Singing with Dan

di Lunch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Milano 2018

«La, non riesco a credere che l’hai fatto per davvero dopo tutti questi anni... ma pensi che ti risponderà?»
«Non lo so Cate... è che da quando ho scoperto che si è trasferito qui non sono proprio riuscita a contenermi. Tu al mio posto l’avresti fatto?!» 
Devi sapere, lettore o lettrice, che due anni fa, a causa di un secondo album non brillante e di un tour andato anche peggio, i Bastille purtroppo si erano sciolti. Ciò però non aveva scoraggiato la grande passione che nutrivo per il gruppo, in particolar modo per il frontman. Fu quindi con trepidazione che avevo letto dell’imminente trasferimento di Dan a Milano, città dove da qualche tempo vivevo anche io.
Le notizie sul perché della sua scelta erano scarse. Che fosse per una donna, perché forse davvero amava l’Italia o perché così gli aveva detto la testa era irrilevante: stava accadendo e tanto mi bastava.

Da quel momento il mio cervellino non aveva più smesso di propormi immagini e fantasie di me che incontravo Dan per caso in giro per l’amata/odiata Milano.
Fu così che, in un pomeriggio assolato di marzo, tornando a casa dal lavoro, mi era tornata in mente Oblivion. Era una canzone che non mi stancava mai: la consideravo una delle più emozionanti canzoni che la musica pop potesse regalare. Così una volta a casa, sempre un po’ soprappensiero, guardai il pianoforte che era in salone di casa di mia zia, pensando che ancora non avevo avuto modo di cantarla con mia cugina, insegnante di canto.
Il pomeriggio e la sera passarono senza che quei pensieri avessero un preciso ordine, ma poi la notte mi venne un’idea che mi tolse addirittura il sonno. 
“E se proponessi un duetto a Dan?”, mi chiesi. 
Credo che capiti a tutti, almeno una volta nella vita, di essere colpiti da un’idea folgorante nel pieno della notte, di quel genere di idea che più la guardi e più sembra realizzabile ma che poi il mattino dopo, al risveglio, mostra tutti i suoi difetti... ecco, a me non successe.
Infatti anche dopo averci dormicchiato sopra per delle ore continuavo ad essere convinta che provare a contattare Dan Smith per chiedergli di cantare Oblivion con me non fosse assolutamente da pazzi. Motivata da questi pensieri decisi di mandargli un messaggio con la posta privata di Twitter, ma finì che dopo una settimana, convinta che non mi avrebbe mai e poi mai risposto, archiviai la cosa, quasi dimenticandomene.

                                                                                           ****
Eccomi a Milano, la città che ho scelto per ricominciare. 
Ho preso casa in una zona abbastanza centrale ma al contempo vicina ad un parco in cui ogni mattina passeggio, spesso pensando a che strana cosa sia la celebrità: un momento tutti vogliono farsi foto con te, ti assediano di richieste e pretendono mille attenzioni; il momento dopo sei finito nel dimenticatoio. Questo mi fa sempre tornare in mente “Rise and Fall” di Sting e Craig David: a proposito, chissà che fine ha fatto Craig David...
Non è che io abbia cercato la celebrità con tutto me stesso, anzi, posso dire che mi è capitata, ma la cosa che più mi manca è l’emozione che provavo per i concerti: il nervosismo prima di salire sul palco, il terrore di non aver voce, o di steccare. E poi l’adrenalina, e sentire tutti urlare e cantare insieme a me... ecco ciò che mi manca davvero, la vera droga dell’essere un cantante famoso come lo ero io. 
I miei ex-compagni d’avventura poi, ormai li incontro solo di rado (Will ha messo su famiglia in Inghilterra, Kyle convive con la sua ragazza ed una montagna di gatti e Chris sta girando il mondo) e così di rado controllo anche il mio account pubblico di Twitter. 
Ma quel giorno, avevo però deciso di entrarci: trovando l’icona di messaggi lampeggiante rimasi sorpreso.

 “Buongiorno Dan,
come stai? Ho letto di recente che ti sei trasferito a Milano, dove vivo anch’io. 
Sono una tua fan sfegatata, e da quando ho sentito la tua voce dal vivo per la prima volta ho avuto un unico, grande sogno: cantare con te. Magari penserai che sia assurdo, ma in fondo provare non mi costa nulla. E poi devi sapere che a casa di mia zia c’è un bel pianoforte... se mai ti andasse, mi piacerebbe poterlo usare con te.
Laura”

Cavolo, ne ha di faccia tosta questa Laura, mi dissi. Potevo benissimo ignorare del tutto il suo messaggio, all’inizio lo feci.
Però poi pensai: cosa ho da perdere ormai? Avevo ancora uno studio di registrazione e il mio amico Mark era sempre disponibile a darmi una mano nel caso avessi voglia di registrare. Poteva anche essere utile a scacciarla nel caso si fosse rivelata una scocciatrice.
Inoltre, come mi fece notare lui stesso quando glielo accennai, forse la cosa avrebbe avuto risonanza e qualcuno si sarebbe ricordato dei Bastille.

Mentre mi chiedevo se fosse un caso che una mia fan “sfegatata” si chiamasse Laura, mi misi a risponderle. 


**************
Nota dell'autrice: 
Quanto tempo è passato dalla mia ultima pubblicazione qui, sono emozionata!
Ringrazio immensamente VanillaVanPelt per il suo supporto senza il quale non sarei riuscita a terminare la storia.. e per il suo lavoro di editing molto corretto e rispettoso! Grazie cara! *-*
Spero che vi piaccia questo primo capitoletto e non temete: la storia è già completa!
I commenti sono, come sempre, più che graditi!

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Capitolo 2
*** Due ***


Fu solo un mese dopo aver scritto a Dan che, entrando su Twitter, vidi un’iconcina che segnalava un messaggio non letto.
Noncurante lo aprii. Inutile dirvi la mia grandissima sorpresa ed emozione nel leggere che mi aveva risposto!
“Ciao Laura. 
Scusami se rispondo così in ritardo.
Ho pensato a ciò che mi hai chiesto e per me va bene, a patto però che venga tu nel mio studio: lì mi sentirei più a mio agio. Dato che ti ho chiesto di venire da me, decidi tu il giorno in cui farlo, io sono quasi sempre libero.
Hai già un’idea delle canzoni che vorresti cantare? A parte questo, sappi che sono molto contento che ci sia ancora qualcuno interessato alla nostra musica. 
X
Dan”

La mia gioia nel leggere quelle parole fu inimmaginabile.
Generalmente mi considero una persona matura che sa gestire le cose con freddezza, in quel momento però ritornai una sedicenne: in preda alla felicità mi misi a saltellare davanti al PC come una matta, poi corsi in cucina e baciai i miei zii, lasciandoli sconvolti a chiedersi il motivo di tanto affetto.
Infine tornai in camera e afferrai il cellulare, chiamando col fiatone Caterina per raccontarle tutto. 
La mia amica ancora una volta sopportò con pazienza il mio delirio: ci conosciamo dalle medie e siamo sempre state inseparabili. La nostra amicizia aveva superato indenne l’adolescenza e le connesse tempeste ormonali, ma del resto era facile andare d’accordo con Caterina perché era una persona molto dolce e comprensiva, e con rari momenti di sclero al contrario di me! Ci somigliavamo come corporatura: entrambe facevamo spesso dell’autoironia definendoci “donne in miniatura”: piccole e proporzionate contro un mondo di alti. In quanto a colori eravamo un po’ agli antipodi invece, dato che io sono bruna con carnagione olivastra mentre lei è rossiccia, ha la pelle chiara e le lentiggini.
Insomma, dopo aver ascoltato il mio sclero con la consueta calma, generosamente si offrì di accompagnarmi all’appuntamento per farmi da sostegno morale ma anche fisico, nel caso le gambe non mi avessero più retta. Scelse di accompagnarmi anche se non conosceva bene il gruppo: le sue passioni musicali risiedevano altrove, e mi rimase accanto anche mentre il giorno dopo preparavo la risposta per Dan, che venne fuori più o meno così:

“Ciao Dan!
Non riesco ancora a credere che tu mi abbia risposto... mi hai reso davvero felice! Verrò volentieri nel tuo studio, ma ti spiace se porto con me una cara amica? 
E saresti libero tra due sabati? 
Di sicuro vorrei cantare Oblivion con te. Poi vediamo, non vorrei rubarti troppo tempo.
Laura”

Se sei mai stato un fan accanito di qualcuno, caro lettore o lettrice, capisci come potessi sentirmi in quel dato istante. 
Così come ai concerti ti illudi che il tuo idolo guardi proprio te mentre canta una strofa che ti appassiona, saluta o ride, nello stesso modo io attribuivo alla fortuna che avevo avuto segni cosmici che volevano indubbiamente significare che lui si sarebbe innamorato di me, e che saremmo stati insieme per sempre. Il fatto di aver sempre avuto l’indole della sognatrice, che negli anni non si era certo assopita, di sicuro mi favoriva in queste fantasie. 
In qualche modo le due settimane fino al mio concerto privato con Dan passarono, e arrivò il fatidico sabato. Io e Caterina ci recammo all’indirizzo dello studio di registrazione che Dan ci aveva dato, e nonostante l’anticipazione, arrivata là davanti tutta la mia foga svanì.
«Cate, non ce la faccio! E se va male? Se faccio una figuraccia? Se è antipatico?»
Ogni paranoia si stava abbattendo su di me: la mia amica non fece in tempo a rassicurarmi che qualcuno disse: 
«Chi di voi è Laura?»
 Mi girai agitata, sapendo già chi aveva parlato.
Dan mi superava di un bel pezzo, cosa non difficile data la mia succitata scarsa altezza. Era assolutamente identico a come lo ricordavo: vestito casual con jeans skinny ed una felpa, capelli sparati e sguardo timido dietro gli occhialoni un po’ da nerd.  Il tempo sembrava essersi fermato a quattro anni prima.
«Io sono Laura.» dissi con voce un po’ tremante. 
«Piacere di conoscerti!» rispose lui.
Feci per stringergli la mano, ma lui mi stupì quando si avvicinò per baciarmi sulle guance. Pensai stupidamente ‘ma non era timido?’ e quasi dimenticai di presentargli Caterina, che mi diede una gomitata nelle costole.
«Lei è Caterina, la mia migliore amica.» dissi infine.
Dan salutò col bacio anche lei e poi ci fece entrare nel palazzo.

*****
Buonasera!
La storia inizia ad entrare nel vivo, ora! Spero che stiate apprezzando tanto quanto io mi sono divertita io a scriverla, ma finché restate in silenzio non lo posso sapere per certo!
Per cui, lasciatemi un commentino, anche piccolo piccolo! *-*
A presto!

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Capitolo 3
*** Tre ***


Mentre salivamo in ascensore, Dan cercò di riempire il silenzio chiedendoci come ci eravamo conosciute e come mai ci trovavamo lì a Milano. Arrivati allo studio, all’ultimo piano, avevamo quasi dimenticato di star parlando con una celebrità: il ghiaccio era sciolto.

«Spero non vi dispiaccia che ci sia anche Mark con noi...» disse Dan quasi con noncuranza, mentre apriva la porta.
Io mi bloccai.
«Quel Mark... il tecnico del suono?» ribattei quasi balbettando.
«Be’, sì, è proprio quel Mark.» rispose Dan un po’ stupito mentre un cagnolino di razza indefinita lo accolse festoso, seguito poi dal padrone.

«Hallo girls!» fece quindi Mark, presentandosi e poi facendo l’occhiolino. «Chi di voi due è Laura Palmer?»
«Sono Laura» risposi io arrossendo, «ma temo che sia il cognome che la persona potrebbero essere un po’ diversi. E lei è Caterina, che mi sopporta da ormai... quanti, quindici anni?» 
«Sì, sono quindici!» rispose lei sorridendo e stringendo la mano a Mark che la salutò, e poi tornò a rivolgersi a me.
«Peccato comunque che tu non sia come Laura Palmer... con Dan avevamo già immaginato di fare un bel festino in suo onore!» 
Io rimasi spiazzata, mentre Dan cacciava l’amico in una saletta audio. 
«Non fare caso a lui» mi disse, «adora fare battute ad effetto!»
«Ceeeerto» celiò Mark incamminandosi, «e tu sei un santarellino, vero Smith?» 
Dan alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
«Allora, arrivando al vero motivo per cui siamo qui, Laura e Caterina: come vedete là c’è un pianoforte... non sono solo a casa di tua zia!» scherzò lui.
 
Dopo aver indicato a Caterina un divanetto dove poter stare comoda, mi chiese che cosa cantavo di solito e se e come riscaldavo la voce. Non ne sapevo molto, così mi insegnò lui alcuni vocalizzi.
«Oblivion è una canzone impegnativa, che ne dici se cantiamo prima qualcos’altro? Te la ricordi Pompeii?»
Lo guardai sorridendo.
«Be’, è una canzone che raramente potrei dimenticare, considerando anche il fatto che sono originaria di Napoli.»
Ma forse non avrei dovuto dirlo perché passammo mezz'ora a parlare di quella città e, ovviamente di Pompei.
«Hey, guys, Caterina ed io ci stiamo addormentando... volete cantare qualcosa o no?» intervenne Mark dall’interfono. 
«Giusto» rispose Dan battendosi le mani sulle cosce. «Se hai ancora la tastiera lì me la puoi portare, per favore?»
Così finimmo a cantare Pompeii in due, ma mi accorsi che sui cori finali, trascinata dalla magia della canzone, anche Caterina ci aveva accompagnato. Finito l’ultimo coro Dan mi chiese, interessato: «Perché vuoi cantare proprio Oblivion? E’ una delle canzoni più tristi che ho scritto.»
 «Se proprio vuoi saperlo io non la trovo triste, ma profonda. Poi credo che sia una delle canzoni che mi ha legato di più al vostro gruppo... chi l’ha scritta deve avere una grande sensibilità.» conclusi, e Dan parve piacevolmente colpito dal mio pensiero.
«D’accordo, mi hai convinto. Cominciamo allora.»

Trovarmi a cantare davvero quella canzone che mi aveva preso tanto con Dan fu un’emozione che non dimenticherò mai. Paragonato a questo, l’emozione provata ad Assago anni addietro non ci si avvicinava neanche. 

“When you fall asleep, with your head upon my shoulder.
When you’re in my arms, but you’ve gone somewhere deeper.”

È una canzone che parla di amore, di forza nell’affrontare la vita e la morte con essa: e, o almeno per la mia interpretazione, della forza delle donne nella vita.
 
“Are you going to age with grace? Are you you going to leave a path to trace?
Are you going to age with grace? Or only to wake and hide your face?”

Nelle canzoni di Dan ci sono sempre i temi di come vivere al meglio la vita, cercando di lasciare un’impronta di sé per chi viene dopo, o almeno provarci con tutta l’anima. E se poi oblio è scritto che sia, amen.

“When oblivion, is calling out your name, you always take it further! Than I ever can..”

Alla fine della canzone avevo gli occhi lucidi. 
Dan si girò verso di me e mi fece un sorriso timido. Di slancio mi allungai verso di lui e lo abbracciai. «Tutto bene?» mi chiese quasi timoroso. 
«Sto benissimo» gli risposi io, ancora emozionata. «Grazie per aver reso possibile tutto questo.» 
Mi staccai di botto, e chiesi a Caterina un fazzolettino.
Intanto che mi riprendevo, Mark si affacciò alla porta della saletta.
«Hey, complimenti! Per fortuna ci sono dei microfoni ed ho potuto registrare questa versione...» affermò, e poi noncurante della mia espressione stupita guardò verso Dan. «Dovresti incidere qualche canzone con lei, ha stile!»
Io non potevo credere alle mie orecchie.
«Tu-hai-fatto-cosa?!» sbottai quindi. «Avevate progettato di prendermi in giro fin dall’inizio, vero?!»  
Ora ero davvero dispiaciuta.
Stavo trascinando Caterina verso la porta quando Dan mi raggiunse, e mi fermò tenendomi per un braccio.
«Laura, scusa davvero... non è una presa in giro e io non ne sapevo nulla!»
Lui mi fissò negli occhi e capii che era sincero. 
«Ti posso offrire una birra per farmi perdonare?» aggiunse. «Conosco un pub carino da queste parti.»
 Tentennai un attimo ma poi accettai.

*******
Nota dell'autrice:
Quella che avete letto è un'interpretazione personale, personalissima di Oblivion: né giusta né sbagliata. Spero solo vi sia piaciuta, come tutto il capitolo, del resto.
Grazie mille a VanillaVanPelt ed a Shy96 per le recensioni, a tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite (wow!) o tra le seguite. *-*
A presto!

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Così noi quattro ci avviammo ad un pub in zona Porta Venezia, distante solo pochi minuti dalla sala di registrazione.
Appena messo piede lì dentro capii come mai a Dan piacesse: c’era la classica atmosfera da pub inglese, che ben conoscevo avendo vissuto in un’isola britannica per un po’.
Luci soffuse, abbastanza pieno nonostante fosse appena pomeriggio inoltrato e in una parola: vissuto.

Con una birra in mano finii per sentirmi anche più coraggiosa, così iniziai il mio terzo grado a Dan.
«Come mai hai deciso di venire a vivere proprio a Milano?»
«Ma per le modelle, non è ovvio?» intervenne inopportunamente Mark, che osservai stralunata. Caterina rise mentre Dan gli tirava una gomitata. 
«Piantala dai! Non vorrei far fuggire le signore...» continuò quindi Dan, sorridendomi. Io rischiai di strozzarmi con la birra ma finsi nonchalance. 
«Be’, diciamo che l’Italia mi ha sempre affascinato, ma immagino tu lo sappia se hai seguito i Bastille. Inoltre volevo vivere in un posto caldo ma che al contempo non fosse tanto lontano dall’Inghilterra. Così ho proposto la cosa a questo coglione...» Dan batté la mano sulla spalla di Mark. «Ed eccoci insieme a Milano.» 
«Capisco. E gli altri che fine hanno fatto?»
«Loro sono... in giro».

Mentre mi raccontava di come Kyle avesse messo su casa con la ragazza e qualcosa come dieci gatti non potei che scoppiare a ridere. L’atmosfera si era riscaldata e vedevo pure Caterina divertirsi mentre chiacchierava sia con Dan che con Mark, anche se non considerava l’inglese il suo punto forte.
E io, per la prima volta dopo secoli, avevo l’impressione di star parlando con una persona interessante e intelligente, degna di stima.

Dan era proprio come me l’ero immaginato: simpatico, profondo e umile. Che fosse anche un bel ragazzo, era un punto a favore da non sottovalutare! E poi, cavolo quanto adoravo il suo accento british!
Tra un chiacchiera e l’altra, alla fine si fecero quasi le nove.

«Ragazzi, che dite? Restiamo qui a cenare o ce ne andiamo da un’altra parte?» chiese a un certo punto Mark.
Dan, sorridendo sotto i baffi, disse: «Conosco io un posto carino dove mangiare.»
«Ok, allora guidaci tu!», continuò l’amico. 
Uscimmo dal pub ed entrammo in metro, con Dan in testa al gruppo, dove aspettammo per quella che mi sembrò un’eternità finché lui, che fino a quel momento aveva fatto il misterioso in merito alla nostra destinazione, all’improvviso si avviò deciso verso le porte e noi gli corremmo dietro.
Appena poco fuori dalla metro, vedendo quale era il locale dove eravamo diretti, mi sfuggì un risolino. «Perché ridi?» mi chiese lui. 
«Niente, è che mi diverte l’idea di un cantante professionista che va in un locale di karaoke.» 
Entrando, Dan scrollò le spalle: 
«È carino» decretò, «ci ho cantato quattro anni fa, il giorno prima del concerto ad Assago.» 

Quell’affermazione mi fece tornare in mente di colpo il mio primo concerto dei Bastille, e anche come il giorno prima avessi vagato nella speranza di incontrare i ragazzi da qualche parte.
Caterina mi riscosse dai miei pensieri.
«Che fai, non entri?» 
Entrammo nel locale che era abbastanza grande e pieno, probabilmente perché era sabato.
Una ragazza ci accolse all’ingresso e ci fece strada fino al nostro tavolo. Una volta prese le ordinazioni, Dan si sporse verso di me dicendo: 
«Ok, dato che abbiamo una passione in comune e siamo in questo posto, stasera voglio metterti alla prova. Ti va di cantare con me?» 
Da quando Dan aveva pronunciato la parola ‘passione’ avevo sconnesso il cervello, per cui ci misi un po’ a comprendere il senso della frase. 
Quando superai lo sbandamento, dissi forse un po’ troppo forte: «NO! Voglio dire, Dan capiscimi, il massimo del coraggio che avevo credo di averlo già speso oggi pomeriggio. E poi non eri tu quello che ai primi concerti neanche riusciva a mettersi in primo piano per l’imbarazzo? Io il massimo che ho fatto è stato cantare a Rock Band davanti a degli amici.»
Dan, alla menzione di Rock Band, fece una faccia buffissima scoppiando a ridere.
«D’accordo, d’accordo, hai vinto!» ribatté. «Però se cambi idea, io ti aspetterò sul palco.».

Più tardi durante la serata, mentre eravamo in bagno, non so perché mi sentii un po’ in colpa per aver trascinato Caterina in tutta quella faccenda. 
«Cate, mi dispiace di averti trascinato fin qua... e scusa se ti sto un po’ ignorando.» feci quindi, col capo chino. 
«Scherzi? Io me la sto godendo un mondo!» esclamò lei, uscendo dalla toilette. «E poi, mi fa piacere di stare con la mia più cara amica. Devi ammettere che ultimamente non ci vedevamo troppo spesso. Tu, piuttosto, vuoi lasciarti sfuggire quest’occasione?» concluse.
Io la guardai interrogativamente e allora lei continuò:
«Ho sentito che non vuoi cantare al karaoke con Dan. D’accordo che ci hai già cantato nello studio, ma chissà quando e se lo rivedrai: non sarebbe bello fare un altro duetto? Carpe diem, cara mia!» disse convinta. «E poi sei brava a cantare, lo sai, e non conosci né rivedrai mai più i clienti di questo pub.»
Io non riuscii a trattenere un sorriso.
«Sai che mi hai quasi convinta? E poi sono già abbastanza brilla, quindi non credo che mi imbarazzerò più molto.» 
«Brava, questo è lo spirito giusto!»
Tornate in sala ci avvicinammo al tavolo dove i ragazzi chiacchieravano allegramente.

«Allora Dan» esordii io, come se nulla fosse. «Hai deciso che cosa canterai?»
«Di sicuro qualcosa di inglese...» rispose lui. «Ma perché me lo chiedi?»
«Il fatto è che la mia carissima amica qui presente»  feci io indicando Caterina, che sorrise tutta contenta «vuole filmarmi mentre canto insieme a te per rovinare la mia reputazione online. Posso forse privarla di questo piacere?»
Lui ridacchiò.
«Qualunque cosa abbia detto per farti cambiare idea a me sta bene!» decretò, per poi alzarsi in piedi, prendermi con decisione per un polso e tirarmi fino al piccolo palco del locale senza darmi il tempo di ribattere in nessun modo.
Arrivati lì, Dan si mise a trafficare senza problemi con l’elenco delle canzoni disponibili.

Vedendo Killing me softly dei Fugees nell’elenco si illuminò. 
«Cantiamo questa? È una delle mie canzoni preferite.» 
Io accettai.
«D’accordo, proviamoci.»
Inutile dire che l’interpretazione di Dan fu meravigliosa, mentre io faticai un po’ a seguirlo. Il pubblico non sembrava aver riconosciuto in Dan un cantante, ma apprezzò molto la sua interpretazione. 
Dopo quel primo brano lui mi concesse di sceglierne un altro, e io puntai su “The kill” dei Thirty Seconds To Mars: Dan sembrò apprezzare.
Successivamente anche Caterina e Mark ci raggiunsero sul palco, e mi lasciarono definitivamente il compito di scegliere che cosa cantare, e io puntai senza esitazione sul rock classico, con Don’t stop me now dei Queen.
Inutile dire che ci divertimmo un casino: i ragazzi la ‘interpretarono’ ballando sul piccolo palco, rendendo quasi impossibile per me e Caterina cantare per quanto ridevamo. Tenemmo banco per quasi un’ora, ridendo per l’accento col quale i ragazzi cantavano le canzoni in italiano, e quando finalmente uscimmo dal locale, ci rendemmo conto che era mezzanotte passata.

«Se ci sbrighiamo riusciamo a prendere l’ultima metro.» affermò Dan correndo verso la stazione. 
Noi tre arrancammo dietro di lui, ma per fortuna riuscimmo a saltare nel treno quasi vuoto.
Mark volle sapere se abitavamo vicino a una delle fermate, e io gli spiegai che Caterina era mia ospite a casa dei miei zii, in zona Porta Venezia.
«Dove esattamente?» chiese Dan. «Io ho casa in quella zona.» 
«Su Via Vitruvio, in corso Buenos Aires.»
Scendemmo quindi dalla metro e ci avviammo verso casa, dei miei zii, con i ragazzi che ci accompagnarono galantemente fino alla porta. Lì, una volta salutato Mark, mi avvicinai per salutare anche Dan. Lui mi sorprese di nuovo, abbracciandomi e dicendo piano:

«Grazie per la bella serata, Laura.» 

La sua vicinanza e la pronuncia all’inglese del mio nome, che avevo sempre adorato, mi stavano già facendo girare la testa.
Quando poi Dan si avvicinò fino a sfiorare il mio naso col suo, rimasi immobile sperando in un bacio... che infine arrivò, ma sulla fronte. 

Un secondo più tardi ci eravamo allontanati e io, ancora un po’ imbarazzata e insieme piena di entusiasmo per gli avvenimenti di quella folle giornata, entrai nel palazzo con Caterina, sapendo che difficilmente quella notte saremmo riuscite a dormire.

****
Nota dell'autrice:
Eccoci alla fine di questa storiella. Spero vi sia piaciuta, anche il finale.
Ringrazio come sempre VanillaVanPelt e tutti quelli che hanno letto.

Lunch

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