Of dreams forgotten and fables untold

di petitecherie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Tredici rintocchi ***
Capitolo 3: *** Il melograno ***
Capitolo 4: *** L'inverno ***
Capitolo 5: *** Cosmic Love ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


of dreams forgotten and fables untold

Allora, premettiamo che non è la prima volta che tratto di Hades e Persefone. Per la precisione, ho incontrato il mito anni fa, quando ero un'innocente (?) pupetta delle Elementari, e da allora ho sempre avuto un incredibile affetto per questa coppia atipica eppur ben riuscita. Recentemente, ho riavuto a che fare con questi due, in prima persona, quando mi fu passato questo video Hades & Persephone: Cosmic Love e non vi dico .

A quel punto, ho deciso di riprendere in mano la storia e condividere la mia versione dell'amore tra il dio degli Inferi e la dea della Vita. Spero vi piaccia :)

Ultima cosa: voglio dedicare questa storia a due persone in particolare. Una è la Saliman, l'adorabile creatura che mi ha passato il video, e l'altra è Titania76, come regalo di buon compleanno, anche se un po' in ritardo ;)









Il sangue li ricopre ancora quando la battaglia termina. Zeus, la camminata zoppicante di chi ha un ginocchio malmesso, si guarda ancora attorno stranito, meravigliandosi che il buco apertosi sotto ai loro piedi si sia richiuso così in fretta.

E' la prima volta, dopotutto, che i suoi fratelli usano i loro poteri, condannati per anni ad incanalare le loro energie in quelle paterne, vincolati com'erano in quel ventre flaccido, schiacciati tra la milza e l'intestino molle
Puzzano di carne putrida rispetto a lui, e il loro sudore non fa che renderli più sgradevoli al suo olfatto delicato. Zeus può riempirsi la testa di tutte le fole sull'eroismo che vuole, ma sarebbe sempre rimasto un reuccio schizzinoso ed egoista, con rari sprazi di coraggio ed abnegazione.
Lo sanno fin troppo bene, tutti loro, tutti gli dèi dell'Ordine, che quel caro fratello minore s'è dato tanto disturbo per un unico motivo: il potere. Potere che adesso si agita già nelle sue viscere, rendendo Zeus un doppio – più scaltro – del padre Chrono.
Tanto scaltro che quando si volta verso i suoi fratelli maggiori, Hades e Poseidone si scambiano uno sguardo consapevole e rassegnato. Il Fato e le Moire gli impongono di ascoltarlo, se non gradiscono d'esser fulminati come qualche Titano.

Quanto alle belle sorelle, bé, probabilmente sono già bagnate e pronte ad esser prese dal vincitore. Poseidone serra i denti con forza ed evita di gettare occhiate alle sue spalle, temendo di incrociare con i suoi occhi di ghiaccio, quelli di terra della più dolce delle sue sorelle, la sua carne morbida e calda. Che insomma, è inutile negarlo: chi davvero ha vinto la battaglia contro i Titani, è Zeus, e loro hanno fatto solo da spalla, supporto morale e tanta buona fortuna. I loro poteri – Poseidone non è ingenuo, ma increspato come le onde del mare – non sono ancora formati, a differenza di quelli del fratello minore.

Lo scagliasse chiunque, un fulmine. Poi ne riparliamo.

Hades avverte quel maremoto di pensieri nella testa del fratello minore e scuote il capo bruno. La guerra non è ancora vinta, lo sa bene. Non ha il dono della Vista, lui, né alcuno dei suoi fratelli, ma i Titani non sono ancora caduti, solo spariti a leccarsi le ferite e Hades sa bene che Rea, madre bellissima e giusta, non avrebbe parteggiato per i suoi figli, se il potere è in gioco. Rea ha salvato Zeus solo per vendetta nei confronti del marito, non perché s'aspettasse davvero la fine dei Titani e la sorte prospettata da Gea e Urano.
Figuriamoci, a quel punto li avrebbe mangiati lei stessa e dopo averli fatti a pezzi, giusto per stare più sicura.

<< Stai bene, Hades? >> La domanda di Hestia lo raggiunge a scoppio ritardato e per la prima volta, il quartogenito di Crono si sofferma a fissare il bel volto della primogenita. Hestia, Demetra, Era, Hades, Poseidone e Zeus, questo il campionario sfoggiato dalla coppia regnante, una sestina da incubo a ben pensarci. Roba da aborto, se Rea avesse saputo.
Ma le Moire sono delle grandissime puttane e dicono solo quello che vogliono, a chi vogliono e come lo vogliono.
Quanto a Gea ed Urano, hanno imparato a farsi i fatti loro, visto com'è andata l'ultima volta.

Hestia è la più piccina delle figlie di Rea, sebbene sia la maggiore. Raggiunge a malapena il metro e quaranta e ha il corpo esile di una bambina, con occhi grigi spalancati come piattini e le labbra sottili atteggiate sempre ad invocare pace e calma. E' colei che più ha sofferto l'indifferenza dei genitori, è la bambina che ha dato il benvenuto ai suoi fratellini e alle sue sorelline, donando loro la calma e nutrendoli di sogni dolci, di case confortevoli e di genitori amorevoli, di pane e ambrosia, fiori profumati e turiboli odorosi.
Hades la ama, profondamente, come potrebbe amare un'icona o una stella del firmamento. Non c'è niente di carnale in questo affetto, ma solo grandissimo e puro amore. E' sua madre, l'unica persona che riconosce come tale. Come lei, Hades è sottile e slanciato, un adolescente e non un uomo, come già sembrano Poseidone e Zeus.
Si assomigliano poco, quei due. Sono entrambi alti e forti, muscolosi, dorati, ma Ennosigeo ha i capelli bianchi come spuma di mare mentre Zeus ha il rosso dell'oro che gli brilla sul capo. Uno è acqua e l'altro è fuoco, e Hades, suo malgrado, è terra, colui che deve bloccare ed arginare le intemperanze di uno e dell'altro.

<< Sto bene. >> riesce a dire, fissando ancora i fratelli che si fronteggiano. Hestia gli sfiora uno zigomo, con gli occhi grigi chiusi e i capelli castani che le ricadono sulle spalle, lisci e lucenti come il pelo di un ermellino. La ferita si richiude magicamente ed Hestia gli sorride timida.

<< Grazie. >> la omaggia il fratello e lei arrossisce.

E' una piccola madre ma non una donna, non come Era, fuoco primordiale, che si avvicina, come una leonessa, ai due pretendenti. E' alta, Hera, maestosa, una donna sensuale e sicura di sé e del suo fascino, con i capelli neri di Chrono e gli occhi dorati di Rea. Zeus la guarda e deglutisce e Hades sa già come andrà a finire. Hera è aria, e aria e fuoco, assieme sono incendio. Tira un sospiro di sollievo e come Hestia, volge lo sguardo a Demetra, i cui occhi di terra sono fissi su Poseidone e ricci biondi cadono inanellati sul seno grande.
Non c'è molto da capire, nota Hades, le coppie sono più che stabilite.

<< Istie, >> Hades richiama la sorella con un dolce vezzeggiativo << sarà il caso di intervenire. >>

<< E' mio dovere. >> gli sorride ancora lei << Sono la maggiore. >> Seppur delicata ed innocente, Hestia brucia e Hades sa, che se volesse, Hestia li potrebbe assoggettare semplicemente schioccando le dita, incatenandoli al suo volere. E' la primogenita, la più potente. L'essenza stessa del fulmine.
Eppure, con parole sagge, Hestia richiama i fratelli all'ordine e li blandisce, spiegando loro che è meglio unire le forze e non scontrarsi. Con pacatezza, ammette che Zeus godrà – e deve godere – del premio maggiore, perché è colui che li ha salvati dalla follia paterna e da un destino di cecità e viscere.

<< Sta bene. >> asserisce Hades – e se il maschio maggiore abbassa il capo, anche Poseidone dovrà cedere - << Solo una cosa chiedo. >>

E di nuovo, gli animi si infiammano. Hades sogghigna, notando come lo sguardo di Ennosigeo corre a Demetra e come quello di Hera a Zeus, impegnato, invece, a fissare e studiare gli occhi d'agata del dio, del fratello maggiore che per la prima volta vede e sente. << Parla. >> proferisce, imperioso. << Svelati. >>

<< Gli Inferi. >>

<< Come?! >> esclamano tutti, perplessi. Hades è bianco come neve, gli occhi grandi e spiritati, le mani affusolate e le dita sottili come zampe di ragno. Ma gli Inferi sono una terra brulla abbandonata al caos e ai daimon, una terra senza padrone, l'ennesima lotta per un regno.

<< Sono miei di diritto. >> li informa. << Sono già stato lì. >>

<< E quando? >>

E Hades racconta:

Gli uomini già esistevano e morivano quando da Chrono e Rea nacque colui che avrebbe sottratto al padre il suo legittimo trono e Hades, uno dei primi ad essere mangiati, ebbe la facoltà in sorte di poter vedere le anime dei defunti, di poterle seguire nel loro viaggio. In quelle lunghe ore passate nel ventre paterno come un feto, Hades utilizzò parte dei suoi poteri e scese in quel regno che avrebbe reclamato come sua terra e patria.

Era un'anima come tante in quel viaggio eppure, il manto di cosmo che lo circondava era un ben chiaro segnale di chi fosse quell'uomo. Per la prima volta, Hades vide il suo regno e scoprì che i morti pascolavano come capre, gli occhi vuoti, falciati via dai daimon che abitavano le terre più nascoste di Gea. Eppure, quando i daimon lo videro, si inchinarono al suo cospetto, chiamandolo Signore e Sovrano e chiedendogli di prendere il suo posto nel palazzo della Giudecca. Hades scosse il capo, serio, e disse loro che prima avrebbe dovuto risolvere una faccenda importante con il proprio padre e riacquistare il suo vero corpo.

Pregò solo i suoi sudditi – che da subito furono cari al suo cuore – di iniziare a costruire una prigione nelle profondità del Tartaro, in cui rinchiudere coloro che lo tenevano lontano dal suo regno. I daimon annuirono e il patto eterno fu stipulato.

Ma una sorpresa più grande si svelò dinnanzi agli occhi d'agata. Tre donne dall'aspetto macilento e stanco seppur dallo sguardo acuto si pararono di fronte a lui, odorose di incenso. Hades ne aveva sentito parlare nei discorsi tra suo padre, il Cronide, e i suoi fratelli titani.

<< Le Moire. >> le appellò.

Esse chinarono il capo ossequiose e gli parlarono con voce roca, sibilline, raccontandogli la sorte che lo attendeva tra i succhi e i rigurgiti delle interiora paterne.

E l'anima incorporea, finalmente, trovò pace ed iniziò a pregare per la speranza chiamata Zeus.

Quando la speranza prese la forma della folgore e il futuro padre degli dèi calò tra di loro, liberando dal ventre marcio i figli reietti, Hades combatté con foga, fregiandosi dei poteri oscuri della kuiné e brandendo la sua spada, dono dei suoi daimon, arma forgiata con le pietre dell'Oltretomba.

Sembra una bella storia, pensano gli dèi dell'Ordine, eppure tutti loro possono vedere la spada e la kuiné. Scioccamente, credevano che fosse solo la materializzazione dei suoi poteri, come il fuoco nelle mani di Hestia e il fulmine per Zeus. Hades sa materializzare una spada, eccellente! L'importante è che sappia usarla, questo hanno pensato. Nei lunghi anni nel ventre paterno, hanno creduto che Hades dormisse e niente più. Non immaginavano che tanto potere celasse.

<< Le Moire hanno rivelato altro? >> domanda Hera, prevenendo questioni sciocche. Gli Inferi, se proprio Hades li vuole, sono un peso in meno. Hanno affari più urgenti da sbrigare.

<< A Zeus il cielo e a Poseidone il mare. Ad Hera le unioni e ad Hestia la casa. A Demetra le messi. >> rivela Hades. Pare che chi abbia il colore dell'agata nelle iridi, sia in grado di scrutare il futuro, pur senza avere la Vista. << Dodici divinità maggiori domineranno il cielo e la loro casa sarà - >>

<< L'Olimpo. >> termina per lui Zeus.

<< Il monte più alto di Grecia. >> considera Poseidone.

<< Dimora che avremo solo se sconfiggeremo i Titani. >> ricorda loro Demetra << E sono ben più forti di noi. >>

<< Non siamo gli unici nemici che hanno. >> sorride Hera, maligna, e gli dèi tutti si voltano a guardarla.

<< Sorella, se sai, aiutaci. I Titani sono pericolosi. >> le ricorda Hestia.

<< Hades ha dato un prezzo al suo aiuto e anch'io esigo lo stesso. >> si volta altezzosa Hera.

<< Cosa vuoi? >> chiede Zeus, e già sa che dovrà rimpiangere lo sguardo d'apprezzamento che le ha lanciato.

<< Il Cielo. >>

<< E sia, moglie. >> uno sguardo di fuoco passa tra i due e il patto è stipulato. Hera è tornado, è distruzione, e con gusto, esclama: << Gli Ecantonchiri! >>




*


Hades si svegliò di soprassalto, nel suo letto morbido, nel palazzo della Giudecca da lui presieduto da secoli.

Ogni volta che sognava della sua liberazione, della nascita e dell'accordo tra gli dèi dell'Ordine, un evento catastrofico si prospettava all'orizzonte: Pandora, il diluvio universale, l'ennesima battaglia con qualche divinità ostile, le vendette di Hera o gli amori folli di Afrodite. L'Olimpo s'era accresciuto in ricchezza e bellezza con gli anni, ma Hades non amava salire in Superficie. Il suo Regno era la sua pace e si potevano contare le occasioni in cui calpestava il marmo sonante del Palazzo del Cielo.

Eppure, un simile sogno rivelava qualcosa e bisognava approfondire la questione. Si rigirò tra le coperte, indeciso se chiamare o meno le Moire e chieder loro la verità sul futuro. Se interrogare Hypnos sui sogni e chiedergli il perché di tali manifestazioni notturne. Se inviare le Furie a qualcuno che lo malediceva, convinto che fosse suo desiderio strappar le vite ai mortali.

Hades si sollevò sul letto e si guardò attorno. La sua stanza, dalle grandi dimensioni, era spartana. Il letto piazzato al centro della stanza e ricoperto di morbide pellicce, dei cassoni istoriati regalatigli da Efesto, in cui conservava le sue vesti e la kuiné, un tavolo, ricavato da un ontano, su cui v'era poggiata una brocca d'acqua e una ciotola piena di melograni.

Il suo Regno era stato una continua scoperta. Era immenso e diviso in varie regioni, come le chiamava lui. L'Averno era attraversato da cinque fiumi e il Muro del Lamento separava i Campi Elisi ed il Tartaro dal luogo in cui lui prendeva dimora. Il Tartaro, scuro e multiforme, era un luogo che di rado visitava, recandosi solo per controllare che coloro che avevano sfidato gli dèi fossero ancora lì segregati e tenuti sotto stretta sorveglianza dai loro carcerieri.

I Campi Elisi, divisi in tre isole minori, erano l'unico luogo degli Inferi che gli dèi della Superficie potevano visitare. Erano strane le leggi degli Inferi: solo chi possedeva un cosmo ctonio, permeato di terra, poteva attraversare tutte le regioni governate da Hades, ma se non si possedeva neanche un barlume di tale potere, si poteva accedere solo ai Campi Elisi. E badando comunque alle regole degli Inferi, che il Regno di Hades perdonava assai poco gli stolti e gli sbadati che osavano sfidarlo.

Gli Inferi producono ciò che a loro si adatta: gli asfodeli, i fiori di loto, la grande Magnolia, simbolo della casa di Hades. Non ha bisogno di produrre vivande. E per chi poi? Le anime che qui indugiano non si cibano che di aria. I daimon, invece, creature semidivine, possono gustare i frutti del giardino di Ascafalo, l'Eden, territorio sacro e perfetto.

Il sole brillava nei Campi Elisi mentre nell'Averno vi era quel tenue chiarore dell'alba e la notte si annidava dolce nel Tartaro, riflettendo le costellazioni che amavano i mortali.

Hades sospirò, soddisfatto. Lontano dagli dèi aveva trovato il suo ambiente ideale e le care anime che gli giungevano erano un dono più prezioso di qualsiasi fiore che Demetra avrebbe potuto creare. E allora, l'avvertì. Una piccola stilla luminosa e viva. Viva. Nel suo Regno. Il sogno consueto si rivelava ancora una volta presagio.



*



Demetra aveva tre grandi amori: la terra coltivata, Poseidone e sua figlia Persefone. Adorava il palazzo che Zeus le aveva donato sull'Olimpo, ma lo abitava bene poco, preferendo godersi il terreno roccioso e le pietre risvoltate e ricche di vermi che sollevava scavando. Mangiava frutti e sputava i noccioli per rendere la terra feconda, i contadini che l'imitavano ed insieme innalzavano inni ai miracoli del suolo, al grano che si ergeva tra le zolle e agli alberi carichi di frutti.

Cantava, Demetra, anche quando Poseidone abbandonava le acque salmastre per salire al Regno del Cielo, lasciandosi alle spalle Anfitrite e le sue squame, per entrare in lei e spargere il suo seme nel ventre fertile della dea delle messi. Demetra amava quel dio possente dai capelli bianchi e gli occhi di ghiaccio sin dalla prima volta che l'aveva visto, nel ventre paterno. E' mio, aveva proclamato, gioiosa – che lei non era come Hera, ma sorrideva sempre, di cuore -, e aveva seguito sempre, con i suoi occhi di terra, Ennosigeo. L'aveva visto crescere e mutare e anche allora era stato suo. Sarebbe sempre stato suo anche se consumavano amori con altri.

Demetra non era gelosa, come Hera.

In realtà, Demetra si considerava superiore ad Hera. Non era ambiziosa, maligna, gelosa, perfida, crudele e irosa come sua sorella e questo le bastava per ritenersi migliore e al sicuro da qualsiasi male potesse capitarle. A differenza degli altri fratelli, poi, possedeva un piccolo germoglio di cosmo ctonio, e questo era bastato per renderla sempre prudente.

Zeus non l'avrebbe mai mandata negli Inferi se fosse stata buona, si ripeteva, e così, Demetra si aggirava tranquilla tra i corridoi dell'Olimpo e sulle vie della terra.

Perché se c'era una cosa di cui aveva paura Demetra, era proprio quella: gli Inferi. Per quanto amasse la terra scura, ella temeva la terra infeconda, quella che brillava violacea nel Sottomondo dominato da Hades.

Amava suo fratello, sebbene egli fosse diverso da tutti loro, ma temeva il suo potere di morte. E temeva, Demetra, che il suo barlume ctonio la indicasse come compagna perfetta del dio degli Inferi e disperava già una vita lontana dal sole accecante che le bruniva la pelle. Zeus aveva stabilito, una volta sconfitti i Titani, che sia Hades che Poseidone avrebbero avuto una consorte. Ennosigeo aveva scelto, su suo consiglio, Anfitrite, una nereide, Hades, per il momento, aveva rimandato la questione, portando a sua difesa argomenti come le Moire ed il Fato.

Non aveva sposato Poseidone, perché, come non poteva sentirsi costretta dalle maglie dell'oscurità della terra, allo stesso modo non v'era vita per lei sotto il mare. Amava Poseidone, ma amava ancora di più la sua libertà, l'aria, e i frutti che gli uomini potevano ancora darle.

Altro motivo per cui si sentiva superiore ad Hera: non aveva vincolato il suo uomo a se stessa, ma gli aveva donato amore e libertà. Non nutriva sentimenti folli di vendetta e gelosia nei confronti delle donne che Poseidone usava per disperdere i suoi umori, anzi, gioiva con lui del miracolo della nascita. E a tanta libertà, si aggiungeva libertà per essa stessa: se Demetra si riempiva gli occhi con un mortale di suo gradimento, non v'era dubbio che l'arte della semina e del solco avrebbe acquisito un ulteriore senso.

Infine, Demetra amava sua figlia Persefone, che considerava una piccola se stessa, la sua Kore, l'eterna fanciulla. Persefone era identica a sua madre: lunghi capelli color del grano e morbidamente ondulati, penetranti occhi cangianti, in grado di passare dal colore del tramonto a quello del mare, e pelle baciata dal sole, il ritratto perfetto della dea della vita. Purtroppo, per beffardo destino, la giovine ereditò anche, in misura inferiore al suo cosmo luminoso, il cosmo ctonio di Demetra. Sebbene questo non fosse un segreto per nessuno – chiunque nell'Olimpo era in grado di avvertire l'odore dolciastro della morte provenire da Persefone -, Demetra ne fu tremendamente spaventata e pregò con tutto il cuore che suo fratello Hades, bellissimo e terribile, non puntasse mai i suoi occhi d'agata sulla figlia.

Pensieri sciocchi i suoi, d'altra parte. Hera, Signora delle Nozze, non avrebbe acconsentito ad un matrimonio di facciata. Un pizzico d'amore doveva esserci tra i regnanti. Persefone era salva ed al sicuro sull'Olimpo. O lì, con lei, come in quel momento, sotto il suo occhio vigile e quello delle sue ninfe. Il bosco attorno al Lago Pergusa era carico di frutti e le sue compagne danzavano felici, attorniando la sua bambina. E in quel momento, Demetra si riscosse. << Perché avete fermato il canto? >> domandò, un'angoscia improvvisa che le risaliva dallo stomaco per arrivare alla gola.

<< Mia dea, >> la richiamò ansiosa una delle ninfe che l'accompagnava << vostra figlia è scomparsa. >>



*


Hades era confuso, più di ciò che sarebbe stato ammissibile. Comprendeva perfettamente che quella creaturina dall'espressione confusa non era una mortale sperduta, ma una dea. A giudicare dal suo aspetto, dai suoi colori, Hades avrebbe giurato di trovarsi di fronte a sua nipote, la figlia di Demetra e Poseidone. Le Moire gli avevano accennato della nascita di una piccola dea dal cosmo in parte ctonio e lui l'aveva persino vista quando i suoi fratelli l'avevano presentata al Concilio degli dèi, ma erano anni – secoli? - che non saliva in Superficie.

Possibile che quella bambina che ricordava a malapena fosse cresciuta così tanto? E tralasciando ciò, com'era possibile che fosse qui? Gli dèi non potevano calpestare il suolo degli Inferi.

<< Chi c'è? >> domandò allarmata la ragazzina.

<< Chi siete? >> chiese di rimando lui, uscendo dal cono d'ombra. La fanciullina fece un balzo indietro, spaventata, nel vederlo. Non che Hades fosse un mostro da fiaba, solo che i suoi occhi, quei pozzi d'agata verde, erano pietosi e terribili da far male, che quasi diveniva impossibile reggere lo sguardo del Signore degli Inferi.

<< Mi chiamo Persefone. >> la fanciullina prese coraggio << E credo d'essermi perduta. >>

<< Negli Inferi. >>

<< Come? >>

<< Questi sono gli Inferi, Persefone. >> il Re si inchinò << E io sono Hades, il loro sovrano. Vostro zio. >>

Persefone spalancò gli occhi che, a causa dell'oscurità dell'Averno, avevano acquisito un'intensa sfumatura violacea, tale da ricordare ad Hades un'ametista. << Gli Inferi? Com'è possibile? Ero con mia madre e le sue ninfe, nei pressi del Lago Pergusa, e d'un tratto il paesaggio è cambiato. >>

Hades sospirò << Avete attraversato un passaggio tra i mondi. Di solito è impossibile, ma chi, come voi, ha un cosmo ctonio, è più sensibile. >>

Se fosse stato possibile, Persefone avrebbe spalancato ancora di più gli occhi. << Cosa volete dire? >>

<< Non l'avvertite voi stessa? La parte oscura di voi, ciò che permette la nascita... >> Hades si fermò notando come la fanciullina lo guardasse stranita. Possibile che quella stolta di sua sorella avesse preferito tacere e che quei folli dell'Olimpo avessero accettato tale decisione? Persefone era dea della Primavera e della Vita ma come poteva comprendere il suo potere se non ne conosceva la vera natura?

Calò il silenzio fino a che un lieve guaire non li riscosse. Vicino a loro, intento a strusciarsi sulla veste di Persefone, c'era un cucciolotto di pochi mesi, fornito – bontà divina sapeva perché – di tre teste.

<< Oh, è il cane che mi ha guidata. >> sorrise la fanciullina e Hades rimase abbagliato sia dalla luminosità della creatura che dalla facilità di adattarsi alle stranezze del luogo in cui regnava.

<< Non avete paura? >> si trovò a domandare, ricordando perfettamente come le sue sorelle e gli altri dèi si ritraessero schifati dalle creature generate dagli Inferi, mostruose e grottesche, come le Graie, ma non per questo meno belle delle farfalle che percorrevano il cielo.

<< Paura? E' così grazioso. >> gli rispose Persefone, già impegnata a coccolare il cucciolo che, oltre alle teste, iniziava a presentare quei segnali che l'avrebbero reso una creatura piuttosto pericolosa in futuro. << Tanto grazioso con tutte queste macchioline. Ti chiamerò Kerberos. >> e il cane a tre teste scodinzolò felice come se il nome scelto gli piacesse. << Ho visto altre cose così insolite e meravigliose mentre camminavo. Tutti, sull'Olimpo, descrivono il vostro Regno oscuro e desolato, ma non è così. >> asserì Persefone, rialzando gli occhi di viola su di lui.

Hades perse un battito e le porse la mano << Vi piacerebbe visitare il mio Regno, dolce Persefone? >>

***

NdA

Sì, versione molto rielaborata del mito, I know. Infatti, ho preferito seguire la tradizione mitologica dove Persefone è presentata come figlia di Poseidone più che di Zeus, perché tornava meglio ai fini della trama. Tralasciando il video, nella mia mente, Hades è molto simile a Ville Valo degli HIM e Persefone ad Amanda Seyfried. L'etimologia di Cerbero/Kerberos è ancora sconosciuta, nel senso che non si capisce esattamente da dove provenga la radice del nome. L'ipotesi più comune è che voglia dire "macchiato". Qui ve lo mostro come cucciolotto adorabile. Le tre teste, comunque, indicano il passato, il presente ed il futuro e secondo la tradizione classica, i cani (a differenza dei gatti in Egitto) erano i veri messaggeri dell'Oltretomba. 

ps: approfitto, least but not last, per fare gli auguri di buon compleanno anche alla mia amica Cele :* 

disclaimer: i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.

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Capitolo 2
*** Tredici rintocchi ***


tredici rintocchi

Persefone, seppur d'aspetto possa sembrare un'adolescente in boccio, non è così ingenua come sua madre la crede. Certo, è la Kore, l'eterna bambina, ma non per questo non nutre desideri d'amore e passione.

Crescetevi voi, sull'Olimpo, con Zeus, Apollo ed Ares impegnati ad inseguir donzelle e fanciulletti e poi ne discutiamo. Persefone, ahilei, non è mai stata toccata dalle grazie di Eros per il semplice fatto che Demetra ha montato la guardia, attorno alla figlia, come un mastino degli Inferi. E se ciò non fosse bastato, vi è da aggiungere che Persefone ha ancora l'aspetto di una bambina, non come Artemide. Anche Artemide è una ragazzina dal seno piatto ma i suoi occhi sono adulti, quasi crudeli, una vergine delle rocce e non una bambina come Kore.

E non è colpa di Demetra o delle guance paffute della dea della Primavera, è proprio l'attitudine il problema. Persefone è una sorta di folletto: s'arrampica sugli alberi per far sbocciare fiori meravigliosi, si inerpica sui sentieri di montagna e giù petali, si rotola nell'erba fresca e saltella nelle pozze d'acqua con l'infinito entusiasmo dei bambini che scoprono il mondo.
E lei scopre il mondo ogni giorno, ogni ora, ogni momento. Non v'è mai una nuvola come l'altra, né l'eco di un ruscello resta lo stesso. Ogni foglia canta una canzone diversa e ogni albero le racconta una storia.

E la storia più bella di tutte, è quella della Magnolia. Persefone l'ha scoperta durante uno dei suoi pellegrinaggi – è una bambina divina, non necessita sempre di sua madre – in Frigia, dove la sospingeva Libeccio, e lì, come guidata dal Fato, ha visto quest'albero immenso e ricco di fiori dalle sfumature rosate. Si è lasciata avvolgere dal suo profumo, rassicurata, e piccola com'era, ha abbracciato il tronco possente. Si è sentita a casa, Persefone, per la prima volta in vita sua.
La Magnolia le ha raccontato che le sue radici scendevano giù per la terra, giù fino agli Inferi, dove si trova la più antica della loro specie, la Madre, dal profumo più dolce, la Magnolia Nera, perché sta nella terra scura. Loro, quelle della Superficie, son tutte sue figlie e narrano la storia antica a chiunque le sappia ascoltare, a chiunque le voglia sentire.
A Persefone è stato insegnato ad aver paura degli Inferi e del loro Sovrano. Quand'era piccina – una bambolina bionda -, il Re dell'Oltretomba era seduto a sinistra di Zeus durante la presentazione al Concilio degli dèi, dove venne proclamata dea della Primavera e della Vita. Lo ricorda vagamente, ad esser sincera, ma gli occhi verde agata del dio – Hades – le sono rimasti dentro, marchiati a fuoco sull'anima.
E non nega, Persefone, che quando scruta l'oscurità, che la sua espressione sgomenta non è data dalla paura ma della delusione di non scorgervi nulla, di non riconoscere l'ombra nero vestita del dio infernale che tanto la turba. Non l'ha mai ammesso con sua madre, con la buona Demetra, ma Persefone lo sente il cosmo ctonio, l'antico richiamo a quel bozzolo caldo che è il ventre nascosto di Gea.
Ha chiesto alla Magnolia di narrarle le magie dell'Averno, quel mondo che scorge se socchiude le palpebre, ma la voce che le ha risposto è ben più antica. Hecate, dea degli Incanti, coperta dal suo manto di stelle, le sta davanti, sorridendole bonaria.

<< Chiedi troppo, dea luminosa. >>

<< Nulla più di ciò che mi appartiene. >> le risponde a tono, impudente come ogni bambino << Io so cosa s'agita dentro di me, divina sorella, nonostante mia madre si ostini a negarlo. >>

<< Persefone. >> sospira la dea più anziana << Non mentirò: possiedi un dono ed è equivalente a quello dello stesso Hades. Quell'uomo è più morte che vita ed in sé nasconde solo un lieve barlume di cosmo luminoso, ed il contrario avviene in te. Una mela che combacia. Ma sebbene tu possa calpestare il sacro tempio infernale, non v'è speranza che tu vi possa restare. Proprio come avviene per Hades. >>

<< Non capisco. >> Lì, sotto le fronde della Magnolia, l'aspetto di Persefone pare d'improvviso più adulto, come se la bambina fosse sempre lì ma la donna si stesse formando, affilandole il volto ed allungando le membra.

<< Hades è gli Inferi. Non potrebbe mai vivere sull'Olimpo, che padre Chaos lo preservi, o si consumerebbe lentamente. Non è dio di luce, non è dio di crescita. Le sue arti non trovano riscontro nel mondo degli uomini. E' come Hypnos, bambina, e il suo Regno è soggetto a leggi che le creature razionali non possono comprendere. >>

<< Io lo amo. >> proferisce la dea ed Hecate si sorprende nel vedere adesso, di fronte a lei, una fanciulla in boccio, dai seni piccoli e le labbra di rosa, pronte a suggellare un patto d'amore con un bacio.

Hecate sorride e le carezza la guancia, affettuosa << Ci sarà sempre una Kore ma una Regina negli Inferi sarà incoronata. Questa è la verità che il futuro vedrà. >> le confida, gli occhi appannati di chi Vede << Potresti scendere negli Inferi se volessi, ma il tuo potere di luce ti richiamerà sempre alla Superficie. >>

<< Non v'è modo di restare? >>

<< Morire, ma nel tuo caso è impossibile. Oppure fare quello che nessun Luminoso fa. Nutrirsi. >>

<< Gli Inferi non producono niente. L'ambrosia viene portata da Hermes. Non prendermi in giro, Hecate. >> e di nuovo, Persefone si tramuta in una bambina.

<< Il Regno degli Inferi è luogo di misteri, bambina. Come puoi affrontare un dio di tenebra quando hai ancora paura del buio? Come puoi essere Regina di un luogo abitato da mostri quando essi ancora ti tengono sveglia la notte per la paura? >>

<< Io non ho paura. >>

<< Dovrai dimostrarlo, Persefone Despena. >>



*


Rise, in quel momento, Persefone, stretta al braccio di Hades, intenta a visitare quel Regno sotterraneo, a ricordare quello strano incontro.

<< Perché ridete? >> domandò il dio degli Inferi, stupito.

<< Ci sarà sempre una Kore. >> rispose lei e Hades la fissò perplesso. << Non preoccupatevi, giusto un vecchio ricordo. No, non ditelo: “sei una bambina, Persefone, che potresti aver mai di vecchio?” E' la continua tiritera di Hermes. >>

<< Non mi sembrate una bambina. >> notò Hades, dopo un lungo silenzio, assorto, a bassa voce, che quasi Persefone non l'udì.

<< Come mai non salite mai sull'Olimpo? Sempre se non sono indiscreta. >>

Hades sorrise, abbassando il capo, un sorriso che non raggiunse gli occhi, però. << Amo i miei fratelli quanto non li sopporto. >>

<< Come?! >>

<< Vedete, ogni giorno, nel mio Regno, ascolto storie di mortali traditi dalla loro famiglia, dai loro amici, da coloro che amano. Non è molto diverso da ciò che mi è accaduto. E' vero, tra tutti loro, ero l'unico a poter nutrire amore per questo Regno, per la calma placida dell'Oltretomba, l'unico dio a non avere l'animo incendiato di sole...ne sono consapevole, ed accetto la mia sorte. Eppure, in un certo senso, mi han lasciato solo. >>

Persefone scrutò il dio, le palpebre delicate a coprire gli occhi d'agata e il lieve broncio sulle labbra, e sospirò << Vi capisco. >>

<< Voi? >> le domandò meravigliato Hades.

<< Vi sembra così strano? >>

<< Ad esser sinceri, mia dolce Persefone, l'intera situazione è strana. Voi, qui, nel mio Regno. Mi stupisco che Hermes non sia già qui a gridar vendetta per conto di vostra madre. >> Scherzò il dio, ridendo poi e Persefone quasi si incantò. Hades le era sempre stato descritto come un dio freddo e crudele, ma ora che si trovava lì, con lui, senza pensare a quei teneri sentimenti che aveva sempre nutrito – innocenti fantasie -, scopriva una creatura pari all'Oltretomba, oltremodo piacevole.

<< Però, è vero, >> riprese lei << non è così strano o assurdo. Io sono la più piccola, lì sull'Olimpo, e mi trattano tutti da Kore, l'eterna bambina. Le opinioni di Persefone non han senso, come gli umani non ascoltano i bambini che, invece, han la stessa saggezza dei pazzi. Ci avete mai fatto caso, Hades? Gli occhi dei bambini sono così puri che riescono a scorgere la verità, senza timore, e capire istintivamente il male ed il bene. >> gli spiegò, stringendo più forte il suo braccio << Di conseguenza, nessuno di loro mi da credito o importanza. Non che la cerchi, sia chiaro, ma non esser degnata d'attenzione, solo per il mio aspetto ingenuo, mi rende infinitamente triste. >>

Proseguirono per un lungo tratto nel silenzio, dopo quella confessione, eppure, stranamente, entrambi avevano il cuore più leggero. Entrambi avevano, finalmente, trovato qualcosa.





*


<< Come sarebbe a dire? >> sbottò Hera << Sparita? >>

<< Mi sembra che Demetra l'abbia ripetuto più di una volta, mia cara sposa. >> fu il commento annoiato di Zeus, appollaiato sul suo trono di nuvole.

<< Mio amato marito, nessuno sparisce così. E se più non la percepiamo, è fin troppo chiaro dove sia. >> replicò sarcastica la dea degli dèi indicando con l'indice la terra e ciò che si nascondeva sotto di essa. E malignamente, gioì nel vedere la dorata Demetra sbiancare.

<< Gli Inferi. E' plausibile. >> annuì il marito, per nulla scomposto.

<< Cosa c'è di plausibile, divino fratello e Re? Persefone è una bambina. >> esalò Demetra a denti stretti.

<< Non lo è. Ha avuto il suo sangue, il suo passaggio. >> gli rispose a tono Hera << Basta una volta, per noi dee, e poi, possiam maritare chi vogliamo. Sei tu che insisti, sorellina, a vedere Persefone come una bambina. >>

<< Smettila, Hera. Si direbbe che sia la gelosia ad animarti. >> le intimò il marito, con un gesto imperioso. La dea tacque ma lo sguardo di fuoco che scoccò a Zeus, lasciava presagire violenti vendette.

<< In ogni modo, non capisco quale sia il problema, sorella. >> cominciò a dire Zeus << Come ben sai, i tre Re devon prender moglie. Conosci Hades, è talmente altezzoso...non avrebbe mai optato per una ninfa, come Poseidone, e non mi stupisco che ambisca ad una vergine. Magari qualcuna che non tenga così tanto al suo imene come Hestia. >>

Demetra, a quelle parole, si fece ancora più terrea. << Vuoi lasciare la mia bambina nelle sue mani gelide? >>

<< Demetra. >> l'appellativo fu lanciato come una frusta << Persefone è nata con il canto della dolce morte addosso, come te. Se mio fratello la vuole, sarà sua e tu non potrai dire o fare nulla. >>

<< Anche perché è un'unione promettente. >> si accodò Hera, sorridendo perfida. << La tenera Persefone ha bisogno di qualcuno che la guidi. >>

<< E' una bambina. E' la Kore. La mia Kore! >> fu il lamento della dea delle messi.

<< Per il padre Chaos, Demetra! E' per donne come te che esistono tante fanciulle riottose. >> fu la risposta di Zeus << Che sai, magari tua figlia, angosciata dalla tua presenza ingombrante, ha semplicemente deciso di allontanarsi da te. >>

<< Hai ragione, caro consorte. Ogni volta mi stupisce la tua arguzia. >> si complimentò Hera << E poi, non abbiamo nemmeno certezza che Persefone sia da Hades. Il nostro amabile fratello dell'Averno ci avrebbe avvertito, se una una dea si fosse persa nel suo Regno. >>

<< Mandate Hermes o Hecate...loro hanno cosmo ctonio, potranno arrivare alle soglie dell'Averno. >> suggerì disperata Demetra.

<< Se ben ricordo, sorella, anche tu hai il cosmo ctonio. Minima parte, è vero, ma pur sempre sufficiente ad arrivare alle sponde dell'Acheronte e chiedere a Caronte, il vecchio traghettatore, se un'anima viva lì si è persa. >> le fece presente Zeus, il tono vagamente irritato per quella conversazione che giudicava inutile, << Perché dovrei mandare uno dei miei messaggeri o la vecchia strega quando tu stessa potresti accertarti della sorte di tua figlia, Demetra? >>

La dea delle messi si morse il labbro e strinse i pugni, infilando le unghie nella carne per impedirsi di urlare. << Non mi è permesso varcare i mondi, solo il mio potere è in grado di penetrare la terra e farla fruttare, ma io – per le sacre leggi che Ordine e Chaos imposero – non ho possibilità di scorgere l'ingresso del Regno oscuro di Hades. Lo sai, fratello. >> mormorò disperata.

<< Fino a che non avremo certezza della sparizione di Persefone e della colpa di Hades, non farò nulla, divina sorella. >> furono le ultime parole di Zeus. << Solo se così fosse, avrò premura di intervenire. >>

<< E fino a quel momento, Demetra cara, vedi di esser ragionevole. >> concluse per lui Hera, soddisfatta.

<< Lo sarò. >> Demetra si inchinò ai due e, a bassa voce, proferì << Ragionevole come solo una madre può essere. >>

*

NdA:

- "canto della dolce morte" fa riferimento al libro Ninna Nanna di Chuck Palahniuk.

Questo è il secondo capitolo, spero vi piaccia. Ringrazio tutti quelli che mi hanno lasciato una recensione e chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate :*

Disclaimer:  i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.

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Capitolo 3
*** Il melograno ***


mel

Hades ogni giorno si stupisce della metamorfosi del suo Regno dall'arrivo di Persefone. L'Averno è sempre stata terra brulla e governata da leggi sconosciute. Egli sa bene che, a modo suo, è terra fertile, o non si sarebbe spiegato la Valle di Loto e la Magnolia Nera ma, adesso, assistere al miracolo di fiori delicati come campanule e mughetti che sbocciano in ogni dove, teneramente nutriti da esili raggi di sole – un sole apparso all'improvviso e che ha rischiarato l'atmosfera crepuscolare del suo Regno -, lo rende contento.
Non ha mai ambito ad una terra di luce, all'Olimpo, ma non può negare a se stesso che, a volte, ha indossato la kuiné per il puro gusto di varcare il regno dei mortali e carezzare con mano i delicati petali di fiore che nel suo Regno non avrebbe mai avuto il piacere di vedere. E' stato durante uno di quei viaggi silenziosi che ha rincontrato Persefone.

La prima volta che l'ha vista, al Concilio degli dèi, dove sedeva alla sinistra di Zeus, non è rimasto molto colpito. Dopotutto, si trattava di una bambina bionda che, in età umana, non avrebbe avuto più di tre anni. Nel profondo, tuttavia, è rimasto incuriosito, soprattutto quando la bambolina dagli occhi di tramonto, all'improvviso, l'ha guardato. Dentro. Nella profondità dell'anima.
Hades non ha mai dimenticato quello sguardo ma non è mai stato un ingenuo. Ha visto come sua sorella Demetra governa la figlia e sa che è un legame impossibile da spezzare. Se agisse con la forza – se pretendesse di capire il perché di quello sguardo bambino, se ordinasse che Persefone diventi sua – , si ritroverebbe l'intero Olimpo contro e sinceramente non ha voglia di abbandonare la pace del suo Regno per le sconclusionate urla dei suoi fratelli.

Adora e venera il frutto dei lombi di Chrono, ma Hades ha preso la saggezza di Rea e sa bene che con certa gente è meglio mischiarsi il meno possibile. A meno che non si abbia il gusto masochista dei mortali che tanto amano farsi maltrattare da altri mortali giusto un po' più scaltri. Spiacente, ma Hades ha imparato la lezione nel ventre di Chrono ed ha capito che è meglio viver soli ed in pace che circondati da personaggi disposti solo ad usarti per il loro comodo.

Per questo, ogni volta che elargisce la sua amicizia, egli pensa a lungo e a lungo sul farlo o meno. E poche divinità possono vantarsi di avere un alleato fedele ed inarrestabile come Hades. Vi è Thanatos, dio bambino e privo di pietà, vi è Hypnos, il cui regno di sogni è l'anticamera dell'Inferno, vi è Hecate, dea saggia dagli occhi di colomba, vi è Hermes, malandrino e privo di paura, sempre pronto a scambiare due chiacchiere con il Re dell'Oltretomba. Pensandoci, Hermes gli sta simpatico, ma solo fino a quando la sua presenza è limitata alla consegna di anime ed ambrosia.
Ecco, questo è innegabile: Hades guarda con sospetto qualsiasi cosa arrivi dalla Superficie e che non abbia vera e propria attinenza al suo Regno. Quanto ai suoi sudditi, i daimon e le anime, lì vi è un discorso differente. Per Hades sono come figli ed egli, come un padre, li guida e li punisce con severità, qualora sbaglino. E' raro, però, vedere il dio perdere le staffe e farsi sanguigno come i suoi fratelli luminosi. L'unica volta che il Re si è comportato da degno emulo delle Furie che lui governa è stato quando la ninfa Menta, sicura del suo amore, ha provato a ferire la piccola Persefone.

Persefone è una bambina, sempre piccina, non più di cinque o sei anni, e corre su e giù per le lande mortali ad inseguir farfalle e libellule con la grazia di uno spirito dell'aria. Hades sosta ogni volta, in attesa che i giochi della bambina finissero e poi, con l'infinita pietà che lo contraddistingue, copre la bimba addormentata con il suo mantello nero, lasciando che la testa bionda ed odorosa di violette poggi sulle sue gambe. Non si è mai mostrato, Hades, non ne ha mai provato la necessità. Ha sempre pensato che il tempo avrebbe fatto il suo corso e che se ciò che ha scorto negli occhi di tempesta di Persefone è vero, prima o poi, ella avrebbe trovato il passaggio tra i mondi.

Per questo ha punito Menta, quando la ninfa dispettosa ha provato ad affogare Persefone nel Lago Averno. Il Lago Averno è uno dei passaggi tra i mondi ed ha il suo bacino vicino all'Antro della Sibilla, a Cuma, rendendo il luogo doppiamente sacro e consacrato agli dèi. Persefone è lì con Demetra, stanno consegnando ghirlande di fiori e mele cotogne alle sacerdotesse di Hecate.
Hades vede come la piccola dea venga attratta dal Lago fino al punto di specchiarcisi – probabilmente Persefone nota il varco tra i mondi – ed un tratto, due mani pallide e azzurrognole si sporgono e l'afferrano, trascinandola nell'acqua.

Ma nulla accade.

Ad Hades bastano pochi secondi per liberare la piccola dea e comprendere chi sia il colpevole dell'affronto. Solo una persona, negli Inferi, potrebbe portare rancore per l'amore del dio. Persefone è salva e sicura tra le sue braccia, sebbene sia svenuta per lo spavento. Hades la stende con dolcezza sul manto d'erba e le posa un casto bacio sulla fronte. Quando Demetra arriverà, pensa, scorgerà solo una bimba addormentata.

Quanto a Menta, la sua sorte è stata più triste. Diventò una pianta fredda, come freddo era stato il suo cuore.



*


<< Non avrei mai detto che la menta avesse le sue vere radici negli Inferi. >> gli disse ad un certo punto Persefone ed Hades si riscosse dalle sue considerazioni. Avevano visitato quasi tutto il suo Regno e adesso stavano godendo di un bicchiere d'ambrosia nel giardino dell'Eden, dove il solerte Ascafalo era alle prese con i semi che Persefone gli aveva donato. A quanto pareva, quel giardino era l'unico luogo fertile dell'Oltretomba, l'unico che riceveva la giusta dose di sole che poteva rendere possibile la crescita di alberi da frutto e di verdure. Grazie al cosmo di Persefone, poi, nel giro di pochi giorni avevano assistito ad un vero miracolo.
Dopotutto, aveva sempre fatto presente Ascafalo, a parte la Magnolia Nera, i fiori di loto ed i papaveri sanguigni, il solo frutto commestibile negli Inferi è la melagrana, il cui albero si trova proprio al centro dell'Eden.
Ogni sera, infatti, Ascafalo doveva contare i frutti ed accertarsi che non fossero stati rubati da quei piccoli folli dei figli di Hypnos. Solo le anime che riposavano nelle Isole Beate e che decidevano di non reincarnarsi, avevano diritto ad assaporare quei chicchi cuprei che li avrebbero vincolati per sempre al Regno di Hades. Chiunque altro se ne fosse nutrito, avrebbe subito la stessa sorte: mai più avrebbe goduto della luce del sole.

Sebbene Hades fosse stato tentato più di una volta di offrire a Persefone quel pomo, egli era riuscito a resistere alla tentazione. Non voleva ingannare Persefone né costringerla ad un destino di cui non era pienamente consapevole. Per questo, seppur il suo cuore fosse devoto a lei e lei sola, Hades tacque nuovamente sui frutti.
Non poteva nemmeno mettere alla prova quell'affetto che Persefone era giunta a provare per lui, temendo di perderla con un passo falso. Hades aveva ascoltato tanti di quei racconti, dalle anime che giungevano al suo Regno, per capire che solo la dea della Primavera era padrona del suo destino e delle sue scelte. Gli si sarebbe spezzato il cuore se Persefone, un domani, avesse rimpianto la Superficie e lo stare con lui.

<< La menta è una pianta sterile, mia dolce. >> le sussurrò, allungando la mano libera e stringendo quella della dea, mollemente abbandonata sul  grembo. << E' la prima volta che gli Inferi assistono al miracolo della crescita. >>

<< Speriamo non sia la prima e l'ultima. >> azzardò lei, le gote subito tinte di rosso, ma nessuno dei due aveva approfondito il discorso.

I giorni si erano susseguiti come un incanto perso nel tempo. Nessuno, dalla Superficie, era giunto negli Inferi a chiedere notizie, lasciando Persefone ed Hades liberi di conoscersi e scoprirsi simili più di quanto il loro animo non avesse già fatto.
Non v'era frammento, dell'anima del dio scuro, che Persefone non avesse saggiato, sorprendendosi ogni volta nello scoprire le profondità placide degli abissi di suo padre, Poseidone, e l'infinito azzurro del cielo di Zeus. Tutto in Hades si fondeva in armonia rarefatta, ogni gesto possedeva un'eleganza danzante che ben si adattava al fisico slanciato del dio. Ogni sguardo d'agata, ogni sorriso – 
è più giusto definirlo “ghigno”, si trovò a pensare Persefone, divertita – si sposavano perfettamente con i suoi pensieri e le sue azioni.
Hades era terra, quella parte di terra che accoglie il seme e lo protegge nell'attesa che la Primavera soffi il suo canto di vita. Poi, toccava a Demetra spingere fuori il frutto. Era un ciclo continuo, come quello delle anime che rinascevano, e Persefone finalmente comprendeva il senso del cosmo ctonio, cosa davvero raffigurasse lo stare nella terra scura.
Eppure, nonostante lo specchio le rimandasse la figura di una fanciulla in boccio, Hades rimaneva chiuso nel suo riserbo. Le aveva mostrato l'intero Regno, le aveva donato vari gioielli creati con le pietre dell'Oltretomba, i daimon la riverivano come una Regina, ma nulla lasciava credere che il dio fosse interessato a farne la sua sposa.
Hades la trattava con gentilezza e cura, proteggendola e guidandola, non come un padre, ma come un amante esperto, che non ha fretta. Persefone non era ingenua al punto da non capire l'ambiguità del dio, ciò che la lasciava perplessa, semmai, era la staticità di questi, il perché non prendesse una decisione.

E come un lampo a ciel sereno, Persefone intuì il perché, non appena, stretta al braccio di Hades, varcò la soglia della Giudecca. Ai piedi del trono del Re, vi erano Hermes – la bocca spalancata dallo stupore – ed Hecate, l'espressione assorta.

<< Cara bambina, ecco dov'eri. >>





*



Poseidone rabbrividì e si ritrasse nel caldo ovattato del Tempio di Hestia. Succedeva di rado che Ennosigeo abbandonasse le sale ridenti di Demetra per salire sulla vetta dell'Olimpo, dove si trovava la dimora di Hestia.

<< Fratello? >>

<< Hestia, cara. >> Poseidone si sporse verso di lei per porgerle i rituali tre baci sulle guance. << Ti vedo bene. >>

<< Tu mi sembri infreddolito. >> gli rispose lei, facendogli cenno di accomodarsi. Hestia era abituata a ricevere visite – Athena quasi viveva da lei, si poteva dire – ma era insolito vedere Ennosigeo con i suoi peli bianchi arrivare fino a lei, da solo.
Di solito, si incontravano nelle sale del palazzo del Cielo o il dio del mare saliva da lei accompagnato da Demetra e Persefone.

Oh, ecco, comprese la dea, lisciandosi la veste.

<< Demetra sta dando il meglio di sé. >> accennò il dio ed Hestia annuì, notando come il suo pensiero fosse stato corretto. << O il peggio. >>

<< Eppure tu sei calmo. >> Hestia lo prese per mano e lo guidò nel proprio tempio. Era piccola come Persefone e forse anche più bambina d'aspetto ma ogni suo gesto lasciava trasparire quanto salda e ben più adulta fosse. << Ne sono sorpresa. >>

<< Adoro la mia progenie, sorella, ma come le onde ed il flusso del mare, comprendo quando bisogna seguire la corrente e non ritorcersi contro. >> sospirò il dio, accomodandosi su un triclinio e prendendo una coppa d'ambrosia che una ancella formosa gli stava servendo.

<< Direi che è l'atteggiamento giusto. >> concordò Hestia, sedendosi di fronte a lui. << Come mai sei qui? >>

<< Vorrei che li facessi ragionare. >> Poseidone puntò i suoi occhi di ghiaccio in quelli di fuoco della dea.

<< E' compito di Zeus. >>

<< E non mi pare che mio fratello stia ben riuscendo nell'impresa. >>

<< Sei tu il padre della vittima. >> gli ricordò Hestia. << O sbaglio? >>

<< Vittima...non credo che lo sia. Persefone è figlia del mare...avrà l'aspetto di Demetra, ma il suo cuore è acqua. E' come me. >> rispose il dio << E comprendo perché Hades non possa far nulla. Hermes, dopotutto, è stato chiaro: Persefone non è trattenuta con la forza. Per questo lui ed Hecate non hanno potuto portarla via. Le leggi dell'ospitalità sono inviolabili. Persefone non può lasciare gli Inferi. >>

<< Non lascia Hades, semmai. >> fu il commento di Hestia << Cosa posso fare io per te? >>

<< Parla con lui, Hestia, ti ascolterà, l'ha sempre fatto. Ti ama e temo che in Persefone non veda altro che un riflesso di te. Non voglio che mia figlia si sottometta alle tenebre ricercando un'illusione d'amore. >>

Hestia spalancò gli occhi a quella supplica accorata e quando realizzò le parole di Ennosigeo, scoppiò in una risata argentina come un refolo di vento. << Poseidone, Poseidone. >> lo chiamò, divertita, << Sei così pieno dei tuoi istinti mortali da non saper più riconoscere l'amore puro, quello che trascende i sensi ed il cuore. Hades non nutre nulla più per me che la venerazione di un figlio nei confronti di una madre. L'anima, il sesso, >> e tale parola, pronunciata dalla casta Hestia, fece sbiancare il dio del mare << ciò che fa grondare sangue ad un cuore, divino fratello, appartiene interamente a tua figlia. >>

<< Ne sei certa? >>

<< Le fiamme che io proteggo non mentono. >> annuì la dea << Non sono padrona del cuore di Hades. Tu, però, possiedi in parte il cuore di Demetra. Sei tu colui che deve farla ragionare. >> Poseidone posò la coppa e si fissò le nocche delle mani. Far ragionare Demetra in quel momento era una prospettiva peggiore dell'affrontare qualche mostro marino. << Ennosigeo, qual è il vero motivo che ha scatenato quella rabbia? Se in un primo momento Demetra è scesa sulla terra disperata per la scomparsa della figlia, non credi che molto abbia contribuito l'atteggiamento di Zeus e che Persefone sia, di sua sponte, ancora negli Inferi, insenbili agli appelli della madre? >>

<< Cosa intendi, divina sorella? >>

<< E' la madre che non accetta, colei che non vuole evolvere il legame.Colei che non accetta che il figlio si allontani dal suo grembo premuroso. Zeus si è lagnato con me...per Demetra, Persefone è ancora la Kore. Io e te, però, sappiamo che non è così. Per la madre Gea, lo sa tutto l'Olimpo che è bambina solo agli occhi della dea delle messi. Demetra non vuole rassegnarsi, Ennosigeo. >>

<< Nemmeno tu, se avessi una figlia, saresti felice di saperla all'Inferno. >> le rispose il dio, acido, eppur agitato come le sue onde. Hestia non aveva torto.

<< Ti sbagli. >> gli sorrise Hestia, dolce, << Non vi è luogo migliore. >>

<< Ed anche se non lo fosse, >> intervenne una voce tenorile alle loro spalle e subito, entrambi gli dèi, si alzarono in piedi, inchinandosi davanti al Re del Cielo, Zeus << la sua sorte è segnata. Quale dio potrà volerla mai, dopo che ella è stata da Hades? Anche noi immortali temiamo la morte. >> ammise e il suo sguardo si fece cupo. Nessuno sapeva quali fossero gli effettivi poteri che Hades nascondeva nel proprio Regno e il solo pensiero che nel Tartaro giacessero gli Echantonchiri ed I Titani, bastava a rendere Zeus prudente e schematico. Era meglio compiacere Hades che farselo nemico, soprattutto se ciò che desiderava era un semplice, quanto banale, movimento tra le lenzuola. <<Quanto a te, fratello e Signore del Mare, riconduci la tua amante a più miti pensieri. Non intendo pascere l'ecatombe di Hades a causa dei suoi strazi. >>

<< Se fosse mio potere fermarla, divino fratello, l'avrei già fatto. >> sospirò Poseidone << La terra giacerà sotto le nevi dell'inverno fino a che Demetra non potrà riabbracciare sua figlia. >>

In disparte, Hestia sorrise. A differenza sua, Zeus non avrebbe mai tollerato che i mortali non lo ricoprissero di salamelecchi e preghiere, né che Demetra si potesse vantare di un'ulteriore mattanza ai danni del genere umano come il Re del Cielo aveva fatto quando aveva scatenato il diluvio da cui solo Pirra e Deucalione s'erano salvati.
Poseidone, con poche parole, aveva colpito Zeus nell'orgoglio. L'inverno sarebbe finito e nuove sorti sarebbero state filate.



*



<< Devo portarla via. >> furono le semplici parole di Hermes, inginocchiato di fronte ad Hades. La Giudecca si fece cupa all'improvviso, angosciosa ed angonsciante, quasi riflettesse i sentimenti del suo Re.

Ne avevano discusso, lui e Persefone, dopo la visita di Hermes ed Hecate, ma a nessuna soluzione erano giunti. Hades voleva procedere con calma, non perché non fosse innamorato di Persefone ma perché la rabbia di Demetra lo faceva sentire impotente. Aveva dovuto accogliere con pietà più di mille anime affamate e distrutte dal gelo che la dea delle messi aveva scatenato  e i bambini, i neonati muti stretti al seno delle loro madri, gli avevano stretto il cuore e la gola di tristezza e frustrazione.
Se Demetra era stata in grado di fare ciò per pochi giorni d'assenza, cosa avrebbe potuto fare se Hades le avesse comunicato la sua decisione di prendere Persefone come sposa? Demetra troverebbe altri modi per vendicarsi, si disse Hades.
Persefone, d'altra parte, aveva taciuto, osservandolo con i suoi grandi occhi d'ametista. Le labbra strette, quasi volesse trattenere le parole. Solo una frase si era lasciata sfuggire << Una Regina verrà incoronata negli Inferi. >>

Hades non aveva voluto dare peso a quelle parole, immaginando già il trono vuoto accanto a sé. Si vedeva già come ombra, vestito della kuiné, a seguirla sui pendii dorati senza mai toccarla. Entrambi avevano convenuto che gli umani erano più importanti e nessuno dei due aveva il cuore di sopportare la lenta tortura che Demetra stava infliggendo loro.

<< Portala con te. >> sussurrò il dio degli Inferi ad Hermes e, improvvisamente, Persefone apparve al fianco del messagero degli dèi.

La dea della Primavera sembrava calma, guardinga, e stranamente adulta. Hades quasi sussultò dal suo trono a vederla. Prima che Hermes potesse aggiungere qualcosa, Persefone prese fiato e diede, finalmente, voce ai propri pensieri.
<< Io... >> cominciò la dea << Io voglio essere tua. >> disse seria. Ad occhi umani la dea della Vita sarebbe passata per un'adolescente dal seno acerbo e le gambe esili. Hades sorrise ancora, una luce dolce negli occhi. << Non è possibile. >>

<< Perché non è possibile? >>

<< Tua madre non permetterà mai che tu scenda eternamente nell'Oltretomba, mia cara Persefone. La terra non sopporterebbe un crudo inverno di vendetta da parte di Demetra. >> Hades rise sommesso, per nascondere il suo tormento. Se Persefone l'avesse visto soffrire, sarebbe stata la fine. Persefone doveva tornare. << Tu sei la Kore, Persefone Despena. Quale scelta ha una fanciulla se non quella di seguire i voleri della propria madre? >>

<< E la mia facoltà di scelta? >> Persefone lo guardò di traverso << Anche tu pensi che io sia una bambina! >>

A quelle parole, Hades scese dal suo seggio e si avvicinò ai due. Quasi gli leggesse nella mente, Hermes si allontanò, indicando l'entrata della sala ed asserendo che avrebbe aspettato Persefone lì, in modo che ella potesse salutare Hades con calma. Comprendeva, il dio dai calzari alati, che una scelta fatale sarebbe stata fatta in quel momento. Alla fin dei conti, bastava guardare il dio dei morti e la dea della vita per capire cosa legasse quelle due anime benedettequalsiasi cosa Demetra potesse ordire. 

Hades sovrastava la dea di parecchi centimetri ma non c'era nulla di aggressivo nel suo atteggiamento. Anzi, sembrava che una febbrile eccitazione lo possedesse. Le prese il volto tra le mani, delicatamente, quasi toccasse cristallo e con voce roca, proferì << Dimostralo, allora. Dimostra che sei degna del Re che desideri. >>

<< E' una battaglia inutile, dio, se quel Re non desidera me. >> lo provocò la fanciulla e sembrò che Hades non aspettasse altre parole per zittirla con un bacio. Le labbra di Persefone si aprirono come un fiore e le lingue si unirono in una danza conosciuta solo dagli amanti.

<< Credi ancora che quel Re possa venerare un'altra? >> le domandò Hades una volta che si furono staccati. E prima ancora che Persefone riuscisse a mettere insieme una risposta, il Re dell'Averno si inchinò di fronte a lei, incapace – dopo essersi svelato così tanto – di udire parole di rifiuto. Trascorsero alcuni minuti nel pieno silenzio ed infine Hades si rialzò, fissando i suoi occhi d'agata in quelli di tramonto di Persefone e rimase stupito quando la dea gli sorrise raggiante e, dopo essersi sollevata sulle punte, ella gli scoccò un bacio sulla guancia, prima di correre via ridendo argentina.

La dea ed Hermes erano scomparsi da poco, seguendo il Sentiero degli dèi, quando Ascafalo chiese udienza ad Hades che era rimasto al centro della sala, le dita affusolate ancora poggiate sulla guancia.

<< Dimmi. >> lo invitò.

<< Mio Re, >> esordì Ascafalo, l'abile giardiniere, contrito << devo aggiungere un ulteriore motivo di scorno al vostro fardello. >>

<< Non temere, Ascafalo, le tue parole non sono mai vane. >>

<< Mio Re, ecco... >> il giardiniere estrasse da un paniere un guscio di melograno vuoto. Hades lo fissò incuriosito, non capendo il motivo di tale ansia. Il suo giardiniere era solito ripulire i frutti e donare i chicchi alle anime che riposavano nelle Isole Beate. Perché questa melagrana era tanto importante? << Non sono stato io. >> rispose Ascafalo << Qualcuno si è nutrito dei suoi semi, mio Re. >>

**

NdA: eccoci giunti al terzo capitolo^^ Ancora grazie per il vostro supporto a questa storia :*


Gli Inferi si dividono, mitologicamente:
- nel regno di Ade (che prende il nome dal suo sovrano), costeggiato dai cinque fiumi inferi (Lete, Stige, Acheronte, etc) e dove si trova la valle di Loto e del Pianto. A quanto pare, per la stretta affinità che il sonno ha con la morte, i papaveri nascono nelle lande dell'Averno.

- il Tartaro, la prigione di coloro che avevano sfidato gli dèi.

- i Campi Elisi che vengono divisi in più isolette e in cui vi riposano le anime scelte. Pare che tra queste isole vi fosse un giardino meraviglioso e rigoglioso, curato da Ascafalo,  un'altra figura legata al Regno di Hades, ed in cui cresceva il melograno. Per gusto personale, ho deciso di rinominare questo giardino Eden, come il ben noto Paradiso Terrestre.

La vicenda mitologica del diluvio universale è presente in tutte le tradizioni, da quella cristiana a quella greca. Per i greci, avvenne poco dopo la costruzione di Pandora.

Disclaimer:  i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.

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Capitolo 4
*** L'inverno ***


L'inverno



Hestia ama molto il suo palazzo. E' nel punto più alto dell'Olimpo ed è l'unica dimora a ricevere per prima i raggi di Febo e l'aria più pura. E' un bellissimo palazzo di marmo e sabbia cristallizzata che sfavilla nei riverberi del tramonto.
Hestia lo abbandona di rado e solo per arrivare alle soglie del Palazzo del Cielo da cui Zeus lancia fulmini e saette ed impone la legge dell'Ordine.

Hestia ama ed apprezza gli uomini – per quel che può – ma non ha mai avvertito il bisogno di mischiarsi a loro o di mostrarsi. Per questo i mortali la raffigurano come un fuoco perenne e non sono in grado di descriverne le fattezze.
C'è chi la immagina alta e statuaria, bellissima ed algida, o piccola e bruna come una bambina del popolo delle fate. Hestia sorride quando avverte quei pensieri nel fuoco e scuote il capo composta mentre i capelli inanellati le si spargono sulle spalle esili.

Afrodite le ha spesso chiesto se Hestia ama e che tipo di amore sia il suo, se vuole provare l'ebbrezza di amare carnalmente, di avere Hades. Gli occhi grigi di Hestia si fanno cupi, a quel ricordo. Tutti, sull'Olimpo, conoscono la sua debolezza per quel fratello minore eppure non l'hanno mai capita.
Gli dèi si son fatti di pasta mortale, troppo presi dai desideri degli uomini, diventando simili a bestie che mangiano, scopano e dormono. Hanno perso quel fulgore che tanto li ha resi diversi dai Titani e dai figli del Chaos.

Hanno dimenticato l'amore vero, quello puro, quello che trascende. Solo le sue figlie – che lei non ha messo al mondo ma che sono diventate sue quando hanno deciso di seguirla – comprendono quella dolcezza dell'amare senza chiedere nulla in cambio.
Comprendono la bellezza del fuoco che non brucia ma riscalda.

Gli dèi no, il potere ha dato loro alla testa. Nelle fiamme Hestia Vede già ciò che si prepara, senza bisogno di interrogare Hecate o le Moire.

Hestia conosce i suoi fratelli e ne rimpiange le mosse, quasi riesca ad immaginare la scacchiera bianca e nera ed inviduare i movimenti degli alfieri e delle torri.

Per un momento, uno solo, è tentata di avvisare Hades, di proteggerlo dalla ragnatela che gli si sta filando attorno ma poi decide di non farlo. Hades ha scelto il suo destino e ha preferito quel sentiero di carne e sangue che lo allontana definitivamente da ciò che Hestia governa.
La dea del Focolare non può fare più nulla per lui, a parte pregare.

La nuova stagione nata dai deliri di Demetra per Persefone è stata chiamata da Zeus "inverno", neve che si posa nel mondo. Le Moire hanno conclamato che perennemente sarà tra loro, quel freddo gelido che sembra essere l'anticamera del Regno di Hades. Eppure, ciò che la lascia perplessa, mentre osserva le fiamme, è che l'inverno non sarà sterile ma darà vita a nuove piante. E tra loro c'è un frutto che, sebbene liberato da ogni maledizione, non dovrebbe mai spuntare nel Sopramondo.

Il melograno.

E di nuovo Hestia si domanda cosa sia avvenuto tra Hades e la dolce Persefone. Quale incanto sia sbocciato nel Sottomondo.



*



<< Te ne pasci. >> concluse Poseidone girandosi su un fianco e poggiandosi mollemente su un gomito. I lunghi capelli simili ad onde erano strettamente legati in una treccia che nemmeno l'amplesso furioso con Demetra era stato in grado di sciogliere.

Demetra gli si fece più vicina, incrociando le sue gambe forti e dorate con quelle del dio del Mare. Erano dolcemente sdraiati nel talamo della dimora olimpica della dea delle Messi e si godevano finalmente la pace data dai sensi soddisfatti.

<< Ovviamente. >>

<< Non credi che la punizione sia troppo pesante? >>

<< Cosa è pesante, Poseidone? >> domandò acida la dea, balzando su repentina << Ha rapito mia figlia! >>

<< Nostra figlia. >> la corresse il dio << Zeus avrebbe dovuto punire anche te. >> la provocò.

<< Perché, di grazia? >>

<< Andiamo, mia impavida dea. >> rise Ennosigeo << Ti sei rifatta sugli umani. Sono stati giorni di dolore per Zeus, dall'alto del suo trono. Nessun sacrificio, nessun dono...nessuna vergine. >>

Demetra ridacchiò per la battuta. Ben nota era, agli dèi, la passione del più giovane tra loro per le grazie delle mortali.

<< Se lo è meritato. >> sospirò divertita << Certo, mi è dispiaciuto per gli uomini ma... >>

<< Quel dubbio ancora ti attanaglia? >>

<< Sì, mio caro. >> confermò lei e accolse felice l'abbraccio protettivo di Ennosigeo.

<< Ne hai parlato con le Ore? >> le chiese. Le Ore, o meglio le Stagioni secondo i mortali, erano divinità che governavano lo scorrere del tempo nell'alternarsi delle stagioni. Sorelle delle Moire – che abitavano nel Regno di Hades -, erano tre proprio come le filatrici del Fato. Era raro che facessero udire la propria voce e se, in un primo tempo, si era creduto che si fossero mosse per volontà di Hera – di cui erano madrine -, Demetra s'era poi dovuta ricredere. Le Ore erano rimaste in tre ma le stagioni, dopo la sua vendetta perpetrata nei confronti degli uomini, erano diventate quattro.

<< Sì. I mortali sono benedetti, nel ciclo delle messi, da tre stagioni: primavera, estate ed autunno, di cui Tallo, Auso e Carpo si occupano con grazia. Eppure, ciò che io ho fatto, ha dato origine ad uno sconguasso nel tempo, creando qualcosa di nuovo. Le Moire hanno assicurato che questa stagione, Inverno, seguirà l'autunno. Per sempre. >>

<< Sarà un duro periodo per gli uomini. Il tuo inverno faceva rima con sterilità dei campi. >>

<< E' questo il problema, Ennosigeo. >> si lamentò la dea << Nonostante la mia ira, alcuni frutti hanno germogliato. >>

<< Non può essere vero. >>

<< Lo è. E ciò mi ricorda la menta. >>

<< Chi? La ninfa punita da Hades o la pianta che ne ha lo stesso nome? >>

<< Entrambe, mio amato. La menta è nata negli Inferi eppure da lì si è sviluppata nel Sopramondo. Hermes ha raccontato che Ascafalo ha dato vita, nel giardino dell'Eden, a fiori e frutta. >>

<< Persefone potrebbe esserne responsabile. >> le fece presente il dio, stringendola forte. << Se così fosse, vorrebbe dire che il seme piantato nella terra scura ha dato vita ad un'immagine speculare nel Sopramondo. Ciò che Kore ha desiderato nascesse dalle sue pianticelle, ha germogliato nel nostro mondo. >>

<< La tua analisi non è errata, ma non ha senso, mio caro. >> sospirò la dea << Gli uomini saranno condannati alla sterilità invernale, comunque. Questa volta si son salvati, ma al prossimo inverno, >> sputò << Persefone non sarà negli Inferi a salvaguardarli. >>

<< Perché dici questo? >>

<< Perché solo la Regina degli Inferi, una creatura dello stesso livello di oscurità di Hades, potrebbe dar vita a ciò che hai pensato. Persefone è solo una Kore e tale resterà. Hades ha scelto la bambina sbagliata. >> replicò la dea prima di cercare le labbra del suo amante.



*


<< Però, è vero, dolce Persefone, tua madre ti vede così. Ne dovresti essere adirata. >> gorgogliò Hera, intenta a pettinare le lunghe ciocche bionde della dea della Primavera.

Persefone era stata invitata nel Palazzo del Cielo dalla stessa Regina ed era fin troppo chiaro il motivo: la dea delle Nozze voleva comprendere fino a che punto fosse arrivato Hades e se era possibile costringerlo ad un'unione forzata. Tutto pur di scatenare nuovamente le ire di Demetra che, opportunamente, non era stata invitata.

Ma sebbene la dea avesse tentato in tutti i modi di scoprire di più o di far cadere Persefone in trappola, erano giorni ormai che la dolce Kore raccontava la stessa versione dei fatti: Hades era stato un gentiluomo e molti dei suoi fratelli dovevano prendere esempio da lui. Fine della questione.

<< Non lo sono, divina Hera. >> Persefone sorrise amaramente << Non posso cambiare la concezione di mia madre. Voi non vedete il temerario Ares ancora come un innocente fanciullo? >>

<< Mi piacerebbe. >> la dea scoppiò a ridere di gusto << Sarebbe difficile. Ares si è fatto uomo e altro non posso ambire per lui che la gloria sul campo di battaglia, proprio come suo padre se l'è guadagnata sconfiggendo i crudeli Tiatani. >>

<< E le vostre figlie? >>

<< Sono state bambine, Persefone, non nego che a volte mi piacerebbe stringerle ancora, baciarle e coccolarle come quando si infilavano nel mio letto, la notte, perché spaventate dalle tempeste e dai fulmini che Zeus lanciava. Sono cresciute anche loro e adesso seguono la loro strada. Mio compito è guidarle e proteggerle. >>

<< Anche Demetra la pensa così. >>

<< Vorrei che mia sorella fosse davvero come tu dici. Demetra ama sentirsi diversa da me, di essere superiore a me. >> Hera dovette trattenersi per non tirare I biondi capelli di Kore. << Lo è, per certi versi. Come superiore a noi è Hestia. >>

<< Cosa intendete, mia Signora? >> Persefone la scrutò attenta nel riflesso dello specchio istoriato che lo storpio Efesto aveva donato alla madre.

<< Hestia ha pazienza e tatto, Persefone. Vorrei un decimo del suo talento, vista la mia impulsività e la mia superbia. Son donna di facili vendette, ma il mio fuoco è aria, e come tale si consuma in fretta. Demetra no, Demetra è violenta – come tutti gli dèi – ed è terra. Sparge il suo malessere fino a distruggere tutto, fino a corrompere tutto. Quando lottamo contro i Titani, le bastava toccarli perché la loro pelle marcisse, come un frutto lasciato lungamente sotto il sole e le intemperie. Tua madre, mia sorella, ama sentirsi libera ma pretende di legare a sé gli altri. E' ciò che ha fatto con Poseidone e ciò che intende fare con te. >>

<< E' mia madre, divina Hera. Non posso oppormi a lei, né bandirla dal mio cuore. >>

<< Eppure nei tuoi occhi c'è cieca determinazione. L'ha vista, tua madre? >>

<< Non credo. >> finalmente, Persefone si lasciò andare e sorrise.

<< Ci vorrà tempo, piccola dea. E nel frattempo, vi è solo una cosa da fare. >>

<< Quale? >> domandò curiosa Kore.

<< Abbandonare il chitone per il peplo. Sei una donna adesso. E' meglio che tua madre si adegui. La dea delle Nozze ha deciso: è tempo che Persefone si trovi un marito. Che sia l'oscuro Re dell'Averno o il luminoso Apollo, solo il Fato lo sa.  >>



*


Erano passati vari mesi dall'addio di Persefone e dalla punizione data da Zeus ad Hades. Il Re degli Inferi era confinato nel suo Regno, questa volta per volere degli dèi dell'Ordine più che del desiderio stesso di Hades.
Hades veniva punito per il rapimento di Persefone, formalmente, ma era ben chiaro a tutti gli dèi che Zeus si rifaceva sul fratello dello sgarro di Demetra. Quanto a punire la dea delle Messi non se ne parlava. Zeus non voleva rischiare la nascita di un'altra stagione o la moria di altri mortali. Voleva I sacrifici e voleva le vergini.

Hades, dal canto suo, aveva preso la situazione piuttosto bene. Ad Hermes aveva riferito che non si giudicava colpevole – dopotutto, non aveva infranto alcuna legge sull'ospitalità e Persefone si era persa ma non era stata rapita – ma comprendeva il desiderio di Zeus di proteggere i mortali e capiva fin troppo bene che sfidare nuovamente Demetra non era il caso. Poteva far ben poco lui e solo Persefone era padrona del proprio destino.

L'Averno, in quei mesi d'abbandono, era tornato ad essere un regno crepuscolare ma soffuso di un'incredibile dolcezza e pace. Hermes si stupiva ogni volta nel vedere le anime mortali piangere di gioia di fronte agli occhi d'agata di Hades, quasi si trovassero nel caldo ventre della loro madre.
Accettavano le scelte del dio ed accoglievano le punizioni o le elevazioni con profonda calma, quasi non aspettassero altro. Vi era un'infinita pietà, una pietà che mancava completamente a Zeus e agli dèi luminosi dell'Olimpo.

O meglio, notò Hermes, solo una dea possiede uno sguardo bellissimo e terribile ed è Hestia. Non era un ingenuo, Hermes, ed era tra I pochi a poter comprendere quale fosse l'effettivo legame d'amore e profondo affetto che legasse i due figli di Chrono e Rea.

<< Come mai sei qui? >> gli domandò più tardi Hades. Aveva lasciato le anime trapassate al giudizio dei suoi fidi daimon, ed aveva condotto Hermes in una sala privata, dove potessero conversare tranquilli, cibandosi di nettare ed ambrosia. Il dio mercuriale si recava nel Sottomondo solo quando doveva consegnare l'ambrosia o traghettare qualche anima degna al cospetto di Hades, ma raramente scendeva fino al dio infero per altri motivi.

<< E' vero che Ascafalo è in grado di produrre l'ambrosia che ricaviamo nei giardini di Demetra sull'Olimpo? >> chiese piano Hermes, gli occhi azzurri come il cielo curiosi.

<< E' una qualità più delicata, rispetto alla vostra. La funzionalità è la stessa ma il suo effetto è minore. Bisogna nutrirsi di essa più spesso di quanto si faccia con l'ambrosia di Demetra. >>

<< Capisco. >> annuì Hermes << E' opera di Persefone? >>

<< Credo di sì. Ella consegnò vari semi ad Ascafalo, nell'Eden, ed insieme seminarono. Poi, la piccola dea cosparse il campo del suo cosmo divino ed i fiori sbocciarono. >> raccontò Hades, gli occhi persi in un ricordo lontano. << Credevo che con Persefone lontana il giardino sarebbe sfiorito, escluse le piante che da sempre Ascafalo cura, ma tutto è rimasto immutato, quasi la dea della Primavera sia ancora qui con noi. >>

<< Non c'è spiegazione? >> domandò ancora Hermes. Ed un tratto, la questione fu chiara ad Hades. Sebbene egli fosse stato punito, qualcosa di più incredibile ed inspiegabile era accaduto in Superficie.

<< Cosa succede, Hermes? Le Moire, a parte quando son comparse a Zeus per parlargli della nuova stagione, non si son più mostrate. >>

<< E' ciò che temevo ed avevo già detto a mio padre Zeus che questo viaggio sarebbe stato inutile. Mi conosci, Hades divino, ho un grande talento nel dedurre e nel sindacare. Nulla è coincidenza in questo mondo folle che viviamo ed è baluginante come il sole ciò che sta avvenendo nel tuo Regno e ciò che di riflesso si ripercuote nel nostro. >>

<< Sentiamo. >> Hades lo guardò interessato.

<< Io so del legame che unisce te e Persefone. Vi ho visto quel giorno. E benché Kore abbia dichiarato che nulla tra voi accadde – e di questo non dubito, conoscendoti -, qualcosa di più forte e totalizzante si è venuto a creare tra la tua anima e la sua. Voi siete un Uno diviso. I suoi poteri, ormai, sono un riflesso dei tuoi. >>

Hades rimase muto ed impassibile, solo un lieve ghigno fece capolino sul suo volto.



*


I sentieri del Sogno sono sempre stati una landa complicata e pericolosa, a meno di non essere guidati da Hypnos in persona. Hades - che ne è Signore - lo sapeva bene e per questo non aveva subito danno dalla decisione di Zeus e dalla sua ridicola punizione.

E' stato anche il motivo per cui Persefone, benché sembri più adulta e languida, non aveva smesso di sorridere, nonostante Demetra le stesse appresso come un cane da caccia o un mastino infero.

Afrodite bella e dalla vulva larga conosceva fin troppo bene il luccichio negli occhi di tramonto di Kore per aver dubbi e rapida come un soffio di vento, aveva sparso la voce in tutto l'Olimpo, motivo per il quale Hera s'era affrettata a richiamare la piccola dea al suo cospetto. Eppure, Persefone non aveva mai espresso desiderio di tornare da Hades, limitando solo a dirsi soddisfatta del suo soggiorno degli Inferi, che no, nessuna legge dell'ospitalità era stata infranta, che era ancora pura e casta come Athena ed Artemide.

Che motivo aveva di parlare, la piccola dea, di mostrarsi afflitta e sconfitta quando il suo amante la raggiungeva tutte le notti nel mondo dei Sogni?

Ecco, Persefone si sdraiava sulla paglia morbida del suo letto e subito Hypnos le compariva al fianco, a condurla da Hades, in luoghi ogni volta diversi e magici allo stesso modo.
Anche quella sera non andò diversamente. Persefone aveva salutato sua madre con un bacio sulla guancia e poi, rivestita di una morbida camicia di lino s'era sdraiata sul suo letto, il tempo di chiudere e gli occhi e sì, l'incontro quella volta era nei pressi dell'Antica Magnolia di Frigia.

<< Hades! >> esclamò Persefone felice, gettandosi tra le braccia del suo principe.

<< Mia dolce. >> le sorrise lui, baciandole la fronte. La staccò piano da sé e la condusse verso le radici nodose, dove la fece accomodare tra le sue braccia. << Il tempo si sta compiendo. >>

<< Già. L'autunno è alle porte e poi giungerà nuovamente l'inverno. >> 

sospirò lei. << Io conosco il tuo cuore, Hades, che è anche il mio. Demetra, però, si sarebbe opposta eternamente, ma così facendo non avrà modo. >>

<< E' merito tuo, vero? Il rigoglio invernale. >>

<< Sì. Il mio cosmo divino è tale che sebbene avessi seminato negli Inferi, ho germogliato sulla Superficie. Demetra non potrà negare questo prodigio. Non c'è più una Kore. Lo sai. >>

<< Lo so. Ma ciò non mi rende più tranquillo. Demetra è imprevedibile. >>

<< Capirà. >>

Una lieve brezze si alzò nelle lande del Sogno, fredda e tempestuosa, un riflesso di ciò che si sarebbe scatenanto nel mondo reale quando i due amanti si sarebbero svegliati.

<< Il tempo si sta compiendo. >> ripeté lui e parve che sugellasse una promessa eterna.

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NdA: grazie, davvero. Non ho molto altro da aggiungere <3

disclaimer: i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.


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Capitolo 5
*** Cosmic Love ***


Cosmic Love

Dopo una lunga attesa, rieccomi qui con l'ultimo capitolo della love story tra Hades e Persefone. Un unico piccolo avviso per chi si accinge alla lettura: dopo la parte in corsivo, ho riportato un pezzo, riguardante Hades, già scritto nel primo capitolo di questa storia, L'incontro. Era funzionale alla trama e tornava bene per la chiusura. 

Buona lettura :3

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Le Isole Fortunate sono un luogo magico, si dice Hecate. Ama molto, quando sosta negli Inferi, recarsi in quel paradiso, dove le anime scelte conversano placide con gli dèi e con Ascafalo, il giardiniere dell'Eden. Apprezza quel sole gentile e così diverso per intensità da quello di Grecia, quasi Febo decidesse di omaggiare il sovrano degli Inferi con una grazia più leggera e più adatta al luogo del non ritorno e dell'eterno riposo.

La panchina su cui siede, in marmo fregiato, è meno fredda di quel che si aspetta e ciò le fa godere ancora di più l'attimo di calma e la coppa piena di golosa ambrosia che stringe tra le dita nodose. I suoi occhi di colomba indugiano dolci sulle divinità bambine che si rincorrono nei Campi Elisi, giocando in mille modi diversi, dimentiche dell'orgoglio perché ciò che conta è l'allegria e il divertirsi insieme.

Indugia, più a lungo, su tre bambini in particolare. Li ha aiutati lei, a venire al mondo. Forse è per questo che li considera tanto cari. Forse è merito del cosmo ctonio che li rende affini alla dea degli Incanti. Hecate ha vegliato sugli dèi dell'Ordine e del Chaos da tempo immemore, e sa che proteggerà questi piccini fino a che il Fato non si mostri avverso.
Dopotutto, Hecate possiede la Vista e sa quando è il caso di agire. Ma quei tempi e quegli affanni sono ancora lontani per quelle tre creature ingenue.

Li osserva, quindi, divertita.

La più grande, dai lunghi capelli neri e la pelle di neve, stringe tra le braccia una piccola arpa e delizia i compagni con trilli acuti e ritmati mentre i bimbi si contorcono divertiti, quasi tentassero di imitare una danza di baccanti.
Aggraziata come una libellula è la seconda bimba, dai ricci biondi e selvaggi e le lentiggini sul nasino. Ogni gesto è accompagnato da una risata e mille campanellini d'argento vibrano con lei e riempiono l'aria di gioia. Infine, gli occhi di Hecate si posano su un bimbetto ancora malfermo sulle gambette grassoccie, ma dal sorriso birichino che rispecchia in modo inconfutabile la sua appartenenza alla stirpe infera per parte di madre. E' dorato di pelle quanto le sue sorelle son candide come alabastro ma non di meno il cosmo ctonio si irradia da lui.

Hecate sorride pensando a ciò che è successo nel corso dei secoli. Parole di vendetta che son scemate, colmate da un amore nuovo e profondo. Ira ed orgoglio che han lasciato il posto a bontà e calore. Gli Inferi, adesso, son davvero luogo di pace.

Sorride, la dea. Chi Vede sa.

<< Hecate! >> la richiama allegra la bimba più grande, mettendo in mostra occhi di tempesta. Passa l'arpa a Morpheus e presi per mano i fratellini, corre dalla dea degli Incanti.

<< Piano, o mi farete rovesciare l'ambrosia. >> ride vezzosa la dea antica all'assalto.

<< Raccontaci una fiaba. >> chiede la bimba bionda << Tu conosci storie bellissime come quella della Magnolia! >>

<< Sì, una fiaba, nonnina. >> cicala il bimbetto, mettendo in mostra un sorriso sdentato.

<< Una fiaba. Uhm, ne conosco una e vi stupirò: ne fate parte anche voi, un certo senso. >>

I tre bimbi si guardano incuriositi e si accomodano sull'erba fresca ancora ricca di gocce di rugiada. << Raccontaci. >> la pregano, già avvinti.

<< Inizia così. >> la dea si schiarisce la voce << C'era una volta... >>





*

<< Sembri irritata, madre. >> notò Persefone, mentre le due dee procedevano tranquille su un sentiero di montagna, impreziosito da foglie dorate e bronzate.

<< Lo sono, non lo sembro. >>

<< Per quale motivo? >>

<< Guardati intorno. Cosa ti sembra? >>

<< L'Autunno. >> rispose stanca Persefone << Un Autunno che scema, ad esser precisi. I mortali già raccolgono le scorte per l'Inverno, per metterle al sicuro. Il grano, i vari cereali, saleranno la carne, faranno composte coi frutti che avanzano, e ciò che potranno, lo nasconderanno nelle ghiacciaie che han imparato a creare. >> la piccola dea sospirò << Ma non per questo la terra smetterà di nutrirli. Laggiù, nel Sottosuolo, già si preparano rape, verze, spinaci e dolcissime arance. >>

<< E' questo! E' questo! >> gridò esasperata Demetra.

<< Madre? >>

<< Hades mi ha usurpato del mio ruolo. >> berciò la dea << Mai, mai, gli uomini hanno goduto di tal privilegio. La nuova stagione è mia colpa, è vero, ma su di loro deve ripertersi l'empio scempio del mio cuore che il dio oscuro fece. Che la mia disperazione ricada su di loro, questa è stata la maledizione di Demetra al tuo ratto. >>

<< E intanto te ne disperi. >>

<< Il furore di una divinità è cieco. >> spiegò Demetra, contrita << Ero sconvolta ed umiliata. Hades ti aveva sottratto alle mie cure e rinchiuso nel gelo dell'Oltretomba. Zeus non mi prestava ascolto ed Hera già ti immaginava pregna. Dovevo agire. >>

<< Ora ne soffri. Hai donato così tanto ai mortali che adesso ti struggi. Non ti infastidisci della nuova stagione, ciò che ti preoccupa è perché non sia vincolata al tuo controllo. >> sospirò Persefone.

<< La mia ira potrebbe aver germinato veleno in quello che ci aspetta. In quello che i mortali si aspettano. Per noi l'ambrosia, ma per gli uomini? Sangue al posto di biada? >>

<< Che sciocchezza. >> soffiò Persefone dopo un attimo di silenzio.

<< Come? >>

<< Perché prendersela con i mortali e non Zeus che s'ostinava a non ascoltarti? >>

<< Perché su qualcuno deve perpetrarsi la mia ira. Puoi dirlo, tanto gli ho insegnato negli anni, ma resta il fatto che Hades è l'unico che davvero prova pietà per loro. >>

<< La tua ira per colpire lui, non per riavere me. >> notò Persefone mesta, staccando una foglia arancione e lasciandola volare via nel vento.

<< Non dirlo, mia piccola Kore. E' l'unico punto debole di Hades. Era, anzi. Mi ha sottratto pure quel minimo piacere. >>

<< Non è stato lui. >>

<< Che intendi? >>

<< Che ben hai compreso, madre. Non è stato lui. Il dio oscuro, il Re dell'Oltretomba. Il mio amante. Sì, madre, leva quell'espressione stupita dal volto. Il mio amante per quanto mai carnalmente uniti. >> svelò Persefone << Davvero volevi opporti al Fato? >>

<< Tu hai detto...che lui non... >> deglutì sconvolta la dea delle messi.

<< Ed è la verità. Hades non mi ha sfiorato mai. >>

<< E tu sembri rimpiangerlo. Non devi, Kore. Ti ha obnubilato la mente, la mia povera bimba... >> Demetra provò ad accarezzarle il viso ma Persefone si scostò. << Non sono più una bambina, madre. Quando lo capirete? >>

<< Tu hai bisogno di me. >> si ostinò Demetra.

<< E sempre l'avrò. Ma devi lasciarmi andare, madre, perché, come un frutto, anch'io son maturata. Non sono più la bimba dalle trecce bionde che correva nei campi, conducendoti mortali e ninfe. Ho preso il sole e la luna e il mio cosmo è cresciuto con me. Nell'Oltretomba ho messo alla prova ciò che tu mi hai insegnato ed il giardino dell'Eden è sbocciato come se tu stessa vi avessi imposto le mani. Come sopra così sotto, madre. Mi hai dato l'Inverno e io l'ho fatto fiorire. >>

<< Tutto ciò è opera tua? >>

<< Sì. Non di Hades. E' mia, la colpa. E' mia, l'opera. Ma non poteva essere diversamente. Io presidio la Primavera e son dea della vita, ma come si può comprendere la vita se prima non si è provata la morte? Ecco cos'è, madre. E' l'amore. Non capisci? >>

<< Non capisco cosa? >> chiese Demetra.

<< Non è colpa tua. Non l'hai creato tu. L'Inverno non è opera tua. E' vero, tu hai reso marce le sementi ma la neve, il freddo, il gelo non sono che un preludio dell'Averno. E la nuova linfa, i melograni terrestri, son ciò che io ho donato ad Hades. Come sopra così sotto. Come in alto così in basso. Come dentro così fuori. >>

<< Questo è un Mistero. >> esalò Demetra, una nuova luce nei suoi occhi. Comprendeva, ora. Comprendeva, finalmente.

<< Proprio così, madre. >>



*


<< E quindi, i mortali ne faranno un Rito. >> scherzò Mnemosine << Cara Hecate, lascia che trovi il mortale ispirato e vedrai come ciò sarà celebrato. >>

<< Non ne dubito, cara la mia Madre delle Muse. >> le fece eco la dea antica, rimestolando il suo intruglio. L'odore che si levava dal calderone, in quell'abbaino buio, era sulfureo e intorno a loro veleggiava una nebbia verdastra. << Conosci il tuo compito. >>

<< E sarà un piacere eseguirlo. >> sorrise la bruna dea << Mi chiedo quale delle mie figlie sia più degna. >>

<< Una che semplifichi il tutto, ma tieni Talia, Tersicore ed Urania lontane. Son divine nei loro intenti, ma inadatte a questa missione. Forse Clio, sì Clio. Dopotutto, è un rituale che resterà nella storia. >>

<< E vada per Clio. >> concesse Mneme << Ma non mi hai ancora raccontato come l'han presa tutti, la situazione. >>

<< Perché non tempesti Lete, piuttosto? Non è la tua amante? >>

<< Lete tende a dimenticar le cose, lo sai. >> ridacchiò la dea. Lete, la Dimenticanza. Bellissima dea infernale dei fiumi e la più grande sbadata prodotta dalla Cosmogonia divina.

<< Che dire...a me han solo ordinato di riferirti ciò. Zeus era già sceso dabbasso, >> indicò il Sopramondo << a cercar nuove fanciulle e fanciulletti con cui far infuriare Hera. >>

<< Non mi dire. >>

<< Già, una novità. >> sorrise maligna Hecate << Credo lo infastisse di non aver colto il fiore, se mi spiego. La piccola Kore sarà anche vergine ma la sua pelle produce già l'odore dolciastro della morte. >>

<< Lo stesso odore che circonda Hades. Magnolia, se non erro. >>

<< La Magnolia è sacra negli Inferi. >> le ricordò la dea degli Incantesimi.

<< Quindi? >>

<< Quindi...Zeus ha acconsentito – dopotutto, è lui che ha ordinato che i Re avessero delle Regine -, Hera ha sorriso trionfante – una rivale in meno -, Demetra ha chinato il capo e Poseidone ha sospirato soddisfatto. Nessuno cercava una nuova guerra tra dèi, e il Chaos solo sa cosa Hades nasconde nel Tartaro. >>

<< Per Urano da cui fui generata, Hecate, sappiamo fin troppo bene cosa c'è in quel regno brullo o sbaglio? >>

<< Sì, ma è forse il caso di riferirlo a Zeus? >>

Le due dee si guardarono negli occhi – occhi di colomba contro occhi d'acqua – e di colpo si misero a ridere, divertite. No, molto meglio che il Re degli dèi temesse le minacce che la sua mente stessa creava. Il Tartaro era territorio strambo, ma meno pericoloso di quanto i Luminosi potessero immaginare. Ben lo sapevano, Hecate e Mnemosine, antiche com'erano.

<< Sai cos'è che mi diverte? >>

<< Sentiamo, Mneme. >>

<< Che da quell'imbecille mi siano nate nove figlie tanto geniali. >>

<< Zeus non ha mai brillato per intelligenza. Dopotutto, l'unico lampo di genio che ebbe, fu quando gli nacque Athena. Dalla testa, per dire. >>



*



Per Hades, è come se il tempo non fosse mai passato. Per essere precisi, il tempo si è cristallizzato nel momento stesso in cui Persefone ha posato i suoi occhi del tramonto – quell'assurdo miscuglio di colori che a volte sfocia nel sangue, ma si sa, è nel sangue che siamo nati – su di lui, tutto si è fermato.

E' un ricordo preciso, indelebile. Nessun dettaglio è andato perso ed ogni cosa è vivida come se stesse accadendo proprio in questo esatto momento.

Ricorda perfettamente ciò che ha sentito in quell'attimo: un lento fuoco, un leggero languore e la strana voglia di ridere e piangere insieme.

Finalmente ha smesso di sentirsi un'entità astratta nell'Universo, una creatura solitaria – per quanto la solitudine l'abbia sempre cercata e voluta -, un qualcosa di unico e solo. In quel momento, un filo rosso – si torna sempre al colore del sangue – si è dipanato dal suo anulare sinistro per congiungersi, con un piccolo nodo, all'anulare sinistro di quello della piccola dea. Da allora i loro destini sono legati, sia che procedano sulla terra degli uomini, sia che volino nelle lande del Sogno. Niente si può frammettere tra loro, un Uno diviso.

Ha aspettato.

Ha aspettato tanto.

Ha aspettato talmente a lungo che ha creduto di non potercela fare più.

Eppure, ha insistito e ci ha creduto e sempre continuerà a crederci. Perché di amare non può smettere più e l'amore vince anche la morte.



Ed è buio e non ci sono stelle, ma lui lo sa: la luna nuova ha in sé la magia dell'inizio.



*



Hades si svegliò di soprassalto, nel suo letto morbido, nel palazzo della Giudecca da lui presieduto da secoli.

Ogni volta che sognava della sua liberazione, della nascita e dell'accordo tra gli dèi dell'Ordine, un evento catastrofico si prospettava all'orizzonte: Pandora, il diluvio universale, l'ennesima battaglia con qualche divinità ostile, le vendette di Hera o gli amori folli di Afrodite. L'Olimpo s'era accresciuto in ricchezza e bellezza con gli anni, ma Hades non amava salire in Superficie. Il suo Regno era la sua pace e si potevano contare le occasioni in cui calpestava il marmo sonante del Palazzo del Cielo.

Eppure, un simile sogno rivelava qualcosa e bisognava approfondire la questione. Si rigirò tra le coperte, indeciso se chiamare o meno le Moire e chieder loro la verità sul futuro. Se interrogare Hypnos sui sogni e chiedergli il perché di tali manifestazioni notturne. Se inviare le Furie a qualcuno che lo malediceva, convinto che fosse suo desiderio strappar le vite ai mortali.

Hades si sollevò sul letto e si guardò attorno. La sua stanza, dalle grandi dimensioni, era spartana. Il letto piazzato al centro della stanza e ricoperto di morbide pellicce, dei cassoni istoriati regalatigli da Efesto, in cui conservava le sue vesti e la kuiné, un tavolo, ricavato da un ontano, su cui v'era poggiata una brocca d'acqua e una ciotola piena di melograni.

Il suo Regno era stato una continua scoperta. Era immenso e diviso in varie regioni, come le chiamava lui. L'Averno era attraversato da cinque fiumi e il Muro del Lamento separava i Campi Elisi ed il Tartaro dal luogo in cui lui prendeva dimora. Il Tartaro, scuro e multiforme, era un luogo che di rado visitava, recandosi solo per controllare che coloro che avevano sfidato gli dèi fossero ancora lì segregati e tenuti sotto stretta sorveglianza dai loro carcerieri.

I Campi Elisi, divisi in tre isole minori, erano l'unico luogo degli Inferi che gli dèi della Superficie potevano visitare. Erano strane le leggi degli Inferi: solo chi possedeva un cosmo ctonio, permeato di terra, poteva attraversare tutte le regioni governate da Hades, ma se non si possedeva neanche un barlume di tale potere, si poteva accedere solo ai Campi Elisi. E badando comunque alle regole degli Inferi, che il Regno di Hades perdonava assai poco gli stolti e gli sbadati che osavano sfidarlo.

Gli Inferi producono ciò che a loro si adatta: gli asfodeli, i fiori di loto, la grande Magnolia, simbolo della casa di Hades. Non ha bisogno di produrre vivande. E per chi poi? Le anime che qui indugiano non si cibano che di aria. I daimon, invece, creature semidivine, possono gustare i frutti del giardino di Ascafalo, l'Eden, territorio sacro e perfetto.

Il sole brillava nei Campi Elisi mentre nell'Averno vi era quel tenue chiarore dell'alba e la notte si annidava dolce nel Tartaro, riflettendo le costellazioni che amavano i mortali.

Hades sospirò, soddisfatto. Lontano dagli dèi aveva trovato il suo ambiente ideale e le care anime che gli giungevano erano un dono più prezioso di qualsiasi fiore che Demetra avrebbe potuto creare. E allora, l'avvertì. Una piccola stilla luminosa e viva.

Viva.

Nel suo Regno. Il sogno consueto si rivelava ancora una volta presagio.

Hades scostò le coperte con uno scatto repentino. Il tempo si era compiuto e colei che tanto a lungo aveva aspettato, finalmente era tornata da lui.




*



Persefone sorrise dolcemente quando intuì che il suo amante la osservava nascosto nell'ombra. Oh, poteva sentirlo fin nelle più profonde fibre del suo essere che lui era lì, che i suoi occhi d'agata, pietosi e terribili, la stavano osservando curiosi e forse perfino stupiti.

Probabilmente, si era aspettato una folta schiera in pompa magna, ninfe e dèi dell'Ordine, ma a Persefone era bastato il bacio di benedizione di Demetra e il suggello posto da Hera alle nozze, ben simboleggiato dalla runa Bjarkan.
Bastavano a loro stessi, Hades e Persefone, e non necessitavano dei finti sorrisi del Palazzo del Cielo.

Cerbero, che subito aveva riconosciuto l'odore della sua padroncina, era corso da lei, ben più grosso del cucciolo dolce che aveva lasciato un anno prima, e le si era accucciato ai piedi, come una fedele guardia. Persefone si guardò attorno, chiedendosi perché Hades non si manifestasse ancora a lei e fu quasi tentata di chiamarlo, quando si accorse di qualcosa di incredibile che era avvenuto ai suoi piedi. L'erba dell'Averno, di solito secca e giallastra, brillava ora di un tenero verde e piccoli fiorellini bianchi facevano capolino tra i cespugli. Non erano simili a niente che lei avesse mai visto, ma non si preoccupò.
Gli Inferi erano fertili. Gli Inferi producevano. 
L'Averno l'aveva accettata come Regina e si piegava alle fantasie della dea della Primavera e della Vita, dando mostra dei suoi frutti.

Ecco perché Hades attendeva, si rese conto, anche l'Oltretomba deve accettarmi, proprio come secoli fa accettò il mio amato.

La dea si guardò attorno, nuovamente, e vide ciò che serviva per il suo atto di vassallaggio agli Inferi. Una nera Magnolia troneggiava su di lei e Persefone la circondò con le sue esili braccia, udendo ancora una volta quella voce dolce e legnosa che tanto aveva amato da bambina. << Son tornata, >> sussurrò al tronco maestoso << son tornata a casa. >>
E l'albero, proprio come se l'avesse udita, vibrò e una leggera brezza sfiorò il corpo di fanciulla di Persefone. Un lieve peso le posava sul capo e Persefone intuì che l'Oltretomba – la terra brulla, i daimon, le ninfe infernali – le aveva fatto dono di una corona di ametiste e magnolie, incoronandola Regina.

Il tempo, ora, si era davvero compiuto.

<< Hades? >> domandò la dea, allungando una mano verso l'oscurità. A quel gesto, nuovi fiori nacquero ai suoi piedi.

<< Mia Regina. >> l'apostrofò di rimando lui, uscendo dal cono d'ombra. La fanciullina fece un passo in avanti, baldanzosa, nel vederlo. Tale gioia, tale felicità si irradiava dalla dea, che l'intero Averno sembrò pervadersi di una nuova dolcezza acquosa.
Hades perse un battito e le strinse la mano << Vi piacerebbe visitare il vostro Regno, dolce Persefone? >>




I took the stars from my eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you

Cosmic love - Florence and the Machine

*

Nda.

Ed eccoci giunti alla conclusione :) Spero che l'ultimo capitolo vi sia piaciuto^^

I tre bambini che vediamo all'inizio sono Melinoe, Macaria e Zagreo, i figli che nacquero dall'unione di Persefone ed Hades. Il rituale a cui si riferiscono Hecate e Mnemosine è a preferenza del lettore. Ovvero, potete immaginare che stiano discutendo di un rituale qualsiasi che i mortali andranno a comporre. Se si vuole restare in tema con la storia, possiamo facilmente pensare ai Misteri Eleusini ;)

Grazie a tutti coloro che hanno seguito/recensito/inserito nelle preferite/ricordate questa storia. Grazie davvero :*

Chiedo scusa se non sono riuscita a rispondere alle recensioni dell'ultimo chap, ma devo ancora capire come ho fatto ad aggiornare oggi xD In ogni caso, vi ringrazio sentitamente, carissime Floryana, Titania, Ellie_x3. 

disclaimer: i pg presentati mi appartengono solo in questa personale disposizione, non scrivo a scopo di lucro e blablabla. Il titolo dato a questa storia è tratto dall'album dei The Moon and the Nightspirit.

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