ne ero dimenticato.-

-Oh. Che simpatico.- faccio io con tono indignato.

Ma, anche se non lo ammetterò mai...l'avevo dimenticato anche io.

-Ero appena arrivato in città, volevo fare qualcosa di normale ed ero andato a dare un'occhiata allo sport center...e mi ritrovo davanti una ragazza che quasi sviene, tanto sembra in ansia.-

-Ma che simpatico.- sbuffo -Certo, ora aver paura di un controllore mi sembra più che da idiota...ma insomma, era prima di tutto questo! Rischiavo di beccarmi una multa!-

-Problemi di vita, quindi.-

-Già. Quasi dello stesso livello della festa...io, Alice e Mary abbiamo passato tutto il pomeriggio prima a sistemarci, e loro mi prendevano in giro perchè qualcuno mi stava un po' addosso...-

-Aspetta.- m'interrompe Evan. Questa volta ha un'espressione concentrata, come se cercasse di ricordare qualcosa.

-...era lì che ho tirato un pugno a Jack?-

-Esattamente.- confermo io, e lui fa un sorriso che non gli ho mai visto fare...assomiglia a quello di un bambino, di quelli che illuminano gli occhi.

E non mi dispiace per niente.

-La cosa strana è che nella realtà che ho creato voi andate pure d'accordo, sai?-

Evan si sistema meglio sulla poltrona, protendendosi verso di me, e dice:

-Raccontami un po' di là. Non ci sono davvero i poteri?-

Mi sistemo anch'io, incrociando le gambe e stiracchiando la schiena, il dolore al braccio solo un leggero pulsare e la testa libera dal male. Non mi accorgo neanche che mi hanno messo addosso dei pantaloni da ginnastica e una maglietta che non ho mai visto...perchè mi piace, quello che stiamo facendo. Parlare dei bei vecchi tempi come due bei vecchi vecchietti.

-Nada. Cioè, io ce li ho ancora, ma perchè penso che avevo "assistito" al passaggio nella nuova realtà. E ricordavo anche, proprio come te...sai, forse è per questo che anche te ricordavi: prima che leggessi la formula stavi morendo. Forse eri ancora vivo nel passaggio e, visto che non avevi poteri neanche prima, beh, per te non è cambiato niente...ti sei solo ricordato.-

-Chiamalo niente.- borbotta lui per poi aggiungere, con un tono interessato: -Dimmi di più. Quelli che conoscevi della vecchia realtà...loro com'erano?-

-Simpatici.- dico subito. Me ne rendo conto dopo un istante e quasi scoppio a ridere. -Sì, beh...diversi. In meglio. Bill e Jack hanno fatto la loro normale vita, senza scienziati. Mary è rimasta fan sfegatata dei fantasy, ma ha anche una bella realtà in cui vivere. Alice e Brian stanno insieme, forse l'avevi capito...e, beh, anche noi stavamo insieme. Dopo una settimana dal cambiamento di realtà ti sei trasferito nell'ultima casa della via con Angie e Dan, loro non ricordavano ma te sì...-

-Sì. Li ho visti.- mi interrompe ancora Evan. Guarda un punto indefinito vicino ai miei piedi, e non sembra più così curioso di sapere -Erano felici. E lui...lui era vivo. Spero che non staranno troppo male, quando scopriranno cos'ho fatto alla mia versione di quella realtà...-

Ah, giusto. Questo non è lo stesso Evan che ho lasciato dall'altra parte.

Ma, insomma...alla fine sono la stessa persona, no? La stessa persona, solo che hanno avuto vite diverse. Punto, niente di più.

E mi torna in mente una cosa che gli avevo chiesto quando si era fatto, nel bosco.

-Quando...se sopravvivremo.- (perchè nella mia mente sono immortale?) -Qua ci sarà l'anarchia. Se riusciremo a ritrovare quel maledetto libro e nessuno avrà più i suoi poteri eccetera, ecco...io potrei tornare alla realtà senza poteri con uno di quei cosi che hai usato per passare da una dimensione all'altra?-

Sì, beh...già. Mi manca quel posto. Là avevo i miei amici, mio padre ancora vivo, mio fratello come dovrebbe essere davvero (non pazzo tiranneggiante) e una madre che non mi spara in testa...e ogni giorno mi svegliavo con la certezza che il rischio massimo che avrei potuto correre sarebbe stato quello di finire sotto una macchina. Era un bel posto e, anche se ci sono stata solo due settimane...mi manca. Perchè nella mia testa ci sono due vite, e so quale preferisco.

Però, Evan...

-Sì.-

-Beh, come dire...potresti venire anche te, no?-

Non so cosa aspettarmi, ma di certo resto sorpresa vedendo che Evan sorride stancamente, come se ci avesse già pensato:

-E le dita che mancano? E la cicatrice? E il fatto che non mi ricordo nulla della mia vita da persona normale?-

-E la vita normale che ti aspetta?- domando io in risposta -E Dan che è vivo? E Angie che...beh, non so che fine abbia fatto qua, quindi...-

-Morta.-

-E Angie che è viva? E la possibilità di avere una casa che non rischia di saltare in aria ogni secondo?-

Evan sembra voler contestare ancora, ma adesso ha quel suo sorrisetto tranquillo che mi fa sperare che lui riesca ancora a sperare. Perchè sperare non costa niente, no?

-Costa la propria sanità mentale.-

Evan si alza di scatto e dopo un secondo si risiede sbattendo le palpebre. Ops, forse si è dimenticato di essersi preso un pezzo di muro in testa, poco tempo fa.

Comunque, io guardo Adrian, appoggiato alla porta aperta della mia stanza. Ha un'aria stracciata...ma, del resto, qua ce l'hanno tutti.

-Hai abbassato le difese della tua mente. È rischioso.- m'informa con un tono neutro.

-Grazie di avermi avvisata.- gli dico io. Lui fa spallucce, poi annuncia:

-I capi vogliono vederti subito.-

Ed eccola qua, la realtà di merda in cui sono che torna a farsi sentire.

Ma un attimo di pace no, eh?


Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Mi fregano, e pure spesso ***


Adrian ci guida gentilmente per tutti i piani di questo fottutissimo posto. Io col gomito ancora appeso al collo, lui che zoppica e Evan con la testa fasciata, che bel quadretto formiamo.

Stiamo percorrendo tutte le rampe di scale esistenti e, quando arriviamo in corrispondenza di qualche piano, mi pare di vedere qualcuno che si aggira come un fantasma per i corridoi bui...ma, per il resto, niente. Magari tutti quelli che stanno qua sono sordi o incredibilmente bravi a ignorare il mondo, visto che nonostante il casino che ha fatto l'esplosione di prima sono tornati a dormire...o forse neanche si sono svegliati.

Comunque, c'è troppo silenzio per i miei gusti, quindi domando:

-Allora, che ci vogliono dire?-

-E io che cazzo ne so?-

Bene. Gli eventi recentemente avvenuti non lo hanno reso più simpatico.

-Ehi, sta' calmo.- interviene subito Evan, sempre pronto a proteggermi (un attimo: l'ho pensato davvero?!). Adrian si limita a guardarlo male, poi continua a zoppicare in su, scalino per scalino.

E chissà perchè mi viene una voglia matta di stuzzicarlo, come con un brufolo antipatico che non vedi l'ora che scoppi, anche se sarà peggio. Sì, ormai è appurato che sono tremendamente masochista, per la felicità del testa fasciata qua accanto a me.

-Sei incazzato di natura, o da quando quella Meirfay ha cercato di ammazzarci?-

Non mi risponde.

-Non è che serve a tanto, se non mi parli, eh.- continuo io, rigirando il dito nella piaga. Mi punto l'indice alla tempia e mormoro con fare un po' da drogata:

-Vedo...vedo...vedo che ti senti in colpa! Ma se ti senti in colpa non è che potresti star meglio aiutando due poveri cani come noi, magari addirittura rispondendo alle domande che ti facciamo e non chiudendoti in un mutismo da bambino viziato di cinque anni?-

-Sta' un po' zitta.- risponde Adrian con un tono semplicemente infastidito. Eh, no. Io non voglio solo l'infastidito.

-No che sto un po' zitta.- ribatto subito, fermandomi sull'ennesimo piano e incrociando le braccia (nella mia mente sembro sicura, spero sia così anche nella realtà) -Siamo dalla stessa parte, vogliamo tutti e due che Nathan perda. Francamente spero sopravviva visto che, sai, è mio fratello, per questo dico "perda" e non "muoia"...e scommetto che tu speri lo stesso per Cassidy Meirfay. Ma se tu fai il sostenuto, noi saremo completamente soli in questo posto e i gran capi non ci diranno dov'è il generatore e perderemo, moriremo e pace all'anima nostra! Quindi, per favore, smettila di fare il sostenuto e cerca di venirci incontro, di aiutarci.-

Fiiiine.

Sento Evan al mio fianco, e Adrian è qualche scalino sopra di noi, ancora voltato verso l'alto. Dopo qualche secondo si gira (lentamente, così fa effetto) e sento un'ondata di odio così grande che quasi mi stende.

Ma non è rivolta verso di me.

-Dovrei aiutare quello che mi ha fatto perdere tutto?-

Ah. Allora non sono io il problema.

Sta guardando Evan con gli occhi sbarrati e il volto incredibilmente pallido per la rabbia. Evan sbatte lentamente le ciglia, a mo' di diva del cinema, poi dice:

-Ce l'hai con me?-

-Oh, non provare a far finta di niente. Non provare a negarlo.-

-Negare cosa?- intervengo io. Sì, sono alquanto lunatica...passo dall'offendere al mediare nel giro di un istante. Ivy Faber, piacere.

Adrian scende gli scalini che lo dividono da noi e punta un dito contro Evan, continuando però a guardare me. Dice con la voce che gli trema di rabbia:

-Questo pezzo di merda ha ucciso un casino di gente. Ha ucciso per Nathan per due anni, ha distrutto famiglie e trucidato persone innocenti e te osi dire che io devo aiutarlo?! Per colpa sua la mia famiglia è prigioniera chissà dove, non so neanche se sono ancora vivi o se sono morti, e Cass se n'è andata perchè pensa che io abbia ucciso suo padre quando in realtà è stato uno dei suoi bastardi a farlo. E te mi chiedi di aiutarlo? Lui è Evan Sanders, non ha pietà, non ha l'anima! Dicono che sia il dio della distruzione sceso in terra...beh, la vuoi sentire una cosa?-

E, con mio sommo orrore, sfila dalla cintura dei jeans in cui l'aveva infilata, nascosta alla vista dalla felpa che indossa...una pistola.

-Io sono ateo. E ho anche una bella pistola.- dice, poi si volta di nuovo e punta l'arma verso il petto di Evan.

Che si è appena rimesso in tasca un pacchetto di sigarette.

Studia con somma tranquillità la pistola, solleva lentamente gli occhi verso Adrian e, giuro, questo coglione sorride.

-Bel discorso.- dice con voce calma, poi agita la sigaretta che tiene tra le dita della mano martoriata -Ma...hai da accendere?-

E ora ne sono sicura. Qualche secondo, e il dito di Adrian si piegherà e io sono più che certa che non riuscirò a bloccarlo in tempo. Cristo santo, ho già assistito a una carneficina, non voglio vedere ancora qualcuno che mi muore davanti senza poter far niente. Gli trema pure il braccio, probabilmente per la rabbia tra poco anche i nervi delle dita scatteranno e, magari non lo vorrà nemmeno, ma il colpo partirà e, Evan...

Di solito a questo punto spunta fuori qualcosa che blocca il tutto. Che so, un'altra copia di Evan, Superman, Bambi, qualunque cosa spunta ora e ci salva il culo...quindi dai, perchè preoccuparmi per Evan? Tanto si salva sempre, Adrian ora torna in sè.

Li vedo. Vedo i tendini che si piegano, i muscoli che si contraggono. Adrian non fermerà il suo dito, non tornerà in sè adesso.

E poi accade la magia: Adrian abbassa il braccio e molla la pistola.

Ma io non ho parlato.

-Ce l'hai fatta!- esclama Adrian, voltandosi verso di me e sorridendo come se il mondo fosse perfetto.

No...un attimo.

Sono confusa.

-Che...che cosa significa?- riesco a chiedere a Evan. Sarà che lo conosco da più tempo, ma mi viene più naturale chiederlo a lui che chiederlo a uno così leggermente ed evidentemente bipolare.

Lui fa spallucce. Sì: fa spallucce.

Fa.

Spallucce.

-Un esperimento, volevano vedere se sei anche telecinetica. E lo sei, a quanto pare...quindi magari la prossima volta muoviti prima, visto che probabilmente io sarò sempre coinvolto in cose del genere...-

-Volevano? Loro? Esperimento? La prossima volta? TELECINETICA?!-

Odio quando non capisco più un cazzo.

Per mia fortuna (fortuna?) spuntano sul pianerottolo su cui siamo due dei quattro idiot...capi, e uno di loro è quello neutro: Catchlyt, il boss di questo posto.

Sì, hanno proprio la faccia di gente che si diverte a ingannare povere ragazze indifese.

-Hai già dimostrato di possedere innate e superlative capacità telepatiche, prima.- dice quello che non è Catchlyt e che, adesso che lo posso guardare alla luce di una lampada d'emergenza, è uno coi capelli bianchi e un'espressione affabile. Affabile, non scherzo.

Sul serio.

-Così abbiamo deciso di verificare anche che tu avessi capacità telecinetiche.- continua l'altro. Ecco, lui sembra essere sui quaranta e ha pure l'espressione neutra e gli occhi freddi. Molto amichevole, quindi.

-Facendo finta di ammazzare Evan? Non c'era un metodo più, come dire, soft?-

-Ha proposto e deciso lui di farsi puntare una pistola addosso...noi non ci siamo sentiti di negarglielo.-

Sì, perchè non vedevate l'ora di vederlo con una pistola addosso.

-Non serve pensare cose del genere.- dice Catchlyt con voce vagamente indispettita. -E cerca di controllarti, non vogliamo che ci invii i tuoi pensieri ogni volta che pensi qualcosa.-

Ommioddio. L'ho fatto incazzare.

-Chiedo venia. Dovrei controllarmi sempre, giusto? Anche quando l'unica persona di cui mi fido è stata appena minacciata di morte.-

-Era una messa in scena.- nota Evan...e questo, francamente, mi fa leggermente girare le palle.

-Fanculo, te. Non dovevi farlo.-

Evan sbatte un paio di volte le palpebre, come se non capisse il mio tono. Poi dice, con voce quasi incredula:

-L'ho fatto per te, per conquistarmi la loro fiducia e così per farli fidare di te! Ti devo pure chiedere scusa?-

-Sì.-

-Beh, allora vaffanculo e...-

-Scusate, eh.- lo interrompe garbatamente Adrian, che ora sembra sereno come una rosa...al contrario di me ed Evan. Ci voltiamo contemporaneamente verso di lui mentre continua dicendo:

-Potete continuare a litigare dopo? C'e qualcuno che probabilmente gradirete vedere, qua.-

Ok, questo mi distrae. Abbastanza da non farmi pensare alla missione a cui ho appena deciso di dedicare la mia vita: guardare male Evan finchè mi verrà pure il potere dello sguardo assassino e lui creperà tra atroci sofferenze e al suono della mia risata malvagia.

-Chi?-

-Penso sia meglio lo vediate e basta.- risponde il capo più anziano. Ci fa segno di attraversare la porta del piano dove siamo arrivati e, uno a uno, entriamo in una stanza semivuota; ci sono tre o quattro seggiole, un tavolo e, incatenato alla sedia centrale...

-Maurice?-

-Ragazzi!- replica subito lui. Ha un'espressione disperata stampata sul volto cereo, e non ha l'aria di stare un gran che bene. Del resto, quale persona catturata e legata senza motivo ha l'aria di stare bene?

-Perchè lo tenete legato?- chiedo subito, voltandomi di scatto verso Catchlyt e l'altro più anziano -Non è uno di quelli di Nathan, è fratello di Mark e Mike, stanno con mia madre! Dovete liberarlo, è dalla nostra parte...-

-Ivy, no.- mi blocca Evan. Anche se qualche minuto fa mi ha mandata allegramente a fanculo, mi volto subito verso di lui. Non capisco il tono della sua voce...sembra sicuro di quello che ha davanti, come se avesse capito qualcosa che a me sfugge.

E poi li vedo anch'io, abbandonati sull'unico tavolo presente nella stanza: i pezzi di un cellulare smontato.

I pezzi del cellulare che Maurice ci ha dato quando ci siamo divisi da lui.

Ah.

-Lui ha detto a Faber che vi stavate spostando qua, per questo ha mandato un mostro a catturarti.- spiega tranquillamente Catchlyt -E vi ha dato quel cellulare per potervi rintracciare dovunque foste andati; per questo sono riusciti ad arrivare qua, da noi.-

Però. Spionaggio allo stato puro.

Mi volto verso Maurice. Ha ancora quell'espressione disperata stampata in faccia.

-Ma perchè avrebbe dovuto farlo?-

-Pensiamo possa essere stato condizionato, specie perchè lui non sembra ricordarsi ciò che ha fatto...e, prima che tu lo chieda: sì, è davvero lui che ha fatto quello per cui lo accusiamo. L'abbiamo beccato proprio mentre stava andando verso la base di Faber, ha avuto la sfortuna di incrociare uno dei nostri e l'idea idiota di provare a scappare.- dice quello più avanti con l'età, con tono pacato.

-È per questo che abbiamo aspettato te, prima di fare qualunque cosa.- aggiunge Catchlyt -Devi verificare che sia stato condizionato, come lui sostiene.-

-E come?-

-Devi condizionarlo te. Se non funziona, sapremo che la sua mente è già condizionata...perchè sai che una mente non può essere condizionata una seconda volta da chiunque non sia il primo che l'ha condizionata, vero?- mi chiede il capo anziano (sarebbe carino chiedergli come si chiama).

-Ehm...-

Catchlyt fa una faccia esasperata e sbuffa, come a dire "guarda in che mani mettiamo la nostra sopravvivenza".

Sì. Catchlyt mostra un'emozione.

Lo ignoro bellamente e mi volto verso Maurice. Poi, come sempre, mi concentro.

ALZA LA MANO DESTRA.

E subito lui stringe le labbra e i pugni e spalanca gli occhi. Comincia a tremare, come se si stesse sforzando incredibilmente...e il braccio destro trema più di tutto il resto.

ALZA LA MANO DESTRA!

E accade il peggio, quello che non avrei mai voluto che accadesse.

Lui la alza.

-Eccolo qua.- dice Adrian con un tono lugubre -Il traditore.-

Ma è come se lo sentissi da lontano: non riesco a staccare gli occhi da Maurice.

-I tuoi fratelli...Fenicia e Didime, tu...- cerco di dirgli. E solo adesso comincio a capire un po' di cose.

Quando sono arrivata alla loro base sentivo tutto; avevo anche sentito che lui aveva appena parlato con una ragazza, giusto? Con quale ragazza può parlare uno costretto a nascondersi in un posto di merda e, soprattutto, costretto a non uscirne da solo? Con...Cassidy Meirfay, magari?

E...la presenza che per un istante ho sentito sull'aereo? Era uno di quelli di Nathan che ci seguiva dopo che Maurice li aveva avvertiti?

La sua facciata di disperato, però, è rimasta.

-Dovevo farlo! Lui sapeva dov'erano Mark e Mike, dov'era la base di Karen...se non avessi collaborato, lui...-

-Smettila.-

La voce con cui ho detto questa unica parolina sorprende anche me, tanto è ferma e...vuota. E, infatti, lo zittisce subito.

-Lo sento che non hai paura di noi.- dico lentamente -E non hai paura per mia madre, o per Fenicia e Didime, e nemmeno per i tuoi fratelli...no. Tu hai paura per te stesso. Per quello che ti accadrà...per quello che ti faremo noi?-

E qua accade l'ennesima sorpresa nelle sorprese: Maurice scoppia a ridere. Così, all'improvviso.

-Voi? Pensate sul serio che voi...cristo santo, siete così ingenui. Non siete niente in confronto a lui.-

-Parli di mio fratello? Pensi che verrà qua a salvarti?-

-Salvarmi? Salvarmi? Le vostre minacce non mi fanno paura perchè lui mi ucciderà se vi dirò qualcosa. È potente, il più potente mai esistito...mi ucciderà...-

-Anch'io sono potente.- noto. Mi accorgo dopo un istante di averlo detto non per vantarmi nè per intimidirlo. Semplicemente...ormai è un dato di fatto. Quasi non ci bado più.

Maurice fa un sorriso strano, a metà tra il disperato e il divertito:

-Oh, sì. Lo sa anche lui, questo. Il problema è che lui mi ucciderà...te no. Semplice. Non è il controllo della mente che lo rende così potente, sai? È il fatto che è pronto ad uccidere chiunque, anche gli innocenti, pur di vincere. È per questo che è più potente lui di te. Ed è per questo che non sarete voi ad uccidermi...ma lui.-

-Oh, non è un problema.- interviene Evan, quasi facendomi sobbalzare -Se Ivy non è abbastanza crudele possiamo pensare noi a quello che lei non vuole fare.-

Ok. Questo non è tanto positivo.

Cala il silenzio. Maurice tiene gli occhi puntati sul pavimento, ben sapendo di non poter reggere quattro sguardi ostili...e io continuo a chiedermi la stessa cosa che non capisco da quando lui ha alzato quella fottuta mano destra.

-Bene, signori.- fa il capo anziano, battendo le mani -Direi che è ora di portare questo piccolo bastardo giù nelle prigioni. Penseremo dopo cosa fare di lui...magari ci potrà tornare utile.-

-Posso fargli un'ultima domanda?-

Il vecchio si volta verso di me. Quasi non gli bado, ho gli occhi puntati su Maurice.

-Beh...sì, certo.- risponde il capo, colto alla sprovvista.

Io mi avvicino alla sedia del prigioniero e gli chiedo (lentamente, per dargli tempo di riflettere sulla risposta):

-Mentre tradivi tutti noi, mentre ci facevi rischiare la vita...hai pensato a quello che avrebbe fatto la tua famiglia dopo, anche solo per un secondo?-

Maurice annuisce, quasi fosse una cosa ovvia.

-Quando tutto sarebbe finito avrei confessato tutto e sarebbero passati dalla mia parte, dalla parte di Faber.-

-E se non avessero accettato?-

-Beh, pazienza. Io sarei stato al sicuro, loro avrebbero scelto...-

Beep, Maurice. Risposta sbagliata.

Non mi piace per niente. Così mi avvicino, lo studio per bene mentre continua a parlare e, come si fa in ogni paese civilizzato quando si è incazzati con qualcuno, gli tiro un pugno in faccia.

E porca puttana quanto cazzo fa male a me.

Beh, almeno è stato un bel pugno. Tanto che la testa di Maurice si è girata di novanta gradi buoni.

Ma, eccheccazzo: che male alla mano.

Male. Alla. Mano.

-Io ho finito.- annuncio ai tizi, facendo un passo indietro. Dopo mezzo minuto compaiono tre pensatori che slegano Maurice e lo portano fuori.

Mentre varca la porta, dice le ultime parole che penso gli sentirò pronunciare:

-Le prigioni sono nascoste bene, vero?-

Dopo, nella stanzetta cala di nuovo il silenzio, nostro signore e sovrano. Siamo rimasti io ed Evan, Adrian e i due capi...e francamente ora vorrei evitare di perdere tempo.

-Dov'è il generatore?-

-Cosa?- domanda quello vecchio. Sul volto di Catchlyt per un secondo passa un'ombra strana, come di fastidio...poi torna il robot di sempre.

-Il generatore. Dov'è?- ripeto incrociando le braccia. Il capo anziano annuisce, capendo cosa intendo, e intanto dice:

-Penso ne dovremo discutere più tardi...-

-Perchè? Non vi fidate ancora di noi?-

D'accordo, non dovrei essere così presa male e diffidente...ma lo sono di natura. Non posso evitarlo, non è colpa mia.

Il capo anziano sorride leggermente e Catchlyt risponde con un tono, sorpresa delle sorprese, neutro:

-Dobbiamo mettere a posto un po' di cose, qua. Sai, c'è un buco enorme nell'edificio e la gente si spaventa con poco...cercheremo di mettere a posto prima che tutti si sveglino per cominciare i turni.-

-Verremo noi a chiamarvi quando potremo organizzare assieme un piano d'attacco.- aggiunge il capo anziano con un sorriso comprensivo.

Detto questo, pure loro escono dalla stanza diretti ai piani alti.

Così ne restarono tre.

-Bene. Andiamo anche noi.- fa Evan.

-Dove?- chiedo io, visto che non posso leggergli nella mente. Lui, già rivolto alla porta, si gira verso di me e ghigna con un'espressione divertita:

-In infermeria, ovviamente. Serve del ghiaccio per la tua mano.-

-Ma non mi fa male.-

-Sì. Ok.- dice lui come se non avessi parlato. Esce dalla stanza e io, ovviamente, sono costretta a seguirlo. Poi, ancora più ovviamente, Evan si ferma sul pianerottolo; guarda prima verso l'alto e dopo verso il basso e, finalmente, si volta verso l'unico rimasto con noi:

-Adrian, potresti gentilmente mostrarci dov'è l'infermeria?-

-Naturale.- risponde Adrian, superandoci e cominciando a scendere le scale.

Io ed Evan lo seguiamo. Perchè dobbiamo sempre seguire qualcuno?

Poi mi viene in mente: un quarto d'ora fa stavamo salendo queste scale.

E ancora: ma quanto cazzo fa male tirare pugni alla gente?!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Terrore ***


L'infermeria è un posto piccolo, bianco e accogliente. Insomma: è un'infermeria.

L'infermiere presente è gentile, quasi troppo. Diciamo che non smette neanche un istante di parlare.

-Sì, sai, ho fatto il bagnino per due anni, quindi so un po' di pronto soccorso. Abbastanza per aiutare la gente, per quello che vale. Io vorrei uscire a dare calci in culo ai bastardi di Faber, ma insomma, non è che mi possa muovere troppo...-

-La fasciatura è essenziale?-

-Cos...oh, sì, certo. Comunque, secondo me Faber non è così terribile, sai? Molti l'hanno visto e hanno detto che sembra normalissimo. Anzi, alcuni dicono che se dici di essere dalla sua parte ti risparmia pure. E questo significa che è come noi, no? Lo possiamo sconfiggere, non è un dio sceso in terra...poi, ora che Sanders è scomparso abbiamo più possibilità, no?-

-Già.- dico soltanto, incrociando gli occhi di Evan. Adrian mi ha detto che sarebbe stato meglio per la quiete dei rifugiati non vedere il braccio destro del nemico passeggiare nell'edificio, quindi l'ho ri"mascherato": adesso tutti vedono al posto del suo volto quello di chiunque...ma non il suo.

Per cui l'infermiere ex bagnino non sa di avere a pochi metri di distanza il famigerato Sanders, terrore dei sette mari.

Divertente.

-E c'è pure altro: lo sai che dicono sia tornata dall'oltretomba la sorella di Faber, quella che è morta due anni fa? -

-Davvero?-

-Sicuro! Non si è ancora capito come, visto che hanno trovato il suo cadavere dopo che, lo sai, no?, è caduta dalla scogliera...ma è tornata. Ed è più potente di Faber! L'hanno vista alcuni mentre girava ai piani alti, dai capi, e da quello che mi hanno detto è stata lei a salvarci il culo da Cass...e Cass è immune. Come ha fatto a scacciare una immune? E pensa a questo: anche Sanders è immune. Magari lei, la sorella, intendo, l'ha ammazzato e adesso ammazzerà pure il fratello...-

Ah, mi dispiace, ho fatto di tutto con Evan ma di certo non l'ho ammazzato. Non ancora, almeno.

-Posso farti una domanda?- chiedo, interrompendolo senza ritegno. Lui (avrà qualche anno più di me, qua c'è un casino di gente giovane) finisce di scotcharmi la faciatura della mano che, diciamocelo, poteva anche evitare di fare, e annuisce. Allora io gli chiedo:

-Perchè lo chiami sempre "Faber"?-

-Perchè...beh, come lo dovrei chiamare? Nathan? Ma è il nemico, no?- risponde l'infermiere, non capendo. Io invece capisco, e gli sorrido:

-Ed è anche umano. Beh...grazie per le bende, anche se penso non siano necessarie...-

-No. Lo sono.- interviene Evan dal suo angolo. Io lo guardo male (che novità) mentre mi rialzo, e l'infermiere dice:

-Ha ragione lui...ma dimmi, quando sei arrivata? Come ti chiami?-

Oddio, che ansia. 'Sto qua deve sentirsi davvero solo.

-Ivy.- gli rispondo. Evan esce dalla stanza, io lo seguo e, un secondo prima di varcare la porta, mi volto verso l'infermiere e aggiungo:

-E no, non sono tornata dall'oltretomba per ammazzare mio fratello. Sono tornata per fermarlo.-

L'espressione che gli viene quando capisce le mie parole è impagabile.

Ah, le piccole soddisfazioni della vita.

Infine esco dall'infermeria.

-Era necessario tirarsela così?- chiede Evan. Guarda verso le scale, e insieme cominciamo a scenderle diretti chissà dove.

-Erano necessarie le bende?- replico io. Sì, mi trattengo a stento dal fargli una linguaccia, cosa che a quanto pare si trattiene dal fare anche lui.

-Allora, capo? Che si fa?-

-Perchè lo chiedi a me? Sei te la super potente, eh.-

-Ma tu sei Evan Sanders, il terrore dei sette mari. Dai, finchè non ci chiamano per il piano di distruzione di massa non abbiamo niente da fare...come occupiamo il tempo?-

Sì. Mi annoio.

Solo io posso annoiarmi in situazioni del genere.

Evan fa filosoficamente spallucce.

-Parliamo un po'. Secondo te tua madre aveva capito che Maurice li tradiva?-

Queste domande a bruciapelo.

-Non è mia madre. E, francamente, non so neanche se anche lei è una traditrice. Ormai non so più di chi fidarmi.-

-Eh, no. Ora mi ritengo offeso.-

Ecco, ci mancava solo questo.

-Ma di te mi fido, sciocchino.- faccio io agitando una mano. Evan mi guarda come fossi impazzita, poi fa spallucce:

-Francamente, anche io non mi fido di nessun altro.-

-Però ti sei fatto sparare da Adrian.-

Ma quanto sono lunghe queste scale?

-Era perchè sapevo che l'avresti fermato.- nota lui. Io sbatto un po' di volte le palpebre per fargli capire quanto ha sbagliato:

-Cioè, ok che magari mi apprezzi per la persona solare che sono...ma riporre la tua vita nelle tue mani? Sei stupido?-

-Un po' sì. Ma penso di non esserlo stato troppo in quel momento...insomma, l'hai fermato, no?-

-Potevo non farcela.-

-Ma ce l'hai fatta.-

-Ma potevo non farcela.-

-Ma ce l'hai fatta.-

Ecco, io con gente del genere proprio non riesco a parlarci.

Alla fine siamo arrivati al piano a livello terreno: quello con la sala simile al check in degli aereoporti...e, nonostante presumo siano le sei di mattina, c'è ancora qualcuno in fila a passare il test al computer.

È davvero così critica, la situazione?

-Ma ci sono così tanti pensatori nel mondo?- chiedo a Evan, fermo al mio fianco vicino alla porta che dalle scale fa accedere al salone. Lui annuisce:

-Più dei normali. Tanti sono debolissimi e per questo, prima dell'arrivo di Nathan, gli scienziati non li avevano mai cagati. Ma adesso Nathan può riconoscerli subito...-

-Quindi non si possono nascondere e cercano aiuto dal ribelli?- concludo io. Evan annuisce:

-Già. E anche i normali possono riconoscerli, quindi è la loro unica possibilità.-

-Ah.- dico io. Poi ripenso a due settimane fa, e aggiungo: -Nella vecchia realtà, quella in cui sono nata, c'erano solo scienziati e pensatori...non i "normali". Quand'è che ci hanno scoperti?-

-Quando Nathan ha fatto esplodere la casa bianca e il parlamento inglese. Contemporaneamente.-

-Oh...oh. È potente.- riesco a dire. Sì, sono rimasta un attimo spiazzata da questa notizia.

Non può essere così potente, dai. Non può.

Casa bianca e parlamento. Contemporaneamente.

Oh, vaffanculo.

-Per quello si era fumato un po' di porpora...normalmente può far saltare in aria una scrivania, fai un po' te.-

Arieccolo con 'sta porpora.

-Anche Nathan si droga, quindi? Fantastico.-

-Te l'ho detto che l'ha scoperta lui...e non è esattamente una droga.- spiega Evan, sogghignando -Cioè, è una droga per i normali. Su di me ha l'effetto di un antidolorifico a livello della morfina, mentre per voi...beh, è come un'iniezione di adrenalina. Vi manda alle stelle e vi potenzia all'inverosimile.-

Beh, se è così potrei usarla anch'io, no? Vediamo se riesco a far saltare in aria Nathan da qua...

Ma un attimo. Io sono Ivy la sfigata.

-Effetti secondari?-

-Morte precoce. Non arrivate ai trenta.-

Oh, fantastico. Quindi Nathan quanto ha, ancora? Sei, sette anni di vita?

-Perchè non aspettiamo che Nathan si uccida da solo, allora?-

-Hai visto quanto ha fatto in neanche tre anni?-

-Ah. Hai ragione.-

-Come sempre.- gongola un po' Evan. Io lo guardo male (un po' per abitudine), poi ricomincio a osservare la gente che, lentamente, sfila dai banchi in mezzo allo stanzone fino a dei pensatori dietro ad altre scrivanie, attaccate alla parete dove siamo noi, che io manco avevo notato...forse addetti all'assegnazione delle stanze, visto che qua ci si trasferisce pure. E se ci sono i bagni in comune? Chissà che fila c'è per andare al cesso.

Poi vedo una signora di mezza età con mille scialli e un carrello pieno di valige che passa tra due banchi, diretta alle scrivanie; una ruota del carrello incontra qualcosa sul pavimento e lo fa ribaltare, spargendo tutto quello che conteneva sul pavimento. Quasi per riflesso mi stacco dalla parete e vado a dare una mano (col braccio appeso al collo e una mano fasciata, sì).

La tipa si affanna a raccogliere tutto quello che si è portata dietro, tra borse, tre valige e qualche stoviglia. Io raccolgo una caffettiera e faccio per prendere qualcos'altro (pare un carillon)...quando uma voce che non ho mai sentito grida:

-Tu! Sei tu!-

Sollevo gli occhi e incrocio quelli della donna...e ci vedo dentro solo un'emozione.

Terrore.

-Tu sei morta!- grida ancora la tizia. Io non riesco a fare qualcosa di diverso dal guardarla.

Cioè, ok, tutti pensano che io sia morta...ma non mi pare che bisogni fare scenate del genere. E poi: perchè sembra terrorizzata da me?

-Beh, è una cosa un po' incasinata...- comincio mentre mi rialzo, con ancora la caffettiera tra le mani. E subito la tizia si rimette in piedi e fa qualche passo indietro, barcollando un po' sotto il peso della valigia che regge tra le braccia.

È sempre più terrorizzata...e non capisco perchè.

Odio non capire.

-Hanno detto che sei morta! Hanno detto che avevano vendicato i miei ragazzi!-

Ok. Ora sono proprio confusa.

-E ora...ora sei tornata.- continua la donna. Le trema il mento, come se stesse per piangere. Poi, all'improvviso, le passa un lampo negli occhi e comincia a rovistare nella valiglia semi aperta che ha in mano.

-Oh, ma no...non lo farò durare a lungo...-

Quando tira fuori la mano dalla valigia, stringe un coltello. E bello lungo, bisogna dirlo.

E dopo un istante lo lancia verso di me.

Magnifico.

Quasi non me ne accorgo neanche. Ho la mente completamente occupata a riflettere su tutto quello che ho appena visto. Insomma, perchè questa donna ha così tanta paura di me? Perchè dice che uccidendomi hanno vendicato "i suoi ragazzi"?

Uops. Giramento di testa improvviso. Mi si oscura la vista per qualche istante...e, quando torna, vedo qualcosa di proprio strano.

Il coltello è fermo a mezz'aria tra me e la donna.

Normale.

-Ma che...- comincio io. Non so che altro dire.

La donna fissa me, poi il coltello, poi ancora me...getta la valigia e fa uno scatto degno d'atleta verso l'entrata principale di questo rifugio.

Ecco. Ora spavento pure la gente.

Fisso il coltello, e quello ricade sul pavimento con un suono fastidioso. Quasi istintivamente mi volto verso Evan, a qualche passo da me.

-Che ho fatto?-

-Oh, niente. Hai solo bloccato un coltello in volo.-

Ah.

-Oh. Proprio niente.- replico io. Evan fa spallucce, come a dire "siamo alle solite"...e solo adesso noto che c'è un po' di gente a fissarci. Un po' troppa.

Non va bene.

-Meglio levarsi da qua.- dice Evan, avvicinandosi leggermente.

Ed è in questo momento che si scatena l'inferno.

Fa tanto film apocalittico, vero?

Una mitragliata distrugge le porte a vetri che fanno da entrata del salone. Tutti si rannicchiano istintivamente, quasi tutti urlano. I pensatori più svegli prendono le pistole da dei cassetti segreti dei banchi e tolgono la sicura.

Io guardo Evan. Evan guarda me.

E poi mollo la caffettiera che avevo ancora tra le mani e scatto verso l'esterno, cercando di non farmi bloccare da lui.

Incredibilmente non inciampo nè cado: faccio a zigzag tra la gente terrorizzata, supero i pensatori armati e fin troppo coraggiosi e, semplicemente, esco.

E ora tocca alla seconda raffica di mitragliate.

Succede lo stesso accaduto col coltello: mi si annebbia la vista per qualche istante...e, quando la mia testa si riattiva, la prima cosa che sento è il rumore assordante che fanno le pale di un elicottero.

Ah, no. Adesso ce ne sono parecchi, tutti a dieci metri d'altezza e tutti con i portelloni aperti e tanti (troppi) pensatori protesi verso l'edificio, con i mitra che imbraccano puntati verso lo stesso punto.

Il punto dove sono io.

Sbatto le palpebre e i proiettili che avevo bloccato a mezz'aria ricadono sull'asfalto, come per magia.

Poi mi guardo attorno. Ci sono delle persone, acquattate contro le pareti dell'edificio. Tra loro c'è anche la donna di prima. Una parte della mia mente mi dice che se non fossi uscita questa seconda raffica li avrebbe sicuramente uccisi tutti...poi noto che ci sono altre persone, ma per terra. E non si muovono.

Sento che le armi vengono ricaricate...ma accade qualcosa di strano: tutti i pensatori cattivi si tirano indietro, nascondendosi nell'ombra dell'interno degli elicotteri, come se se ne fossero andati. Come se qualcuno avesse ordinato loro di non colpirmi.

Poi dall'ombra del vano dell'elicottero davanti a me emerge una figura. Una persona, un'unica persona...e, quando lo vedono, molti gridano.

Perchè è lui. È Nathan.

Ma non è il mio.

Indossa un cappotto nero di quelli lunghi, da super cattivi, che lo fa sembrare l'imperatore del male. Beh, probabilmente lo è, no?

Lo studio un po'. Ha la pelle bianca, cadaverica, e gli occhi neri più che mai che brillano di luce propria...di una luce feroce.

Anche lui mi fissa, ma non dice niente. Semplicemente, mi guarda.

Poi si volta leggermente verso l'interno dell'elicottero e fa un cenno. Compare uno dei suoi pensatori...ha un fagotto in mano. Lo butta giù, sull'asfalto, come fosse spazzatura.

Nathan si volta verso destra, verso sinistra, quasi stesse dando degli ordini senza dire niente, e punta gli occhi su di me mentre gli elicotteri cominciano a muoversi, alzandosi di qualche metro e cominciando a virare. Finalmente, dopo un tempo che mi pare infinito, mio fratello si volta e torna nell'interno dell'elicottero...ma lo vedo. Oh, se lo vedo.

Il sorriso che gli è comparso sul volto.

Passa qualche istante, e i cattivi se ne sono andati. Puf, hanno lasciato il cielo ancora scuro libero dalla loro minaccia.

Sento che mi passano accanto i pensatori dei banchi, ancora con le pistole in mano. Li vedo, mentre girano tra i cadaveri sparsi per terra cercando, pregando di trovare qualcuno ancora in vita. Ascolto quelli che ho salvato dalla seconda mitragliata mentre scoppiano a piangere, si chiedono se stanno bene, corrono dentro.

Ma non riesco a spostare gli occhi dal fagotto che quel pensatore ha lanciato dall'elicottero. Perchè il fagotto, un insieme di lenzuoli avvolti attorno a qualcosa, si è aperto.

E quel qualcosa che nascondevano è la testa di Maurice.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Ansia ***


-Stai bene?-

-Sì.-

-Sicura?-

-Sì.-

-Sul serio?-

-...sì.-

-Cioè, perchè non è tanto normale quello che hai fatto, eh. Hai bloccato un centinaio di proiettili in aria! Cioè, così, quelli hanno sparato e te non ti sei mossa e bum, li hai fermati...-

-Ma c'eri anche te?-

-Cos...no, me l'hanno detto quelli che ti hanno vista. E cristo se ti hanno vista! Hai avuto Faber davanti, cioè, Faber era e te ce l'avevi a qualche metro e non hai battuto ciglio! Allora qualche speranza ce l'abbiamo...-

-Sì, magari.-

-E, senti...che ne dici di prenderci un caffè insieme, così mi racconti tutto?-

-Sì, mag...no, che?-

Il caffè non mi piace. E 'sto infermiere sta diventando troppo espansivo, diciamocelo.

-Senti un po' te, ora.- interviene Evan, in piedi accanto a me e all'infermiere, seduti sulle seggiole che dei pensatori ci hanno cortesemente offerto per consentire a lui di controllare che non mi stesse per venire un infarto. Ha un'espressione strana mentre conclude, con voce serena: -Che ne dici di ricevere un pugno nelle palle?-

L'infermiere e io lo guardiamo. E io mi sento stranamente lusingata da queste minacce poco garbate. Mi piace quando la gente minaccia per me.

Sono un po' fuori, sì.

Intanto l'infermiere ha cominciato a guardare me, poi riporta gli occhi su Evan, che ha un'aria da psicopatico serenamente in pace con la sua natura violenta. Infine dice:

-Ah, ecco...non avevo capito. Scusate. Ora...ma tu chi sei, scusa? Ti conosco, sei del rifugio?-

-No, non sono del rifugio, ma mi conosci e scommetto che vorrai levare le tende presto quando saprai che...-

-Tutto bene, Evelyn?-

L'arrivo miracoloso del capo più anziano dei quattro, quello che mi sta simpatico, ci salva da qualcosa che non sarebbe stato per niente positivo.

Ecco, mi è stato simpatico da subito. Poi mi dicono che non ho intuito nelle nuove conoscenze.

-Ivy e basta.- lo correggo quasi instintivamente. Il capo anziano fa un sorriso curioso e chiede:

-Perchè? Evelyn non è un nome così brutto...-

-Mi chiamava così solo mio padre.-

-Ah.-

Chissà perchè ogni volta che nomino papà o Nathan qua la gente dice "ah"...o urla. Beh, magari per tutti gli altri loro sono sinonimo di morte e sofferenza. Al contrario di me: io penso mio padre come quello che innaffiava i suoi fiori ogni pomeriggio (lui mi chiamava Ivy...non come il mio geneticamente vero padre, quello della mia dimensione originale. Che casino) e Nathan come quello che una volta mi ha tirato una secchiata d'acqua ghiacciata e poi è scivolato, ricevendo così la mia karmica vendetta. Sono visioni leggermente diverse, in effetti.

L'infermiere bofinchia un "scusate, devo andare" e se ne va sotto gli occhi minacciosi di Evan. Io, intanto, decido di scoprire infine con chi diavolo sto parlando:

-Comunque, ho capito che sei un capo dei ribelli...ma chi sei, esattamente?-

-Oh. Sì, è vero, non ci siamo presentati. Cole è un poco paranoico, in queste cose...Cole Catchlyt, colui che comanda questo rifugio.- risponde lui, sempre con quel sorriso tranquillo -Io invece sono Alastair Witness. Comando il rifugio principale in Russia...ma mi hanno convinto a venire qua quando hanno scoperto del generatore. Dobbiamo restare uniti, specie in un frangente così grave.-

Ora sembra preoccupato, mentre aggiunge:

-Non è mai accaduto che i nemici arrivassero fino a qua...e nello stesso giorno.-

Strano. Non ha l'aspetto di un russo, e neanche di uno che comanda "il rifugio principale in Russia"...ha un'aria semplicemente tranquilla. Mi sta simpatico.

-Come ha fatto? Avevo capito che le prigioni erano un posto sicuro e...insomma, Maurice...non dico che non se lo meritasse, ma...-

-Nessuno si merita di morire, Ivy. Specie in quel modo.- m'interrompe subito Witness, poi aggiunge -E devi pensare a questo: Nathan è capace di controllare molte persone; sarebbe stato capace sia di entrare con la forza, sia di condizionare i nostri in modo da entrare, prendere Maurice e uscire senza alcuno problema. E si possono dire molte cose di lui, ma certo non è stupido: ha fatto la scelta più sicura.-

Ecco, ora non mi sta più simpatico. È una cosa idiota, lo so...ma l'ha chiamato Nathan.

Non Faber. Nathan.

-Quando l'hai conosciuto?-

Alastair Witness mi fissa per qualche istante, sorpreso. Poi risponde:

-Due anni fa, o poco più. Era scappato da vostro padre...dio, non so cosa gli abbia fatto quell'uomo. Continuava a dire che ti aveva uccisa, che lui voleva riportarti in vita...e sembrava buono. Lo giuro sulla mia anima, sembrava buono. Io mi sono fidato di lui...e lui ha ucciso Colbreth. Il vecchio capo della base russa. Poi è scappato. Pensavo fosse tornato da Faber...dopo un mese ho saputo che l'aveva ucciso e ne aveva preso il posto.-

Quanto è simpatico mio fratello.

Qua comincia a fare un po' freddo per il venticello leggero che passa attraverso le porte distrutte della sala. C'e ancora un po' di gente, perdipiù pensatori della base che cercano di mettere a posto...e di nascondere i cadaveri prima che qualcuno di troppo li veda.

-Non è...sensato.- dico. Witness mi guarda ancora con un'espressione confusa, e io mi chiedo: davvero non c'è ancora arrivato?

-Cosa?-

-Nathan può venire qua quando vuole. Può farci tutto quello che desidera, nonostante ci siano parecchi pensatori potenti...perchè non torna all'istante per finire l'opera, allora?-

Mi aspetto che sia il capo russo a rispondere (insomma, se è un capo deve sapere qualcosa), ma è Evan che fa spallucce e dice, come fosse ovvio:

-Lui vuole che siano i pensatori a comandare nel mondo. Sì, siete parecchi...ma non vuole uccidervi perchè pensa che sarebbe uno spreco. Più siete, meglio è, no? Quindi non attacca i rifugi, dove c'è gente innocente; attacca soltanto quelli che vogliono attaccare lui...e i normali, ovviamente.-

-Ovviamente.- borbotto io. Witness sorride leggermente:

-E adesso che ha visto di cosa sei capace, dubito che vorrà attaccarci ancora.-

Fossi in lui non ne sarei così sicura.

Insomma...se avessi un piano di distruzione di massa in mente prima di tutto cercherei di portare dalla mia parte i pensatori più potenti, no? E visto che io sono, beh, io...perchè non mi ha voluta catturare?

Perchè ha mandato Evan a uccidermi in ogni dimensione? Temeva davvero che lo ostacolassi? Allora perchè, se lui è così potente, non mi ha voluta uccidere prima, così da levarsi il pensiero e basta?

Perchè diavolo ha sorriso, quando mi ha vista?

Dagli altoparlanti negli angoli della sala risuonano sette rintocchi.

-Sbaglio o ho sentito che sono le sette?- chiedo, giusto per essere sicura di non essere impazzita. Witness annuisce, sempre con quella sua tranquillità:

-L'avviso che al piano di sopra si mangia. Segna l'inizio della colazione...è una specie di mensa scolastica, si prende quello che mettono sui banchi comuni e si mangia ai tavoli. Dalle sette alle nove c'è la colazione, da mezzogiorno alle due il pranzo e dalle sei alle nove di sera la cena. Ma ovviamente chi arriva in orari diversi può servirsi, ma nessuno può prendere il cibo senza permesso.-

-Siete riforniti, no?- nota Evan -Nathan non ha mai voluto attaccare i rifornimenti.-

Witness annuisce di nuovo, ma ora gli è comparsa una nota amara nella voce mentre dice:

-Qua sì. Nathan non vuole uccidere chi non è una minaccia, quindi i pensatori pacifici li lascia in pace...ma nel resto del mondo non è così. Tanti dei nemici vogliono costringerci con la forza a passare dalla loro; in pratica, o accettiamo o ci uccidono. Qua sono fortunati.-

Agito un po' le gambe e mi rialzo dallo sgabello, stanca di essere l'unica seduta tra loro. Poi ho come un giramento di testa e mi aggrappo al braccio più vicino: quello di Evan.

Quando mi ripiglio la prima cosa che vedo sono le uniche tre dita che lui ha della mano sinistra.

-...Ivy? Ci sei?-

Perchè non ci ho pensato prima?

-Qua non c'è qualcosa per curarlo?- chiedo, voltandomi verso Witness e mettendogli davanti agli occhi la mano menomata di Evan. Lui la studia per qualche istante (abbastanza per farmi fulminare da Evan), poi mormora:

-Una protesi, uh? Non penso che abbiamo il materiale adatto...ma Adrian se ne intende, potreste chiedere a lui.-

-Chiedere cosa?-

Sembra proprio che qua basti invocare il nome di qualcuno per far comparire quel qualcuno. Adrian ci fissa con un'espressione incuriosita, e io faccio un cenno verso la mano di Evan:

-Sapresti aggiustarla? È parecchio inquietante, così, sai...-

Mi si spegne la voce mentre parlo perchè Adrian non mi ascolta più: ha preso a forza la mano di Evan e se l'è piazzata davanti agli occhi, studiando i buchi rimasti al posto delle dita, il dorso e il palmo e il polso.

-Ma è...magnifico.-

-Oh, lo so, grazie.- risponde Evan. Io lo guardo male, chiedendomi quanto possa essere squallido il suo senso dell'umorismo.

-No, scusa, è che...insomma, ti hanno rifatto la mano...il braccio...la spalla? Ma che diavolo ti è successo?-

-Storia lunga.-

Mentre parla, Adrian continua a sondare il braccio di Evan, come se potesse vederci qualcosa di invisibile. Visto che l'idiota è in maniche corte, però, Adrian non può studiare ogni suo lembo di pelle, quindi non gli resta che limitarsi a chiedere:

-Anche la clavicola è andata, vero? Il polmone sinistro? La gamba?-

-Tutto.-

Ehi. Del polmone non mi aveva detto niente.

-Anche il polmone? E cos'altro, magari anche il cuore?- m'intrometto prima che Adrian riparta a domandare. Evan mo guarda con un'espressione strana:

-No, quello è mio.-

-Del polmone non mi avevi detto niente.-

-Pensavo fosse irrilevante.-

-Un polmone ti sembra irrilevante?!-

-Tanto ce ne sono due, no?-

Giuro che stavolta lo pesto.

-Chi è che ti ha rimesso a posto dopo la "storia lunga" che ti ha ridotto così?- interviene Adrian prima che io riparta a minacciare. Evan sposta gli occhi su di lui e dice:

-Lily Shepard. Era un chirurgo di fama mondiale, non un granchè come pensatrice, ma Nathan l'ha presa tra le sue file per i feriti.-

-E adesso dov'è?-

-Sottoterra, presumo. Nathan non è gentile con chi lo tradisce...penso l'abbiate visto tutti, prima.-

-Già.-

Eh, già. Credo proprio che su questo punto siamo tutti d'accordo.

Adrian si riscuote all'improvviso: alza di scatto la testa verso il soffitto, come se qualcuno l'avesse chiamato, e dice:

-Comunque, sono venuto perchè Catchlyt vuole vedervi. Quinto piano, seconda porta a sinistra...di fianco a quella che è stata bombardata.-

-Te non vieni con noi?-

Fa un mezzo sorriso che mi pare un po' ironico, un po' triste:

-Non è una cosa aperta a tutti...e di certo non accetteranno me, visto quello che è successo.-

Sto per chiedergli di cosa diavolo sta parlando, quando mi viene come un'illuminazione.

-Pensano che sia stato tu a portarli qua?-

Adrian fa spallucce:

-Pensano che abbia dato una mano a Cass. Hanno ragione, no? Meglio essere più prudenti che tolleranti.-

-Ma te non l'hai aiutata.- noto io dalla mia eccellente intelligenza. Interviene Witness, sempre con quell'espressione da santo sceso in terra per noi pecorelle smarrite:

-Sappi che ci stai dando un grande aiuto, qua, Adrian...ma lo sai com'è fatto Cole.-

-Già. Lo so.- borbotta Adrian. Dopo un istante alza ancora gli occhi verso il soffitto e sbuffa:
-Meglio che vi muoviate.-

Io ed Evan (perchè vorranno vedere anche Evan? Avranno capito che se prendono me prendono anche lui?) abbiamo cominciato a muoverci, quando Adrian fa:

-E, Ivy? Puoi gentilmente abbassare le difese della mente, solo un po'? Così potrai parlare te con Catchlyt senza intermediari.-

-Oh...ok. Va bene.-

E io ed Evan cominciamo la scalata verso il quinto piano.

Scalino dopo scalino, rampa dopo rampa...circa un minuto dopo sto per avere un infarto e non riesco a respirare. Sì, ok, è faticoso salire le scale.

-Sei una persona molto resistente.- mi omaggia Evan, non dando segno di volermi dare una mano quando io mi appoggio al muro prima di svenire.

Beh, ok che non sono una tipa atletica...ma com'è che dopo qualche rampa rischio un infarto? Non è tanto normale, eh.

-...Ivy? Stai per creparmi qua?-

-Oh, ma che carino.- borbotto, non arrischiandomi a riaprire gli occhi e appoggiandomi al muro (e che bel muro) -Adesso si preoccupa, l'idiota.-

-No, sul serio.-

Stavolta ha un tono strano...come se fosse preoccupato davvero. Ma che dolce.

Non resisto: gli getto un'occhiata ironica e scopro che il mondo non è più nero, solo grigio e metallico e con un po' di verdeacqua in un paio di occhi che mi fissano ansiosi.

-Ok. Ci sono...- faccio per tranquillizzarlo un attimo (sono gentile), quando finisco di nuovo contro il muro e con una mano sulla bocca che quasi mi soffoca.

-Cpfcapfo...- cerco di dire contro la mano di Evan. Lui mi fulmina con lo sguardo e porta l'indice della mano menomata davanti alle labbra, poi si indica l'orecchio.

Devo ascoltare. Ascolto.

E sento delle voci che provengono dal corridoio principale del terzo piano. Sembrano poco lontani dal pianerotto delle scale su cui siamo, ma sembrano anche fermi (quindi non ci possono scoprire qua)...e alquanto alterati.

-Una cosa del genere non era mai successa...Faber è arrivato fino a qua, poteva anche ucciderci tutti...-

-Ma non l'ha fatto. Cosa curiosa, vero? Proprio quando arriva qua la sorellina, lui arriva e decide di non fare niente...-

Questa voce l'ho già sentita, da qualche parte. Ma dove? Quando? Perchè? Cosa?

Evan sta di certo ascoltando, ma continua pure a fissarmi. Non sposta gli occhi, proprio. Non capisce che è una cosa che distrae?!

Ha degli proprio strani, comunque. Sembrano blu, ma sono troppo scuri e hanno quel qualcosa di verde proprio strano. Non che dispiaccia, eh.

-Cosa intendi dire?-

-Intendo dire che dopo che la Faber ha fermato i proiettili, Catchlyt si fida...per quanto si possa fidare lui di una persona.-

E ora non ha incipriato la cicatrice per nasconderla...sì, adesso che la vedo bene è più semplice capire che non è una ferita da taglio. È un po' sfasata...come se fosse stata ricucita. Come se un lembo di pelle fosse stato cucito proprio in quel punto? Chissà quanto gli ha fatto male, quell'esplosione.

-E allora?-

-Ma non è evidente? I due Faber hanno pianificato tutto questo così da infiltrarsi tra noi.-

Ok. Questo non va bene.

Dove diavolo ho già sentito quella voce?!

-Ma che senso avrebbe? Lei non è mai stata dalla parte di suo padre...di certo non sarà da quella di suo fratello.-

-Allora perchè non vuole dirci da dove viene?-

-Faber aveva incaricato Sanders di ucciderla in ogni realtà...-

-Balle. Ci hai creduto davvero? Pensi davvero che esistano altre realtà?-

Io sì.

-Probabilmente hanno pianificato tutto così da farci credere che lei ci abbia salvati.- riprende la voce che ho già sentito -Mi pare ovvio. Non possiamo fidarci di una Faber...è una di loro, e...-

Smette di parlare all'improvviso. Dopo qualche istante l'altra voce dice:

-Andiamo, siamo già in ritardo.-

E sento dei passi che si avvicinano. Merda.

Poi Evan sostituisce la mano che mi copriva la bocca con la sua, di bocca. E io dico ok, non è che mi dispiaccia...ma insomma, non è il momento giusto per baci fuori programma.

Così.

Ma sento anche qualcosa di proprio strano: i due a cui sto evidentemente sul cazzo si avvicinano, ci passano accanto e quello che non conosco dice:

-Su, ragazzi, è appena successa una tragedia, un po' di rispetto.-

E qua mi viene in mente un'idea geniale (come sempre, quindi). Così spingo via Evan e sorrido tranquillamente ai due tizi...e cerco di non far vacillare il sorriso quando ne riconosco uno.

-Sì, lo sappiamo...scusate.-

-Questo è un modo per festeggiare la vita, non credete?- nota Evan, sorridendo come un'ebete e mettendomi un braccio sulle spalle.

Sì, perchè ormai l'ho capito che Evan è coglione.

I due lo guardano malissimo, poi salgono le scale e scompaiono dalla nostra vista.

Aspettiamo ancora qualche secondo, poi lascio cadere la maschera mentale che ha fatto vedere a quei due qualunque volto femminile al posto del mio, e spingo Evan lontano.

-"Questo è un modo per festeggiare la vita"? Da dove ti escono queste cazzate?-

-Me ne vengono mille mentre ti ascolto.-

-Ahah. Molto simpatico. Comunque...cosa ne pensi?-

-Beh, dovremmo farlo più spesso, e...-

-Su quello che si sono detti quei due. Pensi che ci sia tanta gente che è del loro parere?-

Perchè se è così non va per niente bene.

Evan fa spallucce:

-Temo di sì. Ma è normale, dopo tutto quello che ha fatto tuo padre e Nathan.-

-Il problema è che lo pensa lui...se fosse un'altro, ok, ma quello...-

Sì, perchè quello che dubitava è proprio uno dei quattro grandi capi ecc ecc.

E dobbiamo proprio pensare a cosa fare se quello là riuscirà a convincere anche gli altri, con le sue assurde supposizioni.

Che ansia.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** I cinque minuti peggiori della mia vita ***


Così il momento fatale è arrivato. Tatataaaa.

E no, non hanno proposto di linciarmi. Semplicemente hanno detto che un gruppo dei migliori pensatori mi scorterà fino alla base di Nathan, un posto la cui ubicazione io non posso sapere, nel caso Nathan mi catturi (aspè, ma non ha senso), cioè, nel caso qualcuno mi catturi per strada io devo sapere il meno possibile così da non far male a nessuno. Ovviamente non verranno i grandi capi, stronzi cagasotto, perchè sono "troppo importanti" per una missione che è suicida all'ottantanove per cento. Simpatici a ricordarmelo.

Poi il simpaticone che è Catchlyt ha detto che Evan sarebbe rimasto lì con loro come garanzia, così che sarebbero stati sicuri della mia condotta (in pratica: "Se ci tradici dici ciao ciao al fidanzatino, puttanella"). Io ho detto qualcosa di poco carino. Catchlyt mi ha detto che quelle erano le condizioni e la sua faccia diceva qualcosa di molto poco carino. Io li ho mandati a fanculo, poi Evan ha detto che, se le eminenze erano d'accordo, lui sarebbe andato con noi disarmato (non sanno che può uccidere con le sue battute squallide). Catchlyt ha fatto una faccia incazzata ma ha accettato.

Poi mi hanno detto che potevo riposarmi un po' perchè saremmo partiti solo alle due di notte, orario che a quanto pare è considerato idoneo allo stare svegli, in questo mondo. È da tipo una settimana che non dormo decentemente.

Comunque, dopo ho chiesto se potevo fare una doccia perchè, ehi, non voglio salvare il mondo puzzando...e ora sono qua, nella stanza che mi hanno gentilmente offerto. Che carini.

Ci sono pure gli asciugamani puliti e profumati, e il letto è comodissimo. E posso essere sicura che nessuno mi disturberà, visto che mi sono chiusa dentro.

Chissà cosa penserà la gente che abita in questo coso. Diranno tutti "Ehi, ma hai sentito che la piccola Faber sta per salvarci il culo?" "Really? E adesso dov'è, che vogliamo un autografo da rivendere quando tutto il mondo verrà a conoscenza del suo eroico sacrificio?" "Ha detto che si doveva ritirare per prepararsi per la grande battaglia, sai, Faber anziano è proprio potente ed è suo fratello, lei non vorrà mai ucciderlo, in fondo gli vuole bene...chi ucciderebbe mai il proprio fratello...?"

No, un attimo. Questa è la mia mente che vuole farmi riflettere su cose a cui non voglio pensare. Non va bene.

D'accordo, Ivy. Pensa ad altro. Tipo al fatto che sono qua, in accappatoio e sdraiata sul letto, e magari dovrei provare a dormire o andare a mangiare...

Oh mio dio. Mangiare. Non mangio da un po' e manco me n'ero accorta...quasi capisco come si sente Evan. Sì, perchè lui fa questa vita da due e più anni, no? Come diavolo ha fatto a sopravvivere?! Beh, ha già perso metà del suo corpo originale...

Magari anche Nathan. Non mi sembrava così dimesso quando l'ho visto prima...ma se papà l'avesse cambiato in qualche modo, facendolo impazzire? E se fosse diventato cattivo per quello? E se potessi farlo tornare normale...ma ormai è troppo tardi. La spedizione parte alle due.

Se ci fosse un modo per salvarlo e se non lo scoprissi in tempo e lui morisse non me lo perdonerei mai.

No, ok. Stavo pensando al cibo. Concentrazione.

Ma un attimo, che ore sono? Le sette e mezza e poco più? C'è colazione!

Adesso ho davvero fame. Credo di stare per vomitare dalla fame. Ma sono anche così comoda, su questo letto...era da due giorni che non mi sentivo così bene e tranquilla (tranquilla neanche tanto, eh)...potrei provare a dormicchiare, poi vado a mangiare e...

-C'è una cogliona qua dentro?-

Lo ammazzo.

È la volta buona, se lo merita.

-No.- rispondo dal mio acume. Poi penso di dover almeno tentare di rispondere degnamente all'unico che è rimasto al mio fianco fino ad ora, quindi tento di raddrizzarmi sul letto mentre cerco di prepararmi al colpo psicologico che è l'alzarmi completamente...e ripiombo sul letto senza vedere più niente.

È completamente buio, come se avessi chiuso gli occhi senza rendermene conto.

Cerco di spalancare il più possibile gli occhi ma non funziona, il nero c'è sempre. Non vedo niente.

E 'sta cosa proprio non mi piace.

-Cazzo.- dico. Poi mi ricordo che c'è Evan fuori dalla porta e lo chiamo:

-Evan! Entra subito!-

In un altro momento sarei scoppiata a ridere da sola per il palese doppio senso...ma questo è un momento un po' da panico.

Perchè non vedo niente.

-È chiusa a chiave!- mi grida dietro Evan, e sento che sta smanettando con la maniglia senza riuscire ad aprirla. Dio, quanto sono pirla, perchè diavolo ho chiuso la porta?!

Ed ecco che comincio a sentirmi un nodo strano in gola. Sbatto le palpebre mille volte ma non serve a niente, e quasi senza accorgermene mi aggrappo con tutta la mia forza alle lenzuola del letto. E intanto penso a quanto sono cretina, a cosa sta succedendo, al fatto che non vedrò più niente per il resto della mia vita e che resterò rinchiusa qua in accappatoio fino a quando qualcuno sfonderà la porta e mi troveranno in pieno panico e non va bene, non posso non vedere niente per sempre e, dio, non vedo niente...

Poi sento che qualcuno mi stringe una mano. E la cosa mi fa ancora più male perchè lo sento...ma non lo vedo.

-Respira.-

-Evan!- l'avevo riconosciuto prima che parlasse, ma non riesco proprio a trattenermi e gli stritolo la mano mentre gli grido: -Non vedo niente! Cazzo, sono cieca, porco i...-

-Respira, Ivy. O ti tiro uno schiaffo e ti faccio respirare io.-

-Non vedo...-

-Ivy!-

Risucchio l'aria velocemente, quanta più aria posso perchè non mi sembra mai abbastanza. E ogni volta che espiro il nodo alla gola aumenta, mi strozza, trasforma i respiri in singuli, e dopo due secondi scoppio a piangere.

Sì. Dovrei salvare il mondo e sono la prima a farsi venire un attacco di panico.

La cosa strana è che una parte della mia mente (quella occupata a insultarmi) non pensa al fatto che non vedo un cazzo, ma è quasi certa del fatto che adesso Evan mi abbraccerà e mi consolerà e dirà che va tutto bene, come una brava persona dovrebbe fare...

Ed è per questo che lo schiaffo mi prende di sorpresa.

Riapro di scatto gli occhi. Non vedo niente, come prima.

Continuo a singhiozzare un po', non riesco a controllarmi. Ma la sorpresa ha avuto effetto, quindi decido che, visto che tanto non vedo niente, è inutile tenere gli occhi aperti.

Li chiudo. È già meglio.

-Meglio?- sento che Evan mi chiede. Non riesco a trattenermi, ridacchio e singhiozzo e rispondo:

-No. Per niente. Fottiti.-

-Sì, stai meglio.- conclude lui. Sento soltanto la sua mano che stringe la mia, e quasi istintivamente allungo il braccio libero e lo cerco nel buio che mi circonda. E lui mi prende la mano con la sua menomata.

-Non ci vedi più.-

-Sì.-

Con gli occhi chiusi è meglio. Riesco a pensare a qualcosa che non sia a quanto cazzo sia brutto non vederci. Ed Evan, qua vicino, che è qua e cerca di aiutarmi...beh, non è male.

Ma io continuo a non vederci.

-Potresti farmi un favore?-

Questo mi distrae dall'autocommiserarmi.

-Che?-

-Potresti aprire gli occhi?-

Ah. Ma tenere gli occhi chiusi è meglio, è come se fosse tutto buio perchè ce li ho chiusi, l'ho deciso io...

Ma Evan me l'ha chiesto. Gentilmente, pure.

E non è il momento di fare la rompicoglioni.

Così apro gli occhi. Sorpresa delle sorprese: non ci vedo.

-Cosa vuoi fare?-

Evan non mi risponde; sento che mi molla una mano, mi prende per il mento e mi solleva la testa per, penso, guardarmi meglio gli occhi. 'Sta cosa mi imbarazzerebbe...se potessi vederci. Invece non ci vedo, quindi fottesega. È tutto buio.

-Non vedo niente di diverso. I tuoi occhi sono a posto.-

-Puoi ripetere? Magari ti sentono meglio e riprendono a funzionare...-

-Quand'è stata l'ultima volta che hai mangiato?-

Uhm. E chi si ricorda?

-Boh. Forse ieri...-

-Non mangi da un giorno.- lo sento dire con tono pratico, poi aggiunge -Senti, riesci a fare una cosa?-

-...cosa...?-

-Stai qua, ferma, senza muoverti, per qualche minuto?-

-Dove vai?-

No, Ivy. Non fare la bambina viziata.

Ma Evan si alza e si allontana e io non riesco a non allungare le mani verso dove penso sia lui, come una moribonda. Poi abbasso le braccia e mi accontento di stringere le coperte.

-Cerco aiuto. Sono sicuro che qua c'è qualcuno che sa cosa ti è successo...te sta' qua, ok? Torno presto, lo giuro.-

Dio, se solo potessi vederlo.

-E, Ivy: non muoverti.-

-Dove pensi che vada? Se cerco di uscire sbatto contro la porta.- noto io. Il sarcasmo non se ne va come la vista, ovvio.

-Ecco, resta così allegra e vedrai che te la caverai.- fa Evan. Giuro che la sua voce mi sembra divertita dalla mia ultima uscita sarcastica.

Poi non dice più niente. Per un po', insomma, e mi viene il dubbio che sia già andato.

-...Evan?- provo, sentendomi immensamente cogliona. Non mi risponde nessuno.

Nel panico mi ero raddrizzata; ora mi lascio andare, piombando sul letto, e serro gli occhi come se ne dipendesse la mia vita. Perchè è meglio pensare che sia così, piuttosto che credere alla realtà.

Ho i capelli ancora bagnati che mi fanno gelare il collo. Mi prude un piede. Le lenzuola sembrano proprio morbide e sono profumate.

E penso: forse è stato tutto un brutto sogno e in realtà ci vedo benissimo, no? Con tutte le cose che mi sono successe...ma non voglio riaprire gli occhi, non ancora.

Da quando è cominciato tutto questo casino ho rischiato di morire un po' di volte; la cosa strana, però, è che non ho mai realizzato quanto sto rischiando in tutta 'sta faccenda...perchè io sono l'eroina, no? Sono immortale. Ne uscirò vincitrice.

E adesso non vedo più niente.

Ed è peggio.

Da quanto se n'è andato Evan? Chi sarà andato a cercare? Non qualcuno che mi vuole morta, spero.

Sento un rumore strano. Come un cigolio.

-C'è qualcuno?- chiedo subito, scattando seduta. Poi mi do della cogliona: quale assassino risponderebbe? M'immagino la scena... "Sì, ci sono io, il tuo caro fratellino mi ha mandato per ammazzarti. Visto che ho un po' di tempo, ti dispiace se mi fumo una sigaretta? Ne vuoi una te? Ultimo desiderio? Sai, io avrei voluto fare l'avvocato..."

Il cigolio si ripete. Apro gli occhi e, sorpresona di natale, non vedo niente.

Sempre tutto nero.

Evan mi aveva detto di non muovermi. Io non dovrei muovermi.

Evan ci sta mettendo un po' troppo e non voglio stare seduta qua ad aspettare che qualcuno mi ammazzi.

Così metto i piedi per terra. Agito un po' la mano per aria finchè non trovo il comodino, mi ci appoggio e, sforzo sovrumano, mi alzo.

Ora arriva la parte difficile.

Agito un piede e un braccio davanti a me e, dopo aver constatato che la via è libera, faccio qualche passo in avanti...e dopo sento le gambe cedere.

Così, a caso. Le ginocchia si piegano da sole e cado per terra, con le mani sul pavimento e un'immensa voglia di morire.

Ho riaperto gli occhi e sono ancora cieca.

Che vita di merda.

Poi sento dei passi per il corridoio, il rumore della porta che viene spalancata e una bestemmia fantasiosa detta da qualcuno che conosco bene.

La prima cosa che dico è un semplice e sincero:

-Scusa.-

Qualcuno mi prende per le braccia e mi fa sollevare a forza, poi mi aiuta a risedermi e io sono certa che questo qualcuno non è Evan.

Ma la sua voce la sento lo stesso mentre dice:

-Ti avevo detto di non muoverti.-

-Andiamo, Evan. Tu che avresti fatto al suo posto?- lo rimprovera la voce di Adrian.

Adrian. C'è lui, qua accanto a me.

-Ora, Ivy.- mi dice con un tono rassicurante -Stai calma. Ti faccio un'endovena di porpora, sentirai pizzicare ma non preoccuparti, ok? Puoi stendere il braccio?-

-Sono cieca, non pirla.- gli rispondo io mentre obbedisco. Come predetto, sento pizzicare nel punto dove di solito mi prendevano il sangue per le visite...e dopo qualche istante succede qualcosa di strano.

Comincio a vedere qualcosa.

Parte tutto dai colori. Prima sono macchie, un grigio indistinto in cui spiccano il chiaro della parete e il rosso di qualcosa accanto a me, e quelle due figure più scure, poco lontane. Dopo tornano i contorni, e riconosco quello che mi sta intorno.

-...ha funzionato?- domanda Adrian, al mio fianco. Io lo guardo e annuisco, e non riesco a non sorridere.

Perchè l'ho guardato. Ci vedo. E di certo vedo la maglietta rossa che indossa...la vedrebbe pure il diavolo, è un pugno nell'occhio.

-Bene, Adrian. Complimenti.- interviene una delle due ombre che avevo visto prima...e il sorriso mi si smorza subito quando lo riconosco -Ora, Evelyn, spiegami cosa diavolo è successo.-

Ma quanto è simpatico Catchlyt.

Apro la bocca per rispondergli qualcosa di decisamente poco femminile, quando vedo Evan. Ha un'espressione strana; come se si trattenesse dal sorridere per guardarmi male e dirmi con gli occhi "collabora, non rispondergli male, collabora".

-Evan ha bussato alla porta, l'avevo chiusa a chiave.- spiego infine a Catchlyt -Mi sono alzata per aprirla, cioè, non sono riuscita ad alzarmi perchè appena mi sono raddrizzata non ho più visto niente, poi lui è entrato...-

-La porta non era chiusa?- nota Adrian, seduto su un angolo del comodino accanto a me.

In effetti...come diavolo ha fatto Evan ad entrare?

-L'ha aperta lei.- spiega subito lui -Con la mente.-

-Ma non me ne sono accorta.- dico io. Sono così potente da fare le cose senza rendermene conto?

Fantastico.

Restiamo in silenzio finchè Catchlyt dice:

-Dopo?-

-Beh, non ho visto niente finchè siete arrivati voi. Cosa mi hai infilato nel sangue, comunque?- chiedo ad Adrian (giusto per sapere cos'ho nel mio corpo). Lui mi mostra la siringa che tiene in mano. Dentro c'è ancora un po' di una sostanza rossiccia, più scura della maglietta che Adrian indossa.

-Porpora diluita con un fluido speciale.-

-...porpora?- ripeto io, e guardo Evan. Non sembra per niente contento di questa nuova notizia.

-Hai detto che le avrebbe fatto bene.- dice ad Adrian con tono accusatorio. Lui fa filosoficamente spallucce:

-Le ha fatto bene, no? Ho pensato...- esita per un secondo, ma lo sguardo di Evan lo costringe a continuare -Beh, ho pensato che non ci vedesse più per i suoi poteri. Sono cresciuti, no? E i poteri fanno stare spesso male le persone...-

-Quindi hai pensato di iniettarle una cosa che aumenta i poteri a livelli impensabili?!-

-Senti, ho già visto cose del genere. Non so come spiegartelo...in parole povere, è come mettere un libro sopra l'altro. Metti e metti, la pila si fa sempre più traballante. Poi ne metti tantissimi in più, la pila crolla...e non c'è più nessun libro e nessuna pila che traballa.-

-Ok.- intervengo io -Non ho capito.-

Mi pare che Adrian si trattenga a stento dallo sbuffare, prima di dire:

-Hai così tanti poteri che è un miracolo che non ti abbiano ancora uccisa. Evidentemente, venendo in questa realtà sono aumentati...e quindi il tuo livello di sopportazione ha cominciato a traballare, come la pila di libri, ok? Dai e dai, la ciecità sarebbe stato l'ultimo dei tuoi problemi...quindi ho pensato di potenziarteli con la porpora così tanto che si sarebbero annullati. Meno poteri, pila di libri più bassa...più probabilità di sopportarli.-

-Quindi adesso sono più debole?- domando. Sì, adesso che ci vedo mi pare una cosa orribile, l'essere così...inerme.

-Sta' tranquilla.- dice subito Adrian con un mezzo sorriso -Tra poco torneranno al livello normale. Fossi in te, però...spererei che restino a quel livello per un po'. Non posso continuare a riempirti di porpora ogni volta che raggiungono il livello massimo.-

Sono così miscredente che non credo a quello che mi ha appena ridato la vista: senza esitare un attimo mi concentro e cerco di leggergli la mente.

Se continua così, morirà entro una settimana, e la porpora non potrà aiutarla, e...ehi!

Ha gli occhi spalancati dallo stupore e dalla paura...che di certo non può superare la mia.

"Morirà entro una settimana".

Che bello.

-...sì, mi stanno tornando i cosi.- dico per dire qualcosa. Non voglio che Adrian esprima ad alta voce quello che ha pensato, ecco. Non voglio che qualcuno in questa stanza lo senta.

Ed è questo il momento che la mia pancia sceglie per ricordarmi che ho fame.

Brava, pancia. Ottimo tempismo.

-Potreste gentilmente uscire? Sono in accappatoio e vorrei tanto andare a mangiare, sapete...-

-Certo.- risponde subito Adrian, scattando in piedi e uscendo dalla stanza (no, non si vede che stai scappando perchè ho sentito nella tua testa quello che non avrei dovuto sentire). Catchlyt, che è rimasto in silenzio da prima della metafora della pila dei libri, mi fissa per qualche istante prima di seguirlo.

Poi c'è Evan.

-Dovrei cambiarmi.- gli faccio notare. E queste parole mi riportano in mente in modo quasi orribile un ricordo, il ricordo di qualcosa accaduto due settimane fa ma che mi sembra di un'altra vita.

La domenica dopo la festa della scuola. Evan aveva rotto la finestra della mia stanza per entrare e svegliarmi...e non può essere successo davvero.

Come diavolo ci sono finita qua? Perchè non sono a casa mia?

Quasi non mi sono accorta che, mentre mi perdevo nei ricordi (che parole poetiche), Evan si è preso tutto il tempo per scandagliarmi per bene, dai piedi nudi ai capelli bagnati, come se si fosse accorto solo adesso che sono in accappatoio.

Quasi.

-Ok.- fa semplicemente, poi esce dalla stanza e socchiude la porta mentre dice -Grida se ti succede ancora qualcosa.-

-Certo, capo.- gli rispondo io. Beh, sapere che è appena dietro alla porta mi rende un po' più sicura sulle mie capacità motorie, quindi decido di provare ad alzarmi di nuovo.

Miracolo dei miracoli: ce la faccio. E senza giramenti di testa.

Ci metto due minuti a raggiungere l'armadio della stanza, trovare qualcosa della mia taglia (reggiseno, mutande, calzini, jeans e maglia: tutti rigorosamente neri...così non sprecano soldi per l'abito da far indossare nella bara?) e cambiarmi. Poi mi infilo le mie fidate scarpe, resistite a tutto quello che mi è successo fino ad ora, prendo il cellulare che avevo tenuto per tutto il tempo (magari sperando che i messaggi e le chiamate attraversassero le diverse realtà? Divertente) ed esco.

-Sono viva.- annuncio ad Evan, rimasto ad aspettarmi sempre accanto alla porta...e una vocina malefica aggiunge:"Ancora per una settimana."

Dannata vocina malefica.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Colazione ***


La mensa comune si è rivelata, per l'appunto, una mensa comune; ci sono i tavoli con sopra cibi da colazione di ogni tipo e altri tavoli, rotondi e contornati da sedie, dove la gente si piazza per mangiare e chiaccherare e deprimersi in vista dell'imminente fine del mondo. Che poi, come fa la gente a sapere dell'imminente fine del mondo? C'è stato un giro di pettegolezzi?

-Sicura che la mia "maschera" funzioni?- mi chiede Evan, seduto accanto a me a un tavolino laterale. Io non riesco a trattenermi e gli sorrido:

-Dubiti di me, ora?-

-Ho sempre dubitato di te. Sei imprevedibile. Come prima, quando non dovevi alzarti ma l'hai fatto e potevi romperti la testa...-

È tipo la terza volta che me lo dice da quando ci siamo seduti. Magnifico.

-Senti, che ne dici se vai a prenderci da mangiare?- gli chiedo per interromperlo. Lui mi guarda male, come sempre, poi fa con voce mielosa:

-Cosa vuoi per una bellissima e rinfrancante colazione, mia bellissima e rinfrancante signora?-

-Rinfrancante cos'è, un insulto o un complimento?-

-...Ivy...- sbuffa alzandosi. Io lancio un'occhiata alla sua mano menomata con cui si è appoggiato alla sedia nell'attesa della mia decisione da cui dipende il futuro dell'umanità, poi guardo il tavolo del cibo e rispondo:

-Cappuccino e un toast. Magari anche un po' di birra, se c'è. E che ne dici di una pizza...-

-Cappuccino e un toast e un po' di zucchero.- conclude lui, poi si china verso di me e mi lascia un bacio sulla guancia -Non creparmi mentre sono via.-

-Non lo farò.- gli dico in un soffio mentre comincia a dirigersi verso i tavoli del cibo. Sì, perchè so già che sono diventata rossa come la maglietta di Adrian...e per un bacetto sulla guancia.

Sono inguaribile.

Che poi, io ed Evan non abbiamo ancora discusso di qualcosa che per me è importante quanto il salvataggio imminente del mondo e bla bla bla: che tipo di relazione abbiamo, io e lui? Fidanzatini pucci pucci? Conto su di te perchè sei l'unico che non ha ancora tentato di uccidermi (beh, in realtà l'ha fatto, ma che me ne frega) volontariamente? Ti lovvo troppo ecc ecc?

L'unica cosa di cui sono certa in questo momento, mentre Evan attraversa la folla di gente che gira per la stanzona, è che lui ha proprio un bel culo.

-Cosa guardi di così interessante?-

-Niente.- rispondo subito, voltandomi di scatto verso Adrian. Sbatto un paio di volte le palpebre e non riesco a trattenermi dal dirgli:

-Non potresti cambiarti la maglietta, gentilmente?-

-Perchè?- scatta subito lui con tono offeso.

-È leggermente...sai...rossa.-

-Cioè, un attimo. Prima vai in panico perchè non ci vedi più e ora ti lamenti perchè vedi qualcosa di rosso? Sei strana, amica mia.-

Questo mi distrae dal rossore della maglietta; alzo gli occhi per guardare l'espressione che ha Adrian e gli chiedo:

-Quindi siamo amici?-

Lui fa spallucce, come se gli sembrasse una cosa ovvia:

-Qua non è che ci sia tanta gente della nostra età, eh...-

-Davvero? Avrei detto il contrario.- lo interrompo, e mi guardo intorno. In effetti, nella sala ci sono cinque o sei famigliole (genitori che non hanno voluto abbandonare i figli pensatori? Eredità dei poteri?), poi ci sono gruppetti di persone di diverse età che chiaccherano, due o tre vecchietti che discutono...e, seduti a due tavoli vicini a una parete della stanzona, ci sono i capi che parlottano tra loro.

-Comunque, non penso tu sia così insopportabile. Ci hai salvato il culo due volte, insomma.- continua Adrian. Io faccio spallucce, imitandolo, e noto:

-Allora adesso sono amica di tutti i presenti perchè ho salvato il culo a tutti i presenti?-

-No, insomma...non è quello che intendevo.- sbuffa Adrian. E io mi accorgo di avere un sorrisetto divertito stampato sulla mia faccia da scema. Beh, è piacevole parlare con qualcuno senza temere che voglia uccidermi.

-Perchè sei qua, tu?- gli chiedo, giusto per fare un po' di conversazione. L'espressione di Adrian non cambia mentre risponde:

-Oh, la solita storia. La sentirai spesso, mentre sarai qua. In pratica ho cominciato a sentire i pensieri degli altri a dodici anni; ovviamente i miei non mi credettero quando glielo dissi, e quando continuai a insistere pensarono di portarmi da uno strizzacervelli...che era uno sperimentale. Appena ho sentito cosa voleva farmi, alla prima visita, sono scappato via, e visto che i miei volevano farmi tornare da lui sono scappato di casa. Dei pensatori mi hanno trovato che vagavo a Seattle e hanno avuto la bontà d'animo di accogliermi tra loro e insegnarmi tutto quello che sapevano. Poi ho deciso di andare ad aiutare i pezzi grossi qua, me ne sono andato e siamo venuti in Europa...-

-Aspetta, siamo? Qualcuno del tuo gruppo ti ha seguito qua?-

E adesso la sua espressione cambia. Fa un mezzo sorriso, un po' triste, e spiega:

-Eravamo io e Cass. Lei era una degli "immuni naturali", e per questo gli sperimentali le davano la caccia da anni per capire come prendere i suoi non poteri. Per questo sapeva tutto del mio...nostro mondo. Così siamo venuti qua. Abbiamo aiutato Catchlyt...finchè Cass ha deciso di unirsi a Nathan. Prima lo odiava. Ma qua...ha visto di cosa erano capaci i pensatori buoni, quelli che volevano combattere Faber con le sue stesse armi, e ha pensato fosse meglio stare dalla parte del più potente così da far finire prima la guerra. E per questo qua, ora, ci sono solo io.-

-Ma lei non è cattiva.- noto io dalla mia eminente intelligenza. Adrian annuisce:

-Non vuole uccidere nessuno. Sa che sarà impossibile evitarlo per sempre...ma non vuole uccidere nessuno. Vuole solo che tutto questo finisca.-

-Come noi.-

-Come noi.-

Qualcosa poco lontano attira la mia attenzione: due o tre uomini si sono avvicinati al tavolo dei capi e hanno cominciato a parlare con loro. Ed è la terza volta che si voltano verso di me.

Infine hanno deciso di ammazzarmi?

-Chi sono quelli che stanno parlando con i capi?- domando ad Adrian. Lui si volta leggermente, li vede e sorride:

-Quelli che vogliono partecipare alla spedizione di stanotte.-

-Perchè? Tutti possono partecipare?- gli chiedo, sorpresa, esattamente mentre Evan arriva e posa davanti a me un cappuccino fumante e profumato.

Dio mio. Profuma in modo oltraggioso.

-Ovviamente no. Chi vuole si propone, poi tocca a Catchlyt testare la loro resistenza al controllo mentale e cose del genere. Se riescono a resistere e sanno come usare una pistola sono ben accetti, certo.-

-Perchè Catchlyt?- domanda Evan, tornato al suo posto del tavolo, mentre io sorseggio la mia colazione e studio quello che ha preso lui (un muffin e un caffè. Viva lo spreco).

-È il più potente, qua...- risponde Adrian. Poi mi guarda e si corregge: -Beh, era. Ora ci sei te. In effetti...magari chiederanno a te di testare quelli che vogliono venire.-

No, dai. Che palle. Già mi odiano, figuriamoci se dico alla gente che non è abbastanza forte per venire a salvare il mondo.

Diventerò miss simpatia universale dell'anno.

Sto cominciando a mangiucchiare i bordi del toast quando Alastair Witness, grande capo simpatico, si avvicina al nostro tavolo con un sorriso tranquillo.

-Tutto bene, ragazzi?-

-Siamo ancora vivi.- nota Evan con tono cupo. Io lo guardo male e rispondo:

-Per questo va tutto bene. Vuoi che testi i tizi che vogliono venire con noi nella spedizione, vero? Finisco il cappuccino e arrivo.-

Witness sbatte un paio di volte le palpebre, sorpreso. Poi sorride ancora:

-Perspicace come sempre, vedo. Bene...quando finisci, vieni al nostro tavolo. Faremo tutto lì.-

-Grazie.- gli sorrido tranquillamente.

Lui, però, non se ne va subito. Sembra quasi indeciso, come se non sapesse se dire qualcosa o no.

-Ev...Ivy, voglio solo che tu capisca che sei al sicuro, qua. Non devi temere nulla.-

Strano. Mi sembra di aver già sentito qualcuno che diceva una cosa del genere.

Oppure sto uscendo di testa.

-Sì, lo so. Grazie.- gli dico. Witness sorride ancora, poi torna al suo tavolo.

E non riesco a staccargli gli occhi di dosso.

-Da quant'è che lui è con i pensatori?- chiedo ad Adrian.

-Da...tre anni, penso. Forse di meno.-

-E...senti, so che sembra folle ma rispondi e basta: da quant'è che Nathan ha ucciso nostro padre?-

Sia Evan che Adrian mi guardano, ma io non sposto gli occhi da Witness.

-...tre anni. Forse meno, non lo sappiamo. I pensatori cattivi non sono corsi da noi ad annunciare che il loro capo era stato ucciso dal figlio, sai...-

-Cosa pensi?- mi chiede Evan, interrompendolo. Io scuoto la testa, come per scacciare un pensiero troppo strano per essere vero.

-Non so...la corporatura, sai...le spalle e, insomma, le sue mani...boh, niente. È impossibile. Sono solo un po' stanca.-

Credo di avere le visioni. Eh, sì, Evelyn...hai le visioni. Decisamente.

Ma è la mia mente che me le fa avere, rifacendomi vedere, come in un flashback, quando papà mi aveva catturata e aveva cercato di convincermi che era stato tutto un sogno, che io e Nathan avevamo avuto un incidente e basta.

"Capiscilo, Ivy. Ti prego. Tutto quello che voglio è che tu capisca che sei al sicuro, qua."

...nah.

Mi sto decisamente facendo dei film mentali.

-D'accordo.- sbuffo, inghiottendo l'ultimo morso di toast e alzandomi. Contemporaneamente si alzano Evan ed Adrian, e tutti assieme andiamo al tavolo dei grandi capi.

-Eccomi qua.- annuncio ai quattro tizi. Tre di loro si alzano, uno mi sorride; il quarto non mi caga minimamente.

-Bene, Evelyn.- mi dice uno dei due che non conosco ancora -Ti devi sedere qua e devi provare a penetrare le difese mentali di chi ti si siederà davanti. Se ce la farai facilmente, lo dirai ad Alastair...se farai un po' più di fatica, lo dirai ad Alastair. Se tu non riuscissi...-

-Lo dirò ad Alastair?-

-No. Uccidilo.-

...cosa?

-Perchè...perchè dovrei...- cerco di dire, troppo sorpresa da questa nuova uscita per organizzare una domanda coerente. Witness mi sorride ancora:

-Perchè significherebbe che hai davanti Nathan o uno dei suoi.-

-Come potete esserne sicuri?- domanda giustamente Evan, al mio fianco. L'ultimo dei quattro capi, quello che non ha ancora parlato, dice:

-Conosciamo tutti i presenti in questo edificio, e nessuno ha più poteri di te.-

-Come potete esserne sicuri?- chiedo ancora. Sì, perchè non mi piace ammazzare gente alla cazzo. Diciamo che non mi piace ammazzare gente e basta. Per quello c'è Evan.

-Lo sappiamo.- sbotta una voce che conosco con un tono più che scazzato -Ora puoi avere la decenza di aiutarci e basta?-

Ohoh. Catchlyt si è incazzato.

Ci giriamo tutti verso di lui, e quasi rido vedendo l'espressione sorpresa che hanno gli altri capi.

-Cole, stavo per chiedertelo: puoi darle una mano? Anche te sei sopra la norma, quindi potreste velocizzare il tutto...-

-...se io ti dessi una mano. Perchè sei te che decidi per primo, ok? Hai te il comando.- intervengo io. Catchlyt mi lancia uno sguardo di puro odio, provando che si può essere buoni quanto si vuole, ma tanto la gente ti odierà comunque.

Così non dico altro: mi siedo accanto a lui, e noto solo ora che c'è un gruppetto di persone qua vicino.

Fantastico. Ora mi faccio dare le referenze e vedo se assumerli o no.

I capi se ne vanno, Adrian sorride e va a mangiare con i due settantenni che chiaccheravano tra loro prima; Evan fa un'espressione malignamente divertita dalla mia nuova situazione, prende una sedia e si piazza a qualche metro da me (che altro ha da fare, qua?).

Così, i tizi cominciano a sedersi di fronte a me e Catchlyt.

La cosa divertente è che sembra davvero un colloquio di lavoro: Catchlyt prima chiede come si chiamano e si appunta il nome sul foglio davanti a noi, poi domanda perchè diavolo vogliono partecipare a questa cosa suicida e solo alla fine testa la loro resistenza.

Dopo averlo studiato per un po' comincio a colloquiare un anch'io.

Il primo tizio sarà sulla trentina. Ha un'espressione strana, tra il superbo e il deluso.

-Quindi sei te Evelyn Faber, la risorta?-

Mi sta già sulle palle.

-Sì. Problemi?-

-No, certo che no.- dice, sempre con la stessa espressione di prima -Ma ti immaginavo più...ecco...vecchia.-

-Non è colpa mia se le creme per la pelle che uso funzionano e mi fanno sembrare giovane. Comunque, dimmi nome e cognome.-

-Al Witherspool. Non sarai te a guidare la spedizione, vero?-

-Perchè non dovrei?-

-Beh, dare il comando a una ragazzina...-

-Perchè vuoi far parte della spedizione?- gli chiedo per fargli chiudere il becco. Il tizio si raddrizza e dice:

-Perchè sono stanco della tirannia di Faber e voglio liberare il mondo...-

-Ok. Ora ti costringerò a fare qualcosa e te dovrai tentare di opporti.-

-Va bene...-

TIRATI UNO SCHIAFFO.

Il tizio si tira uno schiaffo.

-Ma ehi!-

-Puoi andare.- gli dico, scrivendo il suo nome e aggiungendoci accanto un "schiappa colossale". Il tizio si alza e se ne va senza dire altro.

Si siede davanti a me un uomo di cinquant'anni, con tanti capelli grigi e un'espressione stanca.

-Salve.-

-Salve.- gli rispondo. Questo mi sembra già più simpatico dell'altro.

-Come ti chiami?-

-John Sidermoth. Sono qua da qualche mese, tento di fare il possibile per aiutare gli altri.-

-Perchè vuoi venire con noi, allora?-

Il tizio, John, sorride con aria stanca:

-Non voglio che questa guerra vada avanti ancora. Voglio dare una mano perchè finisca...e penso abbiate bisogno di una mano da chiunque, no?-

-Sì, hai ragione.- gli dico sorridendogli.

Sorridendogli, sì.

È che quelli di mezz'età mi stanno simpatici a pelle.

-Ok...ora proverò a influenzarti per vedere se riuscirai a resistermi.-

-Va ben...-

ALZATI E GIRA SU TE STESSO.

La sua espressione concentrata non cambia, così ci riprovo.

ALZATI.

Ancora niente.

ALZATI!

Scatta in piedi nel giro di un secondo, come una molla. Dopo un istante sbatte le palpebre e si guarda attorno, sorpreso.

-Oh...- dice quando realizza cosa è successo -Mi dispiace...-

-Non sei andato male.- gli dico io -Beh, John, puoi andare.-

Lui mi sorride ancora e se ne va.

Io me ne resto qui, soddisfatta del fatto che c'è ancora gente decente, al mondo, quando Catchlyt dice:

-Cosa diavolo pensi di fare?-

Mi volto verso di lui e fisso l'espressione scazzata che ha.

-Che?-

-Questa è una cosa seria. Non puoi scrivere "schiappa colossale" per uno che è solo più debole di te, devi scrivere non valido. E non puoi fare la simpatica con vecchietti che ci rallenterebbero soltanto e rispondere male a dei candidati validi...-

-Quello era valido?! Ma se era un coglione montato, l'avrebbero condizionato nel giro di mezzo minuto!-

-Tu non sei qua per dire chi è valido o non valido. Sei qua solo per testarli.- risponde subito Catchlyt. Strano, non mi pare più neutro. -E ora ricomincia a lavorare, che non è un gioco.-

Lo odio.

Terzo candidato: un tipo sui venticinque. E la sua espressione non mi piace.

-Ehilà, miss Faber.-

-Ivy.-

-Io sono Matt von Coulsen. Ti va di andarcene da qua?-

-Per andare dove, di grazia?-

-Nella mia stanza.-

Non mi garba il modo in cui continua ad ammiccare e a sorridere in una maniera che di certo lui pensa sia sexy ma che a me sembra da maniaco. Cioè, come può Catchlyt pretendere che resti professionale con gente come questo qua?

-...ma anche no?-

-Preferisci nella tua? Per me non è un problema, e se ti senti più a tuo agio...-

-Perchè diavolo vuoi partecipare a questa missione suicida?- lo interrompo, ignorando bellamente quello che sta dicendo. Lui (von Coulsen? Sul serio?) sbuffa con fare annoiato e risponde:

-Voglio donare i miei poteri al bene, ovviamente.-

-Non vuoi tipo vendicare i tuoi genitori, cose del genere?-

-Nah. Quelli mi hanno mandato qua perchè volevano liberarsi di me...-

-Li capisco. Allora perchè sei qua?-

-Le scuole europee sono così noiose.-

Dio, quanta voglia ho di schiaffeggiarlo. Beh, vedendo le circostanze...

TIRATI UNO SCHIAFFO.

E siamo a due. Ma stavolta il coglione che ho davanti se ne sta tranquillo, stravaccato sulla sedia e sempre con quell'espressione allegramente stronza.

-Provi a condizionarmi, dolcezza?-

Evito di dirgli che ci sto già provando e ritento.

TIRATI UN PUGNO NELLE PALLE.

Ancora niente.

Allora provo con qualcosa di diverso: mi concentro su quanto diavolo sarebbe bello assistere a una scena del genere, mi concentro e gli sorrido.

DAI, TIRATI UN PUGNO NELLE PALLE.

Von Coulsen si tira un pugno nelle palle.

-Cazzo! Che male dio ma...-

-Faber.- mi ringhia dietro Catchlyt. Io volto lentamente la testa verso di lui, tentando di mantenere un'espressione superiore:

-Sei te che mi hai detto che è più difficile ordinare qualcosa che va contro la sopravvivenza. Ho pensato valesse anche per le cose che generano dolore, quindi...-

-Quindi...gli hai detto di tirarsi un pugno...-

-Sì. Quello fa male, no?-

No, non dovrei sorridere così mentre lo dico.

Catchlyt stritola la penna che ha in mano. Io riporto gli occhi sul coglione che ho di fronte...e, incredibilmente, quello sorride.

-Ti piace il bondage, eh? Sì, ci divertiremo parecchio...-

VATTENE.

Si alza e se ne va...ma purtroppo riesce ancora a parlare, quindi dice:

-Sono abbastanza potente per essere reclutato, quindi ci rivedremo, dolcezza!-

Oh, scommetto che le sue palle non saranno contente.

Poi mi ricordo che Evan è seduto poco lontano, mi volto verso di lui...e lui non c'è. Fantastico, mi ha abbandonata. Beh, mi pareva strano che non avesse provveduto a castrare personalmente l'ultimo coglione.

Sento il rumore di una penna che scrive su un foglio.

-Ma che...- sbotto quando vedo che Catchlyt ha scritto "valido" vicino al nome di von Coulsen.

-È giovane e ha resistito a due tentativi di condizionamento.-

-Ma è un coglione! Hai sentito che ha detto...-

-Sì, ma è giovane e potente. Non possiamo aspettarci di meglio.- m'interrompe Catchlyt. Mi guarda male per qualche istante, poi riprende a intervistare quello seduto di fronte a lui.

E un altro si siede di fronte a me. Sembra più giovane di quello che mi sta simpatico, ma l'espressione è la stessa.

-Come ti chiami?-

-Robert Nicolson. Servizio militare americano.-

-Marines?-

-Già.-

-Beh...bene. Meglio per noi, se sei abbastanza potente da non essere condizionato. Perchè vuoi partecipare?-

-Non voglio che accada ad altri quello che è accaduto a me.-

Un uomo da mille misteri.

Indossa una camicia ed è visibile una collana, una catenella con, come ciondolo, uno di quei cosi dove puoi mettere mini foto di qualcuno. Di qualcuno a cui si vuole bene, di solito.

-Sei qua da solo?-

-Sì.-

-Ah. Senti...ora proverò a condizionarti. Te tenta di resistermi, ok? E non restarci male se non ci riuscirai.-

D'accordo, Ivy, pensa. Qualcosa di fantasioso, dai.

Oh, ho un'idea.

PRENDI LA PISTOLA E SPARAMI.

Vediamo come reagirà...contando che non ha nessuna pistola.

Robert Nicolson fa una smorfia e stringe le labbra. Gli trema un braccio, esattamente come è accaduto a Maurice...e Maurice non era un pensatore così schifoso, no?

Ma per Nathan è stato semplice decapitarlo e darmi la sua testa in regalo.

Nicolson smette di tremare. Certo, se non mi concentro è semplice resistermi.

-Scusa, mi sono distratta.- dico, e sento la disapprovazione di Catchlyt raggiungermi come una ventata puzzolente -Riproviamo.-

PRENDI LA PISTOLA E SPARAMI.

Come prima, il braccio del soldato trema...ma alla fine cede: impugna qualcosa che esiste solo per lui, appeso al suo fianco, solleva la mano e la punta verso di me.

Poi, come accaduto agli altri, sbatte le palpebre e si guarda il braccio, confuso.

-Va bene. Sei andato bene. Puoi andare, Robert Nicolson.- gli dico con un sorriso stiracchiato.

Mentre lui se ne va sbatto un po' di volte le palpebre. Faccio fatica a connettere, mi sa...ora Catchlyt mi ha detto qualcosa e non l'ho neanche sentito.

-...cosa?-

-Ho detto che lui andava bene. Ti ha resistito, è abbastanza.-

-Non sarà mai abbastanza contro Nathan...ma per una volta siamo d'accordo, compare.-

Mi aspetto quasi che mi insulti.

E sento che la testa mi sta per esplodere.

Perchè sono così stanca dopo aver condizionato solo quattro persone? E perchè ho già fame...di nuovo?

-Ivy, ci sei?-

Eccolo tornato, l'uomo per metà cibernetico.

-Mi fai un favore? Mi vai a prendere un caffè?- chiedo a Evan, ricomparso misteriosamente. Lui mi fissa per qualche istante.

-Hai appena bevuto un cappuccino.-

-Ho voglia di bere ancora un po' di caffè.-

-Ti fa male.-

-Ti prego.-

Mi andrebbe bene qualunque cosa riesca a tirarmi su che non sia porpora, e qua c'è solo caffè. Che altro posso fare?

Evan mi studia ancora un po', poi sbuffa:

-E va bene. Ma se stai male dillo.-

-Pensi mi diverta a stare di merda?- noto io. Il mal di testa rompe le palle.

Evan fa spallucce:

-No, ma sembra che ti diverta a soffrire senza dirmi niente.-

-Ok. Se non vedrò più niente mi sentirai gridare. Ora vai, dai, che il caffè finisce.-

Mi guarda male per l'ennesima volta, poi se ne va verso il tavolo del cibo. Finalmente.

Sospiro, e solo ora mi accorgo che Catchlyt mi sta fissando.

-Che c'è?-

-Riuscirai ad arrivare al generatore e a sconfiggere Nathan, in questo stato?- mi chiede lui di rimando. Io lo guardo male:

-Certo.-

Appunto mentale, penso mentre il quinto candidato si siede di fronte a me, chiedere ad Adrian di portarsi dietro della porpora.

Mi sa che dovevo prendere più alla lettera il "le resta una settimana da vivere".

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Faccio amicizia e mi deprimo nel giro di due ore ***


Alla fine sono riuscita a trovare gente abbastanza decente per la missione suicida. Cioè, dubito siano persone mentalmente stabili quelle che vogliono partecipare volontariamente a una missione suicida...ma, ehi, non si può avere tutto dalla vita.

Al momento la mia vita è angustiata da un unico, orrido, snervante problema: mi annoio.

Non ho più niente da fare. I "qualificati per la missione" sono andati da qualche parte a provare a imparare come impugnare una pistola e Adrian ed Evan sono andati con loro. Ovviamente Evan è ammanettato, certo, ma a quanto pare conosce un modo per velocizzare il tempo tra uno sparo e l'altro e questo è sembrato molto interessante ai capi.

Ancora più ovviamente, visto che sono l'unica che può fermare Nathan e sono quella che quando va in ipertensione mentale rischia di crepare, mi hanno praticamente chiusa fuori da queste esercitazioni. Che palle, sarebbe stato fighissimo imparare a sparare. Beh, al massimo chiederò a Evan di insegnarmelo nel pomeriggio.

Comunque. Qua ci si annoia proprio.

Cioè, i piani alti sono vietati, quelli di mezzo sono tutti stanze o appartamenti, il secondo è la mensa e il primo e l'area check in. Poi ci sono i sotterranei, ovviamente negatemi.

E nemmeno ora che sono tipo le dieci c'è gente qua in giro. È un mondo di morti, questo, lo dico sempre (senti chi parla)...

Eh.

Forse domani lo sarà davvero, visto quello che il caro fratellino vuole fare.

Che poi: perchè vuole attivare il generatore e rendere tutti pensatori...quando, nelle battaglie coi ribelli, non li vuole uccidere perchè ci sono troppo pochi pensatori? Che senso ha salvarne quando ce ne saranno sei miliardi in tutto, domani?

Boh. Io questo Nathan proprio non capisco.

Io non capisco questa realtà e basta.

Niente neanche al terzo piano, a parte qualche pensatore che passeggiava per i corridoi degli appartamenti, e niente nemmeno al quarto (ci sono sette piani e da fuori non si capisce; più grande all'interno?)...a parte la mia grande amica della caffettiera; la lanciatrice di coltelli, per intenderci. Mi ha guardata, mi ha fatto un cenno (non da:"Tra poco ti ammazzo", più da "Grazie per avermi salvato la vita") e se n'è andata. E poi basta.

Ora sono alla mensa; ci sono delle persone, sì, ma sono più ritardatari che non volevano incrociare gli altri e famigliole con mocciosi per cui è impossibile svegliarsi prima delle dieci di mattina. Quanto li capisco.

Vabbè. Sono piena, quindi vado a dare un'occhiata colma d'amore alle ciambelle al cioccolato...ed è solo ora che vedo una porticina grigia all'angolo della stanzona.

Queste sorprese mi scaldano il cuore.

Mi guardo intorno: nessun Catchlyt in vista. Bene.

Vado direttamente davanti alla porta. Incoraggiata dal fatto che non ci sia attaccato un foglio con scritto "vietato entrare a chiunque si chiami Faber" provo ad aprirla ed entro (Evan sarebbe fiero di me per la mia noncuranza dei pericoli)...e mi ritrovo in un mondo di fumo.

Ok, non proprio: appena i miei occhi si ripigliano dal biancore improvviso, capisco di essere in qualcosa che sembra semplicemente una cucina d'albergo. Sì, con le pareti bianche, i banconi bianchi con cibi e griglie e fornelli, coltellacci e posate e piatti puliti e sporchi e, ovviamente, un po' di persone che girano e si sbattono per preparare un pasto decente ai poveri diavoli che ci sono in questo posto.

Grazie al cielo non mi hanno vista. È per questo, però, che mi accorgo di aver già visto da qualche parte alcuni di quelli che preparano i piatti e controllano le pentole. Erano a mangiare a colazione con tutti gli altri.

Eh sì, è ovvio: a quanto pare qua fanno i turni, così che tutti lavorino per tutti. Una piccola società, no? M'immagino cosa direbbero i ragazzini idioti delle nuove generazioni se fossero costretti a lavorare...ma questo è tempo di guerra, no? E in tempo di guerra tutto è lecito.

Poi mi accorgo che in questa piccola società c'è una parassita che si è infiltrata e che si è bevuta tre caffè, stamattina, senza chiedersi da dove venissero. Ops.

Qualche bestemmia poco lontana mi distoglie dai miei sensi di colpa: guardo verso destra, e vedo una ragazzina che lava i piatti. Insomma, che tenta di lavarli: c'è già qualche pezzo di vetro per terra e presumo che tra poco ce ne saranno molti di più.

Così mi prende un moto di compassione misto a pietà mista a senso di colpa, e mi avvicino di qualche passo alla povera sventurata bestemmiatrice.

-Hai bisogno di aiuto?-

Non si volta neanche. Continua a strofinare un piatto come se ci vedesse sopra la faccia di mio fratello, con un'espressione corrucciata e gli occhi, marcati da delle occhiaie quasi nere che la rendono simile a un panda, stretti e pieni di una luce inquietante. Ah, no, quelle non sono occhiaie: è solo il combo di mascara e matita sbavati.

Ecco, a proposito delle nuove generazioni.

-Da quando sei qua?- tento di conversare. Sì, io tento di conversare. Ormai lo faccio spesso, incredibile ma vero.

-Cazzi miei.-

Ecco, adesso non ce la faccio proprio.

-Cristo, stai calma! Non ho mica cercato di ammazzarti, ti ho solo fatto di due domande...-

Si volta di scatto, e mi accorgo solo ora che, quando le ho fatto la seconda domanda, aveva appena cominciato a lavare un coltello. Un coltello lungo e affilato.

-Senti, cosa, non me ne frega un cazzo di quello che mi hai chiesto o non mi hai chiesto e della tua pietà per quello che ho passato e della cosa che mi guardi come fossi una mocciosa, stammi tra le palle e questo te lo ficco in un occhio.- dice con un'espressione di puro odio e quasi mostrandomi i denti, agitando il coltello. Poi si volta di nuovo e ricomincia a lavarlo col detersivo all'odore di lavanda.

Simpatica.

Ma io sono Ivy Faber. Il numero di minacce che ho avuto è maggiore a quello dei giorni che sono passati da quando ho mangiato un cheeseburger in compagnia di tre disagiati, di cui uno in teoria ora avrebbe dovuto uccidermi e due qua sono morti.

Che vita.

-Francamente non mi fai pietà per quello che hai passato, visto che qua stanno tutti nella merda, e nemmeno perchè sei una mocciosa e hai il trucco così sbavato che volevo denunciare al WWF la tua scomparsa...ho solo visto che sembri aver dirtrutto una decina di piatti, e volevo dare una mano.-

Si volta di nuovo. Mi fissa come se avessi appena bestemmiato. Poi ricomincia a lavare i piatti e io, visto che qua accanto c'è un altro lavabo, apro l'acqua per riempirlo e cominciare a lavare qualcosa.

Solo dopo che ho strofinato tre piatti e cinque cucchiaini si degna di parlare.

-Sono sbavata così tanto per davvero?-

-Non scherzavo sul WWF.-

-Ah. Stupendo.-

Riprende a parlare dopo sette tazzone da cioccolata calda:

-Qua, sai, mi trattano tutti come una mocciosa...è per quello che ti ho risposto male. Sei una di loro.-

-...sembro davvero vecchia?-

Mi getta un'occhiata veloce, come per accertarsi di aver visto bene:

-A vederti da vicino no, al massimo vent'anni.-

Oddio. Se sembro avere vent'anni da vicino, cosa sembro da lontano?!

-Ehi, ho diciassette anni. Non offendiamo.-

-Sei te che hai detto che sembro un panda.- nota lei e, miracolo, ridacchia. Poi mi guarda di nuovo e dice, asciugando una forchetta:

-S, beh, comunque sembri più grande. Quelle che conoscevo io che avevano diciassette anni non erano come te. Mia sorella ha...aveva diciott'anni, e si truccava e vestiva come una squillo. Beh, penso che con 'sta guerra tutto cambi, no?-

-Lo pensavo anch'io.-

Aveva una sorella. Infine so qualcosa di lei.

-Che giochetti sai fare te?- mi chiede dopo qualche secondo. Io sorrido leggermente:

-Leggo un poco la mente. Tu?-

-Pure io. E sento quello che prova la gente, quello che sente e quello che vuole sentire.-

-Figo, no?- noto.

-No.- dice seccamente -Senti tutto quello che pensano e vogliono gli altri, sai quello che non dovresti sapere. La mente dovrebbe essere chiusa a tutti, io la penso così. È come quando devi stare in giro, fuori: ti controlli. Quando sei in casa pensi quello che vuoi, perchè nessuno può vederti. Quelli che leggono la mente ti vedono mentre sei nella tua vera casa...è non è una cosa così bella. Non riesco più a credere a nessuno.-

Strofina ancora un po', poi aggiunge:

-Pure mia sorella. Qualche anno fa mi sono venuti i poteri e mi costringeva a indovinare che numero pensavano i suoi amici o cazzate del genere, e non potevo dirle di no perchè i miei genitori non vedevano l'ora di disfarsi di me e quella sarebbe stata un'occasione magnifica. Gliel'avevo letto proprio nella mente. Una volta mia madre ha pensato:"Ma una figlia ritardata in questo modo poteva capitare solo a me. Perchè non è come Lucy?". Lucy era mia sorella. Loro non c'entravano niente, quando ho saputo che mi volevano mandare in un ospedale per matti sono scappata, dopo sono arrivati quelli di Faber e li hanno uccisi perchè pensavano mi stessero nascondendo. Sì, certo.-

Che famiglia felice.

-Beh...se ti può consolare, prima mi voleva ammazzare mio padre e ora lo vuole fare mio fratello. E, oh, mia madre mi ha sparato poco tempo fa.- le dico, giusto per tirarle un po' su il morale. Lei fa filosoficamente spallucce:

-Che vita di merda.-

-Già.-

-Ma dicono che tra poco quelli che ci vogliono ammazzare saranno sconfitti. L'ho sentito a colazione, è arrivato qualcuno che ucciderà Faber. Ma tanto per me non cambia niente: ho quindici anni, che posso fare? Tanto i normali ci odieranno sempre, finirò per finire in qualche laboratorio.-

È sempre fantastico incontrare gente più pessimista di te. Rende il mondo più luminoso.

-O magari.- dico, sempre con un tono che significa "io non c'entro niente con questa storia, ho solo sentito delle voci" -Quel qualcuno troverà il modo di cancellare i poteri. Così tornerebbe la differenza tra lo stare fuori casa e in casa...la tranquillità, insomma.-

-No. È troppo tardi.- obbietta lei, ma sembra che la cosa le interessi.

E mi viene in mente solo adesso: se Catchlyt non mi permetterà di usare il generatore per "guarire" le persone? Se mi dirà di disattivarlo e basta? Perchè qua non è che se muore Nathan tutto torna come prima, eh...

Finiamo tranquillamente di asciugare le cose lavate, ora linde e pulite. Poi, non so come, le false campane suonano e ci annunciano che sono le undici...perchè il tempo vola quando ci si diverte. Se, certo.

Ci puliamo le mani, rimettiamo a posto qualche cosa sparsa sul banco e restiamo a fissarci, l'una di fronte all'altra.

Cosa si dice in queste situazioni? Addio? Spero di rivederti perchè sembri simpatica?

-Beh...grazie.- dico io. Lei sbatte un po' di volte le palpebre:

-Perchè?-

-Mi hai concesso di aiutarti.-

Fa un sorrisetto strano, sempre con gli occhi da panda.

-Sì. Beh, prego. E ciao.-

-Ciao.-

Poi ci voltiamo ed esco dalla cucina. Così.

Mi accorgo solo ora che non le ho chiesto come mi chiama, e mi prende un bel momento di depressione. Di quelli brutti, dove non so dove andare e che fare e perchè fare il qualcosa che non conosco. Non so niente, voglio solo mettermi a dormire nella mia camera, leggere, guardare la tv e tutte quelle cose belle.

Ma perchè 'sti cosi hanno deciso di rovinarmi la vita? A me, Nathan, papà, mamma, Evan, Dan, Angie, Jack e Bill, la ragazzina, tutti quelli che stanno qua, tutti quelli che stanno al mondo...tutti.

Ho provato a creare una realtà senza poteri e quelli mi hanno trovata lo stesso, come una malattia che non può essere fermata. T'infetta e non te la togli più.

-C'è qualcuno depresso, qui?-

Eccolo qua, il mio principale fornitore di infarti. Non in senso buono.

-Eccomi.- rispondo ad Evan. Poi non riesco a trattenermi e gli chiedo:

-Secondo te c'è un motivo per cui i poteri cercano in tutti i modi di distruggere la vita a tutti?-

Con mia grande sorpresa, Evan fa semplicemente spallucce e dice:

-È un ciclo, no? La distruzione porta a una nuova creazione, l'ordine viene rotto dal caos ma dopo torna ancora, balle del genere. La realtà decade sempre, serve lo sfacelo totale per migliorarla.-

-Io ne ho fatta decadere una e guarda dove sono.-

-Perchè non l'hai fatto bene. Questa sarà la fine totale, nessuno sfuggirà al giudizio divino.-

-Che, sei diventato testimone di geova?-

Ridacchia un po'.

-Forse. Ti va di provare a sparare?-

-E con cosa? Gli arsenali mi sono negati, sai.-

-Ok.-

E cosa aveva infilato nella cintura dei jeans?

Una pistola. Ovviamente.

-Uhm...sì, dai, va bene.- gli concedo -Tanto se mi sparo danno la colpa a te.-

E seguo il mio anti depressione, diretta verso chissà quale bersaglio a cui sparare.


Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Tanto tra poco moriremo ***


-Alza i gomiti.-

-Mi stai consigliando di diventare un'ubriacona?-

-Ivy...no. Sono io quello che fa battute squallide e moralismi, te sei quella che si fa ammazzare...-

-Allora non dovresti perdere tempo così, caro mio. C'è una guerra qua, non te ne sei accorto?-

-Ivy. Alza i gomiti.-

-E va bene.-

-Prendi la mira.-

Prendo la mira.

-No, non così. Non chiudere un occhio, non serve a un cazzo. Guarda direttamente il bersaglio e basta.-

-Ma lo vedo doppio!-

-Allora hai un serio problema di vista...-

-Oh, ma vaffanculo!-

Premo il grilletto.

La cosa più incredibile è che non becco nessuno. La cosa meno incredibile è che il proiettile va a finire nel piede del manichino-bersaglio (l'ho beccato, yeeee) e io vado a finire addosso a Evan.

-Se mi avessi concesso il tempo di finire.- sbuffa lui, facendomi raddrizzare a forza mentre io gli ficco tra le mani la pistola -Occhio al rinculo.-

-Sai che l'arma più forte è la mente?- gli dico io. No, non mi trema la voce, sono solo un po' raffreddata. Un semplice sparo non mi può rincretinire così, no?

Ma è stato terribile. Tenerla in mano e sparare. Non ha senso, non si riesce a prendere la mira ed è quasi sicuro che non si beccherà il bersaglio a meno che non ci si chiami Evan ilterroredeisettemari Sanders. Che, siamo come nei film che si prende una mitraglietta e si spara alla cazzo perchè fa fighi? Eh, no. Non funziona così.

-Vuoi provare ancora?- mi chiede Evan. Io guardo prima la pistola, poi lui.

-No.-

-Lo sospettavo.- dice tranquillamente, infilandosi la pistola nella cintura dei jeans...senza mettere la sicura e senza guardare, ovvio.

-Ma la pistola dove la tieni, nelle mutande?- gli chiedo, decisa a risolvere la grande domanda su dove ha nascosto le armi mille volte nelle nostre mille avventure.

E ovviamente non colgo il doppio senso finchè non vedo la sua faccia.

-...perchè fai domande del genere? Poi non pretendere che io risponda in modo casto e tranquillo, eh...-

-No, dai! Non intendevo...quello!-

Inutile dire che mi sento la faccia in fiamme. Inutile dire che 'sto qua ha un sorrisetto idiota stampato sulla sua faccia idiota.

-Smettila.-

-Di fare cosa?-

-Lo sai.-

-Non sono telepatico come voi, mica ti leggo nella mente.-

-Smettila e basta.-

-Come posso smettere di fare qualcosa che non so di star facendo?-

-Smettila o ti pesto.-

-Ragazzi? Posso?-

Ollallà, erieccola. La mia maglietta rossa preferita.

-Come va?- chiedo tranquillamente ad Adrian, mostrando un voltafaccia a me poco consono. Forse Evan si è accorto che lo sto interiormente fulminando con gli occhi, visto che lui fa lo stesso con me.

-Bene, dai. Siamo tutti vivi, no?-

-Verrai anche te alla missione, vero?- chiede Evan, incrociando le braccia con fare annoiato. Adrian annuisce sorridendo con stanchezza:

-Certo.-

-Da quel che ricordo non sei così debole. Non dovresti rischiare troppo, no?- noto. Adrian fa ancora un sorrisetto strano, come se ci fosse qualcosa di ovvio che non colgo:

-Non l'hai capito, vero?-

Ecco.

-Non è che siano stati così chiari con me, eh...-

-L'unica missione è che tu raggiunga il generatore. Poi ci dovrà essere qualcun altro per uccidere Faber, quindi sì, la missione è anche che raggiungiate il generatore e basta. Noi altri possiamo anche crepare, l'importante è che si riesca a spegnere quel coso.-

Devo aver sentito male.

-Quindi è davvero una missione suicida?-

-Sì.-

Oh. stupendo. Altri morti sulla coscienza.

-Ma perchè non me l'hanno voluto dire?- chiedo, trattenendo a stento la rabbia che mi sta salendo.

-Perchè sapevano che avresti reagito così.- risponde Adrian. Poi si porta una mano alla testa e fa una smorfia.

Non dovevano farlo. Avrebbero dovuto avvertirmi. Io voglio sapere se la gente muore per me...non voglio che la gente muoia per me.

E quegli stronzi non mi volevano dire niente.

Solo un gemito mi fa riprendere dalla mia furia omicida.

-Ivy, smettila!-

Adrian si tiene la testa come se avesse una emicrania micidiale, e ci metto qualche istante a capire che l'emicrania è causata da me.

-Oddio, scusa!- non riesco a non dire...ma scusarsi non serve a molto: la sua emicrania sembra non passare.

E non va bene per niente. Non posso far venire emicranie alla cazzo, e Adrian si tiene la testa come se gli stesse per scoppiare e so che è colpa mia ma non so come smettere...

-Ivy.-

Mi volto verso Evan. Ha stampata sul volto la sua espressione calma, pratica.

-Non pensarci.-

-Oh, è semplice dirlo.- ribatto mentre Adrian geme ancora. No, questo tono isterico non è mio, non può esserlo -Gli sto facendo male e non va bene, cristo...-

Adrian è tutto piegato e ha sempre quella smorfia e sembra trattenersi dal gridare. E non so come smettere. Come posso farlo smettere? Non so cosa sto facendo! Continua a gemere e si stringe la testa ed è tutto piegato e non capisco...

Semplicemente, Evan mi fa girare a forza verso di lui.

-Guarda me.- mi ordina. Mi tiene la testa bloccata tra le sue mani, ma tento lo stesso di girarmi verso Adrian.

-Ma...-

-Guarda me.- ripete, e non posso far altro che obbedirgli.

Fa un po' strano, guardare così una persona. Adrian geme ancora, dobbiamo aiutarlo, ma Evan non vuole proprio che mi giri.

E va bene. È il solito, occhi verdi, pallido, con quella cicatrice, le guance scavate e i capelli stranamente più sull'arancione di quanto ricordassi. E sento sulla guancia destra solo tre dita della sua mano...ok, questo è normale, ne ha solo tre.

Ha delle pupille proprio piccole, come se avesse una luce forte proprio davanti.

Sono sempre stata del parere che la frase "gli occhi sono lo specchio dell'anima" fosse una gran cazzata. Insomma, che significa? Se stai a fissare una persona negli occhi, primo: devi continuare a guardare prima quello destro, poi quello sinistro, quindi non puoi fissare qualcuno senza stressarti; secondo: ci sono le pupille nere e l'iride colorata...e basta. Che senso ha dire che sono lo specchio dell'anima, se è come guardare un dito?

Ok, ora ho cambiato idea.

Quelli di Evan mi stanno dicendo:"Sono qua, ci sono io con te. Non preoccuparti. Va tutto bene, non ti lascerò. Credo in te."

In pratica, tutto quello che una ragazza vorrebbe sentirsi dire.

Non preoccuparti, va tutto bene. Credo in te.

Adrian non geme più.

Mi arrischio a dare un'occhiata verso destra, e vedo qualcosa che mi fa tirare un sospiro di sollievo: Adrian si è raddrizzato e si sta passando una mano sul volto, come se si stesse riprendendo da uno sforzo tremendo.

-Beh...grazie, Evan. E grazie, Ivy; ora so che c'è qualcosa di peggio del controllo mentale o della morte.-

-Faceva così male?- gli chiedo mentre Evan mi libera dalle sue mani. Sentendo il tono della mia voce, Adrian fa un mezzo sorriso...ma si vede: è un po' troppo pallido.

Sì, faceva così male.

-Ma no, sono io debole. Però se lo farai un paio di volte agli altri, questa notte...beh, non mi dispiacerà di certo.-

Stupendo. Adesso faccio male alla gente anche solo pensando a qualcosa.

Non va bene. Non posso stare con loro.

-Io...- dico per dire qualcosa. Adrian non sembra spaventato, Evan ha la sua solita espressione.

Perchè non capiscono?

-Io credo che andrò a dormire un po'.- annuncio -Dovremo svegliarci presto, no? Per le undici?-

-Sì, ma...-

-Ok. Ci vediamo alle undici. Se non sono in giro venite a svegliarmi.- dico loro e dopo, senza fare altro, mi allontano per raggiungere le scale senza che mi blocchino.

-Non mangi a pranzo?- mi grida dietro Adrian. Mi volto verso di loro, ancora al centro del "poligono di tiro", come lo chiamano i veterani, e vedo subito l'espressione che ha Evan stampata in faccia.

Mi trattengo a stento dal guardarlo male e sorrido incerta ad Adrian:

-Scendo io alla mensa, dopo.-

Poi comincio la scalata.

Stranamente trovo al primo colpo la stanza che mi hanno dato; entro, chiudo la porta, giro la chiave e mi butto a tuffo spanciata sul letto.

Ah, la mia isola di salvezza.

Allora, un sommario: il cuscino è davvero morbido, le coperte profumano di nuovo, secondo i calcoli tra poco morirò, secondo la missione suicida tra poco verrò uccisa, secondo i dati raccolti appena adesso rischio di ammazzare qualcuno ogni volta che m'incazzo.

Magnifico.

Penso proprio che non scenderò a mangiare, così nessuno verrà ucciso dai miei poteri assassini. Magari passerò a sgraffignare qualche avanzo dopo, a cena...ora è meglio dormire e basta.

Sì, dormire, certo. Chi riesce ad addormentarsi dopo aver quasi fatto scoppiare la testa del suo nuovo amico è un mito.

Non mi resta che esplorare un po' la stanza: oltre il letto c'è una piccola scrivania, e in un cassettino trovo un foglio con scritto qualcosa di molto interessante.

"Questo foglio è composto da materiale resistente a fuoco, acqua, macerie. Se il Rifugio viene attaccato e pensate di stare per morire e volete dire addio a qualcuno, scrivete qui:"

E lasciano gentilmente metà foglio libero. In fondo c'è un'altra scritta, ancora più simpatica della prima.

"I superstiti faranno il possibile per trovare e recapitare questo messaggio ai destinatari che dovrete indicare. Grazie per aver avuto fiducia in noi."
Però. Sono efficienti in tutto.

Lascio perdere questo foglio incoraggiante ed esploro un po' il bagno, giusto per non lasciare in dubbio niente. La doccia l'ho già conosciuta e in giro qua ci sono solo spazzolini, asciugamani, un rasoio da barba e una spazzola.

Perchè qua affrontano la morte pettinati, sbarbati, puliti e con un sorriso brillante.

Bene, ora tocca all'armadio. Avevo già esplorato anche quello e tutti quei vestiti neri mi avevano fatta deprimere ma, insomma, ora ho bisogno di un pigiama se devo dormire. E ovviamente il pigiama non c'è: ci sono mille jeans e pantaloni da tuta (neri) sformati e larghissimi, e nient'altro. Mi tocca accontentarmi dell'accoppiata vincente maglietta larghissima stile camicia da notte (nera) più mutande.

Che persona trasgressiva sono.

Mi stendo sul letto, già pronta a ore di inutili tentativi di prendere sonno, quando vedo qualcosa che non avevo ancora guardato: il comodino. Apro il cassetto...e trovo cerotti, assorbenti, termometri per la febbre e preservativi.

Perchè qua non vogliono morire feriti, in laghi di sangue, con la febbre e pure con marmocchi appena nati che frignano. Efficienti in tutto, no?

Che brava gente.

Come ci si addormenta? Non me lo ricordo mai. Alcuni dicono che basta non pensare, ma se cerchi di non pensare stai pensando di non pensare, no? Semplice ma problematico.

Ok. Sospiro e chiudo gli occhi. Devo dormire.

Ma perchè ho bevuto tre caffè stamattina?!

Non va bene. Non va per niente bene.

Ora mi metto a contare. Se niente mi disturba prima che arrivi a dieci mi autobbligherò ad addormentarmi, anche con una botta in testa.

Quando sono al sette una voce dice, appena fuori dalla porta:

-Tot toc.-

-Chi cazzo è?!-

-Chi cazzo ti cagherebbe all'ora di pranzo se non io?- sbuffa Evan -Dai, la porta è aperta? Sei presentabile?-

-Sì. No. Cioè, ok, entra.-

Per fortuna la maglietta è abbastanza larga da poter vestire altre due me.

Mi aspetto che a varcare la porta sia un Evan pronto a discutere della vita, della morte imminente, del fatto che potrei ammazzare tutti nel raggio di un chilometro ecc ecc ecc ecc...e invece la prima cosa che vedo è una pizza.

Una pizza. Babbo mio, sono stata una bambina tanto buona da meritarmi un premio del genere?

-E questa dove l'hai presa?- chiedo a Evan mentre lui mette la cibaria degli dei al centro del letto, in bilico sulle coperte sfatte, e mi si siede di fronte.

-Ho chiesto se volevano prepararla per quella che li ha salvati questa mattina e sono stati tutti stranamente carini.- mi spiega. Lancia una bottiglietta d'acqua verso di me e quasi mi ammazzo per prenderla al volo, mentre lui prende la prima fetta.

Io stringo la bottiglietta e sbatto un po' di volte le palpebre, giusto per capire se alla fine sono riuscita ad addormentarmi e sto facendo un sogno strano o se davvero ci sono una pizza e un Evan Sanders sul mio letto.

-Beh?- fa lui, mangiucchiando la fetta e guardandomi come fosse confuso -pensavo avresti fatto salti di gioia.-

-Sì, no, beh...ok, sì. Grazie. Ma potevo cavarmela da sola, sarei scesa entro poco...-

-Sì, con una maglietta e in mutande. Sei molto alla moda.- nota lui, squadrandomi e sollevando un sopracciglio come solo lui sa fare. Ovviamente non si accorge che sono diventata più simile a un pomodoro di quanto mi sia successo in tutta la mia lunga vita.

-Senti, che volevi, una pelliccia di volte artica? E non finirla!- gli grido dietro, visto che si è già mangiato la seconda fetta e sta per passare alla terza e, per la par condicio, ultima a lui concessa. Mi lancia uno sguardo di sfida e addenta la terza fetta non staccandomi gli occhi di dosso, come a dire "dai, prova a fermarmi". Al che ovviamente il mio spirito battagliero si risveglia dal suo letargo primaverile e quindi mi porta a prendere due fette con una mano e a cominciare a divorarle, fanculo la finezza femminile.

Fatto sta che ci ritroviamo con l'ultima fetta di pizza in mezzo a noi.

-Ti pago.- tento. Evan sghignazza:

-Stanotte moriremo, non me ne frega niente dei soldi.-

-Allora ti faccio esplodere la testa.-

-Non attacca, sono immune.-

-E chi te lo dice? Potrei provarci comunque.- noto io. E, in fondo: chi gli dice che non sia impossibile?

Ma a quanto pare lui non ci arriva: si sistema meglio sul letto, si sgranchisce le spalle e dice:

-Dai, allora. Vai. Sono pronto per il tuo mega attacco mentale.-

-Bene.- gli ringhio dietro, poi mi concentro. Che in teoria non dovrei fare cose del genere per non indebolirmi, ma che me ne frega. Tanto tra poco moriremo.

LASCIAMI LA FETTA DI PIZZA.

Sbatte teatralmente le palpebre, sempre in attesa.

LASCIAMI LA PIZZA.

-Per curiosità, cosa stai cercando di farmi fare?-

-Cazzi miei.-

LASCIAMI LA PIZZA!

Come sbattere contro un muro.

-Non ce la fai, vero?- dice Evan con un sorriso attira-schiaffi. Io mi limito a guardarlo male e sbuffo, infine:

-Che ne dici di fare a metà?-

-Chiederlo prima no, eh? Comunque...visto che oggi sono gentile, ho deciso di lasciartela.-

Ok. Devo aver sentito male.

-Che?-

-Dai, prendila.-

-Sul serio?-

-Prendila.-

-Sempre così violento...- borbotto mentre tento di nascondere un sorrisetto, invano, e prendo la terza fetta (che, per inciso, mi spettava dall'inizio).

Poi mi rimane solo la crosta in mano, e per qualche perverso suggerimento della mia mente decido di lanciarla addosso a Evan. Gli finisce addosso al petto, e poi gli cade su una gamba con un effetto rallenty molto cliche. Lui la prende in mano, la guarda per qualche istante e io non riesco più a trattenermi e scoppiò a ridere per la faccia che ha...ed è per questo che non vedo la crosta, rilanciata verso di me, che mi becca sul naso.

Al che comincia una battaglia crudele e tenace, destinata ad essere ricordata e decantata fino alla fine dei tempi...finchè, non capisco bene come, ci ritroviamo uno addosso all'altra a baciarci come se ne dipendesse la nostra vita. Che magari è anche vero.

E la cosa che siamo sul mio letto e sono in mutande e abbia detto di non disturbarmi fino alle undici rende ovvio il seguito, vero?

Tanto questa notte creperemo.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Pre ***


Incredibilmente non mi sento strana. Fa un po' male, è vero...ma nient'altro.

Da come ne parlava la gente sembrava molto peggio.

Ma qual'è la cosa peggiore di tutta la situazione generale in cui sono finita? Beh, semplice: sono riuscita ad addormentarmi con un esemplare di Evan qua accanto. È consolante il fatto che pure lui si è messo a dormire (e russa), e adesso sono le cinque di pomeriggio e tra cinque orette partiremo per salvare il mondo. Tattarattaaaa. Cose che capitano tutti i giorni.

Visto che non è che mi piaccia stare senza vestiti sotto le coperte (nah, non è vero: è solo che mi sento a disagio, diciamoci la realtà) mi rialzo, riprendo ciò che mi spetta e mi vesto di, indoviniamo, vestiti di un colore che qua non ho mai visto: nero. Ma dove ha trovato Adrian quella sua maglietta rossa sgargiante? Che poi, penso proprio che dovranno darmi loro qualcosa da mettermi per la missione suicida, eh, qualcosa di più sicuro di una giacca nera alti pioggia. Non è che devo sempre pensare a tutto io.

Evan continua a dormire.

Bevo un po' dell'acqua che mi ha portato prima. Sento l'alito di merda che ho, penso ai film dove la gente non si sveglia con un alito che uccide elefanti e vado a lavarmi i denti. Torno nella stanza, faccio qualche giravolta sulla sedia con le rotelle che c'è nell'angolo, sbuffo con la sonorità di solito di Alice.

Penso ad Alice, Mary, Jack e Bill. Quelli dell'altra realtà, ovviamente. Penso ai miei genitori della realtà bella (dove gli uccellini cantano ancora), a quanto saranno preoccupati...se il tempo scorre allo stesso modo. Penso a Nathan, il mio Nathan; quello che mi vuole bene, che da una parte è morto per la cosa giusta e dall'altra è vivo e vive per la cosa giusta. Penso anche a Dan e Angie; qua morti, là vivi. A quanto sarebbe felice questo Evan di vederli (riconoscendoli, stavolta) e vivere con loro.

E poi penso alla tipa che prima ha cercato di ammazzarmi. Ad Adrian, a Cass, alla ragazza delle cucine, alla gente che c'è qua. Al Nathan cattivo, alla mia non madre che mi ha sparato, a Maurice e alla famiglia della muerte. A tutti loro, insomma.

A Jack, l'altra Ivy. A Bill.

Loro avevano bisogno di me. Avrei potuto salvarli...sono in questa situazione per colpa mia, no? Perchè io, nel mio egoismo, ho deciso di provare il "tentativo numero due". E ho distrutto le realtà.

Quando (se) avrò fermato Nathan ci sarà lo stesso il caos. Molta altra gente morirà, perderà i cari, ci saranno famiglie distrutte e orfani e madri che piangono i propri figli. E io non voglio vedere.

Ma non sarebbe giusto. Non posso scappare per sempre.

Eva si sveglia in questo momento e io gli dico:

-Dobbiamo restare qua.-

-Mh?- mi risponde lui, passandosi una mano tra i capelli e sbadigliando in un modo che nessuno si aspetterebbe da Evan Sanders, il braccio destro di Faber (prima Faber il maschio, ora la femmina).

-Non possiamo andare nella realtà bella.- gli spiego lentamente, cercando di far sembrare il mio tono abbastanza ragionevole -Dobbiamo restare qua. Io dovrò aiutare per mettere a posto tutto il casino e te, beh...mi spiace, ma penso che dall'altra parte non apprezzeranno il tuo ritorno se non ci sarò io. Penserebbero subito che sia successo qualcosa di strano, no? Quindi scusa, davvero, ma...-

-E stai calma. Tanto dove vai tu vado io, ok? Non ho problemi a restare qua.-

-La tua mente è controllata dal post sesso. Non posso fidarmi.- ribatto subito io. La cosa più strana è che ne sono convinta; che lui non possa parlare sul serio, insomma. Chi mai vorrebbe restare in una realtà di merda come questa, sapendo che ce n'è una migliore?

È che mi aspettavo di doverlo convincere almeno un po'.

-Probabile.- fa lui con un tono sereno. Sorride come se fosse in pace col mondo e butta la testa all'indietro...quasi sia davvero in pace col mondo.

-Quindi non vuoi restare qua?- tento, in attesa di chiarimenti. Lui raddrizza di scatto la testa e mi guarda con un'espressione che mi pare offesa:

-Ma perchè stiamo parlando di cose del genere?-

-Oh, va bene, parliamo di cose molto più serie.- sbotto io. Così, alla cazzo. -Allora? Ti è piaciuto?-

Evidentemente è palese il soggetto, ma questo idiota scoppia a ridere e dice:

-Cosa mi sarebbe dovuto piacere?-

-...mi stai sul cazzo.-

-E andiamo, Ivy, scherzo!- dice lui, come se non capisca qualcosa di ovvio. Poi scatta in avanti e mi tende la mano, col palmo rivolto verso di me -Dai, batti il cinque del...com'è che l'hai chiamato? Post sesso?-

Eh.

Insomma. Non è che a una ragazza piaccia sentirsi dire cose del genere.

Ma ovviamente io sono fuori, quindi mi viene naturale imitarlo e tendere una mano per "battergli il cinque".

Ed Evan fa uno scatto in avanti, mi agguanta per il polso e mi fa praticamente cadere su di lui, mister finezza.

-Certo che sei ritardata. Il batti cinque del post sesso? Ma dai, nemmeno il più stronzo degli stronzi farebbe una cosa del genere.-

-Certo che sei stronzo te...-

Ed è in questo momento che qualcuno bussa alla porta. Scatto in piedi nell'esatto momento in cui Adrian chiede:

-Ivy? Sei sveglia?-

-Ssssno. No. Aspetta cinque secondo, meglio.- rispondo ad Adrian, evidentemente appena dietro alla porta. Evan coglie il significato dello sguardo che gli ho lanciato e scatta in piedi per rendersi presentabile.

-È importante.- insiste Adrian. Sento da qua la sua irritazione, e la cosa fa irritare anche me.

-Cinque secondi.-

-Mi manda Catchlyt.-

-Cinque...-

-Senti, lo so che c'è Evan, quindi se te sei vestita e lui ha almeno le mutande non mi fa problemi, ok? E visto che è davvero importante...-

-E va bene, entra.- sbotto infine, facendo i due passi che mi dividono dalla porta e aprendola con innata furia. Fossi stata in un'altra dimensione, l'avrei spaccata dai cardini con facilità e sarei diventata di un naturale colorito verde incazzatura...ma, ehi, non si può avere tutto dalla vita.

Adrian guarda me, guarda alle mie spalle e sorride sereno:

-Bene. A posto. Posso entrare?-

-Se vuoi fare una cosa a tre sei venuto nel posto sbagliato.- dice Evan, infilandosi i jeans. Adrian fa una faccia schifata e io non riesco a non sghignazzare.

-No, sul serio. È una cosa seria.-

-Ti ascoltiamo.- gli rispondo io. Ma lui non vuole parlare: getta qualche occhiata pratica al corridoio, poi mi sposta dall'entrata e chiude la porta in un unico movimento.

Infine, mentre Evan si mette la maglia (mister reattività), sbuffa e dice:

-Dobbiamo mantenere segreta questa cosa...-

-E pensi che chiudere una porta renda segreta questa qual cosa che ci vuoi dire?- non riesco a non notare io, attraversata da uno dei miei momenti da stronza -Siamo in un posto pieno di gente che legge nel pensiero. Non so se mi spiego.-

-Che perspicacia.- sbuffa Evan, reinfilandosi le scarpe. Io lo guardo male...e poi mi accorgo di cosa sta facendo.

-Andiamo da qualche parte?- gli chiedo, giusto per capire se mi sono persa qualche puntata. Lui alza gli occhi drammaticamente al cielo e, finalmente, Adrian spiega:

-Come penso lui abbia capito, abbiamo deciso di anticipare la missione. E questo lo sanno solo quelli che partecipano attivamente, oltre i capi...quindi, Ivy, se tieni la mente chiusa ed eviti di avvertire gli altri di questo mentre sei in corridoio, le spie di Faber non riusciranno ad avvertirlo in tempo.-

...ah.

Geniale.

-Quindi si parte adesso?-

-Già.-

-Quanto ci vorrà per arrivare al generatore e a Nathan?-

-Poco più di due ore.- mi risponde subito Adrian. Poi sembra capire cosa mi passa per la testa (senza leggermi la mente, strano) e sorride leggermente mentre aggiunge:

-Sta' tranquilla, avrai tutto il tempo per prepararti. E non dovrai fare tanto, no? Sei super potente, per te sarà un giochetto fermare il generatore.-

Io gli sorrido leggermente per fargli segno che ho apprezzato la sua rassicurazione. Non mi viene da fare niente di più...perchè la verità è semplice.

Non è fermare il generatore che mi preoccupa.

-Allora? Bisogna prepararsi, no?- nota Evan.

Così usciamo tutti e tre dalla mia stanza (chissà cosa penserebbero se ci vedessero adesso) e cominciamo a scendere le scale, diretti chissà dove e in silenzio.

Al piano a livello del terreno Adrian si ferma a chiaccherare con uno dei suoi amici vecchietti (sembrano pure intendersi), lasciando me ed Evan a qualche metro di distanza, in attesa di andare nei sotterranei per prepararci alla battaglia imminente.

-Non è fermare il generatore che ti preoccupa, vero?-

Mi volto verso Evan. E sì, sono leggermente sorpresa...perchè non mi sarei mai aspettata questo.

È come se mi leggesse nel pensiero.

-Perchè lo pensi?- gli chiedo, giusto per fare un po' la stronza altezzosa. Lui sorride, come sempre:

-Perchè lo so. Comunque...non pensarci, Ivy. Lui non è il tuo Nathan, è solo un mostro. Non sentirti in colpa per quello che accadrà.-

-Lo sai che è inutile dirmelo, no?- noto io. Incredibilmente sento un sorriso stiracchiato che mi cresce sul volto. Un sorriso amaro. -È mio fratello...anche se è di un'altra dimensione.-

-Sì, questo è ovvio. Ma te non pensarci lo stesso, ok? Non serve a niente preoccuparsi.-

-Uhm...ci penserò.- gli concedo. Poi Adrian torna da noi e ricominciamo a scendere verso i sotterranei.

E sono grata ad Evan per essersi rivelato così telepatico (cioè, lui che non ha poteri)...ma il consiglio di non pensarci non è così semplice da seguire, eh.

Perchè Nathan è mio fratello e tra poco dovrò vederlo morire. Di nuovo.

Che vita di merda.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Il mio carissimo amorino complessato esce di testa ***


Mi hanno costretta a mettere una cosa che mi sta larghissima, tipo un giubbotto antiproiettile misto a un mega maglione invernale. Di quelli di lana, sempre regalati dalle nonne a pasqua, natale, qualunque festività.

È proprio strano, però: nella "dimensione Ivy Sullivan" avevo una nonna stronzissima e nella nuova i nonni erano tutti morti prima della mia nascita. Magari mamma e papà ne parlavano qualche volta, ma non con così tanta allegria. Beh, non dev'essere allegro sotterrare i propri genitori.

O i propri fratelli.

Noto solo adesso che pure Evan, chinato perchè si sta allacciando gli stivali da "fuga veloce e indolore" che ci hanno dato, ha addosso il giubbotto-maglione di nonna antiproiettile e, insomma, non riesco proprio a trattenermi dal dire:

-Cristo, quanto sei sexy con quel coso addosso.-

Mi chiamavano ragazza timida e gentile ed educata, sì. Chiamavano.

Lui mi getta un'occhiata veloce, poi riporta gli occhi sugli stivali e ricomincia ad allacciarseli mentre dice, con un mezzo ghigno sul volto:

-Anche te non sei male, Ivy. Ti dà un'aria di...com'è che si dice? Ragazza casa e chiesa...-

-...è il tragitto che mi frega? Carino, Sanders, proprio carino.-

-Beh, non è che prima ti sia dispiaciuto così tanto, eh...-

-E questo che significa?-

-Significa tutto, cara mia.- fa lui, raddrizzandosi e piazzandosi di fronte a me, sempre con quel mezzo ghigno che mi stuzzica.

-Beh, allora neanche a te è dispiaciuto...-

-Questo dovrebbe demoralizzarmi?-

-Eh...-

In effetti non è per niente giusto che la menino alle ragazze se fanno sesso e che dobbiamo quasi vergorgnarcene quando i maschi più scopano più il loro ego s'innalza.

E mi sa che questo non è il momento di farsi venire pare mentali del genere.

-Lo sai che nella mia scuola c'è un gruppo di femministe fuori di testa? Hanno assalito un po' di volte quelli che pomiciavano perchè dicevano che la donna non si deve concedere così.-

-Che palle.-

-Scusate se v'interrompo, ragazzi...- dice Adrian, materializzatosi chissà come accanto a noi. Era scomparso verso l'armeria e non ci metto molto a capire perchè.

È completamente ricoperto di armi. Qualche fucile a tracolla, pistole infilate ovunque, una cintura di granate, cinque coltelli per mano.

Un regalo di natale per mio fratello, insomma.

-Mi sono comportata male, babbino caro?-

-Che?- fa Adrian, confuso.

-Niente, niente...- gli rispondo io, conscia del fatto che nessuno può seguire i miei ragionamenti spastici. Poi Evan fa scattare una mano in avanti e prende una pistola.

-Ti devi essere comportata bene per meritarti regali così carini...- dice, rigirandosi l'arma davanti agli occhi.

-Giù le mani, feccia.-

Oh, finalmente.

Era da troppo tempo che non sentivo una voce incazzata...e rivolta a noi. Cominciavo a preoccuparmi.

Ci si blocca accanto un tizio sui quaranta, con un volto che sembra scolpito nel marmo. E non lo dico in senso poetico: pare abbia la faccia di granito, un granito scheggiato e rigato e duro come la roccia. Di certo il viso pieno di cicatrici, sommato al fatto che 'sto qua peserà all'incirca centocinquanta chili, non lo rende molto simpatico a primo impatto.

Accanto a lui Evan e Adrian sembrano degli scriccioli, figurarsi me.

-C'è qualche problema?- chiede Adrian. Evan ha gli occhi puntati sul tizio, la mano che impugna la pistola ancora sollevata.

E non mi piace per niente l'espressione che ha.

-Lui non può portare armi.- dice il tizio, rivolto ad Adrian ed a lui soltanto.

-Perchè?- domando io. Sì, il mio ego ha bisogno di essere considerato o non è soddisfatto.

Il tizio si volta verso di me. Lentamente, come se non ci credesse.

-È Sanders.- risponde, come fosse ovvio. Sì, perchè mi hanno detto che quelli della spedizione devono sapere che Evan è Evan...nel caso io muoia e la maschera cada nel bel mezzo della battaglia.

Io sbatto un paio di volte le ciglia, giusto per fargli arrivare il messaggio.

-E...?-

-"E" niente. Io comando, lui non può portare armi.-

Fa scattare la mano verso l'arma all'improvviso, così velocemente che quasi non la vedo. E non vedo per niente quando Evan tira indietro il suo braccio, portando la pistola fuori dalla portata del tizio.

Con un'espressione tranquilla, come fossero cose da tutti i giorni.

La mano del tizio si blocca a mezz'aria.

-Sì?- domanda Evan. Il tizio abbassa il braccio e replica:

-Dammi la pistola.-

-Perchè?-

-Non puoi tenerla.-

-...perchè?-

-Perchè sei un soggetto pericoloso.- dice semplicemente il tizio.

-Non è vero.- intervengo io per ricordare loro che esisto.

Qualcosa nella mia testa mi avvisa del fatto che, oltre a noi, nella stanza ci sono altre quindici persone. Sono tutti intenti a prepararsi, nessuno ha ancora notato quello che sta accadendo.

Catchlyt ha detto che non sarà armato e quindi non sarà armato.

-Facciamo che parlo io con Catchlyt, ok?- gli dico -Deve essere armato, sarebbe stupido mandarlo in mezzo alla battaglia con solo il suo bel faccino, no?-

Poi guardo il tizio, e l'espressione che ha mi terrorizza leggermente.

Esci dalla mia testa.

-Oh...oh. Scusa. Non l'ho fatto apposta, non lo faccio mai apposta...-

-Non me ne frega niente. Sta' lontana dalla mia testa. E tu dammi la pist...-

Tende la mano per prendere la pistola, Evan la ritrae un secondo prima.

E 'sto coglione ha anche il coraggio di ghignare.

-Spero tu non sia quello che comanda qua, o siamo messi proprio male.-

-Credi che sia uno scherzo? Che la spedizione sarà un gioco dove sopravvivremo tutti e ci ritroveremo a riderci su, dopo?- scatta il tizio. Così, dal nulla. Chissà perchè.

-Non era proprio questa l'idea che avevo, ma...-

-Io ordino, voi obbedite. Punto. È così che sopravvivremo. Non c'è altra alternativa.-

-Andiamo, Brad, non farti tutti questi problemi.- interviene Adrian. Sempre bardato di armi, ovvio. -Non sei più nell'esercito.-

-Sarebbe stato meglio.- dice il tizio che finalmente so chiamarsi Brad. Un ex soldato? Andiamo proprio bene.

-Comunque è Cole che ti ha detto di non dargli armi, no? Allora basta parlare con lui, non ce l'abbiamo con te...- tenta Adrian, la voce della ragione.

Il tizio non lo considera nemmeno: punta gli occhi su Evan come se stesse pensando a tutti i modo possibili per ucciderlo in modo doloroso.

-Poco tempo fa.- disse lentamente -Saresti stato punito, per questa sfrontatezza. Ma riconosco la gravità della situazione in cui ci troviamo da circa tre anni, te ne devo dare atto. Comunque...dammi la pistola, o la dovrò prendere con la forza.-

-E non dovrei opporre resistenza, giusto?- fa Evan. Poi, coglione fino alla morte, si schiocca le dita (tenendo la pistola in bilico in una mano...ce l'avrà la sicura?) e sorride tranquillamente a "Brad".

-Allora? Cominciamo?-

-Senti, ragazzino...-

-Parli tanto bene dell'esercito, ma non mi pare funzioni così. Usavi la forza con i cadetti? È concesso? Del resto...perchè stai qua, invece di combattere con i militari da qualche altra parte? I soldati non sono così schizzinosi verso i pensatori, no? Hai fatto qualcosa di male, soldato? Hai ucciso qualcuno che non avresti dovuto toccare?-

-Sanders.- ringhia il tizio con un'espressione che fa un tantino paura. Io sarei già svenuta un paio di volte.

E ci manca poco che svenga anche adesso: mi sparisce tutto davanti agli occhi.

Così, all'improvviso, comincio a vedere cose un po' strane.


Sento sotto i piedi la terra e le foglie che scricchiolano a ogni mio passo, anche se tento in tutti i modi di non fare rumore. Sento anche qualcosa di strano, come un sapore troppo forte di sale in bocca. Ho la testa pesante.

Stringo tra le mani una mitraglietta...ma, stranamente, non mi sembra fuori luogo. Anzi, la cosa mi conforta.

Sono in una foresta. Gli alberi sono vecchi, stanchi, di mille colori. Sento il freddo sulla pelle sudata del volto. È ottobre, del resto. Tra poco arriverà la notte dei fantasmi.

Dio, quanto mi fa male la testa...

Lo sento chiaramente. C'è qualcuno accanto a me.

Mi volto di scatto verso destra e sparo. Faccio in tempo a vedere l'espressione terrorizzata dell'altra uomo nascosto tra i cespugli, prima che lui muoia.

Poi la vedo.

Le gambe scattano da sole, per puro istinto. Ma so che non basterà.

Dopo qualche secondo, la granata che il nemico aveva attivato esplode alle mie spalle. Vengo sbalzata di qualche metro in avanti e per tanto, tanto tempo il mondo scompare dalla mia vista...


-Esci dalla mia testa!!-

Qualcosa di forte mi attanaglia il braccio e mi strattona avanti e indietro, poi mi spinge e cado per terra.

Il cervello ricomincia a lavorare solo quando il mio culo sbatte sul pavimento freddo. E realizzo solo adesso cos'è successo...di nuovo.

-Scusa...- borbotto, sbattendo un po' di volte le palpebre. Alzo gli occhi e, per l'ennesima volta in questa lunga mia vita, mi ritrovo senza parole.

Perchè Evan ha puntato la pistola alla testa del carissimo Brad.

Merda.

-Ragazzi, stiamo calmi...- tenta d'intervenire Adrian, e come prima non viene cagato.

Qualunque persona normale, con una pistola puntata verso di sè, tenterebbe quantomeno di essere amichevole o diplomatica. Ma questa è una gabbia di matti, no? Quindi non resto molto sorpresa quando il carissimo Brad sorride:

-Ti sei arrabbiato perchè ho messo le mani addosso alla tua ragazza?-

-Soldatino, pensi che una persona punti un'arma contro un'altra persona solo perchè quella ha messo le mani addosso alla sua ragazza? Ma in che razza di mondo hai vissuto?-

È Evan e non lo è allo stesso tempo. Mi ricorda un po' quando l'ho visto in versione assassina per la prima volta...era, è, lui, sì. Sicuramente. Ma è diverso; qualcosa, in questi due anni, l'ha reso diverso.

E ora vedo quanto l'ha cambiato.

Non gli trema la mano, nemmeno un po'. Guarda il soldato negli occhi, con un'espressione neutra e calma. Da persona che ha visto morire davanti a sè, che ha avuto il controllo sulla vita di un'altra persona, mille e mille volte.

Da assassino.

Insomma, gli basterebbe premere leggermente il grilletto e, puf, come un pensatore pure lui potrebbe vedere il cervello del tizio. In senso più schifo, però.

Come fa a stare tranquillo con un simile potere?

-Ti sto puntando la pistola addosso perchè lei è l'unica capace di far finire questa merda. È anche l'unica per cui sono ancora qua, questo è vero, ma visto che in questi giorni mi sento molto filantropico mi preoccupo di più per il fatto che senza di lei nessuno, qua, sopravviverà. Quindi evita di spintonarla da una parte all'altra, non sei la finezza personificata, eh. Ed evita di ordinarmi cosa fare perchè, qualunque cosa abbia detto Catchlyt, io verrò con voi armato e la difenderò, fosse l'ultima cosa che farò. E se non verrò io, non verrà nemmeno lei. Hai capito o devo ripetertelo più lentamente, soldatino?-

Gli occhi gli brillano in modo strano. Come...beh, come se sperasse che il caro Brad opponga resistenza.

Non va bene. Qualcuno dovrebbe fermarli.

Mi accorgo solo adesso che la concentrazione di tutti i presenti nella stanza si è incentrata sulla pistola che Evan stringe. E mi accorgo anche che Adrian mi sta tendendo una mano per farmi alzare.

Accetto volentieri l'aiuto e mi raddrizzo proprio mentre Evan mi chiede, senza spostare gli occhi da quelli del soldato:

-Tutto bene, Ivy?-

-Sì. Tutto fantastico. Sto bene. Non c'è bisogno di puntare la pistola...-

-Questo lascialo dire a me.- m'interrompe lui. Poi inclina un po' la testa di lato, con un'espressione assorta, e si rivolge a Brad mentre chiede:

-Secondo te la mia voglia di ammazzarti supera quella di lasciarti in vita perchè mi stai simpatico?-

-Sei pazzo.- bofinchia l'altro. Evan sorride leggermente:

-Ho solo voglia di divertirmi un po'. Tutti dicono che sono un assassino solo perchè ho ucciso qualche persona...te quante persone hai ucciso?-

Brad non risponde.

-Dio, questo è peggio. Non lo sai. Non sai quante persone hai ammazzato.-

No, non è nè assassina nè folle la luce che gli brilla negli occhi. Me ne rendo conto solo ora.

È semplicemente disperata.

-Pensavo fossero palle, quando qualcuno diceva che, dopo che hai ucciso una persona, verrai perseguitato dal suo volto per sempre. Li rivedo ogni volta che chiudo gli occhi. Sono umano, non so neanche di chi è la faccia che mi compare nella testa, non mi ricordo...ma almeno so quante persone ho ucciso. Perchè puoi uccidere quanta gente vuoi, ma sarà sempre terribile.-

Chiude gli occhi per qualche istante, li riapre sbuffando e dice con voce molto più serena:

-Quindi: non dire "è Sanders" quando ti chiedo perchè non mi volete dare una cazzo di pistola. Te sei molto peggio di me.-

Detto ciò, ritrae il braccio e s'infila spudoratamente la pistola nella cintura dei pantaloni.

Il caro Brad non riesce a staccare gli occhi da lui. E ora è la sua, di espressione, che non mi piace. Di bene in meglio.

Come prima, accade tutto super velocemente: il soldato carica il pugno, rivolto verso la testa di Evan. Lui si è appena girato verso di me e non se n'è accorto...forse.

Perchè in un istante il sorriso scompare dal suo volto e il braccio gli scatta verso la pistola.

Dopo due secondi mi accorgo che è già finito tutto.

In pratica: Evan ha il braccio teso e punta la pistola verso la testa di Brad. Brad ha il braccio teso verso la testa di Evan.

Il marine che avevo testato stamattina stringe in una morsa il pugno di Brad, bloccandolo così dal colpire la faccia di Evan.

Scene che si vedono una volta nella vita.

-Levati dalle palle.- ringhia il caro Brad. L'altro soldato (Richard? Robert? Sì, Robert) non accenna a muoversi. Lo guarda con un'espressione di ghiaccio e dice lentamente:

-Poteva ucciderti e non l'ha fatto. Perchè volevi colpirlo?-

-Lasciami andare.-

-Stai tranquillo, compare.- dice Evan rivolto a Robert Nicolson -Se ci riprova non sarò così clemente.-

Robert guarda prima lui, poi Brad. Alla fine molla il pugno del soldato, che ritrae il braccio come se avesse toccato qualcosa di rovente, e lo studia per qualche istante mentre Evan abbassa la pistola.

-Davvero non li vedi?-

-Cosa cazzo vuoi?!- replica elegantemente Brad. Robert non bada al tono e ripete:

-Davvero non vedi le persone che hai ucciso? Come fai a non ricordarle? Sei solo tremendamente insensibile, o conosci un modo per non avere gli incubi?-

Il caro Brad lo fissa per qualche secondo. Ha la stessa espressione di prima, e questo mi fa chiedere se Evan e Robert Nicolson siano abbastanza forti per tenergli testa, in una rissa...se il mio carissimo amorino complessato non ha uno scatto omicida e gli spara in testa, ovvio.

Che vita difficile.

All'improvviso, accaduto così tante volte che ormai non esiste più il "non all'improvviso", compare qualcuno che sono stranamente felice di vedere, per una volta.

-Voi.- dice Catchlyt. Pure lui si è vestito in tenuta "andiamo ad ammazzare la gente cattiva" e ha un'espressione che rende bene. E io che pensavo che sarebbe rimasto neutro fino alla morte.

Getta una lunga occhiata a Robert, Brad e poi ad Evan, e dice con un tono scazzato:

-Che sta succedendo qua?-

-Niente. Solo un piccolo diverbio.- sorride tranquillamente Evan. La pistola gli è misteriosamente scomparsa dalle mani.

-Che non succeda più. Ora, alcuni di voi devono venire con me per discutere del piano con Witness.-

-Perchè lui?- chiedo io, dando un segno di vita.

-È lo stratega.-

-Ah.-

-Comunque...vieni te, Evelyn, Adrian e Sanders...-

-Ora non mi odiate più?- domanda lui, sorridendo radioso. A volte mi preoccupo seriamente per lo stato della sua sanità mentale...tipo ora.

Catchlyt lo fulmina con gli occhi e risponde:

-Witness pensa che le tue conoscenze sulla base nemica potrebbero essere vitali per la riuscita della missione. Muovetevi, al sesto piano. E...Nicolson. Tu vieni con noi.-

-Va bene.- dice semplicemente lui. Senza chiedere motivazioni nè niente, da bravo soldato.

Penserei questo, se non vedessi l'espressione incuriosita che ha adesso...e che è completamente diversa da quella comparsa sul volto del caro Brad.

-Perchè Nicolson e Sanders sì?-

L' "...e io no" è sottointeso. A quanto pare, però, Catchlyt lo coglie e gli getta un'occhiata severa mentre risponde:

-Perchè loro non sono soldati, o almeno, non solo quello, Connelly.-

Brad resta completamente spiazzato. Approffittando della sua confusione, noi gli passiamo accanto e ci dirigiamo verso la porta che ci condurrà ai tanti rinomati piani alti.

Noto solo adesso che Adrian è ancora pieno di armi. E vedo che Evan si è infilato la pistola nel retro della cintura dei pantaloni.

Mi costringeranno a prendere un'arma?

E, se sì, cosa farò quando sarò costretta ad usarla?

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Pianifichiamo ***


Arriviamo, dopo l'interminabile scalata delle scale, a uno dei piani alti tra i più alti che io abbia mai visto. Sul serio, siamo alla vetta del mondo. E chi si ritrova senza fiato, prossima ad un infarto alla tenera età di diciassette anni?

Nella stanza dove entriamo c'è un tavolo con sopra un foglio bianco, sottile e con, disegnata sopra, una piantina di un edificio. Tutto attorno a esso ci sono losche figure, appoggiate al tavolo con palese fare cospiratorio. Come se la situazione non fosse già così inquietante da sola.

Allora, ci saranno una decina di persone, quattro delle quali sono i capi (Catchy, Witty e gli altri due che chemmenefrega). Gli altri, ovviamente, non li ho mai visti.

-Bene. Finalmente.- ci accoglie Witness con la sua aria affabile. Io gli sorrido leggermente, giusto per dare segni di vita, poi mi sistemo con le mie guardie del corpo (Evan&Adrian&RobertNicolson) in uno spazietto del tavolo.

-Come va?- non riesco a non dire. Sì, perchè devo ricordare loro anche che sono un'adolescente frustrata e stupida e che fa domande fuori luogo. Ovvio.

-Stavamo discutendo del piano d'azione.- risponde pazientemente Witness, prossimo alla santificazione. Poi fa un cenno a Catchlyt, che apre la bocca per dire qualcosa...ma Evan lo interrompe sul nascere:

-Cosa sarebbe, questa? La planimetria della base di Nathan?-

-Sì.- risponde subito un altro dei presenti. Non l'ho mai visto, ma penso sia legato in qualche modo alla piantina perchè adesso ha un'espressione parecchio offesa.

Ah, l'anima umana. Anche in situazioni disperate si offende come una ragazzina viziata.

-Perchè?- interviene uno degli altri presenti. E questo lo riconosco: l'ho esaminato io a colazione.

Quindi qua ci sono tutti i membri della spedizione. Magnifico.

-Perchè fa schifo. Sarà dell'anno scorso, è vecchia.-

-Non sei un po' troppo critico?- nota Witness. Evan lo guarda per qualche istante e risponde con un secco:

-No.-

-Sono morte delle persone per prendere questo foglio.- interviene il tizio legato sentimentalmente alla piantina. Evan sposta gli occhi su di lui e fa per replicare qualcosa (che probabilmente trasuda cattiveria), quando Robert Nicolson dice, a sorpresa:

-E ne moriranno altre se non lo ascolteremo.-

-Ha ragione.- aggiunge, con mio sgomento...Catchlyt.

Sì. Catchlyt.

-Allora...- ricomincia Witness. Guarda per qualche istante Evan, poi gli chiede:

-Come hanno cambiato la base in questo anno?-

-Nathan cambia continuamente le entrate e i passaggi segreti. Sa che i ribelli passerebbero di lì, se volessero batterlo...-

-Ne parli come se fossimo noi ribelli i cattivi.-

Ci voltiamo contemporaneamente verso chi ha parlato. Con mio sommo dispiacere, trovo una persona che non avrei voluto vedere mai più.

-Sai come stanno le cose, Matt. È dalla nostra parte adesso.- dice Witness il Santo allo stronzo...cioè, a Von Coulsen. Quello là, sì.

-E cosa ce lo garantisce? Insomma, abbiamo visto tutti che la puttan...ehm, lei ci ha salvati...ma non ho ancora visto lui fare qualcosa a nostro favore. Sta nell'ombra e non si fa notare.-

-Primo, amore mio: chiamami puttana e ti spezzo le ossicine. Secondo: sta facendo più lui di quanto tu abbia fatto in tutti gli anni che sei stato qua. Quindi risparmiaci le cazzate che spari, ok?-

Sì, sono stata io a dirlo. Ho un'anima molto pacifica.

-Evelyn!- mi richiama Witness mentre Catchlyt ringhia un: -Faber!-

Io mi trattengo a stento dal dire "Ha cominciato lui!", incrocio le braccia con fare da spaccaculi e dico, cercando di sembrare sicura:

-Sentite, non possiamo fare una missione da cui dipende il destino del mondo eccetera se non riusciamo nemmeno a fidarci tra noi...-

-Quello è Sanders.- interviene uno del gruppo -Ha ucciso tantissimi di noi e tu ci dici di fidarci?-

-È stato con Faber per anni!- aggiunge un altro.

-E ora sta con me. Un'altra Faber, che vuole solo salvarvi il culo.-

-Sì, ok. Abbiamo capito che ci vuoi aiutare, e per questo ti ringraziamo.- continua quello che ha parlato per primo -Ti ringraziamo davvero. Ma fino ad ora ho visto soltanto tu che lo difendevi o difendevi tutti noi...lui non ha fatto niente...-

-Non vi ho ancora uccisi.-

Si voltano subito verso Evan. Lui sorride leggermente e aggiunge:

-Avrei potuto decimarvi da quando ho messo piede qua dentro. E, fidatevi, ho avuto mille occasioni. Il fatto che siate ancora vivi non basta come pegno di fiducia?-

Ecco. Non è che vada bene dire una cosa del genere a un gruppo di persone che già lo vogliono strozzare.

-...penso che questo non sia molto rincuorante, sai.- nota Adria, dando voce ai miei pensieri.

Restano tutti in silenzio, cosa che rende le ultime frasi dette importanti e pesanti e pericolose. Si sa, Evan è leggermente masochista.

-...diciamola in un modo diverso. Sanders è l'unico che abbiamo che può dirci qualcosa per riuscire a distruggere quel coso. Senza di lui, moriremo di certo.- dice Witness con tono tranquillo, poi considera conclusa la faccenda e riprende a dire: -Dicevamo: Nathan cambia continuamente i passaggi per evitare che ci sia un percorso fisso da cui penetrare. Cosa possiamo fare allora?-

-In che modo cambiano i passaggi?- interviene Robert Nicolson. Ha un'espressione assorta sul volto, e questo mi fa pensare che se uniamo tutti le nostre menti geniali potremmo quasi creare un piano che ci farà arrivare a domani. E con "menti geniali" intendo la mia, quella di Evan, quella di Nicolson e quella di Witness.

Punto.

-All'inizio le murava, ma ci metteva troppo tempo. Ora usa uno schema di chiusura automatico per le porte che ha installato...-

-Potremmo bloccarlo.-

-Ci sono quarantadue diversi canali di chiusura. Se ne blocchi uno così che le porte controllate da quello restino aperte, beh, tutte le altre si chiudono in automatico. E i canali sono disposti in modo che, se riesci davvero a bloccarne uno, resti chiuso in un vicolo cieco.-

-Ma i pensatori di Nathan dovranno passare da qualche parte per venire a catturarti.- nota Catchlyt, stranamente disponibile.

-Non vengono a catturarti.-

-E come...ah.-

Ci arrivo anch'io. E la cosa non è che sia così bella.

-Perchè non vengono catturati?- interviene uno di quelli che non hanno ancora parlato. Evan si volta verso di lui e fa quella sua espressione inquietante, da assassino psicopatico, mentre risponde con semplicità:

-Perchè vieni lasciato lì a morire.-

Altro silenzio.

-E le porte non si riaprono dopo un tot? Il blocco dura così tanto da far morire chi rimane intrappolato?- chiede Nicolson, apparentemente indifferente a questa rivelazione. Evan fa spallucce:

-Nathan li sente. Sa dove sono, quanti sono e sa quando muoiono...riapre le porte solo dopo.-

-Ma che simpatico.-

-Già.-

-Allora come faremo a entrare?- interviene un altro.

Sarebbe carino conoscere i nomi di tutti...così mi pare quasi siano semplici comparse della missione. Sacrificabili.

E questo non è giusto verso di loro, no? Insomma, si sono offerti volontari per questa impresa suicida. Un po' di rispetto è loro lecito.

-Per bloccare i canali di chiusura bisogna essere all'interno...direi che possiamo escluderlo.-

-Allora che altro modo c'è di entrare?-

-La porta principale.- risponde Nicolson. Sembra sempre sovrappensiero, come se avesse già un piano in testa.

Beh, un'occhiatina non ha mai fatto male. Circa.

Uccideranno la prima fila. Avranno sei colpi a testa, e spareranno in ritardo perchè Sanders entrerà per primo...potremmo riuscire a superarli prima che ci uccidano tutti. Poi lei può difenderci, quindi si salveranno abbastanza di noi per affrontare la seconda fila, ma Sanders non dovrà morire perchè è l'unico che conosce la base...

-Non farei così tanto affidamento alle mie capacità. Ed Evan non sa dov'è il generatore, quindi ci dovremo affidare solo al mio sesto senso.-

Il soldato si volta di scatto verso di me...come sempre accaduto. Ma, stranamente, non ha un'espressione scazzata o offesa o altro. Sembra solo ancora più rimuginante.

-Quindi salta tutto.-

-Già.-

-Non so cosa abbiate pensato...- fa Witness, leggermente sperduto, ma Evan lo interrompe sul nascere e dice:

-Ma si capisce, e non sacrificheremo la gente alla cazzo. Io ho un'idea diversa...ma dovrete fidarvi di me.-

-Io mi fido.- intervengo per spingere gli altri a imitarmi.

Cosa che ovviamente non accade.

-...grazie, Ivy.- sbuffa Evan. Sono l'unica che lo appoggia e mi sbuffa dietro, l'ingrato. -Comunque, l'idea non è difficile: vi porto dentro come prigionieri. Probabilmente Nathan sa che sto dalla vostra, ma tende a tenersi le cose per sè, quindi forse non ha ancora avvertito quelli dei piani bassi...-

-"Forse"? "Probabilmente"? Dovrei affidarmi a parole ipotetiche e basta?- lo interrompe il coglione, Von Coulsen.

-Se vuoi mento e ometto le parti ipotetiche e scomode del piano. Se ti piace di più così...- dice Evan. Visto che nessuno aggiunge niente, io dico:

-Poi, se entriamo davvero dalla porta principale come prigionieri di Evan e i pensatori sanno che lui li ha traditi, beh, possiamo traviarli. È più semplice condizionarli facendogli pensare che siamo prigionieri, piuttosto che basarci sul fatto che io fermerò i proiettili, no? E voi potrete darmi una mano per traviarli...-

-Non è male come idea.- concede uno dei partecipanti. Evviva, ho il consenso popolare.

-Ma questo non toglie che così supereremo solo la prima fila. Dopo come ci muoveremo?- chiede Nicolson. Witness sospira:

-La priorità è che Evelyn arrivi al generatore. E sarebbe meglio con qualcuno che Nathan non potrà condizionare...quindi Sanders.-

-Ma come potremo farlo se non sappiamo dove andare?- nota (ragionevolmente) un tizio. Witness sospira ancora e Catchlyt dice:

-Ci dobbiamo basare su cosa sentirà lei...-

-Potremmo dividerci in gruppi.- interviene ancora Nicolson -Composti da almeno un pensatore potente e uno che sappia usare le armi. Ogni volta che troveremo degli ostacoli, un gruppo si fermerà a combattere. Del resto, tu non riuscirai a traviarli tutti, no? I gruppi faranno in modo che voi non veniate seguiti.-

-E dopo?-

-E dopo arriveremo al generatore.- mormorò Evan, anche lui in modalità "sto pianificando" -Lì ci sarà Nathan. Con qualche pensatore a fargli da scudo, ovvio.-

-Tu ti dovrai occupare di Nathan.- intervengo io, col cervello che va a mille e che cerca di immaginarsi la scena -Sei l'unico immune...-

-Anche Cass lo è.-

Oh, Adrian. Andiamo.

-E non fare quella faccia.- sbuffa lui -Non sto parlando da idiota innamorato. Lei è immune, non potremo combatterla. Forse Nathan se la terrà vicino per questo...-

-Quindi pensi che dirà a lei di uccidermi?- chiede Evan. Adrian annuisce:

-Sì, penso di sì. Io potrei provare a convincerla a...ci penserò io, ok? E penso che Nathan voglia occuparsi direttamente di Ivy.-

-Sì, sarebbe più nel suo stile.- concordo -Io fermerò i proiettili, lui fermerà i proiettili...risolveremo tutto in un incontro di boxe?-

-Penso di no.- risponde quasi allegramente Witness. E, sì, in fondo ha ragione.

-Vincerà chi riuscirà a controllare la mente dell'altro. Sarà una cosa solo tra voi due...per cui noi resteremo completamente senza protezioni. Ce la dovremo cavare da soli.-

-Mi dispiace.-

Mi guardano tutti in modo strano. Dopo qualche secondo capisco che trovano strane le mie scuse anticipate.

Una tenta di essere gentile e viene ripagata così.

-Quindi ora mancano solo i gruppi da formare?- domanda Catchlyt, come fossimo a scuola (scuola? Che?), e visto che io ed Evan siamo già nel gruppo vincente mi concedono qualche minuto per riposare un pochettino.

La cosa peggiore è che sono rimasta in piedi per qualche minuto e ora non vedo l'ora di sedermi.

Mi sento stanca. Non va bene.

Senza quasi accorgermene mi sono spostata per appoggiarmi alla parete della stanza, in disparte; Evan è accanto a Catchlyt (sogno o son desta?) a indicare la piantina della base di Nathan, Witness sta parlando alle reclute suicide per concordare i gruppi, Adrian è al suo fianco che osserva.

Oh, è vero. Adrian.

Hai ancora della porpora?

La luce è proprio debole, crea mille ombre che ai miei occhi stanchi paiono vive, minacciose. Sono stanca e vedo i fantasmi...che novità.

E io dovrei combattere Nathan così?

Adrian si volta spudoratamente verso di me e mi guarda dall'alto in basso, come se non potesse credere a cosa gli ho chiesto. Io lo guardo male, lui fa un leggero cenno di assenso.

Sì, ma poca. E ti farà male.

Me la puoi dare prima dell'attacco?

Se il tuo fidanzato non mi ammazza sì.

Detto questo, si volta ancora e ricomincia ad ascoltare quello che sta dicendo Witness agli aspiranti suicidi. Io mi ricordo solo ora del "fidanzato" e mi volto verso Evan e Catchlyt...e, sorpresa, un paio di occhi mi sta guardando proprio adesso.

Non sono quelli di Evan.

Stranamente, Catchlyt non mi sta uccidendo con lo sguardo. Anzi, ha un'espressione che mi pare quasi stanca quanto la mia...come se sapesse che sicuramente non torneremo tutti dopo la missione. C'è qualcuno qua che è già condannato.

E la cosa non lo rende felice nè indifferente, come io mi ero aspettata.

Sembra quasi capirmi.

E io non arriverò al generatore, senza quella dannata porpora.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Vecchie conoscenze ***


La cosa più bella di questa situazione è che sto passando tutte le fasi di ribellione adolescenziale. Insomma, scappo di casa, scopro che i miei mi hanno adottata, passo del tempo con persone poco raccomandabili una decina di volte e ora sono pure su un furgoncino della polizia. Che ragazza ribelle, gente.

Comunque, il mio culo ha ripreso la consueta forma da posizione scomoda dovuta a un viaggio fin troppo lungo. Ok che la Danimarca è grande ecc ecc, ma dove diavolo ha piazzato la sua base il mio caro fratellone?! Siamo in viaggio non stop da non so quante ore!

-Qualche problema?- chiede galantemente Evan, costantemente in ansia ma perfetto nel nasconderlo. Sì, dai, anche se adesso ostenta un'espressione tranquilla è di certo agitato, nel profondo.

Deve essere agitato.

-Sono una normale adolescente che deve combattere una guerra perchè ha qualcosa in testa che non ha mai voluto avere e deve pure ammazzare suo fratello. Nah, nessun problema.-

-Dovresti esserci abituata, ormai.-

Amo la sua mancanza di tatto.

Stiamo seduti davanti, lui al posto del guidatore e io lì accanto (posizione strategica: così, se i nemici non sono convinti dalla storiella dei prigionieri portati da Evan, io li stordisco al momento); dietro abbiamo un manipolo di gente armata e agitata, chi più chi meno.

-Oh, sì. Ormai mi capita tutti i giorni di dover salvare il culo a tutti, sai.-

-Dovresti esserne felice.-

-Perchè?-

-Avresti preferito una vita normale e noiosa? Qua vai ad ammazzare la gente, è come un videogioco!-

Lo guardo per bene e vedo, nei momenti in cui la luce dei rari lampioni sulla strada illuminano il suo volto, che ha il suo solito ghigno stampato in faccia.

-Non sei divertente.-

-Troppo cattivo?-

-Quello sempre, dolcezza.-

-Se avete finito.- interviene una voce fastidiosa da dietro -Qua stiamo ripassando.-

Mi volto solo per gettare un'occhiata di puro odio a Von Coulsen, purtroppo poco lontano dalla finestrona con sbarre che separa la parte davanti, ideata per i poliziotti bravi, dalla parte dietro, destinata ai bastardi criminali. Un tempo, forse, perchè adesso è piena di gente tanto tanto pronta a fare una carneficina.

-Non c'è bisogno di essere così rudi.- lo richiama Witness, a cui se sopravvivremo dichiarerò amore eterno -Comunque...voi starete davanti. Se il piano di Evan funziona lui ci porterà fin dove tu senti il generatore, se non ci cascano allora tu cercherai di fare il possibile per bloccarli, poi dovrete correre al generatore...-

-Con me.- lo interrompe Adrian -Saremo solo noi tre. Gli altri non verranno con noi.-

-Ah.- dico e basta. Perchè, dai, è evidente cosa c'è sotto.

Non verranno con noi perchè sono tutti sacrificabili. Se ci seguono verranno di certo uccisi da Nathan, cosa che potrebbe accadere benissimo anche ad Adrian e, se sono troppo debole, a me; se non ci seguono si ritroveranno nel pieno di una base colma di gente che li vuole ammazzare.

Io l'ho detto che sono masochisti.

-Non potreste aspettarci fuori, dopo che avremo raggiunto il generatore?- tento io. Cioè, in pratica tutti quelli qua presenti tranne noi tre si stanno dichiarando spontaneamente a morte. -Tanto, se sconfiggiamo Nathan ci saranno ancora i suoi nella base ad ammazzarci, e se non lo fermiamo ci ucciderà...a voi non cambierebbe niente tra lo stare dentro o lo stare fuori...-

-Ma cercheremo di rendervi il più semplice possibile le cose.- m'interrompe Catchlyt.

-Ma...-

-"Ma" niente. Voi raggiungerete il generatore e tu lo bloccherai prima che uccida tutti i non pensatori. Punto.- chiude la questione Catchlyt. Io mi trattengo a stento dallo sbuffare, e Witness riprende:

-...allora, i primi della fila saranno loro tre. Adrian ed Evan difenderanno Evelyn, poi i gruppi due, tre e quattro mireranno ai nemici che attaccheranno da destra e sinistra, mentre il cinque neutralizzerà quelli che attaccheranno da dietro. Ricordatevi, prima provate a condizionarli; solo se non funziona sparate.-

-Certo, capo.- interviene Von Coulsen, facendo roteare su un dito la pistola che gli hanno dato (spero abbia la sicura) -Così loro avranno tutto il tempo di sparare a noi. Geniale.-

-Matt, non stiamo andando a fare una carneficina.-

-Dillo a loro.-

-Non si risponde alla forza con la forza, non porta a niente...-

-Senti, smettila con queste cazzate zen.- scatta il coglione all'improvviso -Io sono qua per mettere fine a tutta 'sta merda, e so che loro mi spareranno, quindi sparerò prima io. Non voglio morire solo perchè tu pensi che ci sia ancora qualche speranza di trovare un po' di pietà, e francamente non capisco nemmeno dove la trovi, questa speranza. Sono più forti e più preparati di noi, spareranno appena ci vedranno. Visto che non voglio morire sparerò per primo...-

-Se ci causerai problemi con questo tuo cazzo di comportamento, giuro su dio che ti ammazzerò io stesso.- lo interrompe Catchlyt. Con calma, senza rabbia. Come fosse un dato di fatto, una cosa normalissima da dire.

Non mi sorprendo neanche più.

Von Coulsen, miracolo, si zittisce. Witness guarda male Catchlyt, e io mi rendo conto solo adesso che nella mia mente li penso tutti sempre chiamandoli per cognome. Vorrei essere più espansiva verso coloro che vogliono morire per permettermi di salvare il mondo...ma non ci riesco. È come se mi si stesse spegnendo il cervello, non mi colpisce più niente dall'esterno.

Sto diventando vuota?

-Ci stanno seguendo.-

Cosa?

-Cosa?- dicono in parecchi dietro. Evan ha gli occhi puntati sullo specchietto laterale dalla sua parte e ha stampata sul volto un'espressione un po' tranquilla, un po' pratica, come fosse nel suo mondo.

-Ci segue da qualche chilometro un furgoncino. Riesci a sentire chi è?-

È rivolto solo a me. Del resto, probabilmente gli altri non sono abbastanza potenti per arrivare a leggere la mente del nostro inseguitore.

A me basta pensarci.

-Sono...no, non ci credo.-

Evan mi getta un'occhiata allarmata, ma quasi non me ne accorgo.

Perchè...beh, perchè non me lo sarei mai aspettata.

-Accosta.- gli ordino.

-Perch...- comincia qualcuno da dietro, probabilmente Catchlyt, ma mi bastano tre parole per zittirlo.

-È mia madre.-

E non sono per niente felice di pronunciarle.

Dopo qualche secondo, Evan gira il volante e blocca il furgoncino della polizia in una piazzola di sosta della stradona che stavamo percorrendo. L'altro furgoncino parcheggia pochi metri dietro il nostro e subito le portiere si spalancano per far scendere la famiglia della muerte al gran completo.

Ah, no, giusto. Manca Maurice.

Mark e Mike hanno delle espressioni terribilmente distrutte. Anche Fenicia e Didime, i cui capelli sembrano emanare luce in questa notte piovigginosa, non scherzano. Mia madre pare come sempre.

-Ivy...stai bene.- dice appena mi vede scendere dal nostro furgoncino. Io non riesco a trovare una risposta più sagace di:

-Sono viva.-

E questo potrebbe non essere bello da dire, contando che qualcuno di molto importante in questa famiglia non lo è più. Ops.

Per fortuna è sceso Catchlyt: si avvicina di qualche passo e dice, con voce quasi umana:

-Mark, Mike...mi dispiace. Davvero.-

-Se l'è cercata.- risponde semplicemente il fratello di mezzo, sorprendendomi. Non ha più l'aria sarcastica che gli ho visto stampata in faccia per il poco tempo trascorso con loro. -Avremmo dovuto accorgercene, ma...insomma...-

-È stata una sua scelta.- lo aiuta Fenicia, guardandolo con una tenerezza tale che mi chiedo come abbiano potuto litigare, la prima volta che li ho visti. Mike si appoggia quasi a lei, come se ne dipendesse la sua vita, distrutto...ma non del tutto.

Vuole combattere perchè tutto questo finisca.

Poi guardo Mark, e vedo il suo esatto contrario. Dio, non è incazzato con noi...ma non sembra nemmeno triste. È assente, non c'è più. Ed è molto peggio.

Se fossi riuscita a salvare Maurice...

Ma Fenicia ha ragione: è stata una sua scelta. Basta sensi di colpa.

E capisco solo adesso che non ho ancora pensato a un "dopo". Cosa farò, dopo che avrò ucciso mio fratello, dopo che l'avrò visto morire? Loro sono distrutti...e io devo ucciderlo. Non potrò più vivere.

È stata una scelta di Nathan passare al lato oscuro...ma ha avuto davvero una scelta?

Non posso farlo.

-Volete unirvi a noi?- chiede Catchlyt, interrompendo il silenzio carico di dolore e incomprensione che era calato. Mia madre guarda solo me mentre dice:

-Ti ricordi quando loro ti hanno portata in questa realtà? Ti abbiamo detto che il Libro avrebbe potuto cancellare completamente i poteri, ponendo fine a questa guerra...-

-Avete il Libro?- interviene all'improvviso Witness. Vedo che sono scesi tutti dal furgoncino, e tutti hanno un'espressione speranzosa che stona con i loro intenti suicidi.

Come risposta, Didime fa qualche passo avanti e rovista nello zaino che si portava sulle spalle. Poi lo tira fuori e lo consegna direttamente a Witness.

Quel stramaledetto Libro di merda.

E...sbaglio, o quella luce famelica negli occhi di Witness è decisamente sbagliata?

Ma gli passa in un istante: solleva lo sguardo dal Libro e guarda mia madre sorridendo come un bambino:

-Grazie, Karen. Davvero con questo potremo annullare i poteri?-

-Sì. Ma prima...beh, penso sarebbe meglio che prima tu distrugga il generatore.- gli risponde lei, rivolgendosi ancora a me. Io annuisco, visto che per una volta sono al passo con i suoi ragionamente.

Perchè chi ci dice che il Libro toglierà i poteri a tutti? Magari Nathan potrebbe tenersi quel tanto che basta per attivare il generatore e uccidere tutti i normali...quindi tutti gli esseri umani, se avremo già usato il Libro. No, meglio tenerselo per dopo, quando Nathan...beh, quando il problema sarà tolto di mezzo.

-Siete sicuri che il libro funzionerà?- chiede Catchlyt, con un'espressione scettica come mai ne ho viste nella mia vita -Insomma, è un libro...-

-Mi ha solo fatto creare una realtà alternativa senza poteri, fai un po' te.- gli rispondo io. Solo a me pare evidente che lui non pensi al Libro con la L maiuscola?

Dio, è come se fossi nella sua testa. Adesso vedo pure come pensa le parole, magnifico.

Devo chiudermi.

Sei debole, stai male. Stai morendo.

Questa è una voce che non mi sarei mai aspettata di captare.

Fenicia non si cura di quello che ci sta accadendo intorno: semplicemente, fa qualche passo verso di me e mi sorride.

-Hai bisogno di un po' di energia?-

-Beh, non sarebbe male...- dico. Indossa ancora gli occhiali, e solo per le gocce sulle lenti di quelli mi accorgo che sta piovendo.

Da quant'è che sta piovendo? Come ho fatto a non accorgermente?

-Fen, ne sei sicura?- le chiede Mike. Lei si volta verso di lui e gli sorride leggermente:

-Sì. Ne ha più bisogno lei di me, del resto.-

Detto ciò, Fenicia si gira di nuovo verso di noi; guarda Evan e gli dice:

-Sta' pronto a prenderla, quasi sicuramente sverrà.-

-Le farà male?- domanda lui. Del resto, gli importa solo quello. Fenicia guarda me, e io sento la mia voce rispondergli un:

-No.-

Perchè solo adesso ho capito cosa intendeva il mostro che era stato Bill, dopo averci bloccati sul ponte (ere geologiche fa), quando aveva detto "Morte alla fenice".

I poteri non danno solo la capacità di leggere nella mente. Possono fare di tutto...basta usarli nel modo giusto.

Fenicia, a quanto pare, ha un modo di usarli tutto suo.

Si toglie gli occhiali e punta i suoi occhi nei miei.

E dentro quelli, semplicemente, c'è il Sole.


Una buca presa male mi riporta fin troppo bruscamente alla realtà.

Sono sull'ennesimo furgoncino con a fianco, come sempre, Evan che guida. Stiamo percorrendo una strada fangosa in un bosco dimenticato dal signore, diretti verso non si sa dove.

Ah, giusto. Nathan e il generatore.

Mi volto leggermente e vedo ciò che mi aspettavo di vedere: un gruppo di gente armata.

-Come va?- mi chiede Adrian, seduto a mezzo metro da me oltre la finestrella munita di sbarre che ci divide. Io gli sorrido leggermente...perchè ho la risposta migliore che possa dargli.

-Sto da dio.-

Ed è vero, incredibile. Non mi fa male la testa, non mi sento stanca...ho stranamente voglia di muovermi. Mi sento viva.

Era da un po' che non stavo così bene.

-Come diavolo ha fatto?- chiedo, giusto per sapere cosa deve subire il mio povero corpo. Da qualche punto oscuro del retro del furgoncino giunge a spiegare la voce di Witness:

-Non ne abbiamo la più pallida idea. Fenicia ha il potere di ridare energia, non sappiamo perchè o come lo faccia.-

-E perchè sono svenuta?-

-Perchè non sai fare altro...?- replica la voce di Von Coulsen, ma Evan lo spegne subito con il suo tono amichevole:

-Sta' zitto o ti sparo nelle palle.-

Lo amo troppo.

-Ragazzi...- mormora Witness per ricordare loro che non è una gita di piacere quella che stiamo facendo nè un tour accelerato sulla flora danese, e miracolosamente Von Coulsen non dice più niente.

Visto che non mi piace che tutti si facciano i cazzi miei, mi volto verso Evan e gli sussurro:

-Mia madre?-

-Non è voluta venire.- risponde subito lui. Si volta leggermente verso di me, quasi volesse valutare la mia reazione.

O forse è semplicemente preoccupato. Come si comporta la gente normale in situazioni del genere?

-Saresti stata più contenta se fosse venuta...?-

-No. È meglio così.- lo interrompo, e sono sincera. È un problema in meno a cui pensare, no? Non posso preoccuparmi per tutto.

Facciamo una curva sul sentiero fangoso e circondato dagli alberi e, all'improvviso, eccoci qua.

Io ed Evan siamo gli unici a vederlo. Del resto, siamo gli unici che possono vedere il mondo fuori dal furgoncino.

-Siamo arrivati?- domando a Evan. Lui annuisce, sempre con quella sua espressione pratica, e mi lancia addosso un paio di manette mentre dice:

-Mettitele. Così penseranno che sei prigioniera.-

-Non sono un po' scomode per dopo?- noto io, chiudendomi una manetta attorno al polso e tentando di fare lo stesso con l'altra senza slogarmi qualcosa.

-Basta che tiri uno strattone forte e si aprono, non temere. Mica ti voglio consegnare a quella brava gente.-

Finisco di mettermi le manette e rialzo gli occhi, non sapendo cosa pensare sulla base di Nathan che abbiamo appena raggiunto.

È un parallelepipedo grigio e senza finestre, sperduto in mezzo agli alberi.

-Certo che gli architetti qua non hanno fantasia, eh.- non riesco a trattenermi dal notare, sempre con questo mio talento del dire cose fuori luogo in situazioni drastiche.

Evan mi ignora bellamente e si volta verso il retro del furgoncino:

-Allora, gente? Andiamo?-

Restano in silenzio per qualche secondo. Qualche secondo di troppo, e tutto questo tempo mi fa pensare che forse rinunceranno a sacrificare le loro vite per aiutarmi e decideranno di tornarsene a casa, ad aspettare che io vinca o perda la mia eterna guerra contro il male...

-Andiamo.- dice una voce. È Robert Nicolson che ha pronunciato la parola magica, e sento che ha parlato a nome di tutti.

Dannati masochisti, se moriranno mi sentirò in colpa fino alla fine dei miei giorni.

Ah, giusto: probabilmente questo è l'ultimo dei miei giorni.

-Andiamo.- ripeto anch'io e, finalmente, Evan guida il furgoncino verso la base di Nathan.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Un attimo di troppo ***


La chiara dimostrazione che sono una Faber è la calma innaturale che ora mi pervade il cervello mentre varchiamo l'entrata della base di Nathan. Oppure, più semplicemente, mi hanno dato un tranquillante e non me ne sono accorta. Chi lo sa.

Come bravi scolaretti, seguiamo Evan mentre lui ci fa entrare nella prima stanza della base nemica. Siamo tutti ammanettati e tutti armati, chi della propria mente, chi di una mitraglietta di quelle belle e spietate e perfette. Cioè, io dovrei arrangiarmi con la mia mente?!

Dicevo: varchiamo l'entrata della base di Nathan. Sorpresa delle sorprese, non ci ritroviamo in un atrio o in un qualcosa di metallo; ci ritroviamo completamente al buio.

Stupendo. Siamo in una stanza buia e qualcuno potrebbe spararci addosso da un momento all'altro e io non penso di essere abbastanza pronta a bloccarli, non dovrebbero fare così affidamento su di me. Come se non fossi già occupata nello schermare la mente di quelli che ci stanno guardando per nascondere ai sensori della "stanza nera", come l'ha chiamata prima Evan, le armi dei miei carissimi amici.

-So di essere uno di quelli che gli uomini non amano...- afferma una voce metallica che mi pare stranamente annoiata...ma vengo distratta più dalle parole che ha detto che dal suo tono, perchè riconosco subito queste parole.

Del resto, Shelley era il poeta preferito di Nathan anche nella mia dimensione.

-...ma sono di quelli di cui si ricordano.- completa Evan con voce chiara. La voce annoiata sembra rianimarsi miracolosamente mentre dice, con tutt'altro tono:

-Sanders. Non ti si vede in giro da un po'.-

-Ero in missione per Nathan.-

-E hai avuto successo, vedo. Sbaglio, o quella è...-

-Fatti i cazzi tuoi e apri la porta. Lo sai che a lui non piace aspettare...e sono già in ritardo.-

Dopo due secondi, una porta si apre miracolosamente davanti a noi. Evan scatta all'istante e, dopo che ci riprendiamo dal rincoglionimento post buio totale e dall'acciecamento della luce improvvisa, lo seguiamo.

Arriviamo nella solita stanza grigia, decadente e con dubbia utilità: non è nemmeno troppo ampia e c'è solo una specie di tablet attaccato al muro accanto alla porta esattamente di fronte a quella che abbiamo appena attraversato.

Ed è una stanza completamente vuota.

Come pattuito, nessuno di noi dice una parola. Siamo prigionieri di Evan, no? Quindi non ci resta che aspettare la sua prossima mossa.

-Muovetevi senza permesso e vi ucciderò prima che abbiate il tempo di solo capire che state per morire.- ci dice amabilmente, poi punta gli occhi sul pavimento e comincia a cercarci qualcosa.

Dopo qualche istante fa un passo avanti e si blocca e, come ci aveva detto, una voce registrata rimbomba per la piccola stanza:

-Sanders, Evan. Non contaminato. Cinque minuti di tempo per attraversare la stanza. Allo scadere del tempo concesso partiranno i laser.-

Giusto, giusto, come dimenticarsene. Cinque minuti e un secondo e chi rimane qua si ritroverà sfilettato come il prosciutto al supermercato.

-Muovetevi.- ci dice Evan. Ci muoviamo in massa verso la porta che ci manderà avanti e che tra poco dovrebbe aprirsi...

Ok.

Si sarebbe già dovuta aprire.

C'è qualcosa che non va.

-Aspettate.- ci dice Evan come lo direbbe a dei prigionieri (è innegabilmente un bravo attore), poi fa qualche passo verso la porta e comincia a studiare il tablet nel muro.

Lo guarda per un po', prima di voltarsi verso di me.

-Tu. Vieni qua.-

Gli obbedisco e, finalmente, guardo da vicino questo schifo tecnologico.

Sullo schermo bianco spiccano quasi dolorosamente delle parole nere, scritte in piccolo e piuttosto misere:


Un test per la mia sorellina:


Domandate a chi ama:
Domandate a chi vive:
Domandate a chi adora:


Distruggere...


Ok.

Cinque minuti mi paiono troppo pochi.

-Cosa ci dovrei fare?- sussurro, cercando di dare alla mia voce un tono più da prigioniera possibile.

-Trova una soluzione. Nathan l'ha lasciato per te.- risponde Evan in una maniera che mi sembra troppo morbida. Poi alza di scatto gli occhi e dice a non so che:

-Nathan! So che mi senti, quindi smettila di fare cazzate e facci passare prima che i laser si attivino!-

Gli risponde il silenzio.

D'accordo. È ora di far lavorare il cervello.

Domandate a chi vi ama...domandate a chi vive...un secondo.

L'ho già sentito.

-Devo completare le frasi. Posso?- chiedo a Evan, sempre tentando di sembrare prigioniera eccetera eccetera. Lui mi fa un cenno di assenso e, appena sfioro con un dito lo schermo, compare un cursore e una tastiera appena sotto le scritte.

Era una ripetizione. L'aveva studiata per ore prima di un esame, me lo ricordo.

Si ripeteva qualcosa, qualcosa come...

-"Domandate a chi ama: cos'è l'amore?"- mormoro, e intanto scrivo -"Domandate a chi vive: cos'è la vita?"-

Nathan non si ricordava mai la terza frase. Guardava ogni volta i suoi appunti, e aveva trovato un modo per impararla. Shelley aveva scritto qualcosa di straordinario, per l'epoca in cui visse...era stato cacciato per quello, perchè ai suoi tempi l'ateismo era visto malissimo.

Ecco qua.

-"Domandate a chi adora...chi è dio?"-

-Due minuti.- mi dice Evan -Muoviti.-

Mi trattengo a stento dal rispondergli male, come sempre ho fatto, e leggo la parola scritta un po' più lontana dalle altre.

Ah, no, non c'è solo una parola. Ci sono anche ben tre puntini di sospensione.

Che gran figlio di puttana, qualcosa di più difficile non poteva trovarlo, eh?

D'accordo. Ripassiamo. Cosa amava follemente Nathan?

Beh...Mina. Magari è qualcosa connesso con lei. Ma...no, è sbagliato. C'è scritto "Per la mia sorellina", non "Per Mina".

Era ossessionato da Percy Shelley, ok, ma faceva altro nella vita. Leggeva un casino, quasi quanto me...spero non abbia preso una citazione da uno dei suoi libri, perchè ci sono un sacco di frasi che cominciano con "Distruggere".

Ma quei tre puntini...nessuno scrittore metterebbe tre puntini tra un verbo e il resto della frase. O è qualcosa detto da una persona morente, o è un film.

E c'è un film, sì...un film che Nathan ha visto solo una volta, ma l'ha amato alla follia.

Distruggere...

-Fa parte del processo creativo!- quasi grido. Digito ogni lettera stando attenta a non sbagliare e, appena quelle cinque parole completano la citazione, la porta si apre.

-Fuori, forza!- esclama Evan, e tutti ci muoviamo a seguire i suoi ordini.

Ci ritroviamo in un'altra stanza, buia per le finestre semi oscurate ma non troppo da non permetterci di vedere subito cosa c'è al centro della stanza.

Una specie di mini navetta spaziale metallica.

Questo fa sciogliere completamente i ranghi del gruppo: Catchlyt scatta subito verso quella specie di palla gigante sorretta da tre gambe di ferro e legge il display che c'è sopra, mentre Witness boccheggia un po' e gli altri si guardano tra loro, confusi.

-Non ci posso credere...- mormora Witness.

-Che roba è?- chiede Von Coulsen con una voce stranamente non da rompicoglioni. Gli risponde Catchlyt, continuando a studiare quel display:

-Il generatore. E...cristo, non l'ha ancora attivato. Lo possiamo fermare...-

È come se sentissi qualcosa picchiarmi sulla mente.

Qualcosa di...strano.

Mi volto verso il punto più in ombra della stanza; uno scintillio attrae la mia attenzione...e vedo qualcosa che non mi sarei mai aspettata di vedere.

Sembra la tomba di cristallo di Biancaneve. Solo che è molto meno fiabesca e, dentro, non c'è una principessa addormentata.

Dentro ci sono io. O almeno, una versione di me.

Ma non ho tempo di soffermarmi su questa cosa parecchio inquietante, perchè c'è altro.

Appoggiato alla teca c'è Nathan.

Ha gli occhi puntati su di me e sono semplicemente spietati, come mai li ho visti. Picchietta i polpastrelli delle dita della mano che ha posato sul vetro della teca senza fare rumore, 
quasi fosse sovrappensiero. Sarebbe completamente invisibile, con i suoi vestiti neri e la carnagione un po' scura, come se avesse viaggiato, che si mimetizza perfettamente con l'ombra di cui è ammantato...ma lo tradisce la luce che i suoi occhi riflettono. Perchè è strana; è come malata.

-Nathan.- gli sussurro.

Stranamente, nonostante sia praticamente circondata da gente che può leggermi la mente, l'unico che mi sente è anche l'unico che non è capace di farlo.

Non riesco a staccare gli occhi da mio fratello, ma so che Evan si è voltato, l'ha visto e, quasi senza pensarci, ha puntato la sua pistola verso Nathan.

Mi ci vuole solo un attimo per sapere anche cosa accadrà...ma è un attimo di troppo.

Evan preme il grilletto, e io capisco che Nathan è perfettamente capace di respingerlo.

È sempre questione di un attimo, vero?

Nathan non fa il minimo movimento. Sposta solo gli occhi, guardando per un istante Evan. E il proiettile, invece che piantarsi nella testa di Nathan, va a finire nel petto di Evan.

Solo dopo riesco a girarmi verso di lui.

Ma è un attimo di troppo.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Il piano malefico va a compimento ***


E adesso?

Evan rantola a terra, non riesce a fare altro. Perde troppo sangue.

Gli altri si sono accorti di cosa è successo. Quasi tutti sono pietrificati dal terrore (cosa possono fare di fronte a uno che respinge le pallottole?)...ma non Catchlyt e Nicolson: puntano le loro pistole verso Nathan e, razza d'idioti, sparano.

Stavolta vedo tutto. Sarà perchè sono in una specie di shock, anche se non ci penso nemmeno...ma vedo tutto.

I proiettili rallentano e si fermano a venti centimetri dal volto di Nathan. Lui li studia per qualche istante, come fosse incuriosito da essi...poi sposta gli occhi verdo di me.

E stavolta riesco a vedere.

I proiettili schizzano a velocità stellare verso un punto accanto a me. E, ancor prima di rendermene conto, allungo un braccio per deviarli verso l'alto e gli grido:

-Fottuto stronzo di merda!-

Perchè ha mirato a Evan.

Figlio di puttana.

-Grazie per la tua finezza, Ivy. Non serve a niente, ma grazie. Perdonami se uso un tramite così...abbietto, diciamo, ma non posso fare altro.-

Mi volto di scatto, come tutti, verso Von Coulsen. Come tutti, mi chiedo perchè diavolo abbia detto queste parole e perchè abbia un'espressione strana, quasi assente...

Poi ci arrivo, e mi giro verso Nathan.

Lui continua a fissarmi con quello sguardo malato.

-Sì, sono io. È logico che tu non lo sappia, del resto, Evan è partito per portarti da me prima che ultimassi gli esperimenti...ma non importa. Non sarà un problema, vero?- sento che dice Von Coulsen, e Nathan sorride leggermente -Potresti farmi il favore di aprire la mente, adesso? Non ho voglia di sprecare energie nel controllare il cervello di questo coglione...sarebbe più semplice parlarci faccia a faccia, no?-

-No.- gli rispondo io. Il sorriso non gli scompare dal volto mentre fa dire a Von Coulsen:

-Non mi lasci altra scelta, allora.-

Uno sferragliare alle mie spalle attrae la mia attenzione: mi volto di nuovo e vedo qualcosa di decisamente problematico.

-Obbedisci.- dice Catchlyt, mentre Von Coulsen punta la sua mitraglietta verso la testa di Evan -O gli ordinerò di sparare.-

-Tanto...- comincio, ma un groppo in gola m'impedisce di continuare. Evan respira ancora, a fatica...ma ha chiuso gli occhi. E c'è davvero troppo sangue. -Tanto lui è andato.-

-Pensi sia così stupido da sprecare una risorsa del genere? Andiamo, Ivy, così mi offendi.- dice Nathan attraverso Catchlyt -Ha solo un polmone perforato. A parte il proiettile, ovvio...comunque, in questo stato ha ancora qualche ora da vivere, se è fortunato. Potrebbe salvarsi. Vuoi avere la sua morte sulla coscienza?-

Ho voglia di ammazzarlo. Una voglia terribile di strozzarlo con le mie mani.

Ma non sono una bambina; devo pensare agli altri.

-Farò quello che vuoi se li lascerai tutti. Tranne me...ed Evan, se lo vuoi tenere qua così che io collabori.-

-E perchè dovrei farlo?- chiede Catchlyt. Ora Nathan non sorride più.

-Evelyn...- sento chiamare dalle mie spalle. Poi accade tutto velocemente: Catchlyt punta la sua arma verso Witness e gli ringhia contro:

-Non mi pare di averti dato il permesso di parlare!-

Witness guarda Nathan, poi guarda me. Ha un'espressione strana stampata in faccia.

-Lui è debole. Puoi romperlo facilmen...-

Vedo i muscoli della mano di Catchlyt che si tendono mentre lui comincia a piegare l'indice per premere il grilletto. Un secondo, e Witness sarà morto per aver detto sei parole di troppo...

FERMATI.

Catchlyt si blocca subito e, anche meglio, abbassa il braccio. Poi sbatte le palpebre un paio di volte e mi guarda come a dire "Cos'è successo?".

Mi volto verso Nathan e, in fondo, non sono troppo sorpresa di vedere che sta sorridendo di nuovo.

-Bene. Davvero notevole.- dice con la bocca di Von Coulsen, che ha ancora la mitraglietta puntata verso Evan -Mi hai cacciato dalla sua mente. Potrei rientrarci quando voglio, potrei farlo con tutti loro, e ogni volta tu li libereresti...e lo sai. Perchè non sei preoccupata, allora?-

-Te l'ho detto. Loro non c'entrano.- gli rispondo. Sposto per un istante gli occhi verso la tomba di vetro della versione morta di me, poi guardo ancora Nathan.

Cosa farebbe Evan adesso? Cercherebbe di salvare più gente possibile. E penso che aspetterebbe il momento migliore per agire, senza fare cretinate.

Di solito sono io a farle.

-Tu vuoi che ci siano solo pensatori, che muoiano i normali. Ma i pensatori non sono poi così tanti, no? Allora perchè sacrificare un gruppo di pensatori così potenti in modo così stupido? Mi sto offrendo a te...non fare inutili spargimenti di sangue. Hai me, ora.-

Picchietta un po' di volte le dita sulla teca di vetro. Poi, finalmente, Von Coulsen sposta il braccio con la mitraglietta e dice:

-...bene. Mi hai convinto, ho deciso di dare loro una possibilità. Ma se farai qualcosa, qualunque qualcosa, ordinerò ai miei di far loro del male.-

Far loro del male. Non ucciderli, ma farli soffrire il più a lungo possibile.

Figlio di puttana.

-Faber!- ringhia Catchlyt. Dopo qualche secondo realizzo che ce l'ha con me. -Non pensare che ti lasceremo qua...-

SEGUITE I SUOI UOMINI. ANDATEVENE.

Come un gregge obbediente, tutti loro cominciano a camminare verso la porta da cui siamo entrati e oltre la quale mi sembra inspiegabilmente di scorgere una stanza diversa da quella dei laser.

Così restiamo io, Nathan e la bella addormentata. Ed Evan, ovviamente.

Nathan continua a fissarmi, come se attendesse qualcosa. Così io faccio la cosa più stupida della mia vita: apro la mia mente.

-Finalmente.-

Cristo. È il pensiero più forte che abbia mai sentito...come il traviamento, ma non condiziona. È come se avesse parlato ad alta voce nella mia testa.

Non è piacevole.

-Perchè non puoi parlare?- gli chiedo. Lui si stacca dalla teca e fa qualche passo accanto a quella, passando una mano su un suo spigolo. Ha gli occhi puntati sull'altra me, e non riesco proprio a capire se sia morta o no.

Quasi automaticamente, appena Nathan si sposta mi muovo anch'io in modo da essere sempre tra lui ed Evan...e ovviamente lo nota subito.

-Dai, vai da lui. Non vale la pena di farlo morire dissanguato.-

Tanto l'avrei fatto lo stesso, e Nathan lo sa benissimo.

Beh, fottesega. Dopo due secondi sono accanto a Evan...ed è troppo pallido.

Allora. Io sono una persona intelligente anche se non lo dimostro, quindi mi ricordo cosa devo fare quando mi ritrovo accanto a qualcuno che perde troppo sangue.

-Evan?- tento inutilmente -...Evan?-

Ok, non mi sente. Cosa devo fare adesso?

Il sangue, Ivy. Non ne deve uscire più.

Mi accorgo che mi tremano le mani solo quando comincio a slacciarmi il giubbotto antiproiettile che fino ad ora è stato molto utile. Poi slaccio anche il suo e cerco in tutti i modi di non muoverlo mentre glielo apro per vedere per bene il buco che ha sul petto.

La maglia che ha sotto è piena di sangue.

Ok, Ivy, ok. Mi tolgo il mio maglione, lo appallottolo e glielo metto sulla ferita, tentando di premere abbastanza per fermare l'emorragia. Cioè, io spero che si fermi, prima o poi. Ma premo troppo e risveglio il bell'addormentato.

-...Ivy?-

-Oh, eccolo qua.- dico con una voce che non sembra sicura nemmeno nella mia mente -Riposa pure, tanto ci sono io qua che faccio tutto.-

-...lo so...idiota.- mi risponde lui. Sempre simpatico, ovvio, anche quando gli sparano. -Non preoccuparti...puoi ucciderlo...-

-Non posso.-

Tenta di tirarsi su ma non ce la fa. Allora solleva il braccio destro e mi caccia via le mani per premersi da solo il maglione sulla ferita.

-Puoi fermarlo solo tu. Devi farlo...-

-No, non ce la faccio.-

La salvatrice del mondo ha una voce da bambina frignona. Bene.

-Sì che ce la fai.- dice Evan, non staccando nemmeno per un istante gli occhi dai miei -Quello non è Nathan, Ivy. È un mostro, solo un mostro...fermalo.-

Non sono parole di uno che ha perso la speranza e che cerca di incoraggiarmi perchè pensa che non ce la possa fare. Lui crede davvero in me, glielo leggo negli occhi.

Come potrei deluderlo?

Annuisco un paio di volte, per fargli segno che ho capito, e lui sorride. Sta per crepare e sorride.

Così, mi rialzo e mi volto verso Nathan. Non si è spostato di un centimetro, sempre accanto alla teca ad attendermi. Mi punta gli occhi addosso, come se dovessi fare qualcosa.

-Ah, giusto.- borbotto quando capisco, poi gli apro la mia mente e mi ripeto che sono una deficiente per cedergli così.

-Ora che hai appurato che non morirà a breve puoi fare quello per cui ti ho fatta venire fino a qua.-

-Cosa sarebbe, di grazia?- gli chiedo, giusto per vedere se è il tipo di cattivone che racconta il suo piano malefico quando ha palesemente vinto. Lui sorride leggermente e dice con voce (mentalmente) tranquilla:

-Sta' calma, è già tutto pronto.-

Detto ciò, si stacca finalmente dalla teca e si avvicina al generatore; quasi un istante dopo io mi sposto verso l'altra me. Sì, mi voglio vedere da vicino.

È mortalmente pallida...e non respira. Ok: è un cadavere.

-Cosa le hai fatto?- chiedo a Nathan, voltandomi verso di lui. Sta digitando qualcosa sul display del generatore, assorto ma non troppo per rispondermi:

-Niente. È stato nostro padre ad ucciderla quando ha capito che era troppo pericolosa.-

Ah. Forse ho capito.

-In questa realtà lei è morta quando son...è caduta dalla scogliera?-

-No. È sopravvissuta ed è stata prigioniera con tutti noi. Papà ha piegato noi...ma lei no. Lei si è opposta alla sua tirannia, e lui l'ha tolta di mezzo.-

Beh, è sempre un'altra versione di me. Ovvio che si sia ribellata, no? Siamo tutte scassapalle.

-E perchè è in questa teca, ora?-

-Perchè tra poco ricomincerà a vivere...e no, Ivy. Non sono quel tipo di cattivone che racconta il suo piano malefico quando ha palesemente vinto...semplicemente, non ho niente da fare mentre ultimo il piano.-

Ah. Giusto. Ho la mente aperta.

All'mprovviso, Nathan si volta verso di me...e vedo che adesso ha uno strano sorriso stampato sul volto e l'indice posato su un pulsante giallo.

-Scusami, Ivy. Non augurerei questo nemmeno al peggiore dei miei nemici. Ma, sai...devo farlo. Lei è mia sorella.-

Anche io lo sono.

-Sai che non è così.-

Poi preme il bottone, ed è come se mi strappasse il cuore dal petto.


Sento di aver cominciato ad urlare, ma dopo pochi secondi non me ne accorgo più. È come se mi fossi staccata dal mio corpo, rattrappita nel fondo della mia mente...in cerca di un rifugio.

Perchè una parte di me, quella dove i poteri sono terribilmente forti, sapeva già cosa stava accadendo: sapeva che Nathan è entrato nella mia testa per trovare ciò che la distingueva dalle altre, per installare quel "codice" nel generatore. Sapeva che l'ha fatto perchè il generatore può strapparmi tutti i poteri così da caricarsi per trasferirli da qualche altra parte...in un altro corpo.

In un'altra me?

Ma ciò che quella fin troppo intelligente e poco comunicativa parte di me non aveva capito è abbastanza importante...e me ne accorgo presto.

Perchè li sento urlare.

Sono tutti attorno a me. Mi circondano, sento il loro dolore. Stanno morendo...stanno morendo tutti.

Ed è colpa mia.

Cristo, è tutta colpa mia.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Cose da tutti i giorni ***


-Ci sei?-

Sbatto un paio di volte le palpebre, confusa.

Dove cazzo sono? Cosa cazzo sta succedendo?

-Ivy...tutto bene?-

Sono seduta su una panchina di pietra piazzata in mezzo a un giardino interno di quello che, a prima vista, sembra un monastero. Il cielo è azzurro come mai l'ho visto e il sole splende al massimo della sua potenza...e seduto accanto a me c'è Nathan.

È strano.

-No, sul serio, tutto ok?- mi chiede lui. Ha un'espressione preoccupata, come se si aspettasse di vedermi svenire da un momento all'altro.

-No, cioè...ecco...- farfuglio, al massimo della confusione. Poi abbasso lo sguardo e stranamente ricordo tutto quello che sta accadendo quando noto il colore del vestito che indosso.

Ah, già. Il matrimonio e tutto il resto. Siamo qua perchè Nathan voleva parlarmi in privato, da fratello a sorella, visto che per un po' non potremo farlo.

-Allora? Che volevi dirmi?- gli chiedo sorridendo, stranamente tranquilla. Lui mi studia per qualche istante, poi sorride di rimando e dice:

-Ero preoccupato che fossi in ansia per, sai, tutto quello che succederà...ma sei calma. Dov'è finita la mia sorellina costantemente isterica?-

-Ha notato che il fratello costantemente coglione sì è fatto una bella famiglia e quindi pensa di potercela fare anche lei?-

Mi sento davvero calma. Come se non avessi niente da temere. Che cosa fantastica...

...ma perchè, poi? Sono all'inizio della mia vita, ci sono infinite possibilità e me la sto facendo sotto. Allora perchè sono tranquillissima?

-Sì, ok, grazie mille, Ivy. Ma...allora non hai nemmeno un po' di ansia? Mi ero preparato a farti un mega discorso su quanto sia bella la vita di coppia e che è un grande passo e che non dovrai avere paura perchè...-

-Ho visto Harry ti presento Sally, grazie.-

-...sì, vabbè. Hai capito.- sbuffa Nathan con aria stizzita. E torna serio ad una velocità incredibile:

-Ma sei sicura di non aver paura di...tutto? Sarà difficile. Stressante, a volte. Litigherete, e dovrai chiudere quella boccaccia per far passare tutto. Considerando come siete voi due direi che accadrà presto. Vivrai con questo rimorso per sempre...-

-Cosa?- lo interrompo subito, allibita -Vivrò con questo rimorso per sempre? Non la stai mettendo giù troppo pesante...-

-Ragazzi! Occhio allo sposo!-

La voce della mamma non mi è mai sembrata così allegra. Tanto lo so che, sotto sotto, alla fine oggi è felice solo perchè nel fiore della mia adolescenza temeva che avrei finito i miei giorni acida, zitella e sola col mio stuolo di gatti da compagnia...e invece no. Finirò i miei giorni acida e col mio stuolo di gatti da compagnia e con Evan.

Se non ci ammazziamo prima, ovvio.

-Vattene via!- grida Nathan verso dove è giunta la voce della mamma, oltre le piante del giardino interno che ci circondano.

-Andiamo, non potete credere davvero che porti sfiga vederla vestita di bianco prima della cerimonia...- sento sbuffare da qualcuno che conosco bene. Io alzo gli occhi al cielo e sorrido e replico:

-E se poi inciampi e muori perchè non hai saputo aspettare?-

-Morirò felice perchè questo è il giorno migliore della mia vita?-

-Drogati meno.-

-E tu smettila di credere in idiozie e, dai, voglio solo parlarti...-

-Vattene o non ti sposo.- lo interrompo amabilmente.

Evan resta in silenzio, il che mi farebbe pensare che si sia offeso...se non lo conoscessi bene. Infatti dopo qualche istante dice:

-E va bene. Ci vediamo all'altare.-

-Così la fai sembrare una minaccia!- nota Nathan scoppiando a ridere.

-Ma lo è!- risponde la voce della mamma da una distanza che mi pare maggiore rispetto a quella di prima. Probabilmente sta trascinando via a forza Evan.

-Ivy! Solo una cosa!- grida ancora lui. Sento che il sorriso che ho stampato in faccia è ancora lì, e gli chiedo:

-Sì?-

-Non è colpa tua! A presto!-

Detto questo, sento una porta che si apre e si richiude: sono rientrati in chiesa.

E io punto gli occhi su Nathan, confusa come non mai.

-Non è colpa mia? Che intendeva?-

-Perchè ti preoccupi di queste cose?- nota lui con un tono allegro -Ti stai per sposare, cazzo! La mia sorellina si sposa...dov'ero, col discorso di prima?-

Sembra proprio sperduto, così gli suggerisco io il punto in cui ci avevano interrotti:

-Vivrai con questo rimorso per sempre, e devo dire che non è molto incoraggiante...ehi, un secondo. C'è qualcosa...di strano. Qua non ci sono porte, giusto?-

Perchè questo dettaglio mi sembra più che importante, adesso?

-Sono venuta qua in gita da piccola, con la scuola.- dico a Nathan, ed è come se non comprendessi qualcosa, qualcosa di ovvio -Non c'erano porte. Mi ricordo, l'hanno detto tantissime volte.-

-Mi stai dicendo che vuoi fare la guida turistica o...?-

-Allora che porta hanno chiuso Evan e la mamma cinque secondi fa, quando entravano?-

Nathan resta in silenzio. E, non capisco come, so che non è un silenzio da "oddio è impazzita".

-...Nate?- lo chiamo. All'improvviso la mia voce mi sembra debole. E il cielo è troppo azzurro.

E il mio vestito da sposa è un'illusione.

-...Nathan, cosa sta succedendo?- sussurro. Non riesco a staccare gli occhi da quello che mi sta attorno, perchè è come se le piante, il terriccio che fa da sentiero fino alla panchina, il cielo...è come se stessero oscurandosi.

Non sono così sorpresa quando vedo che anche Nathan sta diventando opaco.

-Scusa.- mi dice con una voce che sembra faticare a dire ogni lettera -Scusa, Ivy. Non volevo che lo capissi. Mi dispiace.-

Sembra quasi che stia diventando di pietra.

-Capire...cosa?- domando io. Ma non ho bisogno di sentire la risposta.

Perchè già la conosco.

Come se mi potesse leggere nel pensiero, la statua che era stata Nathan mi sorride leggermente, con amarezza:

-Lo sai.-

-E invece no.- gli rispondo, ma non suono sicura neanche a me stessa.

Il Nathan che non è Nathan smette di sorridere e non bada alle piante attorno a noi che si stanno solidificando, perdendo ogni colore, mentre mi dice:

-Sei sempre stata cocciuta. Come nessuno prima. Hai creato un nuovo mondo, sei morta e rinata così tante volte in ogni dimensione che è come se avessi vissuto mille esistenze diverse...ma eri sempre te. Tu e i tuoi poteri siete una cosa sola, in ogni realtà.-

-...è uno scherzo, vero?- domando. Poi mi viene un dubbio terribile, e gli chiedo:

-Dov'è Evan?-

Il falso Nathan non stacca gli occhi dai miei mentre risponde:

-Lo sai. Sai dov'è lui, dov'è Nathan...dove sei te davvero. Non puoi scappare.-

-Io non scapperei mai.- gli rispondo quasi per istinto. O forse...forse non per istinto. -Non sono scappata perchè ho paura.-

-E perchè, allora?- mi chiede Nathan.

Alzo gli occhi verso il cielo. Non è più azzurro: ora è grigio, scuro. Morto. Anche le piante che ci stanno attorno sono morte, pietrificate in un istante di questa falsa esistenza che ho concesso loro. Come tutto, qua...sono false.

False.

-Ho sentito le loro voci.- sussurro a Nathan, guardandolo ancora negli occhi -Li ho sentiti gridare. È tutta colpa mia...-

-No.- m'interrompe lui. Stranamente, riesce a sorridere nonostante abbia il volto quasi di pietra mentre alza una mano e, quasi con tenerezza, mi asciuga una lacrima dalla guancia. Non mi ero accorta di piangere.

-No. È stata una scelta di Nathan, tu sei una vittima esattamente come loro. Non hai colpe per ciò che è accaduto.-

-Ma sono morti.- non riesco a non dire -Tutti i normali...-

-Ed è orribile. Sì. Ma non è colpa tua, Ivy. Non lo è mai stata. Anzi, per tutto questo tempo non hai mai agito, sei stata in balia dei tuoi poteri e degli avvenimenti...-

-Adesso basta.- lo interrompo, e lui capisce subito cosa intendo -Basta. Non ho mai voluto questi poteri. Non ho mai voluto che mi dessero la caccia o volessero uccidermi per questi poteri. Non li ho mai chiesti...ma tutto quello che è successo è colpa mia, perchè non ho mai fatto niente per impedirlo...-

-Ora puoi impedire che accada il peggio.-

Guardo ciò che ha creato la mia mente, la statua con la faccia di Nathan, e gli chiedo:

-E come? Tutti i normali sono morti. Nathan si è preso i miei poteri, tra poco mi lascerete per sempre. Evan...Evan sta morendo.-

-Sai cos'è un problema abbastanza serio, Ivy?- mi domanda la statua. Io la fisso, non capendo, e quella pare divertita mentre conclude:

-La risposta è quasi sempre l'ovvio. Hai passato tutto il tempo a pensare a come usarci per salvare il mondo...quando adesso basterebbe un'azione alla vecchia maniera.-

Improvvisamente, la statua si alza dalla panca di pietra al centro del giardino di pietra. Si infila le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti che indossa (e che, stranamente, sono di pietra ma sempre di tessuto) e mi fissa per qualche istante.

-Non dannarti. Torneremo da te, prima o poi, e potrai salvare davvero tutti. Ma per ora...per ora devi accontentarti di salvare quelli che puoi. Se loro morissero, beh, sarebbe completamente colpa tua...per i normali servirà tempo. Prima o poi riuscirai a dormire senza avere incubi.-

Non so perchè, ma senza alcuna aspettativa sento qualcosa simile al panico bloccarmi la gola e farmi spalancare gli occhi quando realizzo che la statua se ne sta per andare.

-Come farò senza di voi? Fate parte di me, non posso...-

-Ce la farai.- m'interrompe -E, se non credi alla mia parola, credi a quello che vedi.-

-Cosa vedo?- gli chiedo. Lui guarda il cielo, le piante, me.

-Un mondo di pietra. Sicuro, immutabile: ti aspetteremo.-

So che lo faranno. Del resto...i poteri non mi hanno abbandonata nemmeno quando sono morta, no? Quasi non me ne accorgo, accade in un attimo. In un momento sono nella parte più profonda di me, dove ci sono solo i poteri (forti, certo...capaci di creare illusioni per proteggermi da una realtà che non voglio affrontare). Dopo un altro momento sto tornando indietro.

Senza poteri, completamente inerme. Colpevole della morte di tutti i normali.

E l'unica speranza per gli altri.

Cose da tutti i giorni, insomma.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Prendo a calci di tutto ***


La prima cosa che vedo quando riapro gli occhi è parecchio strana. Insomma, chiunque resterebbe un attimo spiazzato, dopo aver avuto una specie di viaggio psichedelico interiore, nel vedere se stesso, un momento prima decisamente morto, parlare come nulla fosse al caro fratello resuscita-gente.

-Nathan.- è la prima parola che lei dice. Sorride come io non sarò mai capace di fare e lo abbraccia all'istante, di slancio. Vedo infine comparire un sorriso anche sul volto di Nathan.

-Finalmente.- sussurra mentalmente lui...e subito l'altra me fa un passo indietro.

-Cosa...cosa hai fatto alla tua voce?- gli chiede con gli occhi spalancati.

Strano. Chissà perchè, ero convinta che l'altra me fosse a conoscenza di tutto quello che stava accadendo. Perchè, poi? È appena tornata in vita.

-È stato...un effetto collaterale.- le spiega Nathan.

Poi sento parlare una voce che non mi sarei mai aspettata di udire in questo momento.

La mia.

-Un effetto collaterale come i normali che hai appena ucciso?-

ZITTA.

Sento le mie labbra stringersi di scatto e i muscoli della gola irrigidirsi all'istante...e non voglio provare a parlare. Non voglio nemmeno tentare.

Oddio. Subire il traviamento fa proprio schifo.

Nathan non mi ha condizionata in modo da farmi zittire anche il cervello, quindi riesco ancora a pensare. Il che è un bene...visto che qua si sta mettendo proprio male.

Poi mi accorgo che l'altra me mi sta fissando.

-Nate...- sussurra, come se non potesse crederci -Che hai combinato?-

-È stato semplice, in realtà.- le risponde subito lui. Non si è accorto di quello che a me pare evidente, anche se non posso più leggerle nella mente...sembra soddisfatto come un bambino che racconta alla propria madre qualcosa che ai suoi occhi, e ai suoi soltanto, appare come eroico -Il generatore poteva riportarti in vita. Può fare di tutto, in realtà, ma ha bisogno di energia per attivarsi...e ho preferito usare quella che mi era offerta per te che per gli altri...-

-Che tipo di energia?- lo interrompe l'altra me.

Finalmente Nathan si accorge che c'è qualcosa che non va. Ma, nonostante ciò, continua a spiegarle l'orrore che ha appena compiuto.

-Servivano i poteri, i più grandi esistenti. Per questo ho fatto portare qua la versione di te più potente, così che lei desse i suoi poteri al generatore. Ed è servito anche un tributo, ovviamente.-

Ovviamente.

Cristo santo. Ovviamente.

-Ma non potevo uccidere quelli della nostra razza...siamo già in pochi, no? Quindi ho dato al generatore gli altri. I normali.-

-I nor...- comincia a ripetere l'altra me, come se non potesse ancora crederci. Poi sposta di nuovo gli occhi verso dove sono io...anzi, no. Li punta su qualcuno per terra accanto a me.

Lui non è un normale. L'ho dato per scontato e ho fatto bene: perchè lui è come me...solo al mio opposto. È completamente immune, ma non è un normale.

È vivo.

-...Evan?- sussurra l'altra me. E ha una voce così disperata che finalmente capisco che lei è davvero un'altra me.

-Sta bene. Lui non è uno degli altri...appartiene alla nostra razza, in un certo modo.-

-Alla nostra...Nathan, ma che stai dicendo?-

Lui la fissa per qualche istante, confuso. Poi con uno scatto l'afferra per le braccia e le dice, con un tono da pazzo che spero di non sentire mai più:

-Ti ricordi quando papà ci teneva prigionieri? Parlavamo sempre di un futuro migliore, senza tutta questa guerra. Ma le due parti sarebbero sempre esistite: i normali contro di noi. Ivy...ho dovuto farlo. O noi o loro. E io ho salvato il mio popolo. Ora possiamo stare qui, insieme...non ci sarà più nessuno a dividerci.-

Ok. Sta sparando troppe cazzate, ho il dovere di intervenire.

-Ma senti cosa stai dicendo?- sbotto quasi senza rendermene conto -Il tuo popolo?! Parli esattamente come papà, e tu lo odiavi! Anche lui era disposto a sacrificare tutti per la pace, quella che lui pensava fosse pace...e ora tu hai fatto lo stesso. Hai appena ucciso tutti...dio...-

La voce mi muore in gola appena realizzo cos'è successo.

Mary, Alice. Brian, i Sullivan, tutti loro. Tutti quelli senza poteri...tutte quelle persone. Tutti i normali.

Sono tutti morti.

E solo adesso mi viene in mente che non sono morti tutti i normali.

Perchè ci sono ancora io.

-Nathan.- mormora l'altra me. Io mi rialzo a fatica. Non so neanche cosa voglio fare. Punto gli occhi su di lei e vedo qualcosa che all'inizio penso sia frutto della mia mente menomata: perchè all'improvviso sul suo volto è comparsa un'espressione...dolce.

-L'hai fatto per me?-

-Solo per te.- le sussurra lui -Sei l'unica cosa che mi sia rimasta.-

Sono completamente esposta, loro possono leggere ogni pensiero mi passi nella mente. Eppure...eppure non me ne importa niente. Che mi ammazzino pure tutti e due, visto che a quanto pare stanno facendo comunella.

-Ora capisco.- dice infatti l'altra me, sempre con quel sorriso dolce -Ora capisco. Hai ragione: questa guerra non sarebbe mai finita...non senza un sacrificio. Non senza di te. Ci hai salvati, Nathan.-

Sono accanto alla teca: ci guardo dentro, e vedo solo una tomba vuota. Poi guardo Evan, per terra dove l'ho lasciato prima che Nathan mi strappasse i poteri.

Non è normale che vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi ancora mi renda felice in un momento del genere, vero?

-Ora nessuno soffrirà più.- continua l'altra me. Come può essere dalla parte di Nathan? Dio, quanto odio il sorriso che ha. Mi sembra così...

Falso?

Con me lui vincerà. Rompi il generatore. Non ti sentirà, ti copro io.

Ho già sentito la mia voce nella mia stessa testa...ma stavolta è proprio strano.

-Grazie, Nathan. Grazie.- dice l'altra me ricambiando il suo sguardo e lo abbraccia così, all'improvviso. Senza che lui se ne accorga, però, lo abbraccia in modo che Nathan mi dia le spalle. Poi punta i suoi occhi nei miei.

In quest'unico sguardo lei mi dice tutto.

Io annuisco per far segno di aver capito. Prima di voltarmi verso il generatore vedo che l'altra me ha chiuso gli occhi, da cui le è sfuggita una lacrima, e ha stretto più forte suo fratello.

Raggiungo il generatore senza che Nathan se ne accorga. E qua, beh, sorge il problema.

Come diavolo lo rompo?

Di certo non so manovrarlo...e ho trascorsi poco piacevoli con la tecnologia (del genere che, quando mi avvicino a un computer, quello scoppia). Che diavolo posso fare? Sul display non c'è più un cazzo, e non è cambiato nulla nell'aspetto fisico: sembra sempre una navetta spaziale aliena.

Quell'abbraccio, per quanto sia disperato, non durerà per sempre.

Ok, Ivy, ok. Evan ci sparerebbe sopra, ma non penso che questa possa essere un'opzione. Io lo bloccherei in qualche modo coi poteri...ma, ehi, non ce li ho più.

Devo pensare in modo più pratico, allora. Servirebbe qualcosa, che so...

Qualcosa alla vecchia maniera?

Il Nathan della mia illusione, che altri non era se non la personificazione dei miei poteri rubati, mi ha dato la risposta da subito.

Questa navetta spaziale ha delle gambette proprio deboli.

Mi volto un'ultima volta verso la famiglia felice: Nathan si aggrappa a lei come se ne dipendesse la sua stessa esistenza. Era così ossessionato dal riportarla in vita che, adesso che ce l'ha fatta, non può lasciarla andare. In un certo modo le vuole bene, no?

Ivy ha ancora gli occhi chiusi, e non tenta nemmeno di frenare le lacrime.

Perchè è lei che si sta sacrificando per salvarci dalla follia di Nathan.

Non ci rifletto nemmeno: mi volto e tiro un calcio al generatore. La gamba che ho colpito si stacca con un colpo secco e subito questo coso di metallo s'inclina e cade a terra, facendo un casino terribile e perdendo un po' di pezzi nell'impatto.

In sintesi: si rompe.

-NO!-

Mi giro.

Nathan regge a fatica l'altra me e ha un'espressione terribile, disperata e folle, con gli occhi spalancati puntati in quelli di lei...morti. Orribilmente morti. L'adagia lentamente e la lascia sul pavimento con le mani che gli tremano convulsamente, senza controllo. Le passa le dita sul volto, la scrolla quasi per essere sicuro che sia morta...di nuovo.

Dio, dev'essere terribile. Ha aspettato così tanto tempo, è diventato pazzo per lei...e adesso è stata lei stessa a volersene andare.

Dopo un po' di tempo, quasi a fatica, Nathan si raddrizza.

E guarda me.

-Tu non sai cos'hai fatto.- mi dice lentamente. Con un tono vuoto...come se stesse per scoppiare la sua furia.

Mi sento sfinita. Senza poteri, senza forze...semplicemente sfinita. Non ho voglia di preoccuparmi più di niente.

Basta.

-Sia io che lei lo sapevamo.- gli dico. Non so che fare, sono inerme; non so come salvare Evan, come portarci fuori da qui.

Nathan ci ucciderà e non potrò fare niente per fermarlo.

Quasi non mi accorgo che qualcuno ha appena aperto l'unica porta della stanza. Quasi.

Ma non sono l'unica ad accorgersene.

Come sempre, accade tutto velocemente. Stranamente, però, riesco a vedere ogni cosa.

Cass, la ragazza coi capelli biondi che ho visto solo una volta prima d'ora, occupa tutta la soglia della porta. Stringe una pistola tra le mani e, come fosse addestrata a farlo da sempre, la solleva e la punta verso Nathan. Poi preme il grilletto.

Ma visto che anche Nathan, nonostante la furia che sfavilla dai suoi occhi, se n'è accorto...beh, non so se sia perchè è terribilmente potente o per semplice istinto di sopravvivenza, ma si sposta in tempo per schivare la pallottola.

E chi c'è nella traiettoria di quella?

Bum. Mi esplode una bomba nella spalla. E scopro che è una balla la leggenda metropolitana per cui compaiono stelline davanti agli occhi quando si prova un dolore lancinante. Perchè c'è solo quello: il dolore.

Non mi fa vedere, respirare; per qualche secondo non mi fa nemmeno pensare. Mi porto una mano alla spalla sinistra e sento il sangue che esce dalla ferita e, dio, che male...

Poi vedo Nathan.

Mi fissa con un'espressione incredula e distrutta assieme, simile quasi a quella che aveva mezzo minuto fa, quando la sua Ivy gli è morta tra le braccia.

È come...come se si rendesse conto di cosa è diventato solo ora.

Poi Adrian affianca Cass, impietrita sulla soglia. Pure lui ha una pistola.

E non sbaglia.

Stavolta lo vedo: Nathan se ne accorge subito, appena Adrian preme il grilletto...ma non si sposta.

Non si sposta.


Tutto diventa confuso.

Entrano quasi tutti quelli della missione suicida. Tutti entrano nella stanza e sento che le gambe mi cedono e cado a terra. Qualcuno mi tira su di peso; non ho idea di chi sia. So solo che quasi lo ammazzo quando mi divincolo e praticamente mi lancio verso Evan in non so quale tentativo di salvarlo in non so quale maniera. È Adrian a riprendermi prima che caschi di nuovo sul pavimento e gridarmi le uniche parole che voglio sentire da quando gli hanno sparato:

-È vivo, lo portiamo in un luogo sicuro!-

Lo sollevano in tre nel modo più delicato che la situazione concede, e usciamo tutti dalla stanza. L'ultimo è Witness: penso di essere l'unica a voltarmi per un istante verso di lui e a vedere i suoi occhi, puntati sul cadavere di Nathan.

Poi sfiliamo per un corridoio che arriva all'entrata di tutto l'edificio. Trovo da qualche parte la forza di chiedermi dove siano finiti i nemici: hanno sentito i normali che morivano e hanno capito cos'hanno contribuito a fare? Erano soggiogati al potere di Nathan e ora sono liberi?

Caricano sia me che Evan su un furgoncino con dietro uno spazio senza sedili, e mi costringono a stendermi mentre il mondo attorno a me diventa stranamente brillante.

Vicino a noi c'è qualcuno.

-Ha perso molto sangue, non so cosa fare...-

-Ci penso io.- interviene una voce femminile che non ho mai sentito, forse.

Qualcosa viene premuto sulla mia spalla, e c'è solo dolore.

Poi una pace che non ho mai provato prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Magari ***


Non avrei mai pensato di arrivare a questo punto.

Sono viva. Ammaccata, ma viva. E io, Ivy, Faber, nata come l'essere più asociale e sociopatico e antipatico e triste del creato...beh, tra poco sarò davanti a tutto il mondo. Tutto quello che ne resta.

E non riesco a preoccuparmene. Perchè, insomma...non è niente in confronto a quello che stanno passando loro. Hanno il diritto di sapere. Gli è successa una cosa orribile per colpa mia.

Cosa sarà mai l'ansia di parlare davanti a tanta gente? Come facevo a preoccuparmi di cose del genere, prima?

Quanto ero egoista.

-Vado?- chiedo alla tizia che si occupa della ripresa. Quella annuisce e alza cinque dita; poi, una per una, comincia ad abbassarle. Quando le ha abbassate tutte, guardo nell'occhio della telecamera che abbiamo rubato e comincio a parlare, tentando di non pensare che almeno tre miliardi di persone mi stanno guardando.

-Beh...salve.-

Sì. Non sono molto brava negli imput.

-Io sono Ivy Faber. Molti hanno conosciuto mio fratello, chi di fama e chi, purtroppo, personalmente. So che al momento a quasi tutti non importa se lo dico, ma una settimana fa lui è morto...per questo, ora, ci sono io qua a parlarvi. Scusate se abbiamo interrotto la normale messa in onda, ma penso che ognuno dei sopravvissuti abbia tutto il diritto di sapere cosa è successo veramente la settimana scorsa, quando tantissime persone sono morte solo perchè normali, senza poteri. Beh...se fossi in voi, io vorrei sapere cosa ha ucciso le persone che amavo, no?-

Mi fermo. Penso a cosa sto dicendo, a cosa dovrò dire. Vado avanti.

-Quando Nathan Faber ha rivelato l'esistenza dei pensatori, coloro che in qualche modo sono telepati o comunque con poteri che permettono loro di fare cose normalmente anormali, è nato il terrore per queste persone. Chi mai non avrebbe paura di qualcuno capace di leggere nella mente? Per questo, molti pensatori si sono riuniti accanto a Nathan...in cerca di una guida, dopo che coloro che pensavano amici avevano cominciato a dar loro la caccia. Perchè è questo che è accaduto: i pensatori si sono ritrovati braccati dai "normali" perchè diversi; è sempre la solita storia, no?-

Sposto gli occhi dalla telecamera e vedo che dietro, nell'ombra, c'è un po' di gente che mi ascolta...e tra loro ci sono Catchlyt e Nicolson.

-Con questo non nego che alcuni pensatori avessero voluto combattere per conquistare il potere, di certo non erano tutti innocenti come non tutti i normali sono stati colpevoli...ma molti non hanno avuto scelta. Molti sono dovuti scappare. Molti hanno visto la propria famiglia venire uccisa dai normali troppo impauriti dai poteri...molti hanno pensato che l'unica scelta esistente fosse schierarsi con Nathan, generare una guerra. Altri, però, non hanno accettato quest'unica opzione. Hanno deciso di combattere per i normali, nonostante gli stesso normali volessero ucciderli. Sono loro i veri eroi, dopo tutto.

Ma questo non ha mai fermato Nathan. Lui credeva in un mondo dove sarebbe esistita la pace...dove nessun bambino avrebbe dovuto subire quello che ha subito lui. Sì, perchè Nathan Faber non era solo un pazzo assetato di potere: era...umano. Come noi. A causa dell'amore che provava per colei che in questa realtà era sua sorella è diventato pazzo...ma voleva soltanto creare un mondo dove tutti sarebbero potuti vivere felici. Semplicemente. Ma, quando ha visto che la guerra non sarebbe finita, che ci sarebbero sempre stati un "normale" e un "anormale" a combattersi e a mietere vittime innocenti, ha deciso di eliminare una delle due parti. So che è stato crudele, so che era inumano. So che sono morti tutti, dal più terribile degli assassini al più innocente degli esseri umani. Sono morti tutti i normali, molti di voi hanno perso quelli che amavano...ma vi chiedo soltanto di riflettere. Solo per un istante.

Tutto quello che è accaduto è nato da questo...razzismo. Da questa idea per cui il diverso è cattivo e deve essere eliminato. Ha portato Lewis Faber a tentare di predominare sui normali, da lui ritenuti deboli, e Nathan Faber a ucciderli per interrompere la guerra. Ha portato qui me, Ivy Faber, a parlare al mondo dopo che tantissime persone sono morte. E le ho sentite...come le avete sentite voi, chi più chi meno. È stato orribile.

Ora vi chiedo di riflettere su questo: volete che riaccada? Volete che ricominci tutto da capo, che si riprenda a combattersi e uccidersi a vicenda, dandosi la colpa di ciò che è accaduto? Quelle persone sono morte; non si può tornare indietro. Adesso dobbiamo cercare di andare avanti...anche per loro. Pensate ai cari che avete perso: vorrebbero vedervi soffrire ancora? No. Abbiamo già perso tanto...facciamo in modo di non perdere di più. Perchè non sarebbe giusto per loro.

Facciamo in modo di non dimenticare, di ricordare tutto quello che è successo. E facciamo in modo che non accada mai più: tentiamo di non far subire ad altri il sacrificio che abbiamo subito noi. Loro sono morti...ora dobbiamo pensare ai vivi, a noi.-

Abbasso lo sguardo solo ora e mi accorgo di aver quasi completamente ignorato il foglio del discorso (scritto da Witness) e di aver aggiunto fin troppo. Va beh, tanto male non fa, no?

-Li ho sentiti mentre morivano.- dico mentre rialzo gli occhi verso l'occhio della telecamera. Accanto a quella, la tizia che la manovra comincia a fare con le dita il conto alla rovescia: tempo scaduto.

-E...e mi dispiace.- aggiungo un attimo prima che lei chiuda la mano a pugno. Poi la spia rossa sulla telecamera si spegne, e sono libera dal mio compito.

Quelli che hanno organizzato il tutto, praticamente dei genii indiscussi, cominciano a controllare sui computer com'è andata la cosa...e a quanto pare è andata bene: quasi tutta la poca popolazione mondiale rimasta mi ha vista mentre parlavo. Almeno adesso sanno cos'è successo.

-Però, Ivy.- mi dice Adrian mentre io mi rialzo dalla mia postazione da "presentatrice di telegiornale" su cui mi avevano piazzata per fare il mega annuncio -Sei stata brava...-

-Non ho detto abbastanza.- lo interrompo sul nascere. Insomma, non voglio che mi racconti balle per tirarmi un po' su di morale. Mi sfilo una manica della giacca elegante che mi hanno costretta a mettere...e poi mi ricordo che ho la spalla sinistra in ferie. Che merda.

-Mi dai una mano?-

Subito Adrian comincia a sfilarmi l'altra manica, e ovviamente in contemporanea dice:

-Andiamo, non c'era tutto questo tempo per fare un mega discorsone. E non è mica colpa tua se quella merda di gente che controlla la televisione non ci ha concesso una diretta mondiale...-

-Sai com'è, una settimana fa è crollato il mondo.-

Mi sfila il braccio dalla fascia che me lo fa tenere appeso al collo ed è come se mi pugnalassero alla spalla. Fa male.

-Scusa.-

-No, non fa...-

-Non dire balle. Come fai a dimenticarti sempre che ora chiunque può leggerti nella mente?-

Ah, già.

Che merda.

-A che punto è Cass?- chiedo ad Adrian mentre lui mi toglie definitivamente la giacca elegante...e mi sorprendo da sola. Da quando ho questa voce totalmente sfinita?

-Ci sta lavorando. Secondo me manca poco...ha già reso altri immuni, no? Con te dovrebbe solo rendere la cosa stabile, ma penso che non avrà problemi, ora che è con me...-

Probabilmente voleva dire "ora che è con noi al sicuro", ma nella sua testa al suo momento non c'è spazio per tutta questa gente. C'è spazio solo per lei.

-Andiamo, non sono così sdolcinato.- sbotta lui. Io alzo gli occhi al soffitto: mi sa che questa cosa dell'apertura mentale diventerà davvero problematica.

-Perchè da quando sono l'unica con la testa esposta tutti sono portati a leggermi il cervello?-

-Perchè sei terribilmente irresistibile? Dai, ti aiuto con la felpa e andiamo all'ospedale.- dice Adrian.

Dopo cinque minuti (tempo record) stiamo scendendo le scale del palazzo che ci ha "ospitati" per la diretta mondiale.

Mentre apriamo la porta dell'uscita d'emergenza e finiamo in un vicoletto solitario Adrian mi annuncia, col tono di uno che sta per rivedere l'amore della sua vita:

-Vado da Cass a prendere la macchina, cinque minuti e torno.-

-Fai con calma.- gli rispondo io. Così lui se ne va e me ne resto da sola accanto a due bei cassonetti verdi e col cielo che minaccia pioggia.

Odio la Danimarca. Non che il tempo sia meglio in Inghilterra, sia chiaro...ma qua mi sono successe un po' di cose che mi piacerebbe dimenticare presto.

Ah, giusto: in una tasca della felpa ho un cappellino: meglio metterlo, così sarò meno riconoscibile, no? Beh, non che corra rischi così alti: non è che la gente abbia molta voglia di uscire, adesso. Ci sono poche possibilità che qualcuno m'incroci e mi riconosca come "quella che ha fatto un discorso deprimente per tentare di mettere in chiaro quello che è successo visto che i governi fanno cagare eccetera eccetera".

Va beh, un cappellino è meglio di niente.

Me lo sto calcando per bene sulla testa, quando sento qualcosa di proprio strano: un lento e solitario applauso.

-Complimenti.- mi dice Witness.

È uscito dal palazzo al freddo e al gelo solo per farmi i complimenti?

-Beh, grazie.- gli dico. È strano: non l'ho sentito arrivare, non ho percepito la sua presenza. È come essere ciechi e sordi e senza tatto.

Non ero stata così inerme nemmeno nella mia realtà originale.

-Non ci aspettavamo che fossi così brava.- continua Witness mentre io rovisto nella borsa che mi hanno appioppato, alla ricerca di un qualcosa più pesante di una misera felpa da mettermi almeno sulle spalle. -Certo, dopo tutti quei morti ci aspettavamo una rivolta...e invece tu hai fatto capire a tutti che è inutile combattere ancora. Complimenti...-

-Il video è andato, quindi?-

-Sì. Così tutti sapranno. Eh, Evelyn...meglio che tu vada subito. Sarai la persona più famosa al mondo entro massimo due ore, e probabilmente alcuni non reagiranno in modo così pacifico. Probabilmente ti daranno la colpa.-

Beh, questo lo so già. È per questo che l'ho fatto...è quello che mi merito.

Mi rimetto la borsa sulla spalla sana, abbasso la visiera del cappellino per coprirmi meglio il volto e sistemo la felpa nera.

-Meglio se ti sciogli i capelli. Loro ti hanno vista con i capelli legati, se li tieni sciolti sei meno riconoscibile.-

-Oh...giusto.- dico, poi faccio come ha detto. Quando risposto gli occhi su di lui, vedo che i suoi sono puntati sul mio volto.

-Eh, senti...si è più saputo niente di tua madre? Era una potente ribelle, potrebbe aiutarci...-

-Non so dove sia. Probabilmente è scappata, non voleva uccidere Nathan.-

-Sì. Una madre non ucciderebbe mai i propri figli.-

"Ma un padre?" mi chiedo. E, come mi è accaduto mille volte in questa settimana, non è una domanda che resta privata nella mia testa.

Dio, a quanto pare ora sono la normale più normale mai esistita.

È fastidioso.

Witness (da dove sarà uscito questo nome?) s'irrigidisce e mi fissa per qualche istante, come fosse indeciso su cosa dire.

-Evelyn...-

-Meglio che tu vada dentro.- gli dico. E sono sincera.

Non voglio sapere com'è sopravvissuto, come ha fatto a cambiare aspetto, come è riuscito ad ingannare tutti. Anche Nathan, quando era andato nella sua base russa. Anche sua moglie, l'unica volta in cui si sono incrociati, prima dell'attacco suicida a Nathan.

Voglio solo che se ne vada.

-Non ho mai voluto che accadesse tutto questo.- mi dice lui, ignorando bellamente quello che gli ho detto. Io gli sorrido...e anche questo sorriso è sincero: sento tutto quello che mi sta accadendo come fosse un problema lontano.

Davvero nell'altra realtà ho lottato contro quest'uomo, l'ho visto morire?

-Invece volevi che accadesse esattamente questo. Complimenti, hai vinto: hai creato e distrutto il tuo perfetto erede. Vanne fiero.-

Vedo una macchina che si avvicina all'inizio del vicolo: sono Adrian e Cass.

Evidentemente l'uomo che ho accanto sente che devo andare, perchè dice in fretta e con un tono ansioso:

-Sei sicura che Karen non tornerà?-

-Non è affar mio.- gli rispondo subito, facendo qualche passo verso l'auto -Io non sono vostra figlia.-

Del resto...è vero, no? Non dovrei sentirmi in colpa me quello che sto facendo.

Se lo merita. Se lo meritano tutti e due.

Salgo sulla macchina senza voltarmi. Dopo qualche istante stiamo percorrendo la strada principale di questa città di cui non conosco nemmeno il nome, diretti all'ospedale.

-Allora? Come va?- mi chiede Cass, seduta davanti accanto ad Adrian -Ho visto il video, sai?, e avevi un'espressione così convincente e distrutta che veniva voglia di venire ad abbracciarti e spupazzarti...-

-È un modo per dirti che sei stata convincente.- chiarisce Adrian. Peccato, stavo cominciando a pensare che Cass ci stesse provando con me. Beh...quasi me lo aspetterei da lei: in una settimana non ho ancora capito come abbia fatto a finire dalla parte di Nathan. Insomma, è simpatica e dolce e ogni volta mi chiede come sto anche se sono una completa sconosciuta.

Mi sto affezionando troppo alla gente, in questo periodo.

-In realtà quell'espressione disperata e spupazzabile è quella che ho sempre.- noto io. Adrian sbuffa e senza voltarsi (ci credo, sta guidando) dice:

-Smettila di deprimerti, miss "disperata sono e disperata morirò". Ok, è successo un casino, ma ora è tutto finito. Possiamo almeno tentare di avere una vita normale, no?-

-Ho praticamente ucciso metà dell'umanità ma fa niente, andiamo avanti con la vita...- ripeto per la millesima volta questa settimana.

E succede una cosa che al momento non mi sarei aspettata: Cass si volta verso di me e vedo per la quarta volta questa settimana la sua espressione da incazzatura:

-Va bene, hai ragione. È colpa tua, contenta? Sei un'assassina, bene. Non andarne fiera. Del resto, sei stata solo manovrata da Nathan e appena hai avuto l'occasione di fermarlo l'hai fermato, evitando che accadesse il peggio. Odiati per questo. Pensa a che brave persone siamo noi, allora, no? Io ho tentato di evitare uccisioni di innocenti ma avrei potuto fare molto di più, lo stesso Adrian. Tutti avremmo potuto. Anzi, guarda un po': l'unica che in teoria ha tutto il diritto di non sentirsi in colpa sei tu, sai? Quindi facci il favore di non continuare a menarla e dacci tregua, che ti stiamo portando all'ospedale e tra poco lo rivedrai. Tirati su, cazzo!-

Ecco che tipo è Cass. Diretta e crudele, come serve a me.

-Dai, non maltrattarla così.- sbuffa Adrian. Non mi serve avere poteri strani per sapere che sta sorridendo.

-No, ha ragione.- lo contraddico io -Come tutte le altre volte che me l'ha detto, comunque. Stavolta m'impegno, va bene?-

-Se non riesci a fare di meglio.- sbuffa Cass...sinceramente arrabbiata per questo mio continuare a menarla sull'omicidio di massa che ho contribuito a fare. Come se mi conoscesse da sempre.

In qualche modo che non mi è molto chiaro le reti telefoniche mondiali non sono crollate (cosa che avevo dato per certo, nella mia fiducia per il mondo) e per questo non mi sorprendo quando sento il cellulare che mi hanno gentilmente offerto vibrarmi in tasca. Ho solo quattro numeri memorizzati: quello di di Adrian, quello di Cass, quello di Catchlyt (orrore) e...quello dell'ospedale.

Ovviamente non è Catchlyt che mi sta chiamando ora.

Tempo un millesimo di attimo e sto già dicendo, col cellulare attaccato all'orecchio:

-Pronto?-

-Evelyn Faber?- mi risponde una voce femminile.

-Sì, sono io.-

-Prima di tutto voglio dirti che secondo me non è colpa tua. Insomma, non avresti potuto fare tanto, Faber era una bestia. Comunque...ci hanno detto di contattare te se c'erano cambiamenti nella situazione di Sanders...-

-Sta bene?- la interrompo senza rendermene conto, mentre Cass si volta verso di me con un'espressione allarmata -Cosa gli è successo? Mi hanno detto che stava migliorando, che l'operazione è andata bene...-

-Sì, sta meglio. Si è stabilizzato...riteniamo che tra poco si risveglierà. Volevamo solo avvertirti di questo.-

Si risveglierà.

Oddio. Si risveglierà.

-Riusciresti ad arrivare in tempo? Sai...potrebbe reagire male, ci hai detto che non è pericoloso ma in questa situazione...-

-Sono già qua, arrivo tra poco.- le dico mentre entriamo nel parcheggio dell'ospedale. E penso non sia un bene che quasi mi lanci fuori dalla macchina per arrivare prima nella fatidica camera 213.

Sto impazzendo.

Dopo quelli che sono cinque minuti ma che nella mia testa sembrano cinque anni belli intensi, io e gli altri due coglioni arriviamo alla stanza d'ospedale dove tengono il quarto deficiente. Come sempre fatto in questa settimana, Adrian e Cass si piazzano fuori dalla porta per prevenire intromissioni di gente a cui non sono poi così simpatica come alla tizia che mi ha appena chiamata (ehi, non si può pretendere tutto dalla vita) e io, manco a dirlo, quasi scardino la porta mentre la apro per entrare.

E vedo qualcosa che, incredibile ma vero, per un istante mi rende...felice.

Evan è sveglio.

-Ehilà.- è la prima cosa che dice, con una voce roca per il poco utilizzo e con un'espressione un po' rimbambita dalla morfina. Io mi siedo sulla sedia che hanno piazzato accanto al letto apposta per me, e mi accorgo di stare sorridendo solo mentre gli rispondo:

-Ehilà. Hai una faccia proprio da schifo.-

-Anche io ti trovo bene.- sorride lui di rimando. Ormai comunichiamo così, già. Io lo insulto e lui sorride.

Si è svegliato e a quanto pare starà bene. Ehi, Babbo Natale...non ti pare un po' presto per i regali?

Si guarda un po' attorno; probabilmente si è svegliato davvero un secondo prima che io arrivassi. Poi solleva il braccio sinistro per guardare l'ago della flebo, e fa:

-Ehi, ma qua c'è qualcosa di nuovo.-

-Già. Quando ti sei sparato addosso da solo i marchingegni strani che avevi sono tipo collassati...beh, se tu avessi avuto ancora le parti originali saresti morto subito: con il polmone cibernetico o come cazzo si chiama hai resistito abbastanza. E Adrian è riuscito a rintracciare la figlia della tipa che ti aveva ricostruito dopo l'esplosione, Shepard, e lei a quanto pare sa tutto delle tecniche della madre perchè ti ha salvato, e visto che c'era ti ha rimesso a posto anche quelle...-

-Bastava dire che mi hanno messo delle dita nuove.- m'interrompe lui, muovendo il mignolo e l'anulare ritrovati della mano sinistra. Poi abbassa la mano e mi guarda con un'espressione strana:

-In che senso, quando mi sono sparato da solo?-

-Beh...era un attimo ovvio che Nathan avrebbe respinto il proiettile, no?-

-Quindi è colpa mia.- conclude Evan.

-Non sto dicendo questo.- obbietto io, ferita nell'orgoglio da questa accusa di dargli la colpa -Sto dicendo solo che era prevedibile.-

-Mi sono svegliato da cinque secondi e mi dai del coglione. Grazie, eh.- fa lui, poi sbuffa alzando gli occhi al soffitto...ma mentre lo fa sorride.

Sorride, il coglione.

-Sì, beh, potevi non rischiare di morire. Saremmo stati tutti più tranquilli, no...?-

-Che ti è successo al braccio?- m'interrompe senza tante cerimonie Evan. E io sposto gli occhi sulla mia spalla, quasi non ricordando che è sepolta sotto mille fasciature e sette bei punticini.

-Cass mi ha sparato. Cioè. Non è che volesse spararmi, ha mirato a Nathan e lui si è spostato, quindi ha beccato me perchè ero nella traiettoria. Non ti ricordi?-

-Mi sa che ero già andato per metà quando è successo.- confessa lui. E ora tocca a me sbuffare, prima di cominciare a raccontargli tutto.

Con calma...perchè non c'è più alcuna fretta, no?

-Allora. Non so se l'hai sentito anche te...-

-L'ho sentito.-

-I normali che urlavano?- gli chiedo per sicurezza, e lui annuisce:

-Sì.-

-Ma com'è possibile, se non hai poteri?-

-Penso sia una...connessione, chiamiamola così. Una connessione oltre a tutto, oltre ai poteri e ai non poteri e cazzate varie. Una cosa semplice che ci unisce.- prova a spiegarmi, e capisco che è quello che penso io da sempre ma che non sono mai riuscita a tradurre in parole -E penso che per questo tutti li abbiano sentiti. Pensatori e immuni...perchè adesso siamo solo noi, no?-

Eh, no.

-Ci sono io.-

Mi guarda confuso, e io aggiungo:

-Il generatore aveva bisogno di energia. Penso...beh, penso che per riportare in vita una persona normale sarebbero "bastate" le vite dei normali. Ma Nathan ha voluto riportare in vita me, quindi è ovvio che siano serviti anche i miei poteri.-

-Riportare in vita te? Mi sono perso.-

Giusto, giusto. Lui se n'è andato anche prima che la morta si risvegliasse dalla tomba.

-Nathan voleva riportare in vita la mia versione di questa realtà.- riprendo a spiegargli -Quella che hai conosciuto te, insomma. Quindi ha caricato il generatore con le vite dei normali e, in più, pure con i miei poteri. Per questo ti ha mandato a cercarmi in tutte le realtà: le Ivy troppo deboli sarebbero potute essere una spina nel fianco e quindi andavano eliminate; quella più forte, e quindi quella che aveva creato la nuova realtà, sarebbe stata la carica per il generatore.-

-Quindi ti ha tolto i poteri?-

-Sì.-

-Quindi sei l'unica normale.-

-...sì.-

Evan fa un'espressione strana, e aggiunge:

-Quindi poteva andarti peggio. Poteva ucciderti.-

In effetti...chissà perchè Nathan non ha fatto in modo che il generatore prendesse anche la mia vita come tributo. Ci sono troppi "chissà perchè" in questa storia.

-Già.-

-Poi? Cos'è successo?- chiede lui.

-Beh...io sono svenuta, e l'altra Ivy è tornata in vita. Ma Nathan aveva sbagliato a giudicarla, pensava che lei sarebbe stata dalla sua; invece l'ha distratto, dandomi il tempo di rompere il generatore e quindi farla morire.-

-Così Nathan sarebbe rimasto da solo, distrutto e disperato.- aggiunge Evan -Cristo...se l'è vista morire davanti agli occhi?-

-Si stavano abbracciando quando è successo.- gli dico io. E capisco che Evan la pensa esattamente come me: nemmeno lui augurerebbe una cosa del genere al suo peggiore nemico.

-Mi ricordo quando sei morta.- sussurra Evan, così piano che quasi non lo sento -Faber mi aveva già cancellato la memoria. Ma ho visto Nathan, e quello mi è bastato: era distrutto. E dal mio punto di vista, pulito da ogni ricordo e senza conoscere tutto quello che era successo, era evidente che avrebbe ucciso Faber...vostro padre. Non ho mai visto nessuno soffrire così.-

-Non volevo che lei gli morisse tra le braccia.- dico io. Dio, quanto mi sento in colpa.

-Quasi lo capisco.- aggiunge Evan, e mi accorgo dopo qualche istante che mi sta guardando mentre dice -Ora mi ricordo di quando sei caduta dalla scogliera. Ero convinto che fossi morta, sai? Vederti morire di nuovo sarebbe come morire...ed essere costretti a continuare a vivere. Una sofferenza unica. Quasi mi dispiace per Nathan.-

Oh, beh. Che bello sentirsi dire che sarebbe una sofferenza se morissi. Mai le mie orecchie hanno udito cosa più romantica. Ma ora basta, dai.

-Dopo sono arrivati Cass e Adrian.- continuo a raccontare -Cass ha sparato, ma Nathan l'ha sentita e si è spostato. E, come ti ho già detto, ha beccato me alla spalla. Poi ha sparato anche Adrian e l'ha ucciso.-

-Nathan non ha sentito anche lui?-

-...penso di sì. Ma, insomma...penso che abbia realizzato tutto. Cos'aveva fatto, cosa sarebbe diventato. E ha deciso di farla finita.-

-Meglio tardi che mai.- nota Evan.

Rimaniamo in silenzio per qualche istante: Evan pensa alla prossima domanda, io l'aspetto. Perchè è ovvio ciò che mi sta per chiedere.

-E adesso?-

-Adesso io non avrò una vita semplice.- rispondo, e sento di stare sorridendo senza alcuna allegria -Mezza oretta fa ho fatto una specie di registrazione in diretta mondiale, e ho raccontato tutto quello che è successo. Mi sembrava...giusto.-

-Si, certo.- sbuffa Evan, lasciandomi senza parole per il suo tono scazzato -Così tutti daranno la colpa a te e ti perseguiteranno per sempre. Ma quanto sei cogliona?-

-Scusa se è colpa mia se sono morti tutti, eh. La prossima volta ci penserò due secondi prima di...-

-Prima di cosa, di grazia?- m'interrompe Evan, e sembra davvero incazzato -Te non hai fatto proprio niente, anzi, sei quella che fino ad ora ha subito più di tutti. È Nathan il colpevole, non sei te. Potevi evitare di diventare il capro espiatorio di un massacro.-

Me lo dicono tutti, che palle.

-Almeno così mi sento meno in colpa..- obbietto, incazzata quanto lui per questa sua reazione idiota. Ma, come sempre, quello che dice dopo fa evaporare magicamente tutta la mia arrabbiatura:

-E ora che faremo? Potremo chiedere aiuto a Catchlyt, del resto lui sa cos'è successo davvero...spero che i governi che si formeranno non se la prenderanno con te...-

-Frena, bello.- lo interrompo dopo qualche secondo, e non riesco proprio a non sorridere. Ivy Faber, cogliona fino al midollo.

-Zitta, hai già combinato abbastanza guai in una settimana che sono fuori gioco...-

-In che senso "e ora che faremo"?-

Questo lo zittisce. Abbassa di scatto le braccia che aveva alzato per enfatizzare la sua incazzatura per le mie cazzate, fissa il muro per qualche istante e poi risposta gli occhi su di me con un'espressione che, giuro, è ferita:

-Una settimana e ti sei già trovata un altro? Che troia.-

-Dai, hai capito cosa intendo.- sbuffo io -Sarò, sono, nella merda fino al collo...vuoi seguirmi?-

-Ti dirò, la puzza di merda non mi dispiace.- risponde subito lui. Non gli tiro un pugno solo perchè è ancora mezzo ammaccato, e lui subito aggiunge:

-Ok, ok. È che...insomma, ti ho vista morire e ho passato due anni senza ricordarti. Non voglio perderti di nuovo. Anche perchè non conosco praticamente nessun altro in questo mondo...-

-Va bene. Ho capito.- lo interrompo prima che cominci a blaterare su quanto sia triste e solitaria la sua vita etc etc (oggi sono proprio egoista). Poi mi ricordo dei due coglioncelli qua fuori, e dico a Evan:

-Potremmo stare ancora con gli altri. Sai, non fare i lupi solitari, restare con quelli che ci hanno dato una mano.-

-Tipo Catchlyt?- nota lui, e io lo guardo male per l'espressione divertita che ha:

-Tipo Adrian e Cass. Sono loro che ci hanno salvato il culo, Adrian ci ha dato un'aiuto enorme ed è Cass che ti ha tenuto in vita fino a quando siamo venuti qua...solo perchè Adrian gliel'ha chiesto, visto che neanche ci conosceva.-

Non aggiungo che lei ha salvato la vita anche a me, impedendo che uno stupido proiettile nella spalla mi strappasse da questo mondo crudele. Chissà perchè, poi: perchè questo è rientrato nella lista di cose da tenermi per me? Perchè ricorderebbe che è stata Cass stessa a spararmi?

Non so se dirò mai a qualcuno del mio "viaggio interiore", comunque. E questo è un punto della lista di cose da tenermi per me un po' diverso da "Cass che prima mi ha quasi ammazzata e poi mi ha salvato la vita".

Anche perchè a quanto pare i miei poteri hanno fatto puf per sempre...ma non posso esserne sicura, no? E se il Nathan del viaggio interiore avesse avuto ragione? Se loro ("loro"?) fossero come pietrificati in me? Se, quindi, un giorno tornassero, e con quelli i casini?

Che vita incasinata.

-Che ti preoccupa, raggio di Sole?-

No. Non può averlo detto sul serio. Devo aver sentito male.

Alzo gli occhi, e vedo che Evan mi sta osservando con un'espressione divertita e tranquilla assieme.

-Quando hai quella faccia stai pensando a qualcosa che ti preoccupa. Che c'è stavolta?-

Non se n'è nemmeno accorto...ma questo non importa. Perchè, insomma, cosa mi può importare adesso?

Evan sta bene.

Sta bene e passeremo il resto della nostra vita insieme e pucci pucci ciao. Cioè, può accadere che ci aspetti un futuro roseo.

Togliendo la morte di tutti i normali (robetta) e la diretta mondiale che mi ha resa la colpevole principale della sopracitata morte di tutti i normali, beh...ora non c'è più niente, no? Possiamo starcene tranquilli a poltrire per sempre, come pensavo quando un'altra sua versione mi chiamava ancora "raggio di Sole".

-Niente.- dico a Evan, in attesa di una risposta con i suoi occhioni verdi spalancati -Non c'è niente per cui preoccuparsi, no? Non più.-

Sentendo questa massima lui fa un sorriso che non gli ho mai visto sul volto: semplice semplice, in pace.

-Già. Magari adesso qualcosa andrà per il verso giusto, eh?-

-Magari.- gli rispondo, e ci credo.

Ci credo davvero.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2538011