Ocean, blue sky and happiness

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici -Epilogo- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Prologo


Era difficile per lei non pensare a lui. Difficile come trattenere il respiro troppo a lungo. Sospirò e appoggiò la testa sulla scrivania, sopra al quadernino dalla copertina verde smeraldo che usava come diario.
Sospirò e chiuse gli occhi, lì riaprì e se ne pentì subito. Davanti a lei la foto, quella foto, quella che avevano fatto qualche anno prima.
Lui e lei, vicini, stretti in un abbraccio; sullo sfondo l'oceano Atlantico e la statua della Libertà.
Alison sospirò nuovamente e alzò la testa, lo sguardo sempre fisso sulla foto, sul sorriso di lui, su quelle labbra morbide che avrebbe voluto baciare ancora, su gli occhi blu in cui avrebbe voluto perdersi nuovamente.
Con un gesto brusco capovolse la foto, domandandosi perché la tenesse ancora lì, in bella vista, sua e di Emily.
Erano passati quasi cinque anni, cinquanta lunghissimi mesi. Giorni, settimane senza di lui, senza poterlo vedere, senza poterlo toccare, senza potere parlare con lui, senza voler parlare con lui.
Si alzò e andò a sedersi sul letto, accanto a Emily che dormiva tranquilla sotto una copertina bianca e rosa fatta da Alison all'uncinetto. Accarezzò i capelli biondi della bambina e le baciò la fronte, vicino agli occhi, quegli occhi blu che le ricordavano così tanto suo padre.
Respirò a fondo e chiuse gli occhi trattenendo le lacrime. Succedeva ogni volta che pensava al suo grande amore, al padre di sua figlia. A quel ragazzo che prima le aveva giurato di amarla, e poi l'aveva tradita. E lei l'aveva scoperto nel modo peggiore: era tornata a casa e aveva trovato la sua coinquilina e lui, sul divano, mezzi nudi, che si baciavano. Aveva ignorato le suppliche di lui, i suoi "Non è come sembra" e "Lascia che ti spieghi" e “È stata lei”.
Se ne era andata da casa quella sera stessa, delusa, offesa e ferita dalle due persone di cui si fidava di più Si raggomitolò e abbracciò sua figlia, stringendola a sé e respirando il suo profumo di fragola e borotalco.
Le faceva male pensare a lui.
Lui, Duncan James.

Sì, lo so che ho altre quattro fic in corso, ma sta storia è entrata nella mia testolina (bacata) e non vuole più uscire ù.ù
Averli visti e aver baciato Duncan mi fa fare questo.
Spero che il prologo vi sia piaciuto :)

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Uno


Sette anni prima

«È per il tavolo quattro.» esclamò Tom, il proprietario dell'esclusivo pub nel centro di Londra, spingendo il vassoio davanti ad Alison.
«Ma è il privè!» disse lei posando le mani sul bordo del vassoio, «È della zona di Kat.»
«Kat è andata a casa, non si sentiva bene.» pronunciò Tom prima di allontanarsi.
Alison alzò le spalle, prese il vassoio e si diresse al piano di sopra, la zona dei privè.
Fece un cenno con la testa al bodyguard ed entrò nella stanza sulla sinistra.
Rimase sorpresa quando vide chi era il cliente che doveva servire.
Respirò a fondo, si stampò un sorriso sulle labbra e s'impose di non tremare.
Non era la prima volta che nel locale entrava qualcuno di famoso ma era la prima volta che entrava lui.
«Il Margarita?»domandò stupendosi di avere voce.
Lui le sorrise. «È il mio, grazie.»
Alison lo guardò e si sentì arrossire. Aveva un sorriso bellissimo, meraviglioso. Abbassò il viso e posò i drink sul tavolo, il Margarita davanti a Duncan e la Caipiroska davanti a Tara. Posò la ciotola con i salatini, mormorò un salutò e se ne andò sentendosi sempre più imbarazzata. Duncan non le aveva staccato gli occhi di dosso, ne era certa. Si domandò perché la stesse guardando, lei era una ragazza normale, non una super modella dalle gambe chilometriche e dal corpo perfetto.
Tornò al piano inferiore, in attesa del prossimo ordine da consegnare, anche se la sua mente tornava a quell'attimo, quell'istante in cui lui le aveva sorriso e la sua giornata aveva avuto finalmente un senso.
La serata proseguì senza intoppi almeno fino a circa l'una del mattino, quando Tom le disse di tornare nel privè, doveva portare un altro ordine.
Alison fissò lui poi il vassoio, questa volta c'era solo un bicchiere, il Margarita. Deglutì la saliva, prese il vassoio e andò al piano di sopra.
Duncan era da solo, sembrava pensieroso. Alison sorrise e posò il Margarita davanti a lui, che le sorrise.
«Grazie.» disse continuando a fissarla.
Alison si bloccò non sapendo cosa dire o casa fare, alla fine, dopo quelli che gli sembrarono ore, sorrise.
Duncan alzò il bicchiere continuando a guardala. «Come ti chiami?» le domandò.
«Ali... Alison.» balbettò lei imbarazzata, lo guardò negli occhi e abbassò il viso sentendosi avvampare. «Devo andare.» disse e si allontanò dandosi della stupida.
Posò il vassoio sul bancone e andò nel retro del locale, si appoggiò al muro e respirò profondamente.
Sì, era una stupida e quando la sua amica e coinquilina Charlene avrebbe saputo che aveva incontrato Duncan James e che non gli aveva detto praticamente nulla, si sarebbe sicuramente arrabbiata.
Si passò una mano sul viso e tornò in sala, mancava poco più di mezz'ora alla fine del suo turno.

***

«Dove diavolo...» mormorò Alison cercando la tessera dei mezzi pubblici nella borsa, la trovò nella taschina interna, la prese, la tenne fra i denti denti e chiuse la cerniera della borsa.
«Ciao.»
Alison si bloccò e di voltò, prese in mamo la tessera e cercò di sorridere. «Ci... ciao.» balbettò.
Duncan le sorrise. «Sei stanca?» le domandò.
Alison lo guardò, voltò la testa a destra e a sinistra e guardò Duncan, stupendosi che lui stesse parlando proprio con lei.
Duncan sorrise, «Sì, parlo proprio con te.» disse cercando di non ridere.
«Sì, sono un po' stanca.» rispose sentendosi ancora più stupida di prima.
«Vuoi un passaggio?» le chiese facendo dondolare le chiavi della macchina.
Lei lo guardò e si domandò come una persona potesse essere così bella: tutto in lui era perfetto. Si domandò come mai le stesse offrendo un passaggio, in fondo non la conosceva per nulla, era solo la cameriera che gli aveva portato da bere. Lo guardò domandandosi se dovesse accettare. Pensò che doveva prendere la metro e farsi un pezzo di strada a piedi. «Sì.» si sentì rispondere.
Duncan le sorrise e si avvicinò a lei, le circondò la vita con il braccio sinistro e la condusse verso il parcheggio. «Perché mi offri un passaggio?» domandò, «Non mi conosci.»
Duncan alzò le spalle. «Perché sei stata gentile con me.» rispose.
Alison aprì la bocca per ribattere che faceva parte del suo lavoro essere gentile con i clienti ma la richiuse pensando che non fosse il caso. Duncan le aprì la portiera e le sorrise nuovamente, lei salì in macchina e sistemò la borsa sulle coscie e allungò le gambe muovendo i piedi doloranti.
Duncan salì al posto di guida e si voltò verso di lei, «Dove abiti?» le chiese.
Alison lo guardò e per un secondo dimenticò dove vivesse, fu solo un attimo, poi sorrise e gli diede l'indirizzo.
Duncan partì e uscì piano dal parcheggio, «Quanti anni hai?»
«Ventitré, il mese prossimo sono ventiquattro.» rispose incominciando a rilassarsi.
Duncan rimase in silenzio per qualche istante. «Lavori lì da tanto?» gli chiese.
«Da quando è aperto.» rispose sentendosi sempre più idiota, non sapeva cosa dire o cosa chiedergli, tutte le domande che gli venivano in mente le sembrarono così... stupide e infantili. «Come va?» chiese pentendosene subito dopo, quella domanda era la più insulsa che potesse fare, guardò dritto davanti a sé, sperò che lui non si accorgesse delle sue guance rosse.
Duncan sorrise, apparentemente ignaro dello stato d'imbarazzo in cui si trovava Alison. «Bene, grazie.» rispose senza guardarla.
Alison sorrise e si rilassò, aprì la borsa e iniziò a cercare le chiavi di casa visto che non sapeva cosa fare, afferrò il portachiavi a forma di delfino e lo strinse nella mano destra.
«Vivi con qualcuno?» domandò Duncan.
«Con la mia migliore amica Charlene.» rispose lei, «Viviamo insieme da quando abbiamo iniziato l'università.» aggiunse e pensò a quello che avrebbe detto la sua amica quando avrebbe saputo che era stata accompagnata a casa da Duncan James, guardò il ragazzo e decise di non dire nulla.
Duncan le chiese che studi avesse fatto e lei rispose con voce tremolante che aveva frequentato economia, ma che l'aveva fatto solo perché i suoi genitori avevano insistito.
Duncan non disse nulla e rimase in silenzio. «Cosa avresti voluto fare?» le domandò.
Alison alzò le spalle e guardò fuori dal finestrino. «Non lo so, qualcosa di più divertente.» rispose, vide che erano quasi arrivati davanti a casa sua e si sentì male, avrebbe voluto stare con lui ancora a lungo, anche se non sapeva cosa fare o cosa dire.
Duncan fermò la macchina e si voltò verso di lei, ad Alison mancò il respirò quando incrociò il suo sguardo.
«Grazie.» mormorò imbarazzata e girò la testa. “Non è nulla," si disse, "adesso scendo e lui fra due minuti si sarà scordato di me.
«Alison...» la chiamò Duncan. Lei si voltò verso di lui, sorpresa. «Mi daresti... il tuo numero di telefono?»
Alison aprì la bocca sorpresa, «Io... certo!» disse e sorrise.
Anche Duncan sorrise e Alison sentì le farfalle nello stomaco, temette di poter svenire da un momento all'altro, gli diede il suo numero con voce tremante, e gli disse che lavorava dal martedì alla domenica, dalle otto di sera fino all'una e mezza.
Lui sorrise, gli circondò le spalle con un braccio e le baciò un guancia. «Ci sentiamo.» le disse.
Alison annuì e scese dall'auto, lo salutò con la mano ed entrò nel palazzo dove viveva, solo allora si accorse che lei aveva dato il numero a Duncan ma lui non gli aveva dato il suo. Sbuffò e si diede della stupida.
Salì lentamente le scale convincendosi che Duncan non l'avrebbe mai chiamata, era sicura che le avesse chiesto il numero per gentilezza.
Entrò in casa silenziosamente e andò in camera sua, si sedette sul letto e respirò profondamente.
Mentre si massaggiava il piede sinistro le arrivò un sms. “Buonanotte. D.”

Oggi

Alison aprì gli occhi e sbadigliò.
«Mamma?» la chiamò Emily in piedi accanto a lei.
«Dimmi,tesoro.» esclamò lei mettendosi seduta, si domandò per quanto tempo avesse dormito. Guardò la sveglia, erano le quattro del pomeriggio, aveva dormito quasi un'ora.
«Voglio il succo.» rispose la bambina prendendo la mano della madre e tirandola.
«Arrivo.» disse Alison alzandosi in piedi, accarezzò i capelli biondi della bambina e andò in cucina.
Aprì il frigo e aprì la bottiglia del succo, lo versò in un bicchiere e lo diede alla bambina. «Stai attenta.» le disse. Si spostò verso il piccolo televisore e lo accese.
Lo spense subito dopo quando l'immagine di Duncan apparve davanti ai suoi occhi.
Sbuffò e si appoggiò al mobile. La cucina era piccola, così come il resto della casa, salotto,camera da letto e bagno, ma era l'unica cosa che poteva permettersi.
«Perché hai spento?» chiese la bambina posando il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Perché non mi andava di guardarla.» rispose lei spostando il bicchiere nel lavandino e si inginocchiò davanti a Emily «Ti va di andare a fare la spesa?» chiese. «Tornando indietro possiamo fermarci a prendere la pizza.»
Gli occhi blu della bambina s'illuminarono, «Sì! La voglio con le patatine!» trillò la bambina.
Alison si alzò in piedi. «Vai a lavarti le mani.» disse alla bambina.

***

Alison spalancò gli occhi quando vide chi stava arrivando, prese in braccio Emily e accelerò il passo; sapeva che poco più avanti, sulla sinistra, c'era una stradina in cui avrebbe potuto svoltare.
«Mamma, le paperelle!» protestò la bambina.
Alison la ignorò e andò più veloce.
«Mammina....» esclamò la bimba, spingendo in fuori le labbra rosee.
«Non ci andiamo più, la mamma è stanca.» spiegò Alison e sospirò, accarezzò la schiena della bambina preparandosi alla crisi di pianto che sapeva sarebbe arrivata presto.
La bimba piegò le labbra in un broncio e scoppiò a piangere.
Alison le baciò il viso, «Ci andiamo domani, promesso.» le sussurrò ma la bambina la ignorò e cominciò a scalpitare per poter scendere. «Fai la brava.» le disse la madre.
«Paperelle! Paperelle!» strillò la bambina.
Alison la fece scendere a terra e si piegò per poterla guardare negli occhi. «Non fare così! Ti ho detto che andiamo domani!» disse cercando di non perdere la pazienza.
La bimba si passò una mano sugli occhi lucidi e annuì. «Sì.» bisbigliò, Alison sorrise e la prese nuovamente in braccio.
Le baciò i capelli biondi e guardò davanti a sé, il suo cuore mancò un battito quando vide chi c'era a pochi passi da lei. Aveva fatto di tutto per poterlo evitare ed ora lui era davanti a lei.
«Alison...» mormorò Duncan.
Lei lo fissò a lungo prima di poter ritrovare la voce. «Ciao, Duncan.» disse «Simon.» aggiunse e cercò di superare i due.
«Alison, aspetta!» le disse Duncan mentre Simon li guardava senza capirci molto. Sapeva solo che Alison era la ex di Duncan e che lei l'aveva lasciato e che era sparita dalla circolazione.
«Ho fretta.» disse lei senza guardarlo, stringendo la bambina a sé, alzò per un attimo il viso e lo guardò, per un attimo fu travolta dai ricordi, che la investirono come se fossero un treno ad alta velocità. Le tornarono in mente tutti i momenti passati insieme, tutte le belle cose che avevano condiviso,quanto lo avesse amato e quanto lo amasse ancora.
«Ho fretta.» ripeté.
«Mamma... chi sono?» domandò Emily guardando i due ragazzi.
Alison non guardò Duncan e neppure Simon. «Emily loro sono... vecchi amici della mamma.» rispose e s'incamminò, superando i due, imponendosi di non voltarsi, di non tornare indietro e urlare a Duncan che lei lo amava ancora e che quella era sua figlia, anche se non ci voleva un genio a capirlo, Emily era uguale a Duncan.
«Lo sapevi?» domandò Simon.
Duncan scosse la testa, stava guardando nella stessa direzione in cui Alison e la bimba se ne erano andate. «Quella bambina... è mia figlia.» mormorò, «Emily è mia figlia.»

Ed ecco il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto :)
Ringrazio chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate e chi recensisce.

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Due


Oggi

Duncan si fermò e si guardò attorno, cercando di capire dove potesse abitare Alison. L'aveva cercata a lungo da quando lei l'aveva lasciato, ma Alison aveva cambiato il numero di telefono e neppure Tom aveva voluto dirgli dove vivesse; anche se era andato diverse volte al pub non era mai riuscito a incontrarla.
Dopo un po' aveva perso le speranze e si era messo il cuore in pace ma ora, dopo aver visto la piccola Emily, era deciso a trovarla. Due giorni prima, mentre era in macchina, l'aveva vista in quella strada, avrebbe voluto fermarsi ma aveva un appuntamento con gli altri ragazzi per un'intervista ed era già in ritardo, altrimenti avrebbe posteggiato e avrebbe seguito Alison.
Il pensiero di avere una figlia di cui non aveva mai saputo nulla non lo faceva dormire. Voleva vederla, conoscerla, desiderava spiegare a Alison quello che era successo cinque anni prima, si sentiva ancora in colpa per quella storia, per aver confuso Charlene con lei.
Si tolse gli occhiali da sole e si guardò attorno. Pensò alla piccola Emily, con i suoi stessi occhi blu. "Le labbra sono quelle di Alison." pensò guardandosi le scarpe.
Alzò il viso e indossò gli occhiali, si bloccò quando vide due figure in lontananza, una di esse gli sembrò familiare. «Alison...» mormorò cercando di fare un passo avanti, ma le sue gambe erano come inchiodate all'asfalto. Guardò Alison e Emily avvicinarsi sempre di più e incominciò a sentirsi nervoso, spostò il peso del corpo da un piede all'altro e respirò profondamente.
Alison gli passò accanto con Emily, Duncan si voltò e vide che dallo zainetto rosa di Emily si era staccato un piccolo coniglietto di pezza e lo raccolse.
«Alison!» chiamò sperando di non essere ignorato.
La ragazza si voltò e lo guardò appena. «Cosa c'è?» domandò.
«È caduto questo» disse mostrando il coniglietto «è di Emily, vero?» Alison annuì, «Sì, grazie.» rispose, «Se l'avessi perso sarebbe stata una tragedia!»
Duncan si avvicinò alla bambina, si chinò per guardarla negli occhi e le sorrise porgendogli il coniglietto. «Tieni.» disse dolcemente.
La bambina lo afferrò felice. «È mio!» trillò.
Alison la guardò e le sfiorò i capelli, «Emily?»
La piccola la guardò e si girò verso Duncan. «Grazie.» mormorò.
Duncan sorrise e si alzò in piedi. «Possiamo parlare?» chiese a Alison.
Lei lo guardò e si morse il labbro inferiore, rimanendo in silenzio mentre Duncan la fissava, speranzoso. «Non ho nulla da dirti.» mormorò, Prese in braccio la figlia e si girò verso il portone.
Duncan la seguì, entrando subito dopo di lei. «Alison, per favore.» esclamò seguendola lungo le scale, gli occhi sul viso di Emily.
«Non ho nulla da dirti.» ripeté lei posando la bimba sul pavimento.
«Ma io sì!» esclamò lui, «Ascoltami, devo dirti, devo spiegarti come sono andate le cose!»
Alison non disse nulla e spinse Emily in casa. «Togliti la giacca.» le disse. Si voltò verso Duncan e respirò profondamente.«Tu mi hai tradito con la mia migliore amica. » pronunciò, «Fine della storia, fine della spiegazione.» aggiunse entrando in casa e chiudendo la porta ma Duncan fu più veloce e la bloccò infilando un piede fra lo stipite e la porta.
«Almeno dimmi se Emily è mia figlia, lo devo sapere.» disse lui guardandola, «Lo devo sapere.» mormorò sfiorandole i capelli.
«Non è tua figlia.» rispose senza esitazione.
«Giuralo.» esclamò Duncan cercando di sfiorarle il viso ma Alison si scostò.
«Lo giu-»
« Giuralo su Emily.» la interruppe lui, sicuro che Alison non avrebbe mai giurato il falso su sua figlia.
Alison lo guardò e respirò profondamente, abbassò il viso e rimase in silenzio. «È tua figlia.» sussurrò alzando il viso e fissandolo.
Duncan rimase in silenzio, lo sapeva già che Emily era sua figlia ma averne la conferma da Alison era diverso. Era una certezza che lo aveva scioccato.
«Vattene adesso, vattene. » mormorò spingendo la porta per chiuderla. «Vattene.»
«Mammina?»
Alison si voltò verso la figlia, «Vai in cucina, arrivo subito.» disse dolcemente, «Vattene, non ho bisogno di te o dei tuoi soldi.» esclamò duramente a Duncan.
Lui la fissò sorpreso, aveva completamente cambiato espressione, prima quando stava parlando con Emily il suo tono era dolce e la sua espressione amorevole ma, in quel momento, i suoi occhi erano freddi e glaciali.
«Devo occuparmi di mia figlia.» Alison spinse contro la porta con tutta la sua forza.
«Io...» mormorò Duncan ma, guardando Alison capì che non era il caso di insistere. «Vado via.» disse. «Ciao, Alison.» disse e fece un passo indietro e la ragazza gli chiuse la porta in faccia.
Duncan fissò la porta chiusa e respirò profondamente. Alzò un braccio e bussò.
«Vattene.» sentì dire da Alison. Duncan guardò lo spioncino della porta e pensò, sperò, che Alison fosse lì dietro e che lo stesse guardando.
Pensò di bussare di nuovo ma una parte di lui gli suggerì di non insistere, almeno per quel giorno.
Guardò un'ultima volta la porta e si allontanò, le spalle curve e un macigno sul cuore.

Sette anni prima

Alison si sedette sul letto e si sdraiò sulla schiena. Mancavano un paio d'ore e avrebbe iniziato un nuovo turno di lavoro.
Si sdraiò sul letto e posò le mani sulla pancia, chiuse gli occhi e sbuffò.
Era passata poco più di una settimana da quando aveva conosciuto Duncan, lui non l'aveva ancora chiamata e lei aveva ormai perso le speranze. Si era messa il cuore in pace, anche se avrebbe voluto parlarne con Charlene ma non poteva farlo, perché non le aveva detto nulla di quella sera, né che lui l'aveva riaccompagnata a casa e nemmeno della richiesta del numero di telefono.
Il suo cellulare squillò e lei lo prese in mano, osservò lo schermo, era un numero che non conosceva. Rispose.
«Alison? Sono Duncan.»
Alison spalancò gli occhi dalla sorpresa, aveva pensato a lui solo pochi secondi prima! «Cia... ciao Duncan.» balbettò.
«Ti disturbo?» domandò lui.
«Cosa? No, nessun disturbo!» rispose alzandosi in piedi «Non stavo facendo nulla d'interessante.» rispose Alison avvicinandosi alla finestra e sedendosi sul puff rosa.
«Cosa stai facendo?» chiesa Duncan.
Alison trattene il respiro, la voce di Duncan, anche se erano al telefono, suonava calda e avvolgente. «Nulla di particolare. Mi stavo rilassando prima di andare al lavoro, fra l'altro mi hanno anche cambiato gli orari e adesso lavoro dalle diciotto alle due, ma non tutti o giorni, solo il venerdì, il sabato e la domenica, gli altri giorni faccio l'orario normale... non che non mi vada bene, però sai... ecco, sì, insomma io..» si fermò sentendosi stupida e pensando di aver detto un sacco di stupidaggini.
Duncan rise e Alison sentì aumentare l'imbarazzo, era al telefono con Duncan e, invece di dire cose interessanti gli aveva parlato dei suoi orari di lavoro!
«Comunque il lunedì sei ancora libera?» domandò lui.
Alison aprì la bocca, non era sicura di aver capito bene. «Io... sì, il lunedì è ancora il mio giorno libero.» rispose domandandosi perché lui gliela avesse chiesto.
«Bene.» esclamò Duncan.
"Bene? " pensò Alison.
«Stavo pensando...» continuò Duncan mentre Alison rimaneva in silenzio, «se ti andrebbe di uscire a cena con me questo lunedì.»
Alison respirò profondamente e rimase ferma, non riusciva a credere a quello che aveva sentito, eppure era vero, era successo veramente: Duncan James le aveva chiesto di uscire.
«Alison? Sei ancora lì?» chiese Duncan.
«Si, ci sono, scusa.» rispose, «Per me va bene.» disse con voce tremolate, era ovvio che le andasse bene.
«Passo a prenderti alle sette, va bene?» domandò Duncan, «Ti porto in un posticino che conosco.»
Alison annuì e si passò una mano sul volto rendendosi conto che lui non poteva vederla. «Certo, alle sette va benissimo!» rispose.
I due si salutarono e Alison si alzò, le gambe che tremavano dall'emozione. Posò il cellulare sulla scrivania e aprì l'armadio, cercando qualcosa da indossare per l'appuntamento con Duncan, anche se non aveva capito come mai le avesse chiesto di uscire, l'aveva vista per poco tempo.
Passò le mani fra gli abiti, pensò di non avere nulla di decente da mettersi, nulla di elegante, nulla di bello... decise che sarebbe andata a fare shopping il giorno seguente.
Sentì la porta di casa aprirsi, era Charlene che tornava dal lavoro, decise di non dirle nulla, di mantenere quel segreto ancora per un po'. Andò in salotto e la salutò. Charlene si era seduta sul divano, i piedi appoggiati al tavolino. «Tutto bene?» le domandò sedendosi accanto a lei.
Charlene annuì pigramente e si stiracchiò, «Si... sono esausta.» rispose, «E tu? Novità?»
Alison rimase in silenzio per qualche secondo, «No, nessuna novità.» rispose e sperò che Charlene non si accorgesse delle sua agitazione, avrebbe dovuto raccontargli tutto e non ne aveva voglia.
Charlene si limitò ad alzare le spalle e respirò profondamente, reclinò la testa e l'appoggiò sullo schienale del divano. «Sono distrutta.» mormorò, «Credo che ordinerò la cena.»
Alison annuì distrattamente mentre pensava a cosa avrebbe potuto indossare per l'appuntamento con Duncan. «Vado a prepararmi.» esclamò alzandosi.
Charlene si limitò ad annuire e accese il televisore.
Alison entrò in bagno e iniziò a spogliarsi, decise che avrebbe mangiato al pub prima dell'inizio del suo turno di lavoro.

***

Alla fine aveva preso una gonna nera lunga fino alle ginocchia, una camicetta nera con le maniche svasate e una cintura con alcuni strass applicati sopra.
Posò il piattino con il i due tramezzini e la bottiglietta d'acqua, posò i sacchetti per terra e si sedette. Aveva un appuntamento con Charlene ma come al solito la sua coinquilina era in ritardo. Alison sbuffò e prese un tramezzino, lo divise in due, posò una metà sul piattino e iniziò a mangiare l'altra.
Aveva fame e non poteva attendere l'arrivo di Charlene per mangiare, anche se sapeva che si sarebbe arrabbiata.
«Perché non mi hai aspettato?» protestò Charlene lasciandosi cadere sulla sedia, «Non sono in ritardo di tanto!»
Alison afferrò uno dei tovagliolini e si pulì la bocca dalle briciole. «Scusa.» disse e posò il tovagliolino
accartocciato sul piattino, dove c'era l'ultima metà del secondo tramezzino, «Ma avevo fame.» disse prendendo quello che era rimasto del tramezzino.
Charlene sbuffò e si accorse dei sacchetti. «Cosa hai preso?» chiese girando l'insalata con la forchetta.
Alison alzò le spalle. «Una gonna, una camicia e una cintura.» rispose.
«E perché li hai presi? Hai qualche appuntamento?» domandò Charlene, curiosa.
Alison la fissò, prese l'acqua e bevve qualche sorso. «Ma no! Quale appuntamento!» disse e fece una risata e sperò che risultasse sincera, «Avevo voglia di comprare qualcosa... tutto qua.» posò la bottiglietta sul tavolo e finì di mangiare, evitando di guardare la sua amica.
Charlene alzò le spalle. «Va bene, però dopo mi fai vedere cosa hai preso, vero?» chiese.
Alison annuì, sollevata dal fatto che Charlene le avesse creduto. Ora rimaneva un altro problema: uscire da casa lunedì sera senza dire nulla Charlene o raccontandole un'altra bugia.
Era la prima volta che le mentiva ma non riusciva a sentirsi completamente in colpa, voleva tenere quel piccolo segreto per sé ancora un po'. E poi conosceva Charlene, se avesse saputo che sarebbe uscita con Duncan lo avrebbe raccontato a tutti, e lei non lo voleva, immaginò che non lo volesse neanche lui.
Si convinse che fosse meglio così, che fosse più saggio mentire.

***

Alison rimase in salotto fino a che Charlene non chiuse la porta dietro di sé, poi si alzò e andò nella sua stanza. Era stata fortunata, quel lunedì sera Charlene usciva con le sue colleghe di lavoro.
Aprì l'armadio e prese i vestiti che aveva comprato qualche giorno prima e li dispose ordinatamente sul letto, afferrò della biancheria intima dal cassetto del comò, prese le scarpe dalla scatola sotto il letto e sistemò il tutto sul letto.
Doveva solo lavarsi, asciugarsi i capelli, vestirsi e truccarsi; guardò l'orologio, mancava poco più di un'ora alle sette.
Quindici minuti dopo uscì dal bagno, il corpo avvolto in un asciugamano arancione, i capelli erano avvolti in un asciugamano dello stesso colore.
Si sedette sul letto e guardò il cellulare, nessuno l'aveva cercata in quei minuti in cui era bagno. Da una parte le dispiaceva, ma dall'altra era contenta di non aver ricevuto nessuna chiamata o messaggio. Questo voleva dire che Duncan non aveva annullato l'appuntamento. Tolse l'asciugamano e iniziò a vestirsi, non si mise le scarpe, quelle le avrebbe messe all'ultimo. Andò in bagno, prese il phon e iniziò ad asciugarsi i capelli, li avrebbe lasciati sciolti sulle spalle.

***

Alison posò il piede sul gradino e guardò l'ora, era in perfetto orario, mancavano tre minuti alle otto. Fissò la strada e si rese conto di non ricordare più quale fosse la macchina di Duncan, non ci aveva fatto molto caso quando l'aveva accompagnata a casa, era troppo agitata per pensare all'auto sulla quale era seduta. Sperò che Duncan si ricordasse dove l'indirizzo.
Respirò profondamente e s'impose di calmarsi, si disse che sarebbe andato tutto bene, che Duncan non le avrebbe dato buca, che avrebbe passato una bella serata.
Alzò lo sguardo da terra quando sentì un clacson suonare, sorrise quando riconobbe Duncan, si avvicinò all'auto ed entrò.
«Ciao, Alison.» disse lui, si sporse sul sedile e le baciò una guancia.
Alison trattenne il respirò quando sentì le sue labbra sul suo viso, erano così morbide e il suo profumo era inebriante.
«Aspetti da tanto?» chiese lui.
Alison scosse la testa, «No, sono qui da due minuti.» rispose dicendo la verità, aveva perso tempo nello scegliere quali gioielli mettere, alla fine aveva scelto dei semplicissimi orecchini a cerchio, non troppo grandi, e una collana con un pendente a forma di stellina. «Dove andiamo?» domandò, visto che lui non le aveva detto nulla a proposito.
«È una sorpresa, ti piacerà, vedrai.» rispose lui e partì.
Alison rimase in silenzio e annuì. «Spero solo di avere il vestito giusto.» disse, non più convinta che quello che indossava andasse bene.
«Sei bellissima.» esclamò Duncan girandosi verso di lei e sorridendo, «Non preoccuparti.»
Alison aprì la bocca sorpresa e sfiorò i capelli castani, non era la prima volta che qualcuno le diceva “sei bellissima” ma un conto erano gli amici e i clienti del pub, un altro era che glielo dicesse una persona famosa come Duncan. «Grazie.» mormorò imbarazzata, vide Duncan sorridere e fu sicura che sarebbe andato tutto bene.

***

Duncan fermò l'auto davanti alla casa di Alison. «Grazie per la bella serata.» le disse e l'abbracciò.
Alison chiuse gli occhi e respirò il suo profumo. «Grazie a te.» mormorò.
Duncan la guardò e sorrise, le sfiorò i capelli e il viso, Alison abbassò lo sguardo imbarazzata. «Ti chiamo domani.» le sussurrò prima di baciarle le guance.
Alison annuì appena, lo guardò, perdendosi nei suoi occhi azzurri, e pensò che si sarebbe potuta innamorare di lui. Ma forse lo era già.

Ed ecco il secondo capitolo, spero che vi sia piaciuto anche questo :)
Ringrazio chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate e chi recensisce.

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Tre


Oggi

Duncan posò la testa sulle braccia e sospirò. «Non mi parla.» mormorò, «Non vuole parlare con me!» alzò il viso e si passò una mano sugli occhi e sospirò.
«Provaci ancora.» esclamò Simon, «Devi dirle come sono andate realmente le cose.» aggiunse.
Duncan scosse la testa, «Non mi vuole parlare!» disse alzando la voce, si alzò in piedi e iniziò a camminare, «Come faccio? M'ignora. E se non lo fa mi dice che non ha tempo, che non vuole sentire, che è impegnata, che non le interessa...» esclamò. «Come le parlo se lei non vuole neanche vedermi?» domandò allargando le braccia e sbattendo contro un vaso di cristallo che traballò. Era una settimana che tutti i pomeriggi andava da Alison, l'aspettava sotto casa e la seguiva dentro il palazzo; ogni volta era la stessa storia, Alison non gli faceva superare la soglia e gli diceva di andarsene prima di chiudergli la porta in faccia. «Come faccio?»
Simon lo guardò in silenzio.
«È una settimana che vado da lei e non mi fa mai entrare in casa!» gridò. «Voglio solo parlare con lei...» mormorò posando le mani sullo schienale della sedia e incurvandole spalle. «Voglio vedere Emily, voglio conoscerla, giocare con lei...» si fermò e prese un respiro profondo, alzò la testa e fissò per qualche secondo l'amico. «Emily è mia figlia.»
Anche Simon si alzò in piedi e gli posò le mani sulle spalle. «Parlaci ancora. Provaci e se non vuole... insisti. Devi insistere. Cederà, prima o poi.»
Duncan annuì anche se non era molto convinto. «Lo farò.» disse. «Grazie.»
Simon fece un passo indietro e alzò le spalle. «E di cosa? Sei mio amico.»
Un debole sorriso apparve sulle labbra di Duncan. «Lo so.» disse, lo sguardo gli cadde sull'orologio. «Ma non avevi un appuntamento con Maria?» chiese indicando la piccola pendola sul mobiletto.
Simon fissò l'oggetto e aprì la bocca sorpreso, non si era accorto che fosse così tardi, «Sì e se non mi sbrigo arriverò in ritardo.» disse e in due passi fu al tavolo dove prese il cellulare e le chiavi di casa. «Maria mi ucciderà se ritardo.»
Duncan sorrise nel vederlo agitato, «Dille che è colpa mia, è la verità.» disse.
Simon annuì, «Lo farò.» esclamò e si avviò alla porta. «Ci vediamo» posò la mano sulla maniglia, «e fammi sapere se succede qualcosa.» aggiunse uscendo.
Duncan sorrise e annuì alla porta chiusa, non era sicuro che sarebbe successo qualcosa, era sicuro che la situazione non sarebbe cambiata.

***

Alison sospirò e finì di bere l'acqua, infilò il bicchiere nel lavandino e andò verso il tavolo che era appena stato occupato da una giovane coppia, mentre camminava afferrò due menu dal mobiletto e si stampò in faccia un sorriso. «Buongiorno.» disse posando i menu sul tavolo, fissò il ragazzo e sentì la terra tremarle sotto i piedi.
«Ciao, Alison.» esclamò il ragazzo prendendo uno dei due menu e porgendo l'altro alla ragazza.
«Simon.» mormorò Alison sentendosi male, il cantante avrebbe potuto dire a Duncan dove lavorava e lei non lo voleva.
«Co... cosa...» balbettò sentendosi stupida, «cosa vi porto da bere?» domandò ritrovando un po' di voce.
«Vino bianco.» rispose Simon sorridendo.
Alison prese il palmare dalla tasca del grembiulino nero e digitò il numero del tavolo, quello dei coperti e quello che Simon aveva ordinato, si accorse di premere con troppa forza il touch screen, respirò profondamente e cercò di calmarsi, sorrise e andò al bancone.
L'ultima persona che voleva vedere al ristorante era Duncan o uno dei suoi amici. Ci era riuscita per quasi cinque anni ed erano bastati pochi minuti per mandare tutto all'aria, anche la stampa si era dimentica di lei e si chiese perché non potesse farlo anche Duncan.
Afferrò la bottiglia di vino dal frigo e l'aprì, la mise sul vassoio e sbuffò, quel giorno mancava una sua collega di lavoro e lei doveva occuparsi sia dei clienti, del bancone e della cassa.
«Carter!» chiamò il suo collega, «Porta questo al tavolo sedici.» gli disse indicando il vassoio, non si accertò neppure che il collega l'avesse sentita e preparò l'ordine di un altro tavolo, sperò solo che il suo turno finisse presto, voleva stare con la sua bambina.

***

Alison diede lo scontrino e la carta di credito a Simon, «Grazie e buona giornata.» disse.
Simon infilò la carta nel portafogli e sorrise. «Ciao, Alison.»
La ragazza si morse il labbro inferiore, insicura di quello che stava per chiedere, non sapeva se Simon avrebbe fatto quello che stava per chiedergli. «Simon... posso chiederti una cosa?»
Il ragazzo annuì e infilò lo scontrino in tasca. «Certo.»
Alison respirò profondamente, «Ecco... promettimi che non dirai a Duncan che lavoro qui.» disse, «Per favore.»
Simon guardò Maria, in silenzio e Alison si sentì invidiosa di quegli sguardi, stavano parlando in silenzio*. Pensò che anche lei, tempo prima, aveva qualcuno con scambiarsi quegli sguardi che volevano dire tutto.
«Va bene, come vuoi.» disse Simon.
Alison sorrise, sollevata. Simon e Maria la salutarono e uscirono dal ristorante.

***

Duncan respirò profondamente e fissò la vetrina, sorrise quando vide Alison vicino a un tavolo, si fece coraggio ed entrò. Voleva parlarle, voleva spiegare quello che era successo quel pomeriggio di quasi cinque anni prima, voleva dirle tutto, voleva vedere Emily.
Si sedette al primo tavolino che trovò e continuò a guardare Alison che non si era ancora accorta di lui.
La ragazza si avvicinò al suo tavolo e Duncan le sorrise.
«Cosa ci fai qui?» domandò Alison.
Duncan alzò le spalle. «Un giro.» rispose, «Vorrei un caffè.»
Alison annuì e segnò l'ordine sul palmare. «Perché sei qui?» chiese ancora.
«Te l'ho già detto, sto facendo un giro.» rispose Duncan. «O è vietato?» chiese cercando di scherzare e sperò che la cosa gli fosse riuscita, non era dell'umore adatto per scherzare.
Alison sospirò e lo guardò. «Vuoi solo il caffè?» domandò.
«Solo caffè, grazie.» rispose Duncan.
Alison annuì. «Arrivo subito.» mormorò prima di voltarsi.
Duncan la guardò preparare i caffè e prendere una fetta di torta, pensò che fosse per la coppia all'altro tavolo. Doveva ringraziare Simon e Maria, se non fosse stato per loro lui non avrebbe mai scoperto che Alison lavorava lì. Fissò l'orologio che portava al polso, erano quasi le tre e mezzo, pensò che il turno di Alison sarebbe finito presto, in quella settimana l'aveva vista tornare a casa sempre verso le quattro e mezza, al massimo alle cinque.
«Ecco il tuo caffè.»
Alzò lo sguardo per sorridere ad Alison ma lei se n'era già andata, era di nuovo dietro il bancone del bar. Respirò profondamente e continuò a fissarla, quasi dimenticandosi del caffè che aveva davanti.
La guardò pulire il bancone con una spugna gialla. Osservò incantato i suoi movimenti, gli sembrava di tornare indietro nel tempo, quando passavano le serate insieme e cucinavo e poi lei puliva. Sospirò e afferrò la tazza, sorseggiando il caffè ormai tiepido. Voleva disperatamente che tutto tornasse come prima, lo desiderava con tutto se stesso ma non era sicuro che sarebbe accaduto, almeno fino a quando Alison si rifiutava di parlargli.
Sospirò ancora e abbassò lo sguardo, fissando il tavolino bianco, sentendosi perso, solo e abbandonato.

***

Duncan seguì Alison lungo il marciapiede, la raggiunse e la fermò prendendola per un braccio. «Dove stai andando?» le chiese.
Alison sbuffò, «A prendere Emily.» rispose liberandosi dalla presa di Duncan.
«Posso accompagnarti?» domandò lui, fissandola e supplicandola con lo sguardo.
Alison sospirò. «No.» esclamò e si voltò.
«Per favore, Ali» mormorò Duncan prendendole la mano.
Lei si voltò e lo guardò negli occhi, Duncan la vide vacillare e pensò che gli avrebbe detto di sì. «Ho detto no.» esclamò lei. «Sai dove abito e adesso sai anche dove lavoro, non ti basta?» gridò, «Mi hai già deluso una volta, non permetterò che tu possa farlo ancora!» aggiunse alzando la voce e graffiando con la mano libera quella di Duncan che la stringeva.
«Lasciami in pace!»
Duncan la guardò allontanarsi e scendere le scale che portavano alla metropolitana sentendosi stupido e impotente, aveva sbagliato, pensò che non doveva essere così aggressivo ma voleva parlare con lei.

***

Duncan si staccò dal muro quando vide Alison arrivare. Aveva in braccio Emily e un paio di borse delle spesa, le sembrò in difficoltà e si avvicinò a lei. «Posso aiutarti?»
Alison sbuffò, «No.» rispose e, cercando di non far cadere nulla, tentò d'infilare una mano in borsa alla ricerca delle chiavi.
Duncan non l'ascoltò e prese una delle borse. «Stava cadendo...» mormorò sorridendo e prese anche l'altra borsa. Alison si morse il labbro inferiore, lo guardò. Sospirò e spostò la bimba da un fianco all'altro, «E va bene... se proprio ci tieni.» disse e prese le chiavi dalla borsa; lentamente salì le scale e aprì il portone, si voltò per vedere se Duncan la stesse seguendo e si spaventò quando lo vide a pochi centimetri da lei.
Si morse ancora il labbro inferiore e salì le scale, Duncan dietro di lei che fissava il viso di Emily.
«Dorme?» sussurrò.
Alison si limitò ad annuire. «Si è stancata mentre facevamo la spesa.» disse dopo un po'.
Duncan non disse nulla, limitandosi a guardare Emily che dormiva con la testolina bionda posata sulla spalla della madre, gli occhi chiusi, le guance rosee e il pollice destro in bocca.
Pochi minuti dopo Alison aprì la porta di casa. «Posale sul tavolo, è lì a sinistra.»
Duncan rimase fermo sulla soglia, sicuro di aver frainteso, di aver capito male, Alison gli aveva appena detto di entrare in casa. «Cosa?»
Alison lo guardò e sbuffò, «Ti ho detto che il tavolo è li a sinistra,» ripeté, «o vuoi lasciare le buste lì sulla porta?»
Duncan scosse la testa ed entrò in casa, posò le buste sul tavolo e fissò Alison posare la bambina sul divano, toglierle le scarpe e la giacca e coprirla con un plaid leggero.
«Alison... parliamo, per favore.» esclamò avvicinandosi a lei,guardò Emily e il cuore gli si strinse in una morsa, era così bella mentre dormiva con il pollice ancora in bocca, gli sembrava un angioletto.
«No.» esclamò Alison, si spostò verso il tavolo e iniziò a mettere la roba nel frigo.
«Alison... ascoltami!» Duncan alzò la voce, «Quel pomeriggio le cose non sono andate come pensi tu!»
Alison lo fissò, guardò il sacchetto di biscotti che aveva in mano e lo posò sul tavolo.
«Ho detto no.» esclamò, «Sono tornata a casa e tu eri mezzo nudo sul mio divano, con la mia ex migliore amica sopra di te!» disse, «Pensi davvero che ci caschi? Che riuscirai a convincermi che non è come penso, che è stato un errore, che la colpa è di Charlene?» si passò le mani sul viso e tornò al divano, sedendosi accanto alla figlia.
«Alison, lo so che sembrano frasi fatte ma è la verità.» mormorò Duncan prendendole le mani e inginocchiandosi davanti a lei. «Non è come pensi...» si fermò e respirò profondamente, continuando a guardare Alison negli occhi, «credevo che fossi tu...»
«Vai via.» mormorò lei, «Vattene, non ti credo.»
A Duncan bastò il suo sguardo per capire che doveva andarsene e non insistere oltre. Si alzò, sfiorò il viso di Alison, rimanendoci male quando lei spostò la testa, fissò la bambina e, istintivamente, si chinò, le accarezzò i capelli e le baciò la fronte poi se ne andò, sentendosi ancora più depresso.

il capitolo è un po' deprimente, scusate.
Ringrazio chi legge, chi recensisce, che infila la storia in qualche lista, che mi mette fra gli autori preferiti.
Grazie

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Quattro


Sette anni prima

Alison fissò Duncan, non sapeva cosa dire.
Erano in macchina, davanti casa sua, il loro terzo appuntamento era quasi finito.
Duncan accarezzò la mano destra di Alison e la guardò, con l'altra mano le spostò la frangia e sorrise; le sfiorò il viso con le dita e si chinò su di lei, baciandola.
Alison rimase ferma un secondo, poi si rilassò, abbracciando Duncan e baciandolo, respirando l'odore della sua pelle e il profumo del dopobarba.
Lui si staccò da lei, rimanendo con il viso vicino al suo, i nasi che si sfioravano.
Alison tenne gli occhi chiusi, quasi temesse che, aprendoli, Duncan potesse svanire. Rimase così, ferma, immobile, con le mani sulle spalle di lui, a godersi il suo respiro sulla pelle.
Duncan la baciò nuovamente, le sfiorò la fronte con le labbra morbide. «Buona notte.» sussurrò.
Alison aprì gli occhi e lo guardò, sorrise e gli sfiorò la guancia con il dorso delle dita. Scese fino alle labbra e ne tracciò i contorni con l'indice. Duncan le baciò il dito e lei sorrise nuovamente. «Buonanotte.» mormorò e scese dalla macchina, anche se avrebbe voluto stare ancora con lui.
Solo quando chiuse il portone alle sue spalle sentì l'auto di Duncan allontanarsi.
Andò nel suo appartamento e vide una debole luce provenire da sotto la porta della camera di Charlene.
Sorrise ed entrò nella sua stanza, si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Riusciva ancora a sentire il profumo di Duncan.

***

«Ti sei dimenticata di dirmi qualcosa?» esclamò Charlene entrando in casa.
Alison abbassò il volume della televisione e la fissò. «No.» rispose.
Charlene si avvicinò al divano e la guardò. «Sei sicura?» chiese. «Perché a me sembra che tu ti sia dimentica di dirmi qualcosa.»
Alison scosse la testa. «Cosa avrei dimenticato?»
Charlene sbuffò e si sedette accanto a lei, frugò nella borsa e prese una rivista che posò sulle gambe di Alison. «Qualcosa di questo tipo.» disse indicando la copertina della rivista.
Alison sbiancò nel vedersi in quella foto, era insieme a Duncan, all'uscita del pub dove lavorava e si tenevano per mano.
“Duncan e la sua nuova fiamma” era scritto sotto la foto.
Cercò di capire quando fosse stata scattata ma non ci riuscì.
«Dici questo?» pigolò e spostò la rivista, posandola sul tavolino con poca grazia, «Non è... sì, insomma...» borbottò.
«Insomma cosa?» sbottò Charlene facendola trasalire. «Esci con Duncan James e non mi dici nulla?»
Alison curvò le spalle e abbassò il viso sentendosi colpevole per non aver detto nulla alla sua migliore amica.
«Da quanto tempo esci con lui?» domandò l'altra.
Alison sospirò e alzò la testa. «Quattro settimane.» sussurrò.
Charlene aprì la bocca sorpresa. «Quattro settimane? Vi frequentate da un mese e non mi dici nulla?»
Alison scosse la testa e posò i piedi nudi sul divano, abbracciandosi le ginocchia. «Scusa.» disse. «È solo che...» respirò profondamente «volevo essere sicura prima di dirlo a qualcuno.»
Charlene annuì e l'abbracciò, «E dimmi, come vanno le cose?»
Alison si staccò da lei e sorrise. «Bene!» cinguettò felice. Le sembrava di vivere su una nuvoletta rosa, dove tutto andava per il verso giusto e niente era sbagliato.
«Comunque devi portalo qui.» esclamò, «Invitalo a cena!»
Alison la fissò sgomenta. «Cosa?»
Charlene sorrise e piegò la testa di lato e i capelli biondi le scivolarono davanti al viso, li spostò con la mano e si appoggiò allo schienale de divano. «Hai capito benissimo!» disse. «Voglio conoscere bene il ragazzo con cui esce la mia migliore amica. Voglio essere sicura che non ti faccia soffrire.»
Alison la guardò, felice che non si fosse arrabbiata. «Va bene, glielo dirò.»

Oggi

Alison sospiro e infilò il cestello con i bicchieri sporchi nella lavastoviglie, chiuse lo sportello e avviò il lavaggio.
Quello che era successo il giorno prima l'aveva colpita. Aveva fissato Duncan baciare la fronte di Emily e accarezzarle i capelli, aveva visto tanta dolcezza in quei gesti che l'avevano commossa.
Pensò a come si potesse sentire Duncan nel sapere che sua figlia era cresciuta per tre anni e sette mesi senza una padre.
Che stava crescendo senza di lui.
Come lui era cresciuto senza suo padre. Alison si chiese se era quello che desiderava per Emily, se voleva che crescesse senza una figura paterna.
Scosse la testa e si voltò, rimanendo bloccata.
Chiuse la bocca quando l'uomo davanti a lei sorrise. «Ciao Antony.» mormorò.
Lui sorrise e si avvicinò al bancone, sedendosi su uno degli sgabelli. Posò le braccia sul bancone e fissò Alison. «Un caffè, grazie.»
Alison annuì e preparò la bevanda, posò la tazza davanti ad Antony.
Lui prese la tazza con entrambe le mani e la guardò. «Bel posto.» disse e respirò profondamente. Ad Alison bastò guardarlo per intuire che doveva dirle qualcosa.
«Ascolta, Alison» Antony posò la tazza sul tavolo, «Duncan è molto giù per tutta questa storia.»
«Anche io.» mormorò lei. «Lui mi ha tradito» esclamò duramente.
«Non è come pensi.» disse Antony dopo qualche istante. «Lui non-»
«Ma dite tutti la stessa cosa?» sbottò Alison, interrompendolo. «Non è come pensi? Ma siete conviti che io sia così fessa da cascarci?»
Antony rimase in silenzio e sorseggiò il caffè. «È la verità.» disse.
Antony finì il caffè e la guardò rimanendo in silenzio.
«Non capisco cosa c'entri questo con il tradimento.» esclamò Alison.
L'altro si alzò, prese dalla tasca qualche monetina e pagò. «Prova a guardarti allo specchio e a pensare a come sei tu e a come è diventata quella.» disse prima di andarsene.
Alison lo guardò uscire, colpita dalle sue parole. In un angolino della sua mente qualcosa gridava che forse Antony aveva ragione. Carter apparve con in mano una cassa piena di bottiglie d'acqua e bibite varie.
«Vado un attimo in bagno.» gli disse.
Una volta chiusa la porta del bagno dietro di sé respirò a fondo un paio di volte e si avvicinò allo specchio con le mani tremanti. Aprì l'acqua e mise le mani sotto il getto tiepido, le passò sul viso e si guardò allo specchio.
I capelli castani erano legati in una coda alta, la frangia era tenuta da parte, fermata da una molletta nera e bianca.
Sospirò nuovamente. Si disse che, forse, Antony aveva ragione.

Salve, scusate il ritardo ma l'ispirazione era svanita.
La storia non dovrebbe durara ancora tanto, al massimo ci saranno altri cinque/sei capitoli. Ma non ci conterei, l'altra mia storia, Please Stay doveva essere di dieci capitoli invece sono all'undicesimo e non sono ancora a metà ù.ù
Comunque, ringrazio chi legge, chi recensisce, chi ficca la storia in qualche lista.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Cinque


Sette anni prima

Alison oltrepassò la soglia della camera e sentì il cuore salirle in gola, per un attimo temette che potesse uscirle dal petto.
Fece un altro passo avanti e si voltò, trovandosi il viso a pochi centimetri dal torace, solido e muscoloso, di Duncan. Sorrise e alzò la testa, guardandolo negli occhi, era così bello con la camicia avorio che faceva risaltare la pelle abbronzata. Guardò i suoi occhi e le sembrarono ancora più azzurri, più luminosi del solito. Il sorriso le si allargò, alzò una mano e la posò sul fianco di Duncan, stringendo la stoffa della camicia.
Lui le sorrise e le circondò la vita con le braccia, continuò a fissarla e abbassò la testa, sfiorandole la fronte con le labbra. Lentamente scese, sfiorandole il sopracciglio e l'occhio destro, lasciandole una scia di baci sul viso, raggiungendo il collo.
Alison rimase ferma e chiuse gli occhi, godendosi la morbidezza delle labbra di lui sulla propria pelle, respirando il buon profumo di lui.
Duncan la strinse più forte e lei fece scivolare le braccia attorno al suo collo, muovendo il viso alla ricerca della labbra del ragazzo.
Lo baciò, stringendosi a lui e alzandosi sulle punte dei piedi; spingendosi contro il suo corpo, passando le dita fra i capelli, gli sfiorò la nuca e scese sul collo, solleticandolo. Le labbra di Duncan erano morbide e calde contro le sue.
Duncan le sfiorò i capelli e spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lentamente si staccò da lei e la guardò, continuando a sfiorarle il viso con la punta delle dita, dolcemente e con studiata lentezza.
Alison aprì gli occhi e il fiato le si mozzò in gola, vedere Duncan chinato su di lei, le sue labbra dischiuse, gli occhi scintillanti, l'aveva lasciata senza parole. Non le era mai sembrato così bello e così... sexy.
Alison chiuse gli occhi e respirò a fondo cercando di calmare i batti impazziti del suo cuore. Era nella casa di Duncan, nella camera da letto di Duncan, vicino al letto di Duncan, sotto a Duncan.
Non sapeva come, ma Alison si ritrovò sdraiata, Duncan affianco a lei che le accarezzava i fianchi, alzandole lentamente il top tempestato di paillette.
Socchiuse gli occhi e sorrise nel vedere il volto di Duncan, portò le mani sulla sua camicia e slacciò qualche bottone, continuando a sorride e guardandolo negli occhi. Duncan si spostò appena e lei finì di slacciargli la camicia, passò le mani sul torace, sfiorandolo con movimenti circoli.
Alison sorrisi quando Duncan le infilò le mani sotto al top, accarezzando il ventre, scendendo sui fianchi e salendo verso il seno, facendo salire il top. Lei si alzò, mettendosi seduta e Duncan le sfilò l'indumento per poi farlo cadere sul pavimento. Si sdraiarono nuovamente e Alison chiuse gli occhi, schiuse le labbra e lasciò che Duncan la baciasse.
Gemette quando sentì la mano di Duncan sfiorarle il seno, e poi la gola, per poi passare all'altro seno.
Socchiuse gli occhi e un gemito le sfuggì dalle labbra, inarcò la schiena per permettere a Duncan di slacciarle il reggiseno a fascia. Posò una mano sulla nuca di Duncan quando lui le sfiorò nuovamente il seno con le labbra.
Le sembrò di andare a fuoco, che il suo corpo si sciogliesse sotto i baci e le carezze di Duncan; reclinò la testa di lato e chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dell'emozioni, dal desiderio che Duncan le stava facendo provare.

***

Alison fissò la tavola apparecchiata e sentì l'ansia cresce ogni secondo mentre fissava la tovaglia color salmone, i piatti, le posate e i bicchieri. Si domandò se fosse stata una buona idea quella d'invitare Duncan a cena a casa sua. Respirò a fondo e tolse le mani dallo schienale della sedia.
Si guardò attorno, cercando qualcosa che fosse fuori posto, voleva fare qualcosa, aveva bisogno di fare qualsiasi cosa che le impedisse di pensare che mancavano solo pochi minuti e poi Duncan sarebbe entrato in casa sua. Gemette e si lasciò cadere sul divano con un sospiro, dandosi della stupida per aver dato retta a Charlene.
Voltò la testa quando sentì un rumore provenire dalla cucina, si sporse e vide che alla sua coinquilina era caduta una forchetta. Si appoggiò allo schienale del divano respirò profondamente, ancora pochi minuti e Duncan sarebbe arrivato. Il nuovo ragazzo di Charlene, Alex, era già lì, e Alison si accorse che lui l'aveva guardata tutto il tempo.
«Nervosa?» domandò lui sorridendo.
Alison lo fissò e lentamente annuì. «Un pochino.» ammise. Sobbalzò quando sentì il campanello suonare, si alzò in piedi e si diresse verso la porta con il cuore in gola. Fissò la sua immagine riflessa nello specchio appeso all'ingresso e respirò a fondo.
“Calmati. Alison devi assolutamente calmarti!” si disse mentre toglieva il catenaccio dalla porta. Girò la maniglia e aprì la porta, sorridendo quando vide Duncan, bellissimo, con i jeans scuri e la camicia bianca.
«Ciao.» mormorò lei e si spostò di lato per farlo entrare. «Vieni.»
Lui le sorrise e le baciò le guance, «Sono per te.» disse porgendole un mazzo di fiori, delle margherite colorate. Alison sorrise nuovamente e prese i fiori, stando attenta a non schiacciarli. Chiuse gli occhi e annusò il profumo delle margherite, «Sono bellissime, grazie.» esclamò. Tornò nel salotto e si stupì di vedere Charlene e Alex, per un attimo si era dimenticata della loro esistenza.
«Ciao!» trillò la coinquilina di Alison, «Sono Charlene e lui è il mio amico Alex!» si presentò.
Alison sorrise nel vedere l'impulsività della sua amica e andò in cucina, alla ricerca di un vaso di fiori. Posò il mazzo sul tavolo e aprì uno degli sportelli, trovando il vaso dietro la scatola del frullatore, lo prese e lo riempì d'acqua, tolse i fiori dalla carta e si accorse che c'era una piccola busta bianca, la prese e sorrise mentre la infilava dentro la tasca della gonna di jeans, l'avrebbe letta più tardi, sistemò le margherite nel vaso e le annusò.
«Sono bellissime!»
Alison si voltò verso Charlene e sorrise. «Lui è bellissimo.»
Anche l'altra sorrise. «Beviamo l'aperitivo?» chiese prendendo del vino bianco frizzante dal frigo.
Alison si limitò ad annuire e seguì Charlene in salotto, sistemò il vaso con le margherite sul mobile accanto al mobiletto porta tv e si sedette sul divano, fra Duncan e Alex.
Sorrise quando sentì le dita di Duncan sfiorarle il polso, mosse la mano e strinse quella di lui, sicura che sarebbe andato tutto bene.

Oggi

Alison non si voltò neanche, quando sentì quella voce e quella risata, l'avrebbe riconosciute ovunque. Fissò i bicchieri che aveva in mano e lentamente li sistemò sulla mensola di legno. Respirò a fondo e pensò che non era cambiato per niente, che Lee Ryan era il solito, che ci avrebbe provato con chiunque, purché fosse una bella ragazza. Scosse la testa e sistemò l'ultimo bicchiere.
«Ehi, Alison.»
Lla ragazza si voltò lentamente, imponendosi di non afferrare qualcosa, qualsiasi cosa –magari il cestello della lavastoviglie– e tirarglielo in testa.
«Ciao, Lee.» mugugnò, fregandosene d quello che gli avevano sempre insegnato da quando aveva iniziato a lavorare nei locali, lei non avrebbe sorriso a Lee e non sarebbe stata gentile con lui.
Si domandò perché fosse lì, anche se conosceva la risposta. Duncan.
Era stato da lei il giorno prima, pregandola di ascoltarlo, di fargli vedere Emily. Ma lei gli aveva risposto di no.
Non gli avrebbe parlato, non gli avrebbe fatto vedere Emily. Lui se n'era andato con le spalle urve e la faccia triste.
Prima Simon, poi Antony, adesso Lee. Alison si domandò chi sarebbe stata la prossima persone ad entrare per parlarle di Duncan. “Ci manca solo Fiona!”
«Cosa vuoi?» domandò senza guardarlo mentre passava la spugna sul bancone già pulito.
«Una birra.» rispose Lee, «Scegli te.»
Alison si chinò, aprì il cassetto del frigo e prese una bottiglia di birra a caso. L'aprì e la posò davanti a Lee. «Vuoi il bicchiere?»
L'altro scosse la testa.
Alison annuì appena e si voltò, tornando al piccolo lavandino, sistemò le tazze e i bicchieri sporchi nel cestello.
«Ascolta, Alison.» esclamò Lee, «Lo so che io e te non siamo mai andati troppo d'accordo, però...»
Alison si voltò e lo fissò duramente. Da quando non andavano troppo d'accordo? Aveva parlato con lui forse cinque volte!
«Però?» lo incalzò, anche se sapeva dove Lee voleva andare a parare.
Lui sorseggiò la birra e alzò le spalle. «Però quello che stai facendo a Duncan non è giusto.»
Alison respirò a fondo, sentendo che stava incominciando a perdere quel poco di pazienza che aveva. «Non è giusto?» ripeté, «Lui mi ha tradito.» aggiunse sporgendosi verso di lui e abbassando la voce, «Non lo voglio vedere, non voglio parlare con lui, non voglio che veda Emily.»
Lee posò la bottiglia sul bancone e la guardò, «Se lo ascoltassi forse capiresti che le cose non sono andate come credi tu.»
«Io so come sono andate le cose.» replicò lei.
«Dovresti ascoltarlo.» disse Lee, «Così fai solo del male a Duncan, a te stessa e a vostra figlia.»
Alison strinse fra le mani lo strofinaccio, cercandoo di reprimere l'impulso di ficcarlo nella gola di Lee per farlo tacere. «Perché non finisci la tua birra, non paghi e non torni dalle tue gallinelle?» gli disse.
Lee sorrise, «Gallinelle?» bevve ancora e scosse la testa. «Parla con lui, è deprimente vederlo così... depresso.» finì la birra e pagò.
«Io vado, torno dalle mie gallinelle.» disse Lee scendendo dallo sgabello.
Alison lo guardò uscire dal locale, dispensando sorrisi e saluti ai presenti.
Per un secondo pensò che Lee avesse ragione, che comportandosi così soffriva anche lei, ma la ferita del tradimento bruciava ancora dentro di lei.

Salve!
Una precisione che non ho fatto prima. In questa fic non esiste quella splendida bambina che è Tianie.
Per il resto.., grazie a chi legge!

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Sei


Sette anni prima

Alison finì di asciugare il bicchiere e lo ripose sul ripiano, allineandolo con gli altri; ripiegò l'asciuga piatti e lo sistemò sulla maniglia dello sportello sotto al lavandino, si appoggiò al mobile e guardò l'orologio appeso sulla parete di fronte. Ancora poco più di un'ora e Duncan sarebbe passato a prenderla.
Sorrise si spostò verso il tavolo, spostò una sedia e si sedette. Era nervosa, quello non era un semplice appuntamento, ma una vacanza. Duncan l'aveva invitata a trascorre sette giorni a New York.
E lei era felicissima di andare a New York con Duncan, anche se sarebbe andata in qualsiasi posto con lui.
Le valigie erano pronte, la borsetta con i documenti era sul suo letto, doveva solo farsi la doccia. Guardò l'orologio, era mezzogiorno e dieci. Aveva tutto il tempo per farsi una doccia e vestirsi.
Si alzò in piedi e andò verso il bagno, sciogliendosi la coda e infilando l'elastico verde al polso sinistro. Passò le mani fra i capelli per sciogliere qualche nodo e aprì la porta del bagno. Aprì l'acqua calda e iniziò a spogliarsi, fremendo per l'eccitazione. Sette giorni con Duncan, avrebbe trascorso una settimana con lui e non vedeva l'ora di salire sull'aero.
Si infilò sotto il getto caldo e lasciò che l'acqua che scorreva le portasse via l'ansia.
Sette giorni sola con lui, senza amici, parenti o conoscenti attorno, senza nessuno che li disturbasse.
Sette giorni. Lei e Duncan.

***

Alison guardò i negozi della Fifth Avenue e si avvicinò ancora di più al finestrino mentre il taxi rallentava a causa del traffico. Avevano da poco superato l'incrocio con la Trentottesima e non vedeva l'ora di scendere ed entrare in ogni singolo negozio, anche solo per curiosare. Voleva fare shopping, visitare i musei, andare a Coney Island, voleva vedere ogni singola cosa di New York.
«Se continui così esci dal finestrino.»
Alison si voltò verso Duncan e sorrise. «Voglio vedere quei negozi.» disse guardandolo e piegando la testa di lato. «Per favore!» aggiunse sperando di aver assunto un'aria da cucciolotto indifeso.
«Per favore.» ripeté stringendosi a lui mentre il taxi ripartiva lentamente.
Duncan sorrise e l'attirò a sé, baciandole la testa. «Quando mi fai questi occhioni dolci non so resistere.» Alison posò la testa sulla spalla di lui e sorrise, felice.
Pochi minuti dopo il taxi accostò al marciapiedi e i due giovani scesero.
«Da che parte vuoi incominciare?» domandò Duncan posando un braccio sulle spalle di Alison.
Lei si guardò attorno, curiosa. Alcuni dei negozi presenti sulla Fifth Avenue c'erano anche a Londra ma era una cosa diversa. Era a New York! Respirò a fondo, indecisa su cosa scegliere: scarpe, borse, vestiti?
Si sfiorò il mento e sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, pensando di entrare nel negozio di fronte, nella vetrina erano esposte borsette e cinture. Per iniziare era perfetto.
«Andiamo» esclamò alzando il braccio destro, il suo sguardo fu attratto dal negozio vicino, Saks Fifth Avenue, «lì.»
Duncan le sorrise. «Sicura?» le domandò, anche se conosceva la risposta, le bastava guardarla per capire che desiderava entrare da Saks. Alison annuì e, tenendosi per mano, varcarono la soglia.

***

Era l'ultima sera a New York e Duncan e Alison erano a cena in un ristorante al quattordicesimo piano di un palazzo nell'Upper West Side.
Dalle grandi vetrate si vedevano gli edifici illuminati. Avevano già ordinato del vino bianco crostacei alla griglia e salmone ai ferri. Il vino era arrivato insieme a un piattino di crostini all'olio.
Alison ne prese un pezzetto e lo infilò in bocca. «Non voglio tornare a casa.» mormorò dopo qualche secondo di silenzio, appoggiando il mento sulla mano e guardando fuori dalla finestra, «Voglio stare qui.» sospirò posando lo sguardo su Duncan.
Lui sorrise e le sfiorò un braccio, salendo lentamente fino alla mano, stringendo delicatamente e posò la mano su quella di lei. «Torneremo.» disse stringendo la mano di lei fra le sue, «Te lo prometto.»
Alison sorrise e posò anche l'altra mano sul tavolo, abbassò appena la testa, «Me lo ricorderò.» mormorò e guardò nuovamente Duncan, «Me l'hai promesso e se non ci torniamo ti romperò l'anima fino a stressarti.»
Duncan rise e postò le mani, «Dovrò stare attento a quello che ti prometto, allora.» disse alzando per qualche secondo le mani.
«Molto attento.» Alison afferrò il calice di vino e bevve lentamente un sorso, «Io mi ricordo tutto.» disse e posò il bicchiere, «E sono brava a rompere.»
Duncan rise ancora e allungò le mani, e strinse quelle di Alison fra le sue. «Ci torneremo, giuro.» disse sfiorando con le dita le mani di lei, sorrise, prese la mano destra di Alison e ne baciò il dorso, fissandola intensamente negli occhi, continuando a sorridere.
Alison lo fissò sentendosi felice, la tristezza causata dalla fine della vacanza era sparita, lasciando il posto a una sensazione di leggerezza, felicità e qualcos'altro che non sapeva descrivere, un qualcosa che la rendeva felice e sicura.

***

Non l'aveva mai guardata così, con tutta quella intensità.
Alison guardò Duncan e si stupì di quanto fossero azzurri e luminosi i suoi occhi ma non era solo quello, c'era altro. Il modo in cui la guardava prima di baciarla, come piegava la testa di lato prima di accarezzarla...
Era diverso e lei lo sapeva, non sapeva in che modo ma era diverso. Il modo in cui Duncan la guardava, i suoi occhi, il suo modo di toccarla... Alison chiuse gli occhi, godendosi i baci e le carezza di Duncan

***

Alison sentì la porta aprirsi e si alzò dal divano, alzando le braccia sopra la testa e stiracchiandosi.
«Ciao...» si bloccò quando vide la sua coinquilina, «Charlene.» mormorò, la osservò per qualche istante, sorpresa da quel cambiamento.
«Sorpresa, vero?» cinguettò Charlene posando la borsa sul divano e sedendosi.
Alison continuò a guardarla e si sedette anche lei.
«Puoi pure chiudere la bocca.» la prese in giro l'altra, «Dimmi come sto, perché ho speso una fortuna dal parrucchiere e spero ne sia valsa la pena.»
Alison chiuse la bocca e annuì. «Sì, sì! Stai molto bene.» disse ritrovando la voce, «Sono solo sorpresa.» aggiunse senza smettere di fissarla.
Charlene sorrise compiaciuta e si passò una mano fra i capelli lisci e castani.
«Fino a stamattina eri bionda con i ricci.» constatò Alison, «Adesso sei castana e liscia.» aggiunse sfiorando i capelli dell'amica.
Charlene sorrise e scosse la testa, «Ogni tanto un cambiamento ci vuole.» disse.
Alison sorrise e si alzò in piedi «Devo solo abituarmi.» esclamò e sbadigliò. «Vado a prepararmi.» disse e s'incamminò verso camera sua.
Mentre chiudeva la porta dietro di sé si domandò come mai Charlene aveva deciso di fare quel cambiamento, da quel che ricordava non aveva mai tinto i capelli e raramente li stirava.
Scosse la testa e si avvicinò al letto su cui aveva appoggiato i vestiti. Lentamente si tolse la maglietta, chiedendosi nuovamente perché Charlene avesse cambiato look all'improvviso. Si domandò se ci fosse sotto qualcosa, un motivo che lei non sapeva, una ragione di cui lei era all'oscuro.
Scosse la testa e s'infilò la maglietta a maniche lunghe e andò verso il bagno.
Si disse che, appena avrebbe avuto un po' di tempo, avrebbe parlato con Charlene. Peccato che ultimamente non avesse più tempo. Quando lei era a casa Charlene lavorava, e quando lei lavorava Charlene era a casa. E poi c'era il tempo che passava con Duncan – sempre troppo poco –, erano pochi i momenti che lei e Charlene passavano insieme.
Alison scosse la testa e finì di lavarsi le mani, si guardò allo specchio e sospirò, sentendosi in colpa. Ultimamente aveva passato pochissimo tempo con Charlene e le dispiaceva molto.
Velocemente si truccò e pettinò, tornò in camera e cambiò le pantofole con un paio di sneakers; prese la borsetta e controllò di non aver dimenticato nulla.
«Io vado, Charlene.» esclamò affacciandosi in cucina, dove Charlene stava bevendo del succo di frutta.
«Ci vediamo.» disse l'altra riempiendosi nuovamente il bicchiere.
Alison sorrise, infilò la giacca di jeans e uscì di casa. Sobbalzò quando il telefono squillò nella sua borsa, lo afferrò mentre scendeva gli ultimi gradini. Sul display il nome di Duncan lampeggiava, Alison sorrise, dimenticandosi di Charlene.

Oggi

Duncan entrò nel ristornate e si guardò attorno, alla ricerca di Alison. Erano state settimane intense e non era riuscito a vederla spesso.
Lei non lo faceva entrare in casa ma se lui le chiedeva di Emily lei gli rispondeva.
Si sedette su uno sgabello e fissò Tom asciugare un bicchiere. «Alison?» domandò. Lo conosceva bene – lo aveva conosciuto quando aveva visto per la prima volta Alison – ed era sicuro che lui lo odiasse.
Tom lo guardò in silenzio per qualche istante e i voltò per posare il bicchiere sulla mensola, voltandosi sospirò. «Non c'è.» rispose. «È a casa, la piccola ha l'influenza.»
Duncan si bloccò, sorpreso da quella informazione. «Sta male?»
Tom alzò le spalle. «È solo influenza.»
Duncan annuì. «Capisco.» disse, «Mi fai un caffè, per favore?»
Tom annuì e preparò il caffè, Duncan lo bevve velocemente e pagò. «Ci vediamo.» disse e uscì dal locale.
Una volta salito in macchina si diresse verso la casa di Alison.

***

Salì gli ultimi gradini e respirò a fondo. Lungo la strada si era fermato a prendere un pupazzo per Emily e una scatola di biscotti al burro per Alison.
Bussò alla porta di Alison e attese.
Sentì dei passi provenire dall'interno dell'appartamento e la maniglia abbassarsi, la porta si aprì di una decina di centimetri. «Cosa vuoi?» domandò.
«So che Emily non sta bene...» rispose Duncan incominciando a sentirsi stupido, «Vorrei sapere solo come sta.»
«Ha le febbre.» lo informò lei, respirò a fondo e abbassò il viso, Duncan temette che volesse chiudergli la porta in faccia, «Vuoi entrare?»
Duncan sorrise e annuì, Alison si spostò e aprì la porta., lui entrò lentamente, quasi temendo che lei cambiasse idea e lo mandasse via.
Arrivò davanti al divano e si voltò, dando il sacchetto con il pupazzo a forma di elefantino e la scatola di biscotti ad Alison.
«Non dovevi.» disse lei accennando un sorriso. Anche lui sorrise. «I biscotti al burro! Grazie!» esclamò prendendo la scatola dal sacchetto e posandola sul tavolino.
Afferrò il pupazzo e lo fissò qualche istante, poi guardò Duncan. «E questo?»
«E per Emily.» rispose e si sedette sul divano.
«Grazie.» Alison rimise l'elefantino nel sacchetto e lo posò accanto alla scatola di biscotti. «Adesso Emily dorme.» Duncan annuì e guardò la porta, socchiusa, della camera da letto.
«Voi qualcosa?» chiese Alison.
«Un bicchiere d'acqua, grazie.» rispose e la guardò mentre si spostava verso il frigo, lo apriva e prendeva una bottiglia di acqua.
Pochi secondi dopo Alison tornò da lui con un bicchiere pieno d'acqua.
Alison si sedette sul divano e aprì la scatola di biscotti, ne prese uno e lo mangiò velocemente. «Sono buonissimi!» «Mi fa piacere.» disse Duncan e ridacchiò.
«Cosa c'è?» borbottò Alison prendendo un altro biscotto.
Duncan sorrise e indicò il suo viso. «Hai lo zucchero a velo persino su una guancia.»
Alison sorrise e si alzò, portandosi a dietro la scatola dei biscotti che sistemò dentro un armadietto, afferrò un tovagliolo di carta dal ripiano e si pulì il viso.
«Mammina?»
Entrambi si voltarono verso la porta della camera.
«Mamma!»
Alison lasciò il tovagliolo stropicciato sul tavolo e corse verso la camera, seguita da Duncan.
Emily era seduta sul divano, i capelli stropicciati, gli occhi azzurri arrossati.
«Stai bene, tesoro?» domandò Alison sedendosi sul letto.
La bimba annuì, «Ho sete.»
Alison sorrise e prese in braccio la bambina, che si strinse a lei, Alison le baciò la fronte.
«Ciao piccola.» mormorò Duncan sfiorandole i capelli, e la bambina lo guardò e s'infilò il pollice destro in bocca.
I tre tornarono in cucina e Alison mise la figlia sul divano, «Stai ferma.» le disse dolcemente e andò a prenderle da bere.
Duncan fissò la bambina, si ricordò del regalo e lo prese dal sacchetto. «Emily?» la chiamò e la bimba lo guardò, senza smettere di succhiarsi il pollice, «È per te.» le disse dandogli l'elefantino.
Emily lo guardò curiosa, allungò la manina, sfiorò le grandi orecchie e prese il pupazzo, stringendolo a sé.
«Cosa si dice?» le disse Alison sedendosi accanto a lei e tenendo in mano un bicchiere con del succo di mela.
La bambina sorseggiò lentamente la bevanda e guardò Duncan, che non aveva smesso di fissarla, «Grazie.» mormorò e si appoggiò contro il petto della madre, che le baciò la testa e l'abbracciò.
«Sembra che la febbre le sia scesa.» esclamò Alison.
«Meno male.» mormorò Duncan e sfiorò la nuca della bambina, facendo scorrere le dita fra i capelli biondi.
Alison sorrise e sistemò la bambina sulle sue gambe, la coprì con il plaid e la strinse, guardò la mano di Duncan che accarezzava la guancia della bimba e sorrise, alzò il viso e, continuando a sorridere, guardò Duncan.

Scusate il ritardo ma è un periodo un po così, in cui l'ispirazione scarseggia -.-
Comunque ringrazio tuttel le persone che stanno leggendo questa storia.

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Sette


Oggi

Alison entrò nel vagone del treno della metropolitana un attimo prima che le porte si chiudessero dietro di lei, si aggrappò a un sostegno e ripensò agli ultimi giorni.
A Duncan.
Lo aveva lasciato entrare e non sapeva neanche lei il perché. O forse sì. Le mancava, ogni giorno, ogni minuto, ogni volta che guardava Emily.
Ma soffriva ancora troppo per poterlo perdonare. O solamente per pensare di farlo.
Sospirò e chinò la testa, sentendo un peso troppo grande sulle spalle. Duncan piaceva a Emily, gli sorrideva ogni volta che lo vedeva e allungava le braccia verso di lui per farsi prendere in braccio, e lei non voleva. Non voleva che Emily si affezionasse troppo a Duncan, Alison non voleva che sua figlia soffrisse, temeva che Duncan la illudesse con false promesse. E lei non voleva. Alzò la testa e si accorse di essere quasi arrivata. Si avviò alla porta e dopo qualche secondo scese.
Venti minuti più tardi Alison ed Emily camminavano verso casa.
«Oggi viene?» domandò Emily guardando la madre.
«Di chi parli?» chiese lei, anche se sapeva già la risposta.
«Duncan.»
«Non lo so.» rispose. «Penso di no.»
Emily si fermò, «Perché?» domandò.
Alison s'inginocchiò davanti alla figlia. «Perché ha i suoi impegni, non può venire tutti i giorni a trovarci.»
accarezzò i capelli della figlia e sorrise.
«Chiamalo e digli di venire!» protestò la bimba. Alison chiuse gli occhi e li riaprì, «È impegnato, non può venire.» disse, anche se non ne era certa.
«Mammina... chiamalo!» piagnucolò Emily. «Mammina!» aggiunse gettando le braccia al collo della madre. Alison abbracciò la bambina e sospirò.
«Lo faccio a casa, va bene?» esclamò alzandosi con in braccio Emily. Sperò che a casa, davanti al televisore e con un paio di biscotti in mano, Emily dimenticasse Duncan.
Le sfiorò la schiena e riprese a camminare, anche se una parte di lei voleva fermarsi, prendere il cellulare e chiamare Duncan.
Svoltò l'angolo e aprì la bocca quando vide la persona che stava camminando nella sua direzione. Era molto diversa dall'ultima volta che l'aveva vista.
Charlene non aveva più i capelli lisci e castani, era tornata al suo colore naturale e i capelli ricci ricadevano sulle spalle.
Alison la fissò per qualche secondo, fino a quando anche Charlene non la guardò, solo allora distolse lo sguardo. Le due s'ignorarono quando passarono l'una di fianco all'altra.
Alison la superò e si voltò per guardarla. Scosse la testa e continuò a camminare, ormai mancavano pochi metri e sarebbe stata a casa.
Sospirò e pensò che Charlene era l'ultima persona al mondo che voleva vedere.
Pochi minuti dopo Alison e la figlia entrarono in casa.
Alison si chinò per slacciare la giacca della bambina e l'accompagnò in bagno e l'aiutò a lavarsi le mani.
Accese il televisore, fece sedere Emily sul divano e le diede un paio di biscotti al cioccolato. Aprì la lavastoviglie e sistemò i piatti e i bicchieri puliti. Dal frigo prese un brick di succo alla pesca, infilò la cannuccia e lo diede alla bambina. «Fai la brava che la mamma deve sistemare.» le disse. La bambina prese il succo e annuì, tutta concentrata a guardare la tv.
Alison chiuse lo sportello della lavastoviglie, prese la spugna azzurra, la sciacquò sotto l'acqua e pulì il tavolo e il top della cucina, quella mattina non aveva fatto in tempo a fare le pulizie perché si era svegliata tardi.
«Mammina?»
Alison trattenne il respiro e si voltò verso sua figlia, sperò che non le chiedesse di Duncan. «Dimmi» mormorò sedendosi accanto a lei e abbassando il volume del televisore.
«Duncan?» domandò la bambina e succhiò rumorosamente il succo di frutta.
Alison la guardò non sapendo cosa dirle. «Non viene.» disse, «Mi ha chiamato e ha detto che non viene.» mentì.
Emily piegò le labbra in una smorfia e Alison si sentì male nel vedere la figlia sul punto di piangere. La prese in braccio e le baciò i capelli.
«Tesoro mio... Duncan verrà quando non avrà impegni.» le disse e la strinse a sé, cullandola dolcemente. La bambina singhiozzò e Alison si sentì dispiaciuta. Le baciò nuovamente i capelli e si sistemò meglio sul divano. Fissò la borsetta sul tavolino e per un attimo le balenò l'idea di chiamare sul serio Duncan. Respirò a fondo e cambiò idea. Posò la testa sulla spalliera del divano e chiuse gli occhi, sentendosi esausta.

***

Duncan fissò lo schermo dell'iPhone, indeciso su cosa fare. Chiamare o aspettare?
Sbuffò e piegò la testa, fissò per qualche secondo il soffitto e chiuse gli occhi. Non voleva essere assillante, ma allo stesso tempo voleva sentire la voce di Alison e la risata di Emily.
Era rimasto stupito quando Alison l'aveva fatto entrare, quel giorno. E anche il giorno dopo e quello successivo.
Ma erano un paio di giorni che non le vedeva, un po' per i suoi vari impegni, un po' perché temeva di essere troppo assillante. Non voleva che Alison lo cacciasse.
Guardò lo schermo del cellulare e sorrise nel vedere la foto di Emily. La bambina aveva le guanciotte rosse, un biscottino mangiato a metà e il viso cosparso di briciole. Sfiorò lo schermo con il pollice e sorrise; decise di inviare un SMS ad Alison, voleva sapere come stavano lei e la bambina.
Inviò il messaggio e fissò l'iPhone in attesa di una risposta, dopo alcuni minuti mise il cellulare sul tavolino, decise di andarsi a fare una doccia con la convinzione che, al suo ritorno, avrebbe trovato una risposta.

***

Alison fissò il cellulare, indecisa su cosa rispondere. Era più di un'ora che ci pensava e, altro a un breve “Stiamo bene” non le veniva in mente nient'altro. Sbuffò e scosse la testa, decise di non pensarci, aprì il frigo e rese il piatto con le bistecche che aveva tirato fuori dal freezer quella mattina.
Mise le due bistecche nella padella e le fissò, rendendosi conto che Duncan le mancava. Le mancava il modo in cui la guardava, come sorrideva dolcemente a Emily. Sorrise ripensando al modo in cui Duncan giocava con Emily, come se lo avesse fatto da sempre e non da pochi giorni. Sospirò e afferrò il cellulare.
“Stiamo bene, grazie. Quando vuoi vieni a trovarci.”
Alison fissò il messaggio non ancora inviato e sospirò nuovamente. Ripensò a Charlene e le venne in mente quel giorno, quello in cui aveva scoperto Duncan insieme a quella che lei considerava la sua migliore amica. Scosse la testa, confusa, cancellò la seconda frase del messaggio e lo inviò.

***

Duncan sospirò rumorosamente e trattene l'impulso di lanciare il telefono contro il muro.
“Stiamo bene. Grazie.”
Solo quello, Alison gli aveva scritto solo quelle tre parole. Respirò profondamente e cercò di calmarsi. Si sarebbe aspettato qualcosa in più.
«Non dirmi che ti aspettavi un invito a cena.» esclamò Lee sedendosi sul divano. «Dalle tempo.»
«Cinque anni mi sembrano sufficienti.» replicò Duncan.
«Vedi il lato positivo: non ti chiude la porta in faccia.» disse Lee infilando la mano nel sacchetto delle caramelle gommose. «Mi sembra un ottimo risultato.» aggiunse e s'infilò in bocca una manciata di caramelle.
Duncan sbuffò e fissò il televisore. «Sì, lo so... è solo che volevo....» si fermò e si voltò verso l'amico, «Voglio rivederla, voglio spiegarle come sono andate realmente le cose.» si alzò in piedi e afferrò l'iPhone.
«Io vado.» esclamò.
«Dove?» domandò Lee, piegandosi in avanti per raggiungere la birra sul tavolino.
«Da Alison.» rispose Duncan.
«Adesso?» chiese Lee e Duncan si limitò ad annuire. «Ma è quasi mezzanotte! Dormiranno.» fece notare. «Sicuramente Emily starà dormendo.»
Duncan lo guardò e annuì, «Hai ragione.» disse e si sedette. «Non voglio svegliare Emily.» Fissò il cellulare e decise di mandare la buona notte ad Alison, anche se non era sicura che lei avrebbe risposto.
Si alzò nuovamente e andò in bagno, quando tornò in sala, pochi minuti più tardi, Lee gli disse che era arrivato un SMS.
Duncan afferrò il telefono con il cuore in gola, chiuse gli occhi e li riaprì lentamente.
“Buonanotte anche a te :)” Sorrise e si sentì più leggero, anche se erano solo quattro parole. Era lo smile sorridente che gli fece sperare per il meglio.
Era sicuro che tutto sarebbe andato a posto, che le cose si sarebbero sistemate.

Scusate il ritardo ma è un periodo un po così, in cui l'ispirazione scarseggia -.- ero bloccata a metà capitolo, poi l'ispirazione è tornata!
Comunque ringrazio tuttel le persone che stanno leggendo questa storia. Grazie :)

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Otto


Cinque anni fa

Alison entrò nel bar e si sedette a un tavolino, da dov'era poteva osservare la strada. Il cameriere arrivò e lei ordinò un succo alla pesca. Sorrise pensando che il suo stile di vita sarebbe stato sconvolto completamente: niente tacchi alti, niente notti in bianco, caffè drasticamente ridotto.
Tutto ciò per un buon motivo, anzi, per un motivo bellissimo.
Il cameriere tornò con il suo succo e la distrasse dai suo pensieri, Alison sorrise e afferrò il bicchiere, bevendo lentamente.
Afferrò la borsa cercò il portafoglio ma la sua mano strinse il piccolo album di foto, lo prese sorridendo e lo sfogliò lentamente, sentendosi felice e un po' nostalgica guardando le foto della sua ultima vacanza con Duncan a New York, erano stati lì per festeggiare i loro primi due anni come coppia.
Rimise l'album nella borsa e le sue dita strinsero la busta bianca, sorrise e prese il portafoglio, contò le monete per pagare il succo e fece cadere il portafoglio nella borsa.
Con calma finì il succo e andò alla cassa e pagò, una volta fuori dal bar si strinse nel cappotto e s'incamminò verso casa. Non vedeva l'ora di dirlo a Duncan, lo avrebbe fato in quel momento ma aveva lasciato il cellulare a casa, anche se era sicura di averlo messo nella borsetta.
Entrò in metropolita e sorrise, impaziente di parlare con Duncan. Era sicura che sarebbe stato felice. Anche Charlene sarebbe stata contenta di diventare “zia”, anche se ultimamente era cambiata un po'. No, era cambiata quasi totalmente. E non erano soltanto i capelli, lo stesso taglio e colore di Alison ma, da un paio di settimane Charlene usava lo stesso profumo di Alison. E anche i suoi vestiti.
La ragazza decise di non pensarci, scosse la testa e salì sul vagone del treno.

***

Alison salì i gradini velocemente, infilò la chiave nella serratura e aprì la porta. Sbuffò quando sentì dei gemiti, Charlene lo sapeva che doveva avvertire quando portava qualcuno a casa. E in più sembrava che fossero vicini, come se provenissero dal salotto. Alison sbuffò nuovamente e mise le sue chiavi sul mobile dell'ingresso, si tolse la giacca e l'appese.
Lentamente entrò nel salotto e si bloccò fissando il divano. Respirò a fondo, non credendo a quello che stava vedendo. «Duncan?» sussurrò, pregando di sbagliarsi, che non fosse il suo Duncan, ma solo uno che gli assomigliava. Duncan non poteva tradirla con Charlene. «Duncan?» chiamò, alzando la voce.
Duncan scostò la ragazza sopra di lui, si strappò la benda nera dagli occhi e la gettò a terra. «Ali!» esclamò alzandosi, tenendosi i pantaloni con le mani. Guardò la ragazza sul divano e mormorò un paio d'insulti.«Giuro, non è come sembra!»
Alison si morse il labbro inferiore per non piangere, sentendo dissolversi la felicità che aveva provato fino a pochi minuti prima, per lasciare spazio al disgusto e alla tristezza. Fissò Duncan, a petto nudo, la sua camicia gettata sul divano, la cintura slacciata e la cerniera dei bottoni abbassata.
«Ti odio.» mormorò, prima di voltarsi e correre in camera sua, sbattendo la porta.
«Ali, tesoro!» esclamò lui, battendo la mano sulla porta. Alison lo ignorò, prese una valigia dall'armadio e iniziò a riempirla.
Duncan entrò nella stanza e la guardò, «Posso spiegarti...»
Lei lo fissò e continuò a gettare vestiti nella valigia. «No.» esclamò, «Non voglio sentire nulla!» esclamò. Chiuse la valigia e uscì dalla camera per dirigersi verso il bagno. Infilò alcune cose nel beauty case e tornò in camera.
Duncan era ancora lì, dove lo aveva lasciato. «Ali, amore...»
«Non chiamarmi Ali o amore o tesoro,» ringhiò, «hai perso questo diritto.»
Afferrò la borsa, la valigia e il beauty case, afferrò il cellulare che aveva dimenticato sul comodino e uscì dalla camera, aspettò che Duncan la seguisse e chiuse la porta a chiave.
«Dove vai?» pigolò Duncan seguendola in salotto.
Alison fissò Charlene, seduta sul divano che si allacciava pigramente i bottoni della camicetta, «Tornerò a prendere il resto della mia roba.» le disse.
«Ali, dove stai andando?» domandò Duncan.
Lei lo guardò duramente, «Lontano dalla tua vita.» esclamò e uscì dall'appartamento.
Scese le scale e uscì in strada, si avvicinò a un taxi, aspettò che l'uomo fosse fuori dal mezzo e chiese all'autista se fosse libero.
Il conducente mise le valige nel bagagliaio e partì.
Duncan fissò il taxi allontanarsi sentendo il suo cuore rompersi in mille pezzi.
Aveva rovinato tutto.

***

Alison entrò nella camera degli ospiti di Max e posò la valigia sul letto. Sarebbe rimasta da lui fino a che non avesse trovato un appartamento.
Aveva raccontato tutto al suo capo ed era stata felicissima quando lui le aveva proposto di lavorare nel ristorante dall'altra parte della città. Era sicura che Duncan non conoscesse quel posto, così non avrebbe corso il rischio di rivederlo.
Con un sospiro aprì la valigia e iniziò a sistemare i suoi vestiti.

***

«Dovresti dirglielo!» esclamò Tom sedendosi accanto a Alison e fissandole la pancia, «È il padre, deve saperlo!» Alison sbuffò, «Non merita di saperlo!» esclamò, «Mi ha messo le corna con la mi migliore amica!» continuò accarezzandosi il ventre.
Tom scosse la testa e sospirò, «Una parte di me pensa che tu stia sbagliando, ma farò quello che vuoi.» disse, «Se non vuoi che lo sappia non gli dirò nulla.»
Lei gli sorrise e lo abbracciò, «Grazie.»

***

«Tu sai dove si trova Alison!» esclamò Duncan guardando Tom. Era andato al pub per cercare la sua ormai ex ragazza. «Sì, e non ti dirò mai dove si trova.» replicò Tom. «Sta bene, per quanto possa stare bene una persona che ha visto il suo ragazzo baciare un'altra ragazza.»
Duncan abbassò il viso si sentì colpevole. «Ma non è andata come pensa lei!» disse, «Io devo spiegarle come sono andate le cose!»
Tom rimase in silenzio e controllò alcuni ordini. Riempì alcuni bicchieri con della vodka e lì posò su un vassoio, una cameriera lo portò via.
«Dammi il suo nuovo numero, per favore.» pigolò Duncan, «Devo sentirla.»
«Ti ho già detto di no.» disse Tom. «Te ne vai da solo o devo chiamare la sicurezza?»
Duncan scosse la testa. «Me ne vado.» disse, «Almeno posso avere da bere?» domandò e Tom annuì, «Un cognac, grazie.»
Bevve la bevanda in un sorso, pagò e uscì dal locale traballando. E non era a causa del super alcolico, tremava ed era malfermo sulle gambe perché sapeva che aveva perso per sempre Alison.
Fissò il braccialetto di perline che gli aveva regalato lei. Sfiorò una perlina verde acqua e respirò profondamente, corse alla macchina, aprì la portiera e si lasciò cadere sul sedile, respirò ancora e posò le mani sul volante, prendendo respiri più profondi, cercando di non piangere ma, appena chiuse la portiera, iniziò a singhiozzare.

***

Alison fissò la bambina fra le sue braccia e sorrise. Le sfiorò la lanugine bionda che le ricopriva la testolina e scese fino alla fronte, toccò la punta del naso e ridacchiò quando la neonata emise un lamento simile a un miagolio. Le baciò la fronte e le prese la mano.
«Siamo solo io e te, Emily.» sussurrò, «Senza amiche puttane e ragazzi meravigliosi e bellissimi e completamente stronzi.»
La fissò e sorrise. Quella era la sua bambina. Solo sua e di nessun altro.
La baciò nuovamente e la mise nella culla, infilandole il ciuccio fra le labbra rosee.
Sospirò profondamente e guardò Emily dormire. Non era quello che aveva sperato quando aveva scoperto di essere incinta.
Pensava che avrebbe partorito con accanto Duncan, che la sua famiglia fosse lì a sostenerla...
Invece le cose erano andate in maniera completamente differente: Duncan era uscito dalla sua vita e i suoi non le parlavano più.
Per fortuna c'era Tom, ma anche lui era sposato. Aveva fatto fin troppo, prima ospitandola, cambiandole luogo di lavoro e aiutandola a trovare un nuovo appartamento.
Si spostò dalla culla e andò in cucina, si versò un bicchiere d'acqua e bevve guardando fuori dalla finestra.
Nulla era andato come aveva immaginato. Però Emily era talmente bella e lei la amava così tanto che non le importava più nulla del resto del mondo.

Salve! Ecco il capitolo della "svolta": il tradimento.
Spero vi si piaciuto!
Grazie.

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Nove


Oggi

Alison fissò Duncan e sospirò. «Non lo so.» disse. Il pensiero di lasciare Emily con Duncan per il pomeriggio e la sera la faceva star male. Non si era mai separata per così tanto tempo dalla sua bambina.
«Per favore!» supplicò Duncan afferrandole la mano e guardandola con occhioni da cucciolo.
«Me la riporti dopo cena?» domandò lei.
«Sì.» rispose Duncan, «Te l'ho già detto.» disse e sorrise stringendo la mano di Alison. 
«Staremo bene, vedrai.» aggiunse Duncan.
Alison lo fissò, aveva ancora qualche dubbio, e sospirò. Sapeva che Emily sarebbe stata felicissima di trascorre del tempo con lui, nelle ultime settimane l'aveva cercato spesso, arrivando a fare i capricci quando Duncan non c'era perché era in tour con i Blue; però, quando Duncan la chiamava, Emily si tranquillizzava.
Alison sospirò nuovamente. «Va bene.» acconsentì e il viso di Duncan s'illuminò. «Domani però, oggi la devo portare dalla pediatra.»
«Pediatra? Sta male?» chiese lui preoccupato.
Alison scosse la testa. «No, sta benissimo.» rispose, «È solo un controllo di routine, niente di preoccupante.»
Duncan annuì e afferrò il bicchiere d'acqua. «Va benissimo anche domani.»
«Lo dirò a Emily domani, quando esce dall'asilo, altrimenti mi stressa.» disse Alison e controllò che nessuno entrasse nel bar.
«Ti stressa?» domandò lui, «In che senso?»
«Nel senso che ha preso da te, si vede che siete uguali.» rispose lei e abbassò il viso quando si rese conto di quello che aveva detto.
Duncan sorrise. «Io ti stresso?» domandò.
«Quando ti ci metti... sì.» rispose lei, «Sono due giorni che mi parli di questa storia.»
Duncan rise, «Voglio vedere la mia bambina.» disse.
«Lo so.» mormorò lei, si voltò e in silenzio si preparò un cappuccino. 
«Credi che Emily sarà felice di vedermi?» domandò Duncan mentre Alison si voltava verso di lui.
«Sì.» mormorò lei, «Sarà felice di passare del tempo con te.» soffiò sulla bevanda calda e respirò lentamente, lo sguardo fisso sul bancone davanti a lei. 
Duncan sorrise e la guardò, «Sono felice che tu abbia detto di sì.» disse.
Alison lo guardò e rimase in silenzio; non era del tutto felice di lasciare Emily con Duncan ma sapeva che non c'era altro da fare, Duncan aveva il diritto di vedere Emily anche dopo quello che le aveva fatto. Alison ci aveva pensato a lungo, un paio di volte si era rigirata nel letto fino quasi all'alba. Ed Emily non le era d'aiuto, anzi, non faceva in tempo a uscire dal letto che la bambina iniziava a domandarle di Duncan.
“Ma oggi viene? Mi chiama? Quando esco dall'asilo lui c'è?”
Alison sospirò.
«Se vuoi posso portarla a casa prima di cena.» propose Duncan.
Alison lo fissò e stava per dire di sì quando si accorse che, anche se Duncan sorrideva mentre le faceva quella proposta, non era del tutto felice. «No, dopo cena va benissimo.» disse.
«Quando pensi di dirglielo?» domandò Duncan dopo un attimo di silenzio.
«Domani.» rispose Alison, «Duncan, ne abbiamo appena parlato, soffri di amnesia?»
«No.» esclamò Duncan, «Intendevo... quando le diciamo che sono suo padre?» 
Alison sorseggiò il cappuccino. “Mai.” avrebbe voluto rispondere. «Non lo so.» disse.
«Dovremmo dirglielo, prima o poi.»
Alison sospirò. «È ancora così piccola...» mormorò, «Non sono sicura che capirebbe tutta la situazione.» disse calcando per bene sulle ultime tre parole.
«Emily è intelligente, sono sicuro che capirà.» Duncan sorrise e sfiorò le mani di Alison.
«Ma è piccola.» mormorò lei. «Non credo che capirebbe ogni singola cosa della nostra storia.» disse sperando che Duncan capisse quello che voleva dire.
«Non dovremmo dirle tutto e subito.» esclamò Duncan.
«E come le spieghiamo che non ci siamo visti per anni?» disse Alison alzando la voce. «Già fa fatica a capire perché certe volte parti intere settimane a sa che sei solo un mio amico, figurati se le dicessi la verità!»
Duncan abbassò il viso e sospirò, «Ci penseremo dopo.» disse e strinse la mano destra di Alison fra le sue. «Non dobbiamo dirglielo né adesso né domani, lo faremo quando vorrai.»
Alison annuì lentamente, anche se non era del tutto convinta, la verità era che aveva paura che Duncan facesse soffrire Emily ed era l'ultima cosa che voleva. «Va bene.» mormorò.
Duncan lasciò andare la mano di Alison, «Che scusa useremo domani?»
Alison lo fissò sorpresa, «Non ne ho idea.» rispose, «In realtà non ci ho proprio pensato.»
«Potresti dirle che hai qualche impegno e che io sono il suo baby sitter.» propose Duncan, finì il bicchiere d'acqua e lo spinse verso Alison.
«Sembra una buona idea.» disse Alison, prese il bicchiere e lo mise nel lavello. «Credo che possa andare.»
Duncan sorrise. «Devo andare.» disse guardando l'orologio, «Ci sentiamo più tardi così ci mettiamo d'accordo per domani.»
Alison finì il cappuccino e annuì. «Va bene.» mormorò, «Ciao.» lo salutò.
Sciacquò la tazza e la lasciò nel lavello, sospirò nuovamente e posò le mani sul bordo del lavandino. Non sapeva neanche lei perché avesse accettato quella proposta, da quando era uscita dall'appartamento che divideva con Charlene si era promessa di  non aver più nessun contatto con Duncan ma, da quando si erano re-incontrati tre mesi prima, stava lentamente cominciando a cambiare idea; un po' a causa di Duncan che le stava sempre attorno con la scusa di voler parlare, spiegarsi e vedere Emily, e un po' perché, anche se non voleva ammetterlo, le mancava.
Le mancava averlo attorno, passare del tempo con lui, seduta sul divano, a non fare nulla.
Respirò a fondo e quando alzò lo sguardo e vide un gruppetto di cinque persone entrare fu felice, lavorare le avrebbe impedito, forse, di pensare a Duncan.

***


«Oggi la mamma deve andare via.» disse Alison.
«Perché?» domandò Emily alzando le braccia per farsi prendere in braccio.
«Devo fare alcune cose.» rispose Alison afferrando la bambina, la sistemò sul fianco sinistro e iniziò a camminare. «Sai con chi ti lascio?»
Emily scosse la testa e infilò il pollice in bocca.
«Indovina.» esclamò Alison.
«Miss Potter?» domandò la bimba riferendosi alla vicina di casa.
«No.» Alison scosse la testa, «Rimarrai con Duncan.» 
Emily spalancò gli occhi. «Davvero?» trillò togliendo il pollice dalla bocca.
Alison annuì,«Sì, tesoro, passerai alcune ore con lui.» rispose, «Sei contenta?»
Emily annuì, «Sì!» strillò vicino all'orecchio della madre.
Alison rise e si fermò in attesa che il semaforo pedonale diventasse verde. 
«Cosa faremo?» domandò Emily divincolandosi per scendere.
Alison la spostò da un fianco all'altro, «Non lo so.» rispose, «Andrete a casa sua, quindi non so cosa farete.»
Emily non disse nulla e posò la testa sulla spalla della madre. «Quando arriva?»
«Fra un po'.» rispose Alison attraversando la strada, «Andiamo prima a casa.»

***

«Ma quando arriva?» domandò Emily per la seconda volta in cinque minuti, si alzò in piedi sul divano e si appoggiò allo schienale.
«Presto.» rispose Alison, l'afferrò per i fianchi e la fece sedere, «Ti ho detto di stare seduta.»
Emily sbuffò e incrociò le braccia, «Ma viene sul serio?» pigolò, «Non mi hai detto una bugia?»
Alison sorrise, «Certo che viene, tesoro.» rispose, «È solo in ritardo.» spiegò e le baciò la testa. “E se non viene gli spacco la testa.” pensò, era da quando Emily era uscita dall'asilo – un'ora e mezza prima – che non faceva altro che chiedere “Ma quando arriva? Ma viene? Quanto manca?” e Alison si era stufata di sentire le stesse domande.
Il campanello suonò e Alison sobbalzò, Emily scese dal divano e corse alla porta, «È arrivato!» trillò. Alison la raggiunse e la prese in braccio, spinse il pulsante per aprire il portone e rimase in attesa.
«Stai calma.» disse alla bambina, «Sembri un'anguilla!» scherzò mentre Emily si dimenava fra le sue braccia.
«Cos'è un'anguilla?» domandò Emily.
«Un pesce.» rispose Alison e aprì la porta quando sentì bussare, si spostò e fece entrare Duncan.
«Che bella accoglienza!» disse lui.
«Sei qui!» urlò la bambina e Alison la mise per terra, Emily si avvicinò a Duncan e gli abbracciò le gambe, lui la prese in braccio e le baciò la fronte. «La mamma dice che sono un'anguilla!»
«Cosa c'entra l'anguilla?» domandò Duncan.
Alison ridacchiò, «Niente.» rispose, «Ho solo detto a Emily che assomiglia a un'anguilla perché continuava a dimenarsi.»
Duncan sorrise e scompigliò i capelli di Emily. 
Alison prese la bambina dalle braccia di Duncan e la fece sedere sul divano, le infilò la giacca. «Torno subito.» disse e andò in camera a prendere lo zainetto della bambina.
Quando fu di nuovo in salotto sorrise nel vedere Emily in braccio a Duncan che gli raccontava cosa aveva fatto all'asilo. «Qui dentro c'è un album da disegno, una scatola di pennarelli, una maglietta e dei pantaloni di ricambio.» disse dando a Duncan uno zainetto rosa.
«Vestiti di ricambio?» domandò lui perplesso, «Perché?» domandò guardando lo zainetto.
«Lo vedrai dopo che avrete finito di mangiare.» rispose Alison.
«Posso avere la pizza?» s'intromise la bambina, «Posso?» domandò guardando prima Alison poi Duncan. 
«Per me va bene, tesoro.» rispose Alison. 
«Anche per me.» disse Duncan.
Emily sorrise e scese per terra, «La voglio con le patatine!»
Duncan fissò Alison che annuì, «E patatine siano.» esclamò.
Emily, felice, saltellò sul posto.
«Andiamo?» domandò Duncan.
«Ho dimenticato Teddy!» strillò la bambina e corse in camera.
«Teddy?» domandò Duncan.
Alison afferrò la giacca che aveva lasciato sul divano, «È il suo pupazzo preferito della settimana.»
«Tu cosa farai?» chiese Duncan.
Alison alzò le spalle e sistemò le maniche della giacca. «Vado a fare un po' di spesa.» rispose, «Senza Emily sarà più facile e veloce.» sorrise e infilò le mani nelle tasche dei jeans, «Almeno torno a casa con quello che mi serve e non con mille cose in più che Emily infila a tradimento nel cestino.»
Duncan sorrise. «È una piccola peste.» disse. «Scusami per il ritardo ma Lee ha monopolizzato il bagno.»
«È sempre il solito.» disse lei, «Hai messo la macchina in garage?» 
Duncan annuì, avevano deciso – o meglio, Alison aveva deciso – di mettere la macchina in garage, così sarebbero stati sicuri che nessuno li avrebbe visti.
«Sì.» rispose Duncan, «Le chiavi te le ridò stasera?»
«Puoi tenerla per la prossima volta, è solo un doppione.» rispose Alison e  abbassò il viso sentendosi arrossire.
«La prossima volta, eh?» sorrise Duncan e Alison si limitò ad annuire e afferrò la borsa, controllò se ci fosse tutto prendendosi del tempo per non guardare Duncan dopo quello che gli aveva detto.
«Emily!» chiamò Alison voltandosi verso la porta della camera, «Vieni qui.»
La bambina trotterellò nel salotto.
«Quanti ne hai presi?» domandò Alison guardando i pupazzi che Emily stringeva. «Ne puoi portare solo uno!»
«Non so scegliere.» mormorò la bimba. 
Alison sospirò, «Porta solo Teddy.» le disse prendendole gli altri pupazzi e posandoli sul divano.
Emily spinse in fuori le labbra e annuì, Alison sorrise e le baciò la fronte. «La mia bambina.» sussurrò abbracciandola brevemente.
«Lo hai, vero?» domandò alzandosi e guardando Duncan, «Il seggiolino auto, intendo, perché in caso contrario...»
«Ce l'ho.» rispose lui. «In realtà è quello di Lee.» aggiunse e sorrise.
«Per me può essere di chiunque, basta che ci sia.» esclamò Alison. «Andiamo?» aggiunse posando le mani sulle spalle di Emily.
Uscirono dall'appartamento e scesero al piano interrato, dove c'erano i garage. «Vuoi un passaggio?» chiese Duncan.
Alison scosse la testa.«No, grazie.» rispose, «Prendo la metro, non è un problema.»
Duncan aprì la portiera posteriore dell'auto e Alison aiutò Emily a salire e le allacciò la cintura. «Fai la brava.» disse mentre le sistemava la giacca. «Ascolta Duncan e se ti dice di no è no, va bene?» le baciò la fronte e le passò una mano sui capelli.
La bambina annuì. «Sì» sussurrò.
«Sarà bravissima, vero?» disse Duncan ed Emily annuì.
«Io vado, allora.» mormorò Alison e baciò sua figlia. 
«Ci vediamo dopo.» esclamò Duncan, «Sicura di non volere un passaggio?»
Alison annuì. «Sì, grazie.» fece un gesto di saluto con la mano e tornò indietro, chiuse la porta e si appoggiò ad essa chiudendo gli occhi, respirò a fondo un paio di volte e aprì gli occhi, inspirò lentamente e si avviò lungo le scale per uscire dall'edificio, ricordando a se stessa che Emily era con Duncan e non con un estraneo.

***

«Vuoi vedere un cartone?» domandò Duncan aiutando Emily a sedersi sul divano. La bambina annuì e s'infilò il pollice destro in bocca. «Che ne dici di Lilli e il Vagabondo?»
«Sì!» strillò la bambina, gli occhi azzurri illuminati dalla gioia.
Duncan sorrise. «Stai ferma qui mentre metto su il dvd.» le disse ed Emily annuì infilandosi nuovamente il pollice in bocca e appoggiandosi ai cuscini dello schienale del divano.
Duncan infilò il dvd nel lettore e lo fece partire. «Vuoi un succo alla pesca?» domandò ed Emily annuì, gli occhi fissi sullo schermo della tv.
Pochi minuti dopo Duncan tornò in salotto con un bicchiere di succo, e trovò Emily con gli occhi spalancati mentre guardava la pubblicità di Disneyland. «Ti piace?» domandò e la bambina annuì senza staccare gli occhi dallo schermo, «Vorresti andarci?» continuò.
«Sì!» rispose Emily guardandolo e Duncan sorrise nel vedere il sorriso di sua figlia. «Mi porti?» domandò lei con il pollice in bocca.
Duncan la guardò non sapendo cosa rispondere, era sicuro che Alison si sarebbe arrabbiata qualsiasi risposta avrebbe dato alla bambina.
«Paperino!» trillò Emily indicando lo schermo, «Allora mi porti?» chiese guardando Duncan.
Lui la fissò per un attimo e sospirò, «Io... non lo so.» rispose, «Oh, sì, va bene.» disse.
«Mi porti?» chiese la bimba, «Sul serio?»
«Solo se la mamma è d'accordo, va bene?» disse lui, ma Emily lo ignorò e si allungò per prendere il bicchiere. Duncan l'aiutò, domandandosi in quale  guaio si fosse cacciato rispondendo con quel “Sì”. E non avrebbe dovuto spiegare solo quello. «Hai capito, Emily?» domandò passandole bicchiere, «Ci andiamo se la mamma dice di sì.»
Emily lo ignorò nuovamente e bevve rumorosamente il succo. «Va bene.» disse. «Quando andiamo?» domandò passando il bicchiere a Duncan. Lui la guardò e capì che la bambina
non aveva capito molto di quel discorso.
«Sta iniziando.» disse sperando di distrarla. La bambina si infilò nuovamente il pollice in bocca.
A pochi minuti dall'inizio del film  Emily strisciò sul divano e si accoccolò sulle gambe di Duncan, appoggiò la testa contro il suo torace e riprese a succhiarsi il pollice.
Duncan l'abbracciò e sorrise, le baciò la testa e sentì il cuore scoppiare dalla gioia, non si era mai sentito così felice. Sfiorò i capelli della bambina e passò il dito sopra la molletta rosa a forma di fiocco.
«Ho fame.» esclamò Emily quando Lilli fu catturata dall'accalappiacani, «Voglio la pizza.»
Duncan annuì e le baciò i capelli. «Adesso la ordino.» disse e spostò la bambina accanto a lui.
«Con le patatine.» gli ricordò Emily.
«Con le patatine.» ripeté  Duncan con un sorriso, passò il bicchiere di succo a Emily e la osservò mentre beveva, le manine strette attorno al bicchiere, sorrise e afferrò il telefono.

***


Alison fissò l'orologio, le lancette si muovevano troppo lentamente secondo lei. Sospirò e scartò il cioccolatino al latte e lo infilò in bocca, abbassò il viso e vide che si era mangiata quasi la metà dei cioccolatini presenti nella scatola. Si alzò dal divano, buttò le carte vuote nel cestino e sistemò la scatola nel mobiletto.
Due lunghissimi minuti più tardi, qualcuno bussò alla porta. Alison guardò dallo spioncino e sorrise quando vide Duncan.
«Dorme?» mormorò guardando Emily che aveva la testa posata sulla spalla di Duncan. 
«Sì, si è quasi addormentata mentre mangiavamo.» rispose Duncan e seguì Alison in camera e posò la bambina sul letto.
«Perché ha il pigiamino?» domandò Alison mentre toglieva la giacca alla bambina., «Io non te l'avevo dato.»
Duncan abbassò il viso e sorrise passandosi una mano sul retro del collo. «L'ho preso io.» rispose, «Bhe... in realtà lo ha preso mia madre, insieme a quello che c'è nel sacchetto...»
Alison respirò piano e si sedette sul letto per togliere le scarpe a Emily. «Fiona lo sa?» mormorò notando solo in quel momento un grosso sacchetto bianco.
Duncan annuì. «È mia madre, dovevo dirglielo.»
Alison annuì. «Hai ragione.» disse coprendo la bambina e scostandole i capelli dal viso. Le baciò la fronte e si rialzò.
«E cosa ha detto?» chiese.
Duncan alzò le spalle. «Ha voluto qualche spiegazione.» rispose, «E io gliele ho date. Almeno, le ho solo raccontato come sono andate in realtà le cose.»
Alison annuì in silenzio e tolse la mollettina dai capelli di Emily e la posò sul comodino.
«E vuole vedervi.» sussurrò Duncan.
«Cosa?» esclamò Alison alzandosi. «Vuole vederci?» sbottò e tornò in sala.
«Io le ho detto...» Duncan si fermò, non sapendo come continuare. «Che andava bene.» disse dopo un respiro profondo.
Alison strinse le labbra. «Quando?» domandò.
«Quando vuoi.» rispose lui. «Non sei arrabbiata?» 
Alison alzò le spalle. «Sì, un po'.» rispose, «Avrei preferito che mi parlassi prima di dare una risposta a tua madre.»
«Lo so.» sussurrò lui, «Scusa.» disse e posò una mano sulla spalla. 
«C'è dell'altro, vero?» chiese Alison scostandosi, «Sputa il rospo.»
Duncan sospirò e si sedette sul divano. «Abbiamo guardato Lilli e il Vagabondo.»
«Emily lo adora.» disse Alison.
«Ha visto la pubblicità di Disneyland... e mi ha chiesto se la porto...» mormorò Duncan guardandosi le mani.
«Non dirmi che le hai detto di sì!» esclamò Alison e Duncan annuì lentamente.
«Non ho saputo dirle di no. Mi guardava con quell'espressione da cucciola e non ho resistito.» spiegò. 
Alison sospirò e si sedette accanto a lui, si accorse che uno dei cioccolatini era rimasto sul tavolino e lo scartò velocemente.
«Le ho detto che ci possiamo andare solo se tu sei d'accordo.» disse Duncan. 
«Almeno quello.» mormorò Alison.
«Non sono sicuro che abbia capito.» continuò Duncan.
«Probabilmente no.» disse lei.
«Scusa.» disse Duncan rompendo il silenzio che durava da alcuni minuti. «È meglio che vada.» aggiunse sperando che lei dicesse che era ancora presto.
«Sì.» disse Alison. «Sono esausta.» mormorò e reclinò la testa, appoggiandola allo schienale del divano.
Duncan annuì. «Allora vado.» disse e si alzò in piedi, sperando ancora che Alison cambiasse idea, ma quando arrivò alla porta si accorse che Alison era dietro di lui che sbadigliava.
«Grazie per avermi lasciato Emily.» disse e sorrise.
«Di nulla.» mormorò lei. «È stato piacevole fare la spesa in tranquillità.» ammise con un sorriso.
«Se vuoi rifarlo... io ci sono.» disse lui fissandola e lei abbassò lo sguardo, Duncan sorrise ancora di più e le scostò una ciocca di capelli. «Scusami per mia madre e Disneyland.» aggiunse.
Alison sorrise. «Non importa.» disse.  «Ovviamente sono inclusa anche io,  vero?» domandò. «Se dico di sì a Disneyland.»
Duncan rise, «Mi sembra ovvio che tu sia inclusa.»
Alison annuì e infilò le mani nelle tasche dei jeans. «Allora...» mormorò, «Buona notte.»
Duncan la guardò in silenzio e l'abbracciò, baciandole la guancia e respirando il suo profumo. «Buona notte.» disse e uscì dall'appartamento con un sorriso sul volto.

E finalmente il penultimo capitolo è online! Quasi non ci credo!
Ringrazio le persone che leggono questa storia!

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Dieci


Oggi

«Perché?»
Alison sospirò e sorrise alla figlia. «Perché sì.» rispose e afferrò la piccola spazzola gialla. «Fiona è la mamma di Duncan e ci ha invitato a pranzo.» si chinò e iniziò a pettinare i capelli di Emily.
«Quando arriva?»
Alison sorrise e divise i capelli in due codini, «Quando saremo pronte.» rispose, sistemò gli elastici gialli e le baciò la fronte.
«Quando?» domandò la bambina.
«Quando la smetterai di fare domande.» rispose Alison sorridendo, prese in braccio Emily e andò nel salotto, la fece sedere sul divano e afferrò le scarpe della bambina dalla scarpiera.
Emily si succhiò il pollice mentre Alison le sistemava le scarpette bianche e rosa. «Ascoltami, tesoro.» disse e si sedette accanto alla figlia, «Devi comportarti bene: non fare i capricci, non toccare tutto e fai quello che ti dico, va bene?»
Emily annuì lentamente.
«Brava la mia bambina.» soffiò Alison baciando la fronte della piccola. Aveva detto di sì a Duncan solo per non sentire più le sue richieste assillanti, non aveva ancora detto di sì a Disneyland, però. Non era sicura che avrebbe retto tutto il giorno, per tre o quattro giorni, Duncan.
Da quando lui l'aveva baciata sulla guancia non aveva fatto altro che pensare al brivido che aveva provato. Un brivido familiare, che le mancava da morire.
Sospirò e si appoggiò al divano chiudendo gli occhi. 
«Quando arriva Duncan?» 
Alison aprì gli occhi e guardò sua figlia. «Fra poco.» rispose dopo aver dato un breve sguardo all'orologio; si alzò in piedi e controllò che le finestre fossero chiuse e le luci spente.
Il suo cellulare suonò per qualche secondo, segno che Duncan era arrivato. Fece indossare la giacca alla bambina e prese lo zainetto e la sua borsa.
Il campanello suonò ed Emily corse alla porta. «Duncan!» trillò quando Alison l'aprì. Lui sì chinò e la prese in braccio ridendo, le baciò la guancia paffuta e sorrise ad Alison. 
«Sei pronta?» le chiese. Lei annuì, afferrò le chiavi e uscì dall'appartamento pensando a quanto fosse dolce, affettuoso e paterno Duncan con Emily e quanto fosse felice lei di vederlo. Si domandò se avesse sbagliato nel non dire subito a Duncan di Emily. E si chiese come avrebbe potuto spiegare alla bambina tutta la situazione.
Mentre raggiungevano la macchina sperò che tutto andasse per il meglio, pregò che Fiona non le facesse troppo domande o critiche.
Fissò il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino in silenzio mentre Emily faceva domande a raffica su ogni cosa che vedesse.
«Non si stanca di parlare?» domandò Duncan durante un momento di silenzio.
«Ogni tanto.» rispose Alison con un sorriso.
Anche lui sorrise, «Mi ricorda qualcuno.» disse guardando brevemente Alison. «Che ogni tanto, quando inizia a parlare, non smette più. Soprattutto se sta facendo shopping!»
Lei alzò le spalle e fece un piccolo sorriso.  «Ma almeno io non vado avanti a fare domande.» disse fingendosi offesa mentre Emily riprendeva la sua cantilena di: “Dove siamo? Quanto manca? Dove va quel signore? Che cos'è quello?”
«Ma io non stavo parlando di te!» esclamò  Duncan. «Parlavo di Lee!»
Alison scoppiò a ridere, «Sì, certo, parlavi di Lee.» disse, sorrise e guardò fuori dal finestrino. 
Anche Duncan rise. «Stavo parlando di lui! Non lo hai mai visto come si comporta quando entra in un negozio!»
«Chi è Lee?» domandò Emily.
«Un mio amico.» rispose Duncan guardando la bambina attraverso lo specchietto retrovisore, «Ti ricordi che ti avevo detto che viveva con me? Ti ho fatto vedere la foto.»
La bambina annuì lentamente. «Sì.» rispose. «Mammina ho fame.» piagnucolò dopo qualche istante.
«Mangeremo tra poco.» le disse Alison. «Siamo quasi arrivati.» esclamò, «Giusto?» chiese a Duncan.
«Fra cinque minuti.» rispose Duncan. 
Alison si voltò sul sedile e guardò la figlia, «Hai capito tesoro? Fra poco mangiamo.» le disse ed Emily annuì.  

***

Alison respirò a fondo convincendosi per l'ennesima volta che sarebbe andato tutto bene e strinse la mano di Emily. Loro tre erano davanti alla porta della casa di Fiona. Duncan posò una mano sulla spalla di Alison e le sorrise come se cercasse di tranquillizzarla, anche Alison cercò di sorridere e sperò di non aver fatto nessuna smorfia.
Alison fissò la porta che si apriva e poi Fiona. 
«Ciao tesoro.» cinguettò la donna abbracciando il figlio, «Ciao Alison.» disse e strinse la mano della ragazza; Fiona si chinò e guardò Emily, «Ehi, piccola.» sussurrò ed Emily si nascose dietro le gambe della madre.
«È timida.» esclamò Alison e spinse in avanti Emily che intanto si era infilata il pollice in bocca, «Fai la brava, saluta.» 
Emily guardò Fiona e la salutò agitando la manina libera.
Fiona sorrise e li fece entrare e disse ad Alison dove poteva lasciare la giacca e la borsa.
«Fino a cinque minuti fa non la smetteva di parlare!» esclamò Duncan e sfiorò la testa di Emily. «Hai perso la lingua?» le disse e le fece il solletico sui fianchi, Emily si tolse il pollice dalla bocca e ridacchiò felice.

Il pranzo era andato bene, Emily non aveva sporcato tutta la tavola e se stessa come faceva ogni tanto, aveva mangiato  quasi tutto e non aveva fatto cadere le posate nemmeno una volta. E soprattutto, Fiona non aveva chiesto nulla ad Alison; nessuna domanda su come mai non avesse detto nulla a Duncan, sul perché non gli avesse dato la possibilità di spiegarsi. Alison non sapeva se Duncan le avesse detto qualcosa – ma probabilmente sì – ed era grata a Fiona per non farle domande, ma forse era solo perché Emily era lì. In quel momento erano in salotto a bersi un caffè, Alison soffiò lentamente sul liquido caldo e rimase in attesa. 
«Hai già deciso cosa fare per il compleanno di Emily?» domandò Fiona.
Alison la fissò sorpresa, non aspettandosi quel genere di domanda. «Non lo so.» rispose e prese un sorso di caffè, «Credo che farò una festicciola con i suoi compagni dell'asilo.» disse.
Duncan la fissò e lei abbassò lo sguardo sperando che non le chiedesse nulla, qualcosa del tipo: “Affitto un locale e facciamo lì la festa!”.
«Andiamo a Disneyland?» esclamò Emily alzandosi dal tavolino dove stava disegnando,  «Per favore mammina!» trillò spingendole le gambe.
«Emily, tesoro...» sospirò lei, «Non lo so, mancano solo due settimane, è troppo poco per organizzarsi.»
Emily strinse le manine e tirò sul con il naso, si scostò dalla madre e trotterellò verso Duncan. «Mi porti a Disneyland?» mormorò arrampicandosi sulle sue gambe. «Per favore!» supplicò.
Duncan guardò Alison e lei fissò le tre persone davanti a lei che aspettavano una sua risposta; decise di prendersi del tempo e sorseggiò lentamente il caffè.
«Parigi è bellissima!» sospirò Fiona, «È una città così romantica!»
Alison ingoiò il sorso di caffè e posò la tazza sul tavolino con le mani che tremavano e si domandò cosa avessero tutti quanti. Aveva visto Antony qualche giorno prima e lui le aveva detto che Parigi era una città così bella, meravigliosa e... romantica.
«Mi porti?» disse Emily guardando Duncan.
«Tesoro,» Duncan accarezzò i capelli di Emily, «anche la mamma deve dire di sì.» le spiegò ed Emily annuì anche se Alison non era convinta che avesse capito tutto. «Anche se Parigi è veramente bellissima!»
«Mammina! Mi porti? Per favore?»
Alison chiuse gli occhi e respirò lentamente. Tre contro uno, quattro se contava Antony. Cinque se includeva Lee che le aveva detto che Disneyland sarebbe piaciuta tantissimo a Emily. Mancava solo Simon a dirle di andare a Parigi. 
Sospirò e afferrò la tazzina, finì il caffè in un sorso e guardò Emily, Duncan e Fiona. «E  va bene.» farfugliò, «Andremo a Disneyland.»

***

Duncan sorrise mentre guardava Emily dallo specchietto retrovisore. «Credo che andrà avanti a parlare per molto.» disse ridendo.
Alison sbuffò e si sistemò sul sedile. «Già.» confermò, «Almeno fino a quando non si stancherà.» disse e sorrise, si voltò sul sedile e guardò Emily. «Non sei stanca di parlare?» le chiese.
Emily scosse la testa, «No.» rispose e riprese a parlare di Topolino, Paperino e le principesse che avrebbe incontrato a Disneyland.
Alison scosse la testa e si sistemò sul sedile. «Camere separate.» disse dopo qualche minuto.
«Cosa?» domandò Duncan.
Alison sospirò e si guardò le mani. «A Disneyland.» rispose, «Io e Emily in una camera, tu in un'altra.» spiegò.
Duncan annuì lentamente. «Sì, due camere.» mormorò, «Mi sembra giusto.» sorrise e guardò Alison. 
Rimasero in silenzio per un po', Alison guardò Emily e le sorrise, allungò un braccio e le sfiorò il viso. «Dorme.» sussurrò e si voltò e guardò Duncan quando il suo braccio sfiorò quello di lui; senza dire una parola si sistemò sul sedile e strinse le mani attorno alla borsa. Quel semplice contatto le aveva provocato un brivido. Un altro, dopo quello di quella mattina dopo che Duncan le aveva toccato la spalla. Respirò piano e guardò fuori dal finestrino domandandosi cosa le stesse succedendo. Forse era perché ultimamente aveva passato tanto tempo con Duncan, o forse perché lui era stato il suo ultimo ragazzo, o forse le mancava. Sbuffò  e chiuse gli occhi.
«Sei stanca?» domandò Duncan e alzò la mano per toccarla ma l'abbassò, appoggiandola sul sedile.
Alison annuì e sospirò. «Sì, sono un po' stanca.» disse.
Duncan annuì «Fra poco saremo a casa.» disse e Alison sorrise e si rilassò contro il sedile. Guardò brevemente la mano di Duncan – era ancora posata sul sedile – e respirò profondamente.
Voleva toccarla, sfiorarla ma le sue mani rimasero lì, sul sulle sue gambe. 

***

Duncan posò Emily sopra al divano e Alison le tolse le scarpe prima di coprirla con il plaid. Si sedette accanto a lei e guardò Duncan. «Grazie.» disse.
Duncan sorrise e si sedette anche lui, vicino alla testa di Emily, con delicatezza le sfiorò i capelli, «Quindi... camere separate.» disse.
Alison annuì, «Sì, separate.» mormorò senza guardarlo reprimendo l'impulso di dirgli che gli andava bene anche una sola camera. «Magari comunicanti, così Emily può venire da te quando vuole.»
Duncan sorrise e annuì, «Vedrò cosa posso fare.» disse sentendosi felice, avere le stanze comunicanti era maglio che averle una di fronte all'altra. «Devi solo dirmi quando sei libera, così prenoto.»
Alison annuì e si morse il labbro inferiore. «Sì, lo farò. Domani vedo di organizzarmi con il lavoro.» disse.
«Io vado, allora.» esclamò Duncan ma non si alzò, si limitò a spostare le mani dai capelli di Emily e le posò sulle ginocchia. «Domani mi fai sapere, va bene?»
Alison annuì nuovamente e si alzò lentamente, fece una carezza alla bambina e sorrise, «Sì, certo.» disse, «Domani ti mando un messaggio e ti dico.»
Duncan si alzò con un sospiro e si chinò per baciare la fronte di Emily. «Grazie per essere venuta.» disse guardando Alison e sorrise, si voltò e andò alla porta. «Ci sentiamo domani, allora.»
Alison lo seguì, «Ciao, Duncan.» mormorò.
Duncan annuì e si chinò, baciò la guancia di Alison – un bacio che durò più a lungo del necessario – e uscì dall'appartamento.
Alison chiuse la porta e vi si appoggiò contro sospirando rumorosamente, domandandosi cosa le fosse preso per aver proposto le camere comunicanti visto che voleva dire vedere Duncan tutto il tempo; era sicura che Emily avrebbe trascorso più tempo con lui che con lei. Lentamente si staccò dalla porta e andò verso il divano, guardò Emily che dormiva tranquilla e decise di stirare la biancheria, guardò l'orologio e calcolò che aveva un'oretta di tempo prima che Emily si svegliasse per fare merenda.

***

Alison si fissò le mani. Rosso, tanto rosso. Solo quello vedeva. E la sua bambina riversa per terra, coperta da tutto quel rosso. Gli occhi di lei erano chiusi, le palpebre sporche di rosso, il braccio destro piegato in una posizione innaturale, le ginocchia graffiate, i capelli non erano più biondi, ma rossastri.
Alison sentì qualcuno urlare, qualcun altro che gridava insulti, una voce gentile che le diceva di aver chiamato l'ambulanza; non riusciva a capire cosa fosse successo. L'unica cosa che sapeva era che, un attimo prima, Emily era accanto a lei, la piccola manina nella sua, che parlava del dolcetto che avrebbe preso nella pasticceria poco distante. Poi un stridio, e urla. Tante urla. E tanto rosso.
Sangue.
Qualcuno le aveva investite. Qualcuno aveva investito Emily.
Alison si sentì girare la testa, vide nero e svenne.

Alison non sapeva da quanto tempo fosse seduta su quella sedia. Si era ripresa in ambulanza ed escludendo un paio di graffi e di lividi non aveva nulla.
Emily era ancora in sala operatoria. Alison si sistemò la casacca verde – la sua maglietta era sporca di sangue – e strinse il telefono. Aprì la rubrica e scorse i numeri anche se li vedeva appena per via  delle lacrime. Singhiozzò e premette il tasto di chiamata.

Lee si mise in bocca una manciata di patatine e guardò il telefono di Duncan che vibrava sul tavolo. Era la terza chiamata nel giro di cinque minuti; si sporse e lesse il nome di Alison sul display. Si domandò se le chiamate precedenti fossero sue. Con uno sbuffò accartocciò il pacchetto ormai vuoto e lo posò sul tavolino. L'Iphone s'illuminò e vibrò nuovamente, era ancora Alison.
Lee guardò la porta del bagno, «Duncan!» urlò, «Alison ti sta chiamando!», scrollò la testa e afferrò il telefono.
«Ehi, Duncan è sotto la doccia!» disse rispondendo. Se Alison chiamava con tanta insistenza forse era davvero importante. «Alison? Ci sei?» domandò.
«Em-Emily... lei è... io...» singhiozzò Alison.
Lee corrucciò la fronte, «Alison, non capisco.» disse, «Smetti di piangere e spiega.»; si alzò in piedi, diretto verso il bagno, deciso a interrompere la doccia di Duncan.
«Duncan io...» Alison continuò a singhiozzare, «Emily lei... siamo in ospedale.» sussurrò.
Lee si bloccò, aveva appena aperto la porta del bagno. «Siete in os... ospedale?» biascicò sconvolto. «Cos'è successo? Alison!»
Duncan uscì dal box doccia e strappò il telefono dalle mani di Lee e lo portò all'orecchio.
«Come stanno? Che diavolo è successo? Alison sembrava sconvolta.» domandò Lee seguendo Duncan che andava nella sua stanza. «Duncan!» lo chiamò quando  non ottenne risposta.
«Emily è stata investita.» rispose Duncan e infilò una maglietta, «Sono in ospedale.»
Lee aprì e chiuse la bocca un paio di volte e non seppe cosa dire. «Vuoi che venga con te?» domandò dopo qualche secondo di silenzio.
Duncan annuì e abbassò la felpa sui fianchi. «Sì, vieni.» mormorò e si passò in fretta una mano sul viso per cancellare le lacrime.
Anche Lee annuì e corse nella sua stanza per mettersi le scarpe; sarebbe andato con lui ugualmente, anche se avesse detto di no. 

Quindici minuti dopo erano in ospedale e Lee respirò profondamente appoggiandosi al muro; posò una mano sul petto all'altezza del cuore e cercò di calmarsi. Duncan aveva guidato come un pazzo ed era stato un miracolo se non avevano investito nessuno. Tossì e andò a cercare un distributore d'acqua, aveva la gola in fiamme per il troppo urlare contro Duncan. “Rallenta! Stai attento! C'era lo stop! Attento alla macchina! Voglio arrivarci tutto intero! Vai piano!” Lee aveva ripetuto quelle frasi per tutto il tragitto mentre si teneva saldamente al sedile mentre Duncan guidava come un pazzo.
Duncan raggiunse Alison e l'abbracciò ancora prima di sedersi. Alison singhiozzò sulla spalla dicendogli che il medico non era ancora uscito dalla sala operatoria.
«Io la tenevo per mano... non ho visto la macchina!» strillò Alison dopo qualche istante. Duncan la strinse e le accarezzò la schiena, Alison pianse ancora e si aggrappò a lui. «Io...è colpa mia!» esclamò fra un singhiozzo e l'altro. Duncan la strinse ancora più forte e le sussurrò che non era colpa sua, le baciò la fronte e posò la testa su quella di lei.
Lee si avvicinò a loro e guardò la bottiglietta d'acqua che teneva in mano, andò da Duncan e gliela porse. Il più grande la prese e lo ringraziò; Lee si limitò ad annuire e si allontanò accompagnato dai singhiozzi di Alison; guardò la piantina e si diresse verso la caffetteria.
Alison smise di piangere e si soffiò il naso; Duncan si levò la felpa e la posò sulle spalle della ragazza. «Mi dispiace... io non volevo...» sussurrò stropicciando il fazzoletto di carta fra le mani, «Dovevo stare più attenta, non dovevo lasciarla dalla parte della strada, dovevo tenerla in braccio...»
«Non è colpa tua!» esclamò Duncan abbracciandola nuovamente. «Non  colpa tua.» ripeté baciandole la testa.
Alison annuì lentamente anche se non era del tutto convinta, secondo lei era colpa sua; respirò a fondo cercando di calmarsi ma dopo qualche secondo ricominciò a piangere.
Duncan sospirò e le accarezzò la schiena sussurrandole che sarebbe andato tutto bene. Baciò la nuca di Alison e si guardò attorno alla ricerca di un medico o di un infermiere a cui chiedere informazioni.

Lee tornò venti minuti dopo con tre cappuccini, Alison non piangeva più. «Avete saputo qualcosa?» domandò lui passando i cappuccini.
Duncan sospirò, «Sì, sono riuscito a parlare con il dottore poco fa.» rispose, «Emily ha una commozione cerebrale, una costola incrinata, lividi, graffi, un braccio rotto ma sta bene.» disse e sorseggiò lentamente il cappuccino. «La stanno sistemando in una camera, quando è pronta vengono a chiamarci.»
Lee annuì e si sentì sollevato.
«Questo cappuccino fa schifo.» mormorò Alison ma continuò a berlo, «Il mio è più buono.» soffiò sul liquido caldo e sospirò lasciandosi sfuggire un piccolo singhiozzo.
Duncan fece una piccola risata. «Hai ragione, il tuo è più buono.» disse e apparve l'infermiera che li condusse da Emily.

Alison portò una mano alla bocca e singhiozzò quando vide sua figlia sdraiata in quel letto troppo grande per lei, circondata da macchinari vari. 
Si avvicinò a lei e le sfiorò la fronte con la punta delle dita, toccò il bordo della fasciatura sulla testa e sentì le ginocchia tremarle. Duncan la sostenne e la fece sedere sulla poltroncina.
«Io vado.» disse Lee, «Prenderò un taxi, se hai bisogno chiamami.» esclamò e Duncan annuì.
«Devo chiamare qualcuno?» domandò Duncan quando Lee se ne fu andato, «I tuoi, il lavoro...» disse accucciandosi accanto alla poltrona e stringendole le mani.
«Tom.» soffiò lei, «Devo avvertire Tom che non ci sono.»
Duncan annuì e le prese la borsa e aprì la tasca davanti – sapeva che Alison teneva lì il cellulare.
«Cosa fai?» squittì Alison, un qualcosa in quel gesto le ricordò qualcosa ma non sapeva esattamente cosa fosse. La sua testa era piena di preoccupazione per Emily e non lasciava spazio ad altro.
Duncan si fermò e la guardò sorpreso. «Volevo solo prendere il numero di Tom.» disse.
Alison annuì e gli prese il cellulare, scorse rapidamente la rubrica, selezionò il numero di Tom e passò il telefono a Duncan che uscì in corridoio.
Lentamente si affossò sulla poltrona, ripensando a cosa le aveva scatenato quella reazione. «Il cellulare!» mormorò sedendosi composta. 
Mosse nervosamente le gambe in attesa che Duncan le tornasse. Aveva capito cos'era successo quel giorno, le serviva solo la conferma di Duncan.
«Tom ha detto che se ti serve qualcosa puoi chiamarlo a qualsiasi ora.»
Alison quasi sobbalzò quando sentì la voce di Duncan. «Va bene.» disse e Duncan si sedette sulla sedia accanto a lei. «Duncan...» mormorò dopo qualche minuto, «Quel giorno... hai ricevuto dei messaggi dal mio cellulare?» domandò sperando che Duncan capisse a quale giorno si riferisse. 
Duncan respirò a fondo e si guardò le mani. «Sì.» rispose, «Ho ricevuto qualche SMS, dove m'invitavi a casa, mi dicevi di entrare e che sul divano avrei trovato una benda e di indossarla, sedermi e aspettare in silenzio. Non dovevo fare nessuna domanda.» disse, «Mi sembrava strano che ti fosse venuta in mente un roba simile ma ho pensato...» si fermò e sospirò, «Credevo che fosse un gioco.»&nb
Alison si morse il labbro inferiore e annuì; rimase zitta osservando il macchinario con il tracciato del battito cardiaco della bambina. «Devo andare.» esclamò alzandosi in piedi in maniera nervosa.
«Dove?» domandò Duncan.
Alison afferrò il cellulare – lo aveva ancora in mano Duncan – e lo infilò in borsa, chiuse la zip della felpa, «Via.» rispose, «Torno presto, fra un'ora al massimo.» aggiunse, baciò la fronte di Emily e andò alla porta, l'aprì e si fermò, tornò indietro e baciò la guancia di Duncan prima di correre via.

***

Alison uscì dalla doccia e si vestì velocemente rimettendosi la felpa di Duncan sopra la sua. Afferrò il peluche che Duncan aveva regalato ad Emily e lo infilò in borsa insieme a un paio di merendine e a qualche barretta ai cereali e uscì velocemente non badando alla sua vicina che le chiedeva cosa fosse successo. 
Una volta in strada imprecò quando un paio di taxi le passarono davanti ignorandola. Sbuffò e agitò più forte la mano e, finalmente un taxi si fermò, aprì la portiera e Alison disse il nome dell'ospedale ancora prima di sedersi.

Alison bussò con violenza alla porta del suo ex appartamento ed entrò senza guardare la donna che le aveva aperto. «Charlene... tu sei...» disse e respirò a fondo. «Una puttana.» ringhiò e avanzò nel salotto, ritrovandosi davanti a una Charlene confusa.
«Tu eri gelosa perché uscivo con Duncan, vero? Per questo hai iniziato ad essere come me.» si scostò una ciocca di capelli dalla fronte e continuò a fissare la sua ex coinquilina, «Il colore, il taglio, la pettinatura... avevi iniziato ad usare i miei stessi prodotti per avere il mio stesso profumo. Avevi organizzato tutto nei minimi dettagli. Quanto tempo ci hai messo? Un mese? Due? Un anno?»
Charlene rimase in silenzio e Alison scoppiò a ridere. 
«Sono stata così stupida... quella mattina non avevo lasciato il cellulare a casa, vero? Tu me lo hai preso dalla borsa e quando ti ho chiesto cosa ci facevi con in mano la mia borsa tu mi hai detto che cercavi le caramelle. Una balla inventata sul momento,vero? Invece hai preso il mio cellulare e hai inviato qualche messaggio a Duncan.» Alison fece un passo avanti e Charlene andò contro il muro, «Gli hai scritto di venire qui, di entrare, che sul divano avrebbe trovato una benda, di indossarla e di rimanere in silenzio e di non fare domande!» gridò.
«Tu lo volevi e hai fatto di tutto per riuscirci! Ci hai portato via cinque anni!» urlò, «Sei una lurida puttana.» Alison fece un respiro profondo e sistemò la borsa sulla spalla, si voltò e osservò con sorpresa le altre cinque persone presenti nella stanza: due erano i genitori di Charlene, gli altri tre – un ragazzo e una coppia anziana – non li conosceva ma suppose che lui fosse il ragazzo di Charlene. 
«Oh.» mormorò Alison. «Scusate.» disse e andò verso alla porta. «Stai attento, ti pugnalerà alle spalle.» disse al ragazzo e uscì dall'appartamento. Una volta in strada respirò a fondo e sorrise sentendosi meglio. 
Agitò una mano e un taxi si fermò davanti a lei, entrò e disse al conducente il nome dell'ospedale. Si sentiva meglio, ora che aveva detto tutte quelle cose a Charlene. Ora doveva solo chiedere scusa a Duncan.

Venti minuti dopo Alison entrò nella stanza di Emily nell'ospedale e sorrise quando vide Duncan addormentato sulla poltroncina, le mani in grembo, le labbra socchiuse. Si avvicinò alla bambina e le accarezzò il viso prima di baciarle la fronte, le sistemò le coperte e trascinò la sedia vicino alla poltroncina; si sedette e appoggiò il viso sulla spalla di Duncan mentre si raggomitolava sulla sedia.
«Sei tornata.» bisbigliò Duncan e spostò il braccio attirandola a sé.
Alison annuì e si strinse a lui. «Sì, sono tornata.» disse, lo guardò per qualche istante e lo baciò sulle labbra. «Sono tornata.» ripeté posando la testa sulla spalla di Duncan.

E finalmente posto l'ultimo capitolo! *o* manca solo l'epilogo e poi la storia è ufficialmente finita!
Capitolo che posterò quando la conessione reggarà per più di due minuti (Io odio la Vodafone, sappiatelo) e la chiavetta non deciderà di suicidarsi e risorgere quando vuole lei.
Intanto ringrazio chiunque abbia letto questa storia.

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici -Epilogo- ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Undici
Epilogo


 Oggi


Alison borbottò sottovoce e si rigirò nel letto, sbadigliò e tirò le coperte sopra la testa. 
«Mammina...» bisbigliò una vocetta. «Babbo Natale è arrivato!» strillò Emily afferrando la mano che spuntava da sotto la coperta.
Alison borbottò e si rannicchiò ancora di più. «È presto, tesoro. Torna a dormire.»
Emily si arrampicò sul letto, «Mamma!» trillò, «Babbo Natale è arrivato!» esclamò strisciando sul letto, «Andiamo ad aprire i regali!»
Alison sbuffò e sbadigliò. «Lo so, amore, ma sono solo...» si fermò e guardò la sveglia, «le sei. È presto.» mormorò prima di chiudere nuovamente gli occhi.
Emily non si perse d'animo, scavalcò la madre e si mise al centro  del letto. «Papà...» cinguettò scrollando le spalle dell'uomo, «Babbo Natale è arrivato!» ripeté.
«Dormi, Emily.» biascicò lui.
Emily sbuffò e si alzò in piedi. «Alzatevi!» strillò, «Babbo Natale è arrivato!» esclamò saltando sul letto.
Alison sbadigliò e si mise seduta. «Non saltare sul letto.» disse alla figlia. «Sdraiati e dormi ancora un pochino.»
«No!» replicò la piccola e smise di saltare, «Voglio vedere i regali!»
Alison chiuse gli occhi e posò la testa sul cuscino. «Dopo.»
«Mammina... per favore.» pigolò la bambina, «Papà?» domandò girandosi dall'altra parte.
«Credo che dovremmo alzarci.» sbadigliò l'uomo.
«Sono le sei, Duncan!» ribatté Alison voltando la testa verso di lui, sorrise e allungò una mano per sfiorare il viso di lui.
Lui rise e abbracciò la bambina, «Lo so, ma qualcuna è impaziente di aprire i regali, vero?» disse ed Emily rise quando lui le solleticò la pancia.
Alison rise, felice che tutto finalmente andasse per il verso giusto. Emily stava bene, non c'erano tracce dell'incidente escludendo una minuscola cicatrice sul ginocchio. Vivevano tutti e tre insieme da quando la bambina era uscita dell'ospedale.
«Mamma!» esclamò Emily scendendo dal letto, «Papa! Muovetevi!»
Duncan sorrise e si mise seduto mentre Alison raggiungeva Emily e la prendeva in braccio. Le guardò e sorrise ancora di più, gli piaceva quando Emily lo chiamava “papà”, era stata una cosa naturale per la bambina, che aveva iniziato a chiamarlo così da un giorno all'altro; aveva quasi pianto quando si era sentito chiamare in quel modo per la prima volta. Alison non gli aveva mai detto dove era andata quel giorno, quando era letteralmente fuggita dall'ospedale. Lei non gli aveva mai detto nulla e lui non le aveva chiesto niente, Alison ed Emily erano lì con lui e questo gli bastava.
Andò in salotto e ridacchiò quando vide Alison sdraiata sul divano, un occhio chiuso e uno aperto che commentava i regali che Emily le mostrava.
Sotto l'albero c'era una marea di regali —  da parte dei loro genitori, da Tom e sua moglie, regali di Simon, Lee e Antony, della ex vicina di casa di Alison ed Emily —  oltre a quelli che avevano fatto loro due. Duncan ci aveva impiegato più di un'ora per sistemare tutto quanto.
«Vuoi un caffè?» domandò e si chinò per baciare la guancia di Alison, che grugnì quello che sembrava un “sì.” 
«Guarda che bello!» trillò Emily sventolando in faccia a Emily un grosso pupazzo a forma di orsetto bianco, che indossava dei calzoncini e un gilet rosso e verde.
«Molto bello.» mugugnò Alison e si tirò indietro per evitare che i peli dell'orsetto le entrassero nel naso.
«Non lo hai neanche visto!» esclamò la bambina, «Guardalo!» ordinò Emily spingendo l'orsetto verso Alison; lei aprì gli occhi e sbadigliò mettendosi seduta.
«È bellissimo.» disse e sorrise alla figlia, che abbandonò l'orsetto e corse ad aprire un altro regalo. Alison sorrise nel vederla lanciare urletti di gioia, circondata da regali e carte colorate, con un nastro rosso che le pendeva dai capelli spettinati.
Duncan ritornò e le mise sotto al naso una tazza di latte macchiato, lei sorrise e lo ringraziò prima di sorseggiare lentamente la bevanda calda. Duncan sorrise  e si sedette accanto a lei e posò la tazza di caffè sul tavolino.
Emily scartò una grossa scatola e gridò quando vide la grande casa delle Barbie.
«Di chi è?» domandò Alison.
«Di mia madre.» rispose Duncan mentre Emily finì di scartare il regalo per poi alzarsi sulle punte dei piedi e cercare di aprire la grossa scatola di cartone colorato.
«Aiutami!» esclamò Emily voltandosi verso il divano.
«Dopo, piccola.» disse lui, «Ci sono altri regali.»
Emily si voltò e corse a recuperare un altro regalo, lo scartò facendo volare pezzi di carta e la coccarda per il salotto. «Dopo pulisci tu, eh.» mormorò Alison.
Duncan sorrise e sorseggiò il suo caffè. «Va bene.» disse, «Ci siamo fatti prendere la mano.»
«Già.» commentò Alison, «Riusciremo a sistemarli tutti quanti?» domandò pensando alla camera dei giochi, invasa da ogni tipo di giocattolo.
Duncan alzò le spalle. «Credo di sì.» rispose. «Altrimenti potremmo darne qualcuno a mia madre e ai tuoi.» 
Alison lo guardò e inarcò un sopracciglio. «Credi che Emily sia capace di scegliere quali tenere qui e quali portare dai nonni?» domandò ammiccando verso Emily che passava da un gioco all'altro senza decidersi.
«Ehm... effettivamente hai ragione.» sorrise Duncan. «Non li sceglierà mai.» disse guardando la bambina. «Hai fame, Emily?» le domandò, «Vuoi fare colazione?»
Emily annuì e si avvicinò a loro stringendo l'orsetto con in calzoncini rossi e verdi. «Sì.» rispose arrampicandosi sulle gambe di Duncan, lui la prese in braccio e le baciò i capelli. 

Dopo una colazione abbondante e aver liberato il grande salotto da scatole, carte da regalo, nastri e fiocchi, Alison si lasciò cadere sul divano e sbadigliò; dovevano ancora montare la casa delle Barbie e le rotelle alla bicicletta —  regalo di Lee — , e dovevano sistemare il resto dei regali ancora incartati. «A che ora dobbiamo essere da tua madre?» chiese a Duncan che stava sistemando una coroncina sulla testa di Emily.
«Per mezzogiorno.» rispose lui, sorrise alla figlia che trotterellò verso gli ultimi regali. Duncan si alzò e raggiunse Alison. «Abbiamo ancora tempo per prepararci.» disse e le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé e baciandole la testa. Alison si accoccolò contro di lui e gli baciò la guancia, posò la testa contro il suo petto e sorrise guardando Emily. 
«Mamma, questo è per te.» esclamò Emily portando ad Alison un sacchettino color oro; lei lo afferrò e lo rigirò ala ricerca del biglietto ma non lo trovò a parte un cuore rosso su cui era scritto il suo nome.
Lo aprì e tirò fuori una piccola scatoletta blu scuro, la fissò con curiosità poi guardò Duncan; lui le sorrise e mosse la mano, invitandola ad aprire la scatoletta.
Alison posò il sacchetto che dal divano scivolò a terra e aprì lentamente la scatola, quasi come se temesse che potesse uscirne un mostro. «Oh.» mormorò mentre fissava l'anello. «Oh.» ripeté e guardò Duncan.
Lui le sorrise e le prese la scatoletta dalle mani. «Alison, io ti amo.» le disse.
«Ti amo anche io.» sussurrò lei mentre la sua mente si faceva vuota.
«Alison,» riprese a parlare Duncan, «vuoi...»
«Sì!» lo interruppe lei, «Sì, lo voglio!» strillò e gli gettò le braccia al collo, lo baciò e ripeté che lo voleva.
Duncan rise e la strinse a sé, «Non mi hai nemmeno fatto di finire di parlare!» disse. «Alison, vuoi sposarmi?» le sussurrò infilandole l'anello sull'anulare sinistro.
Alison sorrise e annuì. «Sì.» rispose, «Ne sarei felicissima.»
Emily trotterellò verso di loro, in testa una coroncina di plastica, con la mano destra agitava una bacchetta magica, nella sinistra stringeva due ali da fatina. «Mi aiuti?» domandò, Duncan annuì, prese le ali e le montò, aiutò Emily ad indossarle e la fece sedere sulle sue ginocchia.
«Emily, io e la mamma ci sposiamo, sei felice?»
La piccola li guardò e spalancò gli occhi azzurri, «Veramente?» domandò agitando la bacchetta.
«Sì.» rispose Alison.
Emily rise e si girò verso Duncan, «Papa?» lo chiamò e lui sorrise, «Mi aiuti a montare la casa delle Barbie?» chiese, «Dopo andiamo da nonna Fiona?»
«Sì, dopo andiamo da lei.» rispose Duncan, mise le mani sotto le ascelle della piccola e la posò sul pavimento, «Vai in camera, arrivo subito ad aiutarti.»
Duncan la guardò mentre correva agitando la bacchetta, le piccole ali che si muovevano sulla sua schiena. «Vieni?» domandò ad Alison.
«Sì.» rispose lei e sbadigliò, «Ma prima mi faccio un altro caffè.»
Duncan annuì e si alzò in piedi, allungò una mano verso Alison e l'aiutò ad alzarsi in piedi, le posò le mani sui fianchi e posò la fronte contro quella di lei. «Ti amo.» 
Alison sorrise e gli cinse il collo con le braccia, gli sfiorò il collo con la mano e piegò la testa di lato. «Ti amo.» sussurrò prima di alzarsi sulle punte dei piedi e baciarlo.

Sono felice di aver concluso questa storia, ci ho messo quasi un anno ma non importa. Sono felice che sia piaciuta così tanto! Sul serio, non me l'aspettavo. Il finale natalizio a Maggio è un po' strano, ma avevo già deciso così da quando avevo iniziato a scrivere questa storia, la mattina del 9 Giugno, mentre aspettavo che arrivasse il treno per Mestre.
Insomma, la pianto qui e vi ringrazio tutti quanti: chi ha messo la storia in una delle liste, chi ha recensito, chi ha commentato su Twitter e Facebook, chi ha semplicemente letto. Grazie. Barbara.

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