La Fiamma e il Capitano

di Akuma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chiamatemi Vipera ***
Capitolo 2: *** Pettegole! ***
Capitolo 3: *** Che differenza avrebbe fatto ***
Capitolo 4: *** Mi fai venire le vertigini ***



Capitolo 1
*** Chiamatemi Vipera ***


Capitolo 1 - Chamatemi Vipera
 
Il mio nome è Flamme.
Non Lucy, non Amanda. Flamme.
E niente battute, per favore, non si diverte nessuno. Perlomeno, io no di certo.
Mi divertirei molto, invece, se tramutassi le vostre risa in un grido di dolore, infilandovi un Asticello su per il... oh. Niente volgarità, almeno stavolta.
Il professor Albus Silente mi ha chiesto di riscrivere il tema dal principio già due volte e, come si dice, sbagliando s’impara.
Bene, dicevo, mi chiamo Flamme.
Frequento il settimo anno a Hogwarts e bla, bla, bla. Le solite cose.
Credo che il fine di questo inutile compito sia mettere in luce le mie problematiche. Come se avessi delle problematiche. E anche se così fosse, dubito di volerne discutere.
Cominciamo con la solita solfa? E sia.
Non ho un posto speciale, uno di quelli in cui pensare e sfogarsi.
Non ho una persona speciale, una di quelle con cui divertirsi o confidarsi.
Non ho una famiglia speciale, solo per non dire che non ce l’ho affatto.
Non ho nemmeno un dono speciale, piuttosto una maledizione.
Allegra la vita, eh?
C’è chi si lamenterebbe, ma a dire il vero a me la cosa non tange.
Non mi dispiace starmene in disparte, né guardare il resto del mondo girare. Non m’interessa fare nulla per cambiarlo, perché so che a lui non interessa di certo essere cambiato da me.
Mi va bene essere guardata con quella sorta di timore reverenziale dai meno arditi e con invidia ed arroganza dai più audaci.
Silente dice che dovrei smetterla di fregarmene dell’intero universo. Certo, non utilizza proprio queste parole, ma la sostanza è questa.
Dice che dovrei avvicinarmi a qualcuno e levarmi la maschera. O forse prima dovrebbe avvenire lo smascheramento e poi l’approccio. Beh, tutta teoria.
Sono sicura che in pratica sia solo un bel tentativo di volersi prendere cura di quella che secondo lui è una pecorella smarrita.
Certo è che se fossi stata una pecorella, non sarei finita a Serpeverde.
 

Con una rapida mossa ripose anche l’ultimo volume nella sacca di cuoio, che si caricò su una spalla senza troppa difficoltà.
L’argento e verde delle rifiniture del cappotto nero che indossava - quelli della Casa cui apparteneva - richiamavano lo stemma che troneggiava sul petto, poco più a destra della prima coppia di bottoni gemelli.
Nel chinarsi per raccogliere lo spallaccio marrone, una massa di capelli biondi ondeggiò repentina, fluente; lisci all’attaccatura e, mano a mano che scendevano lungo la schiena, sempre più inarcati a formare grossi riccioli incompleti, dalle volute ampie e morbide.
Non s’era aperto poi troppo male quell’anno, certo senza contare l’attacco del Dissennatore impazzito all’Espresso per Hogwarts e la nuova disposizione che voleva che quegli esseri d’oltretomba aleggiassero come fuochi fatui praticamente dovunque.
Una bella atmosfera festosa, tanto per cominciare.
Flamme s’immaginò fosse destino che quello fosse il suo ultimo anno a scuola.
Aveva appena occupato la stanza doppia che da cinque anni divideva con Karin Candace, tediosa ragazzina già fissata con il nuovo, affascinante professore di Difesa contro le Arti Oscure: Remus qualcosa.
I dormitori nei sotterranei di Serpeverde erano piuttosto umidi, ma perlomeno era grata al fatto che, essendo stata l’ultima arrivata, aveva dovuto sistemarsi nella stanza che fino ad allora era stata soltanto di Karin. Quest’ultima, dal canto suo, l’aveva accolta con tripudio e fastidiosissimi squittii.
Ci aveva messo poco a farle capire che lei non era una di compagnia, deludendo le sue speranze. Che disdetta per la piccola, entusiasta Karin, essere capitata in stanza con una sola persona, anziché con altre tre come accadeva di solito.
Tuttavia, non aveva espresso mai il desiderio di essere trasferita, pareva già fin troppo tra le nuvole per meditare ripicche e, inutile dirlo, a Flamme la cosa non faceva né caldo né freddo.
Nel salire le scale fino alla Sala Grande, si rese conto che non sarebbe stata cosa facile scansare l’asfissiante aria di apprensione che si sarebbe respirata per i corridoi durante i successivi mesi.
Quando varcò la soglia si imbatté, nonostante tutto, nel classico chiacchiericcio che di prima mattina affollava la Sala, già stipata di studenti che si apprestavano a fare colazione.
Flamme si sedette comodamente al tavolo, ravviandosi una lunga ciocca chiarissima dal volto e fissando gli occhi oltremare su ciò che aveva da offrire il banchetto mattutino.
Inevitabilmente, fu travolta dai discorsi dei compagni.
- Sarà un guaio il Quidditch, quest’anno.- sbuffò un ragazzo dai capelli scuri e piuttosto ribelli alla sua sinistra.
- Non ci voglio neanche pensare!- esclamò di rimando il suo interlocutore, sistemandosi la casacca e versandosi un gran bicchiere di succo di mirtillo.
Flamme non trattenne una smorfia. Odiava il succo di mirtillo.
Quando si decise ad allungare le dita sul pane tostato, dall’altra parte del tavolo un’altra ragazza ebbe la stessa idea, tanto che si ritrovarono entrambe a infilzare con la forchetta la medesima fetta.
Gli occhi della bionda, fino ad allora concentrati sulla pietanza, si riflessero in quelli scuri e cisposi dell’improvvisata antagonista, il cui volto era contornato da una miriade di boccoli perfetti, evidentemente appena laccati e acconciati.
Al solo trovarsi di fronte a lei, quest’ultima dilatò esageratamente le palpebre e mollò il pane su due piedi, poi tornò a fissare allarmata il proprio piatto colmo solo di marmellata.
Di contro, Flamme alzò un sopracciglio e si servì.
Per tutta la durata della colazione non si preoccupò di scostarsi, mentre un numero sempre crescente di persone si aggiungeva al tavolo. Si alzò soltanto quando ritenne che il suo stomaco fosse pieno e che forse era ancora in tempo per evitarsi il trambusto che sollevavano i gufi al loro arrivo.
Riprese la borsa di cuoio e si diresse verso l’uscita, suo malgrado cogliendo le ultime parole della ragazza che fino ad allora era stata seduta di fronte a lei, certamente convinta di non essere udita.
- Che sfortuna essere incappate in Vipera già dal primo giorno!- fu il mugolio che le giunse.
- Già, sarà difficile evitarla, stando nella stessa Casa.- un’altra voce fece da spalla, così spocchiosamente dispiaciuta.
- A me fa paura, non ci voglio stare seduta vicino a lei!- una terza si unì al coro.
- Da domani cambieremo posto: colazione, pranzo e cena dall’altra parte della tavolata!- asserì infine la capoclan, battendosi un pugno sulla mano da Troll che si ritrovava.
Nell’allontanarsi dalla Sala Grande, Flamme si lasciò alle spalle un ‘Reducto’ a fior di labbra, che valse sonore risate quando le sedie delle ragazze saltarono in aria una dopo l’altra. Addio, tanto sudata piega!
 

Percorse il corridoio per raggiungere l’aula di Storia della Magia. La attendevano dal principio due noiosissime ore di ampollosi discorsi sulle più note Associazioni di Fattucchiere e le loro celebri fondazioni.
Il suo sospiro fu bruscamente interrotto da uno spallato ragazzo dall’aria sportiva, che la urtò fino a farle rovesciare la borsa a terra.
- Ehi, Fred! George!- aveva urlato, ma evidentemente gli oggetti del suo interesse si erano allontanati troppo in fretta. Fortunatamente però, non tardò ad accorgersi che il contenuto della tracolla di Flamme stava lungo e disteso sul pavimento di pietre levigate.
- Oh, accidenti! Mi dispiace!- si precipitò a raccogliere più cose possibili per renderle alla legittima proprietaria e domandarle debitamente scusa.
Flamme non aprì bocca, si limitò ad accovacciarsi ed a radunare i suoi effetti personali.
- Scusa, certe volte non mi rendo conto di non essere sul campo di Quidditch.- il ragazzo si portò una mano dietro la nuca, lasciandole intendere d’essere sinceramente dispiaciuto.
La bionda riprese i libri che lui le tendeva con un sorriso amichevole e li ripose.
- Segui Storia della Magia?- le domandò poi, alzandosi. Lei si chiese per un attimo se fosse uno stucchevole tentativo di stabilire un’amnistia assolutamente non necessaria, oppure che altro.
- Già.- rispose, ben conscia che quella che le era stata appena posta era una domanda di circostanza: erano compagni di Storia della Magia da almeno due anni e ben consci della reciproca presenza a lezione.
Una volta varcata la soglia, Flamme prese posto in una delle ultime file, pronta a sorbirsi un nuovo, noioso soliloquio del professor Rüf, fin troppo baldanzoso quella mattina.
Un insolito scricchiolare alla sua destra la fece voltare incuriosita: raramente qualcuno si era seduto accanto a lei di propria iniziativa.
- Tieni, l’ho preso per sbaglio.- fece di nuovo il ragazzo di poco prima, restituendole la doppia copia del libro di testo - E’ tuo.-
- Oh.- Flamme lo accolse tra le dita bianche, poi alzò lo sguardo verso il sorriso incoraggiante del compagno. Una disordinata frangia di capelli castano scuro gli scendeva sulla fronte, pur non coprendo quelli che erano due grandi occhi dello stesso colore, forse di una tonalità un po’ più tenue.
- Grazie.- mormorò, poggiando silenziosamente il volume sul banco.
Dopo l’entrata in scena dell’insegnante, Oliver Baston, Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, tuffò il volto mascolino e squadrato tra i due avambracci, appoggiandosi svogliatamente sul banco con tutto il suo peso e rassegnandosi a trascorrere due ore non troppo leggere.
 

- E immagino tu non sappia niente di alcune sedie saltate in aria in Sala Grande. E’ scoppiato il caos, c’è voluta un’ora intera per rimettere a posto tutto quanto e calmare i nervi delle sue vittime.- Severus Piton la guardava dall’alto con il suo caratteristico piglio severo, incombente.
- Nulla.- Flamme scosse il capo, seduta sulla piccola poltrona scura nell’ufficio del direttore di Serpeverde.
- Signorina Dunkel.- la riprese quello - Lo sappiamo quanto le piaccia l’Incantesimo Reducto e la sua mania di far saltare in aria le cose.-
- Non faccio saltare in aria niente.- che strana accusa.
- No, d’ora in poi le sarà difficile, immagino, perché controllerò la sua bacchetta.- l’insegnante alzò un sopracciglio e ripeté per due volte - Prior Incantatem.-
Spalle al muro.
- Ma bene, due Reducto nel giro della prima giornata di scuola. E’ sorprendente, e non ha ancora partecipato ad una lezione che richiedesse tale fattura.- soddisfatto del proprio lavoro, Piton si appoggiò con il bacino alla scrivania. 
Flamme si trovò a considerare il fatto che, nonostante tutto, non si sentiva coinvolta in alcun modo.
- Lei lo sa quando le mento, quindi è indifferente ch’io dica la verità.-
Severus alzò anche l’altro sopracciglio, decisamente contrariato, eppure placidamente freddo come solo lui sapeva essere.
- E’ questione di principio. Deleterius.- l’effetto dell’incanto precedente scomparve all’istante.
- Già. Immagino lo sia.- fu la risposta che gli arrivò, silenziosa e conforme, quasi indifferente.
- Bene, come dicevo, si dia una regolata, altrimenti dovrò realmente sottoporre la sua bacchetta ad un controllo periodico ed inaspettato. Le regole sono regole, soprattutto nella mia Casa.- le candele appese al muro creavano un insolito riverbero sul volto dell’uomo, deciso ed intransigente dinnanzi a lei. Decisamente poco incline ad essere pietoso.
- Sissignore.- detto questo la ragazza si alzò e ripose nella borsa la bacchetta che lui le tendeva, appuntandosi un promemoria mentale: “cambiare incantesimo e farsi un alibi” .
Quando finalmente poté uscire nei corridoi si trovò dinnanzi una Karin Candace piuttosto incuriosita, in punta di piedi sulle sue basse scarpine lucide.
- Che voleva da te?- le mani dietro la schiena, dondolante.
- Niente.- Flamme alzò i tacchi e si apprestò a lasciare l’ambiente chiuso, in favore di una salutare boccata d’aria.
- Oh, e... non ha tolto punti a Serpeverde, vero?- ravviandosi i corti capelli scuri, la compagna la inseguì giusto in tempo per guadagnarsi un’occhiata agghiacciante.
- Non l’ha fatto.- rispose la bionda, sibilando.
Karin rimase scossa per un attimo, guardandosi alle spalle in cerca dell’appoggio delle amiche che, in uno slancio di vigliaccheria, l’avevano mandata avanti.
- E... emh.- si sporse di nuovo, stavolta temendo sul serio che Flamme potesse lanciarle la maledizione Cruciatus per farla tacere - E’ perché Sandy Davenport sta poco bene, dopo l’incidente di questa mattina, ha diversi lividi... e...-
Al ricordo di Sandy Davenport ed i suoi boccoli scarmigliati, Flamme non trattenne un soddisfatto sorrisetto interiore.
- Vuoi domandarmi qualcosa?- si fermò e si ravviò la lunga chioma bionda. Karin fu colta alla sprovvista e prese a guardarsi le scarpe.
- No... no, cioè io...-
- Bene, perché nessuno vuole farsi altro male, vero?- un bagliore repentino balenò negli occhi della compagna, che ora stava fissando il gruppo di mandatarie all’incrocio del corridoio.
In tutta risposta quelle sbatterono le palpebre e non ci pensarono due volte ad alzare i tacchi di gran lena, tra spintoni e gridolini d’esortazione, abbandonando la loro cavia a sé stessa.
Flamme, ottenuto il risultato sperato, si voltò e prese a discendere i gradini. Scese silenziosa e quasi aleggiante nei giardini, lasciandosi alle spalle Karin e la prima mattinata di scuola.
Ci volle poco perché dall’altra parte della scalinata non scorgesse arrivare il nuovo, raggiante Caposcuola Percy Weasley e la sua oramai inseparabile Penelope Light, prefetto di Corvonero. Coppia rivoltante, senza dubbio.
Scartò a destra appena in tempo, prima che il signor ‘La legge sono io’ potesse rimproverarle il fatto di star gironzolando senza badare ai Dissennatori di guardia.
Imboccò la prima scorciatoia che le capitò dinnanzi, scuotendo il capo e tenendosi ben lontana dall’incappare in una ramanzina del tutto inutile. Ogni studente che Weasley avrebbe incontrato di lì a poco si sarebbe preso la sua.
Il sole era ancora alto, mezzogiorno stava appressandosi e la vera e propria ronda non l’aveva ancora vista nessuno.
Flamme si diresse verso il campo di Quidditch, deserto. Perlomeno nessuno l’avrebbe disturbata con chiacchiere e tediosi monologhi, né tantomeno si sarebbe sentita fissata come un’assassina da ogni singolo moccioso.
Si accomodò su uno degli spalti bassi, davanti a lei il suggestivo scenario del campo verdeggiante totalmente vuoto. Le bandiere in alto torreggiavano aleggianti al vento dei primi di settembre, in contrasto con il cielo plumbeo.
Appoggiò il dorso allo schienale in un sospiro, considerando che non doveva far altro che tenere duro un altro anno, superare i M.A.G.O e lasciarsi ogni cosa alle spalle.
Già... e poi? Cos’avrebbe fatto della sua vita? Da quando la McGranitt l’aveva ricoperta di gioiose aspettative sul fatto che sarebbe potuta diventare un ottimo Auror - non senza un’occhiataccia da parte di Piton - si era scelta l’unico piano scolastico disponibile. Più che per vocazione, l’aveva fatto per mancanza di ispirazione e voglia di cercarsene o crearsene un altro. Ed ora si chiedeva se il suo futuro sarebbe stato davvero quello che qualcuno aveva designato, oppure avrebbe fatto meglio a spezzare ogni catena e scomparire, come certe volte le balenava in testa.
Certo era che Adalrich Ingram Dunkel la pensava in un modo tutto suo. Quando aveva avuto modo di discorrere l’ultima volta con i professori - ai lontani tempi del quinto anno - suo padre si era comportato come se ogni eventuale carriera gli venisse proposta dagli insegnanti fosse una sciocchezza senza alcuna importanza: Flamme poteva benissimo scegliere di diventare un’allevatrice di Basilischi, ma a lui poco sarebbe importato. Si era altresì congedato lasciando trasparire d’avere in mente qualcosa di imperscrutabile nei confronti della figlia.
Figlia che, tra l’altro, non vedeva giusto da quei due lunghi anni.
La ragazza fece per voltarsi e sistemare la tracolla sul palco vuoto accanto a lei, che si vide arrivare addosso una palla di cannone a tutta velocità.
- Reducto!- fece presto ad esclamare, estraendo la bacchetta prima che le si schiantasse dritta in faccia.
Il Bolide si frantumò all’istante ed i resti piovvero in mille pezzi a pochi centimetri dal suo volto.
Intenta a riprendersi ed a guardarsi intorno per far saltare in aria ulteriori siluri, il suo sguardo s’imbatté all’istante in una velocissima figura in sella ad un manico di scopa.
Chiunque fosse, un bell’Avada Kedavra se l’era proprio guadagnato!
- Oh, accidenti!- un accigliato ragazzo dalle spalle larghe saltò giù dalla sua Tornado Sette, planando dall’alto con un movimento impeccabile ed atterrando a pochi passi da Flamme.
- Ti hanno assoldato per farmi fuori?- fece lei, riconoscendo lo stesso Grifondoro che le si era seduto accanto quella mattina a Storia della Magia.
- Perdonami!- lui si era avvicinato, accorgendosi che l’inevitabile incidente aveva coinvolto di nuovo quella taciturna ragazza dall’aria scocciata - Ho incantato un paio di Bolidi e una Pluffa, volevo... oh, ma tu stai bene? Scusami, pare che oggi sia una continua, sfortunata coincidenza!-
- Sto meglio del tuo Bolide.- Flamme era passata a spolverarsi la casacca, puntellata dei resti polverizzati dell’oggetto dell’attentato.
- Non... importa.- valutò lui, incerto se in realtà avesse effettivamente peso o meno. Prima che la bionda, contrariata, potesse fare dietro front e lasciarlo lì con i residui del Bolide, le si avvicinò e le sbarrò la strada.
- Tu sei... Vipera, giusto?- ottimo approccio davvero. La ragazza alzò il volto e si specchiò nelle iridi castane del suo interlocutore, che si stagliava alto sopra di lei.
- Flamme.- sibilò a denti stretti, con l’aria di una che avrebbe polverizzato all’istante anche lui, se solo avesse insistito. Ma, ahimé, il ragazzo o l’intese troppo tardi, o davvero era un tipo impavido.
- Flamme? Oh, io pensavo Flamme fosse il tuo secondo nome, o...-
- Vipera è solo uno sciocco soprannome. Sai, di quelli che ti appioppano per i corridoi.- tagliò corto la bionda, facendo per scansare il robusto torace del Grifondoro - impresa piuttosto difficoltosa da portare a termine, tra degli scranni così minuscoli.
- Oh... oh! Scusami, io-io non intendevo, non sapevo...- due su due, Oliver, complimenti.
- Fa niente.- lei alzò le spalle.
- Sul serio, non...- insistette lui, prima di venire di nuovo interrotto dalla voce senza tono dell’altra.
- Non fa niente.- ripeté, scandendo le parole una per una.
I capelli biondi ed un poco mossi le incorniciavano le gote pallide, mentre la sua bocca rosea era semichiusa, come pronta a rispondere ad una nuova infelice uscita.
- Io sono Oliver.- era piuttosto rammaricato e, per un qualche strano motivo, desideroso di mostrarsi un gentiluomo.
- Ciao, Oliver.- si chiese se il tono della ragazza fosse ironico o che altro, soprattutto forte del fatto che tutti a scuola sapessero chi fosse Oliver Baston.
- Beh, emh, che fai qui? Ti piace il Quidditch?- azzardò, portandosi una mano ad un fianco.
- Per niente.- Flamme gli smorzò ogni speranza sul nascere.
- Oh.-
- Già.-
- E allora...?-
- E’ l’unico posto libero nel giro di cento metri, niente ragazzini, niente scocciature.- alzò un sopracciglio e non trattenne un sorrisetto lieve - A parte te.-
Baston fu quasi sicuro di perdere la cognizione dei propri pensieri, come se qualcuno gli avesse lanciato un Incantesimo Confundus in piena fronte.
- Io mi allenavo.- fece poi, la pura verità.
- Senza la squadra?- Flamme era scettica per natura, ma in questo caso doveva ammettere che la cosa aveva dell’insolito proprio perché reale.
- A volte faccio anche da solo.- lui si strinse nelle spalle, un pozzo di bonaria sincerità.
- Devi essere uno psicopatico fanatico.-
- Più o meno.-
Si scambiarono uno strano sguardo, incuriosito e diffidente, interessato e silenzioso.
- Senti, devo andare.- fu Flamme a rompere quel ghiaccio che pareva non doversi incrinare mai.
- Ci vediamo a lezione.- furono le ultime parole che udì dal compagno, mentre la lasciava passare e si chinava a raccogliere la scopa.
Strano ragazzo: non aveva mai incontrato nessuno di così genuino e bendisposto. D’altro canto, nessuno si era mai spinto così in là, insomma, se una non parla per niente, a che pro insistere? E invece dovette ammettere che quella discussione fatta di poche, eccentriche battute era stata... carina.
Già, carina, e intanto si era lasciata sfuggire un altro Reducto, accidenti!

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Capitolo 2
*** Pettegole! ***


Capitolo 2 - Pettegole!
 
Non sono corretta, non mi preoccupo d’esserlo e non mi rammarico di non esserlo.
Prima di tutto perché parto dal presupposto che il prossimo non sarà mai corretto nei miei confronti e poi perché credo che l’esserlo costi un maggior dispendio di energie rispetto al non comportarsi onestamente.
Non che sia un genio del crimine, ma se capita non disdegno una scorciatoia.
E dal momento che fa rima con ‘scappatoia’, immagino sia venuto il caso di trattare anche quest’argomento.
Più di una volta ho usato le mie abilità per evitare, piuttosto che per superare una prova. O meglio, per superarla a modo mio. Ed ora che ci penso bene, probabilmente avrei fatto meglio a dimostrarmi all’altezza di essa, applicandomi veramente.
Mah, i soliti buoni propositi che poi finiscono in un bel calderone di ‘Nulla’, con un pizzico di ‘Chi se ne importa’ ed un cucchiaino di ‘Va bene anche cosi’.
L’importante è cavarsi d’impiccio.
Oh, non guardatemi così ora, non sono mica un mostro! Se non vi sta bene, potete pure alzare i tacchi, non vi chiedo certo io di starmi a sentire. E poi non sareste né i primi, né gli ultimi che possono vivere benissimo anche facendo a meno della mia parola.
Ho imparato ad infischiarmene di quello che gli altri pensano di me quando avevo sette anni.
Forse addirittura un po’ tardino rispetto a quelli che sono i miei standard attuali.
 

La febbrile eccitazione per una nuova, fantasmagorica lezione con il professor Lupin mandava in visibilio ogni studentessa nel giro di tre chilometri.
Nel corridoio gremito di gente, i discorsi preponderanti delle ultime tre settimane riguardavano la fuga del fantomatico Sirius Black ed il crescente timore generato dal fatto che il Ministero della Magia non l’avesse ancora scovato.
Anche il pensionamento del professor Kettleburn e la sua sostituzione da parte di Rubeus Hagrid, salito in cattedra a Cura delle Creature Magiche - un corso che, a dirla tutta, rari studenti oltre il quinto anno seguitavano a portare avanti - aveva riscosso molto successo ed era salito rapidamente tra le hits del momento.
Infine, era scoppiato un caso di stato quando si era venuto a sapere dell’incidente che Draco Malfoy aveva avuto con un Ippogrifo imbizzarrito - almeno stando a quanto lui stesso raccontava in giro.
Flamme aveva l’impressione che quel ragazzino fosse fin troppo baldanzoso e puerile per essere preso sul serio, sebbene l’influenza del suo importante cognome smentisse parecchie dicerie.
Si sistemò meglio con la schiena contro la fredda parete di marmo dell’arco che si apriva sul luminoso giardino. Le gambe leggermente piegate e lo sguardo immerso nel volume di Incantesimi, con la bacchetta di legno scuro di castagno a fare da segnalibro.
Nonostante il tempo andasse peggiorando, tutti erano elettrizzati per la prima uscita a Hogsmeade.
- Mi è mancato un sacco prendere una bella tazza di cioccolata da Madama Piediburro!- civettò una ragazzina dai lunghi capelli castani, passandole di fianco e pizzicando scherzosamente ai fianchi l’amica con cui camminava.
- Ah, a chi lo dici! Non vedo l’ora di andarci con David!- sognante, l’altra si ravviò la chioma rossa per poi scoppiare in una risatina compiaciuta.
Flamme curvò le labbra, trattenendo un sospiro spazientito e voltò pagina.
Giusto dinnanzi a lei, un piccolo gruppo piuttosto eterogeneo stava facendosi largo per il corridoio. Lo scarmigliato ragazzo che ne era alla testa aveva tutta l’aria di essere rimasto sveglio tutta la notte su schemi e pronostici, vista la cera selvaggia che lo caratterizzava.
I capelli spettinati facevano comunque il loro effetto, attirando gli sguardi rapiti di qualche ragazza di passaggio, malgrado il diretto interessato non ne avesse la minima cognizione.
Solo quando si trovarono a qualche centimetro di distanza, Flamme fu come spinta ad alzare il volto dal volume, catturando involontariamente lo sguardo di Mister Incantiamo-un-paio-di-Bolidi.
Ed allora Oliver si fermò meccanicamente, riavendosi dai suoi pensieri ossessivi riguardo a Quidditch ed allenamenti alle porte e si ritrovò investito dai colori lunari del volto della ragazza che, muta, se ne stava seduta sul davanzale dell’arco di pietre.
- Ciao.- sorrise, accompagnandosi con un cenno della mano.
La bionda sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto che l’aitante capitano stava dinnanzi a lei e l’aveva appena salutata.
- Oh, ciao.- rispose poi, abbandonando l’espressione di sorpresa e riprendendo possesso della sua apparenza glaciale.
Per un attimo i suoi occhi azzurri furono l’interessante oggetto dell’intenso sguardo del compagno. Perché sì, il brusio tutt’intorno a lui cessò d’un tratto e l’unico bagliore che riuscì a cogliere fu quello dei lunghi, opalescenti capelli di Flamme.
Solo quando Katie Bell gli tirò un energico spintone, Oliver si riebbe ed il mondo intorno a lui prese a vorticare di nuovo, in un caotico affollamento di chiacchiere e colori. Riuscì a tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi oltremare per qualche passo ancora, poi la superò e lei riabbassò lentamente il capo verso il libro di Incantesimi.
- Oliver...?!- Angelina Johnson era esterrefatta.
- Conosci Vipera?- l’altra Cacciatrice, invece, mostrava un’espressione smarrita.
Il Capitano si risvoltò le maniche della casacca e si schiarì la voce, riprendendo a camminare con la decisione di poco prima.
- Si chiama Flamme.- esordì in risposta alla frase di Katie.
Le due si scambiarono uno sguardo sbigottito, facendo tanto d’occhi.
- E come mai la chiami per nome?- riprese la ragazza dai capelli più scuri, raccogliendosi le lunghe treccine con un elastico.
- Perché quello è il suo nome.- naturalmente, la risposta più ovvia.
Di nuovo un’eloquente occhiata furtiva da parte delle compagne.
- Oliver, Angelina intendeva dire come fai a conoscerla, perché la conosci, non è così? Ci parli? L’hai salutata!- Katie scartò abilmente due spaesati studenti del primo anno, riguadagnando terreno.
- Che significa ‘ci parli’?- Oliver cominciò a domandarsi se le compagne non fossero impazzite.
- Tu non vedi al di là del Quidditch, sei ottuso!- stavolta Angelina incrociò le braccia al petto, spazientita. Baston non era dello stesso avviso, si trattenne dal fustigarla in pubblico ed optò per una replica un po’ più diplomatica.
- Ma che dici, soltanto perché m’impegno con tutto me stesso nel Quidditch, non vuol dire che...-
- Tu ti sveni, non t’impegni solamente!- lo interruppe lei, battagliera - E comunque, lo sanno tutti che quella lì è nociva.-
- Nociva?- stavolta il Portiere rise. Per non piangere dall’esasperazione.
- Senti, non è un caso che dove ci sia lei la gente si faccia male. E’ vendicativa, inquietante, è molto cattiva!- questa volta fu Katie, incalzante, a sostenere l’accusa - E poi è il massimo della comunicatività, certo, una personificazione dell’allegria!-
- Se ne sta sempre da sola, neanche fosse l’Incantatrice più bella del Settimanale delle Streghe, con le sue lunghe ciglia!- Angelina era decisamente andata su di giri - La Cooman una volta le ha detto che possiede un’aura molto negativa.-
Oliver sbuffò sonoramente, procedendo per il corridoio ed imboccando una scala in discesa verso il giardino.
- Solo perché una è taciturna, non...- fece per ricominciare, alzando gli occhi al cielo.
- Non è taciturna, è una maschera di marmo!- la combattiva Angelina aveva decisamente perso la pazienza e con l’ultima esclamazione sperava di inculcare a forza il concetto nella testa di Baston.
Ma il Capitano si fermò di scatto, dieci volte più irritato di lei, poi indicò il campo di Quidditch e scoccò alle due un’occhiata categorica.
- Adesso basta sciocchezze! L’ho solo salutata e non sembra che morda, per cui toglietevi dalla mente queste stupidaggini da vecchie fattucchiere pettegole e filate sul campo! Oggi non sarà un allenamento facile e voglio il massimo impegno, dobbiamo provare gli schemi che ho realizzato stanotte!-
 

Oltre alle sfavillanti, nuovissime lezioni con Remus Lupin, in fermento nell’aria c’era anche la prima gita in programma a Hogsmeade. La stessa gita - lo sapevano tutti - a cui Harry Potter non avrebbe potuto partecipare per via di un permesso non firmato. Ciò causò sommo gaudio nei Serpeverde, i quali avevano già cominciato a mettere in giro svariate voci su quello che secondo loro era il vero motivo dell’assenza, tutte una più assurda dell’altra.
L’unica Serpeverde a cui in realtà non importava nulla né di Hogsmeade, né dell’umiliazione di Potter era Flamme, la quale giusto in quel momento stava dondolando i piedi giù da una staccionata senza alcuno slancio.
La prima gita dell’anno, a cui avrebbe fatto seguito un delizioso banchetto di Halloween, una volta tornati a scuola. Elettrizzante.
I ragazzi si riversavano sulle strade del piccolo borgo con calore, accesi ed esaltati, tra un giro da Mielandia e l’Emporio di Zonko.
In genere l’uscita più divertente era sempre quella in occasione della prima neve: all’idea di Hogsmeade nessuno sapeva trattenersi dal sorridere.
Oh, sempre a parte Flamme, ovviamente.
La ragazza si sistemò il cappotto nero e si resse con le mani alla staccionata in legno scura, trascurata e piena di buchi. Gettò il capo all’indietro ed alle sue spalle si materializzò la sagoma inquietante della Stamberga Strillante, incombente.
Il fatto che si sentisse stranamente in pace dinnanzi al tetro maniero non era cosa nuova. Non le andava di mescolarsi ai compagni, non aveva mai gradito nemmeno una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa, preferendo starsene in pace con gli occhi chiusi a sentire la neve cedere sotto il proprio incedere.
Oliver Baston, invece, era appena uscito dal locale più famoso di Hogsmeade, sotto il braccio il fido manuale di Quidditch, da bravo fissato che era.
Katie e Angelina avevano appena coinvolto Alicia Spinnet, la terza cacciatrice della squadra, in un’accesa filippica contro Flamme, dopo l’incontro di quella mattina con il Capitano.
Avevano praticamente stravolto il semplice saluto che si erano rivolti, inserendo dettagli a casaccio riguardo cose che probabilmente solo loro avevano visto. O peggio, immaginato.
Ah, le donne! Che infinita creatività!
Il peggio era che Alicia se l’era presa a cuore ed aveva preteso tutti i particolari, tanto da indurre Oliver a lasciare i Tre Manici di Scopa dalla disperazione.
Sorpassato un gruppetto di Corvonero del terzo anno, il Portiere si diresse verso il negozio di Zonko. Era sicuro di poterci trovare i gemelli Weasley e di catturare la loro attenzione sui nuovi schemi, anche se sarebbe stato arduo, visto il loro naturale interesse per il mondo degli scherzi e degli artefatti bizzarri.
Oh. A proposito di Flamme, non l’aveva affatto incrociata quel giorno. Anzi, a farci caso non l’aveva proprio vista durante tutte le uscite passate ad Hogsmeade. Strano, di solito le ragazze si contendevano gli accompagnatori da Madama Piediburro... ma, beh, a pensarci bene Flamme probabilmente non ci aveva nemmeno mai messo piede.
Era una strana tipa, chissà perché ci teneva tanto a restare isolata?
Contrariamente alla reazione che il nome di Flamme procurava negli altri, sulle labbra di Oliver si dipinse un mezzo sorriso: era stato un incontro bizzarro, il loro. Per un soffio non le aveva spiaccicato un Bolide in faccia e lei per poco non gli aveva fatto saltare le chiappe con un incantesimo Reducto!
Eh, già, non capitavano tanto spesso incontri così... esplosivi.
 

L’ennesima svolta inquietante avvenne quella stessa sera di Halloween, quando la Signora Grassa fu attaccata dal fantomatico Sirius Black. Per questo motivo Silente decise che la Sala Grande avrebbe accolto tutti gli studenti di Hogwarts per la notte, dopotutto era il luogo più protetto e tutti sarebbero stati più sicuri, spalla contro spalla.
Dopo aver materializzato centinaia di sacchi a pelo, il preside si raccomandò di fare silenzio, spegnere le luci e comunicare via fantasma.
Non che questi ne fossero dispiaciuti, visto che una raramente venivano tirati in causa. Dopo lo spettacolo sulla maldestra decapitazione che Nick-quasi-senza-testa aveva offerto quella sera, Flamme era poco bendisposta a tollerarne ancora a lungo la vista, per cui decise di infilarsi nel proprio sacco a pelo e voltarsi dall’altra parte.
- Ciao!-
Per poco non le si drizzarono i capelli in testa.
- Ma sei matto, vuoi farmi venire un colpo?!- esclamò, portandosi entrambe le mani al petto.
Oliver Baston era sgusciato al limitare della Sala, dove Flamme si era appartata, lontano dalle sue scombinate compagne di Casa.
- Silenzio, laggiù!- Percy Weasley, incaricato di fare da guardia alle porte, vigilava fin troppo attivamente.
Il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro si sollevò sui gomiti, restando lungo e disteso nel suo giaciglio improvvisato.
- Credo che sia un po’ contrariato perché stasera non può amoreggiare con la sua bella.- ridacchiò, imitando il Caposcuola tutto intento a sbaciucchiare la sua Penelope.
Flamme trattenne un sorrisetto.
- Ehi, ehi, hai riso!- il Portiere si interruppe di scatto - Allora non sei una specie di Dissennatore in gonnella!-
- Oh, ti ringrazio del felice paragone.- commentò lei, scuotendo il capo - Comunque non stavo ridendo.-
- Oh, sì che stavi ridendo!- ribatté Oliver, ravviandosi la frangia di capelli castani.
- Ripetilo e ti faccio assaggiare la mia bacchetta.-
- E’ una minaccia? Potrei sfidarti a mostrarmi il tuo repertorio, cara la mia Serpeverde.-
Questa volta Flamme scosse il capo, i suoi capelli non ondeggiarono, perché costretti in uno scomposto chignon dietro la nuca.
Il Capitano sorrise, bonario.
- Dovresti scioglierli, sai? Stai molto meglio.-
Pum. Un pugno nello stomaco. Diretto e senza ghirigori. Come se qualcuno glielo avesse rivoltato d’improvviso. Poi uno strano calore le invase il petto e le gote, nemmeno loro avvezzi a quel tipo di sensazione.
- Ho detto qualcosa che ti ha dato fastidio?-
L’espressione di immacolata ingenuità di Oliver la spiazzò completamente. Ed allora lei si rese conto di essere rimasta muta per diversi istanti, immersa nel buio quasi totale, in un limbo mai sperimentato prima.
- Oh, no.- fece - Non... credo.-
Il Portiere sospirò impercettibilmente di sollievo. Probabilmente - si rese conto solo allora - nessuno aveva mai avuto l’ardire di rivolgerle una frase del genere. Una frase gentile.
Era stato guidato dalla più genuina sincerità, senza pensare affatto che di fianco a lui c’era Vipera, la strana ed inquietante Serpeverde che i più evitavano.
Lui aveva visto Flamme, la ragazza che aveva incontrato per caso sul campo di Quidditch e che aveva salutato una mattina sotto un arco del giardino.
- Emh, di solito alla gente non importa dei miei capelli.- la sua voce leggera lo raggiunse di nuovo, mentre i suoi occhi, che ormai andavano abituandosi all’oscurità, riuscirono a scorgere il profilo squadrato del Capitano.
Anche lui oramai era in grado di distinguere il volto immobile della sua interlocutrice, grazie ai bagliori che il cielo puntellato di stelle conferiva alla Sala Grande.
- Sei mai uscita durante il Novilunio?- buttò là.
Flamme ebbe un nuovo sussulto, ma stavolta un brivido le percorse l’intera colonna.
- No.- rispose semplicemente, affondando nel sacco a pelo per quietare la pelle d’oca e tentando di scansare il repentino cambio di discorso.
- Oh, beh, non sai che ti perdi!-
- Ah, sì?- buttò là la Serpeverde, sarcastica.
- Ehi, parlo sul serio, io!- si ribellò Oliver, appressandosi a lei per riguadagnare la sua attenzione.
- Silenzio laggiù, ho detto!- Percy Weasley tornò a farsi sentire - Non costringetemi a venire là!-
Baston ruotò gli occhi e riprese a bisbigliare.
- Quando la Luna è Piena, dicono che si verifichino i più svariati eventi legati ai suoi influssi. L’abbiamo studiato per sette anni, direi che non è una novità.- la sua voce maschile le si insinuò nel petto e le strinse il cuore in una morsa di fuoco rovente. Non prepotentemente, ma come se ne avesse il pieno diritto, come se conoscesse la strada, come cosa nota da tempo immemore. E ad un tratto, nel buio, tra le sagome indistinte, il suo volto squadrato e limpido sovrastò ogni altra figura, ogni minimo fruscio.
- Invece, quando la Luna non si vede, siamo tutti un po’ più... soli. Con noi stessi, con quello che portiamo dentro. Ci dimentichiamo delle leggende, dei miti, persino della magia.- improvvisamente Oliver divenne l’unico suono che Flamme fu in grado di udire, immersa nella nebbia del nulla.
Gli occhi velati dall’oscurità di quelle stesse notti di Novilunio, dalla rabbia e dalla disperazione che incarnavano, le labbra schiuse del Capitano divennero l’unico appiglio per non perdersi nella tetra foschia.
E non si accorse di essere oramai guancia a guancia, cullati dalle stelle incantante, mentre intorno a loro centinaia di aliti di vita cantavano ritmicamente, in un concerto di voci assopite.
- Ma tu non eri un fissato di Quidditch?- replicò Flamme, smorzando improvvisamente il nodo alla gola che le si era creato.
- Che c’entra? Non vuol dire che non possa avere altri interessi!- si difese Oliver, solleticandole l’orecchio in una replica mormorata.
- E il Novilunio è tra i tuoi interessi?- fu la risposta di lei, altrettanto bisbigliata, altrettanto segreta.
Il Portiere sorrise di nuovo, lasciandoglielo avvertire, tendendo una mano dietro la sua nuca e colmandosi del suo distante profumo di cose dimenticate.
- Non esattamente, però mi è venuto in mente guardando il soffitto di stelle.- ed era vero, non c’era nessuno al mondo più autentico di Oliver Baston.
- Sei un tipo strano.- si arrese lei, stringendosi nelle spalle e rendendosi conto di non aver bisogno di calore quella notte, la presenza dello schietto Capitano dalle spalle larghe era più che sufficiente.
- Ehi.- tutt’un tratto lui richiamò a sé l’attenzione di Flamme, privandola del fermaglio che le assicurava lo chignon con un gesto gentile. La sua massa fluida di capelli biondi ricadde soffice sul cuscino - Anche tu.- sorrise infine, inspirando di nuovo a pieni polmoni il suo selvaggio profumo straniero, obliato.
 

Non era una buona giornata per il Quidditch.
Tanto più che Alicia, Katie e Angelina parevano totalmente rapite dal nuovo Cercatore di Tassorosso: Cedric Diggory, un ragazzone piuttosto aitante e molto popolare tra le fans.
Inoltre, Oliver sentiva un gran peso sulle spalle, un cattivo presentimento.
Di certo non poteva prevedere che Harry Potter sarebbe caduto da quindici metri a causa dell’attacco inaspettato di un Dissennatore e Diggory avrebbe preso il boccino, portandosi così a casa la partita.
E’ per questo che, dopo l’incontro, era filato nelle docce con la ferma intenzione di annegarsi.
- Te lo porti anche in bagno, quel manuale?- la voce di Flamme lo colse proprio mentre stava per decidere se allagare il locale, oppure ricorrere ad un incantesimo rapido ed indolore.
Sussultò, riconoscendo la nuca bionda della compagna al di là degli armadietti.
- A volte.- rispose, tentando di ricomporsi e di assicurarsi l’asciugamano in vita.
- Sei uno...-
- Psicopatico fanatico? Me l’hai già detto.-
Flamme curvò le labbra da un lato.
- Oh. Allora sto cominciando a diventare ripetitiva. Oppure dev’essere vero.- commentò, restando girata di spalle e prendendo a sfogliare il manuale di Quidditch tutto scarabocchiato con schemi ed annotazioni. Baston aveva persino apportato delle correzioni al testo originale.
- Ti capita spesso di infilarti negli spogliatoi degli uomini?- domandò il Capitano, asciugandosi velocemente il petto e indossando rapidamente la maglietta.
- Nh. Non molto spesso.- lei alzò le spalle, scuotendo il capo - Comunque non ti allarmare, non c’è nessuno nel raggio di duecento metri: sono tutti a fare la coda in infermeria a sincerarsi delle condizioni di Harry Potter. A parte i Serpeverde, alcuni stanno già mettendo in giro la voce che ci ha lasciato le penne.-
Oliver sospirò e scosse il capo, poi si liberò della salvietta e finì di vestirsi.
- Stavate vincendo cinquanta a zero, comunque.- Flamme lo sorprese nuovamente, stavolta non più con tono freddo e distante, ma talmente vicino che gli parve quasi di avvertire il suo respiro sulla propria pelle, confortante.
- E... tu come fai...?- il Portiere lasciò cadere la frase a metà: nel pronunciarla si era sporto al di là degli armadietti, ma invece di incontrare nuovamente la nuca della compagna, s’imbatté nel suo volto lunare, sul quale questa volta era disteso un semplice, placido sorriso.
Non si era voltata completamente verso di lui, per cui gli dava ancora le spalle coperte dal mantello nero e dalla massa fluente di capelli chiarissimi. Sciolti.
Baston ebbe un tuffo al cuore. Di quelli improvvisi, che non controlli, che ti prendono e basta. E non fu più in grado di pronunciare una parola, tanto che il silenzio interrotto solo dal ritmico gocciolare dei rubinetti, presto divenne un suono lontano, indistinto. E l’unica cosa viva il sorriso gentile di Flamme.
- Me l’hanno detto.- replicò questa, d’un tratto spezzando la quiete.
- E chi? Tu non parli con nessuno.- e d’un tratto venne da sorridere anche a lui, naturalmente.
- Ehi! Ce l’ho anch’io una compagna di stanza, non crederai che mi infili nelle segrete del sotterraneo come un Vampiro e rimanga lì nella mia bara tutto il tempo?- si ribellò Flamme, voltandosi completamente e portandosi le mani ai fianchi.
- Chi, Karin Candace?- Oliver scoppiò in una risata liberatoria, gettando indietro il capo bruno - Ma se non distingue un Boccino da una Ricordella!-
- Molto divertente.-
- Certo che è divertente!- insistette lui, infilandosi il maglione e chiudendo l’armadietto con una mossa decisa.
Poi si avvicinò e riprese il libro tra le mani, mantenendo un sorriso riconoscente.
- Comunque, ehi, grazie per essere venuta alla partita.- disse infine, annuendo in segno d’intesa.
Già, probabilmente Flamme era stata l’unica Serpeverde in tutto lo stadio. E se ce n’erano per caso stati altri, probabilmente lei era l’unica a non essersi cimentata in fatture telepatiche contro la squadra di Grifondoro.
- Prego.- fu la sua risposta, mentre alzava i suoi occhi di ghiaccio in quelli del Capitano, caldi ed avvolgenti come l’abbraccio della terra.

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Capitolo 3
*** Che differenza avrebbe fatto ***


Capitolo 3 - Che differenza avrebbe fatto?
 
Non sono una snob asociale ai limiti della misantropia come mi definiscono alcuni, davvero.
E’ che odio i rapporti interpersonali.
A chi voglio darla a bere? Al resto del mondo, immagino.
Se mi comporto da fredda egoista, è sicuro che tutti mi odieranno. E non pretenderanno niente da me, non si aspetteranno certo calore. O amicizia.
Il che, del resto, è l’ultima cosa che desidero.
Troppe complicazioni, troppe delusioni, troppe energie buttate nell’impegnarsi a credere in qualcuno che non sarà mai in grado di soddisfare le tue aspettative. Ecco il mio modo di vederla, quest’amicizia che tutti vanno decantando.
Se non hai amici e non ti costruisci i tuoi bei castelli per aria, è certo che ti risparmierai una gran bella illusione. Già, perché - diciamocelo - se una mattina ti dovessi svegliare e scoprire che il tuo migliore amico in realtà non è altro che uno dei tanti? Se le tue aspettative su di lui fossero improvvisamente ridimensionate da un qualsiasi, stupido evento? Di certo non staresti lì a sprizzare gioia da tutti i pori.
Bene, è proprio questo che intendo: niente amici, niente delusioni, niente conseguente depressione.
E’ pur sempre un metodo per evitare che la gente ti faccia del male, no?
O peggio, che tu faccia del male a loro.

 
Oliver ci aveva messo parecchio per riprendersi dal trauma della partita contro Tassorosso. Gli ci era voluto ancor più tempo di Harry, il quale perlomeno aveva subito dei traumi fisici.
Comunque ormai nessuno ci pensava più, dal momento che la seconda uscita ad Hogsmeade era all’ordine del giorno.
Questa volta le strade gremite di ragazzini erano coperte di neve e questi, gioiosi, non si risparmiavano battaglie improvvisate in qualsiasi spiazzo che offrisse lo spazio necessario per uno scontro all’ultimo sangue.
Flamme camminava trascinandosi con lentezza accanto alla vetrina di Stratchy&Sons, indecisa se comprarsi o meno un altro paio di guanti, dal momento che ne possedeva uno soltanto e, come tradizione vuole, l’aveva dimenticato al dormitorio.
Faceva più freddo del previsto e forse avrebbe fatto meglio a ripararsi da Madama Rosmerta, ma dal momento che I Tre Manici di scopa era sempre sovraffollato, dubitava di poter trovare un attimo di relax. Per questo era sempre finita ai piedi della Stamberga Strillante, l’unico posto al quale gli studenti di Hogwarts raramente si avvicinavano e, se lo facevano, era unicamente per testare il reciproco coraggio.
- Dovrebbe piantarla di andarsene in giro con quella là!- una voce acuta e femminile le giunse chiara e distinta da dietro l’angolo del negozio di abbigliamento per maghi.
- Già, è sempre tra le nuvole, si può sapere che diavolo ci trova?- una seconda voce fece eco alla prima, questa volta Flamme riconobbe essere quella di Katie Bell.
- E poi, andiamo, Flamme Dunkel è di Serpeverde!- Alicia Spinnet, ormai totalmente coinvolta nella sua crociata personale contro di lei, era partita con la sua invettiva - Fosse l’unica bionda della scuola! Se ne va in giro come se fosse una specie di... privilegiata! Fa l’aristocratica, puah!-
- Dovremmo dargli una svegliata, o la nostra squadra diventerà lo zimbello della scuola.- aggiunse di nuovo la prima voce, che per forza di cose doveva essere quella di Angelina Johnson - Non possiamo permettere che Oliver esca con lei! Ne parlano tutti quanti!-
Accidenti, i castelli di carta erano facili a costruirsi!
- Stanno parlando di te?-
Flamme sussultò, colta alle spalle da un’esclamazione acuta. Nel voltarsi di scatto, si trovò dinnanzi il volto gioviale di Karin Candace.
- Sono solo gelose dei miei capelli.- tagliò corto Flamme, facendo retrofront e ritornando sui suoi passi. Non sarebbe stato carino se quelle tre l’avessero beccata ad origliare, soprattutto perché era proprio lei l’oggetto delle loro accese critiche. Inoltre, la presenza di Karin le impedì di sfogare su di loro gli incantesimi che già fremevano nella sua bacchetta.
Niente testimoni oculari, come si dice.
- Io pensavo fossero gelose di Baston.- l’altra le trotterellò al fianco, sistemandosi la frangia squadrata di capelli scuri sotto il berretto di lana colorato.
- Karin, che vuoi?- sospirò Flamme, alzando gli occhi al cielo.
- Oh, io... nulla. Facevo quattro passi.- fu la risposta della compagna, che prese a guardarsi intorno nervosamente.
- Le tue amiche ti hanno chiesto di nuovo di fare qualcosa per loro?- la bionda alzò un sopracciglio, tra lo spazientito e l’impietosito - Cosa c’entro io, stavolta?-
- Oh, no... le mie... amiche, loro ecco, non credo siano mai state delle vere amiche, sai?- Karin sbatté i suoi grandi occhi color dell’ambra, stringendosi nelle spalle per non tradire un groppo alla gola.
- Lo dici perché ti sei accorta che ti sfruttavano e ti trattavano come una sciocca?- fu la questione senza peli sulla lingua di Flamme, incurante di risultare una Vipera, appunto.
- Già.- si rabbuiò l’altra.
- E quindi vuoi fare amicizia con la tua compagna di stanza per sentirti meno sola, giusto?- questa volta la bionda non si rese conto di essere stata crudele, perché Karin distolse lo sguardo e si fermò.
- Io ho sempre voluto fare amicizia, da quando sei arrivata.- si strinse di nuovo nelle spalle - Io non so che problema tu abbia, ma condividiamo le stesse cose da cinque anni... è assurdo che a volte non ci parliamo neppure!-
Flamme si sentì improvvisamente colpita allo stomaco da qualcosa di forte e turbinoso al pari di una tempesta. Forse avrebbe dovuto lasciare che Karin provasse a conquistarla, a farsi conquistare da lei, forse avrebbe dovuto cominciare ad instaurare un rapporto vero con le persone che la circondavano invece di isolarsi e non parlare mai con nessuno. Proprio come le aveva detto Oliver e proprio come le era appena stato ripetuto.
- Io non...- fece per iniziare, poi il riverbero del sole calante oltre i tetti delle ultime case di High Street le si insinuò prepotentemente negli occhi ed il monito di una imminente notte senza Luna le rimbombò prepotentemente in testa - Noi non condividiamo un bel niente, Karin.-
Furono queste le ultime parole che le rivolse, prima di alzare i tacchi con decisione e superarla senza nemmeno degnarsi di guardarla in faccia.
La tempesta nel suo petto infuriava.

 
Una goccia.
Due gocce.
Centinaia di gocce.
Un ramo spiovente stava lasciando ormai da tempo che quel poco di neve trasformata in rugiada del mattino picchiettasse leggermente sul suo volto, destandola dal torpore in cui era caduta.
Distesa sul pianoro candido con il corpo e le membra congelati, a malapena avvertiva i primi fiocchi che ricominciavano a cadere.
L’acre sapore del sangue all’interno della sua bocca si riversò sul d’un tratto sul bianco tappeto che accoglieva le sue labbra ormai violacee ed un rivolo silenzioso discese a rendere carminio il suolo innevato.
Che differenza avrebbe fatto?
Lacrime altrettanto silenziose e ghiacciate discesero lente dai suoi occhi oltremare, ormai opachi.
I lunghissimi capelli biondi, che normalmente si torcevano in volute morbide ora erano pesanti, fradici.
Che differenza avrebbe fatto?
Sarebbe morta così, scompostamente distesa a terra, senza un minimo di decenza?
La notte di Novilunio era trascorsa, dopotutto.
Ma ne sarebbero seguite altre. E altre ancora.
Finché di lei non sarebbero rimaste soltanto le urla.
Che differenza avrebbe fatto, morire?
 

Oliver sorpassò un apprensivo Piton, il quale stava avendo un’animata conversazione con Remus Lupin. Lo capì dal frenetico gesticolare, visto che i due parlavano talmente a bassa voce che era impossibile cogliere le parole.
Poi il professore di Pozioni si guardò intorno con fare guardingo e spinse l’altro nella prima aula libera, sfrattando Rüf senza troppi complimenti.
- Ehi! Non ho ancora finito di correggere i miei compiti!- si lamentò questo, saltellando per raggiungere la maniglia del portone, ovviamente invano.
Alcuni ragazzini del secondo anno non trattennero dei risolini divertiti, nel passargli accanto, tanto che a quel punto Rüf, risentito, filò via dritto per il corridoio, brontolando di andare a far rapporto alla McGranitt.
Baston scartò l’angolo, incappando improvvisamente nel caschetto nero di Karin Candace, appena uscita dai dormitori di Serpeverde.
- Ehi!- la placcò al volo con le sue spalle larghe da portiere, sovrastandola completamente.
- Hai visto Flamme?- le domandò rapidamente - Credo di averle soffiato di nuovo il libro di Astronomia. Volevo restituirglielo a Pozioni ma non l’ho...-
- Io... non la vedo da ieri.- lo interruppe lei, scuotendo il capo e stringendosi nelle spalle con aria amareggiata.
- Come sarebbe non la vedi da ieri?- ripeté Baston, stranito.
Karin si morse le labbra e prese a guardarsi intorno con sguardo incerto.
- Non è rientrata al dormitorio.- soffiò, tentando si superarlo senza aggiungere altro.
- Frena, frena, frena!- la intralciò lui, impedendole di sgattaiolare sotto il proprio braccio - Ma che stai dicendo?-
- Sto dicendo che potrebbe essere rimasta a Hogsmeade, a quanto ne so.- fu la risposta risentita che gli arrivò - E non m’interessa per niente, visto che... non condividiamo nulla, io e lei.- aggiunse infine, con crescente decisione.
Oliver riuscì a cogliere un baleno di amarezza nei suoi occhi d’ambra, ma Karin si affrettò a voltarsi dall’altra parte.
- Con tutti questi Dissennatori in giro? E con Sirius Black in libertà?- il Capitano aggrottò le sopracciglia - Sei davvero sicura che non sia rientrata al dormitorio?-
- Certo che ne sono sicura! Spettava a me controllare se gli studenti del mio anno fossero tutti presenti.-
- E sei sicura che Flamme non c’era.- ripeté Oliver, irrequieto.
- Sarò poco ferrata nello sport, ma con la matematica ci so ancora fare: li ho contati tutti. E no, Flamme non c’era. Non l’ho nemmeno vista, quindi o io sono cieca o lei non è rientrata da Hogsmeade.-
Questa volta l’inquietudine dell’altro trasfigurò la sua espressione tanto che Karin gliela lesse sul volto.
- E non hai avvertito nessun professore?- domandò di nuovo di rimando, sgranando i suoi occhi scuri.
- Calmati, stamane ho avvertito chi di dovere.- rispose quella, nervosa.
E fu allora che Oliver si esibì nella sua migliore espressione trasecolata.
- Stamane?!-
- Già, stamane. Visto che non è la prima volta che accade, perché dovrei allarmare mezza Hogwarts?! E comunque non è affar mio. Ora se vuoi scusarmi, vado di fretta.-
Con una mossa rapida, Karin lo oltrepassò con successo, sparendo dietro l’angolo. Il suono dei suoi tacchi si affievolì velocemente, segno che si era messa a correre su per il corridoio.
- Ehi!- fece in tempo a richiamarla Baston, ma ormai la ragazza era lontana.
Stranito, il Portiere fece per tornare sui suoi passi. Non era certo normale che qualcuno non rientrasse al proprio dormitorio, soprattutto di fronte al pericolo che tutti gli studenti correvano quotidianamente. Certo, il preside ed i professori si ostinavano a ripetere che tutti erano al sicuro, ma con degli esseri incappucciati in grado di succhiarti via l’anima tutt’intorno alla scuola, c’era poco da sentirsi al sicuro.
- E non perdiamo tempo!-
L’esclamazione di Remus Lupin si perse nel chiacchierio degli studenti che colmava la zona di passaggio, ma Oliver la colse perfettamente. Era rivolta a Piton, che uscì dall’aula di Storia della Magia per primo e si allontanò con passo svelto, senza badare al monito del collega.
- Professor Lupin!- esclamò il Portiere, raggiungendolo immediatamente.
Questo si voltò appena, ma mantenne la sua aria corrucciata e la sua andatura spedita.
- Non è il momento, Baston.-
- Invece credo che lo sia, professore.- ribatté il Capitano, prendendo a camminargli al fianco.
- Sarò felice di riceverla non appena farò ritorno nel mio ufficio. Può aspettare, immagino.- fu la replica distratta che gli giunse.
- No, non penso di poter aspettare: ho appena saputo che Flamme Dunkel di Serpeverde non è rientrata da Hogsmeade.- buttò là Baston, tutto d’un fiato.
Lupin ebbe un fremito sotto le sopracciglia corrucciate, ma fu svelto a nasconderlo.
- Non dire sciocchezze, ragazzo, non è mai successo niente del genere.- tagliò corto, ma Oliver lo incalzò immediatamente.
- Anche se volessi scherzare, lei sarebbe tenuto a darmi un minimo di corda, viste le condizioni in cui versa la scuola.-
Il professore di Difesa contro le Arti Oscure arrestò repentinamente la sua marcia, posandogli una mano su una spalla e fissandolo intensamente negli occhi.
Con uno sguardo provato e carico scandagliò il suo volto determinato, poi d’improvviso spezzò il grave silenzio.
- Baston, torna a studiare per i tuoi M.A.G.O e non creare inutile scompiglio. Ne riparliamo più tardi.-
Ne riparliamo più tardi” non era affatto una frase da Remus Lupin e Oliver ne era certo.
Con i Prefetti e i Fantasmi che pattugliavano ogni angolo, di certo Flamme non avrebbe potuto girovagare indisturbata per la scuola, dal momento che questi si assicuravano che non volasse anima viva per i corridoi dopo una certa ora.
Inoltre, se Karin non l’aveva né vista né conteggiata, significava per forza di cose che da Hogsmeade non era rientrata sul serio.
Osservò il professor Lupin scendere la scalinata in fondo al corridoio, concitato, e Piton sparire dietro l’angolo opposto con andamento altrettanto nervoso.
Fu allora che realizzò che tra il timore di un attacco di qualche Dissennatore, la minaccia di Sirius Black in circolazione e qualsiasi altra cosa potesse essere capitata a Flamme, cavalcare la sua scopa e volare fino ad Hogsmeade era l’unica cosa sensata che potesse fare.
 

Sorvolò l’High Street tre volte, ormai cominciava a riconoscere a vista i tetti dell’Emporio di Zonko e di Mielandia.
Era riuscito a non incappare nei guardiani di Azkaban, volando basso e stando ben attento a non essere scorto.
Non aveva comunque tutto il tempo del mondo a disposizione, era sicuro che presto o tardi non avrebbe più potuto risparmiarsi un Incanto Patronus. Era già abbastanza lontano da Hogwarts per ritenersi fortunato ad aver coperto una tale distanza, tutto merito dell’intensivo allenamento che aveva fatto seguire alla squadra.
Se non si fossero esercitati così intensamente sullo scatto, di certo la sua Tornado Sette ed il suo fisico non avrebbero ottenuto un risultato tanto notevole.
Chissà che diavolo era successo a Flamme? Karin Candace gli aveva detto che non era la prima volta che non rientrava al dormitorio, questo voleva dire che probabilmente Flamme aveva deciso di non farvi ritorno di sua spontanea volontà. Era strano che i professori l’avessero permesso in passato e che non avessero preso provvedimenti.
Eppure conosceva così poco di lei che non riusciva ad avanzare ipotesi sensate al riguardo.
Le strade di Hogsmeade erano insolitamente deserte, tanto da fargli per un attimo ipotizzare che l’antico villaggio di maghi si popolasse esclusivamente quando gli studenti di Hogwarts vi si recavano in gita scolastica.
Oppure, più probabilmente, con i Dissennatori a pochi chilometri dal centro abitato, i cittadini avevano pensato bene di ritirarsi nelle rispettive case, tanto che soltanto un pugno di figure dai lunghi cappelli a punta ardiva a percorrere le strade innevate.
Giunto in periferia, Baston stava per voltare di nuovo il suo manico di scopa, quando intravide una figura immobile, seminascosta da spoglie fronde alla base della collina della Stamberga Strillante.
Si abbassò dapprima con cautela, poi, una volta riconosciuti i lineamenti della sua compagna, si affrettò a planare sul suolo bianco.
Si separò dalla scopa quasi immediatamente, rendendosi conto che Flamme era priva di conoscenza e notando che dalla sua bocca semidischiusa era disceso un rivolo di sangue ormai ghiacciato. La neve sottostante era tinta di vermiglio.
Oliver coprì la breve distanza che lo separava da lei con una rapida corsa, inginocchiandosi con un tuffo al suo fianco e sollevandole immediatamente il capo con una mano.
- Flamme! Ehi, Flamme! - la richiamò dapprima a voce, poi scuotendola energicamente.
I suoi lunghi capelli bagnati e le membra abbandonate seguirono d’inerzia il flusso degli scossoni di Baston.
Istintivamente, con le mani infreddolite e il volto arrossato dal gelo invernale, Oliver si accertò che respirasse ancora, accostando il proprio volto a quello livido di Flamme e riuscendo così a cogliere lievi respiri impercettibili susseguirsi lentamente.
Poi, altrettanto prontamente si tolse il mantello e sollevò il corpo della compagna, avvolgendolo meglio che poté, caricandoselo sulle spalle e rimontando in sella alla sua Tornado Sette. Il tutto in una manciata di secondi.
Non pensò, non si pose alcuna domanda, con i pugni serrati uno sul manico della scopa, l’altro su un fianco di Flamme, cavalcò speditamente le nuvole grigiastre con l’intenzione di atterrare quanto più possibile in prossimità del giardino della scuola.
Non sapeva cosa avrebbe fatto dopo, né se avesse trovato Flamme in tempo per evitarle a dei danni seri, né che diavolo le fosse accaduto. Come un guerriero, si sarebbe posto queste questioni soltanto dopo aver portato a termine il proprio compito.
Improvvisamente, un sibilo acuto lo raggiunse e una sagoma scura gli impedì di planare dov’era diretto, tagliandogli la strada.
Oliver riuscì appena a cogliere il fruscio delle vesti nere del Dissennatore che stava rapidamente tornando alla carica, mentre un altro paio stava scendendo velocemente dalla cuspide più vicina.
Baston li aggirò: da buon Portiere riuscì a visualizzare gli anelli della meta ed immaginarsi che non fossero altro che cerchi di legno attaccati a delle pertiche.
Questo funzionò un paio di volte, ma quando il primo Dissennatore ripartì alla carica, Oliver si rese conto di dover ricorrere all’unico metodo noto per scacciare i guardiani della prigione dei maghi.
Anche in questo caso, se non fosse stato allenato, non avrebbe di certo potuto mollare la presa dal manico di scopa in piena virata, mantenere la stretta ferrea sul corpo di Flamme e allo stesso tempo estrarre la propria bacchetta dalla casacca.
Il peso irrisorio della compagna non lo sbilanciò, ma il suo debole tepore che andava sempre più attenuandosi lo indusse ad agire ancor più prontamente.
- Expecto Patronum!- gridò con decisione, lasciando che dalla sua bacchetta scaturisse un intenso alone argenteo, che si gonfiò rapidamente per assumere le sembianze di un grande orso.
Senza perdere tempo, scartò immediatamente ed abbandonò l’idea di atterrare nel giardino, puntando piuttosto il finestrone centrale dell’infermeria.
Con i tre Dissennatori distratti dall’enorme orso, Baston fece appena in tempo a dirigere la scopa verso la vetrata e a proteggersi il volto con la mano che ancora stringeva la bacchetta. Poi ci si schiantò rovinosamente contro.
- Per mille calderoni!- fu l’esclamazione che lanciò Madama Chips, riparandosi per un soffio dietro il paravento nell’angolo ed evitando di essere colpita da un turbine di schegge.

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Capitolo 4
*** Mi fai venire le vertigini ***


Capitolo 4 - Mi fai venire le vertigini
 
Dopotutto sono un tipo piuttosto tranquillo: quieto vivere per quieto vivere.
Certo, c’è stato qualche episodio turbolento, ma mi sono limitata a qualche pozione finita per caso nella borsa di qualcuno... ed anche a qualche incantesimo di Intralcio o Congelamento.
Oh, e va bene. Un paio di volte non sono andata molto lontana da usare un bel ‘Crucio’ su chi mi dava noia, ma non è mai accaduto, è questo l’importante, dico bene?
E poi non capisco che importanza possa avere, dal momento che non sono mai stata arrestata. E non vi azzardate ad aggiungere ‘Non ancora’.
Una volta ho praticato un incantesimo molto divertente su una del mio anno, che diceva ad una sua amica di non gradire il mio taglio di capelli.
Non si è fatta vedere a lezione per tre settimane. Immagino fosse per via di quel fastidioso prurito nelle zone più imbarazzanti da - emh - grattare.
Comunque, ripeto, non sono una misantropa.
Oh, no, no, vado d’accordissimo con Artemìdia per esempio, la tarantola del signor Dunkel.
Sì, beh, per lo più ci ignoriamo, ma credo sia molto contenta quelle sporadiche volte in cui mi capita di calare un emittero nella sua reggia di vetro.
Credo faccia anche i salti di gioia, o perlomeno mi sorrida un poco.
E’ carino, dico, sapere che qualcuno sorride perché gli dai da mangiare.
Ovviamente, la mia è chiara ironia.
 
Quando Flamme si risvegliò fu colta da un gran giramento di testa, come se un Dorsorugoso l’avesse appena calpestata. Certo, ci era abituata, ma comunque non era mai piacevole.
L’accolsero le mura alte e fredde dell’infermeria, deserta.
Madama Chips era probabilmente affaccendata nella stanza piccola, dal momento che poteva udire i suoni distinti delle boccette dei medicamenti che venivano riposte nella credenza.
Il vento spirava gelido dalla fessura di una finestra accidentalmente lasciata aperta, tanto da farla rabbrividire.
Si portò istintivamente una mano alla gola, bruciante e muta. I capelli le si erano asciugati, qualcuno le aveva messo un panno sulla testa e, quando lo sguardo cadde sulle proprie braccia, si rese conto che qualcuno - probabilmente la stessa Madama Chips - l’aveva anche cambiata, dal momento che una sottoveste bianca aveva preso il posto della sua divisa.
Si strinse nelle spalle semi intirizzita proprio nel momento in cui i suoi occhi di freddo zaffiro si posarono sulla nuca bruna di un inaspettato ospite dell’infermeria, che giaceva addormentato al suo capezzale, malamente seduto su uno sgabello, la testa poggiata sulle braccia fasciate con delle spesse garze biancastre.
Flamme fece per pronunciare il nome di Oliver, ma dalle sue labbra non fuoriuscì alcun suono.
Si tastò di nuovo la gola con estremo stupore.
Perché Baston era lì?
Come mai aveva le braccia medicate?
E, soprattutto, per quale motivo lei si trovava in infermeria?
L’ultimo ricordo che aveva era quello degli alberi, sconnessi fotogrammi della foresta e della neve. I colori bianco, verde e terra si erano mescolati rapidi e vorticosi, finché il cielo s’era tinto di nero ed era calata la notte, la quale aveva portato con sé altrettante tinte fosche ma non meno turbinose, gelida e annebbiata come l’impersonale dolore che le era deflagrato nel petto.
Poi, il nulla.
O meglio, poi, il risveglio.
Non fece in tempo ad azzardare nessuna ipotesi che un furibondo Lupin fece il suo ingresso nella sala, spalancando l’ampio portone con veemenza.
Il violento cozzare dei battenti sulle pareti destò repentinamente Oliver, il quale scattò in piedi come fosse stato appena colto da una chiamata militare. Il brusco ritorno alla realtà, però, non gli impedì di rendersi conto che Flamme era sveglia e, mentre il Professore di Difesa contro le Arti Oscure si portava ai piedi del letto furente come non mai, fece in tempo a rivolgerle un sorriso sollevato.
Credeva che fosse morta, che la sua disperata corsa a perdifiato in sella al manico di scopa e l’aver affrontato i Dissennatori fosse stato totalmente inutile.
Per questo specchiarsi negli occhi azzurri di Flamme non gli procurò nient’altro che una calda sensazione di sollievo.
- Ci vorrà scusare, Signor Baston. Io e la signorina Dunkel abbiamo una cosa di cui discutere.- Lupin spazzò via come un tifone i suoi pensieri, inducendolo ad indietreggiare con un’espressione meravigliata - Madama Chips mi ha informato circa le sue condizioni. Più tardi mi sincererò con lei e discuteremo del fatto che ha palesemente ignorato una mia disposizione. Fino ad allora, la prego, mi voglia attendere nella stanza attigua.-
Non che Remus Lupin fosse avvezzo a liquidare a quel modo la gente, pensò Oliver, anzi in genere era piuttosto gentile. Inoltre gli aveva appena detto che desiderava avere un colloquio privato con Flamme e, anche se normalmente avrebbe insistito per non lasciare l’infermeria, tuttavia in quell’occasione gli convenne fare come gli era appena stato intimato, dal momento che il Professore sembrava sul punto di esplodere come un Erumpent rabbioso.
Non appena Baston ebbe richiuso l’uscio dietro di se, Lupin fece ruotare la propria bacchetta in direzione della ragazza.
- Vox Verbitarium!-
Una nuvola biancastra sortì come nebbia dalle labbra di Flamme, per poi rimanere sospesa sopra la sua testa, aleggiando come una sorta di fumetto privo di battute.
- Perché non ha preso la pozione, Signorina Dunkel?- Lupin si schiarì la voce, decidendo di porle la questione che tanto gli premeva con pacatezza.
Ma Flamme non rispose, si limitò a socchiudere gli occhi e abbozzare un mezzo sorriso.
- Flamme. Rispondimi, perché non hai preso la pozione?- questa volta Remus si fece più vicino, il volto provato dalla fatica e dalla rabbia.
La bionda schiuse le labbra, ma non ne scaturì alcun suono, bensì le parole presero forma come se fossero appena state scritte da una piuma d’oca invisibile all’interno della nuvola di nebbia fluttuante.
- E’ questo che è venuto a chiedermi, professore?-
- E’ proprio questo, già. Forse non ti rendi conto...- fece per ribattere, ma Flamme lo interruppe.
- Volevo vedere se sarei morta.-
Lupin sgrano gli occhi cerchiati, scuotendo violentemente il capo e poi gettandolo all’indietro, accompagnato da una risata nervosa.
- Tu non ti rendi conto, ragazza! Non sei lucida!- esclamò improvvisamente, riprendendo la frase di poco prima.
Lei alzò le spalle, come a dire che se non gli stava bene la sua risposta, non aveva nient’altro da aggiungere. Nel ruotare gli occhi il suo sguardo si posò sul finestrone che la Tornado Sette di Oliver aveva letteralmente mandato in frantumi. Era stato riparato frettolosamente con un incantesimo piuttosto semplice: si vedeva perfettamente che il vetro non era completamente integro, perché le schegge traballavano un po’.
Un’altra stranezza che Flamme non riuscì a spiegarsi.
Mentre Lupin stava per riprendere la parola, le porte dell’infermeria si spalancarono di nuovo e un corrucciato Severus Piton si portò rapidamente accanto al giaciglio, in un ondeggiare turbinoso del suo lungo e pesante mantello nero.
- Lasciaci.- sibilò con decisione, rivolto a Remus.
- Non se ne parla, Severus.- ribatté questo - La ragazza è sotto la mia responsabilità.-
Piton si voltò verso di lui con aria spettrale, curvando le labbra con fare beffardo.
- Quando riuscirai a non lasciartela fare sotto il naso, allora ti darò ragione. Fino a quel momento, la responsabilità di una studentessa di Serpeverde non è altro che mia.- il suo naso adunco parve ancora più pronunciato nella penombra che nascondeva il suo profilo cupo - E comunque non temere, farò rapporto a Silente. Sarai certamente informato.-
Lupin socchiuse gli occhi per un istante, poi sul suo volto si disegnò una smorfia contrariata. Aveva le mani legate, per cui non poté fare altro che girare i tacchi e tornare sui suoi passi.
Prima di congedarsi, lanciò un’eloquente occhiata a Flamme, come a dirle che non finiva certamente a quel modo.
- Vox Desolvo.- cominciò Piton, agitando la bacchetta e facendo scomparire la nebbiolina sopra la testa della ragazza. Poi si schiarì la voce.
- Signorina Dunkel. Non voglio spiegazioni da lei. Non sono qui per farle la paternale sul pericolo che ha corso, né per rimproverarla per non aver preso la sua pozione, questa notte. Ma mi lasci dire una cosa: se vuole giocare alla ragazzina complessata con manie suicide, lo faccia lontano dalla scuola e lontano dagli altri studenti. Le suggerisco durante le vacanze estive. O durante il congedo natalizio.-
Austero, il Professore di Pozioni girò intorno al letto e si portò verso uno degli immensi finestroni, scrutando il cielo nel tentativo di intercettare la sagoma di uno dei Dissennatori.
- E’ stata fortunata che il Signor Baston l’abbia trovata a Hogsmeade. Temo che se non fosse stato per lui, a quest’ora poteva dirsi soddisfatta del suo intento. Abbiamo visto tutti il suo Patronus, prima che il suo manico di scopa frantumasse la vetrata.- continuò, le braccia incrociate al petto - Tuttavia, non tollero che un Serpeverde si comporti con tale sconsideratezza.-
Flamme non poteva rispondergli. Senza voce, per quanto si fosse sforzata, sapeva che dalle sue labbra non sarebbe scaturito che un rantolo roco.
- Reparo.- mormorò poi, e la finestra andò a posto in un attimo.
La ragazza voltò il capo verso i raggi del sole pallido che filtravano attraverso i vetri colorati, i quali creavano delle sfumature singolari.
- Ce l’abbiamo tutti, una maledizione.- aggiunse Piton, d’un tratto - Tutti noi eletti dobbiamo convivere con qualcosa che gli altri non comprenderanno mai.-
E allora Flamme si rese conto che il Professore la stava guardando direttamente negli occhi con quelle sue iridi penetranti e misteriose e, dall’alto della sua figura avvolta nel manto nero di notte, sembrava quasi fosse comparso lì per annunciarle una arcana profezia.
- Questo ci rende speciali.-
Per quanto Lupin fosse furente, le aveva dato la possibilità di replicare. Piton, invece, gliel’aveva tolta, ostentando una calma spettrale.
Immersa in un mutismo obbligato, la bionda mantenne la sua espressione distaccata, nonostante il cuore aveva preso a batterle prepotentemente in gola. Non tanto per il rimprovero o per la scenetta da teatrino degli orrori di Piton, quanto per l’ultima frase che aveva pronunciato.
L’essere definita “speciale” le aveva causato un brivido incontrollabile lungo la colonna. Inoltre, il fatto che altre persone tentassero di occuparsi di lei così forzatamente le faceva ribollire il sangue.
- E’ praticamente scontato augurarmi che non accada più nulla del genere.- sibilò infine il Professore di Pozioni.
 
Flamme si finse addormentata entrambe le volte che Oliver andò a farle visita.
Non avrebbe saputo cosa dirgli e, soprattutto, non avrebbe avuto la voce per farlo. Di certo non voleva essere costretta a dargli una spiegazione anche riguardo a questo, non era proprio il caso.
Perciò simulò un sonno profondo, mentre lui la guardava dallo sgabello accanto con in testa mille questioni.
Lupin era tornato a parlare con lui, dopo essersi congedato dall’infermeria. L’aveva interrogato a lungo su ciò che era accaduto, tuttavia Oliver non aveva compreso appieno la natura delle domande che il Professore di Difesa contro le Arti Oscure gli aveva rivolto, ma dal momento che pareva ci fosse dietro un segreto di stato, aveva cominciato a pensare che quello di Flamme non fosse stato proprio un atto sovversivo fine a se stesso.
La incrociò inaspettatamente nell’atrio antistante l’aula di Incantesimi, un paio di giorni dopo.
- Ehi! Non sapevo ti avessero dimessa.- la raggiunse alla fine della scalinata.
Lei si voltò appena in tempo per incrociare lo sguardo del brillante Capitano di Grifondoro.
Indossava la divisa di Quidditch con le maniche risvoltate ed il colletto semiaperto, il che lasciava facilmente supporre che aveva appena terminato gli allenamenti quotidiani.
- L’altro ieri.- annuì Flamme, sistemandosi due volumi sotto il braccio.
- Oh.- Oliver ne fu sorpreso. E non lo nascose.
Ma l’altra mantenne la sua aria distaccata, fissando per un attimo l’inseparabile manico di scopa che lui portava sotto un braccio.
- Mi stai evitando?- soggiunse Baston, diretto come al solito, muovendo un passo verso di lei per trovarsi faccia a faccia.
Flamme diede un colpo di tosse e si assicurò la sciarpa verde e argento al collo, scuotendo il capo.
- Mi dispiace.- rispose, alludendo con lo sguardo alle bende che le maniche alzate della divisa lasciavano intravedere.
- Cos...?- fece lui, guardandosi le braccia - Oh, non è nulla.-
Difatti si era quasi dimenticato dei tagli che le schegge della vetrata gli avevano procurato alle braccia, usate per farsi scudo nello sfondarla. Tuttavia, la cosa che gli premeva di più in quel momento era Flamme la quale, oltre ad avergli fatto prendere un gran bello spavento, ora sembrava tutta intenzionata a sgattaiolare via.
- Tu stai bene?- glielo domandò in maniera così schietta che per un attimo lei rimase intontita.
- Sì.- annuì e poi tossì di nuovo, dando voce ad un tono roco e strascicato - Grazie per... essere venuto a cercarmi.-
- Beh, mi pare il minimo.- rise lui, portandosi una mano dietro la nuca - Dovevo sdebitarmi con te per essere venuta alla partita contro Tassorosso.-
Se prima Flamme rimase intontita, questa volta fu decisamente sconcertata dall’uscita del Portiere. Tuttavia non poté non trattenere un sorriso.
- Non è esattamente la stessa cosa.- commentò, scomparendo fino alla punta del naso nella sciarpa di lana.
- Umh, contando che sei di Serpeverde, direi di sì.- la risata prolungata di Oliver echeggiò per l’atrio, tanto vivacemente che alcuni studenti si voltarono a guardarlo.
Quietandosi lentamente, si accorse che lei lo stava fissando con i suoi grandi occhi azzurri e un lieve sorriso sulle labbra. Il suo volto lunare era stanco e provato, quasi come se non dormisse da giorni.
Questo avrebbe dovuto farlo desistere nell’intento che gli balenò in testa come un fulmine a ciel sereno, ma Oliver decise di non badare affatto al buon senso.
- Vieni con me.- dichiarò, afferrandola per un braccio e muovendo i primi passi di corsa verso il cortile.
Flamme fu letteralmente strattonata, tanto che dovette impegnarsi per mantenere l’equilibrio e non inciampare. L’unica cosa che avvertì, oltre allo svolazzare del proprio mantello, fu la presa solida del compagno al proprio polso, che la conduceva velocemente lungo i corridoi.
Baston fu rapidissimo nel farsi largo tra la folla e raggiungere il cortile, dove conferì un colpo ben assestato alla sua Tornado Sette per essere libro di montarla con altrettanta prontezza, accogliendo Flamme tra le braccia e partendo a tutta velocità verso il cielo.
La compagna non si rese conto di ciò che stava accadendo finché i suoi piedi non furono a una decina di metri da terra. Allora il suo volto già pallido sbiancò ancor di più e serrò gli occhi, incapace di emettere un suono.
Udiva la voce di Oliver ridere spensierato e il vento stirarle i capelli, le curve improvvise che il Capitano conferiva sapientemente alla scopa creavano dei piccoli vuoti d’aria che a quanto pare Baston trovava estremamente divertenti.
Non seppe quantificare i minuti trascorsi, si ritrovò semplicemente in piedi sulle gradinate dello stadio di Quidditch con le mani ancora strette alla divisa del Portiere, il quale se ne stava dinnanzi a lei con un’espressione interrogativa sul volto.
- Non. Farlo. Mai. Più.- scandì Flamme, riuscendo finalmente a riaprire gli occhi.
Oliver si sciolse in un sorriso.
- Oh, andiamo, mi credi stupido? Mi sono mantenuto quasi raso terra, i Dissennatori non volano così basso.-
La bionda allora sforzò le corde vocali e dalle sue labbra arrossate per il freddo fuoriuscì un’esclamazione acuta.
- Per il sangue di Salazar! Ma quale raso terra!? -
- Che c’è?- replicò l’altro, tutt’un tratto spiazzato - Pensavo che un attimo di svago ti servisse per lasciarti alle spalle i brutti pensieri!-
- Brutti pensieri!? Ho perso vent’anni di vita!-
- Allora non... ti piace volare?-
- Io odio volare!- gli confermò immediatamente la compagna, in un moto repentino di boccoli scomposti - Soffro tremendamente di vertigini, è già tanto se non mi viene l’orticaria in presenza di una scopa!-
Il Capitano non riuscì a trattenere un risolino divertito. Non poteva certo credere che Flamme, così fredda e posata, avesse il terrore dell’alta quota. Era buffa, decisamente.
- Scusa.- scosse il capo - Scusami, non ho mai incontrato una strega che ha paura di una scopa.-
Lei non rispose, gli scoccò un’occhiata assassina da sotto le sopracciglia aggrottate, rendendosi tuttavia conto in quell’istante di stare ancora stringendolo per la casacca.
Fece per scostarsi repentinamente, ma lui le aveva già posato le mani sui polsi, richiudendole i pugni sulla propria divisa rossa e oro.
Flamme fu colta da un inaspettato stupore: le mani di Oliver erano tremendamente calde.
- E come hai fatto a superare l’esame di Volo, al primo anno?- il sorriso del Capitano era placido e limpido come il cielo d’estate, così cristallino da essere in grado di spiazzare chiunque. Era quella la sua forza, Flamme se n’era già accorta da tempo.
- Ho... incantato un fantoccio e l’ho messo su una scopa.- ammise sommessamente, schiarendosi la voce roca.
- Cosa? Hai incantato un fantoccio? Al primo anno!? Oh, wow!-
- Sì, sì, bene, non urlare ora, okay? Attiri l’attenzione.-
Baston si lasciò sfuggire una breve risata.
- E di chi? Non c’è nessuno qui. E poi non è mica una cosa da poco!-
- Ma sì che lo è...-
Il Portiere non replicò nell’immediato, si limitò a fissarla finché non ebbe ricatturato il suo sguardo, allora fu sicuro di poterle rispondere.
- No che non lo è.- sorrise, concludendo la frase direttamente sulle labbra di Flamme.

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