L'alba del secolo d'oro

di Feles 85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La malìa ***
Capitolo 2: *** Il Leone di Persia e Maratona ***



Capitolo 1
*** La malìa ***


Volevo ringraziare le persone che mi stanno seguendo con calore e partecipazione:

kk549210,
matty89
maceharm4ever
spandy4ever
Un abbraccio a tutti voi, ragazzi.

***

Le due spade si incrociarono molte volte, vibrando violentemente. Non risparmiavano colpi, non risparmiavano forze.
Lo scontro era mortale.
Lei, sapendo bene di non poter contrapporsi direttamente alla forza fisica di un uomo, puntava tutta la sua tattica nella lestezza e nella precisione dei colpi, evitando le cariche dove ne sarebbe uscita miseramente sconfitta. Lui invece, concentrava i suoi sforzi nell'evitare i veloci fendenti e affondi che lei tentava di portare a segno e si focalizzava in poche ma micidiali cariche, in cui provava a travolgerla.
La loro concentrazione era assoluta poiché nessuno dei due voleva cedere.

*****

Non c'erano alternative ormai, non c'era più speranza per un futuro diverso. Forse, non ci avevano mai veramente sperato sin dalla prima volta in cui si erano scontrati a Sardi, quando Harmonios era giunto assieme ad un piccolo battaglione ateniese.
  La città, per mano greca, era ormai divorata dalle fiamme, quando la generalessa Sara guidò un piccolo plotone di soldati persiani tra quelle macerie per cercare di salvare chi poteva salvarsi e catturare qualche nemico.
Lei sapeva che la città era persa ormai: gli Ateniesi, venuti col favore della notte, l'avevano condannata alla distruzione del ferro e del fuoco. Non avevano potuto fare altrimenti poiché il numero degli opliti greci era tanto esiguo da non potersi permettere uno scontro frontale con i Persiani. Questo significava che l'unica offensiva possibile per loro era il saccheggio e così avevano agito.
Sara stava rimuginando con rabbia queste cose, quando le comparirono davanti agli occhi un gruppuscolo di soldati ateniesi, intenti a raccattare ciò che di buono era rimasto tra gli averi della gente di Sardi.
Vedere il nemico ronzare come un avvoltoio sugli ultimi residui della città annichilita, le fece perdere la lucidità e subito si lanciò, assieme ai suoi soldati, su quel gruppuscolo di nemici.


*****

Harmonios si era visto planare addosso, quasi fosse un falco, un esile persiano, occultato dalla tipica leggera armatura. Quell'uomo sottile era a capo di un piccolo plotone di Persiani.
Cosa crede di fare quest'omino?
Aveva pensato lui.
Ma poi, quell'esile omino urlante l'aveva messo in difficoltà: difettava in potenza ma era lesto, agile, e sapeva dove colpire e dove puntare. Non gli lasciava respiro, incalzandolo come quando un gatto selvatico prende di mira gli occhi di un cane da caccia con i suoi esili ed affilati artigli. Il Persiano gli roteava attorno senza stancarsi e lui faceva molta fatica ad intercettarne le movenze rapide.
Fa' solo che ti acchiappi, piccola ombra...ti schiaccerò!
 Harmonios constatava, infastidito, che l' armatura di ferro greca l'appesantiva; gli impediva i movimenti, sentendosela pesare sulle ginocchia, contrariamente a quella leggerissima che indossavano i Persiani. In compenso, quel fardello di metallo gli consentiva di temere meno i colpi diretti, cosa che l'armatura di vimini persiana non poteva fare: era fin troppo penetrabile. Quell'esigua protezione era infatti più adatta a degli arcieri che si spostavano in lande aride, che non a degli opliti che puntavano t quasi tutta l'offensiva sulle cariche frontali.
Lo scontro dunque era piuttosto bilanciato, anche perché Harmonios risentiva della spossatezza accumulata in quei giorni di marcia in terra straniera e non poteva quindi contare sulla sua consueta prontezza. Ma era comunque un uomo ben allenato e resistente, così condusse il duello in modo da poter agguantare e surclassare quell'esile avversario con la sua potenza muscolare superiore. Si era accorto infatti che quel frenetico persiano era fuori di sé dalla furia e che attaccava e si muoveva con poco discernimento e cautela...L'Ateniese dunque, schivando i colpi più letali, e spostandosi con ponderazione, era riuscito a condurre quella danza mortale, dirigendo le mosse del nemico in modo tale da farsi inseguire. Quando si erano trovati poi a ridosso del muro di un rudere, Harmonios scattò in avanti all'improvviso e gli mise un piede tra i garretti del persiano che inciampò e barcollò verso il muro. Il greco allora, avendo guadagnato le spalle dell'avversario, poté ghermirlo con tutta la forza che aveva, bloccandogli gli arti superiori e facendogli cadere la spada dalla mano destra. Poi, con uno strattone lo spinse con violenza con la faccia contro il muro. 
Gli altri Persiani alla vista di quella scena, parvero turbarsi ed arretrarono un poco dallo scontro.
Devo aver acciuffato un pezzo grosso...Bene!
Così afferrò nuovamente l'avversario inerme, serrandogli brutalmente il collo tra la piega dell'avambraccio destro e bloccandogli le braccia con l'altra mano, lo trascinò poi per pochi metri, ostentandolo come un trofeo agli altri Persiani. Costoro parvero costernati e arretrarono ancora.
Ma quale non fu la sua sorpresa quando sentì provenire dal nemico, ormai completamente in balia della sua morsa, un grido di guerra rivolto verso i Persiani titubanti.

-"Che fate lì impalati? Continuate a combattere!"

Era una voce di donna.
Quella voce sottilmente aspra gli era entrata violentemente nella testa in un istante, come un chiodo conficcato nel cervello. Senza riflettere, voltò verso di sé la sua vittima e con un brusco gesto gli cavò via l'elmo, denudandole il volto.
La treccia bruna, liberata dalla morsa dell'elmo, scivolò sul petto della generalessa che respirava a fatica, mentre lo guardava furente. 
Ad Harmonios il respiro parve morirgli in gola.

Questi occhi...

Era diafana e questo chiarore si sposava meravigliosamente con quei lucidi capelli foschi, annodati in una lunga treccia. E i suoi occhi...grandi, grigi e trasparenti come acqua, leggermente ombrosi...Erano così vicini ai suoi che ne distingueva le pagliuzze ambrate nelle iridi, cosa che dava un ché di felino a quello sguardo magnetico.
Si sentì un violento tonfo.
 Harmonios si era liberato del suo elmo con una mano sola.
Dopo che lui aveva rivelato a sua volta il suo viso, gli occhi della donna parvero addolcirsi...
I pensieri dell'ateniese erano evaporati; la sua mente si era ammutolita, ammaliata da quegli occhi incantevoli che non si staccavano dai suoi. 
Non sapeva più cosa fare, non sapeva dove fosse, non ricordava più chi era o di chi era figlio...o almeno, per un brevissimo istante così era stato...l'oblio si era impadronito di lui.
La strinse ancora più a sé...
Lei parve sussultare.



***********


Sara era furibonda. 
Chiusa nella sua tenda, dentro l'accampamento persiano, non riusciva a darsi pace.
Quel maledetto greco...
L'aveva voluta umiliare, ne era certa!
L'aveva prima sottomessa in combattimento, poi l'aveva privata dell'elmo, scoprendone le sue grazie di fanciulla...Le aveva poi risparmiato la vita, trattandola con bonaria condiscendenza.
Come si trattano i ragazzini...


-"Io sono un generale! Non sono una ragazzina che gioca alla guerra! Ho perso la faccia di fronte ai soldati, maledizione!"urlò lanciando per terra la coppa d'acqua che stava bevendo, mandandola in frantumi.

Come ha osato...

Già, come aveva osato poi fissarla con quegli occhi...
Prima ancora che si togliesse l'elmo crestato, lei aveva intravisto gli occhi del greco scintillare luminosi e ne era stata come ipnotizzata.
Erano occhi azzurrissimi, aveva poi avuto modo di constatare...così radianti...

Perché diamine si é scoperto la faccia, poi?

Non si dava pace. Sapeva bene che, quando si era scoperto il viso, la sua stretta su di lei si era affatto disciolta, trasformandosi in qualcosa che assomigliava ad un abbraccio.Lei ora si rendeva conto che in quel momento avrebbe potuto benissimo approfittarne. Poteva dargli uno spintone, mollargli un calcio col ginocchio sullo stomaco e sarebbe stata libera...
Invece era rimasta lì, a fissare quel volto bronzeo e liscio che la guardava come se non ci fosse altro attorno a loro.

-"MALEDIZIONE!" Imprecò battendo i pugni sul tavolo

E poi, si chiedeva, per quale ragione, quando lui l'aveva lasciata andare all'improvviso, lei aveva dato l'ordine ai suoi di ritirarsi? Era impazzita? Erano in superiorità numerica! 
Quando erano tornati all 'accampamento lei aveva spiato ossessivamente i volti dei suoi sottoposti, credendo di vederci degli sguardi di commiserazione o di disprezzo.
Si era sentita malissimo, defraudata della sua dignità. Si era sentita come una ragazzina capricciosa che viene portata a giocare alla guerra da un gruppo di uomini benevolenti.
POK!
Aveva tirato un calcio alla gamba del tavolo.
Sì, non c'erano dubbi. 
La verità, l'imbarazzante verità, era che lei aveva perso la testa quando quell'uomo si era rivelato...

Quegli occhi...

Sì, lei si era di colpo trasformata in una ragazzina tremante: il cuore aveva cominciato a batterle come un tamburo, le gambe le aveva sentite farsi deboli e malferme, le mani le sudavano.
Ma perché la guardava così? Diabolico greco!

Doveva fare qualcosa. Doveva porre rimedio a quella stupidaggine! A tutti i costi!
Si rivoltò tutta la notte sul suo giaciglio come un serpente in pena, tormentata da desideri contrastanti.
Quando il chiarore del Sole fece capolino da Oriente, inondando di luce la sua tenda, Sara aveva preso la sua decisione:
L'avrebbe ucciso.
Avrebbe portato la sua testa come pegno; avrebbe dimostrato ai suoi che lei non era una ragazzetta sprovveduta.


*******

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Capitolo 2
*** Il Leone di Persia e Maratona ***


Doverosa premessa: io non ho mai visto JAG. Questa storia nasce da un'idea di matty89, ispirata  dal fatto che Catherine Bell è in parte iraniana d'origine e per questo motivo poteva essere interessante esplorare, sotto una certa angolazione, l'ambientazione storica delle guerre greco-persiane, sopratutto in virtù del fatto che l'esercito persiano manteneva la tradizione di avere delle generalesse nel proprio esercito. Un esempio storico celeberrimo, tornato alla ribalta grazie al secondo capitolo della saga di "300", è Artemisia, ammiraglio dell'esercito di Re Serse, nonché provetta piratessa, ma non solo lei. Una grande generalessa fu a capo dell'armata degli Immortali e sempre le generalesse persiane, discendenti delle donne della Scizia, erano le ispiratrici della amazzonomachia rappresentata sul Partenone. Le arciere della Scizia infatti, altro non erano che l'origine storica delle mitiche Amazzoni.

I nomi dei protagonisti sono stati mantenuti simili a quelli del telefilm seppur contestualizzati storicamente: Harmonios è un nome greco e Sara, senza la H, era un nome persiano che significa "Pura/Valente". Il suo corrispettivo con la H è invece di origine ebraica e ha un altro significato. Chiaramente in questa fiction il significato del nome è quello persiano.

Detto questo, io e matty89 vi auguriamo una buona lettura!


**********************



Verso mattina, un boato fragoroso aveva scosso l'aria della piana. La battaglia, dopo cinque giorni di logorante attesa, era cominciata e prometteva di essere fatale.
Forse, Maratona avrebbe visto la fine degli Ateniesi. Essi erano pochi, ma decisissimi a sacrificarsi del tutto, pronti anche a farsi consumare dall'insaziabile fuoco di Ares, lussurioso Nume sempre affamato di sangue e tumulti, pur di non farsi conquistare. Avrebbero preferito scomparire per sempre nelle tenebre dei secoli, piuttosto che asservirsi a qualcuno. I Persiani invece, forti del loro numero e della consapevolezza di essere un grande impero, consideravano quella battaglia già vinta; una doverosa punizione per castigare l'arroganza ateniese.
Re Dario però, non si sarebbe mai immaginato ciò che sarebbe successo di lì a poco. 
Gli Ateniesi, guidati da Milziade, si lanciarono alla carica, di corsa giù dalla piccola collina che circondava la piana da Occidente, lanciando un terribile grido di guerra. Pareva che i loro scudi ruggissero assieme a loro.
Dario non seppe darsi risposta del perché, a quella vista, i suoi si fecero prendere da un crudo terrore. In un attimo la loro sicurezza evaporò come la rugiada alla luce del Sole meridiano, le loro gambe divennero fragili e tremanti, le loro mani malferme.
Gli Ateniesi parevano pervasi da un furore antico, i loro volti sembravano ancora più ombrosi di quello che non erano.

Che sia un Dio che li invasa e che li rende così terribili a vedersi?
Pensò Re Dario e non senza ragione.

La battaglia infuriava e già si poteva sentire, sotto il Sole cocente di Agosto, il miasma del sangue mescolato alla polvere. L'aria era immobile, incendiata dai dardi solari. La Terra riarsa sembrava restituire il calore e le gambe dei soldati parevano divenire sempre più grevi.
Entrambi gli schieramenti si erano infranti caoticamente l'uno sull'altro. 
C'era qualcuno però, che nel mezzo di questo tumulto, cercava di farsi largo tra la ressa. 
Harmonios, figlio maggiore di Milziade, si era precipitato fra i soldati, senza alcun minimo riguardo per la propria incolumità. Eppure evitava meticolosamente di ingaggiare battaglia.
Era strano che un valente guerriero come lui, nonché strenuo patriota, stesse evitando in ogni modo di combattere. Pareva piuttosto che cercasse qualcosa...o qualcuno.
Era un uomo fatto Harmonios e il suo azzurro sguardo, lucente come quello che si diceva possedere la Dea che proteggeva la sua Polis, Atene, aveva già visto le stagioni della guerra.
Atena...Quanto sentiva affine a lui la Dea dalla mente limpida e dagli occhi luminosi, La Dea che prediligeva la guerra ragionata, la strategia alla strage cruenta del fratello Ares! Ella  guarda benevola gli Eroi che affrontano le chimere, l'informe, il mostruoso...
La Dea che aveva amato profondamente il furore mai empio di Diomede e quello più dissennato di Achille.
La Dea di Atene...
E come poteva non sentirla vibrare dentro di sé, proprio ora che Atene rischiava di essere distrutta?
Eppure, sebbene la sua patria gli appartenesse fin nel profondo, qualcos'altro turbava l'ampio petto del giovane aristòs, un pensiero che in quei giorni di attesa si era presentato a lui sotto molte forme.
Un occulto pensiero, piccolo e semplice ma lacerante come l'artiglio di un leone conficcato nel cuore.

Io non tradirò Atene, non tradirò mio padre e miei Avi, non tradirò Atena...

Egli correva tra la polvere insanguinata, correva fino a perdere il fiato sulla lingua inerte, sentendo il peso opprimente dell'armatura sulle sue ossa. Continuava a cercare, a cercare...

-"Eccoti, figlio di Milziade. Mi hai trovato: sono qui, davanti a te, Greco."

Quella voce graffiante, marcatamente femminile, proveniva da un punto imprecisato davanti a sé.
Si fermò, come fosse stato paralizzato da quella voce, ancora senza volto. 

No...sei qui...sei venuta a combattere...No! Dei, non questo...

Un cupo senso di disperazione cominciò a farsi largo nel suo animo, come una macchia d'inchiostro nero si fa largo in una coppa d'acqua pura. Aveva quasi sperato che lei non fosse venuta, invano.

-"...Immaginavo che saresti venuta anche tu a combattere con Re Dario, Sara." disse infine alla donna, cercando di usare un tono fermo e asciutto.
-"Non potevo abbandonare Re Dario, Harmonios." rispose lei prontamente.
-"Io non posso lasciare che la mia patria venga distrutta dal tuo Dario, amazzone!"
-"Lo so. Non c'è più alcuna soluzione, oramai..."queste ultime parole sembravano stemperarsi in un triste sussurro, ove più non c'era traccia del minaccioso tono con cui l'aveva incalzato poco prima.

La donna si manifestò davanti a lui, coperta con la tipica leggera armatura dei soldati persiani, con i rossi pennacchi che garrivano minacciosi sull'elmo.
Era alta e slanciata e lui sapeva che era anche molto abile nell'uso della spada e del giavellotto, oltre ad essere un provetta tiratrice d'arco.

Come tutti i Persiani veri, del resto...

L'amarezza s'impossessò di lui. Lei, infine, aveva scelto di combattere per i suoi così come lui aveva scelto di fare altrettanto per Atene. 
Non c'era più altro da sperare, allora, non c'era più tempo per indugiare nei ricordi del loro breve e tumultuoso amore, non c'era tempo per lasciarsi prendere dalla disperazione e dal senso di colpa...
Loro si sarebbero affrontati e avrebbero combattuto fino alla fine. Fino alla morte.

-"Anahita, Signora delle acque pure, che il mio sangue versato non sia sacrilego. Sii tu mia alleata, come lo sei sempre stata nei crudi campi di guerra. Quando la nera morte mi coglierà, oggi, fa' che la mia anima voli via con le indomite Fravashi e che la Persia non abbia a che soffrire per colpa del mio cuore innamorato."

Harmonios dedicò un pensiero silenzioso ad Atena: una più consona preghiera per chi si stava avviando verso le poco tortuose strade della razionalità. Come si distanziava anche in questo, rispetto al veemente scrupolo religioso zoroastriano.

Non ebbe altro tempo per indugiare sui ricordi, poiché Sara si era lanciata fulminea su di lui, brandendo la spada.
Il mortale duello era cominciato.
Le due spade, la corta e tozza spada greca di lui e la sottile e arcuata spada persiana di lei si erano incrociate, vibrando potentemente.

*********************

Non era la prima volta che Harmonios aveva incrociato la sua spada con quella di Sara, una delle generalesse più care a Re Dario. Aveva già avuto modo di saggiare cosa voleva dire scontrarsi con quelle che gli Ateniesi chiamavano ancora amazzoni, memori della antica tradizione della Scizia, l'antenata della Persia, in cui, oltre agli uomini, le donne erano temibili arciere che colpivano mortalmente il nemico da cavallo.
I Persiani non avevano ancora voltato le spalle a questa tradizione di servirsi anche di agguerrite generalesse, per combattere le loro battaglie.
Sara, 'la pura', era degna di appartenere a loro, sia per perizia bellica che per la sua liquida bellezza. Era noto infatti che le generalesse persiane, come la piratessa Artemisia, erano sempre dotate di una non comune avvenenza.
Pallida di carnagione, con grandi occhi dalla forma allungata e felina e lunghi capelli lisci e bruni, annodati fittamente in due grosse trecce arrotolate a sua volta sulla nuca.
Fiera discendente di Pentesilea, colei che rubò il cuore ad Achille, mentre esalava l'ultimo respiro.

Pentesilea...

Fu questa la prima cosa che pensò Harmonios quando parò la spada di Sara, durante il saccheggio di Sardi, pochi anni prima. 
I loro sguardi si erano da poco incrociati e già 'Pentesilea' aveva carpito il suo animo, violentemente.
Subito, provò ad arginare questo fuoco nascente, ricordandosi quanto poco fossero amabili le amazzoni...Per un ateniese dell'Attica, in particolar modo.
Solo gli Spartiati, tra gli Elleni, potevano trovare questa usanza persiana accettabile.

No, le donne per bene non si mettono a menare fendenti come forsennate!

Il nome che aveva scelto per lui Milziade, era Harmonios, appunto, e nulla c'era della greca e attica armonia nell'idea delle amazzoni.

Solo la ferocia dorica degli Spartiati può...apprezzare.


 




 

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