Il triste passato della signora Garland

di telesette
(/viewuser.php?uid=101298)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Fiocchi di cotone per Jeanie ( 風の中の少女 金髪のジェニー Kaze no naka no shōjo kinpatsu no Jenī, letteralmente "Jeanie la ragazza bionda nel vento" ), serie animata del 1992 prodotta dallo studio Nippon Animation, è ispirata fortemente ad una canzone del 1854 di Stephen Foster dal titolo "Jeannie With the Light Brown Hair" nonché in parte ad un romanzo di Shiro Ishinomori.
La storia ha inizio nel 1838, nella graziosa cittadina di Lawrenceville in Pennsylvania, e narra le vicende di una graziosa ragazza dai capelli castano chiaro ( benché, nell'anime, appaiano completamente biondi ) di nome Jeanie McDowell. Jeanie adora suonare il pianoforte e, assieme agli amici Stephen e Bill, mette su una piccola banda musicale. A seguito della dolorosa perdita di sua madre, morta di malattia, Jeanie decide di superare il proprio dolore dedicando la propria vita ad aiutare e a sostenere chi soffre. Già due anni dopo l'inizio, facendo fronte ai vari e rispettivi problemi, i tre ragazzi cominceranno ad operare le scelte più importanti per il futuro, facendo dei propri desideri e dei sogni reciproci lo scopo di tutta la loro vita.
Attraverso un ritratto pressoché abbastanza fedele dal punto di vista storico, specie per quanto riguarda il clima di odio e fortissima discriminazione tipica degli Stati del Sud, la serie ripercorre appunto le più importanti tematiche sul diritto e sull'uguaglianza nonché il fortissimo messaggio anti-razzista di cui tutto l'anime è fortemente impregnato. 

clicca qui per vedere la sigla italiana:
http://www.youtube.com/watch?v=9IUpC48lNYk

 

Il triste passato della signora Garland
( immagini tratte da internet )

 

Era noto che la signorina Garland non sorridesse granché.
Un po' per il suo carattere scorbutico, un po' per la disciplina assai rigida che si sforzava di mantenere nel collegio.
Tuttavia era altrettanto noto che, se talvolta capitava di vederla sorridere, le occasioni coincidevano quasi sempre con le visite del colonnello Wayne all'istituto.
Jeanie si era già accorta da tempo della cosa.
Le sue compagne preferivano non parlarne troppo a voce alta, conoscendo la suscettibilità della loro austera insegnante, ma molte erano convinte che il presidente del consiglio direttivo si fosse preso una bella cotta proprio per quell'insopportabile zitella acida della Garland.
Andava anche detto però che, da quando Jeanie si era espressa in favore della Garland per impedire che il consiglio accettasse le sue dimissioni, la donna aveva appianato notevolmente quella severità spigolosa e pungente che tanto la rendeva detestabile alle allieve.
In un certo senso, si poteva dire infatti che era quasi "trasformata" rispetto a prima: molto più serena, più comprensiva, coi lineamenti del volto più dolci e distesi del solito.
Tutti, in collegio, si erano accorti di questo suo cambiamento... e, soprattutto, se n'era accorto quel bel pezzo d'uomo del colonnello Wayne!
Sia lui che la signorina Garland, pur non essendo certo dei vecchietti, si avviavano già verso la quarantina. Nel loro caso, dunque, non si poteva certo parlare di "amore adolescenziale" bensì di un qualcosa di molto più profondo e più difficile da esprimere.
Anche se non era più un giovanotto, il colonnello Wayne era comunque un uomo affascinante e giudizioso; e anche la signorina Garland, a modo suo, era una donna piuttosto attraente. Non c'era nulla di strano nel fatto che, quasi esclusivamente per intrattenersi in compagnia della donna e scambiare con lei qualche piacevole conversazione, il colonnello avesse preso ormai l'abitudine di recarsi al collegio anche tre volte alla settimana.
Ma Jeanie era troppo un'adorabile impicciona, per limitarsi ad osservare in silenzio.
Desiderosa di saperne di più, infatti, decise di trovare conferma o meno dei suoi sospetti.
Così, un giorno che il colonnello giunse all'istituto con un gran mazzo di rose, Jeanie immaginò subito per "chi" potevano essere destinate.

- Buongiorno, signor colonnello - lo salutò allegramente la bambina, accostandosi all'ingresso per aprirgli il cancello.
- Buongiorno a te, Jeanie - rispose l'altro sorridente. - Vedo che sei sempre ansiosa di renderti utile, ciò ti fa molto onore!
- La ringrazio ma, per favore, non lo dica alla signorina Garland... Sa, lei non è precisamente di questo parere!
- Già, immagino - sorrise il colonnello con una smorfia. - A proposito, dov'è adesso?
- Credo che sia in refettorio - rispose Jeanie. - Ma se vuole consegnarle quelle rose, farà meglio a sbrigarsi, prima che appassiscano!
- Sì, beh ecco, io...

L'uomo tossì, arrossendo vistosamente, cercando con imbarazzo di nascondere i fiori dietro la schiena.
Jeanie fece finta di nulla, ma aveva già capito ciò che le premeva sapere. Era lampante che il colonnello nutrisse un debole nei confronti della Garland, pure se non trovava il coraggio di ammetterlo, e proprio quel giorno aveva deciso di mettere da parte i suoi timori per confessare alla donna i propri sentimenti.
Dal momento che Jeanie era una bambina tanto sincera, non volendo rischiare di presentarsi in disordine in un momento tanto importante, il colonnello si chinò per mormorarle qualcosa all'orecchio.

- Dimmi, Jeanie - sussurrò. - Ti sembra che la mia uniforme sia in ordine?
- Oh sì, certamente - annuì subito la bambina. - Lei è sempre molto elegante, colonnello!

Wayne parve sollevato.

- Lo spero - mormorò. - Non vorrei che Elizabeth... Cioé, voglio dire, Miss Garland... cioé, è importante essere sempre ordinati, se si vuole evitare figuracce... Lo capisci, vero?
- Colonnello, sbaglio o stava andando di fretta? - osservò Jeanie calmissima.
- Ehm, ecco... Sì, in effetti, ho un po' di fretta...
- Beh, cerchi di rilassarsi - tagliò corto la bambina, con l'aria di saperla lunga. - Qualcosa mi dice che la signorina Garland sarà felicissima di riceverla!

Quel poco di rossore sulle gote del colonnello, andando a tingergli tutto il volto, assunse una tonalità color rosso fuoco.
Facendo tuttavia appello al suo proverbiale autocontrollo, costui si ricompose immediatamente.
Ormai era deciso ad andare subito dritto alla questione, senza alcun giro di parole né ripensamento. Un ufficiale del suo rango, indipendentemente dalle motivazioni che lo spingevano, era tenuto ad assumersi la piena responsabilità e ad accettare le conseguenze delle proprie azioni.
Da tempo sentiva di essere sentimentalmente attratto dalla signorina Garland.
Le piaceva, perché era una donna con un senso profondo della disciplina e dell'ordine. Oltretutto era intelligente, un'insegnante di matematica, un po' troppo severa ma convinta dei suoi metodi educativi... Fisicamente attraente, pure con quel suo sguardo sempre un po' spento.
Sì, decisamente il colonnello Richard Michael Wayne sentiva di amare sinceramente una donna così dura e difficile come Mary Elizabeth Garland.
Questione di gusti, contento lui... ma lasciamo perdere!
Dopo essersi fatto annunciare, il colonnello entrò nel refettorio e si chinò a salutare l'austera vice-responsabile dell'istituto con grande rispetto.

- E' un piacere vederla, colonnello - disse la Garland, più che altro a titolo chiaramente personale.
- Piacere mio, Miss Garland - rispose l'altro, nel consegnarle le rose, sfiorandole appena la mano con le labbra.
- A che dobbiamo l'onore della sua visita?
- Veramente... non sono qui in veste di membro dell'istituto!
- Non capisco!

Il colonnello deglutì fortemente.
Per quanto fosse abituato a combattere, avendo rischiato più volte la vita sui campi di battaglia, ciò che stava per dirle aveva un enorme peso di gioia e serietà assieme.
Non poteva sapere come l'altra avrebbe accolto la sua richiesta, rispondendo affermativamente o meno, tuttavia non poteva continuare a "fingere" un'amicizia laddòve il suo cuore fremeva dal bisogno di confessare i propri sentimenti alla donna che amava.

- Elizabeth - mormorò. - Ci conosciamo da parecchi anni, anche se solo di recente abbiamo preso a darci del "tu" in modo informale... e sono contento che tu abbia deciso di accettare la mia amicizia!
- Colonnello Wayne, io...
- Ti prego, "Richard"... solo Richard, d'accordo?
- Richard - si corresse subito l'altra, non senza un certo imbarazzo. - Anch'io sono molto contenta, davvero!
- Vedi, Elizabeth... Se oggi sono qui, è perché vorrei parlarti di una cosa molto importante!
- Ma certo, Richard, ti ascolto!

Subito il colonnello cambiò espressione.
A prova di quanto serie fossero le sue intenzioni, non poteva mostrarsi timido ed esitante. Elizabeth doveva avere la certezza che le sue parole fossero più che sincere, per non dubitare di lui in alcun modo, cosicché l'ufficiale si accinse a formulare la propria dichiarazione con voce chiara e profonda.

- Sono un colonnello dell'esercito americano - cominciò. - Porto orgogliosamente il peso e le responsabilità del mio grado, occupo una posizione rispettabile e dignitosa, e ho sempre fatto in modo che al mio nome fosse associato un simbolo di lealtà, coraggio ed assoluta onestà!
- Richard... perché mi stai dicendo questo?

Come in risposta a quella curiosità più che legittima, il colonnello trasse fuori di tasca una scatolina e ne mostrò il contenuto a Miss Garland.
Dentro vi era un anello d'oro massiccio, finemente lavorato, con tanto di iniziali incise all'interno.

- Mary Elizabeth Garland - esclamò il colonnello, scandendo il nome completo della donna con tutto l'amore possibile. - Con sincero impegno e alla presenza di Dio come testimone, io Colonnello di Stato Maggiore Richard Michael Wayne, ti chiedo di diventare mia moglie!

La signorina Garland sbarrò gli occhi incrèdula.
Quella del colonnello Wayne era una proposta di matrimonio in piena regola, su questo non vi era alcun dubbio, ma alle orecchie della donna giungeva inaspettata come un'onda improvvisa sulla calma piatta del mare.
Mai prima d'ora, nessuno aveva inteso chiederla in sposa.
Lei stessa, con il passare degli anni, aveva ormai rinunciato all'idea. Sapeva di essere una donna intrattàbile per non dire sgradevole, sia nei modi che nell'aspetto, e non riteneva possibile che qualcuno avesse davvero interesse a sposarla.
Che cosa doveva rispondere?
Il colonnello non era certo tipo da fare proposte del genere, senza essere assolutamente sicuro delle sue intenzioni, ma ugualmente Miss Garland faceva fatica a credere che una cosa tanto bella per lei potesse accadere realmente.

- Ti prego, Elizabeth - sussurrò il colonnello, tenendo sollevato l'anello, sperando in una risposta affermativa da parte della donna. - Accetta il mio amore, se anche tu provi lo stesso, e sarò l'uomo più felice del mondo!
- Io... Io non...

La poverina era sconvolta.
Tutte le sue convinzioni, frutto di un'intera vita costruita sull'impersonalità e sul rispetto ossessivo delle regole, stavano ora vacillàndo dinanzi alla superficie lucida e brillante dell'anello che il colonnello le stava offrendo. Miss Garland avrebbe voluto rispondergli di "sì", mettendo da parte il lato più cupo di sé stessa, ma era troppo abituata a credere nella logica e nella freddezza per dare ascolto ai propri sentimenti.
Sotto questo aspetto, infatti, era praticamente l'esatto opposto della piccola Jeanie.
Nessuno poteva sapere "come" e "perché" la signorina Garland fosse tanto acida e severa, verso le allieve ma soprattutto verso sé stessa, e ciononostante il colonnello attendeva speranzoso un "sì" dalle sue labbra.

- Credo... Credo che tu stia correndo troppo, Richard - mormorò la signorina Garland, evitando di guardare l'altro negli occhi.

Per il colonnello, quella frase fu come una doccia fredda.

- Mi dispiace, non posso - proseguì lei. - Non posso sposarti... Mi dispiace!
- Ma... Ma perché ?!? - scattò subito l'uomo, sentendo scivolare l'anello dalle proprie dita.

Anche quando l'anello cadde sul pavimento con un lieve tonfo metallico, la signorina Garland oppose un muto ed ostinato silenzio.
Richard Wayne capì che non era il caso di insistere oltre.
Con la morte nel cuore, pieno di dolore per un rifiuto così secco, l'ufficiale non poté far altro che inchinarsi ed uscire in buon ordine dalla stanza così come vi era entrato.
Da troppi anni, ormai, Miss Garland non riusciva più a ricordare come si versassero le lacrime.
Ora invece, nel mentre che il colonnello si chiuse la porta alle spalle e le rose ebbero sparso miseramente i loro petali attorno ai suoi piedi, quelle piccole gocce trasparenti calde come l'inferno non smettevano più di scottarle sia gli occhi che le guance. 

 

 ( continua )

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Quando la signorina Garland smise di piangere, convincendosi che era inutile, ormai non le rimaneva altro che riflettere.
Aveva appena rifiutato un uomo che si era detto essere sinceramente innamorato di lei, senza neppure fornirgli una parola di spiegazione, e non poteva incolpare proprio nessuno... eccetto sé stessa.
Se oggi era la donna che tutti conoscevano, fredda come il ghiaccio e indifferente ai sentimenti degli altri, forse poteva dirsi una delle migliori educatrici americane dell'epoca.
Tuttavia ciò non la rendeva affatto felice.
Era una donna sola.
Una donna che aveva rinunciato ai sentimenti e alla serenità, fin da quando era piccola, perché così le avevano insegnato sin dalla più tenera età.
Ma chi era realmente?
Che tipo di persona era Miss Garland, prima che qualcosa nella sua vita si spegnesse a tal punto?
Jeanie non aveva mai capito perché la signorina Garland facesse così tanta fatica a sorridere, pur desiderandolo a volte, e neppure immaginava quanta tristezza e quanta pietà nascondesse il cuore di quella donna triste e arrabbiata.
Alcune pensavano che la Garland fosse semplicemente sàdica, che si divertisse ad infierire sulle studentesse per pura soddisfazione e crudeltà maniacàle.
Ma la realtà era che Elizabeth Garland non conosceva altro modo di insegnare la disciplina, ad eccezione di quello che le era stato mostrato sin da quando era piccola.

***

 

- Chi ti ha dato il permesso di ridere, piccola bambina maleducata ?!?
- Elizabeth, smettila subito, sei una signorina!

 

Sempre così.
Ogni volta che la piccola Mary Elizabeth Garland osava ridere al cospetto dei suoi genitori, veniva sempre e duramente rimproverata.
A soli cinque anni, suo padre le aveva proibito di parlare se non interpellata.
All'età di sei, sua madre le aveva addirittura vietato di giocare e di divertirsi.
Pur essendo ancora una bambina molto piccola, le erano vietate e proibite molte cose.
Non poteva correre.
Non poteva giocare.
Non poteva uscire all'aria aperta.
Non poteva pensare, dire o fare nulla di divertente.
Non poteva mangiare né dolci né caramelle.
Non poteva possedere neppure una bambola da vestire o da pettinare.
E soprattutto non poteva vedere nessuno o avere contatti con nessuno... se i suoi genitori non lo ritenevano necessario.
Le sue lettere venivano aperte e controllate, e così anche la corrispondenza a lei destinata, e questo per impedirle di avere anche la più minima distrazione.
A scuola non parlava mai con nessuno, dal momento che tutte le sue compagne la evitavano, e gli unici libri che le era consentito leggere erano quelli di scuola.
Quella vita grigia ed infame, oltre a segnare la sua infanzia e la sua adolescenza, aveva inciso profondamente sul suo cammino per diventare adulta.
I suoi genitori le avevano inculcàto un'educazione priva di sentimenti, spesso richiamandola all'ordine con il digiuno oppure rinchiudendola in uno stanzino, fino a che la poverina si rassegnò a dimenticare persino come versare le proprie lacrime... tante erano quelle che aveva versato, prima di accettare come "giusta" quella orribile situazione.

 

- Devi imparare a obbedire, Elizabeth - le ripeteva suo padre ogni giorno. - Io sono tuo padre e so quello che va bene e quello che non va bene...
- Se siamo severi, è solo per la tua educazione - le ripeteva invece sua madre. - Una signorina non deve pensare ad altro che a studiare, senza sciocchi ed inutili grilli per la testa, solo così diventerà una donna coscienziosa!

Per quanto potesse odiarli, per quanto il suo cuore soffrisse a tutto ciò, Elizabeth non era capace di ribellarsi.
Non lo aveva mai fatto.
E quando ebbe raggiunto l'età per costruirsi da sola il proprio futuro, a quel punto, era troppo tardi
...

 

***

 

- Che tipo di moglie potrei mai essere io, per un uomo straordinario come Richard ?

Gli occhi della Garland brillarono tristemente, come lei ripensò ai suoi primi incontri con il colonnello Wayne.
Costui era davvero un uomo speciale.
Sapeva essere gentile ma, allo stesso tempo, anche energico ed inflessibile... E quanto era rimasto scandalizzato, nell'apprendere appunto sull'eccessiva durezza ed intransigenza di certi metodi assurdi in fatto di disciplina.
La signorina Garland provava ancora una fortissima vergogna, pure dopo aver chiarito più volte la questione con lui, al punto da dubitare fortemente di sé stessa sia come donna che come possibile moglie e madre di famiglia.
Con quale coraggio poteva dunque anche solo pensare di entrare a far parte della vita di Richard Wayne, rischiando di renderlo infelice a causa delle sue idee circa l'educazione?
Probabilmente il colonnello si era detto innamorato di lei, pensando di avere a che fare con una donna solo un tantino più severa delle altre, ma certo non poteva immaginare che razza di inferno avesse patito quella poveretta per diventare così dura e ingiusta anche con sé stessa.
No, Miss Garland non riteneva di meritare amore ed affetto da nessuno.
Non dopo aver reso la vita impossibile a tante ragazze innocenti, distruggendo i loro sogni e le loro speranze, così come a lei era stato proibito di sognare e sperare che il domani potesse essere anche un motivo di felicità.

- Perdonami Richard - singhiozzò. - Io... Io sono una donna sbagliata per chiunque, non posso accettare ciò che mi offri... Non meriti di essere infelice a causa mia!

Ciò detto, la Garland raccolse con cura l'anello dal pavimento, ripromettendosi di restituirlo più tardi al legittimo proprietario.
Nel sentire la fede luccicante tra le mani, un brivido la avvolse completamente dalla testa ai piedi.
Subito ripensò alle parole con cui il colonnello le aveva formulato la sua richiesta.

- Mary Elizabeth Garland - aveva detto. - Con sincero impegno e alla presenza di Dio come testimone, io Colonnello di Stato Maggiore Richard Michael Wayne, ti chiedo di diventare mia moglie...

Per la prima volta.
Per la prima ed unica volta nella sua vita, Miss Garland aveva percepito chiaramente il brivido derivante dalle emozioni di un uomo sinceramente innamorato di lei.
Era una sensazione bellissima.
Intensa e, purtroppo per lei, impossibile.
Per quanto anche lei lo amasse, non poteva infatti fingere di essere la donna "dolce" e "amabile" che non era e che non sarebbe mai stata in vita sua.
Il colonnello non avrebbe sentito spiegazioni, rendendosi conto del "vero" aspetto di quella donna solo quando troppo tardi, perciò Elizabeth preferiva troncargli subito ogni possibile delusione.

- E' giusto così - si disse lei mentalmente, rialzandosi in piedi e socchiudendo gli occhi. - Dimenticami Richard, ti prego, sarà meglio così per tutti... soprattutto per te!

 

( continua )

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Quando il colonnello uscì dalla stanza del refettorio, imbattendosi per caso in Jeanie, la bambina notò immediatamente che il suo sguardo era quello di chi fosse appena uscito da un funerale. Costui si limitò a salutare la piccola con cortesia ma, addolorato com'era dal rifiuto di Miss Garland, non se la sentiva di attardarsi oltre tra le mura di quell'istituto.

- Colonnello - esclamò Jeanie, notando come l'uomo avesse gli occhi lucidi di pianto. - Colonnello, vi sentite bene?
- Sì, piccola, ti ringrazio - mormorò l'altro debolmente, asciugandosi gli occhi e sforzandosi di apparire come sempre. - Da brava, torna in classe!
- Ma colonnello, io...

Mentre le passava accanto, Wayne si fermò improvvisamente con lo sguardo dritto davanti a sé.

- Sei una brava bambina, Jeanie - disse sincero. - Cerca sempre di studiare con impegno, per realizzare in futuro ciò che desideri... anche se le cose non sempre vanno come noi le vorremmo!

Ciò detto, il colonnello Wayne uscì dalla porta d'ingresso e, una volta all'esterno, attraversò senza fretta il viale pieno di foglie secche. Il vecchio Jackson, pure notando di sfuggita la luce triste negli occhi dell'ufficiale, si limitò a salutarlo rispettosamente e rimase intento a rastrellare il cortile. Giunto poi al cancello, dopo aver esitato giusto per un istante, il colonnello si chiuse quelle fredde sbarre metalliche dietro le spalle senza neppure voltarsi indietro.

- Povero colonnello Wayne - pensò Jeanie tristemente, restando ferma sulla soglia, ad osservarlo mentre si allontanava.

La bambina intuì subito che, dietro all'improvviso abbattimento del colonnello, doveva c'entrarci per forza il suo incontro con la signorina Garland.
Ma perché?
Quei due erano fatti chiaramente l'uno per l'altra, si vedeva lontano un miglio, dunque perché Miss Garland non poteva semplicemente accettare il sentimento puro e sincero del colonnello?
Jeanie si rammentò allora di suo padre e Diana. Anche la loro era una relazione difficile, specie da quando lui si era trasferito in Francia per studiare il suo aggiornamento come medico, tuttavia continuavano ad essere innamoratissimi uno dell'altra e a scriversi continuamente per sopportare la distanza che li separava...
Ma per la signorina Garland e il colonnello Wayne era diverso.
Loro non erano "costretti" a restare divisi, o almeno Jeanie non ne comprendeva assolutamente la ragione, e dunque era assurdo che il loro rapporto si guastasse prima ancora di cominciare.

- Devo parlare subito con la Garland - decise dunque Jeanie, correndo verso l'ufficio della professoressa.

Nel mentre che correva, passando bruscamente accanto ad Hillary, non si curò neppure della sua presenza. La povera cameriera, cercando invano di mantenere l'equilibrio con il cesto della biancheria da lavare, si ritrovò gambe all'aria con tutti i panni sporchi sparpagliati per terra.

- Che modi - esclamò Hillary stizzita. - Guarda qua, adesso mi tocca anche raccogliere tutto... Uhhh, ma se ti prendo!

La Garland era rientrata in ufficio, cercando invano di non pensare alle parole del colonnello e di concentrarsi invece sui suoi documenti.
Jeanie entrò come una furia, senza neppure bussare, cosicché la Garland si alzò in piedi furibonda sbattendo entrambe le mani sulla scrivania.

- Jeanie - gridò. - Come ti permetti di entrare di corsa in una stanza, senza neppure bussare ?!?
- Mi dispiace, signorina - singhiozzò l'altra. - E' che ho appena visto il colonnello Wayne andare via... era molto triste!

Subito la Garland si acquietò.

- Non... Sono faccende che non ti riguardano - mormorò. - Il colonnello ha avuto un impegno improvviso ed è dovuto andar via prima del previsto...
- No, non è vero, sono sicura che c'è un altro motivo!
- Attenta,  Jeanie - scattò la Garland minacciosa. - Se non la smetti subito, con questa tua inqualificabile condotta sfacciata e insolente, farò veramente in modo di cacciarti via dal nostro istituto!
- Signorina Garland, la prego...
- Basta così - tagliò corto l'altra severa. - Ancora un'altra parola, e dormirai nello scantinato fino alla fine della scuola!
- D'accordo, mi punisca pure se crede, ma la prego... La prego, non faccia soffrire il colonnello Wayne: lui è innamorato di voi, possibile che non ve ne rendiate conto?

La signorina Garland ebbe un altro sussulto.
Certo, Jeanie aveva ragione, lo sapeva anche lei.
Ma come poteva, la "dura" e severissima Miss Garland, ammettere di provare la stessa cosa?
Proprio lei, che tanto aveva rinnegato il valore e l'importanza dei sentimenti, non si sentiva capace di amare degnamente qualcuno. Era difficile da spiegare ma, per una donna come la signorina Garland, dare ascolto alla voce del proprio cuore andava contro la sua fredda e severa educazione di sempre.
Miss Garland non aveva mai potuto comprendere quanto fosse meraviglioso il calore dei sentimenti.
Non aveva mai provato la tenerezza di un bacio, di una carezza, o anche solo di un piccolissimo gesto di affetto.
Poteva forse il colonnello Wayne essere davvero felice, con accanto una donna del genere?
No, la Garland era fermamente convinta di aver preso la decisione giusta, nell'impedire all'uomo che amava di rovinarsi con una persona come lei.

- Signorina Garland - singhiozzò Jeanie, attraverso le lacrime che le riempivano gli occhi. - Il colonnello vi vuole molto bene, si vede benissimo...
- Ti ho detto di smetterla, Jeanie!
- No che non la smetto - ribatté la piccola con maggiore veemenza. - Mio padre e la mia matrigna sono costretti a vivere separati, non perché lo vogliono ma perché costretti dalle circostanze; quando si ama qualcuno, non c'è niente di più doloroso che vivere lontano dalla persona amata... Ma per voi, signorina, è diverso: voi e il colonnello non siete costretti a vivere lontano, potete vedervi quando volete, e non è giusto imporsi degli ostacoli quando questi non hanno alcuna ragione di esistere!

La Garland strinse gli occhi, fissando attentamente Jeanie e le sue lacrime.
Non si trattava di una crisi isterica, né di un modo subdolo per mettersi poi a spettegolare in giro per il collegio. Jeanie McDowell era sì una ragazzina indisciplinata ma non meschina e, a prescindere che l'intera faccenda la riguardasse o meno, perfino Miss Garland capì che le sue lacrime erano sincere.
Jeanie era veramente preoccupata, per la felicità del colonnello e della stessa donna che aveva fatto di tutto per rendersi detestabile alle proprie allieve.
Perché?
Perché Richard e Jeanie, verso di lei, non riuscivano a provare indifferenza?
La Garland non riusciva proprio a capire.
Era assurdo!
Nessuno le aveva mai dimostrato alcun tipo di sentimento, tanto che lei stessa non riteneva neppure di averne bisogno, eppure ben due persone nella sua vita erano capaci di provare affetto sincero proprio nei suoi confronti...

- Dimmi, Jeanie - domandò dunque la signorina Garland, senza smettere di guardare l'allieva negli occhi. - Secondo te, è possibile amare un... un "mostro insensibile" come la sottoscritta?

Non c'era rabbia o sarcasmo, nella domanda della Garland, solo una profonda amarezza.

- Nessuno pensa che voi siate un mostro, signorina... Cioé, voglio dire...
- Lo sai, provo una certa invidia per te - confessò la Garland, con un sorriso malinconico. - Tu sei veramente una bambina fuori dal comune: sei testarda e indisciplinata, sfidare le regole è praticamente l'unica "regola" che io ti abbia mai visto osservare, e non credo di conoscere una punizione che sia mai riuscita a piegarti... forse non esiste nemmeno, visto che non accetti di arrenderti davanti a niente e a nessuno!
- Oh, signorina Garland - fece Jeanie in un sussurro. - Io credo nella validità delle mie ragioni, perché mi hanno insegnato che è il cuore a decidere per noi, e non posso accettare che un mucchio di regole assurde mi impedisca di vedere e di giudicare con la mia testa se una cosa va bene o no!
- Capisco - osservò la Garland. - Se io da piccola avessi avuto anche solo metà del tuo coraggio, o della tua faccia tosta, forse ora non mi troverei in questa situazione!

Dopo aver tratto un profondo sospiro, commossa dalla franchezza e dalla sincerità dell'allieva, l'austera Miss Garland decise dunque di confidare a Jeanie i veri motivi dietro al suo profondo rancore.
Jeanie apprese così di una verità che non si sarebbe mai immaginata.
Certo, era difficile immaginare dei genitori come quelli di Elizabeth Garland.
Costei non aveva mai raccontato a nessuno del suo passato, sia perché preferiva dimenticarlo che per non suscitare la pietà degli sciocchi, e fino a quel momento era sempre stata convinta di essere comunque nel giusto.

- Proprio io, che tanto odiavo i miei genitori, alla fine ho preso a comportarmi esattamente come loro - gemette. - Non provo piacere per quello che sono, e ormai non riesco quasi più a ricordare la ragazzina che ero; tu sei molto più coraggiosa di me, Jeanie, mentre io... sono semplicemente troppo vigliacca!
- Ma il colonnello...
- Il colonnello Wayne merita una donna molto migliore di me - concluse la Garland. - Ha bisogno di una persona che sappia l'importanza dell'amore e dell'affetto in una famiglia, e non di una donna che a malapena ricorda come si faccia a sorridere...
- La smetta, smetta di rimproverarsi così, non è affatto vero!
- Ma... Jeanie, cosa ti prende ?!?

Non appena Jeanie strinse la veste della donna, abbracciandola per quanto poteva, la Garland rimase praticamente di stucco.
Quello che Jeanie aveva appena fatto era una sensazione del tutto nuova, per lei.
Neppure sua madre le aveva mai consentito di abbracciarla, ritenendola una cosa del tutto sconveniente, e ciononostante la Garland era stupita che un gesto tanto semplice potesse trasmettere così tanto calore.
Quello di Jeanie era un abbraccio istintivo, pieno di affetto e di tenerezza assieme, e Miss Garland non ricordava di avere mai provato niente del genere.

- Se lei non può o non vuole accettare i suoi sentimenti, il colonnello ha almeno diritto ad una spiegazione!
- Una spiegazione, ma...
- Assolutamente - proseguì Jeanie. - Deve prendere coscienza di ciò che prova, dimostrando sempre sincerità ed onestà... Deve farlo per correttezza nei confronti della persona che le vuol bene, altrimenti lo rimpiangerà per tutta la vita!
- Oh, Jeanie...

Per la prima volta, nella sua intera vita all'insegna della disciplina e delle regole formali, Miss Garland provava finalmente il bisogno di esprimere un sincero sentimento di gratitudine.
Jeanie le aveva appena dato un'importante lezione di vita.

- Jeanie, piccola cara - pianse la signorina Garland, chinandosi ad abbracciarla a sua volta, incapace di trattenere le lacrime per la commozione. - Io ti ho trattata male, e tu invece mi hai aiutata...
- Le voglio bene, professoressa - sottolineò dunque Jeanie, senza sciogliersi dall'abbraccio. - Anche se non andiamo d'accordo, è giusto che lei sia felice accanto a chi le vuol bene... Parli col colonnello e gli dica solo e semplicemente la verità, sono certa che lui capirà!

La signorina Garland annuì.

- D'accordo - rispose. - E' giusto che io debba almeno una spiegazione a Richard, anche se dopo non vorrà più vedermi... Vuol dire che seguirò il mio cuore, per una volta almeno! 

 

( continua )

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


Il colonnello ritornò al collegio, circa una settimana dopo, per rassegnare le sue dimissioni da presidente del consiglio direttivo.
Restare lì, cercando dolorosamente di convivere accanto ad Elizabeth e al suo rifiuto, era troppo anche per un rude ufficiale dell'esercito americano.
Richard Wayne aveva appena finito di mettere in ordine le sue carte e, nel mentre che stava stendendo la lettera da presentare alla direttrice dell'istituto, qualcuno bussò alla porta.

- Avanti - esclamò lui, con voce chiara e profonda.

Subito la Garland comparve immobile sulla soglia.
Il colonnello si rialzò di scatto, rovesciando la sedia a terra, incapace di proferire parola.
La signorina Garland entrò dunque nella stanza, chiudendosi la porta dietro le spalle, e si avvicinò al colonnello stringendo nervosamente tra le dita l'anello da egli ricevuto.

- Miss Garland - la salutò freddamente l'uomo. - La prego di scusarmi, ma ho molto da fare... Confido che il mio successore sarà ben lieto di aiutarla!

Sentendo quelle parole, la Garland chinò triste il capo.
Certo non poteva aspettarsi niente di diverso da lui, non dopo aver opposto un così netto rifiuto alla sua proposta di matrimonio, tuttavia sentiva di dovergli almeno una spiegazione.

- Richard - cominciò. - Io... Io mi rendo conto di non avere alcun diritto a trovarmi qui adesso, non dopo il modo in cui ti ho trattato, ma ho bisogno di parlarti per...

Senza neppure lasciarle finire la frase, il colonnello raccolse la sedia da terra e batté bruscamente i fogli sulla scrivania, considerando chiusa la questione.

- Credo di aver capito perfettamente - sentenziò costui gelido. - Le sarei grato anzi, se potessimo dimenticare l'intera questione, come se non fosse successo niente!

Subito Miss Garland si ricordò delle parole di Jeanie e, mettendo per la prima volta da parte le regole sul comportamento, l'espressione sul suo volto si fece molto più determinata. Ora più che mai, aveva un motivo assai valido per riscattare almeno in parte quella felicità che i suoi genitori le avevano sempre e comunque negato.
Come il colonnello Wayne si sentì afferrare la mano, subito riconobbe al tatto l'anello che la signorina Garland mise tra le sue dita.
Ci vollero alcuni istanti, perché realizzasse.
In un primo momento, pensò che la donna avesse solo e semplicemente intenzione di restituirglielo.
Che dunque lui fosse destinato a soffrire ulteriormente?
Perché Elizabeth voleva insistere sulla faccenda, spargendo sale su una ferita ancora fresca?
Richard Wayne poteva anche accettare il rifiuto della donna da lui amata, come punizione per un eccesso di audacia nell'osare chiedere la sua mano, ma vedersi riconsegnare quell'anello dalle sue mani era assai peggio di un rifiuto.
Tuttavia, di fronte a quel piccolo cerchio dorato luccicante, il colonnello non poteva semplicemente andarsene ed ignorarla.

- Elizabeth, io sto andando a rassegnare le mie dimissioni - spiegò lui serissimo. - Credo sia meglio per entrambi, onde evitarci spiacevoli quanto inutili disagi, mettere più distanza possibile tra noi e le mura di questo istituto...

La Garland si morse il labbro inferiore.

- Ti prego, Richard - gemette lei. - Se anche lo ritenessi opportuno, sarò io a scomparire il più lontano possibile dalla tua vita... Ti chiedo solo di ascoltarmi, affinché tu possa comprendere le mie ragioni, e di non fraintendere dunque il vero motivo del mio rifiuto!

Il colonnello tacque, indeciso se ascoltarla o meno, ma alla fine si limitò ad annuìre con un lieve cenno del capo.
Elizabeth era la sola donna che egli avesse mai amato e che, nonostante tutto, sentiva di amare ancora con tutto il cuore.
Il minimo che poteva fare dunque, piuttosto che trarre da solo le proprie errate conclusioni, era ascoltare la verità dalla sua stessa bocca.

- Ci sono delle cose che tu ignori - cominciò la Garland. - La verità è che io non sono degna di diventare tua moglie, perché non sono la persona che tu credi...
- Ma che stai dicendo?
- Ascolta, Richard... Quante volte mi hai vista, durante le mie lezioni con le allieve? Quanto ti sei indignato, sulla discutibilità del mio modo di impartire la disciplina? E soprattutto, quanto potrebbe dirsi "felice" la tua vita, con me al tuo fianco?

Quelle domande lasciarono il colonnello di stucco.
La Garland appariva estremamente sincera, nelle sue preoccupazioni, e ovviamente prese a raccontargli tutto sin nei minimi dettagli. Nel giro di pochi minuti, ascoltando pazientemente ogni sua confidenza, il colonnello Wayne ebbe modo di ascoltare gli aspetti più tristi della signorina Garland... dalla voce di lei medesima.
Nata e cresciuta all'interno di una famiglia difficile, formandosi attraverso rinunce e privazioni, fino al compimento dell'età adulta.
Richard rimase oltremodo sorpreso.
Certo, se l'infanzia di Elizabeth era davvero l'inferno da lei descritto, non c'era da stupirsi che la poverina avesse poi inteso trasmettere lo stesso tipo di... "educazione" alle proprie allieve.

- Io non sono una donna in grado di dare o ricevere amore, Richard, è questa la sola ed unica verità - affermò lei, con grosse lacrime di costernazione che le rigavano il volto. - Ho fatto cose orribili, veramente orribili, imponendo le mie regole alle studentesse senza tenere conto dei loro sentimenti; ho applicato gli stessi metodi dei miei genitori, convincendo me stessa della loro efficacia nella formazione didattica, e mi sono trasformata in una donna spietata e priva di compassione...
- Però, se è veramente come dici, non è corretto che tu ti definisca insensibile!
- No, Richard, io non ho giustificazioni - ribatté la Garland. - Tu eri convinto di conoscere un'altra Elizabeth, una donna che invece non esiste, e io dovevo proteggerti dalla vera me stessa; non voglio vederti soffrire a causa mia, non potrei mai sopportarlo, anche a costo di rinunciare a te... perché anch'io ti amo!
- Elizabeth, ma tu...

Non potendo più trattenere la propria emozione, e non volendo fare scene penose di fronte a lui, la Garland corse fuori dalla stanza.
Il colonnello rimase immobile come uno stoccafisso, cercando di riflettere su quanto appena sentito, allorché l'ombra di un mesto sorriso comparve sulle sue labbra.

- Sono proprio uno stupido - mormorò. - E dire che Jeanie aveva capito tutto, laddòve io stesso invece nutrivo ancora dei dubbi, sul fatto che Elizabeth provasse qualcosa per me o meno... Se solo avessi immaginato!

Passandosi mentalmente una mano sulla fronte, rimproverandosi per la propria ingenuità, Richard Wayne si rese conto finalmente di ciò che doveva fare.
Elizabeth aveva sofferto troppo nella sua vita, manifestando sì un'eccessiva durezza con le proprie allieve... ma soprattutto verso sé stessa, rifiutandosi di riconoscere ed ammettere il lato più nobile e profondo del suo carattere.
Una donna veramente insensibile, infatti, non avrebbe mostrato certi scrupoli.
Che la Garland non fosse perfetta, come qualunque essere umano del resto, non era certo motivo di disprezzo o di commiserazione. Ora che aveva visto sia le luci che le ombre della sua Elizabeth, comprendendo fino in fondo che tipo di persona ella fosse, a maggior ragione non poteva certo lasciare New York... e lei.
Doveva restare.
Doveva convincerla che non aveva motivo di rimproverarsi così duramente, specie avendo trovato il coraggio per riconoscere ed ammettere i propri errori, ed accettare il fatto che anche lei aveva tutto il sacrosanto diritto di amare ed essere amata a sua volta.

- Ti amo, Elizabeth - mormorò il colonnello tra sé. - Sei una donna magnifica, anche se pensi di non esserlo, ed è per questo che non riuscirei mai a starti lontano; l'ho capito solo ora ma, adesso che lo so, non ti lascerò andare... Sei troppo importante per me, amore mio, sei tutta la mia vita!

Nel mentre che dava voce ai suoi pensieri, il colonnello strinse forte l'anello nella sua mano, sognando nuovamente il giorno in cui lo avrebbe messo al dito dell'unica donna che già possedeva il suo cuore.

 

( continua )

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Epilogo ***


Il giorno seguente, l'istituto celebrava il trentesimo anno dalla sua fondazione.
Ovunque regnava un'atmosfera allegra e gioiosa, soprattutto perché le allieve potevano godersi una tanto sospirata giornata di vacanza, e la musica riempiva le sale e i corridoi assieme ai festoni colorati e alle coccarde che spiccavano notevolmente sul grigio amorfo delle pareti. Persino la direttrice, entusiasta al pensiero di prendere in mano uno strumento musicale, era riuscita a convincere l'orchestra di lasciarle strimpellare qualche nota col clarinetto... suscitando l'ilarità generale, con una serie di note stonate e tantissimo buonumore, all'insegna della sua profonda bonarietà ed autoironìa.

- Ah, sono proprio negata - ammise l'anziana donna, scusandosi col pubblico delle proprie stecche.
- Ma no, signora direttrice, senta che applausi - esclamò Jeanie, invitando i presenti ad incoraggiare la direttrice nel divertimento.
- Jeanie, piccola birbante che non sei altro - sorrise la direttrice, aggrottando simpaticamente il sopracciglio sinistro. - E sia, torturerò le vostre orecchie ancora un po', se proprio ci tenete!

La risata generale soffocò addirittura il rumore degli applausi.
Tuttavia, sola e in disparte da tutto quel chiasso, c'era comunque una persona che non se la sentiva proprio di festeggiare.
La signorina Garland non poteva esìmersi dal presenziare ad una ricorrenza così importante, pur non essendo certamente nell'animo adatto. Perciò, subito dopo aver tenuto il discorso introduttivo assieme alla direttrice, si era sistemata in un angolo dell'enorme sala ad osservare gli altri che si divertivano.
Purtroppo, né le risate o l'atmosfera vivace parevano in grado di scuoterla dai suoi tristi pensieri.
Quand'era ancora bambina, nella triste solitudine della sua stanza, le capitava spesso di sognare qualcosa di meraviglioso ed impossibile.
Pur non avendo mai potuto leggere un libro di favole in vita sua, cosa che i suoi genitori ritenevano appunto diseducativo, ricordava vagamente i sogni e le fantasie che la sua giovane mente infantile era comunque in grado di generare per istinto.
Nel sogno, accadeva più o meno così: lei prendeva parte ad un ricevimento, uno come tanti, pure se le era proibito ridere e divertirsi con gli altri invitati; ad un tratto, facendosi avanti lentamente tra la folla, un principe affascinante le veniva incontro; lei si sforzava di sorridergli e, non riuscendoci a causa del divieto di mostrarsi allegra in pubblico, il principe le prendeva dolcemente la mano cercando di insegnarglielo con un semplice sguardo...
Purtroppo ciò non sarebbe mai accaduto.
La Garland socchiuse gli occhi, sospirando tristemente all'ingenuità del suo sogno, quando una voce a lei familiare le domandò qualcosa.

- Posso avere l'onore di essere il suo cavaliere, gentile signorina?
- Richard ?!?

Elizabeth fu chiaramente sorpresa di trovarsi ancora una volta faccia a faccia proprio con il suo amato colonnello.
Dopo la loro ultima conversazione, pensava che questi si fosse convinto a non voler avere più niente a che fare con lei.
Invece era lì, davanti a lei.
Splendido nella sua uniforme, forse addirittura più del principe che tanto aveva sognato da bambina, ed era lì per lei.
Solo e soltanto per lei.
Il colonnello rivolse alla donna il suo militaresco inchino, sorridendole come solo un uomo innamorato avrebbe saputo sorridere, e per un attimo Elizabeth non poté fare a meno di chiedersi se costui era reale... o se invece si trattava di un sogno.
Un sogno troppo bello, per essere vero.
Anche dopo avergli spiegato la situazione, dopo avergli confidato tutte le ombre che la riguardavano, Richard Wayne riusciva ancora a guardarla con quello sguardo colmo di affetto e di tenerezza.

- Credevo... Ero convinta che tu fossi già partito...
- Potevo forse partire, lasciando qui la cosa più importante?
- Oh, Richard, cerca di capirmi - mormorò lei debolmente. - Io vorrei tanto essere diversa da quella che sono, una donna migliore, ma purtroppo non...
- Io invece sono convinto che non troverei alcuna donna migliore di te, nemmeno se mi ostinassi a cercarla - la interruppe l'altro.

La signorina Garland arrossì.

- Con le tue parole, Elizabeth, mi hai dato prova di quanto tu sia eccezionale - proseguì il colonnello sincero. - Avresti potuto non dirmi nulla, lasciandomi covare rimorso e sensi di colpa per tutta la vita, invece hai preferito dirmi chiaramente come stavano le cose!
- Ti chiedo perdono, Richard - si scusò ancora la Garland. - Se mi fossi comportata correttamente con te fin dall'inizio, anziché umiliarti con i miei timori, tu non...
- Lo so, ho capito - la interruppe di nuovo l'altro. - Se tu fossi veramente la donna insensibile che dici di essere, non avresti alcun motivo di preoccuparti per il mio bene o per la mia felicità... Non c'è amore più grande di questo, te lo assicuro!
- Ma...
- Anch'io devo chiederti scusa, per aver creduto anche solo per un istante che tu non mi amassi, ma non ho intenzione di commettere un errore ancora più grave!

Ciò detto, il colonnello sollevò il braccio in direzione dell'orchestra che suonava.
La musica cessò di colpo, lasciando la folla perplessa e confusa, allorché il colonnello si scusò con i presenti spiegando loro di avere un annuncio importante da fare.

- Oggi, la scuola celebra il trentesimo anniversario dalla sua fondazione - cominciò. - Un giorno che ci riempie tutti di orgoglio e di commozione ma, se il destino non mi avesse portato a diventare membro del consiglio amministrativo di questo istituto, io non avrei mai avuto modo di conoscere una persona veramente straordinaria; una persona che si è sempre adoperata per insegnare, al prezzo di enormi sacrifici, sopportando il peso di grandi rinunce e privazioni; una donna straordinaria che, nella sua severità, non ha mai dimenticato l'importanza del cuore e dei sentimenti assieme al rispetto e alla disciplina... la stessa donna che oggi, con la benedizione di tutti i presenti, io Richard Wayne, colonnello degli Stati Uniti d'America, ho l'onore di chiedere in sposa!

La dichiarazione del colonnello fece scendere un improvviso silenzio nell'intera sala, rotto solo dagli applausi concitati della piccola Jeanie, per poi suscitare uno scrosciare ininterrotto di congratulazioni e battere di mani all'indirizzo del colonnello e della signora ammutolita al suo fianco. Per nulla intimorito da quella confusione, il colonnello tirò dunque fuori nuovamente dalla tasca il suo anello e interrogò la Garland con lo sguardo.
Costei era chiaramente commossa, troppo confusa per esprimersi a voce, ma il suo lieve cenno del capo era più che eloquente.

- - pensò.

Gli occhi della donna avevano preso a brillare per l'emozione, tanta era la felicità che stava provando in quel momento, e per la prima volta sorridere le riusciva così naturale da dimenticare persino il "perché" si era sempre detta trovarlo tanto difficile.

- Sei veramente sicuro, Richard - sussurrò lei appena. - Non cambierai idea?
- Mai - rispose l'altro, altrettanto sottovoce, nell'infilarle l'anello al dito. - Non ti libererai di me così facilmente, neanche se mi sculacciassi con il frustino!

La Garland osservò il luccichìo dell'anello al proprio anulare, convincendosi definitivamente che non si trattava di un sogno, pure se non trovava parole sufficienti per esprimere la sua gioia immensa.
La gente attorno a loro, oltre a non smettere più di applaudire, continuava a levare al cielo grandi benedizioni.
Era come se, trasformandosi da celebrazione scolastica a cerimonia di fidanzamento, l'entusiasmo generale si fosse moltiplicato a vista d'occhio.
Grandi erano le lacrime di commozione, soprattutto quelle della direttrice, e ovunque la gente traeva fuori i propri fazzoletti.
L'orchestra riprese a suonare, questa volta una marcia nuziale, e a quel punto la Garland sentì le gambe vacillàre per l'improvvisa mancanza di equilibrio. Fortunatamente Richard fu pronto a sorreggerla garbatamente, in modo che l'altra si riprendesse, e anzi le porse la mano come a voler suggellàre il suo impegno come marito.

- Dimmelo Elizabeth - esclamò. - Di' che sarai mia moglie, nella buona e nella cattiva sorte, e che porterai questo anello assieme al mio amore!

La donna annuì di nuovo, prendendo la mano dell'amato.

- Lo prometto - disse.

Il colonnello sorrise raggiante, baciando la mano dell'altra, tenendola per qualche istante all'altezza del petto.
Ormai, non vi era più bisogno di aggiungere altro.
Laddòve la parola e il pensiero, fuse per diventare un'unica cosa col sentimento reciproco, si erano fatte note dolcissime, entrambe riecheggiàvano assieme agli applausi e alle grida festose dei presenti.
Richard ed Elizabeth si scambiarono la promessa definitiva, guardandosi semplicemente negli occhi.
Entrambi felici.
Entrambi innamorati.
Entrambi desiderosi di vivere l'uno accanto all'altra, per ogni giorno che sarebbe stato loro concesso, in una realtà persino più bella del più bello dei sogni.

- Sei tu un uomo straordinario, Richard - fece la Garland con un sospiro. - Spero solo di essere all'altezza delle tue aspettative...
- Per me, lo sei già - ammise lui candidamente.

La Garland sorrise.
Dentro di sé, infatti, cominciava a credere anche lei che l'altro avesse ragione.

FINE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2587921