Dischi in vinile
Avviso per una lettura
migliore:
se avete sottomano un qualsiasi CD, iPod,
Mp3 e tutte quelle diavolerie meccaniche, con qualche canzone di Simon &
Garfunkel, vi pregherei di ascoltarle mentre leggete questo
scritto.
Sono state la colonna sonora di questo
capitolo.
Yoshikawa riuscì a trovare, per
Anko, una camicia da notte della madre. Le andava un po’ corta ed era un po’
piccola, ma di solito la ragazza metteva cose ben più attillate, perciò le andò
benissimo.
-
Ma a tua madre non dispiacerà? – chiese Anko, un po’ preoccupata
che la signora Yoshikawa si accorgesse che il figlio aveva usato una sua camicia
da notte durante la sua assenza.
-
No, non preoccuparti – la rassicurò il ragazzo – Domattina la
metterò subito in lavatrice e poi nell’asciugatrice. Entro mezzogiorno sarà
ritornata al suo posto, vedrai.
La ragazza rimase per un momento
ammirata dalla semplicità di quello che Yoshikawa le aveva appena detto.
Sembrava così tranquillo, sapeva sempre cosa fare, la cosa giusta al momento
giusto. Forse perché era a casa sua. A scuola non l’aveva mai visto così. Però
anche a Okinawa, quando si erano perduti in quelle grotte marine, Yoshikawa non
aveva mai perso la calma.
-
Adesso andiamo un po’ in soggiorno, ti va?
Al cenno di assenso di Anko, il
ragazzo la condusse in un’altra stanza, arredata secondo un gusto occidentale un
po’ antico.
-
Ehi, ma questi sono dischi in vinile? Ma quanti ne hai?– chiese
stupita la ragazza, notando due scaffali della libreria pieni zeppi di copertine
lunghe e strette.
-
Sono di mio padre – spiegò Yoshikawa – È appassionato di trentatrè
e quarantacinque giri da quando aveva la mia età.
-
Ma non sa che nel frattempo hanno inventato anche le
audiocassette, i CD… - chiese divertita la ragazza – Qui sembra di essere in un
negozio di antiquariato!
-
È vero, ma mio padre mi ha sempre detto che questi dischi hanno un
fascino particolare – rispose Yoshikawa tirandone fuori uno con attenzione –
Dopo tanto tempo, conservano ancora il profumo del negozio in cui li comprò.
Tanta gente tiene un diario, ma a lui basta tirare fuori uno di questi dischi,
ascoltarlo e sentirne il profumo per rivivere un periodo della sua
giovinezza.
Anko era sinceramente colpita. Da
quel che sapeva, il padre di Yoshikawa era un semplice impiegato in una piccola
azienda: niente incarichi importanti, stipendio minimo, ferie d’azienda… eppure
aveva appena scoperto, grazie al figlio, un suo piccolo segreto, una scheggia
della personalità di un uomo che appariva a tutti uno dei tanti “colletti
bianchi”. Era stupefacente, se ci si pensava bene.
“Ecco perché Yoshikawa”, si
ritrovò a pensare la ragazza, “è apparentemente insignificante, eppure così
speciale. Forse è qualcosa che contraddistingue tutta la sua famiglia”.
Anko arrossì di botto non appena
si rese conto di ciò che aveva appena pensato. Speciale? Yoshikawa? Macchè! E
allora… allora perché le batteva così forte il cuore?
Il ragazzo sembrava non essersi
accorto di nulla. Stava guardando con attenzione la fila di dischi sullo
scaffale, finché sembrò trovare quello che stava cercando.
-
Questo è uno dei miei preferiti – spiegò – Da piccolo volevo
sempre che mio padre me lo facesse sentire.
-
Dai, prova a metterlo su! – lo incoraggiò Anko, curiosa.
Yoshikawa non se lo fece ripetere
e, non appena una canzone ritmata e melodica incominciò, i due ragazzi si
sedettero sul divano ad ascoltare.
-
Non l’ho mai sentita. Che cos’è?
-
“Mrs. Robinson”, di Simon & Garfunkel.
-
Sono due cantanti americani?
-
Sì, ma la punta del loro successo è stata negli anni Sessanta.
Oramai non molti ragazzi della nostra generazione ricordano chi sono.
-
Non è male – disse Anko, chiudendo gli occhi per ascoltare
meglio.
-
Io trovo che sia bellissima – rispose Yoshikawa, guardandola (a
chi si starà riferendo? ndA; ah, se non lo sai tu! ndTutti).
Dopo un po’ erano tutti e due
appoggiati allo schienale, con gli occhi chiusi. Ad un certo punto, non appena
la canzone finì, cominciarono a diffondersi le note di “Scarborough Fair”.
Anko aprì gli occhi, si voltò
verso Yoshikawa e, senza nemmeno chiedersi che cosa stesse facendo, lo baciò
sulla guancia.
Il ragazzo aprì gli occhi, un po’
sorpreso, e la guardò. Poi si avvicinò un po’, e la baciò a sua volta su una
guancia.
Fece per ritrarsi, quando le loro
labbra si ritrovarono ad una distanza così infinitesimale da non poter essere
ignorata. Come avevano fatto qualche ora prima, si avvicinarono l’un l’altra
contemporaneamente, e si baciarono. Stavolta tra i due non c’era la minima
traccia di imbarazzo: Yoshikawa le circondò la schiena con le braccia, poco
sotto il reggiseno, mentre Anko gli infilò le dita tra i corti capelli neri.
Le lingue cominciarono subito ad
accarezzarsi, avide, e non si lasciarono finché anche il minimo sapore di latte
e biscotti non fu definitivamente scomparso dalle loro bocche.
Yoshikawa, nuovamente in preda al
calore al basso ventre che lo aveva attanagliato prima, le scostò i capelli dal
collo con la punta del naso e la baciò su quella pelle candida e intatta, mai
toccata da un uomo prima d’ora. Anko era talmente stordita da non riuscire più a
stare seduta in equilibrio. Pensava che sarebbe caduta da un momento all’altro,
perciò si sdraiò piano sul comodo divano mentre Yoshikawa non si staccava dal
suo collo.
Ad un certo punto la ragazza non
riuscì a reprimere un gemito.
- Ah, Yoshikawa… fai-fai
piano, non voglio che rimangano i segni… - fu quello che riuscì a
dire, mentre era in preda ad un piacere mai provato.
- Non preoccuparti, non
si vedrà niente – mormorò lui, col fiato corto.
Anko, con le labbra ormai secche
dal tanto ansimare, andò a reclamare nuovamente la bocca del ragazzo, e
ripresero a baciarsi. Non c’era foga nei loro baci, né fretta di arrivare subito
al sodo. La passione si stava sì impadronendo di loro, ma si trattava di un
calore eccitante che li attraversava a ondate languide, mozzando loro il
respiro. Ne avevano quasi paura.
Rimasti quasi completamente senza
fiato, si interruppero un attimo, respirando a pieni polmoni dopo quella
piacevole apnea.
Yoshikawa si accorse che la
musica si era fermata, dato che si erano ormai esaurite le canzoni incise su
quel lato del disco. Approfittando della pausa, si alzò un momento e andò a
girarlo. Il ritmo di “Me and Julio down by the schoolyard” accompagnò il suo
ritorno al divano, ma non si sedette subito. Rimase un momento in piedi,
contemplando Anko che, con le guance arrossate e i capelli adorabilmente in
disordine, si era rialzata e poi seduta con le gambe incrociate,
infischiandosene per una volta della buona educazione giapponese. Il problema
era che, in quella posizione, la camicia da notte le lasciava le cosce quasi
completamente scoperte.
Yoshikawa se ne accorse (beh,
logico, è un uomo anche lui. Vuoi che non se ne accorga? ndTutti; Ah, il mio
allievo sta diventando grande! ndOnizuka; Ehi, tu da dove spunti? Non eri in
America? ndA) e ne rimase incantato. Ma la razionalità che gli era rimasta
ancora gli diceva di stare fermo dov’era, di non muoversi per niente al
mondo…
Fu Anko a sbloccare la
situazione. Incrociando il suo sguardo, gli sorrise e gli si avvicinò. Alzandosi
sulle ginocchia, lo guardò negli occhi, lo prese per la maglia e lo attirò a sé.
Quando furono naso a naso, quasi ridendo si baciarono di nuovo, rapiti, e poi
Anko cadde all’indietro, trascinando Yoshikawa con sé. Mentre ripiombavano sul
divano la ragazza, avendo ancora le ginocchia piegate e i polpacci indietro, per
evitare di farsi del male aprì automaticamente le gambe e vi accolse il bacino
di lui.
Yoshikawa si irrigidì
immediatamente, con un gemito, mentre il corpo di Anko si rilassò, e lei comiciò
a tormentagli la mandibola con una serie di piccoli baci, per poi passare al
collo.
Sentiva chiaramente qualcosa di
duro e caldo premere contro la sua intimità, mentre ondate di eccitazione
stavano facendo strage della razionalità di Yoshikawa.
Senza quasi rendersene conto,
strinse convulsamente la vita di Anko, quasi incastrando i loro bacini, mentre
una mano andava ad alzarle l’orlo della camicia da notte e ad accarezzarle una
coscia calda. La ragazza sentiva degli impulsi elettrici quasi insopportabili
attraversarle di continuo la schiena e arrivarle al cervello, stordendola quasi
completamente.
Da tempo ormai non parlavano più,
e solo i loro gemiti e sospiri sempre più affannati riempivano l’aria nella
stanza, sommandosi alle note di “The Sound of Silence”.
I gemiti di Anko raggiunsero il
culmine quando Yoshikawa le alzò definitivamente la camicia da notte per andare
ad accarezzarle i fianchi con movimenti lenti e torturanti, attraendola ancor
più verso di sé.
Si guardarono per un momento, la
vista annebbiata, gli occhi velati dalla passione. Anche volendo, non avrebbero
più potuto lasciar perdere una volta arrivati fino a quel punto. E non ne
avevano nemmeno la minima intenzione.
Senza dire una parola, Yoshikawa
si alzò, seguito da un’Anko che non si staccava dal suo abbraccio. Continuarono
a baciarsi lungo il corridoio, completamente persi l’uno nell’altra, finché
arrivarono in una stanza che la ragazza non aveva ancora visto.
- Noboru, questa è camera tua? –
chiese piano, avvicinandosi alla semplice scrivania e alla
finestra.
- Sì – rispose lui, la voce un po’
roca, aprendo l’ultimo cassetto di un mobile.
- Che cosa stai cercando? – fece
Anko, avvicinandosi e posandogli una mano sulla nuca (*).
- Un vecchio lenzuolo – rispose lui
– Mia madre li tiene qui, ma non se ne fa niente…
Finalmente Yoshikawa tirò fuori
un lenzuolo leggermente consunto, ma bianco e pulito.
- E a cosa serve? – chiese la
ragazza, un po’ sorpresa. Perché fare una cosa del genere in un
momento simile?
- Beh, io… - iniziò Noboru,
voltandosi verso di lei - … immagino che sia la tua prima volta…
Anko comprese in un lampo,
dandosi mentalmente della stupida. Avrebbe dovuto pensarci lei, accidenti!
Possibile che dovesse occuparsi lui anche delle sue esigenze da ragazza? Beh,
però dopotutto… il divano era il suo, quindi era naturale che si preoccupasse di
non sporcarlo… però non era sicura che, in una circostanza simile, molti altri
ragazzi ci avrebbero pensato…
- Anko… - la stava chiamando il
ragazzo.
- Sì?
- Vuoi stare qua o torniamo in
soggiorno? – le chiese.
- Beh… - fece lei con un sorriso
sornione, avvicinandosi piano al suo orecchio e leccandone
lentamente il lobo, provocando violenti brividi lungo il corpo del
ragazzo – … ormai
avevamo scaldato il divano, no?
Noboru la guardò, baciandola di
nuovo all’improvviso (ehi, ma come ci siamo lasciati andare! ndA; beh, sei tu
che ce lo stai facendo fare! ndAnkoeNoboru; sì, ma non ditemi che non vi piace…
ndA; ..o//o.. ndAnkoeNoboru, imbarazzatissimi), mentre Anko rispondeva con
slancio.
Così tornarono in soggiorno,
mentre la puntina del giradischi continuava a premere a vuoto sul vinile, le cui
canzoni erano terminate ormai da un pezzo. Yoshikawa la tolse dal disco, per
evitare che lo rovinasse, e tornò da quella che poteva ormai considerare… beh,
la sua ragazza.
Sistemarono il lenzuolo ben
piegato e, felici come non mai, ricominciarono da dove avevano interrotto,
tranquillamente, senza fretta, con una passione che dirompeva non come un fiume
in piena, ma come le onde del mare che, languide, lambiscono la spiaggia senza
stancarsi mai.
Si spogliarono lentamente, mentre
il fruscio dei vestiti si confondeva con i loro gemiti.
Un po’ impacciati, ma
completamente persi l’uno nell’altra, fecero l’amore. Proprio quella sera, dopo
una giornata disastrosa per Anko, una fuga sotto la pioggia, un incontro
fortuito con un ombrello verde, una tazza di tè e una merenda a base di latte e
biscotti, senza contare una capatina nel passato grazie alle canzoni dei vecchi
dischi del padre di Yoshikawa.
Lo fecero una volta soltanto, ma
bastò ad entrambi.
Quando furono troppo stanchi per
continuare, si trasferirono in camera di Noboru, dove si addormentarono
profondamente, abbracciati l’uno all’altra.
Si svegliarono all’alba, vale a
dire circa alle sette di mattina.
- Buongiorno – fece
lucido Yoshikawa, abituato ad essere mattiniero.
- Mmh… buongiorno… -
gli rispose Anko, la voce ancora impastata dal sonno. Lei nei
fine-settimana dormiva sempre fino a tardi, ma era abbastanza sveglia da
salutare il suo
Noboru con un bacio sulla punta del naso.
- Dormito bene? – le chiese.
- Certo – rispose lei, chiudendo di nuovo
gli occhi.
- Hai fame? Facciamo
colazione?
- Mmh… che c’è da
mangiare?
- Latte e
biscotti.
Anko spalancò gli occhi,
lanciando un’occhiata in tralice a Yoshikawa che la osservava, sorridendo
divertito.
- Dopo tutti quelli
che abbiamo mangiato ieri sera? È un miracolo che non li abbia ancora
sullo stomaco!
- Beh, è normale che
tu li abbia digeriti, con tutto il movimento che abbiamo fatto…
La ragazza si alzò quel tanto che
bastava per prendere il cuscino e tirarglielo in testa. Lui lo prese e se lo
mise sotto il capo.
Resasi conto che sarebbe stata
costretta ad appoggiare la testa sul nudo materasso, Anko si alzò e andò a
reclamare di nuovo il cuscino. Il lenzuolo e la trapunta la coprivano solo fino
alla cintola, lasciandole il busto completamente nudo.
- Lo sai che hai un
bel seno? – le disse Noboru, contemplandola ammaliato – Il più bello che
abbia mai visto…
- Diciamo che è anche l’unico – aggiunse
lei, arrossita ma felice di quel complimento.
- Sì, è vero… - ammise
il ragazzo, abbracciandola.
Anko sembrava rimuginare
qualcosa.
- Senti, andiamo a
fare colazione da qualche parte. Offro io! – propose.
- Mmh… e dopo?
- Dopo torneremo qui e
mi farai ascoltare altri dischi della collezione di tuo padre – continuò.
- E dopo ancora?
- Dopo ancora… vedremo di digerire
la colazione… - concluse la ragazza con un sorriso
sornione, ma terribilmente sensuale.
- Bel programma. Sono
parecchie le canzoni che vorrei farti sentire… conosci gli Eagles?
- Chi?
The
End
(*) Piccolo riferimento a quello
che Jane fa con Holden ne “Il giovane Holden” di J.D. Salinger.
** Tutti i titoli riportati sono
di canzoni scritte dal duo Simon & Garfunkel **
Povera Anko! Non ha ancora capito che noi
patiti della vecchia, sana musica non molliamo proprio mai!
Questo Yoshikawa influenzato dai gusti
musicali del padre mi è venuto sul momento, ma mi sembra ci stia bene. Dopotutto
di lui sappiamo solo che è un otaku fissato con i videogiochi, ma tutto il
resto? Le persone di cui non si sa niente sono quelle che nascondono i segreti e
le passioni più impensabili… ma questa è un’opinione
personale.
Commenti a parte, ho finito. Un po’ mi
dispiace, però. Certo che questi due sono proprio fatti l’uno per
l’altra.
Sapete, gli antichi filosofi greci dicevano
che l’Amore non è un dio, ma una specie di demone, perché incompleto. L’amore è
desiderio, e dove c’è desiderio c’è la mancanza di qualcosa. Quel qualcosa che
cerchiamo disperatamente in tutte le persone che incontriamo e, quando ne
troviamo una che possiede quello che a noi manca, ecco che ci
innamoriamo.
Se poi all’altra manca proprio quello che
invece noi possiamo, con tutto il nostro cuore, offrirle… beh, allora è la
felicità completa. Quanti la trovano? A me non è mai
capitato.
Quanti vaneggiamenti…
Un punto d’onore va ai doppiatori Emanuela
D’Amico e Marco Vivio, che hanno caratterizzato così bene Anko Uehara e Noboru
Yoshikawa nell’anime. Mentre scrivevo immaginavo come sarebbero state queste
scene doppiate da loro e, visto che il risultato mi piaceva, ho continuato
seguendo l’ispirazione.
Insomma, per quanto la tiri per le lunghe, è
proprio finita! Piaciuta?
Grazie, darkmoon87, per avermi avvisato del
problema. Non mi ero accorta che il computer non l’avesse caricata.
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