Everytime, Everyday, Everything...

di Raheela Orbeli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dubbi ***
Capitolo 2: *** Il Fato ***



Capitolo 1
*** Dubbi ***


Non tornare da lui.

 

Parole illogiche e prive di razionalità che però mi lasciavano interdetta, appesa ad un filo, facevano riaffiorare tutti i pensieri cupi che avevo dentro da tanto tempo e che, per paura, faticavano a venire a galla.

 

Lo leggevo nel suo viso che l'amore che provava per me non era abbastanza, non lo era mai stato; era soltanto un'illusione che il mio stupido cuore si era creato per non soffrire, avevo sperato che lui, dopo cinque anni di corteggiamento asfissiante, mi avesse dato libero accesso ai suoi sentimenti. Ma nei suoi occhi vedevo riflesso solo il mio amore.

 

Non potevo vantarmi di conoscere le emozioni di Irie-Kun, del glaciale genio con il QI di duecento destinato a cambiare il Giappone, erano irraggiungibili, aveva creato una corazza di metallo che niente e nessuno avrebbe potuto scalfire neanche io.

 

 

Ero solo una stupida, avevo sperato che con il matrimonio i problemi sarebbero affievoliti invece erano soltanto aumentati incessabilmente e rendevano la tristezza quasi superiore al mio amore.

 

Ero stanca, stanca di provare un amore non corrisposto, un amore che destabilizza, che rendeva ciechi e non faceva vedere la realtà.

 

L'amore ovatta ogni cosa e rende tutto meraviglioso più di quanto non lo sia in verità, ogni volta che vedevo Irie-Kun era come se fossi tornata a casa dopo tanto tempo e uno strano il calore pervadesse ogni singola cellula del mio corpo, tutto intorno a me poteva anche bruciare ma se avessi avuto lui non avrei sentito il dolore lacerante delle fiamme.

 

Perché invece adesso sentivo che le fiamme stavano lentamente distruggendo il mio corpo rendendolo un cumulo di cenere? Perché quando lo vedevo sentivo un macigno nel petto e provavo un senso di inadeguatezza? Perché ora non riuscivo più a guardarlo negli occhi quando prima mi perdevo dentro le sue iridi?

 

Era semplice. La magia dell'amore era finita, il potere che avevo di farmi scivolare ogni cosa addosso era terminato,sparito nel nulla e non accennava a ricomparire.

 

Non tornare da lui.

 

Keita aveva ragione. Perché sarei dovuta tornare da lui? In quella casa mi avrebbero accolto solo lacrime e disperazione che da qualche tempo erano diventati i miei amici più fidati.

 

Mi aveva cambiata, stavo diventando ogni giorno più simile a lui e la vecchia Kotoko quella caparbia,determinata ottimista durante il periodo del liceo sembrava destinata a morire, scomparire tra le fiamme dell'incendio,diventare cenere.

 

Riusciva a dirmi solo discorsi demoralizzanti ed offensivi, le parole hanno uno strano effetto su chi è fragile. Possono fare più male di un pugno in pieno viso. Non faceva altro che ripetere sei imbranata, Kotoko; dove hai il cervello?! Quelle esclamazioni erano il massimo del romanticismo che Irie-Kun poteva donarmi giornalmente.

 

Era tanto intelligente ma non riusciva a capire una semplice cosa: ero un essere umano. Non un automa privo di sentimenti, non potevo semplicemente "spegnermi" per non provare più nulla, non ero capace di farlo.

 

Le mie gambe mi avevano guidato a casa, non mi ero neanche accorta della strada che avevo fatto e il come ero riuscita ad arrivarci mi era del tutto ignoto.

 

Regnava tanto silenzio quando entrai all'interno, come la mia relazione con Irie... Non tornare da lui... eppure eccomi lì a raccogliere i cocci del mio cuore e ritornare come un cagnolino obbediente, perché è questo che lui si aspettava che facessi ed è quello che avrei sempre fatto.

 

La porta del corridoio si aprì lentamente lasciando intravedere una luce che mi dava fastidio visto il buio che mi circondava. Era lui. Bello come un dio, impassibile come una statua, imponente come una roccia, freddo come il giaccio " sei tornata presto" sussurrò con la sua voce, aveva il potere di farmi rabbrividire ogni volta.

 

Trovai nuovamente la forza in qualche meandro nascosto del mio cervello e sussurrai un lieve "Irie- Kun.." che si perse mentre lui mi lasciava lì,da sola senza degnarmi di un qualsiasi altra attenzione.

 

Un classico. Mi chiedevo come riuscivamo ancora a dormire nello stesso letto, domanda alquanto inutile visto che io non dormivo più da giorni; la voragine che avevo nel petto si apriva ogni volta mentre ero tra il caldo delle lenzuola, e ora che Keita aveva reso in parole i miei dubbi silenziosi la voragine sembrava destinata a non chiudersi mai più. Mi girai dalla sua parte del letto, mi dava le spalle e riuscivo a scorgere solo il suo profilo a tratti, la luce lunare illuminava i suoi capelli facendoli sembrare quasi bianchi e creando un effetto di luci ed ombre sul suo viso perfetto. Dormiva beato. Era logico, non aveva preoccupazioni, il suo lavoro andava benissimo, aveva tutti ai suoi piedi compresa me, tutto era perfetto.

 

Io, al contrario, vivevo nella totale imperfezione: non sapevo cucinare, non sapevo fare le faccende di casa, non riuscivo a fare un semplice prelievo, non ero capace in molte cose l'unica in cui era sicura di essere riuscita stava scivolando via delle mie mani come la sabbia trasportata via dal vento.

 

Chiusi gli occhi e il buio mi avvolse, il sonno non arrivò ma mi lasciai travolgere da i ricordi dolci, quelli belli che riescono a strapparti sempre un sorriso.

 

Immagini del nostro matrimonio si contrapposero a quelle della nostra prima volta, creando un puzzle dove tutto combaciava alla perfezione.

 

Poi, all'improvviso alcuni pezzi iniziarono a sparire creando dei vuoti dove riuscivo a scorgere tra le fessure lui che mi ignorava mentre lo salutavo, lui che non se ne fregava di niente neanche della mia salute, lui che non mi amava...

 

Non tornare da lui.

 

Mi svegliai sudata e accaldata, i raggi del sole erano spuntati nel cielo lasciando spazio alla luce del giorno che fino a quel momento era stata offuscata dalle tenebre.

 

Irie non era nel letto, le lenzuola ne erano la prova, lentamente,vergognandomi come una ladra, mi posizionai sul suo lato ispirando il suo profumo dolce che tanto stonava con la sua figura. Necessitavo di un abbraccio, ne sentivo un bisogno fisico e persistente che non sarebbe stato soddisfatto a lungo, ne ero consapevole.

 

Sospirai frustrata alzandomi da quel terribile letto che doveva essere il nostro luogo d'amore, quella mattina mi sentivo particolarmente strana forse vedere il suo sguardo spento ieri mi aveva destabilizzato maggiormente.

 

Mi diressi verso lo specchio osservando la mia figura riflessa su quella lastra di vetro.. Ero io? Kotoko? Le borse sotto agli occhi erano di un nero evidente, mi facevano sembrare un panda; i capelli erano arruffati e sembravano una balla di fieno,la cosa che faceva più paura erano gli occhi.. erano spenti, privi della loro luce abituale, inespressivi e freddi,incapaci di provare qualsiasi gioia, era come se la vita mi avesse presentato davanti tutte le sofferenze del mondo ed io le avessi superate pagando un alto prezzo: l'infelicità.

 

Sarebbe arrivato mai il mio momento? Il mio "lieto fine"? Silenzio. Silenzio. Silenzio. La risposta non arrivava, forse non l'avrei mai trovata o l'avrei scoperto solo vivendo, ma vivere in momenti come questi sembrava troppo difficile ed inutile.

 

Davanti allo specchio iniziai a provare i sorrisi, lo facevo sempre quando ero triste e non volevo che nessuno vedesse il mio dolore o che mi compatisse; studiavo un sorriso adatto alle situazioni e me lo stampavo in volto risultando all'apparenza la solita spensierata e sbadata Kotoko.

 

 

Mi preparai velocemente nascondendo con il trucco quello che non si poteva nascondere al cuore e scesi in cucina sperando di non doverlo incontrare, quella mattina non me la sentivo.

 

"Buongiorno Kotoko-chaaaaaaan" urlò la madre di Irie-Kun sorridendo e accogliendomi calorosamente in cucina. Certe volte avevo il sospetto che Naoki fosse stato adottato perché era tutto l'opposto dei suoi genitori che erano persone dolci e gentili "buongiorno!" dissi mettendo in mostra il mio sorriso studiato cinque minuti prima "dormito bene Kotoko-chan?" mi chiese dolcemente colmando il silenzio. Che avesse capito tutto? Il mio aspetto non doveva essere dei migliori, Oba-Sama era una donna molto perspicace, anche troppo "non molto, ho avuto un forte mal di testa" mezza verità. Poteva andare bene, infondo non avevo detto nessun tipo di bugia solo che non avevo specificato il perché del mio mal di testa, lei mi studiò attentamente come se avesse capito che era tutta una menzogna inventata per ingannare e soprattutto per ingannarmi "lavori troppo... non devi fare tutti questi sforzi Kotoko-chan, mangia qualcosa adesso.. ho preparato i tuoi piatti preferiti! Sei dimagrita parecchio in questo periodo"Sorrisi dolcemente ringraziandola del suo interessamento, la situazione in quella casa era tutto il contrario della normalità di solito le suocere erano poco coinvolte nelle faccende delle nuore risultando come dei "mostri" ai loro occhi mentre i mariti erano molto presenti, reincarnavano i principi pronti a salvare la donzella indifesa dal mostro, la mia situazione era esattamente l'opposto: Irie-Kun era mia suocera e sua madre era mio marito.

 

Sospirai mentre mangiavo le mie uova, era una questione da analizzare a causa della sua stranezza e complessità.

 

L'unica consolazione che avevo era il lavoro, tenevo la mente e le mani occupate evitando di pensare a tutti i miei dilemmi amletici e potevo stare con persone normali nell'orario lavorativo. Keita. Il suo nome mi venne in mente improvvisamente lasciandomi spiazzata, non tornare da lui mi aveva implorato la scorsa sera e io cosa avevo fatto? Non avevo seguito il consiglio ricevendo l'ennesima umiliazione da parte di mio marito.

 

Keita mi amava, lo avevo capito dal modo in cui si rivolgeva a me, era sempre dolce e gentile e sopportava i miei sbagli madornali che, più di una volta, avevano rischiato di farli seriamente del male. Mi rispecchiavo in lui, era esattamente il comportamento che avevo io quando andavo a scuola, testa tra le nuvole più del solito e tanti buoni propositi.

 

Era più facile amare o essere amati? Dalla mia esperienza personale avevo capito che è più facile essere amati, non ci sono complicazioni, nessun piano diabolico per organizzare un appuntamento, nessuna scusa banale per vedere una persona, tutto molto più semplice e trasparente. Forse avrei dovuto fare lo stesso io, lasciare che qualcuno mi ami completamente per i miei difetti e per i miei pregi (ben pochi...) e che non mi giudichi solo per gli errori che ero solita fare.

 

Una parte oscura e remota nella mia mente diceva che era meglio abbandonare Irie-Kun, lui non ne avrebbe sofferto sarebbe stata solo una piccola macchia nella sua vita un nostro eventuale divorzio, sarei dovuta stare con Keita lui sì che mi capiva e mi sapeva prendere, era la persona giusta, quella che avevo sempre cercato e mai trovato,evidentemente.

 

Ma si sa che il cervello e il cuore non vanno molto d'accordo, la mia lotta interiore era di una incomprensibilità tale che non riuscivo a capire chi dei due stesse vincendo, forse era una questione neutrale senza vinti e vincitori, per il momento.

 

 

Mangiai tutto quello che aveva cucinato Oba-Sama più per non farla dispiacere che per vera fame "Naoki è già andato via non ti ha neanche aspettato.. quel ragazzo è solo un menefreghista disse infervorata "tranquilla Oba-Sama.. gli ho detto io di andare senza di me, dovevo fare delle cose qui e lo avrei fatto arrivare solo in ritardo" dissi di rimando sicura di me. Bugiarda. Ero diventata una mentitrice abbastanza abile e la cosa non mi piaceva affatto, ma sapevo che se lei avesse saputo ogni cosa sarebbe peggiorata ancora di più e non potevo permetterlo "Non avrebbe dovuto lasciarti andare da sola lo stesso... Kotoko-chan sei così sola e indifesa e sai quanti depravati potresti incontrare in giro?! Tutti vorrebbero averti...non posso permettere che qualcuno tocchi mia figlia!! Naoki mi sentirà!"erano queste il tipo di reazioni che volevo evitare, si preoccupava sempre troppo per me,alcune volte esagerava "non dirgli niente lo infastidirebbe soltanto, ha parecchio da fare ultimamente che non può pensare anche a queste banalità" infatti non aveva capito niente del mio turbamento, il suo straordinario cervello non aveva ancora intuito che stavo meditando la fuga "ma.." La bloccai "oddio è tardissimo! Se non mi muovo non arriverò mai in tempo, ciao a dopo" dissi scappando da quella conversazione dannosa, pronta ad affrontare un nuovo giorno di lavoro.. o forse no?

 

 

Angolino

Salve a tutti! Eccomi qui a scrivere una storia su Itazura Na Kiss il mio anime preferito in assoluto *^*.

La long sarà composta da una decina di capitoli e gli aggiornamenti avverranno ogni due settimane, ho anche altre long da finire :S.

Fatemi sapere che cosa ne pensate altrimenti non credo che la continuerò.

Grazie per l'attenzione <3

Malandrina Prongs.

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Capitolo 2
*** Il Fato ***


Pronta ad affrontare un nuovo giorno di lavoro…o forse no?
Sicuramente non ero pronta, una serie di eventi naturali, forse il fato, mi stava mandando dei segnali troppo espliciti, sembrava urlare a pieni polmoni “Kotoko, non andare. Resta a casa!”. Avevo perso l’autobus, preso un taxi che correva come un’ambulanza in piena emergenza e una macchina aveva sporcato il mio vestito di fango, appena arrivata all’ingresso dell’ospedale, grazie alla pioggia notturna.
Grandioso. Perfetto.
Come se non bastasse tra pochi minuti, avrei dovuto rivedere Keita e la mia “suocera”. Non ci credevo, non riuscivo a pensare che avrei raggiunto il limite della sopportazione tale da farmi desiderare di fuggire con un altro uomo che non fosse Ire-Kun.
Non era un comportamento da Kotoko, ma da molto tempo ormai non ero più in me.
Entrai nell’ospedale, quel luogo, i rumori dei macchinari, i medici che si muovevano frenetici tra un corridoio e l’altro, l’odore dei medicinali mi tranquillizzò. Forse potevo cercare di recuperare la mia tranquillità qui, forse mi ero solo fatta suggestionare da Keita e Irie-Kun sarebbe stato diverso con me.  Magari sarebbe apparso nella mensa, durante il pranzo, e si sarebbe dichiarato a me davanti a tutti, definendosi solo mio.
Non tornare da lui.
Mi diressi velocemente, come per cercare di lasciare indietro quel pensiero ossessivo, negli spogliatoi riservati agli infermieri tirocinanti per cambiarmi e indossare la divisa.
Appena entrata lo vidi, era su quella panca, pensieroso, con i capelli neri fluenti raccolti in una coda. Fissava il vuoto in maniera assorta, a cosa pensava? A me? Al nostro incontro? Anche lui non aveva dormito?
“Keita, razza di scansafatiche cosa ci fai ancora qua?” dissi con un sorriso e il mio tono squillante di voce che poteva far svegliare anche un paziente in coma.
Lui mi guardò, non come faceva sempre a lavoro, o quando andavamo a bere una birra con gli altri. Mi guardò come ieri. Come se cercasse di leggermi dentro, come se volesse sottrarre il mio dolore e farlo sparire nel nulla. Era lo sguardo di un innamorato, quello che avevo io molto tempo prima che diventassi trasparente.
“Non fingere, non con me. Hai pensato a quello che ti ho detto ieri? Kotoko…io…” non terminò la frase, poiché si avvicinò con passo veloce, senza che potessi cercare di opporre resistenza ed iniziò ad accarezzarmi la guancia come se sapesse che erano attenzioni di cui avevo bisogno, non volevo più sentirmi un fantasma, poco desiderata, poco amata, poco compresa.
Mi scansai di scatto, preoccupata dalle reazioni che quella carezza stava suscitando in me.  Non era normale. Io ero sposata, mio marito avrebbe dovuto interessarsi di me, non questo ragazzo sconosciuto apparso da poco nella mia vita.
Con Irie-Kun, però, era tutto una serie di condizionali e mai un presente.
“Lasciami stare, Keita. Cosa non ti è chiaro del fatto che io sono sposata?!  Non puoi permetterti queste libertà, non te lo concedo. Io amo mio marito, lui ama me. Non inventarti crisi che vedi solo tu.” Mi stupivo sempre di più di me stessa. Prima con Oba- Sama e adesso con lui, stavo migliorando. Se fosse esistito il premio “Miglior Bugiarda Dell’Anno” sicuramente, lo avrei vinto io. Uscii di fretta dallo spogliatoio senza cambiarmi, non volevo sentire la sua risposta, non volevo sentire nulla e basta.  Forse dovevo seguire il fato e tornarmene a casa dissimulando un mal di testa, nausea o qualcosa del genere. Pensai ad Oba-Sama e mi vennero i brividi, lei mi avrebbe seguito tutto il giorno, chiedendomi se stessi meglio facendomi sentire ancora più in colpa del lecito.
Non mi rimaneva altra scelta che affrontare il mio infausto destino.
Davanti a me, magicamente, comparve il mio caro e dolce marito insieme con altri dottori intenti a parlare di qualche caso urgente, visto i toni della loro voce. Tutti seguivano Irie come se fosse una guida, un faro che illuminava il mare tempestoso. Magari aveva scoperto una nuova cura contro il cancro, qualche altra malattia grave era stata debellata dal pianeta grazie a lui.
 
Lui passò accanto a me ignorandomi, completamente. Come se non esistessi. Il premio Nobel per la medicina era sempre più importante di sua moglie, no?
Ecco quella sensazione che mi attanagliò di nuovo lo stomaco, avrei voluto prenderlo a schiaffi, sbattergli in faccia tutto il mio risentimento, far capire a tutti quei medici, così fiduciosi nel suo operato, che non era quello che credevano.  Era un mostro senza sentimenti, era lui il caso clinico.
Come al solito rimasi in silenzio, mantenendo il profilo basso. Ero troppo codarda per oppormi, perché non ero mai stata sicura dei suoi sentimenti.
Casa. Casa.
Forse potevo tornare da mio padre, al negozio. Oggi avrei rinunciato a tutto, avrei lasciato alle spalle il caro marito, l’infermiere impiccione e la caposala che… veniva esattamente nella mia direzione.
“Kotoko, cosa ci fa in queste condizioni? Il suo turno sarebbe dovuto iniziare dieci minuti fa, si cambi i vestiti sporchi e venga. Oggi dovrà assistere a un intervento molto importante, ci saranno anche i tirocinanti dottori, tra cui suo marito.” Disse trafelata come se avesse corso da un reparto all’altro.
Ero molto fortunata, vero? Intervento con Irie-kun. Addio piano di fuga.
 
 
Angolo autrice.
Salve a tutti! Okay, da quanto non aggiorno questa storia? Mesi? Anni?
I miei blocchi sono davvero tanto lunghi, l’estate scorsa ero anche senza computer ed impossibilitata a scrivere, la scuola mi ha ucciso e sto cercando di mettermi al pari con tutto. Scusatemi infinitamente. Davvero imperdonabile T-T fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo.
 
 

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