.A Little at The Time.

di _nikisanders_
(/viewuser.php?uid=54442)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Inizio

Tutti i personaggi nominati in questa Fanfiction, non sono di mia proprietà. Non ho alcun diritto su di essi, e da questo scritto, non ricavo alcun profitto.                                   

 

.A Little At The Time.

.Truth And Consequences.

 

 

Come si ferma un uomo che esplode?

 

La domanda con la quale Hiro era riuscito ad attirare l’attenzione di tutti.

Sembrava sciocca, quasi senza significato. Vuota.. Eppure raccoglieva in sé,  le paure e le speranze di tutti loro.

Era passato un anno dall’incidente a Kirby Plaza.

Quante cose erano successe? L’Impresa.. Peter scomparso.. Sylar senza poteri.. Niki vedova e infettata dal virus.

E Nathan Petrelli in quel momento si trovava a ripensare a tutto. Specialmente a lei. Lei che non aveva più visto dopo l’attentato organizzato a Bob per colpa di Maury Parkman. Lei. Forse l’unica persona che avrebbe voluto realmente vedere.

Era seduto alla scrivania dell’agente Parkman. Attendendo il momento di uscire per il suo discorso al mondo intero.

Accanto a lui come sempre c’era Peter. Gli sorrideva. Un sorriso finto, certo. Il senso di colpa lo stava divorando. Lentamente.

“Se solo penso che stavo aiutando Adam.” Esplose ad un certo punto.  Scosse la testa. Non riusciva a perdonarsi. Non ancora.

“Ehi.. Senti..” Cominciò Nathan, fermandosi per pochi secondi. Doveva assolutamente trovare le parole giuste.  Si alzò, e lentamente si avvicinò al fratello. “Eri in buona fede, come sempre! Non.. non è colpa tua..”

Non aggiunse altro. Un po’ per paura di sbagliare le parole, un po’ perché Parkman arrivò velocemente verso di loro.

“Siamo pronti.  Tutti ti ascolteranno, adesso…”

Spiegò annuendo e guardando entrambi i Petrelli.

Era il momento che Nathan aspettava. Voleva rivelare a tutto il mondo la sua identità e le sue

Straordinarie capacità.

Aveva il suo solito sguardo. Quello sguardo sicuro di sé. Sguardo che in realtà nascondeva una forte paura che lo differenziava in maniera perfetta dal fratello.

Guardava i volti dei giornalisti. Uno per uno, tutti intenti ad ascoltare le sue parole. Per accaparrarsi il nuovo scoop, non per altro.

Si schiarì la gola sorridendo nervosamente. Si scrocchiò velocemente le dita. Le mani sudate, scricchiolavano al contatto con la propria pelle. Iniziò il suo discorso. Un tema apparentemente senza senso. Riferimenti velati ai suoi “collaboratori”.. Le parole arrivavano veloci e chiare alle orecchie dei giornalisti ma nessuno sembrava comprendere il vero significato del discorso.  Continuavano a guardarlo con occhi curiosi.

*avanti.. Spara lo scoop!*

Questo era il pensiero di ogni giornalista in quella stanza. Erano impazienti. Insomma, quelle parole non avevano senso!

Nathan fece una breve pausa. Guardò un’ultima volta suo fratello. Doveva trovare quella forza in più che gli serviva.

“Io…Io ho-”

Non riuscì a finire la frase. Non riuscì a fare più nulla. Il mondo diventò improvvisamente piatto. Il suono di quei due colpi di pistola era assordante in quella sala che ormai sembrava deserta.

Qualche grido.. Dei flash pronti ad immortalare il momento. Sotto il velo di preoccupazione dei loro volti, un’ardente felicità ardeva potente. Avevano il loro scoop finalmente.

Foto dell’ex parlamentare fra le braccia del fratello avrebbero fatto presto il giro del mondo. Nathan, privo di sensi.. Immerso nei suoi ultimi pensieri.. o almeno quelli che credeva sarebbero stati i suoi ultimi pensieri.

Vedeva Peter davanti a Lui. Continuava a chiamarlo. Vedeva solo le sue labbra muoversi, per chiamarlo..

Gli occhi si fecero ad un tratto pensanti. Li chiuse un attimo..  Immagini cominciarono a passare rapide nella sua mente. L’infanzia passata a proteggere il fratello.. La caduta di Peter.. I suoi figli.. E Poi.. lei.

Non se lo sarebbe aspettato. No. on era Heidi la donna con loro.. Era Niki. Vedeva lei e il suo sorriso.. che probabilmente non avrebbe più rivisto. In quel momento, nella confusione.. Quel pensiero strinse il suo stomaco in modo doloroso. Per fortuna nessuno si accorse dei suoi pensieri.. e come avrebbero potuto?

Caos.. Paura.. Confusione totale.. Ecco quelle che sarebbero state le prime pagine del giornale del giorno successivo.

**

 

Si ringrazia calorosamente, la mia collaboratrice e Beta, la cara _Purple_ e le si consiglia di lasciare una recensione se non vuole fare una brutta fine. xD xD Un ringraziamento ai lettori. Commenti più che graditi.

ps. Leggete le storie di _Purple_ che son Belle!

 

Un bacio,

_Nikifan#1_

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Inizio

.A Little At The Time.

.Truth And Consequences.

 

Cap. 2

 

 

 

Caldo. Un forte caldo. Non permetteva di respirare. Eppure lei doveva salvarla. Doveva farlo. Per Micah.

Era entrata in quella casa che ormai era totalmente in fiamme solamente da pochi secondi,  ma il fumo aveva già cominciato ad annebbiarle la vista e rendere i respiri faticosi e pesanti. Continuava a correre in tutte le direzioni. Una ricerca disperata, guidata da movimenti senza senso per trovarla. Ma niente. C’era troppo fumo.

Niente a destra. Cercò di guidare i suoi passi nella direzione opposta, ma nulla. Stessa cosa anche a sinistra. Stava quasi per rinunciare, sopraffatta com’era dal troppo fumo e dalla confusione.  Ma poi, improvvisamente.. la vide. Seduta a terra. Spaventata.  Piangeva per la paura. Cosa del tutto comprensibile. Come avrebbe potuto non a verne..?

"Monica!!” Strillò nella sua direzione cercando in modo disperato di farsi vedere.

La ragazza incrociò il suo sguardo  dopo alcuni secondi.

Quando si avvicinò pianse forse più per gioia.

“Come hai fatto a trovarmi?” Chiese non sapendo cos’altro dire. Non era una situazione semplice, quella. Tutt’altro.

“Micah!” Rispose solamente. Sapeva delle sue capacità. Avrebbe capito..

Monica sorrise. Adorava quel bambino ogni giorno di più..

Si alzò con l’aiuto di Niki. Cercò sostegno nella donna, e si guardò intorno. Cercò disperatamente una qualche via di fuga. Ma niente.  Attorno a loro c’erano solo fiamme.. Fiamme altissime.

“Ok. Ora io sposto la trave… e tu vai verso la porta.. io ti seguo!”

Disse Niki sforzandosi per alzare quel pezzo di legno. In altri momenti non avrebbe fatto fatica a lanciarlo in aria, ma le forze erano svanite ormai da un po’.  Dannato Virus!

Monica era passata ma lei non ce la faceva.. Troppo debole. Mollò la presa rimanendo bloccata dietro di essa. Senza via di fuga.

Guardava le fiamme e non riusciva a smettere di pensare a Micah, e alla promessa di una vita serena. Una vita “normale”. Una vita, che fino a quel momento, non era stata capace di donare al figlio. Sarebbe stata in grado di mantenerla, quella promessa?

Mentre si rassegnava al peggio, accadde qualcosa di incredibile.

Le fiamme si fermarono. Come se qualcuno avesse spinto il pulsante pausa dal telecomando.

Continuava a muoversi..ma tutto era fermo. Si guardò in giro, spaesata.

“Che diavolo?” chiese a se stessa, mentre la mente cominciava a cercare una spiegazione plausibile a quella situazione. La voce con qui lo disse, risultò rotta. La fatica per respirare.. La paura.

Poi un rumore dietro di lei la costrinse a voltarsi.

C’era un uomo. Lo aveva gia visto ma non ricordava dove…

Poi il flash della sera di Kirby Plaza. Il ragazzo che aveva aiutato contro Sylar.

Era cambiato. Era diverso da come lo ricordava… anche lo sguardo era diverso.. come se avesse vissuto tutta un’altra vita.

La guardava.. Senza dire niente.. in assoluto silenzio e in modo inespressivo.

“tu sei Peter Petrelli? Il fratello di Nathan?”

Chiese retoricamente.. Lo conosceva ma nella sua voce ora c’era speranza e sollievo di vedere qualcuno che probabilmente poteva salvarla. Anzi doveva.

Non ricevette subito una risposta e  non aggiunse altro. Aspettava speranzosa qualche parola del ragazzo, il quale si stava avvicinando lentamente e spegneva le fiamme toccandole.

Annuì davanti a lei.

“Sono Peter..e ora dobbiamo andare..”

Disse velocemente guardandosi in torno.. Non era ridotto bene quel posto e dovevano andare via. Subito.

Niki scosse la testa. No. Non poteva andare via. Micah.

“No.. Non posso… Mio figlio è qui fuori.. Io d-devo andare a prenderlo!”

Disse accennando a muoversi in direzione dell’uscita.

“non c’è tempo. tornerò io a prenderlo.” Annuì deciso.

Detto questo non diede il tempo a Niki di controbattere, che si trovavano nel corridoio di un ospedale.

Niki si voltò di scatto. Gli occhi spalancati per lo stupore.

“Dove siamo?” Chiese con voce tremante e molto simile ad un urlo isterico.

Peter non rispose e cominciò a camminare lungo il corridoio dalla pareti bianche. Dava un aria ancora più celestiale a quel luogo.

Lo seguì.  Non sapeva cos’altro fare.

Si guardò nel riflesso di una porta-

I suoi vestiti erano lacerati in gran parte. La maglietta aveva uno strappo sul lato destro.. E ra bruciata.. ma lei non aveva grandi ferite.. Almeno il dolore non si era fatto ancora sentire, presa com’era dalla situazione.

Continuò a camminare dietro Peter. Che sembrava sapere esattamente dove dovevano andare. Quella era già una cosa positiva. Le dava quasi un senso di tranquillità. Per una volta, poteva non pensare a tutto lei.

Si fermò poi. In modo quasi macchinoso. Come programmato.

Si trovavano davanti ad una porta. La numero 707. Una porta blu. Perfettamente in contrasto con il candido bianco delle pareti.

Guardava Peter.. Cercando di capire le sue intenzioni. Quest’ultimo, subito dopo, aprì la porta senza bussare. Niki fece qualche passo per entrare, ma si bloccò subito dopo. Si sentiva spaesata, e non sapeva cosa fare.

Dentro la stanza c’erano Angela Petrelli e Heidi, la moglie di Nathan. Le due donne, sedute accanto a lui, sostentavano un silenzio intriso di preoccupazione. Completamente intubato, Nathan, non dava ancora segni di voler aprire gli occhi. Familiari, “amici” e fotografi, aspettavano impazienti  che l’uomo riprendesse conoscenza dopo la lunga operazione che aveva subito.

Gli occhi cristallini di Angela, prima intenti a guardare in un luogo indefinito al di fuori della finestra, guizzarono su Peter, per poi  spostarsi su Niki che, in quel momento, faceva la sua entrata tutt’altro che trionfale.

“Cosa ci fa lei qui Peter?”

Chiese spostando velocemente gli occhi da Peter a Niki e poi di nuovo su Peter. Gli occhi di Angela, erano diventati due piccole fessure ghiacciate. Heidi non riusciva a capire, la reazion della Sig.ra Petrelli. In quel momento, sicuramente, il suo unico pensiero, era il marito.

Peter la ignorò beatamente per qualche secondo. Si sedette lontano da loro. Una sedia vicino l’entrata sarebbe andata più che bene.

“Lo sai bene che Nathan sarebbe impazzito al suo risveglio credendola morta e non possiamo permettercelo questo lusso.”

Commentò ironico, Marcando l’ultima parola, prima di spostare lo sguardo su Heidi.

Era una donna molto bella. Di gran classe. Composta, e fine in ogni tipo di situazione. Perfino in questa situazione, manteneva un comportamento razionale.

“Scusami ma tu chi sei?” Chiese  voltandosi verso Niki. Non l’aveva mai vista. Una domanda più che opportuna, pensò. Nicole rimase un attimo in imbarazzo. Non aveva mai visto la madre di Nathan dal vivo. Ricordava, di averla vista in televisione, tempo prima.

Continuava a guardare Nathan. Il volto pallido, segnato dalla stanchezza. Le braccia, lungo il corpo, ospitavano più di un ago. Gli occhi scuri, continuavano a rimanere chiusi. Celavano una stanchezza, che solo dopo si sarebbe rivelata. Non curante dell’ambiente intorno, delle persone e della situazione, seguì il suo istinto.  Si avvicinò, e prese fra le proprie, la mano del parlamentare.

Sembrava priva di vita. Cercò in qualche modo, di far pressione sulla mano dell’uomo. Sperava in qualche reazione. Ma niente. Era completamente abbandonata a se stessa, quella mano.

“Sono Niki Sanders. U-un’amica di  Nathan.”

Rispose, abbandonando la mano dell’uomo. “Amica”. Era forse quella la definizione giusta? In realtà, non aveva mai pensato a come poter “definire” il rapporto che c’era fra loro due. Non sapeva nemmeno, se si potesse definire un rapporto. Andare a letto insieme, e vedersi poche volte, sempre in situazioni poco “raccomandabili”.

Un silenzio pesante calò nella stanza. Diventò quasi insopportabile, per Nicole, restare in quella stanza, dopo pochi secondi. Sentiva gli sguardi di tutti, puntati addosso.

“N-Nicole?” balbettò Nathan a bassa voce, afferrando in pochi secondi la mano della ragazza, che ancora si trovava poggiata sul letto d’ospedale.

L’aveva chiamata col suo  nome completo. In pochi lo facevano. Forse l’unico era quell’alcolista del padre.

Sorrise debolmente, ripercorrendo i pochi centimetri che aveva mosso in precedenza, per avvicinarsi ancora di più a lui. Non pensò, neanche per un secondo alle possibili reazioni, dei presenti.

“Sono qui Nathan!”

Il suo sorriso era teso e nervoso, ma non forzato. Era solo privo della rilassatezza che avrebbe dovuto avere. Se solo il momento fosse stato diverso.. non era certo una situazione da poter gestire con tranquillità.

Poi guardò le due donne. Angela, mantenendo il suo sguardo gelido, si era avvicinata mentre Heidi. Le sue iridi chiare e erano fisse in un punto. Scrutavano con sorpresa ed una punta di gelosia, il modo in cui le dita di Nathan e di Niki, si erano intrecciate naturalmente.

“Nathan tesoro.. mi senti?”  Anche la madre, sembrava aver perso la sua famosa razionalità.

Niki continuava a stringere la sua mano. Ostentava un comportamento rilassato, che in quel momento, sicuramente non le apparteneva.

Muoveva lo sguardo da Nathan ad Heidi. Lo sguardo della donna, che pochi minuti prima lo fissava con sorpresa, era diventato colmo di disprezzo.

Si voltò verso Peter. Seduto, in modo tutt’altro che composto, su di una sedia di metallo vicino la porta. Il volto era basso, e nascondeva uno sguardo vuoto. Assente. Quasi fosse da un’altra parte.

Lasciò andare la mano di Nathan permettendo così ad Heidi di avvicinarsi senza rischiare di essere picchiata dalla rabbia.

Arrivò davanti a Peter.  Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. Uno sguardo assente, rassegnato, lo sguardo di qualcuno che combattendo una guerra si era reso conto di non avere speranze di vittoria.

“Hai promesso di prendere mio figlio..”

Cominciò Niki sospirando e passandosi una mano nei capelli.

“Io non ho promesso niente..”

Rispose amaramente Peter. Usò un tono, forse troppo duro, tutto considerato. Effettivamente lui glielo aveva detto. Non promesso ma detto sicuro.

Tornò con lo sguardo su di lei.  Gli occhi chiari, erano velati da leggere lacrime. Si aspettava una reazione del genere. Una reazione del tutto ragionevole, pensò. Una reazione umana.

Annuì alzandosi, senza guardarla negli occhi per troppo tempo.

“Aspetta qui.”

Annunciò lapidario, prima di sparire nel nulla. Ora nella stanza c’erano lei, Angela ed Heidi. Non si degnavano di uno sguardo. Intenti com’erano a guardare Nathan. Sospirò. Non sapeva né cosa dire né cosa fare.

Angela si voltò. Gli occhi duri e spietati, suggerivano un solo pensiero. La vedeva come colei che aveva distrutto il matrimonio del figlio.

“Signorina Sanders. Immagino che lei debba andare via.”

Disse, e sul suo volto apparve un ghigno beffardo. Voleva salvare l’immagine del figlio. Era un uomo in vista nel mondo intero. La sua amante era lì.. Insieme alla moglie. non era una condizione tranquilla.

“Si.. P-penso di si..”

Rispose con un fil di voce.

Si girò senza esitare ma la voce di Nathan la fermò dal suo intento.

“N-no!..”

Si voltò di scatto guardando l’uomo che cercava di tirarsi su dal letto con scarsi risultati. Le forse non erano ancora tornate, e quei dannati fili non aiutavano certo la situazione. Angela anticipò tutti aiutando il figlio. Anche se in realtà, l’intento della mandre era tutt’altro che aiutarlo.

“Fermo Nathan. Non hai le forze…”

Disse, marcando l’ultima parola e cercando di fermarlo, senza però riuscirci.

“Lei non deve andare via…”

Aggiunse guardandola. Era l’ultimo viso che aveva visto nella sua mente prima di svenire ed il primo che si era trovato davanti una volta sveglio. Era troppo. Troppo bello per essere vero.

Heidi si voltò a guardarla. Non disse nulla. Era come bloccata o qualcosa di simile. Un peso all’altezza dello stomaco impediva alle parole di liberarsi. Ne era certa. Quella donna era l’amante del marito. Ne era sicura.

L’anno prima.. Quel branche a casa Petrelli in compagnia del giornalista del Washington Post, e mentre tutto andava per il meglio lui tirò fuori quella storia della bionda…

*c’è stato un po’ di trambusto a Las Vegas, lei è sparito per parecchie ore…c’era di mezzo una bionda…*

Erano quelle le parole usate ma l’intervento di Peter aveva salvato la situazione…

Che stupida era stata!

Niki guardò Nathan. Era così bello.. Anche  dopo un’operazione dove aveva rischiato di perdere la vita. La faceva sentire sicura.. Ma nello stesso tempo si malediceva per quello che aveva fatto. Anzi, quello che aveva lasciato fare a sua sorella.

Annuì leggermente. Puntò gli occhi sulla moglie.

“I-io sono qui fuori a prendere un po’ d’aria..” disse rivolta all’uomo, sfoderando un sorriso tranquillo “Non vado via.” Concluse, uscendo poi nel corridoio.

Le emozioni che aveva provato nelle ultime 24 ore.. erano state troppo forti, anche per una persona abituata allo “stress” come lei. Uscendo notò che c’era qualcosa di strano. Camminava, normalmente. Ma.. L’ambiente intorno a lei, era diverso.  Camminava lungo il corridoio bianco dell’ospedale. Tutte le persone, che normalmente affollavano quel locale, erano scomparse. Alla sua mente, non arrivava alcun suono.  Tutto il mondo era diventato ovattato. Al suo orecchio arrivava  solo il leggero ticchettio dei tacchi contro il pavimento. L’intero ospedale silenzioso e le pareti bianche, rendevano quel momento quasi irreale.

Era completamente immersa nelle sue sensazioni. Troppo forti per essere gestite razionalmente. Provava gioia. Pura gioia, per averlo rivisto. Terrore. Terrore liquido per le conseguenze che avrebbe potuto portare nella sua vita. Paura costante. Non aveva ancora visto suo figlio.

La sua vita le era sembrata vuota senza di lui. Incolore. Inodore. Non abbastanza piena da essere vissuta. Non abbastanza piena, da essere considerata vita. In fondo, una vita sprecata è una vita non vissuta. E probabilmente aveva ragione.

Camminava quasi in uno stato di parallelismo.. Molta gente la urtava e le passava accanto, ma lei non sentiva niente. Solo il rumore del suo respiro riempiva la sua mente. Fotografi fermi nel corridoio, intenti ad aspettare lo scatto dell’anno.  “L’ex Parlamentare sopravvissuto”. Titolo degno di prima pagina.

 “Mamma!” Sentiva chiamare in lontananza come dal lato opposto di una lunga galleria vuota.. dove è facile produrre l’eco.

“mamma mi senti?”  La voce era sempre più vicina. Improvvisamente tutto riprese colore. Le pareti divennero bianche e le mattonelle cominciarono a disegnarsi. La gente cominciava ad apparire vicino a lei. Fotografi. Molti fotografi. Un vociare continuo. Commenti sull’accaduto.

E poi lo vide. Si trovava a qualche metro di distanza vicino a Peter. Era bellissimo. Come sempre. Il suo vero e unico amore. Le sorrideva.

Ricambiò il suo sorriso prima di corrergli incontro e di vederlo fare lo stesso.

Pochi secondi che sembravano interminabili e lo strinse tra le braccia.

“Amore mio sei qui!!” Sussurrò stringendolo più forte che poteva. Lui, nonostante avesse problemi di respirazioni,  per la foga con cui fu stretto, ricambiò l’abbraccio. In fondo, la madre era tutto. Tutto per lui.

Mentre lo stringeva alzò lo sguardo su Peter. La guardava. Sul suo volto si dipinse un sorriso quasi impercettibile. Non l’aveva mai visto sorridere, da quando era apparso fra le fiamme.

“Grazie..”

 Mimò con le labbra senza far uscire alcun suono. Ma lui l’avrebbe capito comunque.

Si alzò, tenendo il bambino per mano. Non aveva idea di cosa fare. Vide uscire dalla porta Heidi. In maniera veloce, senza guardare in faccia nessuno. Aveva capito tutto. Tutto. E quella situazione, era diventata troppo da sopportare. Anche per lei.

Niki sospirò, perima di guardare Peter. Cercava  un sostegno. Qualcuno che le dicesse cosa fare.

“Devi andare da lui, Niki…” Disse, anticipando ogni sua domanda.. quasi riuscisse a leggerla nella mente. Non ne era del tutto sicura.. ma non glielo chiese mai.

Annuì guardando suo figlio..

“Ok mio piccolo genio.. ora andrai con Peter.. Dovunque lui voglia o debba andare.La mamma deve fare una cosa.”

Spiegò chinandosi per raggiungere la sua altezza e guardarlo dritto negli occhi.

“Non posso restare con te?” chiese in modo ingenuo Micah. Ora che aveva ritrovato sua madre.. Mai e poi mai avrebbe voluto liberarsene.

Nicole sorrise. Un sorriso triste, segnato da amarezza. “No tesoro. Mi dispiace, ma ti prego. Fai come ti dico. Ci vediamo dopo.”

Continuò guardando Peter che aveva uno sguardo indecifrabile sul volto. Quasi shockato.

Il bambino arrivò vicino a lui. Lo affiancò e lo guardo dal basso, mostrando un sorriso incredibile. Quasi avesse ritrovato una cosa perduta anni prima.

Nicole cominciò a camminare e Peter si voltò tenendo per mano il piccolo-genio, affiancandola.

“Io non sono un Baby-sitter! Chiaro?” urlò quasi,  con tono sarcastico. Non ci sapeva fare, con i bambini. O  almeno. non più. Magari il Peter del presente sarebbe stato più utile, o  capace.. ma Dio solo sa dove fosse.

Niki sorrise fermandosi davanti alla porta blu. Si fermò per qualche secondo e poi si girò. Per guardarlo.

“Peter. Fammi questo favore. Ti Prego.”  disse con tono basso. Gli occhi celesti, fissi in quelli verdi del ragazzo.

Lui la conosceva..  O almeno conosceva quella del futuro. Sapeva. Sapeva quanto amasse suo figlio.

Annuì senza dire nient’altro.

“Grazie. Tornerò presto, tesoro..” detto questo, sorrise a Micah ed entrò chiudendosi la porta alle spalle.

Peter fissò il numero bianco sulla porta blu,  per qualche secondo. Il “clock” della porta risuonò per il corridoio. Subito dopo, abbassò lo sguardo verso quello del bambino che lo guardava colpito. “Che hai da guardare genio?” chiese, soffiando l’ultima parola. Camminavano l’uno a fianco dell’altro.

“ Io non ti piaccio…” cominciò tranquillo. ma la cosa è reciproca…sei un musone..antipatico asociale..e non sai sorridere..” continuò Micah, seguendo il suo ragionamento lineare. Era un bambino intelligente e aveva capito il carattere di Peter. Strano. Inusuale. Interessante.. e poi aveva salvato la vita alla sua mamma.

“Non sono affari tuoi cosa sono. O come sono…” Aggiunse sedendosi nella sala d’aspetto. Era stanco. Molto stanco. Costretto a vivere in un mondo che non era il suo. Era tutto diverso, adesso. Tutto rosa e pieno di amore. Tutto questo buonismo. Gli dava fastidio. Molto fastidio.

Micah prese posto accanto a lui, e piantò i suoi occhi scuri su di lui.

 “Dovresti trovarti una ragazza..” commentò serio, per poi guardare la televisione che si trovava nella sala.

Peter si girò guardandolo.. ma lui non gli prestava più attenzione.

Inarcò un sopracciglio, sospirando. Sorrise, in modo sincero stavolta. Magari Micah poteva veramente aiutarlo.

 

**

 

 

 

Grazie mille a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo. Grazie mille! Speriamo vivamente, che vi piaccia anche il secondo.

Un bacio,

_Nikifan#1_

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Inizio

.A Little At The Time.

.Truth And Consequences.

 

Cap 3

 

New York- ex studio di Isaac Mendez-

 

Mohinder era lì,con Molly e Maya che aveva appena ripreso conoscenza.. Sylar le aveva sparato.. ma con il sangue del dottore si era risolto tutto.

Poi ringraziando neanche lui chi..se Dio oppure le telecamere di sorveglianza dell’impresa…o Elle che in pochissimi minuti era arrivata e lo aveva fatto scappare…

Era seduto sulla sua scrivania..e aveva acceso il televisore.. le siringhe contenenti il suo sangue erano lì davanti a lui..sentiva che c’era ancora qualcosa che gli sfuggiva..ma cosa?...cosa mancava?..cosa doveva fare?.. mentre guardava le immagini il servizio di Nathan non tardò ad arrivare..

“Stamane durante una conferenza che l’ex parlamentare Nathan Petrelli aveva organizzato per parlare al mondo di un cambiamento globale…quest’ultimo è stato vittima di un tentato assassinio..

Non si consoce ancora l’identità della mano che ha sparato..le autorità stanno ancora analizzando i filmati…il sig. Petrelli si trova nell’ ospedale Presbyterian di New York con la sua famiglia e le condizioni sono stabili..ci collegheremo con Arthur Gembler sul posto…”

E mentre il singnor Gembler veniva inquadrato, dietro di lui c’era lei, Niki..immobile che abbracciava il figlio.

 Mohinder ebbe come un sussulto un colpo al cuore quando la vide..ecco cosa mancava..Lei! doveva aiutarla..non lo aveva fatto…

Si alzò mentre guardava ancora il filmato..gli uscì un sorriso guardandola..non capiva perché non riusciva a staccarsi dal guardarla..rimase fisso finchè il servizio non finì…

“Mohinder!! Cosa cè?” era la voce di Molly..lo guardava guardando il televisore cercando di capire qualcosa ma era difficile..lui era quasi sempre indecifrabile…enigmatico..

Si risvegliò dal suo stato ti trance.. e guardò la bambina…

“Devo andare…devo aiutare una persona Molly…tanto qui ci sono Elle e Maya e ho appena chiamato Petrelli..che arriverà tra poco…” prese tutto alla svelta..comprese le chiavi della macchina dell’impresa…doveva sbrigarsi..

“Torno appena posso!” disse prima di uscire dallo studio di Mendez per dirigersi verso l’ospedale..

Correva..urtando molte persone nella sua strada.. “mi scusi!!”--- “chiedo scusa..” --- “mi dispiace!!”

Erano le parole che ripeteva nella corsa senza neanche voltarsi per guardare il soggetti ai quali erano dirette le sue scuse..

Arrivò in macchina..e posò la borsa con le siringhe sul sedile del passeggero..allacciandosi la cintura e partendo..

*devo farlo…devo aiutarla..lei non può morire…non deve morire!* pensava a questo mentre rivedeva i momenti in cui era stato insieme a lei..non molti erano piacevoli da ricordare ma qualcuno si..forse due su 10..

L’aggressione a Bob… dove era stato costretto a metterla K.O… poi il suo risveglio..quando aveva tentato di liberarla ma lei non volle sentire ragioni…doveva essere curata!...

Poi il pugno dopo che gliela avevano affidata come partner…ma lì non era in lei..poteva capirla..e infine il momento più triste..

Quando le aveva detto che il suo sangue non poteva più curarla..il suo sguardo..era stata una fitta allo stomaco e lo era ancora..i suoi occhi azzurri..pieni di tristezza e di terrore..non poteva dimenticarli..

Il semaforo si fece rosso e lui si chiuse gli occhi cercando di respingere il dolore…rivivendo il momento….

*Niki era seduta su una sedia alle sue spalle.. mentre lui era in piedi che lavorava con il computer alle sue analisi per individuare il ceppo del suo virus..

“come va il naso??ti fa male?” le aveva chiesto in modo dolce..come era solita fare con tutti quando era in se..

Non poteva certo dirle che stava bene..ma neanche la pura e semplice verità…

Sorrise continuando a darle le spalle.. “solo quando respiro..” disse in modo ironico riuscendo così a dirle la verità e cercare di non farla sentire in colpa..

“mi dispiace…” aveva aggiunto lei abbassando lo sguardo per l’imbarazzo logicamente..

Lui si voltò guardandola..era estremamente bella..

“non preoccuparti..non eri in te…” cercò di tranquillizzarla quando il bip del computer attirò di nuovo la sua attenzione..ma purtroppo quello che vide non era niente di buono..

“non adesso..” sussurrò continuando a litigare con il pc…

Niki alzò lo sguardo su di lui..notando la sua preoccupazione…  “che succede??” ..

Mohinder la guardò..con sguardo terrorizzato..come poteva dare una notizia del genere ad una ragazza con quei bellissimi occhi…

“il virus…è-è mutato..è un altro ceppo…” cominciò  mentre notava il suo sguardo..non riusciva a capire..o forse aveva capito e fingeva di non farlo per paura che fosse esatto quello che aveva intuito..

“il mio sangue non lo ferma più…” aggiunse lui..con voce molto più bassa e triste…

Lo sguardo di Niki si attristò ancora di più.. “quindi morirò?”chiese in modo retorico con voce rotta..come di chi si è svegliato da un lungo e bellissimo sogno e si è reso conto di non poter sognare mai più…

Gli occhi di Mohinder divennero più cupi…*

 

Riaprì gli occhi risvegliato dal clakson di una macchina alle sue spalle..

“è verde cretino ti vuoi muovere!?!” urlò l’uomo alla guida di una ford mustang cobra nera..

Schiacciò l’accelleratore tornando in se..e dirigendosi verso il Presbyterian dove era ricoverato Petrelli.

Dopo un’ora di viaggio..tra semafori che sembravano essersi messi d’accordo per ritardare il suo arrivo o qualche autista pazzo e isterico che aveva rischiato di urtare nella sua corsa era giunto nel parcheggio dell’ospedale lasciando al macchina non poche lontano dall’entrata e correndo nella sala principale.. la “hall” se così poteva essere chiamata quella zona del Presbyterian…

Arrivò velocemente alla receptions dove una signora sulla cinquantina sorrise all’uomo che sembrava aver appena vinto la maratona di New York..

“cosa posso fare per lei?” chiese con tono gentile ed educato come probabilmente le era stato insegnato per lavorare..

“sto cercando la signorina Sanders…credo sia ricoverata qui!”

Chiaramente il suo pensiero era quello…l’aveva vista in ospedale e sospettava che si trovasse lì per via del virus..forse cominciava a subire qualche sintomo..

La signora spulciò l’archivio del computer…ma niente..scosse la testa tornando con lo sguardo sull’uomo.. “ mi dispiace ma nessuna signorina Sanders è ricoverata qui…” disse facendo spallucce..

Rimase sorpreso finchè non si sentì tirare la maglia da qualcuno..  si girò e abbassò lo sguardo perché l’autore di quel gesto era un bambino…di colore riccio..molto bello che lo guardava sorpreso..

“ciao…” azzardò Mohinder..non sapendo cos’altro dire..

Il ragazzo lasciò la sua maglia e squadrò l’uomo..era Mohinder Suresh lo aveva riconosciuto..ma evidentemente lui no..

“sono Micah dott. Suresh…” spiegò sorridendogli..

Era il figlio di Niki..che stupido non lo aveva riconosciuto…

“oh..si certo..ciao Micah…” disse imbarazzato..per poi ringraziare la signora della reception e spostarsi per permettere ad altri di chiedere informazioni..

“perché cerchi mia mamma?” chiese subito Micah che evidentemente aveva sentito la sua domanda alla donna…

Niki gli aveva detto che era intelligentissimo..ma non si aspettava tanto..

“ho bisogno di darle una cosa.. di curarla…sai dov’è?” in quel momento però un uomo apparve dietro a Micah…vestito scuro cicatrice sul volto..era Peter Petrelli..oppure uno che gli somigliava molto..

“Niki si trova con mio fratello nella camera 707 ma non si può entrare ora…” spiegò brevemente guardando il dottore..

“peter??...cosa hai fatto al viso?..e cosa ci fai qui io ti ho chiamato per raggiungermi nel mio studio!...”

Cominciò Suresh leggermente confuso..ma non poteva essere altrimenti..guardò lui e poi il bambino…

“no..hai parlato con il Peter di questa dimensione..di questo anno..io..sono del futuro..” cercò di spiegarsi nel modo più semplice al dottore..non era facile perché la situazione non lo era..

Mohinder spalancò gli occhi…era tutto pazzesco si!..ogni giorni diventava peggio!...

“oo-ok… wow…” disse sospirando e scuotendo la testa…non si era ancora abituato a tutto questo..

Strinse le braccia al petto..guardando i due che sembravano in attesa come lui..

“quando posso parlarle?” chiese ancora..era insistente e questo dettaglio non sfuggì a Peter ne tantomeno a Micah…d’altronde a quel bambino non sfuggiva niente…come sempre!

“appena uscirà dalla stanza di Nathan…” rispose prontamente Peter..tornando a sedersi…

“se vuoi puoi aspettare con noi!!..” aggiunse Micah che non voleva lasciare Mohinder solo in fondo era lì per il suo stesso motivo.. sua madre.

Mohinder annuì seguendo il bambino e prendendo posto accanto ai due..rimanendo in silenzio..attendendo.

 

Un ringraziamento speciale ai lettori dei capitoli precedenti. Spero che anche questo sia di vostro gradimento.

Baci, 

_nikifan#1_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

word to html converter html help workshop This Web Page Created with PageBreeze Free Website Builder  chm editor perl editor ide

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Inizio

Cap 4

 

New York – ex studio di Isaac Mendez –

Peter…il peter che tutti conoscevano..non quello con il viso sfigurato a causa di chissà quale battaglia combattuta..

Camminava a passo svelto..come sempre..guardandosi in giro..

Sapeva esattamente dove doveva andare ma la sua prudenza era sempre esagerata…

Arrivò davanti alla porta dello studio..era aperta..non un buon segno..

La aprì lentamente..controllando che la via fosse libera..e appena mise un piedo al suo interno venne scaraventato contro il muro successivo da qualcuno..

Ma la forza usata non era tanta..quella necessaria..volendo poteva liberarsi ma non lo fece..

“sono Peter…mi ha chiamato Suresh!” disse alzando le mani dando ancora le spalle al suo aggressore… poi improvvisamente si sentì libero..lo aveva lasciato..

Sospirò..un sospiro di sollievo..era andato tutto bene e non era morto perché creduto un assassino o qualcos’altro..

“Peter?!”

Quella voce?!..lui la conosceva..come dimenticarla..visto che per mesi era stata l’unico svago che aveva avuto in quella specie di prigione nella quale l’impresa l’aveva chiuso per “aiutarlo”..

Si voltò..lentamente e la vide..Elle Bishop..che lo guardava con un mezzo sorriso..quasi fosse felice di vederlo..

Peter non ebbe la stessa reazione…tutt’altro..indietreggiò tornando appiccicato al muro..

“che diavolo ci fai tu qui?!” sbottò guardandosi in giro e notando la ragazza sdraiata sul letto con la maglietta insanguinata..

“che lei hai fatto?” aggiunse correndo verso di lei…

Tenendola sotto controllo..

Elle chiuse leggermente gli occhi…le faceva male che lui pensasse questo di lei…e molto..più di quanto pensasse.

“io non ho fatto niente!” rispose di stizza seguendolo e scendendo le scale per avvicinarsi a lui e a Maya..

“stai lontana da noi!!” disse peter alzandosi puntando una mano verso di lei..emanando della luce blu..era elettricità proprio come quella che riusciva a creare lei..

Spalancò gli occhi..guardando che anche lui poteva usare il suo stesso potere…e alzando le mani con fare difensivo..

Peter tornò con lo sguardo su Maya che sembrava stare bene probabile che fosse svenuta..o roba simile..le sentì il polso da bravo ex-infermiere-di-grido. Era regolare..tutto ok niente di grave.

Mentre prendeva una siringa per iniettarle il suo sangue arrivò Molly che si avvicinò a Elle..aveva le braccia alzate..era buffa..

Si avvicinò a lei guardandola con sguardo strano curioso..

“..ma perché hai le mani in quella posizione?” le chiese per ridere leggermente..era un tipo allegro Molly nonostante avesse vissuto con incubi di ogni genere che le impedivano di dormire….

Elle si voltò…lei non era mai amichevole con nessuno..e non era neanche abituata a persone che le sorridevano così senza motivo come stava facendo la bambina…

“..bè..Peter crede che io abbia quasi ucciso Maya!”

Le disse indicando il ragazzo.. Molly non lo aveva visto e quando si voltò rimase fissa a guardarlo..era strano..molto particolare..se lo ricordava un po’..ma da quella sera a Kirby Plaza le cose erano cambiate e lui non aveva più i capelli lunghi..ma corti…

Bè quelle erano le prime cose che notavano i bambini…le cose più superflue..ma Peter era cambiato sotto molti aspetti..non era il solito buonista..che a occhi chiusi aiuta chiunque..visto che ultimamente aiutava i criminali..vedi Adam..

Ora era diverso..era più cauto..andava più in fondo alla faccenda prima di prendere una posizione..

“lei non ha fatto niente!” esclamò Molly verso Peter..che si voltò all’istante guardando la bambina..

“è pazza!” rispose riferendosi a Elle..per poi prendere il cellulare per avere notizie di Nathan..

Elle lo guardò per qualche secondo e poi abbassando le mani in maniera nervosa si allontanò…sedendosi su una sedia accanto ad un cavalletto che probabilmente era servito ad Isaac qualche anno prima. Non lo aveva conosciuto ma l’impresa si..e li aveva anche aiutati..o tanto per essere precisi aveva aiutato Bennet a salvare la figlia…la dolce-smielata-piangiucolosa-claire….

“ok..e lui come sta ora??...va bene..ci risentiamo nel pomeriggio…ciao mamma saluta Heidi…”

Peter aveva appena avuto nuove notizie di Nathan..positive fortunatamente…mise in tasca il cellulare riavvicinandosi a Maya che ora aveva vicino a se Molly..le raggiunse..sorridendo alla bambina…

“io sono Peter comunque…” disse passandosi una mano tra i capelli come era solito fare…come faceva in ogni occasione in cui c’era parecchia tensione..

Molly alzò lo sguardo su di lui..lo guardava male…

“..lei ci ha salvati…Sylar ha cercato di ucciderci..e lei è intervenuta per salvarci….”

Spiegò tornando con lo sguardo su maya che stentava a riprendere conoscenza..

“..ah…i-io non lo sapevo…” rispose in maniera goffa a causa dell’imbarazzo..

Si voltò a guardarla..era seduta in maniera composta mentre si guardava e toccava la ferita del braccio..con un espressione buffa..quasi infastidita come quella dei bambini…

Si alzò avvicinandosi a lei..non sapeva come iniziare il discorso..voleva scusarsi ma non era facile..

“elle?..” iniziò chiamandola cercando di attirare la sua attenzione…non era facile con un tipo come lei..se la ricordava bene…

Lei lo sentì pronunciare il suo nome..e con molto stupore lo guardò..rimanendo con il braccio sinistro che toccava la ferita del destro…

“che vuoi Peter?” disse in modo freddo..non era tipa da dimenticare facilmente quello che le accadeva…

“si lo so…sono un cretino…”  cominciò con tono serio..lo era stato..in fondo si..l’ultima volta che l’aveva vista lei aveva tentato di ucciderlo..fandogli fuoco..ma ora la situazione era diversa..

Lei lo guardò di nuovo negli occhi in modo serio…

“l’ho solo aiutati…” aggiunse a bassa voce…cercando di giustificarsi…per lei la parola aiuto era del tutto nuova..

Lei aveva sempre creduto di aiutare le persone, quando portava a termine un incarico del padre..ma quello era tutto l’opposto di aiutare e ora cominciava a capirlo..un passo alla volta…

Peter sorrise..era cambiata..la vedeva diversa..e questo non poteva che essere un bene.

“lo so…” disse prendendo una sedia e sedendosi accanto a lei..era l’unica che conosceva..se così poteva affermare..era l’unica con la quale poteva parlare liberamente..non che si fidasse..non ancora ma comunque era meglio di niente..

“cosa ti è successo?..come mai questo cambiamento?” chiese ingenuamente..in fondo la piccola di papà di solito non disubbidiva mai al sign. Bishop, e cercava in tutti i modi di portare a termine i suoi incarichi..ora sembrava quasi bramare alle sue spalle..

Elle lo guardò..era l’unico con il quale aveva parlato..l’unico con il quale si era confidata..mai con nessun altro..perchè non farlo anche ora?..

“bè..qualche giorno fa ho scoperto che mio padre…testava i miei poteri con un modo inusuale per un padre nei confronti della figlia..” cominciò sorridendo nervosamente..un sorriso amaro che sottolineava il suo stato d’animo..

“quando avevo sette anni..ha testato la mia forza per produrre energia..portandomi spesso allo svenimento, non sopportavo quello sforzo…una bambina non può sopportarlo…”

Quella era una nota triste della sua vita..l’aveva scoperta da poco ma si era aperta una ferita profonda..quasi lacerante di ora in ora..l’uomo che aveva sempre guardato come il suo papà..che l’amava più della sua stessa vita in realtà la usava e la sfruttava a suo piacimento… Non era facile da accettare..

Peter continuava a guardarla..senza riuscire a proferire parola..era veramente incredibile quello che il genere umano era disposto a fare pur di raggiungere i propri scopi..

Istintivamente prese la mano della ragazza…era fredda..tesa..come se non l’avesse mai stretta nessun’altro..

“mi dispiace Elle..veramente..”

Rispose con sguardo intenso..sincero..il classico sguardo di Peter Petrelli..il Peter generoso che si farebbe in quattro pur di aiutare qualcuno..

La ragazza guardò le loro mani..era curioso scoprire nuove sensazioni..come quella che provava in quel momento..

Un vuoto allo stomaco…una sensazione di gioia…di calore umano.. si sentiva protetta per la prima volta.. si sentiva rassicurata..

Possibile che un ragazzo solo potesse scatenare in lei quelle reazioni?

Tornò con lo sguardo su di lui..era troppo orgogliosa per ribattere con tono amichevole..non era da Bishop..non era da lei..

“si..so gia come va a finire ok?..tu fai il carino e poi o fuggi o fai qualcos’altro..”

Commentò ritirando la mano..tornando a guardarsi la ferita..non era abituata a soffrire fisicamente perché non aveva mai trovato nessuno che la ostacolasse..mentre Noah Bennet ci era riuscito..

Peter rimase impietrito dal suo comportamento..lui voleva solo consolarla..ma poi analizzando le sue parole..capì che si riferiva alla sua fuga dall’impresa..

La guardò accennando un sorriso. Era ambigua, molto particolare..con una sua personale visione del mondo. Aveva sempre ragione oppure voleva averne a tutti i costi. Il suo esatto contrario..non avevano niente in comune. Lei si sentiva sola avendo un padre che non l’amava e nessun amico. Lui aveva Nathan, Claire, e ora Caitlin, bè magari ora non proprio visto che era dispersa.

Mentre pensava alle loro differenze e cercava qualche possibile filo conduttore tra i due i suoi occhi caddero sulla sua ferita, non sembrava recente ma immaginava che le desse parecchio fastidio.

Sorrise alzandosi prendendo una siringa, in fondo il suo sangue poteva aiutarla, o forse no.

Certo anche lui era in grado di rigenerarsi come Claire ma forse il fattore genetico era diverso.

Tentar non nuoce.

Prese la siringa prelevando un po’ del suo sangue, come aveva fatto Adam. Poi si avvicinò ad Elle..

Si schiarì la voce.. “scusami..posso provare una cosa?”.

La sua voce era titubante. Non sicura ma pur sempre sincera..

Elle alzò lo sguardo prima sui suoi occhi intensi..profondi e poi sulla siringa..

Non amava gli aghi, fin da bambina aveva sempre avuto una fobia per essi.

“ehm..senti io n-non credo sia una buona idea…” disse scuotendo la testa con fare vago.

Un orgogliosa come lei non poteva dare a vedere di essere debole alla vista degli aghi, ne avrebbe perso la sua reputazione.

Peter la guardò serio per qualche secondo, non riusciva a capire perché fosse così testarda da non volersi fidare. Certo, l’avere un padre che non ti ha mai dedicato le attenzioni che di solito un figlio meriterebbe, non aiutava di certo.

Poi però un’ idea, divertente ma molto improbabile gli balenò nella mente.

Era forse possibile che Elle Bishop, il sicario dell’impresa, colei che spaventava la metà dei suoi colleghi anche solo con uno sguardo, avesse paura degli aghi???

Sorrise leggermente, avvicinandosi sedendosi sulla stessa sedia di prima.

“mi scusi signorina, ma non è che forse lei ha paura degli aghi?” chiese con un ghigno che nascondeva molte altre frecciatine. Era una presa in giro vera e propria che probabilmente avrebbe mandato Elle fuori giri.

Lei alzò lo sguardo immediatamente, incatenando i suoi occhi azzurri chiarissimi quasi trasperenti ed impossibili da decifrare, a quelli verde bottiglia, caldi del ragazzo, che mantenevano come sottofondo una grande intensità e passione. Erano nettamente contrastanti. Come il bene e il male,  il bianco e il nero.

Rise in maniera tesa nervosa, come quando sei stato beccato in fragrante mentre fai qualcosa che non devi fare!

“ti pare che una ragazza come me si spaventa davanti a- ..a dei cosi come quelli?!”

Rispose in maniera goffa, chiaramente mentendo, ma cos’altro poteva fare? Ammettere che la spaventavano a morte?, no l’orgoglio viene prima di tutto!

Mentre cercava altre parole da utilizzare per scagionarsi, distolse gli occhi per paura di cedere alla vista dei suoi.

Poi sbuffò guardando a terra, cercando un qualcosa per distrarsi, un qualcosa che tardava ad arrivare.

Tornò con lo sguardo su di lui, che la guardava con un sopracciglio inarcato, chiara espressione di chi la sa lunga e aspetta che gli venga dato ragione.

“ok! È vero! Ho paura degli aghi!” sbottò Elle facendo spallucce.

Per lei non era grave, certo era difficile ammetterlo per una tipa come lei, ma si era imposta di cambiare ed anche quello sarebbe stato un nuovo ostacolo da superare: Essere sincera con il prossimo!

Peter cominciò a ridere cercando di trattenersi. A volte Elle era strana. Divertente a suo modo. Ma strana! Era capace di cambiare umore da un momento all’altro, causando così a chi le stava vicino di rimanere leggermente confuso dai suoi modi di fare. Ma lui ormai ci aveva fatto l’abitudine..

Lo sentì ridere e questo la portò a guardarlo di nuovo. Era strano. A lei non capitava mai di ridere. O perlomeno non le capitava mai di ridere sinceramente. Di solito rideva per qualche avvenimento macabro che causava. Lei era così, era capace di ridere nei momenti meno opportuni.

Ma guardandolo, sorridere in quel modo, qualcosa si mosse dentro di lei; come un sentimento represso che si faceva largo nella prigione nel quale era stato segregato per 16 anni e che ora vedeva per la prima volta uno spiraglio di luce.

Sul suo viso cominciò quindi a delinearsi un sorriso. Leggero quasi invisibile ma c’era, e questa volta era sincero!

Strano che a scaturire tutto questo fosse stato Peter. Mai e poi mai avrebbe pensato che proprio lui l’avrebbe indotta a sorridere per quella che forse era la prima volta nella sua vita.

Era bello! Una stupenda sensazione di tranquillità e gioia insieme, tutte cose nuove per la piccola Bishop.

Peter rimase colpito! Forse quella era la prima volta che la vedeva sorridere, e quel sorriso era a dir poco splendido, sincero, sembrava quello di una bambina.

Scosse la testa come per svegliarsi dal coma vigile in cui era caduto.

Si schiarì la gola per tornare alla normalità. Lui non poteva affezionarsi a lei. Non doveva.

“ok Elle, allora facciamo così, ti prometto che non sentirai nulla. Io facevo l’infermiere ed ho le mani d’oro.”

Cercò di convincere la ragazza, in fondo lo faceva per il suo bene. Non riusciva a smettere di toccarsi la ferita.

La ragazza titubò per un istante. Ma poi decise di salire anche lo scalino successivo.

Annuì lentamente. Porgendo il braccio sano al ragazzo. Visto che in quello ferito non era possibile individuare la vena.

Automaticamente si voltò dall’altra parte. Meglio non guardare. Si al primo scalino ma quando è troppo è troppo.

Peter sorrise leggermente prendendo il braccio della ragazza con la mano sinistra. Era molto colpito da lei, era esattamente diversa da come se la aspettava.

Dopo qualche secondo iniettò il suo sangue. La ragazza non si mosse come se non se ne fosse resa conto.

Estrasse la siringa e la posò sul tavolo.

Elle si girò con sguardo interrogativo. Non si era neanche accorta che il ragazzo aveva gia iniettato il suo sangue. Si guardò il braccio e poi sentì che il fastidio proveniente da quello malato stava svanendo di secondo in secondo.

Slacciò la fasciatura e con sua enorme felicità era guarita.

Perché non ci aveva pensato prima? Bastava un po’ del sangue di Peter o di Claire. Anche se per quest’ultima l’averlo sarebbe diventata un utopia.

“grazie Peter..” disse alzandosi per gettare la scomodissima fasciatura.

“figurati, mi sono fatto perdonare.” Rispose prontamente abbozzando un sorriso.

Elle sorrise divertita. Perdonare? Per quello che aveva fatto?. Cioè scappare da una gabbia nella quale volevano fare esperimenti sugli essere come lui. Esperimenti a volte anche brutali, e quindi, esattamente, Di cosa doveva essere perdonato?

“non hai niente da farti perdonare Peter..”

Quella era la verità, pura e semplice. Aveva fatto quello che era giusto. Senza badare a nient’altro. Se ci fosse riuscita lei tempo prima, probabilmente molte cose sarebbero diverse ora.

Detto questo si riavvicinò a Molly e Maya in modo molto veloce. Quasi non volendo dare modo di risposta a Peter. Quello che aveva detto era una grandissimo passo avanti per lei. Di solito attaccava chiunque e ora invece, faceva di tutto per aiutare.

Peter la seguì con lo sguardo. Era senza parole. Letteralmente.

La seguì, lentamentamente, fermandosi a pochi metri da lei.

“allora Molly, per caso, sai dove andava Mohinder?”

Chiese ricomponendosi e cercando le chiavi della macchina dell’impresa, senza successo ovviamente, visto che Mohinder le aveva gia prese, ma questo lei non poteva saperlo.

Molly scosse la testa. Era stato strano il dottore, dopo quel servizio dell’ospedale era sparito.

“no Elle, è stato attirato da un servizio in televisione, quello sull’attentato…” cominciò esibendo uno sguardo ambiguo. Era logico per una bambina non capirne molto.

“poi ha preso ed è uscito di corsa, ma questo lo hai visto anche tu..”

Elle annuì, effettivamente Il dott. Suresh aveva avuto un comportamento strano. Era fuggito così.

Poi improvvisamente però, si ricordò che era il fratello di Peter il soggetto dell’attentato, così si voltò verso il ragazzo.

“Mohinder è da tuo fratello..”

Accennò al ragazzo mentre continuava a mettere sottosopra la scrivania del dottore. Doveva pur trovare un qualsiasi mezzo di trasporto per arrivare da lui.

Peter la guardava incuriosito.

“scusami Elle, cosa stai cercando?” chiese poi avvicinandosi alla ragazza.

Sembrava in preda ad un attacco di panico nel quale qualsiasi cosa si tocca la si getta per terra.

“deve prendere una macchina ed arrivare all’impresa..” voleva vedere che fine avesse fatto il padre e poi Trovare quel maledetto fascicolo che la riguardava. Doveva trovarlo!

Peter frugò nelle tasche ed estrasse il mazzo di chiavi della berlina del fratello. Facendole oscillare davanti agli occhi della ragazza.

“eccole!” disse sorridendo.

Elle alzò lo sguardo per poi puntarlo sul mazzo di chiavi del ragazzo.

Probabile che la macchina fosse la sua. Certo che addirittura arrivava a prestargli la sua auto. Potevano dichiarare di essere ufficialmente amici? È così che si definiscono certe persone no?

Ma lei non era certa neanche di quello.

“Mi presti la tua auto?” chiese abbozzando un sorriso divertito. Poi fece per prendere le chiavi ma Peter ritrasse la mano scuotendo la testa.

“no! Vengo con te..” rispose serio per poi voltarsi e prendere la giacca che aveva lasciato sulla sedia..

Elle rimase un momento immobile. Poi però i suoi occhi caddero su Molly, non potevano lasciarla lì.

“no Peter, qualcuno deve rimanere con Molly…”

Rispose scuotendo la testa. La bambina non doveva rimanere da sola. Non era sicuro.

Poi improvvisamente Maya tossì. Stava riprendendo conoscenza piano piano.

Elle corse verso di lei sospirando una volta arrivata vicino al letto dove si stava riprendendo.

Abbozzò un sorriso guardandola. Ce l’aveva fatta. Si stava riprendendo del tutto. Il merito era del dottorino che aveva sottovalutato quel giorno. Eppure non era male.

Guardò la bambina, guardava la donna sorridente.

“Ok, ora penso che possiamo andare, Molly te la senti di restare qui da sola?”

Chiese Elle abbassandosi per arrivare alla stessa altezza della bambina in modo da poterla guardare dritta negli occhi.

Molly annuì sedendosi accanto a Maya che sembrava stare decisamente meglio.

“si non cè problema, resto con lei..”

Detto questo la bambina strinse la mano della donna.

Elle annuì e cominciò a camminare superando Peter che rimase un attimo imbambolato per poi correrle dietro.

Scesero le scale dell’edificio fino ad uscire ritrovandosi in strada.

Improvvisamente si fermò. In un modo tanto improvviso che Peter la urtò.

Abbassò lo sguardo per l’imbarazzo per poi sorridere.. “scusa..”

Disse subito dopo cercando di ricomporsi.

“figurati Petey..” lo schernì lei, ridendo del suo imbarazzo. Era fin troppo facile per lei leggere le espressioni delle persone. Lei ne era immune e le conosceva solo tramite gli altri.

Si guardò intorno, cercando di capire quale fosse la macchina.

“Peter..l’auto dov’è?” chiese tornando a guardarlo…

Lui sembrò risvegliarsi dal suo stato di coma vigile..

“si, è lì!” disse guizzando con lo sguardo sulla berlina rossa fuoco.

Elle sorrise, amava le macchine veloci. Amava il brivido e quelle erano gli unici giocattolini in grado di provarglielo.

“ok..sarà molto divertente..” ammise avvicinandosi sorridente alla macchina mentre Peter si affrettava ad aprirla.

Era bella. Probabilmente apparteneva al fratello, non a lui. Non sembrava tipo da BMW. Tutt’altro!

Si sedette sul sedile del passeggero.

“dobbiamo arrivare lì il prima possibile Peter.” .

Disse per poi allacciarsi la cintura.

Il ragazzo annuì mettendo in moto e facendo scattare la macchina. Il suono stridulo delle gomme attirò molta attenzione. Ma non era quello il momento di farci caso.

 

 

Ringrazio tutti i lettori dei capitoli precedenti con la speranza che anche questo sia di vostro gradimento.

Baci a tutti.

 

_nikifan#1_

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=265024