Piume di Uccellino, Denti di Mastino

di Princess Tutu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You ***
Capitolo 2: *** are ***
Capitolo 3: *** just ***
Capitolo 4: *** a little ***
Capitolo 5: *** bird ***



Capitolo 1
*** You ***


I - You
 


- Avanti, dai!
Margaery Tyrell guardò con i suoi grandi occhioni castani la ragazza di fronte a lei, che si scostò una ciocca di capelli rossi da viso.
 - No, non posso...
Sansa Stark abbassò la testa. Odiava dover dire di no alla sua migliore amica, però lei davvero non poteva (o meglio, non voleva) uscire quella sera insieme all'altra. Non era abituata a frequentare i bar o le discoteche perché aveva ricevuto un'educazione piuttosto rigida e sopratutto si vergognava troppo: le altre ragazze erano come Margaery, belle e scatenate, quando invece lei era molto più calma e educata.
 - Hai paura di incontrare loro?
A quelle parole, Sansa sussultò, spaventata. Margaery sorrise dolcemente, accarezzando la guancia della rossa le cui guance si imporporarono. Loro erano i Lannister, la famiglia più potente di Approdo del Re, la capitale del grande stato di Westeros e il loro piccolo leone, oltre ad essere il sindaco della città, era anche l' ex fidanzato di Sansa e l'aveva tormentata in tutti i modi possibili e immaginabili.
Sansa sospirò, ripensando a qui giorni di qualche mese prima in cui era ancora nelle grinfie di Joffrey e di sua madre, la bellissima Cercei. La giovane Stark era arrivata da quasi un anno ad Approdo del Re per andare nel prestigioso liceo che sorgeva in quell'enorme città e si ricordava come era stata felice all'inizio: era nata nel nord e il poter cambiare scuola e aria, vedere quella metropoli, l'aveva emozionata tantissimo. Anche il fidanzarsi con quel bel ragazzo biondo l'aveva fatta sentire come in un sogno che però ben presto si era rivelato un vero incubo, dato che il giovanotto era un vero sadico pazzoide. Sansa si era sentita morire, poi per fortuna era arrivata Margaery dalla bellissima città di Alto Giardino (anche lei per frequentare lo stesso liceo di Sansa) e la sua amicizia l'aveva salvata letteralmente, dato che insieme a lei aveva potuto affittare un appartamentino e lasciare il palazzo in cui viveva il suo aguzzino, che comunque non l'avrebbe mai lasciata andare se Margaery non avesse usato tutta l'influenza della sua potente famiglia. Sansa non sapeva perché quella bellissima ragazza si era presa tanto cura di lei, fatto sta che era una settimana che cercava di convincerla ad uscire quella sera con lei e la rossa non sapeva cosa fare.
 - Non so cosa mettere...
Aveva ignorato la domanda e Margaery sbuffò, squadrando con aria critica l'abbigliamento della compagna che indossava degli abiti eleganti, ma veramente semplici: un maglioncino azzurro e una lunga gonna tartan nei colori del bianco, grigio e azzurro. La castana sapeva che l'educazione degli Stark (la famiglia che guidava la grande città del nord Grande Inverno) era rigida e severa e che quei colori erano i loro preferiti, ma non poteva sopportare che una bellezza come Sansa nascondesse così le sue curve. Lei invece indossava una camicetta annodata sotto il seno verde e degli aderenti jeans con infradito dall'alto plateau, un abbigliamento che metteva ancora più in risalto il suo fisico perfetto.
 - Ti presterò qualcosa io, non cercare di fregarmi!
Disse con una risata. Poi fece un sorrisetto felino e fissò l'altra nei suoi occhi azzurri. Sapeva qual'era il suo punto debole e l'avrebbe usato per convincerla ad uscire.
 - Sai... Loras mi ha detto che verrà anche lui...
Loras, il fratello maggiore di Margaery era di una bellezza impressionante e Sansa era stracotta di lui, infatti, appena udito il suo nome, arrossì fino alla radice dei capelli. Di fronte a quella reazione, Margaery sogghignò: ce l'aveva in pugno. Infatti Sansa abbassò gli occhi, sorrise dolcemente e mormorò:
 - Allora forse potresti farmi vedere qualche vestito...
La bellissima bocca di Margaery si aprì in un sorriso e si gettò con foga sulla compagna, tanto che rovinarono entrambe sul letto dove era seduta Sansa ridendo come delle matte.
 - Margy!
Esclamò Sansa in mezzo al riso, ritrovandosi la ragazza sopra di lei che la fissava con i suoi occhi castani e il suo sguardo era così caldo che Sansa arrossì scatenando altre risate in Margaery.
 - Non arrossire così, dai! Su, cerchiamo qualcosa da farti indossare.
Fece la ragazza castana, alzandosi e aprendo il suo armadio. Vedendo i vestiti che conteneva, tutti corti e aderenti, Sansa scosse la testa.
 - Non posso indossare un vest...
 - Non rompere!
Esclamò l'altra, estraendo un abitino azzurro e lanciandolo sul letto accanto accanto alla giovane Stark. Dei pantaloncini di velluto blu e un altro vestito, questa volta nero, lo raggiunsero qualche istante dopo. Anche se arrossiva alla sola idea di indossare uno di quei vestiti, Sansa era al massimo della felicità: non solo aveva trovato il coraggio di uscire con Margaery in un pub (cosa che non aveva mai osato fare, ma che allo stesso tempo aveva desiderato provare con tutta se stessa), ma quella sera avrebbe potuto perfino parlare con Loras! Il solo pensiero le faceva toccare il cielo con un dito.
Loras... Il principe dei miei sogni! E stasera... Chissà cosa potrebbe succedere stasera!
 - Intanto prova questi.
La voce di Margaery riportò Sansa alla realtà e con entusiasmo la ragazza iniziò a provare gli abiti selezionati dalla Tyrell.
Sì, quella sera sarebbe successo di sicuro qualcosa di sensazionale!

La sera era calda, ma un venticello primaverile e fresco impediva al calore di dare fastidio ai molti giovani di Approdo del Re che quella sera avevano deciso di uscire a divertirsi, creando una serata davvero perfetta. Ragazzi e ragazze avevano invaso le vie luccicanti della città e in ogni dove si vedevano gruppetti di amici che si erano incontrati e che si stavano dirigendo in uno dei tanti pub, bar oppure in discoteca.
Sansa Stark e Margaery Tyrell erano nel cortiletto di ghiaino davanti a uno dei pub più alla moda di Approdo del Re e attendevano con pazienza Loras, per poi entrare nel locale tutti e tre insieme. Erano ancora le nove e quindi il pub era appena aperto, ma già si sentiva la musica proveniva dall'interno attraverso le porte di vetro lavorato.
Sansa era un fascio di nervi e dentro di lei l'emozione e la felicità si mescolavano con l'agitazione: non sapeva come comportarsi con Loras, che cosa avrebbe dovuto fare? Doveva trattarlo come un amico? Ma loro non si conoscevano così bene... Oppure come un fratello, dato che la sua migliore amica era sua sorella? Ma lei non voleva che Loras la considerasse la sua sorellina, voleva essere qualcosa di più per lui.
Comportati in maniera educata e sii te stessa, come dice sempre mia madre.
La ragazza sospirò, lisciando le piume che ricoprivano il suo abito, uno dei più belli dell'armadio di Margaery. Era di seta rosa, senza spalline e fasciava il suo corpo fino a metà coscia. La sua caratteristica principale, però, erano proprio le piume che lo ricoprivano completamente, il cui colore sfumava dal rosa tenue dello scollo fino ad un fuxia sull'orlo. Anche la borsetta di seta era rosa, come il nastro che teneva stretti i lunghi capelli di Sansa in un elegante chignon. I sandali dal tacco vertiginoso, invece, erano dorati, ovviamente anche quelli di Margaery che si era occupata pure del trucco che metteva in risalto gli occhi azzurri dell'altra.
Margaery, dal canto suo, indossava un cortissimo abitino mono-spalla nero drappeggiato sulla spalla destra le cui onde scendevano come acqua sulle splendide curve della ragazza, che sembrava non notare gli sguardi ammirati degli uomini che incrociavano. Sia le scarpe decolté tacco dodici sia la borsetta erano nere e ricoperte da paillette dello stesso colore. Aveva lasciato i capelli sciolti e le onde castane rilucevano come bronzo: Sansa adorava i capelli dell'altra e anche se il suo vestito era più vistoso e complesso, si sentiva orribile in confronto alla giovane Tyrell.
Finalmente, Loras arrivò e appena lo vide, il cuore di Sansa perse un colpo: era di una bellezza assolutamente incredibile, anche nella semplice camicia nera e jeans che indossava.
 - Ragazze! Caspita, siete meravigliose.
Salutò abbracciando e baciando sulle guance la sorella, poi si avvicinò sorridendo a Sansa, fece un lieve inchino e le baciò la mano. La ragazza credette di morire.
 - Sei bellissima. Margaery, com'è che è la prima volta che usciamo noi tre insieme?
Le due ridacchiarono. Il soprannome di Loras era “Cavaliere di Fiori” proprio per la sua simpatia, eleganza e cortesia verso tutte le donne che incontrava, di qualsiasi età o ceto sociale esse fossero. Sansa non era l'unica ragazza cotta di lui, praticamente ogni donna tra i dieci e i venti anni di Approdo del Re sospirava per Loras Tyrell e per queste sue qualità il ragazzo era conosciuto in tutta Westeros.
 - Che ne dite di entrare?
Loras prese a braccetto Sansa e Margaery, poi entrarono tutti e tre insieme nel locale.
L'interno era piuttosto scuro, illuminato solo da lampade che mandavano luci rosse, blu o verdi. Il grande spazio era di forma quadrata, con una fila di colonne che divideva in due l'ambiente disseminato di tavoli e comodi divanetti con il bar collocato nella parete a destra dell'entrata. Tutto l'arredamento ricordava i vecchi pub dei tempi andati, con antiche stampe attaccate alle pareti e a Sansa piacque subito quell'ambiente che appariva molto caldo e accogliente. Loro tre erano i primi avventori e quindi il pub era completamente vuoto... O almeno così Sansa credeva, dato che lo notò solo dopo qualche secondo, dopo che i suoi occhi si furono abituati alla luce bassa: c'era un uomo seduto a un tavolino attaccato ad una colonna e con la sua posizione dava le spalle ai tre giovani.
 - Bleah... C'è.
Fece Margaery e Sansa si rese conto che l'amica si riferiva proprio all'uomo che aveva appena notato.
 - Lo conosci? Chi è?
Margaery si strinse nelle spalle, avviandosi verso un tavolino dall'altra parte della sala.
 - Lo chiamano il Mastino. È un bruto che passa le sue giornate a bere e a fare a botte.
Sansa rabbrividì, ma non poté fare a meno di osservarlo da lontano mentre prendeva posto accanto all'amica nel tavolino scelto dai Tyrell. Anche da seduto si poteva intuire che il Mastino era un uomo dalla stazza incredibile, con lunghi capelli neri e con indosso un pastrano scuro e logoro.
 - È davvero enorme...
 - Chi?
Domandò Loras, scoccandole un sorriso che le fece dimenticare qualsiasi pensiero che non fosse incentrato su Loras Tyrell.
 - Nessuno.
Tagliò corto Margaery.
 - Che prendete?
Sansa sfogliò il menù. Non aveva mai bevuto alcool in vita sua, se si escludeva due o tre sorsi di vino durante i banchetti a Grande Inverno e quindi non sapeva che pesci pigliare.
Alexander, Cuba Libre... Che sapore avranno?
Si domandava la ragazza che però non voleva sembrare l'idiota della situazione.
 - Per me un Cuba Libre.
 - Invece io un White Russian. Tu, Sansa?
Le si rivolse gentilmente Margaery, poi si rese conto delle difficoltà dell'amica e decise di aiutarla.
 - Cosa le consigli, Loras?
Lui aggrottò le sopracciglia, pensando, poi un sorriso illuminò il bellissimo viso.
 - Che ne dici di un Cosmopolitan? È buono e il suo colore rosa sarebbe in tono con il vestito.
Sansa pensò di toccare il cielo con un dito: se gliel'avesse consigliata Loras, avrebbe bevuto anche della melma.
 - Allora vado ad ordinare!
Disse, alzandosi. Il ragazzo, però, la bloccò:
 - Ci mancherebbe altro! Vado io, voi due state pure comode.-
Un vero cavaliere!
Sospirò la rossa, che però ci teneva a lasciare un po' di intimità ai due fratelli che non si vedevano da parecchi mesi.
 - No, no, lascia pure a me: Alexander, Cuba Libre e un Cosmopolitan. Mi ricordo!
Gli rispose ridendo e avviandosi verso il bar.
La strada più breve la costringeva passare accanto a quell'uomo chiamato Mastino e ciò la spaventava, ma sentiva che Loras la stava osservando e quindi non poteva fare deviazioni stupide. I suoi passi, a causa dei tacchi alti, rimbombavano e Sansa guardava in terra in un' illusione infantile che se lei non l'avesse guardano, neanche lui avrebbe fatto caso a lei. Si sbagliava. Quando fu alla sua altezza, a pochi centimetri da lui, una grossa mano si mosse afferrandole dolorosamente il polso.
Cosa...?!
La stava aggredendo? Gli occhi azzurri della ragazza saettarono di qua e di là ma Loras e Margaery parlavano fitto fitto senza guardarla e il bar era vuoto, il barista probabilmente nel retro. Con un gemito, Sansa si dibatté, ma la morsa sul suo polso sembrava fatta d'acciaio e fitte di dolore saettavano nel braccio.
 - Stai ferma, non voglio farti nulla.
Ringhiò l'uomo, girandosi verso di lei e esponendo così alla luce delle lampade il viso che fino a quel momento era stato in ombra. Il respiro si mozzò in gola a Sansa: il viso dell'uomo era devastato, la parte destra completamente mangiata dal fuoco che l'aveva resa un inferno di cicatrici rosse e bianche. L'orecchio era poco più di un buco.
Sansa distolse lo sguardo, disgustata, mentre il terrore le montava dentro. Smise di muoversi, però e con voce flebile domandò:
 - Cosa vuole?
Una smorfia che poteva essere un sorriso comparve sulle labbra del Mastino.
 - Quella specie di galletto incipriato ti ha consigliato un Cosmopolitan? Ma dai... Se vuoi bere qualcosa di buono, prendi della vodka liscia.
Con uno strattone l'attirò più vicino a sé, contro di sé, tanto che Sansa poté sentire l'odore di alcool provenire dal suo fiato: era paralizzata dalla paura.
Mi ha bloccato solo per darmi dei consigli sui cocktail?
 - Non capisco...
Mormorò Sansa. Lo sguardo di lui, reso più caldo dall'alcool, corse sul suo corpo fasciato dall'abitino rosa di piume, facendola rabbrividire e tremare.
 - Con questo vestitino sembri proprio un dolce uccellino... Mi domando se sai anche cantare, come un uccellino.
Per un'attimo, lui la fissò negli occhi, ma lei non riusciva neanche a guardarlo in viso e fissava qualcosa di non ben definito oltre le spalle di lui, il viso impassibile. Con un ringhio lui la spinse via.
 - Tu sei Sansa Stark, giusto? Stai lontana dalla Fortezza Rossa.
Tornò a girarsi verso la colonna, dandole le spalle e ricominciando ad ignorarla.
Lontana dalla Fortezza Rossa? Cosa significava? La Fortezza Rossa era l'enorme palazzo del sindaco e Sansa stava ben attenta a girarci sempre a largo: lì vivevano i suoi aguzzini e lì aveva vissuto lei in quei mesi d'orrore che non osava neanche di ricordare.
Chi è quell'uomo?
Continuava a domandarsi la ragazza, mentre aspettava che il barman facesse i cocktail che aveva ordinato. Ovviamente aveva seguito il consiglio di Loras e aveva prese un Cosmopolitan, di certo non avrebbe seguito i consigli di un uomo che non conosceva e che era probabilmente ubriaco.
Quando tornò verso il suo tavolo, fu di nuovo costretta a passare accanto al Mastino, ma lui la ignorò.
 - Wow, ecco la nostra bevuta!
Esclamò felice Margaery, battendo le mani appena lei si fu avvicinata. Sansa si rese conto che i due Tyrell non si erano accorti di quello che le era successo e quindi decise di non farne parola: non avrebbe mai rovinato una così bella serata con parole dette da uno sconosciuto. Ben presto si fece trascinare dalla conversazione e l'alcool le sciolse la lingua, facendola chiacchierare tranquillamente con il bellissimo Loras. Dopo il primo sorso, si accorse che il Cosmopolitan non le piaceva per niente, ma lo bevve fino all'ultima goccia: glielo aveva consigliato Loras, infondo.

Qualche ora dopo, a serata conclusa Sansa era a letto, avvolta dalle coperte: era sveglia e sentiva dal respiro accanto a lei che anche Margaery lo era. Non riusciva a togliersi dalla mente le parole del Mastino e quindi domandò, nel buio:
 - Margy?
 - Mhm?
Le rispose l'amica.
 - Quell'uomo... Il Mastino, chi è davvero?
Margaery sospirò e per un'attimo rimase in silenzio, poi si decise a risponderle.
 - Il suo vero nome è Sandor Clegane ed è uno delle bodyguard migliori dei Lannister, uno dei più fidati.
Incredibilmente, quella rivelazione colpì Sansa in maniera diversa dal quella che avrebbe creduto. Si sarebbe aspettata di sentirsi spaventata dall'essere stata di nuovo così vicino ad uno dei tirapiedi di quella famiglia, invece era stupita che proprio uno di quei tirapiedi si fosse scoperto avvertendola di qualcosa. Ma poi che cosa? Che cosa avevano in mente i Lannister? E perché il Mastino aveva voluto avvertirla?
Con quelle domande in testa, Sansa Stark si addormentò.





Salve a tutti! Questa è la mia prima SanSan, ma sono assolutamente fissata con questa coppia, quindi dovevo assolutamente scrivere qualcosa su di loro ahahahah :D
E' AU perchè mi piacerebbe vedere come si sviluppa la storia d'amore tra Sansa e Sandor ai giorni nostri e sopratutto è divertentissimo tradurre tutto il mondo di Martin nel secolo corrente, infatti cercherò di far avvenire tra i nostri due innamorati quello che succede nei libri e nel telefilm però nella Westeros dei giorni nostri. Spero vi piaccia!
Il titoli, tutti uniti, formaranno una frase molto SanSan ^^

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Capitolo 2
*** are ***


II – Are



Quando il sole sorse, trovò la grande città di Approdo del Re già in fermento. Molti abitanti si erano già alzati da alcune ore (studenti che dovevano andare a scuola, negozianti che dovevano aprire le loro botteghe), mentre alcuni erano in piedi addirittura da molte ore (i fornai, che dovevano aprire il negozio con il pane cotto nella notte oppure gli spazzini, che tenevano la città pulita). Le dita dorate del sole sfiorarono le mura scarlatte della Fortezza Rossa dove il sindaco bambino ancora dormiva, accarezzarono le strade dove c'era già un viavai di persone e entrarono attraverso la finestra aperta nella stanza dove dormivano due giovani ragazze, svegliandone dolcemente una. Sansa Stark aprì gli occhi azzurri, sbadigliò e decise di alzarsi.
La palazzina in cui vivevano lei e Margy era altra solo tre piani e il loro appartamento era proprio quello che copriva l'intero piano superiore così che le due avevano l'accesso esclusivo del grande terrazzo sul tetto, fatto del quale le altre quattro ragazze (che occupavano gli altri due appartamenti e che erano amiche delle due fanciulle) si lamentavano scherzando. Però il grado di nobiltà conferito a Sansa e a Margaery dai loro cognomi superava di gran lunga quello delle altre che quindi accettavano che le due amiche avessero l'appartamento migliore.
Appena aperta la porta di ferro che dava sul terrazzo, la rossa fu investita da un venticello fresco che la fece stringere nella lunga camicia da notte bianca e che scacciò via gli ultimi rimasugli di sonno. Sansa non era una che amava alzarsi così presto, ma quando era preoccupata lo faceva proprio perché quel luogo la tranquillizzava, era il suo rifugio: stare là su da sola a guardare la città che si svegliava la calmava sempre. E in quel momento, aveva bisogno solo di calma. Era stata una nottata terribile, in cui aveva fatto incubi su incubi, uno più spaventoso dell'altro e ora che si era svegliata quelle brutte sensazioni le erano rimaste appiccicate alla pelle come sudore fetido.
Inspirò l'aria fredda due o tre volte, quell'aria che le ricordava la sua casa, il nord. Aveva smaniato, pregato i suoi genitori per farsi mandare in quel liceo lì ad Approdo del Re ed era felice di essere in quella grande città, ma in quei momenti di solitudine la nostalgia di casa la colpiva.
Casa...
Il suo sguardo si posò sull'immensa figura rossa della Fortezza e la giovane rabbrividì, questa volta non di freddo mentre le parole del Mastino le tornavano in mente ancora una volta. Lo stemma dei Lannister era il leone, ma a lei Joffrey ricordava di più un pitone: sfuggente e tenace, una volta che le sue spire si avvolgevano sulla preda era quasi impossibile che la lasciasse andare e così era toccato alla giovane Stark.
 - Sansa!
La rossa si girò. Margaery si era svegliata e la stava chiamando: era tempo di andare a scuola.

Al suono della campanella dell'intervallo, i ragazzi si alzarono dai banchi come un sol uomo e si riversarono nei corridoi e nel cortile per fumare. Margaery non lo faceva e quindi nessuna del suo codazzo di amiche (ma sarebbe stato meglio definirle ancelle, infatti la castana le chiamava scherzando la sua “corte”) si provava a toccare una sigaretta: si riunivano tutte vicino ai termosifoni, anche se in quel periodo dell'anno erano di già spenti. Anche Sansa stava lì con loro a parlare di tutto ciò di cui parlano le ragazzine, ovvero abiti, trucchi e ovviamente ragazzi.
 - Loras era in città ieri?
Domandò una bella morettina a Margaery che rispose con un dolce sorriso.
 - Sì, siamo usciti io, lui e Sansa. Ci siamo divertiti, vero Sansa?
Il ricordo della serata passata con Loras fece illuminare il volto della rossa:
 - Davvero! Dovremmo farlo più spesso.
Una delle coinquiline delle due, una ragazza di un anno più grande (malgrado questo, anche lei sotto il fascino di Margaery) di nome Elinor, si lisciò una ciocca di capelli:
 - Anche io sono uscita ieri sera. È questo il bello di questa città: i locali sono pieni tutte le sere di tutti i giorni, anche se il giorno dopo c'è la scuola.
Le altre si allungarono verso di lei e qualcuna chiese:
 - Dai, non tenerci sulle spine: con chi sei uscita?
Elinor si godette per un'attimo l'attenzione generale e poi rivelò:
 - Con Alyn Ambrose... Adesso stiamo insieme! Ragazze, baciare è una cosa meravigliosa, ti senti parte di lui...
Un coro di gridolini accolse quella dichiarazione, fermato poi dalla campanella che imponeva la fine dell'intervallo. Le ragazze sciamarono nelle loro classi salutandosi con calore, Margaery prese per mano Sansa e le sorrise.
 - Ci vediamo all'uscita, cara.
Le due amiche, infatti, erano in classi differenti e quindi si dovevano separare ogni giorno. A Sansa sarebbe piaciuto stare con Margy anche durante la scuola, ma si rendeva conto di non poter dipendere sempre da lei e quindi le sorrise, la salutò con un bacio sulla guancia e entrò in classe sedendosi nell'ultima fila. C'era matematica e Sansa odiava quella materia: era intelligente e quindi le riusciva bene, ma non la divertiva per niente. Le piaceva disegnare e si consolò ricordandosi che l'ora successiva era proprio quella d'arte.
So anche cantare... Proprio come un uccellino.
Quel pensiero le riportò alla mente il Mastino, le sue parole e il cervello ricominciò a lavorare... Solo per poco perché la vista di Elinor che entrava in classe sua, le faceva un gesto di saluto e si sedeva davanti a lei le fece ricordare quello che la mora aveva appena detto.
Baciare è una cosa meravigliosa, ti senti parte di lui...”
Chissà come sarebbe stato baciare Loras... Il solo pensiero le faceva spuntare uno stupido sorriso sulla faccia, mentre immagini di lui in un'armatura fiorita che le regalava una rosa rossa la trasportavano in un mondo medievale, da favola. Gli Stark erano stati una potente famiglia anche secoli prima, ma ora il tempo delle spade era finito e venivano usate armi diverse, armi come le parole, ma la giovane rossa aveva imparato che la lingua può essere più tagliente di qualunque lama.
Tornò a Loras ed a immaginare come sarebbe stato essere la sua ragazza. Baci, carezze, sorrisi e... Anche qualcos'altro, qualcosa di molto intimo e stupendo che la ragazza attendeva con timore e felicità. Come ogni adolescente sapeva benissimo cosa accadeva tra uomini e donne e come ogni donna aveva sempre idealizzato la sua prima volta, immaginandosi il suo primo rapporto come una cosa meravigliosa fatta con la persona che ami. Una persona gentile, dolce e che pensava in primis a te, cercando di farti il meno male possibile e facendoti provare piacere prima di pensare al suo. Una persona come Loras, ecco! Sansa sorrise, mordicchiando con aria sognante il lapis.
La mia prima volta con Loras... Cosa potrei desiderare di più? Ma lui ha così tante ammiratrici, ogni ragazza vorrebbe farlo per la prima volta con lui, io non sono così speciale...
Ma non poteva farci nulla: le sue fantasie continuavano.

La campanella dell'uscita suonò e con rapidità Sansa mise il libro in borsa, la chiuse e se la mise in spalla cercando di uscire prima degli altri e di mandare un messaggio a Margaery contemporaneamente.

Margy, scusami! >.< devo comprare un album di fogli x domani, vai a casa ke arrivo tra un'oretta ♥

Premette “invio” e finalmente riuscì a farsi strada nella calca di ragazzi e ragazze, guadagnando l'uscita. In quei giorni era stata così presa dall'idea di uscire che si era completamente dimenticata di comprare un album di fogli bianchi da usare durante le ore di disegno e la professoressa li voleva per il giorno dopo, si era raccomandata anche qualche minuto prima. Se domani Sansa non ce li avesse avuto avrebbe ricevuto una nota e non voleva proprio.
Camminò rapidamente lungo le vie piene di gente, cercando di ricordarsi dove fosse il negozio d'arte, ma la sua mente era distratta da qualcosa. Sentiva un pizzicore alla base del collo, un brivido come di un spiffero che con le sue dita gelate ti accarezza la nuca, qualcosa che la disturbava e che mandava piccole saette lungo la sua spina dorsale. Era terribilmente a disagio e avrebbe voluto accanto Loras che l'avrebbe difesa da qualsiasi cosa le stesse dando noia... Ma cosa?
Forse fu il suo istinto di lupo o tutti i consigli e le raccomandazioni che la sua insegnate privata le aveva dato a proposito delle moltitudini di ragazze violentate ad Approdo del Re: qualcuno la stava seguendo. Il suo primo istinto fu quello di bloccarsi e scappare via, ma sapeva che l'inseguitore non doveva accorgersi che lei aveva intuito qualcosa, altrimenti avrebbe reagito e la situazione sarebbe diventata ancora più pericolosa.
Con aria innocente, Sansa si fermò davanti alla vetrina di un bel negozio di scarpe facendo finta di ammirare i modelli esposti, ma in realtà usò la superficie riflettente del vetro come uno specchio per osservare dietro di sé e poter vedere così chi la stava seguendo. Lo notò subito e un spasmo di terrore che a mala pena controllò le scosse il petto: l'uomo era alto, dai capelli neri e un enorme naso adunco. Sansa aveva visto quelle caratteristiche fisiche in un'altro uomo, uno delle body guard di Cersei Lannister, nessun dubbio che colui che la stava seguendo era parente stretto dell'altro.
Kettleblack. È questo il loro cognome, me lo ricordo! E ora cosa faccio?
Il panico la stava per catturare, già il respiro stava accelerando in modo preoccupante e Sansa sapeva che se si fosse lasciata trascinare dalla paura poteva commettere qualche sciocchezza che le sarebbe potuta costare cara. La giovane, però, non sapeva cosa fare e anche rimanere lì impalata davanti alla vetrina appariva sospetto.
Mi scopre, mi scopre, mi scopre...
Non riusciva a muoversi e le sembrava che le gambe fasciate dai semplici jeans fossero diventate pesanti come macigni. Ormai non riusciva neanche a far finta di guardare le scarpe e stava in piedi davanti alla vetrina, fissando in terra. Alzò lo sguardo e attraverso la superficie del vetro incontrò gli occhi neri di Kettleblack, che la fissava.
Beccata.
Con uno scatto che non credeva di riuscire a fare, Sansa iniziò a correre. Sapeva di star commettendo un'errore, ma non le importava: l'istinto era più forte della ragione e ogni cellula del suo corpo le gridava di fuggire, di trovare un luogo sicuro dove nascondersi, appallottolarsi e lasciare che ogni cosa brutta scivolasse via. Correva così veloce che i suoi piedi sfioravano il marciapiede, la borsa le sbatteva dolorosamente contro il fianco, ma Sansa non la sentiva neanche. L'unica cosa a cui pensava era che non voleva tornare nella Fortezza Rossa, non voleva tornare nei crudeli artigli dei Lannister.
Loras... Loras, dove sei! Mio Cavaliere...!
Sarebbe sicuramente arrivato, lo sapeva. Intanto, però, le pareva di sentire il fiato di Kettleblack sulla nuca e correva senza meta, ogni volta che si voltava indietro lui era sempre lì che seguiva la sua corsa senza apparente sforzo. Ormai la rossa era al limite, non ce l'avrebbe fatta a reggere quel ritmo ancora per molto e doveva trovare un luogo dove nascondersi... Ma dove?
Non sono al sicuro, non sono al sicuro da nessuna parte...
Il riflesso del sole la colpì negli occhi e Sansa si fermò. Davanti a lei c'era l'enorme grattacielo fatto interamente di vetro la cui costruzione (molto costosa e anti ecologica) aveva fatto imbestialire i cittadini di Approdo del Re. Dieci piani, un enorme centro commerciale al cui interno si trovava ogni genere di negozio, ma a Sansa i negozi non interessavano, in quel momento: in cima c'era un terrazzo il cui accesso era vietato al pubblico, ma grazie ai propri cognomi lei e Margaery ci erano andate un paio di volte. Non c'era luogo migliore per nascondersi e senza esitare si fece catturare dal flusso di persone che entravano nel centro commerciale, mescolandosi nella folla.
All'interno il rumore era assurdo, un miscuglio di musica, annunci di servizio e centinaia di persone che parlavano, senza contare i profumi e le luci. Se Sansa non fosse stata così spaventata sarebbe rimasta incantata dall'immensità di quel luogo, ma non era proprio il momento di andare a fare shopping. Si infilò in ascensore con minino altre dieci persone e pazientemente aspettò che arrivasse in cima, osservando i numeri che segnavano i piani accendersi uno per volta. Finalmente fu il dieci ad accendersi e Sansa uscì agevolmente dato che ormai c'erano poche persone e si riusciva a respirare meglio. Senza farsi notare salì una piccola scaletta nascosta da due muri e dopo una decina di gradini si trovò davanti una porta di metallo con un maniglione anti panico che la rossa abbassò senza esitare.
Era fuori, era la sicuro. Con sollievo sentì la porta sbattere alle sue spalle e finalmente si tranquillizzò. Era riuscita a scappare! La felicità la invase mentre una brezza la scompigliava i lunghi capelli rossi e le All Star non producevano alcun rumore sulle piastrelle di marmo che formavano il pavimento del terrazzo. Da lì la vista era meravigliosa e pure la Fortezza Rossa appariva lontana e innocua, le persone che la terrorizzavano ridotte a mere formiche che lei poteva osservare da quell'altezza vertiginosa. Le labbra si schiusero in un sorriso e Sansa non riuscì a trattenere una risata, accennando qualche passo di ballo. Si sentiva così bene, così...
 - È proprio vero che quando sono in pericolo gli uccellini volano sul ramo più alto.
Sansa si bloccò a metà di una giravolta, tutta il sollievo che scompariva come neve al sole: conosceva quella voce, l'aveva sentita solo la sera prima e non era una voce facilmente dimenticabile.
Il Mastino.
Aveva ragione infatti. Lui era dietro di lei, appoggiato alla parete accanto alla porta con le braccia incrociate e Sansa sapeva che l'aveva osservata fino a quel momento, guardando la sua danza e ascoltano le sue risate infantili. Sansa gli lanciò un'occhiata di sfuggita, ma distolse subito lo sguardo: sotto la luce del sole le cicatrici che solcavano la sua faccia erano ancora più terribili, ancora più spaventose e la ragazza non poté fare a meno di domandarsi come era vivere con una faccia come quella.
 - Io... Non stavo scappando.
Non sapeva perché gli stava mentendo, ma sapeva che lui aveva capito la verità.
 - Stavi piangendo, uccellino.
Sansa alzò la testa, sorpresa. Aveva pianto? Non se ne era neanche accorta, ma quando si sfiorò le guance si accorse che erano bagnate e solo in quel momento si rese conto che sentiva anche gli occhi gonfi. Strinse le labbra: non si era portata neanche i fazzoletti, fantastico.
Il Mastino fece una smorfia e infilò la mano dentro una tasca dei jeans sdruciti, tirando fuori un pacchetto di fazzoletti. Facendo questo gesto, però, la falda del pastrano si spostò e Sansa vide qualcosa che brillò colpita dai raggi del sole.
 - U... Una pistola.
Istintivamente, fece un passo indietro. Il Mastino aveva una pistola, perché? Intendeva ucciderla? Strinse i pugni e anche se era pronta a scappare, non si mosse rendendosi conto che se lui le avesse voluto fare del male l'avrebbe già fatto.
 - Sì. È la mia migliore amica, uccellino.
Disse il Mastino senza cambiare minimamente espressione e facendo due rapidi passi verso Sansa, che indietreggiò di nuovo. Però lui fu più veloce e di nuovo, come era successo la sera prima, l'afferrò bloccandole le braccia dietro la schiena. Sansa scosse la testa, terrorizzata.
 - Ferma!
Le intimò lui, alzando l'altra mano. Sansa chiuse gli occhi, pronta a ricevere lo schiaffo e a provare il dolore che ne sarebbe derivato, sentì invece qualcosa di ruvido che veniva strofinato sulle sue guance con insolita delicatezza. Aprì gli occhi, sorpresa: il Mastino le stava asciugando le lacrime con un fazzoletto e per un lunghissimo attimo i loro occhi si incrociarono prima che Sansa distogliesse lo sguardo, a disagio
 - Pensavi che ti avrei colpita? Non sono mica quel folle di Joffrey, che si diverte a far picchiare le donne.
Fece il Mastino con la sua voce ruvida e ringhiante, in quel momento quasi ironica. Le lasciò le braccia, infilandole in mano il fazzoletto usato, poi si voltò, incamminandosi verso la porta.
 - Aspetti... Il suo fazzoletto!
Lui si bloccò, piegando leggermente la testa verso di lei.
 - Ti servirà ancora, uccellino. Molte volte, se quello che so è la verità.
Di nuovo, Sansa strinse la labbra. Non voleva piangere, ma sentiva che era sull'orlo delle lacrime perché quella frase dava ancora più peso alle parole che il Mastino le aveva detto la sera prima: i Lannister avevano qualcosa in mente, qualcosa che non era sicuramente niente di buono per lei.
 - Cosa... Cosa vogliono da me?!
Sansa non voleva strillare, una vera nobildonna non strillava e manteneva sempre il controllo di sé, ma quello che uscì dalle sue labbra fu peggio di uno strillo, fu una voce strana a metà fra uno squittio e un gemito assolutamente patetica. Lui si fermò di nuovo, la mano poggiata sul maniglione anti panico.
 - Niente di buono, uccellino. Niente di buono. Quando il leone ha afferrato tra sue sue fauci un preda particolarmente succulenta non la lascia andare con facilità.
Poi aprì la porta e uscì.
Per un minuto, Sansa rimase in mezzo alla terrazza, con il vento che continuava a scompigliarle i capelli e le mani strette intorno al fazzoletto bagnato dalle sue lacrime. Sentiva ancora sulla pelle la sensazione di quella del Mastino che era così diversa, così ruvida e dura in confronto alla sua, ma allo stesso tempo così calda. Stava lì in mezzo, fissando in terra e ascoltando il silenzio che prima era stato riempito dalla voce di lui.
 - Grazie.
Mormorò, da sola. Poi sorrise.

Dietro la pesante porta, udendo quella parola, Sandor Clegane strinse i pugni.






Ed ecco il secondo capitolo! Mi scuso se è leggermente più corto, ma mi farò perdonare col prossimo che sarà densissimo di azione e di SanSan XD Come vi avevo già detto, volevo ripercorrere i momenti saliente della loro relazione in chiave moderna e quindi ecco qui la famosa scena del fazzoletto, ve la ricordate? L'ambientazione è un grattacielo, mentre invece nell'originale è una torre ovviamente ^^ Spero vi sia piaciuta <3

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Capitolo 3
*** just ***


III - Just
 


Correva. La neve scricchiolava appena sotto i cuscinetti delle sue zampe create proprio per cavalcare lungo le distese bianche del Nord e l'aria fredda entrava pizzicando piacevolmente nel naso, tutti i muscoli tesi nello sforzo di sfuggire a coloro che le stavano alle calcagna. Loro non erano fatti per il Nord, ma i loro corpi potenti e dorati riuscivano lo stesso a tenerle dietro e lei, con i suoi sensi di lupo, sentiva la loro presenza dietro di sé. Non era spaventata. Era nel suo territorio, di cui faceva parte e di cui era sovrana. Lì poteva batterli, basta scappare. Si fermò ringhiando e girò su sé stessa, pronta ad affrontarli: eccoli lì, fieri, dorati e dalle lunghe zanne bianche. Si fissarono per un secondo. Nel suo cuore non c'era paura e mentre l'accerchiavano si abbassò, pronta a balzar loro addosso... Poi qualcosa cambiò. La sua pelliccia grigia si trasformò diventando morbida e piumosa, sentiva le sue zampe potenti assottigliarsi e le sue fauci farsi appuntite mentre rimpiccioliva. E quando ringhiò, dalla sua gola uscì solo un lieve cinguettio.

Nel buio della stanza, Sansa spalancò gli occhi azzurri. Era mantida di sudore, attorcigliata nelle lenzuola e di traverso nel letto.
Madre... Che incubo terribile.
Terribile e senza alcun significato, tanto che i particolari stavano già svanendo nella sua memoria e tutto ciò che le rimaneva era un'orribile sensazione di pericolo e paura, sentimenti che aveva provato troppe volte in quegli ultimi mesi. Gettò un'occhiata nel letto di Margaery e trovandolo vuoto ricordò tutto quello che era successo il giorno prima.
Margaery era dovuta scappare urgentemente ad Alto Giardino perché sua nonna, chiamata la Regina di Spine per il suo caratterino, stava male.
 - Non ti preoccupare, mia nonna non la uccide neppure lo Sconosciuto. Le piace però far finta di star per morire per farci preoccupare tutti e quindi devo andare.
Le aveva spiegato la bellissima ragazza castana, mentre faceva le valigie. Sansa aveva sorriso, sapeva bene come erano gli adulti e le aveva detto di non preoccuparsi perché lei sarebbe stata benissimo anche da sola. Con Margy se ne erano andate anche le altre coinquiline (erano tutte amiche di famiglia) e quindi Sansa era veramente sola in quella grande casa, ma non le aveva fatto nessun effetto sino ad ora.
Non fare la bambina, Sansa. Margy ha detto che tornerà tra una settimana, resisterai una settimana senza di lei, no?
Sansa sperava di sì mentre prendeva il cellulare per vedere se Margy le aveva mandato un messaggio, ma niente. Di dormire neanche a parlarne e quindi la ragazza prese il pc ed entrò su Facebook, notando subito una richiesta d'amicizia che l'ultima volta che aveva controllato non c'era.
Chi poteva mai essere? Sansa cliccò sull'icona e quasi urlò dalla felicità: Loras! Loras Tyrell le aveva fatto la richiesta d'amicizia! Non ci poteva credere e in un'attimo tutta la sua paura svanì: chi se ne fregava se aveva fatto un incubo quando Loras Tyrell le chiedeva l'amicizia? Aveva fatto bene a non chiedergliela lei ed aspettare che fosse lui a fare il primo passo, come le diceva sempre sua madre Catelyn. Tremando, cliccò su “Accetta” e subito controllò se era in linea. Chattare con Loras... Un sogno, ma purtroppo lui era offline.
Ovvio, sono le tre di notte. L'unica sveglia in tutta Westeros sono io.
Vero, doveva dormire. Il giorno dopo era domenica, ma non voleva di certo avere le occhiaie ora che aveva Loras tra gli amici di Facebook.
Con questo pensiero in mente, si addormentò, il sogno di già dimenticato.

Quando la mattina dopo Sansa si svegliò, il suo prima pensiero fu per Loras e subito entrò su Facebook per vedere se era online, ma di nuovo lui non c'era. Sbuffando si alzò ed andò subito a farsi una bella doccia calda per scacciare gli ultimi rimasugli di sonno che ancora aveva appiccicati addosso. Fu solo quando l'acqua bollente le scorreva addosso che si ricordò del sogno in tutti i suoi minimi particolari e di nuovo si stupì della sua stranezza. Aveva spesso sentito dire che i sogni avevano un significato, ma l'unica cosa che le veniva in mente era che aveva cantato come un uccellino.
Uccellino.
Era il modo in cui la chiamava quell'uomo sfigurato, il Mastino. Uccellino a causa dell'abito di piume che aveva addosso il giorno in cui si erano visti, quando era andata al pub con Margaery e Loras, forse anche perché in confronto a lui era davvero piccola come un uccellino indifeso. Lui aveva visto le sue lacrime e le aveva asciugate, gesto che aveva fatto solo sua madre o suo padre quando era ancora molto piccola. Sansa sospirò, uscendo dalla doccia e iniziando ad asciugarsi i lunghi capelli rossi. Quell'uomo la confondeva.
Gettò un'occhiata fuori dalla finestra e vide con stupore una moltitudine di persone che si accalcavano lungo la via sotto casa, con cartelli, striscioni e microfoni da cui urlavano tra i fischi e il rumore generale. Una vera e propria manifestazione e dai cartelli che Sansa riuscì a leggere si protestava per le tasse messe dai Lannister e dai privilegi che ancora nel mondo moderno le famiglie nobili come la sua avevano. Sansa aveva visto poche manifestazioni nella sua vita perché suo padre aveva sempre amministrato bene il Nord e nessuno dei cittadini di Grande Inverno si era mai potuto lamentare di qualcosa, ma vedeva bene che quella era una manifestazione molto violenta.
Joffrey non ha ferito solo me, ma ferisce anche coloro di cui dovrebbe essere il rappresentante come sindaco.
Storse la bocca. Doveva andare a lezione di canto e non poteva assolutamente mancare, quindi doveva rischiare di rimanere imbottigliata nella calca di gente. Rapidamente si vestì, prese la borsa e uscì.
Il rumore fuori era ancora più forte e subito Sansa fu costretta a schiacciarsi al muro per evitare di essere travolta dalla calca, ma per fortuna nella confusione generale nessuno faceva caso a lei che così poteva cercare di arrivare a casa dell'insegnate di canto, qualche isolato più in là. Strisciò rasente al muro, assordata dalla confusione, mettendo lentamente un piede di fianco all'altro e avanzando pazientemente di centimetro in centimetro. In quel momento desiderava disperatamente la bellissima automobile di suo padre, se avesse avuto quella sicuramente non avrebbe avuto problemi a farsi strada tra le persone che, comunque, avevano il suo completo appoggio.
Sei fossi io il sindaco, mi farei amare. Aiuterei tutti, senza nessuna distinzione e i miei cittadini sarebbero felici, anzi no, sarebbero fieri di me.
Odiava Joffrey e i Lannister ancora di più per questo, ma in quel momento non era il tempo né il luogo adatto per pensare a questioni sociali: era in mezzo ad una manifestazione, era appiccicata ad un muro che le stava graffiando la schiena ed era in ritardo.
Arya si farebbe strada fra le persone sgattaiolando come un topolino, ma di certo io non lo posso fare.
Continuando ad avanzare, notò un gruppo di persone che sembravano i più arrabbiati e violenti di tutta la manifestazione: una decina, tutti uomini, sporchi e vestiti di stracci. Urlavano oscenità e venivano addirittura tenuti a distanza dagli altri manifestanti che erano comunque persone benestanti e più moderate. Si vedeva che quegli uomini erano la feccia della società e Sansa rabbrividì, schiacciandosi ancora di più al muro perché il gruppetto si stava dirigendo proprio verso la sua posizione continuando a gridare, gesticolare e agitare dei bastoni che avevano in mano.
Madre, ti prego...
 - È Sansa Stark! Una Stark!
L'urlo la colse di sorpresa, di scatto girò la testa verso colui che aveva urlato il suo nome e i suoi occhi azzurri incrociarono lo sguardo di dieci paio di orribili occhi neri.
 - Stark! Non bastano i Lannister, adesso quegli stronzi del Nord mandano qui le loro puttane!
 - Leoni, lupi, trote... Chi cazzo se ne frega, devono morire tutti!
 - Prendiamola, ragazzi! Facciamole sentire quanto è caldo il Sud...!
Le frasi arrivarono chiaramente a Sansa, tanto gli uomini erano vicini a lei, ma non stette ad ascoltare il resto: iniziò a scappare. Correva come aveva corso nel sogno, ma questa era la realtà e lei non era un lupo, non era al Nord, era in mezzo ad una manifestazione a Approdo del Re e la gente non le permetteva di passare, tanto erano pigiati tra loro.
 - Fatemi passare, vi prego! Fatemi passare!
Urlava la ragazza, ma nessuno l'ascoltava, la sua voce coperta dalle grida e dai suoni assordanti della manifestazione. Sansa spingeva, spintonava e a fatica cercava di passare mentre sentiva che alle sue spalle gli uomini si avvicinavano inesorabilmente: puzzavano e le loro facce crudeli creavano un vuoto di persone intorno a loro, le stesse persone che però ignoravano la piccola ragazza dai capelli rossi che cercava di farsi strada tra quei corpi che creavano una muraglia impenetrabile. Sembrava che all'improvviso la Barriera fosse diventata di persone invece che di ghiaccio e che fosse proprio lì in mezzo alla via principale di Approdo del Re.
Disperatamente, Sansa notò quella che le sembrava una via d'uscita: una stradina laterale sgombra di persone che collegava quella grande via ad un'altra parallela, se fosse riuscita a infilarsi lì dentro poi avrebbe avuto più spazio per scappare e quegli uomini non l'avrebbero presa.
Avanti! Sono una Stark, una lupa!
Sgusciò tra un grassone e una donna particolarmente arrabbiata, i cui urli le penetrarono dolorosamente nelle orecchie, poi passò dietro a due uomini con dei cartelli e infine, dopo aver superato un gruppetto di studenti, fu all'imbocco della piccola via. Sentiva dietro di sé che quegli uomini la stavano ancora seguendo, ma in campo libero non avevano speranze di prenderla: era una lupa, correre era la sua natura. Le sue gambe scattarono e con rapido balzo Sansa iniziò a correre sul selciato sporco di quella viuzza laterale. Loro rantolavano dietro di lei, ma il suo vantaggio era lungo e quindi non ce l'avrebbero mai fatta a prenderla se solo la via non fosse stata...
Oh, no... no...
...quello che era. Una strada senza uscita.
Era intrappolata e si era infilata in quella situazione con le sue mani. Se fosse rimasta tra le persone forse sarebbe riuscita a scappare, ma adesso era davvero senza scampo e se ne rendeva dolorosamente contro. Gli uomini avanzavano verso di lei e sulle loro facce sporche e brutte Sansa poteva leggere il gusto per la vittoria e la soddisfazione per averla catturata dopo che gli era sfuggita tra la folla, facendoli ammattire con i suoi continui cambi di direzione. La situazione era tutta a loro favore e loro se ne rendevano conto: sebbene senza via d'uscita, la strada era abbastanza lunga e quindi si erano allontanati dalle gente quel tanto che bastava perché nessuno sentisse i suoi urli.
 - Oh, uh, la puttanella si è messa in trappola da sola. Complimenti, ora la corsa è finita, lupetta.
Qualcuno sghignazzò, battendo le mani mentre un altro si leccava le labbra screpolate.
 - Vi prego, state lontani.. Anche io odio i Lannister...
Mormorò la rossa e le sue parole furono accolte da un coro di risate.
Con un tonfo sordo la schiena di Sansa sbatté contro il maledetto muro che chiudeva la strada e la giovane gemette, la mente che cercava una soluzione per cercava di scappare, ma il muro era lato almeno quattro metri e le case intorno avevano tutte le finestre chiuse. Il rumore della manifestazione, sebbene lontana, avrebbe coperto qualsiasi suono e quindi anche urlare sarebbe stato inutile. Sansa tremava, cercava di farsi il più piccola possibile schiacciandosi contro il muro.
 - Avanti, piccola, non avere paura. Siamo persone socievoli, noi, abbiamo altri dieci piccoli amici da farti conoscere.
Disse uno, quello che sembrava il capo. Aveva la testa pelata e la pancia usciva dalla camicia sporca.
 - Voglio essere il primo!
Gridò un segaligno, ma Testa Pelata lo fulminò con lo sguardo.
 - Non essere coglione, Pip. Io sono il primo, ovviamente.
Pip non sembrava contento della cosa, ma un tipo con solo cinque dita alla mano destra intervenne:
 - Sei tu il coglione. Questa qui è vergine, ci scommetto le palle, quindi è compito mio.
Tutti iniziarono a ridere e le loro risate erano come lame nelle orecchie di Sansa.
 - Oh, eccolo qui, lo Scopa Vergini!
 - Signoria, vuole il cavalierato?
 - Inchiniamoci, il tuo stemma sarà...
 - Piantatela con questa cazzate.
Quest'ultima voce, così gelida e tagliente, bloccò il flusso delle battute e Sansa alzò la testa come se fosse stata schiaffeggiata. Il tremore aumentò mentre le sia accapponava la pelle. Chi poteva avere una voce come quella? Tutti si girarono verso l'uomo che aveva parlato e che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte senza aprire bocca, appoggiato al muro con una sigaretta in bocca. Era alto e non era neanche così tanto brutto: capelli color paglia sporca, corporatura magra e scattante e gli occhi più assurdi che Sansa avesse mai visto. Erano verde chiarissimo, quasi giallo ed erano fissati su di lei, sembravano spogliarla e violarla senza neanche toccarla.
 - È la sua prima volta, ragazzi, pensiamo a qualcosa di speciale.
Inclinò un'attimo la testa, gettò la sigaretta in terra e la schiacciò con la punta del piede. Cinque dita, Testa Pelata, Pip e tutti pendevano dalle sue labbra e Sansa si odiava per la sua stupidità, per il suo non riuscire a reagire, per il suo corpo che sembrava diventato di marmo. Possibile che fosse sempre in attesa di essere salvata e non riuscisse a fare niente da sola?
Oh, Madre...
 
- Tutti insieme!
Il grido di Occhi Gialli fu seguito dalle acclamazioni di tutti gli altri e in un'attimo Sansa si trovò dieci uomini che le saltavano letteralmente addosso. Gridò, scattando in piedi e cercando di fuggire, ma una mano sporca si allungò afferrandola per la maglietta: un rumore di stoffa strappata e la giovane si ritrovò di nuovo in terra, la maglietta a brandelli che rivelava il semplice reggiseno nero. Disperatamente cercò di coprirsi con i lembi di stoffa di ciò che rimaneva della T-Shirt e i suoi tentativi furono accolti da un ululato di risate sguaiate. Sansa cominciò a piangere.
 - Vi prego... Vi prego...
Qualcuno l'afferrò per il polso sinistro tirandola su e iniziò a palparle un seno, le dita adunche che scivolavano sotto l'elastico del reggiseno violando la carne bianca. I singhiozzi di Sansa si fecero più forti, il suo istinto lupesco si risvegliò e cercò di liberarsi divincolandosi, poi mise la mano ad artiglio e con un grido graffiò la faccia dell'uomo. Lui gridò, le rifilò un manrovescio con tutta la sua forza e Sansa cadde di nuovo a terra mentre la bocca le si riempiva di sangue che cominciò a colare lentamente anche dal naso.
 - Questa puttana mi ha graffiato!
Gridò l'uomo e gli altri iniziarono a ridere.
 - Ha gli artigli affiliati, questa lupetta del cazzo!
 - Oh, Joe, pensi di farcela oppure una ragazzina è troppo per te?
Quest'ultima frase sembrò colpire Joe che con un ringhio si gettò di nuovo su Sansa, bloccandola a terra col suo peso e fermandole i polsi con la mano sinistra. Il bisbiglio fu lascivo, sporco e crudele.
 - I giochi sono finiti, bimba, Ora arriva il piatto forte.
 - No!!
Gridò Sansa, ma la mano destra dell'uomo corse ai bottoni dei suoi jeans, strappandoli con un solo gesto per poi aprire velocemente anche i suoi.
La mia prima volta... Come l'avevo immaginata, con Loras, in un castello da favola. Il letto a baldacchino ricoperto di petali di rosa rossi e lui che con delicatezza mi insegnava i più piacevoli segreti. Invece sono qui. Madre, abbi pietà.
La mano dell'uomo era adesso alle sue mutandine. Sansa chiuse gli occhi. Una lacrima scivolò tra le sue ciglia nere.
Madre, abbi pietà. Fai che finisca tutto velocemente.
Poi accadde qualcosa. Qualcosa che nessuno, né i dieci uomini né tanto meno Sansa, si sarebbe immaginato.
Nel vicolo rimbombò uno sparo.
Sansa aprì gli occhi di scatto. I suoi azzurri incontrarono quelli fissi e inespressivi dell'uomo sopra di lei, ma un terzo occhio (rosso e sanguinante) gli era apparso nella fonte. Per un'istante rimase a sedere su Sansa, come era prima, poi crollò su di lei, morto.
 - Che caz...!
Un altro sparo, poi un altro e un altro ancora. Gli uomini cadevano a terra e chi non era stato colpito iniziò a scappare, ma gli spari non si interrompevano e Sansa, con il cadavere dell'uomo ancora steso sopra di lei, capì che non avevano speranze di uscire vivi. Come lei era rimasta intrappolata, lo erano anche loro: da una parte il muro, dall'altra chi stava sparando.
Non avevano possibilità.
La giovane Stark contò otto spari, poi anche essi si fermarono. Rimase immobile senza osare neanche respirare: non sapeva ancora se chi aveva ucciso quegli uomini la voleva salvare oppure se era passata dalla padella alla brace.
 - Avanti, uccellino. Ora sei salva.
Quella voce, quella voce Sansa la conosceva.
Il Mastino.
Senza alcuno sforzo il Mastino afferrò per la cintura il cadavere riverso su Sansa e lo gettò di lato, liberandola di quel peso indesiderato. Lei lo guardò e aprì la bocca, cercando di ringraziarlo, ma le parole non le uscivano dalle labbra: le corde vocali erano bloccate, come tutto il corpo, dal terrore che ancora l'attanaglia. Aveva freddo, sentiva ancora le mani di quegli uomini addosso e fu solo quando concentrò tutte le sue energie sulla voce riuscì a spiccicare qualche parola:
 - F...Freddo.
Il Mastino sospirò, scuotendo la testa.
 - Hanno tolto la voce al piccolo uccellino, figli di puttana. Non ti faranno alcun male, comunque, non più e sopratutto mai più.
La fissò, stava per aggiungere qualcosa, ma poi richiuse la bocca. Sopirò di nuovo, spazientito perché Sansa non riusciva a muoversi e le si avvicinò, infilando nella fondina la pistola ancora fumante che stringeva in pugno. Senza farsi problemi, prima che lei potesse dire (o cercare di dire) qualsiasi cosa, l'afferrò per la vita e se la caricò in spalla come un sacco di patate.
 - Avanti, uccellino. Ti riporto nella tua bella gabbietta dorata.
Sansa non riusciva neanche a pensare. Chiuse gli occhi godendosi il calore corporeo che filtrava dalla pelle del pastrano del Mastino e affidandosi completamente a lui.

Mani, mani da tutte le parti, mani che la toccavano, mani che la palpavano, mani che la graffiavano, mani che l'afferravano...
“Tutti insieme!”
Mani sotto i suoi vestiti, mani sporche, mani insanguinate, mani voraci...
“Tutti insieme!”
Mani cattive, mani violente, mani tra i suoi capelli...
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”

Con un grido, Sansa aprì gli occhi, tremando come una foglia. Era nella sua stanza, aveva freddo e era sola.
Dov'è il Mastino?
Lui l'aveva salvata, era un assassino, ma Sansa sentiva chiaramente che la cosa non la turbava molto. Adesso aveva ancora più paura di lui, ma era una paura strana perché sapeva che lui non le avrebbe mai fatto del male altrimenti non l'avrebbe neanche salvata quella mattina. Sentiva che lui non l'avrebbe mai ferita, era una sensazione viscerale che non riusciva a spiegarsi e che non aveva nessun fondamento logico.
All'improvviso Sansa si sentì sporca. Il ricordo di tutto quello che era successo le piombò addosso come un macigno e con un grido si strappò di dosso i jeans, la maglia lacera e l'intimo. Corse in bagno, aprì l'acqua della doccia, si infilò sotto il getto bollente e fu solo quando l'acqua caldissima iniziò a scorrerle sul corpo che si calmò. Piano piano i brividi di paura sparirono e Sansa riprese controllo delle proprie emozioni.
Ok, basta. Ora sono al sicuro.
Stette ancora sotto il flusso caldo dell'acqua, senza pensare a niente e lasciando che che l'acqua la ripulisse anche dai cattivi pensieri. Quando sentì che si era calma abbastanza uscì e si avvolse nel suo morbido accappatoio bianco, sospirando.
Vorrei che Margaery fosse qui.
Lei avrebbe saputo cosa fare e l'avrebbe calmata, rassicurandola e facendola ridere. Un sorriso comparse sulle labbra di Sansa pensando all'amica, ma Margy era lontana e non poteva fare assolutamente niente per lei.
Era sola.
Il pensiero la colpì: non c'era nessuno lì con lei, in quel bel palazzo dato che anche le loro coinquiline avevano seguito la giovane Tyrell ad Alto Giardino. Era completamente in balia di chiunque fosse riuscito ad entrare e all'improvviso Sansa cominciò a tremare di nuovo, le sembrava che le ombre avessero occhi e che ridessero di lei allungando le loro mani oscure. Il panico l'attanagliò di nuovo e corse ad accendere tutte le luci delle stanze dell'appartamentino: non voleva nessuna ombra, nessun luogo oscuro in cui chiunque avrebbe potuto nascondersi per poi aggredirla di nuovo.
Respirando affannosamente, si fermò al centro della camera da letto. Ora tutte le luci erano accese, ma era se possibile ancora peggio perché adesso quei faretti le sembravano quegli assurdi occhi di quell'uomo, di Occhi Gialli. La fissavano come l'avevano fissata nel vicolo, spogliandola e stuprandola con solo gli occhi.
“Tutti insieme!”
“Tutti insieme!”
“Tutti ins...
 - Basta!!
Gridò Sansa, crollando in ginocchio e coprendosi le orecchie con le mani tremanti. Stava impazzendo e se non avesse fatto qualcosa avrebbe davvero perso il controllo.
So cosa devo fare.
Con gesti scattanti si tolse l'accappatoio e afferrò due cose a caso dall'armadio che indossò rapidamente, poi si mise le sue All Stars e uscì di casa.

Sapeva dove l'avrebbe trovato. L'avrebbe trovato nel luogo del loro primo incontro, dove, Sansa era sicura, lui passava tutte le sere. Tutte le volte che gli era stata vicina gli aveva sentito addosso l'odore di alcool, un odore che non le dispiaceva e che le sembrava così maschile sopratutto quando era mischiato all'odore della pelle del pastrano: aveva sentito quei due odori mescolati quando lui l'aveva riportata a casa e l'avevano cullata trasmettendole sicurezza.
Aprì la porta del pub ed entrò in quel locale che ricordava così bene, ovvio, era stato il suo primo appuntamento con Loras. C'era anche Margaery, ma non importava, nella sua mente c'erano solo loro due... E il Mastino, che con la sua rudezza l'aveva avvertita di un pericolo leonesco.
Lui ancora non l'aveva vista, ma lei l'aveva già individuato. Era seduto nello stesso posto in cui stava la prima volta in cui si erano parlati, un posto nascosto, ma da cui si poteva osservare tutta la sala. Sansa prese un respiro profondo, poi andò verso di lui. Non sapeva cosa gli avrebbe detto per convincerlo, ma doveva riuscirci ad ogni costo.
 - Grazie.
Il Mastino si girò di scatto e quando la vide in piedi dietro di lui i suoi occhi espressero tutta la sua sorpresa. Sansa stava ritta davanti a lui, i capelli bagnati, i vestiti presi a caso dall'armadio, ma il viso fiero e serio. Lui si girò di nuovo e borbottò:
 - Grazie dillo ai tuoi cavalieri delle favole, uccellino, non a un mastino.
Ma Sansa non aveva nessuna intenzione di arrendersi, almeno fino a che non avesse davvero capito che lui non la voleva intorno.
 - I miei cavalieri non mi hanno salvato, lei invece sì.
E quando pronunciò quelle parole, si rese conto che era così. Nessuno, nessun principe azzurro, nessun eroe mascherato era corso in suo aiuto e solo il Mastino era andato a salvarla uccidendo dieci uomini solo perché non la stuprassero. Nessuno, nessuno...
Nemmeno Loras...
Il pensiero la colpì, ma poi si affrettò a pensare che lui aveva altre cose a cui pensare oltre a salvare lei e poi era ad Alto Giardino insieme a Margaery. Se avesse potuto l'avrebbe fatto sicuramente, giusto?
Ma non l'ha fatto.
Sansa preferì accantonare questa questione spinosa e concentrarsi sull'uomo di fronte a lei che la fissava con aria torva.
 - Ho ucciso nove uomini, non ti crea ness...
 - Quanti?
Sansa era sbiancata e nella sua mentre conti e calcoli si sovrapponevano. Aveva sentito otto spari mentre era sotto il cadavere di Joe, quindi compreso lui il Mastino aveva davvero ucciso nove persone.
E il decimo?
Sansa non aveva dubbi su chi fosse l'unico che fosse riuscito a sopravvivere alla macellazione del Mastino.
Occhi Gialli.
Solo lui poteva essere capace di una cosa del genere, lui che era un demone o una creatura nata dall'odio dei Sette Dei verso il genere umano.
 - Tutti insieme...
 - Cosa?
Il Mastino si sporse verso di lei, non aveva sentito le due parole che Sansa aveva mormorato.
 - Cosa hai detto, uccellino?
Sansa fissava in terra, ma alle sue parole alzò di scatto la testa piantando i suoi occhi azzurri in quelli neri del Mastino, azzurri occhi stravolti dal terrore e spalancati per la paura.
 - Tornerà a prendermi e quando mi prenderà mi ucciderà.
L'espressione sul viso del Mastino si fece di pietra, ma i suoi occhi fiammeggiavamo. Sporse in fuori la mascella, scoprendo lievemente i denti.
 - Nessuno ti torcerà una piuma, uccellino. Ora siediti e dimmi tutto.
Prese una sedia e la mise vicina alla sua, poi si sedette e attese che anche Sansa lo facesse. Lei esitò un'attimo, poi si accomodò e gli raccontò tutto, tutto quello che era successo e tutto ciò che pensava quindi alzò lo sguardo verso di lui e mormorò:
 - Io... Io ho paura. Posso stare da te?
Il Mastino scoppiò in una risata sguaiata, battendo il palmo della mano sul povero tavolino.
 - Cosa?! Tu, una nobildonna, in casa di uno come me? Non pensi alla tua virtù, al tuo onore e alla tua reputazione?
Sputò quelle tre parole come se gli facessero schifo e poi guardò Sansa con occhi derisori.
 - Non essere idiota, uccellino, non sono mica una tua balia del cazzo.
Sansa chiuse gli occhi, arrossendo.
Cosa pensavo? È ovvio che non mi vuole tra i piedi, sono solo una stupida ragazzina.
Strinse i pugni e con lo sguardo a terra fece il gesto di alzarsi in piedi: ci aveva provato, ma aveva fallito ed era andata come avrebbe dovuto immaginare che sarebbe andata. L'idea di tornare in quella grande e buia casa da sola, del gelo che avrebbe trovato in quelle stanze insieme ai fantasmi di quei dieci uomini le fece venire un capogiro dalla paura, ma si alzò lo stesso come avrebbe fatto una vera Stark di Grande Inverno.
Io sono Sansa Stark, mio padre è Lord Eddard Stark di Grande Inverno e mia madre Lady Catelyn Stark di Delta delle Acque: non avrò paura di fantasmi e buio.
Una mano si allungò, afferrandole il braccio.
 - Aspetta.
Sansa si girò di scatto. Il Mastino non la guardava, ma la giovane fanciulla sapeva che stava per aggiungere qualcosa.
 - Puoi venire.
Il cuore di Sansa le balzò in gola dalla felicità mentre il sollievo l'avvolgeva come una coperta calda, come le braccia di un principe immaginario. Non doveva tornare in quella casa, non doveva stare da sola, poteva dormire al sicura. D'istinto allungò l'altra mano e la posò su quella di lui che ancora le stringeva delicatamente, ma con forza, il braccio, una mano grande, calda e callosa. Per un secondo rimasero entrambi congelati senza neanche respirare per quel contatto così intimo e inatteso, poi Sansa ritirò la sua mano svincolando anche il braccio e arrossendo.
Perché arrossisco? Io...
 - Grazie...
Mormorò, fissando il pavimento e avvolgendosi nervosamente una ciocca rossa intorno ad un dito della mano.
 - Ti ho già detto di ringraziare solo quei cazzo di damerini che conosci, non me!
Fece lui, alzandosi di scatto e avviandosi verso la porta.
 - E vedi di non perderti, non torno certo a riprenderti uccellino.
Sansa sorrise piano, seguendolo.

Una mezz'ora dopo, Sansa era tra le coperte di un grande letto spartano, ma comodo. Tutta la casa del Mastino era spartana e comoda e a Sansa piaceva, le ricordava Grande Inverno con le sue fredde sale in cui solo i veri Stark si sentivano a loro agio. Con un grugnito il Mastino le aveva dato il proprio letto, affermando che non avrebbe fatto dormire una lady sul divano e che però non avrebbe cambiato le lenzuola, se le andava bene dormiva in quelle oppure se le cambiava da sola. Sansa aveva preferito tenere quelle del Mastino, piene di quell'odore che aveva scoperto quanto le piacesse. Lui, dopo averla sistemata, era tornato al bar lasciandole la casa libera quindi Sansa si era asciugata i capelli e si era potuta spogliare senza paura che lui potesse entrare e vederla nuda. Nella fretta non aveva preso nulla per dormire e non avrebbe mai osato usare una maglietta del Mastino quindi, arrossendo al solo pensiero, aveva deciso di dormire in mutandine e reggiseno. Non aveva freddo, ma temeva che durante la notte si sarebbe scoperta per il caldo e che così lui, entrando in camera, la vedesse. Era però un prezzo che pagava volentieri per la pace che adesso provava, una pace e una sicurezza che non sentiva da mesi, da quando aveva lascito Grande Inverno e la sua casa.
Chiuse gli occhi sospirando.
“Tutti insieme!”
Sorrise, già mezza addormentata.
Va bene, venite tutti insieme. Lui vi ucciderà tutti.

 




Eccomi con il terzo capitolo! Vi avevo già annunciato che sarebbe stato denso di avvenimenti e spero di non aver tradito le aspettative XD Ovviamente mi sono ispirata direttamente alla Rivolta del Pane in cui Sandor salva Sansa da uno stupro, trasformando una rivolta medievale in una manifestazione moderna. La parte finale del pub l'avevo scritta ieri sera, poi, a letto, mi è venuto il terribile dubbio di essere OOC quindi stasera l'ho riscritta completamente e ora mi soddisfa molto di più, la prima verione aveva un Sandor troppo fluff (odio quando lo rendono così XD) e una Sansa troppo piena d'iniziativa e moderna XD
Con un piccolo uccellino in casa il grosso mastino cosa farà? E i Lannister? Come prenderanno questa cosa? Lo sapremo nel prossimo capitolo! XD (anche perchè non lo so neanche io <3)

 

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Capitolo 4
*** a little ***


IV - A Little



Sandor Clegane era un uomo duro e tosto che non aveva paura di usare la violenza se ce ne era bisogno, un uomo non abituato alla gentilezza o ai sentimenti dolci. L'infanzia era stata difficoltosa in un famiglia violenta le cui azioni si erano impresse sulla pelle del Mastino creando le sue cicatrici, ma tutto questo non aveva fatto altro che rafforzarlo ancora di più. Nei suoi ventotto anni di vita aveva avuto più esperienze di un uomo col doppio dei suoi anni e in queste esperienza si contavano ovviamente anche le donne, che però il Mastino era sempre stato costretto a pagare dato che mai in tutta la sua vita una creatura di sesso femminile si era avvicinata a lui di sua spontanea volontà. A lui non interessava, lui dava qualcosa a loro e loro davano qualcosa a lui, era uno scambio equo che gli aveva permesso di avere così tante donne da non ricordare neanche la cifra precisa.
Insomma, era stato con donne meravigliose e esperte in tutti i campi dell'erotismo quindi mai, mai, mai, mai avrebbe immaginato che una ragazzina di sedici, diciassette anni potesse causargli così tante emozioni. Eppure era lì fermo come un palo davanti alla porta della sua camera da letto che l'uccellino occupava. Sapeva che se avesse appoggiato l'orecchio alla porta avrebbe potuto sentire il suo respiro, avrebbe potuto immaginare il suo seno alzarsi e abbassarsi nel sonno e le ciocche rosse scompigliate sul viso muoversi lievemente a causa dell'aria calda che usciva e entrava dalle sue morbide labbra.
Sandor si prese la testa tra le mani, gemendo lievemente. Il vino gli intorbidiva la mente impedendogli di pensare normalmente, ma in compenso faceva correre la sua immaginazione lungo strade che non avrebbe dovuto neanche pensare di intraprendere. Infilare le mani in quella massa dal colore autunnale, baciare quella pelle così bianca da apparire quasi lucente... No, non doveva! Non doveva! Guardò la maniglia e solo un enorme sforzo di volontà gli impedì di provare ad abbassarla per vedere se l'uccellino aveva chiuso a chiave la porta.
Con un cane come me in casa l'ha fatto sicuramente, se non è scema.
Con un sospiro guardò il divano su cui avrebbe passato la notte e che non aveva per niente un aspetto comodo, era sicuramente meglio il suo letto, ma l'uccellino non avrebbe apprezzato la sua intrusione.
O forse sì, chi lo sa. Ma non voglio che mi facciano fuori perché ho scopato la nobile figlia di Lord Eddard Stark.
Un grigno comparve sulla sua faccia. Chissà che faccia avrebbe fatto il Protettore del Nord se avesse saputo che la sua preziosa figliola era nelle mani del Mastino, il più spietato tra le bodyguard dei Lannister? Con la sua bella fama di certo anche il gelido Ned si sarebbe incazzato e sarebbe piombato su di lui come una tempesta invernale.
L'inverno sta arrivando. O sta venendo?
Un altro grigno. Poi il vino fece il suo effetto collaterale e Sandor piombò nel sonno.

Sansa era sveglia, ma non aveva il coraggio di alzarsi del letto. L'orologio del cellulare diceva che erano le dieci di mattina e quindi per quel giorno a scuola avrebbero fatto a meno della sua presenza, ma non era quello a preoccuparla. Tendeva l'orecchio per cercare di capire se il Mastino era in casa, se era sveglio o se dormiva oppure se era già uscito. Sansa era imbarazzata e non capiva come aveva potuto proporre all'uomo una cosa come ospitarla a casa sua, non sapeva come affrontarlo una volta uscita dalla stanza.
Avanti. Ti scuserai per il disturbo, lo ringrazierai e te ne andrai.
Strinse le labbra e poi con un sospiro si alzò. Indossò quello che aveva la sera prima e con mani tremanti abbassò la maniglia della porta uscendo del salotto che faceva anche da sala da pranzo dato che la casa del Mastino era veramente piccola, composta da solo quattro stanze: una grande che era il salotto-sala da pranzo, la camera da letto, la cucina e il bagno.
Gli occhi azzurri corsero subito al divano dove lui avrebbe dovuto dormire e infatti eccolo lì, ancora immerso nel mondo dei sogni. Senza fare rumore Sansa si avvicinò a lui, osservandolo come non avrebbe mai fatto se lui fosse stato sveglio e l'avesse fissata con i suoi occhi neri e infuocati. Nel sonno non appariva così terribile e anche le orribili cicatrici che gli deturpavano il volto erano meno spaventose tanto che per un'istante Sansa desiderò toccarle, sentire sotto il polpastrelli la pelle cicatrizzata e irregolare, seguirle con le dita sfiorandole. Senza sapere cosa faceva allungò una mano, ma lui, come sentendo la sua presenza, si mosse nel sonno facendole fare un balzo all'indietro.
Ma che vado a pensare!
Si sgridò la giovane, ma poi i suoi occhi scivolarono sul corpo dell'uomo coperto da una leggera trapunta che nel movimento di prima si era scostata rivelando il suo fisico possente. Ogni muscolo era perfetto, con forti pettorali e addominali definiti tanto che Sansa avrebbe potuto contarli senza problemi. Alcune cicatrici, frutto di combattimenti e scontri, gli solcavano il petto, ma in confronto a quelle in faccia non erano niente. La rossa cercò di distogliere lo sguardo, ma non ci riusciva e solo un quel momento notò il tatuaggio che decorava il torace del Mastino: sotto il pettorale sinistro c'erano tre cani neri allineanti uno sopra l'altro, della grandezza di circa dieci centimetri l'uno. Era grosso, ma le piaceva anche se a lei i tatuaggi non avevano mai fatto impazzire e nella famiglia era ovviamente Arya che smaniava di avere la maggiore età per farsi subito tatuare un lupo sulla schiena.
All'improvviso il ricordo della sua famiglia, della sua casa e della sua terra la colpirono come un pugno nello stomaco e per qualche istante Sansa si perse nei suoi pensieri, ricordi di una vita passata. Quando si riscosse, si accorse con orrore che il Mastino si era svegliato e la stava fissando un uno sguardo intraducibile.
Oddio, mi ha beccato che lo fissavo come una maniaca?!
La Stark arrossì fino alla radice dei capelli e si girò di scatto, mormorando:
- Buongiorno...
Lui non rispose, ma Sansa sentiva con precisione i suoi occhi neri fissarla anche se lei non lo stava guardando poi il Mastino grugnì e si alzò a sedere, incurante della trapunta che cadde dal divano definitivamente.
- Vado a fare la doccia, non entrare in bagno.
Fece, secco, avviandosi verso l'altra stanza e non degnandola di uno sguardo. Sansa, invece, ebbe la visuale completa della schiena dell'uomo, ugualmente scolpita come il petto e con altrettante cicatrici. Solo in quel momento Sansa si rese conto che la vita del Mastino doveva essere stata veramente dura, assolutamente diversa dalla sua e da quella dei ragazzi che aveva frequentato fino a quel momento, tutti nobili, ricchi e con la strada della vita spianata. Il Mastino era diverso da loro e il suo corpo ne era la prova.
Sospirò, arrotolando sull'indice una ciocca rossa. Cosa doveva fare? Sentiva già l'acqua scorrere in bagno e lei era ancora lì impalata in mezzo alla stanza come una vera idiota.
Devo ricompensarlo in qualche modo, ma come?
A lei cosa piaceva? Le piacevano i libri, i fiori, le canzoni e l'amore, ma erano tutte cose che il Mastino non avrebbe apprezzato quindi doveva pensare a qualcos'altro. Avanti, cosa le piaceva davvero? Chiuse gli occhi e si ritrovò in camera sua, a Grande Inverno. Il sole freddo del Nord giocava con i suoi capelli, ma era la dolce voce di sua madre che la svegliava.
“Sansa, cara, alzati. Sono le dieci!”
Con lei arrivava anche un'altra cosa, un dolce odore che faceva aprire gli occhi alla fanciulla e che la spingeva a poggiare i piedi nudi sulle pietre gelide del pavimento, sbadigliando e sorridendo.
Pancake.
Lei adorava le tortine al limone, ma per colazione i pancake erano la cosa che preferiva e che le faceva spuntare il sorriso ogni giorno. Non aveva mai cucinato, ma aveva visto farlo tante volte dalla cuoca e credeva di riuscire a imitarla, dato che i pancake erano una delle ricette più semplici che l'anziana donna conosceva.
Sorrise, avviandosi verso la cucina. Chissà se il Mastino aveva tutti gli ingredienti?

Sandor uscì dalla doccia e quando chiuse l'acqua sentì degli strani rumori provenire dalla cucina. Che cazzo stava combinando l'uccellino? Aveva intenzione di distruggergli casa oltre ad averla occupata per tutta la notte?
L'acqua gli aveva schiarito la mente, ma purtroppo si ricordava ogni singolo pensiero che aveva fatto la notte prima e svegliarsi trovando l'uccellino che lo fissava con quello sguardo non aiutava certo. Aveva sperato che l'alcool cancellasse ogni ricordo eppure ogni fantasia o pensiero sulla ragazzina sembrava impresso a fuoco nella sua mente come l'imbarazzante ricordo di lui appiccicato alla porta di camera che sognava di buttarla giù e prendere l'uccellino, in barba al suo cazzo di titolo nobiliare.
Afferrò un paio di jeans sdruciti e una felpa, si infilò il tutto e uscì dal bagno. Appena aperta la porta, però, qualcosa lo colpì: un odore, un odore che era assolutamente estraneo alla sua casa e alle sue abitudini.
No, non un odore... Un profumo.
Era un profumo caldo e dolce che proveniva dalla cucina e Sandor era semplicemente sbalordito. Cosa diavolo stava combinando l'uccellino? Si era messa a cucinare? Con passo rapido si avvicinò all cucina, sporgendosi silenziosamente a guardare dentro e la scena che vide lo colpì più del profumo.
L'uccellino stava davvero cucinando qualcosa, era davanti ai fornelli e gli dava le spalle, si era legata il lunghi capelli rossi in un crocchia e canticchiava qualcosa a bassa voce. Era assolutamente persa nel suo lavoro e non lo aveva sentito arrivare così il Mastino poté rimanere qualche istante ad osservare la sua figura e i suoi movimenti sicuri mentre faceva saltare una specie di frittata sulla padella. Gli occhi neri dell'uomo accarezzarono il bianco collo che i capelli tirati in su mettevano in risalto, dall'attaccatura di essi fino giù dove scompariva oltre il bordo della maglietta oltre il quale gli sarebbe stata impedita per sempre la visione.
Già... Non si guarda sotto la maglietta delle nobildonne.
- Ah!
Lei, percepita la sua presenza, si girò di scatto per poi abbassare di nuovo gli occhi. Ancora non riusciva a sostenere il suo sguardo e neanche a guardarlo in faccia e ciò addolorava terribilmente il Mastino, anche se neanche lui se ne rendeva bene conto.
- Non l'avevo sentita entrare... Sto facendo la colazione, so che è una magra ricompensa per avermi ospitato tutta la notte, ma prometto che le darò anche dei soldi.
Con un grugnito il Mastino si mise pesantemente a sedere su un delle sedie del tavolino della cucina.
- Te l'ho già detto, uccellino, non sono uno dei tuoi stupidi amichetti dal sangue blu, quindi smettila con quel cazzo di “lei”. E non voglio soldi, questa casa non è un albergo e non mi devi pagare!
- Ma...
- E poi non credevo che le lady sapessero cucinare, a casa non hai qualcuno che lo fa al posto tuo?
Sansa si girò di nuovo verso i fornelli, ferita dal suo tono sferzante. Lui se ne accorse, ma lo ignorò: per qualche ragione si sentiva turbato e ciò lo infastidiva.
- Io... Mia madre mi ha sempre detto che per governare la servitù bisogna prima sapere noi cosa fare, altrimenti è ipocrita. Sa, il resto delle famiglie nobili prendono in giro questo nostro onore da uomini e donne del Nord, ma è così da sempre. Sarà che noi discendiamo dai Primi Uomini e gli altri dagli Andali, forse è per questo che siamo così diversi e loro non ci capiscono. La lady mia madre però è una Tully, ma anche loro tengono molto all'onore: il loro motto è proprio “Famiglia, Dovere, Onore”...
Senza rendersene conto Sansa aveva iniziato a parlare a ruota libera della sua famiglia e sul finale la sua voce aveva avuto un tremito. Sapeva che non era educato monopolizzare la conversazione e aprì la bocca per scusarsi, ma il Mastino la precedette.
- Ti manca casa, eh, uccellino?
Quella frase così dolce, detta con quel tono così tenero sorpresero talmente tanto Sansa che la ragazza avvicinò troppo la mano alla padella, toccandola. La sferzata di dolore fu così lanciante che le parve che per un istante qualcuno le avesse conficcato un coltello incandescente nella mano.
- Aaah!!
Strillò, allontanandosi di scatto. In un secondo il Mastino fu accendo a lei e le prese la mano ferita nella sua enorme e callosa. Osservò la striscia rossa che solcava il palmo con una strana espressione rabbuiata poi la lasciò andare e uscì dalla stanza, lasciando una Sansa impietrita e senza parole.
Perché ha detto una cosa così dolce? Quel tono... Non glielo avevo mai sentito e quell'espressione... Questa sciocca bruciatura gli avrà ricordato le sue, ma la gravità non si più neanche paragonare! Forse il mio urlo per una ferita così lieve gli sarà sembrato un insulto a quello che ha dovuto passare lui...
Si era offeso? Stranamente quell'eventualità feriva Sansa molto di più di quanto avrebbe creduto, perché si sentiva responsabile: era stata lei a distrarsi e a ferirsi, lui non c'entrava niente!
Lui rientrò nella stanza tenendo in mano una scatola rossa del pronto soccorso e la poggiò sul piccolo tavolino della cucina che Sansa aveva apparecchiato (non voleva usare quello più grande che era in salotto, non osava), poi le fece irosamente gesto di avvicinarsi e Sansa ubbidì, sedendosi di fronte a lui. L'uomo aprì la scatola, prese una pomata e, afferrata la mano di Sansa, prese a spalmargliela sulla bruciatura. Il suo tocco era molto delicato e Sansa, capito che lui cercava di non farle male, si sentì invadere da un dolce e tenero calore. Come prima, anche adesso questa sua insolita gentilezza la colpivano e era sorprendente che un guerriero come lui potesse essere così delicato.
È ovvio che è abituato a curarsi le ferite che si procura nei suoi vari scontri, ma di sicuro non ha mai curato una ragazzina come me.
Ora però era ancora più in debito con lui e la ragazza, spinta dal suo onore di Stark, provò di nuovo a cercare do pagarlo.
- La... La prego, accetti qualcosa! I pancake non bastano, adesso mi sta anche cur...
- Stai zitta.
Fu la secca risposta di lui che non alzò nemmeno lo sguardo a guardarla, tenendolo puntato su ciò che stava facendo ovvero medicarle la mano.
- Tanto adesso te ne andrai, quindi è inutile preoccuparsi.
Già, se ne doveva andare. Questa cosa intristiva Sansa e non solo perché sarebbe stata di nuovo da sola, ma anche per qualcos'altro, qualcosa che non riusciva a mettere bene a fuoco e che la abbatteva.
- Ecco fatto, ora è perfetta.
Gliela aveva anche fasciata e in effetti il dolore stava svanendo.
- Per fortuna aveva già finito di cucinare, altrimenti non ci sarei riuscita con questa mano malandata. Ecco, spero che le piaccia.
Prese il grande piatto da portata su cui aveva impilato i pancake e lo posò sul tavolo per poi cospargerlo di sciroppo d'acero e ne servì qualcuno al grande uomo. Anche sforzandosi non riusciva proprio a smettere di dargli del “lei”, l'avrebbe imbarazzata troppo.
Per un istante Sandor guardò i pancake nel piatto come se fossero dei cibi extraterrestri e Sansa temette che non l'avrebbe voluto mangiare, in quel caso lei non avrebbe saputo proprio cosa fare per ringraziarlo dell'ospitalità. Poi però lui prese forchetta e coltello, ne tagliò un pezzo, lo masticò e ingoiò. Fu solo in quel momento che alzò lo sguardo su Sansa che era in trepidante attesa che lui facesse un qualche commento e disse, col suo tono rude:
- Mettiti a sedere e mangia anche te, uccellino. Mi metti sotto pressione se mi fissi così mentre mangio.
Arrossendo per essere stata rimproverata sulle buone maniere, suo punto forte, Sansa si sedette e iniziò a mangiare anche lei. Quel silenzio la opprimeva e temeva che a lui i pancake non piacessero, ma quando lo guardò e vide che ne aveva presi altri sospirò felice: non credeva che cucinare desse così tante soddisfazioni, ma era la verità!
Finirono la colazione e il Mastino insistette per essere lui a lavare i piatti.
- Tu hai fatto anche troppo e poi con quella mano non puoi di certo usare il sapone, uccellino.
Quindi, mentre lui era al lavabo, Sansa rimase a sedere al tavolo. Il silenzio che aveva condotto la colazione stava ancora continuando e alla fine Sansa non ce la fece più:
- Allora... Oggi va a lavorare...?
Era una domanda stupida e Sansa si vergognò di averla fatta, ma doveva dire qualcosa per rompere quel silenzio.
- Sì, alla Fortezza Rossa. Dai Lannister.
A quel nome, istintivamente Sansa sussultò. Anche dopo tutti quei mesi il ricordo di ciò che aveva subito la spaventava e il Mastino se ne accorse.
- Non scopriranno dove sei, non ti faranno del male.
Mormorò così piano che Sansa credette di essersi solo immaginata che l'uomo avesse detto quelle parole. Lui sistemò l'ultimo piatto ad asciugare, andò in salotto e afferrò il lungo pastrano che indossò. Fece per uscire, ma Sansa, entrata in salotto, lo fermò.
- Aspetti!
Lui la guardò, sospirò e le disse:
- La manifestazione di ieri continuerà anche oggi, ma sarà più violenta con molte più teste di cazzo. È più sicuro se rimani qui anche oggi, uccellino.
Sansa boccheggiò. Il Mastino le stava offrendo la sua casa? Questo davvero non se l'aspettava e quindi riuscì solo a dire qualcosa di spontaneo, che non aveva programmato di dire:
- N... Non mi ha detto se i pancake le sono piaciuti...
Voleva mordersi la lingua per quella frase così infantile, invece lui la guardò con una strana espressione e, mentre chiudeva la porta, le rispose:
- Erano buoni.
Sansa rimase ferma in mezzo alla stanza senza sapere cosa dire, da sola. Cosa significava? Quell'uomo aveva quella strana capacità di confonderla, confondere i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Si guardò intorno, senza sapere cosa fare: era scappata in tutta fretta da casa prendendo solo la borsa con dentro carta di identità, portafoglio, chiavi di casa e cellulare che oltretutto si stava scaricando. Sospirò. Il Mastino le aveva detto di non uscire però lei doveva per forza fare un salto a
casa e prendere almeno il caricabatterie e un cambio di vestiti.
Prenderò anche il blocco da disegno e il computer, almeno avrò qualcosa da fare.
Decisa, afferrò il cappotto e uscì di casa.
Fuori, come le aveva detto il Mastino, c'era una folla composta da ancora più persone del giorno prima e Sansa vedeva subito che non erano di certo il fior fiore di Approdo del Re. Non commise errori questa volta e arrivò a casa sua camminando lungo vie laterali e cercando di non farsi notare da nessuno.
Rientrare nel suo appartamento vuoto dopo che ne era scappata terrorizzata le fece una strana impressione, non di paura, ma di disagio. Era incredibile che la casa del Mastino, così semplice e spoglia, se apparisse molto più casa che l'appartamento in cui aveva vissuto per mesi. Forse perché era abituata ad avere Margaery e le altre con lei e senza di loro non era veramente casa sua, non la sentiva sua.
L'unico posto a cui sento di appartenere è Grande Inverno.
Scacciò il ricordo della famiglia e si mise a cercare gli oggetti per cui era ritornata lì. Per fortuna septa Mordane le aveva insegnato la virtù dell'ordine e quindi sapeva benissimo dove era ogni cosa: il caricabatterie attaccato alla spina, il computer sulla scrivania e il blocco da disegno in cartella. Prese anche le matite colorate e gli acquarelli, tanto per essere sicura di avere tutto, mise gli oggetti in uno zainetto e chiuse la porta di casa.
All'improvviso le venne il pensiero che non l'avrebbe mai più rivista. Non avrebbe più dormito nel suo letto, non avrebbe più mangiato con le altre in quel salottino, non avrebbe più scherzato con Margaery in camera loro, non sarebbe più salita in quella terrazza che le piaceva tanto. Era un pensiero stupido e senza fondamento eppure provava quella sensazione in modo così forte che, presa da un istinto improvviso, rientrò in casa e si mise a sfiorare tutti gli oggetti come per salutarli. Accarezzò il tavolo e la sua sedia, lisciò le sue coperte e quelle degli altri letti, entrò in bagno e toccò lo specchio vedendosi riflessa in esso per l'ultima volta. Poi salì sul terrazzo e con un sospiro aprì la porticina che conduceva ad esso uscendo all'esterno.
Una ventata fresca la colpì e un triste sorriso si disegnò sulle sue labbra. In qualche modo si era affezionata a quella casa e la strana sensazione che le diceva che l'avrebbe abbandonata la rendeva malinconica. Era stata il suo rifugio, un nido accogliente e pieno d'amore dopo le crudeltà subite nella Fortezza Rossa nelle grinfie di Joffrey e sua madre. Le ferite, sia fisiche che psicologiche, che loro le avevano inflitto erano state curate dalla gentilezza e dal carattere solare di Margaery che l'aveva letteralmente salvata.
Quel giorno quando l'ho incontrata all'entrata di scuola di certo non avrei immaginato che sarebbe stata lei a tirarmi fuori da quel posto.
Eppure era così e Sansa era grata ogni giorno di più a quella bellissima ragazza castana.
Guardò un'ultima volta la stupenda visuale di Approdo del Re che il terrazzo le permetteva di vedere e lasciò che lo sguardo accarezzasse il profilo dei palazzi e delle case godendosi i raggi del sole che le scaldavano la pelle. Strinse le labbra e afferrò la maniglia della porta.
Grazie. Grazie casetta mia.
Poi uscì.

Sandor Clegane cercava di concentrasi sul suo lavoro, ma il pensiero di un certo uccelletto lo distraeva terribilmente. Il saperla a casa da sola con tutti quegli idioti in giro per strada gli procurava una strana preoccupazione, ma la cosa che lo preoccupava di più era la notte che stava per sopraggiungere: la sera prima era riuscito a trattenersi e a non entrare in camera da lei, questa notte ce l'avrebbe fatta ancora?
Non devo bere.
Quel pensiero lo fece sghignazzare poi la risata si trasformò in un ringhio di rabbia. Perché non avrebbe dovuto bere? Lui amava bere e non l'avrebbe dovuto fare per lei? Chi era lei se non una piccola nobile del cazzo che non contava niente per lui? Lui amava bere, era l'unica cosa che lo rilassasse per davvero e lo avrebbe fatto, per i Sette Dei. Per quel che riguardava l'altro problemino aveva già in mente come risolverlo: Ros. Era un po' di tempo che non andava a farle visita e quella sera avrebbe colto l'occasione per tornare da lei.
Credendo di essersi messo il cuore in pace ricominciò a sfogliare il pacco di foto segnaletiche che stavano sulla scrivania davanti a lui: la madre del sindaco, Cersei Lannister, era stata aggredita e bisognava scoprire chi fosse il colpevole. Ovviamente non si era fatta niente perché c'era lui accanto a lei, ma siccome il Mastino era l'unico ad aver visto bene in faccia l'uomo prima che scappasse l'avevano piazzato lì a guardare tutte le foto dei criminali di Approdo del Re per trovare quella che ritraeva l'uomo in questione.
Eppure ancora qualcosa non andava. Era il pensiero di Ros. Non provava assolutamente niente per quella puttana e di solito quando pensava a lei gli veniva in mente solo il piacere che sapeva dargli, invece adesso c'era anche un certo disagio. Gli sembrava sbagliato andare da lei, un semplice ripiego, un modo per non essere tentato da un'altra donna (una ragazzina, ad essere sinceri) che non poteva assolutamente desiderare e questo lo faceva incazzare a dismisura. Odiava essere legato a qualcuno e sentiva che quel disagio era sintomo di uno strano legame con cui l'uccellino lo aveva catturato.
La odio.
Pensò distintamente e quel pensiero, così normale per lui, gli straziò il cuore. La odiava per non permettergli di pensare alla sua puttana in santa pace, la odiava perché era gentile con lui, la odiava perché era così innocente e non si rendeva conto di quanto lui la desiderasse, la odiava perché gli aveva fatto i pancake, la odiava perché era così indifesa e bisognosa di protezione, la odiava perché non riusciva ad odiarla quanto avrebbe voluto.
Guardò l'orologio. Si stava facendo sera e lei avrebbe cercato di preparare la cena anche con quella mano del cazzo, una cena buona come quei pancake che gli aveva proposto quella mattina.
Perché l'uccellino è stato ben addestrato ad essere gentile.
Pensò con amarezza. E ricominciò a guardare le foto, con calma, costringendo il suo cuore già di pietra a indurirsi ancora di più.

Lo sguardo di Sansa saettò di nuovo dall'orologio attaccato ad una delle pareti della cucina alla padella con dentro la cena che aveva preparato per il Mastino. Dato che aveva apprezzato i pancake Sansa aveva pensato che sarebbe stato carino preparargli anche la cena, dato che tornava tardi dal lavoro e che sarebbe stato stanco.
Speriamo che le polpette di carne gli piacciano.
Pensò, mordicchiandosi il labbro. Si sentiva un po' come una mogliettina e ciò la faceva arrossire, ma quando avrebbe sposato Loras non avrebbe cucinato perché i Tyrell, come gli Stark e tutti i nobili, avevano frotte di servi e cuochi. Quel giorno aveva scoperto che le divertiva farlo e forse anche se fosse stata Lady Tyrell si sarebbe potuta dilettare a cucinare qualcosa.
La mano posata sul tavolo pulsava dolosamente. L'effetto leggermente anestetizzante della pomata era finito da un pezzo e il cucinare non aveva fatto che acuire di più il dolore, oltre che a sporcare la fasciatura.
Gli chiederò di rifarmela quando torna.
L'idea di essere di nuovo medicata da lui, le sue dita che le massaggiavano la mano, la fecero arrossire fino alla radice dei capelli e sorrise fra se e se.
Guardò di nuovo l'orologio. Erano le otto e mezzo, la cena era quasi fredda e lei stava iniziando a preoccuparsi sul serio. Certo, il lavoro di bodyguard non aveva orari precisi, ma di solito alle otto tutti tornavano a casa almeno per la cena. Che gli fosse successo qualcosa? Il cuore di Sansa fu invaso dalla paura e la giovane non si soffermò a pensare come mai era preoccupata per uno che conosceva da così poco tempo.
È un lavoro pericoloso... Magari è stato coinvolto in uno scontro a fuoco per salvare Joffrey o Cersei e è ferito.
L'idea che si fosse ferito per proteggere qui due esseri spregevoli la fece preoccupare ancora di più, ma all'improvviso sentì la porta aprirsi e Sansa schizzò letteralmente in salotto per accoglierlo.
- È in ritardo...
Mormorò, abbassando lo sguardo e arrossendo della felicità che provava nel vederlo. L' espressione del Mastino però la congelò: non era la sua solita espressione accigliata che aveva imparato a conoscere, ma era fredda e impenetrabile come se la Barriera stessa si fosse formata intorno a lui.
- Come? E tu chi sei perché io debba dirti cosa faccio o i miei orari?
Quella frase fu come uno schiaffo in piena faccia e Sansa boccheggiò senza fiato. Lui non le rivolse uno sguardo e entrò in camera sua chiudendosi la porta alle spalle.
Non se l'aspettava e bruciava, bruciava terribilmente, più della ferita sulla mano il cui dolore le saliva ad ondate lungo il braccio. Si sarebbe aspettata una frase del genere: “Uccellino, che cazzo vuoi?”, “Non mi rompere i coglioni, non dico di certo a te che cazzo faccio”, una frase volgare, ma con del calore che non l'avrebbe ferita perché era una frase alla Mastino. Poi avrebbe detto: “Hai cucinato ancora, uccellino? Ma sei una lady o una servetta? E poi ti sarai riaperta la ferita, che cazzo, mi tocca medicarti di nuovo”, qualcosa che la facesse sentire pensata. Invece era stato così gelido, così educato, così distante e distaccato.
Io... Io ho cucinato... Io mi sono fatta di nuovo male per preparare qualcosa di decente... Io, io, io, Sansa Stark di Grande Inverno mi sono preoccupata per lui!!
L'ira iniziò ad invaderla. Era incredibile, lei non si arrabbiava mai, era abituata a subire a basta, invece adesso la rabbia la stava accecando. Non riusciva a pensare in modo lucido e l'ira, simile a fuoco gelido, scorreva nelle sue vene insieme al sangue invadendo ogni capillare, cellula e nervo.
Quando il Mastino aprì la porta di camera la trovò con lo sguardo fisso a terra, che tremava leggermente. Strinse le labbra e stette zitto.
- Dove vai?
Il passaggio al “tu” e il tono di Sansa in cui era concentrato tutto il gelo del Nord scossero il suo animo, ma lui gli rispose con lo stesso tono.
- Da Ros. Una puttana.
Un sorrisetto si disegnò sul viso di Sansa. Una puttana. Andava da una puttana e la lasciava lì, lei e la sua cena. Incredibilmente la sua voce rimase ancora piatta.
- Bene.
- Mangio da lei, era inutile che preparavi tutto.
Una lady non si arrabbia. Una lady mantiene un contegno in ogni situazione e non mostra mai emozioni che possono essere offensive per lei o per gli altri. Una lad–
I pensieri e i ricordi delle lezioni di septa Mordane furono spazzati via dall'ira. Semplicemente si spezzarono come il ghiaccio quando sopraggiungere l'estate. Lei non era una lady, lei era Sansa Stark ed era incazzata in maniera assurda!
Alzò di scatto la testa. Gli occhi azzurri fiammeggiavano di puro fuoco gelato che si riversò su Sandor e l'uomo poté leggere in essi tutta la rabbia, tutta l'umiliazione e il dolore che la ragazza provava in quel momento e solo adesso si rese conto che Sansa poteva essere un uccellino quanto voleva, ma la sua ira era quella dei popoli del Nord: terribile, fredda e senza scampo.
Con un rapido gesto Sansa afferrò la fasciatura della mano e se la strappò via senza sentire neanche dolore. La strinse con forza e poi scandì, il mento alzato e fiero:
- Io sono Sansa Stark di Grande Inverno, figlia di lord Eddard Stark e Catelyn Tully, discendente dei Primi Uomini e Protettori del Nord. Non osare mai più umiliarmi così.
E così dicendo gli lanciò in faccia la fasciatura e, con lacrime calde che scendevano dagli occhi, entrò in camera sbattendosi la porta alle spalle.
Per lunghi, lunghissimi secondi Sandor rimase bloccato nella stessa posizione. Non sapeva cosa fare e come reagire davanti all'ira di un'adolescente che si sentiva (no, che era stata) tradita ancora una volta. Sospirò. Magari tra le braccia di Ros si sarebbe sentito meglio.
Uscì di casa, camminando lentamente lungo le vie di Approdo del Re che si erano svuotate dai manifestanti i cui resti (cartacce, cartelli, striscioni e altro sporco) invadevano ogni angolo. La serata, però, era tranquilla con uno stupendo cielo blu scuro che sarebbe stato trapuntato di stelle se le luci della città non le avessero spente. Quella tranquillità non si confaceva all'umore del Mastino che fu preso dalla voglia di rompere qualcosa, che fosse un naso o una sedia. Doveva sfogare quel sentimento che sembrava filo spinato intorno al suo cuore, il quale avrebbe dovuto essere di pietra e che invece sanguinava come quello di una donnicciola.
Ho fatto piangere l'uccellino.
Il pensiero lo colpì accompagnato da una stilettata nel cuore e Sandor si girò di scatto piantando del muro accanto a lui un pugno poderoso. Il dolore fu lanciante come i Sette Inferi e subito dalle nocche iniziò ad uscire sangue copioso eppure l'uomo lo accolse come manna dal cielo perché il dolore fisico lo distraeva dal dolore mentale, cento volte peggio.
Con la mano sanguinante, finalmente arrivò nella casetta nella periferia di Approdo del Re dove la bella ragazza di nome Ros esercitava la professione più antica del mondo che le permetteva di fare una vita non agiata, ma tranquilla e senza problemi dato che anche molte Guardie Cittadine erano suo clienti e la proteggevano.
- Oh, il Mas–
Fece lei aprendo la porta, ma la bocca famelica di Sandor fu subito sulla sua bloccandole qualsiasi altra parola. La spinse dentro, si chiuse la porta alle spalle con un calcio e senza aspettare un minuto di più le strappò di dosso la camicia da notte che la donna indossava. Non perse tempo neanche a spogliarsi e si limitò a togliersi il pastrano, mentre Ros gli slacciava i jeans e in un attimo fu dentro di lei. La schiacciò contro il muro, ogni spinta dentro di lei cercava di scacciare il ricordo dell'uccellino, ma in ogni istante nella sua mente rimanevano vividi e brucianti i suo occhi e lo sguardo che gli aveva lanciato prima di scappare in camera.
Piange, piange per colpa mia, mia, mia, mia...
Spingeva e spingeva, quegli occhi azzurri impressi in lui più a fondo delle sue cicatrici. I capelli rossi di Ros gli entravano nella bocca mentre la baciava e si attorcigliavano intorno a lui belli e lucenti, ma erano altri capelli rossi in cui desiderava essere avvolto, di cui desiderava sentire il profumo e la morbidezza. La pelle di Ros era pallida e morbida, splendida da toccare, ma lui desiderava sfiorarne un'altra ancora più bianca, desiderava far arrossire dai baci un'altra pelle ancora più setosa. E gli occhi... Beh, quelli di Ros erano castani, un colore imparagonabile a quello di coloro che gli avevano lanciato quello sguardo terribile.
Dopo il secondo round, si ritrovarono stesi in terra sul pavimento del salotto senza parlare. Il Mastino fissava il soffitto e non riusciva a pensare, la donna accanto a lui già dimenticata da un pezzo, ma lei non si era dimenticata di lui:
- Mi devi 30 cervi più altri dieci per la camicia da notte.
Come se gli avesse parlato un estraneo, Sandor alzò lo sguardo su di lei che stava in piedi offrendogli una visione completa di ciò con cui si era guadagnata quelle monete, ma il Mastino distolse lo sguardo: ormai aveva voluto ciò che voleva e non gli interessava più di tanto. Conosceva Ros da anni e si era creata una sorta di lieve amicizia tra loro, ma lui percepiva con chiarezza il disgusto che lei provava guardandolo, lo stesso disgusto che provavano tutti.
Pagò e uscì.
Il ritorno a casa fu come un sogno e gli parve che il tragitto fosse stato molto più corto di quello all'andata, ma quando aprì la porta di casa e la trovò buia e fredda il suo cuore perse un battito. Che se ne fosse andata?
Ho fatto volare via l'uccellino dall'unico nido sicuro di tutto Approdo del Re?
Quando però si avvicinò alla porta di camera e sentì il respiro addormentato di colei che ci dormiva dentro, un sorriso triste gli si disegnò sulle labbra e silenziosamente si portò in cucina vedendo subito sui fornelli la padella che conteneva la cena che era stata preparata per lui e che lui aveva rifiutato.
Che cazzo di idiota. Meriterei di morire per il cane che sono.
Alzò il coperchio e il profumino che il suo naso percepì gli fece borbottare lo stomaco: malgrado tutte le sue parole aveva saltato la cena e moriva di fame.
Da solo, al buio, prese una polpetta e se la infilò in bocca sorridendo tristemente.
Erano squisite.

 



Eccomi di nuovo col nuovo capitolo e mi voglio scusare con tutti quelli che seguono questa storia per la lentezza con cui è arrivato, ma tra tutte le feste e i parenti non sono riuscita a scrivere >.< Inoltre non mi venivano belle idee e ci tenevo a fare questo capitolo (con i nostri piccioncini che vivino insieme) particolarmente bene, quindi l'ho scritto con lentezza. Il prossimo so già come andrà e spero di essere più veloce <3
Che dire, non so se questo Sandor che cerca di essere freddo per tenere a distanza Sansa sia un po' OOC, ma ho immaginato che potrebbe farlo per cercare di essere più duro ^^ E poi, scusatemi, ma mi diverto troppo a scrivere di Sansa arrabbiata, adoro far uscire il suo spirito da donna del Nord: è terribilmente affascinate! XD E l'atteggiamento di Sandor avrebbe fatto sclerare pure me u.u
Spero che questa "crisi di coppia" vi tenga col fiato sospeso per il prossimo capitolo che sarà denso di avvenimenti ehehehe A presto! <3
PS: -
L'inverno sta arrivando. O sta venendo? - E' una battuta che gira da sempre sul web per il doppio significato dell'inglese "come" e ho pensato di riutilizzarla, ci sta bene ahahahaha

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Capitolo 5
*** bird ***


V - Bird


La punta nera del lapis correva sul foglio di carta lasciando dietro di sé una striscia grigio scuro che si stagliava sul bianco immacolato come l'asfalto della Strada del Re si stagliava sulla coltre di neve di Grande Inverno. Sansa alzò la matita dal foglio osservando critica lo schizzo che aveva appena fatto e che in teoria doveva essere il viso di suo padre Eddard e invece assomigliava di più a quello della Montagna che Cavalca.

La Montagna...
I pensieri della giovane Stark corsero allora al fratello della Montagna, quello stesso fratello che l'aveva ospitata a casa sua e con cui lei aveva litigato la sera prima. Quando, quella mattina, era uscita dalla camera e si era guardata intorno nel salotto aveva visto che lui era già andato via, sicuramente anticipando il suo solito orario d'uscita per non incontrarla. E come biasimarlo? Sansa si rendeva conto di essersi comportata come una stupida bambina capricciosa e che lui non aveva nessun dovere nei suoi confronti, ma se ripensava all'umiliazione di essere stata messa da parte per una puttana sentiva l'ira salire di nuovo in petto. Era strano.
Joffrey mi ha fatto cose ben peggiori di saltare una cena per andare con una prostituta eppure non mi sono mai arrabbiata. Ho sempre piegato il capo mantenendo l'aspetto di una vera lady come mi è stato insegnato e piangendo da sola nel buio della mia camera.
Aveva pianto anche la sera prima, ma era lacrime di rabbia e di umiliazione, non di tristezza e paura come quelle che piangeva dopo una delle torture del sindaco pazzo o di sua madre. Loro due non le avevano mai fatto scattare l'ira e l'orgoglio, ma il fatto della sera prima faceva capire alla rossa che quei due sentimenti non erano spariti dal suo cuore come credeva e che era ancora una degna Stark sebbene tutto.
E per questo devo ringraziare il Mastino.
Sorrise, un sorriso triste. Ringraziarlo? E come? Era scappata da quella casa come una ladra, non sopportando l'idea di rivederlo e si era rifugiata nel parco sedendosi su una panchina appartata e cercando di distrarsi disegnando un ritratto di suo padre, saltando ancora una volta la scuola. Nessuna delle due cose, distrarsi e disegnare, le stava riuscendo bene e i suoi pensieri si rincorrevano come un cane rincorre la propria coda.
Un cane. Un mastino. E il ciclo dei pensieri ricominciò da capo.

Con uno tonfo, Sandor chiuse l'ennesimo libro di fotografie. Neanche in questo aveva trovato la foto dell'assalitore di Cersei Lannister e l'idea di guardarne un'altro gli faceva venire il vomito, ma doveva farlo.
Per fortuna ne rimane solo uno, cazzo.
Non li sopportava più quei libri del cazzo e non gliene fregava niente se quella puttana bionda era stata assalita, se fosse stato per lui l'avrebbe lasciata nelle mani di quel santo uomo che desiderava farle del male. L'idea di cosa avevano fatto lei e quel pazzo assassino di suo figlio all'uccellino gli faceva salire il sangue alla testa e desiderare di essere stato lui ad assalirla. Lui l'avrebbe uccisa, non  gli sarebbe scappata. Lui non sbagliava mai nelle cose in cui riusciva meglio.
Non sbaglio mai in quello che so fare meglio: ferire le persone. Sia materialmente che fisicamente.
Non aveva sbagliato neanche nel ferire una certa ragazzina dalla folta chioma rossa e dagli occhi come il cielo a primavera, anzi, ci era riuscito alla perfezione.
Quella mattina era scappato dalla propria casa come se avesse avuto cento diavoli alle calcagna, saltando la colazione e tuffandosi dentro quello schifoso lavoro che però era sempre meglio che ritrovarsi davanti l'uccellino dagli occhi di ghiaccio. Si chiese se l'avrebbe ritrovata quella sera, di ritorno a casa. Probabilmente no e non poteva biasimarla se se ne fosse andata, infondo la situazione ad Approdo del Re si era stabilizzata e lei poteva tornare tranquillamente a vivere nel suo appartamento con delle ragazze della sua età, la cui compagnia era sicuramente migliore della sua.
Aprì il libro. Era incredibile quanti criminali ci fossero in quella città e lui si stava sorbendo tutte le loro facce rivoltanti, prima in tre pacchi di foto singole e adesso in quattro libroni in cui erano catalogate.
Fanculo. Vaffanculo a tutto, cazzo.

Il sole che le scaldava il viso non riusciva ad arrivare alla sua anima, gelida e spaventata come un uccellino primaverile durante un lungo inverno. “L'inverno sta arrivando”, diceva il motto della sua casa, ma sembrava che fosse già arrivato da un pezzo per Sansa Stark che si strinse tremando nelle braccia. Avrebbe preferito che fosse un ragazzo a stringerla e subito si vergognò di quel pensiero così infantile: dopo tutto quello che era successo riusciva a pensare solo ai ragazzi?
Scuotendo la chioma rossa prese il cellulare e attaccò ad esso le cuffiette, se le infilò nelle orecchie e accese la radio sperando che la musica la potesse distrarre.

Wake up
Look me in the eyes again
I need to feel your hand upon my face

Sansa spalancò gli occhi, le parole della canzone che scorrevano nel cervello come scariche elettriche. Guardarlo negli occhi? Lo aveva mai guardato davvero? Un paio di volte aveva avuto il coraggio di farlo e aveva visto che gli occhi del Mastino erano come quelli di un cane rabbioso, neri e infuocati: a quella visone aveva abbassato subito i suoi. Lo aveva mai toccato? Solo il pensiero la faceva rabbrividire, ma il sentimento di volerlo fare, quel sentimento che l'aveva presa la mattina prima mentre lo guardava dormire, era ancora vivo in lei.

Words can relay nice
They can cut you open
And then the silence surrounds you and haunts you

Le parole sprezzanti che aveva pronunciato la sera prima e le parole gelide che le aveva rivolto lui sembravano marchiate a fuoco nella sua mente, avrebbe potuto ripeterle lettera per lettera. Strinse le ginocchia tra le braccia appoggiandoci sopra la testa e chiudendo gli occhi. Era vero, le parole poteva essere dolci, ma potevano anche aprirti in due e lei lo sapeva bene. Sapeva bene anche come il silenzio ti cacciasse, avvolgendoti nel suo freddo e terribile abbraccio: anch'esso lo aveva sperimentato più volte nella sua solitudine nella buia camera nella Fortezza Rossa.


Qualcosa, per il Mastino, non tornava. Anche l'ultimo libro di fotografie era finito e lui non aveva trovato quello che cercava. Anzi, quello che cercava per lavoro lo aveva trovato (un mercenario di una delle Città Libere dal nome impronunciabile), ma di quello che cercava davvero non ce ne era traccia. Il Mastino voleva nome e cognome di coloro che durante la manifestazione avevano cercato di stuprare l'uccellino, avrebbe messo la mano sul fuoco (ignorando l'ironia della frase) che erano criminali recidivi eppure di loro nei registri non c'era neanche un appunto. I casi di ciò potevano essere due: o erano davvero degli innocenti prima della manifestazione, cosa di cui Sandor dubitava seriamente, oppure c'era sotto qualcosa di davvero grosso.
Il Mastino non si stava soffermando sul pensiero di perché stava cercando quei tipi, ormai morti. A lui cosa interessava? Aveva salvato una ragazzina in pericolo, già questo era un fatto eccezionale, e non gliene sarebbe dovuto fregare più un cazzo. Eppure, quasi sovrappensiero, aveva cercato i visi degli stupratori tra tutti quelli che aveva visto e, non trovando niente, si era messo a riguardare tutte le fotografie perché, anche se era un cane, sapeva contare. Aveva visto entrare nel vicolo all'inseguimento dell'uccellino dieci uomini e dopo aveva visto solo nove cadaveri. Sapeva che tipi del genere agiscono sempre in branco e quindi se avesse trovato uno di loro avrebbe trovato anche il capo, quello che gli era scappato. Era sicuro che il sopravvissuto fosse il capo: quelli come lui non muoiono mai.
Dove sei? Fatti vedere, figlio di puttana.

La canzone continuava a fluire nella sua mente e Sansa era ormai dimentica di tutto il mondo che si muoveva intorno a lei. Rumori, luci, suoni, tutto sparito e assorbito dalla bella voce calda del cantante che le raccontava i suoi stessi sentimenti spiegandoglieli in termini che le erano incredibilmente familiari.

I think I might have inhaled you

I could feel you behind my eyes
You've gotten into my bloodstream
I could feel you floating in me

Ricordava il suo odore, l'odore che l'aveva avvolta quando lui l'aveva salvata da quegli uomini spregevoli. Era terrorizzata e anche lui le faceva paura (gliela faceva anche adesso), ma il vederlo l'aveva tranquillizzata in un modo che nessun uomo prima di lui era riuscito a fare. Ricordava quell'odore come se lo sentisse in quel momento e ricordava bene quanto le fosse piaciuto. Desiderò poterlo sentire di nuovo, dal vero e non nella sua testa.

Sansa Stark alzò di scatto la testa, rossa fino alla radice dei capelli altrettanto rossi. Ma cosa andava a pensare? Si tolse le cuffie dalle orecchie, quella canzone la stava mettendo in agitazione e lo era già di suo.
Magari potrei trovare un po' di pace in biblioteca.
Pensò la fanciulla, mettendo in tasca il cellulare. In realtà sarebbe potuta andare direttamente nel suo appartamento, ma non ne aveva voglia: era vuoto, freddo e in esso i suoi pensieri avrebbero rimbombato amplificati cento volte. Meglio la biblioteca che era sì silenziosa, ma c'erano comunque esseri vivi con cui si potevano scambiare due parole. Inoltre l'odore dei libri le era sempre piaciuto e l'antico edificio era a pochi minuti dal parco in cui era.
Si alzò e iniziò a raccogliere la propria roba, per poi incamminarsi verso l'edificio. Pochi istanti dopo un uomo alto, che leggeva un giornale nella panchina di fronte a quella in cui si era seduta la giovane Stark e che non si era perso un solo suo movimento, si alzò. Indossava occhiali da sole e aveva voglia di leggere un libro in biblioteca.

Il caffè del distributore automatico nella Fortezza Rossa faceva schifo, ma Sandor Clegane lo ingollò lo stesso desiderando con tutto se stesso che si trasformasse in un buon rosso dorniano. Aveva bisogno di bere, ma si doveva accontentare di quel fango che i Lannister rifilavano ai propri dipendenti, gli stessi Lannister che erano così pieni di soldi che avrebbero potuto servire vino dorato di Albor ogni giorno a tutti senza intaccare minimamente le loro enormi entrate mensili.
Grugnì, appoggiandosi con la schiena alla parete e alzando lo sguardo sull'orologio da parete davanti a lui. Erano le sette di sera e tra un'oretta sarebbe potuto tornare a casa... dove l'uccellino di certo non l'aspettava.
Sarà tornata al suo nido.
Ma quale? Quello che condivideva con la Tyrell? Oppure il suo vero nido, su al Nord, quel nido a cui desiderava tornare con tutta se stessa? Il Mastino non lo sapeva. Sapeva solo che la presenza della ragazzina nella sua casa non era stata per niente terribile come si era immaginato, anche se poi era andata come era andata. Sospirò. Tempo di tornare alle sue fotografie, quelle stesse fotografie che aveva praticamente imparato a memoria e in cui non riusciva a trovare lui.
Era perso nei suoi pensieri omicidi su come avrebbe ucciso colui che aveva torto una piuma al suo uccellino quando qualcosa catturò la sua attenzione. Molti pensavano che il Mastino sapesse solo lottare e che quindi fosse stupido, ma Sandor Clegane non era stupido per niente, semplicemente non gliene poteva fregare un cazzo di quello che gli altri dicevano o pensavano. Però quello che stava sentendo in quel momento lo interessava molto.
 - A quest'ora l'avrà già trovata.
Era la voce maschile che proveniva da una stanza la cui porta chiusa era accanto a lui. La voce attraversava il legno della porta e Sandor non sapeva chi fosse a parlare, ma sapeva istintivamente chi era il soggetto del discorso.
 - Dici? Neanche lui può essere così bravo. E poi lei sta sempre attaccata al cane del sindaco, quel traditore.
 - Anche un cane può tradire il suo padrone se sente odore di figa. Comunque sono sicuro che l'ha trovata, l'ha comunicato proprio qualche minuto fa a lady Cersei. E sai la cosa più incredibile?
 - Dimmi tutto, non tenermi sulle spine.
 - La sta seguendo da tutto il giorno. Ma lei è sempre stata in pubblico, lui non ha potuto fare niente. Adesso che è notte, però, non ci sarà nessuno per le strade e potrà prenderla.
 - E quando la prenderà... Il sindaco potrà riprendere a giocare con la sua lupetta preferita.
Uno scoppio di risa.
Sandor non aspettò di sentire il resto. Il caffè gli cadde di mano mentre correva via.

Oh.
Sansa alzò gli occhi dal romanzo d'amore che stava leggendo e guardò l'orologio. Erano già le sette? Adesso doveva tornare a casa davvero, ma il libro le piaceva e quindi decise di prenderlo in prestito: lo avrebbe letto a casa, nel suo bel lettino caldo. Stranamente l'idea non la entusiasmava come credeva, ma immaginò che fosse solo suggestione a causa degli eventi di qualche giorno prima. Non aveva ancora superato la paura e quindi era normale che non volesse stare da sola, ma non aveva di certo voglia di tornare a casa del Mastino... no?
Scuotendo la chioma rossa, uscì dalla biblioteca e si inoltrò nella strada buia stringendo a se il libro, cercando di non pensare che dietro a quegli angoli oscuri si sarebbe potuto nascondere chiunque, magari proprio il suo incubo: Occhi Gialli. Al solo pensiero di quegli occhi fissi su di se sentiva la paura sommergerla e l'atmosfera da incubo in cui stava camminando non aiutava di certo. Di solito le strade di Approdo del Re erano perfettamente illuminate perché la vita notturna era sempre viva, eppure quella sera Sansa camminava in una via immersa nell'oscurità. Una nebbiolina grigia confondeva i contorno delle cose e la giovane non sapeva se quelle accanto a lei erano macchine parcheggiate o mostri accucciati pronti a saltarle addosso. I rari lampioni accesi non riuscivano ad illuminare che per qualche metro, creando isole di luce fredda in cui Sansa si fermava per riprendere fiato. Non c'era neanche una persona in giro, nessun gruppo di ragazzi che andavano al pub, nessun impiegato che tornava a casa e nessuna macchina che rombava per la strada: sembrava che fosse caduta una bomba che avesse ucciso ogni essere vivente tranne Sansa. Lei sapeva che non era così e quest'idea la terrorizzava. Non era l'unica abitante di Approdo del Re, ma c'erano centinaia di criminali che avrebbero potuto farle qualunque cosa.
Alzò gli occhi azzurri dal cemento del marciapiede e si accorse che due paia di occhi luminosi la fissavano dal buio completo del vicolo accanto a lei. Erano gialli. Sansa Stark si bloccò, non riuscendo a muovere un muscolo, riuscendo a malapena a pensare.
Calma, calma... Non può essere lui...
Eppure quegli occhi che rilucevano nell'oscurità erano fissi su di lei nello stesso identico modo in cui l'avevano guardata quella volta nel vicolo.
“Tutti insieme.”
Sansa aprì la bocca per urlare, poi ci fu un rumore metallico e con un balzo gli occhi luminosi si abbassarono a pochi centimetri dal terreno e fu solo in quel momento che Sansa si rese conto che non era altro che un gatto seduto su un bidone dell'immondizia che era appena sceso. Si avvicinò a lei e miagolò, come dandole della stupida. Istericamente, Sansa sorrise, un sorriso tirato e per niente divertito.
Un gatto. Che idiota.
Si rimise a camminare, ma ormai era vicina a casa e in pochi minuti arrivò alla soglia della sua bella casetta. Per fortuna sulla porta c'era installata una lampada che creava un isola di luce sicura in quel mare di oscurità in cui Sansa aveva nuotato fino a quel momento.
Sospirò di sollievo, tirando fuori dalle tasche le chiavi e infilandole nella toppa. Era al sicuro, era a casa finalm...
-Bentornata, dolce lady.
“Tutti insieme.”
Le pupille di Sansa divennero due capocchie di spillo mentre rimaneva congelata su posto, le chiavi ancora infilate della toppa. Non osava girarsi, ma era sicura e questa volta non era un gatto. Questa volta era lui.
Mi ha trovata. Occhi Gialli mi ha trovata.
Come rispondendo al suo pensiero lui sussurrò:
 - Non è stato facile, piccola lady. Sei stata tutto il giorno in mezzo alle persone, non ho potuto fare niente per prenderti. Mi hai anche costretto a passare la giornata in biblioteca, cazzo. Lady Cersei si è sbagliata, non sei per niente stupida.
Cersei? Allora c'era lei e quel malato di suo figlio dietro tutto questo? Sansa chiuse gli occhi, mentre Occhi Gialli le poggiava una mano gelida sul collo bianco e la faceva scivolare sulla spalla. L'avevano ripresa. Non poteva fare niente. Non poteva scappare, non poteva ribellarsi, non poteva lottare. Se Joffrey la voleva l'avrebbe avuta anche se lei fosse scappata in capo al mondo e l'unico luogo sicuro di tutta Westeros, Grande Inverno, era lontano e evanescente come la Terra delle Ombre. Margaery aveva cercato di proteggerla, ma le era bastato allontanarsi per una settimana e i Lannister l'avevano ritrovata.
Che idiota che sono. Sono solo una stupida ragazzina.
Se fosse rimasta a casa col Mastino tutto questo non sarebbe successo. Lui l'avrebbe protetta, non sapeva come mai, ma sapeva che lui non avrebbe permesso a nessuno di farle del male e invece ora la mano di Occhi Gialli stava scivolando sotto la sua maglia senza che lei non potesse fare niente.
Il Mastino...
Vorrei che tu fossi qui.
Sansa Stark gettò indietro la testa, calde lacrime che scendevano dagli occhi chiusi.
 - SANDOR!!
Il grido non era il cinguettio di un dolce uccellino estivo, ma l'ululato di un lupo ferito a morte e rimbombò nella via stretta rimbalzando tra le pareti e il cemento, tra il vetro delle finestre e il legno delle porte, fino a raggiungere le stelle gelide nel cielo.
E poi successe qualcosa che di solito succede solo nelle favole, nei libri d'amore che Sansa amava leggere e che si era resa conto non riflettevano per niente la crudele realtà in cui viviamo. Eppure, in quel caso accadde: l'eroe, evocato dalla preghiera della principessa in pericolo, apparve in sella al suo cavallo bianco.
Beh, non proprio un cavallo e sicuramente non un eroe in armatura, ma Sansa non sarebbe stata più felice di vederlo, quando si girò di scatto, risvegliata dalla sua trance dal potente rombo di una moto.  L'enorme moto nera era emersa dalla nebbia e si era fermata davanti a loro. In sella, il Mastino che li fissava con un espressione indecifrabile sul volto ustionato, poi le labbra si torsero in un terrificante sorriso mentre scendeva dalla sua moto.
 - Ti ho trovato, pezzo di merda.
Occhi Gialli staccò la mano da Sansa e prima che potesse fare niente lei spiccò il volo, attraversando il marciapiede in due falcate e atterrando fra le braccia del Mastino che per un attimo la strinse contro il suo grosso petto con una strana dolcezza per poi allontanarla, mettendola dietro di se in un gesto protettivo. L'espressione di Occhi Gialli non cambiò, ma anche sulle sue labbra comparve un sorriso che a Sansa parve quello dello Sconosciuto. Era dietro al Mastino e ora si sentiva al sicuro, ma l'adrenalina scorreva ancora troppo nel suo corpo perché si fermasse a riflettere sul suo urlo e sul suo gesto, un gesto che tra poche ore le sarebbe sembrato assurdo e di cui si sarebbe vergognata. Adesso però si sentiva semplicemente protetta e pensava solo al fatto che il Mastino era arrivato quando lei l'aveva chiamato.
Come un vero cavaliere.
Un cavaliere, però, non si sarebbe espresso come si stava esprimendo il Mastino in quel momento:
-Com'è che non ti ho trovato nelle foto degli stronzi di Approdo del Re?
Occhi Gialli ridacchiò e la sua risata sembravano unghie su una lavagna.
 - Sai... Ai miei padroni non piace avere i loro dipendenti schedati.
 - Non mi dire. Sei più cane di me? Forse dovrebbero chiamare te “Mastino”.
Sandor alzò le sopracciglia, fingendo ironicamente un tono sorpreso.
 - Ma non sembri un mastino. Direi di più una cagna, una vera cagna fottuta che lecca i piedi ai propri padroni e fa il lavoro sporco per una semplice carezza.
Il sorriso di Occhi Gialli non tremolò, ma anzi si allargò ancora di più.
 - Cagna? Stiamo parlando di cagne? Allora dovresti rivolgerti alla cagna rossa che hai lì dietro, idiota di un Mastino.
Il gesto di Sandor fu così veloce e Sansa non riuscì a vederlo: la pistola quasi gli saltò in pugno e fece fuoco in direzione di Occhi Gialli. Il rumore rimbombò tra la via come prima aveva rimbombato l'urlo di Sansa e dietro qualche finestra iniziarono ad accendersi qualche luce. La gente, svegliata dallo sparo, presto sarebbe uscita in strada e Sandor sapeva che era meglio non farsi trovare nei paraggi quando sarebbe successo quindi prese Sansa di peso e la caricò sulla moto.
 - Reggiti forte, uccellino.
Le disse ruvido per poi accendere il motore e rombare via, senza curarsi di vedere se Occhi Gialli fosse ancora vivo o no.

Sansa stava seduta sul divano in casa del Mastino con in mano una tazza di tè caldo e, sorridendo, si rese conto di essere tornata nella stessa casa in cui aveva pensato di non rimettere mai più piede. Invece, eccola di nuovo lì e quante cose erano cambiate dalla mattina, quando era uscita con  la coda fra le gambe, vergognandosi come se avesse rubato.
Sandor emerse dal bagno e la fissò qualche istante, istanti in cui Sansa abbassò lo sguardo e diventò rossa. Cosa poteva dire? Aprì la bocca, ma lui la precedette.
 - Quella dell'altra volta e di oggi non sono aggressioni casuali di un pazzo, ma il piano di un cazzo di pazzo ancora più grande. Non sei al sicuro ad Approdo del Re, uccellino. Devi tornare a casa. Nella tua vera casa, su al nord, ma non ci puoi andare da sola.
Sansa alzò di scatto la testa. Cosa intendeva?
Non vorrà mica...
Sandor le sorrise.
 - Avanti, uccellino, prendi le tue cose. Ti riporto a Grande Inverno.






Salve a tutti!
Lo so, avevo promesso che il capitolo cinque sarebbe arrivato in pochissimo tempo eppure ci ho messo mesi O.o Chiedo umilmente scusaaaa <3 Avevo in cantiere un altro progetto e quindi ho lavorato a quello abbandonando per un pochino i nostri piccionicini, che però in questo capitolo tornano più belli che mai, non trovate? *__*
Forse ho calcato un po' la mano in quanto a dolcezza (forse Sansa che si getta tra le braccia di Sandrone è un po' OOC), ma dopo tutto questo tempo ero in crisi d'astinenza di sansan anche io e mi son dovuta riprendere ahahahah
Il prossimo, il viaggio, arriverà il prima possibile, scuola permettendo <3
P.S: La canzone che ascolta Sansuccia è Bloodstream degli Stateless, una canzone molto sansan che trovate qui.

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