Full Metal Cyborg - La via delle stelle

di melanita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Risveglio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Risveglio ***


Disclaimer: non possiedo Full Metal Alchemist. Se lo facessi, Roy e Riza sarebbero sposati, Ling e Lan Fan pure, Edward avrebbe baciato Winry nell'episodio finale e... insomma, non mi appartiene.

 

FULL METAL CYBORG

LA VIA DELLE STELLE



PROLOGO

 

Luce. Abbagliante, gelida, dritta come una lama contro i suoi occhi doloranti, tanto da costringerlo a richiuderli subito. Una sensazione di stordimento, poi la consapevolezza di essere disteso su una superficie liscia, e delle cinghie che gli premevano sul petto e sulle gambe. Almeno, sulla gamba. Riusciva a sentirne soltanto una, per quanto si sforzasse. E perché non riusciva a sentire l'altro braccio? Che cosa c'era di sbagliato?

Il ragazzo tentò di nuovo di socchiudere gli occhi. Nonostante la luce intensa, tutto era sfocato, come visto attraverso un liquido denso. C'erano delle sagome che si muovevano ai limiti del suo campo visivo, ma non riusciva a girare la testa per vederle meglio. C'era anche un tavolino coperto da una fila di oggetti scintillanti.

Ospedale. Doveva essere in un ospedale. Forse... il pensiero lo colpì come una doccia fredda: forse avevano trovato una cura per il virus! Forse questo... qualsiasi cosa fosse... significava che erano salvi. Tutti salvi. Lui... Al...e la mamma.

No. Non la mamma. Improvviso e doloroso, ecco il ricordo che aveva tentato di scacciare fuori dalla sua coscienza. Il tonfo pesante di un corpo che cadeva, al piano di sotto. La sua corsa disperata fuori dal letto, veloce quanto glielo permetteva la gamba intorpidita dalla malattia, gridando al fratello di non alzarsi, pregando con tutto se stesso che non fosse vero... che non fosse... Il corpo della madre sul pavimento, con la vestaglia verde aperta, i capelli sparsi disordinatamente intorno al viso cereo e disfatto dalla sofferenza del morbo. Gli occhi spalancati, vuoti, che lo fissavano senza vederlo mentre si accasciava accanto a Trisha, scuotendola, chiamandola, supplicandola, singhiozzando.

La voce di suo fratello che lo chiamava fiocamente dalla soglia, e poi si era fermata, strozzata, appena Al aveva visto cosa era successo. I passi incerti, strascicati, quando il bambino si era accostato al fratello maggiore e lo aveva abbracciato, cercando di calmare quei singhiozzi disperati. E Ed aveva ricambiato l'abbraccio, perché Al era il suo fratellino e doveva essere forte. Forte per lui. Almeno, aveva pensato mentre un altro attacco di tosse si mischiava ai singhiozzi, presto sarebbero stati di nuovo tutti insieme... lui, Al, e la mamma...

Come era arrivato in ospedale? Edward Elric non ne aveva idea. Cercò di parlare, ma tutto quello che uscì dalle sue labbra fu un gracidio flebile.

- Si è svegliato, dottor Hohenheim. L'anestesia totale avrebbe dovuto durare ancora due ore.-

- Somministrategli un'altra dose. Non voglio che sia sveglio durante la connessione.-

Quella voce... Ed conosceva quella voce. L'aveva sentita tante volte nella sua vita, anche se spesso solo attraverso uno schermo. La mamma diceva che lui doveva lavorare, che per questo motivo non poteva stare con loro, ma che voleva tanto bene a... ai suoi figli.

- Papà?- gemette Ed, tentando di mettere a fuoco la sagoma che si chinava su di lui, di riconoscere in quella figura nascosta da una mascherina verde l'uomo di cui la mamma teneva la foto in cucina, proprio vicino al tavolo... in modo che potesse essere con loro...

- Shhh, Edward. Stai tranquillo ora... questa è l'unica soluzione, anche se farà un po' male.-

Una soluzione... suo padre era tornato per loro. Con una cura. Troppo tardi. Sentì le lacrime che cominciavano a premere per uscire: se solo fosse arrivato prima...

- La mamma...-

- Mi dispiace, Ed. Sono arrivato troppo tardi.-

- Al...-

- Al sta peggio di te. La malattia si è già estesa a quasi tutto il corpo... dovremo intervenire più estesamente, ma ce la faremo. Ora, Ed... voglio che tu dorma.-

Edward sentì una puntura al braccio... quello che sentiva ancora... ed una sensazione fresca che cominciava a diffondersi nel suo corpo. I suoi occhi cominciavano a chiudersi.

- Cosa... fai?- riuscì ancora a mormorare.

- Dobbiamo sostituire le parti danneggiate dal morbo, Ed. E' l'unico modo.-

Le parole del padre arrivarono come da una grande distanza, mentre la sua vista si annebbiava. In un ultimo sussulto di consapevolezza, vide l'altra sagoma che porgeva al padre un oggetto metallico. Che strano... sembrava... un braccio... chissà... cosa...

 

***
 

ANGOLO dell'AUTRICE

Eccomi di ritorno su EFP dopo mesi di assenza, almeno come autrice. E ritorno con questo "esperimento". La mia unica giustificazione è che devo scrivere un racconto di fantascienza insieme al mio ragazzo, e quindi devo esercitarmi con il genere... e quale modo migliore di esercitarmi, che prendere i personaggi di uno dei miei fandom preferiti e trasferirli in un'ambientazione futuristica? ^_^
Sì, lo so, il prologo è corto e non spiega molto, ma mi è uscito di getto ed ho deciso di inserirlo così. Il primo capitolo arriverà... quando ne avrò voglia. Sinceramente, è l'unica cosa che posso dirvi.
Come ho detto questo è un esperimento, quindi ci terrei molto a sapere che cosa ne pensate. Vi è piaciuto, fa schifo, ci sono errori? Continuo o mi dedico alla coltivazione dei bonsai? Recensite per favore! Ho bisogno di critiche costruttive!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




CAPITOLO I

- Dunque, ricapitoliamo. La Ishval è al momento in orbita intorno ad un asteroide deserto ed assolutamente insignificante, circondato da altri asteroidi ugualmente deserti ed insignificanti. Abbiamo danni ai motori principali ed ausiliari, scudi a metà della loro potenza normale, riserve di carburante per circa tre giorni, e se usciamo da qui abbiamo ottime possibilità di essere individuati e fatti a pezzi da quella nave della Compagnia. Ho dimenticato qualcosa?-

Gli altri membri dell'equipaggio si guardarono, poi uno di loro, un giovane con i capelli scuri che si stava sistemando nervosamente gli occhiali, aggiunse:- Beh, in effetti... ho captato una trasmissione della Compagnia. Hanno inviato altre navi nella zona, saranno qui tra poco.-

- Grazie, sergente maggiore Furey.- replicò piattamente il comandante, lasciandosi cadere con il capo reclinato sulla poltrona al centro della sala di comando. Poi si raddrizzò di scatto:- E che mi dite delle armi?-

- Batterie di prua funzionanti al settantacinque per cento, quelle di poppa ottanta per cento, armamenti laterali al settanta per cento. Ancora sei siluri disponibili.- lo aggiornò con rapida efficienza la donna bionda che rivestiva la carica di primo ufficiale.

- Uhm... non siamo messi così male, allora, vero, tenente Hawkeye?-

La donna portò distrattamente una mano alla cintura, verso la fondina della pistola, poi decise che non ne valeva la pena. Con voce molto calma e controllata, dichiarò:- Colonnello Mustang, fino a pochi giorni fa stavamo navigando fuori da tutte le rotte abituali, con ottime probabilità di non incontrare altre navi. Ora siamo bloccati accanto a questo... sasso, e non abbiamo alcun modo di allontanarci senza farci sparare addosso. E tutto questo perché qualcuno doveva assolutamente andare ad un appuntamento con una ragazza su un pianeta controllato da una Compagnia. Quindi... sì, siamo messi così male. E lei dovrebbe avere la decenza di sembrare almeno dispiaciuto.-

Roy Mustang fece immediatamente svanire il sorrisetto che gli aleggiava sulle labbra, osservando preoccupato la sua sottoposta. L'ultima volta che aveva visto Riza Hawkeye così arrabbiata, tre uomini si erano ritrovati a terra con le gambe trapassate da un proiettile... lo stesso proiettile. Quell'episodio doveva essere entrato tra le leggende metropolitane.

Una voce divertita salì dall'interfono:- Ehi, colonnello, la prossima volta potrei andarci io all'appuntamento al posto suo!-

- Tenente Havoc, si occupi dei motori!- intervenne Riza.

- Lo sto facendo, Riza! Ma se qualcuno non avesse risparmiato sui ricambi, all'ultimo atterraggio Breda e Falman farebbero sicuramente più in fretta, ed io potrei riprendere il mio posto di pilota invece di fare il meccanico!-

- Ma perché oggi ce l'hanno tutti con me?- mugolò il colonnello, imbronciato, salvo poi zittirsi quando la bionda riportò il suo sguardo su di lui.

- Lei, colonnello, farebbe meglio a smettere di lamentarsi e pensare ad un piano per portarci via.-

- Oh?!- Roy rimase a bocca aperta:- Pensi ancora che io possa portarci fuori di qui?-

Riza alzò le spalle, voltandosi verso un pannello di controllo:- Mi fido di lei.-

 

***

 

Edward Elric, immobile sulla porta di casa, stava per perdere la pazienza. Respirò profondamente, contando fino a dieci. Venti. Trenta. Poi esplose:- Si può sapere che cosa sta succedendo qui?!-

Nel piccolo appartamento calò di colpo il silenzio più totale, mentre i suoi occupanti si bloccavano e si voltavano verso la porta. Ed notò distrattamente il suo amico Ling disteso a terra con una ciambella in bocca ed un groviglio di cavi elettrici avvolto intorno ai piedi, mentre Lan Fan incombeva sopra di lui con un paio di cesoie in mano. L'intera stanza sembrava un campo di battaglia, con vestiti, confezioni di cibo e attrezzi meccanici sparsi in giro sul pavimento, sui mobili e, nel totale disprezzo di ogni legge di gravità, addirittura al soffitto.

Ma tutto questo era normale amministrazione a casa Elric. Quello su cui Edward stava concentrando la sua attenzione era l'angolo in cui stavano Alphonse e May Chang, affiancati con l'aria innocente di chi sta sicuramente nascondendo qualcosa dietro la schiena. E considerato che il volto di Alphonse era fatto di metallo, Edward doveva dargli credito che l'aria innocente era davvero ben riuscita.

- Che cosa sta succedendo qui?- ripeté Ed, più tranquillo.

- Siamo venuti a trovarvi e quella peste ci è venuta dietro e...-

- Ling è inciampato in un cavo mentre inseguiva May e...-

- Io volevo salutare Al e Ling non voleva lasciarmi venire...-

- Sono venuti a farci una sorpresa però...-

Edward sentì che stava per urlare di nuovo, ma si morse la lingua. Ricorda le lezioni della maestra Izumi... calma ed autocontrollo... calma ed autocontrollo... si ripeté meccanicamente, mentre avanzava schivando gli ostacoli sul pavimento verso suo fratello. Diede un calcio ad un vassoio con la protesi di metallo che aveva al posto della gamba sinistra, mentre diceva:- Lan Fan, per favore, lascia perdere le cesoie, quei fili potrebbero servirci ancora. E tu, Ling, si può sapere perché devi venire qui per mangiare? Vivi in un palazzo, insomma! E' pieno di cibo là!-

Ling bofonchiò:- Ma io ho fame...-

Prima di poter replicare, Ed sentì un suono flebile provenire dall'angolo, subito coperto da May con colpi di tosse assai poco genuini. Sospirò:- Al, che cosa ti ho detto sui gattini dello spazioporto?-

- Quali gattini?- domandò Al, con un tono di serafica sorpresa che riusciva perfino a non sembrare fuori posto nella bocca di un cyborg quasi interamente metallico.

- Quelli che tu e May state tentando di nascondere dietro la schiena. Ed uno ti è appena passato in mezzo alle gambe.- fece notare Ed, puntando lo sguardo sul tenero animaletto. Sospirò ancora una volta:- Al, io non ho niente contro i gatti, lo sai. Ma ne abbiamo già quattro, maledizione! In un monolocale!-

- Ma li avevano abbandonati in una discarica.! Non potevo lasciarli lì, Ed!-

- Ma perché dovevi portarli qui? Non li puoi...- si interruppe per un momento attendendo l'illuminazione... ah, ecco! Riprese:- Non li puoi dare a May Chang? A lei piacciono, ha tanto spazio...-

L'ultima frase, rifletté tra sé, era decisamente un eufemismo. Ling e May erano i figli, da due matrimoni diversi, di uno degli uomini più potenti del pianeta, uno dei direttori della Compagnia Xing. Le Compagnie, le grandi aziende multiplanetarie che dominavano, a livello pratico, buona parte della galassia, erano notoriamente generose con gli stipendi dei propri dipendenti più importanti, e questo significava che l'abitazione del direttore generale Yao (nonché della sua attuale moglie e dei figli nati dai suoi svariati matrimoni precedenti) occupava l'equivalente di un quartiere della città.

- Ma mio padre non mi lascia prenderne altri, dice che ne ho già troppi!- protestò la bambina nel frattempo.

- Che è vero.- intervenne Ling, rimessosi finalmente in piedi con l'aiuto della sua efficiente guardia del corpo/segretaria/autista/tuttofare. Tutti lo ignorarono.

- Puoi sempre chiedergli di finanziare la costruzione di un ospizio per gatti randagi.- suggerì Edward:- Dopotutto se paga tutto quello che mangia Ling, potrà permettersi anche un'opera di beneficenza.-

- Ehi, perché ce l'hai con me oggi?- protestò l'altro ragazzo, sentendosi chiamato in causa, mentre May rifletteva sulla proposta.

- Comunque...- Al tentò di cambiare argomento:- Ling, Lan Fan e May sono venuti qui per andare a fare un giro insieme.-

- Ma Ling si è dimenticato che oggi pomeriggio tu lavoravi.- puntualizzò May. Il fratello (fratellastro, come lei rimarcava regolarmente) la guardò molto male e lei gli rispose con una linguaccia. Al, Ed e Lan Fan fecero del loro meglio per nascondere le risate, di fronte a quella prova di amore tra fratelli.

Ed prese in mano la situazione:- Allora, facciamo un giro in città?-

La proposta ottenne l'istantanea approvazione di tutti: pochi minuti dopo erano fuori, ignari degli occhi che per tutto il tempo li avevano osservati.

 

***

 

- Ecco la chiave della sua stanza, signore. Si fermerà molto?-

- Non l'ho ancora deciso. Ma se tutte le ragazze di questo pianeta sono come lei... potrei fermarmi molto a lungo.- sussurrò l'uomo, sfiorandosi il cappello bianco in segno di saluto mentre si allontanava dal bancone, lasciandosi alle spalle la ridacchiante addetta alla reception. Finalmente solo nell'ascensore, si concesse una smorfia infastidita: era stato un viaggio sfibrante. Chi avrebbe immaginato che si sarebbero accorti così in fretta dell'accaduto? Aveva dovuto affrettare i tempi... e, si disse, lasciando scivolare lo sguardo sulle pieghe che rovinavano il suo elegante completo bianco, si vedeva. Doveva assolutamente farsi dare l'indirizzo di un sarto.

Con un po' di fortuna, comunque, ora avrebbe avuto un po' di tempo per riposare e pianificare la sua mossa successiva. Il suo sguardo passò dal vestito alla grossa valigia posata accanto a lui. Quello che c'era lì dentro era, probabilmente, il più grande successo della scienza negli ultimi decenni. Ed era suo. Assolutamente suo. Valeva la pena di essere solo contro il resto del mondo, solo per il piacere di vedere cosa sarebbe successo.

Mentre usciva dall'ascensore, raggiungeva la sua camera ed osservava con aria di sufficienza l'arredamento, non smise mai di sorridere. D'accordo, la Compagnia Amestris ha praticamente emesso una condanna a morte contro di me, pensò, e se la Compagnia Xing scopre che cosa ho portato sul loro pianeta,mi inseguiranno come cani dietro ad una lepre. Ma tutti loro dovranno imparare che Zolf J. Kimbley non è una lepre.

 

***

 

Il bar dello spazioporto era affollato come al solito, nonostante fosse ancora pomeriggio, ed il barista stava facendo del suo meglio per servire tutte le persone che si affollavano intorno al bancone. Tutti i tavoli erano già occupati. Soltanto uno, in un angolo che l'illuminazione stroboscopica lasciava in penombra, poteva passare per vuoto. Chi si avvicinava, però, si accorgeva presto della figura solitaria che lo occupava. Un uomo dai capelli bianchi, con gli occhi nascosti dietro un paio di lenti scure ed una lunga cicatrice sul volto, stava fissando la bottiglia davanti a lui, come se il vetro opaco potesse rivelargli qualche segreto.

Scar non aveva intenzione di rimanere su quel pianeta. Non c'era nulla lì che riguardasse la sua missione, ed era sfumata anche la possibilità di ottenere un lavoro per recuperare un po' di soldi... ed aveva bisogno di soldi, se voleva raggiungere il suo scopo. Anche se ormai, ogni mese, ogni anno che passava, faceva sembrare quello scopo sempre più impossibile. Tutte quelle ricerche, tutti quei lunghi viaggi tra le stelle, ed era ancora lontano dallo scoprire i veri responsabili di quel massacro. Lontano dal punirli. Sarebbe stato più facile lasciare perdere.

Ripensò al corpo di suo fratello, devastato dall'esplosione, che diventava freddo tra le sue braccia, e scosse la testa. Non avrebbe mai lasciato perdere. Anche dopo anni, la battaglia di Ishval continuava a rivivere nei suoi incubi. Ogni notte, ogni singola notte, le astronavi cadevano dal cielo illuminato a giorno dalle esplosioni, la fanteria caricava e moriva, il puzzo della carne carbonizzata e del sangue invadeva le sue narici, le urla dei feriti erano sovrastate dai botti assordanti. Ogni. Singola. Notte.

Afferrò di scatto la bottiglia, versandone l'intero contenuto nel bicchiere di fronte a lui. Sarebbe ripartito quella sera stessa. Non voleva sprecare altro tempo.

 

***

 

- Sei sicura che sia su questo pianeta, sorella?- domandò la figura che fissava lo schermo con una smorfia, passandosi una mano tra gli spuntoni di capelli verdi.

Una donna, mollemente sdraiata su un divanetto, alzò la mano pallida, controllando in controluce lo smalto che aveva appena finito di stendere sulle lunghe unghie eleganti. Con l'altra mano soffocò uno sbadiglio di noia, mentre rispondeva:- Sì, ma non è stato facile. Kimbley è stato bravo a nascondere le sue tracce... ed a scegliere un pianeta dove la Compagnia Amestris non ha giurisdizione.-

- Già. Se non fosse stato così intelligente, non sarebbe stato il direttore del progetto di ricerca... e non se ne sarebbe andato portandosi via il risultato finale di anni di studi.- intervenne la terza persona presente a bordo, risistemandosi gli occhiali scuri:- E nessuno di voi ha sospettato niente finché non lo ha fatto, vero, fratellini?-

- Tu non sapevi neppure chi fosse Kimbley prima che il Padre ti chiamasse, Greed.- gli rinfacciò la donna, senza distogliere l'attenzione dalle sue unghie.

- E sarei contento anche continuando a non saperlo, Lust. Non mi interessano i vostri giochetti.-

- Ed allora perché ora sei qui con noi?-

- Perché il Padre mi paga. E molto. Tu, Envy e gli altri tenetevi la vostra fedeltà e le vostre chiacchiere sul meraviglioso futuro che vi aspetta. Io sono qui in nome del mio conto in banca.-

- Sei solo un ingrato piccolo avido che...-

- Adesso basta, voi due.- li interruppe l'altro:-Stiamo per atterrare sul pianeta. Ci saranno le solite formalità, poi si inizia la ricerca.-






ANGOLO DELL'AUTRICE

Ed ecco il primo capitolo della storia, che serve soprattutto per introdurre alcuni dei personaggi. Sì, so che per adesso non si capisce molto come si sia passati dal prologo a questa situazione, ma verrà spiegato tutto più avanti (almeno spero). Non sono sicura della caratterizzazione, mi sembrano OOC, anche se alcuni aspetti saranno più chiari andando avanti con la storia. In ogni caso, come ho già detto all'inizio, questo è un esperimento, quindi sentitevi liberi di farmi tutte le critiche che volete! Ho assoluto bisogno di consigli!
Una piccola nota sulla nave di Mustang: si chiama Ishval perché questa è la versione del nome che mi piace di più, ma ho trovato anche Ishbar e Ishbal... qualcuno sa se c'è una traslitterazione corretta? Perché io non l'ho ancora capito ^_^
Per quanto riguarda il nome, sì, si riferisce alla stessa battaglia a cui pensa Scar. E sì, c'è un legame... però sarà chiarito più avanti, così come il motivo per cui Mustang è ancora "colonnello" e non "capitano". Mi sono ispirata un po' ad un film chiamato Serenity, quindi se qualcuno lo conosce ha già un indizio.
Mi pare di aver detto tutto. Ringrazio ombra_notturna e Stratovella che hanno recensito il capitolo precedente, e tutti quelli che lo hanno letto. Per favore, ditemi cosa ne pensate di questo!
Tanti saluti!

Melanita

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO II

 
- Colonnello!- Furey sollevò lo sguardo dallo schermo di fronte a lui, togliendosi le cuffie. La sua espressione era di assoluta sorpresa.
- Che succede? Sto cercando di formulare un piano!-
- E' la nave della Compagnia Xing, colonnello... ha appena ricevuto un ordine dalla superficie del pianeta. Deve allontanarsi per andare ad accogliere una nave della Compagnia Amestris che si sta avvicinando. L'invio di altre navi nella zona è stato bloccato.-
- Questa ostilità tra le Compagnie è una buona cosa per gli... indipendenti come noi.- notò distrattamente l'uomo, per poi balzare in piedi dalla poltrona appena realizzò il messaggio.
- La Compagnia Amestris? Non possono essere qui per noi, vero?- disse Riza, improvvisamente tesa, nello stesso momento in cui Havoc faceva il suo ingresso sul ponte di comando giusto in tempo per sentire le ultime parole e rischiare di lasciar cadere la sua inseparabile sigaretta.
- Non si fuma sul ponte di comando.- gli fece prontamente notare il primo ufficiale.
- Ehi, è così che si accoglie un povero tenente pilota che ha passato le ultime ore ad aggiustare i motori di questo rottame? Motori che, per la cronaca, ora funzionano. Almeno quelli ausiliari. Possiamo andarcene a cercare un pianeta più tranquillo e con ragazze meno pericolose.-
- La smettete di ricordarmelo?- sbottò Mustang, avvicinandosi allo schermo e studiandolo. Si voltò di nuovo verso i suoi sottoposti, con espressione decisa:- Va bene, ecco il piano. Furey, avvisaci quando quell'astronave è fuori dalla portata dei radar. A quel punto voglio che ce ne andiamo il più in fretta possibile verso il pianeta franco più vicino... uhm, punteremo sulla nebulosa di Xerxes. Havoc, ci serviranno tutte le tue abilità di pilota. Imposta una rotta che non incroci quelle frequentate e che non passi vicino a nessun pianeta molto popolato... ma breve, non voglio finire il carburante a metà strada. Hawkeye, avvisa la sala macchine. Voglio la massima potenza disponibile, ce ne andremo da qui prima che quella nave possa cambiare idea.-
- Sissignore!- risposero gli altri tre all'unisono. Havoc aggiunse con un sorriso:- Ehi, non dovremmo iniziare a chiamarla signor capitano?-
- Solo se vuole essere scaricato nello spazio, tenente. Io sono il colonnello Roy Mustang, e lo rimarrei anche al comando di una vasca da bagno.-
- Solo per fare effetto sulle ragazze...- borbottò Havoc sottovoce, evitando per un pelo il tentativo del suo superiore di far schiantare la sua testa contro il pannello di controllo.
 
***
 
- Ehi, Lan Fan, tutto a posto?- domandò Ed, vedendo la ragazza che tornava al tavolo con un'espressione scura ed il comunicatore ancora in mano. Si trovavano in un bar della zona centrale della città, un locale tranquillo decorato da piante artificiali e cristalli arcobaleno, con una leggera musica di sottofondo. Fuori dalla vetrina, la folla entrava ed usciva dai negozi e dagli ascensori che conducevano agli altri livelli della città.
La ragazza alzò le spalle:- Il generale Fu mi ha appena informato della presenza di navi della compagnia Amestris in orbita intorno al pianeta. Alcuni membri della compagnia sono scesi a terra. Sembrano in ordine, ma...-
- Dimmi che non stai per dire "ragioni di sicurezza"- sbuffò May, sollevando lo sguardo dalla sua bibita e facendo roteare con eloquenza gli occhi mentre prendeva distrattamente a calci il suo zainetto sotto la sedia.
- Ho ricevuto l'ordine di riportarvi entrambi a casa adesso.- annunciò la guardia del corpo, senza accennare a sedersi.
- Tuo nonno è semplicemente paranoico, Lan Fan. E tu sei anche peggio.- brontolò la bambina.
- E' il capo della sicurezza della Compagnia Xing su questo pianeta. E' suo dovere essere paranoico. Ed io ho il dovere di proteggere Ling, ed anche te, visto che hai insistito per uscire in nostra compagnia.-
- Ma tanto non succederà niente! Sono sempre falsi allarmi... andiamo, se per una volta stiamo fuori un po' di più cosa vuoi che succeda?-
- La marmocchia potrebbe avere ragione.- ammise Ling:- Dai, Lan Fan... per una volta...-
Edward stava trattenendo a stento una risata, vedendo gli altri due che fissavano con aria supplicante la giovane che stava già cominciando a cedere. Alphonse invece era distratto.
- Compagnia Amestris...- ripeté pensierosamente:- Non era quella per cui lavorava papà, Ed?-
All'improvviso Ed si sentì al centro dell'attenzione. E la voglia di ridere gli era passata.
- Perché ti è venuto in mente adesso, Al?-
- Beh, perché se ci sono delle persone di questa compagnia da queste parti, magari c'è anche...-
Ed si alzò di scatto dalla sedia, con i pugni stretti e le labbra serrate.
- Fratellone, mi dispiace... non volevo...- balbettò Al.
- Non è colpa tua.- disse l'altro:- Forse dovremmo andare a casa.-
Ling intervenne, improvvisamente serio anche lui:- Ed, tu e Al siete miei amici da anni. Se c'è qualcosa che non va...-
- Niente. Non c'è niente che non vada. Sono solo... stanco per il lavoro.-
La scusa aveva funzionato in altre occasioni (dopotutto lavorare in un magazzino allo spazioporto non era esattamente una passeggiata), ma stavolta era evidente che nessuno gli credeva.
Scosse la testa, mentre le parole uscivano prima che potesse controllarle:- Cosa c'è che non va in un uomo che ha lasciato i suoi figli a risvegliarsi da soli nella stiva di un astronave, a dover provvedere a se stessi fin da bambini, dopo che è stato lui stesso a renderli... neanche... più... umani...-
La voce si spezzò, mentre il pugno di metallo si stringeva convulsamente. Al posò una mano sulla spalla di suo fratello, che ormai stava tremando convulsamente. Sapeva che non c'era niente che lui potesse dire per diminuire il senso di tradimento ed abbandono che il fratello aveva provato sette anni prima, lo sapeva perché era lo stesso sentimento che aveva provato lui. Ma loro erano andati avanti. Erano sopravvissuti prendendosi cura l'uno dell'altro, e per Al era questa la cosa più importante, più importante di qualsiasi cosa loro padre avesse fatto. Anche se a volte avrebbe voluto rivederlo per avere delle risposte.
Lan Fan parlò lentamente:- Ed... hai mai pensato che forse vi ha lasciati per proteggervi?-
- Proteggerci da cosa? Lui non era così importante da avere dei nemici potenti. No, la realtà è che lui non voleva più rivederci. Dopo la morte della mamma eravamo solo un peso per lui.-
- Questo non puoi saperlo.- fece notare May, che aveva già le lacrime agli occhi.
- Già... ehi, faremmo meglio ad andare!- cambiò di colpo argomento Edward, tentando di sorridere:- Altrimenti il nonno di Lan Fan manderà di nuovo la polizia a cercarci come l'altra volta!-
- Sì, hai ragione. Beh, che cosa stiamo aspettando?- proseguì Ling, riscuotendosi dal momento di silenzio e balzando in piedi.
Gli altri lo seguirono immediatamente. Mentre uscivano, Edward lanciò un'occhiata agli altri occupanti del locale. Nessuno li stava guardando in quel momento, ma aveva avuto la sensazione di essere osservato. Alzò le spalle: dopo la scenata che aveva appena fatto, non ci sarebbe stato niente di strano. Sistemandosi il giubbotto rosso, seguì gli altri alla cassa.
 
Zolf J. Kimbley continuò a sorseggiare tranquillamente il suo cocktail per qualche secondo, riflettendo su quello che aveva appena sentito. Un dipendente della compagnia Amestris in grado di realizzare dei cyborg, che aveva perso la moglie e due figli? Non ce n'erano molti. Che straordinaria coincidenza... si chiese se avrebbe dovuto seguire quei ragazzi, poi optò per rimanere dove si trovava. Probabilmente non sarebbe stato difficile rintracciarli ugualmente, se ne avesse avuto bisogno. E se quei membri della compagnia di cui l'altra ragazza aveva parlato erano lì per lui, rifletté, avrebbe anche potuto averne bisogno. L'informazione aveva decisamente il suo valore... anche se la valigia posata di fianco a lui ne aveva uno molto più alto. Gettò un'occhiata all'oggetto. E si bloccò di colpo.
La valigia era aperta. E vuota.
 
***
 
- Quei ragazzi che sono appena usciti...-
- Adesso ti interessano anche i ragazzini, Lust?- sogghignò Greed.
- Stai zitto! Quello biondo... non ti ricorda qualcuno?-
- Non siamo qui per perdere tempo.- intervenne Envy, senza distogliere lo sguardo dall'ingresso del locale e dall'uomo in completo bianco al suo interno:- Si è appena alzato. State pronti.-
- Uhm... non pensavo che mi sarei mai ritrovato a farmi dare ordini da te, Envy.- commentò l'altro uomo, rivolgendosi di nuovo verso il loro obiettivo:- E così quello è l'uomo che vi ha fatto fare la figura degli idioti?-
- Stai zitto, Greed!- ripeté Lust.
- C'è troppa gente in questo luogo. Dovremo seguirlo fino ad un posto più tranquillo.- disse Envy, ignorando i bisticci dei suoi compagni. Si chiese se non avrebbe fatto meglio a completare la missione da solo. Di sicuro loro non gli sarebbero serviti a niente.
Kimbley stava uscendo dal locale, ma dietro la sua abituale elegante compostezza Envy poteva scorgere dei segni di inquietudine, forse anche rabbia. Che si fosse già accorto della loro presenza? Non aveva neppure guardato nella loro direzione, ma se anche lo avesse fatto era abbastanza furbo da non farlo notare.
- Seguiamolo.- ordinò.
 
***
 
- Siamo seguiti.- sussurrò Lan Fan tranquillamente, senza variare il passo. Proseguì:- Non guardate. E' l'uomo in completo bianco che c'era nel locale. Mi ha insospettito fin da prima, ma ora ne sono certa. E' uscito dal locale poco dopo di noi, e ci sono altri tre che lo seguono, probabilmente complici.-
Anni di addestramento la rendevano assolutamente sicura di non sbagliarsi. E se anche si fosse sbagliata, meglio farlo per un eccesso di prudenza che per una distrazione. I suoi occhi avevano già cominciato a scansionare la strada affollata, cercando il modo più efficace per portare il gruppo fuori di lì. Non pensava che quegli uomini, chiunque fossero, avrebbero cercato di fare qualcosa in mezzo alla folla, ma allo stesso tempo non intendeva correre rischi. Un'arma poteva benissimo fare fuoco anche in mezzo alla gente.
Lan Fan decise di non chiamare la sicurezza, finché non ci fosse stato un vero pericolo: era inutile allarmare quegli stranieri. Era certa di non avere mai visto l'uomo in completo bianco, ma gli altri tre (Un uomo, una donna e... un altro di sesso non ben definito) avevano un viso familiare. Doveva avere già visto quei volti da qualche parte.
- Qui dentro.- ordinò rapidamente, spingendo gli altri verso l'ingresso di un negozio di vestiti. Nessuno obiettò: non era la prima volta che la guardia del corpo prendeva iniziative del genere. Edward e Alphonse si erano ormai abituati agli inconvenienti di uscire con Ling e May, e dopo aver già rischiato di subire tre attentati e due rapimenti avevano deciso che non era il caso di discutere con Lan Fan.
La ragazza proseguì:- Continuate a parlare tranquillamente e guardate i vestiti. Ci dirigiamo verso l'uscita posteriore.-
Mentre passava, gettò una rapida occhiata allo specchio che mostrava la vetrina. L'uomo in bianco si era fermato, e stava osservando con aria interessata uno dei manichini. Doveva essere un vero professionista, notò. Stava usando il vetro per controllare contemporaneamente loro e gli altri tre dietro di lui. Forse aspettava qualche segnale?
Non poteva perderli d'occhio, ma non poteva neanche tenere gli altri in pericolo. Per l'ennesima volta desiderò che Ling avesse accettato una seconda guardia, o che May ne avesse una personale. Questo le avrebbe decisamente facilitato il lavoro... ammesso che fosse riuscita a fidarsi di qualcun altro per quanto riguardava la sicurezza di Ling.
Quando vide che l'uomo si avvicinava all'entrata, e che gli altri due attraversavano la strada per raggiungerlo, prese una decisione:- Dobbiamo separarci, siamo troppo visibili. Ed, Al, se rimanete con noi sarete in pericolo. Andate in uno dei camerini ed aspettate finché loro non si vedono, poi tornate all'appartamento, non dovreste correre rischi. Ling, May, noi usciamo dal retro.-
Mentre parlava, attivò il segnalatore che portava alla cintura. Ora il circuito di sicurezza della Compagnia avrebbe saputo esattamente dove si trovavano e mandato dei rinforzi. Si augurava solo che arrivassero in fretta.
- Chiamateci quando siete arrivati a casa, va bene?- chiese Ed, senza controbattere. Tanto sapeva che sarebbe stato inutile.
- Sì, certo... voi cercate di non mettervi nei guai.- rispose Ling, annuendo.
- Muoviamoci!- sibilò Lan Fan, vedendo l'uomo che si avvicinava. Senza altre parole, si separarono e si diressero nelle direzioni convenute. Mentre si facevano strada tra le file di manichini ed abiti, Lan Fan sfruttò un altro specchio per controllare la vicinanza dei loro pedinatori. Sussultò di sorpresa.
- Lan Fan! Cosa succede?- bisbigliò Ling, preoccupato.
- Non stanno seguendo noi. Hanno seguito gli Elric.-
 
Edward sbuffò, mentre afferrava due magliette a caso per entrare nel camerino. Non gli piaceva lasciare gli altri da soli, ma Lan Fan aveva ragione, erano troppo visibili. Soprattutto con la pelle metallica di Al che spiccava ovunque.
- Fratellone...-
- Cosa c'è, Al?- fece Ed, voltandosi verso il fratello e vedendo l'uomo che li aveva pedinati immobile a braccia incrociate davanti al camerino, con un sorriso affabile disegnato sul volto.




Angolo dell'Autrice

Ecco qui, dopo una settimana esatta, il secondo capitolo! Personalmente non ne sono convinta al cento per cento. Lo scopo del capitolo è "costruire" la scena per il prossimo, in cui finalmente ci sarà un po' d'azione, ed introdurre qualche elemento della storia dei fratelli Elric, che però sarà spiegata meglio nei capitoli successivi. Lo stesso vale per l'oggetto che Kimbley sta cercando, che naturalmente rivestirà un ruolo fondamentale... dove sarà finito? Cosa sarà? Mistero!
Un paio di note sui personaggi: innanzitutto c'è un motivo se Envy non cambia aspetto, lo spiegherò più avanti. Lo stesso vale per gli altri homunculus. Poi ho deciso di rendere il rapporto tra Ling e Lan Fan meno "formale" perché in questo universo non c'è una vera e propria differenza di rango tra di loro. Comunque spiegherò meglio in seguito la loro storia, e come hanno incontrato Ed e Al.
Vorrei ringraziare MkBDiapason, Stratovella, Una Certa Ragazza e hummingbird royaifan per aver recensito il capitolo precedente, e tutte le persone che lo hanno letto. Per favore, ditemi che cosa ne pensate anche di questo! Le critiche sono ben accette, mi aiuteranno a migliorare!
Arrivederci al prossimo capitolo!

Melanita




 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO III

 
- Chi è lei? Che cosa vuole?- domandò Ed, facendo un passo verso la misteriosa figura. C'era qualcosa di inquietante nello sguardo di quell'uomo, come se, per qualche motivo, vedesse qualcosa di diverso rispetto agli altri. Le labbra erano incurvate in un modo a metà strada tra un sorriso affabile ed il ghigno di un predatore. L'impeccabile completo bianco, apparentemente fatto su misura, spiccava fuori posto in mezzo ai colori sgargianti degli altri capi esposti.
L'uomo esibì la camicia grigia che teneva tra le mani:- Oh, buongiorno. Mi stavo chiedendo se questo modello fosse disponibile in bianco, temo che il grigio non sia il mio colore.-
- Non sono un commesso!- esclamò il ragazzo, scocciato e confuso. Si chiese dove volesse arrivare quell'uomo, e se non avrebbero fatto meglio a scappare via senza altri indugi.
- Oh, certo... in effetti sei un po' piccolo per lavorare qui.-
Il tentativo di Alphonse di trattenere il fratello andò totalmente sprecato.
- Chi sarebbe così piccolo che...-
- Chiedo scusa...-
Una dolce voce femminile fece interrompere Ed prima che raggiungesse il culmine della rabbia. Al si segnò mentalmente il metodo, visto che in genere niente poteva sottrarre il fratello alla sua furia omicida quando qualcuno accennava alla sua bassa statura. Effettivamente Ed era un po' basso per la sua età, ma i medici che avevano consultato ritenevano che fosse una conseguenza del morbo che li aveva colpiti da bambini.
Dietro di loro stava una donna alta, in un elegante abito da sera. Aveva lunghi capelli scuri, labbra rosse, lunghe unghie smaltate e, Ed non poté fare a meno di notarlo, era molto... ben dotata. Anche lei aveva qualcosa di decisamente fuori posto, però, forse proprio l'abito così inadatto ad un pomeriggio in giro per negozi, o la perfezione del suo corpo da bambola. Edward si chiese a quante operazioni si fosse sottoposta, per arrivare a dei risultati del genere, e rabbrividì: non avrebbe mai voluto una ragazza del genere, così finta e disumana.
- Oh, Lust. Che bella sorpresa...- cominciò l'uomo in bianco, accennando un inchino.
- Sono sicura che non vedevi l'ora di rivedermi, Kimbley.- annuì la donna.
- E chi non vorrebbe rivedere una donna così meravigliosa? Anzi, perché non continuiamo questa conversazione in un locale più adeguato?-
C'era sul serio qualcosa di strano in quella donna, si ripeté Edward, qualcosa che non sapeva indicare con esattezza ma che lo lasciava decisamente a disagio. Forse era il suo sguardo, ancora più distaccato e sprezzante di quello dell'altro, o la nota di minaccia sottintesa nella sua voce carezzevole. Il ragazzo decise che era meglio lasciare quei due a sistemare le loro faccende personali. Si avvicinò silenziosamente al fratello e bisbigliò:- Al, stai pronto a correre.-
L'altro annuì.
- Oh, no, ragazzi, rimanete pure qui. Sono curiosa di sapere di cosa stavate parlando con il mio caro... amico. Pare proprio che vi conosciate.-
- Non lo abbiamo mai visto in vita nostra. Ha solo scambiato mio fratello per un commesso.- si affrettò a spiegare Al:- E adesso faremmo meglio ad andare.-
- Uhm... avete un'aria familiare.- continuò Lust, inclinando la testa di lato.
- No, sono sicuro che non ci siamo mai visti.- insistette Alphonse, muovendo un passo di lato. Quella donna lo metteva a disagio, ed una rapida occhiata a suo fratello gli confermò che Ed si sentiva allo stesso modo. Aveva la netta sensazione che ci fossero delle questioni in sospeso tra lei e quel Kimbley, e che non le avrebbero appianate in modo pacifico. Gli ricordavano vagamente due rettili giganti che aveva visto una volta allo spazioporto: avevano iniziato a guardarsi circospetti ed a sibilare, poi, prima che gli addetti potessero intervenire, avevano spezzato contemporaneamente le sbarre delle loro gabbie e cominciato ad azzannarsi, finché uno dei due aveva tranciato di netto la giugulare all'altro.
- Adesso basta giocare, Lust.- sbuffò un'altra voce annoiata alle loro spalle. Prima che ci fosse il tempo di reagire, Ed sentì due mani che si posavano sulle sue spalle.
- Tu stai fermo, piccoletto.-
- Chi sarebbe così basso che potrebbe usare una nanosonda come tavolo da pranzo?- strepitò Edward, girandosi improvvisamente e tirando un calcio al ginocchio dell'altro.
- Ahia! Il moccioso mi ha preso a calci!- ululò l'altro sorpreso... l'altro? Uhm, probabilmente era un maschio, ma Ed non sarebbe stato pronto a giurarci. Quell'acconciatura verde a spuntoni, quei vestiti aderenti, quella voce stridula, erano parecchio ambigui. Comunque, non era il momento di porsi quei dubbi esistenziali.
- Al, via!- gridò il ragazzo, infilandosi tra due file di vestiti e tuffandosi lontano dalle mani che tentavano di afferrarlo. Si rialzò solo per andare a sbattere di nuovo contro un'altra persona, un uomo muscoloso con un paio di occhiali da sole.
- Dove eri finito, Greed?- domandò la donna, visibilmente infastidita.
- Oh, stavo dando un'occhiata ai vestiti. Dovresti farlo anche tu, sorellina, quell'abito non sembra molto comodo.- commentò l'altro uomo, sogghignando e mettendo in mostra i denti appuntiti. Evidentemente, pensò Ed, la chirurgia estetica era un vizio di famiglia.
- Non siamo qui per parlare di vestiti!- sbottò quello con i capelli verdi.
- E che cosa siete qui a fare, Envy?- domandò Kimbley, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, con le braccia incrociate sotto la camicia che teneva ancora in mano ed un sorrisetto sardonico di compatimento.
- Lo sai benissimo, traditore. Dove lo hai messo?- domandò Envy, avvicinandosi all'uomo.
- Di cosa stai parlando? Ho solo deciso di prendermi una vacanza. Non avete trovato il mio promemoria?- ribatté l'uomo, inarcando esageratamente le sopracciglia. Era evidente che li stava deridendo, e che si stava anche divertendo a farlo.
- Non osare prenderci in giro, Kimbley!- scattò la donna, con un gesto convulso delle mani che portò le sue unghie a fendere l'aria come artigli affilati.
- E chi ti dice che io lo stia facendo, mia cara?-
Ed non ne poteva più:- Scusate, non so di cosa state parlando voi, ma che cosa c'entriamo noi?-
- Ottima domanda.- fece notare Greed, che sembrava divertirsi parecchio anche lui:- Che cosa c'entrano questi due?-
Kimbley fece un sospiro annoiato:- Non lo so, siete voi che li avete trattenuti.-
- Sei tu che li hai seguiti fuori da quel locale!- ribatté Envy, che ormai sembrava infuriato.
- Non penso. Probabilmente andavamo solo nella stessa direzione.- annunciò Kimbley alzando le spalle. Ed e Al si scambiarono un'occhiata. Per qualche motivo, non ci credevano. Ed si chiese se Ling e Lan Fan si fossero accorti che i pedinatori avevano seguito i fratelli e non loro. Sicuramente sì. Ma in tal caso, che cosa avevano fatto? Si augurò che avessero chiamato dei rinforzi, e che presto una squadra di sicurezza sarebbe venuta ad arrestare quelle persone.
- In ogni caso, questa conversazione mi ha stancato.- dichiarò l'uomo in bianco, rigirandosi tra le mani l'elegante camicia. Per la prima volta, Ed si accorse che c'era qualcosa sotto.
- Non...- cominciò Envy, ma un improvviso lampo di luce lo interruppe. Pochi attimi dopo, si ritrovarono tutti a tossire sul pavimento, mentre il fumo della bomba oscurava l'aria.
Ed si sentì sollevare e portare fuori. Uscendo dal fumo, riconobbe il fratello nella sagoma che lo portava.
- Ci sono dei vantaggi a non avere più occhi e naso normali, sai?- commentò Al, posando a terra Ed appena fuori dal negozio e scrutandolo preoccupato. Per fortuna quell'esplosione doveva essere soltanto un fumogeno, e suo fratello non presentava ferite o sangue, soltanto qualche leggera striatura di fuliggine. Sospirò di sollievo: non si sarebbe mai perdonato se a Ed fosse successo qualcosa. Loro due erano sempre vissuti insieme, e non poteva semplicemente immaginare la sua vita senza il suo fratellone.
- Fermi! Mani in alto!- ordinò una voce. Alzando gli occhi, i due fratelli si accorsero degli uomini in uniforme blu che li circondavano, con le armi puntate contro di loro. Ed imprecò sottovoce, interrotto da un altro accesso di tosse. Sarebbe stato difficile spiegare tutto quanto.
- No! Loro sono dalla nostra parte!- esclamò una voce, ed un istante dopo Lan Fan emerse dal muro di uomini, facendo cenno agli Elric di raggiungerla. Quando si furono lasciati alle spalle tutte le armi, Ed tirò un sospiro di sollievo.
- Ma cosa è successo? Perché quegli uomini hanno seguito noi?- domandò intanto Alphonse.
La ragazza scosse la testa:- Non lo so. Appena ce ne siamo accorti, ho portato fuori Ling e May ed ho chiamato le squadre di sicurezza. Poi il commesso ha notato degli strani movimenti, ma appena gli uomini sono arrivati c'è stata quell'esplosione. Per fortuna non ha procurato danni alla struttura o a voi.-
- Ed! Al! Siete fuori finalmente!- esclamò una voce sollevata, mentre Ling li raggiungeva.
- Avevo detto di rimanere al sicuro nel veicolo della sicurezza!- lo rimproverò la sua guardia del corpo.
- Lan Fan, sono già riuscito a convincerti a chiamarmi per nome ed a divertirti un po' in servizio. La mia prossima sfida sarà farti capire che non posso restarmene in un'aereomobile mentre due dei miei migliori amici sono in pericolo!-
- Il mio compito è garantire la tua sicurezza, e...-
- Scusate...- si intromise uno dei soldati:- Siamo appena entrati nel negozio, e non c'è nessuno.-
- Cosa?! C'erano quattro persone!- protestò Ed:- Un uomo in completo bianco, un altro con gli occhiali da sole, la donna in abito da sera e... uhm... uno con i capelli verdi a spuntoni. Come possono essere spariti?-
- C'è una botola nel soffitto del camerino, che conduce ai condotti di manutenzione, e l'abbiamo trovata aperta. Devono averla usata per salire al piano superiore e lasciare l'edificio attraverso una delle scale di emergenza.-
- Ma che cosa volevano?- domandò Ling, rivolgendosi agli Elric.
Al scosse la testa:- Non lo so. Però... l'uomo in bianco, gli altri lo chiamavano Kimbley. E la donna, Lust, lo ha chiamato traditore. Probabilmente loro tre stavano inseguendo lui, ma non capisco perché lui avrebbe dovuto seguire noi. Non l'ho mai visto.-
- E neppure io.- confermò Ed, pensieroso:- Avevano qualcosa di strano, quelle persone... qualcosa di molto strano.-
- Ora andremo alla centrale della sicurezza e realizzeremo un identikit.- stabilì Lan Fan:- Lo confronteremo con gli archivi, scopriremo di sicuro chi sono.-
- Ehi, sarà divertente!- esclamò Ling.
- Ling, tu dovresti...-
- Dai, Lan Fan, non ho voglia di tornare a casa! Possiamo andare anche noi alla centrale? Non penso che potremmo essere in pericolo là!- la supplicò il ragazzo.
Lei cedette:- Va bene, ma May torna a casa.-
- Già fatto, era sull'aereomobile che è appena partita! Incredibile, non ha neppure protestato!
May che non protestava per essere stata inviata a casa senza poterli neppure salutare? Alphonse cominciò a preoccuparsi: quel comportamento non era proprio da lei. Magari si sentiva male.
 
***
 
Mentre guardava i ragazzi che si allontanavano, dalla terrazza dell'edificio adiacente, Envy fece una smorfia. Se la sicurezza era arrivata così in fretta ancora prima che ci fosse confusione, quei due dovevano essere importanti, oppure dovevano esserlo quei loro amici con cui ora stavano discutendo animatamente. Non capiva che cosa c'entrassero con Kimbley o con quello che aveva rubato, ma Lust aveva ragione: c'era qualcosa di familiare in quel tappetto. Capelli biondi. Arti meccanici. Occhi dorati. Forse quindici anni...
Il collegamento scattò. Envy fece una smorfia infastidita, mentre borbottava:- Che cosa c'entri tu in questa storia, Hohenheim?-
- Kimbley ci è sfuggito.- riepilogò Lust:- Ma non aveva con sé la refurtiva. Dove può averla nascosta? E se l'avesse data a quei due?-
- Possibile.- annuì Envy:- Se solo avessimo un modo per rintracciarla direttamente...-
Greed roteò gli occhi:- Ma come, il più grande progetto della compagnia Amestris non ha neppure un segnalatore addosso?-
- Non era previsto che lasciasse il laboratorio.-
Il pensiero colpì improvvisamente Envy:- Già, non era previsto! Condizioni ambientali differenti... KImbley l'avrà conservato in una valigia climatizzata, ma potrebbe non essere stato sufficiente. E se si fosse... risvegliato?-
- Ma non è ancora il momento! E poi, può reagire solo in vicinanza del Full, e su questo pianeta...-
- Ci sono almeno due persone che con ogni possibilità ne portano addosso un po'.- completò Envy. Reagì seccato agli sguardi confusi degli altri due:- Il piccoletto biondo ed il cyborg, dannazione! So chi sono quei due... e penso di capire perché Kimbley li stava seguendo. Non dobbiamo perderli di vista. E' probabile che abbiano quello che stiamo cercando.-
 
***
 
- E così, quei due ragazzi non ce l'hanno. Dove può essere finita?- sussurrò tra sé Kimbley, mentre si allontanava in fretta dalla zona dello scontro. Era stato fortunato a cavarsela così facilmente ed a seminare gli altri tre, ma non poteva permettersi di correre altri rischi. Doveva ritrovarlo in fretta. Rifletté: sicuramente il Full dei due cyborg era quello che l'aveva riattivato. Non pensava che fosse in grado di uscire dalla valigia, ma evidentemente si era sbagliato sulle potenzialità di autonomia di quella cosa. Del resto, fino a quel momento il progetto era stato risvegliato soltanto in laboratorio, per pochi test rigidamente controllati. Doveva avere cercato di avvicinarsi al Full, ma...
Ma aveva anche cercato un nascondiglio. Quel piccolo gioiello di ingegneria genetica non era mai uscito dal laboratorio, doveva essersi confuso. Si era quasi di sicuro infilato nel contenitore più vicino ai due cyborg, proprio come aveva fatto durante i test precedenti. Kimbley ricordava esattamente il labirinto di tubi flessibili in cui l'esperimento aveva dovuto dimostrare le sue capacità di orientamento. Doveva avere cercato qualcosa di simile all'ingresso di uno di quei tubi.
Richiamò alla mente la scena. La ragazza vestita di scuro (quasi sicuramente una guardia del corpo, a giudicare dalla sua serietà e dal modo in cui si guardava intorno) si era allontanata dal tavolo per rispondere al comunicatore. Il ragazzo con il vestito giallo stava mangiando, così come quello biondo. L'altro, quello quasi interamente di metallo, stava chiacchierando con la bambina con il lezioso abitino rosa e la complicata pettinatura di treccine scure.
E la bambina aveva uno zainetto rosa sotto il tavolo, contro cui sbatteva i piedi. Uno zainetto sintetico proprio come quei tubi, ed aperto. Uno zainetto che prima stava afflosciato a terra semivuoto, ma che quando erano usciti era decisamente gonfio.
Kimbley schioccò le dita, soddisfatto. La situazione era di nuovo sotto controllo.
 
***
May Chang sorrise timbrando il biglietto per lo spazioporto. Era riuscita ad eludere facilmente l'attenzione dell'autista ed a scivolare fuori dalla porta prima che l'aereomobile partisse. Ora aveva un po' di tempo per esplorare liberamente la città.
All'inizio voleva semplicemente aspettare che i fratelli Elric uscissero. Non poteva certo tornare a casa senza sapere come stava Alphonse, lui era sempre così gentile con lei! Poi però, quando li aveva visti sani e salvi ed aveva sentito Ling dire che lei era partita, aveva deciso di non farsi vedere. Non voleva certo essere sgridata un'altra volta da quella paranoica della guardia del corpo di quell'idiota del suo fratellastro! Sul serio, Lan Fan doveva imparare a rilassarsi, sarebbe stata anche molto più carina senza quell'espressione perennemente preoccupata. Anche se, a giudicare dal modo in cui Ling la guardava quando era girata, lui la trovava molto carina lo stesso. May ridacchiò, pensando al fratello: era sul serio un bambino a volte.
Si era infilata tra la folla di curiosi che osservavano la scena, ed aveva raggiunto la più vicina fermata del tram sospeso. Ora, compostamente seduta accanto al finestrino, si chiese da dove le fosse venuta quell'idea pazza. Si disse che sarebbe tornata entro un'ora o due. Aveva soltanto bisogno di un momento di libertà, lontana dalle precauzioni e dagli obblighi con cui tutti la soffocavano.
Abbassò lo sguardo sullo zainetto che aveva messo sulle ginocchia: non era così pesante quando era uscita di casa, vero? Perplessa, May aprì la cerniera. Qualcosa la fissò dall'interno, ma la ragazzina non si sentì spaventata. Non sembrava pericoloso, quel musetto implorante, anche se non riusciva ad identificarne la razza. Le dimensioni erano circa quelle di un gatto, forse era qualche tipo di gatto mutato arrivato da un altro pianeta. Di sicuro era adorabile. Con prudenza, accarezzò la piccola testa tonda e pelosa che faceva capolino dall'apertura.
- Ehi, piccolino... e tu come ti chiami?-
- Xiao Mei.-
Se non fosse stata seduta, May sarebbe probabilmente caduta all'indietro. L'animale aveva appena parlato. Doveva essere impazzita.






Angolo dell'Autrice!

Salve a tutti! Sì, lo so sono in ritardo... è stato un periodo molto incasinato per me. Avevo addirittura in mente di abbandonare la storia, visto che il progetto di scrivere un racconto è finito insieme alla storia con quel ragazzo ç.ç Non voglio stare qui a tediarvi con i miei problemi, comunque alla fine ho deciso di andare avanti a scrivere... e quindi ecco a voi il terzo capitolo!
Ho cercato di seguire i consigli che ho ricevuto, e di approfondire l'introspezione dei personaggi, ma non mi pare di aver fatto un grande lavoro con questo capitolo. Purtroppo, se scrivessi più in dettaglio i pensieri di personaggi come Kimbley e gli homunculus, il "mistero" andrebbe subito a farsi friggere, ed io invece punto sulla suspence ^_^
Prometto che nei prossimi capitoli farò di meglio!
Per quanto riguarda questo... beh, direi che il mistero comincia a svelarsi almeno un pochino. Dite un po', avevate notato l'assenza di Xiao Mei nei capitoli precedenti? O nessuno ha sospettato niente? Personalmente la trovo troppo carina per non inserirla... e continuerà a giocare un ruolo fondamentale, anche se per la soluzione del suo mistero dovrete aspettare un po'!
Ho deciso di mantenere i capitoli piuttosto corti, ma cercherò di pubblicarne altri in fretta. I prossimi due o tre sono già pronti, devo solo rivederli. Nel frattempo, sareste così gentili da darmi il vostro parere su questo? Come al solito tutte le critiche sono bene accette, anche perché sono consapevole che è molto meno riuscito degli altri :(
Ringrazio moltissimo Hummingbird e Stratovella per le loro recensioni, e tutte le persone che hanno letto! Arrivederci a tutti al prossimo capitolo!

Melanita




 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO IV

 

- Tu... tu parli?- bisbigliò la bambina, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno degli altri passeggeri la stesse guardando. Si sentiva già abbastanza pazza senza bisogno che lo pensassero anche gli altri. Non solo non si era accorta di quell'animale nel suo zainetto fino a pochi secondi prima, benché lo avesse tenuto addosso per tutto il pomeriggio, ma ora lo sentiva addirittura parlare. I pochi passeggeri presenti a bordo, per fortuna, sembravano troppo occupati per prestarle attenzione.
- Sì. Anche tu.- fece notare pazientemente Xiao Mei con una vocina sottile.
- Che cosa ci fai nel mio zainetto?-
- Sono scappata. Mi sono nascosta. Stavo cercando di raggiungere la fonte, ma quando vi siete separati non ho avuto il tempo di uscire.-
- La fonte di che cosa?-
- La fonte del segnale di attivazione, no? Quello che mi ha risvegliata.-
- Di cosa stai parlando? Che cosa sei tu?-
- Io sono Xiao Mei.-
- Questo lo hai già detto.- rimarcò May, cercando di mettere in ordine i pensieri. Rifletté:- La fonte di cui parli... c'entra qualcosa con i fratelli Elric? I due ragazzi che erano con noi?-
- Sì. Loro portano la fonte. Io la stavo cercando ma... mi sono confusa. E' strano essere fuori.-
- Fuori da cosa?-
- Dal laboratorio. Dalla gabbia. All'inizio pensavo che fosse un esperimento, visto che c'era il direttore, ma non sembra un esperimento. Non capisco. Devo imparare.-
- Laboratorio? Ma cosa sei tu?-
- Xiao Mei. E' la terza volta che lo dico.- sbuffò l'animale.
- Non ti ho chiesto come ti chiami! Cosa sei? Insomma, a che razza appartieni?- insistette la ragazzina, vagamente scocciata dall'incapacità di comprendere una domanda così semplice. Anche se, pensandoci bene, non era certo colpa di Xiao Mei. May non era un'esperta di laboratori ed ingegneria genetica, ma non li riteneva posti molto adeguati per imparare a fare conversazione.
La creatura rimase in silenzio per qualche secondo, poi ripeté esitante:- Io sono Xiao Mei. E' questo che sono. Non c'è altro.-
- Quindi non sai cosa sei?-
- Xiao Mei!-
May sospirò:- Forse dovrei tornare indietro e parlarne con qualcuno.-
Xiao Mei scosse la testa:- Prima vorrei andare fuori. Vedere cosa c'è in giro. Si può fare?-
Se ci fosse stata lì Lan Fan, o qualsiasi altra guardia del corpo della sua famiglia, probabilmente l'avrebbero costretta a ritornare subito a casa e mettere la buffa creaturina in quarantena. Il pensiero scatenò nella ragazzina un istinto di ribellione: tutti le dicevano sempre cosa doveva o non doveva fare, tutti si preoccupavano della sua incolumità ma non dei suoi desideri, senza lasciarle possibilità di scelta. Questa volta avrebbe deciso lei, e non avrebbe permesso che le portassero via quell'essere così dolce. Avrebbe scoperto lei stessa da dove veniva e che cosa era, ed avrebbe dimostrato a tutti di essere perfettamente in grado di badare a se stessa. May sorrise, intenerita da quel musetto implorante:- Ma certo che si può fare! Dopotutto, cosa cambia se anche stiamo un po' fuori?-
 
***
 
- Sono certa di avere già visto quei volti.- ripeté Lan Fan, mentre le sue mani si muovevano velocemente sul pannello di controllo. Di fronte ai ragazzi seduti, le pagine degli archivi scorrevano velocemente sullo schermo, confrontando gli identikit con le immagini a disposizione. In teoria quella ricerca avrebbe dovuto essere svolta da altri agenti della sicurezza, ma Lan Fan era riuscita a fare valere la sua posizione di nipote del comandante per ottenere il permesso di svolgere un'indagine parallela.
- Kimbley, avete detto? Uhm, risulta un direttore di uno dei dipartimenti di ricerca della compagnia Amestris con quel nome, ma non ci sono foto né video, quindi non possiamo identificarlo con sicurezza.-
- Potrebbe essere arrivato con quelle navi della compagnia Amestris di cui siamo stati informati prima.- rifletté Ling:- Ed il motivo per cui seguiva voi due... potrebbe essere collegato al lavoro di vostro padre.-
- E' possibile.- ammise Al, mentre Ed non aprì bocca. Stava ancora ripercorrendo nella sua mente ogni singolo minuto di quello che era successo prima, e fumava di rabbia. Rabbia contro gli sconosciuti che avevano riportato a galla così tanti pensieri sepolti, e contro se stesso per non aver saputo approfittare dell'occasione. C'erano tante cose che avrebbe potuto sapere... non che gli interessasse saperle. No, assolutamente, per quello che riguardava Ed il vecchio Hohenheim poteva anche essere morto. Dopo quello che era successo, al ragazzo non importava affatto dove fosse finito. E se anche lo avesse per caso scoperto, non gliene sarebbe importato niente lo stesso. Quindi non era affatto deluso di non averlo saputo. E quella sensazione che sentiva dentro e che poteva sembrare delusione era di sicuro qualcosa di diverso, e soprattutto non ricollegabile a suo padre. Anzi, non sapeva proprio perché stava continuando a pensarci.
- Comunque, il computer ha un riscontro anche per la donna. Sapevo di averla già vista! Era presente ad un ricevimento tenuto per la firma di un trattato commerciale tra la compagnia Amestris e la Xing, alcuni anni fa... mio nonno mi ha fatto vedere il video. Non sembra affatto invecchiata.-
- La chirurgia estetica fa miracoli.- ridacchiò Ling:- L'attuale moglie di mio padre ha già fatto almeno sei interventi.-
- Sul serio?- domandò Ed, incuriosito suo malgrado da quell'affermazione che non c'entrava niente con il discorso precedente.
- Ma certo! Non tutti possono essere perfetti al naturale come me e Lan Fan.-
Si sentì un ronzio dalla tastiera quando la ragazza, voltando precipitosamente le spalle agli altri, premette altri pulsanti. Proseguì velocemente:- Ho trovato anche qualcosa su quell'uomo con gli occhiali da sole. Anche lui è una faccia conosciuta... negli archivi della polizia interplanetaria. E' un criminale, si sospetta che sia implicato in furti, contrabbando, omicidi ed altro, ma non hanno mai trovato prove definitive contro di lui. Si fa chiamare Greed, e non ci sono molte informazioni su di lui, ma è sicuramente una persona pericolosa.-
- Quindi finora abbiamo un direttore della compagnia Amestris, una donna che c'entra con la medesima compagnia ed un criminale. Che mi dici di Envy?-
- Questo è stato più difficile. A dire il vero, direi che è quasi una leggenda metropolitana.-
- Come quella della donna che ha messo fuori combattimento tre uomini con un solo proiettile?- domandò Ling, mentre Ed si chiedeva se il suo amico lo facesse apposta a sparare commenti così incoerenti. Comunque, non c'era niente di strano trattandosi di Ling: era così da quando lo conosceva.
- Più o meno. Pare che questo... individuo sia in qualche modo collegato alla battaglia di Ishval.-
- La battaglia di cosa?- domandò Ed perplesso.
- Otto anni fa fu scoperto un pianeta sconosciuto, e forze armate dal pianeta più vicino furono mandate ad occuparlo mentre le Compagnie si accordavano per la sua spartizione.- spiegò Ling:- Scoprirono però che era già abitato. Una colonia di umani si era insediata lì tagliando tutti i contatti con il resto della galassia, e rifiutarono qualsiasi accordo, sostenendo che il pianeta era loro. Ci fu uno scontro che degenerò in una vera e propria battaglia, tra i nativi e l'esercito. Non è ben chiaro cosa successe, ma fu una strage. Al termine del conflitto la superficie del pianeta era quasi distrutta, la colonia era stata spazzata via e l'esercito quasi sterminato. Non è mai stato individuato un responsabile.-
Lan Fan aggiunse:- Alcuni sopravvissuti hanno sostenuto che questa persona ha aizzato lo scontro, ma le loro testimonianze sono state giudicate inattendibili. Pare che questo Envy sia stato visto anche in molti dei conflitti tenutisi prima e dopo di allora.-
- Un mercenario di qualche tipo?- ipotizzò Ling.
- Potrebbe spiegare il suo coinvolgimento con un noto criminale. Sono stati entrambi assunti per lo stesso scopo.- suppose la ragazza.
- Dalla compagnia Amestris, oppure soltanto dalla donna?-
- In ogni caso, forse quel Kimbley ha fatto qualcosa per fare arrabbiare la compagnia o la donna...-
- Ed è venuto qui per nascondersi? Ma allora perché attirare l'attenzione seguendo Ed e Al?-
- Perché li ha riconosciuti, in qualche modo, come i figli di un suo collega... o ex-collega, o quello che è. Forse sperava che sapessero qualcosa di utile per lui.-
Ed aveva seguito tutta la conversazione con un mezzo sorriso:- Ragazzi, se per qualche improbabile ragione Ling avesse mai bisogno di guadagnarsi da vivere, potreste aprire un'agenzia investigativa. Siete proprio affiatati.-
- Già, siamo una gran bella coppia!- scoppiò a ridere Ling, mentre Lan Fan si voltava di nuovo verso lo schermo e ricominciava a battere furiosamente sulla tastiera. Ed scosse la testa, chiedendosi come facesse Ling a non avere ancora capito niente. Quei due erano un caso disperato. Se lui fosse stato innamorato di una ragazza, glielo avrebbe già detto, ma non c'era nessuno che gli interessasse. L'ultima volta che aveva provato interesse per qualcuna era ancora un bambino, ed ora lei era sicuramente...
Tentando di distrarsi da quei pensieri scuri, e dalla risata squillante che riecheggiava ai margini della sua memoria, portò una mano nella giacca per controllare l'ora, ma si bloccò improvvisamente. Gemette:- Oh no! L'orologio!-
- L'hai perso al negozio?- domandò subito Al.
Ed cercò di ricordare:- No, penso di averlo lasciato al lavoro. Adesso mi toccherà andare allo spazioporto a riprenderlo...-
- Oppure potresti recuperarlo domani, no? E' meglio se riposi, hai respirato parecchio fumo là dentro.- suggerì Lan Fan.
- No. E' importante.- ripeté testardamente Ed.
- Vado io!- si offrì Al:-Tanto so dove lavori.-
- Potrebbe essere pericoloso con quei tipi ancora in giro.- protestò il fratello.
- So cavarmela, Ed. Non sono più un bambino.- sbuffò Alphonse:- E comunque non credo che si rifaranno vedere così in fretta dopo il caos che hanno combinato oggi.-
Ed non era ancora convinto:- Ma non è necessario...-
- Fratellone, so quanto ci tieni a quell'orologio. Ci metterò al massimo un'ora.-
Alla fine Edward cedette:- Va bene, ma non cacciarti nei guai. E se tra un'ora non sei tornato vengo a cercarti!-
- Ti preoccupi troppo, Ed.- commentò Al scuotendo la testa e dirigendosi verso la porta:- Devo solo andare a riprendere un orologio in un magazzino, in che guai potrei cacciarmi?-
Edward sospirò:- Non so, ma ho una brutta sensazione.-
 
***
 
May stava cominciando a sentirsi a disagio. Si era divertita a girare per lo spazioporto spiegando a Xiao Mei che cosa era quel posto, ed indicandole le astronavi, ma ora aveva la sensazione che qualcuno la stesse osservando. Si guardò attorno, ma non notò nessuno.
- Xiao Mei, adesso è ora di tornare a casa.- sussurrò. L'animale, che aveva lasciato lo zainetto e si era appollaiato sulla spalla della ragazzina per vedere meglio in giro, si limitò a sbadigliare. A quanto pareva non era abituata ad andare in giro, ed ora stava per addormentarsi. In effetti anche May era piuttosto stanca, e poi non voleva far preoccupare eccessivamente la sua famiglia. Avrebbe dovuto trovare un modo per nascondere Xiao Mei e non farsela portare via, ma questo non sarebbe stato troppo difficile. Poteva farla scivolare in giardino attraverso quella vecchia grata che Ling le aveva mostrato, e poi presentarsi all'ingresso principale. Se qualcuno l'avesse vista, l'avrebbe scambiata per un innocente gattino.
- Va bene, torniamo al tram...- sussurrò May, cercando di orientarsi e ricordarsi da che parte era la fermata. Non aveva molte occasioni di andare in giro da sola, e di sicuro non in quella zona. Sospirò, chiedendosi ancora una volta cosa si fosse messa in testa per scappare così. Era stata una decisione impulsiva ed irrazionale, che non riusciva a spiegare neppure a se stessa.
Era meglio sbrigarsi, se voleva tornare a casa prima che facesse buio, visto che ormai era già sera. Era quasi certa che quella fosse la direzione giusta, si ripeté, imboccando un vicolo un po' più stretto degli altri. Le pareti degli edifici erano tappezzate di vecchi manifesti sbiaditi, al posto degli schermi video o degli annunci olografici che si potevano vedere nelle zone più eleganti. Al suolo erano sparsi rifiuti e pezzi di lamiera. Dopo pochi metri, si accorse con un tremito che non c'era nessun altro intorno a lei. Forse aveva sbagliato strada. Sì, decisamente, di fronte a lei vedeva soltanto uno spiazzo in cui stava una vecchia astronave malmessa. Si voltò per tornare indietro.
E si ritrovò la strada bloccata da un uomo. L'uomo del negozio. Quello con il completo bianco.
- Buonasera, signorina. Credo che tu abbia qualcosa che mi appartiene... sulla spalla.-
 
***
 
Alphonse gettò un'occhiata al cielo: c'era ancora luce, ma ormai era sera. Certo, quella parte dello spazioporto era ben illuminata, ma non gli piaceva lo stesso frequentarla così tardi. Però sapeva quanto Edward ci tenesse a quell'orologio. Era l'unico oggetto che li legava alla loro vecchia vita, tutto quello che avevano per ricordare la loro casa. Loro madre. Loro padre. Chi avrebbe mai pensato che un orologio trovato per caso in una valigia e riaggiustato solo per gioco potesse diventare così importante? Non era stato altro che un giocattolo per loro, un oggetto di cui non conoscevano neanche la provenienza e su cui potevano immaginare le storie più esotiche. Ora, invece, Edward se lo rigirava distrattamente tra le mani ogni sera, con delicatezza, ed Al stava a guardarlo incantato, perdendosi nelle incisioni astratte che ne decoravano il coperchio e cercando di decifrarle. Il ragazzo sospirò, chiedendosi se avrebbero mai scoperto la vera storia di quell'oggetto ed il motivo della sua presenza nella loro casa.
Con suo disappunto, si rese conto di avere perso il tram, partito da quella fermata neanche un minuto prima. Evidentemente ci aveva messo più del previsto a convincere il custode a lasciarlo entrare, ed a rintracciare l'orologio. Invece di aspettare lì il mezzo successivo, decise di dirigersi alla fermata vicina, sperando di essere più fortunato. Non voleva far preoccupare il fratellone, quindi era meglio tornare da lui in fretta.
Mentre camminava in fretta, passando davanti all'imboccatura di un vicolo, colse con la coda dell'occhio qualcosa di bianco. Ed un secondo dopo sentì uno strillo. Sembrava la voce di May.
 
***
 
- Quella creatura che porti sulla spalla è pericolosa. E' scappata da un laboratorio di massima sicurezza, ed ora io devo riportarla indietro. Potresti essere così gentile da restituirmela?-
La voce dell'uomo era gentile, carezzevole. Non sembrava pericoloso. Ma May non aveva intenzione di fidarsi di lui. Scosse la testa, spostando Xiao Mei tra le sue braccia e stringendo la presa intorno al corpicino che tremava senza parlare.
- No? E perché no?-
- Perché no!- strillò lei, facendo un passo indietro. Voleva girarsi e correre via, ma questo avrebbe voluto dire voltare le spalle a quell'uomo, e non le sembrava il caso di farlo.
- Allora vorrà dire che me lo dovrò riprendere da solo, non credi?- sbuffò Kimbley, annoiato dalla testardaggine di quella piccoletta viziata. Sul serio, su quel pianeta non insegnavano ai bambini ad avere rispetto per gli adulti? Che barbari.
May indietreggiò bruscamente, lasciando cadere lo zainetto per lo spavento, mentre l'uomo veniva verso di lei ed allungava una mano per afferrare Xiao Mei.
Una sagoma che compariva all'improvviso alle spalle dell'uomo, un colpo sordo sulla sua testa. Kimbley si accasciò a terra stordito.
- May! Stai bene?-
- Alphonse!- esclamò la ragazzina, mentre l'altro si affrettava a raggiungerla.
- Ti ho sentita gridare... ma che cosa ci fai qui? Dovresti essere a casa tua!-
- Uhm, già. E' una lunga storia.- borbottò lei. Poi si accorse che l'uomo si stava già rialzando.
- Non l'ho colpito molto forte. E' meglio se corriamo!- suggerì Al, prendendo per mano May. Poi si bloccò di colpo, vedendo qualcuno che arrivava all'estremità del vicolo. Sembrava uno degli uomini di prima.
- Dall'altra parte!- sussurrò, tirandosi dietro May verso l'astronave che si vedeva all'altra estremità del vicolo. Gettandosi un'occhiata alle spalle, vide che Kimbley si era già rialzato. I due ragazzi fecero il giro dell'astronave, ed a quel punto May lo vide. Un portello aperto.
- Qui dentro! Possiamo nasconderci fino a quando se ne sarà andato!- bisbigliò in fretta, tirando l'altro verso l'apertura. Velocemente, i due si infilarono a bordo, trovandosi nella stiva dell'astronave, ingombra di casse. Si nascosero dietro ad una pila di contenitori, senza osare sporgere la testa. May stava aggrappata al corpo metallico di Al con tutte le sue forze, con Xiao Mei accoccolata in grembo che tremava ancora.
Per alcuni lunghi momenti non accadde nulla, poi si sentì un cigolio, ed infine un pesante tonfo metallico. Al si azzardò a sbirciare fuori. La porta della stiva era chiusa. Pochi attimi dopo, il pavimento cominciò a tremare, mentre i motori dell'astronave si accendevano.
 
***
 
Kimbley sospirò, spazzolandosi via la polvere dal vestito. Non riusciva ancora a credere di essersi fatto colpire alle spalle da un cyborg che, a giudicare dalla voce, doveva avere tredici o quattordici anni. E soprattutto, non poteva credere che gli fossero sfuggiti. Dovevano essersi infilati nella stiva dell'astronave, si disse. Non pensava che sarebbero stati così incoscienti da rifugiarsi su una nave che stava per partire, ma forse avevano pensato di poter uscire in tempo. L'uomo si aggiustò il cappello in testa ed alzò le spalle: era andata così. Ora il gioco si faceva sicuramente più complicato. Sarebbe stata una sfida interessante.
 
***
 
- Allora, si può sapere dove sei stato?- domandò aggressivamente Envy appena Greed rientrò nella camera dell'albergo.
- A bere. C'è un locale da queste parti dove fanno dei cocktail deliziosi.-
- Come fai a perdere tempo così? Non ti rendi conto che ogni momento che passa...-
- Envy, perché hai tanta fretta di ritrovare Kimbley?-
- Perché il Padre gli ha promesso di restituirgli il suo giocattolo preferito se lo farà, vero, Envy?- rispose al suo posto Lust, uscendo dal bagno dell'albergo coperta da un lungo accappatoio.
- Non è un giocattolo.- borbottò lui guardando da un'altra parte.
Greed sogghignò: per un attimo si chiese se avrebbe dovuto accennare al fatto di aver visto Kimbley allo spazioporto, poi optò per il silenzio. Non voleva certo sentirsi chiedere perché non avesse fatto nulla per fermarlo. In fondo, più durava quella missione, e più alto sarebbe stato il suo compenso, no? E poi era divertente vedere i suoi fratelli che si infuriavano.
E soprattutto, non aveva la minima intenzione di aiutare quel bastardo che una volta aveva chiamato Padre. Lui poteva anche averlo costretto a tornare al suo servizio per un po', ma Greed non vedeva ragioni per fare qualcosa di più di quello per cui l'aveva pagato.
Con uno sbuffo di derisione all'indirizzo dei suoi compagni di camera, si diresse a sua volta verso il bagno e si infilò sotto la doccia, assaporando la sensazione dell'acqua calda sul suo corpo. Quell'albergo era decisamente confortevole, anche se non aveva tutti i lussi che lui avrebbe desiderato. Ma quella era un'operazione che andava gestita con molta discrezione, e quindi non potevano certo alloggiare nell'hotel più in vista della città.
In ogni caso, se il Padre avesse voluto una missione svolta in modo efficiente e senza contrattempi, non avrebbe dovuto mandare Envy e Lust. Greed era certo che con la sua squadra avrebbe già recuperato la refurtiva da un pezzo. Ma quel vecchio rincitrullito lo aveva ascoltato? No, aveva preferito sguinzagliare i suoi fedelissimi cagnolini, e minacciare di mettere in prigione i sottoposti di Greed per "incentivarlo" a collaborare.
Quella doccia si stava rivelando molto meno rilassante del previsto. Cominciò a risciacquarsi rapidamente, pensando ai suoi dipendenti. Dolcetto, Roa, Bido, Martel... era certo che stavano continuando a gestire gli affari della sua organizzazione al meglio. Sapevano troppo bene quanto si sarebbe arrabbiato il loro capo se non lo avessero fatto.







 

Angolo dell'Autrice:
Eccomi qua! Stavolta sono riuscita a scrivere un capitolo più lungo, anche se non di molto. Ho tentato di inserire un po' di introspezione, ma non sono ancora soddisfatta del risultato, dovrò lavorarci parecchio. In ogni caso, la storia si sta complicando ulteriormente... che cosa succederà ad Al e May? Che cosa è in realtà Xiao Mei, e perché è così importante? Quale mistero la lega ai fratelli Elric ed a Hohenheim? E soprattutto, quando entreranno finalmente in scena Roy e Riza?
Okay... come al solito, vi invito a dirmi cosa ne pensate del capitolo, e soprattutto a segnalarmi eventuali errori. Ringrazio moltissimo Stratovella e Silvery Lugia per aver recensito il capitolo precedente, e le altre persone che seguono questa storia.
A presto!





 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO V

 
- Come mai Al non è ancora tornato? Ormai è andato via da quaranta minuti.- si lamentò Ed, passeggiando avanti ed indietro nella stanza in preda al nervosismo.
- Ed, stai tranquillo!- sospirò Ling, che si era disteso di traverso sul divanetto con le mani dietro la testa e fissava il soffitto.
- Come faccio a stare tranquillo? Là fuori ci sono dei pazzi criminali! Non avrei mai dovuto lasciarlo andare da solo!-
- Al non è più un bambino, sono sicura che saprà cavarsela.- cercò di tranquillizzarlo Lan Fan.
- Senti chi parla, tu non lasceresti fare a Ling nemmeno due metri senza di te.- borbottò il giovane.
- E' il mio lavoro!- protestò lei immediatamente. Il suono del comunicatore la salvò dall'imbarazzo. Si affrettò ad allontanarsi dagli altri due per rispondere.
Ed sbuffò, sedendosi accanto all'altro ragazzo che continuava a fissare il soffitto.
- Rassegnati, lei è fatta così. E' sempre il suo lavoro.- si lamentò Ling.
- Mi sbaglio o c'era una sfumatura di dispiacere?- commentò il biondo, con un'occhiata di maliziosa complicità che andò totalmente sprecata.
- Eh?! Cosa?- Ling si tirò a sedere di scatto, con aria confusa.
Edward annuì, momentaneamente dimentico del suo nervosismo, ostentando la sua saggezza:- Andiamo, è evidente! Dopo tanti anni, poi non c'è niente di strano.-
- Ma di cosa stai parlando, Ed?-
- Del fatto che a te lei...-
- In che senso la signorina Chang non era nell'aereomobile?-. La voce di Lan Fan giunse alzata di tono, come sempre quando era preoccupata.
- May? Cosa è successo?- esclamò Ling, balzando in piedi con un'espressione confusa. La giovane gli fece cenno di aspettare, continuando a parlare fittamente nel comunicatore a voce bassa, mentre Ling si tormentava l'orlo della manica gialla e Ed cercava di capire cosa stesse dicendo. Quando la ragazza tornò verso di loro, la sua faccia si era rabbuiata.
- Dove è May?- insistette il ragazzo moro.
Lei scosse la testa, spiegando:- Non è tornata a casa. L'aereomobile è arrivata, ma lei non era a bordo. L'autista dichiara di non essersi accorto di niente. Non sappiamo cosa sia successo, né dove sia adesso. Le ricerche sono in corso.-
- Maledizione!- gemette il ragazzo prendendosi la testa tra le mani:- E' colpa mia, avrei dovuto assicurarmi che fosse al sicuro. Se non l'avessi lasciata partire da sola...-
- Non è colpa tua, Ling.- cercò di rassicurarlo Ed, posandogli una mano sulla spalla:- Avrebbe dovuto essere al sicuro lì, non potevi saperlo.-
- Edward ha ragione. Qualsiasi cosa sia successa, tu non ne hai colpa.- confermò la giovane, aggiungendo:- Ma devo riportarti a casa adesso. Situazione d'emergenza.-
L'altro sbuffò:- Ci mancava soltanto questo. Non possiamo almeno aspettare che torni Al, così li riaccompagniamo a casa loro in aereomobile?-
- Dovrebbe essere già tornato.- notò Ed, fissando l'orologio digitale sullo schermo:- Ormai è passata quasi un'ora, non ci vuole tanto tempo per andare e tornare dallo spazioporto. E se gli fosse successo qualcosa? E se quelli psicopatici lo avessero rapito?-
- Aspettiamo ancora un po', magari ha soltanto perso il tram.- suggerì Ling, poco convinto.
- Se non torna entro cinque minuti vado a cercarlo.-
 
***
 
- Siamo nei guai.- commentò stancamente Al, seduto con la schiena appoggiata ad una cassa.
- Perché nessuno ci sente? Dovrebbe esserci almeno un interfono nella stiva! Dobbiamo riuscire a comunicare con l'equipaggio, così ci riporteranno indietro!- esclamò May, che stava esplorando lo spazio in cui si trovavano. Non aveva ancora trovato nessun mezzo di comunicazione, ma non intendeva arrendersi. Era tutta colpa sua se ora si trovavano in quella situazione, se non avesse deciso di scappare dall'aereomobile nulla di quello sarebbe successo, ed ora lei e Al sarebbero stati al sicuro. Voleva a tutti i costi trovare una soluzione, così magari sarebbe riuscita a farsi perdonare, almeno un po'. Non voleva che il suo migliore amico pensasse che lei era una ragazzina viziata capace solo di combinare danni.
Uno scossone improvviso la fece scivolare sul pavimento.
- Probabilmente stiamo già uscendo dall'atmosfera.- notò Alphonse:- Questa astronave deve essere abbastanza vecchia, per non avere degli stabilizzatori. E pare che non abbia neppure un sistema di comunicazione interno. Potrebbe addirittura essere un modello per una singola persona.-
- Intendi dire che potrebbe esserci solo il pilota a bordo?-
- Forse. La stiva non è molto grande, se ci fai caso.-
- E adesso cosa facciamo?-
- Ci deve essere un modo per aprire la porta dall'interno.- rispose lui, alzandosi e dirigendosi verso una delle pareti metalliche, dove si trovava una porta.
- E quando saremo fuori, potremo chiedere al pilota di riportarci indietro!- completò May soddisfatta, aggiungendo:- Saremo di ritorno a casa in pochissimo!-
Al sperò che il suo ottimismo fosse giustificato. Dentro di sé, però, qualcosa gli diceva che non sarebbe stato così facile.
- A proposito...- proseguì, mentre cercava il pannello di apertura della porta:- Che cosa è quell'animale che ti porti dietro? Un gatto strano?-
- Non ne sono sicura...- rispose esitante la ragazzina:- Dice di chiamarsi Xiao Mei e di essere scappata a quell'uomo con il vestito bianco.-
- Dice?!-
- Sì, lei parla!-
Alphonse distolse la sua attenzione dalla porta, per abbassare lo sguardo sulla creaturina bianca e nera che vagava tra le casse.
- Non mi pare di averla sentita parlare.- fece notare con tono scettico.
May sollecitò:- Xiao Mei, digli qualcosa!-
L'animale si mise a sedere e la guardò con la testa inclinata di lato, poi parlò:- Non penso che servirebbe.-
- Ecco! L'hai sentita?-
- Ehm, May... io non ho sentito niente.-
- Ma ha appena parlato!- protestò lei, confusa, poi si rivolse di nuovo a Xiao Mei:- Perché non ti sente? Tu hai appena parlato!-
Si fermò per un istante a pensare, poi riprese, con esitazione:- Tu... non muovi la bocca quando mi parli. Io sento la tua voce dentro la mia testa, vero?-
Xiao Mei mosse la testa:- Penso di sì. Perché, c'è qualcosa di strano?-
 
***
 
Scar aveva pensato che si sarebbe sentito meglio una volta lasciata la superficie di quel pianeta e tutti i suoi irritanti abitanti, ma la sensazione di disagio non lo abbandonava. Era cominciata poco dopo essere uscito dal bar, mentre percorreva le strade affollate dello spazioporto diretto verso la sua nave, finalmente pronto a ripartire.
Scar si fidava delle sue sensazioni: gli avevano salvato la vita più di una volta. Quindi, se ora gli dicevano che c'era qualcosa che non funzionava, avrebbe fatto meglio a capire che cosa era. Ripercorse mentalmente la strada che aveva seguito, soffermandosi sui volti che, per un motivo o per l'altro, si erano impressi nella sua mente. Nessuno di essi gli diceva nulla. Forse quel disagio era legato a qualcosa che stava per succedere, invece che a qualcosa che aveva visto.
Distrattamente, confermò i codici di sicurezza all'astronave della compagnia Xing che controllava le navi in partenza dal pianeta appena fuori dall'atmosfera. Controllò ancora una volta i pannelli di controllo della sua piccola astronave, sistemati in modo da poter essere gestiti da una singola persona. Uno dei sensori segnalava dei movimenti nella stiva, probabilmente una delle casse si era mossa in seguito allo scossone che aveva accompagnato l'uscita dall'atmosfera. Era certo di averle fissate bene, ma la nave era vecchia, e forse alcune delle funi si erano logorate. Non poteva certo permettersi di perdere del materiale, da solo nello spazio.
Si assicurò di avere impostato una rotta lontana da ogni possibile incrocio con altre navi, e che non ci fosse nessun ostacolo in vista, poi si alzò con un sospiro dal sedile del pilota. Avrebbe fatto meglio ad andare a controllare la stiva. Dopotutto, ora che ci pensava, l'aveva lasciata aperta per qualche minuto mentre ultimava i preparativi per il decollo. Magari qualche animale, uno di quei gatti che misteriosamente sembravano infestare ogni spazioporto della galassia, era riuscito ad entrare ed ora stava miagolando disperatamente.
 
***
 
- Vado a cercare Al.- sbottò Ed, scattando in piedi all'esatto scadere dei cinque minuti ed infilandosi rapidamente la sua giacca rossa.
- Noi ti accompagniamo.- annunciò prontamente Ling:- Sto cominciando a preoccuparmi anche io per lui. L'aereomobile della Compagnia ormai dovrebbe essere arrivata, ci accompagneranno allo spazioporto.-
- Le istruzioni sono di...- provò ad obiettare Lan Fan, bloccandosi a metà frase per poi alzare le spalle. Commentò:- In ogni caso non riuscirò a farti cambiare idea, Ling, quindi meglio partire subito. Anche perché Edward è già fuori dalla porta.-
Circa un quarto d'ora dopo, i tre ragazzi si trovavano allo spazioporto. Avevano lasciato indietro l'aereomobile e si erano diretti a piedi verso il magazzino dove Ed lavorava, sperando di trovare qualche traccia di Alphonse. Ed, anche se era più basso dei suoi due compagni, camminava così in fretta da costringerli ad accelerare continuamente il passo per seguirlo. La sua mente ribolliva di pensieri che cercava faticosamente di tenere a bada: preoccupazione per Al, paura per quello che avrebbe potuto succedere al suo fratellino, speranza che dopotutto non fosse successo niente, rabbia contro coloro, chiunque fossero, che li avevano presi di mira, rabbia contro se stesso per aver permesso ad Al di uscire da solo. Il ragazzo si ripromise di non perderlo più di vista. Quattordici anni o no, cyborg o no, Al sarebbe sempre rimasto il suo fratellino, e doveva assolutamente continuare a prendersene cura.
Mentre pensava, Ed continuava a guardarsi attorno, nella speranza di notare qualche traccia del fratello, ma senza successo. Almeno fino a quando sentì Ling trattenere un'esclamazione e lanciarsi di corsa verso l'imboccatura di un vicolo, seguito a ruota dalla sua guardia del corpo. Raggiungendoli, anche Ed notò l'oggetto di colore rosa che l'altro aveva raccolto dal suolo.
- E' lo zainetto di May, vero?- domandò, perplesso:- Ma che cosa ci fa qui?-
- Non ne ho idea...- ammise Ling:- Che motivo avrebbe avuto mia sorella di venire allo spazioporto? E se qualcuno l'avesse rapita, perché lasciare una traccia così evidente?-
Lan Fan si diresse rapidamente ad ispezionare l'altra estremità del vicolo, poi, quando i due maschi la raggiunsero, riferì:- C'è solo un posteggio per una piccola astronave, vuoto. La nave deve essere appena partita, il terreno è ancora caldo. Possiamo identificarla usando i registri della sicurezza.-
- Ottimo! Finalmente una buona notizia.- esclamò Ling.
Ed nel frattempo si era chinato verso un oggetto che luccicava a terra a qualche metro di distanza. Si rialzò, stringendo nel pugno chiuso un orologio d'argento dall'aria antica.
- Al era qui. Ha lasciato cadere il mio orologio.- dichiarò piattamente, con un'espressione indecifrabile in cui si mescolavano il sollievo per quella traccia miracolosamente ritrovata e la preoccupazione sempre più acuta per il fratello.
- Quindi, è probabile che Al e May siano insieme.- concluse Lan Fan:- Almeno questo è rassicurante.-
- C'è un altro posteggio qui accanto, e c'è un'astronave. Forse hanno visto qualcosa.- congetturò Ling, dirigendosi verso la barriera che separava i due spazi.
L'astronave che stavano osservando era un piccolo modello piuttosto antiquato, ed evidentemente aggiustato più di una volta, ma sembrava in buone condizioni. Una delle paratie era stata smontata ed ora giaceva al suolo, esponendo alla vista gli ingranaggi del motore. Dai rumori metallici che provenivano dall'interno, pareva che qualcuno lo stesse aggiustando.
In un primo momento i ragazzi non notarono la piccola figura accomodata su una sedia pieghevole accanto all'astronave. Se ne accorsero solo quando una voce anziana domandò:- Come posso esservi utile, ragazzi?-
Una signora di bassa statura, con una crocchia di capelli grigi ed un ampio grembiule chiaro, li stava scrutando attraverso un paio di occhialetti tondi. Per un attimo tutti e tre rimasero a fissarla, poi Ed balbettò con voce strozzata:- Z-zia Pinako?-
- La conosci?- domandò stupito Ling, ma prima che l'altro aprisse bocca un'altra voce femminile, proveniente dall'interno dell'astronave, chiese:- Ehi, nonna, c'è qualcuno con te?-
Un attimo dopo, una testa bionda coperta da una bandana rossa fece capolino dall'apertura, e due occhi azzurro cielo rimasero sgranati appena si posarono su di loro.
- Ed?-
- Winry? Ma come è possibile?- domandò il ragazzo, sentendosi sul punto di cadere per terra.
La ragazza bionda balzò agilmente a terra, rivelando un top nero e pantaloni blu da meccanica. Rimase immobile, con le mani sui fianchi, per qualche secondo, poi strillò:- Edward Elric, brutto cretino, pensavo che fossi morto! Come hai osato sparire così? Hai idea di quanto ho pianto per te e Al, negli ultimi sette anni? Sei solo un idiota!-
Ling e Lan Fan si scambiarono un'occhiata perplessa, poi allargarono entrambi le braccia, senza capire niente.
- Io pensavo che tu fossi morta! Dopo l'inizio dell'epidemia, non ti ho più vista!- stava gridando intanto Edward. Per qualche secondo la preoccupazione per Al fu soppiantata dalla confusione di rivedere quello spettro del suo passato, viva ed in buona salute.
- Credo che qui ci vogliano delle spiegazioni.- commentò placidamente la vecchietta, estraendo dal grembiule una pipa ed accendendola. Ling e Lan Fan concordavano totalmente.
 
***
 
- Colonnello, c'è un'astronave vicino alla nostra rotta.-
- Che genere di astronave?- chiese subito Mustang, alzando lo sguardo dal pannello di controllo che stava esaminando insieme a Riza.
- E' soltanto una piccola nave monoposto.- lo tranquillizzò Havoc:- Sto correggendo la rotta per non incrociarla.-
- Probabilmente anche loro hanno cercato una rotta poco frequentata.- commentò il tenente Hawkeye:- Niente di cui preoccuparsi.-
- Probabilmente no.- convenne il comandante:- Furey, qualche messaggio dall'altra nave?-
- Niente, colonnello Mustang. Devo aprire un canale di comunicazione?-
- No, lasciamo stare. Manteniamoci a distanza di sicurezza e continuiamo per la nostra strada. Con la fortuna che abbiamo oggi, non so proprio cosa potrebbe succedere.-






Angolo dell'Autrice!

Eccomi qua con un altro capitolo... non è lungo e non succede molto, lo so, ma non voglio "accumulare" troppi avvenimenti in un colpo solo, anche perché altrimenti non avrei più nulla da scrivere XD
Allora... colpo di scena! Finalmente è comparsa anche Winry. Nel prossimo capitolo saprete di più sulla sua storia e su quella di Edward, ed inoltre, come anticipato dalla piccola scena finale, anche l'equipaggio della Ishval avrà finalmente un po' più di spazio.
Ringrazio moltissimo Silvery Lugia che ha recensito il capitolo precedente, ed ovviamente tutte le persone che stanno seguendo questa storia. Per favore, fatevi sentire e ditemi cosa ne pensate di questo pezzo! So che non è granché, ma per me sarebbe davvero importante ricevere il vostro parere.
Detto questo, tanti saluti a tutti ed arrivederci al prossimo capitolo!


Melanita





 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO VI

 
- May, va tutto bene?- domandò Al preoccupato. La ragazzina non aveva detto più niente da un paio di minuti, limitandosi a stare seduta sul pavimento con aria sconvolta. Sembrava sul serio convinta che quel batuffolo di pelo bianco e nero le avesse parlato tramite il pensiero. Lui non riusciva a decidere cosa credere: certo, non aveva mai sentito parlare di animali telepatici, ma d'altra parte May di solito non diceva bugie, né inventava storie per attirare l'attenzione. Sperò che la sua amica non stesse male: non avrebbe proprio saputo cosa fare, isolati come erano su un'astronave in volo. Se May cominciava a soffrire di allucinazioni, avrebbero dovuto rivolgersi ad un medico il prima possibile. Fu in quel momento che un ronzio proveniente dalla porta lo fece voltare. Stava arrivando qualcuno, finalmente! Ora avrebbero potuto trovare una soluzione a quella situazione complicata.
La porta si aprì con un cigolio, ed un uomo con un lungo cappotto entrò nella stiva. Era una figura alta e muscolosa, con corti capelli bianchi e carnagione scura, e Al notò con una certa inquietudine che aveva degli strani, penetranti occhi rossi, in quel momento fissi su di loro, ed una profonda cicatrice sul viso. Aveva un'espressione molto dura. Il ragazzo sapeva che doveva essere uno strano spettacolo, per quell'uomo, trovare nella sua stiva un cyborg, una ragazzina ed un animale sconosciuto, ma si augurò fervidamente che li lasciasse parlare. Magari, nonostante quell'aspetto non proprio rassicurante, era una brava persona.
- Chi siete e che cosa ci fate sulla mia nave?-
 
***
 
- Come fate voi a conoscervi?- domandò Ling, spostando lo sguardo tra i due biondi che si stavano ancora fronteggiando.
- Winry abitava a Resembool, il pianeta in cui sono nato. I suoi genitori lavoravano in un centro di ricerca medica della compagnia Amestris, ed erano amici di mia madre.- spiegò Edward.
- Da piccoli giocavamo sempre insieme. Io, Ed e Al.- aggiunse Winry. Subito spalancò gli occhi ed esclamò:- Ma dove è Al? Lui sta bene, vero?-
- Non è morto nell'epidemia, se è questo che intendi.- la rassicurò il ragazzo, ma subito dopo sospirò:- Non so dove sia adesso. E' sparito da circa un'ora, e pensiamo che potrebbe essere stato rapito e portato sull'astronave che è appena decollata dal posteggio accanto a questo. Voi avete visto qualcosa?-
La giovane si morse le labbra, tentando di ricordare, poi scosse la testa delusa:- Mi dispiace, Ed. Ero andata a comprare dei pezzi di ricambio per la Rockbell, e quando sono tornata l'altra astronave era già partita. Non ricordo neppure come si chiamava.-
- Avete visto qualcuno di sospetto? Magari un uomo con un completo bianco?- intervenne Lan Fan.
- Io ho visto l'uomo vestito di bianco.-
Tutti si voltarono verso l'anziana signora, che si era tolta la pipa di bocca.
- L'ho visto mentre tu non c'eri, Winry. E' venuto da questa parte subito dopo la partenza dell'astronave, penso che stesse osservando il decollo. Se ne è andato in fretta, senza rivolgermi la parola. Aveva un sorriso molto strano. Quell'uomo non mi ispira niente di buono.-
- E' pericoloso.- confermò Ed, con una smorfia:- Ha già tentato di assalire me e Al, oggi.-
Ling cambiò argomento:- Avete per caso visto una ragazzina? Ha i capelli neri raccolti in treccine ed un vestito rosa. E' sparita anche lei.-
Pinako scosse la testa, mentre Winry aggrottò le sopracciglia, pensierosa:- Una ragazzina con il vestito rosa? Ce n'era una che girava per lo spazioporto prima... aveva un animaletto con sé, una specie di gatto bianco e nero.-
- May non aveva nessun animale.- commentò Ling.
- Potrebbe aver raccolto un gatto per strada. Non sarebbe la prima volta.- replicò Lan Fan. Estrasse rapidamente il comunicatore dalla cintura, dichiarando:- Devo riferire queste informazioni alla sicurezza, così sapranno come indirizzare le ricerche.-
- E tu cosa saresti, una specie di poliziotto?- domandò scettica Winry, squadrando il completo nero dell'altra giovane.
- No, Lan Fan è la mia guardia del corpo.- intervenne immediatamente Ling.
- E tu saresti...?-
- Ling Yao è un mio amico.- spiegò Ed:- La bambina scomparsa, May Chang, è la sua sorellastra.-
- Mi chiedo dove sia adesso.- borbottò stancamente l'altro:- Anche se probabilmente lo so già. In un mare di guai.-
 
***
 
- Mi chiamo Alphonse Elric, e lei è May Chang. Siamo entrati nella stiva per errore e la nave è decollata prima che potessimo uscire. Ora vogliamo solo tornare a terra il prima possibile.-
Scar squadrò il cyborg dalla voce infantile che stava seduto sul pavimento, appoggiato alle casse, poi il suo sguardo passò alla bambina che lo stava fissando di rimando, ed infine si posò sulla creatura bianca e nera che gli si era accostata ed ora stava tastando con la zampa la punta del suo stivale. Non sembravano particolarmente pericolosi, ma questo non significava che lui si sarebbe fidato di loro.
- Ci può riportare a casa, signore?- lo supplicò la ragazzina.
- No. Ormai abbiamo lasciato il pianeta.-
- Per favore! Mio padre le darà sicuramente una ricompensa!- insistette lei.
- E chi sarebbe tuo padre?- domandò Scar, incuriosito suo malgrado.
- Il direttore Yao!- affermò con sicurezza la bambina.
Scar analizzò la nuova informazione. Questo non andava bene: se la piccola era figlia di una persona così importante, probabilmente erano già scattate le ricerche per ritrovarla. Avrebbe potuto ritrovarsi con una decina di navi pesantemente armate intorno ancora prima di poter spiegare la situazione. Peggio ancora, avrebbero potuto svolgere delle ricerche sul suo passato e trovare tracce dei lavori non proprio legali in cui era stato coinvolto. Non ci sarebbe voluto molto per ritrovarsi condannato ad anni di lavoro forzato su un asteroide minerario.
Tornare sul pianeta quindi era fuori discussione, avrebbe dovuto rispondere a troppe domande. Andarsene portando con sé quei due, d'altra parte, equivaleva ad un'accusa di rapimento. Scar prese la sua decisione:- Voi due, seguitemi. Ragazzina, riprenditi questo gatto.-
Si avviò a grandi passi lungo il corridoio dell'astronave, seguito dai due clandestini. Rifletté sull'unica soluzione che gli era venuta in mente, e si confermò nella convinzione che fosse l'unica cosa da fare. Dopotutto, era la via più sicura anche per loro.
- Entrate qui.- ordinò, fermandosi bruscamente davanti ad una porta blindata su un lato del corridoio e digitando il codice di apertura.
- Perché? Cosa ha intenzione di fare?- domandò preoccupato Alphonse, mentre May si rifugiava dietro di lui.
- E' solo una capsula di emergenza. La espellerò in direzione del pianeta. Una nave la individuerà sicuramente in pochi minuti, dopodiché vi riporterà a casa. Problema risolto.-
- Non sarà pericoloso?- chiese May, impaurita dalla prospettiva di essere lanciata nello spazio.
- La capsula ha aria a sufficienza per qualche giorno, e siamo ancora nelle vicinanze del pianeta. Vi soccorreranno prima ancora che abbiate il tempo di annoiarvi.-
- Perché non ci può riportare direttamente sul pianeta? Non ci siamo ancora allontanati molto, lo ha detto lei!- insistette la ragazzina.
Perché non ho intenzione di finire in carcere per il resto della mia vita, avrebbe voluto rispondere Scar, ma si limitò ad ignorare la domanda e spalancare la porta, invitando con un gesto brusco i due ragazzi ad entrare nella capsula.
- Forse è meglio fare come dice.- suggerì Al, in tono dubbioso:- Dopotutto ha ragione, ci sono sempre navi in orbita intorno al pianeta.-
Vide che May si mordicchiava le labbra, preoccupata, e cercò di mostrarsi fiducioso:- Non preoccuparti, May. Andrà tutto bene, e poi saremo insieme. Non succederà niente di male.-
Entrò nella capsula, sistemandosi in modo che ci fosse abbastanza spazio per tutti e due. May annuì ed attraversò a sua volta la porta di metallo. Un pensiero improvviso la spinse a voltarsi di nuovo per domandare:- Signore... non ci ha ancora detto come si chiama.-
- Scar. Adesso muovetevi.-
- Grazie mille, signor Scar! Arrivederci!- esclamò May, infilandosi a bordo.
- Grazie!- le fece eco Al, mentre Scar richiudeva il portello ed impostava i codici per sganciare la capsula. Entro qualche secondo, quel problema sarebbe stato perfettamente risolto.
 
***
 
- Colonnello, l'astronave ha appena sganciato una capsula di emergenza!- esclamò Riza.
- Una capsula d'emergenza? Ha lanciato qualche segnale?-
- Nessuna trasmissione, signore.- rispose subito Furey:- E' strano... se hanno dovuto abbandonare la nave, avrebbero dovuto come minimo lanciare una richiesta di soccorso.-
- Inoltre la nave sta cambiando rotta ed aumentando la velocità. Penso che vogliano allontanarsi da qui più in fretta possibile.- aggiunse prontamente Riza.
- Forse hanno scaricato qualche rifiuto illegale?- propose Havoc, stiracchiandosi sul sedile del pilota. Scosse la testa, rispondendosi da solo:- No, troppo vicini al pianeta. Sarebbero andati nel campo di asteroidi da cui stiamo arrivando noi per fare una cosa del genere.-
Roy si alzò dalla sedia al centro della sala comandi, e sorrise:- Beh, c'è un unico modo per saperlo. Tenente Havoc, avviciniamoci alla capsula. Tenente Hawkeye, preparati a portarla a bordo.-
Il pilota ed il primo ufficiale annuirono prontamente, preparandosi ad eseguire i comandi. Il colonnello fissò lo schermo senza vederlo davvero, chiedendosi cosa ci potesse essere in quella capsula. Vista la giornata, sicuramente altri problemi. Forse sarebbe stato più ragionevole lasciarla a fluttuare nello spazio, dove qualche altra nave l'avrebbe recuperata in breve tempo. Ma la strada che aveva scelto per se stesso molto tempo prima non era quella della ragionevolezza, e dopo il modo brusco in cui era finita la sua carriera militare, non aveva niente da perdere a rischiare qualcosa.
No, si corresse guardandosi attorno, aveva ancora molto da perdere. Havoc, Fuery, Breda, Falman... Hawkeye. I suoi uomini, quelli che lo avevano seguito anche dopo il disastro di Ishval, quelli che gli avevano dato la forza di andare avanti. Loro avevano fatto di tutto per lui, e lui avrebbe fatto di tutto per loro. Soprattutto per una di loro, pensò, mentre i suoi occhi si posavano sulla bionda tenente e sulle sue mani che si muovevano agilmente sui comandi, quelle stesse mani che aveva visto tante volte stringere una pistola e che in almeno un paio di occasioni lo avevano preso a schiaffi. Sorrise amaramente, confrontando quella sagoma così familiare, sempre al suo fianco, con le figure sfocate e volatili delle donne che gli facevano compagnia per una serata o poco più. Forse, dopotutto, non aveva ancora imparato a rischiare davvero.
- Capsula agganciata, signore. La porto nell'hangar.-
 
***
 
- E così... cosa ci fai qui?- domandò Ed, imbarazzato, rivolgendosi alla sua amica d'infanzia. Da bambina era stata carina, ma crescendo era diventata ancora più bella di come la ricordasse.
- Quando l'epidemia è cominciata, i miei genitori mi hanno affidato a nonna Pinako. Loro non hanno voluto lasciare il pianeta, dicevano che come medici era loro dovere cercare una cura. Lei mi ha portato sulla sua astronave e mi ha insegnato i rudimenti della meccanica, e da allora giro per i pianeti. C'è sempre lavoro per un bravo meccanico in questa galassia.- spiegò in breve la ragazza, seduta a terra a gambe incrociate contro una delle paratie.
Ling e Lan Fan se ne erano andati da pochi minuti, nonostante le proteste del giovane, mentre una squadra della sicurezza ispezionava il posteggio vicino alla ricerca di qualche indizio ulteriore ed un paio di agenti interrogavano l'imperturbabile Pinako. Ed e Winry erano rimasti soli, seduti uno accanto all'altra accanto all'astronave.
Dopo un attimo di silenzio, lei si riscosse:- E tu? Come siete finiti, tu e Al, così lontani da Resembool?-
Edward si incupì, abbassando lo sguardo, e cominciò:- E' complicato. Dopo la morte di nostra madre, Hohenheim è venuto a prenderci. Entrambi eravamo già stati infettati dal morbo, così ha fatto ricorso a misure molto drastiche per salvarci.-
Si scoprì il braccio, esponendo agli occhi sgranati di Winry la protesi di metallo, poi fece altrettanto con la gamba, proseguendo:- Un braccio ed una gamba per me, tutto il corpo per Al. Non lo riconosceresti neppure, probabilmente. Comunque, durante l'operazione eravamo sotto anestesia, quindi non ricordo molto. So solo che quando ci siamo risvegliati ci trovavamo nella stiva di una nave cargo, lontani da Resembool e da tutto quello che conoscevamo. Avevamo i nostri vestiti, un po' di denaro e niente altro, e soprattutto nessuna idea di dove fossimo o dove fosse finito nostro padre. Quando ci hanno trovati, abbiamo lavorato sulla nave per pagarci il viaggio, poi siamo scesi qui e ci siamo impegnati per ricostruirci una vita. Io lavoro in un magazzino allo spazioporto, e anche Al fa qualche lavoretto ogni tanto. Non ce la passiamo male, insomma.-
Winry annuì, con un sorriso malinconico:- Sono davvero contenta di rivederti. Ero sul serio convinta che foste morti nell'epidemia. Sai, due anni fa ho convinto la nonna a tornare su Resembool. Non è rimasto nessuno di quelli che abitavano lì insieme a noi. Ora ci sono solo pochi stabilimenti della compagnia Amestris, un centro di ricerca e poche abitazioni per i dipendenti... non è più lo stesso pianeta. Ce ne siamo andate dopo due giorni, non riuscivo a sopportarlo.-
Edward notò gli occhi lucidi della ragazza, e fece per allungare una mano per consolarla, poi si fermò, incerto. Borbottò:- Mi dispiace.-
Winry si passò una mano sul viso, sforzandosi di sorridere:- E che cosa mi dici dei tuoi amici? Come li hai conosciuti?-
- Chi, Ling e Lan Fan? Beh, ho conosciuto Ling pochi mesi dopo essere arrivato. Io stavo facendo la spesa e lui stava scappando di casa, ci siamo scontrati e poi siamo scappati dalla sicurezza insieme... io allora non avevo tutti i documenti di soggiorno in regola, e pensavo che lui fosse nella mia stessa situazione. Io e Al lo abbiamo ospitato nel buco dove stavamo allora per due giorni, prima di scoprire che era il figlio del direttore generale del pianeta! E non hai idea di quanto mangi quell'ingordo!-
Era riuscito a farla ridere, e questo pensiero lo fece sentire stranamente leggero, così continuò:- Lan Fan è arrivata circa un anno dopo. E' la nipote del capo della sicurezza planetaria, il generale Foo, e lui se ne è occupato da quando i suoi genitori sono morti. Quando il generale aveva una riunione con il direttore Yao, qualche volta lei rimaneva a giocare con Ling, e dopo un po' lui ha cominciato a coinvolgerla nelle sue... uscite non programmate, diciamo.-
- E come è diventata la sua guardia del corpo?-
- Allora... un giorno Ling l'aveva convinta ad andare a fare un giro fuori città. Io e Al avevamo trovato un lavoro che ci teneva occupati tutto il giorno in quel periodo, così erano solo loro due. Insomma, dei delinquenti hanno notato la situazione, riconosciuto Ling e deciso che il figlio del direttore generale avrebbe fruttato un bel riscatto. Lui è riuscito a scappare solo grazie all'aiuto di Lan Fan, e così è saltato fuori che suo nonno la stava facendo addestrare nelle arti marziali e nell'uso delle armi da anni. Quando il direttore Yao ha saputo cosa era successo, è stato più che disposto ad accontentare la richiesta di Ling di assumerla come guardia del corpo personale, anche se era giovanissima. Da allora quei due sono inseparabili.-
- Stanno insieme?-
- Come?- Edward rimase perplesso per un momento, poi scoppiò a ridere:- Te ne sei già accorta anche tu, vero? No, di sicuro si piacciono parecchio, ma Lan Fan non lo ammetterebbe mai e Ling forse non lo ha ancora capito; finché nessuno dei due troverà il coraggio di parlare, rimarranno lì a recitare la storia del principe e della guardia del corpo.-
Winry ridacchiò di nuovo:- Anche noi da bambini giocavamo alla principessa ed ai cavalieri, ti ricordi?-
- E come potrei dimenticarlo? Alla fine la principessa mi picchiava sempre!- protestò il ragazzo.
Le risate dei due amici si alzarono nel cielo ormai scuro.



 

Angolo dell'Autrice:
Eccomi di nuovo qui... ho avuto parecchie questioni di carattere universitario da risolvere, quindi questo capitolo arriva un po' in ritardo ed è piuttosto corto. Non l'ho neanche ricontrollato benissimo, quindi qualche errore sarà sicuramente rimasto. Se ve ne accorgete, fatemeli notare per favore!
Dunque, questo capitolo è un po' noioso, sono la prima ad ammetterlo. Non succede molto, però è indispensabile per la trama, e soprattutto si scopre qualcosa sul passato dei personaggi. Come ho già detto la volta scorsa, non voglio accumulare troppi avvenimenti, preferisco che la storia si sviluppi un po' per volta.
Temo che anche il prossimo capitolo sarà piuttosto corto, ma già da quello successivo la storia riprenderà un ritmo un po' più incalzante, quindi per favore non abbandonatemi! E soprattutto, datemi il vostro parere!
Grazie alle persone che hanno letto il capitolo precedente e che stanno seguendo questa storia strampalata, e tanti saluti a tutti! ^_^

Melanita




 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


 
 

CAPITOLO VII

 
- Falman, apri questa capsula.-
L'uomo dai capelli grigi annuì seriamente, iniziando ad armeggiare con l'apertura del guscio di salvataggio sotto gli occhi attenti di Mustang e Breda. Dopo pochi secondi, si raddrizzò, spalancando lo sportello.
- Operazione compiuta, colonnello. Ma cosa...-
- Cosa c'è?- scattò subito Roy, preoccupato, fiondandosi accanto al suo sottoposto in tempo per vedere una testa ornata di treccine nere che faceva capolino dall'apertura. Si fermò di scatto, confuso:- Ma che... una bambina?! Che cosa significa questo?-
- Uhm, buongiorno. Io sono May Chang, grazie mille per averci raccolto.- improvvisò la bambina, mentre scivolava fuori dalla capsula e giù per la scaletta fino al pavimento della stiva. Una palla di pelo bianco e nero la seguì immediatamente, passando tra le gambe dei due uomini stupefatti nella fretta di raggiungere la ragazzina e rifugiarsi sulla sua spalla.
Prima ancora che potessero riprendersi dallo stupore, una seconda voce balbettò:- Buongiorno... io sono Alphonse Elric.-
Roy si ritrovò di fronte un volto di metallo lucido. Dovette scostarsi di lato per permettere al cyborg di scendere dalla piattaforma e posizionarsi accanto all'altra.
Il comandante sospirò profondamente:- Potreste spiegarmi che cosa sta succedendo qui?-
- Beh...- cominciò Al:- Eravamo saliti per errore su un'astronave in partenza, e visto che il proprietario non poteva riportarci indietro ci ha lanciati nella capsula, così un'altra nave diretta sul pianeta avrebbe potuto condurci di nuovo a casa.-
- Possiamo sapere chi siete voi, per favore?- domandò cortesemente May, guardandosi attorno. Quella stiva era molto più grande di quella dell'altra nave, di sicuro non si trattava di un mezzo monoposto. C'erano anche lì pile di casse ordinatamente accatastate ed assicurate e paratie di metallo, ma il luogo sembrava molto più luminoso di quell'altro. Nonostante questo, neppure questa stiva era nuova: in alcuni punti si vedevano tracce di riparazioni e graffi lasciati dall'usura.
Al, intanto, stava osservando i tre uomini che si trovavano di fronte a loro. Tutti e tre indossavano delle uniformi blu che sembravano appartenere a qualche forza militare, ma le stoffe erano lise, come se fossero state utilizzate ormai da molti anni, e non c'erano decorazioni o distintivi che potessero indicarne la provenienza. Forse erano dei disertori di qualche esercito.
L'uomo dai capelli scuri fu il primo a rispondere:- Io sono il colonnello Roy Mustang, comandante della Ishval, la nave su cui vi trovate ora. Questi sono il tenente Heymans Breda ed il maresciallo Vato Falman.-
- Piacere di conoscervi.- replicò Al.
- Ora, purtroppo siete stati sfortunati, in quanto anche noi ci stiamo allontanando dal pianeta.-
-E non potreste cambiare rotta?- domandò May in tono di supplica.
- Purtroppo le nostre riserve di carburante sono assai scarse.-
- Potreste fare scorta lì.- obiettò Alphonse.
Il colonnello scosse la testa:- Purtroppo alcuni... motivi personali ce lo impediscono. Quindi, il problema rimane: che cosa ne facciamo di voi due?-
- Tre contando l'animale.- lo corresse Breda:- A proposito, a che specie appartiene?-
- Non lo so con esattezza.- ammise May:- Però si chiama Xiao Mei.-
Roy osservò con circospezione l'animale che si era avventurato verso di loro ed in quel momento gli stava annusando le caviglie. In effetti, ora che lo osservava bene, non era un gatto come aveva pensato all'inizio. Non aveva mai visto una creaturina del genere.
- Falman, hai mai visto un animale del genere?- domandò, incuriosito suo malgrado. Sapeva che la memoria prodigiosa del suo sottoposto gli avrebbe fornito una risposta in pochi secondi.
- No, direi di no.-
Come non detto. Doveva essere un animale parecchio raro, per non figurare nello smisurato archivio di conoscenze di Falman. Oppure qualche nuova specie: tra radiazioni, mutazioni spontanee, nuovi pianeti inesplorati ed ingegneria genetica, ne spuntavano in continuazione.
Beh, l'identità di Xiao Mei non era certo il problema principale in quel momento.
- Dunque, cosa avete intenzione di fare?- sbottò May:- Rimetterci in quella capsula in attesa della prossima astronave?-
- Impossibile.- ammise Breda, esaminando il guscio di salvataggio:- Abbiamo spezzato la chiusura ermetica per tirarvi fuori, e questi modelli non sono programmati per essere riutilizzati.-
- E noi non abbiamo capsule di riserva. Qualcuno ha detto che non erano necessarie.- concluse Falman. Roy strepitò:- Ma perché oggi ce l'hanno tutti con me?-
- Colonnello, abbiamo un problema.- lo interruppe la voce del tenente Hawkeye, dall'interfono. Il comandante si avvicinò all'apparecchio, chiedendosi cos'altro poteva essere andato storto. Riconobbe benissimo l'inflessione che la voce del suo primo ufficiale assumeva quando doveva dire qualcosa di grave. Era quasi sempre seria, ma in tanti anni di collaborazione Roy aveva imparato a distinguerne le diverse sfumature di quella serietà: quella irritata, quella preoccupata, quella causata da ricordi che nessuno di loro voleva esprimere ad alta voce, quella che mascherava il divertimento per qualche sciocchezza che lui aveva combinato.
- Alcune astronavi si stanno avvicinando. Dalle comunicazioni che Furey ha intercettato, pare che stiano cercando un'astronave, e la descrizione corrisponde a quella che ha lanciato la capsula. Dobbiamo andarcene da qui immediatamente.-
Il tenente aveva ragione, si disse Mustang. Non potevano permettersi di essere intercettati. Non con una decina di mandati d'arresto su scala interplanetaria, una nave acquistata irregolarmente e nessuna spiegazione plausibile della propria presenza lì. Quindi, che gli piacesse o no, non c'era alternativa.
- Tenente, riferisci ad Havoc di portarci via da qui alla massima rapidità possibile senza insospettire quei seccatori. Scegli la destinazione sicura più vicina, un posto dove possiamo fare rifornimento.-
- Agli ordini, colonnello.-
La comunicazione fu chiusa bruscamente, e Roy si voltò di nuovo verso gli altri.
- E noi? Come faremo a tornare a casa?- domandò Alphonse. Era sempre più convinto che quegli uomini avessero dei problemi con la legge, ma non sembravano particolarmente crudeli.
- Voi verrete con noi, non ci sono alternative.- sospirò il colonnello:- Appena saremo atterrati da qualche parte vi daremo abbastanza soldi da pagarvi un volo di ritorno.-
Dopotutto, si disse con una punta di senso di colpa, era stata sua la decisione di prendere a bordo la capsula. Se non lo avesse fatto, quei due sarebbero stati soccorsi da un'altra astronave e riportati a terra in pochissimo tempo. Quindi, in un certo senso, si sentiva responsabile della loro situazione. Toccava a lui rimediare, appena possibile.
- Nel frattempo, Falman vi troverà una cabina libera dove potrete passare il resto del viaggio. Non preoccupatevi, sarete a casa entro un paio di giorni.-
 
***
 
- Un paio di giorni?! Ma a che cosa servono tutte quelle astronavi se non sono neppure capaci di raggiungere un vecchio rottame?- esplose Ling, prendendo a calci un innocente divanetto.
- Ling, la tua preoccupazione per May è commovente, ma ora dovresti tranquillizzarti- tentò di calmarlo Lan Fan, compostamente seduta su un altro divanetto azzurro. I due si trovavano in uno dei salotti dell'immensa residenza di famiglia, una stanza di forma circolare. Lungo metà della parete era allineato un semicerchio di piccoli divani sintetici, in raffinati colori pastello, intervallati da tavolini trasparenti, mentre l'altra metà era occupata da uno schermo a parete intera. In quel momento lo schermo stava trasmettendo un documentario sugli animali estinti, ma l'audio era disattivato, e nessuno dei due occupanti della stanza prestava la minima attenzione alle immagini.
- Non mi sto preoccupando per May!- protestò Ling:- Sto solo dicendo che con tutti i soldi che la compagnia investe sulla difesa spaziale, dovrebbe essere un po' più efficiente! Non c'era neppure una telecamera funzionante nell'area intorno a quell'astronave!-
- Ti ho già spiegato che quella nave è uscita da qui con tutti i permessi in regola. Nel tempo che il servizio di sicurezza ha impiegato ad identificarla e diramare l'ordine di cattura, quell'astronave si era già allontanata, e non sono riusciti a rintracciarne con certezza la rotta perché utilizzava dei sistemi di occultamento delle tracce. Inoltre le navi che erano state inviate in quella zona hanno perso tempo ad inseguire un'altra astronave irregolare, che però è riuscita ad eluderle. In ogni caso le ricerche sono in corso, e la zona di controllo è stata allargata a...-
- Sì, ma rimane il fatto che ci vorranno almeno un paio di giorni per riuscire ad ottenere qualche risultato! In un paio di giorni chissà cosa potrebbe capitare a quei due!-
- Sono certa che May e Al stanno bene.- replicò l'altra, facendo del suo meglio per apparire calma e sicura di sé, anche se in realtà era tanto preoccupata quanto il ragazzo. Si stava ancora rimproverando per non aver controllato subito che May fosse effettivamente tornata a casa, e per aver permesso ad Alphonse di recarsi allo spazioporto da solo nonostante gli avvenimenti della giornata.
- Non è colpa tua.-
La ragazza alzò gli occhi, rendendosi conto con un moto di imbarazzo che Ling aveva di nuovo capito i suoi pensieri. Avrebbe dovuto stare più attenta a quello che lasciava trasparire.
- Non è colpa tua.- ripeté il ragazzo, fermandosi e sedendosi accanto a lei:- Tu sei stata fantastica come al solito.-
- G-g-grazie...- borbottò la giovane, confusa. Ma perché, perché, perché Ling doveva sempre metterla così in imbarazzo? Lo faceva apposta? Se ne accorgeva, almeno? Lei pregava fervidamente che non se ne accorgesse.
- Comunque, non ho intenzione di stare qui fermo due giorni ad aspettare notizie! Ci deve essere qualcosa che possiamo fare!- esclamò Ling, balzando di nuovo in piedi in preda ad una frenetica agitazione.
La sua guardia del corpo scosse la testa:- Non penso. Non ci rimane che aspettare.-
- E se cercassimo altre informazioni sui rapitori? Magari potremmo scoprire dove hanno portato May e Al!-
- Se ne sta già occupando il servizio di sicurezza.- obiettò lei.
Ling sbuffò, riprendendo a camminare avanti ed indietro per sfogare la sua irrequietezza. Il vero problema, ammise a se stesso, era la consapevolezza di essere totalmente inutile in quel momento. Lan Fan aveva ragione, non potevano fare niente, eppure lui non poteva rassegnarsi ad aspettare. Cercò di pensare a qualcosa da fare.
- Ho trovato! Invitiamo Ed a stare qui da noi finché Al non sarà tornato, così non dovrà rimanere da solo in quell'appartamento!-
Lan Fan sospirò:- Secondo me, Ed è rimasto all'astronave della sua amica. Pareva che avessero parecchie cose da dirsi...-
- Oh, giusto. Sarebbe un peccato interromperli. La faccia di Ed quando è comparsa quella bionda era assolutamente impagabile, avrei voluto registrarla!-
Scoppiarono a ridere entrambi. La tensione era ormai spezzata, e Ling sentiva che quell'angosciosa necessità di agire stava defluendo. Si perse per un momento a contemplare la ragazza che rideva, con la bocca nascosta dietro la mano e le spalle che sussultavano leggermente sotto la stoffa nera della divisa. Si accorse che la risatina divertita della ragazza si trasformava in uno sbadiglio prontamente represso.
- Mi dispiace, Lan Fan... ormai è tardissimo, e per colpa mia siamo ancora alzati. Dovresti andare a riposare, sai?-
- Non c'è problema. Non sono stanca.- si affrettò a ribattere l'altra. Non avrebbe mai ammesso di non essere in grado di rimanere a fianco di Ling, soprattutto non in un momento così delicato. C'era qualcosa di fragile nella rabbia impotente del giovane, qualcosa che la spingeva a volerlo proteggere ancora più di quanto facesse normalmente.
- Siamo stanchi tutti e due. Forza, a letto!- ordinò perentoriamente il ragazzo, imitando il tono serioso che suo padre usava per parlare ai dipendenti. Con un'ultima risatina, i due lasciarono la stanza diretti verso le loro camere. Le luci e lo schermo si spensero automaticamente alle loro spalle, mentre l'ultima immagine di quel documentario, un animale dal muso bianco e nero, sfumava malinconicamente nel nulla.
 
***
 
- Siete sicure che non sia un disturbo?- domandò per l'ennesima volta Edward.
- Edward, non vorrai attraversare la città da solo a quest'ora di notte!- protestò Winry, continuando a gonfiare un materasso.
- Ma fermarmi a dormire qui da voi...- tentò di obiettare il ragazzo.
- E' l'unica soluzione.- lo interruppe lei:- Smetti di protestare, oppure vuoi ricevere una chiave inglese sulla testa?-
- Smetto di protestare!- scelse immediatamente Ed, terrorizzato dall'aura minacciosa che circondava la bionda. Nonostante fossero passati molti anni, la sua testa ricordava ancora quanto fossero efficienti le minacce di Winry.
Pinako Rockbell, comodamente seduta in un angolo della cabina, aveva l'aria divertita di chi ha visto una scena abbastanza spesso da sapere cosa faranno i personaggi. Cosa che in effetti poteva essere vera, si disse Ed. Pareva proprio che non fosse cambiato niente, da quando lui e Winry erano bambini. Se ci fosse stato anche Al, sarebbe stato tutto perfetto.
- Non provare a rimettere il muso!- lo avvertì Winry, avvicinandosi a lui. Gli prese una mano tra le sue in un gesto di consolazione, sussurrando con voce più dolce:- Sono sicura che Alphonse sta bene. Vedrai che lo riporteranno qui sano e salvo.-
Ed le rivolse un sorriso di gratitudine. Era strano come anche ora, proprio come quando erano bambini, lei riuscisse a capirlo al volo e sapesse esattamente cosa dire per farlo sentire meglio. Ora che ce l'aveva di fronte, poteva sentire precisamente con quanta intensità gli fosse mancata la sua migliore amica.
Si accorse in quel momento che la mano che Winry stava ora esaminando affascinata era quella di metallo. Si sentì leggermente imbarazzato, perché in genere tentava di tenere la sua protesi artificiale il più possibile fuori dalla vista delle persone.
- E' interessante, sai?-
- Cosa?-
- Ed, credo di conoscere tutto quello che c'è da sapere sui metalli e sulle leghe, eppure questa qui ha qualcosa di... diverso.-
- In che senso?- chiese il ragazzo, spaesato da quell'improvviso cambio di argomento e vagamente deluso perché Winry pareva più interessata alla protesi che a lui.
- Tanto per cominciare, l'hai mai cambiata da quando ce l'hai? O portata a riparare?-
- No, non mi pare...- cominciò Ed.
- Ed allora, mi spieghi come può essere esattamente proporzionata a te anche ora che sei cresciuto? Insomma, non ti sei alzato molto, però...-
- Come sarebbe a dire non mi sono alzato molto?!- strepitò lui punto sul vivo, poi realizzò quale era l'informazione principale e procedette più lentamente:- Stai dicendo che questa protesi sarebbe cresciuta insieme a me? Ma è impossibile! Il metallo non cresce!-
- Non devi certo dirlo a me!- protestò la giovane:- Comunque, dovrebbe avere almeno qualche graffio, invece è perfettamente lucida. E...-
Senza preavviso, la ragazza estrasse una vite dalla cintura e punse il palmo di metallo.
- Ahio!- si lamentò Ed, sottraendosi istantaneamente al tocco della ragazza.
- E sembra collegata alle tue terminazioni nervose come le protesi più avanzate esistenti, che però non erano disponibili sette anni fa. E che comunque sono fatte in altri materiali sintetici, non in metallo.-
Edward scosse la testa, confuso da quell'accumularsi di informazioni. Effettivamente non ci aveva mai pensato, ormai quelle protesi erano una parte così integrante della sua vita da non ricordarsi quasi come fosse non averle. Però, ora che ci rifletteva, quello che Winry aveva notato subito era vero. Ed inspiegabile.
La bionda meccanica pareva immersa nei suoi pensieri. Fu la voce tranquilla dell'anziana signora, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, a riscuoterli.
- Non è una storia del tutto nuova. Si parla da molto tempo di un metallo in grado di crescere e autorigenerarsi. Un metallo vivente.-
- Oh, ma per favore, nonna!- scattò Winry, roteando gli occhi:- Quella è solo una leggenda da ubriachi, lo sanno tutti!-
- Non dovresti sottovalutare le leggende, Winry.- suggerì Pinako:- In genere hanno un fondo di verità.-
- Che cosa sarebbe questo metallo? Che cosa dicono le storie?- la interrogò Edward con urgenza. Non ne poteva più dei nuovi misteri che continuavano a fiorire quel giorno. Era stanco, confuso, preoccupato per Al, e desiderava ardentemente mettere al suo posto almeno una minuscola tessera di quel mosaico frammentato che era la sua vita.
La vecchia annuì con aria pensosa:- Innanzitutto, ha un nome. Lo chiamano Full.-






Angolo dell'Autrice:
Ta-da-da-dà! Il mistero del Full comincia a dipanarsi... o forse no? Vedremo cosa succederà nel prossimo capitolo, che, come avevo già anticipato, darà una svolta alla storia. Per la cronaca, l'ho già scritto, quindi dovrei riuscire a postarlo in tempi brevi, ma non prometto niente.
In ogni caso, ci tengo davvero molto a conoscere le vostre opinioni su questa storia. Come sempre, tutte le critiche sono bene accette e mi serviranno per migliorare. Ho cercato di rallentare un po' il ritmo dell'azione ed approfondire i personaggi, ma non sono molto soddisfatta, e per questo vorrei sapere cosa ne pensate. Inoltre, mi piacerebbe anche sapere che cosa vi aspettate andando avanti, così potrò regolarmi meglio! Rispondete, per favore...
Come sempre, ringrazio tutte le persone che stanno seguendo questa storia.
Arrivederci al prossimo capitolo!

Melanita



 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***



CAPITOLO VIII

 
Ling stava disteso a letto con le braccia incrociate dietro la testa e fissava il soffitto senza vederlo. Aveva augurato la buonanotte alla sua guardia del corpo solo pochi minuti prima e si era subito gettato sul letto senza neppure cambiarsi, ma nonostante la stanchezza non riusciva ad addormentarsi. Diede la colpa a tutti gli avvenimenti della giornata: chi avrebbe mai immaginato che una semplice visita ai suoi migliori amici potesse rivelarsi così complicata?
Inoltre, ammise a se stesso, era preoccupato per May e Al. Non sapeva ancora che cosa quei rapitori, se erano stati davvero rapiti, potessero volere da loro, ma di sicuro non doveva essere piacevole per i due. Era un po' preoccupato anche per Edward, che gli era sembrato terribilmente scosso dalla scomparsa del fratello, ma quando lo aveva lasciato in compagnia di quella ragazza era così assorbito da lei che probabilmente non avrebbe avuto modo di compiere qualche sciocchezza.
In ogni caso, ormai era notte fonda ed il giovane ancora non riusciva a chiudere occhio. Gettò un'occhiata all'interfono di fianco al letto: c'era una linea diretta tra la sua camera e quella di Lan Fan, poco distante. A causa del suo lavoro, la ragazza si era trasferita da qualche anno a dormire a palazzo, ma Ling ricordava ancora l'espressione corrucciata del generale Fu quando aveva stabilito che, guardia del corpo o no, sua nipote avrebbe avuto una stanza singola. In un altro corridoio, anzi in un'altra ala del palazzo. Sbuffò, ripensandoci: come se lui fosse inaffidabile! Non gli sarebbe mai venuto in mente di...
Troncò di netto il pensiero, alzandosi a sedere ed allungando una mano verso l'apparecchio, ma poi la lasciò subito ricadere. La ragazza era stanca e probabilmente già addormentata, non voleva disturbarla. Avrebbe dovuto trovare qualcosa di diverso da fare finché il sonno non si fosse deciso ad arrivare. Ed in genere la soluzione migliore era mangiare qualcosa... sì, si sarebbe fatto uno spuntino notturno, quello era sempre d'aiuto. Con una smorfia, si ricordò che a quell'ora della notte i domestici umani non erano disponibili, ed i robot erano disattivati. Nessun problema, sarebbe andato a prendersi qualcosa per conto suo.
Uscì dalla camera e percorse con passo felpato i corridoi deserti. Le luci si accendevano automaticamente quando passava davanti alle fotocellule, anche se avrebbe preferito che non lo facessero: lo facevano sentire perennemente sotto controllo, come le telecamere che monitoravano quasi ogni angolo della casa o il sistema di sicurezza delle serrature, che ronzarono minacciosi prima di riconoscere il suo codice di accesso e lasciarlo accedere all'ala dove si trovavano le cucine.
Si affrettò ad infilarsi nel magazzino e cominciò ad esaminare con aria da intenditore le scansie di barattoli e scatole, chiedendosi che cosa scegliere. In quel momento vide un sottile filo di luce dietro ad uno degli scaffali. Il ragazzo sapeva, avendo esplorato per anni quella casa immensa, che dall'altra parte della parete c'era un salotto, ma in genere era poco usato. Chi poteva esserci a quell'ora di notte? E soprattutto, cosa poteva esserci da discutere a quell'ora?
La curiosità sconfisse la golosità. Ling si avvicinò con circospezione allo scaffale e spostò un paio di scatole. Aveva già appurato che si poteva sentire facilmente la conversazione nell'altra stanza, soprattutto se c'era un bicchiere accidentalmente appoggiato alla crepa a fare da amplificatore.
- Perché non siamo stati informati fin da subito? A quest'ora la situazione sarebbe già risolta.-
Era la voce di suo padre, con il tono che Ling definiva "ufficiale" quello utilizzato per trattare gli affari seri. Ma di cosa stava parlando.
- Speravamo che l'intero problema potesse essere trattato con una certa... discrezione.- rispose con calma una voce femminile sconosciuta. Ling non resistette alla tentazione di sbirciare. Non riusciva a vedere molto: c'era suo padre, che stava in piedi dandogli le spalle, ed una donna seduta su una poltrona, con le gambe nude accavallate. Indossava un elegante abito rosso, aveva lunghi capelli neri e... Ling si stropicciò gli occhi, convinto che il sonno gli stesse facendo qualche brutto scherzo. No, il volto rimaneva uguale. Era sicuramente la donna che aveva visto sullo schermo quel pomeriggio alla centrale, la stessa che li aveva inseguiti prima.
- Purtroppo, il signor Kimbley si è mostrato più sfuggente del previsto, ed è riuscito ad eludere i nostri tentativi di recuperarlo.- proseguì la donna:- Lei capirà sicuramente, signor Yao, che sarebbe una pessima pubblicità per la compagnia Amestris se il tradimento di uno dei nostri dipendenti diventasse notizia pubblica. E naturalmente sarebbe negativo anche per gli affari della compagnia Xing ritrovarsi implicati in una situazione così incresciosa. Qualcuno potrebbe chiedersi perché Kimbley ha cercato un rifugio proprio su questo pianeta.-
Ling continuò ad ascoltare, chiedendosi dove volesse andare a parare. E soprattutto, perché suo padre le stava dando ascolto? Perché le aveva concesso un'udienza privata a quell'ora della notte? La donna doveva essere un pezzo grosso, a giudicare da come parlava.
- Naturalmente la mia compagnia non ha nulla a che fare con il tradimento del vostro direttore, e le assicuro che non sapevamo neppure della sua presenza qui. Se fossimo stati informati dell'accaduto, il nostro servizio di sicurezza avrebbe potuto occuparsi di fornirvi tutto il supporto necessario. Temo che il vostro intervento sia stato male interpretato.- disse il direttore generale.
- Non si preoccupi, è perfettamente comprensibile.- lo rassicurò la donna:- In ogni caso, come le ho già detto, è molto importante per la compagnia Amestris che Kimbley venga rintracciato. Quello che lei mi ha appena detto sul rapimento di sua figlia lo rende ancora più urgente. Quell'uomo è pericoloso e mentalmente disturbato.-
Dalla rigidezza delle spalle del signor Yao, Ling poteva dedurre che il riferimento a May aveva colpito nel segno. Per quanto potesse essere perennemente occupato ed a volte scostante o indifferente, quell'uomo si preoccupava davvero per i suoi figli.
- E mi dica, signorina Lust. Come potremmo esserle d'aiuto a rintracciare quell'uomo?-
La donna sorrise soddisfatta:- Signor Yao, sapevo che lei si sarebbe dimostrato un uomo ragionevole. Le dirò... quando abbiamo tentato di parlare al signor Kimbley, in quel negozio, lui stava dialogando con due persone. Un ragazzino biondo piuttosto basso, ed un cyborg che pareva anche lui piuttosto giovane. Sa a chi mi riferisco.-
Yao annuì gravemente:- Sono due amici di mio figlio. Uno di loro è scomparso insieme a May.-
- Ritiene che potrebbe essere un complice del rapimento?-
Ling dovette mordersi le labbra per non scoppiare a ridere: Alphonse Elric complice di un rapimento? In tal caso avrebbero già ricevuto una richiesta di cibo per gatti come riscatto!
- La possibilità è stata presa in considerazione.-
Cosa?! Di questo non era stato informato! Evidentemente May aveva ragione a ritenere paranoico il servizio di sicurezza, se consideravano possibile addirittura quell'ipotesi. Ma del resto, loro non conoscevano Al. E sicuramente suo padre non conosceva quella donna, se si stava addirittura fidando di lei. Non che Ling la conoscesse, certo, ma aveva la sensazione convinta che non fosse una persona di cui fidarsi.
- In ogni caso, l'altro ragazzo dovrebbe essere ancora disponibile. Sarebbe possibile interrogarlo? Il prima possibile, lei capisce... si tratta di una faccenda urgente.-
- Ritengo che sarebbe opportuno.- concordò l'uomo:- Credo che abbia un appartamento in città, contatterò immediatamente la sicurezza per farlo mettere sotto custodia.-
Ling smise di ascoltare. Una parte del suo cervello si rifiutava di credere a quello che aveva appena sentito, mentre un'altra si stava già raffigurando Ed in galera, sottoposto ad interrogatorio. Il suo pensiero più urgente, comunque, mentre correva fuori, era che doveva assolutamente avvertirlo.
 
***
 
- Quindi, secondo queste storie, il Full è un metallo vivente in grado di crescere, rigenerarsi, e se collegato ad una persona allacciarsi alla sua mente e reagire ad ogni suo pensiero.- riassunse Edward. Pinako annuì, mentre Winry roteava gli occhi, seccata da quelle sciocchezze. Sua nonna adorava raccontare quelle vecchie leggende a chiunque fosse disposto ad ascoltarle, ma stavolta aveva esagerato. Era evidente che Edward ci credeva davvero, e lo scintillio concentrato nei suoi occhi tradiva le sue emozioni.
La ragazza poteva già immaginare la sua delusione, appena avesse scoperto che quel Full non esisteva. Ricordava ancora le lacrime a stento trattenute del bambino che scopriva che no, suo padre non sarebbe tornato a casa neanche per quel compleanno. Ora Edward era cresciuto, e pareva molto più forte di quel bambino con cui lei giocava, ma Winry sentiva che quella parte di lui era sempre lì. E non voleva vederlo triste e deluso, dato che gli era stata così affezionata.
- Ma nessuna storia dice da dove provenga questo Full o come si possa procurarselo?- insistette Ed, deciso ad andare a fondo di quella questione. Innanzitutto, aveva bisogno di tenere la sua mente concentrata su qualcosa che non fosse Al, e poi era davvero interessato a scoprire qualcosa di più sulla propria protesi. Magari sarebbe stato un indizio per capire che fine avesse fatto Hohenheim... non che gli interessasse, ovviamente. Era solo curiosità.
Pinako scosse la testa:- Non c'è nessuna certezza, ma alcune voci dicono che il Full sia quasi scomparso dopo la battaglia di Ishval, e quindi si ritiene comunemente che provenisse da quel pianeta. Altre voci, tuttavia, dicono che sia stato prodotto artificialmente da qualche compagnia.-
- Nonna, se qualcuno avesse a disposizione un materiale del genere lo farebbe sapere!- obiettò Winry:- Sarebbe un'incredibile fonte di guadagno, avrebbe una quantità di applicazioni a dire poco sbalorditiva. E' per questo che non penso che esista: se ci fosse, qualcuno lo avrebbe già sfruttato.-
- Ma davvero? Prova a pensarci Winry. Puoi guadagnare di più vendendo una singola protesi che non avrà mai bisogno di manutenzione, oppure vendendone quaranta da cambiare ogni volta che si rompono con un modello più nuovo e costoso?- commentò l'anziana:- E cosa mi dici del resto? Un metallo che si collega al pensiero delle persone potrebbe sostituire da solo la maggior parte delle interfacce tecnologiche attualmente in uso. Nessuno ne acquisterebbe più, a quel punto.-
Edward la interruppe:- Quindi è per questo che non ho mai sentito parlare del Full? Interessi commerciali delle compagnie? Ed allora come faceva mio... Hohenheim ad utilizzarlo?-
- Questo dovresti chiederlo a lui.- ribatté la donna, ignorando lo sguardo di avvertimento di Winry che la supplicava di non toccare quell'argomento.
- E come faccio a chiederglielo? Non ho la minima idea di dove sia! Non so neanche se è ancora vivo o no!- protestò il ragazzo biondo.
- Dovresti cercare di scoprirlo. Rimane sempre tuo padre, ed è l'unico in grado di darti le risposte di cui hai bisogno.- affermò con sicurezza Pinako.
Edward aprì la bocca per rispondere, ma non gli venne in mente niente. Pinako aveva ragione: lui aveva bisogno di risposte, ne aveva avuto bisogno per tutti quegli anni, ed in quel momento più che mai. E l'unico che avrebbe potuto dargliene era suo padre, per quanto si sforzasse di negarlo. Non avrebbe mai ammesso quei sentimenti a voce alta, e neppure a se stesso se non fosse stato per Pinako. Quell'anziana, placida signora pareva avere il potere soprannaturale di andare dritta al cuore delle parole e delle persone con il suo sguardo penetrante e le sue brevi frasi.
- Nonna, lascialo in pace adesso.- intervenne Winry:- Edward ha bisogno di dormire, per lui è stata una giornata dura.-
- Va bene, va bene...- borbottò la vecchia con un sorrisetto enigmatico.
In quel momento si sentì una serie di colpi frenetici all'ingresso dell'astronave. Qualcuno stava bussando, e molto violentemente.
- Chi può essere a quest'ora?- si chiese la ragazza bionda, perplessa e preoccupata. Si alzò e raggiunse la porta.
- Ed! Ci sei? Sono io, Ling, e devo parlarti subito!- strepitò una voce soffocata dal largo strato di metallo.
- Fallo entrare, deve essere importante per venire qui a quest'ora.- le chiese Edward, che si era affrettato a seguire la giovane.
Winry aprì la porta, e Ling, che stava tempestando di colpi il metallo, precipitò all'interno rischiando di finire a terra. Recuperò l'equilibrio appena in tempo per aggrapparsi a Ed e cominciare a scuoterlo esclamando:- Ed, devi andartene da qui! Ti stanno cercando, a quest'ora saranno già andati all'appartamento!-
- Ma che cosa sta dicendo?- chiese l'altro, perplesso, rivolgendosi a Lan Fan che era entrata silenziosamente. La ragazza mora alzò le spalle:- Mi ha tirata giù dal letto poco fa dicendo che eri in pericolo, ma non mi ha ancora spiegato nulla.-
Ling fece un respiro profondo e proseguì con più calma:- Ho accidentalmente origliato un colloquio di mio padre. Stava parlando con quella donna che abbiamo visto oggi, quella Lust. Lei ha detto che lavora per la compagnia Amestris e che sta cercando quel Kimbley, ed ha chiesto di interrogarti perché pensa che tu ne sappia qualcosa.-
- Ma io non so niente!- protestò Edward.
- In ogni caso, mi sembrava giusto avvisarti. Potresti finire nei guai, Ed... quella donna stava addirittura insinuando che tu e Alphonse abbiate qualcosa a che fare con il rapimento di May.-
L'altro ragazzo scosse la testa, confuso:- Ed io che cosa dovrei fare?-
- E cosa vuoi che ne sappia io? Ho pensato solo ad avvertirti, non a cosa fare!- ribatté Ling, sprofondando poi in un silenzio pensieroso.
- Ed, quella donna viaggia in compagnia di un noto criminale.- intervenne Lan Fan:- Qualsiasi cosa vogliano da te, non penso che si accontenteranno di sentirsi dire che non ne sai nulla. Potrebbero diventare pericolosi.-
- Forse dovresti... andartene. Intendo, sparire per un po'.- suggerì Winry, incerta.
- E come faccio? Non posso certo tornare a casa mia, e se hanno l'appoggio del servizio di sicurezza non posso neppure imbarcarmi su un'astronave passeggeri.-
Le parole uscirono dalla bocca della bionda prima che avesse il tempo di pensarci:- Potresti partire con noi. Sono sicura che alla nonna non dispiacerebbe.-
Un istante dopo averlo detto, cominciò a maledirsi mentalmente. Se fosse stata da sola si sarebbe presa a pugni: come le era venuta in mente una sciocchezza del genere? Solo perché Ed era un suo amico d'infanzia, lei era disposta a mettere a rischio la propria nave e la propria vita per aiutarlo a fuggire da nemici senza volto con appoggi molto influenti?
Sì, ovviamente. Pinako Rockbell, nei momenti in cui avevano discusso per qualche iniziativa della ragazza, l'aveva più volte definita un'ingenua piena di ideali, con troppo coraggio per il suo stesso bene, ed in quel momento Winry era propensa a darle ragione. Non avrebbe lasciato qualcuno in pericolo, soprattutto non qualcuno che aveva ritenuto morto fino a poche ore prima.
- Potremmo cercare Al.- suggerì, dicendosi che ormai tanto valeva andare fino in fondo:- Non abbiamo una rotta precisa da seguire, in genere facciamo quello che vogliamo... cioè, quello che vuole la nonna. Però penso che non si opporrà, anche lei ti vuole bene.-
Edward era ancora riluttante, ma l'idea di poter fare qualcosa di utile per suo fratello era troppo allettante per lasciarsela sfuggire.
- Ed, mi sembra un ottimo piano.- insistette Lan Fan.
- Davvero ottimo!- concordò subito Ling:- Per quanto mi riguarda, possiamo partire anche subito!-
- Eeeh?!- esclamarono all'unisono Lan Fan ed Edward, con espressioni sconvolte.
- Ling, tu non sei compreso! E' solo Ed che deve partire!- tentò di spiegare la guardia del corpo.
- E comunque non puoi auto-invitarti, non capisci proprio niente di educazione?- lo rimproverò Ed.
Il giovane si grattò la testa, imbarazzato:- Beh, se tu vai a cercare Al vengo anche io. May sarà sicuramente con lui, e poi non ne posso più di starmene qui senza poter fare niente!-
- Ling, non puoi andartene!- continuò a protestare Lan Fan:- Che razza di guardia del corpo sarei se ti lasciassi partire in questo modo nel cuore della notte?-
- Uhm... una bravissima guardia del corpo che sa quando deve smettere di insistere, forse?-
- Rimane il fatto che Winry non ti ha mai proposto di partire!- ribadì Ed, mentre l'interessata rimaneva in silenzio interrogandosi sul senso di quella scena.
- Ho i soldi per pagare il viaggio.- Annunciò Ling, di nuovo serio, mettendosi a frugare nelle tasche della sua larga camicia scura ed estraendone una tessera, che gettò a Winry.
La ragazza la afferrò al volo e la esaminò con un verso di stupore:- Qui ci sono almeno seimila crediti! E'...-
- Abbastanza per pagare un passaggio a tre passeggeri, dico bene?- completò Ling raggiante.
Winry si stava ancora rigirando tra le mani il rettangolo di plastica. Tanti soldi tutti insieme! Tentò di pensare a cosa avrebbe potuto comprare con seimila crediti: pezzi di ricambio per la nave, potenziamenti, un nuovo kit di attrezzi da lavoro, una vacanza come si deve...
- E per quanto riguarda te, Lan Fan... Io devo partire.- spiegò Ling afferrando per le spalle la ragazza:- May e Al sono quasi certamente in pericolo, quei criminali stanno inseguendo Ed, e non capisco niente di quello che sta succedendo. Se vuoi puoi restare giù e dire che ti ho tramortito e sono scappato.-
La giovane dai capelli scuri si mordicchiò un labbro, poi emise uno sbuffo di esasperazione:- E come fareste con i codici di autorizzazione? Se richiedete un decollo di emergenza avrete bisogno di quelli di livello superiore, e mio nonno mi ha fatto promettere di non dirli a nessuno. Quindi devo per forza essere a bordo per digitarli personalmente. Inoltre, Edward aveva ragione qualche ora fa. Non sapresti fare due metri senza di me.-
Il volto di Ling si aprì in un sorriso a trentadue denti, mentre la abbracciava esclamando:- Mitica, Lan Fan! Sapevo di poter contare su di te!-
Ed e Winry si scambiarono un'occhiata, ed il ragazzo biondo alzò eloquentemente le spalle come a dire "te l'avevo detto".
Circa un quarto d'ora dopo, la piccola astronave stava accendendo i motori. Winry e Pinako erano sedute ai due posti di pilotaggio e stavano ultimando con esperta efficienza i controlli prima del volo, mentre gli altri tre passeggeri li guardavano in silenzio. Edward era ammirato dalla bravura della bionda. Quando giocavano insieme, da piccoli, non avrebbe mai immaginato che l'avrebbe vista pilotare un'astronave... ma, del resto, erano cambiate tante cose da quando erano piccoli. Avrebbe dovuto abituarcisi.
Lan Fan si stava chiedendo se avesse fatto la scelta giusta. Forse avrebbe dovuto stordire Ling e riportarlo a casa svenuto. Non riusciva neppure ad immaginare come avrebbe reagito suo nonno venendo a conoscenza del fatto, ma era sicura che avrebbe avuto una lunga predica da farle una volta tornata a casa. Con la sua avventatezza stava mettendo in pericolo la vita della persona che avrebbe dovuto proteggere. Gettò un'occhiata a Ling, seduto accanto a lei, e si disse che non era così. Sarebbe riuscita a proteggerlo lo stesso.
Ling si sentiva in colpa per aver messo Lan Fan in quella situazione. Era stato sciocco, imprudente ed egoista, se ne rendeva conto benissimo. Ma non era affatto pentito di aver voluto partire, anzi si sentiva eccitato dalla prospettiva di quell'avventura. E poi non stava esattamente sparendo senza dire nulla, aveva lasciato un messaggio registrato per suo padre in cui spiegava che stavano andando a cercare May. Certo, al suo ritorno avrebbe trovato ad attenderlo un mare di spiegazioni da dare... ma ci avrebbe pensato un'altra volta. Ora c'erano problemi più urgenti.
Winry si voltò verso i suoi passeggeri con un sorriso entusiasta:- Signori, si parte! Destinazione...le stelle!-




Angolo dell'Autrice:

Okay, sto aggiornando dalla biblioteca dell'università mentre fingo di compilare il mio piano di studi, quindi stavolta le note finali saranno brevi. Con questo capitolo, tutti i personaggi hanno ormai cominciato il loro viaggio. Dove finiranno? Lo scoprirete presto... tempo ed Internet permettendo, naturalmente.
Ringrazio moltissimo Pet e Selena95 per aver commentato il capitolo precedente. Come sempre, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate della storia, della piega che sta prendendo e del modo in cui è scritta... quindi, per favore, recensite! ^_^
Tanti saluti e a presto!

Melanita (dall'università, finalmente!)
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO IX

 
- Colonnello, arriveremo nell'orbita del pianeta tra due ore.-
- Grazie, tenente Hawkeye.- commentò Roy, risvegliandosi istantaneamente dallo stato di apatico torpore in cui aveva trascorso la mattinata e raddrizzandosi sulla sua poltrona, al centro della sala di comando. Aggiunse:- Andrò a dirlo ai nostri passeggeri. Dove sono ora?-
- Nella stiva, aiutano Falman a controllare che il carico sia fissato.-
L'uomo dai capelli neri annuì e si diresse verso la porta. In quei due giorni di navigazione non avevano incontrato altri problemi, e come conseguenza aveva avuto poco da fare, a parte sostituire Havoc al timone ogni tanto. Per evitare gli sguardi di rimprovero di Riza quando lo vedeva abbandonato per ore a sonnecchiare, aveva anche passato parecchio tempo con i loro due ospiti, spiegando loro il funzionamento della nave.
Personalmente, trovava quei due ragazzini molto simpatici, ed evidentemente l'opinione era condivisa anche dal resto dell'equipaggio. Perfino la sua efficiente prima ufficiale si era intenerita, e vedere Riza che aiutava May a fare un bagnetto ad una Xiao Mei assolutamente terrorizzata era stato incredibile. Roy sorrise, ripensando a quella scena. Lo aveva fatto ridere così tanto che si era sentito un formicolio allo stomaco per un paio d'ore. Anche se, doveva ammetterlo, non era certo se il merito fosse della scena o di Riza.
In ogni caso, i due passeggeri imprevisti avevano anche trovato il modo di rendersi utili. Alphonse, dopo aver scoperto che non c'era un vero e proprio cuoco sulla nave, ma che tutti facevano a turno, si era offerto di cucinare anche lui con l'aiuto di May, con risultati assolutamente deliziosi. Inoltre aveva dato una mano a sistemare i motori, che avevano minacciato di fermarsi un paio di volte. Aveva spiegato che lui e suo fratello avevano dovuto arrangiarsi fin da piccoli, quindi aveva imparato parecchio.
Roy pensò che da parecchio l'atmosfera sulla nave non era allegra come in quei giorni. L'arrivo di Al e May aveva decisamente fatto bene all'umore dei suoi uomini, ed anche al suo. Era bello sentire le loro risate. Sospirò, ripensando ad un'altra bambina che aveva sentito ridere per l'ultima volta pochi mesi prima. Era da tempo che non andava a trovarla, avrebbe dovuto rimediare. Ogni volta, quelle visite riportavano alla mente pensieri che doveva andare ad annegare la notte seguente in qualche bar, ma non aveva alternative. Non se voleva mantenere quella promessa.
Si riscosse, rendendosi conto che i suoi passi lo avevano già portato alla stiva.
- E quindi, voi una volta eravate soldati?- stava chiedendo la voce affascinata di May. Mustang si fermò, incuriosito.
La voce di Falman rispose:- Sì, fino ad otto anni fa. Eravamo tutti nello stesso esercito.-
- E' per questo che chiamate Mustang colonnello e non capitano?- domandò Al.
- Già... non penso che si sentirebbe a suo agio con quel titolo.- fu la prudente risposta di Falman. L'uomo proseguì, con voce più cupa:- Ci fu una battaglia, otto anni fa. Anche se chiamarla battaglia è riduttivo, dato che durò due settimane e costò la vita a migliaia di persone. Tra di essi c'era anche il migliore amico del colonnello Mustang. Si chiamava Maes Hughes, ed aveva proprio il grado di capitano.-
Roy pensò che avrebbe dovuto entrare, interrompere Falman e spedirlo a pulire tutta quanta la nave per essersi messo a rivelare qualcosa di così privato a due perfetti sconosciuti. Lo pensò, ma non riuscì a muoversi. Continuò ad ascoltare, con le mani strette a pugno e le labbra serrate.
- Nessuno di noi si aspettava di dover davvero combattere, i nostri superiori ci avevano mandato là totalmente impreparati. Quando gli scontri cominciarono, ci ritrovammo isolati. All'epoca non eravamo neppure nella stessa squadra, gli unici che si conoscevano già erano il colonnello ed il tenente Hawkeye. Il capitano Hughes captò la nostra richiesta di supporto e portò la sua squadra a soccorrerci.-
Roy chiuse gli occhi, in un inutile tentativo di chiudere fuori le immagini che gli si stavano presentando. Il volto esausto ma ancora sorridente di Maes che spuntava nel loro bunker improvvisato annunciando che erano arrivati i rinforzi. Ormai la voce di Falman stava tremando:- Sembrava che fossimo riusciti ad uscire, che il peggio fosse passato, e poi... non so cosa successe poi. E' stato tutto troppo confuso, ma giurerei che è stato uno dei nostri a sparare. Aveva mirato a Mustang, ma Hughes stava correndo ed è finito sulla linea di tiro. O forse lo ha fatto apposta, non lo scopriremo mai. In ogni caso, è stato colpito alla schiena ed è caduto.-
Si sentì un singhiozzo soffocato da parte di May.
- Siamo riusciti a sopravvivere, ma nessuno di noi voleva più combattere, soprattutto dopo aver saputo...- la voce si smorzò.
- Aver saputo cosa?- intervenne con delicatezza la voce scossa di Al.
- Che eravamo stati traditi.-
Roy fu il primo a stupirsi che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca, mentre le sue gambe si muovevano da sole per portarlo nella stanza. Con lo sguardo fisso su un punto indefinito della parete, lasciò che le frasi continuassero a fluire, secche e spezzate come si sentiva lui:- All'inizio pensavamo che fosse stato un errore, che qualcuno dei nostri nella confusione della battaglia avesse sbagliato mira. Ma quando siamo arrivati alla nostra base abbiamo scoperto che c'era dell'altro. I nostri superiori sapevano benissimo che quella battaglia si stava preparando. Il generale che ci aveva condotto lì aveva dato ordini che sembravano emanati apposta per produrre il caos, e poi era sparito. Non c'era nessuna astronave per andarcene da lì. I nemici... ma che razza di nemici erano poi, niente altro che dei poveri coloni che volevano starsene in pace lontano dagli intrallazzi delle grandi compagnie. Qualcuno aveva dato loro le armi, in ogni caso. Comunque, qualcuno ha deciso di sacrificare una pacifica colonia ed un intero esercito per qualche motivo che nessuno di noi ha mai compreso. Per questo abbiamo disertato.-
Al e May lo stavano guardando. La ragazzina aveva gli occhi spalancati e lucidi, ed anche il corpo del cyborg stava impercettibilmente tremando.
Roy scosse la testa:- In ogni caso, volevo soltanto dirvi che atterreremo tra due ore. Tra poco sarete su un'astronave diretti verso casa, visto che da Dublith ne partono praticamente ogni giorno.-
Alphonse si riscosse:- Dublith? Ma è il pianeta dove abita la maestra Izumi!-
- Chi?- domandarono gli altri tre all'unisono.
- E' una donna che ha aiutato mio fratello e me sette anni fa. Lei e suo marito lavoravano sulla nave che ci ha trasportati al pianeta su cui viviamo adesso. Ci ha insegnato a cavarcela. Sapeva essere un po' inquietante qualche volta...-
Roy annuì soddisfatto:- Perfetto, allora se non troviamo una nave che parta subito potreste anche stare da lei. Un altro problema risolto.-
Dentro di sé, il colonnello si chiese che genere di persona potesse essere questa Izumi. Dublith era un bel pianeta, ma aveva un tasso di criminalità molto elevato ed era la sede di varie organizzazioni illegali, verso cui il governo, uno dei pochi almeno nominalmente indipendenti dalle grandi compagnie, era assai permissivo. In effetti questo era uno dei motivi per cui si stavano dirigendo proprio lì.
L'altro motivo, ovviamente, era che stavano davvero per finire il carburante.
 
***
 
- Waaaaa! Ma perché dobbiamo proprio andare su Dublith?- piagnucolò Ed, mentre Ling e Lan Fan lo trascinavano a forza fuori dal suo nascondiglio nella stiva.
- Ed, smettila di comportarti come un bambino!- lo rimproverò la ragazza mora.
- Non sono un bambino! Sono cresciuto!- strepitò lui.
- Beh, allora smettila di lamentarti solo perché su quel pianeta abita la tua vecchia maestra.- lo rimproverò lei, con un sospiro di esasperazione. Era stato un lungo viaggio: tra i tentativi di fuga di Ed, le lamentele di Ling per la scarsità di cibo, e la ristrettezza degli spazi disponibili per muoversi, non vedeva l'ora di sbarcare.
Il ragazzo biondo protestò:- Lan Fan, tu non conosci Izumi Curtis! E' terrificante... una volta mi ha chiuso fuori dall'astronave con niente altro che una vecchia tuta, e mi ha fatto pulire tutto lo scafo! Mentre passavamo in mezzo ad un campo di asteroidi, per di più! E poi per insegnarmi a difendermi mi ha picchiato così tanto che quando ci penso mi fa ancora male!-
- Come mai adesso si è stabilita su Dublith, comunque?- si intromise Ling.
Ed alzò le spalle:- Lei e suo marito avevano messo da parte un po' di soldi, lavorando nel settore dei viaggi spaziali. Un paio di anni fa ha mandato un messaggio a me e Al per dirci che si era comprata una casa su Dublith, ma da allora l'abbiamo sentita raramente.- Il ragazzo cominciò di nuovo a strillare:- Mi rimprovererà sicuramente per essermi cacciato in questa situazione e per aver perso Al, e mi prenderà anche a calci!-
- Lo sapremo tra qualche ora.- commentò divertito Ling:- Magari ci potrà aiutare a cercare qualche indizio su Al e May.-
Lan Fan annuì:- Già... pare che l'organizzazione di Greed abbia la sua base più grossa su quel pianeta. Inoltre è fuori dalla giurisdizione delle compagnie, quindi è il posto ideale per ogni genere di traffico illegale. Ci sono buone probabilità di trovare qualche traccia che possa condurci ai rapitori.-
- E se la maestra di Ed è così tremenda, potremmo portarcela dietro per minacciarli!- suggerì Ling, mentre il ragazzo biondo lo gratificava con uno sguardo omicida.
 
***
 
- Finalmente a terra!- esultò Havoc accendendosi una sigaretta:- Ragazzi, benvenuti su Dublith!-
Mentre camminavano insieme a lui, Roy e Riza, diretti verso l'ufficio dove avrebbero potuto informarsi sulle navi passeggeri in partenza, Alphonse e May si guardarono intorno, cercando di cogliere quanto più possibile dell'ambiente che li circondava. Lo spazioporto di Dublith ricordava per certi versi quello da cui erano partiti, con ampi spazi di posteggio per le astronavi, vicoli sporchi e alti capannoni, ma altri elementi lo rendevano unico. Innanzitutto, la folla che lo percorreva era molto più varia e colorata, dato che nessuno indossava le uniformi delle compagnie o normali tute da lavoro. Uomini con addosso lunghi cappotti scuri ed occhiali da sole, altri con addosso solo i pantaloni e bandane variopinte intorno al capo, donne in pantaloncini corti e canottiere ed altre con lunghe gonne svolazzanti. Qualsiasi stile si potesse immaginare, era in qualche modo rappresentato nel mare di persone che sciamavano intorno a loro.
I luccicanti cartelloni pubblicitari erano sostituiti da manifesti di dimensioni minori, in gran parte rovinati o parzialmente coperti da altri fogli. Anche gli spettacoli che reclamizzavano erano diversi, ed alcuni di essi erano del tutto incomprensibili per i due giovani. Le merci presentate nelle bancarelle fuori dai negozi o nelle vetrine erano molto più insolite, ed andavano da un'accozzaglia di souvenir esotici ad un'esposizione di armi da fuoco, passando per pezzi di ricambio per astronavi e bottiglie di liquidi misteriosi.
May sgranò gli occhi atterrita quando passarono di fronte ad uno spiazzo che esponeva pile e pile di gabbie di animali che si agitavano ed emettevano versi di paura. Per fortuna Xiao Mei era addormentata nello zainetto nuovo che Falman era riuscito a recuperare dalla stiva, altrimenti chissà quanto ci sarebbe rimasta male. Rimase ancora più sconvolta quando vide che dietro alcune sbarre c'erano visi umani, visi supplicanti, urlanti o semplicemente rassegnati. Il tenente Hawkeye notò lo sguardo della bambina e le posò una mano su una spalla, spiegando:- La schiavitù è illegale su molti pianeti, ma qui non c'è nessuno a controllare che quelle leggi siano rispettate. E' meglio che tu non guardi.-
- Ma... ma quelle persone...che cosa ne sarà di loro?- balbettò la ragazzina, senza riuscire a smettere di voltarsi verso la scena che si erano frettolosamente lasciati alle spalle.
- Alcuni finiranno a lavorare nelle miniere su qualche fascia di asteroidi, oppure in qualche fabbrica, o ancora nelle piantagioni i cui proprietari non vogliono dover comprare un robot. Altri potrebbero essere impiegati come domestici. Alcuni di loro, soprattutto le ragazze, potrebbero finire a...- Riza si ricordò improvvisamente che stava parlando con una ragazzina, e preferì concludere:-...a fare qualcosa di molto peggiore ed umiliante. In ogni caso, è meglio che tu non ci pensi.-
May annuì, ancora scossa. Non credeva che delle persone potessero essere trattate come bestie. Non aveva mai visto schiavi, tutto il personale della sua casa era regolarmente assunto, oppure robot. Almeno, si disse, questo era quello che pensava lei. Non si era mai posta il problema, sicura come era che la schiavitù fosse solo una pratica barbarica ormai bandita dalla loro civiltà. Evidentemente si era sbagliata. Si chiese a che cosa si riferisse Riza parlando di un lavoro ancora più umiliante dell'essere privati della propria libertà, e concluse che non voleva saperlo.
Si riscosse dai suoi pensieri quando, accompagnato da un rumore di vetri infranti, un uomo fu proiettato fuori dalla vetrina di un negozio e rotolò in mezzo alla strada ai loro piedi. Prima ancora che May capisse cosa stava succedendo, si ritrovò spinta alle spalle di Riza, che aveva una pistola già in mano puntata verso l'ingresso del locale ed un'altra sull'uomo steso a terra. Dall'interno del locale vennero delle grida confuse, ed altri due uomini corsero fuori e sparirono tra la folla lungo la strada. Anche l'uomo che era finito a terra si rialzò e barcollò via ancora confuso.
- E non fatevi mai più rivedere! Questo è un negozio serio!- minacciò una voce aspra, mentre una donna compariva sulla soglia del negozio. Era pallida e portava i capelli neri raccolti dietro la nuca, indossava un camice bianco ed un paio di ciabatte che la facevano sembrare una donna delle pulizie, se non fosse stato per l'aria minacciosa con cui faceva saettare lo sguardo sulla folla che si era radunata.
Alphonse rimase sbalordito per un istante, poi attraversò in fretta la strada, correndo verso la donna ed esclamando:- Maestra Izumi!-
La donna alzò lo sguardo ed i suoi occhi passarono all'istante da uno sguardo tagliente ad uno sorpreso:- Alphonse? Che cosa ci fai qui?-
Il ragazzo si fermò di fronte a lei e cercò di parlare, ma Izumi non gliene lasciò il tempo. Senza aver neppure capito cosa stava succedendo, Al si ritrovò sdraiato a terra con la donna che incombeva sopra di lui, mani sui fianchi ed aria terrorizzante.
- Ti sembra questo il modo di presentarti alla tua maestra? Tu e tuo fratello non vi siete fatti sentire per più di un anno! Siete spariti nel nulla, ed ora speri di potermi comparire davanti come se niente fosse? Alphonse Elric, mi aspettavo di meglio da te!-
Mustang ritenne suo dovere tentare un timido intervento:- Ehm...scusi, signora, non le sembra di esagerare?-
- Lei non si intrometta in discorsi che non la riguardano!- lo aggredì la donna:- E comunque, lei chi sarebbe?-
- Maestra Izumi, il colonnello Mustang ci ha accompagnati qui.- intervenne Al, rialzandosi.
- "Ci"? C'è anche Edward?- indagò la donna, scrutando la strada alla ricerca di qualche segno del biondo.
- No, Ed non c'è. Non sa neanche che sono qui.- rispose il ragazzo, improvvisamente mogio al pensiero del fratello.
- E ti lascia andare in giro da solo senza neanche sapere dove? Quel ragazzo ha un buco nero al posto del cervello, ma appena lo trovo gliene dico quattro!-
Al tentò di rimediare:- No, maestra, non è colpa di Edward... è una lunga storia.-
May, superato il primo moto di preoccupazione alla vista di Al disteso a terra, sentì un'irrefrenabile risolino che le saliva alle labbra. Quella donna era una vera forza della natura.
- E tu chi sei, piccola?- chiese Izumi, accorgendosi in quel momento della ragazzina che si sforzava di trattenere le risate.
- Mi chiamo May Chang. Molto onorata di conoscerla, signora Izumi.- salutò educatamente lei.
La donna, rabbonita, sospirò:- Direi che hai un po' di cose da raccontarmi, Al. Perché non venite dentro a bere qualcosa? Mio marito può benissimo occuparsi del negozio per un po'.- Si voltò verso Roy, Riza e Havoc, specificando:- L'invito è valido anche per voi, naturalmente.-
Il colonnello tentò di declinare:- No, non possiamo davvero accettare...-
Per un istante parve che dal corpo di Izumi si sprigionasse un'aura di minacciosa oscurità:- Ho detto che l'invito è valido anche per voi.-
- In tal caso, accettiamo volentieri.- replicò Riza, afferrando un raggelato Roy e spingendolo verso l'entrata del negozio. La donna bionda sospirò, scuotendo la testa di fronte alla reazione del suo superiore. Quanto meno, si disse, questa era una donna con cui non avrebbe provato a fare il cascamorto. Si stava stancando di andarlo a salvare dall'ira di qualche marito geloso: per qualche motivo, vedere il colonnello che si cacciava nei guai per colpa di qualche donna diventava sempre più fastidioso per lei.
 
Mentre il gruppetto spariva all'interno del negozio, una donna rimase ad osservarli, pensierosa, passandosi distrattamente una mano tra i corti capelli biondi e sulle due strisce verdi tatuate sulla guancia che scendevano fino al collo ed alla spalla, lasciata scoperta dalla canottiera scura. La donna si riscosse in fretta, alzando le spalle e rimproverandosi mentalmente per quella sosta. Non doveva fermarsi. Non aveva tempo da perdere, doveva avvertire il capo di quello che era successo prima che fosse troppo tardi.
Però, mentre percorreva a passo rapido le strade affollate della città, zoppicando lievemente, Martel non poteva fare a meno di chiedersi che cosa ci fossero venute a fare quelle persone su Dublith. Era convinta che fossero morti anni prima.





Angolo dell'Autrice:
Okay, inizio chiedendo perdono per l'OOC di questo capitolo. So benissimo che nell'universo originale di FMA la battaglia di Ishval non è andata come l'ho descritta, che Roy all'epoca non era un colonnello e che Hughes non è morto in quell'occasione, ma visto che sto facendo una AU mi sono sentita autorizzata a modificare la storia come è necessario per la mia trama. Sono perdonata?
*I lettori le tirano un cesto di pomodori*
Ehm... a parte questo, ringrazio moltissimo Silvery Lugia e Selena95 per aver recensito il capitolo precedente, e ci terrei molto a sapere il vostro parere su di questo. Inoltre, vorrei il vostro consiglio su un paio di punti.
1) Come avrete notato, la descrizione della battaglia di Ishval è un po' sbrigativa. Vorrei descriverla per bene in flashback, ma sono indecisa... è meglio fare una serie di flashback separati all'inizio di ogni capitolo, magari dai diversi punti di vista, oppure raccontare tutto in un unico capitolo intermezzo? Voi cosa ne pensate?
2) Oltre alle coppie principali dichiarate nell'introduzione (Roy & Riza, Edward & Winry, Ling & Lan Fan), mi era venuta l'idea di inserire alcune coppie "secondarie". Secondo voi posso farlo, o andrebbe troppo a scapito del ritmo della trama vera e propria?
Attendo le vostre risposte!
E termino con un po' di spudorata auto-pubblicità: recentemente, senza dire niente a nessuno, ho aperto un piccolo blog, che potete trovare all'indirizzo http://solivaga.blogspot.it. Che ne dite di andare a darci un'occhiata?
Per stavolta è tutto... grazie per essere arrivati in fondo a questo infinito angolo dell'autrice, e grazie in anticipo se deciderete di recensire. A presto,

Melanita



 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


 

CAPITOLO X

 
- Ling! Non ti allontanare!- urlò Ed, rivolgendosi alla schiena del ragazzo che stava rapidamente sparendo tra la folla. Erano sbarcati da appena cinque minuti ed il suo amico era già riuscito a farsi distrarre da un profumino di cibo appena sfornato proveniente da una delle bancarelle.
- Lo seguo!- annunciò Lan Fan, come se ce ne fosse bisogno, prima che gli altri potessero aprire bocca. Mentre correva via, aggiunse frettolosamente:- Ci ritroviamo qui alla nave! Se trovate qualcosa, avvertiteci con i comunicatori!-
Edward sbuffò, scuotendo la testa e rivolgendo a Winry uno sguardo di scuse. Dato che Pinako si era già defilata per completare alcune formalità burocratiche, i due ragazzi biondi si ritrovavano ora da soli in mezzo alla via trafficata.
- Allora, da dove cominciamo?- domandò la giovane meccanica, guardandosi attorno. Era già stata su Dublith qualche volta, ma in genere non si era mai trattenuta a lungo. Sua nonna sosteneva che non era un pianeta particolarmente sicuro, ed a giudicare dalle facce che si vedevano in giro la ragazza era incline a darle ragione. Inoltre erano arrivati nel tardo pomeriggio, e presto sarebbe diventato buio. Quel posto di notte poteva essere inquietante. In ogni caso, era un ottimo luogo per raccogliere informazioni, e Winry sperava che potessero trovare qualcosa in grado di condurli ad Al. Sarebbe stato uno scherzo davvero crudele, da parte del destino, farle ritrovare uno dei suoi amici d'infanzia e farle perdere l'altro ancora prima di averlo rivisto.
- Non ne ho idea.- ammise Ed, con un'espressione scornata. Ora che erano arrivati, si stava rendendo conto di non avere un piano né tanto meno una vaga idea di come procurarsi le informazioni di cui aveva bisogno. Si rimproverò per non averci pensato: cosa gli era successo, aveva forse sperato di trovare in giro un cartello con la faccia di Al ed una freccia indicante la direzione corretta?
- Potremmo provare a cercare la tua maestra e chiedere consiglio a lei.- suggerì Winry.
Edward agitò le mani davanti a sé:- No, no... quella soluzione teniamola per dopo! Che ne pensi di fare un giro per la città e tenere gli occhi bene aperti per ogni traccia?-
La giovane non era particolarmente convinta da quella metodologia di indagine, ma alzò le spalle ed acconsentì. Dopotutto, poteva sempre darsi che fossero fortunati.
I due iniziarono a passeggiare per le vie, cercando di non dare troppo nell'occhio. Per fortuna, in mezzo alla caleidoscopica sfilata di personaggi che li circondava, non era difficile passare inosservati. Ed non poteva fare a meno di essere incantato da quel luogo così diverso da quello dove aveva passato gli ultimi anni, ed anche da quello in cui era nato. Camminare in mezzo a merci esotiche provenienti da ogni parte della galassia, circondati da persone che mostravano in ogni loro atteggiamento di avere una storia di avventure alle loro spalle, senza telecamere o squadre di sicurezza a controllare i movimenti di chiunque... era una sensazione liberatoria ed affascinante, e poteva capire perché Izumi avesse deciso di stabilirsi lì. In fondo, ricordò, alla sua maestra le grandi compagnie non erano mai piaciute. Ogni occasione era buona per insultare esse o i loro dipendenti. Del resto, però, lo stesso principio sembrava applicarsi a chiunque al mondo tranne suo marito.
Inoltre, ammise in un angolo della sua mente che poi si sarebbe affrettato a dimenticare, essere in compagnia di Winry rendeva l'esperienza ancora più piacevole. La ragazza si muoveva tra la folla con scioltezza e decisione, indicandogli di tanto in tanto qualche strano oggetto che lei aveva già visto durante i suoi viaggi oppure fermandosi estasiata di fronte a qualche pezzo di ricambio per l'astronave. Di sicuro il suo ragazzo non avrebbe dovuto preoccuparsi su dove portarla a fare shopping, si disse Ed: una qualsiasi officina sarebbe stata più che adeguata.
 
***
 
Quando Lan Fan riuscì finalmente a raggiungere Ling di fronte ad una bancarella di panini dall'aria molto poco salutare, tirò un discreto sospiro di sollievo. Ogni volta che lo perdeva di vista, non poteva fare a meno di immaginare gli scenari peggiori e preoccuparsi, e trovarsi in un luogo di cui non sapeva quasi niente, ma che era rinomato per la sua criminalità, non la aiutava affatto a rilassarsi. Inoltre era quasi certa che il giovane non avesse la minima idea dei guai in cui poteva infilarsi, andando in giro da solo. Era imprudente, impulsivo e non rifletteva mai prima di compiere qualcosa. Era perennemente convinto di poter fare qualsiasi cosa volesse, e non contemplava neppure l'idea di poter fallire. Si gettava semplicemente a capofitto dietro alle sue idee, testardo ed irremovibile. Se fosse stato qualsiasi altra persona, Lan Fan si sarebbe già licenziata da un pezzo. Ma era Ling... il ragazzo che sapeva capire come si sentiva, che riusciva a farla ridere e che l'aveva costretta ad imparare a rilassarsi e divertirsi. Il suo primo vero amico. Il giovane che si preoccupava così tanto per gli altri da lasciare la sua casa nel cuore della notte solo per aiutare Ed e cercare due ragazzini scomparsi.
- Ehi, Lan Fan! Prova ad assaggiare questi, non so cosa siano ma sono deliziosi!- esclamò Ling infilandole sotto il naso un paio di involtini fumanti da cui sgocciolava una salsa scura.
- Hai i soldi per pagare tutto quello che stai prendendo?- intervenne il venditore.
- Ma certo!- protestò il ragazzo, infilandosi una mano in tasca. Lan Fan lo bloccò rapidamente e si affrettò ad estrarre una banconota di taglio non troppo alto e porgerla all'uomo, che la esaminò per un istante prima di annuire. Con un vassoio in mano, Ling si ritrovò trascinato dalla ragazza in un vicolo isolato.
- Ma cosa ho fatto di male?- domandò, perplesso.
- Non devi assolutamente tirare fuori troppi soldi, da queste parti. Abbiamo già abbastanza problemi senza doverci preoccupare di essere rapinati.- spiegò in fretta la ragazza:- Inoltre, sarebbe meglio non attirare troppo l'attenzione su di noi. E soprattutto, non andare in giro da solo.-
Ling sbuffò, incrociando le braccia:- Non ti pare di preoccuparti un po' troppo? Finora è andato tutto benissimo. E comunque, se vogliamo scoprire qualcosa di utile dovremo fare domande, e quindi sarà inevitabile attirare un po' di attenzione.-
Lan Fan dovette ammettere che il giovane aveva ragione, ma questo non la tranquillizzò affatto.
- Ora, ecco il piano...- spiegò lui:- Facciamo un giro per la città, e fermiamoci nei luoghi in cui è più probabile che la gente parli. Ristoranti, bar, posti in cui si mangia insomma...-
- Ma hai ancora fame?- mormorò la giovane, abbattuta. Quel piano le sembrava una scusa per riempirsi la pancia.
Ling la ignorò:- Se sentiamo qualcosa che possa riguardare un rapimento, uno dei criminali che stiamo cercando oppure la compagnia Amestris, origliamo la conversazione e cerchiamo di ottenere qualche informazione utile. Va bene?-
La ragazza sospirò:- Non abbiamo altri piani, quindi direi che dovremo farlo andare bene. Ma dobbiamo trovare un modo per andare in giro inosservati.-
- Niente di più facile!- esclamò l'altro, folgorato da un'ispirazione improvvisa che gli era venuta guardando una parete del vicolo. Qualcuno aveva inciso sul muro di mattoni una serie di cuori.
Prima che Lan Fan potesse rendersene conto, Ling le aveva passato un braccio intorno alle spalle, attirandola accanto a sé.
- Ma che cosa stai facendo?- protestò lei, preoccupata.
- Nessuno sospetterebbe mai di una coppietta di innamorati a passeggio! Facciamo finta di stare insieme, ed il problema è risolto!- spiegò il ragazzo con un sorriso soddisfatto, guidandola fuori dal loro angolo di pace e di nuovo in mezzo alla folla.
Lan Fan si lasciò condurre, ancora confusa. Da un lato era sollevata che si trattasse di una semplice finzione, per un momento aveva pensato che... non sapeva neanche lei che cosa aveva pensato. E forse era proprio per questo che, in un angolino della sua mente, c'era un vaghissimo disappunto.
Nel frattempo, Ling sentiva che la soddisfazione per il suo piano geniale stava lasciando il posto ad un'altra sensazione che non riusciva a definire. Strano, però... non si era mai accorto che Lan Fan fosse così calda.
 
***
 
- Allora, la prossima astronave partirà domani sera.- annunciò Izumi, rientrando nella stanza:- Fino ad allora, suppongo che potrei ospitare Al e May.-
I due ragazzi stavano seduti su un divano, nel salotto della casa. Era una stanza confortevole, arredata con semplicità: lungo la parete, ai lati dell'ampia finestra che dava sul cortile dietro la casa, erano allineati un paio di scaffali ricolmi di soprammobili, ricordi provenienti dai viaggi dei padroni di casa. Al centro della stanza c'era un basso tavolino di vetro, su cui troneggiava un vassoio di biscotti, ormai quasi finiti. Intorno al tavolo erano disposti tre lunghi divani sintetici. Havoc stava seduto accanto ai ragazzi, massaggiandosi la testa ancora dolorante per la reazione della padrona di casa quando aveva tentato di accendersi una sigaretta lì dentro. Su un altro divano, di fronte al primo, c'erano Roy e Riza, mentre il terzo era occupato dal marito di Izumi, Sig Curtis, un uomo barbuto dal fisico imponente.
La bionda tenente sospirò, gettando un'occhiata discreta all'orario che scorreva sullo schermo del televisore. Avrebbero dovuto tornare all'astronave ore prima, ma non erano riusciti a rifiutare l'invito della coppia. E poi, naturalmente, il discorso era caduto sulle astronavi e sui viaggi spaziali, ed il colonnello si era lanciato in una lunga dissertazione sui pregi della Ishval, pur sorvolando elegantemente sugli aspetti più illegali.
Decisamente, Mustang sapeva essere molto eloquente, quando si impegnava. Ed anche affascinante. Non c'era da stupirsi che riscuotesse così tanto successo presso le altre donne, anche se la sorprendeva sempre che lui fosse così pronto ad incoraggiarle e poi lasciarsele alle spalle. Era un atteggiamento che le faceva uno strano effetto: da un lato la irritava profondamente che lui fosse così inaffidabile, dall'altro però Riza si sentiva sollevata ogni volta che la ragazza di turno scompariva nel nulla. Ovviamente, la spiegazione era semplice: senza quelle distrazioni, il colonnello era in grado di comandare meglio la Ishval e correva meno rischi. Non c'era sul serio nessun altro motivo per cui le sue relazioni avrebbero dovuto infastidirla. Di sicuro non...
- Allora, Riza?-
La bionda sobbalzò, rendendosi conto che mentre lei seguiva il filo dei suoi pensieri la conversazione era andata avanti. Che cosa le aveva chiesto?
- Ora che tutto è sistemato, possiamo anche tornare all'astronave, giusto? Gli altri si staranno chiedendo dove siamo finiti, e dobbiamo anche rimediare uno straccio di lavoro.- ripeté Mustang.
- Certo, naturalmente...- si affrettò a concordare la donna.
Salutarono rapidamente gli altri ed uscirono. Mentre camminavano per la strada trafficata, Havoc sospirò:- Quei due piccoli mi mancheranno. C'era tutta un'altra atmosfera sulla nave, con dei bambini a bordo.-
- Almeno ora non dobbiamo preoccuparci che facciano esplodere qualcosa per sbaglio.- ribatté Roy, caparbiamente deciso a non ammettere che un po' sarebbero mancati anche a lui. E vedere Riza che faceva il bagno a Xiao Mei insieme a May gli sarebbe mancato ancora di più. Il suo primo ufficiale avrebbe davvero dovuto sorridere più spesso.
Perso nei suoi pensieri, il colonnello aveva smesso di guardare dove stesse andando. Se ne rese conto quando andò a scontrarsi violentemente con qualcuno che proveniva dalla direzione opposta.
- Guarda dove stai andando!- lo rimproverò una voce, ed abbassando lo sguardo Roy incrociò due occhi dorati che lo fissavano con furia.
- Scusa tante, piccolo...-
Non ebbe il tempo di finire la frase, che il ragazzetto biondo di fronte a lui iniziò a strepitare:- Chi sarebbe così basso che potrebbe perdersi in un cavo elettrico?-
- Ed, stai calmo...- intervenne una ragazza bionda accanto a lui, posandogli una mano sul braccio.
- Sì, dai retta alla tua fidanzata, stai calmo.- concordò Roy.
- Non stiamo insieme!- protestarono i due all'unisono, guardando in direzioni opposte. Alle spalle del colonnello, Havoc si lasciò sfuggire una risatina.
- Chiedo scusa, mi sono sbagliato. Ora levatevi di mezzo.- concluse imperturbabile Mustang, riprendendo a camminare. Dietro di lui, il ragazzo borbottò, rivolto all'altra:- Se non dovessi ritrovare Al e May darei una lezione a quel pallone gonfiato anche subito...-
Roy si fermò di nuovo, fulminato, e si girò a guardare la giacca rossa che stava sparendo tra la folla. Aveva un terribile sospetto, ed un rapido sguardo d'intesa con Riza e Havoc gli confermò che anche loro avevano pensato lo stesso.
- Aspetta un secondo, tu! Ti chiami per caso Edward Elric?-
 
***
 
- D'accordo, facciamo una pausa.- propose Ling, lasciandosi cadere seduto su una cassa appoggiata al muro. Lui e Lan Fan si trovavano in uno spiazzo vuoto incuneato tra alcuni alti capannoni, a poca distanza dalla strada. Oltre ad un paio di gatti spelacchiati che apparivano e scomparivano tra le piramidi di casse abbandonate, non c'era nessuno. Anche il rumore della folla pareva filtrato dagli edifici.
La ragazza rimase in piedi, spostando il peso da un piede all'altro. Non aveva ancora superato l'imbarazzo di quella sceneggiata, e si augurava fervidamente che nessuno lo venisse mai a sapere. Con un sospiro, commentò:- Spero che Edward e Winry siano più fortunati di noi.-
- Meno è matematicamente impossibile. Appena ritroveremo May, ricordami di tirarle le orecchie per tutto il tempo che ci sta facendo perdere.-
- Ti devo ricordare chi è stato a decidere senza il minimo preavviso di partire su un'astronave alla ricerca di due ragazzini scomparsi?-
Ling sbuffò:- Non vedo che cosa c'entri. In ogni caso, non capisco perché il mio piano non stia funzionando. Se una delle organizzazioni criminali più grosse di questa parte della galassia ha sede su questo pianeta, la gente dovrebbe parlarne!-
- Magari pensano che sia troppo pericoloso. Quel Greed ha una brutta fama.-
 
Martel aveva passato i due minuti precedenti a maledire quei due ragazzi che erano venuti a piazzarsi proprio vicino al punto in cui si era raggomitolata, dietro una catasta di casse. Non poteva rischiare di farsi vedere, non in una situazione del genere, quindi non aveva potuto fare altro che augurarsi che i due piccioncini facessero quello che dovevano fare e se ne andassero in fretta, prima che la sua ferita peggiorasse ancora.
Poi li sentì fare il nome di Greed. Sobbalzò, e strinse i denti per la fitta di dolore che salì all'istante dalla sua gamba. Erano soltanto due ragazzi, che cosa avevano a che fare con il suo capo? Forse sapevano qualcosa di quello che stava succedendo? Si disse che avrebbe fatto meglio ad ascoltare quello che stavano dicendo. Non che avesse molte altre alternative, al momento.
La ragazza stava parlando:- E se anche li trovassimo, come potremmo fare a recuperare May e Alphonse? Stiamo parlando di un'organizzazione criminale, Ling, non di qualche teppista dilettante. Probabilmente terranno i loro prigionieri ben custoditi.-
Martel si chiese confusa di che cosa stesse parlando quella. Non avevano prigionieri in quel periodo, e soprattutto non ragazzini. Forse c'entrava qualcosa con la missione per cui Greed era partito senza dire nulla neppure ai suoi più stretti collaboratori. Ormai era lontano da giorni, e non c'era dubbio che questo c'entrasse con quanto era successo alla loro base.
- Inoltre, non abbiamo neppure prove che siano qui.- proseguì intanto la ragazza:- Per quanto ne sappiamo, potrebbero trovarsi in qualsiasi base della compagnia Amestris.-
La compagnia Amestris. Martel corrugò la fronte: non era possibile che Greed fosse di nuovo in affari con loro, non dopo tutto quello che era successo. Inoltre, era praticamente certa che quei bastardi fossero anche dietro agli avvenimenti delle ore precedenti, all'attacco che aveva colto lei e gli altri di sorpresa, nella loro stessa sede, ed alla cattura dei suoi compagni.
Ripensandoci, si sentiva ancora sbalordita dalla facilità con cui quegli uomini li avevano sconfitti. Avrebbero dovuto essere ai massimi livelli di una delle più grandi organizzazioni della galassia, ed invece senza Greed si erano fatti sconfiggere come dei principianti. Era riuscita a malapena a scappare, al solo pensiero le veniva la nausea.
Si corresse con una smorfia: la nausea le era venuta per via della sostanza che le avevano sparato alla gamba durante la fuga, qualsiasi cosa fosse. Evidentemente stava cominciando a fare davvero effetto solo ora, e la sua vista stava iniziando ad annebbiarsi. Per fortuna era ben nascosta, sarebbe bastato aspettare che l'effetto passasse e poi...
In un ultimo sussulto di vitalità, mentre la donna perdeva i sensi la sua gamba si allungò, andando ad urtare la pila di casse in precario equilibrio. Una di esse cadde a terra, mentre il gatto che ci era stato appollaiato sopra balzava via con un miagolio di protesta.
 
Lan Fan si voltò di scatto verso la pila di casse, mentre Ling balzava in piedi, allarmato dal rumore. Il ragazzo si rilassò subito:- E' soltanto uno di quei gatti stupidi.-
L'altra gli fece cenno di fare silenzio, mentre si dirigeva verso le casse. Ling la seguì subito. Davanti a loro, nascosta dietro i contenitori, c'era una donna dai corti capelli biondi, con un tatuaggio sul viso ed una smorfia di sofferenza.
Lan Fan si chinò a controllare il corpo:- E' viva, ma qualcuno le ha sparato alla gamba. Deve aver perso parecchio sangue, i pantaloni ne sono impregnati.-
- Non possiamo lasciarla qui.-
La ragazza sospirò:- Suppongo di no. Non so dove sia l'ospedale di questa città, quindi l'unica alternativa è portarla all'astronave. Winry avrà di sicuro un kit medico che possiamo utilizzare.-






Angolo dell'Autrice!
Ed eccoci al capitolo 10... cosa ne pensate? Dunque, so che non è granché... confesso che lo scopo principale del capitolo era inserire quella scenetta tra Ling e Lan Fan (ma quanto sono carini??? ^_^), e fare incontrare per la prima volta Ed e Roy (che come potete notare vanno d'amore e d'accordo...).
Ho un'idea piuttosto chiara di come dovrà andare avanti questa storia, ma purtroppo la mia ispirazione si sta facendo assai desiderare, e sto esaurendo i capitoli già pronti. Questo significa, purtroppo, che non so che ritmi di aggiornamento riuscirò a mantenere, ma vi prometto che farò del mio meglio.
Ringrazio Silvery Lugia e Selena95 per aver recensito il capitolo precedente, e tutte le persone che lo hanno letto. Per favore, datemi il vostro parere su questo, per me è importante! E mi fa scrivere più in fretta ;)
Tanti saluti, e arrivederci al prossimo capitolo!

Melanita



 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO XI

 
- Aspetta un secondo, tu! Ti chiami per caso Edward Elric?-
- Che cosa te ne importa?- domandò Edward, innervosito, girandosi di nuovo verso i tre.
Mustang ribatté rapidamente:- Perché se sei tu, so dove sono le persone che stai cercando.-
- E come fai a saperlo?-
- Ce le ho accompagnate io poche ore fa.-
Edward scrutò l'uomo dai capelli scuri, avvolto in un lungo cappotto azzurro di foggia militare, ed aggrottò le sopracciglia. Quel tizio, per quanto evidentemente antipatico e fastidioso, non si comportava come un rapitore. Forse era soltanto una trappola, ma se davvero sapeva qualcosa di Al...
Winry intervenne:- Dove si trovano Alphonse e May? Stanno bene?-
- Oh, benissimo. Quando li ho lasciati, stavano ancora mangiando i biscotti della signora Curtis.-
Se non si fosse trovato in mezzo ad una strada affollata, Ed era certo che sarebbe caduto a terra di schianto. Invece si limitò a spalancare la bocca, ammutolito.
Winry sorrise estasiata:- Sono con la tua vecchia maestra, Ed! Questo significa che sono al sicuro, che sollievo!-
- Ma come è possibile?- balbettò il ragazzo biondo:- Non erano stati rapiti?-
Riza scosse la testa, confusa:- Noi abbiamo trovato i due ragazzi in una capsula di salvataggio, nello spazio, e li abbiamo portati fino a questo pianeta. Non hanno accennato a nessun rapimento.-
Non ha il minimo senso,-,ripeté Ed, rivolto più a se stesso che agli altri:-Perché Al e May avrebbero dovuto scappare così, senza motivo?-
- Perché non glielo chiedi di persona?- suggerì Havoc:- A proposito, ci stiamo scordando le presentazioni. Io sono il tenente Jean Havoc, mentre questa splendida donna che mi sta guardando storto è il tenente Riza Hawkeye, e quest'altro è il colonnello Roy Mustang, nostro comandante. Non chiamatelo capitano altrimenti si infuria.-
- Io sono Winry Rockbell, meccanica.- si presentò la ragazza:- E lui, come sapete già, è Edward.-
Riza cercò di tagliare corto:- Colonnello, dovremmo proprio ritornare all'astronave ora.-
- Va bene, va bene...- annuì l'uomo, distratto. Quella ragazza bionda aveva un'aria familiare, doveva averla già vista da qualche parte. In ogni caso, il suo primo ufficiale aveva ragione, come al solito. Dopo aver dato ai due ragazzi le indicazioni necessarie ad arrivare dai signori Curtis, i tre membri della Ishval si allontanarono in fretta.
Pochi minuti dopo, avevano raggiunto l'astronave. Breda, che stava armeggiando con uno degli stabilizzatori laterali, si interruppe per domandare:- Allora, è tutto risolto con quei due?-
- Direi proprio di sì.- confermò Havoc:- Indovina un po', abbiamo addirittura trovato il fratello di Alphonse, pare che sia venuto fin qui a cercarlo. Che grande prova di amore fraterno, vero?-
- Dove sono Furey e Falman?- lo interruppe Riza.
- Furey è dentro che controlla i sistemi di comunicazione, mentre Falman è andato agli archivi, ha detto che doveva cercare delle informazioni su una cosa che non ricordava con esattezza.-
- Falman che non ricorda qualcosa?- Roy scosse la testa:- Voglio proprio sapere di che cosa si tratta.-
- Ed io voglio proprio sapere se siete riusciti a trovare un lavoro per pagare le riparazioni a questa carretta.- ribatté Breda.
- Non l'abbiamo neppure cercato.- commentò Havoc, sconsolato:- Mi sa che stasera ceneremo di nuovo a base di razioni da viaggio. Lo dicevo io che dovevamo farci ospitare dai Curtis anche per cena.-
Riza sospirò, incerta tra l'esasperazione ed il divertimento, e si infilò dentro l'astronave. Era piuttosto stanca, ed aveva bisogno di rinfrescarsi almeno un po'. Conoscendo il colonnello Mustang, entro pochi minuti avrebbe deciso di fare un giro di tutti i locali della città, e lei preferiva essere pronta ad accompagnarlo. Dublith era un pianeta pericoloso, e c'erano persone che loro avrebbero fatto meglio ad evitare.
Di fronte allo specchio del piccolo bagno, mentre si passava lentamente le mani sul viso, lasciò la mente libera di vagare.
 
Riza si sistemò dietro l'orecchio una ciocca di capelli biondi, che portava sciolti sulla camicia bianca, e fece scorrere rapidamente lo sguardo nel locale affollato. Nessun uomo dai capelli scuri stava minacciando di dar fuoco al bar se non li avessero portato un'altra birra, né flirtando con le ragazze dalle ampie scollature. Avrebbe dovuto provare in un altro bar.
Uscì in fretta, ed il contrasto tra il calore soffocante della stanza affollata ed il freddo della strada, nelle ore incerte che precedevano l'alba su Dublith, le mozzò il respiro. Si augurò di ritrovare in fretta Roy, per potersene ritornare all'astronave, lontana dal gelo e dagli sguardi dei passanti, gran parte dei quali troppo ubriachi per camminare. Gettò un'occhiata speranzosa al comunicatore, ma non segnalava nulla. Evidentemente, neanche gli altri avevano avuto successo nella ricerca del comandante disperso. Magari lui non era più neppure in bar, ma sotto un ponte... oppure nell'appartamento di una ragazza compiacente. Sinceramente, Riza avrebbe preferito il ponte, era più sicuro.
Stringendo le braccia attorno al corpo, si diresse verso il locale successivo, continuando a perlustrare con gli occhi la strada nella speranza di individuare il colonnello che russava in qualche angolo. Quello che vide, invece, furono due sagome che avanzavano verso di lei. Prima che potessero individuarla o riconoscerla, si era già fiondata in un vicolo ed acquattata dietro un bidone, con una pistola in pugno.
Certo, erano passati due anni dalla battaglia di Ishval, e Riza sapeva benissimo che lei e l'equipaggio della Ishval non erano gli unici ad aver abbandonato l'esercito, dopo quell'esperienza, ma non si aspettava di incontrare lì due dei suoi ex-commilitoni. Anche se, in effetti, avrebbe dovuto arrivarci da sola: dove potevano trovarsi, due delinquenti che erano spariti a metà della battaglia, se non su un pianeta ad elevato tasso di criminalità come Dublith?
 
I passi si fermarono a poca distanza da lei, spingendola a trattenere il respiro. La voce di Dolcetto era roca, mentre sbuffava:- Che razza di notte. Il capo farebbe meglio a darci una gratifica, dopo tutto il lavoro che abbiamo sbrigato al porto. Scommetto che Martel e Bido sono ancora in qualche bar che se la spassano.-
Riza fece una smorfia, al sentire il nome di Martel. Ricordava il periodo in cui loro due erano state compagne di dormitorio, durante l'addestramento militare, e l'altra ragazza sgattaiolava fuori nel cuore della notte per partecipare a corse clandestine e giochi d'azzardo. Martel aveva un carattere difficile ed un passato complicato, e non faceva niente per nasconderlo. Aveva anche rischiato di farsi espellere per quel suo tatuaggio che rifiutava orgogliosamente di coprire... anche se, naturalmente, Riza era l'ultima a poter parlare di tatuaggi. In ogni caso, non l'aveva più vista dopo Ishval, e non era sicura di voler sapere in che cosa fosse coinvolta questa volta.
Roa ribatté:- Gratifica? Stai parlando di Greed. Se potesse fare a meno di pagarci del tutto, quel tirchio lo farebbe volentieri. E se lui non fosse l'unico di cui possiamo fidarci, avrei già cambiato lavoro da un pezzo.-
- Già... prima di incontrarlo eravamo disertori, criminali e ricercati. Ora siamo ancora disertori, criminali e ricercati, ma abbiamo un posto dove dormire, una paga assicurata ed un lavoro garantito. Meglio di così...-
Greed? Era un nome che Riza aveva già sentito. Un criminale spuntato dal nulla, che si stava costruendo una fama in quella zona, fama che si poteva sintetizzare in due parole: meglio evitarlo. L'unica cosa sorprendente era che avesse assunto dei personaggi del genere.
- Ti chiedi mai cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la battaglia di Ishval? Dove saremmo ora?-
- Non diventare filosofico a quest'ora di notte, Roa. Non c'è bisogno di ripensare ad un passato che ci siamo lasciati alle spalle. Ed è meglio che ci rimanga, alle nostre spalle. Se qualcuno che ci conosceva ai tempi dell'esercito ci riconoscesse qui, sarebbe un bel problema.-
- Non sarebbe poi un grosso problema per Greed. Basta una pistola per risolverlo.-
Qualche minuto dopo, quando i due uomini erano ormai spariti oltre l'angolo della strada, Riza uscì dal vicolo e si incamminò rapidamente nella direzione opposta. Doveva assolutamente trovare Roy ed assicurarsi che non succedesse nulla di sgradevole. Aveva avuto l'acuta sensazione che i loro ex-colleghi parlassero sul serio. Mortalmente sul serio.
 
- Riza, Falman è tornato!-
La voce di Breda, attutita dalla porta di metallo, la riscosse dai suoi pensieri. La bionda si affrettò ad asciugarsi ed uscire, raggiungendo gli altri fuori dall'astronave.
- Allora, hai scoperto qualcosa di interessante agli archivi?- stava domandando Roy proprio in quel momento.
Falman appoggiò sul tavolo un oggetto rettangolare, accuratamente avvolto in un involucro marrone, e lo aprì con attenzione, spiegando:- Ho preferito portarvelo di persona per non farmi prendere per pazzo. Ho dovuto firmare un sacco di moduli per farmelo consegnare...-
- Che cosa è?- lo interruppe Furey, incuriosito.
- E' un libro. Una volta, prima che ci fossero i computer, tutte le informazioni erano registrate su questi fogli di carta. Ora sono piuttosto rari. Questo si intitola "Zoologia terrestre".-
Havoc roteò gli occhi:- Terrestre, addirittura? A quanti secoli fa risale?-
- Circa centocinquanta anni fa. E' per questo che non dovresti spargerci sopra la cenere della sigaretta, grazie.- borbottò l'altro fulminandolo con lo sguardo.
Riza intervenne per mantenere la calma:- D'accordo. Falman, perché questo libro dovrebbe interessarci?-
L'uomo lo aprì rapidamente alla pagina segnata da un segnalibro, ed indicò una figura che ricopriva tutto il foglio.
- Ero sicuro di averlo già visto, ma ho preferito controllare prima di dirvelo.-
Tutti gli altri si affollarono intorno al tavolo, sgranando gli occhi di fronte all'immagine di un animale bianco e nero.
Roy fu il primo ad ammettere:- Sembra proprio Xiao Mei.-
- Già. Peccato che questo animale, che si chiama panda, dovrebbe essere estinto da secoli.-
- Potrebbero averlo semplicemente ricostruito tramite l'ingegneria genetica.- obiettò Riza.
Falman fece una smorfia:- Adesso arriva la parte interessante. Alcuni anni fa, degli scienziati annunciarono il ritrovamento di alcuni campioni di tessuto di antichi animali terrestri. Nell'ambiente scientifico ci fu un certo scalpore alla prospettiva di poter clonare esemplari scomparsi da così tanto tempo. Purtroppo, per motivi ancora sconosciuti, la ricerca fu sospesa, i campioni svanirono nel nulla e gli scienziati interessati passarono a lavorare ad un altro progetto.-
- Fammi indovinare...- commentò Breda:- C'entrava una delle compagnie, vero? Si gettano sulle novità genetiche come belve fameliche.-
Il maresciallo annuì seccamente:- La compagnia Amestris ha finanziato tutte le ricerche. Alcune voci dicono che il progetto sia stato portato avanti ugualmente, in segreto, per creare delle nuove armi biologiche.-
- Il batuffolo di pelo non mi pare proprio un'arma.- commentò Havoc, confuso.
- Sono soltanto voci. In ogni caso, indovinate da dove provenivano quei campioni?-
Tutti gli altri lo fissarono eloquentemente, spronandolo a tagliare corto, così Falman sospirò e rivelò:- Ishval. Li hanno trovati su Ishval.-
 
***
Winry suonò il campanello della casa, mentre Ed aspettava a braccia conserte di fronte alla porta. Da un lato non vedeva l'ora di riabbracciare il fratello, dall'altro temeva che quei tizi avessero mentito e che lui e la sua amica si sarebbero ritrovati in trappola.
- Sì? Chi è?- sbottò una voce tagliente dal citofono.
Il ragazzo biondo, riconoscendo all'istante la voce, deglutì:- Buonasera, maestra Izumi. Sono Edward Elric. Per caso Al è qui?-
La porta si spalancò di colpo, ed Edward si ritrovò intrappolato in un abbraccio stritolante.
- Fratellone! Come sei arrivato qui? Sei venuto a cercarmi? Come stai?- lo interrogò Alphonse.
- Lasciami respirare, Al...- borbottò l'altro, con il volto illuminato da un sorriso smagliante che tradiva tutto il suo sollievo.
Winry rimase confusa per un momento. Certo, Ed le aveva spiegato che ora Alphonse era un cyborg, ma non si era aspettata che fosse così totalmente diverso. Eppure il suo comportamento era del tutto umano, e la voce, per quanto più matura di qualche anno, era la stessa del bambino con cui aveva giocato anni prima. Sentì gli occhi che si inumidivano ancora una volta, mentre un groppo alla gola le impediva di parlare.
Alphonse si rese finalmente conto che suo fratello non era arrivato da solo, e raddrizzò la testa. Quella ragazza bionda dai grandi occhi azzurri aveva un aspetto familiare, ma non era possibile...
- Oh, Al... ti ricordi di Winry, vero?- commentò Ed, tentando di mantenere un tono indifferente, anche se era impaziente di dire quella frase.
 
***
- Uhm...- Pinako si chinò pensierosamente sulla sagoma distesa sulla brandina di riserva e la scrutò, sollevandole una palpebra per esaminare le pupille.
- Allora?- la sollecitò Ling, preoccupato.
- Questa donna è sotto l'effetto di qualche droga. La ferita alla gamba non è come quella di un proiettile normale o di un'arma ad energia, penso che potrebbero averle sparato un dardo soporifero. La droga e l'emorragia combinate l'hanno ridotta parecchio male.-
- Che cosa possiamo fare per aiutarla?- domandò Lan Fan, passando un fazzoletto bagnato sulla fronte sudata della ferita.
- Intanto dobbiamo estrarre il dardo, e poi disinfettarle la ferita. Non abbiamo sacche di sangue per operare un ricambio, quindi dovremo aspettare che l'organismo smaltisca la droga da solo. Dove è finita Winry? Di solito mi aiuta lei, in queste situazioni.-
- Ci siamo separati da lei e Ed ore fa, ma dovrebbero tornare qui.- spiegò Ling.
- Allora dovrete assistermi voi due. Tenetela ferma, si agiterà parecchio.-
 
***
 
- Ferma dove sei, Martel.-
La donna dai corti capelli biondi si voltò di scatto, puntando con un movimento fluido il fucile ad impulso contro la voce. O almeno, quella era l'intenzione. Un singolo colpo, e l'arma le era stata strappata di mano, rotolando sul terreno fino a sbattere contro un pezzo di pietra poco distante - uno spuntone di cemento che fino a poco tempo prima aveva fatto parte di una casa, ora sventrata dalle esplosioni.
Di fronte a lei, stava un'altra bionda, con le mani strette intorno ad una pistola ad energia. La maglietta scura che portava era appiccicata al corpo dal sudore, ed i pantaloni blu della divisa militare erano sudici di fango e polvere, ma la sua espressione determinata non mostrava segni di stanchezza.
- Perché hai abbandonato la tua postazione durante un combattimento? Dove è la tua squadra?-
Martel fece una smorfia:- Perché lo domandi, Riza? Hai già un'idea precisa di cosa sto facendo qui, altrimenti non mi punteresti una pistola alla testa.-
Riza annuì seccamente:- Hai intenzione di disertare.-
- Non sarei la prima, su questo schifo di pianeta. Sta andando tutto a rotoli, Hawkeye, non te ne accorgi? Ci hanno abbandonati, ed io non ho intenzione di crepare per qualche sporco gioco politico. Meglio essere disertori che cadaveri.-
Il boato di un'esplosione poco distante si mangiò le sue ultime parole, mentre una nube di polvere vorticava tra le due donne.
Riza domandò:- Non pensi ai tuoi compagni?-
- Gli unici compagni di cui mi importa sono con me. Anzi, se non ti dispiace, avrei un appuntamento con loro.-
Stavolta toccò a Riza fare una smorfia:- Non mi fiderei di quelle persone con cui giri, se fossi in te.-
- Io non mi fido del tuo prezioso colonnello che gioca a fare il seduttore, quindi siamo pari.- ribatté l'altra:- A proposito, perché non sei con lui?-
- Il colonnello Mustang sa cavarsela anche senza di me.- ammise Riza con una certa riluttanza.
- Se fossi in te andrei a controllare, invece di perdere tempo con un caso disperato come me.-
- Martel, non puoi...-
Un'astronave passò a poche decine di metri dalle loro teste, con uno dei motori ausiliari in fiamme e lo scafo squarciato in più punti. Lo spostamento d'aria diede il colpo di grazia all'unico pezzo di muro ancora in piedi. Con un tonfo sordo, la parete di cemento cadde a terra sgretolandosi in grossi frammenti e sollevando una densa nube di polvere. Martel ne approfittò per voltarsi e correre via, più veloce che poteva, senza voltarsi. Una parte da lei si aspettava che da un momento all'altro un impulso di energia le perforasse la schiena, un'altra sperava follemente che quella Riza fosse ancora la ragazza con cui era stata all'accademia, quella che credeva che essere militari volesse davvero dire fare qualcosa di buono e costruttivo. Quella che non avrebbe mai sparato alle spalle ad un'amica.
Il colpo non arrivò. La donna continuò a correre fino al punto stabilito, dove la navetta l'aspettava con i motori già accesi. Balzò a bordo mentre il mezzo decollava, afferrando la mano tesa di Dolcetto che la aiutava a recuperare l'equilibrio.
- Perché ci hai messo tanto? Stavamo per partire senza di te.- la rimproverò Roa dal posto di pilotaggio.
La donna alzò le spalle e guardò il caos che rimpiccioliva rapidamente sotto di loro. Le sembrò di scorgere una sagoma bionda che correva tra le macerie, sparando, ma a quella distanza era difficile dirlo con certezza.
- Solo un ultimo addio ad una vecchia conoscente.-





Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Allora, come avevo anticipato, iniziano i flashback, ossia tutte le parti in corsivo....
LETTORI: Ma no, non l'avevamo capito... -.-"
Okay, comunque, questo capitolo è stato difficile da scrivere. Ho deciso di inserire un legame precedente tra Riza e Martel perché quest'ultima è stata, anche nella serie originale, un soldato, e mi sono chiesta come sarebbe stato un incontro tra le due. Ho cercato di non andare troppo nell'OOC, e spero proprio di esserci riuscita... ma sta a voi dirmelo!
Ringrazio molto Silvery Lugia che ha recensito anche il capitolo precedente, e vi invito a seguire il suo esempio... rendete felice una povera universitaria, datele un parere su quello che sta scrivendo! Come al solito, ogni critica o suggerimento saranno ben accettati! ^_^
Per finire, una piccola anticipazione: nel prossimo capitolo torneranno in scena un paio di personaggi che non compaiono da un po'... continuate a leggere per sapere di chi si tratta!
Tanti saluti e grazie per essere arrivati fino a qui!

Melanita


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO XII

 
Greed cominciò a tamburellare impaziente sul bordo del video-comunicatore per le chiamate interplanetarie. Nessuna risposta, come le tre volte precedenti. Aveva detto chiaramente ai suoi dipendenti che doveva sempre esserci almeno una persona pronta a prendere le sue chiamate, quando non era alla base, e gli avevano sempre ubbidito. Dove erano finiti stavolta? Si ripromise di addebitare loro tutte le spese della chiamata.
- Signore, ha finito?- lo sollecitò una voce brusca alle sue spalle. Greed si girò, incrociando lo sguardo di un uomo dal completo impeccabile. Con un ghigno che metteva in mostra i denti appuntiti, ringhiò:- No. Vada a cercarsi un'altra postazione.-
Mentre l'importuno si allontanava, Greed si voltò di nuovo verso lo schermo, che rimaneva inesorabilmente opaco. Su quel pianeta, gli apparecchi pubblici erano piuttosto efficienti, doveva ammetterlo. Avrebbe preferito più privacy, ma se avesse chiamato dall'astronave Envy e Lust avrebbero saputo ogni singola parola che si scambiava con la sua squadra, ed era meglio evitarlo. Soprattutto perché aveva intenzione di sfogarsi insultando pesantemente quei due inutili fastidi che era costretto a considerare i suoi fratelli: rimanere su quel pianeta era inutile, era ovvio che quello che stavano cercando non era più lì, ma, per colpa dell'idea di Lust di chiedere aiuto ai rappresentanti della compagnia Xing, ora si ritrovavano bloccati, costretti a "collaborare alle indagini" sulla scomparsa di alcuni ragazzi.
In attesa che qualcuno rispondesse alla chiamata, fece un rapido elenco delle sparizioni: per primi, la figlia del direttore ed un ragazzo. Se lei avesse avuto qualche anno in più di quelli che trasparivano dalle fotografie, e se non ci fosse stato Kimbley di mezzo, Greed non avrebbe avuto dubbi su quello che era successo. Subito dopo, il figlio del direttore, la sua guardia del corpo, ed il fratello del primo ragazzo, per un totale di cinque minorenni dispersi.
Non che a Greed importasse qualcosa di tutti quei ragazzini. Per quanto lo riguardava, avrebbero potuto anche essersi trasformati in uccelli e volati via, ma a quanto pareva con loro era scomparsa anche la creatura artificiale che stavano cercando. Se avesse potuto fare a modo suo, se ne sarebbe andato a recuperarlo senza preoccuparsi della legalità, ma doveva fare quello che il Padre ordinava tramite i suoi due fedelissimi, e quindi rimanersene lì a perdere tempo.
Imprecò sottovoce, trattenendosi a stento dal prendere a pugni il video-comunicatore. Erano parecchi minuti che tentava di contattare la base, e non era normale che nessuno gli rispondesse. Che fine avevano fatto tutti quanti?
- C'è qualcosa che non va.- borbottò tra sé, voltandosi per andarsene.
- Sono assolutamente d'accordo.- concordò una voce tranquilla accanto a lui. Kimbley si staccò dalla parete a cui stava appoggiato a braccia incrociate e scostò il cappello bianco in un teatrale segno di saluto:- Perché non ne discutiamo insieme davanti ad un paio di bicchieri?-
 
***
 
Quando il comunicatore dell'astronave cominciò a lampeggiare e squillare, Ling fu più che contento di abbandonare la stanza temporaneamente trasformata in infermeria, lasciando Pinako e Lan Fan a risistemare tutto dopo l'operazione. L'odore di sangue e disinfettante era così forte che si era sentito sul punto di svenire da un momento all'altro, ma almeno la sconosciuta aveva smesso di urlare e contorcersi, per ripiombare in uno stato di profonda incoscienza.
Quando attivò il contatto video dell'apparecchio, si ritrovò a guardare i volti di Ed, Al e May, tutti schiacciati davanti allo schermo. Per un attimo rimase a bocca aperta, incredulo: era stato così facile? Era convinto che ci sarebbe voluto molto più tempo per trovare una traccia che conducesse ai rapitori. Ma, in effetti, non si stavano proprio comportando da persone rapite. Ling rinunciò a capire da solo cosa fosse successo.
- Ling!- lo salutò May agitando le mani:- Come stai?-
- Starei meglio se non avessi appena dovuto assistere ad un'operazione chirurgica.- rispose il ragazzo rapidamente:- Come ha fatto Ed a ritrovarvi?-
- Siamo a casa della vecchia maestra di Ed e Al, stiamo tutti bene.- si affrettò a spiegare la ragazzina.
- Parla per te. Io ho più bernoccoli di un pugile.- borbottò Edward, lanciando un'occhiata torva a qualcuno fuori dalla visuale dello schermo.
May lo ignorò:- Comunque, la signora Izumi ha proposto che veniate tutti quanti a cena a casa sua.-
- Grande idea!- si illuminò Ling, salvo poi ripensarci:- Purtroppo abbiamo una paziente priva di sensi qui all'astronave. Non mi pare il caso di lasciarla da sola.-
- Cosa succede qui?- intervenne Pinako Rockbell, entrando nella stanza e strofinandosi le mani con uno straccio. Lan Fan la seguiva da presso, un po' più pallida del solito. Ling le mise rapidamente al corrente delle ultime novità, poi spiegarono anche agli altri che cosa fosse successo.
- Quella donna non si risveglierà per qualche ora.- concluse la vecchia:- Voi due ragazzi raggiungete pure mia nipote e gli altri, io rimarrò qui a badare alla Resembool.-
Winry si guadagnò un posto di fronte al comunicatore ed esclamò:- Ma nonna, mi sentirei in colpa a lasciarti lì da sola e...-
- Basta discutere, ragazza. Sarò anche vecchia ma so cavarmela, come continuavo a ripetere ai tuoi genitori. Inoltre, se questi ragazzi cenano qua anche stasera ci manderanno in fallimento.-
 
***
 
- Che cosa vuoi, Kimbley?- domandò bruscamente Greed.
I due uomini stavano seduti l'uno di fronte all'altro al tavolo d'angolo di un bar. La musica sparata a volume altissimo ed il chiasso della folla che ballava, beveva, ed occasionalmente scatenava una rissa, copriva la loro conversazione da qualsiasi orecchio indiscreto. Le luci colorate che penzolavano dal soffitto creavano un conturbante gioco di riflessi sui bicchieri e sui corpetti di lustrini delle cameriere che giravano per il locale.
L'uomo dall'elegante completo bianco sospirò, sorseggiando poche gocce del liquore che aveva ordinato e facendo una smorfia. Decisamente, quel bar non attirava la clientela per la raffinatezza dei prodotti.
- E vedi di darmi un motivo per cui non dovrei consegnarti ai miei fratelli. Lust sarebbe molto lieta di vederti, dopo quello scherzo nel negozio.-
- Un motivo? Facilissimo. Non ci guadagneresti niente.-
Greed roteò gli occhi:- Non dover più sentire Envy che si lamenta della tua fuga ti pare niente? Evidentemente non sai quanto possa essere petulante.-
Kimbley alzò le spalle:- Tutta invidia. Comunque so decisamente bene quanto possano essere insopportabili quei due. Ti ricordo che negli ultimi anni, mentre tu giocavi al re del crimine di Dublith, ho lavorato insieme a loro.-
- Già. Da scienziato incriminato per i suoi metodi poco ortodossi, a direttore del progetto Full, a fuggiasco ricercato. Bella carriera.-
- I miei più sentiti ringraziamenti. Significa molto, detto da qualcuno che ha abbandonato una promettente posizione nelle alte sfere della compagnia Amestris per fondare un'organizzazione criminale.-
Greed sbuffò, mandando giù un sorso di liquido scuro:- Allora, siamo qui per raccontarci le rispettive autobiografie o per altro?-
- Giusto. Siamo qui per parlare della ragione per cui i tuoi fedeli cagnolini, su Dublith, hanno fatto perdere le proprie tracce. Hai qualche idea?-
- Un paio. Considerata la tua presenza qui, e la tua convinzione che questo colloquio possa finire bene per te, una in particolare.-
L'altro annuì:- Amestris.-
Dietro gli occhiali scuri che si ostinava a portare anche all'interno del locale, gli occhi di Greed ebbero uno scintillio. Domandò seccamente:- Cosa sai?-
- In questi giorni non sono rimasto rintanato in un buco, Greed. Ho raccolto qualche informazione... rimarresti sorpreso da quanta gente ben informata ci sia su questo pianeta. Questa mattina, una squadra armata ha fatto irruzione nella tua base. Erano soldati altamente addestrati.-
- Anche i miei.-
Kimbley fece una smorfia sprezzante:- Disertori di Ishval ed ex-mercenari? Non penso proprio che fossero all'altezza delle truppe scelte di Bradley.-
Greed ebbe un sussulto appena impercettibile, ma non disse nulla.
L'uomo di fronte a lui continuò con il tono di una normale conversazione:- Pare che il capo della compagnia abbia organizzato tutto bene, vero? Prima ha assunto te per allontanarti dalla tua organizzazione, poi l'ha fatta cancellare dalla faccia del pianeta, inviando addirittura i suoi uomini migliori, al comando del generale in capo delle forze armate della Amestris, per assicurarsi che il lavoro fosse svolto a dovere. In questo modo non avresti altra scelta che tornare alla tua vecchia famiglia, sicuramente pronta ad accoglierti a braccia aperte.-
Greed fece una smorfia:- Una storia interessante, se fosse possibile confermarla.-
- Se l'improvvisa e prolungata assenza dei tuoi collaboratori e la coerenza della storia con lo stile della persona di cui stiamo parlando non sono abbastanza...- sospirò Kimbley, allungando un sottile foglio piegato oltre il tavolo che li separava. Greed lo afferrò e lo spiegò.
Corrugò la fronte:- Questi sono ordini privati della compagnia Amestris. Come li hai ottenuti?-
- Diciamo che alcuni membri dell'equipaggio delle astronavi che avete portato con voi diventano decisamente loquaci dopo qualche ora al bar. Per non parlare della loro negligenza nel custodire le apparecchiature di comunicazione ed i codici di accesso.-
- Ho sempre sostenuto che quegli uomini siano degli incompetenti, ed ora ne ho la prova.-
- Non essere troppo duro con loro. Ho visto di peggio nei vostri laboratori. L'unico settore con un minimo di organizzazione è la biblioteca.-
Greed accartocciò il foglio e se lo infilò in tasca:- Non potrebbe importarmene di meno di cosa ne pensi della biblioteca della Amestris, Kimbley. Quello che voglio sapere è che cosa speri di ottenere da me.-
L'uomo intrecciò le dita e lo fissò:- Non è ovvio? Un accordo.-
 
***
 
- Edward, se il tuo amico mangia qualcos'altro dovrete riportarlo a casa facendolo rotolare.- commentò Izumi Curtis.
Ling alzò lo sguardo dalla terza fetta di dolce:- Signora Curtis, la sua cucina è semplicemente deliziosa! Dopo giorni di razioni da viaggio, questo è il paradiso!-
- Perché lui non viene preso a calci ed io sì?- borbottò distrattamente Edward, occupato a far scorrere le immagini di un vecchio visore olografico. Alphonse, May, Winry e Lan Fan erano accalcati intorno a lui, e le tre ragazze emettevano gridolini estatici ad ogni immagine del bambino biondo, frequentemente immortalato mentre si massaggiava dolorante.
- Non posso credere che tu abbia conservato tutti i ricordi del viaggio, maestra!- esclamò Alphonse.
- Non l'ho fatto perché voi due mocciosi mi mancavate!- strillò subito Izumi:- E' solo che non mi piace buttare via le cose!-
Il marito, seduto accanto a lei, le posò una mano sulla spalla con un sorriso, ed all'istante la donna si rilassò. Winry li osservò di sfuggita, sorridendo a sua volta: erano proprio una bella coppia, parevano molto affiatati e si capivano senza bisogno di parlarsi. Sarebbe stato bello avere qualcuno con cui formare una relazione del genere, ma di sicuro essere sempre in viaggio sulle rotte interplanetarie non aiutava la formazione di legami stabili.
Gettando un'occhiata fuori dalla finestra, si accorse che era ormai notte, benché l'illuminazione e le insegne fluorescenti rischiarassero a giorno la città. Izumi seguì il suo sguardo e sembrò indovinarne i pensieri:- Ormai è tardi, non posso certo lasciarvi attraversare questo covo di delinquenti a piedi. Non potete dormire tutti qui, quindi vi accompagneremo io e Sig con l'aeromobile che usiamo per le consegne. E non tentate di protestare.-
Winry, che aveva già aperto la bocca per dire che non voleva creare troppo disturbo, la richiuse immediatamente, chiedendosi come facesse quella donna a sembrare così minacciosa.
 
***
 
Martel socchiuse gli occhi, e subito fu costretta a serrare di nuovo le palpebre, ferita anche da quella luce fioca. Il peso di tutto quello che era successo quel giorno, dall'improvvisa irruzione nemica allo svenimento le si riversò addosso come un fiume in piena. Sotto la schiena sentiva la superficie di un letto gonfiabile, come quelli usati sulle astronavi. Si trovava su un'astronave? Era stata catturata, alla fine?
Stringendo i denti per non lasciarsi sfuggire gemiti, tentò di muoversi. Riusciva a sollevare le braccia, quindi non era legata. La gamba era un altro discorso: il solo accenno di un movimento le provocava fitte di dolore che si propagavano su per tutta la spina dorsale, fino a martellarle la testa. Ma almeno neanche quella sembrava legata.
Tentò di nuovo di aprire gli occhi. Sopra di lei stava il soffitto in metallo di un'astronave, e da qualche parte nella stanza proveniva un forte profumo di tabacco da pipa.
- Ah, era ora che ti svegliassi.- borbottò una voce poco distante. Martel sentì un rumore di passi, poi un viso rotondo e coperto di rughe, con i capelli bianchi fermati in una crocchia dietro la nuca ed una pipa stretta tra le labbra sottili, entrò nel suo campo visivo.
- Dove sono?- gracchiò, senza neppure riconoscere la sua voce.
- Non preoccuparti, nessuno ti farà del male qui. Hai perso i sensi, ed i miei passeggeri hanno pensato che non fosse molto gentile lasciarti là fuori da sola. Se fossi in te non tenterei di muoverti, hai perso parecchio sangue.-
Martel accennò un lievissimo gesto d'assenso con la testa, poi mormorò:- Ho sete...-
- Ecco, prendi.-
L'anziana le accostò al volto un bicchiere d'acqua, che la donna bionda bevve avidamente, sentendola scendere fresca nella sua gola riarsa. Da quante ore non beveva?
- Io sono Pinako Rockbell. Ti trovi sulla mia astronave.-
Rockbell? Era un nome che aveva già sentito, ma non ricordava dove. Non che avesse importanza, probabilmente.
- Sono Martel.-
Avrebbe dovuto dare un nome falso, dopotutto la stavano sicuramente cercando, ma era troppo stanca per pensare ad una menzogna decente. Con un leggero capogiro, scivolò di nuovo nella dolcezza dell'oblio.
 
Quando riprese i sensi, non aveva idea di quanto tempo fosse passato. In ogni caso era stato troppo. Ora che si sentiva più lucida, sapeva che non poteva permettersi di perdere altre ore preziose. Greed doveva sapere che cosa era successo. Se fosse tornato a Dublith ignaro di tutto, probabilmente avrebbero catturato anche lui, e questo lei non poteva permetterlo.
Nella stanza, qualcuno stava russando. Con fatica, puntellandosi al materasso, si alzò sui gomiti e girò la testa. La vecchia - Pinako o comunque si chiamasse - stava dormendo su una sedia dall'altra parte del cubicolo. Martel attese qualche momento, per essere sicura di non averla svegliata, poi tentò di mettersi seduta.
Dovette sdraiarsi di nuovo, in preda ad un mal di testa allucinante. Aveva perso più sangue di quello che pensava. Al terzo tentativo, riuscì a sedersi sul letto ed esaminare la gamba. Era stata pulita e fasciata, e dovevano anche avere estratto il proiettile, altrimenti lei sarebbe stata ancora nel mondo dei sogni. Forse poteva riuscire a camminare.
Con molta lentezza, evitando movimenti bruschi, fece scendere le gambe dal letto e posò i piedi sul pavimento freddo. Individuò i suoi stivali, poco distanti. Sarebbe stato scomodo portarli con la fasciatura però: afferrandoli e frugando al loro interno, constatò con sollievo che il coltello che nascondevano non era stato toccato. Lo usò per squarciare una delle calzature quanto bastava per farci stare l'arto fasciato, poi si rivestì rapidamente.
Un movimento la fece immobilizzare. No, la vecchia stava ancora dormendo, si era solo agitata nel sonno. Attese comunque qualche secondo, prima di provare ad alzarsi. Faceva male, molto più male di quanto pensasse, ed era parecchio intorpidita. Evidentemente il suo organismo non aveva ancora smaltito del tutto qualunque sostanza ci fosse in quel maledetto proiettile. Ma non aveva tempo da perdere a crogiolarsi nell'autocommiserazione. Il più silenziosamente possibile, appoggiandosi alla parete e trascinandosi un passo dopo l'altro, Martel uscì dall'astronave.






Angolo dell'Autrice:
Okay, non sono molto soddisfatta di come è venuto questo capitolo. Innanzitutto, Greed e Kimbley sono maledettamente complicati da scrivere senza finire nell'OOC, e farli interagire è ancora più complicato. Diciamolo sinceramente: nella mia testa dovrebbero essere circa cento volte più fighi di quanto vengano fuori nella versione scritta ç_ç
Poi, voglio far procedere la storia senza rallentare troppo il ritmo, così ho deciso di saltare la cena a casa di Izumi. Avrei finito per dilungarmi troppo e per diventare noiosa, e poi non avevo proprio l'ispirazione per un tenero momento di vita familiare.  Quindi lascio alla vostra immaginazione quella parte ed il motivo per cui il povero Ed è coperto di lividi XD
Forse mi sono dilungata un po' troppo nella parte finale con Martel, ma quel personaggio mi piace e volevo lasciarle un po' di spazio. Nel prossimo capitolo, comunque, ritroveremo l'equipaggio della Ishval, e qualcun altro che avevamo perso di vista da un po'... non vi dico chi, altrimenti che cosa aspettate a fare? ;)
In ogni caso, ringrazio di nuovo Silvery Lugia che recensisce tutti i capitoli. Per me è molto importante sapere cosa ne pensate di questa storia, e come sempre mi farebbe piacere anche ricevere delle critiche costruttive... basta che me lo diciate!
Tanti saluti,

Melanita

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO XIII

 
L'aeromobile percorreva le strade di Dublith con un'andatura tranquilla e costante. Per fortuna era parecchio spaziosa, ma anche così Edward, Alphonse, Winry, Ling, Lan Fan e May stavano piuttosto stretti sui sedili posteriori. Fuori dai finestrini, sfilava la vita notturna della città, ma visto che il signor Curtis stava guidando attraverso le strade più secondarie per evitare il traffico del centro non c'era molto da vedere.
Xiao Mei era placidamente addormentata tra le braccia di May. La ragazzina sbadigliò a sua volta, stanca. Non vedeva l'ora di andarsene a dormire a sua volta, e si augurava che l'astronave di Winry avesse delle cuccette comode. La ragazza bionda le stava simpatica, con il suo stile fresco e spontaneo, ma era strano conoscere qualcuno legato al passato di Alphonse ed Edward, dato che i due ragazzi ne parlavano raramente. Era certa che non avessero mai fatto cenno all'esistenza di un'amica d'infanzia dai limpidi occhi azzurri, probabilmente per non rivangare il dolore della sua presunta morte. Da un certo punto di vista, la invidiava: le sarebbe piaciuto molto conoscere Al prima che diventasse un cyborg. Doveva essere stato un bambino carinissimo...
 
***
 
- Avreste dovuto assicurarvi di avere i soldi per pagare il conto prima di ordinare da bere! Come potete essere così irresponsabili?- sibilò Riza per l'ennesima volta, esasperata, camminando a grandi passi lungo le strade quasi deserte della periferia.
Roy gemette:- La stai facendo sembrare una catastrofe, tenente. Ci hanno soltanto cacciati fuori da un bar, non è una grande tragedia.-
- Soltanto cacciati fuori? Per poco il barista non tentava di ucciderci!- protestò Furey:- Lo avevo detto io che avremmo fatto meglio a rimanere all'astronave.-
- Ed io avevo detto che potevate anche restarci, non vi ho certo obbligati ad accompagnarmi!- ribatté Roy prontamente.
Havoc sbuffò:- L'ultima volta che l'abbiamo lasciata girare per Dublith da solo abbiamo impiegato tutta la notte a ritrovarla, ricorda? Sotto un ponte, con addosso un...-
- Dobbiamo proprio riparlarne?- lo interruppe il colonnello, assumendo una curiosa tonalità scarlatta, mentre il resto della squadra, Riza compresa, ridacchiava irrefrenabilmente.
Mustang tentò di cambiare argomento:- E comunque, Havoc, tu sei l'ultima persona che dovrebbe parlare. Ti ricordi quella volta che hai perso una scommessa con il tenente Catalina, e...-
- Ero ubriaco!- si lamentò il biondo:- Ed eravamo soltanto delle reclute all'epoca. Comunque, quella diabolica creatura ha barato, e Riza lo sa, anche se non lo ammetterebbe mai!-
- Ho le labbra sigillate.- affermò categoricamente la donna, con un sorrisetto eloquente:- Risparmia il fiato per camminare, Havoc. Grazie alla straordinaria capacità di orientamento durante la fuga del nostro comandante, siamo arrivati dalla parte opposta della città rispetto alla Ishval, e dobbiamo ancora percorrere qualche isolato.-
Il colonnello roteò gli occhi: Riza non perdeva occasione per rimproverarlo, ma al tempo stesso riponeva in lui una fiducia smisurata che non sentiva di meritare e che sicuramente non riusciva a comprendere. Di sicuro non era mai stato il genere di persona degna di una fiducia del genere.
- Che cosa c'è lì?- domandò improvvisamente Falman. Seguendo il suo sguardo, il colonnello vide una sagoma seduta, con la schiena appoggiata ad un lampione e le mani premute sulla gamba.
Riza sussultò, colta di sorpresa:- Martel?!-
 
***
 
- Cosa sta succedendo lì fuori?- domandò di colpo Ling, sporgendosi verso il finestrino:- C'è della gente ferma in mezzo al marciapiede.-
- Non ci vedo niente di strano.- commentò Edward:- Staranno semplicemente... ehi, aspetta un attimo! Quello è il rompiscatole di prima, quello che mi ha detto dove trovare Al!-
May si stropicciò gli occhi insonnoliti:- E' l'equipaggio della Ishval! Che cosa ci fanno in giro?-
- Potrebbero avere bisogno di aiuto!- intervenne Alphonse:- Signor Curtis, per favore, possiamo fermarci un momento?-
L'uomo accennò una risposta affermativa, facendo accostare l'aeromobile. Ora i ragazzi potevano vedere meglio il gruppo di uomini radunati intorno a Riza, che era inginocchiata accanto ad una figura accasciata sul marciapiede.
Lan Fan sbarrò gli occhi:- Ma quella è la donna che abbiamo soccorso oggi pomeriggio! Credevo che fosse ancora sull'astronave con la signora Rockbell!-
In pochi attimi, tutti i ragazzi erano scesi dal veicolo, seguiti a ruota da Izumi.
Mustang alzò gli occhi, domandando confuso:- E voi che cosa ci fate qui?-
- Ah, comunque vedo che il piccoletto biondo è riuscito a trovarvi.- notò soddisfatto Havoc, salvo poi dover battere in ritirata dietro Breda quando il sopracitato piccoletto iniziò ad inveirgli contro.
Nel frattempo, Riza stava esaminando Martel. Sollevandole una palpebra per verificarne le condizioni, commentò:- E' soltanto svenuta. E' ridotta male, non avrebbe dovuto tentare di andare in giro in questo stato. Mi chiedo da dove arrivi.-
- Dalla nostra astronave.- intervenne rapidamente Ling:- E le abbiamo estratto un proiettile soporifero dalla gamba solo poche ore fa, quindi non avrebbe dovuto neppure essere in grado di partire.-
- In effetti non siamo molto lontani da dove è ormeggiata la Resembool.- intervenne Winry:- A piedi sono soltanto pochi minuti.-
La tenente scosse la testa:- Un sonnifero in circolazione nel sangue, un intervento chirurgico appena eseguito, e tenta anche di andarsene in giro? Tipico di questa idiota...-
- La conosci?- domandò May, un po' perplessa.
Riza fece una smorfia:- E' una vecchia conoscenza, sì. Ma non sapevo neppure che fosse ancora su Dublith. E di sicuro non so come abbia fatto a ridursi così.-
La donna distesa a terra ebbe un sussulto, e le palpebre tremolarono come sul punto di aprirsi, ma poi tornò ad accasciarsi immobile con una smorfia convulsa. Riza le sfiorò istintivamente la fronte in un gesto gentile, cercando di calmarla. Dentro di sé, ammise che benché non ne sapesse ancora nulla, quella era proprio il genere di situazione in cui Martel era in grado di cacciarsi. Sperava solo che chiunque l'avesse ridotta in quello stato non la stesse ancora cercando.
- Non possiamo rimanere qui per strada.- stabilì Roy Mustang:- Dobbiamo portare questa donna alla Ishval prima che peggiori ancora.-
- Due problemi, capo.- fece notare Havoc:- Uno, per quanto ne sappiamo potremmo ritrovarci con una banda di criminali pronti a fare a pezzi l'astronave perché ci siamo intromessi in qualche loro guerra di potere.-
- Penseremo al tuo punto uno se e quando succederà.- lo liquidò il colonnello:- Altro?-
- Punto due, siamo ancora a chilometri di distanza dalla Ishval. Pensi di trascinare la ragazza per tutto il percorso?-
Roy stava per aprire bocca, ma Winry lo precedette:- La riporteremo alla Resembool. Voglio controllare come sta mia nonna: se questa donna era sull'astronave, ed ora è qui, potrebbe...-
- Sono sicuro che Pinako sta benissimo.- intervenne Edward, vedendo l'espressione preoccupata della ragazza e sentendo un impulsivo bisogno di consolarla.
Poco dopo, erano tutti quanti radunati davanti all'astronave di Winry. L'aeromobile dei Curtis, che avevano usato per trasportare la donna priva di sensi, era parcheggiata lì accanto. Non c'era nessun altro nella zona, ma già così l'area di sosta era notevolmente affollata.
Seduta all'ingresso della Resembool, Pinako Rockbell annuì tranquillamente:- Certo che mi sono accorta che quella ragazza era scappata. Pensate che mi lascerei sfuggire qualcosa che accade sulla mia astronave?-
- Ma... ma nonna, perché non hai tentato di fermarla? E' ferita!- protestò Winry.
Pinako la gratificò di uno sguardo penetrante:- Winry, quella donna ha tentato di allontanarsi a piedi, dopo essere stata ferita ed operata. Per fare una cosa del genere doveva avere una ragione molto importante, e chi sono io per decidere che cosa qualcuno debba fare della propria vita?-
- Sta di fatto che ora sta peggio di prima.- intervenne Ling:- Mi chiedo che cosa potesse essere così importante per lei da spingerla a rischiare in quelle condizioni.-
Mustang alzò le spalle:- Glielo chiederemo quando si sveglia. A proposito, temo di non essermi ancora presentato. Colonnello Roy Mustang, comandante dell'astronave Ishbal, al vostro servizio.-
- Pinako Rockbell, comandante della Resembool.- replicò seccamente l'anziana:- Questa è mia nipote Winry.-
- Rockbell?- Falman sobbalzò:- Capitano, è lo stesso cognome dei...-
Prima che potesse finire la frase, un rombo di motori invase l'aria, ed una fila di luci abbaglianti si accese ad un lato della pista.
Istintivamente Riza estrasse le pistole, strizzando gli occhi per vedere chi fosse arrivato. C'erano delle grosse aeromobili scure, prive di contrassegni, da cui stavano scendendo molti uomini in tenuta da combattimento, armati di fucili ad energia.
Una delle aeromobili era scoperta, e c'era un uomo in piedi sul sedile posteriore, con un megafono in mano ed il volto scoperto. Vedendo quel viso calvo dalla pelle scura Riza serrò le labbra: anche dopo otto anni, ricordava tutte le facce degli alti ufficiali che li avevano mandati al macello ad Ishval. Doveva solo sperare che il colonnello non...
Accanto a lei, Mustang si irrigidì e strinse i pugni. Sibilò:- Clemin.-
Il tenente Hawkeye rinunciò a sperare e si preparò ad un combattimento. Quella situazione non poteva finire bene.
Edward aggrottò la fronte, perplesso:- Chi è questa gente? Cosa vogliono?-
La voce amplificata dal megafono risuonò nell'aria:- Sappiamo che una pericolosa criminale si trova in questa astronave. Consegnatecela, e nessuno si farà del male.-
- E' una mia impressione, oppure questa serata non fa che peggiorare?- borbottò Havoc, portando a sua volta una mano alla fondina della pistola con un'espressione seria.
- Conoscete quelle persone?- domandò Winry. Si stava davvero chiedendo in che guaio si fosse cacciata. Poche ore prima era convinta che tutto si fosse già risolto per il meglio: avevano ritrovato Alphonse sano e salvo, e non rimaneva altro da fare che riportare a casa i due fratelli ed i loro amici. Ora, invece, aveva la sensazione che la situazione fosse sfuggita di mano a tutti loro.
Falman fece un cenno di assenso:- Quell'uomo è stato il generale dell'esercito in cui abbiamo combattuto otto anni fa. Non pensavo che fosse su Dublith.-
- Già. Non pensavo che avrebbe avuto il coraggio di far rivedere in giro la sua orribile faccia, dopo quello che ha fatto.- intervenne Mustang, con un tono di voce pericolosamente controllato, mentre gli occhi lasciavano trapelare bagliori di rabbia gelida.
Edward roteò gli occhi:- Non mi importa se quel tipo ti ha fregato la ragazza, colonnello, quello che voglio sapere è cosa ci fa qui adesso.-
- Basta chiederlo, no?- si intromise Ling. Senza attendere risposta, urlò in direzione dei soldati che li avevano circondati:- Gente, vi dispiacerebbe dirci chi siete e cosa volete?-
- Lo hanno appena detto.- fece notare May:- Penso che vogliano quella donna.-
- E cosa ne sai tu? Ce ne sono parecchie di donne da queste parti, stasera.- la rimbeccò il fratello, deciso a non darle ragione.
L'uomo con il megafono dichiarò:- Siamo qui per la ricercata che risponde al nome di Martel. Deve essere immediatamente consegnata alla nostra custodia.-
- Ma davvero?- ribatté Mustang, con lo stesso tono tranquillo:- Ed a quale autorità dovremmo consegnarla, esattamente?-
Clemin aggrottò le sopracciglia, come se stesse cercando di ricordare dove aveva già visto quell'uomo. Poi proseguì:- All'autorità della compagnia Amestris, che io rappresento.-
- Ancora Amestris? Sto cominciando a non sopportare quel nome.- bisbigliò Ling, rivolto a Lan Fan.
Izumi Curtis fece una smorfia:- Compagnie. Non fanno altro che danni, sempre a complicare la vita degli onesti commercianti. La Amestris poi è una delle peggiori.-
La donna alzò la voce:- La compagnia Amestris non ha nessuna giurisdizione su Dublith. Se volete arrestare qualcuno, dovete contattare le autorità locali ed effettuare un'operazione in comune, e non vedo nessun soldato locale tra i vostri uomini.-
- Ben detto!- la appoggiò all'istante Pinako:- Inoltre, signori, su questo pianeta vige la Legge Interstellare di Ospitalità. Le navi posteggiate qui non possono essere perquisite né tanto meno invase senza una regolare motivazione, e sicuramente non è il caso che veniate qui a minacciarci.-
- Non so chi delle due suoni più minacciosa.- sussurrò pianissimo Alphonse, rivolto al fratello. Edward deglutì:- Non voglio neanche pensarci.-
Il megafono sbraitò:- Sono il generale Clemin, delle forze armate della compagnia Amestris, e vi ordino di consegnarci immediatamente quella fuggitiva. Se non collaborerete, sarete considerati suoi complici e trattati di conseguenza.-
Mustang stava evidentemente perdendo la pazienza. Sbottò, disgustato:- E tu saresti ancora generale? Dopo aver mandato al macello tanti uomini che valgono milioni di volte più di te, si può sapere chi è ancora così stupido da affidarti un incarico? O forse non sanno che cosa è successo al tuo esercito su Ishval, dopo che te ne sei fuggito con il resto dello stato maggiore all'inizio degli scontri?-
Clemin rimase in silenzio per un momento, poi nei suoi occhi brillò un lampo di riconoscimento. Disse:- Mi ricordo di te. Colonnello Roy Mustang.-
 
***
 
- Questa tattica è un suicidio, generale Clemin!-
Il generale sollevò lo sguardo corrucciato verso il giovane ufficiale dai capelli scuri che aveva appena sbattuto i pugni sulla sua scrivania. Nella tenda di comando era calato il silenzio più assoluto, e tutti si erano fermati a guardarli. Con un sospiro, Clemin risistemò i fogli che erano stati spostati dal colpo e si apprestò a risolvere la questione.
- Colonnello Mustang, le sembra il modo di rivolgersi ad un suo superiore?-
- Se il superiore in questione mi sta ordinando di mandare al massacro la mia squadra per una missione destinata al fallimento, allora sì!- sbottò Roy. Era perfettamente consapevole che quella mossa poteva costargli l'intera carriera, e che nessuno degli altri ufficiali lì presenti lo avrebbe appoggiato, ma non intendeva arrendersi ad ordini così assurdi.
- Mustang, lei è uno degli ufficiali più giovani qui dentro, quindi lasci che le spieghi una cosa. La tattica di combattimento è stata accuratamente progettata dai nostri strateghi ed approvata dal comandante in capo, che ha molta più esperienza militare di quanta lei possa sperare di acquisire. II suo dovere, ora, è soltanto quello di eseguirla.-
Roy strinse i pugni, imponendosi di calmarsi:- Non intendo mettere in dubbio la competenza del generale Bradley o dello stato maggiore. Dico soltanto che questa non è una battaglia come tutte le altre, e che le condizioni suggerirebbero una maggiore prudenza prima di...-
Clemin lo interruppe:- Colonnello, gli abitanti di Ishval ci hanno attaccati senza provocazioni mentre stavamo eseguendo una semplice operazione di protezione. Se avessimo saputo delle loro intenzioni ostili, certo, avremmo avuto tempo di prepararci con maggiore prudenza, come dice lei, ma non è così.-
- E quindi dovrei portare i miei uomini alla cieca in territorio nemico, in una posizione senza vie di uscita, e senza neppure conoscere la tattica complessiva? Generale Clemin, vorrei...-
- Adesso basta! Lei potrà contestare la mia strategia quando e se mai avrà il mio stesso grado, e magari qualche anno di esperienza alle spalle. Ora esegua gli ordini e non mi faccia perdere altro tempo, Mustang!-
Era perfettamente inutile parlare con quell'uomo. Roy lo aveva saputo fin dal primo momento, ma aveva voluto lo stesso fare un tentativo. A denti stretti, borbottò:- Agli ordini, generale.-
Senza attendere risposta e senza degnare di uno sguardo gli altri occupanti della postazione di comando, si girò ed uscì a grandi passi. Appena ebbe lasciato le pareti di plastica insonorizzata della tenda, il rumore degli scontri lo colpì con violenza. Esplosioni, urla, ordini sbraitati da una parte all'altra, il crepitio delle armi ad energia e gli spari dei proiettili. Un'astronave in fiamme passò sopra la sua testa con uno stridio lacerante, spostando l'aria, ma il colonnello non si scompose. Era troppo furioso per badarci.
- Non è andata come speravi, vero?-
Si girò, sentendo una mano che gli batteva su una spalla: davanti a lui c'era un uomo con addosso un'uniforme blu ed impolverata come la sua, i capelli scuri ed occhiali da vista. Mustang si sforzò di sorridere:- Beh, Maes, non nutrivo grandi speranze sulle capacità di comprensione di quell'idiota.-
Il capitano Maes Hughes scosse la testa:- Non preoccuparti, Roy. Se c'è qualcuno che può trasformare un'operazione come quella che devi fare in un brillante successo e riportare tutti a casa sani e salvi, quello sei tu. Se non dai fuoco a tutto prima, naturalmente.-
- E' successo soltanto una volta!- protestò l'altro, dando all'amico uno spintone scherzoso, poi tornò serio:- Il guaio è che non conosco neppure la squadra che mi hanno assegnato. Tutta gente nuova, a parte...-
- Il tenente Hawkeye?- lo anticipò Hughes.
- E tu come lo sai?-
- Non avrebbe senso separarvi. Siete la squadra perfetta, coordinati come se foste una sola persona. A volte penso che dovreste...-
Il rumore di un'esplosione troncò la frase. Mustang cambiò argomento:- Parlando di squadre perfette, è arrivato quel messaggio che stavi aspettando?-
Maes assunse un'espressione depressa:- No! Graciel non mi ha ancora scritto, sto iniziando a pensare che dovrei rubare un'astronave ed andare da lei per avere una risposta!-
- Ehi, non ti sembra di esagerare? Non eri così nervoso da quando l'hai sposata, e quella volta ho dovuto trascinarti di peso fino all'altare perché continuavi a svenire!- ricordò il colonnello.
Il capitano fece una smorfia:- Non me lo ricordare.-
- E dai, cosa c'è in questo messaggio di così importante?- insistette Roy.
L'altro si portò un dito alle labbra:- Segreto di stato! Lo saprai quando torni dalla tua missione, colonnello!-
Roy si sforzò di tenere un tono leggero:- E se non tornassi?-
- Allora verrò io a recuperarti per dirtelo. Non te la caverai così facilmente, caro il mio testimone!-
Il colonnello Mustang alzò le mani in un gesto teatrale:- Maes Hughes, l'unico uomo al mondo che in mezzo ad una battaglia pensa soltanto a sua moglie. D'accordo, ora vado a radunare la mia squadra. Ci vediamo presto.-
Hughes si sforzò di sorridere:- Sicuro. E... Roy? Stai attento.-
- Anche tu.-




 

Eccomi di nuovo qui! Innanzitutto, chiedo scusa per il ritardo. Questo capitolo è scritto da settimane, ma ho continuato a rimandare il momento della pubblicazione perché... boh. Sinceramente, non ne ho idea. In realtà non ne sono proprio convinta al cento per cento, ma è necessario per andare avanti, così ho deciso di far tacere la voce insoddisfatta nella mia testa e pubblicarlo lo stesso.
Allora, devo dire che lo svolgimento degli eventi nella prima parte mi sembra un po' affrettato e sbrigativo, ma voglio arrivare in breve all'effettiva svolta nella trama che avrà luogo nei prossimi capitoli (ammesso e non concesso che l'ispirazione torni a degnarmi della sua presenza -_-).
Per quanto riguarda il flashback, volevo chiarire la connessione tra Mustang (ed il suo equipaggio) ed il generale Clemin (o Cremin, o Kremin, a seconda della traslitterazione... ho scelto lui perché è il primo che mi è venuto in mente). Poi però ho deciso di aggiungere anche la "prima apparizione" di Maes Hughes... è la prima volta che scrivo questo personaggio, e naturalmente la sua figura sarà approfondita in seguito.
Ringrazio Silvery Lugia per aver recensito il capitolo precedente, e vi chiedo gentilmente di dirmi che cosa ne pensate di questo. Pareri e critiche sono sempre ben accetti! Per favore???
A tutti i miei lettori, TANTISSIMI AUGURI di Buon Natale (in ritardo) e Felice 2013 (in anticipo).
A presto!

Melanita



 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO XIV

 
- Chi è quel tizio? Che cosa sta succedendo?- bisbigliò May, sollevandosi sulle punte dei piedi per vedere oltre le persone ammassate intorno a lei. Tra le sue braccia, Xiao Mei stava tremando incontrollabilmente.
- Non lo so.- sussurrò in risposta Alphonse:- Pare che lui ed il colonnello si conoscano.-
- Lo dicevo io che quell'uomo non ha un'aria affidabile. Non mi stupirebbe se fosse ricercato anche lui.- borbottò Edward. Aveva una pessima sensazione riguardo a come si sarebbe evoluta quella che doveva essere finalmente una serata tranquilla.
Riza si avvicinò impercettibilmente a Mustang, notando il bagliore d'ira negli occhi del colonnello. L'uomo la guardò di sfuggita e le fece un cenno, per indicarle che non aveva intenzione di lasciarsi sopraffare dalla rabbia e far precipitare la situazione. La donna bionda non ne fu affatto tranquillizzata: intenzione o no, sapeva che il colonnello non aveva mai superato quello che era successo su quel campo di battaglia. Nessuno di loro che erano stati lì lo aveva fatto.
Clemin continuò a parlare:- Potrei arrestare lei e tutti i suoi uomini per le operazioni che avete compiuto negli ultimi otto anni, e che hanno lasciato parecchie tracce nei nostri registri, ma questa sera non ho tempo da perdere. Consegnatemi la criminale ed andatevene senza perdere altro tempo.-
- Che cosa ha fatto questa donna?- ribatté Roy, tentando di prendere tempo per decidere che cosa fare. Conoscendo Clemin, dargli quello che voleva non garantiva certo che li avrebbe lasciati andare. Inoltre c'erano Al, May e quegli altri ragazzi più grandi. Non sapeva perché avessero accolto Martel sull'astronave, ma avrebbero potuto finire in qualche guaio, e questo non gli avrebbe fatto piacere. Aveva già abbastanza sensi di colpa.
- Niente che ti riguardi, Mustang. Ti conviene collaborare.-
I soldati della Amestris li avevano circondati, ed ora, silenziosi ed immobili come statue, attendevano solo un ordine del loro comandante per attaccare. Era sufficiente un'occhiata per rendersi conto che li superavano di numero e tecnologia degli armamenti: uscire da lì combattendo sarebbe stato difficile, anche perché c'erano quei civili in mezzo e non sapeva come avrebbero reagito. Se c'era una cosa che aveva imparato, era che i civili complicavano sempre tutto, e poi dubitava seriamente che quei ragazzi avessero qualche esperienza di combattimento.
- Qualche idea brillante, colonnello?- sussurrò Falman accanto a lui.
Roy strinse le labbra in una linea sottile. Tutti i suoi uomini si aspettavano che lui li portasse fuori da quella situazione, e lui non aveva la minima idea di cosa fare. Che novità.
 
***
 
- Colonnello Mustang! Abbiamo perso i contatti con la quarta batteria!- urlò Furey, alzando la voce per sovrastare il frastuono delle esplosioni, con il risultato di sembrare ancora più giovane di quanto non fosse. Roy si chiese chi fosse stato l'idiota che lo aveva assegnato ad una missione del genere: era preparato ed affidabile, certo, ma rimaneva un addetto alle comunicazioni fresco di accademia, gettato in mezzo ad uno scontro senza preparazione.
- Continua a chiamare il quartier generale! Falman, come sono le condizioni ambientali?-
L'uomo dai capelli ormai tendenti al grigio, che stava accovacciato di fronte ad una delle feritoie lasciate aperte nella barricata improvvisata, si tolse il binocolo dagli occhi arrossati e se li stropicciò stancamente.
- Niente da commentare, colonnello. Le esplosioni hanno creato parecchi detriti, ma non nella posizione adatta per fare da copertura ad una sortita. La polvere ostruisce la visuale ai nemici quanto a noi, ma se qualcuno dei nostri stesse tentando di individuarci dall'alto avrebbe serie difficoltà.-
Una scarica di energia crepitò attraverso una delle aperture, costringendo il tenente Jean Havoc a gettarsi a terra con un'imprecazione. Il tenente Hawkeye lo sostituì immediatamente, appiattendosi di fianco alla feritoia e sparando al baluginio di un'arma, che scorgeva appena attraverso il polverone vorticante. Sentì un grido di dolore soffocato e si affrettò a sparare di nuovo, per poi tornare al riparo.
Il militare biondo le rivolse un cenno di ringraziamento, poi si rialzò con una smorfia.
- Havoc, ti hanno colpito?- si informò rapidamente il colonnello.
- Tranquillo, capo. E' solo un graffio.- sbuffò l'uomo, passandosi una mano sulla tempia e ritirandola bagnata di sangue. Aggiustò la presa sul fucile e tornò ad appostarsi accanto all'apertura, in mezzo alle lastre di metallo che fino a poco prima avevano coperto i loro veicoli corazzati. Ovvero, fino a prima che finissero su una mina e fossero sventrati dalla detonazione. Mustang sapeva che era stata soltanto fortuna se lui ed altri nove uomini erano sopravvissuti relativamente illesi. Altri quindici erano in condizioni più gravi. Era stato difficile trascinarli fino a quella abitazione ancora in piedi, dove ora si erano barricati alla meglio, circondati da Ishvalani che non accennavano a cessare il fuoco. In un certo senso, il colonnello poteva capirli: quella era la loro patria, e loro erano gli invasori. Ma se stavano cercando di fare a pezzi i suoi uomini, era intenzionato a spedirli all'inferno.
Breda salì pesantemente le scale che conducevano alla cantina, trasformata in infermeria, ed accennò un vago saluto militare:- Colonnello Mustang, il dottor Knox mi manda a dirle che è riuscito a stabilizzare le condizioni di quasi tutti i feriti, ma che senza altri strumenti può fare poco altro. Dice che devono essere riportati all'infermeria della base il prima possibile.-
- Dica a Knox che lo so, maledizione!- scattò Mustang, tornando subito a voltarsi verso l'esterno. Doveva tirarli fuori da lì. Quegli uomini erano stati affidati a lui, e sicuramente si aspettavano che l'ufficiale di grado più alto se ne uscisse con una brillante idea per portarli in salvo.
Ma l'unica uscita che vedeva di fronte a loro era la morte.
A mezza voce, sussurrò:- Non saprò mai cosa dice il messaggio di Graciel, Maes. Mi dispiace.-
 
***
 
- Per l'ultima volta, consegnateci quella donna e potrete andarvene senza ulteriori problemi.- tuonò di nuovo Clemin.
- Quel tipo non ha la minima intenzione di arrendersi.- borbottò Izumi:- Cosa pensate di fare?-
Prima che chiunque potesse rispondere, un rombo di motori pervase l'aria sopra di loro, ed un vento vorticoso iniziò a soffiare. Lo spazio aperto su spazzato dalla luce dei fari di una piccola navetta, comparsa senza preavviso sopra le loro teste.
- Ma che cosa...- iniziò a dire Winry, strizzando gli occhi nel tentativo di vederci. Dalla navetta cadde qualcosa, piccole sfere di metallo che andarono a rimbalzare e rotolare sul cemento, in direzione delle truppe della Amestris, evidentemente confuse.
All'improvviso ci furono una successione di accecanti bagliori assurdi ed un ronzio trapanante. Dopo pochi attimi, gran parte dei soldati che li circondavano erano accasciati a terra privi di sensi. Il generale Clemin era ancora in piedi, sbalordito, finché una seconda ondata di palle lo costrinse ad accasciarsi a sua volta.
- Ma che cosa sta succedendo?- riprovò Winry, facendo saettare lo sguardo dall'alto ai corpi distesi intorno alla Resembool. Un portello si aprì nello scafo dell'astronave, ed una scala di fibra sintetica calò rapidamente fino a terra.
- Salite a bordo! Quei tizi non rimarranno privi di sensi a lungo, sapete? E non ho intenzione di finire nei guai per colpa vostra!- risuonò una voce squillante.
Havoc rimase per un attimo a bocca spalancata:- Non è possibile. Non è...-
Riza scosse la testa, sorridendo incredula, mentre la voce proseguiva:- Ma quanti siete? Non ci state tutti!-
Izumi intervenne:- Io, mio marito ed i ragazzi possiamo prendere l'aeromobile. Non la lascio certo a questi idioti.-
- Appuntamento all'area 8 della periferia ovest, allora! Ci vogliamo dare una mossa?-
Riza Hawkeye fu la prima a rinfoderare le pistole ed arrampicarsi con sicurezza sulla scala ondeggiante. Appena fu in equilibrio sul pavimento della navetta, la bionda tenente si affrettò a dirigersi verso la postazione del pilota.
Fu ricevuta con un'esclamazione di gioia ed una stretta di mano stritolante da parte di una donna circa della sua età, con capelli scuri raccolti in un'arruffata coda di cavallo.
- Riza Hawkeye! Sono secoli che non ci vediamo. Vedo che giri ancora con quel pazzo di Mustang.-
- E vedo che tu non sei ancora riuscita a trovare un marito ricco che ti mantenga, Rebecca.-
- E mai ci riuscirà. Nessun marito la vorrebbe.- borbottò Havoc, sbucando a sua volta dalla botola.
- Havoc! Sei ancora vivo? Pensavo che ti fossi suicidato dall'imbarazzo l'ultima volta che ti ho sconfitto.- lo accolse lei con una risata.
- Hai barato!- la accusò lui, infuriato.
- Basta così.- intervenne il colonnello Mustang:- Catalina, che cosa ci fai qui?-
- Vi salvo la pelle, colonnello. Non si vede? Forza, diamoci una mossa tutti quanti...- li sollecitò la donna dai capelli scuri, mentre anche Furey, Falman e Breda facevano il loro ingresso sulla navetta, ora decisamente affollata. Guardandosi attorno, Riza vide che era un modello piuttosto vecchio, ma i pannelli di controllo erano stati modificati per aggiungere alcune nuove funzioni, ed i contrassegni della proprietà erano stati accuratamente cancellati.
- Navetta presa a prestito?- tirò ad indovinare.
- Nah, è del gruppo con cui lavoro.- rispose evasivamente Rebecca.
- Lavori? Chi è stato così pazzo da assumerti?- la stuzzicò Havoc, studiando interessato le modifiche apportate alla postazione di pilotaggio.
- Qualcuno che voleva un pilota competente, a differenza di questa gente che per commiserazione sopporta ancora le tue mediocri prestazioni, Jean Havoc. E se vuoi ribattere, fallo senza sbavare dietro alle mie aggiunte curate personalmente.- replicò subito Rebecca, facendo alzare l'apparecchio oltre gli edifici e dirigendolo verso la parte occidentale della città.
Mentre il tenente biondo si rinchiudeva in un silenzio imbronciato, Roy cercò di riprendere il controllo della situazione.
- Catalina, che cosa è successo a quei soldati?-
- Non chiederlo a me. Da quel che ho capito, quegli aggeggi interferiscono con i sistemi di comunicazione interni ai loro caschi, o con gli auricolari, provocando degli ultrasuoni paralizzanti. Ma io mi limito a sganciarli al momento opportuno. Se fossi stata un genio scientifico, non sarei qui a pilotare una navetta. Sarei su un pianeta a clima tropicale, con spiagge candide e cocktail a volontà, a godermi i soldi ricavati dai miei brevetti.-
- Non sarebbe una cattiva idea.- concesse l'uomo:- E' stato questo gruppo per cui lavori a dirti di venirci a prendere?-
- Non proprio. Mi avevano detto di venire a vedere cosa stava succedendo qui, c'era stato parecchio movimento oggi. Quando ho visto in che casino vi eravate cacciati, tanto per cambiare, ho pensato che non sarebbero stati dispiaciuti di vedervi.-
Riza aggrottò la fronte:- Perché? E' qualcuno che conosciamo?-
Rebecca Catalina si portò un dito alle labbra in un gesto di silenzio, poi lo riabbassò subito sulla tastiera dei comandi.
- Okay, signori e signora, stiamo per atterrare. Le spiegazioni sono rimandate a quando mi avrete presentato i vostri nuovi amici.-
 
Mentre la navetta atterrava con precisione nell'ampio spazio sgombro di fronte a loro, illuminandolo a giorno, Edward, appoggiato al cofano dell'aeromobile, borbottò:- Non capisco ancora perché siamo venuti qui. Poteva benissimo essere una trappola?-
- Ed, quella donna ci ha appena salvato la pelle.- gli ricordò Ling:- Che motivo avrebbe di tenderci una trappola?-
- Ling ha ragione.- concordò Alphonse:- E poi la gente della Ishval la conosce, si fidano di lei.-
Edward roteò gli occhi:- Come se questo mi tranquillizzasse...-
- Si può sapere cosa hai contro di loro? Sono delle bravissime persone, hanno aiutato me e May!- protestò il fratello minore. L'altro alzò le spalle, senza rispondere. Non poteva certo dire che per qualche inesplicabile motivo provava un forte desiderio di prendere a pugni quel colonnello. Dopotutto però era costretto ad ammettere che non si era comportato male. Avrebbe potuto andarsene lasciando Martel per strada, ed invece si era fermato a soccorrerla, poi li aveva accompagnati fino alla loro astronave anche senza essere obbligato a farlo, ed infine, quando quei tizi erano comparsi, era rimasto lì a difendere la Resembool.
Quei soldati, già. Quando aveva sentito parlare della compagnia Amestris, Edward doveva ammettere che aveva quasi perso un colpo. Dopo quasi sette anni senza che quel nome giocasse alcun ruolo importante nelle loro vite, ora ecco che compariva in ogni momento di quella strana avventura in cui si erano cacciati. Non poteva fare a meno di pensare che non fosse una semplice coincidenza.
Sul sedile posteriore dell'astronave, Martel si rigirò con un gemito sommesso, e Winry le deterse la fronte con un panno bagnato. May, seduta accanto a lei, con la testa ciondolante per il sonno, commentò con voce impastata:- Sei brava ad occuparti di lei.-
Winry sorrise:- Viaggiando nello spazio, bisogna imparare un sacco di cose. E poi i miei genitori erano medici, mi hanno sempre insegnato a prendermi cura degli altri. Ero sempre io a disinfettare le ginocchia ad Edward quando se le sbucciava, da piccolo.-
- Ah... e succedeva spesso?-
- Sempre. Era un tale spericolato, e così testardo che non si arrendeva mai.-
- Non è cambiato molto.- notò la bambina.
Winry sospirò, con un velo di malinconia. Le sarebbe piaciuto poter essere lei a dirlo, ma la verità era che negli ultimi sette anni non era stata accanto ai suoi amici d'infanzia a vederli crescere. E questo le dispiaceva molto.
- Fuori dall'aeromobile, ragazze! Riunione di emergenza!- squillò la voce di una donna dai capelli scuri, comparendo di fronte all'auto. Precisò:- Io sono Rebecca Catalina, quella che vi ha appena salvato la pelle.-
- Io sono Winry Rockbell.- si presentò a sua volta la ragazza bionda, uscendo e raggiungendo gli altri:- Penso che ti dobbiamo tutti ringraziare.-
- Già, beh, iniziate spiegandomi cosa stavate combinando. Mustang, da quando coinvolgi nei tuoi pasticci anche dei ragazzini?-
Il colonnello roteò gli occhi:- Io non ho coinvolto nessuno, hanno fatto tutto da soli decidendo di accogliere una perfetta sconosciuta a bordo della loro astronave. E prima che tu lo chieda, non so che cosa abbia combinato lei per attirarsi contro quella gente. Dovrai aspettare che si svegli e domandarglielo di persona.-
Rebecca incrociò le braccia, con lo sguardo cupo:- Quello lo so già, colonnello.-
Ci fu una serie di esclamazioni di sorpresa.
- Martel lavora per Greed. Uno dei capi della malavita di Dublith e di tutti i pianeti circostanti, e di sicuro non uno da sottovalutare. Lei era una dei suoi sottoposti più fidati.-
- E da quando la Amestris si mette a dare la caccia ai re del crimine?- commentò aspramente Izumi:- Di solito preferisce farci affari.-
- Ed in effetti pare che Greed sia legato alla Amestris, anche se non so esattamente come.-
Lan Fan e Ling si scambiarono un'occhiata: loro avevano un'idea piuttosto precisa di cosa stesse facendo Greed per la Amestris.
- In ogni caso, qualsiasi cosa sia successa, ora hanno deciso che l'alleanza non è più conveniente. Stamattina le forze speciali della compagnia hanno fatto organizzazione nella base di Greed, approfittando della sua assenza, e catturato i suoi uomini. Martel deve essere riuscita a scappare.-
- E tu come fai a sapere tutte queste cose?- intervenne Riza.
L'altra alzò le spalle:- Tengo le orecchie aperte. Ed ho delle fonti affidabili. In ogni caso, ora il punto è un altro: la Amestris vuole la completa distruzione dell'organizzazione di Greed, non si sa perché. Non penso che rinunceranno facilmente a riprendersi Martel. Probabilmente staranno già controllando tutti i registri dell'astronave dove era ospitata.-
- Che controllino quanto gli pare. La Resembool è registrata, perfettamente a norma, e del tutto fuori dalla loro giurisdizione.- commentò Pinako, con un'espressione pensierosa.
- Non mi pare che si preoccupino molto della giurisdizione.-
Roy sospirò:- E' quello che temevo. Hai qualcosa da proporre, vero?-
Rebecca annuì:- Ho degli amici che ci possono aiutare. Possiamo prendere la vostra astronave, ammesso che quell'idiota biondo non l'abbia ancora fatta schiantare da qualche parte...-
- Ehi!- protestò Havoc, offeso:- Non c'è nessuno che sappia guidare la Ishval meglio di me!-
Roy gli fece cenno di tacere:- Sono quegli amici che conosciamo a cui avresti accennato prima?-
- Affermativo, colonnello.-
- E dove sta la fregatura?-
La donna distolse lo sguardo dal suo ed assunse un'espressione volutamente noncurante:- Oh, niente di serio. Rischiate solo di trovarvi in mezzo a qualcosa di molto grosso.-
- Quanto grosso esattamente?- insistette Mustang.
- Non lo sappiamo ancora con esattezza. Ma è una storia che inizia con Ishval, procede con un metallo leggendario ed include la creazione artificiale di animali con capacità superiori a quelle umane. Quanto credi che possa essere grossa?-
E fu in quel momento che May si svegliò definitivamente dalla sonnolenza e rivolse uno sguardo indagatore verso Xiao Mei, ancora acciambellata sul sedile dell'aeromobile, mentre Winry sgranava gli occhi verso Edward e quest'ultimo decideva che era stanco di farsi domande. Ora voleva delle risposte serie.






Angolo dell'autrice:
E rieccomi... sarò sincera. Questo capitolo avrebbe dovuto essere pubblicato due settimane fa. Purtroppo tra il dire ed il fare ci sono di mezzo le scan di manga vari ed eventuali che ho iniziato a leggere e rileggere, un esame universitario da preparare, un blog da curare  ed un saaaacco di altre cose. Ma non preoccupatevi, non ho intenzione di abbandonare la storia a metà!
Passando a quello che avete appena letto, tanto per cambiare non sono proprio sicura del risultato, quindi critiche e 
suggerimenti sono ben accetti! Se volete dire qualcosa su questa storia, qualsiasi cosa, basta una piccola recensione per farmi taaanto felice... ^_^

E, per concludere, vorrei condividere con voi una piccola immagine che ho realizzato usando un giochino su Internet (e che potete trovare anche nel mio blog, http://solivaga.blogspot.it). Ho provato a ricreare Ling e Lan Fan in versione fantasy... non c'entra niente con questa storia, ma non sono carini? *_*
Tanti saluti a tutti ed a presto!


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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO XV

 

Un lungo istante di silenzio seguì le parole di Rebecca.
- Che cosa c'entra il Full?- domandò poi Edward, rompendo l'atmosfera sospesa.
- E cosa c'entra Ishbal?- intervenne immediatamente Mustang, aggrottando la fronte. Non riusciva a capire a cosa mirasse la donna, ma aveva la sensazione che non gli sarebbe piaciuto. Non poteva liberarsi dal pensiero che stessero succedendo troppe cose strane in quei giorni: i due ragazzini, Martel, Clemin, ed ora Rebecca. Troppe coincidenze per i suoi gusti, ammesso che fossero coincidenze.
Rebecca Catalina incrociò le braccia e fece una smorfia:- E' una lunga storia, d'accordo? E non sono la persona più adatta a spiegarvela.-
- E quindi dovremmo seguirti senza altre informazioni?- commentò Havoc, accendendosi l'ennesima sigaretta, e sentendosi più tranquillo. Per quanto si fosse sentito ripetere allo sfinimento che avrebbe finito per prendersi un cancro ai polmoni o per dare fuoco alla Ishbal, fumare era l'unica cosa che riuscisse a tenerlo rilassato, ed ora ne sentiva un assoluto bisogno. Aveva la sensazione che ci sarebbe stato poco tempo per rilassarsi dopo quella sera.
- Preferite aspettare che quella gente vi trovi e chiedere informazioni a loro?-
- Un punto per te, Catalina.- commentò Roy, pensieroso:- Non sembravano particolarmente ansiosi di rispettare le regole. Qualsiasi cosa stia succedendo, ormai ci siamo già dentro, e non penso che Clemin sarebbe disposto a considerarci innocenti passanti coinvolti per sbaglio.-
- Aspettate un attimo, gente!- intervenne improvvisamente Ling:- Non ci sto più capendo niente di questa storia. Riassumendo, noi abbiamo soccorso una donna, che in realtà è una criminale ricercata dalla compagnia Amestris, rappresentata da un generale pelato che è una vostra vecchia conoscenza. Poi sei spuntata tu, ed ora stai dicendo che siamo finiti in un grosso casino.-
- Ottimo riassunto.- concordò Rebecca:- Anche se non ho ancora capito cosa c'entriate tutti voi con questa storia. Vi dispiacerebbe spiegarmelo?-
Per qualche minuto voci diverse si accavallarono in un confuso resoconto di quanto era accaduto durante quella lunghissima giornata su Dublith. Nonostante le continue interruzioni, riuscirono infine a chiarire tutto quello che era successo.
La donna dai capelli scuri fece una smorfia, incrociando le braccia:- E' una serie di coincidenze quasi troppo lunga per essere vera.-
- Concordo pienamente.- confermò il colonnello:- E non mi piacciono le file di coincidenze così prolungate. Quindi, credo proprio che dovremmo prendere questa storia nelle nostre mani e venire con te alla ricerca di qualche risposta.-
- Aspetta un momento!- lo fermò Edward:- Quando dici "dovremmo" intendi tu ed il tuo equipaggio, giusto?-
Roy gli gettò un'occhiata infastidita:- Certamente. Non ho intenzione di coinvolgere dei ragazzini.-
Lan Fan trattenne a stento un sospiro di sollievo: era rimasta in silenzio fino a quel momento, cercando di escogitare un modo per riportare Ling, May, Ed e Al a casa senza ulteriori avventure. Per come stavano le cose, era quasi certa che suo nonno l'avrebbe scorticata lo stesso... ma lasciare che fossero anche coinvolti in un complotto contro un'altra compagnia? Sarebbe stata una condanna a morte, e non solo per lei.
- Io voglio sapere cosa sta succedendo.-
Al vedere l'espressione testarda di May mentre pronunciava quelle parole, attirando lo sguardo di tutti, la guardia del corpo si rese conto di essersi tranquillizzata troppo presto. Chissà perché, aveva la sensazione che convincere tutti ad essere ragionevoli sarebbe stato molto difficile.
May, vedendosi osservata, ebbe un istante di sconcerto, poi deglutì e ribadì:- Non ho intenzione di andarmene senza sapere che cosa c'entra Xiao Mei con questa storia.-
- E tu come fai a sapere che il cucciolo di razza indefinita c'entra?- domandò Ling, confuso.
May non aveva raccontato a nessuno delle capacità telepatiche dell'animale, ben decisa a non farsi prendere per pazza. Così si limitò a roteare gli occhi:- Usa la testa, fratello stupido. Quel tizio lo stava cercando, e voi mi avete detto che era collegato alla Amestris. Ed anche quel criminale, Greed, sempre in base a quello che avete detto voi, era alla ricerca della stessa cosa. Non pensi che dovremmo almeno capire che cosa è?-
- Posso vedere il cucciolo di cui state parlando?- domandò Rebecca.
- Perché vuoi vedere Xiao Mei?- ribatté subito May, sulla difensiva.
La donna alzò le spalle:- Da quello che so, la Amestris sta conducendo degli esperimenti per creare nuove razze. Non proprio nuove in realtà: usano...-
- Materiale genetico di specie estinte ritrovato su Ishval?- tirò ad indovinare Falman.
- Ma allora sapete qualcosa di questa storia!-
- Non proprio.- intervenne Riza:- Falman ha trovato un'immagine di quell'animale su un vecchio libro, ma il resto della storia per noi è un mistero.-
- In ogni caso, non so esattamente cosa abbiano combinato, ma pare che siano riusciti a creare delle creature con poteri particolari. Xiao Mei ha qualcosa di speciale?-
May si dondolò nervosamente sui piedi: non era sicura di poter raccontare ad una perfetta sconosciuta che aveva un collegamento telepatico con un misterioso animaletto. Inoltre, era quasi certa che quella donna volesse portare con sé la creatura, legata come era a tutti i misteri di cui pareva così informata. Lei non voleva separarsi da Xiao Mei - non sapeva perché, ma si sentiva incredibilmente legata a quell'animale, come se lo conoscesse da una vita.
Alphonse, vedendo la sua amica così a disagio, provò a cambiare argomento:- Uhm... signorina Catalina? Per caso sa se in questi esperimenti della compagnia Amestris era coinvolto un certo Hohenheim Elric?-
- Hohenheim Elric?- ripeté la donna, con un'ombra scura sul volto:- Perché ti interessa?-
- E' nostro padre. Lavorava per quella compagnia, ma non sappiamo dove sia ora.- spiegò rapidamente il giovane cyborg, prima che Edward potesse interromperlo.
Rebecca rimase incerta per un istante:- Non ne so molto. Era uno degli scienziati che ha portato avanti il progetto, anni fa, ma il suo nome non compare più nei rapporti o negli elenchi del personale. Sembra che lavori ancora con loro, tuttavia.-
- E come fate ad avere accesso agli archivi della Amestris?- domandò Havoc, incuriosito suo malgrado.
L'altra sorrise misteriosamente:- Venite e lo scoprirete, ragazzi. L'offerta è estesa anche agli altri.-
- Purtroppo dobbiamo tornare a casa il prima possibile.- intervenne finalmente Lan Fan, con fermezza.
Ling però la contraddisse subito:- Cosa? Vorresti andartene lasciando irrisolta questa storia? Potrebbe essere un'occasione unica per Ed e Al per scoprire che fine ha fatto loro padre!-
- Ma si staranno tutti preoccupando tantissimo...- protestò la ragazza.
- Potreste semplicemente mandare un messaggio per dire che non si preoccupino.- intervenne a quel punto Winry, in tono conciliante.
- Sì, e dopo tre minuti nostro padre avrebbe già inviato tutte le navi della compagnia Xing alla posizione di invio del messaggio .- sbuffò May con tono infastidito.
- Uh? Mi sono perso un passaggio, che cosa c'entra adesso vostro padre?- domandò confuso Breda. May si morse la lingua: di comune accordo, lei ed Alphonse non avevano rivelato agli altri la carica di suo padre, per evitare che si ripetesse quanto accaduto con Scar. Ora che ci pensava, in quei giorni non rivelare le cose stava diventando un'abitudine per lei.
- Volete inviare un messaggio senza rivelare la posizione di partenza?- si intromise Havoc:- Non c'è problema, Furey lo fa da anni. Altrimenti il nostro colonnello sarebbe perseguitato da mariti infuriati ancora più di quanto già non sia.-
Il tentativo di Roy di tappare la bocca al suo pilota facendogli ingoiare una sigaretta e la risata successiva allentarono momentaneamente le preoccupazioni.
Ling approfittò dell'espressione più rilassata di Lan Fan per tornare alla carica. Avvicinandosi alla sua guardia del corpo, bisbigliò:- Lan Fan, hai visto anche tu che Ed e Al... sì, anche Ed, anche se non lo ammetterebbe mai... vogliono sapere cosa sia successo a loro padre. E May non si staccherà tanto facilmente da quell'animale. La cosa migliore che possiamo fare è andare a parlare con queste persone e scoprire cosa stia succedendo. Poi ce ne torneremo a casa.-
L'altra era ancora perplessa. Sussurrò pressantemente:- E se fosse una trappola di qualche tipo?-
- Quella donna ci ha appena salvato dagli uomini della Amestris, quindi direi che non lavora per loro.-
- La Amestris non è l'unico pericolo. Ci sono altre compagnie, organizzazioni criminali, mercenari, sette di fanatici...- iniziò ad elencare Lan Fan, ma Ling la zittì posandole una mano sulla spalla e costringendola a guardarlo negli occhi.
- Lan Fan, queste persone hanno salvato May e Al. Li hanno portati in un posto sicuro senza neppure sapere chi fossero, quindi direi che sono affidabili. E si fidano di questa Rebecca, dunque direi che potremmo provare a fidarci anche noi.-
La ragazza fece una smorfia, distogliendo lo sguardo:- Al primo segno di qualcosa che non mi convince, io chiamo i soccorsi.-
- Va bene.-
- E prima di partire da qui invierò un messaggio codificato a mio nonno.-
- D'accordo.-
- E tu e May non vi allontanerete mai dalla mia vista.-
Ling sorrise:- Non me lo sognerei mai.-
- Voi due cosa state bisbigliando?- commentò Edward, richiamandoli alla discussione principale. Ling si esibì in un sorriso smagliante:- Io e Lan Fan abbiamo deciso di comune accordo che verremo con voi. Così voi scoprirete la verità su vostro padre e May sulla sua nuova amica.-
- Fantastico!- esultò la ragazzina più piccola, soddisfatta, battendo un cinque con Alphonse. Edward sogghignò appena: si aspettava che quella sarebbe stata la conclusione del dibattito.
Rebecca riprese il controllo della situazione:- Allora, voi quattro venite. Martel, ammesso che si decida a svegliarsi, non ha alternative. Gli altri che mi dicono?-
Izumi Curtis, che era rimasta in silenzio per gran parte della discussione, scosse la testa:- Abbiamo un negozio da gestire. Se sul serio il gruppo criminale più potente di Dublith è stato rovesciato, tra poco qui si scatenerà un inferno per stabilire chi debba occupare la vetta, e non posso certo lasciare che distruggano tutto quello per cui ho lavorato.-
- Ti metterai di nuovo a capo di un movimento di guerriglia come quella volta su Aerugo?- si informò Al, ripensando ai loro viaggi.
- Non ho mai fatto una cosa del genere.- borbottò la donna alzando le spalle:- Io ero soltanto una semplice viaggiatrice.-
Mentre Edward ed Alphonse si scambiavano un'eloquente occhiata consapevole, Winry si rivolse a sua nonna, incerta:- Nonna, immagino che noi dovremmo rimanere alla Resembool e riprendere il giro.-
L'anziana donna alzò gli occhi al cielo scuro:- Non c'è bisogno che tu faccia quell'espressione, Winry. Puoi andare con loro.-
- Ma io...- iniziò a protestare la ragazza, sentendosi in colpa. Non avrebbe mai voluto abbandonare Pinako, la donna che l'aveva cresciuta e protetta. D'altra parte, però, non poteva negare che una parte di lei voleva assolutamente seguire gli altri alla scoperta di quei misteri. Ed un'altra minuscola parte osservava maliziosamente che c'era un altro in particolare che era interessata a seguire.
Pinako troncò burberamente le sue parole:- Posso benissimo cavarmela da sola. Inoltre, quella gente verrà di sicuro a fare domande riguardo alla Resembool ed a quella Martel, ed io sono più esperta di te a trattare queste questioni. Meno gente trovano da interrogare, meglio è per tutti.
- Ne sei sicura, nonna?-
- Inoltre - aggiunse lei come per un ripensamento improvviso:- Quella gente non può certo andarsene in giro per lo spazio senza un meccanico qualificato. Non durerebbero due giorni.-
Roy, che aveva sentito l'intero discorso, si chiese se dovesse sentirsi legittimamente offeso per quella considerazione del suo equipaggio o estremamente grato perché i motori avrebbero finalmente ripreso a funzionare. Il che gli faceva venire in mente...
- Catalina, verremo con te ad una condizione.-
La donna sbuffò, sospettosa:- E quale sarebbe, colonnello?-
- Tu paghi il carburante. Siamo a secco.-
 
***
 
- Perché quegli idioti ci stanno mettendo tanto? E' un lavoro troppo complicato per i loro sciocchi cervelli umani? Quanto ancora dovremo stare bloccati qui?-
Lust sospirò, annoiata, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli scuri:- Te la stai prendendo troppo, Envy. Considerala una vacanza.-
L'altro continuò a percorrere a grandi passi la stanza dell'albergo. Avrebbe voluto frantumare quei mobili leziosi fino a ridurli in polvere, ma non poteva fare neppure quello. Non poteva fare nulla. Era così frustrante.
La donna che lo stava osservando fece una smorfia:- Resisti ancora un poco, fratello. L'operazione era prevista per due giorni fa, presto non sarà più necessario trattenere qui Greed.-
- Continuo a pensare che sarebbe stato più semplice stordirlo e riportarlo a casa.- sibilò Envy.
Lust roteò gli occhi: aveva già spiegato tutto al suo stupido compagno una decina di volte, ma evidentemente non c'era modo di far rimanere un concetto in quella testa coperta di spuntoni esteticamente inaccettabili.
- E non ripetermi che era indispensabile separarlo prima da quegli stupidi dei suoi sottoposti, perché continuo a pensare che avremmo potuto eliminarli senza neppure ricorrere alle truppe speciali. Se solo il Padre mi restituisse...-
Oh, ecco che cosa era. Lust trattenne a stento l'impulso di scoppiare a ridere, chiedendosi per quanto ancora il Padre avesse intenzione di continuare con quella punizione. Se l'idea era di non restituirgli il potenziamento fino a quando avesse sviluppato un po' di buon senso, probabilmente sarebbe stata una lunga attesa. D'altra parte, non poteva negare che sarebbe stato tutto più semplice se Envy avesse potuto semplicemente cambiare il proprio aspetto. O quanto meno, avrebbe potuto inviare lui a parlare con i responsabili della compagnia Xing che si stavano occupando delle indagini. Erano talmente insopportabili.
Envy si lasciò cadere pesantemente su una sedia, incrociando le braccia dietro la testa:- A proposito, dove è finito stavolta Greed?-
Lust alzò le spalle:- Sarà andato a bere. Pare che sia la sua unica occupazione ultimamente... la compagnia degli umani non gli ha certo giovato.-
- Ma quali umani? E' difettoso dalla nascita.- commentò stancamente l'altro, lasciando divagare i pensieri. Ad ogni ora che passava, si faceva più forte il desiderio di radere al suolo tutto quel formicaio di creature inferiori. O, ancora meglio, fare in modo che fossero loro stessi a distruggersi a vicenda: quello gli riusciva particolarmente bene. Purtroppo, senza l'approvazione del loro capo e senza la tecnologia di trasformazione era costretto a rimanersene chiuso in quel buco a rimuginare. Se solo la gente che si vedeva dalla finestra non fosse parsa così felice da dargli il voltastomaco, avrebbe potuto sopportarlo, ma...
Lo squillo di un comunicatore lo riscosse dalle sue riflessioni cupe. Distrattamente, osservò Lust che rispondeva all'apparecchio e scambiava qualche rapida parola in codice con chiunque fosse dall'altra parte.
La sorella gli rivolse un sorriso soddisfatto:- Buone notizie per te, Envy. Pare che il nostro piccolo diversivo sia stato sufficiente. E' ora di passare alla fase successiva.-
L'altro trattenne a stento un gesto di esultanza, limitandosi ad un piatto:- Era ora.-
 
In una stanza a qualche isolato di distanza, Greed si tolse l'auricolare e sogghignò:- Era proprio ora, Envy.-
Decise che avrebbe aspettato ancora un paio d'ore prima di tornare all'hotel e passare alla fase successiva. Le microspie che aveva piazzato nei punti strategici della camera lo avrebbero informato di ogni successiva mossa di quei due dilettanti.
Scosse la testa con finta disperazione al pensiero dell'incapacità dei suoi fratelli. Negli ultimi anni si erano davvero rammolliti, se non si preoccupavano neppure delle più elementari misure di sicurezza. O forse pensavano che si fosse rammollito lui.
In ogni caso, doveva informare il suo temporaneo socio degli ultimi sviluppi. Era tempo di scombinare un po' le carte del gioco.






Angolo dell'autrice:
Chiedo scusa, chiedo scusa, chiedo scusa... questo breve capitolo non piace neppure a me, a parte il finale, ma ritenevo necessario fare una piccola pausa e far interagire un po' i personaggi. Inoltre, mi sono accorta di non aver mai lasciato un po' di spazio ad Envy e Lust, così ho provato a rimediare. Quindi, dialoghi a volontà! Ed adesso che tutte le decisioni sono state prese, come si svilupperà la storia? Che cosa starà macchinando Greed, e cosa scopriranno i nostri eroi? E soprattutto, quanto ci metterà l'amore a trionfare?
Annuncio con una certa soddisfazione che il prossimo capitolo è già scritto: lo sto rivedendo, ma dovrei riuscire a pubblicarlo in tempi brevi. Anticipo che entreranno in scena un paio di "nuovi" (in realtà mica tanto) personaggi e proseguirà il flashback sulla battaglia di Ishbal... quindi, non perdetevelo! ;)
Vorrei ringraziare Silvery Lugia e SuorMaddy2012 per aver recensito il capitolo precedente. Mi fa molto piacere ricevere i vostri pareri, cari lettori, e mi aiuta a migliorare il mio stile ed a capire se la storia è buona o no... dunque, ve lo chiedo per favore, lasciatemi una recensione ^_^
Credo che sia tutto. Grazie a tutti coloro che hanno letto questa storia e la stanno seguendo, ed arrivederci a presto! Baci,

Melanita




 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


 
CAPITOLO XVI
 
Il laboratorio ferveva di frenetica attività, dagli scienziati in camice bianco che discutevano intorno alle complesse apparecchiature agli inservienti che si affrettavano dietro a grossi carrelli ingombri di scartoffie e materiali, sotto le gelide luci al neon.
Elevato sopra la confusione, invisibile dietro la vetrata a specchio che schermava il camminamento superiore, un uomo osservava il movimento sotto di lui con espressione di serafica imperscrutabilità. La parte inferiore del suo volto era nascosta da una folta barba, bionda come i capelli che portava lunghi e sciolti sulla veste bianca di stampo antico. L'uomo rimase per qualche minuto a guardare le attività del laboratorio, osservando compiaciuto gli sguardi nervosi che gli uomini gettavano di sfuggita al suo punto di osservazione: non potevano sapere se lui li stesse osservando in quel momento, ma potevano sospettarlo, e questo li avrebbe spinti a lavorare più in fretta. Dopotutto, ormai era necessario accelerare i tempi del processo.
Era soddisfatto dell'efficienza degli umani al suo servizio, così come della loro ubbidienza. La fuga di Kimbley lo aveva costretto ad ordinare un'indagine per verificare la lealtà del personale, ma doveva ammettere che non aveva motivo di lamentarsi. Il fatto che la maggior parte di loro, contrariamente al precedente direttore, avesse una famiglia in uno dei pianeti direttamente controllati dalla compagnia Amestris probabilmente li aiutava a comprendere cosa fosse nel loro interesse.
Immerso nei suoi pensieri, il Padre lasciò il camminamento per incamminarsi con lenta solennità lungo i larghi corridoi illuminati, incurante dei saluti deferenti dei suoi sottoposti o della rapidità con cui si scostavano dal suo percorso, evitando di incrociare il suo sguardo. Rifletté che il tradimento di Kimbley, per quanto fastidioso, non aveva compromesso il loro progetto, così vicino al successo. Anzi, era stata l'occasione perfetta per risolvere un paio di altri piccole faccende.
Dalle comunicazioni che aveva ricevuto in precedenza, il generale Clemin si era già occupato di quasi tutti gli scagnozzi che si erano messi al servizio di Greed. Envy e Lust non avrebbero avuto problemi a riportare il figlio fuggitivo a casa, per quanto recalcitrante. E, una volta riunita la famiglia, il vero scopo del progetto avrebbe potuto essere rivelato.
Parlando di famiglia...
Il Padre si fermò di fronte ad una porta chiusa ermeticamente, e premette il dito sulla serratura. Un tastierino scattò fuori, e l'uomo digitò un lungo codice numerico. La porta si aprì silenziosamente, rivelando una stanza ingombra di materiale elettronico, macchinari sofisticati e pile di fogli.
L'uomo in completo bianco entrò, aggirando gli ostacoli che ricoprivano il pavimento, e si chinò a raccogliere un foglio caduto. Aggrottò leggermente la fronte: su uno dei lati erano scribacchiate complesse formule matematiche, ma sull'altro c'era lo schizzo accurato di quattro figure umane: un uomo simile a lui, una donna con un sorriso dolcissimo e due bambini biondi altrettanto sorridenti.
- Ti dispiacerebbe restituirmi quel foglio?-
Il Padre alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo di un uomo così simile a lui da poter essere scambiato per il suo riflesso allo specchio, eppure diverso. Nel suo atteggiamento c'era una composta tristezza che l'altro non aveva, ed i suoi vestiti scuri e consumati non avevano nulla da spartire con la solennità della tunica.
- Sono passati molti anni, Hohenheim.-
Hohenheim Elric abbassò di nuovo lo sguardo sul modellino a cui stava lavorando, e dichiarò:- Ti ho detto che non lo farò. Stai sprecando il tuo tempo.-
Il Padre non perse la calma:- Sono anni che continui con questa storia. Non pensi a quanti vantaggi ti porterebbe? Siamo così vicini, Hohenheim, così vicini a quello che abbiamo sempre sognato.-
- A quello che tu hai sempre sognato. Non coinvolgermi nei tuoi deliri.-
L'altro emise un sospiro:- Sempre così amaro, vero? Anche dopo tutto questo tempo...-
- Sette anni non sono abbastanza per dimenticare quello che hai fatto.- ribatté l'uomo stringendo convulsamente la presa intorno al metallo che stava lavorando.
- Molti uomini dopo sette anni avrebbero smesso di portare il lutto per una persona morta.-
Hohenheim alzò lo sguardo dal suo lavoro, con una sfumatura indecifrabile nello sguardo:- Tre persone morte.-
Il suo doppio scosse la testa:- No, Hohenheim. Una. Ho scoperto il tuo piccolo segreto.-
Ora gli occhi dell'uomo di fronte a lui esprimevano confusione, ed una punta di inquietudine.
- Sei stato furbo, lo ammetto. O forse incosciente: come può un padre abbandonare i suoi figli senza neppure spiegare loro che cosa gli ha fatto?-
- Cosa puoi saperne tu? Non importa come ti fai chiamare: non sei un padre.- rispose lentamente Hohenheim:- Io ho fatto quello che era necessario.-
L'uomo vestito di bianco non mostrò emozioni:- E pensi che i due ragazzi siano d'accordo? Forse dovrei farli portare qui e chiederglielo, non credi?-
L'altro scattò in piedi, gettando di lato l'oggetto su cui stava lavorando:- Non toccherai i miei figli, ignobile essere. Hai già fatto abbastanza male.-
Il Padre si concesse un sorriso, voltandosi verso l'uscita:- Domani tornerò a chiedere la tua collaborazione per il grande giorno. Se la tua risposta influirà in qualche modo sulla vita tranquilla dei tuoi preziosi Edward ed Alphonse, dipende soltanto da te... fratello.-
 
***
 
- Ricapitolando... siamo in viaggio verso East Moon, per incontrare qualcuno che dovrebbe metterci in contatto con una fantomatica organizzazione in lotta contro la compagnia Amestris. Io dovrei aiutarvi perché abbiamo un nemico in comune, perché mi avete salvato la vita e perché, essendo bloccata su questa bagnarola, non ho alternative.-
Riza annuì, rimanendo seria:- Hai capito la situazione, Martel. Qualunque cosa voglia la Amestris, è evidente che l'eliminazione del gruppo per cui lavoravi fa parte del loro disegno. Un disegno che noi vogliamo svelare e se possibile fermare.-
- Il gruppo per cui lavoro. Non ci hanno eliminati. Probabilmente il mio capo sa già tutto e si sta preparando a contrattaccare, ed è per questo che devo mettermi in contatto con lui il prima possibile.-
Riza sospirò:- Non pensi che siano già arrivati anche a lui? Se sapevano dove trovarvi...-
- Greed non si farebbe catturare così. Tu non hai idea di che cosa sia in grado di fare. E di sicuro non scapperebbe via lasciandoci nei pasticci. Dopotutto, siamo la sua squadra, ed a lui non piace che qualcuno tocchi le sue cose.-
Riza alzò le spalle:- In questo momento, comunque, non possiamo contattarlo. Il nostro addetto alle comunicazioni teme che i canali che hai suggerito siano sotto controllo, ed abbiamo già corso troppi rischi. Quando arriveremo ad East Moon...-
- East Moon. Perché proprio lì?-
- Te l'ho detto. Dobbiamo incontrare delle persone.-
- Potrebbe essere una trappola.-
- Correremo anche questo rischio.- ribatté Riza:- Il punto è che la tua collaborazione sarebbe preziosa per capire a che cosa stanno mirando.-
Martel fece una smorfia:- Ti ho già detto che non lo so. Greed ha avuto qualcosa a che fare con la Amestris in passato, ma non ne ha mai parlato con i suoi collaboratori, e fa del suo meglio per tenere quella compagnia alla larga dai nostri affari. Se volete sapere a che cosa mirino, fareste meglio a cercare direttamente lui.-
- Ma ci aiuterai? Verrai con noi ad incontrare queste persone?- insistette Riza.
L'altra scrollò le spalle:- Suppongo di non avere alternative. Quando arriveremo?-
- Tra cinque giorni. Sei libera di muoverti per tutta l'astronave, se vuoi.-
Martel si gettò sdraiata sulla brandina, mugolando:- Penso che rimarrò qui ad aspettare che quelle maledette droghe abbiano lasciato il mio sistema. Se non fossi stata così scombussolata, non avrei tentato di muovermi in quelle condizioni: so anche io quali sono i miei limiti.-
- Lo spero.- commentò Riza, uscendo. Si era appena chiusa la porta alle spalle quando fu quasi investita da una pallottola di pelo bianco e nero.
- Xiao Mei! Torna subito indietro!- giunse la voce acuta di May, un attimo prima che la bambina comparisse oltre l'angolo del corridoio.
Riza si chinò a prendere tra le braccia l'animaletto che si era rifugiato dietro di lei e lo riconsegnò alla proprietaria, che spiegò:- Eravamo scesi nella sala motori per salutare Winry, ma il rumore l'ha spaventata. Comunque, lei e Breda dicono che hanno quasi finito di sistemare quei problemi con l'impianto di raffreddamento, qualsiasi cosa voglia dire.-
- Molto bene.- annuì la tenente:- Vuol dire che tra poco potremo aumentare la velocità.-
- Ottimo!- esultò May:- Non vedo l'ora di arrivare a East Moon. La Ishbal è una bella nave, ma non mi piace dover stare in spazi così piccoli. Soprattutto per dormire...-
Riza sorrise, ricordando i problemi che erano sorti quando ci si era resi conto che non c'erano abbastanza vani per tutti i nuovi passeggeri che l'astronave ora doveva ospitare. Lei, che fino a quel momento, in quanto unica donna dell'equipaggio, aveva occupato una cabina singola, la condivideva ora con Martel (soprattutto per tenerla d'occhio) e Rebecca, mentre un'altra stanza era stata adattata per Winry, May e Lan Fan. Su insistenza di quest'ultima, Ling era sistemato nella cabina accanto, insieme ad Edward ed Alphonse. Roy Mustang invece aveva fatto pieno uso della propria posizione di comandante per mantenere una cabina singola.
- Sì, la Ishbal non è fatta per ospitare molte persone.- concordò la bionda:- Inoltre la navetta di Rebecca occupa un sacco di spazio nella stiva, ed abbiamo dovuto spostare parte del carico nelle altre stanze. Per fortuna tra cinque giorni saremo a East Moon.-
May annuì, pensierosa:- Il colonnello Mustang ha fatto una faccia strana quando ha saputo che saremmo andati lì. Ed ora si è chiuso nella sua cabina. Perchè?-
Riza sospirò, chiedendosi come rispondere. Sapeva esattamente cosa stava pensando il suo comandante, in quel momento, ed avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo vedere ridere e scherzare. Ma lei, che era certa di conoscerlo meglio di chiunque altro, era anche consapevole che c'erano momenti in cui tutto quello che poteva fare era sostenerlo in silenzio.
Sforzandosi di alleggerire il tono, rispose:- Mi dispiace, May. Non penso che il colonnello vorrebbe che te ne parlassi. Su East Moon c'è qualcuno che per lui è importante, ma gli ricorda dei momenti a cui non vorrebbe dover pensare.-
- Lo conosci davvero bene.- notò la bambina:- Dovete essere molto vicini, voi due.-
Riza si lasciò sfuggire un sorriso:- Sì. E continuerò a stargli vicina finché potrò.-
May Chang si chiese se la donna si fosse resa conto di quanto quell'affermazione sembrasse una dichiarazione di qualche tipo, ed optò per il no. Per Riza quella era una semplice constatazione, a quanto pareva.
 
***
 
Roy toccò una spalla alla sua tenente, sentendo il sudore che impregnava la maglietta dopo tutte quelle ore
- Hawkeye, vai a riposarti. Non puoi continuare così.-
La donna sparò un paio di altri colpi, prima di ribattere:- Con il dovuto rispetto, signore, al momento non c'è nessuno in grado di sostituirmi. Non ho intenzione di allontanarmi.-
L'uomo dai capelli neri si chinò verso di lei, sussurrando:- Tenente, è un ordine. Stai sparando da otto ore, e le tue mani tremano. Non discutere. Ho bisogno di te per uscire di qui, e sarai molto più efficiente dopo un paio d'ore di riposo.-
La bionda chinò il capo, perfettamente consapevole che il suo superiore aveva ragione: sarebbe stata inutile se si fosse fatta ferire o fosse crollata dalla stanchezza. Ma non voleva andarsene e lasciarlo senza protezione.
- Tenente, andrà tutto bene.- la rassicurò Roy come se le stesse leggendo nel pensiero:- Scendi nella stanza dei feriti e fatti dare una razione di pasto e dell'acqua, poi sdraiati per un po'. Non c'è bisogno che ti preoccupi.-
- Colonnello, lei non è capace di mentirmi.- replicò stancamente la donna, cedendo ed allontanandosi dalla sua postazione. Un altro soldato la sostituì immediatamente, mentre Riza scendeva le scale che conducevano alla cantina utilizzata come temporanea infermeria.
Roy la guardò scomparire al piano di sotto, poi tornò a concentrarsi sulla battaglia. Il fuoco degli Ishbalani non accennava a diminuire: dovevano aver ricevuto rinforzi. Si chiese come facessero dei coloni separati dal resto del mondo ad avere armi così potenti, e decise che non era il momento di occuparsene. C'era sempre qualche sciacallo disposto a guadagnare vendendo strumenti di morte ai poveracci.
Il colonnello si diresse verso la postazione radio.
- Furey, stai ancora provando a chiamare?-
Il giovane soldato sollevò la testa dall'apparecchio. La sua mano, sulla manopola dei canali, tremava percettibilmente, ed il volto stanco era rigato di lacrime.
- Furey, che succede?- domandò subito Roy in un bisbiglio, assicurandosi che gli altri presenti non stessero guardando. Non voleva peggiorare ancora il morale dei soldati.
- Se ne sono andati, signore.-
- Come?- balbettò l'uomo, spiazzato.
- Sono riuscito ad intercettare una comunicazione. L'alto comando degli ufficiali, il generale supremo Bradley...se ne sono andati tutti. Su questo pianeta sono rimasti soltanto i soldati di rango più basso.-
Mustang rimase in silenzio, nascondendo dietro una maschera imperturbabile la rabbia che iniziava a ribollirgli dentro.
- Non ci aiuteranno, signore. Che cosa possiamo fare?-
Non poteva rispondergli che non ne aveva la minima idea. Non a quel giovane dalla faccia tonda che lo fissava con aria implorante dietro gli occhiali sporchi di polvere, non ad un altro dei suoi soldati o a chiunque glielo avesse chiesto. Lui era il colonnello Roy Mustang, e doveva agire di conseguenza.
- Furey, contatta gli altri reparti. Ignora la base centrale, ormai sarà vuota, ma ci devono essere altre squadre disperse in giro. Prova ogni singola frequenza finché non otterrai una risposta, e poi chiamami.-
- Agli ordini, signore.-
Roy si voltò in tempo per incrociare gli sguardi cupi di Falman e Breda. Non fece domande, ma era chiaro che avevano sentito.
 
- Dottor Knox, il mio posto è là fuori!-
- Tenente Havoc, tenga ferma il tenente Hawkeye, per favore.- grugnì il medico militare, fissando una benda intorno al braccio della donna bionda che tentava di alzarsi.
- Non sono ferita, è solo un graffio. Mi sono riposata abbastanza nelle ultime tre ore, ora posso...-
- Tenente, non definirei il suo atteggiamento riposarsi. Penso che i nostri difensori se la stiano cavando anche senza di lei, altrimenti questa cantina sarebbe già stata invasa da Ishbalani infuriati. Quindi, stia giù e si lasci medicare come avrebbe dovuto fare ore fa.-
Riza non ebbe altra scelta che rilassarsi, per quanto poteva, sulla stuoia che la separava dal pavimento in cemento. Cercò di distinguere la voce di Roy tra i rumori di spari e le esplosioni che filtravano attraverso la botola socchiusa, e le sembrò di sentirla, ma non poteva escludere che quell'intonazione così familiare esistesse solo nei suoi pensieri dove risuonava così spesso.
La situazione era disperata. Il colonnello stava facendo del suo meglio per fare coraggio a tutti, ma senza un intervento esterno non avevano modo di uscire dalla trappola in cui erano caduti. Tutta quell'operazione era stata condannata al fallimento fin dalla sua preparazione, e la cosa peggiore era che, secondo Mustang, i loro superiori lo sapevano benissimo. Forse doveva essere soltanto un diversivo, ma in tal caso, perché non avvisare almeno l'ufficiale comandante? Perché non richiamarli, una volta esaurita la loro funzione? Perché sacrificare...
I rumori al piano di sopra erano cambiati. C'erano ancora spari, ma le voci erano cambiate. Le esclamazioni di Mustang avevano una nota di... gioia? Era possibile? Il dottor Knox era al capezzale di un ferito, al lato opposto della stanza. In fretta, Riza si tirò in piedi e si precipitò fuori dalla cantina.
I suoi occhi corsero subito alla figura di Roy Mustang, chino sulla radio. Si avvicinò abbastanza da sentire la voce inconfondibile che, tra crepitii e ronzii, usciva dall'apparecchio.
- Stiamo venendo a recuperarvi, Roy. Saremo alla vostra posizione tra qualche minuto, e sarete fuori da quella trappola prima ancora di rendervene conto.- promise la voce di Maes Hughes.
Il colonnello si sforzò di non far tremare la voce:- Non fare pazzie, Maes. Non vale la pena di rischiare il doppio degli uomini.-
- Non c'è niente di cui preoccuparsi.- lo rassicurò l'altro:- Ho abbastanza uomini e mezzi da recuperarvi prima ancora che gli Ishbalani si accorgano che siamo arrivati.-
- Stai attento comunque.- insistette Roy, con una punta di inquietudine. Aveva un brutto presentimento su quell'operazione di salvataggio.
Il colonnello si voltò, trovandosi di fronte gli occhi nocciola della sua subordinata.
- Hai sentito, tenente?-
- Sì, colonnello. C'è la possibilità che lei avesse ragione: andrà tutto bene.-
E quelle parole furono sufficienti a Mustang per decidere che tutto sarebbe andato bene. Se lo aveva promesso ad Hawkeye, avrebbe fatto in modo che fosse così.





Angolo dell'autrice:

Beh, eccomi di nuovo qui. Come promesso, ecco un nuovo capitolo! L'ho scritto abbastanza di getto, quindi potrebbe esserci qualche errore, ma spero che vi sia piaciuto ugualmente. Ho deciso di pubblicarlo in fretta perché nelle prossime settimane dovrò concentrarmi sullo studio, quindi non so quando riuscirò a continuare.
Per quanto riguarda la storia, i flashback stanno finalmente chiarendo gli avvenimenti di Ishbal, ma per sapere tutta la storia dovrete aspettare ancora un capitolo o due. Nel "presente", invece, sono stati introdotti altri due personaggi prima solo citati, il Padre e Hohenheim. E' la prima volta che scrivo su di loro, quindi ho paura di non essere stata del tutto IC. Voi cosa ne pensate? Suggerimenti, critiche, opinioni sono sempre ben accetti, come continuo a ripetere! ^_^
Ringrazio Silvery Lugia per aver recensito anche lo scorso capitolo, ed aspetto qualche parere su questo! Baci e (spero) a presto,

Melanita



 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO XVII

 

- Arriveremo ad East Moon tra qualche ora.- annunciò con una certa soddisfazione il tenente Havoc, appoggiandosi allo schienale del sedile e stiracchiandosi.
- Devo ammetterlo, sei riuscito a stupirmi.- commentò Rebecca, appoggiata a braccia incrociate alla parete della sala di comando:- Non pensavo che sapessi davvero guidare un'astronave.-
- Non mi conosci abbastanza, Catalina.- ribatté il biondo sorridendo. Mustang, seduto sulla poltrona al centro della stanza, roteò gli occhi: aveva sempre saputo che il suo pilota aveva un debole per le donne, ma non si sarebbe mai aspettato che Rebecca gli desse corda. Dopotutto, lei aveva sempre sostenuto di volere un uomo abbastanza ricco da mantenerla, e questo decisamente non rientrava tra i pregi di Havoc, no? Però doveva ammettere che formavano una bella squadra, quando non si stavano punzecchiando spietatamente.
- Abbiamo portato il caffè!- squillò una voce allegra, mentre l'ascensore si apriva per lasciar scendere Winry ed Edward con due larghi vassoi colmi di tazze. Insieme a loro arrivarono anche Falman e Riza, trasportando con attenzione un altro vassoio traboccante di biscotti.
- Winry, sei del tutto sicura di non volerti trasferire sulla Ishval come cuoca ufficiale?- commentò Roy, ammirato. Non avrebbe mai pensato che delle razioni liofilizzate potessero trasformarsi in quei piccoli gioielli culinari.
Per un paio di minuti, l'unico rumore all'interno della stanza fu quello delle mascelle che masticavano, poi Rebecca deglutì e domandò:- Dove hai imparato a cucinare così bene?-
Winry sorrise malinconicamente:- Era stata mia mamma ad insegnarmi, prima dell'epidemia. Poi nonna Pinako mi ha spiegato come adattare le ricette agli ingredienti che si possono trovare su un'astronave.-
- Come si chiamava tua madre?- domandò Falman, con una punta di interesse.
- Sara. Sara Rockbell.- replicò subito la ragazza:- Come mai me lo chiede?-
- C'erano dei Rockbell, ad Ishval.- rispose l'uomo dai capelli grigi, pensieroso:- Una coppia di dottori, marito e moglie. Dirigevano l'unità medica.-
La ragazza bionda ebbe un sobbalzo, e le sue nocche si sbiancarono per la forza convulsa con cui si ritrovò a stringere la tazza di caffè. Con voce atona, mormorò:- Non me l'hanno mai detto. I miei genitori erano nell'esercito?-
Mustang si batté una mano sulla fronte:- Ma certo, ora ricordo! Ecco perché avevo già sentito quel cognome. Sara e Urey Rockbell si erano aggregati alla spedizione come volontari poco prima che cominciasse. Il loro compito era verificare che i nativi del pianeta non fossero privi di anticorpi per qualche malattia, visto che la colonia era rimasta isolata per decenni, ma lo scoppio del conflitto non gliene ha dato l'occasione. Ricordo che erano tra i sopravvissuti, alla fine della battaglia...-
- Otto anni fa, giusto?- lo interruppe Edward, riflettendo:- Ehi, è stato quando i tuoi genitori se ne erano andati per qualche mese, e tu sei stata ospite a casa nostra, vero Winry?-
La ragazza annuì, di nuovo tranquilla. Dopo tutto quel tempo, ripensare ai suoi genitori le faceva ancora male, ma riusciva a sopportarlo. L'idea che fossero stati in guerra, in un esercito, senza dirle nulla, l'aveva sconvolta per qualche secondo, perché aveva temuto di non aver davvero conosciuto la sua famiglia ormai perduta, ma ora sapeva che lo avevano fatto per aiutare la popolazione di Ishval, non per fare del male a qualcuno. Loro erano medici, ed erano delle persone stupende, questo lo avrebbe sempre ricordato.
- Erano brave persone.- affermò Roy, con lo sguardo perso nel vuoto:- Forse alcune tra le persone migliori che ci fossero su quel maledetto pianeta. Mi dispiace, Winry.-
Lei annuì di nuovo, sentendo sciogliersi il groppo che le aveva serrato la gola.
 
***
 
- Devo proprio?-
- Gli ordini sono ordini, Envy. Non discutere.-
Roteando gli occhi con aria infastidita, Envy chiuse la comunicazione con l'astronave. Perché mai quei compiti dovessero toccare sempre a lui, era qualcosa che gli sfuggiva. Non poteva negare di essersi divertito a far scoppiare quel massacro tra gli inutili, inferiori esseri umani, ma stava cominciando a non poterne più della permanenza su quel pianeta. Inoltre, era convinto che la sua missione fosse terminata: aveva recuperato quello che gli serviva, l'unico motivo per cui il Padre si era interessato a quell'improduttivo ammasso di roccia.
- Ehi, tu! Da questa parte!-
Envy sobbalzò, prima di individuare la fonte di quella voce: un soldato, subito riconoscibile dalla sua uniforme blu, un membro di quella carne da macello che aveva fornito loro un utile diversivo. Si ricordò di colpo che il filtro di trasformazione era regolato sull'aspetto di un soldato semplice dell'esercito, che aveva visto morire poche ore prima. Aveva pensato che sarebbe stato più facile muoversi in mezzo a quel branco di esseri spaventati se lo avessero scambiato per uno di loro, ma non aveva considerato il fatto che gli avrebbero effettivamente rivolto la parola.
- C'è una squadra intrappolata, stiamo organizzando una spedizione di soccorso.- spiegò in fretta l'uomo, che a giudicare dalla divisa era un capitano. Gli occhi scintillavano dietro le lenti trasparenti degli occhiali, e Envy si ritrovò a chiedersi esasperato come facesse quel tipo ad avere un'espressione così decisa, quasi fiduciosa, dopo giorni di combattimento in quel luogo. Non riusciva proprio a capire gli umani.
- A dire il vero io dovrei...- cominciò, ma l'altro non gli prestò minimamente ascolto.
- Abbiamo bisogno di altri uomini, ed in fretta. Ogni minuto perso può essere fatale per Mustang e la sua squadra. Vedi se riesci a radunare qualcun altro ancora in buone condizioni e...-
- Aspetta un attimo.- lo frenò Envy:- Mustang? Il colonnello Roy Mustang?-
- Esatto.-
- Ma la sua squadra è stata data per dispersa ore fa! Non penso proprio che possano essere ancora vivi, capitano...- si fermò un attimo a riflettere.
- Hughes. Maes Hughes. Li abbiamo appena contattati via radio.- spiegò in fretta il capitano.
Envy tacque per un secondo, pensando freneticamente. Il comandante supremo gli aveva appena impartito l'ordine di eliminare gli ufficiali di grado più elevato rimasti sul pianeta, quelli che non avevano fatto parte del loro piano, in modo che nessuno potesse sapere esattamente quale strategia era stata seguita su Ishval. I soldati semplici, se anche fossero riusciti a sopravvivere, non erano un pericolo, ma gli altri sapevano troppo. Pareva che il suo compito sarebbe stato più facile del previsto.
Con un impeccabile saluto militare, represse il suo disgusto ed esclamò:- Può contare su di me, capitano Hughes!-
 
***
 
- Il porto di East Moon è ancora più grande di quello di Dublith!- esclamò May, guardandosi attorno ad occhi spalancati. Erano sbarcati da poco dalla Ishval, ed ora stavano seguendo il tenente Catalina al luogo dell'appuntamento con i suoi misteriosi soci, di cui si era rifiutata di svelare l'identità.
Winry sorrise:- Ci sono stata un anno fa con la Resembool, ma hanno costruito dei nuovi edifici da allora. East Moon è una città in grande espansione, ed approfitta del fatto di trovarsi tra le aree di influenza di compagnie diverse per fare ottimi affari.-
- Inoltre il pianeta attorno a cui orbita, per quanto non sia ancora stato terraformato per permettere l'insediamento umano, è ricco di risorse minerarie di valore.- aggiunse Lan Fan.
- E tu come lo sai?- domandò Ling, incuriosito.
- Hai presente quelle lezioni di economia interplanetaria che tu avresti dovuto ascoltare, invece di farti ripetere che cosa era stato detto dalla tua guardia del corpo?- replicò subito la ragazza.
- Ma erano una noia mortale!- protestò lui, mentre Ed, Al e May si scambiavano un'occhiata divertita.
Era quasi sera sul satellite, e le strade che stavano percorrendo, illuminate dalle luci colorate delle insegne, straripavano di vita ed attività, tra bancarelle, negozi, bar ed artisti di strada che si esibivano in mezzo a piccoli assembramenti di persone. Gli alti grattacieli che presto presero il posto dei magazzini portuali sfolgoravano sotto il cielo scuro, con una sfumatura verde data dall'atmosfera artificiale. In mezzo alle stelle ancora sbiadite, si stagliava lo spettacolo del pianeta avvolto di nubi vorticanti intorno a cui East Moon orbitava.
- Siamo quasi arrivati.- assicurò Rebecca, lasciando la strada principale per imboccare una via più tranquilla. All'estremità di essa lampeggiava l'insegna di un locale da cui provenivano forti schiamazzi e risate.
Havoc spalancò gli occhi e la bocca:- Aspetta un momento, Catalina. Questo è un locale per incontri di lotta!-
- E allora?- ribatté lei, scrollando le spalle:- Capirete quando sarete dentro.-
Roy Mustang decise di dare il buon esempio ai suoi uomini (e donne e bambini) dirigendosi a passo di marcia verso l'ingresso del bar. Appena spinta la porta, fu investito da una cacofonia ancora più assordante di quella che si sentiva all'esterno. Era evidente che quella sera c'era in programma qualche incontro particolarmente interessante.
- Da questa parte.- li guidò Rebecca, superando il colonnello e dirigendosi con decisione verso un angolo, dove un paravento decorato da un motivo di stelle e pianeti separava dalla confusione un paio di tavoli.
May vide Martel sorridere malinconicamente, e non poté trattenersi dal domandare:- Cosa c'è?-
La donna alzò le spalle, cancellando subito il sorriso:- Questo posto mi ricorda un po' il luogo dove vivevo su Dublith.-
Tacque, accorgendosi insieme agli altri di due figure sedute ad uno dei tavoli. Roy, Riza, Havoc, Furey, Falman e Breda rimasero per un attimo a bocca aperta, riconoscendo all'istante l'uomo e la donna che ora si stavano alzando per salutarli. Una donna dai corti capelli scuri ed un giovane biondo.
- Vi avevo detto che erano vecchie conoscenze.- commentò soddisfatta la loro guida.
Ancora sbalordito, il colonnello ebbe appena la forza di balbettare:- La vedo in forma, sottotenente Ross.-
 
***
 
Scar emise uno sbuffo infastidito e si spazzolò via la polvere dal lungo cappotto che portava, abbassando gli occhiali da sole che coprivano il bagliore sanguigno dei suoi occhi per scrutare la porta del locale di fronte a lui, e la perentoria insegna che lo indicava come "chiuso".
Scrollò le spalle e spalancò l'uscio con un violento scossone, entrando a grandi passi nel bar semibuio, a malapena illuminato dalle lampade di lava disposte lungo le pareti. I tavoli erano deserti, ma già apparecchiati e pronti per l'apertura.
- Apriamo tra un'ora!- strillò una voce infuriata dall'altra parte del locale, mentre una sagoma faceva capolino dalla porta della cucina. Scar ebbe appena il tempo di scorgere un viso allungato ornato da un paio di folti baffi scuri ed un capo stempiato, prima che con un'imprecazione soffocata la porta si chiudesse. Dall'altra parte, un frastuono di pentole cadute gli suggeriva, con il contributo dell'esperienza, che qualcuno stesse cercando di svignarsela dal retro.
L'Ishvalano, imperturbabile, attraversò a grandi passi il salone deserto e spalancò la porta della cucina, afferrando per il cappuccio dell'impermeabile l'uomo che stava tentando la fuga. Subito quest'ultimo si immobilizzò, atteggiando il volto ad un sorriso nervoso.
- Scar! Ma che sorpresa, sono mesi che non passi ad East Moon. Cosa posso fare per te?-
Senza accennare a mollarlo, Scar replicò:- Il solito, Yoki. Lavoro e informazioni.-
- Non è giusto!- piagnucolò Yoki:- Perché non puoi trovare qualcun altro? Io ora sono un onesto uomo d'affari che si guadagna da vivere come barista, vedere un ricercato che entra tranquillamente nel mio locale non fa certo bene agli affari!-
Continuando a lamentarsi, seguì Scar mentre tornava nella sala del bar e si sedeva al bancone. Poi, con una certa riluttanza, cambiò argomento:- Non c'è molto lavoro in questo periodo, Scar. Forse tu sei un lupo troppo solitario per prestare ascolto a quello che si dice, ma ora come ora nessuno vuole rischiare, dopo quello che è successo su Dublith.-
L'uomo dai capelli bianchi corrugò la fronte:- Che cosa è successo su Dublith?-
L'altro esplose in una raffica di colpi di tosse:- Non sai proprio nulla? L'organizzazione di Greed, amico. Il più grande gruppo criminale di questa parte della galassia, gente con cui non si scherza.-
- Sì, di loro ho sentito parlare. Che cosa hanno combinato?-
Yoki scosse la testa:- Non esistono più, Scar. Le forze speciali della Amestris hanno distrutto il loro quartier generale con un singolo blitz, e catturato i vertici dell'organizzazione. Nessuno vuole rischiare di pestare i piedi ad una compagnia così potente.-
Scar fece una smorfia:- Un vero peccato non essere stato su Dublith quando è successo. Ho sentito che nelle loro forze speciali c'è qualcuno che devo incontrare.-
- Non starai ancora pensando a quella storia della vendetta?!- esclamò l'altro, balzando indietro ed iniziando a scuotere forsennatamente le mani:- Lascia perdere, Scar, non puoi avvicinarti a quella gente. E poi è passato così tanto tempo che...-
La mano dell'Ishvalano scattò verso la gola dell'altro, strozzandogli le parole prima che uscissero dalla bocca.
- Tu non sai nemmeno cosa voglia dire avere qualcuno da vendicare, Yoki. Ora, che cosa mi sai dire della Amestris? Perché questo improvviso interesse per un'organizzazione criminale?-
- Non lo so, non lo so! Ma pare che stiano preparando qualcosa di grosso. Ci sono delle voci di un progetto a cui la Amestris sta lavorando da anni e che ora è quasi completato, qualcosa che rivoluzionerebbe la tecnologia dell'intera galassia.-
- Di cosa stai parlando?-
Yoki si allontanò dalla presa dell'altro, cercando di ricomporsi:- Full, Scar. Dicono che abbiano il Full.-
Scar si sforzò di restare calmo:- Il Full è soltanto una leggenda da spazioporto.-
- E se non lo fosse? Un metallo vivente, capace di crescere, rigenerarsi ed ubbidire al pensiero di chi lo usa. Sarebbe la più incredibile delle armi.-
- Hai qualcosa a sostegno di queste voci?-
Yoki si guardò ostentatamente intorno, per assicurarsi che il bar fosse deserto, poi si chinò in avanti con aria da cospiratore e sussurro:- Dicono anche che il loro direttore generale sia fuggito portando con sé la chiave del loro progetto, qualcosa che hanno costruito appositamente per trovare il Full e catalizzarne l'energia. E c'è un'immagine di questa invenzione, ma è... strano.-
- Fammela vedere.- intimò l'uomo, avvertendo il vago presentimento di quello che avrebbe visto. Su Ishval, prima del disastro, c'erano state ricerche sul Full. Suo fratello gliene aveva parlato, ma non era particolarmente interessato a quel campo: lui era un biologo, gli aveva sempre ripetuto, uno di coloro che stavano per ripopolare il pianeta attraverso l'incredibile esperimento di ingegneria genetica a cui la colonia si era preparata per anni. A volte Scar si chiedeva come sarebbe stato, se quei maledetti avessero aspettato solo qualche altro mese, il tempo di riportare...
- Eccolo!- annunciò Yoki, estraendo da sotto il bancone un pezzo di carta, una fotografia. Doveva essere materiale scottante se non si arrischiava neppure a conservarla su un supporto informatico.
Scar afferrò il foglio e sgranò gli occhi, incapace di credere a quello che stava vedendo. Aveva già visto quel tondeggiante muso bianco e nero che lo fissava di rimando, non molto tempo prima. Lo aveva visto tremare, appeso alla spalla di una bambina.
- Strano, vero? Non ho mai visto un animale del genere. Cosa ne pensi?-
L'Ishvalano fece una smorfia:- Penso di aver commesso un errore.-



 

Angolo dell'autrice:
...
...
...
Okay, non ho scuse. Potrei parlare di esami universitari, di altri progetti in corso e di un'ispirazione che mi ha vilmente abbandonato, ma la realtà è che è stata la mia inguaribile pigrizia ad impedirmi di pubblicare un nuovo capitolo per un tempo indeterminato. Quindi, per spronare me stessa a smettere di leggere manga e ricominciare a scrivere seriamente, ecco qualcosa che rimetta in moto questa povera fanfiction abbandonata.
Spero di riuscire a continuarla in tempi ragionevoli, ma visto come è andata l'ultima volta non vi prometto niente.
Passiamo a questo capitolo, brevissimo e decisamente mediocre, ma indispensabile per procedere con la storia. Innanzitutto, i genitori di Winry: il loro coinvolgimento con Ishval avrebbe dovuto essere rivelato prima, ma me ne sono dimenticata, e visto che sarà utile per la storia ho dovuto inserirlo qui, a costo di farlo sembrare spuntato dal nulla. Per quanto riguarda il flashback su Envy... sì, ci stiamo avvicinando al definitivo chiarimento della storia di Ishval, e suppongo che abbiate tutti capito dove andrà a parare entro qualche capitolo. Devo dire che io non odio il personaggio di Envy in sé, anzi devo dire che mi stava abbastanza simpatico... fino alla morte di Hughes. Lì l'ho odiato nella maniera più assoluta. Per finire, avevo bisogno di far tornare in scena Scar, ed ho deciso che Yoki era perfetto nel ruolo dell'informatore riluttante.
Spero che il capitoletto vi piaccia! Ancora scusa per il ritardo, e (se ce la faccio) a presto! ^_^


Melanita



PS: le recensioni potrebbero spingermi a scrivere più in fretta. Chi ha orecchie per intendere intenda...
PPS: Grazie a Silvery Lugia per la recensione al capitolo precedente.



 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


 

CAPITOLO XVIII

 
Il rumoreggiare della folla si era quasi calmato, segno che l'incontro di lotta, qualunque esso fosse, stava per cominciare. Mustang non avrebbe potuto essere meno interessato, impegnato com'era ad ascoltare ad occhi sgranati le parole di Maria Ross.
- Così, per un po' sono rimasta a lavorare in incognito su una stazione mineraria della compagnia Xing. Volevo stare il più distante possibile da qualunque cosa avesse a che fare con Ishval, penso che possiate capire. Poi, un giorno, dall'astronave dei rifornimenti è uscito il qui presente Denny Brosh.-
Si fermò ad indicare il giovane biondo che stava tornando verso il loro tavolo con un vassoio di bicchieri, e quest'ultimo sorrise raggiante.
- Stava cercando te?- domandò Riza.
Maria alzò le spalle:- No, è stata una coincidenza. Mi ha raccontato che dopo Ishval non sapeva cosa fare, non si sentiva più capace di starsene a casa sua, così ha cominciato a viaggiare ed ha incontrato una sorta di organizzazione. Un'organizzazione che ha come scopo principale la distruzione della compagnia Amestris.-
Havoc aggrottò la fronte:- E così vi siete uniti a questo gruppo? Che motivazioni avevate?-
Il volto della donna dai capelli scuri si fece improvvisamente cupo:- Secondo le informazioni raccolte, la Amestris era dietro a tutto quello che è successo su Ishval. Gran parte del nostro vecchio stato maggiore ha iniziato a lavorare apertamente per loro poco dopo quella battaglia. Le armi degli Ishvalani avevano le caratteristiche della loro produzione, ed alcuni progetti della Amestris si basano su materiale proveniente da quel pianeta.-
- E allora? Non sarebbe la prima volta che una compagnia fa qualcosa del genere.- intervenne Winry, perplessa:- Perché questa volta è diverso?-
- Perché questa volta potrebbe esserci in gioco il futuro dell'intera galassia.-
Alle parole serie della donna, intorno al tavolo calò il silenzio.
Il colonnello Mustang aggrottò la fronte, tentando di capire se quello fosse un qualche scherzo di pessimo gusto. Era certo di no, ma al tempo stesso non riusciva a comprendere come una semplice organizzazione, per quanto potente come una compagnia multiplanetaria, potesse avere tra le mani addirittura il futuro della galassia. Nessuna invenzione, nessun prodotto, nessuna trama per ottenere un monopolio o una maggiore influenza avrebbe potuto avere ripercussioni così ampie da giustificare la serietà nel tono di Maria Ross... giusto?
Dall'altra parte del tavolo, Edward stava fremendo d'impazienza, in attesa che quella donna si decidesse a dire qualcosa di concreto, qualcosa che potesse confermargli che non aveva fatto tutto quel viaggio per niente. Gli pareva di stare perdendo troppo tempo in discorsi, ed ancora non capiva cosa c'entrasse Hohenheim in tutta quella vicenda.
- Abbiamo una fonte interna ai laboratori di Central, la sede centrale della compagnia Amestris.- rivelò Maria:- Pare che negli ultimi otto anni la Amestris abbia concentrato risorse e finanziamenti sui settori dell'ingegneria genetica e della robotica. In particolare, sono partiti dal DNA di specie animali estinte per modificarlo in modo da poterlo integrare con circuiti elettronici...-
- Se stai parlando di cyborg, non è una novità.- la interruppe Edward, indicando se stesso ed il fratello.
- Non è così semplice.- replicò la donna, scuotendo il capo:- I normali cyborg sfruttano acciaio, silicio ed altri metalli piuttosto diffusi. I modelli più complessi sono costituiti con fibre più costose o metalli creati appositamente per questo tipo di innesti. Ma la Amestris, su Ishval, oltre al materiale genetico ha recuperato anche altri campioni. Piccole dosi di una sostanza che molti ancora oggi credono una leggenda.-
- Il Full, vero? Allora è da lì che viene.- intervenne Winry, gettando un'occhiata di sfuggita al ragazzo biondo seduto accanto a lei.
Il sottotenente Ross annuì:- Esatto. Dopo averlo recuperato, la Amestris ha iniziato a studiare quel metallo e le sue possibili applicazioni, affidando il compito ad uno dei loro migliori scienziati. Hohenheim Elric.-
La donna si interruppe, ma nessuno parlò, così riprese:- I primi esperimenti diedero dei risultati così sbalorditivi da essere immediatamente classificati al più elevato livello di sicurezza, ma poi successe qualcosa. La quantità di Full che avevano a disposizione, qualche decina di chilogrammi, sparì quasi completamente. Insieme ad essa, scomparve dalla scena anche l'uomo che la stava studiando. La dichiarazione ufficiale del portavoce della Amestris, a proposito di Hohenheim, fu che il lutto per la morte della sua famiglia lo aveva spinto ad abbandonare il lavoro e ritirarsi in isolamento.-
Edward non riuscì a trattenere uno sbuffo irritato, ripensando a quel poco che ricordava del padre perennemente assente. Sarebbe stato più credibile dire che si fosse lasciato assorbire completamente dalle sue ricerche per non pensare al dolore. Quando era a casa con loro, Hohenheim dimostrava volentieri il suo affetto ai figli ed alla moglie, ma quei momenti si facevano sempre più rari. D'istinto, le mani del ragazzo scesero nella tasca dei pantaloni a stringere l'orologio d'argento.
- Tuttavia, il nostro informatore è certo che Hohenheim sia ancora su Central, e che lavori ancora per la Amestris, soprattutto dopo che suo fratello ne ha preso il controllo.-
Crash.
Il bicchiere con cui Alphonse stava giocando distrattamente cadde a terra, spaccandosi in mille frammenti e schizzando la bibita di cui era pieno sulle scarpe dei presenti. Il ragazzo non sembrò accorgersene, balbettando:- Fratello? Nostro padre non aveva fratelli!-
Denny Brosh, intervenendo per la prima volta nel discorso, gli gettò un'occhiata perplessa:- Non ve ne ha mai parlato? Dwarf Elric, suo fratello, è attualmente il capo della compagnia Amestris, anche se in via ufficiale è gestita da un consiglio d'amministrazione. E' lui che ha spinto per la realizzazione del progetto.-
- Ma nessuno lo chiama con il suo nome da parecchio tempo.- precisò Rebecca:- Tutti lo conoscono come il Padre.-
May avvertì un movimento sulle sue gambe, dove Xiao Mei stava acciambellata, ed allungò una mano sotto il tavolo ad incontrare il pelo tremante della piccola creatura. Nella sua mente una vocina spaventata pigolò:- Il Padre? Non mi piace quella persona.-
La ragazzina la accarezzò per tranquillizzarla, mentre rialzava la testa per domandare:- Non capisco. Perché riportare in vita delle specie estinte per utilizzare il Full? Perché non si sono limitati ad usare animali normali?-
- Perché era questo il progetto di Ishval.- spiegò Maria Ross:- Non erano solo una colonia che voleva starsene lontana dal resto della civiltà. Erano scienziati, decisi a riportare indietro quello che era andato perso nelle pieghe della storia e nella frenesia della conquista spaziale. Il loro scopo era usare il Full per permettere la creazione di un ecosistema dove tutte le specie estinte, o almeno tutte quelle di cui potevano recuperare il DNA, sarebbero state ripristinate, al sicuro.-
- State dicendo che Xiao Mei è una specie di cyborg?- insistette May, perplessa.
- Non ne siamo sicuri. A quanto sappiamo, la Amestris aveva realizzato un prototipo, modificando quei progetti per adattarli ad un altro scopo.-
- Quale altro scopo?-
Maria Ross scosse la testa:- Non ne abbiamo idea.-
Martel, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, appoggiata allo schienale della sedia con le braccia incrociate ed un'espressione dura, sbuffò:- Ci sono un po' troppe cose di cui non avete idea, in questa storia. Che cosa c'entra la vostra storia con quello che è successo a me ed all'organizzazione di Greed?-
- In questo momento, il tuo capo lavora per la Amestris.- scandì la donna dai corti capelli scuri, guardandola negli occhi.
Martel scosse la testa:- Impossibile. Greed odia quella gente.-
- Ma era insieme a loro, quando siamo stati attaccati.- intervenne Edward:- Li abbiamo riconosciuti dalle immagini segnaletiche, Greed ed una donna della compagnia.-
- Non è possibile. La compagnia ha distrutto la nostra base, ve ne siete dimenticati?- insistette la donna tatuata:- Non ha senso che Greed collabori con loro.-
- Probabilmente non voleva che lo sapeste.- ipotizzò Mustang.
- Quindi, pare che tu non possa esserci d'aiuto.- concluse Maria in tono deluso. Martel fece una smorfia poco convinta, ma rimase in silenzio mentre l'altra continuava a spiegare:- Qualche settimana fa, uno dei direttori scientifici della compagnia Amestris, Zolf J. Kimbley, ha inspiegabilmente lasciato la loro sede per non farvi più ritorno. In pratica, è fuggito portando con sé il risultato dei loro esperimenti: un essere vivente prodotto a partire da DNA estinto, ed integrato con il Full. Un prototipo di piccole dimensioni, ma che aveva dato risultati sbalorditivi nei loro test, al punto che gli scienziati sospettavano che avesse sviluppato una forma di intelligenza superiore a quella di un animale.-
- Hanno creato una nuova forma di vita biomeccanica intelligente? E' per questo che la rivogliono?- cercò di capire Ling.
- Non solo per questo. Per proseguire gli esperimenti, avevano bisogno di una maggiore quantità di Full, ed hanno programmato quell'essere per rintracciarlo. E se ho ragione, è quello che ha fatto.-
Ci fu un altro attimo di silenzio, interrotto da un urlo collettivo della folla oltre il separé. Qualcuno doveva avere appena vinto l'incontro, pensò di sfuggita Edward, mentre la sua mente girava intorno a quanto aveva sentito negli ultimi minuti.
- Edward ed Alphonse Elric. Voi due siete il risultato di una delle più grandi imprese della scienza negli ultimi anni, un successo mai più ripetutosi. E se la Amestris lo ha capito, siete anche in grave pericolo.-
- Pensavo che volessero solo Xiao Mei.- obiettò Alphonse:- Quei tipi che abbiamo incontrato non hanno dato segno di averci riconosciuto.-
Il tenente Ross scosse la testa:- Nessuno sapeva che i figli di Hohenheim fossero ancora in vita, o che il Full fosse stato applicato su di voi. Ma se lo abbiamo capito noi, state certi che lo hanno fatto anche loro, e che vi stanno cercando.-
- E quindi cosa dovremmo fare?- intervenne Edward.
La donna sorrise appena:- Venite con noi. La nostra base ha l'attrezzatura necessaria per capire quale mistero si cela dietro Xiao Mei, e dietro i vostri corpi. Con il vostro aiuto, possiamo scoprire i piani della Amestris e fermarli.-
- Domanda...- intervenne Winry:- Continui a parlare di questa organizzazione. Ma di cosa si tratta esattamente? Chi l'ha creata?-
Denny Brosh gettò un'occhiata a Mustang ed aprì la bocca per rispondere, ma proprio in quel momento una mano gigantesca calò sulla spalla del colonnello, facendogli fare un salto di mezzo metro.
- Roy Mustang!- tuonò una voce:- Da quanto tempo!-
Tutti rimasero congelati a fissare la figura che era apparsa. Dopo un'attenta riflessione, Ling sussurrò:-Ho le allucinazioni, o quel tizio sta... scintillando?-
Un uomo aveva appena varcato il separè, un energumeno abbastanza alto da sfiorare il soffitto con la testa dai radi capelli biondi, dello stesso colore dei baffetti. Era a torso nudo, con i muscoli pettorali gonfiati all'inverosimile, ed intorno a lui un alone di scintille illuminava l'aria.
- Caporale Armstrong.- salutò Maria Ross balzando in piedi:- Congratulazioni per la vittoria. La stavamo aspettando.-
L'uomo si deterse il sudore con l'asciugamano che portava al collo e si lasciò cadere su una sedia ancora libera, sbuffando:- Un bel combattimento, devo dire. Allora, a che punto sono le spiegazioni?-
- A buon punto, credo.- balbettò Mustang, incredulo, chiedendosi quante altre vecchie conoscenze dovessero ancora spuntare. Stava iniziando a sembrare una riunione di vecchi soldati in congedo.
- Un altro vostro amico dei tempi dell'esercito?- tirò ad indovinare Alphonse, notando che tutti gli altri sembravano conoscere quell'uomo.
Maria Ross annuì:- Ragazzi, vi presento il caporale Alex Louis Armstrong, campione indiscusso di wrestling su East Moon e comandante della nostra sezione locale.-
- Sezione locale? Quanto grande è questa organizzazione?- domandò Riza, perplessa.
Armstrong scoppiò a ridere fragorosamente:- Andiamo, Hawkeye, dovresti sapere che mia sorella ama fare le cose in grande! Non per nulla è la comandante della più forte stazione spaziale indipendente del sistema. Generale Olivier Milla Armstrong, comandante della stazione Briggs.-
Per la seconda volta in pochi minuti, Mustang rischiò di strozzarsi con il liquido sospetto contenuto nel suo bicchiere. Tossendo, si alzò in piedi ed annunciò:- Ce ne andiamo adesso.-
Ci fu uno scambio di sguardi confusi tra i ragazzi, e di occhiate esasperate tra i membri dell'equipaggio della Ishval. Havoc fu il primo a parlare, in tono molto paziente:- Colonnello, non dovrebbe almeno darle una possibilità?-
- Che cosa sta succedendo?- bisbigliò May, confusa.
Furey roteò gli occhi:- Il generale Armstrong è un personaggio un po'... particolare. Pare che all'accademia lei ed il colonnello Mustang abbiano avuto degli scontri piuttosto accesi.-
- Direi più dei tentativi di omicidio.- precisò Havoc:- Ma non penso che ci sia ancora rivalità, dopo tutti questi anni.-
Il tenente Ross e Brosh si scambiarono uno sguardo colpevole, poi la donna ammise riluttante:- A dire il vero, la sua prima reazione quando abbiamo proposto di reclutarvi è stata un po'... poco entusiasta. Ma poi ha risposto che per vincere questa guerra potrebbe allearsi anche con un rospo a tre occhi di Aerugo, e ci ha dato il via libera.-
- Confortante.- borbottò Roy.
Rebecca, che era rimasta a bere in silenzio fino a quel momento, sbottò:- Non c'è tempo per mettere in broncio. Ci serve una risposta... da tutti voi. Collaborerete con noi, oppure no?-
 
***
 
- Tenente, quanto pensa di riuscire ad abbassarsi?- domandò dubbioso il capitano Hughes, in mezzo ai proiettili ed ai colpi di energia che piovevano intorno al cruscotto della piccola navetta corazzata. Accanto a lui, un paio di soldati stringevano in pugno le loro armi, tesi, pronti a scattare.
Il tenente Rebecca Catalina nascose la tensione dietro un ghigno sicuro:- Posso portare questa bambina proprio in mezzo all'accerchiamento, ma se atterrassi l'onda d'urto potrebbe colpire i nostri. La cosa migliore sarebbe sollevare i feriti da quello che rimane del tetto, ma bisogna agire in fretta.-
L'uomo annuì, sistemandosi gli occhiali con un gesto secco, ed ordinò:- Pronti allo sbarco. La priorità è portare al sicuro i nostri uomini asserragliati in quell'edificio, e non perderne altri. Fuoco di copertura dall'alto, e scudi sempre alzati. I mezzi corazzati a terra ci stanno fornendo un diversivo, ma non avremo molto tempo.-
Gli uomini intorno a lui, circa una decina di soldati, annuirono. Uno di loro elencò mentalmente la lista di motivi che lo costringevano a rimanere in compagnia di quegli idioti idealisti, e che essenzialmente si riducevano ad uno: lo stavano portando letteralmente in volo verso il suo obiettivo. Envy attese che la navetta si abbassasse, poi seguì i suoi momentanei compagni di squadra con un agile balzo sul terreno.
I compensatori delle tute corazzate fecero il loro lavoro, e con un paio di balzi la squadra di soccorso fu all'interno del fortino improvvisato, mentre la navetta sopra di loro pressava con un fuoco continuo le postazioni degli Ishvalani. Maes Hughes, alla testa del piccolo plotone, sollevò la visiera del casco per rivolgere un sorriso raggiante al capo degli assediati, che gli rispose con un sogghigno stanco.
- Non potevi proprio stare senza di me, vero?- scherzò Mustang, con gli occhi che tradivano il sollievo.
- Ti avevi detto che sarei venuto a prenderti.- ribatté il suo migliore amico:- Ho una notizia da darti.-
- Me la darai quando saremo fuori, idiota.- lo sollecitò il colonnello dai capelli scuri, mentre si voltava ad abbaiare ordini per coordinare il trasporto dei feriti. Si fermò per un attimo, colto alla sprovvista.
- Chi è quel tizio?- balbettò, fissando un energumeno che a torso nudo stava portando ben due barelle come se fossero dei fuscelli.
- Caporale Alex Louis Armstrong.- spiegò Hughes distrattamente:- Ha insistito per partecipare all'operazione dicendo che doveva rimediare a qualcosa successo all'inizio della battaglia, ma...-
- Maes, quell'uomo sta emanando scintille.-
Il capitano roteò gli occhi:- Smettila di perdere tempo, Roy, e vedi di renderti utile.-
I minuti successivi trascorsero in una frenetica baraonda di ordini urlati, spari ed imprecazioni, il lacerante rombo delle navette e dei motori. Mustang fu il primo ad essere sorpreso quando si ritrovò praticamente accasciato sul pavimento di una navetta beccheggiante, con il respiro affannoso, gli occhi velati di sudore e polvere, e l'adrenalina che pompava a mille nelle vene. Una mano accanto a lui gli passò una borraccia e lui si affrettò ad afferrarla.
I suoi occhi incontrarono quelli nocciola della sua fedelissima luogotenente.
- Siamo fuori, colonnello.- constatò Riza Hawkeye, con una vaga sfumatura di incredulità. Per qualche ora, chiusi in quella trappola mortale, aveva creduto che la sua esistenza sarebbe finita lì, su quel pianeta deserto, ed ancora non riusciva a convincersi che quella salvezza miracolosa potesse essere reale. All'esterno, la sua espressione era quella imperturbabile di una professionista della guerra, ma dentro di sé sentiva ribollire un groviglio di sensazioni confuse.
- Siamo fuori, tenente.- confermò l'uomo di fronte a lei, concedendo ad un sorriso fugace di farsi strada tra i suoi lineamenti. Lentamente, quasi a volersene convincere, ripeté:- Siamo fuori.-







 

Angolo dell'Autrice:
Imploro il vostro perdono per la mia totale incapacità di aggiornare la fanfiction nell'ultimo mese. Sono stata impegnata in uno scavo archeologico con l'università, ho dovuto preparare esami e mi sono dedicata ad un altro progetto che sto scrivendo, senza parlare della mia cronica mancanza di ispirazione. Ora, però, sono tornata!
Sì, so già cosa state pensando. L'ho detto anche per gli ultimi capitoli, e poi sono svanita nel nulla. Ma adesso ho un'estate libera davanti a me, e sono fiduciosa di riuscire a scrivere ^_^
Mi dispiace di non aver risposto alle vostre recensioni, ma purtroppo non ho avuto molto tempo, quindi ringrazio qui Silvery Lugia, 11giorni e SuorMaddy2012 per aver commentato lo scorso capitolo!
Per quanto riguarda questo capitolo, l'ho scritto di fretta e non l'ho ricontrollato bene, quindi per favore segnalatemi eventuali errori. E' molto incentrato sui dialoghi, in modo da poter procedere presto con la trama vera e propria. Per quanto riguarda il flashback finale... beh, anticipo che proseguirà per gran parte del prossimo capitolo. E che si sta avvicinando ad una fine piuttosto triste.
Uhm, mi pare che sia tutto. Spero di riuscire a pubblicare qualcosa la prossima settimana... nell'attesa, tanti saluti a tutti, grazie a chi ha letto e soprattutto a chi vorrà dirmi cosa ne pensa della fanfiction! Ciao ciao!

Melanita

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO XIX

 
La navetta sbandò improvvisamente, abbassandosi di colpo per poi riprendere faticosamente quota. Rebecca imprecò sottovoce.
- Che cosa succede? Ci hanno colpiti?- domandò Hughes, balzando accanto alla postazione della pilota. Quest'ultima scosse la testa.
- Siamo troppo carichi, capitano Hughes. Non riusciremo a tornare alla base con tutte queste persone a bordo.-
- Allora non abbiamo alternative.- intervenne Mustang:- Gli uomini che sono ancora in grado di camminare devono sbarcare. I mezzi corazzati che ci avevano supportato stanno seguendo un'altra strada, ma dovremmo essere in grado di ricevere aiuto dalla base, vero?-
Maes annuì, riflettendo:- Ho lasciato il sottotenente Ross in carica della situazione, sa come cavarsela. L'importante è trasportare i feriti alla base il più in fretta possibile, lì abbiamo ancora un paio di medici competenti che sapranno aiutarli.-
Pochi minuti dopo, il veicolo si stava abbassando in una zona desertica, apparentemente priva di nemici. Si fermò in precario equilibrio a circa un metro da terra, rimanendo ferma per il tempo sufficiente a permettere lo sbarco di una decina di uomini, quegli in condizioni migliori, poi risalì nel cielo che si stava progressivamente scurendo.
Roy si guardò attorno, osservando i presenti: Maes, con il suo sorriso rassicurante. Riza, un'espressione determinata negli occhi nocciola e due pistole saldamente impugnate. Havoc, già con una sigaretta in bocca ed un fucile a tracolla. Breda, apparentemente tranquillo, che si stava sistemando sulle spalle una cassa di munizioni di riserva. Falman, che stava ricontrollando per l'ultima volta il percorso da seguire sulla mappa della zona. Furey, che armeggiava con le cinghie della radio, sistemandosi nervosamente gli occhiali. Armstrong, che stava sollevando con facilità un'altra cassa di armi, e che per fortuna, pensò tra sé il colonnello, aveva smesso di scintillare. Sul serio, quella cosa era inquietante. Si riscosse e puntò la sua attenzione sull'ultimo soldato, un individuo senza nulla di particolare, capelli bruni, pelle chiara e statura piuttosto alta. C'era qualcosa di strano in quel tipo, ma la stanchezza della giornata stava probabilmente iniziando a giocargli brutti scherzi.
- Come ti chiami, caporale?-
- E... Eric, signore. Eric Jameson.- inventò sul momento Envy, rivolgendo all'altro un saluto militare e chiedendosi quanto ancora avrebbe dovuto durare quella farsa. Aveva sperato di riuscire a svolgere la sua missione al momento del soccorso, ma tutto era filato troppo liscio per colpire, e si era ritrovato con suo sommo disgusto a trasportare barelle cariche di scimmie gementi. Un paio di essi avevano addirittura osato ringraziarlo, perfetti sconosciuti che lo trattavano come se fosse uno di loro! Quando odiava questi umani, rimuginò. Non sarebbe stato prudente compiere un omicidio in una navetta piena di amici del bersaglio, ma ora avrebbe avuto la sua occasione. Imponendosi di sorridere, si mise in marcia con gli altri.
 
***
 
- Che stupidaggine.- bofonchiò amaro Envy, fissando corrucciato la pista di atterraggio che scorreva sotto di loro. L'astronave, una delle migliori che la compagnia Amestris avesse a disposizione, toccò terra senza scossoni.
All'interno dell'elegante cabina, Greed si allungò ancora di più sulla poltrona e si esibì in uno sbadiglio esagerato:- Andiamo, non pensate che anche io voglia passare un po' di tempo in famiglia?-
Envy lanciò un'occhiata a Lust che si strinse nelle spalle, mascherando la perplessità dietro un portacipria di vetro. Rigirò nella mente le parole che aveva appena sentito: Greed, lo stesso insopportabile, presuntuoso, inaffidabile individuo con cui aveva continuato a battibeccare nelle ultime settimane, dopo essere stato sorprendentemente affabile per tutto il viaggio di ritorno a Central Moon, ora aveva di punto in bianco annunciato che non gli sarebbe dispiaciuto rimanere un po' lì. Certo, l'aveva detto con il consueto ghigno strafottente, ma era comunque qualcosa di inaspettato. Envy, frustrato, si passò una mano tra i capelli verdi e si chiese che cosa stesse macchinando il fratello dietro quegli occhiali da sole. Poteva aver già saputo che la sua patetica banda di criminali era stata eliminata? Probabilmente aveva provato a contattarli, ed in mancanza di risposte si era reso conto che qualcosa non andava, ma non aveva di sicuro modo di sapere che la Amestris era coinvolta. Se anche l'avesse capito, comunque, non sarebbe cambiato nulla: con o senza l'elemento sorpresa, i sottoposti di Greed erano l'arma vincente di cui il Padre aveva bisogno per convincerlo a collaborare. Suo fratello era sempre stato troppo attaccato agli esseri inferiori che lavoravano con lui.
- Ehi, Envy, ti sei addormentato in piedi? Dovresti rispondere che sei felice della mia presenza.-
Envy fece una smorfia:- Ma come, la gioia non è evidente sul mio volto? Potrei sapere a cosa dobbiamo questa improvvisa nostalgia?-
Al fatto che preferisco prendervi in contropiede, idiota, sbuffò mentalmente l'altro. Preferiva di gran lunga lasciare il resto della sua complicata famigliola a chiedersi le sue motivazioni, che far loro pensare di averlo sotto controllo. Nel preciso momento in cui le porte della nave si fossero aperte, ne era certo, una schiera di soldati sarebbero entrati a circondarlo e portarlo di fronte al Padre, il quale con ieratica supponenza li avrebbe redarguiti per non aver recuperato il progetto o Kimbley. Dopodiché quello psicopatico dalla barba bionda avrebbe imposto a Greed di tornare in famiglia, ed al suo rifiuto avrebbe mostrato di avere in mano i suoi uomini... peccato che quel rifiuto non ci sarebbe stato. Greed era disposto a tutto per vedere un po' di sconcerto su quel volto inespressivo.
Si chiese fuggevolmente se Kimbley stesse rispettando la sua parte dell'accordo, e decise che non era poi così importante. Se anche non lo avesse fatto, in qualche modo lui sarebbe riuscito a riprendersi la sua squadra, e magari anche qualcosa in più come risarcimento per il tempo perso e lo stress sopportato. Certo, avrebbe potuto più facilmente andarsene e ricominciare... ma, che diavolo, quelli erano i suoi uomini.
 
***
 
- I nostri stanno per arrivare.- annunciò raggiante Hughes, restituendo a Furey il controllo della radio:- Tra pochi minuti saremo tutti a bordo di un paio di aeromobili corazzati.-
- Non abbiamo incontrato neanche un Ishvalano.- constatò con sollievo il colonnello Mustang, osservando i rilievi intorno a loro:- Falman, avevi ragione, questa strada è stata la migliore. Come hai fatto a ricordarti le posizioni nemiche?-
L'uomo dai capelli grigi chinò il capo:- Grazie, colonnello. Ho solo una buona memoria.-
- Tra poco avrai qualcosa da ricordare.- sibilò tra sé e sé Envy, senza farsi sentire da nessuno. Non poteva più perdere tempo, perché una volta che i mezzi di soccorso fossero arrivati sarebbe stato molto più difficile scappare. L'esecuzione in sé non lo preoccupava particolarmente: quell'ufficiale poteva anche essere bravo, ma ora era stanco e sicuro di avercela fatta, di certo non si aspettava un attacco da un commilitone. Ma la donna che non si staccava dal suo fianco non aveva ancora accennato a riporre le pistole, ed Envy era quasi certo che sarebbe stata la prima a reagire quando lui avesse compiuto la sua missione. Nonostante tutta la sua superiorità su quei ridicoli esseri, non gli piaceva l'idea di trovarsi bucato da proiettili o raggi d'energia.
Rallentò impercettibilmente l'andatura, deviando in modo da trovarsi ad una leggera distanza dai compagni di viaggio, e si assicurò di avere una buona visuale sulla schiena scoperta del colonnello. L'uomo era affiancato dalla bionda tenente da un lato e dal capitano Hughes dall'altro, e stava scherzando con quest'ultimo su qualche episodio del loro passato. Meglio per lui, sarebbe morto felice.
Envy allungò una mano verso la sua pistola, ma qualcuno lo precedette. Da un'altura ad un centinaio di metri di distanza una serie di raggi di energia partirono nella loro direzione. La distanza rendeva il tiro impreciso, ma il fuoco aumentò rapidamente di intensità.
- Ishvalani! Correte!- urlò Roy, accelerando il passo, subito imitato da tutti gli altri. Eraono troppo lontani, e gli altri troppo ben nascosti, per rispondere al fuoco in modo efficace, ma se fossero riusciti a rimanere fuori dalla linea di tiro fino all'arrivo dei soccorsi.
Envy maledì la mancanza di tempismo di quegli sciocchi indigeni e sollevò la pistola, puntando rapidamente al dorso del colonnello. Deciso, premette il grilletto.
 
***
 
- Non pensavo che il colonnello avrebbe preso quella decisione. Quando ho visto la sua faccia...-
- Sì, in effetti aveva l'aria di chi sta mandando giù carburante per motori.- concordò Winry, trattenendo una risata:- Mi domando cosa sia successo tra lui e il generale Armstrong.-
Breda sospirò, sorridendo a sua volta:- Hanno frequentato insieme l'accademia per ufficiali. A quanto mi è stato raccontato, erano in continua competizione, e lei lo ha battuto piuttosto spesso.-
- Non vedo l'ora di conoscere questa donna.- affermò malignamente Edward:- Quindi, quando partiremo per Briggs?-
- Appena la Ishval sarà pronta.- replicò Havoc, fermandosi ad uno dei negozi che costellavano il quartiere. Lui e Breda erano stati incaricati di comprare alcuni dei ricambi necessari, Denny e Rebecca stavano facendo loro da guida nel quartiere dei meccanici, Winry era ovviamente venuta con loro e Edward li aveva accompagnati. Il resto della squadra si era già sparso per la città fin dal primo mattino. La sera prima, dopo la decisione che sarebbero tutti partiti per Briggs, non c'era stato tempo di fare altro, ma ora dovevano sfruttare al massimo il tempo disponibile.
- A proposito, dove è il colonnello?- intervenne Winry:- Non era sulla Ishval stamattina.-
- Forse ha già trovato una nuova fiamma.- suggerì innocentemente Rebecca.
Havoc sogghignò divertito, ma scosse la testa:-No, non stavolta. C'è qualcuno su questo pianeta che deve rivedere... e preferisce farlo da solo.-
 
***
 
Roy Mustang indugiò per lunghi minuti per le strade illuminate dal sole, scrutando le vetrine dei negozi, forse nella speranza di trovarne uno che vendesse un nuovo inizio, facendo impazzire un paio di povere fioriste per decidere quale mazzo di fiori fosse più adeguato alla situazione. Optò per dei sobri fiorellini dal nome impronunciabile e dalla dolce tonalità pastello, frutto di qualche incrocio genetico non meglio identificato, e li aggiunse al grosso pacco che teneva con delicatezza sotto il braccio.
Con un respiro profondo, si impose di non indugiare oltre, e raggiunse a passi rapidi una casetta. Si trovava nella periferia della città, ma pareva un altro mondo rispetto al caotico affollamento di edifici e persone che ingombrava la zona più popolata del satellite. Qui, file di casette bianche, con i loro pannelli solari scintillanti ed i giardinetti di erba sintetica, remota reminiscenza di mondi più fertili, sfilavano davanti al suo sguardo, fino ad arrivare a quella che lui stava cercando, identica alle altre eppure così unica. Sul prato, un paio di bambole ed un pallone giacevano abbandonati sotto il bucato appeso ad asciugare.
Roy si fermò, si passò una mano tra i capelli, aggiustò il pacco ed i fiori, infine suonò il campanello. All'interno, una squillante voce infantile gridò qualcosa, e subito la porta si aprì. Una donna con un caschetto castano ed un vestito verde lo guardò per un istante, prima che il suo volto si spalancasse in un sorriso di gioia.
- Roy! Non sapevo che fossi su East Moon!-
Il colonnello entrò, e porse il mazzo di fiori alla donna:- In realtà è stato un viaggio un po' improvvisato. Tu... voi come state?-
Lei alzò le spalle:- Non è facile, ma sto bene. Stiamo bene.-
In quel momento, un piccolo tornado rosa si tuffò sulle gambe del visitatore.
- Zio Roy!- strillò una bambina di circa otto anni:- Sei tornato a trovarci!-
Roy Mustang sorrise, cercando in quella faccia rotonda incorniciata da due arruffati codini castani i lineamenti che un tempo aveva conosciuto così bene. Commentò:- Come si fa a non tornare da una bambina così bella? Sei cresciuta tantissimo, Elycia Hughes.-
 
***
 
- Sono i nostri!-esclamò Riza, indicando le due aeromobili corazzate che erano comparse oltre un pendio ed avanzavano rombando verso di loro.
Uno sparo, un rumore secco proprio dietro di lui, e Mustang non ebbe neppure il tempo di voltarsi. Si irrigidì, in attesa di un colpo che non venne, e sentì una voce fin troppo familiare urlare. Si girò su se stesso, e l'incubo era lì.
Maes. Riverso a terra, un fiore rosso rubino che si allargava sull'uniforme blu, gli occhiali scivolati di lato, penzolanti, il viso nella polvere. In un balzo, incurante dei colpi che ancora piovevano a pochi metri da loro, Roy era accanto all'amico, in un tentativo di farlo rialzare.
- Siamo fuori, Maes.- balbettò:- Ormai è fatta, ce l'abbiamo fatta, noi...-
Un colpo di tosse scosse il corpo del capitano, provocando un altro fiotto di sangue. Attorno a loro, tutti si erano fermati, formando un circolo di protezione.
Pochi attimi, ed i veicoli erano lì. Un minuto ancora, e tutti erano a bordo, al sicuro. O quasi.
- Dove è finito quel soldato? Quel Jameson?- domandò il tenente Hawkeye, guardandosi attorno.
Gli altri si scambiarono un'occhiata. Havoc si mosse, a disagio:- E' lui che ha sparato.-
- Come?-
- Ha sparato a Hughes, poi è caduto a terra ed è rimasto immobile. Deve aver perso la testa per la battaglia, o forse lo hanno colpito ed è stato un riflesso automatico.-
Mustang ignorò completamente la conversazione. Disteso a terra al centro del mezzo, Maes Hughes stava diventando sempre più freddo. Il colpo gli aveva trapassato il cuore, e Roy sapeva che non c'erano speranze. Eppure...
- Ci sono dei medici alla base, Maes. Ora ti portiamo da loro.-
Il capitano tossì ancora una volta:- Roy, per favore. Sono un soldato. Sapevamo entrambi che poteva finire così.-
- Non ora. Ce l'avevamo fatta, dannazione, ce l'avevamo fatta!-
Maes fece una smorfia sfinita, poi tentò di riscuotersi:- Roy, nella... nella mia tasca. Prendi il messaggio.-
Il colonnello si affrettò ad ubbidire. Un pezzo di carta bianca, macchiata di sangue ai bordi, su cui si stagliavano poche parole. Le lesse e rilesse, maledicendo la sorte, qualunque divinità fosse nei paraggi, e tutti i responsabili di quel maledetto disastro.
- Prenditi cura di lei, Roy. Di loro.-
- Non puoi morire ora, Maes. Che cosa dirò a Graciel? Lei aspetta una risposta.-
Maes sorrise:- Dille che ti ho chiesto... di aiutarla. Dille che la amo.-
E con un sorriso rivolto alla moglie, ed a quella notizia che aveva attraversato le galassie per finire nel sangue dell'uomo migliore che Roy avesse mai conosciuto, Maes Hughes chiuse gli occhi per l'ultima volta.
 
"Sarà una femmina. Graciel."
 
***
 
- Dovrete passare sul mio cadavere.- stabilì gelidamente Lan Fan, incrociando le braccia.
May le rivolse uno sguardo di supplica, sgranando i grandi occhi scuri, e singhiozzò:- Come puoi essere così crudele?-
- Per favore!- implorò Alphonse:- Soltanto uno!-
La guardia del corpo gettò un'occhiata a Ling, in cerca di aiuto, ma il ragazzo stava ridendo sfrenatamente, appoggiato ad un lampione. Tornò a rivolgere lo sguardo verso la bambina ed il cyborg che la fronteggiavano, decisa a non cedere di un millimetro.
- May, Alphonse.- scandì lentamente:- Abbiamo già abbastanza problemi senza aprire un rifugio per gatti randagi sulla Ishval, quindi ora voi riporterete quei felini dove li avete trovati.-
Uno dei tre animali tra le braccia di Al miagolò pietosamente, strusciandosi contro il metallo, mentre il giovanissimo cyborg li stringeva a sé con aria protettiva.
- Ma sono così belli! Come fai a dire di no?-
Lan Fan decise di cambiare tattica:- Non penso che sarebbero felici su un'astronave, giusto? Spazio chiuso, niente aria aperta, niente cibo fresco. Qui invece possono stare all'aperto, e direi proprio che non sono denutriti. Probabilmente mangiano meglio di molti umani.-
Al e May si scambiarono un'occhiata, poi la ragazzina chinò il capo, abbattuta, e sospirò:- Hai ragione. Non possiamo portare i gattini con noi.-
- E non potete neanche nasconderli in uno degli scomparti di Al.- la prevenne l'altra ragazza con uno sguardo minaccioso, che passò rapidamente dai due colpevoli a Ling, che ancora se la rideva di gusto a poca distanza. Con un respiro profondo, Lan Fan attese che Al rimettesse a terra tutti i felini, che in un coro di miagolii si dispersero nel vicolo accanto alla piazza dove si trovavano.
Una fontana zampillante di scintille arcobaleno, al centro dello spiazzo, faceva brillare le panchine di plastica traslucida che la circondavano, e le vetrine dei negozi, traboccanti di un'innumerevole varietà di merci.
- Comunque, ormai sono due ore che giriamo per la città.- intervenne Ling:- Che ne dite di riposarci un po' qui e bere qualcosa?-
May e Alphonse si accomodarono sulle panchine flessibili, mentre gli altri due si dirigevano verso un bar incuneato in un angolo della strada. May si appoggiò allo schienale, mentre Xiao Mei balzava giù dalla sua spalla e si sgranchiva le corte zampe sul selciato. La ragazzina chiuse gli occhi, appoggiando la testa contro la spalla di Al, e sbadigliò, stanca.
Un'ombra si allungò sopra di loro, e subito Alphonse allungò un braccio, con fare protettivo.
- Siete parecchio lontani da casa, voi due.- notò l'alto individuo che stava immobile di fronte a loro, con le mani nelle tasche del lungo cappotto marrone e gli occhi rossi stretti in due fessure.
May si rilassò:- Signor Scar! Che coincidenza rivederci qui!-
- Non la definirei una coincidenza.- stabilì l'uomo, aggrottando la fronte:- C'è qualcosa che voglio sapere.-




 

Angolo dell'Autrice:
Ammettetelo, siete tutti sconvolti perché sto pubblicando un altro capitolo dopo appena una settimana dal precedente. La buona notizia è che ho finito esami ed altri impegni estivi, e quindi ora posso concentrarmi sulla scrittura... ammesso che l'ispirazione me lo consenta. Quindi, c'è una vaga possibilità che io riesca a mantenere un ritmo di pubblicazione settimanale.
Passiamo al capitolo, con cui siamo arrivati all'inevitabile fine dei flashback su Ishval e Hughes. Cosa ne pensate? Ho cercato di tenere alta la tensione fino alla fine, per quanto questa fosse già praticamente nota, ed ho preferito uno stile abbastanza scarno, senza troppe descrizioni delle emozioni provate dai personaggi in quel momento, proprio per non disperdere l'efficacia della scena (e perché non le so scrivere, ma quello è un dettaglio ^_^).
Il paragrafo finale serve per portare avanti la trama, che altrimenti sarebbe rimasta bloccata per l'intero capitolo, e per collegarmi con il successivo, che sarà probabilmente pubblicato nel prossimo fine-settimana.
Okay, credo che sia tutto. Ringrazio moltissimo Laylath che sta leggendo e recensendo questa fanfiction dall'inizio, e vi invito a darmi i vostri pareri, positivi o negativi che siano. Ora vado a pranzo sennò mia madre mi uccide!

Melanita

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO XX

 
In un lampo Lan Fan era fuori dal locale, diretta verso il centro della piazza. Non aveva la minima idea di chi fosse il tipo che stava parlando con May e Al, ma tutto in lui emanava un'aura di pericolo. Come era possibile che li avesse lasciati soli per neppure due minuti, e...
- Lan Fan, tranquilla!- la chiamò May, sollevando le mani:- Il signor Scar è una brava persona, non vuole farci del male!-
La ragazza si fermò ed allentò leggermente la presa sullo storditore elettrico che portava infilato nella manica, ma non si sentiva ancora rassicurata.
- Sarebbe la stessa persona che ha infilato te e Alphonse in una capsula di salvataggio, lasciandovi nello spazio?- domandò, squadrando l'individuo. Era alto, e sotto il lungo e logorato cappotto marrone si indovinava un fisico muscoloso ed allenato. La pelle scura contrastava curiosamente con i corti capelli bianchi e con gli occhi rossi.
- Non potevo tornare indietro. Ho fatto la cosa più logica, e mi pare che sia andata bene.- ribatté Scar, ricambiando lo sguardo. Pochi momenti prima, attraversando quella piazza, era rimasto incredulo nel vedere di fronte a sé, seduti su una panchina, proprio gli oggetti dei suoi pensieri.
In quel momento, Ling li raggiunse portando con sé un vassoio di bibite, in tempo per sentire l'ultima parte della conversazione.
- Non sento il bisogno di giustificare le mie azioni a dei ragazzini, comunque.- terminò bruscamente Scar:- Sono qui per un altro motivo. Quella... creatura.-
Indicò Xiao Mei, che aveva recuperato la sua posizione sulla spalla di May. L'animale inclinò la testa di lato, e la sua voce risuonò nella mente dell'altra:- Non conosco quest'uomo. Che cosa vuole da me?-
- Che cosa vuoi da Xiao Mei?- riecheggiò May, in tono protettivo.
L'uomo dai capelli bianchi fece una smorfia:- Spiegazioni. Quell'essere è o no un cyborg prodotto dalla compagnia Amestris? Sfrutta o no il metallo leggendario noto come Full?-
L'espressione colta in flagrante della ragazzina conteneva la risposta che Scar stava cercando.
- Ho bisogno di esaminare quel... Xiao Mei.- proseguì.
In un lampo, la ragazza vestita di scuro che poco prima era arrivata di corsa si era frapposta tra lui e May. Scar rifletté rapidamente: se quella ragazzina era sul serio la figlia di un pezzo grosso, era improbabile che girasse da sola. Quell'altra, per quanto giovane, doveva essere la sua baby-sitter... no, a giudicare dalle armi che il suo occhio esperto riusciva ad indovinare, mimetizzate sotto i vestiti, era più probabile una guardia del corpo.
- Non voglio portarla via né fare niente di pericoloso.- spiegò:- Devo solo controllare una cosa.-
- Forse dovremmo sederci tutti e parlarne con calma.- suggerì Ling:- Il signor... Scar potrebbe spiegarci chi è davvero e che cosa sa di Xiao Mei, giusto?-
Scar squadrò per un attimo il ragazzo dalla variopinta camicia gialla, che sorrideva con le palpebre abbassate. Non aveva esattamente previsto di raccontare la sua storia a dei perfetti sconosciuti, ma se era necessario per risolvere in fretta quel mistero poteva dar loro qualche accenno.
- D'accordo. Vi darò le spiegazioni che cercate.-
 
***
 
- Credo che questo tuo atteggiamento richieda delle spiegazioni, Greed.-
L'uomo sogghignò, mettendo in mostra i denti appuntiti, e guardò impavido l'uomo che stava di fronte a lui. La barba bionda e la lunga tunica bianca suggerivano l'idea di un santone o di un religioso di una delle molte fedi sparse per la galassia, ma lui sapeva benissimo quanto quella immagina fosse falsa.
- Ho detto, Padre, che sono d'accordo con il vostro progetto. Ritengo che ci sia parecchio da guadagnare, per me.-
- Negli ultimi anni non sembravi di questa opinione.- notò il Padre, aggrottando appena le sopracciglia.
Greed rispose con un gesto vago:- Ho riflettuto un po'. Qualsiasi cosa tu stia cercando di fare, ormai ci sei vicino, e voglio una fetta della torta. Sarebbe profondamente ingiusto se andasse solo a gente incapace di godersi le dolcezze della vita come quella palma immusonita lì dietro.-
Envy fece uno scatto, e di sicuro avrebbe tentato di ammazzare il fratello, se il Padre non lo avesse fermato con un gesto autoritario.
- Hai ragione, Greed. C'è molto da guadagnare per tutti. La tua improvvisa ragionevolezza rende quasi superflue le mie precauzioni.-
Greed dipinse sul suo volto uno studiato accenno di curiosità:- Che genere di precauzioni?-
L'uomo di fronte a lui sospirò:- Non è necessario che tu lo sappia adesso. A tempo debito, Greed... ora perché non vai a salutare i tuoi fratelli? Sono certo che si rallegreranno per il tuo ritorno?-
- Come no, allegri come cadaveri.- mugugnò Envy, insoddisfatto.
Greed lo ignorò, continuando a rivolgersi all'altro:- E per quanto riguarda il progetto in sé? Speravo di poterne sapere qualcosa in più, visto che ormai ne faccio parte.-
- Tutto a suo tempo, Greed. Quando sarà necessario, capirai tutto.-
 
***
 
- Lei viene da Ishval, vero?- domandò Ling a bruciapelo. Di fronte agli sguardi sbalorditi degli altri, scrollò le spalle:- Ehi, mi sono informato. Dopo tanto tempo in isolamento, o quasi, nella popolazione di Ishval alcune caratteristiche genetiche, normalmente recessive, sono diventate dominanti. Capelli bianchi ed occhi rossi. E spiegherebbe il suo interesse in questa storia.-
Scar rimase in silenzio per un istante, poi annuì.
- Sì, sono originario del pianeta Ishval. Uno dei pochi sopravvissuti allo sterminio del mio popolo da parte della forza militare che lo aveva invaso, otto anni fa. Sono stato molto più fortunato di tanti altri.-
- Lei quindi sapeva del progetto?- domandò Alphonse.
- Piantatela con questo lei.- sbuffò l'uomo:- Tutta Ishval era coinvolta in un certo progetto, ma quanto ne sapete voi?-
Ci fu un rapido scambio di occhiate, poi May decise di rischiare:- Sappiamo che stavate tentando di recuperare le specie estinte, fondendo l'ingegneria genetica e la tecnologia dei cyborg, ed usando un metallo molto speciale, il Full.-
- E sappiamo che la compagnia Amestris si è impadronita di quelle ricerche, e del Full.- aggiunse Al. Dal momento che May aveva iniziato, tanto valeva arrivare fino in fondo e capire se quell'individuo poteva essere loro utile.
Lo sguardo di Scar si incupì:- Allora sapete già parecchio. Come lo avete scoperto?-
May fece per aprire bocca, ma Ling la prevenne:- Noi ti abbiamo detto che cosa sapevamo, ora tocca a te. Perché cercavi Xiao Mei?-
Scar rifletté per qualche secondo prima di rispondere:- Ho saputo dalle mie fonti che uno dei direttori della compagnia Amestris è fuggito portando con sé il risultato di una ricerca durata anni. Un piccolo cyborg costruito usando il Full ed il DNA conservato su Ishval, e dotato di capacità particolari. Ho collegato l'immagine al vostro animale, ma non mi aspettavo di trovarvi qui su East Moon.-
- La situazione si è fatta un po'... complicata.- ammise May:- Abbiamo incontrato delle persone, e scoperto la storia di Ishval. Ora stiamo cercando qualche risposta in più.-
- Risposte. Una merce molto più rara delle domande, di questi tempi.- mormorò Scar, fissando il vuoto. Si riscosse, continuando:- Ora posso guardare quell'animale?-
Vincendo l'ultimo accenno di riluttanza, la ragazzina gli porse Xiao Mei, che si accoccolò tranquilla tra le larghe mani dell'uomo, percependo che non c'era alcun pericolo. Scar sfiorò con sorprendente delicatezza il pelo bianco e nero, cercando in quel corpicino caldo un collegamento con un passato che aveva creduto irrecuperabile.
 
***
 
- Maledizione, perché non mi vuoi ascoltare? Ti sto dicendo che finirà male!-
Il fratello non si girò neppure, seduto alla sua scrivania, la testa china su una risma di fogli ricoperti da calcoli e complesse formule chimiche. Di fronte a lui, un raggio del fioco tramonto di Ishval tingeva di fuoco una tazza di caffè.
- Scar, ne abbiamo già discusso in assemblea. Quando i nostri antenati decisero di tagliare tutti i contatti con il mondo, segregando se stessi ed il progetto Eden su Ishval, la situazione là fuori era diversa. Guerre, violenza, anarchia. Ora forse è giunto il momento che la galassia conosca la grande opera che stiamo per compiere.-
Scar si staccò dalla parete a cui si era appoggiato per muovere qualche passo nell'ampia stanza. Il borbottare sommesso di un bollitore, sul fornello all'angolo, e le risate dai bambini fuori dalle tende color sabbia ermeticamente chiuse, erano gli unici suoni che riusciva a sentire.
Decise di fare un altro tentativo:- Hanno inviato dei soldati, un intero esercito. Se volessero, potrebbero annientare Ishval, e con essa tutto quello per cui abbiamo speso le nostre vite. Non possiamo lasciare che siano altri a decidere il futuro di questo pianeta, non quando in gioco c'è così tanto.-
- E cosa dovremmo fare?- ribatté l'altro, sollevando finalmente lo sguardo. Scar si accorse delle occhiaie profonde, e della preoccupazione nel suo sguardo.
- Dovremmo combatterli, cacciarli via con la violenza, Scar? E' questo che pensi? Lo hai detto tu stesso, potrebbero annientare Ishval. Domani stesso una nostra delegazione si presenterà ai loro comandanti, ed agli inviati delle grandi compagnie che hanno interessi qui. Parleremo loro del progetto Eden e di quando siano essenziali per esso i prossimi mesi. Sono sicuro che capiranno.-
Scar strinse le labbra in un gesto di rabbia impotente e lasciò la stanza senza voltarsi indietro, lasciando ricadere pesantemente la spessa tenda che lo separava dalla strada polverosa. Non avevano capito naturalmente. Suo fratello e gli altri erano scienziati, non comprendevano gli interessi economici che c'erano in gioco, né la violenza che lui già presagiva nell'aria, guardando gli occhi degli uomini in uniforme blu che anche in quel momento vagavano per le strade, apparentemente tranquilli.
Non tutti erano così, però, si corresse, osservando la tenda bianca di fronte a cui i suoi passi veloci lo avevano portato nel tentativo di sbollire la rabbia. Una piccola infermeria da campo, dove alcuni medici stavano lavorando notte e giorno per assicurarsi che gli Ishvalani avessero gli anticorpi necessari a sopportare il contatto con i morbi dei pianeti esterni.
Un uomo biondo, dagli splendenti occhi azzurri, gli rivolse un cenno di saluto, prima di tornare a parlare fittamente con una donna dal pancione prominente e con suo marito, che le stava accanto. La coppia lo osservava con gratitudine, e la donna sorrise intenerita, mentre lui estraeva qualcosa dal camice per farla vedere loro.
Scar sostò per un attimo: se tutti gli abitanti della galassia fossero stati come il dottore e la dottoressa Rockbell, non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi così tanto. Forse, in effetti, stava esagerando.
In quel preciso istante, le risate dei bambini, provenienti dalla piazza poco distante, si tramutarono in urla di terrore. Uno sparo risuonò nell'aria, ed un altro urlo straziante. Scar iniziò a correre.
 
***
 
- Il progetto Eden, come già sapete, intendeva riportare in vita le specie estinte per colpa dell'uomo, nella sua folle conquista dell'universo. I miei antenati scelsero Ishval perché quello era l'unico pianeta dove possibile trovare un minerale sconosciuto allora come oggi, un metallo dalle capacità prodigiose. Poteva crescere, aggiustarsi autonomamente, addirittura rispondere agli stimoli mentali del suo utilizzatore. Ci fu addirittura chi arrivò ad ipotizzare che fosse esso stesso un essere vivente. Aveva potenzialità quasi illimitate, la risorsa più completa e pienamente sfruttabile. Full.-
I quattro ragazzi stavano in silenzio, bevendo ogni singola parola di quell'uomo dal volto serio e dagli occhi rossi persi nel ricordo di una vita perduta.
- Quando Ishval cadde, tutti gli sforzi di centinaia di vite furono rubati, per bieco interesse economico. E la responsabile fu una delle più grandi compagnie del settore, la Amestris. Aveva sul proprio libro paga tutto lo stato maggiore dell'esercito che avrebbe dovuto garantire la tranquillità di Ishval dopo la sua scoperta. Fu la Amestris a darci le armi per difenderci da quei soldati e dalla loro follia omicida, scatenando così la guerra. Ed è la Amestris il bersaglio della mia vendetta.-
- Vendetta? Dopo otto anni?- domandò May, aggrottando la fronte.
- Dopo mille, se sarà necessario.- ribatté Scar, stringendo un pugno finché le nocche furono completamente sbiancate.
Ci fu un lungo scambio di occhiate, poi Ling prese in mano la situazione:- Se ho ben capito, tu vuoi distruggere la compagnia Amestris.-
- Non desidero altro.-
- E che mi dici dei militari che hanno combattuto a Ishval?-
- Loro sono stati manipolati esattamente come noi. Non ha senso sprecare la mia vendetta su delle sciocche pedine, quando posso puntare ai veri responsabili.-
Il ragazzo annuì:- Bene, perché allora ci sono delle persone che dovresti incontrare.-
 
***
 
- Dovremmo avere tutto.- concluse Breda, spuntando l'ultima voce sulla lista dei pezzi necessari al viaggio. Edward emise un sommesso sospiro di sollievo e risistemò tra le braccia i pacchi che stava portando. Si sentiva piuttosto stanco, dopo aver passato un'intera mattinata a fare acquisti, e si stava chiedendo se non avrebbe fatto meglio a fare un semplice giro turistico con Al e gli altri.
Stavano uscendo da un magazzino, quando l'attenzione del ragazzo fu attirata da uno sprazzo di bianco colto con la coda dell'occhio. Girò su se stesso, cercando freneticamente con gli occhi una figura in particolare, in mezzo alla folla chiassosa, e lo trovò.
Appoggiato con noncuranza ad una parete, all'angolo di un vicolo, una guida della città tra le mani ed un espressione annoiata sul volto, stava l'uomo che aveva dato inizio a tutto quello che stava succedendo loro, l'individuo che, molti giorni prima, aveva seguito lui e Al in quel negozio di abbigliamento.
Zolf J. Kimbley.




Angolo dell'Autrice:
Ed ancora una volta riesco miracolosamente ad aggiornare entro una settimana! Non abituatevi troppo bene, però, perché da domani vado in vacanza e quindi il prossimo capitolo potrebbe tardare parecchio :P
Detto questo, diecimila ringraziamenti a Laylath, che con una super-maratona si è letta tutti i capitoli di questa fanfiction, ed a SuorMaddy2012 per la sua recensione. Grazie anche a tutti i lettori silenziosi! ^_^
Questo capitolo è un po' scarso, e normalmente spenderei qualche parola per scusarmene e spiegare i vari passaggi, ma devo assolutamente fare i bagagli, quindi... semplicemente, grazie per aver letto e tanti saluti!

Melanita

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

 
Breda fu il primo ad accorgersi dell'improvvisa tensione di Edward, che si era fermato di colpo, e con un rapido gesto del braccio bloccò anche Havoc.
- Edward, che cosa succede?- domandò il corpulento ufficiale, seguendo la direzione dello sguardo del ragazzo. C'era un uomo avvolto in un completo bianco di alta sartoria, a poca distanza da loro, apparentemente immerso nella lettura di una rivista, ma la sua postura, e quel poco che si poteva cogliere del suo volto sotto il candido cappello calato ad ombreggiare la fronte, rivelavano che stava osservando l'uscita del negozio. Proprio dove si trovavano loro.
- Quell'uomo.- sussurrò il giovane biondo:- E' Kimbley, l'uomo che ha rubato Xiao Mei alla compagnia Amestris. Che cosa ci fa qui?-
- Che cosa facciamo?- domandò Winry, avvicinandosi a lui:- Pensi che stia ancora cercando voi?-
In quel momento, Kimbley gettò un'occhiata distratta al costoso orologio che portava al polso, poi ripiegò accuratamente la rivista e se la infilò sotto il braccio, incamminandosi con calma all'interno del vicolo. In tutto questo, non diede il minimo segno di aver notato la loro presenza.
- E' possibile che non ci abbia visti?- domandò Havoc, aggrottando la fronte.
Breda scosse la testa:- Si è accorto di noi, sta facendo finta di niente. Penso che voglia essere seguito.-
- Bene, allora seguiamolo!- scattò Ed. Prima che qualcuno potesse fermarlo il giovane si era già lanciato tra la folla, infilandosi tra i passanti all'inseguimento dell'elusiva sagoma che già svaniva pochi metri più avanti, ignorando i richiami degli altri.
Breda scosse la testa disperato:- Non ascolta una parola e si getta a testa bassa in qualsiasi guaio. Mi ricorda te, Havoc.-
- Allora andrà tutto benissimo.- ribatté l'altro, anche se la sua espressione lasciava trapelare una contraddittoria preoccupazione:- Io lo seguo e voi tornate alla nave ad avvertire gli altri, d'accordo? Se quel tipo sta cercando il cucciolo è meglio tenere tutti al sicuro.-
Rebecca sbuffò seccamente:- Non saresti capace di trovare nessuno in questa città. Io la conosco come le mie tasche, vengo con te.-
Breda annuì, consapevole che non c'era tempo da perdere:- Datevi una mossa e tenetevi in contatto con il comunicatore. Nessun rischio inutile.-
Si lasciò sfuggire un sospiro osservando la schiena di Havoc che si incuneava tra un paio di persone. Naturalmente, il biondo nicotina-dipendente non aveva neppure ascoltato le ultime parole, ed appellarsi al suo buonsenso era il più delle volte una specie di gioco d'azzardo. Nonostante ciò, aveva un forte senso del dovere, un invidiabile sangue freddo durante i combattimenti, ed una mira quasi al livello di Hawkeye. Inoltre, c'era Rebecca con lui, e lei conosceva la città abbastanza bene da sapere dove stavano andando. Seguire Edward non avrebbe dovuto essere un problema.
L'uomo gettò uno sguardo a Winry, che si stava mordicchiando un labbro per la preoccupazione, e le posò una mano sulla spalla in un gesto tranquillizzante:- Andrà tutto bene. Ora avvertiamo gli altri e torniamo alla nave.-
 
***
 
- Tutto bene, colonnello?-
Mustang fece una smorfia e si portò una mano alla testa:- Ha presente quella sensazione quando qualcosa sta per andare storto, terribilmente storto, ma non si sa ancora che cosa?-
Maria Ross sospirò:- Conosco benissimo quella sensazione, ma ora dobbiamo finire di organizzare la partenza.-
Il colonnello gettò un'occhiata speranzosa all'astronave parcheggiata lì accanto, staccando i gomiti dal tavolo ingombro di permessi e moduli accanto a cui sedeva in compagnia della mora. A qualche metro di distanza, una certa tenente dai capelli biondi sollevò lo sguardo dalle armi che stava sistemando in una cassa e ne sfiorò pensierosamente una, fissando con eloquenza il suo superiore.
Roy sospirò, sconfitto, e si rassegnò a tornare a firmare i maledetti documenti che lo spazioporto di East Moon esigeva. In genere riusciva a svicolare in qualche modo, ma Maria Ross aveva chiarito subito che in questo caso, doveva giocare secondo le regole. E la sua prima ufficiale era stata più che lieta di darle man forte.
Fu quindi con un leggero senso di sollievo che Roy colse la distrazione fornita dal comunicatore che squillava sul tavolo. Nascondendo un sorriso di gratitudine, lo afferrò e si affrettò a rispondere.
A pochi metri di distanza, Riza scosse la testa, nascondendo un sorriso. Quell'uomo non sarebbe mai cambiato, con la sua inspiegabile dicotomia tra volontà ferrea e atroce pigrizia.
La donna distolse lo sguardo dal suo superiore per concentrarsi sul lavoro che stava svolgendo.
- Martel, non ci provare.-
L'altra donna, accanto a lei, arricciò le labbra in un gesto di disappunto, ma distolse le mani dalla pistola che stava distrattamente afferrando.
- Credevo che avessi deciso di venire con noi senza fare altre storie.-
- Oh, adesso una ragazza non può neanche cercare un po' di sicurezza?-
- No.- ribatté seccamente Riza, benché in tono rilassato. Negli ultimi giorni quella era diventata quasi una routine, tenere d'occhio la sua ex-amica criminale per impedirle di fare qualche sciocchezza, ma doveva ammettere che si stava comportando bene. O forse, conoscendo Martel, stava solo conservando le energie per il momento giusto.
La sua attenzione tornò sul colonnello, che ora stava venendo verso di loro con un'espressione cupa sul viso.
- Tenente, i ragazzi non sono ancora rientrati?-
La donna scosse la testa, improvvisamente tesa:- No, colonnello. Edward e Winry sono andati a fare compere con Havoc e Breda, mentre gli altri stanno esplorando la città. Che cosa succede?-
- Breda mi ha appena chiamato.- spiegò l'altro, a beneficio di Riza e del resto della squadra che si stava radunando intorno a loro:- Hanno visto quell'uomo, Zolf Kimbley. Edward, Havoc e Rebecca lo stanno seguendo per capire cosa ci faccia qui.-
- Che cosa succede?- domandò una voce a poca distanza da loro.
Roy iniziò a tirare un sospiro di sollievo nel notare che Alphonse, May, Ling e Lan Fan erano ritornati alla nave senza problemi, ma subito si bloccò notando la figura alta e robusta che stava dietro di loro.
Pelle scura, bruciata dal sole. Corti capelli bianchi. Occhi rossi che scintillavano di una cupa determinazione.
In un istante, il colonnello si ritrovò riportato ad un mondo desertico devastato dalla guerra, agli sguardi febbricitanti di vittime che non avrebbe voluto ricordare, ma che ancora lo guardavano nei suoi sogni, negli occhi di rubino l'accusa di averli lasciati a morire. Quell'uomo...
- Lui è il signor Scar!- lo presentò May, ignara della momentanea vertigine di Roy:- Pensiamo che possa aiutarci.-
- Viene da Ishval.- puntualizzò Alphonse.
 
***
 
- Edward! Rallenta.- ordinò Havoc, afferrando per il cappuccio della giacca rossa il ragazzo prima che potesse svoltare.
- Jean ha ragione.- intervenne Rebecca, gettando intorno a sé uno sguardo preoccupato ed abbassando la voce:- Questa zona della città non è in buone condizioni. Dobbiamo stare attenti.-
Il ragazzo fu costretto a rallentare il passo ed a guardarsi attorno a sua volta. Concentrato sull'inseguimento del misterioso uomo in bianco, che continuava tranquillamente a camminare senza dare segno di averli notati, non aveva fatto caso al resto, e solo in quel momento si stava accorgendo che avevano lasciato la zona affollata e luminosa dove si trovavano poco prima per inoltrarsi in un altro quartiere. C'erano meno persone, strade e vetrine erano meno curate, e tutte le finestre erano ermeticamente serrate.
La sua attenzione tornò a concentrarsi sull'individuo che ora stava contemplando con aria riflessiva una vetrina, fermo con le mani in tasca. Era assolutamente certo che stesse solo aspettando che loro riprendessero a seguirlo, ma doveva ammettere che aveva un certo talento nel fingersi totalmente disinteressato. Pareva che sapesse benissimo che Ed non si sarebbe arreso, ed il pensiero di essere così prevedibile faceva fremere i pugni al ragazzo.
La caccia continuò fino a che Kimbley svoltò in un vicolo, isolandosi dal resto della gente, e si voltò di scatto a fronteggiare le tre persone che erano entrate subito dietro di lui.
Per un lungo istante regnò il silenzio, presto rotto da Edward.
- Che cosa vuoi?-
Kimbley inarcò le sopracciglia, rispondendo con fredda cortesia:- Dovrei essere io a domandarlo, dal momento che ci avete seguiti. Ci siamo per caso già visti da qualche parte?-
- Decisamente sì.- borbottò il ragazzo.
Rebecca prese il controllo della conversazione, infastidita dall'atteggiamento derisorio di quello sconosciuto:- Tu sei Zolf J. Kimbley, ex direttore scientifico della compagnia Amestris. E' corretto o no?-
- Potrebbe esserlo.-
La donna decise di ignorarlo:- Ma ora hai combinato un bel guaio, uhm? Sei scappato con il loro progetto più prezioso e poi lo hai perso per strada. Non penso che siano molto contenti.-
Kimbley decise senza bisogno di ulteriori riflessioni che quella donna così rude e diretta non era decisamente il suo tipo. Si sforzò di trattenere l'irritazione.
- Potrei dire lo stesso della vostra patetica... organizzazione. Come pensate esattamente di smantellare una delle compagnie interplanetarie più potenti della galassia?-
Rebecca strinse i denti. L'uomo dai capelli scuri continuò imperterrito.
- Forse posso offrirvi una soluzione.-
- Che genere di soluzione?- ribatté subito Edward, confuso.
Kimbley alzò le spalle:- Recentemente sono entrato in contatto con una persona che, come me e voi, ha ottimi motivi per volersi liberare di certe... fastidiose interferenze. In questo momento, la persona in questione si trova nella loro base centrale. Un aiuto prezioso, non trovate?-
- Potremmo avere già qualcuno lì.- rispose seccamente Rebecca.
- Non a quei livelli.- assicurò Kimbley con aria disinvolta:- Ora, l'accordo che vi propongo è semplice. Voi mi accompagnerete alla vostra base, su quella stazione spaziale che, sinceramente, non siete molto abili a tenere segreta. Io vi darò tutte le informazioni che posseggo sulla compagnia Amestris, sull'esperimento che vi state portando in giro, e su cosa stia esattamente succedendo sotto il naso della galassia da almeno otto anni.-
- Perché dovremmo crederti?- sibilò Edward infastidito dall'atteggiamento dell'altro.
Kimbley roteò gli occhi:- E perché no? Dobbiamo proprio perdere tutto questo tempo?-
Rebecca prevenne la risposta di Edward, rivolgendosi a lui e Havoc in un sussurro:- Quel damerino ha ragione, potrebbe sul serio esserci utile. Penso che dovremmo portarlo dagli altri e sentire cosa ne pensano i... superiori.-
- Posso già dirti che Mustang non sarà molto contento.- borbottò Jean:- Ma hai ragione.-
 
***
 
Quando Winry e Breda tornarono alla nave, dopo aver recuperato lungo la strada Denny, che si era fermato ad acquistare qualcosa in un altro negozio, la ragazza era sul punto di sprofondare nell'angoscia. Il comunicatore di Breda non aveva più dato segni da quando era stato riposto alla cintura, e lei non poteva fare a meno di chiedersi se questo volesse semplicemente dire che Edward e gli altri stavano ancora inseguendo quell'uomo, o se...
Scosse la testa, decisa a non farsi prendere da una preoccupazione che non aveva motivo di esistere. Sarebbe andato tutto bene.
Immersa nei suoi pensieri, rischiò di andare a sbattere addosso ai due uomini che la precedevano, fermatisi di colpo all'apertura della piazzola che ospitava la Ishval.
Di fronte a loro, a poca distanza dall'astronave, uno sconosciuto avvolto in un lungo cappotto chiaro stava stringendo per il collo dell'uniforme il colonnello Mustang, sospeso a pochi centimetri da terra con una pistola puntata alla gola. Riza Hawkeye, a sua volta, teneva due pistole puntate sulla nuca dell'uomo, lasciata scoperta dai corti capelli bianchi. A poca distanza, Falman, Furey e Ross stavano facendo altrettanto. May stava protestando qualcosa, immobilizzata tra le braccia di Al, mentre Lan Fan si era portata davanti a Ling per tenerlo lontano dalla linea di tiro e Martel osservava tutto sgomenta, accanto ai ragazzi.
Denny spalancò la bocca, balbettando:- Che cosa sta succedendo qui?-
Maria distolse lo sguardo dalla scena, abbassando impercettibilmente l'arma, e fece segno agli altri di avvicinarsi.
- Non ne ho la minima idea.- spiegò:- Un attimo prima, i ragazzi ci stavano presentando questo tizio, un secondo dopo lui ha minacciato Mustang. Siete arrivati prima che potessimo chiarire la situazione.-
- Chiariremo la situazione quando quell'uomo avrà lasciato andare il colonnello.- intervenne Hawkeye, con un tono di voce così gelido da dare i brividi:- Preferibilmente adesso.-
Winry scivolò accanto ai ragazzi e sussurrò:- Chi è quello?-
Lan Fan, senza distogliere lo sguardo dalla scena, bisbigliò in fretta:- E' il proprietario dell'astronave su cui Alphonse e May erano finiti prima di essere recuperati dalla Ishval. Ed è originario di Ishval, dove loro hanno combattuto. Credo che il problema sia quello.-
- Ha detto che voleva vendicarsi solo dei responsabili!- protestò Ling:- Perché prendersela con loro?-
- Un colonnello è piuttosto in alto nella gerarchia. Probabilmente pensa che abbia delle responsabilità.- ribatté la guardia del corpo.
Scar parlò in una sorta di ringhio:- Penso? Forza, provate a dirmi che non è vero.- passò a rivolgersi all'uomo che teneva per il collo:- Prova a dirmi che non hai ordinato la morte di uomini, donne e bambini che non sapevano neanche cosa stesse succedendo, colonnello.-
Roy non rispose, perso nei propri pensieri. Come poteva giustificarsi di fronte ad un altro per qualcosa che non aveva mai perdonato a se stesso? Rimase sorpreso nel sentire la voce esile di Furey che, con un leggero tremito, parlava per la prima volta.
- Non è andata così!- protestò il giovane, in tono acuto:- Il colonnello stava soltanto eseguendo gli ordini come tutti noi. E non ci ha mai ordinato di uccidere nessuno.-
- E' vero.- intervenne Falman, dando man forte al suo collega:- Lui si è preoccupato soltanto di portarci in salvo. Ha fatto... abbiamo fatto tutti delle cose che avremmo preferito non fare. Cose terribili che ci perseguiteranno per sempre. Ma se stai cercando qualcuno con cui prendertela, lui è la persona sbagliata.-
- Il colonnello non è mai stato d'accordo con le decisioni dei superiori.- confermò Breda:- Ma era un militare ed ha fatto il suo dovere, come tutti noi.-
- E gliene siamo grati.- concluse Riza, permettendo ad una sfumatura di calore di trasparire nella sua voce:- Senza di lui, non sarei uscita da quell'inferno.-
Al sentire le parole accorate dei suoi uomini, Roy avvertì una sensazione calda e morbida riempirgli l'animo, un orgoglio irrefrenabile. La sua squadra, la cosa più importante che gli rimanesse, gli stava dimostrando ancora una volta il suo sostegno, e quelle parole gli sembravano dirette a lui, a lenire i suoi dubbi ed i suoi incubi.
Anche Scar ascoltava in silenzio. Si costrinse a reprimere la rabbia che era sorta in lui nel vedere le uniformi di quegli individui, ed il grado elevato dell'uomo dai capelli scuri che non aveva ancora lasciato andare. Riflettendo razionalmente, cosa che quell'istintivo accecamento gli aveva impedito di fare, era logico che lui non potesse essere uno dei responsabili dell'accaduto, o non avrebbe disertato per ritrovarsi ora a contrastare i piani della Amestris. Lasciò andare di colpo l'altro ed alzò le mani in un gesto di resa.
- Ho reagito senza pensare. Non siete le persone che sto cercando.- ammise.
Roy respirò profondamente, portando una mano a sfiorarsi la gola che bruciava, e rivolse un cenno ad Hawkeye. La donna abbassò la pistola e fece un passo indietro, presto imitata dagli altri.
- Bene.- esordì il colonnello:- Ora che abbiamo... chiarito, credo che dovremmo parlare.-
Ci vollero pochi minuti a confermare che avevano un obiettivo comune, e che Scar sarebbe andato con loro a Briggs. Dopotutto, come puntualizzò Ross, lui sapeva più di tutti loro sul progetto di ripopolamento svoltosi ad Ishval, e sarebbe stato un prezioso aiuto per gli scienziati della base nel carpire i segreti che Xiao Mei nascondeva.
May si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, rendendosi conto che tutto si era aggiustato. Per qualche momento, poco prima, aveva sul serio avuto paura che scoppiasse uno scontro tra Scar e l'equipaggio della Ishval, ma per fortuna tutto si era sistemato. Quasi tutto, in realtà. Stavano ancora aspettando di ricevere qualche notizia da Havoc e dagli altri, dopo aver saputo da Breda i dettagli di quanto era successo all'uscita del negozio. La ragazzina dalle trecce scure non poteva fare a meno di sentirsi preoccupata per Edward e gli altri, ed impaurita al pensiero di quello che poteva succedere.
In quel momento, una voce conosciuta riecheggiò nello spazio aperto in cui si trovavano ancora.
- Ehi, gente! Siamo tornati!-
Alphonse, che era seduto accanto alla ragazzina, balzò in piedi, sollevato nel vedere il fratello che salutava con un ampio gesto della mano. Non sembrava particolarmente soddisfatto, ma stava bene, e questo era l'importante. Il giovanissimo cyborg si fermò, come congelato, quando vide la sagoma bianca che procedeva alle spalle dell'altro giovane, stretta tra le figure serie di Rebecca e Havoc.
- Che cosa ci fa quell'uomo qui?- sussurrò May alle sue spalle, con un tremito.
- Adesso lo chiariamo.- la rassicurò Maria, con uno sguardo perplesso, seguendo Mustang e Hawkeye che si stavano già dirigendo verso i quattro nuovi arrivati.
Rebecca li aggiornò rapidamente:- Questo Kimbley sostiene di poterci essere utile, vuole venire con noi a Briggs, in cambio di informazioni, è disarmato, ed ispira meno fiducia di un salto dentro un buco nero.-
- E voi l'avete portato direttamente alla nostra nave?- commentò Mustang, squadrando l'uomo che vedeva per la prima volta. A prima vista poteva sembrare una persona qualsiasi, con un gusto piuttosto particolare in fatto di abbigliamento e dei lineamenti affilati che non rivelavano nulla della sua provenienza. Ma c'era qualcosa di inquietante in quella tranquillità, e lo sguardo... quello era lo sguardo di un uomo che avrebbe osservato qualcuno bruciare solo per vedere quanto avrebbe impiegato a morire. Un uomo pericoloso.
Kimbley intervenne, in tono leggermente annoiato:- Beh, direi che abbiamo sprecato abbastanza tempo. Dal momento che i vostri amici sono stati così gentili da condurmi qui, cosa ne pensate di accettarmi a bordo come passeggero e risolvere tutto?-
- Aspetta un istante.- lo fermò Ross, fissandolo:- Come facciamo a sapere che stai dicendo la verità?-
L'altro roteò gli occhi allungati, sospirando:- E che vantaggio avrei a mentire? D'accordo, se preferite, cercherò di essere ancora più chiaro. Non sono interessato a crociate idealistiche, vendette o inutili lotte contro i titani. Sono tuttavia molto interessato a vedere cosa ci porterà il futuro. Siamo di fronte a grandi eventi, ed io provo un certo... fascino... nell'osservare questo genere di eventi. E, ovviamente, non credo che potrei esattamente tornare ai laboratori della compagnia Amestris, quindi penso che cambierò punto di vista.-
- Perché hai lasciato la Amestris, allora?- intervenne Edward, ancora perplesso.
Kimbley alzò le spalle:- Questioni personali. Molti mi hanno definito... uhm, che cosa era? Oh, già, uno psicopatico amorale. Ma in realtà anche io ho alcuni principi, e temo che alcuni miei superiori li abbiano decisamente violati. Non sono una persona molto accondiscendente.-
- Dovrai dirci qualcosa di più, se ti aspetti il nostro aiuto.- intervenne Mustang, aggrottando la fronte.
Kimbley roteò gli occhi ed infilò le mani nelle tasche:- Qualcosa di più? Nessun problema. Cosa vi dice il nome Hohenheim Elric?-
E con queste parole, estrasse dalla tasca un oggetto scintillante e lo lasciò dondolare, appeso ad una catenella, di fronte agli occhi improvvisamente spalancati di Edward. Lucido e freddo, l'orologio d'argento sembrava scandire il ritmo dei pensieri caotici che si affollavano di colpo nella testa del ragazzo.





Angolo dell'Autrice
* si nasconde dietro un tavolo per ripararsi dalla pioggia di pomodori, uova e proiettili vari *
Scusate scusate scusate! Lo so, ho lasciato passare un altro mese senza aggiornare ed adesso vi propino questa... questa... questa cosa che non merita neanche il nome di capitolo. E che è sicuramente piena di errori perché tra il caldo, la ripresa degli esami universitari in arrivo, ed il generale black-out che colpisce il mio cervello ad agosto (e non solo), non l'ho ricontrollata a dovere.
Dopo aver terminato le mie patetiche scuse, passiamo alla sottospecie di capitolo che avete appena letto. Temo che ci sia qualche incoerenza con quello prima, perché ho leggermente modificato la trama nel corso della stesura, per cui se trovate qualcosa che vi fa pensare a strane distorsioni spazio temporali fatemelo per favore notare. In qualche modo, poi, mi sembrava di aver reso il personaggio di Scar troppo "razionale" nella sua vendetta, nel capitolo precedente. Invece, per quanto abbia un obiettivo diverso da quello di Brotherhood, non c'è nulla di meno intenso nella vendetta che sta cercando, e la forza di questa sua passione può prevalicare ogni limite di pazienza o buonsenso. Uhm, sono quasi sicura che questa frase avesse un senso quando l'ho pensata...
In ogni caso, la storia si sta muovendo, per quanto lentamente. La trama è delineata ed ordinata nel mio cervellino che funziona ad intermittenza. Il problema sta nel metterla per iscritto, quindi non posso assicurarvi una frequenza decente di aggiornamento, anche perché mi sta venendo l'ispirazione per altre storie, e quindi devo "fare i turni"... così imparo ad appassionarmi a troppe cose contemporaneamente.
Okay, fine dello sproloquio. Grazie a Laylath e SuorMaddy2012 per le loro splendide recensioni, e grazie a chiunque stia seguendo questa storia! Saluti!

Melanita

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


CAPITOLO XXII

 
Era passata una settimana da quando la Ishval aveva lasciato East Moon, ed ora la loro meta appariva finalmente sullo schermo, imponente nella sua massiccia essenzialità. La stazione spaziale di Briggs era stata costruita dieci anni prima, ma la sua comandante si era assicurata, nel corso degli anni, che la sua efficienza fosse sempre migliorata. Il risultato era una vasta struttura cilindrica di metallo e cemento, circondata da un anello collegato al corpo principale da massicci tubi, che ruotava lentamente su se stessa, risplendente di luci. Intorno alla stazione spaziale orbitavano piccoli satelliti, ed i passeggeri dell'astronave riuscivano a scorgere sagome umane che fluttuavano vicino alle pareti lisce, impegnate nelle riparazioni che un complesso così imponente richiedeva.
- Come fanno a mantenere una stazione di questo livello?- domandò Ling, confuso. Lui ed il resto dei passeggeri, insieme all'equipaggio della Ishval, si erano radunati sul ponte di comando della nave per poter ammirare quello spettacolo di ingegneria spaziale dallo schermo principale della nave. Il ragazzo proseguì:- Devono ricevere dei finanziamenti da qualcuno. Una compagnia, un pianeta, qualche organizzazione?-
- E' stata costruita molto tempo fa dal sistema solare più vicino, ma a quanto mi ha spiegato Ross, Briggs è una stazione spaziale indipendente da anni. Il loro reparto scientifico ha ottenuto i brevetti per alcune tecnologie, ed inoltre svolgono una funzione di polizia nella zona circostante, tenendo sicure le rotte per le astronavi. In questo modo riescono a mantenere la loro autonomia senza dover richiedere soldi a qualche altra forza.- spiegò Falman in modo competente:- La loro comandante ha delle notevoli capacità organizzative.-
- E non solo quelle.- commentò distrattamente Havoc, perso nei propri pensieri, salvo poi battere in ritirata di fronte ad uno sguardo inceneritore di Riza.
Per sua fortuna, Furey scelse proprio quel momento per sollevare lo sguardo dal pannello della radio ed annunciare:- Colonnello, una comunicazione dall'altra astronave. Hanno preso contatto con la torre di controllo di Briggs ed ottenuto il permesso di atterrare. La stazione ci contatterà entro pochi minuti appena la pista sarà libera. La nave di Scar ci seguirà a ruota.-
Mustang annuì, pensando alle navi che avevano accompagnato il loro viaggio. Era ovviamente impensabile che tutti loro stessero sulla Ishval, già sufficientemente affollata, quindi si erano divisi. Insieme all'equipaggio erano rimasti Edward, Alphonse, Ling, Lan Fan, May e Winry. Un'astronave un po' più piccola della Ishval trasportava Armstrong, Ross, Brosh, Catalina, Kimbley e Martel, gli ultimi due trattenuti al sicuro nelle proprie cabine per buona parte del viaggio. Scar era rimasto sulla propria nave, tenendosi in contatto solo tramite la radio, e solo per comunicazioni di servizio.
Il colonnello riportò la propria attenzione sulla struttura di fronte a lui, contemplandone la potenza. Si chiese che cosa avesse spinto la sua comandante a metterla a rischio per una battaglia così insolita.
 
***
 
Olivier Milla Armstrong avanzava a passi rapidi attraverso le stanze della villa, ignorando la confusione che la circondava e le persone che si affollavano intorno a lei. Stralci di parole affrettate la lasciavano totalmente indifferente, se non infastidita. Tutti quei deboli parassiti, avvolti nel lusso molle delle loro esistenze schermate rispetto alla realtà, non sarebbero durati un singolo giorno su un campo di battaglia, eppure eccoli lì, a sussurrare alle sue spalle, convinti di sapere che cosa stesse succedendo meglio di lei. Convinti che il vero potere stesse nei soldi che maneggiavano.
La donna, i lunghi capelli biondi sciolti a frustrare l'aria dietro di lei, le labbra carnose serrate in un gelo che faceva il paio con quello degli occhi chiari, uscì dalla zona di rappresentanza della villa per inoltrarsi nelle stanze private, dove l'arredamento più sobrio rifletteva il gusto dei proprietari, e non le convenzioni e le mode dell'alta società. Quella parte della casa non era cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista, due anni prima. Le stesse pareti bianche, gli stessi quadri olografici da cui i ritratti tridimensionali della famiglia Armstrong guardavano le nuove generazioni, addirittura lo stesso tavolino che, un'eternità prima, era stata la fortezza da cui la piccola Olivier comandava a bacchetta le sue truppe, costituite all'epoca dal fratello, dalle due sorelle, e da qualche sfortunato membro della servitù.
Passò distrattamente una mano sui graffi che il suo antico fioretto di plastica aveva lasciato sui raffinati arabeschi, portando l'altra mano sull'arma che pendeva dalla sua cintura. All'epoca dell'accademia, era stata presa in giro per la sua predilezione per quella lama sottile, retaggio di un'epoca in cui le guerre si combattevano senza astronavi o armi ad energia. Presa in giro alle sue spalle, naturalmente, perché nessuno avrebbe osato insultare apertamente la Regina di ghiaccio. Per un momento il gelo dentro di lei si ammorbidì, ricordando quanto tutto era stato più facile in quella casa, prima di intraprendere la carriera che l'aveva costretta a passare anni lontana dalla sua famiglia...
No, scosse la testa. Non era stata una costrizione, era stata una sua precisa scelta per liberarsi da un mondo che le stava stretto, un mondo di ipocrisie, sprechi ed inutili gingilli. Non se ne era mai pentita, ed ora, dopo quell'ultimo sviluppo, sapeva di aver sempre avuto ragione sul marciume che stava al fondo della compagnia Amestris.
- Sorellona!-
Un turbine di stoffa frusciante e braccia nude la avvolse, uscendo da una porta spalancatasi all'improvviso. Gli occhi azzurri della sua sorella più piccola, lucidi di lacrime, si fissarono nei suoi.
- Sei riuscita a venire, per fortuna! Stavo iniziando a pensare che...-
- Non avevo molte alternative.- tagliò corto la maggiore, scostando l'altra ragazza:- Ho ricevuto un messaggio da nostro padre, cinque da nostra madre, otto ciascuno da Amue e Stronghine, ed ho perso il conto dopo i primi quindici da parte tua. Devi aver passato la giornata attaccata al videocomunicatore.-
Catherine Elle Armstrong scosse i capelli biondi, così simili a quelli della sorella, e per la prima volta quel giorno le sue labbra si incurvarono verso l'alto in una parvenza di sorriso, un fantasma che aleggiò per qualche secondo prima di tornare sommerso dalla preoccupazione.
- E... Alex?-
Olivier fece una smorfia:- Ancora nessuna notizia certa da Ishval. Le mie fonti dicono che lo stato maggiore ha lasciato il pianeta, ma non ci sono notizie certe su soldati ed ufficiali di grado più basso. Tra i pochi che hanno lasciato il pianeta, quasi tutti hanno fatto perdere le loro tracce per evitare di finire davanti alla corte marziale per diserzione, e nessuno è stato in grado di confermarmi la situazione del maggiore Armstrong.-
Vedendo le lacrime a stento trattenute, la donna più alta si chiese se fosse stata troppo dura nel dare quelle notizie. Anni nell'ambiente militare avevano levigato l'acciaio del suo carattere, spazzando via i residui dell'educazione raffinata degna delle figlie di uno dei Direttori Planetari della compagnia Amestris. Con determinazione, proseguì:- Non possiamo fare niente, Catherine, quindi occupiamoci della situazione che forse possiamo risolvere. Devo sapere che cosa è successo qui.-
La sorella minore annuì e cominciò:- Papà è andato al consiglio di amministrazione della Compagnia su Central Moon, come fa sempre. Era convinto che fosse la solita formalità, invece è andata diversamente. Ha detto che è stato come un colpo di stato: senza preavviso, senza che nessuno avesse previsto nulla, quegli uomini si sono impadroniti dell'intera compagnia.-
- Chi sono quegli uomini?-
- Il loro capo, l'uomo che ora tiene le redini della Amestris, si fa chiamare il Padre. Non lo avevo mai sentito nominare prima. Poi ci sono molti membri dei reparti militari, guidati dal generale Bradley.-
- King Bradley? Doveva essere su Ishval. Lavora al di fuori della Amestris.-
- A quanto pare, non più. Ora lui è uno dei nuovi pezzi grossi.-
Olivier annuì, la mente che lavorava freneticamente per capire che cosa stesse succedendo. Il precipitare degli eventi su Ishval ed il cambio di potere nella compagnia Amestris dovevano essere collegati, ma come?
- E nostro padre? Che cosa è successo?-
- Lui se ne è andato quando si è reso conto della situazione. Mentre era sull'astronave per tornare qui ha rassegnato le dimissioni. Dice che vuole portare tutta la famiglia lontana da questa storia, in uno dei nostri possedimenti privati.- Catherine esitò per un momento, poi concluse rapida:- Dice che dovresti venire anche tu.-
Olivier fece una smorfia:- Ora capisco cosa ci facciano qui tutti questi parassiti, sperano di riuscire a racimolare ancora qualche briciola prima che la festa per loro sia finita. Non so di cosa si preoccupano, ci sarà sempre qualcuno disposto a farsi leccare i piedi dalle loro lingue luccicanti.-
- Olivier...- iniziò l'altra, tentando una titubante difesa.
- In ogni caso, non ho intenzione di andarmene. Ho appena ottenuto il comando di una stazione spaziale, e la mia carriera non sarà distrutta dalle sciocchezze della politica interna di quel nido di corruzione. Non abbandonerò Briggs.-
- Quindi vuoi abbandonare noi?-
La bionda ufficiale esitò per un momento, un pesante momento di tensione. Poi sospirò:- Non intendo abbandonare la famiglia Armstrong, Catherine. Né ora né mai. La mia prima priorità, quando Briggs sarà in condizioni di piena efficienza, sarà scoprire che cosa stia davvero succedendo all'interno della compagnia Amestris. E se ce ne sarà bisogno, mi occuperò io di fermarli. Con ogni mezzo necessario.-
 
***
 
Per Martel uscire dall'astronave, percorrere la rampa che la collegava a terra, e sentire lo stabile pavimento di cemento di Briggs fu un sollievo. Aveva passato l'intero viaggio, o quasi, chiusa in quella soffocante, minuscola cabina, condivisa con Catalina. La pilota dai capelli scuri era una sua vaga conoscenza dei tempi dell'accademia, ma non aveva mai avuto un rapporto di amicizia con lei. In un certo senso, però, era stato più facile così. Non aveva dovuto sforzarsi troppo per mantenere le distanze.
Si lasciò docilmente perquisire dai soldati avvolti in pesanti uniformi bianche. Doveva ammettere che era impressionata dai sistemi di sicurezza della stazione, e dalla scrupolosa efficienza dei suoi uomini: perfino Greed avrebbe avuto difficoltà a fare irruzione in quel posto.
La donna gettò un rapido sguardo intorno a sé, dove i suoi compagni di viaggio stavano subendo gli stessi controlli. Coloro che facevano parte dell'organizzazione parevano abituati a quella situazione, anzi, il maggiore Armstrong stava addirittura raccontando ai soldati una qualche roboante storia sulla sua famiglia. Kimbley, invece, aveva un'aria annoiata e condiscendente. L'uomo dal completo bianco incrociò il suo sguardo e le rivolse un discreto cenno di saluto.
Quell'uomo era un mistero, si ripeté Martel per l'ennesima volta da quando, qualche giorno prima, avevano avuto quella loro conversazione.
 
***
 
Martel stava riposando con la schiena appoggiata alla parete, gli occhi socchiusi che vagavano sulla sagoma liscia della Ishval, ormai pronta alla partenza. Un'ombra le oscurò la visuale, e la donna si raddrizzò leggermente, rimuginando terribili vendette contro quelle persone che, dopo averla praticamente rapita, la costringevano addirittura a lavorare come scaricatrice.
Non era nessuno dell'equipaggio. Era Kimbley.
- Che cosa vuoi?- domandò seccamente la bionda, stringendo gli occhi. Non si fidava di quell'individuo: era viscido ed imprevedibile, con una scintilla di pericolosa follia sotto la facciata di affabilità ed eleganza, una follia che non faceva niente per nascondere ma che anzi rivelava fieramente, quasi divertito dall'incapacità degli altri di penetrare il segreto del suo comportamento.
Martel ricordava ancora con estrema chiarezza lo sconvolgimento che aveva provocato al suo arrivo, tirando fuori quell'orologio da taschino e poi rimettendolo via come se niente fosse. Per un attimo era stata convinta che Edward fosse sul punto di gettarsi contro l'altro e scatenare una rissa, ma infine il ragazzo aveva lasciato perdere, trattenuto a stento dai suoi amici.
Kimbley si limitò a lasciarsi scivolare seduto accanto a lei, facendosi aria con il cappello. Scrollò le spalle:- Soltanto parlare.-
- Parlare di cosa?-
- Di una nostra comune conoscenza.- ribatté l'uomo, estraendo un oggetto dalla tasca e gettandoglielo. Martel lo afferrò al volo e sgranò gli occhi, confusa dalla vista di quel pezzo di carta ripiegato. Lo aprì rapidamente, ed assottigliò gli occhi.
- Allora?-
- La scrittura è quella di Greed. Che genere di accordo avete?-
- Collaborazione reciproca. In questo momento, il tuo capo si trova su Central Moon a recitare la parte del figliolo pentito di ritorno tra le braccia del suo paparino,ed accidentalmente anche a ritrovare i suoi dipendenti. Una volta fatto questo, farà avere a Briggs, tramite il sottoscritto, tutte le informazioni necessarie per organizzare un'incursione. Loro potranno bloccare il piano del Padre, lui potrà rimettere insieme il suo piccolo impero, tu potrai tornare a farne parte, e tutti saranno più felici.-
La bionda scrutò ancora una volta i caratteri che danzavano davanti ai suoi occhi. Riconosceva la calligrafia decisa e frettolosa di Greed, e le parole chiave che avevano concordato, molto tempo prima, in caso di emergenza. Inoltre, era perfettamente nello stile di quell'uomo allearsi senza particolari scrupoli con chiunque pur di raggiungere uno scopo o riprendersi ciò che era suo. Non aveva difficoltà a credere a quella parte. Ma...
- Come faceva a sapere che io sarei stata qui?-
L'altro sospirò, annoiato:- Logica. Se un membro dell'organizzazione era sfuggito a quei pagliacci, era inevitabile che Briggs si interessasse a rintracciarlo per capire cosa e perché stesse succedendo. E' per questo che ho raggiunto East Moon, anche se devo dire che non mi aspettavo di trovare tutta questa gente.-
Martel annuì, ancora incerta.
- E cosa mi dici della tua ricompensa? Che cosa vuoi ottenere?-
Kimbley sospirò, rialzandosi ed allontanandosi lentamente. Si voltò solo per il tempo necessario a rispondere:- Uno spettacolo interessante.-
 
***
 
- Colonnello Mustang.-
- Generale Armstrong.-
La stazione spaziale di Briggs non era esattamente il luogo più caldo in cui fosse mai stato, ma Riza ebbe la convinta sensazione che la temperatura fosse bruscamente calata di almeno una decina di gradi. Raddrizzò istintivamente la schiena, immobile in piedi alle spalle della sedia dove il suo superiore si era accomodato. Loro due erano gli unici membri dell'equipaggio presenti nella stanza, per quella che la comandante della stazione aveva definito un breve aggiornamento prima di una riunione più generale.
La donna in questione stava seduta dall'altra parte di una spartana scrivania di legno massiccio, gli stivali scuri appoggiati con forza sulla superficie, tra una pila di documenti ed un videocomunicatore illuminato. I suoi glaciali occhi azzurri erano fissi sull'uomo dai capelli scuri seduto di fronte a lei, in una sfida di sguardi che nessuno dei due sembrava intenzionato ad abbandonare.
Il quarto uomo nella stanza stava appoggiato alla parete, accanto alla scrivania,e non mostrava il minimo cenno di preoccupazione o impazienza. Riza lo squadrò discretamente: il capitano Buccaneer era alto e muscoloso, forse più del maggiore Armstrong, e la sua pettinatura era un'affilata cresta scura che continuava dietro la schiena in una treccia sottile. L'uniforme blu che indossava sembrava essere la stessa di ogni corpo militare della galassia, retaggio di tradizioni che si perdevano ai margini dell'era spaziale. Ma l'elemento più notevole del suo aspetto era la massiccia protesi di metallo che sostituiva il suo braccio destro, terminando in una mano artigliata. Riza non poté fare a meno di confrontare mentalmente quel meccanismo con quello che ormai si era abituata a vedere su di Edward: le protesi del ragazzo erano dei piccoli capolavori di ingegneria, calibrate e raffinate, ma questa... questa era un'arma di distruzione.
Il tenente riportò la sua attenzione alla conversazione che si stava svolgendo. O meglio, che non si stava svolgendo, visto che la sfida di sguardi era ancora in pieno svolgimento. Si ritrovò a sospirare, sforzandosi di sopprimere la traccia di impazienza che si stava facendo strada in lei. Avevano intenzione di andare avanti a lungo?
Un ronzio del videocomunicatore interruppe la tensione, costringendo la Armstrong a spostare la sua attenzione sullo schermo.
- Cosa c'è?-
- Qui è il maggiore Miles, generale. Abbiamo terminato gli ultimi controlli sui nuovi arrivati, ed alcuni di loro sembrano piuttosto... impazienti di avere delle informazioni. Come dobbiamo comportarci?-
La comandante dai capelli biondi strinse le labbra, per poi ordinare rapidamente:- Dite loro che aspettino. E non disturbatemi oltre.-
Mustang non attese neppure che l'altra avesse chiuso la comunicazione per intervenire:- Non penso che sia possibile trattenerli per molto. Dopotutto, abbiamo già atteso mentre lei terminava la riunione con i suoi uomini su East Moon. Del resto, chi vorrebbe aspettare per trovarsi di fronte ad una donna così affascinante? Generale...-
- Non mi costringa a farla espellere attraverso un boccaporto, colonnello. Possono aspettare ancora.- tagliò corto lei:- Ora mi dica esattamente cosa c'entra in questa storia.-
- Pura coincidenza.- replicò l'uomo:- Ho accolto un paio di passeggeri sulla mia nave, e mi sono ritrovato coinvolto.-
Olivier Milla Armstrong lo scrutò per un secondo, prima di ribattere seccamente:- Chissà perché, non mi stupisce del tutto. Ora, mio fratello e Ross mi hanno informato della vostra storia, e di quella dei ragazzi.-
- Ed allora, a cosa servirebbe questa riunione preliminare? E' il suo equivalente di un invito a cena?-
- Ad assicurarmi che lei si renda conto della sua posizione, Mustang.-
- Ovvero?-
- Ovvero, qui comando io.- annunciò la donna:- Non voglio obiezioni, non voglio contestazioni, non voglio sfoggi della sua solita arroganza. Finché rimarrà a Briggs, ubbidirà esattamente ai miei ordini.-
Riza notò il modo in cui le spalle del suo superiore si irrigidivano, dietro lo schienale della sedia, ed inconsciamente il suo corpo fece altrettanto. Sapeva benissimo che Mustang non apprezzava particolarmente l'idea di dover ubbidire agli ordini di qualcun altro, non dopo quello che era successo tanti anni prima, e dopo tanti anni passati fuori da una qualsiasi catena di comando. Ma sapeva anche che questo non gli avrebbe impedito di fare quello che riteneva adeguato.
- Va bene, generale. Vedrò di comportarmi bene.-
La donna sbuffò, ma annuì:- Per ora mi basta. Ora, vediamo di...-
In quel momento la porta della stanza si spalancò di colpo, calamitando l'attenzione di tutti i presenti. Riza piroettò su se stessa, la mano sull'impugnatura della pistola, mentre Roy si alzava in piedi. Olivier fece altrettanto, la mano sull'elsa della spada che portava alla cintura.
Dall'entrata si fece avanti un basso turbine rosso e dorato, che tirò una manata alla scrivania e strepitò:- Sono stanco di aspettare! Quando possiamo sapere cosa sta succedendo, bastardo di un colonnello?-
Un volto scuro, parzialmente nascosto da un paio di occhiali da sole ed incorniciato da capelli bianchi, fece la sua comparsa sulla soglia.
- Mi dispiace, generale. Ho provato a fermarlo, ma questo ragazzino proprio non ha voluto saperne.- si scusò il maggiore Miles, irrigidendosi per la tempesta che stava per scoppiare.
E puntualmente scoppiò. Quando, circa dieci minuti dopo, tutti i nuovi arrivati si riunirono finalmente nella sala riunioni di Briggs, Edward aveva capito esattamente perché irrompere senza preavviso nell'ufficio della comandante era una pessima, pessima, pessima idea.








Angolo dell'Autrice:
Ehm... ooo-kaaay. Attribuisco tutta la colpa dei miei aggiornamenti super-incostanti ad un complotto dei perfidi Plot Bunnies (ossia, nel mondo delle fanfiction anglofone, le idee che si attaccano alla sua mente moltiplicandosi a dismisura fino a quando sei praticamente costretto a mettersi a scrivere... solo per poi scappare via sogghignando malefiche. Sul serio, i Plot Bunnies sono CATTIVI). Nel caso specifico, mi hanno bersagliato di ispirazioni per altre storie, per i capitoli successivi di questa storia, ed hanno totalmente ignorato questo capitolo. Ma con abnegazione e sprezzo del pericolo, sono riuscita a finire di scriverlo.
E prima che vi facciate illusioni, no, non ne sono soddisfatta. Ma dal momento che il mio ultimo esame universitario si avvicina, penso che non riuscerò più a dedicarmi a Full Metal Cyborg fino a fine settembre, motivo per cui meglio pubblicare qualcosa ora. Prometto, a dita rigorosamente incrociate, che ad inizio ottobre avrete un altro capitolo.
Detto questo, mi sembrava il caso di chiarire perché Olivier avrebbe dovuto essere a capo di un'organizzazione contro la Amestris, e così ecco il primo flashback. Penso che sia chiaro, ma è ambientato contemporaneamente ai flashback su Ishval. Per quanto riguarda il secondo flashback... beh, prima o poi dovevamo scoprire, almeno in parte, cosa stanno combinando Greed e Kimbley, no? Avrei voluto spiegare la storia dell'orologio, ma sarebbe stato uno spoiler eccessivo per la parte successiva, quindi ho lasciato voi (ed Edward) nell'oscurità.
Spero di aver mantenuto il carattere dei personaggi, almeno di quelli che sono comparsi. So che alcuni sono rimasti un po' "in ombra" negli ultimi capitoli, ma cercherò di rimediare anche a quello.
Che altro dire? Ringrazio moltissimo Laylath, Ezzy O e SuorMaddy2012 per aver recensito il capitolo precedente, e vi prego di darmi il vostro parere su di questo. Grazie a tutti coloro che hanno letto queste pagine! ^_^

Melanita
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


CAPITOLO 23

 
- Fuori dai piedi, voi due. Sto eseguendo un ordine.-
I due soldati scattarono in piedi, abbandonando le loro sedie ai lati di una porta metallica, e rivolsero un saluto militare all'uomo che stava davanti a loro, le mani nelle tasche e l'aria decisa di qualcuno che non ha tempo da perdere. Lo avevano visto parlare con il loro capo piuttosto spesso, negli ultimi giorni, e non avevano intenzione di disubbidire ad un comando che veniva da così in alto.
Greed sbuffò, guardando le schiene delle due guardie che si allontanavano senza proferire parola, e si appuntò mentalmente di far notare a Wrath che avrebbe dovuto addestrare meglio le forze di sicurezza all'interno della base, o quanto meno impedire che ubbidissero ad un perfetto sconosciuto solo perché sembrava sapere quello che faceva. La cosa migliore sarebbe stata dirglielo mentre cancellava quella sua insopportabile espressione arrogante dalla faccia della galassia.
Si voltò verso la porta e fece scivolare la tesserina magnetica con cui aveva giocherellato fino a quel momento davanti al sensore. Certo, il Padre aveva detto che non si fidava ancora abbastanza di lui da lasciargli libero accesso in ogni dipartimento. Ma avrebbe anche dovuto dire a Lust di non distrarsi così tanto durante i suoi giochini con i dipendenti, altrimenti qualcuno avrebbe potuto sfilarle il lasciapassare senza il minimo rischio: fortuna che c'era lui a custodirlo attentamente.
Con un sogghigno divertito, Greed varcò la soglia dell'ala dove erano custoditi i prigionieri della base, ed iniziò a cercare i suoi uomini.
 
- Nuovi documenti per l'archivio quattro. Sai già cosa fare?-
Un cenno di assenso, e l'assistente di laboratorio lasciò una pila di dischetti su un'ordinata scrivania, andandosene subito con sollievo verso la caffetteria. La ragazza seduta dietro il bancone si sistemò sul naso gli occhiali dalle lenti spesse, inserendo i supporti nel computer per assicurarsi della loro destinazione. Gli scienziati di Central Moon non avevano mai manifestato particolare interesse per gli archivi in cui i loro rapporti erano conservati, accontentandosi di trovarli a disposizione in caso di necessità. Ma non era così facile gestire la memoria di centinaia di laboratori e progetti, ciascuno dei quali, tra l'altro, aveva ritmi ed attrezzature completamente diversi: alcuni documenti erano ancora appunti scritti a mano, altri arrivavano su dischi, altri ancora venivano trasmessi al computer. E proprio per questo, la compagnia Amestris aveva bisogno di archivisti in grado di destreggiarsi in mezzo a quella baraonda.
La memoria sopraffina di Sheska era perfettamente all'altezza del compito, ma la ragazza dai capelli castani che in quel momento si stava già alzando per portare i nuovi rapporti al loro posto sapeva benissimo che anche la sua totale mancanza di legami affettivi o familiari aveva contribuito alla sua assunzione. Non aveva mai lasciato Central Moon, da quando era stata assunta un anno prima, né chiesto una vacanza. Accoccolarsi nella sua stanza a leggere avidamente sul proprio schermo qualche nuova storia, o semplicemente sfogliare con delicata premura i libri che giacevano impolverati nei livelli inferiori degli archivi, relitti abbandonati dal progresso, erano gli unici svaghi di cui aveva bisogno.
Sheska aprì con gesti resi naturali dall'abitudine le porte che la separavano dall'archivio quattro, e sistemò i dischi in una delle casseforti. L'intero archivio poteva sopravvivere indenne ad un bombardamento atomico, e resistere in condizioni attentamente controllate per secoli, se necessario. Era inoltre praticamente impossibile penetrare in esso senza autorizzazione, o portare fuori qualcosa sfuggendo ai controlli al limite della paranoia che lei stessa doveva subire ogni sera.
E quindi, Sheska non poteva non avvertire una certa soddisfazione, mischiata all'inquietudine, quando riferiva a Briggs tutti i progressi nella ricerca che erano passati sotto i suoi occhi.
 
Nella sala riunioni di Briggs, il generale Armstrong stava spiegando la situazione con voce stentorea, sottolineando con la spada i punti fondamentali che scorrevano sullo schermo piatto alle sue spalle, informazioni che anche i suoi collaboratori su East Moon sentivano per la prima volta.
- L'amministratore generale Elric, l'uomo che si fa chiamare il Padre, è comparso praticamente dal nulla poco prima di prendere il controllo della compagnia Amestris, alcuni anni fa. Nonostante le ricerche che abbiamo compiuto, non siamo riusciti a ricavare nulla dal suo passato, se non la sua parentela con Hohenheim Elric, che all'epoca era uno degli scienziati più importanti della compagnia.-
- Come sarebbe a dire all'epoca? Dove è adesso?- domandò Alphonse, confuso.
La comandante ingrandì una serie di documenti, fotogrammi sgranati di riprese video a bassa qualità. Spiegò:- Un anno fa circa, alcuni scienziati di Briggs sono entrati a Central Moon per una conferenza. La sicurezza della Amestris ha neutralizzato in breve tempo tutti i congegni di registrazione che erano stati posizionati nei punti strategici, ma non ha trovato prove sulla loro provenienza. In ogni caso, questo è il risultato.-
Sullo schermo, un corridoio spoglio incorniciava le figure di due soldati in uniforme blu e di un uomo che camminava stretto tra di loro, con la testa abbassata ed il volto nascosto dalle ciocche di capelli biondi che sfuggivano dalla coda di cavallo.
Edward sussultò, stringendo i pugni sotto il grande tavolo di simil-legno e mordendosi un labbro per impedire a qualsiasi suono di uscire. Avrebbe riconosciuto quel volto tra mille, anche dopo tutti quegli anni, anzi, poteva ricostruire nella sua immaginazione tutto quello che la scarsa risoluzione dell'immagine nascondeva, ad esempio la fronte corrugata, la piega delle labbra, il modo in cui le mani si muovevano a sistemare gli occhiali ogni pochi minuti. Ricordava tutto, e faceva male.
- Hohenheim Elric è ancora su Central Moon, ma non è lui che porta avanti il progetto di cui stiamo parlando. Dico bene, signor Kimbley?-
L'altro uomo si raddrizzò sulla sedia ed annuì:- Assolutamente, comandante. Sono stato il direttore scientifico delle ricerche sul Full piuttosto a lungo, e per quanto i nostri esperimenti si siano basati in gran parte sui risultati del dottor Elric, non ho mai avuto il piacere di discutere con lui dell'argomento. E' venuto un paio di volte a vedere i progressi, tuttavia, sempre... accompagnato da alcune guardie e dal capo.-
- Quindi, lei conferma che è essenzialmente tenuto prigioniero in quella base?-
- Sì.-
Edward aveva seguito quello scambio con il fiato sospeso, ma quell'ultima sillaba fu sufficiente a sentire qualcosa sciogliersi nel suo stomaco. Aveva pensato diverse volte, soprattutto nei primi anni dopo la sua scomparsa, che magari suo padre era trattenuto da qualche parte, prigioniero, e solo per questo motivo non era con loro. Poi aveva smesso di sperare. Ed ora...
- E se vuole la mia opinione, generale Armstrong, lui ed il Padre non sono affatto fratelli. C'è un'innegabile somiglianza fisica, ma la parentela è impossibile.-
- Perché?- domandò seccamente Edward.
- Perché il Padre non è umano.-
 
- In piedi, fannulloni. E' così che passate il tempo in mia assenza? Dormendo?-
Doveva essere un sogno, rifletté distrattamente Bido, oppure aveva iniziato a delirare, perché gli era proprio sembrato di sentire la voce del capo uscire dall'interfono che collegava la cella all'esterno. Oppure una delle guardie sapeva imitare le voci ed aveva deciso di fare uno scherzo ai prigionieri.
In ogni caso, si sollevò su un gomito sulla brandina e si guardò attorno. La cella era troppo stretta per contenere comodamente quattro persone, ma nessuno di loro si era lamentato, grati almeno di non essere stati separati e di avere qualcuno di cui fidarsi intorno. Sui letti a castello allineati lungo le pareti metalliche, anche i suoi compagni di prigionia si erano messi a sedere.
- Se questo è uno scherzo idiota, meglio che finisca ora.- grugnì Dolcetto con una smorfia.
- Scherzo?- ripeté con ironica incredulità la voce oltre la porta:- Io attraverso l'intera galassia per venirvi a recuperare, dopo che vi siete fatti catturare come dei marmocchi, ed è questo che ottengo? Dovrò insegnarvi di nuovo il rispetto per il capo, ragazzi.-
I quattro si scambiarono un'occhiata, poi Roa prese la parola:- Crederò che sei davvero Greed quando ci avrai fatti uscire da qui.-
In risposta, la porta si aprì con un cigolio. Il ghigno strafottente del loro capo in piedi sulla soglia era inconfondibile.
 
- In che senso, non è umano?- domandò Mustang, precedendo tutti gli altri:- Sta dicendo che apparterrebbe a qualche razza aliena?-
Era da quando la colonizzazione dello spazio era cominciata, millenni prima, che l'umanità sognava e temeva di incontrare un'altra specie intelligente, ma fino a quel momento non era successo, ed il colonnello era piuttosto scettico.
Kimbley scosse la testa:- Niente di così complicato, anche se sarebbe interessante. Quello che sostengo è che si tratta di una creatura artificiale, nata in laboratorio grazie al DNA di Hohenheim Elric ed alla follia di alcuni scienziati.-
- Clonazione?- intervenne Ling:- Anche se quella umana non è ancora diffusa...-
- Non esattamente. Ritengo che abbiano alterato il codice genetico per migliorarlo, in modo da ottenere un umano superiore, e poi abbiano modificato i ritmi di crescita per farli raggiungere la maturità in breve tempo.-
- E perché avrebbero dovuto usare proprio il Dna di nos... di Hohenheim?- domandò Edward.
- Non saprei. Suggerisco che lo chiediate al diretto interessato. Oh, e non posso provare quello che dico in alcun modo.-
- In effetti, ha un senso.- convenne Olivier Armstrong, pensierosa:- Spiegherebbe come mai è comparso dal nulla a quel modo... e suppongo che i suoi collaboratori potrebbero condividere la stessa origine.-
- Collaboratori?- ripeté Mustang:- A chi si riferisce di preciso?-
- Ad alcuni individui che giocano un ruolo molto importante, più o meno scoperto, nell'attuale organizzazione della compagnia.-
Altre immagini comparvero sullo schermo, ad accompagnare le parole della donna. Una donna dalla carnagione bianca e dai capelli scuri, che sorrideva maliziosamente sollevando un bicchiere. Un essere androgino con lunghi capelli a spuntoni.
- Conosco questi due!- intervenne improvvisamente Al:- Li abbiamo già incontrati!-
- Già, sono quelli del negozio di vestiti.- confermò Ling:- Envy e Lust, giusto?-
La comandante annuì:- Esatto. Secondo le nostre informazioni, la donna compare a molti degli eventi organizzati dalla Amestris. Ha avuto relazioni con diversi personaggi con cui loro dovevano stabilire dei contatti, ed alcuni di essi sono morti in circostanze mai chiarite. Quello chiamato Envy sembrerebbe agire come spia, assassino o agitatore. Abbiamo prove piuttosto chiare che abbiano capacità superiori a quelle di un comune umano, e riteniamo che ci siano altri individui come questi. Ad esempio...-
L'immagine successiva non era rimasta sullo schermo che per una frazione di secondo, quando Martel si alzò in piedi esclamando:- Non è possibile! Greed!-
 
- Capo, dove eri finito? Siamo rimasti in questo buco per settimane!- si lamentò Bido:- Non abbiamo neanche capito come mai quei bastardi ce l'avessero tanto con noi, neanche fossimo l'unica organizzazione criminale in circolazione.-
Greed sospirò, gettando un'occhiata circospetta al corridoio:- Ascoltate, non c'è molto tempo, e sarebbe troppo lungo spiegarvi perché la Amestris mi volesse di nuovo sotto controllo. Ora non posso farvi uscire di qui, ma se fate come vi dico presto ce ne andremo tutti.-
I tre prigionieri annuirono, con negli occhi una scintilla di determinazione rinata dopo giorni di lento spegnimento. Sapevano, senza neanche bisogno di parlarsi, che erano disposti a seguire fino in fondo quel capo che aveva dato loro un senso di appartenenza e si era guadagnato la loro lealtà negli ultimi anni.
- Aspetta un attimo, Greed.- intervenne Roa, sovrappensiero:- Che fine ha fatto Martel?-
L'uomo, che già stava per richiudere la porta, si bloccò un secondo:- Non preoccupatevi per lei. In questo momento, è quella che sta meglio.-
 
- Secondo le informazioni che abbiamo raccolto, Greed ha lasciato la compagnia Amestris solo quattro anni fa, per lavorare in modo indipendente.- spiegò impassibile Olivier, fissando la donna che non accennava a sedersi:- Non lo sapevi?-
Martel strinse le labbra, poi sibilò:- Greed non parla del suo passato. Nessuno di noi lo fa.-
- Ma davvero? Siamo riusciti a recuperare dalle forze di sicurezza di Dublith una registrazione di uno scontro a fuoco in cui la tua squadra era rimasta coinvolta, Martel. I proiettili gli rimbalzavano addosso. Cosa pensavate, che indossasse una protezione invisibile?-
La donna si lasciò cadere sulla sedia, a braccia incrociate, e gettò uno sguardo ostile all'altra ed a tutti quelli che seguivano la conversazione con il fiato in sospeso.
- Voi non ci arrivate, vero? Non potete capire. Con i vostri gradi, l'onore, il dovere, gli obiettivi... io ed i miei amici eravamo allo sbando, vivevamo alla giornata, senza qualcosa che ci spingesse avanti. Poi è arrivato Greed, e ci ha dato quel qualcosa. Il suo passato o la sua origine non cambiano affatto la mia lealtà verso di lui, e se non vuole parlarne, io non glielo chiedo. Quindi se speravate che potessi darvi qualche informazione su di lui, lasciate perdere.-, terminò, abbassando lo sguardo.
A qualche posto di distanza, Riza non poté fare a meno di riflettere su quelle parole. La lealtà era un concetto che lei ed i suoi compagni riuscivano a comprendere benissimo, e che anni di viaggi ed avventure avevano cementato in modo indissolubile. Non la stupiva che la sua vecchia amica avesse parlato così.
Dopo un secondo di silenzio, la comandante Armstrong scrollò le spalle:- Ulteriori informazioni sui nostri nemici sarebbero state preziose, ma non intendo insistere per ora. E' più importante farvi comprendere la situazione in cui ci troviamo. Alex, sottotenente Ross, ci saranno delle novità anche per voi. Miles, procedi.-
L'uomo dalla pelle scura e dai capelli bianchi che stava accanto allo schermo ubbidì prontamente, facendo comparire i grafici di un complesso macchinario, composto da sette apparecchiature cilindriche collegate da cavi ad una struttura centrale di grandi dimensioni, dotata di una lunga antenna. Ogni immagine era accompagnata da calcoli e formule incomprensibili.
- Il nostro contatto ci ha inviato i dati separatamente, perché pare che gruppi di ricerca diversi si stiano occupando delle singole parti del progetto, ma gli scienziati di Briggs sono stati in grado di ricostruire la probabile funzione complessiva. Questo è il progetto finale della compagnia Amestris, nonché quello che dobbiamo assolutamente fermare.-
- Di cosa si tratta, esattamente?- domandò Roy aggrottando la fronte. Non aveva mai visto niente del genere, e sicuramente non riusciva a capire quei calcoli, ma gli dava una sensazione sgradevole.
- Tagliando corto su tutte le parti troppo tecniche, è un apparecchio in grado di trasformare una coscienza in energia potenzialmente illimitata, convertendo un individuo materiale in un'entità libera dai legami fisici. Il progetto Eden, su Ishval, prevedeva di utilizzare il Full come catalizzatore per riportare in vita esseri viventi, riplasmando la loro consapevolezza attraverso l'unione di codice genetico già esistente ad un metallo che presentava alcune caratteristiche viventi, come la capacità di accrescersi o rudimentali risposte agli stimoli. Gli scienziati della Amestris hanno sviluppato questi dati in una nuova direzione: il Full potrebbe catalizzare una reazione opposta, scindendo la consapevolezza dal materiale genetico, e permettendole di esistere come energia.-
May si fece coraggio e domandò:- Ma cosa c'entra Xiao Mei in tutto questo?-
- Quando vi abbiamo controllati al vostro arrivo alla stazione ho dato ordine ai miei uomini di raccogliere del materiale da quell'esemplare ed inviarlo subito ai laboratori, quindi presto lo sapremo con certezza. A meno che il signor Kimbley non voglia illuminarci prima.-
Tutti gli sguardi si spostarono sull'uomo chiamato in questione, che alzò le spalle:
- Oh, suppongo che il segreto professionale sia l'ultimo dei miei problemi. Ma potreste arrivarci da soli. Quell'animale è, si potrebbe dire, un'evoluzione del tradizionale concetto di cyborg, un essere in cui la materia organica ed il metallo sono connessi a dal punto da essere indistinguibili dalle normali apparecchiature di analisi. Il qui presente Alphonse Elric, per fare un esempio, è interamente ricoperto da quell'armatura, ma qualunque medico o scienziato saprebbe tracciare il confine tra l'umano e la macchina. Con l'esemplare che abbiamo prodotto, questo è impossibile.-
- Ed a cosa serve tutto questo?- insistette May, stringendo a sé l'oggetto del discorso.
- Premetto che, come ha detto la nostra preparatissima generale, non ero a conoscenza del progetto nella sua interezza. Ho osservato e raccolto informazioni per conto mio, naturalmente, ma è la prima volta che vedo quel macchinario o una sintesi così completa. In ogni caso, le istruzioni erano quelle di creare un essere che potesse fare da catalizzatore ad una reazione ad altissima energia. Deve essere un organismo vivente, perché è necessario poter controllare il processo sulla materia organica nelle sue prime fasi, prima che venga portato avanti... prima che venga indirizzato verso i suoi veri destinatari, aggiungerei ora. E deve essere progettato in modo tale da rimanere vicino al condensatore del Full, qualsiasi cosa provi durante l'esperimento, per cui è stato pre-condizionato in modo da ricercarlo. E questo è il motivo per cui, nel momento in cui l'esemplare si è risvegliato, si è automaticamente avvicinato a quei due. Una variabile del tutto imprevedibile.-
- Tutto qui?- domandò la ragazzina, prevenendo chiunque altro.
- Che cosa altro dovrebbe esserci?-
May rimase in silenzio, mordendosi un labbro. Ancora non aveva raccontato a tutti gli altri delle capacità telepatiche di Xiao Mei, che continuava a parlare nella sua testa, ed era indecisa se farlo ora. Era pesante per lei tenere un segreto del genere, ma al tempo stesso non era sicura di...
Le luci nella stanza lampeggiarono e poi si abbassarono improvvisamente di intensità, mentre la lacerante sirena di un allarme fendeva il silenzio. Il maggiore Miles scambiò un paio di brevi parole concitate al comunicatore, per poi rivolgersi alla sua superiore in tono controllato, ma carico di tensione.
- Generale, siamo sotto attacco. Una flotta di astronavi da guerra in numero ancora non quantificato ha utilizzato una tecnologia di occultamento per circondare la stazione senza essere percepita, ed ora stanno tentando di manomettere i nostri sistemi informatici.-
Olivier Armstrong strinse le labbra e commentò:- E così, hanno fatto la loro mossa. Ora è troppo tardi per tirarsi indietro, per chiunque di noi.-



 

Angolo dell'Autrice:
* Melanita compare dal nulla e striscia verso la tastiera in stile cadavere appena risvegliatosi * Okay, ce l'ho fatta. Oggi conta ancora come inizio ottobre, vero? In ogni caso, da questo capitolo la storia si muoverà piuttosto in fretta, principalmente perché ho preso una decisione forse definitiva su tutti i punti della trama che ancora rimanevano vaghi ed indefiniti. Questo significa che li devo solo mettere per iscritto in modo decente. Questo significa che in realtà la storia non procederà affatto più in fretta perché sono pigra, mi distraggo facilmente, ho un blog da mandare avanti ed un altro con cui collaborare, e tra una cosa e l'altra ci deve stare pure la dura sopravvivenza da universitaria fuorisede.
Il capitolo è cortino, ma non volevo interrompere l'azione che leggerete nel prossimo... sì, lo sto scrivendo, lo sto scrivendo! Mettete via i forconi, sarà fuori in tempi si spera ragionevoli! In ogni caso, so che dal punto di vista strettamente scientifico il piano del Padre non si avvicina neanche lontanamente ad avere un senso, ma vi supplico di soprassedere in nome della trama e del fatto che non capisco nulla di genetica o simile. Prometto che se quando gli asini voleranno riuscirò a finire un vero romanzo di fantascienza avrà più senso.
Detto questo, ringrazio vivamente SuorMaddy2012 e Laylath che hanno recensito il capitolo precedente, ragazze siete fantastiche! *_* E ringrazio anche tutti quelli che mi stanno seguendo, anche se mi farebbe piacere se mi deste anche una piccola opinione ;)
Arrivederci al prossimo capitolo!


Melanita



 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


 

CAPITOLO 24

 
Greed uscì dall'ala delle celle con la consueta andatura tranquilla, le mani in tasca e la testa in fiamme. Come aveva osato, quel bastardo del Padre, prendersi qualcosa che apparteneva a lui, e rovinare l'organizzazione che aveva costruito? L'avrebbe pagata cara, molto cara...
I suoi passi distratti si fermarono di fronte alla porta di una delle serre-giardino che contornavano l'ala residenziale degli ufficiali dell'esercito privato della Amestris. Central Moon si era sviluppata soprattutto sottoterra, con complessi sistemi di bunker che garantivano l'assoluta sicurezza dei suoi abitanti da qualsiasi minaccia esterna che fosse miracolosamente riuscita a superare i sistemi di difesa intorno al satellite ed al suo pianeta principale, ma l'élite dei residenti non voleva privarsi di nessuna delle comodità tradizionali.
Accanto alla porta trasparente c'era una panchina a dondolo, e su di essa stava seduto un bambino, che agitava quietamente le gambe avanti ed indietro, la testa dai corti capelli scuri abbassata a scrutare la propria ombra che si stagliava nettamente sul pavimento bianco.
Greed sbuffò sonoramente e fece per procedere, ma il bambino si alzò e si fermò davanti a lui, alzando il mento per guardarlo in faccia.
- Non dovresti essere dalla tua mammina, marmocchio?-
- Mia madre sta scegliendo dei fiori per la casa. Ho pensato di salutare mio fratello.- spiegò l'altro, con un sorriso inquietante ed assai poco infantile.
- Bene, Pride, o Selim, se preferisci. Mi hai salutato, ed ora vado a fare qualcosa di più interessante di ascoltare che hai imparato ad andare in bagno da solo.-
Qualcosa si mosse ai piedi del ragazzo, ma un istante dopo Pride indossava di nuovo l'espressione innocente di un bambino.
- Dovresti essere più gentile, Greed. In fondo non ci vediamo da tanto tempo, e poi non hai niente di meglio da fare. Potremmo anche chiacchierare un po'.-
- Ma anche no.- ribatté l'altro, nascondendo l'irritazione dietro gli occhiali scuri calcati sugli occhi:- Perché non torni a giocare alla famigliola felice che tu e Wrath avete costruito? A proposito, dove è quell'insopportabile militarista? Passa in rassegna la collezione di soldatini?-
- Fratellino, dovresti sul serio passare più tempo con la tua vera famiglia invece di andare in giro a ficcare il naso. Sapresti che Wrath è andato a recuperare una cosa.-
- Di che stai parlando?- scattò Greed, avvertendo la soddisfazione nel tono rilassato dell'altro.
- In questo momento, lui sta guidando la nostra flotta militare privata a Briggs. Il Padre ha deciso che il loro piccolo complotto finisce qui.-
Un rumore li fece voltare, ed una giovane dai capelli castani, vestita con l'uniforme degli impiegati dell'archivio, comparve nel corridoio, con il respiro affannato e gli occhiali leggermente storti. Stringendo tra le braccia un faldone di documenti, dischi e pellicole, chinò la testa in un gesto di scuse.
- S-scusatemi. N-non volevo disturbare, devo solo... devo solo portare questi al generale Clemin. Scusate ancora.- balbettò la ragazza, affrettandosi a sparire dietro l'angolo successivo. Greed scosse la testa e tornò a rivolgersi al bambino con un sogghigno:- Tu dici? Io non ci scommetterei.-
 
A qualche decina di metri di distanza, Sheska si fermò e si appoggiò per un istante al muro, sentendo il proprio cuore battere all'impazzata. Si rassicurò dicendosi che era passata di lì per caso, e probabilmente nessuno degli altri due si era reso conto che aveva sentito la conversazione. Ma doveva assolutamente riuscire a riferire quelle notizie a Briggs prima che fosse troppo tardi. L'attacco del generale Bradley, e la possibilità che il suo figlio adottivo, Selim Bradley, fosse una delle creature coinvolte nel complotto.
 
***
 
In pochi minuti, la stazione di Briggs era pronta alla battaglia. Gran parte degli uomini si trovavano già nelle proprie postazioni, ed i rimanenti si apprestavano a raggiungerle.
- E noi che cosa dovremmo fare?- domandò Mustang, approfittando di un momento di pausa tra gli ordini che il generale Armstrong stava emanando per fronteggiare la donna.
- Stare qui e non ostacolare il mio esercito.- replicò seccamente lei, dirigendosi verso l'uscita:- Non sapete come muovervi a Briggs e non conoscete i nostri armamenti, sareste solo d'intralcio.-
- Non è nel mio stile stare immobile a non fare niente.- protestò il colonnello.
- Non ho tempo per consolare i suoi sentimenti feriti.- tagliò corto la donna:- Ma se proprio vuole... Miles, occupatene tu. Io sarò alla torre di controllo principale.-
 
***
 
- Ricordi le istruzioni?-
- Per l'ennesima volta, Wrath, non sono un dilettante.- grugnì Envy, rivolgendo un gesto offensivo al comunicatore che portava all'orecchio, per quanto fosse consapevole che l'altro non poteva vederlo. Come suo fratello riuscisse a disturbarlo con domande inutili anche mentre stava dirigendo un attacco andava oltre la sua comprensione.
- Soltanto, non combinare pasticci come tuo solito. Fai quello che ti ho detto ed esci.-
Envy borbottò un rapido assenso e chiuse la comunicazione, raggomitolandosi nella stretta capsula. Controllò il timer: ancora qualche minuto, e sarebbe stato il suo turno.
 
***
 
- Non te la stai cavando male.-
- Neppure tu.- ammise con un sorrisetto Havoc, manovrando le leve del timone e concedendosi un'occhiata a Catalina, che stava facendo altrettanto accanto a lui. La piccola imbarcazione biposto su cui si trovavano faceva parte delle forze di difesa di Briggs, ma la stazione non aveva abbastanza uomini per manovrare tutte le tecnologie a disposizione, e quindi i due piloti erano stati sbrigativamente assegnati ad una squadra di velivoli che coprivano le zone cieche dei cannoni della stazione, intercettando ogni tentativo nemico fino a quando non fosse stato possibile cambiare l'angolazione delle armi contraeree più potenti.
In un'altra occasione, il biondo avrebbe trovato entusiasmante pilotare un gioiello di tecnologia così manovrabile ed efficiente. Benché si fosse arruolato nell'esercito, aveva anche preso in considerazione la carriera di pilota, oppure di addetto agli armamenti delle navi, entrambe mansioni che si era trovato a svolgere sulla Ishval dopo la diserzione. E di sicuro, penso tra sé mentre inquadrava nel mirino un'altra testata esplosiva che si stava avvicinando con una traiettoria pericolosa, non era il pericolo che temperava il suo entusiasmo. Piuttosto, l'eccitazione del volo era stata costretta a farsi da parte da un altro piacere, quello della perfetta sintonia con la sua copilota, che ora stava manovrando abilmente il vascello in modo da permettergli una mira migliore.
Rebecca si concesse a sua volta un sorriso:- Sai, se usciamo sani e salvi da questa storia potremmo provare a sfidarci di nuovo. Sei migliorato rispetto alla scorsa volta.-
- Non sono ancora convinto che tu non abbia barato.- ribatté lui, osservando i raggi d'energia che uscivano dalla loro navetta e deviavano un colpo nemico nello spazio vuoto, rendendolo innocuo.
- Oh, non fare il bambino. Cosa mi dici della posta in gioco?-
- Un invito a cena?-
- Si può fare.-
 
***
 
- Starcene buoni ad aspettare? Starcene buoni ad aspettare? Faranno meglio a sbrigarsi, qualsiasi cosa stiano facendo, perché già non ne posso più di rimanere chiuso in questa stanza senza sapere cosa stia succedendo.- si sfogò Edward percorrendo a grandi passi il perimetro della sala riunioni. Erano passati una decina di minuti da quando tutti gli altri erano usciti in compagnia del maggiore Miles, per unirsi alla battaglia. Catalina aveva guidato Havoc verso gli hangar, Furey e Falman erano stati assegnati ad aiutare il reparto di comunicazioni e logistica, mentre tutti gli altri che avevano ricevuto un addestramento militare, compresi Martel e Scar, si erano divisi tra i diversi settori della stazione, a seconda delle necessità. Il sottotenente Ross aveva intimato a Denny Brosh di rimanere a tenere d'occhio i civili, nonostante le proteste del giovane, che ora stava seduto sul bordo della sedia con aria tormentata, diviso tra l'ubbidienza alla sua superiore e l'istinto che lo avrebbe voluto accanto a tale superiore. Capiva benissimo che non potevano lasciare quei ragazzi totalmente abbandonati a se stessi nel cuore di una battaglia, ma avrebbe tanto voluto essere accanto a Maria, esserle utile. Magari si sarebbe accorta che...
- Ed, cerca di calmarti.- intervenne Winry in tono conciliante:- E poi, che cosa vorresti fare?-
Il biondo alzò le spalle, lasciandosi cadere su una sedia ed incrociando le braccia al petto, poi borbottò:- Non ne ho idea, ma soltanto perché loro sono più vecchi, non significa che io non possa combattere. O capire cosa sta succedendo, ed invece sembra che tutti non facciano altro che nascondere informazioni o interrompersi appena sto per comprendere qualcosa.-
Alphonse sospirò, ammettendo:- Ho quasi l'impressione che ci sia qualche forza all'opera per impedirci di arrivare in fondo a questa vicenda.-
Il fratello annuì seccamente, ed aggiunse:- Ma se anche ci raccontassero tutto, non so quanto potremmo fidarci di loro. Soprattutto di Kimbley.-
- A proposito, dove è finito quell'uomo?- domandò Ling improvvisamente, guardandosi attorno:- E' un civile come noi, quindi non penso che la comandante lo avrebbe lasciato partecipare alla battaglia. Eppure è sparito...-
In un attimo, tutti si resero conto che era effettivamente così. L'uomo dall'impeccabile completo bianco era svanito, e nessuno ricordava esattamente quando.
Edward balzò di nuovo in piedi, stringendo i pugni:- Ho una brutta sensazione. E se stesse collaborando con la Amestris? In fondo abbiamo solo la sua parola sul fatto che sia davvero dalla nostra parte.-
- Hai ragione!- confermò Denny, avvicinandosi al comunicatore che scintillava su una delle pareti e tentando di trovare una frequenza libera:- Dobbiamo avvertire subito qualcuno.-
- Sì, bravo, io intanto vado a vedere che fine ha fatto.- esclamò Edward, schizzando fuori dalla stanza prima che qualcuno potesse fermarlo:- Non gli permetterò di scappare, non prima di avere ottenuto quelle risposte!-
- Ed, aspetta!- esclamò Alphonse, alzandosi a sua volta e gettandosi all'inseguimento del fratello. Una scossa prolungata fece tremare la stanza, rallentandolo, e quando finalmente arrivò all'uscita l'altro stava già sparendo in fondo al corridoio.
- Lan Fan, dobbiamo riportare qui quei due!- decise Ling:- Non possiamo lasciare che se ne vadano in giro con una battaglia in corso.-
La guardia del corpo annuì, riconoscendo la ragionevolezza del discorso. Non le piaceva l'idea di permettere a Ling di uscire da quella stanza tecnicamente sicura, ma qualcuno doveva riportare indietro i due imprudenti, e non lo avrebbe di sicuro lasciato andare da solo.
- Signor Brosh, tenga al sicuro May e Winry. Saremo di ritorno tra pochissimo!-
 
***
 
- Il generale Armstrong aveva ragione.-
- Come dice, colonnello?- domandò Riza, cercando di farsi sentire oltre il sordo fragore dei motori e delle esplosioni che, attutite da strati e strati di cemento, arrivavano comunque fino a loro. Lei e Mustang si trovavano ai livelli inferiori, a poca distanza dai complessi meccanismi che tenevano in orbita la stazione. A quanto pareva, la prima ondata di attacchi della Amestris era stata rivolta proprio contro quelle parti, e nonostante fossero abbastanza protette da resistere era necessario assicurarsi che non ci fossero danni. Gli uomini di Briggs non avevano discusso l'ordine di collaborare con i nuovi arrivati, limitandosi ad indicare loro le direzioni ancora da controllare.
- E' troppo tardi per tirarsi indietro. Dal preciso momento in cui abbiamo preso a bordo quella capsula, siamo rimasti invischiati senza possibilità di uscita.-
- E quindi rimpiange di averlo fatto?-
Roy scosse la testa, pensieroso:- No, non direi. Se quello che sta succedendo qui è davvero così importante per le sorti dell'intera umanità, sono contento di essere al centro, in un luogo dove ho la possibilità di fare una differenza.-
- Allora cosa...-
- Rimpiango di aver trascinato tutti voi in questa storia. E' andata come al solito, vero? Il colonnello Mustang e le sue decisioni impulsive, e l'intera squadra in pericolo. Non ho imparato niente.-
- Decisamente no.-
Roy si fermò, confuso da quell'affermazione, e si voltò verso la sua tenente, fermatasi di colpo.
- Non ha imparato niente, colonnello, se pensa di potersi liberare di noi. Di me. Non è stato lei a trascinarmi, sono stata io a scegliere di seguirla, e non rimpiango nulla. Se fosse necessario la seguirei fino all'inferno, quindi non dica sciocchezze.-
Il moro esitò per un istante, scrutando quegli occhi nocciola che lo fissavano di rimando con bruciante intensità. Lentamente un sorriso affiorò sulle sue labbra.
- Già, suppongo che dovrei smetterla. Sa, tenente, a volte penso di...-
- Che cosa è stato?-
Roy si riprese e puntò lo sguardo verso l'alto, seguendo quello della sua collaboratrice.
- Pare che qualcosa abbia colpito il livello superiore. Se non sbaglio, siamo vicini alle pareti esterne... e quasi sotto alla sala riunioni dove abbiamo lasciato i ragazzi?-
- Qui abbiamo finito il controllo. Pensa di salire?-
- Ovviamente. Qualsiasi cosa stia succedendo, scommetto che quei ragazzi saranno l'epicentro.-
 
***
 
- Dove sono andati quei due?- ansimò Ling, fermandosi ad un incrocio di corridoi. Non c'era traccia dei due cyborg, ed i rumori delle esplosioni si facevano più forti, segno che si stavano avvicinando alla zona di combattimento.
- Li abbiamo persi di vista. Forse è meglio tornare indietro.- concluse Lan Fan, guardandosi attorno. I pavimenti di metallo opaco erano leggermente inclinati, a causa della rotazione della stazione, e lungo i corridoi si aprivano una serie di porte anonime.
- Aspetta, ho sentito la voce di Ed. In quella stanza!- esclamò il ragazzo, dirigendosi verso una delle aperture più vicine ed entrando in un'ampia sala quadrata, priva di arredamento. Al centro, su una specie di piattaforma sopraelevata, c'erano i due che stavano cercando, impegnati in un'accesa discussione.
- Al, mollami! Non capisci, sono sicuro che quel tizio stia tramando qualcosa, se lo lascio scappare ora non sapremo mai che cosa c'entra con nostro padre. Quell'orologio...-
Il più alto stava trattenendo il fratello maggiore per un polso, implorando:- Ed, non fare sciocchezze. E' bloccato in questa base come noi, non può andare da nessuna parte. Con il caos della battaglia, come pensi di trovarlo?-
- Alphonse ha ragione.- intervenne Ling, posando una mano sulla spalla del biondo:- Torniamo indietro. Oppure ti trasciniamo indietro di peso, siamo tre contro uno.-
- Questo mi ha mai fermato?- borbottò Edward, ma si fermò a riflettere. Prima aveva agito sull'istinto del momento, ma la corsa attraverso i corridoi gli avevano schiarito la mente, ed era costretto ad ammettere che non aveva la minima idea di come rintracciare l'uomo.
Nel frattempo, Lan Fan stava fissando la parete di fronte a loro, fatta in un materiale diverso da quello degli altri ambienti che avevano attraversato, molto più spesso e resistente.
- Siamo arrivati ad una delle sale esterne della torre centrale.- concluse, leggermente preoccupata:- Oltre quel muro c'è il vuoto. E' meglio tornare verso l'interno della stazione, qui siamo troppo esposti.-
Quasi in risposta alle sue parole, un colpo fece tremare violentemente la parete vicino a loro.
- Questo era vicino!-, esclamò Ling, barcollando.
Lan Fan stava per rispondere, quando si accorse che la parete non smetteva di tremare, e che anzi al di là dello strato di cemento un ronzio si faceva sempre più forte. Sgranò gli occhi, capendo di cosa si trattava.
- Proiettili a testata perforante.- constatò sgomenta, guardandosi attorno, mentre tutte le sue conoscenze su quel tipo di armi affluivano nella sua mente. Si voltò verso i ragazzi che rimaneva sconcertato accanto a lei:- Dobbiamo uscire da qui prima che...-
Mentre Al coglieva il suggerimento e trascinava il fratello verso la porta, un ticchettio sonoro la avvertì che non c'era più tempo. Di colpo, spinse via Ling, facendolo cadere dalla piattaforma su cui si trovavano fino al pavimento sottostante, già inclinato dai colpi precedenti. Prima che il giovane potesse accorgersi di cosa stava succedendo, era già abbastanza distante da far tirare a Lan Fan un sospiro di sollievo, prima di voltarsi verso la punta che ormai stava facendo capolino in una pioggia di detriti. Come aveva sospettato, non era soltanto una testata perforante, ma anche dotata di punta esplosiva. Abbastanza potente da fare a pezzi l'intera stanza. L'unico modo per impedirlo era prevenirla, scaricando l'energia con un'altra esplosione controllata di minori dimensioni.
Lan Fan estrasse lo storditore elettrico che portava sempre in una manica e fece scattare una levetta, staccando la testa e lasciando esposti i fili elettrici all'interno, poi con una mossa fulminea lo collegò alla testata appena uscita. Normalmente non sarebbe stato sufficiente a danneggiare un'arma così sofisticata, ma era già abbastanza vicina al punto di rottura da aver abbassato quasi ogni protezione. Il guaio era che un'esplosione doveva comunque esserci.
 
Ling vide la ragazza voltarsi verso di lui e le sue labbra formulare una parola, ma ogni suono fu inghiottito dal fragore dell'esplosione. Il giovane fu costretto a chiudere gli occhi e nascondere la testa tra le braccia, sdraiato sul pavimento. Quando finalmente riuscì a risollevarsi sui gomiti, con gli occhi lacrimanti per la polvere e la testa rintronata dal rumore e dall'onda d'urto, era a malapena consapevole dei fratelli Elric che urlavano qualcosa attraverso il rimbombo dell'esplosione. Davanti a lui c'erano soltanto macerie.
- Lan Fan...-




 

Angolo dell'autrice:
Ehm... okay... *scappa via dai lettori che la stanno inseguendo infuriati* Sì, sono una persona cattiva. E sì, non penso proprio che una testata esplosiva possa mai funzionare così, ma non serve che me ne tiriate addosso una per dimostrarlo! Altrimenti come faccio ad andare avanti? (Tentativo pietoso di impietosirvi)
Okay, tornando seria... non sono molto brava con le scene d'azione, soprattutto quando devo gestire tanti personaggi, motivo per cui alcuni sembrano leggermente svaniti nel nulla. Non temete, li vedremo in azione nei prossimi capitoli appena li avrò scritti ed ammesso che non mi uccidiate prima. Sto seriamente lavorando per prendermi avanti con questa storia, preparando qualche capitolo "di scorta", soprattutto perché ho appena preso la decisione suicida di cimentarmi nel Nanowrimo a novembre. Ed anche perché so cosa voglia dire ritrovarsi una storia bloccata in una situazione così disperata... ma volete mettere via quelle testate esplosive?!
Che dire su questo capitoletto, a parte il fatto che è corto e che ad un certo punto mi sono rifiutata di ricontrollarlo ancora perché altrimenti non l'avrei mai pubblicato? Havoc e Rebecca sono una delle mie coppiette adorate, ma visto che la storia non è incentrata su di loro non hanno avuto molto spazio finora... dovevo rimediare un po'. Roy e Riza sono Roy e Riza, e non c'è altro da dire <3 Ling e Lan Fan sono la mia OTP assoluta in questo manga, relegando per pochi millesimi la Royai al secondo posto... ed infatti li faccio soffrire. Mi sembra poco sano di mente  masochistico tutto regolare.
Come sempre, se doveste notare errori, siete pregati di farmeli notare, ed io mi affretterò a correggerli. Idem per le critiche costruttive, che sono sempre bene accolte, so che le scene d'azione non sono il mio forte. O se volete semplicemente incoraggiarmi a scrivere più in fretta, va bene anche quello... basta lasciare una recensioncina! ^_^
Tantissimi ringraziamenti a tutti quelli che hanno letto, ed a Laylath per aver recensito il capitolo precedente.
A presto,

Melanita

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

 
- Lan Fan! Lan Fan, rispondi!-
Ling si gettò in ginocchio di fronte alle macerie del muro, cercando affannosamente qualche traccia della ragazza, ignorando la tosse che la polvere ancora sollevata gli procurava ed i graffi coperti di sangue dove i frammenti di cemento lo avevano colpito. Tutto quello a cui riusciva a pensare era il volto della sua guardia del corpo mentre lo spingeva lontano da sé e dalla testata esplosiva. Non era riuscito neppure a capire che cosa lei stesse tentando di dirgli.
- Ling...- sussurrò Edward alle sue spalle, incerto su come proseguire:- Ling, delle squadre di soccorso arriveranno di sicuro. Forse è meglio aspettare, o potremmo peggiorare la situazione.-
- Ma lei è rimasta lì sotto!- urlò Ling, spostando con uno scatto secco la mano dell'altro. Non si sarebbe mosso da lì, non prima di aver ritrovato Lan Fan. Sapeva con certezza che la ragazza era ancora viva, da qualche parte in mezzo a quei blocchi di cemento, perché era certo che se fosse morta qualcosa in lui si sarebbe spezzato con lei. Era quasi ridicolo come solo in quell'ultimo momento, quando l'aveva vista sparire, avesse completamente realizzato quello che una parte di lui sapeva già da anni. L'aveva sempre vista come la propria migliore amica, la propria compagna, la sua ombra inseparabile ed indispensabile, ma c'era di più. C'era sempre stato di più. Scorse qualcosa di bianco in mezzo al grigiore, e si affrettò a spostare un altro pezzo di cemento, esponendo all'aria una mano spalancata, il palmo esposto all'aria e striato di sangue.
- Lan Fan...- bisbigliò, afferrando il polso ed avvertendo un moto di sollevata gratitudine quando sentì il battito debole ma regolare. Si girò per chiedere aiuto ad Edward ed Alphonse, ma i due stavano fissando qualcosa sulla parete.
Dal buco che l'esplosione aveva aperto stava uscendo una sagoma, che si massaggiava distrattamente le lunghe braccia e spazzolava via la polvere dai capelli verdi.
- Oh, dannazione. Quegli idioti non sono neanche riusciti a provocare un'esplosione come si deve.- si lamentò Envy, ispezionando la situazione intorno a lui. Inarcò le sopracciglia, riconoscendo i tre che avevano assistito al suo atterraggio.
- Di nuovo voi? Siete parecchio lontani da casa, mocciosetti.-
- Tu! Che cosa ci fai tu qui?- esclamò Edward, lanciandosi contro il nuovo arrivato.
L'altro sbuffò, fece una smorfia divertita, e schivò facilmente il pugno chiuso del ragazzo, slittando verso la porta con un'agilità soprannaturale. Prima di sparire nel corridoio si voltò per un momento, sogghignando:- Secondo voi? Recupero qualcosa che non dovrebbe stare qui.-
Alphonse, Edward e Ling si guardarono per un attimo, poi il più giovane intuì con un moto di sgomento:- Sta parlando di Xiao Mei! Dobbiamo andare ad avvisare gli altri, ma...-
- Andate.- lo interruppe Ling:- Tu ed Edward andate a fermarlo, io rimango qui.-
 
***
 
Roy incrociò una squadra di soldati che si affrettavano nella sua stessa direzione, guidati dal capitano Buccaneer.
- Che cosa è successo?-
- Una testata è arrivata fino alle pareti della stazione, le ha perforate ed ha fatto breccia nei sistemi. Secondo i radar, è possibile che contenesse qualcosa, quindi stiamo andando a riceverlo.-
- Non dovrebbe esserci stata una perdita di pressione nell'intera area? Se c'è una breccia aperta sullo spazio esterno...-
- La testata è rimasta incastrata nella parete, ostruendo quasi del tutto l'uscita, ed il materiale delle nostre pareti esterne è rivestito di una lega sperimentale abbastanza flessibile da adattarsi all'oggetto estraneo, sigillando i buchi. Inoltre abbiamo potenziato gli scudi intorno all'area.- spiegò in fretta l'imponente militare:- Inoltre la breccia si trova in una stanza che al momento nessuno stava utilizzando. Ci assicureremo che nessuno sia entrato, poi sigilleremo la stanza.-
Arrivarono di fronte alla stanza giusto in tempo per scorgere una sagoma indefinita che schizzava via, subito inseguita da altre due.
- Edward! Alphonse! Che cosa sta succedendo?- urlò Riza, mentre la squadra raggiungeva i due.
- La testata esplosiva era anche una capsula. Quel tipo, Envy, è penetrato nella stazione, e pensiamo che cercherà di impadronirsi di Xiao Mei.- li aggiornò Al, rallentando il passo:- Ling e Lan Fan sono ancora là dentro, lei...-
Buccaneer prese il controllo della situazione:- Metà degli uomini con il colonnello Mustang e questi ragazzi, l'altra metà con me per mettere in sicurezza la stanza. Prendete vivo l'intruso, se possibile, altrimenti sparate senza problemi. Mustang, è la sua occasione per rendersi utile.-
Roy non se lo fece ripetere, e si diresse con una decina di soldati all'inseguimento dell'elusiva sagoma che aveva appena intravisto, ma che aveva qualcosa di familiare. Non era riuscito a vederne bene l'aspetto, stranamente sfocato, ma quel modo di correre non gli sembrava del tutto nuovo.
Accanto a lui c'erano Riza, con le pistole in pugno ed un'espressione mortalmente seria sul volto, ed Edward ed Alphonse. L'armatura di quest'ultimo non permetteva di distinguere un'espressione, ma il modo in cui le mani stavano convulsamente strette a pugno tradiva una tensione notevole. Nel caso di suo fratello, non c'era neanche bisogno di osservare i dettagli per capire che quel corpo esile stava vibrando di rabbia e preoccupazione. Tutti quanti speravano solo di arrivare prima che la situazione peggiorasse ancora.
 
***
 
Ling fu sollevato di peso e depositato di lato.
- Adesso ci penso io.- grugnì il capitano Buccaneer, flettendo la protesi di metallo e muovendo senza difficoltà i blocchi più grossi. Mentre lavorava, spostando con sorprendente precisione i detriti che ricoprivano la sagoma immobile, commentò:- Se non aveste arginato l'esplosione altre capsule d'assalto sarebbero riuscite ad entrare. In questo modo sono stati abbastanza rallentati da permetterci di riattivare le difese esterne e spazzarli via dalle nostre pareti prima che lanciassero un'altra testata.-
- Ma davvero?- commentò Ling con voce spenta, chiedendosi tra sé se fosse a quello che Lan Fan stava pensando quando aveva fatto quella mossa così impulsiva, o se invece avesse agito così solo per non mettere in pericolo lui. Era sempre stata troppo incurante della propria sicurezza, troppo concentrata sul proprio dovere. E lui di sicuro non aveva fatto nulla per aiutarla, con le sue decisioni prese sullo slancio del momento e dell'avventura.
- Ed anche lei è stata fortunata. Ha preso l'onda d'urto in pieno, ma ha evitato quasi tutti i detriti, e non vedo lesioni troppo gravi. Si riprenderà.-
 
***
 
May si dondolò avanti ed indietro sulla sedia, cullando dolcemente l'animale che si stringeva a lei.
- Ho paura.- bisbigliò Xiao Mei telepaticamente:- C'è qualcosa di molto cattivo qui. Sta per succedere qualcosa di brutto.-
- Non preoccuparti, piccolina.- tentò di blandirla lei:- Siamo al sicuro. Sono sicura che tra poco tutti torneranno sani e salvi, e questa stazione sembra troppo forte per cedere a qualche scossa.-
- Spero che tu abbia ragione.- bisbigliò Winry, continuando a fissare la porta con espressione ansiosa. Avrebbe voluto essere là fuori, fare qualcosa, qualsiasi cosa, per poter aiutare Ed, Al e gli altri. Buffo come fosse sempre Edward il primo a venirle in mente... o forse no. Forse era perfettamente normale, visto il modo in cui il suo stomaco tendeva a fare strane capriole ogni volta che si ritrovava a parlare da sola con il ragazzo, fissandolo negli occhi dorati. Winry non era una sciocca, sapeva che quei sintomi avevano una risposta, ma si stava sforzando di non pensarci. La vita di Ed, in quel momento, era troppo complicata: se in seguito ci fosse stata un'occasione, forse...
Denny, accanto al comunicatore, imprecò sottovoce, e poi scrollò le spalle in un gesto di scusa quando le due ragazze lo guardarono.
- Un'esplosione ha interrotto le comunicazioni in questo settore. Non possiamo sapere che cosa stia succedendo, ma sono sicuro che non ci siano grossi problemi.-
- Al tuo posto non ne sarei così sicuro.-
La porta si era aperta silenziosamente, ed ora c'era un uomo in piedi sulla soglia, un soldato biondo con l'uniforme candida di Briggs ed una voce roca, leggermente affannata.
Winry balzò in piedi:- Che cosa è successo? Stanno tutti bene?-
- Sì, sì, ma abbiamo un intruso nella stazione. Il generale ha ordinato di portare queste ragazze ad un livello più sicuro.-
Winry e May si alzarono, pronte a partire, ma rimasero sorprese quando Brosh si parò di fronte a loro con espressione sospettosa.
- Non dovresti prima identificarti?-
Il soldato lo fissò per un attimo con irritazione, poi emise uno sbuffo annoiato:- Oh, dannazione. Non avrei dovuto neanche provarci.-
Prima che chiunque potesse reagire, si sentì un forte tramestio provenire dal corridoio.
- Winry, May! Allontanatevi da quel tipo, è...- urlò Al, mentre Riza prendeva la mira. Ma non ci fu il tempo per fare nulla. Con un movimento fulmineo, il soldato che si era presentato poco prima si gettò nella sala, e prima che chiunque potesse reagire era già arrivato alle spalle di Brosh. Il giovane girò su se stesso, ma non fu abbastanza veloce. L'altro lo colpì con un pugno violento in piena faccia, scaraventandolo a terra.
Poi l'uomo afferrò May, stringendole le braccia alla vita in modo che non potesse liberarsi, e le puntò una pistola alla tempia. La bambina si immobilizzò, e con lei tutti gli altri.
- Tutti fermi, e non provate a fare scherzi. Tu, bionda, metti via quel cacciavite e mettiti insieme agli altri.- intimò l'uomo, e May notò con stupore che la sua voce era cambiata, assumendo una tonalità del tutto diversa. Anche il braccio che la stava tenendo ferma non era più coperto dalla manica dell'uniforme, ma era cambiato in un arto magro dal pallore cadaverico.
- Come hai fatto?- domandò Edward, mentre afferrava al volo Winry che, ubbidendo all'ordine dell'uomo, si avvicinava al resto del gruppo con le lacrime agli occhi. Ora, di fronte a loro, c'era di nuovo l'individuo che avevano inseguito e che pensavano di aver perso di vista.
Envy sogghignò, sbuffando:- Voi stupidi umani non potete capire questo genere di tecnologia, quindi non tenterò neanche di spiegarvelo. Ma non mi aspettavo che quell'altro sciocco riuscisse a capire che qualcosa non andava.-
Brosh, che nel frattempo si era rialzato, ribatté:- Non avevi affatto un atteggiamento da soldato, e la tua faccia era innaturale.-
- Oh, spero di non aver perso il tocco.- ironizzò l'altro:- Una volta il trucco del soldato mi riusciva piuttosto bene... giusto, colonnello Mustang?-
Roy sobbalzò, strappato ai suoi pensieri. C'era qualcosa di familiare in quella sagoma ed in quella voce, qualcosa che non riusciva ad inquadrare.
- Ci siamo già visti?- domandò, aggrottando la fronte.
- Se avessi tempo sarebbe una conversazione interessante, ma, indovinate un po'? Ho una certa fretta, quindi credo proprio di dover andare.-
- Non così in fretta.- intimò il colonnello, mentre rifletteva febbrilmente per trovare un modo di uscire da quella situazione:- Dove vorresti andare, circondato da nemici in mezzo allo spazio.-
- E soprattutto, pensi che noi ti lasceremmo andartene? Lascia andare May adesso!- esclamò Edward, stringendo i pugni e desiderando di avere una pistola come quelle che tutti i soldati stavano tenendo puntate contro la figura.
- Oh, sto tremando di paura. Piccoletto, te l'hanno mai detto che assomigli a tuo padre quando ti scaldi in modo così inutile?-
- Che cos...- balbettò il ragazzo. Envy non gli lasciò neppure il tempo di terminare la frase, prima di estrarre qualcosa dalla cintura e gettarla a terra con un gesto fulmineo. Una fitta oscurità ricoprì all'istante la stanza, accecando tutti i presenti. Quando finalmente il buio si diradò, poco dopo, il loro nemico era sparito, portando con sé il suo ostaggio.
 
***
 
- Smetti di divincolarti, marmocchia.-
- Tanto non riuscirai ad andartene.- sibilò May, raddoppiando i suoi sforzi per sottrarsi alla morsa ferrea del braccio che la immobilizzava. Nella sua mente, poteva sentire gli strilli terrorizzati di Xiao Mei, tenuta stretta dalla stessa mano. Era strano come quel braccio riuscisse a piegarsi in modo da tenere entrambe allo stesso tempo, quasi non umano... la ragazzina ricordò quello che Kimbley aveva detto poco prima, e rabbrividì.
Envy si distrasse un attimo e May ne approfittò per morderlo e sfuggire alla presa, assestandogli un potente calcio prima di balzare all'indietro e portarsi a qualche metro di distanza, recuperando l'animale. Le lezioni di arti marziali che aveva preso non erano state del tutto inutili, pensò, ma il suo rapitore fu subito in piedi, bloccandole la strada verso l'uscita con espressione minacciosa. La stanza in cui si trovavano aveva un'altra porta, ma May non aveva idea di dove conducesse.
- Non costringermi ad usare le maniere forti, piccola...-
Uno sparo risuonò nell'aria, ed Envy cadde all'indietro con un ululato, mentre tre persone facevano irruzione dalla porta spalancatasi silenziosamente.
Riza e Roy, per sicurezza, scaricarono ancora qualche colpo all'indirizzo della figura che barcollava di fronte a loro. Al buco che si apriva sulla fronte se ne aggiunsero altri su tutto il corpo longilineo.
Edward espirò, emettendo il fiato che aveva trattenuto per qualche secondo. Quando Mustang aveva ordinato alla sua tenente di sparare a vista, aveva temuto che May finisse sulla linea di tiro, ma a quanto pareva quello che aveva sentito durante il viaggio sulla mira di Hawkeye era assolutamente giustificato. Si affrettò a confortare May, che li aveva raggiunti ed ora stava tremando visibilmente nonostante si sforzasse di mantenere un'espressione dura, mentre il suo cucciolo si nascondeva dietro di loro.
- Va tutto bene, May.- sussurrò in fretta:- Ci siamo divisi per cercarti, e ti abbiamo trovata. Sapevamo che questo tipo avrebbe tentato di raggiungere gli hangar.-
- Oh, ma che intelligenti.-
Roy, Riza ed Edward concentrarono di nuovo la loro attenzione su Envy, e rimasero a bocca aperta. I fori lasciati dai colpi della donna si stavano rapidamente richiudendo, lasciando la pelle bianca intatta, come se nulla fosse successo.
- Che cosa è quella cosa?- chiese Ed, incredulo.
- E così, hai qualche tipo di capacità rigenerativa.- constatò Mustang, sforzandosi di mantenere un'espressione imperturbabile:- Dobbiamo testarne il livello, o preferisci arrenderti?-
Dietro la facciata tranquilla, la sua mente stava correndo a mille, cercando di anticipare le mosse dell'altro. Non sapeva come facesse a cambiare il proprio aspetto, o come avesse creato quell'esplosione oscura poco prima, e neppure quali altri trucchi avesse a disposizione, ma era certo che fermarlo non sarebbe stato così facile come voleva far sembrare. Dividersi, sul momento, era stata la cosa migliore da fare per coprire più spazio, ma ora qualche forza in più non sarebbe stata male. Magari se avessero avuto un lanciafiamme o qualcosa del genere avrebbero potuto metterlo fuori gioco, ma così...
- Edward, May, andatevene da qui.- comandò, senza distogliere lo sguardo dalla figura di fronte a loro:- Trovate gli altri e restate al sicuro. Io e Riza risolveremo questa faccenda.-
Il giovane lanciò un'occhiata all'espressione risoluta dell'uomo e soffocò ogni protesta, limitandosi a borbottare:- Farete meglio a non combinare troppi guai.-
Lui e la ragazzina stavano per lasciare la stanza quando la porta si chiuse di scatto di fronte a loro, bloccando il passaggio.
- Ma che c...- iniziò Edward, indietreggiando:- Che cosa è successo?-
A giudicare dall'attimo di confusione che trasparì dai lineamenti di Envy, neppure lui ne aveva idea, ma si affrettò a recuperare il suo sogghigno, commentando:- A quanto pare nessuno va da nessuna parte.-
Seguì un istante di silenzio, tra le pareti spoglie della stanza che ovattavano il frastuono delle esplosioni e del combattimento senza tregua fuori dalla stazione. Riza e Roy continuavano a tenere le loro armi puntate contro il nemico di fronte a loro, tenendo i due ragazzi dietro la loro protezione. Edward stava fremendo di adrenalina, con un febbrile desiderio di fare qualcosa per risolvere quella situazione, ma non aveva la minima idea di cosa.
In quel momento la porta alle spalle di Envy si aprì in silenzio ed una figura camminò fuori con tranquillità, calamitando a sé gli sguardi sbalorditi dei presenti.
Kimbley alzò lo sguardo dal telecomando con cui stava giocherellando ed inarcò le sopracciglia, simulando una sorpresa esagerata.
- Ma che piacevole coincidenza incontrarvi tutti da queste parti. Simpatica festa, vero? Envy, è da un po' che non ci si vede.-






Angolo dell'Autrice:
Ehm... saaaalve... * fa capolino dal buco in cui era sprofondata e saluta timidamente i lettori * Okay, lo so. Questo capitolo, tanto per cambiare, è in ritardo terrificante. La cosa peggiore è che non ho neppure una giustificazione ho semplicemente continuato a rimandare il momento di pubblicarlo. All'inizio avevo detto "okay, uscirà quando riceverò almeno una recensione", poi la recensione è arrivata (grazie, grazie, grazie Laylath! <3) ma ho procrastinato ulteriormente. Ma grazie all'intervento nella vita reale di mia sorella, nonché mia correttrice di bozze ufficiale, il capitolo 25 è finalmente qui.
La buona notizia è che anche il capitolo 26 è praticamente pronto. La cattiva notizia è che questo mese sto facendo il Nanowrimo, un progetto di scrittura che ha scopo quello di scrivere una storia di 50.000 parole in un mese, quindi sono piuttosto concentrata su quello: se a qualcuno interessasse, sto lavorando ad un romanzo originale di fantascienza... magari un giorno vi farò leggere anche quello ;)
Comunque, posso chiedere un grosso favore a tutti i lettori silenziosi? Potreste darmi un parere, una critica, qualsiasi cosa, su questo capitolo e sulla storia in generale? Visto che sto lavorando anche a storie originali, avrei bisogno di sapere quali sono, secondo voi, i punti di forza e le debolezze del mio stile. Per favoreeeee... * fa gli occhioni da cucciolo e tenta di corrompere i lettori con biscotti virtuali *
Arrivederci a presto, con il climax di questa situazione sempre più complicata! Grazie a tutti per aver letto :)

Melanita


 

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


CAPITOLO 26

 
- Kimbley, che cosa sta succedendo qui?- domandò Mustang seccamente:- Sei stato tu a chiudere quella porta?-
- Un sistema elettronico interessante, quello di Briggs.- proseguì l'altro come se non lo avesse sentito:- Non c'è praticamente modo di manipolarlo dall'esterno, come a quanto pare qualcuno stava tentando di fare dalla flotta che ci sta attaccando. Suppongo che l'intenzione fosse di far uscire Envy, piuttosto che di permettere ad altre capsule di penetrare le difese, perché altrimenti avrebbero usato mezzi più efficaci. D'altra parte, una persona già all'interno con sufficienti capacità informatiche può benissimo utilizzarlo, soprattutto in una situazione d'emergenza in cui i tecnici della stazione sono occupati con l'esterno.-
- E quindi?- tagliò corto Edward:- Che cosa vuoi? E da che parte stai?-
- Come di consueto, dalla mia.- rispose l'uomo, come se stesse ripetendo una cosa ovvia:- Ma si dà il caso che io abbia visto tutto quello che mi interessava qui. Credo che gli sviluppi più interessanti di questa situazione si svolgeranno su Central Moon, motivo per cui ho deciso di ritornare lì. Il che ci porta a questo grazioso telecomando, ed alla sua funzione.-
Roy lo interruppe bruscamente:- Non farla tanto lunga. Briggs è progettata in modo che parti della struttura possano essere isolate dal resto, in caso di emergenza. Questa stanza è collegata a dei condotti di gas ed elettricità, per cui è sufficiente un contatto a scatenare un'esplosione devastante, ma limitata al suo interno. Un meccanismo di difesa in caso di intrusioni nella stazione, anche se non capisco come tu ci abbia messo le mani sopra.-
Kimbley scrollò le spalle:- La gente diventa imprudente nei momenti di caos.-
- E tu ora stai minacciando di farci saltare tutti per aria se non... cosa? Che cosa vuoi?- insistette Edward, incredulo. Quell'uomo doveva essere pazzo, ora ne era del tutto certo.
- Non l'ho appena chiarito? Voglio lasciare questa stazione, riavere la mia posizione di direttore scientifico della Amestris, e portare a termine il progetto a cui stavo lavorando. Ho concluso che vederlo realizzato sarà uno studio molto più interessante di quanto possa essere osservare il suo fallimento.-
Envy sbuffò:- Avresti dovuto pensarci prima di tradirci, Kimbley. Credi di poter tornare così come se niente fosse?-
- E perché no? Io ho portato la nostra sofisticata cavia artificiale a testare l'ambiente esterno, ed ora la riporto indietro. Non vedo dove stia il problema.-
- Ehi, aspetta un attimo!- protestò l'altro:- Io la sto riportando indietro! Sono io che sono venuto fin qui per...-
- Per farti mettere in un angolo da un paio di soldati, e farti sparare? Brillante strategia.-
Envy stava per ribattere ancora, quando un crepitio all'altezza del suo orecchio gli ricordò l'auricolare che lo collegava alla nave ammiraglia della flotta. L'apparecchio aveva smesso di funzionare al suo rocambolesco ingresso a Briggs, ma ora la voce autoritaria di Wrath si fece strada tra le scariche elettrostatiche.
- Envy, Kimbley si è appena messo in contatto con noi, a quanto pare aveva conservato tutti i codici di comunicazione della compagnia. C'è un cambio di programma.- lo aggiornò rapidamente il comandante:- Abbiamo ancora bisogno della sua competenza, quindi voi due coopererete per lasciare la stazione, portando con voi l'esemplare, la ragazzina che si è legata ad esso, ed il figlio di Elric. Almeno uno dei due, ordini di nostro Padre.-
- E come dovremmo fare esattamente?- sibilò Envy, scettico. Già uscire da lì da solo con una minuscola creaturina sarebbe stato difficile, figuriamoci con altre persone.
- Non hai ricevuto tutta quella tecnologia solo per bellezza. Datti una mossa.- ordinò Wrath chiudendo la comunicazione.
Envy roteò gli occhi in un gesto di fastidio e si rivolse a Kimbley, dichiarando con una certa riluttanza:- Pare che sia costretto a portarmi dietro anche te e quei due mocciosi.-
Riza sussultò e gettò un'occhiata interrogativa a Roy, ma il colonnello scosse la testa. Non potevano iniziare uno scontro a fuoco in una situazione così rischiosa, un'esplosione lì dentro avrebbe potuto essere letale. Ma qualcun altro, fuori da lì, doveva pur essersi accorto di cosa stesse succedendo, quindi se solo fosse riuscito a guadagnare un po' di tempo...
- Kimbley, stai bluffando. Se facessi esplodere questa stanza non otterresti nulla, anzi perderesti tutto quello che stai cercando di recuperare e probabilmente la tua stessa vita.- dichiarò Mustang:- Mi pare che la situazione sia uno stallo, ed a differenza vostra noi possiamo aspettarci dei rinforzi a breve.-
- No, non potete.- lo contraddisse l'uomo:- Ho sabotato i sistemi di sorveglianza e le linee di comunicazione di quest'area in modo che nessuno si accorga di nulla. Ma su un punto potresti avere ragione, colonnello, non penso che dovremmo aspettare. Giusto, Envy?-
L'altro individuo sogghignò e sfiorò qualcosa che portava alla cintura. Un attimo dopo, la stessa coltre di oscurità che li aveva avvolti poco prima invase la stanza... non prima, però, che Riza avesse sparato un paio di colpi in direzione degli altri due.
La donna si immobilizzò, tesa, cercando di individuare la posizione delle altre persone nella stanza tramite i rumori, ma l'abitudine a fare affidamento sulla sua vista perfetta era uno svantaggio in quel buio innaturale dove non riusciva a scorgere assolutamente nulla. Era consapevole che stava stringendo le mani intorno alla presa della pistola ancora più del solito, e che il suo battito cardiaco era accelerato, ma si impose di rimanere calma, almeno fino a quando sentì un gemito soffocato dietro di sé. Riza si sforzò di voltarsi, ma il suo equilibrio la tradì, e si ritrovò a terra sulle ginocchia con la testa che girava follemente. Che cosa stava succedendo? Perché all'improvviso si sentiva così debole, sul punto di vomitare? Attraverso una nebbia di nausea, intuì che doveva esserci qualche sostanza in qualsiasi cosa avesse creato quella tenebra, magari un gas velenoso. Avrebbe dovuto pensare ad un'eventualità del genere, invece di lasciarsi cogliere di sorpresa come una principiante.
Cercò di rialzarsi, ma una fitta di dolore la costrinse ad appoggiare le mani a terra. Un movimento accanto a lei la fece irrigidire.
- Tenente, sono io.- sussurrò Roy con un tremito:- Credo che ci sia una droga in questa cosa. Come ti senti?-
Riza tentò di rispondere, ma un conato di vomito la interruppe. Poi la voce di Envy risuonò a poca distanza, trattenendo a stento una risata:- E così, la situazione era uno stallo, colonnello? Dovrebbe sperare che quei rinforzi arrivino in fretta, perché appena saremo usciti, questa stanza sarà un inferno. E questa volta non c'è nessuno sciocco a mettersi in mezzo come su Ishval!-
Roy drizzò di scatto la testa, cercando di domandare che cosa avesse voluto dire l'altro, ma l'ultimo rumore che sentì fu il tonfo leggero di una porta che si richiudeva. Istintivamente, la sua mano si spostò di lato a sfiorare quella della sua tenente, cercando e dando contemporaneamente quel conforto che entrambi non avrebbero mai ammesso di volere.
***
 
- Sapevo che sarebbe successo. Maledizione, lo sapevo!- sibilò affannosamente Martel, contorcendosi nello stretto condotto dell'aria e constatando con disappunto che aveva già terminato il suo repertorio di imprecazioni. Fin da quando aveva posato gli occhi sul messaggio di Greed, aveva capito che il suo capo non si fidava completamente di quel viscido individuo, altrimenti non le avrebbe scritto usando quel codice che avevano stabilito anni prima, chiedendole di tenerlo d'occhio. Era per questo che la criminale si era affrettata a scivolare discretamente lontana dalla squadra di sicurezza che avrebbe dovuto aiutare, approfittando della confusione. Ringraziando ancora una volta gli anni di allenamento e la predisposizione che l'avevano resa abbastanza snodata da infilarsi in quegli spazi stretti, sfuggendo così ad incontri che avrebbero potuto rallentarla, aveva cercato di rintracciare Kimbley... ed infine lo aveva individuato, in tempo per vederlo mettere fuori combattimento due soldati in una delle postazioni di controllo degli hangar, colpendoli alle spalle. Aveva seguito tutta la scena che si era appena svolta nella stanza, sollevata che quel buio, qualsiasi cosa fosse, non si fosse esteso oltre la grata da cui stava sbirciando. Ma subito era seguito lo sgomento del ticchettio insistente che segnalava come i circuiti si stessero riscaldando, preparandosi ad un'esplosione mortale.
Avrebbe potuto andarsene. Avrebbe potuto sgattaiolare via senza che nessuno lo sapesse. Ma non lo stava facendo, anzi stava faticosamente utilizzando le proprie capacità di sabotaggio, le stesse che le erano state utili in tanti colpi per rallentare gli allarmi, in modo da posticipare l'esplosione. Dopo un lunghissimo minuto di lavoro febbrile, sospirò di sollievo, e subito si dedicò alla grata che la separava dalla stanza. Il portello cedette facilmente, e trattenendo il respiro Martel scivolò fuori.
Il buio le impediva di vedere esattamente dove fossero Hawkeye e Mustang, ma poteva sentire i loro respiri affannosi, ed i sussurri tranquillizzanti dell'uomo. Annaspando nell'oscurità, riuscì ad afferrare il colonnello per la spalla.
- Mustang, dobbiamo uscire da qui.- bisbigliò freneticamente:- Riuscite a muovervi?-
Roy alzò la testa e gracchiò un debole assenso, e sentì la mano di Riza che si aggrappava alla sua spalla, mentre si tiravano in piedi e seguivano la loro inattesa salvatrice fuori da lì. L'altra mano, senza che nessuno dei due sembrasse accorgersene, era ancora strettamente intrecciata alla sua.
 
***
 
- Edward! Dove è? Dov'è mio fratello?-
Alphonse si aggrappò al braccio di Mustang appena l'uomo arrancò faticosamente fuori dal condotto e si lasciò scivolare a terra. L'altro scosse la testa, tentando di riprendere fiato, mentre Riza lo seguiva. L'effetto delle sostanze che avevano inspirato nella stanza si era ormai attenuato, ma l'esplosione avvenuta mentre ancora si allontanavano aveva scosso parecchio i loro nervi. Martel era subito dietro a loro, sibilando tra sé qualcosa sui rischi che avrebbe potuto evitare di correre.
- Alphonse, mi dispiace. Io ho tentato... ho tentato di impedirglielo.-
- Che cosa è successo?- insistette il cyborg, con la voce che si faceva più acuta per la tensione:- Perché Ed non è con voi? E May, l'avete trovata? Non...-
- Alphonse, calmati. Abbiamo trovato May ed il rapitore, ma Kimbley ha deciso di ritornare dalla parte della Amestris. Siamo stati messi fuori combattimento, e quando Martel ci ha tirati fuori Edward e May erano spariti. Crediamo che siano stati entrambi catturati e portati via quando la flotta nemica si è ritirata. Non so con precisione cosa vogliano da loro, ma non avrebbero fatto tutta questa fatica per eliminarli. Sono di sicuro vivi... ma non so come stiano.-
Al si immobilizzò, incurante della metodica confusione che ancora regnava incontro a loro, mentre i soldati di Briggs riparavano i danni fatti dall'incursione e si assicuravano che la stazione ritrovasse la sua funzionalità. Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito, e si aspettava di vedere il fratello che usciva da un momento all'altro. Non era possibile che Edward fosse stato rapito, non ora che aveva iniziato a pensare che fosse finito. L'armatura di Al non era progettata per piangere, ma in quel momento sentiva lo stesso gli occhi bruciare come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime.
Sottovoce, sussurrò:- Fratello, tieni duro. Non voglio perdere l'unica famiglia che mi rimane.-
 
***
 
- Dottoressa, si è svegliata?-
Il medico di Briggs scosse la testa, scostando un paravento che delimitava un angolo dell'affollata infermeria e lasciando passare Ling, che si affrettò ad avvicinarsi al letto. Lan Fan sembrava ancora più pallida tra quelle lenzuola candide, con i lunghi capelli scuri sparsi sul cuscino.
- E' ancora sotto l'effetto degli anestetici, perché abbiamo dovuto rimuovere tutte le schegge, ma è in buone condizioni e non ci sono fratture. Sarà fuori di qui per domani, ed in perfette condizioni entro qualche giorno. E' stata molto fortunata.-
Il ragazzo annuì, mormorando un ringraziamento distratto, ed attese che la dottoressa si fosse spostata al capezzale degli altri pazienti prima di sedersi su una sedia accanto al letto.
- Ehi, Lan Fan. So che non puoi sentirmi, ma parlerò lo stesso. La flotta della Amestris si è ritirata, ma Edward e May sono stati rapiti. Kimbley ha fatto il doppio gioco per tutto il tempo ed è spuntato Envy, che a quanto pare ha un meccanismo che gli permette di fingersi un'altra persona. Il generale Armstrong ha indetto una riunione per decidere cosa fare, tra circa un'ora, ed io ed Alphonse parteciperemo. Non preoccuparti, ti racconterò tutto appena ti sarai ripresa.-
Si fermò per un attimo, e poi sospirò:- Sono un idiota, vero? E' solo colpa mia se ci troviamo in questa situazione... se tu ti trovi in questa situazione. Quando quella dottoressa ha detto che ti saresti ripresa senza problemi, non hai la minima idea di quanto mi sia sentito sollevato. Non mi perdonerei mai se ti succedesse qualcosa. Per un istante, dopo quell'esplosione, ho avuto paura di averti perso e... non l'avrei mai sopportato. Sei sempre stata accanto a me, fin da quando eravamo bambini, siamo cresciuti insieme. Forse è per questo che non riesco ad immaginare una vita senza di te, Lan Fan.-
Si interruppe di nuovo, allungando una mano verso il cuscino e sfiorando con delicatezza una ciocca di capelli. Deglutì ed ammise:- In queste ultime ore c'era così tanta confusione. Sai, la cosa strana è che anche quando ho saputo del rapimento del mio migliore amico e di mia sorella... mi sono preoccupato, è ovvio, ma una parte di me non riusciva a smettere di pensare a te. Una parte di me avrebbe mollato tutto il resto per passare ogni singolo istante accanto a questo letto. E credo che quella parte di me avesse capito molto più del resto. Te l'ho detto, sono un idiota. Ci è voluta una testata esplosiva per capire che la nostra amicizia non mi basta più.-
Il ragazzo si tirò in piedi, scostò i capelli della sua guardia del corpo ed avvicinò le labbra ad un orecchio, sussurrando:- Credo di... di essermi innamorato di te, Lan Fan. Non so da quanto, e non so come mai me ne sono accorto solo ora. Appena questa storia sarà finita, appena saremo di nuovo a casa, ti prometto che te lo farò sapere. Ti porterò nel luogo più splendido del pianeta e guarderemo il tramonto insieme, e ti terrò stretta per sempre. Fino ad allora... aspetterò.-
 
***
 
- Mi dispiace.-
Maria alzò gli occhi dallo schermo che stava esaminando ed incrociò lo sguardo contrito di Denny, che aveva un livido violaceo sotto l'occhio dove era stato colpito da Envy.
- Di cosa ti dispiace, Denny?- domandò, confusa.
- Di non essere stato all'altezza.- borbottò lui:- Mi aveva affidato il compito di tenere al sicuro quei ragazzi, e guardi come è andata a finire. Non sono stato capace neanche di fermare quell'intruso.-
- A quanto mi hanno riferito, nessuno è stato in grado di farlo. Gli analisti di Briggs stanno analizzando tutti i video rimasti per capire come sia riuscito a realizzare quei trucchi, ma per ora non ne hanno ricavato nulla.-
La donna scrutò il volto del suo sottoposto e capì subito che quelle spiegazioni erano inefficaci. Brosh continuava ad avere quell'espressione che lo faceva sembrare un cucciolo bastonato, scatenando in lei un istinto di protezione che avrebbe voluto definire materno, se non fosse stata troppo onesta con se stessa per mentirsi così. Si era affezionata troppo a quel giovane che aveva insistito per rimanere al suo fianco e che continuava disperatamente a cercare la sua approvazione, ed ora era costretta a ripetersi costantemente che lei era troppo vecchia per lasciarsi andare a quel genere di sentimento. Non sarebbe stato giusto per nessuno dei due.
- Denny, ascoltami. Tu hai fatto del tuo meglio. A quanto ne so, hai capito che c'era qualcosa che non andava prima di chiunque altro, e non penso che qualcuno avrebbe potuto fare meglio di te.-
Una scintilla brillò nello sguardo dell'altro.
- Sul serio?-
Maria si raddrizzò, tentando di riprendere il suo solito tono:- Sul serio, Brosh. Ora torna al lavoro e non sprecare il nostro tempo, la riunione comincerà tra poco!-
- Agli ordini, signora!-
 
***
 
- La domanda è: che cosa facciamo ora?-
Le parole sferzanti della generale risuonarono nella sala delle riunioni, penetrando con violenza nelle orecchie e nelle menti di tutti i presenti. C'era Mustang, come unico rappresentante del proprio equipaggio, che stava aiutando gli uomini della base a riparare i danni. C'erano Ling ed Alphonse, che avevano insistito fino allo sfinimento per essere lì ed erano stati infine ammessi come fratelli dei due rapiti. Winry avrebbe voluto accompagnarli, ma aveva a malincuore accettato di collaborare a sua volta nella riparazione della stazione, facendosi giurare che le avrebbero riferito ogni parola. C'era Martel, che aveva chiaramente stabilito di voler fare ogni cosa che potesse aiutarla a ritrovare il suo capo ed i suoi compagni. C'erano Buccaneer e Miles, a fare rapporto sulle condizioni della base e su tutto quello che sapevano sul nemico. E ovviamente c'era la comandante della stazione, ancora furente per l'attacco subito e per il fatto che un intruso fosse riuscito a penetrare nel cuore della base. La considerava un'offesa personale.
Olivier proseguì:- La situazione è critica. Ovviamente eravamo già certi che la Amestris fosse a conoscenza delle nostre indagini, ma questa è la prima volta che agiscono così scopertamente, addirittura impiegando la loro flotta ufficiale ed il comandante Bradley, un personaggio conosciuto pubblicamente. Se avessero voluto semplicemente recuperare quella creatura avrebbero potuto farlo in modo molto più discreto, ma hanno anche voluto lanciare un messaggio per avvertirci di non intralciarli più.-
- Evidentemente non la conoscono, generale.- si concesse di commentare Roy.
Per un istante la donna parve sul punto di fulminarlo, poi annuì bruscamente:- Già. Evidentemente non mi conoscono. Ora più che mai, sono decisa ad impedire loro di compiere quella follia.-
- In realtà...- intervenne timidamente Alphonse:- In realtà io non ho ancora capito perché il loro progetto sia così pericoloso. Insomma, anche se qualcuno diventasse un essere fatto di pura energia, questo non distruggerebbe l'intera galassia, vero?-
Olivier esitò per un attimo, prima di rispondere:- Sì, non c'è stato il tempo per chiarirlo prima. Da un lato, c'è il fatto che un essere del genere avrebbe poteri sufficienti a distruggere un pianeta, ed a giudicare da quanto abbiamo visto della Amestris ritengo che non avrebbero problemi a farlo. Dall'altro, secondo i nostri dati una trasformazione simile provocherebbe una controreazione di energia altissima ed irrefrenabile. Un altro progetto della Amestris, che abbiamo potuto esaminare, potrebbe essere appunto utilizzato per convogliare quell'energia di scarto lontana da Central Moon, ma dal momento che nello spazio non c'è attrito il raggio risultante arriverebbe a colpire diversi pianeti, satelliti ed asteroidi abitati. Oltre ai milioni di perdite umane immediate, le conseguenze economiche e politiche metterebbero in ginocchio l'economia di gran parte della galassia.-
Un lungo silenzio seguì la spiegazione, poi Roy si alzò in piedi.
- In tal caso, non vedo alternative. La Amestris deve essere fermata, e l'unico modo per farlo è inviare una squadra ad agire direttamente su Central Moon. Per quanto mi riguarda, mi offro volontario.-




 

Angolo dell'Autrice:
Eeeeee... nuovo capitolo! Ma quanto sono stata brava? In realtà lo avevo scritto da un pezzo, visto che in questo mese di novembre non ho molto tempo per dedicarmi a progetti di scrittura che non siano il mio primo Nanowrimo (per sapere di cosa sto parlando o cosa sto effettivamente scrivendo, vi invito a fare un salto sul mio blog, link dalla mia pagina autore, pubblicità mica tanto occulta). Comunque ho deciso di pubblicarlo dopo "appena" una settimana dal capitolo precedente, perché mi sentivo cattiva a lasciarvi così in sospeso. Ora il momento più concitato è terminato... ma non per molto, a quanto pare ;)
Passando al capitolo, finalmente quel genio di Ling c'è arrivato. Ho notato che c'è un certo parallelo con la mia precedente fanfiction, Ritorno a Xing, nel fatto che il caro principino si renda conto dei propri sentimenti solo in un frangente del genere. Mah, io lo vedo così... nell'anime tendeva ad avere questo atteggiamento protettivo verso Lan Fan, ma penso che gli ci voglia quella piccola spinta definitiva per ammettere che c'è qualcosa di più. Ora ci vorrà solo un po' di pazienza... forse :P
E poi, Maria e Denny. Devo dire che in effetti shippo anche loro, li trovo parecchio adorabili, ma la Ross ha questo atteggiamento molto più da "donna matura", mentre il suo sottoposto si comporta molto più da "ragazzino". Ho unilateralmente deciso che c'è del sentimento anche da parte di lei, almeno qui, ma non so ancora se la cosa si concretizzerà oppure no. Dipenderà dalla mia perfida ispirazione.
Per quanto riguarda il prossimo capitolo ho già scritto alcune scene, ma non so quanto ci metterò a completare quelle mancanti. Spero di postarlo prima che siano passate un paio di ere geologiche. Nell'attesa, spero che mi diate la vostra opinione su di questo, perché ho davvero bisogno di qualche feedback o solo per tirarmi su di morale. Come sempre, se doveste notare errori, incongruenze, OOC, o qualsiasi altro elemento negativo, sono aperta ad ogni critica costruttiva.
Arrivederci a presto,

Melanita

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


CAPITOLO 27

 
La riunione durò per ore, senza quasi che i partecipanti se ne accorgessero, troppo impegnati a progettare in ogni dettaglio quella missione. La Armstrong e Mustang erano i due che discutevano di più, valutando e scartando decine di tecniche. Entrambi concordavano sul fatto che sarebbe stato difficile infiltrarsi su Central Moon: i sistemi di sicurezza del satellite erano molto avanzati, e la zona occupata dal centro direzionale della Amestris era un'autentica fortezza di grandi dimensioni. Dopo quello che era appena successo, inoltre, il generale Bradley si sarebbe aspettato qualche tentativo di ritorsione, e le misure di sicurezza sarebbero aumentate di conseguenza. Quell'uomo era aveva una reputazione altissima nell'ambiente militare, e si era fatto conoscere per una lunga serie di vittorie. Ishval era l'unica macchia sul suo curriculum, ammesso che si potesse parlare di macchia per una sconfitta così meticolosamente pianificata.
In ogni caso, un modo per entrare c'era sempre. Central Moon, essendo un centro così nevralgico, riceveva frequenti navi che trasportavano merci, dipendenti o rappresentanti per trattative con le altre compagnie o i pianeti indipendenti, e Briggs aveva contatti con alcuni dei loro fornitori. Erano in grado di far arrivare un piccolo gruppo su Central Moon, con documenti falsificati, e di trovare loro una sistemazione temporanea. Ma il problema era quello di infiltrarsi nella base della compagnia. La generale Armstrong non voleva rischiare l'unico contatto che avevano lì dentro in quel momento, ed in ogni caso quell'infiltrato non avrebbe avuto un'autorità sufficiente a farli entrare. Dovevano trovare un altro modo. Dopo ore di discussione, Mustang concluse che ci avrebbero pensato sul posto, perché non disponevano di informazioni sufficienti a valutare la situazione. Non sarebbe stata la prima volta che era costretto ad improvvisare un piano. La generale acconsentì con diffidenza, facendo un cenno ai suoi collaboratori, che il colonnello interpretò senza difficoltà: appena fossero usciti, la donna avrebbe dato l'avvio ad un piano di riserva di cui non avrebbe saputo niente. Proprio quello che si aspettava.
Rimaneva solo da decidere chi sarebbe partito insieme a Mustang ed al suo equipaggio. Martel era decisa a raggiungere il suo capo ed i suoi compagni, e le sue abilità potevano essere utili in quell'operazione. Scar era l'unico a capire fino in fondo il progetto che si era sviluppato su Ishval, e la sua espressione suggeriva che comunque sarebbe andato lo stesso là. Aveva dei conti in sospeso da regolare. Poi la discussione si fece infervorata, ma stavolta il colonnello e la generale stavano dalla stessa parte.
- Alphonse, Ling, so che i vostri fratelli sono là, ma la situazione si è fatta molto pericolosa. Non permetterò a voi ragazzi di venire. Servono professionisti.- affermò con decisione Mustang, incrociando le braccia.
- Assolutamente.- concordò Olivier:- Briggs si troverà già in una situazione abbastanza complicata quando la compagnia Xing scoprirà che la figlia di uno dei loro dirigenti è stata rapita mentre si trovava qui, tra l'altro in fuga da casa. Non ho bisogno che sappiano che ho consapevolmente mandato anche un altro dei figli di Yao in una missione suicida. Non capisco come siate riusciti ad arrivare fino a qui senza essere rintracciati, ma ora vi rimanderò a casa vostra il prima possibile.-
Ling protestò:- Sarebbe solo una perdita di tempo. Il direttore Yao vorrebbe spiegazioni, e la notizia si diffonderebbe in tutta la galassia, rallentando ogni altra operazione. Inoltre la compagnia Amestris potrebbe accelerare ancora i tempi pur di non essere intralciata.-
- D'accordo, allora non riferirò a tuo padre della tua presenza qui. Questo però non cambia il fatto che non andrete su Central Moon, né tu, né Alphonse Elric, né la ragazza che sta origliando la conversazione dalla porta.-
Winry fece capolino nella sala riunioni, leggermente imbarazzata. Con un sospiro rassegnato, la generale le fece cenno di entrare ed accomodarsi. La ragazza ubbidì e, dopo un istante di esitazione, prese la parola:- Capisco le vostre motivazioni, ma... non siamo dei bambini. Possiamo esservi d'aiuto.-
- Davvero?-
- Innanzitutto, sarà una buona copertura. Se ci saremo anche noi, il gruppo attirerà meno attenzione. A quanto ho capito dovreste infiltrarvi come una nave da trasporto, e molte di quelle navi sono a conduzione familiare. E' più facile passare mesi nello spazio se hai con te le persone a cui sei legato.-
- Sì, questa è una buona osservazione.- ammise la generale Armstrong:- Ma non credo che Alphonse passerebbe del tutto inosservato.-
- Non ce ne sarà bisogno.- intervenne il giovane cyborg:- Molte navi usano robot o cyborg per le operazioni più difficili, basterà fare qualche aggiunta superficiale ai miei impianti e sarò irriconoscibile.-
La discussione continuò a lungo, ma non c'era modo di far cambiare idea ai tre. Alla fine Mustang fece un sospiro esasperato ed annunciò:- Va bene, riconosco una testa dura quanto ne vedo una, e qui ce ne sono tre. Benvenuti a bordo.-
In realtà non era del tutto convinto di quella decisione, ma sapeva che era l'unica possibile. E sapeva anche che se ci fosse stato qualcuno a cui teneva su Central Moon, niente avrebbe potuto impedirgli di andare a recuperarlo.
 
***
 
- Maggiore Miles, aspetti un momento.-
L'ufficiale dai capelli bianchi si fermò in mezzo al corridoio, senza voltarsi, ed attese che Scar lo raggiungesse.
- Perché sta cercando di evitarmi da quando la riunione è finita?- indagò seccamente quest'ultimo. L'uno di fronte all'altro, le somiglianze tra i due uomini erano notevoli, nonostante le differenze nella corporatura. Gli stessi capelli completamente bianchi, la stessa pelle scura, gli stessi occhi rossi che stavano generalmente nascosti dietro un paio di lenti.
- Perché c'è molto da fare, prima che partiate per Central Moon. Dobbiamo assemblare un equipaggiamento per la vostra squadra, raccogliere più informazioni possibili su quello che è successo durante l'attacco, coordinare tutti i preparativi ed entrare in contatto con le nostre risorse esterne. Non ho tempo per una conversazione privata.-
- Penso che dovrebbe trovare quel tempo.- stabilì Scar, con un tono che suggeriva chiaramente che non avrebbe lasciato perdere. L'altro esitò per un istante, poi annuì seccamente e lo guidò in una stanza laterale ingombra di scaffali di metallo.
- D'accordo, signor Scar. Di che cosa vuole parlare?-
- Ishval è rimasto isolato per secoli, sconosciuto al resto del mondo, ma non era del tutto autosufficiente. Era necessario mantenersi informati sui progressi scientifici del mondo esterno, oppure procurarsi alcune risorse molto specifiche, e quindi alcuni Ishvalani lasciavano regolarmente il pianeta. Operazioni discrete, condotte da viaggiatori solitari o da piccoli gruppi.-
- Ma alcuni di questi inviati non tornarono mai sul pianeta.- terminò il soldato:- Forse andarono incontro ad un incidente, forse decisero che c'era un altro modo di vivere, forse erano solo stanchi che la loro vita dipendesse da un progetto incominciato da antenati ormai decomposti.-
Scar non disse nulla, e dopo un lungo istante di silenzio il maggiore proseguì:- Sapevo che avremmo avuto questa conversazione dal momento in cui lei ha messo piede su Briggs. Non è esattamente facile nascondere la nostra provenienza senza chirurgia estetica, giusto? Quindi, le racconterò quello che vuole sapere, e lei deciderà. Mio padre è partito da Briggs con l'incarico di verificare i progressi di un progetto scientifico condotto su un altro pianeta, ma è rimasto troppo coinvolto dalla scienziata che gli ha fornito quelle informazioni. Quando ha scoperto che era incinta, ha deciso di rimanere con lei. Non sono mai stato su Ishval, neanche otto anni fa, quando mi ero già arruolato e trasferito qui a Briggs.-
Dopo un altro breve silenzio, Scar annuì e rispose:- Grazie per il chiarimento. Molti esuli di Ishval sono ancora vivi, sparsi nella galassia, ma a quanto ne so nessuno si era arruolato. Mi chiedevo...-
Miles lo interruppe seriamente:- Quando ho saputo cosa era successo su Ishval, ho presentato alla generale Armstrong le mie dimissioni. Non volevo creare problemi a Briggs, e volevo sapere cosa fosse davvero successo.-
- E invece?-
- E invece lei ha rifiutato le dimissioni, e mi ha detto che se davvero volevo scoprire cosa fosse successo in quei giorni, la cosa migliore che potessi fare era rimanere qui. Non me ne sono pentito.-
 
***
 
Il pavimento della minuscola cella oscillava leggermente al ritmo del movimento dei motori dell'astronave, ma Edward era troppo immerso nei suoi pensieri per notarlo. Non era sicuro di quanto tempo fosse passato da quando si era risvegliato in quell'angusto buco di metallo dotato solo di una brandina e di spartani servizi igienici, ma gli avevano già portato da mangiare un paio di volte, lasciando scivolare delle anonime razioni da viaggio attraverso una fessura tra le sbarre. Il ragazzo, accovacciato sulla branda, gettò un'occhiata torva alla telecamera visibile in un angolo. Per un po', prima, aveva provato a provocare i suoi rapitori perché qualcuno venisse finalmente lì, qualcuno a cui strappare qualche informazione utile. Cosa era successo, dopo che era stato tramortito? Come era finita la battaglia a Briggs? May, Hawkeye, addirittura quell'insopportabile Mustang... come stavano? Ed Al, Al stava bene? Ma nessuno si era presentato, ed Ed era stato lasciato solo con le sue preoccupazioni.
Mentre rimuginava tra sé, la porta della cabina si aprì di scatto, facendogli alzare il capo. Due soldati con l'uniforme blu della compagnia Amestris entrarono e gli fecero cenno di seguirli, fissandogli un paio di manette elettroniche ai polsi prima di condurlo fuori. Edward strinse i pugni, ma non reagì. Doveva sapere cosa stesse succedendo.
 
***
 
Sheska stava controllando che tutti i documenti cartacei registrati nell'archivio fossero in ordine, al posto giusto, quello dove il registro elettronico diceva che dovevano stare. Lo stava facendo per la decima volta quel giorno, ed era intimamente sollevata che i suoi colleghi fossero più che soddisfatti di lasciarle la noiosa occupazione. Avrebbe accettato qualsiasi compito pur di starsene da sola, poter riflettere in pace ed evitare ogni rischio di tradirsi.
La comunicazione era arrivata nel cuore della notte, svegliandola dal sonno agitato in cui era sprofondata appena un paio d'ore prima, dopo aver aspettato con il cuore in gola una risposta. Il messaggio che aveva inviato a Briggs, o meglio, al contatto esterno che sotto la copertura di un suo lontano parente la metteva in contatto con Briggs, era arrivato ed era stato decodificato. Ma era arrivato troppo tardi, quando la stazione era già sotto attacco, ed ora la situazione era precipitata. A Sheska era stato ordinato di attendere ulteriori istruzioni per un'azione diretta. Ed azione diretta poteva voler dire molte cose, nessuna delle quali abbastanza tranquilla per i suoi gusti.
Si concentrò sulla numerazione degli ingombranti scaffali di metallo, imponendosi di smettere di tremare. Aveva sempre saputo che il momento di agire sarebbe arrivato, quindi non avrebbe dovuto essere così terrorizzata. Non si era aspettata che arrivasse così in fretta, però.
Aggrottò la fronte, riscuotendosi dai suoi pensieri mentre notava che uno dei cassetti era aperto.
- Qui mancano dei documenti.- commentò tra sé con una smorfia, frugando nella sua memoria eccellente:- I rapporti sulle misure contro gli attacchi alle navi merci della Amestris... dove sono finiti?-
- Oh, avevo bisogno di una lettura della buonanotte, e questi sono abbastanza noiosi da garantire un sonno immediato.- la rassicurò una voce rilassata alle sue spalle.
La ragazza sobbalzò e si voltò, con il cuore che batteva all'impazzata. Aveva pensato di essere sola nella stanza, ma c'era un uomo appoggiato ad una fila di scaffali, le braccia muscolose incrociate davanti alla giacca senza maniche che portava, gli occhi rossi e beffardi dietro un paio di lenti scure.
Sheska deglutì e balbettò:- Avrebbe... avrebbe dovuto registrare il prelievo dei documenti, signore. Il sistema di archiviazione è molto preciso, ed è necessario sapere...-
- Oh, andiamo, come se questi stracci imbrattati servissero a qualcuno ora che tutto è schedato sui computer.- borbottò l'uomo, attirandosi uno sguardo offeso dall'appassionata di libri. Si staccò dal suo appoggio e mosse un paio di passi verso di lei, che si sforzò di rimanere immobile.
- Non ho tempo da perdere, ragazza, quindi saltiamo la parte dei giochini. Tu stai collaborando con Briggs.-
Sheska sobbalzò ed indietreggiò fino a sbattere la schiena contro il cassetto aperto, che si richiuse con un tonfo leggero. Scosse violentemente la testa:- Si sbaglia, signore. Io sono soltanto un'archivista, non...-
- Niente signore. Sono Greed.- la interruppe lui:- E mi pare di aver detto di saltare la parte dei giochini. Ora, non penso che tu voglia che il tuo... secondo lavoro, diciamo, venga allo scoperto, giusto? In tal caso avresti dovuto essere più prudente. Ora sei nei guai, guai grossi.-
La ragazza castana non rispose, fissandolo con un'ombra di terrore negli occhi. Greed sbuffò ed indietreggiò lentamente, alzando le braccia in un gesto conciliante:- Rilassati, io non farei mai del male ad una donna. Va contro i miei principi, e non ne ricaverei niente. Ma qualcun altro non si fa di questi scrupoli, ed ha iniziato a sospettare di te. Appena Wrath... cioè, il generale Bradley sarà tornato dalla spedizione, sarà solo questione di ore prima del tuo arresto, e questa compagnia ha molti mezzi per farti parlare.-
Sheska deglutì di nuovo:- Perché mi sta dicendo questo?-
- Per farti capire in che situazione ti trovi. Non so che ordini tu abbia ricevuto da Briggs, ma se vuoi uscire sana e salva da questo casino dovrai collaborare con me.-
- Collaborare con lei... in cosa?-
- Temo che anche la mia copertura sia saltata. Ma sapevo già di non potermi fidare troppo di quel tizio, quindi ho un piano di riserva. Devo far uscire delle persone dalla prigione privata della Amestris e nasconderle in un posto sicuro. E per farlo, ho bisogno di questi archivi... o meglio, di un posto che si trova dentro di essi.-
Sheska sgranò gli occhi, pensando di intuire dove l'uomo volesse andare a parare:
- La vecchia sezione. Gran parte di essa è in disuso, quasi nessuno ci entra mai, è esclusa dai circuiti di sicurezza e può essere chiusa dall'interno. Vuole nascondere lì quelle persone?-
- Ragazza intelligente. Proprio così.-
- E per farlo serve un'autorizzazione del personale dell'archivio, oltre ad una certa conoscenza delle sezioni ancora in uso per evitare di finire in una di quelle. Ma non capisco come pensi di far scappare quegli uomini dalla prigione.-
Greed fece un sogghigno:- Anche qui, penso proprio che tu possa essermi di aiuto.-
 
***
 
- Uscite.-
I due soldati ubbidirono senza discutere all'ordine secco del proprio generale, chiudendosi alle spalle la pesante porta dell'ufficio. Anche a bordo di un'astronave da guerra, pareva che i piani alti di un'organizzazione potessero contare su una stanza perfettamente arredata, pensò tra sé Edward mentre si massaggiava i polsi appena liberati dalle manette e teneva gli occhi dorati fissi sull'uomo seduto dall'altra parte del tavolo.
Quello che era stato presentato come King Bradley, generale supremo dell'esercito privato della Amestris, era un individuo alto e muscoloso, con capelli scuri ed un volto spigoloso che non rivelavano tracce di vecchiaia. Uno dei suoi occhi era nascosto sotto una benda nera, un dettaglio insolito in un'epoca in cui la chirurgia permetteva di nascondere qualsiasi lesione del genere.
- Allora. Edward Elric. Che cosa sai dell'operazione che Hohenheim ha fatto su di te?-
Il ragazzo biondo sobbalzò, colto di sorpresa dalla schiettezza con cui l'uomo era arrivato al punto. Decise che non valeva la pena di rimandare l'argomento, visto che probabilmente quel generale sapeva già tutto.
- So del Full, e delle ricerche per conto della Amestris, ma non ho notizie di mio padre da molti anni, e non ho saputo che cosa ci fosse di speciale nelle mie protesi fino a poco tempo fa.-
- No, suppongo di no.- sospirò l'altro, fermandosi per un momento:- Deve essere stato difficile ricostruirsi una vita, per te e tuo fratello, senza nessuno su cui fare affidamento.-
- Sappiamo arrangiarci.- tagliò corto Edward, cambiando subito argomento:- Piuttosto, non sono stato l'unico che avete rapito a Briggs, vero?-
Bradley scosse la testa:- Il nostro scopo primario era recuperare il soggetto X. Il nostro ex... anzi, il nostro nuovo direttore scientifico ci ha però fornito altre informazioni. Siamo stati costretti a prelevare anche la ragazzina che aveva stretto un legame con il soggetto per compiere alcuni test, dato che sarebbe oltremodo sgradevole se qualcosa avesse alterato le caratteristiche mentali del nostro catalizzatore.-
- Soggetto X?- sbuffò Edward, incredulo per la banalità di quel nome.
- X è il codice dell'esemplare specifico. Il termine tecnico è Intelligenza Artificiale Organica.-
X.I.A.O. Xiao. Beh, almeno ora Edward si spiegava da dove fosse saltato fuori quel nome.
- Dove sono adesso? Stanno bene?-
- Abbiamo un laboratorio attrezzato qui a bordo, e stiamo facendo delle analisi preliminari sul soggetto. La ragazzina è ancora sotto l'effetto di un blando sedativo, e spero che quando si risveglierà sarà più ragionevole. In effetti, pensavo che un dirigente della compagnia Xing desse ai suoi figli un'educazione migliore.-
Edward fece una smorfia, trattenendo un moto di divertimento al pensiero di quello che avrebbe detto quell'uomo se oltre a May avesse conosciuto anche Ling.
- Comunque, sapete che viene da una famiglia importante. Potreste trovarvi nei guai per averla rapita.- avvisò, sperando di ottenere qualche reazione.
Il generale Bradley si limitò ad alzare le spalle:- Presto non sarà più un problema. In ogni caso, se la compagnia Xing vorrà inoltrare qualche accusa ufficiale i nostri uffici delle relazioni se ne occuperanno, non io.-
- Ed io invece? Perché avevate bisogno di me?-
Ci fu una pausa di silenzio.
- Diciamo che è una questione di famiglia. Al tuo posto sarei contento di poter rivedere tuo padre dopo tanto tempo.-
Edward si irrigidì:- Ho saputo che è prigioniero su Central Moon. Cosa c'è, avete bisogno di un ostaggio per convincerlo a collaborare con voi? Oppure volete soltanto verificare il successo del suo esperimento, dopo tutti questi anni?-
- Entrambe le cose.-
- E cosa vi fa pensare che io sia d'accordo?-
L'uomo lo fissò gelidamente, poi sospirò:- Vedi forse qualche alternativa, ragazzo? Che tu sia d'accordo o meno, non cambierà nulla. Credo che questa conversazione sia finita qui.-






Angolo dell'autrice:
Ehm... ed eccomi a ricomparire ancora una volta. Nel caso a qualcuno interessi, il motivo del ritardo questa volta è il Nanowrimo, il National November Writing Month: tradotto in poche parole, nell'ultimo mese ho scritto un romanzo di fantascienza che non c'entra niente con Full Metal Cyborg... ora però sono di nuovo qui! Contenti?
* Silenzio di tomba *
In ogni caso, ecco qui il capitolo 27, in cui ancora una volta si tira un po' di fiato prima di gettarsi di nuovo nell'azione. Non mi pare che ci sia molto da dire, se non ringraziarvi per aver letto fino a qui. Grazie dunque a chi mi segue, ed a Laylath e SuorMaddy2012 per aver recensito lo scorso capitolo! A presto!

Melanita

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


CAPITOLO 28

 
In un piccolo appartamento nella zona portuale di Central Moon, un gruppo di persone stava seduto in cerchio intorno ad una serie di apparecchi elettronici disposti sul pavimento. L'equipaggio della Ishval ed i ragazzi che li avevano accompagnati erano scesi da un'astronave che trasportava materiali da costruzione per il nuovo quartiere residenziale del satellite solo poche ore prima, ed avevano sbrigato in fretta ogni formalità, con tanti ringraziamenti all'efficienza dei servizi segreti di Briggs ed alla documentazione impeccabile di cui questi li avevano forniti. In quelle ore, avevano cercato di trovare una qualsiasi informazione che permettesse loro di arrivare all'interno della base, ma per ora la loro riunione strategica non rivelava alcun passo avanti.
- Ci deve essere un modo per superare la sicurezza.- ripeté Ling testardamente, fissando la mappa di Central Moon sullo schermo come se questa potesse rivelargli la soluzione.
Breda fece altrettanto per qualche secondo, prima di intervenire:- Forse stiamo guardando la situazione nell'ottica sbagliata. Non riusciremo mai ad intrufolarci di soppiatto in un sistema così sofisticato.-
- Sembrerebbe di no.- ammise Lan Fan, massaggiandosi distrattamente il braccio da cui aveva tolto le bende solo il giorno prima:- Ma da quanto vedo il sistema è piuttosto simile a quello del nostro pianeta, e quindi è ingegnato in modo che, se anche riuscissimo ad impadronirci dei codici di sicurezza, non sarebbero sufficienti ad entrare nella base. Una volta all'interno sarebbe un altro discorso, ma...-
- Non pensavo ai codici.- la interruppe il sottotenente, pensieroso, calamitando l'attenzione di tutti i presenti nella stanza. Mosse le mani sullo schermo, mettendo in evidenza alcuni documenti che parevano semplici ricevute di pagamento o ordini di spesa.
- Gli ufficiali dell'esercito privato della Amestris che hanno partecipato all'impresa, per così dire, di Briggs ritengono di dover festeggiare, a quanto pare. Grandi quantitativi di alcolici, e divertimenti vari, tutto da recapitare nel quartiere di lusso della base per stasera.-
- E come pensi di infiltrarti a quella festa?- domandò Martel, scettica:- Nessuno di noi può passare per un uomo del loro esercito, lo sai bene.-
Un sorriso iniziò ad incurvare le labbra di Breda, mentre per sicurezza si spostava un po' più distante dalla tenente dal grilletto facile:- Non ho mai parlato di esercito. E di sicuro non di uomo.-
Havoc si lasciò sfuggire una risata, intuendo, con quella sintonia che veniva da anni di amicizia e lavoro di squadra, dove l'altro volesse andare a parare. Roy, colpito dallo stesso pensiero, inarcò le ciglia, lottando contro il divertimento che minacciava di trapelare sul suo volto.
- Non ho capito. Ma se è qualcosa che può aiutare Edward, voglio saperlo ora!- ingiunse Winry, i grandi occhi azzurri scintillanti di determinazione.
- Bene. Pensavo a qualcosa del genere.- ammise Breda, premendo un ultimo tasto per evidenziare una delle ordinazioni fatte per i festeggiamenti. La ragazza bionda si sporse in avanti, incuriosita, salvo poi arrossire e borbottare qualcosa di incomprensibile. Gli altri si avvicinarono a loro volta, e Havoc scoppiò a ridere ancora più forte, mentre Riza sfiorava il grilletto della pistola con un'occhiata di severo ammonimento sia al biondo sia a Breda.
Quest'ultimo alzò le mani in un gesto difensivo, spiegando:- E' un modo sicuro per entrare. Alle infiltrate basterà sgattaiolare via appena la situazione si farà un po' disordinata, cosa che avverrà prestissimo, raggiungere il contatto di Briggs ed aprirci dall'interno. Cosa ne pensate?-
Havoc smise di ridere, asciugandosi gli occhi con una manica:- Mi sembra l'unico piano che abbiamo. Ma chi dovrebbe eseguirlo?-
Winry abbassò di nuovo lo sguardo sull'immagine in questione. Intorno al logo di un'agenzia di catering, un paio di cameriere in pose ammiccanti ed abitini che lasciavano poco all'immaginazione pubblicizzavano chiaramente il tipo di personale messo a disposizione dei clienti.
- Non ci sono molte alternative.-, ammise Roy, passando lo sguardo sul gruppo sparso per la stanza.
- Vero.- concordò Lan Fan, controllando attentamente la propria voce per evitare che qualche tremito trapelasse. Non sapeva se stava per ridere o per piangere, ma nessuno dei due atteggiamenti sarebbe stato molto professionale. Proseguì:- C'è una forte possibilità che quegli ufficiali conoscano il volto del tenente Hawkeye e di Martel, ed inoltre serve qualcuno che abbia familiarità con i sistemi di sicurezza di una struttura come quella. Andrò io. Inoltre, so come muovermi nell'ambiente di élite delle Compagnie e sono in grado di difendermi se sarà necessario.-
Per un attimo Ling rimase a bocca spalancata, poi si riprese, ancora incredulo. Quello che la sua guardia del corpo aveva detto era perfettamente razionale, ma al tempo stesso inaspettato per lui. In qualche modo, si sentiva a disagio all'idea di quel travestimento sulla figura esile ma allenata della sua... di Lan Fan. E al tempo stesso, una parte di lui che si affrettò a sopprimere sarebbe stata più che lieta di vederla.
- Vengo anche io.- annunciò Winry, cogliendo tutti di sorpresa. Deglutì, ma proseguì con fermezza:-
Delle conoscenze di meccanica potrebbero tornare utili, ed inoltre due persone possono coprirsi a vicenda, se ci facessero delle domande. Dico bene?-
Prima che chiunque altro potesse parlare, Mustang concluse:- Bene, allora è deciso. Ora...- ed il suo viso si rischiarò di una luce diabolica:- Dobbiamo solo prepararvi.-
 
***
 
- Forza, muovetevi. E' il momento di ripagare l'ospitalità.- sibilò bruscamente una guardia spalancando la porta della cella. Bido, Dolcetto e Roa si tirarono a sedere sulle brande, sgranchendo i muscoli indolenziti dalla prolungata immobilità.
- Era anche ora che vi ricordaste della nostra esistenza.- bofonchiò Dolcetto fulminando con lo sguardo i quattro uomini dall'impeccabile uniforme blu che stavano attendendo all'uscita della piccola stanza. I tre prigionieri si alzarono e si incamminarono lentamente verso l'uscita, scambiandosi sguardi perplessi. Nessuno di loro sapeva cosa stesse succedendo, né cosa aspettarsi da quell'improvviso trasferimento.
I soldati li ammanettarono con sbrigativa efficienza, poi si affrettarono lungo i corridoi quasi deserti. I membri del personale che incontravano lungo la strada cambiavano strada senza neppure alzare lo sguardo verso il gruppo di persone che proseguiva con direzione. Dopo qualche minuto di cammino, salirono su un ascensore che scendeva verso un livello ancora inferiore del complesso della Amestris.
Quando le porte si aprirono, si ritrovarono in una sala allungata e scarsamente illuminata, con le pareti ricoperte da file di robusti scaffali. Alcune scrivanie stavano vicine all'ingresso, tutte vuote ad eccezione di una, dove una giovane dai capelli castani stava battendo rapidamente sulla tastiera di un computer. Nell'istante in cui li sentì arrivare, la ragazza alzò la testa e si riaggiustò gli occhiali.
- Buongiorno. Voi dovete essere il gruppo che il generale Clemin stava aspettando, giusto?-
- Il generale ci ha ordinato di portare questi criminali qui sotto per appurare se avessero a che fare con alcuni furti ai danni dei nostri trasporti nell'orbita di Dublith.- replicò subito il capo delle guardie:- Dove è ora?-
- Vi ha preceduti nell'area dell'archivio riservata ai casi penali della compagnia.- spiegò in fretta l'impiegata, alzandosi in piedi e premendo un pulsante accanto a sé:- Ha dato ordine di condurvi da lui appena foste arrivati. Sta esaminando la documentazione per decidere da cosa cominciare, pare che ritenga questi uomini colpevoli di diversi crimini.-
Un altro dei soldati grugnì:- Neanche la metà di quanti ne abbiano davvero commessi, ci scommetto. Allora diamoci una mossa, stiamo già perdendo abbastanza tempo. Scommetto che il generale sta solo cercando un modo per tenersi occupato fino alla festa di stasera, maledetti ufficiali...-
La giovane annuì educatamente e fece loro strada nell'immenso archivio, continuando a scusarsi:- Purtroppo non ci aspettavamo che quei documenti tornassero utili, così nell'ultima riorganizzazione sono stati inseriti in questa vecchia sezione. Ci è voluto un po' a recuperarli, per questo non è stato possibile fare prima il confronto.-
- Non so a quanto possa servire.- obiettò una delle guardie, guardandosi attorno annoiata:- Ma del resto non so a cosa possano servire gran parte delle cose che stanno qui dentro. Certo che voi archivisti fate un lavoro piuttosto noioso, eh? Non vi viene mai voglia di dare fuoco a tutta questa roba che nessuno guarderà mai?-
- No.- fu la lapidaria risposta di Sheska:- E forse avreste dovuto guardarla un po' meglio ora.-
Prima che le guardie potessero reagire, due di loro si erano già afflosciate a terra, colpite alle spalle da una sagoma sogghignante comparsa dalla penombra tra gli scaffali. La terza ebbe appena il tempo di sollevare una pistola, che gli fu prontamente strappata di mano e sbattuta con violenza sulla testa, facendogli perdere i sensi. L'ultima guardia arretrò tra gli scaffali, ma fu bloccata dai tre detenuti. Poco dopo, aveva raggiunto i suoi compagni sul pavimento, e Greed stava togliendo le manette ai suoi uomini.
Sheska deglutì, guardandosi attorno allarmata:- Probabilmente qualcuno verrà a controllare molto presto dove siano finite quelle guardie. E scopriranno che il generale Clemin non sapeva niente di questa storia, e che le comunicazioni sono state falsificate.-
- Con grande abilità da parte mia, aggiungerei.- puntualizzò Greed, per poi rivolgersi alla sua squadra:- Allora, voi tre inutili esseri, vi avevo detto o no che vi avrei tirato fuori? Dalle comunicazioni che ho intercettato, la flotta della Amestris sta tornando da uno scontro con la stazione Briggs. Per ora ce ne staremo nascosti qui, poi approfitteremo della confusione per decidere cosa fare. Questo vale anche per te, signorina: non sei più nella posizione di poterti fare vedere in giro, ora che sospettano di te, e sei più preziosa da libera che da prigioniera. E nel frattempo, contatteremo qualche persona.-
***
 
- Non voglio neppure sapere dove avete trovato quei vestiti.-, stabilì Riza, socchiudendo la porta del bagno e sgusciando fuori nella stanza dove gli uomini stavano aspettando. Notò con piacere che Mustang ebbe almeno la decenza di mostrare una punta di imbarazzo.
- Come procedono i preparativi?- domandò Havoc divertito, sprofondando dietro al divano per sfuggire allo sguardo ammonitore della tenente.
La donna alzò le spalle:- Per fortuna Winry è capace di fare qualche aggiustamento con ago e filo, e di usare tutti quei trucchi che avete ritenuto necessario comprare. Ormai hanno quasi finito.-
- Nel frattempo noi abbiamo organizzato i dettagli logistici.- spiegò Falman, indicando una cartina dei quartieri di Central Moon che circondavano il complesso della Amestris:- Questa è la porta di servizio da cui le ragazze entreranno, e qui ci sono tutte le istruzioni per arrivare da lì ai sistemi di controllo dell'entrata. Non sono molto distanti dalla zona dove dovrebbe svolgersi la festa.-
- Molto bene.- confermò Mustang:- L'agenzia che invierà il... personale per la festa non è certo nota per i controlli rigorosi, quindi dubito che faranno problemi.-
In quel momento la porta del bagno si aprì ancora una volta, lasciando uscire le due ragazze, avvolte in raffinati abiti di pizzo bianco e nero.
- Questi abiti non sono funzionali per nascondere armi.- commentò in tono perfettamente controllato Lan Fan, fissando dritta davanti a sé per non incrociare lo sguardo di nessuno, soprattutto quello di Ling.
- Direi di no.- commentò Martel con una punta di divertimento, lasciando scivolare lo sguardo tra la ragazza e Ling e chiedendosi chi dei due si stesse sforzando di più per non guardare l'altro.
Gli uomini nella stanza si affrettarono a riprendersi. Mustang tossicchiò:- Bene, direi che possiamo procedere con il piano. Siamo perfettamente puntuali.-
 
***
 
Nel preciso momento in cui la porta della stanza si aprì, Hohenheim Elric fu certo che non fossero buone notizie, quelle portate dalle quattro guardie di sicurezza vestite di blu. Fu ammanettato e scortato lungo i corridoi, poi sull'ascensore che scendeva fino ai piani sotterranei, scavati nella roccia stessa di Central Moon, in cui i progetti più importanti della compagnia Amestris erano portati avanti. Per tutto il tempo, gli uomini non dissero una parola, limitandosi a guardarlo di sfuggita con una punta di timore.
Raggiunsero uno dei laboratori, e Hohenheim non poté trattenere un brivido involontario, di fronte alla porta di quello che era stato il centro nevralgico della sua grande scoperta, sette anni prima. Lì dentro, dietro quelle spesse pareti d'acciaio, si era trovato a fissare affascinato i complessi calcoli riportati su lavagne, computer, e su qualsiasi foglio a portata di mano, a ricontrollare ossessivamente i risultati che apparivano sullo schermo. Non sapeva da dove fossero venuti quei materiali, ma dovevano essere il frutto di anni ed anni di ricerca. Non voleva chiedere altro, tuttavia, troppo avvinto dal bisogno di spingersi oltre, di arrivare a quell'ultima risposta che gli autori di quel lavoro non avevano raggiunto.
E l'aveva trovata. Qualunque dei tanti dei adorati nell'universo fosse quello vero, a volte si ritrovava a pregarlo di perdonarlo per quella risposta.
Le porte si aprirono con rapida efficienza in risposta al tesserino di identificazione di uno dei soldati, e Hohenheim fu sospinto dentro la stanza. Era un ampio spazio rettangolare, ingombro di tavoli e complessi macchinari costellati di schermi, pulsanti e leve. Un paravento gli ostruiva la visuale, ma quel poco che poteva vedere era assai simile all'ultima volta che lo aveva visto pochi mesi prima. Allora era stato "invitato" ad osservare i progressi della ricerca sul Full, e la creazione di un nuovo essere viventi a partire da essa, un progetto che gli era parso assolutamente folle. Allora aveva per l'ennesima volta rifiutato di collaborare con l'individuo in cui rivedeva i suoi stessi lineamenti, ed ora avrebbe fatto lo stesso, qualsiasi cosa avesse architettato. Eppure Hohenheim era consapevole di non poter nascondere del tutto la sua inquietudine, mentre fronteggiava il gemello, in piedi di fronte a lui. Al suo fianco c'erano Envy e Lust.
Il Padre lasciò che il silenzio si prolungasse per alcuni lunghi secondi, prima di parlare:- E dunque, eccoci ancora qui. L'ultima volta che abbiamo parlato c'era un esemplare assai interessante in questa stanza, ancora al sicuro nella sua incubatrice biomeccanica.-
- Ricordo.- ribatté seccamente Hohenheim:- Ed io ti dissi che giocare a creare la vita sovvertendo le leggi del mondo per il tuo profitto personale porterà soltanto alla tua distruzione.-
- Sovvertire le leggi del mondo, dici? E dimmi, tenere in vita persone che dovrebbero morire, non è forse sovvertire una legge?-
- Utilizzare la scienza per salvare delle vite non è sbagliato, né contrario alla natura. Usarla come tu vuoi fare, in nome di un'idea contorta di superiorità e ricerca della conoscenza, lo è.-
Il Padre scosse la testa:- Come al solito, non riusciamo a capirci... fratello. In ogni caso, sto deviando dall'argomento principale. Non solo sono riuscito a recuperare l'ultimo pezzo mancante per realizzare il sogno che sto costruendo da tanto tempo, ma ho rinvenuto qualcosa di altrettanto interessante. Immagina l'entusiasmo dei miei scienziati, nel poter esaminare un individuo in cui il Full è perfettamente integrato all'organismo da almeno sette anni. Immagina il potenziale di ricerca!-
Hohenheim sentì una viscida paura stringergli il petto, la paura di sapere dove quell'uomo voleva arrivare. Deglutì, sforzandosi di parlare normalmente:- E dove sarebbe questo tuo individuo?-
- Mio? Penso che da qualsiasi punto di vista sia più... tuo.-
Ad un cenno dell'uomo biondo, Lust scivolò di lato e scostò il paravento scuro, rivelando l'altra parte della stanza. Un tavolo operatorio troneggiava sotto la luce fredda delle lampade, circondato da carrelli di attrezzi chirurgici ed apparecchiature da misurazione. Sul tavolo era distesa una figura.
Il cuore di Hohenheim accelerò il battito, mentre coglieva i particolari della sagoma priva di sensi. Capelli biondi sciolti, sparsi sul cuscino. Il petto nudo che si alzava ed abbassava placidamente, con un movimento delle spalle che si estendeva al braccio di carne ed a quello scintillante di metallo. La gamba ancora sana e la protesi strettamente legate insieme da cinghie scure.
Dopo sette anni, Hohenheim poteva finalmente rivedere il suo figlio maggiore. Ma non nelle circostanze che si era augurato.





Angolo dell'Autrice
Esame superato, e capitolo scritto di getto per festeggiare, il che significa che fa ancora più pena del solito, ma... ehi, almeno questa storia sta andando avanti, no? E dal prossimo capitolo, si entrerà finalmente nel vivo dell'azione! Forse. Ammesso e non concesso che io riesca a scriverlo. Ma prometto di impegnarmi ad aggiornare con una frequenza decente * incrocia le dita *
Per quanto riguarda questo capitolo, è un po'... boh. Ma avevo bisogno di un modo per far infiltrare i nostri eroi nella base, e questo è il primo che mi è venuto in mente. L'unico pezzo che avevo già preparato è quello finale, che infatti mi sembra quello riuscito meglio... voi cosa ne pensate? Capitolo divertente, noioso, interessante, banale? Errori a profusione? Suggerimenti o minacce di bastonate virtuali per farmi scrivere più in fretta? Ogni opinione è ben accetta, quindi recensite e... grazie per aver letto fino a qui!

A presto,
Melanita


 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


CAPITOLO 29

 
- Non sono sicura di poterlo fare.-
- Neanche io. Ma non abbiamo scelta, giusto?- ragionò Lan Fan, cercando per l'ennesima volta di allungare oltre il ginocchio l'orlo di quella stupida gonna di pizzo che, se fosse dipeso da lei, sarebbe già stata incenerita da tempo. Alla fine era riuscita a nascondere lo stesso un paio di coltelli nei rigonfiamenti del vestito, e Winry aveva fatto altrettanto con un cacciavite e con un paio di apparecchi che avrebbero dovuto utilizzare più tardi.
Proprio come il resto della squadra aveva previsto, nessuno aveva fatto domande quando si erano presentate all'ingresso di servizio, soltanto un secco ammonimento da una donna, evidentemente la responsabile del servizio, per essere arrivate in ritardo, ed un invito a sbrigarsi a raggiungere le altre. Non erano state perquisite, e per l'occhiata distratta che le guardie avevano lanciato ai documenti falsificati in loro possesso sarebbe stato sufficiente portare una carta bianca.
In quel momento, le due ragazze stavano in piedi dietro un tavolo ricolmo di vassoi e bottiglie, con il compito di distribuire bicchieri e sorrisi a chiunque passasse di lì. Con loro grande sollievo, pareva che nessuno prestasse particolare attenzione ai loro movimenti, e Lan Fan sperava che non sarebbe stato difficile sgattaiolare via. Le due ragazze avevano concordato un'idea piuttosto semplice per allontanarsi senza destare sospetti, ed avevano anche tacitamente deciso che non l'avrebbero raccontata troppo in giro. Quel travestimento era già abbastanza imbarazzante così.
Lan Fan gettò un'occhiata all'orologio che faceva mostra di sé su una delle pareti, sopra un caminetto dove le fiamme arcobaleno di un fuoco olografico gettavano luci suggestive sui volti dei presenti. Era ancora presto, ma era meglio iniziare l'operazione. Fece un cenno a Winry, che annuì a sua volta e si portò una mano sul davanti della camicetta attillata.
Qualche secondo dopo, la responsabile del servizio venne a vedere che cosa stesse succedendo. Winry non ebbe neanche bisogno di fingere di arrossire, mentre spiegava in un balbettio sommesso che i bottoni erano saltati. Con uno sguardo annoiato, la donna chiamò altre due ragazze a sostituire Winry e Lan Fan, ordinando alla prima di andare a prendersi dei vestiti di ricambio ed alla seconda di accompagnarla.
- E' stato più facile di quanto prevedessi.- sussurrò Lan Fan appena furono fuori, mentre scivolavano tra i lunghi corridoi fino ad un angolo tranquillo, al riparo dagli sguardi.
- Già, ma dobbiamo ancora arrivare alla porta.- ribatté Winry risistemandosi la camicia:- Cosa facciamo se incontriamo qualche soldato?-
- Diciamo di esserci perse. Non baderanno a noi.-
 
***
 
- Ormai le ragazze dovrebbero avere iniziato a muoversi.- sussurrò Mustang, controllando l'orario:- Non sappiamo quanto ci metteranno o quanto tempo riusciranno a guadagnare, quindi tenetevi pronti a scattare.-
Intorno a lui, il resto della squadra annuì. Si trovavano ai tavolini esterni di un bar a poca distanza dall'ingresso secondario che avevano scelto per l'incursione, in un'area poco frequentata della città che circondava il complesso della Amestris. In quel momento, si stavano fingendo dei semplici viaggiatori di passaggio in città, impegnati a bere e chiacchierare dopo una giornata impegnativa, a beneficio di eventuali telecamere di sorveglianza del circuito esterno e dei pochi clienti del locale, che non badavano minimamente a loro o alle voluminose borse dove avevano nascosto le armi che non potevano portare addosso.
Alzò distrattamente lo sguardo verso la porta del bar, che si apriva per lasciare uscire un cliente dalla risata fragorosa, poi tornò ad osservare le mura che si estendevano di fronte a loro. Ma fu solo un secondo prima di essere distratto di nuovo, stavolta da Martel che balzava in piedi con un'esclamazione di sorpresa, facendo cadere la sedia su cui stava.
L'uomo che era appena uscito si era fermato di fronte a loro, con le braccia muscolose incrociate sul petto ed un sorriso strafottente. Attese per un istante, poi trascinò rumorosamente una sedia vuota dal tavolo accanto al loro e si gettò a sedere, sbadigliando:- Ce n'è voluto di tempo a trovarvi. Io sono Greed, e credo proprio che stanotte lavoreremo insieme.-
 
***
 
- Bene, secondo le indicazioni questa dovrebbe essere la porta che abbiamo concordato.- confermò Lan Fan, ritirando la testa oltre l'angolo del corridoio:- E non vedo guardie. Devono aver deciso che, se i loro superiori erano in festa, anche loro potevano concedersi un po' di svago. Mio nonno non avrebbe mai permesso un comportamento così inefficiente.-
Winry sospirò di sollievo, grata che fino a quel momento non ci fossero stati problemi con quel piano improvvisato.
- Ora, dobbiamo soltanto sperare che questo aggeggio funzioni davvero.- proseguì la ragazza dai capelli biondi esaminando una scatolina rettangolare sul palmo della sua mano:- Tecnologia di Briggs, dovrebbe essere in grado di bypassare i codici di sicurezza ed aprire quella porta in pochi secondi.-
Lan Fan controllò un'ultima volta il corridoio, poi fece cenno all'altra di procedere. Mentre la guardia del corpo teneva d'occhio la situazione intorno a loro, Winry si accovacciò accanto al pannello dei comandi e svitò rapidamente le viti che lo tenevano a posto. All'interno vide un groviglio di fili colorati e meccanismi. Ancora una volta, fu sollevata nel notare che non si trattava di una tecnologia particolarmente complessa, dal momento che nessuno si aspettava un tentativo di scassinare la porta dall'interno. Le bastarono pochi istanti per capire come collegare l'apparecchio che aveva portato, poi trattenne il fiato per un attimo, sperando che tutto funzionasse.
- Allora? Come procede?- sibilò Lan Fan, nervosamente.
In risposta, la serratura della porta fece uno scatto secco, e l'uscio di metallo si socchiuse. La ragazza dai capelli scuri la aprì di più, guardando fuori, ed individuò subito le figure che si alzavano con atteggiamento disinvolto dai tavoli vicini e si affrettavano a raggiungere la porta. Aggrottò la fronte nel vedere una sagoma in più insieme a loro, ma gli altri non sembravano preoccupati.
Appena tutta la squadra fu al riparo oltre l'ingresso, con la porta saldamente richiusa alle loro spalle,
Ling rivolse un sorriso smagliante alla sua guardia del corpo, esclamando:- Sapevo che sarebbe andato tutto bene! Ottimo lavoro!-
- Già, ottimo lavoro.- concordò Mustang:- Ora però dobbiamo sbrigarci. A proposito, questo è Greed, ed in base alle informazioni che ci ha dato, la situazione è molto più grave di quanto pensassimo.-
 
***
 
Faceva freddo. May sospirò e si avvolse ancora più strettamente nelle lenzuola, rigirandosi nel letto. La stanza in cui si trovava era pulita e confortevole, con una sedia, un letto, ed una porta che conduceva ad un piccolo bagno, ma l'assenza di finestre e la porta blindata non lasciavano dubbi che si trattasse di una cella. Nessuno era venuto a controllarla, o a spiegarle che cosa stesse succedendo, dopo che si era risvegliata lì, e non era neanche sicura di quanto tempo fosse passato. Nonostante l'apparente tranquillità, però, non riusciva a liberarsi di un sentimento di panico che le attanagliava lo stomaco, o di un dolore sordo che le pulsava in testa.
Aveva provato a chiamare, a battere sulla porta, ad ispezionare la stanza cercando un'uscita, ma non era riuscita a trovare nulla, ed alla fine si era raggomitolata sul letto per riposare un po', ma era evidente che non stava funzionando. Con un sospiro profondo, si tirò a sedere sul letto e cercò di riflettere, ma tutti i suoi pensieri di fuga furono interrotti da uno strillo di puro terrore che risuonò all'interno della sua mente.
- Xiao Mei...- balbettò, sentendo, no, sapendo che quel suono veniva dal legame telepatico che ancora condivideva con la creatura. Il suo terrore si mescolava a quello che l'animale, da qualche parte in quella stessa prigione, stava provando, al punto da farle fisicamente male. Ancora una volta la ragazzina si lasciò cadere sul letto, respirando affannosamente mentre il panico ed il dolore continuavano, continuavano, senza un istante di tregua. Poi, improvvisa come era iniziata, la crisi terminò senza lasciare altro strascico che un'emicrania ed una leggera nausea.
May prese fiato, inspirando ed espirando fino a calmarsi, e poi si alzò. Doveva assolutamente uscire da lì.
 
***
 
- Non posso credere che stia andando tutto così bene.- borbottò Havoc:- Siamo già all'ascensore e non abbiamo neppure avuto bisogno di usare le armi.-
- Vi avevo detto che conoscevo i turni delle guardie, no?- rammentò agli altri Greed, mentre le porte di un ascensore si aprivano silenziosamente davanti a loro. Erano passati una decina di minuti da quando erano entrati nella base della Amestris, ed erano già scesi di diversi livelli, verso il nucleo più profondo e riservato del complesso, quello dove erano racchiusi i segreti che anche gli stessi dipendenti della compagnia ignoravano. Quello dove si sarebbe giocato il destino dell'universo... quella notte stessa.
Perché era proprio questo che Greed aveva detto loro, prima, ed era per questo motivo che ora stavano scendendo senza indugi nel cuore di quel labirinto. Gli ultimi avvenimenti, a quanto pareva, avevano convinto il Padre ad accelerare i tempi, ed ora che aveva tutto quello che gli serviva non aveva intenzione di rimandare ancora. Il macchinario che avrebbe permesso di trasformare la materia in energia, di far ascendere un essere di carne e sangue oltre i poteri di un dio, era pronto ad essere attivato. E loro dovevano fermarlo a tutti i costi.
Mustang doveva ammettere che la situazione lo preoccupava. Non si era aspettato che tutto filasse liscio, ma neanche che i loro avversari decidessero di procedere così in fretta, anche se doveva ammettere che al posto loro avrebbe fatto lo stesso. Si aspettavano un attacco, e sarebbe stato da stupidi rimanere in attesa invece di giocare le proprie carte. Per sua fortuna, pensò tra sé il colonnello, anche lui aveva delle carte da giocare.
- Siete tutti pronti?- domandò il colonnello, passando in rassegna i suoi uomini con sguardo serio nello spazio stretto dell'ascensore che sprofondava nelle viscere di Central Moon. Da quel momento in poi, fu il messaggio silenzioso che passò senza parole tra i compagni di una vita, avrebbero dovuto essere pronti, che lo fossero veramente o no. Da quel momento in poi non sapevano cosa li aspettasse, ma di sicuro non sarebbe stato facile, glielo dicevano tutte le informazioni in loro possesso ed il loro istinto di combattenti.
Non era solo l'equipaggio della Ishval a conoscere quella sensazione. Martel fremeva dal desiderio di vedere i propri compagni e di assicurarsi che stessero bene, come Greed le aveva detto, ma sapeva che non ci sarebbe stato tempo per i saluti. Nonostante ciò, il semplice sapere che loro ed il loro capo stavano bene ed erano pronti a combattere scioglieva in lei un nodo di tensione ed insicurezza che nei giorni precedenti non aveva fatto che crescere, da quando era stata costretta a scappare lasciandosi alle spalle l'unica famiglia che avesse. Gettò un'occhiata a Greed, che appariva imperturbabile, appoggiato ad una parete dell'ascensore. Le avevano detto che non era un umano, le avevano detto che era... qualcos'altro. Ed ovviamente lei avrebbe voluto delle risposte. Ma in fondo, aveva concluso nel momento in cui lo aveva rivisto, quelle risposte potevano aspettare fino a quando Greed avesse deciso di darle. Lui era quello che aveva dato a lei, a Bido, a Roa ed a Dolcetto un posto dove stare, e soprattutto un obiettivo da raggiungere, anzi, un obiettivo dopo l'altro, in un'avida corsa verso conquiste sempre più sfrenate. La sua ambizione e la sua protezione erano quello che aveva dato loro la forza di andare avanti dopo Ishval, di rimettere insieme i pezzi e costruirsi una nuova vita. E per questo, lo aveva ricambiato con la sua totale fedeltà, ed avrebbe continuato a farlo.
Scar, taciturno e pensieroso, non si interessava a cosa stessero pensando i suoi improvvisati compagni di avventura in quel momento. Sapeva soltanto, lo sapeva con assoluta certezza, che il momento che aveva spasmodicamente cercato per tanto tempo, il momento di vendicare finalmente i morti che urlavano nei suoi incubi e nella sua memoria... il suo popolo, i bambini del suo popolo, suo fratello, il sogno che era stato crudelmente spezzato a pochi passi dal compimento... quel momento era vicino. I responsabili di quanto era accaduto, i veri burattinai che avevano tirato le fila di un massacro insensato, erano da qualche parte nelle profondità di quel complesso. E lui avrebbe fatto pagare loro i loro crimini, a qualsiasi costo. Questo era quello che Scar si ripeteva, ma una parte di lui si chiedeva se fosse davvero disposto a sacrificare ogni cosa alla sua vendetta. Se ci fossero state in mezzo le vite di quelle persone, che gli avevano fatto ricordare come era sentirsi umano... ci avrebbe pensato quando fosse stato il momento. Ora non poteva permettersi debolezze o distrazioni.
Ling era preoccupato per May ed Edward, per le condizioni in cui avrebbero potuto trovarsi. Era preoccupato per Alphonse, che cercava di nascondere l'angoscia per il fratello dietro l'impenetrabile maschera di metallo, ma che non riusciva a dissimulare del tutto, agli occhi dell'amico che lo conosceva bene, la paura per quello che avrebbe potuto trovare. Winry non tentava neppure di nascondere quella stessa paura, che scintillava nei suoi grandi occhi azzurri, accompagnata tuttavia da una sfumatura di ferrea determinazione ad arrivare fino in fondo. E poi c'era Lan Fan, la sua Lan Fan, professionale e seria fino in fondo: adorabile in quel vestito anche ora che aveva tolto il grembiule e gli altri accessori, letale con le armi che si era già assicurata alla cintura ed alle braccia, e così vicina a lui che poteva respirarne il profumo. Ling si ripromise di riportarla a casa sana e salva, qualsiasi cosa fosse successa. Aveva bisogno di Lan Fan.
In quel momento, l'ascensore si fermò con un contraccolpo brusco che fece perdere l'equilibrio alla maggior parte di loro.
- Che cosa è successo?- domandò Martel, a denti stretti.
Greed guardò verso l'alto ed imprecò:- Ci hanno scoperti, ovviamente. Credo che sia arrivato il comitato di benvenuto. Dobbiamo andarcene da qui.-
Prima che qualcuno potesse rispondere, il criminale aveva già spalancato le porte dell'ascensore, cosa che non avrebbe dovuto essere possibile per le misure di sicurezza ma che non sembrò causargli la minima difficoltà. Erano fermi a metà tra due piani, a circa un metro dal corridoio. Greed saltò a terra, e Martel lo imitò subito.
- Forza, fuori!- incitò Mustang, iniziando a spingere gli altri verso l'esterno. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma era inutile rimanere lì. In pochi istanti erano tutti nel corridoio, all'inseguimento di Martel e Greed che si stavano già allontanando in fretta. Ling, Lan Fan e Winry rimasero indietro, aiutando Alphonse, che per le dimensioni del suo rivestimento di metallo, aveva avuto più difficoltà degli altri a passare.
Stavano proprio per iniziare a muoversi verso gli altri, quando un botto assordante fece vibrare l'aria, ed ancora una volta il mondo crollò intorno a loro, mentre l'onda d'urto di un'esplosione proiettava tutti a terra.
 
- Che cosa facciamo ora?-
Un sorriso malvagio incurvò un paio di labbra perfette:- Ci occupiamo degli intrusi. Insegneremo loro a non venire a disturbarci, nella notte del nostro trionfo. Visto che tra poco questi corpi non ci serviranno più, tanto vale divertirsi per l'ultima volta ad affondare le mani nel sangue, no?-
L'altra sagoma annuì. Nessun intruso doveva disturbare il Padre.
 
Ling si sollevò su un ginocchio, intontito dalla caduta, cercando di comprendere che cosa fosse appena successo.
- Ling, stai bene?- si assicurò Lan Fan con uno sguardo preoccupato, sollevandosi in piedi ed esaminando il corridoio intorno a loro. Fece una smorfia di disappunto nel notare la lastra di metallo che aveva blindato quella parte del corridoio: era un normale meccanismo di sicurezza, per contenere eventuali fughe di sostanze tossiche o principi di incendio, ma in quel caso aveva avuto l'effetto di separarli. Lei, Ling, Winry ed Alphonse erano rimasti da quella parte, mentre l'equipaggio della Ishval era finito dall'altro lato della barriera.
- Ragazzi! State tutti bene?- echeggiò la voce attutita di Mustang.
- Sì, stiamo bene.- urlò in risposta Alphonse, mentre anche gli altri annuivano.
- Va bene, ora troviamo il meccanismo per sollevare la barriera e vi tiriamo fuori da lì.- affermò il colonnello.
- No, non c'è tempo da perdere, e questi meccanismi hanno tutti degli allarmi, quindi non possiamo rischiare di forzarli.- ribatté il ragazzo, avvicinandosi alla parete di metallo:- Dovete andare avanti e scendere verso quel macchinario, noi cercheremo un percorso alternativo per raggiungervi. L'ascensore è fuori uso, ma ci sono dei corridoi, quindi da qualche parte arriveremo.-
Dall'altra parte della parete, Mustang trattenne a stento l'impulso a prendere a pugni quel muro. Non gli piaceva l'idea di lasciare quei ragazzini a cavarsela da soli, ed un rapido sguardo al resto della sua squadra gli confermò che tutti la pensavano allo stesso modo. Eppure...
- Se la caveranno senza problemi.- cercò di rassicurarlo Havoc:- Anzi, penso che sarà più facile scendere se siamo divisi in gruppi più piccoli.-
- Questo è vero.- ammise il colonnello, poi tornò a rivolgersi all'altro lato della parete:- D'accordo, allora noi proseguiamo. Cercate di raggiungerci il prima possibile, ma se vedete che non si può fare tornate in superficie e trovate un'uscita. Nessun rischio inutile, ci siamo capiti?-
- Agli ordini, colonnello!- riecheggiò la voce di Ling:- State attenti anche voi e... buona fortuna!-
Mentre si allontanavano, volgendo le spalle alla parete per procedere lungo la parte rimasta intatta del corridoio e verso le scale che li avrebbero condotti ai piani inferiori, Mustang non poté fare a meno di sospirare. Aveva la sensazione che avrebbero avuto bisogno di molta fortuna.
Nel frattempo, i quattro ragazzi si erano ricomposti, ed avevano verificato con sollievo che nessuno di loro aveva subito ferite nella caduta. Tuttavia, la piattaforma su cui erano scesi fino a quel momento era sprofondata nell'oscurità del pozzo dell'ascensore, e non c'era più modo di scendere da quella parte, dove un cumulo di macerie ostruiva la visuale sull'altezza vertiginosa del vuoto che scendeva verso il basso. Avrebbero dovuto esaminare le porte che si aprivano ai lati del corridoio, sperando che una di esse conducesse ad una scala di emergenza.
La prima stanza si rivelò essere soltanto uno sgabuzzino in disuso, la seconda un laboratorio deserto e ricoperto di polvere. Fu soltanto dietro la terza porta che comparve una rampa di strette scale a chiocciola che scendevano verso il basso.
Winry tirò un sospiro di sollievo, commentando:- Bene, ora dovremmo riuscire a raggiungere gli altri. E' stato più facile del previsto.-
La bionda iniziò a scendere gli scalini, seguita subito da Alphonse.
- Pensate che queste scale ci porteranno direttamente...- esordì il giovane cyborg, ma un rumore improvviso proveniente dal corridoio che si erano lasciati alle spalle, lo interruppe. I quattro ragazzi si fermarono, voltandosi di scatto.
Ling deglutì:- In effetti... non ci eravamo più preoccupati di scoprire che fine avesse fatto la cosa che ci aveva fatti cadere, giusto? Pare che fosse ancora qui.-




Angolo dell'Autrice:
* arranca fino alla tastiera ed alza le braccia in un gesto di trionfo *
Ce l'ho fatta! Mi ero ripromessa di aggiornare prima di Natale, e proprio all'ultimo ho realizzato il mio obiettivo con questo capitolo, in cui finalmente la missione di recupero entra nel vivo. Mi pare di avere affrettato un po' alcuni passaggi, ma volevo che il ritmo procedesse in modo fluido e che l'azione andasse avanti, così ho lasciato un po' in secondo piano i momenti meno indispensabili alla trama.
Detto questo, vado a dormire perché domani devo andare alla Messa di Natale e non voglio essere uno zombie tutto il giorno. A tutti voi che leggete, seguite, e (assai raramente) recensite questa storia, auguro uno splendido Natale! Il felice 2014 ve lo augurerò al prossimo capitolo, visto che spero di pubblicarlo prima di Capodanno ;)
Al solito, se avete opinioni, suggerimenti o errori da far notare, basta una recensioncina. Baci a tutti ed a presto!

Melanita

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


CAPITOLO 30
 
- Che cosa sta succedendo? Abbiamo sentito un'esplosione...- domandò ansioso Roa, mentre lui ed i suoi compagni arrivavano di corsa da uno dei corridoi laterali, dopo aver sentito l'esplosione di poco prima.
Greed liquidò la questione con un gesto vago, mentre riprendeva fiato:- Niente di grave... per ora. Basta sbrigarci.-
- Ragazzi, state tutti bene?- lo interruppe Martel con un sorriso di sollievo, mentre gli occhi esaminavano rapidamente i suoi compagni di squadra, che si rilassarono a loro volta vedendola sana e salva.
- Sì, i convenevoli sono rimandati a dopo.- tagliò corto Greed. Nel frattempo tutti gli altri che erano con loro li avevano raggiunti, guidati da Mustang. Il colonnello colse subito la situazione.
- Allora, Greed, questa è la tua squadra. Mentre l'agente di Briggs sarebbe...-
- Ehm... sarei io.- intervenne una voce timida, mentre una giovane donna faceva capolino da dietro gli altri. Deglutì:- Sheska, signore. Ma non sono riuscita a mettermi in contatto con Briggs negli ultimi giorni, quindi attendo le sue istruzioni riguardo a questa situazione.-
Mustang, per un istante, si chiese se la generale Armstrong fosse sul serio una sorta di computer con un'interfaccia molto ben costruita. Quella era praticamente una ragazzina, maledizione, forse qualche anno più vecchia di Winry e Lan Fan. Non avrebbe dovuto trovarsi coinvolta in una situazione così complicata e pericolosa. Ma del resto, Furey era ancora più giovane di così quando avevano combattuto su Ishval, e nell'intera galassia erano molti i giovani che non potevano permettersi di rimanere al riparo dal pericolo. Lui stesso ne sapeva qualcosa.
- Siamo qui per impedire che quel macchinario che convertirebbe la materia in energia sia attivato, e per recuperare gli ostaggi che la Amestris ha rapito a Briggs.-, spiegò in fretta:- Ma ora sarà meglio stabilire un piano, non possiamo muoverci in un gruppo così grande senza attirare attenzioni indesiderate.-
- Pienamente d'accordo.- concordò Greed:- Allora, quel macchinario si trova ad uno dei livelli più bassi della base, e visto quello che è successo all'ascensore dovremo prendere le scale per raggiungerlo.-
- C'è un problema, capo.- intervenne Bido:- Alcuni dei percorsi principali sono bloccati, ed altri sembrano sul punto di crollare. Crediamo che qualcuno abbia sabotato la base.-
- Ma perché farlo?- obiettò Martel, aggrottando la fronte perplessa:- E' la loro base, dannazione, che motivo avrebbero di sabotarla?-
Sheska intervenne con una certa esitazione:- Non penso che l'abbiano fatto di proposito. Devono aver deviato tutta l'energia di questi livelli al settore dove tengono il macchinario, che è anche il motivo per cui qui ora fa così schifosamente freddo. E come conseguenza, naturalmente, molte delle porte si sono sigillate in modo automatico. Inoltre i livelli inferiori erano sottoposti a degli interventi di riparazione in questo periodo, quindi c'erano delle impalcature elettroniche a sostegno di certi punti. In assenza di energia, è probabile che stiano cedendo: questo spiegherebbe i crolli, e forse anche l'esplosione di poco fa.-
Greed emise uno sbuffo:- Non preoccuparsi neanche di salvaguardare le proprie proprietà, tipico di quegli idioti. Che cosa suggerisci?-
Sheska tremò, vedendo tutti gli occhi concentrarsi su di lei, ma proseguì:- Alcuni di noi dovrebbero recarsi in una delle sale di controllo secondarie e riportare almeno parzialmente l'energia in questa zona, in modo da liberare il percorso.-
- Sì, mi sembra la cosa più logica.- concordò Mustang:- Inoltre, dobbiamo riuscire a contattare Briggs.-
- Non riuscirebbero mai a mandarci aiuti in tempo, anche se sapessero che stanotte si giocherà tutto.- fece notare Riza.
- No, ma riuscirebbero ad avvisare i pianeti che si trovano sul raggio di azione di quel macchinario. Forse la generale Armstrong non riuscirà a convincere i loro governi ad evacuare la popolazione, ma ci sono troppe vite in gioco per non fare nulla. Se noi salviamo, loro possono ancora salvare almeno qualcuno.-
Gli altri annuirono, e Sheska, che conosceva la planimetria del complesso meglio di tutti, aggiunse:- Le sale di controllo secondarie sono dotate anche di sistemi radio, ma il problema è riuscire ad accedere alle frequenze. Il sistema di codifica è molto complicato...-
- Una fortuna che abbiamo qui il miglior addetto alle comunicazioni della galassia, allora.- terminò Mustang dando una pacca sulla spalla a Furey, che per un istante parve sul punto di voler sprofondare sotto terra. Il colonnello proseguì con gli ordini:- Furey, tu e... Sheska, giusto? Tu e Sheska sarete responsabili della comunicazione con Briggs. Non mi importa come fate, trovate un modo di far sapere che cosa sta succedendo. Breda, Falman, voi siete quelli che se la cavano meglio con la meccanica, quindi andate con loro. So che una base stellare non è esattamente come un'astronave, ma dovrete cercare di riaprire le porte e tenere in piedi questo posto almeno per un paio d'ore. Qualche problema?-
- Roa, Dolcetto, anche voi avete qualche conoscenza di meccanica, giusto?- intervenne Greed, rivolto ai suoi uomini:- Andate con loro e date una mano. Bido, Martel, per voi due lavoro di pattuglia. Siete i migliori a muovervi inosservati, quindi tenete d'occhio i corridoi a questo livello ed avvisateci se qualcuno cerca di scendere. Non vorrei che ci trovassimo tra due fuochi.-
Mustang annuì, apprezzando le capacità tattiche dell'altro e concludendo che c'era un motivo se quell'uomo era a capo di un'organizzazione criminale di alto livello, poi concluse:- Gli altri... Riza, Havoc, Scar... noi scendiamo. La missione è bloccare questa follia a tutti i costi.-
Gli uomini annuirono, poi si separarono con rapidi cenni di commiato. Sapevano tutti che la velocità era essenziale, e che ognuno doveva fare la propria parte per arrivare alla vittoria. E nessuno di loro intendeva tirarsi indietro.
 
***
 
I quattro ragazzi rimasero immobili per un secondo, Winry ed Al ancora qualche gradino più in basso di Ling e Lan Fan. Una sagoma grottesca si era tirata in piedi oltre le macerie, ed ora li stava fissando con occhi rotondi come quelli di un pupazzo che affondavano negli strati di grasso del volto tondo e pelato. La sua figura era gonfia fino all'inverosimile, tanto da ricordare più un pallone troppo gonfiato che una persona semplicemente bassa, e la faccia era spaccata da un ampio sorriso che rivelava una selva di denti scintillanti.
- Che cosa è quella cosa?- sussurrò Winry con un brivido.
La cosa in questione inclinò la testa di lato con aria interrogativa, poi parlò:- Siete voi gli intrusi?-
- Che intrusi?- domandò Alphonse, accennando a risalire i gradini di metallo verso la cima della scala, che barcollò leggermente sotto il movimento improvviso. Lan Fan fece cenno a lui e Winry di rimanere giù, per essere più rapidi nel caso fosse stato necessario scappare.
- Lust ha detto che c'erano degli intrusi.- piagnucolò la creatura:- Ha detto che potevo mangiarli, ma poi è andata via. Allora, posso mangiarvi?-
- Ma anche no.- borbottò Ling, cercando di capire se quel tipo stesse scherzando:- Tu chi saresti?-
L'individuo esitò per un istante prima di rispondere:- Io sono Gluttony.-
- E che cosa ci fai qui, Gluttony?-
- Lust ha detto di mangiare gli intrusi.- ripeté pazientemente Gluttony:- Ha detto che per una volta posso fare qualcosa di utile anche io, visto che i nostri fratelli sono impegnati ad ultimare i preparativi per l'ascensione di stanotte.-
- L'ascensione?- ripeté Lan Fan, poi si rivolse a Ling in un bisbiglio:- Deve riferirsi all'attivazione di quel macchinario. Dobbiamo avvertire subito...-
- Oh, e il Padre è occupato a studiare quel ragazzo che hanno portato qui.- proseguì Gluttony senza badar loro:- Ha detto che per ora non posso mangiarlo, ma mi sa che non rimarrà molto da mangiare, comunque.-
Alphonse sobbalzò, esclamando:- Ed? Stai parlando di Edward?-
Gluttony inclinò di nuovo la testa, perplesso, poi sospirò e si diede un colpo sul capo liscio. Brontolò:- Stupido Gluttony. Non avrei dovuto dirvelo, Lust ha raccomandato di non dire niente. Ora dovrò proprio mangiarvi.-
- Aspetta, stavi parlando di...- tentò di continuare Al, ma l'essere non li stava più ascoltando. Con una velocità insospettabile per la sua corporatura tozza, Gluttony si lanciò verso di loro, spalancando la bocca con un'ampiezza impressionante e mettendo in evidenza la dentatura.
- Giù! Correte!- iniziò ad urlare Ling, ma proprio in quel momento il pavimento tremò ancora una volta sotto i loro piedi. Con sgomento, il ragazzo vide i perni della rampa fremere e staccarsi di netto, senza preavviso.
Alphonse ebbe la presenza di spirito di afferrare Winry e spingerla indietro, atterrando al sicuro insieme a lei sulla rampa sottostante, ancora stabile... ma solo per il momento. Già un tremito indicava che anche quei gradini avrebbero ceduto in poco tempo.
- Al, Winry, scendete prima che crolli tutto!- esclamò Lan Fan, vedendo con la coda dell'occhio che i due si erano fermati a guardare in alto:- Ling, salta e raggiungili, so che puoi...-
Per un attimo, il ragazzo ebbe la sensazione di aver già visto quella scena. Sapeva a cosa stava pensando la sua guardia del corpo, voleva rimanere indietro ed affrontare quella cosa, per dare loro il tempo di allontanarsi. Era lo stesso tono che aveva usato su Briggs, quando si era volontariamente esposta a quell'esplosione per difendere lui e gli altri. Ma questa volta non le avrebbe permesso di farlo, si ripromise, gettandosi su di lei e spingendola di lato.
I due rotolarono sul pavimento, mentre la sagoma pesante del loro avversario si abbatteva sul pavimento dove si trovavano fino ad un attimo prima, causando una sorda vibrazione.
- Ling, che cosa stai facendo?- sibilò Lan Fan, rialzandosi contemporaneamente a lui.
- Dobbiamo distrarre quella cosa e tenerla lontana dalle scale.- sussurrò a sua volta il giovane in tono determinato:- Non sembra molto intelligente, forse potremmo fare in modo che cada nel pozzo dell'ascensore.-
Lan Fan rinunciò a ribattere, vista l'urgenza della situazione, ed annuì:- Buon piano. Ma stai attento.-
- Anche tu.-
E furono le ultime parole che si scambiarono, prima che Gluttony partisse di nuovo all'attacco.
 
***
 
Luce. Abbagliante, gelida, dritta come una lama contro i suoi occhi doloranti, tanto da costringerlo a richiuderli subito. Una sensazione di stordimento, poi la consapevolezza di essere disteso su una superficie liscia, e delle cinghie che gli premevano sul petto e sulle gambe.
Edward sentiva di avere già vissuto quella scena. Per un istante fu di nuovo un bambino, incapace di comprendere che cosa stesse succedendo, poi il fiume dei ricordi affluì di nuovo nella sua mente. Era stato rapito, ed ora si trovava da qualche parte nella base della compagnia Amestris, su Central Moon. A Con fatica, lottando contro lo stordimento che ancora gli offuscava i sensi, sollevò le palpebre e mise a fuoco la stanza che lo circondava, ed un volto che incombeva su di lui.
- Hohenheim? Pa... pà?- gracchiò, incredulo e confuso, ma subito si rese conto dell'errore. Quell'uomo non era, non poteva essere Hohenheim: c'erano delle sottili differenze che il suo cervello non riusciva ad additare con precisione, e c'era l'espressione, fredda e distaccata, aliena da qualsiasi umanità.
- Tu sei quel tizio... quello che chiamano il Padre. Il capo della Amestris.- sibilò Edward, capendo.
L'altro annuì:- Sì, è così che mi chiamano.-
- Dove è mio padre?-
La domanda gli era sfuggita dalle labbra prima che potesse trattenerla, con un'urgenza soppressa da anni di rassegnazione. E la risposta arrivò altrettanto inaspettata, da un angolo della stanza che non riusciva a vedere.
- Sono qui, Edward. Sono qui.-
Ed girò la testa, e riuscì finalmente a scorgerlo. Suo padre era invecchiato rispetto a come se lo ricordava, ed una profonda, triste stanchezza traspariva dal suo tono e dalla sua postura, seduto su una sedia in un angolo della stanza, ammanettato ai braccioli in modo da non potersi alzare. Eppure c'era una nota di sollievo e di forza ritrovata, nel rivedere dopo tanto tempo quel figlio perduto.
Una nota di sollievo che si tramutò immediatamente in angoscia, e prima che Edward potesse capire che cosa stava succedendo una fitta di dolore risalì fulminea lungo la sua gamba di metallo, mentre una punta gelida si incuneava a forza tra i meccanismi esposti allo scoperto.
Hohenheim quasi gridò, cercando inutilmente di liberarsi dai legami:- Che cosa stai facendo?-
Il Padre sembrò del tutto indifferente, continuando a rigirare distrattamente uno stretto arnese di metallo tra i meccanismi, incurante degli spasmi che provocava. Con distacco, commentò:- Un lavoro di alta precisione, come era prevedibile. Il modo in cui il metallo si connette ai nervi è semplicemente stupefacente.-
- Smettila.- intimò Hohenheim, la voce profonda venata da un tremito di rabbia e preoccupazione. Edward non disse nulla, troppo impegnato ad impedire ad un gemito di dolore di uscire dalla sua gola. Non voleva dare a quel bastardo la soddisfazione di sentire...
Qualcosa si spezzò nella sua gamba, rilasciando una scarica di elettricità che attraversò il corpo del ragazzo, facendolo sobbalzare contro le cinghie che lo bloccavano in una convulsione improvvisa.
Il Padre ritirò la mano, rigirando tra le dita un piccolo disco luccicante, mentre Edward si lasciava cadere ancora una volta contro la superficie liscia della barella, ansimando. La fitta di poco prima aveva lasciato il posto ad un dolore ancora acuto, ma sopportabile, nel punto in cui poteva ancora sentire la punta di metallo incuneata nella sua gamba. In quel momento, avrebbe voluto avere una protesi che conduceva le sensazioni in modo meno perfetto.
- Edward, come ti senti?- domandò in tono pressante Hohenheim:- Fa male?-
Il ragazzo fece una smorfia:- Male? Pfui, ho subito di peggio.- Si trattenne a stento dall'aggiungere che suo padre avrebbe dovuto saperlo, se non fosse stato dall'altra parte dell'universo quando si era risvegliato ad affrontare un dolore molto peggiore di quello.
In quel momento, la porta della stanza si aprì, e dei passi rapidi si avvicinarono a loro. Roteando gli occhi, Edward riuscì a riconoscere la sagoma che era entrata. Envy.
- Il macchinario è quasi pronto, ed il catalizzatore è collegato..- aggiornò l'individuo dai capelli verdi, con aria annoiata.
- Molto bene. Presumo che non ci siano stati contrattempi.- rispose il Padre, allontanandosi da Ed.
Envy sbuffò:- Quella cosina si dimena parecchio per essere così piccola, e gli scienziati che l'hanno esaminata pensano che abbia sviluppato una sorta di collegamento con la mocciosa che abbiamo qui. Ma assicurano che non interferirà con il procedimento, anzi... pare che potrebbe essere d'aiuto ad incanalare l'eccesso di energia.-
- Quindi, May sta bene?- domandò Edward.
Envy si girò verso di lui, come se si fosse accorto solo in quel momento del ragazzo, e si concesse un sogghigno:- Oh, il piccolino si è svegliato? Allora, come sta andando la riunione di famiglia? Neanche una lacrima per la gioia di rivedere il tuo caro vecchio papà dopo tanto tempo?-
Edward stava per ribattere, ma il Padre lo precedette:- Envy, non abbiamo tempo per i tuoi giochi. Confido che i tuoi fratelli stiano arrivando, giusto?-
L'altro roteò gli occhi, seccato, ma si affrettò a rispondere:- Beh, non esattamente. Wrath è ancora bloccato a quella specie di festicciola patetica organizzata dai suoi scagnozzi umani, e Pride non si è ancora visto. Sloth non si muove, e Lust e Gluttony sono andati ad occuparsi di...- Envy esitò per un istante, poi alzò le spalle:- Di alcuni intrusi che sono riusciti ad entrare nel complesso. Pare che Greed abbia messo insieme un po' di delinquenti per tentare di fermarci. Che idiota, vero? Come se potesse riuscirci, ora che siamo così vicini.-
Il Padre sospirò, con leggero disappunto:- Envy, non mi importa quanto siano inferiori i normali esseri umani rispetto ai miei figli. Non desidero contrattempi, nel momento in cui otterrò... in cui otterremo il premio dei nostri sforzi. Mi aspetto che quegli intrusi siano eliminati all'istante.-
- Non ci saranno problemi.- ripeté Envy, sicuro di sé:- Allora, cosa faccio adesso? Porto Hohenheim al macchinario?-
L'uomo legato alla sedia sollevò la testa, confuso, ed il Padre concesse una spiegazione:- Anche se hai deciso di non unirti a noi... fratello... abbiamo ancora bisogno della tua collaborazione per calibrare il macchinario ed inserire i dati necessari.-
- Mi pare strano che tu abbia aspettato l'ultimo momento. Cosa ti fa pensare che la mia risposta sarà diversa dalle altre volte?- ribatté Hohenheim irrigidendosi, sapendo già quale sarebbe stata la risposta.
Ed infatti, il Padre scosse la testa:- Non c'è neppure bisogno che te lo dica, vero? Tu farai quello che è necessario per il bene superiore. Per il nostro bene. In caso contrario, Edward Elric ne pagherà le conseguenze.-
 
***
 
- Al, stai bene?-
- Sì, sono solo... ho solo avuto una strana sensazione.- balbettò il ragazzo, riscuotendosi. Lui e Winry si erano fermati a riprendere fiato sul pianerottolo che collegava la pericolante rampa di scale ad un corridoio avvolto nella penombra. Non era sicuro di quanto fossero scesi, ma i rumori dal piano superiore, dove avevano lasciato Ling e Lan Fan, erano piuttosto attutiti. Sperava che i due ragazzi stessero bene e riuscissero a raggiungerli in fretta.
E sperava che suo fratello stesse bene, lo sperava con tutte le sue forze, mentre cercava di sopprimere quella strana, angosciante sensazione di pericolo che gli attanagliava lo stomaco. Pericolo non per sé, ma per la persona con cui era cresciuto.
Sentì un tocco delicato sul braccio, e si voltò verso Winry, che si stava sforzando di sorridere nonostante la preoccupazione che si leggeva chiaramente sul suo viso:- Forza, Al. Sono sicura che Edward sta bene.-
L'altro sospirò. La ragazza aveva ragione, e farsi prendere da quell'angoscia sottile, che gli sibilava che qualcosa di brutto stava succedendo ad Ed proprio in quel momento, non lo avrebbe aiutato. Dovevano andare avanti.
Cambiò argomento, sollevando di nuovo lo sguardo verso le scale da cui erano appena scesi, o meglio verso quello che ne rimaneva.
- Non si riesce a capire cosa stia succedendo, là sopra.- constatò Winry, tesa:- Spero che Ling e Lan Fan stiano bene.-
- Quei due sono forti, sono sicuro che se la caveranno benissimo.- la rassicurò Alphonse:- Piuttosto, cerchiamo di capire dove siamo adesso, d'accordo?-
Tornarono ad osservare il corridoio. Le luci principali si erano spente, con soltanto la debole illuminazione d'emergenza a rischiarare i loro passi che risuonavano nel silenzio quasi completo. Quella zona non sembrava essere stata toccata dalle esplosioni che avevano danneggiato i piani superiori, e le lunghe file di porte sulle pareti apparivano ermeticamente chiuse.
- Penso che potremmo essere nella zona delle celle.- commentò Winry, guardandosi attorno:- Le porte ricordano quelle di una prigione. Pensi che dovremmo cercare di aprirne qualcuna? Magari...-
Alphonse la interruppe all'improvviso:- Hai sentito?-
- Sentito cosa?-
Senza rispondere, il ragazzo attraversò di corsa il corridoio e si fermò davanti ad una porta a qualche metro di distanza. Winry lo raggiunse, e lo sentì anche lei: un lamento spezzato, flebile, come se qualcuno stesse cercando di trattenersi dal piangere, e colpi stanchi che battevano incessantemente dall'altro lato della porta.
I colpi si fermarono. Una voce tremante domandò:- C'è... qualcuno?-
- May?- sussultò Alphonse, riconoscendo la voce e sentendo una fitta di angoscia. Che cosa le era successo? Aveva pensato che non le avrebbero fatto del male, in fondo lei era soltanto una ragazzina innocente, che motivo avrebbero avuto di... il cyborg sentì un'ondata di rabbia salirgli alla testa. Se avevano toccato May, si disse, gliela avrebbe fatta pagare.
- May, sono Alphonse! Adesso ti tiriamo fuori da lì, non preoccuparti.-
Winry, che si era già chinata ad esaminare il meccanismo di apertura della porta, tirò un sospiro di sollievo:- La serratura è bloccata solo dall'interno. Posso aprirla senza problemi.-
In pochi attimi, il pesante uscio fu spalancato, ed Alphonse si precipitò nella cella senza perdere altro tempo. Non perse tempo a guardarsi intorno, troppo concentrato sulla sagoma che stava accoccolata sul pavimento. May, con un sorriso debole, cercò di alzarsi in piedi, ma senza successo. Al dovette chinarsi a terra e prenderla tra le braccia per impedirle di cadere.
- Che cosa è successo, May?- domandò Winry, chinandosi a sua volta accanto ai due e posando una mano sulla fronte della ragazza. Scottava, e la pelle era lucida di sudore. Era evidente che May non stava affatto bene, e poteva solo sperare che non ci fosse nulla di più grave della febbre.
- Ti hanno fatto male?- intervenne Alphonse.
La ragazza scosse debolmente la testa, bisbigliando:- No, io... non io. Credo che sia...- si interruppe, scossa da una convulsione, poi terminò:- Credo che stiano facendo qualcosa a Xiao Mei. E... ho paura.-
- Non preoccuparti, May.- cercò di calmarla Winry:- Ora siamo qui, andrà tutto bene.-
May sorrise e cercò di rispondere, di dire che ne era certa, che il solo fatto di vederli lì con lei la stava facendo stare meglio. Ma non era affatto così, anzi. Sentì i suoi occhi chiudersi.
- May? May, devi restare sveglia, mi senti? May!-
La voce di Al era ormai distante, da qualche parte oltre la nebbia di dolore e confusione che la avvolgeva. Dopotutto, dormire era più facile. Molto più facile...
- May!-





Angolo dell'Autrice:
Ceeerto... e così mi avevate anche creduto quando ho detto che avrei aggiornato in tempi brevi? No, vero? Bravissimi, perché come avete notato non è successo. Maledette feste che mi prosciugano ogni voglia di fare... e la cosa peggiore è che questo capitolo è finito da almeno una settimana. E mi sono dimenticata di pubblicarlo. Sono un caso disperato.
Terminato il breve intervallo di autocommiserazione, passiamo a commentare quello che avete appena letto. Il mio problema principale, da questo momento in poi, è che ci saranno molte, molte scene d'azione, che io ho sempre qualche difficoltà a scrivere. E che ancora una volta i personaggi si separano, e quindi avrò una decina di linee narrative da portare avanti, cosa che non sarà per niente facile. Già vi sento chiedere, "ed allora perché lo stai facendo?" Facile, sono un'autolesionista allo stadio terminale -_-"
Il capitolo è un po' più lungo degli altri, spero che vi piaccia! Al solito, se notate errori che mi sono sicuramente sfuggiti, se avete qualche critica o suggerimento, o semplicemente se volete darmi la vostra opinione, basta una piccola recensioncina che mi farà tanto felice...
Grazie a SuorMaddy2012 per aver recensito il capitolo 29, e grazie a tutti voi che state seguendo questa storia. E per quanto in ritardo, buon 2014 a tutti!


Melanita

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


CAPITOLO 31
 
- Fermi.-
Il colonnello Mustang si bloccò a metà di un passo, girandosi parzialmente verso la bionda tenente che copriva loro le spalle.
- Tenente, che cosa succede?-
Riza teneva una pistola puntata contro le scale da cui erano appena scesi, e la sua espressione si era fatta tesa.
- Qualcuno ci sta seguendo.-
Tutti rivolsero lo sguardo nella direzione indicata con assoluta fermezza dall'arma della donna, estraendo a loro volta le proprie armi. Per un lungo istante attesero, pronti all'azione, ma non accadde nulla. Il corridoio in cui erano appena arrivati, alla ricerca di una via sicura per scendere nel nucleo del complesso sistema di sotterranei, rimase silenzioso.
- Passi, direi di una persona sola.- spiegò la donna senza abbassare la sua arma:- Ora si sono fermati, ma è sempre lì.-
Roy non le chiese se ne fosse certa, non ce n'era bisogno. Fece una serie di rapidi gesti con la mano, mentre annunciava a voce alta:- La tensione gioca brutti scherzi, a volte. Meglio muoverci.-
Fu soddisfatto, ma non particolarmente stupito, nel vedere che sia i suoi sottoposti sia gli altri avevano capito al volo le sue intenzioni. Tutti e cinque si fermarono, addossandosi alle pareti, pronti a cogliere di sorpresa chiunque li stesse inseguendo. Passò ancora qualche secondo, e poi li sentì anche Mustang, passi felpati che scendevano lentamente gli scalini, prudenti ma non abbastanza.
Infine, una sagoma comparve nella luce incerta e vacillante delle lampade di emergenza. Una donna dalle curve sinuose, con una cascata di capelli scuri ad incorniciare un volto perfettamente truccato, ed un abito da sera che strideva incongruamente con il luogo in cui si trovavano.
- Ferma dove sei.- intimò Mustang, facendo un passo avanti. Hawkeye ed Havoc erano ai lati della misteriosa nuova arrivata, le pistole puntate all'altezza della sua testa.
La donna sospirò, apparentemente annoiata:- Beh, era ora. Vediamo di finire in fretta questa farsa.-
- State attenti.- avvisò Greed, una nota di allarme nella voce:- Lust ha in mente qualcosa, ed è pericolosa.-
- Pericolosa?- soffiò piano la donna, quasi stesse facendo le fusa:- Oh, andiamo. Che pericolo può rappresentare una donna, tutta sola, per degli uomini esperti come voi?-
Se ci fosse stato il tempo per discutere, Roy avrebbe volentieri commentato che conosceva Riza da troppo tempo per sottovalutare una donna sola, ma non era il momento di distrarsi. Quella Lust era troppo tranquilla, quasi divertita, per non costituire un pericolo.
- Al posto vostro, abbasserei quelle pistole.- continuò Lust nello stesso tono dolce e letale. Quando vide che nessuno accennava a farlo, anzi, che Riza era pronta a premere il grilletto al minimo movimento da parte sua, sospirò teatralmente:- Oh, come volete. Non cambierà nulla.-
Con un movimento fulmineo, la donna sollevò le mani, come se volesse toccare le due pistole che sfioravano il suo capo, ma le sue dita si erano allungate in affilate e sottilissime lame d'acciaio che passarono attraverso le canne delle armi senza il minimo intralcio, rendendole inutilizzabili. Nel tempo che aveva impiegato a compiere quel movimento, tuttavia, sia Havoc che Hawkeye avevano già sparato. Il corpo di Lust si accasciò a terra, la testa quasi irriconoscibile in una maschera di brandelli di carne sanguinolenta.
- Andiamocene, prima che si riprenda.- li sollecitò Greed.
- Riprendersi? Le è appena esplosa la testa!- esclamò Havoc, disgustato:- Dannazione, se solo non si fosse mossa così in fretta...-
- Questo non la fermerà.- tagliò corto l'altro, arretrando lungo il corridoio:- E non abbiamo tempo da perdere, quindi è meglio scendere prima che...-
Fu interrotto da una risatina sommessa, con una sfumatura di derisione, che saliva dal pavimento su cui era accasciata la sagoma di Lust. Davanti agli occhi increduli degli altri, due braccia bianche si fecero forza per tirarsi su, e la donna che avrebbe dovuto essere mossa si tirò a sedere rassettandosi con gesti languidi i capelli, come se nulla fosse accaduto. In un crepitio di energia scarlatta, ogni traccia dei colpi di pistola svanì dal viso, rischiarato da un sorriso di superiorità.
- Ma che ragazzi cattivi. Suppongo che dobbiate essere... puniti.-
Prima che gli altri potessero fermarla, la donna aveva allungato una mano verso uno dei pannelli che ricoprivano la parete accanto a lei, tagliandolo come se fosse stato carta con gli artigli affilati e lucenti. Un muro di metallo, come i meccanismi di sicurezza che li avevano separati dai ragazzi al piano di sopra, iniziò a scendere nel corridoio alle loro spalle, pronto a bloccare loro la strada.
Ma il corridoio, già messo a dura prova dalle esplosioni che avevano scosso il piano superiore e danneggiato dalla scarsità di energia, non poteva reggere ad un movimento così improvviso. Prima che potessero anche solo pensare ad una strategia di fuga, il secco preavviso di un sordo brontolio si trasformò in un crollo catastrofico.
In mezzo al fumo delle macerie, ancora una volta, calò il silenzio.
 
***
 
- Attento!-
Ling si spostò di lato appena in tempo per evitare la massa che stava cadere su di lui, e balzò all'indietro fino ad atterrare in precario equilibrio sulle macerie che ingombravano il corridoio. Lan Fan lo raggiunse subito, ed entrambi arretrarono, ansimando per la fatica.
- Non arriveremo da nessuna parte così.- sussurrò Ling:- Riusciamo a schivare quella cosa, ma non ad eliminarla, ed è immune a tutte le armi che abbiamo.-
Lan Fan annuì, ripensando al tentativo di mettere fuori combattimento Gluttony con delle scariche elettriche poco prima. L'essere non sembrava essersene neppure accorto. L'unico loro vantaggio era che non sembrava in grado di elaborare una strategia che non fosse balzare loro addosso a bocca spalancata, e fino a quel momento erano stati abbastanza pronti, ed abbastanza fortunati, da riuscire ad evitarlo. Per fortuna Ling aveva insistito tanto per allenarsi insieme a lei nelle arti marziali.
- Va bene, l'unico modo per liberarcene è farlo cadere nel pozzo dell'ascensore.- concluse Ling:- Se lo tieni distratto per qualche secondo, mi metto in posizione e lo attiro lì.-
A Lan Fan non piaceva l'idea di lasciargli correre quel rischio, ma Ling aveva ragione, non c'erano alternative. Annuì brevemente e si spostò di nuovo, attirando l'attenzione di Gluttony.
La ragazza fu costretta a rimanere concentrata sui movimenti sorprendentemente veloci dell'essere di fronte a lei. Con un balzo che la portò fino alla parete e poi di nuovo sul pavimento, a qualche metro di distanza, si spostò alla larga dalla bocca spalancata che minacciava di tranciarle un braccio, e piroettò di nuovo a fronteggiare il nemico, sfidandolo ad avvicinarsi.
Con la coda dell'occhio, vide che Ling le faceva cenno di essere in posizione. In quel momento, il contraccolpo del corpo di Gluttony che si abbatteva su una parete, troppo veloce per fermarsi anche dopo averla mancata, fece tremare per l'ennesima volta il pavimento e le macerie instabili su cui si era appoggiata, rischiando di farle perdere l'equilibrio. Mentre tentava di spostarsi su un terreno più stabile, Gluttony attaccò di nuovo. La giovane riuscì a schivarlo, ma fu colpita di striscio, cadendo a terra.
- Ehi, Gluttony! Da questa parte!-
Gluttony si fermò per un istante, incerto, poi si voltò verso il ragazzo che stava dall'altra parte del corridoio. Magari quello si sarebbe lasciato mangiare un po' più facilmente, pensò tra sé, mentre balzava in quella direzione.
Ling rimase immobile fino all'ultimo secondo, poi balzò di lato. Come avevano già notato prima, Gluttony era rapido, ma non riusciva a controllare la sua mole e quindi a frenarsi. L'essere rimase per un lungo secondo in bilico sul bordo ingombro di macerie, poi un calcio ben assestato da parte del ragazzo lo spinse definitivamente oltre il limite, nel vuoto dell'ascensore. Cadde come un sacco di pietre, pigolando qualcosa con un tono non tanto spaventato, quanto deluso.
Ling non ebbe il tempo di commentare la stranezza di quell'atteggiamento, perché in quell'ultimo gesto per assicurarsi che il piano funzionasse, non aveva calcolato con esattezza come fermarsi. Per un attimo rimase a barcollare sull'orlo dell'abisso, vedendo la sagoma massiccia di Gluttony che scompariva sotto di sé. Poi, con un grido, perse l'equilibrio e cadde nel vuoto, roteando le braccia in aria. Riuscì ad aggrapparsi con una mano ad una trave di metallo che sporgeva dalla parete devastata, e sentì una fitta di dolore acuto al braccio, mentre il suo corpo si fermava nell'aria, tirato verso il basso dall'inesorabile gravità.
Lanciò uno sguardo al pozzo dell'ascensore che scendeva sotto di lui, sprofondando nelle tenebre senza che si vedesse minimamente il fondo, senza che si vedesse neppure il corpo pesante che era appena precipitato in quell'oscurità, e deglutì. Doveva essere profondo qualche decina di metri, e se non si fosse aggrappato a quel pezzo di ferro si sarebbe di sicuro sfracellato. Era stato fortunato, si ripeté mentre stringeva febbrilmente il pugno intorno a quell'unico appiglio che lo tratteneva da una morte certa. Ed in quel momento sentì il metallo cedere sotto le sue dita, e la trave a cui era aggrappato si inclinò bruscamente verso il basso, facendogli perdere la presa.
 
***
 
La sala di controllo non era molto grande, e le complesse apparecchiature che occupavano quasi tutto lo spazio la facevano sembrare ancora più piccola, soprattutto ora che era affollata di persone.
L'unico a sembrare del tutto a suo agio era Furey, concentrato sui cavi della radio a cui stava lavorando con rapidità e precisione da qualche minuto, del tutto astratto da qualsiasi cosa succedesse intorno a lui.
- Ci sono quasi.- annunciò, riemergendo dal groviglio di meccanismi con un sorriso di soddisfazione. Chiunque avesse progettato quell'apparato di comunicazione aveva evidentemente previsto e prevenuto ogni tentativo di entrare nel sistema tramite l'informatica, ma non aveva considerato che lo stesso effetto si poteva ottenere manipolando i circuiti materiali della macchina.
- Bravo, piccolo.- commentò Breda. Se Havoc fosse stato lì, pensò, probabilmente si sarebbe messo ad arruffare i capelli al più giovane della squadra, come faceva quasi sempre. Al momento pareva che tutto stesse scorrendo liscio, ma non si poteva mai sapere che imprevisti si sarebbero presentati, ed il rosso aveva la sgradevole sensazione che qualcosa non andasse per il verso giusto. Appena avessero finito lì, avrebbero raggiunto il colonnello e gli altri ai livelli inferiori della stazione, e sperava solo che Mustang, Havoc ed Hawkeye non si facessero ammazzare prima.
- Ci siamo!- esultò Furey, dopo aver trafficato ancora un po' con la radio:- Ora dovremmo essere in grado di aprire un canale di comunicazione aggirando gli schermi di sicurezza del complesso. Signorina Sheska, ha i codici per comunicare con Briggs?-
La giovane annuì, affrettandosi a riferire le informazioni necessarie, e Furey si affrettò a trasmettere il messaggio che avevano delineato, spiegando in poche parole la situazione e urgenza del pericolo. Poi mollò per un istante le cuffie, rialzando lo sguardo verso gli altri che attendevano l'esito della comunicazione. Spiegò:- Ci vorranno almeno dieci minuti perché le onde radio raggiungano Briggs, purtroppo. Possiamo soltanto aspettare.-
- Ammesso che quel messaggio arrivi.- borbottò Dolcetto, dubbioso:- Ed ammesso che ci credano, e che riescano ad organizzare qualche contromossa in tempi brevi, e che i governi planetari diano loro ascolto. Vista la quantità di incognite, non penso che servirà a molto.-
- I militari di Briggs sono molto efficienti, e la loro comandante ha una notevole autorità.- replicò Falman:- Probabilmente hanno già preparato un piano d'evacuazione, e non mi stupirebbe se la Armstrong avesse già dei piani di riserva oltre alla nostra missione.-
Seguì un attimo di silenzio, poi, senza preavviso, una voce imperiosa tuonò tra le scariche di energia statica:- Era ora che vi metteste in contatto, direi. Messaggio ricevuto, come procede la vostra operazione? Rapporto completo, adesso!-
Furey sussultò di sorpresa:- Generale Armstrong! Co... come ha fatto a rispondere così in fretta? Le onde radio non dovrebbero aver ancora raggiunto Briggs...-
- Non sono a Briggs.- tagliò corto la donna, con una nota di malcelata soddisfazione nel tono:- Ero certa che il piano dei miei avversari sarebbe stato accelerato, e non ho pensato neanche per un istante di lasciare quell'inetto di Mustang a risolvere una faccenda così delicata. Voi avete fornito la distrazione necessaria, ed ora un'intera flotta da battaglia sta per giungere in orbita intorno a Central Moon... dove le difese sono temporaneamente abbassate, grazie al virus che i computer sulla finta nave commerciale su cui siete arrivati hanno trasmesso a tutto il sistema dello spazioporto di quel satellite.- Il tono assunse una sfumatura vendicativa:- Vediamo come si sentono ad essere loro, sotto attacco.-
- Quella donna ha un tono diabolico.- commentò Roa, impressionato.
- E non hai ancora visto niente.- gli confermò Breda. Da un lato era sollevato per i rinforzi imprevisti, ma dall'altro... si affrettò a togliere di mano il microfono a Furey.
- Generale Armstrong, c'è la possibilità che non riusciamo ad interrompere il progetto. Dovete trasmettere un messaggio a tutti i governi planetari che sarebbero messi in pericolo dal macchinario, e convincerli ad evacuare la popolazione.-
- Miles se ne sta occupando proprio in questo momento, da quando abbiamo ricevuto il vostro messaggio.- ribatté Olivier, con il tono di chi sta ribadendo un'ovvietà:- Ma se fossi in voi, farei in modo che non ce ne sia bisogno.-
 
***
 
- Comandante Bradley, abbiamo un... problema.-
King Bradley distolse la sua attenzione dagli ufficiali che lo circondavano, tutti intenti a congratularsi con lui e con se stessi per il successo della spedizione, e la concentrò su un soldato che aveva tutta l'aria di volersi trovare altrove. Non lo stupiva, nessuno avrebbe voluto interrompere i suoi superiori nel mezzo di un festeggiamento per annunciare un problema. E che quel festeggiamento fosse soltanto un'irritante fastidio da cui non vedeva l'ora di allontanarsi, era qualcosa che stava ben attento a non lasciar trapelare, almeno per ora. Gettò un'occhiata all'orologio, calcolando che entro poco avrebbe potuto lasciare inosservato quelle stanze affollate e rumorose e raggiungere i suoi fratelli nel luogo dove la vera battaglia si sarebbe svolta... no, non una battaglia, un trionfo. Il trionfo della specie eletta, la sua specie, sui limiti della materia e dell'umanità. Il trionfo finale, per cui aveva sopportato quella lunghissima farsa.
Ma ora c'era un problema, ed il suo affinato istinto di guerriero gli diceva di non sottovalutarlo.
- Che genere di problema?-
- C'è un malfunzionamento a tutti i sistemi dei livelli inferiori, e non ne capiamo la causa. Pare che qualcosa stia drenando tutta l'energia.-
Bradley aggrottò la fronte. Naturalmente, l'ascensione avrebbe richiesto una grande quantità di energia.:- Ma questo era previsto. Ci sono dei lavori di ristrutturazione in corso, e l'energia di quell'area è soggetta a fluttuazioni. Soldato, se mi ha interrotto per dirmi questo...-
- Non... non è solo questo!- si affrettò a spiegare l'uomo, terrorizzato:- Sa bene che la struttura di Central Moon è assai delicata, questi sbalzi stanno provocando dei cedimenti! Si rischia un collasso strutturale dell'intero complesso!-
Perché l'intero complesso non è altro che una copertura, destinata a celebrare tra le fiamme della sua distruzione l'inizio della nostra grandezza, avrebbe voluto spiegare Wrath, ma non era ancora il momento. Ancora un po' di pazienza, e del resto quel militare stava solo facendo il suo lavoro. Anzi, una parte di lui, quella parte che per anni ed anni aveva lavorato incessantemente a trasformare l'esercito privato della Amestris in una delle più letali ed efficienti macchine da guerra della galassia, era fiera della perizia dimostrata dai suoi uomini anche in quel momento.
- Non si preoccupi, soldato. Tutti i rischi sono stati calcolati.-
Il militare deglutì, ancora nervoso:- Ma... ecco, temiamo che il collasso non sia limitato a quell'area. Anche il laboratorio cinque potrebbe essere coinvolto, e lei sa che...- abbassò la voce:-... il mio comandante sostiene che lei sa che progetto si svolge lì. Io non ne so nulla, signore, ma il comandante dice che lei capirà.-
Wrath sospirò:- Il laboratorio cinque, giusto? Suppongo che mi toccherà dare un'occhiata.-
Dentro di sé, era certo che il risultato finale sarebbe stato lo stesso favorevole a loro. Ma quello che si nascondeva nel laboratorio cinque era uno dei progetti più segreti della Amestris, quasi quanto l'ascensione stessa, ma al tempo stesso molto più incontrollabile e caotico. Ed a lui non piaceva che qualche elemento incontrollabile si intromettesse in un piano ben congegnato.
Con un cenno di scuse e di saluto alla compagnia che lo circondava, King Bradley lasciò la stanza.
 
***
 
Ling si sentì cadere di nuovo, e chiuse gli occhi per un istante, ma qualcosa lo fermò ancora una volta. Una presa calda e stretta intorno al suo polso, tremante per la tensione della lotta contro la forza di gravità, ma salda come acciaio. Il ragazzo riaprì gli occhi, e si ritrovò a fissare Lan Fan.
- Lan Fan! Che... che cosa?- balbettò, sorpreso e preoccupato.
- Non c'è tempo.- tagliò corto la guardia del corpo, con la voce affannata dallo sforzo e dal balzo disperato che aveva compiuto per arrivare lì in tempo, nel momento in cui si era resa conto della situazione. Digrignando i denti, tentò di tirare su il corpo del ragazzo, ma non ottenne alcun risultato, se non rischiare a sua volta di perdere l'equilibrio per essersi sporta troppo. Allacciò con più forza le gambe intorno alla sporgenza su cui si stava sostenendo, e riprovò.
- Ling, devi metterti a dieta.- sibilò a denti stretti, rifiutandosi di smettere di tirare.
Il giovane deglutì, guardandola, poi d'impulso prese una decisione:- Lan Fan, smettila. Rischierai soltanto di cadere anche tu. Non vale la pena di...-
- Non dire sciocchezze.- lo interruppe lei:- Non posso lasciarti andare.-
- Non mi importa se sei la mia guardia del corpo, non posso metterti di nuovo in pericolo.- ribatté Ling:- Ti stai facendo male, sei ancora debole dopo quell'esplosione. Non riuscirai a tirarmi su.-
- Non possiamo saperlo se non ci provo, non credi?- ansimò la ragazza, ricacciando indietro il bruciore umido che avvertiva agli angoli degli occhi. Sapeva che Ling aveva ragione, lei era troppo debole, ma non gli avrebbe permesso di avere ragione quella volta.
Ling sospirò, esasperato dalla testardaggine della sua compagna ed al tempo stesso intimamente sollevato per quel suo caparbio rifiuto di lasciarlo da solo. Sapeva che lei non si sarebbe arresa, e questo significava che neppure lui poteva permettersi di farlo. Con uno sforzo, riuscì a sollevare l'altro braccio ed ad aggrapparsi ancora una volta a quella stessa trave che lo aveva salvato poco prima, su cui fece forza per tirarsi su, mentre Lan Fan continuava a tirare.
- Non... non ti lascerò qui.- proseguì la ragazza, con gli occhi scintillanti di determinazione e sollievo nel rendersi conto che i loro sforzi combinati stavano riuscendo nello scopo. Mentre metteva tutte le sue energie nell'ultimo sforzo, sussurrò:- Dobbiamo andare a vedere il tramonto insieme nel luogo più splendido del pianeta, giusto?-
Ling sgranò gli occhi, ma per qualche secondo fu troppo impegnato a strisciare al sicuro sul pavimento stabile per rispondere. Poi, finalmente, poté prendere per le spalle Lan Fan che era arrossita e stava cercando di fingere di non aver pronunciato le ultime parole. La costrinse a guardarlo negli occhi, mentre domandava incredulo:- Allora eri sveglia, quella volta?-
La guardia del corpo sospirò, imbarazzata:- Pensavo di stare sognando, ma non è stato un sogno, giusto?-
Il ragazzo sorrise e le scostò i capelli dal viso, con dolcezza. Bisbigliò:- Non lo è stato. Perché non hai detto niente?-
- C'erano altre priorità. Non c'era tempo per distrazioni come questa.-
Ling si guardò attorno. Intorno a loro, nel corridoio devastato dai combattimenti, non c'era anima viva. Sapeva che avrebbero dovuto affrettarsi a cercare gli altri, ma ora c'era qualcosa che gli premeva di più.
- Beh, qui ora siamo soltanto noi due. Che cosa mi dici?-
- Riguardo a cosa?- mormorò l'altra in tono appena percettibile, con il cuore che batteva all'impazzata.
- Quando saremo a casa... ti va di venire a vedere il tramonto con me? Anzi, no. Ti ho detto che ti avrei tenuta stretta e non ti avrei più lasciata andare, ma... ti va se comincio già ora?-
Lan Fan rimase in silenzio per un lungo secondo, ma l'espressione sul suo volto era più eloquente di mille parole, un arcobaleno di gioia, emozione e preoccupazione. Incapace di parlare, incapace di pensare a cosa sarebbe stato più appropriato dire o fare, incapace quasi di rendersi conto che stava succedendo davvero, la ragazza annuì.
Ling di slancio la abbracciò, affondando il volto nei capelli neri che si erano sciolti nella foga degli ultimi avvenimenti. Avvicinando le labbra al suo orecchio, bisbigliò:- Ti amo, Lan Fan.-
- Anche io.-, fu la risposta a stento comprensibile della ragazza. I loro sguardi si incrociarono ancora una volta, scintillanti della dolcezza di un primo amore che trova finalmente la strada per uscire dal segreto di due cuori e passare per le bocche. Fu Ling a prendere l'iniziativa ed a chinarsi verso di lei, ma fu Lan Fan a chiudere definitivamente la distanza che separava le loro labbra.
Per lunghi secondi, dilatati all'infinito, non ci furono più parole. Poi i due si distaccarono a malincuore.
- Dovremmo andare a cercare gli altri.- fece notare Lan Fan.
- Hai ragione.- ammise Ling:- Meglio muoverci.-







Angolo dell'autrice:
Okay, devo smetterla di far esplodere le cose. No, sul serio, ogni volta che sto cercando di rendere interessante un capitolo le mie idee decidono automaticamente di convergere sul "fai esplodere qualcosa". E la cosa peggiore è che poi lo faccio.
Disclaimer: se dopo aver letto questa fanfiction vi verrà voglia di far esplodere la sede di una multinazionale, non prendetevela con me.
Altro disclaimer: no, non sono una tipa scientifica, e sono sicura che lo avrete notato. Questa fanfiction è scritta per divertirmi, e quindi molti degli elementi pseudo-scientifici presenti sono stati inventati di sana pianta. Questo comprende il funzionamento delle radio.
Detto questo, il piano originale di questo capitolo era inserire un po' tutti i personaggi. Poi Ling e Lan Fan si sono presi la maggior parte dello spazio, perché... beh, perché era anche ora. Nella remota ipotesi che a qualcuno fosse sfuggito, io adoro questa coppia, e tra l'altro mi riesce anche più "facile" scriverli rispetto a, per dire, Roy e Riza, che hanno una relazione complicata da molti altri fattori. Arriverò anche a loro, tranquilli...
E non temete, i personaggi che non sono comparsi qui, o che hanno avuto poco spazio, troveranno il loro momento di gloria nel prossimo capitolo o nei successivi. Un po' di pazienza, e saprete tutto di tutti.
Detto questo, ringrazio come al solito tutti i miei cari lettori, e soprattutto SuorMaddy2012 e Laylath che hanno recensito il capitolo! Avanti, gente, il climax si avvicina... fatemi sapere che cosa ne pensate!

Melanita


 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


CAPITOLO 32
 
Il laboratorio era avvolto nella penombra e nel silenzio, le uniche luci quelle fioche e fredde delle capsule opache che ne occupavano l'intera lunghezza, susseguendosi sulle pareti e sul pavimento come cellette di un alveare metallico, l'unico suono, a malapena percettibile, un ronzio soffuso che permeava la stanza.
O almeno, così era stato fino a poco prima. Così avrebbe dovuto continuare ad essere, secondo i progetti degli scienziati che avevano lasciato la stanza ore prima, al termine dei loro esperimenti. Ma le esplosioni che stavano scuotendo il resto del complesso sotterraneo non avevano risparmiato neppure i circuiti che correvano sul pavimento di cemento, ed in un'esplosione di scintille uno dei pannelli che convogliava l'elettricità alle capsule era andato in cortocircuito. In breve, il danno si era propagato a tutto il laboratorio.
Avrebbero dovuto esserci dei meccanismi di sicurezza, ma quella notte nessuno, nei livelli sotterranei della Amestris, si stava preoccupando per il laboratorio cinque. Il punto focale su cui tutti erano concentrati era un altro, un altro era l'esperimento che interessava. E così, nessuno notò il tentativo di allarme lanciato dal sistema, prima di disattivarsi.
Su una delle capsule, le luci lampeggiarono per qualche secondo in una frenetica sequenza, poi si spensero bruscamente. Il portello che la sigillava ermeticamente iniziò ad aprirsi.
Poi un altro.
Un altro.
Un altro ancora.
Pallide mani annasparono verso l'esterno, mentre sagome contorte incespicavano incerte fuori dai bozzoli che le avevano imprigionate.
 
***
 
Roy cercò di rialzarsi, ma si accorse con sgomento che le sue gambe erano intrappolate sotto le lastre di metallo contorto che fino a poco prima avevano formato le pareti. Provò a girarsi, cercando di liberarsi, ed avvertì un moto di angoscia nel vedere il corpo esanime di Havoc sdraiato a terra, quasi del tutto ricoperto dalle macerie. Non riusciva a vedere il volto, girato dalla parte opposta alla sua, ma schizzi di sangue avevano macchiato il pavimento tutto intorno. Non c'era traccia degli altri.
- Havoc! Havoc, riesci a sentirmi?- domandò in tono pressante, continuando a tentare di divincolarsi dal peso che lo schiacciava a terra, ma senza ottenere risultati.
- Non penso che riesca a sentirti, sai?- lo derise una voce divertita poco distante. Alla luce debole delle poche luci ancora intatte, una sagoma affiorò nel suo campo visivo, e Mustang riconobbe la donna che poco prima li aveva attaccati. Ma non c'era traccia di ferite sul suo corpo sinuoso, se non le condizioni disastrose dell'abito da sera che ancora indossava. La donna si fece avanti, pettinandosi con le mani i capelli scuri, e le lunghe unghie scarlatte scintillarono nella penombra.
- Non è stato carino da parte vostra colpire una signora.- sussurrò Lust melliflua, incrociando lo sguardo infuriato del colonnello. A passi lenti, si avvicinò ai due uomini imprigionati a terra, e si chinò accanto ad Havoc, sollevandogli il capo con una mano e voltandolo in modo che il colonnello potesse vederlo.
- Uhm, questo è ancora vivo. E' un vero peccato che due bei ragazzi come voi siano così sciocchi da scegliere la parte sbagliata. Se foste stati tra le guardie della Amestris, magari avremmo potuto divertirci un po' insieme.-
Roy sbuffò:- Mi dispiace, le bambole gonfiabili non sono il mio tipo.-
Il volto di Lust si contorse in uno scatto di collera, poi in un ghigno malefico. La mano che ancora stringeva il mento di Havoc scattò, e con un gesto delle unghie simili ad artigli una sottile linea rossa comparve sulla guancia del biondo.
- Non provarci, tu...- inveì Mustang, moltiplicando i suoi sforzi per liberarsi. Perché l'altro non si riprendeva? E dove erano finiti gli altri che si trovavano lì?
Lust gettò il capo all'indietro e rise:- Oppure cosa? Potrei uccidervi entrambi qui ed ora, e credo proprio che lo farò. E mi prenderò tutto il tempo necessario ad assicurarmi che sia un'esperienza piacevole... per me.-
 
***
 
- Maledizione...-
- E' inutile che tenti di liberarti, moccioso.- sbuffò Envy, annoiato:- Tanto non andresti da nessuna parte, con la gamba in quello stato.-
Edward girò il capo, per quanto glielo permettesse la sua scomoda posizione, e fulminò con lo sguardo l'individuo che stava appoggiato alla parete, le braccia incrociate e l'espressione profondamente insoddisfatta. Envy proseguì, con una punta di irritazione:- Ehi, credi che a me faccia piacere stare qui a fare la guardia ad un marmocchio immobilizzato? Spero quasi che quel vecchio provi a rifiutarsi di collaborare.-
Il biondo ebbe un brivido, ricordando le parole con cui il Padre aveva lasciato la stanza, pochi minuti prima.
Envy, tu aspetta qui. Ti affido il ragazzo. Se Hohenheim continua a non vedere cosa sia meglio per lui, ti contatterò per un piccolo... avvertimento.
L'essere pallido si avvicinò alla barella, e sogghignò, come se si fosse reso conto dell'inquietudine di Ed.
- Ovviamente, avrei preferito occuparmi di quegli intrusi che sono riusciti ad entrare nella base, ma anche questo potrebbe essere divertente. Non per te, piccoletto.-
Già, gli intrusi a cui aveva fatto cenno prima. Edward rifletté che potevano avere qualcosa a che fare con Briggs, forse una squadra d'incursione. Forse era quel bastardo di un colonnello, era abbastanza incosciente da fare qualcosa del genere. Sperava solo che non fosse così incosciente da portare con sé anche Al. O Winry. O gli altri ragazzi.
- Si può sapere chi sarebbero questi intrusi, testa di palma?- domandò, fulminando con lo sguardo chi aveva appena osato chiamarlo "piccoletto".
Envy fece un cenno vago con la mano:- Oh, e che te ne importa? Tanto a quest'ora saranno già morti, sempre che Lust non voglia divertirsi un po' prima....- si interruppe, ed il suo ghignò si allargò:- Oh, aspetta. Non penserai mica che stessero venendo a salvarti? Cosa c'è, hai paura che i tuoi preziosi amici siano venuti a gettarsi incontro alla morte per te?-
Ed digrignò i denti, ma non rispose, così Envy proseguì malignamente:- Beh, perché no? Sembrano abbastanza stupidi da farlo, cosa ne dici? Scommetto che al tuo fratellino manchi tanto... o forse dovrei dire gli mancavi, visto che, se è qui, potrebbe anche essere già morto.-
- Se uno di voi idioti tocca mio fratello, vi faccio a pezzi anche a mani nude.- sibilò in tono minaccioso il ragazzo, cercando di non pensarci. Non era possibile che... ma aveva visto di cosa erano capaci quelle persone pur di ottenere quegli obiettivi. Non voleva pensare che Al fosse davvero in pericolo, o peggio, si ripeté chiudendo per un istante gli occhi. Era semplicemente impossibile... perché se fosse stato vero, sarebbe stata tutta colpa sua. Se Al fosse venuto lì e gli fosse successo qualcosa, sarebbe stato perché lui non era capace di proteggerlo.
- Ma che coraggioso, fratellone. Peccato che sia troppo tardi.-
Edward riaprì gli occhi, e di fronte a lui c'era suo fratello. Alphonse, esattamente come lo aveva visto l'ultima volta. Ma non avrebbe dovuto...
- E' tutta colpa tua se sono qui. Sei un pessimo fratello.-
- Pensi davvero di fregarmi così, testa di palma? Anche se non ho ancora capito come fai a cambiare aspetto.- sbuffò Edward, rilassandosi e cercando di dimenticare che per un istante il suo cuore aveva sul serio perso un battito. La somiglianza era perfetta, se non avesse saputo la verità avrebbe anche potuto ingannarlo, anche se solo per poco.
Envy riprese il suo aspetto, e scoppiò a ridere:- Oh, è soltanto un filtro olografico portatile. Nulla che voi stupidi umani possiate utilizzare, ovviamente, è tarato solo ed esclusivamente sul mio codice genetico.-
- Se avessi una faccia come la tua, lo terrei sempre attivo.- ribatté Ed, roteando gli occhi.
L'altro ebbe uno scatto di collera, e per un istante il ragazzo pensò che fosse sul punto di colpirlo con un pugno. Poi Envy si tirò indietro e fece una smorfia:- Sai, non vedo l'ora che il Padre mi dia il permesso di passare alle maniere forti con te. Pare proprio che nessuno ti abbia mai insegnato quando chiudere la bocca.-
 
***
 
Alphonse si rialzò in piedi, tenendo con precauzione tra le braccia il corpo esanime di May, come se fosse una bambola di vetro. La ragazzina respirava debolmente, e per quanto lui e Winry l'avessero chiamata, non aveva più aperto gli occhi da quando aveva perso i sensi, qualche minuto prima.
- Che cosa può essere successo?- domandò il ragazzo, angosciato:- Non vedo ferite, eppure... ha detto qualcosa su Xiao Mei, giusto? Che cosa intendeva?-
- Adesso non c'è tempo.- lo frenò Winry, frugando nelle ampie tasche del borsello che portava alla cintura. Lì, tra un cacciavite ed altri attrezzi meccanici, trovò finalmente quello che stava cercando.
- Okay, questo è un kit medico d'emergenza. Non c'è molto, ma penso che queste pastiglie possano almeno far scendere la febbre, e questa è una fascia di ghiaccio secco da metterle sulla fronte. Ma sarà meglio raggiungere gli altri il prima possibile, hanno delle cassette del pronto soccorso più attrezzate.-
Alphonse annuì, e Winry proseguì, con una smorfia:- Non sarà facile portarla, però. Se incontriamo qualche altro ostacolo, potresti avere bisogno delle mani libere.-
- Un modo c'è.- la interruppe il cyborg, pensieroso, misurando con gli occhi il corpo minuto che cullava tra le braccia. Sì, poteva funzionare.
- Winry, se riesci a svitare la piastra pettorale della mia armatura... c'è un incavo lì dentro. Penso che May potrebbe starci.-
La bionda esitò per un istante:- Ne sei sicuro? Mi sembra strano, costruire un cyborg in questo modo.-
Al scrollò le spalle:- Lo so, ma è sempre stato così. Una volta ho nascosto lì dentro dei gatti per impedire a mio fratello di cacciarli fuori.-
La ragazza sorrise divertita, poi assunse di nuovo un'espressione concentrata, mentre si chinava di fronte ad Al per armeggiare intorno al metallo che ne costituiva la maggior parte del corpo.
- Hai ragione, c'è dello spazio vuoto qui. Penso che possa funzionare.-
 
***
 
- Mostri! Ci sono dei mostri qui sotto!-
Tutte le persone presenti nella piccola ed affollata sala di controllo si fermarono di colpo, puntando gli sguardi ed almeno un paio di pistole verso la porta che si era spalancata di colpo.
Roa sbuffò:- Bido, che cosa stai dicendo?-
L'altro criminale appena entrato, quasi piegato in due per la corsa, spiegò affannosamente:- Stavo perlustrando la zona, come ha ordinato Greed, quando ho sentito dei rumori dietro una delle porte. Mi sono avvicinato per controllare, ed ho scoperto che non era chiusa a chiave, così l'ho socchiusa. Dall'altra parte c'era un grande laboratorio con file e file di capsule piene di liquido verde, in cui erano racchiusi dei corpi... corpi umanoidi scheletrici, con un occhio solo.-
- Deve essere uno degli esperimenti della base.- rifletté Sheska, con un brivido:- Dopotutto, siamo nella zona dove si svolgono i progetti scientifici che la compagnia desidera tenere segreti. Non c'è nulla di strano, no?-
- Nulla di strano?- strillò Bido, sgranando gli occhi:- Stanno uscendo da quelle dannate capsule! Mi sono guardato indietro mentre correvo ed alcuni di essi erano già nel corridoio. Non ci vorrà molto prima che arrivino anche qui.-
Ci fu uno scambio di sguardi preoccupati. Nessuno sapeva cosa stesse succedendo, e nessuno era particolarmente ansioso di scoprirlo.
 
***
 
L'impianto si trovava in una sala di forma circolare, dalle pareti spoglie e prive di qualsiasi apertura, che si innalzavano per decine di metri, creando una sorta di largo tubo. Al centro dello spazio si ergevano sette apparecchiature cilindriche, collegate da cavi ad una struttura centrale di grandi dimensioni, da cui un'alta antenna saliva fino a scomparire oltre la cupola che sovrastava il laboratorio.
Hohehheim si chiese vagamente se qualcuno degli scienziati e dei tecnici che avevano costruito quei pezzi e poi assemblato l'apparecchiatura si rendesse conto di che cosa aveva fatto. Forse lo avrebbero capito quando sarebbe ormai stato troppo tardi.
- Sette cilindri. Uno per ciascuno degli esseri che hai creato... e suppongo che quello centrale sia per te. Al solito, piuttosto egocentrico.- notò, sforzandosi di mantenere un tono calmo. Almeno per ora, doveva fingere di collaborare con quel piano folle, per il bene di Edward.
Il Padre annuì, ignorando il commento finale, e si diresse verso l'uomo che, in un angolo della stanza, stava controllando i valori riportati su alcuni pannelli.
- Hohenheim, credo di non averti mai presentato direttamente il direttore del nostro progetto: Zolf J. Kimbley. Signor Kimbley, questo è Hohenheim Elric. La aiuterà negli ultimi preparativi.-
 
***
 
Da qualche parte, oltre lo stordimento della caduta, risuonavano delle voci familiari. Riza Hawkeye lottò contro l'impulso a cedere di nuovo all'incoscienza, e riaprì lentamente gli occhi. Di fronte a lei, c'erano soltanto macerie, ed il suo fianco premeva dolorosamente contro il pavimento cosparso di detriti, ma il dolore era sopportabile. Provò a muoversi, e constatò con sollievo che non sembravano esserci ossa rotte.
Oltre la porzione di muro che era crollata, separando la donna dal resto del corridoio, qualcuno stava parlando.
- Potrei uccidervi entrambi qui ed ora, e credo proprio che lo farò.-
Riza riconobbe subito la voce della donna che era comparsa poco prima. Lust. Ricordò il modo in cui le sue dita si erano allungate in lame d'acciaio ed avevano neutralizzato le pistole, ed il modo incredibile, se non lo avesse visto, in cui il suo corpo si era rigenerato nonostante le ferite mortali. Questa volta, si disse recuperando altre due pistole dalla cintura e controllandone in fretta l'efficienza, non avrebbe commesso errori. Avrebbe sparato da una distanza di sicurezza, e continuato finché quella cosa non fosse rimasta stesa a terra.
- E mi prenderò tutto il tempo necessario ad assicurarmi che sia un'esperienza piacevole... per me.-
Ma con chi stava parlando? Con prudenza, Riza si rialzò ed osservò oltre il bordo del blocco di cemento che la separava da quella voce.
Non si era sbagliata nel riconoscere Lust, ma per un istante, nel vedere le due sagome distese a terra, provò una sensazione di paura. Il colonnello non sembrava ferito gravemente, per quanto poteva vedere, ma le sue gambe erano bloccate sotto le macerie. Havoc doveva essere ancora vivo, ma non si muoveva. E quella creatura aveva intenzione di ucciderli.
Riza non aveva tempo per avere paura, si disse, cercando dentro di sé la gelida calma che le era stata alleata in tanti scontri. Scivolando con rapida efficienza in una posizione più stabile, sollevò entrambe le pistole, mirando con precisione alla sagoma che ancora rideva, voltandole le spalle. Senza esitazioni, la tenente premette i grilletti.







Angolo dell'Autrice:
Ecco, questo è un altro di quei capitoli che escono di colpo dalla mia testolina fusa dopo un esame. Che è la mia scusa per dire che non è stato ricontrollato con la doverosa attenzione, e che quindi probabilmente troverete errorini sparsi ovunque. Ho cercato di recuperare un po' i personaggi che avevamo perso di vista nello scorso capitolo... a proposito, faceva così schifo? Vi faccio aspettare trenta capitoli per avere uno straccio di scena romantica, e quando finalmente la inserisco nessuno vuole dirmi cosa ne pensa?
Sì, sto cercando di farmi compatire per ottenere qualche recensione :P Che ci posso fare, ho un bisogno disperato di feedback su quello che pubblico.
Okay, so esattamente cosa deve succedere dopo tutti questi colpi di scena, e spero di riuscire a metterlo per iscritto entro la prossima settimana. Nell'attesa, grazie a chi ha letto questo capitolo!
Arrivederci a presto!

Melanita

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


CAPITOLO 33

 
Roy scorse un bagliore di capelli biondi, ed ebbe appena il tempo di cogliere lo sguardo d'avviso della sua sottoposta prima che i proiettili iniziassero a sibilare nell'aria polverosa. Il sentimento di sollievo al vederla comparire, sana e determinata come sempre, si mischiò ad una sorta di orgoglio per la sua Riza, per la forza e la prontezza che dimostrava anche in quel momento. Non avrebbe mai trovato un'altra donna come lei, ed era fortunato ad averla.
Ma non poteva perdere tempo in quei pensieri, pensò mentre schizzi di sangue caldo gli atterravano sul volto. Tutte le pallottole si erano conficcate sul loro bersaglio, senza alcuna sorpresa per lui visto chi stava sparando, e Lust era di nuovo a terra, la carne del petto e del volto ridotta a brandelli.
Non durò. Proprio come poco prima, la donna, o qualunque cosa fosse, si alzò di nuovo in piedi, mentre il suo corpo si riformava in un crepitio di scariche luminose.
- Chi ha osato?- sibilò Lust, voltandosi con un movimento fulmineo verso la direzione da cui provenivano gli spari, con una nota di pericolosa rabbia nel tono.
Per tutta risposta, Riza le scaricò addosso altri due proiettili, costringendola a barcollare all'indietro ed ad accasciarsi a terra. La bionda tenente fece una smorfia, calcolando rapidamente che presto avrebbe dovuto fermarsi per cambiare i caricatori. E se quella creatura era veloce quanto era apparso prima, sarebbe stato un momento molto pericoloso: sperava soltanto che il colonnello riuscisse ad approfittarne per liberarsi e coprirla.
Roy comprese al volo le intenzioni della donna, con quella sintonia che anni di lavoro fianco a fianco avevano dato loro. Nel tempo che la tenente gli aveva guadagnato, la sua mano aveva continuato a cercare con disperata urgenza nello spazio tra le macerie, fino a quando le dita si strinsero finalmente intorno al calcio di una pistola. Era scivolata via durante il crollo, ma per fortuna non si era allontanata troppo. Con una smorfia, pensò che di fronte ad un essere del genere avrebbero dovuto portarsi dietro un lanciafiamme.
Ora doveva soltanto attendere il momento giusto, che arrivò quasi subito. Alla prima pausa dei proiettili che le piovevano addosso, Lust tentò di gettarsi verso la donna che stava sparando, gli artigli vibranti nell'aria. Roy alzò l'arma, digrignando i denti per il dolore che il movimento gli provocava, e sparò a sua volta. Una macchia scura si allargò sulla schiena candida, lasciata scoperta dal vestito ormai ridotto a brandelli. Ancora una volta, la donna barcollò. Pareva che la sua capacità di rigenerazione stesse rallentando, notò con un accenno di speranza Mustang. Forse avevano una possibilità.
 
***
 
- Maledizione...-
Greed digrignò i denti e si alzò con uno scatto secco, ignorando il dolore del suo corpo che si rigenerava per rimediare ai danni della caduta. L'esplosione aveva distrutto una porzione del pavimento, facendogli fare un volo di qualche metro, ed i detriti che lo avevano sepolto avevano fatto il resto, ma per fortuna non era rimasto intrappolato.
Si appoggiò ansimando ad una parete, ed attese con impazienza che il processo di auto-riparazione terminasse. La particolarità del suo codice genetico, progettato in laboratorio, tornava decisamente utile in casi come quello.
- Auto-rigenerazione. Interessante.- commentò una voce profonda a poca distanza da lui. Greed si girò con uno scatto secco, portando una mano alla pistola alla sua cintura, ma si rilassò impercettibilmente quando vide Scar. L'uomo dai capelli candidi stava a braccia conserte contro la stessa parete, il cappotto ricoperto di polvere e graffi striati di sangue sul volto e sulle braccia, ma nessun altro segno del crollo in cui erano rimasti coinvolti.
- Dove sono gli altri tre?- indagò Greed, guardandosi attorno.
- Non qui sotto. Il crollo ci ha separati completamente.- rispose secco l'ishvalano, poi aggiunse:- E non c'è neppure traccia di Lust.-
- Meglio per noi.- borbottò l'altro senza allentare la tensione. Erano caduti in una stanza che sembrava un ufficio, a giudicare dalle scrivanie e dalle sedie divelte a terra, ma la penombra a malapena trafitta da deboli luci d'emergenza non consentiva di scorgere altro.
Scar si diresse verso la porta poco distante ed esaminò brevemente il corridoio, annunciando:- Non so con certezza in che punto del complesso ci troviamo, ma qui c'è una rampa di scale che scende verso il basso, e non pare bloccata. Credo che sia meglio procedere.-
Greed rifletté un istante, poi annuì:- Giusto, atteniamoci al piano. Dovunque siano finiti gli altri, faranno di sicuro lo stesso.-
 
***
 
Riza si sentì sollevata quando vide la pistola in mano al colonnello, prova definitiva che l'uomo stava bene ed era ancora in grado di combattere, ed ancor più sollevata quando Lust si accasciò a terra senza rialzarsi immediatamente come aveva fatto le volte precedenti, le ferite ancora aperte. Forse, sperò mentre cambiava in fretta i caricatori delle pistole, erano riusciti ad esaurire quella sua disumana capacità di rigenerazione.
- Colonnello, pensa di riuscire a liberarsi?- domandò, la voce squillante e ferma sopra il rumore degli spari che risuonavano ancora nel corridoio avvolto dalla penombra, lo sguardo ancora fisso sul suo bersaglio.
Mustang fece una smorfia, tentando ancora una volta di divincolarsi dal peso che gli opprimeva le gambe, e dichiarò:- Penso di sì, ma ci vorrà un po'.-
- Vengo ad aiutarla.-
- Ma quella creatura...-
- Non avrà neppure il tempo di rialzarsi.- completò Riza, lasciando il suo riparo improvvisato e muovendo qualche passo nel corridoio buio. Non poteva ancora permettersi di abbassare la guardia, ma ormai la loro nemica sembrava abbastanza indebolita, ed era della massima priorità, per lei, assicurarsi che i suoi compagni fossero in salvo.
In quel momento, tuttavia, il pavimento tremò ancora una volta. La polvere si sollevò e turbinò con violenza nell'aria, mentre grossi frammenti di cemento ed intonaco si staccarono dal pavimento e dalle pareti insieme ad una sezione di un lungo tubo di metallo, che rimase a penzolare nell'aria, spruzzando un liquido maleodorante. Per un istante, fu impossibile vedere cosa stesse succedendo, e Riza rischiò di perdere l'equilibrio, confusa dall'improvviso tremore e dalla mancanza di visibilità.
Tossì, mentre riprendeva stabilità sulle proprie gambe, e proprio in quel momento qualcosa la colpì con violenza allo stomaco, gettandola a terra, la schiena che sbatteva dolorosamente contro la parete fredda. Neppure il tempo di rialzarsi, ed uno schiaffo violento le fece bruciare il viso, lasciandole in bocca il sapore metallico del sangue. Un piede si abbatté sul suo polso, poi sull'altro, costringendola a lasciar cadere le pistole. Le sentì scivolare sul pavimento, calciate lontano. Come era possibile che si fosse ripresa così in fretta? Aveva sottovalutato il pericolo. Ora...
- Stupida che non sei altro. Avresti dovuto scappare via finché ne avevi il tempo.- sibilò una voce vibrante di rabbia, mentre un altro calcio si abbatteva su Riza, rispedendola a terra. Oltre il sordo vibrare del sangue nelle orecchie, poteva sentire Mustang che urlava qualcosa. Tentò ancora una volta di rialzarsi, solo per essere spinta di nuovo giù, un peso premuto sulla testa per tenergliela schiacciata a terra.
 
***
 
- Ehi, ragazzi, datevi una calmata! Sono soltanto io!- ansimò Martel, sollevando una mano di fronte alle armi puntate contro di lei mentre con l'altra chiudeva bruscamente la porta della stanza.
- Martel, che cosa succede là fuori?- domandò Roa, preoccupato:- Bido dice che delle strane creature hanno fatto irruzione nei corridoi, li hai visti?-
La donna annuì, sforzandosi di riprendere fiato:- Sì, li ho visti. Ed appena quei cosi hanno visto me, hanno tentato di azzannarmi neanche fossi una bistecca. Ho dovuto darmela a gambe, per fortuna pare che non abbiano ancora capito come si fa a camminare come si deve. Dannazione, ho svuotato tutta la carica di una pistola ad energia addosso a quei bastardi e li ho a malapena rallentati, si può sapere che accidenti sono?-
- Soldati artificiali, forse.- intervenne Sheska con un tremito nella voce:- Uno degli esperimenti della Amestris riguardava la creazione di esseri da usare come truppe di massa in battaglia, ma non... non c'era nessun rapporto che dicesse che li avevano effettivamente prodotti. A quanto ne so, non avevano ancora trovato un modo per controllarli con sicurezza, e non sarebbero stati così pazzi da crearli lo stesso.-
- Stiamo parlando degli stessi che progettano di trasformarsi in esseri di pura energia distruggendo come effetto collaterale decine di mondi abitati, gli stessi che hanno ordinato il massacro di Ishval solo per impadronirsi di qualche segreto scientifico.- le rammentò Breda, con una smorfia:- Penso che pazzi potrebbe essere un eufemismo.-
In quel momento, si sentirono dei rumori nel corridoio vicino a loro, lamenti inarticolato e passi incerti e rapidi, troppi per comprendere di quanti individui si trattasse. Martel si irrigidì:- Sono quei cosi, e sono in tanti. Dobbiamo barricare la porta, non penso che riusciremmo ad eliminarli.-
Senza bisogno di altre parole, gli altri si misero al lavoro per improvvisare un riparo, mentre Furey aggiornava via radio le navi che stavano arrivando da Briggs riguardo alla nuova minaccia che avevano scoperto.
Avevano appena terminato di spostare un paio di scrivanie di fronte alla porta, quando la porta si socchiuse di scatto, ed un braccio pallido annaspò nell'aria, seguito subito da un volto che sembrava la caricatura di un essere umano, un volto di un pallore cadaverico in cui un singolo occhio rotondo roteava follemente nell'aria. L'essere emise un lamento confuso, aprendo e chiudendo la bocca, tentando di allungarsi ad afferrare le persone nella stanza, ma fu ricacciato indietro a colpi di pistola ad energia.
Osservando la porta, faticosamente richiusa, che tremava sotto la pressione di corpi che tentavano disperatamente di entrare, Falman osservò:- Pare proprio che siamo bloccati qui, per ora.-
 
***
 
Quando la polvere si diradò, gli occhi di Mustang cercarono immediatamente Hawkeye, e si sgranarono in un istintivo moto di angoscia nel vederla accasciata con una smorfia sul viso premuto a terra. Digrignando i denti, l'uomo sollevò ancora una volta la pistola.
- Non un movimento, colonnello, oppure la tua fidanzata si ritroverà ad urlare di dolore. O peggio.- avvisò velenosamente Lust, voltando lo sguardo verso l'uomo ancora bloccato e sollevando una mano in un cenno di avvertimento.
Roy rimase immobile, non volendo rischiare l'incolumità di Riza, ma il suo sguardo incrociò quello determinato della tenente, cercando di trasmetterle la speranza che sarebbero usciti da lì, come avevano sempre fatto. Doveva esserci qualcosa che potevano fare. Poi si rese conto della frase che aveva appena sentito, ma non era il momento giusto per ribattere che la sua relazione con la tenente era puramente professionale. O per analizzare il rimescolamento che gli aveva percorso lo stomaco, al sentirla definire la sua fidanzata.
Roy, sei un maledetto idiota, si rimproverò da solo.
- Butta a terra quella pistola. Lontano da te.- gli intimò perentoria la donna dai capelli scuri. Di fronte all'esitazione del soldato, si chinò bruscamente ed afferrò con una mano artigliata la chioma bionda di Riza, portando le altre unghie sotto la sua gola in un gesto minaccioso, e ripeté:- Butta quella pistola, ho detto-
- Se anche la tenessi, non servirebbe a nulla contro di te, giusto?- sibilò Mustang, sentendo crescere dentro di sé la frustrazione per la sua impotenza. Gettò la pistola a terra, e proseguì:- Ecco fatto. Ora allontanati da lei.-
Sapeva che non sarebbe servito a nulla, sapeva che l'altra non lo avrebbe fatto, ma aveva bisogno di dirlo. Per se stesso e per Riza. Con sua grande sorpresa, tuttavia, la mora incurvò le labbra gonfie in un sorriso accondiscendente e si rialzò, muovendo qualche passo lontano da Hawkeye e verso di lui.
Si chinò di nuovo, sollevando a forza il mento di Roy, il volto a pochi centimetri dal suo, e sussurrò:- Ci tieni tanto a quella donna, colonnello? Che cosa faresti per lei?-
Mustang digrignò i denti, ma la risposta era già fuori:- Qualsiasi cosa.-
- Vediamo.-
Prima che potesse risponderle, la donna si era già spostata, e con un singolo movimento fluido aveva ribaltato le lastre che lo bloccavano come se fossero state di carta, per poi strattonarlo fuori. Roy avvertì fitte di dolore lancinante per il brusco spostamento, ma senza avere il tempo di raccogliere le idee o le forze si ritrovò ad incespicare sul pavimento, e poi spinto a terra. Avvertì qualcosa di morbido sotto di sé, e si rese conto di essere stato gettato proprio dove si trovava Hawkeye.
- Colonnello, tutto bene?- bisbigliò subito la tenente.
Roy annuì:- Niente di rotto. Tu come stai?-
- Tutto bene.-
- Come stai, tutto bene... ma guardatevi. Ancora a tentare di essere forti, quando non siete altro che patetici esseri umani.- commentò Lust, rimanendo in piedi di fronte a loro e facendo stridere tra di loro gli artigli affilati. Con un sorriso da predatrice, proseguì:- Consideratelo un ultimo regalo, voi due. Ora potete morire abbracciati in un singolo colpo, oppure potete provare a scappare, ed a quel punto uno di voi vedrà l'altro andarsene in un'atroce agonia, prima di perdere la vita a sua volta. A voi la scelta.-
Roy si accorse di cosa stava per succedere: strinse la mano di Riza in un gesto di avvertimento, a cui la donna rispose con un'altra stretta, e sibilò furiosamente:- Vai all'inferno.-
- Dopo di voi.- ribatté la mora, mentre i suoi artigli fendevano l'aria con micidiale precisione.
Ed in quel momento, il suo corpo iniziò a bruciare, avvolto da fiamme roventi. Lust urlò con una nota di disperazione, mentre il suo corpo era divorato dal fuoco, e Roy e Riza ne approfittarono per gettarsi da una parte ed allontanarsi in fretta dal calore che si sprigionava, evitando appena in tempo che le fiamme si estendessero anche ai loro vestiti.
- Scusate il ritardo, gente. Che mi sono perso?-
Roy scosse la testa:- Dimmelo tu, Havoc. Non eri ancora nel mondo dei sogni?-
Il soldato biondo fece un sogghigno, faticosamente sollevato sui gomiti, ed accarezzò l'arma che stringeva in mano:- Con il casino che stavate facendo? Nah, neanche per scherzo. E poi volevo provare questa cosa da un pezzo.-
Riza sospirò, quasi esasperata:- Incredibile. Avrei giurato che sarebbe stato il colonnello il primo a dare fuoco a qualcosa, ed invece sei riuscito a portare qui un lanciafiamme, Havoc.-
Mentre Mustang borbottava qualcosa sui preconcetti della gente, l'altro scrollò le spalle:- Ho avuto fortuna. Quel tubo che si è spezzato ha sparso abbastanza benzina addosso a quell'essere per farla accendere come un...- la sua voce tentennò e si spezzò, mentre si afflosciava a terra.
- Havoc, che cosa succede? Stai male?- domandò immediatamente Hawkeye, chinandosi accanto all'uomo ed esaminando la parte del suo corpo visibile sotto i detriti. Sgranò gli occhi, poi fece una smorfia preoccupata:- Le gambe...-
- Già, non le sento quasi più. Meglio che ci pensiate voi a finire il lavoro.-
La voce di Havoc si ruppe di nuovo in una raffica di tosse, e Mustang gli tolse di mano l'arma, per puntarla di nuovo verso la sagoma in fiamme dall'altra parte del corridoio. Il liquido che era uscito da quel tubo era estremamente infiammabile, ma per fortuna pareva che quasi tutto si fosse concentrato addosso alla donna quando si era spezzato.
- Ora tocca a te urlare, giusto?- terminò, premendo ancora una volta il grilletto. Poco dopo, tutto quello che rimaneva di Lust era cenere sul pavimento.





Angolo dell'Autrice:
Ora, vorrei soltanto crogiolarmi per un istante nella soddisfazione di aver effettivamente fatto questo aggiornamento settimanale. Non sperate che duri, ma finché la mia ispirazione regge farò del mio meglio!
Mi è stato detto da fonti affidabili (coffcoff mia sorella coffcoff) che devo proprio smetterla di lasciare le scene in sospeso alla fine dei capitoli, e poi arrabbiarmi quando la stessa cosa succede in altre fanfiction che leggo. Di conseguenza, per non essere accusata di ipocrisia, stavolta ho dedicato quasi tutto il capitolo a concludere finalmente questo particolare scontro. Non temete, non ho dimenticato gli altri personaggi, arriverà anche il loro turno...
Boh, vi dirò che non sono del tutto convinta, come sempre quando ho a che fare con una scena d'azione. Voi cosa ne pensate? Pareri, suggerimenti, "sbrigati a concludere questa storia"? Al solito, aspetto qualche commento! ^_^
Grazie a chiunque abbia letto ed arrivederci, spero, alla prossima settimana.

Melanita

 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


CAPITOLO 34
 
Per un lungo istante nessuno parlò nel corridoio devastato, gli occhi fissi sulla macchia di cenere e carbone che poco prima aveva una forma umana, nel timore di vederla ricomporsi ancora una volta sotto i loro occhi, ma non successe nulla. Mustang abbassò l'arma che stringeva ancora in pugno e si concesse un profondo sospiro di sollievo, ignorando la puzza di benzina e bruciato e la polvere sottile che impregnavano l'aria. Ce l'avevano fatta.
Il sollievo fu di breve durata, tuttavia, constatò il moro chinandosi ad esaminare le condizioni di Havoc. La sua espressione preoccupata rispecchiava quella di Hawkeye, ma si sforzò di mantenere un tono controllato:- I detriti hanno colpito soprattutto la schiena e le gambe. I danni sembrano... gravi.-
- Dice, colonnello?- commentò il biondo, abbozzando un sorriso sfinito.
- Riesci a muovere le gambe?- domandò Riza, cercando il kit medico che avevano portato con sé ed individuandolo finalmente a poca distanza, apparentemente integro.
L'altro scosse la testa, con una smorfia:- Non riesco neppure a sentirle. Credo che dovrete procedere da soli.-
Ci fu un istante di silenzio, in cui soltanto gli sguardi parlavano, poi Havoc proseguì:- C'è una missione da portare a termine, giusto? E non abbiamo tempo da perdere.-
Roy cercò di riflettere:- Havoc, hai perso parecchio sangue. Non so se...-
Il biondo lo interruppe:- Non c'è niente di cui preoccuparsi. Con qualche medicazione d'emergenza, posso resistere fino a quando tornerete a recuperarmi, ma ora la vostra priorità dovrebbe essere fermare quei pazzi.-
Aveva ragione, ed anche loro lo sapevano. Dopo un paio di minuti spesi a curare per quanto possibile le ferite che tutti e tre avevano riportato, Mustang ed Hawkeye erano di nuovo in piedi, per cercare un'altra strada che li conducesse al livello sottostante.
- Buona fortuna, ragazzi.- augurò loro Havoc, messo a sedere appoggiato alla parete:- E colonnello, veda di non darsi fuoco da solo con quel lanciafiamme.-
Roy fece una smorfia:- Altrettanto per te e per le tue sigarette, Havoc. Ci vediamo presto. Stai attento.-
- Anche voi.-
 
***
 
- Fantastico. Bloccate anche queste.- commentò Greed con una smorfia, fissando con disappunto la rampa di scale che, verso il basso, era bruscamente interrotta da una grata di metallo. Non c'era modo di scendere da quella parte, poteva solo sperare che Scar avesse avuto più fortuna. Si erano separati pochi minuti prima per trovare un percorso ancora utilizzabile nonostante i ripetuti crolli ed i meccanismi di sicurezza praticamente fuori controllo. Per ora, tutto quello che Greed aveva ricavato era una certa irritazione per il tempo che stavano perdendo.
In quel momento avvertì un ronzio vibrante che si avvicinava, e si irrigidì. Un ascensore. A quanto pareva, c'era almeno un ascensore ancora in funzione, e qualcuno stava scendendo verso di loro proprio in quel momento.
Individuò la porta che conduceva alla porta dell'ascensore, poco distante, parzialmente ostruita da alcune lastre di metallo divelte dalle esplosioni, e rimase in attesa per un momento, ritirato tra le ombre. Le due ante metalliche scivolarono lentamente verso i lati, disegnando un rettangolo di luce bianca nella penombra del corridoio. Non c'era nessuno all'interno. Greed si rilassò appena e fece qualche passo avanti per controllare la piattaforma che si era fermata, aperta ed invitante, apparentemente in piena efficienza.
Allungò una mano per scostare alcuni dei detriti che gli bloccavano la strada, ed in quel momento una raffica di colpi di energia lo colpì al petto, sbalzandolo all'indietro contro la parete.
Greed si passò una mano sulla bocca, con una smorfia. Il sapore ferroso del sangue nella sua bocca si mischiava al familiare prurito della carne che si ricostruiva, ed all'adrenalina che sentiva salire dentro di sé.
- Fantastico. Mi chiedevo quando saresti spuntato, tu.- borbottò, mentre la sua pelle si induriva e si scuriva, assumendo una consistenza più dura del diamante. Era da tempo che non era costretto ad usare quel trucco, ma stavolta non poteva sottovalutare il nemico che aveva di fronte. E visto che non c'era nessun altro in vista oltre a loro due, era certo che nessuno dei due si sarebbe preoccupato di mantenere la mascherata da esseri umani.
Di fronte a lui stava un uomo avvolto in un'impeccabile uniforme blu, con lucidi capelli neri e corti baffi, ed una benda scura a coprire uno degli occhi. King Bradley. Wrath. Il comandante supremo dell'esercito della compagnia Amestris, ed uno dei fedelissimi esecutori degli ordini del Padre.
- Cosa c'è, hai già finito i colpi?- sibilò rialzandosi, mentre le nano-sonde inserite nel suo sangue indurivano la sua pelle, l'ennesimo regalo di un'origine da cui si era allontanato molto tempo prima.
L'altro rimise con cura la pistola nella sua fondina, ed al suo posto iniziò ad estrarre altre armi, che riposavano in allungate fodere di cuoio raffinato: due spade.
Greed roteò gli occhi:- Ti stai ancora portando dietro quegli spiedini? Sono passati di moda molto prima che inventassero le astronavi, proprio come i tuoi baffi.-
- Che vuoi che ti dica?- commentò Wrath scrollando le spalle, in tono tranquillo:- Ho un animo romantico.-
- No, sei solo un idiota.- ribatté l'altro, stringendo i pugni e mettendosi in una posizione di combattimento. Wrath sguainò le spade ed iniziò a muoversi a sua volta, con i movimenti sicuri e concentrati di un combattente addestrato. Come avevano già fatto altre volte, tanti anni prima.
 
***
 
Greed schivò l'ennesimo affondo e scoppiò a ridere, poi passò al contrattacco, e stava per mandare un pugno d'acciaio a schiantarsi contro la mascella del fratello, quando un colpo di tosse interruppe il loro scontro.
- Questo complesso ha una palestra, non è necessario frantumare l'intero laboratorio.- fece notare il Padre con un sospiro indulgente, riemergendo dalla sua profonda meditazione.
- Io glielo avevo detto.- dichiarò Lust in tono annoiato, mentre si esaminava per l'ennesima volta i capelli specchiandosi su una delle capsule di cristallo opaco, ancora ermeticamente sigillata:- Ma i ragazzi non ascoltano mai.-
- I ragazzi?- le fece il verso Greed, balzando giù dal tavolo su cui era salito nella frenesia del combattimento:- Sei uscita da quegli apparecchi poche settimane fa come tutti noi, non darti tante arie da donna vissuta. Anche se in effetti sembri già una zitella acida.-
- E tu sembri un teppista da strapazzo, e ti comporti come tale.- lo rimbeccò lei:- Credi che non ci siamo accorti di tutto quello che hai iniziato ad arraffare in giro?-
Greed stava per ribattere, ma il Padre fermò la discussione con un gesto della mano e scosse la testa:- Preferirei che i miei figli non iniziassero a bisticciare fin da subito, ancora prima che la famiglia sia al completo.-
- Dillo a quei due esaltati che non fanno che combattere.- borbottò l'unica femmina nella stanza, indicando Greed e Wrath:- Sul serio, secondo me li hai fatti un po' troppo... umani, ecco.-
- Per me non è un'offesa.- bisbigliò tra sé il primo, roteando gli occhi. Da quel poco che aveva potuto vedere in quel primo periodo della sua esistenza, dopo essere uscito completamente formato dall'utero artificiale che lo aveva cullato fino a quell'affrettata maturità, aveva subito iniziato a guardarsi intorno, in una frenetica avidità di sapere, di conoscere, di provare quelle sensazioni così nuove. Ed aveva deciso che, indipendentemente da quanto potessero essere inferiori, deboli o imperfetti, quegli umani gli piacevano. Erano di sicuro più interessanti degli idioti con cui condivideva l'origine e la dimora. Certo, Wrath non sarebbe stato così male se non fosse stato a tal punto fissato con la disciplina e sicuro di sé, e non poteva negare che far arrabbiare Lust ed Envy fosse divertente. Ma poteva solo sperare che gli altri fratelli, quelli che ancora attendevano addormentati nei ventri di vetro e metallo, fluttuando in bolle di liquido nutritivo, fossero gente con cui si poteva parlare. Gente che voleva qualcosa di più, che starsene ad attendere che il loro creatore si decidesse a dir loro che cosa fare, o almeno a lasciarli uscire da lì. A che scopo dare a tutti loro corpi e sensibilità, se poi non potevano goderne?
- Presto, figli miei... molto presto.- annunciò dolcemente il Padre, come se li avesse letto nel pensiero:- Presto le circostanza saranno mature, e noi dovremo farci trovare pronti. Ora, ecco quali saranno i vostri doveri.-
 
***
 
- Avresti dovuto fare il tuo dovere, Greed. Ora saresti dalla parte dei vincitori.-
- Dalla parte... della noia mortale, intendi?- ansimò l'altro, rialzandosi in piedi. Aveva sempre saputo che Wrath sarebbe stato un osso duro, non per niente era riuscito a scalare i ranghi fino ad una posizione così elevata in pochi anni. Con l'aiuto del Padre e degli umani che lo avevano appoggiato scioccamente, certo, ma anche con le proprie capacità. Wrath era sempre stato quello più bravo a passare per un umano ed ad ubbidire agli ordini, il migliore a cui assegnare un lavoro sotto copertura di così lunga durata come quello richiesto per assicurarsi il controllo della Amestris e delle risorse necessarie al loro piano. Ma era anche forte, più forte di quanto Greed ricordasse.
Ancora una volta i due avversari si fronteggiarono, il respiro pesante per la fatica ed i corpi crepitanti di energia di rigenerazione, nei punti dove i colpi di entrambi erano andati a segno con violenza. Se quello fosse stato uno scontro tra semplici esseri umani, tutti e due sarebbero morti da un po', o almeno ridotti a terra agonizzanti. Per come andavano le cose, invece, nulla era ancora stabilito.
La battaglia ricominciò, scontro di muscoli e di volontà, lame che andavano a cozzare stridendo contro bicipiti metallici, pugni che sfioravano un corpo appena spostatosi nella tensione di una schivata millimetrica, silenziosa ripetizione di allenamenti di tanti anni prima, quasi un muto tuffo nei ricordi portato avanti con brutale, letale determinazione. Parata, schivata, affondo, attacco e contrattacco, in una danza senza pause né concessioni.
E poi Greed si rese conto di essere stato messo con le spalle al muro, ma prima che potesse reagire e spostarsi in una posizione più favorevole le due spade avevano già approfittato di una minima distrazione, di una minima apertura, per trafiggerlo. Rimase sorpreso quando due fitte di rovente energia infransero dolorosamente lo scudo della sua pelle, inchiodandolo alla parete.
- Ma che razza di trucco...- tossì, sputando un grumo di sangue.
Wrath fece due passi indietro, lasciando l'altro sospeso contro il muro, tenuto immobile dalle due spade che gli spuntavano dal petto. Spiegò:- Pensavi che fossero semplici spade, vero? La tecnologia può essere applicata a qualsiasi cosa, anche alle armi bianche che gli avversari tendono a sottovalutare, in questi tempi di guerre decise dalla superiorità tecnica. Cariche di energia, laser, elettricità... ho trasformato le mie armi predilette in strumenti superiori a qualsiasi altro.-
Greed tentò di sollevare una mano verso l'elsa della spada più vicina per toglierla, ma una scarica di elettricità gli attraversò bruscamente il corpo. Digrignò i denti, trattenendo un urlo, ma l'energia che gli attraversava dolorosamente la carne non si fermò, anzi continuò ad aumentare, troppo forte anche per le sue capacità di rigenerazione. Lo scudo della sua pelle si disgregò lentamente, tornando al colore ed alla consistenza di un normale essere umano, o almeno, supponeva lui, di un essere umano che aveva avuto un incidente con un impianto elettrico.
Anche soltanto respirare, ora, faceva dannatamente male. L'elettricità si fermò di colpo, e con un gesto secco Wrath afferrò le spade e le sfilò, facendole ruotare con lenta precisione ad allargare i fori in cui erano state, allargando ancora di più le macchie di sangue scuro. Greed scivolò a terra sulle gambe tremanti, incapaci di sostenerlo.
- Patetico. In questi anni ti sei davvero lasciato arrugginire.-
La voce sembrava distorta, come se si trovassero sott'acqua, e punti neri danzavano davanti alla sua visione annebbiata.
- Non credo che nostro Padre sarebbe contento se ti uccidessi qui, tuttavia. Sei pur sempre uno dei suoi figli. Ma non posso neanche permettere che la tua inaffidabile irruenza interferisca con il nostro progetto.- rifletté a voce alta il comandante, muovendo qualcosa. Greed cercò di muoversi, ma si ritrovò spinto a terra dal peso di alcune lastre di metallo improvvisamente franategli addosso, quelle che prima ostruivano l'ascensore. Non riusciva neppure a spostare un braccio.
- Ora attenderai qui. Io ho altri intrusi di cui occuparmi.-
Greed cercò qualcosa da ribattere, ma era troppo stressante. Tutto quello che poteva fare, si disse mentre ascoltava i passi che si allontanavano lasciandolo solo, era sperare che il suo corpo si rigenerasse abbastanza in fretta da potersi liberare.
 
***
 
- Libero, finalmente.- sussurrò tra sé l'uomo, assaporando la pioggia leggera che gli cadeva sul viso tamburellando sugli occhiali scuri e scivolando giù lungo le braccia nude. Quel primo assaggio di libertà non era affatto male.
Alle sue spalle, il complesso della compagnia Amestris era silenzioso, immerso nella placidità della notte di Central Moon. Quando il Padre avesse scoperto che se ne era andato, dopo essere riemerso dalla sua meditazione, Greed sarebbe già stato su qualche altro pianeta ad iniziare una nuova vita più ricca e soddisfacente.
Aveva pianificato quel momento per mesi, attendendo l'occasione propizia mentre si sforzava con sempre maggiore fatica di mantenere la facciata di ubbidienza e accettazione. Aveva fatto quello che il Padre gli ordinava, aveva evitato di prendere a pugni Envy ogni volta che iniziava a lamentarsi, o di usare Gluttony come pattumiera, anche se quest'ultimo non si era mai lamentato. Aveva addirittura fatto i complimenti a Wrath, tutto tronfio nella sua impeccabile, gloriosa identità umana. E per tutto quel tempo, si era preparato.
Nella sacca che portava con sé c'erano abbastanza soldi da assicurargli un certo margine iniziale, e qualche segreto tecnologico che gliene avrebbe fruttati ancora. Non era neanche lontanamente abbastanza per tutto quello che voleva ottenere, ma era un inizio. Ora era il momento di lasciare quel ruolo che gli stava stretto, e di impadronirsi di tutto quello che l'universo aveva da offrire.
Si diresse a grandi passi verso la copertura del portico, e continuò a camminare fino allo spazioporto. Si fermò solo di fronte alla biglietteria, dove un'impiegata di mezza età gli rivolse uno sguardo annoiato.
- Desidera, signore?-
- Assolutamente tutto.-
La donna sbatté le palpebre:- Come, scusi?-
Greed sospirò e sollevò lo sguardo verso il tabellone delle partenze, individuando la prima destinazione disponibile. Un posto valeva l'altro.
- Un biglietto per Dublith. Prima classe, ovviamente.-
 
***
 
Wrath si fermò, gli occhi fissi sul corridoio di fronte a lui e sulla sagoma immobile al centro di esso.
- Mi stavi aspettando.- disse, e non era una domanda.
Scar annuì seccamente, il cappotto del colore del deserto avvolto intorno alla figura massiccia.
- Tu sei King Bradley, comandante supremo dell'esercito della Amestris. Tu sei il responsabile del massacro di Ishval.- affermò, senza la minima ombra di dubbio.
L'altro non tentò di negare. Si limitò a ribattere:- Ho fatto quanto è stato necessario. Non è stato piacevole, credimi.-
Scar non rispose, gli occhi rossi ardenti di un'enigmatica passione.
Wrath riprese:- Cerchi vendetta?-
- L'ho cercata per molti anni, frugando l'immensità dello spazio alla ricerca di un modo per giungere a chi aveva distrutto la mia casa, il mio popolo, il sogno nostro e dei nostri antenati.- rispose Scar con voce profonda e solenne, rivolto all'uomo di fronte a lui, ma anche a se stesso ed ai fantasmi che lo avevano seguito per tanto tempo:- Ho conosciuto la febbre dell'odio e dell'ossessione, ed a volte ho temuto di esserne consumato. Ora sono qui per impedire che altri soffrano lo stesso.-
- Quindi, sei qui per fermare l'ascensione.- concluse Bradley, con un cenno del capo:- Ma non posso permetterlo. Arrenditi, e fatti da parte.-
- Non credo proprio.-
Ci fu un lungo istante di silenzio, mentre i due uomini si studiavano a vicenda, come lupi prima di un combattimento. Ciascuno lesse la stessa ferrea determinazione nello sguardo dell'altro.-
- Ed allora, non aspettiamo oltre.-





Angolo dell'Autrice:
Altro aggiornamento settimanale, sul serio, la mia ispirazione sta facendo gli straordinari! E nel frattempo ho pure finito la prima bozza di un mio romanzo di fantascienza a cui lavoravo in modo discontinuo da qualche mese, quindi sono molto soddisfatta della mia rapidità di scrittura.
Ancora una volta, ho deciso di concentrarmi su una scena per volta, ed ho inserito un paio di flashback che mi sono saltati in testa mentre scrivevo. Cosa ne pensate? Opinioni, critiche e consigli sono sempre ben accetti!
Ringrazio moltissimo SuorMaddy2012 e Laylath per le loro recensioni, ed arrivederci al prossimo capitolo ^_^

Melanita

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


CAPITOLO 35
 
Un rombo sordo ed una vibrazione lo strapparono all'incoscienza, lasciando che il dolore filtrasse di nuovo nel suo corpo esausto. Con una smorfia, Scar tentò di tirarsi a sedere, ma un peso sul petto lo schiacciava a terra. Che cosa era successo?
Cercò di ricostruire gli ultimi, frenetici eventi. Stava combattendo? Gli sembrava che ormai tutta la sua vita fosse un susseguirsi di scontri, sparatorie ed esplosioni, nonostante la grande battaglia contro gli invasori di Ishval fosse cominciata soltanto da pochi giorni. Ma no, non stava combattendo. Si era recato al laboratorio per parlare con suo fratello, per convincere lui e gli altri scienziati che ancora rifiutavano di abbandonare il progetto. E...
Le immagini travolsero la sua mente come un fiume in piena, mentre il dolore si acuiva oltre ogni sopportazione. Cadaveri, solo cadaveri. Ecco cosa lo aveva accolto, nel luogo che fino a poco prima aveva ospitato il cuore stesso della vita di Ishval. Erano morti, tutti. E la cosa più sconvolgente era che non c'erano segni di lotta, come se chiunque avesse compiuto quella strage li avesse colti completamente di sorpresa. Dubitava che i soldati ci sarebbero riusciti, o se ne sarebbero curati. Ma allora, cosa era successo?
Aveva percorso le stanze tinte di sangue con l'angoscia che saliva progressivamente, finché lo aveva trovato. Il corpo di suo fratello era già freddo, il petto squarciato da una ferita da arma da fuoco, ma l'espressione intatta, tranquilla, quell'aria di superiore compostezza che aveva sempre avuto. Anche nella morte, quel volto pareva chiedergli di non cedere alla furia.
Scar lo aveva ignorato. Gli invasori avevano passato il limite, con quella strage a sangue freddo, tanto quanto avevano fatto con l'uccisione di un bimbo innocente, all'inizio della guerra. Ora dovevano pagare.
Poi i suoi ricordi si facevano confusi: era uscito dal laboratorio, aveva cercato di radunare degli uomini per organizzare un'azione di rappresaglia, ma... un'esplosione, vicina. Troppo vicina. E tutto era diventato buio.
Sentì delle voci lontane, poco sopra di sé, e si sforzò di rispondere. Un suono gracchiante ed inarticolato fu tutto quello che uscì dalla sua gola invasa dalla polvere, ma fu sufficiente.
I soccorritori erano Ishvalani come lui, e gli dissero tutto. Gli dissero quello che non avrebbe mai voluto sentirsi dire. La guerra era persa, Ishval devastata, e loro costretti ad andarsene e disperdersi nell'universo. Non c'era più niente che potessero fare.
Scar non parlò a nessuno di quello che lui aveva invece deciso di fare. Ma nel suo cuore, già ardeva il desiderio della vendetta.
 
***
 
Scar fece un passo indietro, schivando l'ennesimo affondo delle spade acuminate. Quello non era un combattimento normale, era una lotta per la vita o per la morte contro un avversario forte, allenato e deciso a vincere ad ogni costo. Doveva ammettere che era proprio quello che aveva sperato, ed al tempo stesso quello che si era aspettato, da quando aveva iniziato a raccogliere informazioni sul generale che aveva ordinato lo sterminio di Ishval. Uno scontro degno della rabbia che aveva covato dentro di sé per tanto tempo.
Nella foga della battaglia, la benda che celava parte del volto del suo avversario scivolò di lato, rivelando un occhio in cui si stagliava un simbolo rosso, un serpente che mordeva la propria coda. Scar corrugò la fronte:- Un occhio artificiale?-
- Non sottovalutarmi, umano.- ribatté il comandante supremo:- Quest'occhio è parte integrante di me, il dono che mi è stato fatto alla nascita per distinguermi dagli esseri inferiori come voi. E' il marchio della mia stirpe, ed è perfetto ed imbattibile.-
- Non basta un occhio a vincere una battaglia.- lo ammonì Scar, mentre continuavano a combattere.
- No? Lo vedremo.-
Lo scontro si protrasse ancora per lunghissimi minuti, senza tregua, finché King Bradley si rese conto che quella battaglia si stava protraendo troppo a lungo. In un'altra situazione, sarebbe stato esaltato all'idea di aver trovato finalmente una sfida entusiasmante, ma non quella notte. Quella notte segnava il coronamento di ogni suo sforzo negli ultimi anni, ed era suo dovere assicurarsi che tutto procedesse senza intoppi. Inoltre, doveva ammettere che gran parte delle sue energie erano state esaurite dallo scontro con Greed. Era meglio concludere quello scontro in modo rapido ed indolore, anche se gli dispiaceva ricorrere a quei mezzi.
Con una mossa fulminea, attivò un altro dei meccanismi nascosti nei raffinati circuiti con cui le sue spade erano integrate. Un raggio d'energia scintillò nella penombra, andando a colpire con estrema precisione l'angolo a cui aveva mirato, dove una serie di tubi ancora miracolosamente intatti si aggrovigliavano in un precario gomitolo di elettricità, gas, aria ed altre sostanze. Con l'aggiunta di quel colpo, una combinazione esplosiva.
L'onda d'urto fece barcollare entrambi gli uomini, ed un attimo dopo arrivò il fumo scuro, caldo e soffocante, maleodorante di bruciato, metallo fuso e sostanze chimiche, ad invadere il corridoio come una marea improvvisa.
Per l'occhio perfetto di Wrath, la coltre di fumo non costituiva una seria difficoltà, ma semplicemente un vantaggio contro un nemico temporaneamente accecato, di cui poteva ancora scorgere quanto bastava per mettere a segno il suo colpo. Le spade saettarono nell'aria con micidiale precisione, fendendo la coltre di fumo, e si conficcarono in un ostacolo fatto di carne e muscoli tesi. Il comandante supremo si limitò ad attivare uno dei meccanismi che trasformavano quelle lame in armi ancora più letali, e subito scariche di energia crepitarono dal metallo alla carne in cui era affondato. Wrath poteva sentire la tensione dei muscoli che si irrigidivano, per poi cedere bruscamente alla violenza delle scariche che li attraversavano, abbassandosi verso terra.
- Credo che questa battaglia sia finita.- affermò con sicurezza. Aveva già vissuto scene simili, e poteva calcolare con esattezza che mancavano pochi secondi alla perdita di coscienza dell'avversario. Un ritardo ancora accettabile sul compito che doveva svolgere, tutto sommato.
- Lo credo anche io.-, lo sorprese una voce roca ed affaticata, ma ancora ferma.
Il fumo si stava lentamente diradando, rivelando le sagome immobili in mezzo al corridoio. Scar teneva una mano appoggiata a terra, una gamba distesa e l'altra flessa a scaricare il peso. L'altro braccio era sollevato di fronte al volto, teso nello sforzo di frenare le lame che si erano conficcate in esso. Nonostante la fatica e la tensione, negli occhi brillava una sfumatura di vittoria.
- Non ho passato tutti questi anni solo a cercare vendetta.- spiegò lentamente Scar, mentre qualcosa cambiava nell'atmosfera intorno a loro:- Sapevo che avrei avuto bisogno di un modo per ottenerla. A costo di sacrificare qualcosa.-
Wrath, rendendosi conto del pericolo, fece per scostarsi bruscamente all'indietro, ma la reazione era già cominciata. Le scariche elettriche che per qualche secondo si erano dirette solo dalle spade al corpo che avevano colpito, ora cambiavano improvvisamente direzione, muovendosi avanti ed indietro come se fossero impazzite. Nei profondi squarci che avevano aperto, oltre lo strato di carne e sangue che sgocciolava con lentezza sul pavimento, erano ora visibili gli inserti metallici e plastici di altri meccanismi.
La scarica di energia che si riversò attraverso le lame fino all'uomo che le impugnava fu molto più potente di quella che era partita poco prima, amplificata a dismisura dal contatto e dallo scontro con i meccanismi. Ci fu un bagliore di luce, e per un attimo del corpo di Wrath si vide solo uno scheletro attraversato da lampi crepitanti. Poi il comandante supremo della Amestris si accasciò a terra, e Scar fece altrettanto esaurito dal contraccolpo.
King Bradley inspirò profondamente, e sentì il sangue penetrargli nei polmoni. Il dolore che sentiva non era quello familiare della rigenerazione, ma uno molto più inconsueto e stancante. Era sfinito, e tutte le sue energie erano già state esaurite nello scontro precedente. Non avrebbe dovuto fermarsi lì a combattere, disse una parte di lui, eppure... eppure forse era stato meglio così.
- Grazie.-
Scar sollevò appena la testa, socchiudendo gli occhi, incerto se avesse davvero sentito quella parola sussurrata da una voce sfinita.
- Grazie di cosa.-
La voce di Wrath era stanca, mortalmente stanca:- Ho avuto una vita lunga e soddisfacente. Ho avuto il meglio che il mondo umano avesse da offrire, e cose che gli umani potevano solo sognare. Ho avuto addirittura una...- esitò per un istante, accarezzando quel volto che si presentava alla sua mente, poi cambiò frase:- Ho avuto un degno finale. Detto tra noi, dubito che avrei gradito un'esistenza incorporea. Come puoi provare piacere nel combattimento, senza sangue e sudore a testimoniarlo? Sì, un degno finale.-
- E queste sono le tue ultime parole?-
- Potrei avere molte ultime parole.- replicò l'altro, sentendo il suo corpo che lentamente iniziava a raffreddarsi. Il suo organismo non si sarebbe spento come quello di un essere umano, ma molto più in fretta, una volta esaurita la forza che lo spingeva a ricomporsi. Sospirò:- Ad esempio, potrei dirti che mi dispiace per Ishval. Ma non sarebbe quello che vuoi, giusto? Ho fatto quello che era necessario, ed il mio unico dispiacere è di non averlo potuto fare in modo più dignitoso.-
- Non c'è nessuno a cui tu voglia dire addio?-
Bradley sbuffò:- Non qui, e dubito che tu arriveresti a riferire un messaggio. Ho visto il contraccolpo. Moriremo qui entrambi.-
- E' probabile.-
Ormai la morte era vicina, e Wrath si sentiva in pace con essa. Dopotutto, si ripeté ancora una volta, non aveva perso. Il suo nemico era a terra accanto a lui, e la missione del Padre e dei suoi fratelli sarebbe proseguita senza che nessuno potesse fermarla. Chiuse gli occhi per l'ultima volta, rievocando i momenti della sua vita. Le battaglie, le vittorie, il potere. La donna al suo fianco a condividerlo, la donna che aveva scelto di rimanere con lui pur sapendone il prezzo. Il figlio che non era suo, ma che a volte si era quasi ritrovato a considerare tale, nonostante sapesse la verità. Sì, era stata una buona vita. Ed ora, nell'ultimo istante, non era sicuro se a morire in quel corridoio sotterraneo ci fosse Wrath oppure King Bradley. Ma in fondo, di fronte alla morte erano tutti uguali.
L'oscurità arrivò, morbida ed invitante, ed il guerriero si tuffò in essa come in battaglia.
 
***
 
Il cucchiaino cadde a terra, tintinnando sonoramente nel silenzio che all'improvviso sembrava essersi fatto assoluto e pesante come una cappa di piombo.
La cameriera che aveva appena servito il tè sollevò lo sguardo dal vassoio, allarmata.
- Signora Bradley, va tutto bene?-
La donna seduta sulla poltrona si sforzò di respirare profondamente, portandosi una mano al cuore che batteva con più forza di prima. Tentò un sorriso.
- Sì, io... non so cosa sia successo. Un momento di confusione.-
Come avrebbe potuto spiegare la strana sensazione di vuoto che aveva provato, come se un pezzo importante della sua vita fosse improvvisamente precipitato nel nulla? Doveva essere la stanchezza, si disse, posando sul tavolino accanto a sé la tazza che aveva stretto convulsamente tra le mani in quell'attimo di panico. Sì, doveva essere la stanchezza. Non poteva essere successo nulla di sgradevole.
- Mio marito è ancora alla festa, vero?- domandò, in cerca di una rassicurazione.
- Sì, il comandante non è ancora rientrato.- rispose sollecita la cameriera, aggiungendo:- Ed il signorino Selim è a letto che dorme, ho controllato poco fa.-
La signora Bradley sorrise, tranquillizzata:- Già, il mio angioletto dorme così bene ora che suo padre è tornato.-
- Vuole andare a dormire anche lei?-
- Credo che leggerò ancora un po'. Non penso che dormirei bene ora, mi sento un po'... agitata.-
La sua dipendente annuì ed uscì dalla stanza, lasciandola ai suoi pensieri. Mentre si dirigeva alla cucina, non notò la piccola sagoma che sgusciava fuori da una delle camere, avvolta dalle ombre, e lasciava gli appartamenti privati della famiglia.
 
***
 
- Vedi qualcosa?-
- Aspetta un attimo... sì, penso che sia un corridoio. Possiamo uscire.-
- Era ora. Questo passaggio è davvero troppo stretto.- si lamentò Ling, gettando un'occhiata alle loro spalle. Lui e Lan Fan avevano passato gli ultimi minuti a percorrere un angusto condotto, dopo aver cercato inutilmente un'altra strada ancora percorribile per raggiungere gli altri. Ed in quel tempo, non avevano più parlato di quello che era successo poco prima, ma ci sarebbe stato tempo per farlo.
- Aspetta qui, io controllo la situazione.- intimò la guardia del corpo, infilandosi nel portello ed atterrando nel corridoio sotto di loro. C'erano macerie ovunque, sangue, tracce di un combattimento sanguinoso, e...
- Che cosa è successo qui?-
Lan Fan sobbalzò:- Ling, ti avevo detto di aspettare!-
Il ragazzo fece una smorfia, continuando a guardarsi attorno, e ribatté:- Se ci fosse qualcosa di pericoloso, sarebbe meglio affrontarlo in due, non credi? Ma non mi pare che qui ci sia nulla.-
L'altra stava per rispondergli, quando un'imprecazione soffocata a qualche metro di distanza li interruppe. Con uno sguardo d'intesa, i due ragazzi si diressero verso il suono.
C'era una sagoma a malapena visibile sotto una frana di contorte lastre di metallo, e si stava muovendo a fatica, tra grugniti di dolore. Subito riconobbero il corpo sanguinante di Greed, e corsero ad aiutarlo.
- Che cosa è successo?- domandò in tono pressante Ling, mentre faceva leva su uno dei detriti per liberare l'altro:- Siete stati attaccati? Dove sono gli altri?-
Greed tossì, sputando un grumo di sangue sul pavimento, e fece una smorfia:- Ah, siete voi. Non ho la minima idea di dove siano gli altri, ci siamo... separati. Sanno che siamo qui.-
Dopo qualche tentativo, riuscirono a trascinare l'uomo fuori dalla trappola di macerie ed ad appoggiarlo con delicatezza addossato ad una parete. Un sottile crepitio di energia luminosa iniziò a serpeggiare intorno al corpo martoriato, mentre Greed aggiornava rapidamente gli altri due su quanto fosse successo da quando si erano separati.
Maledicendo in silenzio la lentezza eccessiva con cui le sue ferite si stavano rimarginando, concluse:- Dobbiamo muoverci, se vogliamo arrivare in tempo.-
Non si era ancora ripreso abbastanza da poter camminare da solo, così Ling dovette sostenerlo, mentre Lan Fan li precedeva scrutando il corridoio di fronte a loro. Avanzarono nella direzione da cui Greed era arrivato prima, la stessa in cui Wrath si era allontanato. Non ci volle molto prima di trovarsi di fronte ad un'altra scena di battaglia, ma questa volta, a differenza di prima, erano due i corpi distesi tra le macerie striate di cenere, mentre un odore di fumo impregnava l'aria.
- Signor Scar!- esclamò la ragazza, chinandosi accanto al corpo esanime e portando una mano al collo per verificare il battito. Sospirò di sollievo:- E' vivo.-
- Non si può dire altrettanto di questo.- commentò Ling:- Lo riconosco, è il comandante militare della Amestris. King Bradley. Ma pare che...-
- Oppure Wrath, se preferisci.- aggiunse subito Greed, lasciando trasparire nel tono una strana sensazione di rammarico, che neppure lui riusciva a spiegarsi del tutto. Aveva abbandonato i suoi fratelli e le loro follie anni prima, ed aveva fatto del suo meglio per tagliare ogni legame con loro, ma erano pur sempre gli individui con cui era nato ed aveva condiviso i primi anni della propria vita. Vedere quel corpo che si disgregava lentamente davanti ai suoi occhi gli lasciava una sensazione di vuoto, ed era inutile dirsi che era il disappunto che qualcun altro fosse riuscito dove lui era stato sconfitto. Greed non voleva perdere nulla, neanche qualcosa che lui stesso si era lasciato alle spalle.
- Che cosa facciamo? Il signor Scar ha bisogno di cure, ma...- intervenne Lan Fan, strappandolo dal flusso dei suoi pensieri.
- Allora dovremo fare in fretta.- commentò Ling.






Angolo dell'Autrice
* Melanita riemerge tutta ammaccata da una valanga di testi universitari ed agita una bandiera di vittoria * Addio, esami! Finalmente sono di nuovo liberaaaaaaaa
Voce dal pubblico: Ne hai un altro tra un mese.
* Melanita torna a singhiozzare in mezzo ai suoi libri *
...
La scenetta sopra per spiegare l'assenza di aggiornamenti nell'ultimo mese, e la scarsa coerenza di questo, che è stato il mio sfogo dopo un paio di prove particolarmente impegnative. La buona notizia è che ho scritto anche parecchi pezzi dei capitoli successivi, la cattiva notizia è che ora devo collegarli tra loro, quindi lasciate ogni speranza o voi che entrate. Ma per farmi perdonare del ritardo prometto un altro capitolo entro questa settimana, che ne pensate?
Voce dal pubblico: Ti conviene...
Okay, questo per dire che cercherò di aggiornare in fretta, e che mi dispiace di non averlo fatto prima. Ringrazio chiunque stia ancora seguendo questa mia fatica pseudo-letteraria, e tanti saluti a tutti! ^_^

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


CAPITOLO 36


- Oh, davvero? Va bene, ma... perché? Oh, capito, capito... arrivo.-
Edward, maledicendo i legami che lo imprigionavano a quella barella, cercò di capire di cosa stesse parlando Envy, che si era allontanato pochi secondi prima per mettersi a parlare al comunicatore. Ci fu un istante di silenzio, poi l'altro tornò verso di lui, scuotendo la testa esasperato. Si sfogò:- Pare che siano riusciti a fare un bel casino, quegli idioti dei miei fratelli, ed ora hanno perso i contatti. Il Padre ha deciso che sarà più facile tenere la situazione sotto controllo se lo raggiungo... e tu vieni con me. Non ho ancora avuto il permesso di ammazzarti, ma se provi a fare qualche scherzo durante il tragitto potrei dimenticarmelo, sono stato chiaro?-
Ed non rispose, limitandosi a gettargli uno sguardo torvo, mentre dentro di sé pensava intensamente a come sfruttare quella situazione. Se avesse provato a scappare non sarebbe arrivato molto lontano, con una gamba sola, ma doveva tentare lo stesso. Era l'occasione migliore che avesse avuto fino a quel momento, e non sapeva se ce ne sarebbero state altre.
Sussultò quando Envy sganciò le cinghie che lo legavano e gliele strappò di dosso con più forza del necessario, per poi tirarlo bruscamente a sedere. Edward si sfregò le braccia, intorpidite dalla lunga immobilità, ma non ebbe il tempo per riprendersi prima di essere trascinato giù dalla barella. Riuscì a rimanere in piedi per un paio di secondi, barcollando, prima di sentire la gamba cedere sotto il suo peso e ritrovarsi sul pavimento.
- Patetico.- sbuffò Envy:- Cosa devo fare, trascinarti?-
- Ehi, non l'ho chiesto io di avere una gamba fuori uso. Lamentati con il tuo capo.- ribatté Edward, facendo forza sulle braccia per tirarsi su. Envy lo sollevò bruscamente per una spalla ed iniziò a spingerlo verso l'uscita, incurante della difficoltà con cui il ragazzo zoppicava.
- Datti una mossa, piccoletto. A mio padre non piace aspettare.-

 
***

- Credo che ci siamo persi.- ammise Winry con uno sbuffo riluttante, aprendo e richiudendo di scatto l'ennesima porta che conduceva solo ad una stanza deserta. Lei ed Alphonse, con May ancora  incosciente al sicuro del corpo di quest'ultimo, avevano lasciato da un po' la zona delle celle, e stavano ora scendendo ancora più in profondità nel complesso sotterraneo. Almeno, questo era stato il loro progetto, ma la quantità di percorsi bloccati dai sistemi di sicurezza o dai crolli che avevano scosso la zona li stava decisamente ostacolando, ed ora, dopo l'ennesimo vicolo cieco, la bionda stava iniziando a sentir salire la frustrazione. In quel momento, avrebbe tanto voluto avere qualcosa da aggiustare, o da colpire con un cacciavite... o qualsiasi altra cosa che non fosse semplicemente girare intorno senza arrivare da nessuna parte, rimuginò.
- Proviamo da questa parte.-, suggerì Al, svoltando oltre una curva nel corridoio deserto. Winry lo afferrò per un braccio, e lo frenò, sentendo un rumore. Sussurrò:- Passi. Sta arrivando qualcuno.-
I due ragazzi si fiondarono nella stanza che avevano appena oltrepassato e socchiusero la porta, rimanendo in ansiosa attesa, mentre i passi si avvicinavano a loro. Winry trattenne il respiro, per poi lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo quando sentì due voci conosciute.
- Colonnello, sospetto che ci siamo persi.-
- Per l'ultima volta, tenente, non è colpa mia se tutte le piante che avevamo si sono rivelate del tutto inadeguate. Se la prenda con la generale Armstrong appena saremo usciti di qui, se proprio deve.-
Riza sospirò e scosse la testa, nascondendo un sorrisetto. Ovviamente, Mustang non avrebbe mai e poi mai ammesso di aver sbagliato direzione, finché non fossero finiti in un vicolo cieco. Almeno sembrava che stessero ancora scendendo, e quindi in qualche modo si stavano avvicinando al loro obiettivo.
Una porta si aprì di scatto, e la bionda tenente piroettò su se stessa, le dita pronte a premere il grilletto delle pistole già puntate contro...
- Alphonse, Winry!- esclamò, abbassando di scatto le armi:- Come... state bene? Dove sono gli altri?-
Ci vollero pochi minuti per aggiornarsi a vicenda su quello che era successo da quando si erano separati. Mustang fece una smorfia, rimproverandosi mentalmente di aver lasciato quei ragazzi da soli. Nel frattempo, Riza stava esaminando May, ancora in stato febbrile.
- Non capisco.- mormorò, estraendo in fretta alcune medicine dal kit di pronto soccorso:- Dite che sta male per qualcosa che sta succedendo a Xiao Mei? Come è possibile?-
- Non ne siamo sicuri.- sospirò Al:- Pensa di poter fare qualcosa?-
La tenente fece una smorfia:- Non sono un dottore. Possiamo soltanto cercare di alleviare il dolore, ma se non capiamo neppure che cosa la faccia davvero stare male...-
In quel momento, la ragazzina aprì gli occhi, drizzandosi a sedere di scatto, gli occhi e la bocca spalancati in un'espressione di angoscia. Si rilassò, vedendo le facce familiari intorno a lei:- Voi... siete venuti davvero! Pensavo che fosse un sogno, ma... siete reali?-
- Assolutamente reali.- confermò Mustang, osservando intenerito la piccola che stritolava un braccio ad Alphonse per assicurarsi della sua esistenza.
May annuì, sorridendo, poi fece un'altra smorfia. Il dolore non era passato del tutto, anche se era diminuito ad un livello sopportabile, ma la sensazione di pericolo ed urgenza non la abbandonava.
- Allora, voi ragazzi rimanete qui, noi proseguiamo verso i piani inferiori.- tentò di ordinare Roy.
Subito Al scosse la testa:- No. Non lascerò mio fratello da solo, devo raggiungerlo.-
- Ed io devo trovare Xiao Mei.- aggiunse subito May, strofinandosi il volto con il dorso della mano nel tentativo di cancellare le tracce di stanchezza. Proseguì, incerta:- Credo... credo di sapere da che parte dobbiamo andare. E' come se sentissi la sua voce.-
Gli altri si scambiarono uno sguardo confuso, ma quando la ragazzina si alzò in piedi e spinse una sezione del muro, che scivolò di lato rivelando una stretta scala di metallo ancora intatta, dovettero ammettere che era così.
- Va bene, non possiamo lasciarvi qui.- cedette Mustang:- Al, riesci a portare May?-
- Certamente.-
- Allora muoviamoci. Ho la sensazione che ci rimanga poco tempo.-

 
***

- Non puoi camminare più velocemente, piccoletto?-
- Non puoi evitare le domande stupide, testa di palma?- ribatté subito Edward, senza neppure accennare ad accelerare, anzi, iniziando a zoppicare ancora più vistosamente. Dopo qualche passo, si era reso conto di riuscire a reggersi in piedi, sia pure con una certa difficoltà, ma aveva continuato a fingere di stare molto peggio, da un lato in previsione di un'eventuale fuga, dall'altro per il sottile piacere di vedere l'irritazione sulla faccia del suo insoddisfatto carceriere, costretto a sostenerlo.
I corridoi che stavano attraversando erano tutti uguali, deserti e silenziosi. Le luci erano fioche, ed alcune si accendevano solo ad intermittenza, lasciando chiazze d'oscurità agli angoli. Anche dalle porte che si aprivano lungo le pareti di cemento e metallo non filtrava alcun suono.
- Così non arriveremo da nessuna parte.- si lamentò Envy, mollando di colpo la presa sulla spalla di Ed, che rischiò di perdere l'equilibrio e dovette appoggiarsi ad una parete. Proseguì:- Aspetta qui, piccoletto. Dovrebbe esserci un carrello in uno degli sgabuzzini per gli inservienti.-
Quando l'altro gli voltò le spalle e si allontanò brontolando qualcosa, il ragazzo si rese conto che quella era l'occasione che stava aspettando. Attese che Envy fosse ad una certa distanza, ed indietreggiò in silenzio, a piccoli passi faticosi, verso uno degli ingressi che avevano appena superato. Una rapida occhiata attraverso la porta socchiusa gli confermò quello che aveva già visto, una rampa di scale che saliva verso l'alto. 
In fretta, stringendo i denti per ignorare il dolore che il movimento improvviso gli provocava, Edward si tuffò oltre la porta e se la sbatté alle spalle. Si rese conto che c'era una spranga di metallo appoggiata a terra, e senza farsi domande la mise di traverso all'apertura, bloccandola. Questo gli avrebbe fatto guadagnare un po' di tempo. Salire le scale, nelle sue condizioni, era una tortura, ogni passo una fitta di sofferenza acuta che dalle gambe si propagava in tutte le cellule del suo corpo, ma non aveva intenzione di fermarsi. Aggrappandosi al corrimano freddo con tutte le sue forze, Ed si costrinse a continuare a salire, un passo vacillante dopo l'altro, più in fretta, ancora più in fretta, senza concedere attenzione ai polmoni che bruciavano, o ai puntini scuri che iniziavano ad offuscare la sua vista. Le sue mani annasparono fino a fermarsi sulla maniglia di una porta, e si gettò di peso su di essa, precipitando in un corridoio scuro.
Si richiuse la porta alle spalle e si guardò attorno, cercando qualcosa per fermarla, ma non vide nulla. Iniziò a zoppicare nel corridoio, pensando confusamente che avrebbe potuto nascondersi in una delle stanze lì presenti, e riprendere fiato. Ma prima di arrivarci rovinò a terra, troppo provato dal dolore per rialzarsi.
Stava ancora cercando di riprendere fiato, quando sentì qualcuno avvicinarsi.

 
***

- Allora? Non dovrebbero essere arrivati ormai, quei rinforzi?- scattò Martel, innervosita, scrutando la porta dietro cui si sentivano i versi ed i tonfi dei corpi deformi che premevano, tentando di entrare. Fino a quel momento, la barricata di mobili che avevano eretto di fronte all'unico ingresso della stanza li aveva tenuti a bada, ma il tremore continuo che la scuoteva metteva angoscia.
Fury sollevò lo sguardo dalla radio e deglutì:- Pare che ci sia un... problema.-
- Che genere di problema?- domandò subito Breda, avvicinandosi.
Il giovane addetto alla radio spiegò:- La generale Armstrong sta tentando di convincere la torre di controllo di Central Moon di quello che sta succedendo, ma senza risultati. Non vogliono muoversi senza un ordine dei loro ufficiali superiori, i quali a loro volta rifiutano di prendere una decisione senza consultare il comandante Bradley. Che risulta introvabile.-
- Fantastico. E non possono scendere senza permesso?- domandò Falman:- Devono avere un modo per superare i sistemi di protezione del satellite, altrimenti dubito che sarebbero arrivati fino a qui.-
- Infatti è quello che stanno tentando di fare, ma potrebbe volerci tempo... e non siamo sicuri di averne, giusto?- proseguì Fury:- L'alternativa è che qualcuno dall'interno apra le porte . Potremmo farlo senza problemi da questa postazione di controllo, se non fosse che i contatti con il resto del complesso sono saltati.-
- E quindi, che cosa dovremmo fare?-
- Bisognerebbe usare una delle altre stanze di controllo, vero?- intuì Martel, pensierosa:- Ma con quegli esseri là fuori, siamo bloccati qui. Se potessimo contattare gli altri...-
Breda scosse la testa:- No, la loro priorità è fermare quel meccanismo. Dobbiamo pensarci noi.-
Sheska intervenne:- In realtà, forse un modo ci sarebbe...-

 
***

- Fratellone!-
Edward batté le palpebre, cercando di mettere a fuoco la sagoma che si era chinata su di lui. Per un istante, pensò che fosse di nuovo Envy, e si mise sulla difensiva, ma poi un'altra figura comparve accanto ad Alphonse, gli occhi azzurri sgranati dalla preoccupazione.
- Ed, che cosa è successo? La tua gamba...- balbettò Winry, scrutando con preoccupazione la protesi danneggiata.
Il ragazzo biondo cercò di riprendere fiato, esausto, e si rese conto che i due non erano soli. C'era May, praticamente appesa al collo di Al, con un'espressione stanca e sofferente. E c'erano il colonnello ed Hawkeye, quest'ultima con le pistole in mano, puntate verso il corridoio da cui il ragazzo era arrivato, o precipitato, verso di loro.
- Sei scappato? Ti sta inseguendo qualcuno?- domandò Mustang, osservando a sua volta il giovane nel tentativo di capire cosa fosse successo. Erano appena sbucati in quel corridoio, ed all'improvviso si trovavano davanti uno delle persone che erano venuti a cercare, disteso a terra con espressione sofferente.
Edward annuì, ansimando:- Sì, io... sì. Quel tizio. Envy. Non credo proprio di averlo seminato.-
- E' stato lui a fare questo?- domandò piano Winry, mentre esaminava la gamba di metallo. Fece una smorfia, notando che qualcuno aveva rimosso dei pezzi, ma rifletté che avrebbe potuto fare una riparazione temporanea, almeno fino a quando fossero usciti da lì. Sperava che fosse sufficiente, ma non aveva mai lavorato con protesi così sofisticate, ed aveva paura di danneggiarle in modo irreparabile.
Il ragazzo scosse la testa, ricordando quello che era successo:- No, è stato il loro capo. Quello che chiamano il Padre. E...- si voltò verso Alphonse, incerto su come proseguire, poi decise:- Al, papà è qui. Hohenheim.-
- Lo hai visto? Come sta? E'... cambiato?- iniziò a domandare il più giovane, mentre una valanga di altre domande si affollavano nel suo cervello, tutte rotanti intorno ad un pensiero fisso. Era lì, il padre che non vedevano da tutti quegli anni. Ma le risposte avrebbero dovuto aspettare, si rese conto, quando il rumore sonoro di una porta che sbatteva li avvisò dell'arrivo di qualcuno. 
Pochi secondi dopo, Envy fece irruzione nel corridoio, salvo poi fermarsi di colpo quando si rese conto della situazione. Si era aspettato di trovarsi di fronte il piccoletto che stava inseguendo, e che non poteva essere andato molto lontano in quelle condizioni, ma oltre a lui ora aveva di fronte altre facce conosciute. E quella donna bionda gli stava di nuovo puntando contro una pistola, proprio come a Briggs... ma se ne distaccava mai?
Riprendendosi dalla sorpresa, Envy incrociò le braccia e fece una smorfia:- Ma guarda, non pensavo che degli intrusi sarebbero riusciti ad arrivare a questo livello. Il Padre non sarà contento di saperlo, ma io avevo detto che quegli idioti dei miei fratelli non vi avrebbero fermato. Scommetto che non li avete neppure incontrati, eh?-
- Non direi proprio.- lo contraddisse Mustang con cupa soddisfazione:- Lust ha tentato di fermarci.-
- Oh? E siete riusciti a scapparle?- commentò l'altro, incredulo:- Quella strega sta proprio perdendo colpi.-
- E' morta. -
Envy rimase in silenzio, sconvolto, tentando di trovare nel volto impassibile del colonnello una prova che stesse mentendo. Doveva mentire, era ovvio, nessun banale essere umano sarebbe mai riuscito a sconfiggere Lust. Lust non poteva assolutamente essere morta, soprattutto non ora, alla vigilia del trionfo per cui avevano lottato così a lungo.
- E' impossibile. Stai mentendo.- sibilò.
- L'ho bruciata io stesso.-
Quelle parole affondarono dentro di lui come pugnali, ed Envy si ritrovò suo malgrado ad immaginare il volto perfetto della sorella avvolto dalle fiamme, trasformato in cenere. No, non era... non poteva essere successo. Lust era insopportabile, vanitosa, ossessionata dalla propria bellezza e dai suoi divertimenti. Lust era sempre pronta a litigare con lui, rinfacciandosi a vicenda ogni errore. Ma Lust era sua sorella, e non. Poteva. Assolutamente. Essere. Morta.
Eppure, una parte di Envy sapeva che l'uomo in piedi di fronte a lui stava dicendo la verità, ed il vuoto che sentiva dentro glielo confermava.
- Non ci credo.- ribatté ancora una volta, ma stavolta in tono meno convinto:- Non...-
- Faresti meglio a crederci. Ora, che cosa hai intenzione di fare?-
Che cosa aveva intenzione di fare? Envy non lo sapeva. Le istruzioni che aveva ricevuto non contemplavano neppure di sfuggita una situazione del genere, ma... si sforzò di riflettere. Se Lust era davvero morta, e quei bastardi ne erano responsabili, dovevano pagare. E se anche non fosse stato così, come una parte di lui continuava a sperare, non poteva permettere che interferissero ancora con il progetto, o che arrivassero al Padre... il Padre se la sarebbe di sicuro presa con lui, se non li avesse fermati.
Quegli umani sarebbero morti lì ed ora.






Angolo dell'Autrice:
Avevo promesso di aggiornare di nuovo questa settimana e... rullo di tamburi... ce l'ho fatta! E boh, ormai la storia si sta avvicinando alla fine, quindi spero che la mia tanto bistrattata immaginazione regga fino all'epilogo. Il prossimo capitolo è quasi pronto, conto di riuscire a pubblicarlo lunedì prossimo. Nel frattempo, cosa ne pensate di questo? Vi piace come le cose si stanno dirigendo verso il finale, oppure avete qualche consiglio per migliorare?
Grazie a tutti i lettori che mi hanno seguita fino a qui, e a presto! ^_^

Melanita


 

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


CAPITOLO 37

 
Envy scrutò le figure che lo fronteggiavano. Il moccioso che gli era scappato poco prima si era rialzato in piedi, sostenuto dal cyborg coperto di metallo che, se ricordava bene, doveva essere il fratello minore, e dalla ragazza bionda che era con loro. Insieme a loro, aggrappata al collo del minore degli Elric, c'era la marmocchia che aveva dovuto prelevare a Briggs... ma nessuno di questi quattro gli sembrava una grande minaccia, avrebbe potuto occuparsene dopo.
Si concentrò sugli altri due, la bionda che ancora lo teneva sotto tiro e l'uomo dai capelli scuri e dal portamento militare che aveva appena dichiarato di aver ucciso Lust. Il colonnello Mustang.
- Saresti dovuto morire su Ishval.- ringhiò, infuriato:- Se quell'altro sciocco non si fosse messo in mezzo, tu saresti morto ed io mi sarei risparmiato un sacco di problemi.-
Ci fu un sussulto nell'atteggiamento sicuro dell'uomo di fronte a lui, mentre domandava:- Di che cosa stai parlando?-
All'improvviso, Envy si rese conto che l'altro non lo sapeva, che non aveva mai fatto il collegamento tra lui ed il soldato che aveva incontrato tanti anni prima. Scoppiò in una risata divertita, incapace di controllarsi.
- Che cosa c'è da ridere?- scattò Hawkeye, innervosita.
L'individuo di fronte a loro riprese il controllo, ma continuò a sogghignare:- Oh, è perfetto... perfetto! Non lo sai, vero? Nessuno di voi l'ha mai capito!-
- Capito cosa?- insistette Roy:- Non abbiamo tempo per i tuoi stupidi giochi.-
Il ghigno soddisfatto di Envy si allargò. Contemplò per qualche istante l'idea di prolungare il divertimento, ma il desiderio di vedere la faccia dell'uomo quando avesse finalmente capito era troppo impellente. Così, fece la sua mossa:- Sai, colonnello, pensavo che ci tenessi di più a sapere chi ha sparato alla schiena di quel capitano tuo amico, su Ishval. Non affaticare troppo il tuo cervellino inferiore, ce l'hai di fronte.-
 
***
 
- Sergente, sei sicuro?-
Furey deglutì ed affrontò lo sguardo comprensivo dei suoi compagni di squadra, poi scrollò le spalle:- Non abbiamo alternative, giusto? E' l'unico modo per uscire da qui.-
Su una delle pareti, i mobili che avevano spostato per erigere la loro barricata improvvisata avevano nascosto l'ingresso di uno dei condotti di aerazione del complesso, il cui portello era ora stato rimosso. Il condotto non era particolarmente largo, ma sufficiente a lasciar passare una persona di piccola corporatura.
Il piano, tutto sommato, era molto semplice. Furey doveva solo usare quel passaggio per arrivare ad un'altra sala di controllo, una dove i contatti con il resto del complesso funzionassero ancora, o almeno fossero riparabili, e da lì consentire l'ingresso alle navette con i rinforzi provenienti da Briggs. Falman e Sheska, i due che avevano una maggiore memoria delle piante della stazione, gli avrebbero dato le indicazioni necessarie utilizzando una ricetrasmittente che erano riusciti a recuperare all'interno della stanza. Nel frattempo gli altri avrebbero continuato a trattenere gli esseri che continuavano a battere incessantemente sulla porta, tentando di entrare.
Ovviamente, questo abbozzo di piano aveva i suoi problemi: innanzitutto, non conoscevano la situazione all'esterno, e quindi non potevano sapere quali delle altre sale di controllo fossero ancora funzionanti; inoltre, c'era la possibilità che quegli stessi esseri che li stavano assediando avessero raggiunto anche altre zone del complesso, e quindi c'era il rischio di trovarseli proprio di fronte; e per finire, naturalmente, non era detto che quel condotto fosse davvero percorribile fino in fondo: se si fosse ristretto ancora un po', neppure il più piccolo della squadra sarebbe riuscito a passarci, a rischio di rimanere bloccato lì. Tutto considerato, non era una situazione molto favorevole, ma come Furey aveva ripetuto poco prima e continuava a ripetersi, non c'erano alternative.
Un minuto dopo, stava strisciando all'interno del tubo, sforzandosi di ignorare i versi bestiali ed i tonfi che risuonavano all'esterno, e di non pensare a tutto quello che poteva andare storto.
 
***
 
Mustang si irrigidì di colpo, incredulo.
- Che cosa hai detto?- domandò lentamente, con gli occhi assottigliati in due fessure glaciali e la mano stretta intorno alla pistola, puntata contro l'essere di fronte a loro. Accanto a lui, poteva sentire che la tensione di Riza era improvvisamente salita, ma in quel momento tutta la sua attenzione era concentrata sulle parole che aveva appena sentito.
- Cosa c'è, sei sordo?- sbuffò Envy, roteando gli occhi:- O devo farti un disegnino? Aspetta, forse c'è un modo più semplice...-
In un attimo, la figura di fronte a loro era cambiata. Non c'era più traccia dell'individuo dai capelli a spuntoni che avevano inseguito in quei corridoi, ma un uomo in uniforme militare. Solo l'espressione era rimasta la stessa, il sogghigno e lo scintillo derisorio negli occhi.
- Colonnello...- mormorò Riza.
- Lo so, tenente.- tagliò corto Roy:- Per tutti questi anni, ho pensato che fosse stato un errore dovuto alla frenesia battaglia. E che non ci fosse motivo di indagare oltre, visto che il soldato che aveva sparato a Hughes era morto su Ishval come lui. A quanto pare, non era così.-
Envy scrollò le spalle e riprese il suo aspetto, scoppiando a ridere:- Le vostre facce! Dovreste vedere le vostre facce! E comunque hai ragione, Mustang, era stato un errore. Stavo mirando a te prima che quell'idiota si mettesse in mezzo.-
Per qualche secondo, il colonnello non disse nulla, ma la tensione che si poteva percepire nel suo corpo immobile era tanta che sembrava diffondersi anche nell'aria intorno a loro, caricandola di un'elettricità sul punto di esplodere.
Ma Roy parlò, senza voltarsi verso il gruppo alle sue spalle, la sua voce era perfettamente controllata:- Hawkeye, porta via i ragazzi. Vi raggiungerò quando questo essere disgustoso non sarà più in condizione di nuocere.-
- Non posso lasciarla da solo, colonnello.- ribatté la donna, osservandolo con la coda dell'occhio. Il suo comandante poteva mantenere quella facciata imperturbabile, ma stava andando a pezzi, e lei non avrebbe permesso che succedesse. Sapeva che la morte di Hughes era sempre stata il più grande demone a perseguitare gli incubi di Mustang, e che l'uomo ancora se ne attribuiva la colpa. Non lo avrebbe lasciato ad affrontare i suoi fantasmi da solo.
Prima che Mustang potesse replicare, la tenente intimò:- Ragazzi, andatevene da qui e cercate di trovare gli altri, dovunque siano finiti. Sarete più al sicuro.-
- Ma voi...- tentò di protestare Edward.
Riza tagliò corto, inflessibile:- Via. Ora.-
Il ragazzo biondo fece per dire di nuovo qualcosa, ma cambiò idea. Si limitò a concludere:- Vedete di raggiungerci in fretta.-
I quattro ragazzi iniziarono ad allontanarsi, ed Envy ebbe uno scatto infastidito:-Ehi, dove state andando? Non ho voglia di corrervi dietro, rimanete lì a farvi ammazzare.-
- Buffo. Stavo per dire altrettanto.- commentò Mustang.
L'altro notò che ora impugnava a sua volta un'altra arma, decisamente più grossa di una pistola normale. Nell'istante prima che premesse il grilletto, strillò:- Ma quale persona sana di mente si porta in giro un dannato lanciafiamme?-
 
***
 
- Sergente! Ehi, Furey, sta andando tutto bene?-
Furey sobbalzò e si riscosse dai suoi pensieri. Si affrettò a rispondere alla ricetrasmittente:- Sì, certo. E' proprio come avevate detto, qui c'è un altro portello.-
- Bene.- rispose Falman, riflessivo:- Dall'altra parte dovresti trovare uno sgabuzzino, e di fianco ad esso una sala di controllo. Dobbiamo solo sperare che il corridoio sia libero.-
- Verifico subito.- replicò il più giovane della squadra, sbirciando con cautela dall'apertura. Dall'altra parte si intravedevano, nella penombra di una stanzetta chiusa, alcuni scaffali di scatole impolverate. Non c'era alcun rumore, né all'interno della stanza né oltre la porta: con un po' di fortuna, gli esseri che erano usciti dal laboratorio erano stati tutti attirati di fronte all'altro laboratorio, che era piuttosto distante da quello.
Furey svitò rapidamente il portello e si lasciò scivolare nello sgabuzzino, tossendo un paio di volte mentre la polvere smossa dal suo salto fluttuava nell'aria. Si diresse in fretta verso la porta, e rimase in ascolto per qualche secondo. Nessun rumore all'esterno.
Provò la maniglia: la porta era chiusa a chiave, ma questo non era un grosso problema. Per un tecnico in grado di far funzionare una radio, un lucchetto era un meccanismo relativamente semplice. Fu sufficiente trafficare per meno di un minuto, per sentire il leggero rumore della serratura che scattava. Furey si rialzò e socchiuse la porta, sbirciando il corridoio e constatando con sollievo che non c'era nessuno in vista. Si affrettò a sgusciare fuori richiudendosi la porta alle spalle ed a percorrere i pochi passi che lo separavano dalla stanza vicina. Anche questa era chiusa a chiave, ma ancora una volta pareva che non si fossero preoccupati di rendere il lucchetto particolarmente sicuro.
Stava armeggiando per aprirlo, quando sentì un suono in fondo al corridoio. Si voltò di scatto e vide tre degli esseri grigi che barcollavano nel corridoio. E gli esseri videro lui.
- Oh, maledizione...- imprecò sottovoce, cercando di fare più in fretta, mentre con la coda dell'occhio vedeva i tre umanoidi iniziare a barcollare verso di lui, molto più in fretta di quanto gli facesse piacere. Alle loro spalle ne comparvero altri due, le bocche spalancate e grondanti di bava.
La porta si aprì con uno scatto secco, e Furey si fiondò dall'altra parte, richiudendosi all'istante l'uscio alle spalle. Si guardò intorno in fretta e vide un paio di sedie proprio accanto all'ingresso. Senza spostarsi dalla porta, le afferrò e le trascinò di fronte ad essa, incastrandole in modo che non si aprisse. Fece altrettanto anche con una scrivania, e poi si tirò indietro, ansimando, mentre dall'altra parte dei tonfi secchi e degli ululati delusi mostravano che gli esseri erano proprio lì fuori.
- Furey, che succede?- domandò ansioso Breda alla ricetrasmittente:- Va tutto bene?-
Il sergente si affrettò a riprendere fiato ed a guardarsi intorno:- Sono nella sala di controllo, ma quegli esseri sono proprio qui fuori. Sono bloccato.-
Ci fu una breve discussione dall'altra parte del comunicatore, e qualche imprecazione. Nel frattempo, Furey era già passato ad esaminare i meccanismi presenti nella stanza. Tirò un sospiro di sollievo notando che c'era un sofisticato apparecchio di comunicazione, e che sembrava in buone condizioni. Iniziò subito a lavorare, cercando di non fare troppo caso agli scossoni della porta, ma al tempo stesso di non perderla d'occhio, nel caso gli esseri fossero riusciti a sfondarla.
Alcuni minuti dopo, con un sorriso di sollievo, si allungò ad afferrare di nuovo il comunicatore.
- Furey, che succede? Tutto bene?-
- Abbiamo avuto fortuna, funziona tutto!- annunciò, entusiasta:- Ora devo solo mettermi in comunicazione con i nostri alleati. Tra poco potranno scendere senza problemi.-
A condizione, aggiunse tra sé, che gli fosse concesso ancora un po' di tempo per lavorare.
 
***
 
 
- Non avremmo dovuto lasciarli da soli.- ripeté Al, angosciato:- Pensate che se la caveranno?-
Edward sospirò:- Sono due contro uno, e sono addestrati a combattere. Non mi preoccupo troppo.-
In realtà, non era così sicuro come avrebbe voluto apparire. Sperava solo che la rabbia di Mustang non lo spingesse a fare qualcosa di troppo avventato, ma era quasi certo che in quel caso Hawkeye sarebbe riuscita a calmarlo. Non li aveva conosciuti a lungo, ma abbastanza da vedere il legame che li univa, che loro lo ammettessero o no, e quel legame sembrava abbastanza forte da salvarli entrambi.
- Ed ha ragione, starano bene.- concordò Winry in tono confortante, rialzandosi e rimettendo in tasca un cacciavite. Dopo essersi allontanati dal luogo del combattimento, avevano fatto una breve pausa per permetterle di accomodare alla meglio la protesi del ragazzo, in modo che potesse almeno camminare senza troppo dolore.
Il biondo si alzò in piedi e provò a spostare il peso sull'arto metallico, avvertendo con un senso di sollievo che era molto più stabile di prima. Sorridendo, esclamò:- Winry, sei stata fantastica! Sei un genio della meccanica, ecco cosa sei!-
La ragazza sorrise a sua volta, imbarazzata dai complimenti, poi si riscosse:- Ora però dobbiamo muoverci. Dobbiamo assolutamente arrivare a quel meccanismo e fermarlo.-
- Hai ragione.- convenne subito Ed:- Allora, andiamo?-
Si guardarono attorno per un istante. Si trovavano su un pianerottolo, in cima ad una rampa di scale che, nascosta dietro una porta mimetizzata tra le pareti, scendeva perdendosi nell'oscurità, traballando leggermente ogni volta che qualcuno la sfiorava. Non appariva molto stabile, ma May si era dichiarata assolutamente certa che fosse la strada per arrivare alla loro meta, e non sembravano esserci altri percorsi praticabili. Il corridoio che avevano percorso finiva lì, e tornare indietro era fuori discussione.
- Beh, non sapremo se crollerà fino a quando non lo proveremo, giusto?- concluse Edward con una scrollata di spalle:- Meglio scendere uno alla volta. Io vado per primo.-
Prima che gli altri potessero discutere, iniziò a scendere con passi lenti e prudenti gli scalini di metallo, che tremavano e scricchiolavano sotto il suo peso. Un paio di volte fu costretto a fermarsi, trattenendo il respiro, ma non accadde nulla, così riprese a scendere, ancora più circospetto. Dopo un minuto che sembrò allungarsi a dismisura, si ritrovò con i piedi posati sul solido pavimento del piano inferiore, e tirò un sospiro di sollievo. Si voltò subito verso i volti che lo scrutavano preoccupati dal piano superiore, e rivolse loro un cenno di rassicurazione.
- Bene.- commentò Winry, rilassandosi impercettibilmente:- Credo che... vado io, va bene?-
La ragazza scese lentamente, aggrappandosi al corrimano. Quando finalmente arrivò in fondo sana e salva, si accorse che Edward si era allontanato di qualche metro dalla base della scala, ed ora stava osservando con espressione tesa qualcosa dalla parte opposta della stanza in cui erano arrivati. Con una punta di preoccupazione, Winry si avvicinò all'amico.
- Ed, cosa...-
- C'è qualcuno là in fondo.- bisbigliò il ragazzo, facendole cenno di fare piano, senza distogliere lo sguardo dalle sagome che si intravedevano nella penombra. Capsule come di liquido vagamente luminescente, di dimensioni variabili, stavano allineate lungo una parete, un tavolo occupava il centro della stanza. Alcuni schermi lungo il muro opposto mostravano squarci di corridoi identici a quelli che avevano appena percorso, anche se la maggior parte dei monitor erano fuori uso.
In un angolo, un'imponente sagoma umanoide stava accovacciata. Non dava segno di averli visti, ma si stava muovendo, dondolando avanti ed indietro e tracciando segni sul pavimento con una mano grossa almeno quanto le loro teste.
- Che cosa è quello?- mormorò Winry, sgranando gli occhi.
In quel momento, un frastuono di metallo che franava alle loro spalle li fece sobbalzare, e si voltarono giusto in tempo per vedere la scala che si accartocciava su se stessa, crollando in un ammasso di macerie. Per un istante Edward avvertì una fitta di panico, prima di accorgersi che Alphonse e May erano già arrivato alla base, sani e salvi.
- Scusate, pare che non abbia retto il mio peso...- spiegò in tono contrito il cyborg.
In quel momento, una voce roca e strascicata rimbombò nella stanza:- Intrusi. Che... rottura...-
Si voltarono di nuovo, in tempo per vedere il mastodontico individuo nell'angolo che si alzava in piedi e si dirigeva verso di loro, fissandoli con occhi vuoti.




Angolo dell'Autrice:
Non ci credo. E neanche voi ci credete, vero? Avevo detto che avrei pubblicato lunedì, oggi e lunedì, ed io sto pubblicando il nuovo capitolo. Che fa vagamente pena, ma compatitemi, fuori c'è il sole e io sono imbucata a studiare. In ogni caso è un passo avanti verso il finale. Ancora qualche capitolo e questa immane fatica sarà conclusa (immane perché io non sono capace di mantenere delle scadenze decenti e tra un capitolo e l'altro ho scritto altri due romanzi, ma questi sono dettagli...).
Grazie a tutti voi che state seguendo questa fanfiction, e tantissimi ringraziamenti soprattutto a Laylath per aver recensito il capitolo precedente! A presto! ^_^

Melanita

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


CAPITOLO 38

 
Envy decise di battere momentaneamente in ritirata, allontanandosi dalla linea di tiro. Non aveva la minima paura che quei due potessero sconfiggerlo, ma finire crivellato dai proiettili o ritrovarsi il volto incenerito da un lanciafiamme non era esattamente in cima alla lista dei suoi passatempi preferiti. Indietreggiò in fretta, riflettendo: conosceva quella zona del complesso da sapere che c'erano alcune stanze dove avrebbe potuto liberarsi dei suoi avversari uno alla volta, senza rischiare troppo. Ed era certo che farsi inseguire fino a lì non sarebbe stato un problema.
Roy si fermò per un attimo, vedendo il loro bersaglio che se la dava a gambe e svaniva dietro un angolo. Strinse le labbra, poi disse:- Vuole che lo inseguiamo. Probabilmente è una trappola.-
- Ma lei vuole inseguirlo lo stesso, giusto?-
Il colonnello annuì, e la bionda sospirò:- Andiamo. Cerchi solo di stare attento.-
- Vale anche per lei, tenente.-
Iniziarono l'inseguimento, camminando in fretta, consapevoli che ogni momento era prezioso. Riza, alle spalle di Roy, non poté fare a meno di notare la rigidità della schiena dell'uomo, ed il leggero tremito che lo scuoteva, un gesto istintivo che tradiva la rabbia che il colonnello stava provando in quel momento. La donna strinse la presa sulle due pistole che impugnava, ripromettendosi di mantenere lei la calma per tutti e due. Non avrebbe permesso che accadesse qualcosa a Mustang.
 
***
 
- Che rottura... devo eliminare gli intrusi. Che grande rottura...-
- Questo tizio ha qualche rotella fuori posto.- borbottò sottovoce Edward, mentre si metteva con un movimento quasi istintivo tra Winry ed il colossale uomo che stava caracollando verso di loro. Lo studiò, notando che indossava una salopette scura e grezza, che lasciava scoperte le braccia dai muscoli abnormi. I capelli erano suddivisi in grossi spuntoni, che però a differenza di quelli di Envy ricadevano intorno al cranio, ad incorniciare un volto privo d'espressione. L'essere sembrava solo stanco, e non poteva essere molto veloce. Il ragazzo sentì una punta di sollievo: sarebbero stati fuori da lì prima ancora che quel tizio potesse toccarli.
Fece un cenno discreto ai suoi compagni, indicando loro la porta che si apriva su una delle pareti laterali, tra le file di computer. Era aperta, e dall'altra parte si vedeva un lungo corridoio illuminato.
- Al tre, corriamo fuori.- mormorò, senza distogliere lo sguardo dalla sagoma che ancora procedeva con lentezza verso di loro. Ricevette un paio di sussurri di assenso, e si affrettò a contare:- Uno, due... tre!-
Successe tutto molto in fretta: un momento stavano correndo verso la porta spalancata, quello dopo un'ombra aveva oscurato l'uscita, ed un pugno immenso si era abbattuto su di loro. Edward ebbe appena il tempo di rotolare di lato, trascinando con sé Winry. I due ragazzi ruzzolarono sotto il tavolo, e subito il biondo si sollevò di nuovo sui gomiti, intontito: scorse Alphonse che si stava rialzando in piedi in un angolo, May stretta tra le braccia, ma subito la sua attenzione si concentrò sulla figura che bloccava l'uscita.
- Come ha fatto a muoversi così in fretta?- balbettò Winry:- Non l'abbiamo neppure visto spostarsi!-
Prima che potesse pensare ad una risposta, il gigante avanzò di nuovo, avventandosi contro di loro con una rapidità impressionante. Winry ed Ed ebbero appena il tempo di gettarsi di nuovo di lato e rotolare via dalla portata dell'attacco, che scaraventò il tavolo sotto cui erano fino ad un momento prima dalla parte opposta della stanza, mandandolo a schiantarsi contro la fila di capsule.
L'essere si fermò di colpo, e chinò la testa, brontolando:- Che... rottura. Il Padre ha detto che la stanza non va danneggiata, quindi dovrò anche stare attento ad evitare i danni. Che immensa rottura.- Si fermò per un istante, immerso in una sua riflessione, poi ingiunse:- State... fermi, intrusi, così posso schiacciarvi senza fare danni. Anche se sarà comunque una grande rottura.-
- Ma anche no.- non si trattenne dal ribattere Edward:- E se invece uscissimo da qui e tu facessi finta di non averci visto? Eviteresti ogni rottura, che ne dici?-
Ci fu un istante di silenzio, mentre l'individuo sembrava soppesare il discorso. Poi scosse la testa ed emise un sospiro insoddisfatto:- Il Padre sa sempre quando Sloth non ha ubbidito. Quindi, devo eliminare gli intrusi, per evitare altre rotture dopo.-
- Va bene, ci ho provato.- commentò Edward, mentre lui e Winry si spostavano con prudenza verso l'angolo della stanza dove già si trovavano May e Al.
- Pare che stia per attaccarci di nuovo.- bisbigliò May nervosamente.
- Se mantiene la stessa velocità di prima, si schianterà contro il muro.- ipotizzò Alphonse:- Possiamo spostarci di lato all'ultimo e sparpagliarci per la stanza, così dovremmo riuscire ad uscire.-
Gli altri annuirono e si tesero, pronti all'azione. Non dovettero aspettare a lungo. In una frazione di secondo, Sloth si lanciò di nuovo verso di loro, ed ancora una volta riuscirono a schivare l'attacco per un soffio. Come Al aveva previsto, il gigante si schiantò contro la parete, ed i ragazzi riuscirono a correre fino alla porta... salvo poi trovarsi di nuovo spinti da una parte, quando Sloth fu di nuovo di fronte a loro, a bloccare l'uscita.
- E' forte, veloce, e non c'è modo di ragionarci.- si lamentò Edward, riprendendo fiato:- Qui non si mette bene.-
Proprio in quel momento, si sentirono dei passi e delle voci nel corridoio, dall'altra parte della porta. - Altri intrusi.- brontolò tra sé Sloth:- Che colossale rottura.-
 
***
 
- Dove è finito?- chiese Mustang in tono irato. Erano ormai alcuni minuti che lui e Hawkeye percorrevano i corridoi e le stanze di quella zona, ma l'unica risposta all'eco dei loro passi era il ronzio sconnesso degli impianti ancora funzionanti. Nessuna traccia di Envy.
- Potrebbe essere semplicemente scappato.- suggerì Riza, preoccupata:- Dovremmo cercare di raggiungere i ragazzi, invece di perdere tempo qui.-
Roy scosse la testa, sicuro di sé:- No, è ancora da queste parti. E non me ne andrò da qui fino a quando non sarà morto.-
Nascosto nell'ombra, acquattato in una nicchia fuori dalla vista dei suoi inseguitori a qualche metro di distanza, Envy roteò gli occhi. "Non me ne andrò fino a quando non sarà morto", rimuginò tra sé, era proprio il genere di frase fatta che ci si poteva aspettare da quella gente. Aveva sperato che i due si separassero, o almeno si distanziassero un po' l'uno dall'altra per permettergli di agire più facilmente, ma non sembravano averne intenzione. Era solo il loro addestramento militare, oppure erano sempre così disgustosamente vicini?
- Tenente, torni indietro e tenga d'occhio la strada da cui siamo venuti. Non lasci passare nessuno. Qui basterò io.- affermò la voce autoritaria di Mustang.
Envy fece un ghigno soddisfatto, che si allargò quando sentì l'assenso della donna ed i suoi passi che si allontanavano dalla stanza. Finalmente si erano decisi. Rimase immobile ancora per qualche minuto, con l'udito teso a sentire i rumori dell'uomo che riprendeva a spostarsi, avvicinandosi alla stanza in cui era nascosto. Lo sentì entrare, spostare bruscamente un paio di sedie che stridettero sul pavimento, ed infine dirigersi verso l'angolo opposto. Ancora meglio di quanto sperasse, esultò tra sé, tendendosi per scivolare fuori dalla sua posizione.
Con un movimento fulmineo era di nuovo in piedi, rivolto verso l'uomo che gli dava le spalle. Senza dargli il tempo per voltarsi, si allungò in un affondo, pronto a colpire di taglio con la mano la nuca dell'altro per metterlo fuori combattimento...
Proprio in quel momento, una raffica di metallo lo colpì con violenza alla schiena, scaraventandolo a terra. Per un attimo Envy giacque intontito sul pavimento, poi l'istinto lo spinse a rotolare di lato contro una parete, in modo tale che i proiettili successivi lo colpissero solo di striscio.
Si rialzò da terra, sputando un grumo di sangue, e subito fu costretto a portare le mani davanti al volto per difendersi dalla lingua di fiamme roventi che gli arrivò addosso. Riuscì a malapena a sentire le parole taglienti del colonnello.
- Andiamo, separarci? Pensavi davvero che fossimo così sciocchi? Pare che sia stato tu a cadere in un'imboscata stavolta.-
Envy stava per rispondere, quando un odore acre ed uno sgocciolio monotono alle sue spalle lo distrassero. Allargò gli occhi, allarmato, riconoscendo la puzza di benzina. Doveva esserci un serbatoio in quella stanza, e se qualcuno di quei proiettili lo aveva colpito...
Anche Roy e Riza si accorsero del pericolo. Il colonnello lasciò immediatamente cadere il lanciafiamme, maledicendosi per la sua imprudenza, ma era troppo tardi. Un'onda di fiamme si alzò di fronte a loro, calore rovente e luce accecante, investendo prima la figura urlante di Envy, ma subito dopo riversandosi verso di loro. In una frazione di secondo, Mustang si gettò verso la sua sottoposta, assestandole un potente spintone che la fece barcollare fino alla porta, fuori dalla portata delle fiamme. Ebbe il tempo di provare un senso di sollievo nel vederla al sicuro, con la bocca spalancata in un grido... poi il calore delle fiamme gli fu addosso.
Riza, per quanto fosse conscia dell'inutilità del gesto, tese una mano verso le fiamme, ignorando il calore bruciante, nel tentativo di afferrare il colonnello, di trascinarlo via da quell'inferno. Ma era troppo tardi, e non poté fare altro che attendere che l'incendio si esaurisse rapido come era iniziato, sul volto la fresca umidità delle lacrime che nulla poteva contro l'intensità delle fiamme.
 
***
 
- Sei sicuro che dobbiamo passare da qui? A me pare che ci stiamo allontanando.- obiettò Ling, scrutando le stanze che si aprivano ai lati del corridoio. Erano ormai passati vari minuti da quando avevano lasciato Scar, ancora privo di sensi, dopo aver cercato di soccorrerlo per quanto possibile, e da allora avevano continuato a muoversi, fino ad arrivare, dopo qualche vicolo cieco, ai piani inferiori. Nel frattempo Greed, con grande sorpresa di Ling e Lan Fan si era ripreso dalle sue ferite atroci con rapidità impensabile, al punto che ora era in grado di camminare senza sostegni.
- Conosco questo posto, va bene?- ribatté il criminale:- Proprio qui vicino c'è la sala dove siamo stati creati, se volete saperlo.-
Ling e Lan Fan rivolsero a loro volta lo sguardo verso la porta che l'altro aveva indicato, ed il ragazzo aggrottò la fronte:- E' normale che ci sia tutto questo baccano all'interno?-
Proprio in quel momento, una sagoma colossale uscì dalla porta, strappando i cardini dai loro sostegni e facendo sgretolare una parte del muro circostante. I tre ebbero appena il tempo di gettarsi di lato, prima che l'essere si schiantasse contro il muro opposto.
- Che cosa era quella cosa?- domandò Lan Fan, riprendendo l'equilibrio e spostandosi d'istinto davanti agli altri due:- Sembrava...-
- Ling, Lan Fan! State bene?-
Dall'ingresso ormai devastato si erano fatte strada alcune figure familiari. Ling e Lan Fan provarono entrambi un forte senso di sollievo nel vedere Edward, malconcio ma in piedi, e May, ancora sostenuta da Al. Ma prima che ci fosse il tempo di chiarire cosa fosse successo, un brontolio sordo li mise in guardia.
- Questi muri si rompono troppo facilmente. Che grande rottura.-
- Sloth.- commentò Greed con una smorfia:- Un'altra persona che non è cambiata affatto.-
- Un altro dei tuoi fratellini omicidi?- volle sapere Ling.
- Ci puoi scommettere. Ma lui è... venuto male, diciamo.- rispose l'uomo con una vena di amarezza:- Il Padre si è divertito a sperimentare diverse combinazioni. Alcuni dei miei fratelli non hanno molto di umano.-
- Sì, che ne dite di parlarne dopo?- tagliò corto Lan Fan, indicando loro l'avversario che si era già rialzato in piedi.
- Perché non ve ne state fermi?- proseguì Sloth strascicando le parole:- Questa è proprio una...-
- Sì, è una rottura, lo abbiamo capito!- esplose Ed roteando gli occhi:- Non puoi inventarti qualcosa di più originale?-
Per tutta risposta, l'individuo si gettò ancora una volta contro il gruppo di persone radunate nel corridoio, costringendole a sparpagliarsi per evitare di essere travolte di nuovo. Non sembrava aver sviluppato una strategia, o riflettere su quello che stava facendo: era semplicemente un'inarrestabile forza bruta decisa a schiacciarli.
- Non sembra intenzionato a lasciarci andare.- sibilò Ed, cercando di riprendere fiato, mentre Sloth frenava bruscamente nel corridoio a qualche metro di distanza e poi tornava verso di loro.
- Una volta che inizia una cosa, non c'è modo di fermarlo.- confermò Greed con una smorfia di fastidio, poi aggiunse, pensieroso:- A meno che...-
- A meno che cosa?- insistette Winry, mentre erano costretti a gettarsi ancora una volta di lato.
- Ha una sorta di meccanismo di controllo sulla nuca, un sistema di sicurezza nel caso disubbidisse agli ordini. Basterebbe azionarlo per metterlo fuori combattimento. Dobbiamo tenerlo fermo per il tempo necessario a colpirlo al collo.-
- Tutto qui? Mi pare troppo semplice.- obiettò Edward, poi scrollò le spalle:- Va bene, proviamoci.-
L'attacco successivo arrivò immediatamente, una valanga di muscoli che riuscirono a schivare a malapena. La sagoma possente di Sloth si schiantò contro la parete che li separava dalla stanza con le capsule, facendone crollare un ampio pezzo e frenando la sua corsa a poca distanza dal muro opposto, in una pioggia di scintille e cavi spezzati.
Quando si girò, il massiccio individuo si apprestò con uno sbuffo a dirigersi di nuovo verso gli intrusi, ma si fermò per un istante, spiazzato. Non erano più in vista, probabilmente stavano tentando la fuga lungo il corridoio. Che rottura doverli inseguire, pensò tra sé, mentre si lanciava di nuovo all'assalto. Nell'istante in cui il suo corpo massiccio superò il buco nella parete, qualcosa intralciò il suo passo, facendolo inciampare e cadere rovinosamente a terra. Prima che potesse rialzarsi, una sagoma gli atterrò addosso e gli posò le mani sul collo.
- Questo dovrebbe bastare.- commentò soddisfatto Greed, sentendo il corpo del fratello che perdeva improvvisamente resistenza, afflosciandosi sul pavimento:- Ora proseguiamo, abbiamo perso anche troppo...-
Si fermò di colpo, trattenendo a stento un'imprecazione:- Non è possibile. Non è questo che...-
Di fronte al suo sguardo incredulo ed a quello confuso degli altri ragazzi, il corpo disteso a terra si stava sgretolando. Stava morendo.
- Doveva solo metterlo al tappeto.- continuò Greed, confuso:- Non pensavo che... era solo un meccanismo di sicurezza. Come hanno potuto installare qualcosa del genere? Se lo avessi saputo...-
Con il respiro che si faceva sempre più lento, incurante della confusione intorno a lui, Sloth esalò:- Morire è una grande rottura. Ma in fondo anche vivere era una... grande... rottura.-
 
***
 
- Non è possibile. Io... sconfitto da dei...- Envy si interruppe di colpo, tossendo un grumo di sangue scuro, poi lasciò cadere a terra la testa e sussurrò:- Sconfitto da due ridicoli... esseri... umani. Non è possibile.-
Nessuna risposta. Riza era troppo impegnata a scrutare con disperata urgenza le ferite del colonnello per prestare all'essere riverso sul pavimento a poca distanza da loro più attenzione di un fuggevole sguardo con la coda dell'occhio, giusto per assicurarsi che non si rialzasse. Roy era vivo, e miracolosamente sembrava che il fuoco non fosse sceso oltre le bruciature sull'uniforme, ma il volto... Riza trattenne le lacrime, rendendosi conto del disastro in cui versavano gli occhi di Mustang. Non era sicura che si fossero salvati.
Con una smorfia di dolore, Envy si rese conto che questa volta era andato troppo oltre. Il suo corpo non si sarebbe rigenerato, ed il freddo che sentiva non era temporaneo. Stava davvero per morire, e, ironia della sorte, proprio quando erano così vicini al loro trionfo. Così vicini... suo padre ed i suoi fratelli avrebbero avuto quel paradiso per cui anche lui aveva lottato, rimuginò tra sé in preda all'invidia. Loro avrebbero avuto tutto, e lui nulla. Non era giusto, ma... era la storia della sua vita, giusto? Lui non aveva mai avuto nulla, se non quel perenne odio che in genere rivolgeva contro gli umani, le creature inferiori che tuttavia, nonostante la loro debolezza, sembravano avere così tanta dannata... cosa? Che cosa avevano quei maledetti umani, che lo faceva arrabbiare così tanto? Non l'aveva mai capito, ma doveva esserci qualcosa. E questa era la sua ultima occasione per scoprirlo.
- Ehi, bionda... che cosa è? Mi hai ammazzato, puoi anche dirmelo.-
Riza riportò per un istante l'attenzione sul loro nemico sconfitto, ed aggrottò la fronte:- Che cosa intendi?-
- Che cosa avete voi umani che vi fa rialzare ogni volta? Che cosa avete, voi patetici scherzi dell'evoluzione, che vi tiene in piedi e vi manda avanti? Perché non scappate, perché continuate a sorridere... che cosa avete, eh?- proseguì Envy con un tremante accenno d'isteria:- Che cosa avete di più di me, maledetti, stupidi umani?-
Ci fu un istante di silenzio, poi la voce della donna lo raggiunse attraverso lo stordimento che già iniziava ad offuscargli la mente.
- Mi rialzo perché qualcuno mi tende la mano. Vado avanti perché ho qualcuno con cui andare, ed un posto dove arrivare. Non scappo, perché ho persone che non voglio abbandonare. E sorrido perché so che quelle persone pensano lo stesso di me. Vuoi sapere che cosa abbiamo? Ognuno di noi ha gli altri.-
Envy chiuse gli occhi, e nell'oscurità dolorante vide danzare i volti che lo avevano accompagnato dalla nascita. I suoi fratelli, suo Padre. Nessuno di loro era qui in quel momento, anzi, non era neppure sicuro che si sarebbero curati della sua scomparsa. Per quanto odiasse ammetterlo, una parte di lui sapeva che nessuno gli avrebbe teso una mano per farlo rialzare. Sapeva che la guida che aveva seguito, alla ricerca di una parola di approvazione, sarebbe andata avanti senza di lui. E lo aveva sempre accettato come il modo in cui andavano le cose, dicendosi che era così che tutto doveva funzionare. Ma nel profondo, avrebbe solo voluto qualcosa di diverso.
Envy sentì il suo corpo che iniziava a disgregarsi, quel meccanismo genetico che eliminava i loro corpi al momento della morte. Molto più pulito della decomposizione a cui andavano incontro i sudici esseri viventi nati in modo normale, aveva sempre pensato, ma non aveva mai immaginato che lasciasse un tale vuoto. Respirò per l'ultima volta l'aria polverosa del sotterraneo, e sussurrò le sue ultime parole mentre sprofondava nell'oscurità.
- Gli altri, eh? Sarebbe stato... bello...-
Riza osservò in silenzio il corpo che si disgregava di fronte a lei, e provò una punta di dispiacere. Nonostante tutto quello che quell'essere aveva fatto, nessuno avrebbe mai dovuto morire da solo. Ma ora, si disse riportando la sua attenzione al corpo tra le sue braccia, doveva assicurarsi che a morire non fosse l'uomo più importante della sua vita.



Angolo dell'Autrice:
Scusatemiiiiii! * si inginocchia ed offre a tutti biscotti virtuali per farsi perdonare * Sono sparita di nuovo per quasi un mese, e poi torno con questa... questa... questa cosa. Non sono capace di uccidere i personaggi, è inutile, ho riscritto il capitolo varie volte ma non riesco ad esserne soddisfatta. Quindi ve lo beccate così come è U_U
Detto questo, la buona notizia è che ho finito la stesura della fanfiction. Proprio così, tutti i capitoli successivi a questo (coffcoff obbrobrio coffcoff) sono già pronti, e conto di pubblicarli ad intervalli di due-tre giorni. Tempo cinque capitoli, e questa interminabile odissea spaziale sarà finita, quindi se avete resistito fino a qui... coraggio, ci siamo quasi! Continuate a seguirmi fino alla fine!
Va bene, la pianto. Al solito, se avete qualcosa da dire basta un commento. Grazie per aver letto ed arrivederci a presto! ^_^

Melanita

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


CAPITOLO 39

 
- Che cosa è successo? Perché è...- Ling si fermò di colpo, incerto su come proseguire.
Greed si rialzò, e rimase per un lungo istante in silenzio. Quando infine parlò, la sua voce era colma di rabbia incredula:- Il Padre in persona ha ordinato di installare quel telecomando di sicurezza. Doveva sapere che cosa è successo. Deve aver deciso che alcuni erano... sacrificabili.-
- E' una cosa terribile.- sussurrò Winry angosciata.
- Lo è.- confermò l'uomo in tono piatto. Si risistemò gli occhiali scuri, ancora miracolosamente intatti nonostante tutto quello che era successo, nascondendo alla vista di chiunque il suo sguardo. Poi scrollò le spalle e sbuffò:- Che cosa state aspettando, marmocchi? Dobbiamo muoverci.-
- Mi dis...- iniziò Alphonse, ma l'altro lo interruppe, iniziando a camminare lungo il corridoio a passi assai rapidi.
- Allora, vi muovete? Sono stanco di questa storia. Ho bisogno di prendere a pugni qualcuno.-
 
***
 
- Hawkeye...-
- Colonnello, cerchi di non muoversi.- intimò gentilmente Riza, trattenendolo a terra con una mano ferma. Scrutò angosciata le ferite e le ustioni che ricoprivano il corpo dell'uomo, soffermandosi sul volto e sugli occhi, e concluse che le medicazioni d'emergenza non sarebbero bastate. Eppure, nonostante il lato pratico di sé lo sapesse benissimo, il suo corpo stava già agendo per conto suo, tentando disperatamente di trovare nel kit di pronto soccorso qualcosa che potesse aiutarlo.
- Hawkeye, non vedo nulla.-
- E' lo shock, colonnello. Andrà tutto bene.- mormorò la donna con voce strozzata, sforzandosi di non fissare il disastro dove un tempo c'era stato lo sguardo acuto e penetrante del suo comandante, lo sguardo che le aveva restituito forza in così tante occasioni. Doveva portarlo fuori di lì, si disse, un chirurgo avrebbe potuto sistemare la sua vista senza troppi problemi. Non era in pericolo di vita, giusto? Giusto?
Roy accennò un sorriso sofferente:- Non sei mai stata brava con le bugie, tenente.-
- No, quello è il suo ruolo.- replicò la donna con una sfumatura affettuosa nella voce tremante:- Ma andrà tutto bene, davvero. Entro qualche giorno sarà di nuovo in piedi, fuori da qui, e potremo festeggiare. Lei si infilerà in qualche bar, ed io verrò a riprenderla la mattina dopo. O quando avrà finito di divertirsi con la donna del momento, ovviamente.-
La voce si spezzò in una punta di amarezza, e Mustang avvertì una fitta di dolore molto più acuto di quello fisico che pulsava in ogni parte del suo corpo, un dolore che, decise all'improvviso, era andato avanti per troppo tempo.
- Tenente, sono stanco.-
- Lo so, ma cerchi di rimanere cosciente.-
- No, io... non intendevo in quel senso.- Roy fece un respiro profondo, e proseguì:- Sono stanco di passare la notte in un bar e risvegliarmi accanto ad una sconosciuta. In realtà, sono mesi che sono stanco, ma tutta questa storia è stata il colpo definitivo. Ho capito che non posso continuare a perdere tempo così, e se devo morire in questo sudicio sotterraneo, prima c'è una cosa che devo fare.-
- Non capisco.- La voce di Riza, esitante, risuonò nelle sue orecchie come una melodia, quella stessa voce che aveva sentito per tanti anni e che avrebbe voluto sentire per sempre.
- Tenente... anzi, posso chiamarti Riza, vero?-
- Può chiamarmi come vuole, col...-
- Roy,- la interruppe l'uomo:- Ti prego, chiamami Roy.-
- Roy. Va bene, Roy.-
Già quella era una conquista, rifletté l'uomo lottando per rimanere lucido. Forse, se fosse stato del tutto lucido, non avrebbe avuto il coraggio di parlare così. Un trauma cranico funzionava meglio di un'ubriacatura, era qualcosa su cui riflettere.
- Riza, io... tutte quelle donne, non erano nessuno. Erano solo un ripiego, uno sfogo per non pensare all'unica donna che contava davvero per me. L'unica donna che non avrei mai potuto avere, perché era così perfetta ed irraggiungibile, perché non volevo rischiare di perderla. Ho commesso troppi errori, e non potevo rischiare di farne un altro. Non potevo sbagliare con lei, e così ho continuato a rimandare, a ripetermi che tanto non avrebbe funzionato. Sono un idiota, Riza.-
- Col... Roy. Di cosa stai parlando?-
Mustang fece un respiro profondo e sputò fuori le parole che gli premevano nel petto da così tanto tempo da essere ormai parte di lui:- Tenente Riza Hawkeye, Riza... sei tu quella donna. L'unica ad essermi sempre rimasta accanto, l'unica che ho sempre voluto accanto. Tutte quelle altre... vi siete chiesti così spesso perché non potessi fermarmi con nessuna, vero? E' semplice. Perché non erano te.- Sentendo le forze venirgli meno, bisbigliò:- Ti amo, Riza.-
Quando sentì la dolce voce della sua amata, proprio accanto all'orecchio, sussurrare piano che lo amava anche lei, Roy non era certo se fosse vero o se stesse sprofondando nel delirio. Ma quando avvertì il tocco delicato di due labbra che si posavano con delicatezza sulle sue, decise che doveva essere la realtà, perché i suoi sogni non erano mai così piacevoli. Sentì qualcosa di caldo ed umido cadergli sul viso, e si rese conto che la donna stava piangendo.
- Anche se tu non me lo avessi mai detto, Roy, ti avrei seguito ovunque. Questo lo sai. Sono sempre stata al tuo fianco, e lo rimarrò per sempre, qualsiasi cosa succeda. Era tutto molto semplice così.-
- Riza, mi dispiace, io...-
- Lasciami finire. Era tutto molto semplice, ma a volte le cose devono complicarsi per essere complete. Ed io... io sono sollevata che tu lo abbia detto. Perché anche io...- la voce esitò per un istante, ma stavolta, quando parlò, Roy fu certo che quelle parole erano vere, non un'illusione.
- Io ricambio quei sentimenti. Ti amo anche io, Roy.-
Ancora una volta, la sensazione fresca di quelle labbra sulle sue, mischiata al sapore salato delle lacrime. Il colonnello rimpianse di non poterla guardare negli occhi, di non poter vedere la sua espressione. Ignorando il dolore, sollevò una mano ad accarezzare il volto della donna ed i suoi capelli scompigliati dallo scontro, trattenendola vicino a sé. Era ferito, accecato e sofferente... e non si era mai sentito più felice in vita sua.
Per questo non si preoccupò troppo quando si rese conto di stare perdendo i sensi. Dopotutto, non c'era nulla di strano, nelle sue condizioni, e l'euforia di essere finalmente, incredibilmente riuscito ad esprimere i suoi sentimenti, e di saperli ricambiati, era sufficiente a convincerlo che tutto sarebbe andato bene.
Fu solo quando sentì il corpo di Riza farsi improvvisamente morbido tra le sue braccia e scivolare a terra accanto a lui, con un lamento subito soffocato, che si rese conto che qualcosa non andava. Ma ormai era troppo tardi.
 
***
 
- Ci siamo.- affermò Greed, facendo cenno agli altri di fermarsi al riparo di un angolo del corridoio. A poca distanza da loro, da una porta metallica socchiusa filtrava una lama di luce. Dall'altra parte si udivano delle voci indistinte, troppo fioche per capire che cosa stessero dicendo.
- Quello è il laboratorio dove si trova il macchinario, quindi.- mormorò Lan Fan, pensierosa:- Mi stupisce che non ci sia qualcuno di sorveglianza all'esterno.-
- A quanto pare si sentono molto sicuri di sé.- notò Ling:- Meglio per noi.-
- Non pensate che sia facile.- li mise in guardia Greed, con aria seria:- Non abbiamo tempo da perdere, ed il Padre non si lascerà certo togliere il suo grande momento senza combattere. E' forte, e...- esitò per un istante, riflettendo. Durante il percorso per arrivare lì, si erano aggiornati a vicenda su quanto era successo, ed aveva concluso che mancava qualcuno al quadro della situazione. Proseguì:- E non è da solo. Pride non si è ancora fatto vedere, quindi è probabile che sia lì dentro.-
- Pride? Un altro dei tuoi... fratelli?- domandò Al.
Greed fece una smorfia:- Il più pericoloso di tutti, forse. Non fatevi ingannare dal suo aspetto, potrebbe uccidervi senza pensarci due volte.-
Ci fu un attimo di silenzio, poi Lan Fan tagliò corto:- Ci serve un piano. A quanto pare nessuno degli altri è arrivato, e non possiamo perdere altro tempo. Se riuscissimo a creare un diversivo, nel frattempo qualcun altro potrebbe disattivare il sistema. Qualche idea?-
- Non abbiamo tempo per i diversivi.- ribatté Al, preoccupato:- May sta male.-
Gli sguardi di tutti si spostarono sulla bambina, che era stata assai silenziosa durante tutto il tragitto. May si sforzò di raddrizzarsi e si stropicciò gli occhi con una mano, cercando di nascondere la stanchezza che provava. Scosse la testa:- Non c'è problema, davvero. Posso...-
In quel momento, senza il minimo preavviso, una grata di metallo scese dal soffitto alle loro spalle, bloccando il corridoio da cui erano appena arrivati, mentre un'altra faceva altrettanto dall'altra parte. L'unica strada rimasta libera era quella della porta... e proprio in quell'istante essa si aprì, lasciando vedere una sagoma che si stagliava contro la luce del laboratorio.
Al sussultò:- Quello è...-
- Quello è il bastardo che chiamano il Padre.- tagliò corto Ed, stringendo un pugno:- Ed a quanto pare sapeva che stavamo arrivando.-
- Che cosa è tutta questa confusione?- domandò in tono amichevole il Padre, incrociando le braccia sul petto coperto da una tunica bianca, senza perdere la sua espressione ieratica ed imperturbabile.
- Non lo immagini?- scattò subito Ed:- Siamo venuti a fermare questa follia.-
- Oh, cielo. E suppongo che questo dovrebbe spaventarmi.-
Prima che gli altri potessero ribattere, qualcosa risuonò nell'aria, un suono così acuto e stridente da non essere percettibile con esattezza, ma solo atrocemente doloroso, al punto da rendere impossibile stare in piedi.
- Che cosa è questo?- mugolò Edward, con voce strozzata.
- Un qualche tipo di... arma a frequenza sonora...- sibilò Winry tappandosi le mani sulle orecchie:- Ma in uno spazio così piccolo, non...-
Non riuscì a terminare la frase, costretta a piegarsi in due da un conato di nausea. In pochi secondi, erano tutti a terra, fuori combattimento.
 
 
***
 
- Ancora un poco...- sussurrò Furey, gettando un'occhiata ansiosa alla porta che traballava sotto il peso delle creature dall'altra parte. Dal rumore, calcolò che dovessero essercene almeno una decina, forse di più: in ogni caso, troppe. Quanto tempo poteva ancora occorrere perché i rinforzi atterrassero e si facessero strada fino ai piani inferiori? Probabilmente ancora almeno una decina di minuti, anche di più se avessero incontrato qualche resistenza da parte delle forze di sicurezza, o se avessero trovato percorsi sbarrati come era successo a loro.
- Cosa hai detto?- domandò la voce di Falman dalla ricetrasmittente.
- Ho detto che manca ancora un poco prima che arrivino i rinforzi.- ripeté a voce più alta.
- E quegli esseri? Sono ancora lì fuori?-
- Sì, ma non sembra che siano in grado di sfondare la porta.- rispose Furey, incerto se stesse cercando di rassicurare gli altri o se stesso:- Piuttosto, avete saputo qualcosa degli altri?-
- Ancora niente. Pare che i piani inferiori siano completamente isolati, ma almeno non ci sono stati segnali di altre esplosioni. E' tutto molto più calmo.-
- Beh, è un buon segno, no?- commentò il più giovane:- Anche se è parecchio che sono là sotto, ormai dovremmo saperne qualco...-
La voce si interruppe di colpo, e la ricetrasmittente cadde a terra.
- Furey, che cosa succede?-
- La porta. L'hanno aperta.-
 
***
 
Edward aprì gli occhi lentamente, mentre gli ultimi strascichi di nausea svanivano dal suo corpo. Era stanco, ed il dolore alla gamba era tornato a farsi sentire con violenza, forse perché l'aveva messa male quando era caduto a terra poco prima. La luce improvvisa lo costrinse a sbattere le palpebre alcune volte, prima di riuscire a rendersi conto di cosa stesse succedendo.
Era seduto su un pavimento freddo, con le braccia sollevate sopra la testa e legate ad una sorta di tubo da un paio di manette. Girando con prudenza la testa, si accorse che alla sua destra c'era Winry, legata allo stesso modo, con gli occhi ancora chiusi e la testa reclinata di lato.
- Ed, stai bene?-
Il ragazzo si voltò dall'altra parte, vedendo Ling e Lan Fan imprigionati accanto a lui, nella stessa posizione. Scosse la testa, tentando di schiarirsi le idee.
- Che cosa è...- si interruppe di colpo, guardandosi attorno:- Al! Dove è Al?-
- Sono qui.- rispose la voce del fratello da un angolo poco distante. Era legato a sua volta, le braccia bloccate dietro la schiena da alcuni giri di una catena metallica e le gambe distese a terra. Anche Greed era bloccato allo stesso modo, all'angolo opposto: probabilmente il Padre aveva concluso che il cyborg e l'essere artificiale fossero troppo forti per limitarsi alle manette.
Ora che si era ripreso, Ed poteva vedere meglio la stanza in cui si trovavano, una sala di forma circolare, dalle pareti spoglie e prive di aperture che si innalzavano per decine di metri a creare una sorta di largo tubo. Al centro dello spazio si ergevano sette apparecchiature cilindriche, collegate da cavi ad una struttura centrale di grandi dimensioni. Un'antenna colossale saliva fino a scomparire oltre la cupola che sovrastava il laboratorio.
C'erano due figure proprio alla base della struttura centrale, occupate a discutere animatamente tra di loro. Una era il Padre, l'altra era Hohenheim, e se non fosse stato per la differenza negli abiti che indossavano e nelle loro espressioni - ieratica la prima, fremente di preoccupazione la seconda.
- Devi lasciarli andare via adesso.- stava insistendo Hohenheim con determinazione:- Non possono rimanere qui quando quel macchinario sarà attivato. E prima ancora, dobbiamo riuscire ad annullare il legame psichico tra quella bambina e il catalizzatore, altrimenti...-
- Non dovete annullare un bel niente, dovete solo lasciar andare Xiao Mei!- interruppe la voce acuta di May:- Non sentite quanto sta urlando, è terrorizzata! Tiratela fuori da lì adesso!-
Edward ci mise un momento a scorgere la ragazzina, incatenata a sua volta, incuneata tra Ling e Lan Fan, che sembravano essersi messi in modo da proteggerla. Non sentiva nessun urlo, ma seguendo lo sguardo di May notò una capsula sulla parte superiore della struttura centrale, dove si collegava all'antenna, una sfera di vetro opaco in cui si agitava una sagoma bianca e nera.
Il Padre scosse la testa e fece un passo indietro:- Mi dispiace. Ormai è troppo tardi per cambiare i nostri progetti.-
- Non puoi...- iniziò a protestare Hohenheim, ma fu interrotto bruscamente da un pugno allo stomaco. Il Padre lo osservò barcollare all'indietro, ed ammonì:- Non dirmi cosa posso o non posso fare, fratello. Mi hai ostacolato per tutti questi anni, sei stato cieco di fronte alla potenzialità di questo progetto. Ora tutto quello che puoi fare è guardare il suo completamento. O pensi di poter fare qualcosa per fermarmi?-
Ci fu un lungo istante di silenzio teso, poi qualcuno scoppiò a ridere a poca distanza.
- Scusate, non fate caso a me. Continuate pure a discutere, l'atmosfera è semplicemente perfetta.-
- Che cosa ci fa lui qui?- domandò Edward, fulminando con lo sguardo l'uomo in camice bianco che era appena comparso da dietro una delle sette capsule laterali, e che ora si stava meticolosamente asciugando le mani sporche d'olio con un fazzoletto.
Kimbley scrollò le spalle, senza guardarli:- Soltanto il mio lavoro. Non c'è niente di male.-
- Ah, nel rischiare di distruggere interi pianeti non c'è niente di male?- puntualizzò Ling con una sfumatura di sarcasmo, poi insistette, più serio:- Avete idea di quante persone moriranno?-
- Morire è quello che tutti gli umani fanno, prima o poi.- replicò il Padre in tono vagamente annoiato:- Ora, se non vi dispiace, preferirei che faceste silenzio.-
Edward stava per ribattere qualcos'altro, quando fu interrotto dal rumore della porta che si apriva di nuovo. Il Padre gettò un'occhiata distratta alla figura che stava entrando, incurvando le labbra in un sorriso benevolo.
- Oh, Pride. Era ora che tu ti facessi vivo. Hai visto i tuoi fratelli scendendo? Temo che ci sia stato qualche... contrattempo.-
Sull'entrata stava un bambino dai capelli scuri. Indossava una camicia chiara e pantaloncini al ginocchio, e sembrava in tutto e per tutto un normalissimo ragazzino, quasi fuori posto in quel luogo, al centro di eventi molto più grandi di lui. Ma le sue labbra sollevate in un sogghigno crudele, che si estendeva anche agli occhi luccicanti, tradivano qualcosa di più... e le ombre alle sue spalle avevano qualcosa di strano. Qualcosa di terrificante, pensò con un brivido Ed.
- Pare che fossero ancora più deboli di quanto credessi.- stava rispondendo il piccolo con noncuranza, guardandosi attorno. Scrollò le spalle:- Non so dove siano gli altri, ma ho trovato il corpo di Envy prima che si disgregasse del tutto. E Gluttony.-
Ling e Lan Fan si scambiarono un'occhiata, ed il ragazzo aggrottò la fronte, bisbigliando:- Lo abbiamo buttato nel pozzo dell'ascensore, è vero, ma quegli esseri sono dannatamente resistenti. Non credevo che fosse definitivamente morto...-
- Non ho detto che lo fosse.- ribatté infastidito Pride, con una nota infantile nel noto:- Ma era ridotto male ed era rimasto incastrato. Era del tutto inutile lasciarlo ancora in vita.-
Ci fu un istante di silenzio, mentre le orribili implicazioni di quel discorso riecheggiavano nelle menti di tutti i presenti. Hohenheim, dalla sedia a cui era ancora ammanettato, emise un sospiro di tristezza:- E' così che li hai creati, dunque. Non pensavo che potessi arrivare a tanto... neppure tra loro, le tue creature hanno un po' di amore?-
Il Padre sospirò a sua volta, con una punta di rammarico:- Qualcosa deve essere sacrificato. E' inevitabile.-
- Inevitabile?- ripeté Greed incredulo:- Inevitabile? Hai appena saputo che i tuoi figli sono morti, uno ucciso da questo piccolo psicopatico, e questa è la tua unica reazione? Che razza di...-
- Greed, adesso basta. Non hai mai imparato che non si può sempre avere tutto.-
- Qui non si parla di avere tutto, si parla di omicidio!- si intromise Edward, facendo passare lo sguardo dall'uomo vestito di bianco al bambino che stava ancora fermo sulla soglia, spostando il peso da un piede all'altro. Sembrava in tutto e per tutto un ragazzino qualunque, ed al tempo stesso non lo era. E continuavano ad esserci quelle ombre, che strisciavano fuori dalla porta, come se fossero solide estensioni del corpo da cui si staccavano.
Pride roteò gli occhi:- Dobbiamo proprio perdere tutto questo tempo, Padre?-
- Hai ragione.-, annuì l'uomo, rivolgendosi poi verso Kimbley, che per tutto quel tempo era rimasto ad osservare la scena in silenzio, con le braccia incrociate, la schiena appoggiata ad uno dei macchinari, ed un sorriso indulgente sul volto.
- Allora, signor Kimbley, non dovrebbe stare lavorando?-
L'altro fece un cenno vago con la mano:- Oh, ho finito da un pezzo. Dovrò solo inserire la sequenza di attivazione, ed il vostro sogno sarà realtà.-
Il volto di Pride ebbe un leggero gesto di fastidio:- E quando pensava di dirlo?-
- La conversazione era così interessante che ho pensato di non interromperla.- rispose in tono noncurante Kimbley, spostandosi e stiracchiandosi prima di dirigersi verso un pannello di controllo. Ci fu un momento di silenzio, poi il Padre decise:- Va bene, non importa. L'importante è che tutto sia pronto.-
- Oh, quasi dimenticavo...- intervenne Pride pensieroso, spostandosi finalmente dalla porta. Le ombre lo seguirono, e stavolta non c'erano dubbi: quel fluido oscuro sul pavimento era un'estensione del suo corpo, grossi tentacoli neri che strisciavano sul pavimento, penetrando nella stanza.
- Ho trovato un paio di esserini dispersi accanto al cadavere di Envy. Ho pensato che fosse uno spreco lasciarli lì.-
I tentacoli terminarono di fluire nella stanza, terminando in una sorta di rete, un bozzolo che avviluppava due sagome prive di sensi. Con un gesto secco, lasciarono cadere i loro prigionieri a rotolare sul pavimento.
Winry si lasciò sfuggire un gemito di angoscia, mentre Edward, accanto a lei, stringeva i pugni. Quando avevano sentito Pride dire che Envy era morto, si era sentito sollevato al pensiero che il colonnello e Hawkeye fossero riusciti a cavarsela. A quanto pareva, non era così semplice.







Angolo dell'Autrice:
Ebbene sì: dopo decine di capitoli, finalmente i due (ex)militari più complessati della galassia sono finalmente riusciti a raggiungere una conclusione, insomma sono riuscita a scrivere la scena Royai che stavamo... okay, che IO stavo aspettando più o meno dall'inizio della fanfiction. E naturalmente, non ne sono minimamente soddisfatta.
* tutti i lettori iniziano a lanciarle verdura perché sono stanchi di sentirlo ripetere *
Va bene, va bene! La smetto! In ogni caso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come ho già detto, ormai siamo quasi alla fine, ed ho deciso di "sacrificare" un po' di scene secondarie (non tutte, ci tengo troppo agli altri personaggi!) per rimanere concentrata sulla trama principale, altrimenti sul serio non avrei più pubblicato nulla fino alla vecchiaia. Al solito, se avete critiche, suggerimenti o semplicemente volete dirmi cosa ne pensate, le recensioni esistono per quello ;)
Grazie per aver letto, ed arrivederci a presto!

Melanita


 

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


CAPITOLO 40

 
- Colonnello! Tenente! State bene? Che cosa è successo?-
Riza aprì gli occhi di scatto, richiamata alla realtà da voci preoccupate. Si tirò a sedere, solo per rendersi conto di avere le mani ammanettate dietro la schiena. Che cosa era successo? Un attimo prima si trovava in quel corridoio, e lei e Roy...
Roy. Dove era il colonnello? Si guardò attorno con un moto di angoscia, e subito i suoi occhi si posarono sulla sagoma immobile dell'uomo, disteso a terra accanto a lei, ugualmente ammanettato, ciocche di capelli corvini che ricadevano scomposti sul volto ferito a formare un'ombra scura sugli occhi devastati, il petto che si alzava ed abbassava lentamente nella fatica di respirare. La donna frenò l'istinto di avvicinarsi a lui, imponendosi di rimanere ferma e capire cosa stesse succedendo.
Scorse il complesso insieme di meccanismi che occupava gran parte della stanza, ma subito la sua attenzione si fermò sul gruppo di persone incatenate lungo una delle pareti.
- Ragazzi, che cosa è successo?- domandò, mentre spostava lo sguardo ad osservare le altre persone nella stanza. C'era un uomo alto, con barba e capelli biondi, che indossava una lunga tunica bianca e stava in piedi di fronte al macchinario centrale, ed un secondo uomo che avrebbe potuto essere il gemello del primo, bloccato su una sedia in un altro angolo della stanza con le mani legate dietro di lui. Il Padre e Hohenheim Elric, secondo le immagini che avevano visto mentre si preparavano per quella missione. E c'era Kimbley, che avevano visto per l'ultima volta su Briggs e che evidentemente aveva recuperato la sua posizione di favore nella Amestris.
Ed la aggiornò in breve:- Dopo che ci siamo separati abbiamo incontrato Ling, Lan Fan e Greed, ed un altro di quegli esseri, ma è morto. Siamo riusciti ad arrivare qui, ma siamo stati catturati.-
- Con sorprendente facilità, vorrei aggiungere.- puntualizzò Kimbley con disappunto:- Dopo tutto quello che avete passato per arrivare fino a qui, avrei voluto uno scontro finale degno di questo nome.-
- Non importa cosa avresti voluto.- ribatté subito Pride:- Tu sei qui soltanto per fare quello che ti è ordinato, vedi di ricordartene.-
Kimbley roteò gli occhi:- Che bambino adorabile, vero? Scommetto che questo non lo dice davanti a sua madre.-
La risposta fu uno sguardo che, se avesse potuto, lo avrebbe ucciso sul colpo. Poi Pride lasciò perdere e si voltò verso la figura al centro della stanza:- Padre, posso...-
L'altro scosse la testa:- Pride, questo è un grande momento. Non rovinarlo, e mettiti in posizione.-
Con un sospiro scocciato, il bambino si recò verso una delle sette capsule laterali, le ombre che strisciavano alle sue spalle come lucidi serpenti neri. Esitò per un istante:- Ne sei sicuro?-
- Questo è il progetto. A meno che tu non abbia dei dubbi proprio adesso, forse non ti senti all'altezza?-
Pride fece una smorfia arrogante:- Dubbi? Non credo proprio. Io sono il migliore, no?-
- Essere geneticamente potenziato o no, non brilla certo in psicologia.- borbottò Ling:- Questo trucco era già vecchio quando lo usavi per costringermi a studiare, Lan Fan.-
- Ed...- sussurrò Winry, piegandosi verso il ragazzo accanto a lei.
- Andrà tutto bene.- cercò di rassicurarla lui, fingendo più sicurezza di quanta ne provasse.
Lei lo interruppe:- Ascolta, penso di essere riuscita a liberare una mano.-
- Come hai fatto?-
- Sono una meccanica, ricordi? Non hai idea di quante volte ho dovuto sbloccare meccanismi incastrati, queste manette sono decisamente antiquate, e non ci hanno perquisito per togliermi gli strumenti. Penso di poter liberare anche te, ma poi...-
Edward si guardò attorno, appurando che nessuno li stava guardando. Il Padre fissava pensieroso la capsula in cui le ombre di Pride stava strisciando, Kimbley stava armeggiando con un fischiettio svagato intorno ad uno dei pannelli di controllo. Annuì in fretta, elaborando un piano:- Allora, appena mi avrai liberato io creerò un diversivo, tu intanto aiuta gli altri. Se facciamo in fretta, potremmo riuscire a coglierli di sorpresa.-
- Ci provo.- rispose la bionda, riecheggiando il suo tono determinato. Ed sentì la mano leggera di lei, calda e leggermente sudata per lo sforzo, che gli sfiorava i polsi mentre lavorava alle manette con un minuscolo cacciavite. Si voltò verso Ling e Lan Fan, ed in un rapido bisbiglio li mise al corrente dell'opportunità. Tutto quello che dovevano fare ora era sperare che funzionasse, ed in fretta.
Riza notò con la coda dell'occhio il movimento improvviso lungo la parete opposta, dove i ragazzi erano intrappolati, e si voltò discretamente in quella direzione, cercando di capire cosa stesse succedendo. Incrociò lo sguardo di Edward, che fece un cenno quasi impercettibile con la mano ormai quasi libera. La donna mantenne la stessa espressione, nonostante dentro di sé si sentisse sollevata. La situazione stava migliorando: Pride stava entrato in quella capsula, portando con sé tutte le sue maledette ombre, e questo significava un nemico in meno. Il Padre fino a quel momento non aveva dimostrato capacità particolari, anche se di sicuro doveva averne, come tutti gli altri esseri che avevano incontrato, ma l'effetto sorpresa era dalla loro parte. L'uomo era ancora immobile di fronte alla piattaforma centrale, ma tutta la sua attenzione era concentrata sull'altra capsula in cui Pride stava entrando. Kimbley era lì accanto, rivolto verso uno dei pannelli. Nessuno stava prestando loro attenzione.
Un colpo di tosse accanto a lei la spinse a voltarsi di scatto verso Mustang, ancora sdraiato a terra. Con un sussulto si accorse che finalmente l'uomo stava riprendendo i sensi, muovendosi con lentezza, irrigidito per la scomodità della posizione.
- Colonnello!- sussurrò, cercando di avvicinarsi.
Mustang si voltò verso il suono della sua voce, ed ancora una volta Riza si ritrovò a trattenere la preoccupazione alla vista del suo volto. Alla luce della stanza, la situazione era un po' migliore di come le fosse sembrata prima che li catturassero, ma sarebbe stato comunque impossibile curare le ustioni sugli occhi senza un'operazione chirurgica.
- Tenente, stai bene? Che cosa succede?-
La voce era controllata, ma tradiva un accenno di inquietudine. Riza si affrettò a rassicurarlo, per quanto possibile, sussurrando:- Sto bene. Ci troviamo di fronte a quel macchinario, e stanno per attivarlo.-
L'uomo dai capelli scuri riuscì a fatica a tirarsi a sedere, con una smorfia di sofferenza. Scosse la testa, nel tentativo di schiarirsi la mente: Riza era viva ed in grado di parlare, e questo era l'importante, ma se solo fosse riuscito a vedere cosa stava succedendo...
- Chi c'è qui?-
- Kimbley, il Padre, un essere che chiamano Pride, Hohenheim. E i ragazzi. Sono stati...catturati anche loro.-
L'esitazione tra le parole, ed il vago cambiamento nell'intonazione, furono sufficienti. Roy annuì in silenzio, comprendendo quello che l'altra non poteva dire a voce alta. C'era una possibilità di fuga, e quindi di riuscire a fermare quella follia. Doveva soltanto attendere.
In quel momento, si sentì lo scatto secco di una porta metallica che si chiudeva, ed una voce solenne dichiarò:- Cominciamo.-
 
***
 
Gli esseri fecero irruzione nella piccola stanza brancolando ciecamente, travolgendo nel loro impeto i mobili, con suoni gutturali e famelici. Furey indietreggiò, estraendo una pistola, e sparò due volte. Le scariche di energia colpirono in faccia due degli assalitori, facendoli barcollare all'indietro nella puzza di carne bruciata. Ma subito i feriti si raddrizzarono barcollanti, mentre altri tre entravano dalla porta, ed altri ancora premevano alle loro spalle.
Il soldato deglutì, indietreggiando fino ad avere le spalle al muro, e gettò un'occhiata alla radio. Ancora qualche minuto, si disse, forse sarebbe riuscito a resistere ancora qualche minuto, giusto? Uno degli umanoidi si lanciò in avanti, artigliando l'aria con le mani pallide. Furey sparò di nuovo, a distanza ancora più ravvicinata, e l'unico occhio sgranato si dissolse in uno sfrigolio. L'essere emise un grido straziante e rovinò a terra, ma subito altri due presero il suo posto. La ricetrasmittente era finita a terra, spedita sotto un tavolo dal loro goffo avanzare, ed altri stavano entrando dalla porta, assiepandosi tra le strette pareti.
Il giovane sparò ancora diversi colpi in rapida successione, ma ormai erano troppo vicini per usare una pistola in modo efficace. Estrasse dalla tasca un coltello, rimpiangendo di non aver portato con sé qualcosa di più efficiente, e conficcò la lama in una mano che tentava di afferrarlo. L'umanoide ritirò l'arto ferito con un uggiolio, ma già altre mani stavano annaspando nell'aria, troppe per riuscire ad evitarle tutte.
Furey cadde all'indietro e sbatté le spalle contro la parete, scivolando a terra e sollevando d'istinto le braccia per proteggersi il volto.
- Furey, stai giù!-
Sussultò, sentendo un rumore di spari, e si raggomitolò su se stesso. Intorno a lui, gli umanoidi caddero a terra, falciati da una raffica di energia, e questa volta giacquero immobili. Ci fu un rumore di passi, ed il giovane soldato si affrettò a rialzarsi, sollevando lo sguardo. Sulla porta stavano Breda e Falman, ed alle loro spalle altre sagome con addosso l'uniforme bianca di Briggs.
Sgranò gli occhi:- Come avete fatto a...-
- Ci siamo accorti che quegli esseri si erano allontanati dalla porta, ed abbiamo pensato che si fossero diretti qui. Così abbiamo tentato una sortita, ed abbiamo scoperto che i rinforzi erano in arrivo.- spiegò Breda, osservando il compagno che si avvicinava in fretta. Con un sorriso, gli scompigliò i capelli scuri, commentando:- Ottimo lavoro, piccoletto.-
Nel frattempo, gli uomini di Briggs stavano falciando gli ultimi umanoidi che ancora tentavano di muoversi con la potenza delle loro armi da fuoco, spingendo Furey a commentare:- Si sono portati dietro l'intero arsenale. Ci mancano solo i mezzi corazzati.-
- Ora che mi ci fai pensare, Buccaneer aveva accennato al fatto che avevano usato alcune navette corazzate come arieti per abbattere gli scudi.- rifletté Falman:- Credo che la generale ce l'avesse ancora per l'incursione a Briggs.-
Nei corridoi circostanti, i pallidi esseri che si erano dispersi più distante avevano procrastinato solo di poco la fine della loro breve e famelica esistenza, prima di cadere a terra falciati dalla potenza di fuoco degli invasori. O, in alcuni casi, dai pugni degli stessi.
- Ah! Queste tecniche di combattimento sono state tramandate nella famiglia Armstrong per generazioni!-
- Per l'amor di... Alex, perché non ti limiti a tacere e ad usare un'arma normale come chiunque altro?- sbottò Olivier, concludendo per l'ennesima volta di essere l'unica persona dotata di buon senso nella famiglia. E non aveva la minima intenzione di ammettere che lei era stata la prima a sguainare la spada per minacciare gli ufficiali di guardia quando avevano fatto irruzione nella base. Quella era stata una dimostrazione di forza, questa era semplice idiozia... e come se non bastasse, uno dei suoi migliori ufficiali sembrava esserne stato contagiato.
- Buccaneer, che cosa ho appena detto riguardo alle armi normali?-
Il colossale ufficiale fece finta di niente, facendo rientrare discretamente le lame roteanti che erano spuntate dalla sua protesi e ripulendo quest'ultima sulla giacca. La generale decise di soprassedere e si guardò attorno, concludendo:- La strada è sgombra. Ora andiamo ad assicurarci di non essere arrivati fino a qui per niente.-
 
***
 
- Cominciamo.- annunciò il Padre, voltandosi per entrare a sua volta nella capsula centrale, senza degnare di uno sguardo gli umani che si lasciava alle spalle. La porta si chiuse lentamente, con un leggero tonfo metallico, nascondendo alla vista la figura candida.
Era esattamente il momento che i ragazzi stavano aspettando. Winry terminò di svitare le manette, e bisbigliò:- Ed...-
- Subito.-
Senza indugiare, il ragazzo si assicurò con una rapida occhiata che nessuno lo stesse guardando, e poi scivolò via dal muro, alzandosi subito in piedi ed ignorando a forza il dolore alle gambe, sia quella organica, intorpidita dalla posizione, sia quella metallica le cui riparazioni erano ormai state messe a dura prova. Ma non aveva tempo da perdere.
Kimbley, ancora accanto alla capsula dove Pride era entrato, stava terminando di digitare qualcosa sul pannello. Si voltò, sentendo i passi di corsa alle sue spalle, e si spostò bruscamente di lato, sollevando un braccio appena in tempo per intercettare il pugno rivolto contro di lui. Fece un passo indietro, ed Edward ne approfittò per girarsi verso il macchinario ed assestare un calcio ad uno dei sostegni laterali ed al cavo che lo collegava al centro della stanza. Il tubo ondeggiò con violenza e poi si staccò dal supporto, afflosciandosi a terra, dove iniziò a sgocciolare un liquido trasparente. All'istante, una decina di spie luminose iniziarono a lampeggiare nei vari pannelli, ed un allarme stridulo riempì l'aria.
- Il diversivo sta funzionando meglio del previsto.- sussurrò Winry con un accenno di soddisfazione. Era stata lei a notare l'instabilità di quel tratto del macchinario, ed Edward aveva subito deciso di approfittarne.
- Non per le nostre orecchie.- si lamentò Ling:- Quanto manca?-
- Quasi fatto... ci sono!- esultò la bionda, tirando via le manette. Il ragazzo balzò in piedi.
- Allora, io vado ad aiutare Ed. Intanto vedete di formulare un piano, va bene?-
- Ling, aspetta un...- Lan Fan si accorse che stava parlando all'aria, e fece una smorfia:- Dobbiamo muoverci, prima che quei due si facciano ammazzare.-
- Assolutamente.-
Nel frattempo, Edward stava ammettendo che forse avrebbe fatto meglio a pensare anche alla parte successiva del piano. Quello scatto improvviso gli aveva fatto vedere le stelle, ed ora era difficile anche solo stare in piedi, ma doveva solo guadagnare abbastanza tempo per gli altri.
L'uomo di fronte a lui sogghignò:- Ed io che pensavo che ormai non succedesse più nulla di interessante. Ero quasi deluso.-
- Risparmia la delusione per quanto avremo distrutto questo vostro stupido progetto.- ribatté Ed, stringendo di nuovo i pugni:- Ora sei da solo, e...-
Kimbley non gli lasciò il tempo di terminare. Con un gesto fluido, si abbassò ed allungò una gamba in un calcio a spazzata, colpendo le gambe del ragazzo e facendogli perdere l'equilibrio. Edward cadde a terra, in ginocchio, e quando tentò di rialzarsi il piede dell'altro lo colpì al volto, facendolo barcollare all'indietro.
- Ormai sono arrivato fino a questo punto, sarebbe davvero un peccato guastare il finale.- sospirò l'altro, estraendo qualcosa da una tasca. La lama di un piccolo coltello a serramanico scintillò di fronte ai macchinari.
- Cerca di non sanguinare troppo sui macchinari, va bene?-
Kimbley fece un affondo verso il ragazzo, che rotolò via, schivandolo per un soffio. L'uomo, con un ghigno crudele, si avvicinò di nuovo, incombendo sulla sagoma a terra. Mormorò:- Dopotutto, cosa vuoi che siano alcuni secondi in più?-
Con un urlo, una figura si gettò addosso a Kimbley, la gamba tesa in un calcio che avrebbe colpito l'uomo alla testa, se questo non fosse riuscito a pararlo all'ultimo con un braccio. Kimbley fu costretto ad indietreggiare, e Ling atterrò accanto ad Edward, assumendo subito una posizione di difesa.
- Ehi, Ed, non è il momento di stare per terra.-
- Non ho bisogno che tu me lo dica, principino.- lo rimbeccò il biondo rialzandosi.
L'uomo di fronte a loro gettò una rapida occhiata ai macchinari ed al liquido trasparente che continuava a sgocciolare dal cavo scollegato. Fece una smorfia:- Oh, cielo, che fastidio. Suppongo che non abbiate la minima intenzione di farmi finire il mio lavoro in santa pace.-
- Tu che ne dici?- replicarono all'unisono i due ragazzi.
Nel frattempo, anche gli altri si erano liberati. Alphonse, Lan Fan e Greed si affrettarono a raggiungere Ed e Ling, circondando l'uomo vestito di bianco, che si ritrovò con le spalle ad uno dei macchinari. Intanto Winry raggiunse rapidamente Riza e Roy. Appena la bionda ebbe le mani libere, si precipitò a controllare le condizioni del colonnello, che già stava cercando di alzarsi in piedi, intimandogli di rimanere immobile. Contemporaneamente cercò con lo sguardo le sue pistole, che le erano state tolte quando aveva perso i sensi, senza riuscire però a vederle da nessuna parte. Forse quel piccolo mostriciattolo le aveva semplicemente lasciate cadere in uno dei corridoi, pensò con una smorfia di disappunto. Poi scorse il luccichio accanto alla porta, e sospirò di sollievo.
L'ultima persona ancora legata era Hohenheim. Mentre Winry si affaccendava intorno alla sedia a cui l'uomo era bloccato, questi aggrottò la fronte, tentando di richiamare un ricordo, poi annuì:- Sei la piccola Rockbell, giusto? Winry Rockbell?-
La ragazza annuì:- Sono io, signor Elric.-
L'uomo incurvò le labbra in un lieve sorriso venato di malinconica nostalgia:- Eravate così felici una volta. Sono lieto che i miei figli possano contare su di te.-
La bionda esitò per un istante, poi bisbigliò:- Ora possono contare anche su di lei, giusto?-
Hohenheim stava per rispondere qualcosa, ma proprio in quel momento ci fu uno schianto secco, ed entrambi volsero lo sguardo in quella direzione.
La capsula dove Pride era entrato si era spalancata, e qualcosa ne stava uscendo: ombre, molto più solide e massicce di quelle che avevano visto poco prima, venate da sagome scarlatte simili a occhi, si spandettero sul pavimento della stanza e si diressero come onde viscide verso il gruppo di persone che stava al centro.
Kimbley roteò gli occhi, apparentemente infastidito:- Direi che il divertimento finisce qui. Bel lavoro a rompere quei cavi, piccoletto. La macchina aveva già iniziato ad eliminare ogni sistema inibitore dall'organismo di Pride, ma è stata disattivata prima di completare l'operazione, ed ora quelle ombre sono fuori controllo.-



 

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


CAPITOLO 41

 

Le ombre che uscivano dalla capsula si gonfiarono ancora, dividendosi in una selva di tentacoli che saettavano nell'aria. Ling balzò di lato per schivarne uno e fece una smorfia:- Mi sembrava troppo semplice, come scontro finale.-
- Scontro finale? Non siamo in un film... e stai attento!- lo rimproverò Lan Fan, tirandolo bruscamente via dalla traiettoria di un altro tentacolo. Guardò in direzione della capsula, dove le ombre si erano diradate, rivelando la piccola sagoma immobile sulla soglia. Sembrava che il corpo di Pride si stesse deteriorando: un occhio ed una parte della testa erano scomparsi, sostituiti da ombre che guizzavano fiammeggianti.
Kimbley approfittò della confusione per guizzare di lato ed allontanarsi dal centro della stanza, dirigendosi in fretta verso la porta, ma Alphonse lo afferrò per un braccio e lo costrinse a fermarsi.
- In che senso, fuori controllo?- domandò:- Come facciamo a bloccarlo ed a disattivare tutto?-
L'altro inarcò le sopracciglia:- E perché dovrei..-
In quell'istante, uno dei tentacoli saettò verso di loro, la punta diretta verso Kimbley. L'uomo lo evitò con un agile balzo di lato, e l'ombra si schiantò su uno degli apparecchi poco distanti, fendendolo di netto. Kimbley ne approfittò per allontanarsi, e scosse la testa, alzando la voce esasperato:- Non credo che tu abbia mai capito il concetto di strumentazioni delicate, vero, Pride?-
Dalla soglia della capsula dove ancora stava immobile, l'essere nel corpo di bambino fece una smorfia, ma invece di rispondere si limitò a fare un gesto. Le ombre si contorsero ubbidienti, ritirandosi in una singola linea che ondeggiò nell'aria per un istante, prima di dirigersi verso il suo obiettivo.
La capsula dove si trovava il Padre.
- Che cosa...- iniziò Ed, bloccandosi confuso. Nei movimenti per evitare quei tentacoli, poco prima, era arrivato più vicino degli altri alla parte centrale del macchinario, eppure ora le ombre lo ignoravano. Una voce lo interruppe.
- Al riparo, tutti!-
Il ragazzo biondo sentì due mani grandi afferrarlo alle spalle e spingerlo indietro, e si ritrovò alle spalle di una familiare figura alta e bionda.
- Papà! Cosa...-
- Il processo è già cominciato, se apre la capsula ora...- iniziò Hohenheim indietreggiando, ma non ci fu tempo per spiegare. Le ombre spalancarono a forza la porta, ed una luce candida ed accecante ne uscì, invadendo violentemente la stanza. Edward si ritrovò avvolto dalla luce e dal calore bruciante che la accompagnava, e cadde all'indietro.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, pochi secondi dopo, il calore e la luce erano svaniti. Hohenheim che era ancora di fronte a lui e gli volgeva le spalle, rimase in piedi ancora un istante, poi si afflosciò sulle ginocchia. Intorno a loro, tutta la stanza aveva subito l'effetto dell'onda di energia. Riza aveva stretto a sé Mustang, piegandosi in modo da proteggerlo con il suo corpo, ed ora stava respirando pesantemente mentre la giacca sulla sua schiena fumava per il calore. Ling e Lan Fan si erano protetti dietro un tavolo rovesciato, avvinghiati l'uno all'altra come se avessero voluto proteggersi a vicenda, ed ora si stavano rialzando, con sguardi di preoccupazione sul volto. Greed era in ginocchio, le ferite non ancora del tutto rimarginate riaperte dal nuovo contraccolpo, ed una smorfia sul viso, consapevole che le cose si stavano mettendo peggio.
Winry, che nei minuti precedenti era rimasta accanto a May, preoccupata per le condizioni per la ragazzina, era riuscita a trascinare se stessa e l'altra al riparo di un altro macchinario. Ora stava ascoltando qualcosa che May sussurrava freneticamente, con un'espressione concentrata sul volto. Alphonse era allo scoperto quando la luce era esplosa nella stanza, e troppo distratto dalla presenza di Kimbley per gettarsi immediatamente al riparo. Edward per un istante sentì una stretta allo stomaco, vedendolo disteso a terra immobile, gli arti allargati in una posa scomposta, ma subito si sentì più leggero quando lo vide tirasi su debolmente su un gomito.
Le ombre di Pride erano svanite, lasciando solo la piccola figura ripiegata su se stessa ai piedi della capsula dove stava poco prima, circondata da un crepitio di energia di rigenerazione.
- Edward, dovete uscire da qui.- sussurrò Hohenheim, attirando di nuovo su di sé l'attenzione del ragazzo.
- Ma quel macchinario...-
- Ci penserò io.- tagliò corto suo padre, sollevandosi faticosamente in piedi:- Questo luogo è troppo pericoloso, porta i tuoi amici fuori da qui e cercate di allontanarvi più che potete.-Esitò per un istante, poi aggiunse:- E' tutta colpa mia. Sono io che devo sistemare la questione.-
Senza attendere una risposta dal ragazzo rimasto sbalordito, Hohenheims si diresse a passi pesanti verso il centro della stanza, quasi una riproduzione speculare dei movimenti della creatura che stava lentamente uscendo dalla capsula ora spalancata. L'aspetto del Padre non era cambiato molto, ma era come se qualcosa dentro di lui si stesse gonfiando, tendendo il corpo e facendolo brillare di una luce inquietante.
- Insetti fastidiosi, niente altro.- sibilò l'essere, sollevando una mano:- A quanto pare, perché impariate a starmi distante dovrò... schiacciarvi.-
- Non te lo permetterò.- replicò subito Hohenheim, raggiungendolo con un balzo di fronte alla capsula e tendendo le mani a bloccare le braccia dell'altro.
Edward, riscuotendosi, si lanciò in una corsa verso quel macchinario centrale, dove si stava svolgendo lo scontro tra suo padre e l'essere che ne condivideva l'aspetto. Qualcosa gli afferrò una caviglia, bloccandolo a metà della corsa e scaraventandolo a terra, e prima che potesse rialzarsi le sue braccia furono bloccate lungo i fianchi, e le gambe invischiate da tentacoli di una sostanza scura. Incredulo, Edward cercò di dibattersi, ma la rete d'ombra che lo intrappolava era troppo stretta, tanto da fargli mancare il respiro.
- Oh, avevi intenzione di andare da qualche parte?- ridacchiò una voce acuta sopra di lui. Le ombre si strinsero ancora di più, avviluppandolo fino al collo, mentre la piccola sagoma di Pride si avvicinava, guardandolo dall'alto con aria di superiorità. Edward ricambiò lo sguardo, furente, e rinnovò i propri sforzi per liberarsi. L'altro si limitò a sogghignare: - E' inutile. Queste ombre sono fatte di una sostanza chimica praticamente indistruttibile.-
- Vogliamo... vedere?- sibilò a denti stretti il ragazzo, fissando qualcosa alle spalle di Pride. Prima che il bambino potesse voltarsi, una sbarra di metallo pesante andò a fracassarsi sulla sua testa, facendolo cadere a terra.
- Bel colpo, Al.- sibilò Ed, rialzandosi, mentre le ombre si ritiravano per la sorpresa ed il dolore di quell'attacco inaspettato. Alti tentacoli scuri si agitarono nell'aria, diretti verso Alphonse, che però si era già spostato indietro, schivandoli con un movimento rapido.
Pride mosse la testa, dove la ferita si stava già rimarginando in un crepitio di energia di rigenerazione, e sogghignò, girando il capo per guardare i due fratelli che ora lo fronteggiavano:- Pensate di potermi sconfiggere? Ve l'ho detto, sono indistruttibile.-
- Che bambino insopportabile.- ribatté Ed stringendo i pugni:- Mi viene proprio voglia di darti una bella sculacciata.-
- Provaci.- lo sfidò l'altro con un sogghigno. Ancora una volta le ombre saettarono nell'aria, biforcandosi in due masse che si gonfiavano e si contorcevano, proiettate verso i due ragazzi, ed ancora una volta loro le schivarono in fretta. Ma un tentacolo riuscì ad attorcigliarsi intorno ad una caviglia di Al, facendolo cadere a terra, e subito altri grossi filamenti gli furono addosso, avviluppandosi avidamente intorno al busto ed alle braccia di metallo, formando una rete che continuava a stringersi.
- Al, attento!- esclamò Ed, lanciandosi verso Pride. Con un balzo evitò le ombre che serpeggiavano sul pavimento e diresse un calcio verso il volto del bambino, che però si chinò e lo schivò. Edward recuperò subito l'equilibrio, ma una massa d'ombra lo colpì allo stomaco, facendolo piegare in due.
- Patetici.- ripeté Pride, con un sogghigno di superiorità:- E vorreste sconfiggermi così, voi due?-
- Non sai proprio contare.- intervenne un'altra voce, mentre un oggetto circolare piroettava nell'aria ed atterrava ai piedi del bambino, che la fissò per un istante, confuso. La piccola sfera lampeggiò e poi esplose in una luce potente. Con un grido, Pride si tirò indietro, i tentacoli che ancora una volta si ritiravano, liberando Al e lasciando a lui ed Edward il tempo di riprendersi.
Ling e Lan Fan li raggiunsero, ed il ragazzo spiegò:- Bomba accecante. Pare che non si siano neppure preoccupati di perquisirci.-
Nel frattempo, la ragazza aveva tirato in rapida successione altre due sfere contro la sagoma circondata di ombre. I tentacoli oscuri, che già avevano iniziato a sibilare nella loro direzione, si ritirarono ancora una volta, parando i colpi. Riuscirono a spingere via una delle bombe, ma la seconda esplose a diretto contatto con la tenebra, dissolvendone un pezzo.
Edward esultò, soddisfatto:- La luce! Lo ha ferito prima e lo fa anche adesso... non è poi così indistruttibile, eh?-
Pride emise un urlo inarticolato di rabbia, allontanandosi da loro. In quel momento, Edward ne approfittò per guardare di sfuggita il centro della stanza: Hohenheim stava ancora lottando contro il Padre, ma ora anche Greed si era unito allo scontro, il corpo ricoperto di una rigida sostanza scura e le mani simili ad artigli tese a cercare un'apertura nella difesa dell'altro. Il Padre sembrava cavarsela fin troppo bene nel difendersi contro due attaccanti.
Il biondo tornò a concentrarsi sull'altro nemico di fronte a loro. Il corpo di Pride si stava disgregando, proprio come era successo agli altri suoi fratelli, e le stesse ombre non avevano più la solida consistenza di poco prima. L'interruzione del processo aveva lasciato il suo organismo artificiale debole ed instabile, e probabilmente era solo questione di tempo prima che svanisse.
- State pensando che sono debole?- sibilò infuriato l'essere, tenendosi con una mano il volto ormai scomparso per metà in una massa oscura:- Pensate che io...- si interruppe in uno spasmo di agonia, poi riprese, con violenza:- Non importa cosa pensiate! Io sono il più perfetto essere che il Padre abbia prodotto, il suo figlio prediletto! Voi, al mio confronto, non siete niente!-
- Non siamo noi che ci stiamo disgregando.- puntualizzò Edward.
Le ombre scattarono ancora una volta contro di loro, meno veloci e possenti di prima ma ancora pericolose. I quattro si divisero per evitarle, ed Alphonse approfittò della distrazione di Pride, occupato a seguire i movimenti degli altri, per avvicinarsi ancora una volta ed afferrare la fragile figuretta al centro dell'oscurità. Pride cercò di liberarsi, ma il suo corpo umano era immobilizzato in una stretta di metallo. Le ombre tornarono indietro, dirette verso Al, con l'intento di strapparlo via, ma il cyborg gridò:- Lan Fan, adesso!-
La guardia del corpo gettò altre due piccole bombe verso di loro, ed Al si assicurò che Pride non potesse evitarle come prima. Una luce abbagliante, molto più piccola di quella che prima aveva invaso la stanza ma comunque potente, li avvolse per qualche secondo.
Quando Alphonse riuscì a vedere di nuovo, il corpo tra le sue braccia stava sussultando, sconvolto da spasmi, mentre si disgregava ancora più in fretta. Le ombre che lo circondavano erano scomparse nella luce, ed ora rimaneva soltanto un bambino. Le poche parti del volto ancora visibili erano contorte in una smorfia di dolore. Il giovane deglutì, sentendo una fitta di vergogna e colpa, perché in fondo quello che teneva lì era solo un bimbo... lo era davvero, in fin dei conti, lui e tutti i suoi fratelli erano più giovani di lui, ed a parte Greed non avevano conosciuto altro nella vita che la volontà del Padre.
- Non credere... di potermi compatire.- sibilò Pride, mentre gli altri si avvicinavano con prudenza.
- Mi dispiace.- rispose Alphonse, dolcemente:- Mi dispiace che sia andata a finire così. Avresti potuto avere una vita diversa, se...-
L'altro fu scosso da colpi di tosse, poi fece una smorfia arrogante:- E chi ti dice che io la volessi, patetico ammasso di ferraglia? Io sono orgoglioso di quello che sono, e lo sono sempre stato. Ora l'unico rimpianto è che non sarò qui a vedervi... bruciare.-
Ed aprì la bocca per ribattere qualcosa, ma ormai Pride non poteva più sentirlo. L'ultima parvenza di umanità scomparve dal volto, lasciando il posto al sogghignò di un'ombra che guizzava come fiamma, poi anche questa si dissolse. Rimase soltanto la polvere.
Non ci fu tempo per rifletterci. Una sagoma atterrò rovinosamente accanto a loro: Greed, che subito si rialzò passandosi una mano sulla bocca, e sibilò:- Il vecchietto è più duro del previsto.-
Il Padre colpì Hohehheim con un pugno violento, spedendolo a terra, poi si voltò con un movimento fluido verso il punto dove si trovavano. Con un sorriso vittorioso e sicuro di sé, mosse qualche passo verso di loro. In quell'istante un proiettile lo colpì alla testa, facendogliela piegare in modo innaturale, e subito altre pallottole sibilarono nell'aria, tutte centrando la figura.
Riza Hawkeye si avvicinò, due pistole nelle mani e lo sguardo gelido, ed intimò:- Arrenditi ora.-
Per tutta risposta, l'altro si stiracchiò voluttuosamente, lasciando che i buchi si rimarginassero. Nel frattempo Hohenheim si era alzato e si era spostato tra l'uomo ed i figli. Aveva il fiato pesante ed i vestiti strapazzati dal combattimento, ma non sembrava intenzionato a cedere.
Il Padre rimase immobile per un istante, poi sospirò:- Suppongo che ormai dovrò rimandare il mio progetto ad un momento più opportuno. Non c'è nessuna fretta, del resto. Posso occuparmi di sistemare questioni lasciate in sospeso da troppo tempo.-
- Di cosa sta parlando?- volle sapere Edward, spostando lo sguardo da Hohenheim alla creatura.
Quest'ultimo sorrise ancora, con una punta di malignità:- Forza, Hohenheim. Perché non dici loro cosa è successo davvero? O devo farlo io?-
L'uomo strinse le labbra in un'espressione tesa, poi si decise:- Molti anni fa, ho accettato di partecipare ad un progetto per creare l'essere perfetto. Nella mia superbia, ero orgoglioso di vedere il mio codice genetico usato come fonte per forgiare qualcosa che trascendesse l'umanità, una creatura che potesse essere considerata lo stadio successivo dell'evoluzione. Ma qualcosa andò storto.-
- Non direi.- interruppe il Padre, con malcelata soddisfazione:- Andò tutto perfettamente. Quegli sciocchi scienziati pensavano sul serio di poter comandare un essere superiore a loro, di usarlo soltanto per i loro test e le loro ricerche. Io la pensavo diversamente, ed ho agito di conseguenza.-
Alphonse fece passare lo sguardo dall'uno all'altro, confuso:- Che cosa intende?-
Hohenheim rispose in tono grave:- Ha ucciso i responsabili della sua creazione... quasi tutti, tranne me. Mi ha costretto ad aiutarlo a crearsi un'identità ed ad infiltrarsi nella compagnia come un essere umano, e per un po' è sembrato che si accontentasse di questo, di poter apprendere e vivere nel mondo degli uomini. Poi ha iniziato a cercare un maggiore potere, a fare a sua volta degli esperimenti per creare nuove forme di vita.-
- E così sono nati gli esseri artificiali di cui si è circondato, giusto?- comprese Riza.
Greed intervenne:- Già, è andata così. A quel punto, con il nostro aiuto, ha iniziato la scalata verso il potere. E' riuscito ad infiltrare Wrath agli alti gradi militari, e così ha scoperto quello che stava accadendo su Ishval prima di chiunque altro... ed ha colto l'occasione per ottenere tutto. Sia il comando della Amestris, sia quel progetto di cui aveva subito colto le straordinarie potenzialità.-
Edward strinse i pugni, rivolgendosi a suo padre:- E non hai tentato di fermarlo? Non hai capito cosa stesse facendo?-
Hohenheim esitò per un istante, ed ancora una volta fu Greed a rispondere:- Ricordo che ha provato a parlare al Padre. A volte passavano ore a discutere, ma alla fine la risposta era sempre la stessa. Il Padre minacciava di eliminare lui e tutta la sua famiglia se avesse rivelato qualcosa, ed ormai aveva il potere di farlo.-
Edward deglutì, turbato. Tanti anni prima, quando suo padre tornava esausto dai suoi lunghi soggiorni di lavoro... era questo quello che davvero stava passando?
- E poi c'è stata l'epidemia.- intervenne Al:- Per questo papà ci ha mandati via, per... per tenerci al sicuro. Se il Padre avesse pensato che eravamo morti, non avrebbe avuto nulla per ricattarlo.-
L'uomo dalla tunica bianca annuì, lievemente seccato:- Già, e devo dire che per anni ho dovuto attendere inutilmente che questo mio... fratello raggiungesse la ragione, e capisse la grandiosità del mio piano. Poi, per un'incredibile coincidenza, i miei figli hanno scoperto della vostra esistenza.-
- Quando sono venuti a cercare Kimbley.- completò Ling:- E così hai deciso di accelerare il progetto, ora che avevi un modo per far collaborare Hohenheim.-
- Ma ora quel progetto è fallito.- sibilò Edward, infuriato. Forse non era ancora in grado di perdonare ad Hohenheim tutti gli anni passati a cercare di sopravvivere da soli, lui e Al, tutti gli anni di solitudine e dolore... ma in quel momento, il vero responsabile di tutto era l'essere che avevano di fronte, e che non mostrava il minimo turbamento per aver rovinato tante vite.
- Parrebbe che sia così.- meditò il Padre:- Ma nulla di insostituibile è andato perso. I macchinari possono essere riparati, i progetti esistono ancora, così come i codici genetici che ho usato per creare i miei figli. Appena mi sarò liberato della vostra seccante esistenza, continuerò.-
- Pensi davvero di riuscirci?- ribatté Greed con un ghigno:- Puoi anche essere forte, ma non sei invincibile.-
Il Padre sorrise, un sorriso che non aveva niente di allegro:- Questo lo vedremo.-
Con un movimento fulmineo, sollevò le mani, facendo comparire in esse sfere di luce abbagliante, poi le scagliò contro di loro. La prima colpì Greed allo stomaco, proiettandolo contro la parete opposta, la seconda passò tra Ling e Lan Fan, sfiorandoli con il suo calore rovente, per poi andare a schiantarsi contro una delle capsule vuote. Il Padre non diede loro il tempo di riprendersi, ed una seconda sfera di luce colpì il giovane, spedendolo a qualche metro di distanza. Lan Fan, dopo un'occhiata agli altri, saettò via per controllare le sue condizioni.
Un pugno di Hohenheim raggiunse il Padre al volto, distraendolo e costringendolo a rivolgersi di nuovo verso l'altro uomo. Il Padre riuscì a liberare un braccio e posò sul petto dell'uomo il palmo aperto, che iniziò ad illuminarsi minacciosamente.
- Attento!- gridò Ed, aggrappandosi al braccio ed allontanando la mano dall'uomo. La sfera di energia già pronta ad essere rilasciata si schiantò sul meccanismo alle loro spalle, facendolo barcollare. Il Padre si limitò a sogghignare ed a liberarsi con uno strattone. Stavolta fu lui ad afferrare il braccio metallico di Edward, mentre con l'altra mano parava un altro colpo da Hohenheim. Ruotò su se stesso e spinse via il ragazzo, facendolo precipitare addosso ad Alphonse. Entrambi persero l'equilibrio e franarono all'indietro, ed il Padre ne approfittò per voltarsi di nuovo verso Hohneheim e sollevare stavolta entrambe le mani, colpendolo con violenza allo sterno. L'uomo barcollò all'indietro, senza fiato, ed il Padre sollevò una gamba per colpirlo con un calcio, spedendolo a terra.
In quel momento Riza, che fino a quel momento era rimasta immobile nel timore di colpire qualcun altro, sparò di nuovo, sei colpi in rapida successione che si conficcarono nel petto dell'altro. Con una smorfia di fastidio, il Padre si voltò verso di lei e dalla sua mano sgorgò l'ennesima sfera, più grande delle altre. La donna sollevò le braccia per difendersi, ma fu lo stesso spinta all'indietro. Altre sfere più piccole saettarono nella sua direzione, facendole saltare di mano una delle pistole, un'altra la colpì al ginocchio. Riza scivolò a terra, ed un'altra sfera volò verso il suo volto.
Ma all'ultimo momento qualcuno la tirò bruscamente via dalla linea di tiro, trascinandola a terra e difendendola dal calore che la sfiorò appena. La bionda sollevò lo sguardo, e sgranò gli occhi, sibilando:- Roy Mustang, ti avevo detto di restare a terra.-
- Siamo a terra, no?- ribatté l'uomo, sforzandosi di nascondere il dolore sotto un sorriso.
Riza stava per ribattere, quando una risata risuonò a poca distanza. Il Padre si era sollevato sul piedistallo fornito dalla capsula, e teneva le braccia sollevate verso l'alto. Esclamò:- Forse, dopotutto, non servirà rimandare. Questa è energia è abbastanza per lasciarmi alle spalle tutti voi e la vostra sciocca razza. Presto saprò tutto, sarò tutto, e voi non sarete nulla.-
Dalle sue mani, un fiotto di energia si riversò verso l'alto, verso l'antenna da cui doveva essere convogliato all'esterno. Il macchinario, per quanto traballante e messo a dura prova dagli scontri che lo avevano colpito, ricominciò ubbidiente a ronzare e lampeggiare. Una luce abbagliante si sprigionò dal corpo dell'uomo e si innalzò tra le pareti, serpeggiando intorno al macchinario, rifrangendosi in mille riverberi tra il metallo rombante.





Angolo dell'Autrice:
In questo momento mi sento l'essere più disgustoso e sventurato sul pianeta Terra. Gente, ho perso il capitolo 42. Ho ancora il finale, ma in qualche modo a me sconosciuto (leggi: la mia incapacità di usare un computer colpisce ancora) il capitolo che si trovava tra questo e la conclusione si è volatilizzato. Mi ricordo cosa succedeva, e cercherò di sistemarlo, ma... vi giuro, ero anche soddisfatta di come era venuto! Non. Posso. Crederci.
Fine dello sclero, dovrò SOLO riscrivere qualche pagina. Solo. Non ci vuole nulla, eh? Addio, mondo crudele...
In ogni caso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ormai mancano solo due capitoli, quindi forza, tra poco saprete come finirà questa interminabile avventura. Nell'attesa, come ormai avrete intuito, le recensioni sono sempre gradite ;-)
A presto,

Melanita


 

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


CAPITOLO 42

 
Il Padre si era sollevato sul piedistallo fornito dalla capsula, e teneva le braccia sollevate verso l'alto. Esclamò:- Forse, dopotutto, non servirà rimandare. Questa è energia è abbastanza per lasciarmi alle spalle tutti voi e la vostra sciocca razza. Presto saprò tutto, sarò tutto, e voi non sarete nulla.-
Dalle sue mani, un fiotto di energia si riversò verso l'alto, verso l'antenna da cui doveva essere convogliato all'esterno. Il macchinario, per quanto traballante e messo a dura prova dagli scontri che lo avevano colpito, ricominciò ubbidiente a ronzare e lampeggiare. Una luce abbagliante si sprigionò dal corpo dell'uomo e si innalzò tra le pareti, serpeggiando intorno al macchinario, rifrangendosi in mille riverberi tra il metallo rombante.
E poi non accadde nulla.
Ci fu un lungo secondo di silenzio, poi il Padre abbassò le braccia, il volto contorto in un'espressione di rabbia incredula. Sibilò:- Che cosa è successo?-
In quel momento, una sagoma bionda scivolò agilmente giù dalla sommità della capsula, atterrando in equilibrio precario sul pavimento. Edward ebbe un sussulto:- Che cosa... pensavo che...-
Winry gli rivolse un sorriso esausto, roteando tra le dita un cacciavite, e scrollò le spalle:- Dovevo pur occupare il tempo mentre voi finivate qui, no? Non credo che questo macchinario farà più niente, ora che i cavi principali sono stati scollegati, ed il catalizzatore è stato tolto.-
- Tu... come hai fatto?- domandò lentamente il Padre, spostando la sua attenzione sulla ragazza, che rabbrividì e d'istinto fece un passo indietro, inquieta per la furia che emanava dagli occhi dorati.
- Non è difficile.- intervenne una voce sottile alle sue spalle, poi May si fece avanti. La ragazzina stringeva tra le braccia una piccola sagoma bianca e nera, e si muoveva lentamente, ancora affaticata da tutto quello che era successo, ma mostrava già più forza di poco prima. Proseguì:- Xiao Mei mi ha detto cosa stava succedendo... essendo così vicine, è riuscita a parlarmi, anche se era spaventata ed imprigionata. Ed aveva sentito tutto quello che avevate detto in questa stanza, tutto. Compreso come fare funzionare quel meccanismo.-
Winry posò una mano sulla spalla della ragazzina, e completò:- Così May mi ha riferito quello che sapeva, ed io ho disattivato tutto. Senza un catalizzatore, era impossibile che il processo fosse completato. Quell'energia che il Padre ha rilasciato poco fa non è andata da nessuna parte, anzi...- si fermò per un istante, poi proseguì, con un tremito nella voce:- Anzi, credo che ne abbia rilasciata troppa. Il suo corpo non può reggere.-
Ed in quell'istante se ne resero conto tutti, compreso l'interessato: una polvere sottile iniziò a distaccarsi dalla punta delle dita dell'uomo, roteando lenta nell'aria, mentre il corpo sotto la tunica bianca cominciava a disgregarsi, proprio come era successo a tutti gli altri.
Il Padre rimase immobile per un istante, gli occhi sgranati in un'espressione di rabbia incredula, poi senza preavviso allungò una mano verso le due ragazze, una sfera di letale energia già pronta all'estremità di cui ormai rimaneva solo un moncherino.
Ed si lanciò in mezzo, spingendo da una parte la bionda, ed il colpo lo raggiunse al petto, catapultandolo nell'aria. Si ritrovò a sbattere contro la parete, con il rombo del sangue nelle orecchie che lo rendeva a malapena consapevole delle esclamazioni preoccupate degli altri, e scosse la testa per schiarirsi le idee. Non si era rotto niente, quell'attacco era già molto più debole dei precedenti. Proprio come aveva detto Winry, l'energia del Padre era stata interamente consumata... a proposito, appena fossero usciti di lì doveva fare i complimenti alla ragazza, pensò confusamente, se non fosse stato per lei...
Ma l'uomo dalla tunica bianca non aveva ancora finito. L'energia saettò ancora una volta intorno a lui, frustando l'aria con velocità folle, abbattendosi su chiunque e qualsiasi cosa, senza più la minima preoccupazione per l'incolumità della stanza e dei macchinari. Per un istante una tempesta letale imperversò nella sala, costringendo tutti a terra, poi la creatura crollò a terra, accasciandosi al suolo, le braccia ancora brancolanti ormai ridotte a moncherini in disfacimento.
Il volto del Padre assunse un'espressione vittoriosa, nonostante il corpo si stesse disgregando in polvere d'argento. Sussurrò:- Ormai è troppo tardi. Se io non posso trascendere questo mondo, nessun altro lo farà... e tutto questo mondo dovrà pagare. A cominciare da voi.-
Il macchinario alle sue spalle, ormai devastato, iniziò a brillare per l'ultima volta, mentre un conto alla rovescia appariva su tutti gli schermi ed un rombo minaccioso risuonava nell'aria. Sui pannelli, oltre alle cifre che diminuivano con inesorabile rapidità, solo una parola: autodistruzione.
- E' iniziata.- mormorò con le ultime forze, di fronte agli sguardi angosciati degli altri presenti nella stanza. Ripeté:- E' iniziata, e non potete più fermarlo. Non c'è nulla all'interno su cui l'energia si scarichi, questa volta, e l'unico risultato sarà un inferno di luce e fuoco. Sarete contenti, ora, di avermi fermato? Ora la vostra ricompensa è solo la morte. La vostra e quella di chiunque altro su Central Moon, o sui pianeti in linea con il raggio. Ne valeva la pena?-
Non attese risposta, chiuse gli occhi e, con un ultimo sogghigno di folle soddisfazione, svanì dal mondo. Rimasero solo le sue ultime, lugubri parole a riecheggiare nell'aria pesante di paura.
 
***
 
Havoc stava sognando, o forse delirando, ma sinceramente la differenza gli sfuggiva. Brandelli di luoghi e persone scorrevano intorno a lui in un vortice di colori e suoni: ora era un giovane sul punto di entrare all'accademia militare, ed un attimo dopo si ritrovava gettato sul fango di un campo di battaglia, o forse era il fango tra i ciottoli di una strada, all'uscita di quel bar in una piccola, idilliaca colonia su uno dei pianeti esterni... perché non erano rimasti lì, quella volta? Magari a quell'ora avrebbe avuto una moglie e quattro figli, invece di starsene a morire da solo in un corridoio scuro. Scacciò dalla sua mente il presente che tentava di infiltrarsi in quella confortante e soffusa nebbia di ricordi, e si lasciò di nuovo trascinare via, tornando a pilotare la sua scassatissima, splendida astronave in un campo di asteroidi. Non ricordava quale fosse la situazione in particolare, ma era di sicuro colpa di Mustang se c'erano finiti in mezzo. Era sempre colpa del colonnello, ovviamente. Non loro che continuavano a seguirlo ovunque, eh? Buffo, però: per quanto fosse stata scassata la Ishval, non ricordava nessuna situazione in cui ci fosse stata anche una perdita d'acqua proprio sulla sua postazione. Che cosa era...
- Jean, ti pare il momento di dormire? Apri subito gli occhi, e non fare scherzi-
Il liquido fresco spruzzato sul volto, si rese conto a fatica, era reale, così come la voce che lo stava chiamando. O il dolore che tornava a farsi sentire, ospite non invitato e non gradito, ma prova che nonostante tutto era ancora vivo. Il soldato biondo si sforzò di aprire gli occhi e di mettere a fuoco il mondo intorno a lui. La luce bianca e vivida di alcune torce rischiarava alcuni volti preoccupati.
- Se proprio volete tenermi sveglio, almeno datemi una sigaretta.- gracchiò:- Ve la siete presa comoda, eh?-
Breda sospirò di sollievo. Il fatto che l'amico fosse ancora in grado di scherzare era un buon segno, anche se le sue condizioni parevano gravi.
- Cosa è successo? Abbiamo vinto?- domandò Havoc, con una smorfia di dolore:- Dove sono Mustang ed Hawkeye?-
- Non erano con te? Che cosa è successo?-
- Storia complicata, ma... dovevano continuare a scendere.-
Gli altri si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi Falman ammise:- Sono arrivati dei rinforzi da Briggs, ma non sono ancora riusciti a sbloccare il passaggio verso il piano più basso. Non sappiamo che cosa stia succedendo là sotto.-
Havoc stava per dire qualcos'altro, ma in quel momento una scossa fortissima fece tremare l'intero corridoio, staccando altri pezzi di cemento e metallo dalle pareti ormai devastate e sollevando ancora una volta la nube di polvere e detriti che si era depositata a terra.
- Che cosa sta succedendo?- domandò Furey, allarmato.
- Non lo so, ma non è un buon segno.- replicò serio Falman:- E veniva da là sotto.-
 
***
 
Alphonse si guardò attorno, disperato. Hohenheim era disteso a terra, esanime, e Greed era nelle stesse condizioni, con il corpo che si rigenerava lentamente. Lan Fan stava tenendo la testa a Ling, poco distante. May era rannicchiata in un angolo, le braccia strette intorno alla piccola sagoma di Xiao Mei, e Winry la stava tenendo stretta in un abbraccio confortante. Edward era ancora gettato contro la parete opposta. Il macchinario accanto a lui ora vibrava e pulsava, come un organismo vivente sul punto di risvegliarsi.
Se la macchina si fosse attivata in quel momento, sarebbero morti tutti. Tutto quello che avevano fatto sarebbe stato inutile, tutte le lotte ed i sacrifici che tante persone avevano dovuto affrontare fino a quel momento. Milioni di vite sarebbero state spente. Doveva esserci una soluzione, ma...
Il ragazzo rifletté, ricordando tutto quello che era stato detto nelle ore e nei giorni precedenti, ed all'improvviso realizzò quale fosse la risposta. Il catalizzatore di quel processo, la chiave di tutto, era il metallo chiamato Full. Lo stesso di cui ora era fatto il suo corpo. In qualche modo, forse, poteva riuscire a controllare quell'incredibile flusso di energia, almeno a frenarlo. Non era sicuro di come fosse possibile, ma doveva provare. Se una creatura piccola come Xiao Mei poteva fare da catalizzatore, forse una quantità maggiore di quel metallo avrebbe potuto addirittura controllare il processo, o no? Certo, era rischioso. Probabilmente non sarebbe sopravvissuto.
Al fece un sospiro profondo, e si accorse che suo fratello lo stava guardando.
- Mi dispiace, fratello. Non c'è altra soluzione.-
Edward si aggrappò al bordo del tavolo, sforzandosi di alzarsi. Sbarrò gli occhi vedendo Alphonse in piedi di fronte al macchinario, voltato verso di lui, e comprese all'istante che cosa avesse intenzione di fare. Ma non glielo avrebbe permesso.
- Al, non farlo!- urlò affranto:- Non ci provare, mi hai capito? Non...-
Alphonse cercò qualche altra parola, tra le mille che si accavallavano nella sua mente, ma nessuna avrebbe saputo esprimere quello che provava. Aveva paura, questo era certo, come qualsiasi altro essere vivente avrebbe avuto paura di fronte alla morte, ma non poteva e non voleva tirarsi indietro. Tutte le persone a cui lui voleva bene erano lì, e sarebbero morti se non avesse fatto qualcosa. Con un cenno di saluto, si voltò verso l'apparecchio che si stagliava di fronte a lui, ronzante e luminoso, ed affondò le mani nel groviglio di cavi e meccanismi.
- Al, torna subito indietro!-
In quel momento, mentre Edward tendeva una mano disperata verso il punto in cui trovava il fratello, il conto alla rovescia che segnava l'attivazione completa del meccanismo toccò lo zero. Una luce abbagliante invase la stanza, scaturendo dal centro della complessa macchina per poi allargarsi ad inghiottire tutto quello che la circondava. I corpi esanimi stesi sul pavimento e quelli che ancora si muovevano. Qualcuno urlò qualcosa, forse un avvertimento, o semplicemente un grido d'angoscia, ma le parole svanirono prima di raggiungere le orecchie di Edward, inglobate dal rumore sordo che gli rombava nel cranio. Era reale, o era solo nella sua testa, il cupo rombo della disperazione mentre la sagoma di Al si dissolveva di fronte a lui?
- Al...- sussurrò ancora una volta, sforzandosi di contenere le lacrime che gli appannavano la vista, anche se la luce abbagliante gli impediva comunque di vedere qualsiasi cosa. Per un istante, gli parve di scorgere il bambino che suo fratello era stato prima dell'epidemia, prima di quella gabbia di metallo in cui era vissuto per anni. Gli parve di scorgere un sorriso, aperto ed innocente, e nella sua mente sentì risuonare la voce che gli era più familiare.
- Torna indietro da me, Al.- bisbigliò il biondo, mentre le gambe franavano sotto di lui ed il peso di quella lunga avventura, di quegli ultimi disperati combattimenti, gli crollava infine addosso come una montagna. La luce era su di lui, intorno a lui, ma non faceva male. Si chiese per un attimo se il sacrificio di suo fratello fosse stato inutile, se fossero tutti destinati a morire lo stesso in quel laboratorio. Ma i suoi sensi lo abbandonarono prima che avesse il tempo di rispondersi.
 
Fratellone... ti voglio bene.
 
- Ne abbiamo trovato uno! Qui, sotto queste macerie.-
- Furey, vai a chiamare gli altri, dì loro di portare qui le barelle!-
 
Ti voglio bene anche io, Al. Non provare a morire.
 
- Hawkeye, non provare neanche lontanamente ad alzarti in quelle condizioni, ci siamo capiti? Falman, aiutami a tirar fuori la tenente.-
- Breda, il... il colonnello... Roy... dove...-
- Stiamo tirando fuori anche lui, stai tranquilla. Non basta certo una stupida esplosione per far stare tranquilli voi due teste dure, eh?-
Rumori. Voci poco distanti. Suoni come lampi di dolore nella soffice, ovattata oscurità in cui era accoccolato, rannicchiato come nel ventre di una madre.
La sensazione improvvisa di un peso tolto di dosso, il tocco di qualcuno sulla propria pelle, filtrato attraverso un velo di intorpidimento.
- Edward è qui, è vivo anche lui. Ma... cosa...-
Una pausa improvvisa, o forse erano solo le sue orecchie che avevano smesso di funzionare. Ma quel nome non smetteva di risuonare nella sua testa. Edward. Era il suo nome, era lui.
Con un soffio di voce, sentendo la gola bruciare, riuscì a gracchiare:- Al... Alphonse...-
Non ci fu risposta, solo altre mani che lo sollevavano con prudenza, posandolo sulla superficie liscia di una barella. Una sensazione fresca che leniva il dolore delle ferite, e poi un liquido fatto colare con gentile fermezza nella sua bocca.
Edward socchiuse a fatica un occhio, senza riuscire a mettere a fuoco quello che aveva davanti. Riprovò a parlare:- Dove è... Al?-
- Edward, ora devi riposare.-
- Al.- insistette il ragazzo. Sollevò un braccio e, ignorando la strana sensazione che provava, afferrò la stoffa spessa di un'uniforme:- Dove. E'. Al?-
Altri passi che si avvicinavano, una mano che si posava sulla sua spalla, un'altra che staccava delicatamente le sue mani dalla loro presa, costringendolo di nuovo a riposare.
- Lo stiamo cercando, Ed. Stiamo cercando tutti.- spiegò in tono confortante Breda.
Edward però aveva smesso di ascoltarlo, stordito da un'improvvisa realizzazione. La mano che aveva sollevato poco prima era quella della sua protesi, l'arto di metallo che aveva usato per anni... solo che ora non era più di metallo.
Il braccio che sentiva al suo fianco era fatto di muscoli indolenziti e sangue pulsante. Era umano.
Cosa era successo?








Angolo dell'Autrice:
Dopo ardua fatica, sono riuscita a recuperare da salvataggi precedenti quasi tutto questo capitolo che era andato disperso, ed a rimettere insieme i pezzi. Purtroppo non sono sicura che sia del tutto coerente con quello che avrebbe dovuto essere nella versione definitiva, ma per evitare attese abnormi ho deciso di pubblicarlo così. Ho fatto del mio meglio, poi se la sfortuna si abbatte su di me almeno ho qualcosa a cui dare la colpa U_U
L'ultimissimo capitolo con la conclusione della vicenda arriverà entro pochi giorni! Nel frattempo, cosa ne pensate di questo? Opinioni, critiche e suggerimenti sono sempre ben accetti.
A presto,

Melanita

 

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Capitolo 44
*** Capitolo 43 ***


CAPITOLO 43

 
- Al!-
- Alphonse!-
- Alphonse!-
Le voci si accavallavano come onde in una tempesta frastornante, imponendo alle sue palpebre a socchiudersi, di lasciar passare quel filo di luce a cui si aggrappavano tutti i ricordi della sua identità e della sua storia.
Alphonse Elric tossì e si mosse debolmente sulla barella improvvisata, sollevando un braccio per ripararsi il volto dalla luce, e rimase a fissare, confuso ed incantato, la mano pallida ed esile, la mano di carne e ossa e vene che pulsavano, che si stagliava netta contro un limpido cielo azzurro.
Un attimo dopo, il ragazzo fu di nuovo gettato a terra dalla sagoma che gli si gettò addosso, stritolandolo in un abbraccio premuroso.
- Al, mi hai fatto prendere un colpo!- lo rimproverò bruscamente Edward, la testa ancora affondata tra i capelli biondi, lunghi fino alle spalle, che avevano lo stesso identico colore dei suoi:- Non osare mai più fare una cosa del genere!-
- Co... cosa?- balbettò l'altro, incredulo, facendo saettare lo sguardo dal fratello al resto del gruppo che li circondava. May era accucciata accanto a lui, con gli occhi scuri orlati di lacrime luccicanti. Poco dietro, Ling e Lan Fan stavano sorridendo sollevati, ed Al non poté fare a meno di notare il modo in cui il braccio del giovane stava stringendo la vita di lei. C'era anche Winry, con il volto raggiante ma ancora incredulo di chi ha appena assistito ad un miracolo. Il colonnello e Riza, Havoc, Breda, Falman, Furey, Rebecca, Maria, Denny... c'erano tutti, riuniti intorno a loro. Mustang aveva gli occhi coperti da una benda chiara, e Havoc era sdraiato su una barella, ma gli altri erano in piedi e stavano bene.
E c'era un uomo che si manteneva ad una certa distanza, la testa abbassata, i capelli biondi e gli occhiali a nascondere lo sguardo.
- Papà...- sussurrò Al:- Allora è successo davvero. Ma come... non sono neppure riuscito a...-
Guardò di nuovo se stesso, lasciando che la sua mente filtrasse le informazioni. Il petto nudo che si alzava ed abbassava al ritmo del suo respiro sconnesso, le gambe magre che spuntavano da un lenzuolo bianco. Si portò le mani al volto e sfiorò con un tremito la pelle morbida.
- No, Al, non hai fermato quella macchina.- spiegò Edward:- Hai fatto di meglio! Il tuo intervento ha modificato i parametri, riportandola alla programmazione originaria. Al progetto Eden, capisci?-
- No. Non proprio.-
- Guardati attorno.-
Con l'aiuto del fratello, Al si tirò a sedere, e vide finalmente il luogo che lo circondava. Si trovavano all'ombra di un alto muro parzialmente distrutto, in cui era ancora a stento riconoscibile il drago della Amestris. Tutto intorno a loro, un verde tappeto d'erba rigogliosa brulicava di creature di varia razza, che vagavano curiose, sparendo spesso nella foresta poco distante.
Era quasi sicuro che non ci fosse stata nessuna foresta su Central Moon.
- Il progetto Eden.- affermò Falman con delicato stupore:- Ogni creatura il cui DNA era stato compreso nei calcoli su Ishval è stata riportata indietro, qui. Piante e animali che non esistono più da millenni sono appena rinati.-
Al sorrise, intenerito, guardando i cuccioli che si avvicinavano timidamente a loro. Un cagnolino bianco e nero, che dalla struttura prometteva già di crescere parecchio, vagò verso Riza ed iniziò ad annusarle uno stivale. La bionda si chinò, accarezzandolo dietro il collo con un sorriso divertito.
- Cosa ne dice, tenente, abbiamo posto per un ospite in più?- domandò Roy. Nonostante tutto quello che era successo, non riusciva ancora a chiamarla semplicemente Riza di fronte a tutti gli altri, ma a giudicare dagli sguardi eloquenti che l'equipaggio si scambiava quando erano convinti che lui e la cecchina fossero girati, tutti erano già a conoscenza della novità. E no, non aveva bisogno di vederli per intuire quegli sguardi. Era esattamente quello che si aspettava dai suoi uomini.
- Non mi fido di quella cosa.- bofonchiò Breda, spostandosi più distante dall'animale che ora aveva inclinato la testa ad osservare gli altri membri della squadra. Furey ridacchiò, divertito, mentre si univa alla bionda tenente nel coccolare la nuova aggiunta al loro equipaggio.
Riza domandò, pensierosa:- Come lo chiamiamo? Che ne dite di Black Hayate?-
Nel frattempo, Alphonse stava ancora scendendo a patti con il fatto di essere vivo, e di non essere più un cyborg. In preda ad un'improvvisa intuizione, osservò il fratello, notando che anche i suoi due arti robotici erano stati sostituiti da carne e ossa.
- A quanto pare, il macchinario non ha fatto differenza tra il DNA contenuto tra i suoi circuiti e quello collegato ad altri oggetti di Full.- spiegò lentamente Hohenheim:- Ha reagito con le protesi di tuo fratello e con la tua armatura, e... che altro c'è da dire? Anche per uno scienziato come me, questo sembra quasi un miracolo.-
- Un miracolo...- ripeté piano Al, ancora confuso:- Ma cosa è successo poi?-
E così l'ora successiva trascorse nel resoconto di cosa era successo, tra continue interruzioni, perché ognuno aveva la sua parte da raccontare o domande da fare. Ci furono momenti di imbarazzo e risate, interrogativi ancora aperti ed altri che trovarono finalmente risposta, e quando il sole tramontò per la prima volta sul nuovissimo volto di Central Moon, lasciando lentamente il posto ad una limpida notte stellata, nessuno stava più piangendo.
 
***
 
- Ehi, Winry.-
La bionda sollevò lo sguardo dal cucciolo che stava accarezzando, ed Edward si accovacciò accanto a lei con un sospiro. Rimasero in silenzio per un attimo, immobili e soli in una radura in mezzo alla vegetazione verdeggiante. Gli unici suoni che si avvertivano era il fruscio delle fronde, ed il dolce cinguettio di alcuni uccelli.
- Ed, credevo che fossi ancora con tuo padre... tu ed Al avete tanto tempo da recuperare.-
- Avremo tutto il tempo per recuperarlo, ora che tutto è sistemato.- spiegò il ragazzo:- Hohenheim vuole fermarsi qui per aiutare a risistemare questo posto. Ci vorrà un po', suppongo.-
- Già. La compagnia Amestris deve essere riorganizzata da cima a fondo, e la famiglia Armstrong non può fare tutto da sola, anche se la generale ha deciso di rimandare il suo ritorno a Briggs per dare una mano qui.- ricordò Winry. Sorrise dolcemente:- Sai, la nonna ha deciso di fermarsi un po' anche lei. Dice che con tutti i macchinari che sono stati distrutti e devono essere riparati a Central Moon, potremmo pagarci un'astronave nuova.-
- Ah, Quindi poi... ripartirete.- azzardò Edward con una punta di delusione.
Winry sospirò:- Questa non è casa nostra. Perché dovremmo restare?-
Il ragazzo sollevò la testa all'improvviso, balbettando:- Per me. Perché mi mancheresti troppo.-
Winry sgranò gli occhi ed incrociò lo sguardo del ragazzo, che lo distolse subito, imbarazzato. Mormorò:- Insomma, io... tu... siamo stati distanti per tanti anni, Winry, ma non ti ho mai dimenticata. A volte, quando di notte non riuscivo a dormire, tornavo su Resembool con il pensiero, a quel passato quando tutto era più luminoso. Alcune cose si sono... sbiadite, mentre crescevo. Mi rendevo conto di non ricordare del tutto alcuni luoghi, alcuni volti. Ma il tuo ricordo era sempre nitido, ed era sempre uno dei primi a presentarsi.-
Winry non disse niente, ed Edward proseguì:- Ricordo quella volta che i tuoi genitori sono stati via per mesi e tu sei venuta a dormire a casa nostra. Di notte ti infilavi in camera nostra, e tu ed io continuavamo a raccontarci storie di paura anche quando Al si era già addormentato da un pezzo. E tu non volevi mai ammettere di avere paura, quindi quando io ti facevo notare che stavi tremando mi picchiavi con il cuscino.-
- Solo perché il cacciavite avrebbe fatto troppo rumore e svegliato tuo fratello.- puntualizzò lei con un sorriso venato di nostalgia:- Sai, anche io ho pensato a te. A volte mi fermavo a metà di un lavoro perché mi sembrava di sentire la tua voce, o la tua risata. Non c'eri mai, ma... era come se ci fossi.-
- Vorrei che tu continuassi ad esserci, Winry.- sussurrò Edward, trovando infine il coraggio di afferrarle una mano:- Vorrei che... che tu stessi con me. Se vuoi, insomma. Non...non è che...-
La ragazza rimase paralizzata per un istante, poi prese fiato e sparò fuori la frase che le stava pesando nello stomaco da troppo tempo, mentre gettava le braccia al collo del biondo e singhiozzava:- Oh, Edward, quanto sei stupido! Starei con te per sempre!-
Rimasero immobili per un secondo, il volto di Winry affondato nell'incavo della spalla del ragazzo, mentre le braccia di lui stavano strette intorno alla sua schiena. Poi la bionda si tirò indietro di scatto, imbarazzata:- Cioè, voglio dire, non... non è quello che intendevo, se non è quello che intendevi tu. Non è quello che intendevi tu, vero? Insomma, non dicevo per sempre, magari per un po'. Per qualche... mese. Anno. Decennio? -
Edward la fissò per un attimo sconcertato, poi sorrise. Winry smise di balbettare scuse a cui non credeva neppure un po', e sorrise a sua volta. In quel momento, sembrava che il resto del mondo avesse smesso di esistere e che ci fossero solo loro due, al centro di qualcosa che stava finalmente per sbocciare.
- Winry, io... vorrei che fosse per sempre. Io ti amo.- sussurrò Edward, avvicinandosi a lei.
La ragazza chiuse gli occhi, bisbigliando:- Ti amo, Edward Elric.-
Poi le labbra del giovane si posarono sulle sue. E poi, il suo cervello smise di funzionare per i minuti successivi.
 
***
 
- Al, hai visto tutti gli altri?- domandò May, facendo capolino dalla porta della stanza, che si affacciava sul lussureggiante giardino. Il ragazzo sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo e scosse la testa, perplesso.
Lei sbuffò:- La nave che nostro padre ha inviato per riportare a casa me, Ling e Lan Fan è appena arrivata, ed il capitano sostiene di aver ricevuto ordini di riportarci a casa il prima possibile. Ma non riesco a trovare né loro, né Edward e Winry per salutarli.-
Alphonse si alzò, sgranchendo le braccia che non era ancora del tutto abituato a muovere, e scoppiò a ridere:- Andiamo, ti aiuto a cercarli.-
Uscì a sua volta al sole del giardino, assaporandone il calore sul volto. Non ne aveva mai abbastanza di quelle sensazioni, che aveva quasi dimenticato per tanto tempo, e che ora gli sembravano ancora più straordinarie. Era come essere nato una seconda volta, ed in effetti era proprio così.
- Allora, dove potrebbero essere?- rifletté:- Probabilmente Ling ha trascinato Lan Fan a fare un picnic. Non c'è modo di separarli, ormai.-
- Lo dici come se prima ce ne fosse uno.- ridacchiò l'altra:- In realtà non è cambiato granché, a parte il fatto che ora riescono anche a tenersi per mano in pubblico. Non vedo l'ora di vedere la scena quando torneremo a casa...-
- Perché? Pensi che vostro padre farà storie?-
May scrollò le spalle:- No, non ci saranno problemi da quel punto di vista. Ma Ling dovrà vedersela con il generale Fu, e sai quanto sa essere protettivo di sua nipote. Rischiare la vita facendo la guardia del corpo è un conto, ma quando si parla di ragazzi...-
Alphonse scoppiò a ridere a sua volta:- Giusto, mi dispiace perdermi la scena! Mi racconterai tutto la prossima volta che ci vedremo, comunque. Io e Ed dovremo tornare a prendere le nostre cose, appena avremo sistemato le cose qui. E devo assicurarmi che i gatti siano sistemati bene, no?-
- A quello ci penserò io.- lo rassicurò May con aria decisa.
Nel frattempo, avevano continuato a passeggiare, fino a quando Al si fermò, pensieroso:- Credo di aver sentito dei rumori. Forse sono qui, dovrebbe esserci una radura...-
- Se sono Ling e Lan Fan, direi che possiamo anche fargli una sorpresa.-
Scambiandosi un'occhiata complice, i due si fecero strada fino ad arrivare dietro ai fusti di alcuni alberi. Al diede un'occhiata, ma subito si ritirò, rosso in volto.
- Che succede?- bisbigliò May, perplessa, prima di guardare a sua volta. Tornò indietro, e si mise una mano di fronte alla bocca per impedirsi di ridere.
Non dissero nulla fino a quando non si furono allontanati di qualche decina di metri, poi May commentò:- Beh, era anche ora. Tuo fratello ci ha messo parecchio a decidersi.-
- In effetti era abbastanza ovvio a tutti, no?- sospirò Al, con un sorriso imbarazzato:- Direi di lasciare lui e Winry tranquilli. Anche se fa uno strano effetto vederli finalmente... insieme.-
- Chi sta insieme?- lo interruppe una voce squillante, mentre Ling balzava giù da un albero. Accanto a lui, scese anche Lan Fan, risistemandosi i capelli.
- Non voglio neanche sapere perché eravate là sopra.- precisò May.
- Allenamento.- spiegò laconicamente il ragazzo:- Non cambiare discorso, chi sta insieme? Non mi dire che...-
- Edward e Winry.- annunciò l'altra, soddisfatta:- Pare che voi due abbiate dato il buon esempio.-
- Sul serio? Era ora!- esultò il ragazzo, facendo un gesto di vittoria:- Vado subito a fare le congratulazioni!-
- Ling, non fare l'idiota!- lo rimproverò la sorella, mentre Lan Fan tentava di fermarlo ed Al accennava a sua volta una protesta... ma era troppo tardi.
Qualche secondo dopo, la quiete della foresta era rotta dalle urla di Edward che minacciava di uccidere Ling, dalle risate di quest'ultimo, e dai frenetici tentativi degli altri di impedire la distruzione della appena ricostruita Central Moon.
 
***
 
- Allora, colonnello, a quando il matrimonio?-
- Havoc, se non la pianti ti soffoco con un cuscino.- minacciò Mustang, voltandosi nella sua direzione e rimpiangendo che la benda sui suoi occhi gli impedisse di uccidere l'altro con lo sguardo. L'ospedale di Central Moon si era salvato sia dall'esplosione che dall'effetto del macchinario, così come molte altre zone, dove la vita degli abitanti era già tornata praticamente alla normalità. In fondo, per loro era cambiato poco. La compagnia che dava loro lavoro era ancora in piedi, anche se la direzione era cambiata, e la generale Armstrong si era assicurata che le persone rimaste coinvolte nell'esplosione e nel caos che era succeduto fossero curate, e che la ricostruzione procedesse liscia. Fino al giorno prima quell'ala dell'ospedale era stata parecchio affollata, ma ora finalmente c'era un po' di quiete... o almeno, ci sarebbe stata, rimuginò il colonnello, se un certo sottoposto maniaco della nicotina non avesse deciso di rendergli la convalescenza impossibile.
Se Riza fosse stata lì, probabilmente sarebbe riuscita a far tacere il biondo con uno sguardo, ma Roy le aveva esplicitamente ordinato di andare a dormire un po'. La donna aveva voluto rimanere al suo fianco per tutta la durata dell'operazione chirurgica, mentre le sofisticate strumentazioni mediche ripristinavano i suoi occhi, eliminando le bruciature, e non si era staccata dalla sedia a fianco del letto per tutto il giorno successivo.
Il biondo sdraiato accanto a lui sogghignò e proseguì, incurante delle minacce:- Andiamo, non chiedo la data esatta. Ma dopo tutti questi anni direi che il fidanzamento si può considerare già fatto, no?-
- Questa non è convalescenza, è una tortura.- brontolò Mustang, ripromettendosi di fargliela pagare. Appena i dottori avessero confermato che le gambe di Havoc erano di nuovo funzionanti, lo avrebbe preso a calci per tutta Central Moon. In fondo avrebbero avuto il tempo per farlo, visto che si sarebbero fermati lì per aiutare gli uomini di Briggs e quelli della Amestris con la ricostruzione.
In quel momento qualcuno bussò alla porta della stanza. Senza attendere risposta, un'infermeria introdusse gli ospiti, annunciando severamente:- Solo qualche minuto, va bene? Questi due devono riposare.-
- Stia tranquilla, ce ne andremo tra poco.- confermò Breda in tono rassicurante, entrando insieme a Falman e Furey:- Volevamo solo dirvi che siamo andati a vedere la Ishval. E' arrivata sana e salva.-
- La Ishval? E chi l'ha portata da Briggs a qui?- domandò Havoc, punto sul vivo:- Non penso proprio che quei soldatini siano capaci di...-
- Infatti l'ho pilotata io, ovvio.- interruppe una voce squillante, mentre Rebecca faceva il suo ingresso nella stanza e si fiondava accanto al letto del biondo, scrutandone le condizioni:- Non ti si può lasciare solo qualche giorno, ed eccoti in ospedale. Vedi di rimetterti in piedi alla svelta, mi devi offrire una cena.-
- Qualche giorno e sarò in piedi.- rispose subito Havoc, ignorando il ghigno soddisfatto di Mustang. Qualcosa gli diceva che da quel momento in poi le punzecchiature non sarebbero più state a senso unico.
La porta appena richiusa si aprì un'altra volta, lasciando passare Riza.
- Tenente, le avevo detto di riposare.- fece notare Roy, chiedendosi contemporaneamente perché non potevano essere da soli. Avrebbe davvero voluto stringerla a sé, ma di fronte a tanta gente non...
- Bene, Havoc, il dottore ha detto che puoi fare un giro in carrozzella.- annunciò prontamente Breda, scambiandosi uno sguardo consapevole con gli altri:- Fuori da qui.-
Mustang non sapeva se essere infastidito dall'evidente consapevolezza di chiunque altro riguardo alla nuova relazione tra lui e la sua prima ufficiale, oppure grato per l'appoggio che tutti gli altri stavano dando loro. Era davvero così ovvio?
Un minuto dopo, la stanza era deserta, ad eccezione di Roy e Riza. La donna si sedette sul letto accanto a lui e lo aiutò a mettersi lentamente seduto.
- Col... Roy. Credo di essermi riposata abbastanza.-
- Lo spero. Avremo parecchio da fare appena mi sarò rimesso in sesto.- dichiarò lui, salvo poi affrettarsi a chiarire:- Intendo, con la ricostruzione e tutto, non... e dovremo decidere cosa fare ora, la generale Armstrong ha detto che sono rimasti molti posti liberi nella gerarchia di comando. Potremmo avere un lavoro stabile, cosa ne pensi?-
La bionda sorrise, sfiorandogli il braccio con una carezza dolce:- Lo sai, Roy. Basta che tu decida, ed io ti seguirò.-
- E se provassimo a decidere insieme per una volta?- suggerì lui, alzando a sua volta una mano per sfiorare il viso della donna. Non aveva bisogno degli occhi per conoscere a memoria ogni dettaglio di quel volto così perfetto.
- In ogni caso, ci penseremo quando sarai in piedi.-
- Già. Per ora... baciami.-
- E' un ordine?-
- Ehi, sono sempre il tuo colonnello.- fece notare lui, in tono divertito, mentre sentiva il viso della donna avvicinarsi al suo. Dopotutto, rifletté, Havoc non aveva del tutto torto. Non voleva accelerare troppo le cose, ma avevano già perso fin troppo tempo. Per ora, però, il suo mondo era perfetto così.
 
***
 
- Non vedo l'ora di essere di nuovo a Dublith. Ci servirà un nuovo quartier generale, visto che siete riusciti a far distruggere quello vecchio.- grugnì Greed, rilassandosi contro lo schienale della poltrona e provando una certa soddisfazione per la sua comodità. Naturalmente, quando era stato il momento di andarsene da Central Moon aveva optato per requisire una delle astronavi private migliori lasciate incustodite nello spazioporto, in mezzo alla confusione. Chiunque fosse stato il proprietario aveva dei buoni gusti.
- Non è del tutto colpa nostra, se qualcuno non ci aveva avvertiti di avere problemi personali con la Amestris.- borbottò Bido a voce un po' troppo alta.
Greed prese in considerazione l'idea di controbattere, ma in fondo l'altro aveva ragione.
- E' vero, avrei dovuto accennarvi qualcosa. Dopotutto, siete i miei più fidati collaboratori, no?-
- Non c'è neanche bisogno di ribadirlo.- tagliò corto Roa. Esitò per un istante, prima di aggiungere:- Allora, che cosa facciamo adesso?-
Il loro capo fece una smorfia:- Per un po' dovremo mantenere un basso profilo. Con quella pazza della Armstrong e le sue astronavi a tenere sotto controllo le rotte, meglio non attirare troppa attenzione, siamo già stati fortunati a riuscire ad allontanarci senza troppe domande. E dovremo anche ricordare alle altre organizzazioni su Dublith chi comanda, in mia assenza potrebbero aver alzato un po' troppo la testa. Voglio di nuovo tutti sotto controllo.- Si fermò per un istante, sentendo su di sé lo sguardo degli altri, poi precisò:- Insomma, quasi tutti. Questa volta lasciamo perdere la zona della macelleria ed i suoi proprietari psicopatici.-
Sentì dei sospiri di sollievo, e si rilassò contro lo schienale. Finalmente, poteva ricominciare a vivere come piaceva a lui.
 
***
 
- Le serve altro, signore?- domandò sollecita una cameriera, poggiando un bicchiere di cocktail ambrato sul sofisticato tavolino di cristallo e scrutando il cliente. Era appena arrivato all'albergo, e non sembrava il tipo che amasse parlare di sé, ma aveva un certo fascino pericoloso.
- Credo che per ora sia tutto, grazie.- rispose l'uomo con un sorriso ammaliante. La donna si affrettò ad allontanarsi, pensando tra sé che pericoloso era la parola esatta.
Oltre i vetri della terrazza, le onde rosse di un oceano alieno si rifrangevano con metodica armonia sulla spiaggia di finissimi cristalli neri, mentre il sole splendeva nel cielo viola. Uccelli robotici volavano in circolo per supervisionare la zona, evitando ogni pericolo ai ricchi clienti di quel centro di benessere famoso in tutta la galassia per il suo lusso e la sua riservatezza.
Kimbley si appoggiò più comodamente allo schienale della poltrona ed ammirò il panorama, soddisfatto. I soldi che aveva portato via alla Amestris gli sarebbero bastati per rimanere lì fino a che non si fosse annoiato, cosa che probabilmente sarebbe accaduta presto, visto che avvertiva già un vago desiderio di far esplodere alcuni clienti fastidiosi. Non sapeva che cosa avrebbe fatto poi, ma il mondo era pieno di opportunità per un uomo intraprendente e brillante come lui. Qualcosa avrebbe di sicuro attirato la sua attenzione.
Il grande schermo su una delle pareti stava trasmettendo un telegiornale, mostrando per l'ennesima volta il nuovo volto di Central Moon e blaterando sui cambiamenti al vertice della Amestris. Non avevano idea di cosa stessero parlando, ovviamente. Kimbley sollevò il bicchiere in un brindisi muto verso le persone che si era lasciato alle spalle su Central Moon, quando si era allontanato approfittando della confusione della battaglia. Non era stupido, non aveva intenzione di trovarsi all'epicentro di un'esplosione, e si era preparato una via di fuga in anticipo. Sfruttare il caos che era seguito per allontanarsi su una piccola astronave era stato facile, e probabilmente gli altri avevano dato per scontato che fosse morto tra quelle macerie... o forse sapevano che era fuggito? Non gliene importava più di tanto.
Era sicuro che sarebbero riusciti a fare grandi cose, tutti quanti: Mustang ed il suo equipaggio, la generale Armstrong, Greed e la sua banda, quei ragazzi così pieni di energia. Per un istante si chiese se stesse diventando troppo sentimentale. Poi, sorseggiando il suo cocktail, concluse che lo era sempre stato.
- Che posso farci, sono un romantico.- mormorò, chiudendo gli occhi:- Ma ho la sensazione che non sarà la mia ultima avventura. E neanche la loro.-



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Signori e signore, è fatta. Dopo quasi due anni, e dopo quarantaquattro capitoli compreso il prologo, sono finalmente arrivata al finale di Full Metal Cyborg. Ho anche appurato che scrivere contemporaneamente anche due romanzi, un numero indefinito di racconti ed un blog non aiuta a finire in fretta le fanfiction... non lo avreste mai sospettato, vero?
Comunque, mi sono resa conto che recuperando il capitolo precedente avevo dimenticato di riscrivere un paio di scene, così ho cercato di incorporare tutti gli elementi mancanti qui, e di "chiudere" tutti i fili narrativi che avevo cominciato. Nel fare ciò sono stata vilmente assalita da idee apparentemente geniali per almeno due sequel. Per ora sono impegnata in altri progetti, ma... voi che dite? Vi interesserebbe leggere altre avventure ambientate in questa AU?
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno seguito la storia e sopportato pazientemente le pause, i ritardi, e le mie lamentele da perenne insoddisfatta. Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite. Grazie infinite soprattutto a chi ha recensito e condiviso con me la sua opinione ed i suoi suggerimenti.
Insomma, questo è tutto... per ora. Ma se un giorno vedrete un'altra storia intitolata "Full Metal Cyborg", ricordatevi di me!
Ancora grazie ed arrivederci a tutti,

Melanita


 
 

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