la mia vita, diversa da così... poteva di certo essere

di Kerkira2000
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** cap 3 ***
Capitolo 4: *** cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Tutti mi guardano, mi osservano, mi studiano come se fossi “ un cucchiaio in mezzo ad un set di forchette” per usare le parole della mia amica Penelope, per tutti Pen. E penso che tutti quegli occhi abbiano  ragione ad osservarmi.                                                                                                                                       
MI chiamo Zoe, avevo 16 anni, capelli neri lunghi e mossi, occhi neri pece, ed … sono incinta. Il mio bel pancione di 7 mesi comincia a farsi vedere  e a trasparire dalle mie magliette, anche se larghe. Ogni sera lo osservo  e non posso  fare a meno di pensare che da quello che per molto tempo ho considerato un errore sarebbe nato qualcosa di unico: la vita.                                                                                                                                       
Cammino a testa alta, in quei corridoi affollati di ragazzi che parlottano e osservano il mio ventre. Tutti assorti, tutti distratti. Un controsenso per così dire. La luce delle lampade mi fa male agli occhi e il vociare alle orecchie. Arrivo alla fine di quel percorso e raggiungo la mia aula.  Vado  a sedermi in fondo ,dal momento che non c’è ancora nessuno e i posti sono tutti vuoti.  Tirando fuori il libro di testo, mi accorgo che tra le pagine vi è ancora inserito il gambo si quella rosa, di quella rosa che mi aveva fatto credere nell’amore e che mi aveva spinto a commettere quell’azione che avrebbe pregiudicato tutto il mio futuro. Quanti ricordi legati a quel simbolo, le mille corse in moto, le mille risate con lui, Francesco, che aveva preso il mio cuore, l’aveva messo in trappola, e quando se ne era stufato avevo deciso di stritolarlo tra quelle mani che mi avevano abbracciata tante volte. Una lacrima mi solcava il viso mentre ricordo e ripenso a quante cose sarebbero potute andare diversamente. Ma ormai pazienza, era accaduto quello che era accaduto, non si piange sul latte versato.                                                                                                                                                                                     
La campanella interrompe i miei pensieri, e faccio appena in tempo ad asciugarmi il viso, che una calca umana arriva in classe. Tutti si siedono e Pen mi raggiunge, si siede accanto a me e mi sorride, con quel sorriso dolce e rassicurante che ho imparato ad amare. I capelli le ricadano morbidi sulle spalle e li sposta per poi tornare a guardare davanti a noi, dove il professore si è schiarito la gola. Tutti ammutoliscono e un ragazzo entra, si chiama Sean, dice il professore e ha la nostra età. “siediti la in fondo “ indicando il posto libero davanti a me.                                                                                                                                                        
Negli ultimi periodi sono diventata molto sensibile alla luce, e quella di questa mattina è particolarmente forte, anche se siamo al 12 di settembre. “ Puoi chiudere leggermente la tenda?” chiedo a Sean, mentre il prof è intento a spiegare  la filosofia di Aristotele, credo. “ perché non ti alzi tu?” risponde con un tono arrogante e saccente, mentre si siede in modo molto scomposto sulla sedia, che cigola sotto il suo peso. Non mi faccio intimorire: in questi 7 mesi mi sono fatta le unghie. Mi alzo e appoggio una mano sul mio pancione come faccio solitamente quando cammino, nell’ultimo periodo. Giro la tenda e torno a sedermi, mentre sulla faccia di Sean fa largo un’espressione di stupore. Essendo nuovo ,quindi, non ne era a conoscenza. Continuo a seguire la lezione, che si protrae per molto molto tempo.           Suona la campanella, ed esco tra le prime , seguita da Pen che mi affianca e mi prende a braccetto.“Ehi, visto il nuovo arrivato?” mi sussurra mentre ci facciamo largo tra la mandria di ragazzi che sta raggiungendo la classe, dove ognuno seguirà la seconda ora di lezione. Tiro fuori dalla tasca l’orario scolastico e vedo che la prossima lezione, di due ore, è quella di chimica.

ANGOLO AUTRICE
ciao a tutte queste è un captolo prova, ma gradirei comunque un vostro parere, positivo o negativo vhe sia, per vedere se mi sto dirigendo nella direzione giusta

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Capitolo 2
*** 2 ***


“ Ehi, ehi, fermati …” sento una voce chiamarmi, da dietro le spalle, mentre sto per aprire la porta dell’aula di chimica. Mi giro e, mentre lascio passare un paio di ragazzi che solitamente seguono con me la lezione del professor White, vedo una cascata di capelli biondi che riconosco essere di Sean. Corre, spingendo un paio di ragazzi, e mi raggiunge. “Devo parlarti…” mi dice mentre mi afferra un braccio. “ Ehm …no… devo andare a lezione” dico indicando l’aula che si sta lentamente popolando. “ Dai, solo dieci minuti…” e comincia a strattonarmi in modo quasi dolce, come se non volesse farmi del male ma convincermi ad andare. Non so come o perché, ma quando vedo che nel corridoio non c’è più anima viva, una sensazione di rischio e avventura, che non sentivo da più di sette mesi, ritorna a farsi sentire. Così lo seguo, cedendo al mio istinto. “ C’è un posto tranquillo, dove possiamo parlare?” mi chiede mentre scendiamo le scale dell’ingresso, molto lentamente a causa della mia “condizione”. Ci penso per qualche secondo e poi scelgo il posto adatto. Repentinamente, svolto a sinistra, mentre il sole alto del mattino m’invade il viso. Percorriamo in silenzio il corridoio, dove l’unico rumore che si sente è il ticchettio dell’orologio a muro. Mi fermo a poca distanza da una curva e, stando attenta che nessuno ci osservi, apro una porta che s’intona perfettamente con il muro verdognolo. Davanti a noi si apre un altro corridoio, più lungo del primo e più scuro. Controllando che Sean mi stia ancora alle calcagna, proseguo nella penombra. Dopo minuti che sembrano ore l’oscurità comincia a scemare, e vedo la fine del corridoio. Un’altra porta si erge davanti a noi. Tento di aprirla, ma non ci riesco: è tutta arrugginita, e molto pesante. Dopo averci provato un paio di volte, Sean viene in mio soccorso. Da’ un colpo secco alla porta che si apre con uno schiocco. Lo osservo mentre fa tutti quei movimenti, e dopo ci osserviamo in un sorriso complice. Davanti a noi si apre uno spiazzo in cemento, dove sul lato vi è una panchina. La indico e lui mi segue. Ci sediamo e lì sono la prima a parlare.                                                                                                                                                                                   “ Allora, che volevi, per costringermi a saltare la lezione di chimica, e a mostrarti il mio posto segreto?” chiedo al ragazzo che si è seduto in modo molto scomposto, come poco prima in classe.                                         “ Si dice che se mostri il tuo posto segreto a una persona, è come se stringessi con lei un patto di sangue…” “ Ah sì? E chi lo dice?” “ Lo diceva sempre mia nonna, era molto saggia, anche se non credo che sia cosa di cui tenere conto… “ Eh perché?” gli chiedo io osservandolo negli occhi.                                                                    “Beh, era matta come un cavallo, della serie che di giorno si faceva la doccia 5 volte, e fumava come uno scaricatore di porto”  dice con un sorriso a 32 denti.  E a quel punto scoppio  a ridere come non facevo da tempo, al punto che mi fa male lo stomaco, e le lacrime mi salgono agli occhi. Lui dopo un po’ si aggrega a me, e quindi ci troviamo in due a ridere come matti in uno spiazzo di cemento durante le lezione.  “Capisco” dico quando riesco a respirare normalmente “ Ma perché mi hai fatto venire fuori?”            “Beh, volevo chiederti scusa per prima… non mi ero accorto che tu, beh… che tu era, sei , si insomma…” “…incinta” dico io per concludere la sua frase, dal momento che sembra proprio non trovare le parole. “ Si, infatti.” Dice rosso in viso. “ Certo che anche tu, potevi evitare di … insomma… beh hai capito.”   Non capisco subito a cosa si riferisce, ma poi tutto si fa’ chiaro. Lo guardo in faccia, e non posso fare a meno di pensare che sia un vero stronzo.                                                                                                “Senti, in questi ultimi sette mesi ne ho sentite abbastanza di persone che mi rinfacciavano questo mio “errore”, talmente tante da poterci scrivere un libro, e non ho intenzione di ascoltarne nemmeno un’altra, soprattutto se si tratta di un ragazzo appena trasferito che non ha la più pallida idea di che cosa stia parlando!” dico con tutto il fiato che ho in gola. Mi alzo di scatto e mi allontano mentre corro verso la porta. Lui subito non sembra aver capito le mie parola, ma appena vede la mia mossa avventata si alza e mi rincorre, mi afferra un braccio come avevo fatto prima. Mi costringe a girarmi e la distanza tra noi si riduce ulteriormente, siamo talmente vicini che sento il battito del suo cuore e il respiro  affannato. Sento che se dirà qualsiasi cosa, non riuscirei a trattenermi e così, strattonandolo, mi allontano. Apro la porta massiccia e la chiudo alle mie spalle. Quando sono sicura che  non mi abbia seguita  ,nella penombra, scoppio a piangere come una bambina a cui sono state rubate le caramelle.
 
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti, ragazze e ragazzi, che con onore avete letto questo mio capitolo. Che dire? E’ un capitolo uscito così, dal nulla ma spero  che possa piacermi. Gradirei molto recensioni a cui risponderò con molto piacere.

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Capitolo 3
*** cap 3 ***


CAP.3
Quando i singhiozzi non mi scuotono più e il respiro torna quello di una sedicenne normale, mi obbligo ad alzarmi dal muro sudaticcio cui mi ero appoggiata e con la mano imperlata dalle lacrime, mi asciugo quelle che di sicuro hanno sbavato il mio trucco. Cammino lentamente e arrivo alla porta verdognola che s’intona con il muro. Ripercorro la strada che avevamo fatto pochi minuti prima insieme Sean ed io e raggiungo l’aula di chimica. Sto per aprire la porta quando dal vetro che lascia intravedere l’interno, mi rendo conto che è in corso una verifica. “meglio di così non poteva andarmi”, mi dico mentre il mio corpo si allontana dalla classe. Quasi le mie gambe si fossero mosse inconsciamente mi trovo davanti ai bagni al secondo piano. “tanto vale aspettare qua dentro la fine della lezione” penso ed entro . non c’è nessuno o almeno mi sembra così. La luce rischiara anche questa zona… disgustosa… della scuola . mi siedo sul lavandino ampio in mattonelle e tiro fuori dalla borsa che porto sempre con me un libro. Non mi separo mai da quella sacca color turchese con mille accessori attaccati sopra, a ricordarmi tutti i momenti felici che ho vissuto: tra gli altri una piuma, ricordo della gita allo zoo, migliaia di braccialetti che indosso secondo l’umore, regalo del mio quattordicesimo compleanno, e piccoli evidenziatori reduci di tanti anni di scuola, alcuni terminati, altri ancora in buono stato.

Scosto una ciocca nera pece dal mio viso e leggo il titolo del libro che ho pescato quella mattina dal comò, per poi mettermelo in borsa. Appena mi accorgo di quale fortuna mi è capitata tra le mai, pensa che non tutti i mali vengono per nuocere. “Un incantevole imprevisto” di Marianne Kavanagh, il mio libro preferito. Adoro la storia tra Tess e George, e non poche volte mi sono ritrovata a pensare che vorrei pure io vivere un amore come il loro. Guardo per un secondo la copertina che ho ormai imparato a memoria, e come ogni volta penso che la ragazza raffigurata sia proprio simile a Pen. Sto leggendo la prima pagina, quando dei rumori all’esterno mi fanno sussultare. Chiudo piano le pagine del mio paradiso e tendo gli orecchi. Voci concitate, a tratte arrabbiate a tratti serene, disturbano la quiete che fino a poco prima regnava sovrana. Scendo lentamente dal lavandino, cercando di fare poco rumore, anche se con tutti gli oggetti che devastano la mia borsa, mi risulta un po’ difficile. Per fortuna vicino a dove ero seduta fino a un attimo prima, c’è un muro che divide l’”entrata ” del bagno dal resto del “locale”. Mi nascondo lì dietro e riduco il bisogno di respirare, perché se mi trovassero lì, durante le lezioni, rischierei una severa punizione, se non una sospensione. Tento di bloccare il rumore di tutti i miei aggeggini e ci riesco appena in tempo, perché entra a passo spedito qualcuno, anzi qualcuna. Apre la porta, ma rimane sulla soglia, perché qualcuno (e che sia un qualcuno sono sicura) le sta tenendo un polso, come, e ripensandoci sorrido amaramente, ha fatto poco prima Sean con me.

Dalla mia postazione non riesco a vedere poi molto, ma le voci le sento. La ragazza dice a bassa voce, ed io per miracolo (o sfortuna?) riesco a sentire, che così non possono continuare. Il ragazzo che riconosco essere il nuovo professore di ginnastica, alto e da mozzare il fiato, risponde che troveranno una soluzione, che tutto si sistemerà. Non posso smettere di guardare, ipnotizzata da quella storia che ha del proibito, perché lei è evidentemente una studentessa. Si scambiano un bacio tenero, che si vede nei film, e lui lascia la presa. La ragazza si volta e non posso crederci. Si sistema i capelli, che già mi era sembrato di riconoscere durante quel bacio rubato, un tocco di lucidalabbra ed esce dal bagno furtivamente. Non riesco ancora a crederci, perché quello che ho visto è impossibile. La ragazza bionda scura dagli occhi verdi è Pen. “La mia migliore amica se la fa con il prof di ginnastica” penso mentre Penn si chiude la porta alle spalle.

ANGOLO AUTRICE Cari lettori, questo capitolo mi è venuto in mente mentre guardavo un programma e ho voluto inserire qualcosa che potesse essere ricondotto alla mia passione per i libri. Spero che vi sia piaciuto e, vi prego, fatemi sapere che ne pensate.

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Capitolo 4
*** cap 4 ***


 
CAP.4
 
Quel pensiero mi infesta ancora la mente quando, assicuratami che Pen sia veramente uscita dal bagno, esco dal mio nascondiglio e ritorno a respirare, anche se non mi ero accorta di trattenere il respiro. Guardo l’ora nel mio bellissimo quadrante di Winnie Pooh(cosa volete farci, la gravidanza ha fatto riaffiorare la mia parte bambina), e vedo che tra poco più di un minuto suonerà la campanella che segna la fine della seconda lezione. Raccolgo le mie cose, tra cui il libro che ho lasciato sul lavandino e che per fortuna Pen non ha notato, ed esco dal bagno, tirando la porta con me. Osservo il corridoi, per essere sicura che nessuno mi becchi, e ripercorro la strada per arrivare alla mia classe. Mi aspetto di trovare la classe nel silenzio più totale, e invece giro l’angolo appena in tempo per vedere il professore allontanarsi dall’altra parte del corridoio.
“A quanto pare ora buca” penso mentre apro la porta e vengo investita dal vociare animato dei miei compagni. 
Appena entro il rumore si acquieta per un’istante ed io, a testa bassa, raggiungo il mio banco vicino a Pen. Appena mi siedo tutto ricomincia come prima e io comincio a seguire la conversazione che è intavolata tra il banco mio, di Pen, di Sean e di un altro ragazzo che non conosco ma che frequenta anche il mio corso di fisica.
-… no, come puoi dire una cosa del genere? Non ti rendi conto…- sta dicendo Pen, mentre scuote con veemenza la testa.
-Di cosa diavolo state parlando?- chiedo mentre appoggio la borsa tintinnante sul banco.
-Questo deficiente qui presente…- e dicendo questo punto l’unghia laccata di rosso contro il petto di Sean-… sostiene che i Rolling Stones siano la band più importante nella storia della musica moderna, quando invece è chiaro che siano i Beatles-.
 -Hahahah, Sean, come hai potuto toccare quel nervo?- dico mentre vedo lo sguardo di Sean farsi sempre più confuso.
-Nessuno può sperare di contraddirla sui Beatles e passarla liscia- spiego
-Beh,  io rimango sicuro della potenza dei Rolling Stones- dice lui incrociando le braccia, come farebbe solo un bambino. Allora tutta la tavolata scoppia a ridere, io compresa. Il discorso procede sempre sull’ambito musicale, e di conseguenza continuano i litigi per la band migliore. Sembrano suocere, Sean e Pen
Chiacchieriamo allegramente, quando sentiamo qualcuno bussare alla porta. Ci giriamo verso la porta e vediamo la matassa di capelli rossi della bidella che fanno capolinea.
-Ragazzi…- tenta di attirare l’attenzione-…ragazzi. Green e Miller in presidenza.- dice velocemente ed esce, tirandosi la porta dietro le spalle.
“Ma tutte a me capitano?!”penso mentre sbuffo sonoramente. Mi alzo dalla sedia, che fa quel rumore odioso che solo il metallo sa fare, e mentre passo di fianco all’orecchio di Pen le sussurro:- Dopo dobbiamo parlare di un certo professore…-.
Raggiungo la porta e mi chiedo chi possa essere il secondo (o seconda?) che deve venire con me in presidenza. Mi giro verso la classe e mi gusto la faccia bianco cadavere di Pen, imperlata dal sudore, e solo dopo mi volto verso l’alunno che è di fianco a me. E secondo voi chi è?
Ma Sean, ovviamente.
Angolo autrice
Ciao a tutti. E’ un capitolo di transizione, e per questo non succede niente di che. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
                                                                                                                                                                      Kerkira

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


CAP.5
 
Attraverso la porta della classe appena dopo la segretaria, seguita subito da Sean. Il corridoio è silenzioso e illuminato. La strada verso la presidenza non è lunga, ma doverla affrontare con Sean che mi fiancheggia non è una passeggiata. ‘Devo trovare una soluzione, assolutamente ed immediatamente’ penso nell’istante in cui capisco che solo 10 metri mi separano dall’ufficio della preside. Solo ora mi accorgo di quanto Sean sia silenzioso, cosa che si discosta dal comportamento euforico che ha tenuto poco fa n aula. Ha gli occhi fissi in un punto davanti a se, e sembra pensieroso.                            Sto per bussare alla porta della presidenza quando mi strattona per un braccio, e così facendo mi obbliga a guardarlo negli occhi, che di solito sono di un verde acceso, ma ora sono infestati da un velo di grigio che gli dona una certa malinconia e tristezza.  –Senti, per quello che è successo prima, devi ascolt..- comincia a parlare affannosamente, quasi avesse appena affrontato una maratona.- No, sei tu quello che deve ascoltare. Quello che ho detto prima è la verità più assoluta, ne ho le tasche piene delle prediche degli altri, ma questo non vuol dire che sia sbagliato sentirle. Forse sono stata un po’ impulsiva, e forse tu non te lo meritavi, quindi… scusa e andiamo avanti ok?- chiedo mentre un sorriso mi accarezza il viso. Lui sembra sorpreso, anzi  sbalordito e annuisce, ma prima che possa dire qualcosa busso alla porta.
-Avanti- dice una voce allegra e limpida al di la della porta della presidenza. Entriamo uno dopo l’altra e ci addentriamo  in quell’ufficio dalle pareti chiare. La preside è rivolta verso la finestra ,con i pantaloni che sfiorano terra e i tacchi che si fanno sentire quando lei si gira a guardarci. – Sedetevi pure ,ragazzi­- dice ,mentre lei fa lo stesso. Ora posso osservare i suoi capelli rossi mossi, gli occhi verdi e le piccole rughe che li circondano. Il tutto mi ricorda qualcuno, ma non saprei dire chi.                              
 -Voleva vederci?- chiedo per smorzare il silenzio che infesta l’ufficio. –Si, e per una questione ben precisa.- dice e io temo che si tratti del fatto che entrambi abbiamo saltato gran parte della prima ora, per non parlare del fato che io l’ho saltata tutta. Anche Sean sembra averlo capito, perché mi guarda di sottecchi, per poi tornare a guardare la preside che inizia il suo discorso.
-Sean- dice e sposta lo sguardo su di lui-, tu ti sei trasferito in questo istituto solo da pochi giorni, e se non erro hi iniziato a frequentare le lezioni solo oggi, giusto?-continua solo dopo aver ricevuto un segno del capo da lui –Confrontando il piano formativo dell’altro liceo con il nostro, ho potuto riscontrare che è leggermente diverso da quello che abbiamo adottato qui, soprattutto per quanto riguarda lo studio del diritto, della biologia e della filosofia. Tu, Zoe, invece sei in una situazione difficile a causa della tua situazione, e differentemente da quanto ci si potrebbe aspettare  ho  notato che il tuo rendimento non è calato per niente, anzi potrei azzardare che sei addirittura migliorata…-                                                                    
‘Che diamine! Certo che sono migliorata’ penso.  Dopo quello che è successo, uno dei modi che ho trovato per tenermi impegnata è stato proprio lo studio:  sono riuscita ad alzare di almeno un voto tutte le materie. –Quindi, proprio  a causa di ciò, ho pensato di coniugare le due cose. –conclude appoggiando gli occhiali sulla cattedra .                                                                                                 
  -Tu, Zoe, sarai il tutor di Sean per i prossimi mesi, e cercherai, ove possibile, di risanare le sue lacune. Domande?- chiede. Io scuoto la testa, e come me fa Sean. L’ultima cosa di cui  mi aspettavo di parlare era fare da tutor a Sean. Mi aspettavo una ramanzina, e magari una nota, ed invece, benedizione per il Natale anticipato.                                                                                                              Ci congeda ed usciamo dall’ufficio ed usciamo mentre sta suonando la campanella. Cerco Pen in giro, ed ho una mezza idea di dove possa essere, o per meglio dire con chi.  La giornata si protrae lenta, nonostante abbia avuto abbastanza sorprese per oggi.
Angolo autrice
Innanzitutto scusate per il ritardo, ma fare l’animatrice al grest della mia parrocchia mi ha portato via un po’  di tempo. Del capitolo non so che dire, quindi lascio questo compito a voi.
Kerkira

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Capitolo 6
*** cap. 6 ***


CAP.6
Estraggo le chiavi di casa dalla borsa e apro il cancelletto di casa. Percorro il vialetto di casa e giungo alla porta. La apro, salgo le scale che portano al piano di sopra e arrivo in camera mia. La mia bellissima camera azzurra. E’ sì, perché nel mio antro l’azzurro domina su tutto: pareti color cielo e trapunta delle tinte della notte, le stelle fosforescenti che impreziosiscono un soffitto blu scuro. Mi butto sul letto e accendo il cellulare. Vedo tante, tante, tante chiamate di Pen. Compongo il suo numero e, dopo un paio di squilli, la mia migliore amica risponde.
-Cazzo, Zoe, dove sei stata?! Ti avrò chiamata 750 volte da quando è finita l’ultima ora!- Ah, la mia dolce cara Pen, con le sue esagerazioni.
-Ehi, Pen, tranquillizzati. Ero a fare una delle mie passeggiate lungo il fiume e poi al centro commerciale con mia mamma. Che cosa c’era di così urgente?- le domando con un sorriso stampato sulla faccia.
-Perché non mi hai chiamato? Comunque ti ricordi quello che mi hai detto prima di andare nell’ufficio della preside?-.
-Ah, sì. Intendi la tua relazione con un certo professore ?- chiedo con un tono di voce che dovrebbe essere malizioso ma che diventa di presa in giro.
- Ma sì, sbandieriamolo ai quattro venti visto che ci siamo!- e sento un sospiro frustrato all’altro capo del telefono. –Ci possiamo incontrare tra, boh, venti minuti al parco in fondo alla tua via, quello sul lungo fiume?-.
-Ma certo, mia incantevole amica, ci vediamo lì.- e attacco.
Mi cambio la maglia, e la sostituisco con un’azzurra. Cerco il mio MP3, le cuffiette che non so come mai erano finite sotto il letto, e ridiscendo le scale. Mi dirigo in cucina e mi verso un bicchiere di spremuta d’arancia dal frigo. 
-Mamma, io esco!- grido sul limitare della porta, e prima che lei possa ribattere, esco e mi chiudo la porta alle spalle. Accendo il mio MP3 e clicco sulla mia playlist preferita. Dentro c’è di tutto, dai Pink Floyd a Vasco Rossi, da Mina ai Beatles. Cammino, cammino, cammino lungo il marciapiede e in lontananza vedo lo scorrere lento del fiume. In circa quindici minuti arrivo a destinazione, e scorgo, su una panchina non molto lontana dall’argine, i capelli biondi di Pen. Mi avvicino cautamente e silenziosamente a lei, e le metto le mani sugli occhi.
-Indovina chi è?- dico divertita. –Potrebbe essere chiunque, forse il macellaio o la sarta?- dice con tono allegro.
-Cavoli Pen, non riconosci nemmeno la mia voce?- dico con faccia fintamente imbronciata . mi siedo di fianco alla mia amica e la osservo. È veramente nervosa: si tortura le mani e gli anelli che porta sempre, la sua gamba trema e lo sguardo vaga da una parte all’altra del fiume, del tutto intenzionata a non fissarmi negli occhi.
-Senti- le dico prendendogli le mani- vuoi parlarne e spiegarmi? Perché cavolo non me lo hai detto?-
-Zoe, non arrabbiarti, ti scongiuro… volevo dirtelo, sul serio, ma sarebbe stato troppo pericoloso. Non per me ma per lui.                                                                                                                                                                               Quando l’ho incontrato, non avevo idea di chi fosse. Non sapevo che professione facesse né che sarebbe venuto a insegnare alla nostra scuola. -
-Quando lo hai incontrato?- le chiedo mentre rivolge lo sguardo all’azzurro del fiume.
- Era un pomeriggio di luglio, e tu mi avevi appena avvertito che dovevi andare a unna visita dal ginecologo. Allora, visto che mi avevi avvertito all’ultimo momento ed ero già pronta per uscire, ho deciso di andare in un bar, quello sulla strada principale, sai qual è?- e dopo un mio cenno d’assenso continua il racconto.
Angolo autrice
Al prossimo capitolo, che posterò subito poiché altrimenti veniva troppo lungo.
                                             Kerkira

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Capitolo 7
*** Cap.7 ***


CAP.7
 
-Beh ero lì tutta soletta che mi bevevo un caffè quando, facendo vagare il mio sguardo per la stanza ho notato questo ragazzo, che presumibilmente non avevo più di 25-26 anni, che leggeva seduto su una poltroncina. Di per se il fatto non aveva niente di particolare, ma quando ho letto il titolo del libro, non ho potuto non alzarmi per raggiungerlo. Stava leggendo “Romeo e giulietta”, ti rendi conto? Nessuno, se non io, legge quei classici ed io mi sono sentita subito attratta da lui. Abbiamo cominciato a parlare e ho scoperto così tante cose su di lui, dalla sua passione per i gialli al suo amore per i film di vecchio stampo. Non potevo crederci, perché quelli, come sai, sono i miei più grandi hobby. Così ci siamo rivisti una due, tre volte e la nostra è diventata una relazione seria. Non sai quante volte te ne avrei voluto parlare- e nella sua voce sento un dispiacere enorme - ma ti vedevo sempre così ansiosa per la tua gravidanza, e così ho deciso che te ne avrei parlato solo quando saresti stata più tranquilla. A fine agosto non potevo più aspettare e così ho deciso di parlartene il primo giorno di scuola. E quando finalmente ho preso il coraggio, ecco che scopro che Toby è il nuovo insegnante di ginnastica. Il mio mondo è letteralmente esploso, mi è caduto il terreno sotto i piedi. Non riuscivo a respirare, e per questo sono scappata in bagno. -
-Sì, mi ricordo, avevi detto di stare male e il prof ti ha seguito!- dico, mentre riesco a collegare tutto quello che ricordo di quel giorno con quello che Pen mi sta dicendo.
-Già, Toby ovviamente mi ha riconosciuto a sua volta, e quando ha visto che scappavo, perché era quello che stavo facendo, mi ha seguito all’interno del bagno. Mi ha tranquillizzata, mia ha detto che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Io volevo che la nostra storia finisse, avevo paura per lui, per il suo lavoro e per come la sua vita sarebbe diventata se qualcuno, tipo la preside, avesse scoperto il nostro rapporto. Volevo, dovevo allontanarmi da lui ma non ce la faccio, non riesco a stargli lontana. Lo amo Zoe, lo amo. - mi dice mentre gli occhi le si riempiono di lacrime.
-Lo so Pen, l’ho visto…- - Quando? Quando ci hai visti…? Perché se ci hai visti tu, possono averlo fatto molte altre persone…e…e... - dice mentre i singhiozzi la scuotono.
-Shhh, shhh- le dico mentre la abbraccio e le accarezzo i capelli -Ehi, Pen, tranquilla… vi ho visto mentre vi baciavate quando sei entrata in bagno. - Si stacca da me e si asciuga le lacrime.                                                   – E quindi ci hai visto solo tu…-- Si ne sono sicura- la rassicuro e si gira verso il fiume. Rimane in silenzio, e lo faccio pure io perché deve aver tempo di assimilare che si è confidata con qualcuno. Deve capire che la pietra che aveva nel cuore si è dissolta, com’è stato necessario a me dopo aver detto a mia mamma di essere incinta.
Ci abbracciamo e lei appoggia la testa sulla mia spalla. La continuo a cullare finché si rilassa completamente. Rimaniamo comunque in quella posizione e a un certo punto, e mentre osservo sia il paesaggio sia le persone che, come noi, si sono attardate in questo parco, due ragazzi attirano la mia attenzione. Sento di conoscerli, di aver qualche rapporto con loro, ma ancora non li riconosco. Li osservo mentre ridono, si spintonano e come una lampadina che si è accesa nel mio cervello, la loro identità mi è subito chiara.                                                                                                                                                                     Mi stacco con rabbia da Pen, che mi lancia un’occhiata confusa, e con tutta la velocità che il mio corpo mi permette, li raggiungo. Punto subito a quello che è girato nella mia stessa direzione, lasciando stare il ragazzo girato di spalle. Mi sto avvicinando quando lui, Francesco, mi riconosce e sbianca. Mi frappongo tra i due e gli tiro un ceffone che avrebbe di sicuro lasciato il segno.
-Tu, Brutto figlio di…- dico mentre mi si appannano gli occhi per la rabbia. -Ehi, calma, che diavolo succede?- mi chiede l’altro ragazzo. Sean. Mi serra il polso in una morsa di ferro ed io rifilo all’altro un altro ceffone. Mi gira e così mi ritrovo a quattrocchi con lui. Vede le mie lacrime, la mia mascella serrata e capisce che c’è un motivo dietro quel mio scatto di rabbia. – Che succede?- richiede ed io non ci vedo più dall’ira.
-Questo brutto bastardo, stronzo, ipocrita, coglione – e dicendo questo mi rigiro verso Francesco- mi ha prima messo incinta e poi se n’è andata come se niente fosse! Lui mi ha salutato con un biglietto. “scusa ho sbagliato”, diceva, e non si è mai fatto rivedere!- ed esplodo in un pianto liberatorio. I singhiozzi mi distruggono e mi accascio a terra. Le lacrime scorrono libere, finalmente. Tra il mare che ho sugli occhi, riesco a vedere che pure Sean è sbiancato. Si alza lentamente, mi bacia sopra ai capelli e si avvicina a Francesco.
Di tutte le cose che potevano capitare il fatto che Sean avrebbe tirato un pugno a Francesco, sarebbe stato l’ultimo. Ma è proprio così che è andata, e lo posso capire anche dal sangue che fuoriesce dal naso rotto di Francesco. Litigano, litigano furiosamente, ma io non riesco ad ascoltare, a seguire il loro discorso perché l’unica cosa che sento è il dolore nel petto poiché ho rivisto dopo sette mesi Francesco.
Dopo quello che è accaduto l’ultima cosa che ricordo è che Pen mi ha riaccompagnato a casa, tallonata da uno Sean molto in ansia.
Angolo autrice
Oggi avevo voglia di scrivere
 P.S. Mi piacerebbe molto ricevere i vostri pareri, perchè ultimamente siete molto silenziosi!:-)                                                                                             Kerkira

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