He's the one

di nephele_cleide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - ritorno alla realtà ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 - uno strano incontro ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - una notizia sconvolgente ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Le ricerche ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - tutto si chiarisce ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Segreti svelati. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - ritorno alla realtà ***


    Salve a tutti! Mi presento: sono nephele_cleide e amo leggere (soprattutto genere fantasy/distopico/urban fantasy). Ho deciso di scrivere questa FF perchè non riesco ad aspettare l'uscita di The One e anche se già so che America è ancora nella Selezione mi sono ritrovata a pensare cosa mi sarebbe piaciuto leggere se Mer fosse tornata a casa. Spero che vi piaccia e spero che qualcuno lasci un segno del proprio passaggio (sia positivo che negativo!)! Un bacione
 
CAPITOLO 1 
 
Scesi dall’aereo asciugandomi le lacrime con il dorso delle mani. Al contrario di quanto era successo il giorno della mia partenza per la Selezione, non c’era nessuno ad aspettarmi, neanche i miei genitori. D’altronde nessuno sapeva della mia improvvisa eliminazione.
tirai su il cappuccio della felpa che avevo messo sopra il meraviglioso abito che le mie cameriere mi avevano cucito per farmi andare via in grande stile. Sorrisi con tristezza al ricordo di Lucy, Anne e Mary. A parte Marlee, erano state le mie migliori amiche nonostante dovessero servirmi. Non volevo e non dovevo piangere ancora, almeno non per strada. 
Scrollando le spalle presi la piccola borsa che mi stava passando una giovane hostess e mi diressi verso casa a piedi.
- spero che non mi riconosca nessuno- pensai mentre mi nascondevo sempre di più la faccia nella felpa. L’aria fredda della Carolina mi sferzava il viso ancora umido per le mille lacrime versate durante il mio viaggio.
Dopo un’ora raggiunsi finalmente casa mia. In teoria sarei dovuta essere una Tre adesso ma non volevo vivere in una realtà cosi lontana dalla mia. Bussai sommessamente alla porta aspettando che qualcuno venisse ad aprirmi.
“chi è?” una voce maschile che non riconobbi si stava avvicinando alla porta
“America.” Dissi semplicemente. La porta si aprì con quel vecchio cigolio tanto famigliare:
“Lady America! Cosa ci fa qui?” non ricordavo il nome di quella guardia ma non avrei mai dimenticato come l’avevo conosciuta
“lei è la guardia che mi fece uscire in giardino la prima sera a Palazzo.” Dissi con le lacrime agli occhi. Maxon, era stato lui ad ordinargli di lasciarmi uscire ed era rimasto con me mentre piangevo e lo insultavo. Sospirai.
quel giovane ragazzo mi sorrise e annuì.
“si signorina, sono proprio io. La prego entri, non è sicuro rimanere fuori.”
“suppongo che non vi sia ancora arrivato l’ordine di rientrare a palazzo.” Lui scosse la testa.
“perché dovrebbe?”
“perché sono stata cacciata dalla Selezione. Non credo che ormai sia utile per i ribelli farmi del male.” Sorrisi triste
“può andare. Non c’è più bisogno che lei rimanga qui.”
“non posso lasciare il posto senza un ordine ufficiale.” Sospirai.
“capisco.” Senza aggiungere altro e senza aspettare che mi rispondesse mi diressi in cucina.
“chi era alla porta?” chiese mia madre
“mamma…” mia madre lasciò cadere il piatto che stava lavando che si frantumò a terra e si girò lentamente. Quando i suoi occhi incrociarono i miei non ressi più e crollai a terra in lacrime.
“mamma perdonami! Non avrei mai dovuto fare una cosa del genere davanti a tutto il Paese! Ora è tutto finito! Ho perso tutto mamma!” i singhiozzi mi scuotevano le spalle e mi toglievano il fiato. La mamma corse accanto a me e mi prese tra le braccia come faceva quando da bambina cadevo e mi sbucciavo le gionocchia.
“bambina mia non piangere!” rimanemmo in silenzio per un tempo che mi sembrò infinito: io tra le braccia della mamma che mi cullava e mi baciava la testa per calmare il mio pianto.
“America amore… non piangere. Vieni, sediamoci sul divano.” Mi aiutò ad alzarmi e mi scortò verso il piccolo e logoro divano nel salone. La guardia era ancora accanto alla porta. Quando mi vide arrossì e abbassò gli occhi.
“signora Singer, vado a fare un giro di ronda. Se ha bisogno mi chiami.” La mamma si limitò ad annuire mentre mi stringeva al petto. Posai la testa sul suo cuore ascoltando i battiti regolari cercando di tranquillizzarmi.
dopo un po’ i singhiozzi si erano placati ma le lacrime continuavano a scendere lungo le mie guance inzuppandomi la felpa.
“mamma… mi dispiace cosi tanto.” Non sapevo cos’altro dire.
“Oh America! Non devi dispiacerti per me o per tuo padre… noi siamo felici se tu sei felice. Non vogliamo vederti così”
“ma in questo modo vi ho fatto perdere anche i soldi!” i sensi di colpa si aggiungevano al dolore per aver perduto Maxon e questo era straziante. Lei scosse la testa.
“amore mio. Non importa. Ce la siamo sempre cavati in tutti questi anni. Tu piuttosto, stai bene?” decisi di essere onesta
“no.” Chiusi gli occhi per ricacciare indietro altre lacrime.
“tuo padre, May e Gerard torneranno tra poco. Se vuoi andare a riposare un po’ di sveglio quando tornano” annuii e mi alzai in silenzio dirigendomi verso la camera da letto. aprii la porta e mi sedetti sul bordo del letto. gli occhi mi andarono istintivamente alla casetta sull’albero dove io e Aspen ci incontravamo in segreto.  Aspettai una qualche reazione del mio cuore a quei ricordi e invece non arrivò nulla, mi stesi sopra le finissime coperte e chiusi gli occhi; due occhi marroni mi guardavano, il suo odore mi colpiva le narici e vedevo ancora i suoi denti bianchissimi disegnare uno di quei sorrisi che mi toglievano il fiato: Maxon – mi dispiace cosi tanto – pensai. Sperai che quel pensiero potesse raggiungerlo in qualche modo e prima che le lacrime spingessero di nuovo per uscire mi addormentai.
“America…” quella semplice parola mi destò dal sonno. May era china sopra di me con le lacrime agli occhi e un sorriso triste sulle labbra. Senza dire nulla mi gettò le braccia al collo e io feci lo stesso. Avevo un disperato bisogno di mia sorella ora. Tirai su con il naso
“non proprio regale direi.” Risi di quel mio commento e sentii May fare lo stesso.
“in effetti no.” Mi disse sorridendo.
“non sarei mai potuta diventare una principessa.”  Lei mi guardò in silenzio e mi cinse le spalle con un braccio.
“è ora di cena… se vuoi posso portarti il piatto qui.” May, la mia dolce sorellina che si preoccupava per me. Le sorrisi leggermente sollevata.”
“No vengo giù.” Mi alzai dal letto ancora vestita come Mary, Anne e Lucy mi avevano vestita per la partenza.
Quando arrivai in sala mi sedetti, senza dire nulla, al mio solito posto e incrociai per una frazione di secondo gli occhi della mia famiglia. Abbassai lo sguardo immediatamente, sapevo che erano molto preoccupati e dispiaciuti di vedermi così quindi tenni gli occhi fissi sul misero piatto della cena e mi limitai a sbocconcellare qualcosa. Stranamente nessuno parlò per tutto il pasto. Dopo pochi bocconi mi resi conto di non riuscire ad ingerire più nemmeno una briciola così chiesi il permesso di alzarmi e scappai in bagno. Piegata sul water, ascoltai mio padre parlare alla mamma in cucina mentre vomitavo quel poco che avevo mangiato
“sono preoccupato. È veramente sconvolta…” sentii la sua preoccupazione spezzargli la voce
“lo so caro. Non l’ho mai vista così. L’unica cosa che possiamo fare ora è lasciarle un po’ di tempo. Se non dovesse sentirsi meglio cercheremo una soluzione.” Non sentii la risposta di mio padre. Le lacrime riaffiorarono agli occhi e mi appoggiai al water piangendo.
“micetta, posso entrare?” mio padre stava bussando sommessamente alla porta del bagno. Io non riuscii a rispondergli ma lui entrò lo stesso.”
“oh tesoro!” mi corse incontro e mi prese tra le braccia;
“micia, non piangere. Andrà tutto bene.” Io scossi la testa.
“eri così presa da quel ragazzo?” non ci avevo riflettuto molto ma la prima cosa che mi venne in mente era che tutto avrei voluto tranne che lasciarlo andare.
“non lo so papà. So solo che preferirei morire piuttosto che stare lontana da lui.” Mi strinse a se e lo sentii piangere.
“non dire così. Se davvero ne sei innamorata così tanto dovresti pensare anche a lui. So per certo che era sinceramente interessato a te, lui non vorrebbe che ti facessi del male per lui. Vorrebbe che fossi al sicuro, che fossi felice.”
“anche io voglio che lui sia felice…” dissi convinta
“lo so micia… lo so.”  Mi prese in braccio e mi portò in camera mia; Gerard mi guardava spaventato, la mamma piangeva e May ci seguì in silenzio. Papà mi depositò nel letto delicatamente e io mi rannicchiai sotto le coperte piangendo.
“May, tesoro… tua sorella ha bisogno di compagnia.” May annuì e si infilò nel letto insieme a me. Mi strinsi al suo petto e lei mi baciò sulla testa;
“andrà tutto bene Ames” le lacrime non volevano smettere di scorrere sulle guance e il respiro mi si spezzava sempre più velocemente. Quella posizione mi ricordava la sera in cui io e Maxon avevamo guardato le stelle: le sue braccia forti mi stringevano, il suo odore mi invadeva le narici e il battito del suo cuore mi cullava. In quel momento non mi ero ancora resa conto di quanto fosse importante per me ed ora lo avevo perso per sempre. L’unica piccolissima consolazione era che aveva ancora una ragazza come Kriss da poter scegliere; ero certa che lei lo avrebbe sempre amato e che lo avrebbe reso felice, e questo era l’importante. Non sapevo quanto tempo era passato da quando mio padre mi aveva messa a letto ma sapevo che May si era addormentata profondamente così ne approfittai per scendere velocemente dal letto e dirigermi in sala con una penna e un foglio di carta.
“Signorina, cosa ci fa sveglia a quest’ora?” mi chiese preoccupato l’ufficiale Marion
“salve ufficiale Marion… non riesco a dormire. Ne vorrei approfittare per scrivere una lettera.” Lui annuì semplicemente
“le posso chiedere un favore, ufficiale?” lui mi guardò negli occhi con compassione
“certamente Lady America.” Sorrisi senza convinzione
“potrebbe consegnare la mia lettera a Lady Kriss quando tornerà a palazzo?” lui fece un segno di assenso con la testa.
“con piacere Lady America.”
“oh la prego.. non sono mai stata una Lady nemmeno durante la mia permanenza a palazzo.” Abbassai gli occhi triste e tornai a fissare la carta bianca che avevo poggiato sul piccolo tavolo in sala. Sospirai


Carissima Kriss,
sono appena rientrata a casa e già mi manchi. Non so perché ti sto scrivendo questa lettera ma non riesco a dormire e colgo l’occasione per esprimere i miei sentimenti.
Conoscere te, il principe Maxon e molte altre ragazze è stato un grande privilegio per me. Non posso negare di essere molto triste all’idea di non poter più cercare di conquistare il cuore di Maxon e di non averti potuto salutare meglio. L’unica consolazione è che lui ha qualcuno che lo ama veramente vicino… tu. Ti prego, fai di tutto per essere tu la sua scelta, rendilo felice, proteggilo da se stesso e da chiunque voglia mai ferirlo, amalo più di te stessa, più di quanto chiunque possa essere amato. Lui merita tutto questo. Se vuoi porgigli i miei saluti e i miei più sentiti ringraziamenti. Ringrazio anche te.
Ti prego, non farlo mai soffrire.
un abbraccio
America Singer

P.S. ho detto alle mie vecchie cameriere di aiutarti in qualsiasi cosa e di prendersi cura di te. Ti prego di trattarle bene e di dire loro che sono sempre nel mio cuore e che mi mancheranno tantissimo.
 
Piegai il foglio e lo porsi all’ufficiale Marion con un sorriso. Mi asciugai le lacrime con una mano e mi sedetti sul divano con un libro in mano. Cercai di leggere qualcosa ma i miei pensieri non facevano che riportarmi alle serate che io e Maxon avevamo passato insieme. Decisi quindi di lasciar perdere e mi sdraiai sul divano con un braccio a coprirmi gli occhi.
“signorina… sta bene?”
scossi la testa.
“c’è qualcosa che posso fare per lei?”
“se sa come tornare indietro nel tempo si.”
“Mi spiace deluderla allora” mi disse scherzosamente. Riuscì a strapparmi un lieve sorriso
“sono contento di averla fatta sorridere.” Mi disse sinceramente
“grazie ufficiale Marion”
“mi chiami pure John.”
“John”
“vuole parlare di qualche cosa?”
“apprezzo i suoi tentativi ma non credo sia opportuno parlare del principe Maxon con una delle sue guardie.”
“capisco…” disse triste
“mi dispiace averla ferita John.” Dissi guardandolo fugacemente negli occhi. Lui mi sorrise timidamente
“non si preoccupi signorina. Capisco che in questo momento non ha voglia di parlare con nessuno.” Annuii. Lui non parlò più e cosi, nel giro di pochi minuti mi addormentai.


La mattina seguente mi svegliai con un bussare insistente alla porta. Mi alzai e andai ad aprire alla porta.
“Lady America! Ci spiace disturbarla ma il re ci ha ordinato di avvertire l’ufficiale Marion che lei e la sua famiglia non avete più bisogno dei suoi servizi. Non risposi mi limitai a lasciare la porta aperta e a sedermi di nuovo sul divano.
“John! È arrivato l’ordine di cui ti dicevo ieri…” dissi con voce roca per il sonno e per le lacrime che avevo versato il giorno prima. L’ufficiale Marion uscì dal bagno velocemente e si avvicinò a me. Mi prese la mano e la portò alle sue labbra.
“si faccia forza signorina. Vuole che porti i suoi saluti a qualcuno?”
“per favore saluti da parte mia le mie vecchie cameriere.”
“nessun’altro?” scossi la testa
“ne è sicura?”
“si ufficiale, sono sicura. Le chiedo solo di ricordarsi di consegnare la mia lettera a Lady Kriss.” Lui fece un lieve inchino e uscì dalla porta seguito dalle altre guardie.
sul tavolo della cucina trovai un bigliettino


Tesoro, siamo a lavoro. Gerard è con tua sorella Kenna, May è con noi. Non preoccuparti per loro. Torneremo tardi questa sera. Se hai bisogno di qualcosa chiama al numero che ho scritto dietro.
Ti vogliamo tutti tanto bene. Siamo orgogliosi di te.
Mamma e papà.
Perfetto. Avrei avuto una giornata intera per stare un po’ sola con me stessa senza preoccuparmi di far soffrire la mia famiglia. Ecco una piccola consolazione. Sorrisi sollevata e mi accoccolai sul divano rifiutandomi di piangere ancora.      

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Capitolo 2
*** capitolo 2 - uno strano incontro ***


                                                                               Capitolo 2 –
 
La giornata passò lentamente e senza nulla di interessante. Mi trascinavo da una stanza all’altra, cercando di tenermi occupata per non pensare a ciò che avevo perso e a ciò che avevo lasciato a Palazzo.  Non facevo altro che mettere a posto quelle poche cose che avevamo. 
Mentre sistemavo la camera di May feci accidentalmente cadere un piccolo quaderno che non avevo mai visto: si aprì su una pagina a caso.
gli occhi mi caddero su una frase
Ieri sera è arrivata la lettera per America! Siamo tutti così entusiasti! Peccato che lei non voglia nemmeno saperne…
Presa dalla curiosità proseguii con la lettura, sfogliai velocemente il diario di mia sorella in cerca di qualcosa che riguardasse me; finalmente trovai un appunto della sera dopo la visita a palazzo:
ieri siamo stati invitati a palazzo. Ames è ancora nella Selezione! È così bella! Mio Dio il palazzo è stupendo, tutto brilla, il cibo è fantastico! Non ho mai mangiato così tanto e così bene in tutta la mia vita! Capisco perché Ames sembra molto più bella di quando è partita… quanto la invidio! In senso buono sia chiaro! È bellissima, intelligente ed ora vive a palazzo e sono sicura che ci vivrà per molto tempo. Il principe Maxon è innamoratissimo di lei e da quello che ho visto anche lei piano piano sta cedendo: non capisco perché si ostina così tanto a fingere di non provare nulla per lui… si vede da come si guardano che sono innamorati!
Decisi di leggere l’ultima pagina…
Ames è distrutta. All’ultimo Rapporto ha detto delle cose fantastiche che però le hanno portato solo guai.. è tornata a casa ieri e non ha fatto altro che piangere. Non voglio vederla così; lei merita di essere felice, e se Maxon non può renderla felice allora non la merita come credevo. Vorrei tanto poterla consolare in qualche modo. Gerard ha avuto un incubo questa notte, da quando l’ha vista così sconvolta non vuole più dormire da solo. Povero il mio fratellino… con lui so cosa fare, lo cullo tutta la notte e così non ha incubi ma con Ames non so che fare. Forse potrei scrivere una lettera per il principe, potrei chiedergli se è ancora innamorato di lei nonostante sia stata cacciata… potrei dirgli che lei sta male e che è l’unico che può tirarla su di morale
Chiusi il diario e mi affrettai a rimetterlo a posto, non volevo leggere oltre. Sospirai e scesi di nuovo in sala, presi la felpa che portavo il giorno prima e uscii di casa per fare una passeggiata.
“America! Cosa ci fai qui?” dannazione, non avevo pensato a nascondermi.
“Mikael… come stai? Sono tornata a casa.”
“ti hanno eliminata dalla Selezione?” mi chiese sconvolto
annuii
“mi dispiace…” non sapeva cosa dire, glielo leggevo negli occhi
“lo so… anche a me. Ora scusa ma devo andare.” Mi sforzai di sorridere. Lui mi fece un cenno con la mano e io mi voltai e mi affrettai ad andarmene da li. Una volta lontana dal centro iniziai a correre in preda ad un attacco di panico. – non avrei mai dovuto lasciare casa mia!- ero sconvolta e arrabbiata con me stessa per essere uscita di casa.
Decisi di evitare inconvenienti così mi inoltrai tra gli alberi dietro la via principale, li non avrei mai incontrato nessuno. Ero ormai quasi arrivata dietro casa mia quando mi sentii osservata. Mi bloccai terrorizzata e mi voltai. Non c’era nessuno eppure sapevo che qualcosa non andava. Ripresi a camminare speditamente lanciando occhiate indietro di tanto in tanto.  
“Lady America!” una voce femminile che non riconoscevo mi chiamava dal folto del bosco.
“chi è?!” ero spaventata.
“Lady America… è un piacere incontrarla di nuovo.” Da dietro un piccolo alberello uscì una ragazza minuta. Non la riconobbi
“ci conosciamo?” chiesi socchiudendo gli occhi e sforzandomi di ricordare il suo volto grazioso.
“l’ultima volta, che tra l’altro è stata anche la prima per lei, era su un albero..” a quelle parole ricollegai
“i ribelli a palazzo!” ora ero spaventata sul serio. Iniziai ad indietreggiare.
“la prego non abbia paura.. non le voglio fare del male. Se avessi voluto farlo lo avrei gia fatto non crede?” non mi fidavo… andai a sbattere contro un sasso e caddi a terra. La giovane corse verso di me e mi porse una mano. La afferrai titubante e lei mi aiutò ad alzarmi.
“la ricordavo vestita meglio.” Mi prese in giro.
“io la ricordavo come una degli assassini che hanno tentato di farmi fuori…”
“oh si. Mi scuso, all’epoca volevamo solo colpire il re.” Annuii..
“capisco. Ora però mi dispiace deludervi ma il re se ne frega di me…. Quindi avete sbagliato vittima.” Dissi convinta. Da una parte se mi avessero uccisa non sarebbe stato tanto male.
“non la voglio uccidere…” mi disse schifata.
“allora cosa volete da me?”
lei mi sorrise.
“avremmo bisogno del suo aiuto.”
“per che cosa?”
“per trovare ciò che stiamo cercando…” il suo sorriso si trasformò in un ghigno.
“non credo di potervi aiutare. Se non ve ne siete accorti non vivo più a palazzo e in oltre non voglio aiutare degli assassini.”
“è sempre stata legittima difesa la nostra…” mi disse altezzosa
“non credo che una ragazzina potesse essere così pericolosa per la vostra incolumità…” dissi con odio. Cosa c’entrava la sorella di Natalie in tutta la storia? Scosse la testa
“ah. Si riferisce alla ragazzina che hanno ucciso…” hanno… cosa significava? Lei non c’entrava nulla?
“non dovrebbe essere mio interesse giustificarmi ma, la ragazzina è stata un’idea scartata dalla maggior parte di noi… tuttavia ci sono persone un po’ troppo prese da questa storia e non hanno voluto desistere… mi dispiace.” Abbassò gli occhi…
“dunque… cosa stareste cercando di così importante?”
“Non posso dirglielo… almeno non prima che anche lei sposi la nostra causa.”
“quale causa?! Come faccio ad impegnarmi in qualcosa che nemmeno so cosa sia???” ero davvero sconvolta
“ha ragione…”
“già…” ero furiosa ora.
“stiamo cercando i diari di Gregory Illèa e del re…” mi disse d’un fiato senza guardarmi negli occhi. Scossi la testa scoppiando in una risata.
lei alzò gli occhi guardandomi sopresa.
“non so se ve ne siete accorti ma non vivo più a palazzo… non so dove possano trovarsi i diari di Illèa!”
“ma lei li ha letti! Li ha usati per quella presentazione!” prefetto… mi stava rinfacciando l’unica cosa che non volevo ricordare…
“appunto… li ho letti ed utilizzati… e ho creato un casino. Ora il re li ha fatti spostare e non so dove! E per quanto riguarda i diari del re… non sapevo nemmeno ne tenesse uno!!!” lei mi posò una mano sulla spalla.
“signorina… abbiamo bisogno di quei diari… lei conosce il palazzo, conosce nascondigli segreti e da qualche parte dovranno pur stare!” scossi la testa
“non saprei dove cercare! E anche se ricordassi tutti i nascondigli che Maxon mi ha mostrato, non saprei come entrare!” lei mi sorrise
“ la aiuteremmo noi! Come abbiamo sempre fatto! Noi distrarremmo la famiglia reale e le guardie e lei potrebbe cercare indisturbata per un po’…”
“mi dispiace. Non voglio mettere a repentaglio la vita di nessuno per cercare qualcosa che non so nemmeno se esiste.”
“potrebbe vendicarsi del principe, del re, delle ragazze… di chi vuole! Le promettiamo che lasceremo a lei l’onore di vedersela con chiunque possa averle fatto del male!” lacrime di rabbia e tristezza minacciavano di uscire.
“non voglio vendetta!” lei mi guardò sconvolta
“come? Ma l’hanno umiliata davanti al Paese intero… l’hanno fatta soffrire; il principe si è preso gioco dei suoi sentimenti…” le lacrime ora scivolavano sulle mie guance sempre più velocemente.
“non si può sempre combattere l’odio con l’odio…”
“lei è ancora innamorata del principe.” Abbassai gli occhi
“non è questo il punto. Non posso aiutarvi. Non voglio aiutarvi e non voglio vendicarmi di nulla. Voglio solo che non facciate del male a persone innocenti. Lasciate stare Maxon, le ragazze, le loro famiglie, la regina e la servitù… con il re fate quello che volete. Ma non contate su di me. Ora se non ti dispiace me ne andrei a casa mia” dissi voltandole le spalle e allontanandomi da lei.
“Lady America!” mi voltai. La ragazza mi sorrise e fece un lieve inchino
“è stato un piacere conoscerla. Ci rivedremo presto, spero.” Mi sorrise di nuovo e schizzò via tra gli alberi. Asciugai le lacrime e sbattei gli occhi.. scossi la testa per scacciare quella strana conversazione e tornai a casa.  
davanti alla porta trovai un piccolo pacchetto… mi avvicinai.
 
Lady America.
Ci manca molto. Il principe Maxon ci ha chiesto se volevamo scriverle qualcosa. Ha detto che le avrebbe fatto recapitare la lettera al più presto. Qui va tutto bene, più o meno. Per ora non ci sono stati attacchi dai ribelli e la signorina Kriss ha ricevuto la sua lettera e ci ha detto che ci saluta.. le vogliamo bene anche noi, avremmo voluto servire lei per sempre piuttosto che la signorina Kriss. Non ci fraintenda, è molto gentile con noi ma lei è sempre stata speciale. Manca molto anche al principe Maxon, si vede da come si comporta. Ci dispiace molto che le cose siano andate in questo modo. Le auguriamo ogni bene.
Con grande affetto
Anne, Mary e Lucy.
 
Le mie dolci cameriere mi avevano scritto una lettera. Presi il pacco ed entrai in casa. Seduta sul divano aprii la scatola con delicatezza. Al suo interno c’era un paio di Jeans e due foto. Le presi. Erano le due fotografie che Maxon mi aveva scattato la sera che avevamo parlato in camera mia. Sorrisi al ricordo. Presi fuori i jeans: erano bellissimi, come gli altri che mi aveva regalato. Li strinsi al petto. Accidentalmente feci cadere una delle due fotografie e dietro trovai una scritta
Mia cara America,
mi spiace non poterti avere ancora qui con me. Spero che stia bene e che trovi la felicità lontana da questa gabbia dorata in cui eri stata catapultata, lontana da me.
Con grande affetto, mi manchi
Maxon.
p.s. Kriss mi ha parlato della tua lettera. Mi ha chiesto di riferirti che non riesce a rispondere alla tua lettera ma che ti promette che manterrà fede alle promesse. Non so di cosa stia parlando ma spero che ti rendano felice.
Marlee ti saluta e dice che ti verrà a trovare appena possibile.  

 
Riposi immediatamente i jeans e le foto nella scatola insieme anche alla lettera delle mie cameriere e corsi su per le strette scale; entrai in camera mia e nascosi il pacchetto dietro un pannello dell’armadio che si era alzato leggermente. Non volevo vedere nulla di quelle cose… non volevo più pensare a Maxon e a quello che avevo perso, volevo solo andare avanti, riuscire a superare il dolore e trovare un modo per non sprecare la mia vita. Mi gettai sul letto triste. Una lacrima timida mi scivolò sulla guancia quando chiusi gli occhi.
 
“Ames! Da quanto tempo dormi?” la voce di mia sorella mi svegliò.
“May… che ore sono?”
lei scosse la testa esasperata.
“sono le otto e venti…” sgranai gli occhi: avevo dormito per tutto il pomeriggio e avevo anche saltato il pranzo.
“da quando dormi?” mi chiese ancora mia sorella
“dalle dieci o le undici credo..” lei mi guardò sconvolta
“hai dormito tutto il pomeriggio?!” era veramente preoccupata per me; annuii.
“non hai pranzato?” scossi la testa; non riuscivo a capire perché avessi dormito così tanto.
“vieni; avrai molta fame.” Mi prese la mano aiutandomi a scendere dal letto.
“America! Stai bene?” Gerard mi sorrideva impacciato. Mi rendevo conto di averlo spaventato ieri cosi gli sorrisi per tranquillizzarlo.
“si fratellino. Sto bene. Ho una fame da lupi.” Sorrisi a mia madre che mi scrutava preoccupata. Mentre la mamma poggiava a tavola la cena incrociai lo sguardo di mio padre.
“Micina… sicura che vada tutto bene?”
“non tutto papà… ma me la cavo. Tranquilli.” Possibile che mio padre mi conoscesse così bene?! Lui mi sorrise incoraggiante e mi baciò la testa.
“sono contento.” Annuii mettendo in bocca una forchettata di insalata.
“America, grazie mille. Ho visto che hai sistemato tutta la casa oggi.” Mi sorrise mamma
“di nulla mamma. Non avevo molto da fare.” Mi sorrise contenta di vedermi un po’ più tranquilla di ieri. Per lo meno non piangevo e non vomitavo il poco che avevo ingerito! Quando ebbi finito di mangiare mi spostai sul divano insieme alla mia famiglia. Ci sarebbe stato un programma speciale sulla Selezione. Non ero sicura di volerlo vedere ma avevo bisogno di rivedere il suo viso così mi feci forza e mi sedetti a terra come facevo sempre prima della Selezione.
Partì l’inno di Illèa. Un groppo in gola mi chiudeva le vie respiratorie.
“Ames, se vuoi spegnamo.” Scossi la testa decisa
“no voglio vederlo.” Mia sorella intuì che stessi parlando di Maxon perché mi sorrise triste. Tornai a concentrarmi sulla tv. Gavril stava entrando ora con uno sguardo desolato.
“salve a tutti cittadini di Illèa! Abbiamo deciso di indire questa puntata speciale per salutare una delle ragazze dell’elite che ci ha lasciati… purtroppo la signorina America Singer non ha retto alla tensione e ha pregato il principe Maxon di lasciarla tornare a casa. E il nostro principe ha dimostrato ancora una volta la sua grandissima bontà permettendole di lasciarci. Ma sentiamo cosa ha da dire a riguardo la famiglia reale!” Gavril sorrise alle telecamere e si avvicinò per primo al re
“Maestà, cosa ci può dire riguardo alla decisione di suo figlio?” il re stampò sul suo viso quel sorriso finto che avevo imparato a riconoscere. Il disprezzo per quell’uomo, per tutto ciò che mi aveva detto e per ciò che aveva fatto a Maxon mi fece stringere i pugni.
“ci rincresce che Lady America ci abbia voluto lasciare. Aveva molte qualità, come tutte le splendide fanciulle che hanno partecipato alla Selezione di quest’anno: mio figlio è stato molto fortunato.” Sorrideva ancora.
“nonostante ciò, la nostra giovane donna non se l’è sentita di proseguire e questo significa che ha avuto coraggio e che allo stesso tempo non era lei la principessa più adatta.” Sembrava che stesse tessendo le mie lodi ma io vedevo quello che voleva dire in realtà… era un insulto bello e buono. Spostai l’attenzione su Maxon e notai che anche lui, forse, aveva sentito la cattiveria del padre dietro quelle bugie perché fece una smorfia impercettibile… sorrisi triste.
“grazie mille Maestà.. ora passiamo alla nostra amatissima regina Amberly.” Gavril le sorrise e le si avvicinò con il microfono.
“che cosa ci dice lei?” la regina prese il microfono socchiudendo gli occhi con uno sguardo triste.
“mi ero ripromessa di non interferire con la scelta di mio figlio e così intendo proseguire… tuttavia mi sento di esprimere la mia tristezza nell’apprendere che la giovane Lady America ci ha voluti lasciare dopo essersi impegnata così tanto. Confido in mio figlio ora. Sono certa farà la scelta più giusta per lui e per il nostro amato paese.” Le parole della regina mi sconvolsero. Sapevo per esperienza che non mentiva mai… doveva essere sinceramente convinta che me ne fossi andata volontariamente. Maxon teneva gli occhi bassi quando Gavril lo raggiunse con sguardo entusiasta.
“e lei principe Maxon… cosa ci pensa della scelta della giovane Lady America? Sapevamo tutti che tra voi due qualcosa era nato, come l’ha presa la richiesta di andarsene della signorina?” lui scuoteva la testa impercettibilmente
“la signorina America ed io eravamo diventati amici più che altro. È per quello che ci vedevate molto uniti. Ultimamente credevo che ci stessimo avvicinando in qualche modo ma la signorina mi ha chiesto di poter tornare a casa ed io, in nome della nostra amicizia, ho acconsentito.” Sorrideva ma vedevo la tensione nei suoi occhi. Le spalle erano tese, temevo che quel mostro del padre gli avesse fatto di nuovo del male per convincerlo a mentire così. Lacrime di rabbia mi affiorarono agli occhi; mi alzai in silenzio e mi diressi in cucina per prendere un bicchiere d’acqua fresca. Dall’altra stanza sentivo Gavril parlare
“e dunque, gente di Illèa, Lady America e il nostro principe ci hanno fatto un bello scherzetto! Hahahah! Ma sentiamo, ragazze, voi volete dire qualcosa alla signorina Singer?”
“io vorrei salutarla. So che è una ragazza dolcissima e intelligente. Ci eravamo avvicinate molto nell’ultimo tempo, specialmente dopo lo scandalo che le ha portato via la migliore amica.” Kriss… pensavo che fosse più sincera. Scossi la testa tornando al mio posto
“spero che trovi la felicità prima o poi, se lo merita.” Sorrideva. Odiavo l’ipocrisia.
non volevo più sentire altro. Me ne tornai in camera infuriata.
Mi infilai nel letto e tornai a dormire di nuovo. Non mi capacitavo, come era possibile che dormissi così tanto?!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - una notizia sconvolgente ***


La settimana passò velocemente. Non avevo più messo piede fuori di casa da quando ero tornata e avevo rifiutato ogni lavoro che mi era stato proposto. Non volevo vedere nessuno.
Quella mattina mi svegliai con un groppo in gola.. era venerdi, il giorno del Rapporto, il giorno in cui di solito Maxon passava in camera mia. Sorrisi ai bei ricordi. Mi infilai le pantofole e scesi. Mi preparai una tazza di the e presi un po’ di biscotti che Gerard e May avevano preparato ieri sera. Per fortuna i miei genitori erano stati intelligenti e avevano messo da parte la maggior parte dei soldi che gli erano stati recapitati per la mia partecipazione alla Selezione.  I miei genitori erano andati a fare spesa, May e Gerard ancora dormivano.  Mi sedetti sul divano e presi uno dei vecchi libri di mio padre.
“Buongiorno Ames.” Mi voltai e sorrisi a mia sorella che contraccambiò; la mia famiglia era felice di vedermi reagire finalmente e anche io stavo sinceramente provando a mettere da parte i miei sentimenti per Maxon e Aspen per poter andare avanti. A breve Maxon avrebbe scelto la sua principessa e Aspen non era più nulla per me. Me ne ero resa conto solo quando avevo perso Maxon definitivamente: il cuore non batteva più quando pensavo a lui, si era infranto per il mio principe.
“ti preparo la colazione ok?” chiesi a mia sorella.
“grazie America.” Era veramente entusiasta di vedermi tranquilla! Andai in cucina sorridendo e le preparai il the.
“grazie sorellona!” mi disse facendomi cenno di sedermi accanto a lei. La accontentai.
“allora? Come stai?”
“molto bene grazie. Tu?”
“felice!” immaginavo
“ah davvero? Sono contenta che tu sia felice!” le sorrisi per prenderla in giro
“ed io sono felice che tu stia meglio. Non potevo vederti devastata ancora a lungo.” Devastata… aveva veramente usato quel termine?! Ero così…. devastata appunto?!  
“si ma preferirei non parlarne.” Dissi pensierosa. Non mi ero accorta di essere così triste…  lei annuì contenta di poter cambiare argomento.
“cosa ti va di fare oggi?”
“cosa intendi dire, May?”
“ti va di fare una passeggiata? Vuoi accompagnarmi al lavoro? Potrei aver bisogno di aiuto per la festa di questa sera.” Scossi la testa. Stavo seriamente tentando di andare avanti ma non così avanti. Insomma, non ero ancora pronta.
“no May. Mi dispiace deluderti però… insomma… non mi sento ancora pronta capisci?” lei cambiò espressione
“ti prego May, non essere triste o preoccupata per me. Sto bene, sul serio però ancora non è il momento per me di tornare a lavorare. Ne tanto meno di fare una passeggiata.” Tentai di tranquillizzarla accennando un sorriso. Lei mi fissò per un minuto in silenzio.
“ok. Ti capisco. Però, ti prego, non essere più triste.” Le sorrisi sincera
“ti prometto che ci proverò. Non voglio esserlo più nemmeno io.” Lei mi abbracciò.
“ora vado a farmi una doccia. Ci vediamo dopo.”
“ok, vai.” Tornai sul divano mentre mia sorella andava in bagno. Accesi la tv. Di solito non si vedeva nulla ma oggi era venerdì… il giorno del Rapporto e in più eravamo ancora sotto il periodo della Selezione. Qualcosa ci sarebbe stato di certo. E infatti sull’unico canale che potevamo vedere a casa nostra Gavril stava intervistando le ragazze. Non volevo sentirle così abbassai il volume completamente e mi concentrai solo sulle loro belle facce. I volti di Kriss, Elise e Celeste si avvicendavano sullo schermo alternandosi con quello di Gavril e con alcune immagini che riassumevano l’intera selezione. Vidi Marlee, Ashley, Natalie e tutte le altre ragazze che avevo conosciuto alla Selezione e che prima o poi erano andate via tutte, per un motivo o un altro. Infine vidi me: stavo ballando, il mio vestito da farfalla mi faceva sembrare bellissima; il mio viso era illuminato da un sorriso sincero, gli occhi rivolti verso quelli di Maxon. Un nodo alla gola mi tolse il fiato: era così bello… spensi il televisore di scatto. – non devo pensare a lui! Basta! È finita, devo andare avanti…- sospirando mi alzai dal divano e andai in cucina a lavare le tazze che avevamo usato io e May.
“America…” Gerard
“buongiorno fratellino!” lui mi sorrise e mi abbracciò
“ti preparo la colazione?” lui mi sorrise raggiante
“posso prendere il latte questa mattina?” mi chiese speranzoso… di solito il latte non c’era a casa nostra. Annuii incapace di dirgli di no. Preparai una tazza di latte per mio fratello e gliela porsi insieme ai biscotti che aveva preparato insieme a May. Mi sorrise e io mi persi nel guardarlo mangiare con gusto. Quando ebbe finito di mangiare io mi concentrai nel sistemare la cucina e il tavolo mentre May e Gerard erano fuori a giocare.
Quel pomeriggio i miei genitori tornarono con più cose di quelle che avevo visto in casa mia per un mese intero…
“Micina! Come stai?” sorrisi a mio padre
“bene. Come mai tutta questa roba?” mia madre mi sorrise.
“da quando sei tornata non hai mangiato nulla… visto che avevamo ancora parecchi soldi abbiamo pensato di compare un po’ di cose per questa sera. Pensavamo che avresti gradito una cena abbondante.” L’abbracciai. Era un pensiero veramente molto dolce
“grazie mamma.”
“Micina, se vuoi puoi andare di sopra, fuori… puoi fare qualcosa. Sono un sacco di giorni che passi la giornata a pulire.” Mio padre era veramente felice di vedermi più tranquilla. Annuii
“andrò di sopra. Ho voglia di riposarmi un po’. Questa mattina mi sono alzata presto…” i miei genitori annuirono e mi diedero un bacio.
Mi rintanai in camera mia e mi stesi sul letto per rilassarmi un po’.  Poco prima di addormentarmi notai un piccolo bigliettino attaccato alla finestra della mia camera. Aggrottai la fronte e mi avvicinai. Lo presi in mano e lo lessi.
Lady America. So che non ha accettato l’offerta della signorina Caroline… ci dispiace molto per questo. Speriamo che decida di contattarci quando avrà cambiato idea. Troverà le istruzioni per farlo nella casetta sull’albero.
Trasalii… non sapevo chi fosse Caroline ma lo avevo intuito. E questo significava che sapevano dove abitavo e che mi stavano tenendo d’occhio…  decisa a non controllare nella casetta sull’albero, stracciai il biglietto e lo gettai nel cestino. Non sarei riuscita ad addormentarmi dopo aver letto quelle cose così presi un foglio e una penna.


Carissimo Maxon,
sono qui a scriverti una lettera che non leggerai mai. Non so cosa tu stia facendo in questo momento e se mi hai pensata almeno una volta da quando me ne sono andata. Per me è stato molto difficile superare la delusione, e mi meraviglio di riuscire a scriverti questa lettera senza provare dolore, quel dolore che per giorni, per settimane mi ha tolto la forza di dormire, di mangiare, di vivere.
Ti starai chiedendo perché ti sto scrivendo e in tutta sincerità ne so poco anche io. Forse lo sto facendo perché ho finalmente trovato il coraggio di dirti la verità su me e Aspen, o forse perché voglio confidare a qualcuno ciò che mi è successo in questi giorni con i ribelli… colgo l’occasione per scriverlo su un foglio che getterò appena potrò, in modo da non provare più quei sensi di colpa che mi hanno straziata per tutto il tempo fino ad ora.
Si, sensi di colpa perché non ti ho mai detto di aver incontrato di nuovo Aspen, il ragazzo per il quale all’inizio non mi ero avvicinata a te, di averlo ritrovato nella tua casa, di averti tradito sotto il tuo stesso tetto, di non aver avuto la forza necessaria per rifiutarmi di cedere ancora a sentimenti vecchi, ad abitudini che non facevano più realmente parte di me… lo so, avrei dovuto essere più sincera con tutti: con te, con Aspen e anche con me stessa e ti chiedo perdono se non sono stata abbastanza forte per farlo… avrei cercato di rimediare se solo avessi avuto l’opportunità di rimanere con te, di dimostrarti che piano piano stavo imparando a riconoscere i sentimenti che mi confondevano la mente e il cuore. Eppure sono stata costretta ad abbandonarti prima di capire io stessa quanto tenessi a te, alla nostra vita insieme, a quel “noi” che sin dall’inizio tu avevi visto e sognato; da quando sono tornata non faccio che rimpiangere i momenti in cui avrei potuto lasciare il passato nel posto dove deve stare, alle spalle, e in cui avrei potuto finalmente scoprire la vera felicità.
prima che mi dimentichi, qualche tempo fa ho incontrato una ragazza… non una ragazza qualunque a dire il vero… una delle ribelli che ha fatto irruzione a palazzo il giorno in cui sono fuggita nel bosco, mi ha chiesto di unirmi a loro, di aiutarli a cercare quello che stanno cercando… ovviamente ho rifiutato anche se sarebbe potuto essere un modo per rivederti almeno un’ultima volta. Tuttavia non rimpiango la mia decisione: sono assassini, io non sono e non voglio essere come loro. L’unica cosa che mi spaventa è il fatto che sanno dove abito e che mi stanno controllando. Mi vergogno di dirlo ma forse, se un giorno dovessero uccidere anche me non sarebbe tanto male… almeno smetterei di soffrire, di collezionare rimpianti e dolori, di sognare te e piangere.

Per sempre tua,
America.
 
Rilessi la lettera senza nemmeno versare una lacrima e la nascosi nel cassetto della piccola scrivania della mia camera. Mi stirai e scesi nella sala.

“dormito bene piccola?” mia madre era di ottimo umore… strano e piacevole. Sorrisi
“non ho dormito a dire il vero” ridacchiai. Ero felice di vedere la mia famiglia tranquilla.
“sta sera c’è il rapporto. Magari ci daranno notizie sulla Selezione.” Mia madre mi scrutava in cerca di cedimenti. La fissai negli occhi con sguardo duro e sicuro di me.
“già… spero che Maxon abbia dato retta ai miei consigli e abbia finalmente mandato a casa quell’arpia di Celeste” vidi mia madre rilassarsi. Alzai gli occhi al cielo senza farmi vedere. Non ero depressa. La vita era andata avanti, non esisteva solo Maxon… sarei tornata l’America di prima, avrei combattuto per esserlo e avrei cercato di ottenere di nuovo la felicità… anche lontano da Maxon.
“è davvero così antipatica quella ragazza?”
“oh mamma non puoi immaginarti quanto! Pensa che una volta, poco prima del Rapporto mi ha strappato la manica dell’abito!” mi guardava shoccata.
“non dirai sul serio!” era furiosa e questa sua reazione mi fece ridere.
“hahaha! Si dico sul serio ma non è più importante…  spero solo che sia abbastanza intelligente da scegliere tutti tranne che lei. Gli renderebbe la vita impossibile!” sorrisi all’idea di Maxon costretto a sopportare Celeste. Non lo avrei invidiato di sicuro! In quel momento mi resi conto che non c’era nessuno a parte mia madre.
“dove sono tutti?” chiesi aggrottando la fronte.
“sono andati a fare una passeggiata… volevano chiederti se andavi con loro ma gli ho detto che avresti preferito rimanere in camera tua.”
“hai fatto bene. Grazie mamma. Aspetta, ti aiuto a preparare la cena.” Raggiunsi mia madre nella piccola cucina di casa nostra e iniziai a preparare l’insalata. Mia madre si stava veramente impegnando per farmi una cena con i fiocchi: stava cuocendo il pollo, le patate al forno e mi stava preparando una piccola macedonia mentre io apparecchiavo la tavola e impastavo la pasta del pane. May, Gerard e papà rientrarono in casa quando ormai mancavano dieci minuti alla cena. I ragazzi corsero in bagno ridacchiando e mio padre mi si avvicinò baciandomi la testa.
“Micina… come stai?” sorrisi sarcastica
“bene papà. Potete anche smetterla di chiedermelo ogni volta che mi vedete!” ridacchiai e con me anche papà e mamma. I miei fratelli uscirono dal bagno e si sedettero in tavola con gli occhi che luccicavano dalla gioia per tutte le prelibatezze che la mamma ci aveva preparato esclusivamente per quella sera. Io mi sedetti al mio solito posto aspettando mio padre che si stava sciacquando le mani nel lavandino della cucina.
dopo un breve preghiera iniziammo a gustarci la cena.
“mmm. Mamma brava! È buonissimo il pollo!” May era entusiasta. Io le sorrisi scompigliandole i capelli rossi che le ricadevano sudati sulle spalle.
“May tesoro… dovresti farti una doccia prima di dormire, altrimenti ti prendi una brutta influenza.” La rimproverai dolcemente. Lei alzò gli occhi al cielo. Ridacchiai per quanto ci somigliavamo.
“sisi. Ora però mangiamo!”  scossi la testa tornando al mio piatto. Mangiammo con calma, godendoci ogni boccone e scambiando due parole ogni tanto. Quando finimmo di mangiare sparecchiammo tutti insieme per sbrigarci. Il Rapporto stava per iniziare; corremmo tutti al divano e accendemmo la televisione. Ero abbastanza tranquilla, solo un po’ tesa all’idea di rivedere il suo volto. 
Stranamente la trasmissione tardava ad iniziare. Eravamo tutti in attesa delle prime note dell’inno di Illèa ma queste non arrivavano… passavano i minuti e una strana sensazione si stava insinuando dentro di me
“come è possibile che tardino così tanto?” chiesi voltandomi verso mio padre. Lui scosse la testa visibilmente preoccupato.
“pensate che possa essere successo qualcosa a palazzo?  Un nuovo attacco forse?”
“Non saprei micia.” Mio padre era preoccupato ma io stavo andando piano piano nel panico. E se avessero fatto del male alla regina? O a Maxon? O a Aspen? O a qualcuna delle ragazze? Ero spaventata… volevo avere notizie. Finalmente l’inno partì ma io non riuscii a rilassarmi. Avevo una brutta sensazione e non sarei stata tranquilla finchè non avrei visto Maxon, le ragazze e la famiglia reale.
Gavril prese il microfono ma non aveva il suo solito ghigno mentre salutava il paese. Le telecamere inquadrarono velocemente la famiglia reale e le ragazze… Celeste, Kriss e Elise erano in lacrime, la regina aveva lo sguardo vuoto e fisso in un punto dietro le telecamere e il re era più accigliato del solito. Qualcosa non andava ne ero sicura. Dove era Maxon?!
Cercai di concentrarmi sulle parole di Gavril anche se un fischio mi trapanava le orecchie.
“sono veramente in pena popolo di Illèa… avete visto tutti le espressioni sui volti dei presenti. È con immenso dolore che vi informo della scomparsa del principe Maxon.” Trattenni il respiro e sentii a mala pena la mia famiglia lanciare grida di sgomento.
“questa mattina il principe doveva vedersi con una delle ragazze ma non si è presentato all’appuntamento. Preoccupata per questa assenza ne ha parlato immediatamente alle altre che hanno provato a rassicurarla ma quando si sono accorte della sua assenza anche a pranzo hanno chiesto spiegazioni alla famiglia reale che ha manifestato grande preoccupazione fin da subito. Sappiamo tutti che non è un comportamento tipico del nostro principe sparire in questo modo senza avvertire almeno la regina. Così subito sono state date disposizioni per effettuare le ricerche ma non si ha nessuna traccia di Maxon dalla sera precedente. Siamo tutti molto preoccupati. Quindi il re e la regina mi hanno chiesto di dirle, sua altezza, di tornare a casa se si è allontanato volontariamente. Se così non fosse, prego chiunque abbia sequestrato il principe o abbia sue notizie di contattare immediatamente le guardie reali che stanno spostandosi in tutto il paese in cerca del nostro adorato principe. Per questa sera purtroppo è tutto cittadini di Illèa. Buona serata.”
Il collegamento fu interrotto e con lui anche il mio cuore smise di battere. Maxon era scomparso. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Le ricerche ***


 
Mi alzai di scatto senza ascoltare i miei genitori che mi chiamavano. Uscii di casa di corsa arrampicandomi sulla casetta sull’albero in cerca del biglietto che mi avevano lasciato i ribelli per contattarli. Ero certa che c’entravano loro ed ero decisa ad ucciderli uno per uno se gli avessero fatto del male. Ero furiosa e spaventata al massimo grado. Andai a sbattere più di una volta con la testa contro il soffitto basso in cerca di un qualsiasi indizio del passaggio di quegli assassini ma niente.
Dopo aver cercato per dieci minuti trovai un piccolo foglietto ripiegato sotto ai cuscini dove io e Aspen ci accoccolavamo le sere in cui mi faceva visita. Scaraventai i cuscini nell’altro angolo della casa e aprii con le mani tremanti il bigliettino.
 
America, se sta leggendo questo messaggio significa che ha deciso di contattarci. Siamo lieti di vedere che ha cambiato idea. Le manderemo qualcuno a breve.


“DANNAZIONE!”
“America! Cosa ci fai lassù?” ero furiosa! Chissà quando mi avrebbero mandato qualcuno e soprattutto se lo avessero mandato. Scesi senza dire nulla a mia madre che mi chiedeva spiegazioni. Lacrime di rabbia mi scorrevano sulle guance accaldate dalla preoccupazione.
“America, ti prego calmati.”
“non posso calmarmi mamma! Maxon è sparito e sono sicura che in tutto ciò ci siano di mezzo quei dannati ribelli!” ero terrorizzata, scansai bruscamente mia madre e rientrai in casa, corsi su per le scale e mi rintanai in camera chiudendo a chiave. I miei famigliari continuarono a bussare e a chiamarmi per un po’ poi rinunciarono e andarono a dormire mentre io aprivo la finestra e aspettavo qualche segno di vita.
Passai ore alla finestra in attesa ma niente.. non si sarebbe fatto vivo nessuno, ne ero certa. Chiusi violentemente la finestra e sbattei il pugno contro il cuscino. Non capivo da dove venisse quell’aggressività ma dovevo sfogare la rabbia in qualche modo.  Mi sdraiai sul letto reprimendo le lacrime. Un lampo di luce improvviso mi sferzò gli occhi. Mi alzai di colpo e corsi alla finestra. Caroline mi stava facendo segno di scendere. Aprii la finestra e saltai giù.
“Lady America! Ha cambiato idea?” non fece in tempo a finire di parlare che le ero addosso.
“Dimmi dov’è! Giuro che se gli fate del male vi ucciderò uno per uno! E non risparmierò nessuno, vi farò soffrire il triplo di quello che state facendo patire a lui!” ero furiosa, stringevo le mani al suo collo ma lei era più forte di me e mi fece rotolare a terra mettendosi a cavalcioni su di me e bloccandomi le mani.
“sei pazza?! Cosa stai dicendo? Pensavo avessi cambiato idea!”
“siete dei mostri! Lasciami andare! Lasciatelo stare” lei mi guardava spaventata e incredula
“cosa ti prende?! Chi dovremmo lasciar stare?” o era una grande attrice o non aveva la minima idea di cosa stessi parlando
“Maxon! So che lo avete rapito voi! Cosa gli state facendo? Lui non sa niente di quella robaccia che state cercando!” lei scosse la testa confusa
“non abbiamo rapito nessuno! Tanto meno il principe!” mi stava urlando contro. Nessuna delle due si curava di abbassare la voce per non svegliare i vicini. Sembrava sincera
“perché dovrei crederti?!”
“perché è la verità! E ora stai ferma se vuoi che ti lasci andare.” Non so per quale ragione ma le credevo. Smisi di dibattermi e lei mi lasciò le mani. Mi sfregai i polsi per riacquistare sensibilità
“perché pensavi che avessimo noi il principe?”
“non sapete nulla?! Maxon è sparito da questa mattina! Ero convinta lo aveste rapito per scoprire dove si nascondono quegli stupidi diari!”
“non sono stupidi! Quei diari faranno la differenza!” scossi la testa. Non mi importava minimamente dei diari in questo momento, volevo solo riavere Maxon sano e salvo.
“non mi interessa adesso! Voglio sapere che fine ha fatto Maxon!”
“zitta! Non urlare! Così rischiamo di svegliare tutti e farci scoprire.” Mi zittii…
“non so che fine abbia fatto il tuo principe. Ma ti assicuro che non è con noi.”
“non è possibile!”
“libera di non crederci.” Mi guardava con rabbia mal celata e delusione mentre scendeva dal mio stomaco. Non mi ero resa conto che stessi faticando così tanto a respirare
“pensavo pesassi di meno…” lei ridacchiò.
“me lo dicono in molti.” Aveva l’aria di una persona orgogliosa di se. Scossi la testa lievemente divertita.
“senti se voi non avete rapito Maxon io non ho nulla da dirvi.” Lei scosse la testa delusa
“speravo che dicessi di voler venire con me.”
“mi dispiace. Ho già detto che non posso aiutarvi.” Voltai le spalle a Caroline che non mi fermò. Quando ero sotto il davanzale della mia finestra mi disse semplicemente:
“mi dispiace per il principe. Non dovrei ma cercherò qualche notizia su di lui. Se scopro qualcosa ti contatterò. Nel frattempo pensa alla nostra offerta. Hai ancora un’opportunità.” Le lacrime mi accecavano
“perché lo fai?”
“faccio cosa?”
“perché ti offri di aiutarmi a trovare notizie di Maxon?”
“perché mi sei simpatica, che tu ci creda o no… e perché anche noi seguivamo la Selezione… saresti una regina perfetta. Ho sempre tifato per te.” Mi fece l’occhiolino e un inchino quando poi corse via ingoiata dal buio. Quella ragazza era veramente strana. La preoccupazione per Maxon cresceva ogni attimo di più… mi arrampicai sulla finestra e rientrai in camera. Andai ad aprire la porta e mi infilai sotto le coperte abbandonandomi ad un pianto silenzioso.
Erano passati tre giorni da quando  la notizia della scomparsa del principe si era diffusa… ero sempre più preoccupata, ero di nuovo in uno stato pietoso. Non riuscivo nemmeno più a mangiare, non facevo che seguire le notizie sulle ricerche, passavo le notti insonni ad aspettare Caroline che non arrivava mai. Una mattina uscii di casa che ancora non era sorto il sole decisa a cercare notizie da sola. Mentre mi inoltravo nel bosco per raggiungere indisturbata l’aeroporto mi sentii chiamare. Mi voltai, un ragazzo che non conoscevo era appoggiato ad un albero
“tu chi sei?” chiesi spaventata
“mi chiamo Bernard.” Bernard.. cosa voleva da me questo ragazzo?
“cosa vuoi da me?” lui sorrise
“io nulla… Caroline mi ha chiesto di portarti questo.” Estrasse un foglio spiegazzato dalla tasca interna della sua giacca di jeans logora e sporca di fango. Gliela strappai di mano.
America,
mi dispiace dirti che non ho grandi notizie da riferirti. Le ricerche come tu saprai già non stanno dando grandi frutti. Tuttavia ho qualche conoscenza nel paese. Ho sentito alcuni dire che hanno intravisto qualcuno che assomigliava al principe nei boschi intorno al palazzo. Dicono però che sia abbastanza deperito. Temono che non durerà a lungo se continua a tenersi a distanza dal palazzo.
Non so quanto siano vere queste voci. Ti avevo promesso di cercare notizie, questo è tutto quello che ho per ora.
a presto, C.

 
“ soddisfatta?” mi chiese beffardo
“mi stai forse prendendo in giro?” lui cambiò espressione
“No. Era una domanda.” Mi scrutava insicuro su come comportarsi.
“no… non sono soddisfatta… perché se queste voci sono vere Maxon sta per morire di fame e non so nemmeno perché… e se non sono vere non ho la minima idea di dove possa essere.” Le lacrime mi annebbiarono la vista e caddi a terra. Bernard si avvicinò cauto a me e mi tese una mano. Io la accettai senza pensare troppo e mi aiutò ad alzarmi. Improvvisamente però mi fece calare un sacco sulla testa e mi colpì con qualcosa di duro sulla nuca. Io svenni.
Quando mi ripresi ero legata ad un albero nel mezzo del bosco.
“scusami… non sapevo come farti venire fin qui altrimenti.” Mi sorrise Bernard che sedeva di fronte a me.
“cosa vuoi da me?! Non sei amico di Caroline?”
“si ma ho bisogno che tu collabori per trovare quei dannati diari… fin ora lei ha fallito nel convincerti. Ora tocca a me” con un ghigno si avvicinò e mi sferrò un calcio sulle costole. Sentii il fiato uscire tutto in un colpo dai polmoni e tossii. Lui ridacchiò.
“che ne dici Lady America? Ti va di aiutarmi?” mi disse con disprezzo sputandomi in faccia. Io lo guardavo con odio
“ancora no?!” era seriamente divertito ma anche irritato; mi colpì in piena faccia con il calcio di una pistola. Me la puntò poi in fronte
“rispondi quando ti parlo!” mi urlava contro mentre continuava a sferrare calci e pugni al mio stomaco e al mio viso. Io tossii e sputai sangue.
“ho detto di rispondere! Hai cambiato idea?!” per tutta risposa gli sputai sangue e saliva sulle scarpe vecchie e macchiate. Stavo ancora guardando le macchie di fango sulle sue scarpe quando mi colpì con un calcio in pieno viso. Sentii il naso rompersi, qualcosa di caldo mi scorreva fino alle labbra. Passai velocemente la lingua su di esse e sentii il sapore del mio sangue. Le sue scarpe ora erano sporche anche di macchie rosso scuro.
“cosa diavolo vuoi da me?” la bocca era gonfia, le costole premevano sui polmoni dolorosamente.. non riuscivo a parlare.
lui rideva di gusto
“quanto vorrei che il tuo principe ti vedesse ora! Sai come sarebbe contento di averti rimandata a casa tra quei falliti dei tuoi genitori?” sentivo la rabbia montare dentro, sovrastare la paura e il dolore e iniziai a sfregare i polsi contro il tronco dell’albero cercando di rompere le corde che mi segavano i polsi
“ok… sei ancora un po’ confusa. Ti lascio riflettere sulla mia proposta… buonanotte lady America!” scosse la testa divertito rintanandosi in una piccola tenda che non avevo ancora notato. Il dolore stava tornando sempre più forte. Il sangue continuava a colare sulle labbra impedendomi di respirare così come le costole, probabilmente rotte, spingevano sul polmone facendomi annaspare ad ogni coltellata, cioè ad ogni respiro. Sentivo il mio viso gonfiarsi sempre di più, mi pulsavano le tempie e i polsi bruciavano. Cercai ancora di strappare le corde ma poi mi arresi e crollai svenuta di nuovo.
La mattina mi svegliai con una secchiata di acqua fredda che mi fece aderire al corpo i vestiti leggeri che indossavo dal giorno prima.
“mmmm… vedo che ti sei sporcata un po’…” sorrise perverso.
“e noto con piacere che la piccola America Singer ha anche delle forme…” mi si avvicinò. Lessi nel suo sguardo ciò che stava pensando di fare. Terrorizzata iniziai a dimenarmi. Le corde erano lise ma non abbastanza da riuscire a liberarmi. Avevo ancora gli occhi gonfi e le costole mi facevano male ma non appena sentii le sue mani luride sul mio corpo urlai con tutte le forze.
“non ti sentirà nessuno carina… non sono stupido.” Mi sorrise malizioso e riprese a far scorrere le mani sul mio corpo. Lo sentii grugnire mentre con le dita sfiorava la pelle nuda tra la maglia di cotone e i jeans strappati che indossavo. Mi strappò di dosso la maglia lasciandomi in reggiseno. Si fermò per un attimo. Le lacrime mi rigavano le guance mentre lo guardavo osservarmi compiaciuto. Iniziò a slacciare i suoi pantaloni. Terrorizzata ripresi a tentare di spezzare le corde mentre lui si sfilava i pantaloni con le mani tremanti e impazienti. Quando si chinò di nuovo su di me gli sferrai un pugno sul naso con tutte le forze che avevo. Lui arrancò indietro e andò a sbattere con la testa contro un sasso. Lanciò un urlo. Io mi avventai su di lui prendendolo a calci in faccia e sulle costole.
lui si raggomitolò su se stesso e io presi a correre nella direzione in cui speravo ci fosse la strada. Piansi per la rabbia, la paura repressa, la preoccupazione per me e Maxon, e mentre correvo fuori dal bosco senza maglietta mi scontrai con un uomo. Lanciai un urlo disperato.
“lasciami! Aiuto! Aiuto!”
“signorina si calmi!” non era la sua voce… forse ero al sicuro. Aprii gli occhi e guardai l’uomo contro cui ero andata a sbattere nella mia fuga. Riconobbi subito l’uniforme… una guardia reale! piansi a dirotto nascondendo il viso sul petto di quello sconosciuto
“cosa è successo signorina?” mi chiese preoccupato guardando le mie condizioni.
“uno dei ribelli… mi ha rapita… mi ha picchiata e ha tentato…” non riuscii a finire la frase. La guardia si tolse di corsa la giacca e me la posò sulle spalle. Mi strinsi nella giacca coprendo il mio corpo  nudo e pieno di escoriazioni.
“saprebbe riconoscere il suo aggressore?” mi chiese, annuii.
“bene… andiamo. La riporto a casa…” si zittì per un secondo guardandomi in viso. Poi sgranò gli occhi. Mi aveva riconosciuta sotto il mio viso ferito e gonfio
“Lady America! La riporto a casa venga!” mi prese in braccio e mi riportò di corsa a casa. Bussò alla porta dei miei genitori mentre io ero abbandonata tra le sue braccia in dormiveglia. I miei genitori aprirono la porta
“AMERICA! Cosa le è successo?” mia madre piangeva disperata. Non sentii l’uomo dirle che ero stata rapita da uno dei ribelli. Mi depositarono sul divano. May piangendo mi coprì con una coperta
“May, vai a cercare tuo padre. Digli che America è a casa ma ha bisogno di lui… corri!” mia madre corse in cucina a prendere un bicchiere d’acqua e me lo porse.
“la ringrazio infinitamente per averla riportata a casa signor…”
“Morris. Tenente Morris” Mia madre represse un singhiozzo. Bevvi piano.
“Signorina America se la sente di descrivere il suo rapitore? Le prometto che lo troverò.” Io annuii
“si chiama Bernard. È alto più o meno come lei, ha lunghi capelli castani, un viso spigoloso e sgradevole. Gli occhi non sono riuscita a vederli bene ma credo siano neri. Indossa una giacca di Jeans sporca e logora… le scarpe rovinate sono macchiate del mio sangue e di fango. Questo è tutto quello che ricordo” lui mi sorrise
“lo troverò signorina glielo prometto.” Piansi
“grazie. Potrebbe avere qualche livido… prima di fuggire l’ho picchiato.” Dissi sorridendo. Il tenente rise e si congratulò con me. Mia madre si rintanò in cucina dicendo di dover preparare qualcosa da mangiare per me. Rimasi sola con il tenente Morris. Chiusi gli occhi esausta
“signorina… come ha fatto a trovarla?”
decisi di dire la verità.
“ero uscita in cerca di notizie del principe Maxon. Ero nel bosco qui vicino quando mi ha raggiunta da dietro mi ha colpita con la pistola, credo e mi ha coperto il viso con un sacco… poi sono svenuta. Quando mi sono svegliata ero legata ad un albero. Ha iniziato a picchiarmi chiedendomi di aiutarlo ad entrare a palazzo per cercare qualcosa ma mi sono rifiutata, allora ha continuato a picchiarmi fin quando non si è ritirato in una tenda. E sono svenuta di nuovo fin quando non mi ha svegliata con dell’acqua e ha ricominciato da capo e poi ha tentato… sa…”
“ho capito signorina. Non deve dirlo.” Annuii riconoscente.
“ora devo andare… si riprenda signorina.” Mi sorrise accarezzandomi la testa
gli afferrai la mano
“mi dica se ci sono novità sul principe.” Lo implorai. Lui mi guardò combattuto
“Non potrei dire nulla.”
“la prego. È tutto ciò di cui ho bisogno.. mi dica qualsiasi cosa.”
“signorina… il principe è stato avvistato da alcune persone nei boschi intorno alle città vicine al palazzo… però non si riesce a trovarlo. Qualcuno ha detto di aver trovato un corpo nel fiume che somigliava al principe. Alcune guardie stanno andando a recuperare il cadavere per il riconoscimento. Mi spiace.” Non mi guardava.
“è morto?!” il dolore che avevo provato mentre venivo aggredita era nulla in confronto a questo. Il mio Maxon era morto? Come era possibile?!
“Non lo sappiamo con certezza… le prometto che appena so qualcosa di certo le farò avere notizia ok?”
“grazie tenente.” Le lacrime scorrevano veloci e silenziose mentre il tenente Morris mi sorrideva triste e usciva da casa mia.
Maxon… ti prego, fa che non sia lui! Non riuscivo a pensare ad altro. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - tutto si chiarisce ***


Passarono giorni prima che mi riprendessi dallo shock di quella mattina… e passarono settimane prima che i lividi e il gonfiore sparissero del tutto… ne Caroline ne il tenente Morris si erano più fatti sentire, nessuna nuova notizia di Maxon. La storia del cadavere non venne mai detta quindi dedussi che non era lui. Un leggero sollievo mi percorse la schiena quando Gavril disse che era stato visto un ragazzo assomigliante a Maxon nei boschi vicino al palazzo e che le guardie si stavano concentrando soprattutto su quei luoghi. Una sera aveva persino detto che era stato catturato uno dei ribelli. La foto di Bernard era passata su tutte le televisioni quel giorno. Il suo viso emaciato non era del tutto opera mia ma ero comunque contenta che qualcuno, che fossi io, il tenente Morris o chiunque altro, gli avesse dato una lezione. La notizia del suo arresto e dell’imminente processo non avevano però tolto dalla mia testa il pensiero di Maxon chissà dove da solo e probabilmente affamato e stanco.
Quella mattina mi ero alzata senza mal di testa, segno che le botte ricevute stavano lasciandomi finalmente in pace. Mi stiracchiai e scesi le scale. Un biglietto diceva che la mia famiglia era stata chiamata per una festa improvvisa in un paesino vicino in una casa di Tre così avrei avuto casa libera per circa due giorni. Gerard era invece da Kenna. I miei genitori avevano pensato di lasciarmi riposare per due giorni, gliene ero grata. Mi preparai un the e mi sedetti sul divano sorseggiandolo da una vecchia tazza appartenuta a mio nonno, da quello che aveva detto papà. Sorrisi al pensiero di mio nonno. Non lo ricordavo quasi più ma sapevo che mi voleva molto bene e anche io gliene volevo.
improvvisamente suonò il campanello e io sobbalzai sovra pensiero. Mi alzai e corsi alla porta poggiando la tazza del the sul mobile sotto la finestra. Aprii la porta.
La sorpresa fu enorme… talmente grande che scoppiai in lacrime e caddi a terra. Le gambe non mi avevano retta.
sulla porta c’era Maxon.
“America!” c’era preoccupazione nella sua voce. Si gettò a terra di fronte a me e scoppiai a ridere.
“cosa c’è di divertente?” mi chiese contento di vedermi smettere di piangere.
“tu sei preoccupato?! Sai cosa ho passato io?” risi gettandogli le braccia al collo
“oh America… mia America!” mi fece volteggiare e chiuse con un piede la porta di casa. Feci scivolare le mani sulla sua schiena e lo sentii irrigidirsi e gemere.
“cosa c’è Maxon?” chiesi facendolo voltare. La sua camicia azzurra era intrisa di sangue. Sgranai gli occhi
“cosa ti è successo?!” urlavo. Lui abbassò gli occhi senza rispondere. Senza esitazioni gli slacciai la camicia e gliela feci scivolare dalle spalle. La schiena era sferzata da mille squarci… li riconobbi subito.
“cosa ti ha fatto quel mostro?” ero furiosa con il re, avevo voglia di fargliela pagare e nel frattempo  ero terribilmente dispiaciuta per Maxon e felice di averlo qui.
lui ridacchiò poco convinto
“ha detto che era per il mio bene. Che mi avrebbe aiutato a smettere di pensare cose stupide.”
“Maxon ma se sei sparito da palazzo tre settimane fa! Come è possibile che siano ancora aperte?!”  lui si voltò per guardarmi negli occhi.
“mia America… sono venuto fin qui a piedi… passando per i boschi, dormendo sugli alberi per non farmi trovare dalle guardie o dai ribelli è ovvio che non si siano rimarginate…” alla parola ribelli trasalii.
“non fanno così male.” Mi rassicurò pensando che stessi trasalendo per quello. Scossi la testa.
“vieni, ti medico le ferite.” Non volevo farlo preoccupare ancora. Lui mi prese le mani e me le baciò prima di guardarmi allontanare per prendere la piccola cassetta del pronto soccorso dal bagno. Scostai una sedia “siediti qui.” Gli dissi. Lui obbedì
“potrebbe farti un po’ male.” Mi scusai in anticipo prima di immergere un panno di cotone nel disinfettante e passarglielo delicatamente sulla schiena nuda. Lo sentii irrigidirsi e trasalire.
“scusa.”
“non preoccuparti.”
“ti prego dimmi che prima di andartene da casa hai preso quelle medicine portentose dall’infermeria.” Lui ridacchiò..
“mmm temo di non averci pensato.”  Sbuffai
“Maxon… noi non abbiamo molte medicine… non so se rimarranno le cicatrici…” dissi desolata
“America… non fa niente. Ho già delle cicatrici. E per me non è un problema averne altre se a te non interessa.” Scossi la testa decisa. Non mi interessava se aveva cicatrici sulla schiena ma giurai a me stessa che gliela avrei fatta pagare a quel mostro per avergli fatto ancora del male. Dopo averlo disinfettato gli passai una pomata cicatrizzante e lo fasciai.
“grazie mia dolce infermiera.” Ridacchiò. Io gli accarezzai una guancia con le lacrime agli occhi.
“vado a prenderti una camicia di mio padre. Dovrebbe starti.” Mi sorrise e io corsi in camera dei miei genitori a prendere qualcosa da fargli mettere. Trovai una vecchia camicia a quadri rossa. Un po’ mi vergognavo di non avere nulla di meglio da dargli. Tornai di sotto e gli passai la camicia
“mi dispiace. Non abbiamo molto di meglio.” Dissi abbassando gli occhi imbarazzata
“è perfetta.” Mi disse facendomi alzare il viso e fissandomi negli occhi. Gli sorrisi.
“sono così felice di vederti!”
“anche io America.” Mi sorrise sincero
“no tu non capisci! Ero finalmente riuscita a riprendere una sembianza di vita normale quando Gavril ha detto che eri sparito! Non sapevo cosa fare! Ho cercato ovunque tue notizie… una mattina ero partita a piedi ma poi…” non riuscii ad andare avanti. I singhiozzi mi scuotevano le spalle togliendomi il fiato. Maxon mi prese tra le braccia
“mi dispiace averti fatta preoccupare! Scusami. Ora sono qui… non mi è successo niente.” Si bloccò per un po’ poi mi chiese “ma poi che è successo?” aveva notato il mio sguardo spaventato? Scossi la testa
“America… dimmelo.” Non lo guardavo
“ma poi uno dei ribelli mi ha trovata, mi ha rapita e picchiata… ha anche provato a…” perché non riuscivo a dirlo??!
“COSA?!” mi guardava terrorizzato
“quindi tu…”
“NO! Mi sono liberata prima… l’ho picchiato e sono fuggita. Poi ho incontrato una tua guardia e mi ha riportata a casa.” Era visibilmente più tranquillo anche se ora vedevo la rabbia nei suoi occhi.
“dimmi dov’è quel mostro che lo uccido.” Scossi la testa
“lo hanno preso. È in attesa di un processo.” Maxon mi strinse a se e mi cullò in silenzio per un po’. Lo presi per mano e lo portai sul divano. Ci si lasciò cadere
“quanto tempo hai passato nei boschi?” ridacchiai
“abbastanza da desiderare la morte!” rise anche lui. Io poggiai la testa alla sua spalla e lui mi circondò con un braccio.
“Dio quanto mi sei mancata…”
“Maxon… sono felice di averti qui. Mi sento di nuovo viva con te accanto… ma perché hai fatto una cosa del genere?” lui mi guardò con intensità
“davvero non l’hai capito? Quando hai combinato quel disastro ho dovuto mandarti via ma non volevo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di tenerti. Ero disposto a mettere fine alla Selezione e a sposarti anche quella stessa sera se necessario. Lo dissi a mio padre ma lui mi diede uno schiaffo come risposta e mi ricattò… se non ti avessi mandata a casa subito mi avrebbe diseredato e picchiato ma nemmeno quello mi importava, avrei avuto te in ogni caso; quindi ha minacciato di mandare un sicario in camera tua, a casa tua ovunque ti fossi trovata e ti avrebbe fatta sfigurare. Non potevo permettergli di farti del male così ti ho cacciata. Ma da quando hai lasciato il palazzo non sono più stato me stesso. Non mangiavo più, non riuscivo a dormire senza avere incubi. Marlee mi è venuta a trovare spesso, era l’unica persona che riuscivo a vedere, che volevo vedere: le chiedevo di raccontarmi di te ma dopo un po’ soffrivo troppo e non la ascoltavo nemmeno più.  Sono stati lei e suo marito ad aiutarmi a fuggire dal palazzo. Lei sapeva che volevo venire da te, sapeva che avevo BISOGNO di te. La sera che sono fuggito mio padre mi ha convocato nel suo studio e mi ha picchiato e frustato perché mi riprendessi.. perché smettessi di pensare a te e tornassi in me, riprendessi a uscire con le ragazze rimaste ma sono fuggito e ho cercato di arrivare il prima possibile qui da te.” Lo stavo ascoltando con il cuore che batteva a mille, lacrime di gioia che minacciavano di uscire, il fiato corto
“America… non potevo vivere senza te. Ho aspettato anche troppo prima di venirti a prendere.
Ameria Singer, sei il sole che sorge ogni mattina e mi illumina la stanza, sei la stella che vedo quando sono steso sul letto… sei tutto ciò di cui ho bisogo. Ti amo America. So che te lo avevo già detto ma ora sono certo di quello che dico. Senza di te non ho voglia di continuare a vivere. Non posso scegliere nessun’altra perché non ho più il cuore… te lo sei portato via tu quando te ne sei andata.”
Rimasi in silenzio per un po’, le lacrime mi iniziarono a rigare le guance…
“Maxon… so che ti ho fatto soffrire più di una volta e sono stata una perfetta idiota. Ho continuato ad aggrapparmi al passato per paura di affrontare ciò che provavo per te. Ero partita convinta che mai sarei potuta cadere vittima di un sentimento diverso dall’odio e il ribrezzo per te eppure dalla prima sera mi hai rubato il cuore. Quando ho sentito la tua voce ordinare alle guardie di lasciarmi uscire in giardino già sapevo che ero tua.. per sempre. Ti amo Maxon, perdonami se ho aspettato tanto a dirtelo e se…” non riuscii a finire di parlare perché Maxon premette la sua bocca sulla mia. Ci perdemmo in un bacio profondo, meraviglioso, dolcissimo ma pieno di desiderio, di bisogno. i diversi sapori delle nostre labbra si fusero insieme esprimendo tutto ciò che a parole non saremmo stati mai in grado di spiegarci l’un l’altro. Un bacio che suggellava un legame più profondo e forte della stessa morte. Il nostro era un amore nato dalle avversità, dalle differenze, dal bisogno, dal  rifiuto delle convenzioni. Ci appartenevamo, e quella era la cosa più sicura nell’intero mondo. Maxon mi amava e io amavo lui… tutto il resto poteva aspettare per l’eternità. Si staccò delicatamente da me troppo presto… i suoi occhi fissi nei miei. Il fiato corto ci impediva di parlare. Fissavo il suo viso splendido, il suo sorriso dolce, le sue labbra morbide e perfette.
“sei sicura di quello che dici?” eccoci qui… avevo il potere di rendere perfetto questo momento o distruggere entrambi, tutto stava alla quantità di coraggio che avrei trovato. Lo fissai con uno sguardo carico d’amore.
“Maxon…  non so seriamente come fartelo capire. So che è difficile credermi dopo tutto quello che ti ho fatto passare ma io sono tua. Mi sarei fatta sfigurare pur di vederti felice e senza un graffio…” le parole non riuscivano ad uscire… lui mi sorrise dolcemente
“è la cosa più dolce che qualcuno potesse dirmi. Ho sempre temuto che quando mia moglie, la ragazza che avrei scelto, avrebbe visto la mia schiena sarebbe fuggita, rinnegando il nostro matrimonio. Tu invece mi hai visto persino prima di sposarmi e non sei fuggita anzi… sei rimasta a medicarmi, a prenderti cura di me. E vedo la rabbia nei tuoi occhi quando guardi le cicatrici.” I suoi occhi si riempirono di lacrime. Era la prima volta che vedevo Maxon piangere. Lo presi tra le braccia.
“ti prego non piangere!”
“scusa, non è esattamente una cosa virile.” Ridacchiò nascondendo la voce arrochita dal pianto. Sorrisi.
“sei l’uomo più virile che abbia mai conosciuto. Te lo assicuro. Vederti piangere mi fa solo aumentare la rabbia non scalfisce la visione che ho di te.” Lui mi baciò di nuovo.
“non avrei mai pensato di fare una cosa del genere!” sorrideva. Mi confondeva vederlo cambiare umore così velocemente ma ero felice che avesse superato il dolore e il momento di debolezza. Ero sempre più convinta che gliel’avrei fatta pagare a quel mostro. Come può fare del male a suo figlio a quel modo?! Le sue labbra si spostarono sul mio collo, le mani scesero dalle guance alla schiena.
“non sono abituato a vederti vestita così…” mi guardava malizioso. Ricambiai lo sguardo. Ovviamente lui mi aveva sempre vista con dei vestiti, i miei pantaloncini corti logori e la mia vecchia t-shirt lasciavano scoperta molta più pelle..
“mmm… mio caro principe Maxon, cosa sta pensando?” lui rise gettando indietro la testa.
“penso che ti stanno molto bene questi pantaloni… è un piacere vederti indossarli.” disse sorridendo con malizia. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Segreti svelati. ***


Capitolo 6 - 
 
La giornata era passata velocemente, ancora non potevo credere di avere Maxon a casa, sano e salvo ed intento ad aiutarmi a preparare un letto in cui avrebbe potuto passare la notte.
“Ames…  il ragazzo di cui eri innamorata… che fine ha fatto?” Era arrivato il momento di dirgli la verità. Tremavo all’idea della sua reazione.
“Lavora per te.” Lui sgranò gli occhi.
“Cosa?!” Sorrisi tremante. Ci siamo, dovevo dirglielo. Presi coraggio
“è una delle tue guardie.” Esitai… “è entrato a farne parte poco dopo il mio arrivo a palazzo.”
Lo vidi incupirsi.
“Lo vedi ancora?” Mi chiese sconvolto. Anuii “Ma non come credi tu.”
“Dimmi solo se stavate insieme mentre eri con me” I suoi occhi mi fissavano in preda all’agitazione. Avrei potuto dire semplicemente di no ma non volevo mentirgli ancora.
“Per un po’ ci siamo incontrati di nascosto…” La rabbia e la delusione si fondevano nel suo sguardo glaciale.
“Come si chiama.” Disse senza guardarmi.
“Aspen… Aspen Leger” Mi avvicinai a Maxon posandogli una mano sotto il mento per farmi guardare in faccia ma lui si scansò bruscamente. Lasciai cadere la mano.
“Maxon… ti prego. Ascolta prima di giudicarmi” Dissi triste. Lui non rispose ma si sedette sulla sedia più vicina e mi piantò il suo sguardo gelido negli occhi. Le lacrime mi pizzicavano in attesa di uscire.
“Maxon, perdonami. Sono stata stupida ma mi stavo solo aggrappando al passato. È andata avanti per poco. Gli ho detto che avevo bisogno di spazio per capire cosa provavo ed è stata una grande idea. Ho potuto finalmente pensare al mio futuro. Fino a poco prima della selezione mi vedevo sposata a lui, un sei. Ero pronta a lasciare quel poco che avevo qui per guadagnare una vita ancora più disagiata ed ero sicura che sarebbe stata la scelta migliore perché ero convinta di amarlo. Ma poi le cose sono cambiate, sono stata catapultata a Palazzo e all’improvviso sono stata costretta ad immaginarmi un altro futuro. E solo dopo qualche tempo ho capito la verità.” Mi interruppi. Dopo un paio di minuti riprese a parlare
“E quale sarebbe la verità?” Mi stava sfidando.
“Smettila ti prego. Te l’ho detto prima. Ti amo Maxon.  Non provo più niente per Aspen.”
Lui annuì con un ghigno.
“Non dici nulla?” Gli chiesi
“Che dovrei dire? La donna che amo, per la quale mi sono fatto quasi uccidere, ha appena ammesso di avermi tradito con un suo ex in casa mia… direi che forse è il momento che torni a casa da mia madre e dalle altre ragazze.”
“NO! Maxon, ti prego. Non vederla così”
“Ah! E come dovrei vederla?”
“Sapevi che ero ancora aggrappata al passato. Sapevi che ero insicura e confusa. Non ti ho tradito. Ho chiuso con Aspen non appena ho capito che non volevo e non potevo più nascondermi per paura.” Maxon mi guardò
“America, mi dispiace.” Si alzò e si diresse verso la porta. Io rimasi pietrificata. Le lacrime che ero riuscita a trattenere fino ad ora mi scivolavano sulla guancia.
“Va bene! Vattene. Lasciami qui, sola. Vai, scappa nel palazzo in cui ti aspetta tuo padre. Vai da Kriss, sceglila. Sarà un’ottima moglie.”
“Si. Lo sarà sicuramente.” Quelle parole furono una vera e propria coltellata... stronzo, pensai arrabbiata e delusa. Senza aggiungere altro si chiuse la porta alle spalle. Rimasi ferma un minuto guardando furiosa la porta, poi afferrai la prima cosa che trovai e corsi fuori. Maxon stava camminando a passo svelto per la strada, diretto al bosco.
“Ehi! Non puoi trattarmi cosi! Non mi interessa se io sono una cinque e tu il principe! Io. Ti. Amo. Stronzo!” E gli lanciai contro il libro che avevo preso in casa. Andò a sbattergli contro la schiena ferita e lo vidi sussultare e fermarsi. Mi appoggiai ad un albero e mi lasciai scivolare a terra provando a reprimere i singhiozzi (o forse gli insulti). Tenevo gli occhi chiusi quando due mani mi sollevarono afferrandomi per le braccia.
“Ames… non piangere.” Maxon mi guardava, lo sguardo da gelido si era leggermente addolcito: la sua preoccupazione era palpabile.
“Mi dispiace Maxon. Ho sbagliato ma credimi: da quando ho capito di amarti non ti ho mai tradito. E mai lo farei. Ti amo, per la miseria!” Lo colpii con un pugno sulla spalla. Lui soffocò una risata e mi strinse a sè.
“Lo so. Scusami. Ora rientriamo. Grazie a te sanno tutti che c’è il principe qui.” Sorrisi tra le lacrime. Ci stavamo avvicinando alla casa abbracciati e in silenzio quando una fitta allo stomaco mi trafisse. Sentii Maxon urlare. Portai le mani alla pancia e quando le rialzai un liquido rosso e vischioso mi imbrattava la mano. Dei rumori improvvisi riecheggiavano per la strada ma io non riuscivo a capire nulla. Il dolore era esploso improvvisamente ed ero caduta a terra. Sentivo Maxon che mi tirava e mi implorava di correre ma non riuscivo a muovermi. Chiusi gli occhi e non sentii più niente. 
Sentivo le mani di qualcuno strapparmi la maglietta e ritornai in me terrorizzata. Non di nuovo, pensai.
“America! Ti prego tieni duro!”
“Lasciami stare! Non toccarmi!”
“Ames! Sono io! Amore, sono Maxon!” Maxon. Era il mio Maxon. Mi tranquillizzai e il dolore che mi ero dimenticata tornò alla carica. Lanciai un urlo.
“Ssshh! Non urlare! Lo so che fa male. Oddio quanto mi dispiace.” Sentivo la sua voce spezzarsi per il dolore e la preoccupazione.
“Maxon... Che è successo?” Non mi rispose subito. Sentivo le sue mani premermi sulla pancia. Si sfilò la camicia e la spinse sulla mia pancia gettando a terra i resti della mia maglietta intrisi di… sangue.
“Maxon… sei ferito?” Ero terrorizzata. Lui rise teso.
“Sei tu quella ferita. Ora ferma. Non so cosa sto facendo.” Obbedii… all’improvviso mi sentii così stanca.
“Maxon, mi dispiace. Non ce la faccio”
“NO!!! Non dormire. Non lasciarmi. Parlami, raccontami di Aspen.” Scossi la testa.
“Non voglio parlare di lui.”
“Parlami di qualsiasi altra cosa! Ma non dormire.” Sorrisi
“La prima sera a palazzo mi sentivo in gabbia. Odiavo te, odiavo ciò che rappresentavi tu e la tua casa. Volevo scappare.”
“Lo so. Ricordi? C’ero anche io. Anzi credo sia stato proprio io a lasciarti uscire.”
“No. Volevo…” Mi interruppi. Il dolore mi aveva tolto il respiro.
“America?!” Mi chiese allarmato Maxon.
“Chiama il numero che trovi in cucina. Potrà aiutarci.” Dissi con una smorfia di dolore. Lui corse in cucina e lo sentii parlare al telefono. Dopo pochi minuti tornò al mio capezzale e si accovacciò accanto a me tenendomi la mano.
“Mi dispiace America. È colpa mia. Se non avessi fatto il permaloso e fossi rimasto in casa…”
“No Maxon, non è colpa tua...”
“I ribelli... credo si stiano nascondendo nei boschi intorno a casa tua. Ti hanno sparato mentre venivi dietro a me... come può non essere colpa mia?!”
“Perchè non eri tu il bersaglio... hanno colpito me, non te.” lui scosse la testa.
“Ma perchè?” mi guardai intorno.
“Non lo so, Maxon..." la mia voce si faceva sempre più roca, il dolore non mi dava tregua.
"Devo scoprire cosa hanno in mente quei pazzi..." mormorò Maxon mentre mi accarezzava la testa. avrei voluto implorarlo di non fare cose stupide, di non rischiare la vita per me ma non riuscivo a parlare; con un filo di voce lo implorai: “posso dormire?”
“No tesoro. Mi dispiace. Tra poco sarà tutto finito. Sta arrivando il dottore.” Risi sommessamente
“Non è un dottore. È un violinista.” Mi guardò con occhi sgranati.
“Non preoccuparti. Sa quello che fa anche se non è un dottore.”
Lo guardai con gli occhi offuscati mentre fitte di dolore mi toglievano il fiato: era terrorizzato; e, nonostante cercassi di non darlo a vedere, lo ero anche io.  
  

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