Innocenti

di DaisyBuch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primi istinti ***
Capitolo 2: *** L'hai fatta grossa Jolene ***
Capitolo 3: *** Senza rimedi ***
Capitolo 4: *** Come portarsi l'Etiopia a casa ***
Capitolo 5: *** Las Vegas! ***
Capitolo 6: *** Max ed il passato di Olivia ***
Capitolo 7: *** Vecchi incontri ***
Capitolo 8: *** Cambiamenti Necessari (e dolorosi) ***
Capitolo 9: *** La storia non regge, Yvi ***
Capitolo 10: *** La verità ..o quasi ***
Capitolo 11: *** Agnizioni ***
Capitolo 12: *** Come una squadra ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Primi istinti ***


Yvonne studiava Storia e Critica dell’Arte, Olivia Economia e Jolene Legge, si erano iscritte meno di due anni fa, e si erano trovate dopo pochi mesi. Erano tutte alla stessa festa di inizio anno e c’erano per lo più ragazzi della loro università, ma anche quelli di altre zone, e come in tutte le feste, ci fu un dopo-festa abbastanza ristretto, e con quella gente ristretto significava non più di una cinquantina di persone in un loft al centro, Yvonne era amica della migliore amica della proprietaria mentre Jolene e Olivia si erano inbucate. Poco a poco la gente se ne andò e rimasero in pochissimi, gli intimi e quelli troppo ubriachi per tornare a casa.
-Ehi, tutto ok?- chiese Jolene ad Olivia, che aveva una bottiglia di vino per terra accanto ai suoi tacchi troppo alti.
Si misero a parlare come due perfette ubriache, si aggiunse Yvonne poco dopo che la sua amica si fosse appartata in una stanza con un tizio.
-La festa è finita, dovete andare.-intimò alle poche persone rimaste, - Voi chi siete?-
Le due si girarono, avevano parlato a lungo e nel frattempo l’effetto dell’alcool era nel pieno della sua azione, non sapevano cosa risponderle così la invitarono a sedersi con loro e a condividere l’ultimo bicchiere.
Anche Yvonne, che tutte conoscevano di vista, poiché era una delle ragazze più popolari dell’università, si tolse i tacchi e si massaggiò i piedi. –Odio i tacchi.- ammise bevendo un altro sorso. –E odio la mia vita.-
Cominciarono così i discorsi filosofici, si chiesero cosa volessero fare da grandi, ancora ebbre si schiusero un po’, sicure che il giorno dopo non si sarebbero più parlate e che le altre non avrebbero mai ricordato le cose dette. I ricordi erano abbastanza confusi dall’alcool, che verso le tre era terminato, Olivia si lanciò alla ricerca di un’altra bottiglia e notò che qualcuno stava facendo sesso in una camera e altre persone erano addormentata per terra e sui divani. Non si preoccupò troppo di svegliare qualcuno, si diresse in cucina e cercò nel frigo e nei vari sportelli, aprì una porta che portava alla dispensa ed alla fine trovò un ultimo pacco da sei bottiglie di birra e tornò dalle altre. Girandosi vide un quadro staccato dalla parete e un cassetto infossato nella parete che aveva tutto l’aspetto di una cassaforte, abbastanza confusa vide la manipola e i numeri, era ovviamente chiusa, ma se anche fosse cosa le importava? Non voleva certo aprirla, non avrebbe di certo rubato nulla. Le venne in mente il padre che le aveva riso in faccia quando lei gli disse che avrebbe trovato un lavoro per pagarsi gli studi e che avrebbe fatto carriera, un giorno. Lui le aveva risposto che le donne non fanno carriera, che dovrebbero solo occuparsi di "pulire per terra". All’improvviso rimase con le bottiglie tra le braccia, ad osservare quel semplice cassetto che doveva contenere almeno un suo desiderio.
–Che stai facendo?- il panico invase il corpo di Olivia, che si girò di scattò facendo quasi cadere le birre. Aveva pensato che fosse la proprietaria del loft, essendo una voce poco conosciuta, ma davanti a lei c’era Yvonne.
–H-Ho trovato le birre.- disse con la voce che ancora le tremava per lo spavento.
-E’ una cassaforte?- chiese Yvonne scansandola e dirigendosi verso di essa. La osservò per un po’ e poi provò a digitare: 1234. Ma non si aprì.
–Peccato.- disse Yvonne. Non era sicura che avrebbe preso qualcosa, voleva solo provare il codice, si disse. E poi chi era tanto stupido da mattere una cassaforte dietro un quadro nella dispensa? E un quadro orrendo, poi. Pensò ancora al codice per un momento,poi si chiese perché lo stesse facendo, voleva rubare i soldi? Non ne era sicura ma i suoi pensieri si diressero alla borsa e alle scarpe di Gucci che aveva visto l’altra settimana.
-Ma tu non conosci la proprietaria?- chiese Olivia.
-In realtà il loft è del padre,- si girò verso di lei, -perché?- il suo sguardo mise in soggezione Olivia, e lei lo sapeva bene, era alta almeno sette centimetri più di lei e le piaceva far sentire a disagio la gente che metteva in disagio lei. Ma Olivia resse lo sguardo
–Apri tutte le cassaforti delle tue amiche?-
-I padri delle mie amiche,- la corresse Yvonne, - e ad ogni modo non è nemmeno una mia amica, direi più conoscente.- sospirò vedendo lo sguardo accusatorio di Olivia. –Che c’è? Ci hai pensato anche tu, solo che io ho avuto le palle di provarci.- Fece per aiutare Olivia a reggere le birre quando comparve sulla soglia della dispensa Jolene.
–Ma che state facendo tutto questo tempo qua?- chiese Jolene. Osservò Yvonne che aveva appena staccato dalla confezione tre birre.
-Rifornimento.- rispose Yvonne. -Quella è una cassaforte?- chiese Jolene mentre si avvicinava, -Chi è stato il furbo che ha avuto l'idea di metterla dietro un quadro? Per di più nella dispensa.-
-E' la stessa cosa che ho pensato io.- esclamò Yvonne. Jolene osservò più attentamente i numeri, chiedendosi quale fosse la combinazione.
-Quale hai detto che è il nome della proprietaria?- chiese. -Non l'ho mai detto.- rispose Yvonne, che si guadagnò un'occhiata sarcastica da parte di Jolene e Olivia.
-Kate.- sospirò. -Ma a che ti serve?-
In realtà molti codici delle cassaforti erano semplicissimi, per di più date importanti come una nascita, un anniversario, un giorno particolare, ma erano anche nomi di quattro lettere trascritti come i numeri della tastiera. Jolene lo pensò ma non lo disse. Ma se fosse stato quello il codice giusto? Chissà cosa c'era dentro. Ovviamente rubare era sbagliato, lei studiava Legge e andava contro ogni suo principio e regola, era per questo che voleva diventare un avvocato, oltre che per pagare le cure per suo fratello minore, di cui i suoi genitori non potevano occuparsi economicamente. "Se ci fosse dentro qualcosa di illegale?" questo fu la giustificazione che trovò Jolene alla sua azione, e non ci ripensò più, agì solo d'impulso dicendo la frase seguente:
-E se fosse quello il codice?- Si era già pentita.
-Kate?- dapprima Olivia non capì ma poi un guizzo d'intesa attraverso i suoi occhi. Yvonne ci mise un pò di più, poi quando capì si guardarono tutte, incapaci di agire.

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Capitolo 2
*** L'hai fatta grossa Jolene ***


cap 2 Era un giorno di sole splendente e Jolene e Yvonne si godevano la giornata sull’attico del palazzo, sorseggiando un drink. Avevano passato tutta la notte a lavorare ad un piano, e poi scoprirono che il vecchio si era semplicemente addormentato,  Yvonne si fece una grassa risata ed ordinò da mangiare mentre Jolene cominciò a guardare qua e là per i cassetti. Solitamente gli uomini non nascondevano molto le cose, si limitavano a porle sotto a qualcosa o spostarle in fondo ai cassetti, e loro miravano a cose di poco conto di cui poi non avrebbero denunciato la scomparsa, come orologi costosi, contanti stessi, carte di credito da cui prendevano poco in modo tale che non se ne sarebbero nemmeno accorti. Puntavano per lo più ai vecchi, poiché era facile ingannarli, bastavano due paia di gambe e facevano salire subito nella camera chiunque mostrasse un po’ di mercanzia. Di solito erano Jolene e Yvonne a fare il lavoro “sporco”, Yvonne si divertiva chiaramente anche se la sua parte preferita era quando bevevano cocktail immerse nel lusso, Jolene invece assisteva passivamente a quelle serate, non le facevano né caldo né freddo, le piacevano  molto i soldi però.  Olivia alternava raramente Jolene, lei per lo più rubava e spiava, dava segnali e il piano di fuga ed entrata, ma in quel momento era all’università.
-Vorrei che fossimo tutte qui per goderci la riuscita del piano.- sospirò Yvonne tra le bolle dell’idromassaggio.

-Ha già preso i soldi?- chiese Jolene.
-Si,circa trentamila.- sorrise Yvonne mordicchiando la cannuccia del suo drink.
-Trentamila? Ma così se ne accorgerà!-
-Ehy Jail, non ti agitare, questo è ricco sfondato, e poi dobbiamo pagarci l’affitto e l’università per tre. – A quel pensiero Jolene tremò un po’, il soprannome che usava Yvonne per prenderla in giro non aiutava un gran chè la sua tranquillità.
-Bene, allora vedo se riesco a trovare qualcos’altro.-  Jolene si alzò dal dolce calore dell’idromassaggio, andò a prendere l’accappatoio ed entrò nella stanza. Il vecchio era sceso da un pezzo perché doveva “sbrigare delle cose”. Non fu difficile individuare una collana sullo scaffale del salone, in bella vista. Jolene non era brava con i gioielli, ma sembrava d’argento ed al centro c’era una pietra azzurra, senza pensarci troppo prese e se la infilò nella tasca dell’accappatoio. Lei doveva pur provvedere per la sua famiglia in qualche modo, non sopportava vedere i suoi genitori in quelle condizioni.
Tornò di corsa da Yvonne ch sembrava quasi essersi addormentata.
-Dai Yvi, andiamo, è tardi.-
Per fortuna Yvonne si alzò senza troppe storie, e se la filarono, lasciando come al solito un falso biglietto con un numero a caso e un loro bacio impresso sulla carta.

Incontrarono Olivia fuori dall’università, intenta a bere un caffè mentre le aspettava.
-Ci avete messo un sacco di tempo, pensavo quasi vi avessero beccate.- sorrise Olivia.
 Aveva i lunghi capelli biondi sciolti, e due treccine bionde davanti che le coronavano il viso.
-Beh  cosa abbiamo preso stavolta?- chiese elettrizzata.
-Seicento in contanti e una fedina, mi è sembrata d’argento.- spiegò Yvonne, -Oh Oli, dovevi vedere che lusso, lui si è messo subito a dormire e noi abbiamo avuto tutto il tempo per rilassarci e prendere ciò che volevamo.- disse con occhi sognanti. Jolene non disse nulla sulla collana, che al momento sembrava avere delle insegne luminose che fuoriuscissero dalla borsa. Non voleva mentire alle altre, la verità era che si sentiva stupida e pensava di aver fatto un madornale errore, il suo unico desiderio era quello di riportarlo al proprietario, quella collana valeva sicuramente tanto. Ma avrebbe fatto tutto da sola, non voleva metterle in mezzo, non come l’ultima volta, era colpa sua se il codice della cassaforte era saltato fuori.
-Ehi Jo che succede? Ti sente male?- chiese Olivia bloccando tutti i racconti fantastici di Yvonne.
A Jolene serviva una scusa per essere assente tutta la giornata, così si inventò la prima cosa che le venne in mente: -Si, forse è stato l’alcool di prima mattina.- ipotizzò, -Oggi resto a casa.-
Le tre avevano organizzato un’uscita per andare a comprare mobili carini per la casa, da sostituire con quelli vecchi e orribili che c’erano al momento e fare la spesa, perché i genitori di Olivia sarebbero arrivati il giorno successivo, ma sapevano tutte che sarebbe andata a finire col fare anche dello shopping, soprattutto ora che avevano più soldi.
-Ma dovevamo scegliere il tavolo.. e il divano!- protestò Yvonne. Quell’uscita era stata programmata da mesi, anche se si conoscevano da poco si trovavano in totale sincronia e avevano deciso di dividere l’appartamento fino alla fine dei prossimi tre anni di studio. L’appartamento era carino, aveva un balcone abbastanza grande e anche all’interno non era piccolo, perciò Jolene e Olivia avevano costretto Yvonne a rinunciare all’idea di vivere in un super attico e limitarsi a sistemare l’appartamento.
Si diressero verso la casa, Olivia e Yvonne posarono i libri e salutarono Jolene, che era distesa sul letto. Jolene aspettò circa una quindicina di minuti, vide Yvonne e Olivia allontanarsi e si assicurò che non tornassero indietro, dopodiché indossò un completo estivo ma elegante e si diresse verso l’Hotel a cinque stelle della sera prima.

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Capitolo 3
*** Senza rimedi ***


cap 3 Jolene era entrata da poco nel lussuoso Hotel, e già cominciava a sudare e sentirsi agitata. Non aveva un vero e proprio piano, sperava che le avessero dato il passpartou o che il milionario fosse ancora nella suite per posare la collana al suo posto, sapeva che non sarebbe stato così facile, anzi che era vera e propria pazzia, ma voleva provarci. Si diresse verso il tavolo delle informazioni dove c’era un tizio carino e basso di nome “Francis”, sfoderò un sorriso e si rivolse a lui –Salve, sono una …ehm, conoscenza, del signor Warlett, suite 762, avrei urgenza di vederlo.-  ammiccò Jolene. Non era stata molto convincente, ma non voleva perdersi d’animo.
–Il Signor Warlett non è nella camera al momento, non posso farla entrare, mi spiace.- disse sorridendo Francis. Forse la parola “conoscenza” non era abbastanza ovvia, doveva sottolineare più il concetto.
-Siamo molto intimi, non ci sarà nessun problema se entro mentre lui non c’è.- sorrise cortesemente.
-Mi dispiace ma non posso farlo.- sorrise.
-Senti Francis, ti ho detto che ho bisogno di entrare dentro quella Suite, sarà per pochi secondi, e tu potrai acompagnarmi se vuoi.- quasi urlò, era stanca di quei finti sorrisetti, e aveva i nervi a fior di pelle. Vedeva un guizzo di dubbio e stupore negli occhi scuri di Francis, e ne approfittò. –Ti prego, ci vorrà solo un attimo.-lo supplicò. La sua mano si spostava nervosamente tra il telefono e le chiavi davanti lui, alla fine prese le chiavi, con cui aprì una vetrina dietro a lui dove c’erano i passpartou delle suite e le chiavi vere e proprie.
Uscì da dietro il tavolo e si diresse verso l’ascensore. –Grazie.- mormorò a disagio Jolene. Lui aveva uno sguardo serio, e abbastanza arrabbiato, infatti non le riferì parola per tutti i primi quaranta piani, e ne mancavano trenta.
-Se ci andrò di mezzo, farò il tuo nome.- disse Francis, quando una coppia di adulti scese dal quarantunesimo piano.
-Nemmeno lo sai il mio nome.- rispose Jolene. Lui la guardò per un attimo e poi si girò verso le porte automatiche senza dire una parola.
-Wow, ti pagano abbastanza per mantenere questa espressione ventiquattr’ore su ventiquattro?- la domanda di Jolene era retorica, sapeva che lui non le avrebbe mai risposto, e per sdrammatizzare era solita fare queste battutine. Sentì soffocare una lieve risata e sorrise anche lei appena. Entrò una coppia di anziani, e a Jolene venne ancora più da ridere perché non poteva farlo, così quando uscirono lei e Francis scoppiarono in una breve risata.
 –Sei una di quelle ragazze che si approfittano dei soldi altrui, vero?- Jolene si sentì bruciare di vergogna, non poteva rispondere di no, perché non era la verità, ma non voleva rispondere di si.
-Ne vedo tante qui, ma non avrei mai sospettato di te.- le sorrise. Era un po’ strano, ma era complimento.
Lei sorrise di rimando. –Che hai combinato?- chiese con uno sguardo d’intesa. Quindi di solito c’erano donne che rubavano e poi se ne pentivano e tornavano per rimettere le cose apposto? Non era l’unica.
All’improvviso si sentì più sicura, come se Francis fosse qualcuno con cui confidarsi, e non un membro dell’Hotel che poteva consegnarla alla Polizia.
-Io.. ho preso una cosa, e voglio rimetterla al suo posto.- ammise con gli occhi fissi sulla moquette dell’ascensore. Lui alzò un sopracciglio, -Beh, complimenti, sei una persona onesta.-
-Le persone oneste non rubano.- rispose Jolene.
Lui non rispose per un po’, erano arrivati al sessantottesimo piano, -hai capito di aver sbagliato e vuoi rimediare, non tutti sono disposti a farlo.- concluse.
Beh, la verità è che questo era un carico troppo grosso, meno di cinque ore fa aveva adulato il Signor Warlett e lo aveva derubato, ma questa parte non se la sentiva di raccontarla, aveva già ammesso troppo.
Le porte si aprirono, e si diressero verso la suite che si trovava infondo al corridoio. Lui le fece un sorriso rassicurante e disse –Faccio io il palo, tu entra e fai quello che devi fare.- le fece l’occhiolino, tirò fuori il passpartou e stava per strisciarlo nella serratura, quando un urlo attraversò la porta, veniva dall’interno.
-Subito! E’ scomparsa, capito? Il capo della sicurezza! Adesso!- disse e attaccò la cornetta con così tanta violenza, che Francis e Jolene sentirono l’impatto. Jolene bloccò la mano di Francis, gliela prese e corse verso gli ascensori, ma erano tutti occupati, ed il più vicino di trovava al cinquantatreesimo piano.
-Merda, merda, merda.- Jolene era entrata nel panico. –Sta cercando la cosa che ho rubato.- disse sottovoce, per paura che qualcuno la stessa spiando o sentendo. –Beh, vai da lui e restituiscigliela.-disse Francis. Jolene non poteva certo bussare e dire “Ehi ti ho rubato la collana, ti ricordi di me? Oh, comunque eccola qua!” . Ci sarebbe andata di mezzo lei e le altre, e non poteva farlo. Poteva però lasciarla davanti alla porta? Sarebbe stato un gesto avventato, qualcuno poteva vederla o rubarla, però voleva tentare.
-Aiutami, voglio bussare e metterla davanti alla porta.- disse a Francis.
Lui ci pensò per un secondo e poi la aiutò, erano a metà del corridoio quando le porte dell’ascensore si aprirono, facendo uscire poche persone, loro fecero finta di camminare con nonchalance fino a che queste non fossero entrate nelle proprie suite. Non appena il corridoio fu di nuovo libero, loro continuarono ad avanzare verso la suite, ma dall’ascensore stavolta uscì quello che doveva essere il capo della sicurezza con due poliziotti ai suoi lati. Jolene e adesso anche Francis, presi dal panico girarono in un altro corridoio a destra di quello principale, che purtroppo era solo un vicolo cieco, dove c’erano un istintore ed una porticina anonima sicuramente chiusa
. –Se mi scoprono, mi licenziano, e poi mi arrestano.- mormorò Francis a Jolene con un’occhiataccia. –Io sarò direttamente morta invece.-
La polizia stava per passare davanti all’uscita, quando a Jolene cadde l’occhio sul passpartou di Francis.
Indicò il passpartou a Francis, e mimò il gesto di aprire la porta, lui annuì e piano aprirono la porta. Questa fece il suono di apertura, e quando Jolene e Francis se ne accorsero, erano già dentro alla porta, sperando che i poliziotti non ci avessero fatto caso. Li sentirono passare per il corridoio e non appena i loro passi furono quasi lontani, tirarono fuori l’aria dai polmoni.
 –Ma che diamine hai preso?-  chiese Francis.
Il signor Warlett aprì la porta urlando qualcosa di incomprensibile e poi la richiuse, e ci fu di nuovo il silenzio. Jolene aprì la porta ed uscì dalla minuscola stanza in cui erano stati, un po’ in imbarazzo per la situazione. Adesso non poteva più fare niente.

S

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Capitolo 4
*** Come portarsi l'Etiopia a casa ***


cap4

Yvonne e Olivia giravano per il negozio in cerca di qualcosa di elegante, ma che poteva entrare in quei pochi metri quadrati. Olivia osservava con ammirazione tutto quello che le piaceva, provava tutti i divani e toccava le superfici dei tavoli. Yvonne era molto più selettiva invece, anche a lei piacevano più o meno le stesse cose di Olivia, ma le piaceva valutare il materiale ed il valore dei mobili. Avevano appena trovato un divano di federa verde chiaro e bianco con una fantasia particolare, e decisero che si addiceva al tavolo di legno bianco che avevano deciso di prendere, pagarono con la carta che si erano fatte in cui tenevano tutti i soldi rubati ed uscirono velocemente dal negozio poiché si accorsero che era tardi, e ancora dovevano andare a fare la spesa e sistemare il tutto per l’arrivo dei genitori di Olivia. Ne avevano parlato qualche sera fa, ed il padre di Olivia aveva insistito per andarla a trovare anche se il fine era scoprire come si era sistemata, che lavoro faceva, la sua media e con chi viveva, per questo era molto agitata e nervosa dato che l’ultima volta che lo aveva visto era stato più di un anno prima, quando era scappata di casa. Arrivarono a casa per le sei, e cominciarono a preparare gli ingredienti per il pranzo del giorno dopo, doveva occuparsene Jolene che era la più brava ai fornelli. La trovarono con una tazza di caffè davanti alla finestra, che guardava fuori con uno sguardo cupo –Ehi Jol, come ti senti?- chiese Olivia poggiando le mani sopra le sue spalle. Jolene non si mosse, rispose solo con un mormorio. Yvonne guardò stranita Olivia –Sei sicura? Ti porto qualcosa?- chiese ancora Olivia. Jolene non rispose ma sapeva che se avesse continuato a fare così le avrebbero chiesto di più, quindi si decise ad alzarsi ed aiutarle a preparare il pranzo, dicendo di essere solo molto stanca.

Il giorno seguente, un Sabato, Olivia mise di nascosto la sveglia alle sette per sistemare ancora alcune cose ed aspettare la consegna del divano e del tavolo che sarebbe dovuta arrivare verso le undici, non voleva svegliare Yvonne e Jolene, che avevano messo la sveglia verso le nove, ma non sapeva che Jolene non era riuscita a dormire nemmeno per un secondo, attratta da una strana luce immaginaria che usciva dalla sua borsa. Olivia fece il giro delle camere assicurandosi che ci fosse un buon odore e che fosse tutto pulito e, perfezionista com’era, diede un’altra spolverata a tutti i mobili. Yvonne ignorò la sveglia e si alzò solo verso le dieci, mentre Jolene con gli occhi sbarrati si alzò e andò a farsi una tazza di caffè.
-Oddio Jolene hai un aspetto orribile.- disse Olivia spaventandosi quando la vide strisciare dietro di lei attraverso lo specchio con la tazza in mano.
–Mi sistemerò per pranzo non ti preoccupare.- borbottò bevendo l’ultimo sorso.
Puntuali, arrivarono i mobili e Yvonne Olivia e Jolene si affrettarono a mettere tutto al loro posto, Jolene finì di preparare i secondi piatti, mentre Olivia apparecchiava sgridando Yvonne che metteva le posate in disordine. Jolene fece appena in tempo a mascherare le occhiaie quando bussarono alla porta. Olivia le riunì un secondo prima di aprire: - Io lavoro in uno studio dentistico, Jolene lavora come commessa e Yvonne invece fa la baby-sitter, tutto chiaro?-
-Ma perché lo faccio io il lavoro inutile? Neanche mi piacciono i bambini.- si lamentò Yvonne. Olivia la zittì ed aprì la porta.
-Ciao.-  esclamarono insieme le tre, tutte sorridenti. In realtà ad Yvonne veniva voglia di spaccare la faccia al padre, dopo tutto quello che le aveva detto Olivia, ma si trattenne e finse un sorriso.
Il padre di Olivia era molto alto e robusto ed aveva gli stessi occhi chiari di lei, mentre dalla madre, molto esile e bassa, aveva ripreso la corporatura ed il biondo cenere dei capelli.
-Ciao amore, come stai?- la madre abbracciò Olivia, mentre Yvonne e Jolene strinsero la mano al padre, che aveva una stretta a dir poco ferrea. –Salve, io sono Jolene.- si presentò. –Io sono Yvonne.- disse stringendo altrettanto forte la mano del padre. Dopo poco si sedettero al tavolo, e la madre si congratulò per l’aspetto gradevole dell’appartamento e commentò insieme ad Yvonne un quadro appeso nel soggiorno. Il padre di Olivia si lasciò sfuggire qualche mormorio di assenso, ma non disse nulla. Jolene nel frattempo era in cucina e stava facendo i piatti, passato un giorno cominciò a vedere la faccenda diversamente, pensò che si era fatta troppi problemi, era soltanto una collana e ovviamente la stavano cercando, poiché era molto costosa,  ma non sarebbero mai riusciti a risalire a loro. Non era sicuramente la prima volta che rubavano una collana, e se anche fosse con tutti quei soldi poteva comprarsene un’altra. Cominciò a rilassarsi, le spalle si sciolsero poco a poco e Jolene si sentì quasi sollevata. Tornò in soggiorno con i piatti, e facendosi aiutare dalla madre Daisy, finalmente cominciarono a mangiare. A tavola, come previsto, il padre chiese a tutte che lavoro facessero.
-Io lavoro in uno studio dentistico, da già cinque mesi ormai.- sorrise Olivia. Il padre ignorò completamente la situazione, mentre la madre si congratulò con lei.
-Io faccio, ehm, la baby-sitter.- rispose poco convinta Yvonne.
-Ti piacciono i bambini?- chiese la madre con un moto di commozione.
-Oh si,- annuì Yvonne, -soprattutto quando dormono.- sorrise. Jolene soffocò una risata e Olivia dette un calcio alla gamba di Yvonne.
-E tu, Jolene, giusto?- chiese il padre.
 –Si, io lavoro in un negozio al centro.- disse Jolene.
–Oh, che genere di negozio è?-chiese il padre.
Jolene balbettò un po’ per inventarselo, ma sperava non ci avesse fatto caso, -E’ un.. negozio per ..articoli di casa.- fu l’unica cosa che le venne in mente velocemente, guardando i bicchieri e i piatti sulla tavola.
Il padre sembrava contento, -e dimmi è molto frequentato? E’ una catena famosa?-
-No.. non è conosciuto, ma vengono molte persone ogni giorno.- inventò Jolene.
-Vuoi dire donne.- disse il padre.
-Ehm, anche.-
Il padre sembrava un po’ interdetto, così decise di cambiare discorso.
-E quindi con questi lavori riuscite a mantenere i costi dello studio e dell’appartamento?- si stupì il padre.
-Ce la caviamo.- concluse a disagio Yvonne.
-E’ un bell’appartamento.- ammiccò la madre di Olivia.
-Zitta Daisy.- la zittì il padre. Olivia era diventata tutta rossa dalla rabbia, Yvonne era a dir poco disgustata e Jolene si sentiva terribilmente in colpa per aver creato quella situazione.
-Vado a prendere il dolce.- si alzò Olivia. Scomparve per trenta secondi, ripetendosi che non avrebbe lasciato che il padre le rovinasse la giornata ed asciugandosi le lacrime.
Accesero la tv, per rasserenare il clima di tensione che si era creato.
-Ah, calcio femminile, ma dove andremo a finire? Lo sport è per gli uomini.- disse il padre sgridando il televisore che trasmetteva una partita.
-Non tutti gli sport sono solo per uomini, ad esempio la danza.- fece notare Yvonne.
-Quello non è uno sport.- concluse il padre.
Yvonne si resse forte alla sedia e lanciò un occhiata a Jolene, che fece un profondo respiro per mantenere la calma. Cominciò il telegiornale e passò in primo piano la notizia del giorno: -La famosa collana di zaffiro della principessa dell’Etiopia del IV secolo, del valore di seicentomila dollari è stata rubata, gli agenti indagano sui possibili…- Jolene che stava finendo la crostata si strozzò non appena sentì la notizia alla televisione. Il panico la riavvolse di nuovo, e stavolta era qualcosa di concreto e molto più spaventoso.

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Capitolo 5
*** Las Vegas! ***


cap5

Non appena i genitori di Olivia se ne fossero andati, Jolene si era lasciata andare, oramai doveva dire tutto alle altre e dovevano cominciare a ragionare tutte insieme per risolvere quella situazione. Si sedette sul letto con lo sguardo fisso su un punto indefinito. La principessa d’Etiopia, sul serio? Non sembrava una collana del IV secolo, avrebbe dovuto accorgersene, no? Si fece coraggio e l’idea di lei cacciata dall’appartamento da Yvonne e Olivia e poi in prigione si fece più vivida. –Yvi! Olly! Venite un attimo.- le chiamò dall’altra stanza. Respirò profondamente e le vide arrivare una con i guanti da cucina e l’altra con lo spray per pulire le superfici, -sedetevi.- disse cautamente. Loro si scambiarono uno sguardo preoccupato e si sedettero.
-Devo dirvi una cosa, probabilmente mi caccerete dall’appartamento, però devo farlo.- non aveva il coraggio di guardarle negli occhi. Olivia le prese la mano, -Sai che non è così, dai racconta.- disse.
-Beh, avete presente quando eravamo sedute a tavola a guardare il telegiornale?- Loro annuirono.
-Hanno passato la notizia del furto della collana d’Etiopia, quella da seicentomila dollari..- loro continuavano a guardarla, Yvonne si mise le mani davanti alla bocca. –L’ho rubata io.- ammise con gli occhi rivolti verso il basso. Ci fu silenzio per una decina di secondi, poi Yvonne scattò in piedi –Oh mio dio Jail.- sembrava spaventata, -Oh mio dio Jail!- adesso la sua espressione era quasi divertita. Si alzò in piedi e la guardò dal basso verso l’alto, -Jolene, giovane studentessa di legge, ruba una collana da seicentomila dollari, oddio, avrei scommesso su Olivia ma mai su di te!- disse stupita.
 –Ehi!- la rimbeccò Olivia.
-Non è divertente, finirò in prigione, e ti ricordo che quella sera eri con me. Inoltre potrebbero anche rintracciare Olivia per i trentamila,- sospirò e stavano per uscirle le lacrime, -scusatemi, l’ho fatto senza pensarci.- riuscì a dire. Olivia continuò a massaggiarle le spalle, -Ehi Jail, riflettiamo, non ti abbattere subito, possiamo restituirla.- propose.
 –Si, così ci arrestano.- disse Yvonne, che stava passeggiando avanti e dietro per la stanza.
-Dunque, hanno scoperto il furto oggi, giusto? Noi siamo uscite l’ultima volta dalla suite ieri, e oltre al fatto che sono in ritardo di un giorno, il che è strano, potrebbe anche averla rubata qualcuno oggi.- ipotizzò Yvonne, sempre passeggiando avanti e indietro. Loro sembravano non capire.
-L’abbiamo rubata noi, ok, ma la colpa potrebbe ricadere anche su qualche cameriere, donna delle pulizie, e questa notte potrebbe aver portato nella stanza altre ragazze, non siamo per forza in cima alla lista.- ragionò Yvonne.
-E le telecamere? Se siamo le uniche registrate ad entrare ed uscire dall’hotel?- chiese Olivia.
-Tu non c’entri.- tagliò corto Jolene.
-Io sono entrata nella hall con voi, ho fatto da diversivo, e ci sono stata tutto il tempo in cui voi siete entrate. Non sono affatto esclusa.- ribattè Olivia.
-Già, le telecamere sono un problema.- ammise Yvonne. –Guarderanno tutti i video, e ci interrogheranno per forza perché siamo state nella suite.-  Tutte restarono in silenzio. Dopo qualche minuto, in cui tutte cercavano qualcosa che avrebbe aggiustato la situazione in qualche modo, l’unica idea venne in mente ad Olivia.
-Partiamo.- disse.
-Che?!- quasi gridarono all’unisono Jolene e Yvonne.
-Si, prima che ci interroghino e ci scoprano, partiamo.- ripetè con voce calma.
-Ma che cavolo dici Olly, così è peggio!- disse Yvonne.
-No,  andiamo a stare a Las Vegas, dove vive la mia famiglia, per l’estate.-
-Verrano a cercarci, è una collana da seicentomila dollari!- sottolineò Jolene.
- Se andranno a Las Vegas , sarà solo per vedere la collana al suo posto.- continuò Olivia.
-Nelle nostre valige?- ironizzò Yvonne.
-No, al suo posto, ma voi avete ascoltato il servizio? Il mausoleo a cui appartiene si trova a Las Vegas,- disse con il tono di chi sta spiegando qualcosa di ovvio e semplice, -lo rimettiamo al suo posto.- concluse.
Jolene ed Yvonne si guardarono allibite. –Ma..ma non è strano che ci abbiano visto nella suite, e poi a Las Vegas, nei pressi del mausoleo?- balbettò Yvonne.
-Basta che la collana sia lì, senza un graffio.- alzò gli occhi al cielo Olivia. Jolene ed Yvonne non erano molto sicure della riuscita del piano di Olivia stavolta, e per dirla tutta nemmeno Olivia era molto sicura, ma i suoi piani avevano sempre funzionato, e dovevano mettere le cose apposto.
-Facciamo le valige, allora!- sorrise Yvonne, che della situazione vedeva sempre il lato positivo. Era appena iniziata l’estate, la sessione estiva degli esami sarebbe iniziata tra un mese, e loro si concedevano una breve “vacanza” .
Fecero le valige in fretta e furia, dovevano arrivare il prima possibile. Come al solito Yvonne fu l’ultima, e quando le dissero che si sarebbe dovuta portare solo un trolley, impazzì e rifece da capo tutta la valigia.

Finalmente arrivarono all’aeroporto e presero il primo volo per Las Vegas.
-E i tuoi genitori?- chiese Jolene.
-Avevano detto che si fermavano in città per un po’, qualcosa riguardo gli affari di mio padre.- disse Olivia in fila per il check in.
-Ma andremo a stare dai tuoi, giusto?- chiese Yvonne, scocciata.
-La casa dei miei è fuori città.- annuì. –Tranquille, ho le chiavi,- rise. –Non c’è nemmeno bisogno che io gli dica che andiamo là.- alzò le spalle.
Il volo partì la sera tardi, e le tre dopo poco, si addormentarono, stanche ma incredule per quel viaggio inaspettato.
Arrivarono la mattina presto, fecero colazione all’aeroporto e preso subito un taxi, la casa dista mezz’ora di macchina, ed appena scesero si stupirono della casa dei genitori di Olivia, che essendo di modeste dimensioni era assolutamente diversa dalle altre, molto più classica e carina.
-Io non sarei mai scappata di casa, Olly!- ridacchiarono Yvonne e Jolene, metre posavano le valige nell’atrio, e si guardavano attorno quasi estasiate dalla semplicità e dal gusto con cui era arredata la casa.
-Portate le valige in camera mia!- urlò da fuori mente pagava il tassista, -la seconda porta a sinistra.-
Le due si diressero nella stanza di Olivia, che aveva un enorme letto matrimoniale, inoltre nella stanza c’erano molti libri e molte medaglie. Yvonne si sedette sul letto e si sentì sprofondare.
-Il materasso è ad acqua, vi da fastidio?- chiese Olivia nel momento esatto in cui Yvonne se n’era accorta.
Yvonne rise istericamente per un po’ ed invitò Jolene a provarlo. –Oh mio dio, è fantastico! Perché non ne abbiamo uno nel nostro appartamento?- disse saltando sul letto.
-Non vi divertite troppo,-sorrise Olivia,- sarà solo per pochi giorni, fino a che non restituiremo la collana.- Così spense tutto il divertimento di Yvonne, che si stava dirigendo verso la cucina per prendere un po’ da mangiare.
-Ehi Olly, ce li avete i… Aaah!- urlò Yvonne.  Jolene corse verso di lei dalla stanza accanto, ed Olivia scese di corsa le scale.
-Che c’è? Ci sono scarafaggi o ragni? No perché è molto comune qui!- disse Olivia preoccupata. Sapeva che Yvonne odiava gli scarafaggi.
-C’è un uomo nudo nella tua cucina!- urlò senza voce. Olivia e Jolene si guardarono allarmate e si diressero in cucina.

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Capitolo 6
*** Max ed il passato di Olivia ***


cap6

Yvonne guardava allarmata l’uomo davanti a lei, che era davvero completamente nudo, e beveva dalla bottiglia del succo di arancia.
-Max! Dio, vestiti!- gli intimò gridando Olivia.
 –Non è un brutto spettacolo.- commentò Jolene. Yvonne rise e si diedero il cinque.
 –Ciao Olivia! Non mi avevi detto che tornavi.- le fece l’occhiolino coprendosi appena con un canovaccio della cucina.
-Sei disgustoso.- commentò lei strappandogli il succo e buttandolo nel cestino.
-Non ci avevi detto di avere un fratello maggiore, Olly.- sorrise maliziosamente Yvonne.
-Non sono imparentata con lui.- disse schifata Olivia. Secondo il particolare occhio di Yvonne, Max aveva sui trent’anni e aveva un fisico niente male, inoltre era scuro di capelli, niente a che vedere con il biondo di Olivia, perciò se non era suo fratello chi poteva essere?
Non appena Max si fu rimesso le mutande e i pantaloni, lasciando comunque il petto nudo, Olivia lo guardò meno schifata e lo degnò di parola, –Che ci fai nudo a casa mia?-
-Tuo padre mi ha chiesto di venire a controllare la casa mentre lui era via.- abbozzò Max sdraiandosi sul divano.
-E per questo giri nudo?- sottolineò con enfasi la parola nudo.
-Non era previsto il tuo arrivo, madame.- la prese in giro Max. Yvonne rise ma smise subito quando Olivia la guardò male.
-Beh, non mi presenti le tue amiche?- chiese Max con nonchalance.
-Yvonne, Jolene, questo energumeno davanti a voi è il vice-sceriffo della polizia. E’ difficile da credere, lo so, ma con la divisa sembra perfino un essere umano.- Max alzò la mano in segno di saluto e diede una pacca ad Olivia. –Energumeno schifoso, queste sono le mie compagne di università Yvonne e Jolene.-
Loro sorrisero, soprattutto Yvonne, -Ciao.- dissero all’unisono.
Olivia si sedette accanto a Max a guardare la tv. –A che devo questo tuo piacevole ritorno a casa?- chiese lui.
-Dobbiamo fare una commissione.- svagò Olivia, a cui era venuta un’idea.
-Fino a qui?- si sorprese lui. Nel frattempo Yvonne e Jolene, non sapendo cosa fare,si sedettero in cucina a mangiare qualcosa, abbastanza vicine per sentire.
-Si, Yvi studia storia dell’arte e qui c’è il mausoleo, dobbiamo andare lì.-
-C’è l’asta domani sera.- la informò lui. Ancora non era arrivato al punto che voleva Olivia, ma con molta pazienza ce l’avrebbe fatta.
-Perché è seduta lì vicino a lui se lo odia?- chiese Yvonne sottovoce a Jolene. –Avrà in mente qualcosa.- sussurrò Jolene, che già aveva fatto due più due.
-Tu lavori domani sera?- chiese Olivia a Max.
-Al mausoleo.- confermò Max addentando una patatina dal pacchetto.
-Allora potrai accompagnarci, giusto?-
Lui sospirò, –Perché no.- sorrise.  Bingo. Pensò Olivia, cosa c’era di meglio di un vice-sceriffo che avrebbe potuto aiutarle?
Le ragazze si sistemarono ed Olivia provò a fare la carina, anche se non le riusciva, proprio perché Max aveva acconsentito di accompagnarle e perché anche se lui ancora non lo sapeva, avrebbe messo a rischio il suo lavoro per loro. Ma quelli erano dettagli. Voleva stare il più lontano possibile da lui, perché le dava un senso di sporco ed era molto maleducato, ma soprattutto perché lo conosceva da molti anni e quando quel giorno il padre di Olivia aveva alzato le mani sulla madre Daisy per l’ennesima volta, lui era presente e non aveva fatto niente. Aveva sempre pensato a lui come un fratello maggiore, anche se da adolescente si era presa una cotta per lui, e pensava che una volta visto cosa faceva il suo collega avrebbe reagito e avrebbe portato lei e sua madre da qualche altra parte. Però lui non aveva fatto niente, e l’aveva guardata partire senza battere ciglio. Olivia represse quel ricordo che popolava la sua mente molto spesso, ed adesso che era lì a casa dopo anni, ancora di più.
Dopo pranzo decisero che sarebbero andate in città per fare un po’ di shopping, come al solito, e di vedere la città.
-Ma Las Vegas si vede di notte, non di giorno!- obiettò Max, che a quanto sembrava, aveva presa residenza lì, fino a quando il padre sarebbe tornato.
-Tu non devi lavorare?- Olivia non si trattenne.
-No, il Venerdì ho la giornata libera, non te lo ricordi?- la guardò Max con quegli occhi tanto familiari che la fecero star male.
-No.- distolse lo sguardo.
-Beh che facciamo quindi?- chiese Jolene.
-Andiamo a Las Vegas stasera, avete qualcosa da scommettere?- ammiccò Max.
Le tre si guardarono, eccome se avevano soldi da scommettere. Un poliziotto che giocava d’azzardo, buffo no? Jolene si sentiva meno sola*

La sera le tre si erano prefissate di giocare un massimo di soldi, anche perché poi Max avrebbe fatto di sicuro della domande, avevano un tetto massimo di cinquemila che si erano prefissate di non sforare per nulla al mondo.
-Andiamo?- urlarono Olivia e Jolene che erano già fuori, nella calda brezza estiva del Nevada, ad aspettare che Max ed Yvonne finissero di vestirsi, o di fare qualsiasi cosa stessero facendo.
-Arrivo!- urlarono all’unisono.  Yvonne si stava mettendo i tacchi mentre la voce di Max arrivava dalla cucina.
-Quei due sono fatti l’uno per l’altra.- rise Jolene, riferendosi a quel pomeriggio. I due adoravano prendere il sole,  discutevano della loro dieta vegana e parlavano persino di vestiti.
A quel pensiero Olivia avvertì una strana sensazione di fastidio, che venne subito bypassata senza essere nemmeno analizzata. Tutto ciò che riguardava Max, a parte il mausoleo, non le interessava, si convinse.
Finalmente Yvonne e Max arrivarono alla macchina.
-Ce l’avete fatta.- sospirò Jolene sedendosi dietro insieme ad Yvonne.
Per arrivare ci misero poco, e la città scintillante sembrava molto più attraente di quella mattina, si era completamente trasformata, insegne scintillanti ovunque che spostavano i loro occhi da una parte all’altra senza sosta, enormi palazzi e tante persone che popolavano le vie.
La serata fu uno spasso, mangiarono una pizza in una pizzeria proprio vicino a dei casino, ne scelsero uno e puntarono molti soldi, ne vinse molti Max ma anche Jolene, Olivia ed Yvonne si accontentarono di bere.
-Dai, buttati Olly. Non lo fai mai, per una sera! Magari prima di andare in prigione, chissà.- sorrise Yvonne.
Non era molto divertente ma ad Olivia quella sera non importava, il suo autocontrollo era durato troppo, ed aver visto i suoi genitori, essere tornata a casa all’improvviso per una folle missione, aver rivisto Max e soprattutto avere buone possibilità di finire in prigione da un momento all’altro l’aveva messa in subbuglio.

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Capitolo 7
*** Vecchi incontri ***


cap7 La mattina dopo Olivia si svegliò con un gran mal di testa, sdraiata sul letto dei suoi. La luce che entrava dalle finestre e i molto gradi che avvertiva la fecero sentire peggio, inoltre le indicavano che doveva essere passata da poco l’ora di pranzo. Era ancora vestita come la sera precedente e puzzava da morire. Decise di andarsi a fare una doccia prima di scendere al piano inferiore, scelse con cura di evitare di ricordarsi quella notte, pensò solo a lavarsi. La sua mente era molto più silenziosa del solito, come la casa del resto, non le dava fastidio il disordine che c’era in camera, non si preoccupava di asciugarsi e piastrarsi i capelli o di rendersi presentabile. Scese e si diresse verso la cucina, sul divano vide Yvonne dormire con la bocca aperta, controllò in camera e Jolene dormiva come un angelo, ed aveva deciso saggiamente di mettersi il pigiama, al contrario suo. Il pensiero di Max l’attraversò di sfuggita, non si permise di pensarci, andò dritta verso il bancone della cucina per farsi un caffè, aprì lo sportello del frigo per prendere il latte e quando lo chiuse davanti a lei apparve Max, voleva sicuramente prenderla di sorpresa ma lei non si fece spaventare.
Fece finta di niente e versò un po’ di latte, lui era di nuovo nudo ed era intento a guardarla mentre beveva dalla bottiglia.
Olivia lo ignorò completamente ed adesso che i ricordi stavano riaffiorando, si sedette sulla sedia e bevve lentamente il caffè scrutando un punto indecifrabile davanti a lei. Max si mise sulla sedia davanti a lei, interrompendo il flusso dei suoi silenziosi pensieri, e facendole spostare lo sguardo da un’altra parte.
-Per quanto tempo ancora continuerai a non guardarmi negli occhi?- le chiese Max.
Olivia dovette fare uno sforzo per rispondere e per guardarlo, quindi ci concesse un po’ di tempo prima di farlo e un grande respiro per l’autocontrollo. Avrebbe potuto rispondergli peggio, ma la ragione le ricordava che quella sera avrebbero avuto bisogno del suo aiuto.
-Fino a che non me ne andrò.- rispose Olivia. Finì in una sorsata il caffè e si alzò dalla tavola. Lui ovviamente non disse niente, non reagì. Lui non faceva mai niente.


Quando Olivia uscì fuori per buttare la spazzatura, notò il garage vicino alla casa, nascosto dalla casetta degli attrezzi, non ci andava da molto tempo e se l’era quasi completamente scordato. Lo aprì alzando molta polvere che la fece starnutire, e dentro trovò la vecchia macchina del padre a cui non voleva neanche avvicinarcisi, l’orrore della sua infanzia si rifaceva vivo, ma adesso era cresciuta, e pensò di dover affrontare quelle cose. L’ultima volta che ci era entrata si ricordava che era quando aveva accompagnato sua madre all’ospedale perché suo padre le aveva rotto il naso, e lei piangeva e sanguinava. Respirò profondamente.
 Era solo una macchina alla fine, con dei brutti ricordi allegati. Ma era una macchina. Guardò la macchina di Max e pensò con ardore che avrebbe preferito guidare quella, ma era troppo orgogliosa per farlo, perciò entrò in garage e si diresse in città con quella del padre. Nel viaggio non mise nemmeno la musica, affrontò con calma la situazione, e quando parcheggiò la macchina in città capì di esserci riuscita, da quel momento la giornata aveva preso una piega migliore e lei si sentiva molto meglio. Entrò in un market a comprare qualcosa da mangiare per la sera,  prese anche delle aspirine per il suo mal di testa ed eventualmente anche per quello delle altre.  Quando uscì dal negozio, si fermò ad osservarne un altro a pochi metri con vestiti eleganti molto costosi, se ne stava per andare quando un tizio che era uscito proprio da quel negozio la investì in pieno. Le buste non le caddero per fortuna e quando stava per dirgli di fare più attenzione il vecchio signore si scusò per primo –Mi scusi.- disse velocemente. Quando Olivia lo guardò lo riconobbe subito: era il signor Warlett. Le caddero le buste dalle mani e lei rimase a bocca aperta e impietrita, stava pensando che volesse arrestarla o che l’avesse beccata. Lui si limitò a guardarla dall’alto verso il basso e se ne andò di fretta. Olivia ci mise un po’ per realizzare che se ne era andato, e che lei era rimasta in mezzo alla strada con le gocce di sudore che le scendevano lungo la fronte e la spesa a terra. Per tutto il viaggio di ritorno non poteva che essere scioccata da quell’incontro. Sapeva che il signor Warlett era a Las Vegas,  che sicuramente quella sera avrebbe partecipato all’asta e che non l’aveva riconosciuta. Decise di giostrarsela bene, aveva un punto di partenza in più adesso, dovevano stare attente quella sera al mausoleo ma di lei non sapeva nulla, perciò doveva usare questo come punto a loro favore.

Non appena tornò a casa vide Yvonne e Jolene sul divano intente a guardare il telegiornale.
-Novità?-chiese Olivia mettendo a posto la spesa.
-Solo che hanno delle piste per la collana.- rispose Jolene preoccupata.
Non era una notizia rilevante, pensò Olivia, era quello che si diceva quando non sapevano cosa fare.
-Tu come stai?- chiese Yvonne.
-Un po’ scioccata.- convenne Olivia riferendosi all’incontro di poco prima.
-Per ieri sera?- domandò. Olivia passò in rassegna tutti i ricordi che aveva di quella notte: lei aveva bevuto molto, avevano giocato e Jolene aveva vinto una marea di soldi. Anche se in realtà questi erano le cose che lei aveva preferito ricordare.
Yvonne non le diede nemmeno il tempo di rispondere. –Io non so se ti ha dato fastidio.. però mi sento in colpa, volevo parlartene oggi perchè non voglio che tu sia arrabbiata con me.- disse in fretta Yvonne. Wow delle scuse da parte di Yvonne.
-Parlarmi di cosa?- chiese Olivia spaesata.
-Wow, eri proprio ubriaca.- rise Jolene.
-Io e ehm, Max, ci siamo baciati.- disse Yvonne a bassa voce e mordendosi le labbra. Olivia che aveva represso quell’evento con così tanta cura e difficoltà se lo vide passare davanti tutto insieme.
Guardò Yvonne per un secondo, provò a parlare ma si fermò e poi ci riprovò –Beh, lo conoscevi solo da un giorno.. ma non ti farò la predica per questo.- concluse Olivia sorridendo. Non voleva far sentire in colpa Yvonne facendole la predica, lei era fatta così e chi era lei per giudicarla? L’unica nota dolente forse era quel “Max”.
-Ho capito che forse tra voi due c’è qualcosa.. e io non volevo per niente..- stava dicendo Yvonne quando Olivia la interruppe.
-Non c’è niente tra noi due.- precisò subito facendo cadere la lattina di pomodoro per terra.
Yvonne la guardò per un attimo e si scambiò un’occhiata con Jolene.
-Beh, ma quando io l’ho baciato, lui mi ha fermata.. e mi ha detto che gli piacevi tu.- disse Yvonne. Olivia venne totalmente investita da quella notizia, il respirò le manco per molti secondi e dovette reggersi al tavolo.
-Non ha usato proprio quel verbo.. beh, ne ha usato un altro.- ammise Yvonne, che si sentiva un po’ in colpa, ma che adesso era più preoccupata per l’espressione di Olivia e se andare avanti o meno. Ma oramai non aveva scelta.
-Ha detto che ti ama, Olly.- concluse Yvonne. Olivia non parlò per molti minuti, troppi shock per una sola giornata. In realtà era molto stupita da quella notizia, ma d’altra parte pensava che non era vero.  Insomma loro non si vedevano da due anni, come faceva ad amarla? Era tutto di pessimo gusto. Olivia resistette  alla voglia di andarsene in camera e distruggere qualcosa per sfogarsi, si limitò a fare l’ennesimo profondo respiro, a dimenticare quella conversazione  e parlare della cosa più importante.
-Ho incontrato il signor Warlett.- annunciò. Jolene ed Yvonne caddero in silenzio e la fissarono impaurite.

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Capitolo 8
*** Cambiamenti Necessari (e dolorosi) ***


cap8 Olivia spiegò a tutte loro l’incontro che aveva fatto con il signor Warlett, di come non l’aveva riconosciuta e del perché fosse a Las Vegas.
-E’ chiaramente qui per l’asta.- convenne Jolene, che dopo aver appreso la notizia aveva deciso di fare un tè per tutte quante.
-Dite che vuole partecipare comunque anche se non ha trovato la collana?- chiese Yvonne, che non si riusciva a spiegare alcune cose. Istinto femminile o meno, qualcosa non le quadrava.
-Forse sa che siamo a Las Vegas e ci sta cercando.- propose Jolene ad Yvonne.
-Di sicuro non pensa che andremo all’asta. Perché dovrebbe?- si chiese Olivia provando a ragionare a voce alta.
-Bene, in ogni caso le mosse più pericolose le farò io questa sera, dato che sono l’unica che sicuramente non conosce.- disse Olivia.
-Si, ma come mettiamo la collana al suo posto?- si chiese ancora Jolene, che stavolta non aveva un piano preciso.
-E’ un’asta,- sottolineò Yvonne,- sono andata a molte aste, e so per certo che prima che la merce sia presentata al pubblico, tengono una lista di tutto ciò che deve venire presentato e un luogo in cui man mano arrivano gli oggetti.- Olivia e Jolene rimasero a bocca aperta, non avevano tenuto conto che lei studiava proprio la materia che faceva al caso loro. Yvonne alzò le spalle, -Mi fingerò un’intenditrice d’arte oppure una possibile ricca cliente. – concluse.
L’idea non era male, Yvonne sull’aereo già stava pensando a come entrare nel mausoleo, ma c’erano ancora da calcolare la sicurezza e lo staff addetto alla merce, non sarebbe stato così facile.
-Beh, la collana la lasciamo nel magazzino.- disse Jolene e le altre annuirono.
-Quale collana?- chiese Max, apparendo dal nulla. Olivia arrossì subito quando lo sentì ed Yvonne si accorse che né Jolene né Olivia avevano intenzione di rispondergli, perché non sapevano cosa rispondergli.
-Ehm, la mia. Vale un sacco di soldi.- inventò Yvonne. Max per fortuna non fece domande e sparì di nuovo.
-Dobbiamo stare attente a non parlarne ad alta voce.- disse Jolene.
Avevano deciso di apportare alcune modifiche al look per non farsi riconoscere dal signor Warlett e dalla polizia, che sicuramente le stava cercando, successivamente avrebbero studiato un piano per agire.
Yvonne, che doveva recitare la parte della critica d’arte, optò per indossare una camicia bianca e dei pantaloni lunghi a vita alta neri, così da apparire abbastanza elegante e sofisticata da essere scambiata per una professionista. Il tutto era coronato da un paio di occhiali da vista ed una coda alta. Specialmente per Jolene dovettero impegnarsi perché era quella più in pericolo di tutte, lei avrebbe recitato la parte della ricca che partecipava all’asta perciò decisero di vestirla firmata da capo a piedi con tutti i capi più costosi di Yvonne.
-Così non basta, ti riconosceranno.- si abbattè Yvonne. Era solo vestita diversamente, serviva un cambiamento più radicale. Yvonne ed Olivia ci pensarono un attimo e poi, anche se l’idea non sarebbe di certo piaciuta a Jolene, ad Yvonne venne in mente una cosa.
-Forse ho trovato il modo, ma non ti piacerà.- cominciò a dire.
-Ho rubato io la collana. Dovrà piacermi per forza.- disse convinta Jolene.
Yvonne lo disse prima all’orecchio di Olivia, e questa sbottò a ridere.
-Dai, farò qualsiasi cosa.- si lamentò Jolene.
-Jail, come ti vedi.. rossa?- chiese Yvonne toccandole i capelli e ridacchiando.
I capelli per Jolene erano sacri, il suo color cioccolato era stato difficile da ottenere  ed inoltre non li tagliava quasi mai, solo quando erano irrimediabilmente rovinati.
Jolene boccheggiò davanti alle due, incapace di affrontare la cosa. No, i miei capelli no. Pensò Jolene.
Yvonne le mise una mano sopra le spalle, la capiva benissimo.
Jolene deglutì, -Non voglio guardare però.- acconsentì.
-Sei una donna coraggiosa.- annuì piena di compassione Yvonne.
-Smettetela voi due, sono solo capelli,- alzò gli occhi al cielo Olivia, -cominciamo a chiamare un parrucchiere invece.- disse avvicinandosi al telefono.
-Un parrucchiere?- chiese inorridita Yvonne fermando Olivia, - il signor Warlett è in città perché sa che siamo qui e tu vuoi uscire? Per di più mentre si sta “trasformando”.-
-Io non mi sto trasformando.- si spaventò Jolene.
-E come pensi di tingerle i capelli? Con l’inchiostro?- chiese sarcastica Olivia.
-Oh no, niente inchiostro!- fece eco Jolene.
-Ma dico, per chi mi avete presa?- chiese esasperata Yvonne. Inchiostro? Cosa aveva fatto per meritarsi simili accuse?
Si calmò un attimo e poi proseguì, - porto sempre con me una tintura bionda, in caso mi si scurissero i capelli.- spiegò Yvonne.
-Scurirsi? Ma se sono quasi bianchi!- disse incredula Olivia.
Yvonne si schiarì la voce. –Ad ogni modo,- disse lanciando un’occhiataccia ad Olivia, che era chiaramente gelosa del suo colore, - in bagno ci sono delle tinture scure, possiamo mischiare i colori.- concluse Yvonne.
Olivia la guardò allucinata, Jolene stava per mettersi a piangere.
-Cioè, fammi capire, vuoi mischiare due tinture e provare l’esperimento sui capelli di Jolene?- chiese Olivia, -ma dico, sei matta?-
-L’ho già fatto altre volte.- si difese Yvonne.
-Ed ecco i risultati.- risero Olivia e Jolene.
-Ok, allora andate in città.- proseguì Yvonne. Arrivate a quelle sole due opzioni, Jolene ed Olivia capirono che l’unica via era proprio quella. Si guardarono per un attimo, Jolene cercava di prendere le forze.
-Ok, ci sto.- disse dopo un po’, -Ma userò solo quella bionda, non voglio mischiare.-  queste erano le sue condizioni.
Yvonne accettò, e si misero a lavoro tutte e tre.

Più tardi, mentre le lacrime di Jolene si mischiavano all’acqua del risciacquo dei capelli, era giunta l’ora della verità. Jolene era rimasta fedele alla sua convinzione: non voleva guardarsi allo specchio.
Jolene si mise seduta sullo sgabbello, Olivia ed Yvonne le tolsero l’asciugamano che le copriva i capelli.
-Al mio tre.-disse Yvonne. –Uno, due.. tre!- i lunghi capelli le scivolarono sulle spalle.
Jolene strinse gli occhi per non guardare.
Olivia ed Yvonne li guardarono ma non si fecero uscire alcun commento. Yvonne li fissava con assoluto orrore, Olivia si mise una mano davanti alla bocca.
-Come sono? Ditemi che sono decenti, vi prego.- chiese Jolene, che non aveva il coraggio di guardare.
-Sei un’idiota.- mimò con la bocca Olivia, rivolta ad Yvonne.
-Ragazze? Allora?- si cominciò a preoccupare Jolene. Olivia intimò ad Yvonne di parlare.
-Ehm,- riuscì a dire Yvonne. Poi si bloccò, e si massaggiò la fronte.
-Ditemi che non so verdi o cose simili.- pregò Jolene.
-No, ehm, sono belli. – riuscì a dire Yvonne. Olivia si battè una mano sulla faccia.
-Lasciami apportare qualche modifica.- disse Yvonne, incoraggiandola ed incoraggiandosi. Jolene non le avrebbe più parlato.
Prese le forbici ed una ciocca di capelli.
-Che fai?- chiese con la voce tremante Jolene.
-Pensa alla collana Jail.- disse Yvonne e prima che Olivia potesse impedirglielo, una lunga ciocca di capelli cadde a terra.
-Me li hai tagliati?!- disse sbarrando gli occhi.
Olivia trattenne seduta Jolene. –Adesso non ti riconosce proprio nessuno.- si scusò Yvonne.
-Io ti ammazzo Yvi!- disse gridando Jolene.
-Ora sono solo io quella riconoscibile, dovresti ringraziarmi.- Yvonne prese il phon e cominciò ad asciugarle i capelli, dopo un po’ Jolene si calmò. La colpa era la sua, questo non dava il diritto ad Yvonne di tagliarle i capelli  ma le aveva tagliato solo la frangetta, forse ci stava bene. I capelli erano tirati indietro ed ancora non poteva vederli, ma con grande stupore di Olivia ed Yvonne questi con l’asciugarsi si arricciarono naturalmente, e la frangetta al lato destro divenne incredibilmente amabile.
-Non sei così male.- concluse Olivia. Il colore era la parte peggiore.
Max entrò nel bagno perché aveva sentito le ragazze gridare e fare casino. Curioso, entrò con una scusa.
-Ehi Olly hai visto la mia di…- chiese ed entrando si bloccò alla vista di Jolene.
Lei lo guardò speranzosa e preoccupata allo stesso tempo, -Che c’è?- chiese. Da dietro Yvonne ed Olivia fecero segno di stare zitto o di dirle che era ok.
-W-wow, stai..benissimo.- disse a malapena Max. I capelli di Jolene erano di uno strano arancio acceso, che non si aspettava per niente da lei.
Jolene, risollevata decise di guardarsi allo specchio. Si alzò e fissò la figura davanti a se.
Yvonne ed Olivia trattennero il fiato.
-Aaaah!- urlò Jolene. –Sono un cazzo di semaforo! O MIO DIO!- continuò ad urlare. Max se la svignò alla svelta, Olivia si tappò le orecchie. Yvonne provò a scusarsi ma Jolene non glielo permise.
-Io ti ammazzo!- le gridò.



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Capitolo 9
*** La storia non regge, Yvi ***


cap9 Era ora di cena e Jolene ancora guardava male Yvonne.
Erano tutti seduti allo stesso tavolo. Olivia si faceva i fatti suoi, Max cercava di staccare gli occhi dai capelli di Jolene, Jolene bruciava con lo sguardo Yvonne e quest’ultima provava a far conversazione.
-E quindi.. mi passi il pollo?- chiese Yvonne ad Olivia. Olivia era in una sorta di trance, perché pensava e ripensava alle parole di Yvonne, quindi questa dovette ripeterglielo più di una volta.
-Olly, allora? Il pollo?- la svegliò Yvonne.
-Si scusa.- scosse la testa e le passò il piatto.
-Sei mai stato al mausoleo, Max?- chiese Yvonne addentando un boccone.
-Ci ho lavorato un paio di volte, è una noia, ma di solito a questi eventi partecipa molta gente, perciò serve molto personale.- spiegò. Le ragazze si guardarono preoccupate.
-A proposito, che commissione devi fare?- chiese.
-Ehm..c’è il mio professore e devo portargli un..quadro.- si inventò sul momento. In effetti non aveva una scusa pronta, non sapeva che Olivia avesse un inquilino e tantomeno pensava di dovergli dare spiegazioni.
-Non mi pare aveste portato un quadro.- si stupì Max.
-Si, è di piccole dimensioni.- spiegò Yvonne ridendo nervosamente. Accidenti, Max, quante domande fai? Pensò scocciata Yvonne. Jolene le fece uno sguardo per complimentarsi per la storia, ma contemporaneamente tutte e tre pensarono che adesso dovevano anche occuparsi di un eventuale quadro da portare.
-Ha un valore?- chiese ancora. Yvonne stava cominciando a stancarsi ed entrare nel pallone.
-Seicentomila dollari.- rispose con un sorriso. Jolene strabuzzò gli occhi ed Olivia buttò tutto il boccone nel piatto, poiché stava per strozzarsi.
Max rise ed Yvonne lo accompagnò.
-Divertente,  di sicuro lo venderà, con tutti i milionari che vengono questa sera. Ho sentito che ancora non hanno trovato la collana della principessa d’Etiopia,- riflettè Max – doveva essere al mausoleo.-
Tutte e tre abbassarono gli occhi e sperarono che Max non facesse due più due, anche perché Yvonne aveva nominato lo stesso valore della collana, quindi forse inconsciamente Max ci era già arrivato.
Jolene ed Olivia, che guardavano male Yvonne le diedero un calcio sotto al tavolo per dire qualcosa.
-E... h-hai detto che ci sono dei milionari stasera? Qualcuno di famoso?-  sviò Yvonne per interrompere un probabile flusso di pensieri di Max.
-Si, ho sentito dire che alloggeranno tutti all’Harmon Hotel. E’ vicino al mausoleo, non so se lo conoscete.- disse Max, finendo il suo piatto.
Loro tre piombarono in silenzio. Certo che lo conoscevano, era la stessa catena d’alberghi in cui aveva alloggiato il Signor Warlett, quando Jolene aveva rubato la collana. Di bene in meglio, almeno adesso sapevano che il signor Warlett era lì.
-Bene, dovremmo andare a prepararci.- si alzò Jolene in preda al panico e le altre la seguirono in camera.


Jolene si guardava allo specchio esterrefatta, quella pelliccia non le andava giu.
-E’ stato ucciso un animale per questo! Io non lo voglio mettere.- ripeteva.
-Lo so Jail, non ho nient’altro.- spiegò per l’ennesima volta Yvonne.
-E poi fa caldo, perché devo indossare una pelliccia.- chiese esasperata.
-Non hai molta scelta, o questa o il vestito.- ripetè Yvonne.
-Ma il vestito ha la schiena scoperta.- si lamentò.
-Quanto sei difficile, è solo un vestito!- disse Olivia, che era l’unica pronta da trenta minuti e sdraiata sul letto in preda all’agonia, perché Yvonne ancora doveva vestirsi a causa dei capricci di Jolene.
-Ok, ma mi copro con uno scialle.- disse scomparendo in bagno a mettersi il vestito.
Appena uscì  Yvonne ed Olivia continuavano a farle i complimenti, ed era vero, il vestito lungo blu elettrico esaltava le curve di Jolene ed inoltre creava un effetto affascinante in contrasto con il colore dei capelli.
-Sembri una diva!- si esaltò Yvonne per il suo lavoro.
Jolene si rassegnò all’entusiasmo di Yvonne e si fece truccare in silenzio. Olivia dal canto suo indossava un vestito avorio con la scollatura a barca ed una cinta color oro che le risaltava i capelli, il tutto coronato da dei guanti di pizzo bianchi.
Yvonne invece si attenne al suo piano di intenditrice d’arte con la camicia ed i pantaloni lunghi a vita alta.
Max dovette aspettare in macchina oltre venti minuti, perché Jolene aveva ripensato alla pelliccia.
-Forse non è così male.- diceva mentre opponeva resistenza.
-Andiamo! Max deve essere puntuale!- la trascinavano le altre.
In macchina erano tutte prese dal panico, soprattutto Olivia, che nella borsa teneva la collana. L’avevano preventivamente messa in un porta gioielli e speravano che la polizia all’ingresso non gli avrebbe fatto aprire le borsette.
-Io devo stare dentro a controllare che nessuno tocchi i quadri o gli altri oggetti esposti, quindi ci rivedremo in giro. Fino a quanto intendete restare?- chiese Max, girando nella via con l’insegna luminosa che recitava “Las Vegas”.
-Fino a quando non avrò fatto la commissione.- rispose Yvonne.
-Io ho il turno fino alle cinque del mattino.-
-Prendiamo un taxi.- intervenne Olivia.
Restarono in silenzio fino a che Max non parcheggiò la macchina, la tensione era palpabile, e l’aveva avvertita anche Max.
-Scusa Yvonne, il quadro?- chiese sospettoso.
-Ehm, è nella borsa.-  inventò, la sua era la borsa più grande.
-Posso dargli un occhiata?-
-E’ incartato.- intervenne Jolene.
-Se ha davvero un valore ed è incartato devi prima farlo vedere alla polizia.- spiegò Max.
-Sei tu la polizia.-
-Non me lo hai fatto vedere.-
-E’ incartato.- disse di nuovo Yvonne. Non sapeva cos’altro inventarsi.
Max sospirò. –Non puoi chiudere un occhio e dire che lo hai controllato?- chiese Jolene.
-Così mi licenziano.- alzò gli occhi al cielo Max.
-Altrimenti dovremmo darti una botta in testa e lasciarti qua fino a che non avremmo consegnato il quadro.- sorrise Yvonne. Ma era seria.
-Cos’ha di tanto importante quel quadro che io non posso vedere?- chiese sarcasticamente Max. Le tre non risposero, in cerca di una risposta convincente. Intanto Yvonne pensava seriamente alla botta in testa.
In quel momento Max fece due più due: ma certo, seicentomila dollari, il valore della collana rubata, le ragazze avevano nominato una collana quel pomeriggio, e doveva trovarsi al mausoleo a Las Vegas, ecco perché erano lì. Dovevano riportarla indietro?
Max guardò seriamente Olivia, tanto che lei si spaventò per quanto il suo sguardo diventò grave.
Si sentiva come una bambina che aveva fatto qualcosa di male, e i suoi genitori la guardavano rimproverandola. –Olivia, dimmi che non è come penso io.-
Olivia per la prima volta lo guardò negli occhi sul punto di piangere.

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Capitolo 10
*** La verità ..o quasi ***


ccap10 -Allora?- chiese Max severo, alzando la voce e guardando una per una tutte le ragazze. Loro continuarono a non rispondere poiché si sentivano terribilmente in colpa.
-Cazzo Olivia, potevi dirmelo! Se io non ci fossi arrivato avreste continuato a prendervi gioco di me, e magari chissà, mi avrebbero anche licenziato!- Yvonne stava per parlare ma poi si zittì, non poteva dire niente per migliorare la situazione.
-Ma tanto chi se ne frega, giusto? Tu mi odi, ma non sei migliore di me. – la accusò. Lei voleva terribilmente rispondergli, ma in quel momento aveva paura di lui. Il parcheggio cominciava a popolarsi di persone, e loro non potevano urlare davanti a tutti.
-In macchina.- ordinò Max. Tutti e quattro salirono nell’automobile in silenzio, Max si massaggiò la fronte che era diventata violacea per la rabbia, non parlò per alcuni minuti.
-Io devo lavorare, ma prima voglio sapere come è successo e perché voi avete quella collana,- disse serio,
-e niente bugie.- le ammonì.
Olivia era troppo terrorizzata per parlare, la paura irrazionale che Max potesse picchiarla l’assalì. L’unico pensiero felice era che le altre erano lì con lei, così cominciò a respirare profondamente e chiudere gli occhi, l’unica cosa che la calmava.
-Ha un attacco di panico, deve prendere aria. - Yvonne prese la situazione in mano e senza il consenso di Max fece scendere Olivia.
-Attacco di panico?- chiese improvvisamente preoccupato Max a Jolene, poiché era rimasta in macchina per raccontargli la storia.
-Si, li ha spesso.- ammise triste Jolene.
-Non lo sapevo..- mormorò Max. Come poteva? Non la vedeva da troppo tempo. Si sentì subito in colpa per averle urlato contro e provò ad uscire per parlarle.
-Lasciala calmare,- disse Jolene fermandolo, - con un po’ d’aria di solito si tranquillizza, è troppo stressata, e sicuramente ritornare qui non le ha fatto bene, ha fatto un grande sforzo.- spiegò.
-Posso aiutarla.- disse convinto Max.
-No, non puoi, tu l’hai abbandonata.- gli ricordò. –Passiamo alla storia, piuttosto.- disse Jolene.
Gli spiegò gli avvenimenti di quella notte, del perché avesse rubato la collana, dell’aver coinvolto Yvonne ed Olivia, omise il fatto che lo facevano spesso ed infine sottolineò che non sapeva del reale valore della collana. Max ascoltò in silenzio, facendo qualche faccia sorpresa ogni tanto.
-Dobbiamo solo tornare dentro e rimetterla al suo posto, così questa storia sarà finita.- concluse Jolene.
Yvonne ed Olivia nel frattempo tornarono verso la macchina.
-Sono le otto, sta cominciando.- disse Yvonne.  Max, ancora taciturno, scese dalla macchina con Jolene e si avviarono verso l’entrata.
-Facci entrare nell’area dello staff, o verso il magazzino, così possiamo rimettere le cose a posto.- lo supplicò Yvonne.
Max annuì. –Solo una cosa,- disse fermando i loro sospiri di sollievo, - quando avete detto di aver rubato la collana?- chiese. Ma prima che Jolene potesse rispondergli Olivia diventò bianca in volto e si nascose dietro la palma gigante al lato dell’entrata.
-Che c’è Olly? Sembra che hai visto tuo padre.- rise Yvonne. Max, Yvonne e Jolene si voltarono a guardare il punto in cui guardava Olivia da dietro l’arbusto. Il padre di Olivia era a circa una trentina di metri di distanza, e stava entrando dalla seconda porta dell’edificio insieme ad un signore, che sembrava proprio... il signor Warlett!
Yvonne e Jolene si nascosero dietro alla stessa palma di Olivia.
-Così ci vedono! Cercatevi un’altra palma!- le scansò Olivia.
-Quando diavolo è tornato?- chiese allarmata Olivia a Max.
-Io ..non lo so!- rispose Max.
-Come è possibile che non lo sai? E’ il tuo superiore, dannazione!- gli urlò Olivia da dietro la palma.
-Fa che non ti veda,- lo minacciò ancora Olivia,-non ho nessuna intenzione di parlargli o di incontrarlo.-
-Guarda che qui quella che non deve essere vista sei tu.- puntualizzò Max.
-Rimandate i litigi di coppia ad un’altra volta,- li zittì Yvonne, -abbiamo un problema serio.- ricordò.
-Ho un piano,- disse pratica Jolene, -Entriamo dentro e io distraggo il padre di Olivia, tanto non mi riconoscerà mai, Max fa entrare Yvonne nel magazzino ed Olivia distrae il signor Warlett!- disse entusiasta.
Oramai non avevano altre alternative, inoltre il padre di Olivia non avrebbe mai riconosciuto Jolene e il signor Warlett non aveva mai visto Olivia, forse solo poche immagini sfocate nelle telecamere di sicurezza.
-Ma come mai lui parla col signor Warlett? Gli hai detto che eravano qui?-  Olivia accusò Max.
-Ti ho detto che non so niente.- ripetè.
-Ci avranno scoperte?- Chiese Jolene con la voce tremante.
-E’ troppo tardi, comunque. Siamo qui per restituire la collana, solo questo importa. Facciamolo prima che ci scoprano del tutto.- li incoraggiò Yvonne.
Attuarono il piano cominciando ad entrare dentro l’edificio, questo era addobbato con colori dorati, nelle superfici del pavimento ci si poteva addirittura specchiare ed inoltre aveva più di un piano, quello di sotto era adibito a mostrare gli oggetti, come quello di sopra, ma la maggior parte dello spazio del piano terra serviva per ospitare le comode poltrone di velluto volte verso il palco, dove si sarebbe tenuta l’asta.
Decisero di non aspettare il momento del discorso di benvenuto poiché il padre di Olivia poteva riconoscerla. Appena entrarono tutti si divisero, anche se Jolene e Yvonne ci misero un po’ a trovare i rispettivi obiettivi e separarli l’uno dall’altro.
Toccò prima a Jolene, che finse di urtare il padre di Olivia.
-Oh! Mi scusi, sono così maldestra.- disse civettuola Jolene. Sperava che la frase non risultasse troppo falsa, dopotutto era un clichè.
Il signor Warlett che era affianco a lui la guardò male, ma niente di più. Jolene insistette a guardare il padre finchè Warlett non si dileguò.  –Mi dispiace così tanto!- continuò Jolene quando oramai fu solo. Distolse lo sguardo per cercare Olivia tra la folla, infatti eccola lì, che adocchiava il signor Warlett da lontano, ma allo stesso tempo aveva il viso contratto per la paura.
-Di nulla signorina..?- chiese lui.
-Scarlett Johnson.- rispose lei facendo un finto sorriso. Il nome stavolta se l’era preventivamente inventato.
-Johnson? La figlia del signor Johnson, la compagnia delle pubbliche relazioni che ha indetto l’asta?- disse incredulo. Jolene non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, sperava che quella cosa non l’avrebbe messa in pericolo.
-Ehm, e lei è il signor..?- cambiò argomento lei, a disagio. Non voleva che le venissero fatte domande a cui non sapeva ovviamente rispondere.
-Maurice Arnett, lo sceriffo della città.- si presentò.  Il cognome, anche se già lo conosceva, la fece sussultare.
-Sa, lei ha una faccia familiare, l’avrò sicuramente vista in qualche rivista,- sorrise lui. Certo, o forse sono stata seduta a tavola con te e tu non hai degnato di uno sguardo nessuno. Pensò Jolene.
-Mi permetta di accompagnarla, magari ha voglia di vedere o comprare qualche articolo.- chiese lui. Questo era esattamente ciò che voleva Jolene, perciò lo indirizzò nella parte opposta a quella di Olivia, al secondo piano. Jolene la sua parte la stava facendo e contemporaneamente a lei, Olivia. Mentre saliva le scale automatiche con il padre di Olivia, cercò Yvonne ma non la vide, sperò che quello fosse un buon segno.

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Capitolo 11
*** Agnizioni ***


agnizioni Non appena Olivia vide Jolene salire le scale mobili con suo padre, tastò con le dita la borsetta, assicurandosi di aver dato la collana ad Yvonne, sicura, si diresse verso il signor Warlett che stava ammirando una cornice ricca di pietre preziose.
Olivia non sapeva come attaccare bottone, così si mise accanto a lui ad osservare la cornice in silenzio. Per fortuna di Olivia, lui avendo gradito la vicinanza di una signorina così elegantemente raffinata ed avendo buon gusto cominciò a parlarle per primo.
-E’ proprio un bell’oggetto. Inoltre il colore delle rifiniture è lo stesso del suo vestito.- disse il signor Warlett, guardando tutt’altro che il suo vestito, nonostante non avesse scollatura.
-Sono d’accordo,- annuì Olivia, -anche se preferirei non comperare un articolo di questo genere, risalta l’animo egocentrico del compratore, a mio parere.- conversò. Olivia buttò lì la prima osservazione che le era venuta in mente, era stata del tutto sincera infondo. Il signor Warlett restò ammirato da quelle parole, che non si aspettava minimamente.
-Preferirebbe vedere altri articoli più semplici?- chiese lui. Olivia gli rispose che ne sarebbe stata felice.
-Lei è?- chiese lui prendendole la mano e baciandola. Olivia stava per scoppiargli a ridere in faccia, ma doveva mantenere la facciata della persona colta e raffinata.
-Holly Bale.- rispose sorridendo cordialmente.
-Ed è qui in qualità di..?- chiese lui non staccandole gli occhi di dosso.
-Oh, sono semplicemente interessata all’asta.- disse cominciando a camminare. Lui le corse dietro per mantenere il passo.
-Ma è così giovane!- osservò lui.
-Non le rivelerò la mia età con questo trucco,- rise lei. In ogni caso sono troppo giovane per te. Pensò Olivia.
-parliamo di lei, qual è il suo nome?- chiese. Lo sapeva eccome, ma doveva chiederglielo e per poco se ne scordava.
-Christopher Lucas, in persona.- disse lui, spiazzandola. Lei boccheggiò appena, stupita, ma poi si ricompose. Christopher Lucas? E chi era? Lui si chiamava Warlett. Si chiese se non fosse una sorta di copertura perché era milionario.
-Molto piacere,- sorrise lei a disagio e molto confusa. Doveva assolutamente avvertire le altre, ma non poteva farlo davanti a lui.
Si guardò intorno e vide che Jolene era ancora al secondo piano, di Yvonne invece nessuna traccia. Continuò il suo giro con il signor “Lucas” e cercò con tutte le sue forze di non guardare ogni secondo al piano superiore, terrorizzata dal fatto che suo padre potesse vederla.


Yvonne si aggirava con un taccuino attraverso il corridoio adiacente alla porta del magazzino. Lì eran appesi molti quadri e lei faceva finta di scrivere alcune cose, Max era proprio davanti alla porta e stavano aspettando il momento giusto per entrare.
-Lei è un’esperta di quadri?- le chiese una signora con l’accento francese. Era così bassa che a momenti Yvonne non la vide nemmeno. –Ehm, si, anche.- rispose lei, continuando a guardarsi intorno in attesa del segnale di Max.
-Vorrei proprio comprare questo quadro, ma non mi convince molto. A lei come sembra?- si spiegò la signora.
Yvonne, per levarsela di torno, concesse un veloce secondo di analisi al quadro. Era sempre stato davanti a lei e aveva anche fatto finta di commentarlo sul taccuino, ma non l’aveva mai letto veramente, in realtà era natura morta e anche di buon gusto.
-Beh, il colore è esposto molto bene, la luce un po’ irreale in alcuni punti, ma nel complesso è un buon quadro, dipende sempre dall’ambiente in cui desidera posizionarlo.- la informò. La signora si illuminò e le sorrise, -Grazie cara, è stata molto utile.- disse e se ne andò. Yvonne sorrise appena e fissò il quadro intensamente, era contenta del modo in cui aveva consigliato la signora e pensò di non esser stata nemmeno troppo superficiale.
-Yvonne! Sveglia!- sussurrò Max. La porta era semi aperta perché doveva passare una ragazza bassa con la coda di cavallo, il suo cartellino diceva “staff”,  Yvonne la placcò subito, doveva essere astuta e l’episodio della signora le aveva dato l’esuberanza che le serviva.
-Ehi tu, si con la coda di cavallo, manca un oggetto esposto.- disse Yvonne sovrastandola. La ragazza la guardò da dietro gli occhiali.
-Lei chi è?- balbettò appena.
-Ma non hai sentito cosa ho detto? Manca un oggetto, devo subito entrare nel magazzino e prenderlo, tu occupati di dire ai clienti che presto verrà esposto, corridoio sedici, secondo piano.- le ordinò. La ragazza palesemente impaurita, pensò che Yvonne fosse uno dei superiori che organizzava l’asta perciò fece tutto quello che le era stato detto.
-Non esiste un corridoio sedici.- la rimproverò Max. Yvonne alzò le spalle, la cosa che importava era che era riuscita ad entrare nel magazzino. Percorsero un lungo corridoio che finiva con una rampa di scale, l’indicazione “magazzino” diceva di andare di sotto. Per la strada non incontrarono nessuno, solo alcuni dello staff che vedendo il vice-sceriffo non fecero commenti. Seppero di essere giunti nel luogo giusto quando aprirono una porta e si sentì un odore terribile di chiuso e di vecchio, era un enorme garage con molti furgoni e molti oggetti coperti da alcune veli.
C’era una donna di mezza età con una lista, che diceva agli uomini col furgone di scaricare la merce e ad altri di prepararla per l’asta. Max ed Yvonne si nascosero dietro allo stipite della porta.
-Che facciamo?- chiese lei.
Max ci pensò un attimo, -le dico che c’è un problema con la sicurezza su, e poi tu lasci la collana, ok?- disse.
Non faceva una piega. Pensò Yvonne sollevata.
Max allora si diresse verso la signora con la lista, che probabilmente era quella che amministrava tutto, -Mi scusi, c’è un problema con la sicurezza al mausoleo, con la collana d’Etiopia precisamente.- sussurrò. Yvonne sentì tutto, anche se erano a pochi metri di distanza.
Traditore! Pensò. Aveva detto alla signora della collana dell’Etiopia, voleva forse far arrestare Jolene? Provò a scrivere un messaggio d’allarme alle ragazze, ma lì sotto il cellulare non le prendeva. Come aveva potuto?
Yvonne decise di tornare su ed avvertire le ragazze e, se necessario, di fuggire poiché Max aveva svelato tutto, salì quindi furiosa e in fretta le scale.


Jolene stava intrattenendo il padre di Olivia ed avevano finito due volte tutto il secondo piano, e quando lui le propose di scendere lei non sapeva proprio come rifiutare.
-Veramente stavo pensando di comperare quest’oggetto, le piace?- lo distrasse lei.
-Non mi è sembrato che ne fosse interessata.- osservò sospettoso, lei nel frattempo lanciò un’occhiata di sotto.
-Mi sono ricreduta, io..- Jolene si ammutolì, davanti a lei c’era Francis. Quello della Hall dell’Harmon, e ricordò con orrore che lui sapeva tutto quanto. Non gli era stato difficile fare due più due, sapeva che lei aveva rubato qualcosa, e guarda caso era sparita una collana dal valore megagalattico proprio la sera stessa.
Jolene si voltò in fretta dall’altra parte. – In realtà ha ragione, non mi piace affatto.- disse al signor Arnett quasi correndo via, purtroppo Francis la bloccò. –Aspetta! Io ti conosco.- disse afferrandole la mano e bloccandola.
Come diamine aveva fatto a riconoscerla? Aveva i capelli arancioni ed era truccatissima, dannazione.
Jolene fece buon viso a cattivo gioco. Si voltò verso Francis con un’espressione interrogativa.


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Capitolo 12
*** Come una squadra ***


come un
-Scusi? Chi è lei?- si intromise il signor Arnett.
-Non si preoccupi, so gestire queste cose.,- sorrise Jolene rivolta ad Arnett. – cosa vuole da me?- chiese cortesemente Jolene a Francis, sperando che lui non la smascherasse miseramente.
Cercò disperatamente di fare un’espressione di sorpresa, e non di preoccupazione.
-Tu.. noi ci siamo conosciuti all’Harmon, io ero nella Hall, non ti ricordi?- chiese spaesato. Dio, Francis, stai zitto. Pensò Jolene.
-Mi dispiace non sono mai stata all’Harmon.- continuò.
-E’ stato circa tre giorni fa, l’hotel non era a Las Vegas, quello di…- insistette, stava per smascherarla e doveva fare qualcosa.
-Chiamerò la sicurezza se continua ad importunarci.- urlò Jolene. Stava davvero facendo una scenata, ma non c’era altro modo per farlo tacere, lo bloccò proprio quando stava dicendo tutto. Nel frattempo tutti si ammutolirono e li guardarono.
-Beh,forse mi sono sbagliato.- concluse Francis dopo pochi secondi in cui guardò Jolene con una faccia sorpresa ed arrabbiata,  sapeva benissimo che non era così. L’aveva riconosciuta anche con quella stramba parrucca addosso, i suoi occhi erano sempre gli stessi ed anche l’espressione un po’ distante, assente. L’avrebbe riconosciuta dovunque.
Vedendolo andare via  a Jolene venne voglia di andarci a parlare, era il minimo che potesse fare perché l’altra volta lui l’aveva aiutata e lei stava ricambiando urlandogli contro.
-Vado un attimo al bagno.- si scusò Jolene, aspettando pochi secondi e poi scappando via. Putroppo, nonostante tutti i suoi sforzi, il padre di Olivia stava sospettando qualcosa, così telefonò al signor Warlett/Lucas per informarlo di quanto aveva sentito.
- Christopher, abbiamo un problema. Ho appena sentito un dipendente dell’Harmon Hotel dire alla ragazza che era con me che si erano già visti, quando è scomparsa.- disse riferendosi alla collana.
-Si, - continuò dopo una breve pausa, -ci penso io.- concluse la chiamata, ed aspettò con frenesia che “Scarlett” uscisse dalla toilette.
Nel frattempo Jolene corse verso l’insegna “WC” e fece in tempo a prendere Francis per la mano e portarselo dietro senza che Maurice potesse vederla.
-Tu sei tutta matta.- disse lui scansandola quando erano dentro all’anticamera del bagno.
-Francis, sono io, ma sono sotto copertura ok?- gli spiegò velocemente a bassa voce. –Non puoi dire niente dell’Harmon sennò mi scopriranno.- continuò sussurrando. Le signore in attesa la guardarono molto male, ma lei fece finta di niente.
-Non lo sapevo..- si scusò Francis.
-Lo so, lo so, non fa niente ma non dire più una parola, ok?-  chiese Jolene guardandolo negli occhi.
Lui sorrise non appena capì la faccenda e si sentì sollevato, -adesso mi dici come ti chiami?- disse con sguardo ammiccante.
Jolene si sciolse letteralmente, Francis era molto carino e le era piaciuto da subito.
-Jolene.- disse mordendosi labbra. –Ora devo andare, mi raccomando.- si assicurò, lasciandolo da solo al bagno. Francis restò nella stanza con la testa appoggiata alla parete e un sorriso ebete sul volto, era così contento di averla rivista, si era chiesto per tanto tempo quale fosse il suo nome.
Jolene tornò molto emozionata e rossa in viso dal padre di Olivia.
-Scarlett, devo farti conoscere una persona.- disse sorridendole e offrendole il braccio. Jolene, ancora su di giri, annuì e seguì i signor Arnett senza pensarci due volte, questo si fermò dolcemente davanti ad una figura alta, un uomo di mezza età con i capelli brizzolati di nero. –Questa è la signorina Scarlett, era molto interessata all’oggetto 23, gli orecchini d’Etiopia.- disse sorridendo. Jolene sussultò appena all’udito della parola “Etiopia” e il padre di Olivia non potè fare a meno di notarlo.
-Molto piacere.- sorrise forzatamente Jolene.
-Lui è Mr Johnson, colui che ha indetto l’asta.- disse finendo di presentarli. Jolene si sentì invadere dal panico un’altra volta. Il signor Arnett l’aveva smascherata, lei aveva detto di essere la figlia dell’uomo che adesso era proprio davanti a lei, e ovviamente lei si era presentata non avendo la più pallida idea di chi fosse. Oramai era fatta, restò al gioco e conversò fino a che Maurice Arnett non si stancò, infine non appena quello che doveva essere suo padre si allontanò, lui davanti a tutti le prese il braccio e lo strinse con forza –Non ti azzardare più a prenderti gioco di me. Io sono lo sceriffo della città, e so cosa hai fatto.- sussurrò. Jolene non si azzardò a dire nulla, era pietrificata. –Adesso vieni con me.- disse trascinandola di sotto.


L’asta sarebbe cominciata tra pochi minuti, ed oramai Yvonne e Max dovevano aver già concluso il tutto. Olivia si preoccupò e cominciò a pensare che qualcosa non fosse andato bene. Mentre controllava il cellulare per scrivere ad Yvonne e Jolene che quello accanto a lei aveva usato il nome di “Christopher Lucas” sentì Warlett o Lucas o come cavolo si chiamava, parlare al telefono.
-Si?- rispose. Olivia tese l’orecchio sinistro per ascoltare tutto. –Devono essere loro.- disse. Olivia sentì il suo cuore sussultare, parlavano di loro? Come aveva fatto a scoprirle? C’era sicuramente una persona infiltrata che passava le informazioni.
-Prendile.- mormorò con un’espressione di rabbia e attaccò il telefono. Olivia aveva i brividi e sperava con tutto il suo cuore che non avesse riconosciuto anche lei, comunque adesso che era sicura che parlasse di loro doveva avvertire le altre. Stava finendo di scrivere il messaggio quando il signor Warlett si rivolse a lei facendole cadere il telefono.
-Scusi, era importante.- mentì lui. Olivia raccolse in fretta il telefono. –Di niente.- rispose, ma la voce le tremava.
-Qualcosa non va?- si insospettì. Olivia ebbe così paura che oramai l’avessero scoperte che non riuscì a dire nemmeno una parola. Sarebbero finite in prigione, cosa pensavano di fare? Restituire la collana?
Olivia boccheggiò, ma sapeva che doveva dire qualcosa, o l’avrebbe scoperta del tutto.
-Il mio fidanzato mi ha lasciata.- era la sola cosa che le uscì dalla bocca. Warlett rimase spiazzato.
-Io.. sono una stupida, non dovevo dirglielo,- disse Olivia con le lacrime agli occhi per la tensione, -lei è venuto qui per divertirsi e non per ascoltare me.- si asciugò le lacrime. Lui cercò di consolarla accarezzandole il braccio e dicendole qualche frase come “Non ti merita”, “E’ stato un folle a lasciarti” ed altre mille stronzate. Alle spalle di Warlett vide Yvonne dietro ad un angolo che la fissava, così per paura che lui potesse girarsi continuò con la farsa del piangere. Sperava di distrarlo fino a che Yvonne non se ne fosse andata ma lei rimaneva, imperterrita, dietro quell’angolo. Sentì un messaggio arrivarle sul telefono, ma non poteva guardare perché era impegnata a recitare, ma tutto un tratto il signor Warlett anche ne ricevette uno, e si alzò immediatamente. –Mi scusi, non sono un gentiluomo a lasciare qui da sola ma il lavoro mi chiama, è urgente.- disse Warlett, andando via a grandi passi. Olivia non capiva cosa stesse succedendo, le aveva scoperte? Lesse velocemente il messaggio.  Rimase letteralmente a bocca aperta. Max?! Come aveva potuto, non cambiava mai. Le aveva incastrate e lei non poteva crederci. Era così delusa e arrabbiata che provò a scagionarlo leggendo più volte il messaggio, ma quello che c’era scritto era chiaro. Aveva sbagliato a pensar di potersi fidare di lui, era pur sempre il vice-sceriffo. Purtroppo, sebbene la voglia di dargli un destro in piena faccia, la seconda parte del messaggio le imponeva di andarsene. Alzò gli occhi per vedere se Yvonne fosse ancora lì, ma la sua attenzione venne catturata da Warlett/Lucas che si dirigeva verso l’uscita principale. Era un caso o aveva capito tutto? Il messaggio che gli era arrivato prima era una soffiata da parte di Max per incastrarle?


Yvonne correva più veloce del possibile, quei tacchi erano insidiosi ed alti, e lei li odiava ma sapeva di doverli indossare. Si maledì con tutte le parole possibili ed infine raggiunse l’uscita che dava al mausoleo, si ricompose un attimo e non perse tempo a cercare le altre. Vide subito Olivia, seduta sulla sedia accanto al signor Warlett, non poteva avvicinarsi così le mandò un veloce messaggio, sia a lei che a Jolene.
-Max ci ha incastrate, andiamo via: porta principale.- inviò velocemente. Aspettò che Olivia leggesse il messaggio, ma questa non lo fece, stava parlando faccia a faccia col signor Warlett.
Dai Olly, leggi quel maledettissimo messaggio! Pensò con insistenza Yvonne, come se ordinarglielo a mente potesse servire a qualcosa. Poi vide Olivia cominciare a piangere, pensò subito che lui la stesse ricattando e che avesse scoperto tutto, lei la guardava ma non le faceva capire nulla, quindi Yvonne non sapeva cosa fare. All’improvviso vide il signor Warlett alzarsi e dirigersi verso l’uscita principale. Dannazione!Ha letto il messaggio che ho inviato ad Olivia! Pensò Yvonne. Non c’era nient’altro da fare, doveva prendere Olivia e Jolene e guidarle fino al magazzino, così sarebbero scappate, la seconda entrata era fuori discussione, perché era troppo vicina alla prima e altre uscite non ne conosceva, non poteva rischiare di farsi beccare.
Olivia si stava alzando, Yvonne alzò la mano e questa corse verso di lei. Nel frattempo vide che all’entrata principale c’era Max che aveva fermato il signor Warlett per parlare.
-Vedi? Lui sapeva tutto.- disse Yvonne.
-Bastardo.- sussurrò con risentimento Olivia. Stava già pensando a molti modi per torturarlo, quando Yvonne la interruppe – dobbiamo trovare Jolene, e in fretta.- convenì. La cercarono con gli occhi per tutto il secondo piano, ma le pareti che attraversavano il piano in cui erano esposti i quadri e gli altri articoli non permettevano una vista ottimale. –Dobbiamo andare di sopra.- disse Olivia, sapeva già di doverlo fare ma aveva sperato di trovarla facilmente, salire significava rivedere suo padre.
Sapevano che c’era un’altissima probabilità che le avrebbero beccate, ma non potevano lasciare Jolene da sola, per di più nelle grinfie del padre di Olivia. Purtroppo quando stavano per avvicinarsi alle scale mobili scoprirono che le avevano precedute. Davanti a loro due c’erano Jolene e Maurice Arnett.
-Olivia!- esclamò il padre inorridito.
-Papà..- Olivia se l’aspettava, non era poi così sorpresa.
-Salve signor Arnett.- sorrise molto fuori luogo Yvonne. Lui la guardò con una chiara espressione interrogativa.
-Che ci fai qui?- chiese infuriato alla figlia. Prima che Olivia potesse rispondergli il signor Warlett, tutto sudato camminava a passo veloce verso il Maurice.
-Maurice!-disse il signor Warlett. Il padre di Olivia aveva un’espressione allarmata.
-Christopher Lucas..- tossì il signor Arnett, distogliendo anche lo sguardo. Era chiaro che faceva finta di non conoscerlo.
-Christopher Lucas?!- chiesero all’unisono Jolene ed Yvonne prima che Maurice potesse parlare al padre di Olivia. Lui si chiamava Warlett!
-E’ quello che volevo dirvi.- sospirò Olivia, poi si rese conto di aver detto troppo.
-Tu?!- Warlett riconobbe Yvonne, era la ragazza che era stata nella sua suite la notte che la collana scomparve.
-Io?- chiese ridendo Yvonne e facendo finta di niente.
Maurice Arnett s’illuminò, capendo che Yvonne e Jolene erano le ragazze di cui gli aveva parlato Lucas.
-Voi! Siete le amiche di mia figlia!- esclamò. Ce l’hai fatta. Pensò Jolene.
-Le conosci?- esclamò incredulo Warlett che guardando Jolene da più vicino, capì che era l’altra ragazza della suite.
-E voi come vi conoscete?- chiese Olivia arrabbiata, rivolta al padre e a Warlett. Loro non risposero, si limitarono a guardarsi ed infine Warlett parlò, -Non c’è tempo, dobbiamo andare!- disse rivolto al padre di Olivia. –Non so di cosa parli.- disse il signor Arnett. Warlett gli si avvicinò, ma le altre poterono comunque sentire tutto, -Se io affondo, tu affondi con me.- disse.  Olivia, Jolene ed Yvonne si guardarono l’un l’altra. Non capivano più niente, cosa c’entrava Maurice Arnett con Warlett? E perché Warlett si faceva chiamare Christopher Lucas?
Prima che qualcuno poteva capirci qualcosa, Yvonne riconobbe la signora con la lista del magazzino e alcuni poliziotti capitanati da Max che avevano la pistola in mano e la puntavano su di loro.
-Max?- chiese incredulo il padre di Olivia.
-Max!- urlò Olivia. Non le importava nulla della pistola, voleva dargliele di santa ragione. Per fortuna Jolene ed Yvonne la trattennero, oramai le avevano scoperte. La sala colma di persone si ammutolì tutta d’insieme, loro erano vicino alle scale mobili, e senza accorgersene i poliziotti le avevano accerchiate. Era finita, sarebbero andate in prigione, si presero per mano tutte e tre.
-Mi dispiace così tanto..- disse con le lacrime agli occhi Jolene. Yvonne ed Olivia le strinsero di più la mano.
-Ehi Jail, è tutto ok.- disse dolcementeYvonne. Jail in questo momento era proprio il soprannome adatto.
La rabbia di Olivia nel frattempo si era trasformata, si rivolse anche lei con le lacrime agli occhi verso Max, -Non farmi questo, ti prego.- gli disse con la voce rotta dal pianto, guardandolo per la prima vera volta negli occhi. Era un colpo basso, lo sapeva, ma aveva paura e non sapeva cosa fare, inoltre Max glielo doveva.
Lui la guardò per un secondo e poi distolse lo sguardo verso gli altri, nessuna emozione gli attraversò il viso.
Le tre si strinsero ancora più forte le mani, chiusero gli occhi e sperarono di risvegliarsi nel loro appartamento al sicuro, senza aver nemmeno mai iniziato a rubare. Senza essersi conosciute? No, questo no. Non se ne erano mai pentite, nemmeno di aver aiutato Jolene. Ormai erano una squadra e avrebbero affrontato la cosa insieme.


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Capitolo 13
*** Epilogo ***


epil -Mani in alto!- gridarono in coro Max ed altri poliziotti. Lacrime nere scorrevano tra le guance delle tre ragazze, aprirono finalmente gli occhi ed alzarono in alto le mani, mentre ancora se le stringevano l’un l’altra.
Gli uomini in divisa si avvicinarono a loro piano piano.. Olivia continuava a cercare lo sguardo di Max, che questo non le concedeva. Sarebbero andate in prigione e il tutto davanti a suo padre, cosa avrebbe pensato adesso di lei? Si accorse che in realtà non le importava, in quei pochi secondi di caos in cui era accerchiata dai poliziotti e dalla calca di gente capì quanto era stata stupida, quanto si era spinta oltre per cercare la sua attenzione e per non diventare una persona come lui, ma quello che aveva detto anche Max era vero, erano tutti molto simili, lei non era migliore di loro. Jolene si sentiva terribilmente in colpa, le sue emozioni erano contrastanti, sapeva di aver fatto tutto il necessario per rimettere le cose a posto ed in ogni caso aveva sbagliato a rubare la collana ma l’aveva fatto per la sua famiglia, loro avevano bisogno di lei ed il suo lavoro non sarebbe mai bastato. Era in buona fede. Yvonne sentiva l’adrenalina salirle nel petto, da una parte era così spaventata ma dall’altra pensò che era l’avventura più bella che le fosse mai successa. La sua vita era sempre stata così ricca eppure così superficiale, aveva finalmente trovato delle nuove amiche, o sorelle addirittura, e sentiva come di averle contagiate con il suo veleno, quello che di solito rovinava tutti quelli che erano intorno a lei. Si sentiva responsabile e terribilmente vuota, loro avevano ragioni più profonde che l’avevano mosse a fare quei gesti, lei no. Lei voleva sentire semplicemente qualcosa, voleva altro lusso.. era una persona superficiale anche lei, come la sua vita. Eppure aveva coperto Jolene, aveva aiutato le altre a rimettere a posto le cose, e per farlo aveva messo in pericolo la sua vita. Ed era così felice e fiera di se stessa per averlo fatto, adesso capiva che fino a quel momento non aveva mai realmente apprezzato le cose e le persone che aveva.
I poliziotti erano praticamente a mezzo metro da loro con le pistole puntate quando Yvonne, Jolene ed Olivia sentirono dietro di loro qualcuno che tentava di fuggire.
-Lasciatemi! Sono innocente!- gridava il signor Warlett. Le ragazze di girarono attirate dalle urla.
Videro il signor Warlett che aveva tentato di sgusciare fuori dalla parete dei poliziotti dietro di loro, ma questi l’avevano preso.
-La dichiaro in arresto per furto, Christopher Lucas.-  pronunciò Max mentre i due poliziotti lo placcarono prendendogli ambo le braccia. Le ragazze si guardarono allibite, e lo stesso pensiero le attraversò: Che sta succedendo?  Dovevano arrestare loro, non il signor Warlett/Lucas.
-E dichiaro in arresto anche lei, Maurice Arnett,- disse Max puntandogli la pistola contro, seguì un urlo sorpreso delle persone al mausoleo: era pur sempre lo sceriffo della città, -per ostruzione di prove e falsa testimonianza.- concluse.
-Suvvia Max.. che stai dicendo.- ci scherzò su il signor Arnett.
-Papà?- Olivia non capiva cosa stesse succedendo. Loro avevano rubato la collana a Christopher Lucas, non il contrario.
-Tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei..- proseguì Max fino a che Maurice lo interruppe, -Io non c’entro niente! Sono queste ragazze che hanno commesso il furto!- si difese urlando e indicando le ragazze.
Olivia sentì la fitta definitiva che le attraversò il cuore. Non l’aveva difesa, aveva scaricato la colpa su di lei. Sentì che l’ultimo sottilissimo filo che la teneva legata a suo padre venne tagliato con quella dichiarazione.
Max lo guardò disgustato. –E’ vero!- si aggiunse Lucas.
-Mi hanno rubato la collana dall’Hotel Harmon in cui alloggiavo.- disse. Con grande astuzia, si mise nei guai da solo: aveva appena confermato il furto.
Il padre di Olivia si mise una mano sulla fronte.
-Mi spieghi che sta succedendo?- chiese sconvolta Olivia, che fino ad un minuto prima pensava di dover passare tutto il resto della sua vita in prigione.
-Il signor Christopher Lucas, noto milionario, ha passato la sua vita ad arricchirsi rubando e vendendo opere d’arte sotto falso nome, quale Peter Warlett. Fino ad adesso non c’erano prove, inoltre aveva un degno compare che si trovava all’interno delle forze della Giustizia che lo copriva, quale  Maurice Arnett, non chè mio collega. Abbiamo lavorato per incastrarlo per mesi e mesi, e notai che alcuni documenti in cui c’erano prove più inchiodanti scomparivano misteriosamente, inoltre quando scomparve la collana della principessa d’Etiopia dal mausoleo Maurice venne a farti visita dove guarda caso seppi che alloggiava il signor Lucas presso l’Harmon Hotel della stessa città, così capii tutto.- spiegò Max. Olivia e le altre due ascoltavano con la bocca aperta per lo stupore. Lui sapeva tutto e non aveva mai detto niente? Ma perché?
-Non hai testimoni.- rispose con i denti stretti Maurice.
-Questo non è del tutto vero.- s’intromise Francis dalla folla.
-Cosa?! Chi è questo qui?- chiese Lucas impaurito.
-Io ero in servizio all’Harmon Hotel quella sera, e ho visto Arnett e Lucas e parlavano della collana.- proferì.
Max fece un sorriso compiaciuto mentre Maurice Arnett era livido di rabbia.
-Mi ha incastrato! Non è vero niente!- urlava il padre di Olivia.
-Signori, prego, svuotate le tasche.- ordinò Max. –Anche voi, signorine.- aggiunse dopo.
-Questo è uno scandalo! Quelle povere fanciulle non c’entrano niente!- urlava la signora francese del quadro dalla folla.
Yvonne sentì il cuore balzarle in gola, e subito tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che la collana era sparita dalla sua borsetta. Com’era successo? Chi..?
-Ma non è possibile! Non ce l’ho messa io, lo giuro!- gridava rabbioso Lucas che si era ritrovato la collana nella tasca della giacca. Yvonne gli sorrise con tutto l’affetto del mondo, era chiaro che gliel’aveva presa in qualche modo quando erano nel magazzino! Aveva calcolato tutto! Non era affatto un traditore.
-L’ha messa nelle mie tasche quando stavamo parlando all’uscita!- lo accusò Lucas. In realtà era così, ma era evidente che la storia non reggeva.
-Adesso basta, seguitemi.- disse quella che era una signora robusta e alta davanti a loro. Doveva essere anche lei della polizia o qualcosa del genere , pensarono le ragazze, perché portò via il padre di Olivia e Lucas. Appena il caos si fu placato con l’arresto di Maurice Arnett e Christopher Lucas, i clienti parlavano scandalizzati di ciò che era successo, bisbigliavano del tradimento dello sceriffo e indicavano quella che avevano capito fosse sua figlia. Olivia voleva parlare con Max e ringraziarlo, anche se era arrabbiata perché non le aveva detto nulla. Era terribilmente arrabbiata e sorpresa allo stesso tempo, non sapeva a quale delle due emozioni lasciar prendere il sopravvento, in ogni caso concordava con se stessa che sarebbe dovuta andare a parlarci. Lo cercò a lungo, chiese ai poliziotti ed infine chiese anche ad alcuni signori che fumavano il sigaro fuori dall’edificio, ma non c’era e in qualità di vice-sceriffo aveva portato via suo padre e Lucas. Ritornò dentro da Yvonne e Jolene, una era molto eccitata e felice, alla fin dei conti si era tolta un peso dalle spalle e la seconda era ancora molto scossa dall’accaduto. –Che diavolo è successo?- continuava a tremare Jolene. –E’ tutto ok, è tutto ok, è finito tutto Jail, siamo al sicuro adesso.- le ripeteva Yvonne asciugandole le macchie enormi del mascara sulle guance.
-N-no. Hanno ancora le registrazioni, andrò in prigione.- ripeteva.
-No Jolene. Si è sistemato tutto, Lucas doveva andare in prigione perché è lui che ha rubato la collana dal mausoleo, e mio padre l’ha aiutato.- intervenne Olivia che le trascinò da una parte al sicuro dove nessuno poteva sentirle.
-Ma io ho rubato la collana a Lucas.- ripeteva in trance.
-Noi,- sottolineò Yvonne, -noi abbiamo rubato la collana. E nessuno può incastrarci, Lucas l’aveva in tasca ed ha ammesso di averla rubata davanti ad un centinaio di testimoni, inoltre c’è quello lì.. che ha detto di averli visti.- la rassicurò.
-Francis.- chiarì Jolene. E’ vero, Francis. Francis aveva testimoniato per lei. Voleva cercarlo e ringraziarlo ma in quel momento non riusciva nemmeno a pensare lucidamente.
-Lo conosci?- chiese Olivia.
-Si mi stava aiutando a mettere a posto le cose all’hotel..- disse Jolene con un live sorriso che le affiorava sulla faccia.
-E non ci dici niente!- esclamò Yvonne eccitata. –E’ carino.- rise smorzando la situazione. Finalmente fecero sorridere Jolene e sentivano che quel masso enorme era scomparso dalle loro spalle. Niente più furti, niente di niente.
Parlarono cinque minuti di Francis ed Yvonne volle sapere tutti i dettagli, ormai ridevano per qualsiasi cosa, erano così estasiate dal fatto che tutto fosse finalmente finito. Parlarono di come avevano avuto paura di essere beccate, dell’Harmon Hotel e dei riconoscimenti davanti alle scale mobili, il tutto ridendo come pazze.
-Ci aspetta una vacanza.- propose Yvonne.
–Dopo tutto questo stress è il minimo.- concordò Olivia.
-Abolisco ufficialmente l’Etiopia.- disse Jolene, e scoppiarono tutte in un ultima grande risata.




Volevo ringraziare tutte le persone che mi hanno letta e che con le visite mi hanno convinta ad andare avanti; in realtà tutto ciò era cominciato per noia ma poi mi ci sono appassionata e non riesco a credere di averlo finito. Un grazie a steph808 che ha recensito praticamente tutti i miei capitoli positivamente (anche se alcune volte non lo meritavo!) e mi ha dato molti consigli.


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