Piccole cose che non puoi sapere.

di MelimeJH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il suono della campanella della seconda ora risuonò nelle orecchie di tutti gli alunni di un liceo di Londra. Quasi tutti gli studenti si avviarono verso le rispettive classi, tra questi c’era anche Michael Penniman, ricoperto da un manto di capelli ricci disordinati. Aveva in programma un’altra lezione con il diavolo fatto professoressa, Mrs. Anderson; una grassa signora con spessi occhiali e capelli corti.
Mrs. Anderson insegnava letteratura inglese, materia che Michael non ha potuto fare a meno di seguire, purtroppo. Le sue lezioni erano noiose, capitava spesso che Marika e Sarah, due ragazze punk sedute in genere all’ultimo banco, si addormentassero a tal punto da russare. Tuttavia, Mrs Anderson sapeva come farsi rispettare e trovava sempre un modo diverso per farle svegliare.
Una volta si posizionò davanti alle ragazze e cacciò fuori una trombetta che usano i tifosi quando ci sono le partite di football e lasciò che il suono assordante fece saltare le due ragazze dalle sedie spaventate.
“Buongiorno, ragazzi”  disse la professoressa entrando. Aveva in mano un pacco di fogli, probabilmente erano i compiti che avevano consegnato la settimana scorsa, pensò Michael.
Proprio come aveva pensato, la professoressa iniziò a distribuire quelli che erano i compiti svolti la settimana scorsa. Michael non aveva sbagliato nulla, dopotutto a lui piaceva la letteratura tuttavia su quel compito c’era stampata una grande B-.
Michael era soddisfatto del suo voto,dopotutto con quel diavolo come professoressa poteva anche ritenersi fortunato.
Dal fondo della classe si sentiva un sospiro alquanto rumoroso,si trattava di Mark Jones. Uno dei ragazzi più popolari della scuola che Michael continuava a sognare negli ultimi mesi. Chissà per quali motivi, si chiedeva. Dopotutto, non gli era mai andato giù quel tipo, era sempre a darsi delle arie, anche se, doveva ammetterlo, era davvero attraente.
Attraente?No,no. Ma cosa andava a pensare! E poi, era davvero un rincitrullito, quello! Lui e la sua ragazza, Jessie, la capo cheerleader, non li poteva davvero sopportare.
Michael si girò verso la sua direzione e lo vide sbuffare con il compito in mano: aveva una grossa F stampata sopra.
Per un attimo Michael si chiese se mai poteva essergli d’aiuto, ma poi cancellò tutto.
“Va bene ragazzi,ora che avete visto i compiti,riconsegnatemeli.” La professoressa riprese Michael dai suoi pensieri.
Questi compiti sono andati quasi tutti male. Solamente cinque persone hanno avuto almeno la sufficienza,quindi datevi una mossa!”
Il solito discorso che faceva ogni volta che un compito andava male,ormai Michael era abituato sapeva che la professoressa avrebbe continuato a parlare fino alla fine dell’ora ,così ne approfittò per farsi un sonnellino,che durò poco e fu  scomodo,dato che si ritrovò un’altra volta gli occhi azzurri di Mark a fissarlo.
Quando la campanella suonò Michael fu tra i primi a uscire,voleva raggiungere Karen, la sua migliore amica.
Si conoscevano da quando Michael si era trasferito a Londra,ed erano sempre andati d’accordo. Michael si poteva fidare di lei, insieme ne avevano passate tante.
“Eccoti,finalmente” Una  ragazza dai capelli lunghi e neri legati in una coda gli si presentò d’avanti.
“Finalmente?Dai, oggi non ho fatto tanto tardi…” cercò di difendersi Michael.
“Noo, Mika, solo dieci minuti”
Karen adorava chiamarlo così,ormai era diventato il suo secondo nome.
Michael e Karen si avviarono insieme nell’aula di biologia,dove avrebbero trascorso insieme la loro terza ora. Intanto, mentre si incamminavano verso l’aula, Karen stava raccontando a Michael cosa era successo tra lei e il ragazzo che le piaceva,ma Michael in quel momento  non la stava ascoltando, ma  Karen,non sembrò accorgersene.
Michael,grazie al Cielo, riassunse la sua lucidità mentale e smise di pensare a quello sbruffone di Mark poco prima di andare in mensa,come sempre Karen era già lì,puntualissima. Gli andò incontro e lo salutò contenta.
“Mika,oggi ci sono le crocchette di patate!”
“Oggi è una bella giornata,allora.”
Karen e Michael ridacchiarono insieme e poi si misero in fila per prendere il vassoio,mentre facevano la fila Karen chiede a Michael della sua giornata e gli lanciò un sorriso complice  quando gli chiese delle ore con Mrs. Anderson. Michael semplicemente, fece spallucce.
“Oggi ce la siamo cavati  abbastanza bene perché ha semplicemente fatto il solito discorso sul nostro futuro”
“Oh,immagino che i compiti in classe non siano andati bene” Karen fece una pausa,lasciando intendere quello che le interessava davvero.
Tu come sei andato?
“Oh,tranquilla che questo supereroe se l’è cavata con una B-“
“Grande!”
Si diedero il cinque,poi si buttarono sulle crocchette. Michael non disse nulla riguardo i suoi pensieri su Mark a Karen, anche se lo stavano assalendo da mesi. Lui non aveva mai baciato nessuno, e per di più non gli era mai piaciuta una ragazza. Nemmeno quando guardava con suo padre le partite di football (non che lo facesse impazzire),  non sbavava come facevano gli altri ragazzi,sulle cheerleader,anzi, faceva delle smorfie quando mettevano in mostra il loro sedere.
Tuttavia però,non aveva mai avuto una cotta per un ragazzo,quindi non era sicuro di ciò che gli piaceva,per questo non ne aveva mai parlato con nessuno. Nemmeno con Karen.
Mentre  si sedevano al loro solito tavolo,con i vassoi pieni di crocchette e le espressioni trionfanti, Michael mise il suo zaino con decisamente poca grazia sul tavolo,tanto da farci cadere una lettera che qualcuno ci aveva messo dentro.
Karen la guardò incuriosita,e per un attimo si scambiò uno sguardo interrogativo con Michael.
La lettera aveva una busta bianca con un ‘Per Michael’ scritto molto velocemente con una penna nera.
“Uh,immagino che sia una lettera d’amore” disse ridendo Karen.
“Andiamo,sarà magari di mia madre..” Michael la buttò lì anche se la scrittura non apparteneva affatto alla madre e questo Karen lo sapeva bene. Per questo, continuava a guardarlo in attesa che lui l’aprisse.
Michael aprì busta qualche minuto dopo e velocemente ne lesse il contenuto, inconsciamente sorrise felice.
“Chi è?Cosa?Perché sorridi?Che ti ha scritto?” Ecco l’uragano in arrivo. 
La verità è che Michael aveva ricevuto un biglietto da Mark e per la prima volta,non aveva la minima intenzione di dire niente persino a Karen.
“Non è nulla,sono un biglietto di Yasmine.”  Michael ripose il biglietto velocemente nella borsa. Karen aveva perfettamente capito che non era affatto un bigliettino di Yasmine, tuttavia preferì non indagare più di tanto e di sorridergli complice comunque.
“Oggi pomeriggio che farai?” disse Karen tranquillamente mentre mangiava l’ultima crocchetta.
Michael la guardò come se gli avesse chiesto come è venuto al mondo,poi farfugliò qualcosa come “ Non lo so” e “ Credo che vedrò un film”.Karen rise.
“Sputa il rospo,andiamo,chi ti ha invitato ad uscire?”
“Nessuno! I-io ora devo andare, altrimenti farò tardi..”
“A cosa?Non avevi detto di essere libero oggi?”
“Mi sono dimenticato che beh, ecco…devo fare delle cose.”
Michael scappò via senza dare il tempo a Karen di replicare,fu così veloce che lasciò l’ultima crocchetta nel vassoio.
“Devo ricordarmi di ringraziare la persona che l’ha tenuto così impegnato da lasciarmi questa” disse tra sé e sé  Karen mentre addentava l’ultima crocchetta di Michael.
Aveva capito benissimo che c’era qualcosa sotto,ora doveva solo aspettare che lui gliela dicesse.
Il primo posto in cui Michael pensò di andare era il bagno dei ragazzi più vicino,voleva sciacquarsi la faccia e darsi una calmata prima di rileggere quel biglietto.
Cosa diavolo mi è saltato in mente?Perché ho reagito così?! Continuava a ripetersi mentre si asciugava il viso con fazzoletto di stoffa che si portava sempre dietro. Prese il biglietto dalla tasca del suo zaino e con calma, lo rilesse.
Hey, Penniman,
So che non ci parliamo molto ma ho bisogno del tuo aiuto. Devo assolutamente recuperare gli ultimi due compiti di letteratura, visto che tu sei bravo, potresti darmi delle ripetizioni?
Tranquillo,non faccio niente per niente,se mi darai una mano,ti inviterò alla festa del mio compleanno,sarà una bomba!Se accetti,ci vediamo alle due in biblioteca.

Mark.
No,aveva letto bene. Mark Jones aveva espressamente chiesto il suo aiuto, in cambio di cosa? Un invito alla sua festa? Ma al suo compleanno mancavano ancora due mesi e mezzo! Quel ragazzo era davvero uno sbruffone. Tuttavia, non sapeva per quale ragione, si sentiva felice lo stesso, e una strana vocina dentro di lui lo incitava ad aiutarlo, tuttavia cosa aveva da perdere? Magari passare un po’ di tempo con lui potrebbe aiutarlo a conoscerlo per bene e quindi far passare quegli stupidi sogni che ultimamente stava facendo.
Guardò l’orologio, erano le due meno dieci,doveva muoversi.
In effetti  non è stato scortese,e un paio di lezioni non faranno male neanche a me Michael cercava di darsi una spiegazione razionale quando uscì dal bagno e si diresse in biblioteca.
Dopotutto,cosa c’è di male?
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Alle due del pomeriggio,nella biblioteca c’era solamente una persona,un ragazzo che tutti conoscevano: Mark Jones. Mark era un ragazzo popolare ma non perché giocasse a football o perché facesse parte di qualsiasi squadra sportiva,no. Mark era estremamente carino e tantissime ragazze avevano una cotta per i suoi occhi blu,per i suoi capelli morbidi e castani e soprattutto,del suo fisico slanciato. Lui però  aveva un segreto che non poteva dire a nessuno, nemmeno al suo migliore amico: era gay. Se qualcuno lo avesse scoperto per lui sarebbe stata la fine,sapeva quello che i suoi amici della squadra di football facevano a quelli che erano così. Li menavano,forte,fortissimo e li insultavano come se fossero la cosa più brutta della Terra. Con quale coraggio avrebbe potuto dire qualcosa a qualcuno?No,no non avrebbe mai potuto farsi uscire qualcosa.  L’unica distrazione che poteva concedersi, era di andare di tanto in tanto in un gay bar e ballare fino a tarda notte,questo però gli toglieva delle ore di studio e ora si ritrovava a dover chiedere a un ragazzo del  corso delle lezioni. Si era sentito stupido quando aveva scritto quel biglietto,ma se qualcuno lo avesse visto mentre glielo chiedeva di persona,di sicuro avrebbero pensato male.
Mentre continuava a pensare, Mark non si accorse dell’entrata di un ragazzo alto e con dei capelli ricci.  Era Penniman.
“Hey,Penniman” Mark gli sorrise e cercò di essere il più socievole possibile.
“Ciao,Mark” anche Michael cercò di sorridergli,poi sentì le guance avvampare.
Iniziamo bene.
“Scusami se ho fatto tardi,ho letto il biglietto quando ero a mensa”
“Scusami tu se te l’ho chiesto tramite un bigliettino messo di corsa nella tua borsa”
Il riccio rise.
“Come hai fatto a metterlo nel mio zaino?”
“Quando sei fuggito dalla classe hai lasciato una tasca aperta e non c’è voluto tanto”
Il moro gli sorrise.
Per un attimo Mika dimenticò tutto quello che aveva pensato su Mark,improvvisamente non era più uno sbruffone,un rincitrullito,no. In quell’attimo era solamente un ragazzo bellissimo con degli occhi fantastici che…. Niente. La doveva finire di fare quei pensieri assurdi. Mark era fidanzato con la capo cheerleader.
“Allora,da cosa vuoi incominciare?”
“Mika,ti posso chiamare così?” il riccio annuì un po’ imbarazzato.
“Non ho mai aperto un libro di letteratura”
Michael cercò di rimanere il più impassibile possibile,ma gli sembrava una missione ardua.
Mai aperto un libro?Ma scherziamo? Evidentemente le lezioni non sarebbero state poche come si immaginava il ricciolino.
Michael sospirò, poi aggiunse un “D’accordo,allora iniziamo.”
Mark non poteva essergli più grato di così: Mika con lui era paziente,le sue spiegazioni erano chiare ed era anche piuttosto carino.
I due rimasero in biblioteca fino alle quattro,quando era arrivata l’ora di andare. Il tempo sembrava essere volato,I due non avevano fatto nemmeno una piccola parte di quello che li aspettava,il loro percorso si prospettava lungo. Tuttavia,il moro voleva scusarsi con Michael  per le due ore che ha dovuto dedicargli,era stato così gentile con lui.
“Ehi,Mika ti offro un caffè,ti va?” Mark  gli regalò un fantastico sorriso.
“Ti ringrazio,ma sarà per un’altra volta,dopotutto abbiamo molta strada da fare!”
Michael non si era mai sentito così prima d’ora. Si sentiva felice per aver passato un po’ di tempo con Mark,tuttavia si sentiva un po’ in imbarazzo.
“Ora devo andare” Michael prese il suo zaino e fece per andarsene
“Aspetta,Mika!” si girò.
Per un attimo si guardarono negli occhi e Michael poteva giurare di aver sentito il suono dei loro battiti  cardiaci in quell’attimo di silenzio.

Ha degli occhi bellissimi .
“Domani,se ti va, possiamo studiare a casa mia” Non sapeva come,ma Mark trovò il coraggio di continuare a parlare,tenendo fisso il loro contatto visivo.
“Okay” la voce di Mika era quasi un sussurro,sorrise timidamente,cercando di nascondere quanto la piccola cosa gli facesse piacere.
“Ti aspetterò alle tre al parcheggio.”
Mika annuì e uscì dalla stanza. I corridoi erano vuoti,erano tutti andati via da un pezzo. Il ricciolino si affrettò ad uscire,non voleva incontrare i ragazzi della squadra di football che tornavano dagli allenamenti, a lui quei tipi non stavano per niente simpatici.
Per fortuna non abitava in una zona lontana a casa e quando sarebbe tornato non avrebbe trovato nessuno ad aspettarlo:ognuno aveva impegni diversi,ma sarebbero tornati tutti tra un’ora.
Si trovò davanti alla porta di casa venti minuti dopo,mentre girava le chiavi controllava il suo telefonino,ma stranamente,nessuno gli aveva scritto alcun messaggio.
Entrò dentro,poi si avviò in camera sua,era tutto in ordine,persino gli spartiti sul pianoforte.
Michael era troppo stanco per farci caso,purtroppo tutti quegli strani pensieri  e quella strana adrenalina che aveva in corpo,non lo facevano dormire ultimamente.
Poggiò lo zaino su una sedia,ripose le scarpe e il cappotto e senza troppe cerimonie si buttò a peso morto sul letto.
Pochi minuti dopo,Mika dormiva. Stava di nuovo sognando  Mark,ma per la prima volta, non gli dava fastidio ritrovarsi il suo viso di fronte,anzi. Mark lo stava semplicemente abbracciando ed era una sensazione così rilassante, non riusciva a capire dove si trovava, ma non gli importava comunque. In realtà in quel momento non gli importava nulla,riusciva a pensare solo a quelle braccia che lo proteggevano.  Tuttavia, Michael lo sapeva che Mark stava con una ragazza,era etero e molto popolare e non avrebbe mai pensato a lui in quel modo.
Mika si chiedeva tante cose in quel momento:perché Mark avesse chiesto proprio a lui di aiutarlo o perché non abbia chiesto a un professore,ma poi , ancora una volta, cancellò via tutte le domande. Non voleva crearsi false speranze,aveva paura di cadere in un buco dove poi sarebbe stato difficile uscire.
Paura?Forse era questo quello che mancava al ricciolino per fare un passo all’accettazione,ormai lui lo aveva capito bene ma non riusciva ancora ad ammetterlo a sé stesso.  Forse le lezioni con Mark lo avrebbero potuto aiutare ad ammettere che lui era gay , dove solo stare attento a non---
Mika si alzò dal letto scacciando via tutti i suoi pensieri.

Sono solo delle lezioni,dopotutto. Non devo applicarmi più di tanto.
Il ricciolo decise di farsi una bella doccia per riprendersi un po’,magari dopo avrebbe potuto chiamare Karen e scusarsi per essere corso via dalla mensa lasciandola sola.
Mentre l’acqua calda accarezzava il corpo di Michael, lui finalmente tirò un sospiro di sollievo,quella giornata non era ancora finita ed era già abbastanza pesante.  Forse doveva smetterla di pensare così tanto.
Rimase sotto il getto della doccia per ancora un po’ di tempo, si mise anche a canticchiare qualche canzone. Ah,quanto gli piaceva cantare!
Quando uscì dal bagno,pronto per una bella serata ,a casa erano rientrati quasi tutti.  Così, prima di chiamare Karen, Michael salutò gli altri.
“Mika,tesoro,perché non sei venuto per pranzo?”  gli chiese Joaine mentre lui le baciava la guancia. Il ricciolo fece spallucce.
“Mi sono fermato a fare i compiti” in parte,era anche vero.
Prima che la madre potesse continuare a fargli un interrogatorio,Mika corse in camera sua per chiamare l’amica. Compose il numero,tre squilli e poi,eccola là.
“Pronto?”
“Hey,sono Michael!”
“Oh,finalmente,aspettavo la tua chiamata”
Mika sorrise,lo conosceva fin troppo bene.
“Scusami se oggi sono corso via”
“Tranquillo,ti sei fatto perdonare quando mi hai lasciato la tua ultima crocchetta.”
Entrambi ridacchiarono.
“Ti va di fare un giro?Ti passo a prendere.”
“Dammi venti minuti”
“Okay, a dopo”
“Ciao”
Michael sapeva che gli aspettava una raffica di domande sul biglietto e sulla persona con cui era stato dopo pranzo. Ma per ora,Karen non poteva sapere tutta la verità,non finché Mika non avrebbe accettato la situazione.  

***

In un locale che tutti i teenager aperti a nuove avventure visitavano,c’erano Mark e la sua ragazza Jessie. Stavano ballando come matti,Mark  aveva bevuto quanto bastava per fingere di stare bene con una ragazza,ma non era ubriaco. Jessie era una tipa furba,si sarebbe accorta se qualcosa sarebbe andata nel verso sbagliato.
Nel locale c’era anche la squadra di football e altre cheerleader che Jessie conosceva, c’era anche il migliore amico di Mark, James.
Dopo un po’ le amiche di Jessie la chiamarono e lei andò a ballare con loro,lasciando Mark solo. Prima di andare però, Jessie pensò bene di baciarlo. Lui,tutto sommato le sorrise lo stesso quando la vide allontanarsi,poi uscì dal locale toccandosi le labbra come se volesse togliere il sapore di Jassie che gli aveva lasciato. Doveva prendere un po’ d’aria,era un’ora che continuava a ballare e la testa incominciava a fargli male.
Fuori alla terrazza c’era un po’ di vento che diede sollievo a Mark,avrebbe voluto tornarsene a casa in quel momento.
“Che succede Mark?” era James.
“Nulla,tutto okay” cercò di essere credibile.
“Sicuro?Oggi ti ho visto in biblioteca con quel ragazzo…Pennimen,Pennimat..”
“Penniman. Mi stava dando una mano con la letteratura,i miei sono su tutte le furie.”
“E perché hai chiesto a lui?”
Per un attimo Mark si bloccò,non sapeva come rispondergli. Se gli avesse dato la risposta sbagliata,avrebbe potuto pensare male.
“Perché è un tipo in gamba” E anche molto carino.
“Mh,okay” James fece spallucce e fece un cenno a Mark ,poi tornò a ballare con gli altri.

***

Saaaalve!
Questo è il mio primo angolo dell'autrice,che emozione! haha
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto,la storia deve evolversi ancora un po'. Sono alle prime armi quindi mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. :)
Saluti e tanti abbracci,

Melime

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Come avevano concordato,venti minuti dopo la telefonata,Michael si trovava davanti casa di Karen,che puntualissima come sempre,scese subito.
Non si era vestita in modo elegante,non le piaceva mettersi in ghingheri, soprattutto se doveva passare la serata con il suo migliore amico.
“Ciao,Mika” gli diede un bacio sulla guancia.
“Ciao,Karen”
“Allora?Dove andiamo sta sera..?”
“Ieri hanno aperto una pizzeria qui vicino”
“Che aspettiamo allora?Stiamo parlando di pizza!”
Entrambi ridacchiarono e si avviarono verso il locale,nonostante  fosse magra, a Karen piaceva molto mangiare. Mentre camminavano Karen aveva deciso di tenere l’argomento “biglietto” per dopo e iniziare a parlare di James,il ragazzo che le piaceva.
“Oh,andiamo secondo me se sa fare due più due è anche tanto”
“Oh,andiamo è così carino”
“Sono molto più carino io” Michael fece il finto orgoglioso,facendo ridere Karen.
“Il più bello di tutti.”
“Avevi dubbi?”
Si ritrovarono subito davanti alla pizzeria,era abbastanza piena e c’era un’atmosfera allegra. Una cameriera brunetta li condusse al loro tavolo e prese le loro ordinazioni, Karen cercò di tenere ancora attivo il discorso “James”, finché non fosse stata certa che Michael si fosse rilassato del tutto. La faccia con cui se n’era andato non l’aveva per niente convinta,però non voleva costringerlo a parlare e doveva tenere a bada la sua curiosità. Michael capì la situazione e le fu davvero grato,sapeva che Karen era una tipa curiosa e voleva sapere come stavano le cose. Tuttavia,non sapeva nemmeno lui come stavano veramente le cose,non riusciva a capire cosa provava,cosa voleva,cosa pensare….non aveva voglia di parlarne con qualcuno,sapeva che sarebbero volate delle voci. Ma Karen?Lui si poteva fidare di lei,si era sempre fidato di lei,però forse…
“Michael?Hey?” Karen lo riportò alla realtà. Gli lanciò uno sguardo un po’ preoccupato,era palese che non voleva essere invadente,ma non riusciva a fare a meno a chiedersi perché negli ultimi tempi Michael avesse la testa fra le nuvole.
Mika ricambiò lo sguardo,rassicurandola.

Come faccio a non fidarmi di lei?
“Karen, ti devo parlare di una cosa”
“Dimmi” Karen aveva capito che l’argomento-tabù “biglietto” e “perché ho la testa fra nuvole”  stava per aprirsi e non sapeva se gioire perché poteva finalmente dare libero sfogo alla sua curiosità, o se iniziare a preoccuparsi.
“Il bigliettino,oggi me lo ha scritto Mark”
“Mark?Mark Jones?Quel Mark?”
“Sì,quel Mark, mi ha chiesto di dargli una mano a studiare”
“ E allora perché hai fatto quella faccia?Sì,okay Mark è uno dei tipi popolari ma non mi sembra uno yeti stupido come quelli della squadra di football” a Karen non stavano molto simpatici gli amici di Mark,ovviamente,tutti tranne James.
“Karen..io..” a Karen si accese una lampadina in testa.
“Oh mio Dio,ti ha preso in giro! Cosa ti ha fatto?Ti voleva menare?Oh, io quello lo uccido!C’erano anche quei mini godzilla con lui?Oppure ha voluto fare il grande macho da solo?”
“No,Karen,no.. sei completamente fuori strada” Michael non riuscì a non ridere alla sua reazione.
“Oh,allora dimmi cosa c’è!” non ce la faceva più.
“È complicato,vedi io… in questi ultimi tempi, sto pensando molto a lui, a volte lo sogno
Il ragazzo fece una pausa.
“Il fatto è che la lezione con lui,non so per quale motivo,mi sta mettendo una specie di adrenalina in corpo,per una cosa stupida sorrido,io—“
Karen lo guardò con uno sguardo molto dolce e gli sorrise.
“Perché sorridi?”
“Perché questa,mio caro Mika,è una cotta,o chissà,forse ti stai innamorando”
“Di quel rincitrullito?Ma che dici!”
“Mika,tu mentre parli di lui hai gli occhi a cuoricino come nei fumetti!”
Michael non riuscì a trattenere una risata.
“Secondo me hai solo paura di ammettere la verità,Michael”
Quella era la prima volta, dopo anni che lo chiamava così. Mika la guardava sorpreso ma si sentiva sollevato in un certo senso.
“Questa cotta allora cosa dovrebbe significare che io sono….” Gay? Non riusciva ancora a dire quella parola,era ancora spaventato.
“E quale sarebbe il problema?Ti vogliamo tutti bene lo stesso”
Karen gli sorrise ancora una volta,in un modo ancora più dolce che Mika adorava. Si molto più tranquillo adesso. Doveva solo imparare ad accettarsi di più.
“Domani alle tre vado andiamo insieme a casa sua per una nuova lezione” il riccioluto  cercò di nascondere quanto la cosa gli facesse piacere.
“Oh,caro mio sai che significa questo?”
“Che mi dovrò vestire elegante?”
“No,che domani mi mangerò io le tue patatine fritte perché ti potresti sporcare la maglietta che ti ho regalato”
“Ma veramente io avevo pensato di metter—“
“Potresti sporcarti accidentalmente
Mika rise,finalmente ne aveva parlato con qualcuno. Era come levarsi un grosso peso dalla coscienza e doveva solo ringraziare Karen. Cosa avrebbe fatto senza lei?
“Karen ti voglio tanto bene”
“Anche io tesoro, te ne vorrò ancora di più se condividi con me questa bella torta al cioccolato”
“Oh,andiamo la torta no,prendiamo il gelato”
“Va bene,capo”
No,non sapeva proprio cosa avrebbe fatto.
Il giorno dopo a lezione  Michael era più sveglio che mai,non aveva neanche lezioni con Mrs. Anderson , si era svegliato addirittura prima della sveglia. Quella chiacchierata con Karen l’aveva aiutato molto anche se gli aveva imposto di mettersi la maglietta che gli aveva regalato.
Camminava per i corridoi tranquillamente,dirigendosi verso l’ultima lezione della giornata,economia domestica. Non che fosse una delle materie che faceva con piacere, ma in quella giornata Mika era contento ed avrebbe fatto qualsiasi cosa senza lamentarsi.
Tuttavia la lezione non si dimostrò noiosa, la professoressa fece cucinare agli studenti dei dolci che alla fine tutti mangiarono. Al suono della campanella, Michael volò via dalla classe per andare in mensa dove l’aspettava Karen.
“Devo dire che questa maglietta ti sta proprio bene” disse Karen andandogli incontro.
“Adesso posso prendere le mie patatine?”
“Un po’ te le concedo,però senza ketchup” Mika sbuffò.
“E va bene..”
I due si diressero al solito tavolo,mentre Michael si gustava il suo pranzo,Karen gli parlava della lezione che da lì a poco il suo migliore amico avrebbe fatto.
“…e vedi se riesci a farti dare il numero di James” a Mika andò qualcosa di traverso.
“Il numero di James? Ma sei impazzita?Scordatelo!”
“E perché no?”
“Non gli chiedo il suo,gli chiedo quello di James?”
“Okay,okay va bene alla seconda lezione è ancora troppo presto”
Mika ci rinunciò,ormai aveva la sua idea e quella sarebbe rimasta.
Alle tre meno dieci Michael salutò Karen e si diresse al parcheggio,Mark era già lì ed era solo. Era concentrato a mandare un messaggio,probabilmente alla sua ragazza. Aveva un’espressione un po’ crucciata del solito,ma Mika decise di non indagare troppo.
“Hey” si avvicinò timidamente a lui,salutandolo.
“Oh,ciao Mika! Grazie di essere venuto” Grazie a te per avermi invitato.
“Scusami,stavo massaggiando con Jessie,non le va giù il fatto che oggi pomeriggio sarò impegnato. Ah, le ragazze…” Mark iniziò a dirigersi verso la sua macchina,facendo ritornare con i piedi per terra il riccioluto.
“Già. Le ragazze…”
“Immagino che con quella tua amica sia la stessa cosa,come si chiama,Katie?”
Michael quasi gli rideva in faccia,davvero pensava che lui e Karen potessero stare insieme? Si volevano un gran bene i due,ma non avrebbero mai funzionato come coppia anche perché Mika preferiva altro.
“Si chiama Karen,e comunque non stiamo insieme..” cercò di essere vago,e di non lasciar intendere strane cose.
Mark annuì e per qualche strana ragione si sentì un po’ sollevato,ma solo per un attimo,perché poi ritornò a pensare a Jessie.
I due arrivarono subito a casa di Mark con la macchina,era una casa spaziosa con due piani. La lezione decisero di svolgerla nella cucina,dove c’era un grande tavolo e delle sedie comodissime,Michael le adorava. I genitori di Mark non c’erano,non sarebbero tornati prima di domani,avevano purtroppo molti impegni con il loro lavoro. Mika non faceva altro che pensare quanto doveva sentirsi solo Mark,non aveva fratelli e sorelle e la casa era molto spaziosa. Tuttavia, dovette fermare i suoi pensieri: avevano una lezione da incominciare.
Anche questa volta Mika si comportò in modo molto gentile con lui, Mark non poteva fare a meno di essergli grato per quello che faceva. Capiva bene i concetti,scrivevano dei piccoli temi per ricordare al meglio, e ogni tanto Michael gli faceva delle mappe concettuali.
Inutile dire,questa lezione durò molto di più dell’altra e dopo un po’ Joaine si fece sentire.
“Pronto?” il telefono aveva suonato già varie volte prima di questa chiamata.
“Mika,ma dove sei finito?” quasi gridava.
“Mamma..ehm,sono da un amico” Michael era più imbarazzato che mai. Sua madre che lo chiama davanti a Mark,perfetto.
“E lo sai che mi stai facendo preoccupare?Sono le sette,mio caro,noi qui vorremmo cenare.”
“Oh,giusto…la cena.” Mark prese la palla al rimbalzo.
“Se ti va puoi cenare qui,tanto sono da solo possiamo ordinare qualcosa” Mika dovette resistere a non sorridergli.
“Tranquilla,ceno dal mio amico” Mika guardò Mark grato.
“Va bene tesoro,non fare troppo tardi però” Joaine si era calmata subito;staccò la chiamata.
“Scusami” la voce imbarazzata di Mika era quasi un sussurro.
“Figurati,dopo il pomeriggio che mi hai dedicato è il minimo” Mark lo guardò  sorridendo e Mika poteva giurare che in quel momento avrebbe potuto saltare sul tavolo e iniziare a ballare.
“Allora,ti piace il cinese?” ma fai quello che vuoi,basta che sono qui con te.
“ Certo”
Passarono una serata divertente,iniziarono a parlare di argomenti non scolastici,personali. Mark confessò a Michael che in realtà, c’erano giorni in cui non poteva proprio sopportare Jessie,ma non divagò più di tanto. Dopotutto,era comunque un ragazzo che conosceva da poco e avrebbe benissimo potuto spifferare qualcosa in giro,anche se in una piccola parte di sé lui sapeva che si poteva benissimo fidare di lui. Michael avrebbe voluto dirgli che non aveva mai baciato una ragazza e che in quel momento avrebbe voluto baciare lui,ma non disse nulla. Doveva ricordarsi che lui stava con una ragazza,ma andava bene così. A lui non faceva male,o per lo meno non ancora.

 

 

 Saaaaaaaaalve!
Eccoci al terzo capitolo! La storia sta inziando a prendere forma e io ci sto prendendo sempre più gusto! Spero che anche a voi piaccia ,se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
Un bacio,
Melime

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mika tornò alle dieci passate a casa,passò  un sacco di tempo a parlare con Mark. A dire la verità,non si aspettava di sentirlo mentre parlava male  di Jessie,ma dopotutto era normale che le coppie avessero qualche problema. Michael non pensava che i due un giorno si sarebbero potuti lasciare,erano troppo popolari e entrambi molto belli. Tutta la scuola desiderava avere qualsiasi tipo di rapporto con uno dei due,ma nessuno voleva che si lasciassero. Erano “destinati” a stare insieme,così diceva un articolo del giornalino della scuola,come Cenerentola e il Principe. Erano stati premiati per due anni consecutivi Re e Reginetta del ballo di fine anno… Insomma Michael non avrebbe mai pensato di mettersi in mezzo. Tuttavia,mentre camminava verso casa non riusciva a smettere di pensare al suo  sguardo e alle parole che gli aveva detto. 
“ Non riesco a sopportarla  alcune volte” aveva detto così,aveva quasi sputato quelle parole come se non vedesse l’ora di dirle. Subito dopo però,guardò il riccioluto con uno sguardo quasi spaventato,come se gli avesse detto che aveva ucciso qualcuno. Lui però non ci fece caso,tutto quello che riuscì a dire fu: “ A volte dobbiamo semplicemente accettare le persone come sono,anche con i loro difetti. Forse Jessie è solamente  molto affezionata a te ed è gelosa”
Mika lo disse con tutta la tranquillità del mondo,ma non poteva immaginare cosa aveva pensato l’altro in quel momento. Mentre lo diceva, ripensando alla chiacchierata con Karen e al suo “Ti vogliamo bene lo stesso” ,non avrebbe mai potuto notare il modo in cui le labbra di Mark si schiusero stupite.
Quando arrivò a casa, Joaine andò incontro al riccioluto con il dito puntato e pronta a fargli una ramanzina,ma lui fu più veloce. 
“Mamma,mi hanno accompagnato con la macchina,il telefono si è scaricato e abbiamo studiato fino ad ora” fece un passo indietro mentre ripeteva la solita filastrocca sperando di calmarla. In effetti ci era quasi riuscito.
“Chi è questo tuo amico?”  chiese Joaine calma,ma le guance di Michael si colorarono subito di rosso. Per fortuna era buio.
“ Si chiama Mark”
“Sei sicuro che non devi dirmi nient’altro?” Joaine stava iniziando a capire la vera sessualità del suo bambino. Ma come ogni mamma,gli avrebbe voluto bene lo stesso. Solo che lui non lo capiva ancora e non poteva fare a meno di sentirsi in imbarazzo. 
 “No,mamma. Ora devo andare in camera” non le diede nemmeno il tempo di replicare,che volò via.
Riaccese il cellulare. Non era affatto scarico,aveva solo deciso di spegnerlo perché voleva parlare con Mark senza essere disturbato. Trovò solo un messaggio di Karen.

Oggi ho visto Jessie fare shopping con le sue amiche,è proprio una racchia.

 

Mika sorrise: faceva sempre così,quando qualche ragazza ci provava con James,iniziava a parlare male di loro.  Tuttavia non le rispose, si erano fatte le undici e un quarto e preferì  andare a letto. 
Mika dormì tranquillo,sognò ancora una volta i due pozzi blu, ma questa volta fu un sogno molto dolce e di cui aveva consapevolezza. Non poteva addormentarsi in modo migliore.
Mark invece,quella notte si girava e rigirava nel letto,continuando a pensare alle parole di quel riccioluto tanto carino. Aveva sbagliato a dirgli quelle cose su Jessie,magari avrebbe potuto dirle in giro ma in fondo sapeva che non lo avrebbe fatto. Non capiva perché,ma per qualche assurdo motivo si fidava di Michael. Aveva in poco tempo preso confidenza con lui,aveva cominciato subito a chiamarlo Mika e a lui non dava fastidio. In genere quando dava un qualsiasi tipo di soprannome ai suoi amici questi iniziavano a dire che era roba da checche. Non aveva dato soprannomi nemmeno  a Jessie. 
Mark cercò di scacciare via tutti quei pensieri e di addormentarsi, ma questa volta, come se si fossero scambiati i ruoli,fu lui a sognare il riccioluto. Doveva rifiutare quei sentimenti,non poteva permettersi il lusso di innamorarsi di qualcuno.
A chi poteva dirlo?Che cosa sarebbe successo alla sua reputazione?E se i suoi amici lo avrebbero picchiato? No,no.. lui non provava assolutamente niente per Michael,lui era solamente molto carino,come i tanti ragazzi con cui aveva ballato nei gay bar. Non ne sarebbe valsa la pena.
Il giorno dopo,entrambi avevano lezione con Mrs. Anderson che aveva preparato una serie di domande per tutte quelle persone che erano andate male negli ultimi due compiti. Michael lanciò uno sguardo di incoraggiamento a Mark, e lui non poté fare a meno di sorridergli timidamente.
Il riccioluto dovette girarsi subito,si sentiva le guance bollire. Cavolo,non doveva farsi notare così! 
Anche il moro si girò subito. Ma cosa gli era venuto in mente?E se qualcuno se ne fosse accorto?! Si concentrò sul compito. Lesse velocemente le domande e improvvisamente si sentì un supereroe. So tutte le risposte,cavolo,grazie Mika! 
Iniziò a scrivere velocemente, l’altro se ne accorse e si sentì felice per lui,poi si concentrò sul compito che Mrs. Anderson aveva dato agli studenti che erano andati bene. 
La campanella suonò e questa volta Michael non fuggì dalla classe come suo solito. Prima doveva sapere una cosa.
“Allora?Come è andata?” quasi sussurrò.
“Bene,ma ci aspettano ancora altre lezioni. Ti va di lasciarmi il tuo numero?Dopo ti mando un messaggio per farti sapere quando fare la prossima lezione.”
Il riccioluto annuì, scrisse velocemente su un pezzo di carta una serie di numeri e glielo porse. Gli fece un cenno di saluto e scappò via dall’aula insieme a un gruppo di studentesse.
Quella giornata Michael non aveva nessuna lezione in comune con Karen infatti era piuttosto noiosa. Comunque  riuscì a cavarsela piuttosto bene,nonostante il compito a sorpresa di Mr. Smith,il professore con due baffi enormi che insegnava chimica.
La campanella dell’ultima ora finalmente suonò e lui volò verso la mensa dove lo aspettava la sua migliore amica. Mentre correva tra i corridoi controllò il telefono: Mark non gli aveva mandato nessun messaggio.
“Ciao Mika”
“Ciao Karen” lui le lanciò uno sguardo alla ti-devo-dire-qualcosa. 
“Cosa c’è?” gli chiese con un sorrisetto complice. Aveva capito tutto.
“È successa una cosa fantastica” quasi sussurrò,non voleva che qualcuno lo sentisse.
Velocemente entrambi presero i vassoi con il loro pranzo e si diressero a passo svelto verso il loro tavolo. 
“Forza,spara”
Michael iniziò a raccontare a Karen della lezione del giorno prima,evitando di dirle quello che Mark si era lasciato sfuggire su Jessie. Le raccontò anche quello che era successo quella mattina durante la lezione di Mrs. Anderson,ma lei lo fermò.
“Mika, sta guardando proprio verso di noi…anzi no,ti sta mangiando con gli occhi” Karen aveva lo sguardo fisso alla sua sinistra. Michael però non riusciva a capire nulla,parlava troppo velocemente. Si girò per seguire il suo sguardo e si perse nei pozzi blu di Mark. Aveva due occhi penetranti,che lui non avrebbe saputo descrivere. 
Fu un attimo, Mark si voltò quasi subito ma a entrambi vennero le farfalle nello stomaco. Michael si rigirò subito dopo verso Karen e mimò con la bocca un “Oh mio Dio!”. Lei gli sorrise smagliante pronta a festeggiare,ma dovette trattenersi: c’erano troppe persone in mensa. 
Poco dopo arrivò il messaggio del moro.


Ci vediamo alle tre al parcheggio,questa volta però ti accompagnerò a casa se facciamo tardi,tranquillo.

 

Inutile dire che lo lesse anche la sua migliore amica.
“State attenti e usate le precauzioni”
“Karen!Ma cosa dici!” le guance del ragazzo si colorarono di un rosa tenue mentre iniziava 
a scrivere un messaggio alla madre dicendole che sarebbe stato un’altra volta fuori.
“Presto capirà cosa stai tramando,sai?”
“Secondo me ha già capito tutto” 
Mentre i due finirono di pranzare, la ragazza cambiò discorso parlandogli di quanto fosse racchia Jessie con quella pettinatura. Michael ridacchiava,non poteva non volerle bene.
Alle due e mezzo Mark si alzò dal tavolo avviandosi chissà dove. Prima di uscire dalla mensa,lanciò uno sguardo a Mika,ma lui purtroppo non se ne accorse.
Andò via ripensando a quanto avrebbe voluto accarezzare i suoi capelli ricci, a quanto avrebbe voluto… No,no. Basta,si sarebbe messo nei casini.
“Mark,per favore,fermati”  disse una voce familiare.
“Mika,che ci fai qui?”
“Non ti ho visto più a mensa,pensavo ti stessi avviando” e volevo venire con te.
 In realtà stava andando sul tetto per schiarirsi le idee. Andava sempre lì quando aveva bisogno di stare da solo.
In quel momento gli passò un’idea folle per la testa.
“In realtà sto andando sul tetto. Vuoi venire con me?”

 Saaalve!
Saaaalve!Scusate il ritardo ma ho avuto problemi a ricontrollare e correggere il capitolo (un saluto speciale alla mia beta ti adoro!)  Comunque sia non riaccadrà più (spero > < ) Grazie mille a tutti quelli che leggono,seguono e recensiscono.  Vi lovvo:3

Un bacio,

Melime

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“In realtà sto andando sul tetto. Vuoi venire con me?”
Andrei ovunque con… cosa?Il tetto?
Il tetto era il posto in cui si andava solo per due motivi: o volevi stare tranquillo con la tua ragazza,o eri un ragazzo dark  ricoperto di tatuaggi che non vedeva l’ora di fumarsi una sigaretta.
E Mark che cosa ci faceva sul tetto? Perché voleva che Michael andasse con lui?Il riccioluto non sapeva darsi una risposta,ma aveva una tremenda curiosità e voleva saperlo. Annuì e  il moro gli fece cenno di seguirlo.
Camminarono uno dietro l’altro,tra loro c’era silenzio. Entrambi in quel momento stavano pensando ad altro.
Mark si stava quasi odiando per aver invitato Mika a seguirlo sul tetto. Sperava di non incontrare nessuno dei suoi amici , si sarebbero fatti di sicuro delle domande se l’avessero in compagnia con qualcuno che non era Jessie. Sì,perché secondo i suoi amici, doveva essere sempre in compagnia di qualcuno popolare o altrettanto bello,o come al solito con Jessie.
L’altro semplicemente si chiedeva che cosa avesse il moro. Perché in mensa lo stava fissando?E perché adesso non voleva nemmeno guardarlo in faccia?
Si ritrovarono davanti ad una porta rossa,un po’ malandata e piena di scritte e disegni osceni fatti da altri ragazzi. Il riccioluto guardò dubbioso Mark che, esitante,aprì la porta.
Il posto era deserto,come sempre a quell’ora. C’erano dei graffiti e qualche cartaccia buttata qua e là. Si vedevano dei mozziconi di sigaretta che probabilmente avevano lasciato quel gruppo di ragazze con i capelli rosa che si dirigevano spesso lì.
Iniziarono a camminare,c’era un forte vento lì sopra. Il riccioluto si sfregò le mani desiderando ardentemente un paio di guanti. Forse non era stata una grande idea seguirlo.
“Ehi Mika,da questa parte!” lo raggiunse.
Si sedettero per terra,di fronte a un paesaggio che mostrava quasi tutta la città. Il liceo era abbastanza grande,si innalzava per tre piani ed erano anche piuttosto alti. Si riusciva a vedere in lontananza il parco vicino alla scuola.
“Wow,che bella vista”
“Già”
Tra loro calò di nuovo il silenzio,nessuno dei due sapeva cosa dire. Entrambi erano in imbarazzo,volevano porsi delle domande a vicenda ma avevano paura perché ognuno
di loro pensava che l’altro potesse fraintendere.
“Vieni spesso qui?” Michael si fece forza e cercò di guardalo negli occhi. Mark aveva lo sguardo perso nel vuoto,forse non l’aveva nemmeno sentito. “No,solo quando ho bisogno di pensare e schiarirmi le idee” non si era ancora girato.
“Vieni  da solo qui?”
“Sì”
“E perché?” Mark finalmente si girò verso di lui e ancora una volta lo guardò negli occhi. Al riccioluto vennero dei brividi sulla schiena,l’intensità di quello sguardo era tremenda.  Forse non avrebbe dovuto chiedergli niente.
“Perché mi prenderebbero in giro” ecco,aveva fatto la stronzata. Adesso sicuramente Michael avrebbe riso e se ne sarebbe andato. Ma perché non poteva starsene zitto?
“Io non ti prendo in giro” Cosa?Aveva sentito bene?No,no stava scherzando di sicuro. Eppure i suoi occhi sembravano così sinceri..
“Dici così perché non sai a cosa penso” ah,era riuscito a salvarsi in calcio d’angolo. Si rigirò verso il panorama.
“Allora dimmi a cosa pensi,poi deciderò io se prenderti in giro o no” Mark riusciva a sentirsi lo sguardo dell’altro addosso. Aveva una voglia tremenda di parlare con qualcuno delle sue paure e dei suoi pensieri,ma non poteva farlo,non poteva fidarsi. Quel ragazzo gli rendeva tutto così difficile,gli metteva quasi voglia di dirgli tutto. Il moro sorrise amaro,era un caso perso. Chi mai lo avrebbe ascoltato?
“Perché sorridi?” oh,era così ingenuo.
“Perché sei spontaneo” le guance di Mika si colorarono di un rosa tenue,facendolo sorridere ancora di più.

Adorabile.
“Oh,andiamo Mark adesso quello a prendermi in giro sei tu” il riccio rise.
“Non ti sto prendendo in giro!” esclamò il moro ridendo con lui.
Calò ancora una volta il silenzio tra i due,Michael stava aspettando che l’altro parlasse. Non ci volle molto,il ragazzo dai pozzi blu si convinse abbastanza presto.
Dopotutto qualche parola non avrebbe fatto male a nessuno,no?E poi lui era così sorridente..
“È che a volte non so di chi  fidarmi. Sembro sempre essere ricoperto da amici ma in effetti so che se avessi bisogno,non saprei con chi parlare”
“Non hai mai pensato ai tuoi genitori?”
“I miei genitori stanno sempre via per qualche viaggio. Mi vogliono bene ma non conoscono tanti miei aspetti” Tipo,che so,sono gay.
“Beh,credo che sia normale. A volte anche io tendo ad allontanare mia madre quando si tratta di argomenti che mi mettono in imbarazzo” Tipo,che so,il fatto che io sia gay.
“Davvero?”
“Oh,certo a volte lo faccio anche con Karen”
“Vi volete bene?Tu e Karen intendo”
 “È la mia migliore amica da sempre,sì siamo molto uniti”
“Non avete mai pensato a mettervi insieme?” Mark si poteva tranquillamente definire geloso della ragazza.
Mika rise.
“No,no io beh ecco…” Ho altri gusti. “..non ho ancora trovato la persona giusta”
In un certo senso Michael aveva fatto una confessione a Mark e lui si sentì sollevato. Non aveva ancora trovato la persona giusta e non era  fidanzato con Karen. Cosa poteva chiedere di più?
“Quindi non hai mai baciato nessuno?” il riccio sorrise alla curiosità del moro. Ormai la conversazione si era incentrata su Michael e a lui andava bene. Voleva procurarsi in qualche modo la sua fiducia,anche se doveva stare attento a non farsi uscire niente sulla sua sessualità. Avrebbe potuto farlo allontanare del tutto.
“No,non ho dato ancora il mio primo vero bacio. Non ho ancora trovato la persona giusta” ripeté con fare ironico facendo sorridere anche il ragazzo dai pozzi blu.
Quanto avrebbe voluto essere lui,la sua persona giusta. Gli sarebbe piaciuto in quel momento baciare e accarezzare le guance di quell’adorabile ragazzo. Oh,cavolo. Si stava prendendo una cotta per Mika. Ma che stava combinando? Mark proprio non lo sapeva. Eppure,lasciò che le farfalle riempissero il suo stomaco e che la risata di Michael prendesse posto nel suo cuore,dopotutto cosa c’era di sbagliato?Era una sensazione bellissima.
Saprò trattenermi,voglio solo godermi questi momenti. Non mi farà male.
“…Sono le tre. Scusami,ma devo andare. Ho un appuntamento con un tipo,sai devo dargli ripetizioni.” Il riccioluto si alzò e iniziò a dirigersi verso l’uscita, seguito poi dal moro che ridacchiava.
Non incontrarono nessuno tra i corridoi,la scuola era molto silenziosa. Si riuscivano a sentire solo le risate dei due ragazzi,e per la prima volta,Mark non aveva paura di incontrare i suoi amici.
Arrivarono in poco tempo al parcheggio,anch’esso quasi deserto. Ma questo ormai,non aveva importanza.
La lezione di quel giorno durò quasi quanto quella del giorno prima,Mika era tornato serio mantenendo però la sua gentilezza. Studiarono fino alle sei senza neanche fermarsi,finché non arrivò il momento per Michael di tornare a casa.
“Ti accompagno,prendo la macchina”
“No,no non c’è n’è bisogno,è ancora giorno,tranquillo”
“Sicuro?”
Mika annuì. “Sicuro.”
Si salutarono,il tempo era proprio volato. Il riccio uscì dalla casa e Mark si buttò a capofitto sul divano,addormentandosi.
Era stanco,ma pieno di felicità. Sognò un’altra volta quegli occhi color cioccolato,questa volta però non cercò di scacciare via quei pensieri,anzi quasi sperava che quel sogno fosse vero. Dormì per un’ora,fino al ritorno di sua madre Margaret.
“Tesoro,ehi svegliati”
“Ciao,mamma. Tutto bene?” lei annuì.
“Papà ha detto che non torna prima di due giorni,ma adesso per un po’ di tempo sarò qui” Mark non poteva avere una giornata migliore. Aveva passato tutto il tempo con Mika e ora Margaret gli aveva detto che non sarebbe partita per un po’.
“Te,tesoro?Tutto bene?”
“Alla grande,mamma”
“Sai,quando stavo arrivando qui ho visto un ragazzo alto uscire di casa,era molto carino!Chi era,Mark?”

Il ragazzo più bello di sempre,mamma.

Saaaaalve!!

Sono riuscita ad aggiornare presto,però vi annuncio che fino al 5 Luglio non ci sarà alcun  nuovo capitolo. >< Dedico questo capitolo alla mia beta,Imma (Eleonor_98).Grazie mille,ti adoro! Ringrazio ancora una volta le persone che leggono,recensiscono e seguono la fanfiction. Grazie davvero!
Un bacio,

Melime

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Mamma,sono a casa!”
Michael era tornato per ora di cena. Quella sera nessuno dei suoi fratelli era presente  e nemmeno suo padre: avrebbe passato la serata solo con sua madre.
Joaine non vedeva l’ora che suo figlio arrivasse,voleva fargli tante domande anche se conosceva già le risposte. Sapeva che suo figlio era gay, stava iniziando anche a sospettare che si fosse preso una cotta per quell’amico di cui le aveva parlato.
Mika voleva parlarle e fare coming out. Si aspettava che la madre avesse capito tutto ma aveva una voglia tremenda di parlarne con lei. Dopotutto, tralasciando la chiacchierata con Karen,non lo aveva detto a nessuno. Si sentiva come se un grosso nodo si fosse impossessato del suo stomaco e non vedeva l’ora di liberarsene.
Da un po’ di tempo si era venuta a creare una tensione che,ogni volta che parlava con i suoi genitori o scherzava con i suoi fratelli,non gli permetteva di essere sé stesso. Aveva paura che qualche suo gesto o qualche sua parola inducessero gli altri a pensare male.

Ti vogliamo bene lo stesso.
Quando gli veniva in mente questa situazione,ripensava a quella frase. In un certo senso riusciva a calmarlo. Eppure,in quel momento,il riccioluto si era seduto di fronte alla madre con un’aria preoccupata.
Joaine era silenziosa,mangiava la sua insalata e aspettava che il figlio iniziasse a parlare. Non passarono molti minuti,giusto il tempo per Mika di organizzare le idee e cercare di controllare i suoi sentimenti.
“Mamma,io ti devo dire una cosa” sottolineò la parola ‘devo’ in modo forse troppo serio,ma abbastanza autoritario da far posare la forchetta alla donna.
“Dimmi”
“Sono gay” via,tutto di un fiato. Aveva deciso di dirlo così,senza tanti giri di parole in modo da sciogliere facilmente quel nodo che aveva dentro. Si sentiva libero,ma nello stesso tempo aveva paura della reazione della madre. Ma cosa importava adesso? Lo aveva finalmente detto.
“Va bene. Io non ho problemi”  Joaine era tornata alla sua insalata senza problemi. Michael però non aveva ancora finito,anche se si poteva definire il ragazzo più felice del mondo.
“Mà,io ho una cotta per un ragazzo”
“Manderò a quel ragazzo un augurio di buona fortuna” sempre la solita.
Quel ragazzo è fidanzato con una ragazza.”
Calò il silenzio fra i due. Solo in quel momento Mika capì quanto gli facesse male dirlo.
I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi,ma non pianse. Doveva essere forte. Non poteva permettere che un nuovo nodo si intrufolasse all’interno del suo stomaco,anzi, all’interno del suo cuore.
“Stiamo parlando di quel tuo amico di ieri?” lui annuì.
“Beh,tesoro. A volte,semplicemente,non siamo sinceri con noi stessi”
Michael non riuscì a sentirla,qualche lacrima aveva iniziato a scendere lungo le sue guance.

 

***

Mark si sedette di fronte a sua madre per la cena. Si somigliavano davvero tanto,lui aveva i suoi stessi occhi. Blu,e profondi come due pozzi.
Margaret aveva ordinato un paio di pizze. Non era molto brava cucinare,non aveva mai avuto l’occasione di fare pratica.
Mark l’osservava con la coda dell’occhio mentre mangiavano,aveva una voglia tremenda di raccontarle tutto quello che gli era successo in quella giornata. Voleva dirle che si stava prendendo una cotta per un ragazzo e che in realtà quella Jessie che a lei stava tanto antipatica,stava antipatica anche a lui.
Margaret sembrò accorgersi del figlio sovrappensiero.
“A cosa pensi,tesoro?” il ragazzo tornò sulla terra,scuotendo leggermente la testa come per ricordarsi dov’era. “ A niente.”
Margaret lo guardava un po’ preoccupata,aveva capito che era successo qualcosa ma non riusciva a capire cosa.
“Non mi hai ancora detto nulla di quel ragazzo di oggi pomeriggio. Chi era?” lui sorrise involontariamente,gli faceva quest’effetto pensare a quel riccioluto. Non si accorse dello sguardo che gli lanciò la madre,in quel momento pensò solamente a una cosa.
Doveva parlarne con lei.
Dopotutto anche Michael gli aveva consigliato di parlare con i suoi genitori,Margaret gli aveva detto che sarebbe rimasta con lui per un po’di tempo,quindi perché non dirlo?
“Mamma,io devo dirti una cosa” forse aveva iniziato piuttosto male,visto che Margaret si irrigidì.
“Dimmi che non ti fai le canne insieme a quello” lui rise.
“No,no,mamma. A me quel ragazzo….beh,ecco..” prese una pausa.
“Mamma a me quel ragazzo piace in quel senso. Perché io sono gay” cercò di essere il più veloce e chiaro possibile. Voleva chiudere gli occhi e lasciare che quella sensazione di liberazione prendesse posto dentro di sé. Non si stava nemmeno preparando alla reazione della madre,non poteva. Quel giorno era troppo bello per finire male.
Margaret restò in silenzio per un po’,ma sorrideva.
“Tesoro,a me non cambia nulla. Anzi,finalmente potrai finirla con quella Jessie” alla donna,quella ragazza non era mai piaciuta. Tuttavia,Mark fece una smorfia.
“Non posso ancora lasciarla,rovinerebbe tutta la mia reputazione a scuola” in effetti Margaret sapeva che il liceo non era un posto sicuro e che era facile diventare vittime di bullismo. Annuì comprensiva e gli sorrise come solo le mamme sanno fare.
“Resti comunque il mio bambino” gli accarezzò una guancia. “E comunque,quel ragazzo…voglio conoscerlo.”
Fuori casa Jones intanto,un uomo sulla quarantina si caricava delle sue valigie mentre staccava una telefonata. Stava per entrare in casa,sapendo di fare una sorpresa ai due,anche se,in quel momento,avrebbe preferito infilarsi nel letto della ragazza con cui aveva appena parlato al telefono.
Quell’uomo era Richard Jones,il papà di Mark.
“Buonasera!” esclamò fingendosi contento ed entrando in casa. Si avviò verso la cucina dove trovò suo figlio che piangeva e sua moglie che lo consolava. Fece finta di tossire,cercando di farsi notare dai due.
“Oh,caro! Avevi detto che non tornavi prima di dopodomani!Dammi la valigia,vado a metterla in camera” sua moglie gli andò incontro,dopotutto le voleva sempre bene anche se continuava a tradirla.
“Mark ha qualcosa da dirti” finì lanciando uno sguardo al figlio che non lo aveva ancora salutato. “È piuttosto importante.” Gli fece un cenno e si avviò in camera.
“Ehi,Mark,cosa c’è che non va?”
“Papà..” dire che in quel momento era spaventato era poco. Mark era terrorizzato: come faceva a dire a suo padre che era gay?Lui che aveva sempre posto in lui una grande aspettativa?
Suo padre non era per niente come sua madre,era più severo e troppo poco presente. Richard non conosceva affatto suo figlio,lo vedeva per cinque giorni al mese se gli andava bene. E adesso,si ritrovava anche a dover fare coming out con lui.
“..Io,c-credo…anzi..no. Io s-sono gay,papà” la voce timida e la paura fecero balbettare il ragazzo. Abbassò lo sguardo sentendosi la tensione del silenzio del padre addosso.
Lo stava fissando con i suoi occhi scuri e impenetrabili.
“Che cosa cazzo stai dicendo,Mark?” la sua voce era piuttosto alta.
“Papà,io..”
“Mark,ma che schifo stai dicendo?!” Richard non lo lasciò parlare. Voleva solo urlargli contro,si sentiva offeso. Come poteva mai essere che il suo unico figlio fosse gay?
“Lo sai che i tipi come te dovrebbero solo bruciare?Tu sei contro natura!” gli urlò in faccia.
Mark sentì quelle parole trafiggergli il cuore. Come poteva suo padre dirgli che faceva schifo e che era contro natura? Non riuscì a guardarlo in faccia,aveva la vista appannata. Quello che lui considerava una delle persone più importanti gli stava rubando tutta quella fiducia in sé stesso che fino a quel momento era riuscito ad ottenere.
Richard continuò a urlargli contro,Mark si sentiva ogni singola parola attraversargli il cuore e la mente come se fossero tante frecce. Aveva iniziato a piangere e a singhiozzare.

Papà,sono nato così.
Poco dopo entrò in cucina anche Margaret che aveva sentito ogni singola parola che suo marito aveva urlato contro suo figlio. Aveva in mano una busta,che conteneva tanti bigliettini che si era scambiato con le varie ragazze con cui era stato durante i suoi viaggi. Dentro c’erano anche delle foto che si era scattato il giorno prima con Sasha,una ragazza con una quinta di seno davvero carina.
“Richard” la durezza con cui pronunciò il suo nome lo fece girare. Margaret aveva lo sguardo più deluso,arrabbiato e vendicativo che avesse mai fatto.
Mark quasi non la riconosceva.
Mostrò la busta che aveva in mano all’uomo che sbiancò subito,poi gli puntò il dito contro.
“Io mi fidavo di un uomo che era il padre di mio figlio e mio marito. Ora però quell’uomo dà dello schifoso al mio bambino e se ne va con delle prostitute” fece una pausa.
“Richard,adesso io e Mark usciremo ed entro due ore saremo di nuovo qui. Quando sarò tornata,non voglio più vedere la tua faccia nè ogni singola cosa che ti appartiene” si avvicinò a lui,mantenendo ancora le distanze.
“Lo schifoso,qui, sei tu” gli lanciò un altro sguardo pieno di ira,poi guardò Mark che durante il suo discorso era rimasto lì impalato a cercare di fermare le lacrime che continuavano a rigare il suo viso.
“Andiamo tesoro.” Margaret lo prese per un braccio dolcemente e uscirono. Presero  tutte le chiavi che c’erano all’ingresso,anche quelle di Richard. Non l’avrebbero rivisto mai più.
Mark mentre usciva dalla porta di casa cercava di nascondere i suoi singhiozzi,sapeva che anche sua madre stava cercando di trattenere le lacrime.

Questa giornata stava andando fin troppo bene.

***

Il giorno dopo a scuola,Mark era completamente sconvolto.
Non aveva dormito la notte,era rimasto abbracciato a sua madre nel letto cullandola. Era stata molto forte,lo aveva salvato da suo padre. Gli faceva ancora un male tremendo ricordare tutte le parole che gli aveva rovesciato addosso il giorno prima.
Quando erano tornati a casa dopo la loro passeggiata,Richard era scomparso. Aveva fatto come Margaret gli aveva ordinato. Aveva preso tutte le sue cose, non aveva lasciato nemmeno un biglietto. Scomparso,per sempre.
E a lui andava bene così,se doveva avere un padre che lo detestava e che tradiva sua madre era meglio non avere nessuno. E poi lui non era solo,aveva Margaret  e il suo adorato ricciolino.

Quel ragazzo è davvero fantastico.
Il moro entrò in classe,un’altra lezione di Mrs. Anderson. Si consolava pensando al fatto che era Venerdì e che il giorno dopo avrebbe potuto dormire fino a tardi,anche se quella sera gli toccava uscire con Jessie. Non importava,si sarebbe rilassato  con delle lezioni con Mika.
“Buongiorno” passò vicino al banco del riccioluto,aveva due occhi gonfi quel mattino. Aveva passato tutta la sera davanti a una tastiera a scrivere canzoni. Faceva così quando era triste. Sì,perché il giorno prima Michael non era riuscito a non pensare a Mark e a quanto fosse doloroso non poterlo raggiungere.
“Ciao” Mika ricambiò il suo saluto,cercando di ricomporsi. Non doveva farsi vedere così da lui.
Troppo tardi però,perché Mark se ne accorse. Decise comunque di non chiedergli ancora nulla,magari ne avrebbero parlato più tardi.
Poco dopo entrò in classe il diavolo fatto professoressa. Portò con sé i compiti che avevano consegnato i ragazzi che dovevano recuperare. Mark prese una sufficienza e preso dalla felicità,fece segno a Michael mimando un ‘tutto grazie a te” con la bocca.
Il riccioluto gli sorrise,non poteva non farlo quando il moro era nei paraggi.
Quel loro momento durò poco,perché Mrs. Anderson iniziò ad andare avanti con il programma spiegando la vita di un nuovo autore inglese.
Michael era contento,avrebbe passato più tempo con Mark per le lezioni.
Iniziò a prendere appunti e ad ascoltare la professoressa,non accorgendosi minimamente dei pozzi blu fissi su di lui.
La campanella sembrò suonare in fretta,questa volta però Mark non riuscì a fermare Mika prima che volasse fuori dalla classe.

Gli manderò un messaggio.

 

I due riuscirono a rivedersi a mensa,anche se come al solito,erano seduti a tavoli diversi. Mark era in disparte con James che non faceva altro che parlargli delle minigonne delle cheerleader. 
Dall’altro lato della sala invece,Karen stava interrogando il suo migliore amico per le sue profonde occhiaie.
“Okay,Mika hai due possibilità. O mi dici in questo preciso istante perché diamine hai gli occhi più gonfi delle tette rifatte di Jessie o..” Mika rise.
“o..?Cosa mi combini?” gli occhi verdi della ragazza si fermarono sui suoi.
“O questa sera a teatro giuro che sarò insopportabile” oh,no. Andare a teatro con Karen che faceva l’insopportabile era impossibile.
“E va bene,va bene” la sua migliore amica sorrise vittoriosa.
Lui le raccontò della canzone che aveva abbozzato il giorno prima e che forse avrebbe portato a uno dei tanti provini che avrebbe potuto donargli l’opportunità di realizzare il suo sogno: diventare un cantante. Karen lo aveva ascolato molte volte mentre si esibiva  ed era la sua fan numero uno.
“Mmh,tu non mi convinci però”
“Ieri ho fatto coming out con mia madre,le ho detto tutto. Anche di Mark.. e di Jessie” aveva rovesciato tutto,ormai era inutile cercare di nascondere qualcosa alla sua migliore amica.
Lei non disse nulla,continuò a guardarlo con i suoi occhi verdi come un prato a primavera. Aspettava che il ragazzo continuasse a parlare.
“Ho queste occhiaie,perché non riuscivo a smettere di pensare a Jessie  che può baciare,abbracciare, tenersi Mark tutto per sé quando vuole!E io non posso fare altro che stare in disparte e osservare tutto.” I suoi occhi iniziarono ad inumidirsi.
Karen non aspettò ancora,prese il suo migliore amico per un braccio e lo trascinò via dalla mensa. Nessuno doveva vederlo piangere.
Si diressero in un bagno molto lontano dalla sala e poco frequentato. Le lacrime avevano iniziato a rigare il viso del ragazzo già da quando avevano salito le scale. Lui non piangeva quasi mai,ma tutte le volte che succedeva,Karen era lì pronta ad abbracciarlo. Così come lui per lei.
“Tesoro,sono sicura che andrà tutto bene” strinse il ragazzo a sé.
“L’amore cambia sempre.” Sussurrò ancora.

 

Mark di canto suo,si accorse dell’improvvisa uscita del riccioluto e della ragazza mora dalla mensa. Aveva una voglia tremenda di seguirli,ma poi si ricordò che da lì a poco lo avrebbe rivisto al solito posto e al solito orario.
Cercò  di sembrare interessato a quello che James gli diceva,anche se aveva la testa altrove. Non riusciva a pensare ad altro se non alla reazione di suo padre quando gli aveva detto che era gay, però riusciva sempre a consolarsi immaginandosi quegli occhi color cioccolato che avrebbe rivisto.
Appena si fecero le tre meno dieci,il moro scappò subito via dalla mensa. Andò al parcheggio sperando di trovare Mika.
Non vedeva l’ora di chiedergli come mai fosse uscito con così tanta furia dalla sala.
Mark aspettò un quarto d’ora,poi lo vide arrivare,più bello che mai.
“Ciao,scusami per il ritardo” era imbarazzato,aveva le guance  e il naso arrossati.
“Ciao. Tranquillo,salta in macchina” si sorrisero a vicenda.
Si avviarono verso casa di Mark,entrambi avevano un’espressione stravolta. Michael ripensava alle parole che Karen gli aveva sussurrato poco prima,non aveva ancora capito cosa significassero,però gli avevano messo una carica tremenda.
Il moro invece,si sentiva rilassato il quel momento. Come aveva immaginato,con Mika accanto i suoi pensieri lo lasciavano libero e improvvisamente non esisteva più Richard e neanche Jessie.
Arrivarono a casa e senza troppe storie i due si misero a studiare. Passarono un paio d’ore quando arrivò Magaret. Aveva trascorso tutta la mattinata dall’avvocato per concludere definitivamente tutto con Richard.
Trovò i ragazzi a studiare seriamente e lei quasi non ci credeva. Conoscendo suo figlio,avrebbe incitato il ragazzo a fare altro,ma magari quel ragazzo gli piaceva davvero tanto.
“Ciao Mark,sono a casa!” entrò in cucina salutando il figlio e facendo un cenno al riccioluto.
“Ciao caro,io sono Margaret,la mamma di Mark” strinse la mano al ragazzo.
“Piacere,io sono Michael” le sorrise e la donna ricambiò.
Superò  il riccioluto facendo finta di aprire il frigorifero,quando invece fece un grande pollice in su a Mark in segno di approvazione. “Mi piace” mimò con le labbra al figlio facendolo sorridere.
“Io esco a fare la spesa,Michael ti piacerebbe restare qui per cena?” chiese speranzosa.
“Mi dispiace,ma questa sera non  posso proprio” Mika sarebbe rimasto davvero,ma si era già organizzato con Karen per andare a teatro.
“Va bene,sarà per un’altra volta.” Uscì sorridendo ai ragazzi.
I due continuarono a studiare per un’ora circa,poi a Mark iniziò a fare male la testa e decisero di fermarsi.
“Scusami ma ieri ho avuto una nottataccia” il moro si strofinò gli occhi.
“Oh,tranquillo. Anche io ieri non sono riuscito a dormire” Mika fece un sorriso timido al ragazzo.
“Come mai?”
“Ho passato tutta la sera a scrivere una canzone e..”
“Tu scrivi canzoni?!Sai cantare?” Mark gli sorrise meravigliato,adesso se Mika gli avesse detto che sapeva volare non si sarebbe stupito.
“Beh,sì sto studiando molto..” Il riccioluto era leggermente in imbarazzo.
“Michael ti prego,lascia che ti ascolti” i pozzi blu si erano puntati verso gli occhi color cioccolato del riccioluto.
“V-va bene” lui fece una risata quasi isterica. Ci fu un attimo di silenzio  tra loro,continuavano a guardarsi negli occhi.
 “Ehm,tu invece?Perché hai passato una brutta serata?”  Mika distolse lo sguardo per primo.
“Mia madre ha scoperto che mio padre la tradiva da un bel po’” Mark lo disse senza riflettere,non pensò di risultare ridicolo. Ormai lo poteva tranquillamente definire come  la persona di cui si sarebbe fidato sempre. Non gli importava se non potevano amarsi,lui voleva stargli accanto comunque.
“Oh merda, Mark. Mi dispiace” Mika lo abbracciò. Anche lui agì senza riflettere,anche lui non  pensò di essere stupido. Il moro ricambiò l’abbraccio stringendo il riccioluto a sé,avrebbe voluto rimanere così per sempre.
Anzi,avrebbero voluto.

Saaaaaaaaaalve!

Rieccomi ritornata con un bel regalo per voi! Questo è sicuramente il capitolo più lungo che io abbia mai scritto,ma ahimè,vi devo dare delle brutte notizie. Dal 9 Luglio fino al 23 non potrò aggiornare perché parto. Quindi godetevi questo capitolo,spero  di non avervi lasciato con un finale troppo cattivo e che vi piaccia. Ringrazio come al solito chi legge,chi ha la fanfiction tra le seguite e preferite e chi la recensisce! 
Un bacio,
Melime

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Michael uscì troppo tardi da casa di Mark,dopo il loro abbraccio avevano continuato a parlare ancora un po’ del più e del meno. Non riusciva a rendersi conto del tempo che passava,era troppo impegnato a perdersi in quei suoi amati pozzi blu.
Per questo,quando sua sorella Yasmine lo chiamò per chiedergli dove diamine fosse finito,sussultò. Le aveva chiesto di aspettarlo prima di scendere,così gli avrebbe dato un passaggio a casa di Karen.

Merda. Scusami,devo andare.”
Mark non ebbe nemmeno il tempo di accompagnarlo alla porta,che il riccio già volò via. Avrebbe voluto salutarlo per bene,ma gli andava bene così. Dopotutto avevano passato tutto il pomeriggio insieme.
Sospirò. Doveva prepararsi per uscire con Jessie.
Il riccio intanto sfrecciava per le strade cercando di non andare a sbattere contro le signore che stavano passando di lì. Possibile che dovevano scendere tutte in quell’istante? Ah,doveva muoversi.
Superò in un modo non molto gentile un signore e si ritrovò nel quartiere vicino casa sua. Però,doveva ammettere che quelle gambe lunghe erano veloci!
Ancora qualche minuto per un flash zig-zag tra le persone ed eccolo davanti casa sua. Entrò in casa con il fiatone e la sorella gli andò incontro piuttosto arrabbiata.

Si può sapere dove diamine eri?” cercò di avvicinarsi al fratello pronta a fargli una scenata ma lui la scansò abilmente.
“Stavo con un amico e non ho visto l’orario.” E in parte era anche vero.
Andò in camera sua,pronto a cambiarsi e a fare una doccia veloce. In genere Mika era solito fare tardi,ma quando gli stava addosso sua sorella era tutto un altro paio di maniche.
Entrò nella doccia canticchiando una canzone che aveva scritto non molto tempo prima,ripensando velocemente a quella chiacchierata che aveva avuto con Mark.
Il riccioluto non si sarebbe dimenticato facilmente la reazione che ha avuto il moro quando gli ha detto che cantava. Era così
adorabile.
Avrebbe voluto davvero cantargli qualcosa e mostrargli una parte di sé,si immaginava già la scena: lui avrebbe suonato il pianoforte e cantato una sua canzone, Mark sarebbe stato bellissimo come sempre e l’avrebbe ascoltato con attenzione. Sarebbe stato un ricordo che avrebbe portato sempre nel cuore,ma si sentiva
bloccato.
Bloccato da una ragazza con un manto di capelli dorati e un corpo mozzafiato. Jessie.
Uscì dalla doccia,un po’ malinconico. Si diresse in camera sua in accappatoio e dopo un quarto d’ora,eccolo lì pronto.
Andò dalla sorella in cucina,che mentre lo aspettava, giocava con il cellulare masticando una caramella.

Eccomi,scusami per il ritardo” lei gli lanciò un’occhiataccia,ma durò poco.
“Non fa niente,” sospirò “stai benissimo così.”
Mika sorrise e insieme alla sorella si avviò alla macchina. Nonostante i suoi diciotto anni,lui non aveva ancora preso la patente.
In macchina i due fratelli non parlarono molto,passarono la maggior parte del tempo ad ascoltare musica e a cantare insieme. Adoravano farlo.
All’inizio della terza canzone, i due si ritrovarono davanti casa di Karen. Mika salutò la sorella dandole un bacio sulla guancia.
Si avviò verso la casa,ma pochi secondi prima di bussare,la sua migliore amica gli aprì la porta.

Wow,Karen ma cos-” il ragazzo fece un passo indietro,aveva un’espressione che oscillava tra il sorpreso e lo spaventato.
Ho visto la macchina di Yasmine e ti sono venuta incontro” lei fece spallucce alla reazione del suo migliore amico.
Mi hai fatto prendere un colpo!” lui si lamentò ancora rimanendo sul ciglio della porta.
Beh,era solo una prova per i miei poteri da maga del tempo. Ha funzionato ,eh?” lo prese in giro ridendo sotto i baffi. Andò a prendere la giacca all'ingresso,ignorando completamente il riccioluto.
Karen ma che stai dicendo?Non dirmi che ti sei fatta un’altra maratona Marvel!”
“Ah,tu non capisci niente.” Uscì dalla casa e mentre chiudeva la porta,gli lanciò uno sguardo complice. “Piuttosto,com’è andata oggi a lezione?
Michael soffocò un sorrisetto,voleva tenerla un po’ sulle spine. “Ti racconto tutto a cena.”

Tutto a cena’ significava dopo il teatro, ‘dopo il teatro’ significava aspettare come minimo un paio d’ore. E lei detestava aspettare,era troppo curiosa.
Tuttavia erano in ritardo per il teatro e avrebbero fatto bene a muoversi. Mika prese sottobraccio l’amica,che quella sera aveva deciso di indossare i tacchi e un jeans aderente.

Sarebbe stato più comodo camminare qui su se solo tu non avessi fatto tardi e io non mi ritrovassi a correrci sopra!” Esclamò quando l’amico rise sul suo buffo modo di camminare veloce.
Arrivarono giusto in tempo a teatro,lo spettacolo di quella sera era una tranquilla commedia di cui entrambi avevano bisogno.
La commedia parlava di una scrittrice emergente che cercava a tutti i costi di realizzare il suo sogno e pian piano riuscì nel suo intento. Alla fine,si sposò anche.
Sia Karen che Mika erano molto attenti e nessuno dei due disse una parola. In genere quando andavano a teatro,si tenevano tutti i commenti per la cena.
Ma quella sera a cena,entrambi sapevano bene che non avrebbero parlato affatto della commedia.
Uscirono dal teatro rilassati e contenti,si diressero verso casa di Karen dove avrebbero ordinato la cena e parlato
finalmente della lezione di Michael e Mark.
Non vuoi aspettare nemmeno la cena?”
Mika,ho detto parla,adesso.” si era perfino tolta le scarpe,ormai il ragazzo aveva la sua piena attenzione.
Il riccioluto iniziò a raccontarle tutto,non lasciò nessun dettaglio. Le raccontò di Margaret,del fatto che Mark non vedeva l’ora di sentirlo cantare,del loro abbraccio.
Non le disse nulla riguardo al padre del moro e quello che gli aveva confessato. Quella era una cosa che Mika custodiva quasi gelosamente,come se fosse qualcosa di materiale.
Karen l’ascoltava senza dire una parola,stranamente. Aveva un’espressione concentrata,ogni tanto giocherellava anche con qualche ciocca corvina dei suoi capelli.

Okay. Qual è il problema?” a un certo punto Karen lo stoppò.
Di che parli?”
Vi siete abbracciati. Avete parlato di qualsiasi cosa e tu non mi hai ancora fatto il Mark-sorriso. Quindi,spiegami. Cosa c’è che non va?”
Lui deglutii. Quella ragazza nella via precedente doveva essere una tigre o qualche specie di felino molto perspicace.
“Ho solo paura di cantare davanti a lui. Potrebbe
capire tutto,tu lo sai. E poi Jessie…”
Hai ragione” lui quasi non credeva alle sue orecchie.
Cosa?”
Potrebbe capire quale persona fantastica sei,testone!E non preoccuparti per quella bionda tinta. A lei ci penso io…” lei gli sorrideva complice. “Seriamente,non vedo il perché tu non dovresti cantare davanti a lui. Magari,conoscendoti lo farai solo avvicinare di più a te” lui le sorrise grato.
Lo pensi davvero? E se facessi una figuraccia?”
Se facessi una figuraccia,significa che devi solo dimenticarlo. E sì,lo penso davvero” a Mika scappò una risata contenta.
Grazie” i due si abbracciarono,lei gli diede un bacio sulla guancia.
Di niente,testone.”
Poco dopo arrivò la cena e Karen iniziò a raccontare al suo migliore amico quanto erano belli i film Marvel.

***

Mamma,io esco con Jessie,ci vediamo dopo.” Mark lasciò un bacio sulla guancia alla madre prima di andare a prendere la sua ragazza.
“Ma quando ti deciderai a lasciare quella pazza bionda?” Gli urlò dietro lei,sperando che la ascoltasse ma lui era già uscito.
Quella sera gli aspettava una serata
grandiosa alla discoteca vicino casa di James. Prima però gli toccava andare a casa della sua ragazza,così avrebbe potuto dirle quanto era bella con i vestiti che aveva scelto quella sera. Anche se per lui ormai,i suoi vestiti erano tutti uguali,cambiava solo il colore.
Mark non aveva nulla contro Jessie,ma gli rendeva le cose davvero difficili. Tante volte prima di uscire gli chiedeva di passare a casa sua per fargli vedere in anteprima come si era vestita e sentirsi i suoi complimenti .
Era una ragazza piuttosto sveglia e sapeva quando era il momento per potersi permettere una scollatura audace. Era bellissima,poteva avere chiunque ai suoi piedi,ma destino crudele,aveva scelto
proprio Mark.
Tesoro,sei puntualissimo come sempre” abbracciò stretto il suo ragazzo appena gli aprì la porta. “E bellissimo” gli sussurrò nell’orecchio rubandogli poi un bacio sulle labbra.
Sì,Jessie era decisamente una ragazza maliziosa. Le piaceva giocare con i ragazzi e vedere le loro reazioni senza però dare mai nessuna soddisfazione. I giocatori della squadra di football sbavavano ogni volta che la vedevano in minigonna e avrebbero pagato centinaia di dollari per un filo di vento che l’avrebbe alzata. Lei lo sapeva e le veniva da ridere a guardarli. Erano così
ridicoli.
Mark invece era diverso,secondo la biondina la guardava per come era davvero e quando stavano insieme lei si sentiva tranquilla e serena. Peccato che fosse una cosa a senso unico.

Anche tu,come sempre” Mark le sorrise,ma non era un sorriso sincero. Non era come quelli che faceva a Michael.
Dai,entra. Sono già pronta,prendo la giacca e andiamo.”
La biondina fece accomodare il suo ragazzo nel salotto,ma era vuoto. Probabilmente i suoi genitori erano usciti.Di solito Emma,la madre di Jessie, amava abbracciarlo ogni volta che veniva a casa.
Mark tirò un sospiro di sollievo quando si guardò intorno e non la trovò.
Pochi minuti dopo, Jessie scese le scale in tutto il suo splendore. Indossava il vestitino che aveva comprato il pomeriggio stesso,un tubino rosa. Era abbastanza corto da attirare le attenzioni di tutti,ma non era scollato. Indossava delle alte scarpe col tacco nere,e la giacca dello stesso colore.

Allora,come sto?” sorrise compiaciuta.
Sei bellissima.” Okay,adesso però usciamo di qui.

La discoteca aveva la musica a un volume altissimo,si poteva capire stando fuori. Si sentiva tutto perfettamente. James era già mezzo ubriaco ed era fuori a parlare con un John,un giocatore di football. Al loro fianco c'erano tre casse di Tennent's,evidentemente i ragazzi avevano dei programmi per quella sera.
Appena i due videro la coppia arrivare,gli andarono incontro.

Ehi,Mark,ciao Jessie” John si passò la lingua fra le labbra quando vide le gambe affusolate della ragazza. Non degnò nemmeno di uno sguardo il suo ragazzo,come se non esistesse.
Ciao John,tutto bene?” Mark fece un colpo di tosse allontanando il ragazzo da Jessie,facendola ridere. Non che fosse geloso,ma non sopportava vedere i ragazzi sbavare come dei porci.
Lui sorrise come se niente fosse,strafottente. “Sì.”
Jessie salutò il suo ragazzo e si diresse insieme a John in discoteca a ballare. Lui rimase con il suo migliore amico fuori,non amava molto i posti come quelli. Non gli piaceva ballare appiccicato a persone,che la maggior parte delle volte,non conosceva nemmeno. La musica era così alta che era convinto che da un momento all’altro sarebbe diventato sordo,e poi era tutto così buio…. Insomma,le discoteche non gli andavano molto a genio.

Mark,ti va un po’ di birra?” il suo migliore amico gli offrì una bottiglia ancora piena. Non si ubriacava spesso,ma visto che non aveva nulla da fare…
Da’ qua..” Mark prese la bottiglia e ne bevve un lungo sorso. Il sapore amaro della birra gli invase la bocca.
Come vanno quelle lezioni che stai prendendo?” James parlò dopo alcuni minuti di pausa. I suoi capelli biondi gli incorniciavano il viso ricoperto da un leggero strato di sudore. Il moro si rizzò sul posto.
Bene,bene..” quasi tossiva. Perché faceva queste uscite?
Quel tipo però mi sembra un po’ frocio,sai?” i biondo rise di gusto,ma Mark avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia.
“Ma cosa dici,forse hai bevuto troppo..” il moro fece un sorriso forzato,ma cosa gli prendeva?Improvvisamente non riconosceva più il suo migliore amico.
Era capitato che qualche volta parlassero dei gay,il biondo non aveva un’opinione chiara,ma non aveva mai usato la parola ‘frocio’ o qualche altro tipo di offesa. Forse la compagnia prolungata con i giocatori di football l’aveva influenzato…no,Mark non poteva pensarci. Non avrebbe accettato l’idea di avere un migliore amico che chiamasse i gay ‘froci’.

Fossi in te io ci andrei piano con quello” James rise ancora,più forte di prima. Ma dovette fermarsi,la testa gli faceva un gran male. Il moro cercò di dare la colpa di quel comportamento all’alcol. Peccato che non fosse così.
A James in realtà i gay non piacevano affatto,ne era sicuro da quando John gli aveva fatto vedere due ragazzi vicino casa sua che si baciavano. Il giocatore di football gli disse che erano dei pervertiti assurdi e che se un bambino li avesse visti si sarebbe scioccato a vita. Il biondo non credeva che due ragazzi gay potessero fare tanto,all’improvviso quei tipi gli fecero salire lo schifo.
Quella sera James e John picchiarono quei due a sangue.

Io vado a ballare con Jessie.” Mark non poteva più sopportare quell’odore di alcol e le parole di James. Si avviò verso la discoteca,ma non ci entrò. Sviò verso il retro del locale,dove si trovava una panchina. Rimase lì per un po’ di tempo.
Lasciò che i suoi pensieri invadere la sua mente e si ritrovò a rivivere l’ultima settimana. Era tutto un casino: suo padre scomparso per sempre,sua madre che gli sarebbe stata vicina e le lezioni di Michael che gli davano conforto.
Rise amaramente e bevve un altro lungo sorso di birra.
Era incredibile il modo in cui in così poco tempo,la sua vita era cambiata.


***


Se c’era una cosa che Mika adorava era il piacere di poter dormire fino a tardi il sabato mattina. Piacere che però,gli fu negato quando suo padre entrò in camera sua facendo un gran casino.
Michael,andiamo,svegliati!Oggi ti porto a colazione fuori!” suo padre gli tirò via le coperte causando un brivido di freddo al figlio e facendolo tremare un po’. Il riccioluto non aveva nessuna voglia di alzarsi,aveva fatto le due di notte la sera precedente con Karen. Avevano parlato di un sacco di cose,come loro solito. Avevano parlato della scuola,di cosa avrebbero fatto in estate,del college,della musica…sì,musica. Michael le aveva confessato che aveva intenzione di pubblicare su internet su video in cui cantava una sua canzone,Relax. Non gli importava delle persone che avrebbero potuto prenderlo in giro o di probabili insuccessi,lui doveva farsi sentire,lo voleva.
Inutile dire che Karen ha subito appoggiato la sua richiesta,anzi era diventata il nuovo cameraman della situazione.

Papà,andiamo sono le otto del mattino!” cercò di riprendere possesso delle sue coperte,senza riuscirci.
“….e io devo parlare con te. Forza,muoviti e vestiti. Se non ti muovi non troveremo nemmeno un cornetto!” suo padre uscì dalla stanza canticchiando felice,lasciando il suo povero figlio che sbuffando e sbadigliando,si alzò.
Aveva dormito per quattro ore che gli sembrarono passate in cinque minuti. Mentre sceglieva i vestiti,maledì sottovoce suo padre per averlo svegliato. Iniziò a chiedersi cosa aveva di tanto urgente da dirgli,perché non
aspettare. Forse Joaine si era fatta sfuggire qualcosa e suo padre ora si sentiva offeso. Oh,no.
Mika smise di abbottonarsi la camicia per un attimo,come avrebbe guardato in faccia suo padre?
“Allora Michael,ti muovi sì o no?” suo padre tornò ad affacciarsi in camera sua e aveva un sorriso così dolce che scacciò via tutti i pensieri del figlio.
“Sì,devo solo andare in bagno”
Che stupido,dopotutto è sempre papà.


Quel “devo solo andare in bagno” durò per circa mezz’ora. Quando Michael uscì dal bagno si ritrovò di fronte suo padre con le braccia incrociate che sbatteva a un ritmo veloce il piede destro per terra.
“Scusa.” Michael non lasciò che il figlio dicesse altro,si avviò facendo segno al figlio di seguirlo.
Non c’era niente da fare,le mattine di Marzo a Londra erano
freddissime. Le rondini erano emigrate via da un po’ e gli alberi erano spogli. Era ancora presto per la primavera,ma intanto l’inverno si faceva sentire benissimo. Mika teneva fisse le mani in tasca,nascondeva il viso nella sua calda sciarpa e camminava piuttosto rigidamente. Suo padre camminava al suo fianco,ma sembrava molto più sicuro e sereno.
Camminarono per un po’,finché suo padre non si fermò davanti a un bar,piuttosto piccolo ma caldo. Era arredato in un modo davvero accogliente e l’odore che si sentiva all’interno faceva venire fame a chiunque. C’erano già molte persone che occupavano i tavoli,nonostante fossero le nove del mattino.
Ora capisco perché alzarsi alle otto…
Fortunatamente,riuscirono a trovare un tavolino per due persone e suo padre ordinò subito due cornetti e due caffè.
Passarono pochi minuti in silenzio,poi Michael,suo padre,parlò.
“Figliolo,ti ho portato qui perché in realtà tua madre mi ha detto di farlo. Mi ha detto,che avevi delle cose da dirmi” Mika rimase scioccato,non sapeva cosa avrebbe combinato a sua madre se l’avesse avuta davanti.
“Papà,io..beh,ecco..”
“Se non ti va di dirmi cosa tua madre voleva mi dicessi,non fa niente” suo padre non sembrava deluso,ma una strana sensazione si accese dentro il riccioluto.
No,deve saperlo.
“Papà,io sono gay” Michael lo disse tutto d’un soffio anche questa volta,anzi forse pure più veloce.
Suo padre lo guardò come se lo volesse incitare a continuare.
“Sì,okay questo lo sapevo. Voglio dire sei mio figlio…volevo sapere la parte
interessante”
Papà,ma cosa stai diventando,un maniaco di gossip?”
“Ma scherzi?Tu sei mio figlio,io
devo saperlo” sul suo viso apparve un ghigno.Il ragazzo sbuffò.
È che mi piace un ragazzo,mi piace tanto. Ma lui è fidanzato,con una ragazza” lentamente,Mika fece quella confessione a suo padre che lo ascoltò attento,quando sentì l’ultima parte fece una smorfia come se a soffrire fosse lui.
Quella fu la loro ultima frase prima che arrivassero i cornetti. Entrambi si fiondarono su quelle brioche calde e piene di cioccolato,il riccioluto cercò di far passare tutti i pensieri in un secondo piano e godersi quel momento con suo padre. Quando ebbero finito di mangiare,i due sorseggiarono il caffè.
“Beh..” il padre attirò l’attenzione del figlio. “…con voi giovani non si può mai sapere.”

Saaaaaaaaaaaaaalveeeee!

Rieccomi resuscitata!Mi spiace terribilmente per queste tre settimane di pausa,ma sono stata due settimane all'estero e una l'ho impiegata per scrivere questo capitolo. Beh,ci ho messo tanto perché volevo che fosse lungo,per farmi perdonare. Spero vivamente che vi piaccia,questo è il mio secondo capitolo senza la mia beta. Sigh!!
Come al solito,vi rigrazio. Siete fantastici,continuate a seguirmi e a leggere la storia nonostante i miei aggiornamenti ogni tanto sgarrati. T_T
Un abbraccio forte a tutti i miei lettori,quelli che leggono in silenzio,quelli che recensiscono,  quelli che hanno la storia fra le seguite e chi ce l'ha fra i preferiti.
Un bacio

Melime

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La suoneria del cellulare di Karen invase la sua camera,stava dormendo beatamente godendosi quella Domenica pomeriggio. Aveva passato tutta la sera precedente con il suo migliore amico Mika,cercando di organizzarsi per girare il video quella mattina. Peccato che lei non sia potuta andare al’appuntamento visto che i suoi genitori l’avevano costretta ad andare a visitare l’ennesimo college.
Avrebbe voluto davvero andare a girare il video,ma la sua situazione con il college era piuttosto tragica. Non andava male a scuola,anzi era piuttosto brava. Si era aggiudicata il primo posto nella classifica dei giochi matematici e parecchi professori si erano offerti per farle delle lettere di raccomandazione per il college. Ma lei rifiutava sempre. Non le piacevano le raccomandazioni,ma questa non era la vera ragione.
Lei non aveva la minima idea del college che avrebbe frequentato in futuro.
Capitava spesso che ne parlasse con Michael,ma non gli aveva mai detto che non aveva scelto ancora. Non gli aveva mai raccontato di quanto questa scelta la spaventasse e le mettesse ansia.
E se il college che avesse scelto non fosse quello giusto?E se si dimostrasse troppo impegnativo?
Non voleva separarsi dalle persone che voleva bene. Ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo,anche Michael sarebbe partito.
Ma non voleva,cavolo. Non voleva che se ne andassero tutti così,magari un giorno non avrebbe nemmeno più sentito il suo migliore amico. Non poteva pensare che allo scadere di pochi mesi avrebbe lasciato tutto,per andare chissà dove.
Non era nemmeno così sicura di andare al college,ma sua mamma le diceva sempre che se non avesse studiato,sarebbe finita come le cameriere che servivano i tavoli alla caffetteria vicino casa sua: sempre incazzate e con qualcuno che si lamentava del loro lavoro.
Ogni volta che ci pensava le venivano i brividi,sarebbe andata in rovina.
Scosse la sua chioma corvina riccia e la sua testa fece capolino da sotto le coperte. Prese il cellulare e vide che Mika la stava chiamando.
“Pronto?” cercò di essere il più spavalda possibile.
“Come pronto,tu dovevi essere qui mezz’ora fa,signorina!Mi hai già dato buca ‘sta mattina e non ti permetterò di farlo anche di pomeriggio,okay?” era piuttosto su di giri.
“Ho capito,adesso arrivo” aveva la testa che le girava,ogni volta che pensava al college succedeva. Si sentiva sempre triste e stupida,non riusciva mai ad arrivare ad una conclusione.
“Ehi,tutto okay?” Michael se ne era accorto.
“Certo,tranquillo. A dopo.” Staccò la telefonata,nessuno doveva sapere niente.
Si alzò dal letto di mala voglia,iniziandosi a vestire. La testa le girava ancora un po’,ma avrebbe potuto tranquillamente nascondere la sua tristezza a Mika. Ci era sempre riuscita,dopotutto. Quasi quasi avrebbe potuto fare richiesta a una compagnia teatrale.
Rise dei suoi pensieri e mentre finiva di mettersi quel poco di trucco che usava,uscì.
Ed eccola lì,sorridente e pronta a combattere.
Oggi era la giornata del video di Mika,quindi non doveva farsi abbattere da quei pensieri negativi.
Poco dopo si ritrovò a casa dell’amico,che le aprì la porta sorridente.
“Eccoti finalmente!” abbracciò l’amica appena la vide,si era già dimenticato che doveva rimanere arrabbiato. Lei ricambiò affettuosa,ridendo tra le sue braccia.
“Scusami,ho portato la mia telecamera preferita.” Sì,Karen era immersa di telecamere e macchine fotografiche. Perché?Beh,lei era una fotografa fantastica,ma non lo ammetteva mai. Diceva di essere come tutti gli altri e rideva sempre quando le facevano i complimento,perché non ci credeva quasi mai. Michael le ripeteva sempre che si sbagliava quando diceva che non era nulla di speciale,ma lei non gli rispondeva mai. Sapeva che il suo migliore amico non le avrebbe mentito per nulla al mondo.
“Fantastico,così mi vedranno tutti in HD!” i due risero.
Si avviarono verso lo studio dove Mika avrebbe girato il video di “Relax” ,era tutto pronto. La carta da parati dello studio era tutta colorata e piena di fantasie. Il microfono,tenuto come se fosse un bambino,era posizionato al centro della stanza. Mancavano solo i fili interminabili della telecamera.
Lavorarono a quel video per ore,ma la sera finalmente riuscirono a pubblicarlo sul MySpace di Mika,ricevette in fretta parecchie visualizzazioni e commenti.
Michael era carico di adrenalina e non poteva fare a meno di saltellare dalla gioia ogni volta che vedeva le visualizzazioni salire.
Karen aveva fatto proprio un bel lavoro,aveva montato il video in modo da renderlo a un livello quasi professionale. Le inquadrature erano alternate,a volte riprendevano il ragazzo a tre quarti,a volte in primo piano e a volte riprendeva la figura completa. Non si era mai sentita così fiera di un suo lavoro. 
Mika invece cantava con entusiasmo e la sua voce era melodiosa. La base a cui aveva lavorato filava liscia e metteva voglia di ballare all’amica,che mentre riprendeva,muoveva a ritmo la testa,facendo oscillare la lunga chioma corvina riccia.
“Siamo stati grandi!” il ragazzo abbracciò l’amica vittorioso quando videro il video un’altra volta direttamente da Myspace.
Mika obbligò l’amica a rimanere a cena a casa sua,in modo che poi avrebbero mostrato il loro lavoro alla famiglia Penniman.
Karen non poteva fare a meno di sentirsi felice,si era quasi dimenticata della sua situazione e dei college.
Durante la cena il papà del riccioluto,Michael non faceva altro che chiedere com’era l video e se poteva avere anticipazioni. Yasmine e Zuleika finirono di mangiare in fretta per aggiudicarsi i posti più vicini alla televisione dove avrebbero visto il video.
“E ma non vale,io ho diritto al prima fila” Fortunè,l’unico fratello di Mika,si opponeva alla scelta delle sorelle.
“E perché?” Zuleika non aveva la minima intenzione di cedere.
“Perché sono suo fratello,ovvio” il quasi-gemello del riccioluto sorrideva.
“E non cosa siamo,scusa?” Yasmine si intromise.
“Siete sue sorelle.”
“Basta così” Mika non riusciva a trattenere le risate “vi metterete tutti e tre davanti,okay?”
I tre annuirono poco convinti,continuando comunque a guardarsi con sospetto.
Quando si diressero verso il salotto,trovarono già un posto occupato da Paloma,che sorrideva vittoriosa.
Dopo qualche minuto di battibecco tra i fratelli per i posti in prima fila,il video partì. Alla fine nessuno dei quattro si sedette davanti perché l’unica a sedersi in prima fila fu Joanie.
Il video partì, calò il silenzio nel salotto. Tutti erano troppo impegnati ad ascoltare la voce del loro adorato riccioluto,persino Karen non disse una parola.
I due osservavano da lontano la scena. Mika abbracciava l’amica,teneva lo sguardo fisso sulla sua famiglia per vedere la loro reazione,così come la riccia.
Il video terminò e in poco tempo i due ragazzi si ritrovarono travolti dai genitori e dai fratelli del riccioluto. Quello che si riusciva a sentire era “Siete stati grandi” , “Avrete un sacco di successo” e “ Non vedo l’ora di andare a Hollywood”.
I due amici scoppiarono a ridere,ma non perché non accettassero i complimenti,anzi.
Gli erano davvero grati.

***

Se c’era una cosa che Karen odiava più della scelta del college,erano i Lunedì mattina. La sveglia aveva una suoneria diversa dagli altri giorni,era presa da un film horror.
Così ogni volta che la ragazza si svegliava,poteva avere motivo di detestare ancora di più quel giorno.
Scalciò via le coperte calde,e scivolò via dal letto per spegnere la suoneria della sveglia. Se avesse potuto,avrebbe buttato giù quella cosa.
Si strofinò gli occhi e andò in bagno per farsi la doccia. L’acqua calda  che l’abbracciava riusciva sempre a calmarla e a prepararla a una nuova giornata.
Poco dopo,uscì. Iniziò a vestirsi,semplice come sempre: la sua felpa preferita bianca,un jeans che le fasciava le gambe affusolate e converse rosse. Quel giorno si sentiva particolarmente in vena per mettersi anche un filo di eyeliner.
Si diresse in fretta per andare a fare colazione,i suoi genitori erano già lì.
“Sei bellissima,tesoro” sua mamma Alesha le baciò la guancia.
“Grazie mamma” si sedette vicino suo padre Arthur.
“Karen,tesoro. Oggi hai il compito di matematica?” suo padre mise via il giornale per parlare con la sua bambina.
“Sì,papà. Ho studiato tutto il pomeriggio di giovedì per questo compito”
“Tesoro,noi siamo fieri di te. Lo sai,no?” lei sorrise e annuì.
Fecero colazione,ma la riccia non riusciva a rilassarsi del tutto. Oggi la professoressa di chimica aveva cancellato la lezione per chiedere agli alunni dei college che avessero scelto. Sapeva già che sarebbe stata l’ora più brutta della giornata,non sopportava sentir parlare le altre persone dei loro programmi organizzati come se fossero già realizzati.
Cosa avrebbe detto lei?Beh,la solita cosa che diceva sempre:”Ho mandato la domanda per la borsa di studio a vari college,aspetto solo le loro risposte.”
Nulla di più falso,non aveva neanche mostrato il suo curriculum.
“Mamma,papà io vado” Karen uscì dal bagno dove era andata a lavarsi i denti. Salutò i suoi genitori e poi si avviò con le cuffie nelle orecchie,verso la sua scuola.
La strada era deserta,si vedeva solo qualche macchina di qualche alunno che raggiungeva il parcheggio. Era ancora presto per vedere Michael,lui arrivava sempre all’ultimo minuto.
“Hey,Karen!” una voce familiare attirò l’attenzione della ragazza.
“Oh, Ciao!” Una ragazza dai capelli rosso fuoco le si avvicinò. Era Madison,un’amica di corso che la riccia aveva conosciuto mesi prima. Era gentile con lei,a volte uscivano anche insieme.
“Come stai?Ho  saputo oggi che la lezione di chimica è stata cancellata. Sono così felice!”
“Oh,anche io!” fece una finta risata.
“Non vedo l’ora di raccontare del college dove andrò,sai?Ieri mi è arrivata la lettera dal college. Ho vinto la borsa di studio!” la rossa l’abbracciò presa dall’entusiasmo. La riccia era felice per lei,ma non ce la faceva più a sopportare questo peso.
"Tu,invece?Hai ricevuto le lettere dal college?” Gli occhi castani di Madison si impuntarono in quelli vuoti e verdi di Karen.
“Io beh,devo avere un postino ubriaco.” Iniziò a ridere sdrammatizzando la situazione e facendo finta di scherzare. A quanto pare riuscì benissimo nel suo intento perché Madison iniziò a ridere fragorosamente.
In quel momento dietro le spalle di Karen,stava arrivando Mika. Ma lei non se ne accorse,perché salutò in fretta Madison e si diresse nel bagno più vicino quasi correndo.
Sentiva gli occhi che le pizzicavano e dopo tanto tempo,il bisogno di piangere. Non si sfogava da mesi,respingeva sempre quel groppo che le si formava alla gola. Non voleva attirare attenzioni su di sé o tantomeno spiegare la situazione a qualcuno,sarebbe passata per una stupida.
Mika si accorse della corsa dell’amica e le andò dietro. La ragazza era veloce,ma il riccioluto aveva le gambe più lunghe.
Karen si chiuse in un bagno,quando si accertò di essere sola,lasciò le lacrime scendere lungo il suo viso. Scivolò dietro la porta e nascose il viso tra le ginocchia.
Si sentiva una stupida.
Come faceva a non aver nemmeno scelto un college? Perché tutti si ostinavano a chiederle quale avrebbe frequentato?Ma cosa gli importava?!
Iniziò a singhiozzare. Cavolo,avrebbe voluto farsi bocciare pur di non doversi trovare davanti a questa scelta.
“Karen?Sei tu?Dove sei?” sentì la voce del riccioluto. La ragazza ebbe un brivido di paura,non voleva assolutamente farsi vedere conciata in quel modo da lui. Non rispose.
“Ti ho vista entrare qui dentro,non costringermi ad aprire tutte le porte. So che c’è qualcosa che non va!” aveva paura,chissà che cosa avrebbe detto se l’avesse vista così. Continuò a non rispondere.
Diamine Karen,esci fuori!” quasi gridava,era preoccupato.
A quel punto la riccia aprì la porta e Mika la vide. Aveva il trucco quasi sciolto,le guance arrossate. Aveva gli occhi ancora colmi di lacrime,tuttavia li puntò in quelli del suo migliore amico.
“M-michael..i-io--“ cercò di dire qualcosa,ma aveva la voce rotta dalle lacrime. Mika non le fece dire altro,la raggiunse e l’abbracciò forte.
Lei lo strinse a sé,continuando a piangere sulla sua spalla. Il riccioluto la tranquillizzò,ripetendole parole di conforto e aspettando che smettesse di piangere. Dopo qualche minuto sentirono la campanella della prima ora suonare.
“Non importa,io da qui non mi muovo.” Michael era deciso,non aspettò nemmeno che l’amica gli dicesse di andare.
Saltarono la prima ora,rimanendo abbracciati nel bagno.
Erano silenziosi,l’unico suono che si sentiva era quello dei singhiozzi della ragazza che man mano andavano diminuendo.
Il riccioluto non la invitava a spiegargli il perché del suo improvviso comportamento,sapeva che doveva esserci qualcosa di grosso a indurla a fare tanto. Ma non voleva costringerla a parlare anzi, una volta calmata la sua migliore amica gli avrebbe spiegato tutto.
“Io,beh non ho ancora scelto un college. Le date per fare domande tra poco scadono e io non ho nemmeno mostrato il mio curriculum a qualcuno. Non ho la minima idea di cosa farò in futuro, ho paura di perdere le persone che ho accanto,anche te. Potresti partire e un giorno dimenticarti completamente di me e io—“ dopo un po’ iniziò a parlare. Ogni tanto singhiozzava ancora,forse non avrebbe dovuto tenere tutto per sé per così tanto tempo.
“Ma cosa ti salta in mente?Io non ti lascerei per nulla al mondo!” la stoppò. Mika non riusciva a credere alle sue parole,perché non gliene aveva mai parlato?L’avrebbe potuta aiutare,l’avrebbe rassicurata.
“Non lo so. Questa cosa del futuro e della mia carriera mi sta opprimendo. Non sono pronta per pensare ad una cosa del genere!E se cambiassi idea?Cosa farò?”
“Devi stare tranquilla,okay?Tu sei una ragazza forte,riuscirai a frequentare qualsiasi college. E quando ci metterai piede,stai sicura che saranno loro a essere contenti. E se mai dovessi cambiare idea,ci sono tanti altri college a cui fare domanda. Ma sono sicuro che la tua scelta sarà quella giusta” lei lo guardò stupita,di tutte le lezioni di orientamento che aveva preso non aveva sentito nulla del genere. Dopotutto però,era sempre il suo ricciolino a parlare,lui la conosceva meglio di chiunque altro.
“Questo però non toglie che non ho ancora scelto un college”
“Perché oggi pomeriggio non andiamo a visitare quel college con i corsi di fotografia? È vicino alla casa discografica a cui ho mandato i miei video”
“E la lezione con Mark?”
“Beh…la lezione oggi può finire anche alle sei. Ti passerò a prendere intorno a quell’ora” lei rise all’espressione che Mika aveva fatto pensando alla lezione,ci teneva tanto e lei non voleva che la saltasse. Lo abbracciò forte,poi gli diede un bacio sulla guancia.
“Grazie.” Lui le sorrise e poi uscirono dal bagno,per fortuna non c’era nessuno in giro e Michael poté uscire dal bagno delle donne con nonchalance.
Fecero un salto in biblioteca,il riccioluto voleva ripetere matematica visto che anche lui aveva il compito e Karen si era offerta di aiutarlo.
A causa della sua dislessia,Mika non era proprio un genio in matematica,preferiva di gran lunga le materie letterarie e l’arte. Karen invece,era proprio un mostro. Aveva tutte A nelle sue pagelle.
La biblioteca era vuota,si sentiva solo il rumore delle pagine che i due ragazzi sfogliavano. Passarono lì l’ultima mezz’ora rimasta,a fare esercizi e a festeggiare ogni volta che si trovavano.
A Karen sembrava già esser passato tutto,e Michael non ne poteva che essere felice.
Forse il college che avrebbero visitato quel pomeriggio sarebbe stato quello giusto.
La seconda ora suonò,e i due amici furono costretti a separarsi. Alla riccia spettava la lezione di chimica/orientamento,mentre al riccioluto Mrs. Anderson.
Si salutarono di malavoglia,sotto sotto il ragazzo era ancora un po’ preoccupato per l’amica.
Entrò in classe,la professoressa non fece nessuna domanda al ricciolino riguardo alla sua assenza durante la prima ora,probabilmente è passata inosservata.
“Buongiorno ragazzi e buon inizio settimana” Mrs Anderson aveva fatto il suo ingresso in classe. Aveva un’altra volta una pila di fogli fra le braccia che,quando posò sulla scrivania,fece un gran tonfo.
“Questi sono i testi che vorrei che studiaste per il prossimo compito.” Annunciò iniziando a distribuire un fascicolo di fogli ad ogni studente,guadagnandosi degli sbuffi e facce contratte da smorfie dai suoi alunni.
Nessuno aveva la minima voglia di farlo,quel compito ma probabilmente quegli argomenti sarebbero usciti nell’esame per il diploma.
Il riccioluto li lesse attentamente,alcuni argomenti li avevano già fatti e sul fascicolo c’erano dei riassunti. Tuttavia c’erano tre pagine piene sull’opera di Shakespeare,Romeo e Giulietta.
Tirò un sospiro di sollievo,li aveva studiati piuttosto bene. Se la poteva cavare.
Mentre continuava a leggere,gli arrivò una pallina di carta sul banco,l’aprì e vide un messaggio di Mark.

Mika,non ho la minima idea di cosa sia questo fascicolo. Posso contare su di te,vero?


Rise. Il moro non si smentiva mai. Scrisse una veloce risposta, poi mandò indietro la pallina.

Come sempre,no?

 Okay,ora si sentiva completamente entusiasta. L’adrenalina gli fece completamente dimenticare del compito di matematica e del fascicolo. Per tutto il resto dell’ora non ascoltò minimamente Mrs. Anderson parlare dell’esame e del college,era troppo impegnato a pensare al suo pomeriggio e a come dividere gli orari. Non voleva fare tardi all’appuntamento con Karen,non l’aveva mai vista così triste.
Solo in quel momento si accorse di quanto fosse brava a fingere. Quando l’aveva lasciata in biblioteca,lei sorrideva come se niente fosse successo.
Ah,questo lato di lei era qualcosa di indescrivibile per Mika. Era così forte.
“…quindi,per questo vorrei che ognuno di voi si impegnasse in questo compito.” La voce della professoressa lo riportò alla realtà. Forse avrebbe dovuto prestare attenzione alla sua lezione,ma conoscendola,ne avrebbe fatte altre tre uguali  durante la settimana. Bastava prestare attenzione solo a una di quelle.
Passò altri venti minuti a scarabocchiare sul suo quaderno,odiava terribilmente annoiarsi in classe. Per questo,quando suonò la campanella,volò via. Non fece nemmeno caso allo sguardo di Mark che lo seguì fino all’uscita della classe.
Adesso gli toccava il compito di matematica,posò i libri che aveva nel suo armadietto,trovando con sorpresa anche i libri di Karen. Si erano scambiati le rispettive combinazioni così,in caso uno dei due facesse ritardo,avrebbero potuto posare i libri nell’armadietto più vicino alla classe dove dovevano andare.
 Evidentemente,quella volta aveva fatto tardi all’ora di storia.
Sospirò. Sei sempre la solita,Karen.
Prese i suoi libri di matematica e filò via nella sua classe,mancavano cinque minuti e non voleva sedersi al primo banco.
Arrivò in classe a tre minuti dalla campanella,riuscì a trovare un banco in terza fila,perfetto per il compito. La professoressa era già in classe e aveva disposto i compiti sui banchi. Aveva dato il permesso per poter iniziare in anticipo,così Michael si rigirò le maniche e si impegnò al massimo.
Lesse la traccia del primo esercizio e con grande gioia,notò che era lo stesso che aveva fatto quella mattina con la sua migliore amica. Non le aveva mai voluto tanto bene come in quel momento.
Finì di scrivere il primo esercizio e partì con il secondo,anche quello lo aveva fatto con Karen. E così anche il terzo e l’ultimo. Non era mai stato così felice.
Appena finì di scrivere controllò velocemente il foglio e scrisse il suo nome con la calligrafia più bella che aveva. Ah,forse quella sarebbe stata la sua prima A in matematica in assoluto.
Consegnò il compito alla professoressa e poi si andò a sedere al suo posto,aspettando che la campanella suonasse. Scrisse un messaggio alla riccia,stando attento a non essere visto.

 

Karen,cavolo!Tutte le tracce del compito di matematica erano uguali a quelle che abbiamo fatto insieme. Fantastico!

 

Lei lo lesse ma non rispose. Era alla lezione di storia e la professoressa se ne sarebbe accorta se avesse tirato fuori il cellulare. Era contenta per il suo amico,ma non lo diede a vedere.
Dieci minuti dopo la campanella suonò. I corridoi si riempirono di ragazzi sfreccianti verso le classi,ragazzi come Michael e Mark. Si incontrarono mentre raggiungevano i propri armadietti e i loro sguardi si incontrarono per un minuto. Mika gli sorrise,l’altro ricambiò.
Il sorriso però, morì sulle labbra del riccioluto non appena vide la mano del moro stretta a quella di Jessie. Girò la faccia,non mostrando più il suoi occhi color cioccolato al moro,erano appena diventati lucidi.
Non si rividero fino all’orario di pranzo.
Le ultime ore passarono abbastanza in fretta,tralasciando l’ora di chimica che il riccioluto aveva passato completamente a scarabocchiare sul suo diario. Non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine delle mani di Mark e Jessie strette.
Era sicuro che se in quel momento avesse avuto la biondina tra le mani,probabilmente sarebbe diventata calva.
Raggiunse Karen al solito appuntamento per pranzo,questa volta non era in ritardo.
“Mika,hanno messo gli hot dog oggi!Muoio dalla voglia di mangiarli!” oh,al diavolo Jessie. Ora aveva cose più importanti a cui pensare.
“Dici che c’è la maionese?Senza quella non ha senso!” la riccia sorrise e annuì. Si diressero in mensa,iniziando a parlare della loro giornata.
“Ah,il compito di matematica è stato una passeggiata. Mrs. Smith-dollata deve ancora capire che ha in classe la futura Einstein della situazione.” Mika rise all’esclamazione dell’amica.
Continuarono a parlare,fino a che non raggiunsero il loro tavolo e iniziarono a gustare il loro hot dog,ripieni di maionese e patatine.
“Un giorno per colpa tua diventerò un obeso,sappilo”
“Beh,con il metro e novanta che ti ritrovi nessuno se ne accorgerà.”
Passarono il loro pranzo in serenità,fin quando non si fecero le tre del pomeriggio e Mika si avviò verso il parcheggio. Karen lo accompagnò a metà strada poi si avviò verso casa sua.
“Mi raccomando,non essere troppo sexy,altrimenti il ragazzo potrebbe farsi dei film.” Lo salutò,lasciando il suo amico mentre sghiniazzava.
Si diresse verso il parcheggio,dove trovò Mark appoggiato alla sua macchina,aspettandolo.
“Hey” lo salutò il riccio. “Sono in ritardo?”
“No,” disse l’altro “puntuale,come sempre.” Il moro gli sorrise e salirono in auto.
Michael poté giurare di aver sentito il suo cuore battere così forte da minacciare di voler uscire da quella gabbia di petto.
Si avviarono verso casa Jones,mentre iniziarono a parlare del fascicoletto e di cosa avrebbero dovuto studiare quel pomeriggio anche se entrambi,avevano voglia di parlare di altro.
Mark non riusciva a togliersi dalla testa il cambio di espressione che il suo riccioluto aveva avuto quel giorno. Gli aveva sorriso,poi appena aveva posato gli occhi su Jessie  e aveva fatto una smorfia e poi si era girato.
Perché,ricciolino?
Entrarono in casa,trovando sul tavolo un piatto di muffin ancora caldi fatti da Margaret. Mika non l’aveva mai adorata così tanto prima d’ora.
Iniziarono la lezione,Mika passò quasi due ore a spiegare al moro il fascicolo che Mrs Anderson aveva assegnato. Mark seguiva il ragazzo,anche se ogni tanto si perdeva nei suoi occhi color cioccolato.
“…E questo è quanto. Tutto okay?C’è bisogno che ti rispiego qualcosa?” chiese premuroso Michael.
“No,tutto okay. Ti va un muffin? Spiegare per due ore dev’ essere stancante” il moro gli sorrise,offrendo il dolce al ragazzo.
“Oh sì,grazie.”
Chiusero i libri.
“Com’è andato il tuo sabato sera?” chiese Mika.
“Una serata piuttosto…stravolgente.”
Sì,perché non c’erano altre parole per descriverla. Quella sera Mark non aveva fatto granché,aveva solo passato la sua solita serata lontano dalla discoteca. Ma si era fermato a pensare e tra le varie cose,aveva pensato proprio a lui. Al ricciolino. E se doveva rappresentarlo con un aggettivo,quello era proprio stravolgente.
Lui gli aveva aperto il cuore,lo faceva sorridere e gli bastava un suo sguardo per perdersi completamente. Era l’unico che lo stava aiutando e con cui riusciva ad aprirsi senza aver paura di essere tradito. Eppure lo conosceva da così poco tempo…insomma.
Stravolgente.

Saaaaaaalve!

Wow,che capitolone!  Questa volta ho sfiorato le otto pagine. Beh,che dire,spero che vi piacciano! Anche questa volta non ho avuto la correzione della mia beta (ciau Eleanor ti voglio tanto bene) quindi perdonatemi se c'è qualche errore. 
Siete in continuo aumento io non posso fare a meno di amarvi e di ringraziarvi come sempre. Grazie.grazie,grazie. A chi legge in silenzio,a chi ha la storia tra le seguite o preferite,a chi recensisce. 
Un bacio,
Melime

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Qualcosa doveva essere andato storto quel Martedì mattina,perché Mika si alzò senza l’aiuto della sveglia. Aveva dormito per più di otto ore eppure si ritrovava con due occhi gonfi che imploravano di tuffarsi di nuovo nel mondo dei sogni.
Il giorno prima però,doveva dire che si era stancato: aveva cercato in tutti i modi di convincere Karen a scegliere quel college perché era perfetto per lei,ma non ci era riuscito. Almeno non del tutto.
Non poteva pensarci,come aveva fatto a non accorgersi di niente?Sì, Karen aveva voluto nascondere tutto,ma si sentiva in colpa per non esserne reso conto.
Quando nel pomeriggio del giorno precedente,i due avevano visitato quel college con il corso di fotografia,Mika faceva attenzione alle espressioni che la sua migliore amica faceva quando la guida mostrava loro le aule. Notava  nei suoi occhi un’irreparabile insicurezza e avrebbe voluto tanto fermarla,ma non poteva.
Uscirono da quel college pieni di volantini e bigliettini vari,Karen si conservò tutto.
“Potranno sempre tornarmi utili. Quel corso di fotografia mi intriga tantissimo.” Aveva detto così,quando sorridendo salirono in macchina,pronti per tornare a casa. Michael sperava ardentemente che scegliesse quel college e mettesse un punto a quelle sue paure. Sapeva che in effetti,qualsiasi college la riccia avesse scelto,sarebbe andato bene.
Lei era brava,si impegnava sempre tanto.
Al suo contrario,il riccioluto era ancora placidamente spalmato sul suo letto,studiando un modo per arrivare al cellulare senza alzarsi. Era un compito piuttosto arduo,ma accettò la sfida. Non aveva la minima voglia di lasciare il letto.
Si allungò verso la scrivania di fronte al letto,poggiando il braccio sinistro per terra e facendosi leva,cercando di raggiungere con il destro il cellulare.
Rischiò di cadere con la faccia per terra,ma per fortuna le sue gambe riuscirono a salvarlo.
Una volta ritornato sul letto accese il cellulare: erano le sette del mattino. Mancavano due ore all’inizio della scuola e lui era già sveglio. Avrebbe voluto addormentarsi nuovamente,ma conoscendosi, non si sarebbe alzato in tempo e avrebbe ignorato la sveglia.
Sbuffando,scivolò via dal letto;l’unico pensiero che poteva consolarlo era che avrebbe fatto colazione con calma,seduto al tavolo della cucina a sorseggiare caffèlatte e mangiare biscotti.
Si avviò. Al solo pensiero la sua pancia brontolava,la sera prima aveva cenato con una mini-insalata perché era in ritardo all’appuntamento con Karen. Forse non avrebbe dovuto rimanere così tanto a casa di Mark…
Aprì la dispensa e con un immenso piacere trovò un pacco di biscotti nuovi,i suoi preferiti,quelli al cioccolato con vaniglia. Prese il pacco e lo poggiò sul tavolo,ringraziando silenziosamente sua madre per averli comprati. Mise sul fuoco il bollilatte con la bevanda all’interno e la macchinetta del caffè.
Aspettò pazientemente che fossero pronte prima di dare iniziò alla sua colazione. Tirò fuori un biscotto e ne diede un morso,era proprio buono.
Mentre stava per iniziare a bere il suo caffèlatte il suo cellulare vibrò,aveva ricevuto un messaggio.
Si alzò preso dalla curiosità,con la tazza bollente in mano. Si sentì felicissimo quando vide il mittente, Mark.

 

Mika,scusa ma oggi non facciamo lezione.


 

Il riccioluto si pentì subito di aver letto quel messaggio. Così freddo,senza nessuna spiegazione..non era da lui. Posò il telefono,un po’ deluso.
Forse aveva degli impegni con Jessie,dopotutto stava filando tutto troppo liscio e la biondina poteva aver avuto qualche crisi isterica di gelosia.
Per un momento Michael provò un forte rancore nei confronti di quella bella ragazza alta,bionda e magra che poteva avere con uno schiocco di dita il suo moro. Non durò molto,Mika non era un ragazzo che portava rancore.
Bevve tutto d’un sorso il caffèlatte ancora caldo,sentendo una sensazione molto piacevole invadere il suo corpo. Ci voleva solo una bella doccia calda adesso.
Lasciò le stoviglie sciacquate nel lavandino e si diresse dopo poco verso il bagno in accappatoio e con il cambio di vestiti pulito sotto il braccio. Non voleva pensarci,si sarebbe rovinato la giornata.
Diede inizio alla doccia,il getto d'acqua caldo lo abbracciò subito,facendolo sentire sereno. Aveva già dimenticato il messaggio che aveva letto,forse non si doveva preoccupare nemmeno più di tanto.
La spugna ripiena di sapone iniziò a viaggiare lungo il corpo del riccioluto lasciando batuffoli di schiuma qua e là. Adorava giocarci,lo faceva da quando era piccolo.
Rimase lì dentro per mezz'ora,poi fu costretto ad uscire o non avrebbe mai fatto in tempo ad asciugarsi i capelli con l'asciugamano,a lui il phon non piaceva per niente.
Si vestì,assicurandosi che i capelli ancora un po' umidi non bagnassero il suo cambio. Quel giorno aveva deciso di vestirsi in un modo un po' più elegante,senza alcuna ragione. Aveva un jeans scuro che gli fasciava le gambe in modo da metterle in risalto,una camicia bianca e una felpa bordeaux.
Uscì dal bagno,con il sorriso più bianco che si potesse avere,anche se era ancora un po' giù per la lezione. Andò in camera sua per prendere lo zaino e nel suo percorso incontrò suo fratello Fortuné che mentre si strizzava gli occhi,lo aveva salutato stancamente. Era una scena da immortalare,secondo il riccioluto.
Prese lo zaino dalla sua camera,salutò sua sorella Paloma che intanto si era svegliata e uscì. Aveva lasciato un biglietto ai suoi genitori per dirgli che si era già avviato.
La strada non era del tutto deserta,c'erano alcuni studenti che si stavano già dirigendo verso la scuola in anticipo come lui. Ogni tanto si guardava intorno per cercare la sua migliore amica,ma non la trovò. Forse si era già avviata.
Si mise le cuffiette nelle orecchie e si catapultò nel suo mondo,non si accorse nemmeno delle occhiate che gli altri studenti gli lanciavano. Erano occhiate di odio e di disgusto.
Arrivò all'ingresso della scuola e trovò Karen,aveva un foglio in mano e sembrava essere piuttosto concentrata. Non si accorse nemmeno del suo migliore amico che le andò incontro.
"Karen!Hey" la salutò il ricciolino posandole la mano sulla spalla e facendola sussultare.
"Mika!Cavolo mi hai fatto venire un colpo. Che ci fai qui?!" Sembrava piuttosto arrabbiata,mise dietro la schiena il foglio che aveva.
"Ehm,non so sai. Questa è la mia scuola,pensavo di andarmi a fare un bagno in piscina.." disse sarcastico.
"Senti,qui siamo nei casini,forse avresti fatto meglio a startene a casa oggi" lei non aveva riso alla sua battuta,continuava ad essere spaventosamente seria.
"Che è successo?" anche lui iniziò ad avere paura,lei non disse niente,gli mostrò solamente il foglio che aveva nascosto alle spalle,un articolo del giornalino della scuola.
Il riccioluto lo lesse e spalancò gli occhi.
Era una classifica:"i 10 ragazzi più gay della scuola". C'erano i nomi di dieci ragazzi e vicino ad ogni nome,c'era un avvenimento che aveva portato il loro nome ad essere lì. E in quella classifica c'era anche il riccioluto,al secondo posto.
"Michael Halbrook Penniman Jr, avvistato mentre entrava nel bagno delle donne. Si vocifera che molestava anche il nostro famoso Mark Jones direttamente a casa sua! “il riccioluto lesse a voce alta quel pezzo dell'articolo sotto gli occhi dell'amica. Aveva gli occhi lucidi,adesso aveva capito perché Mark aveva cancellato la lezione. Iniziò ad avere paura,i bulli si divertivano a giocare con i froci.
"E-e adesso che facciamo?Quelli mi uccideranno!" esclamò lui terrorizzato.
"Calma. Per primo,basterà chiedere a Mark di smentire..."
"Mark oggi ha cancellato la lezione. Non mi ha dato spiegazioni,"Karen lo guardò esterrefatta "Cos'hanno fatto a questi altri ragazzi scritti qui sopra?" il riccioluto aveva quasi strappato quel foglio di carta.
La riccia lo guardava cercando di nascondere quello che sapeva,ma gli occhi color cioccolato del suo migliore amico parlavano chiaro. Doveva sapere,era un suo diritto,poteva succedere qualcosa anche a lui.
"Hanno..beh,il primo della lista,Andy .. è..."
 "Cosa,Karen?"
"Oggi Andy è stato picchiato,i suoi genitori sono dovuti venire a scuola e portarlo all'ospedale. Ovviamente i nomi dei ragazzi che lo hanno picchiato non sono usciti fuori,ma la ragazza che ha scritto la classifica è stata sospesa. Ho visto tutta la scena,stamattina. C'era anche Mark." Michael poté sentire il suo cuore spezzarsi.

C'era anche Mark.
"
E-e lui?Ha fatto qualcosa a riguardo?Li ha fermati?" la sua voce stava per rompersi,lo sentiva. La riccia scosse la testa,anche lei aveva un'espressione piuttosto cupa.
"No,guardava la scena da lontano" la riccia quasi si vergognava a dover pronunciare quelle parole,vedendo la reazione che causavano al suo migliore amico.
"Beh,credo di avere qualcosa da chiarire con lui" Il riccioluto mandò indietro le lacrime che si erano accostate agli angoli dei suoi occhi,pronte a scendere. Non doveva pensarci,ora doveva solo stare attento a non trovarsi davanti a dei bulli da solo.
"Ti accompagnerò in classe oggi" Karen attirò la sua attenzione. "Non voglio che ti succeda nulla."
Lui annuì,parlare senza piangere o comunque dare dimostrazioni di debolezza, in quel momento era difficile. Si avviarono verso la classe di chimica,ma Michael non riusciva a calmarsi. Avrebbe voluto gridare contro alla ragazza che aveva scritto tutta quella classifica,gli aveva rovinato il suo ultimo anno di liceo.
Ora non era più al sicuro,gli avevano strappato via quella sicurezza che era riuscito ad accumulare in quel periodo.
Gli avevano strappato via Mark.
No,no,no  quelle erano tutte coincidenze che erano accadute,Mika non poteva giungere a conclusioni così affrettate,non voleva.
Dopotutto Mark non c'entrava nulla con quella ragazza che aveva scritto la classifica,no?
Entrarono in classe,c'era già qualche ragazzo con in mano la classifica che fissava il riccioluto. Ridevano tra di loro e bisbigliavano cattiverie,Karen strinse il braccio dell'amico.
"Non farci caso. Gli stupidi hanno sempre la bocca aperta." Andò via dopo averlo salutato,Michael si sentì un po' meglio dopo le sue parole,ma sapeva cos'erano capaci di fare quegli stupidi.
Avrebbe fatto volentieri marcia indietro e tornare a casa,ma non poteva,dannazione. Si sedette in un banco dove sperava di non riuscire a sentire le frecciatine che rivolgevano gli altri.
Sarebbe stata una giornata molto lunga,se lo sentiva. Era solo alla prima ora di lezione e già bramava di andare a casa.



Non avrebbe dovuto.
Mark non voleva che quel ragazzo fosse picchiato così,per una classifica. Non avrebbe dovuto restarsene lì a guardare,doveva intervenire,salvare quel povero ragazzo. Non aveva fatto nulla di male,era solo stato fotografato mentre baciava il suo ragazzo.
Non avrebbe dovuto essere geloso.
Anche lui avrebbe voluto tremendamente camminare mano nella mano con il suo ricciolino e baciarlo. Ma sapeva cos'aveva intorno e cosa sarebbe successo poi.
Il suo ricciolino.
Ora era anche in quella stupida classifica che lui era andato a presentare al preside,richiedendo la sospensione di Katy,la migliore amica di Jessie, che aveva pubblicato l'articolo. Il preside gli aveva assicurato che sarebbe rimasto anonimo,ma lui non riusciva a sentirsi meglio. Quando aveva mandato quel messaggio a Michael si era sentito malissimo.
Ma lo aveva fatto per Mika,se lo avessero visto un'altra volta con lui lo avrebbero di sicuro menato; e lui non voleva assolutamente che una cosa del genere si avverasse.
Avrebbero potuto anche iniziare a sospettare di lui,Jessie ultimamente non faceva altro che chiedergli come stavano andando le lezioni con Michael. Si sentiva un verme,era forse stato lui a metterlo nei guai?E se fosse stata Jessie a far scrivere a Katy di Mika?I sensi di colpa lo stavano divorando.
Iniziò a pensare a tutte le cose che il riccioluto stava facendo per lui e adesso doveva nascondersi per non rischiare di tornare a casa con un occhio gonfio.
Improvvisamente,ricordò l'episodio di quella mattina. C'era John che stava dando dei violenti calci allo stomaco di Andy e lui piangeva dal dolore.
"Ti prego,smettila" il suo tono straziante non ne voleva sapere niente di lasciare la mente di Mark.
E se succedesse anche a lui?
"Oh,Mark finalmente ti ho trovato" Si girò,qualcosa lo riportò alla realtà.
"Oh,ciao James"
"Andiamo in classe?Oggi ho chimica alla prima ora"
"Io devo fare storia,veramente"
"Okay allora ci vediamo dopo"
Il moro si avviò verso la sua classe,ancora in preda allo sconforto. Si doveva dare una mossa però,altrimenti qualcuno se ne sarebbe potuto accorgere.


Quella lezione di chimica era un disastro.
Mika ne stava sentendo di cotte e di crude da tutte le parti,in classe c'era anche quello che piaceva a Karen,James.
Tuttavia cercava di non dare conto alle persone e di concentrarsi sul professore che stava spiegando. Come al solito,quando suonò la campanella,corse via dalla classe.
Ebbe solo il tempo di passare davanti al suo armadietto per cambiare i libri,aveva paura a rimanere nei corridoi.
In lontananza vide un giocatore di football avvicinarsi a lui minaccioso,con una copia della classifica in mano un po' accartocciata. In quel momento le sua gambe tremavano e se non si fosse messo a correre, avrebbe fatto la stessa fine di Andy.
Chiuse l'armadietto,iniziò a fare zig-zag tra gli studenti nel modo più veloce possibile. Alcuni non volevano che passasse,altri invece silenziosamente gli lasciavano via libera.
Michael sentiva che quel giocatore di football gli stava urlando qualcosa contro ma non riuscì a sentirlo,le sue gambe lo avevano portato lontano la lui.
Non riusciva a fermarsi però,l'adrenalina che la paura gli aveva regalato era ancora in piena attività. Si fermò solo quando andò a sbattere contro qualcuno.
"Finalmente ti ho trovato!" Non era Karen.
"M-mark,ciao..." il riccioluto guardò verso i pozzi blu I suoi occhi color cioccolato erano pieni di paura,Mark non riusciva a vederlo così.
"Scusami se oggi non ci sarà una lezione è che quella classifica..."
"Quella classifica,cosa?"
"Quella classifica potrebbe metterti nei guai e io non voglio che..." il moro non riusciva più a guardarlo negli occhi. Mika riuscì a sentire il suo cuore spezzarsi completamente.
"Perché tu ci credi?Credi che io sia gay?" No, ti prego,dimmi che tu non hai paura di me.
"Non lo so,Mika. Tu sei gay?" Oh.
Ci fu un attimo di silenzio,i loro sguardi si incontrarono un'altra volta,ma il moro non riusciva a sostenere quel contatto.
"Questa è una piccola cosa che non puoi sapere,Mark..." Mika si avviò verso la sua classe,dando le spalle al moro,ma si girò. "....perché non ha importanza."Concluse e definitivamente se ne andò,lasciando il moro in preda ai suoi pensieri.

 


Era stata una giornata molto stancante per il riccioluto,quello scambio di battute con Mark lo aveva messo di cattivo umore fino all'orario di pranzo,quando aveva incontrato Karen. Le aveva raccontato tutto e quando aveva ascoltato le ultime battute dell'amico s’era messa ad applaudirlo.
"È così che si fa!" esultava facendolo ridere.
I due si stavano dirigendo a casa quando Michael si ricordò dei libri che Karen aveva lasciato nel suo armadietto. Prima di andarsene,decise di andare a prenderli.
I corridoi questa volta erano vuoti,non c'era più nessuno che lo guardava divertito e rideva. Si sentì tranquillizzato,non voleva più vedere quegli occhi fissi su di lui.
Arrivò al suo armadietto e sbarrò gli occhi. Karen,vista la sua reazione gli andò incontro.
Sul suo armadietto c'era incisa una parola,lui si sentì mancare. Le cose non sarebbero più state le stesse,adesso che quel termine era inciso lì.
Frocio.

 

 

 Saaaaaaaaalve!

Rieccomi qui con il capitolo più triste di tutta la storia. Eheh,vi aspetta ancora tanto. (Non uccidetemi vi  prego)
Vi avevo detto che in questi giorni la storia avrebbe preso forma ed eccone la prova. Spero che vi sia piaciuto!
Abbraccio fortemente tutti i miei lettori,quelli che leggono in silenzio e quelli che hanno la storia tra le seguite e le preferite.
Un bacione e al prossimo capitolo,
Melime

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Che giornata di merda.
Mark entrò lanciando il suo zaino nel salotto,noncurante di dove sarebbe andato a finire. Era solo in casa,per fortuna. Aveva una gran voglia di sfogarsi e non avrebbe di certo gradito la presenza di qualcuno intorno a sé. Ormai era diventato così, per abitudine.
Si stese sul letto di camera sua e portò le mani sul viso,rannicchiandosi un po’. Avrebbe voluto scomparire in quello stesso istante.
Aveva visto quella scena che lo aveva fatto rabbrividire. Le urla strazianti di Andy non le avrebbe dimenticate facilmente,anzi. Non riusciva a non pensare che un giorno quelle urla potevano essere le sue,o peggio quelle del suo ricciolino.
Oh,il suo Mika.
Era sicuro di averlo deluso dopo averlo visto andarsene nei corridoi,dannazione,perché gli aveva chiesto se era gay? Non avrebbe dovuto dare sfogo a quelle speranze di averlo un giorno tutto per sé. Avrebbe  dovuto semplicemente starsene zitto,come aveva sempre fatto.
Adesso penserà sicuramente male di me.
I suoi occhi iniziarono ad appannarsi e le lacrime a scendere. Non cercò di rimandarle indietro,poteva permetterselo ora che era da solo. Sua madre non sarebbe tornata prima delle dieci da casa della sua amica.

‘Questa è una piccola cosa che non puoi sapere,Mark..perché non ha importanza.’
Aveva ragione,non aveva importanza. Sarebbe stato accanto a lui in ogni caso.
Ma lui era stato troppo impulsivo,aveva agito senza pensare. Come faceva a farglielo capire adesso?
Singhiozzò. Avrebbe voluto abbracciarlo in quel momento e scusarsi.
Cavolo,si sentiva un vigliacco. Come poteva uno come lui stare con Michael?Lui meritava di più,non uno stupido ragazzino che non riusciva nemmeno ad accettarsi per com’era.
Non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.
Avrebbe tanto voluto cambiare e fregarsene,semplicemente essere sé stesso. Ma non poteva e ne aveva avuta una prova  guardando quel povero ragazzino quella mattina,non sarebbe stata una cosa semplice.
John,quel giocatore di football che Mark detestava, lo aveva fatto andare all’ospedale. Ogni volta che quel ragazzo gli chiedeva di smetterla,lui rideva più forte di prima e lo picchiava ancora e ancora. A momenti,Andy perdeva i sensi.
C’era anche quella ragazza,Karen a guardare la scena. Guardava fisso verso il giocatore di football e i suoi occhi verdi erano pieni di odio. Se avesse potuto probabilmente,lo avrebbe preso a calci,ma lei era troppo esile. I loro sguardi si incontrarono e Mark quasi invidiava la determinazione di quella ragazza.
Karen lo osservò,senza squadrarlo,come se lo incitasse ad intervenire,ma lui non fece niente. Così,rassegnata,se ne andò.
Probabilmente non voleva assistere ad una scena del genere sapendo di non poter fare niente.
Mark non la vide per il resto della giornata,sembrava essere sparita. Temeva di rincontrare il suo sguardo un’altra volta,si sarebbe sentito ancora più in colpa di quanto non facesse già.
Continuò a piangere,per poi addormentarsi con gli occhi gonfi come se niente fosse successo.
Doveva prepararsi al giorno dopo,doveva sembrare sereno come sempre.

 

 

Mika si accasciò sul letto lasciando che lo zaino scivolasse ai suoi piedi. Era esausto e sconvolto.
Cavolo,quella giornata l'avrebbe segnata sul calendario.
Ma com'era possibile che tante persone si facessero condizionare in questo modo?

Mark.
Michael era sicuro che lui non lo avrebbe abbandonato per una sciocchezza simile. Era vero che non aveva alcun tipo di prova che il moro l'avesse completamente lasciato al suo destino,ma sentiva che c'era qualcosa che non andava. Aveva deciso di chiamarlo più tardi,magari si sarebbero anche fatti un giro insieme. Voleva chiarezza da parte sua,voleva essere certo che lui fosse il ragazzo per cui stava perdendo la testa e non un personaggio immaginario.
Ma quella parola,frocio,incisa sull'armadietto lo aveva completamente scioccato.
Chissà chi l'aveva incisa,ma chiunque fosse stato gli aveva appena dichiarato guerra. Lui era il secondo della classifica e visto che il primo era già stato conciato per le feste e si trovava all'ospedale,ora toccava a lui.
Aveva cercato in tutti i modi di convincere i suoi genitori  a fargli saltare la scuola,ma non poteva fuggire per sempre. Era costretto ad accettare la situazione così com'era,senza nessun mezzo che garantisse la sua sicurezza.
In quel momento il riccioluto pensò alla sua migliore amica,senza di lei quella mattina sarebbe stato quasi sicuramente picchiato con Andy. Non sapeva come ringraziarla,con tutti i pensieri che aveva per la testa non aveva esitato a metterlo in guardia e accompagnarlo in classe. Gli era stata vicina per tutta la giornata e guardava malissimo tutti i ragazzi che sfottevano il suo migliore amico. Cavolo,gli voleva davvero bene.
Joaine chiamò tutti a raccolta per la cena,ma Michael non aveva la minima voglia di alzarsi. Per un attimo gli balenò l’idea di chiudersi in camera,ma non avrebbe fatto altro che attirare l’attenzione della famiglia. Lui non voleva che sapessero quello che era successo,almeno per adesso. Si sarebbero preoccupati e avrebbe aggiunto solo altri problemi a quelli che già avevano.
Sospirò stanco,e si avviò verso la cucina. Le sue tre sorelle erano già a tavola che parlavano tra di loro.
“Fortunè oggi è uscito a mangiare fuori con gli amici.” Annunciò suo padre Michael,dando quindi inizio alla cena.
Paloma parlò di un paio di scarpe che avrebbe voluto comprare nel centro commerciale che si trovava  vicino casa di Karen. Mika stette per la maggior parte del tempo in silenzio,cercando di costruirsi un discorso che avrebbe poi fatto al telefono con Mark. Non voleva essere duro,dopotutto non aveva fatto nulla di male. Forse avrebbe dovuto chiedergli scusa delle risposte che gli aveva dato in corridoio,forse aveva capito che in realtà i sospetti della classifica erano veri…
Sbarrò gli occhi. No,non poteva essere.
“Mika?Tutto bene?” sua sorella Yasmine si accorse del suo cambio di espressione.
“Scusatemi,ho finito la cena. Devo fare una telefonata.” Senza lasciare loro l’ultima parola,si alzò e uscì. Corse verso camera sua per prendere il telefono e digitare il numero del moro.
Non aveva mai detestato così tanto gli squilli del telefono e l’attesa della risposta.

Andiamo,Mark. Rispondimi.

 

 

La voce melodiosa di Mika irruppe nella stanza di Mark,svegliandolo. Il suo cellulare aveva iniziato a vibrare lasciando che la suoneria che il moro aveva impostato apposta per il numero del riccioluto funzionasse da sveglia. Relax.
Sì,aveva impostato quella canzone come suoneria sul cellulare solo per lui,era un piccolo gesto che solo lui sapeva e che lo faceva sorridere. Una piccola cosa che nessuno avrebbe mai scoperto. Una piccola cosa che non si può sapere.
Mugugnò. Perché lo stava chiamando? Forse voleva dirgli che non lo voleva più vedere e che si era comportato da vigliacco.

Oh,no.
Mark ne aveva sopportate anche abbastanza per quella giornata,non voleva aggiungere altro. Se Mika avrebbe voluto dargli del fifone,avrebbe dovuto aspettare il giorno prima.
Sì,lo stava facendo di nuovo,aveva paura.
Sperò fortemente che il riccioluto l’avrebbe perdonato,ma per adesso era meglio non farsi sentire. Lasciò il telefono sul comodino,ascoltando per la milionesima volta la canzone del riccioluto,aspettando che staccasse la chiamata.
Alla seconda strofa,la canzone cessò.
Era meglio così forse,Mika non avrebbe dovuto sentirlo piangere.

 

Quella mattina,nei corridoi c’era una puzza terribile.
Una ragazza non molto alta,girava con un barattolo di vernice rosa shocking in cerca di un armadietto.

Karen.
Non aveva preso molto bene quella parolina incisa sull’armadietto del suo migliore amico.
Girava incazzata,come se il kilo del vasetto non le pesasse più di tanto. Stringeva fortemente due pennelli nell’altra mano,per poco li rompeva pure.
Gli studenti che la incontravano durante il suo tragitto,si tappavano il naso e la guardavano straniti. Cosa ci faceva una ragazza così carina con un secchio di vernice rosa?
Non le fregava nulla di tutte quelle occhiate,camminava dritto. Incontrò per la strada anche Mrs. Anderson ma non parve darle molta importanza.
Arrivò a destinazione,quando rilesse quella parola sembrò arrabbiarsi ancora di più.
Frocio.
Senza aspettare niente e nessuno,affondò il pennello più grande nella vernice e lo portò sulla parola,coprendola. Iniziò a pitturare il tutto,guadagnandosi le occhiate curiose delle ragazze che passavano di là.
“Karen!Si può sapere cosa diamine stai facendo?” Una voce quasi arrabbiata la fece girare. La conosceva,era quella di Mika. La guardava stranito,non credeva che fosse pronta a tanto.
Lei si girò indisposta,continuando il suo lavoro.
“Faccio giustizia,bello. Roba che non si vede spesso in questo liceo” Michael la guardò fiero di avere un’amica così,poi prese il pennello più piccolo che stava nel vasetto e sorridendo le sussurrò:” Potevi almeno consultarmi sul colore.”
I due risero e continuarono a pitturare l’armadietto finché non suonò la campanella.
Karen si offrì di accompagnarlo in classe,ma il riccioluto rifiutò,non voleva che facesse tardi.
A lui adesso toccava Mrs. Anderson che lo aveva visto mentre pitturava il suo armadietto quella mattina. Non aveva paura della sua reazione,anzi. Se gli avesse chiesto qualcosa era sicuro che non si sarebbe tirato indietro.
Entrò in aula,la classe era quasi al completo. Mancavano Mark e le due ragazze punk che probabilmente avrebbero saltato la lezione.
“Penniman,le devo parlare. Prego,mi segua fuori dalla classe” la professoressa lo richiamò non appena si sedette nel suo banco.
Deglutì,spaventato. Forse non avrebbe dovuto pitturare l’armadietto davanti a lei.
Uscì,seguito dagli schiamazzi di alcune cheerleaders che aveva in classe,che furono subito messi a tacere dalla professoressa.
“Michael,” la professoressa aveva un tono che non aveva mai usato con lui,era molto dolce. Mika si sorprese a sentirla parlare così e ad essere chiamato per nome. “ti ho visto stamattina mentre dipingevi sull’armadietto.”
Ah,ecco. Guai in arrivo,Penniman!
“Professoressa,io..”
“Non andrò a dirlo al preside,anzi. Voglio difenderti non appena chiederà qualcosa a riguardo” Il riccioluto a momenti sbarrava gli occhi. Era incredulo,era convintissimo che quella professoressa lo detestasse.
“Io l’ho fatto per coprire una parola che ci avevano inciso sopra” disse quasi a volersi giustificare,ma non ce n’era bisogno,Mrs Anderson sorrideva comprensiva.
“Lo so,ho visto la scena mentre veniva incisa. Mi dispiace di non essere intervenuta prima”
“Non si preoccupi,non è mica colpa sua…” tenne lo sguardo basso.
“Michael,hai detto ai tuoi genitori quello che ti è successo,vero?”
“Non ancora,ma ho intenzione di farlo. Non voglio aggiungere altri problemi ai miei genitori”  lei rise.
“Facciamo così Michael. Se ti succede qualcosa,vieni a dirlo a me,okay?”
Il riccioluto le sorrise devoto. “Okay.”
Rientrarono in classe e dopo un po’ arrivò anche Mark,con la giustificazione pronta. Mrs. Anderson era tornata quella di prima,aveva anche preparato degli esercizi da fare in classe.
Mark quella notte non aveva dormito,continuava a pensare a quella telefonata. Aveva sbagliato a non rispondere,adesso aveva una voglia tremenda di parlare con il riccioluto. Per un momento gli balenò un’idea piuttosto strana per la mente.
Il tetto.
Lì avrebbero potuto parlare di quello che volevano e nessuno avrebbe potuto ascoltarli,si sarebbe sentito libero di dire tutto quello che voleva. Se avesse fatto coming out,non se ne sarebbe pentito.
Prese la penna velocemente,scrivendo quasi con ansia. Accartocciò il foglietto,facendogli prendere la forma di una pallina e la lanciò a Mika.
Il riccioluto la prese al volo,per fortuna. Si sentì meglio quando vide quella pallina,guardò verso Mark. Gli fece l’occhiolino.
Okay,qui fa decisamente caldo,non trovate?
Sorridendo sotto i baffi,aprì il biglietto.

 

Scusami,non ho sentito il telefono ieri. Possiamo andare sul tetto dopo quest’ora a parlare?

 
Il battito del cuore del riccioluto accelerò. Si girò vero il moro e annuì,facendo sorridere anche lui. Michael si sentì più sicuro,in quel momento. Lo aveva guardato negli occhi.

Saaaaaaalve!

Chiedo umilmente perdono per questo ritardo. So che l'ultimo capitolo non era uno dei più allegri e che nemmeno questo è proprio gioioso,ma certo è migliore. hahah
Dunque,spero vi piaccia. La storia sta iniziando a prendere forma man mano,fatemi sapere cosa ne pensate!:) Sarebbe bello scambiarsi delle idee e opinioni. :3
Beh,ecco,come sempre vi ringrazio. A tutti,a chi legge in silenzio , a chi ha la storia tra le preferite e le seguite e chi la recensisce. Grazie mille,vi adoro!
Bacioni,
Melime

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Mark fissava l’orologio dietro la cattedra tamburellando le dita sul banco in attesa del suono della campanella. Lo guardava come se le lancette potessero muoversi più velocemente se i suoi occhi si posavano su di loro. Come se le rincorressero,ma niente. Il loro movimento era sempre lo stesso,non rallentava,non aumentava.
Ogni tanto distoglieva lo sguardo per posarlo sul ricciolino nella speranza di incontrare i suoi occhi color cioccolato,ma succedeva mai. Era concentrato sulla lezione,come sempre d’altronde.
Lo invidiava un po’ per questo,riusciva sempre a prestare la massima attenzione e assorbire le informazioni in modo da ricordarsele. Un genio,insomma.
Lui invece,non ce la faceva proprio a rimanere attento. Era capace di distrarsi e a concentrarsi in parti interessantissime della classe,come l’ armadietto completamente grigio dove la professoressa custodiva libri oppure il gruppetto di mosche che ogni tanto entrava in classe.
Spostò lo sguardo sull’insegnante,stava continuando a spiegare i paragrafi sul fascicolo che aveva distribuito giorni prima.
In quel periodo Mark stava pensando di tutto,ma non di certo a quello che Mrs. Anderson aveva assegnato. Tuttavia non gli interessava molto,sapeva che poteva contare su Mika. Adesso la cosa più importante era parlare con lui,chiedergli scusa.
Finalmente la campanella suonò. Come sempre,il ricciolino corse via dall’aula,forse aveva paura di incontrare qualcuno nei corridoi.
Il moro sorrise amaro,lo avrebbe accompagnato volentieri quella mattina in modo da proteggerlo dai giocatori di football. Ma Michael era più furbo,sapeva che potevano pensare male a vederli insieme.
Uscì anche lui dall’aula seguito da Mrs. Anderson che gli lanciò un’occhiata prima di girarsi e sparire tra la folla nei corridoi.  Non si avviò subito sul tetto,preferiva aspettare che gli altri andassero in classe, in modo da essere visto dal minimo numero di persone.
Andò al suo armadietto,trovò il suo migliore amico,James che scambiava due parole con un ragazzo.
“…Che poi gira sempre con una ragazza che è anche molto carina” Mark riuscì a sentire un pezzo di conversazione.
“Hey,Jam’ di che parli?” aveva già capito,voleva solo una conferma.
“Di quel tipo che ti fa lezioni,quello frocio. Gira sempre con una ragazza carina,pensavo di chiederle di uscire.” Frocio?Ma cosa stava succedendo al suo amico?Lui non era mai stato così.
Sì,lo aveva detto anche in discoteca l’altra sera,ma era ubriaco. Al moro salì un brivido su per la schiena quando sentì quella parola. Si rese conto che non si poteva più fidare del biondino,avrebbe passato dei guai.
“Ah,sì?Parli di Karen? È molto carina..” cercò di dire qualcosa,non sarebbe stato molto logico dargli un pugno davanti a tutti. Non avrebbe nemmeno potuto giustificare la cosa,dopotutto aveva detto solo una stupidissima parola,no?
“Karen?Oh,grande Mark. Al prossimo intervallo la cerco allora” sorrise soddisfatto seguito dal suo amico. “Noi ora andiamo Mark,ci sentiamo dopo bello.”
Si salutarono e se ne andarono,finalmente. Il moro tirò un sospiro di sollievo,ultimamente James era cambiato proprio tanto.
Quando andavano alle medie,era un ragazzo molto socievole e simpatico. Ogni volta che incontrava un bambino che piangeva gli dava una pacca sulla spalla e lo invitava a giocare con lui e Mark. Era sempre stato lui ,tra i due, quello che non escludeva nessuno e che amava fare nuove conoscenze. Voleva tanto bene anche a un bambino che ora frequentava il loro stesso liceo,andavano in classe insieme e si raccontavano sempre le barzellette più divertenti. Quel bambino era Andy,ora però si trovava in ospedale.
I genitori non si fidavano più di quel liceo così lo avevano iscritto ad una scuola privata,probabilmente non lo avrebbero nemmeno più rivisto. James non era nemmeno andato a salutarlo all’ospedale,diceva che si sentiva tradito da quel ragazzo.
I corridoi ormai erano quasi deserti,si doveva dare una mossa se non voleva che qualche professore lo beccasse. Il percorso per incontrare il ricciolino era andato liscio,fortunatamente. Sperò di trovarlo in fretta.
Aprì la porta che dava sul tetto,una folata di vento freddo gli accarezzò le guance. Si strinse nel suo maglione e andò a cercare Mika. Non era molto lontano,era seduto sui gradini di una scaletta con le mani nelle tasche della felpa. Aveva le guance rosee dovute al freddo,Mark pensò che era bellissimo.
“Ciao,scusami ho fatto tardi” il moro si sedette vicino al ricciolino.
“Non preoccuparti,non aspetto da tanto” non era vero. Le sue guance ne erano la prova.
“Ti volevo parlare di ieri..” si sedette vicino a Michael. “Volevo chiederti scusa per il mio comportamento”
“Non c’è nulla di cui scusarsi,Mark. Le cose stanno così e basta,non possiamo farci niente..” Il moro rimase sorpreso da come il ricciolino lo fermò. Le cose stanno così,come?Forse era davvero gay?
“Ma mi sono comportato male e..”
“Non c’è bisogno,eri curioso. Immagino che i tuoi amici ti abbiano sfottuto per questo” Mika continuava a essere terribilmente serio.
“A me non interessa. Possono dirmi quello che vogliono e poi,ognuno ha i suoi segreti”
“Che intendi dire?” gli occhi color cioccolato cercavano i pozzi blu.
“Che a me non importa se sei gay o etero. Ognuno ha dei segreti che vuole mantenere” si trovarono. In quel momento il moro capì. Sì,Michael era gay.
“Quindi anche tu hai dei segreti,Mark?” nei pozzi blu si accese una scintilla di felicità. Avrebbe voluto tanto dirglielo,ma non era ancora pronto. Non riusciva ancora a guardare le conseguenze che avrebbe portato quella risposta e fregarsene.
“Beh,ecco in realtà non sono molto felice con Jessie” riuscì a dire solo quello,una parte di tutta la verità.
“Perché?”
“Ci sono cose che non puoi sapere,Mika. Perché non hanno importanza” Sorrise al moro citando le sue parole.  Anche il ricciolino sorrise,perdendosi ancora una volta nei suoi occhi. Sapeva che in realtà il perché non era felice con Jessie era importante eccome,ma decise di non continuare. Voleva godersi quell’attimo solo loro e di nessun altro.
Restarono lì a parlare per tutta la seconda ora,quando rientrarono a turni, avevano entrambi le mani fredde e i nasi arrossati.
Probabilmente Mark si era  preso un bel raffreddore ma non gliene importava nulla.  Aveva chiesto scusa al suo ricciolino e quel pomeriggio avrebbero avuto un’altra delle loro splendide lezioni. Cosa poteva desiderare di più? Proprio niente.
Si avviò verso la classe con il sorriso dipinto sulle labbra.
 
 
Karen correva tra i corridoi,era appena iniziata la pausa pranzo. Si faceva largo tra le persone a volte spintonandole anche,perché per la prima volta era in ritardo al solito appuntamento con il suo migliore amico,Mika.
Aveva fatto tardi perché il ragazzo che le piaceva da una vita,James le aveva chiesto di uscire. Le aveva detto che secondo lui era bellissima e non vedeva l’ora di andare incontrarla e conoscerla meglio.
L’aveva fermata pochi minuti prima,proprio mentre stava andando a mensa. Si sentiva ancora le guance rosse e il sorriso da ebete fisso sul viso. 
Aumentò il passo,non voleva fare aspettare ancora. Non vedeva l’ora di vedere la faccia del suo migliore amico quando gli avrebbe detto del suo primo appuntamento.
Sì,perché per Karen quello sarebbe stato il suo primo appuntamento.
Arrivò finalmente a destinazione e trovò il ricciolino appoggiato agli armadietti vicino alla mensa,si stava massaggiando una spalla e si guardava intorno per cercare di trovare la sua amica.
“Mika,scusami. Ho una scusa molto plausibile!Che hai fatto alla spalla?” se ne accorse subito.
“Nulla,mi hanno spintonato” lei fece una smorfia. Non sembrava avere nulla di grave ma non riusciva comunque a tollerarlo.
“Chi è stato?”
“Un giocatore di football,credo si chiamasse John”
“Okay. John. Lo scriverò sulla mia lista nera” Michael rise smettendo di massaggiare la spalla e prendendo l’amica sottobraccio.
“Allora,signorina Karen?Mi può concedere l’onore di ascoltare le sue giustificazioni per il suo ritardo?” disse lui con tono d’altri tempi  facendola ridere. Iniziarono ad avviarsi verso l’entrata della mensa.
“James mi ha chiesto di uscire” rispose lei dopo un po’.
I due si fermarono e Michael guardò l’amica con un’espressione che oscillava tra il sorpreso e il felice. Non sapeva da quanto tempo ormai Karen diceva di avere una cotta per quel tipo,anche se non ci aveva mai parlato.
Era felice per l’amica,così si sarebbe distratta un po’ e magari alla fine James l’avrebbe anche aiutata con il college.
“Oh,cavolo!” Karen si portò una mano alla fronte non appena si sedettero al loro solito tavolo.
“Cosa c’è?” l’amico la guardò stranito.
“Ti avevo promesso che oggi avremmo risposto insieme ai commenti su MySpace. Dannazione,dovrò dirgli di no!” lei lo guardò con un’espressione drastica.
“Spero tu stia scherzando! Vuoi davvero rinunciare a una serata con questo benedetto James perché mi avevi promesso di passare tutta la serata in calzini con un computer bollente sulle gambe a rispondere a milioni di persone?”
“E come la mettiamo se trovi dei commenti negativi,eh?Saresti capace di chiudere il pc e avere il broncio per tutta la sera! Ti devo aiutare!”
“Karen,sul serio,lascia perdere. Possiamo farlo un’altra volta. Dopotutto ho una lezione in sospeso con Mark” lei sorrise maliziosa.
“Oh, allora vedi di non essere un professore troppo severo. Le persone vergini alle prime volte si fanno un po’ male”
“Karen!” quasi urlò lui,lei non smetteva di ridere “Smettila!N-non è divertente!”.
Le guance del ricciolino si colorarono di un tenue colore rosso sotto le risate sempre più forti dell’amica.
“Okay,okay,scusami” si asciugò una lacrima che le era scesa sul viso. Aveva riso decisamente troppo.
“Bene,” cercò di sembrare indignato “allora domani risponderemo ai commenti” concluse cercando di fare un’espressione indispettita,ma purtroppo non era mai stato bravo a recitare quando davanti aveva il viso di Karen.
Rimasero lì fino alle tre meno dieci,poi i due si avviarono al parcheggio. Michael come sempre,salutò la sua migliore amica a metà strada.
“Ti prometto che quando torno ti chiamo e ti racconto tutto”
“Se fai tardi non azzardarti ad alzare la cornetta,okay?”
“D’accordo.” disse lei facendo finta di sbuffare e salutandolo con un bacio sulla guancia,poi se ne andò.
Il parcheggio era deserto,come d’abitudine. Il riccioluto tirò un sospiro di sollievo e immerse il naso,già a prima freddo,nella sciarpa che aveva conservato nello zaino. Cercò con lo sguardo il moro.
“Hey,scusami oggi sto facendo solo ritardi!” disse alle sue spalle Mark facendolo sobbalzare
“Oh,scusami non volevo spaventarti” continuò il moro toccandogli la spalla dove era stato spintonato.
“Tranquillo,non è successo nulla” si massaggiò la spalla facendo una smorfia di dolore.
“Tutto okay?”
“Sì” è solo una piccola botta.
“Perché ti stai massaggiando la spalla,allora?” sembrava alterato.
È  una piccola cosa Mark,una di quelle che non puoi sapere. Ma non perché non ha importanza,anzi.
Non voglio coinvolgerti ancora.

“Mika,è successo qualcosa?” era preoccupato e arrabbiato. Diamine,avrebbe voluto dare un pugno a chiunque fosse stato.
Lui sorrise nel modo più convincente possibile. “No.”



 

Saaaaaaaalve!

Rieccomi dopo qualche giorno con l'undicesimo! Se ve lo state chiedendo,sì ho saltato una scena molto importante volutamente. Capirete tutto nel prossimo eheh Spero come al solito che vi piaccia! Vi ringrazio di cuore,tutti! Chi legge in silenzio,chi ha la storia tra le seguite e chi nelle preferite. Vi adoro!
Bacioni,

Melime

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Doveva muoversi.
Era appena suonata la campanella che segnalava la fine dell’ora di Mrs. Anderson ma lui era già volato fuori dalla classe,come sempre. Doveva andare sul tetto e non doveva essere notato,se fosse stato abbastanza veloce,si sarebbe confuso nella folla.
Ebbe solo il tempo di avvicinarsi al suo armadietto rosa e cambiare i libri. Forse non era stata una grande idea pitturarlo,ma Karen gli aveva assicurato che era un gesto innovativo, che dimostrava che lui non aveva paura di dimostrare sé stesso.
Eh,si, magari non proprio così però…
Si guardò intorno,non c’era ombra di giocatori di football o di ragazzi che lo guardavano in un modo particolarmente storto. Avrebbe voluto avere vicino la sua migliore amica in quel momento,lo avrebbe rassicurato.
Si fece coraggio e si avviò verso il tetto. Come aveva previsto c’era un fiume di persone molto vasto e nessuno sembrò fare caso a lui. Fece un sorrisino tra sé e sé,ma morì quasi subito.
Si sentì spintonare in un modo così forte ,che una volta atterrato sugli armadietti aveva fatto un piccolo rimbalzo,accasciandosi poi a terra. Non aveva visto in faccia il ragazzo che lo aveva spinto,aveva visto solo una chioma bionda sparire tra la folla pian piano. Alcuni ragazzi si girarono per godersi lo spettacolo del povero ragazzo mentre si massaggiava il punto dolente contraendo il viso in una smorfia.
Era andato a sbattere con una spalla,in quel momento gli pulsava tremendamente. Ma se non si muoveva all’istante probabilmente a fine giornata non gli avrebbe fatto male solo la spalla.
Sviò per una scorciatoia,questa volta meno affollata rispetto al corridoio dove si trovava prima. Arrivò in fretta,per fortuna il tetto era desolato. Faceva molto freddo,anche se non minacciava di piovere. Il vento gelido gli entrò fin dentro le ossa,facendolo rabbrividire.
Rimpianse la sua sciarpa che aveva dimenticato nello zaino.
Si sedette su uno scalino,massaggiandosi la spalla. Il tocco della sua mano affievoliva un po’ il dolore,ma sapeva che un bel livido viola non glielo toglieva nessuno.
Cercò di ricordarsi il viso del ragazzo che lo aveva spintonato,ma niente. Non lo aveva guardato in faccia,che vigliacco. Sperò che un giorno l'avrebbe rivisto,così da potergli dire in faccia quanto odiasse le persone come lui.
Passò un altro quarto d'ora a pensare a cosa sarebbe successo se avesse raccontato tutto a Karen. Intanto,le sue guance iniziarono a farsi rosee e il braccio che era stato colpito a indolenzirsi. Cercò comunque di non darci peso tra poco avrebbe visto Mark e non doveva assolutamente dare segni di dolore. Avrebbe avuto due reazioni,probabilmente: o si sarebbe preoccupato e gli avrebbe chiesto perché stava così finché non avrebbe parlato o semplicemente avrebbe ignorato la cosa perché spaventato.
Ecco,a lui non andava a genio nessuna delle due.

Alla fine della prima ora,James si ritrovò con il suo nuovo amico John. Entrambi avevano legato da poco anche se il biondino sapeva che il giocatore di football non era molto affidabile. Tuttavia continuava a stare in sua compagnia,sapeva che la cosa lo avrebbe reso popolare.
Iniziarono a camminare lungo i corridoi e un gruppo di ragazze si fermò per salutare John, in particolare,c'era una cheerleader carina che il giocatore aveva puntato da un po'. Le chiese di uscire venerdì sera con molta nonchalance. Ovviamente,la ragazza accettò facendo una risatina esultante.
Non si poteva negare, ci sapeva fare con le ragazze . Era alto,capelli bruni e due occhi verde scuro. A volte James lo invidiava un po' e cercava di imitarlo. I suoi risultati non erano pessimi,anzi. Una volta in discoteca aveva rimorchiato tre biondine a cui piaceva la birra e il divertimento delle avventure notturne. Tornò a casa con i loro numeri in rubrica.
"Sai,amico. Dovresti trovarti una ragazza anche tu" disse di punto in bianco il bruno.
"E tu dovresti iniziare a trovare un nome per i tuoi prossimi figli" disse James ironico,facendo ridere l'altro. In realtà a lui una ragazza piaceva,ma non sapeva nemmeno come si chiamava.
Girava sempre con quel tipo alto che era nella classifica. Era molto bella,aveva i capelli neri e ricci e degli occhi che gli ricordavano la primavera.
Avrebbe tanto voluta conoscerla,ma fino al giorno prima era convinto che il riccio con cui girava fosse il suo fidanzato,per questo era così arrabbiato con lui. Gli stava rubando la ragazza.
Adesso non sapeva se era davvero gay o meno,in entrambi i casi l'avrebbe odiato.
Se fosse stato gay,l'avrebbe odiato perché i gay sono malati. Se non lo era invece,stava con la ragazza che voleva lui.
Quella mattina lo aveva anche visto per i corridoi e in modo agile,era anche riuscito a spintonarlo. Non si voltò,ma quando sentì il rimbombo del suo copro contro gli armadietti, sollevò un angolo della bocca,soddisfatto. Ben ti sta,stronzo.
"Oh,ho saputo che oggi hai fatto un bel lavoro con il secondo" disse John,tirando fuori dalla tasca un foglio accartocciato. Era la classifica del giorno prima,il primo nome era stato barrato con una penna. James fece una smorfia a quella vista,non voleva che accadesse tutto quello a Andy. Ma lui era gay e i gay erano malati,punto. Avrebbe dovuto dirglielo,sarebbe stato felice di accompagnarlo da un dottore. Ma no,non gli aveva detto nulla. Credeva di potersi fidare di quel ragazzino.
"Nah,gli ho solo dato una spintarella" il biondino sorrise cattivo.
"La prossima volta però tocca a me" continuò l'altro.
"Non pensavo che quel tipo fosse gay.." iniziò il biondino dando voce ai suoi pensieri,catturando l'attenzione del bruno.
"Mh,in effetti nemmeno io. Però si veste in modo strano..." fece spallucce.
"Dà anche delle lezioni a Mark,il frocetto. Che poi,gira sempre con una ragazza che è anche molto carina" esclamò continuando il suo flusso di pensieri,ignorando completamente la risposta di John. Sentì qualcuno arrivare da dietro,ma aveva già capito di chi si trattava. Mark.
James era sicuro che qualsiasi cosa fosse accaduta,lui non avrebbe mai abbandonato il suo migliore amico. Erano amici da quando aveva memoria e con lui ne aveva passate tante.
Era vero che lo stava ignorando da un po' di tempo,ma era perché voleva diventare popolare come lui e camminare per i corridoi orgoglioso e fiero di sé. In certi casi lo invidiava però,aveva una ragazza bellissima accanto e tanti ragazzi si comportavano come lui. Era sempre sereno e pacato,non si arrabbiava mai. Doveva ammetterlo,gli mancava un po': la compagnia di John non aveva nulla a che fare con la sua. Con lui non poteva essere sé stesso, o dire quello che voleva senza preoccuparsi delle conseguenze.
"Hey,Jam',di che parlate?" lo salutò facendo un sorrisetto divertito. Non lo guardò,si girò in fretta per cambiare i libri.
"Di quel tipo che ti da lezioni,quello frocio. Gira sempre con una ragazza carina,pensavo di chiederle di uscire" John si sorprese alla confessione del biondino. A lui non aveva detto che voleva uscire con una ragazza. Mark invece risultò molto incazzato,lo guardò con uno sguardo duro che lo fece quasi spaventare. Ma che gli prendeva? Non aveva detto nulla di male,anzi. Gli aveva confessato che voleva uscire con una ragazza,doveva esserne contento.
"Ah,si?Parli di Karen? È vero,è molto carina..." la sua voce era carica di tensione,ma nessuno dei due parve accorgersene. Anzi,il biondino si sentì soddisfatto dell'appoggio che il suo migliore amico gli aveva dato.
Ora sapeva come si chiamava. Karen.
Si promise di chiederle un appuntamento più tardi.
"Karen?Oh,grande Mark. Al prossimo intervallo la cerco allora" sorrise ancora una volta,poi seguito da John si voltò. "Noi ora andiamo,Mark. Ci sentiamo dopo bello."
Se ne andarono,Mark non ricambiò il suo saluto. James,però non ci fece nemmeno caso.

La conversazione con Mark era andata meglio di quanto credeva. Gli aveva fatto capire che era gay e lui non si era tirato indietro come si aspettava,anzi. Aveva anche scherzato citando le sue parole.
Lo aveva guardato negli occhi.
"Beh....con voi giovani non si può mai sapere."
Improvvisamente ricordò le parole del padre e un sorriso beffardo si dipinse sul suo volto. E se Mark intendeva dire che non era felice con Jessie perché era gay?Oh,no. Forse stava correndo troppo in fretta,forse intendeva semplicemente dire che non si trova bene con lei. Dopotutto come biasimarlo,alla biondina piaceva mettersi in mostra in tutti i sensi.
Mika si avviò verso la mensa,stranamente era in orario. Il suo passo era un po' titubante,aveva paura di andare veloce come suo solito,qualcuno avrebbe potuto notarlo. La spalla gli faceva ancora molto male,non poteva permettersi un nuovo spintone.
Le persone nei corridoi però non sembravano essere d'aiuto,parlottavano tra di loro e commentavano il suo modo di vestire. Il ricciolino sospirò,era andato tutto troppo bene ultimamente.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare ad altro,che si ritrovò scaraventato da terra,colpito. Andò a sbattere un'altra volta sugli armadietti,atterrando sulla stessa spalla di prima. Si accasciò a terra,dolorante.
Il colpevole della spinta aveva una giacca della squadra di football della scuola. Lo guardò schifato.
"Se devi fare il frocio,non coinvolgere nessuno. Chiaro?" non aspettò nemmeno la sua risposta. Si girò e scomparse per i corridoi ridendo con gli amici del gesto appena compiuto,come se fosse una barzelletta divertente.
Nessuno si fermò ad aiutarlo,nessuno fece caso alla lacrima di dolore che attraversò il suo viso,silenziosa. Si diresse verso il bagno più vicino,per controllare la situazione della sua spalla.
Era viola. In alcuni punti stava anche sanguinando,doveva essere andato a sbattere contro qualche chiodo.
Decise di andare in infermeria per medicarsi,non poteva rimanere così. Durante il tragitto avrebbe pensato a una scusa da raccontare.

"Hey,piccola" una voce attirò l'attenzione di Karen, una mano l'afferrò per un polso.
"Chi cazzo si permette di chiamar---" la ragazza non fece in tempo a finire la frase, liberandosi dalla presa e a voltarsi. Si fermò all'istante,rimanendo silenziosa. Sperò che la persona davanti a lei la perdonasse per il modo brusco che aveva appena usato.
"Sc-scusami"
"Tranquilla,è bello sapere che non tutte sono delle papere" rise.
"I-io....cioè..cosa volevi dirmi?" cercò di essere più gentile,ma iniziò a sentire le guance colorarsi di rosso. Era questo l'effetto che James aveva su di lei.
Lui rise un'altra volta,divertito dal comportamento così dolce di quella ragazza. Sapeva che non era come le altre cheerleader.
"Io sono James" disse lui offrendole la mano.
Sì,lo so. "Karen" la strinse.
"Sai,sei molto diversa dalle altre ragazze" iniziò,tenendo lo sguardo basso un po' per imbarazzo,un po' perché gli occhi della riccia erano bellissimi. "Perciò,volevo conoscerti meglio. Ti va se sta sera usciamo insieme?"
Karen spalancò gli occhi dalla sorpresa,se avesse avuto dei libri in mano in quel momento,li avrebbe fatti cadere per terra. "S-sì. Va bene."
"Ci vediamo alle sette alla caffetteria qui vicino,okay?" lei annuì,convinta di aver perso la parola. Lui le sorrise e se ne andò.

In infermeria nessuno aveva chiesto a Mika come si fosse fatto male. Gli avevano fasciato la spalla in silenzio,forse era già capitato che altri ragazzi si facessero medicare lo stesso tipo di livido. Sapeva dopotutto che non sarebbe stato difficile inventarsi una scusa,la parte difficile era cercare di non dire a Mark di quello che era accaduto. La frase che quel ragazzo gli aveva urlato contro gli bruciava ancora.
"Se devi fare il frocio,non coinvolgere nessuno. Chiaro?"
La solitudine del parcheggio stava iniziando a intimorirlo,ma cercò di darsi una calmata. Non c'era nessuno nei paraggi,nessuno che lo aspettava.
Tirò un sospiro di sollievo e nascose il naso nella sciarpa che prima aveva dimenticato nello zaino. Cercò di rilassarsi e sembrare più sereno possibile,non era successo nulla,no?
Era solo uno spintone,dopotutto. A Andy avevano fatto di peggio,poteva ritenersi fortunato. Aveva sentito dire che il terzo ragazzo in classifica si era tolto dai guai baciando una ragazza in mensa e catturando l'attenzione di tutti. Quando lo seppe gli venne quasi da vomitare.
Sapeva che quel ragazzo era gay,una sera mentre andava al ristorante con Karen,lo aveva visto dal finestrino della macchina baciarsi con un ragazzo dietro una discoteca. Al suo contrario,preferiva subire il bullismo,che fingere di essere qualcuno che non era.
Sentì una fitta alla spalla. Beh,essere sé stessi aveva il proprio prezzo.
"Hey,scusami oggi sto facendo solo ritardi!" una mano si poggiò su una spalla in modo amichevole. Michael contorse il viso in una smorfia di dolore,dimenticandosi improvvisamente di tutto quello che si era promesso.
"Oh,scusami non volevo spaventarti" la mano del moro non lasciò la spalla del ricciolino.
"Tranquillo,non è successo nulla" lo disse cercando di giustificarsi subito,non pensando di causare la curiosità dell'altro.
"Tutto okay?"
"Sì" no.

Mark cercò ancora una volta di far parlare Mika e cercare di fargli dire tutto quello che era successo. Doveva avere qualcosa alla spalla,dovevano avergli detto qualcosa.
Da quando si erano messi in macchina continuava a evitare il suo sguardo come la peste,puntando gli occhi color cioccolato fuori al finestrino. Le villette di quel quartiere erano diventate improvvisamente la cosa più interessante del mondo.
Tra di loro regnava il silenzio,la tensione si poteva tagliare con un coltello.
Eppure stamattina andava tutto bene.
Accelerò,non vedeva l'ora di scendere da quell'auto e avere le spiegazioni che si meritava. Non importava quanto cara gli sarebbe costata la cosa,ma lui lo avrebbe difeso comunque.
Scesero dalla macchina,Michael faceva finta di guardarsi intorno per non incontrare i pozzi blu. Si comportava come se fosse la prima volta che entrava in casa Jones.
"Okay,Michael ti prego. Non tenermi nascosto nulla" si sedettero al solito tavolo dove studiavano e Mark guardava il suo bellissimo viso,aspettando che i loro sguardi si incontrassero ancora. Gli occhi color cioccolato però erano fissi sul pavimento.
"Non è una cosa che non ha importanza" disse il moro precedendolo. "Perché tu per me hai importanza,okay? Non voglio che nessuno ti faccia del male"
Nello sguardo del ricciolino c'era una nuova scintilla,speranza forse. Ma non importava adesso. Doveva tenere duro,doveva farlo,altrimenti avrebbero trascinato anche lui in quella stupida faccenda.
"Non è successo nulla" continuò a mentire,cercò di sollevare lo sguardo e incontrare quegli occhi blu,ma gli sembrò un'impresa.
"D'accordo" disse l'altro quasi esasperato. "Non ne vuoi parlare,lo capisco."
Mark avrebbe voluto dirgli credeva alle sue parole  e che non doveva avere paura ad aprirsi e raccontargli tutto. Ma si fermò,sapeva che lui era il primo ad avere paura di dichiararsi per quello che era,così rimase in silenzio.
E si,lo capiva. Nemmeno lui era bravo con le parole.
Ma doveva trovare un modo. Mika aveva iniziato a spiegare dei paragrafi del fascicolo: balbettava e a volte sembrava che avesse la voce rotta. Mark stava quasi per dargliela vinta quando una bottiglia di acqua che stava sul tavolo sembrò dargli un'illuminazione.
Era quasi piena e chiusa male. Sembrava che il tappo stesse per cadere. Ringraziò mentalmente sua madre per quel piccolo e involontario regalo.
"Scusa,Mika ma ho un po' di mal di testa. Beviamo qualcosa?" disse cercando di radunare tutte le sue capacità di recitazione e non ridere per l'imbarazzo. La sua idea era una pazzia,ma se l'avesse portata al termine,avrebbe messo Mika con le spalle al muro.
L'altro vacillò,capì che c'era qualcosa di strano nella mossa del moro ma non riusciva a capire cosa.
Annuì,non capendo che così avrebbe dato via libera al piano del ragazzo. Il moro fece un falso movimento sgraziato,facendo cadere il liquido freddo sulla maglietta del ricciolino.
Mika si alzò completamente bagnato e fu costretto a togliersi la maglietta per non far cadere il liquido anche sui pantaloni e non infradiciare la medicazione.
Mark rimase senza fiato alla vista del ragazzo,quasi si dimenticò del perché si era inventato quella pagliacciata.
"Merda" imprecò il ricciolino riportando l'altro al mondo reale.
"Oh,io beh,scusa" quasi si dimenticò come parlare. Le sua guance si tinsero di un tenue rosa,sperò con tutto il cuore che Michael non se ne fosse accorto.
"Non fa niente,hai una maglietta da prestarmi?" si sentì quasi in colpa.
"Mika.." Mark lo richiamò spaventato. "Perché hai una fasciatura così grande sulla spalla?"
Beh,il suo piano aveva funzionato,ma non si sarebbe mai immaginato che il ragazzo avesse una medicazione del genere. Mika tenne lo sguardo basso e si maledì mentalmente per essersi tolto la maglietta. Ma si era bevuto il cervello,forse?
Non era così che doveva andare. Lui doveva starne fuori.
Tra i due ragazzi scese di nuovo il silenzio,carico di tensione. Ma non era destinato a durare molto.
"Okay,ora vado a prendere la maglietta. Stiamo da soli in casa,tranquillo. Quando torno però,voglio che tu mi spiega tutto,okay?"
"Okay" non aveva altra scelta.

 

La caffetteria vicino al liceo era frequentata da molti studenti,perché era grande. Ogni sera,almeno la metà dei tavoli veniva occupata da ragazzi. C'era chi studiava,che si godeva il Wi-Fi gratuito,chi parlottava allegramente e chi,come James,aspettava una ragazza prima di entrare.
Era venuto con un po' di anticipo,anche se John gli aveva detto che le ragazze amano farsi aspettare.
Voleva rilassarsi un po',se fosse rimasto a casa,sarebbe stato preso dall'ansia. Quello era il suo primo vero appuntamento.
Una volta aveva baciato quella ragazza,Roxy,ma non gli era piaciuto per niente. Le sue labbra sapevano di amaro,non erano affatto come le aveva immaginate.
Serrò le mani a pugno nelle tasche e sperò con tutto il cuore che questa volta sarebbe andata meglio. Pensò di chiamarla,aveva chiesto il suo numero a una sua amica,Madison,ma non lo fece. Era ancora troppo presto.
In compenso,dieci minuti più tardi,vide una ragazza dalla chioma nera come la pece e riccia,Karen.
Indossava una felpa piuttosto larga e aperta,mostrando la sua T-Shirt di Homer Simpson,facendo sorridere il ragazzo. Lui adorava i Simpson.
"Ciao,sono in ritardo?" lui gli si avvicinò sorridendo.
"No,tranquilla,entriamo" lui le passò un braccio intorno a una spalla accarezzandola un po'. Lei si sciolse al suo tocco così dolce e gli sorrise.
Entrambi presero una cioccolata calda,James insistette per offrirgliela.
"Allora,come stai?" fu lui a fare il primo passo una volta seduti ad un tavolo un po' isolato.
"Sono felice,anche se un po' in imbarazzo. Questo è il mio primo appuntamento" fece lei,volendosi mordere la lingua subito dopo. Lui però si addolcì e pensò che era molto tenera.
"Beh,anche per me. Questo è il mio primo vero appuntamento" disse attirando la sua attenzione. Lei alzò lo sguardo che intanto si era soffermato sulle sue mani che si stavano torturando a vicenda. Si guardarono negli occhi per un attimo,poi James le sorrise.
"Hai proprio una bella maglietta."
Iniziarono a parlare. Si fecero dei complimenti a vicenda senza creare imbarazzo,ognuno raccontò cose su sé stesso,divertenti e non.
Karen non parlò del suo migliore amico,perché non ne aveva avuto l'occasione, il tema della conversazione dopotutto erano loro due. James apprezzò la cosa,probabilmente si sarebbe indispettito e avrebbe mutato il suo bel viso sereno in un'espressione contrariata.
Se lei lo avesse saputo,sicuramente avrebbe lasciato la caffetteria all'istante,anche se a malincuore.
Rimasero lì per due ore,continuando a fare battute e a raccontarsi avvenimenti. Più il tempo passava,più Karen si convinceva di avere davanti il suo primo ragazzo. Anche James,si stava convincendo della stessa cosa,non aveva la minima voglia di lasciare quella caffetteria.
Doveva ammetterlo, quella ragazza era fantastica. Era frizzante,divertente e molto bella. Non era come tutte le cheerleader che aveva incontrato in precedenza. Stava per chiederle di uscire di nuovo quando sentì una suoneria che non era la sua. Era una canzone strana,cantata da un ragazzo probabilmente anche se raggiungeva note alte.
"Pronto?" non si accorse che era il cellulare di Karen a suonare. L'interlocutore iniziò a farle un discorso con voce piuttosto alta,tanto che la ragazza fu costretta a scostare un po' il cellulare dall'orecchio. Ruotò gli occhi al cielo e continuava ad annuire.
"Ho capito,arrivo" staccò senza nemmeno aspettare la risposta.
Guardò James,che intanto era come incantato.
"Scusami,era mio padre. E' tornato ora e non sapeva che ero uscita. Ora mi vuole immediatamente a casa"
"Cavolo,se incominciamo così non vorrà più vedermi!" risero.
"E' che non pensavo che si sarebbe fatto così tardi" erano le nove e mezzo,ma fuori era molto buio.
"Andiamo,dai. Ti accompagno,almeno so dove venirti a prendere la prossima volta" fece lui facendole l'occhiolino e alzandosi. Lei stava per fare lo stesso ma si ritrovò James dietro a spostare la sedia per lei e prenderle la mano.
Camminarono così,mano nella mano per tutto il percorso. Karen si sentì avvampare ogni volta che il pollice del ragazzo accarezzava la sua mano. Era così dolce con lei.
James si accorse del colorito delle guance della ragazza e le sorrise rassicurandola.  Si sentiva a suo agio con lei.
Arrivarono davanti  alla casa della ragazza non molto tempo dopo,lei lo salutò baciandogli la guancia e scomparì poi una volta chiusa la porta.
Lui la osservò finché non gli fu più possibile,poi si girò e si avviò verso casa sua.
Era felice di essere stato con lei quella sera,avrebbe quasi fatto un salto dalla felicità se non ci fosse stato tutto quel ghiaccio scivoloso per strada.
Era una cosa proprio idiota,ma quando ci si innamora si fanno cose idiote,specialmente di notte e con un cellulare in mano.

 

 

"Per questo,io non volevo dirti nulla. Ci saresti stato dentro e avrebbero potuto fare del male anche a te." gli occhi color cioccolato non ce la facevano a reggere un secondo di più quei pozzi blu.
Mika incrociò le braccia,la maglietta che gli aveva dato Mark era molto morbida. Avrebbe voluto tenersela per ricordo,anche se il modo in cui l'aveva avuta l'avrebbe dimenticato volentieri.
Mark gliela aveva data in modo quasi brusco,preso dalla curiosità e dalla paura per il racconto che Michael gli aveva promesso. Lui la indossò subito,non volendo mostrare un secondo di più quella medicazione. Per fortuna,il moro ne aveva presa una a maniche lunghe.
Iniziò a raccontargli tutto,dal ragazzo biondo a quello bruno con gli occhi verdi e scuri. Gli disse le parole che quel ragazzo gli aveva quasi sputato addosso,facendo fatica a mantenere il contatto  visivo. Si vergognava,si sentiva sporco come se fosse lui quello ad aver agito male. Si sentì come se un grosso peso si fosse tolto dallo stomaco quando finì di parlare,ma ne sopraggiunse uno nuovo quando vide l'espressione contrariata di Mark. Non riuscì più a guardarlo,ormai però era fatta.
"Io non posso credere che esistano persone così" avrebbe anche continuato la frase aggiungendo i peggiori insulti che conosceva,ma non gli andava di farlo davanti a lui. Involontariamente,lo abbracciò. Non pensando a nulla per la prima volta,fu lui a fare il primo passo. Fregandosene delle conseguenze.
Mika fu sorpreso da quell'abbraccio improvviso ma gli scaldò il cuore. Era la seconda volta che si abbracciavano e capì che se avesse potuto,lo avrebbe  fatto per sempre. Il torace tonico di Mark era caldo e lo stringeva forte,facendo però attenzione a non fargli male.
Gli accarezzò la spalla medicata con un  tocco molto delicato,e in quel momento prese una decisione.
Lo avrebbe difeso,costi quel che costi. Quel ragazzo era la cosa più bella che gli fosse mai capitata e lo rendeva felice. Non riusciva a sopportare il fatto che qualcun altro potesse mettergli le mani addosso in quel modo e fargli tanto male.
"Ti accompagnerò a casa,oggi." disse sussurrando.
Lui annuì,sentendosi più sicuro. Forse aveva fatto bene a dirgli tutto.
Non aveva capito perché Mark avesse deciso di accompagnarlo,forse perché si sarebbe fatto tardi,immaginò. Erano appena le otto e non avevano ancora aperto i libri. Aveva avvisato i suoi genitori,come sempre.
Non si staccarono ancora,nessuno dei due aveva voglia di farlo. Erano così vicini che ognuno sentiva il battito cardiaco dell'altro. Mark nascose il suo viso nella spalla del riccioluto ,quella non fasciata. Anche Mika fece la stessa cosa.
Tra loro c'era silenzio,non perché erano in imbarazzo ma perché entrambi si stavano godendo quel momento tutto loro.
Mark ormai lo sapeva,non lo avrebbe più lasciato andare.
"Adesso nessuno ti farà più del male" sussurrò ancora.  "Però voglio che tu lo dica ai tuoi genitori,okay?" 
Si guardarono ancora una volta,Mika sussurrò una debole risposta affermativa.
Pian piano si rimisero a studiare,la loro voce ritornò ad assumere toni normali ,perdendo tutti i sussurri. A Michael quasi dispiacque.
Sua madre gli aveva raccontato che quando due persone litigano,urlano perché i loro cuori sono lontani e non riescono a trovare un contatto. Quando invece sono innamorate, i loro cuori sono vicini e sussurrano sempre.

Saaaaalve!

Chiedo perdono anche per questo ritardo,ma l'estate sta finendo e non ho più tanto tempo libero come prima. So che aspettavate molto questo capitolo. In ogni caso,spero vi sia piaciuto. Inizialmente doveva essere più lungo ma ho deciso di tagliarlo altrimenti l'attesa sarebbe stata decisamente troppa. hahah
Come sempre,mando un affettuoso ringraziamento a tutti i lettori,quelli silenziosi e non. Grazie mille!
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

Melime

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


 

Mark non avrebbe voluto sciogliere quell'abbraccio,sapeva che i momenti come quello erano piuttosto rari. In compenso continuò a parlare con Mika per diverso tempo,gli aveva raccontato che si sentiva più sereno e fu un colpo al cuore per lui. Si fidava così tanto,ed era così bello. Se avesse avuto un po' più di coraggio,probabilmente lo avrebbe baciato.
Avrebbe voluto semplicemente chiudere gli occhi ed accarezzare le sue labbra con le sue. Tenere tra le mani il suo viso come se fosse la cosa più delicata del mondo e avesse paura di spezzarla,ecco cosa avrebbe voluto fare.
Ma non lo fece.
Era ancora troppo presto,stava accadendo tutto troppo in fretta. Fu lui ad allontanarsi per primo,sciogliendo l'abbraccio sotto lo sguardo attento color cioccolato. Evitò di guardarlo negli occhi,voleva fargli ancora un'ultima domanda.
"Lascia che ci sia anche io,quando parlerai con i tuoi genitori."
Mika rimase sbigottito. Tra tutte le cose che Mark avrebbe potuto chiedergli,quella era di sicuro la più strana. Non voleva che i suoi genitori lo conoscessero così,quando avrebbe dovuto mettere a nudo i suoi sentimenti e la sua medicazione.
Fu preso da un brivido di paura,che si trasformò poi in ansia. Che cosa avrebbe detto Mark?Perché voleva venire anche lui?  Non riuscì d organizzare i suoi pensieri e agì d'istinto.
"Perché?"
"Perché voglio che i tuoi genitori sappiano che tu non sei solo"
"C'è Karen" Stava iniziando a difendersi,senza ancora capire il perché.
"E' una ragazza che si sa difendere,ma " alzò lo sguardo " potrebbero  farle del male se esagera."  Concluse, e Mika rabbrividì. Non era una minaccia,era la cruda realtà. Lo sapeva,Karen avrebbe fatto di tutto per lui,lo avrebbe difeso ad ogni costo,non aveva paura di nessuno. Lui però,non voleva affrontare quel rischio,non con lei. Non avrebbe sopportato l'idea che qualcuno le facesse del male per causa sua. Eppure,non voleva che Mark entrasse in quella situazione. Non così. Si sarebbe ritrovato anche lui nei guai e i suoi genitori...no,no. Meglio di no.
"Non so come reagiranno i miei,sono molto...protettivi" improvvisamente si ricordò di quello che Mark gli raccontò su suo padre.
"E' meglio se ci parlo da solo,fidati di me."  Gli disse sorridendo dandogli una pacca sulla spalla. Avrebbe preferito abbracciarlo nuovamente,ma andava bene così. Sapeva che portarlo con sé a parlare con i suoi genitori era una scelta azzardata,ma gli era grato comunque.
Ripresero a studiare ma nessuno dei due si impegnò sul serio. Erano troppo presi da altri pensieri per concentrarsi appieno,così rinunciarono dopo un'ora e ritornarono a parlare. Dopo poco,arrivò Margaret.
"Buonasera,cari" l' salutò cogliendoli di sorpresa,facendo capolino nella cucina. Aveva tra le mani un grosso vassoio che profumava di vaniglia.
"Avete cenato?Ho una torta qui,potrei farvi una cioccolata calda" continuò poi. Lo stomaco del riccioluto rispose per primo a quelle parole ruggendo.  A Mark sfuggì una risatina quando notò  che, le sue guance si stavano tingendo di un lieve color rosso.
In effetti,non avevano ancora cenato ed erano le nove di sera.
"Okay,ho capito. Lasciate questi benedetti libri e andate a rilassarvi in camera. Vi porto io la cena." i due ragazzi iniziarono ad avviarsi,lei urlò per farsi sentire " Mika,mi raccomando,avvisa tua madre!".
I due erano già al piano superiore,Michael aveva ascoltato la voce di Margaret. Avrebbe seguito il suo consiglio,ma prima moriva dalla voglia di vedere la camera di Mark.
Il moro,per la prima volta in assoluto non era molto contento dell'arrivo della madre,sapeva che avrebbe potuto mettere in imbarazzo Mika. Tuttavia quando li mandò in camera sua sentì come se lei lo capisse e gli venne voglia di abbracciarla.
Salirono le scale,Michael seguiva il moro lungo il breve percorso fin quando non si fermarono davanti a una porta bianca. Mark si sporse e mostrò al ricciolino camera sua.
Era di colori chiari,sui toni dell'azzurro. I mobili erano più vivaci e il letto spazioso. Doveva essere davvero comodo,pensò Michael. 
"Mentre avvisi tua madre vado un attimo al bagno!" Gli disse il moro quasi sussurrando e lasciandolo sull'uscio della porta.
Michael lo seguì con lo sguardo,vedendolo scomparire lungo il corridoio richiudendo alle spalle quella che doveva essere la porta del bagno. Entrò in camera,la squadrò un po' ,era davvero graziosa. Una vibrazione all'interno della tasca dei pantaloni però,gli ricordò che aveva cose più importanti da fare in quel momento.
Doveva chiamare Joaine,ma lei era stata più veloce
"Mamma?"
"Mika!" la sua voce squillante lo portò ad allontanare il telefono dall'orecchio. "Che fine hai fatto?"
"Volevo dirti che resto qui ancora un po' " incominciò a camminare avanti e indietro come faceva tutte le volte che era a telefono. Andò vicino al comodino accanto letto e fece scorrere le sue dita lungo il legno liscio e pitturato con un colore chiaro. "Mark mi accompagna con la macchina"
"Va bene,ma non fare troppo tardi,signorino! Domani hai scuola"
"Sì,sì mamma..." continuò a camminare,andando quasi ad inciampare contro la sedia della scrivania. Si voltò,notando che quest'ultima era decisamente in disordine. Sorrise,erano più simili di quanto immaginasse.
"Tesoro non cuocerti troppo,mi raccomando!" disse ridendo sua madre facendolo arrossire un po'.
"Ma cosa dici!" iniziò a concentrare il suo sguardo sulla scrivania,alla ricerca di qualcosa che attraesse la sua attenzione. Notò un foglietto azzurro sbucare da sotto un libro.
Sentì la madre sospirare. "Va bene,ti lascio al tuo  amichetto  a dopo,tesoro!"
"Ciao mamma" non rispose alla sua  provocazione,non si curò nemmeno di chiudere la chiamata,ormai la sua attenzione si era focalizza su quella linguetta di carta blu che usciva fuori da quella pila di libri. Si zittì e cercò di sentire qualche rumore di passi nelle vicinanze.
Niente.
Con la mossa più veloce che potesse mai fare,estrasse via il foglietto che si rivelò piegato e rovinato. Probabilmente era stato più volte accartocciato,pensò il ricciolino. Agì di istinto,aprendolo e leggendo ciò che c'era scritto sopra. Inorridì,e si pentì subito di averlo fatto. Che ci faceva una scritta come quella sulla scrivania di Mark?
Tu sei contronatura!
Per qualche assurda ragione,mise il foglio in tasca. Non ne avrebbe parlato con Mark,sarebbe stato stupido e forse si sarebbe arrabbiato. Decise che ne avrebbe parlato con Karen il giorno dopo,lei era l'unica  a cui poteva rivolgersi.
"Hey,scusami se ci ho messo tanto,ero andato da mia madre" la voce del moro lo fece sussultare.
"Non preoccuparti,hai davvero una bellissima camera." gli sorrise.
"Grazie." ricambiò.
 
Il rientro a casa di Mika non passò inosservato. Nonostante lui avesse fatto il minimo rumore,Joaine,che intanto stava dormendo sul divano,si svegliò.
"Michael!Hai idea di che ore sono?!" sbottò lei,improvvisamente lucida e sveglia.
"Le dieci e mezza,mamma" disse lui  sminuendo la cosa,in effetti non era tardi.
"Ah"  disse lei con un tono di voce più basso. "Scusami"
Michael strinse i pugni,aveva intenzione di parlare con lei. Sapeva che avrebbe potuto aspettare domani,sapeva che sua madre probabilmente non avrebbe dormito ma aveva un nodo alla gola e un peso nello stomaco che lo stavano distruggendo. Lo aveva promesso a Mark prima di scendere dalla macchina,poi. Le avrebbe parlato al più presto. Eppure,le sue labbra sembravano cucite,probabilmente dalla paura.
Stinse forte i pugni,e cercò di ripensare a quello che gli sarebbe successo se non avesse parlato. A cosa sarebbe successo a Karen.
"Mamma,devo parlarti." Joaine che intanto si era stesa nuovamente sul divano si mise  a sedere lentamente. "Che c'è?"
Lui non aspettò,le si piazzò davanti e si tolse la maglietta che Mark gli aveva regalato,la sua giaceva pulita e ancora umidiccia nel suo zaino. A quella vista,Joaine spalancò gli occhi e combatté contro sé stessa per non piangere.
"Cosa è successo?" la sua voce era flebile.
"A scuola,dei ragazzi mi hanno spintonato perché tutti credono che io sia gay" a quelle parole,una lacrima scese dal viso di sua madre. Era straziante vederla così,ma doveva saperlo.  Non poteva continuare ad andare a scuola come se niente fosse,avrebbe solo fatto del male a sé stesso e alle persone che lo circondavano. Sarebbe stato costretto a mentire,a dire che andava tutto bene,ma non sarebbe stata la verità.
E a Mika le bugie non piacevano affatto.
"Conosci i nomi dei ragazzi che ti hanno fatto tutto questo?" Joaine era speranzosa,ma lui scosse la testa. "Sono furbi,a non farsi notare. Però,mamma devo dirti ancora un'altra cosa"
"Dimmi"
"Mark,il mio amichetto" disse lui imitando l'imitazione che poco tempo prima lei gli aveva fatto al telefono " è molto popolare e mi ha promesso che mi starà vicino e non permetterà a nessuno di toccarmi"
"Michael.."
"Lo so,mamma. Ma non ho la minima idea di chi sia stato e non posso andare dal preside se non ho delle prove. Quando è successo,non ero con Karen. Nemmeno lei potrebbe aiutarmi"
"E tu ti fidi di questo ragazzo,Mark?"
Mika rimase spiazzato. Solo i quel momento si accorse che la sua completa sicurezza dipendeva dal moro. Eppure,non si sentiva spaventato. Ma in effetti,non aveva altra scelta. Non aveva altra scelta,nessuno si sarebbe mai proposto di difenderlo sempre,sapevano tutti che era una pazzia. Perché si sa,se il branco vuole giocare con una vittima e qualcuno lo ostacola,viene eliminato oppure diventa anche lui una vittima.
E Mark voleva ostacolare il branco.
"Sì" annuì con convinzione. "Mi fido di lui"
Joaine lo abbracciò,Michael sentì le sue lacrime calde bagnargli la pelle non medicata. Se avesse potuto,lo avrebbe trasferito in una scuola privata,dove sarebbe stato al sicuro,ma non potevano permetterselo.
"Mi dispiace tanto,Mika"

 

"Ma dove hai presto questo coso?" sbottò lei.
"Dalla scrivania di Mark" rispose lui.
"Ti avevo detto di cercare cose interessanti,non dediche per la matematica!"
"Sai,non credo si riferisse alla matematica,Karen"
"..Oh"
Come aveva promesso,la sua migliore amica prima di andare a dormire si era fatta sentire per raccontare a Mika il suo primo appuntamento. Aveva scritto un messaggio con la bellezza di 200 caratteri dove raccontava quanto bello,fantastico e magnifico  fosse stato il suo primo appuntamento. Aveva fatto anche delle ipotesi su come il suo amico avesse passato la sua lezione con Mark,ma quella parte,Michael preferì non leggerla.
Si erano dati appuntamento vicino al bagno dei ragazzi che nessuno mai visitava. I corridoi erano deserti e i due sapevano che potevano parlare con tranquillità.
L'intervallo durava quindici minuti e Mika aveva avuto la geniale idea di mostrare alla sua amica il foglietto che aveva trovato sulla scrivania del moro il giorno precedente.
"Mika,ma hai notato che è bagnato?Qui,qui e qui ci sono dei piccoli cerchi potrebbero essere..." lacrime. Improvvisamente Karen era diventata seria. Sapeva della medicazione che il suo migliore amico aveva,alla fine si era deciso che la cosa più opportuna era parlarne con le persone di cui si fidava. Appena lo vide,aveva avuto una grande voglia di urlare e prendere a botte chiunque fosse stato,ma si limitò ad abbracciare e confortare il suo amico. Propio come lui fece con lei in quel bagno delle ragazze che lo condannò ad una squallida classifica su un giornalino.
"Cosa intendi dire?"
"Mark potrebbe aver scritto questa frase per sfogarsi,oppure non l'ha scritta lui e qualche gentiluomo o gentildonna ha deciso di dedicargliela" disse con ironia.
"Può darsi.."
"Comunque,è solo un foglietto,Mika. Potrebbe significare di tutto,non dovremmo essere qui a farci i film mentali. Adesso andiamo,tra poco suona la campanella dell'intervallo e prima che dei bufali occupino i corridoi,dobbiamo trovare Mark" lui annuì.
Mark aveva mantenuto la parola,aveva accompagnato il riccioluto in classe ed era sempre vigile. Alla prima ora erano passati vicino alla squadra di football e tutti i ragazzi che salutavano Mark con un cenno,non facevano caso a Michael. Se qualcuno gli soffiava dietro qualche insulto,il moro rispondeva prontamente e lo metteva a tacere. Qualche cheerleader quando li vide insieme urlò: " Cos'è Jones?Adesso fai la guardia del corpo?"
Lui si girò sorridente.
"Ti sbagli,io faccio quello che voglio" guardò verso il gruppo di ragazze,intravide Jessie "ovvero,stare con i miei amici". Fece l'occhiolino guadagnandosi qualche gridolino da parte delle ragazze ma non ci fece caso,perché quando si girò trovò gli occhi di Michael che lo guardavano con ammirazione.
"Beh,sono un tuo amico?" rise. No,sei molto di più.
Ricambiò lo sguardo e rise anche lui. "Piccola cosa che non puoi sapere."

 

Saaaaaaaalve!

scusate scusate scusaaaaaaaaaaaaate l'immenso ritardo ma tra compiti in classe (sì ne ho già fatto uno,gh) interrogazioni e blocchi vari,mi sono dovuta prendere una pausa. Ma sto cercando di regolarizzarmi e magari arriverò ad un punto dove pubblicherò un capitolo a settimana haha,chissà! :') 
In ogni caso,grazie mille per tutte le vostre visite,recensioni stroie tra preferite,seguite e quant'altro. Davvero,non so come esprimere la mia gratitudine. 
Ci sentiamo al prossimo capitolo,ciauuu

Melime



 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Era passata solamente una settimana da quando Mark aveva iniziato ad accompagnare Mika ovunque ed ad assicurarsi che stesse bene. Era felice, finalmente poteva passare un po' di tempo in più con il ricciolino senza dover preoccuparsi di niente. Purtroppo però si era completamente dimenticato della sua ragazza Jessie.
Tutti gli studenti del liceo avevano notato che ultimamente era molto nervosa,più volte aveva zittito le sue amiche quando parlavano dei loro ragazzi.
"Zitte,voi non ne sapete nulla dell'amore!" quasi gridò. Le sue amiche la guardarono spaventata e lei subito si ricompose. "Scherzavo." una risatina isterica.
Tra le varie persone che si erano fermate e a fissarla,scorse una ragazza dai capelli ricci e neri. Il suo viso non gli era nuovo.
"Cosa guardi tu?" acquistò il suo solito tono da superiore e l'aria di  indifferenza.
La ragazza sorrise divertita. "Guardo una ragazza che non sa cos'è l'amore." Girò i tacchi e Jessie non la vide più,ma aveva avuto una gran voglia di inseguirla e urlarle contro. Come si permetteva una come lei di rivolgersi così al capo delle cheerleader?
Lei l'amore lo conosceva, e si chiamava Mark.
Ma presto avrebbe dovuto allontanarlo da quello spilungone del secondo classificato. Tra meno di due settimane ci sarebbe stato il ballo della scuola e lei e il suo ragazzo dovevano assolutamente essere Re e Reginetta.
Lasciò il gruppetto di cheerleader e camminò per i corridoi accompagnata da Marley,una sua vecchia amica. Voleva trovarlo, voleva dimostrare che quella stupida ragazzina si sbagliava. Mark l'amava,punto.
"Jess,non devi allarmarti così tanto. Sembra che poi lei abbia ragione" disse Marley afferrandola per un braccio in un corridoio. Stava iniziando ad camminare troppo veloce e non riusciva a starle dietro. "Vedrai che sarà lui a chiedertelo davanti a tutti." le sussurrò.
Lei sorrise,aveva ragione. "Okay"
"Vieni,andiamo a mensa" Marley la prese sottobraccio e si avviarono,sotto gli sguardi dei ragazzi. Qualcuno le fischiò,ma tutto quello che fece Jessie fu sorridere.
No,lei l'amore lo conosceva bene.
 
 
Come d'abitudine,Karen aspettava Mark e Mika all'ingresso della mensa,così Michael sarebbe stato al sicuro e il moro sarebbe andato a pranzare con i suoi amici.
Era appoggiata al muretto vicino alla porta d'ingresso della mensa,mentre controllava i suoi social network preferiti dal telefono.
"Hey, Karen" una voce familiare attirò l'attenzione della ragazza che alzò lo sguardo dal telefono.
"James.." esclamò lei contenta,cercando però di non arrossire troppo.
" Questa sera sei libera?" Oh,no non lo era. Aveva promesso al suo migliore amico di rispondere ai commenti su MySpace. Fece una smorfia dispiaciuta.
"Veramente non posso,scusami" il volto di James si intristì un po'. "Possiamo fare Giovedì?" continuò.
"Certo!Grande"  si riprese in un attimo,salutò Karen con un bacio sulla guancia e scomparse nella folla nella mensa. Lei sorpresa, si accarezzò la guancia.


È successo davvero?
Seguì con lo sguardo il ragazzo, cercando di intravederlo tra la massa,ma si era volatilizzato. Come se non bastasse,un gruppetto di ragazzi si era appostato poco lontano da lei e stavano aspettando l’arrivo di Jessie e un’altra superpopolare, Marley per gridare alle loro spalle complimenti non molto puri.
Karen sbuffò,a volte i ragazzi erano proprio degli animali.
“Eccoci,scusa il ritardo!” l’unico ragazzo che era così dolce da salutarla con un abbraccio,le diede un bacio sulla guancia sinistra.
“Naa,ti scuso solo se mi compri le patatine e la torta”
“Puoi scegliere solo uno dei due”
“Perché altrimenti ingrasso?”
“No,perché l’altro me lo mangio io” una risatina distrasse i due amici. Mark.
“Grazie per averlo accompagnato, ora questa piccola peste me la prendo io” disse lei ignorando palesemente la linguaccia che il suo migliore amico gli stava facendo.
“Tranquilla,passo a riprendermelo dopo. Oggi abbiamo lezione,ma…”
“…devo tornare alle sei,tranquillo Mark.” Lo interruppe Michael,chissà quante volte glielo aveva detto. Il moro gli sorrise divertito. “A dopo,allora”
Mark entrò nella mensa proprio quando Jessie e la sua amica Margaret stavano facendo la loro gloriosa entrata accompagnata da elogi come “Hey,quella minigonna te la togli tu o ci penso io?” “Ti va di giocare a calcio con le tue bocce?”.
Insomma,gentiluomini.
Mark storse il naso a tutti quei commenti,ma sembrava che a Jessie non dispiacessero. Le lanciò un’occhiata piuttosto delusa,era capitato già in precedenza,ma questa volta stavano esagerando e lei non stava facendo nulla per fermarli.
Non che a lui importasse,per lui quella ragazza era solo un ostacolo. Ma l’idea che si lasciasse trattare così non gli andava giù.
“Jessie,ma cosa fai?” le disse una vota presa in disparte. L’aveva trascinata fuori dalla mensa poco prima dell’appuntamento con il ricciolino. Voleva parlarle e togliersi questo peso dallo stomaco.
“Cosa faccio?” rispose lei con fare innocente. Tipico.
“Non hai l’uniforme,solo una minigonna che lascia poco all’immaginazione”
“Sei geloso?” felicità nella sua voce.
“No,deluso. Non hai bisogno di quelle attenzioni,dovresti saperlo.” La guardò negli occhi con lo sguardo più duro che  potesse mai avere,così tanto che dei brividi percorsero il corpo poco coperto della ragazza.
“Mark.” Lui stava per andarsene ma lei lo prese per un polso,facendolo girare. “Dimmi,Jess”
“Il ballo è tra due settimane…” non voleva che a mettere quel discorso in mezzo fosse lei,però non aveva altra scelta. L’aveva fatto arrabbiare e doveva farsi perdonare in qualche modo, e il migliore che lei conosceva era farsi bella per lui e far vedere agli altri che loro erano la coppia più bella del mondo. Pensava che dopotutto,anche a lui avesse fatto piacere mettersi un po’ in mostra; sapeva che anche i ragazzi erano così,ne aveva la prova ogni volta che passava vicino allo spogliatoio dei ragazzi: lasciavano sempre la porta aperta e si facevano trovare a torso nudo,anche a Gennaio. A loro non importava molto,il loro scopo era far abboccare una ragazza abbastanza carina con cui uscire quel weekend.
Ma Mark non era così,Jess lo sapeva.
“In realtà non ho tanta voglia”  disse lui apatico.
“Pensaci,per favore. È il nostro ultimo anno,dovremmo godercelo””
“Ci sarà il ballo di fine anno,non moriamo se non ci andiamo”
“Ma ci sarà tutta la scuola!”
“E allora?”
“Allora,se ti vuoi permettere di girare con quello lì per i corridoi,senza ricevere fastidi,devi essere popolare. E i tipi popolari vanno al ballo” Mark in quel momento pensò di odiarla.
“D’accordo,ci andiamo.”
Jessie lasciò la presa sul suo polso e lo vide allontanare. Era felice della sua vittoria ma non si aspettava che l’avrebbe ottenuta in quel modo. Era stato così…facile. 
Non rimase altro tempo dietro l’angolo dove il suo ragazzo l’aveva portata per chiacchierare,così tornò in mensa dalla sua amica Marley.


 

"Secondo me quella è una sgualdrina"
"Mh,e perché?"
"Perché sta vicino a James e gli sta parlando"
"Mh,e come si chiama?"
"Senti ma io non posso indovinare tutto"
"Sì,Karen, tu sì che si un'indovina" sbuffando,si portò una patatina tra le labbra.
Karen era sempre stata così,era gelosa delle persone a cui voleva bene. Anche con il suo migliore amico,ogni volta che qualcuno che non le piaceva gli si avvicinava,lei lo scacciava via.  Con Mark, Mika non sapeva ancora perché,non aveva fatto nulla.
Non aveva mai espresso un parere positivo su di lui prima che Michael le confessasse che gli piacesse,ma non aveva nemmeno detto qualcosa di brutto. Forse stava solo studiando la situazione,Karen era una ragazza intelligente.
“Allora,oggi?Rispondiamo ai commenti?” disse poi girandosi facendo fare una mezza giravolta ai suoi ricci corvini.
“Oh,certo. Ma non si usano parolacce,lo sai,no?”
“Oh,andiamo,avevamo un accordo!”
“Non posso iniziare la mia carriera se insulto le persone che commentano”
“Se lo fai in modo artistico,sì”
“…..Karen”
“La tua opinione mi ha colpito come ha fatto tua madre quand…”
“Karen!” urlò. Era senza speranze,quella ragazza.
La adorava.
Nessuno sembrò fare molto caso all’urlo del ragazzo,erano tutti troppo impegnati a spettegolare sul perché Jessie e Mark erano scappati via da soli all’improvviso. “È naturale..” iniziò una ragazza brunetta seduta al tavolo vicino a quello dei due migliori amici “Mark aveva voglia di sbatterla!” disse iniziando a ridere.
Evidentemente non sapevano quello che dicevano,erano ragazzine del primo anno a cui piaceva parlare di sesso,ma solo per farsi notare,in realtà non conoscevano nulla.
Purtroppo però,questo Michael non lo sapeva,e non aveva potuto fare a meno di incupirsi,ascoltandole.
Era una cosa legittima,erano giovani e fidanzati. Era normale,non contro natura.
Già...contronatura. Che abbia davvero scritto lui quel biglietto? No,non avrebbe senso. Non lo avrebbe protetto in quel modo e non avrebbe insistito così tanto per sapere gli era successo. Forse però,si sbagliava…
“Mika” la sua migliore amica lo chiamò quasi sottovoce. Si era lasciato trascinare da quel commentino stupido,che ingenuo.
“Dimmi” lei gli sussurrò qualcosa all’orecchio. “Anche Jessie è una sgualdrina”
 
 
La lezione di quel pomeriggio,fu come tutte le altre: piena di sguardi non colti,di abbracci mancati e sentimenti repressi. Quel pomeriggio,però Mika tornò particolarmente stanco a casa,dopo quel commento di quella ragazza non era riuscito a togliersi dalla mente l’immagine di Mark e Jessie insieme,uniti in un solo corpo.
Aveva voglia di affogare il suo viso in un cuscino e far scendere le sue lacrime,ma tra poco sarebbe arrivata Karen e non voleva che lo vedesse in quello stato. Si sarebbe scatenato un pandemonio e probabilmente il giorno dopo sarebbe finito sulla copertina del giornalino. Ma non come probabile ragazzo gay,ma come indagato complice di un omicidio.
Sorrise a quell’immagine e pian piano,si calmò. Aveva ancora gli occhi gonfi ma in mezz’ora sarebbero tornati normali,almeno così sperava.
Rimase ancora un po'  così,steso sul letto senza fare nulla,ignorando il cellulare che continuava a vibrare mostrando le notifiche dei commenti che continuavano a salire,ma  Michael non ci faceva tanto caso. Se ne sarebbe occupato più tardi. Ora,voleva godersi il lusso del mostrarsi triste,quella sera era solo a casa.
Da quando sua madre aveva visto quella medicazione sul suo braccio gli aveva dato particolari attenzioni. Anche suo padre era stato avvisato,ogni volta che lo vedeva imbronciato iniziava a fargli delle domande,ma capitava molto raramente.
Questo perché Mark lo stava difendendo sempre,da grande amico qual era.
Già,amico.
Per questo quando suo padre Michael gli domandava: " Hey,cos'hai?" lui rispondeva facendo spallucce e dicendo "Niente,non ho proprio  niente" lui aveva già capito. Problemi di cuore,pensava.  Ma in effetti il riccioluto non aveva detto nulla di falso,lui non sentiva proprio nulla,come un vuoto.
Il suono del campanello lo distrasse da quei pensieri così bui. Doveva essere Karen,pensò il ragazzo e sbuffando un po' si alzò dal letto per aprirle la porta.
Lei era lì,con una delle felpe più grandi di lei e in mano una bustina.
"Dopo la scaldiamo e facciamo una bella cioccolata calda!" disse sorridente salutandolo.
"Ma abbiamo la pizza!"
"Embè? Mangeremo entrambe le cose. Piuttosto,hai già iniziato a leggere i commenti o stai ancora ripensando ad oggi?"  iniziò a parlare precedendolo e avviandosi verso la cucina lasciandolo il suo amico dietro.
"Karen.ma che cazzo!" imprecò facendola ridere e raggiungendola in cucina.
"Mika,non pensarci. E poi te l'ho detto.." disse girandosi per posare la cioccolata nel mobile della dispensa. "Jessie è una sgualdrina" si voltò verso di lui.
"Già,hai ragione.." quasi sussurrò.
La vitalità della sua amica tuttavia lo portò a ridere e scherzare come al solito,e poco dopo presero alla mano i computer,pronti a rispondere a tutti i commenti di Relax. Erano più di mille ed erano super entusiasti di iniziare a rispondere a tutti i commenti.
Misero sottofondo musicale,Michael Jackson e in breve il rumore delle dita che premevano contro i tasti della tastiera si mischiò con le canzoni del re del pop.
Leggevano in silenzio e rispondevano da sé,poi quando incontravo critiche o commenti interessanti li leggevano a voce alta e rispondevano insieme.
Passarono venti minuti fin quando Mika non si fermò,quasi immobilizzato.
"Hey,che hai?E' perché hai fame e vuoi la pizza? Se vuoi posso richiamare.."
"Karen,tu e questa pizza,dannazione!"
"Hey!Attento a te!"
"Guarda qui!" disse girando il suo portatile verso l'amica.
"Oh cazzo"
Era il messaggio di una casa discografica.

 

Saaaaaaaaaalve!

Lo so che sono scomparsa un'altra volta ma vi chiedo di perdonarmi. Tuttavia,spero che vi sia piaciuto e che non mi vorreste uccidere per il finale perché sì,so quello che mi merito...
Ma io vi adoro tantissimo! Voi,lo sapete..eheh! 
In ogni caso,come sempre vi ringrazio. Lasciate sempre tante belle recensioni e seguite tutti i capitoli. Grazie,grazie grazie! 
Vi lascio con un caldo abbraccio e i migliori auguri per un bel weekend. 

Melime

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


“Leggilo, ora”
 “Ho paura”
 “Va bene, lo leggo io”
“No, no ci penso io”
“Va bene, allora leggilo”
 “Ho paura”
“Va bene. Gentile signor Penniman..”
“No, no Karen! Leggo io”
“Ti decidi? Non fare la barbie isterica”
“Okay, allora” il ragazzo tirò un sospiro, sistemò il computer che aveva sulle gambe incrociate e iniziò a leggere il breve messaggio che avrebbe cambiato la sua vita.

Gentile signor Penniman,
Più volte ci è stata segnalata la sua performance online del il suo inedito, “Relax”. La troviamo molto orecchiabile e interessante, pensiamo che lei possa lavorare in questo campo. Vorremmo offrirle l’opportunità di lavorare con noi…
 
“Cazzo, sono la migliore amica del prossimo re del pop”
“Ma smettila...” riprese a leggere.
 
E magari in futuro, di pubblicare qualche disco.  Vorremmo quindi proporle un colloquio per conoscerla meglio e per mostrarle il programma che abbiamo in mente per lei. La data è il 5 Aprile, alle 18:00 presso la nostra sede a Londra. Aspettiamo una sua risposta per confermare l’appuntamento.
Cordiali saluti

 
Mika scandì le ultime sillabe di ‘saluti’ con una voce a dir poco acuta. Se le sue gambe non avessero tremato in quel momento, probabilmente si sarebbe messo a saltellare per tutta la casa.  Al posto suo, però ci pensò la sua migliore amica festeggiando a gran voce.
“Domani a scuola ci presentiamo con gli occhiali da sole, fanno tanto vip” aveva iniziato a dire cose del genere mentre faceva finta di essere già famosa, prendendo una sciarpa piuttosto lunga di Michael e mettendosela addosso come avrebbe fatto una vera diva.
“Niente autografi per favore, sono stanca. Sì, ciao sono la regista, il mio stipendio di un mese è uguale al tuo annuale. Visto prof? Ancora convinta di quell’insufficienza di matematica?” non riusciva a stare zitta, saltellava ovunque. Al contrario del suo amico, che era rimasto ancora seduto, rileggendo quel messaggio.
“Aspetta che lo sa mia madre” disse la ragazza riportandolo alla vita reale. La trovò in piedi sul divano con i suoi calzini a strisce colorate in mostra, che provava degli occhiali da sole molto grandi, probabilmente di Paloma e la sua sciarpa rossa attorno al collo, decisamente lunga per lei.
“Karen” disse lui con voce ferma. “
“Sì? Un autografo anche tu? Ma certo ciccino, come ti chiami?”
“Karen” la richiamò quasi serio.
“Mika” rispose lei togliendosi gli occhiali e scendendo dal divano,avvicinandosi al suo amico.
“Una casa discografica,ti rendi conto?” un sorriso illuminante si fece spazio sul suo viso.
“Noo” disse lei ironica, alludendo alla sua scenetta fatta poco prima.
“Oh” sorrise, ancora una volta. “Chissà come reagirebbe Mark se lo sapesse”
“Beh, perché non lo scopri? ”
“E come? Lo chiamo così, all’improvviso?”
“Direi di sì. Sono convinta che sarà molto contento anche lui” Michael spostò lo sguardo sulla sua amica.
“Ne sei sicura?”
“Oh, ci puoi scommettere sui miei autografi, ciccino” disse lei rimettendosi gli occhiali e rientrando nel ruolo della diva, facendo ridere il suo amico. A Mika, questa situazione sembrava assurda, tutto quello che aveva passato gli era stato ricompensato con un messaggio su MySpace in cinque minuti.
Ma a volte la vita è proprio strana, ti mette i bastoni tra le ruote in continuazione, vorresti urlare e cercare di liberarti, ma non funziona mai come vorresti. Eppure poi, ti ritrovi con delle ricompense durante il tuo cammino, ricompense che non ti saresti mai aspettato e che ti mettono solo voglia di sorridere e andare avanti. All’improvviso non importa più quanto siano difficili le prove a cui vieni sottoposto, o chi siano le persone che vorresti tanto evitare. Conti solamente tu e la tua meta.
Era questo quello che Michael si ripeteva mentre sotto lo sguardo della sua migliore amica componeva il numero di telefono di Mark. Non aveva paura, anzi. Era felice, probabilmente aveva già dimenticato il suo cuscino forse ancora umido di lacrime. Non gli importava, perché ormai non era più lontano dal suo sogno.


 
 
 
Mark stava scegliendo una scusa credibile per rimanere a casa quel venerdì sera, non aveva la minima voglia di andare a ballare in discoteca ma voleva passare la serata a fare una maratona di film con sua madre.  Sì, sarebbe sembrato assurdo da raccontare, nessun ragazzo di quasi diciotto anni spendeva mezz’ora nel cercare una scusa da dire alla sua ragazza perché voleva restare a casa a vedere film con la madre invece che andare in discoteca. Ma orami era chiaro, Mark non era come tutti gli altri.
Probabilmente se non ci fosse stata sua madre, sarebbe uscito per andare al gay bar che frequentava di nascosto. Da mesi ormai non ci andava più, perché si era preso una cotta per un ragazzo che poco tempo prima considerava uno sfigato. Gli faceva sempre ridere l’idea che se non avesse scritto quel bigliettino per chiedergli una mano con la letteratura, probabilmente non si sarebbe trovato a farsi tanti problemi e a cercare di reprimere i suoi sentimenti. 
Dopotutto, lui non ne aveva mai provati di così forti, perché Mika era il primo vero ragazzo di cui Mark si stava innamorando.
Sorrise tra sé e sé, aveva quasi dimenticato quello che stava facendo, ormai aveva iniziato a disegnare il suo viso sul block notes che aveva sulle ginocchia. Lo aveva preso per fare una lista delle scuse più plausibili da dire a Jess, ma ormai se n’era dimenticato.
“Oh tesoro, hai ripreso a disegnare!” esultò la voce di sua madre alle sue spalle. Era arrivata da pochi minuti e non l’aveva sentita, a volte quando entrava nel suo giro di pensieri, Mark non sentiva più nulla.
“Già..” le rispose lui quasi scettico. Una volta riportato sulla Terra si era effettivamente reso conto di quello che stava facendo. Fin da quando era bambino disegnava, ma al secondo anno di liceo aveva smesso perché una cheerleader continuava a chiedergli di uscire e di essere il suo ragazzo. Lui lo faceva seppure si sentiva sporco e solo, ma non poteva chiedere consiglio a nessuno e non voleva che lei diventasse triste per causa sua, così acconsentiva ogni sua richiesta. Con il passare del tempo però, Mark perse la voglia di disegnare anche se non sapeva il perché.
“ Questa sera esci?” Margaret si sedette accanto al figlio sul divano, spostando la coperta che aveva poggiato sulle ginocchia.
“ In realtà no, pensavo di rimanere qui con te a vedere dei film, che ne dici?”
“ Dico che vado ad ordinare la cena. Pizza o hamburger?”
“ Pizza!” esclamò lui contento e abbracciando la madre. Lei ricambiò affettuosa, finché non dovette allontanarsi per chiamare la pizzeria. “Non dimenticarti di avvisare i tuoi amici
Oh, giusto. Se ne era completamente dimenticato.
Si alzò di malavoglia per prendere il suo cellulare in camera sua, ma mentre saliva le scale sentì una suoneria particolare che partiva dal suo cellulare.
Relax.
Michael lo stava telefonando. Improvvisamente, la pigrizia che Mark aveva accumulato sul divano si era trasformata in voglia di correre verso il suo cellulare. Scivolò sull’ultimo gradino ma si alzò in fretta per poi dirigersi in camera sua.
Cercò con lo sguardo il suo cellulare, trovandolo sulla sua scrivania.
“Pronto?” disse speranzoso, forse aveva attaccato.
“Mark!” quel giorno la fortuna era dalla sua parte probabilmente.
“Michael!”
“Devo dirti una cosa, assolutamente!”
“Dimmi!” un mix di felicità e ansia si appollaiò sul suo stomaco.
“Una casa discografica mi ha appena contattato per offrirmi un lavoro” esclamò lui tutto d’un fiato, lasciando Mark senza parole.  “So che a te non importa…”
“Ma è fantastico!”
“Cosa?”
“ È fantastico, un messaggio da una casa discografica! ” aveva un sorriso brillante, uno di quelli che faceva sciogliere il cuore delle ragazzine e che lo avevano portato ad essere popolare.
“Il colloquio è il cinque aprile, sono emozionatissimo..”
“Posso accompagnarti, se vuoi!” ecco, in risposte come queste, non poteva controllarsi. Le diceva tutto d’un fiato seppure dopo aveva voglia di mordersi la lingua.
“Mi farebbe piacere!” dall’altro capo del telefono, Mark poté giurare di aver sentito una voce femminile gridare “Evviva, finalmente!” ma non gli importò più di tanto. Si soffermò ad ascoltare la risata di Michael. Anche al telefono la trovava bellissima.
 
 
 
 “Dov’eri ieri?”
“A casa”
“Cazzate. Non mi hai nemmeno chiamato”
“L’ho fatto, ma non mi hai risposto”
“Perché ero già andata in discoteca”
“Ecco, non fa differenza visto che non mi hai aspettato comunque”
“Ma cosa c’entra! Ti ho aspettato per un’ora!”
“Falla finita, Jess. Lo so benissimo che ieri non sei rimasta da sola!” urlò di punto in bianco, un ragazzo stanco, bello e popolare, Mark. Stava discutendo con la sua ragazza, Jessie, la capo cheerleader nonché la più popolare della scuola. Erano nel bel mezzo della mensa, a guardarli c’era tutta la scuola.
Anche Michael.
Sì, Michael. Un ragazzo loro coetaneo che si era innamorato di Mark e che sotto sotto, provava una sorta di gioia nel vedere quei due litigare. Aveva sempre odiato vederli insieme, sentiva sempre un dolore al petto che tal volte non gli permetteva di respirare, avrebbe voluto solo piangere. E così faceva, quando però nessuno guardava.
Sorrideva in quel momento, anche se stava lottando con tutto sé stesso per non mostrarlo, ma la sua migliore amica Karen se n’era già accorta.
“Questi si lasciano” gli sussurrò all’orecchio causando solamente un sorriso più luminoso sul viso del ragazzo.
Purtroppo però, Karen non aveva ragione. Jessie, aveva capito come le cose sarebbero andate a finire e non poteva permettersi di essere lasciata dal suo ragazzo davanti tutta la scuola, così usò il suo asso nella manica, quello che funzionava sempre. Iniziò a piangere.
“Tu non capisci, Mark. Io mi sentivo così sola e tu eri così lontano…” singhiozzò. Era una vera stronza, ma sapeva recitare. Tutti i presenti in quel momento provavano compassione per la ragazza che, povera e indifesa, stava cercando il perdono di Mark. Ma lui aveva capito che recitava e aveva una gran voglia di sbarazzarsene e per una volta e per tutte di lasciarla.
Dall’altro lato della sala però, Michael si spaventò. Il suo sorriso si spense, aveva capito già come sarebbe andata a finire.
“Dai,non puoi lasciarla così!”
“Lei ti ama coglione!”
“Jessie è una brava ragazza, non la lasciare!”

Si alzarono dei cori da alcune parti della mensa, era quello che Mark temeva. In quel momento la odiò davvero tanto, avrebbe voluto andarsene ma sapeva quanto gli avrebbe reso la vita difficile a scuola. Rimase così, immobile.
Così, lei ne approfittò per  avvicinarsi e abbracciarlo, anche se lui non ricambiò. Tuttavia, agli spettatori andò bene così visto che si levarono altri cori d’approvazione e Jess smise di piangere.
In quel momento però, quello che voleva piangere era Mark, quando vide Michael uscire di fretta dalla mensa e la sua migliore amica Karen che lo seguiva correndo.
 
 
 
 
 
Michael non aveva la minima voglia di andare a lezione da Mark quel giorno, vedere quella scena a mensa lo aveva distrutto. Il giorno prima era così contento di sapere che lo avrebbe accompagnato al colloquio e quello dopo sarebbe voluto tornare a sparire. Ma glielo aveva promesso, il giorno dopo avevano un compito in classe e lui non poteva abbandonarlo così, di punto in bianco. Ma non rinunciò a lasciare che le lacrime bagnassero il suo viso, era stanco di trattenerle di continuo e nasconderle agli altri. Non era riuscito, la sera precedente a sfogarsi del tutto, ma sicuramente quel giorno era il giorno giusto per farlo.
Non andò al parcheggio, né in bagno, aveva una meta precisa sebbene lontana dalla mensa. La sua migliore amica gli stava dietro e cercava di raggiungerlo, sperando che da un momento all’altro si fermassero.
Salirono scale, attraversarono corridoi e poi, Michael aprì una porta.
“Mika!” urlò Karen aprendo anche lei la porta una volta raggiunta, ma l’aria gelida le riempì la bocca, così da farla tossire. Erano sul tetto.
Il suo migliore amico non rispose, ma lei sentiva i suoi singhiozzi, non avevano niente a che vedere con quelli di Jessie, i suoi erano di pura tristezza e angoscia.
“Mika…” disse con tono molto più dolce quando lo vide rannicchiato su delle scale, le mani sul viso e le guance rosse.
Non voleva parlare, questo lei lo sapeva benissimo. Così, semplicemente gli si sedette accanto e lo cullò. Era in silenzio anche lei, sapeva che non c’era bisogno di parole in quel momento. Quando un cuore si spezza, tutto quello di cui ha bisogno è affetto e conforto, le parole non servono a nulla, probabilmente sono state proprio loro a spezzarlo del tutto.
Michel si sentiva ingenuo, come se l’amore si stesse prendendo gioco di lui, l’aria fredda di Marzo la sentiva anche nel suo cuore. Neppure il caldo abbraccio di Karen, riusciva a riscaldarlo. Rimasero almeno venti minuti in quella situazione, Mika non aveva ancora smesso di piangere, ma dovette farlo quando una persona si piazzò di fronte a loro.
Mark.
“Ti stavo aspettando nel parcheggio…” iniziò lui imbarazzato. “Prima di andare a lezione volevo parlarti” era dispiaciuto e aveva il fiatone, forse aveva corso, ma al ricciolino non importava più un granché.
“Sì, beh ma evidentemente non è nelle condizioni di poterlo fare” la sua migliore amica rispose per lui, aveva ancora le mani poggiate sul viso per nascondere i suoi occhi che nel frattempo si erano arrossati e gonfiati.
“Mika, possiamo parlare? Da soli?” ripeté lui, ignorando completamente la ragazza e chiedendole indirettamente di andarsene. Lei si arrabbiò di brutto, stava per rispondergli ma il suo migliore amico le strinse il posto.
“Non preoccuparti, voglio ascoltarlo” le disse volgendole lo sguardo più implorante che poté, sapeva che lei non era d’accordo ma non lo contraddisse.
“Va bene” disse alzandosi e salutando il suo migliore amico con un bacio sulla guancia. “A dopo.”
I due aspettarono che Karen fosse abbastanza lontana prima di iniziare a parlare, Mark sentiva la tensione addosso e aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere da lì a poco. Aprì la bocca per iniziare a parlare, guadagnandosi così lo sguardo attento del ricciolino nei suoi occhi.
“Sapevo che ti avrei trovato qui” disse quasi imbranato, come se fosse la prima volta che parlavano.
“Sapevo che mi avresti trovato qui” continuò lui, stando al gioco.
“Ti ho visto scappare dalla mensa” continuò, allora.
“Avevo bisogno di schiarirmi le idee” mentì lui.
“Piangendo?”
“Mi sono sfogato” fece spallucce. “Ma tu cosa volevi dirmi?”
Mark tirò un sospiro e si sedette vicino al ricciolino.
“Volevo parlarti… di una piccola cosa che..”
“…non posso sapere? Per favore, Mark, non sono in vena di giochetti”
“No, Michael” era la prima volte che lo chiamava così. “Questa è una piccola cosa, che devi sapere” il modo in cui pronunciò ‘piccola’ e ‘devi’ portò lo sguardo color cioccolato dentro i pozzi blu, ancora una volta.
“Mark, cosa intendi dire?”
Basta parole, il moro non ne poteva più. Prese tra le mani il viso del ricciolino e finalmente, lo baciò. Aveva le labbra più morbide di sempre, sapevano di cioccolato. Forse, le migliori di sempre.
Michael rimase piacevolmente sorpreso e solo pochi secondi dopo realizzò quello che era successo e commosso, ricambiò il gesto tanto atteso, sorprendendo anche l’altro.
Mark passò una mano tra i candidi capelli del moro e lo attirò ancora un po’ a sé. Mika credette di essere in un sogno, si dimenticò completamente tutto. Non riusciva a credere a quello che stava succedendo, il suo cuore sembrava rianimato e batteva così forte che quasi faceva male. Erano così vicini e avvinghiati che riusciva a sentire il cuore del moro, batteva anch’esso forte. 
Era la cosa più bella del mondo, per questo quando si staccarono per prendere aria, il ricciolino si rattristò lievemente, ma rimase abbracciato al moro.
“Wow” disse. “Se sono queste le piccole cose che devo sapere, per favore, dimmene altre” continuò facendo ridere anche Mark.
E continuarono così, con i loro sentimenti finalmente liberi, a baciarsi. Cosa importava ora?



Saaaaaaalve!
Lo so che mi amate,lo so. Anche se pensate che adesso farò andare tutto rose e fiori, eheh..... mi dispiace tanto,lo dico da ora. Non vi anticipo nulla (non so se quello che ho detto or ora possa essere considerato uno spoiler...) 
In ogni caso io vi amo tantissimo! 
Grazie mille per le visite,recensioni storia tra le preferite,seguite,sotto il divano.....grazie! 
Ci rincontreremo al prossimo capitolo e no,non ci metterò molto! 
Baci 
Melime

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Baci, abbracci, carezze. Carezze, baci, abbracci.
Stava andando avanti così da ore, da quando quei due avevano raggiunto il divano del salotto di casa Jones. Le borse ricolme di libri erano poggiate sulla scrivania della cucina, dimenticate completamente da i due amanti.
Sì, finalmente si potevano definire tali. Amanti.
A entrambi sembrava un regalo di Natale arrivato con un po’ di anticipo, ma lo avevano accettato senza aver fatto troppe cerimonie. Dopotutto, sarebbe stato stupido non farlo.
Michael, tra un bacio e l’altro, aveva iniziato a sorridere e ancora non riusciva a credere a quello che stava accadendo. Mark era proprio lì, che lo abbracciava e lo baciava sussurrandogli frasi.
“Sei bellissimo” gli soffiò sulle labbra. La risposta, anche se debole, non tardò ad arrivare. “Anche tu.”
E così, passarono due ore. Si dovettero fermare solo al suono del campanello della porta: era arrivata Margaret. In cinque minuti aprirono tutti i libri che avevano in borsa e fecero finta di essere stanchi dopo ore di studio. Anche se a stento riuscivano a mantenere le risate e avevano ancora le guance arrossate, Margaret non si accorse di nulla.
“Come vanno gli studi?” chiese una volta arrivata in cucina.
“Benone, sai mi piace proprio la storia di questi due… ehm.. Romeo e Paoletta” improvvisò Mark.
“La storia di chi?”
“Romeo e Giulietta, a lui piace proprio scherzare, eh sì” si intromise Mika.
“Ah, sì giusto!”
“Beh, allora io vado in camera” annunciò ormai esausta per poi avviarsi verso camera sua. “Ti fermi a cena, Michael?” disse poi voltandosi verso i due ragazzi.
Mark lo guardò con aria implorante, come poteva dire di no a quegli occhi così belli? “Oh, mi piacerebbe, grazie mille.”
E così, fino all’ora di cena studiarono. O almeno ci provarono, dato che ogni volta che i loro sguardi si incrociavano entrambi sorridevano e un nuovo bacio scattava. Ma almeno, alla fine Mark era riuscito a fare un discorso lineare sulla vita e le opere di Shakespeare, forse sarebbe riuscito davvero a recuperare tutto. E lo doveva tutto a quel ragazzo che gli stava di fronte, era lui che lo aveva trascinato lontano dai gay bar, lontano dalla discoteca e gli aveva ricordato che cosa significava amare una persona.
“Grazie, Michael” disse così, mentre lo guardava rimettere i libri in borsa.
“Ma figurati, dopotutto non era molta roba da recuperare e Romeo e Giulietta poi non sono tanto…”
“Non mi riferivo a questo!”
“E a cosa? Ah sì, beh anch’io dovrei ringraziarti allora!”
“Non quanto io devo farlo con te!” Mika rise.
Ci fu un attimo di silenzio tra loro, si guardarono e si baciarono ancora un’altra volta, in un modo dolce e leggero. Poi, si presero per mano e salirono verso la camera di Mark.
Era ordinatissima, come sempre d’altronde. Ma non badarono molto a com’era la stanza, si focalizzarono principalmente sul morbido, comodo letto.
E ripresero la sequenza che avevano lasciato poco prima sul divano.
Baci, carezze, abbracci.
Si fermarono solo alla suoneria del cellulare di Mark, era Jessie. Lui non rispose, ma Michael fece una smorfia contrariato.
“Cosa c’è?” chiese il moro premuroso, accarezzandogli la guancia.
“Lei…io… è una racchia”
“Siamo d’accordo, come sempre” rise amaro.
“Allora lasciala!”
“Non posso, dobbiamo mantenere il segreto”
“Perché? Hai paura?”
“No, voglio proteggerti”
“A me non frega niente” si fece serio, se ripensava alla falsa che li aspettava gli veniva da piangere.
“Ti sei già dimenticato la fasciatura sulla tua spalla?”
“Mh” Ah, già, Mark lo aveva visto senza maglietta. Arrossì all’improvviso.
“Immagina cosa accadrà se scoprono che stiamo insieme” Michael guardò dritto nei suoi occhi, erano malinconici.
“Io quella la odio”
“Siamo d’accordo anche su questo” gli accarezzò il viso e lo baciò ancora, questa volta più piano.



 
C’era una regola che doveva sempre essere rispettata da tutte le cheerleader: non parlare mai di Mark Jones se non per dire quanto stesse bene insieme alla sua ragazza.
O almeno solo quando Jessie era nelle vicinanze, perché era stranamente convinta che il suo ragazzo avesse occhi solo per lei. Questo in effetti, era vero, ma solo perché Mark non guardava le ragazze perché era interessato a guardare altro.
Tuttavia non importava, nessuno se n’era mai accorto, specialmente la diretta interessata.
Anche perché, la diretta interessata, in assenza del suo principe azzurro, sapeva dove cercare attenzioni e trovarle.
Jack, un giocatore di football, aveva accettato la sua proposta di una pomiciata ogni tanto con la principessa della scuola. Diceva di essere contento e che apprezzava la cosa, ma in realtà aveva perso la testa per quella biondina.
Nessuno lo sapeva, chiaramente. Jessie era consapevole del fatto che se si fosse venuto a sapere avrebbe perso l’unico ragazzo su cui avrebbe mai potuto contare. Aveva già corso il rischio a mensa e l’umiliazione nelle sue vene era così tanta che si era ripromessa di non farlo ricapitare mai più.
O meglio, a non fare scoprire niente a nessuno.
“Però, la principessa oggi ha rischiato grosso”
“Sta zitto un po’, tu” lo zittì con un nuovo, languido bacio. Era forte, desiderato e per niente casto.
Jack rispose senza dover combattere troppo, cosa poteva farci se aveva perso la testa? Proprio nulla. Era felice, in quello sgabuzzino rinchiuso a baciarla come se non ci fosse un domani.
Perché stava baciando lei.
Stava baciando la principessa.
Avrebbe solo voluto che quella ‘principessa’ fosse la sua.




Karen non era in ansia per il suo migliore amico. Era qualcosa in più.
Era così preoccupata per come lo aveva lasciato sulle scale che aveva persino dimenticato che James sarebbe passato a prenderla quella sera, per uscire insieme per la prima volta a cena fuori.
Bussò alla porta alle otto di sera, come prestabilito, con un grosso mazzo di rose rosse in mano.
“Allora? Sei pronta?” la guardò con uno sguardo dolcissimo, che fece urlare internamente la ragazza.
Precisamente, come aveva fatto a dimenticarsi dell’appuntamento se teneva i giorni segnati sul calendario?
“Precisamente, non proprio…” iniziò torturandosi il labbro inferiore e facendo ridacchiare il ragazzo. Lo fece entrare in casa e lasciò che si sedesse sul divano mentre portò i fiori in cucina per metterli in un vaso.
“Ci metterò solo un minuto, devo solo mettere il vestito e andiamo, okay?” lo liquidò così per poi fiondarsi in camera sua e cercare disperatamente un vestito da mettersi. All’improvviso sembrava che tutti i milioni di vestiti che sua madre le comprava non andassero bene.
Troppo scuro, troppo chiaro, troppo corto, troppo serio, sembrava non esserci fine a quell’armadio.
“Karen, tutto okay lì dentro?” James aveva sentito i vari rumori delle grucce dov’erano appesi gli abiti che si muovevano costantemente.
“Ma certo!” urlò lei con la voce più melodiosa che poteva avere in quell’istante, anche se sembrava più che stesse sul punto di una crisi isterica.
Istintivamente, si girò verso la poltrona che aveva in camera dove c’era un vestito verde acqua che lei aveva sempre amato.
“Bingo!” esclamò contenta prendendolo tra le mani e cambiandosi alla velocità della luce.
Ringraziò mentalmente la madre che poche ore prima le aveva preparato un bagno caldo e l’aveva portata dal parrucchiere. Si truccò leggermente, prese il cappotto e corse verso James.
“Eccomi, ci ho messo molto?”
“No, però ne è valsa la pena” disse lui guardandola incantato, facendola arrossire.
“Allora? Dove si va?” si incamminarono verso la porta, lui la prese sottobraccio.
“Su una stella, signorina.” Concluse lui, facendola ridere e chiudendosi la porta alle loro spalle.



 
Mark credeva che non poteva esistere nulla più bello di Mika che si sentiva in imbarazzo.
Era iniziato tutto quando Michael aveva trovato i suoi disegni sotto il letto.
“Come mai non sapevo che disegnavi?”
“Perché avevo perso la voglia”
“E ora?”
“Ora cosa?”
“Ora ce l’hai la voglia di disegnare?”
“Beh, ecco..” lo guardò con occhi imploranti “forse sì”.
“Allora disegnami!”
“Cosa?”
“Ma sì, dai fammi un ritratto!”
“Okay, va bene”
In quel momento Mika avrebbe voluto semplicemente non dire nulla. Sentiva gli occhi di Mark che lo squadravano come non avevano mai fatto prima, per poi ritornare sul suo disegno. La mano si muoveva morbida come se sapesse già tutto quello che doveva fare, le occhiate erano solo per provare quello che aveva in mente.
Chissà quante altre volte Mark aveva già provato a fargli dei ritratti, ma adesso era diverso. Adesso gli era di fronte.
“Hai finito?” la sua voce ridotta a un sussurro.
“Ho appena iniziato, ci vuole tempo per farne uno decente” rise lui.
“Ma io non voglio aspettare tanto, mi manchi già” il tono da bambino mischiato a quello malizioso portarono Mark a una decisione.
Continuo o mi fiondo su di lui?
Oh, dannazione, avrebbe avuto tempo per i disegni. Adesso dovevano recuperare tutto l’amore nascosto.
Mise da parte i disegni e si fiondò sul suo ragazzo che ricambiò i baci contento.



Karen teneva stretta la mano di James mentre camminavano. Avevano passato una fantastica serata al ristorante, lui era stato gentilissimo.
Le aveva parlato della sua infanzia, di quanto gli piacesse il calcio e di Mark. Non lo aveva fatto mai con nessuno, ma quando parlava con lei era come un’ostrica che si apriva e lasciava intravedere la perla all’interno.
Aveva detto che sentiva lontano Mark, ma sapeva che era colpa sua, sapeva che qualcosa era cambiato. Karen ammutolì e cercò di non dirgli nulla di quello che era successo sul tetto, avrebbe voltato le spalle al suo migliore amico.
Non avevano detto una parola sui rapporti omosessuali, James aveva fatto attenzione a non toccare quell’argomento e Karen non riuscì a capire quanto omofobo fosse il ragazzo.
Non parlarono nemmeno di Michael, anche se l’occasione si era presentata.
“Ultimamente poi, Mark sta andando a lezioni dal tuo amico, credo di chiami Mike”
“Si chiama Michael, e sì, è il mio migliore amico.”
La cosa finì lì, forse perché James era ancora geloso. Ma non lo diede a vedere, si concentrò solo su Karen e nient’altro, come se tutto al di fuori fosse finto e solo lei reale.
Lasciarono che le cose andarono per il meglio, si rilassarono. Mangiarono come se fosse Natale e James insistette per offrirle la cena.
E ora, camminavano mano nella mano. Come due veri innamorati.
“Hai mai pensato a cosa vorresti fare da grande?” gli chiese di punto in bianco James. Certo, non poteva fare domanda peggiore, ma lei rispose sorridendo.
“Ho compilato il modulo per una borsa di studio a un college che si occupa di fotografia” disse tutto d’un fiato, quasi come se avesse paura di quello che avrebbe detto. Forse, l’unica ad avere paura di quella scelta, era proprio lei.
“Oh, wow. Io pensavo di fare ingegneria, credo che siano vicine le due scuole” continuò lui, pensieroso.
“Oh, sul serio?” disse lei felice. Lui la guardò intenerito.
“Cioè, volevo dire… che beello!” roteò gli occhi e ringraziò le leggeri luci soffuse del vialetto di casa sua che nascosero il suo rossore.
Tuttavia, James non resistette alla dolcezza di Karen e come se fosse un gesto meccanico, le cinse la vita con le braccia e la tirò a sé per baciarla.
Il suo primo bacio.
Davanti alla porta di casa sua, dopo essere stata accompagnata. La giornata non poteva andare meglio di così.

Peccato che si sbagliava.
Pochi minuti dopo i due si lasciarono con la promessa di risentirsi il giorno dopo a scuola. Karen entrò in casa e si sorprese di trovarla ancora vuota.
Era troppo felice per pensare al motivo per cui i suoi genitori si sarebbero potuti trattenere dai loro amici fuori, quando poi vide una lettera sul tavolo e la sua espressione cambiò radicalmente.
Era una lettera dal college, sua madre gliela aveva lasciata lì apposta.
La lesse velocemente, poi le sfuggì dalle mani e imprecò per averla letta.
Non era stata ammessa.


Saaaaalve!
Sì, lo so. Non pubblico da un sacco di tempo e vi lascio anche con un finale del genere. Natale è anche passato quindi non ho nemmeno la scusa del "hey, ma a Natale siamo tutti più buoni eh!"
Perdonatemi, lo so che sotto sotto mi volete bene, dai. 
No,eh? Vabè, meglio chiuderla qui. 
Spero che vi sia piaciuta! 
Vi mando i miei più cari auguri di buon anno, e come al solito ringrazio tutti i miei lettori! 
Grazie mille!


Melime


 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


“Pronto? Karen ma sei tu?”



Erano le undici di sera passate. Mika era ancora a casa di Mark, aveva chiamato i suoi genitori e aveva detto di non aspettarlo alzati, sarebbe tornato tardi. Purtroppo non poteva farci niente, il tempo passava veloce e rimanere sul letto abbracciato al suo moro sembrava la cosa più bella di sempre. Si decisero a scendere solamente ad ora di cena, quando Margaret li chiamò.
Lei, a dir la verità, si era accorta di tutto già prima, ma non era stato difficile.
I due continuavano a tenersi per mano sotto il tavolo e apparire normali nel mangiare, ma non era proprio comodo farlo dato che avevano una sola mano a disposizione.
Come se non bastasse, i due avevano davanti una cotoletta con le patatine.
“Mark, tesoro, ti sei sporcato il maglione di salsa” sogghignava Margaret.
“Oh, cavolo!” istintivamente, portò entrambe le mani sul maglione lasciando la mano di Michael con un po’ troppa forza attirandolo verso di sé. Il riccioluto, cadde con decisamente poca grazia, sulla sua spalla.
“Beh, ragazzi potevate avvisare, vi lasciavo soli prima” rise più forte Margaret che si alzò per togliere dal tavolo il suo piatto e sparecchiare la sua parte. In realtà Mark non aveva nessuna macchia, voleva solo una conferma alla sua teoria. Sapeva bene che quei due si piacevano e vedere suo figlio così felice non poteva che renderla felice altrettanto.
“Ci vediamo dopo, piccioncini” disse sulla soglia della porta salutandoli, era stata così veloce che nel frattempo Mika era riuscito a stento a ritornare sulla sua sedia, con le guance fumanti.
Rimasero così in silenzio per qualche secondo, finendo di mangiare la cena, questa volta con entrambe le mani. Dopo un po’ Mark iniziò a ridere.
“Certo che se iniziamo a fingere così, siamo rovinati” Michael si gira verso per guardarlo meglio, aveva ancora le guance rosse.
“Io non so se ci riuscirò” aveva un’espressione un po’ triste. Avrebbe preferito parlare di qualsiasi altra cosa in quel momento, purché saltare l’argomento ‘fingere’. Perché proteggere una persona doveva essere così complicato e doloroso?
“Ce la faremo, mi basterà non guardarti negli occhi, come sto facendo ora” i loro sguardi erano incatenati. Nessuna via di scampo.
“E perché?” deglutì.
“Perché ogni volta che li guardo è come se dimenticassi tutto, come se l’unica cosa che realmente conta è scavarci dentro”
“Oh, andiamo smettila” Mika non poteva arrossire più di così. Non riuscì più a sostenere quello sguardo, così tornò alle patatine ormai quasi finite.  
Mark si mise a ridere di rimando, era adorabile quando era imbarazzato.
“Pensiamo delle regole allora, se vuoi davvero proteggermi e sopravvivere” affermò poi il riccioluto, facendo sbuffare l’altro.
“Pensavo che la mia andasse bene”
“Se andasse bene la tua  allora ci ritroveremmo nel bidone dell’immondizia alle otto di mattina di domani!” Mark sbuffa ancora. “Okay, sentiamo”
“Se ci sono io nei paraggi, smettila di fare il finto etero e iniziare a guardare i sederi delle ragazze, non ti riesce bene”
“Oddio, ma quindi tu-”
“Non ti riesce bene” affermò con un’espressione seria.
“Okay, allora a scuola basta con le magliette bianche e aderenti” afferma Mark con la faccia da saputello.
“Cosa?! E perché?”
“Perché altrimenti sono costretto a saltarti addosso, ecco perché!” l’espressione seria con cui Mark lo disse, fece scoppiare a ridere Michael.
“Allora tu smettila con i jeans attillati, cosa vuoi fare? Un omicidio di massa?” anche l’altro iniziò a ridere.
“Vogliamo forse parlare delle tue giacche di pelle? Andiamo!”
“Ma si può sapere come devo venire a scuola? In pigiama?” 
“Saresti sexy anche con quello” afferma lui con voce maliziosa per poi iniziarlo a baciare.
Cavolo, come aveva fatto Mika a perdersi tutto questo?
“Okay, dai seriamente” soffiò il riccioluto sulle sue labbra una volta staccati. Era necessario mettere delle regole per la vita scolastica, non sarebbe stata più la stessa. Adesso nascondere i loro sentimenti sarebbe stato ancora più difficile. Si sarebbero cercati con lo sguardo, ma non si sarebbero potuti trovare. Si sarebbero voluti tenere per mano, ma li avrebbero pestati entrambi. Avrebbero voluto baciarsi, ma erano costretti a sospirare in silenzio.
“Se mi vedi nei paraggi...” iniziò debolmente, “ e tu sei con Jessie io…” si fermò.
“Cambierai strada” finì l’altro al posto suo.
Sì, sarebbe stato decisamente meglio. Era già doloroso vederli insieme e mettere a tacere la voglia di mandare a quel paese quella biondina prima che i due si trovassero. Ma ora che sapeva dei sentimenti di Mark, sarebbe stato ancora peggio.
Si guardarono un’ultima volta per poi baciarsi. Basta con le parole.


“M-Michael...”
“Karen. Dove sei?”
 
Il giorno dopo, Martedì, fu una tortura. Michael continuava a stare con Karen come al solito, ma i due cambiarono strada molto spesso dato Jessie quel giorno stava appendendo i volantini per pubblicizzarsi come reginetta del prossimo ballo. E Mark ovviamente, era costretto a seguirla e a recitare la parte del bravo fidanzato.
Karen non aveva ancora detto nulla al suo migliore amico del college, voleva farlo quando sarebbero tornati a casa insieme quel pomeriggio. Dovevano rispondere agli altri
commenti e cercare di preparare qualcosa per il colloquio con la casa discografica, dopotutto mancavano solamente due giorni. Avrebbe approfittato di un momento felice, non riusciva a dirglielo di mattina, era ancora un po’ scossa.
“Non so se lo sai, ma è piena di cellulite” sussurrò all’amico quando girarono per l’ennesima volta l’angolo per non andare incontro a Jessie. Lui rise, era sempre stata brava a farlo sorridere.
“Chissà come fanno i ragazzi ad andarci dietro” continuò lui dandole corda. Dopotutto spettegolare un po’ non faceva male a nessuno, tanto nessuno lo avrebbe saputo.
“Io credo che le vanno dietro non perché è bella, ma perché è facile, guarda un po’ lì” disse girandosi, indicando la scenetta che si erano lasciati alle spalle.
Jessie indossava la gonna super-corta divisa delle cheerleader e si stava abbassando per prendere altri volantini. Dei giocatori di football ammiravano il panorama dietro di lei, uno di loro faceva dei gesti osceni, senza preoccuparsi di essere sgamato. Dopotutto, Mark non stava guardando.
“Che tristezza” soffiò Michael tornando improvvisamente cupo, tuttavia cercò di nasconderlo. Karen non poté non notarlo.
“Com’è andata ieri? Ero preoccupatissima quando ti ho lasciato” in realtà ne voleva parlare di pomeriggio, ma non poteva più aspettare. Era tutta la mattinata che voleva chiederglielo, ma ogni volta che metteva in mezzo l’argomento o i due dovevano cambiare strada, o lui cambiava discorso.
“Karen” sospirò lui “andiamo a pranzo, ti racconto tutto lì”. Senza volerlo, lo stomaco della ragazza in quel momento brontolò miseramente, facendo ridere ancora il ragazzo.
“Senti, oggi non ho fatto colazione.” fece lei, fingendosi offesa.
La mensa era abbastanza piena, dopotutto la campanella era suonata da appena dieci minuti, per fortuna i due riuscirono ad occupare il loro tavolo per un pelo. Ma era normale dato che le cheerleader avevano organizzato una coreografia con Jessie come guida, per cercare di racimolare più voti.
Erano tutti troppo impegnati a fissare le gonnelline delle ragazze e a chiedersi quando sarebbe partita la musica per sentire la storia che Michael stava raccontando alla sua migliore amica.
“E poi… mi ha baciato” lo disse sottovoce, anche se non c’era bisogno. La ragazza aprì la bocca dalla sorpresa, non riuscì nemmeno a chiedergli altro, aspettò che fu lui a continuare. E così, il suo migliore amico continuò a raccontarle tutto, lasciandola sempre più sconvolta ma contenta, dopotutto lo sapeva che nessuno sarebbe resistito a quello schianto del suo migliore amico.
“Ma come fate con Jessie?” le venne in mente quasi subito alla fine del racconto, quella lì avrebbe rovinato tutto se lo avesse scoperto. Improvvisamente si arrabbiò con lei, era proprio un peccato che non aveva un pomodoro da lanciarle dietro.
“La evito. Solamente quando è con Mark. Per i Venerdì e Sabato sera, credo che lui debba per forza dividersi” fece un’espressione un po’ triste.
“E perché lui non l’ha lasciata?”
“Perché voleva proteggermi” disse calmo, accarezzandosi la spalla ancora fasciata.
Karen spostò la sedia portandola al suo fianco, per poi poggiare la testa sulla spalla non fasciata. Lo abbracciò e rimasero così per un po’ di tempo, fin quando non sentirono una canzone da discoteca partire all’improvviso. Entrambi si spaventarono, ma furono gli unici dato che molti ragazzi esultarono per l’entrata di dieci ragazze avvolte da abitini corti e bianchi, tranne una, il capo.
Jessie aveva un vestito rosso, con una gonnellina che non copriva più dello stretto necessario. Le ragazze ballavano in gruppo seguendo il capo, con movimenti seducenti che attiravano grida di apprezzamento tra i ragazzi. Salivano sui tavoli, andavano vicino ai giocatori di football e si divertivano.
“Che schifo” esordì Karen rivolgendosi a un paio di ragazze che stavano ‘ballando’ sui ragazzi lasciando che loro le toccassero. Da lontano, Michael scorse Mark che guardava la scena disinteressato. Poco dopo, lo vide uscire in silenzio. Non se ne accorse nessuno. Sarebbe voluto andargli incontro, ma con tutta quella folla non sarebbe stato semplice.
“Già, che schifo” ripeté anche lui, pensando all’idea di quei due insieme.
La canzone finì e le ragazze si misero al centro della mensa, aiutando il loro capo a salire su un tavolo.
“Mi raccomando, votate come reginetta Jessie Brown!” urlò con la sua vocina stridula ottenendo altre grida di incoraggiamento. Sorrise a tutti e fece per scendere dal tavolo, ma ulteriori cori incoraggiavano le ragazze a fare un bis. “Mi spiace, ma dobbiamo andare. Se volete un nuovo balletto saremmo felici di mostrarvelo una volta che mi eleggerete reginetta!” urlò un’ultima volta prima di lasciare definitivamente la mensa.


“M-mi dispiace…”
“Ti dispiace? Per cosa?”


Entrarono sfiniti a casa di Karen. Uscire dalla mensa con una mandria di giocatori che ti vengono contro per correre all’allenamento, non è semplice. Così come non era semplice andare a posare i libri e trovare un gruppo di cheerleader che stava provando in corridoio.
A volte sembrava proprio di essere in una scuola di pazzi.
Entrambi i ragazzi si stesero uno affianco all’altra sul letto di Karen, si erano dati cinque minuti di pausa prima di mettere mano ai computer.
“Mika, c’è una cosa che devi sapere” disse poi lei, era il momento più adatto. Il suo amico sembrava essersi ripreso dal loro discorso ed era ritornato bello sorridente, quasi come se si fosse dimenticato tutto. Le dispiaceva dover rompere quel momento, ma non ce la faceva più a tenerselo per sé. Quando lo avevano scoperto i suoi genitori a momenti non le urlavano contro, aveva bisogno di lui.
“Devo preoccuparmi?” esordì lui buttandola sul ridere.
“Direi di sì, è abbastanza brutta come notizia” fece lei girando lo sguardo e puntandolo sulle sue guance diventate improvvisamente interessanti.
“Cosa è successo?” si portò a sedere facendo fare la stessa cosa alla sua amica. Impuntò il suo sguardo nel suo, aspettando.  Aveva un’espressione seria, assomigliava molto a quella assunta quando parlava di Jessie e Mark.
“Io..” iniziò lei balbettando, distogliendo lo sguardo. Lui le accarezzò il braccio in segno di conforto, cercando un’altra volta quel contatto. 
“Andiamo, lo sai che mi puoi dire tutto” sorrise, voleva incoraggiarla.
“Nonsonostataammessalcollege” tirò tutto d’un fiato facendo ridere l’amico.
“Non ho capito e non capirò mai se parli con la velocità di un rapper” lei sorrise, ma appena.
“Non sono stata ammessa al college” affermò allora, seria. Puntò gli occhi in quelli del suo amico causandogli quasi un brivido. Com’era possibile? Lei andava bene a scuola!
“Ma come, la tua media è alta e-”
“Ho mandato la richiesta troppo tardi, non sono riuscita ad entrare” circondò il viso con le mani dalla vergogna ma non pianse. Sapeva che era stata colpa sua e di aver sbagliato, non serviva a nulla piangere. Voleva solo un po’ di conforto, che non le era stato dato dai suoi genitori.
“Ma come non sei stata ammessa? Questo è solo perché non sei riuscita a deciderti in tempo!” “Ma che cosa hai intenzione di fare da grande? Hai diciotto anni e sai solo startene lì a non fare nulla”
Avrebbe voluto urlare contro la porta che era indecisa e che loro non l’avevano aiutata minimamente. L’unico ad essersi mosso per lei era il ragazzo che aveva di fronte e che ora la stava avvolgendo in un caldo abbraccio.
“Non avranno capito quanto vali, Karen” sospirò.
“Che ne dici di accompagnarmi al colloquio? Diremo loro che sei stata tu la regista. Quelle riprese sono fantastiche, le avranno notate di sicuro” Mika la cullava tra le braccia cercando parole di conforto, ancora non ci credeva al fatto che le avevano negato tutto. Avevano fatto un grande sbaglio, solo che se ne sarebbero accorti dopo un po’ di tempo. Lei annuì entusiasta.  
“Che ne dici se ora prendiamo i computer?” fece dopo qualche minuto tirando su col naso. Le era scesa qualche lacrimuccia, ma sapeva nasconderle, solo, non a Michael.


“P-per non averti avvisato”
“Cosa sta succedendo, Karen?”


Era il giorno del colloquio ed era stato piuttosto facile far capire a Mark perché non avrebbe più accompagnato Michael. Lui lo aveva accettato, ma solo ad una condizione.
“Sabato sera usciamo insieme.” Lo aveva detto con una tranquillità tale da far ridere l’altro, come era possibile uscire insieme se a scuola non potevano nemmeno chiacchierare? Mika doveva ammetterlo, quella classifica aveva reso le cose più difficili a tutti. Oramai non passava giorno in cui non si guardava le spalle e si assicurava di non avere giocatori di football intorno. Era un vero e proprio inferno.
Ma Mark era tranquillo, sembrava aver pianificato già tutto. Questa cosa un po’ lo entusiasmava, sarebbe stato il suo primo appuntamento e non poteva fare a meno di immaginarsi i posti più romantici di sempre.
Lo avrebbe portato a vedere le stelle magari, o forse sarebbero andati al cinema a vedere un film, anche se poi del film non se ne sarebbe proprio importato. Sarebbero potuti andare fuori città con la sua macchina, o forse al ristorante…
“Mika! Spostati mi fai male!” la voce squillante della sua migliore amica dovette riportarlo alla realtà. Si era quasi dimenticato di trovarsi in macchina con Karen e i suoi genitori per andare al colloquio, per un minuto l’ansia che si era accumulata sul suo stomaco era scomparsa. Tutto merito dei dolci pensieri sul Sabato sera che avrebbe passato con Mark.
Peccato che poi, Mika dovette ritornare con i piedi per terra.
“Ma come faccio se occupi praticamente tutto lo spazio!” obbiettò lui.
“Mi sai dicendo che sono grassa?”
“Ti sto dicendo che non devi stenderti così, furbona!”
“Hey, occupo solo i miei spazi”
“Allora credo che dovremmo mettere in discussione i tuoi ‘spazi’”
“Voi due lì dietro che ne dite di dormire e basta?” La voce del padre di Mika mise a tacere entrambi e finalmente, si addormentarono.
Erano le quattro del pomeriggio, ma i genitori di Michael erano consapevoli del fatto che ai due mancavano parecchie ore di sonno. Avevano passato tutta la nottata precedente insieme, a fare prove su prove per il colloquio e a parlare di argomenti che riguardavano il futuro. O meglio, Michael lo faceva. Karen lo ascoltava solamente.
A vederli erano proprio carini, lei con la testa poggiata sulla spalla del suo migliore amico e lui che le cingeva le spalle con un braccio. A qualcuno potevano sembrare la coppia più bella del mondo, peccato che la cosa sarebbe durata fino al loro risveglio.
Intanto i due avevano le menti completamente altrove, troppo impegnate a generare sogni, incubi, nel caso di Karen.


Si era ritrovata persa in un palazzo a porte serrate, buio. Correva, c’era qualcuno alle sue spalle che chiamava il suo nome, una voce che non riusciva a riconoscere. Faceva paura, così decise correre e aprire una di quelle porte, magari così sarebbe riuscita a sfuggire a quelle voci, ma erano tutte chiuse. Si sentiva esasperata, da un momento all’altro probabilmente avrebbe urlato. Sentiva le voci farsi sempre più vicine, sentì qualcosa solleticarle l’orecchio e tanto fu lo spavento che si svegliò di soprassalto, sbarrando gli occhi all’improvviso. Dalle sue labbra non trapelò alcun suono, Michael al suo fianco, si era già svegliato e ora la guardava preoccupato.
“Karen tutto okay?”
“Sì, certo, era solo un brutto sogno.”

 


Saaaaaaaaalve!

Lo so, non ci si vede da un po'... vi prego di perdonarmi! Spero tanto che questo capitolo vi piaccia! So che vi state chiedendo cosa siano quelle piccole battute tra un pezzo e l'altro. Beh, non posso anticiparvi nulla! hehe
Come sempre, vi ringrazio sempre. Siete fantastici!
Un grosso abbraccio, 

Melime

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


“Credo di aver battuto la testa, io non-”
 “Hai battuto la testa?”

Karen, Michael e i suoi genitori stavano aspettando in una stanza larga i produttori della casa discografica. Sembrava di essere in un catalogo immobiliare, ogni cosa era perfettamente a suo posto e i mobili moderni non avevano nemmeno una striscia di polvere.  La donna che li aveva accompagnati lì sembrava essere uscita da una sfilata, il suo tailleur doveva essere di alta moda.
“Vi prego di attendere qui i signori Spencer, arriveranno fra cinque minuti” disse per poi  lasciare la stanza.
La tensione era talmente alta che l’unico rumore che si riusciva a sentire era quello dei passi dei vari dipendenti che passavano davanti alla stanza dove si trovavano Karen, Michael e i suoi genitori.
Passarono poco più di dieci minuti ad aspettare quando due uomini sulla quarantina si presentarono davanti a loro.
“Sono Alan Spencer, piacere di conoscerla” disse quello più alto stringendo la mano di Michael.
“Io sono Philip Spencer” ribatté l’altro stringendo la mano di Karen.
Brevemente, i due produttori si erano presentati a tutti con una gentile stretta di mano. Erano entrambi vestiti in modo formale ed elegante, quasi mettevano soggezione. Erano molto gentili però, i genitori di Michael avevano avuto una buona impressione.
“Allora, signor Penniman, posso chiamarla Mika anch’io?” sorrise Philip rivolgendosi al riccioluto e iniziando ufficialmente il colloquio.
“Certamente” ribatté lui ancora un po’ spaesato, non riusciva a credere di essere davanti alle persone che gli avrebbero aperto le porte verso il suo sogno.
“Caro Mika, come le abbiamo già scritto nella mail, pensiamo che abbia molto talento. La nostra proposta era quella di farle girare un video con la nostra compagnia e vedere come vanno le cose.”
Michael quasi non riuscì a rispondere dalla felicità, sbarrò gli occhi e per poco non saltò dalla sedia. Avrebbe voluto urlare un “Cazzo, sì” ma si doveva contenere, dopotutto non poteva di certo mostrarsi così davanti a due produttori di quella portata.
“Certamente, mi sembra una buona proposta…” si limitò a dire facendo qualche colpo di tosse per cercare di mascherare la sua contentezza. Inutile dire però, che se ne accorsero tutti.
“Vorremmo fare i complimenti anche per quanto riguarda le riprese Mika, sono davvero buone” affermò poi Alan, sorridendo per la reazione del riccioluto. Karen, sorrise sotto i baffi.
“Beh, di quelle se n’è occupata lei, Karen” esordì Joanie.
“Oh, signorina lei ha davvero molto talento. Che ne dice se entra anche lei nel progetto di Mika?”
La ragazza ebbe più o meno la stessa reazione del suo migliore amico, solo che lei riuscì a trattenersi di meno rispetto a lui. Il colloquio continuò per altri venti minuti, dove si accordavano sul video che avrebbero dovuto girare, sulle scene, riprese e anche costumi. Parlarono anche di pagamenti, di cifre che sembravano enormi agli occhi dei due giovani ragazzi.
Usciti di lì, si sentivano come se avessero il mondo in tasca, come se ne fossero i re e la regina. Nulla avrebbe potuto distruggere quella situazione… o forse no?
 
“Non sarebbe dovuta andare così. Mi dispiace tanto”
“K-Karen, ma perché piangi? Non capisco...”



Quel pomeriggio, James era passato a prendere Karen per uscire insieme. Era tutto preparato, per la prima volta non indossava T-shirt stupide e felpe troppo larghe. “Scusami, per la prima volta ho fatto tardi io” disse imbarazzato poco dopo aver lasciato la casa della ragazza.
“Beh, se per cinque minuti di ritardo ti presenti in questo modo, allora puoi fare tardi tutte le volte che vuoi” rispose lei ridendo e facendolo ridere. Si sentiva così felice.
“Come mai oggi non ti ho vista a scuola? Mi sono preoccupato”
“Oh, scusami! Non te l’ho detto, ma sono andata ad un colloquio di lavoro molto ma molto importante e--“
“Aspetta, cosa? Un colloquio? Ma non avevi mandato una richiesta per il college?” L’espressione di James apparve per un minuto distrutta.
“Beh, non mi hanno ammessa, l’ho saputo da poco” a quel punto fu Karen quella con la l’espressione afflitta.
“Oh, mi spiace tanto, perdonami, non lo sapevo…” strinse forte la sua mano, anche se avrebbe preferito abbracciarla.
“Non preoccuparti, va tutto bene. Questo colloquio ha riparato tutto”
“Ma davvero? E cos’ha di così speciale?”
“È una casa discografica! Mi hanno preso come cameramen vicino al mio migliore amico, Michael Penniman, hai presente?”       
Ecco: l’argomento che James aveva cercato di evitare fino a quel momento. C’era poco da fare, non poteva fare a meno di essere geloso di lui. Ultimamente non aveva potuto non notare che quel dannato riccioluto passava un sacco di tempo anche con il suo migliore amico Mark. Erano giorni che ormai non usciva più con lui perché “doveva studiare con Michael”, non lo riusciva più a sopportare.
Cercò di cambiare discorso più volte con Karen, parlare di lui anche con la sua ragazza lo avrebbe reso pazzo. Fortunatamente lei non sembrò accorgersene e la serata filò liscia.
Andarono al cinema a vedere un film di paura, anche se James lo passò tutto a cullare la sua ragazza e sussurrarle che era tutto finto.
“Mai più.” urlò quando uscirono da quel cinema, facendo ridere ancora di più il suo ragazzo.
Tornarono a casa a mezzanotte, ma la serata non era ancora finita.

“Io… non posso”
“Non puoi cosa? Dannazione, Karen sii chiara!”

 
Quel pomeriggio, Mark aspettava con ansia il suo ragazzo a casa sua. Avrebbero passato tutto il pomeriggio lì e la sera avrebbero fatto un giro al parco, quando non c’erano troppe persone in giro.
Era ansioso, voleva sapere tutto su quel colloquio. Sapeva che era andato bene, se lo immaginava. Tutti quei commenti lasciati sotto ai suoi video erano positivi, non poteva che avere avuto proposte positive.
Proprio mentre stava per prendere il cellulare, qualcuno bussò alla porta. Mark corse verso l’ingresso come una donna verso un negozio nel primo giorno di saldi.  Aprì la porta ed eccolo lì, Michael gli sorrideva con tutta la contentezza che poteva esprimere.
Ebbero giusto il tempo di entrare in casa e chiudere la porta per poi chiudersi in una morsa che normalmente si definisce “abbraccio”. Ma quella era qualcosa di più. Si tenevano praticamente stretti l’uno all’altro sussurrandosi frasi sconnesse tra loro.
“Lo sapevo che ce l’avresti fatta”
“Non me lo sarei mai immaginato”
“Il tuo sogno si avvererà”
“Solo se sarai con me”
Ed eccoli lì, ripresero quella calda sequenza che a loro piaceva così tanto. Si baciavano, si abbracciavano, si accarezzavano.
Ogni bacio era come un’esplosione nel cuore, che lo faceva battere all’impazzate sempre più, sempre più. Erano presi come da un vortice, gli occhi erano chiusi, non si sentiva nulla, solo le esplosioni dei loro cuori.
Ed era bellissimo.
Si accarezzavano, si scoprivano, non erano imbarazzati perché era come se già si conoscessero da tanto. Sorridevano, perché non potevano fare altrimenti. Non ci sono sempre parole per tutto, ci sono volte in cui semplicemente di manca il fiato. E beh, loro di fiato ne avevano ben poco.


 
“Io… Michael… quel biglietto…”
“Non mi dire che…”



 
 
Erano le undici e mezzo di sera, Michael e Mark si erano permessi una passeggiata lungo il parco vicino casa Jones. Era deserto e nessuno poteva vederli, quindi non si facevano il minimo problema a tenersi la mano e a sussurrare cose dolci come fa una normalissima coppietta innamorata.
Si sedettero su una panchina, nascosta dietro un cespuglio, a vedere le stelle. Mark era un appassionato di astronomia così mostrò tutte le costellazioni che riusciva a vedere al suo ragazzo.
“Quello è il grande carro” disse, tracciando con il dito la linea che seguivano le stelle.
“Wow, è bellissimo” pian piano, poggiò la testa sulla spalla del suo ragazzo.
“Già, quand’ero piccolo le studiavo con papà” circondò con un braccio Michael.
“Ti manca tanto?” gli accarezzò una mano.
“No, adesso ho persone più importanti che mi sono intorno.” Gentilmente, si girò verso il suo ragazzo e lo baciò dolcemente.
Poco lontano da lì, stava passando un ragazzo. Anche lui stava tornando da una serata con la sua ragazza, era stanco e un po’ distratto. Ma notò bene i due ragazzi sulla panchina, riuscì a metterli a fuoco quasi subito.
Non fu difficile, perché quel ragazzo era proprio James.

“Michael, io—“
“Sei all’ospedale, vero?”
“Sì”
“Sto arrivando.”
Click.

 


Saaaaaaaalve!


Sì, lo so. Torno dopo un mese e vi lascio anche con un finale super-aperto. Lo so. 
Ma voi mi volete bene giusto? Dai, almeno un pochino. 

Beh, il mio amore per voi invece è enorme. Vi adoro tanto e continuerò a dirvelo. 
Grazie per tutte le visite, recensioni e storie tra preferite/seguite/ricordate. 

Melime





 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Michael doveva fare attenzione, il pavimento quel Venerdì mattina era molto scivoloso.
Pioveva forte, su alcuni marciapiedi si era creato anche un leggero strato di ghiaccio tanto del gelo che c’era. Camminava lentamente, prendendosela con comodo.
Ogni tanto buttava lo sguardo sugli altri ragazzi che andavano a scuola, lui senza dubbio era quello più felice.
Perché? Perché non riusciva a togliersi dalla testa il tempo che aveva passato con Mark il giorno prima. Sembrava tutto perfetto: i signori Spencer, il colloquio, il parco, le stelle… Probabilmente l’avrebbe ricordato per sempre.
Non era nemmeno preoccupato per il compito che aveva per il giorno dopo con Mrs. Anderson, anche se lui e Mark non aprivano un libro da giorni. Si sentiva spensierato come non lo era da quando era uscita quella stupida classifica.
Arrivò all’ingresso dove incontrò la sua migliore amica che lo stava aspettando. Quel pomeriggio sarebbero tornati insieme a casa per iniziare a buttare giù qualche idea per il video del contratto.
“Sogno o è realtà? Michael Penniman è in anticipo” ghignò tra sé e sé quando Michael le venne incontro per abbracciarla.
“Buongiorno anche a te, Karen” le disse scompigliandole un po’ i capelli, per poi dirigersi insieme in classe.
“Sai, ho un sacco di idee per il video. In una di queste sei vestito da donna”
“Tu sì che sai come non essere lo zimbello di internet con il tuo primo video importante”
“Farò finta di non aver sentito”
“Beh, allora anche io!”
Continuarono così finché non suonò la campanella e ognuno raggiunse la propria classe. Michael stava correndo per i corridoi, si era fermato per scambiare due chiacchere con un compagno di corso e ora era in ritardo. Era strano, stava correndo per la prima volta per i corridoi da solo da quando quel ragazzo lo aveva spintonato. Quell’episodio ancora non lo aveva dimenticato e l’ansia lo stava divorando.  Andò più veloce, mancavano pochi passi e sarebbe arrivato.
Pochi passi.
“Hey, frocio” sentì un ghigno da dietro.
Doveva solo allungare il braccio.
“Che fai? Non ti giri nemmeno?”
Era davanti alla porta.
“Ti sto chiamando per nome, stronzetto”
Stava entrando in classe.
“Ti ho visto con Mark.”
Sperò di aver sentito male. Chiuse la porta, aveva ancora dei brividi che gli percorrevano la schiena.
Si mise a sedere vicino a un ragazzo con cui era solito parlare mentre il prof spiegava, ma non riusciva a togliersi quelle parole dalla testa. Chi poteva mai essere stato? Lo aveva visto con Mark.
Era finita, adesso nel giro di una settimana lo avrebbe saputo tutta la scuola e per il suo ragazzo sarebbe finita. Presto avrebbero iniziato a minacciare anche lui, a spintonarlo e mettergli voglia di chiudersi in camera e urlare contro un cuscino. No, non poteva essere così semplice. Non potevano rovinare la sua giornata con una semplice frase.
“Ti ho visto con Mark”
Non era giusto.


Posò la testa sul banco, nascondendola tra le braccia incrociate. A stento riusciva a trattenere le lacrime. Cos’aveva sbagliato? Per la prima volta dopo tanto tempo tutto sembrava andare per il verso giusto.
Prese il cellulare dalla borsa, indeciso se chiamare Mark o Karen. Se avesse chiamato il primo, lo avrebbe fatto preoccupare e probabilmente avrebbe anche avuto paura ad uscire dalla classe. Ma se avesse chiamato la sua migliore amica sarebbe successo un casino e sarebbero finiti dal preside.
La scelta era ovvia.
“Prof, devo andare al bagno, posso uscire?” disse all’improvviso facendo prendere un colpo il ragazzo al suo fianco che si era tranquillamente appisolato. Il professore annuì e prima di andarsene sussurrò qualche scusa all’amico.
Si catapultò fuori dalla classe ma prima di imbattersi nei corridoi controllò se ci fosse ancora qualcuno. Quel ragazzo biondo gli faceva davvero paura.
Fece qualche passo verso il bagno, aprendo la porta esitante. Doveva essere veloce, prendere il cellullare, comporre il numero e sgattaiolare fuori per andare verso la sua classe.
L’odore acre di fumo lo abbracciò subito, ma quello che lo fece tremare furono delle risate. Provenivano da un punto dietro di lui, vicino alla porta ormai chiusa. Aveva paura di girarsi, perché aveva già capito di chi si trattava.
“Che fai, adesso te ne vai anche nel bagno dei maschi? Le signorine come te non devono stare qui” era una voce bassa che non conosceva, sembrava quella di un giocatore di football. Michael si girò titubante, si ritrovò davanti a due ragazzi. Uno con i capelli scuri, alto e grosso con indosso un’uniforme della squadra, l’altro con i capelli biondi, era quello che aveva incontrato prima.
“Sai fatina, io e te abbiamo giusto un paio di cose da dirci” disse il ragazzo biondo facendo segno all’altro che prese lo per le braccia fermandolo in una morsa. Non poteva muoversi.
“Io non ho nulla da dirti, anzi, non ho nulla da dire con gli sconosciuti di cui non so nemmeno il nome” sputò fuori Mika cercando di accumulare tutto il coraggio possibile.
“Mi chiamo James” sputò il biondino. “Lui è John”
Fantastico. Piacere di conoscervi, pazzi assassini”
“Stupida checca, come cazzo osi” gli sferrò un pugno così forte che Michael credette di sanguinare.
Sembrò volerne dargliene ancora ma suonò la campanella. “Non finisce qui. Fatti trovare ad ora di pranzo al parcheggio, altrimenti ti cerchiamo noi hai capito?” Lo guardò fisso sferrandogli un pugno all’altezza dello stomaco. John lo lasciò.
“Andiamocene”
“Hai finito di vivere, stronzo” lo guardò ancora una volta prima di richiudere la porta alle sue spalle.
Mika rimase così, seduto per terra con il naso sanguinante per almeno cinque minuti. Poi si fece forza e prese il cellulare.
Compose il numero di Mark.
“Mika? Hey che succede?”
“Sono al bagno del primo piano, ti prego vieni subito”
“Sto arrivando.”
Staccò la chiamata e si accasciò ancora una volta per terra. La testa gli girava ed era sicuro che a breve sulla pancia ci sarebbero stati nuovi lividi. Voleva solamente scappare e basta, era stanco di tutto questo. Era mai possibile che due ragazzi dovevano rovinargli la vita? Era contento quella mattina. E ora? Si ritrovava a piangere con un fazzoletto già sporco di sangue sul naso e con dolori sul corpo. Non doveva andare così, non poteva farcela.
“Michael, dove sei?” Mark. Era già arrivato?
“M-Mark” era appoggiato sul muro dietro la porta dove prima c’erano i due bulli. Era seduto per terra, la voce ridotta a un lamento.
“Oh mio Dio, che ti è successo?” lo strinse a sé con le lacrime agli occhi. Prese dei fazzoletti dalla borsa e iniziò a tamponare sul naso cercando di fermare il sangue.
“Ci hanno visti Mark, e ora mi vogliono morto. Hanno detto che vogliono vedermi all’ora di pranzo nel parcheggio, vogliono picchiarmi ancora, Mark!” la voce iniziò a rompersi. Il moro era sicuro che all’interno di sé il suo cuore stava iniziando a spezzarsi.
“Chi è stato? Come si chiamano?”
“Un giocatore di football, John e un tipo biondo, James” A quelle parole Mark gelò. James.
“Sono patetico, mio Dio” si appoggiò sulla spalla del suo ragazzo continuando a piangere, lui lo abbracciò forte.
“Sistemeremo tutto, vedrai.”
Il sangue continuava a scendere e Mark iniziò a preoccuparsi. Riuscì a convincere il riccioluto ad andare in infermeria, dove si addormentò dopo poco. L’infermiera consigliò al moro di andare via, avrebbe chiamato i genitori.
“Che cosa gli è successo?”
“Degli idioti: non sanno di ritrovarsi davanti a persone speciali e così le picchiano”
 
 
 
Karen doveva fare attenzione, quel Venerdì mattina il pavimento era molto scivoloso. Fortunatamente aveva indossato le scarpe giuste e sembrava andare tutto per il meglio. Anche il suo migliore amico era di buon umore e gli aveva raccontato tutte le sue fantastiche idee per il video prima che andasse in classe. Sfortunatamente non era riuscita a salutare il suo ragazzo prima di andare a fare chimica, ma non importava. Lo avrebbe rivisto a mensa.
Quel Venerdì un suo compagno di corso, John sembrava non voler guardare altro al di fuori di lei. Ogni tanto rideva con i suoi amici continuando a tenere gli occhi fissi su di lei e Karen non poteva fare a meno di pensare cosa diavolo volesse.
Era sicura che quel tipo fosse tutto fumo e niente arrosto, uno di quelli che magari si fanno le lampade e non lo dicono per sentirsi dire : “Oh ma guarda la tua pelle è davvero fantastica!”
Fantastico come il pugno che gli avrebbe dato se l’avesse guardata ancora per un minuto. A fianco a lei c’era Madison, una sua compagna di corso che a sentila farfugliare contro quel giocatore di football non riusciva a trattenere le risate.
“Oh andiamo Karen, dopotutto è carino”
“Carino quanto un gatto morto”
“Oh andiamo, lo sai che è stato il re del ballo per due anni di seguito?”
“Oh andiamo, lo sai che non me ne può fregare di meno?”
“Karen! Su!”
“Madison ti giuro che se questo mi guarda ancora per cinque minuti io--”
“Tu cosa?”
“Io me ne esco”
“Il prof non te lo permetterà”
“Scommettiamo?” Si girò con fare altezzoso verso il professore e con l’espressione più gentile che aveva gli chiese il permesso per andare in bagno.
“Certamente, ma faccia in fretta” con espressione vincente la ragazza lasciò la classe girando un po’ per i corridoi.
“Karen” Grazie al cielo sei qui!” una voce familiare.
“Mark? Hey, come mai tutta questa agitazione?”
“Vieni, solo tu puoi aiutarci”
Quando finì di raccontarle tutto, Karen voleva solo piangere. Sapere che Michael era in infermeria e che lei non aveva potuto fare niente per fermarlo la distruggeva. Le si spezzò il cuore quando sentì che era stato James a fargli del male. Ma come era potuto accadere? Gli sembrava così dolce. Non avrebbe mai pensato che un giorno il suo ragazzo potesse picchiare così forte il suo migliore amico da fargli perdere sangue.
“Quando dobbiamo andare da questi stronzi?” disse con un tono così gelido che fece quasi paura a Mark.
“Ad ora di pranzo”
“Vengo con te.”
 
 
Mark doveva fare attenzione, quel Venerdì mattina il pavimento era molto scivoloso. Ma non gli interessava, aveva preparato una sorpresa per il suo ragazzo. Il suo ragazzo. Era ancora strano da dire, ma gli piaceva davvero tanto. Non vedeva l’ora di portarlo in un parco lontano da Londra per festeggiare il suo compleanno con un po’ di anticipo. Ed è per questo che sperava con tutto se stesso in una buona notizia quando lo chiamò.
“Sono al bagno del primo piano, ti prego vieni subito”
Aveva una voce implorante, che lo aveva portato a pensare di tutto. Ma nonostante provasse a pensare positivo, sapeva che lo aspettava qualcosa di brutto. Potevano avergli rubargli i soldi del pranzo, poteva essere caduto o magari gli serviva una mano con la fasciatura della spalla.
Non aveva pensato a trovarlo raggomitolato in un angolo sanguinante. Lottò con tutto sé stesso per non piangere e cercare di rimanere lucido per tirarlo su. Non l’avrebbe di certo aiutato se lui fosse stato il primo a frignare. Si sentì mancare ancora un altro po’ quando seppe chi era stato.
James.
Il suo migliore amico.
Il suo migliore amico che aveva picchiato così forte il suo ragazzo da farlo sanguinare. Cos’era andato storto?
Era un misto di rabbia, delusione e sofferenza. Ma ormai si era deciso.
Ci sarebbe andato lui a quell’incontro, ma non da solo. Sarebbe andato con Karen, l’unica che sapeva della loro relazione e che poteva fermare James.
Così, all’ora di pranzo, corsero nel parcheggio.
Volevano togliersi di mezzo questo peso una volta e per tutte, non ce l’avrebbero fatta a continuare così.
“Hey guarda un po’ chi si vede” disse ironica una voce dietro di loro, John. Dietro di lui videro venire a grandi passi James.
“Che cazzo vuoi tu ancora?” Karen rispose subito e incazzata. Il biondo dietro di lei, spalancò gli occhi appena la vide, ma lei era impassibile.
“Miaaaao, la gattina morde”
“Non mi chiamare così altrimenti ti stacco quel coso moscio che tieni tra le gambe!” disse ancora più incazzata puntandogli il dito sul petto e facendo forza.
“Karen, tu non c’entri. Vai via” la voce flebile di James fece capolino dietro di lei.
“Ah, no? Non c’entro? Vorresti dirmi che non eri a conoscenza del fatto che lui è un fratello per me? Oh andiamo James, sono sicura che prima ancora che mi conoscessi, tu sapevi della nostra amicizia. Siamo praticamente sempre insieme” lo guardò fisso e aveva un tono un po’ più triste. Anche il suo ragazzo sembrava terribilmente dispiaciuto, ma non le interessava. O almeno, non voleva mostrarlo.
“Come fai ad essere così sicura che gli ho fatto del male io?”
“Vuoi per caso negarlo?”
“No, ma---”
“Ma cosa?”
“Mi dispiace. Non pensavo che tu saresti stata così male. Ma mi dispiace per te, lui se lo merita”
“Si merita cosa?! Merita di essere picchiato a sangue perché è innamorato?” qui intervenne Mark. Sentiva che dentro di sé qualcosa si stava spezzando, probabilmente il suo cuore. Stava perdendo il suo amico, forse per sempre.
“Innamorato? Amico, tu stai con Jessie perché ti dovrebbe interessare?” questo era John che fissava in cagnesco il moro.
“Ah, giusto. Come se io non sapessi di quante volte voi avete scopato a mia insaputa” a quelle parole John tacque. Karen rise.
“I ragazzi come te, John possono andare solo dietro le puttanelle come Jessie” sputò via. Il giocatore parve arrabbiarsi, a tal punto da spingere Karen con forza.
Ma il pavimento quella mattina era scivoloso.
E Karen sbatté la testa.
 
 
 
Appena sveglia, Karen si guardò intorno. Era in una stanza bianca e lei era in camice. Erano le sei di sera, e aveva intorno alla testa una fascia bianca. Si stiracchiò, guardandosi ancora intorno per cercare di capire dove fosse.
Sul suo comodino c’era un biglietto, era stato scritto quella mattina. Era di James.
James. Le faceva ancora male.
Lesse in fretta.
“Karen, ho una cosa da fare con Mark Jones. Non possiamo vederci a pranzo, mi dispiace”
Le si gelò il sangue. Se lo avesse letto, avrebbe potuto chiedere a Mark e non sarebbe accaduto nulla.
Mark. Dov’era? Non si ricordava più nulla dopo che quello scimmione di John lo aveva spinta.
Scese dal letto, la testa che le girava. Mosse qualche passo e si accorse di un separé che la divideva da un altro letto. La aprì senza pensarci due volte e quello che vide la fece tremare.
Mark era pieno di lividi, fasciature e tagli. Cosa diamine era successo? Più lo guardava e più le veniva da piangere.
“Signorina, finalmente si è alzata” un dottore alle sue spalle la fece girare.
“Come… cosa… cosa è successo?”
“Ha sbattuto la testa, e l’hanno portata qui. C’è sua madre che vorrebbe vederla, la faccio entrare?” lei annuì poco convinta, avrebbe voluto sapere cosa era successo a Mark.
Sua madre entrò veloce, aveva una faccia preoccupatissima.
“Tesoro, come stai?”
“Mamma, non—non lo so”
“Mettiti a letto, io ti vado a prendere qualcosa da mangiare. Chiama Joaine, quando le ho detto che eri qui si è preoccupata” le diede un affettuoso bacio.
“D’accordo” le sorrise e poi si avviò.
Chiamò a casa Penniman, ma non le rispose Joaine.


Pronto? Karen ma sei tu?”




Saaaaaaaaaaaaaaaaalve!
Sono ancora viva, giuro! Vi prego di perdonarmi, è stato un periodo duro e so che non vi avevo lasciato con uno dei finali migliori. Non che questa volta mi sia salvata, maaa........ ora sapete della misteriosa telefonata!
...
No,eh? Vaaaa bene. 
Spero che nonostante la mia assenza vi sia piaciuto, e grazie per tutto il supporto che mi state dando. Piccole cose che non puoi sapere è entrata nelle storie più popolari! Siete a dir poco fantastici! Grazie,grazie,grazie. 
Ci rivedremo presto. 
Melime



 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Mika staccò il telefono in fretta, prese il cappotto e uscì. Aveva ancora un cerotto sul naso ed era stanco, ma non gli importava nulla. Non sarebbero stati i lividi o il naso dolorante a impedirgli di andare a visitare la sua migliore amica in ospedale.
L’aria gelida lo colpì subito,  sui marciapiedi si era formato un piccolo strato di neve. Ma non ci faceva caso, era così preso che si sarebbe anche messo a correre.
Era stufo di questa situazione, i costanti alti e bassi lo stavano facendo diventare matto.  Si continuava a ripetere di rimanere forte, che era ormai era Aprile e che mancavano solo due mesi alla fine. Mancavano anche due settimane al compleanno di Mark…
Già. Il compleanno di Mark, la scusa per cui era iniziato tutto questo.
Se non avesse accettato di dargli una mano, forse non avrebbe perso la testa per quel ragazzo e probabilmente adesso non starebbe percorrendo a passo veloce, con il rischio di cadere a terra, la strada per l’ospedale. Non riusciva a immaginarsi la scena di Karen che sbatteva la testa, gli veniva da piangere.
Iniziò a camminare più veloce.
Diceva che era dispiaciuta, ma perché mai doveva esserlo? Era lui che era dispiaciuto per quella situazione. Per non averla avvisata della sua aggressione in bagno, per essere sempre così impaurito, per averla fatta coinvolgere nei suoi problemi.
È colpa mia.
Girò l’angolo, mancava davvero poco. Sentiva le guance calde per la corsa ma gli occhi umidi. Doveva trattenersi, non aveva la minima voglia di piangere davanti a Karen, specialmente se si trovavano in un ospedale.
Pochi passi ancora e si ritrovò davanti all’enorme edificio bianco. Gli bastò chiedere qualche informazione per trovare la stanza della sua migliore amica.
Era al secondo piano, numero 206. Aprì di scatto la porta, senza bussare.
La sua irruzione nella stanza bianca come un gesso fece sobbalzare Karen dal letto. Sua madre Alesha andò incontro a Michael per poterlo salutare. Un saluto un po’ frettoloso, dato che lui andò mirato alla poltrona più vicina al letto della sua migliore amica.
Era così preso che non aveva nemmeno fatto caso al secondo letto che c’era nella stanza. Il letto di Mark.
“M-Michael non mi aspettavo che saresti venuto così in fretta” disse Karen ancora un po’ scossa, ma felice.
“Appena ho staccato il cellulare mi sono fiondato qui. Cosa è successo? Chi è stato?” la sua espressione seria e triste quasi spaventò la ragazza. Per un momento non sapeva se fargli vedere o no il letto di Mark. Se stava così per lei, che aveva solo dei lividi e una grossa benda intorno alla testa, come avrebbe reagito guardando il suo ragazzo? No, forse non era il caso. Non adesso.
“Michael…mi hanno spinta. E ho sbattuto la testa…” disse pianto, fissando il cerotto sul suo naso.
“…Ma neanche tu mi sembri messo bene” continuò sorridendo. Cercò di alleggerire la tensione, ma lui non sorrise.
“Sì, beh, ma io non sono finito in ospedale” lui continuava ad essere preoccupato.
“Credo… credo che sia meglio che io vada” disse timidamente Alesha baciando sulla guancia la figlia e interrompendo la conversazione trai due. “Ci vediamo presto.” Disse salutando i due ragazzi e avviandosi verso la porta. Entrambi risposero al saluto facendo un cenno.
“Di chi è?” chiese Mika indicando un biglietto sul comodino della ragazza. Lei sospirò.
“Di James”
“Lo stesso che ha ridotto il mio naso così?”
“Sì”
“Lo stesso ragazzo con cui uscivi?”
“Sì, Michael. Mi dispiace così tanto--”
“No, Karen. Dispiace a me. Con tutta questa storia ho reso le cose più difficili sia a te che a Mark. Pensa, le due persone più importanti della mia vita” la interruppe lui, con le lacrime agli occhi.
“Non è stata colpa tua. Io ho preso le mie decisioni, Mark le sue” Karen rispose stizzita. Non sopportava il fatto che Mika si addossasse tutte le colpe per niente.
“Non mi hai ancora detto chi è stato” disse Michael con voce flebile dopo un attimo di pausa.
“John, il giocatore di football. Ma non era solo, era con--”
La porta della stanza si aprì e un ragazzo fece capolino nella stanza. Aveva i capelli biondi e gli occhi verdi rifinivano un’espressione spaventata. Sembrava avesse pianto da poco, il suo sguardo era un po’ spento. Un’infermiera era con lui e gli indicò il letto di Mark, di cui Michael parve accorgersi in quel preciso istante.
“Quello è il letto di Mark Jones” gli disse per poi uscire, lasciandogli un’occhiata di conforto.
“…James” finì Karen, il ragazzo si voltò verso di lei.
“Karen.”
 
 
“Che significa che Mark è in ospedale?!”
“Se lo merita, quel frocio”
“Non chiamarlo così!”
“Smettila di negare la realtà, Jess. Mark è gay, e ha anche un ragazzo”
“E chi diamine è?” la voce rotta di Jessie, la capo cheerleader quasi smosse John, un popolare giocatore di football del liceo. Aveva da sempre una cotta per lei, anche se poteva avere tutte le ragazze che desiderava. Era bello e muscoloso, aveva una bella macchina eppure gli mancava lei.
Invece, aveva da sempre provato antipatia per il suo ragazzo, Mark Jones. Non era riuscito a colmare la sua rabbia nemmeno quando insieme ad altri suoi due compagni di squadra, lo aveva picchiato forte. Così forte da mandarlo in ospedale.
All’inizio pensava di farlo con James, un ragazzo che stava cercando di diventare popolare. Un tipo apposto, che aveva una cotta per una ragazza che aveva cercato di mettersi in mezzo. John non avrebbe voluto farle del male, ma aveva dato della puttanella a Jessie. Così la spinse, e lei cadde all’indietro. Non si curò del sangue che iniziò a scorrerle dalla testa. E nemmeno del suo compagno James che si precipitò su di lei per prenderla in braccio e capire cosa le stava succedendo. Non si scompose nemmeno quando iniziò a chiamare il suo nome più volte, urlando sempre più.
“Karen… devo chiamare un’ambulanza” finì per allontanarsi un attimo, ma lui non se ne curò. Guardava fisso negli occhi di Mark e lui ricambiava lo sguardo, anche se intimorito.
“Mi fai schifo, John” continuò. “E anche Jess. Siete tutti quanti una massa di idioti” la sua voce usciva fuori dura e arrabbiata. John voleva farlo smettere, e sapeva anche come. Gli sarebbe bastato fare uno squillo al suo amico David per farlo arrivare insieme a Sam e dare una bella lezione a quello stupido di Jones.
“… l’unica persona che vale davvero la pena ascoltare è Michael” pronunciò il nome di quel ragazzo con un po’ di enfasi, abbastanza da far sfilare il cellulare a John e da comporre il numero. Non ci volle molto, in cinque minuti arrivarono i due ragazzi, uno di loro aveva anche una mazza in mano.
Mark pensò di scappare, ma vide Karen che perdeva sangue e non aveva la minima idea di dove fosse finito James.
I tre ragazzi si catapultarono sul moro, iniziando a riempirlo di pugni e calci e colpendolo di tanto in tanto all’altezza dello stomaco con la mazza.
Iniziò ad urlare, urla di aiuto e di dolore.
“Hey, ma che cazzo stai facendo? Smettila! Così lo uccidi!” la voce familiare di James arrivò, aveva il fiatone.
Mark stava già iniziando a perdere i sensi, piano piano iniziò a scivolare nel mondo dei sogni.
Sperò di incontrare Mika.
 
 
 
 
 
“James, cosa ci fai tu qui?”
“Sono venuto a vedere Mark” gli occhi di Michael, ormai completamente umidi, puntarono dritto su quel letto con le tendine attorno. Karen lo guardò preoccupata, poi ripuntò gli occhi dritti sul biondino.
“Sei venuto a vedere che cosa hai combinato?”
Che cosa ha combinato, Karen?!” sbottò Mika all’improvviso, continuando a fissare il letto di Mark. La sua migliore amica lo guardò come per scusarsi, gli prese un braccio e lo accarezzò.
“N-niente, rimani qui” le ultime parole uscirono quasi supplichevoli, ma Mika si era già avviato verso quel letto, lasciando la presa della ragazza. James lo guardò con aria tremendamente dispiaciuta, il naso di Michael non aveva affatto un bell’aspetto.
Accadde tutto in fretta.
Mika spostò le tendine e si portò le mani sul volto. Un singhiozzo strozzato fu l’unico suono che emise quando guardò il suo ragazzo steso su un letto ricoperto di ferite e bende che dormiva.
Che cosa gli avevano fatto? Come aveva potuto lasciare che accadesse? Era andato a quell’incontro al posto suo?
Voleva proteggerlo?
Una lacrima iniziò a scendere lungo il viso di Mika.
Non avrebbe dovuto dirgli di quell’appuntamento, non avrebbe dovuto lasciare che accedesse tutto questo.
Si accasciò su una scomoda poltrona lì vicino, una seconda lacrima. Poi, una terza.
Se non fosse stato debole e fosse andato con lui, probabilmente Mark ora starebbe bene. Karen, starebbe bene.
Affondò il viso nelle mani e iniziò a piangere più forte.
Ma si può mai sapere che cosa diamine ha sbagliato? Perché si meritava tutto questo?
“Michael…” Karen scese dal suo letto e abbracciò il suo migliore amico da dietro, stringendolo forte. James, guardò da fuori tutta la scena e ne rimase colpito.
“Guarda cosa avete combinato tu e il tuo amico” disse voltandosi e tirando su col naso Karen, Michael ormai era troppo sconvolto.
“Karen, credimi, io non c’entro nulla. Non gli ho fatto niente. Ho chiamato io l’ambulanza, tengo molto a Mark, io-”
“Ci tieni così tanto da prendere a pugni il suo ragazzo in bagno e lasciare che un giocatore lo riducesse a questo stato?”
“Non è andata così, John ha chiamato altri ragazzi. Io ho cercato di fermarli…”
“Non lo hai accettato”
“Lo so. E mi dispiace tremendamente. I-io ci ho pensato, e so quanto ho sbagliato. Ero venuto qui per chiedergli scusa. Davvero”
Karen parve rimanere impassibile. Si girò, dando un’occhiata a Mika. Aveva preso per mano Mark.
“Ho sbattuto la testa”
“Lo so”
“Gliel’hai lasciato fare”
“No, non lo avevo previsto. Tu non dovevi venire”
“Già, non avrei dovuto nemmeno saperlo. Avresti picchiato a sangue il mio migliore amico per caso, uh?”
“I-io… non pensavo che per te fosse così importante”
“Andiamo James, prima di quella classifica c’era gente che pensava che Mika fosse il mio ragazzo”
“Mi dispiace”
“No, non ti dispiacere. Ho sbagliato io. Non avrei dovuto fidarmi di te.” James alzò lo sguardo e lo puntò dritto in quello di Karen. Lei stava cercando di essere forte con tutta se stessa, non voleva piangere davanti a lui.
Per quanto fosse stato stronzo, era stato comunque il suo ragazzo e continuava a provare dei sentimenti per lui.
Si girò verso Mika e lo guardò accasciarsi su un lato della poltrona. Non lo sentiva più singhiozzare.
Il silenzio calò nella 206, solo dopo dieci minuti fu rotto dalla stessa infermiera che aveva condotto James nella stanza.
“L’orario delle visite è finito”




 
 
 Saaaaaaaalve!
Ho appena realizzato che è passato un anno dalla pubblicazione del primo capitolo e sono davvero felice di essere arrivata a questo punto. La storia è arrivata nelle più popolari e ha quasi 50 recensioni. Siete fantastici, davvero! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e grazie mille per il vostro supporto. 
Ci vediamo presto!

Melime

 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Il giorno dopo la visita di Mika all’ospedale, Karen tornò a casa. Erano le dieci della mattina, i dottori le avevano fatto gli ultimi controlli per poi darle qualche farmaco. Non doveva alzarsi troppo in fretta, scuotere la testa troppo velocemente e tenere la benda ancora per qualche giorno.
Quando lasciò la stanza 206, Mark dormiva ancora. L’infermiera diceva che si sarebbe rimesso presto e che nessuna di quelle ferite sarebbe stata permanente. Tirò un sospiro di sollievo, ma non poteva fare a meno di sentirsi dispiaciuta. Così, prima di lasciare la stanza, lo salutò con un bacio sulla guancia. Lui non reagì, dormiva ancora profondamente.
Aveva avvisato anche Michael del suo ritorno a casa, ma lui era a scuola e non le aveva ancora risposto. Spense il telefono e si avviò verso le scale.
Pensava ancora a James, ai suoi abbracci e al tempo passato con lui. Ogni ricordo le si schiaffava in mente regalandole un dolore nel petto che forse nemmeno la botta alla testa poteva contrastare. Le immagini della rissa al parcheggio si mischiavano a quelli del primo appuntamento, alternandosi. Come aveva fatto a non capire che James era uno di loro?
Era all’ingresso, sua madre l’aspettava per andare in macchina.
“Come ti senti tesoro?” disse stringendola in un abbraccio.
“Bene..” rispose lei debolmente, mentendo.
“Ho qualcosa per te” esclamò fiduciosa.
“Cosa?”
“Ti aspetta a casa”
Viaggiarono in silenzio, questa volta la curiosità non si impossessò di Karen. Era stanca per fare domande e troppo triste dopo tutto quello che era successo. Così si limitò a tenere la testa poggiata sul finestrino fin quando non arrivarono. Continuava a pensare all’espressione di James quando parlava con Mark prima che li picchiassero, al suo risveglio in ospedale, a Mark in quelle condizioni, Mika che gli prendeva la mano. Non voleva perdere James, era il suo primo ragazzo, il primo di cui era davvero presa.
Ma non poteva perdonarlo. Aveva picchiato Michael e avrebbe continuato a farlo in parcheggio a sua insaputa se Mark non fosse intervenuto. Eppure, sapeva che era il suo migliore amico, come poteva pensare che poi non lo avrebbe saputo?
Mi dispiace.
Le parole di James continuavano a martellarle la testa, il suo viso aveva assunto un’espressione che non aveva mai visto a nessuno. Era un misto tra triste, dispiaciuto, e sconfortato.
Era venuto a visitare Mark.
Dopotutto erano migliori amici, ma come aveva fatto a non rendersene nemmeno conto di quanto stava male? Non conosceva così bene Mark, ma capitava che ogni tanto parlavano. Era un bravo ragazzo con grandi sogni e potenziali, era proprio adatto a uno come Mika.  Non si meritava quello che aveva subito, nessuno lo meritava.
“Tesoro, che fai? Non scendi?” sua madre la guardava preoccupata al suo fianco. Erano davanti alla porta di casa sua e lei non se n’era nemmeno accorta.
“Sì, scusa. Ora vado”
“Forza, la tua sorpresa ti aspetta dentro.” Scese dalla macchina e si avviò a casa dove trovò sul tavolo un biglietto per lei. Riconobbe la grafia di sua madre.
“Ieri è arrivata la posta. Questa è per te” lesse a voce alta il biglietto, poi rivolse lo sguardo verso il tavolo. C’era una lettera.
Era del college.
Quasi la strappò quando la vide, lesse così veloce che saltò l’introduzione per saltare al succo della lettera. Il cuore le batteva forse e quasi saltellava per l’ansia che aveva. Le due dita stringevano forte la carta, quasi a strapparla.
Poi, la lanciò in aria, sconvolta.
Era stata presa.
Un sorriso trionfante si fece largo sul suo viso, lo doveva dire a Mika.
 
 
John e Jessie si fecero vedere per la prima volta insieme in mensa, il giorno dopo la rissa nel parcheggio. Ormai la voce che Mark era stato picchiato insieme a una sconosciuta ragazza dai capelli ricci, era l’argomento più importante di ogni conversazione. Nessuno aveva capito che Mark fosse gay, o che ancora meglio, era fidanzato con un ragazzo.
“Con John sono felice, mi dà tutte le attenzioni che voglio” annunciò a voce alta Jessie mentre prendeva per mano John.
Si scambiarono uno sguardo complice e lì, John capì di essere finalmente arrivato al massimo della popolarità. Adesso tutti lo avrebbero invidiato, le ragazze lo avrebbero desiderato e soprattutto, Jessie avrebbe guardato solamente lui.
Si erano messi d’accordo, c’era voluto un po’ per far capire a Jess che Mark era gay e che stava in ospedale con lividi e ferite ovunque. Sapeva che lei non ci era molto affezionata e ne ebbe la conferma quando la prima cosa che disse fu: “E ora con chi vado al ballo?”
Inutile dire che John si offrì subito come impavido cavaliere che salvava la giovane principessa dal drago cattivo. Non si rese conto dello sbuffo che fece Jessie quando accettò di essere la sua ragazza, o di come guardava Sam, un compagno di squadra di John.
Non li vide nemmeno quando nell’intervallo entrambi andarono nel bagno abbandonato del secondo piano. Non sentì le risatine che faceva con le sue amiche mentre lo indicava, non notò assolutamente nulla. Era troppo impegnato a godersi la sua nuova posizione.


 
Appena suonò l’ultima campanella, Mika uscì fuori dalla scuola correndo, dirigendosi verso l’ospedale. Aveva parlato con i suoi genitori di quello che era successo, o meglio, di quello che sapeva. Loro si erano spaventati, dopotutto come si poteva biasimarli? Vedere tornare a casa il proprio figlio sconvolto e con nuove medicazioni e lividi non era la cosa migliore che si potessero aspettare. Alla fine del discorso del figlio erano pronti a fargli cambiare scuola. Ma dopotutto, non avrebbe avuto molto senso farlo il mese prima della fine dell’ultimo anno, quando ci sono gli esami.
Così, avevano deciso che sarebbero andati dal preside, e avevano fatto promettere a Michael di chiamarli ogni qual volta si fosse presentato un pericolo o un dispetto dei bulli. Se avessero saputo tutta la storia, probabilmente avrebbero denunciato John e James.
Ma questo era l’ultimo dei pensieri che percorrevano la mente di Mika mentre girava l’angolo ritrovandosi di fronte all’ospedale.
Mark.
Entrò in fretta, velocemente disse a un’infermiera di dover visitare il paziente della stanza 206 e in pochi minuti si ritrovò davanti al suo fidanzato. Aveva ancora gli occhi chiusi, ma sembrava stare meglio rispetto al giorno prima. Per Michael però, la visione era comunque devastante.
Così prese tremante una sedia e gli prese una mano, cercando di non far scendere troppe lacrime.
“Mi dispiace” sussurrò. “È colpa mia e questo non doveva succedere.”
Continuò accarezzando la sua mano e guardandolo. I capelli erano stati lavati dalle infermiere e il pigiama che indossava era pulito. Doveva essere passata Margaret, a quell’ora aveva il turno di lavoro, ma era abbastanza convinto che in quel momento si trovasse in polizia, per sporgere denuncia.
Mark aveva le mani calde, ma dormiva ancora. I lividi erano diventati un po’ più piccoli e i tagli erano stati medicati di nuovo con cura. Sul labbro inferiore c’era un taglio sottilissimo, appena lo vide, Michael pensò di baciarlo. Si girò per controllare se Karen era nella stanza, ma rimase sorpreso quando la vide vuota. Si alzò dalla sedia, sfilando la sua mano da quella di Mark per sporgersi e controllare se fosse nelle vicinanze, ma niente. Karen non era lì.
Decise che avrebbe chiamato la sua migliore amica al più presto, ma prima desiderava passare del tempo con il suo ragazzo.  Si sedette di nuovo, scrutando nuovamente il corpo del moro addormentato. Le sue braccia forti adesso erano macchiate ognuna da due lividi violacei più o meno grandi. Le accarezzò come se potesse cancellarli con le sue carezze, lo sfiorò anche nell’incavo tra il collo e la spalla soffermandosi ad osservare i taglietti e tracciando con la punta delle dita la forma dei lividi.
Passò ai capelli, cercando di pettinarglieli anche se non ce n’era bisogno. Li toccava con dolcezza, come fa una mamma quando intreccia i quelli della figlia. I setosi capelli del giovane sembravano ammorbidirsi sempre di più ad ogni suo tocco.
II suoi occhi però, erano fissi in quelli chiusi e addormentato di Mark. Quegli occhi azzurri che erano i protagonisti dei suoi pensieri e sogni, che sarebbe rimasto a guardare per ore.
“Svegliati, Mark” sussurrava perché sapeva che se avesse alzato la voce, si sarebbe accorto di quanto tremava. “Ti prego, svegliati”
Bip.
Sviò per un momento lo sguardo dal suo ragazzo per fissare le macchine intorno a lui. Avevano cambiato il colore della schermata, e Mika poté giurare sentire il cuore accelerare ancora di più, se possibile. Sentì un movimento sulle sue mani strette in quella di Mark. Lo guardò come ad assicurarsi che non stesse sognando e scorse i suoi occhi blu. Li scrutavano come non avevano mai fatto prima, come se Michael fosse l’unica persona esistente al mondo.
Felici.
Meravigliati.
Stravolgenti.  

E a quel punto, Mika non poté più trattene le sue lacrime e così lasciò che una ad una attraversassero le sue guance.
“Michael” la sua voce impastata risuonò come musica nelle sue orecchie. “Michael, come stai?”
Come stai?
Dormiva da quasi ventiquattro ore, era ricoperto di lividi e ferite e lui si preoccupava della salute del suo fidanzato?
Qualcos’altro scattò nel cuore di Mika che già batteva all’impazzata, così si sporse sulle labbra, lasciandogli un umido, tenero, lungo bacio.
“Adesso molto meglio” gli sorrise, per poi tornare serio. “Diamine, mi dispiace così tanto...”
“Oh, no ti prego! Non ti scusare, non è colpa tua. Ti ho difeso perché lo volevo io, e sarei pronto a rifarlo”
“Ma guarda cosa ti hanno fatto!” la voce ormai rotta.
“No. Guarda invece come nonostante tutto siamo qui, entrambi che ci stringiamo ancora” Lui lo guardò come non aveva mai fatto. Lo sguardo stupito di Mika trafisse quello sicuro di Mark. Non si accorsero nemmeno delle macchine che avevano iniziare a lampeggiare e a mandare dei ‘bip’ a intervalli regolari. Non se ne curavano affatto, anche se sapevano che di lì a poco sarebbe passata un’infermiera a controllare il tutto e forse avrebbe fatto dare a Mark gli ultimi esami per farlo dimettere.
“Non voglio che ti ricapiti qualcos’altro” disse, dopo qualche minuto di silenzio il riccioluto facendo un gesto con la mano indicando le ferite, come se non riuscisse ad accettarlo.
“E io non voglio più nascondermi” disse l’altro, fermo.
“Mark ma cosa…”
“No, Michael – era già la seconda volta che lo chiamava così -  io ci pensavo già da tempo. E quello che è successo non è altro la prova che dobbiamo finirla di avere paura”
“Ci assilleranno. I-io… t-tu… ci faranno del male, Mark!”
“Solo perché sanno che siamo spaventati. Ma fin quando staremo insieme, andrà tutto bene”
Mika rimase di sasso.
“E con Jessie?”
“Sono sicuro che avrà già trovato un nuovo cavaliere”
“I professori non faranno nulla, lo sai? Io non ho la minima voglia di rivederti in questo stato. Fa male a te e a me” Mark parve addolcirsi quando il suo ragazzo pronunciò quelle parole.
“Dimentichi una professoressa molto, ma molto importante” gli disse sorridendo.
Il riccioluto per la prima volta in due giorni, gli sorrise complice.
Mrs. Anderson.
La professoressa che involontariamente aveva contribuito a farli incontrare e che si era tanto preoccupata per Michael.
“Sei davvero così sicuro?”
“Sì. Ma ovviamente se tu non te la senti…”
“No. Va bene. Hai ragione tu. Se saremo insieme andrà tutto bene.” si strinsero le mani e si guardarono nuovamente negli occhi e si sorrisero. Si guardarono ancora per poco, prima che Mark gli si avvicinasse e gli baciò le labbra.
Finalmente.
Un bacio lungo, desideroso, cado, rassicurante. Sarebbe andato tutto bene, avrebbero reso la loro relazione pubblica.
Sarebbe bastato stare insieme e non avere paura.

Poco dopo che le loro labbra sciolsero il loro abbraccio, entrò nella stanza 206 una nuova infermiera che non avevano mai visto.
Bassina e con i capelli mori che le circondavano il viso complice.
“Ho interrotto qualcosa?” rise. Loro si guardarono complici.
Piccole cose che non puoi sapere.







Saaaaaaaaaaalve!


Chiedo umilmente perdono per il mio ennesimo ritardo. Spero che nonostante tutto vi piaccia! La storia ormai sta giungendo al termine, ormai manca poco. Non finirò mai di ringraziarvi per il sostegno che mi avete dato e che continuate a darmi! Siete fantastici. 


Melime

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Quel venerdì sera, la principessa delle cheerleader sedeva sul suo divano sospirando e mangiando un pacco di biscotti dietetici. Si era lasciata andare ad un piacere culinario talmente calorico, dopo quasi due mesi di dieta ferrea e allenamenti costanti per entrare in uno dei vestiti più belli che avesse mai comprato. Non che prima avesse già un fisico perfetto, ma voleva arrivare a quel livello di pancia piatta e gambe slanciate tale che avrebbe fatto invidia anche a uno degli angeli di Victoria’s Secret.
E ci sarebbe riuscita, se non avesse lasciato quel ricchione del suo ex fidanzato. Aveva fatto quella dieta per lui, non solo per il vestito.
Girò un’altra pagina della rivista, trovandosi di fronte all’immagine dello stesso vestito che l’aspettava sul letto di camera sua. Era un Armani, che lasciava la schiena completamente scoperta e che aveva un gioco di perle e applicazioni sul davanti. Donava perfettamente a quella modella e la ragazza non riuscì a trattenere un gemito di protesta.
Quel weekend, avrebbe dovuto brillare come una stella. Tutte le sue amiche l’avrebbero invidiata e sarebbe stata sulla bocca di tutti per almeno una settimana.
Ma invece no.
Mark aveva deciso di passare il suo compleanno da solo, senza fare grandi cose, lasciando cadere una festa meravigliosa e annullando tutto. Aveva deciso di camminare per i corridoi tenendo per mano un ragazzo, sentendosi un eroe.
Jessie non riuscì a trattenere l’ennesima smorfia di disgusto al pensiero. Gli era andata incontro quando era tornato dall’ospedale, per accertarsi che quello che John le aveva detto fosse vero.
Lui semplicemente, la guardò gelidamente e poi le mostrò la sua mano che stringeva quella di un altro ragazzo, che in quel momento stava parlando con una sua amica con i capelli ricci. Avevano le dita intrecciate, e quando l’altro ragazzo si accorse del breve movimento delle loro mani, si girò a guardare Mark e gli sorrise.
Prima di girarsi e andare altrove, Jessie guardò il suo ex fidanzato lasciare un tenero bacio sulla sua guancia.
Era davvero troppo per lei.
Così li lasciò, andando a cercare John, il ragazzo che adesso doveva essere il suo cavaliere e con tantissima nonchalance gli gettò le braccia al collo, baciandolo il modo passionale, incurante del fatto che fossero in mezzo a un corridoio e che potevano passare dei professori da un momento all’altro.
In quel momento la sua priorità era quello di salvarsi la faccia e lasciare che tutta la cattiva reputazione che la notizia dell’omosessualità di Mark aveva portato, andasse a infrangersi solamente sul suo ex ragazzo.
John, di tutta risposta, acconsentì al bacio e nei giorni seguenti l’aveva trattata come una regina. Ma lei non riusciva a essergli grata e quasi le dispiaceva quando andava a rifugiarsi nei bagni abbondati del terzo piano, per vedersi con Sam.
Quel ragazzo ci sapeva fare.
Sapeva come accarezzarla, cosa dirle per confortarla, come farla sentire la più bella del mondo. Probabilmente un’altra ragazza al posto suo si sarebbe sentita innamorata, ma ormai Jessie aveva la testa china su se stessa, non sarebbe più riuscita a pensare all’amore così come ci pensavano gli altri. Per lei ora l’amore era qualcosa di astratto che la doveva mostrare agli altri, come un premio, come una mostra. Non ne sapeva niente di sentimenti, o di parole sussurrate che l’avrebbero fatta arrossire fino alla punta delle sue orecchie.
Girò un’altra pagina della rivista, era arrivata nell’ala gossip.
E lei di gossip ne sapeva tanti, solo che preferiva tenerseli per sé. Sapeva l’importanza dei segreti e sapeva cosa avrebbero fatto le persone per non lasciare che diventassero pubblici. Anche lei ne aveva, ma preferiva tenerseli per sé. Da quando da bambina la derisero perché scoprirono che i suoi vestiti non erano firmati, ma solo stupide imitazioni, Jessie capì che non volle mai più svelare qualcosa di suo a qualcun altro. Non si sarebbe mai abbassata a subire umiliazioni pubbliche e non avrebbe mai messo a rischio i suoi sentimenti, o almeno quello che ne rimaneva.
Era scivolata via dalla questione di Mark attentamente, sicura del fatto che nessuno avrebbe potuto avere il sospetto che lei potesse rimanerci male.
Perché si, lei ci era rimasta male, solo che non lo voleva ammettere.
Camminava per i corridoi con il suo solito sorriso strafottente, ridendo ogni volta che qualcuno faceva battute su Mark , rimanendo il silenzio ogni volta che qualche sua amica accennava all’argomento “ex fidanzato” e distogliendo lo sguardo ogni volta che incrociava i due ragazzi per i corridoi della scuola.
Aveva notato che non era stata l’unica però, a perdere il fidanzato per colpa di quei due.
Quella ragazza dai capelli ricci e neri che continuava a mettersi quelle stupide sneakers, non rivolgeva più la parola a James. Una ragazza di nome Madison le aveva detto che prima stavano insieme come burro e marmellata, ma poi quando sono tornati dall’ospedale non si sono nemmeno più guardati in faccia. O almeno, James non ce la faceva, si sentiva in colpa.
Aveva provato lei stessa a parlargli e fargli capire quanto fosse stupido andare dietro a una ragazza che appena ti vede cambia strada, ma lui si era ostinato.
Per me c’è lei e solo lei.
Era rimasta stupita da quelle parole, non credeva che un ragazzo carino come James potesse mai impuntarsi su una ragazza come quella. Era carina, sì, ma ne avrebbe potute trovare tante altre. Eppure voleva lei.
Lei, e solo lei.
Stava per girare la pagina e trovarsi di fronte a un pomposo articolo su un possibile tradimento tra una coppia di giovani cantanti. Mangiò un altro di quei terribili biscotti ai cereali pieni di zuccheri, sfregandosi le mani. Dovette fermarsi però dal ritornare alla sua amata rivista, perché suonò il campanello.
Si alzò sbuffando, perché pensava che potessero essere le sue amiche che cercavano di convincerla ad andare all’ennesimo party da single. Eppure, rimase stupita di ritrovarsi John davanti a lei. Un arrabbiato, deluso, John.
“Sei solo una puttana” le disse quasi tremando. La voce era bassa, ma solo perché se avesse alzato un po’ il tono si sarebbe messo ad urlare. Nei pugni stringeva qualcosa che le porse quasi sbattendoglielo in faccia.
Erano delle foto.
Foto di lei e Sam.
“Cosa vuoi che ti dica?” lei era tranquilla in quella situazione. Stringeva il biscotto che poco prima aveva addentato in una mano come se niente fosse. Incrociò l’altro braccio. “Ci siamo messi insieme solo perché il mio ex è gay. Tu ti sei solo offerto per accompagnarmi al ballo. Solo perché non c’era Mark”
Quelle parole sembravano dei proiettili che ad uno ad uno lo stavano trafiggendo. John spalancò gli occhi dalla sorpresa e dal dolore e fu tentato dal toccarsi il petto per sentire se il cuore batteva ancora, o se semplicemente aveva alzato una bandiera bianca.
“Mi hai baciato davanti a tutti. Hai detto che io ti rendevo felice”
“Ma quanto sei stupido. Ancora non capisci che stavo mentendo?” gli rise in faccia così tanto che dovette coprirsi le labbra con la mano con cui stringeva il biscotto. Era allenata a quel tipo di scenate, sapeva anche cosa si provava a stare dall’altro lato. Una piccola vocina le stava dicendo che non era il modo più appropriato di comportarsi e di essere sincera.
Lei la ignorò.
“Se sei venuto qui per dirmi che non andremo al ballo insieme non c’è problema, chiamo Sam. Lui almeno sa come si tratta una ragazza”
Senza pensarci due volte chiuse la porta e rifugiarsi in casa. Prese il telefono e cercò di essere più calma, nonostante sentisse la nascita di una brutta sensazione all’altezza dello stomaco.
Sensi di colpa?
A quella sensazione ebbero piacere ad unirsi parecchie vocine nella sua testa che tenevano a ricordarle che John era un ragazzo popolare, e che nonostante tutto era stato gentile con lei e le voleva bene.
Mise a tacere tutto e l’unica cosa che ascoltava in quel momento erano i rumori a intervalli regolari degli squilli del telefono.
Dopo qualche minuto, anni per Jessie, una voce dall’altro capo del telefono la riprese dai suoi pensieri.
“Pronto, Jess?” la voce squillante di Sam la fece sorridere.
“Hey, senti, ti va di venire al ballo con me?” disse tutto d’un fiato e sentendo le vocine ammassarsi e una sensazione appesantirle lo stomaco.
“Mi spiace, Jess. Ho già invitato la mia ragazza.”
 
 
 
Si era aspettata di tutto, ma non quello.
Sapeva che era difficile e che lo studio si sarebbe fatto più intenso dopo gli esami ma adesso vedere tutte quelle aule e quelle librerie, le metteva una certa ansia. Gli scaffali in perfetto ordine e il profumo dei libri nuovi però riuscivano sempre a strapparle un sorriso timido dalle labbra.
Si sarebbe sentita a casa.
Il silenzio che echeggiava nella stanza quasi le rimbombava nelle orecchie, sapeva di aver scelto un orario mattutino per visitare il college. Eppure, nessuno l’aveva fermata quando aveva chiesto a un segretario di poter visitare l’aula studio e la biblioteca affianco.
“Fate pure, tanto molti studenti sono tornati a casa, altri non si alzeranno prima delle dieci” le aveva detto accennando a una smorfia che somigliava a una risata.
“Dopotutto tra qualche mese sarete anche voi una studentessa, non è così?” lei gli rispose annuendo, e iniziando ad avviarsi verso le aule che il segretario le aveva indicato. L’unico rumore che risuonava era quello dei suoi passi, che si fecero sempre più lenti man mano che arrivava a destinazione.
Ora si trovava a tracciare con la punta delle dita alcuni libri e leggendone i titoli. Sapeva che molti di loro sarebbero diventati i suoi nuovi tesori.
“Credevo di conoscere gli studenti di questo college, eppure per la prima volta mi ritrovo una studentessa alle otto del mattino in biblioteca. Non si finisce mai di imparare, vero?” una voce bassa, la fece sobbalzare. Si voltò con le spalle ancora in tensione per scorgere la figura di un uomo adulto, probabilmente sulla cinquantina che la fissava meravigliato. Non riuscì a riconoscere quel volto e aveva ancora le spalle in tensione.
“Sei una matricola?” continuava ad avere un tono pacato, eppure lei non aveva la minima idea di chi fosse. L’uomo sembrò comprendere e incurvò le labbra in un mezzo sorriso divertito.
“Io mi chiamo Tom Price, sono il professore del corso di fotografia” continuò come se non avesse notato per niente gli occhi sbarrati di lei e una mano che aveva portato alla bocca che probabilmente si era aperta per lo stupore. La trovò divertente ancora di più quando vide che le sue guance iniziarono a tingersi di un tenue colore rosa.
“Sì, i-io mi chiamo Karen”
Si guardarono in silenzio per qualche secondo, poi il professor Price riprese la parola.
“Credo che ti troverai bene allora, Karen. Ho visto le tue foto e un certo video su internet. Prometti molto bene” così dicendo girò i tacchi e si diresse vero l’uscita dell’aula. Il silenzio era ritornato e ora non si poteva ascoltare null’altro che i passi pesanti che si allontanavano sempre di più.
Karen sospirò, poi sorrise contenta e si avviò anche lei verso l’uscita.
Aveva un appuntamento con il suo migliore amico, ma sarebbe volentieri rimasta un altro po’. Il pensiero che il professore di fotografia avesse visto delle sue foto e il video di Mika e che pensasse che prometteva bene non riusciva a non renderla fiera di sé stessa. I tanti sforzi e sacrifici che aveva compiuto, stavano ricevendo il proprio riscatto regalandole squisite soddisfazioni.
Si avviò verso l’uscita muovendo i passi come se stesse ballando. Il professor Price aveva ragione, si sarebbe trovata bene.


 
Mika per la prima volta arrivò prima di Karen a un appuntamento. Sapeva che quel Sabato mattina era andata a fare visita al suo futuro college che l’aveva accettata tra le nuove matricole. Quando le aveva dato la notizie era elettrizzata e quasi le tremavano le mani quando con voce piena di commozione gli disse: “Michael, sono entrata. Andrò al college!”
Non lo chiamava mai Michael, per questo ci mise un po’ prima di realizzare e stringerla forte a sé. Gliel’aveva detto il giorno in cui era tornato dall’ospedale dalla visita di Mark.
Erano già passate due settimane.
Due settimane in cui non aveva fatto altro che godersi l’affetto e le carezze del suo ragazzo in pubblico, senza alcun tipo di timore. Non sentiva più quell’ansia divorargli le viscere quando davanti a un giocatore di football, Mark gli stringeva la mano o gli lasciava un bacio su una guancia. L’aveva baciato anche davanti a Jessie, e ogni volta che la biondina li guardava male o li indicava mentre sussurrava qualcosa a un giocatore di football, quasi per miracolo passava Mrs. Anderson. Sembrava che tutto fosse organizzato e che le cose finalmente avessero preso una giusta piega, per questo si preoccupò quando, con il compleanno di Mark alle porte, lui aveva deciso di passarlo da solo, senza fare le cose troppo in grande.
Ovviamente, Mika non accettò la cosa e cercò di obbiettare, ma sembrava che niente e nessuno potesse smuovere il suo fidanzato da quella scelta. Così, aveva deciso, alla vigilia del suo compleanno, di chiamare Karen e organizzargli una festa a sorpresa.
Gli piacerà.
Non che avesse in mente di chiamare tutta la scuola e buttarsi in una piscina, no. Voleva fare qualcosa di abbastanza significativo da renderlo speciale; dopotutto, le loro lezioni erano nate per questo, per la festa di compleanno di Mark. Era stato un colpo per tutta la scuola quando si erano resi conto che di quella festa non sembrava esserci stato più niente. Specialmente per le cheerleader che si erano preparate con diete, digiuni e tacchi vertiginosi già settimane prima e che ora, non potevano fare a meno di guardarli in cagnesco ogni volta che gli passavano davanti. Ma a Michael poco importava, dopo la conversazione con il suo ragazzo all’ospedale nulla lo avrebbe fermato da mostrarsi per quello che era.
“Scusami, sono in ritardo” la voce della sua migliore amica proveniva dalla sua destra e istintivamente girò lo sguardo verso di lei. Aveva il fiatone, probabilmente era corsa da lui perché sapeva di non essere in orario.
“Figurati, per tutte le volte che lo faccio io...” disse sorridendo e fece per aprire la porta della caffetteria dove avevano deciso di incontrarsi e far entrare prima la ragazza. Era diversa da quella dove si incontravano di solito, ma era comunque accogliente. Le pareti color pesca e le cameriere in divisa le dipinsero sul volto un’espressione di apprezzamento. Sapeva che Michael aveva deciso di portarla lì per non ricordarle quella dove aveva conosciuto James e dove era nato tutto.
Così, decise di andare a prendere posto mentre il suo migliore amico si dirigeva a prendere i caffè alla cassa. Si guardò intorno, notando i piccoli dettagli che le erano sfuggiti alla prima occhiata che aveva buttato quando era appena entrata.
I tavolini erano color cappuccino e su ognuno c’era un mazzo di fiori all’interno. I colori neutri del negozio si mescolavano perfettamente con quelli caldi e freddi delle piante. Su ognuna c’era un cartellino, che segnava i significati e le caratteristiche di quel preciso fiore.
Su quello dove ora sedeva, c’erano dei tulipani gialli e Karen cercò di resistere alla tentazione di leggere cosa c’era scritto a riguardo: lo avrebbe lasciato come pezzo forte. Si concentrò sugli specchi, posizionati strategicamente per rendere il negozio più luminoso e dando l’impressione di essere più grandi. Affianco ad ognuno di loro c’erano scaffali con libri, riviste e foto che ritraevano alcuni clienti in festività annuali. Una in particolare attirò l’attenzione della ragazza, era del Natale del 1995. Una ragazza dai capelli biondi e lisci baciava con tenerezza un ragazzo, posandogli le mani sulle guance e cercando di nascondere il suo sorriso. Lui, le teneva i fianchi e guardandolo meglio, Karen notò che aveva gli stessi capelli di…
“Karen” una voce dietro di lei cercò di richiamare la sua attenzione. No, quella non era decisamente la voce di Michael. Non si voltò.
“Per favore. Voglio solo parlarti” la voce del ragazzo dietro di lei cercava a fatica di rimanere sullo stesso tono senza cercare di abbassarsi troppo.
“Tra poco Mika sarà qui” lei continuava a dargli le spalle.
“Non mi importa”
“Beh, a me sì dato che l’ultima volta hai cercato di spaccargli la faccia” finalmente si voltò e il suo sguardo, glaciale, incontrò quello spaventato e triste di James. Karen si trattenne dallo sbarrare gli occhi, somigliava davvero tanto a quel ragazzo in foto.
James trasalì ma cercò di non darlo a vedere dato che era la prima volta che la ragazza gli rivolgeva la parola in due settimane.
“Possiamo parlarne?” indicò la sedia accanto a lei, ma non ottenne risposta, semplicemente gli voltò le spalle un’altra volta. Lui lo prese come un invito e non ci pensò due volte a prendere posto accanto a lei.
Karen invece voleva solo che se ne andasse, non riusciva a smettere di pensare a lui e di certo quella conversazione non l’avrebbe aiutata.
“Scusami. Non avrei dovuto fare quello che ho fatto, tu per me sei importante…”
“Anche Mika lo è per me” rialzò ancora una volta lo sguardo su di lui, cercando di rimanere ferma e impassibile.
“Anche Mark dovrebbe esserlo per te” continuò riducendo gli occhi a due fessure e cercando di mettere in scena l’espressione di disgusto migliore che aveva. Tuttavia, riuscì a sembrare solamente delusa.
“Ho parlato con Mark. E ho capito che cosa avete in mente di fare tu e il tuo… amico...”
“Si chiama Mika”
“Tu e Mika. So che volete organizzargli una festa a sorpresa” continuò a sostenere lo sguardo della ragazza, che adesso si mostrava stupita.
“Ah, sì? Ed hai intenzione di venire con i tuoi amici anche lì? Di venirci a picchiare perché non vi abbiamo invitato?” una risata amara seguì quelle parole che colpirono James come tanti pugni.
“Karen, ascolta. Io ho chiuso con quei tizi e voglio solamente stare con te. Voglio partecipare alla festa di Mark…voglio... aiutare. Riparare a quello che ho fatto” la ragazza rimase stupita e fece per rispondere, ma l’arrivo di un secondo ragazzo la fermò.
“Ecco il caffè, ci ho fatto mettere dentro la cioccolata dato che ultimamente tu…” la voce di Michael si fermò quando vide James seduto accanto alla sua migliore amica.
“Che ci fa lui qui?” disse mentre si sedeva. Karen stava ancora guardando negli occhi James, quando poi prima di girarsi verso il suo migliore amico per rispondergli, lesse il cartellino sul vaso ei fiori.
Tulipani gialli, il sole nel tuo sorriso e un amore disperato.
“Vuole aiutarci” disse sorridendo, e Mika annuì. Quella mattina aveva fatto fin troppi incontri, che fossero spiacevoli o no lo avrebbe scoperto poi. Per ora rimaneva una cosa, una piccola cosa, che non poteva sapere. 




Saaaaaaaalve!
Ebbene, dopo un anno e tre mesi pubblico l'ultimo capitolo della mia prima fanfiction. Ora manca solo l'epilogo, e ne approfitto per aspettare ancora un po' per salutare i miei lettori. Ho già in mente altre fanfictions, quindi ci rivedremo. Spero che mi seguirete con lo stesso supporto e amore che avete avuto per piccole cose che non puoi sapere. 
Per adesso vi lascio con un arrivederci e vi ringrazio ancora per il vostro affetto.


Melime

 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


A Imma,
Grazie per essere sempre stata lì, al mio fianco.


Mark chiuse la porta di casa sua e si diresse ad accendere l’interruttore della luce, vicino alle scale che conducevano al piano superiore. Era stanco, anche nel giorno del suo compleanno il suo datore di lavoro non aveva avuto la minima intenzione di risparmiarlo. Così, era stato costretto a restare in ufficio fino a tarda sera, nonostante quella sera compiesse ventidue anni.
Ma non era preoccupato, sapeva che ad aspettarlo c’era il suo bellissimo marito, pronto a riempirlo di una cascata di informazioni sul suo primo, imminente concerto. Da quando avevano finito il liceo, lui si era buttato a capofitto nel lavoro con la sua azienda ed aveva postato altri video su internet che nel giro di tre anni l’avevano reso il famoso Mika.
All’inizio era divertente come storia, le persone che lo fermavano per strada per chiedergli le foto, i regali che gli inviavano le fan e i soldi dell’azienda che permettevano alla giovane coppia di avere tanti piccoli lussi in più. Poi però la situazione era sfuggita di mano, e arrivavano periodi in cui i due ragazzi riuscivano a vedersi solamente per due ore al giorno o poco più. Avevano litigato, Michael era andato via dalla loro casa, la stessa dove in quel momento si trovava Mark.
Era stato un periodo difficile, ma non fu l’unico. Mika decise di tornare a casa, si chiesero scusa all’unisono ma tempo una settimana che arrivò la discussione più grande della loro vita, così grande che per un momento Mark aveva pensato di aver perso il suo ragazzo per sempre.


“Avevi detto che saresti stato con me a Natale. Perché mi fai delle promesse che poi non puoi mantenere?” gli aveva gridato addosso incurante del viso rigato dalle lacrime. Gli aveva puntato l’indice al centro del suo petto, dandogli delle spinte cercando di allontanarlo. Il suo sguardo accusatorio puntato dritto nei suoi occhi.
“Perché adesso stai iniziando a mentirmi? E tutte le promesse che ci siamo fatti?”
Era vero. Michael gli stava mentendo, perché non voleva appesantire Mark con i suoi problemi e incertezze. Erano cose frivole che credeva che avrebbe potuto risolvere da solo. Lo sapeva, ci sperava.
“Mark, ti prego. Lo sai che non ti tradirei per nessun altro al mondo” era stanco però di quelle accuse e si liberò dalla sua presa facendo pressione sulle sue braccia e allontanandolo. Adesso le lacrime minacciavano di attraversare anche il suo di viso.
“Chi sono allora quelli con cui esci ogni fottuta sera? Ti ritiri tardi e non ti ricordi nemmeno quello che hai fatto la sera precedente, cazzo Michael!” si accasciò sul divano, la voce rotta. Al suono di quel sospiro smozzato, Mika sentì qualcosa dentro di sé spezzarsi.
“Mark… io… è solo il lavoro. Te lo giuro, non c’è nessun altro” si avvicinò a lui e gli prese le mani tra le sue. Il moro alzò lo sguardo.
“Che cosa sta succedendo, Michael?” ormai la voce era ridotta a un sussurro, Mika poteva sentire le sue lacrime abbandonarsi alla discesa lungo le sue guance.
“Sono solo… piccole cose…. Piccole cose che...”
“Non siamo più al liceo, Michael!” sbottò lui.
“No, solo piccole cose che io sto per raccontarti e che a furia di tenermi dentro hanno creato questo. Piccole cose… che insieme hanno fatto tanto, Mark”

 
Posò la sua valigetta sul divano di pelle nera che sua madre Margaret aveva preso per loro quando avevano deciso di andare a vivere insieme. Fece scivolare via anche il leggero cappotto, posandolo sullo schienale. Un sorriso gli scappò dalle labbra alla vista di quell’ordine in casa, dopo il chiasso e il divertimento che quei due avevano combinato la sera prima, di certo non si sarebbe aspettato di trovare tutto così perfettamente al proprio posto.
Strattonò un po’ la cravatta, dirigendosi verso le scale, sapeva che lì avrebbe trovato Michael al pianoforte, nella sua stanza insonorizzata. Dal primo piano Mark notò che non c’era alcuna luce accesa su quello superiore, così decise di accenderle lui stesso una volta che sarebbe salito.
Mosse un passo verso le scale e poté giurare di aver sentito una voce stridula che sussurrava, ma quando si girò in torno, non vide nessuno. Scrollò le spalle, doveva esserselo solo immaginato.
Proprio come credette di immaginarsi la voce di Karen che mimò un “Arriva” alla sua festa a sorpresa di diciotto anni. Una festa che gli organizzò Mika, che non voleva accettare la sua decisione di voler passare un pomeriggio tranquillo, lontano dalla scuola e solo vicino   a lui.
Era stata una serata che lo aveva fatto sentire per la prima volta al centro delle attenzioni ma contemporaneamente a suo agio. Non c’erano molte persone, solo sua madre, il suo ragazzo, Karen e ... James.
Il ragazzo che aveva definito il suo migliore amico fin quando non andò all’ospedale, era proprio lì. Alla sua intima festa di compleanno. Avevano parlato dopo che era uscito dall’ospedale, il biondo sembrava davvero dispiaciuto per l’accaduto e aveva promesso che si sarebbe scusato anche con Michael. Non si sarebbe mai immaginato la scena ma comunque alla sua richiesta di scuse, lui non riuscì a non stringergli la mano e regalargli un sorriso breve, ma rassicurante.
Parlarono per ore, poi. James gli raccontò come giravano le voci su di lui, ma specialmente sulla sua ex ragazza, Jessie.
Era andata al ballo da sola, con la scusa che voleva godersi un periodo da single, anche se ora aveva la nomea di puttana piuttosto che principessa della scuola. Non l’aveva più sentita quando era finita la scuola, non aveva risposto nemmeno ai suoi messaggi quando gli aveva chiesto come stesse, due anni dopo la fine della scuola.
Quando l’aveva incontrata quasi non la riconosceva. Era diventata più grassa, rimanendo comunque in forma, ma aveva delle grosse borse sotto agli occhi e uno sguardo da pazza. Le sigarette che si fumava si accendevano e si spegnevano nel giro di pochi minuti, così pochi, che se Mark non la vedeva continuamente aspirare e inalare continuamente fumo, avrebbe pensato che stesse fumando la stessa, infinita, sigaretta. Stringeva tra le mani anche una busta unta di un fast food lì vicino e indossava una tuta che le andava troppo larga.
“Vendo biglietti per il cinema al botteghino” gli aveva spiegato quando lei gli si era avvicinata per salutarlo. Gli sorrise timidamente, e Mark quasi trasalì quando scoprì che il bel sorriso della reginetta della scuola si era trasformato in quello giallo e maleodorante di quello di una sgualdrina nascosta nei bagni pubblici.
Masticava a bocca aperta adesso, giocava a giochi stupidi con il cellulare, ed era madre di una bellissima bambina che le strattonava la felpa e le chiedeva di andare a casa. Gli stessi capelli biondi della madre, erano raccolti in una treccia elegante. Gli occhioni stanchi, erano diversi da quelli della madre, di un bellissimo verde ambrato. Probabilmente, li avrà presi dal suo ignoto papà.
“No, non è di John se è quello che stai pensando. Non lo sento da più di un anno” continuò lei, incurante del silenzio stordito di Mark.
Alla fine la salutò senza troppe cerimonie, deciso ad andare più lontano possibile da quella giovane donna. Gli aveva reso il liceo impossibile, per questo non ci curò di nascondere un sorriso quando le disse che si sarebbero visti quando avrebbe portato suo marito al cinema. Se ne andò poi, ma non prima di essersi goduto l’espressione stupita che la ragazza fece alla parola marito.
Non erano più al liceo, non doveva preoccuparsi di come le persone lo guardavano o cosa pensassero di lui. Era fiero di sé stesso e di quello che era diventato, il ricordo del suo matrimonio per lui era il migliore che potesse mai avere. Non nascondeva più a nessuno la sua omosessualità, non se ne vergognava, non ne avrebbe avuto motivo.

“Mi farai da testimone, vero James?” lo sguardo di Mark incontrò quello dell’amico. Erano in una caffetteria nel centro di Londra, tra le preferite del moro. Piena di libri, tranquillità e wifi.
“Oh, cazzo. Ci puoi contare, amico” sogghignò complice.
“Come va con Karen?” disse Mark dopo aver preso un lungo sorso dalla sua cioccolata calda, l’altro trasalì.
“Dopo due anni, mi ha detto che mi ama.”

 
Mark continuò a girovagare per il piano superiore della casa, accendendo man mano che avanzava le luci. Suo marito lo aveva sempre rimproverato per il suo inutile spreco di energie, ma la sua paura del buio aveva sempre la meglio.
Camminava così, un po’ intimidito, verso lo studio di Mika. L’ultima volta che ci era entrato era stata proprio quella mattina quando, prima di scendere per andare a lavoro, era andato a portargli la colazione e salutarlo.
Lo aveva trovato strano, impacciato. Si era persino dimenticato che era il suo compleanno.
“Michael?” aprì la porta dello studio e chiamò il nome di suo marito in un tono basso. La luce era spenta, non c’era nessuno.
Mark cercò a tentoni l’interruttore della luce, non sopportava il buio imminente di quella stanza.
Una melodia lo fece fermare. Proveniva dal pianoforte.
“Michael?”
La ricerca verso l’interruttore si fece più bisognosa, come se l’accensione di quella lampadina cambiasse la vita di Mark. Conosceva quella melodia, era quella della canzone che gli aveva dedicato Mika in uno dei suoi concerti, facendolo commuovere come un bambino.
The Origin of love.
“Tu sei pazzo!” Mark teneva ancora le mani strette sul viso, cercando di nascondere al meglio le lacrime di commozione che si facevano strada sulle sue guance. Michael gli prese le mani nelle sue e lo guardò negli occhi.
“Ti è piaciuta?” lo sguardo interrogativo cadde in quello appannato dalle lacrime. Sogghignò, costringendolo a confessargli quello che pensava.
“È la cosa più bella che potessi mai fare”


La voce cristallina di suo marito iniziò a cantare e finalmente, le sue mani si richiusero su un interruttore.
La luce venne così in fretta che quasi non si rese conto della scena che lo circondava: amici e colleghi erano intorno al pianoforte, con striscioni, pacchi di regali e sorrisi dipinti sul volto.
C’erano coriandoli dappertutto, persino sul pianoforte dove ora era seduto suo marito.
Oh, eccolo.
Indossava uno dei suoi completi più belli e aveva i capelli più ricci che mai. Sorrideva mentre cantava, guardava verso di lui. Da quando aveva acceso la luce, tutti gli invitati avevano iniziato a cantare con lui e muovere piccoli passi di danza sul posto.
Sembrava di stare al primo concerto di Mika, dove decisero di sposarsi.


“Michael! Sei stato fantastico!” corse verso di lui e gli gettò le braccia al collo. Mika era tutto sudato, non aveva fatto altro che ballare in continuazione e cantare fin quando non aveva più forze. I fan ballavano con lui, scherzavano, puntavano verso il palco luci colorate a tempo di musica.
“Vorrei che potesse essere così sempre!” esclamò stringendolo anche lui in un abbraccio affettuoso.
“Ma sarà così, è appena iniziato”
“Intendevo tu, che mi aspetti qui. Quando esco” il suo tono di voce si abbassò un po’, imbarazzato.
“Se è questo che vuoi, ti aspetterò alla fine di ogni tuo concerto”
“Anche se è lontano?”
“Sì”
“Anche se ti farò arrabbiare?”
“Sì”
“Anche con un anello al dito?”
“Cosa?” Mark si staccò dall’abbraccio e notò che Michael si stava allontanando per raggiungere uno dei cassetti della scrivania del suo camerino. Prese qualcosa di molto piccolo, una scatoletta. Mark era sul punto di piangere.
“Vuoi sposarmi, Mark?”



 
Michael aveva finito di suonare, ma Mark piangeva già. Karen stava arrivando con una torta al cioccolato, ricoperta con ciuffi di panna. James dietro di lei, la seguiva.
“Presto, Mark! Il tuo ultimo desiderio, prima che scada la mezzanotte!”
Sentì un braccio cingergli le spalle, uno sguardo color cioccolato posarsi su di lui.
“Qual è il tuo ultimo desiderio?” un sogghigno si fece spazio sul viso di Mika.
“Spiacente, è una piccola cosa che non puoi sapere” 




Saaaaaaaaaaaaalve!
Non ci credo. Ho finito. 
Mi sento stranissima, a metà tra il felice per il traguardo raggiunto, a metà già triste a chiudere questa mia prima ff. Non so come ringraziarvi per il vostro sostegno, le vostre belle parole lasciate nelle recensioni, per le vostre silenziose letture che crescevano a dismisura. Vi prometto che ci rivedremo presto con altre fanfictions. 
Intanto, vi lascio con un caloroso abbraccio e ancora un sentito Grazie.
Melime


 

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