La bara perfetta

di Berenice88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La bara perfetta ***
Capitolo 2: *** La rosa ***
Capitolo 3: *** L'ombra in me e la luce dei tuoi occhi ***
Capitolo 4: *** Logica imperfetta ***
Capitolo 5: *** Just a kiss ***



Capitolo 1
*** La bara perfetta ***


Bryce alzò indolentemente la testa dal divano
“Avevo detto che nessuno doveva disturbarmi, Morton. Perché sei qui? Lo sai che andare a vedere i lavori del mausoleo stamattina mi ha distrutto.Ti avevo detto di andare a vedere se c'era qualche novità al quartiere dei falegnami. ”
I riccioli ramati, sfatti dalla posa della testa di sbieco sul bracciolo del divano dello studio, ebbero una lieve scossa al tornare della testa del principe nella posizione di poco prima. Il piccolo movimento li fece brillare per un attimo sotto un raggio di sole che filtrava appena dalle tende di broccato porpora. Anche ridotti in quello stato, quei riccioli tondi e leggeri non sembravano essere fuori posto.
“Ci sono andato signore, e giuro che non vedevo l'ora di tornare a casa a riferivi.” scandì Morton con il suo tono incolore, come se stesse facendo le ennesime condoglianze ai parenti di una vittima sfracellata dalle ruote di una carrozza.
Bryce aprì di forza un occhio. Avrebbe fatto uno sforzo solo per guardare di sbieco il suo amato maggiordomo, ma lo vide trarre da una giacca interna una piccola e longilinea scatola di legno d'ebano.
“Ho scovato una nuova bottega di intarsiatori. Il locale prima era sfitto, il garzone mi ha detto che il mastro è nipote dell'intarsiatore che vi abitava qualche tempo fa. Mi ricordo di quell'uomo signore, mastro Tobias Erven era un maestro unico e credo proprio che il nipote sia all'altezza di quello che cercate.”
Bryce alzò flessuosamente la schiena, con uno sforzo che andava contro ogni sua regola e fece cenno a Morton di avvicinarsi. Il maggiordomo incedette col suo passo cadenzato da fanfara funebre e porse al padroncino la piccola scatola d'ebano.
Gli occhi azzurri del principe ebbero un piccolo guizzo di interesse mentre accarezzavano la piccola riproduzione di una bara dal coperchio completamente intarsiato. Un meraviglioso ritratto di lui con in mano una calla era quasi tridimensionale davanti ai suoi occhi. Il legno di noce si arrotondava per definire la luce sui suoi ricci, quello di ciliegia ne sottolineava le ombreggiature. Il mogano chiaro dava corpo alle sue labbra e lo scuro le rendeva sensuali. Bryce riconobbe il palissandro, delineava il sole che accarezzava il suo manto principesco e l'ebano ne approfondiva la maestosità. L'acero più chiaro faceva brillare la corolla della calla fra le sue mani, e le nervature del legno disegnavano come per magia le vene che portavano sangue alle dita affusolate, rese dolci dal colore della betulla e ombreggiate appena da una sottile striscia di pino. Bryce accarezzava la propria figura con gli occhi, come Narciso di fronte alla fonte del suo desiderio. Un'intera schiera delle figlie della natura era stata tagliata, spezzettata e piegata dalla volontà di una mano esperta col solo scopo di rendergli omaggio.
“Credo proprio che il nuovo mastro intarsiatore voglia inaugurare con voi la sua lista di clienti.” disse Morton, solenne.
“E' un intenditore, Morton” disse Bryce passando un dito sulle pieghe del suo mantello legnoso. Sembravano avere una profondità tattile, eppure la superficie era liscia, perfettamente lucidata in un lavoro più che preciso, “quel ragazzo sa che se mi servirò da lui per primo, molti seguiranno il mio esempio. Vuole una buona clientela, e a giudicare dal suo lavoro non credo che sarà una bottega troppo economica... bene Morton, quel pivello è riuscito nel suo intento. Chiamalo a palazzo.”
“Non posso signore, stavo per dirvelo.”
Bryce ebbe un lampo di contrarietà negli occhi.
“Che vuol dire che non puoi?”
“Che il garzone mi ha riferito che il suo maestro non lavora a domicilio per nessuno, chi lo desidera può andare a discutere con lui per le commissioni nella sua bottega.”
“Che sfacciato.”
“Davvero, signore.” annui Morton come se abbassasse il capo davanti alla benedizione del cadavere con l'incenso prima di portarlo fuori dalla chiesa.
“In tal caso andremo noi... un ammiratore che sa rendere perfettamente il colore delle mie mani con una betulla così pura merita una visita.” disse Bryce.
Morton alzò gli occhi a cielo, quasi vacillando. Il padroncino doveva esser rimasto estasiato più di quanto il suo viso non ammettesse.

 

“Avevate ragione. E' arrivato!” disse il garzone, spalancando la porta, dopo aver fatto due rampe di corsa per comunicare la notizia al suo mentore.
Due dita affusolate e bianche accarezzarono una stecca di rovere moro appena limato per saggiarne la superficie. Era perfettamente liscia. Gli occhi neri che lo esaminavano si alzarono e si immersero in quelli nocciola del garzone.
“E' solo un principe molto prevedibile, Klaus.” sussurrò, schierando dalla penombra della stanza un sorriso rosso e crudele.
“Prevedibile o no, il cardinal De Plessy sarebbe fiero di voi...”
“Lo so Klaus, lo so.”

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Capitolo 2
*** La rosa ***


“Cosa posso fare per voi mio principe?” disse Klaus facendo un inchino profondo che minacciava di strappargli le braghe di lana consunta sul sedere.
Bryce varcò con un guizzo della narice l'ingresso. “Potreste dare una pulita alla vostra bottega tanto per cominciare,” disse avvicinando il mantello al fianco per non farlo toccare con dei braccioli lignei da poltrona che sporgevano da un basso scaffale, il cui lucido dall'odore penetrante stava ancora asciugando, “e poi mettere dei vasi di fiori e dei sali profumati per rendere l'aria respirabile.”
“Scusate sire,” disse Klaus con aria compunta, abbassando la testa e guardando i piedi “ma il mastro non permette che si usino altri lucidi che quelli di sua preparazione per i vari tipi di legno, e nessuno di essi ha un buon odore, sebbene rendano qualsiasi legno eterno.” disse a mo' di scusa, alzando appena la coda dell'occhio per vedere il principe tapparsi il naso col lembo del mantello, ma accarezzare con occhi adoranti l'intarsio a forma di rosa che si allungava sui braccioli maleodoranti.
“D'altronde la bellezza merita pur qualche sacrificio.” bisbigliò Bryce, aspirando appena l'area circostante, inorridito dal lezzo, ma incapace di staccare gli occhi da quel disegno divino. Il mogano chiaro sull'ebano del bracciolo disegnava, petalo per petalo, la corolla vivida della rosa completamente aperta, al massimo del suo fulgore, un attimo prima che volgesse a sfiorire. La base dello stelo, di mogano scuro, sembrava proteggere l'attaccatura dei petali, e un gioco di sottili strati di noce scuro e betulla chiara disegnava i colpi della luce che veniva da destra sul fiore. Bryce ricordò un istante una favola che una volta sua madre gli aveva raccontato...

Era una sera fredda ma lui non aveva voluto saperne di dormire e una cameriera lottava per acciuffarlo mentre correva per la sua camera al castello di Aldenor. Le sue gambette di bambino di appena tre anni non sembravano trovare pace e si arrampicavano sui mobiletti e sugli sgabelli, poi eccola. La magnifica figura di sua madre aveva fatto capolino dalla stanza. I capelli ramati, lisci e vaporosi, incorniciavano un volto ovale dal colorito eburneo. Labbra rosee ed occhi azzurri, come i propri, erano atteggiati in un ghigno di rimprovero. Lui sorrise ergendosi sopra un mobiletto e azzardando un salto che fece sobbalzare la cameriera, ma il cui atterraggio fu più che perfetto.
“A letto.” disse sua madre, in un tono asciutto che nessuno al castello avrebbe contrariato. La bellezza di quella donna e il suo cipiglio incutevano soggezione.
“No!” Aveva detto lui con una linguaccia.
“Non accetto rifiuti da te principino, o vuoi che ti trasformi in una bestia?”
“Non ne saresti capace!”
“Io no, ma nel mio regno ci sono molte maghe che mi darebbero volentieri una mano, come Madama De Boumont.”
“Non è vero!”
“Sai cosa ha fatto lei al suo figlio disobbediente?”
“No, che gli ha fatto?” aveva risposto lui in tono di sfida.
“Te lo racconto se ti metti sotto le coperte.”
Bryce aveva messo il broncio, ma era andato a passo marziale, come se andasse al patibolo, sul letto, si era seduto e aveva buttato le coperte appena sopra le ginocchia.
La madre, con il suo ghigno sempre più addolcito si era avvicinata con il suo incedere cadenzato ed elegante, fino al bordo del letto su cui era seduta.
“Madama De Boumont era una maga molto potente e molto ricca, e arrivato suo figlio all'adolescenza, egli era tanto bello da sembrare un principe e così lei adoperò la sua enorme ricchezza e i suoi poteri per comperargli un regno e farlo prosperare. L'arroganza del fanciullo di fronte a tanto potere e ricchezza si accrebbe fino a diventare crudeltà verso i suoi sudditi, ma la dolce madre nulla credeva se non che la grande bellezza di suo figlio fosse anche del cuore e non solo del volto. Per far vedere ciò a tutti gli altri sudditi del regno di suo figlio, decise che si desse una grande festa, dove tutti sarebbero stati invitati e lì si sarebbe trasformata in una mendicante chiedendo ad un principe tanto generoso di ospitarla nella sua reggia di oro ed argento.
Ella così fece, a metà della festa sparì, andò fuori dal palazzo e cambio le sue sembianze di potente maga in quelle di mendicante. Il principe appena la vide inorridì, e ancor più inorridì della sua richiesta di pernottare nel castello d'oro ed argento. La madre allora vide che non vi era bellezza d'animo sotto quella del volto, e al colmo della disperazione maledì il suo stesso figlio, condannandolo a prendere le stesse orribili sembianze del suo animo. Egli divenne una bestia orribile e spaventò tutti gli invitati e gli abitanti del castello con ruggiti disumani. Riavutasi dall'ira, la maga si pentì della maledizione scagliata e cercò di porvi rimedio.
Evocò gli spiriti del tempo che la servivano e chiese loro di far germogliare una rosa che rimanesse fiorita un anno e un giorno. Preso nelle mani il fiore vermiglio ancora in boccio lo porse al figlio e gli disse 'Figliolo, ti dono questa rosa. Il suo ultimo petalo cadrà quando compirai ventun anni. Se per quel giorno avrai trovato una fanciulla che ami la bellezza del tuo cuore, allora, quando quest'ultimo petalo cadrà, ritroverai le tue sembianze umane, se non accadrà morirai da bestia come ora sei, col corpo e col cuore.' La bestia lanciò un latrato disumano e sua madre disparve, le porte del palazzo si aprirono, e l'inverno gelido penetrò nel castello, spegnendo i focolari e facendo fuggire gli invitati. Tutti fuggirono e il principe rimase solo, a regnare su un misero regno di tavoli imbanditi e solitari e di bicchieri vuoti.”
“E poi?” chiese Bryce vedendo un guizzo di incertezza negli occhi adorati della madre.
“Venne una ragazza da un regno lontano, attraversò le eterne tormente che avvolgevano il regno del principe. Nella sua bisaccia aveva solo un tozzo di pane e un libro di favole che magicamente sembravano non finire mai man mano che il suo cammino andava avanti. Arrivò al castello del principe ed era davvero il luogo ove ella desiderava arrivare. Entrò e vide lo sfacelo in cui giaceva il bel castello d'oro e d'argento, camminò per i saloni una volta fastosi e giunse nella stanza dove il principe si rintanava. Lo ammansì con parole dolci e sagge, lo convinse che grazie a lei ogni maledizione si sarebbe spezzata, che lei veniva da molto lontano solo perché aveva sentito la sua storia e tutto ciò che voleva era amarlo e liberarlo. Egli all'inizio era diffidente, ma pian piano credette alle parole della fanciulla, che man mano si accompagnavano agli atti, gesti di gentilezza verso di lui, una sera ella arrivò persino a baciare una delle orribili zanne che gli fuoriuscivano dalla bocca. Il gelo nel suo cuore si sciolse e egli credette che l'amore trovasse posto nel petto della fanciulla come nel suo. Contava i giorni che mancavano allo scadere dell'anno e del giorno e dalle sue giornate da bestia era sparita ogni tristezza.”
“E lei lo liberò?”
“Aspetta Bryce... ella una sera girovagava per il castello, che oramai era tutto a sua disposizione. In uno stipo brillava la rosa vermiglia forgiata dagli spiriti del tempo di cui ella aveva udito solo nella leggenda. Ella scostò la porticina di vetro e prese in mano la rosa. Era tutta fiorita, meravigliosa, profumata come le altre rose non sono, e fra pochi giorni avrebbe cominciato a sfiorire. Senza dire una parola la fanciulla sorrise, accarezzo con una mano la corolla piena ed aperta, strinse forte nel pugno quel fiore tanto delicato e in attimo strappò tutti i petali...”
“Ma mamma...”
“La bestia emise un latrato fortissimo, tutta la valle coperta dalle tormente risuonò del suo lamento. Egli sentì gli organi interni impazzire e liquefarsi e corse verso la rosa fonte della sua vita e della sua morte. La trovò morta e senza petali a terra e la sua amata accanto ad essa con le mani piene dei petali vermigli. 'Perché mia amata? Perché non hai voluto essere la mia regina? Perché mi uccidi?' gridò la bestia. 'Sciocco, altri non sono io che una maga. Volevo questo castello e questo regno per farne la mia sede, la mia eterna sede, dove regnerò più potente persino di tua madre.' La bestia distolse lo sguardo dalle sembianze della fanciulla che si trasformavano, ella divenne ancor più bella, il volto pallido, i capelli color del fuoco e le labbra dello stesso colore vivace, le vesti di porpora stringevano la sua figura formosa e l'aura del suo potere la rendeva lucente come una dea. Ella vide il principe contorcersi negli spasmi della morte e cadere a terra, soffiò verso di lui col suo alito incantato i petali vermigli che lo avvolsero dandogli la morte e poi ricadendo a terra con lui e ridandogli le antiche sembianze.”
“E poi mamma?”
“Poi nulla tesoro mio. Lei diventa principessa e nessuno osa sfidare il suo regno.”
“Ma il principe...”
“Il principe era uno sciocco crudele, piccolo mio, non meritava di essere amato ed è per questo che muore. Non ha fatto nulla per salvarsi, non è diventato buono e degno, ma ha solo aspettato che un'altra maga come sua madre gli rendesse la vita bella. Qui sta la sua stupidità. Tu farai di tutto Bryce per essere un principe buono e degno?”
“Certo mamma, non voglio che mi odi e mi trasformi in una bestia...”
“Bravo e...”
“...e non voglio nemmeno fanciulle che girino per casa!”
“Ottimo piccolo mio.” rise la madre con le sue labbra eternamente rosee. Gli posò un bacio in fronte e con altri due gli chiuse gli occhi. Gli tenne la mano per un po' finchè Bryce non si addormentò, sognando una rosa vermiglia e bellissima.

“Gradite le rose, mio principe?” disse una voce seducente alle sue spalle. Bryce si scosse dal ricordo e rifocalizzò la rosa sul bracciolo avanti a sé. Si voltò con una grazia fuori del comune e vide una figura incappucciata finire di scendere le scale che conducevano al piano sopra.
“Scusate il lezzo e il gelo maestà, ma i miei intarsi hanno bisogno di questi lucidi e di questo freddo invernale per indurirsi a sufficienza.” disse la voce profonda e dolce.
Le sue mani candide e piene di tagli e calli andarono al cappuccio, abbassandolo, e rivelando una testa di donna assai dimessa. La pelle pallida per il chiuso copriva il tondo del viso, le labbra rosse e screpolate lasciavano sfuggire piccole nuvole di condensa e gli occhi neri lo fissavano stringendosi appena, rivelando la loro miopia. Dei capelli color del mogano scuro erano sistemati in fitte trecce che non permettevano ad una sola ciocca di infastidire il volto.
“Siete un'aiutante del mastro, signora?” chiese Morton, e solo allora Bryce si ricordò del maggiordomo appena un passo dietro di lui.
“No signore, scusate, ma il mio garzone non si è ben spiegato e la parola non è uno dei suoi doni. Io sono Mastro Rosabelle Erven, ma i miei garzoni mi chiamano solo mastro e Klaus deve aver scordato di dirvi che sono la nipote e allieva di mio nonno, il precedente intarsiatore Tobias Erven.”
Bryce la scrutò per un momento. Una fanciulla davvero sciatta... da quelle mani poteva esser venuto il suo meraviglioso ritratto? E quella rosa?
“Avete fatto voi questo?” chiese Bryce tirando fuori da sotto il mantello il piccolo modellino della bara intarsiata.
“Si signore, ho visto un vostro ritratto e ho saputo che eravate in cerca di una bara tra le più magnificenti, e ho pensato di provare a fare un modellino. Spero che il ritratto vi sia piaciuto.”
“Mediocre davvero,” sibilò Bryce, agghiacciando sempre di più per la sorpresa-- era proprio lei l'artefice, “ma è impossibile non notare la vostra abilità coloristica con i legni. Se deciderete di fare un ritratto più degno dell'originale credo proprio che vi affiderò la commissione, premesso che prima dovrete prendere gli accordi con Morton per le misure della bara, odio quelle che stanno strette sulle spalle.”
“Certo signore...” annui lei, sorridendo, “avrò bisogno che posiate per farmi fare uno schizzo. Potervi ritrarre dal vero sarà meglio che da ritratto.”
“Bene, e sia. Tornerò domani e vi prego di rendere la stanza di posa più accogliente della vostra bottega.”

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Capitolo 3
*** L'ombra in me e la luce dei tuoi occhi ***


 

“Sai fratellino, questa storia puzza...” disse Axel pensieroso, abbassando il boccale di birra davanti alla sua bocca. Il Coppelius era abbastanza affollato quella sera e i loro abiti volutamente dimessi non volevano dare nell'occhio.
“E non capisci quanto di più puzzi quella bottega!” sbottò lui al ricordo del lezzo penetrante del lucido.“Non ricordo molto di quel mastro Erven, se non che il padre di Eloise aveva un tavolo intarsiato fatto da lui nel suo studio e che si disperò come un matto quando una delle domestiche lo rovinò pulendolo con un sapone che ne graffiò tutta la superficie... l'intarsio era un castello con cinque torri, i particolari e le ombre erano resi così bene che sembrava quasi un rilievo.”
“Che fine a fatto questo mastro Erven?”
“Da quello che o potuto sapere sembra che fosse scomparso nella notte in cui il Presidio fu liberato. La cosa certa è che quando scomparve non aveva ancora ne moglie né figli.”
“Ma allora chi è questa Rosabelle?”
“Aspetta di sentire quello che ho scoperto. Circa un mese fa questa sua nipote si è presentata nella vecchia Capitale con delle lettere testamentarie che le riassegnavano la bottega e la casa del nonno. Ho chiesto a Stephen di fare dei confronti con gli archivi dei notai per trovare una firma e la grafia combacia perfettamente con quella depositata dal vecchio Mastro Tobias Erven e gli ho chiesto di mandare a Salimarr qualcuno a controllare che questa Rosabelle dicesse la verità. Sembra che Mastro Erven si sia rifugiato nel regno di Salimarr dopo essere sfuggito da uno spirito del Presidio che lo aveva posseduto, e che là abbia messo su famiglia con un'ostessa di nome Rosabelle. Secondo i registri di Salimarr, che Stephen ha fatto controllare, sembra che abbia avuto tre figli maschi. I due più grandi sono morti adolescenti, assassinati in strada da un tagliaborse mentre tornavano a casa. Dopo la loro morte la moglie di Mastro Erven si appese al soffitto per la disperazione e lui non volle intarsiare più alcun che. Il figlio si sposò con la sorella di un garzone del padre e cercò di mandare avanti come potè la bottega. Quando nacque la nipote, la nostra Rosabelle, il nonno sembra che l'adorò fin dal primo giorno e quando lei ebbe più o meno dieci anni riprese in mano le lime e cominciò ad insegnarle tutto quello che sapeva, finché non morì più o meno due mesi fa, lasciando ogni suo avere a lei. Rosabelle ha lasciato la bottega di Salimarr ai genitori assieme al denaro, e ha preteso per sé la bottega del nonno qui nella capitale per tentare la fortuna qui.”
“Sembrerebbe solo in cerca di un cliente coi fiocchi per farsi pubblicità...”
“Si, ma non è tutto Bryce... vuoi sapere dove è stata vista andare prima di tutto la nostra intarsiatrice?”
“Sono sicuro che non vedi l'ora di distruggere i miei sogni di ottenere una bara perfettamente intarsiata... dove, ebbene?”
“Alla tomba del cardinal De Plessy...”
Bryce spalancò appena gli occhi... raramente qualcosa che non fossero due colori non abbinabili lo sconvolgeva. “E scommetto che sai il perché...”sussurrò, cercando di nascondere lo sconcerto.
“Si, e non so se preoccuparmi... pare che quando aveva appena cinque anni e il cardinale ancora fosse un semplice parroco con la nomea di evocatore, essa fu posseduta dallo stesso spirito del Presidio che aveva tormentato il nonno e che egli fece di tutto per farlo scacciare dal corpo della nipote, compreso chiedere aiuto ad un evocatore. De Plessy venne e lo aiutò, a patto che egli gli facesse un voto di eterna riconoscenza e che nel momento opportuno accorresse in suo aiuto.”
“Scommetto che credi che il voto si sia trasmesso alla ragazza quando il nonno è morto.”“E' possibile, in quanto è lei la sua erede, ma anche De Plessy è morto...”“Ma allora cosa ci faceva sulla sua tomba?”
“Non penso che la nostra intarsiatrice sia in grado di riportare in vita i morti, ma forse può realizzare qualche giocattolo che il cardinale sarebbe stato felice di vedere in opera...”
“Bene... cosa suggerisci, fratello?”
“Di farti costruire una bara.” sorrise Axel.
“La tua simpatia avvolte raggiunge profondità incredibilmente basse.”
“Anzi, sarai così puntiglioso nel volere una sua bara intarsiata, da scoprire ogni singolo recesso di quella bottega e vedere cosa nasconde.”
“Che piano squallido...” sbuffò Bryce.
“Hai di meglio da proporre?”
“Una visita dei cinque?”
“Se poi non nasconde nulla spaventeremmo solo a morte la ragazza... e poi Eloise mi ucciderebbe.”
“E quindi mandiamo in prima linea il povero Bryce in mezzo a quelle vernici venefiche... ebbene sia.”

 

“Sedetevi pure principe.” disse con una dolcezza docile Rosabelle.
Bryce notò la sua tenuta dimessa, una gonna di flanella bianca punteggiata di fiorellini purpurei e sbiaditi, un busto poco stretto foderato della stessa stoffa e consumato dai lavaggi, e una camicia che una volta era accollata, ma i cui bottoni, tre staccati e due nelle asole allentate lasciavano intravedere lo sterno senza il minimo ritegno. Come poteva una fanciulla con un talento simile non guadagnare abbastanza per comperarsi un vestito decente? Il pensiero volò via appena lo sguardo salì sul viso. Sebbene i capelli fossero poco meno sciatti del giorno prima, il viso appariva luminoso, probabilmente ben lavato e accarezzato dall'olio di rosa, il cui profumo penetrava come una carezza furtiva nelle sue narici tra gli odori insopportabili dei lucidi e della trementina.
Bryce si accomodò su una poltroncina consumata che lei aveva messo in mezzo alla stanza semivuota al secondo piano che usava come studio. Quella stanza nascondeva ben poco, al centro c'era lui sulla poltrona, sotto di lui un grande tappeto di stoffa blu e al limitare delle sue frange, proprio in linea col suo sguardo, lei aveva messo uno sgabello e un cavalletto con dei fogli da disegno. Lei aveva già preso in mano due carboncini e una sanguigna. La biacca penzolava da un filo, dal bordo del cavalletto. Aveva ascoltato bene il rimbombo dei suoi passi, e era sicuro che non ci fossero botole sotto il tappeto, e nessuna porta segreta sotto la carta da parati marrone scuro.
La bella Rosabelle doveva nascondere il giocattolo nel laboratorio dove intarsiava, dietro alla stanzetta d'ingresso, e lui avrebbe trovato il modo di entrarci.Un momento... bella Rosabelle?
Bryce autocensurò i suoi pensieri, chiedendosi come mai avesse potuto concepire un pensiero del genere per una creatura che indossasse un bustino così consunto, e che per giunta doveva essere stato fuori moda anche da nuovo..
Si concentrò su un punto fisso davanti a lui per riordinare i pensieri, e il punto risultò essere la riga che divideva i capelli della ragazza. Lasciò vagare lo sguardo sulla treccia castana che posava sulla spalla e poi scendeva giù sullo sterno, infilandosi sotto i bottoni sfatti della camicia.
Che lo avesse fatto a posta a farla cadere così?
Bryce sentiva che quella fanciulla nascondeva qualcosa, ma non riusciva a credere sinceramente che lo facesse con intento di nuocere... si sentì improvvisamente rilassato, continuò a fissare la treccia e per un istante si commosse persino nel vederla intenta a tracciare una curva col carboncino e, appena lei incontrò il suo sguardo, a vederglielo cader di mano.
La sua mente vigile lo mise in allarme, quelle sensazioni non erano normali. Lui non provava... “tenerezza”, per “Miss Trascuratezza del Regno” men che meno. Cambiò posizione sulla sedia, irrigidì la schiena che però non fece altro che produrre un altro movimento flessuoso.
“Sembrate un gatto maestà...” disse lei abbassando lo sguardo e la mano per raccogliere il carboncino, “cercate di non muovervi troppo e di non crucciarvi. Da quando vi siete seduto la vostra espressione è cambiata già quattro volte e io vorrei coglierne almeno una appieno per poterla trasferire come merita sul legno.”
“Sono i vostri occhi che vedono male, signora.” si piccò Bryce, “la mia espressione può solamente essere magnificamente regale, ed un gatto non mi sembra la cosa che gli somigli di più...”
“Non volevo essere insolente maestà, solo... beh, so che la mia casa non è degna di voi, ma se posso fare qualcosa per mettervi in tranquillità e a vostro agio, ditemelo, vorrei davvero che questo intarsio fosse il capolavoro che voi volete.”
Quegli occhi neri lo fissavano ansiosi, le labbra appena dischiuse, che di fronte al silenzio di Bryce subito si strinsero, e le mani ricominciarono a trafficare col carboncino in un gioco molto più veloce di prima. Ora lei gli gettava delle occhiate rapide, dirette, come per dissezionarne ogni tessuto, e il carboncino seguiva i guizzi dei suoi occhi.
Bryce si sentì di nuovo rilassato, circondato dagli sguardi di lei... non capiva per quale orrido motivo, ma adorava essere al centro di quella nervosa attenzione. Avrebbe potuto prenderci gusto a farla innervosire.
Rosabelle posò il carboncino sul bordo del cavalletto e cominciò a riempire il foglio di tratti di sanguigna. Ora lei non lo guardava più nervosamente. Accarezzava i suoi tratti con lunghe occhiate, come a saggiare la compattezza della pelle, la consistenza della muscolatura. Dopo poco mise via anche la sanguigna e afferrò il cordoncino con la biacca, poggiandolo tra le labbra e guardandolo fisso negli occhi.
Lui la fissò di rimando incuriosito... che voleva vedere?
Gli sorrise, di un sorriso che avrebbe potuto illuminare una giornata, come se finalmente avesse visto dopo anni tutto quello che cercava...
“Che ragazza bislacca.” pensò Bryce e si scoprì a sorridere.
Come diavolo aveva fatto quella ragazzina?
Si odiò e smise di sorridere, e la sentì sghignazzare.
“Pensavo di non vederla per oggi, ma sono stata fortunata.”
“Che cosa signora, di grazia?” chiese lui, sempre più nervoso.
“La luce maestà...” continuò lei arrestando il riso e cercando di sorridere semplicemente, “...la luce dei vostri occhi. E' abbagliante quando la fate uscire.”, e dicendo così cominciò a picchiettare il foglio con la biacca, lasciandolo nello stato più acuto di basito terrore del genere femminile che avesse mai sperimentato.

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Capitolo 4
*** Logica imperfetta ***


“Come prego?”
“Cosa maesta'?” chiese Rosabelle mettendo delicatamente giu' la biacca.
“Come vi permettete simili confidenze?” disse lui alzandosi.
“Volevo solo un vostro sorriso per mettere luce sul vostro ritratto. E per ottenerlo ho fatto cio' che ritenevo piu' opportuno.”
“Anche tentare di flirtare col vostro principe!? Ma come osate?!”
“Per voi farei anche di peggio...” disse ammiccando con un sorriso.
“Misericordia!” disse lui agitandosi avanti ed indietro, “Ma state continuando!”
“Ahahahahahahhahaha! E' troppo divertente osservarvi... la bellezza del vostro sorriso e' pari solo a quella del vostro broncio sdegnato.”
“Ragazza, voi non mi vedrete piu'!”
“E' che la vostra fama vi precede... avete accanto le vostre donne, i vostri vestiti, i vostri tendaggi, nulla deve farvi sfigurare, ma davanti a qualcuno che vuole farvi sfigurare e di cui non riuscite a capire la logica siete impotente... Comunque non ho bisogno di rivedervi, sire, ho il vostro ritratto. Potrete tornare tra qualche settimana a controllare come procedono i lavori di intarsio.”
“Ma voi non potete...” disse lui lamentoso, ferito dal fatto che quella ragazza avesse scoperto con pochi tocchi di matita cosí tanto della sua anima.
“Cosa non posso?” disse lei sorridendo come un sole radioso.
“...cacciarmi.”
Le parole sfuggirono dalla bocca di Brice prima che potesse applicarvi qualsiasi censura.

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Capitolo 5
*** Just a kiss ***


“Fuori da quel letto Bryce!”
La voce di Axel ruppe in mille pezzi il perfetto bozzolo in cui Bryce stava galleggiando nel nulla più acuminato.
“Dovrai avere una buona ragione per questo urlo...” borbottò con una voce roca che gli sgualciva le orecchie, e che non voleva mai più sentire.
“Vuoi proprio saperlo?! Ieri notte è stato rapito un bambino, e indovina chi è che la famiglia ha visto portarlo via? Nientepopodimeno che il fantasma del Cardinal De Plessy!”
Bryce si alzò a sedere completamente sveglio e vigile... e totalmente meravigliato.
Era una settimana che non andava dall'intarsiatrice, una settimana che, poiché si era sentito offeso dal comportamento di lei, non aveva più voluto metter piede nella sua bottega, e quindi non aveva avuto possibilità di sapere cosa nascondessero le sue stanze... e ora.
Ora era stato rapito un bambino, e il maggior indiziato era il fantasma di un uomo la cui tomba era stata visitata solo dalla sua intarsiatrice...
“Credo che andrò subito a vedere come procedono i lavori per la mia bara... Dio mi fulmini se quel bambino non è nascosto in una delle sue stanze alla trementina.” sussurrò iracondo.
“Bene, è molto più della reazione che potevo aspettarmi. Io continuo le ricerche alla luce del sole per depistarla. Ci vediamo al Coppelius alle tre.”

 

“Signora! Signora! Dove siete?!” gracchio Bryce con voce petulante, entrando nel negozio come una furia. Fu investito da un odore ancora più rancido del solito di trementina e lucido che gli fece girare la testa, rendendola di nuovo pesante e assonnata.
Un rumore di passi e la figura di Rosabelle apparve davanti a lui, a meno di mezzo metro di distanza, senza che lui quasi se ne accorgesse. I capelli rosso mogano sciolti sulle spalle, gli occhi cerchiati e la pelle candida e slavata come un giglio mettevano in risalto gli occhi neri, lucidi, arrossati.
“Benvenuto mio principe.” tossicchiò lei con un inchino.
“Avete una pessima cera signora.” rincarò lui, guardando incantato quelle onde rosse che la circondavano fino alla vita “Ma spero vivamente che l'unico motivo per giustificarla sia il fatto che non avete dormito pur di finire l'intarsio della mia bara.”
“Potete contarci sire,” scherzò lei “anche se l'opera non è ancora ahimé conclusa.”
“Ho pazientemente aspettato una settimana, speravo di ritirare oggi stesso.” disse lui, studiando ora i cerchi sotto gli occhi e le vene come segno certo di insonnia. Doveva essere appena rientrata da... dal rapimento... o dal convegno con un amante. Si maledisse il pensiero fuoriluogo, non lasciando trasparire nulla dall'espressione seccata e severa che si era imposto.
“Forse non accetterete la mia sfrontatezza, ma non vi credo... non siete qui per il vostro intarsio...posso chiedervi una cosa?” disse lei ravviando una lunga ciocca sanguigna dietro l'orecchio.
“Dite.” rispose lui lasciandosi affascinare da quel gesto intimo e prima di ascoltare il buonsenso.
“Avete mai atteso il sole sorgere? Aspettare ore guardando il cielo schiarirsi palmo a palmo solo per poter vedere che davvero un raggio si sole può assumere mille colori prima di manifestarsi candido come lo conosciamo?”
“Invero...” prese tempo Bryce, ma per la prima volta in vita sua era senza parole. Non sapeva se fosse il puzzo terribile della trementina a confonderlo, o quei capelli sciolti, o semplicemente la visione di lei in cima ad una collina con biacca, carboncino e sanguigna in mano e sguardo attento per cogliere i colori della notte e del mattino. Fatto sta che non spiccicò parola.
“Lo sapevo mio principe...” sorrise Rosabelle avvicinandosi di un passo verso lui, intontito e immobile davanti a lei, “... dovreste venire con me una volta a cogliere tutti i colori di un raggio di luce.”
Rosabelle sorrise con le sue labbra rosso sangue, dolcemente screpolare dall'aria gelida. Alzò lentamente una mano piena di cicatrici verso il viso di Bryce, dandogli il tempo, se avesse voluto, di allontanarla, ma lui non lo fece. Gli sfiorò i riccioli di bronzo che cadevano in una posa studiata sulla guancia, li scostò e posò una mano inaspettatamente calda sulla sua gota, facendogli correre un brivido di piacere lungo la spina dorsale. Con delicatezza spinse la testa di Bryce verso di sé e posò le sue labbra sulle sue, in un bacio dolcissimo che implorava.
Bryce, frastornato, non schermò più le sue reazioni e ricambiò quel bacio dolce come la sua torta preferita. Sentì un sentore di rosa sulle sue labbra e approfondì il bacio, setacciando la sua bocca fino a farsi invadere da quel divino sapore di rose e zucchero. Sentì le braccia di lei cingergli il collo come edera e le sue muoversi di propria volontà per stringerle la vita, e la sua mano muovere fino al fondoschiena e passare le dita fra quei meravigliosi capelli che non avrebbe più scordato.
D'un tratto quel sapore zuccheroso gli invase la mente, il palato, rendendo tutto opaco, offuscato.
Sentì le forze e la lucidità venir meno, i sensi pendere colpi, e avrebbe potuto giurare di sentire la sua adorata intarsiatrice singhiozzare e chiedere perdono per quello che gli stava facendo...

 

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