Unmarried Father

di Euterpe_12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** [01] ***
Capitolo 3: *** [02] ***
Capitolo 4: *** 03. ***
Capitolo 5: *** 04. ***
Capitolo 6: *** 05. ***
Capitolo 7: *** 06. ***
Capitolo 8: *** 07. ***
Capitolo 9: *** 08. ***
Capitolo 10: *** 09. ***
Capitolo 11: *** 10. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Note dell’autrice:

Salve a tutti ^_^ dopo avervi detto che sono pienamente consapevole del fatto che ho un sacco di fanfic in sospeso, e che dovrei continuarle, ecco che vi presento la mia nuova storia! E’ una trama  che mi è venuta in mente quasi per caso, mentre ascoltavo i Negroamaro (che non centrano niente con la storia) è ambientata cinque anni dopo il termine del manga. Che altro dire... spero che sarà di vostro gradimento! 

 

UNMARRIeED FATHER

 

Prologo

 

La pioggia battente cade su finestre sporche di fiati ardenti e sensazioni proibite. Lo accarezza dolcemente, poi lo guarda come se fosse l’unico sulla terra. Lui però non ricambia, e torna su di lei. Labbra su pelle, pelle su labbra. E mani sempre più ansiose di cose proibite. Lei ansima sotto il suo tocco non troppo esperto. Gli stringe le mani. La bacia con desiderio.  Poi torna a toccarle la pelle liscia. Lei vorrebbe non finisse mai. Lui vorrebbe non aver mai commesso quell’enorme stronzata. Ma ora è là, e sa benissimo che non può tornare in dietro.

 E’ orgogliosa di averlo nel suo letto, perché non crede di aver mai visto un ragazzo più bello di lui. Lo aveva notato subito in mezzo alla folla: e come non fermarsi a guardare quei lisci filami d’oro che corrispondevano ai suoi capelli? Come non soffermarsi a contemplare quel volto dai lineamenti candidi e gli occhi di zaffiro? Non appena aveva posato gli occhi sulla sua figura, aveva desiderato di stargli tra le braccia forti. Non le era mai capitata una cosa del genere prima di quel momento. Il locale stracolmo di gente, lei incantata a guardarlo per tutto il tempo. Era da solo. Entrambe le mani nelle tasche dei jeans chiari, lo sguardo puntato in chissà quale pensiero della sua mente. In quel momento un cliente le aveva chiesto di ordinare, ma lei non lo aveva sentito. E per tutto il tempo aveva voltato lo sguardo per osservarlo, seppur per qualche istante. Poi strani pensieri avevano affollato la sua testa. Si era detta che sarebbe stato davvero brutto morire da un momento all’altro senza aver mai sentito il fiato caldo di un uomo accarezzarle la pelle. Non appena quel pensiero le aveva attraversato la mente aveva scosso il capo, arrossendo da sola. Ad un certo punto aveva rivoltato lo sguardo verso il ragazzo sconosciuto. Cercò con insistenza quegli splendidi capelli biondi, dicendosi che era impossibile non notarli in mezzo a quelle teste tutte nere, così tipiche dell’etnia nipponica.

-Una birra, per favore.- si era irrigidita, mentre la tazzina che stava lavando le scivolava di mano. Il rumore si era confuso con tutto il baccano che aveva aleggiato tutt’attorno, mentre le proprie iridi scure si poggiavano su quelle oltremare dell’interlocutore. Il cuore aveva iniziato a batterle convulsamente, ordinandole quasi di uscire dal petto con una velocità sorprendente.

-Subito.- aveva risposto semplicemente, arrossendo come una bambina. Aveva notato che lo sguardo del giovane era molto cupo, come se fosse stato ricoperto da una vela di malinconia. -Che hai?- gli aveva chiesto senza pensarci più di tanto. In tutti quegli anni che lavorava là aveva imparato ad attaccare bottone molto facilmente. Lui tuttavia non sembrò apprezzare, cedendole uno sguardo di sufficienza.

-Nulla.- aveva sospirato, poi aveva iniziato a bere la propria bevanda. La barista tuttavia non si perse d’animo, poggiando i gomiti sul bancone.

-A me non sembra. Sai, certe volte è estremamente liberatorio parlare con una persona sconosciuta.- aveva sorriso, e lui sembrava aver apprezzato il gesto. Forse stava acquistando la sua fiducia. La barista si allontanò un istante per servire un cliente, poi rivolse nuovamente la propria attenzione sul giovane biondino. -Allora, vuoi dirmi cosa ti affligge?- tornò a poggiare i gomiti sul bancone, guardandolo con gli occhi socchiusi. Non era mai stata molto spigliata con le persone che le piacevano, ma per quel ragazzo aveva un’attrazione tale che sembrava volerlo avere a tutti i costi. Lo guardò. La sua bellezza non era celata neanche dalle luci soffuse della discoteca.

-Cretinate.- ammise il ragazzo, facendo sorridere la giovane barista.

-Cretinate? Non può essere una cretinata se stai così.- la giovane si portò una ciocca scura dietro alle orecchie, mentre, alzava gli occhi sulle luci appena accennate che spuntavano qua e là nella sala.

-Forse hai ragione.- aveva sorriso. E  la giovane si rese conto che aveva un bellissimo sorriso. Ma esso si spense subito, mentre le labbra venivano poggiate nuovamente sulla superficie fredda del bicchiere.

-Problemi di cuore? Soldi?- aveva provato a domandare. Lui tuttavia non sembrava voler collaborare.

-Una ragazza.- le si spezzò il cuore. Ecco, era innamorato. Trattenne il respiro.

-E che è successo?-

-Ti sembrerà strano, ma penso a lei da anni ormai. Pensavo di averla dimenticata, ma oggi l’ho rivista dopo due anni con il suo ragazzo... e mi sono reso conto di volerle ancora molto bene.- terminò la birra, sospirando rumorosamente. Poi le cedette uno sguardo che sapeva di rimprovero. Era più che sicura che il giovane non avrebbe voluto parlare di quelle cose. La barista si sentì improvvisamente in colpa.

-Bè... tutto quel che ti posso dire è che deve essere una sciocca.- gli si avvicinò, schioccandogli un bacio sulla guancia. -E’ l’unica spiegazione se non ti ricambia, sei così bello!-

E non si sa come, ora si sono ritrovati a fare l’amore in casa di lei. Poche parole, tanti sussurri. Fiati che si cercano, labbra che ardono come se fossero state accese dal fuoco rodente di Febo. Ma lui non sa, che per lei è la prima volta. E lei non è venuta ancora a conoscenza del fatto che quella prima e splendida esperienza sarà l’ultima.    

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Capitolo 2
*** [01] ***


01

Ciao a tutti ^_^ è un sacco che avevo iniziato questa fic, ma mi era venuto il blocco del primo capitolo (iniziamo bene se ho il blocco già al primo capitolo -.-) ma voi non fateci caso. Le crisi prima o poi passano ed è passata pure questa ^_^ che dire, spero che questo capitolo vi piaccia e spero anche che commenterete. Ne approfitto anche per ringraziare le tre fanciulle che hanno commentato il prologo: siete meravigliose!

 

I diritti della canzone “Per non morire mai” appartengono a Nek, e a lui solo. Io li uso solo ogni tanto ^_^

Un bacio a tutti! Ichi_chan.

 

01.

 

“Cercami tra gli uomini, quelli che ci credono. Posso perdere… ma non finisce mai. Cercami ti resterò vicino…”

 

 

I cambiamenti. Li ho sempre odiati. Non tanto perché arrivano inaspettatamente e ti sconvolgono la vita, anche se sarebbero ottimi motivi, ma perché spesso e volentieri, per chi come me la sfortuna l’attira come fa il miele con gli orsi, spesso questi fantomatici cambiamenti sono terrificanti. Come la morte dei miei genitori. Inaspettata. Travolgente. Terribile. Quello è stato il cambiamento più grande della mia vita. Quello che ti squote dentro, che non ti fa più essere chi eri prima. Diventi un altro in meno di un istante. E non senti quanto tutto questo stia modificando il tuo modo di guardare il mondo, la vita. Il tuo cambiare lo senti piano piano, tu stesso ti scopri da solo come fanno anche gli altri con te, e sei scosso perché non sai come potrai reagire di fronte ad una nuova sfida. L’ho vissuto così il progetto mew che mi ha visto protagonista assieme al mio fidato amico Kei e la squadra delle cinque mew mew. Ogni volta che vedevo il rischio di una morte improvvisa sentivo il cuore battere all’impazzata e mi dicevo che dovevo esserci io al posto di quelle cinque guerriere. Che io meritavo la morte. I cambiamenti sono così: talmente travolgenti che poi tutto ti gira intorno e non sai mai cosa fare. Un cambiamento fondamentale della mia vita è stato quello di una notte. Una notte come tante, quando cinqueanni dopo il progetto mew vagavo per le strade di Tokyo alla ricerca di una compagnia che non fosse troppo vera. Una notte. Una notte con una ragazza qualunque, a concedermi come un pacco postale. Era carina. Aveva gli occhi grandi e i capelli lunghi e scuri. Sorrideva gentile ed era bastato poco per farmi capire che provava dell’attrazione nei miei confronti. Avevamo fatto l’amore come animali. Senza fermarci mai un secondo, senza trattenere mai un istinto che fosse uno. Era stato bello. Bello, ma quello originò il cambiamento che ora avevo qua tutte le notti della mia vita. La giovane ragazza di quella notte di cinque anni fa si chiamava Nency. Era di origine americana ma viveva in Giappone, proprio come me. Era intelligente e spigliata, ma non avevo intenzione di vederla oltre quella notte. Lei parve d’accordo, soddisfatta di quelle poche ore trascorse assieme a me. Fu la telefonata che ricevetti pochi giorni dopo a sconvolgermi realmente.

Ryou-kun?” aveva detto tranquilla. Al telefono non l’avevo riconosciuta, tanto meno mi ricordavo di averle lasciato il mio numero di telefono.

“Sì, chi parla?” avevo domandato.

“Sono Nency… ti ricordi? La barista del T-117 il locale in centro.” Riflettei qualche attimo. E subito mi venne in mente il suo sorriso. Un sorriso ampio che era la cosa che più mi era piaciuta di lei.

“Ah sì!” dissi. L’avevo sentita sospirare dall’altra parte della cornetta, probabilmente contenta del fatto che mi ero ricordato di lei.

“Ho bisogno di parlarti di una cosa importante, avresti voglia di venire al locale dove ci siamo conosciuti? Va bene qualunque ora.” Il tono ora era preoccupato. Per questo accettai subito, consapevole che di certo non voleva un fidanzamento ufficiale. Quando raggiunsi il locale il giorno successivo la vidi seduta ad un tavolo, il menù tra le mani. Il T-117 fungeva da ristorante di sera, prima di diventare una discoteca. Mi sedetti di fronte a lei, e quando la guardai negli occhi mi resi conto di cosa si trattava. Lo sentivo. Una di quelle sensazioni che non ti riesci a spiegare perché sono talmente grandi che il cervello ed il cuore hanno bisogno di renderle loro per qualche istante. Mi sorrise. E mi sentii bene nel guardare quel morbido accenno delle labbra. E non ci mise molto. Dopo una breve chiacchierata in cui ci eravamo detti come stavamo, lei mi disse il mio cambiamento. Un cambiamento grande, ma che guardandolo sembra piccolo piccolo.

Mi volto. Ora, cinque anni dopo. La guardo, il mio cambiamento. Ha lunghi e sottili capelli scuri. Ha gli occhi azzurri, ora chiusi per via del sonno che l’ha presa. Ha la pelle liscia, morbida e bianca. E mi ha cambiato totalmente la vita nonostante non mi arrivi nemmeno alla vita d’altezza. Si chiama Momoka. Un nome gentile, che Nency mi ha chiesto di darle. Perché Nency, sua madre, non l’ha cresciuta con me sin’ora. Mi raccontò tra le lacrime di avere una brutta malattia, e che le sarebbe stato impossibile sopravvivere al parto. Quando diede alla luce la piccola Momoka lei morì senza nemmeno avere il tempo di guardarla in viso. Un viso bellissimo. Alzo gli occhi sul calendario appeso al muro di camera della piccola Momoka. E’ il tre dicembre. Almeno, è il tre dicembre da circa due ore. Fra sei ore si sveglierà e mi dirà che finalmente ha compiuto cinque anni, e che ora è una bambina grande. L’abbraccerò, e non mi sognerò mai e poi mai di dirle che oltre ad essere il giorno del suo compleanno, è anche l’anniversario della morte di sua madre. Una madre che non avevo amato. Una madre che però mi aveva dato tanto con l’affetto incondizionato che aveva dimostrato nei confronti di quella creatura che sapeva non avrebbe mai visto in viso ma che occupava un po’ di spazio dentro il suo corpo. Mi innamorai quindi del suo coraggio. Di quell’affetto incredibile che inevitabilmente anche io avevo iniziato a provare per quella bimba dagli occhi grandi e le labbra sottili.

Avevo iniziato a lavorare in un’azienda per darle una vita normale. Nonostante il denaro che mi avevano lasciato i miei genitori che comunque mi avrebbe assicurato una vita tranquilla per il resto della mia vita, decisi che i papà normali lavoravano, e le aziende avevano fatto a gara per assumermi. Kei si era improvvisato uno zio e faceva sempre di tutto per starle accanto. E le mew mew? Non le avevo più viste e non sapevano niente di Momoka. Lei era rimasta un mistero, non per vergogna, ma perché semplicemente non mi era andato di farmi sentire solo perchè, vabè solo, avevo una bambina. Le accarezzai una guancia tonda, sentendo sotto le dita la morbidezza di quella pelle di bambina. E mi dissi che ora il motivo della mia vita erano quelle sopracciglia scure, quel sorrisino gentile e quel nasino perfetto.

Null’altro.

Però, l’amore, quello non me l’ero dimenticato. Ma lui sembrava essersi dimenticato di me.

“Papà!” una vocina gentile mi accarezza le orecchie, svegliandomi. I raggi del sole filtrano dalle tapparelle non del tutto ghiuso, e sul ciglio della porta vedo una bambina dai lunghi capelli scuri e la frangetta che le accarezza le sopracciglia.

Mmmh…” mugugno. Lei corre verso il letto e si lancia su di me.

“Sono una bambina grande… oggi sono una bambina grande!” esclama dandomi un bacio rumoroso sulla guancia e lanciandosi poi con me sotto le coperte. Si stringe al mio corpo e la sento calda, ancora abbracciata dal sonno che doveva averla abbandonata da poco, proprio come me. Sorrido, poi le do un bacio sulla nuca.

“Auguri Momo-chan.” Le dico tranquillo con la voce ancora impastata dal sonno. Lei ride contenta. Mi piace la sua risata, sa trascinarmi in un vortice di affetto e felicità mai sentito prima. La risata di mia figlia. Le accarezzo i capelli qualche istante, poi volto il capo sulla sveglia che quella mattina doveva essersi dimenticata di suonare. “E’ tardi.” Dico mettendomi seduto. Momo-chan sbadiglia poi mi guarda con quei suoi bellissimi occhi azzurri. Occhi grandi, molto simili a quelli del piccolo Ryou di tanti anni fa. Annuisce poi senza nemmeno darmi il tempo di alzarmi è già dentro il bagno a lavarsi i denti. Una cosa che sicuramente mi ha aiutato sin dal principio è stata la grande intelligenza della piccola Momo: un’intelligenza diversa dalla mia non adatta a numeri e scartoffie, ma un’intelligenza più “pratica” aiutata da una grande memoria. Le ha permesso sempre di imparare le cose subito, e la sua grande forza di volontà le ha dato la voglia di voler sempre fare tutto da sola. Nemmeno mezz’ora dopo siamo in macchina, pronti a raggiungere la scuola materna. Momoka indossa la sua divisa azzurra con una borsetta a tracolla abbinata. Il cappellino non lo vuole mai mettere, ed ho smesso di insistere con lei per convincerla a metterlo. Anche io la preferisco senza.

“Festeggiamo oggi?” mi chiede mentre mi abbasso per salutarla. Tutte le madri degli altri bambini mi osservano alcune con interesse altre con stupore: si chiedono come sia possibile che un uomo così “attraente” possa essere single. Le do un bacio sulla guancia e la saluto annuendo.

“Ti porto in un bel posto.” Le sorrido. Le piace il mio sorriso e me lo fa capire sempre. Gli occhi le diventano lucidi di felicità, poi si volta e inizia a correre verso l’entrata dell’asilo.

“Mi raccomando!” e mi manda un bacio da lontano, leggera e semplice come solo lei sa essere. Mi volto. E un’ennsesima giornata al lavoro sta per cominciare. Un’altra giornaa come tante. Ma forse solo più malinconica, perché penserò alla povera Nency, e allo spettacolo meraviglioso che si è persa.   

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Capitolo 3
*** [02] ***


Hunmarried Father

Ciao a tutti! ^_^ eccovi qui il secondo capitolo di questa mia fic un po’ particolare… spero vi piaccia… è cortino, ma ogni tanto ci vanno dei capitoli un po’ brevi!

Un bacio, e grazie a chi commenta e chi legge. Ricordate che sapere il vostro parere per me è sempre cosa gradita!

Ichi_chan.

 

 

Hunmarried Father

 

***

 

02.

 

Il grigio di Tokyo non è un granchè quando l’unica cosa che si desidera è un po’ di pace. La strada scorre sotto le ruote dell’automobile, mentre l’orologio al polso mi dice che sono quasi le nove e che dovrei trovarmi in ufficio entro pochi minuti. Spero di farcela, ma anche non fosse così credo che nessuno oserebbe dirmi nulla. Sono un individuo molto rispettato in azienda, soprattutto perché ho fatto salire le vendite in soli quattro mesi assicurando l’agiatezza per dirigenti e presidente per i prossimi due anni. Parcheggio proprio vicino alla macchina del presidente. La sua è una Limousine nera con i vetri scuri, la mia una Porsche vecchio stampo rossa. Entrambe macchine costose, su questo non ci piove. Le porte dell’azienda di computers si aprono, rivelando un panorama tranquillo ma al contempo estremamente caotico: segretarie che corrono da una parte all’altra degli uffici sui loro tacchi scomodi, telefoni che squillano e fax che riportano messaggi di documenti più o meno importanti. Una delle segretarie si ferma dopo avermi notato e di riflesso fa un sorriso leggero.

-Buon giorno Shirogane!- dice fermandosi di fronte a me. E’ una bella ragazza con corti capelli scuri ed un paio di occhiali alla moda sul naso. Credo sia una delle segretarie e credo anche che mi si sia presentata più di una volta. Ma il suo nome non lo ricordo. Decido di fare un sorriso di circostanza.

-Buon giorno a te.- dico, poi mi avvio verso l’ascensore. Lei si volta, mi guarda. Credo sia rimasta delusa dalla poca attenzione che le ho dedicato. Lo noto dai suoi occhi, nascosti malamente dalle lenti trasparenti dei suoi occhiali. Occhi che mi fissano e desiderano, probabilmente, di poter vedere ciò che si cela al di sotto della mia camicia che mi fasciava in quel momento. Ormai mi accorgo subito di sguardi simili che mi vengono fatti da parte delle donne e sono gli sguardi dai quali fuggo più facilmente e con maggior piacere: se c’è una cosa che odio è proprio la superficialità soprattutto in queste circostanze. Mi allento leggermente il nodo della cravatta, poi premo il tasto “6” dell’ascensore. Le porte si chiudono e il mezzo inizia la propria corsa. Guardo l’orologio: le nove in punto. Ne sono contento. Mi appoggio alle pareti dell’ascensore, poi penso al lavoro della giornata: sarà infinita! Quando le porte si aprono vedo di fronte a me una figura imponente, un uomo vestito di grigio con dei folti capelli neri.

-Shirogane!- dice appena mi presento di fronte a lui. Noto che i suoi lineamenti si tranquillizzano nel vedermi e questo mi inquieta: quando George fa così non è mai un buon segno. George Galler è il mio capo, o meglio quello che spera che io non prosegua nella mia carriera perché altrimenti gli fregherei sonoramente il posto che, per ora, ha più peso del mio in azienda. Esco dall’ascensore, poi cerco di assumere un’aria indifferente.

-Buon giorno.- mi limito a dire, poi mi avvio verso il mio ufficio, seguito a ruota dal mio capo.

-Mi ha appena telefonato Sakura, sta notte è stata male.- dice George seguendomi. Sento il suo accento inglese, con me lui parla così perché il Giapponese lo sa poco, e sostiene che io gli ricordo la sua bella Inghilterra, il suo paese d’origine. Sono quello con cui ha legato di più in azienda per il semplice fatto che pure io sono madrelingua inglese. Mi siedo dietro la scrivania, ascoltandolo.

-Qualcosa di grave?- fingo interesse per le condizioni di salute della mia collega, con la quale non ho mai avuto molto a che fare.

-Non ne ho idea.- dice George sedendosi di fronte a me e prendendo a guardare i documenti sulla scrivania. –Ma il fatto è che lei oggi doveva fare i colloqui…- dice senza mezzi termini. –Non posso rispedire le aspiranti segretarie a casa!- dice poi subito dopo passandosi una mano tra i folti riccioli scuri. Mi schiarisco la voce.

-Non vorrai dirmi che devo farli io…- esordisco così, incredulo.

-Bhè… tecnicamente… e poi voglio dire, è il colloquio per la tua segretaria… forse  è meglio che la scelga tu!- indietreggio sulla poltrona.

-Ho sempre detto che lasciavo carta bianca nella scelta delle segretarie…- rispondo prontamente. George fa spallucce.

-Non importa, non posso rispedirle a casa, anche perché fra meno di venti minuti saranno qua!- si alza. Ed a quel punto mi rendo conto del suo sguardo superiore che mi trapassa da parte a parte quasi fosse un pugnale. Ed a quel punto mi viene in mente dell’immensa paura che quell’uomo brillante ed istruito ha di me: di me che potrei cercare di prendere il suo posto quando e come avrei voluto. Lo sapevo io. Lo sapeva lui. E questo ci metteva di fronte ad un rapporto piuttosto ambiguo.

-Falle venire…- dico sospirando e prendendo a leggere dei documenti importanti. Odiavo dover fare colloqui simili: per me non avevano il minimo senso. Decido che comunque avrei fatto una scelta meticolosa e se mai avessi dovuto anche scegliere la segretaria di George avrei optato per la meno sveglia che mi sarei trovato di fronte. Piccola, semplice vendetta. Il capo esce dall’ufficio, poi dopo esattamente venti minuti sento bussare alla porta.

-Avanti.- dico di riflesso, e subito dopo mi trovo di fronte una ragazza estremamente alta con lunghi e sensuali capelli castani. E’ bellissima. La guardo camminare sui suoi tacchi vertiginosi che la fanno sembrare ancora più alta, poi si siede di fronte a me, fissandomi con aria interessata.

-Buon giorno, io sono Naoko Azamiya.- mi allunga una mano dalle unghie curate, con un vistoso anello al dito medio. La stringo e sento la pelle leggera e morbida sotto la mia. Mi sorride. Noto a quel punto i denti bianchi e perfetti, circondati da labbra piene e macchiate di rossetto. Anche lei mi guarda con occhi famelici, ma questa volta m’intriga. Mi schiarisco la voce e faccio parecchia fatica a non lasciar cadere l’occhio sulla scollatura generosa che mi mostra con quella sua camicetta semitrasparente.

-Io sono Ryou Shirogane, vicedirettore dell’azienda.- dico tranquillamente, fingendo indifferenza. Credo non abbia notato di aver fatto colpo su di me. Io invece mi sono accorto di piacerle e credo che lei non faccia alcuno sforzo per nasconderlo.

-Questo è il mio curriculum.- dice tirando fuori da una borsa un documento ben rilegato. Lo leggo. Era stata per due anni in un’azienda nostra concorrente, azienda che, sapevo, assumeva sempre persone molto competenti.

-Come mai ha lasciato il lavoro?- dico indicando il rigo in cui si parlava dei suoi due anni in quell’azienda.

-Bhè…- arrossisce. –Pensavo di sposarmi, ed il mio fidanzato sosteneva che non avrei più dovuto lavorare…- distoglie lo sguardo, ed in quel momento mi rendo conto che ha gli occhi verdi. –Poi è andata male, ed ora mi trovo qui.- cerca di trattenere l’imbarazzo, e tutto questo sforzo mi fa quasi credere che lo faccia apposta. La fisso. E non mi pongo problemi nel farlo. Riesce a reggere i miei occhi per qualche istante poi abbassa lo sguardo, leccandosi poi sensualmente il labbro inferiore con la lingua rossa. Mi piace. M’intriga. E tutto questo mi spaventa. Mi porto in dietro sulla sedia, poi poggio entrambe le mani sulla scrivania, tentando di darmi una calmata. Era da tempo che una donna non riusciva a farmi un effetto simile.

-Capisco…- dico così, schiarendomi appena la voce. Chiudo gli occhi. Parliamo poi del più e del meno. Si mostra come una persona brillante, alle volte forse un po’ superficiale, ma non capisco se sia solo una facciata. Conversiamo bene e quando esce dall’ufficio sono praticamente sicuro della mia scelta. Vedo poi le altre aspiranti segretarie. Nessuna mi convince come lei e di questo sono molto contento. Dimentico sulla scrivania il curriculum dell’ultima aspirante segretaria. Sto per alzare il telefono per prendere altri impegni quando sento un leggero bussare alla porta.

-Scusi?- sento. Una vocina leggera, tranquilla e familiare. Alzo il capo e mi stupisco nel sentirla così mia quella voce. Devo aprire e chiudere più volte gli occhi quando sul ciglio della porta vedo una giovane donna dai capelli rossi e il viso lievemente truccato che mi guarda con occhi stupiti. Arrossisce. –Oh… mi scusi… pensavo che qui ci fosse la signorina Okawa.- e chiude la porta. Pochi secondi dopo la riapre, con gli occhi grandi spalancati. –Shirogane?- dice poi subito dopo osservandomi. Sorrido. E credo di non averla mai ricordata così bella, nemmeno dopo cinque anni. 

 

 

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Capitolo 4
*** 03. ***


03

 

 

 

03.

 

 

Ecco i casi della vita. Per notti intere la sogni. La sogni nuda, vestita, in lacrime o sorridente. Non importa come, alla fine. Sai solo che l’hai sognata un mucchio di volte, talmente tante che ora che è di fronte a me forse dovrei tirarmi un pizzicotto. Ma credo che non farei una bella figura. Sorride. Ichigo è bella su quei suoi tacchi a spillo fuxya e la maglietta in coordinato. Il visino messo in risalto dalla coda di cavallo che le raccoglie i capelli cercando, forse, di avere un’aria più professionale del solito.

-Ichigo?- la figura del fesso riesco a farla anche senza tirarmi un pizzicotto. Avanza per la stanza, poi supera la scrivania stringendomi forte. Cavoli, che buon profumo!

-Non posso crederci!- esclama tutta contenta. La scanso. Gli occhi lievemente lucidi, il trucco leggero che la fa sembrare più grande di quanto in realtà non sia.

Quanti anni hai ora, Ichigo?

E mi domando se la amo ancora dopo tutto questo tempo. Gli anni avevano cancellato un sacco di cose, compreso il pensiero martellante di lei tutte le mattine quando mi svegliavo. Era stata la piccola Momoka ad aiutarmi in tutto questo. Un’altra donna che ora faceva parte della mia vita. Seppur ancora più piccola e fragile di Ichigo.

-Ma non eri a Londra?- chiedo senza mezzi termini. Lei rimane di fronte a me, sorridendo leggermente.

-Ho finito lo stage di lingue che avevo intrapreso ed ora inizio la gavetta qua in Giappone!- sembra serena e questo mi fa piacere. Io socchiudo gli occhi, non credendo a ciò che mi sta dicendo. La guardo sempre più e i ricordi si affollano dentro la mia mente quasi fossero un fiume in piena. Spingono per ricevere la mia attenzione, ma tutti insieme non riesco a gestirli. Mi torna in mente l’Ichigo guerriera. L’Ichigo cameriera. L’Ichigo sofferente. L’Ichigo quindicenne. Faccio un breve calcolo. Ora ha 23 anni. Una giovane donna.

-E brava, eppure non sapevi nemmeno una parola di inglese!- ridacchio sotto i baffi, non perdendo, come un tempo, l’occasione per prenderla in giro. Lei incrocia le braccia, poi sbuffa.

-Shirogane-kun! Guarda che a furia di vivere a Londra la lingua l’ho imparata benissimo…- abbassa lo sguardo. –Anche se di aiuto ne ho avuto.- poggio la mano sulla scrivania e mi dico che l’aiuto non può che averlo ricevuto da Masaya. Già, Aoyama. Chiudo gli occhi e vorrei che l’immagine del viso dai lineamenti regolari di quel ragazzo non mi attraversasse la mente, ma anche lui fa parte di quel fiume di ricordi e non riesco a cacciarlo via.

-Spero che Masaya ti sia stato d’aiuto.- lo dico con freddezza, ma spero che lei non l’abbia notato. Trovo il coraggio di aprire gli occhi e noto che è piuttosto tranquilla, ma dispiaciuta.

-Aoyama-kun non lo vedo più da tempo…- sussurra, desiderosa di cambiare discorso. Io invece sono contento ma, ovviamente, non lo do a vedere. Ma più la guardo e più mi chiedo se la amo ancora.

Il tempo ne cancella di cose.

-Credo che dovremmo farci una bella chiacchierata.- dice dopo aver raccolto un po’ di coraggio e dopo essersi seduta di fronte a me. Annuisco, poi guardo il foglio che ha in mano.

-E’ il tuo curriculum?- dico indicandolo. Lei fa di sì con il capo poi me lo porge. In Inghilterra ha un mucchio di esperienza. Stage, corsi e esperienze lavorative ottime per una ragazza della sua età. E’ diventata in gamba e so bene che gran parte del merito è di Aoyama. Vorrei assumerla. Ma il ricordo della ragazza dalle labbra di fuoco mi inebria i sensi. Guardo il foglio per le assunzioni che George mi aveva lasciato: servivano una segretaria per me e una per lui. Chi assegnare a chi? Volevo Ichigo sempre intorno o volevo la sensuale Naoko? E più ci penso e più mi arrabbio. Mi arrabbio per tutto il tempo che ho passato a pensarla, mentre ora, tranquilla, mi osserva con aria innocente.

Com’è possibile che tutto l’amore che ho provato per lei non si fosse notato? Arriccio le labbra, sentendomi un piccolo adolescente indifeso; e prendo la mia decisione. Mi alzo. Osservo fuori dalla finestra e Ichigo rimane zitta osservando inerme la mia figura. Ammetto che mi piace ancora tutto quanto di lei: il suo modo di parlare, il modo in cui è cresciuta, i lineamenti del suo viso. Tutto di lei mi piace. Mi volto. E mi dico che sbaglierei di grosso se decidessi di allontanarla dalla mia vita. E ricordo il Ryou di cinque anni fa. Quello che una notte di marzo s’aggirava per Tokyo alla ricerca di una donna che lo consolasse. E ricordai le labbra di Nency. Ricordai il suo viso tutto rosso prima di dirmi che era in cinta, poi ricordai la mia gioia più grande: Momoka.

-I casi della vita…- dico fra me, ma lei non mi chiede nulla. Rimane ferma a guardarmi, tenendo le labbra strette strette, probabilmente trattenendo tutte le domande che vorrebbe farmi dopo tutto questo tempo. Poggio la mano sulla scrivania. Poi prendo la mia decisione. –Ichigo, vorresti essere la mia segretaria?- sorride, contenta. Si alza in piedi e esulta come se fosse una bambina. Fa un giro su se stessa, poi mi fissa dritto negli occhi.

Che begli occhi che hai, Ichigo.

E d’improvviso quelli verdi di Naoko scompaiono, come se non fossero mai esistiti. Indietreggio sulla scrivania, poi sento di nuovo il profumo di Ichigo inebriarmi i sensi. Mi stringe talmente forte che il fiato mi manca e mi trattengo per urlare dalla gioia.

E’ da tempo che non mi sento così.

Le dico gli orari. Le dico cosa dovrà fare, poi avviso Naoko che il suo nuovo capo si chiama George e lei sembra rimanerci male. Guarda in cagnesco Ichigo che, tranquilla, esce dal mio ufficio un po’ scomoda su quei tacchi alti. E’ felice, e io vorrei chiederle tante cose.

Quando esco dall’ufficio mi dico che lei non sa ancora nulla di Momoka. Pensa che sono single, o magari crede che sono sposato? Cosa pensa Ichigo di me dopo tutti questi anni? Quando mi avvio verso il Caffè Mew Mew non sono che queste le domande che mi affollano il cervello, e per poco non mi viene un gran mal di testa. Quando l’auto si ferma di fronte all’edificio tutto rosa vedo le luci spente, poi ne esce Keiichirou tutto trafelato. In mano ha una trombetta, di quelle che si usano per le feste di compleanno. In pochi attimi il naso gli diventa tutto rosso per il freddo, e questa scena mi fa ridacchiare sotto i baffi.

-A che ora esce Momoka dall’asilo?- domanda in preda a una crisi di nervi: sembra una casalinga disperata! Scendo dalla macchina e chiudo la portiera.

-Alle cinque.- dico, appoggiandomi al mezzo e incrociando le braccia. Keiichirou socchiude gli occhi, poi mi si avvicina.

-Manca mezz’ora!- afferma. Annuisco.

-Si, infatti ho chiesto alla mamma di una sua amica di portarla lei qua. Volevo solo prima controllare che fosse tutto pronto.- dico tranquillo. Keiichirou incrocia le braccia, completando sempre di più la mia immagine mentale della casalinga.

-Ma non credi che una festa preparata da me non possa essere che un successo?- rido ancora. Annuisco, poi gli do una pacca sulla spalla.

-In realtà volevo anche dirti una cosa.- affermo. Keiichirou si fa pensieroso.

-E cioè?- domanda.

-Oggi è venuta in azienda Ichigo… per fare un colloquio… come mia segretaria!- esclamo. Lui fa una faccia stupita, anche se mi aspettavo più entusiasmo. Batte le mani.

-E non l’hai invitata questa sera?- domanda recuperando un po’ di adrenalina. Faccio di no con il capo.

-Ti pare? Non sa nemmeno dell’esistenza di Momoka e ti aspetti che l’inviti al suo compleanno?-

Invece -era l’occasione giusta per presentargliela!- faccio di no con il capo, come se mi stesse dicendo la cosa più stupida del mondo.

 -Non ci penso nemmeno!- termino così la conversazione, introducendomi nel caffè mew mew. Trovo seduti al tavolo alcuni amichetti della mia bambina assieme ai loro genitori. Sul tavolo al centro della sala addobbata a festa c’è una torta dalle dimensioni incredibili, con un sacco di fragole poggiate sopra. Cinque candeline padroneggiano al centro del dolce e io quasi mi emoziono a osservarle. Sento una mano sulla mia spalla, poi la voce gentile di Key che mi sussurra all’orecchio.

-Ho voluto fare le cose in grande.- ho voglia di piangere, ma per fortuna riesco a trattenermi. Esco fuori e vedo la piccola Momoka che si allontana dalla mano della madre della sua migliore amica, che gentilmente la portata qua dall’asilo. Mi viene in contro e mi stringe forte. Sto bene, infinitamente bene. Non posso credere al fatto che Key provi tutto questo affetto per Momoka. Sono felice per lei perché sta crescendo con una bellezza ed un’intelligenza fuori dal comune, poi sono contento perché ho visto Ichigo. Lo ammetto. E mi immagino Ichigo che la prende tra le braccia e mi dico che forse avrebbe bisogno di una mamma. Una mamma che un giorno le insegnerà a truccarsi. Una mamma che le parlerà di ragazzi e di tutte quelle cose da donne.  

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Capitolo 5
*** 04. ***


04

Hola a tutti voi!! Eccovi un nuovo capitolo della mia storiella ^_^ è di media lunghezza XD ma diciamo che ci descrive un po’ il rapporto tra il nostro biondino preferito e Ichigo! La piccola Momoka è appena accennata… ma vi prometto che tornerà nei prossimi capitoli!

 

04.

 

 

Momoka ha compiuto cinque anni. Incredibile, il tempo sembra essere passato velocemente. Sembra ieri che la stringevo tra le braccia, lei che aveva un corpo da neonato, con quei suoi tre chili appena e le guance piene. Ora è una bimba con la voglia di imparare e di crescere. Con gli occhi grandi e i capelli arruffati per le mille corse che fa ogni giorno all’asilo o ai giardinetti sotto casa. Quel pomeriggio aveva festeggiato il suo compleanno. Aveva scartato un mucchio di doni: da completino con gonna e magliettina coordinata, sino ai giocattoli più in voga in quel momento. Ma io sapevo che la mia bambina non guardava molto i giocattoli che piacevano o non piacevano in quel periodo. La sua fantasia eccezionale le permetteva di divertirsi con poco, tanto che i primi tempi quando aveva iniziato ad esprimersi mi aveva chiesto di non comprarle troppi giochi, perché ne aveva già tanti. E io, ovviamente, avevo acconsentito. Proprio per questo quando tornammo a casa le diedi tra le sue manine paffute un regalo che consisteva in una scatolina piccola, proprio come lei. Momoka l’aprì e vide che era una collana con una “M” d’oro come ciondolo. Le chiesi emozionato se le piaceva e lei senza pensarci due volte annuì, poi mi saltò al collo. Avevo capito che le era piaciuto molto il mio regalo, ma l’euforia cessò praticamente subito poiché scivolò nel sonno. Un sonno portato da tutte quelle emozioni. La prendo in braccio e la porto in camera sua. Dopo averle tirato le coperte e dopo averle dato un leggero bacio sulla fronte mi chiudo la porta della camera alle spalle. Poi mi metto a riordinare in cucina ed il pensiero che mi aveva catturato quel pomeriggio torna a farsi spazio nella mia mente. Non avevo mai sentito tanto, come in quel momento, il bisogno di dare una madre a Momoka ed una compagna a me stesso. E’ come se avessi tenuto assopito quel desiderio per anni e che ora stesse spuntando fuori più forte ed immenso che mai. E l’immagine di Ichigo continua a farsi spazio nella mia mente, quasi fosse la risposta più logica che ci sia. Chiudo gli occhi, poi vado a farmi una doccia. Non sono nemmeno sicuro dei miei sentimenti nei suoi confronti dopo tutti questi anni e già la bollo come possibile mia compagna di vita? Ma che pretendo?  Scuoto il capo mentre il getto d’acqua calda mi inonda il corpo. Sono stanco. Ed il freddo di dicembre certo non m’aiuta.

Il giorno dopo è di nuovo ora di alzarsi. Momoka mi sveglia entrando in camera con i piedini nudi ed il pigiama felpato azzurro in dosso. S’infila sotto le coperte e mi incita ad alzarmi. Mezz’ora e siamo in macchina.

Routine.

Una routine splendida con la mia bambina, ma alla quale cerco sempre più di guardare in maniera diversa. Magari con un terzo elemento a colorarla. E quando metto piede in ufficio e vedo il sorriso di Ichigo mi dico che è solo colpa sua se ora mi sento insoddisfatto nei miei affetti. Per questo le rivolgo involontariamente un saluto scorbutico e mi vado a chiudere in ufficio.

-Shirogane-kun, ecco i tuoi documenti.- mi dice dopo essersi chiusa la porta alle spalle. Noto che oggi è più bassa di almeno dieci centimetri e credo di preferirla così. Decido di reprimere i miei sentimenti negativi ed inarco un sopracciglio, con la voglia di scherzare tipica del nostro vecchio rapporto.

Che strano, di nuovo datore di lavoro e sottoposta.

-Niente tacchi oggi?- dico, indicandole il suo piedino numero 36 fasciato da un semplice paio di ballerine nere. Lei arrossisce.

-Bè… diciamo che so di dover camminare abbastanza e non sono molto comoda sui tacchi. Ridacchio.

-Effettivamente ieri camminavi come se stessi attraversando un pavimento di uova…- sono divertito e non mi pongo alcun problema nel farglie lo notare.

-Shirogane-kun!- esclama irata. –Dobbiamo tornare come anni fa?-

, non mi dispiacerebbe.

Ma ovviamente non glie lo dico.

-Bè, ora vai che devo lavorare…- dico abbassando lo sguardo sui documenti che mi ha appena portato. La sento sbuffare e poi richiudersi la porta alle spalle: certo che è rimasta sempre la stessa inguaribile permalosa! E questo pensiero mi piace. E più ci penso, più mi chiedo se Ichigo mi trova cambiato in tutti questi anni nonostante non sappia dell’esistenza di Momoka. Faccio spallucce dietro a quel pensiero, poi sento di nuovo bussare alla porta dell’ufficio. Quante visite quella mattina! Alzo lo sguardo e vedo davanti a me gli occhi scuri di George.

-Hi Ryou.- dice e so già che affronteremo una conversazione in inglese.

Lui e quella sua pigrizia. Prima o poi lo imparerà bene questo giapponese!

-Buon giorno.- dico, rinunciando a leggere quei documenti. Lui poggia un gomito sulla mia scrivania dopo essersi seduto poi decide di darmi l’informazione per la quale era venuto fino al mio ufficio.

-Volevo dirti che è stata organizzata una cena per questa sera. C’è anche il presidente e ovviamente non puoi rifiutarti di venire…- si regge con la mano sinistra il mento e quel suo accento inglese inizia a darmi alla testa. Pur di non sentirlo ancora annuisco.

-Va bene.- Lui però non se ne va.

-E’ stata organizzata per le nozze d’oro del nostro presidente… quindi sono stati invitati tutti i membri della dirigenza… ah, anche le segretarie!- d’improvviso il suo accento non mi dà più fastidio. –A proposito grazie per la bomba sexy che mi hai trovato come segretaria… non vorrei essere sposato!- esclama ridendo, poi si alza. Deve essersi ricordato di essere direttore di un’azienda e che, magari, dovrebbe mettersi al lavoro. Chiederò a Keiichirou di tenermi Momoka per quella sera. Lei per fortuna capisce quando suo padre ha degli impegni e accetta di essere guardata dallo zio Kei.

La cena sarebbe stata quella sera alle venti, di fronte ad uno dei locali più rinnomati di Tokyo. Il presidente ha fatto le cose in grande. Osservo lui e sua moglie che si siedono al tavolo l’uno accanto all’altra. Vecchi. Stanchi. Con una vita alle spalle ma la continua convinzione e sicurezza di poter sempre contare l’uno sull’altra. E questo pensiero emana tantissima dolcezza. Mi siedo anche io al tavolo e pochi attimi dopo sento una mano che si poggia sulla mia spalla. Mi volto. E gli occhi di Ichigo si fanno spazio nella mia mente. Sorride gentile, poi indica la sedia accanto alla mia.

-Questo posto è occupato?- domanda pacatamente, poi torna a guardarmi. Faccio di no con il capo, stranamente contento quando la vedo sedersi accanto a me con un sorriso che le colora le labbra rosee. Ha i capelli sciolti sulle spalle. Sono più lunghi d’allora e mi piacciono molto. Un trucco leggero piuttosto simile a quello di quella stessa mattina le ravviva la pelle bianca del volto, mentre un semplice abitino di un leggero azzurro pastello le fascia il corpo snello. Ammetto che è bella. Di una bellezza semplice, non certo da copertina dei giornali. –E’ proprio una bella serata…- dice tranquilla, dando un’occhiata al menù.

-Sì, il nostro presidente ci rende spesso partecipi dei suoi affari personali…- dico come se fossi un magnate dell’azienda. Lavoro lì da due anni, ma ci sono persone che sono là dentro da molto più tempo di me.

-Sai Shirogane-kun, sono davvero molto contenta di essere stata assunta qui.- mi guarda tranquilla negli occhi, poi sorride di nuovo. –E soprattutto sono contenta di averti rincontrato! E’ stato veramente un peccato che ci siamo persi tutti di vista… da quando sono tornata dall’Inghilterra ho provato a contattare le altre ragazze, ma tolta Minto le altre si sembrano essere volatilizzate… se escludiamo Zakuro, dato che posso vederla ogni giorno in tv.- si versa un bicchiere d’acqua, poi ne beve appena un sorso.

-Anche io sono contento.- dico sottovoce, ma so che mi ha sentito. Torna a guardarmi dopo aver poggiato il bicchiere ancora mezzo pieno sul tavolo.

-Dimmi Shirogane-kun, ci sono novità? Cavoli, di anni ne sono passati…- e vorrei dirtene di cose Ichigo, nemmeno tu immagini quante. Quando la guardo bene in viso illuminata dalle luci soffuse del locale mi dico che quello è il momento giusto per dirle di Momoka. Cerco in meno di un secondo di immaginarmi l’espressione che farà non appena le dirò la notizia, ma è un completo fallimento. Non ho molta fantasia in queste cose.

-Tolto che ora lavoro qua non ci sono molte novità… Kei mi ha detto che vi siete sentiti, quindi immagino che tu sappia che il Mew mew cafè è ancora aperto.- sottolineo tranquillo e come uno sciocco mi rendo conto di non aver nemmeno accennato a Momoka.

-Sai, ero convinta che una volta tornata ti avrei trovato con famiglia e tanti marmocchi biondi che ti giravano in torno…- ridacchia.

Eh no Ichigo, ti sbagli, la mia bambina i capelli li ha corvini.

Ingoio un po’ di saliva e trattengo il respiro a quel pensiero, poi scuoto il capo: no, non era quello il momento adatto per dirle di Momoka! Ma non voglio nemmeno mentire, così sorvolo l’argomento bambini.

-Sono single.- dico tranquillo, come se fosse la cosa più scontata del mondo. Lei sospira, sembra addirittura sollevata. Sento poco dopo qualcuno che richiama l’attenzione battendo il cucchiaino su uno dei bicchieri di cristallo. Alzo gli occhi. George è in piedi, accanto al presidente.

-Buona sera a tutti!- afferma sicuro, il ragazzo inglese. Ichigo arrossisce pensando di essere stata richiamata: e questa cosa mi piace, mi piace tanto. E così tutti i motivi per cui il quindicenne Ryou si era innamorato di lei iniziano a venire a galla. Primo fra tutti la sua semplicità e quella sua voglia di fare sempre le cose come devono essere fatte: con il cuore. –Come tutti saprete l’invito del nostro presidente a questa serata è per festeggiare i suoi cinquant’anni di matrimonio… quindi penso di parlare a nome di tutti quando dico: “Auguri Signor presidente!”!- un signore piuttosto basso e dalla capigliatura bianca si alza in piedi poi fa un tipico inchino nipponico. Tutti battono le mani, qualcuno fischia. Sorrido a quella scena, poi noto la moglie del presidente, una donna anziana con i capelli bianchi raccolti in una crocchia, accogliere un bacio leggero da parte del marito.

-Che dolci.- sento dire accanto a me. Mi volto e vedo Ichigo con gli occhi lucidi e l’espressione sognante. –Shirogane-kun, pensi che prima o poi anche noi potremo avere una persona accanto per tutta la vita?- sussurra quasi, ma la sento benissimo. E la domanda sorge spontanea, ma non la dico. Dov’era finito l’amore della sua vita, quello per cui si era sacrificata? Dov’era Aoyama? Ma lei mi precede, quasi mi legge nel pensiero. E stiamo ancora parlando di lui quando la serata finisce e siamo fuori dal locale e ci stiamo avviando verso le nostre rispettive vetture.

-Aoyama-kun ed io ci siamo lasciati dopo ben sei anni…- dice mentre il vento fresco di dicembre le colora le guance di rosso. Indossa un cappotto nero ma non deve essere abbastanza pesante. Si ferma davanti ad un’auto targata F.I.A.T della quale non ricordo il nome. Forse una Panda, forse una Bravo. Non ci faccio caso, tolto il notare che è rossa, come i suoi capelli.

-E chi ha lasciato chi?- sono nervoso e vorrei avere in tasca un pacchetto di sigarette per poterne fumare almeno una e dare un taglio al nervosismo che mi sta catturando, e non ne so nemmeno io il motivo!

-Io ho lasciato lui.- dice sottovoce, le labbra rosse tremanti per il freddo o per le mille emozioni che stanno attraversando il mio cuore e il suo.

Sono stupito, l’ammetto.

-Capisco…- ma decido di non fare altre domande. E’ lei che preferisce parlarmene. Si appoggia alla macchina, poi fa un mezzo sorriso.

-Ero tornata qui in Giappone a trovare i miei parenti… e mi sono resa conto che il gioco non stava valendo la candela. Gli ho dovuto dire che volevo tornare a casa mia e la sua risposta era stata che lui stava realizzando i suoi sogni e non se la sentiva di lasciarli a metà…- sospira. –Così l’ho lasciato preferendo tornare a casa mia. Non dico che gli anni a Londra non siano serviti: ora posso contare su un ottimo inglese che mi ha dato la possibilità di trovare un impiego dopo pochissime settimane. Sai Shirogane-kun che ero stata presa anche in altre due aziende?- pare che voglia sottolineare il fatto che era stata assunta nella mia azienda per le sue capacità e non certo perché ero stato io a fare il colloquio. Sorrido, ma preferisco farglie lo notare. Ho bisogno di rompere ancora il ghiaccio con lei prima di iniziare con le mie solite battutacce. Ma la serata sta finendo e io ne sono tanto dispiaciuto. –Sai Shirogane-kun, sono dispiaciuta che la serata stia finendo…- dice tranquilla. Vorrei invitarla ancora fuori, ma sono quasi le due del mattino e Kei non può rimanere alzato fino a così tardi per tenere la piccola Momoka.

-Nemmeno io…- e con tanto dispiacere il mio cervello deve inventarsi una scusa. –Ma ora è meglio che andiamo, o domani mattina non ci alzeremo mai per andare al lavoro…- però voglio sdrammatizzare. –Almeno, io sono sicuro di alzarmi… su di te lo sarei un po’ meno!- mi volto, poi faccio un cenno con la mano. Dietro di me sento solo un “Shirogane-kun!” parecchio inacidito ma faccio solo un cenno con la mano senza voltarmi, quindi non godo nemmeno della vista della sua faccia arrabbiata.

Mi piaci tanto Ichigo, davvero.

Ma sento qualcosa che manca, un vuoto che ora come ora pare incolmabile fra me e te: una verità che non riesco a raccontarti. Un universo intero di cui non ti sto rendendo partecipe perché, dura ammetterlo, non sono in grado di accettare il fatto che ho paura del tuo giudizio.  

 

Ringrazio…

 

-Rituccia993: ma ti ringrazio tantissimo per i complimenti! Ma non posso interrompere le altre storie e dedicarmi solo a questa… non sarebbe corretto nei confronti degli altri lettori! Comunque ti prometto che non tarderò negli aggiornamenti!

 

-ValittaMomo: Ecco svelato in questo capitolo il mistero Aoyama! Il signorino ha preferito l’ecologia ad Ichigo… ma non sarà l’ultima volta in cui verrà nominato nella fic (smetto di fare anticipazioni XDXD) e per il fatto di Momoka mi è piaciuto fin dalla prima volta che l’ho sentito nominare nell’anime… e quando ho dovuto scegliere il nome della bimba è arrivato così, musicale, tenero e proprio da bimba secondo me! Momoka Somiglia moltissimo (nella mia fantasia) alla  bambina che viene fatta vevedere in un episodio dell’anime, uno dedicato a Zakuro dove c’è una bambina che è una sua fans sfegatata… non so se ricordi, ecco immagina quella bimba ma con gli occhi  azzurri! TENERA TENERA! Grazie mille per i complimenti =) a prestissimo!

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Capitolo 6
*** 05. ***


Unmarried Father

Unmarried Father

 

05.

 

Quella notte non avevo dormito per niente. Mi ero girato e rigirato nel letto senza riuscire a prendere sonno. Il fatto, poi, che sapessi il motivo della mia insonnia mi faceva andare fuori di testa. Era più di una settimana, infatti, che Ichigo non faceva altro che lanciarmi occhiatacce che non riuscivo assolutamente a decifrare. Difficile per me che ero sempre riuscito a comprendere degli animi semplici e trasparenti come il suo.  Kei, poi, non era certo d’aiuto: non faceva altro che domandarmi perché non avessi detto alla mia segretaria di Momoka e ogni giorno insisteva perché l’invitassimo a cena per presentarle la mia bambina. Ero arrivato addirittura a promettergli, senza però dirgli quando, che avrei detto tutto ad Ichigo. Ma, cavoli, non riuscivo mai a trovare un momento adatto. Penso ad una mattina di qualche giorno fa.

Ichigo seduta al tavolino del bar  dell’azienda, di fronte un cappuccino colmo di schiuma. Poso il giornale che stavo leggendo poi mi dirigo verso di lei.

-Buon giorno.- le dico semplicemente. Lei alza lo sguardo verso di me e mi osserva con aria enigmatica: non riesco proprio a capirne il motivo!

-Buon giorno Shirogane-kun.- si limita a dire, poi beve ancora un sorso della sua colazione. Noto che, stranamente, non ha comprato alcun dolce. Mi siedo di fronte a lei e il cameriere mi porta un caffè. Mi guarda. –Non ci metti lo zucchero?- domanda. Faccio di no con il capo.

-L’ho sempre bevuto amaro…- ne bevo un sorso. –Mi piace così.- lei fa spallucce poi conclude il proprio cappuccino. Noto che sembra un po’ triste e vorrei domandar glie ne il motivo. Però non ne ho il tempo: noto, infatti, che sta osservando con interesse verso la sua destra. Volgo anche il mio sguardo e vedo, con sorpresa, che fuori dalla vetrina si trova una mamma con il proprio bambino. Non deve avere più di cinque anni, infatti indossa la divisa da asilo, proprio come quella di Momoka. Sento un groppo alla gola.

-Ti piacciono i bambini?- incalzo allora. Lei si volta e arrossisce appena.

-Sì, ultimamente poi mi capita spesso di osservarli.- il suo imbarazzo la tradisce tanto che noto un tremore nella sua voce. Mi reggo la testa con la mano sinistra, osservandola. Questa volta lo sguardo enigmatico è il mio. Immagino, allora, Ichigo con un grembiule addosso pronta a preparare la cena. I capelli raccolti e l’espressione stanca in viso. Al suo fianco a terra uno, due bambini che giocano. E mi rendo conto che  la  giovane fanciulla di fronte a me non è così lontana da quell’immagine. E la voglia di essere io il padre di quei bambini mi stordisce. 

-E hai con chi farli?- ghigno poi fingo di trattenere una fragorosa risata. Lei gonfia le guance come faceva già anni fa e questo mi fa tornare in dietro con i ricordi: quasi il cuore piange di fronte a immagini sfocate, lontanissime ormai nel tempo.

-Shirogane-kun! Guarda che volessi potrei avere tutti gli uomini che voglio!- esclama irata, poi incrocia le braccia.

Un classico.

Torno ancora in dietro con la memoria e mi dico che ora tocca a me continuare con le battutacce.

-Sì certo…- mi guardo attorno. –E dove sarebbero tutti questi spasimanti?- rido ancora. Socchiudo gli occhi poi mi dico che ora, se i miei ricordi non m’ingannano, si alzerà in piedi e volgerà il proprio viso a pochissimi centimetri dal mio. E lo fa. Posso sentire il profumo della sua pelle, la fragranza leggera di un profumo che deve essere alle fragole o ai frutti di bosco. Non so, non sono bravo in queste cose. Mi trattengo a forza di fronte al desiderio di allacciare le mie labbra alle sue, ma i troppi colleghi che ho intorno mi fanno pensare che dovrei farlo in momenti un po’ più intimi. Allora m’allontano e lei improvvisamente si calma. –Dai Ichigo, stavo scherzando.- la vedo risedersi poi socchiude gli occhi. Mi guarda.

-Ehi Shirogane-kun, tu non li vorresti dei pargoletti?- domanda. Ora la mamma con il bambino fuori dalla vetrina non c’è più, ma vorrei tanto che ci fosse lei per distrarci. Prendo fiato e mi dico che finalmente è arrivato il momento di dirle tutto: almeno non dovrò sentire il fiato di Kei sul collo!

-Bè veramente…- dico sussurrando. Ichigo drizza le orecchie probabilmente colpita di fronte al mio fare così poco convinto e poco consono a me. –Io…- balbetto. Non capisco davvero che mi stia succedendo!

-Tu?- incalza allora Ichigo. Inarco le sopracciglia e dopo aver preso fiato…

-Ehi Shirogane!- sia lodato George! Si siede accanto a me e inizia a ordinare contento di poter finalmente fare quattro chiacchiere con la mia nuova segretaria.

E’ a quel punto che l’argomento cade lì e sarà una mia impressione ma vedo Ichigo piuttosto alterata.

Esco dalla doccia, abbandonando quel ricordo. Quella mattina mi sono alzato presto data la notte insonne e non ci poteva essere niente di meglio di una doccia per togliermi la stanchezza da dosso. Momoka è già seduta sul divano che consuma la propria colazione. La televisione è spenta: le ho insegnato che guardarne troppa e soprattutto appena sveglia non fa bene. Lo racconta anche a tutti i suoi compagni di classe e quasi mi fa ridere quando la vedo convinta. Non ha ancora compreso che ha un’intelligenza molto più sviluppata rispetto agli altri bambini ed ho la netta sensazione che non sarà facile farglie lo accettare. Penso, dentro di me, che mi ero reso conto subito da bambino di essere diverso: il fatto che i miei ragionamenti fossero molto più immediati ed i miei voti molto più alti me l’avevano fatto intuire. Per non parlare del poco interesse che avevo verso discorsi ed argomenti futili: preferivo un buon libro al gioco del football. Questo mi aveva sempre reso “l’escluso” per fortuna in Momoka non avevo rilevato niente del genere, anzi spesso e volentieri si faceva capo di giochi e organizzatrice di passatempi per gli altri bambini. Questo mi aveva sollevato parecchio.

Quando arrivo in ufficio sono tutti piuttosto tesi: quel giorno, infatti, si sarebbe tenuta una riunione importante, che avrebbe deciso la fusione tra la nostra azienda ed un’altra americana molto notevole. Dovevo essere convincente, spigliato ed interessato. Ovviamente io e George avevamo deciso un “piano di battaglia” ed il mio amico inglese aveva subito informato tutti che le dirigenti dell’azienda americana erano donne: quindi era meglio, secondo lui, sguinzagliare gli uomini più affascinanti! E chi aveva scelto? Ovviamente se stesso, in quanto era convinto di essere portatore di gran fascino, e me sostenendo che ero la classica bellezza modi principe azzurro. Non m’erano importati questi commenti, e avevo solo desiderato di fare bene il mio lavoro.

Quando attraverso il corridoio mi accorgo che Ichigo è già seduta alla sua scrivania: abbiamo gli uffici vicini per questo ormai è come se abitassimo assieme. Una bella sensazione, lo ammetto. La guardo e noto che indossa un maglioncino lilla piuttosto scollato. Mi piace. Le faccio un cenno con la mano poi entro nel suo ufficio.

-Buon giorno Shirogane-kun.- noto che ha parecchio lavoro, quindi faccio in fretta. Guardo di sfuggita l’orologio che ho al polso: non sono propriamente in anticipo!

-Buon giorno a te.- mi siedo di fronte a lei. –Quest’oggi avremo una riunione piuttosto importante, quindi finchè non esco per piacere non passarmi telefonate…- dico tranquillo e lei annuisce.

-Nessuna?- incalza. Annuisco.

-Nessuna.- mi alzo in piedi poi le faccio di nuovo un cenno. La sento sbuffare e non riesco ancora a farmene una ragione.

-Shirogane-kun?- mi chiama allora. Quando sono sul ciglio della porta decido di voltarmi e noto le sue guance più rosse del solito.

-Ho visto le americane… sono… sono…-

-Belle?- domando. Lei arrossisce ancora poi fa di si con il capo. Io decido di non dare importanza a questa notizia per questo faccio spallucce.

-Preferisco le orientali!- sorrido poi faccio nuovamente per andarmene. Effettivamente mi rendo conto di averle fatto, anche se in maniera indiretta, un complimento. Me la immagino mentre arrossisce di nuovo, di un rossore non di timidezza ma di sorpresa.

Ichigo, ti ho mai fatto un complimento vero e proprio?

Mi rispondo di no per questo entrando nella sala delle riunioni mi dico che dovrà essere una delle

prime cose che farò prossimamente. 

La riunione procede bene: le americane si rivelano due sensuali donne dalle forme al punto giusto e dai capelli lunghi e fluenti. Noto una delle due che mi dona parecchie occhiate ma faccio finta di non notarla e continuo a leggere il progetto di fusione in accordo con George ed il nostro presidente.

Il tempo sembra non passare: ogni cinque minuti guardo l’orologio e agli altri forse devo dare l’impressione di avere qualcosa di urgente da fare, quindi, il prima possibile. Eppure impegni importanti non ne ho, ma una sensazione strana mi sta prendendo e mi fa sentire preoccupato. Chiudo gli occhi: devo stare calmo.

Dopo ben tre ore di accordi e trattative finalmente riusciamo a trovare un punto d’incontro. Quando le americane escono dalla sala George apre le cinque dita.

-Give me five!- esclama tutto contento e non posso fare altro che ricambiare il cinque. Mi abbraccia, sembra davvero contentissimo: forse perché questo contratto gli frutterà un’ennesima barca da arenare in un porto di qualche isola costosa? Mi dico di sì poiché leggo proprio questo al fondo dei suoi occhi scuri. Pochi attimi e sento qualcuno bussare alla porta. E la segretaria del presidente che, timidamente, richiede la mia attenzione.

-Sì?- dico. Lei abbassa la testa e pare piuttosto preoccupata.

-Mi ha detto la signorina Momomiya…- ecco, ecco la sensazione strana da dove veniva! Me lo sentivo.

-Cosa le ha detto?- vengo in avanti con il busto e George si spaventa: effettivamente la mia reazione deve apparire piuttosto strana. Cerco di darmi una calmata: ammetto di stupire anche me stesso. La segretaria arrossisce poi si aggiusta gli occhiali sul naso.

-A quanto pare la sua bambina è stata male… e la signorina Momomiya è andata a vedere se aveva bisogno. Però può stare tranquillo, è tutto sotto controllo!- mi alzo in piedi: la preoccupazione per Momoka e la terribile faccia delusa di Ichigo che avrei dovuto vedere tra non molto si mischiano nel mio stomaco e quasi mi viene da svenire. Il viso deve essermi diventato una maschera di preoccupazione perché sento la mano di George raggiungermi la spalla.

-Tranquillo, va pure!- mi dice con voce rassicurante. Mi volto poi gli cedo uno sguardo di gratitudine. Ci metto poco a salire in auto. Osservo il cellulare: cinque chiamate senza risposta! Vedo che è Kei, quindi lo richiamo.

-Pronto?- la sua voce dall’altra parte è tranquilla e questo mi fa passare il batticuore, almeno per la mia piccola.

-Pronto Kei, ho saputo di Momoka…- sussurro poi ingrano la marcia. Dall’altra parte il mio amico sospira.

-Tranquillo, ha solo qualche linea di febbre. Ora è qua al caffè… Ichigo mi ha chiamato tutta preoccupata.- prendo la strada per il caffè poi, nervosamente, decido di chiedere che reazione abbia avuto la rossina.

-Dov’è lei?- domando per indagare.

-E’ qua al caffè… ha addormentato Momo-chan, credo che tra poco scenderà qua in cucina.- guardo l’orologio: sono le due del pomeriggio, il che indica che al caffè non ci deve essere molta clientela.

-Cinque minuti e sono lì.- dico freddamente e il mio amico mi saluta. Poggio entrambe le mani sul volante e inizio a picchiettare nervosamente con le dita: sento che non sarà un pomeriggio tanto facile.

Quando varco la soglia del caffè noto che ci sono solo due clienti sedute al tavolino e Keiichirou ha appena portato loro due tazze fumanti di caffè e due fette della sua speciale torta alle castagne. Cerco di scaldarmi le mani infreddolite poi mi avvio verso la cucina con passo spedito. Appendo il cappotto all’appendiabiti poi vedo il mio amico versare del caffè in una tazza.

-Tieni.- e me la porge. –Credo che ti debba scaldare!- premuroso come al solito. Nonostante il nervosismo decido che devo essere gentile con Kei: in fondo sta facendo tutto questo per me! Afferro la tazza e inizio a bere: il mio amico sa già che io lo bevo amaro il caffè.

-Momoka dorme?- domando appoggiandomi al tavolino della cucina. Kei annuisce.

-Sì, Ichigo non è ancora scesa… non so cosa stia facendo!- esclama il mio amico, poi abbassa lo sguardo. –Era molto, molto preoccupata…- dice con aria desolata e questo mi stupisce.

-Che intendi?- piego la testa su di un lato, poi poggio la tazza sul tavolo. Il  mio amico mi guarda dritto in faccia, poi rivolge nuovamente lo sguardo altrove: sembra non trovare le parole.

-Aveva la faccia preoccupata quando è arrivata qui… era andata a prendere lei Momo-chan all’asilo perchè aveva risposto lei alla chiamata in ufficio... ma non avendo firmato nessun documento per prenderla… non hanno voluto lasciarglie la… così è venuta qua pregandomi di andare con lei perché tu non potevi essere disturbato. Ormai all’asilo mi conoscono e Momoka è venuta con me senza alcun problema. Ci hanno detto che aveva qualche linea di febbre e con il freddo che fa non sarebbe stato un bene per la piccola rimanere a scuola.- conclude il mio amico e io finisco anche la mia tazza di caffè. Ora mi sento accaldato. Immagino Ichigo con le guance rosse che corre qui al caffè, con aria stupita parla a Kei dell’accaduto poi sfrecciano insieme all’asilo. Immagino Ichigo che si chiede perché non le ho detto che sono padre. Poi la immagino che si pone tante domande alle quali non riesce a dare una risposta. In fine decido di raggiungerla e di affrontare una buona volta le mie responsabilità. –Non è arrabbiata.- dice Kei mentre mi avvio verso il piano superiore. Mi volto e con un sorriso lo ringrazio.

So già che Momoka dorme in quella che anni fa era camera mia. Resa un po’ più adatta ai gusti di una bambina, non sembra più la vecchia stanza spartana decorata solo da un letto ed un computer. Ora peluches di tutti i tipi e tendine rosa la rendono più simile ad una sala-giochi. Apro la porta cercando di fare piano. Sono sicuro che Ichigo sia andata da qualche altra parte perché nel corridoio del piano superiore non l’ho vista. Tuttavia l’immagine che mi trovo davanti mi lascia senza fiato.

Pareti rosa confetto. Tendine in tinta e la neve di dicembre che si fa intravvedere dai vetri. Cielo azzurro macchiato di bianco. E là, a destra, un letto. Una piccola bambina che dorme beata e al suo fianco, seduta, una giovane donna. I capelli rossi scivolano lungo le spalle esili, il maglioncino lilla di questa mattina in dosso. Si volta e la giovane donna ha un viso d’angelo. Mi guarda e con grande sorpresa non leggo rancore nei suoi occhi. Si limita a sorridermi e a fare cenno con il dito di fare silenzio. Poi mi soffermo sulle sue labbra. E desidero baciarle, come mai nessun uomo ha voluto fare per una donna. E le vedo insieme. E mi sembrano due esseri sovrannaturali per quanto sono belle e meravigliose. E rimango sul ciglio di quella porta, le braccia penzoloni e un mezzo sorriso stampato in faccia.  

Devo sembrare uno stupido!

Vedo Ichigo cedere un’ultima occhiata a Momoka, poi le sistema meglio la coperta. Mi accorgo che si sta accertando che la piccola stia dormendo. Poi finalmente si alza e mi raggiunge. Sempre silenziosamente mi spinge per scherzo fuori dalla camera poi chiude la porta alle nostre spalle. Non so cosa dire.

-Ora sta bene.- dice rassicurante. –Le ho misurato la febbre poco fa ed era scesa… credo che il tè caldo di Kei e qualche altra tachipirina risolveranno tutto!- sorride poi si passa una mano tra i capelli.

-Grazie.-  dico solo. E non riesco a chiederle perché non mi odia. Mi domando dove sia finita la vecchia Ichigo che vuole avere tutte le risposte, curiosa di tutto e di tutti. Ma ora

 vedo solo una donna poco più che vent’enne attraversare il corridoio del caffè senza gli stivali con il tacco in dosso che, probabilmente, avrebbero fatto troppo rumore. La seguo sino in cucina.

-Spero che non mi detrarrai questo giorno dalle ferie!- esclama ridente mentre Kei le offre un pezzo di torta. E la situazione mi sembra così strana: la guardo mentre mangia golosa, mentre beve il tè. La guardo mentre scambia battute con Kei e arrossisce per gli ennesimi complimenti del mio amico moro.

-Certo Ichigo che ti sei fatta veramente bella!- sento dire dal mio amico e io non potrei che dire di sì. Poi mi ricordo che avrei dovuto farle un complimento al più presto perchè l'avevo inserito tra i doveri di quel giorno.

-Bellissima.- sussurro fra me e me ma so che lei mi ha sentito. Si volta in mia direzione e sorride gentile.

-Grazie, Shirogane-kun.- e la rispetto, e l’adoro perché non mi fa domande.

-Ora vado a servire…- dice Kei uscendo dalla cucina.

-Se hai bisogno di una mano… conosco il mestiere!- Ichigo fa l’occhiolino e Keiichirou le sorride.

-Lo so Ichigo, grazie!- ed esce. Quando rimaniamo soli mi sento in dovere di affrontare il discorso Momoka.

-Senti Ichigo…- inizio a dire, ma lei m’interrompe.

-Sì, mi sto chiedendo perché mi hai tenuto tutto nascosto…- sussurra terminando il proprio pezzo di torta. –Ma ho immaginato che non fosse una cosa facile da dire per te…- annuisco. –Non ho chiesto niente ad Akasaka-san… desidero che sia tu a dirmi tutto quello che desideri… perché non credo che Momoka sia stata adottata…- sospira, sembra sognante. –L'ho capito subito... perché ha i tuoi occhi.- e la vedo strana. Appoggio entrambi i gomiti sul tavolo e la osservo. Mi sento come anni fa quando la guardavo ore ed ore mentre serviva ai tavoli energica e bella come sempre. E mi dico che è rimasta più o meno simile a quell’immagine: solo i capelli un po’ più lunghi e un seno più evidente al di sotto della maglietta. Ancor più desiderabile insomma.  

Quando si offre di venire a casa con me e Momoka sono contento. La piccola dorme tra le sue braccia avvolta in una calda coperta.

-Ha smesso di nevicare.- dice poi Ichigo sedendosi al tavolino del salotto. Momoka dorme in camera sua, spero che si riprenda presto. Guardo Ichigo e mi dico che sarebbe ora di dirle tutta la verità, senza tenermi niente dentro. E il ricordo di Nency mi travolge come un fiume che straripa, perché sarebbe la prima volta che parlo di lei ad una persona che non sia Akasaka Keichirou mio migliore amico. Però la donna di fronte a me desidero immensamente diventi la madre che la mia piccola Momoka non ha mai avuto, perché sento dentro di me che potrebbe donarle lo stesso amore.

Quindi, finalmente, prendo coraggio.

 

Ciao a tutti!! Eh si... vi lascio un po' in sospance ma vedrete che nel prossimo capitolo ne vedrete ancora delle belle!

 

Ringrazio...

 

-Fantasy991: ciao! Ho aggiornato il prima che ho potuto... fra vacanze, altre fic ed impegni vari purtroppo aggiorno quando riesco! Comunque ti ringrazio per i tuoi complimenti e spero di rileggerti presto!

 

-Serenity_Moon: dal tuo commento penso di averti stupito di fronte alla reazione incredibile di Ichigo... ma come puoi notare pure Ryou è rimasto senza parole! O_O ma tranquilla, tutto ha una spiegazione... e prima o poi uscirà fuori! Ops... troppe anticipazioni! Un bacione grande grande!!

 

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Capitolo 7
*** 06. ***


Unmarried Father

 

 

Unmarried Father

 

06.

 

Un ricordo. Un ricordo che ancora fa male, perché ha lasciato una ferita che non si rimarginerà mai.

-Ho dimenticato di dirti una cosa.- poggia la mano sul ventre gonfio, una mano piccola e gentile. Ryou alza gli occhi su di lei. La ragazza lo ricambia, pensando che non ha mai visto degli occhi così belli e che vorrebbe tanto che la bambina che ha in grembo li avrà uguali e identici. Sorride fra sé la giovane donna, prendendo in giro se stessa. –In realtà non l’ho dimenticato, l’ho saputo da poco e sto cercando le parole per dirtelo…- Ryou diviene improvvisamente impaziente: Nency, in quei pochi mesi che aveva iniziato a frequentarla, non era mai stata una persona enigmatica.

-Nency, che succede?- domanda allora il biondo. Si è reso conto che deve preoccuparsi. Delle leggere lacrime scorrono sulle guance rosee di lei, facendo preoccupare sempre più il biondo. Le parole le si fermano in gola, non vogliono, non riescono ad uscire. Nency chiude gli occhi, singhiozzando. –Tranquilla…- le sussurra lui, entrambe le mani sulle esili spalle. Nonostante a legarli fosse una bambina, non erano soliti avere troppi contatti fisici. Perché Ryou aveva deciso di rispettarla e non voleva fare finta di amarla ed era stato chiaro con lei: niente rapporti.

-Io…- Nency si ferma, alza gli occhi scuri su quelli chiari di lui. E mentre dentro di sé si dice che lo ama, e che oltre a voler rimanere su quella terra per vedere crescere la sua bambina, vorrebbe tanto rimanerci per insegnarli ad amarla. E questo la fa stare ancora peggio. Ma finalmente trova il coraggio. Un coraggio che le fa male al cuore, perché è tutto difficile, troppo difficile. –Ryou-kun… sto morendo!- ed esplode. Cade tra le sue braccia e lui, attonito, non può fare altro che stringerla a sé. Un corpicino esile, una donnina che aveva stretto tra le braccia solo una volta eppure gli stava donando una creatura.

 Ryou non può fare altro che accettare il fatto che avrebbe dovuto crescere Momoka tutto solo, perché la malattia di Nency non avrebbe permesso alla giovane di sopravvivere alla gravidanza. Per questo le era stato vicino sin quando dopo aver dato alla luce la piccola Momoka il respiro le si era mozzato, e con un sorriso aveva dichiarato di essere felice, perché aveva avuto il tempo di guardare in faccia quel piccolo pargoletto che per nove mesi aveva occupato un posticino dentro al suo corpo.

-Ha i tuoi occhi…- aveva detto affannata. Ryou le aveva stretto la mano, con aria di consenso. Il viso stanco della giovane lo spaventava. Nency aveva aperto leggermente la bocca per dire qualcosa. –Ryou-kun… io…- ma Ryou-kun non seppe mai cosa voleva dirgli. Aveva chiuso gli occhi e non li aveva più riaperti la bella Nency, dolce e coraggiosa come poche donne sarebbero riuscite ad essere in quella situazione.

-Ichigo ha le lacrime agli occhi quando termino il mio racconto. Sollevo le palpebre e noto le gocce salate che rotolano giù lungo le sue guance bianche. Trattiene a stento i singhiozzi e so che sta piangendo non solo per me, ma anche per Nency.

-Sono passati cinque anni ormai…- dico fingendo che ormai la cosa non mi tocca più, anche se recito malamente. Lei mi si avvicina, poi mi stringe le mani. I suoi occhi sono vicini ai miei.

-Shirogane-kun…- dice ancora, e non posso trattenermi: passo un dito sulla sua guancia, cercando di terminare quel fiume di lacrime. –Tu hai un difetto, un difetto grande.- si inginocchia accanto a me. Una mano stretta nella mia, l’altra, invece, l’ha poggiata sulla mia, di guancia.

-Quale sarebbe?- abbasso la mano dal suo viso, poggiandola a terra, sulla mouquette scura del salotto. Lei sorride leggermente, fa uno strano effetto con il volto bagnato di lacrime.

-Ti dai sempre troppo per gli altri, e non pensi mai a te stesso…- abbassa lo sguardo. –E’ per questo che…- ma non finisce la frase. Pare trattenersi improvvisamente e questo mi dispiace perché ho la netta sensazione che stava per dirmi qualcosa di molto importante. –Ora ti stai dando tanto per Momo-chan…-

-E’ naturale, è mia figlia.- le stringo più forte la mano che è ancora intrecciata alla mia. Dopo questa mia affermazione rialza lo sguardo.

-Hai ragione, ma io  continuo a pensare che tu sia infinitamente generoso…- finalmente le lacrime cessano di sgorgare, ed è bella, tanto bella. –Shirogane-kun…- mi costringe a guardarla di nuovo. E poi fa ciò che mai mi sarei aspettato da lei.

Mi bacia.

Un bacio leggero, a fior di labbra. Pare quasi una carezza, così timido ed addirittura indifeso. Ichigo arrossisce, poi si alza in piedi. Mi sorride.

-Ora è meglio che vada.- si avvia verso il salotto. Io mi alzo in piedi, nel farlo quasi barcollo. La seguo e quando sono in corridoio lei ha già infilato il cappotto ed ha la sua borsa in mano.

-A domani.- le dico semplicemente. Lei alza lo sguardo su di me, e pare grata del fatto che non le chiedo spiegazioni. Mi saluta distrattamente poi sparisce dietro la porta d’ingresso.

Quando è fuori mi appoggio al muro. Mi sono portato una mano sulla fronte e mi rendo conto che è bollente: pare che sia venuta la febbre anche a me. Lo specchio posto proprio di fronte alla mia figura mi suggerisce  che ho una faccia sconvolta: ma chi non l’avrebbe? Ichigo mi ha baciato! E quando mi scosto dal muro mi chiedo dove sia finita la timida Ichigo. Quella che arrossiva per una stretta di mano o uno sguardo troppo insistente. E quando raggiungo la mia stanza, fischiettando, mi dico che non m’interessa, perché la Ichigo di adesso mi piace comunque  tantissimo!

 

Finalmente sono riuscita a postare questo sesto capitolo! Chiedo scusa se  è così breve, ma questo è il primo vero avvenimento importante della fic (il dolce kiss *_*) ed ho voluto lasciargli spazio… quindi per ora accontentatevi ^_^ le idee ci sono, il tempo manca ma comunque aggiornerò, state certi!

Ringrazio chi ha commentato e chi legge. Un bacione!

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Capitolo 8
*** 07. ***


Unmarried Father

 

Unmarried Father

 

07.

 

Come fanno le madri quando devono stare a casa perché i loro figli stanno male, così ho dovuto fare anche io. Per tre giorni sono rimasto a casa dal lavoro, perdendomi completamente lo sguardo di Ichigo ed anche la possibilità di poterle parlare. Certo, non avrei iniziato ad intraprendere un’infinità di chiacchiere sul nostro bacio, ma avrei tentato di carpire un qualunque segnale da parte sua. Invece no. Trascorso il fine settimana il lunedì mattina Momoka è pronta per andare a scuola, borsetta gialla a tracolla e grembiulino azzurro in dosso. Mi aveva chiesto più volte di Ichigo ma io, da stupido quale sono, non avevo mai avuto il coraggio di domandare alla mia segretaria di venire a trovare la piccola.

-Oggi verrai alla recita?- chiede la mia bambina mentre l’accompagno all’asilo. Annuisco contento.

-Non me la perderei per nulla al mondo.- e la stringo a me. La lascio con un bacio ed un sorriso e lei a sua volta ricambia il mio gesto. Sono sicuro che sarà fantastica questa sera: questa sarà la sua ultima recita di Natale all’asilo perché il prossimo anno inizierà la scuola elementare.

Fischiettando mi dirigo verso la macchina e quando torno in ufficio sono inondato di domande su come stia la mia bambina. Rispondo cordialmente, per la prima volta contento delle infinità di attenzioni che mi vengono rivolte. Sento, poi, bussare al mio ufficio. Ichigo entra tranquilla e mi rivolge un sorriso cordiale. Ha le labbra macchiate di lucidalabbra e subito mi viene voglia di baciarle, di nuovo. Oltre ai documenti da portarmi in mano ha un caffè caldo ed ancora fumante.

-Buon giorno Shirogane-kun.- mi sorride. Oggi è vestita in maniera a dir poco fantastica: le gambe snelle fasciate da un paio di calze sottili ed ai piedi un paio di stivaletti bassi. In dosso inoltre porta un maglioncino bianco con lo scollo a v. Semplice come piace a me. Si accorge che la sto osservando e per questo arrossisce.

-Buon giorno a te, Ichigo.- le dico, poi indico la sedia di fronte a me. –Per piacere, siediti un po’; tanto oggi non c’è molto lavoro da fare.- annuisce poi si siede incrociando le gambe. Mi guarda porgendomi il caffè. Ora è un po’ più a suo agio. –Volevo ringraziarti per l’altro giorno.- fa un cenno con le mani, interrompendomi.

-Su Shirogane-kun, sta tranquillo e smettila di ringraziarmi! Sono sicura che tu avresti fatto lo stesso per me!- fa l’occhiolino e con difficoltà riesco ad interpretare questo gesto. Anzi: in realtà non riesco ad interpretarlo per niente.

-Bè…- dico allora mentre un’idea mi balena nella testa. –Momoka si è molto affezionata a te e credo le farebbe piacere se tu questa sera venissi alla sua recita all’asilo.- le parole mi muoiono in gola: sono sicuro che qualunque sarà la sua risposta sverrò sul colpo. Ma annuisce e sorride come fa sempre lei. E’ emozionata.

-Oh Shirogane-kun, sono così contenta di esserle simpatica!- dice congiungendo le mani. –Solitamente i bambini mi odiano!- esclama ancora, gli occhi accesi di una luce che non conosco, ma che mi piace tanto. Si alza in piedi  riavvicinando poi la sedia alla scrivania. –Verrò con piacere. Dammi un posto ed un orario e io mi farò trovare lì.-

-Che ne dici se ti venissi a prendere?- oggi mi va veramente di azzardare. Lei annuisce. –Allora davanti a casa tua alle 18.30?- chiedo.

-Va bene.- dice avvicinandosi alla scrivania e prendendo un foglio. Vi scarabocchia qualcosa sopra poi me lo porge. –Questo è il mio nuovo indirizzo… sai Shirogane-kun, ora sono grande… e vivo da sola!- ridacchia poi lascia l’ufficio. Poggio il mento su entrambi i palmi delle mani: credo che Kei andrà in visibilio nel sapere questa notizia!

Alle 18.30 sono sotto casa sua. Picchietto le mani sul volante e stranamente sono tranquillo. Il pensiero che verrà verso la mia auto sorridendo e che viaggeremo entrambi insieme verso l’asilo mi riempie il cuore di felicità. E l’immagine di Ichigo al mio fianco anche per il resto della mia vita si

 

 

allarga sempre più, quasi fosse un sogno che pian piano si realizza. Chiudo gli occhi poi sento un rumore di passi all’esterno. Nonostante la pioggerella capricciosa che ha iniziato a cadere Ichigo non ha l’ombrello. Indossa un giaccone nero lungo sino al ginocchio e gli stivaletti di questa mattina le fasciano i piedi. I capelli li ha legati in una coda alta che le risalta graziosamente il viso. Sale in macchina contenta.

-Ciao Shirogane-kun!- esclama. Siamo pronti per partire. Momoka non sa della venuta di Ichigo e sento che le farà un gran piacere.

Quando siamo tutti seduti e pronti per seguire la recita Ichigo pare una delle tante mamme pronte a seguire i loro bambini: per la prima volta le maestre di Momoka mi vedono accompagnato da una ragazza e sembrano un po’ infastidite da questa cosa. Faccio spallucce mentre Ichigo sembra non accorgersi di niente. Kei come al solito ha gli occhi lucidi: ogni piccolo traguardo della mia bambina è per lui fonte di grande gioia. Io ed Ichigo lo prendiamo in giro per tutta la serata mentre ogni parola pronunciata da Momoka durante la recita pare essere degna di una star del cinema.

-Diventerà senza dubbio un’attrice!- dichiara il mio amico pasticcere mentre Momoka ed il resto della sua classe fanno l’inchino e accolgono tutti gli applausi che vengono loro rivolti per la fine della recita. Ammetto che la grande memoria della mia piccola l’aiuta in molte occasioni, compresa quella di questa sera. Le è stata assegnata la parte più lunga proprio perché imparare una battuta in più o una in meno non le faceva la minima differenza.

-E’ davvero una bimba dalle mille qualità.- sorride Ichigo rivolta a Keiichirou che ha ancora gli  occhi lucidi. Entrambi annuiamo: anche io sono orgoglioso della piccola Momoka. Quando ha terminato il suo momento da star ci raggiunge tutta contenta. Guarda prima me, poi Ichigo ed una luce strana le inonda gli occhi. Pare che io la veda nitidamente quell’ombra, come se la stessa Momoka volesse farmela percepire, quasi toccare con mano. E lo fa soprattutto quando si getta al collo di Ichigo e le dona un bacio sulla guancia. –Sei stata fantastica!- dichiara la rossina mentre un gruppo di bambini inizia a cantare una canzone di Natale. Lo sfondo è davvero meraviglioso. Momoka stretta tra le braccia di Ichigo che le sorride dolcemente. Una mano tra  i capelli morbidi della mia bambina, gli occhi accesi e contenti. Nonostante non vi sia la minima somiglianza sembrano davvero mamma e figlia. Kei si accorge del mio incanto e per questo mi mette una mano sulla spalla.

-Sono davvero meravigliose, non trovi?- dice come se mi stesse leggendo nel pensiero. Annuisco. –So cosa stai pensando, e credo sia giusto: Ichigo sarebbe una mamma perfetta per Momo-chan.- sussurra sorridendo il mio amico che, pochi secondi dopo, si alza in piedi e ruba la mia bambina dalle braccia di Ichigo per poi farla volteggiare come fosse una piccola fata. –Sei stata una vera principessa!- esclama il mio amico. Momoka ride, incredibilmente contenta. La sua risata accende sempre il mio cuore di padre di una gioia immensa, che spesso e volentieri mi si colora in volto. Questo me l’ha fatto notare Kei tante volte ed incredibilmente se ne accorge anche Ichigo che mi sorride.

-Quando la guardi il tuo viso diventa così felice…- dice sognante.

-Le voglio un bene infinito.- dichiaro assolutamente convinto, poi mi alzo in piedi.

-Papà, possiamo andare a bere una cioccolata calda dallo zio Kei?- chiede la piccola mentre lo “zio Kei” annuisce alle sue spalle.

-Va bene.-

E la serata trascorre  così: con momoka che non si stacca nemmeno un secondo da Ichigo che a sua volta accoglie piena di gioia ogni sua richiesta o gesto affettuoso. La rossina mi fa notare il suo piacere nello stare con la mia bambina e questo mi rende estremamente contento. E più la guardo più penso che il mio sentimento nei suoi confronti non è così unilaterale: forse una possibilità c’è e si sta allargando sempre di più nel mio cuore speranzoso.

Spero, allora, che il Natale risolva ogni mio dubbio con la sua incredibile magia.   

 

Ringrazio…

 

-Serenity_Moon: avere almeno una commentatrice per la mia storia mi riempie il cuore di gioia e mi dà la voglia di portare avanti questa fic… quindi grazie mille ^_^ grazie anche per i tuoi fantastici complimenti, spero davvero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Ormai ho solo una cosa in mente per questa storia: la dolcezza… nient’altro! Bacissimo… ci sentiamo presto!

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Capitolo 9
*** 08. ***


Unmarried Father

Ciao a tutti! Se siete arrivati a leggere l’ottavo capitolo di questa storia vuol dire che in fondo in fondo vi è rimasta un po’ nel cuore. Vi dico sin da subito che è quasi al termine… non avevo avuto in programma che sarebbe stata così corta, ma da come hanno preso piega gli eventi nella mia testa vi dico che non ci saranno ancora più di due capitoli. Sì… 10 tondo tondo! Intanto leggete questo capitolo… e ditemi che ne pensate!

I ringraziamenti al fondo.

Buona lettura! Euterpe_12

 

 

Unmarried Father

 

08.

 

Il Natale è sempre stato un periodo particolare nella mia vita. Il mese di dicembre non mi è mai piaciuto particolarmente con tutto quel freddo e quei vestiti a strati da dover indossare. Ma la cosa peggiore, negli ultimi anni, è sempre stata la vigilia di Natale: tutti i bambini e le famiglie unite ed io che mi scervellavo, negli ultimi cinque anni, per dare un Natale “normale” alla mia piccola bambina.

Perché l’unico straccio di famiglia che mi è rimasta su questa terra è rappresentata totalmente da lei.

Avvolgo il cappotto scuro lungo il mio petto, cercando e ricercando qualcosa di bello da regalare a Momoka per Natale. Keiichirou ha già svaligiato un negozio di vestiti: nell’impacchettarli credo ci abbia messo minimo due ore! Per questo mi dico che sarebbe bello farle un regalo speciale, che sottolinei il suo essere così unica e speciale. E quando mi fermo davanti ad una libreria un’idea inizia a balenarmi nella mente, così limpida eppure ancora piena di dubbi.

-Zio Kei…- quando entro al caffè mew mew sento la voce della mia bambina sussurrare piano. –Allora, glie lo chiederai a papà quando arriva?- entro in cucina e Momoka subito si zittisce. Ha una mano davanti alla boccuccia e le sue piccole guance si sono colorate di un tenero rosso. Sorrido. Mi è difficile non farlo quando viene colta in flagrante in qualche suo “geniale” piano.

-Cosa dovresti chiedermi, Kei?- domando fingendo indifferenza. Mi piego su Momoka accogliendo un suo piccolo bacio sulla guancia, poi alzo gli occhi sul mio migliore amico che sorride benevolo.

-Momoka mi ha pregato di farti una richiesta.- il mio amico abbassa lo sguardo sulla piccolina che arrossisce ancor di più. Lei però annuisce, cercando di imitare un’aria risoluta. –Allora piccolina, glie lo chiedo?- dice ancora. Momoka annuisce di nuovo.

-Cosa sarà mai?- domando appoggiandomi al tavolo. Kei sorride ancora.

-Momoka desidera avere Ichigo qui alla vigilia di Natale.- sussurra il mio amico mentre quasi il cuore mi si ferma nel petto.

-Ichigo-chan è così buona e gentile!- dice allora la piccolina quasi si volesse giustificare. Arrossisco. Stranamente questa grande consapevolezza dell’affetto di Momoka nei confronti di Ichigo mi riempie l’anima di gioia. Mi inginocchio accanto a la piccolina, poi le poggio una mano sul capo.

-Certo, ma bisogna vedere se lei potrà esserci.- dico pensieroso. –Che ne dici di farle un invito speciale?- propongo.

-Un invito speciale?- ripete lei incerta.

-Sì.- annuisco. –Un bel bigliettino in cui le chiedi di trascorrere con noi la vigilia.- Kei è entusiasta.

-Certo, e potremmo disegnare una bella torta instile natalizio sul davanti!- esulta il mio amico mentre sul viso della piccola Momoka si fa largo un meraviglioso sorriso. E’ contenta. So che un’idea simile non può fare altro che approfondire ancor di più le sue aspettative ed affetto verso Ichigo e ciò mi rende ancor più contento. –Allora mettiti al lavoro: per domani mattina voglio un bel bigliettino pronto da poterle consegnare!-

L’invito è tutto rosso. Sul davanti una scrittura incerta, fonte di una bambina che, in vero, a quell’età non dovrebbe ancora saper scrivere. Ma Momoka ha sempre voluto imparare. Sin da quando aveva solo tre anni mi aveva manifestato il proprio fastidio nel non poter leggere “la scrittura dei grandi” come la chiamavano lei e i suoi amichetti: così le avevo insegnato i rudimenti della scrittura. Ovviamente aveva impiegato molto poco per imparare, per questo per lei non era stato difficile scrivere quel semplice bigliettino. Sul davanti dell’oggetto troneggia una bella torta di fragole e sotto la scritta in blu “invito”. Una volta aperto il bigliettino figura una tavola imbandita e poi l’invito: “Zio Kei, Ryou e Momoka ti invitano con tanto piacere alla loro festa per la vigilia di Natale, con tante cose buone da mangiare!”

Ichigo lo guarda mentre troneggia sulla sua scrivania, incerta.

-Momoka mi ha chiesto di dartelo.- sorrido e non appena sente le mie parole Ichigo prende in mano l’oggetto e lo scruta prima sul davanti poi, incuriosita, lo legge. Giurerei che ha gli cchi lucidi: di contentezza, ovvio. Annuisce felice, sorridendo ampliamente. E’ sinceramente emozionata.

-E’ davvero un piacere per me!- esclama poi si alza in piedi. Riabbassa lo sguardo sul bigliettino che stringe ancora tra le mani, poi pare indecisa sul da farsi. Prima, però, si schiarisce la voce. –Hai davvero un angioletto in casa.- sorride di nuovo. Poi si stringe a me, velocemente, per quasi un battito di ciglia. –E sono contenta di piacere a quel piccolo angelo.- si risiede donandomi lo spettacolo della sua emozione.

-Grazie a te.- non specifico per cosa, forse perché dentro di me so benissimo che lei comprende le mie parole più di qualunque altra persona sulla terra. Aggiusto la manica della giacca accarezzando quel pensiero, poi mi avvio per i lunghi corridoi dell’ufficio: è da tanto che non sto così bene.

La vigilia di Natale è il momento più amato da tutti i bambini. Giocattoli, gioia, dolci ed un sacco di regali da scartare nella notte più magica dell’anno. A differenza di me, Momoka ama molto il Natale. Non lo collega a brutti ricordi e di questo sono infinitamente contento. Mi aggiusto al meglio davanti allo specchio, dando una sistematina ai capelli e poi mi sciacquo la faccia: sono pronto per uscire. Momoka indossa un abitino rosso di velluto, un paio di calze lunghe spesse spesse ed ai piedi ballerine lucide con il cinghietto.

-Sei bellissima!- esclamo guardandola.  Tra i capelli le appunto un cerchietto rosso come il vestito, perfetto per mettere in risalto i suoi lucenti capelli corvini. Fa una giravolta, ridendo.

E’ così dolce ed avvolgente, la sua risata.

Ci mettiamo in macchina e Momoka non fa altro che parlare dei dolci buonissimi che lo zio Kei ha promesso di prepararle.

-Sai che cucinerà anche la crostata con la marmellata?- domanda tutta contenta. –E’ il mio dolce preferito!-

-Lo so.- dico tranquillo mentre la radio fa sentire i canti di Natale. La città è interamente bianca grazie alla nevicata della notte precedente. Agli angoli delle strade dei Babbo Natale improvvisati suonano gioiosi delle campanelle, con le barbe bianche finte appese alle facce rotonde e la risata avvolgente. Alcuni raccolgono fondi da donare agli ospedali, altri si limitano a salutare la gente.

-Papà?- mi chiama Momoka.

-Sì?-

-Sai che sono molto felice che Ichigo sarà con noi questa sera?- dice contenta. Mi guarda dritto negli occhi. E ripenso al bigliettino che Ichigo mi ha dato proprio due giorni fa, per ricambiare il gesto della mia piccolina. Un bigliettino tutto blu, questa volta, dove con parole gentili la ringraziava e accettava con gioia il suo invito.

-Bene.- dico io facendo finta di concentrarmi sulla strada. Ma Momo-chan è furba e intuisce subito il mio disagio.

-Papà?- mi volto indispettito: in un solo tragitto in auto mi ha richiamato un mucchio di volte!

-Sì?-

-Tu vuoi bene ad Ichigo?- chiede. L’auto frena a causa di un semaforo, ma non è l’unica cosa che si ferma. Deglutisco: so bene che la piccolina è in grado di comprendere un mucchio di cose anche solo dall’inclinazione della voce. Per questo rifletto: forse è meglio dirle la verità.

-Le voglio molto bene.- la verità mi rende più rilassato. La macchina riprende la propria marcia.

-Ne sono contentissima!- esulta, addirittura batte le mani.

-Come mai questa reazione così felice?- arriviamo davanti al caffè e Momoka si toglie la cintura.

-Perché così può diventare la mia mamma.- sorride, poi abbassa lo sguardo. Probabilmente si è imbarazzata nell’esprimere così esplicitamente il proprio desiderio. –Papà, la vorrei tanto una mamma. Anche se ti voglio tanto, tanto, tanto, tanto bene!- ha gli occhi un po’ lucidi, ma non scoppia a piangere. Mi apre il suo piccolo cuore gentile e questo non posso che apprezzarlo. L’abbraccio forte.  Le bacio più volte la piccola nuca scura, accarezzandole dolcemente le lunghe ciocche.

-Anche io ti voglio tanto bene, e prima o poi avrai una mamma.- credo che Momoka dentro di sé desideri che quella mamma sia proprio Ichigo, ma ha finito le riserve di coraggio e non me lo confessa. Tuttavia percepisco questa piccola verità dai suoi occhi ora un po’ lucidi e dalle sue piccole labbra che si posano gentili sulla mia guancia.

Ci avviamo mano nella mano verso il caffè mew mew e quando apriamo il grosso portone una ventata di profumi ci avvolge.

-Che profumino!- esclamo senza riserve. Poggio una mano all’altezza dello stomaco e Momoka mi imita. Ci fissiamo poi scoppiamo a ridere: i nostri stomaci hanno brontolato nel medesimo istante! Alcuni passi si fanno sentire dalla cucina. E proprio in quell’istante vedo Ichigo che esce, in dosso un grembiulino rosa. Il suo maglioncino grigio ha le maniche sollevate sino ai gomiti, per questo comprendo cos’abbia fatto fino a quell’istante. –Ichigo-chan!- esclama Momoka lanciandosi tra le sue braccia. La rossina la stringe a sé, sollevandola. Momoka le bacia dolcemente la guancia poi Ichigo ricambia il gesto. Volge poi lo sguardo nocciola verso di me, sorridendomi gentile.

Quant’è bello il tuo sorriso, Ichigo?

Il cuore quasi mi si ferma nel constatare quanto il suo viso, le sue mani, i suoi capelli stiano divenendo per me indispensabili. Proprio per questo avanzo di alcuni passi, quasi a fatica, e le poggio una mano sul nasino caldo.

-Che ci fai già qui?- domando. Cerco di far notare la mia sorpresa, non il fastidio che, ovviamente, non c’è. Ichigo non fa in tempo a rispondere.

-Questa mattina mi ha telefonato chiedendomi se avrei avuto bisogno di una mano questa sera… e io ho accettato di buon grado la sua proposta d’aiuto!- Kei si fa largo nel grande salone del caffè e Momoka accorre per salutarlo.

-Zio Kei, mi hai fatto la crostata?- si informa subito la mia bambina.

-Certamente, e se vuoi ora andiamo subito a prenderne un pezzettino.- le stringe la mano il mio migliore amico e si avviano insieme verso la cucina. Ichigo si volta verso di me, un po’ imbarazzata. Noto il rossore nelle guance e, nonostante le ore che deve aver trascorso in cucina insieme a Kei, il trucco particolarmente curato che le avvolge il volto si intravede benissimo.

-Sei molto bella.- accenno appena con le labbra, e lei a mala pena mi sente. Arrossisce ancor di più.

-Ne sono felice.- sorride, poi si toglie il grembiule. Lo ripiega con attenzione, poggiandolo poi su uno dei tavolini del caffè. Noto che indossa una gonnellina nera piuttosto corta, ai piedi un paio di ciabatte. –Ero venuta con i tacchi.- dice notando il mio sguardo che ha indugiato sui suoi piedini. –Ma cucinando, pulendo e mettendo in ordine dopo un po’ non riuscivo più a camminare!- esclama mettendosi una mano dietro la nuca. Mi avvicino a lei, sussurandole piano all’orecchio.

-Tranquilla, sei meravigliosa comunque.- la lascio sbigottita ed ancor più rossa di prima, mentre con passo tranquillo mi avvio anche io verso la cucina.

E ripenso al discorso fatto tra me e mia figlia in auto. Al suo diritto di avere una mamma. E voltandomi ancora una volta verso di lei e facendole un cenno con la mano per seguirmi mi dico che sì, anche io ho il diritto di essere felice: con Ichigo e con nessun’altra.

Questa nuova consapevolezza quasi mi stordisce: è come se d’improvviso tutto si sia fatto più trasparente, i volti dei miei cari, i miei pensieri, la mia vita. E’ come se io non potessi arrivare alla prossima notte senza avere qualcuno sdragliato al mio fianco, proprio come un bambino che ha paura del buio. Un buio che mi ha accompagnato per lungo tempo e che, ora, desidero con tutto il cuore sostituire con il sole lucente dei sorrisi di Ichigo.

Ichigo, che nome dolce.

Per tutta la serata la mia bocca lo pronuncia piano, sussurrato, acceso, desiderato. La guardo negli occhi e nei suoi leggo tanto affetto. Momoka è seduta accanto a lei e, nonostante non vi sia somiglianza, tra le due vi è talmente tanta sintonia che la differenza fisica non si sente neanche. Si vogliono bene. Un bene talmente naturale e grande che sento con tutte le mie forze che l’una ha bisogno dell’altra.

-Questo riso è davvero ottimo.- dico terminando l’ultimo chicco della pietanza rimasta sul piatto. –Complimenti Kei, come al solito.- il mio amico moro si alza, prendendomi il piatto da davanti al naso.

-Ti sbagli amico, questa volta i tuoi complimenti non devono essere indirizzati a me.- sorride tranquillo, volgendo lo sguardo ad Ichigo. –La nostra amica si è impegnata per preparare questo splendido riso, davvero eccezionale!- esclama poi contento. Momoka esulta e riprende a mangiare ancor più motivata dal fatto che quel piatto è stato preparato proprio da Ichigo.

-Hai imparato a cucinare?- domando con gli occhi incredibilmente spalancati: sono piacevolmente sorpreso. Ichigo ridacchia sotto i baffi.

-Sì Shirogane-kun, ho imparato a fare un sacco di cose in questi anni.- i suoi occhi si accendono guardandomi, e dentro al petto sento uno strano calore.

Quanto vorrei scoprire tutte le tue infinite doti, Ichigo!

Quel doppio senso che forse doppio senso non era mi rimane appeso tra le labbra e, ovviamente, non indago oltre.

-Allora dovrai prepararci altre cenette.- dico per smorzare il filo troppo bollente dei miei pensieri.

-E’ una proposta?- mi guarda, con quei suoi infiniti occhi.

-Può darsi…- sussurro io poi sorrido appena.

-Shirogane-kun, mi hai appena fatto proprio un bel regalo.- dice lei.

-Sarebbe?- non comprendo.

-Mi hai fatto un bellissimo sorriso! Vero Momo-chan?- la mia bambina annuisce.

-Il mio papà è il più bel papà del mondo!- scoppiamo tutti a ridere.

La cena trascorre nel migliore dei modi: e parole non dette. Frasi sussurrate e non comprese. Parole comprese e guance che arrossiscono.

E arriva il famoso momento dell’apertura dei regali. Un’infinità di pacchi occupa Momoka per una mezzora buona mentre, uno ad uno, scarta i pacchetti regalati da Kei. Maglioncini, scarpe, nastri per capelli e cerchietti inondano in un colpo tutto il salone del caffè. Momoka esulta, saltella, gioisce. E, come le ho insegnato, ringrazia lo zio Kei, sussurrandogli quanto gli vuole bene. Il mio amico ha gli occhi lucidi: come tutti i natali, come tutte le volte che la piccola Momoka gli ripete quanto gli voglia bene.

-Tieni piccolina.- le dice Ichigo mostrandole un pacchetto. Momoka lo scarta ed esso rivela una piccola tastiera. –Allo spettacolo ho notato che hai una bella vocina… con questa  tastiera puoi allenarla.- se sorride dolcemente, meritandosi un abbraccio da parte della piccola mOmoka che, esultante le riempie il viso di baci. Ichigo, che già era seduta a gambe incrociate, crolla con la schiena per terra assieme alla mia bambina e, insieme, ridono, ridono a crepa pelle. I loro visi sono rossi dallo sforzo mentre io mi avvicino a Momo-chan con un pacchettino.

-Ultimo regalo della serata.- la piccolina si alza in piedi mentre io mi inginocchio accanto a lei. Ormai siamo tutti e quattro a gambe incrociate su quel pavimento che di cose ne ha viste veramente tante. Momoka prende con mani tremanti il pacchetto poi mi guarda negli occhi. Con un cenno le accordo il tacito permesso di aprirlo e lei, contenta, ne guarda il contenuto. Tira fuori dal pacchetto un libro con cinque fanciulle stampate in copertina. E’ una foto di tanti anni fa che ha tempestato le copertine dei giornali per tutta la durata del progetto mew. Momoka guarda le facce delle cinque fanciulle che indossano strani costumi e hanno gli occhi ed i capelli di colori sgargianti. Si sofferma per un po’ su quella al centro, quella dai capelli rosa e due simpatiche orecchie da gatta.

-Chi sono?- domanda.

-Leggi il titolo.- la esorto. Lei avvicina il visino alla parte più alta dell’oggetto, leggendo piano.

-La gran-de av-ven-tu-ra del-le ra-gaz-ze mew-mew…- alza lo sguardo. Ichigo è stupita dalla sua precoce capacità di lettura ed è profondamente emozionata. I ricordi del progetto, poi, sono davvero incredibili. La capisco: anche io quando ho visto quel vecchio libro in vetrina mi sono emozionato.

-Questo libro racconta la storia delle ragazze mew mew: paladine della giustizia che ci hanno difeso tanti anni fa da degli alieni che volevano la terra.- dico tranquillo. SO di non spaventarla, perché Momoka è coraggiosa. Alza lo sguardo su di me e dentro il mio cuore desidero davvero che lei, un giorno, scopra tutto ciò che ha legato me e la giovane donna seduta al suo fianco.

L’emozione le bagna gli occhi, mentre quelli di Ichigo sono gioiosi: Keiichirou per poco non piange mentre tutti insieme sfogliamo il libro.

-Mi insegnerai a leggerlo?- domanda Momoka incuriosita. Il libro è pieno di immagini e foto, tuttavia ha in sé un sacco di parti e storie da raccontare.

-Certo, lo leggerai come una persona grande.- dico sorridente e lei è sempre più contenta.

E’, allora, la volta degli altri regali.

-Shirogane-kun, ho girato in lungo e in largo perché non avevo idea di cosa regalarti!- esclama Ichigo tirando fuori dalla propria borsa un pacchetto. Poi mi sono ricordata di una tua vecchia passione e… finalmente ho risolto il mistero!- me lo porge.

-Vediamo…- dico scartandolo. E tra le mani mi trovo il modellino di una moto, identica a quella che usavo durante il progetto mew mew. Alzo gli occhi verso di lei, infinitamente grato. –Grazie, Ichigo.- comprende subito che ho davvero apprezzato il suo regalo e questo la soddisfa: lo leggo sul suo viso bianco.

A Keiichirou ha regalato due presine da forno con scritto il suo nome ed il suo cognome.

-Renderanno la mia cucina ancor più bella!- commenta il mio amico dando un leggero bacio sulla guancia della rossina.  –Tieni, questo è il mio!- le dice poi porgendole un pacchetto. Ichigo lo scarta ed all’interno trova un profumo buonissimo.

E’ arrivato il mio turno. Le allungo il mio pacchetto e quando vede il regalo gli occhi le diventano lucidi. Tra le sue mani, infatti, troneggia una cornice con all’interno una foto che ritrae me, lei, Keiichirou e il resto della squadra mew mew. L’avevamo scattata durante la vacanza al mare che avevamo fatto quell’anno.  Ichigo è la stessa di allora con quel suo visino fresco e le labbra di fragola. Stringe la cornice al petto, sospirando.

-Grazie, Shirogane-kun… sono splendidi ricordi!- ricorda bene il momento in cui era stata scattata la fotografia. Glie lo leggo nello sguardo e poi mi stringe a sé, forte, fortissimo.

Keiichirou si volta verso Momoka, poi ci esorta a star zitti. Mi volto e noto la mia bambina addormentata proprio al centro del salone proprio sotto la miriade di vestiti regalati da Kei. Sul pancino ha poggiato il libro che le ho regalato  e sul visino si fa spazio un dolce sorriso che accompagna il suo sonno. Ichigo si alza.

-Forse è meglio che la metta a dormire.- dice prendendola tra le braccia. Momoka le stringe forte la mano nel sonno, e sempre nel sonno sussurra una parola importante.

-Mamma.- Ichigo sbarra gli occhi, volge lo sguardo verso di me e io faccio spallucce sorridendo. E i miei occhi le spiegano che la mamma che Momoka sta chiamando è proprio lei. Sal le scale tranquilla portandola alla sua camera: io e Kei ci guardiamo e lo sguardo del mio amico è più che eloquente.

-Sarete una splendida famiglia!-

 

Ringrazio…

 

-illy1991smile: sono veramente felice che la storia ti piaccia ^_^ io son vado propriamente matta per i bambini… però devo dire che dopo aver fatto il tirocinio in varie scuole elementari (a causa del mio liceo) ho imparato  a comprendere quanto siano affascinanti e splendidi. Per questo, forse, il personaggio di Momoka mi è così caro. Comunque spero di rileggerti anche in questo capitolo, e che mi dirai cosa ne pensi!

 

-Serenity Moon: Hai paura di vederli litigare? , credo che la tua paura sia portata dal fatto che ormai mi conosci e sai che posso infilare un colpo di scena da qualsiasi parte ma… detto fra noi… questa volta puoi stare tranquilla ^_^ sono contentissima di leggerti in questa fic e spero di sapere anche cosa ne pensi di questo ottavo capitolo!

 

-Rubis HD: sono felicissima che questa storia ti piaccia. Sì, effettivamente è difficile immaginarsi RYou padre, perché è una condizione ben diversa da quella che è la storia originale. Tuttavia tutti siamo predisposti, in fondo in fondo, ad essere genitori: è scritto nel nostro DNA!  Anche a me piace la coppia KisshuxIchigo, anche se l’ho trattata in poche mie storie (ora come ora in una in realtà!). Spero di rileggerti presto! 

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Capitolo 10
*** 09. ***


Unmarried Father

Ciao a tutti ^_^ scusate il ritardo, sono imperdonabile! Ma la maturità si avvicina e il tempo è poco ç_ç comunque mi faccio perdonare con un capitolo romantico romantico sulla nostra coppia preferita! Fatemi sapere che ne pensate!

I ringraziamenti al fondo.

Buona lettura! Euterpe_12

 

 

Unmarried Father

 

09.

 

La camera è buia. Ho deciso di tenere la luce spenta e di aprire le tende in modo tale da far riflettere la luce della neve bianca tra le pareti della stanza. Il risultato e blando ma, data l’ora, non vorrei più luce di così. Mi appoggio al muro, le braccia incrociate. Keiichirou ha insistito perché io ed Ichigo passassimo la notte qui al caffè, perché Momoka si era addormentata e sarebbe stato un peccato svegliarla per riportarla a casa.

Così eccomi qui.

Appoggiato al muro della camera degli ospiti, un groviglio di pensieri nella testa. Ichigo dorme nella camera accanto, più piccola della mia perché, come a suo solito, non le interessa avere le cose migliori. L’immagine di lei che entra nella camera e sottovoce mi augura la buona notte mi inebria i pensieri. Il fiato in gola si ferma e sento un blocco profondo che non mi dà la possibilità di emettere alcun suono. Non ho idea di quale forza mi abbia trattenuto, in quel breve istante, dal percorrere in breve i pochi passi che ci separavano e stringerla a me per poi baciarla, così forte da togliere il respiro ad entrambi.

Il cuore accelera i suoi battiti. Ormai è normale per me, ma questa notte la mia anima sta facendo un po’ ciò che vuole. Sarà il pensiero di Ichigo che dorme tra le coperte calde alla distanza di un solo muro da me, ad eccitarmi così?

Decido che questa è la risposta, così mi getto sotto le coperte, la faccia affondata nel cuscino. Vorrei togliermi di dosso questa paura che mi frena e che non mi fa attraversare la soglia per andare da lei.

Passano dei minuti, forse, addirittura solo pochi secondi. Sento bussare alla porta e, una volta sollevato il capo, dico che si può entrare. Sono sicuro che è Momoka svegliatasi dopo un brutto sogno.

-Posso entrare?- vedo la nuca rossa di Ichigo sbucare da dietro la porta, gli occhi fissi sulla mia figura. –Ma ti eri già addormentato? Scusa!- esclama, facendo di no con il capo. –Sbaglio sempre tutto…- dice poi, voltandosi per andar via.

La sua sola immagine mi fa balzare giù dal letto, per poi correre verso la porta. Le prendo là mano, ormai rimasti in mezzo al corridoio. Non so con quale forza, forse alimentata dal suo sguardo, la attiro verso di me, poi indietreggio sino alla camera. Non mi viene in mente di accendere la luce, forse perché Ichigo, illuminata solo dai fiocchi di neve, è ancor più bella.

-Non stavo dormendo.- dico scioccamente, dandomi poi dello stupido. Mi accorgo di avere il fiato corto e probabilmente lei se ne starà chiedendo il motivo. Tuttavia, stranamente, la più imbarazzata è lei. Con le guance sempre più rosse si avvia verso il letto, poi vi si siede incrociando le gambe snelle. I capelli mossi sciolti lungo le spalle esili, lo sguardo imbronciato.

-Shirogane-kun, sei uno sciocco.- esordisce, un leggero tremore nella voce. Guarda altrove, poi all’improvviso rigetta lo sguardo su di me.

-Cosa intendi?- davvero, per la prima volta nella mia vita, non capisco. La vedo alzarsi dal letto, le guance sempre più rosse, il respiro appena affannato.

-Sono nella camera accanto e… e tu non ti avvicini a me?- mi fa comprendere che in quelle parole dovrei cogliere un doppio senso. Lo colgo abbondantemente e lei volta lo sguardo, imbarazzata. –Pensavo di averti fatto capire che… che non mi sei indifferente.- sussurra poi, una lacrima leggera lungo la guancia. –Che essere tornata dall’Inghilterra per te, solo per te…- scoppia in lacrime, poi crolla sul morbido letto.

Sono sbigottito, non riesco a crederci. Faccio un passo verso di lei.

-Per me?- domando sottovoce, sedendomi al suo fianco. Lei annuisce tra le lacrime.

-Sì! Sono una sciocca, una sciocca!- ripete poi, voltando lo sguardo. E solo allora comprendo.

-No Ichigo, lo sciocco sono io.- prendo il suo piccolo mento nella mano destra, facendo in modo che il suo sguardo incrociasse il mio.

Ichigo, vorrei dirti solo con un’occhiata quanto ti amo.

E mi rendo conto che tutti quei sorrisi, quelle parole gentili, quella sua cordialità in realtà erano frutto di un amore che probabilmente solo io non ero stato in grado di comprendere.

-Scusa, non avevo capito.- sussurro. Lei mi guarda come una bambina impaurita, mi ricorda un po’ Momoka quando viene scoperta a combinare qualche guaio.

-E come…- interrompo la sua frase, spezzandola con un bacio. Le mie labbra sfiorano leggere le sue e quando mi allontano la osservo sorridere.

-Avevo paura che fosse solo un sogno. Ti amo, Ichigo.- dirlo ad alta voce mi provoca un desiderio ed una felicità incolmabili. Si lancia tra le mie braccia, inondandomi il viso di baci, mentre le mani affondano tra i suoi capelli ramati. Basta uno sguardo, uno soltanto.

E la sento su di me, abbandonata, desiderabile, splendida. La bacio ed il sapore della sua pelle sembra il più buono del mondo. Sfioro i suoi capelli e paiono i più morbidi che le mie dita avessero mai avuto la possibilità di sfiorare. Vederla così intraprendente tra le mie braccia, avvolta da un desiderio che mai le avrei attribuito, lei così innocente, pura ed ingenua. Le sfioro la pancia con la mano, sollevando la maglietta scura. Mi aiuta sfilandosela senza pudore, orgogliosa di mostrarmi il suo corpo.

-Ti amo.- ripete lei, un sorriso ad incresparle le labbra rosse. E torna a baciarmi, finchè sento che non potrei mai desiderare di trascorrere un Natale migliore di questo.

Sospiri. Abbracci. Mani che si sfiorano, si cercano, si abbandonano. I suoi occhi lucenti dentro ai miei. Le sue labbra, modellate perfettamente sulle mie. Un gioco di momenti, sospiri, attimi indimenticabili. La sento diventare mia, così, quasi per caso. Io che avevo dubitato tanto di me e di lei da non capire che i miei sentimenti nei suoi confronti erano ricambiati.

Un senso di pienezza mi coglie quando stanchi crolliamo l’una tra le braccia dell’altro. Un sospiro leggero esce dalle sue labbra stanche e mi piego su di lei, sfiorandole la bocca con un bacio.

Che stupidi siamo stati a non regalarci prima questi momenti.

-Forse  è meglio che ti dia una spiegazione.- sussurra. Non vorrei rovinare quel momento ma se ha deciso di parlarne ci deve essere un motivo.

-Come desideri.- le accarezzo una ciocca di capelli, guardando ad occhi socchiusi la parete di fronte a me. La sento sospirare, quasi si stesse preparando ad un discorso importante. Solleva un poco la nuca rossa, poggiandosi sul gomito. Il lenzuolo scivola, rivelando la sua nudità. Io sorrido, ma lei imbarazzata si ricopre, poi schiarisce la voce. Rido.

-Shirogane-kun!- mi rimbecca, poi ride anche lei. Voglio baciarla ancora ma lei mi precede.

E’ bello il calore che avvolge il letto dopo aver fatto l’amore. Sa un po’ di me e un po’ di lei, due odori che si confondono e creano la fragranza più buona e speciale che nessuno potrebbe mai imitare.

Si ricompone, poi torna a parlare.

-Circa un anno fa vivevo in Inghilterra… come sicuramente ricordi.- inizia a dire mentre io dalla mia annuisco. –Ero con Aoyama-kun e ti ho anche raccontato che abbiamo diciamo deciso di lasciarci.-

-Sì.- vorrei farle un mucchio di domande, ma in realtà la mia bocca è bloccata nella contemplazione del suo profilo, scaldato dalle prime luci dell’alba.

-In realtà l’ho lasciato perché mi mancavi.- volta lo sguardo altrove, osservando distrattamente il muro che, improvvisamente, deve essere diventato molto interessante. –Avevo deciso di far ritorno in Giappone per venire a trovare dei miei parenti. Tutto andava bene con Aoyama-kun, ma lui non era potuto venire perché doveva studiare per un esame. Avevo deciso di fare una sorpresa a te e ad Akasaka-san, così ero venuta al Caffè Mew Mew. Akasaka-san mi aveva rivelato che non c’eri perché eri andato in gita con Momoka. La mia bocca era rimasta asciutta sentendo quelle parole, poi Akasaka-san era arrossito, schiarendosi la voce.- ride. –Non prendertela con lui, non l’ha fatto apposta. E io, inoltre, non avevo capito subito le sue parole. Ero convinta che Momoka fosse la tua ragazza, ma lui ha scrollato le spalle e mi ha raccontato tutto, mentre ci prendavamo tranquillamente un thè. Poi gli ho domandato di mostrarmi una foto di Momoka e la sua vista ha fatto nascere dentro di me qualcosa.- si mette a sedere e per la prima volta la vista della sua schiena nuda non la fa arrossire. Sono sbigottito, la bocca asciutta. –E’ come se mi fossi resa improvvisamente conto che tu avevi un cuore che sapeva voler bene. E’ strano, ma è come se nella foto mostratami da Akasaka-san ci fosse scritto un incantesimo.- chiuse gli occhi. –Che mi ha fatta innamorare di te.-

-Che foto era?- sono talmente stupito che faccio la domanda più inutile di tutte.

-Una foto di te e Momoka in montagna, con te che la scaldi tra le tue braccia.- sorride. –Ho deciso di tornare in Giappone perché il desiderio di rivederti era troppo forte e Akasaka-san mi aveva fatto capire che un po’ di possibilità le avevo.- sbuffa. –Ma credo che ci avrei provato comunque.- mi metto anche io a sedere.

-Quindi Kei… sapeva tutto!-esclamo.

-Si, ma ti prego, non prendertela con lui! Gli ho chiesto io di non dirti niente… l’ha fatto per l’affetto che prova nei miei confronti.- mi prende le mani, stringendole forte. –E comunque non credo che siamo arrivati ad un brutto risultato.- sorride, quel suo sorriso luminoso. La bacio e annuisco.

-Traditori, avete complottato alle mie spalle!-

Fingiamo una lotta. Giochiamo tra le lenzuola, poi mi ritrovo di nuovo dentro di lei, con il suo sospiro sulla mia spalla, i capelli rossi sparsi sul cuscino. E comprendo piano piano che non sarà solo la mia amante, ma la donna che camminerà al mio fianco per il resto della mia vita.

E forse, finalmente, io e Momoka non saremo più soli.

 

“Anche se aspetto il giorno, quello che dico io… dove ogni tuo passo si confonde col mio.” (Marco Mengoni-In un giorno qualunque)

 

Ringrazio…

 

-Serenity Moon: sai, anche io sono abbastanza dispiaciuta che la fic stia finendo. Questo è il penultimo capitolo ed il finale, ormai, penso si sia già visto. Tuttavia non è detto che non scriverò anche un continuo di “Unmarried Father” chi lo sa? Non so con certezza, purtroppo non ha riscosso molto successo dunque dovrò dare precedenza ad altre storie. Comunque sono contenta di leggerti sempre ^_^ un abbracciassimo!

 

-illy1991smile: anche io sono triste quando finisco di leggere n libro o una fic, ma la curiosità di conoscere la fine all’ultimo prevale! Dunque spero che ti piaccia anche il finale che ho scelto anche se manca ancora un capitolo… fammi sapere cosa ne pensi!

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Capitolo 11
*** 10. ***


Ci siamo… ultimo capitolo di questa fic che piano piano pare essersi scritta da sé

Ci siamo… ultimo capitolo di questa fic che piano piano pare essersi scritta da sé. Mi dispiace non abbia riscosso molto successo, ma in realtà quello che ha saputo donarmi mentre la scrivevo vale più di tutto. Vi lascio alla lettura, ringraziando, comunque, chi ha saputo apprezzare questa fic.

I ringraziamenti al fondo.

Buona lettura! Euterpe_12

 

Unmarried Father

 

***

 

10.

 

La mattina si disegna tranquilla al di fuori della bella Tokyo. I fiori primaverili colorano strane macchie di qua e di là per il prato ormai colmo di persone. Chi cammina gustandosi un gelato, chi corre con l'I-pod nelle orecchie. Io rimango seduto su una panchina, le gambe incrociate ed il gomito sinistro poggiato sullo schienale. Gli occhiali da sole nascondono il mio sguardo a chiunque provi a decifrare il mio volto. Forse chi mi conosce rimarrebbe sorpreso nel notare, una volta tolti gli occhiali, la felicità dipinta sulle iridi azzurre.

La aspetto.

Così magnifica e dolce, che da quando ha saputo aprirmi il suo cuore anche il mio ha ricominciato a battere.

Abbasso lo sguardo, notando accucciato ai miei piedi un cagnolino marrone. Ansima con la lingua di fuori, poi alza i suoi grandi occhi neri sulla mia figura. Noto che tra le zampe ha una pallina rossa. Posa lo sguardo su di essa pregandomi, tacitamente, di lanciarla.

Sorrido.

Mi abbasso e lancio l'oggetto lontano, così il cagnolino corre a prenderlo.

-E bravo Ryou-kun, finalmente hai imparato a giocare con Briciola!- esclama finalmente Ichigo. Sposto lo sguardo sulla sua figura fasciata in un paio di pantaloncini sportivi rosso fragola e una canotta bianca. Ha deciso di fare sport questa primavera, perchè vuole essere in piena forma per il grande evento.

-Non credo che basteranno tre mesi per renderti completamente perfetta...- le avevo detto con aria fintamente seria quando mi aveva mostrato i suoi progetti di dieta qualche settimana fa.

-Ma Ryou-kun, così non mi sei di alcun aiuto!- aveva risposto sbuffando e tirandomi un pugno sulla spalla. -Il fatto che madre natura sia stata così generosa con te, non implica che gli sforzi di noi poveri mortali debbano essere sminuiti!- aveva poi dichiarato alzandosi dal letto e andando a farsi una doccia. Avevo cercato di raggiungerla ma lei si era opposta, dicendo che non apprezzavo il suo corpo e che, quindi, non meritavo di guardarla. ma la mia forza aveva vinto e tra uno spruzzo e l'altro ci eravamo amati sotto quella doccia bollente, pieni del nostro affetto e della nostra felicità.

Torno al presente. Si ferma davanti a me e mi scocca un bacio sulla guancia. Sorride. Io amo il sorriso di Ichigo e lei lo sa, per questo me ne fa dono ogni volta che ne ha la possibilità.

-Ho capito che deve piacermi.- dico riferendomi a Briciola, il nuovo coinquilino di Ichigo e che presto sarebbe diventato anche il nuovo amico mio e di Momoka. Chiudo gli occhi, ricordando come Briciola è entrato nella nostra vita.

-Che meraviglia!- aveva detto Ichigo fermandosi davanti alla vetrina di un negozio di animali. Al centro cera un piccolo cagnolino nero, un terranova. Momoka si era messa al suo fianco, sostenendo che anche i coniglietti dentro il negozio erano tenerissimi. Entrambe si erano voltate verso di me e mi avevano pregato di entrare nel negozio. Mio malgrado ho dovuto acconsentire ed entrambe sono schizzate dentro le quattro mura, guardando di qua e di là. Coniglietti, criceti, pesci e gattini fecero da sfondo in quel pomeriggio di metà marzo.

-Guarda.- aveva detto Momoka indicando un cagnolino già cresciuto dentro ad una gabbia. Era di un lieve color castano ed il musetto era triste. Ichigo si era inginocchiata di fronte alla gabbia e subito le si era avvicinata la proprietaria del negozio.

-E' stato abbandonato.- aveva detto la donna. Ichigo aveva alzato lo sguardo. -Non potremo tenerlo per molto ed ora desideriamo dargli una casa... gratuitamente!-

Dopo le mie mille richieste ero poi riuscito a tirare fuori Ichigo e Momoka dal negozio. Quella stessa sera poi avevo visto la rossina piuttosto triste, senza capirne davvero il motivo.

-Cos'hai?- le avevo chiesto parcheggiando sotto casa sua. Lei guardava di fronte a sè, l'aria meditabonda.

-Credo di voler accudire quel cagnolino del negozio di animali, quello abbandonato.- aveva detto stringendo i pugni. -Era così solo!- esclamò poi. Sensibile com'era, la storia di quel cagnolino doveva averla colpita nel profondo. Iniziai a ridere. -Che c'è?- chiese sorpresa.

-Ichigo, tu sei incorreggibile.- risi ancora. La sua aria interrogativa mi aveva fatto comprendere che non aveva capito. -Hai sempre voglia di aiutare gli altri... compreso me.- mi ero piegato su di lei e le avevo scoccato un bacio a fior di labbra, breve ma così intenso da lasciarmi il suo sapore.

Il giorno dopo mi ero presentato in ufficio con il cagnolino al guinzaglio. Ichigo si era divertita un sacco a cercare di nasconderlo a George, perchè ovviamente non era possibile lasciare animali nel luogo di lavoro. Fortunatamente eravamo sfuggiti alle ire del mio capo e questo ci aveva procurato un mucchio di divertimento.

Briciola prende un paio di mie carezze, poi Ichigo si siede accanto a me.

-Ho perso 500 calorie!- esclama la mia ragazza mostrandomi il contapassi che aveva comprato una settimana prima. -Peccato che sono stanca morta e che non posso continuare...- sussurra poi. Briciola inizia ad abbaiare ad alcuni bambini che corrono via per poi riavvicinarsi e accarezzarlo. Che coraggiosi i bambini, non hanno paura di nulla. Sorrido e mi tolgo gli occhiali da sole. Mi guarda.

-Che ne dici di bruciarne altre a casa tua?- le domando sensuale all'orecchio.

-Stupido!- dice lei tirandomi una gomitata nello stomaco. Faccio finta di avere un dolore lancinante e per questo si sente in colpa.

-Però... sarebbe un'attività sportiva niente male.- sussurra allora, prima di stringermi a sè. Il suo profumo è buonissimo anche dopo le fatiche della corsa. Mi avvolge e mi fa sentire bene, in piena armonia con lei. Proprio come il giorno del suo compleanno.

-Il compleanno è il giorno più importante dell'anno per me!- aveva esclamato il 14 di marzo camminando al mio fianco per le vie del centro. Momoka camminava pochi passi avanti a noi, i lunghi capelli neri raccolti in due codine basse. Ogni tanto si voltava sorridendo: le avevamo appena rivelato che Ichigo avrebbe trascorso tutto il suo tempo con noi. Da bambina sveglia qual'era aveva subito compreso di aver appena guadagnato una mamma per il resto della sua vita. Ed Ichigo ne pareva onorata, felice e orgogliosa. Ci eravamo poi fermatii davanti alla vetrina di una gioielleria. Ichigo pareva sognante, quasi eterea con le luci della città che l'avvolgevano. Un sorriso tenero le colorava le labbra.

-Ryou-kun?- disse, stringendomi la mano. Non le chiesi nulla, mi limitai a guardarla negli occhi poi la vidi prendere coraggio. Sospirò piano piano poi tornò con lo sguardo ad un anello nel pieno centro della vetrina. Era piccolo, con una pietrina trasparente al centro.

-Quello è il classico regalo che si fa per dire ad un'altra persona che vorresti averla per tutta la vita al tuo fianco...- sussurra. Io mi ero voltato osservando meglio l'oggetto, poi ero tornato su Ichigo. Istintivamente la mano aveva raggiunto la sua spalla. Mi ero voltato verso Momoka ed una strana sensazione mi aveva colpito il cuore. Di fronte a lei, con assoluta naturalezza, ero entrato nel negozio ed avevo comprato l'anellino. Ichigo rideva e piangeva guardandomi. Ero così emozionato che nemmeno pensavo a ciò che facevo. Sapevo solo che gli anni che avevo trascorso lontano da lei erano stati i più duri della mia vita e che non avrei mai e poi mai voluto trascorrere nemmeno un minuto senza Ichigo Momomiya. Mi ero così voltato verso di lei, infilandomi la scatolina in tasca.

-Tu non hai visto niente...- dissi riprendendo a camminare. Lei ancora rideva e piangeva mentre Momoka mi prendeva la mano.

-Papà, sei un po' matto!-

-Perchè dici così?- le domandai.

-Me l'ha detto Ichigo!- ridemmo insieme.

Il giorno dopo avevo deciso di festeggiare Ichigo con una cena a casa mia. Momoka aveva deciso di andare a dormire da una sua compagna di scuola e io ne ero stato piuttosto contento. Il fatto che si stesse facendo finalmente delle amichette mi riempiva il cuore di gioia. Le avevo versato del vino, l'avevo guardata a lungo negli occhi.

-Ma cosa pensi di fare con l'anello che hai comprato ieri?- mi aveva chiesto ad un certo punto tra un bacio e l'altro. Avevo deciso di non risponderle. Avevo fatto cadere lì il discorso e l'avevo baciata più e più volte. Ci eravamo ritrovati a fare l'amore stretti l'uno all'altra, così intensamente che alla fine l'avevo vista stanca sdragliata tra le mie braccia, colorata dai raggi di luna.

-Avrei voluto vivere così tutti i compleanni della mia vita.- aveva sussurrato.

-E li passeresti così per tutta la vita?- le avevo domandato. Aveva annuito tranquilla, nemmeno un'increspatura nello sguardo.  E lì avevo avuto il coraggio. Allungata una mano verso il comodino, avevo poi cercato la sua mano sotto le lenzuola e le avevo dato la scatolina che il giorno prima l'aveva fatta piangere.

-So che è presto...- avevo sussurrato. -Ma perchè privarci ancora della felicità?- aveva riso e pianto ancora e ancora avevamo fatto l'amore.

Così avevamo deciso: il 24 di luglio, insieme. Saremmo divenuti marito e moglie così come, forse, avevo desiderato dal primo momento che l'avevo vista.

Ed ora sono qui. 24 di luglio, davanti ad uno specchio con la cravatta ancora da indossare. So già che Ichigo entrerà in chiesa bella da mozzare il fiato, che Keiichirou piangerà e che le altre ragazze si diranno orgogliose di essere le damigelle d'onore di una coppia come la nostra. Sento bussare alla porta. E' un suono leggero per questo immagino chi sia.

-Entra pure!- i piccoli passi di Momoka si fanno sentire nella stanza e lei è di fronte a me fasciata in un abitino bianco: sembra lei la sposa. Mi inginocchio a terra e lei si allaccia al mio collo. Mi stringe forte forte e sento la spalla bagnarsi delle sue lacrime dolci. La guardo e le bacio una guancia con la tenerezza che solo lei sa suscitare in me.

Momoka, quella parte di me che non se ne andrà mai via dal cuore e dalla mente. Momoka, con il mio sangue, i miei occhi e il  mio stesso cuore. Le sfioro il nasino.

-Che succede?- le domando preoccupato. E' emozionata.

-Sono felice.- dice allora.

-Sì?- ora sono molto più tranquillo.

-Sì, perchè ora ho una mamma.- mi siedo a terra e lei mi imita. Inginocchiata in mezzo alle mie gambe, appoggia la testolina sul petto del suo papà.

-E... Ichigo ti piace come mamma?- domando sapendo già la risposta. Momoka annuisce, intelligente e furba.

-Ho sempre desiderato una mamma tutta per me...- piange ancora tra i sorrisi di bimba. La stringo a me, poi le accarezzo i capelli scuri. Pochi attimi e le sfioro il capo con le labbra, il dolce profumo di bimba mi attraversa le narici.

Momoka, se solo sapessi quante cose mi hai insegnato. Quante cose ho provato ad insegnare io a te e quante volte avrei voluto cambiare questo mondo da cima a fondo per renderlo adatto a te. Quanto avrei voluto riempire il vuoto che solo una mamma che ti ama davvero può riempire. E quante notti ho desiderato acquietare i tuoi sogni con la dolcezza che, purtroppo, il mio cuore solo raramente riesce a tirare fuori.

-Ti amo, piccola mia.- dico, mentre una lacrima mi attraversa la guancia. Mi dico che è questione di allergia o chissà cos'altro, in realtà sono solo emozioni. Lei ride.

-Ma si dice alle fidanzate!- le accarezzo ancora la nuca.

-Ti voglio tanto, tanto, tanto bene papà.- sorride alzandosi. La imito poi la prendo per mano. Ancora uno sguardo allo specchio, mi asciugo la guancia e dico che da oggi una vita nuova sta per iniziare. Non più solo con la piccola Momoka, ma insieme ad una donna, una mamma e una moglie. Insieme.         

 

Ok, siamo arrivati alla fine. “Unmarried Father” è una storia che mi era venuta in mente in una sera estiva, immaginando una persona sola costretta a liberarsi della propria tristezza sfogandosi con un’altra persona magari altrettanto triste. Ho pensato alle conseguenze di un gesto apparentemente senza significato, al fatto che anche i bambini possono insegnare agli adulti. Spero di avervi trasmesso le stesse emozioni che questa fic ha suscitato in me, con una Ichigo più decisa rispetto a quella che descrivo di solito, più adulta e un po’ più donna. Un Ryou che cresce con una bambina, immagine lontana da quella dell’anime/manga, ma spero di aver saputo reggere il gioco. Spetta solo a voi dirmi la vostra. E come faccio al termine di ogni mia fic chiedo a chi non ha mai commentato di dirmi la sua in quest’ultimo capitolo, perché vorrei davvero sapere quali emozioni le mie storie suscitano in voi.

 

E poi ringrazio…

 

 

Coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti: andrea83_2007, fiore di ren, HopeThe Dark, liliana87, Little Smile, Mikan96, redeagle86, Serenity Moon, Soledad, _Francesca92_, _ire_

 

Coloro che l’hanno inserita tra le ricordate: Sweet96 e _ire_

 

Coloro che l’hanno inserita tra le seguite: algin91, anu, Cherryblue, ChibiRoby, dubhe93, elisa nico, GingerBread, hina, illy1991smile, jess chan, lalex, merygreis, Serenity Moon, Sweet96, _Francesca92_, _ire_

 

Coloro che hanno commentato: edeferica, Antys, KikiWhiteFly, Soledad, BhuddaForMary993, Serenity Moon, Fantasy991, illy1991smile, Rubis Hd, Mikan96, Sweet96.

 

Bene, spero di non aver dimenticato nessuno! Allora vi lascio e se vorrete rileggermi faccio un po’ di pubblicità occulta XD

In stesura:

Tokyo mew mew: “EVERYTHING BURNS” una RyouxIchigo e KisshuxIchigo piena di intrighi e sorprese!

Marmalade Boy: “C’era una volta cioocioo-land” a.u dove Yuri non sarà il classico bravo ragazzo che siamo abituate a vedere…

Doremi: “MAGICAMENTE” le nostre streghette saranno in grado di far parte di una missione che riguarda i FLAT4 e la piccola Hana-chan?

 

Spero di ritrovarvi, e grazie ancora per aver seguito la mia storia sin qui.

Con affetto,

Euterpe_12

 

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