The dauntless flame will burn forever

di bj_dream17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** capitolo 50 ***
Capitolo 3: *** capitolo 51 ***
Capitolo 4: *** capitolo 52 ***
Capitolo 5: *** capitolo 53 ***
Capitolo 6: *** capitolo 54 ***
Capitolo 7: *** capitolo 55 ***
Capitolo 8: *** capitolo 56 ***
Capitolo 9: *** capitolo 57 ***
Capitolo 10: *** capitolo 58 ***



Capitolo 1
*** Premessa ***



Grazie a Miss Black

PREMESSA

Questa storia partirà dal capitolo cinquanta di Allegiant, ultimo romanzo della trilogia di Divergent. Cosa sarebbe successo se Tris fosse sopravvissuta agli spari di David nel Laboratorio Armamenti?
Molti classificano questa storia come fantasy, ma siamo davvero sicuri di essere poi così lontani da un futuro simile? Possiamo dirci al sicuro dagli esperimenti compiuti dalla società a nostre spese?
La mia risposta, nel mio piccolo, è NO!
Siamo in una Chicago dove le persone vivono ignare di essere cavie da laboratorio, dove gli unici che sono ritenuti degni di lasciare la città sono i Geneticamente Puri (GP) solo perchè il loro dna prova che sono superiori alle altre persone Geneticamente Danneggiate (GD). Quando si comincia a parlare di preservare la purezza è sempre un errore, che sia purezza della razza o purezza del sangue. Siamo esseri umani e non macchine o cavie.
Siamo anche in una realtà dove non sempre esiste il lieto fine, allora perchè ho riscritto il finale della trilogia? Perchè voglio avere in me la speranza che non tutte le fiamme che bruciano per un mondo migliore si spengano in fretta. Perchè voglio dare a Tobias e Beatrice quel lieto fine che possono avere in un racconto che si basa sulla realtà, ma che non è la realtà. Perchè riconosco che il finale del libro è quello che quotidinamente succederebbe, ma dal quale la mia mente ha deciso di evare almeno per questa volta.
Chiamatemi sognatrice, chiamatemi infantile, voglio solo lasciare un piccolo spazio dentro me alla speranza che Tris e Quattro possano vivere una vita insieme.


NOTA: Per chi ha letto Allegiant, capirà che i primi capitoli sono quasi identici al libro originale, questo per creare una continuità nella narrazione degli eventi e per rendere scorrevole il passaggio dal libro a questa storia. In questo modo spero di poter offrire agli amanti della saga la possibilità di scegliere il finale che preferiscono senza una brusca interruzione.


Se volete, lasciate le vostre recensioni!!

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Capitolo 2
*** capitolo 50 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO
CINQUANTA
 
TRIS
DOVE HAI TROVATO L’ANTIDOTO al siero della morte?» mi chiede.
È ancora sulla sedia a rotelle, ma non è necessario camminare per sparare, se hai una pistola. Lo guardo sbattendo gli occhi, ancora confusa.
«Non l’ho trovato.»
«Non fare la stupida. Non si può sopravvivere al siero della morte senza l’antidoto, e io sono l’unica persona in questa residenza che lo possiede.»
Continuo a fissarlo, non sapendo bene che cosa dire. Non mi sono iniettata niente. Il fatto che io sia ancora in piedi è impossibile, non c’è altro da aggiungere.
«Immagino non abbia più importanza» taglia corto lui. «Ora siamo qui.»
«Che cosa ci fai qui?» farfuglio. Mi sento le labbra grosse e goffe, e faccio fatica a parlare. Avverto ancora quella pesantezza oleosa sulla pelle, come se la morte mi fosse rimasta appiccicata addosso anche se l’ho sconfitta. Ricordo vagamente di aver lasciato la pistola nel corridoio, sicura che non ne avrei avuto bisogno se fossi riuscita a entrare.
«Sapevo che tramavi qualcosa» continua David. «È tutta la settimana che vai in giro con gente geneticamente danneggiata, Tris. Pensavi che non me ne sarei accorto?» Scuote la testa. «E poi la tua amica Cara è stata beccata mentre cercava di manomettere l’impianto elettrico, ma molto saggiamente ha fatto in modo di perdere conoscenza prima di poterci dire qualcosa. Così sono venuto qua, per prudenza. Mi dispiace dover dire che non sono affatto stupito di trovarci te.»
«Sei venuto da solo? Non è una mossa molto brillante, non trovi?»
Lui socchiude gli occhi luccicanti. «Be’, vedi, io ho l’antidoto al siero della morte e sono armato, e tu non puoi sconfiggermi. Non c’è modo che tu riesca a rubare i quattro dispositivi del virus mentre ti tengo sotto tiro. Temo che tu sia venuta fin qui invano, e a farne le spese sarà la tua stessa vita. Anche se il siero della morte non ti ha ucciso, lo farò io. Sono certo che capirai. Ufficialmente noi non crediamo nella pena capitale, ma non posso permetterti di sopravvivere.»
Pensa che sia venuta per rubare le armi con cui intendono resettare gli esperimenti, non per usarne una. Ovviamente.
Cerco di controllare la mia espressione, anche se sono sicura di avere ancora la faccia imbambolata. Frugo la stanza con lo sguardo, in cerca del dispositivo per sprigionare nell’aria il virus della memoria. Ero presente prima, quando Matthew l’ha descritto a Caleb fin nei minimi dettagli: una scatola nera con una tastiera color argento, contrassegnata
da un pezzo di nastro adesivo azzurro con sopra scritto il numero del modello. È uno dei pochi oggetti che si trovano sul ripiano lungo la parete sinistra, a soli pochi passi da me. Ma non posso muovermi o lui mi ucciderà.
Dovrò aspettare il momento buono e agire molto in fretta.
«So che cosa hai fatto» prendo tempo. Comincio a indietreggiare, sperando che le mie accuse lo distraggano. «So che hai progettato il siero per la simulazione dell’attacco. So che sei responsabile della morte dei miei genitori, della morte di mia mamma. Lo so.»
«Non sono responsabile della sua morte!» esclama David d’impulso, a voce troppo alta e con uno slancio troppo improvviso. «Le avevo detto che cosa stava per succedere prima che cominciasse l’attacco, perché avesse tutto il tempo di portare al sicuro i suoi cari. Se fosse rimasta nascosta, ora sarebbe viva. Ma era una donna sciocca che non capiva la
necessità di fare sacrifici per un bene più grande, ed è questo che l’ha uccisa!»
Lo guardo interdetta. C’è qualcosa nella sua reazione, nello sguardo vitreo dei suoi occhi, qualcosa che ha farfugliato dopo che Nita gli ha iniettato il siero della paura, qualcosa che riguarda lei.
«Tu l’amavi?» capisco. «Tutti quegli anni in cui lei ti ha mandato i suoi rapporti… il motivo per cui non volevi che rimanesse là… il motivo per cui le hai detto che non potevi più leggere le suecorrispondenze, dopo che aveva sposato mio padre…»
David è immobile come una statua, come un uomo di pietra. «Sì» ammette. «Ma è stato molto tempo fa.»
Dev’essere questo il motivo per cui mi ha accolto nella sua cerchia di persone fidate, per cui mi ha concesso così tante opportunità. Perché io sono una parte di lei, perché ho i suoi capelli e perché parlo con la sua voce. Perché ha passato la vita a cercare di afferrarla senza ritrovarsi niente in mano.
Sento dei passi in corridoio. I soldati stanno arrivando. Ottimo. Ho bisogno di loro. Ho bisogno che entrino in contatto con il siero della memoria, che si propagherà nell’aria, e che lo trasportino nel resto della residenza. Spero solo che arrivino dopo che il siero della morte si sarà disperso del tutto.
«Mia madre non era sciocca» dico. «Aveva semplicemente capito una cosa che tu non riesci a comprendere. Che fare un sacrificio non vuol dire rinunciare alla vita di un’altra persona… quello è un puro atto di malvagità.»
Faccio un altro passo indietro e aggiungo: «Lei mi ha insegnato tutto sul vero sacrificio. Che dovrebbe essere fatto per amore, non per un ingiustificato disgusto nei confronti del patrimonio genetico di un’altra persona. Che dovrebbe essere fatto per necessità, non senza prima tentare tutte le altre possibili strade. Che dovrebbe essere fatto per le
persone che hanno bisogno della tua forza perché loro non ne hanno abbastanza. Ecco perché è necessario che io ti impedisca di “sacrificare” tutta quella gente e i loro ricordi. Ecco perché ho bisogno di liberare il mondo dalla tua presenza, una volta per tutte».
Scuoto la testa.
«Non sono venuta qui per rubare niente, David.»
Mi giro e mi lancio verso il dispositivo. Sento uno sparo e un dolore mi attraversa il corpo. Non so neanche dove mi abbia colpito il proiettile.
Nella testa riesco ancora a sentire Caleb che ripete a Matthew il codice. La mia mano trema mentre compongo il numero sulla tastiera.
Un altro sparo.
Altro dolore e buio ai bordi del mio campo visivo. Sento di nuovo la voce di Caleb. Il pulsante verde. Continuo a sentire mio fratello che ripete le stesse parole, non capisco se è solo la mia immaginazione, mi sento sempre più debole.
La mia testa colpisce il dispositivo, sento un bip e il rumore del meccanismo che si mette in funzione.
Il freddo del pavimento mi da sollievo mentre sento il fuoco spegnersi dentro di me, non posso permettere che succeda, il fuoco è il mio salvagente contro il siero. Con un enorme sforzo guardo nella direzione di David ora accasciato sulla sua sedia a rotelle e dietro di lui c’è Tobias.
«Tris» urla il mio nome, ma gli occhi sono ora troppo pesanti e l’incendio ridotto a una fiammella, mi sento tirare dalla parte opposta a lui e le mie forze non sono sufficienti per resistere.
«Ti amo Tobias»

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Capitolo 3
*** capitolo 51 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO
CINQUANTUNO
 
TOBIAS
IL VIAGGIO DI RITORNO alla residenza è lento e cupo. Guardo la luna scomparire e riapparire da dietro le nuvole, mentre procediamo traballando sul terreno irregolare. Quando raggiungiamo il confine della città, ricomincia a nevicare, con grossi fiocchi leggeri che danzano davanti ai fari. Mi domando se Tris stia guardando la neve sfiorare l’asfalto e raccogliersi in piccoli cumuli accanto agli aerei. Se stia vivendo in un mondo migliore di quello che ho lasciato, tra persone che non ricordano più che cosa significhi possedere geni puri.
Christina si sporge in avanti per sussurrarmi nell’orecchio: «Quindi l’hai fatto? Ha funzionato?»
Annuisco. Nello specchietto retrovisore la vedo coprirsi la faccia con entrambe le mani e sorridere tra sé. So come si sente: salva. Siamo tutti salvi.
«Hai iniettato l’antidoto alla tua famiglia?» le domando.
«Sì. Erano con gli Alleanti, nell’Hancock. Ma l’ora del resettaggio è passata… a quanto pare, Tris e Caleb l’hanno fermato.»
Hana e Zeke mormorano tra loro lungo la strada, pieni di meraviglia verso lo strano mondo oscuro che stiamo attraversando. Amar offre qualche spiegazione dei dettagli principali e, mentre parla, si volta verso di loro, distogliendo lo sguardo dalla strada troppo spesso per i miei gusti. Cerco di ignorare il panico che mi assale ogni volta che si ritrova a schivare all’ultimo secondo lampioni e guardrail, concentrandomi sulla neve.
Ho sempre odiato il senso di vuoto che l’inverno si porta dietro, i paesaggi bianchi e la netta differenza tra terra e cielo, il modo in cui gli alberi si tramutano in scheletri e la città si trasforma in una terra desolata. Forse quest’inverno potrei cambiare idea.
Oltrepassiamo le recinzioni e ci fermiamo davanti all’ingresso, che non è piantonato da nessuna guardia. Scendiamo, e Zeke prende la madre per mano per aiutarla a non scivolare mentre arranca nella neve. Ci avviciniamo alla residenza e ora so per certo che Caleb c’è riuscito, perché non si vede in giro nessuno. Questo può solo significare che
sono stati tutti resettati, che i loro ricordi sono stati cancellati per sempre.
«Dove sono tutti quanti?» chiede Amar.
Attraversiamo senza fermarci il check-point abbandonato. Dall’altra parte vedo Cara. Ha un brutto livido sulla faccia e una benda in testa, ma non è questo che mi allarma. A preoccuparmi, è la sua espressione angosciata.
«Che c’è?» le chiedo.
Lei scuote la testa.
«Dov’è Tris?» domando.
«Mi dispiace, Tobias.»
«Ti dispiace di cosa?» interviene Christina in modo brusco. «Dicci che cos’è successo
«Tris è andata nel Laboratorio Armamenti al posto di Caleb» spiega Cara.
«No…» Christina scuote la testa. «Non è possibile. Ci dev’essere un errore.»
Gli occhi di Cara si riempiono di lacrime. È allora che me ne rendo conto. Ovvio che Tris andrebbe nel Laboratorio Armamenti al posto di Caleb.
Ovvio che lo farebbe.
Christina grida qualcosa, ma la sua voce mi arriva smorzata, come se avessi la testa immersa nell’acqua. Anche i dettagli del viso di Cara sono difficili da distinguere, ma devo sconfiggere questa immobilità che mi sta intrappolando, devo vedere Tris.
 
* * *
Corro verso il Laboratorio Armamenti lasciandomi alle spalle le urla di Christina, il viso straziato di Cara, corro perché è l’unica cosa che può distrarmi dal dolore di vedere una delle mie paure trasportate nella realtà.
Una mano mi afferra il braccio nell’istante in cui sto per svoltare verso il laboratorio, mi giro e davanti a me c’è Caleb. Sento la rabbia crescere dentro di me e sono pronto a colpirlo quando un’altra mano mi afferra l’altro braccio bloccandomi, è Matthew.
«Per di qua» mi ordina Matthew e lo seguo sentendo urgenza nella sua voce, forse non è ancora tutto finito se siamo qui. Sento uno sparo provenire dal laboratorio e comincio a correre e con me anche Caleb e Matthew, rallentiamo solo quando la voce di David è vicina e nitida.
Mi sporgo oltre la spalla di Matthew e vedo la sedia a rotelle di David, senza fare rumore mi avvicino e ora riesco a vedere Tris dentro al Laboratorio Armamenti, David spara di nuovo e la colpisce al petto. Mi giro e strappo la pistola dalle mani di Caleb e miro a David che si accascia sulla sedia, quando alzo gli occhi incrocio i suoi mentre li chiude. Non può arrendersi ora, lei è la mia forza non può mollare.
«Tris» urlo il suo nome e corro verso di lei spostando bruscamente la sedia di David, uno sparo mi coglie di sorpresa e vedo i soldati avanzare verso il laboratorio dal varco che aveva aperto Tris.
Con un braccio le sorreggo la schiena mentre l’altro regge le sue gambe sotto alle ginocchia, non c’è tempo devo portarla fuori da lì. Sono di nuovo accanto a David e quando mi giro per assicurarmi della posizione dei soldati vedo dai loro volti che il siero della memoria comincia a fare il suo corso, me li lascio alle spalle mentre corro per i corridoi del Dipartimento fino all’ospedale. Qui il siero non si è ancora diffuso, un’infermiera arriva verso di me mentre io adagio Tris su una barella.
«Sii coraggiosa» è l’ultima cosa che riesco a dirle prima di vederla sparire dentro ad una stanza.
I passi di corsa alle mie spalle mi fanno voltare, Matthew, Caleb e Christina stanno arrivando verso di me, faccio qualche passo verso di loro nella direzione di Caleb e gli tiro un pugno dritto sul naso che lo fa indietreggiare di alcuni passi. È colpa sua, ho bisogno di avere lui davanti ora per potermela prendere con qualcuno ricacciando indietro il senso di colpa per quello che è successo.
Se fossi rimasto al Dipartimento ora lei sarebbe qui a sorriderti Cerco di ignorare la voce nella mia testa, ma non posso quando mi mette davanti alla verità e l’unica cosa che riesco a fare è colpire nuovamente Caleb, non ho bisogno di incontrare i suoi occhi ora o di leggere in essi quanto o quanto poco tenesse a lei, ha lasciato che prendesse il suo posto nel laboratorio.
Lo lascio agonizzante a terra e cammino a passo deciso fuori dal Dipartimento, Amar e George stanno sistemando un furgone, continuo a camminare ignorando il gesto di saluto di Amar e l’espressione sorpresa di George, ho bisogno di restare solo.

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Capitolo 4
*** capitolo 52 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTADUE
 
TOBIAS
LA VISTA DI CALEB al dormitorio mi è diventata insopportabile, la sua presenza mi ricorda costantemente che Tris ha messo a rischio la sua vita per lui. Non voglio ricordare per quale miserabile vigliacco lei si sia sacrificata, né ripensare a come lui non meritasse ciò.
Oggi è un altro di quei giorni che vorrei cancellare, è il giorno di Uriah.
«Eccovi qui» esclama Christina, correndo verso di noi. Ha la faccia gonfia e la voce debole, come un sospiro pesante. «Venite, è ora. Lo stanno staccando.»
Le sue parole mi fanno rabbrividire, ma mi alzo lo stesso in piedi.
Hana e Zeke non si sono allontanati dal corpo di Uriah da quando siamo arrivati, le mani che cercavano il contatto con la sua, gli occhi che cercavano in lui uno sprizzo di vita. Ma non è rimasta più vita, c’è solo una macchina che gli fa battere il cuore.
Cara cammina dietro me e Christina, mentre andiamo verso l’ospedale. Non dormo da giorni ma non mi sento stanco, non nel modo in cui mi ci sento di solito, anche se il corpo mi fa male quando mi muovo. Io e Christina non parliamo, ma so che stiamo pensando alla stessa cosa… a Uriah e ai suoi ultimi respiri.
Raggiungiamo il vetro che si affaccia nella sua stanza. Dentro la camera ci sono Zeke e Hana, sui due lati di Uriah. Lei gli tiene una mano e lui l’altra. Un dottore, vicino alla macchina per monitorare il cuore, allunga una cartella ad Hana e lei firma.
La voce di Christina interrompe i miei pensieri dando forma al pensiero di tutti noi «Ragazzi, lo staccano».
Nella stanza di Uriah, Zeke e Hana uniscono le mani libere sopra il suo corpo. Vedo le labbra di Hana muoversi, ma non riesco a capire che cosa sta dicendo. Gli Intrepidi hanno delle preghiere per i moribondi? Gli Abneganti reagiscono alla morte con il silenzio e con i riti, non con le parole. Scopro che la mia rabbia sta scemando e mi ritrovo di nuovo
perso in un dolore ovattato per Uriah, il cui sorriso è marchiato a fuoco nella mia memoria. Il fratello del mio amico, e poi mio amico a sua volta, anche se non abbastanza a lungo da farmi contagiare dal suo senso dell’umorismo… non abbastanza a lungo.
Il dottore abbassa alcuni interruttori, stringendosi la cartella contro il petto, e le macchine smettono di respirare al posto di Uriah. Le spalle di Zeke sono scosse da un tremito e Hana gli stringe la mano con forza, finché le nocche le diventano bianche.
Poi dice qualcosa e apre le mani di scatto, fa un passo indietro,allontanandosi dal corpo del figlio. E lo lascia andare.
Mi allontano dal vetro. Cammino all’inizio, poi mi metto a correre fino alla stanza di Tris. Ho bisogno di lei, del calore della sua mano e del suo sorriso, ho bisogno di tenere viva la flebile fiamma della speranza che almeno lei esca vincitrice nella sua lotta contro la morte.
Arrivo davanti al vetro della sua stanza e per un attimo indugio con la mano sulla maniglia, poi entro e l’odore di disinfettante mi pizzica il naso. Avvicino la sedia al suo letto e mi siedo prendendo la sua mano fra le mie.
A vederla così immobile mi sembra ancora più piccola e fragile e mi torna alla mente la nostra vita da intrepidi, i nostri scontri ogni volta che io cercavo di proteggerla, ogni mio stai attenta.
Per un momento la stanza scompare e mi ritrovo vicino allo strapiombo, la mia mano sulla roccia e lei davanti a me.
Non sono debole, sai. Posso farcela da sola.
Tu pensi che il mio primo istinto sia di proteggerti. Perché sei piccola, perché sei una ragazza, o perché sei una Rigida. Ma ti sbagli. Il mio primo istinto sarebbe di spingerti al massimo, spingerti finchè non ti spezzi, solo per vedere quanto resisti.
L’immagine dello strapiombo svanisce restituendomi quella della stanza. Lei non è debole, ora come allora lei è quella più forte tra noi due e io ho bisogno della sua forza. Vorrei poterla spingere di nuovo fino al limite di rottura, vederla aggrapparsi alla vita con la stessa tenacia con la quale mi ha sempre tenuto testa o con la quale sfidava Eric.
Vorrei parlarle ma ho un blocco alla gola e resto così, fermo, ad osservare i lineamenti del suo viso, la curva del collo, i capelli che le incorniciano il viso facendolo risultare ancora più pallido.
«Quattro» la voce di Christina mi desta dai miei pensieri, non mi ero neanche accorto che fosse entrata «Evelyn è arrivata al Dipartimento»
 
* * *
Stiamo guardando i monitor nella sala del centro controllo, Marcus e Johanna sono in piedi al centro dello Spietato Generale e stanno parlando a tutti gli abitanti della città della loro nuova vita.
«Hai già parlato con gli Esclusi? Accetteranno queste nuove condizioni?» Nella mia voce non traspaiono emozioni, quello che ora accade nella città non mi condiziona più come prima, ma è parte del mio passato.
«Accetteranno. Alcuni di loro arriveranno al Dipartimento già da domani, dobbiamo prepararci e dare loro una nuova identità, una nuova vita. Per lo più saranno divergenti, ma ora non conta più questa distinzione, non è così?»
Sento la mano di Evelyn posarsi sulla mia spalla, un segno di conforto forse o un semplice gesto di presenza da parte sua. Non so come comportarmi ora con lei, ha scelto me alla città, ha scelto me al potere eppure mi ritrovo davanti ad una donna che non conosco davvero, davanti a mia madre.
Volevi essere intrepido, e altruista, e intelligente, e gentile, e onesto. Sii tutto questo.
Sposto gli occhi dal monitor per guardare negli occhi Evelyn e le sorrido, impacciato, risvegliando quel bambino che è rimasto sopito in me per tutti questi anni, quel bambino che aveva e ancora cerca l’amore di una madre.
«Le fazioni sono state cancellate e con loro la differenza genetica di ognuno di noi, lei ci è riuscita»
Una nota di orgoglio sale nella mia voce, Tris, la ragazza che amo è l’artefice di tutto questo. Vedo Evelyn fare un lieve cenno di assenso alle mie parole senza spostare gli occhi dai monitor e  mordersi il labbro interno, c’è qualcosa che deve dirmi lo so. Sono tentato di chiederle di fidarsi di me, ma io mi fido davvero di lei?
«Marcus e Johanna stanno raccogliendo consensi» la voce di mia madre mi costringe a prestare attenzione al monitor davanti a noi. Sembra che gli abitanti della città abbiano accolto favorevolmente l’opportunità di vivere senza fazioni e liberi di scegliere della propria vita. Vorrei poter dividere questa piccola vittoria con lei, ma tutto quello che faccio è chiudere gli occhi e stringere nella mano l’aria accanto ad essa come se lei fosse al mio fianco.
Nella sala ci raggiungono anche gli altri, Christina e Cara si avvicinano a noi mentre Peter si guarda intorno curioso e ancora stordito dall’effetto del siero, non vedo Caleb con loro e istintivamente mi rilasso. Lascio che Cara ed Evelyn espongano le loro idee e aspettative per la nuova città, sento Christina unirsi ai loro progetti e per un momento soltanto mi concedo di immaginare quale vita vorrei vivere insieme a Tris.
 
* * *
Il sole sta tramontando mettendo fine ad un altro giorno senza di lei, dando inizio ad una nuova notte lunga e troppo statica per il mio cuore. Non posso permettermi di dormire o sarei risucchiato nel mio scenario della paura costretto a rivivere senza sosta la sua morte.
Non è ancora morta, fidati di lei. Mi aggrappo con tutto me stesso a quella voce nella mia testa mentre i miei piedi mi conducono da lei. Mi guardo intorno prima di entrare nella stanza e chiudere la tenda davanti al vetro, non dovrei essere lì ora, ma è l’unico posto in cui voglio essere.
Le sposto una ciocca di capelli dalla fronte e scendo ad accarezzarle il viso e finalmente torno a stringere la sua mano. Guardo il suo petto alzarsi e abbassarsi ad ogni respiro e cerco di controllare la mia paura respirando al suo ritmo calmo e regolare fino a quando la stanchezza mi trascina giù con sé.



Chiedo la vostra opinione, continuo con un nuovo capitolo o no?

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Capitolo 5
*** capitolo 53 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTATRE
 
CALEB
LA PISTOLA PREME CONTRO il fianco mentre Tris mi urla di passarle lo zaino. Sono in preda al panico, non voglio morire e allo stesso tempo non voglio che sia lei a prendere il mio posto.
Davvero non lo vuoi? L’hai già fatto, lascia che sia lei ad andare. Una voce, la mia voce, risveglia la parte egoista che c’è in me, quella che brama ancora la vita. Forse morire adesso cancellerebbe il mio senso di colpa verso di lei, è giusto che sia così, o forse no?
La confusione nel corridoio è tale che alla fine non cerco nemmeno di impedire a Tris di prendere lo zaino e metterselo sulla spalla, cullato dalle sue parole di conforto. Forse ha ragione, forse lei riuscirà a sconfiggere il siero.
O forse hai solo bisogno di una scusa per non andare tu, codardo.
«L’ho preso in ostaggio! Se vi avvicinate, lo uccido!» la sua voce mi distoglie da quel pensiero. Sono nato abnegante e ho scelto gli eruditi come seconda casa, non sono un intrepido e non lo sarò mai, i miei occhi non luccicheranno mai di determinazione come i suoi. Sono egoista tanto da lasciare che sia lei ad entrare nel Laboratorio Armamenti al posto mio, tanto da lasciarla andare ancora una volta verso la morte.
«Caleb, ti voglio bene.»
A quelle parole le lacrime mi pungono gli occhi e mormoro soltanto «Ti voglio bene anch’io, Beatrice» ed è vero.
«A terra!» la sento urlare contro le guardie, poi la sua voce si addolcisce appena «Se non sopravvivo, dì a Tobias che non volevo lasciarlo.»
Annuisco con la testa ma dubito che lei abbia notato quel gesto, subito dopo sento uno sparo e una delle due guardie davanti a noi urla e scivola a terra. L’altra mira a Beatrice ma io ormai sono lontano da lì e riesco solo a pensare che a quest’ora forse sarei già dovuto essere steso a suolo del laboratorio senza vita. Non penso di correre dietro a lei, non penso di salvarla, penso solo a come salvare me stesso e così mi alzo da terra iniziando a correre verso la guardia, verso la mia salvezza.
Corro fino a lasciarmi quel corridoio alle spalle, corro per rifugiarmi al dormitorio, corro e ad ogni passo sento il mio cuore battere sordo nel petto. Ancora una volta lascio che sia lei a sfidare la morte. Corro fino quasi alla fine del corridoio, ma davanti a me compare Tobias. Mi sento tutto a un tratto in trappola mentre lui avanza con passo deciso verso di me, sento salirmi alle labbra parole di scuse per quello che sta accadendo, parole che non escono bloccate dai suoi occhi fissi su di me, ad ogni suo passo indietreggio. Leggo nei suoi occhi il disprezzo, il suo odio è così forte che mi sento rimpicciolire e il senso di colpa mi schiaccia il petto con sempre più forza. La gola comincia a bruciarmi mentre cerco di far entrare aria e respirare, ma tutto sembra inutile e cado nuovamente a terra sulle ginocchia. Il petto mi fa male, come se qualcuno lo stesse comprimendo fra due pesi, alzo gli occhi e incontro la pistola di Tobias. Improvvisamente sento solo il forte desiderio che lui spari e metta fine a tutta quella sofferenza, ma non lo fa.
«La morte sarebbe solo una liberazione per te Caleb»
All’improvviso lo scenario cambia e non siamo più nei corridoi del Dipartimento, ma nel quartiere generale dei candidi. Sono seduto sulla sedia al centro della sala degli interrogatori e davanti a me ci sono Cara, Christina e Matthew, mentre Tobias è in piedi alla mia destra, nella sua mano riconosco una fiala contenente il siero della verità. Resto immobile mentre fa ruotare l’anello intorno all’estremità della fiala e poi la inserisce nella siringa. Sento l’ago entrare nella vena del collo poi tutto comincia ad annebbiarsi.
La sala è piena di ragazzi provenienti da tutte le fazioni e il loro chiacchiericcio mi giunge come un ronzio indistinto alle orecchie. Quell’interrogatorio è solo apparenza, so già che tutti mi considerano colpevole. I miei pensieri sono confusi e i miei occhi girano per la sala alla ricerca di qualche volto familiare. Vedo in lontananza Susan e accanto a lei i miei genitori, stringo forte gli occhi e li riapro, loro non possono essere lì eppure mi stanno fissando con sguardo vuoto. Il panico comincia a farsi strada in me, devo andarmene da quel posto, devo trovare una via d’uscita.
Cerco di alzarmi dalla sedia e mi accorgo solo in quel momento di avere i polsi legati ai braccioli e le gambe strette tra loro da una cinghia, strattono i polsi cercando di liberarmi e sento il ronzio delle voci nella sala farsi sempre più forte all’accelerare del battito del mio cuore.
All’improvviso tutto tace e quel silenzio mi costringe ad alzare gli occhi, davanti a me vedo lei, Beatrice. Cosa fa lei lì? Non ho tempo per farle nessuna domanda, lei sfila la pistola da dietro la schiena e la punta dritta davanti a sé, avvicina l’altra mano e spara.
Mi sveglio di soprassalto, ho il fiato corto, la fronte madida di sudore e il battito del cuore accelerato. Mi guardo attorno e sono nel buio del dormitorio al Dipartimento, tutti intorno a me dormono estranei al mio dolore.
A fatica mi siedo sul bordo del letto, tocco il pavimento con i piedi nudi e resto così fino a quando il battito del cuore non si è calmato e la mente non è tornata lucida.
Il mio sguardo cerca il letto vuoto di Tris e solo in quel momento mi accorgo che nemmeno Tobias è nel dormitorio, sono giorni che vorrei parlargli, le ultime parole di Tris erano per lui, dovrei dirglielo. Non sono nemmeno sicuro che lui mi ascolterà, ma devo tentare.
Mi alzo deciso dal letto e poco lontano uno specchio mi rimanda l’immagine di un ragazzo pallido, le occhiaie sotto i suoi occhi fanno risaltare il pallore del suo viso, lo guardo e non riesco a riconoscere in lui me stesso, cosa sono diventato?
Non indugio oltre sulla mia immagine e lascio il dormitorio in silenzio, c’è un solo posto dove posso trovare Tobias.
Il Dipartimento sembra deserto a quell’ora della notte e il silenzio è rotto solo dal rumore dei miei passi e dal battito del mio cuore che rimbomba nelle orecchie. Non sono mai andato da lei, non so esattamente cosa aspettarmi, quando arrivo davanti alla sua stanza una tenda è tirata davanti al vetro e sembra dirmi non sei il benvenuto.
Cosa ti aspettavi? L’hai lasciata andare al posto tuo. Il mio senso di colpa urla nella mia mente, ma questa volta lo scaccio, metto la mano sulla maniglia della porta e la apro.
Resto fermo sulla soglia mentre la guardo sdraiata sul letto, le coperte la coprono solo per metà. Alla sua destra c’è l’asta che sorregge la flebo e un macchinario che tiene monitorato il suo battito cardiaco che ora risulta regolare. Dall’altro lato Tobias è seduto sulla sedia e tiene il viso contro la sua spalla mentre le stringe la mano, il suo respiro calmo e regolare mi fa supporre che stia dormendo.
Sento il vuoto dentro me e so che il mio posto non è più vicino a lei, non sono più parte della sua vita, rompo la mia immobilità e mi giro lasciandomi tutto alle spalle e mi allontano da lì.
 
* * *
Siamo tutti nella sala grande del Dipartimento per decidere del futuro di un’intera città. Gioco nervoso con un elastico mentre ascolto gli altri discutere, di certo il mio parere non è richiesto così come la mia presenza è superflua.
Ogni tanto incrocio gli occhi di Cara, ma anche lei ora ha delle riserve su di me, come potrei biasimarla?
Cerco di prestare attenzione alle loro parole, ma tutto mi arriva ovattato mentre cerco il coraggio di tornare da lei, mentre provo a racimolare abbastanza fegato da parlare con Tobias.
Chiudo gli occhi estraniandomi da quello che mi circonda, dall’indifferenza di tutti loro, dal dolore sordo che mi opprime il petto fino a quando mi sento al limite e allora sbotto.
«Vi accanite tanto a trovare un passato per la gente del dipartimento, ma non pensate alle persone della periferia?»
La sala cala nel silenzio e cinque paia di occhi si girano simultaneamente verso di me. L’ostilità di Tobias e Christina si scontrano con lo stupore di Cara, l’indifferenza di Matthew e la curiosità di Evelyn, ma nessuno di loro parla e così proseguo.
«Volete raccontare a tutti della verità sul passato, volete dire loro che anche prima della guerra della Purezza altre persone avevano scatenato un’altra guerra per ragioni ignote e credete così di ristabilire la pace? Credete che la gente della periferia che per generazioni è stata trattata da inferiore, gente marchiata come geneticamente danneggiata, accetti tutto e vada avanti?»
Erano tutti degli stupidi a credere che questo sarebbe bastato. Anche se le persone del dipartimento avessero ricordato un passato diverso, una storia che li poneva alla pari dei GD, cosa impediva a questi di sollevarsi contro di loro? L’unica davvero interessata alle mie parole era Evelyn, ma la sua  curiosità fu bruscamente interrotta da Tobias
«Christina, tu e Cara domani vi occuperete di continuare a insegnare la storia a quelli del dipartimento. Matthew, tu dovrai…»
Tobias stava continuando il suo discorso come se io non avessi parlato, la sua voce decisa era diretta a tutti loro tranne che a me, ma questa volta mi avrebbe ascoltato.
«Davvero volete continuare così?» mi alzai di scatto dalla sedia, poggiai i palmi delle mani sul lungo tavolo della sala e alzai la voce «mia sorella è quasi morta…»
«Sta zitto!» La sua voce è tagliente come la lama di un rasoio «Tris è quasi morta perché tu non sei altro che un vigliacco.»
«Tu non sei tanto migliore di me Eaton» so che il suo cognome lo ferisce ed è l’unico tasto che posso toccare ora per metterlo al mio pari, perché alla fine lui ha ragione e non riesco ad accettarlo.
Lo vedo avvicinarsi a passo deciso, gli occhi iniettati di sangue. Sono un vigliacco. Sono un traditore. L’ho provocato perché è quello di cui avevo bisogno, di una valvola di sfogo per non pensare a lei, per non pensare che è solo colpa mia.
Non reagisco quando il suo pugno si schianta contro il mio naso, barcollo e mi tengo stretto al tavolo. Colpisce di nuovo, questa volta in pieno petto e sento l’aria abbandonarmi di colpo, mi piego a metà su me stesso con un gemito. Non reagisco ai suoi colpi che, uno dopo l’altro, mi indeboliscono fino a farmi crollare sul pavimento freddo della sala.
Sento ogni parte del corpo pulsare dal dolore e solo allora mi ricordo di quelle parole. Tossisco e il sangue macchia il pavimento davanti a me, cerco di farmi forza sulle braccia e mi sposto da lui cercando di evitare il calcio che mi sfiora la gamba.
«Devo dirti una cosa» la mia voce è flebile e mi manca la forza per continuare, ma devo farlo, probabilmente non avrò un’altra possibilità « mi ha detto che, se non fosse sopravvissuta, avrei dovuto dirti…» mi si strozzano le parole in gola, la vista è annebbiata e mi sento sempre più debole, devo continuare, ora «che non voleva lasciarti»
Faccio uno sforzo e alzo lo sguardo per trovare il suo mentre vedo il suo piede avvicinarsi sempre di più al viso, non ho tempo per capire prima di sentire un forte dolore alla testa. Le urla nella sala mi arrivano ovattate, giro gli occhi e davanti a me non vedo più Tobias, ma mio padre. Mi raggiunge e mi porge la mano, lo sguardo mite e i suoi vestiti da abnegante mi fanno pensare che magari sto solo sognando, ma lentamente le voci intorno a me si dissolvono e c’è solo il silenzio. Le immagini confuse e appannate lasciano spazio al nulla, l’unica persona che vedo è mio padre e mi aggrappo a lui in quest’ultimo viaggio.




Ho dedicato questo intero capitolo al punto di vista di Caleb, voi cosa ne pensate?

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Capitolo 6
*** capitolo 54 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTAQUATTRO

TOBIAS
LO SCONTRO FISICO è sempre stato l’unico modo che conoscevo per sfogare le mie emozioni, per questo devo ringraziare la mia seconda casa negli intrepidi. Fin da prima della mia Cerimonia della Scelta, cercavo nella corsa la mia valvola di sfogo dall’oppressione di mio padre. Da quella sono passato agli scontri nell’arena degli intrepidi, ma questa volta è diverso dal combattere ad armi pari nell’arena, quello che prima facevo seguendo tecnica e pensiero ora lo faccio accecato dai miei stessi sentimenti.
L’odio per Caleb è troppo forte per impedirmi di alzarmi dalla sedia e raggiungerlo, non penso ad altro se non che lui è il responsabile di tutto questo. Non penso al dopo, forse perché non vedo un domani nell’immediato senza di lei e questo solo per colpa sua.
Tutti nella sala si sono alzati dai loro posti, sento Evelyn urlare di fermarmi e le voci degli altri sovrapporsi alla sua, ma è tutto così lontano da me in quel momento.
Anche le parole di Caleb mi arrivano ovattate, parole che mi parlano di Tris e che alimentano sempre più la mia furia verso di lui. Lo odio e questo mi impedisce di fare qualsiasi altra cosa diversa dal continuare a colpirlo a calci, vedo il suo corpo steso a terra inerme e nemmeno allora riesco a fermarmi. A malapena mi accorgo che il suo petto ha smesso di alzarsi e abbassarsi, tutto intorno a me è vuoto, tutta la mia concentrazione è solo per quel grido sordo che dentro di me mi incita a continuare.
 
* * *
Mi risveglio che il sole sta lasciando una scia arancione all’orizzonte, sono intontito e la mia vista è sfuocata tanto da non farmi riconoscere dove sono.
Sbatto più volte le palpebre e lentamente comincio a percepire i dettagli di quella stanza, così simile a quella di Tris che per un attimo il cuore manca un battito. Gli ultimi ricordi sono della riunione e dello scontro con Caleb, era pieno giorno, questo significa che l’ho lasciata sola per troppo tempo. Cerco di mettermi seduto sul letto e un forte dolore mi colpisce alla testa, appoggio i gomiti sulle gambe e mi stringo la testa tra le mani cercando di fermare l’incessante martello che preme contro le mie tempie.
«Finalmente ti sei svegliato»
La voce di Evelyn mi arriva come una lama, sento i suoi passi avvicinarsi e mi costringo ad alzare la testa per guardarla.
«Da quanto tempo sono qui? Che mi è successo?» avrei altre domande da farle, ma il dolore è troppo forte per sopportare il peso anche di quelle.
La sua mano sulla mia spalla, delicata e decisa allo stesso tempo, mi fa stendere di nuovo e obbediente la seguo mentre lentamente il dolore comincia a diminuire.
«Quasi due giorni Tobias, siamo stati costretti a iniettarti il siero immobilizzante. Caleb è morto.»
Due giorni è tutto quello a cui riesco a pensare, sono fermo in quel letto da due giorni e lei è rimasta sola per tutto questo tempo. La notizia della morte di Caleb non mi tocca, per me era già morto nel momento esatto in cui misi piede al Dipartimento, nel momento in cui realizzai che ero dannatamente vicino a perdere Tris e ancora lo sono.
«Dimmi di lei» sposto lo sguardo su Evelyn e fisso i suoi occhi «come sta Tris?»
La vedo alzare un sopracciglio e guardarmi sorpresa.
«Hai ucciso suo fratello Tobias, anche se si risvegliasse non ti perdonerebbe mai di averlo fatto. Ha rischiato la sua vita per lui e tu hai reso vano tutto quanto.»
Non riesco a risponderle, quel pensiero non mi aveva minimamente sfiorato, per me la morte di Caleb era come renderla libera di scegliere la vita, ma Tris avrebbe sempre rischiato la vita per qualcuno.
Mi fa sentire meglio che non metterà più la sua vita prima di quella di Caleb? No, non mi sento sollevato perché ora so che potrebbe farlo per Christina, Cara o anche Matthew.
Improvvisamente sento ogni certezza abbandonarmi, la morte di Caleb non mi sembra più la soluzione a tutto, niente è cambiato intorno a me dopo. Tris non è qui a tenermi la mano, io non mi sento appagato e soddisfatto come immaginavo, la sua è stata una morte vuota capace solo di aprire in me una ferita che forse non riuscirò mai a rimarginare senza la mia Tris.
«Lasciami solo»
Giro il viso sulla parete opposta per non guardarla e sento il silenzio farsi pesante intorno a noi, solo il rumore della sedia che si sposta e della porta che si apre segna la sua uscita dalla stanza. Mi sento sprofondare in una spirale di emozioni contrastanti e continuo a girare sempre più veloce mentre davanti ai miei occhi si forma l’immagine del suo viso.
So che lei può perdonarmi per quello che ho fatto.
So che può, deve.
 
* * *
 
Sono al centesimo piano dell’Hancock, davanti a me si estende la città e la fune della zip-line che sembra sospesa nel vuoto. Il rigido ha paura sento la voce di Eric alle mie spalle, sovrastata dalle risate degli altri. Il mio nome è Quattro, chiamami rigido un’altra volta e io e te avremo un problema. Le mie parole si disperdono nell’aria fredda della sera, vedo Eric alzare gli occhi e le spalle in segno di indifferenza e un sorriso beffardo si disegna sulle sue labbra. Non fui il primo a saltare il giorno dell’iniziazione, ma fui comunque la notizia del giorno dopo aver attraversato il mio scenario della paura. Avevo saltato per ultimo e sempre per ultimo avevo affrontato le mie paure, ma Amar mi aveva dato la forza per entrare negli intrepidi e questo mi sarebbe bastato.
Avevo fatto una promessa a me stesso, non sarei mai più stato ultimo, ma l’avrei infranta volentieri quella sera. Una mano forte mi attirò a sé avvicinandomi all’imbracatura, alzai gli occhi e riconobbi Zeke.
«Forza Four!»
La voce di Zeke rimbalza nella mia testa mentre sento tirarmi sempre di più verso il vuoto.
«Avanti Four, non c’è tempo!»
L’immagine della zip-line comincia a vacillare e la voce di Zeke si fa sempre più nitida, non capisco la sua urgenza, ho promesso che lo farò.
«Four svegliati!!!»
Il suo urlo mi scuote e il sogno svanisce davanti ai miei occhi. Non mi ero accorto di essermi addormentato, sembrava tutto così reale. Mi guardo intorno e riconosco la stanza dove ho passato gli ultimi due giorni, sposto il viso di lato e vedo Zeke in piedi accanto al letto. La sua aria accigliata mi ricorda il tono preoccupato nella sua voce, veloce mi siedo sul letto e lo guardo interrogativo.
«Che sta succedendo Zeke?»
Il mio occhio registra un movimento all’angolo destro, mi giro di scatto e vedo Amar sulla soglia della stanza.
«Vi volete muovere? Ti ho mandato a chiamarlo non a fare conversazione»
Ancora mi stupisco di come Amar possa essere affabile un attimo prima e severo quello dopo, a volte è entrambe le cose come ora che incontra i miei occhi e un piccolo sorriso si fa largo sulle sue labbra.
«Andiamo Four, ha bisogno di te»

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Capitolo 7
*** capitolo 55 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTACINQUE
TRIS
SENTIVO LA FIAMMA SEMPRE più debole e una forza mi attirava verso qualcosa di freddo e vuoto. Forse era questo morire, lasciare il calore della vita per il vuoto e la solitudine, ma io non volevo questo, volevo tornare indietro.
È troppo tardi no non lo è, posso ancora lottare.
Posso farcela. Devo. Non è reale.
Non sta succedendo veramente, la mia mente è determinata a reagire come se mi trovassi in una simulazione, come se altro non fossi se non nella scatola che continuava a restringersi intorno a me e Tobias.
Tobias. Devo tornare da lui, non voglio che tutto finisca così. Ormai non c’è più luce intorno a me, mi lascio cadere sulle ginocchia fino a toccare un terreno secco che mi graffia la pelle. Lascio che le mie ginocchia e i palmi delle mani si riempiano di piccoli graffi mentre, a tentoni, cerco anche il più piccolo appiglio intorno a me. Mi sposto su quel terreno irregolare, per sconfiggere il buio serve luce. Il mio cuore comincia a battere sempre più forte assordandomi, non posso permettere alla paura di prendere il sopravvento, ormai so come batterla.
Uno, due, tre…
Incespicando mi alzo in piedi e mi immagino una luce nascere flebile sopra di me, un piccolo fascio luminoso che lentamente si espande rischiarando tutto intorno. Non sono in una scatola chiusa, sono su un terreno secco e deserto per miglia e miglia.
Sono sola.
Certo anche solo un piccolo dettaglio che mi faccia riconoscere quel posto, ma vedo solo la stessa distesa grigia ovunque io guardi, poi improvvisamente, come un miraggio, scorgo una sagoma in lontananza.
Inizio a camminare verso quell’unico appiglio, prima cauta poi sempre più veloce fino a correre nella sua direzione iniziando a riconoscere la struttura della ruota. È la ruota panoramica che ho scalato insieme a Tobias quando abbiamo giocato a strappabandiera.
Quando sono abbastanza vicina lo scenario comincia a riempirsi di particolari, come se prendesse vita dal nulla e sempre dal nulla sento delle voci avvicinarsi.
Christina, Will, Marlene, Uriah, Quattro e altri iniziati si avvicinano alla giostra, a chiudere la fila c’è una ragazza bionda con i capelli raccolti in una coda, alza gli occhi per guardarsi intorno e riconosco in lei me stessa.
Sento di nuovo il cuore accelerare nel petto, sto rivivendo la mia stessa vita, questa volta da estranea.
Non sono nello scenario della paura, non mi troverei ad affrontare l’altezza altrimenti.
«Scenario della vita»  
Sussurra una voce familiare alle mie spalle, la voce di mia madre.
«Mamma» sento un nodo in gola.
La guardo avvicinarsi e leggo nei suoi occhi orgoglio.
«Sei così forte e bella, guardati»
Sento il tocco della sua mano sulla guancia e le lacrime mi pungono gli occhi, le lascio scorrere sul viso mentre le sorrido. Forse non avrò più la possibilità di rivederla, l’abbraccio forte respirando il suo profumo che sa di casa, amore e semplicità.
Come sarebbe stata la mia vita se avessi scelto di rimanere tra gli abneganti? Il dubbio scompare presto dalla mia mente, non mi sarei mai sentita davvero viva come lo sono stata tra gli intrepidi. Non avrei avuto l’amore di Tobias e la possibilità di una nuova vita.
Sciolgo l’abbraccio e le sorrido.
«Mamma, perché sono qui?»
«Sii forte, sii coraggiosa Beatrice. Puoi farcela»
Ogni volta che le faccio una domanda lei riesce ad eluderla, mi lascio distrarre dal suo sorriso incoraggiante e forte e mi giro per guardare quello che mi attende alle spalle. Sembra quasi che un nuovo scenario si stia componendo davanti ai miei occhi, ho superato la ruota, la morte di mia madre.
Intorno a me è di nuovo scuro, sono al quartiere generale degli intrepidi, vicino allo strapiombo. In flash continui vedo pezzo dopo pezzo altri estratti del mio passato più prossimo. Il mio primo bacio a Tobias, la prima chiacchierata da ragazze con Christina, il sorriso di Uriah mentre mi invita a unirmi a lui e Marlene, Tobias che mi conduce verso il suo scenario della paura.
Sento le mani sudare e le premo contro la maglietta cercando di non farmi scoprire. Rivivere il suo scenario è sicuramente la parte più angosciante di questo mio viaggio. Ricordo perfettamente le sue paure, anche se sono cambiate da quando l’ho attraversato la prima volta con lui, sono sempre quattro e so che ora ci sono anche io nello scenario. La paura di uccidere un’innocente è stata soppiantata dalla paura di perdere me, no non credo di poterlo reggere, ma non ho altra scelta se voglio arrivare alla fine di questo viaggio.
Mentre le paure di Tobias scorrono sulle pareti la mia mente cerca una spiegazione a tutto ciò. Perché sarei arrivata ad affrontare lo scenario della vita? È forse questo il passaggio che tutti noi dobbiamo compiere prima di poter andare oltre? Allora sono morta, non tornerò più da lui.
L’angoscia si insinua strisciante in me, le lacrime salgono agli occhi pungendoli e annebbiandomi la vista, la gola comincia a chiudersi arrivando quasi a impedirmi di respirare. Ora lo so, sono morta.  
«Tris»
La voce di Tobias mi costringe ad alzare gli occhi, lui è lì davanti a me con le braccia incrociate e lo sguardo accigliato.
«Hai scelto gli intrepidi per essere una di loro. Alzati e continua a combattere.»
La sua voce è tagliente e fredda come quella di Eric, mi passo le mani sulla maglietta e mi preparo a combattere mentre intorno a me si definisce l’immagine dell’arena. Non riesco a vedere il mio avversario nascosto ancora dall’ombra, ma appena la luce lo colpisce rimango per un attimo impietrita.
Non è Molly e nemmeno Peter, mi aspettavo di dover combattere con un intrepido e invece mi trovo davanti a Caleb. Mi avvicino a lui di qualche passo, è di nuovo vestito come un abnegante, come quando aveva finto di essersi pentito della sua scelta.
Sono diffidente verso di lui, ho sempre pensato di conoscere bene mio fratello, ma dopo la Cerimonia della Scelta tutto è cambiato e lui è diventato un’altra persona.
«Perché sei sull’arena Caleb?»
Lui guarda per un attimo Tobias e questo mi distrae. Non l’avrebbe mai costretto a battersi, non è da lui. Torno a guardare mio fratello in attesa di una risposta.
«Perché non voglio morire Beatrice. Combatterò, riuscirò a batterti e tu perderai ogni cosa.»
Non sono pronta quando lui sferra il suo primo colpo, ancora incredula alle sue parole. Anche lui sta lottando per la vita, il siero della morte deve averlo colpito.
Caleb attacca di nuovo e questa volta mi colpisce alla spalla, indietreggio creando spazio tra di noi. Ci studiamo camminando in cerchio nello spazio dell’arena.
«Avanti, non è un gioco questo. Combattete.»
«Sta zitto Quattro» Sono nervosa, le mani mi sudano e hanno cominciato a tremare. Devo decidere chi di noi due merita di più di vivere, cambiare fazione ha cambiato anche me e non sempre in bene, cosa mi fa credere che io meriti di più di lui di vivere?
Io voglio vivere. Non mi importa se lo merito davvero, non mi importa se per vivere dovrò battere Caleb, non sono la ragazza invisibile e abnegante ora, sono la ragazza intrepida che non vuole arrendersi e non lo farà.
Questa volta attacco io per prima colpendolo dritto alla gola e subito dopo in pieno petto. La sorpresa è un vantaggio, si piega a metà e riesco così ad afferrare il suo braccio e lo blocco dietro la schiena. Piego il braccio e con il gomito gli assesto un colpo fra le scapole che lo fa cadere in ginocchio. Sono pronta a colpirlo con un calcio, ma la sua mano è più veloce e mi afferra la caviglia tirandomi a terra. Sbatto con forza la schiena e mi sfugge un gemito di dolore. Caleb è già in piedi pronto ad attaccare, non posso dargli l’opportunità di indebolirmi, devo farcela. Scanso il suo colpo e mi rialzo in piedi, c’è determinazione nei suoi occhi ma ce n’è molta di più nel mio cuore.
Ora non mi chiedo più se potrò vincere il combattimento.
Ora so che lo farò.
 
* * *
«Tris»
Di nuovo la sua voce che mi chiama, ma questa volta è dolce, supplichevole.
«Tris ti amo, torna da me»
Sento il peso del suo viso sulla spalla, il suo fiato vicino al mio orecchio e un brivido mi percorre la schiena. Mi sento debole ma viva. Le sue labbra sfiorano la mia guancia e il cuore comincia ad accelerare.
Intorno a me comincio a distinguere sempre di più il suono di un macchinario, lo stesso che avevo già sentito al quartiere generale degli eruditi quando Jeanine aveva ordinato la mia morte.
Alcune voci si sovrappongono a quella di Tobias e al rumore del macchinario.
Ce l’ha fatta. Oh Tris sei qui. Chiamate un medico, svelti!
Nella mia mente si confondono e non riesco ad associarle a nessuno in particolare, ma voglio vedere di nuovo i miei amici, il mio ragazzo, mio fratello. A fatica apro gli occhi e la luce dalla stanza mi stordisce colpendo con forza i miei occhi ancora abituati al buio.
Una mano li copre appena e non posso che essere grata per quel gesto, sposto lo sguardo alla mia sinistra e incontro gli unici occhi capaci di darmi forza ora.
«Tobias»
Le sue labbra sfiorano delicatamente le mie e non ho bisogno di altro.
Ho sconfitto il siero.
Ho duellato con la morte e l’ho sconfitta.
Tobias è al mio fianco.
Sono viva.
 

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Capitolo 8
*** capitolo 56 ***


Come per Caleb, anche questo capitolo ha un punto di vista azzardato e allo stesso tempo molto personale.
Spero che incontri comunque il vostro favore e spero di essere riuscita ad essere fedele al personaggio nonostante la nota personale.
Chi non ha una migliore amica? Io ho la fortuna di averne una molto speciale e questo capitolo è dedicato a lei perchè rivedo in noi l'amicizia che lega Christina e Tris.
Aspetto le vostre recensioni e vi auguro buona lettura!
xoxo

 

Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTASEI
CHRISTINA
ORA MI SENTIVO DAVVERO sola al dipartimento. Cara cercava in tutti i modi di distrarmi, ma non capiva che i suoi modi, i suoi sorrisi, lei mi ricordava Will.
Ero riuscita ad andare avanti perché tutto intorno a me era sempre in pieno movimento, ogni evento non lasciava mai il tempo di ripresa prima del successivo. Eravamo usciti dalla città sperando di trovare qualcosa di meglio e ci siamo imbattuti nel dipartimento dove di nuovo il dolore ha segnato tutti noi.
Tris si è spinta a combattere faccia a faccia con la morte quando già Uriah aveva perso la sua battaglia e con lui Caleb. Le immagini di Tobias alla sala riunioni ancora mi danno da pensare, quanto odio può aver chiuso dentro se stesso prima di arrivare a scoppiare così.
Quei pensieri, come quasi tutti, mi riportano sempre a lei che ancora sta combattendo la sua battaglia.
Guardo l’orologio, ho ancora un’ora prima che Cara richiami il gruppo del pomeriggio per la lezione di storia. Studio la stanza, tutto è al proprio posto e pronto, esco e cammino in direzione dell’ospedale, sento il bisogno di lei ora e so che sarà lì ad attendermi.
Per fortuna i corridoi sono deserti, non avrei sopportato di dover giustificare la mia presenza in quel posto fuori orario.
Cara era impegnata, Tobias era nella sua stanza forse ancora sotto l’effetto del siero, Peter non ricordava più nulla, George insieme ad Amar e Zeke erano impegnati fuori dal dipartimento e quindi ero piuttosto sicura di trovare la stanza di Tris vuota al mio arrivo.
Non rimasi delusa quando aprii la porta, nessuno occupava la sedia accanto al suo letto, ma sarebbe rimasta vuota ancora per poco. Chiusi la porta alle mie spalle e presi posto accanto a lei, la sua mano era calda e il suo respiro regolare, a guardarla così sembrava che dormisse di un sonno rilassante, ma non potevo ingannare la mia mente.
Non sarei riuscita a pensarla addormentata, sapevo quello che realmente celava quel sonno.
«Tris» sussurrai lieve «dormire così a lungo lasciando il lavoro agli altri non è un comportamento da abnegante sai?»
Cercai di sdrammatizzare, ma la voce mi si incrinò a metà frase. No, non sarei mai riuscita a fingere. Non ero divergente, ma non avevo passato abbastanza tempo tra gli intrepidi per perdere la mia natura di candida, forse anche questo significava essere almeno un po’ divergente.
Scacciai quei pensieri, ora a chi importava più quello che eravamo se non a noi stessi. Le differenze erano state annullate e l’esperimento era stato smantellato ed era tutto merito suo.
Le strinsi forte la mano e con l’altra le sistemai i capelli che le ricadevano intorno al viso.
«Mi manchi Tris, sei la mia migliore amica e non accetterò una tua sconfitta questa volta.»
Ricacciai indietro le lacrime, avevo pianto troppo dalla morte di Will e mi ero ripromessa di non caderci di nuovo. Mi schiarii la gola sedendomi meglio sulla sedia, dovevo essere io quella sensata al momento se gli altri non erano in grado di esserlo.
Se Tobias non è in grado di esserlo.

 
Presi un bel respiro e rilassai i muscoli, solo in quel momento mi accorsi di essere tesa come mai prima.
Tobias non era in sé e questo aveva fatto sì che Tris rimanesse sola fino ad ora, ma più di ogni altra cosa la sua rabbia aveva ucciso Caleb e in parte me ne sentivo responsabile.
Non avevo fatto nulla per trattenere Tobias, avevo guardato inerme la scena davanti a me e avevo provato una sensazione di piacere strisciare nello stomaco.
Riuscirò a reggere lo sguardo di Tris quando lo scoprirà? Non ne sono convinta, ma dovrò provarci. O forse potrei provare ora.
«Tris, sono sempre io» un piccolo sorriso nasce sulle mie labbra «non prendermi per matta, stavo racchiudendo le idee per raccontarti un po’ di novità.
Spero tu sia pronta per sentirle tutte, forse dove sei hai un appiglio dove reggerti forte, se così fosse reggiti amica mia, inizia la corsa.
Il tuo desiderio di morte ancora non si è placato, dovevi proprio prendere il posto di Caleb nel Laboratorio Armamenti? Non potevi lasciare a lui il compito di salvarci tutti ed essere per una volta egoista? Non smetterai mai di pensare davvero come un’abnegante eh?
Mi dispiace, ma tuo fratello ha abbandonato la nave, Tobias l’ha buttato fuori a calci»
Il tono allegro che mi ero imposta all’inizio lascia ben presto spazio ad un tono serio e il sorriso abbandona il mio volto.
Nonostante tutto il mio astio per Caleb non riesco davvero ad odiarlo ora. La morte cancella in parte i ricordi negativi di una persona, che strano effetto ha sulla nostra mente.
Mi bagno le labbra e ricomincio a parlare, ora più concreta.
«Tobias non ha mai perdonato a Caleb di averti lasciata andare al Laboratorio. Fino a due giorni fa aveva tenuto dentro di sé un odio così grande che era destinato ad uscire prima o poi, così è stato. Senza te è un’altra persona, insieme riuscite ad essere migliori sai?
Caleb è morto Tris, Tobias l’ha ucciso e io non ho nemmeno pensato di mettermi a sua difesa. Sì Tris, sono colpevole tanto quanto lui della sua morte. Tobias era impazzito, non stava combattendo come sull’arena degli intrepidi, stava combattendo da ragazzo ferito e solo, solo senza te e..»
Un sibilo mi impedisce di continuare a parlare, osservo il macchinario dall’altro lato del letto e il suono continua incessante a invadere la stanza. Il battito cardiaco sembra regolare, ma non ho modo di capire davvero cosa sta succedendo.
Un medico mi porta fuori dalla stanza mentre altri corrono al suo interno. Osservo la scena impotente, mi avvicino al vetro che lascia vedere all’interno della stanza e cerco di capire dai gesti dei medici, ma invano.
«Christina! Eccoti finalmente, ti aspettavo per la lezione»
La voce di Cara mi scuote e mi giro verso di lei, il disappunto sul suo volto sparisce in fretta, sostituito dalla paura.
«Che succede?»
Riesco solo a scuotere la testa, non so cosa stia succedendo e questo mi fa paura. Ho paura di perderla, è la mia migliore amica e non posso permettere che accada.
Sei impotente davanti a questo. E niente è più vero.
Vedo Cara avvicinarsi al vetro e poi guardarmi di nuovo.
«Eri dentro? È successo qualcosa Christina?»
Annuisco
«Sono entrata e le ho parlato, è da troppo che non mi comporto da amica con lei. Non immaginavo succedesse qualcosa. Forse è un bene»
E mentre lo dico ogni fibra del mio corpo spera che sia così.
Perché dovrebbe sempre essere negativo il suono di un macchinario.
«Forse si sta svegliando»
Cara non parla, è concentrata su quello che accade all’interno e io mi sento di nuovo sola come quando ho deciso di venire qui. Ora so che non perderemo mai la nostra fazione, sarà sempre parte di noi come ora la vena erudita ha preso il sopravvento su Cara e l’ha allontanata da me.
 
* * *
Il buio del dormitorio mi avvolge, sento i respiri regolari degli altri intorno a me e finalmente mi preparo ad una notte serena.
Il ricordo di Will stanotte non sarà più così doloroso, non sparirà ne sono consapevole, ma la gioia di avere di nuovo Tris al mio fianco è troppo forte ora per lasciarmi andare al dolore.
Tris è sveglia, ancora una volta lei ha vinto e ha dato nuova energia a tutti. Nessuno di noi ne era davvero consapevole, ma sapevamo nel profondo di noi, che se lei non si fosse risvegliata la vittoria avrebbe per sempre avuto un retrogusto amaro.
Ora i nostri cuori sono più leggeri, ora possiamo permetterci di godere davvero appieno della prospettiva di un nuovo futuro.
Non c’è la paura nel proporre un nuovo cambiamento, non c’è il velato senso di colpa dietro ad ogni sorriso, ad ogni sogno.
Semplicemente aprendo gli occhi ci ha donato di nuovo speranza, gioia, voglia di fare e ha ridato il via alla vita.
Non sarei rimasta sola in questo nuovo mondo, amiche sul treno per una nuova vita, amiche per sempre.
 

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Capitolo 9
*** capitolo 57 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO

CINQUANTASETTE
TRIS
LE LABBRA MI FANNO male e faccio fatica a parlare, ma la mente è vigile e sa che dietro a tutte le attenzioni di ognuno di loro si cela qualcosa.
Tutta quella gente intorno mi aveva fatto salire un forte mal di testa, ma anche la consapevolezza di essere importante per ognuno di loro, ma la persona più importante per me era lui.
I miei occhi non riuscivano a stare per troppo tempo lontani dai suoi, avevo provato davvero a prestare attenzione agli altri, ma era come se lui ne richiedesse silenziosamente di più.
Dal mio risveglio non è passato un solo momento in silenzio, tutti a chiedermi se mi sentissi bene o se avessi bisogno di qualcosa, alla fine esasperata li avevo mandati tutti fuori, compreso Tobias.
Avevo bisogno di silenzio e di pensare, di riorganizzare le idee e di capire cosa fosse successo.
L’euforia stava svanendo e con lei i pensieri felici proiettati nel futuro. Ogni cosa positiva portava con sé una nota di tristezza.
Ero viva, ma sentivo che mancava un pezzo.
Avrei avuto un futuro con Tobias, ma la gioia non colmò mai per davvero i suoi occhi e l’idea che mi stesse nascondendo qualcosa mi metteva a disagio.
Avevo riabbracciato di nuovo Christina, ma ero certa fosse successo qualcosa che non voleva dirmi.
Ero di nuovo con tutti loro, ma mancava Caleb.
All’improvviso ogni tassello sembrava aver preso il suo posto nel quadro, il solo pensiero che non avevo visto mio fratello era bastato per farmi capire cosa era realmente successo.
Caleb era morto ed io ero viva.
L’immagine di noi sull’arena degli intrepidi esplose d’un tratto nella mia mente, io e lui a batterci per la vita, io che soffoco il mio animo altruista e lotto con tutta la forza, la determinazione e la testardaggine che ho contro mio fratello.
Un senso di vuoto ora mi riempie il cuore. Io non sono altruista, io l’ho ucciso per avere tutto questo.
Lascio che le lacrime mi righino il volto, lascio la mia mente vagare nei ricordi fino a scorgere due bambini abneganti che giocano nell’erba, due fratelli di neanche un anno di differenza, che sorridono correndo verso i loro genitori. Un bambino e una bambina ignari del futuro che li aspetta.
 
* * *
Le lacrime si sono già asciugate sul viso quando vedo Tobias dall’altra parte del vetro. Con un piccolo sforzo chiudo i miei ricordi in un cassetto e gli sorrido facendogli cenno di entrare.
Mi sento debole così come sento forte il bisogno di lui. Lo guardo camminare verso di me e avvicinare il suo viso al mio, lascio che le sue labbra sfiorino le mie e che il suo amore mi dai un nuovo soffio di vita.
Quando mi stacco dal suo bacio gli sorrido con il cuore, felice di non essere davvero sola in quel momento.
«Avevo paura di trovarti addormentata»
Il suo sorriso non riesce davvero a distrarmi dal tono preoccupato della sua voce
«Sono qui Tobias, sono viva»
Gli sorrido e lui mi sfiora di nuovo le labbra, un brivido mi scuote il cuore e scende lungo la schiena.
«Ti amo» la mia voce trema in un sussurro, lo amo davvero e non è la prima volta che lo dico, è la prima volta che il mio amore per lui è così potente da essere viva.
Abbiamo bisogno l’uno dell’altra, sento l’urgenza nei nostri baci, la pelle bruciare al tocco delle sue dita. Potrei dimenticarmi di ogni cosa in questo momento, ma è lui a riportarmi alla realtà staccandosi da me.
«Ti amo anch’io Tris» i suoi occhi fissano i miei ancora per alcuni secondi poi la distanza che mette è troppa, siamo di nuovo due persone separate ora.
«Per questo ho bisogno di dirti una cosa importante. Niente più segreti, ricordi?»
Il tono della sua voce mi fa tornare a prima del suo ingresso, so già cosa vuole dirmi, vorrei dirgli che lo so e che sto bene, ma forse ho proprio bisogno di sentirmelo dire per renderlo davvero reale.
Annuisco con un cenno del capo e mi sistemo meglio nel letto, cercando in una nuova posizione la forza per ascoltare le sue parole.
«Si tratta di tuo fratello» dillo Tobias, dillo «Caleb è morto, mi dispiace Tris.»
Le lacrime tornano a pungere gli occhi, ma questa volta non cadono, le ricaccio indietro con fin troppa facilità. Le immagini dell’arena tornano vivide più che mai.
«Sono stato io Tris»
Tutto intorno a me si ferma, sento solo il martellare del mio cuore e il rumore leggero del mio respiro. Tutto ha perso valore ora, il mio senso di colpa si sgretola davanti ai miei occhi. Non so cosa faccia più male, che sia stato Tobias ad ucciderlo o che io abbia messo la mia vita prima della sua. Ho combattuto con lui in quella che io credevo fosse una simulazione, ma se fosse successo realmente non gli avrei comunque permesso di vincere. Sono egoista e per questo sono viva.
Non è Tobias che devo perdonare, ma solo me stessa.
Mi sento all’improvviso stanca di lottare, stanca che ci sia sempre qualcosa che si interpone tra noi due, qualcosa che ci impedisce di essere davvero felici.
Sento dentro di me la mia rabbia urlare di allontanarlo, vorrei non essere debole e ferma in un letto per scagliarmi contro di lui e prenderlo a pugni nel petto. Vorrei poter urlare, piangere, gridare, una parte di me già lo fa e lo odia per quello che ha fatto.
Una parte di me.
Sì, perché l’altra Tris sa che può perdonarlo, che nella loro breve vita hanno già sofferto abbastanza da meritarsi la felicità di un nuovo futuro insieme. Il mio cuore brama tutto questo, ma allo stesso tempo si chiede se potrà averlo con lui.
Potrò mai fidarmi di nuovo di Tobias? Potrò di nuovo amarlo e guardarlo con gli stessi occhi dell’intrepida che ha trovato in lui la sua nuova famiglia?
Posso.
Voglio.
«Il rimorso, il senso di colpa e la paura l’hanno ucciso» e so che quelle parole sono vere. Quelle parole sono quelle che mi servono per andare avanti.
Caleb è morto vittima del suo stesso carattere, vittima delle sue scelte.
Avvicino il viso a quello di Tobias e lo bacio, voglio dimenticare e voglio farlo con lui.
 
* * *
 
Il mio risveglio non è più la notizia della giornata, tutti sono tornati ai loro compiti e la sera mi ha colto impreparata.
Sorrido al mio ragazzo quando entra in stanza, senza parole mi solleva dal letto e mi porta fuori. Il calore del suo corpo si scontra con la fresca brezza della sera e rabbrividisco. La sua presa salda mi culla fino al dormitorio, i medici erano contrari a farmi lasciare l’ospedale, ma la mia testardaggine non ammette dinieghi.
La sfida con la morte non ha cancellato il coraggio, o come alcuni preferiscono definirlo, l’incoscienza che è in me.
Stanotte dormirò di nuovo al sicuro fra le sue braccia.
Voglio lasciarmi il passato alle spalle, voglio ricominciare da zero, voglio essere una nuova persona.
Beatrice ha lasciato gli abneganti per decidere autonomamente del suo futuro.
Tris è sbocciata tra gli intrepidi per prendere in mano le redini della propria vita con determinazione e coraggio.
Six è la ragazza che ha dentro sé grandi ferite da ricucire e che è pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua vita.
La fase dell’adolescenza è finita, la vita da adulta mi aspetta ed io sono pronta.
Mi lascio cullare dal battito del cuore di Tobias, le sue braccia mi tengono strette a sé con la paura che al risveglio io possa essere solo un lontano ricordo.
Non voglio più sopravvivere, ora voglio vivere e voglio farlo con Tobias al mio fianco.

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Capitolo 10
*** capitolo 58 ***



Grazie a Miss Black


CAPITOLO
CINQUANTOTTO
una settimana dopo
 
TOBIAS
 IL SUO RISVEGLIO è aria nuova nei polmoni, è speranza, è vita. La mia vita.
Di nuovo i miei sogni hanno un senso e un futuro insieme a lei, di nuovo il sorriso è tornato a farsi largo sulle mie labbra.
Il suo allontanarmi insieme agli altri al risveglio non è bastato a farlo scomparire, sebbene per un solo momento ho temuto che tutto sarebbe cambiato. Da quando lei ha riaperto gli occhi, dal momento esatto che le mie labbra si sono posate sulle sue, il mio cuore ha ripreso a battere e niente riuscirà a cancellare questa sensazione.
Lei mi ha cambiato, la costante paura di perderla delle ultime settimane mi ha reso diverso quel tanto che è bastato per aprirmi subito con lei.
Non avrei sopportato l’idea di avere altri segreti con lei, non avrei accettato di consumare e perdere altri giorni felici insieme per colpa di una bugia.
Mi hanno cacciato fuori dalla stanza, esasperati della mia presenza, ma sono riuscito comunque a portarla via quella sera stessa.
I suoi baci, le sue braccia attorno al mio petto, il suo respiro lento e regolare mentre dorme abbracciata a me. Ho bisogno solo di questo per essere davvero me stesso, ho bisogno di Tris. Delle nostre risate e dei nostri scontri, le liti e le riappacificazioni, i suoi sedici anni e i miei diciotto. Due ragazzi sul sentiero dell’essere adulti, giovinezza e maturità insieme.
In questa settimana avevo capito che Tris non mi aveva ancora davvero perdonato per la morte di suo fratello, ma c’era qualcosa che le impediva di incolparmi e liberarsi di quel peso anche con me.
Avevo più volte cercato di iniziare a parlare di quel momento, di capire cosa davvero la tormentasse, ma non era ancora pronta a parlarne e con i giorni avevo smesso di ritornare sul discorso.
* * *
Cammino per il corridoio del Dipartimento diretto fuori, la neve continua a cadere soffice e per ogni fiocco che cade mi lascio alle spalle un pezzo della mia vecchia vita.
Come una bugia è la soluzione momentanea ad un problema più forte, così lasciare che la neve copra piano piano i ricordi del mio passato è solo un’illusione momentanea di essere una persona completamente diversa. So che prima o poi dovrò tornare a fare i conti con quel ragazzo che è fuggito alle angherie del padre, so che resterà sopito dentro di me senza mai lasciarmi davvero, ma ora non mi importa. Ora voglio solo sentirmi libero di sognare un futuro diverso insieme a lei.
«Tobias eccoti finalmente. E così Tris si è svegliata»
La neve aveva attutito il rumore dei suoi passi cogliendomi di sorpresa. Sento la sua mano poggiarsi sulla mia spalla e giro il viso verso di lei sorridendole.
«Sì, finalmente si è svegliata»
«E finalmente io ho di nuovo mio figlio»
Respiro a pieni polmoni l’aria fredda intorno a me e guardo mia madre al mio fianco. Lasciare la città per lei è stata una scelta del tutto positiva, ne ha giovato più di ogni altro. I segni del passato restano visibili su di lei, ma sono meno profondi ora e la rendono più giovane. I nostri occhi si incontrano e ci sorridiamo finalmente liberi.
«Non ti avrei abbandonata mamma»
Vedo il suo sorriso allargarsi a quella parola. Da quando l’avevo ritrovata tra gli esclusi non avevo usato che il suo nome di battesimo, ma ora le cose stavano cambiando e io avevo bisogno ancora di lei come madre.
«Stai mentendo e lo sai» mi rimprovera «avevi già abbandonato tutti da settimane. Non eri tu il ragazzo che si aggirava come un fantasma nel Dipartimento, quel ragazzo che voleva dimenticare ogni cosa e che era così pieno di odio per sé stesso e il mondo tanto da uccidere Caleb»
Deglutii a quelle parole e guardai lontano verso l’orizzonte. Lei mi rendeva una persona diversa, accanto a lei mi sentivo migliore e non potevo biasimare mia madre per quello che aveva detto. Sapevo quale sarebbe stata la sua prossima domanda, decisi di anticiparla.
«Lei lo sa. Le ho detto che suo fratello è morto e che sono stato io ad ucciderlo»
Alza un sopracciglio e mi guarda sorpresa, forse vedendomi davvero per la prima volta per un ragazzo diverso da quel bambino che aveva lasciato negli abneganti, diverso anche da quel ragazzo che aveva accettato i suoi piani pur di sentirsi ancora amato.
«Abbiamo passato troppo tempo a farci del male per difendere dei segreti, ora non voglio perdere più neanche un minuto felice con lei»
Il suo sguardo si addolcisce prima di farsi cupo.
«I segreti non sempre feriscono, a volte sono necessari per sopravvivere»
«Non con lei, non più» ed ero determinato in questo.
Non sarebbe stato un lavoro semplice, sarei di certo inciampato ancora e ancora in questo sbaglio. Avrei tenuto nascosti pensieri e omesso parole, ma nessun miglioramento arriva senza errori, nessuna felicità è al sicuro dal dolore.
 Vedo nei suoi occhi che ci sono cose di cui vorrebbe parlare con me, le sue iridi si spengono appena quando è troppo pensierosa.
«Con tuo padre non è finita, voglio tornare in città e seguire tutto in prima linea. Abbiamo dato e perso tutti molto in questa battaglia, niente deve essere stato vano e sai che non mi fido di Marcus»
Annuisco alle sue parole.
«Nemmeno io riesco a fidarmi fino in fondo di lui, ma non so se sono pronto per ritornare in città ora»
Fisso lo sguardo su un punto lontano, nella direzione della città. Chicago rappresenta per me un passato che non vorrei replicare nel mio futuro, mentre qui fuori spero ancora ingenuamente di avere un’occasione migliore.
«Tris deve riprendersi ancora, non può affrontare il viaggio per tornare in città»
Forse è solo una bugia che mi racconto, una scusa per non affrontare a testa alta le mie radici e vedo riflesso negli occhi di mia madre il suo disappunto. Lei sa che sto cercando di scappare, ma non replica.
Sento il suo lieve tocco sul braccio e un sorriso le nasce sulle labbra mentre guarda alle mie spalle. Non la vedo ma capisco che lei ora è lì con noi.
Evelyn si allontana per lasciarci soli, non sono partite con il piede giusto loro due, ma avranno tutto il tempo per sistemare ogni cosa, ora l’importante è solo che Tris sia ancora al mio fianco.
Lentamente mi giro e la vedo camminare verso di me, mentre cerca riparo dal freddo in quel giubbotto forse troppo grande per lei. Il bianco contro la sua pelle la fa sembrare ancora più pallida e indifesa di quello che è, ma ora che siamo senza più fazioni non è più importante il colore dei vestiti che indossiamo.
Faccio qualche passo verso di lei e in silenzio la stringo forte tra le mie braccia, lei alza i suoi grandi occhi verso i miei ed io non posso far altro che perdermi nel suo sguardo.
«Ti amo Tris»
«Ti amo anche io Tobias»
I suoi occhi brillano e sorride poco prima di avvicinare le labbra alle mie.
No, non scapperò per sempre dal passato, non sono più solo.
Tobias e Beatrice.
Quattro e Tris.
* * *
Un vecchio passato da cancellare, un nuovo futuro ancora da scrivere. Non mi importa quanto dura sarà questa nuova strada finchè avrò lei al mio fianco.
Impareremo di nuovo a fidarci l’uno dell’altra e decideremo ora noi il nostro futuro. Non siamo e non vogliamo essere una cosa sola.
Saremo coraggiosi, costruendoci il nostro futuro pezzo dopo pezzo.
Saremo onesti, impegnandoci a non avere più segreti tra noi.
Saremo gentili, prendendoci cura l’uno dell’altro.
Saremo intelligenti, cercando di evitare le liti con il dialogo.
Saremo altruisti, ritagliando ogni giorno del tempo da dedicare all’altro.
Liberi di essere noi stessi.
Saremo divergenti!
 

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