Within Temptation

di Weeping Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Never-ending Story ***
Capitolo 3: *** Destroyed ***
Capitolo 4: *** The Silence ***
Capitolo 5: *** A Demon's Fate ***
Capitolo 6: *** Memories ***
Capitolo 7: *** What Have You Done? ***
Capitolo 8: *** Iron ***
Capitolo 9: *** Empty Eyes ***
Capitolo 10: *** Shot in the Dark ***



Capitolo 1
*** Intro ***


Capitolo 1
 
 
 
Quella mattina il pavimento piastrellato della clinica rifletteva e quasi enfatizzava i raggi del sole già alto, così che la stanza pareva essere stata riempita di un bianco abbacinante ed irreale. Lì dentro, tutto era bianco: pavimento, muri, tende. Luce. Persino il viso dell'Arcangelo che riposava nella capsula del cold sleep, i lunghi capelli dorati a contorno di un viso dai lineamenti perfetti, delicati ma virili, la camicia lievemente sgualcita, come se si fosse appena disteso per riposare dopo una nottata di intenso lavoro – o intenso piacere. E d'altronde, non sarebbe stata una cosa così insolita, tenendo conto che l'Arcangelo in questione era Raphael. Barbiel, sua assistente personale, sua confidente, sua devota amica, osservò il bel viso composto dell'apparente giovane e sospirò. Un'altra giornata, l'ennesima, passata nell'attesa del suo -forse impossibile- ritorno. Scuotendo il capo, si ritrovò a compilare l'ennesima pila di scartoffie; anche quelle erano bianche, ed era compito suo fare in modo che non lo rimanessero per molto. Una ciocca di capelli mossi le scivolò davanti al viso, e lei la rimise al suo posto con un gesto aggraziato. Sebbene avesse attivamente smesso di occuparsi degli affari della clinica, Barbiel seguitava a riempire rapporti nei quali chiariva le attuali condizioni dell'Arcangelo dell'Aria. Condizioni che erano sempre le stesse, almeno apparentemente. Nessun cambiamento, neppure infinitesimale, che lasciasse presagire qualcosa di buono. La stessa ciocca di prima scappò nuovamente alla costrizione dell'orecchio destro, e tornò ad ostacolarle la visuale per qualche secondo. Proprio in quel momento, a Barbiel parve di captare, con la coda dell'occhio, la figura di qualcuno, fermo immobile sulla porta d'accesso alla camera del cold sleep. Ma quando la ciocca fu di nuovo al suo posto dietro l'orecchio e lei si volse per lanciare un'occhiata in quella direzione, non potè far altro che dirsi di essersi immaginata la cosa, perchè la soglia era sgombra. Non c'era nessuno in quella stanza, a parte lei e Raphael. -Eppure...- si ritrovò a mormorare a mezza voce, impostando il viso in un'espressione pensierosa. No, impossibile.
 
 
Nel mentre, l'Arcangelo dell'Acqua sedeva in quello studio relativamente spartano che aveva fatto proprio, i lunghi capelli lasciati sciolti sulle spalle esili, azzurri e leggeri quanto una cascata. Le mani bianche e delicate coperte da guanti trasparenti; l'abito elegante ma semplice, in seta blu con ricami argentati; lo sguardo dolce ma risoluto; la postura da regina e l'aria da eterna fanciulla sognatrice: tutto ciò contribuiva a rendere Djibril l'Angelo più bello e nobile del Paradiso. Immersa nei propri pensieri, l'immortale dominatrice dell'Acqua appariva più fragile e tormentata che mai, e si sarebbe detta una ragazza qualunque, una ragazza terrestre, se non fosse stata incredibilmente avvenente, troppo per un essere umano. Le mani giunte, i gomiti poggiati sulla scrivania di mogano, l'Arcangelo sembrava meditare, così che l'improvviso bussare alla pesante porta dello studio la fece trasalire. -Signorina Djibril?- la interpellò una voce, carezzevole e modulata, impostata da un certo rigore, sebbene fanciullesca. -Entra pure, Rasiel- rispose lei in un sospiro, e subito la porta si aprì, ed un giovane Angelo biondo fece la sua comparsa nella stanza. Apparentemente, quel ragazzetto efebico non avrebbe potuto superare i quattordici anni. Ovviamente, ne aveva molti, molti di più. -Signorina Djibril- ripetè, e nuovamente quella voce amabile si diffuse nella stanza, seguita da quella ancor più armoniosa della fanciulla. -Lo so, Rasiel. La riunione.- lo interruppe infatti, alzandosi e facendo il giro della scrivania, il passo cadenzato. Gli occhi dell'Arcangelo, di una straordinaria tonalità di blu, incontrarono quelli cerulei del giovane segretario, inchiodandolo sul posto. -Non vedo davvero l'ora di mettermi a discutere con Uriel, Mikael e...beh, ovviamente non con Raphael- rispose, ironica, chiudendo con una punta di pura amarezza. Il volto di Rasiel si rannuvolò, emulando inconsapevolmente quello di Djibril, contratto in un'espressione a metà tra l'indispettito e il sofferente. -Vedrete che si risveglierà presto...- tentò il piccolo Angelo, avendo frainteso ciò che in quel momento stava riempiendo come un gas velenoso il cervello di Djibril. Discussioni. Spiegazioni. Litigi, anche. Ecco cosa si aspettava la fanciulla. La cosa non la rendeva per nulla lieta. Ma rivedere i suoi compagni d'”infanzia”. Quello, forse, avrebbe potuto risultare addirittura piacevole, e quel pensiero fu come un toccasana, quando le accarezzò la mente, come un sospiro di vento. Avrebbe potuto sopportare i silenzi di Uriel, e le risposte pungenti di Mikael. Di nuovo. Finalmente. -Andiamo, Rasiel- invitò dunque l'Angelo più giovane, aprendo la porta dello studio, con un neonato sorriso in volto. E al ragazzo, in quel momento, parve di non aver mai visto in tutta la sua vita -che era stata assai lunga- un sorriso più incantevole.
 
 
In un piccolo studiolo colmo di scartoffie di ogni tipo, un giovane Angelo femminile stava sperimentando una vera e propria crisi. Non mistica, s'intende; la sostituta in carica dell'Arcangelo dell'Aria credeva semplicemente d'essere in ritardo, talmente in ritardo da poter competere tranquillamente con il Bianconiglio. -Dove avrò messo quei maledetti appunti!?- stava sbraitando, i grandi occhi -di un verde talmente tenue da apparire quasi trasparenti- spalancati. I capelli rosso mogano erano legati in una treccia disordinata, e le guance normalmente nivee, come il resto del suo incarnato, erano rosse per l'agitazione e la fatica della ricerca, che non aveva dato buoni frutti. Mai nessun Angelo avrebbe mai potuto competere in...umanità con Sehaliah. Perchè, guardando quello scricciolo di ragazza, non si aveva l'idea di nulla di regale, irraggiungibile o trascendente. Al contrario, Sehaliah avrebbe potuto facilmente confondersi tra milioni di liceali terrestri, e sarebbe passata inosservata. Bella? sì, ma non troppo. Appariscente? Per niente. Femminile? A modo suo. Insomma, Sehaliah era l'esatto opposto di Djibril, troppo perfetta anche solo per rasentare l'inadeguatezza dell'umanità. Quando l'aveva incrociata in un corridoio, solo il giorno prima, l'Arcangelo dell'Acqua non l'aveva neppure guardata. Anzi, non l'aveva neppure notata, quasi fosse invisibile, o peggio, incolore e scontata come un mero arredo, cosa che aveva colmato Sehaliah di sconforto. Ed ora eccola qua. Carica di documenti, come un mulo da soma, e non più decorosa di questo. In realtà, alla riunione mancava ancora un'ora, e lei era perfettamente in orario, anzi, in vergognoso anticipo. Peccato che non riuscisse assolutamente a rendersene conto, e si lasciasse divorare da un'apprensione totalmente ingiustificata. Dopotutto, lei era solo una sostituta, e doveva fare bella figura. Doveva. Per forza. La signorina Djibril avrebbe dovuto ricredersi sul suo conto -se mai aveva formulato un pensiero su di lei, non avendola minimamente degnata d'attenzione il giorno precedente-, e i signori Uriel e Mikael avrebbero dovuto trovarla assolutamente irresistibile, almeno a livello intellettuale. Insomma, non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da un membro scelto della cerchia di Raphael: un Angelo attraente, amabile, arguto, intraprendente e soprattutto capace. Niente di più, niente di meno. Sehaliah sperava ardentemente di poter quantomeno apparire all'altezza. Quando, finalmente, le piccole mani nervose dell'Angelo si chiusero su una risma di fogli arrotolata a mo' di pergamena, la rossa si lasciò andare ad uno squittio di trionfo, si infilò malamente una giacchetta di tweed informale sopra la camicia -maschile- che indossava, infilò sotto il braccio più block notes d'appunti che potè (nonché il suddetto rotolo di fogli) e scappò letteralmente fuori dallo studio, senza neppure preoccuparsi di chiudere la porta alle proprie spalle. Nella sua mente, una sola frase, ripetuta più e più volte, come un mantra: Non essere te stessa.

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Capitolo 2
*** Never-ending Story ***


Capitolo 2
 
...We're part of a story, part of a tale
Sometimes beautiful and sometimes insane
No one remembers how it began.
 
 
Il corridoio sembrava risplendere di luce propria mentre Djibril lo attraversava, diretta all'aula del tribunale dove si sarebbe tenuta la riunione dei Quattro Grandi Angeli. Gli sguardi di tutti i presenti erano inevitabilmente puntati su di lei, mentre avanzava, il passo lento e l'aria solenne. I garbati lineamenti del viso della fanciulla non sembravano turbati da alcun pensiero: l'Arcangelo dell'Acqua appariva semplicemente come uno specchio di inscalfibile impeccabilità, come sempre, agli occhi di tutti. Un diamante. Una splendida statua di ghiaccio. Peccato che, dentro di sé, Djibril sentisse crescere un fuoco, un fuoco che si faceva sempre più intenso e bruciante man mano che si avvicinava alla meta. Di cosa avrebbero discusso, in dettaglio? Come avrebbe descritto, lei stessa, la precaria e caotica situazione nella quale il Paradiso tutto era sprofondato, da quando il Salvatore era ritornato a vivere la vita di un comune essere umano, nell'Assiah? Nessun controllo. Nessuna direzione. Sguardi accesi di rivalità, risse, assassinii, attacchi sconsiderati di Demoni...e la povertà di sempre, la miseria assoluta che caratterizzava i livelli più bassi del Paradiso. I nemici erano quelli che premevano saltuariamente al di là delle linee di confine, o quelli che si muovevano all'interno di esse, come comuni Angeli, cittadini, persino amici? Djibril non lo sapeva, e il pensiero la fece rabbrividire. Dopotutto, il Salvatore li aveva liberati da un Dio fittizio e fraudolento, ma cos'altro aveva lasciato in eredità alla stirpe alata? Null'altro che fragilità ed incertezza. Caos. L'Arcangelo abbassò lo sguardo ai piedi, mentre si avvicinava ad un gruppetto di Angeli femminili intenti a riempirsi la bocca di pettegolezzi dell'ultima ora. L'argomento del giorno? L'Arcangelo del fuoco Mikael, la sua violenza lievitata nell'ultimo periodo, il suo sguardo acceso di una ferocia mai vista prima. Il modo in cui scuoiava i Demoni e gioiva nel farlo, i suoi “trofei di guerra” aumentati esponenzialmente, le sue mani sempre sporche di sangue, e il suo corpo sempre segnato da nuove ferite. -E' un Demone travestito da Angelo...- soffiò una giovane bionda, suscitando consenso nelle sue interlocutrici. I suoi occhi violetti incontrarono quelli di Djibril quando l'Arcangelo fu abbastanza vicino da essere notato....e corsero disperatamente al pavimento, come alla ricerca di una protezione impossibile. A Djibril non rimase altro da fare che scoccare un'occhiata sprezzante alle tre, prima di superarle. Bravissime a parlare, e a nascondersi.rifletté, arricciando le labbra con stizza. Già, nascondersi. Un po' come sembrava aver fatto Mikael qualche giorno prima, quando l'aveva indubbiamente scorta in un androne e aveva deliberatamente fatto finta di nulla, dileguandosi il più rapidamente impossibile, imboccando un corridoietto laterale per evitare di incrociarla. Incredibilmente...deludente. Ecco come era apparsa la cosa a Djibril. E, ora che ci ripensava, il fastidio sordo che aveva provato quel giorno, era ancora vivido sotto la pelle.
 
 
Sehaliah percorse quello stesso corridoio, di gran carriera, circa venti minuti più tardi. Inutile menzionare quanto fosse agitata: il cuore le martellava nel petto ad un ritmo tale che, se fosse stata umana, avrebbe temuto sinceramente di poter avere un infarto di lì a poco, se non si fosse tranquillizzata almeno un po'. Ed altrettanto inutile è forse ricordare il fatto che l'Angelo fosse del tutto in orario. Lo stesso gruppetto di Angeli chiacchieroni incrociato precedentemente da Djibril sostava ancora presso l'ultima svolta che il corridoio compiva prima di morire nella parete che abbracciava la porta d'accesso all'aula, e al suo passaggio occhi violetti, ambrati e color antracite si posarono su di lei colmi di incredulità. Chi era questo rozzo Angelo che avanzava sgraziatamente verso l'aula del tribunale, apparentemente diretto ad un incontro di Arcangeli? Sehaliah riuscì perfettamente ad udire i loro discorsi, che verterono immediatamente su altri lidi quando una delle tre galline riuscì finalmente a riconoscerla come Sehaliah, sostituta dell'Arcangelo dell'Aria Raphael, cosa che fece scoppiare le altre due in una sonora risata di scherno. -Ho sentito che è una completa novellina....- stava dicendo, un sorriso sornione sulle labbra sottili -è stata scelta per questo ruolo, tra moltissimi altri suoi colleghi con maggiore esperienza, perchè “incorrotta”- e calcò quella parola quasi fosse un difetto, prima di tornare a ridacchiare apertamente con le sue degne compari. -Raphael non se l'è mai portata a letto, ecco. Probabilmente è l'unica tra le Virtù ad aver mantenuto una certa....dignità.- aggiunse subito dopo, prima di sibilare un maligno: -chissà perchè...- che fece letteralmente crollare gli argini imposti dalla decenza negli altri due Angeli, così che questi si abbandonarono a risa sganasciate. Dopo aver udito tutto ciò, Sehaliah si mantenne forzatamente calma e distaccata, e si impose di passare oltre senza rivolgere neppure un'altra occhiata alle tre. Perchè quelle chiacchiere, quelle voci di corridoio, le facevano assurdamente male. Non che non fossero vere. Raphael non l'aveva mai sfiorata neppure con un dito, ma Sehaliah aveva sempre imputato la cosa a mero rispetto nei suoi confronti da parte del suo superiore. Certo, doveva ammetterlo, Raphael non era certo un santo, anzi...ma lei era senza alcun dubbio -sebbene fosse abbastanza goffa e soffrisse di ansie la maggior parte delle volte ingiustificate- il membro del Coro delle Virtù più responsabile in assoluto, e Raphael doveva averlo notato, sebbene si fossero incontrati rarissime volte. Non c'era niente -niente- di tanto importante, per lei, quanto il lavoro e la fede nel proprio capo. Era e sarebbe sempre stata la dipendente perfetta, capace di annullarsi completamente, se necessario, per arrivare ad anteporre senza difficoltà l'ambito lavorativo alla sfera privata. Raphael questo lo sapeva.....forse. Sehaliah non aveva mai neppure minimamente sospettato che l'inesistente attrazione fisica dell'Arcangelo nei suoi confronti potesse essere imputata al suo blando aspetto esteriore. Dopotutto, lei si era sempre reputata decente...non era alta, vero, e mancava di abbandonanti curve femminili, vero anche questo, ma le sembrava di avere un viso grazioso e un bel sorriso aperto e sincero. Forse erano tutte favole che si raccontava davanti allo specchio. Forse nessun Angelo avrebbe mai potuto trovarla anche solo lontanamente passabile. Forse...forse nulla si disse, imponendosi di restare concentrata, mentre faceva il suo ingresso nell'aula di tribunale. E forse avrebbe dovuto mantenere una concentrazione ancora maggiore, perchè il saluto educato di Djibril -già seduta su uno degli scranni posti attorno ad un imponente tavolo di quercia sistemato poco lontano dall'ingresso- la fece letteralmente trasalire, e i fogli che recava sotto il braccio si sparpagliarono irrimediabilmente sul pavimento, quasi urlando la sua incapacità. -Mi...mi dispiace- si affrettò a mormorare Sehaliah, sebbene non avesse nulla di cui scusarsi. Djibril le lanciò un'occhiata carica di indulgenza mista ad un lieve scetticismo. Quella ragazza appariva così nervosa da farle tenerezza, sarebbe stata in grado di assolvere nel modo migliore il compito che le gravava sulle spalle? Fare le veci di un Arcangelo non era certo una cosa semplice. -Non hai nulla di cui scusarti- la rassicurò con fare spiccio, forse per liberarla dall'imbarazzo che, tuttavia, perdurò, alimentato dal silenzio sepolcrale che si venne a creare tra le due dopo quel breve scambio di battute, quando Sehaliah si sedette a sua volta e fece di tutto per non incrociare più lo sguardo dell'altra. E così rimasero Angelo ed Arcangelo, almeno fino a quando l'Arcangelo della Terra, Uriel, fece il suo ingresso nell'aula, scusandosi di un ritardo illusorio dato che era in perfetto orario. La sua voce profonda, tuttavia, spezzò il monotono silenzio solo per qualche attimo; silenzio che si ripresentò immediatamente, avvolgendo i tre come un sudario, quando Uriel prese posto tra di loro, e non aprì più bocca. I minuti passarono, molti minuti...Djibril cominciava decisamente ad indispettirsi, o almeno questo diceva la sua espressione: Sehaliah dal canto suo non aveva neppure notato la cosa, intenta com'era a guardarsi le scarpe, ma Uriel valutò che se l'Arcangelo disperso, Mikael, non avesse fatto la sua comparsa nel giro di cinque secondi al massimo, Djibril sarebbe letteralmente esplosa come un vulcano. Il suo sguardo verde intenso cercò ripetutamente quello dell'Arcangelo dell'Acqua, rassicurante, ma tutto ciò che Uriel ricevette in cambio furono occhiate irritate. Fortunatamente, quel calvario non durò ancora per molto: qualche secondo dopo l'ennesima occhiataccia scoccata da Djibril all'innocente Uriel, forse la peggiore, la porta si spalancò, e Mikael fece il suo ingresso nell'aula del tribunale, il passo leggermente claudicante, e l'aria di chi ha ben altre cose da fare ed è stato letteralmente costretto ad abbandonarle per presenziare alla più futile e noiosa delle assemblee. -Allora? Non avete ancora finito?- berciò, quasi si trovasse in un'osteria e non ad un consiglio di alte cariche del Paradiso. Djibril si armò di estrema pazienza, a questo punto, costringendosi ad indirizzargli soltanto il peggiore degli sguardi assasini del proprio repertorio, cosa che fece allungare le labbra di Uriel in un sorrisetto dilettato. Sehaliah, nonostante avesse finalmente captato l'ostilità di Djibril nei confronti del rosso, cercò tuttavia di apparire il più educata possibile, salutando l'Arcangelo con un timido sorriso. Arcangelo che, per tutta risposta, la ignorò completamente, così come ignorò il cenno del capo che Uriel gli rivolse. Imbronciato, il lungo spolverino grigio che indossava macchiato e strappato in più punti, l'elsa dell'enorme spadone a due mani che portava sulla schiena in bella vista, il braccio sinistro fasciato, Mikael non era proprio un bello spettacolo, quel giorno. O quantomeno, non uno spettacolo rassicurante, perchè un certo fascino quel nanerottolo incattivito lo emanava, un fascino leggermente sinistro, diverso, peculiare, un fascino che sapeva di sangue e terra bruciata....o almeno così parve a Sehaliah, che non l'aveva mai visto prima. Djibril, dal canto suo, sembrò semplicemente trovare pietoso quello spettacolo, perchè non commentò, e mentre Mikael prendeva posto davanti a lei, iniziò semplicemente a parlare, con estrema noncuranza, degli argomenti di cui avrebbero dovuto dibattere durante la riunione. -Mi aspetto massima serietà da tutti voi- stava dicendo, le braccia rilassate, le mani giunte all'altezza del ventre, quando un fragoroso clangore metallico spezzò l'idilliaca tranquillità del momento, facendo sobbalzare Sehaliah sullo sgabello. Subito dopo, la fanciulla si ritrovò a trattenere il respiro, mentre Djibril si accaniva con parole di fuoco su Mikael, che aveva ben deciso di irritarla ulteriormente sganciando l'enorme spada dal fodero sulla schiena, beandosi poi del fragore impressionante che aveva seguito questo suo gesto deliberato. Il ghigno dipinto sul volto dell'apparente ragazzetto non era descrivibile a parole, un malizioso misto di ripicca e divertimento, mentre il viso dell'Arcangelo dell'Acqua era letteralmente trasfigurato dal disprezzo. Sehaliah avrebbe quasi voluto tapparsi le orecchie per non sentirla sbraitare. -Arrivi in ritardo pazzesco, lurido come un cane randagio, portandoti dietro quella spada maledetta e.....- Djibril si fermò a riprendere fiato, brevemente, il viso arrossato dalla collera -...e ti permetti anche di comportarti in questo modo indegno!!!!!!!!! MIKAEL!- sbottò, e nel pronunciare il nome dell'Arcangelo il suo tono raggiunse un livello di tale furore da lasciare Sehaliah sbalordita. Anche Uriel si accigliò, a quel punto, distogliendo freddamente lo sguardo dai due contendenti. Mikael, ben lungi dal rimanere impressionato dal livore di Djibril, incrociò le braccia sul petto minuto e si esibì in uno “tsé” tipico della sua persona. Facendosi minuscola sullo scranno, Sehaliah desiderò ardentemente trovarsi ancora nel suo studio ingombro di scartoffie.

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Capitolo 3
*** Destroyed ***


Capitolo 3
 
I close my eyes as I walk the thin line between love and hate
For the person with the same blood in his veins
You show no regrets
About all the things you did or said...
 
 
Sehaliah non seppe mai come Djibril riuscì a recuperare una parvenza di tranquillità. La sfuriata fatta a Mikael l'aveva evidentemente stremata, almeno psicologicamente, e l'Angelo pensò che di lì a poco avrebbe sentito la sua voce incrinata dalla rabbia annunciare che la riunione veniva posticipata a data da definire, ma questo non accadde. Al contrario, l'Arcangelo dell'Acqua fece un gran sospiro, e abbassò gli occhi ai documenti che aveva posto davanti a sé, sul tavolo.
-Iniziamo la riunione- asserì, asciutta, modulando la voce il più possibile, così che, se solo qualche secondo prima era stata letteralmente infuriata, non lo sembrò più. Schiarendosi la gola, si alzò in piedi. -Dobbiamo prima di tutto occuparci dell'elezione di un capo d'assemblea, qualcuno che possa attivamente presiedere questo consiglio durante le varie sedute.- disse, lasciando libero lo sguardo di posarsi alternativamente su ognuno dei tre presenti, sebbene Mikael non la stesse neppure guardando. -Per quanto mi riguarda, mi vorrei auto-eleggere. Credo di essere la persona adatta a svolgere questa funzione...tutti d'accordo?- Sehaliah annuì con convinzione, prima di lanciare un'occhiata ad Uriel, che si mostrò perfettamente d'accordo a sua volta, e quindi a Mikael, che sembrava piuttosto interessato ai nodi nel legno del tavolo, o almeno apparentemente....perchè quando gli sguardi di tutti furono concentrati su di lui, il rosso alzò il capo con fierezza e pronunciò un “no” secco. Djibril non parve esserne troppo sospresa, e scrollò le spalle come se nulla fosse accaduto. -Mozione accolta con tre voti favorevoli e uno contrario. Andiamo avanti.- disse, tornando a sedersi. -Ora, vorrei sapere se qualcuno di voi ha qualche richiesta, o proposta, che voglia portare davanti a questo consiglio perchè venga discussa. Sarete liberissimi di farlo ad ogni seduta, ovviamente.-
Uriel non aveva evidentemente nulla da dire, perchè rimase in silenzio, ma Sehaliah si disse che quello sarebbe stato il momento più opportuno per parlare. Erano alcuni giorni che ci pensava...-Vorrei poter assumere il pieno controllo amministrativo della clinica.- sputò fuori, sentendosi poi incredibilmente a disagio quando gli occhi di tutti i presenti si posarono su di lei. Djibril, in particolare, sembrava intenta ad analizzarla come si fa con un campione di tessuto molecolare al microscopio. -E come mai, se posso chiederlo?- le domandò diffidente, e Sehaliah non seppe definire lo stato d'animo dell'Arcangelo, tornato alla solita compostezza glaciale. La cosa, ovviamente, non potè che agitarla ancora di più. -Ecco...ecco- biascicò, spiazzata, -....ecco, la situazione è diventata davvero insostenibile e....- E l'Angelo si mise a scorrere fogli su fogli alla disperata ricerca di qualcosa che la potesse aiutare a spiegarsi. -Voto a favore- l'interruppe Mikael con voce vivace, cosa che sembrò irritare nuovamente Djibril, la quale gli lanciò un'occhiata fulminante e schioccò la lingua contro il palato. -non avevo dubbi, Mikael.- sibilò -Uriel?- interpellò dunque l'altro Arcangelo, che si astenne dall'esprimere un parere. Sehaliah ne fu immensamente felice, e mentalmente si disse di ringraziare Mikael al termine della seduta. Grazie a lui, non aveva neanche dovuto spiegarsi, cosa che non le sarebbe stata per niente facile, visto l'imbarazzo che la attanagliava.
Djibril, da parte sua, riprese il controllo della riunione senza neppure votare dato che la maggioranza era già stata raggiunta. -Mozione passata con due voti farevoli e un astenuto- annunciò, riportando la cosa per iscritto, prima di iniziare a sciorinare parole su parole su parole. Vari argomenti furono discussi, varie mozioni esposte, e la mattinata trascorse senza variazioni, se non fosse che ad ogni votazione Mikael si preoccupasse esclusivamente di dare costantemente un parere opposto a quello di Djibril...senza neanche ascoltare le questioni illustrate. Uriel non commentò mai la cosa, e neppure Sehaliah si azzardò ad interrompere il giochetto provocatorio del rosso, giochetto che stava evidentemente facendo perdere le staffe a Djibril. Un'altra volta.
Mikael, d'altro canto, ne sembrava visceralmente soddisfatto, perchè, ad ogni risposta contraria a quella di Djibril, si faceva sempre più indisponente, e il suo ghigno si allargava. Il suo piano era ormai evidente a tutti, e lo fu ancora di più quando fu discussa una mozione relativa ad eventuali aiuti alle squadre di ricostruzione che avrebbero dovuto essere forniti dalle schiere dell'esercito qualora la stessa fosse passata. Djibril votò con fermezza a sfavore, e Mikael, senza neppure riflettere, votò a favore per pura -e maligna- abitudine, suscitando l'iralità dello stesso Arcangelo dell'Acqua. -Mi chiedo perché tu abbia votato a favore della mozione, dato che, se questa dovesse passare, ti ritroveresti con meno Angeli al tuo servizio, e il fronte ne risulterebbe indebolito- sibilò come una vipera, in parte evidentemente soddisfatta di aver colto l'Arcangelo del Fuoco in castagna. -Non penso di doverti ricordare che, in un periodo di transazione delicato come questo, la cosa giocherebbe del tutto a tuo sfavore.- concluse poi, incrociando le braccia al petto, ricercando sfrontatamente di incatenare lo sguardo di Mikael al proprio. Mikael, il quale, si limitò semplicemente a fissarla di rimando per qualche attimo, prima di distogliere lo sguardo per tuffarsi indisturbato nelle sue elucubrazioni mentali. E rifletté a lungo, il rosso. Sehaliah ebbe l'impressione di riuscire quasi a sentirlo pensare.
Djibril non si sorprese quando, al termine di tutto quel meditare, uno “tsè” fu tutto ciò che Mikael riuscì a buttar fuori. Non si aspettava certo una risposta intelligente da parte sua, dopotutto. Appagato, l'Arcangelo dell'Acqua decise a quel punto di passare attivamente al contrattacco. Quando Uriel votò a sfavore della mozione, e Sehaliah fece lo stesso, Djibril non perse tempo ed annunciò: -Ho un'altra questione di grande importanza da sottoporvi.- Le labbra dell'Arcangelo si stirarono in un sorriso strano, quasi fuori posto, mentre si alzava e appoggiava le mani al bordo del tavolo, incurvando la schiena con leggerezza sporgendosi verso Mikael, per meglio poterlo guardare negli occhi. -Chiedo che i poteri decisionali sul campo di battaglia dell'Arcangelo Mikael vengano ridimensionati.- soffiò fuori, quasi sussurrando, voce e sguardo tinti di malizia.
Questa volta, la reazione di Mikael fu rapida ed impetuosa. Alzandosi di scatto a sua volta, sbattè la mano sana sul tavolo, fronteggiando Djibril con sdegno incontenibile. -Non puoi farlo!- sbottò, livido in viso, scoprendo i denti come un predatore pronto a balzare sulla preda. Ancora una volta, Sehaliah desiderò di essere altrove, ed invidiò Uriel, che sembrava perfettamente rilassato nonostante la situazione stesse degenerando nuovamente. -Io non posso di certo...ma il consiglio sì...- stava dicendo Djibril, il tono falsamente carezzevole, lo stesso sorrisetto perfido ad incresparle le labbra. Mikael si sporse a sua volta sul tavolo, e tra gli occhi di uno e dell'altra parve agitarsi pura elettricità.
Ad allentare la tensione, o forse ad incrementarla, intervenne Uriel. -Io voto a sfavore- disse, controllato, incrociando le mani sul piano del tavolo. Sehaliah fece un gran respiro, preparandosi all'imminente tempesta. Che, infatti, non tardò ad arrivare. -E di grazia, per quale motivo, Uriel?- domandò Djibril, e quel singolo interrogativo parve saettare nell'aria ferreo ed amaro come una stilettata. Se, invece di porre quella singola domanda, avesse semplicemente cominciato a sbraitare come aveva fatto prima, Sehaliah si sarebbe sicuramente sentita meno atterrita. -Per quanto alcuni suoi atteggiamenti possano essere considerati discutibili, Mikael si è sempre occupato ottimamente del confine, non ha mai avuto problemi, né ne ha avuti il Paradiso a causa della sua condotta. Quindi, sarebbe insensato limitare le sue capacità decisionali.- rispose Uriel, senza scomporsi di un millimetro, incrollabile come una montagna, forte come una radice.
Sentendosi appoggiato, e in qualche modo protetto, Mikael tornò a sedersi, l'aria più tronfia di prima. Sehaliah avrebbe voluto che non sorridesse in quel modo così provocatorio. Djibril aveva la furia dipinta in volto, una furia ancora più terribile, perchè repressa...nonostante Uriel avesse ragione, come poteva appoggiare quel becero di Mikael invece che lei?
Quando annunciò la fine della riunione, scappò via senza ulteriori convenevoli, il passo affrettato e le spalle rigide, nervose. Sehaliah potè finalmente tranquillizzarsi. Garbata, salutò Uriel che usciva, quindi bloccò Mikael, che stava per sgusciare via a sua volta, con un esitante “scusa”. Lui la guardò con sguardo interrogativo, e lei non potè non sentirsi terribilmente inadeguata. Gli occhi dorati dell'Arcangelo riuscivano seriamente a metterla in difficoltà. -Senti....- mormorò letteralmente, prima di schiarirsi la voce per farsi un po' di coraggio -...voglio soltanto che tu sappia che puoi passare quando vuoi. Alla clinica, intendo.- riuscì a sputare fuori in qualche modo, torcendosi involontariamente le mani nel mentre. Mikael non disse nulla, e lei si sentì ancor peggio, se possibile. -per le tue ferite, ecco...è che rimango in clinica anche molto dopo la chiusura per sistemare varie cose, e quindi...- Ancora silenzio. -Beh...è tutto, credo.- si affrettò quindi ad aggiungere la ragazza, perchè la situazione la stava davvero facendo morire di vergogna. Ancora una volta Mikael non ruppe il silenzio; semplicemente imboccò la porta ed uscì, lasciando Sehaliah a pentirsi di ciò che aveva fatto.

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Capitolo 4
*** The Silence ***


Capitolo 4
 
This is the night you remember all the peace we had tonight
For the things we have to fight.
 
 
Il bianco assoluto di un’altra sterile giornata trascorsa davanti a quella capsula. Un senso di deja-vu continuo, malinconico, staziante. Infinito. Barbiel sospirò, massaggiandosi le tempie con aria grave. Il tempo sembrava essersi fermato, in quella stanza: il resto del mondo andava avanti come se nulla fosse, mentre quel luogo si presentava sempre identico a sé stesso, immutato, cristallizzato in un attimo di eterna infelicità. La sua.Lo sguardo di Barbiel, come tutte le mattine, non osava apparentemente abbandonare la figura di Raphael, sebbene questa volta l’attenzione dell’avvenente assistente dell’Arcangelo dell’Aria fosse rivolta altrove. Lei aspettava. Aspettava quella persona che sapeva sarebbe sbucata fuori da un momento all’altro. La persona che ogni giorno veniva a visitare Raphael, come lei, sebbene lo facesse senza mai mostrarsi. Naturalmente, Barbiel non era una sprovveduta: si era accorta della presenza silenziosa che le teneva compagnia ogni mattina dal giorno dell’incidente, ed aveva sviluppato dei sospetti in merito all’identità della persona in questione. A questo punto, non vedeva l’ora di poter confutare la sua teoria. Perciò attese, Barbiel, attese ed attese ancora. Ma soltanto quando avvertì l’assenza improvvisa di un qualcosa (o un qualcuno, più specificatamente) che era sempre stato lì quella mattina, forse ancor prima che lei arrivasse, si rese conto d’aver perso un’altra volta la sua possibilità di scoprire chi fosse realmente il visitatore misterioso. Uno sguardo all’enorme finestra alla sua sinistra le confermò quella teoria. Proprio al di là del cornicione, piccole stille di sangue imbrattavano le piastrelle della balconata. Il regalo di congedo di quell’ignota presenza, della quale ti accorgevi solo e soltanto quando decideva di lasciarti solo, solo come avevi creduto d’essere sino a quel momento.
 
 
Nel mentre, l’Arcangelo dell’Acqua era inquieto. Di nuovo. Altra riunione, altri argomenti –importanti, anzi, fondamentali, come sempre- da dibattere, altro folle, inconcepibile e soprattutto inscusabile ritardo da parte di Mikael. Forzando sé stessa ad applicarsi alla respirazione controllata volta a distendere i nervi insegnatale da Sehaliah quella stessa mattina, Djibril allontanò lo sguardo dalla porta d’ingresso all’aula del tribunale e andò a prendere posto al suo solito posto. Lo scranno le sembrò incredibilmente scomodo, questa volta, quando vi appoggiò la schiena. Sehaliah, dal suo posto a sedere, le lanciò un’occhiata indagatrice. Non si sentiva tranquilla, per niente. Tutto ciò che la giovane sostituta di Raphael voleva, era evitare una lite uguale o forse peggiore rispetto a quella già sperimentata alla prima riunione dei quattro Grandi Angeli, quando la signorina Djibril e il signor Mikael non avevano fatto altro che punzecchiarsi vicendevolmente, fino a quando la prima non era letteralmente esplosa, con l’altro che faceva accuratamente orecchie da mercante con un sorrisetto leggero leggero dipinto sulle labbra, tanto per farla imbufalire ancora di più, se possibile. Un brivido scosse i minuti lineamenti della ragazza al ricordo delle espressioni che si erano accavallate sul volto di solito tanto compassato e perfetto dell’Arcangelo dell’Acqua. Dispetto. Rabbia. Repulsione. Delusione. Sehaliah si era accorta di tutto questo, e anche di più. Cercando di non pensarci, l’Angelo si mise a giocherellare con una ciocca ricciuta dei lunghi capelli rosso scuro, come fa un gatto con un fil di lana. Dentro di sé, non poteva far altro che sperare di vedere Mikael fare la sua comparsa in aula il prima possibile. Fortunatamente, il fato le fu propenso, e dopo qualche minuto appena, l’Arcangelo del Fuoco spalancò la porta del tribunale e si infilò nell’aula, rivolgendo una rapida occhiata generica ai presenti, talmente rapida da apparire quasi ritrosa. Sehaliah sobbalzò quando si accorse dello stato in cui verteva il giovane: fosse stato umano, di certo non avrebbe avuto la forza di andarsene in giro come se nulla fosse, sarebbe stato come minimo in un letto d’ospedale. Sapeva già che la cosa non sarebbe piaciuta a Djibril. Uriel, dal canto suo, fece accuratamente finta di niente, ma Sehaliah sapeva che la diplomazia non era più cosa per l’Arcangelo dell’Acqua. Per quanto la riguardava, Djibril era sorpresa. Sorpesa e sconvolta. Ovviamente aveva già visto Mikael ridotto peggio di un colabrodo, ma la cosa non si verificava da molto, molto tempo….e forse per questo le fece molto più effetto di quanto avrebbe potuto fargliene una volta. Il braccio sinistro di Mikael era ormai soltanto una benda sudicia di sangue fresco e rappreso, ed escoriazioni varie gli si aprivano sul volto, alcune più o meno recenti di altre. I graffi rosso scuro ed acceso spiccavano mortalmente, in contrasto con la carnagione estremamente pallida dell’Arcangelo e Djbril si sentì stringere il petto in una morsa di ferro. Che cos’era…quel sentimento? Compassione? Sconforto? Non riuscì a decifrarlo, mentre osservava il compagno d’infanzia dirigersi speditamente al tavolo e prendere posto, senza salutare nessuno, né ricercare alcuno sguardo più a lungo del necessario. Djibril sentì di dover fare qualcosa….quelle sensazioni la stavano spaventando. Imponendosi di mantenere un atteggiamento compassato, la giovane portò le mani sul tavolo, stringendo i fogli che Rasiel le aveva consegnato quella mattina, in vista dell’imminente colloquio tra Arcangeli. –cominciamo la riunione- disse, e alle orecchie di Sehaliah quelle parole suonarono come un’ancora di salvezza. Sospirò. La riunione, nella sua formalità, aiutò tutti quanti ad ammantarsi di una certa austerità e decoro, così che nessuno fece commenti sulle condizioni di Mikael, né sembrò neppure farci più caso, dal momento in cui Djibril cominciò ad esporre i vari provvidementi, a proporre menzioni, ad ascoltare i loro pareri. Sehaliah credette di galleggiare all’interno di una bolla rassicurante, che sapeva sarebbe esplosa di lì a poco, probabilmente non appena Mikael si fosse arrischiato a dire qualcosa, perché ancora non aveva aperto bocca. In realtà, la sua condotta, quel giorno, pareva del tutto irreprensibile: i penetranti occhi dorati erano fissi sull’Arcangelo dell’Acqua, non l’avevano mai lasciato fin da quando la riunione aveva avuto inizio. Se Djibril era anche solo vagamente disturbata dalla cosa, fortunatamente non lo diede a vedere. -Ho una mozione importante da sottoporre a questo consiglio, ora.- stava annunciando, quando Sehaliah si costrinse a tornare alla realtà. La sostituta di Raphael osservò le bianche mani dell'Arcangelo mentre spulciavano innumerevoli fogli per arrivare, evidentemente, a quello che le interessava. A Sehaliah parve di scorgere uno strano sentimento dipinto sul volto dell'apparente giovane, ma fu soltanto un attimo: quando tornò a mostrare il viso a tutti i presenti, Djibril non avrebbe potuto sembrare più distaccata e formale. A quel punto, la sua voce cristallina si alzò spezzando nuovamente il silenzio. -mozione riguardante l'obbligo di cure mediche immediate per chi subisce ferite più o meno gravi al confine- lesse, ed inevitabilmente gli occhi di tutti corsero a Mikael, che sembrò raggelarsi sul posto. -che stronzata- sibilò il rosso, assottigliando lo sguardo e puntandolo sull'Arcangelo dell'Acqua. Sehaliah lesse un vero e proprio risentimento in quegli occhi, e ne fu immediatamente turbata. Cosa sarebbe accaduto se il signor Mikael, con il suo comportamento, avesse nuovamente adirato l'irreprensibile presidentessa dell'adunanza? -voti a favore?- non si scompose Djibril, appoggiando pacatamente i documenti sul tavolo e lasciando spaziare lo sguardo sui due Arcangeli e l'Angelo presenti. Uriel sembrò in qualche modo tornare alla vita, a quel punto, recuperando una certa mobilità, che esplicitò andando ad unire le mani al di sopra del tavolo. -favorevole- pronunciò, la voce bassa e solenne di sempre. Dunque fu il turno di Sehaliah, che sputò fuori un “favorevole” il più velocemente possibile, perchè, pensò, in caso contrario, Djibril l'avrebbe annientata sul posto se avesse anche solo osato opporsi a quella mozione, che andava evidentemente a braccetto con chissà quale suo volere. Sentendosi sconfitto, Mikael incrociò le braccia al pettò e si esibì in uno “tsè” da manuale. -sono perfettamente in grado di combattere!- sbottò immediatamente dopo, -non sono certo un invalido!- -meglio prevenire che curare- tuonò in risposta Djibril, e l'assemblea tornò al silenzio...se non fosse stato per i ringhi e borbottii sommessi dell'Arcangelo del fuoco.
 
 
Sehaliah si sentiva enormemente a disagio. Sebbene non lo vedesse, infatti, l'Angelo avvertiva distintamente lo sguardo penetrante dell'Arcangelo del Fuoco su di sé: nella propria mente, poteva facilmente immaginare gli occhi ferini di Mikael fissi sulla sua schiena, mentre i due avanzavano, il più speditamente possibile, verso l'infermeria. Fu davvero un sollievo, per Sehaliah, distinguere la porta bianca dell'ambulatorio alla fine dell'ennesimo corridoio. -Eccoci- disse soltanto, mentre un brivido di indistinta natura le correva giù per la schiena. Forse, l'idea di rimanere sola con un individuo tanto imprevedibile non la entusiasmava, o forse...forse la entusiasmava un po' troppo. Scuotendo appena il capo, l'Angelo si costrinse a concentrarsi su tutt'altro, mentre apriva la porta e vi si accostava, aspettando che Mikael facesse il suo ingresso trionfale da eroe di guerra. Ad una seconda occhiata, più approfondita e clinica, la ragazza si accorse che le ferite dell'Arcangelo erano gravi, ma non tragiche come apparivano, cosa che la fece sentire molto meglio. Ora lei non era più Sehaliah il falso Arcangelo, ma Sehaliah l'allieva di Raphael, e dunque molto preparata rispetto alle arti di guarigione. Lei, dopotutto, aveva sempre pensato di vivere per aiutare gli altri a sentirsi meglio. E di certo avrebbe voluto fare tutto il possibile per aiutare anche il suo mentore a risvegliarsi dal sonno profondo nel quale era caduto....non solo per una questione di mera lealtà sentita da un sottoposto per un suo superiore, ma anche -e soprattutto- perchè quel nuovo incarico di responsabilità non le si addiceva per niente, e lei lo sapeva. Sospirò, proprio mentre Mikael si metteva a sedere sul lettino adibito alle visite. Senza ancora proferire parola, l'Angelo osservò il viso di lui, rischiarato dalla luce penetrante che permaneva nella stanza, e lo trovò irregolare ma bello, giovane ma vissuto, e Mikael le apparve come l'essere più malinconico e solo del Paradiso, e le mosse qualcosa dentro. Quella sensazione tanto opprimente venne dissimulata dallo stesso Arcangelo, quando, con fare indolente, tornò ad aprire bocca: -Hey “Cosa”, che stiamo aspettando?- berciò, con la sua voce atipica e sgraziata, al che, ovviamente, Sehaliah finì col domandarsi se per caso non avesse perso completamente la ragione, qualche secondo prima. Mikael era un essere detestabile...cercare di vedere qualcos'altro in lui era soltanto pane di chi avesse tanto tempo da perdere, e lei non ne aveva. Con uno sbuffo infastidito appena appena accennato (discutere con lui sarebbe stato inutile), Sehaliah si avvicinò all'Arcangelo del Fuoco e gli rivolse un'occhiata determinata. -togliti la maglia, per favore- lo invitò, il tono divenuto improvvisamente neutro e professionale. Visto il suo evidente cambiamento d'atteggiamento, Mikael incurvò un sopracciglio ma, straordinariamente, non glielo fece notare. Anzi, si tolse rapido la maglia, assecondando il volere di Sehaliah senza alcun capriccio, cosa che non potè non colpirla in positivo. Di nuovo. Chissà quante volte avrebbe cambiato idea su di lui nel corso di quella visita...
Senza indugiare oltre, Sehaliah ispezionò con lo sguardo il petto gracile ma muscoloso del ragazzo, la schiena solida e le braccia nervose. Vecchie ferite avevano lasciato ombre indelebili sulla pelle chiara, e Sehaliah si chiese come apparisse quel corpo prima che la violenza lo marchiasse per sempre. Poi l'Angelo passò ai fatti, alzando le mani ed imponendole sulle ferite più recenti. Mikael restò in silenzio per tutta la durata dell'operazione, e questo spinse Sehaliah in un'inquietante ed assoluto stato di imbarazzo. -dovresti prestare maggiore attenzione sul campo di battaglia, evitare di ridurti così.- spezzò dunque il silenzio, giusto per evitare di sentirsi una cretina totale. Sperava che Mikael avrebbe preso la palla al balzo e si sarebbe aperto con lei, aiutandola a distruggere quel molesto silenzio una volta per tutte, ma non accadde. -voglio dire, io non dispongo neppure lontanamente delle capacità curative del mio superiore.- si affrettò quindi ad aggiungere, in evidente difficoltà. Sehaliah quasi si sentì morire quando Mikael volse il capo in direzione opposta a quella dove lei si trovava, ancora, inebetita, quasi dimentica del suo compito. Deglutì, sforzandosi di continuare a parlare. -comunque mi rendo conto che non spetta certo a me di dirti come vivere la sua vita, quindi perdonami. Il mio compito è semplicemente quello di curarti quando necessiti di essere curato...- Mikael non fece una piega neppure a questo punto, nonostante il tono usato dalla ragazza si fosse fatto più sottile, meno formale, quasi malinconico. Sehaliah sospirò; evidentemente c'era poco da fare, quel tipo poteva essere facilmente paragonato ad un muro impenetrabile. -mostrami le ali- gli ingiunse, pentendosi immediatamente dopo di averlo fatto, perchè la sua richiesta suonava più come un ordine esasperato, e non era decisamente sua intenzione apparire irrispettosa. La voce di Mikael la sottrasse alle sue elucubrazioni, spezzando il silenzio. -non posso- disse, laconicamente. Sehaliah si aspettava che l'altro obbedisse senza spiccicare parola, perciò ne rimase sorpresa. Erano passati solo una ventina di minuti al massimo da quando l'aveva sentito parlare l'ultima volta, e già si era dimenticata di quanto suonasse inelegante la voce dell'Arcangelo. 
-come sarebbe a dire che non puoi? In che condizioni sono?- lo interrogò, mossa da una punta di genuina preoccupazione che la confuse ancor di più. Qualche attimo più tardi, la ragazza si trovò a trasalire, quando mobili e mensole presenti nella stanza furono rovesciati o danneggiati. -te l'avevo detto, Cosa- stava dicendo lui, un vago sorrisetto dipinto sul volto, ma le sue parole non potevano veramente raggiungerla, tanta era la sorpresa di Sehaliah. Le ali di Mikael....le sue ali, erano gigantesche! -sono....enormi!- buttò fuori, sconvolta, dando semplicemente voce ai propri, meravigliati, pensieri. -è assurdo, hai delle ali davvero imponenti per essere co....- Un'occhiata assassina da parte dell'Arcangelo del fuoco fece morire quell'ultimo commento sul nascere, e Sehaliah distolse lo sguardo, abbandonandosi per riflesso ad una risatina propria di chi cerca di dissimulare una gaffe appena fatta. L'Angelo si ricordò di quello che era il suo compito solo qualche istante dopo, quando si costrinse a riportare lo sguardo sulle ali di Mikael, e ad analizzarle (piuttosto superficialmente, la sua mente era ancora altrove), trovandole in perfetto stato. Anche al tatto non presentavano alcuna irregolarità, e Sehaliah perse alcuni lunghi minuti tastando la consistenza morbida delle piume dell'Arcangelo, trovandole straordinariamente in contrasto con il suo trascurato aspetto e la sua ruvida personalità. Con un sorriso (per fortuna, dato che gli stava alle spalle, lui non poté vederlo), la ragazza si chiese quanti contrasti ancora potesse celare quel tipo, e, improvvisamente, sì sentì molto più a suo agio. -lo sai che ho un nome?- gli domandò, mossa da questo nuovo stato d'animo. Come si aspettava, Mikael non si fece scappare neppure un suono. -Sehaliah...- aggiunse dunque, a mezza voce, ma ancora non produsse alcun risultato udibile, perciò l'Angelo si rassegnò ad accogliere nuovamente il silenzio, salutandolo mentalmente come una persona sgradita nella quale ci si imbatte di continuo.
Qualche minuto più tardi, Sehaliah tuffò il viso tra alcune scartoffie raccolte alla rinfusa dalla scrivania dell'ambulatorio, il tutto per non guardare Mikael che si rivestiva. -non mi è stato possibile guarire completamente le tue ferite...- lo informò, tenendo gli occhi ben fissi sulle parole appuntate sul foglio, senza leggerle -...quindi, cerca di non esagerare. Rimani per un po' a riposo, se ti è possibile...- Non riusciva più ad udire alcun fruscio di stoffa, al che Sehaliah intuì che l'Arcangelo doveva, a questo punto, essere pronto per andarsene. Il tonfo dei suoi stivali sul pavimento gliene diede conferma. Quando si decise ad abbassare i documenti e a cercarlo con lo sguardo, Mikael stava già imboccando la porta dell'ambulatorio, senza neppure un saluto. -a domani....allora.- mormorò lei, concedendosi un sospiro.
 
 
Sehaliah era stanca, quella sera, stanca soprattutto di continuare a pensare. Seduta alla scrivania dell'ambulatorio, l'Angelo si costringeva a leggere e rileggere documenti, firmarli, catalogarli. C'era molto lavoro arretrato da fare, forse fin troppo, e Sehaliah si chiese come sbrigasse le sue incombenze l'Arcangelo dell'Aria, quando era ancora in grado di farlo...
Con la mente impegnata su questa ed altre riflessioni, la ragazza si trovò a trasalire quando si avvide della presenza di qualcuno, fermo accanto alla porta. -m-ma che...?- balbettò, spaventata, ma le parole le morirono in gola quando si si rese conto di chi si trattasse: l'Arcangelo del fuoco, decisamente ammaccato e con uno strano ed inquietante sorriso disegnato sulle labbra. -oggi al confine c'è stato parecchio da fare...e non vorrei essere sospeso per due graffi...-

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Capitolo 5
*** A Demon's Fate ***


Capitolo 5
 
You’ll burn this time
Seeing the violence
It's feeding my mind
No one is saving you
How can you find a heaven in this hell?
 
 
Respira, sembrava ripetere una voce nella sua testa. Respira. Sehaliah spalancò gli occhi, portando istintivamente una mano alla gola. Respirava malamente, e il battito del suo cuore le pareva distorto, accelerato, come se avesse corso per chilometri. La ragazza si portò le mani al viso, intrappolando il fiato, prima di passarle tra i capelli mogano ed adagiarle sul cuscino sudato. Mikael. Non aveva fatto altro che pensare a lui per tutta la notte, e quando era riuscita ad addormentarsi, le era parso di vedere il suo viso anche in sogno e...e poi non ricordava più nulla, ma vista la sua agitazione, doveva aver sognato qualcosa di orrendo o di equivoco. Sospirando, l'Angelo si tirò a sedere. Se avesse potuto, avrebbe voluto strapparsi dalla mente i ricordi della sera prima, tutti quanti. Non riusciva a capire perchè Mikael fosse tornato a farsi visitare da lei. Dopo la visita impostagli da Djbril, Sehaliah dubitava, francamente, che avrebbe rivisto Mikael nel suo ambulatorio tanto presto, nonostante la presenza di un ordinamento scritto. Ed invece, quella sera stessa l'Arcangelo era ritornato, malridotto, certo, ma anche palesemente motivato ad essere lì. A Sehaliah aveva fatto un piacere enorme, un piacere tanto intenso da spaventarla. Aveva quindi passato l'intera nottata a ripensarci. Costringendosi ad alzarsi dal letto, l'Angelo si impose anche di pensare -finalmente- ad altro. Di lì ad un'ora e mezzo, l'ennesima riunione tra Arcangeli l'avrebbe ributtata nel vortice dell'ansia più nera, ma, fino ad allora, Sehaliah voleva provare a rilassarsi. Sedendo alla sua scrivania, accolse il lavoro come una panacea, sprofondando tra pratiche e documenti vari. E ringraziò mentalmente Raphael d'esser stato un simile lavativo. Passò molto più di un'ora e mezza, prima che Sehaliah si degnasse di abbandonare l'oasi felice che era la sua scrivania. Dopotutto, pensava, se Mikael poteva puntualmente arrivare in ritardo, allora anche lei poteva permetterselo, per una volta. O no?
 
 
Enorme fu il suo sbigottimento quando, varcando senza fretta la porta dell'aula del tribunale, trovò Mikael già seduto tronfiamente al suo posto, sul viso l'espressione strafottente di sempre. Naturalmente, anche Djibril e Uriel erano già presenti: la prima, già intenta nel suo compito usuale, cioè sommergere Mikael di urla e rimproveri, il secondo rinchiuso nella passività attenta di sempre. L'argomento del giorno, da quanto Sehaliah poteva capire, mentre andava a sedersi al suo posto (il più silenziosamente possibile), era la cruenza adottata da Mikael nei confronti dei Demoni sul confine.
-La tua condotta è sempre stata discutibile, ma ieri hai davvero toccato il fondo!- stava inveendo Djibril contro un Mikael totalmente disinteressato. L'Arcangelo del Fuoco, infatti, non faceva che rispondere a monosillabi e grugniti di varia sonorità e difficile comprensione. Sehaliah sapeva già, mentre si faceva piccola piccola nella sedia, che la situazione sarebbe di lì a poco degenerata, tanto per cambiare. -Hai perpetrato un vero massacro, te ne rendi conto!? tutti quei Demoni che hai trucidato...non avevano ragione di essere neppure sfiorati con un dito!- continuò Djibril, e la sua voce tremava, Sehaliah non sapeva se per il nervoso o per la compassione. Continuando a precisare agli altri la situazione (Mikael aveva, di fatto, sterminato un numero indeterminato di Demoni anche al di là del territorio in cui un demone veniva generalmente considerato "ostile"), Djibril aggirò il tavolo portandosi vicino a Mikael, così da poterlo affrontare direttamente. -Ma che vuoi?- fu il laconico commento del rosso, e Sehaliah lo seguì con gli occhi mentre si alzava in piedi a sua volta, con eccessiva flemma, portandosi a neanche un centimetro dal viso di lei. Lei ed Uriel rimasero a guardarli fronteggiarsi faccia a faccia per un tempo indefinito, Djibril di poco più alta rispetto a Mikael (ma forse, la cosa era da imputare agli stivaletti dal tacco basso che portava ai piedi), decisa e risoluta nell'espressione; Mikael inespressivo, quasi annoiato, abbandonato ad uno stato di rilassamento che avrebbe mandato in bestia chiunque. Il tempo parve cristallizzarsi per qualche attimo, come già era accaduto molte volte in quell'aula, ma quell'equilibrio, come Sehaliah sospettava, sarebbe caduto in pezzi molto presto. Infatti, Djibril spezzò il silenzio di lì a poco. -A volte è necessario usare la violenza per difendersi, per salvarsi la vita...ma se vai in giro cercando di ammazzare chiunque ti capita a tiro solo perchè pensi che il mondo sia troppo crudele con te...beh, allora sei soltanto un maniaco!- sussurrò sul viso di Mikael, cercando evidentemente di impressionarlo. Sehaliah sentì un brivido correrle giù per la spina dorsale quando si accorse del sorriso che stava prendendo forma sul volto del ragazzo. -Come dici tu: prevenire, è meglio che curare.- soffiò fuori l'altro, utilizzando una frase pronunciata a suo discapito da Djibril durante la riunione precedente -Quei Demoni sarebbero potuti diventare una minaccia, con il tempo...e poi, dopo il turno al confine, sono andato direttamente a farmi medicare. Mi stai forse rimproverando perchè ho agito come TU hai suggerito?- aggiunse immediatamente dopo, il tono lascivo e carico di sfida. A quelle parole, Djibril strinse gli occhi e così fece Mikael: la loro battaglia silenziosa si accese di un qualcosa di indefinito e vibrante, che avrebbe sicuramente fatto insorgere in Sehaliah qualche interrogativo, se non fosse che la ragazza era troppo occupata a raccogliere i resti del suo misero castello di carte edificato sulla sabbia. Così, Mikael era tornato alla clinica solo ed esclusivamente per poterlo rinfacciare, oggi, a Djibril...soltanto per avere un argomento in più, un asso nella manica da utilizzare contro l'Arcangelo dell'Acqua...
Fu il fragore di un tuono, o qualcosa di piuttosto simile, a ridestare l'Angelo dai suoi pensieri disfattisti, riportandola alla realtà: Djibril aveva schiaffeggiato Mikael, apparentemente con tutta la forza di cui disponeva. Una chiazza rossa aveva colorato la pelle bianca dell'Arcangelo, là dove la mano di lei aveva terminato la sua corsa. Sehaliah sentì il cuore batterle all'impazzata, ma la reazione di Mikael non fu affatto violenta come si aspettava. Il rosso si limitò a tornare a fissare Djibril negli occhi, recuperando la propria, dilaniante inespressività. L'Arcangelo dell'Acqua tremava, aveva le lacrime agli occhi e si mordeva nervosamente il labbro inferiore, ma non per questo si diede per vinta. -Non ti permettere di usarmi come pretesto per la tua insensata violenza...fino a che punto vuoi arrivare, Mikael?- Queste le sue parole; Sehaliah si chiese perchè diavolo continuasse a parlare. Voleva per caso scatenare la furia di Mikael, pur di avere ragione? -Vuoi finire per ridurti come Lucifero?- fu la sua ultima domanda, e fu sufficiente a mandare in frantumi l'aria di indifferenza e menefreghismo ostentata fino a quel momento dal ragazzo. Sehaliah sentì il respiro morirle in gola mentre l'Arcangelo del Fuoco allungava repentinamente un braccio per afferrare l'abito di Djibril appena al di sotto del collo con la mano destra, sollevandola quasi da terra...e preparandosi con la sinistra a sferrarle un violento pugno. Quel gesto parve riscuotere Uriel dal suo vigile letargo. -Mikael!- tuonò l'Arcangelo della Terra, scattando fulmineamente in piedi. Nel medesimo istante, Sehaliah si ritrovò a boccheggiare anche per l'intenso calore che pareva aver preso possesso dell'aula. Spaventata, cercò di farsi ancor più piccola nello scranno, senza grandi risultati. Avrebbe voluto trovarsi in qualsiasi altro posto nel cielo, e non dove si trovava ora. -Adesso basta, Mikael. Lasciala andare....lasciala, Mikael!- stava dicendo Uriel, ma Sehaliah avrebbe voluto non dover sentire mai tali parole. Improvvisamente, provò molta compassione per Djibril, la quale aveva gli occhi velati di lacrime e si rifiutava caparbiamente, nonostante l'evidente paura, di tornare ad incrociare lo sguardo di Mikael. La sua espressione sembrava quella di una martire, pronta a subire un enorme violenza, così da evitare che altri soffrano. Il viso di Mikael era invece sfigurato da una rabbia intensa; il suo corpo in tensione era scosso da rantoli affannati. Ancora non aveva abbassato il pugno. -Mikael!- tuonò ancora Uriel, al suo indirizzo, facendo sobbalzare Sehaliah. Trascorsero ancora alcuni, interminabili secondi...prima che Mikael si decidesse a lasciare andare Djibril, voltandole prontamente le spalle per allontanarsi in direzione della porta. Sehaliah lo vide spalancarla e richiuderla con violenza dietro di sè. Djibril rimase immobile; aveva lo sguardo umido perso nel vuoto, ed il vestito sgualcito là dove Mikael l'aveva afferrato. -Per oggi...la seduta è sospesa- mormorò, e quel vago sussurro parve risuonare come un urlo nell'aula sospesa nel silenzio. Uriel si diresse immediatamente alla porta, ma Sehaliah avrebbe voluto trattenersi ancora, rassicurare Djibril, dire o fare qualcosa per risolvere la situazione... 
La ragazza non riuscì neppure a dischiudere le labbra, prima che la mano di Uriel si posasse delicatamente sulla sua spalla. L'Arcangelo della Terra scosse lievemente il capo, senza parlare, e Sehaliah seppe che aveva ragione. Djibril aveva bisogno di restare da sola. Mestamente, la ragazza seguì l'uomo fuori dalla porta. Dallo spiraglio della porta, che andava facendosi sempre più inconsistente, l'Angelo vide Djibril occupare il posto di Mikael attorno al tavolo, prima di incrociare le braccia sulla sua superficie ed appoggiarvi il capo...
 
 
"Quella stronza...che cosa ne vuole sapere lei!?" Ed ecco che l'ennesimo arto demoniaco cadeva a terra, spruzzando icore sullo spolverino. "Lei che è stata così stupida da farsi ridurre ad un vegetale rincoglionito da Sevoftarta!" E la sua lama sferzò un altro corpo, troncandolo all'altezza della vita. "Lei non c'era...non c'era praticamente nessuno...e quelli che c'erano preferiscono tacere, regalando tutta la gloria al Salvatore...e che cosa avrebbe fatto, poi? chi avrebbe salvato? ...solamente quella troia di sua sorella!!" E la pesante arma calò su di un cranio disumano, rendendolo ancora più grottesco ed irriconoscibile, sfigurato dalla smorfia della morte. "Ma chi ci ha condotto alla liberazione? Chi ha tessuto l'intera trama? Chi ci ha mostrato cosa fare? Chi ci ha aperto la strada, e ci ha spronati a proseguire, pur rimanendo sempre nell'ombra? Chi ci ha donato la verità??" Un altro spruzzo di sangue lo raggiunse, mentre budella informi scivolavano sulla lama ancora conficcata nella carne. "MIO FRATELLO! Colui che tutti disdegnano...il traditore...ancora così lo chiamano quei bastardi ignoranti!" E questa volta fu lui a subire un colpo, seppur triviale: un artiglio guidato dallo spasmo involontario di una bestia morente gli aprì un solco nello zigomo destro. "Mikael, sarà meglio non parlare del ruolo avuto da Lucifero. Anzi, sarà meglio non fare il suo nome del tutto. Già la situazione è complessa....tragica: i piani celesti collassati uno sull'altro, il governo in crisi, l'assenza di Dio, un Arcangelo ridotto in coma...se aggiungessimo a tutto ciò che colui che è da tutti considerato il Traditore ha dato un contributo essenziale alla Liberazione, aggiungendo che ha sempre avuto ragione, sin dall'inizio...beh...scateneremmo un putiferio...paranoie, isteria di massa...inoltre, tu saresti il primo a farne le spese, in quanto sei stato tu l'artefice materiale della sua cacciata dal Paradiso. Così ha detto Uriel, ed io avrei dovuto fregarmene...non avrei dovuto restare zitto...avrei dovuto dirgli che stava sparando un sacco di stronzate, che ci siamo liberati di una menzogna per viverne un'altra, questa è la verità!" E sotto il suo sguardo spento continuavano a cadere corpi mutilati, risultato di un processo meccanico di uccisione che ormai portava avanti da così tanto tempo da non riuscire neppure a ricordare come fosse la sua vita prima che gli assegnassero quell'incarico. "Che cosa sto facendo qui? Perché sto combattendo? Cosa mi spinge ad andare avanti? Senza l'odio che provavo per il tradimento di mio fratello....sono davvero così vuoto e privo di scopo? Chi...o meglio, che cosa, sono diventato...? Nulla più che un mero strumento utile solo ad estirpare vite..." E mentre i nemici cadevano, qualche loro colpo andava a segno: una contusione al fianco destro, uno squarcio lungo il braccio sinistro, un'escoriazione alla schiena. Era sempre tutto uguale, un circolo infrangibile; tutto si ripeteva nello stesso identico modo, ogni maledetto giorno, da quando l'Arcangelo del Fuoco aveva memoria. Una volta tutto ciò aveva uno scopo: gli regalava soddisfazione. Spesso aveva anche provato una sorta di sadico divertimento...ma ora...ora era semplicemente una routine, capace soltanto di spalancare ulteriormente il vuoto che lo opprimeva, isolandolo dal mondo reale e rilegandolo in quello degli strumenti.

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Capitolo 6
*** Memories ***


Capitolo 6
 
The memories ease the pain inside
Now I know why...
 
 
La placida atmosfera del Giardino dell'Acqua non riusciva in alcun modo a far breccia nel cuore tormentato dell'Arcangelo dell'Acqua. Lo sguardo di Djbril vagava alla ricerca di un appiglio, fosse esso il colore particolarmente intenso di un fiore, o la risolutezza di un giovane germoglio appena venuto al mondo, ma non riusciva a trovarlo. Nulla, neppure il miracolo della vita, quel giorno, riusciva a sciogliere il gelo della sua anima. L'Arcangelo della Terra, naturalmente, lo sapeva, ma questo non lo dissolse dal tentare di salvare il salvabile. -Djibril....come stai?- l'interrogò, avendo cura di non forzarla nel parlare subito, assecondando il suo silenzio protratto e meditabondo semplicemente accarezzando il profilo di lei con lo sguardo. Djibril avrebbe voluto seguitare a cercare il suo maledetto appiglio, ma a questo punto fu brutalmente scoraggiata dall'altro, e non poté che forzarsi di rispondere. -Mika...- sussurrò lievemente, rialzando lo sguardo da una camelia sul suo interlocutore. -lui...è cambiato- Un sospiro di rassegnazione abbandonò le eterne labbra, e le lacrime cominciarono a chiedere il permesso di scorrere. Lei, naturalmente, le ricacciò eroicamente indietro, passandosi una mano sugli occhi. -Ma sto bene...- affermò, dunque, accennando un sorriso tirato, che non riuscì a persuadere Uriel della propria naturalezza. -Sono cambiate molte cose, non solo Mikael...- commentò lui, ostentando la delicatezza ferrea di sempre. -Ora come ora, nominare Lucifero in sua presenza è pericoloso anche per te, nonostante una volta passaste molto tempo insieme....anche solo per lanciarvi frecciatine e rimproverarvi vicendevolmente- L'espressione affranta che prese possesso dei lineamenti di Djibril parlavano di un passato impossibile da dimenticare e ancora più impossibile da rivivere., un passato ancora vivo nei suoi ricordi. Dopotutto, per lei doveva trattarsi di un passato prossimo, vista la condizione in cui Sevoftarta l'aveva fatta cadere... Due lacrime parvero in quel momento sfuggire al suo controllo, disegnando strisce bagnate sulla carnagione candida dell'Arcangelo. -Scusami...- mormorò prontamente la ragazza, maledicendosi per la propria emotività. Uriel, da parte sua, continuò nel discorso precedentemente abbandonato, come se nulla fosse. -Da chi non ti ha mai conosciuta davvero, chi non è uno dei Quattro Grandi Angeli, chi non ti ha mai vista alle prese con Mikael...vieni dipinta come una bambola priva di emozioni, rigorosa e distaccata. Eppure, a causa sua e grazie a lui, ti ho vista cedere alla rabbia, alla vendetta tipica dei bambini, ed ora anche al pianto. E tu avevi lo stesso potere su Mikael. Ma da quando sei tornata, sembra che lui stia facendo di tutto per farsi odiare da te- Lo sguardo color prato di Uriel si adombrò, mentre Djibril tornava ai suoi ricordi, ricordi freschi, di quando si recava personalmente alla residenza di Mikael, o quando lo convocava nel Giardino dell'Acqua, e lo rimproverava a causa di questa o quell'altra stupidaggine fatta, finendo per divertirlo ancora di più. In quelle occasioni anche lei non perdeva mai la possibilità di stuzzicarlo, così che i loro discorsi divenivano nè più nè meno un botta e risposta senza senso capace di svagare entrambi. Certo, c'erano state anche delle liti, ma quegli screzi temporanei non erano mai riusciti a segnarli nel profondo, e venivano dimenticati in breve da entrambe le parti... E dopotutto, i sorrisi erano molto più numerosi e frequenti. Il sorriso scemo di Mikael le mancava, le mancava terribilmente. Quel ricordo, a differenza degli altri, le pareva tanto lontano ed impalpabile da stringerle il cuore in una morsa. -E' successo qualcosa, fra voi due?- riprese parola Uriel, riportandola bruscamente alla realtà, ed andando dritto al punto. -No...non lo so. Da quando sono tornata, non fa altro che evitarmi. L'ho cercato più volte, ma è come se lui non volesse farsi trovare da me- rispose lei, lasciando trasparire il proprio scoramento abbandonando le mani in grembo. -Forse, qualcosa è mutato durante la mia assenza...- espose, tornando a ricercare lo sguardo dell'altro. -Conosco a grandi linee ciò che è accaduto, le conseguenze che ne sono derivate, ma le informazioni i mio possesso sono vaghe, frammentate. Non ho mai avuto il tempo di farmi raccontare la storia per come si è realmente manifestata.- Quando Uriel tornò a sostenere lo sguardo dell'Arcangelo dell'Acqua, lo vide mutato, di nuovo acceso di determinazione. -Ti prego, raccontami tutto ciò che è accaduto Mikael...- Le sue parole lo indussero ad abbandonarsi ad un profondo sospiro, prima di cominciare a parlare.
 
 
Lavorare non l'aveva mai rilassata come quella sera. Dopo gli avvenimenti della giornata, Sehaliah ricercava soltanto un po' di quella stantia routine che normalmente detestava. Per questo, quando sentì il cigolio della porta che si apriva, l'Angelo ne fu incredibilmente urtato. Ma le bastò alzare lo sguardo dall'infinita pila di scartoffie di sempre, per cambiare radicalmente umore. -Buonasera...- salutò timidamente un Mikael già prontamente sedutosi sulla brandina al centro della stanza, ed intento a sfilarsi la maglia logora. Ovviamente, come pensava sarebbe accaduto, non ottenne alcuna risposta dal rosso, che seguitava a fissare insistemente la parete davanti a lui, come se lei non lo avesse neppure preso in considerazione, o semplicemente attendendo che lei si sbrigasse a fare il proprio lavoro. Detestabile, davvero. Alzandosi dalla sedia, Sehaliah sospirò. Non aveva alcuna intenzione di sorbirsi il silenzio dell'altro. -Anche oggi hai fatto gli straordinari, eh?- lo stuzzicò quindi, tentando di imitare la baldanza sarcastica che normalmente lo animava. Anche in questo caso, comunque, il suo fu un totale buco nell'acqua, e la ragazza si vide costretta ad incassare il colpo. Dopotutto a lei non interessava. Non doveva interessarle, quantomeno, e non le sarebbe interessato. Mossa da questo nuovo proposito, l'Angelo passò dunque ad esaminare le condizioni dell'Arcangelo, riscontrando le solite ferite superficiali, nulla di irrisolvibile. La cosa le diede lo spunto per intavolare l'ennesima, azzardata conversazione. Incredibile quanto i suoi propositi fossero collassati su sè stessi nel giro di qualche attimo... -La signorina Djibril non ne sarà affatto felice...- mormorò. E, questa volta, qualcosa dentro Mikael prese a scalpitare. L'occhiata omicida che rivolse a Sehaliah la costrinse a deglutire rumorosamente, mossa da un profondissimo disagio. Prontamente, la ragazza tornò a concentrarsi sul proprio lavoro, sebbene la sua mente fosse febbrilmente animata dai ricordi in parte latenti dei sogni fatti soltanto quella mattina. Soltanto qualche minuto più tardi, Sehaliah si decise a spezzare il silenzio ancora una volta. Portandosi alle spalle dell'Arcangelo per controllargli le ali, la ragazza prese tutto il coraggio di cui disponeva e lo buttò fuori in un colpo solo, determinante. -Mi parleresti di tuo fratello?- Un invito, il suo, pronunciato con voce flebile e tremante, una voce inquinata dal vago timore della sua proprietaria di beccarsi un pugno, o qualcosa di peggio, da un momento all'altro. I secondi si protrassero nel totale silenzio, lunghi come anni, come secoli (Sehaliah non sapeva se esserne delusa, o essere piuttosto contenta del fatto di essere ancora in vita)...poi, la voce di Mikael risuonò, sprezzante, nell'ambulatorio. -Ce ne vuole per non conoscere Lucifero, eh. Devi essere ignorante come una capra....- Naturalmente, quelle parole accesero un fuoco nell'anima di Sehaliah, che soltanto per un pelo si dissuase dal rispondere a tono alle provocazioni dell'altro. Con un respiro atto a mantenere quel poco di autocontrollo che ancora le circolava in corpo, la ragazza si costrinse a non sprecare il minimo risultato ottenuto. -Non ti ho chiesto di parlarmi di Lucifero...ti ho chiesto di parlarmi di tuo fratello...- replicò, stupendosi lei stessa di quanto la sua voce suonasse decisa, pur mantenendo un tono morbido. Ancora una volta, dopo questa sua uscita, Mikael si chiuse in un silenzio indecifrabile, che mise Sehaliah sull'attenti. Forse, dopotutto, ancora una volta non sarebbe riuscita a combinare niente di buono. Forse... Ma poi Mikael volse di poco il capo, andando palesemente a ricercare la sua figura con la coda dell'occhio. Sehaliah accolse un familiare disagio dentro di sè, lo stesso che si manifestava puntualmente quando lui la guardava. Fortunatamente, potè rilassarsi soltanto qualche attimo dopo, quando l'Arcangelo tornò a guardare la parete e, finalmente, cominciò a parlare. Sehaliah ascoltò le confessioni dell'altro senza fiatare. Man mano che procedeva nel racconto, Mikael sembrava più propenso ad arricchire le proprie descrizioni, a manifestare le proprie emozioni, sebbene non radicalmente. L'Arcangelo parlò di sè , del modo in cui aveva sempre guardato a suo fratello come un modello di perfezione, dei giorni spesi nell'architettare l'ennesimo modo per mettersi in mostra ai suoi occhi, sempre intenti a scrutare altrove. Pur di attirare l'attenzione di Lucifero su di sè, infatti, Mikael aveva spesso dato il peggio di sè, comportandosi in modo inadeguato, avventato, infantile, e combinando un disastro dietro l'altro come il peggiore dei marmocchi, ma la Stella del Mattino sembrava sempre troppo distante. Troppo, per lui, che lo venerava, lo adorava e voleva dimostrarsi degno di lui. Sehaliah non seppe mai per quale motivo, di punto in bianco, si ritrovò ad abbracciarlo, ma quel momento parve durare un attimo di eternità. Mikael era caldo. Rovente come il fuoco. La sua pelle odorava intensamente di sangue, e di cenere. Sehaliah si ritrovò a pensare che nessun altro odore avrebbe potuto rappresentarlo meglio. Poi, tutto finì. Finì proprio nel momento in cui la ragazza si rese conto di non poter fare più a meno della sensazione bruciante che il contatto con l'altro le procurava. -Che diavolo stai facendo, idiota!?- sbottò Mikael, scrollandosela di dosso, incredibilmente infastidito. Ancora una volta, le lanciò un'occhiata obliqua con la coda dell'occhio, un'occhiata che la fece avvampare dall'imbarazzo. Ma, nonostante fosse agitata, Sehaliah colse il vago rossore che andava delineandosi sul viso dell'Arcangelo, normalmente bianco come la neve. -Io...io mi sono commossa. Sai, a sentirti parlare in quel modo....non pensavo potessi essere così profondamente legato a qualcuno, voglio dire...- blaterò lei, mentre un sorrisetto scalpitava per affiorare sulle sue labbra. Sperava che questo non facesse infuriare Mikael ancora di più, ma non riusciva proprio a frenarsi... Sehaliah si sentì enormemente fortunata, quasi graziata, quando Mikael buttò fuori il solito, conclusivo "tsè!", così che la questione cadesse, prima di adoperarsi nel rimettersi la maglia. La ragazza avrebbe potuto giurare che i suoi zigomi si fossero tinti di un rosso ancora più intenso. Spinta da questa soddisfacente constatazione, decise di battere sul ferro finchè caldo. -Deve aver avuto le sue ragioni.- riprese prontamente parola. -Da come ne hai parlato, non era certo uno stupido- Aspettandosi una qualche risposta da parte dell'altro, anche monosillabica, Sehaliah rimase profondamente delusa quando Mikael riappoggiò i piedi per terra e si diresse alla porta, imboccandola senza dire altro. L'amarezza prese immediatamente il controllo della sua mente, e stava proprio per manifestarla in qualche modo ridicolo, quando la voce dell'Arcangelo, proviente da appena dietro la soglia, la paralizzò sul posto. -Domani vedi di non arrivare in ritardo. La tua è una posizione di responsabilità, e dovresti svolgere il tuo lavoro in modo serio, Liah...- Il tono beffardo della sua voce riecheggiò nel cervello di di Sehaliah anche molto dopo che l'eco dei passi dell'Arcangelo nel corridoio si fu spento. Le labbra dischiuse dalla sorpresa di quel rimprovero inaspettato, la ragazza si rese conto in ritardo del modo in cui lui l'aveva chiamata. Liah...doveva essere un diminuitivo per Sehaliah. Certo, non era propriamente come essere chiamata per nome....ma, vista l'indisponenza di Mikael, era già qualcosa. Quella sera, Sehaliah si applicò poco e male al suo lavoro, la mente satura di ben altri pensieri, ed un sorrisetto sul volto che non riusciva a spazzare via.

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Capitolo 7
*** What Have You Done? ***


Capitolo 7
 
Cause you have turned into my worst enemy
You carry hate that I don't feel
It's over now
What have you done?
 
 
Il lettino bruciava. Il sudore indugiava sulla sua pelle aggrappandovisi con disperazione, ed il calore emanato dai loro corpi vicini e frementi sembrava aver impregnato l'ambulatorio come un odore stantio e determinato. La lingua di Sehaliah correva sul tatuaggio a forma di drago di Mikael, come a volerne testare l'aroma selvatico e pungente. Le mani dell'Arcangelo del Fuoco si insinuavano ovunque, avendo premura di raggiungere ed accarezzare ogni punto sensibile del suo corpo. La sua spina dorsale era continuamente attraversata da scariche di piacere che le arrestavano il respiro nei polmoni, dove indugiava per qualche attimo prima di venire liberato in sospiri e gemiti sempre più alti e disinibiti. La bocca di Mikael ostentava una curiosità che Sehaliah non pensava potesse appartenere all'Arcangelo; i suoi baci si stavano facendo più audaci di attimo in attimo: li posava ovunque, famelico come un predatore a caccia, assaggiando la morbidezza femminea del suo corpo, assaporando con la lingua il sapore di ogni curva e anfratto. Le sensazioni che avevano preso il controllo del suo basso ventre sembravano sul punto di sopraffarla. Un dolore in quella zona la colse impreparata, ma fu presto sostituito da un piacere intenso e bruciante mai sperimentato prima, che la strinse in una morsa impossibile da allentare. Aprendo la bocca per urlare, Liah si abbandonò totalmente a Mikael e poi...
 
Bi bip. Bi bip. Biii bip.
 
Sehaliah spalancò gli occhi, e, ancora una volta, l'impressione di non riuscire a respirare la costrinse a portarsi le mani alla gola. Fortunatamente, durò soltanto qualche attimo. Panico. Puro panico. E rimasugli di sogno ancora incollati alla mente, intenti a stritolarla in una stretta d'acciaio. Non aveva mai fatto un sogno del genere, prima. Non si era mai veramente trovata nella posizione di abbandonarsi a fantasie simili neppure durante il giorno, e men che meno si aspettava di caderne vittima la notte. Accaldata e con il viso arrossato da un'intensa sensazione di inadeguatezza, l'Angelo si costrinse a mettersi seduta e a spegnere la sveglia, mettendola finalmente a tacere. Mikael. Non aveva fatto altro che pensarci, prima di addormentarsi. A lui e al soprannome assurdo che aveva deciso di appiopparle, non sapendo che così le avrebbe agitato il sonno e la veglia. Portandosi di malavoglia davanti allo specchio, Sehaliah riflettè che la sè stessa riflessa aveva un'aria molto meno sexy e provocante della sè stessa del sogno. La ragazza che vedeva davanti a sè, infatti, aveva un'aria slavata e delle occhiaie profondissime, proprie di chi non dorme decentemente da qualche notte. Sospirando, Sehaliah afferrò il beautycase ed iniziò un'attenta procedura di restauro, coprendo le occhiaie con una generosa dose di matita nera. Chissà se la noterà. Con la mente piena di questo pensiero, e trattenendosi dal dare voce ad una blasfema imprecazione, Sehaliah portò una mano all'occhio che aveva appena cercato di cavarsi.
 
 
Raggiunse il tribunale in perfetto orario, e rimase del tutto sorpresa di vedere l'origine delle proprie fantasie erotiche, in carne ed ossa, fermo davanti all'entrata. Imponendosi di sorridere in modo non troppo entusiasta, ma dolcemente e sensualmente insieme (non era molto sicura di come si facesse, ma pazienza), Sehaliah tentò un approccio diretto. -'Giorno!- salutò l'Arcangelo, mentre gli si avvicinava. Se si aspettava una qualche risposta da Mikael, non potè non rimanerne delusa: il ragazzo, infatti, le dedicò soltanto un distratto cenno del capo, lasciandola senza parole. Sperava che le cose fossero cambiate, almeno un minimo, ed invece... Cercando di non apparire turbata, Sehaliah seguì il rosso fino alla solita aula. La cosa la agitò non poco: la puntualità di Mikael le sembrava sospetta, specialmente alla luce di ciò che era accaduto il giorno precedente. L'occhiata indagatrice che Djibril le lanciò non appena lei e l'Arcangelo del Fuoco fecero il loro ingresso nella sala, non la aiutò affatto a recuperare la tranquillità. Oddio...perchè la guardava in quel modo? Aveva forse fatto qualcosa di male? Uriel, dal canto suo, la salutò nel modo formale di sempre, e Sehaliah gliene fu pienamente grata. Quando poi al suo saluto si unì anche Djibril, Sehaliah si rimproverò mentalmente della propria stupidità. Non c'è nulla che non vada, stupida.Nulla. La riunione ebbe inizio dopo qualche attimo appena, e la ragazza tornò lentamente a rilassarsi, o quasi. C'era qualcosa di strano nel modo in cui Mikael guardava Djibril, cercando di attirarne l'attenzione. E c'era qualcosa di altrettanto strano nel modo in cui l'Arcangelo dell'Acqua lo ignorava deliberatamente: nonostante Sehaliah immaginasse che il rosso si fosse scatenato al confine anche la sera precedente, Djibril non vi fece alcun accenno nel corso della riunione, cosa che fece letteralmente venire i brividi alla sostituta di Raphael. In realtà, nessun altro parlò durante la prima parte del concilio: Djibril non sembrava voler concedere spazio a nessuno, come se le premesse semplicemente portare a termine il suo compito il prima possibile. Soltanto quando terminò di sciorinare in monologo i vari punti che aveva riportato sulla sua agenda di pelle, si rivolse a Sehaliah. -Sehaliah, vorrei conoscere qualche risultato a proposito della nuova norma riguardante gli addetti alla sorvenglianza del confine- la chiamò in causa, alzando il mento, l'aria solenne, e a Sehaliah parve di star subendo un interrogatorio vero e proprio. Quantomeno, la sensazione era la medesima, e lo sguardo di Djibril non la metteva per nulla a suo agio. Il cuore in gola, Sehaliah frugò tra le proprie, disordinate (non lo erano mai state, dove aveva la testa in questi giorni?!) carte, e a fatica, dopo lunghi attimi di silenzio imbarazzato, riuscì a recuperare ciò che stava cercando. Mettere insieme una frase di senso compiuto fu altrettanto difficile, e Mikael non sembrava neppure supportarla con lo sguardo, notò Sehaliah con delusione. Dov'era finita la loro complicità? Se l'era forse sognata? Se il rosso non le prestava attenzione, comunque, Djibril continuava a farlo, e fin troppo. Lo sguardo dell'Arcangelo dell'Acqua andava assottigliandosi di secondo in secondo, il bel viso composto nell'espressione più algida mai vista, e Sehaliah si pentì di aver lanciato quell'occhiata disperata a Mikael. La ragazza era ormai in iperventilazione. Perchè? Perchè continua a guardarmi così? Allora qualcosa di male l'ho fatto! Aspetta un momento...forse lei sa? Ma sa che cosa? Che ho fatto? Nulla! Solo quel sogno...Ok, Sehaliah, ma lei non può saperlo! Il panico le aveva ormai invaso il cervello, doveva cercare di calmarsi in qualche modo... Aspetta un attimo, forse ha solo scoperto che sono un'incapace? Che non posso assolutamente sostituire Raphael? Potrebbe essere...sarebbe meglio!...No, cosa dico? non sarebbe per niente una bella cosa! Fortunatamente, il mastino volle lasciarla tornare a respirare, chissà per grazia di chi. Prima ancora che Sehaliah riuscisse a rendersene conto, Djibril stava annunciando la fine della riunione. E' andato tutto bene... sospirò. Sebbene il suo primo pensiero fosse quello di darsi alla fuga il più velocemente possibile, la consapevolezza di essere riuscita ad evitare un attacco cardiaco le aveva risollevato decisamente l'umore. Purtroppo, la cosa non era destinata a durare. Rialzando lo sguardo dalle carte che aveva iniziato meccanicamente a raccogliere in una pila più o meno ordinata, la ragazza si trovò davanti ad uno spettacolo che, per una qualche ragione, fece scoppiare un palloncino dentro il suo stomaco (o almeno, questo fu ciò che le sembrò fosse accaduto). Djibril aveva afferrato Mikael per un braccio e cercava di tenerlo inchiodato al proprio posto, con la forza e con lo sguardo, più determinato che mai. -Dobbiamo parlare....- la sentì dire, in poco più che un sussurro. Negli occhi di Mikael brillava una scintilla preannunciante un vero e proprio incendio, ma l'Arcangelo dell'Acqua non sembrava affatto disposto a lasciar perdere. -Non ti chiedo di rispondermi, ma ti prego, stammi almeno a sentire....!- quasi lo supplicò, sebbene, anche nel suo scongiurarlo, non vi fosse la minima traccia di indegnità o scompostezza. Sehaliah non seppe mai per quale motivo si costrinse a sgattaiolare fuori dalla porta dell'aula il prima possibile, tallonando Uriel, ed abbandonando (così gli parve) Mikael a Djibril.
 
 
Quando la porta si chiuse, Mikael sbuffò. Djibril non lo intrepretò affatto come un buon inizio, e stette a guardare il minuto Arcangelo prendere posto sul tavolo, le gambe penzoloni. La cosa ovviamente la urtò non poco, ma decise di tenere la bocca chiusa, di darle fiato solo e soltanto per chiarire le cose. -Uriel mi ha detto tutto...a proposito di Lucifero.- mormorò, unendo le mani in grembo, e sentendosi decisamente scoperta, più fragile di una bambina che chiede scusa al padre dopo aver combinato una marachella. -Mikael...mi dispiace davvero molto per ieri. Non avrei dovuto...- La sua voce si faceva sempre più sottile ed incolore, lei lo sapeva, ma non riusciva a controllarsi. Dove tirare fuori il proprio contegno autoritario, doveva saperlo fare anche quando costretta a parlare con il cuore in mano, o sarebbe potuta apparire debole agli occhi di chi aveva davanti. Rialzando lo sguardo, tuttavia, Djibril non lesse alcuna forma di compassione negli occhi dell'Arcangelo del Fuoco, soltanto la solita marcata indifferenza, mista ad una punta di dispetto. La cosa non potè lasciarla indifferente. Mikael era Mikael, non il primo Angelo giunto a chiederle udienza. Non poteva lasciarlo allontanare così tanto. Non poteva lasciarlo volare via da lei... -Non riesco a capire questo tuo atteggiamento!- scoppiò dunque, abbandonando di fatto il proposito di rimanere calma -sei sempre stato così, scortese... e refrattario...questo sì!....- Il tono della sua voce cominciava a farle paura, da quando aveva una voce così stridula? -ma da quando sono tornata sei davvero...meschino, crudele, e non fai altro che evitarmi!- Mikael sembrò farsi trascinare dal suo cambio d'atteggiamento, perchè si riscosse dalla propria apatia per vomitarle addosso tutto l'astio che provava nei suoi confronti. -Vuoi sapere la verità??- sbottò, scendendo dal tavolo e fronteggiandola apertamente, il viso trasfigurato dal disgusto -non tollero la tua vista, tantomeno la tua presenza. E trovo intollerabili anche i tuoi modi di fare, come se non fosse cambiato nulla! Mi dai il voltastomaco!- Per Djibril fu come ricevere un pugno in piena faccia da lui. Il dolore fu il medesimo. Un dolore intenso, sordo, che non provava da tempo...e che lasciò senza fiato, impotente davanti all'aggressione dell'altro. Quando finalmente riuscì a recuperare la voce, questa le sembrò più inconsistente che mai. -Perchè?- domandò soltanto, una domanda tanto fondamentale quanto inutile, perchè Mikael non sembrava volerle fornire una reale motivazione. -Perchè sì- fu la sua insieme infantile e dura risposta, e sul suo viso l'Arcangelo dell'Acqua lesse improvvisamente sconcerto. Forse non sapeva neppure lui il perchè...-E' per via di Raphael?- interrogò nuovamente quel miscuglio di rabbia e ribrezzo che le stava parato davanti -Lui non c'è, e quindi te la prendi con me? Il fatto che la sua assenza sia indirettamente colpa mia, non fa di me una carnefice!- Gli occhi dell'Arcangelo dell'Acqua si fecero supplicanti, e cercarono inutilmente quelli di Mikael, che era ormai distante con la mente, perso in un ricordo, un ricordo nel quale lui rivedeva Djbril dopo molto tempo, o almeno, il suo corpo posseduto dalla sorella del Salvatore, ed era con Raphael, e... -Mi stai ascoltando?- La voce della giovane lo riportò bruscamente alla realtà. Ora sapeva. Djibril stessa si accorse del suo cambiamento, e si preparò al peggio. Lo sguardo di Mikael si assottigliò preoccupantemente, e la sua voce, quando parlò, era tinta di un disprezzo mai udito. -...quando ho visto per la prima volta la sorella del Salvatore, era nel letto di Raphael...con lui...- A questa notizia, gli occhi di Djibril si spalancarono. Non aveva più alcun ricordo di quei momenti, ed ora neppure alcun controllo sulle proprie reazioni. La cosa la terrorizzò. Le labbra di Mikael erano ora sfigurate da un sorrisetto malevolo che le ghiacciò il sangue nelle vene. -quella troietta dava l'idea di lasciarsi fare qualsiasi cosa da chiunque.- continuò Mikael, facendosi sempre più vicino, minacciosamente -dopo averla portata nel suo letto, Raphael l'ha anche baciata in pubblico...chissà che ci ha fatto in privato...- La risatina che lasciò le labbra del ragazzo era stridula, colma di cattiveria pura. -...per non parlare di Sandalphon, del modo in cui ci si è divertita quando è tornata nel suo corpo...chissà come ha usato il tuo...- Ormai Djibril era incapace di respirare, figuriamoci di rispondere a tono al ragazzo. La razionalità abbandonata, il cuore colmo d'angoscia, neppure il pensiero che Raphael non potesse essere così malato da comportarsi in quel modo con il suo corpo, riuscì a scalfire la corazza di disperazione che Mikael le aveva fatto crescere intorno. Ma aveva ancora una carta da giocare in sua difesa... -Non puoi attribuirmene la colpa! Anche se fosse veramente accaduto qualcosa, non ero padrona del mio corpo!- quasi urlò, facendo un passo avanti, così da colmare la distanza tra lei e Mikael -Anche Alexiel ed il Salvatore erano due persone completamente diverse! O forse tu non te ne sei accorto?- Per tutta risposta, Mikael le rise in faccia. -Come hai detto, la colpa, anche se indirettamente, è tua...se tu non ti fossi fatta fregare da Sevoftarta, ora non saremmo qui a parlare di questa storia....perciò assumitene la responsabilità- tagliò corto, brusco, lasciando nuovamente Djibril senza fiato. -Ora me ne vado, ho già perso abbastanza tempo.- si congedò qualche attimo più tardi, e lo fece con una tale risolutezza, che Djibril non osò protestare. L'Arcangelo dell'Acqua, sconfitto, si appoggiò al tavolo per non cadere in pezzi come un vaso di vetro. Non è colpa mia. Non è colpa...mia. Si ripetè questa frase all'infinito, ma non servì a lenire il dolore ed il senso di colpa che la stavano consumando dall'interno.

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Capitolo 8
*** Iron ***


Capitolo 8
 
Left in the darkness
Here on your own
Woke up a memory
Feeding the pain
You cannot deny it
There's nothing to say
It's all that you need to fire away
 
 
L'ennesimo corpo senza vita si schiantò al suolo sotto i suoi occhi. Il sangue dell'ennesimo Demone spezzato andò ad insozzare ulteriormente l'enorme spadone a due mani, famoso e temuto quanto il suo possessore stesso. Da ore Mikael girava in tondo sul confine, senza una meta, servendosi delle immense ali sfumate di rosso soltanto per individuare la prossima vittima innocente dall'alto, per distribuire morte e disperazione in dosi generose senza arrestarsi neppure un secondo. Djibril. Quel maledetto nome gli stava letteralmente bucando il cervello. Non riusciva a capire, o forse sì, il disprezzo e la delusione che lo invadevano al solo pensare al viso di lei, al modo in cui lo guardava, ai sorrisi appena accennati che erano soliti scambiarsi secoli prima. Ma ora non più. Ora erano diventati troppo diversi. Ora lei si era spinta troppo oltre. Affondando la lama nel corpo di un giovane Demone femminile, Mikael sentì crescere il disgusto nel suo corpo e nella sua mente, incendiargli le vene, togliergli il fiato. Non riusciva neppure ad essere arrabbiato con Raphael: non si può impedire ad un maiale di comportarsi come tale. La colpa era tutta sua, di quella maledetta donna. Di nuovo le fattezze delicate del viso di Djibril si insinuarono prepotentemente nei suoi pensieri, e fu come se lei fosse esattamente lì, davanti a lui, lo sguardo acceso di dolore e risentimento. Mordendosi le labbra, Mikael arrestò il passo. Persino compiere un'operazione scontata come il respirare, non gli sembrava più così semplice. Guardandosi attorno dopo un tempo che gli parve eterno, si rese improvvisamente conto di non sapere dove fosse. Si era alzato un forte vento, l'aria impregnata di polvere aveva in breve ridotto la visibilità al minimo. Maledizione. Si era forse spinto troppo oltre il confine? Incastrando la punta dello spadone nel terreno sfaldabile e desertico, Mikael recuperò il cellulare da una tasca del logoro spolverino e compose in fretta il numero di Camael. Quell'idiota non faceva nulla tutto il giorno, che trovasse il tempo di venirlo a recuperare! Non fece neppure in tempo a portare l'apparecchio all'orecchio, che due Demoni gli furono addosso. Qualche secondo più tardi, accanto ai resti dell'ormai inutilizzabile cellulare, giacevano due corpi senza testa.
 
 
Quando raggiunse l'ambulatorio, Djibril trovò la porta socchiusa. Una luce aranciata, proveniente probabilmente da una lampada, filtrava tenue da quella piccola apertura, quasi invitandola ad entrare. Rialzando il mento per darsi un tono, l'Arcangelo dell'Acqua appoggiò una mano sulla maniglia e fece il suo solenne ingresso nella stanza. Nel farlo, si sentì come un uccellino precipitato dal nido. Scoperta. Indifesa. Vulnerabile. Perchè non importava quanta spavalderia avesse tirato fuori. Di quanti strati di fierezza potesse ricoprirsi per nascondere la propria anima esposta, la propria fragilità. Non importava, non questa volta. Questa volta la sua pantomima non avrebbe retto. Gli spenti occhi acquamarina indugiarono a lungo sulla figura di Sehaliah, la testa abbandonata sulle braccia incrociate, addormentata alla scrivania. Il nome della ragazza in qualche modo non voleva salirle alle labbra. Forse stava semplicemente cercando di prendere tempo, di rimandare l'inevitabile, come la più spaventata delle creature umane. “Sehaliah” la chiamò alla fine, stupendosi della rigidità della propria voce. Una maschera non avrebbe saputo celare meglio i tormenti della sua anima. Si era preoccupata inutilmente, dunque. La sua recita continuava senza intoppi. Sei proprio brava a fingere, Djibril. Con tutti, tranne che con lui.
“Mikael?” mugulò Sehaliah, allontanandola dai propri pensieri, la voce impastata dal sonno. L'Arcangelo impiegò qualche attimo a capire ciò che la ragazza aveva effettivamente detto, e, quando la consapevolezza la travolse come un'onda gelata, ebbe quasi l'impulso di fuggire fuori dall'ambulatorio, di dileguarsi come un'ombra, di fingere di non essere mai stata lì e andare avanti con la sua arida esistenza lasciandosi tutto alle spalle. Ma non potrei mai farlo. Quel pensiero la trafisse come un dardo, in tutta la sua dolorosa veridicità, e Djibril rimase a guardare Sehaliah che si stropicciava gli occhi, prima di incrociare lo sguardo con lei, ed arrossire furiosamente.
 
 
Sehaliah sussultò, quando riconobbe il viso di chi le stava davanti. Djibril? Cosa ci faceva in ambulatorio? Cosa voleva da lei? Cosa? E l'aveva anche sorpresa a schiacciare un pisolino durante l'orario lavorativo. La cognizione della cosa le fece ribollire il sangue nelle vene e la fece sudare freddo nel medesimo istante. Che figuraccia. Inqualificabile, davvero.
“S-signorina Djibril” tossicchiò, recuperando in men che non si dica una postura composta e professionale. Il viso dell'Arcangelo le pareva sconvolto da un'emozione che non riusciva ad identificare. Non mi sembra arrabbiata. “Potreste gentilmente dirmi il motivo della vostra visita?” domandò dunque, incoraggiata da questa nuova impressione. Nei secondi successivi, Djibril parlò, e lo fece in modo coinciso e formale. La mente ancora vagamente intorpidita dal sonno e dall'imbarazzo, Sehaliah faticò a credere alle proprie orecchie. Pensa di non essere più vergine. Il cuore le giocò un brutto scherzo a questo pensiero, aumentando la sua normale frequenza, supportato da un'idea assolutamente fuori luogo ed insensata. Mikael non l'avrà...? Lo shock le strappò di dosso gli ultimi rimasugli di stanchezza rimasti, costringendola in una condizione di lucidità quasi innaturale. L'idea di Mikael che strappava i vestiti di dosso a Djibril per sfogare la propria rabbia in un modo diversamente appagante non le sembrava per nulla improbabile, anzi. Per fortuna, Djibril non aveva fatto smesso di parlare, e, quando Sehaliah tornò ad ascoltare le sue parole piuttosto che i propri assillanti pensieri, le risposte ai suoi interrogativi arrivarono da sole. Djibril stava infatti parlando di Sara Mudo, di come la sorella del Salvatore avesse abitato il suo corpo per qualche tempo, e di come lei avesse perduto la memoria di quei momenti, o meglio, non l'avesse mai avuta. Quando tornò a rimarcare le sue incertezze in merito alla propria verginità, Sehaliah vide davanti a sé una donna distrutta, un'immagine talmente distinta da quella della Djibril di sempre, da farle correre ripetuti brividi lungo la spina dorsale. Nonostante la freddezza della sua voce, la rigidità della sua postura, e la maschera granitica che era il suo viso, Sehaliah vide l'anima dell'Arcangelo scuotersi, urlare, piangere persino. Quando Djibril smise di parlare, Sehaliah si sentì come svuotata di un peso enorme. Non è mai stata perfetta? Era tutta una finzione? 
Un silenzio carico di attesa invase l'ambulatorio, lasciandola stordita per qualche attimo ancora, immersa nei propri pensieri in modo così totalizzante che soltanto il fruscio prodotto dalla crinolina della gonna dell'abito elegante di Djibril riuscì a riscuoterla dai suoi pensieri, quando l'Arcangelo si diresse verso il lettino dove era solito sedersi Mikael. Sehaliah non si era neppure resa conto di averle fatto cenno di accomodarsi. Il modo in cui l'Arcangelo prese posto, così aggraziato e fine, le parve talmente in contrasto con quello di Mikael da farla arrossire furiosamente, per chissà quale motivo. “I tuoi occhi...” disse quasi nel medesimo istante Djibril, interrompendo il regolare corso dei suoi pensieri. Cosa? Cos'hanno i miei occhi che non va? “...sono tutti sporchi di trucco.” A questa rivelazione, Sehaliah portò una mano al viso, come a volersi schermare dallo sguardo dell'altra, quindi mugugnò qualcosa in direzione dell'Arcangelo, e si dileguò nel minor tempo possibile. Raggiunto il bagno, si affrettò a rimuovere dal viso qualsiasi traccia di trucco. Non le importava di apparire uno straccio, sempre meglio che sfoggiare il makeup stile panda che Djibril trovava evidentemente inappropriato o ridicolo. Sicuramente inappropriato. Passando delicatamente una mano sul viso nuovamente acqua e sapone, il cervello di Sehaliah tornò a distaccarsi dalla realtà, vagando sull'onda di impulsi che sperava aver rinchiuso nello strato più inaccessibile del proprio subconscio, istinti improvvisamente venuti a galla per colpa di quello stupido sogno. Ed il sogno ad occhi aperti che la travolse in quel momento fu vivido tanto quanto il precedente. Le mani di Mikael si muovevano sulla pelle di Djibril in modo troppo sensuale per essere sopportato. Sebbene mimasse una certa riprovazione, ed opponesse un minimo di resistenza, la luce di cui erano accesi gli occhi di Djibril portarono Sehaliah a credere ciecamente nell'eccitazione dell'Arcangelo dell'Acqua, un'eccitazione palpabile e travolgente che si tradusse presto in piccoli gemiti d'impazienza, mentre il corpo di Mikael scivolava sopra il suo, e la schiena nervosa ed attraente della donna aderiva alla superficie lignea del tavolo del tribunale. Osservando la propria immagine allo specchio senza vederla, Sehaliah si sentì scuotere da un'intensissima ondata di puro desiderio carnale. Avrebbe tanto voluto prendere il posto di Djibril, sentire l'eccitazione di Mikael contro il suo corpo, e nel contempo si vedeva sopra Djibril, le mani ad esplorare la consistenza dolce del seno perfetto di lei. Con la lingua, Sehaliah assaggiò il labbro inferiore della donna, per poi ritrovarsi a baciare invece Mikael, in modo lascivo e totalizzante. Quando finalmente Sehaliah tornò a distinguere la propria, scialba immagine allo specchio, aveva il respiro corto. Oddio.
“Sehaliah?” sentì la voce di Djibril chiamarla. Quanto tempo era durata la sua fantasia? Quella sua stramaledettissima fantasia? Quando riuscì a calmarsi e a ritornare in ambulatorio, Sehaliah trovò Djibril ancora seduta sul lettino, con addosso soltanto un corpetto corto che le lasciava scoperto l'addome. Sfortunatamente la procedura non prevede che la paziente debba togliersi anche la gonna pensò a quel punto, guardando con amarezza l'indumento di ottimo gusto che la donna portava ancora. Ovviamente, subito dopo aver realizzato ciò che aveva appena pensato, Sehaliah non poté far altro che accogliere l'ondata di disgusto verso sé stessa che si presentò puntuale e senza dire per favore. Con un colpetto di tosse, Sehaliah si fece più vicina a Djibril. Meglio non perdere altro tempo. Come qualsiasi altra Virtù di livello medio-alto, Sehaliah aveva la capacità di percepire le condizioni fisiche altrui attraverso la semplice imposizione delle mani sul corpo dell'altro, quindi scoprire la verità non le avrebbe sottratto che pochi minuti. Senza neppure chiedere il permesso di farlo, l'Angelo impose le piccole mani all'altezza del ventre dell'Arcangelo ed iniziò il controllo. Non prima d'aver confrontato accuratamente la scultorea bellezza del fisico di Djibril con la banalità del proprio.
 
 
Con un profondo sospiro, la ragazzina dai capelli d'argento si abbandonò ulteriormente alla morbidezza della poltrona di pelle che stava al momento sorreggendo il peso del suo corpo, e, soprattutto, della sua mente in subbuglio. Il suo regno stava attraversando un periodo di stabile penosità e degrado, e lei non era in grado di risolvere le cose. Le scorte di cibo mai sufficienti, i numerosi edifici diroccati da rimettere completamente in sesto, e le ripetute incursioni da parte dei restanti Demoni dell'Utero, stavano costringendo Gehenna in ginocchio. Seppellendo il viso nelle piccole mani color caffellatte, la ragazzina desiderò di potersi concedere presto una pausa. Una lunga, lunghissima pausa.

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Capitolo 9
*** Empty Eyes ***


Capitolo 9
 
I don’t know where I’m going
in search for answers
I don’t know who I’m fighting
I stand with empty eyes...
 
La stanza le si stringeva addosso, le sue mura di solida pietra le stritolavano il fiato in una morsa poderosa. Il cuore a mille, la testa pulsante, Kurai godeva della morbidezza del divanetto sul quale era sdraiata, unico vero sollievo dopo una giornata passata ad ascoltare e a cercare di risolvere i problemi dei suoi sudditi. Preoccupazioni su preoccupazioni su ulteriori preoccupazioni. Problemi grandi, problemi piccoli, problemi stupidi, problemi rilevanti. Problemi che dilaniavano la sua esistenza, costringendola al suo ruolo di principessa del Gehenna ventiquattro ore su ventiquattro senza possibilità di appello. E Kurai era stanca. Stanca di non poter mai respirare, di non potersi mai lasciare andare, di dover portare una maschera di assoluta calma e compostezza e rispettabilità ancora, e ancora, e ancora. Quanto vorrei che fossero gli altri a curarsi dei miei problemi, per una volta. Sospirando, l'apparente ragazzina si chiese quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva visto Setsuna. Quanto, dalla battaglia combattuta insieme? Impossibile dirlo, all'inferno il tempo è relativo. Ed io ci sono dentro fino al collo.Un nuovo sospiro le salì alla bocca, proprio mentre Noise spalancava la porta del salone e palesava la propria presenza. La propria -sconvolta?- presenza. -Principessa, un'emergenza!- urlò, e Kurai si dimenticò in un attimo di tutte le sue angosce, perchè la parte più reattiva e più principesca di lei non ci mise molto ad affiorare in superficie. Il primo, terribile pensiero che le attraversò la mente non appena si accorse dell'espressione veramente atterrita dipinta sul volto della sua sottoposta, fu che un manipolo di Demoni stanziato nei dintorni, composto da reduci dell'Utero collassato, avesse organizzato una scorribanda a loro danno, e nelle sue condizioni attuali l'esercito di Gehenna non poteva fornire particolare protezione al regno, Kurai ne era consapevole. -Maledizione....quanti sono?- domandò dunque alla Vampira, sperando che ottenere dei dati precisi in merito potesse aiutarla ad architettare velocemente un piano di difesa. Gli occhi colmi di angoscia di Noise si sgranarono maggiormente a quella richiesta, e Kurai si sentì mancare. -Veramente, principessa....non so di cosa stiate parlando....- mormorò, e Kurai avrebbe anche potuto consentire a sè stessa di sentirsi meglio, a quella rivelazione, se non fosse stato per gli occhi della sua sottoposta, che ancora le apparivano simili a quelli di chi ha visto la morte in faccia ed è tornato per raccontarlo. -Allora cosa?- domandò, temendo il peggio, che non tardò ad arrivare. -Gli avamposti raccontano di una figura solitaria che ha spazzato via il gruppo di Demoni provenienti dall'Utero....- Nuovamente la voce della Vampira uscì in un sussurro strozzato. -...e si sta dirigendo in questa direzione...-. 
A quelle parole, la mente di Kurai si colmò della visione di uno dei Sette Satana che avanzava calpestando la terra morta di Gehenna, sul viso un'espressione di sadico divertimento. -Non lo affrontate, mettetevi al riparo...- Le sue labbra si mossero da sole, e Noise fece un passo avanti -Ma...-. -Non lo affrontate, è un ordine.- tagliò corto quindi la Dragon Master, e il tono sconvolse Noise ancor più dello sguardo della sua sovrana, traboccante di autorità mista a folle paura. Quando la Vampira lasciò nuovamente il salone, Kurai ritrovò la familiare morsa di sempre a stringerle lo stomaco senza chiederle il permesso. Nulla avrebbe potuto salvarla, questa volta. Neppure un miracolo.
 
Quando Sehaliah aprì gli occhi all'ennesima mattina lavorativa, ci mise qualche secondo a rendersi conto che fosse già iniziata da un po'. L'Angelo sedeva infatti alla sua scrivania in ambulatorio, perciò doveva essersi addormentata di colpo, senza accorgersene. La cosa, tuttavia, le parve talmente sorprendente che, per un attimo, si chiese se per caso non stesse semplicemente sperimentando un sogno molto vivido. Erano giorni che non si risvegliava tanto riposata e perfettamente in accordo con il mondo. Appoggiando le spalle vagamente indolenzite allo schienale, la consapevolezza di non aver sognato nulla di sconcertante o erotico le balenò alla mente, e lei seppe dare un motivo al suo stato di relax. Perchè naturalmente era per quello: niente sogni su Mikael, niente sogni su Djibril, niente che potesse anche solo lontanamente riguardare i due e turbarla. Forse non aveva fatto sogni del genere proprio grazie alla sedia, alla posizione scomoda in cui si era addormentata. Forse aveva trovato un modo per rilassarsi davvero, paradossalmente. Sehaliah si scoprì straordinariamente felice della propria scoperta. Per un'ora lavorò cullata da questo pensiero, poi la sua mente decise di tradirla mentre l'Angelo si prendeva una pausa, sorseggiando una tazza di caffè nero. Scoprirsi attratta anche da Djibril era stato un vero trauma, per lei. Certo, le sue sensazioni potevano essere state in qualche modo traviate dal contesto in cui si trovavano....ma se non fosse stato così? Sehaliah non si stupì di star andando di nuovo in iperventilazione. Fortunatamente, di lì a poco avrebbe rivisto Djibril, e allora avrebbe saputo. La ragazza lanciò un'occhiata al display dell'orologio elettronico che faceva bella mostra di sè sulla scrivania, e si abbandonò ad un sospiro. Mancava meno di un'ora alla riunione....e lei si sentiva più incasinata di un quadro di arte moderna.
Marciando verso l'aula del tribunale, l'Angelo rimpianse la propria sè stessa di soltanto qualche ora prima, quella che si era risvegliata leggera come una piuma. Perchè ora, più che una piuma, Sehaliah si sentiva un macigno. 
Enorme fu il sollievo della sostituta di Raphael quando, varcandando la porta del tribunale ed incrociando lo sguardo di Djibril, si trovò a non sperimentare alcuna strana sensazione. Nessuna capriola dello stomaco. Nessun rallentamento o accelerazione del cuore. Bene.
Naturalmente Sehaliah non si stupì del tono distaccato e professionale che usò Djibril per salutarla e per farle le classiche domande di circostanza: non c'era motivo di supporre che le cose tra loro due fossero in qualche modo cambiate. Quando Uriel fece il suo ingresso nell'aula e prese posto a sua volta, con l'atteggiamento austero di sempre, Sehaliah si ritrovò a sperare che Mikael arrivasse il prima possibile, così da dare inizio il più velocemente possibile alla riunione di quel giorno. Le sue speranze andarono a frantumarsi contro l'immagine di un Angelo mai visto prima che fece capolino dalla porta, una maschera di indifferenza dipinta sul volto maturo. -Camael?- Djibril non sembrava affatto stupefatta di trovarsi davanti il secondo di Mikael, pareva piuttosto rassegnata. Il volto di Uriel rimase impassibile mentre Camael si faceva più vicino al posto da lui occupato. -Il capo non è rientrato- disse l'Angelo con semplicità, dopo un quasi impercettibile chinare del capo in segno di rispetto. Djibril portò una mano alle labbra cercando di soffocare un sospiro d'indignazione che comunque giunse alle orecchie di tutti. Uriel incrociò le braccia sul petto e fissò lo sguardo su Camael senza dire nulla. Sehaliah, dal canto suo, non sapeva che cosa dire o anche solo pensare. Perchè Mikael non era rientrato dal confine? Gli era forse capitato qualcosa? La ragazza era visibilmente impegnata in una lotta interiore, quando finalmente Djibril riuscì a mettere insieme una frase di senso compiuto: -Mikael non è nuovo a comportamenti di questo tipo, specialmente quando reduce da un diverbio....- disse congedando Camael con un gesto della mano, e Sehaliah si sentì decisamente meglio, anche se un briciolo di preoccupazione le rimase addosso come un odore stantio. -La riunione è rimandata a data da destinarsi, andate pure.- aggiunse dunque l'Arcangelo dell'Acqua, e l'Angelo fu ben felice di tallonare il sottoposto di Mikael fuori dalla porta. Mikael. In effetti non era passato in ambulatorio a farsi controllare la sera prima....era forse per questo che gli ormoni di Sehaliah sembravano aver recuperato un minimo di equilibrio? la ragazza desiderò fosse accaduta la stessa cosa ai suoi pensieri.
 
Sotto di lei, scorreva un mare di terra giallognola compatta. Ovunque guardasse, per quanto fosse impossibile definire esattamente il contorno delle cose, data la polvere sospesa nell'aria, Kurai poteva distinguere soltanto desolazione. Il suo drago volava a quota moderata, così da permetterle di individuare con maggior facilità colui che aveva gettato nel caos il regno di Gehenna. Anche se, dentro di sé, Kurai sperava di non distinguere mai una sagoma nel bel mezzo del nulla. Non voleva incontrare l'invasore. Non voleva avere nulla a che fare con lui. Non voleva scontrarsi con lui, perchè avrebbe perso tutto, l'onore, la vita e il regno, lo sapeva con certezza. Purtroppo, le sue speranze rimasero tali, perchè la Dragon Master riuscì in breve ad incontrare con lo sguardo una figura avvolta in un lacero mantello totalmente ricoperto di sangue. Il cuore di Kurai perse un battito, la bocca le divenne secca tanto quanto il deserto che il suo nemico stava calpestando. Non puoi fare altro, lo devi affrontare. Sei colei che regna sul Gehenna. le ricordò la sua voce interiore, e Kurai seppe che aveva ragione, che non poteva sottrarsi ai suoi compiti, che non poteva fuggire assecondando il proprio istinto di sopravvivenza. Non poteva, perchè ciò avrebbe significato abbandonare ad un amaro destino coloro che si fidavano di lei, senza neppure muovere un dito per provare a salvare le loro vite. Forza! Un lungo urlo scoppiò nella sua mente, mentre la Demone materializzava una sfera di fuoco e la scagliava contro l'invasore.
Kurai non si aspettava di riuscire a colpirlo, perciò, quando questo accadde, non potè evitare di farsi travolgere da un inaspettato senso di sollievo, che mutò in terrore puro quando la cortina di fumo sollevata dall'esplosione venne divisa in due parti da un taglio nettissimo, che la portò a scomparire in un tempo talmente breve che a Kurai parve durare soltanto un battito di ciglia. Al centro di un cratere non troppo profondo stava la minuta sagoma ammantata di prima. Non sembrava aver riportato alcuna ferita, cosa che agitò ancor di più Kurai, se possibile. Ora l'invasore impugnava un enorme spadone, con il quale aveva evidentemente vibrato il fendente, il cui sibilo sinistro sembrava risuonare ancora nell'aria - o almeno così parve a Kurai, fino a quando non si rese conto che quel rumore andava intesificandosi. Con un gesto disperato, la Demone fece scomparire il drago e si scansò giusto in tempo per non essere totalmente travolta dalla lama di vuoto prodotta dal poderoso colpo del nemico, che le saettò a meno di un metro di distanza. Prima ancora di rendersene conto, un'onda di calore innaturale la travolse, accendendole il braccio sinistro di bruciante dolore: l'arto scottava, come se Kurai l'avesse lasciato al sole per troppo tempo. Kurai si accorse con orrore che la manica della maglia che indossava era ora annerita ed irriconoscibile. Le membrane sottili delle ali bruciavano come avvolte da fiamme invisibili, e la Dragon Master seppe di non potersi concentrare abbastanza da evocare un secondo drago. Il dolore era troppo, e lasciarsi andare era l'unica cosa che potesse fare. Rallentando l'inesorabile caduta costringendosi a spalancare di tanto in tanto le ali, e a stringere i denti per il dolore lancinante che quel semplice gesto le provocava, Kurai atterrò infine tra la polvere, malamente, la mente invasa dal sentore del dolore agghiacciante che il suo corpo stava sperimentando, e dalla paura folle di una fine prematura e dilaniante. La polvere sollevata dall'impatto corse a tormentarle le ustioni e i graffi, spingendola sull'urlo del pianto, e quando la ragazza sollevò la testa per lanciare un'occhiata di fuoco al suo nemico, tutto le apparve velato ed indistinto. Tutto, tranne la figura del suo aggressore, che avanzava con estrema lentezza verso di lei... Kurai sentì le prime lacrime cominciare a scorrerle sulle guance. Se quel mostro era riuscito a conciarla in quel modo attaccandola da lontano e mancandola, non avrebbe impiegato che pochi attimi a strapparle la vita. Ripetuti brividi le scossero il corpo, ma il suo cervello non voleva saperne di reagire in alcun modo, il suo razocinio offuscato da un'angoscia mai sperimentata prima. Sto per morire...
Kurai non riuscì mai a definire con certezza cosa provò quando si accorse del tatuaggio a forma di drago dipinto sul volto del suo aggressore. Inizialmente non aveva visto altro che lo spadone, sollevato, pronto a toglierle la vita. Poi, aveva intravisto parte di quel volto celato dall'ombra di un cappuccio, un volto pallido coperto di sangue e sporcizia. E quel viso le era apparso come una maschera di dannazione, almeno fino a quando i suoi occhi non avevano notato il tatuaggio, inviando un impulso fortissimo alla sua mente spossata. Quel tatuaggio. Le sembrava di averlo già visto da qualche parte... Mikael. parlò ancora una volta la voce dentro di lei, e Kurai si aggrappò a quel nome con tutte le forze che le restavano, e si affrettò a buttarlo fuori, quasi lo considerasse la sua unica ancora di salvezza. Ma sarebbe stato così? Gli occhi dell'Arcangelo del Fuoco si ridussero a due oscure fessure mentre osservava la minuta figura della Demone che pensava soltanto sarebbe stata la sua prossima vittima, ma che, evidentemente, era qualcosa di più. -Mikael. Sei tu, vero? l'amico di Setsuna....- tossì quella creatura miserabile, gli occhi ancora bagnati di lacrime, la voce incrinata da un misto di paura e sollievo. -Sono Kurai...abbiamo combattuto dalla stessa parte...- mormorò, supplicandolo con la voce e con lo sguardo, indirettamente, di risparmiarle la vita. Aveva una voce sottile terribilmente disturbante...e uno sguardo da vera stupida che non ci mise molto ad incrinare la sua già precaria pazienza. Con un ghigno malevolo, l'Arcangelo del Fuoco alzò la spada per vibrare il colpo decisivo. Una volta morta, quella cosa avrebbe smesso di nuocergli, di dargli fastidio. Perchè lui aveva sempre fatto così. Aveva sempre spazzato via ciò che l'aveva disturbato, ferito, dilaniato....o anche soltanto colpito.
Kurai serrò gli occhi tanto forte da farsi male, mentre l'aria abbandonava il suo petto ancor prima del tempo...ancor prima di una fine che non arrivò mai, sostituita da un peso reale.
La ragazza si ricordò di saper respirare soltanto quando, aprendo gli occhi, si ritrovò addosso un Mikael incosciente.

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Capitolo 10
*** Shot in the Dark ***


Capitolo 10

I’ve been left out alone like a damn criminal
I’ve been praying for help 'cause I can’t take it all
I’m not done,
It’s not over.
Now I’m fighting this war since the day of the fall
And I’m desperately holding on to it all
But I’m lost
I’m so damn lost
Oh I wish it was over,
And I wish you were here
Still I’m hoping that somehow...


Buio. Palpabile, freddo, assoluto. Buio e vuoto. Tutto ciò che l'Arcangelo riusciva a percepire, era il proprio respiro pesante; neppure il tonfo dei suoi passi riuscivano a raggiungerlo -in realtà, non era neppure sicuro di star camminando, di star procedendo in una qualche direzione. Incertezza. Stranamente inquieto, Mikael portò una mano davanti al viso, sventolandola con insistenza, ma neppure aguzzando la vista riuscì a scorgere alcunchè. Tutto veniva apparentemente risucchiato dal quell'oscurità pesante ed irreale. Era meglio andare avanti, muoversi. Questo si ripeteva l'Arcangelo, mentre metteva un affrettato passo davanti all'altro, guardandosi attorno nervosamente, alla ricerca di una qualsiasi, flebile, luminescenza. Improvvisamente, il suono del suo respiro sembrò intensificarsi: Mikael si accorse che diveniva più presente, più molesto, sempre più doloroso, man mano che procedeva. “Devo uscire da qui”. Questo il pensiero che, angoscioso, gli invase la mente. Prepotente. E altrettanto prepotente si mostrò l'Arcangelo nel cominciare a correre – non poteva volare, o non lo sapeva fare? -. Ben peggiore fu la consapevolezza improvvisa di non essere solo; consapevolezza che lo braccò come un lupo affamato, prima di raggiungerlo e sbranare qualsiasi rimasuglio di sicurezza rimastogli. Perchè lui sapeva di chi si trattava. Lucifero. Mikael smise di correre, dovette farlo; sbattè le palpebre una o due volte prima di rendersi conto di vederlo, in piedi davanti a sè, unica sagoma visibile in quel mare oscuro. Sempre uguale a sè stesso, identico a come lo ricordava, a come l'aveva visto l'ultima volta, ma anche a quando ancora viveva in Paradiso, con lui. La prima domanda ad accarezzargli la mente fu tanto scontata quanto bruciante. “Perchè?” si levò dalle labbra dell'Arcangelo, un rantolo simile a quello di una bestia ferita. L'espressione sul volto di Lucifero rimase dolorosamente neutra. “Pensi che non ce l'avrei fatta?! Mi ritieni forse un debole?!” sbotto, quasi ringhiando. “...non sei stato in grado di uccidermi, nonostante ne avessi la possibilità...e mai lo sarai...” soffiò la voce dell'astro del mattino, facendolo rabbrividire. “....quel giorno lo capii, lo capisti anche tu...non sei come me.” Mikael smise di respirare. Le labbra di Lucifero si stirarono in un accenno di sorriso beffardo, prima di formulare: “Mi avresti seguito?” Nella mente dell'Arcangelo del fuoco, il diniego si animò prepotente, bruciante come le fiamme che da sempre minacciavano di devastare la sua anima, non risparmiandone neppure le ceneri. Ma dire la verità non è mai semplice. Mikael si ammantò quindi della sua baldanza caratteristica, prima di sputare fuori un perentorio e definitivo: “Avrei risolto tutto da solo!”, che suonò così sicuro – fin troppo sicuro – e così falso alle orecchie di suo fratello, da costringere tutto il suo essere a prodursi in una vacua occhiata di cinica commiserazione: “non sei mai stato capace di mentire, Mikael.” Mikael si sentiva in dovere di ribattere qualcosa a quel punto, ma il suo cervello non volle collaborare, spegnendosi come una lampadina fulminata, lasciandolo indifeso davanti alla verità delle cose. Lui non era come Lucifero. Lucifero lo sapeva, e l'aveva lasciato fuori, l'aveva relegato in un luogo di luce, un luogo lontano da quello da lui occupato, gli aveva precluso la possibilità di seguirlo nelle tenebre. Miseria, degrado, esilio, sofferenza. Lucifero gli aveva negato tutto questo. ...Ma l'aveva fatto davvero? Lucifero l'aveva da sempre accecato, apparendogli perfetto, algido, distante. Forse, anche a causa di questo, Mikael non era riuscito a manifestare il suo potenziale fino a quando l'altro non gli aveva dato la possibilità di farlo, abbandonandolo. Certo. Ma avrebbe davvero dovuto ringraziarlo? Non avrebbe dovuto, piuttosto, urlargli addosso il proprio disappunto, il dolore di infiti anni di incertezze, paure, denigrazioni? “Pensi di avermi fatto un favore...?” Il fil di voce con cui Mikael pronunciò quelle poche parole, non poté che colpire lui, e lui soltanto. L'enigmatica espressione non abbandonò il viso di Lucifero; quella sofferta confessione non parve scuoterlo o sorprenderlo in alcun modo. Come se già sapesse tutto. L'astro del mattino fece un singolo passo avanti, quasi ricercando un simbolico contatto con il fratello. Poi, parlò. “Per far si che una luce risplenda, deve esserci l'oscurità...” sussurrò, e non v'era nulla nella sua voce. O forse, tutto. Mikael si ritrovò ad annaspare tra ricordi che pensava perduti ormai da tempo; ricordi di sè stesso, ricordi di sè stesso con Djibril – Djibril, che cercava da sempre di renderlo un tipo “rispettabile”, che assurdità! -; ricordi di sè stesso con Raphael, i loro discorsi sconclusionati, Raphael che aveva a tutti gli effetti preso il posto di Lucifero nella sua vita – sebbene fosse un maniaco - . Ricordi di sè e Lucifero, in un paradiso lontano, in un tempo lontano. Quello stesso Lucifero che ora iniziava a perdersi nel buio, a ritornare parte di quelle tenebre soffocanti. Mikael allungò una mano per afferrarlo, per tenerlo vicino a sè, almeno questa volta. Tutto ciò che riuscì ad incontrare, fu l'aria polverosa di una camera da letto sconosciuta. Aveva lo sguardo appannato, stravolto, strano. Solo quando portò le mani al viso, si accorse delle lacrime.

Non riusciva a capire dove si trovasse. La stanza era ingombra di mobili antichi, pezzi che un tempo dovevano apparire di straordinaria bellezza, ma ora servivano soltanto a sostenere vasi imbruttiti ed altre quisquiglie polverose. Soltanto il grande specchio appeso alla parete alla sua destra conservava un aspetto regale -probabilmente veniva regolarmente pulito- e in quello specchio Mikael vide l'ombra di sè stesso, una creatura dall'aspetto miserabile. Finalmente si rese conto di trovarsi disteso su un letto a baldacchino di notevoli dimensioni; dei cuscini sgualciti gli sostenevano il busto. Qualcuno gli aveva bendato strettamente il capo e il costato, e aveva fasciato e steccato l'ala destra, risparmiando la sinistra, che tuttavia appariva piuttosto sciupata. Mikael si ritrovò a domandarsi per quale motivo non si fossero ancora smaterializzate, ma quel pensiero venne subito sostituito da un'angoscia sottile quando l'Arcangelo s'avvide delle condizioni del proprio braccio sinistro, appeso con una fasciatura robusta al collo -possibile che non si fosse accorto subito di quel peso fastidioso?-, steccato, immobile....inutile. Il braccio destro era invece un mosaico di tumefazioni violacee e verdognole che avrebbe fatto letteralmente rabbrividire Djibril. All'altezza dell'avambraccio, il tubicino di una flebo faceva bella mostra di sè. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: con un gesto di stizza, Mikael provò a strapparsela tirandosi bruscamente a sedere. Il mondo lo tradì, iniziando a girare vorticosamente su stesso; una serie di fitte diffuse gli offuscarono la vista per qualche secondo. Proprio mentre quella stanza trascurata tornava a riempirgli lo sguardo, la porta alla sua sinistra si aprì di scatto: qualcuno l'aveva spalancata con una spinta di sedere, un qualcuno che, assorto nel non troppo difficile compito di sostenere un vassoio con entrambe le mani, non si accorse neppure del risveglio dell'Arcangelo. Quel qualcuno era Kurai, che, assorta, si accomodò come se niente fosse sulla poltrona imbottita posta proprio accanto al letto, poggiando poi il vassoio sul tavolino da tè lì accanto. E proprio tè sembrava quello che prese a sorseggiare da una delle due tazze precedentemente poste una accanto all'altra sul vassoio di metallo. Mikael non distolse mai lo sguardo da lei: rimase impassibile anche quando, finalmente, il piccolo Demone si accorse che, dall'ultima volta in cui era stata in quella stanza, qualcosa era evidentemente cambiato. Questo accadde quando ne incrociò finalmente lo sguardo, e quasi non si strozzò con il té: tragicamente, ed inesorabilmente, la tazza le sfuggì di mano e andò a disperdere il suo bollente contenuto sulle gambe di Mikael, che pure non battè ciglio. “Ahhh...oops...eeer” biascicò, tanto che Mikael, per qualche secondo, si chiese se quella cosa sapesse effettivamente parlare la sua lingua, e non si stesse piuttosto esprimendo in qualche idioma arcaico e sgraziato proprio della sua razza. Le successive parole pronunciate da Kurai, tuttavia, gli parvero di senso compiuto. “Ti sei svegliato allora...” disse, prima di scoppiare in una risatina nervosa, lanciando occhiate desolate là dove il tè aveva ormai iniziato a disegnare una macchia bagnata sulle coperte. Mikael, dal canto suo, non pensava minimamente alla sensazione del tè bollente sulla pelle. “Che posto è questo?” le domandò bruscamente “e tu chi saresti?!” Quegli interrogativi lasciarono Kurai interdetta per qualche momento, durante il quale rimase perfettamente in silenzio, così che, quasi subito, le sopracciglia del suo interlocutore si incurvarono di disappunto. “allora?” insistette, visibilmente innervosito. Riscossasi dalla sorpresa iniziale, Kurai prese a parlare a macchinetta, presentandosi -senza dimenticare di appellarsi in qualsiasi modo altisonante...dopotutto, era o non era una persona importante?-, e presentando il posto dove si trovavano, il palazzo reale del Gehenna, e precisamente nella camera della principessa. “La mia camera” sottolineò Kurai, con una punta di baldanza. Per tutta risposta, Mikael le regalò un'occhiata scettica, che la Demone accolse arricciando il naso. “Comunque, io e te abbiamo combattuto insieme, dalla stessa parte intendo. Mi fa piacere che non te ne ricordi” lo apostrofò stizzita, incrociando strettamente le braccia sul petto minuto. “...eppure ho fatto anche io la mia parte aiutandovi a sigillare Adam Kadamon.” Mikael riuscì a mettere insieme quelle informazioni solo dopo qualche secondo, ma, alla fine, ricordò. “Ah, già. Tu sei quella Demone che andava dietro al Salvatore come un cagnolino...” la provocò immediatamente, concedendosi un ghigno leggero, il primo, da quando quella conversazione aveva avuto inizio. Il viso di Kurai divenne rosso come quello di un pomodoro maturo, preda di una vergogna difficilmente esprimibile a parole. “Tecnicamente non sono un Demone comune....” si difese, sbottando “e comunque, ti sembra questo il modo di rivolgerti a chi ti ha salvato la vita!?” Kurai distolse lo sguardo da Mikael, il viso corrucciato in una smorfia visceralmente indispettita. Sembrava una bambina alla quale fosse appena stato fatto un dispetto irreparabile. Mikael, da parte sua, non sapeva neppure di cosa lei stesse parlando. “E quando sarebbe avvenuta una cosa del genere?” la interrogò scetticamente. E avrebbe voluto sottolineare il suo cipiglio perplesso incrociando le braccia al petto a sua volta, come faceva sempre, ma gli era del tutto impossibile in quel momento. Kurai lo fulminò con lo sguardo. “Stai scherzando!?” quasi sbraitò “eri privo di sensi, in mezzo ad un deserto di polvere e rocce, e io, io ti ho portato qui, medicato, dato un posto dove riposare....un minimo di rispetto me lo dovresti proprio!!” Neppure questa rivelazione suscitò alcunchè in Mikael; sicuramente, niente di neppure lontanamente descrivibile come senso di riconoscenza. No, tutto quello che l'Arcangelo riusciva a provare nei confronti di Kurai era mera indifferenza. Sbuffò. “Nessuno te l'ha chiesto, sarei potuto benissimo sopravvivere anche da solo.” ribatte, arrogante ed irragionevole come al solito. “Ma se proprio vuoi metterla così, sappi che ogni tuo respiro è una mia concessione. Potrei ucciderti in qualunque istante. Sei dunqe tu, ad essere in debito con me.” sciorinò, lapidario e sprezzante e, nonostante quell'argomentazione potesse apparire stupida, debole ed infondata agli occhi di chiunque, riuscì comunque a scatenare in Kurai un incredibile terrore, paralizzandola. La limpidezza del pensiero di Mikael la incatenò a quella poltrona, mentre una serie di brividi le percorrevano implacabilmente la spina dorsale. Quell'Angelo non la odiava né la disprezzava. No. La considerava alla stregua di una mosca, di un insetto insignificante che si può calpestare in qualsiasi momento, senza il minimo accenno di rimorso, senza la minima scintilla di soddisfazione...senza la minima motivazione. Un forza schiacciante e totalente imprevedibile capace di incenerire qualunque cosa, un'angoscia straziante si diffuse nella mente della principessa come un cancro: aveva forse commesso l'ennesima stupidaggine?

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