Misfire di Ambaraba (/viewuser.php?uid=219272)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 2: *** Io e te ***
Capitolo 3: *** Momenti ***
Capitolo 4: *** Andiamo a trovare il dott. Ben Matheson? ***
Capitolo 5: *** ... Etciù! ***
Capitolo 6: *** Rose ***
Capitolo 7: *** Miles Matheson as: Bob l'Aggiustatutto ***
Capitolo 8: *** Lividi e fotografie ***
Capitolo 9: *** Sei sempre stato il mio angelo custode ***
Capitolo 10: *** Guarda cos'ho trovato! ***
Capitolo 11: *** Ale', oh-oh! ***
Capitolo 12: *** Per dirti grazie ***
Capitolo 13: *** Un giorno per noi ***
Capitolo 14: *** Insonnia, temporali e vaniglia ***
Capitolo 15: *** Di mia esclusiva proprietà ***
Capitolo 16: *** Chiuso per ferie ***
Capitolo 17: *** Vernice, settembre, matite, giochi ***
Capitolo 18: *** Rewind: Vacanze e gelosie ***
Capitolo 19: *** Il mio posto è accanto a te ***
Capitolo 1 *** Un nuovo giorno ***
AU Bar
Mani. Sveglia. "Spegnila". Cuscini.
Bass, occhi blu, sorriso, luce, risate, "Buongiorno", tepore,
caffè, sole, finestre aperte, mattina, capelli spettinati,
"Vieni qua".
Miles, sonno, "Stamattina non mi alzo", occhi chiusi, calzini spaiati,
barba di due giorni, magliette sparse in giro, stirarsi, sbadigliare,
girarsi dall'altra parte.
Di nuovo Bass, doccia, profumo di sapone, suono di passi, "Sbrigati,
dai", carezze, "Ti amo", jeans e scarpe, "Non si trova mai niente qua
dentro", e ancora Miles, "Sei sempre di fretta, fermati", chiude Bass
contro il muro, baci dati per forza, leggera lotta, e Bass che ride,
"Mi fai cadere, smettila", e Miles, presa da rugbista, lo rovescia sul
letto come un cesto di piume, "Voglio fare l'amore con te", gemiti,
dita intrecciate, solletico, piacere, baci sul collo, sulle guance,
abbracci, "Forse ora dovremmo alzarci", "Hai ragione", ancora un bacio,
Bass che scivola fuori dal letto rapido e silenzioso come un gatto,
sorriso disarmante; Miles rinuncia a poltrire e si decide ad alzarsi.
Arrivarono al bar in orario, nonostante i piccoli "rallentamenti" mattutini.
Miles si stropicciò gli occhi ancora sbadigliando, salì
le scalette, infilò la chiave nel nottolino e tirò su la
serranda, mentre dietro di lui sentiva il tintinnio delle chiavi che
Bass stava tirando fuori dallo zainetto.
Bass s'infilò dentro quando la saracinesca era ancora a
metà, aprì la porta. Mentre piano piano si svegliava,
Miles sorrise. Bass appena sveglio era qualcosa a cui non riusciva a
resistere. Trovava sempre il tempo di fare l'amore con lui, la mattina,
anche se andavano di fretta. "Tu non esci da questo letto finché
non lo dico io", gli aveva detto una volta, ridendo. Un'altra di quelle
volte in cui erano in ritardo.
Buio. Miles ancora non si sapeva orientare nel locale anche se lo
gestivano ormai da un anno; Bass invece si muoveva a suo agio
nell'oscurità che conosceva, andò ad accendere le luci.
Il posto era semplice ma ben tenuto, ricordava un po' i vecchi pub
irlandesi.
Bass si tolse lo zainetto dalla spalla, si tolse la giacca, sorrideva.
Era sempre felice di fare quelle piccole cose che avviavano il lavoro
di tutta una giornata. Sparì sotto il bancone.
- Birra finita, - disse, disappunto, sopracciglia lievemente aggrottate.
- Alle dieci passo a prenderla, - Miles lo seguì dietro il
bancone, dopo essersi tolto a sua volta la giacca ed essersi tirato su
le maniche.
Pulirono la macchina del caffè. Miles diede una spazzata per
terra mentre Bass tirava giù le sedie dai tavoli, infine
passarono il panno sul bancone. Bass guardò Miles, assorto a
lucidare i bicchieri, con un sorriso lieve che si allargava piano
piano. Lo raggiunse di soppiatto e lo abbracciò da dietro, mosso
improvvisamente da un desiderio di contatto che lo stava facendo
tremare sulle gambe. Miles si voltò, lo abbracciò a sua
volta, lo baciò sulla testa.
- Cosa c'è, - gli chiese, respirando il suo profumo, - carenza d'affetto?
Bass ridacchiò, contro la sua spalla, stringendoglisi addosso.
Restarono ad accarezzarsi in silenzio per un po'. Era bello prendersi
cinque minuti di tranquillità prima di iniziare, trasformare un
luogo pubblico nel loro spazio privato. Quel luogo era la loro piccola
isola felice. Era stata dura arrivarci.
Miles ricordava tutto fin troppo bene.
Avevano cominciato a infastidirli a scuola con piccoli dispetti, isolandoli, gettandoli poco per volta ai margini.
Poi avevano cominciato con cose più pesanti. Botte, scritte
oscene sulla porta di casa, insulti per strada, libri bruciati,
preservativi usati nella cassetta delle lettere e negli armadietti,
inseriti attraverso le fessure.
Avevano dovuto sopportarne di tutti i colori. Qualcuno aveva messo in giro delle voci. Ed erano cominciati i guai.
Miles reagiva: agli insulti con gli insulti, alle botte con le botte.
Non aveva nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa, non
gliel'avrebbe data vinta. Cercava di essere forte abbastanza per
entrambi.
Bass non ce la faceva. Più la situazione si aggravava,
più per lui diventava difficile andare avanti. Erano diversi,
Miles e Bass. Il primo scaricava la rabbia all'esterno, era capace di
correre dietro a quegli stronzi per gonfiarli di botte come se nulla
fosse, anche se magari poi ci beccava; Bass invece si lasciava ferire,
non era in grado di gestire tutto quel disprezzo, non riusciva a
capacitarsene.
Miles aveva sempre amato il lato ingenuo e candido di Bass. Non vedeva
il male nel mondo, si fidava delle persone, era sempre sorridente. Non
riusciva a concepire l'idea che una persona potesse fare del male a
un'altra perché non faceva quello che le dicevano di fare.
Miles cercava di difenderlo, di sostenerlo, di farlo sentire protetto,
di attutire la violenza che si stava stringendo loro intorno, ma Bass
soffriva ugualmente.
Aveva cominciato a piangere tutti i giorni, la sola idea di andare a
scuola lo terrorizzava. Nel giro di tre mesi era diventato un'ombra.
Non mangiava, non dormiva, non riusciva a fare niente. Miles si sentiva
morire, dentro, perché lo vedeva arrendersi e voleva
impedirglielo, ma non sapeva cosa fare.
Bass cominciò a soffrire di febbri frequenti. Era come se il suo
organismo fosse arrivato al limite, gli creasse degli ostacoli per non
farlo avvicinare a quella situazione che gli creava così tanta
angoscia. Spesso la mattina stava male e non andava; Miles restava a
casa con lui per accudirlo, gli diceva che dovevano reagire, che se si
fossero lasciati sottomettere quella storia non sarebbe mai finita.
Un giorno Miles tornò a casa, all'ora di pranzo, pestato e sanguinante. Aveva un sopracciglio e uno zigomo spaccati.
Gli stronzi lo avevano infastidito sulla strada di casa.
- Frocio di merda, succhiacazzi, rottinculo!
Cercò di ignorare gli insulti, continuò a camminare. Era
un esercizio di calma che richiedeva tutta la sua pazienza e
concentrazione.
Riuscì benissimo, almeno finché non tirarono in ballo Bass.
- Cosa fai, vai a scoparti la tua principessina? Dev'essere brava a letto, la sgualdrina.
In un attimo, gli era andato il sangue in testa.
- Mai quanto quella vacca di tua madre, testa di cazzo!
E gli aveva tirato il primo cazzotto, che aveva spento le luci al bulletto e aveva dato inizio alla zuffa.
Bass era tornato a casa prima perché aveva un po' di nausea. Si
era messo tranquillo in soggiorno a leggere un libro, ma quando lo
aveva visto tornare in quel modo era sbiancato, era corso subito da
lui.
- Miles, Miles, che è successo??? Stai bene? - I suoi occhioni
blu erano spalancati e preoccupati. Miles gettò pesantemente lo
zaino a terra, Bass si strinse forte a lui, con le lacrime agli occhi.
- Non è successo niente, sto bene... - cercò di
tranquillizzarlo. Tutto inutile: l'altro era scoppiato a piangere a
dirotto. Lo baciò sulla testa, passò le dita sulle sue
guance per asciugargli le lacrime. Bass non accennava a fermarsi,
sussultava come se avesse le convulsioni. Era troppo. Aveva paura.
Miles si sentì spezzare a sentirlo piangere così di
cuore.
- Ti prego... Andiamo via da qui... - singhiozzò, tremando
forte. Non poteva sopportare che facessero del male a Miles. E se un
giorno gli fosse successo qualcosa? Che avrebbe fatto? Non poteva stare
senza di lui. Era la persona che amava di più al mondo, era la
sua famiglia. Era tutto quello che gli serviva per essere felice. Miles
era il suo punto di riferimento, la sua sicurezza; era la sua vita.
Miles lo accarezzò, cercando di confortarlo. Doveva farlo. Doveva portarlo via da lì, era la soluzione migliore.
- Ancora un mese e mezzo. Un mese e mezzo, Bass. Ci diplomiamo,
troviamo un cazzo di lavoro e ce ne andiamo da questo posto di merda, -
disse, passando le dita tra i suoi riccioletti. - Anzi, no, sai che
facciamo? - continuò. - Ci dividiamo i compiti. Io vado a
lavorare e tu pensi solo a riprenderti, a stare meglio. -
Accarezzò le sue guance leggermente scavate, segno di troppe
notti insonni e di nervosismo che gli chiudeva lo stomaco, gli impediva
di mangiare. - Ci penso io a te, pulcino. - Lo strinse affettuosamente
a sé. L'altro tremava ancora. - Te lo prometto.
- Ho paura, Miles-- Ho paura che ti succeda qualcosa... - disse Bass, la voce che tremava, attutita contro la spalla dell'altro.
- Non mi succederà niente, non avere paura. Non può
succedermi niente perché sono il tuo cazzutissimo angelo
custode, e il mio compito è proteggerti. - Gli posò
entrambe le mani sulle guance, lo obbligò ad alzare lo sguardo
su di lui. Miles per un attimo trattenne il respiro davanti a quegli
occhi bellissimi, ora arrossati e pieni di lacrime. Cercò di
mostrarsi il più calmo possibile per infondergli un po' di
sicurezza.
- Andrà tutto bene, Bass. Un mese e mezzo, e poi ce ne andiamo
da qua. Te l'ho promesso. Dobbiamo solo tenere duro per un altro po'. -
L'altro tirò su col naso, l'aria smarrita di un ragazzo tornato
improvvisamente bambino. Miles lo baciò delicatamente sulla
fronte. - Me lo fai un sorriso, ora? - si sforzò di sorridere
per primo, anche se questo voleva dire sentire di nuovo pulsare la
fottuta ferita sullo zigomo, porca puttana. Bass annuì, e si
sforzò a sua volta. Miles lo baciò ancora e poi si
scostò leggermente, si tolse la giacca e gli passò un
braccio intorno alle spalle, guidandolo di nuovo verso il soggiorno.
- Allora, ti è passato poi il mal di stomaco? - chiese, cercando di cambiare discorso. Bass scosse la testa: - Insomma...
Miles lo fece sedere, Bass lo guardò.
- Stai qua. Vado a preparare qualcosa da mangiare, magari è fame.
- No, ci penso io! - Bass si era rialzato, gli aveva dato un bacio
sulla guancia. - Tu stai qua, stai messo peggio di me. E vado a
prenderti qualcosa per disinfettarti le ferite, mmm?
Era sparito prima ancora che potesse dire una parola. Avevano passato
il pomeriggio abbracciati, dopo aver sgranocchiato qualcosa. Bass aveva
insistito per medicarlo lui anche se Miles voleva fare tutto da solo, ma
alla fine l'aveva avuta vinta Bass. Quando ebbe finito, Miles lo
guardò, e senza preavviso lo prese tra le braccia e lo
coprì di baci. Bass rideva, Miles poteva sentire quanto
quell'improvvisa manifestazione d'affetto lo riempisse di
felicità, lo distraesse dall'angoscia che aveva provato poco
prima. Aveva sentito un inarrestabile moto di tenerezza verso quello
scricciolo arruffato che aveva insistito per prendersi cura di lui, non
era riuscito a trattenersi. Tutte le volte che lo abbracciava gli si
stringeva il cuore nel sentirlo così debole e smagrito, ma
sapeva che una volta trovata un po' di tranquillità le cose
sarebbero tornate normali, e anche Bass avrebbe smesso di stare male.
- Che ti prende? - aveva chiesto Bass, ridendo, intrappolato tra le sue
braccia. Gli piaceva. Gli piaceva da morire quando Miles lo circondava,
lo teneva stretto, lo baciava e lo riempiva di carezze.
- Ti amo, - sussurrò Miles sul suo orecchio, prima di riprendere
a baciarlo, senza lasciarlo andare. Bass sparì nel suo
abbraccio, si strinse forte a lui con un sorriso che avrebbe illuminato
a giorno la notte più scura.
- Ti amo anch'io, tanto, - rispose, inspirando a fondo il suo profumo e
chiudendo gli occhi. Era una cosa che lo faceva sentire al sicuro, fin
da quando era piccolo, e che avrebbe fatto sempre, anche dopo, tutte le
volte che aveva bisogno di tranquillizzarsi.
Quel pomeriggio era stato l'inizio di un cambiamento.
Si misero a studiare seriamente e un mese e mezzo dopo, come Miles
aveva pianificato, si erano diplomati. Il giorno subito dopo Miles
aveva cominciato a cercare un lavoro, ed era finito a consegnare pizze
porta a porta.
- Non è un granché, ma meglio di niente, - aveva detto,
sorridendo, a Bass. Aveva messo da parte un po' di stipendi, e quando
ebbero abbastanza soldi tornò a casa da Bass con una cartina del
loro stato, gli coprì gli occhi con le mani e gli fece scegliere
un posto a caso.
Si trasferirono a un centinaio di chilometri di distanza. Ai loro
genitori dissero che volevano andarsene perché il posto in cui
vivevano non offriva possibilità.
Affrontarono il trasloco con entusiasmo. L'appartamento era piccolo e
completamente vuoto, in affitto. La sera in cui portarono le loro prime
cose, fecero l'amore sul pavimento in mezzo agli scatoloni.
Bass cominciò a stare meglio giorno dopo giorno. Cambiarono
duecentomila lavoretti, senza mai stancarsi. Tornavano a casa la sera
con una leggerezza dentro che non avevano mai avuto. Alla gente di quel
posto non fregava niente del fatto che vivessero insieme, nessuno dava
loro fastidio.
Un giorno passarono davanti ad un locale vuoto che un tempo era stato
un colorificio. C'era un cartello con su scritto "Affittasi". L'idea
era frullata in mente a tutti e due, sul momento, ma avevano rimandato
la discussione alla sera, quando si accoccolarono sul divano a guardare
un film.
Miles fu il primo a tirare fuori la questione.
- Ma come facciamo? Ci vorranno un sacco di soldi per fare una cosa del
genere, e poi la licenza, e poi è da mettere a posto... - Bass
era un po' eccitato e un po' spaventato, ma la prospettiva gli piaceva.
- Facciamo qualche sacrificio in più, almeno per un altro po'.
Magari ci metteremo qualche mese a fare tutto, ma ne sarà valsa
la pena! Vuoi mettere? Potremmo lavorare fianco a fianco tutto il
giorno. Niente più orari impossibili, e giornate intere senza
vederci. E poi, quando ci va, molliamo tutto e ce ne andiamo da qualche
parte, lasciamo che se ne occupino gli altri. È il bello di
avere qualcuno che lavora per te, no? - Miles era stato convincente.
Messa così, a Bass sembrava il paradiso.
Avevano preso la decisione.
Circa sei mesi dopo, il "Misfire" aveva aperto per la prima volta.
Dopo circa una mezz'oretta, il bar aveva cominciato a lavorare a pieno
regime. C'erano un sacco di pendolari che venivano a svegliarsi con un
caffè prima di prendere il treno, gente che stava per andare in
ufficio e ragazzini che magari saltavano la prima ora di scuola per
fare colazione tutti insieme. La macchina del caffè rombava come
se fosse sul punto di esplodere. La quantità di lavoro era
così tanta che chiunque altro avrebbe dato di matto dopo un'ora
al massimo; Bass invece serviva tutti con un sorriso, non era mai
stanco, e regalava caramelle e dolcetti ai piccoli clienti. Non stava
mai fermo. Miles cercava di tenere il passo, anche se era impossibile
stargli dietro. Avevano preso una specie di tacito accordo per cui il
momento della colazione era quello in cui chi lavorava di più
era Bass; poi Miles gli diceva di mettersi a sedere e si occupava della
marea di gente che veniva a pranzare da loro, serviva gli avventori del
locale e anche quelli ai tavoli esterni; Bass lo scrutava dallo
sgabello mentre lucidava i bicchieri o preparava una bibita, e rideva
nel vederlo sgusciare goffamente tra i tavoli, sempre sul punto di far
cadere tutto. Il pomeriggio, per qualche ora, l'affluenza
diminuiva, e Bass riprendeva ad assistere Miles nelle piccole faccende.
Poi arrivava la sera, e il locale si riempiva di nuovo di gente
smontata dal lavoro, di amici che si riunivano a bere e chiacchierare.
Scambiavano qualche battuta con tutti, la gente era simpatica e a poco
a poco avevano imparato a farsi voler bene da tutti. Si sentivano bene.
Spesso la sera erano stanchi, ma erano felici.
Quasi sempre, dopo la chiusura, era Miles a guidare, e Bass si
addormentava sul sedile accanto. Arrivavano a casa, si scambiavano baci
e carezze e facevano l'amore, poi crollavano. Al buio, a volte, Miles
sfiorava Bass con lo sguardo, una carezza invisibile dalla testa ai
piedi. Era rinato. Si era di nuovo dischiuso, come un fiore fragile e
bellissimo, riaprendosi piano alla vita. Buttarsi insieme in
quell'impresa aveva fortificato ancora di più il legame che
c'era tra loro. Avevano sopportato ingiustizie, dolore, e poi
stanchezza, difficoltà, momenti di sconforto, ma si erano
sostenuti a vicenda ed erano riusciti a costruirsi intorno un piccolo
mondo in equilibrio, dove tutto funzionava e i brutti momenti erano
solo un ricordo. Miles si incantava a guardarlo e ogni volta realizzava
di essere completamente perso per Bass. Era una parte indivisibile di
lui. Era la persona che amava di più al mondo. Era quel bambino
che all'asilo aveva cominciato a chiamare "pulcino". Era il suo amico,
il suo fratellino piccolo, il destinatario di tutto il suo amore. Non
desiderava nient'altro.
NOTE:
Rieccociiii :) A breve distanza di tempo, direi!
Ho ritrovato questo pezzo di storia in mezzo agli altri e ho deciso di pubblicarlo :) L'immagine a cui accennavo e' questa: http://25.media.tumblr.com/a0f9e2fc0dc401b69a5c40b1e9b1f1a9/tumblr_mvvlal77fD1qeq9u0o1_500.png
Spero vi sia piaciuta anche se stavolta ho inserito qualche
"complicazione" in più....! Però sono del parere che il
lieto fine si gode meglio se bisogna faticare un po' per arrivarci!!!
Non so se la continuerò, aspetto suggerimenti (e soprattutto dei ritagli di tempo per scribacchiare u.u)
Un abbraccio a tutti quelli che leggeranno,
A :)
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Capitolo 2 *** Io e te ***
AU BAR 2
Un nuovo giorno.
Bass, sapone, acqua. Miles, ciabatte, sbadigli.
"Vatti a preparare, intanto cucino qualcosa", "Mmm", vapore, e di nuovo
luce, profumo di primi fiori, ormai c'è il sole, acciottolio di
piatti, odore di caffè, un'occhiata all'orologio.
Bass rise, chiuse lo zainetto.
- Dai, andiamo, facciamo tardi tutti i giorni... Non è
professionale, - glielo diceva quasi tutte le mattine, ma Miles non
imparava mai. Eppure, non riusciva mai ad essere convincente, Bass.
Farsi chiudere da Miles era troppo bello.
Non resistette, quando l'altro gli infilò le mani sotto la
maglietta e accarezzò i suoi fianchi stretti, a contatto diretto
con la sua pelle nuda, e contemporaneamente spostò la stoffa per
scoprirgli la clavicola e baciarlo prima sul collo e poi dietro la nuca.
Miles ridacchiò sottovoce. Bass sentì qualcosa premere contro il sedere.
- Ops... - sussurrò Miles sul suo orecchio, - Miles 2 si è svegliato...
- Mmm... Non c'è tempo...! - mugolò Bass ad occhi chiusi,
divincolandosi leggermente per sfuggirgli. Lo faceva per gioco, e lo
sapevano benissimo tutti e due che in realtà non aveva nessuna
intenzione di sottrarsi.
- Crudele insensibile, vorresti lasciarmi così tutto il giorno?
Potrebbe avere delle gravissime ripercussioni sul mio equilibrio
psicofisico... - Miles non era per niente intenzionato a lasciarlo
andare. Era sempre eccitato come una bestia, e ovviamente era Bass a
farne le spese - con estremo spirito di sacrificio e dedizione alla
causa.
Bass sapeva di buono. Il suo profumo attirava Miles come una calamita.
L'altro prese a baciarlo senza lasciarlo un attimo. A Miles piaceva,
piaceva, piaceva da morire. Lo sollevò a sedere sul tavolo, e
Bass si arrese. Lo fece accomodare tra le sue gambe e gli
allacciò pigramente le braccia al collo, passò le dita
tra i suoi capelli scuri, ad occhi chiusi, prendendosi tutti i baci e
le carezze che Miles aveva da dargli.
Amava quel lato di lui. Miles sapeva essere irruente ma anche dolce,
quando voleva, e si prendeva cura di lui in un modo che lo faceva
sciogliere tutte le volte.
Quando Miles riprese a baciarlo sul collo, Bass ridacchiò, tra
le sue braccia. Miles non era il tipo che si faceva la barba tutti i
giorni, e quando lo baciava pungeva e gli faceva il solletico. Miles
continuò a baciarlo e a percorrerlo con le mani senza prestarci
troppa attenzione, finché non sentì il dito di Bass
tracciargli una linea sulla guancia con qualcosa di appiccicoso e
profumato. Si scostò quel tanto che bastava per vedere che
l'altro aveva infilato un dito nella marmellata, dispettoso, e lo stava
guardando con un misto di divertimento, dolcezza e leggera malizia
negli occhioni blu. Miles rimase disorientato per un attimo,
incuriosito dal suo comportamento; Bass approfittò di quel
secondo per baciare via quella linea rossa che gli aveva
tracciato addosso, dopodiché restò a guardarlo, in attesa
di una reazione.
- Cos'è che hai detto prima..? "Non c'è tempo...!" -
sussurrò Miles sul suo orecchio, prima di assaltarlo di nuovo,
assaporando le sue labbra che ora sapevano di ciliegia. Si sporse verso
di lui quel tanto che bastava per indurlo a inclinarsi leggermente
indietro, lo sostenne con un braccio intorno alla vita e qualche
istante dopo era dentro di lui, eccitato e affamato oltre ogni limite.
Svegliarsi e trovarselo accanto tutte le mattine era una benedizione.
Gli aveva riempito la vita come un miracolo. Aveva un sorriso, cristo,
un sorriso che illuminava a giorno: Bass aveva il sole dentro, e lo
portava con sé dovunque andasse, rischiarava gli angoli, riscaldava
ogni cosa semplicemente con la sua presenza. E i suoi occhi, i suoi
occhioni azzurri che ridevano di felicità, erano la cosa più bella che
Miles avesse mai visto.
Era semplicemente perfetto. Era la persona
che amava e che aveva scelto di avere accanto per il resto della sua
vita. Bass era un regalo. Miles si sentiva fortunato, e lo era.
Averlo
lì, dolce e buono e innamorato perso, era un dono che il destino aveva
deciso di fargli. Bass era già bellissimo di suo, ma sembrava che l'amore lo
rendesse ancora più bello. Risplendeva, luminoso, come qualcosa di
prezioso, come un piccolo capolavoro. Miles spesso lo osservava, quasi
senza rendersene conto, con un sorriso e un'espressione affettuosi che
non aveva mai avuto verso nessuno. Bass lo scioglieva, lo inteneriva.
Lo rendeva una persona migliore.
Era felice di vederlo sereno, finalmente.
Passeggiavano sul lungolago, mangiando gelato. Era domenica, e avevano
deciso di prendersi un po' di tempo per loro. Quella mattina, Miles si
era alzato prima di Bass, gli aveva portato la colazione a letto.
Bass si era alzato a sedere, assonnato, spettinato e sorridente, e si era stropicciato gli occhi:
- Cos'è, si festeggia qualcosa, oggi? - aveva chiesto, prima di sbadigliare. Miles gli aveva accarezzato una guancia:
- No, però mi andava di farlo.
Se ne stava seduto accanto a lui. Gli disse che quel giorno avrebbero
fatto qualcosa di diverso. Bass s'illuminò, lo baciò.
Miles percepì il sapore del caffè sulle sue labbra, lo
abbracciò, lo riaccompagnò giù tra le coperte,
fecero l'amore con lentezza.
- Ti amo, Bass... - aveva sussurrato Miles, sul suo orecchio,
arricciandosi intorno all'indice un corto riccioletto biondo, e poi
l'aveva baciato sul collo. Bass l'aveva accarezzato, lo aveva
abbracciato forte e poi l'aveva baciato a sua volta.
- Ti amo anch'io, Miles.
Bass aveva l'espressione soddisfatta e felice di un bambino davanti
alla cioccolata. Miles lo baciò sulle guance, gli sorrise.
- Adesso vestiti, pulcino, - gli disse, alzandosi. Bass era saltato
giù dal letto, si erano preparati ed erano saliti in macchina.
Camminavano fianco a fianco, con rilassatezza, sul lungolago. Bass leccò via un po' di panna.
- Mi sembra di essere tornato piccolo, - disse, contento. Gli bastava poco, pochissimo per essere felice.
- Anche a me, - rispose Miles.
Faceva caldo, c'era un sole stupendo. Si erano tolti le giacche.
Si fermarono vicino al molo, guardando le pagliuzze dorate che
risplendevano sulla superficie del lago, luce del sole riflessa in
milioni di scaglie luminose in movimento. Tutti i colori sembravano
più accesi. Anche la gente sembrava più bella. Erano
tutti sorridenti e rilassati, risentivano della bellezza del posto.
C'erano famiglie a passeggio, ragazzi con il cane a guinzaglio, bambini
che si schizzavano correndo sulla spiaggetta.
Bass comprò un libro ad una bancarella.
- Ho voglia di stare con te, - gli sussurrò Miles all'orecchio,
prendendolo sottobraccio e avvicinandolo a sé. Poi indicò
un punto più avanti, con un cenno della testa: - Perché
non noleggiamo una barchetta? - propose. Bass annuì. Starsene in
mezzo all'acqua avrebbe garantito loro un po' di privacy, semplicemente
per starsene un po' abbracciati.
Quando furono abbastanza lontani, Miles mollò i remi e
abbracciò Bass da dietro, cominciò a posargli piccoli
baci sul collo. Rimasero accoccolati l'uno sull'altro ad oziare
pigramente, scambiandosi attenzioni. Bass si crogiolò al sole ad
occhi chiusi per un po', catturato nella stretta di Miles.
- Sono contento di essere qui con te, adesso, - confessò in un
sussurro, ubriaco di sole e vergognosamente felice. Si mosse per
voltarsi leggermente; Miles lo accarezzò sulla testa e poi scese
lungo la spalla, gli accarezzò la schiena. Cominciò a
fargli i grattini dietro la nuca, come se fosse un gatto. Bass
mugolò in segno di apprezzamento, stiracchiandosi e scoprendo il
collo per agevolarlo. Però non voleva solo ricevere,
perciò si allungò un po' per baciarlo sulle labbra, sulle
guance, sul collo, sul petto. La dedizione con cui Bass ricambiava
intenerì ulteriormente Miles.
- Ti ricordi di questo? - gli chiese, recuperando il libro che aveva
comprato poco prima e che aveva posato in un angolo. La copertina era
rossa, e a caratteri bianchi erano stampigliati il titolo e l'autore:
"Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare -
Luis Sepùlveda".
- Sì che me lo ricordo..! - esclamò Miles, prendendo il
libro che Bass gli aveva porto. Quante volte gli aveva letto quella
storia, quando era piccolo. Si mettevano insieme nel letto, Bass
abbracciava forte Miles sotto le coperte e l'altro leggeva
finché Bass non crollava. A volte ci metteva tantissimo,
perché gli chiedeva di rileggergli dei pezzi che gli piacevano
particolarmente; altre volte invece era talmente stanco che dopo poco
si lasciava andare, e forse sognava quelle storie di gatti del porto
che aveva sentito dalla voce di Miles. Tutte le volte che arrivavano al
pezzo della morte di mamma gabbiana, Bass si metteva a piangere, e
allora Miles aveva preso l'abitudine di saltarlo a pie' pari e andare
avanti.
- Ma che fai, ti commuovi? Guarda che non è successo davvero, -
gli aveva detto Miles, la prima volta. Bass si era nascosto in fretta
sotto il piumone, e da lì aveva protestato, ferito nell'onore: -
Guarda che non sto piangendo, non sono mica una femminuccia...! - poi
però Miles aveva sollevato un angolo e si era imbattutto nei
suoi occhioni blu, grandi e umidi, e aveva sorriso e l'aveva afferrato
di peso - era così leggero da bambino -, se l'era sistemato addosso e l'aveva coperto di baci sulla fronte, sul naso e sulle guance bagnate.
- Non c'è niente di male, sai? - gli aveva detto,
abbracciandolo. Bass aveva abbassato le difese e si era fatto
coccolare.
- Questo pezzo non mi piace... Andiamo avanti, - gli aveva detto poi, e Miles aveva obbedito.
Ora teneva tra le mani esattamente la stessa edizione di allora, e si
trovavano nella stessa posizione di allora. Non erano più
bambini, ma per un attimo tornarono ad esserlo. Nonostante l'assenza
dei genitori, avevano trascorso un'infanzia felice, insieme. Erano
cresciuti praticamente da soli, sotto lo stesso tetto. I guai erano
cominciati più tardi; ma avevano solo bei ricordi di quando
erano piccoli.
- Potrei rileggertelo... - propose Miles. - Come quando eravamo piccoli.
Bass sorrise. Miles riprese ad accarezzarlo, lo baciò sulla testa.
- Lo so praticamente a memoria, - disse, sovrappensiero.
- Però il pezzo in cui muore mamma gabbiana lo salti, - gli fece promettere Bass.
- Ovvio, - giurò l'altro.
Rimasero a coccolarsi e a chiacchierare, sul pelo
dell'acqua, sotto il sole che li rendeva felici e rilassati e
conciliava lievemente il sonno.
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Capitolo 3 *** Momenti ***
AU BAR 3
Disordine, coperte sfatte, caldo, luci spente. Un libro con la copertina rossa e il
titolo in caratteri bianchi, abbandonato a terra, scivolato via dalle
dita aperte dal sonno di Miles.
Piccoli baci. È Bass che si è svegliato prima. Accarezza e bacia Miles, non può farne a meno.
Abbracci nel dormiveglia. Fruscii di coperte.
"Mmm... Che ore sono?", Bass, lento stiracchiarsi, sospiro assonnato.
"È ancora presto... Resta", Miles, un braccio intorno alle sue
spalle per tenerlo vicino, affonda il naso tra i suoi capelli
spettinati di letto, lo bacia sulla fronte.
Chiudono di nuovo gli occhi. Fuori è ancora buio.
La mattina dopo si svegliarono decisamente di buonumore. Sembrava che
anche i clienti del bar risentissero della loro felicità, e
anche quelli che arrivavano col muso lungo uscivano sorridendo.
Miles preparava caffè senza fermarsi mai, a decine, mentre Bass
cominciava a fare i panini che avrebbero esposto per la pausa pranzo.
- Ragazzo, hai portato quelle ciambelle senza zucchero...? - ecco la
signora Whitaker, la vedova che abitava in fondo alla strada, esile
come un uccellino e sempre vestita con colori sgargianti. Bass le
sorrise, le porse una bustina di carta:
- Certo, ecco qua, - gli stava simpatica, quella vecchietta. Aveva la faccia da nonnina dei cartoni animati.
- Quant'è? - chiese l'anziana.
- Niente, omaggio della casa. - Vide un sorriso allargarsi sul viso
dell'allegra pensionata, e la cosa lo fece sorridere. Gli piaceva
quando le altre persone trovavano piacevole entrare nel loro bar.
La vecchietta si allontanò soddisfatta, con la borsa ad un
braccio e la bustina nell'altra mano, borbottando che sarebbe stato
"una manosanta, per lo stupidissimo diabete". Bass riprese ad
affettare, tranquillo, mentre Miles faceva l'equilibrista per non far
cadere il vassoio con i caffè e i cornetti. Come al solito,
oscillava pericolosamente come un ubriaco e per di più con le vertigini, ma Bass ormai si era convinto che
non gli sarebbe mai caduto niente.
Fu una giornata intensa, arrivarono a sera distrutti. Quando era molto
stanco, Bass tendeva a farsi prendere dal malumore, ma aveva la fortuna
di avere Miles al suo fianco, che riusciva a leggerlo come un libro
aperto. Presero due pizze e un film, e Miles passò tutta la sera
a coccolarlo sul divano, finché l'altro non si
addormentò. Lo prese in braccio e lo portò a letto, lo
spogliò e fecero l'amore. Bass lo strinse forte a sé.
- Sei la mia fortuna, - sussurrò, esausto e felice, guardando Miles negli occhi.
- E tu sei la mia, - rispose l'altro, baciandolo sulle labbra.
- NONONOLASCIAMILASCIAMILASCIAMI!!!
La lotta era cominciata nel
bagno, quando Bass per scherzo gli aveva fatto scivolare un rivolo
d'acqua fredda giù lungo la schiena, facendolo sussultare. Subito dopo,
Miles lo aveva inseguito per tutta casa, ancora in ciabatte, finché non
era riuscito ad acchiapparlo dopo aver scavalcato il divano. Lo aveva
afferrato per la vita sollevandolo e Bass aveva cominciato a scalciare
a vuoto, cercando di liberarsi, ridendo.
- Chiedo perdono, lasciami!!!
-
Te lo scordi, teppista, - Miles lo chiuse sul divano, cominciò a fargli
il solletico. Bass rideva e si divincolava, sotto di lui, cercava di
sottrarsi e lo implorava, - Basta, ti prego!, - e dopo finirono a
baciarsi, Miles infilò un pollice tra l'elastico dei suoi boxer e la
pelle liscia e calda del suo fianco, scese a baciarlo sul ventre mentre
Bass ancora cercava di riprendere a respirare, accaldato e con le
guance arrossate.
- Mmm... - Si lasciò andare ad un lungo, lento
gemito a labbra chiuse, stiracchiandosi come un gatto mentre Miles
cominciava ad accarezzarlo piano tra le gambe. Miles era seduto a
cavalcioni su di lui, si godeva la sua espressione deliziata: occhi
chiusi, il capo leggermente inclinato da un lato a scoprire il collo,
le labbra appena appena dischiuse in un sorriso languido. A Miles
piaceva da morire, vederlo così. Si chinò a baciarlo sul collo, un contatto rapido di labbra, piccoli sfioramenti sulla gola,
dietro l'orecchio, lungo la clavicola. Inserì la mano libera nello
spazio minimo tra la sua nuca e il cuscino del divano per fargli i
grattini.
Dalle labbra di Bass si sollevò un altro gemito, ancora
più intenso del precedente. Rabbrividì per un istante, mentre Miles
continuava a stimolarlo. Si morse il labbro inferiore, istintivamente.
Sì, decisamente gli piaceva quello che l'altro gli stava facendo.
-
Devo fartelo più spesso, lo scherzo dell'acqua gelata... - mugolò,
ridacchiando. Miles lo baciò sulle labbra, poi proseguì lungo il
profilo della sua mandibola fino all'orecchio. Poteva percepire il
battito del suo cuore, sotto pelle. Era un suono che lo inteneriva,
anche se non lo avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura. Miles
Matheson non è tipo da romanticherie. Continuò a stuzzicarlo. Sapeva
cosa gli piacesse, e non c'era nulla che lo riempisse di soddisfazione
più di sentire che Bass provava piacere. Accarezzò i suoi riccetti più
intimi, caldi e morbidi come piume.
- Se ci riprovi, giuro che ti
picchio col battipanni, - sussurrò, mordicchiando leggermente la pelle
tenera del suo collo, strappandogli un altro brivido.
- Ma noi non
abbiamo un battipanni, - obiettò Bass, distratto da quello che stava
provando, la voce ridotta a un mormorio un po' roco. Si scostò appena
per guardarlo negli occhi. Miles scrollò le spalle:
- Non importa, -
rispose l'altro, inspirando a fondo il suo profumo, - ne compro uno e
poi ti ci picchio, - concluse, riprendendo a baciarlo, le dita di
entrambe le mani affondate tra i suoi riccetti.
Si adagiò tra le
sue gambe; poteva sentire il suo bacino spigoloso e stretto contro di
sé, sentiva il suo calore e la sua eccitazione e il leggero tremito di
attesa che lo percorreva. Liberò la mano sinistra, con cui gli stava
facendo i grattini, per rilassarlo là dove qualche istante dopo sarebbe
entrato, per non fargli male. Bass gemette ancora. Sapere di poter
abbandonarsi completamente alle cure di Miles lo eccitava e lo faceva
sentire amato. Miles lo conosceva come nessun altro, sapeva tutto di
lui. Sapeva come portarlo sull'orlo del piacere e sapeva come tenercelo
in equilibrio.
A poco a poco, Miles si fece strada dentro di lui.
Si sentiva sempre così felice e appagato, quando lo faceva. Non aveva
bisogno di altro. Non era solo sesso, era molto di più: Bass era casa
sua. Era tutto quello che gli serviva per stare in pace con l'universo.
Non poteva immaginarsi una vita senza di lui. Era lui, la
sua vita. Bass era tutte quelle cose belle che Miles aveva sempre
voluto, e che ora erano lì, tra le sue braccia, tutte insieme. Amore,
dolcezza, felicità, occhi blu da contemplare e riccioletti biondi da
accarezzare. Sentì un forte istinto di tenerezza nei suoi confronti, lo
strinse un po' più forte.
- Ti amo tanto, pulcino, - gli disse,
baciandolo sulla fronte, sulle guance, sul naso, mentre cominciava a
spingere piano. Bass sospirò, gli passò le braccia al collo e con una
mano gli accarezzò una guancia, prima di baciarlo. Miles si specchiò
nei suoi occhi chiari, luminosi.
- Ti amo tanto anch'io, Miles. - Il
suo sorriso in quel momento era la cosa più dolce che fosse mai
esistita al mondo. Potevano scherzare, fare i coglioni quanto volevano,
ma poi arrivava sempre quel momento in cui lo scherzo veniva
dimenticato e saltavano fuori i sentimenti vivi, intensi, senza filtri.
E tutto diventava più delicato, più tenero, diretto.
Miles si
mosse con calma, senza smettere mai di baciarlo e accarezzarlo. Bass lo
tenne forte, assaporando la sensazione del suo calore, del suo profumo,
del suo peso addosso. Lo faceva sentire protetto.
- Dai, per
stavolta ti perdono, - disse Miles alla fine, con un sopracciglio
alzato e un accenno di sorriso. - Ma la prossima volta la punizione
sarà terribile, - declamò, solenne.
Bass rise, felice: - Però mi
piacciono, le tue punizioni, - disse. Si scambiarono ancora qualche
bacio, poi si alzarono e finirono di prepararsi.
In macchina, beccarono "Pink" degli Aerosmith e si misero a cantare a
squarciagola fino alla fine; risero fino alle lacrime, con i finestrini
abbassati, mentre il sole brillava sul parabrezza.
Anche quel giorno, il "Misfire" avrebbe aperto in orario, nonostante tutto.
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Capitolo 4 *** Andiamo a trovare il dott. Ben Matheson? ***
AU BAR 4
Miles non riuscì a trattenersi, si avvicinò e lo
abbracciò da dietro all'improvviso. Bass si stava abbottonando
la camicia davanti allo specchio; sorrise, quando si sentì
circondato. Miles lo baciò sul collo.
- Sei uno splendore, - sussurrò sul suo orecchio. I loro sguardi
si incrociarono sulla superficie riflettente. Bass arrossì
leggermente.
- Anche tu non scherzi, - rispose ridendo. Poi il suo sguardo si fece perplesso, alzò un sopracciglio:
- Ma fai sul serio? - chiese.
Miles lo guardò, disorientato.
- Cosa?
- Ti sembra un nodo, quello? - chiese ancora Bass. Si voltò, tra
le sue braccia, e lo sciolse per rifarlo in maniera decente. -
Così al massimo puoi allacciarci le scarpe, -
puntualizzò. Miles lo guardava, guardava le sue mani perfette,
la delicatezza e l'attenzione con cui gli sistemava la camicia addosso.
- Così va meglio, - disse alla fine, sorridendo. Miles lo
afferrò delicatamente all'altezza dei gomiti, lo trattenne e lo
attirò a sé. Rimase per qualche secondo a guardare i suoi
occhi azzurri, le ciglia bionde che li contornavano, e la luce
affettuosa e divertita che li riempiva, poi lo baciò. Le sue
labbra erano morbide, invitavano a ripetere quel gesto più e
più volte, senza mai fermarsi. Con una mano gli accarezzò
la schiena, lentamente, attraverso la sottile stoffa bianca della
camicia.
- Sono un po' nervoso, - confessò Bass, dopo che ebbero smesso per un attimo di baciarsi. Miles gli fece l'occhiolino.
- Vedrai che andrà tutto bene. Ben è un tipo in gamba, non è un bacchettone idiota, - lo rassicurò.
- Ma magari non si ricorda neanche di me... - obiettò Bass,
preoccupato. - E poi...? Se intuisse qualcosa e... Non approvasse?
Ben era il fratello maggiore di Miles. Se n'era andato via di casa
prestissimo, per seguire gli studi. Era una specie di geniaccio, aveva
preso qualcosa che aveva a che fare con l'informatica. Avevano passato
una piccola parte dell'infanzia insieme, loro tre, anche se Ben non si era mai
amalgamato tantissimo con loro per via della differenza d'età.
Un paio di settimane prima, Miles aveva ricevuto una lettera in cui Ben
lo invitava alla propria festa di laurea. All'inizio Bass non voleva
venire, per le stesse ragioni che ora lo facevano impensierire. Miles
aveva insistito: - Come sarebbe "Vai pure"? Guarda che l'invito
è esteso anche a te! Tu sei la mia famiglia, Bass. Ti voglio con
me, - gli aveva detto, e lo aveva raddolcito a forza di baci,
convincendolo.
Erano partiti in macchina, si erano presi un paio di giorni.
Bass posò la testa sulla sua spalla. Miles lo tenne stretto e lo
accarezzò sulla testa, affondò il naso tra i suoi
riccetti e gli posò un bacio sulla tempia.
- Sarà una bella giornata, pulcino. Non ti devi preoccupare, -
disse, con un tono di voce insolitamente ammorbidito. Era l'effetto
della vicinanza di Bass: tenerlo vicino lo rendeva immediatamente
più dolce.
Si scostò leggermente, posò entrambe le mani sulle sue
guance e lo baciò sulla fronte: - Finisci di prepararti, adesso,
- gli disse, accarezzandolo. Bass annuì.
Si ritrovarono in un mare di gente che non conoscevano. Ci misero mezz'ora abbondante a trovare Ben Matheson.
- Miles, come sei cresciuto! Sebastian, ci sei anche tu... Che bello rivedervi!
Si
salutarono, secondo i convenevoli di rito. Ben li guidò a un tavolo per
quattro. Accanto a lui c'era una sua compagna di corso, Rachel, che
però non era molto loquace.
Finirono a parlare del passato. A
Miles non piaceva, e neanche a Bass, ma era l'unica cosa di cui
potevano parlare con Ben, dal momento che era anche l'unica che avevano
condiviso per un po'.
Miles, abilmente, spostò la conversazione
sul bar, vedendo che Bass era sempre più a disagio man mano che si
avvicinavano a parlare del liceo. Ben era simpatico, e di certo non
poteva sapere quanto fossero stati difficili quegli anni in cui non
aveva avuto notizie del fratello minore. Bass si rilassò, e alla fine
trascorsero la serata chiacchierando come vecchi amici.
- Quanto vi fermate? - chiese Ben, mentre uscivano.
- Restiamo stanotte e ripartiamo domattina, - rispose Miles, sintetico.
Il fratello maggiore promise che sarebbe passato a salutarli prima della partenza.
Una volta in camera, Bass si buttò sul letto senza neanche spogliarsi.
-
Sei stanco? Dai, alla fine non è stata una serata pesante, - disse
Miles, sedendosi sul bordo del letto, accanto a lui. Bass sospirò: -
No, però... È difficile riprendere il filo del discorso con qualcuno
che non vedi da tanto, - commentò. Sentì la mano di Miles accarezzarlo
sulla testa.
- Sono d'accordo, - rispose. - Però è stata una buona occasione per staccare un po', no?
- M-mm... - Era stanco davvero, chiuse gli occhi. Miles lo prese per mano, lo costrinse ad alzarsi.
-
Vieni qua, - disse, guidandolo verso il bagno. Bass si lasciò
abbracciare, lo baciò. Miles lo chiuse delicatamente contro il muro,
gli fece scivolare via i vestiti di dosso, continuando a baciarlo;
Bass, con le spalle al muro, fece la stessa cosa con lui. Si guardarono
per un istante, nudi, rabbrividendo per il freddo. Scalpicciarono
dentro la doccia. L'acqua calda cominciò a scorrere.
Mentre sbuffi
di vapore a poco a poco riempivano la cabina e appannavano il vetro,
Miles lo obbligò a sollevare lo sguardo, posandogli due dita sotto il
mento. Lo baciò a lungo sulle labbra ammorbidite dal vapore, e lo
accarezzò e lo insaponò con una tenerezza che non credeva di avere.
Bass era vicino, vicinissimo; dovevano stare appiccicati, per entrarci
entrambi.
L'acqua gli aveva schiacciato i riccetti, e scorreva sul
suo corpo come una carezza continua, una coccola. Miles lo abbracciò
forte, e rimasero così per un tempo indefinito, ad occhi chiusi, corpi
a contatto senza barriere, uniti sotto quell'unico getto caldo che
continuava a scendere, una colonna sonora ipnotica e rilassante. Bass,
dal canto suo, si sentiva al settimo cielo. Gli piaceva tantissimo
stare tra le braccia di Miles, e gli piaceva ancora di più farlo in
quel modo insolito. Era una sensazione piacevole, rassicurante. Sentiva
l'acqua cadere sul corpo dell'altro e scivolare su di sé e viceversa.
Miles continuava ad accarezzarlo e riempirlo di baci, e ben presto Bass
si sentì esplodere per la troppa felicità. Lo guardò con gli occhi
lucidi e un sorriso dolcissimo sulle labbra.
- Ti amo, - disse, in
un sussurro, allungandosi verso di lui per baciarlo. Miles prese il
bacio che l'altro gli aveva offerto ad occhi chiusi, percepì il fremito
sottile che lo scuoteva sottopelle.
- Ti amo anch'io, - rispose,
guardandolo, sentendosi stringere il cuore mentre gli accarezzava una
guancia col pollice. Era così bello. Che razza di fortuna sfacciata
aveva avuto, ad averlo tutto per sé.
Bass lo baciò ancora, quasi tremando.
-
Ho bisogno di te, - sussurrò. Miles non si fece pregare. Scivolarono in
un angolo, Bass con la schiena contro la parete, e Miles davanti a lui,
le mani sui suoi fianchi. Quando Bass si strinse di più a lui, Miles lo
sollevò, tenendolo per le cosce, e lasciò che allacciasse le gambe
intorno alla sua vita. Piano piano, un poco per volta, entrò,
controllando la reazione dell'altro per assicurarsi di non fargli male.
Fecero l'amore con lentezza, senza mai smettere di coccolarsi a
vicenda. Vennero quasi contemporaneamente, tenendosi stretti, al caldo
e sotto l'acqua; Bass baciò Miles con amore e riconoscenza. Quando
uscirono, Miles lasciò l'unico accappatoio a Bass, che era il più
freddoloso tra i due, e per sé si accontentò del telo dell'albergo.
- Pulcino bagnato, - gli disse, sorridendogli affettuosamente, mentre Bass si asciugava.
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Capitolo 5 *** ... Etciù! ***
AU BAR 5
Si svegliarono in una stanza che non era la loro, ma abbracciati come
sempre. Avevano preso una doppia, per destare meno "sospetti", ma
avevano avvicinato i due letti fino ad unirli. Bass sentiva il calore
rassicurante di Miles che lo cingeva da dietro, appoggiato con la testa
sulla sua spalla. Diversamente dal solito, quella volta fu Bass quello
riluttante ad alzarsi, ma Miles non gli diede pace, stuzzicandogli
l'orecchio con l'indice - una cosa che Bass non sopportava - e
costringendolo a svegliarsi.
- Despota, - lo rimproverò con dolcezza, sollevandosi a sedere.
- Dai, prima partiamo e prima torniamo a casa, - gli disse Miles,
allungandosi a baciarlo sulla guancia. Bass era imbronciato e
arruffato. Per fargli passare il malumore da risveglio improvviso,
Miles lo fece sdraiare e lo coccolò un po'.
- Ehi, non ti riaddormentare però, - gli disse, notando che
stava cominciando a chiudere gli occhi. Bass sorrise, assonnato: -
Beccato.
- Coraggio, in piedi, - lo esortò Miles, riempiendolo di piccoli
baci sulla fronte, sulle guance, sulle labbra. Poi si alzò, si
infilò i pantaloni, e Bass fece altrettanto.
Prepararono i bagagli e scesero nell'ingresso. Non ci volle molto,
perché viaggiavano leggeri. Era una bella mattina limpida, la
luce forte finì di svegliarli del tutto. Presero un caffè
con Ben, prima di caricare le borse in macchina.
- Allora alla prossima.
- Passa a trovarci quando vuoi.
I due fratelli si congedarono. Bass insistette per guidare: - Sei stato
al volante per tutto il giorno, ieri. Oggi ci penso io, riposati, -
disse, più rilassato. Miles gli cedette il posto.
- Però quando sei stanco dimmelo, d'accordo?
L'altro annuì. Si avviarono verso casa.
- Ti piacerebbe continuare a studiare? - chiese Miles, a un certo
punto. Bass scosse leggermente la testa, preso alla sprovvista:
- Perché me lo chiedi?
- Perché ti è sempre piaciuto, e andavi bene. Potresti
laurearti ad occhi chiusi, se lo volessi, - rispose Miles, voltandosi a
guardarlo. Bass non sembrava entusiasta dell'idea.
- Non credo di voler tornare a scuola...
- Lo so che non ne hai un buon ricordo, neanch'io, però pensaci...
Bass si rabbuiò leggermente. Miles capì che non era il
caso di insistere. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Bass
prese coraggio e spiegò il motivo della sua scelta.
- Mi va bene la vita che facciamo adesso, Miles. È una favola.
Non voglio cambiare niente, non lo vorrei mai, per niente al mondo. E
non ho proprio voglia di ritrovarmi in un ambiente che mi è
sempre stato antipatico per...? Cosa, un foglio di carta? - Non voleva
lasciarsi andare, però sentì che gli occhi gli si
inumidivano. - Quello che abbiamo messo in piedi... È una specie
di paradiso, per me. È l'unica cosa in cui voglio investire
tutte le mie energie, perché è una cosa che abbiamo fatto
insieme e che mi dà soddisfazioni. E poi, sinceramente, il
pensiero di trascorrere tutte le mattine altrove quando invece potrei
stare con te, non mi piace per niente, e--
Miles lo interruppe. Aveva sentito la sua voce incrinarsi leggermente e voleva rimediare.
- Bass, ehi, ho capito. Tranquillo. - Posò la mano sul suo
ginocchio. Bass tirò leggermente su col naso, continuando a
tenere lo sguardo sulla strada. Miles continuò: - Non volevo--
Hai capito, no? È solo che voglio che tu sia felice. Abbiamo
rinunciato a un sacco di cose per colpa... Della cattiveria degli
altri. - Era difficile trovare le parole. - Non vorrei mai che tra
qualche anno ripensassi a questa possibilità rimpiangendo di non
averlo fatto. Ci siamo fatti condizionare anche troppo, pulcino, - lo
accarezzò sulla guancia, affettuoso. Bass si voltò per un
istante a guardarlo negli occhi.
- Lo so. Però non sarei felice, se lo facessi. È con te
che sono felice, Miles. Di tutto il resto non me ne importa niente, -
confessò, in un soffio. Miles lo accarezzò di nuovo.
- Sai perché l'ho detto. Perché ti voglio bene... E ti amo.
Il tono di Miles era così... Così... Bass si sentì
investito dal suo amore, che si rivelava anche in questo genere di
cose. Miles voleva il meglio, per lui, voleva che potesse assecondare
liberamente le proprie inclinazioni, che si sentisse realizzato. Era
una bella cosa. Ma si sentiva già
realizzato. Si alzava ogni mattina con il sorriso e altrettanto
felicemente chiudeva gli occhi alla sera, sereno. Non desiderava nulla
di più.
Ricacciò indietro una piccola lacrima di commozione.
- Anch'io, Miles. Con le stesse, identiche parole, - sussurrò, e
gli regalò un sorriso anche se poi quella piccola lacrima gli
era sfuggita, ed era scivolata rapida tra le sue ciglia chiare e poi
lungo la guancia.
Verso sera si ritrovarono a discutere l'idea di mettere uno schermo o
un proiettore, nella parete libera davanti a cui stavano schierati i
tavoli esterni. Con l'arrivo del bel tempo - e del consueto campionato
di football imminente - magari avrebbero potuto organizzare delle
serate per i frequentatori del bar che volevano starsene tutti insieme
con gli amici a bere qualcosa, invece di guardarsi la partita a casa da
soli.
- Dovremmo chiamare il tecnico per installare l'antenna... -
annotò mentalmente Miles, che aveva proposto la cosa. Bass
annuì.
- Se vuoi ci penso io, - disse, finendo di spazzare il piccolo spiazzo
di accesso al bar. Stavano per chiudere, e ci teneva a lasciare tutto
in ordine per guadagnare un po' di tempo, la mattina dopo. Miles lo
scortò dentro a prendere le proprie cose. Bass gli lanciò
le chiavi della macchina che aveva dimenticato sul bancone. Quando gli
passò davanti, Miles lo fermò.
- Ehi, aspetta, guardami un attimo, - disse, una mano sulla sua spalla.
Bass alzò lo sguardo, interrogativo: - Che c'è?
Il pollice di Miles disegnò un cerchietto sulla sua guancia: -
Niente, ti vedo un po' pallido... Ti senti bene? - gli chiese a sua
volta, preoccupato. Bass si strinse nelle spalle, accennando un sorriso.
- Ho un po' di mal di testa, ma è solo stanchezza, tranquillo, -
lo rassicurò. Miles non sembrò molto convinto.
- Sarà, - disse, - però non appena arriviamo a casa
facciamo che ti metti sul divano e lasci fare tutto a me, mmm? Hai
girato come una trottola, oggi. Voglio che ti riposi, - Miles avrebbe
voluto abbracciarlo, ma in strada non si sentivano al sicuro, sebbene
non ci fosse nessuno. Bass gli rivolse un sorriso riconoscente: - Agli
ordini, capo, - scherzò, mentre si avviavano verso la macchina.
Si accoccolarono a letto a leggere lo stesso libro, come facevano
sempre quando non guardavano un film o facevano altro. Miles se ne
stava seduto contro la parete, e Bass seduto a sua volta con la schiena
contro di lui, circondato intorno alla vita dalle sue braccia, e teneva
in mano il libro che a turno leggevano ad alta voce. Quella sera si
stancò prima del solito, lo chiuse quasi subito.
- Scusa... Ma questo mal di testa proprio non vuole passare, - disse,
dispiaciuto. Miles lo baciò sui capelli, lo accarezzò.
- Fammi sentire un po', - gli disse, posandogli una mano sulla fronte.
- Sei caldo, - annunciò, con una punta di preoccupazione nella
voce. - Forse stai covando l'influenza.
Bass mugolò di disappunto. - Non ci voleva... - disse, chiudendo
gli occhi. - Non mi va di lasciarti da solo, come farai a gestire
tutto? Già fai i salti mortali così, anche se ci
dividiamo i compiti...
Miles lo baciò sulla tempia, lo rassicurò: - Guarda che
me la cavo, non devi preoccuparti. L'importante è che ti
riguardi, - gli disse, stringendolo affettuosamente. Bass
rabbrividì leggermente.
- Ho freddo... - sussurrò, rannicchiandosi su sé stesso per disperdere meno calore possibile.
- Vado a prenderti un'altra coperta.
Si accoccolarono su un fianco; Miles prese Bass tra le braccia e
cercò di aderire il più possibile a lui per riscaldarlo.
- Non dovresti starmi così vicino, o finirai per prendertela
anche tu, - obiettò Bass, anche se si trovava bene nel tepore
confortevole delle coperte e del contatto con Miles.
- Bass, viviamo sotto lo stesso tetto, - gli fece notare l'altro,
più pratico. - Prima o poi la prenderò lo stesso. Ma,
fino ad allora, ti starò vicino come sempre.
Bass sorrise, anche se non si sentiva per niente bene. Sentì Miles che lo baciava su una guancia, tenero.
- Questo era il bacio della buonanotte. Adesso dormi, - gli
ordinò, continuando ad accarezzarlo finché non fu sicuro
che si fosse addormentato.
Durante la notte lo sentì lamentarsi, e la temperatura del suo
corpo si alzò notevolmente. Miles lo svegliò alle tre di
notte per fargli misurare la febbre, anche se Bass non voleva.
- Ehi, - gli aveva detto Miles, scuotendogli una spalla. - Non fare il
testardo. Se si è alzata troppo devi prendere le medicine,
dobbiamo sapere quanto hai. Su, - lo incitò. Bass mugugnò
qualcosa nel dormiveglia, ma lo lasciò fare. Aveva troppo sonno
per potersi opporre in qualche modo. Quando Miles gli sfilò
rapidamente il termometro da sotto il braccio, silenzioso come un
ninja, vide che aveva superato di qualche lineetta i trentotto gradi.
Si alzò, sempre facendo attenzione a non svegliarlo, e
andò a frugare nella cassetta dei medicinali in bagno per
cercare una scatola di antipiretici. La trovò, e per fortuna ci
volevano ancora molti mesi prima che scadesse. Posò la scatola
sul comodino e si sdraiò di nuovo accanto a lui, tenendolo
stretto. Bass dormiva un sonno agitato, le guance leggermente
arrossate. A Miles tornarono in mente tutte le influenze che avevano
passato da piccoli, e tutte le volte che si erano assistiti a vicenda.
Si ricordava di quando si metteva accanto al suo lettino per fargli le
pezze fredde, e Bass lo guardava con quei suoi occhioni azzurri resi
troppo lucidi dalla febbre.
Ritornò al presente, lo baciò sulla testa.
La mattina successiva, Miles spense la sveglia prima che suonasse, per
non disturbarlo. Lo svegliò a modo suo, accarezzandolo piano.
- Ehi, come ti senti? - gli chiese, non appena aprì gli occhi.
Bass fece un respiro profondo, si stropicciò gli occhi che non
aprì del tutto, perché la luce gli dava fastidio.
- Mi fa male la testa... - Si mosse. - ... E anche tutto il resto.
Miles gli porse la scatola di medicinali. - Prendi questo, io intanto
ti porto la colazione, - gli disse, alzandosi. Bass obbedì,
sedendosi in mezzo al letto. Si sentiva acciaccato e stanco,
scombussolato. E poi, quando stava male, gli veniva automaticamente il
malumore. Miles tornò poco dopo, e Bass si sforzò di
sorridere un po', per non farlo preoccupare.
- Muffin al cioccolato... Grazie, - gli disse, dopo aver sbirciato il
contenuto del vassoio. - Se continui a portarmi queste cose, mi farai
diventare un panzone, - scherzò. Miles lo avvicinò
delicatamente a sé, lo baciò sulla fronte.
- Se è questo il problema, puoi stare sereno. Ci penso io a
mantenerti in esercizio, - sussurrò sul suo orecchio, con
malizia. Bass rise ma la risata si trasformò quasi subito in
un'espressione di dolore: - Ahia... Non farmi ridere, sembra che la
testa mi stia esplodendo... - gemette.
- Vedrai che non appena ti scenderà la febbre starai meglio, - lo consolò Miles.
- Grazie, signor Lapalisse, - commentò Bass, lievemente sarcastico,
inclinando il capo da un lato. Si soffermò a guardarlo, i suoi occhi
tradivano un po' di apprensione.
- Ascolta, se mi passa la febbre e hai bisogno di aiuto... - iniziò, ma Miles lo interruppe immediatamente.
-
No, tu oggi resti a casa e ti riguardi. È fuori discussione, - tagliò
corto, con un tono che non ammetteva repliche. Bass sbuffò.
- D'accordo, d'accordo, come non detto...
Sospirò.
Restò a guardarlo mentre si preparava per affrontare una giornata al
bar tutto da solo. L'altro si chinò su di lui per baciarlo sulla
fronte, prima di andare.
- Durante la pausa ti chiamo per sapere
come stai, - gli disse, mentre si infilava la giacca. - Se hai bisogno
di qualcosa chiamami, d'accordo?
Bass annuì, raccogliendo le ginocchia al petto.
- A dopo, - gli disse Miles, prima di sparire nel vano della porta. Bass lo vide rientrare subito dopo.
- Hai dimenticato qualcosa? - chiese, ingenuo, sfiorandolo con uno sguardo affettuoso.
-
Sì, - rispose Miles, avvicinandosi di nuovo a lui, in fretta. Si
sedette sul bordo del letto, lo baciò un'altra volta. - Di dirti che ti
amo, - aggiunse, quando si furono separati. Bass allungò una mano ad
accarezzarlo, rapido.
- Ti amo anch'io, - gli disse Bass, intenerito da quella sua manifestazione d'affetto.
Stavolta
Miles uscì sul serio, lasciando Bass a riposare, una mano dietro la
nuca e un sorriso enorme che si allargava sulle sue labbra.
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Capitolo 6 *** Rose ***
AU BAR 6
Arrivò al locale in orario. Cercò a tentoni
l'interruttore, non lo trovò, inciampò in una sedia e
finì lungo disteso imprecando. Si rialzò, con la
consapevolezza che, senza il supporto di Bass, quella che lo stava
aspettando sarebbe stata una lunga, luuunga giornata.
Si rimboccò le maniche, cominciò a dare una sistemata al
bancone. Si guardò intorno. Troppo silenzio. Accese la radio per
farsi compagnia.
Sbuffò, mentre sistemava le bottiglie sulla mensola. Era
lì solo da mezzora, ma senza Bass non era piacevole come sempre.
Anticipò l'apertura di un quarto d'ora, sperando che venisse
qualche cliente a tenerlo impegnato.
A casa, neanche Bass se la stava passando granché bene. Sembrava
che non trovasse pace. Passeggiava su e giù nella stanza, poi
prendeva un libro e si sforzava di leggere, poi lo rimetteva via e
accendeva la televisione, per spegnerla subito dopo e cercare un minimo
di distrazione con la radio. Senza contare che nel giro di un'oretta
scarsa aveva accumulato una quantità sconsiderata di
fazzolettini appallottolati.
Stupido raffreddore, pensò tra sé e sé, continuando a scalpicciare pigramente in giro per casa.
Guardava l'orologio, aspettando la chiamata di Miles. Si sentiva ancora
spossato, così si sdraiò sul divano, convinto che il modo
migliore di attendere la sua telefonata fosse cercando di sonnecchiare
un po'. Chiuse gli occhi mentre lo speaker annunciava Lullaby dei Cure, e neanche si accorse di aver già cominciato a sognare.
- Ehi, - alzò il ricevitore. Miles l'aveva chiamato un'ora prima del previsto.
- Ciao pulcino, - disse Miles, dall'altra parte. - Come ti senti? È scesa la febbre? - chiese
- M-mm, - mugolò Bass, in segno affermativo. - Non è
ancora ora di pausa, - gli fece notare, dopo un rapido sguardo
all'orologio. - Va tutto bene?
- Sì, sì, - lo rassicurò Miles. Si guardò
intorno. In effetti, se l'era cavata abbastanza bene. La gente se ne
stava ai tavoli a mangiare e chiacchierare, era andata meglio di quanto
avesse previsto. - Puoi essere orgoglioso di me, - gli disse, mentre
staccava dal blocchetto la lista della spesa con le cose che aveva
già preso e gettava il foglio nel cestino.
Bass sorrise, stiracchiandosi sul divano: - Ma io lo sono già, -
gli disse, strappando un sorriso anche a lui. - Mi manchi,
però... - ammise. Non voleva fare quello appiccicoso, ma proprio
non riusciva a trattenersi.
- Tornerò a casa sano e salvo e in orario, tranquillo, - rispose
Miles. - Comunque mi manchi anche tu, - aggiunse. Lo sentì
starnutire, dall'altro capo del telefono.
- Non ce la faccio piùùù! - Il tono esasperato di Bass lo fece ridere.
- Tieni duro, pulcino virulento, - disse, sorridendo. Si accorse che
stava arrivando altra gente, non poteva trattenersi ancora per molto. -
Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi, d'accordo?
- D'accordo. A dopo, allora.
Quando sentì la porta aprirsi, Bass scattò in piedi e si
precipitò da Miles. All'inizio neanche lo vide, coperto dal
mazzo di fiori che gli aveva portato.
- Per te, - disse Miles, soltanto. Bass gli mise le braccia al
collo, gli sussurrò un "Grazie" commosso. L'altro lo
abbracciò forte, lo accarezzò, gli mise un braccio
intorno alle spalle e raggiunsero il soggiorno. Miles si tolse la
giacca, guardò Bass mentre metteva i fiori in un vaso. Era
un'abitudine che non aveva perso, quella di fargli qualche sorpresa
ogni tanto. Sapeva quanto gli piacesse, e traeva una gioia immensa nel
vedere il sorriso sul volto di Bass.
- Non vedevo l'ora di tornare, - gli disse, raggiungendolo e
circondandolo da dietro. Gli posò la mano sulla fronte, come
aveva fatto durante la notte, e lo sentì più fresco di
quando lo aveva lasciato.
- Sto meglio, - lo rassicurò Bass, accarezzandogli la guancia.
Si spostarono in cucina. Bass aveva già iniziato ad apparecchiare per la cena, ma poi
Miles l'aveva letteralmente cacciato via obbligandolo a sedersi ( "Miles, guarda che ho
l'influenza, mica sto morendo!", "Non importa, mettiti da una parte e
lascia fare a me!").
Bass aveva obbedito, si era messo seduto a cavalcioni su una sedia ed
era rimasto a guardarlo mentre si dava da fare; chiacchieravano della
giornata appena trascorsa. Lo guardava, e sulle sue labbra si
formò a poco a poco una smorfia divertita e allo stesso tempo
affettuosa. Miles era la sua unica sicurezza. Sempre pronto a farsi
carico di tutto, sempre pieno di premure. Non avrebbe saputo che fare,
senza di lui.
Probabilmente, non sarebbe neanche sopravvissuto.
- FERMO! NON TI MUOVERE! - gli urlò, di punto in bianco.
Miles si bloccò sul posto, come cristallizzato.
- Che succede? - chiese, preoccupato, senza fare un movimento, la mano
con cui stringeva il bicchiere sospesa a mezz'aria. Bass si
alzò di scatto, si avvicinò in fretta e poi, senza aggiungere altro, lo prese e
lo abbracciò forte.
- Fermo, che ti voglio abbracciare, - disse, contro la sua spalla.
Miles si rilassò.
- Stupido, mi hai fatto prendere un colpo... - sospirò,
ricambiando l'abbraccio. Più tardi, a letto, Bass lo strinse
ancora, gemendo piano, mentre il piacere gli appannava i pensieri. Era
stato via solo poche ore, ma quanto gli era mancato. D'altra parte,
Miles fu estremamente delicato e attento, con lui, quella sera. Lo
abbracciò, lasciò che si addormentasse con la testa
ricciuta posata sul suo petto. Sentiva il suo respiro sulla pelle, ed
era felice. Ci teneva davvero a Bass, voleva tutto il bene del mondo
per lui. Era innamorato perso di quel ragazzino con cui era cresciuto
insieme, e tenerlo stretto a sé gli procurava una sensazione
indescrivibile di gioia. Era qualcosa che provava solo con lui, con quel
piccolo concentrato di affetto con gli occhi azzurri che gli dormiva
accoccolato addosso.
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Capitolo 7 *** Miles Matheson as: Bob l'Aggiustatutto ***
AU BAR 7
La mattina dopo aprono gli occhi al suono della sveglia, si
stiracchiano, "Come ti senti?", un sorriso in risposta, "Bene",
rassicurazioni, qualche carezza, parte la routine quotidiana.
Come al solito sono in ritardo, ma sono troppo rilassati per
curarsene davvero; raggiungono la porta baciandosi, si separano a
malincuore ma soddisfatti: c'è un'altra giornata da condividere,
ci sono altre ore da passare insieme e altri fiori da prendere e
mettere nel vaso.
Era il momento di attrezzarsi a dovere per l'estate. In mattinata,
i ragazzi delle spedizioni scaricarono dal furgone il ripiano
refrigerante dei gelati, e Miles insistette per fare tutto da solo.
-
È una stupidaggine, ci penso io, - aveva detto, tirandosi su le
maniche, con il piglio sicuro e disinvolto del tecnico esperto e un
cacciavite in una mano. Bass aveva annuito, prendendo uno scatolone
pieno di bicchierini di carta dal bagagliaio della macchina e
rientrando nel bar. Non era del tutto convinto. Non che non confidasse
nelle sue capacità: Miles era sempre stato un ottimo tuttofare, sapeva
meglio di chiunque altro come eseguire piccole riparazioni e
manutenzione di tutto, al bar come a casa. Solo che, quando prendeva
qualcosa alla leggera, inevitabilmente poi succedeva sempre qualche
disastro.
Lo lasciò a smontare e rimontare il suo nuovo giocattolo
in tutta tranquillità. Approfittò della poca affluenza di clienti - a
quell'ora erano già tutti a lavoro, a scuola, o a fare altro - per fare
un po' d'ordine in cucina, come avrebbe voluto fare da tempo, e poi si
mise tranquillo a leggere in un angolo. Ogni tanto andava da Miles a
vedere come stesse procedendo, gli portava un caffè o semplicemente
restava lì a chiacchierare per tenergli compagnia. Più il tempo
passava, però, più aveva la netta sensazione che Miles non avesse la
minima idea di dove mettere le mani, anche se non lo avrebbe mai
ammesso.
- Miles, tutto bene? Vuoi che ti passo il libretto delle istruzioni? - chiedeva, inginocchiandosi accanto a lui.
-
No, non mi serve... È una cavolata, solo uno scemo guarderebbe le
istruzioni! - gli rispondeva Miles, e si risdraiava sotto il bancone,
tra viti, bulloni, dadi, guarnizioni, chiavi inglesi e raccordi. Bass
alzò un sopracciglio, con un sorriso incerto sulle labbra. L'eccesso di
testosterone portava Miles a fare tutto di testa propria, salvo poi
accorgersi di aver sbagliato qualcosa e dovendo ricorrere quindi al
libretto delle istruzioni che tanto odiava. Bass guardò l'orologio. Era
pronto a scommettere che, nel giro di un'ora e mezza, due al massimo,
Miles si sarebbe arreso e l'avrebbe richiamato per farsi passare il
manualetto, con l'aria imbarazzata. Lo conosceva troppo bene,
quell'ostinato, adorabile coglione.
Nel frattempo, servì un
gruppetto di anziani che aveva preso posto ai tavoli esterni, decisi a
sfidarsi nel torneo a carte più lungo ed epico della storia degli
ospizi. Non c'erano altri clienti, se non qualche rapido visitatore che
andava di fretta, così i pensionati lo intrattennero raccontandogli
storie di avvenimenti passati, ma così passati che probabilmente risalivano al periodo dell'invenzione della scrittura cuneiforme.
Bass
ascoltò, interessato, sedendosi con loro. Gli facevano tenerezza. E poi
gli piaceva chiacchierare con i clienti, quando non aveva nulla da
fare.
- Bass! - sentì urlare Miles a un certo punto, esasperato.
Guardò l'orologio. Un'ora e quaranta. Un buon tempo, dopotutto.
Lo
trovò seduto sul pavimento con l'aria contrita e a disagio, che si
grattava la testa e balbettava scuse tipo "Deve esserci un pezzo
mancante", o "Forse non è il cacciavite adatto...". Bass decise di non
infierire, raccolse il libretto che aveva gettato in un angolo e glielo
porse sorridendo.
- Prova con questo, - gli disse, gentile,
accovacciandosi vicino a lui. Miles sembrava riluttante all'idea, ma
alla fine cedette. Era di malumore, Bass lo invitò a staccare un po'.
-
Stiamo un po' insieme, dai, - disse, e dopo essersi guardato attorno
per accettarsi che nessuno potesse vederli, si allungò a dargli un
bacio rapido. - È tutta la mattina che stai dietro a questo affare...
Comincio a sentire la tua mancanza, - rise, prendendogli la mano, il
suo sguardo azzurro un po' divertito e un po' intenerito.
Miles
sospirò. Aveva sudato sette camicie per montare quell'aggeggio
infernale, per di più senza riuscirci, ed era contrariato oltre ogni
limite. Però poi vedeva Bass ridere, e non resisteva. Tutte le
difficoltà sparivano, scivolavano via. Si sentiva sollevato, si
incantava a guardarlo e dimenticava tutto il resto. Senza riflettere
due volte, lo afferrò per le spalle e lo attirò a sé, lo baciò con
amore e trasporto, gli accarezzò una guancia. Avevano entrambi chiuso
gli occhi, perdendosi nella sensazione piacevole di quel bacio
improvviso. Quando si staccarono, Miles lo tenne vicino a sé, posò la
fronte contro la sua, incorniciandogli il volto con entrambe le mani.
-
Ci pensiamo domani a questo coso, ok? E stavolta lascia che ti dia una
mano, d'accordo? - propose Bass, e Miles si limitò a dargli ragione.
Non aveva proprio più voglia di mettersi a litigare di nuovo con il
fottuto impianto refrigerante, e poi sì, in effetti era molto meglio
trascorrere del tempo con Bass che da solo sul pavimento a montare quel
mostro.
- È una dura sconfitta per il mio orgoglio, ma
sopravvivrò - constatò Miles, ma stavolta sorrideva. Lo accarezzò di
nuovo, sfiorandogli la guancia con lenti movimenti circolari del
pollice, e si prese qualche secondo per godersi quell'azzurro così
intenso che adorava. Si diedero ancora un bacio, riparati dal bancone,
e poi un vociare in avvicinamento li obbligò ad alzarsi e occuparsi
degli avventori dell'ora di pranzo. Bass gli lanciò un sorriso, e Miles
rispose, di sfuggita. Si sentiva a disagio, quando non erano soli, però
quei piccoli gesti e sguardi che gli altri non potevano decifrare li
facevano sentire complici.
Restarono ad accarezzarsi e a guardarsi in silenzio per un po',
sorridendo. Bass era sdraiato a pancia in su e Miles era accanto a lui,
disteso su un fianco, e lo accarezzava. Le coccole, dopo aver fatto
l'amore, piacevano a tutti e due. Bass percorse con la punta
dell'indice il volto di Miles, poi si avvicinò per posargli un
bacio sulle labbra. Si sentiva così bene, con lui. Si sentiva al
sicuro, libero, protetto. Miles si chinò su di lui, lo
baciò sulla fronte con tenerezza. Era innamorato perso.
Si strinsero l'uno all'altro, scalciando via le lenzuola. Cominciava a
fare davvero caldo. Bass gemette, sentendo Miles che lo baciava sul
collo, poi si voltò per ricambiare. Ridacchiò, piano, stiracchiandosi
nella sua presa.
-
Certo che fa caldo sul serio, mmm? - cominciò. - Sai di cosa avrei
voglia?, - gli chiese, guardandolo negli occhi scuri con aria divertita
e un sorriso ironico. Miles aggrottò le sopracciglia, gli salì sopra,
lo baciò.
- Se dici "di un bel gelato", giuro che non ti lascio
scendere vivo da questo letto, - lo minacciò, senza riuscire a non
ridere. Bass lo baciò a sua volta, lo accarezzò, rise:
- Hai
indovinato, - disse, e poi non poté più dire o fare nulla, perché Miles
lo bloccò giù e ricominciarono con il secondo round.
Si addormentarono sorridendo, più tardi. L'amore tra di loro era sempre stato un bel gioco.
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Capitolo 8 *** Lividi e fotografie ***
AU BAR 8
Si svegliano precedendo lo squillo isterico della sveglia. Fa
sempre più caldo e la mattina finiscono con l'aprire gli occhi per
esasperazione, ormai, perché il letto sembra andare a fuoco. Tuttavia,
non riescono a non starsi addosso.
Bass si gira, si sposta, si gira di nuovo, non ha pace.
- Ahia! - Miles, una mano premuta sul naso.
- Scusa!
Gesti
irrequieti; Bass ha sempre avuto il vizio di rigirarsi nel letto, fin
da bambino, col risultato di riempire Miles di gomitate e calci. Non ha
smesso di farlo neanche una volta adulto. Miles si è abituato, per
forza di cose, e si è rassegnato ad essere il suo punching ball
notturno, la vittima trasversale della sua mancanza di comodità. Gli
piace troppo tenerlo stretto. Non gli importa se poi la mattina, ogni
tanto, guardandosi allo specchio, si trova addosso piccoli lividi che
non ricorda di essersi fatto.
- Ehi, Mike Tyson, - gli scuote una
spalla, la bacia. Bass se ne sta sdraiato a pancia in giù con indosso
solo i boxer. - È ora, svegliati.
Bass ridacchia contro il cuscino, ancora con gli occhi chiusi, un mugolio attutito. - Non volevo farti male, scusa...
Sente
Miles accarezzargli la schiena, baciarlo sulla testa. Vorrebbe restare
così per tutta la mattina, in balia di Miles e della sue coccole. Lo fa
sentire un bambino, a volte. Attratto dal gioco e desideroso di
attenzioni. Miles lo abbraccia da dietro, fa scorrere le mani sul suo
corpo. Assapora la sensazione della sua pelle liscia, tiepida e morbida
sotto le dita, respira il suo profumo di letto, posa piccoli baci sul
suo collo, sulla clavicola, e poi dietro la nuca, scende tra le sue
scapole. Bass geme piano, stiracchiandosi, con un sorriso sornione
sulle labbra. Si rilassa tantissimo, sente il sonno tornare, premere
sui suoi occhi per chiuderli, sospira, vorrebbe proprio rimettersi a
dormire, adesso, e--
- Ah!
Il
sonoro schiaffo che Miles gli ha tirato sul sedere lo fa sussultare, lo
riporta bruscamente al mondo vigile. Si stropiccia gli occhi, si volta
a guardarlo; sta per dirgli qualcosa, ma Miles lo blocca giù, ride, gli
pesa addosso, lo copre di baci.
- Vendetta, - sussurra sul suo orecchio. Bass ride, si divincola per toglierselo di dosso, senza riuscirci.
-
Sei un coglione, - gli dice, guardandolo negli occhi. E poi non capisce
più niente, si perde nelle sue iridi scure, che sembrano volerlo
attirare a fondo, e smette di reagire. Miles è lì, sopra di lui, tra le
sue gambe, e il modo in cui lo sta guardando non ha bisogno di
spiegazioni. Sa già cosa succederà di lì a poco, e la consapevolezza lo
fa rabbrividire di eccitazione, una scossa sottile lungo la colonna
vertebrale.
Miles lo guarda ancora per un istante. Sta morendo dalla voglia di prenderlo, ancora una volta. Bass è suo,
tutto suo, esclusivamente suo. Fissa il suo azzurro luminoso senza dire
nulla, poi riprende a baciarlo dappertutto, tenendolo giù, e Bass non
si oppone, arrendevole. Gli piace farsi dominare da lui.
Fanno
l'amore lentamente, ma quando poi Bass posa lo sguardo sulla sveglia,
constatando che sono in ritardo mostruoso, scattano in piedi come molle
e fanno in due minuti tutto quello che di solito fanno in mezzora,
correndo per casa come pazzi, prima di saltare in macchina e
dirigersi verso il bar.
Erano occupatissimi come al solito: Miles tutto preso a fare lo slalom
tra i tavoli e Bass impegnato a discutere sulla soglia con il fattorino
che voleva a tutti i costi rifilargli una quantità extra di
posate e pacchetti di tovaglioli che non avevano ordinato.
- Sul serio, non l'abbiamo presa questa roba, può controllare...
- A me risulta di sì. Mi limito a consegnare, non sono
responsabile degli ordini... E poi ormai sono qua, non potete prenderli
e basta?
Bass cedette. Probabilmente c'era stato qualche disguido, e poi capiva
benissimo che quel povero cristo di fattorino non c'entrava nulla. Gli
disse di aspettare, doveva prendere qualche soldo in più per
poter pagare la spesa imprevista. Guardò nel portafogli e
sospirò: non ci arrivava. La cassa era off limits, almeno
finché non avrebbero finito di fare l'inventario per stabilire
quanta roba servisse ancora. Si rivolse a Miles.
- Il portafogli è nella tasca della giacca, guarda, dovrebbero
bastare, - gli disse, distratto, tenendo in equilibrio due vassoi. Bass gli diede
un bacio rapido prima che l'altro uscisse di nuovo, poi saldò il
conto e ritirò i pacchi.
Un quadratino di carta era scivolato fuori dal portafogli di Miles.
Bass posò le scatole sul bancone e si chinò a
raccoglierlo. Lo rigirò.
Istantaneamente, gli si allargò un sorriso nostalgico sulle
labbra, e gli occhi gli si riempirono di uno sguardo intenerito.
Ricordava benissimo il momento in cui era stata scattata quella
fotografia.
Port Royal, cinque estati prima. Campeggio. Un'esperienza che avevano
voluto provare. Era stata un'estate speciale. Qualche mese prima, si
erano scambiati il primo bacio. Il primo di una lunga serie.
Quella vacanza in solitaria, solo loro due, era stata indimenticabile.
Erano due ragazzini, e si amavano come tali. Bass ricordava Miles alle
prese con la tenda che non voleva saperne di farsi montare - era sempre stato testardo, già da allora, Miles -, la pioggia, le zanzare e il fango, e... Il freddo, la scusa perfetta per stringersi forte nello stesso sacco a pelo.
Sfiorò delicatamente la fotografia con il pollice, una carezza
ai ricordi. Non immaginava che Miles la conservasse così
gelosamente. Erano un autoscatto di loro due, seduti davanti alla pira
bruciacchiata di un fuoco che erano riusciti a mantenere acceso solo
per pochi minuti. Avevano passato una notte intera a fare l'amore. Bass
se ne stava a gambe incrociate, infagottato nella coperta, e sorrideva all'obiettivo, con i
riccioli bagnati schiacciati sulla testa - "Miles,
dev'esserci qualcosa che non va... Ci sta piovendo dentro", "Ma va',
tranquillo, ora la aggiusto!" , le ultime parole famose - e
Miles dietro di lui, maglietta stinta e pantaloni della tuta, con un sorriso di quelli rarissimi, gioia pura,
che lo teneva stretto a sé circondandogli la vita con un
braccio, mentre nell'altra mano stringeva il pentolino con cui
avrebbero dovuto provare a cucinarsi un'ipotesi di colazione - senza
riuscirci.
Bass guardò le espressioni che avevano in quel momento e si
vergognò della facilità con cui si commosse. Si
asciugò una lacrima sfuggente con la mano, sorrise. Pensò
a quante cose erano successe, nel frattempo. Erano cresciuti insieme.
Si amavano ancora nello stesso modo, anzi: forse, dopo tutto quello che
avevano passato, si amavano anche di più.
Rimise la fotografia al suo posto, si alzò, cominciò ad
aprire i pacchi e mettere in ordine le cose nella credenza.
Seguì con lo sguardo l'andatura oscillante di Miles, sorridendo.
Non riusciva a trovare le parole per descrivere quanto amasse quell'uomo così goffo, confusionario, disordinato, buono. Così
duro e forte, ma anche estremamente dolce e premuroso e capace di
manifestare il suo amore con piccoli gesti come quello. Una fotografia,
la chiave per leggere nel cuore di Miles.
Bass si appoggiò al bancone, sospirando. Si stava lasciando
andare di nuovo; era un periodo che si metteva a piangere per qualunque
cosa. "Un po' di autocontrollo, su", si disse. "Se passi tutto il tuo
tempo a piagnucolare, ci metterai una vita a disfare questi
scatoloni...!".
Lanciò un'ultima occhiata a Miles, che aveva finito con lo
slalom e aveva cominciato una corsa a ostacoli funambolica, e si
rimboccò le maniche.
Avrebbero avuto modo di parlarne, magari, più tardi.
Quella sera tornarono a casa distrutti. Siccome nessuno dei due aveva
voglia di mettersi a cucinare, decisero di prendere una cena a portar
via dall'arabo sotto casa.
Guardarono un film, sdraiati e abbracciati sul divano e, mentre Bruce
Willis gonfiava di botte la banda dei cattivi, Bass sentì le
palpebre farsi sempre più pesanti. Miles, che lo teneva stretto,
gli sfiorò lo zigomo con la nocca dell'indice.
- Hai sonno, pulcino? Se vuoi andiamo a letto, - disse, baciandolo
sulla tempia. Aveva solo voglia di abbracciarlo forte, in quel momento,
e non si trattenne.
- Mmm--no, tranquillo... -
mugolò l'altro ad occhi chiusi, rannicchiandosi nel suo
abbraccio. Voleva che finisse di vedere il film, se lo voleva; poi
sarebbero andati di là insieme. Sentì rumore di spari e
uno schianto di macchine, Bruce Willis che prendeva a revolverate
qualcuno. Nel dormiveglia, gli tornarono alla mente pensieri sconnessi,
poi si ricordò di quella cosa che voleva chiedere a Miles, e
riaprì gli occhi. Gli strattonò piano il bordo della
maglietta, per richiamare l'attenzione.
Miles abbassò lo sguardo su di lui, gli sfiorò la fronte.
- Che c'è? - chiese.
Bass si prese qualche secondo per mettere insieme una frase di senso compiuto, si stropicciò gli occhi.
- Niente, io... Oggi ho ripensato a una cosa, - cominciò. - A quella volta che siamo andati in campeggio, - disse.
Miles accennò un sorriso imbarazzato, per un attimo distolse lo sguardo, scoperto.
- Hai trovato la foto? - gli domandò, senza smettere di accarezzarlo.
Bass annuì. - Non immaginavo che la tenessi sempre con te, - disse.
Miles lo baciò sulla fronte, Bass chiuse gli occhi.
- Già, - rispose. - È un bel ricordo. Mi piace quell'immagine. - Rise. - Anzi, mi piaci tu in quell'immagine, - aggiunse, scompigliandogli i capelli.
Bass rise a sua volta, gli accarezzò la guancia e si sollevò per baciarlo.
- Adoro il tuo lato sentimentale, - confessò, stringendolo a
sé. E poi, in un sussurro, guardandolo negli occhi: - Ti amo,
Miles, ti amo tantissimo.
Vide sul volto di Miles un sorriso e uno sguardo che traboccavano d'amore, un sorriso e uno sguardo di quelli rarissimi, come cinque anni prima. Si sentì sciogliere.
Miles restò per qualche secondo senza dire nulla, chinandosi su
di lui, pregustando il momento in cui l'avrebbe baciato. Guardò
le ciglia di Bass sbattere, i suoi occhioni azzurri un po' lucidi, e
poi posò lo sguardo sulle sue labbra morbide, fece scorrere il
pollice lungo il contorno del suo viso e Bass chiuse gli occhi,
sospirando. Miles gli fece sollevare leggermente il mento con due dita,
delicatamente, prendendosi tutto il tempo necessario perché
ognuno di quei gesti restasse scolpito nella memoria di entrambi.
Sentì il suo battito agitato contro i polpastrelli, mentre gli
sfiorava dolcemente il collo. E poi, un po' per volta, si
avvicinò, premette le labbra sulle sue, assaporò il
contatto e la sensazione di rilassatezza e felicità che ne
derivavano. Con la mano libera cercò la sua, le loro dita si
intrecciarono, lo baciò a lungo.
- Ti amo anch'io, Bass, - gli disse, quando si staccarono. Un altro bacio, più rapido, stavolta. - Ti amo da morire.
Si guardarono sorridendo per un po', poi Miles afferrò il telecomando e spense il televisore.
- Sai una cosa? - disse, con un sopracciglio alzato e l'aria maliziosa. - Adesso ho proprio voglia di andare a letto...
- Anch'io, - fece Bass, candido, facendo finta di non aver capito. - Ma
solo se mi ci porti tu, - aggiunse, bambino capriccioso.
Miles lo baciò ancora.
- Agli ordini, signor Pigrizia.
Esaurirono le ultime energie della giornata nel modo migliore. Si strinsero forte l'uno all'altro, si addormentarono.
Miles sospirò, prima di chiudere gli occhi. Sapeva già
che nel corso della notte avrebbe guadagnato qualche altro pezzo per la
sua collezione di lividi.
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Capitolo 9 *** Sei sempre stato il mio angelo custode ***
AU BAR 9
Sbadigli, sospiri; scalciano via le coperte.
Miles che abbraccia Bass, lo trattiene, non ha per niente voglia di
lasciarlo andare; si girano e si rigirano, Bass che cerca di alzarsi e
Miles che lo riacchiappa tutte le volte, urta la sveglia che finisce a
terra con un tonfo.
- Non puoi andartene... Ti voglio, - geme Miles, non ancora del tutto
sveglio, stringendolo forte intorno alla vita e ribaltandolo sul letto,
inchiodandolo giù col suo peso per non farselo sfuggire.
Bass si divincola, ma poi, dopo le prime coccole, cede e si arrende, è più forte di lui.
- Stanotte ho fatto un sogno stranissimo... - mugola, un istante prima
che Miles lo prenda, e poi sussulta, preso alla sprovvista.
- Che sogno? - chiede Miles distrattamente, troppo preso da lui, dalla
sua pelle, dal suo profumo, dal suo tepore, dai suoi lievi ansimi e
dalla sua espressione tenera e assonnata.
- Non c'era più l'elettricità... E io e te guidavamo un
esercito... E combattevamo con le spade, - cerca di spiegare,
affannato, tra un bacio e l'altro. Miles ride.
- Interessante, - dice, continuando a baciarlo. Quando è con
lui, non capisce più niente. A volte, quando lo tiene tra le
braccia, quasi non ci crede che quel piccolo miracolo sia lì,
tutto per lui, a sua disposizione. Bass è tutto ciò di
cui ha bisogno.
- E avevamo delle divise fighissime, e i carri, e i cavalli, - continua
Bass, eccitato, - e una specie di piccolo regno tutto nostro, e-- - un
gemito lo interrompe. Miles lo bacia sul collo, succhia fino a
lasciargli il segno.
Bass chiude gli occhi, ha perso il filo del discorso. Non ricorda
più cosa voleva dirgli. Gli sembra quasi di vederle, le parole,
mentre scivolano tra le loro mani giunte, sulle loro spalle, tra i
capelli. Ne raccoglie solo due, quelle più semplici, necessarie.
- Ti amo, - sussurra, abbandonandosi del tutto.
- Ti amo anch'io, - gli risponde Miles, con lo stesso trasporto,
inondandosi gli occhi del suo azzurro, le mani dei suoi riccioli
biondi, le orecchie dei suoi respiri. Perfetto. Non troverebbe parola migliore per descrivere il momento che sta vivendo, con l'uomo che ama.
Lo tiene abbracciato e si incanta a guardarlo, dopo. Sono sdraiati l'uno tra le braccia dell'altro, i volti vicinissimi.
- Sai una cosa? - gli dice, sfiorandogli la spalla. - Se anche
scoppiasse la fine del mondo, io e te insieme ce la faremmo. Con i
carri, e i cavalli, e tutto il resto, - sorride, e Bass si scioglie.
Tutte le volte che Miles sorride, non riesce a trattenersi e gli
risponde allo stesso modo, quasi di riflesso. È come guardarsi
allo specchio.
- Lo so, - risponde, con tono dolce, prendendogli la mano. Miles lo bacia sulla fronte.
Restano in silenzio per un po'. Fuori la giornata è stupenda,
è quasi un peccato andare a lavoro. Stanno entrambi pensando che
non ne hanno voglia. Bass è il primo a tornare alla
realtà.
- Ma che ore sono? - chiede.
Miles si volta, cerca la sveglia che non c'è.
- Boh... - La ritrova in un angolo, la raccoglie. - Merda! - impreca, realizzando che faranno tardi anche quel giorno.
Si preparano in fretta, rimandano la colazione a quando arriveranno al bar.
Miles si ritrova con i calzini spaiati, come sempre. Il disordine ce l'ha nel dna.
Bass si asciugò la fronte con il dorso della mano. Faceva sempre
più caldo, e sia lui che Miles non facevano che correre da un tavolo
all'altro senza un attimo di tregua.
- Forse dovremmo assumere qualche aiutante, - suggerì. Miles aggrottò le sopracciglia, valutando l'ipotesi.
- Non so, - disse. - Forse dobbiamo solo organizzarci meglio...
Impilò una serie di piatti da infilare nella lavastoviglie, poi riempì un vassoio di aperitivi.
-
Resta qui, riposati un attimo. Ci penso io, - disse, posandogli un
bacio rapido sulla guancia. Bass sospirò. Era esausto. Il caldo gli
portava via le energie, si sentiva sempre a terra. Ci metteva un po' ad
abituarsi alla nuova stagione. Miles cercava di farsi in quattro per
alleggerirgli il lavoro, nonostante soffrisse il caldo più di lui,
perché gli dispiaceva vederlo stremato e abbattuto quando tornavano a
casa la sera. Bass apprezzava la sua premura, ma non voleva che finisse
tutto sulle sue spalle, non gli sembrava giusto.
Bevve un sorso d'acqua, fece un bel respiro, poi prese il blocchetto e uscì di nuovo per prendere le ordinazioni.
Quella
sera lasciarono le finestre aperte. Il vento leggero, raro ma ostinato,
di tanto in tanto faceva ondeggiare le tende sottili. Miles era già a
letto, se ne stava disteso con le mani intrecciate sullo stomaco a
guardare Bass che, in maglietta e boxer, scalpicciava a piedi nudi
nella stanza riordinando le proprie cose, perché era stato l'ultimo a
cambiarsi.
- Dai, vieni qua, - lo chiamò Miles, battendo la mano sul
materasso. - Non ti sembra una crudeltà farmi aspettare? - aggiunse,
scherzando. Era stanco, e voleva Bass accanto a sé. Bass era la sua
ricompensa, il suo caricabatterie. Si sentiva subito meglio, se lo
aveva vicino.
L'altro non si fece aspettare. Si sdraiò al suo
fianco, posando la testa sul suo petto. Miles gli circondò le spalle
con un braccio. Adorava potersi godere il silenzio, la tranquillità, la
vicinanza della persona che amava. Condividere il silenzio era quasi
più intimo che fare l'amore. Potevano sentire distintamente l'uno il
respiro dell'altro, si liberavano la mente. Accarezzò Bass pigramente,
quasi fosse un gatto. L'altro ricambiò, lo coprì di baci. Lo vedeva
stanco, e ne era dispiaciuto. Sapeva che stava dando fondo alle sue
energie per aiutarlo, e la cosa lo commuoveva. Miles aveva sempre
anteposto il benessere di Bass al proprio, si era sempre preso cura di
lui in modo del tutto incondizionato e totale. Un vecchio ricordo
tornò alla mente di Bass, erano piccoli, ma non riusciva a ricordare quanto:
sembrava passata una vita.
-
Ehi, Bass, tranquillo, - Miles lo aveva accarezzato sulla testa, lo
aveva attirato a sé. Bass era provato ed esausto. Avevano percorso quel
tratto di sentiero mille e mille volte, e non avevano mai trovato
ostacoli. Quel giorno invece un sasso o un ramo spezzato, chissà, si
erano infilati nei raggi della sua bicicletta, era caduto, rovinando
poco lontano. Miles si era immediatamente fermato e gli si era seduto
accanto. La caviglia di Bass era gonfia e dolorante. Gli faceva male,
ma non voleva lasciarsi andare, lottò contro l'istinto di piangere.
Miles gli aveva sfilato delicatamente la scarpa, cercando di non fargli
male, per valutare il danno. Sapeva che si stava trattenendo per non
scoppiare a piangere, anche se dopo una botta del genere lo avrebbe
capito benissimo. Gli aveva fatto una carezza di incoraggiamento.
- Sei stato
bravissimo, - gli aveva detto, tenendolo vicino. - Sei stato davvero bravo,
pulcino.
Bass ancora ansimava. Il dolore non era ancora passato, ma la presenza
e i gesti di Miles lo distraevano, riusciva a sopportarlo meglio. Aveva
sibilato tra i denti, quando aveva cercato di muoversi. Si era nascosto
contro la spalla di Miles, aveva piangiucchiato in silenzio. Voleva
mostrarsi forte, non voleva fare il ragazzino che si spaventa per
qualsiasi stupidaggine. E poi c'era Miles, con lui. Non poteva
succedergli niente di male, Miles sapeva sempre cosa fare. Sarebbe
andato tutto bene.
Aveva tirato su col naso.
- Vedi? Riesci a muoverlo, - gli aveva detto Miles, accarezzandogli la
guancia. - È solo una storta. Fa male, ma guarirà presto.
Lo aveva preso in braccio, per non farlo camminare, e così lo aveva
portato a casa, una camminata di cinque chilometri con quel fagottino
spaventato stretto tra le braccia. Quando Bass fu al sicuro nella sua
stretta, qualsiasi proposito di non scoppiare a piagnucolare
come un bambino andò a farsi fottere. Era troppo sollevato che
ci fosse Miles a prendersi cura di lui. Con le lacrime, scivolò
via anche la paura che aveva provato in quel momento.
Sorrise,
intenerito, si strinse di più a Miles. Non era cambiato niente. Miles
era e sarebbe sempre stato il suo unico punto di riferimento, la sua
colonna, il suo guardiano.
Miles notò il modo in cui Bass lo
stava guardando, con un sorriso lieve e gli occhi azzurri che quasi
brillavano, e gli diede un buffetto affettuoso sulla guancia.
- Che hai? - gli chiese, sorridendo. Gli piaceva essere guardato in
quel modo, gli piaceva vedere l'amore nei suoi occhi, anche se non lo
avrebbe mai ammesso apertamente.
- Pensavo a una cosa, - rispose Bass, evasivo, senza smettere di sorridere.
- Cosa? - insistette Miles, accarezzandolo, perso dentro le sue iridi celesti.
- Che sei sempre stato il mio angelo custode, - ammise Bass, in un soffio, prima di baciarlo ancora, e ancora, e ancora.
Rimasero
a coccolarsi finché il sonno non li vinse. Bass fu estremamente dolce;
era il suo modo di ringraziarlo per tutto quello che ogni singolo
giorno Miles faceva per lui.
Si addormentarono, mentre il vento trascinava nella loro stanza il profumo dell'estate in arrivo.
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Capitolo 10 *** Guarda cos'ho trovato! ***
AU BAR 10
Si immergono nell'aria bollente di giugno con appena la forza di
strascicare i piedi. Finché sono al sicuro nel guscio fresco della loro
casa, non c'è problema; ma poi, appena attraversata la soglia, si
ritrovano addosso la pesantezza dell'afa estiva e Miles comincia a
sbuffare per primo. Si dirige a passi misurati verso la macchina,
atterrito dalla nube di calore che troverà all'interno non appena
aprirà lo sportello; ma non ha il tempo di pensarci, perché quasi
subito sente la voce di Bass, qualche metro dietro di lui, richiamarlo
con una punta di improvvisa eccitazione.
- Miles, vieni vieni guarda!!!
Bass è fermo in mezzo al vialetto, con qualcosa di rotondo tra le mani. Ha un sorriso enorme stampato sul viso.
-
È una tartaruga di terra! - esclama, tutto contento, voltandosi a
guardare Miles che, nonostante lo scazzo perenne causato dal caldo, non
può fare a meno di sorridergli in risposta.
Gli animali sono
sempre piaciuti a entrambi. Quando erano piccoli, si saranno presi cura
di un centinaio di animaletti, tra cani, gatti, istrici, scoiattoli,
marmotte, uccellini e tutte quelle creaturine che abitavano nelle zone
boschive vicino alla loro casa. Avevano accudito ogni tipo di cucciolo
che avevano incontrato sulla loro strada, per poi lasciarlo libero di
tornare nel suo habitat una volta cresciuto.
- Si era girata sul
dorso e non riusciva a camminare, - spiega Bass a Miles, che si è messo
al suo fianco e osserva il suo piccolo ritrovamento. La tartarughina,
ancora diffidente, si ritira nel carapace, e Bass la guarda con
curiosità, improvvisamente tornato bambino. - Non possiamo lasciarla
qui, ci passano le macchine, - dice. E poi guarda Miles con gli occhi
che brillano, e fa l'inevitabile domanda: - Possiamo tenerla???
Miles sorride. Non può dirgli di no, e poi, perché
dovrebbe? Sono sempre stati complici nella missione di salvataggio
cuccioli.
Decidono di portare con loro quel piccolo imprevisto, in modo da poter
comprare del mangime e chiedere qualche informazione ad un negozio di
animali che è di strada.
- Guarda... Sta mangiando!
Bass si era seduto a braccia conserte a
spiare i movimenti dell'animaletto, che avevano provvisoriamente
sistemato in una bacinella di plastica in cui avevano messo della
terra, sul pavimento della cucina, al riparo dalla confusione. Durante
il viaggio in macchina, aveva tenuto la tartarughina sulle gambe e
questa a poco a poco era uscita dalla casetta, aveva sollevato il
musetto e si era fatta accarezzare. Quando erano arrivati al bar, lei e
Bass ormai erano grandi amici. Miles non era stato altrettanto
fortunato. Non appena l'aveva presa, per poi posarla sul letto di
terra, gli aveva fatto la cacca su un ginocchio.
- Però, le stai
simpatico, - aveva commentato Bass, prendendolo in giro. Miles aveva
sospirato, incapace di prendersela. La piccola ospite piaceva anche a
lui, non gli importava.
Erano rimasti a guardarla mentre si
ambientava in quello spazio così strano per i suoi standard, e avevano
cominciato a farsi qualche domanda.
- Sarà maschio o femmina? Quanti anni avrà?
- Più tardi cerca su Internet, - aveva proposto Miles, che con la tecnologia era negato. Bass aveva annuito, distratto.
-
Sì... Anche perché dovremmo darle un nome, - aveva risposto, poi era
rimasto in silenzio. Miles lo aveva visto posare lo sguardo prima sulla
tartaruga, poi su di lui, poi di nuovo sulla tartaruga, e alla fine,
dal momento che l'altro non si decideva a parlare, aveva scosso la
testa con aria perplessa e un sopracciglio alzato, come a chiedere:
"Cosa c'è?".
Bass aveva ridacchiato tra sé e sé, prima di rispondere:
-
Potremmo chiamarla Miles Jr... Avete la stessa espressione scazzata, -
rise. Miles aveva sollevato un angolo della bocca, imbarazzato.
-
Davvero? Davvero mi stai dicendo che somiglio a una tartaruga??? -
aveva chiesto, senza riuscire a trattenere un bel sorriso. - Tu sei
tutto scemo, - aveva aggiunto, scombinandogli i capelli con la mano,
dispettoso. Bass, tutto preso da Miles Jr, gli faceva tenerezza.
Sembrava davvero un bambino, sembrava stesse recuperando quella
spensieratezza e quello stupore che aveva perso proprio nel momento in
cui ne aveva più diritto. Miles era contento che avesse da fare con
l'animaletto, lo avrebbe aiutato a stare sereno.
- Ti porto un po'
d'acqua, - gli disse, posandogli la mano sulla spalla. - L'ha
rovesciata, - constatò. Per tutta risposta, come se avesse capito che
stavano parlando di lei, Miles Jr alzò la testa e li guardò, con ancora
dei rimasugli di insalata attorno alla bocca. Tutt'intorno, il terreno
stava assorbendo l'acqua che aveva fatto cadere dal contenitore
camminandoci sopra.
Miles porse a Bass un bicchiere, poi afferrò lo straccio e si diresse al bancone.
-
Io vado, sta arrivando gente. Tu prenditi il tempo che vuoi, - gli
disse, sapendo che avrebbe passato ore ad accarezzarla, se
avesse potuto.
Bass annuì, sorridendo.
- Adesso arrivo.
Diede
un bacio veloce a Miles prima di lasciarlo andare. Poi, accarezzò
delicatamente con l'indice Miles Jr. sulla testolina, prima di seguire
l'altro tra i tavoli.
La sera, arrivarono a casa stanchissimi,
ma non erano di cattivo umore. Si sdraiarono, adagiando la casa
provvisoria di Miles Jr vicino al letto. Bass aveva le mani e la faccia
leggermente sporche di terra, perché non riusciva a staccarle le mani
di dosso e smettere di darle bacetti sulla testa. Dopo un po' la vide
rientrare con le zampette e il muso nella casetta e capì che stava
dormendo. Miles afferrò Bass, staccandolo dal bordo del letto da cui
si era sporto per sbirciarla, gli occhioni blu diventati grandissimi
per l'affetto e la curiosità, e se lo sistemò addosso.
- Smettila,
vieni qua, lasciala in pace, - disse, cominciando a baciarlo sul collo.
Lo cinse intorno alla vita con entrambe le braccia, Bass si stiracchiò
e non si oppose.
- Sta dormendo, - mugolò appena, mentre Miles a poco a poco si preparava a salirgli sopra.
-
Per fortuna, - disse l'altro, prima di sdraiarsi su di lui, senza
smettere di baciarlo. - Mi sentirei a disagio, se ci guardasse mentre--
Bass rise, gli occhi chiusi e l'espressione divertita.
-
Scemo, - disse soltanto, e poi non poté più aggiungere
nulla perché
Miles gli diede un bacio da apnea. Quando si staccarono, Miles rimase a
guardare Bass sotto di lui, tranquillo e con un sorriso dolce, che gli
accarezzava pigramente i capelli scuri e lo baciava con tenerezza. Gli
piacevano da morire, le carezze di Bass, anche se non glielo aveva mai
fatto capire chiaramente. Bass non aveva bisogno di conferme, d'altra
parte.
Sapeva cosa piacesse a Miles, senza bisogno che l'altro glielo dicesse
espressamente. Era tutto estremamente chiaro e semplice, tra di loro,
senza bisogno di troppe parole.
Miles infilò le mani sotto la sua
maglietta, accarezzandogli il bacino, i fianchi, il ventre, senza più
la sottile stoffa a fare da ostacolo tra le sue mani e la pelle nuda di
Bass. Un attimo dopo, cominciò a sfilargliela, baciando con dedizione ogni
centimetro che piano piano scopriva. Cominciò dall'ombelico, salendo
piano piano a baciarlo sulla pancia, sul petto, e infine riprendendo a
sfiorarlo con le labbra sul collo. Bass mugolò, si prese qualche minuto
per godersi le attenzioni di Miles, e poi fece lo stesso con l'uomo che
amava. Miles gli posò le mani sui fianchi, una presa delicata e salda,
e Bass soffocò un gemito contro la sua spalla.
Non si sarebbe mai stancato di averlo addosso, non si sarebbe mai stancato di averlo dentro.
Miles restò su di lui e lo riempì di baci, dopo.
-
Ti amo da morire, pulcino, - sussurrò sul suo orecchio prima di
baciarlo sulla guancia, una bacio a stampo, di quelli che schioccano.
Bass sorrise, intenerito, e lo baciò allo stesso modo, sulle labbra
però.
- Ti amo anch'io, Miles, - soffiò, stanco ma sereno,
abbracciandolo perché restasse su di lui. Si addormentarono, Miles con
la testa posata sulla spalla di Bass che scivolò nel sonno con un
sorriso lieve lieve sul viso.
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Capitolo 11 *** Ale', oh-oh! ***
AU BAR 11
La mattina dopo, Miles spegne la sveglia per non disturbare Bass e Miles Jr, che dormono della grossa.
In particolare, vuole godersi Bass ancora un po', senza l'ansia di fare
tardi. Lo guarda dormire, a pancia in giù, una mano scivolata
oltre il bordo del letto fino al cesto di plastica gialla dove Miles
Jr, altrettanto assonnata, se ne sta rintanata nel guscio a ronfare.
Senza pensarci troppo, Miles allunga una mano e gli accarezza un
fianco. Bass mugola, nel dormiveglia; ritira la mano e la posa su
quella di Miles, invitandolo a cingergli la vita. All'altro non resta
che obbedire.
- Buongiorno, - sussurra sul suo orecchio, prima di affondare il naso
tra i suoi riccetti. Gli strappa un sorriso, anche se non può
vederlo, perché Bass se ne sta con la faccia nascosta contro il
cuscino. Però la presenza di Miles, che lo ha preso per mano
riportandolo dal mondo dei sogni alla realtà, è
così affettuosa e insistente che non può non voltarsi.
Sente Miles accarezzargli piano la guancia, prima di baciarlo sulla
fronte.
- Buongiorno a te, - gli risponde, intenerito. Miles lo bacia ancora.
Adora vedere i suoi occhioni blu assonnati aprirsi piano piano. Gli
sembra di assistere a un evento straordinario, ogni singolo giorno, e a
volte quasi non riesce a crederci che quei piccoli pezzi di cielo si
schiudano proprio per lui, solo per lui. Si sente fortunato.
Si prende qualche minuto per baciarlo ancora, per accarezzarlo un po'.
Bass si volta del tutto, si sdraia sulla schiena, ricambia. Gli piace
il lato dolce di Miles. Gli regala sempre degli ottimi risvegli.
Ricorda di quando, i primi tempi, Miles si vergognava di manifestare
quello che sentiva. Era così goffo e impacciato! L'immagine di
Miles ragazzino gli strappò un enorme sorriso. Era come cercare
di sciogliere una pietra. Poi, un po' per volta, aveva messo da parte
la timidezza e da quel momento non perdeva un'occasione per stargli
addosso, per dimostrargli e dirgli che gli voleva bene.
- Vado a preparare la colazione, - dice Miles, baciandogli la spalla. -
Tu resta ancora un po', - aggiunge, - stasera facciamo tardi.
Bass si desta dal torpore piacevole in cui è sprofondato di nuovo, alza un sopracciglio, perplesso.
- Perché? - chiede, confuso.
- Stasera c'è la partita, - Miles risponde accarezzandogli piano la spalla,
scendendo lungo il braccio, il gomito piegato, l'avambraccio, il polso.
Risale. Bass si muove appena, lascia andare un sospiro.
- È vero, l'avevo dimenticato... - chiude gli occhi, come per
rimuovere il pensiero. Faranno il doppio del lavoro, e probabilmente
non riusciranno a chiudere prima dell'una o le due.
Miles lo distrae dai suoi pensieri, lo invita a sorridere invece di preoccuparsi.
- Dai, che ci divertiamo anche noi, sarà pieno di gente... -
dice, baciandolo ancora, e ancora, e ancora. Se appena sveglio Bass non
aveva voglia di alzarsi dal letto, ora che Miles gli ha appena
ricordato quale impegno hanno - e soprattutto dal momento che continua
a baciarlo - la voglia ha fatto le valigie e se ne è andata via
definitivamente. Ma Miles poi si sposta, si alza, si infila i
pantaloni e scivola fuori dal letto.
- E lei? Lei cosa mangia? - chiede, indicando Miles Jr che ha appena iniziato a tirar fuori la testa dal guscio.
- Tutto quello che trovi, basta che sia verde, - risponde Bass, riprendendo ad accarezzare la loro piccola ospite.
Miles, in cucina, si rende conto di quanto saranno strane le loro mattine, da quel giorno in poi, e sorride.
Non ha mai sminuzzato verdurine alle sei di mattina.
- Kurt, ciao, ciao ragazzi... Prego, mettetevi comodi, le birre arrivano subito.
Miles
cercava di sistemare tutti nel modo migliore, evitando di ammassare
troppi avventori nello stesso posto. Erano gruppetti di gente che
conoscevano, per lo più: gente che si faceva vedere spesso da quelle
parti, soprattutto di sera, una volta staccato dal lavoro. L'atmosfera
era quella di una grande rimpatriata tra amici, di tutte le età, dai
ragazzini ai nonnetti. C'erano studenti, operai, professionisti, gente
in jeans e maglietta e altri con la camicia - con cui quel giorno si
erano recati in ufficio - con le maniche tirate su. Miles non andava
pazzo per il calcio, lui e Bass avevano seguito sempre e solo il rugby.
Però gli faceva piacere vedere tante persone così diverse sedute allo
stesso tavolo a condividere del tempo libero.
Bass, invece, in
cucina, non poteva gustare l'aspetto poetico di tutta la faccenda. Era
troppo impegnato a preparare stuzzichini e vassoi, aperitivi e panini.
Sapeva di doverne sfornare in quantità industriale, perché sarebbero
stati l'intermezzo perfetto tra una commento calcistico e l'altro.
-
Ahia, - esclamò, quando per la fretta il coltello gli sfuggì e si ferì
superficialmente l'indice. Cercò uno sguardo di supporto da Miles Jr,
adagiata con la sua cuccia provvisoria in un angolo, che però sembrava
molto più interessata a pappare le sue erbette che a condividere le
paturnie del suo padrone. Gli rivolse un ghigno da tartaruga
soddisfatta, mentre sbocconcellava qualche foglia di insalata, spinaci
e radicchio, del tutto inconsapevole dell'agitazione che si stava
preparando nella stanza accanto.
I ragazzi avevano preso posto,
Miles aveva sintonizzato lo schermo sul canale giusto ed era sparito in
cucina da Bass. Ormai era solo questione di minuti. Cominciò a fare
avanti e indietro con i vassoi, vegliando come un falco affinché tutti
avessero sempre un piatto da cui attingere accanto e una birra a
portata di mano. Non c'era neanche bisogno di chiedere.
In cucina, abbracciò forte Bass che era sull'orlo di una crisi nervosa.
- Mi servirebbero otto mani per fare tutto, - gemette, contro la sua spalla.
-
Stai tranquillo, - lo rassicurò Miles. - Serviamo tutto adesso, così
poi durante la partita ce ne stiamo tranquilli. Fra poco comincia,
vieni a sederti con me.
- Aspetta... Mi mancano ancora una decina
di involtini, - rispose l'altro, sciogliendosi dalla sua presa. -
Faccio subito, - aggiunse, rasserenato dall'idea di avere a
disposizione novanta minuti di relativo svago, punteggiati da saltuarie
richieste di spuntini extra. Miles gettò sul ripiano lo strofinaccio
che teneva stretto in una mano, gli si affiancò.
- In due facciamo prima.
Bass
sorrise, stanco. Avevano sgobbato come due schiavi per tutto il giorno,
e non era ancora finita. Però era soddisfatto di quello che avevano,
sul serio.
Miles lo guardò, mentre l'altro se ne stava tutto preso
a tagliare e sminuzzare e farcire, e sorrise a sua volta. Gli piaceva
vederlo così coinvolto, con le sopracciglia bionde leggermente
aggrottate, le mani che si muovevano veloci come se non avesse fatto
altro nella vita.
Più tardi, finirono l'ultimo giro di aperitivi e
si sedettero con gli altri. Senza averlo messo in conto, si ritrovarono
contagiati dall'euforia che serpeggiava tra tutti, un calore insolito.
Quando la loro squadra vinse, i presenti scoppiarono in un urlo
fragoroso. Alcuni si abbracciarono, altri saltavano, altri gridavano
frasi incomprensibili, coperte dalla confusione generale. Espressioni
di pura gioia, amplificata dai fiumi di alcool bevuti nel corso di quei
novanta minuti. I clienti si trattennero ancora un po', Miles e Bass si
ritrovarono a chiudere un po' dopo l'orario previsto.
- Sono a
pezzi, - sussurrò Bass, stiracchiandosi. Ancora si sentiva l'eco forte
dell'esultanza, nelle case, nelle strade, nelle piazze intorno a loro.
Miles sbadigliò, prese sottobraccio la cesta di Miles Jr, l'adagiò sul
sedile posteriore.
- Anch'io, - ammise. - Però è stato divertente,
- aggiunse, voltandosi a guardarlo. Lo sorprese ad asciugarsi una
guancia con la mano, e si preoccupò. Bass cercò di mascherare quel
gesto fingendo di allacciarsi la cintura, ma Miles lo aveva visto
benissimo.
Si sporse verso di lui, un braccio intorno alle sue spalle e l'altra mano posata sul volante.
- Ehi, pulcino, che ti prende adesso?
L'altro
si lasciò sfuggire una risata sottile, liberatoria. Gli scivolò
un'altra lacrima, poi un'altra. L'espressione di Miles si fece confusa
quando lo vide asciugarsi le guance ridendo, ma poi capì. Bass non
stava piangendo perché
era triste. Stava piangendo perché era felice, felice davvero.
Miles si addolcì all'istante, lo accarezzò con estrema
tenerezza sul viso, mentre sentiva un sorriso enorme, sincero, di
quelli che nascevano piantando le radici bene bene in mezzo al cuore,
allargarglisi sulla faccia.
Si fece contagiare dalla gioia di Bass, cercò il contatto
visivo, gli posò entrambe le mani sulle guance asciugandole con
i pollici, lo baciò. Bass rideva e piangeva, sembrava nel pieno
di una crisi isterica, e Miles non sembrava meno matto di lui.
- Vedi? È tutto vero, è tutto vero, amore mio, - gli
disse, e le ultime due parole erano così rare da sentire dalla
sua voce, così poco da Miles, che
Bass non sapeva se continuare a piangere per la commozione o se
mettersi a ridere ancora più forte, perché Miles
innamorato era follemente divertente. - L'abbiamo fatto noi. L'abbiamo
costruito noi. È la nostra vita, pulcino.
Lo
baciò con tutta l'anima, dal momento che ormai erano al sicuro nella
loro macchina. Lo baciò, e poi lo baciò ancora, e ancora e ancora.
Aveva bisogno di lui. E anche Bass aveva bisogno di Miles. Lo strinse
forte a sé, prima di lasciarlo libero per poter guidare.
Oltrepassarono
la porta di casa senza mai staccarsi. Bass si allontanò da Miles solo
per un attimo, per poter sistemare Miles Jr - già da una mezzoretta
ritiratasi nel mondo dei sogni - nel proprio angolino, e poi ripresero
a baciarsi con più trasporto di prima. Fecero l'amore con l'euforia
sotto pelle, un brivido gradevole, e infine crollarono.
Sorridevano, tutti e due.
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Capitolo 12 *** Per dirti grazie ***
AU BAR 12
La mattina dopo, Bass mangia poco e niente.
- Devo aver esagerato
con la birra, ieri sera, - dice, prima di finire di bere il caffè senza
particolare entusiasmo. Miles solleva involontariamente un angolo della
bocca in un mezzo sorriso.
- Prima o poi dovremo parlare del tuo
rapporto con l'alcol, - gli risponde, guardandosi attorno. Dove ha
messo le chiavi della macchina? Come al solito non se lo ricorda. - Ti
ostini a bere anche se sai che non lo reggi, - aggiunge, con un lieve
sottotesto di rimprovero affettuoso, continuando a cercare senza
successo.
Bass lo guarda, con un sorriso leggero.
- Sul mobile
dell'ingresso, - dice, posando la tazza vuota sul tavolo. Ha imparato
presto a ricordare quelle cose che Miles dimentica sempre, la
Sbadataggine fatta persona. - Le chiavi le hai lasciate lì.
Miles
lo guarda, un po' stupito e un po' perplesso dal fatto che l'altro
capisca sempre cosa ha in mente senza bisogno di parlare, poi si dirige
nell'ingresso e recupera le chiavi, ritorna.
- Grazie, - dice, chinandosi su di lui per baciarlo sulla testa. Bass si prende il suo bacio, poi si alza.
-
Sai cosa vorrei fare oggi? Passare dal ferramenta. Voglio comprare
qualcosa per costruire una casetta a Miles Jr, - dice, riaccostando la
sedia al tavolo. Miles lo guarda mentre raccoglie da terra lo zainetto,
se lo mette in spalla e poi raccoglie la cesta della tartarughina. - Ti
sei stancata di questa stupida cesta, eh? - chiede, e l'animaletto
solleva la testa e lo guarda con una certa curiosità, zampettando verso
il bordo per avvicinarglisi. Si avviano verso la porta.
- Certo
che si è stancata, dottor Doolittle, - gli risponde Miles, con le
chiavi che tintinnano in una mano. - Sai più o meno cosa ti servirà?
Bass
si volta verso di lui, gli lancia un'occhiata alla "Sì che lo so, ho
persino fatto una lista. Non sono disordinato come te", e poi si
allunga verso di lui per baciarlo sulla guancia, ruvida come al solito.
Quanto gli piace quella sensazione. Gli piace tutto, di Miles.
-
Scappo un quarto d'ora durante la pausa. Per fortuna che è vicino, a
piedi farò in un attimo, - lo rassicura. Miles sta per aprire la porta,
ma poi sembra ripensarci e la sua mano scivola via dalla
maniglia. Approfitta del fatto che Bass ha le mani occupate per
chiuderlo delicatamente contro la parete, baciarlo ancora una volta. Sa
che, una volta oltrepassata la soglia, non avranno molte occasioni per
lasciarsi andare, e vuole approfittarne fino all'ultimo. L'altro chiude
gli occhi, cede volentieri.
- Adesso possiamo
andare, - annuncia Miles con un sorriso soddisfatto, quando si
separano, e lo lascia libero. Bass ride, gli piace quando Miles ha
voglia di scherzare. Si incamminano insieme lungo il vialetto sotto il sole di giugno, Bass
tranquillo con la cuccia di Miles Jr tra le mani, e Miles che torreggia
accanto a lui dal suo metro e ottantacinque di altezza, con l'andatura
dinoccolata e l'espressione di uno che si è svegliato decisamente bene.
Bass camminava sereno, con un grosso pannello di compensato
sottobraccio e una busta nella mano libera. Era contento all'idea di
aver trovato quasi tutto; le altre cose che gli servivano avrebbe
potuto trovarle facilmente in un negozio di animali. Il ferramenta
distava solo un paio di isolati dal bar e affacciava su una via
pedonale affollata di piccoli negozietti in cui Bass si sarebbe fermato
a curiosare volentieri, ma aveva troppa voglia di tornare da Miles per
allungare ulteriormente il tragitto. Affrettò leggermente il
passo, ma non troppo, perché voleva godersi la quiete della
stradina, che non era raggiunta dal frastuono caotico delle
macchine. Gli piaceva vedere le persone passeggiare, con i sorrisi
leggeri che la splendida giornata di sole spontaneamente disegnava sui
volti di tutti. Stava facendo un rapido calcolo a mente per stabilire
le misure della futura nuova casa di Miles Jr, quando poi il suo
sguardo si piantò in una vetrina in particolare, costringendolo
a fermarsi bruscamente.
Sentì una specie di piccolo, rapido sussulto, alla vista di
quella cosa che era sempre stata il sogno di Miles fin da ragazzino e
che ora era lì, scintillante e perfetta nella sua custodia, che
non chiedeva altro che di essere presa e regalata. Guardò
l'insegna: era un negozio di antiquariato. Diamine, forse era
un'occasione. Non poteva lasciarsela sfuggire. Era il regalo perfetto
per Miles! Con un sorriso enorme di eccitazione, già
immaginandosi la faccia che l'altro avrebbe fatto quando l'avrebbe
vista, non ci pensò due volte e si fiondò nella piccola
bottega.
Quando tornò, Miles stava preparando due coca cola con il
ghiaccio e un'aranciata per tre ragazzini delle medie che erano appena
usciti da scuola. Bass cercò di non lasciar trasparire l'euforia
che lo pervadeva, e che lo faceva tremare sulle gambe. Per quanto
cercasse di comportarsi normalmente, Miles lo squadrò con una
leggera perplessità nello sguardo. Notò che Bass
sorrideva in modo strano e involontariamente spostava di continuo il
peso da una gamba all'altra, senza neanche rendersene conto.
- Tutto bene? Ti vedo un po' agitato, - disse, riempiendo due
tramezzini. Bass saettava da un tavolo all'altro sorridendo come non
mai; il pensiero della sorpresa che gli aveva preparato lo visitava
continuamente, riempiendolo di attesa e trepidazione.
- Certo, - gli rispose l'altro, avvicinandosi per stampargli un bacio sulla guancia e rivolgendogli un sorriso
così luminoso che al confronto il sole sembrava una lampadina
fulminata. Miles non chiese altro, anche perché l'altro era
già scappato via, lasciandolo confuso e perplesso a lucidare i bicchieri e sorridere come uno scemo.
- Aspetta, ti aiuto-- - disse Miles, cominciando a scendere le scale, qualche passo dietro Bass.
- No, - lo interruppe Bass, sorridendo, posandogli una mano sul petto e
spingendolo leggermente, rapido. Subito dopo sgusciò fuori dalla
porta e attraversò rapido il vialetto, eccitato all'idea che di
lì a poco avrebbe potuto dare a Miles il suo piccolo pensierino.
Erano arrivati a casa tardi come al solito e, anche se le giornate si
erano già allungate molto, il cielo era blu scuro e le luci dei
lampioni erano accese. Aprì il bagagliaio e raccolse prima il
grosso pannello, posandolo a terra contro il fianco della macchina.
Poi, cercò goffamente il modo di usarlo per nascondere il volume
del regalo, afferrò la bustina, l'ultima cosa che rimaneva, e
infine chiuse il portello con il gomito, trotterellando in fretta verso
la porta di casa. Cercava qualcosa di carino da dire a Miles, ma non
gli venne niente. Era agitatissimo, si sentiva il cervello annodato e
gli tremavano le mani, e quando se ne rese conto sorrise. Voleva vedere
Miles felice, lo voleva con tutte le sue forze. Per tutto quello che
aveva fatto, e che continuava a fare.
Miles si era preso cura di lui come nessun altro. Si era fatto carico
di tutti i problemi e di tutte le responsabilità, si era
rimboccato le maniche per tirare fuori entrambi da una brutta
situazione. Aveva faticato come un adulto quando invece era poco
più che un ragazzino.
Bass salì un gradino, poi un altro. I ricordi cominciarono a
riaffiorare, e con loro sentì salire la gratitudine e l'amore
profondissimo e totale che provava per lui. Miles era la colonna
portante della sua vita, era tutto ciò di cui aveva bisogno. E
ora, finalmente, poteva fare qualcosa per lui, poteva realizzare uno
dei suoi desideri, uno dei tanti che aveva accantonato per far fronte
alle difficoltà che si erano presentate loro.
- Testardo, - la voce di Miles lo raggiunse dalla cima delle scale. -
Perché vuoi fare sempre tutto da solo? - chiese, protendendo le
mani per farsi dare il pannello. In effetti, Bass quasi non riusciva a
guardare dove metteva i piedi, con quell'affare in mano. Bass si
sottrasse, rapido, e gli sgattaiolò di lato velocemente,
sollevando di nuovo in Miles un moto di perplessità che lo
indusse ad alzare un sopracciglio.
- Si può sapere che ti prende oggi? Sei strano, - disse,
vedendolo scappare via nella loro stanza e ritornare subito dopo. Bass
gli si parò davanti, ancora con quel sorriso agitatissimo che
gli aveva visto per tutto il giorno, e lo afferrò all'altezza
dei gomiti.
- Bass, stai bene? Dimmi che non ti sei preso niente, - lo pregò
Miles, sempre più confuso. Diamine, Bass sembrava davvero
drogato, così euforico. Però era anche bellissimo da
vedere. Per questo non resistette, quando l'altro si alzò
leggermente sulle punte per baciarlo, ancora saldamente aggrappato a
lui. Lo baciò una volta, due, tre. Liberò un braccio per
accarezzargli i riccetti sulla fronte, poi lo baciò di nuovo.
- Mi stai facendo preoccupare, - scherzò, stringendolo forte.
Bass chiuse gli occhi, si lasciò abbracciare volentieri.
- Non devi, - mugolò, prima di sciogliersi dalla sua stretta. -
Tutto quello che devi fare è chiudere gli occhi e riaprirli
quando te lo dirò io, - aggiunse, ma poi Miles gli impedì
di nuovo di parlare riacchiappandolo e baciandolo con trasporto.
- Cos'hai combinato? - chiese, sulle sue labbra, senza smettere di
assaggiarle. Bass ritornò a stringersi contro di lui, non
riusciva a trattenersi. Gli passò una mano dietro la nuca e
strinse le dita attorno ai suoi capelli scuri.
- Ti ho preparato una sorpresa, - sussurrò, e chiamò a
raccolta tutta la propria forza di volontà per staccarsi da lui.
- Resta qui.
- Cosa--? - Miles restò fermo in mezzo al corridoio, incapace di
dire una frase di senso compiuto, e si scoprì emozionato come un
ragazzino. Le sorprese lo avevano sempre messo in imbarazzo,
però gli facevano piacere. Specialmente quelle di Bass. Lo vide
esitare sulla soglia, riflettere tra sé e sé, e non
oppose resistenza quando l'altro, quasi febbricitante, decise di
condurlo sul divano, prendendolo per mano.
- No, forse è meglio se ti siedi, - disse, rivolto più a
sé stesso che a Miles, che ormai si era arreso all'idea di aver
perso completamente il controllo della situazione. Da quando erano
tornati a casa, non aveva avuto modo di ribattere a niente, Bass era un
fiume in piena e chissà cosa aveva in mente. Si lasciò
guidare.
- Bass-- - provò a dire, ma l'altro lo interruppe ancora,
ordinandogli di tenere gli occhi chiusi. Miles obbedì, faceva
parte del gioco, e poi ormai ci aveva preso gusto. Era come se fossero
tornati piccoli.
Restò seduto senza guardare, da bravo bambino obbediente,
finché non sentì i passi dell'altro avvicinarsi di nuovo.
Cercò di sbirciare, ma Bass se ne accorse e istintivamente
nascose qualcosa dietro la schiena.
- Ancora no! - lo ammonì, e Miles avrebbe voluto disobbedire
volentieri, perché guardarlo così preso e contento era
uno spettacolo. Amava il lato folle e sconclusionato di Bass, quello
solare che travolgeva tutto con la sua irruenza e la sua forza.
Sentì improvvisa la voglia di farci l'amore.
Udì il rumore sordo di qualcosa che veniva posata sul tavolino davanti a lui. E poi, finalmente:
- Puoi guardare.
Per prima cosa, perse un colpo. Avrebbe riconosciuto quella sagoma tra
mille, non importava se la custodia nera lucida era ancora chiusa.
No, non poteva crederci. Non poteva essere.
Non riusciva a credere alla possibilità che proprio lei, che
aveva monopolizzato i suoi desideri da quando ancora aveva i calzoni
corti, fosse lì dentro.
Per un attimo restò immobile. Guardò la custodia, poi
guardò Bass, spaesato. L'altro gli sorrise, come per
incoraggiarlo.
- Be'? Non vuoi vedere cosa c'è dentro? - chiese, con gli occhi
azzurri che brillavano e le guance un po' rosse. Bass era
emozionatissimo, forse anche più di lui che ancora non aveva
realizzato cosa stesse succedendo. Aveva quasi paura di toccarla,
quella custodia; si sentiva imbarazzato oltre ogni limite e si convinse
che, a poco a poco, stava arrossendo contro la propria volontà.
Bass si intenerì guardandolo. Miles, Miles quello grande, tosto,
forte, che sapeva sempre cosa fare e andava dritto come un treno, che
esitava come un bimbo davanti a un regalo. Alla tenerezza si
accompagnava una punta di rammarico che gli strinse il cuore.
Miles aveva soffocato una parte di sé per diventare quello grande, tosto, forte. Aveva
ucciso il bambino che era, per poter vivere da adulto. Per fargli da
fratello maggiore. Per dare ad entrambi serenità e qualcosa che
li facesse svegliare la mattina con il sole negli occhi. Bass sapeva
che tutto questo non era giusto. La vita era stata un po' bastarda con
loro fin dall'inizio: erano nati soli, ma avevano smesso di esserlo
quando si erano incontrati. Quando avevano capito che io + te = famiglia.
Pensò che in fondo avevano tutto il diritto di recuperare
un po' della spensieratezza che avevano perso. Soprattutto Miles.
Sì, soprattutto lui.
Gli si sedette accanto e lo incitò di nuovo, silenziosamente stavolta, posandogli una mano sulla spalla.
Miles lo guardò ancora. Restarono a guardarsi per un tempo indefinito.
Poi, di punto in bianco, scoppiarono a ridere e la situazione si sbloccò.
- Avanti, apri, ché stiamo diventando vecchi, - Bass gli
diede una pacca leggera, poi gli circondò le spalle con un
braccio. E così, messo a proprio agio dalla vicinanza di Bass,
superò quella sensazione che lo aveva bloccato e finalmente fece
scattare le fibbie laterali.
- Oh cazzo.
Eccola, la regina delle chitarre. Bruce Springsteen ne aveva
una, e anche Keith Richards! E anche il tizio dei Police, là,
dannazione, non gli veniva il nome... Ah sì, Andy Summers.
- Cazzocazzocazzo.
Era una Fender Telecaster, una stupenda Fender color legno
bruciato, di un colore vivo, intenso e meravigliosamente caldo, quasi
nero sui bordi, che andava piano piano schiarendosi verso la buca
centrale in una tinta più dolce. Il pannello sagomato era
bianco, e il manico era anch'esso in legno ma al naturale e molto
più chiaro. Era lucida e perfetta, senza neanche un graffio.
Proprio come un sogno.
Bass si sentiva a un palmo da terra, vedendo la meraviglia nei suoi
occhi. Ci era riuscito. Era riuscito a prendere per mano quel bambino e
riportarlo in superficie.
- Bass, i-io... Tu...
E si fermò, perché aveva perso l'uso del linguaggio.
Così, dato che non riusciva a parlare, fece l'unica cosa che
poteva esprimere ciò che sentiva: si voltò, e nel giro di
una frazione di secondo intrappolò Bass in un abbraccio che
quasi lo stritolò, cominciò a sommergerlo di baci. Bass
si lasciò travolgere, rise, ridevano tutti e due; prese Miles e
lo attirò verso di sé, ricambiò i suoi baci.
- Allora? Significa che ti è piaciuta? - chiese, ironico. Miles
abbassò gli occhi. Quasi si vergognava ad ammettere che era
contento. Capita, quando ci si abitua a fare delle rinunce per molto
tempo.
- Sì, - disse, - e parecchio anche. Ma dove diavolo l'hai
trovata? E soprattutto, che organo ti sei venduto per averla??? - Un
pezzo del genere aveva un valore unico. Bass fece scorrere le dita sul
colletto della sua polo, giocherellò con i primi bottoni
slacciati.
- Non mi sono venduto niente, - ridacchiò. - Non ci crederai, ma
l'ho avuta quasi gratis. Hai presente l'antiquario? L'ho presa
lì. Era a due passi dal bar e non appena l'ho vista ho pensato a
te, - disse, sfiorando con dolcezza la sua guancia. Miles
arrossì leggermente a quel gesto. Non riusciva ad avere il
controllo su niente, quella sera, neanche su sé stesso, ma per
la prima volta non gli dispiacque affatto. Spinse Bass delicatamente
indietro, accompagnandolo fino a farlo adagiare con la schiena contro
il bracciolo del divano, e lo baciò a lungo.
- Pulcino psicopatico, la prossima volta che fai qualcosa del genere
avvertimi, - disse, sorridendo, senza riuscire a staccarsi dalle sue
labbra. - Mi è quasi preso un infarto! - esclamò,
accarezzando i suoi fianchi.
Bass gli passò un braccio al collo e posò la fronte
contro la sua, fissò i suoi occhi in quelli scuri di Miles.
- Non basterebbe a ripagarti neanche di un centesimo
per tutto quello che fai per me, - sussurrò serio, inclinando
leggermente il capo all'indietro, esponendo il collo per offrirsi ai
suoi baci. Miles lo accarezzò sui capelli, annegò nel suo
blu cristallino, e infine colse l'invito. Quella voglia di stargli
dentro era tornata, più urgente e impetuosa di prima, ma si
frenò. Voleva che fosse dolce, incredibilmente dolce.
- Non dire così, non è vero, - ribatté, ma Bass
incatenò di nuovo il suo sguardo col proprio, lo baciò
delicatamente.
- Sì che lo è, Miles... Mi hai sempre dato tutto e anche
di più. Sei sempre stato il mio unico punto fermo, -
confessò, percependo un leggero tremore sottopelle. Anche la
voce gli uscì incerta.
Miles lo ascoltava come ipnotizzato. - Hai sempre pensato prima a me e
poi a te. Ti sei fatto in quattro per permetterci di vivere felici,
senza mai lamentarti... Tu sei... Sei il mio cazzutissimo supereroe, Miles. E ti amo da morire.
Deglutì, non riuscì più a continuare. Non avevano
mai parlato così apertamente di cosa c'era stato prima. I
ricordi facevano male, ma ora, per spiegare i motivi della sua
gratitudine per aver incontrato Miles sulla sua strada, Bass non
poté fare a meno di guardare indietro.
Restarono in silenzio, immobili, mentre le parole di Bass ancora
risuonavano nella testa di entrambi, come un'eco. Poi, Bass
sentì la mano di Miles accarezzarlo sulla guancia e
sollevò lo sguardo. L'altro aveva gli occhi lucidi, e lo
guardava con un amore incontenibile che lo fece quasi esplodere dentro.
Miles, così morbido sotto la corteccia.
Si era commosso.
- Tu non devi ringraziarmi di niente, stupido, - gli disse, sorridendo,
un misto tra tenerezza e malinconia ripensando alle prove che avevano
dovuto superare. Fece un respiro profondo. - Quello che ho fatto, l'ho
fatto perché ti amo.
Non riuscì ad aggiungere altro, sentiva che si stava sciogliendo
troppo e non era da lui. Così abbracciò forte Bass, e la
stretta durò abbastanza a lungo da permettergli di recuperare un
po' di calma e lucidità.
- Ti amo in un modo che neanche immagini, - riuscì a soffiare,
poi, quando ebbe Bass tra le braccia. Assaporarono l'uno il calore
dell'altro, fisico, emotivo. Fu Bass a prendere l'iniziativa. Sapeva
quando essere aggressivo e quando essere cedevole; e, in quel momento,
Miles lo voleva arreso e docile, morbido, una terra indifesa da
conquistare senza usare la forza. Si esplorarono a lungo, mentre si
spogliavano, pelle contro pelle, respiri, carezze, piccoli fremiti di
piacere. Miles provò una scossa calda, mentre piano piano
entrava dentro di lui. Si sentiva completo e a suo agio, incastrato nel
suo corpo, si sentiva il padrone del mondo. Non aveva bisogno di nulla.
Bass gli ispirava un senso di possessività che lo distruggeva
dentro. Si spingeva fino all'ultimo centimetro, fin dove il corpo
dell'altro gli consentiva, per prendere possesso di ogni angolo, come
se davvero dovesse invaderlo, saccheggiarlo, depredarlo. Non poteva
fare a meno di lui. Avrebbe passato giornate e notti intere a fare
l'amore, senza interruzioni, allacciato all'uomo che amava.
Bass lo cercava, lo voleva, lo teneva stretto. Provava una sensazione
infinita di pace, quando lo teneva dentro di sé, e avrebbe
voluto che non smettesse mai. Lui e Miles erano l'incastro perfetto.
Arrivarono al culmine senza scatti, morbidamente, in modo fluido. Bass
abbandonò il capo all'indietro, chiuse gli occhi; Miles si
chinò a baciarlo sulla gola. Erano ancora l'uno nell'altro.
Miles restò ad ascoltare il respiro di Bass, guardare il suo
petto nudo alzarsi e abbassarsi tranquillamente. Quando Bass
riaprì gli occhi, dopo aver assaporato anche l'ultimo riverbero
di ciò che aveva provato, l'impronta di un piacere che lo aveva
attraversato dalla testa ai piedi, li posò in quelli di Miles, e
prese la sua mano tra le sue.
Miles puntellò il gomito contro il bracciolo e si mise comodo, accarezzò con lentezza il volto dell'altro.
- La verità è che sono io che devo ringraziarti.
Gli occhioni azzurri di Bass si spalancarono, pieni di curiosità.
- Perché? Non ho fatto niente, - disse, innocentemente. Il pollice di Miles si fermò sulla sua guancia.
- Mi hai dato una ragione per vivere.
Disse così prima di baciarlo ancora. Ormai si era del tutto dimenticato dell'oggetto che giaceva lì vicino.
Il suo regalo migliore lo aveva già ricevuto.
Era Bass, la sorpresa che la vita gli aveva riservato.
Miles Jr fece capolino dal suo guscio, e i suoi occhioni scuri da
piccolo rettile si posarono sui suoi due padroni. Sembravano
particolarmente felici.
Anche lei lo era. Presto, le sue giornate da tartaruga sarebbero state
molto più piacevoli in uno spazio più grande in cui
scorrazzare.
Sì, si trovava decisamente bene nella sua nuova casa. Aveva cibo, acqua, coccole e cure.
Sbadigliò, prima di ritirarsi nel guscio.
... Chissà se avrebbe potuto avere un altro po' di quell'erbetta rossa buonissima, il giorno dopo?
NOTE:
Per la stesura di questo
capitolo è stata fondamentale la consulenza di Wildflower,
intenditrice di musica e chitarre - mica pizza e fichi! ;)
A.
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Capitolo 13 *** Un giorno per noi ***
AU BAR 13
Caldo. Troppo caldo.
Scalciare
via il lenzuolo è servito a poco o niente. Non sono riusciti a chiudere
occhio se non per pochi minuti, a turno, senza soluzione di continuità.
Hanno addosso il minimo indispensabile, ma neanche questa misura riesce
a contrastare l'afa che da giorni li perseguita.
Quando la sveglia
comincia a vibrare, proprio nella frazione di secondo prima dello
squillo, Miles la butta giù con una manata stanca stroncando
così ogni
rumore sul nascere. Bass se ne sta accartocciato sulla sponda del
letto, in bilico, una gamba fuori. Ha il segno del cuscino sulla
guancia, l'espressione stravolta. I capelli gli si sono appiccicati
sulla fronte, ha l'aria di uno che è sopravvissuto a un
naufragio, o a
un cataclisma. Non ha fatto altro che rigirarsi da una parte all'altra
per tutta la notte, senza trovare pace. Miles lo guarda, studia la
linea sinuosa della sua
colonna vertebrale, la sua schiena nuda, il rilievo delicato delle
scapole, i piccoli, rari, adorabili nei che ha sulle spalle. Li conosce
a memoria. Potrebbe tracciare su un foglio l'esatta posizione di ognuno
di essi, anche del più nascosto. Bass non ha segreti per lui.
Per
quanto siano a pezzi, per quanto siano scombussolati - Miles odia non
riuscire a dormire, perché poi si sente totalmente
rincoglionito, con
la testa leggera e le palpebre pesanti -, non può fare a meno di
trovarlo meraviglioso.
L'altro sbuffa, esausto. Si sente fuori fase, gli gira la testa. Si solleva pigramente dal cuscino - come può un cuscino essere così caldo?, pensa
- e si poggia su un gomito, si stropiccia gli occhi. Quando si accorge
che Miles è sveglio, istintivamente si volta dall'altra parte,
coprendosi gli occhi con un braccio, pudico:
- Mmm-- Ti prego, non mi guardare, mi sento uno schifo...
Miles
ignora la sua richiesta, anzi, si avvicina quel tanto che basta per
passargli un braccio intorno alla vita e trascinarlo verso di
sé. Adora averlo nel letto con solo i boxer addosso,
perché può godere del contatto pieno, pelle contro pelle.
-
Non è che io stia messo tanto meglio, - gli dice, per soffocare
qualunque tentativo di protesta di Bass. - E poi tu sei sempre
stupendo, - mormora, accarezzandogli il fianco.
- Stupido... - risponde, divincolandosi debolmente. Ha solo voglia di
ficcarsi sotto la doccia e togliersi di dosso quella sensazione che lo
ha tormentato tutta la notte, quella di essere caduto in un enorme
barattolo di colla bollente. - Questo caldo mi farà fuori, lo
sento... - geme, sospirando.
A Miles non importa niente del fatto che Bass sia stropicciatissimo,
gli piace sempre, gli piace lo stesso. Gli dispiace vederlo di
malumore, però, vorrebbe fare qualcosa per aiutarlo, anche se sa
che non può fare granché. Lo accarezza sulla testa, sente
i suoi riccioletti inumiditi sotto le dita.
- Coraggio, pulcino, fila in doccia. Vedrai che poi ti sentirai meglio,
- gli dice. La sua voce tradisce la stanchezza, ma il tono è
dolce. Bass sbuffa.
- Evaporerò prima di arrivarci, - mugola, svogliato, sdraiandosi
sulla schiena. Inconsapevolmente, attira di nuovo le mani di Miles su
di sé.
- Dai, su, alzati - insiste l'altro, giocherellando col suo ombelico.
Bass sbuffa di nuovo, poi sbadiglia, cede e si alza. La sua faccia
contrariata non ha prezzo, e Miles sorride tra sé e sé.
Già, gli piace proprio tutto di lui, anche i capricci.
Le temperature erano salite oltre il limite di sopportazione, e anche
Miles ne risentiva. Scalpicciò svogliatamente in cucina, dove
trovò Bass sull'orlo di un collasso. Anche se era di spalle,
chino sul ripiano a impacchettare qualcosa, Miles si accorse che era
ridotto veramente male. I vestiti gli si erano praticamente incollati
addosso, e aveva un'espressione sbattutissima che lo fece preoccupare.
- Ehi, Bass, esci un attimo, va' a prendere un po' d'aria. Ci penso io
qua, - gli disse, riempiendo un bicchiere d'acqua che subito dopo gli
porse. Bass non lo rifiutò, e non disse niente neanche quando
l'altro gli slacciò il grembiule e glielo sfilò. Si
sentiva troppo a corto di energie per poter fare qualsiasi cosa. Miles
gli diede un bacio d'incoraggiamento, come se con quel gesto potesse
trasmettergli un po' di forza; gli accarezzò la guancia,
intenerito e protettivo, e propose di prendersi entrambi la giornata
libera, l'indomani.
- Nessuno si suiciderà se per un giorno stiamo chiusi, - disse,
continuando a sfiorarlo. Bass alzò lo sguardo fino ad incontrare
quello di Miles, occhi cielo contro occhi cioccolato fondente, o anche
caffé forte. Bass adorava gli occhi di Miles almeno quanto Miles
adorava quelli di Bass. Il suo sguardo scuro, profondo e caldo, era il
rifugio migliore in cui andare a nascondersi nei momenti difficili.
Annuì stancamente.
- Siamo d'accordo allora? - chiese ancora Miles, posando entrambe le
mani sulle sue spalle, una stretta che voleva spronare e confortare.
Bass annuì di nuovo, accennò un timido sorriso.
- Adesso vai, - gli disse soltanto. Fuori, tra i tavoli, non faceva
così caldo come in cucina, dove invece sembrava di essere in una
fornace, e voleva che Bass si allontanasse abbastanza da stare meglio.
Gli sembrava un gattino bagnato tirato fuori per la collottola da un
barile pieno d'acqua, e si sentì un po' in colpa. Forse doveva
aiutarlo di più, ma come? Quando era tra i tavoli, non poteva
essere in cucina, e viceversa. Sia lui che Bass faticavano come matti,
non c'era un compito più leggero che potesse fargli fare.
Sospirò, e lanciò uno sguardo oltre la porta per
assicurarsi che l'altro non fosse finito lungo per terra come un sacco
di patate. Fortunatamente era tutto a posto, Bass stava sparecchiando
un tavolo che si era appena liberato. Sentì qualcosa
stringerglisi, nel petto. Anche se ormai erano due uomini fatti e
finiti, non poteva fare a meno di vedere Bass come qualcosa da
proteggere, da preservare. Era così da sempre, e sarebbe stato
così per sempre, realizzò.
Il pensiero che il giorno successivo avrebbero potuto evitare tanto trambusto lo consolò.
---
La mattina successiva, Bass si sveglia per primo.
La luce del giorno entra dalla finestra come un regalo bellissimo.
Potranno passare una giornata insieme, lui e Miles, senza affanni
né preoccupazioni. Sorride. Si stropiccia gli occhi, si
raggomitola come un gatto accanto all'uomo che ama, ancora
addormentato, stando attento a non svegliarlo. Si sdraia a pancia in
giù e resta a guardarlo, la guancia appoggiata alle braccia
conserte, e un sorriso addolcito gli si dipinge sulle labbra. Miles
ronfa della grossa, del tutto inconsapevole della contemplazione in cui
l'altro è caduto.
Bass non può fare a meno di guardarlo. Ed è felice oltre
ogni limite al pensiero che Miles sia lì al suo fianco ogni
giorno. Lo ama con tutta l'anima. Non riuscirebbe minimamente a
concepire l'idea di stare lontano da lui. Non sarebbe vita. Non sarebbe
niente.
Miles lo fa sentire amato, voluto, protetto. Miles è forte e
buono ed è il perno attorno al quale ruota tutta la sua
esistenza. Miles, sbadato, disordinato, con le mani grandi e le guance
che pungono. Miles che beve whisky come fosse succo di frutta. Miles
che lo tiene tra le mani con la delicatezza con cui si tiene un
cristallo. Miles che lo stringe forte. Miles che gioca con i suoi
ricci. Miles più grande, più alto, più forte,
Miles che lo solleva e ci gioca; Bass non può fare a meno delle
loro lotte quotidiane nel letto, sul divano, in giro per casa. Miles
che non perde un'occasione per baciarlo e farci l'amore. Miles che non
ricorda cosa ha fatto il giorno prima, ma che non dimentica mai il suo
compleanno. Miles che tiene la loro foto nel portafoglio. Miles che
sfonda sempre i calzini. Miles che lo tiene abbracciato, di notte,
anche se il termometro segna quaranta gradi. Miles che scalpiccia per
casa e parla da solo quando non trova le cose. Miles che ha la
scrittura di un isterico col Parkinson. Miles, Miles, Miles...
Bass non riesce a trattenersi e allunga una mano, gli sfiora la fronte.
Quando si sveglia la mattina, sembra che Miles si sia pettinato con i
petardi. Bass sorride. Non c'è nulla che non gli piaccia alla
follia, dell'uomo che ha accanto.
Guarda l'orologio. Hanno dormito più del solito, e già
questo basta a fargli tornare il buonumore. Però ora che
è sveglio non sa che fare, o meglio: il suo corpo sa benissimo cosa
vuole fare, ma è qualcosa che deve fare con Miles. Perciò
comincia l'opera di risveglio nel modo che ha sempre preferito:
accarezzandolo. A poco a poco, guadagna centimetri fino a spostarsi
abbastanza da poterlo baciare sulla fronte, un contatto delicato e
tenero. La sua mano si posa sul petto di Miles. Sente il suo battito
sotto il palmo. Ha bisogno di lui. Ha bisogno di lui perché lo
ama da morire, e quando non lo ha dentro si sente vuoto. È
un'urgenza che non è mai riuscito a controllare. Il bisogno di
sentirsi preso, catturato, fuso
con lui. Come se respirassero dagli stessi polmoni, come se vivessero
grazie allo stesso, complicato, unico intreccio di arterie. Come se
persino i pensieri perdessero i contorni. È proprio così
che si sente, con lui. Dimentica il proprio nome. Ignora il dove, il
come, il quando. C'è solo Miles, che lo ama in quel modo
passionale e spontaneo che lo fa impazzire.
Sospira. Lo bacia di nuovo, gli accarezza i capelli con gentilezza. E
finalmente Miles mugola, sonno pesante, e comincia a tornare alla
realtà.
... Bass. Occhi che ridono. Riccetti dorati, stretti. Anellini di sole.
Pelle da bambino. E mani perfette, delicate, che lo sfiorano.
Miles non poteva immaginare risveglio migliore.
La prima cosa che gli esce è un ghigno sghembo,
sorriso-misto-sbadiglio, e ci mette un po' ad inquadrare tutti i
dettagli. Bass se ne sta a braccia conserte sul suo petto e lo osserva,
e la sua faccia è il compromesso perfetto tra dolcezza e
malizia. Miles sente il suo peso e il suo calore, la consistenza del
suo corpo contro il proprio, ed è piacevole.
- Buongiorno, - gli dice Bass, accarezzandogli la guancia.
- Mmmciao pulcino, - risponde,
riacchiappando quello sbadiglio che gli era sfuggito a metà.
Subito dopo sente Bass posargli una fila di baci sul petto, sul collo,
fino a trovare le sue labbra. Miles è ancora parzialmente
rintronato - lo è sempre, appena sveglio, - e tutto quello che
riesce a fare in risposta è posare le mani sui suoi fianchi,
sulla sua schiena nuda, trattenerlo in lunghe carezze che somigliano a
un massaggio, e rispondere ai suoi baci con una partecipazione che
aumenta man mano che riesce a svegliarsi definitivamente.
Apprezza moltissimo questo lato di Bass. Gli piace quando è lui
a cercarlo, a condurre il gioco. Gli piace averlo su di sé,
agitato e trepidante e in attesa, e così... Così bello.
Adora vedere il suo azzurro accendersi di desiderio, le sue mani
tremare, il suo respiro alterarsi. Ama vedere Bass innamorato perso.
Ama il suo lato primordiale, istintivo, semplice.
Lo sente eccitato, e il suo corpo risponde allo stesso modo, come un
riflesso condizionato. Una mano corre tra i ricci corti dell'altro, lo
attira più vicino; l'altra si avventura sulla sua pelle liscia,
sfiora le sue vertebre, una per una. Bass è sempre stato un
fascio di nervi. Miles posa una mano sul rilievo sporgente dell'osso
del bacino, lo afferra, lo spinge verso di sé. Bass mugola sulle
sue labbra, si muove piano, assaporando ogni singola sensazione che quel contatto gli procura.
Ha bisogno di Miles. Ne ha bisogno in un modo che lo sta straziando dentro.
Miles che nel frattempo è sceso a baciarlo nell'incavo del collo
mentre con la mano libera ha cominciato ad accarezzarlo tra le gambe,
lentamente.
- Potremmo passare tutta la giornata così, che ne dici? -
mugola, baciando la zona sensibile dietro l'orecchio, facendolo ridere.
Bass prende un respiro, prima di rispondere: - Non ho nulla in
contrario, - confessa, riprendendo a baciarlo sulle labbra, sul mento,
lungo la mandibola. È così perso a baciare Miles che si
accorge della rapidissima manovra con cui l'altro lo rovescia sul letto
solo quando sente la schiena aderire al materasso. Miles lo schiaccia
sotto con il suo peso, adagiandosi tra le sue gambe. Si guardano, in
silenzio, la fronte di uno posata contro quella dell'altro, per un
tempo interminabile, mentre la mano di Miles scorre lungo la curva
dell'anca di Bass, il pollice oltrepassa l'elastico sottile delle
mutande e lo porta via, giù, una carezza lenta dall'inguine fino
al ginocchio, accompagnata dal fruscio del tessuto che scivola via
sulla sua pelle. L'altro trattiene il respiro, cerca di restare calmo, ma
è troppo eccitato. Deglutisce a fatica, incapace di parlare. Si
sente debole e vulnerabile tra le mani di Miles, e gli piace. Aspetta
che sia lui a fare la prossima mossa.
Lo sente accarezzarlo ancora, tormentare la sua pelle nuda; vorrebbe
urlargli di arrivare al dunque, ma non può: è come
paralizzato. Gli piace troppo quello che Miles gli sta facendo e non
vuole che finisca. Chiude gli occhi, abbandonandosi completamente a
lui, e un attimo dopo l'altro gli si insinua dentro, un po' per volta,
con calma, fino in fondo, e Bass si sente finalmente in pace.
Miles lo circonda, lo tiene stretto tra le braccia, mentre comincia a
spingersi dentro di lui. Bass si sente in paradiso. Non c'è
nulla più bello che godere sostenuto dal suo abbraccio.
Miles diventa più veloce, più irruente. Sa che può farlo perché Bass gli concede di farlo, perché quel suo modo di lasciarsi andare è un gesto di resa, una dichiarazione: "Puoi farmi tutto quello che vuoi".
Non se lo fa ripetere due volte. Stare dentro Bass è tutto
ciò che vuole dalla vita. Non farebbe altro da mattina a sera,
senza interruzioni, sette giorni su sette. È la sola cosa che lo
fa sentire veramente a suo agio, completo, perfettamente inserito nel
grande quadro dell'Ordine Universale. Sono fatti per questo, i loro
corpi si plasmano insieme nella più perfetta delle combinazioni.
Sono l'incastro geometrico, la proporzione assoluta. Sono un
ingranaggio che funziona in armonia, due corde tese, l'asse di
equilibrio del loro piccolo mondo. L'orbita di un pianeta nuovo.
Di nuovo quella sensazione. Bass non riesce a pensare, non riesce a
parlare, non riesce a fare nulla di razionale, mentre il piacere prende
il sopravvento. Si stringe a Miles come se non ci fosse un domani, e
viene. È come atterrare su una nuvola morbida dopo un lungo
volo. Con Miles si sente tranquillo e al sicuro, e meravigliosamente
felice.
Restano abbracciati stretti, scambiandosi baci rapidi, carezze. È Miles a spezzare il silenzio per primo.
- Ti amo tanto, pulcino, - dice, accarezzandolo con tenerezza sul viso.
Bass gli rivolge un sorriso che è come un terremoto, lo scuote
dentro come una scossa fuori scala. Non può fare a meno di
baciarlo di nuovo, di tenerlo stretto, di stargli incollato addosso.
Prova un'attrazione smodata per lui, vorrebbe non separarsene mai. Bass
è il compendio di tutti i suoi desideri.
- Ti amo tanto anch'io, Miles, - sospira l'altro, riempiendolo di baci.
Se anche non lo dicesse, a Miles basterebbe guardarlo negli occhi per leggere quella frase che Bass gli ha appena detto.
Decisero di non mettere il naso fuori finché il sole non fosse
tramontato, sostituito dalla brezza sottile e fresca della sera.
Perciò, si misero comodi e ne approfittarono per fare tutte
quelle piccole cose che non avevano il tempo di fare durante la
settimana.
Bass si chinò sulla cesta di Miles Jr, la sollevo, sfregò
il naso contro il suo musetto e la baciò sulla testolina.
- Oggi avrai la tua casetta. Sei contenta? - chiese, sorridendo,
all'animaletto. Negli ultimi tempi, la tartarughina si era ambientata
definitivamente e aveva cominciato, ad esempio, a prendere piccoli
pezzetti di frutta direttamente dalle loro mani. Ogni tanto Bass si
ritrovava con dei segnetti rossi sulle dita, quando inavvertitamente
Miles Jr gliele mordeva nel tentativo di pappare un cubetto di cocomero
o una fettina di mela. Gli piaceva giocarci, anche, agitarle l'indice
davanti al naso e vederla mentre allungava il collo e spalancava la
bocca nel tentativo di prenderlo, come un piccolo draghetto affamato.
Miles sistemò ordinatamente gli attrezzi sul tavolo. Il pannello di compensato giaceva in un angolo.
- Allora, da dove vuoi cominciare? - chiese, adagiando il pannello sul
ripiano. Bass riaccompagnò Miles Jr nella cesta e prese una
matita, abbozzò un rapido schizzo su un foglio.
- Volevo fare una cosa del genere, - disse, mostrando il foglio a
Miles. - Ricaviamo quattro pezzi da mettere sui lati, e il pannello
centrale farà da base.
Miles annuì.
- D'accordo. Cominciamo, - sorrise, cominciando a tracciare le linee
sul legno. Fu abbastanza semplice e rapido da fare, in due. Bass
strinse un morsetto su un lato del tavolo e vi assicurò il
pannello, affinché restasse fermo mentre si apprestavano a
tagliare tutti i pezzi. Gli piaceva quando facevano qualcosa insieme.
Gli piaceva vedere Miles tutto preso a costruire il loro piccolo
progetto, gli piaceva sfiorare le sue mani quando doveva passargli il
martello o i chiodi o quando provavano ad assemblare diversamente le
pareti.
Anche a Miles piaceva avere Bass accanto. Gli piaceva essere aiutato da
lui - oltre che distratto dalla sua presenza. Non poteva fare a meno di
fargli una carezza, anche di sfuggita, o di guardarlo. Gli sembrava un
bambino intento a giocare con i Lego. C'era una cosa che Miles aveva
sempre amato di Bass: la sua inconsapevolezza.
Perché a volte lo guardava e l'altro non si accorgeva di essere
osservato, e in quei momenti sembrava ancora più bello, come se
le sue qualità risplendessero di una luce più vivida,
spontanea, fresca.
Quando ebbero finito di inchiudare tutti i pannelli, sistemarono uno
strato di plastica sul fondo per renderlo impermeabile, e infine Bass
sfregò tutte le superfici con la carta vetrata per renderle
lisce e togliere eventuali schegge. Distribuirono all'interno quello
che sarebbe stato il "pavimento" vero e proprio su cui Miles Jr avrebbe
camminato, scaglie di faggio, e poi sistemarono i due sottovasi che le
sarebbero serviti come contenitori per il cibo e per l'acqua.
Miles prese la sua omonima ospite e la adagiò dentro. La videro
muovere i primi passi nel nuovo ambiente con incertezza, e poco dopo
cominciare a scorrazzare in lungo e in largo alla scoperta di tutto
quello spazio extra che aveva ottenuto.
- Le piace, - sentenziò Miles, guardandola. Bass alzò un sopracciglio.
- Come fai a dirlo? - chiese. Miles lo guardò come se la risposta fosse la più ovvia del mondo:
- Lo so perché io e Miles Jr. abbiamo lo stesso nome e
presumibilmente ci piacciono le stesse cose. Quindi, se piace a me,
vuol dire che piace anche a lei, - spiegò, con una punta di
finta saccenza da professore fasullo. Bass ridacchiò: la logica
comune non poteva nulla, contro le Illogiche Conclusioni di Miles
Matheson. Sentì l'altro stringerlo da dietro, circondargli la
vita, e si lasciò abbracciare, contento. Miles gli posò
un bacio sul collo.
- Guarda che bella. Non merito un premio? - chiese il più grande, in un soffio, senza lasciarlo andare.
Bass mugolò appena: - Ma non ti stanchi mai? - chiese a sua
volta, voltandosi nel suo abbraccio per baciarlo. Però voleva
giocare ancora un po', e decise di non dargliela subito vinta, anche se
la tentazione era forte.
- No, - confessò Miles, che improvvisamente sembrava avere
cento, mille mani, e che era di nuovo eccitatissimo. Mugolò di
disappunto quando Bass si liberò, ridendo e con uno sguardo che
prometteva scherzi, allontanandosi di un paio di passi.
- Prima devi prendermi, - disse, e scappò nel corridoio. Miles
si lanciò dietro di lui, pregustando il momento in cui l'avrebbe
riacchiappato e fatto suo. Non avevano mai smesso di giocare neanche
crescendo, e nella libertà più assoluta della loro casa
potevano farlo quanto volevano: potevano rincorrersi e lottare e
rotolarsi sulle coperte, spruzzarsi l'acqua della doccia o attentare
alle rispettive vite con armi improvvisate e innocue, e potevano ridere
a voce alta, potevano essere felici senza nascondersi. Tutte le volte,
finiva con la vittoria di Miles e la disfatta di Bass, che in
realtà era anch'essa una vittoria, perché poteva avere
l'altro tutto per sé. Quando Miles lo prese, anche stavolta, e
lo inchiodò sul divano, Bass sorrise tra sé e sé.
Lo avrebbe sempre fatto vincere, se quella era la penitenza che avrebbe dovuto scontare.
Uscirono la sera tardi, approfittando del clima piacevole che era
sopraggiunto nel frattempo. Lasciarono la macchina nei pressi del
belvedere, e si incamminarono rilassatamente lungo il marciapiedi.
Era un bel punto, molto turistico ma anche tranquillo, pieno di
coppiette in vena di romanticherie e famiglie sedute ai tavoli esterni
dei ristoranti che mangiavano e parlavano. C'era una bella vista: il
mare sembrava a due passi e dalla superficie cristallina si emanava una
foschia leggera, tenue, che sfumava i contorni e rendeva tutto molto
simile a un sogno.
Miles si teneva il più possibile vicino a Bass. Odiava non
poterlo prendere per mano, come gli sembrava giusto, ma non voleva
neanche attirare l'attenzione su di loro. Sapeva che bastava poco,
pochissimo, per complicare le cose.
Molto spesso si voltavano a guardarsi, si scambiavano occhiate e
sorrisi. Parlarono a lungo, tranquilli, di quello che sognavano e dei
progetti più o meno impossibili che speravano un giorno di poter
realizzare.
Bass guardò il mare, con un sorriso un po' malinconico.
- Perché un giorno non veniamo a fare le immersioni? Che dici? -
disse. Gli era sempre piaciuto farle, ma poi aveva smesso nel periodo
in cui... Be', nel periodo in cui aveva smesso di fare più o
meno tutto. Miles sorrise all'idea che l'altro riprendesse a fare
qualcosa che gli piaceva.
- Certo, - rispose. - Le faremo qui e le faremo anche in Australia,
dove ti porterò quando saremo diventati ricchi e avremo
centinaia di persone che lavorano per noi, - declamò, con un
sorriso.
Bass ridacchiò: - Certo. E diventeremo due vecchi snob che
giocano a golf e leggono riviste di economia e fanno affari con la
politica.
Risero. Miles si fermò, e istintivamente Bass fece lo stesso.
Quando fu sicuro che intorno non ci fosse nessuno che potesse vederli,
Miles si chinò su di lui per dargli un bacio. Ma non un bacio
come quelli che non aveva fatto altro che dargli per tutto il giorno,
baci che lo reclamavano e che chiedevano di più: quello che gli
diede in quel momento, nella tranquillità e nel fruscio del mare
e del vento, nella carezza fresca che li sfiorava, era un bacio molto
più casto e dolce, un bacio-sigillo per una promessa.
- Dico sul serio. Ti porterò in Australia e passeremo le vacanze
più belle della nostra vita, e faremo le immersioni e tutto
quello che vorrai. Te lo prometto, pulcino.
Bass tremò leggermente quando uno spiffero lo punzecchiò
sul collo. O forse erano state le parole di Miles? A volte gli parlava
con un'intensità che metteva i brividi. Era come se parlasse a
una parte più profonda del suo cervello, del suo cuore, della
sua pancia. Sapeva quanto ci tenesse a rivedere la terra in cui era
nato.
Si strinse leggermente a lui.
- A me basta stare con te per essere felice, - sussurrò Bass
contro la sua spalla. Miles sospirò, gli accarezzò la
testa.
- E così è per me, piccolo.
Poterono starsene in santa pace per poco, però, perché
l'arrivo di una piccola comitiva, dall'altro lato della strada, li
costrinse a separarsi bruscamente. Ripresero a camminare l'uno accanto
all'altro, però, così vicini che potevano sentire il
calore scaturito dalla loro vicinanza.
Mangiarono una pizza in uno dei tanti, piccoli locali che pullulavano
nella zona, e poi si riavviarono a piedi verso la macchina, ridendo e
scambiandosi battute. Quando tornarono a casa, lessero insieme qualche
pagina come facevano di solito, abbracciati l'uno all'altro,
finché il sonno non prese il sopravvento e Miles non si accorse
che Bass si era addormentato già da un pezzo, con la testa
posata sulla sua spalla e un braccio di traverso sul suo petto, come a
dire: "Tu-sei-mio". Così,
mise via il libro, muovendosi il meno possibile per non svegliarlo, e
lo circondò, gli posò un bacio sulla tempia e
gli sussurrò la buonanotte prima di addormentarsi a sua volta.
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Capitolo 14 *** Insonnia, temporali e vaniglia ***
AU BAR 14
Da qualche notte, Miles non chiude occhio. Il motivo della sua
insonnia, però, non è il caldo soffocante, anzi: quello
se n'è andato e sembra che non tornerà per un bel po',
con grande sollievo di tutti.
La ragione per cui Miles Matheson non riesce più a dormire
è perché, dal fine settimana precedente, più o
meno ogni notte, puntualissimo, si scatena il temporale. E c'è
solo una cosa che terrorizza Bass più dei ragni grandi e dei
pagliacci: i tuoni. Il che significa che, quando il maltempo si fa
più intenso, diventa paranoico e Miles deve riuscire a
convincerlo che invece, dentro la loro casa, sono più che al
sicuro.
- Hai staccato tutte le prese della corrente? - chiede, con un filo di
voce. Dal lenzuolo che si è tirato su fino al mento spuntano
solo i suoi occhioni blu, spalancati, e un ammasso di ricci disordinati.
Miles gli accarezza la spalla.
- Ho fatto tutto quello che c'era da fare, Bass, è solo rumore.
Siamo perfettamente al sicuro, - gli dice, soffocando uno sbadiglio.
È stanco, ha l'impressione di avere della sabbia negli occhi. Ma
non può riaddormentarsi finché Bass non si sarà
tranquillizzato. Poco prima, quando è scoppiato un tuono
particolarmente forte - anticipato da un lampo tagliente attraverso il
vetro della finestra -, lo ha sentito fare un salto nel letto come se
questo avesse preso improvvisamente fuoco.
- Lo so, lo so che è ridicolo... - ammette Bass, in un sussurro, arrossendo un po'. - Ma non posso farci niente...
A Miles viene voglia di stringerlo forte. Lo fa.
- Sì, in effetti sei un po' ridicolo, - gli dice, sorridendo. - Non pensarci. Vieni qua.
Bass non se lo fa ripetere. Se c'è un posto in cui si sente al sicuro, quello è l'abbraccio di Miles.
- Secondo te Miles Jr ha paura? - chiede, sbirciando i movimenti della tartaruga da sopra la sua spalla.
Miles lo rassicura: - Guarda che dorme da un pezzo, non gliene frega
niente dei tuoni, - ride, passandogli una mano tra i capelli. - Sei tu
che devi rilassarti un po'.
- Facile per te, - ribatte Bass, cercando di chiudere gli occhi. - Tu sei Miles "Non-ho-paura-di-niente" Matheson!
Miles arriccia leggermente il naso, continuando ad accarezzarlo. Sa che
i grattini sulla testa hanno un potere rilassante su Bass. - Non
è vero, mica sono Iron man! È solo che il temporale non
è fra le cose che mi fanno paura, - spiega. Un gorgoglio basso
risuona da qualche parte, nel cielo, e Bass si stringe di più a
lui.
L'altro sbadiglia. È davvero stanchissimo, ma non può addormentarsi prima di aver risolto questa faccenda.
- Ehi, - attira l'attenzione di Bass. - Vuoi che leggiamo qualcosa?
Così magari poi prendi sonno, - propone. Bass sembra valutare la
sua offerta ma poi la declina.
- No... Sono troppo nervoso, non riuscirei a seguirti, - si giustifica.
Non vuole fare nulla, vuole solo starsene incollato a Miles per il
resto dei suoi giorni.
Chiacchierano a bassa voce per una decina di minuti, vicinissimi, e
Bass sembra tranquillizzarsi. Quando poi Miles gli fa notare che il
borbottio della pioggia si sta affievolendo, e che il temporale si sta
facendo sempre più lontano, finalmente l'altro si rilassa e gli
si arriccia addosso come un koala, sotto il lenzuolo.
Il cielo bianco-grigio rendeva tutto un po' spento, così
decisero di accendere la radio per ravvivare un po' l'atmosfera. Era
strano ritrovarsi improvvisamente infreddoliti quando fino a qualche
giorno prima c'era un sole che spaccava le pietre.
Bass si strinse nella felpa mentre si apprestava a portare la colazione
al tavolo dei Neville, Tom e Julia, una coppia che viveva a qualche
isolato da loro e che veniva spesso e volentieri a bere un caffè
e fare due chiacchiere. Miles trovava che Neville avesse qualcosa di
inquietante ma, quando glielo aveva detto, Bass per poco non gli era
scoppiato a ridere in faccia.
- Ma dai, è un agente assicurativo... Cosa può fare di inquietante? Riti vudù con le polizze?
Miles aveva scrollato le spalle. In effetti, sapeva anche lui che era
un pensiero irrazionale... Si era trattato di una sensazione, tutto
qua. Se ne era dimenticato quasi subito, comunque, perché era di
nuovo finita la birra - l'unica cosa in grado di esaurirsi nel giro di
un nanosecondo senza che se ne accorgessero per tempo.
Quando tornò, Bass trovò Miles seduto sullo sgabello che
sbadigliava a ripetizione, e si sentì un po' in colpa. Gli
preparò un caffé macchiato con poco zucchero, come
piaceva a lui, e glielo portò con aria colpevole.
- Scusa se ti ho tenuto sveglio stanotte... - disse piano,
interrompendo l'accurata operazione di raccolta bollette di cui Miles
si occupava periodicamente.
- Ehi, - Miles sollevò lo sguardo dai fogli, e quando
notò la tazzina posata davanti a sé sorrise. - Guarda che
non ti devi scusare di niente, Bass.
Mise via i fogli e gli prese una mano, approfittando della sufficiente
copertura che il bancone offriva loro, nascondendo quel gesto. Bass
sorrise leggermente. Gli piaceva Miles, gli piaceva il modo in cui gli
sorrideva anche quando magari avrebbe avuto tutto il diritto di perdere
la pazienza. Strinse le dita attorno alle sue.
- Mi dispiace vederti stanco, - gli disse.
Miles scrollò le spalle.
- Ma smettila, mica sto morendo, - rispose, scuotendo la testa. - E
poi, devo ammettere che mi piace averti appiccicato addosso che mi
chiedi protezione dal temporale... - aggiunse, attirandolo più
vicino e abbassando volutamente il tono di voce. Bass arrossì.
- Approfittatore, - sussurrò, con un sorriso divertito. Morivano
entrambi dalla voglia di abbracciarsi e baciarsi, ma quel lieve
contatto di mani era l'unica cosa che potevano permettersi, dal momento
che erano in pubblico.
Miles, tuttavia, trovò un lato positivo nella situazione.
Stuzzicare ulteriormente Bass era un ottimo modo per "vendicarsi",
pensò. Così, in un mormorio appena appena udibile, che
solleticò la fantasia dell'altro, aggiunse: - Stanotte sarò io a tenerti sveglio...
Bass rabbrividì leggermente. E così era quella la sua
punizione: dover attendere fino al loro ritorno a casa per potersi
godere quell'intimità con Miles che, in quel momento, desiderava
così tanto da sentire lo stomaco annodarsi. Deglutì,
cercando di non fargli capire che aveva centrato in pieno l'obiettivo
ed era riuscito a farlo sentire sottosopra.
- Dai, bevi il caffé, che si fredda, - disse, in tono poco
convinto, abbassando lo sguardo e fissando con insolito interesse la
cucitura della tasca sul grembiule, imbarazzato. Sapeva di non essere
in grado di dissimulare quello che provava e sapeva di avere la
tendenza ad arrossire. Miles lo guardò e sorrise, con un misto
di eccitazione e tenerezza nello sguardo, e accarezzò
ancora una volta la sua mano, chiudendola tra le sue.
- Grazie, pulcino, - gli disse, stavolta con tono dolce.
Bass si congedò scherzosamente con un mezzo inchino, prima di
tornare a servire i clienti che nel frattempo si erano accomodati.
Miles fu di parola. Ebbero appena il tempo di sgranocchiare qualcosa a
cena, una volta tornati a casa, perché subito dopo lo
portò di peso in camera e lo inchiodò sul letto.
Non aveva fame. L'unico bisogno che voleva soddisfare era quello di avere Bass tutto per sé.
Bass si sentì sollevare e rovesciare come se non pesasse niente,
si trovò addosso le sue mani, le sue labbra, la sua pelle, il
suo respiro, e sentì quella sensazione che provava tutte le
volte - qualcosa che si scioglieva - mentre i suoi pensieri si facevano sempre più confusi, un poco alla volta.
Miles si prese tutto il tempo del mondo prima per spogliarlo e poi per
baciarlo dalla testa ai piedi, interamente, come più gli
piaceva. Contemplò l'ipotesi di utilizzare davvero lo
spazio di tutta la notte per farlo, ma poi pensò che una tortura
del genere sarebbe stata puro sadismo. Bass assecondava i suoi baci, si
offriva, lo attirava a sé. Il livello di rossore che le sue
guance avevano raggiunto confermavano a Miles che quello che gli stava
facendo gli piaceva parecchio, perciò continuò. Baciare
era un'arte, e lui sapeva farlo, e voleva
farlo perché amava Bass. Amava la sua pelle e il suo profumo e
il suo modo di muoversi e di sussurrare il suo nome, e il suo sguardo e
la sua espressione, che rivelavano quanto apprezzasse le cure che Miles
gli riservava. Passò un tempo infinito a sfiorare il suo corpo
con le labbra e con le mani, ad assaggiarlo e leccarlo e scovare tutti
i punti in cui gli piaceva essere accarezzato, ricevendo in premio il
suono dei suoi gemiti rotondi, e quando si staccò per un attimo
da lui - dal suo collo, dal suo battito, dal suo tremito sottile -
rimase incantato e guardare i suoi occhi chiusi e le sue labbra appena
appena aperte, un invito che non poteva non cogliere. Sentì
qualcosa dentro, un tuffo al cuore vedendolo così, arreso e a
suo agio tra le sue carezze: una commistione straziante di desiderio e
tenerezza, che lo divideva tra l'istinto di proteggerlo e quello di
farlo suo. Intrecciò le mani alle sue, prima di chinarsi sulla
sua bocca e baciarlo con tutta l'anima, riempito fin nelle ossa da
quella sensazione che gli urlava di unirsi a lui, di stargli dentro e
restarci tutta la vita. Il sentimento crebbe ulteriormente quando
l'altro riaprì gli occhi, piano, come svegliandosi da un sogno,
e li piantò nei suoi, con una dolcezza e uno smarrimento nello
sguardo che indussero ancora una volta Miles a baciarlo con tutta la
tenerezza possibile.
- Ti amo, Miles...
L'altro perse un colpo. Si sentiva così scoperto, a volte,
quando faceva l'amore con lui. Come se Bass potesse guardargli
attraverso. Poteva vedere quello che stava provando in quel momento?
Certo che sì.
Erano sempre stati un libro aperto, l'uno per l'altro. Sentì le
dita di Bass tra i capelli e sulle spalle, sulla schiena - quanto adorava le sue carezze
- e lo baciò ancora, e ancora, e ancora, e passò una mano
sulla sua testa scompigliandogli i riccetti, facendolo ridere - adorava
la sua risata, adorava il suono della sua voce quando faceva l'amore -
e a poco a poco l'impeto si trasformò in amore puro, desiderio
di prendersi cura di quel piccolo miracolo che aveva riempito la sua
vita. Perciò rallentò, deciso a godersi ogni attimo, e
soprattutto a renderlo indimenticabile per Bass.
- Ti amo anch'io, pulcino, tu non sai quanto... - rispose, in un
sussurro, abbracciandolo e spingendosi dentro di lui. Lo sentì
aggrapparsi alle sue spalle, come faceva sempre, e si intenerì
ulteriormente percependo quel contatto che conosceva bene. Lo
sentì ridacchiare piano.
- Oh no, io lo so quanto... - disse Bass, con un sorriso da bambino. -
È per questo che ringrazio la vita ogni giorno, - aggiunse,
dolcemente, studiandolo con gli occhioni blu puntati su di lui.
Miles si sentì franare dentro, vedendolo così, come se lo
avesse investito una piccola burrasca di sentimenti. Gli
accarezzò una guancia con delicatezza, impietrito di fronte alle
sue iridi chiare che traboccavano amore, e non poté fare a meno
di baciarlo di nuovo, come se una forza invisibile lo calamitasse sulle
sue labbra morbide.
Si separò più lentamente, però, stavolta;
restò vicinissimo al suo volto, perché voleva godersi da
vicino lo spettacolo dei suoi occhi, incatenati ai propri.
Si arricciò un riccioletto corto intorno al dito, ci
giocherellò un po', senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
- Sono io che devo dire grazie, invece... - mormorò, cominciando
a ricoprirlo di tanti, piccoli baci sul viso. Bass rise, per la
sensazione di pizzicore che provava sempre quando Miles lo baciava,
pelle liscia contro pelle irruvidita da barba di due giorni. Gli mise
le braccia al collo, lo strinse più forte su di sé. Miles
sentì la presa delle sue gambe intorno alla vita stringersi, e
capì che era arrivato il momento. Vennero quasi
contemporaneamente, allacciati stretti, Bass con il capo reclinato
all'indietro e Miles con la testa posata sulla sua spalla, in cerca di
un sostegno. Rimasero fermi, l'uno nell'altro, assaporando fino
all'ultimo secondo di quel prodigio che riuscivano a creare ogni volta
semplicemente amandosi. Si scambiarono baci e attenzioni ancora per un
bel po', finché Miles non si sfilò delicatamente da Bass
e gli si distese accanto, imprigionandolo in un abbraccio. Bass si
rannicchiò volentieri addosso a lui, stanco e felice. Miles
chiuse gli occhi, continuando ad accarezzarlo, un gesto che gli veniva
spontaneo come respirare e che lo rilassava.
- A volte mi scandalizzo da solo, - confessò, in leggero
imbarazzo. Bass mosse leggermente il capo, per ascoltarlo meglio.
- Perché? - chiese, accarezzandogli il petto. Miles sollevò un sopracciglio.
- Be', perché ero partito promettendoti una notte da film porno
e poi mi sono ritrovato a sussurrarti romanticherie come la peggiore
tra le protagoniste di filmacci rosa, - spiegò, ridendo e
arricciandondo il naso. Bass rise assieme a lui, divertito.
- A me piace il tuo lato romantico, - disse. - E poi, ti vengono bene
entrambe le cose, pornostar, - ridacchiò, prendendolo in giro.
Miles gli diede un buffetto sulla guancia, prima di baciarlo
mordicchiandogli leggermente il labbro per punizione.
- Mmmstupido, - lo
rimproverò, stringendolo con più forza a sé. Bass
non si oppose, anzi: gli piaceva provare in prima persona quanto Miles
fosse forte. Rispose ai suoi baci con altrettanto coinvolgimento,
finché la necessità lo costrinse a smettere, almeno per
il momento. Non riusciva più a ignorare quella sensazione di
languore che gli attanagliava lo stomaco.
- Ho fame, - disse, mettendosi a sedere in mezzo al letto. - Tu no?
Miles si stiracchiò pigramente. In realtà aveva
più sonno che fame, ma non avrebbe disdegnato uno spuntino,
soprattutto considerando che, quando avevano messo piede in casa, aveva
avuto tutt'altro pensiero che cenare...
- Un po', - ammise, guardando Bass che si stropicciava gli occhi, anche lui assonnato. Sei proprio un pulcino, pensò.
- Gelato? - Bass sapeva che non ci sarebbe stato bisogno di mettere la
proposta ai voti. Miles annuì subito, infatti. Quella della
vaschetta di gelato a notte fonda, d'estate, era una tradizione che
avevano inaugurato quando erano due ragazzini arrapati nel pieno
dell'adolescenza e si dimenticavano persino di mangiare, tanto erano
presi a starsi addosso. Così, nelle ore più impensate, si
ritrovavano sul divano con una vaschetta sulle gambe e due cucchiai, e
si godevano soddisfatti il premio dopo l'amore.
Miles era troppo stanco per pensare di fare qualsiasi cosa. Si sentiva
rilassato, come sempre quando era con Bass, e sentì la
stanchezza degli ultimi giorni riversarglisi addosso in un colpo solo.
Resistette solo perché voleva assolutamente godersi quel momento
e perché sì, in effetti ora che ci pensava aveva davvero
fame. Vide Bass sgusciare fuori dal letto, silenzioso ed elastico come
un gatto, e tornare poco dopo con il caro, vecchio, amato gelato alla
vaniglia. Si sedettero vicinissimi e cominciarono l'assalto.
- A te l'onore, - disse Miles, cedendo a Bass la prima cucchiaiata.
L'altro sorrise e non se lo fece ripetere. Mangiarono e chiacchierarono
avevano sempre fatto e, quando furono sazi e stanchi, misero via tutto
e si abbracciarono, si diedero la buonanotte.
Bass gli rubò un ultimo bacio, prima di chiudere gli occhi.
E si sentì la persona più fortunata del mondo.
... Anche quando Miles si svegliò, circa un'ora dopo, e pretese
di fare il bis, nel dormiveglia, per tenere fede alla promessa fatta.
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Capitolo 15 *** Di mia esclusiva proprietà ***
AU BAR 15
- Ehi... Ehi, piccolina, vieni qua, così...
Miles Jr avanza con lo sprint di un fuoristrada quattro per quattro,
sullo stomaco di Bass, disteso sul divano, fino a salirgli sul torace.
Le piace giocare con i suoi padroni. Cammina con sicurezza verso il
volto sorridente di Bass, che le accarezza delicatamente la testolina
con l'indice e le porge una foglia di lattuga come premio.
- Bravissima! - esclama, sollevandola e dandole un bacio sul
musetto. Miles Jr produce un ghigno soddisfatto, come se potesse
esprimere il moto d'orgoglio tartarugoso che la invade tutte le volte
che riceve un premio.
Bass la sbaciucchia rumorosamente finché Miles non compare sulla
soglia e, avendolo colto così, comincia a ridacchiare.
- Mi stai tradendo? - scherza, andando ad accovacciarsi accanto a lui e
posandogli un bacio sulla tempia. A Miles piace vederlo giocare, lo
rasserena. Bass sembra davvero felice di prendersi cura di Miles Jr.
Quella mattina si è preparato in cinque minuti e ha approfittato
del tempo guadagnato per giocare con la tartarughina, mentre Miles
finiva di vestirsi. A volte, la sera, si siede sul letto con lei in
braccio e la accarezza per ore intere, e Miles Jr a poco a poco si
mette comoda, sbadiglia e si addormenta, e a Bass non resta che
prenderla delicatamente e adagiarla nella sua casetta, dove continua a
dormire tranquilla.
L'altro risponde con una risata. - No, voglio bene a tutti e due, lo
sai, - dice, con un sorriso raggiante. Anche Miles allunga una mano per
accarezzare la piccolina, che nel frattempo ha lasciato una serie di
piccole impronte di terra sulla maglietta di Bass. Dopo le prime volte,
è entrata in confidenza anche con Miles e ha smesso di fargli la
cacca addosso quando la prende. Socchiude gli occhi, al tocco di Miles.
- Dai, pulcino, dobbiamo andare. Vorrei restare anch'io a spupazzare la
mia omonima, ma siamo in ritardo. - Miles sorride leggermente mentre lo
dice, e Bass sbuffa appena.
- Lo so, - risponde. E poi, rivolto alla tartaruga: - Ci vediamo dopo.
E via altri baci, prima di rimetterla nel suo spazio. Le hanno
preparato il cibo e l'acqua e hanno cambiato la lettiera. Quando
chiudono la porta, Miles Jr sta gattonando nel suo piccolo impero
come un avventuriero che ha appena scoperto un nuovo continente.
Al bar c'era un sacco di gente, nonostante fossero a fine luglio e gran
parte della clientela abituale fosse già andata in vacanza.
A metà mattina, come per magia, si ritrovarono perfettamente
equilibrati nei ruoli e riuscirono a far tutto: mentre Miles preparava
cappuccini senza mai fermarsi, Bass riempiva coni e coppette alla
velocità dei neutrini. Servirono anche un paio di birre,
nonostante l'ora non proprio adatta, e quando tutti i clienti furono
sistemati, Bass cominciò a litigare con il rullo di carta da
scontrino della cassa che si era incastrato e non voleva saperne di
uscire. Ci mise cinque minuti buoni ad estrarlo, accartocciato e
inutilizzabile, usando la punta della penna che inevitabilmente gli si
ruppe in mano facendogli colare una grossa macchia d'inchiostro sulle
mani.
- Mi sa che dobbiamo cambiarla, - disse, mentre andava a lavarsi,
scrutando con sospetto la cassa che aveva già mangiato due
rotoli di carta e
sembrava desiderosa di ingoiarne un terzo.
Miles gli passò il blocchetto dei post-it, mentre scartava un pacco nuovo di bustine di carta.
- Scrivi tutto quello che ci serve, poi ci penso io, - disse,
riempiendone subito una con una fetta di crostata che poi porse a una
signora che stava attendendo, dall'altra parte del bancone. Bass lo
guardò mentre si dava da fare, e sorrise fra sé e
sé mentre strofinava l'asciugamano per togliersi di dosso
l'inchiostro. Miles gli piaceva da morire. Per molti versi, erano
l'opposto uno dell'altro, non solo caratterialmente ma anche
fisicamente, e forse era anche questa diversità che c'era tra
loro ad attrarlo in maniera spropositata verso l'uomo accanto al quale
aveva scelto di stare.
Qualche minuto dopo, l'ondata di maggiore afflusso cominciò a
diminuire, così Bass infilò i guanti di gomma e prese
panno e sapone spray per dare una pulita al bancone e in cucina.
Fu in quel momento che Jeremy comparve sulla porta, e lui e Miles cominciarono a dare il solito spettacolino.
Jeremy faceva il rappresentante per una ditta di caffé, ed era
così che se l'erano ritrovato tra i piedi, la prima volta. Poi
aveva continuato a presentarsi, veniva a bere un caffé ogni
tanto, ma Miles sospettava che avesse messo gli occhi addosso a Bass e
aveva sentito la gelosia e la possessività salirgli nel
cervello, risvegliando in lui antichi istinti di dominazione e difesa
del territorio. Così, aveva cominciato a marcare stretto il
nemico, inducendolo alla ritirata. Il repertorio di Miles nei confronti
di Jeremy era un fiorire di velate minacce pronunciate col sorriso.
Come quella volta che gli aveva promesso di spezzargli una sedia sulla
schiena se non si fosse sbrigato a bere il caffé e sparire, e
Jeremy, che certo non brillava per coraggio, si era affrettato ad
obbedire ed era sparito attraverso la porta dopo aver letteralmente lanciato le monetine sul bancone.
Bass sorrise. La gelosia di Miles un po' lo inteneriva e un po' lo
lusingava, anche se sapeva che l'altro non aveva alcun bisogno di
essere geloso. Bass non aveva occhi che per lui. Così era da
sempre e così sarebbe sempre stato. Lo aveva fatto capire lui
stesso, con delicatezza, al "terzo incomodo", che non ce n'era per
nessuno che non fosse Miles.
Come da copione, fu Miles ad andare incontro allo sprovveduto avventore
per servirlo. Per evitare di scatenare conflitti inutili, Bass decise
comunque di restare in cucina a rassettare, anche perché aveva
un mucchio di cose da fare e non sapeva se poi avrebbe avuto il tempo
di occuparsene. Si applicò con dedizione a lucidare il lavello e
l'interno della lavastoviglie, e qualche minuto dopo fu raggiunto da
Miles che aveva sulla faccia il caratteristico sorriso trionfante da
"Ho scacciato l'invasore!". Lo accolse sorridendo a sua volta, ma nel
consueto modo dolce.
- È incredibile, continua ancora a farsi vedere in giro, -
commentò Miles, e un attimo dopo gli fu addosso, lo
circondò da dietro, cingendolo stretto alla vita. Bass
lasciò ricadere la spugnetta sul ripiano, assieme al detersivo
che stava usando.
Bass alzò un braccio flettendolo leggermente all'indietro per
riuscire ad accarezzarlo sulla testa. Miles fece scorrere le mani sui
suoi fianchi.
- Non l'ha capito che tu sei mio, - disse,
sottolineando apposta l'ultima parola, prima di chinarsi sul collo di
Bass e lasciargli il segno di un succhiotto. Bass mugolò
leggermente, eccitato.
- Spiegaglielo di nuovo, - rispose piano, ridendo. Miles lo strinse
ancora di più, spingendosi contro di lui. Aderiva perfettamente
contro la sua schiena e sentiva il profumo di lui invadergli i polmoni,
misto a quello della stanchezza e del sapone liquido. Posò una
fila verticale di piccoli baci sulla sua nuca, e Bass rabbrividì
leggermente. Si sentiva così sensibile, tra le sue mani...
- Lo farò, - disse Miles. - Magari facendogli un esempio con un
paio di cazzotti in faccia, così è più chiaro, -
aggiunse, e sentì di nuovo quella sensazione salirgli lungo la
schiena. Bass, terra conquistata che non avrebbe permesso a nessuno di
esplorare. Fortezza che non avrebbe permesso a nessuno di espugnare.
Constatò di essere eccitatissimo, e si rammaricò al
pensiero che avevano ancora tutto il pomeriggio davanti, prima di poter
tornare a casa.
- Mi piace quando sei geloso, - confessò Bass, in un sussurro,
voltandosi nel suo abbraccio e mettendogli le braccia al collo. Le mani
di Miles si adagiarono sui suoi fianchi. Poteva sentire benissimo sotto
le dita la curva dura e sinuosa delle ossa iliache dell'altro, e
finì istintivamente a spingersi contro il suo bacino. Bass
gemette a quella frizione, e si abbandonò al lunghissimo bacio
con cui Miles lo aveva impegnato, chiudendo gli occhi.
- Tu sei mio, - ripeté Miles, sulla sua bocca, quando si furono
appena appena separati. - Dillo, - gli ordinò, muovendosi piano
e percependo che Bass era eccitato tanto quanto lui.
L'altro tremò quasi impercettibilmente.
- Sono... Tuo, - soffiò
fuori, posando le mani sulle braccia di Miles, prima di cercare di
nuovo la sua bocca. Poi piantò lo sguardo chiaro negli occhi di
Miles, e pretese che l'altro gli giurasse la stessa identica cosa.
Miles non se lo fece ripetere due volte.
- Sono tutto tuo, - disse, posando entrambe le mani sulle sue guance e
accompagnandolo fino in fondo a un altro bacio. Quando si separarono,
Bass sospirò contrariato.
- Dannazione, - mugolò, perché il desiderio di fare
l'amore con Miles era stato risvegliato di colpo e sapeva che non
avrebbe potuto soddisfarlo fino a sera.
- Resisti, - gli sussurrò Miles, prima di baciarlo ancora, stavolta sulla fronte. - Ti amo, pulcino.
- Ti amo anch'io, - rispose Bass, guardandolo allontanarsi.
Gettò uno sguardo sconsolato ai saponi per le pulizie. Come
avrebbe potuto continuare a fare il suo lavoro, con il pensiero
pressante di Miles che gli annebbiava la testa?
Fecero l'amore sul divano, per il semplice motivo che era l'unica
superficie orizzontale più vicina alla porta d'ingresso -
escludendo il pavimento. Avevano resistito meglio che potevano, si
erano limitati a baciarsi come ragazzini contro il bancone del bar poco
prima di chiudere tutto e andare via, e si erano trattenuti dal
saltarsi addosso in macchina solo perché non era il massimo
della comodità e neanche della sicurezza.
Bass aveva aperto la porta e preso Miles per mano, erano scivolati
rapidi nell'ingresso avvinghiati come in una coreografia; Miles aveva
spinto Bass sul divano e aveva cominciato a spogliarlo, e l'altro,
sotto di lui, aveva cominciato a fare lo stesso, ricambiando i suoi
baci con crescente foga.
- È tutto il giorno che aspetto, - ammise, offrendogli il collo
che Miles baciò avidamente prima di percorrere con lo stesso
incontenibile desiderio ogni centimetro del corpo snello, nervoso e
lievemente abbronzato - dna australiano, diceva Bass - che aveva sotto di lui.
Qualche minuto dopo, Miles prese completamente possesso di lui e Bass
annaspò, stravolto, gemendo forte. Restarono a coccolarsi per
qualche minuto, ridendo e scambiandosi battute; poi Miles, che si
sentiva in formissima e voleva dare sfoggio delle sue capacità
di gentiluomo, lo sorprese prendendolo in braccio e portandolo in
camera, dove si dedicò a lui, accarezzandolo e baciandolo,
finché non si sentì pronto a fare il bis.
Alla fine, crollarono sulle coperte, stanchi e abbracciati, dopo essersi baciati ancora per darsi la buonanotte.
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Capitolo 16 *** Chiuso per ferie ***
AU BAR 16
Miles si sveglia e allunga la mano in cerca di Bass, ma non lo
trova. In compenso, però, il profumino dolce che arriva dalla cucina
gli fornisce un ottimo indizio su dove potrebbe essere.
Sbadiglia,
si stiracchia, si infila i pantaloni e si mette a sedere sul bordo del
letto, cercando di superare la sensazione di stordimento che prova
quasi sempre al risveglio. Alza lo sguardo assonnato su Miles Jr, che
ha già ricevuto la sua porzione di verdurine e sta facendo colazione,
trangugiando foglie a grandi bocconi. Miles si passa pigramente le mani
tra i capelli. Evidentemente, Bass è in piedi già da un po'.
Non
resiste, perciò chiama a raccolta tutta la sua forza di volontà e si
alza. Ha aperto gli occhi da meno di un minuto e sta già morendo dalla
voglia di vederlo. Quando lo realizza, sorride.
È quello che capita, quando sei innamorato perso di qualcuno.
Quando
arriva in cucina, trova Bass che sta apparecchiando, sorridente,
muovendosi appena al ritmo della radio che ha acceso tenendo il volume
basso, per non disturbarlo. Se fosse un cartone animato, sprizzerebbe
stelline e lampi colorati tutt'intorno, pensa Miles, avvicinandosi a
lui. Bass si illumina non appena lo vede, posa i piatti che ha in mano
e si lancia ad abbracciarlo.
Miles affonda il naso tra i suoi riccioli. Profuma di shampoo. Lo stringe forte a sé e gli stampa un bacio sulla tempia.
- Mmmbuongiorno... - mugola, sentendo che Bass ricambia la sua stretta con altrettanta forza.
-
Buongiorno a te, - risponde l'altro, la voce attutita contro la spalla
di Miles, cercando di alzarsi leggermente per arrivare a baciarlo.
Miles si china su di lui per aiutarlo, perché desidera i suoi baci più
di ogni altra cosa al mondo.
- Che stai combinando? - gli chiede, quando si separano. Bass sorride soddisfatto, contento che l'altro gliel'abbia chiesto.
-
Sto facendo i pancakes, - risponde, posando un bacio rapido sulla
guancia ruvida di Miles, che per tutta risposta lo riafferra e lo bacia
ancora. - Quando mi sono svegliato era troppo tardi per rimettersi a
dormire e troppo presto per fare altro,
- aggiunge, posando le mani sopra quelle di Miles, saldamente strette
attorno ai suoi fianchi. - Così ho pensato di fare qualcosa di diverso.
Miles scende a baciarlo sul collo. Di nuovo profumo di sapone. Sente le mani di Bass accarezzargli la schiena.
- Ma che bravo pulcino, - sussurra, prendendolo in giro.
-
Mi piace cucinare per te, lo sai, - risponde l'altro, stringendosi a
lui. Miles lo bacia vicino all'orecchio, in quel punto in cui i suoi
riccetti diventano più sottili e sfuggenti. Quasi piume, pensa,
e subito dopo capisce come si sente il gatto quando vede un uccellino
svolazzargli intorno, cinguettando allegramente. Ha tanta voglia di
prendere Bass quanto un gatto può averne di afferrare tra le zampe una
gioiosa pallina di piume.
Uno sfrigolio proveniente dal piano
cottura costringe Bass ad allontanarsi leggermente per controllare che
il suo capolavoro culinario non si bruci. Miles lo lascia fare. Può
sedersi e godersi la vista dell'uomo che ama che spadella tutto
contento tra i fornelli e, nell'attesa, fantasticare sul momento in cui
lo prenderà di peso e lo porterà a letto. Sorride sornione, proprio
come un gatto che ha puntato la preda.
Deve avere un'espressione
stranissima, perché Bass lo guarda e ride, gli chiede cos'ha. Miles gli
rivolge un sorriso come gli capita raramente di fare, ma è troppo
compiaciuto del proprio piano diabolico per poter rispondere.
Mangeranno insieme e poi Miles Matheson, la vecchia pantera, acchiapperà il pulcino ignaro e lo farà suo per almeno un'oretta.
E
pazienza se faranno più tardi del solito, pensa, mentre mangiano
insieme.
Dovrà pur ringraziarlo per i pancakes buonissimi che ha
preparato, no?
- Devo farteli più spesso, i pancakes.
Bass ridacchiò, ignorando il
ritardo mostruoso che avevano accumulato e scivolando fuori dal letto.
- È lo sciroppo d'acero che ti eccita? - scherzò. Miles si alzò e gli
fu subito accanto.
- No. Sei tu, - rispose, mentre si dirigevano
in bagno. Per una continuare una giornata iniziata benissimo, non c'era
niente di meglio di una doccia veloce insieme. Continuarono a baciarsi
e coccolarsi sotto l'acqua. Bass sfregò le mani insaponate, le unì e
soffiò attraverso il piccolo spiraglio che aveva lasciato aperto tra i
palmi. Un'enorme bolla di sapone esplose sul naso di Miles, facendolo
starnutire.
- Che ragazzino, - gli disse Miles, attirandolo a sé e
insaponandolo energicamente. Bass rise e continuò con i suoi
esperimenti.
- Scommetti che ne faccio una ancora più grossa?
- È da quando hai nove anni
che fai questa cosa, - constatò Miles sorridendo, piazzandogli il
telefono della doccia proprio sopra la testa. Quando ebbero finito,
uscirono in fretta. Si sentivano meglio. Soprattutto Bass, che prima di
colazione era già pronto e vestito, ma poi era stato vittima di un
attacco di Miles. Non che gli dispiacesse, anzi...
Erano gli ultimi
giorni di attività del bar prima delle ferie vere e proprie. Avrebbero
chiuso per qualche giorno e la prospettiva li aveva resi molto più
indisciplinati sugli orari, negli ultimi tempi. Semplicemente, erano
molto più rilassati e il pensiero di arrivare in ritardo non li
tormentava più col suo pungolo impietoso.
Miles seguì il passo rapido di Bass in cortile. Sembrava un
raggio di sole: era questo l'effetto delle vacanze sul suo umore.
- Hai notato che abbiamo meno clienti? - Bass scrutò
l'attività al di fuori del bar, mentre sciacquava delle tazzine.
Miles
si strinse nelle spalle, mentre spazzava via tutti quei resti -
briciole di cornetto, bustine di zucchero vuote, le carte dei
bastoncini per girare il caffé... - che si producevano tanto
rapidamente, nel giro di poche ore. Era stanchissimo, il caldo gli
toglieva energie.
- Ovvio, - rispose. - Molti sono già partiti. Quelli che sono
qui ora, probabilmente lo faranno a breve. Restiamo solo noi,
- si appoggiò alla scopa e gli rivolse un sorriso pieno di aspettative.
- Il che significa che potremmo anche anticipare la chiusura, che ne
dici? - propose.
Bass lo guardò, con un sorriso che si allargava piano piano. Non vedeva l'ora.
Quella
sera stessa, dal momento che entrambi ne avevano bisogno perché erano
quasi giunti all'esaurimento, Miles fu felicissimo di appiccicare con
il nastro adesivo, sulla serranda chiusa, un salvifico fogliettino
azzurro su cui era stampato, bello grande: "Chiuso per ferie".
Quando tornarono a casa, Bass si liberò dello zainetto e lo coprì di baci quando Miles era ancora sulla soglia.
L'altro non si oppose, anzi: adorava vederlo così di buonumore.
Cominciarono
a discutere di quello che avrebbero fatto nelle lunghe, rilassatissime
giornate che si aprivano davanti a loro. Dopo cena si sistemarono sul
divano a vedere un dvd; Bass gli si raggomitolò addosso come un
cucciolo, posò la testa sulle sue ginocchia e Miles prese ad
accarezzarlo, mentre entrambi seguivano Frank Grillo
versione giustiziere-della-notte che sparava con la freddezza di un
sicario.
- Lo sai che mi sento la persona più fortunata del mondo? -
se ne uscì Bass, a un certo punto. Miles abbassò lo sguardo fino a
incrociare i suoi occhioni blu. Gli spostò un riccioletto dietro
l'orecchio, sorrise.
- E tu sai che io potrei dirti la stessa
cosa? - rispose piano. Bass si sollevò leggermente e si allacciò
intorno alla sua vita, mentre Miles continuava ad accarezzarlo.
-
Vieni qua, - gli disse poi, facendogli cenno di mettersi a sedere del
tutto. Voleva abbracciarlo e voleva baciarlo, voleva riempirlo di
carezze. Bass obbedì e si lasciò circondare.
- Ho un programma per
queste vacanze, - sussurrò Miles sulle sue labbra. Bass lo baciò di
nuovo prima di fargli domande. - Cioè? - chiese.
Miles lo accarezzò sulla guancia e si chinò ancora una volta su di lui.
- Seguimi e lo scoprirai in anteprima, - sorrise, prendendolo per mano.
Delicatamente ma con decisione, lo spinse giù sul letto,
seguendolo, fino a trovarsi su di lui. Gli sollevò piano piano
il bordo della maglietta, baciandogli la pancia. Salì lungo
l'addome, posò una fila di piccoli baci sulle sue costole e poi
sul suo petto, a mano a mano che lo scopriva. Bass gli accarezzò
la testa con entrambe le mani, cercò di guidarlo verso l'alto.
Aveva bisogno dei suoi baci, ne aveva un bisogno che lo stava
logorando.
Miles si chinò a baciarlo sulla clavicola, poi sul collo,
soffermandosi a leccarlo e mordicchiarlo sulla gola e dietro
l'orecchio. Fece scorrere entrambe le mani sui suoi fianchi, ormai
scoperti, dall'alto verso il basso, e lo guardò negli occhi.
Bass fu scosso da un tremore leggero di eccitazione crescente, mentre
quella carezza lentamente saliva; lo assecondò, incapace di
distogliere lo sguardo dal suo, e sollevò docilmente le braccia
sopra la testa, per permettergli di sfilargliela. Quando gli ebbe
finalmente tolto l'indumento, Miles si chinò sulle sue labbra,
come per premiarlo del modo in cui si offriva.
Fece scorrere le mani sul suo corpo arreso, poi si sfilò a sua
volta la maglietta in modo sbrigativo: non poteva pensare di poter
staccare la mani da lui, nemmeno per un attimo. Accarezzare Bass era la
sensazione più bella del mondo.
Ripercorse all'indietro il sentiero di baci che aveva tracciato sul
corpo di Bass, e quando giunse a stuzzicargli l'ombelico con la lingua,
cominciò con lentezza a slacciargli i pantaloni.
Cominciò, con calma, a depositare carezze sulle sue parti intime
attraverso la stoffa, e udì un gemito soffocato provenire dalla
gola di Bass. Strinse con forza entrambe le mani sulle sue anche, poi
si dedicò di nuovo ai baci, solamente per il gusto di farlo
attendere ancora un po'. Bass gemette ancora, lo pregò.
Miles cominciò a sfilargli piano i jeans, agganciò con i
pollici l'elastico della sua biancheria e lasciò che le mutande
scivolassero via insieme ai pantaloni. Scoprì a poco a poco
porzioni di pelle che accarezzò con dedizione; gli liberò
le gambe nervose, accarezzando e baciando l'interno caldo e teso delle
sue cosce, la sua pelle dorata. Bass si sentì sopraffatto da
quello che stava provando, e non era ancora nulla. Provò a
immaginare come si sarebbe sentito, di lì a poco, accogliendo
Miles dentro di sé, e il solo pensiero lo fece rabbrividire di
piacere. Chiuse gli occhi, come un gatto che fa le fusa, mentre Miles
gli apriva le gambe e posava baci e carezze e sfioramenti di lingua nei
punti in cui era più sensibile. Bass si sentì scoperto e
vulnerabile, così aperto di fronte a lui, ma con Miles si
sentiva al sicuro, e lasciò che l'altro lo esplorasse come
più gli piaceva senza opporre la minima resistenza.
Percepì il massaggio delicato e intenso con cui l'altro lo
toccava, per procurargli piacere, e sentì i muscoli del proprio
corpo reagire a quella piacevolissima tortura.
- Miles...
Sussurrò il suo nome, cercando di inspirare a fondo per
controllarsi. Miles era arrivato a spalancargli completamente le cosce
e ad adagiarvisi in mezzo per avere il controllo assoluto sul punto
più delicato del suo corpo. Bass lo sentì scendere con le
dita fino a stuzzicare il punto in cui poi sarebbe entrato. Cercava di
rilassarlo, per non fargli male dopo. Poi riprese a baciarlo e
risalì, spingendo il proprio bacino contro quello di Bass,
premurandosi di applicare una frizione insistente e decisa tra i loro
corpi. L'altro era a sua completa disposizione. L'arrendevolezza e la
fiducia di Bass, mentre cercava la sua apertura, gli smossero dentro un
sentimento di protezione che conosceva bene.
- Ti amo.
Miles gli cinse i fianchi nudi con le braccia, lo strinse a sé.
Cominciò a muoversi. Provava, con una semplicità
disarmante, il desiderio assoluto di amarlo. Voleva dimostrargli col
corpo quell'amore che le loro anime facevano già.
- Ti amo, ti amo... - ripeté, spingendosi ogni volta un po'
più a fondo, fino a invaderlo del tutto. Percepì ogni
sensazione sublimata. Il suo profumo lo inebriava, il suono dei suoi
gemiti gli riempiva di brividi di eccitazione la schiena, fin nella
colonna vertebrale, e la sensazione della sua pelle calda, liscia e
morbida contro la propria gli stringeva il cuore. Fece l'amore con la
sua bocca come con il resto del suo corpo; sentì le dita di Bass
insinuarglisi tra i capelli e tirare leggermente, e mugolò al
suo gesto da piccolo selvatico. Si prese qualche istante per guardarlo,
prima di godere di nuovo del sapore della sua bocca, e si sentì
spezzare dentro da qualcosa che non poteva contenere, il peso
schiacciante e dolcissimo di un fotogramma perfetto: il volto rapito
della persona che amava, il suo sguardo celeste in adorazione. Si
spinse dentro di lui, consapevole e allo stesso tempo incosciente,
guidato dall'amore e dall'istinto. Lo voleva, in modo primitivo ed
elementare; lo voleva, voleva sentirsi fuso per sempre insieme a lui,
voleva regalargli un pezzo del proprio cuore. Poi si ricordò,
con un sorriso, che non poteva: glielo aveva già donato tutto,
parecchio tempo prima. Lo accarezzò e lo strinse e lo sostenne,
si prese cura di lui; sentì i suoi riccioli dorati scorrergli
tra le dita come seta, baciò ogni centimetro di pelle che
trovò alla propria portata, sussurrò al suo orecchio che
lo amava come un pazzo, e lo avrebbe amato per sempre.
Bass si strinse forte a lui, sorrise; anche i suoi occhi ridevano, incorniciati dalle lunghe ciglia chiare.
- Ti amo anch'io, Miles. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo--
Miles si sentì in pace con l'universo. Era nel posto in cui
più gli piaceva stare - Bass era il suo luogo preferito. Poteva
percepire i suoi movimenti, quei piccoli scatti involontari del suo
corpo la cui familiarità lo faceva sentire a casa, e si
concentrò affinché il ricordo di quel momento perfetto
che stavano vivendo gli restasse impresso nella mente. Si sentiva un
po' un Attila, venuto a razziare una terra splendida, e un po' Colombo,
intento a piantare bandierine di fantasia su quel continente che gli
apparteneva di diritto - e che avrebbe difeso con le unghie e con i
denti.
Bass sentì l'abbraccio di Miles stringersi e farsi più
saldo, mentre piano piano si avvicinavano al culmine, e si
rilassò tra le sue braccia. Si sentiva completo e sereno e
appagato.
Miles lo accarezzò a lungo sulla testa, lo baciò sulla
fronte, sulle guance, sul naso, e infine sulle labbra.
- Pulcino, - disse soltanto, puntando il gomito poco sopra la sua
spalla per permettergli di posare la testa sul suo avambraccio. Bass
ridacchiò, sentendo quel nomignolo che gli aveva affibbiato da
ragazzino e che ormai era il suo secondo nome, e si lasciò
circondare. Si accarezzarono con dolcezza, mentre si baciavano
altrettanto teneramente. Bass mosse piano le gambe sotto il lenzuolo,
per alleviare un fastidioso formicolio d'intorpidimento, e sentì Miles incastrare una gamba tra le sue.
- Il tuo programma per le vacanze mi piace, - sussurrò,
godendosi la vicinanza di Miles. Poteva sentire il suo respiro sulla
pelle, e questo lo faceva sentire al sicuro. Ultimamente Miles era
più dolce del solito con lui, e gli piaceva. Ora, liberi da
qualsiasi impegno, avrebbero potuto amarsi quanto volevano senza lo
stress di una sveglia che suona sempre al momento sbagliato.
Miles percorse con due dita il contorno del suo viso.
- Mi fa piacere sentirtelo dire, - rise.
Si addormentarono cullati dal rumore del traffico, che filtrava insieme a una corrente leggera attraverso la finestra aperta.
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Capitolo 17 *** Vernice, settembre, matite, giochi ***
AU BAR 18
Vernice: presa.
Teli di plastica: presi.
Nastro per mascheratura: preso.
Giornali: presi.
Miles guarda Bass mentre allinea tutto sul pavimento del bar. Hanno
trascorso le ferie come si deve e ora, a pochi giorni dalla riapertura,
paradossalmente hanno tantissima voglia di riprendere la loro routine.
Non perché non si siano divertiti, anzi: è che si sentono
così pieni di energie, ora, che hanno tantissima voglia di fare.
Fare, fare, fare.
- Perché non ritinteggiamo le pareti? - aveva proposto Bass,
qualche giorno prima. Miles aveva accettato, soddisfatto all'idea di
potersi impegnare in qualche attività pratica in compagnia di Bass. Negli ultimi tempi, ha sentito quello che prova
per lui divenire un'onda inarrestabile: e ne è stato travolto.
Non capisce da cosa dipenda, sa solo che lo ama oltre ogni limite. E
Bass, d'altra parte, ricambia con lo stesso entusiasmo. Durante le
vacanze hanno passato più tempo a fare l'amore che qualsiasi
altra cosa, constata Miles, circondandogli la vita con un braccio.
È che Bass gli sembra ogni giorno più bello, se
possibile. O forse è semplicemente l'amore che li lega a farsi
ogni giorno più vivido, più forte, più intenso. Fatto sta che
si sentono in cima a una nuvola, e accolgono ogni momento che passano
insieme come una benedizione, un regalo della vita.
- Non siamo ancora riusciti a metterci d'accordo sul colore, - gli fa
notare Miles, posandogli un bacio sulla guancia. Ai loro piedi, ci sono
quattro barattoli diversi: non avendo trovato un compromesso, li hanno
presi tutti.
- Potremmo fare ogni parete di un colore differente, - dice Bass, gli
occhi che brillano. - Oppure potremmo prenderli e lanciarli tutti e
quattro contemporaneamente e vedere cosa viene fuori, - aggiunge,
sorridendo.
Miles storce il naso. - Non credo che i clienti apprezzerebbero.
Non gli importa. Non gli importa niente dei colori.
Tutto quello che vuole vedere lo ha già davanti agli occhi.
- Sei un imbianchino molto
sexy, - gli disse Bass, ridendo, qualche ora più tardi. Anche
quel giorno, Miles aveva messo mano ai barattoli millantando una
sicurezza che non aveva. E in quel momento, si rese conto che forse
avrebbe fatto meglio a non dire nulla, le prossime volte: era sporco di
colore persino sui capelli. Aveva cominciato a stenderlo col rullo, ma
non si era accorto di aver preso troppo colore e questo gli era
sgocciolato addosso... Troppo tardi. Ora aveva addosso
una miriade di puntini blu e rossi, tendenti al viola nei punti in cui
le macchie si erano sovrapposte.
- Dobbiamo uscire, - insistette Bass. - Devo umiliarti pubblicamente, -
scherzò. Miles si rammaricò di non essersi fatto un
cappellino di carta di giornale stile muratore, come lui, e decise di
fargli un dispetto.
- Be', anche tu sei sporco, - gli rispose, mentendo. - Sulla guancia...
- Dove? - chiese l'altro toccandosi, e solo allora si accorse che
così si era macchiato davvero. Lo guardò con una smorfia:
- Divertente, - disse, ma sorrideva. A Miles piaceva tantissimo il suo
modo di sorridere, luce e sole direttamente dai suoi occhi.
- Dobbiamo aspettare che si asciughi, - disse, avvicinandosi a lui. Non
ce la faceva più, sul serio. Stava morendo dalla voglia di
abbracciarlo forte e coprirlo di baci, e non resistette. Prima che
l'altro potesse dire qualcosa, o anche solo posare il rullo a terra, lo
prese tra le braccia e lo baciò. Gli piaceva tantissimo
abbracciarlo, sentire la consistenza del suo corpo contro il suo,
percepire il suo profumo, il suo calore. Amava poter scorrere le mani
sul suo corpo e sentire sotto i polpastrelli quella geografia perfetta
che ben conosceva. I rilievi duri delle scapole, la dolce curva della
schiena, le linee tese e asciutte dei suoi fianchi. La sua pelle liscia
e abbronzata. L'incavo delicato del collo, la sporgenza sensibile delle
clavicole. Amava le sue spalle dritte, le sue proporzioni perfette.
Amava la curva spigolosa del suo bacino, e la superficie pianeggiante e
ricettiva del suo ventre.
Assaporò per qualche secondo quel contatto, ad occhi chiusi, e
sentì Bass rilassarsi e posare la testa contro la sua spalla. Si
chinò a baciarlo di nuovo. Bass lo accettò, e quando
stavano per separarsi si alzò leggermente sulle punte per
chiederne ancora. Spingendo leggermente verso il basso, Miles gli fece
capire che voleva si sedessero a terra. Bass obbedì, lo
attirò a sé, lo voleva. Miles non se lo fece ripetere.
Si spinse contro di lui, addosso a lui, portandolo a terra con irruenza
ma anche stando attento a non fargli male, mentre
i giornali producevano un fruscio ai loro movimenti. Lo sentiva
attraverso la stoffa, lo sentiva caldo e pronto ed era una tortura,
sentì i suoi baci bagnati e il suo battito come il ritmo di un
tamburo quando lo baciò sul collo, tum-tum-tum, e provò
il desiderio irrefrenabile di farlo suo. Stava per sfilargli la
maglietta, quando Bass trasalì improvvisamente e si
guardò attorno.
- Aspetta... - disse, cercando di mascherare il lieve affanno nella sua
voce. Miles aveva frapposto la sua mano tra il capo di Bass e il
pavimento, per evitare che si facesse male, e aveva cominciato a
giocherellare con le spirali strette dei suoi riccioli. - Hai
chiuso...? - disse soltanto, e Miles capì.
- Tranquillo, qui siamo al sicuro. La porta è chiusa e le
finestre idem, - disse, posandogli una fila di baci sul collo. Bass
rispose con un mugolio, chiudendo gli occhi e stiracchiandosi tra le
sue braccia come un gatto. Non era la prima volta che facevano l'amore
in un posto che non era casa loro, ma lasciarsi andare nel posto in cui
lavoravano, e che di solito era gremito di gente, era comunque una
sensazione nuova. Miles capiva benissimo la tensione che per un attimo
aveva attraversato Bass, ma nel giro di qualche secondo - dispensando a
piene mani baci e carezze - era riuscito a mandarla via. Bass lo
accolse con un sospiro, e lo tenne stretto a sé anche dopo.
Quando voltò la testa di lato per consentire a Miles - che
continuava a mangiarlo di baci - di torturargli un orecchio, si accorse
che il cappellino di carta era finito in un angolo, e sorrise.
Quella sera, quando si misero a letto, ebbero difficoltà a
prendere sonno. Così, finirono a chiacchierare delle vacanze
appena trascorse.
- Ah, aspetta... - Miles aprì il cassetto e tirò fuori
una busta di carta, la porse a Bass. - Un pensierino. L'avevo nascosto
così bene che non ricordavo dove l'avevo messo... - Si
giustificò, imbarazzato. L'altro gli rispose con un bacio,
incuriosito da un regalo che non si aspettava.
Quando aprì il sacchetto, vi trovò dentro un blocco da
disegno, matite, acquerelli, gomma pane, inchiostro... Miles lo vide
illuminarsi, e ne fu felice. Era proprio questa la reazione che sperava
di ottenere. Bass gli mise le braccia al collo e lo baciò sulla
guancia, riconoscente, e poi sulle labbra.
- Miles... - disse, con uno strano misto di affetto e nostalgia negli
occhi. Gli piaceva tantissimo disegnare, quando era più piccolo,
ma poi non ne era più stato capace. Quando le cose si erano
messe male, si era come bloccato. Da qualche tempo, però, gli
era tornata voglia di farlo, e una volta ne aveva parlato con Miles.
Però, con tutto quello che avevano da fare ogni giorno, non
aveva mai trovato il tempo di procurarsi il necessario, e alla fine se
ne era quasi dimenticato...
... Miles invece no, a quanto pareva.
- Sarebbe bello se ricominciassi, - gli disse, passandogli un braccio
intorno alle spalle. Bass gli si accoccolò addosso e gli
sussurrò un "grazie" all'orecchio. Miles gli accarezzò la
guancia e scese a tracciare col pollice il contorno del suo labbro
inferiore.
- Non devi ringraziarmi, pulcino, - disse, posando la fronte contro la
sua. L'espressione dell'altro era pura felicità. Erano cose come
questa che lo facevano sentire amato. Miles si ricordava di lui anche
quando lui per primo si dimenticava di sé stesso.
Rimasero a guardarsi per un po', e solo allora Bass si rese conto che
il gioco era già cominciato. Era una cosa stupida ma che
facevano spesso, quando erano a letto e non riuscivano a prendere
sonno; giocare a chi rideva prima era un passatempo. Non riuscì
a reggere il suo sguardo per molto, però, perché subito
sentì un angolo della bocca sollevarsi.
- Hai perso, - disse Miles, trionfante. Bass protestò: - Non mi
avevi avvertito che stavamo già giocando, - rispose, fingendo di
essere offeso e cercando di indurre Miles a dargliela vinta fissandolo
con i suoi occhioni blu.
- Non sono tenuto a farlo, è scritto nel regolamento, -
ribatté Miles, sfiorandogli pigramente la gola con due dita come
fosse un gatto. Bass sollevò un sopracciglio: - Ma non esiste, un regolamento, - gli fece notare.
- Sì che esiste, - disse ancora Miles, - e l'unica regola è che vinco sempre io.
Bass si sforzò di mostrarsi indifferente al sorriso sornione che
l'altro gli aveva lanciato, e chiese un altro tentativo.
Per i primi due secondi riuscirono a restare seri, poi Bass
sentì Miles cercare di allungare discretamente una mano per
sfiorargli un fianco, per farlo ridere, e la afferrò: - E
così giochiamo sporco, eh? - disse. - Allora mi sento in dovere
di farlo anch'io, - dichiarò, e quando cominciò a fare le
smorfie riuscì a farlo cedere.
- Adesso hai perso tu, - disse a Miles, che lo aveva circondato con
entrambe le braccia e attirato a sé. Lo stringeva così
forte che era sul punto di stritolarlo, e Bass dovette pregarlo di
concedergli almeno di respirare. Miles allentò la presa, e lo
baciò sulla testa.
- È incredibile quanto tu sia bello anche quando fai delle facce
assurde, pulcino - gli disse, ridacchiando, pettinandogli indietro i
capelli con le dita. Bass posò una mano sul suo petto, si
allungò a baciarlo; mentre lo portava giù, Miles spense
la piccola luce sul comodino.
Bello essere a casa, pensò, mentre si addormentavano abbracciati.
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Capitolo 18 *** Rewind: Vacanze e gelosie ***
AU BAR 18
<< Due settimane prima >>
La prima cosa che sente è qualcosa di ruvido che gli pizzica il collo e gli fa un po' solletico.
La seconda, un contatto morbido e tiepido di labbra.
La terza, una mano che gli accarezza la spalla e lentamente scende lungo il braccio.
- Bass... Sveglia.
La
quarta, la voce di Miles che gentilmente gli chiede di aprire gli
occhi. Bass sorride prima ancora di schiudere le palpebre. Il risveglio
così è davvero piacevole, e lo mette di buonumore. Ci
mette un po' a distinguere l'altro, sdraiato dietro di lui, tutto preso
ad accarezzarlo e sbaciucchiarlo. Mugola appena, mentre la mano di
Miles gli accarezza la pelle nuda del fianco.
-
Ciao Miles, - ha appena la forza di sussurrare. La notte prima, con la
scusa che non avrebbero dovuto alzarsi presto, l'hanno trascorsa a fare
l'amore. Sono crollati all'alba, stanchissimi e vergognosamente felici.
L'ultima cosa che Bass ricorda di aver fatto è stata baciare la
mano con cui Miles lo stava accarezzando sulla testa.
Piano
piano si riabitua alla luce. Si muove appena, circondato dall'uomo che
ama. Il ricordo della notte appena trascorsa è così
vivido che si sente ancora sottosopra. Con Miles, sente sempre uno
strano languore, una felicità che gli piega le ginocchia.
Miles che, tra l'altro, è anche lui raggiante, e non smette un attimo di accarezzarlo. Lo sfiora, lo respira, lo vive.
Non che non lo faccia, gli altri giorni; ma avere davanti lo spazio
dilatato di giornate intere che possono spendere come vogliono, lo
rilassa e lo fa tornare spensierato. Non c'è fretta, può
goderselo come vuole. Può fargli capire quanto è speciale
per lui, e quanto lo ama.
No. Non. Tu.
Non. Qui.
Queste
sono le cinque parole che attraversano la mente di Miles Matheson,
quando si accorge del tizio pallido e biondo che sta salendo le
scalette dell'ingresso. La creatura più pedante, ottusa e
incredibilmente tenace di tutto il mondo.
Jeremy Baker.
Ora,
a mente fredda, non può lasciare che uno scherzo del destino -
perché di questo si tratta - renda loro le vacanze invivibili.
Perciò quasi travolge Bass, trascinandolo in camera con una
scusa, per evitare che l'Avvoltoio si accorga di loro.
Bass
è troppo di buonumore per accorgersi che Miles si sta
comportando come un idiota paranoico, perciò si limita a
sorridere e mettergli le braccia al collo e posargli un bacio sulle
labbra.
- Cos'hai? Sei strano, - gli dice soltanto, l'espressione leggermente perplessa e un po' divertita.
-
Cosa? - Miles, una volta chiusosi la porta alle spalle, non sa cosa
dire. L'imprevisto lo ha leggermente messo in imbarazzo, e oltretutto
sentire Bass contro di sé, la stretta delle sue braccia sulle
spalle, vedere così da vicino il blu brillante dei suoi occhi,
gli confonde ancora di più le idee. - Uh,
io... Perché non aspettiamo un po' a scendere? - propone,
posandogli le mani sui fianchi. Bass inclina leggermente il capo da un
lato in quel modo che lo fa impazzire.
-
Per me va bene, - sussurra sorridendo, allungandosi a baciarlo di
nuovo, chiudendo gli occhi. Miles mugola, attirandolo a sé.
Tuttavia, forse, da un imprevisto può nascere qualcosa di buono.
Miles
Jr. ha il suo angoletto, esposto alla luce della finestra, e
sgranocchia con soddisfazione le sue foglioline. Non hanno avuto
problemi con l'albergo, anzi; quando hanno chiesto una porzione di
insalata da portare in camera, una cameriera gliel'ha fatta avere in un
piattino. I raggi del sole e un vento leggero attraversano le tende
morbide, scombinano i riccioletti umidi di Bass che si è appena
fatto la doccia.
-
Hai un itinerario per oggi? - gli chiede Miles, seduto sul bordo del
letto con solo un asciugamano intorno alla vita, guardandolo come uno
spettacolo mentre scalpiccia in giro in boxer cercando qualcosa da
mettersi. - Mmmno...
- risponde Bass, distratto e su di giri, tirando fuori una maglietta e
infilandosela. - Possiamo andare dove vuoi, - dice, voltandosi e
rivolgendogli un sorriso dolce, - mi basta che stiamo insieme.
Miles
si alza, dopo aver deciso che ha trascorso abbastanza tempo a
osservarlo facendo il figo, e comincia anche lui a vestirsi. Ogni tanto
coglie un'occhiata di Bass, che lo osserva cercando di essere
più discreto di lui. È praticamente impossibile per loro
due condividere lo stesso spazio senza saltarsi addosso; ma cercano di
controllarsi, perché altrimenti le quattro pareti della loro
stanza saranno l'unica cosa che vedranno, durante la loro vacanza.
Trascorrono
giorni e notti fantastiche, divertendosi e rilassandosi e facendo e
vedendo cose nuove per la prima volta; giorni in cui, Miles constata
con sollievo, non incrociano mai Jeremy La Minaccia.
Un
po' è una questione di fortuna, un po' di tattica -
perché Miles si assicura sempre che non possa comparire
all'improvviso e rompere le scatole, - ma alla fine ottiene quello che
vuole: tranquillità, divertimento e, soprattutto, Bass tutto per
sé, sempre, ovunque, in tutti i modi.
Solo
l'ultimo giorno, quando stanno attraversando il corridoio un po'
sconsolati - Miles con i loro bagagli e Bass con in braccio la cesta di
Miles Jr. -, si imbattono nel pallido e petulante venditore di cialde.
Miles fa finta di cadere dalle nuvole, come se lo vedesse per la prima
volta, ma a Bass basta guardarlo per capire tutto. D'altronde, lo
conosce da una vita: è come se potesse leggergli nel pensiero.
Non sa se mettersi a ridere o rimproverarlo o baciarlo, per l'impegno
che ha messo nel tenere Jeremy lontano da loro; in ogni caso, in quel
momento e con le mani impegnate, non può fare nulla di tutto
questo.
Si
salutano cordialmente, e poi Jeremy sparisce per le scale nella sua
tenuta vacanziera - non che d'inverno abbia più gusto - e Bass
finalmente può parlare con Miles.
-
E così, è per questo che sei stato così strano, a
volte? - chiede, con una leggera presa in giro nel tono di voce.
Miles
non sa cosa dire. È troppo orgoglioso per ammettere che è
gelosissimo di lui, suonerebbe come un'ammissione di debolezza. Si
limita a scrollare le spalle, come se la cosa non avesse importanza.
-
Be', volevamo trascorrere delle vacanze tranquille, no? Così lo
sono state, - dice soltanto, consapevole di non suonare affatto
credibile.
Bass sorride, alza gli occhi al cielo.
-
Scusami un attimo, piccola, - dice a Miles Jr, posando la sua casetta
trasportabile a terra, quando ormai lui e Miles sono arrivati nel
parcheggio e l'altro sta chiudendo il portabagagli. Si porta davanti a
Miles e lo guarda negli occhi, sollevando appena il mento per
compensare in qualche modo la decina di centimetri che li dividono.
- Devi dirmi niente? - dice, incrociando le braccia, con un sopracciglio alzato.
Miles
sembra non reggere il suo sguardo; si sente leggermente colpevole, come
se avesse fatto qualcosa di sbagliato. Poi, quando finalmente si decide
a guardare Bass, si accorge che la sua espressione di rimprovero si sta
rilassando in un sorriso, che non ha nessuna intenzione di bacchettarlo
per non avergli detto nulla.
- Miles, - dice, guardandolo fisso nelle pupille: uno sguardo aperto, chiaro, limpido. - Io amo solo te.
Il resto del mondo per me non esiste nemmeno, - lo dice con un'enfasi e
un trasporto tali che per un attimo Miles si sente quasi in imbarazzo,
non sa cosa dire. L'altro continua: - Tu sei l'unico che voglio. Non
riesco a immaginarmi con nessun altro, la sola idea mi sembra assurda,
- dice, scuotendo leggermente la testa e scostando le braccia dal
corpo. Ha bisogno che l'altro capisca. Sa che Miles non dubita dei suoi
sentimenti, ma sa anche che sotto tutta la sicurezza di sé e la
spacconeria nasconde una continua ricerca di rassicurazioni, anche se
non lo ammetterebbe mai. - Ti amo, Miles Matheson, e voglio stare con
te, solo con te,
tutta la vita... - Si avvicina appena, dopo aver dato un'occhiata
rapida intorno per assicurarsi che nessuno li disturbi. - ... Mio
bellissimo, perfetto, insicuro angelo custode, - quasi le sussurra -
perché sono parole solo per lui, - avvicinandosi per baciarlo
sulle labbra, proprio mentre Miles sta per dire qualcosa.
Inutile.
Il bacio di Bass ha il potere di ammutolirlo, e addirittura si
dimentica della frase che sta formulando. Ci sono solo loro due, nel
parcheggio, semideserto a quell'ora, sotto la luce del sole mattutino
che li avvolge e con la cesta di Miles Jr tra i piedi, che li guarda
con gli occhioni scuri da rettile incuriositi dalle manifestazioni
d'affetto dei suoi due padroni. Miles è come elettrizzato, per
le parole di Bass e per quel gesto inatteso.
Quando salgono tutti e tre in macchina, prima di mettere in moto, Miles si gira a guardarlo.
-
Non ti nasconderò mai più nulla, lo giuro, - promette
solennemente. E poi scoppia a ridere, ancora vittima dell'euforia che
gli è rimasta sottopelle per il bacio di Bass così
scoperto, così spontaneo e sincero.
-
... Però devi ammettere che senza il rompiscatole siamo stati
alla grande, - dice, e anche Bass ride, perché Miles a volte ha
questo modo così goffo di dimostrare quello che prova, che quasi lo fa sembrare un bambino.
La
mano di Bass sul petto ha un peso e un calore gradevoli. Se ne stanno
raggomitolati sul letto. Hanno appena ripreso possesso della loro casa,
e Miles passa pigramente le dita tra i capelli di Bass.
Sorridono, stanchi per il viaggio ma felici.
Miles,
in particolare, si rende conto che i trucchetti non servono a niente,
con uno come Bass. È trasparente e chiaro e pieno d'amore nei
suoi confronti, e Miles si sente uno stupido per aver pensato che la
presenza di quel tizio potesse in qualche modo rovinare le cose.
- Sono un idiota, - sospira, accarezzandogli la guancia. Bass ridacchia, sbuffi d'aria sul petto di Miles.
-
Concordo, - dice, accarezzandolo all'altezza dello stomaco. - Ma mi
piaci così. - Accompagna le parole con un bacio proprio sul suo
cuore. Miles lo trattiene, lo stringe a sé. È una
sensazione stranissima, quella che lo attraversa, nuova e inarrestabile
e devastante; tutto quello che sa è che la sua vita è
accanto a Bass.
O meglio: che Bass è la sua vita.
Si addormentano con la consapevolezza che ci saranno sempre l'uno per l'altro, qualunque cosa accada.
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Capitolo 19 *** Il mio posto è accanto a te ***
au bar 20
HAPPY BIRTHDAY TO YOU !!!
Questo capitolo è dedicato a Mia Matheson, che domani compie gli anni :D
Tanti auguri di buon compleanno alla mia saggia sorella maggiore!!! ^_^
Con affetto e tutti i migliori auguri,
Ambaraba ;D
___
Con l'arrivo dell'autunno, la lotta ricomincia.
Miles lo sa benissimo. Sono anni, ormai, che all'arrivo dei primi
freddi si prepara alla sfida del secolo: strappare Bass dalle coperte.
L'altro se ne sta artigliato al cuscino come fosse una questione di
vita o di morte e si rifiuta di aprire gli occhi, improvvisamente steso
da un attacco di pigrizia.
- Fa freddo, - sbuffa, - non mi voglio alzare...
Miles lo scuote appena. È paziente, sa che ci vorrà un
po' per fargli cambiare idea. Inoltre è ancora parecchio
assonnato, e l'unico motivo per cui ha scelto di alzarsi - nonostante
fuori sia ancora buio e sì, ha cominciato a fare più
freddo, negli ultimi giorni - è solo uno strenuo senso del
dovere.
- Dai, su, pulcino... Il bar non si apre da solo, - lo bacia sulla
spalla, lo accarezza. A Bass piace, e vorrebbe restarsene tranquillo
sotto le coperte tutta la mattina. Perciò cerca di convincere il
"nemico" a passare dalla sua parte. Si volta, si aggrappa alla sua
maglietta, lo attira a sé. Rabbrividisce appena, nell'aria
fresca dell'alba non ancora sorta, ma poi Miles è su di lui e la
sensazione svanisce.
- Bass, non-- - Miles non riesce più a parlare, le parole
sfumano in un mugolio indistinto. Lo tiene tra le braccia, un fagottino
tiepido e arruffato di coperte e riccioli, e la sua determinazione
vacilla. Il pensiero di fregarsene di tutto e restarsene avvinghiato a
lui lo sfiora, ed è una tentazione forte; ma poi, mentre ancora
si stanno baciando, tira via le coperte provocando un gemito sorpreso e
pieno di disappunto sulle labbra di Bass.
Quando si staccano, Miles lo guarda negli occhi e gli sorride, come per prenderlo in giro.
- Ci hai provato, subdolo manipolatore, - gli dice, mentre Bass
finalmente sbatte le palpebre e comincia a mettere a fuoco il mondo
tutt'intorno. - Ma dovresti saperlo che sono difficile da corrompere, -
aggiunge Miles, prima di spingerlo fuori dal letto. Bass scalpiccia
barcollando verso il bagno, riconoscendo la sconfitta. Il suo piccolo
piano non ha avuto successo, ma non si arrende. Ci saranno altri risvegli, altre
mattine; e, una di queste, Miles cederà.
- Non esserne così sicuro, - gli dice quindi con un sorriso leggermente malizioso, prima di voltarsi.
Miles gli risponde con un ghigno divertito. In realtà, sa
benissimo di non essere incorruttibile come dice: deve fare uno sforzo
immane, tutte le volte, per non saltargli addosso.
- ... Dico sul serio, sono stato io il primo ad avere l'idea
dell'iPhone. Cioè, ovviamente non si chiamava iPhone, ma... Sono
sicuro che mi abbiano rubato l'idea!
Bass ascoltava Aaron, uno dei loro clienti fissi, che sbraitava
qualcosa sulle ingiustizie del mondo e sui colossi dell'informatica. Si
sfilò la felpa, mentre l'altro pranzava, prima di tornare al
proprio piccolo negozio di computer, dall'altro lato della strada. Era
uno di quelli che, dopo il primissimo giorno in cui Miles e Bass
avevano aperto il bar, si era trovato bene e poi era sempre tornato:
col tempo, erano diventati amici. Insieme a lui lavorava Nora, una
ragazza di origini sudamericane che faceva tutte quelle commissioni che
il suo datore di lavoro, pigro e panciuto, non aveva voglia di fare.
Anche lei era un'ottima amica, per loro; capitava spesso che uscissero
tutti e quattro a bere qualcosa, di sera, a chiacchierare e ridere tra
amici.
Aaron aveva una predilezione per Bass perché era quello
più disponibile ad ascoltare e perché Miles si annoiava
presto a sentir parlare di aggeggi elettronici: lui sapeva a malapena
accendere la lavatrice e questo era già molto tecnologico, per i suoi standard.
- Credo che se denunciassi la Apple ne usciresti rovinato, - gli fece
notare Bass, lanciando la felpa oltre il bancone. Il freddo del primo
mattino, verso mezzogiorno, lasciava il posto al caldo di sempre: era
strano, ma non poteva far altro che adeguarsi. Indossò di nuovo
il grembiule rosso scuro del bar, con ricamato in alto a destra sul
petto il nome del locale, e sparecchiò i tavoli di chi aveva
già finito.
Aaron si strinse nelle spalle, addentando il panino.
- Eppure, qualcuno dovrebbe aver bisogno di un nerd laureato al Mit, -
considerò, sconsolato, tra sé e sé. - Google, per
esempio, - concluse, versandosi una Coca Cola.
Bass gli fece un sorriso, prima di andare ad aiutare Miles in cucina.
- Vedrai che anche tu avrai la tua occasione, prima o poi, - disse ad Aaron, sperando di tirarlo un po' su.
Con il lavoro che facevano, lui e Miles chiacchieravano con tutti.
Molto spesso, oltre a una birra o a un caffé, i clienti
cercavano anche un consiglio o qualcuno con cui scambiare qualche
considerazione, e loro si prestavano volentieri. Era un po' come fare
gli psicologi - a livelli molto spiccioli, però.
In cucina, sorprese piacevolmente Miles con un bacio che non si aspettava.
- Dai, ci penso io qua, - gli disse con un sorriso, prendendo il suo
posto ai fornelli. Miles lo abbracciò e ricambiò il bacio.
- Come vuoi, - sussurrò con un tono insolitamente dolce, poi
prese i vassoi che aveva già preparato e li servì ai
tavoli. Non poteva immaginarsi di lavorare con qualcuno diverso da
Bass: erano l'accoppiata perfetta, collaboravano in armonia e con
assoluta naturalezza.
Decisero quasi all'ultimo di accettare l'invito di Aaron e Nora di
andare a mangiare una pizza. La seconda era passata a cercare il primo
per fargli firmare un po' di fogli per il ritiro di alcuni computer e
aveva deciso di costringerli a uscire, così il pancione
occhialuto per cui lavorava avrebbe finalmente smesso di piangersi
addosso.
Miles era stanco e Bass anche, ma non dicevano mai di no. Si erano
inseriti, finalmente, e ci tenevano a coltivare i piccoli rapporti che
tenevano insieme il loro nuovo microcosmo. Passarono a casa per
cambiarsi velocemente, e poi li raggiunsero nella pizzeria piccola e
accogliente in cui lavorava saltuariamente anche Charlie, quando non
andava a scuola.
Verso metà serata e qualche bicchiere, Bass aveva già
cambiato colore e Miles gli sfilò la birra dalle mani.
- Non esagerare, o dovrò portarti a casa in braccio, - lo
rimproverò dolcemente Miles, a voce bassa perché potesse
sentirlo solo lui. Bass lo guardò, con gli occhi lucidi e un
sorriso sornione sulle labbra. Sapevano benissimo entrambi l'effetto
che l'alcol gli faceva, e non si contavano le volte in cui Miles lo
aveva riaccompagnato in camera sostenendolo perché non si
reggeva in piedi.
- Allora credo che continuerò a bere, - rispose l'altro
ridacchiando, con le guance rosse e in fiamme. In quel momento, il
cellulare di Nora squillò e la ragazza si alzò per
rispondere. Aaron era in bagno.
Miles si chinò verso di lui. Non potevano lasciarsi andare del
tutto, ma la cosa in un certo senso rendeva tutto più eccitante.
Gli sfiorò appena il dorso della mano, e incatenò i suoi
occhi ai propri.
- Non hai bisogno di ubriacarti, per questo. Anche perché - si
interruppe, studiando l'espressione rapita di Bass e trovandolo
irresistibile. Aveva una voglia folle di baciarlo... - Non posso
approfittarmi di te, se sei incosciente.
La tensione che scorreva tra loro, il desiderio e l'attrazione, erano
così forti da farli rabbrividire sottilmente. Da ogni minimo
contatto sembravano sprizzare scintille; e questo, almeno per Bass, era
amplificato dal leggero stordimento dell'alcol in circolo. I suoi occhi
blu erano come incandescenti, sopraffatti da un'eccitazione crescente a
cui sapeva di non poter cedere, non lì e non in quel momento.
Frammenti di sensazioni e immagini di loro due gli attraversarono
confusamente la testa, e il desiderio di sentire le mani di Miles
addosso divenne ingestibile.
- Miles... - sussurrò il suo nome, e la sua voce aveva un tono
quasi implorante. Tutta la stanchezza di una giornata volò via,
sostituita dall'esigenza improvvisa di starsi addosso. Si sentiva
accaldato e il battito del cuore gli era accelerato all'improvviso.
Si erano avvicinati un po' troppo, e il repentino ritorno di Aaron fu
come una doccia fredda, per i loro bollenti spiriti; il loro amico non
sembrava consapevole di aver interrotto qualcosa. Quando poco dopo
tornò anche Nora, con un'espressione un po' tesa e un po'
divertita, Miles e Bass riuscirono a trovare modo di distrarsi dalla
parentesi di poco prima, impegnandosi in una nuova conversazione.
- Come mai quella faccia? - chiese Bass, sorridendo gentilmente. Nora
aveva l'aria di una che stava per fare un annuncio importante.
- Be'... Ho cominciato a uscire con qualcuno, - disse lei, arrossendo
leggermente. Aveva raccontato quasi tutto ai suoi amici, compresa la
fine della sua precedente relazione - aveva cacciato fuori il suo ex
tirandogli dietro la sua roba, - e questi ultimi furono contenti di
sapere che stava provando a rimettersi in gioco.
Quando fece il nome della sua ultima conquista, però, fu Miles
quello più felice di tutti. Quasi le sputò in faccia la
birra dalla sorpresa, preso alla sprovvista:
- Jeremy? Quel Jeremy???
Nora lo guardò perplessa, trattenendo una risata alla sua
reazione: - Sì... Una volta è passato perché non
ricordava più la password del sistema operativo, e-- - Si
strinse nelle spalle. - A parte questo, abbiamo chiacchierato un po' ed
è stato molto carino. Non so, forse è presto per dirlo,
ma credo che andremo d'accordo, - concluse, leggermente a disagio. Era
comprensibile che non volesse sbilanciarsi, visti i precedenti.
Fecero un brindisi a un - forse - amore nascente, alla coppia insolita che stava per formarsi.
- Tu fallo con l'aranciata, - disse Miles a Bass, che finse di essere offeso.
- È colpa del metabolismo! - protestò.
Quando la serata finì, Miles impedì a Bass di finire
lungo disteso a faccia avanti per un gradino che non aveva visto e gli
passò un braccio intorno alle spalle, per accompagnarlo in
macchina senza rischiare che cadesse come un sacco di patate. Mentre
l'aria fresca della sera schiariva loro le idee, Miles tirò un
sospiro.
- Non ti dà un senso di pace, vedere che prima o poi tutti
trovano il loro posto? - disse, lo sguardo scuro che si perdeva nel
cielo appeso sopra di loro. Bass, ancora mezzo stordito, gli rivolse un
sorriso affettuoso.
- Mi piace il tuo lato meditativo, - sussurrò, le guance
arrossate che sembravano dipinte. - Comunque hai ragione. Sono contento
per Nora, spero proprio che sia la volta giusta, - disse, inspirando a
fondo nel tentativo di recuperare lucidità. Decisamente, non poteva concedersi
più di un bicchiere: doveva ricordarselo, per le prossime volte.
- E poi lei è cintura nera di karate, - commentò Miles
ridendo. Continuava a sorreggere Bass, mancava ancora un po' per
arrivare alla macchina. - Se solo si azzardasse a guardare chiunque
altra, o altro, - fece una piccola pausa che non aveva bisogno di spiegazioni, - lo spaccherebbe di botte!
Anche Bass rise: - Sei crudele, a volte, - disse. - Non hai bisogno di
far picchiare Jeremy, - si aggrappò alla sua maglietta, lo
guardò negli occhi. Miles si perse nei suoi occhi azzurri
vagamente annebbiati: Bass era sempre bellissimo, anche quando era
alterato e non pienamente padrone di sé. - Io sono tuo, Miles, e lo sai.
La tensione che avevano soffocato a metà serata tornò
improvvisamente a galla. Miles dovette lottare contro sé stesso
per non cedere e prenderlo lì, in quel momento, fregandosene di
tutto il mondo intorno.
- E io sono tuo, - rispose in un sussurro. Non era molto nel suo stile
dire certe cose, ma gli venne spontaneo e non si frenò. - Ti
amo, Bass. Sei l'unica persona che amo e amerò per sempre.
Le ultime parole sfumarono quasi in un sussurro. Gli occhi di Bass
erano lucidi e lo sguardo tradiva una certa commozione, sotto gli
spessi strati di euforia artificiale e di evidente eccitazione.
- Anch'io ti amo, Miles. - Tremava leggermente. L'altro lo fece sedere
nell'automobile e gli offrì la propria felpa, dopo averla
recuperata dal sedile posteriore. Si scambiarono qualche bacio, prima
di partire.
- Non vedo l'ora che andiamo a casa, - mormorò Bass, in stato di
leggero dormiveglia, accoccolato sul sedile accanto. Miles non
poté fare a meno di sfiorarlo con uno sguardo intenerito. Era
diventato sempre più consapevole, nel corso degli anni, di
ciò che provava per Bass - e di ciò che Bass provava per
lui. Era un sentimento che li aveva sopraffatti, legati e soggiogati,
ed era qualcosa di miracoloso. Miles a volte aveva quasi paura di
quanto spericolatamente lo amasse. Bass era tutto, era il centro della sua vita. Faceva parte di lui, come un organo pulsante e vivo, senza il quale non avrebbe potuto vivere.
Aveva bisogno di Bass, riconobbe, forse più di quanto Bass
avesse bisogno di lui. Miles era sempre stato quello più forte,
più sicuro di sé, quello più pratico: ma era stato
tutto questo per Bass. Perché
lo amava in un modo che gli aveva dato un coraggio che non credeva di
avere. Era quello, ciò che l'amore faceva? Rendeva più
forti?
Miles guidò fino a casa con questo tipo di pensieri. Riscosse
l'altro dal leggero torpore in cui era sprofondato, quando furono
arrivati.
Sì, l'amore per Bass lo aveva reso più forte.
Lo guardò mentre, arruffato e sottosopra, cercava di sganciarsi
la cintura nel modo sbagliato, e sentì un sorriso enorme aprirsi
da dentro. Era lui la sua
forza, quel pulcino talmente scassato da non riuscire nemmeno a
scendere dalla macchina. Finalmente poterono lasciarsi andare, e
bruciarono in un attimo i pochi metri che li separavano dalla loro
stanza. Miles lo baciò, chiudendolo contro la parete e
percorrendo con le mani i suoi fianchi, prima di guidarlo verso il
letto. Il contatto e il sapore della sua bocca erano qualcosa di cui
non riusciva a fare a meno, e più lo assaggiava e più ne
voleva di più. Anche per Bass sembrava essere un desiderio
impellente; cercava Miles, lo accarezzava, lo baciava con tanta foga da
dimenticarsi di respirare, e gemette di sollievo quando sentì le
lenzuola contro la propria schiena nuda, e il corpo caldo, conosciuto e
forte di Miles pesargli addosso.
- Ti amo, Miles - gemette, lasciando che l'altro lo invadesse, - ti
amo, - ripeté, sotto di lui, tenendolo stretto e gemendo forte.
Miles si spinse più a fondo che poteva, ingabbiandolo tra le braccia, marchiandolo di baci e morsi leggeri - perché
Bass lo faceva sentire selvatico e affamato e fuori controllo come un
lupo, gli faceva venire voglia quasi di mangiarlo, - godendo
dei suoi tremiti e dei suoni che salivano dalla sua gola. Gli
passò una mano tra i capelli, chiuse le dita attorno ai suoi
riccioli, possessivo. Lo baciò sul collo e si nascose
nell'incavo, nel profumo dolce e forte di Bass, chiudendo gli occhi
quando sentì di essere arrivato all'ultimo. Assaporò la
sensazione di loro due uniti fino all'ultimo millimetro, del corpo
ospitale e docile di Bass, aperto e irresistibile sotto di lui, e
pensò alla dolcezza delle sue carezze, all'azzurro dei suoi
occhi, alla splendida sfumatura rosata delle sue labbra. Ripensò
a tutte le cose di Bass che lo facevano impazzire, e ripensò
alla propria frase di poco prima: Non ti dà un senso di pace, vedere che prima o poi tutti trovano il loro posto?
Lui era stato così fortunato da trovarlo subito. Un'ondata di
gratitudine verso la vita lo investì, mentre stringeva Bass con
tenerezza, disseminandogli il viso di piccoli, rapidi baci.
L'altro gli rivolse un sorriso da capogiro. Anche Bass aveva pensato
qualcosa di simile, mentre sentiva Miles prendere possesso di lui.
Aveva ripensato a tutte le cose di Miles che adorava, aveva pensato a
tutto ciò che avevano condiviso, e si era sentito appagato e
felice. Amava i suoi occhi scuri, amava i suoi modi a volte indolenti,
amava la sua andatura dinoccolata, amava la dolcezza dietro la
superficie indistruttibile, amava la sua saggezza improvvisa e
semplice. Amava le sue mani e il modo con cui gli trasmetteva amore
anche solo con una carezza. Amava il timbro della sua voce e amava
guardarlo mentre suonava la chitarra, amava i suoi abbracci e amava lo
splendido disordine che lasciava in giro, seminando per le stanze libri
e dischi che parlavano di loro, di tutta la vita che avevano scoperto
insieme. Amava i suoi contrasti, rude-affettuoso e forte-gentile, amava
il modo in cui lo teneva sempre vicino a sé di notte e tutti gli
strani intrecci di gambe che facevano sotto le coperte. Amava
abbandonarsi a lui. Erano fatti per stare insieme.
- Ti amo anch'io, pulcino, - disse, pettinandogli gentilmente i
riccioletti all'indietro con le dita. Bass chiuse gli occhi, godendosi
le sue attenzioni. Tutto il sonno e la stanchezza si riversarono loro
addosso all'improvviso, e si ritrovarono a sbadigliare, con le palpebre
pesanti.
- Mmm... Credo che stanotte
farà ancora freddino, - mugolò Bass, sorridendo contro la
sua spalla. Si era raggomitolato addosso a lui come un gatto. Miles lo
strinse ancora un po' di più.
- Chissà perché, ma ho l'impressione che tu mi stia
suggerendo qualcosa, - commentò Miles, assonnato. Bass
aprì leggermente gli occhi e li piantò nei suoi, con un
sorriso così dolce e fragile che Miles non poté
trattenersi dal baciarlo.
- Infatti, - ammise l'altro, rannicchiandosi nel suo abbraccio. -
Dicono che per resistere al freddo bisogna stare molto vicini... - Era
così stanco che, dopo quelle parole, ebbe solo la forza di
sussurrare la buonanotte prima di crollare. Miles lo seguì nel
mondo dei sogni poco dopo.
Non c'era niente di più bello che addormentarsi con la serena certezza di aver trovato il proprio posto nel mondo.
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