How to save a life. di Layla (/viewuser.php?uid=34356)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La gatta e il criceto. ***
Capitolo 2: *** 2)Los Angeles-Londra: un biglietto di sola andata. ***
Capitolo 3: *** Epilogo: Bambi è vivo e sta bene. ***
Capitolo 1 *** La gatta e il criceto. ***
1) La gatta e il criceto.
Hyde park è sempre
stato il mio posto preferito dove
riflettere.
Quando le cose andavano male a casa mia – e succedeva
spesso con un padre che ama la bottiglia più della famiglia
– o le mie compagne
mi prendevano in giro.
Loro giravano con le calze di nylon sotto i calzini
prescritti dalla divisa e si accorciavano le gonne, io invece ero
costretta a
non indossarle e a tenermi la mia vomitosa gonna color grigio topo ben
sotto il
ginocchio.
All’epoca ero una ragazzina mingherlina, con le trecce e
senza un filo di trucco, mia madre non mi permetteva nemmeno di farmi
le
sopracciglia o strapparmi i baffi.
Era una all’antica mia madre – penso lo sia
tutt’ora,
anche se non abbiamo più rapporti da anni – e
diceva che ogni cosa andava fatta
a un’età ben precisa e per lei quindici anni erano
troppo pochi per baloccarsi
con la depilazione. O almeno fu quello che disse a me.
Capite bene come a quindici anni stessi spesso in questo
parco a pensare a come facesse schifo la mia vita e a come non avessi
strumenti
per cambiarla, risparmiavo su ogni cosa perché a
diciot’anni me ne volevo
andare, ma tre anni mi sembravano dannatamente troppo lunghi.
E poi conobbi lui e i tre anni si accorciarono
decisamente.
Lui è John Simon Ritchie, mia madre lo definiva un poco
di buono da cui stare alla larga, era il figlio di una tossica che non
ce
l’aveva fatta a tenersi nessuno dei due mariti.
Quando lo
incontrai la prima volta però mi sembrava più un
tizio che aveva bisogno di un
abbraccio che un teppista, perché
aveva
l’aria di non averne ricevuti molti in vita sua.
Chiudo gli occhi e
il ricordo del nostro primo incontro mi invade.
{È
un merdoso pomeriggio di dicembre. Fa un freddo che ti
toglie la pelle dal corpo e mia madre ancora non mi lascia mettere le
calze di
nylon perché per lei sono sconvenienti.
Immagino che non sappia che non ci sono ragazzi che fanno
la fila per spiarmi sotto le gonne ed è stato inutile
tentare di farglielo
presente, ha chiuso frettolosamente l’argomento e ha
cominciato a pulire
energicamente la finestra del salotto.
Mia madre è fatta così, più le cose
vanno di merda, con
mio padre che beve un giorno sì e l’altro pure,
più lei si mette a pulire a
fondo un appartamento squallido che già scintilla
più che può.
Sto facendo avanti e indietro su un’altalena cigolante
– per
sfogare il mio
nervosismo – guardando
con aria assente le luminarie.
“Posso?”
La voce maschile che mi parla mi fa trasalire.
Johnny Ritchie che parla a me?
“Certo che puoi, non ho mica comprato l’intera
merdosa struttura.”
Lui scoppia a ridere smettendo poi per evitare che si
trasformi in tosse.
Indossa un vecchio giubbotto di pelle e dei jeans laceri.
“Scusa, ma la mia vecchia non perde molto tempo a
sistemarmi i jeans e cose del genere.”
“E la mia preferisce avere un figlia con un principio di
ipotermia piuttosto che lasciarmi mettere delle calze.”
“Come ti chiami?”
“Katherine Anderson.”
“John Ritchie.”
Io mi esibisco nel mio miglior ghigno sarcastico.
“Io ti conosco, sei famoso a scuola. Dicono che non sai
seguire una lezione senza farti buttare fuori.”
“Non è colpa mia se sono fottutamente
noiose.”
“Hai ragione.”
Lui mi guarda incuriosito.
“Pensavo che una come te mi avrebbe fatto la
predica.”
Io scoppio a ridere divertita.
“L’unica ragione per cui mi vedi così
è perché mi obbliga
mia madre e se provassi a ribellarmi il mio vecchio mi spedirebbe
all’ospedale
conciata come un colabrodo.”
“Merdosa la vita, la mia è una
tossicomane.”
Lentamente iniziamo a parlare di noi e delle nostre vite
e mi accorgo che è un tipo a posto, matto come un cavallo,
ma sostanzialmente a
posto. È migliore di quelli che mia madre chiama buoni
partiti perché lui non
trasuda ipocrisia da tutti i pori.
Se deve dirti una cosa te la dice dritta in faccia e
questo l’ho capito
dopo averci parlato
un paio d’ore.
“Ehi, Johnnie, posso fare una cosa?”
“Uhm, certo.”
Continua a fumare tranquillo, io invece raccolgo tutto il
mio coraggio e lo abbraccio. La cosa lo coglie di sorpresa
perché lascia cadere
la sigaretta appena iniziata nel fango.
“Perché?”
“Uhm, sembri uno che ha bisogno di un abbraccio.”
Lui mi regala un sorriso vero e poi mi scompiglia i capelli.}
Da allora non ci siamo mai lasciati, se così si
può dire.
Abbiamo iniziato a legare parecchio e circolavamo
tranquillamente insieme anche a scuola, non c’è
nemmeno bisogno di dire che da
allora nessuno ha più osato disturbarmi.
Johnnie è sempre stato magro, ma nelle risse ci sa fare e
poi aveva una reputazione da teppista che lo precedeva come
un’ombra lunga.
In realtà ha un cuore d’oro ed è forse
per questo che
siamo diventati amici e poi qualcosa di più.
È stato due anni fa quando aveva appena incontrato John
Lydon ed era appena diventato Sid Vicious. Sid come il suo criceto,
Vicious
perché Johnny credeva che quel criceto fosse maligno.
Non ho ancora capito chi dei due si sia scelto il nome
peggiore, se Sid Vicious o Johnny Rotten.
Non ha importanza, so solo che due anni fa mia madre
venne a sapere che avevo fatto amicizia con un poco di buono e
sollevò un
polverone.
Io però quella volta non me ne ero stata buona a sentire
le sue sfuriate, il giorno dopo mi ero comprata una tinta rosso sangue
e avevo
tinto i miei capelli.
Quando mamma la vide svenne quasi e mio padre urlò che o
mi toglievo quel colore da puttanella entro il giorno dopo o potevo
considerarmi
fuori casa.
Ho scelto il colore da puttanella e ho riempito una borsa
e uno zaino con le cose che più mi servivano.
{Ok,
alla fine ce l’ho fatta.
Sono diventata come Sid, a forza di stare con lui sono
diventata una mezza teppista anche io e, per Dio, la cosa non mi
dispiace.
Ero stanca di stare in quella casa, ora devo solo sperare
che Sid e John mi vogliano come coinquilina, non riescono a farsi
durare un
lavoro più di una settimana, ma in qualche modo pagano
sempre l’affitto a fine
mese.
Cammino tra la folla di gente che torna a casa ricevendo
parecchie occhiate, i miei capelli si notano, come i jeans stracciati,
il
giubbotto di jeans e gli anfibi.
In ogni caso ben presto mi trovo nel quartiere squallido
dove vive Sid, spero di stare simpatica a Johnny perché io
lo apprezzo davvero.
Suono il campanello e mi viene detto di salire, aprono la
porta e io inizio a salire le scale: puzzano di cavolo e cipolla.
L’appartamento
dei ragazzi è all’ultimo piano e
l’ascensore non funziona, così mi tocca fare
le scale a piedi con la borsa che sbatacchia sulle mie gambe e le
cinghie del
mio vecchio zaino di scuola che mi tagliano le spalle.
Suono il campanello e Sid mi apre, indossa una canottiera
e un paio di jeans, nonostante fuori faccia freddo e il riscaldamento
non mi
sembri al massimo.
“Ehi, Kat! Come mai qui?”
Io abbasso gli occhi.
“I miei mi hanno sbattuto fuori casa e non so dove
andare. Potrei…”
Prima ancora di finire la frase mi ritrovo avvolta dal
suo abbraccio e io mi abbandono sul suo petto magro lasciandomi andare
a un
breve pianto isterico.
Finito quello, mi guida nell’appartamento e chiude la
porta, Johnny arriva dalla cucina con i suoi capelli rossi da irlandese
irti.
“Ehi, Kitty Kat. Cosa ci fai qui?”
“Vivrà da noi, i suoi l’hanno sbattuta
fuori.”
Johnny scuote le spalle.
“Sì, mi sta bene. Contribuirai anche tu
all’affitto, ma
per stasera abbiamo solo minestra di pollo per tutti.”
Io annuisco e mangio un misero piatto di minestra senza
discutere, poi mi offro di lavare i piatti, poco importa che siano
quelli di
una settimana, cosa di cui mi rendo conto non appena metto piede in
cucina.
Finito, guardo un po’ la tele con loro e poi Johnny se ne
va a letto, l’ha preso come garzone un fornaio. Sid invece mi
accompagna in
camera sua, cambia le lenzuola e mi cede il suo letto.
“Sei sicuro?”
Dico un po’ a disagio.
“Posso dormire sul divano.”
“No, è scomodo. Stai tranquilla.”
Io mi metto a letto, ma non riesco a dormire e a un certo punto sento
dei
gemiti. Scalcio via le coperte e vado in salotto, come pensavo
è Sid che fa
casino. Lo tocco: il corpo è gelato, ma la fronte scotta.
Quel cretino ha la febbre e non me l’ha detto, penso in
un impeto di tenerezza. Gentilmente lo scuoto e lui mi guarda con i
suoi
occhioni scuri, liquidi e gonfi di sonno.
“Katie, cosa c’è?”
“Hai la febbre, Sid. Devi dormire nel tuo letto.”
“E tu?”
“Posso dormire con te?”
Gli chiedo rossa come un pomodoro.
Lui mi accarezza una guancia.
“Richiedimelo.”
“Posso dormire con te?”
“Mi piace questa domanda e la risposta è
ovviamente sì.”
Con un po’ di fatica si trascina in camera sua e si
stende a letto, io vengo attirata sul suo petto non appena tocco il
letto.
È la prima volta che sono così vicina a un
ragazzo, ma è
piacevole: mi sento protetta tra le sue braccia.
Sorridendo, mi addormento.}
Da allora non ci siamo
più separati, Sid è stato il primo
ragazzo con cui ho dormito e il primo con cui ho fatto sesso.
Penso sia quello perfetto per me nonostante tutti i suoi
difetti e spero sia un buon padre, perché sono incinta ed
è esattamente il
motivo per cui sono qui sdraiata sull’erba asciutta a
guardare le nuvole che si
inseguono in cielo.
Aspetto un figlio da lui e non so come dirglielo.
{Mia
madre ha sempre detto che fare l’amore fuori dal
matrimonio è un peccato, ma a me non sembra proprio. Anzi.
Sento le ondate di piacere che si susseguono ogni volta
che Sid entra in me. Raggiungo l’orgasmo chiamando il suo
nome e poco dopo lui
fa lo stesso e ricade ansante su di me.
Ora la stanza è piena solo dei nostri sospiri, lui si
è
alzato un attimo per togliersi il preservativo e buttarlo nel cestino e
poi è
tornato a letto. Immediatamente sono finita sul suo petto, lui gioca
distratto
con i miei capelli rossi e sorride.
“Ehi, Kat.”
“Sì?”
“Ti va di essere la mia ragazza?”
“Sì, assolutamente sì!”
Rispondo sorridendo.
“Mi piaci da un sacco di tempo.”
“Anche tu, da quando ti vedevo a scuola con le tue trecce, la
gonna troppo
lunga e l’aria incazzata.”
Io seppellisco la faccia nel suo petto per non fargli vedere che sono
arrossita.
“Sei sicuro di volermi come ragazza? Potrei distrarti
dalla tua musica e Johnny mi ucciderebbe.”
“Sicurissimo e sono sicura che non ti metterai in mezzo
tra me e la musica.”
“Sì, non lo farò. Mi divertono i vostri
concerti.”
“Allora, vieni a quello di sabato. Sembra che ci
sarà
qualcuno di importante, forse il tempo delle minestrine è
finito e finalmente
direi. Iniziavano a starmi sul cazzo.”
Io rido.
“Anche a me, comunque verrò.”
Fuori nevica, è sera e Johnny è fuori, scommetto
in qualche pub ad ubriacarsi.
Io mi abbandono lentamente al suo tocco, al suo giochinare con i miei
capelli e
mi addormento.}
Non mi sono mai messa tra lui e la
band, tranne forse
adesso con questa gravidanza indesiderata. Sono sempre andata ai loro
concerti,
li ho sostenuti e
ho festeggiato con loro
quando finalmente qualcuno si è accorto di loro.
Non sono il massimo come tecnica, ma incarnano benissimo
la voglia di ribellione, John e Sid soprattutto, benché lui
suoni con il basso
non attaccato all’amplificatore. Poco importa, è
l’energia che mette sul palco
che coinvolge e fa venire voglia di saltare.
Questo è quello che gli viene meglio e che li rende
speciali: tutti i ragazzi a cui la vita gira storta si riconoscono in
quei
quattro.
{Il
concerto è finito e io sono saltata in braccio a Sid,
Johnny ride, dice che sembro un koala.
Stiamo ancora battibeccando allegramente quando un uomo
in giacca e cravatta si avvicina a noi, sorridendo.
“Siete voi i Sex Pistols?”
“In persona”
Gli risponde Johnny con il suo solito ghigno
impertinente.
“Bene, perché potrei darvi la
possibilità di diventare
molto famosi.”
Lui e Johnny si mettono a discutere sui dettagli
dell’incontro e un fremito di elettricità percorre
l’aria: forse ce l’hanno
fatta.
Quando l’uomo se ne va del ghigno di Johnny non
c’è più
traccia, c’è il sorriso di un bambino a cui hanno
detto che il Natale arriverà
una settimana prima.
“Forse potremo incidere un disco ragazzi!”
Immediatamente si scatena una selva di ululati di gioia, Sid mi bacia.
“Che carini!”
Commenta la voce di una ragazza, mi volto e mi trovo
davanti una bionda. I suoi occhi dicono che non è affatto
contenta di vedere
Sid con una ragazza.
“Chi sei?”
Le chiedo poco gentile.
“Nancy Spungen, eroinomane e zoccola di professione.
Sparisci, bellezza. Qui non c’è bisogno di
te.”
Lei se ne va furiosa, chiaramente umiliata dalle parole
di Johnny.
Io sento le vibrazioni del pericolo continuare a mandare
segnali. Temo che questa non sarà l’ultima volta
che la vedrò.}
Non è stata
l’ultima volta, Nancy ha provato con costanza
a togliermi Sid e non ci è mai riuscita. Non sono una che
molla facilmente,
soprattutto quando ci sono in gioco le cose a cui tengo come Sid.
Non voglio che lui cada nel gorgo dell’eroina per colpa
sua, soprattutto ora che sono incinta, anche se non ho idea se
vorrà occuparsi
o meno del bambino.
Forse siamo tutti e due troppo giovani e incasinati per
averne uno, ma tant’è, ormai il piccolo o piccola
sta crescendo nella mia
pancia.
Mia madre sarebbe stata favorevole all’aborto, io no: non
avrei mai il coraggio di liberarmi del frutto del mio amore per Sid.
“Tutto bene?”
Una voce maschile si fa sentire e il suo proprietario si siede accanto
a me.
“Sid! Come hai fatto a trovarmi?”
“So dove vai quando hai bisogno di pensare e credo che tu
abbia bisogno di pensare e molto.”
Il mio corpo si copre di sudore freddo improvvisamente.
“Cosa vuoi dire?”
“Che ho trovato un test di gravidanza in bagno e dubito
che appartenga a Johnny.”
Io sospiro.
“Sì, hai ragione. Ho bisogno di pensare e molto
perché…
io…. Sono …. Incinta.”
Le parole mi escono a stento, ho una paura folle che se
ne vada e mi lasci da sola, con i miei problemi
e casini, per seguire la band.
Mi aspetto della collera sul suo bel viso,
inaspettatamente sorride.
“È mio, vero?”
“Ovviamente.”
Rispondo piatta.
“Ti capirei se non volessi prendertene cura, siamo
giovani e tu hai la band…”
“Sh! Non dire cazzate!
Kat, è bellissimo!”
“Davvero?”
Per tutta risposta mi fa alzare e mi prende in braccio
facendomi fare una giravolta.
“Sarò padre!”
“Sei sicuro? Non è una responsabilità
da poco!”
Lui sorride di nuovo.
“Lo so!”
Poi mi rimette a terra e abbassa gli occhi.
“L’unica cosa per cui sono dispiaciuto è
che non potrò
esserci per tutta la gravidanza, solo per il parto.”
Lo guardo senza capire.
“Ci hanno organizzato un tour negli Stati Uniti, volevo
chiederti di venire con noi, ma dato le tue condizioni
è meglio che tu rimanga a casa.”
Io annuisco.
“Sì, ma Nancy ci sarà.”
“Ma chi se ne frega di quella vacca,non mi piace per
niente.
Io ho te e il bambino e non so di che farmene di lei e
della sua eroina.”
Mi prende per mano.
“Andiamo a casa? Così daremo la notizia a zio
Johnny.”
Io scoppio a ridere, John Lydon è l’ultima persona
che chiameresti zio,
rischieresti di prenderti un pugno in faccia e i suoi pugni fanno
dannatamente
male. Se Sid è stato coinvolto in poche risse, Johnny
è il campione mondiale
delle beghe del quartiere, nessuno sano di mente lo disturberebbe.
Prima dell’uscita del parco c’è una
bancarella che vende
crepes, io afferrò il polso di Sid e lo faccio fermare.
“Me ne prenderesti una?”
Gli chiedo gentilmente, lui annuisce.
La tizia che ce le vende ci guarda con sospetto, non
credo le piacciano un ragazzo con i jeans stracciati e una vecchia
canottiera
bianca e una ragazza dai capelli rossi con una gonna troppo corta e una
maglietta
troppo strappata.
Mangiamo la crepes mentre torniamo a casa, il traffico è
sostenuto come al solito e si è alzato un vento freddo. Io
alzo lo sguardo al
cielo e – come al solito – minaccia pioggia.
“La prossima volta che devi riflettere su qualcosa ti
conviene scegliere un posto all’asciutto,
l’estate è finita.”
Io annuisco.
“Non riesco mai a rendermi conto di quanto passi alla
svelta, ormai siamo già a settembre.”
Arriviamo alla villa in cui adesso abita il buon vecchio
Johnny Rotten infreddoliti e stanchi, a tutti e due piace macinarsi
Londra, ma
oggi abbiamo sbagliato completamente abbigliamento.
Lui viene ad aprirci, indossa una maglia nera e ha in
mano una bottiglia di Jack Daniels, i suoi capelli sono un casino come
al
solito.
“Spero abbiate una buona ragione per essere venuti a
disturbarmi mentre mi stavo rilassando.”
Io lancio un’occhiata alla sua bottiglia.
“Oh, il tuo fegato ci ringrazierà.”
Ci sediamo tutti al tavolo del salotto, Johnny ci guarda interrogativo.
“Allora, piccioncini?”
“Kat è incinta.”
Lui trasalisce violentemente, poi si alza dalla sedia e
si piazza davanti alla mia, le braccia aperte.
Io lo abbraccio.
“Per la Madonna, che notizia! Cristo, se sono felice per
te, Sid.
Questo vuol dire che non ci seguirai nella terra dello
zio Sam.”
Io sorrido.
“No purtroppo, rimarrò qui nella cara vecchia
Inghilterra
a lievitare come una torta mal riuscita.”
"Vado a prendere dello champagne e dei bicchieri.”
“Vengo anche io.”
Lo seguo in cucina e chiudo la porta, facendo attenzione
a che Sid non se ne accorga.
“Cosa vuoi dirmi Kat?”
“Devo chiederti un favore, Johnny.”
“Spara.”
“Io non ci sarò e non potrò tenere
d’occhio Sid, per
favore tienilo lontano dall’eroina e da Nancy
Spungen.”
“Eroina e Nancy sono sinonimi.”
“Lo so, per questo te lo chiedo e non ti chiedo di farlo per
me, ma per il
bambino che porto in grembo, non voglio che nasca orfano di
padre.”
“Non voglio nemmeno io, perché è una
vera merda.
D’accordo, terrò d’occhio Sid. Nella
band non circola ero
e cercherò di tenere lontana quella vacca di Nancy. Quanto
cazzo la odio!”
“Non dirlo a me.”
Prendiamo lo champagne e torniamo di là, dove brindiamo
al nuovo Ritchie in arrivo.
Io sorrido, ma dentro di me ho paura.
Riuscirà mio figlio ad avere un padre?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2)Los Angeles-Londra: un biglietto di sola andata. ***
2)Los
Angeles-Londra: un biglietto di sola andata.
Lasciar partire una persona che
ami non è facile,
nonostante le duecento rassicurazioni che ti fa.
Veder partire Sid non è facile, lui è Johnny in
questi
anni sono diventati i miei punti di riferimento, senza di loro sarei
persa.
E ora mi ritrovo a essere senza di loro e con un bambino
che cresce nella mia pancia, ho paura di non riuscire a
far fronte a tutto.
Sid mi ha giurato che ci sarà per il parto e io gli
credo, so che non mentirebbe su una cosa così importante. In
questi pochi
giorni prima della partenza mi ha riempito di piccole premure che ho
molto
apprezzato, mi mancheranno quando lui sarà negli Stati Uniti
a tentare di
convincere i ragazzi yankees incazzati con il mondo che il punk
è un buon modo
per sfogare la rabbia e uno stile di vita alternativo a quello a base
di erbe
degli hippies.
L’ultimo giorno sono particolarmente agitata e lui se ne
accorge, dopo cena mi chiama accanto a sé sul divano, ha in
mano un lucchetto.
“Che ci fai con quel lucchetto in mano?”
Gli chiedo curiosa, lui me dà in mano,
“Aggancialo alla collana.”
Mi indica la sua vecchia collana d’argento, è
l’unico
ricordo che ha del padre naturale, non del reverendo che sua madre ha
sposato
quando era piccolo.
Io eseguo un po’ titubante, chissà cosa avrà
in mente…
Finito, prende le chiavi, apre la finestra del nostro
appartamento e butta le chiavi in strada.
“E con questo significa che sono tuo, perché il
lucchetto
rappresenta il mio cuore.”
I miei occhi diventano lucidi all’istante e qualche
lacrima scende.
“Ehi, volevo metterti di buon umore, non farti
piangere!”
Esclama, sedendosi accanto a me e prendendomi le mani tra
le sue.
"Non sto piangendo perché sono triste, ma perché
sono
felice! È la migliore cosa che mi abbiano detto in tutta la
mia vita.”
Lui sorride sollevato e mi abbraccia.
“Sh! Non piangere e sorridi, insieme siamo
invincibili!”
Io sorrido.
“Hai ragione.”
“E adesso, forza! Vieni a letto che domani devo essere
sveglio presto.
Quei figli di puttana avrebbero potuto trovare anche un
volo un po’ più tardi.”
Io rido divertita e lo seguo nella nostra camera, accendo le lucine di
Natale
che ci sono sul letto e mi sento meglio. Non so perché, ma
la combinazione
Sid+luci mi fa sempre stare bene.
Ci buttiamo sul letto, lui con violenza – tanto che
rimbalza un pochino sul
materasso – io
più piano per via della mia pancia.
Ci mettiamo sotto le coperte e mi attira a sé, ha
un’aria
stanca visto che ha passato tutto il giorno a preparare bagagli e a
discutere
con Johnny, che non è molto convinto di questa cosa. Secondo
lui Malcolm McLaren
li sta solo sfruttando per avere soldi e popolarità e loro
glielo stanno
lasciando fare come dei babbi. Sid lo ha lasciato parlare per un
po’, poi gli
ha detto di smetterla di rompere i coglioni e comportarsi come una di
quelle
ambientaliste isteriche, figlie dei fiori del cazzo.
Johnny ha alzato gli occhi e se n’è andato.
“Sai, credo che Johnny abbia ragione. Lui vuole solo fare
soldi su di noi e credo di essere il cavallo su cui ha appena puntato
un grossa
somma.”
“E perché glielo lasci fare?”
“Per il bambino, ci servono soldi e se il suo vecchio deve
fare il pazzo su un
palco per averli, lo farà.”
“Oh, Sid!”
“Siamo seri. Ho analizzato le possibilità da
quando mi hai detto che sei
incinta, non posso chiedere soldi a mia madre, perché
– a quanto mi ha detto il
reverendo – ha ancora la brutta abitudine di spenderli tutti
in eroina. Ho
provato a fare duecento lavori e non sono stato capace di tenermene
uno, non so
nemmeno suonare il basso: solo fare un po’ di scena.
Se è questo che devo fare lo farò.”
“Non esagerare, ho visto che hai messo delle lamette in
valigia. Non farci
nulla di estremamente stupido.”
“Tornerò vivo, te lo prometto.”
Nel dirlo si tocca il lucchetto, io sorrido.
Lentamente ci addormentiamo tutti e due.
Il giorno dopo è un casino, la vecchia sveglia di Sid
suona in ritardo, così facciamo appena a tempo a fare
colazione, caricare i
suoi bagagli nella mia macchina e poi volare all’aeroporto.
Quando arriviamo Johnny sta già camminando avanti e
indietro, come fa sempre quando è incazzato.
“Dove cazzo sei stato, Sid?
“Scusa, la sveglia ha suonato in ritardo.”
“E non hai i soldi per comprartene una nuova?”Gli
urla esasperato.
“Scusa, ma Kat è incinta e sto cercando di tenere
da
parte più soldi possibile per lei e il bambino.”
Johnny si passa nervoso una mano tra i capelli rossi già
irti e gli scompiglia
ancora di più.
“Va bene, va bene.
Adesso andiamo.
Ciao, Kat!”
Mi abbraccia.
“Ricordati la promessa!”
Gli sibilo io, lui annuisce.
“Buon tour negli Stati Uniti!”
Dico sorridendo.
Loro mi salutano e si avviano verso le partenze
internazionali, io li guardo fino a che non scompaiono dalla mia vista.
Spero
che vada tutto bene, spero che Nancy non ce la faccia a ottenere Sid e
che lui
non faccia cose troppo pericolose con quelle lamette.
Esco dall’aeroporto, su Londra cade una pioggia sottile
che mi mette tristezza, con i soldi che Sid mi ha lasciato dovrei
riuscire
tranquillamente a pagare l’affitto, ma ho bisogno anche di un
altro lavoro.
Chiederò in giro se a qualcuno serve una cameriera e
potrei dare ripetizioni, in fondo a scuola ero piuttosto brava.
Entro nella mia macchina e accendo il riscaldamento, non
sono passati venti minuti e Sid mi manca già, metto in moto
sospirando.
Saranno due mesi molti duri per me.
Arrivo a casa mia e mi butto sul letto dalla parte di Sid
avvolgendomi nelle coperte che sanno di lui. Ho bisogno di un lavoro,
ma ci
penserò domani, ora mi manca troppo per fare qualsiasi cosa
e poi ho sonno.
Mentre dormo non sentirò la sua mancanza.
Forse.
Due settimane dopo le cose non
sono molto migliorate.
Lavoro in un pub come cameriera e do ripetizioni a due
ragazzini delle medie, alle loro madri non vado particolarmente a
genio, ma
loro sembrano stimolati a dare il meglio di sé dai miei
capelli rossi e dalla
rosa tatuata sulla mia spalla.
Adesso si vede persino la pancia e una delle madri, una
volta, mi ha preso in disparte.
“E così sei incinta.”
Mi ha detto.
“Il tuo ragazzo lo sa?”
“Certo che lo sa.”
“E ti aiuta?”
“È all’estero per lavoro.”
“Ti ha mollata.”
“No.”
Ho precisato impaziente.
“È fuori per lavoro, ora posso andare?”
Lei mi ha lasciato andare, poco convinta, ma a me non
interessa, basta che mi tenga il lavoro.
Un sera a settimana Sid mi telefona, parliamo di un po’
di tutto quello che ci succede, ma lo sento strano. Un giorno devo
riuscire a
parlare con Johnny e capirci qualcosa.
Una volta, mentre stavo lavorando al bar, sono capitate
due amiche di Nancy.
“Ehi, è la ragazza di Sid!
Mi sa che non lo sarai più per molto, Nancy te lo
prenderà.”
Ho dovuto fare appello a tutto il mio autocontrollo per
non cacciarle via.
Una sera finalmente riesco a parlare con Johnny.
“Ehi, Rotten! Come vanno le cose?”
“Parecchi pomodori e qualche fan. Non male, comunque.
Sid è al centro dell’attenzione.”
L’ultima frase è detta in modo piuttosto strano,
non mi piace.
“Cosa vuoi dire?”
Gli chiedo brusca.
“Beh, ecco. Non so se è una cosa adatta a una
donna
incinta.”
“Dimmelo, John.”
“Sul palco si taglia. Si è inciso “Give
me a fix” sul petto durante un concerto
a Memphis, l’hanno dovuto ricoverare e Nancy non ha mai
smesso un attimo di
stargli dietro.”
Io stringo i denti, vorrei avere tra le mani quella troia yankee e
insegnarle
alla cara vecchia maniera inglese come i ragazzi delle altre non si
toccano.
“Ok, immaginavo facesse una cosa del genere. John, per
questa cosa fermalo solo se va troppo oltre e per Nancy, ti prego,
cacciala a
calci se serve.
Si è fatto?”
“No, non ancora Lei lo pressa in una maniera assurda. Io
adesso ti dico quello
che penso su di lei.
Penso che voglia farsi fuori lentamente con quella cazzo
di droga, ma che abbia troppa paura per farlo da sola e sta cercando
disperatamente qualcuno da tirare a fondo insieme a lei… E
temo abbia scelto
Sid.”
“Beh, io non sono d’accordo. Voglio il mio uomo
integro
al ritorno.”
“Va bene, staremo attenti.
Sid non sembra cedere per ora.”
Parliamo per altri cinque minuti di altro, principalmente
della mia gravidanza e del tour che lo sta deludendo come non mai e poi
chiudiamo la comunicazione.
Sono nervosa e piuttosto arrabbiata per la sfacciataggine
di quella ragazza.
“Se fossi vissuta ai tempi del vecchio Adolfo adesso
saresti una saponetta e, per quanto suoni terribile questa cosa,
sarebbe meglio
per tutti.”
Dico ad alta voce massaggiandomi la pancia, il bambino ha cominciato a
scalciare come un forsennato: è senza dubbio il figlio di
Sid.
La notizia che Nancy giri attorno al mio ragazzo e che
lui si sia messo sulla strada degli eccessi mi preoccupa, soprattutto
lei.
Quando lui è partito per gli Stati Uniti avevo una mezza
idea che si sarebbe
comportato così: fare il buffone
autolesionista per guadagnare soldi.
Mi sento parecchio sola, i miei non mi parlano da anni e
i genitori di Sid non sono certo meglio, solo ogni tanto faccio una
chiacchierata con il secondo marito di sua madre per tenerlo al
corrente
dell’andamento della mia gravidanza.
L’unica con cui parlo un pochino è Rachel,
l’ex di Johnny
Rotten, e quando ci vediamo per il nostro caffè settimanale
mi vede parecchio
giù.
“Cosa succede, Kat?”
Io mi tolgo la giacca di pelle – che adesso tira sulla
pancia e che è troppo leggera per il clima autunnale
londinese – e la appoggio
su una sedia vuota.
“Sono preoccupata per Sid.”
Le riassumo la telefonata tra me e Johnny e lei annuisce.
“Brutta storia, ma sono sicura che lui non ti
tradirà e
poi ha Johnny e il resto della band attaccati al culo. Voglio dire,
forse sono
gli unici che lo fanno per amicizia e non per soldi, credo che Maclaren
farebbe
i salti di gioia se Sid si bucasse.”
Si ferma un attimo.
“Sai, credo che li stia solo sfruttando per promuovere
sé
stesso e lo stile di Vivienne Westwood, non penso che gli importi di
loro come
persone, sono solo pedine.
E se Sid si drogasse questo aggiungerebbe un po’ di
colore al personaggio.”
“Io penso che sia già eccessiva la storia dei
tagli.
Cristo, l’hanno ricoverato in ospedale!”
“Sai quanto gli importa a Malcolm! Nulla, meno di zero.
Lui spera che lo rifaccia perché ha trovato la gallina dalle
uova d’oro, ma non
credo continuerà per molto.
Johnny dice che Sid reggerà solo fino al parto, poi
sfanculerà tutto e Johnny… Beh, John Lydon non
è proprio un esempio di
pazienza, credo che non reggerà ancora a lungo.
Questo tour negli Stati Uniti lo sta facendo incazzare,
sia perché ha capito che è stato sfruttato, sia
perché odia i piani di
McLaren su Sid.”
“Li odio anche io, lui non merita di essere un
eroinomane.”
Dico con acredine, facendo a pezzettini la bustina dello
zucchero.
“Vedrai che ce la farà a salvarsi.
C’è Johnny, non te lo
dimenticare e poi ama te.”
“Lo so, ma a volte temo che non sia… Abbastanza.
Che nonostante il lucchetto che si porta addosso e l’idea
che presto sarà padre potrebbe cedere a quella vacca e che
potrei perderlo da
un momento all’altro senza fare nulla, perché io
sono qui e lui è a un oceano
di distanza.”
“Stai tranquilla, non ti serve a nulla agitarti, fa solo
male al bambino.”
Io respiro profondamente.
“Hai perfettamente ragione, questo stress non gli fa
affatto bene.”
Lei annuisce.
“È solo che vorrei essere là, capisci?
E mi sento impedita da questa gravidanza, non che odi mio
figlio, ma ho dei brutti presagi, come se fossimo vicini a una svolta
nella mia
vita e soprattutto nella vita di Sid.”
“Dammi retta, andrà tutto bene.”
“Ok.”
Parliamo ancora un po’ d’altro, poi io me ne vado a
casa mia e lei a casa sua.
Il suono arriva da molto lontano e
sembra terribilmente a
quello di un telefono. Io grugnisco qualcosa e mi tiro il cuscino sulla
testa,
ma quello continua a suonare.
Alla fine non posso più ignorarlo e allungo una mano per
rispondere.
“Pronto?”
Dico con voce assonnata.
“Ehi Kat, ti ho svegliata?”
“Johnny!”
Gemo.
“Qui è notte, è ovvio che tu mi abbia
svegliata. Cosa
succede, comunque?”
“Credo che tu abbia appena salvato la vita a Sid.”
Io mi tiro a sedere, ormai completamente sveglia.
“Cosa vuoi dire?”
“Beh, stanotte Sid era ubriaco marcio e Nancy ci ha
provato per l’ennesima volta.”
Un brivido freddo mi percorre la schiena.
“E?”
“Lui ha guardata un attimo interessato e, ti giuro, ho
pensato che l’avrebbe seguita e il giorno dopo
l’avrei trovato euforico o
depresso per via dell’ero.”
“In-invece?”
“Dopo quell’attimo ha distolto gli occhi e ha detto
di
no, che non voleva la droga e non gli interessava lei. Adesso lui dorme
con me,
penso che probabilmente torneremo in patria presto.”
“Tutta la band?”
“No, solo io e Sid. Gli altri continueranno con un altro
cantante e un altro bassista.
Ah, si è reinciso “Give me a
fix”.”
“Johnny.”
Dico con voce sottile.
“Avete i soldi?”
“No, ma li troveremo. Siamo a Los Angeles, in un parco, su
una panchina.”
“Vi hanno mollato senza soldi e senza una stanza?”
“Sì, ma domani cercherò di chiamare il
capo della Virgin
Records.”
“Forse posso mandarvi qualcosa…”
“Sid non vorrebbe e adesso buonanotte. Ti faremo
sapere.”
La telefonata si chiude bruscamente, lasciandomi con un
brutto presagio addosso.
“No, stai calma.
Ha detto di no a Nancy, è con Johnny e torneranno in
patria. Va tutto bene, non ci saranno problemi.”
Mi dico ad alta voce per calmarmi, poi mi alzo e mi faccio una tazza di
the,
sperando di ricevere presto notizie da quei due.
Due giorni dopo il telefono suona di nuovo ad un’ora
assurda.
“Kat?”
“SID! Stai bene?”
“Sì, sto bene, ma non ho tanti soldi. Stiamo per
partire, l’aereo farà scalo in
Giamaica, per domani pomeriggio alle quattro dovremmo essere a
Londra.”
“Vi vengo a prendere, così mi raccontate
tutto.”
“Ma è pericolos…”
“SID, CAZZO! Sono mesi che non vi vedo e sono
preoccupata, non fare il cretino. Ci vediamo domani alle
quattro!”
E con questo chiudo la telefonata.
Il giorno dopo alle quattro mi reco all’aeroporto
piuttosto agitata e preoccupata. Quei bastardi! Abbandonarli negli
Stati Uniti
senza niente, niente!
E McLaren che non muove un dito, anzi impedisce loro di
chiamare la loro etichetta, meriterebbe di venire impiccato e squartato
come ai
bei vecchi tempi!
Parcheggio la macchina e aspetto di vederli arrivare agli
arrivi internazionali. Dopo un po’ li vedo, sono
più magri e malmessi di quando
sono partiti, hanno solo una valigia ciascuno, Johnny mi sembra quello
messo
peggio.
“Ragazzi!”
Urlo agitando una mano, loro si dirigono verso di me, Sid
molla la valigia e mi bacia con passione, poi accarezza la mia pancia.
Johnny se ne sta un po’discosto.
“E tu non mi abbracci, Rotten?”
“Ho l’influenza,”
Mi risponde con voce roca.
“Potrei fare male a tuo figlio.”
“Capisco.”
Usciamo dall’aeroporto e saliamo sulla mia macchina.
“Beh, raccontatemi tutto.”
“McLaren voleva trasformare del tutto Sid in un burattino
nelle sue mani, ha sempre incoraggiato Nancy a seguirci e a stare
attaccata al
suo culo di. Credo pensasse…”
“Che l’eroina aggiungesse un tocco di colore al
personaggio?”
“Come lo sai?”
Mi guardano curiosi.
“Ho fatto una chiacchierata con Rachel sulle intenzioni
di Malcolm.”
“Capisco. Beh, a un certo punto mi sono rotto le palle, Paul
e Steve volevano
seguire il piano di Malcolm, io no. Ci tenevo ad avere un amico ancora
in
salute e che la smettesse di incidersi cose sul torace.
A San Francisco, l’ultima data che avremmo fatto insieme,
ho cantato una cover degli Stooges, “No fun”, la
conosci, no?”
Io annuisco, attenta alla strada
“E ho detto che tutto questo non era per niente
divertente, poi ho detto al pubblico “Avete mai avuto
l'impressione di essere
stati imbrogliati?” e ho mollato il microfono per terra.
Si sono incazzati da morire, gli altri e Malcolm voglio
dire, credo che al pubblico non gliene fregasse niente. Un mese dopo
siamo usciti
dalla band e ti abbiamo telefonato perché gli stronzi ci
avevano abbandonati.
E vuoi sapere un’altra cosa?”
“Dimmela.”“Per prima cosa
creerò un’altra band e quei bastardi si pentiranno
di avermi
lasciato a marcire in quella cazzo di città e poi non devi
più preoccuparti per
Nancy.”
Io lo guardo senza capire.
“È morta di overdose, sia lode
all’Altissimo.”
“Bene.”
È inutile che mi finga dispiaciuta per lei, lo sanno
tutti che la odio.
Lasciamo Johnny a casa sua e io Sid raggiungiamo il
nostro appartamento, lui mi sembra stanco.
“Penso che dormirò.”
“Vengo a farti compagnia, ho chiesto una giornata di
ferie per oggi.”
Lui annuisce, si fa una doccia, contravvenendo al
principio che i punk non si lavano mai e poi si butta a letto gemendo.
“Fanno male.”
Si gira a pancia in su e vedo le cicatrici di “Give me a
fix.”
Le percorro delicatamente con le dita.
“Sei stato un pazzo.”
“Ma mi hanno fatto guadagnare dei soldi, li ho messi in un
conto per voi.
Domani andiamo a dare un’occhiata.”
Mi stendo accanto a lui e lui subito mi attira a sé.
“Come faremo con il bambino?”
“Ce la faremo.
Ho fatto abbastanza il cretino per garantirgli un futuro
decente e poi non ho intenzione di stare con le mani in mano.
Sid Vicious sparirà e tornerà il buon vecchio
John Simon
Ritchie, voglio provare a fare il manager. Andrò a parlare
con quelli della
Virgin che sono stati così gentili da pagarci il
viaggio.”
“Ok, Sid. Ce la faremo.
Mi basta questo.”
con un sorriso sulle labbra mi addormento, finalmente con lui vicino
come ho
desiderato in tutti questi mesi. Non posso chiedere di più.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Epilogo: Bambi è vivo e sta bene. ***
Epilogo:
Bambi è vivo e sta bene.
Sono passati molti anni da quel
giorno in cui Sid tornò a
casa, molte cose sono successe e adesso che sono una signora
di mezza età
posso permettermi di finire di raccontare la nostra gioventù
folle e scatenata.
Sid è considerato ancora adesso uno dei fondatori dei
punk, un dio per migliaia di ragazzi e io sono la moglie invisibile,
quella che
lo ha salvato dall’essere fagocitato dal suo stesso
personaggio.
Quella che si sveglia accanto a lui ogni mattina e non
può fare a meno di ammirare come sia rimasto magro e come il
grigio che ha
sulle tempie lo renda ancora più attraente di quando era
solo un ragazzino.
A quest’ora è fuori a comprare le uova di Pasqua
per i
nostri nipoti, così posso lasciarmi andare ai ricordi senza
che lui mi prenda
in giro.
Come aveva promesso una volta tornato dall’America Sid
Vicious
scomparve e tornò John
Simon Ritchie.
Con i soldi che aveva tenuto da parte dal tour americano ci assicurammo una buona rendita, anche
se io non ho mai
smesso di lavorare. I soldi che avanzarono da quel periodo strano, di
stasi, li
mettemmo in un conto per nostro figlio, casomai da grande avesse deciso
di
studiare.
Johnny ci veniva spesso a trovare, convinse Sid a
registrare un paio di cose, ma i risultati non erano convincenti e un
giorno
semplicemente smise di andare allo studio.
Appese il basso al chiodo e si limitò a suonarlo solo
quando ero a casa e io glielo chiedevo.
Il giorno in cui nacque
nostro figlio fu una fredda giornata di inizio febbraio,
fuori nevicava
fitto e Sid era lì a tenermi la mano, mentre io urlavo come
una matta.
Alla fine quando mi misero l’esserino che avevo partorito
sul seno l’amai immediatamente, decidemmo di chiamarlo Jack,
come il
protagonista della favola del fagiolo gigante: la favola preferita di
Sid.
Quando tornai a casa dall’ospedale trovai una camera
sistemata per il bambino, erano stati lui e Johnny Rotten a farlo, come sorpresa per
l’arrivo di Jack
Ritchie.
Io abbracciai tutti e due, all’improvviso quella
sensazione di mancanza era sparita, avevo di nuovo la mia vera famiglia.
Sid, qualche giorno dopo il mio ritorno a casa, andò
alla Virgin per
ottenere un lavoro,
sperava che gli dessero quello di talent scuot. Come musicista non era
granché,
ma aveva orecchio e sapeva riconoscere il potenziale negli altri e poi
conosceva tutti i musicisti punk inglesi, la cosa non guastava.
Dopo tutto lo scalpore e le proteste create dai Pistols
le loro idee erano attecchite e ai ragazzi piacevano, così
c’era richiesta di
nuova musica punk considerata un modo per mostrare quanto erano diversi
dai
loro genitori.
La Virgin decise di dargli una possibilità e lui
cominciò
a battere tutti i bar e le bettole alla ricerca di gruppi da mettere
sotto
contratto. McLaren e Vivienne Westwood si offrirono di aiutarlo, ma lui
li
mandò al diavolo.
Questa volta voleva farcela da solo, non voleva più essere
il burattino di nessuno.
In quanto a Johnny Rotten abbandonò anche lui il suo
soprannome e decise di tornare anche lui ad essere semplicemente John
Lydon,
solo che – al contrario di Sid – era pieno di
rabbia e deciso a sfondare con
un’altra band.
Non aveva perdonato quelli che lo avevano usato come un
burattino.
Nell’78 riunì tre musicisti – un suo
vecchio amico, l’ex
chitarrista dei Clash e un batterista – e creò una
band chiamata Public Image
Ltd.
Musicalmente erano molto diversi dai Sex Pistols, aveva
un suono post punk, new wave abbastanza coinvolgente. Piano piano si
conquistarono il loro posto al sole e il diritto di influenzare nuove
band.
Johnny era molto soddisfatto di sé stesso, sentiva di
avercela fatta alla faccia di quelli che lo davano morto senza i
Pistols.
Sid era lì per dividere la sua gioia con lui, loro due
sono rimasti in buoni rapporti, con gli altri i rapporti sono
più freddi. Non
si dimentica facilmente l’essere abbandonati a Los Angeles
come sacchi della
spazzatura.
A un certo punto hanno raggiunto una sorte di pace
armata, dato che il lavoro di Sid li portava spesso a contatto. Non gli
è
andata male con l’idea di fare il talent scuot, ha scoperto
parecchie band,
alcune si sono rivelate delle meteore, altre no.
In ogni caso non ha più avuto bisogno di mostrarsi in
pubblico, tagliuzzarsi o rischiare di finire nel tunnel
dell’eroina.
Lui andava – e va tutt’ora – ai concerti
con il suo
vecchio chiodo di pelle, i jeans mezzi rotti e gli anfibi consumati e
ascolta.
Ogni tanto lo accompagnavo e sembrava entrasse in una
sorta di trance personale e quando ne usciva diceva se il gruppo era
interessante o meno.
Ha sempre avuto un buon fiuto, quelli della Virgin se ne
sono accorti e l’hanno lasciato fare. Forse si sentono
addirittura orgogliosi
di avere come dipendente una leggenda vivente del punk.
Lui non me l’ha mai voluto dire e io non gliel’ho
mai
chiesto.
Parla poco di quei due anni che hanno rivoluzionato la
sua vita, non ho ancora capito se li considera un sogno perduto
– uno di quelli
che vengono all’alba e vuoi disperatamente ricordare, ma non
ci riesci – o il
periodo peggiore della sua vita.
Più di una volta l’ho visto sospirare allo
specchio,
mentre contemplava la scritta “Give me a fix”
incisa sul suo torace.
“Mi hai salvato la vita, Kat.”
Mi ha detto una volta.
“C’è stato un momento in cui ho pensato
davvero che
almeno una volta avrei potuto scopare Nancy e provare l’ero.
Era così diffusa
in quegli anni che sembrava piuttosto… innocua.
Conoscevo un sacco di gente che si faceva e non mi
sembrava se la stessero cavando male, mi sbagliavo e di molto. Alla
fine o sono
morti o sono finiti in un centro di disintossicazione.”
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?”
Gli chiesi con un filo di voce, scossa dai brividi e considerando per
la prima
volta che miracolo fosse vederlo accanto a me respirare.
“Tu, ho pensato a te e al bambino e mi sono reso conto
che non aveva senso scopare Nancy e nemmeno volere la sua eroina. Tu e
Johnny non me
l’avreste mai perdonata e avreste avuto ragione.”
Questo è tutto quello che mi ha detto
sull’argomento.
Johnny non mi ha mai detto altro, solo che Malcolm aveva
cercato di incularli e non ci era riuscito, Jack era piccolo e io gli
ho detto
di chiudere la sua boccaccia.
Lui rise.
“Ma il piccoletto non può capire!”
“Iculare!”
Aveva esclamato Jack facendo ridere Johnny e Sid, molto
orgogliosi della prima parola detta dal bambino.
Molto punk, devo ammetterlo.
Ora però devo smettere, la porta di casa si apre e Sid
rientra carico di uova di Pasqua.
“Vedo che hai preso le uova!”
Gli dico ironica.
Lui ride e mi bacia, senza rispondermi.
A me basta questo, solo che lui sia qui con me dopo tutti
anni.
Vivo.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2545905
|