Come il colore dell'Oceano

di Soraya Ghilen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: E adesso, che si fa? ***
Capitolo 2: *** Cap 1: Un anno prima ***
Capitolo 3: *** Cap 2: Come il colore dell'oceano ***
Capitolo 4: *** Cap 3: Tutto l'amore del mondo ***
Capitolo 5: *** Cap 4: Perdere la memoria ***
Capitolo 6: *** Cap 5: Non ti ho chiesto alcun permesso ***
Capitolo 7: *** Cap 6: Paura ***
Capitolo 8: *** Cap 7: Paura- II ***
Capitolo 9: *** Cap 8: Non cambierei nulla ***
Capitolo 10: *** Cap 9: Non posso abbandonarlo ***
Capitolo 11: *** Cap 10: Paura III ***
Capitolo 12: *** Cap 11: Tutto come lo fa mio marito ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Nel momento meno opportuno ***
Capitolo 14: *** Cap 13: Quello di cui Girolamo si pente ***
Capitolo 15: *** Cap 14: un improbabile salvatore ***



Capitolo 1
*** Prologo: E adesso, che si fa? ***


Prologo: E adesso, che si fa?
P.O.V. Cristina

Sentivo il freddo scorrermi lungo la colonna vertebrale: non potevo perdere anche lui, non così!
Correvo verso la fonte di luce e rumore che sentivo crescere in lontananza seguita dai miei compagni di sventura. Troppi dei nostri avevano trovato la morte in quella terra maledetta, dove Dio non era mai arrivato e dove non c’erano giustizia e pace fra gli uomini.
Mi sovvennero le parole di Riario: “Dio sta ridendo di noi, della nostra stupidità!”
Girolamo aveva ragione: Dio si beffava di noi! Lo faceva da quando avevamo messo piede in quel continente inesplorato alla ricerca di chi sa cosa e la nostra unica scoperta era stata un mondo di morti inutili e di sacrifici umani. Mio marito non sarebbe diventato uno di questi, non l’avrei mai permesso anche a costo di far saltare in aria quel tempio maledetto!
“Dobbiamo entrare nelle prigioni prima che li prelevino!” disse Zoroastro, dietro di me.
“Ci dovrebbe essere un’apertura abbastanza grande da far passare me e Giulia!” gli risposi. Eravamo arrivati alla base del tempio, aggirando la folla che attendeva con ansia il sacrificio.
“Ve la sentite?” ci chiese il turco “Lo sapete che sarà molto pericoloso?”
“Si, lo sappiamo!” rispose Giulia.
 Prendemmo coraggio e poi, dopo aver fatto un cenno di saluto a chi ci accompagnava, entrammo nel  tempio.

Angolo dell'autrice: Eh si, sono tornata! Bene, dopo Un anno a Forlì i nostri protagonisti vanno alla ricerca del libro delle Lamine ma cosa accadrà?
Aspetto i vostri commenti, come sempre con piacere!
P.S. Secondo voi il titolo che significato ha?
Un bacio, a presto!
Sol!
 

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Capitolo 2
*** Cap 1: Un anno prima ***


Capitolo 1: Un anno prima

P.O.V. Cristina

Forlì, un anno prima

Erano passati quattro mesi dalla morte di Nico.
Girolamo aveva trascorso il primo mese a Roma per mettere al corrente il Santo Padre degli ultimi avvenimenti e per informarlo del fatto che, alla luce della mia gravidanza, intendeva sposarmi e ,un mese e molte urla dopo, Girolamo tornò vittorioso a Forlì dove ci sposammo. Fu una cerimonia semplice, con pochi invitati, quasi nessuno a dire il vero.
Ero diventata la signora di Imola e Forlì, ma non mi ero ancora adatta alla mia nuova condizione. Giulia era diventata la mia dama di compagnia, Zoroastro il mio attendente e Leonardo il custode della biblioteca.
Trovarsi tutti uniti alla stessa tavola, durante i pasti, era strano: nessuno parlava e, se lo si faceva, si parlava del tempo, della selvaggina catturata da Girolamo durante le battute di caccia e degli impegni della giornata.
Dormivo con Giulia perché di dormire con Girolamo non se ne parlava proprio!
La mia pancia cresceva e il mio umore era qualcosa di spaventoso: Girolamo, quando mi vedeva arrivare a passo di marcia nel corridoio, cambiava strada; Zoroastro cercava sempre una scusa per svignarsela e  Giulia che faceva buon viso a cattivo gioco dandomi sempre ragione. Leonardo non si vedeva quasi mai e questo gli risparmiava parecchi spettacoli raccapriccianti.
Uno di questi fu quella volta che mi venne voglia di carne di cervo ma Zoroastro e Girolamo avevano catturato solo fagiani a caccia. La mia reazione non fu delle migliori: essendo impossibilitata a prendermela col mio al quanto inquietante consorte, a prenderle, come al solito, fu Zoroastro. Dopo la mia sfuriata, che aveva compreso una dose abbondante di calci, pugni e urla,  i due uomini si erano seduti di fianco sulle scale della cucina “Ma perché non le dici nulla?” sentii dire a Girolamo “Reagisci!”
“Volete scherzare?!” rispose il turco “Così, oltre ad essere picchiato, devo essere anche umiliato?!” povero Zoroastro, le prendeva anche quando non era colpa sua! Soprattutto quando non era colpa sua! Ma, in fondo, se le meritava comunque!


Il matrimonio non era mai stato consumato eppure, agli occhi del Santo Padre, il fatto che fossi incinta era piuttosto eloquente ma non ai miei e avevo il sentore che non lo fosse nemmeno agli occhi di Girolamo tanto che una sera decidemmo che era arrivato il momento di fare tutto ciò che era necessario per far si che il matrimonio fosse valido agli occhi di Dio più che a quelli degli uomini.
Stranamente fui io a fare la prima mossa: una sera mi feci coraggio e, con l’aiuto di Giulia indossai una pesante vestaglia da notte in broccato, i capelli sciolti che arrivavano all’altezza del bacino e  una ruga di espressione che mi solcava il centro dell’arcata sopraccigliare. Bussai alla porta dello studio, dove era rintanato come al solito.
“Mia signora, cosa ci fate in giro a quest’ora tarda?” mi chiese, senza alzare gli occhi dal foglio che stava analizzando.
"Vi cercavo!” gli confessai. Lui non dava cenno di volersi minimamente interessare a me e questa cosa mi infastidì oltre ogni previsione.  Mi avvicinai al ripiano della scrivania, gli tolsi il documento da sotto il naso e, finalmente, riuscii ad attirare la sua attenzione.  Il suo sguardo interrogativo poneva sotto processo tutto quello che facevo e mi mandava in ansia. Decisi di osare e continuare su quella che era la mia strada: feci in modo di girare la sedia verso la finestra tenuta chiusa da delle pesanti tende di velluto rosso, mi posi dinnanzi a lui e mi feci scendere la vestaglia fino alle caviglie, rivelando la pancia tonda e alta, il seno reso gonfio dalla gravidanza e le forme morbide e più rotonde della volta precedente.
“Sono perplesso, lo confesso” disse, rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato fra noi “Non credevo ci sentisse già pronta a questo, mia signora!” disse, posando una mano sul mio ventre
“Non si vive di passato, la vita continua anche se ogni secondo ha lo stesso effetto di ferite su cui viene versato succo di limone!” lui rise, e mi piacque quel suono appena accennato.
“Non smetterete mai di avere sorprese per me, non è vero, Madonna?” sii alzò in piedi, facendomi spazio tra la scrivania e la poltrona. Mi sedetti sulla superficie di legno freddo, dopo averlo sgomberato di tutto ciò che la occupava buttando tutto sul pavimento, facendogli spazio fra le mie gambe. “Non farà male al bambino?”
“Non credo, se facciamo attenzione e non ci comportiamo come animali!” ridemmo entrambi, poi Girolamo si tolse la casacca nera, io gli sfilai la camicia bianca dai pantaloni di pelle scura. Il suo torace possente catturò il mio sguardo e, vorace, lo baciai tutto. Sentivo le sue mani passare, a palmi aperti, sulla mia schiena, spostare i capelli di lato e le sue labbra calde divorare il mio collo. In poco tempo rimase anche lui nudi difronte a me, in tutta la sua magnifica imponenza.
Mi prese come solo lui sapeva fare: con dolcezza, forza, audacia e con una rasserenante delicatezza che mi faceva uscire completamente di senno. Quando l’amplesso si concluse, mi accasciai, stanca, sulla scrivania con il volto di mio marito sul petto. “Bene, ora siamo ufficialmente sposati!” dissi, ancora ansante.
“Non posso dissentire, mia diletta!” disse, ridendo sulla mia pelle “Ora mi appartenete!”
“Così come voi appartenete a me!”
“Credo fosse chiaro fin da quando il mio sguardo si è posato su di voi!” Sentii delle lacrime premere per uscire dai miei occhi e seccarmi la gola. Come poteva quell’uomo essere tanto passionale e buono e, al tempo stesso, sadico e violento.
Quella sera dormimmo davanti al camino acceso dello studio con una pesante coperta di pelliccia bianca che coprì le nostre figure abbracciate.

Angolo dell’autrice: Salve! Sono tornata con una notte d’amore tra i due consorti che non sono molto presi fino a questo momento.  Vorrei sapere cosa ne pensate, come al solito.
Piccolo sondaggio, giusto per farmi un’idea: di chi pensate sia il bambino di Cristina?
Bene, vi aspetto al prossimo capitolo.
Un bacio, a presto!
Sol! 

 

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Capitolo 3
*** Cap 2: Come il colore dell'oceano ***


Cap 2: come il colore dell'oceano

Quattro mesi e mezzo dopo

“Giulia, sono ingombrante come una botte!” Era vero: passavo a stento dalle porte!
“Oh, non dire così! Non sei mai stata più bella!” Giulia era gentile, con me. Cercava di non farmi pesare troppo il mio stato. In realtà ci provavano un po’ tutti, alcuni più di altri.
“Tuo figlio sarà enorme!” Zoroastro era uno dei pochi che non ci provava.
Eravamo seduti nelle cucine e mentre Zoroastro mangiava una mela verde mentre io e Giulia cucivano una coperta.
“E se fossero due?” buttò lì la mia dama di compagnia. Io fui terrorizzata dalla cosa. Un imprevisto era una cosa ma due?!  No, assolutamente, categoricamente no!
“No, sarà uno solo grasso come la madre quando l’ho conosciuta!”
“Sei la gentilezza personificata!”
“Lo so, grazie!”
“Ho trovato!” Leonardo entrò urlando nella stanza, facendo spaventare i servitori che stavano lavorando.
“Cos’hai scoperto?” chiese Zoroastro.
“Tutti fuori” dissi contemporaneamente ai lavoratori.  Quando tutti furono usciti ci girammo tutti e tre verso il Maestro, in attesa di spiegazioni.
“Bene, vi ricordate del libro delle Lamine?”
“E chi se lo dimentica!” diedi una gomitata nelle costole dell’uomo seduto di fianco a me “Volevo dire: si, certo. Continua pure!”
“Bene, ho appena scoperto dove si trova!”
“Dove, Maestro?”
“Qui!” puntò il dito su uno stano continente. Ero sicura di non aver mai visto nessuna regione con una simile conformazione geografica.
“Cos’è questo?”
“Un nuovo Mondo!” io, Giulia e Zoroastro girammo la testa di lato, cercando di capire cosa intendesse “Non capite?”
“No!” dicemmo, tutti in coro.
“Il libro delle Lamine è qui!”
“In un posto che non esiste?” azzardò Zoroastro. Devo dire che, per quello che ne sapevamo noi, era la realtà.
“Esiste, e, secondo le istruzioni del Turco, dobbiamo raggiungerlo a bordo di una nave chiamata il Basilisco. Salperà da Pisa per queste terre tra una settimana”
“Bene e tu vorresti partire alla volta di queste terre inesistenti, su una barca che ha il nome di un mostro di un libro eretico che ho letto di recente-non fate quella faccia, non c’è molto da fare in questa città di timorati di Dio-con una donna incinta, la sua altrettanto lunatica dama di compagnia e il suo folle marito. Ho dimenticato qualcosa?”
“E restare in viaggio per tre mesi all’incirca navigando più o meno alla cieca”
“Dettaglio del tutto irrilevante! C’è solo un particolare che non mi è chiaro: perché mai dovremmo farlo?!” Leonardo guardò me “Tu che hai da dire”
“Che sono d’accordo con Zoroastro!” tutti mi guardarono come se fossi impazzita.
“Cosa sei tu?!”
“D’accordo con Zoroastro: questa tua idea è una follia e poi io non posso partire! Sono incinta, dovrò partorire fra non molto e non credo che Girolamo acconsentirebbe!”
“Cosa non acconsentirei?” io non so come facesse, in tanti anni di matrimonio non l’ho mai capito, ma, ogni volta che lui entrava in una stanza, automaticamente si formava nell’atmosfera una coltre di gelo.
“Girolamo”
“Cristina”
“Zoroastro” io e mio marito lo guardammo, entrambi, perplessi e irritati.
“Conte, ho trovato la collocazione del libro delle Lamine!” tutti e tre, da dietro le spalle di Riario, facevamo segno a Leonardo di non dire altro, ma con scarsi risultati.
“Bene, artista. Dove, dunque?”
“Qui!” Leonardo mise sotto il naso di Girolamo la cartina che aveva fatto vedere a noi poco prima e la faccia di mio marito non differì di molto dalle nostre.
“Singolare territorio, devo dire. Dove sarebbe?”
“A tre mesi di mare da qui!”
“Artista, ciò è folle! Queste terre non esistono!”
“Oh, e per una volta siamo tutti d’accordo!” Zoroastro si alzò dalla sedia sulla quale si poggiava. “Questa storia delle terre oltre oceano è la cosa più folle che abbia mai sentito dire!” il che era quanto dire!
“Vi dico che è la pura verità: lo conferma anche la pelle dell’Abissino lo dice!”
“Mettiamo caso che io vi creda, artista. Cosa sarebbe necessario fare?” capii che Girolamo gli credeva e la cosa mi lasciava molto perplessa.
“Imbarcarci su una nave chiamata Basilisco e giungere in questo nuovo continente dove troveremo il libro delle Lamine!”  iniziai a sentire delle starane fitte al ventre. Afferrai il braccio di Giulia.
“Mi fa male la pancia!” lei mi guardò i piedi e lanciò un urlo che fece girare tutti verso di me.
“Cosa succede, Giulia?!” mio marito era palesemente irritato dal fracasso creato dalla mia dama di compagnia.
“La Signora…..le acque…….un medico!” non sapevo chi fosse più agitata tra me e lei. La faccia di mio marito era qualcosa di indescrivibile: guardava davanti a se fisso, senza dar cenno di vedere ciò che gli accadeva attorno.
Zoroastro, invece, si alzò dalla sedia e si precipitò fuori urlando “Una levatrice, chiamate una levatrice! La Contessa sta per dare alla luce i suoi bambini!” correva e urlava. Un gran baccano si animò lungo i corridoi del castello: si sentivano cameriere che svenivano, messi che si precipitavano in ogni direzione e donne con esperienza si riversarono nelle cucine.
Mi fecero stendere su un giaciglio ricoperto da due teli bianchi puliti da poco e mi fecero aprire le gambe.
“Mia signora, il suo bambino sta per venire alla luce!” non so chi fosse il genio che aveva detto quella frase ma, giuro, gli avrei dato un morso in testa!
“Ma dai!” all’arrivo di una contrazione urlai “Fate riprendere quell’idiota di mio marito!” sarebbe stato un bene se l’avessimo lasciato in catalessi.
“Cara, io ho delle faccende urgenti da sbrigare quindi…”
“Tu non ti muovi di qui, Girolamo! Prima mi rompi i coglioni e poi cerchi di dartela a gambe!” mio marito, per la prima volta in vita sua, aveva sul viso quella che sembrava paura. Con timore si fece vicino a me, e prese la mano che gli porgevo.
“Signora, ci siamo! Ora deve spingere!” quella che era la cuoca mi disse che mio figlio stava per nascere. Spinsi con tutta la forza che avevo ma faceva male, molto male. Cercavo di resistere , stritolando la mano di Girolamo.
“Sto per svenire!” urlai, all’ennesima spinta.
“No, cara! Spingi!” sentire mio marito che mi dava degli ordini in quel momento m’irritava infinitamente.
“Non dirmi cosa devo fare!” lo stavo sbranando con gli occhi.
“Spinga!”
“Vedi, lo dice anche la cuoca!” e io spinsi con quel poco di forze che mi rimanevano. Sull’ultima, sentii il bambino uscire e, pochi secondi dopo, un pianto disperato riempì la stanza. Ma c’era qualcosa che non andava: le contrazioni non cessavano. “Perché continuo ad avere le contrazioni?”
“Signora, ce n’è un latro!” oh, cielo! Fu tutto ciò che pensai. Speravo di reggere, di non svenire prima di dare alla luce il mio bambino.
Spinsi tanto, e il dolore era sempre più acuto fino a quando non sentii anche l’altro bambino piangere.
guardai mio marito “Dimmi che sono finiti!” lui aveva gli occhi lucidi.
“Si, sono finiti, cara!”
Nel mentre nella stanza era entrato Zoroastro, spalancando la porta “ Ho portato la levatrice!” si guardò attorno “Tu mi hai fatto portare la levatrice e non l’hai nemmeno aspettata!”
“Sta zitto, idiota!” fu un coro unanime quello che lo investi e così come era entrato, Zoroastro si dileguò.
“Signora, i vostri bambini!” i due fagotti che mi vennero messi tra le braccia erano due maschi, bellissimi, con dei radi capelli scuri sul capo. Uno dei due aprii i suoi occhietti ed erano scuri come quelli di Girolamo.
“Sono figli miei!” disse, orgogliosamente, mio marito. Io quasi gioivo con lui quando l’altro gemello aprì a sua volta i piccoli occhietti. Erano dello stesso colore dell’oceano.
 
Angolo dell’autrice: salve! Scusate per il ritardo!
Vorrei sapere cosa ne pensate, fatemi sapere presto i vostri pareri.
Un bacio, Sol!

 
 

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Capitolo 4
*** Cap 3: Tutto l'amore del mondo ***


Cap 3: Tutto l’amore del mondo

P.O.V. Girolamo
Il colore degli occhi di quei due bambini erano due contraddizioni: uno sembrava mio l’altro di Nico.
Avevo lasciato Cristina da sola con Giulia che vestiva i bambini. Mi sorprese quanto fossero piccoli e indifesi, così innocenti che quasi non credevo possibile che appartenessero a questo mondo.
Non avevo degnato mia moglie di una risposta quando mi aveva chiesto come intendevamo chiamare i bambini, non ero ancora pronto ad affrontare quella discussione.
Nel mio studio, immerso nella semi oscurità potevo trovare la pace che il mondo non aveva, le risposte alle domande più complesse, le decisioni giuste.
Era giusto seguire l’intuizione di Da Vinci?
Se io fossi partito non ci sarebbe stato modo di tenere mia moglie a casa e, con due piccoli eredi ancora in fasce, non era il caso di coinvolgerla in nessuna pericolosa avventura. Eppure sapevo bene che, senza lei, non avrei potuto far nulla, neanche le cose più semplici. A tal punto si estendeva il potere di quella donna su di me.
Dopo poco sentii qualcuno bussare alla porta dello studio. Ero molto contrariato dall’interruzione “Cosa succede?”
“Vostra grazia, sono Giulia. Mi manda la contessa.” Bene, mia moglie non perdeva tempo! Non potendomi assillare lei, mandava la sua fedele portavoce! –pensai, fra me!-
“Entra!” dissi, secco.
La ragazza non perse tempo e aprì la porta. Fece un leggero inchino, dopo essersi fermata difronte alla scrivania.
“Vostra grazia, la contessa richiede la vostra immediata presenza per questioni riguardanti i giovani conti” non credevo che una serva potesse parlare in modo così corretto. Come non credevo che mia moglie volesse consultarmi per questioni di rilievo per i bambini.
“Bene, riferisci alla Contessa che andrò da lei non appena le questioni che sto trattando me lo consentiranno” ma lei non si muoveva “Ti ho detto di dirle che, appena ne avrò l’occasione, sarò presente!”
“Mio Signore, credo che qualsiasi cosa lei stia trattando potrà attendere o forse lei vuole attendere?”  Giulia mi guardava con quei suoi occhi vispi e attenti anche ai dettagli meno significativi e non potei mentirle.
“Siediti e ti avverto che, se questa conversazione uscirà da questa stanza, per te le cose si metteranno molto male!” lei si sedette sulla sedia che, in genere, occupava mia moglie.
“Ve lo giuro, anche perché incontrare la sua ira è l’ultimo dei miei desideri, Conte”
“Ragazza saggia” poi seguì il silenzio.
“Mio Signore, cosa vi cruccia?”
“Gli occhi del secondo gemello sono blu”
“Ma quelli del secondo sono neri , come i vostri!”
“Io non posso sopportare che mio figlio abbia lo stesso colore degli occhi del mio rivale, non ce la faccio!” congiunsi le mani all’altezza delle labbra e poggiai i gomiti sulla scrivania, gesto che facevo solo quando era davvero nervoso.
“Conte, voi siete un uomo di fede. Voi riuscite a vedere segni divini ovunque”
“Ti prego, non lo fare! Non cercare di convincermi che quel bambino è un segno divino perché non lo è!”
“Io non so come farvela vedere, allora, Conte. Dovete solo convincervi che lei vi ama!” la guardai. Non potevo crederci perché significava mettere la mia volontà nelle mani di qualcuno diverso da me.
“Lo so ma, credetemi, l’esperienza insegna che, se ami davvero qualcuno, devi sempre cercare di far credere al mondo che quella persona ti sia totalmente indifferente o sarà perennemente in pericolo” lei mi guardò in modo strano, forse perplesso.
“Siete un uomo particolare, ma in modo bello!”
“Grazie! Bene, credo di poter accantonare le questioni che sto trattando!” lei sorrise e, per una volta, sentii che le cose andavano insolitamente per il meglio.

P.O.V. Cristina
Girolamo tardava ad arrivare e io avevo bisogno di lui. Le nostre creature avevano bisogno di un nome e poi dovevano essere battezzate entro breve.
Prima  che mi si rompessero le acque, avevo sentito che mio marito era d’accordo con le assurde teorie di Leonardo riguardo a un nuovo mondo nel quale era nascosto il Libro delle Lamine e la cosa mi aveva stupita e non poco.
Mentre ero assorta in questi pensieri, mio marito arrivò, preceduto da Giulia.
“Ve l’ho portato, come promesso!” mi disse, sorridente.
“Posso sempre contare su di te!” Zoroastro dormiva placidamente su di una poltrona posta sotto la finestra della mia stanza “Al contrario di lui!” lei rise, andando, poi, a posare una coperta sulle gambe di Zo.
“Mia adorata, non posso descrivervi la gioia che provo per lo splendido regalo che mi avete fatto dando alla luce due splendidi eredi!” lo guardai negli occhi e capii che, per quanto fosse effettivamente contento del fatto che avesse due eredi, non era molto contento che uno dei gemelli avesse gli occhi azzurri come quelli di Nico.
“Voi mi state mentendo, come fate ogni volta!” risposi, stanca.
“Non è affatto vero!”
“Giusto, voi non mentite. Voi mi nascondete cosa realmente pensate” Girolamo sorrise ma non disse nulla. Da dove vengo io si dice che chi tace acconsente.
“Di cosa volevate parlarmi, in vero?”
“Del nome dei bambini. Pensavo che un nome avrei potuto deciderlo io, l’altro voi” tenevo molto a decidere almeno uno dei nomi dei miei figli. Per me significava essere indipendente da Girolamo almeno nel pensiero.
“Credo di poter accettare questo compromesso.” Poi rimase in silenzio a fissarmi, mentre si sedeva ai piedi del letto a baldacchino.
“Bene, io credo che troverete la scelta di questo nome molto originale”
“Parlate, dunque. E sappiate che, grazie alle vostre condizioni, non potrò contraddirvi, a meno che non decidiate di chiamarlo come il vostro amore perduto” accennai un sorriso e poi feci cenno a Giulia di porgermi il bambino con gli occhi come quelli di Girolamo.
“Lui è Arturo” mio marito rimase per un attimo interdetto, poi capì a cosa era dovuto quel nome.
“Come il mitico re di Camelot”
“Credo che nessun bambino italiano possa affermare di chiamarsi così. Ora voglio conoscere il nome che voi avete scelto per l’altro gemello” fu Girolamo stesso a prendere il piccolo dalla culla e poi, tornò a sedersi nello stesso punti di prima con il piccolo che poggiava la testolina nell’incavo del gomito del padre e dormiva placidamente.
“Riccardo” disse, dopo aver osservato il bambino per un attimo.
“Bene, Arturo e Riccardo Riario, i prossimi conti di Imola e Forlì!” Giulia e Zoroastro, che nel mentre si era svegliato, sorridevano esattamente come me e mio marito.
In quel momento seppi che quei bambini potevano fare grandi cose, nella loro vita perché sapevano attirare su di se tutto l’amore del mondo.

Angolo dell’autrice: come sempre in ritardo ma sempre presente.
Cosa ne pensate dei nomi dei bambini e credete che Cristina partirà contro il parere di Girolamo portando con se entrambi i piccoli conti?
Aspetto di conoscere i vostri pareri.
Un bacio, a presto!
Sol!

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Capitolo 5
*** Cap 4: Perdere la memoria ***


Cap 4: Perdere la memoria
 
Wake up, it's time little girl, wake up
All the best of what we've done is yet to come
Wake up, it's time little girl, wake up
Just remember who I am in the morning
Your losing your memory now

P.O.V. Cristina
Correvo a perdifiato in una fitta foresta che non avevo mai visto prima. Non sapevo perché dovessi andare così veloce ma qualcosa mi diceva che, se non l’avessi fatto, avrei perso qualcosa di molto importante.
Arrivai in quello che sembrava un campo di grano, ma i frutti delle piante erano molto più grandi di una comune spiga.
In lontananza si stagliava una specie di piramide dalla quale provenivano strani canti e urla d’incitamento in una lingua a me estranea. Mi misi a correre in direzione di quella, con la speranza nel cuore di arrivare in tempo per impedire che ciò che temevo accadesse.
Giunta alla meta vidi un altare sul quale erano disposti con il volto rivolto al “pubblico” Leonardo e Girolamo e poi c’era una donna vestita in modo strano che agitava sotto il loro naso un pugnale e, di tanto in tanto, lo poggiava anche sulle loro gole. Lanciai un urlo ma l’unico che parve sentirmi fu mio marito che alzò lo sguardo su di me.
“Dio sta ridendo di noi, amore mio, e della nostra stupidità!” urlai il suo nome più forte di prima, tendendo una mano verso di lui ma, proprio in quell’istante, la donna gli recise la gola e il sangue di Girolamo imbrattò l’altare.
Volevo correre verso di lui ma la scena, ad un tratto, cambiò.
Mi trovavo nella stanza di Leonardo a Firenze, nella bottega di Andrea, seduta sul letto del Maestro con Nico.
“Come ci siamo arrivati qui?” gli chiesi “Come fai ad essere qui?!”
“Non sei felice di vedermi?” mi sorrise, posando la mano sulla mia “Come stanno i bambini?”
“Bene, ma tu sei morto, Nico!” lui fece un cenno d’assenso, guardandosi attorno.
“Si, ma nel tempo in cui siamo io sono ancora vivo come lo sono nei tuoi ricordi e per questo sono qui” non capivo a cosa si riferisse “Mi dispiace dirtelo ma è il momento di andare avanti e crescere perché se tu non andrai avanti e, se non mi dimenticherai, nemmeno io potrò farlo. Devi perdere i tuoi ricordi, adesso!”
“Io ho paura, Nico”
“Ne abbiamo tutti, sai? Pensi che io non ne abbia avuta, pensi che tuo marito, Zo e il Maestro non ne abbiano o che Giulia ne sia immune? La paura ci rende migliori perché ci costringe a prendere decisioni e a salvare chi amiamo davvero”
“Io ti amo davvero” dissi, guardandolo negli occhi.
“Non puoi amare chi non potrà mai più esserci. Anche io ti ho amata più di quanto abbia amato me stesso ma è il tempo di svegliarsi, piccola donna, e di ricordarti chi sei. Perdi i tuoi ricordi e non perderti in essi!”
Continuavo a non capire cosa volesse dire ma sentivo che stavo per svegliarmi.
“Nico, cosa vuol dire?”
“Perdi i tuoi ricordi ma non perderti in essi!”
Non seppi mai cosa intendessi perché mi svegliai, urlando, tra le braccia di mio marito.
Continuavo a essere scossa da quello che avevo sognato e non riuscivo a smettere di tremare. Girolamo cercava in tutti i modi di calmarmi ma con scarsi risultati.
“Ti prego, calmati, è stato solo un sogno ora sei qui con me!” mi sussurrava rassicurazioni a un orecchio, mentre mi cullava avanti e indietro insieme a lui.
“Non passerà mai!” continuavo a ripetere la stessa frase da quando mi ero svegliata.
“Cosa, Cristina, cos’è che non  passa? Ti fa male da qualche parte? Se si, dimmi dove!” c’era molta ansia nella sua voce, così tanta che non mi pareva nemmeno mio marito, l’uomo che mi stava parlando.
“Nico”
“Cosa c’entra Nico?”
“L’ho sognato…diche che fino a quando io non l’avrò dimenticato lui non passerà e io non riesco a dimenticarlo!” poi mi girai verso di lui, allacciandogli le braccia al collo “Girolamo, ti prego, aiutami!”
“Stai così solo per questo?” chiese, sempre con tono dolce, mentre mi accarezzava i capelli.
“No, non solo”
“Allora perché?”
“Ho fatto un altro sogno, ancora più tremendo” serrai di più la stretta al suo collo “Non deve accadere, giuramelo!”
“Ti giurerò ogni cosa che vorrai, ma devi dirmi cosa”
“Mi devi giurare che non morirai!” lui rise flebilmente. Detta così suonava strana, come frase, ma era tutto ciò che volevo. Non potevo perdere Girolamo, o sarei impazzita dal dolore.
“Io morirò, mia adorata, come tutte le creature di Dio”
“Si, Girolamo, ma non in quel modo”
“In quale modo?” presi aria e, sempre legata a lui, iniziai a raccontargli ciò che avevo sognato. Non riuscii ad impedirmi di scoppiare in un pianto disperato, aggrappandomi con tutte le mie forze alla camicia di mio marito.
“Basta, è stato solo un sogno. Io non ti lascerei mai, per nessun motivo!” volevo credergli ma allora –mi chiesi- perché mi stringeva a se come fa un condannato con la vita?


Quella notte non riuscii più  riprendere sonno.
Accoccolata al petto di Girolamo, lo guardavo dormire placidamente: aveva il volto rilassato, le ciglia scure che proiettavano ombre sulle sua guance e i capelli che gli ricadevano sugli occhi chiusi. Era bellissimo.
I bambini dormivano in una stanza posta poco lontano da quella di mio marito, che era diventata anche la mia, guardati dalla bambinaia che non li perdeva di vista un solo attimo.
Sapevo che Girolamo sarebbe partito per cercare il Libro delle Lamine e che mi avrebbe chiesto di restare a Forlì con i bambini ma non potevo, non  dopo quello che avevo sognato. Dovevo trovare una soluzione talmente solida che sarebbe stata inattaccabile anche da tutte le ipotesi catastrofiche di mio marito e dovevo farlo alla svelta.
Avrei voluto discuterne con Giulia e sapevo che, se fossi andata a bussarle in quel momento, mi avrebbe aiutata, ma c’era qualcosa che mi impediva di lasciare Girolamo, di separarmi da lui.
Per molto tempo, attraverso i racconti di Leonardo ma anche di molte voci che si sentivano in giro, avevo ritenuto quell’uomo un mostro incapace di amare, che porta orrore e distruzione ovunque andasse, ma Girolamo era stato abile, era riuscito a farmi ricrede su tutto. Mi aveva insegnato ad amarlo, a far si che diventasse indispensabile, la sua presenza.
“Tu l’avevi calcolato fin dalla prima volta che mi hai vista, vero?” gli sussurrai a un orecchio. Lui, in risposta, si strinse a me e poggiò il viso sul mio seno, come un bambino. In quel momento mi chiesi come fosse stata la sua infanzia, se avesse mai conosciuto sua madre e sei l’avesse mai stretto come stavo facendo io in quel momento. Se qualcuno l’avesse sempre trattato come una persona e non come una macchina da guerra, forse non sarebbe l’adulto disincantato che è ora e, forse, sarebbe anche più clemente con se stesso.
C’era qualcosa che lo tormentava di continuo, come un’ombra che lo seguiva ovunque andasse. C’era qualcosa, nel suo passato di atrocità e orrori, che lui proprio non riusciva a perdonarsi, e che forse non si sarebbe mai perdonato.
“Io vorrei aiutarti, ma tu pensi sempre di dovermi proteggere da tutto, perfino dai tuoi tormenti” mi rassegnai al fatto che il conte di Imola e Forlì sarebbe sempre rimasto un mistero, per me e questo mi addolorava in tutto e per tutto.
Nico aveva ragione: per costruire un radioso futuro si deve cancellare un passato che, per noi, contiene solo disillusioni e rovine.

Angolo dell’autrice: Avete visto come sono stata veloce? Non ci fate l’abitudine è solo che mi è venuta l’ispirazione e, così, ho scritto di getto.
La canzone all’inizio del capitolo è Losing your memory di Ryan Star ed è anche quella a cui mi sono ispirata per le parole di Nico.
Cosa ne pensate del sogno di Cristina? E del passato di Riario?
Aspetto le vostre opinioni, come sempre.
Un bacio,
Sol!

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Capitolo 6
*** Cap 5: Non ti ho chiesto alcun permesso ***


Image and video hosting by TinyPic Cap 5: Non ti ho mai chiesto alcun permesso
P.O.V. Cristina
La notte passò, per me, insonne e il mio umore, al mattino, non era dei migliori.
Non riuscivo a separarmi da Girolamo, gli stavo sempre attaccata, in tutto e per tutto. Era come se stare sempre con lui fosse, per me, uno scongiuro contro le possibili minacce che c’erano sul nostro futuro.
Inoltre cercavo di tenere lontani mio marito e Leonardo, così cercavo le scuse più strane per fare in modo che non stessero nella stessa stanza o anche che s’incontrassero per sbaglio mei corridoi.
La cosa non passò inosservata agli occhi di nessuno.
“Tu sei diventata più folle di tuo marito, credimi!” Ora che ero la Contessa di Forlì, avevo delle stanze private, un salottino e una sala per le udienze. Nel salottino, una stanza situata al secondo piano del castello arredata con due poltrone color celeste chiaro, uno spazioso divano, un basso tavolino in legno posti davanti a un camino riccamente intarsiato e svariati quadri attaccati alle pareti, avevo fatto venire Zoroastro, Leonardo e Giulia perché dovevo avere dei consigli su come agire.
“Io voglio solo che lui non corra rischi! Per te è tanto assurdo?”
“Si, perché è un mostro schifoso!”  alzai li occhi al cielo. Zo non avrebbe mai accettato che Girolamo poteva essere qualcosa in più di ciò che appariva.
“Non è vero!” Tenevo stretto in mano l’attizzatoio del camino, e guardavo Zo con uno sguardo che non esprimeva nulla di buono.
“Sai, per ciò che mi riguarda, possiamo anche usarlo come pranzo il giorno di Pasqua, così si immolerà come fece il Signore a cui è tanto devoto e smetterà di stare qui a romperci i maroni!”
“Dillo ancora e quello che non sopravvivrà non sarà Girolamo!” lo guardai in modo truce e, con ogni probabilità, Zoroastro non si aspettava d’esser minacciato in quel modo.
“Tu uccideresti me per salvare lui?! Quel mostro senz’anima!”
“Non osare parlare della sua anima!” esclamai, sbattendogli l’attizzatoio sui piedi. Lui iniziò a saltare sul posto, tenendosi il piede colpito dal ferro incandescente.
Mentre Leonardo tentava di vedere cosa si fosse fatto Zo, che mi attribuiva epiteti non molto cortesi, Giulia pose una mano tra i miei capelli, che lei aveva acconciato quella stessa mattina, e mi disse a un orecchio “Tu non lo perderai mai! Credi forse che quell’uomo permetterà a qualcosa o qualcuno di fargli del male!” e risi, rendendomi conto che era vero: chi avrebbe mai potuto far del male a Girolamo?

Sfortunatamente Girolamo decise di dar seguito alle idiozie del maestro su quel continente inesistente.
“Dovrei stare calma?” non ero contenta della cosa, affatto “Mio marito, il padre dei miei figli, decide di imbarcarsi per Dio solo sa dove, alla volta di un posto inesistente, andando incontro a pericoli inimmaginabili e dovrei stare calma?!”
“Sarebbe la cosa più logica da fare” ovviamente eravamo nel suo studio, il campo in cui era sicuro di vincere ogni battaglia, a discutere.
“Girolamo, io non te lo consento” lui rise, o meglio produsse l’unico suono che in lui poteva ricordare una risata.
“Vedi, mia amata, io non ti ho mai chiesto alcun permesso, ti sto solo mettendo al corrente delle mie decisioni” si alzò dalla poltrona in modo tale da svettare di parecchi centimetri su di me “Io partirò, che ti piaccia oppure no e se oserai disubbidirmi questa volta te la farò pagare molto cara!” era davvero inquietante il modo in cui mi guardava. In quel momento mi fece davvero paura, ma non avevo nessuna intenzione di darlo a vedere.
“Io vengo con te”
“Assolutamente no!”
“Non ti ho chiesto alcun permesso, Girolamo, ti sto solo mettendo al corrente delle mie decisioni” usai le sue stesse parole e questo lo colpì. Non era un uomo abituato a essere sfidato così apertamente e avere qualcuno che lo faceva come consorte gli piaceva, lo spiazzava e lo irritava oltre ogni misura.
“E i gemelli?”
“Resteranno con Zita e Andrea giungerà presto da Firenze. In più, Lupo Mercuri può reggere la provincia fino al nostro ritorno” lui soppesò le mie parole ma i suoi occhi bruciavano.
“Vorrei dirti di no ma a cosa servirebbe? Mi seguiresti lo stesso e io farei ancora di più la parte dello stupido” prese una pausa “Vuoi venire? Sei libera di farlo ma ti avverto: andremo con due navi e alla prima occasione in cui non fai quello che ti dico lego te e la tua fastidiosa dama di compagnia come due salami e vi rispedisco a Forlì. Sono stato sufficientemente chiaro?” annuii “Dubbi, domande, incertezze?” feci di no “Molto bene, vai a fare i bagagli” e mi congedai, chiedendomi cosa avrei mai dovuto portare con me per andare in esplorazione di una terra ai confini del mondo.

Miei cari bambini,
vi scrivo perché non so quando ci rivedremmo e non voglio avere rimpianti.
Seguo vostro padre in un viaggio che potrebbe durare molti anni e voi potreste essere adulti al nostro ritorno.
Confido molto nelle persone che a cui vi ho affidati e credo che non possano esserci tutori migliori delle persone che vi amano come foste figli loro. Zita e Andrea sapranno badare a voi e sapranno educarvi ai giusti valori della vita, mentre Lupo saprà insegnarvi a governare e a essere dei buoni soldati nonché uomini rispettosi della dottrina della Chiesa, alla quale vostro padre è così devoto.
Vorrei tanto  potervi dire che sono partita su ordine di Girolamo ma mentirei. Lo faccio di mia volontà, per far si che torni da voi perché, bambini miei, avete molto più bisogno di lui che di me.
Forse, in un primo momento, ci biasimerete. Però sappiate che io e vostro padre vi teniamo nei nostri cuori e pensiamo a voi ogni volta che prendiamo una decisione. Confidate in noi e pregate per il nostro ritorno, così come noi pregheremo sempre per voi affinché siate degli uomini giusti e onesti.
Ora un consiglio: se mai non riuscissimo a vedere il giorno delle vostre nozze vi devo pregare, bambini miei, di no sposarvi per convenienza politica. Questo distruggerebbe voi e la vostra consorte. Nulla di buono nasce dalle scelte obbligate o dalla mancanza di amore. Sposatevi solo quando sentite di aver trovato la persona giusta alla quale affidare il vostro cuore.
Fate visita alla tomba di Nico e portategli omaggi una volta ogni mese, ricordandogli che io, vostra madre, lo conserva nel proprio cuore e che non passa giorno in cui non senta la sua mancanza.
Vi amo tanto, Riccardo e Arturo, e questo tenetelo sempre presente perché è una verità che non muterà mai.
Abbiate sempre questa come convinzione e certezza nella vostra vita.
Guardatevi da quelli che vi si professano amici ma fanno ben poco per dimostrarlo. Le persone sono infide, come i serpenti. Puoi sfamarli per anni, accudirli con tutto l’amore di cui sei capace, ma ti morderanno sempre perché è nella loro natura malvagia.
Ora, con grande dolore, devo dirvi addio.
Vi amo con tutto il mio cuore e la mia anima immortale.
A presto, bambini miei.
Vostra Madre,
Cristina Marante Riario, contessa di Imola e Forlì.

Angolo dell’autrice: scusate il mio larghissimo ritardo. Bene, siamo in procinto di partenze e di addii. Cosa vi aspettate dai nostri eroi? Riusciranno nella loro impresa?
Bhe, lo so, è presto per dirlo, ma sapere le vostre opinioni mi fa sempre molto piacere.
A presto
Un bacio
Sol

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Capitolo 7
*** Cap 6: Paura ***


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Cap 6: Paure
P.O.V. Cristina
Eravamo in mare da due settimane, ed era un incubo senza fine!
“Io non ce la faccio più!” e Giulia aveva scoperto di soffrire tremendamente il mare e da due settimane non faceva altro che vomitare.
“Lo so, Giulia cara, nemmeno noi ce la facciamo più a vederti vomitare” era terribile, considerando il fatto che, grazie a una tempesta, non andavamo né avanti né indietro e la nave si muoveva in modo ondulatorio.
Girolamo, non capirò mai come diavolo facesse, riusciva a pesare alla contabilità e a scrivere il suo diario di bordo. Aveva lungamente insistito perché ne scrivessi uno anche io ma il clima che ci circondava non favoriva la mia creatività.
“Mi dispiace, non ero mai salita su una nave prima d’ora”
“Sarebbe stato un efficace esperimento verificare prima chi portare e chi no per il nostro olfatto” mio marito sembrava del tutto indifferente a quello che succedeva a Giulia davanti a lei, ma le lamentele arrivavano la sera nella nostra cabina, quando lui si lamentava del fatto che non ce la faceva a sopportare il tanfo di vomito e che, se avessimo portato i bambini, avrebbero prodotto  meno puzza di Giulia.
Onestamente ne avevo fin sopra i capelli. Continuavo ad avere incubi, non dormivo da una settimana, mio marito  non faceva che lamentarsi, il maestro si era imbarcato sulla seconda nave e da questo conseguiva che Zoroastro era totalmente fuori controllo.
“Girolamo, cosa vuoi che faccia?!” esplosi quella sera, dopo l’ennesimo commento acido sullo stato della mia dama di compagnia “Non posso di certo buttarla in mare, non trovi?”
“Io non intendevo questo, facevo solo presente che…”
“Che  vomita e produce puzza ma io non posso farci nulla se soffre il mare!” Ero veramente esasperata dal suo comportamento “Se tu credi d’essere in grado  di fare qualcosa, ti prego, illuminami e falla visto che io sono la solita incapace!”
“Non sei incapace!” mi ero alzata  dal letto e guardavo la tempesta attraverso la grande vetrata della nostra cabina. Era inquietante : arredata con mobili in legno scuro, richiamavano molto il modo di vestirsi di Girolamo ed era cupo come la sua personalità.
“Trovi sempre il modo di ricordarmi quanto io sia inaffidabile nel mio giudizio!”
“Non potevi sapere che lei soffriva il mare, mia diletta” mi baciò una mano.
“Quanto manca alla fine di questa sciagura, Girolamo?”
“Solo Dio può saperlo!”
“Perfetto!” sbuffai “Siamo persi nel nulla e non si saper quanto!” mi prese per le spalle e mi voltò, guardandolo  negli occhi.
“Lo so che hai paura e che ti senti persa ma, ti assicuro che male che vada, arriveremo nelle Indie e da lì potremo facilmente tornare a casa”
“Non c’è nulla di facile in tutto questo!” lo guardai con gli occhi pieni di lacrime di rabbia. Cosa voleva Girolamo da me? Cosa pretendeva dalla mia persona? Cosa cercava di dimostrare?
“Lo so, ma ormai siamo qui” la sua voce non era fredda e distaccata come al solito, sembrava colorata da qualcosa di più profondo, qualcosa che non aveva mai invaso la sua voce o i suoi pensieri.
“Dimmi il vero, marito: siamo persi?”
“Si, non conosciamo con esattezza la nostra posizione” ammise, facendomi tremare “Ma appena la tempesta cederà le cose saranno più chiare”
“Se non affondiamo prima, Girolamo!”
“So che hai paura, ma ti assicuro che non accadrà nulla di male fino a che io e te saremo insieme” lo guardai con orrore.
“Non è così, Girolamo!” urlai “Cose orribili ci accadranno!”
“Basta, sei solo stanca e spaventata e io mi rifiuto di continuare ad ascoltare i tuoi deliri” mi disse, con dolce severità “Devi solo dormire e vedrai che le cose andranno meglio”
Gli voltai le spalle per poi correre verso  il ponte  e la tempesta.



Due giorni dopo le cose migliorarono. La tempesta sembrava svanita e con essa il terrore e il malessere generale. 
Contro questo minimo miglioramento c’era il problema che il clima era davvero troppo calmo: non c’era un’onda né un alito di vento e la nave era immobile.
“Girolamo, fa qualcosa!”
“Amor mio, non mi hanno ancora dotato della capacità di controllare il tempo” mi rispose, mentre scriveva il suo interminabile diario di viaggio “ Quando lo faranno sarai la prima a saperlo e ora, te ne prego, rilassati”
“Girolamo, ti prego, sta un po’ con me!” mi guardò interrogativo  “Non fai altro che scrivere quel maledetto diario, anche di notte” continuò a non proferire “Se almeno ti degnassi di dormire con me magari non farei incubi” si alzò, chiuse il suo prezioso, stupido diario e mi prese una mano portandosela alla bocca.
“Amore mio, farò tutto quello che vuoi se solo serve a calmarti”
“Girolamo, tu lo sai bene da cosa nascono i miei timori” lo guardai negli occhi e posai una mano sulla sua guancia, coperto da un accenno di barba. Era così giovane, così bello.
“I sogni non predicono il vero in modo esatto o non lo predicono affatto, sono solo superstizioni”
“E allora perché sembri molto più preoccupato di me?” mi sorrise in modo stranamente dolce e timido. Un modo che non era di certo da Girolamo.
“Ah!” sospirò “Chi può saperlo?”
“Ti prego, Girolamo, non esporti a rischi inutili e superflui”
“Non lo farò, sai che non è nella mia natura”
“Non so più cosa sia nella tua natura e cosa no” mi baciò sull’angolo della bocca.
“Sei una creatura splendida, che si preoccupa per tutti, forse anche troppo” lo abbracciai forte, cercando di assorbire il suo calore.
“Tu sei la mia persona, se mi preoccupo per te mi preoccupo per me stessa” strinse le braccia intorno al mio busto, baciandomi il collo.
“Anche tu sei la mia persona, sarai sempre la mia persona*” e anche se era giorno inoltrato io e mio marito dormimmo collati dal dolce e spaventoso silenzio che aleggiava fuori la nave e che, stano ma vero, ci permise di dormire serenamente e con la pace nel cuore.

Angolo dell’autrice: con questo capitolo segno la definitiva partenza dei nostri protagonisti.
Devo ammettere che non è stata semplice, la stesura di questo capitolo, ma sono felice del risultato nel suo complesso.
Aspetto, come sempre , le vostre opinioni.
Un bacio,
a presto.
Sol!

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Capitolo 8
*** Cap 7: Paura- II ***


Image and video hosting by TinyPic < Cap 7: Paura- II
P.O.V. Zoroastro
La noia mi attanagliava come un falco tiene un coniglio fra gli artigli.
La mia cabina era una sorta di buca, divisa da un sottile pannello di legno da quella di Giulia.
Nel pannello c’era un  buco che faceva si che io potessi vedere quello che succedeva nella cabina di fianco. Avrei voluto non sbirciare ma non era nella mia natura, così guardavo la dama di compagnia della mia migliore amica su questa terra e mi eccitavo come non avrei mai pensato fosse possibile.
Non credevo di poter provare attrazione per lei, ma il mio fisico diceva tutt’altra cosa. Così, mentre la notte il suo respiro mi cullava, all’alba, quando lei andava da Cristina a prepararla per il continuo nel nostro viaggio, io cercavo di adempire ai miei bisogni carnali.
Non potevo né volevo continuare così, non era da me!
Una sera, circa il ventitreesimo in mare, andai nella stiva della nave dove, con la compagnia dei topi, iniziai a bere, cercando di non pensare alla mancanza di Nico, alla lontananza di Leonardo e al cambiamento di Cristina. Mi mancava Firenze, mi mancavano per fino Botticelli e il capitano Dragonetti.
“Sto messo proprio male, amico!” dissi, guardando un piccolo roditore che rosicchiava un pezzo di formaggio ormai secco.
“Se parli con un topo, Zoroastro, sei molto vicino al capolinea!” Sentii quella voce che mai più nessuno avrebbe potuto usare.
“Se ti sento sono molto più ubriaco del previsto!”
“O forse è arrivato il momento di affrontare i tuo demoni”
“Fanculo, Nico!” lui rise. Era incredibile! Vestito nello stesso modo in cui lo avevo visto l’ultima volta, con lo stesso sorriso, gli stessi occhi giovani  e sinceri “Mi manchi tanto, amico”
“Questo è uno dei motivi per cui sono qui, ho dei conti in sospeso con te, Zo” sbuffai.
“Certo, l’unica volta in cui il mio migliore amico mi viene a trovare è perché deve riscuotere qualcosa!” Nico si mise a ridere. Quanto un semplice suono poteva scaldare il cuore?
“Non devo riscuotere, devo pagare” lo guardai “Come ho detto a Cristina, devi andare avanti”
“Quando hai visto Cristina?”
“Non è questo il punto!” un fantasma poteva davvero arrabbiarsi?
“E allora quale sarebbe questo punto, Nico?”
“Mi devi dimenticare, amico mio”
“Come posso dimenticare mio fratello, Nico?” mi venne incontro, poggiandomi una mano sul gomito, come faceva sempre quando ero teso o arrabbiato.
“Mi dispiace molto, amico mio, fratello mio” lo abbracciai e fu davvero come stringere un corpo ma era freddo e distante. Era come stringere un pezzo di ghiaccio “Quante cose passate insieme, quanta gioia e quante sofferenze abbiamo condiviso ma ora è tempo di intraprendere una strada diversa, nuova e irta di insidie” lo guardai, senza capire fino in fondo quello che stava dicendo “Nel posto in cui state andando vi scontrerete con qualcosa che nessuno prende in conto fino in fondo: la morte”
“Cosa dici, Nico?”
“Io so cosa accadrà e se voi non prederete decisioni diverse, grandi sciagure si abbatteranno su di voi” prese fiato. Forse quelle parole stavano facendo più male a lui che a me “Uno tra voi non rivedrà l’Italia, Zoroastro”
“Chi?” lo stomaco mi si contorse in una morsa .
“Questo non posso dirtelo, ma le morti che accadranno devono accadere” si staccò e iniziò a indietreggiare “Ora devo andare, non ho molto tempo”
“No!” urlai “Nico, no, ti prego!” ma lui non si fermò. Mi sorrise e poi sparì trasportato via da un alito di vento.

Tornai in camera mia, stendendomi sul letto a peso morto.
Non potevo credere a quello che era successo. Avevo visto un fantasma, quello del mio migliore amico, che mi aveva predetto un destino di morte e di sofferenze e che poi era scomparso nel nulla.
Mi sentivo più pazzo di Leonardo quando parlava del Turco o del Libro delle Lamine o di qualsiasi altro suo marchingegno.
“Mio Dio, che cosa accade a bere di notte in mare!”
“Il Conte vi spella vivo se lo viene a sapere” sussurrò la vocina di Giulia da dietro il pannello.
“Cosa ci fate ancora sveglia a quest’ora tarda?”
“Nulla, Zoroastro, rifletto”
“Siete uno specchio e non ci avete mai informati?” lei rise. Che bel suono che era la sua risata.
“No, non lo sono, Zoroastro” sospirò “Mi sento così sola, però”
“Mi sento solo anche io” ammisi “Talmente solo che ho visto il fantasma del mio migliore amico”
“Avete paura?”
“Più di quanta immaginate, anche se so bene che poco virile come cosa” in quel momento il pannello sparì e io mi ritrovai Giulia sul mio letto.
“Voi siete l’uomo più virile che abbia mai conosciuto!” era arrossata, probabilmente accaldata, splendida nella sua camicia di lino lunga fino alle caviglie “Si può definire tale un uomo che, per ottenere ciò che vuole da una donna, usa la violenza?”  cosa cercava di dirmi? “O che la sminuisce in tutto e per tutto e la fa sentire più insignificante di un moscerino quando l’unica cosa che vorrebbe è una parola gentile o una carezza!” le lacrime le bagnavano le guance.
“Cosa cecate di dirmi, Giulia?”
“Mio padre”
“Cosa vi ha fatto?” avevo il sospetto avessimo condiviso lo stesso tipo di infanzia. Mio padre, in un primo momento, aveva cercato di comportarsi da tale ma le cose, tra noi, non erano mai andate bene. Lui mi picchiava. Ero solo un bambino, la sola fase della mia vita in cui, volente o nolente, ero stato onesto e le avevo prese fino a sanguinare ugualmente. Forse era il destino di noi figli bastardi o di poveri essere presi a bastonate perché eravamo un’ulteriore bocca da sfamare che sbilanciava la già precaria situazione finanziaria di famiglia o ,forse, eravamo solo l’effetto collaterale di una scopata. Però io una sola cosa ho sempre saputo nella mia estrema ignoranza: io non avevo chiesto a nessuno di venire al mondo.
“Mi picchiava tutti i giorni perché non valevo abbastanza, non in confronto alla vita di mia madre”
“Non è colpa vostra”
“Se Dio non ha fatto uno scambi equo, dite?”
“No, se siete venuta tra i vivi!” presi le sue mani tra le mie “Nessuno di noi l’ha chiesto e un genitore che spreca la fortuna che ha picchiando il proprio miracolo personale è un povero idiota!” e lei mi abbracciò, tenendomi strettissimo, singhiozzando sulla pelle del mio collo, mentre le mie dita scorrevano tra i capelli come la nostra nave scivolava tra le onde.

Angolo dell’autrice: buona sera! Chiedo venia per il capitolo, so bene che non è il massimo! Volevo raccontare il punto di vista di Zoroastro ma temo di non essere riuscita nell’impresa.
Chiedo venia a tutti se il capitolo non è bello, spero di rifarmi in futuro.
Un bacio a tutti,
a preso
Sol!
 

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Capitolo 9
*** Cap 8: Non cambierei nulla ***


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Cap8: Non cambierei nulla
P.O.V. Cristina
Dopo altri due mesi di navigazione i miei nervi erano sempre più a fior di pelle. Avevo un paura immensa che la nave sarebbe affondata da un momento all’altro.
“Tu non puoi continuare così! Mi stai facendo letteralmente impazzire!” mio marito era intrattabile e questo, dovevo riconoscerlo, era quasi totalmente colpa mia. “Girolamo, hai pensato che più tempo passiamo in mare, lontano da tutto e tutti, più cibo consumiamo, più gli uomini si arrabbiano per colpa della fame e più le nostre speranze di tornare a casa si assottigliano?” “In realtà, mia cara moglie, passo la giornata a girarmi i pollici” “Sai, per una sola volta, vorrei che tu ammettessi che hai sbagliato!” “Siamo dispersi in mezzo al mare e l’unica cosa a cui tieni e potermi dire che è solo colpa mia se questa sciagura si è abbattuta su di noi!” “Perché è così, Girolamo!” alzando gli occhi al cielo, scese dal letto per pararsi di fronte a me in tutta la sua statuaria nudità, posano le mani sui fianchi. Non l’avevo mai visto assumere quella posa. “Mettiamo bene una cosa in chiaro” mi puntò un dito contro “tu sei voluta venire con me e ti avevo avvertito che non sarebbe stato facile e tu, ora, mi stai dando il tormento e mi stai facendo venire voglia di chiuderti nella stiva insieme con i topi e con quello che resta delle provviste!” capii che stavo sbagliando. Stavo pretendendo da lui cose che non aveva: certezze. Mi alzai a mia volta e mi feci vicina, baciandogli il mento, carezzandogli il petto con la punta delle dita. “Scusami tanto, mio caro” lui cinse le mie spalle con un braccio forte e robusto “Girolamo, sono sei mesi che siamo in mare e faccio starni sogni che mi fanno sentire che qualcosa non va. Ho paura che siano i bambini ad essere in pericolo e non noi” con due dita lui mi girò il capo in modo da poter avere le sue labbra quasi sulle mie. Mi resi conto, guardandolo negli occhi, che la crudeltà e il gelo che esternava non erano altro che mera illusione. In quel preciso istante i suoi occhi erano così dolci e pieni d’affetto. Nessuno m’avrebbe mai creduta, se l’avessi raccontato in giro. “So che di recente non faccio che dirlo ma, ti prego di credimi, presto sarà tutto finito e finalmente potrai stringerli tra le tue braccia e tutto andrà di nuovo come vuoi” “Va bene, più o meno” lui rise, continuando ad accarezzarmi la schiena con una mano e a tenermi il viso fermo con l’altra. “Abbiamo firmato una tregua, mia bellissima?” “Potremmo, si…” “Bene” e scese con le labbra non sulle mie, come avevo pensato, ma sul mio collo, baciandolo con attenzione e passione. Chiusi  gli occhi, buttando la testa all’indietro, mentre accarezzavo i capelli scuri di Girolamo. Erano cresciuti, così come la barba, che ora mi solleticava il collo. Posando, poi, le labbra sulle mie mi spinse verso il letto, dove mi stesi, aprendo le gambe per far spazio al suo corpo. Era caldo, quasi bollente, e un leggero strato di sudore gli ricopriva la schiena, permettendo alle mie mani di scivolarvi sopra con facilità. Aveva una pelle morbidissima, rovinata appena dalla crosta di qualche cicatrice disseminata qui e lì.  In un attimo di lucidità mi chiesi ancora una volta quali segreti dolorosi nascondesse la sua infanzia, ma poi il presente ebbe la meglio e nulla riuscì a portarmi lontana da quel letto e da quell’uomo.

Dopo che la passione mia e di mio marito si fu esaurita il movimento della nave cullava i nostri corpi affaticati e imperlati di sudore, avvolti nelle lenzuola di lino. Ero stesa supina, con un braccio che spariva sotto il corpo di mio marito, steso a pancia sotto. “Chi te le ha fatte?” “Le cicatrici?” annuii “Il mio maestro d’armi e, tal volta, anche mio padre” gli scostai un ciuffo di capelli scuri dagli occhi “Ricordo che una volta avevo deciso che volevo a tutti i costi domare un cavallo. Era bellissimo, sai. Nero, possente, indomabile. Volevo domarlo e, poi, farlo vedere a mio padre.” Prese un respiro profondo, come a calmarsi “Ma il cavallo era troppo forte per un bambino, anche se molto determinato a riuscire nel suo intento. Fui disarcionato. Lì per lì non accadde nulla ma quando Lupo lo disse a Sisto lui…non reagì molto bene” immaginai quello che dovevano avergli fatto, infatti un brivido mi percorse la schiena “Venne all’accademia. Era notte fonda. Le guardie mi presero di peso dal letto e mi portarono nella sala di addestramento,  dove mi legarono a un ceppo che non avevo mai visto prima. Sisto apparve dopo poco. Aveva una frusta tra le mani e un’espressione che non prometteva nulla di buono per me” gli baciai una spalla, sapendo quanto gli costasse raccontarmi tutto quello “Sei un debole, Girolamo. Sai essere forte solo con le parole. Ti insegnerò che prima di dar fiato alla bocca bisogna avere la certezza di non fallire!” aveva lo sguardo perso nel vuoto. Faceva così male vederlo in quello stato “Fu quello che mi disse prima di iniziare a frustarmi. Continuò fino a quando non persi i sensi. Poi, se ne andò così com’era arrivato. Non si preoccupò neanche di accertarsi che fossi vivo o morto”  lo abbracciai, col solo braccio libero, baciandogli una guancia “Girolamo, mi dispiace così tanto” “A me no. Sono un uomo di parola anche grazie a quella lezione” “Eri solo un bambino, tanto dolce, che voleva colpire suo padre e renderlo orgoglioso” si girò sul fianco, guardandomi negli occhi “ Cercavo bontà paterna in chi  non ne aveva. Sono stato uno sciocco da bambino, poi non lo sono stato mai più” “Tutti credono che tu sia un mostro. Io stessa l’ho pensato molte volte, ma non è così. Sei solo un bambino a cui hanno insegnato a fare il soldato dal suo primo respiro” mi diede un bacio sulla fronte, accarezzandomi i capelli “Io non sono mai stato un bambino, Cristina, non ho mai voluto esserlo né ho potuto” davanti al suo sguardo così triste avrei voluto piangere. Invece mi sforzai di sorridere e di baciarlo con tutto l’amore che potevo comunicare “Non essere triste per me, dolce amore mio. Io sono contento della mia vita. La considero un dono di Dio e non la cambierei” gli sorrisi e lo spinsi con le spalle sul materasso per poi salirgli in grembo “Poi il passato resta tale, non si può cambiare ma il futuro lo scriviamo passo dopo passo” annuii, abbassandomi su di lui, baciandolo con dolcezza, mentre tornavo ad essere sua per l’ennesima volta.

“Terra!” fui svegliata con questo urlo. Quasi non ci credevo. Terra. Dopo sei mesi in mare, terra. “Girolamo, svegliati” lo spinsi giù dal letto “Vai a vedere che succede” lui mi guardò malissimo, mentre prendeva le braghe di pelle scura, se le infilava per poi uscire sul ponte di comando. Passarono quelli che potevano essere pochi minuti o ore, quando mio marito tornò in cabina. “Moglie, cosa fai? Mi dai il tormento per mesi e quando troviamo un posto in cui sbarcare non ti alzi dal letto?” poteva essere vero? Doveva trattarsi sicuramente di un’allucinazione collettiva. Mi alzai di corsa, infilandomi una veste di lino leggero, stretta in vita da un corpetto azzurro.
Sul ponte oltre a mio marito c’erano Zoroastro e Giulia, entrambi con una bruttissima cera. Ero quasi certa che Giulia non mangiasse adeguatamente da giorni. “Mia signora” mi salutò con un sorriso dolce e sincero, mentre Zo guardava l’altra nave, dove c’era il mio maestro e Amerigo Vespucci nella nostra stessa posizione. “Non ho mai visto nessun posto come quello” disse il capitano “Non sono di certo le Indie, mio signore” la terra di fronte a noi era rocciosa, con grandi spiagge di sabbia bianca e una ricca vegetazione. “Girolamo, dove siamo?” “In un nuovo mondo, amore mio” disse , passando un braccio intorno alle mie spalle.
Angolo dell’autrice: salve! Scusate se torno dopo tanto tempo e con un capitolo così breve ma ho il mio bel da fare e le feste non lasciano molto spazio per scrivere.
Allora, ci siamo. I nostri eroi sono sbarcati nel nuovo mondo, per la gioia di tutti. Chi lo sa cosa li aspetta e chi tra loro non tornerà, se non saranno prese decisioni diverse.
Bene, vi lascio con tanti auguri di buon anno nuovo.
Un bacio,
Sol!

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Capitolo 10
*** Cap 9: Non posso abbandonarlo ***


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Cap 9: Non posso abbandonarlo
P.O.V. Cristina
Non seppi dire cosa fosse accaduto perché non ne ero cosciente, non sapevo neanche dove fossi. Ricordavo solo che, al nostro sbarco, si era scatenato qualcosa di molto simile all’inferno. Quasi subito, potevano essere passate poco più di un paio d’ore, fummo attaccati da un cospicuo drappello di indigeni. Girolamo mi disse di nascondermi sotto una sporgenza di roccia insieme con Giulia e noi così facemmo. Restammo nascoste, al sicuro per un tempo indefinito. Al di fuori del nostro nascondiglio c’era un silenzio assordante, che inquietava e faceva montare dentro me un senso d’insicurezza e folle paura di morire da un momento all’altro “Pensi che siano tutti morti?” mi chiese Giulia mentre, ormai, calava il buio. La guardai con gli occhi fuori dalle orbite “Non osare neanche immaginarla una cosa del genere!” “Non volevo offenderti, scusa, è solo che c’è così tanto silenzio e quegli uomini erano così strani” stavo per ribattere quando vidi qualcosa davanti a me, come uno spettro “Giulia, lo vedi anche tu?” “Vedere cosa?” era una luce intensa, bianca. L’unica altra volta in cui l’avevo vista era stato durante la visita di Nico. Mi chiesi se fosse nuovamente lui che cercava di dirmi qualcosa, probabilmente di fuggire. Speravo fosse lui, volevo che lo fosse. Mi mancava incredibilmente, così come sentivo la mancanza di Girolamo. Non passarono pochi attimi che quella luce scomparve, lasciando in me un forte senso di insicurezza e timore. Eravamo sole, io e Giulia, nel bel mezzo del nulla, completamente incapaci di tornare indietro o di andare avanti. Dove potevo andare senza Girolamo? Cos’ero senza di lui? Se davvero era morto, come Giulia sosteneva, io cosa avrei fatto? Non poteva avermi lasciata, non era da lui. Mi amava troppo per morire.
“Andiamo a cercarli, Giulia, adesso” “Uscire fuori in questo luogo dimenticato da Dio? Andando in contro a chissà quali percoli? E se incontrassimo di nuovo quegli individui?” Balbettava mentre io uscivo dal nascondiglio. Ero sorda a tutte le sue paure. Non volevo prestarle ascolto, anche se la parte paurosa di me suggeriva di rannicchiarmi sul fondo di quella grotta e piangere “Ci inventeremo qualcosa al momento” “Ma…” “Giulia, io non ti ho mai ordinato nulla. Non costringermi a farlo adesso” Dall’espressione del mio viso dovette capire che facevo sul serio “Non faresti mai una cosa del genere. Non a me, almeno” “In questo momento non sono sicura di cosa farei e cosa no” “Diventeresti uguale a lui” “Lui è stato catturato da degli essere immondi che chissà cosa gli faranno se non facciamo subito qualcosa” presi le sue mani tra le mie, stringendole fino a sbiancarmi le nocche “Giulia, sei la persona più cara che ho da quando sono giunta a Forlì, sei importante per me e non voglio farti del male. Non costringermi ad essere cattiva” Giulia soppesò per un attimo le mie parole, pensandoci su per un momento, poi si trascinò fuori, stiracchiandosi, tendendomi, poi, la mano “Che ti sia chiara una cosa, Cristina, perché io non sarò ricca ma ho ancora un minimo di dignità” mi guardava con uno sguardo di fuoco “Sei vuoi fare la contessa con me sei liberissima di farlo ma non aspettarti che io continui ad esseri amica dopo una cosa del genere!”  prese un respiro profondo “Bene, dove saranno andati? In quale direzione?” “Davvero non lo so. Potremmo provare a seguire delle tracce, magari si sono lasciati qualcosa dietro” Ci guardammo e, senza dire nulla, iniziammo a camminare nella stessa direzione.
Dopo ore passate a girovagare senza meta in una fitta foresta capimmo d’esserci perse. Iniziava a fare buio. Non sapevamo quali animali abitassero quella fitta boscaglia. Avevo una strana sensazione che mi albergava dentro. Era come un martellare sordo e incessante, che stava scavando la strada a quello che poco dopo avrei identificato come panico “Cristina, dovremmo tornare indietro” continuavo a scavare tra le foglie, a farmi strada per trovare mio marito, il mio maestro e Zoroastro “Sta facendo notte, tra poco non si vedrà più nulla” “Tu non capisci, io devo trovarli. Tutti loro mi hanno salvata, ognuno a modo loro. Io non li lascio da soli, in mano a degli sconosciuti, in una terra che non conoscono. Non posso perderli come ho perso Nico!” Avevo iniziato a piangere, parlavo in modo isterico, continuando ad avanzare alla cieca “Non li stai perdendo, li stiamo cercando” “Non stiamo facendo abbastanza” “Non puoi trovarli in un pomeriggio, da sole. Guarda la realtà. Noi abbiamo un grande limite: siamo donne, con poca resistenza, senza avere idea di come orientarci o come procurarci cibo e acqua. Non siamo loro di nessun aiuto se moriamo di fame e di freddo” sapevo che aveva ragione ma non potevo fermarmi. Eppure dovevo. Se davvero a Girolamo era successo qualcosa io dovevo restare incolume per i miei piccoli conti. Alzai lo sguardo verso Giulia, fissandola con le lacrime che mi inondavano lo sguardo “Hai ragione, dobbiamo tornare alla nave per la notte, per prendere provviste e trovare dei volontari per continuare a cercarli” lei annuì poi percorremmo a ritroso il percorso che ci eravamo aperte con tanta fatica nel bosco.

Dopo ore di cammino, ormai albeggiava, arrivammo alla spiaggia. Avevamo sete, fame e sonno. Non avevo intenzione di dormire e perdere tempo ma dovevo mantenermi in forze. Sulla nave l’unico viso noto era Amerigo, che si stava preparando per alzare le ancore “Andate da qualche parte, Vespucci?” chiesi, con sospetto “Si, Leonardo ha detto che sareste stati di ritorno tra tre mesi. Le navi non possono restare in secca tutto quel tempo, devo ormeggiarle a largo per tenerle in buone condizioni” “Capisco” “Per quale motivo siete tornate indietro, mia signora?” “Sono stati rapiti” Vespucci mi guardò con gli occhi fuori dalle orbite “Rapiti dite? E da chi?” “Se lo sapessimo non saremmo qui ma alle loro calcagna, non crede?” Alzò le mani in segno di resa. Vespucci lasciò perdere il suo lavoro, guardandoci “So che vorrete andare a cercarli ma due donne, da sole, in una terra sconosciuta non hanno molte garanzie di sopravvivenza. Vorrei vi portaste dietro alcuni uomini o per lo meno….” “Amerigo! Amerigo, aiuto!” qualcuno urlava, ma era troppo lontano per capire chi fosse, anche se la sua voce mi era molto familiare “Amerigo!” “Chi siete, voi che invocate il mio nome?!” lo sconosciuto si palesò e quasi mi vennero le convulsioni. L’uomo che urlava da folto della foresta e che ci veniva in contro con il viso ridotto a una maschera di sangue era Zoroastro.

Angolo dell’autrice: Salve, sono tornata! Sto avendo molte cose da fare quindi ho davvero poco tempo per scrivere. Bene, spero che il capitolo vi piaccia. Come sempre aspetto i vostri pareri.
Un bacio,
Sol!

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Capitolo 11
*** Cap 10: Paura III ***


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Questo capitolo ha due dediche: a Sassa, che mi segue fin dal primo capitolo di Un anno a Forlì, e alla mia migliore amica che legge tutto quello che scrivo con grande entusiasmo.
Vi adoro
Sol

Capitolo 10: Paure III

P.O.V. Cristina
 Da bambina mia madre era solita raccontarmi favole su straordinarie civiltà che abitavano oltre oceano, dove gli uomini sapevano volare e nessuno moriva di fame o veniva impiccato. Un posto dove potevi essere esattamente ciò che volevi. Il vero problema era che c’avevo sempre creduto. L’idea che poteva non essere vero non mi aveva mai neanche lontanamente sfiorata. Ero sempre stata convinta che l’unica civiltà barbara fosse la nostra, quella occidentale. Solo in quel momento, mentre pulivo i tagli sul volto di Zoroastro, ero consapevole di quanto fossi in errore. “Ci hanno portati davanti a un altare. C’era una donna con dei capelli lunghissimi e un uomo, che indossava una maschera fatta interamente d’oro. Ci hanno fatti mettere in ginocchio e poi ci hanno indicato un bicchiere con dell’acqua, una ciotola con del grano e un rastrello. I due dell’equipaggio hanno tentato e hanno fallito. Li hanno uccisi a sangue freddo. Poi è stato il turno di Leonardo che, non so come, è riuscito venirne a capo. Sai, quei colpi di genio che solo Leo ha” si fermò, tenendo i suoi occhi puntati nei miei “Poi ci hanno portati all’interno di una specie di piramide. Era una prigione. Tuo marito e Leonardo sono riusciti a farmi evadere” “Questo è successo prima o dopo che ti hanno ridotto in questo stato?” “Dopo. Ci hanno picchiati appena entrati nella cella. Riario è ridotto molto peggio di me” lo osservai, interrogativa, con una preoccupazione feroce a colorarmi lo sguardo “Sta tranquilla, è vivo” tirai, inconsapevolmente, un sospiro di sollievo “ Leonardo?” “Quasi non l’hanno toccato. Credo sia stato molto fortunato” annuii, gravemente. Quanto sei disposta a metterti in gioco se il tuo mondo sta crollando? “Ti lascio riposare, sarai molto provato” feci per alzarmi dal piccolo giaciglio sul quale era disteso Zoroastro ma lui mi trattenne per un braccio “So che hai paura, te lo leggo negli occhi. Non devi averne. La sacerdotessa ha detto che le morti che avverranno dovranno avvenire” “Scusami se non credo alle parole di un’assassina” lo guardai, assottigliando lo sguardo. Una cosa era certa: non mi sarei arresa alle profezie di una sacerdotessa che presiedeva a torture e sacrifici umani. Lui mi lasciò andare, posando stancamente la testa su un cuscino.
 “Come si sente Zoroastro?” mi chiese Giulia, mentre mi chiudevo la porta della cabina alle spalle. Aveva i capelli in disordine, il vestito di sottile tessuto giallo incrostato di fango. L’orlo che spazzava il pavimento impolverato della parte della nave riservata agli alloggi. Era molto dimagrita da quando avevamo lasciato Forlì. Era divenuta quasi scheletrica “Da quanto tempo non consumi un pasto decente, Giulia?” lei mi sorrise, stringendosi i gomiti tra le piccole mani minute “Non sapete che non si risponde mai a una domanda con un’altra domanda, Contessa?” rimasi sorpresa dalla sua affermazione “Da quando mi dai del voi anche in privato?” lei si portò una mano alla fronte, in simbolo di dimenticanza “Perdonami, sono solo molto stanca” sorrisi, prendendole una mano “ Ad ogni modo Zoroastro sta meglio, almeno fisicamente. Ha solo qualche graffio. La situazione ci è sembrata molto più grave di quanto non lo fosse nella realtà dei fatti” ci incamminammo verso la cabina che condividevo con Girolamo. Era immersa nel buio della notte. Solo in quel momento avvertii un forte odore di chiuso e di polvere. Mi chiesi se ci fosse sempre stato. Aspirai un’altra abbondante quantità d’aria. Speravo di avvertire l’odore di Girolamo, ma non fu così. Troppo spesso tendevo a dimenticare che mio marito non lasciava nessun tipo di traccia del suo passaggio se non morte e disperazione, alle volte. Giulia mi fece segno di prendere posto davanti alla misera toletta che avevo fatto allestire prima della partenza dall’Italia. Prese a spazzolarmi i capelli con delicata non curanza, assorta in qualche lontana fantasia. Mi chiesi dove fosse la sua mente. Quali paesaggi stesse scrutando col suo occhio interiore.


P.O.V. Girolamo
L’ambiente intorno a noi puzzava di chiuso e si stantio. Sui muri c’erano tracce di sangue. Non era un bello spettacolo, né tendeva a rassicurare.
Mentre osservavo il disegno formato da una fiumicello ematico mi chiesi se Zoroastro ce l’avesse fatta. Lo speravo con tutto me stesso, altrimenti non avevamo alcuna speranza di sopravvivere.
“Quanto tempo abbiamo prima che questi cannibali decidano di farci diventare il loro pranzo?” “Non credo molto, Conte. Poi non penso siano propensi al cannibalismo ma solo al sacrificio umano” “Oh, questo cambia tutto. Non mangeranno le nostre carcasse senza vita, si limiteranno a lasciarci come pasto degli avvoltoi” ero ridotto male. Anche se non ero un medico sentivo perfettamente che il polso sinistro era rotto. Non riuscivo neanche a tenerlo stretto al petto. Due o tre costole dovevano essere incrinate se non addirittura rotte. Ma la mia preoccupazione più grande era per Cristina. Speravo che lei e Giulia avessero trovato il modo di tornare alla nave. Ero stato così stupido a portarla con me. Non dovevo farla scendere dalla nave, non mi sarei mai dovuto piegare alla sua folle richiesta di venire, in effetti, ma non avevo potuto farne a meno. Credevo che averla al mio fianco l’avrebbe tenuta al sicuro. Quanto ero stato stupido? Avevo solo peggiorato le cose e adesso lei era sola, impaurita, persa in quella giungla esposta a chissà quali pericoli. Era tutta colpa mia.
“Se le è successo qualcosa voglio che tu mi uccida, Artista”
“Non preoccupatevi, Conte. Vostra moglie ne sa una più del diavolo quando ci si mette” le sue parole non servirono a rassicurarmi, neanche un po’.
“Se è morta voglio seguirla ma prima dovete promettermi che mi farete soffrire in modo atroce” lui fissò i suoi occhi nei miei. Mi colpì il modo in cui erano limpidi, sinceri. Ci si poteva specchiare dentro. Erano così simili ai suoi.
“Se lo fosse davvero non vorrebbe mai la vostra morte. A modo suo vi ama più di quanto abbia mai amato Nico o me. È qualcosa che non capisco, a dir la verità”
“Neanche io” risi flebilmente “ Può chiunque amare un mostro privo di anima?”
“Non siete privo di anima, siete solo perso nella vostra follia”
“Che è più o meno la stessa cosa, in fondo”
“La amate?” lo guardai, stranito. Come poteva chiedermi una cosa come quella e pretendere che gli rispondessi? “Non fate quella faccia. È una domanda che prevede una risposta molto semplice. L’amate si o no?”
“Si” risposi, lentamente, soppesando la consistenza di ogni lettera “Ma amavo anche mia madre e l’ho uccisa” lo vidi aprire le labbra, pronto a chiedere di più “Non fate domande, Artista, non intendo raccontarvi nulla di più di ciò che già mi avete estorto” mi accomodai meglio contro la parete, cercando di trovare una posizione favorevole a conciliarmi il sonno. Se volevo tornare da lei dovevo essere abbastanza in forze per scappare.
Mi trovavo nel mio studio. Era una splendida giornata di Sole. Potevo vedere mia moglie che cavalcava Castore, il purosangue che le avevo regalato per il suo compleanno, con al seguito Giulia e Zoroastro. Mi ritrovai a pensare che fosse bellissima. Rideva, mentre il vento le muoveva i capelli e il suo corpo seguiva l’andatura dell’animale.
“Avete ragione, è quasi una visione” sentii dire a una voce, alle mie spalle. Mi voltai.
“Tu sei morto” dissi, per la prima volta in vita mia colto davvero alla sprovvista.
“Sapete, nessuno di voi ha fantasia!”
“Intendi Cristina? Anche lei ti ha visto. Le hai detto che sarei morto” mi sedetti proprio di fronte a lui, usando il mio solito tono pacato e freddo.
“Non ho mai detto questo, Conte. Né a lei né a nessun altro”
“Allora perché lei sapeva che qui mi avrebbero ucciso?”
“Questo può saperlo solo lei, non vi pare?” annuii, continuando a tenere gli occhi fissi su di lui “ Ma non sono qui per questo”
“Lo immaginavo”
“Conte, siete chiamato a scegliere. Avete una sola possibilità per sopravvivere ma, al posto vostro, una vita andrà sacrificata” giunsi le mani sotto il naso, davanti alle labbra.
“Chi?” il giovane sorrise.
“Quella di un innocente” un fulmine mi colpì, in quel momento.
“Non le farei mai del male”
“Non osate pensare mai a lei!” disse, minaccioso. Non ci badai.
“Allora chi?”
“Qualcuno che le è vicino. Qualcuno che incrocerà presto il vostro cammino. Qualcuno che, se voi sceglierete di svegliarvi, morirà prima che rimettiate piede sul suolo italiano”
“Perché fare una cosa del genere?”
“Io avevo avvertito Zoroastro: a meno che non aveste preso decisioni diverse, uno tra voi non avrebbe rivisto l’Italia”
“Perché?”
“Per i vostri peccati, Girolamo Riario. La vita esige sempre un prezzo” mi sporsi verso di lui, fissandolo con astio.
“Da te lo ha preteso presto. Quanto grandi dovevano essere le tue colpe?”
“Meno delle vostre. Lei può credere il contrario, ma la vostra anima è nera, e ogni vita che prendete non farà che carbonizzarla sempre di più. Non siete capace di amare!”
“Io amo lei più di quanto abbia mai fatto tu!” i suoi occhi per un solo istante si addolcirono.
“Credetemi, Conte, solo la morte è la fine di tutto” poi, con tono più pacato, aggiunse “Anche se, ad essere onesto, amarla vi sta rendendo un uomo migliore. Sta purificando la vostra anima nera. Ma questo non cambia nulla, credetemi” si alzò, per andare verso la porta.
“Aspetta!” dissi, seguendolo con lo sguardo “Non mi hai ancora detto chi prenderà il mio posto”
“Lo saprete, Conte. Ben presto” e poi, una luce accecante mi investì “Le morti che accadranno devono accadere”

P.O.V. Cristina
Aspettami, Girolamo, sto venendo a prenderti.
Chiusi il suo stupido diario di bordo e, dopo aver ripensato alla frase che avevo appena scritto, lo gettai in mare.                                                                                                              


Angolo di Sol: *salta fuori da uno scatolone* sono tornata!!!! Chiedo scusa per le luuuuunga attesa a cui vi ho sottoposti, mi dispiace.
Beh, allora, sappiamo che Riario e Leonardo sono vivi ma chi sarà la vita da dare in cambio per quella del Conte? Chi di loro non rivedrà l’Italia?
Come sempre aspetto con ansia i vostri pareri.
A presto (lo giuro XD)
Sol!              


Piccola anticipazione del prossimo capitolo:
“Nico mi ha parlato” spalancò gli occhi, come se davvero stesse guardando un folle.
“Come è possibile. Nico è morto”
“Lo so bene. Mia moglie piange sulla sua tomba tutti i santi giorni” risposi, irritato. Lei amava un morto e non me.
“E cosa accadeva, nel sogno?”
“Eravamo nel mio studio, a Forlì. Cristina, Giulia e il vostro amico andavano a cavallo e io li guardavo dalla finestra. Nico era seduto alla mia scrivania. Mi ha detto che, a causa dei miei peccati, un innocente perderà la vita. Che uno di noi non tornerà in Italia”
“Chi?”
“Non me l’ha voluto dire. Ha detto che le morti che accadranno devono accadere”

 

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Capitolo 12
*** Cap 11: Tutto come lo fa mio marito ***


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Capitolo 11: Tutto come lo fa mio marito
P.O.V. Cristina
Non andava per nulla bene.
Non avevamo trovato neanche un volontario che ci seguisse nella nostra folle impresa. Il problema reale, vero e tangibile era che non potevo biasimare nessuno. Neanche io, al posto loro, sarei partita. Ma, in quel momento, non me ne poteva fregare di meno delle loro stupide e insignificanti paure.
“A me non importa un accidente se avete paura di morire! Mio marito paga i vostri stipendi e io pretendo che voi facciate qualcosa per aiutarlo!”
“Contessa, noi vorremmo anche obbedire ai vostri ordini ma non sappiamo dove ci troviamo o cosa potrebbero farci questi barbari e poi vostro marito ci ha pagati per portalo fino a qui e tornare non per fare ciò che chiedete” disse uno dei marinai. Non ci vidi più, a quelle parole.
“Io vi giuro che, se non fate immediatamente quello che vi ordino, vi lego come salami e vi butto in mare! Mi avete capita?!” gli uomini davanti a me si irrigidirono di colpo per poi annuire e iniziare a preparare le poche cose da portare per le ricerche “Amerigo” dissi, poi “quanti uomini vi servono per tenere le navi a largo?” lui parve pensarci su per qualche istante.
“Una decina, non di più. Cinque per questa nave e cinque per l’altra” io annuii e gli dissi di prendere con se chi meglio reputava adatto per quella mansione. Gli feci cenno che poteva andare, che non avevo più nulla da dirgli. Non appena mi lasciò sola poggiai i gomiti sulla balaustra in legno del ponte di comando, per poi prendere il viso tra le mani. Ventiquattro ore senza Girolamo e già le cose non erano più in ordine.
“Non pretendere da te stessa di fare le stesse cose che fa lui. Non sei capace di incutere la stessa paura che riesce a iniettare lui in chi gli sta intorno” disse la mia dama di compagnia, passandomi una mano sulla schiena, come a rassicurarmi.
“Lo so. Non sono capace di fare le cose bene come le fa lui. Le persone non mi obbediscono senza discutere. Nessuno mi teme”
“Però molti ti amano” risi, flebilmente “Non dare poco peso alla cosa. Credo che, prima di te, nessuno abbia mai amato il Conte”
“Però tutti hanno sempre fatto tutto quello che lui ordina”
“Perché hanno paura delle cose terribili che lui potrebbe fare” si fermò un secondo, guardando il cielo che si estendeva all’orizzonte “La paura fa fare alle persone cose orribili”
“Lui non è così, io l’ho visto”
“Sei l’unica che c’è riuscita. Lui non ha mai lasciato entrare nessuno. È sempre stato chiuso, solo, in guerra con tutto e tutti. Questo lo ha reso ciò che è” disse, fissando il mio viso, come a cercare un assenso.
“Credimi, non è stato il suo isolarsi, quella è solo una conseguenza”
“Cosa ti spinge a proteggerlo?”
“Il fatto che si è messo in discussione, per me. Un altro non mi avrebbe mai portata con se, non vi avrebbe mai sposata ,se avesse avuto solo il minimo sospetto che portassi in grembo il figlio di un altro. Mi avrebbe ripudiata, dopo aver visto il colore degli occhi di Arturo, ma lui no. Lui mi ama nonostante io non gli abbia mai dato nessun motivo per farlo. Mi ama che se io continuo ad amare un altro e io non sono neanche stata in grado di trovarlo” le lacrime iniziarono a bagnarmi le guance. Erano, principalmente, uno sfogo di rabbia e impotenza, alle quali si mischiavano anche quelle di paura. Ero, a dir poco, terrorizzata.
Se mio marito fosse morto cosa ne sarebbe stato di me e dei miei bambini?

P.O.V. Girolamo
Se fosse morta cosa ne sarebbe stato di me e dei nostri figli?
Dopo il sogno che avevo fatto, in cui il giovane Nico mi aveva annunciato che qualcuno sarebbe morto a causa mia, un senso d’angoscia gravava sul mio cuore.
“Conte, da quando vi siete svegliato siete piuttosto taciturno” non avevo voglia di parlare, specialmente con l’Artista.
“Se vi dicessi cosa ho sognato penserete che sono definitivamente uscito di senno” lui ci penso su per qualche istante.
“Nessuno ha mai pensato che foste normale, quindi non credo facciate danni se mi dite cosa avete sognato” risi, o meglio, come direbbe mia moglie, ghignai.
“Nico mi ha parlato” spalancò gli occhi, come se davvero stesse guardando un folle.
“Come è possibile. Nico è morto”
“Lo so bene. Mia moglie piange sulla sua tomba tutti i santi giorni” risposi, irritato. Lei amava un morto e non me.
“E cosa accadeva, nel sogno?”
“Eravamo nel mio studio, a Forlì. Cristina, Giulia e il vostro amico andavano a cavallo e io li guardavo dalla finestra. Nico era seduto alla mia scrivania. Mi ha detto che, a causa dei miei peccati, un innocente perderà la vita. Che uno di noi non tornerà in Italia”
“Chi?”
“Non me l’ha voluto dire. Ha detto che le morti che accadranno devono accadere”
“Come?” chiese, come se non avesse ben capito ciò che avevo detto.
“Le morti che accadranno devono accadere”
“Non è possibile!” sussurrò, più a se stesso che a me.
“Avete già sentito questa frase, Artista?” lui annui, con lo sguardo vitreo “Da chi? Anche voi dal giovane Nico?”
“No, io….me l’ha detto lo stesso uomo che mi ha parlato del Libro delle Lamine”
“Il Turco?” lui annuì. Ricordavo che Cristina, una volta, me ne aveva parlato “Ha anche detto chi?” fece cenno di no “Perché?”
“Evidentemente né lui né Nico lo sanno”
“Io non posso perderla…non voglio che paghi per qualcosa che non ha fatto”
“Neanche io voglio che muoia, come non voglio che muoia nessuno tra noi”
“Lei, però, lo aveva detto” dissi, fissando il vuoto “Cose terribili ci accadranno se andiamo lì, Girolamo” dissi, ripetendo le sue esatte parole “Sono passate ventiquattro ore o poco più dall’ultima volta che l’ho vista” dissi, guardandomi la punta degli stivali luridi di fango.
“Sta bene, ne sono convinto”
“Non ve la prendete se vi dico che me ne faccio poco delle vostre rassicurazioni”
“Tutt’altro, vi capisco benissimo”
“E come potete?”
“Mia madre. Non so come stia o cosa stia facendo o se si sia rifatta una vita, da qualche parte”
“Lei non si può essere rifatta una vita” ridemmo, anche se in modo lieve e appena accennato.
“Direi di no” poi calò il silenzio e continuarono a spuntarmi immagini di mia moglie e dei miei bambini nella mente, come un fiume in tempesta.

P.OV. Cristina
Il povero Zoroastro era riuscito a riportarci al luogo dove tenevano imprigionati Girolamo e Leonardo.
Era una specie di costruzione a punta. Qualcuno le chiamava piramidi ma io non sapevo cosa fossero. Si stagliava contro il cielo quasi spaccandolo a metà. La cima, però, era piatta e, tutto intorno alla base vi erano delle specie di grate. Le identificai come prigioni.
“È quella” disse Zoroastro, indicando la grata posta al centro della base. Mi ci avvicinai, senza neppure pensarci troppo. Non c’era nemmeno l’ombra delle guardie e tanto bastava per me.
“Girolamo?” sussurrai, dopo essermi inginocchiata e aver appoggiato la bocca tra le grate “Girolamo, Leonardo, vi prego rispondete”
“Cristina? Sei davvero tu? Non sei un incubo anche tu, vero?” era la voce di mio marito. A quel suono la gola iniziò a contrarsi e gli occhi mi bruciavano tremendamente. Non potevo credere che fosse vivo e che mi stesse parlando.
“Si!” dissi, subito “Amore mio sono io, ti ho trovato!” infilai una mano tra le sbarre e lui la strinse per poi portarla alle labbra.
“Sei stata bravissima, ci hai impiegato poco più di un giorno”
“Girolamo, tra poco scoccherà il secondo giorno. Ci ho messo due giorni per trovarti. Mi dispiace infintamente” dissi, piangendo.
“Non devi. Ti sono infinitamente grato”
“Bene, se avete finito con i convenevoli, io procederei” disse Zoroastro, facendomi segno di farmi da parte. Iniziò, poi, a trafficare con la grata di ferro, riuscendo a sfilarla dai buchi in cui era infilata “Quando sono evaso abbiano notato che non sono saldate ma solamente appoggiate. Non sono un popolo abituato alle evasioni, a quanto pare” disse, ridendo.
Mio marito non stava bene ma neanche malissimo come temevo. Riusciva a stare in piedi quasi non facendo peso sulla spalla che gli avevo offerto e il volto, a parte qualche escoriazione, sembrava apposto. Non c’erano altri danni visibili, al momento almeno.
“Leo, forza, non c’è tempo” stava dicendo Zo al Maestro, mentre io posavo delicatamente le labbra su quelle di Girolamo. Mi invase un senso di pace e tranquillità.
“Andate, io resto qui”
“Tu sei pazzo!”
“Sanno qualcosa sul libro delle lamine e io devo scoprire cosa sia”
“Non dire idiozie! Vieni qui!” Girolamo mi fece cenno di avvicinarci a Zoroastro.
“Artista, il vostro amico ha ragione, dobbiamo andare. Tutto questo non vale quel Libro”
“Sanno dov’è mia madre. Lei l’ha conosciuta” disse Leonardo, con forza.
“Vi do una settimana di tempo, poi verremo a riprendervi e, allora, o verrete con noi o vi lasceremo qui.”
“Molto bene, Conte. Ci vediamo tra una settimana” Zo rimise la grata al suo posto.
“Spero solo che tu non debba pentirtene amico” e, poi, corremmo lontano da lì. Non capivo come avrei fatto a rimetterci piede solo sette giorni più tardi.

Angolo di Sol: Ecco a voi un’evasione in grande stile, o forse non così grande! Beh, per Cristina l’importante è che Girolamo sia sano e salvo…più salvo che sano ma questa è un’altra storia.
Come sempre aspetto i vostri pareri.
A presto, un abbraccio.
Sol

Nel prossimo capitolo:
Mi svegliai sudata, con l’abbraccio di mio marito che mi infastidiva oltre ogni dire  e con lo stomaco che mi tormentava come e peggio di quando ero andata a dormire.
Scostai il braccio di Girolamo e corsi nuovamente verso il secchio, che doveva essere stato svuotato da Giulia mentre io e lui dormivamo, e vomitai nuovamente.
“Vuoi che vada a chiamare Giulia o il cerusico?” tutto quel trambusto aveva, ovviamente, svegliato mio marito, che aveva il sonno più leggero di una piuma.
“Preferirei il secondo, grazie” annuì e uscì dalla stanza. Sapevo che era preoccupato, l’avevo percepito dalla tensione dei muscoli della mascella quando l’avevo guardato. Speravo solo che fosse tanto rumore per nulla.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Nel momento meno opportuno ***


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Capitolo 12: Nel momento meno opportuno

P.O.V. Cristina
“Che cosa hai fatto?!”
“Hai capito benissimo, Girolamo, l’ho fatto!”
“Ma come…?”
“Beh, è stato piuttosto semplice, a essere onesti”
“Questo non me lo sarei mai aspettato…tradito in questo modo dalla mia stessa moglie”
“E quante storie per uno stupido quaderno!” sapevo perfettamente che si sarebbe arrabbiato, una volta scoperta la faccenda del diario caduto in mare, ma non credevo se la sarebbe presa in quel modo.
“Quello stupido quaderno documentava sei mesi di spedizione e tu l’hai gettato in mare?!”
“Si!”
“Perché?”
“Perché non sopportavo la sua vista” ammisi, sedendomi sul letto, buttando le scarpe incrostate di fango in un angolo “Non sopportavo che quel coso inutile fosse qui, al sicuro, e tu no” lui fece un respiro profondo, che gli procurò una smorfia di dolore, e poi si mise in ginocchio davanti a me.
“Sono qui e sto bene”
“Adesso lo so che stai più o meno bene ma ieri non lo sapevo” notai che il polso destro era tumefatto. Con ogni probabilità dovevano averglielo rotto “Mi dispiace”
“Ah, non fa nulla. In fondo era solo uno stupido quaderno e dubito che uno solo tra noi voglia ricordare, in futuro, la spirale di sciagure che ci ha colpiti di recente” mi accarezzò una guancia con la mano sana e io ne baciai il palmo. Mi era mancato così tanto.
“Dobbiamo medicarti” sussurrai, vicinissima alle sue labbra “E hai bisogno di un bagno e di raderti” lui annuì, baciandomi, poi, la pelle dietro l’orecchio.
“Sono tutte cose che possono aspettare” rabbrividii a causa del suo fiato contro la mia pelle. Forse aveva ragione, tutte quelle cose potevano aspettare e ne ero quasi convinta, se non fosse stato per le sue continua smorfie di dolore e per uno strano senso di nausea che aveva iniziato ad assalirmi.
“Girolamo, aspetta” gli misi una mano sul petto, fasciato da quello che restava della camicia nera. Lui mi guardò, interrogativo. Una smorfia di disgusto si era impadronito del mio volto mentre lo stomaco aveva preso a vorticare vertiginosamente. Feci uno scatto improvviso dal letto e corsi verso il secchio che usavamo come vaso da notte, per riversarvi l’intero contenuto del mio stomaco, ovvero un tozzo di pane, e succhi gastrici. Mio marito, dietro di me, cercava di tenermi i capelli sciolti tirati all’indietro e mi stringeva il busto con un braccio, cercando di far calmare i tremori che avevano iniziato a scuotermi.
“Mia adorata, se non desideravi giacere con me sarebbe stato sufficiente dirlo” cerco di stemperare la pressione e un po’ ci riuscì, devo dargliene atto.
“Mi sento una pezza” mi lamentai flebilmente, anche a causa del saporaccio che avevo in bocca. Lui mi aiutò a rialzarmi, mi fece sfilare il vestito, ormai inutilizzabile a causa di tutto lo sporco che lo incrostava, e mi fece stendere sul nostro letto dove, dopo essersi tolto la casacca e aver indossato dei pantaloni puliti, si sedette, con delle bende e delle stecche in grembo.
“Cosa fai?” chiesi, osservandolo.
“Aspetta solo un attimo, mia adorata” disse. Poi prese la camicia da terra e la strinse tra i denti. In un attimo mi fu chiaro ciò che intendeva fare.
“Girolamo non…” non feci in tempo a finire la frase che prese il polso con la mano sana e lo torse all’indietro, per rimettere le ossa al proprio posto nel caso si fossero spostate. Ripeté il movimento per un paio di volte. Nonostante la stoffa fra i denti non emise neanche un suono. Mi chiesi come facesse a sopportare il dolore a quel modo.
Mi fece cenno di avvicinarmi per tenere le stecche ferme vicino al braccio. Quando finì di fasciarselo andò verso il suo scrittoio, dove c’era posata una brocca contenete del vino. Iniziò a buttarlo giù a lunghe sorsate. Quando fu giunto di nuovo al nostro giaciglio, la offrì anche a me che, però, rifiutai a causa dello stato in cui, ancora, riversava il mio povero stomaco.
“Mi chiedo cosa mi abbia fatto male” dissi, accarezzandomi distrattamente il ventre con tocchi circolari.
“Non pensarci troppo” disse lui, posando la brocca, quasi interamente vuota, sul pavimento. Spense la candela e allargò il braccio, così che potessi poggiare la testa tra il suo collo e la sua spalla. Mi baciò una tempia e, poi, il sonno ci avvolse entrambi.

Mi svegliai sudata, con l’abbraccio di mio marito che mi infastidiva oltre ogni dire  e con lo stomaco che mi tormentava come e peggio di quando ero andata a dormire.
Scostai il braccio di Girolamo e corsi nuovamente verso il secchio, che doveva essere stato svuotato da Giulia mentre io e lui dormivamo, e vomitai nuovamente.
“Vuoi che vada a chiamare Giulia o il cerusico?” tutto quel trambusto aveva, ovviamente, svegliato mio marito, che aveva il sonno più leggero di una piuma.
“Preferirei il secondo, grazie” annuì e uscì dalla stanza. Sapevo che era preoccupato, l’avevo percepito dalla tensione dei muscoli della mascella quando l’avevo guardato. Speravo solo che fosse tanto rumore per nulla.

Il cerusico era un ometto di una certa età, con occhi chiari come il cielo e capelli bianchi che gli arrivavano alle spalle.
Ci teneva molto alla sua professione e la esercitava con grande serietà. Era scrupoloso e attento, cosa che Girolamo apprezzava davvero molto.
“Bene, Contessa, abbiamo finto, potete ricomporvi” aveva brutalmente sbattuto fuori mio marito, sostenendo che le visite sono affari privati tra medico e paziente, sbattendogli la porta sul naso. Quando la riaprì il volto di Girolamo era qualcosa di impagabile. Quasi mi fece venire da ridere: braccia incrociate al petto, labbra raggrumate e sguardo omicida “Prego, Conte”
“Grazie per il permesso accordatomi per entrare nella mia cabina, ve ne sono molto grato”
“Oh, figuratevi” facevo sempre più fatica a non scoppiare in una fragorosa risata.
“Ebbene?” chiese, poi, Girolamo, dopo essersi chiuso la porta alle spalle. Io lo guardavo dalla sedia del suo scrittoio, dove aveva avuto luogo l’ultima parte della visita.
“La Contessa non è affetta da alcun tipo di male, di questo sono certo. Come sono certo, però, che le nausee non si arresteranno per qualche tempo”
“Come è possibile? Deve pur avere qualcosa, altrimenti non riesco a spiegarmi il suo malessere in nessun modo”
“In realtà la cosa è molto semplice, Conte: vostra moglie aspetta un figlio” lo vidi sbiancare e irrigidirsi.
“Ne siete certo”
“Ovviamente!” disse l’ometto, offeso dalla domanda di mio marito.
“Molto bene, grazie per i vostri servigi” l’uomo fece un piccolo inchino a me e a lui per poi congedarsi.
L’atmosfera ,nella stanza, era glaciale. Girolamo continuava a non parlarmi e a tenere lo sguardo fisso davanti a se. Avevo paura. Paura che non volesse che quel bambino. Che mi dicesse che non potevamo permetterci che nascesse in mare. Che dovevo trovare il modo, insieme col cerusico, di liberarmene.
“Dovrai esercitare molta cautela, mia adorata” disse, tutto d’un tratto “Non sarà facile portare avanti una gravidanza in alto mare e, tanto meno, partorire”
“Lo so bene” risposi, fissando la sua schiena. Non voleva che lo vedessi in volto. Mi chiesi perché “Girolamo, cosa ti turba?”
“Non voglio perderti” quella frase mi colpì come nessuna prima di allora. Mi alzai di slancio e lo abbracciai da dietro, posando il mio viso al centro della schiena.
“Non potrà accadere nulla di male” sussurrai “Sono sopravvissuta a un parto gemellare” dissi .
“Ma eravamo a Forlì, a casa, sulla terra ferma e con tutte le comodità”
“Ho partorito nelle cucine, Girolamo”
“Non vuol dire nulla” espirò bruscamente “Non erano condizioni estreme come quelle in cui riversiamo adesso”
“Prima eri tu a dirlo a me adesso sono io” accarezzai il suo torace “Andrà tutto bene, credimi. Me lo sento”
“Ad ogni modo non possiamo aspettare un’altra settimana, dobbiamo fare ritorno a casa il più presto possibile”
“Ma il mio maestro…”
“Resterà Vespucci qui, ad attendere”
“Girolamo, non possiamo lasciarlo qui”
“Il bambino è più importante di qualsiasi altra cosa”
“Il bambino sta bene” avevano iniziato a litigare e questo era ovvio tanto ai miei quanto ai suoi occhi.
“Hai bisogno di nutrirti in modo adeguato e non andando a pane e acqua come fai ora”
“Non sarà una settimana in più a far pendere l’ago della bilancia”
“Sette giorni non sono sette ore di ritardo” rispose lui, alterandosi “E, comunque, ho deciso: stanotte stessa alzeremo l’ancora e faremo rotta verso l’Italia e non voglio più sentire una sola parola sull’argomento” mi feci indietro, andando verso la porta, prima di uscire mi girai di tre quarti, guardandolo.
“Ecco le ultime tre: sei un mostro” e poi lo lasciai solo.

Angolo di Sol: Cristina aspetta un bimbo! Però Girolamo non ne sembra affatto felice…sarà colpa del suo carattere da  eterno pessimista o un presentimento a causa delle parole di Nico?
Beh, come sempre aspetto i vostri commenti
A presto
Sol!

Anticipazione prossimo capitolo:
“Se avessimo fatto come io avevo suggerito una settimana da a quest’ora saremmo già in viaggio verso l’Italia ma no, la signora doveva fare quello che il suo cervellino risoluto le suggeriva!” Girolamo non l’aveva presa bene, per nulla.
“Cos’è che mi dicesti quando ti chiesi di ammettere che questa disgrazia era colpa tua?” chiesi, retorica “Ah, giusto: siamo persi in mezzo al nulla e l’unica cosa che vuoi è sentirmi dire che è colpa mia se questa sciagura si è abbattuta su di noi?”
“E, se non erro, la tua risposta fu: perché è così!”
“Smettetela subito! Sembrate una vecchia coppia di zitelle!”
“Stanne fuori!” l’urlo che investì il Leonardo, cacciato all’unisono da entrambi, lo fece zittire all’istante.

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Capitolo 14
*** Cap 13: Quello di cui Girolamo si pente ***


Image and video hosting by TinyPic P.O.V. Cristina
Una settimana dopo
“Come diavolo abbiamo fatto ad essere così stupidi?!” per una volta Zoroastro aveva ragione. 
Eravamo tornati a riprendere il Maestro, come da programma, ma non aveva funzionato. Mentre giravamo intorno alla piramide quei barbari ci avevano trovato e rinchiusi tutti, dal primo all’ultimo. Quindi io, mio marito, Zo, Giulia e il Maestro ci trovavamo tutti sulla stessa barca, o meglio nella stessa cella.
“Se avessimo fatto come io avevo suggerito una settimana fa a quest’ora saremmo già in viaggio verso l’Italia ma no, la signora doveva fare quello che il suo cervellino risoluto le suggeriva!” Girolamo non l’aveva presa bene, per nulla.
“Cos’è che mi dicesti quando ti chiesi di ammettere che questa disgrazia era colpa tua?” chiesi, retorica “Ah, giusto: siamo persi in mezzo al nulla e l’unica cosa che vuoi è sentirmi dire che è colpa mia se questa sciagura si è abbattuta su di noi?”
“E, se non erro, la tua risposta fu: perché è così!”
“Smettetela subito! Sembrate una vecchia coppia di zitelle!”
“Stanne fuori!” l’urlo che investì Leonardo, cacciato all’unisono da entrambi, lo fece zittire all’istante.
“Mi hai imposto di rimanere qui. Nelle tue condizioni saresti almeno potuto restare sulla nave”
“Non prevedo il futuro, Girolamo, non sapevo cosa sarebbe successo!”
“Aspettate, quali condizioni? Sei malata per caso?” lanciai a Zoroastro uno sguardo di fuoco.
“No, non lo è ,o meglio, non lo è ancora” rispose mio marito, con voce pacata. Tutti mi stavano guardando e questo mi stava mandando fuori di testa.
“Io non ho nulla che non vada, come non l’avrò in futuro” risposi, secca, ma i loro sguardi non mi lasciarono neanche dopo quella asserzione “Smettetela subito di guardarmi! Vi ho detto che sto bene!” sbottai. Girolamo mi guardava, penetrandomi con lo sguardo. Lui, che lo sapeva, non mi dava tregua. Sapevo bene che se quella gravidanza avesse subito qualsiasi tipo di problema lui non mi avrebbe mai perdonata. Mi ero spinta troppo in là.
“Bene, visto che non vuoi farlo mi trovo costretto” disse. Il suo sguardo era gelido. Da tempo non lo vedevo “Lei, la mia adorata, dolce e obbediente consorte, aspetta un bambino” e gli sguardi tornarono a concentrarsi su di me. Giuro, l’avrei strangolato con le mie stesse piccole, delicate e deboli mani “E, ovviamente, non ne ha proprio voluto sapere di fare, per una sola singola volta, quello che le ho chiesto” Non mi ero neanche resa conto di quello che facevo. Sentii solo che la mano mi bruciava da matti e vidi il viso di mio marito era girato di profilo.
“Come hai osato?” sussurrò. Giulia si era fatta piccola piccola, Zoroastro si era girato di spalle portandosi una mano tra i capelli e Leonardo guardava dritto davanti a se, cercando di estraniarsi.
“Te lo sei meritato” risposi, con più coraggio di quanto non ne avessi in realtà. Mi faceva paura, quella era la verità. Girolamo come non lo vedevo da tempo, ecco chi avevo davanti. Non mio marito ma il conte di Imola e Forlì. Non l’uomo che amavo ma il sicario del Papa.
“Provaci solo un’altra volta e giuro che le conseguenze non ti piaceranno” disse mi si fece vicino e mi fece attaccare  con la schiena al muro. Il suo fisico mi schiacciava “Non credere di poter essere alla pari. Tu sei una donna, la mia ma pur sempre una donna, e io sono tuo marito. Mancami ancora di rispetto e cadrai dal piedistallo sul quale ti ho messa e, ti prego di credermi sulla parola mia cara, ti farai molto male. Scoprirai che ti ho posta molto, forse troppo, in alto e questo ti ha dato modo di prenderti troppe libertà, ma adesso basta!”
“Toglimi immediatamente le mani di dosso, Girolamo!” sussurrai, a un centimetro dal suo volto.
“Ho detto basta!”
“Faresti del male a tuo figlio?” quello lo punse sul vivo. Aveva paura per quella gravidanza più di quanta non ne avessi io. Mi lasciò andare, così come mi aveva tenuta bloccata.
 
La sacerdotessa era una donna molto bella ma era strana. L’unica cosa che ripeteva era “Il libro delle lamine è la nostra salvezza” era chiaro che lo bramava, esattamente come mio marito e Leonardo.
“Cosa vuole, in realtà?” chiesi a Leonardo.
“Non lo so. Ha dei secondi fini, come tutti noi” rispose. Non ci facevano mai uscire dalla cella “Parliamo di te, mia allieva” disse. Eravamo seduti sotto una delle grate, che erano state bloccate. Guardavamo gli altri, stesi a terra, dormienti “Perché non riesci ad andare oltre il tuo orgoglio?”
“Qui non c’entra il mio orgoglio, qui c’entra cosa è giusto e cosa non lo è” risposi, guardandomi la punta delle scarpe.
“E chi stabilisce cosa è l’uno e cosa l’altro?”
“Noi, io credo” lui annuì.
“Esatto” mi prese la mano, stringendola “Sai bene cosa penso di quell’uomo: è un mostro, un sadico che si nutre del dolore di altri ma c’è qualcosa di diverso, qualcosa che, fino a poco fa, stava mutando. Cosa ti ha spinto ad arrestarlo?”
“Io non ho mai voluto arrestare nulla”
“Eppure l’hai fatto, nello stesso istante in cui l’hai sfidato” aveva ragione e io lo sapevo “Non fingere di amare qualcuno solo perché ti fa comodo. Non è questo quello che sei”
“Io non fingo”
“Allora perché ti fa comodo sopraffare piuttosto che capire?” non capivo perché mi stesse dicendo quelle cose.
“Io non voglio capire. Farlo vorrebbe dire affogare con lui” ammisi.
“Questa è la verità. La paura è la più grande forza che muove questo mondo” sorrise tristemente “Credo sia più facile odiare che avere fiducia”
“Io mi sono fidata e lui non fa altro che impormi la sua volontà”
“Perché lui agisce calcolando ogni singola mossa. Lui sa cosa è bene per te molto meglio di chiunque altro”
“Me stessa compresa?”
“Si” lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite. Aveva ragione, in parte, ma non del tutto. Io ci avevo provato a capirlo ma sondare l’anima di Girolamo, con tutti i suoi segreti, era come avventurarsi in un pozzo privo di fondo, dove tutto era oscuro e nulla era ciò che sembrava “Prima di pretendere che ti rispetti prova a fare lo stesso”
“Io lo rispetto”
“Tu fai finta di farlo”
 
Avevano preso Leonardo, Zoroastro e Giulia e li avevano portati fuori. Non avevo ben capito quali fossero le loro intenzioni ma da quei selvaggi mi sarei aspettata davvero di tutto.
“Dio sta ridendo di noi, mia adorata” quella frase mi gelò il sangue nelle vene.
“Cosa pensi gli faranno?” gli chiesi “Pensi li uccideranno?”
“In un modo o nell’altro questo è il fato di tutti gli uomini” mi rispose, assente.
“Non è questo il nostro destino”
“Io sono cresciuto in monastero, abbandonato alla nascita. Lo sapevi questo?” disse, di punto in bianco. Eravamo seduti l’uno di fronte all’altra, a gambe incrociate.
“No, non me l’hai mai detto”
“Un giorno il Santo Padre mi chiese se ero disposto a diventare la spada della sua chiesa e a fare strage dei suoi nemici ovunque essi fossero” disse, lentamente “Mi chiese di fare cose terribili” disse, sussurrando “Ho dovuto imparare che le nostre vite si costruiscono sulle morti di altri. Ecco dove la fede mi ha portato”
“Perché dici queste cose?”
“Perché non le ho mai dette a nessuno” rispose, semplicemente “Mi chiedi perché ci tenga tanto ai miei diari” io annuii “Perché quelle pagine sono  l’unico posto dove posso essere me stesso e non un sicario assetato di sangue”
“Girolamo, questa non è la fine. Non stiamo per morire, quindi non farmi le tue confessioni” dissi, giocando con una ciocca di capelli.
“Sai che non ci lasceranno semplicemente andare, vero? Una volta trovato il libro ci faranno a pezzi”
“Non accadrà nulla di simile”
“Tu non hai visto quello che hanno fatto a quegli uomini” disse, sempre con voce pacata “Li hanno uccisi, su due piedi, a sangue freddo. Non hanno esitato, prima di sferrare il colpo”
“Ti ho visto fare lo stesso molte volte”
“Cosa vuoi dire?”
“Che chiami barbaro chi usa i tuoi stessi metodi. Tu lo fai nel nome del Papa, loro in quello dei loro dei” mi fissava, serio. Voleva capire “Io e Nico ti abbiamo visto, quando hai ucciso quelle persone nelle cave di allume. Tu hai fatto ammazzare quella povera gente solo perché non sapevano un numero. Chiami loro mostri, Girolamo, ma tu cosa sei?”
“Non vado fiero del mio passato, ma ora sono un umo diverso” non potei rispondere, perché Ima Cama entrò nella cella, con Giulia e Zoroastro alle spalle.
“I soldati hanno sbagliato, non dovevano prendere i vostri compagni ma voi” disse. Odiavo quella donna e la sua singolare bellezza. E odiavo ancora di più che Girolamo la fissasse. Gli avrei cavato gli occhi “Ad ogni modo Topa Inca ha detto che dovremo entrare tutti insieme, nella volta celeste”
 
Angolo di Sol: Bene e, alla fine, Cristina, come al solito, ha cercato di averla vinta sul marito e, sempre come al solito, hanno litigato.
Girolamo ha molti pesi sulla coscienza e Cristina non ha voglia di ascoltare i peccati del marito, un po’ per paura di quello che potrebbe un po’ perché è convinta che, così facendo, riuscirà a prolungare la loro vita.
Nel prossimo capitolo i nostri amici entreranno nella volta ma troveranno il Libro?
Aspetto, come sempre, i vostri pareri.
Un abbraccio
Sol

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Capitolo 15
*** Cap 14: un improbabile salvatore ***


Image and video hosting by TinyPic Capitolo 14: un improbabile salvatore
P.O.V. Cristina
L’osso gli aveva perforato la pelle, rompendola.
Ammetto che la via di fuga che avevamo trovato non era stata esattamente molto agevole, così come non lo era dover aspettare Amerigo sulla sabbia incredibilmente chiara di quel luogo. Probabilmente doveva trattarsi di un’isola. Ad ogni modo, avevamo recuperato un busto di ottone con un complesso meccanismo al suo interno dalla grotta degli abitanti del luogo, prima di gettarci dall’uscita della volta celeste con delle cupole fatte di stoffa, ideate da Leonardo quasi sul momento. Nell’atterrare, Girolamo si era rotto uno stinco e l’osso gli aveva squarciato la pelle della gamba. Sarebbe rimasta una cicatrice enorme.
“Ti rendi conto che potevi morire?” gli dissi, mentre aspettavamo l’arrivo della nave di Amerigo
“Si, ma non è successo” disse, fra i denti. Il dolore che provava doveva essere fortissimo, dato che non aveva nemmeno la forza per rispondermi a tono.
“Potevano sacrificarti! Se Zo non avesse fatto esplodere il grasso del lama non so proprio cosa sarebbe successo! Girolamo, ti rendi conto che potevi morire?!”
“Non serve che lo ripeti in continuazione, mia diletta, ho ben capito anche da solo la gravità della situazione, non sono uno sprovveduto” odiavo la sua voce, la sua espressione calma, per quanto colorata da una leggera tonalità di colore, e odiavo la capacità che aveva di farmi sentire una perfetta stupida.
“Avanti, ripetilo ancora, sono passati ben otto secondi senza che tu ci ricordassi che il tuo prezioso marito poteva morire!” urlò Zoroastro, da non molto lontano, mentre prendeva a calci un tronco secco. Giulia, che gli stava al fianco, gli tirò un calcio “Ma cos’è, questa, una congiura ordita ai miei danni?!” lo sentii dire, mentre saltellava sul posto e la ragazza gli faceva cenno di tacere, portandosi un dito affusolato alle labbra pallide.
“Ha ragione, sai? Stai diventando noiosa, madonna” aggiunse Girolamo, guardando la scena con un accenno di sorriso.
“Scusami tanto se mi preoccupo per te” risposi, con un filo di voce, torturandomi le mani, poggiate sulla stoffa leggera della veste color tramonto estivo “Cosa pensi che sia quella testa di ottone?” chiesi, cercando di cambiare argomento.
“Qualcosa che non è utile ai fini della nostra ricerca, dato che non è più utilizzabile. Qui barbari l’anno distrutta mentre era ancora fra le mani del tuo maestro, che pareva incantato dalle sue parole misteriose” tutto quello che avevamo passato, in quel nuovo mondo, non era servito a nulla, dato che il libro delle lamine non era nella volta celeste. Avevamo solo perso tempo. Erano passati mesi da quando avevamo lasciato l’Italia, Forlì, i bambini.
“Cosa pensi che troveremo, al nostro ritorno?”
“Non ne sono sicuro, il futuro non lo è mai, d’altronde, ma ho come la sensazione che le prove che ci attendono siano solo al principio, che ci sia ancora molto altro da affrontare, una volta tornati a casa” lo guardai, senza, però, incrociare il suo sguardo. Fissava l’orizzonte azzurro polvere.
“Tutta questa follia dovrà giungere alla fine” era così. Non potevamo continuare a sacrificare tutto in nome di questo libro “Se deciderai di continuare questa ricerca, Girolamo, lo farai da solo. Io non verrò con te in un altro viaggio senza meta. Se tu vuoi morire sei libero di farlo, ma io non voglio restare ad assistere mentre lo fai. Quindi, io ho finito qui” parlai con voce atona, priva di intonazione, persa nella rete di sangue e schegge che erano le mie mani, un tempo segnate solo dall’ombra di un colore non ben rimosso.
“Quel libro è la chiave della conoscenza”
“La sua ricerca è la chiave per la morte” mi fissò, con uno sguardo che non aveva mai riservato a me. Uno sguardo carico di paura. Non credevo la potesse provare.
“Quello che accadrà, ogni singola cosa, saremo stati noi a volerla”
“Ed ecco perché io mi tiro indietro. Non ne vale la pena, ho troppo da perdere” non parlai e lui non rispose. Restammo così fino a quando non trovai il coraggio di esprimere ad alta voce una domanda che, da tempo, mi frullava in testa “Durante la prigionia mi dicesti che hai fatto cose orribili per conto del Papa. Questo include l’assassinio di qualcuno che ti è caro?” lui annuì in maniera impercettibile “Chi hai ucciso, Girolamo?” chiuse gli occhi, senza avere il coraggio di riaprili per parlarmi.
“Quando ero appena un ragazzo, il Santo Padre venne nel monastero in cui ero cresciuto e mi chiese se fossi disposto a diventare la spada della sua chiesa” prese una pausa. Il tono di voce basso e cupo, che rievocava cosa che avrebbero dovuto dormire per sempre “Mi affidò, come primo compito, quello di assassinare una prostituta che lavora nel ghetto ebraico di Roma” ci volle un attimo per ricollegare tutto.
“Tua madre” dissi, con orrore e meraviglia nella voce. Come aveva potuto, Sisto, fare una cosa del genere a suo figlio?
“Lo capimmo entrambi in quel momento, ma questo mi spinse solo a serrare la presa in maniera ancora più ferrea e dura sulla sua gola” gli abbracciai il braccio destro, quello che era rivolto verso me, e vi poggiai sopra la testa.
“Non è stata colpa tua, volevi solo compiacere tuo padre”
“Ho privato mia madre della vita, e l’ho fatto guardandola negli occhi”
“Sei un uomo diverso, adesso. Un uomo migliore”
“Io sono il conte di Imola e Forlì” disse, con freddezza.
“No” lo contraddii “Sei Girolamo Riario”   mi strinse una mano con la sua, carezzando debolmente il dorso, portandoselo, poi, alle labbra.
“Non sarei nulla, senza te, mia diletta” e restammo così, abbracciati, guardando Giulia che rincorreva Zoroastro sul bagnasciuga e Leonardo che cercava di capire come riparare il suo nuovo tesoro, fino a quando l’orizzonte non fu riempito dal più improbabile dei salvatori : Amerigo Vespucci e la sua Santa Maria.
 
Angolo dell’autrice: Ebbene si, esisto ancora!! Chiedo umilmente perdono a tutti per questo enorme, gigantesco, ritardo. Non accadrà più.
Come sempre aspetto i vostri pareri.
Un abbraccio enorme…Sol!

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