Bad and dangerous.

di HarrysJuliet_x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Begin again ***
Capitolo 2: *** I'm a mess ***
Capitolo 3: *** Odi et amo ***
Capitolo 4: *** Breathe ***



Capitolo 1
*** Begin again ***


Bad and dangerous

 

24 Marzo 1990

 

Una giornata come tante, una giornata fatta di competizione, solitudine, commiserazione. Non era facile fare la giornalista, no, non lo era affatto. Non volevo scrivere su un tabloid, volevo pubblicare i miei articoli su un giornale rispettabile, ma era una lotta ardua, quella all’ultimo scoop. Dovevi trovare una storia fantastica ogni mese altrimenti non sopravvivevi in quell’ambiente. Avevo preso una laurea in lettere moderne da poco ma ero stata scelta come reporter in un giornale per adolescenti. ‘Today facts’ era il suo nome ed ogni persona che ci lavorava si occupava di rovinare la vita delle celebrità. No, non esageravo quando spiegavo ai miei amici le crudeltà che venivano inventate e poi pubblicate.
Fatti privati che venivano sbandierati al mondo intero, io lo trovavo assurdo, ma dovevo pur fare la gavetta, no?
Uscii di casa per prendere l’autobus, il tempo a Los Angeles non era dei migliori, ma ci ero abituata.
Le nuvole coprivano il sole proprio come il mio umore.
Scesi alla terza fermata, fortunatamente il posto di lavoro era vicino, così mi incamminai verso l’entrata colma di giornalisti.
Rimasi basita nel vedere la folla che cresceva a dismisura. Non ero stata informata di niente, ero totalmente all’oscuro.
-Lei è?- Domandò un uomo alto. Era un bodyguard, lo capii dal suo abbigliamento.
-Mirabelle Martìn.- Gli mostrai il cartellino e mi fece passare. I flash dei paparazzi mi accecarono, per qualche secondo vidi sfocato.
-Questa me la sono persa, Berenice.- La mia amica ridacchiò. Posai la borsa maldestramente sulla scrivania prima di sbuffare.
-E’ arrivato Michael Jackson, sai il cantante. Reid lo vuole intervistare, però prima vuole vedere te.- Lo disse con naturalezza. Notai un pizzico di enfasi nella sua voce.
-Cosa? Ma sei seria? Non è uno scherzo divertente!- Mi portai una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, lei era seria. Continuai: -Perché vuole vedermi? Giuro che non ho detto niente a nessuno, nemmeno lo sapevo.-
Avrebbe incolpato me?
Berny rise nuovamente di gusto. -Muoviti che ti sta aspettando nel suo ufficio, non farti troppi complessi, però.- Presi un respiro profondo.
Guardai la mia immagine riflessa alla finestra, decisi che avrei dovuto legare i capelli in una crocchia, così feci. Non venne bene, li sciolsi e poi corsi al piano di sopra dove mi aspettava il mio capo.
Salii gli scalini due a due, quando arrivai a destinazione ero parecchio affannata. Mi ripetei a mente il nome della pop star, realizzai che forse voleva fare causa alla redazione per aver scritto quelle cavolate sulla chirurgia. A mio parere, stava bene, non era un brutto ragazzo.
Bussai con il cuore in gola. Non era una cosa da tutti i giorni conoscere una persona così famosa ed importante. Mia madre lo adorava, era il suo cantante preferito, quando gli avrei raccontato la storia ero sicura che non mi avrebbe creduto.
-Avanti.- La voce dura e fredda di Reid mi richiamò alla realtà. Entrai nella stanza, quasi non svenni quando lo vidi li.
-Mirabelle, lui è Michael Jackson, ma penso che tu lo conosca.- Annuii troppo emozionata per rispondere. L’ambiente era illuminato da una luce artificiale, le finestre erano state coperte dalle tapparelle, ma riuscivo a percepire l’eccitazione di tutti i presenti.
Amanda, una delle segretarie, mi sorrise per rassicurarmi, poi mi concentrai sul mio capo.
-Bene, sai che Andrea doveva fare da giornalista per il nuovo documentario di Michael?-
Annuii nuovamente. -Oggi è entrata in travaglio, solo tu puoi aiutarci, dovrai fare da spalla a Laila.-
Stava chiedendo a me di aiutare ad intervistare una persona che non conoscevo affatto? Insomma, si, lo avevo sentito nominare spesso, era famoso, avevo ascoltato qualche canzone, ma non ero una fan e non sapevo molto di lui.
-Ehm, si, sarebbe bello lavorare per il mitico MJ.- Abbassai lo sguardo imbarazzata.
Michael era vestito molto bene, aveva i suoi mocassini neri ed i calzini bianchi, i pantaloni del colore delle scarpe, la canottiera e la giacca rossa. I rayban gli coprivano gli occhi, ma non mi dispiacque perché gli stavano molto bene. Rimasi colpita dalla sua umiltà, dal suo modo di fare semplice. Quando una persona del suo calibro entra in una stanza, ti aspetti che se la tiri, che non ti noti nemmeno, ma lui aveva stretto la mano ad ognuno di noi.
-Sarebbe un onore anche per me, signorina.- Si presentò, mi ribadì il suo nome nonostante lo sapessi. Rimasi incantata dalla dolcezza dei suoi gesti e della sua voce. Ci guardammo per un tempo indefinito, ma poi Ross parlo:-Vedi Belle, ci serve la massima discrezione durante le riprese. Questa intervista sarà il lancio per il nuovo album di Mike, si chiama ‘Dangerous’, non è finito, manca ancora una canzone, per questo vogliamo portare dietro le quinte il pubblico, fargli vedere come si vive quando si è una star mondiale.- Il suo tono era professionale, diretto, non lasciò trapelare nessuna emozione. Era un imbroglione, avrebbe manipolato le informazioni, lo sapevo benissimo.
Stavo avendo l’occasione della mia vita, non potevo farmela scappare.
-Certo, manterrò la parola, non dirò niente a nessuno. Quando dovrebbero iniziare le riprese?…- L’emozione nella mia voce mi tradì leggermente, nessuno ci fece caso.
-Avevamo concordato con la tua collega di cominciare oggi alle dodici, quindi adesso ti conviene andare a scriverti le prime domande, mancano solo tre ore.-
Dio mio, che domande avrei posto? Ricordavo solo alcuni fatti della sua vita, non volevo domandargli della sua infanzia o dei Jackson five, no, sapevo che era un confine da non oltrepassare.
Mi accigliai un po’, risposi comunque in modo garbato:-Certo, corro subito.. Arrivederci signor Jackson, è stato un piacere fare la sua conoscenza.- Uscii distrattamente, andai contro la porta che era chiusa.
La testa da tutt’altra parte non aiutava i miei movimenti, anzi. Paonazza in volto abbandonai la stanza e ritornai alla mia scrivania.
-Allora? Sei emozionata?- La mia amica dai capelli ramati si girò con un espressione euforica.
-Tu! Tu sapevi tutto!- L’accusai ironicamente. Mi avevano fatto la sorpresa più bella del mondo, ancora non riuscivo a crederci.
-Dio mio Belle, sono così felice per te.- Berenice si alzò dalla sedia e mi strinse in un caloroso abbraccio. Inalai il suo profumo e sorrisi. Metteva lo stesso da quando l’avevo conosciuta, il profumo più buono di tutti: Chanel n°5. Un vero tocco di classe, degno di una ragazza come lei.
-DIO SANTO! Ho voglia di gridare dall’emozione. TI RENDI CONTO? Berny, lui era lì in carne ed ossa, mi ha parlato e stretto la mano. Ho mantenuto il contegno all’inizio, poi però ho sbattuto contro la porta.- Nel ricordare l’accaduto diventai nuovamente rossa come un pomodoro.
-Sempre la solita.- Sghignazzò. Le mie brutte figure erano note a tutti, soprattutto quando ero sotto pressione la razione aumentava.
Sbuffai ripensando alle domande, così senza perdere tempo mi misi a lavoro.
La macchina da scrivere era rotta, dovetti fare tutto a mano per non perdere tempo.
-Cosa sai su Thriller?- Mark si girò. La sua faccia era palesemente turbata.
-E’ l’album più venduto al mondo, Belle. E’ il suo capolavoro più grande, comunque, ma dove vivi? Ha fatto scalpore qui a L.A! Ne erano tutti entusiasti.-
Mi giustificai dicendo che in Inghilterra, nella mia piccola cittadina, non c’erano così tanti fan di Michael.

 

In balcone presi un po’ d’aria, mi riempii i polmoni e poi la buttai fuori. Il non sapere tutto di lui mi dava fastidio, avevo pochissimo tempo e non c’era nulla che potesse aiutarmi davvero. I miei colleghi erano stati gentili a dirmi qualcosa sui suoi successi, mi ero fatta una piccola idea, ma per le domande del giorno successivo avrei chiesto a mia madre.
-Così a Bath, nessuno mi conosce?- Mi voltai di scatto, avevo una mano sul petto impaurita mentre il mio interlocutore era divertito.

 


Ciao ragazze, questa è la mia primissima fanfiction su Michael. Sono anni che ne voglio scrivere una su di lui, ma ogni volta sto male perchè so che è morto e sinceramente ho cercato di distaccarmi un po' da lui e dal fandom.
Sono passati tanti anni, adesso ho un po' superato la cosa, ma sono sempre molto arrabbiata con chi non lo ha aiutato. Mi manca tantissimo.. 
Anyway, spero vi piaccia il capitolo!
Una recensione?:33

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Capitolo 2
*** I'm a mess ***


Cap 1 - I’m a mess.

 

 

Indietreggiai dallo spavento. Una risata cristallina si espanse nell’aria cogliendomi alla sprovvista. Era divertito, rideva perché mi ero presa un colpo allucinante. Gli angoli della mia bocca si curvarono in un sorriso sbilenco.
I suoi RayBan gli coprivano nuovamente gli occhi, non se li era mai tolti, in compenso non aveva più il guanto.
-No, no, non intendevo dire quello, è che molti cittadini sono anziani e non ascoltano la nostra musica… Mia madre è una grande fan, comunque.- Mi diedi un tono, aggiustai la camicia e stropicciai la gonna.
A Bath era conosciuto, ma non così tanto da parlarne sempre come in America. Bath vantava pochissimi abitanti, era insolito trovare qualche giovane.
Vivevo a Los Angeles da pochi mesi, ma ogni giorno cercavo di reprimere l’accento inglese, non ne capivo nemmeno il motivo. Forse cercavo di nascondere le mie origini, avevo persino cambiato cognome. Già, non mi piaceva portare il cognome della bestia che non consideravo mio padre.
Scacciai via quel triste ricordo e ritornai a guardare Michael.   Percepivo il suo sguardo inquisitorio da sotto gli occhiali, mi bruciava addosso, era come il sole, non volevo avvicinarmi troppo per paura di scottarmi.
-Oh, che bello! Sono contento che a sua madre piaccia la mia musica.- Sorrise mostrando una fila di denti bianchi e ben allineati.
A mia madre piaceva la sua musica, era vero, ma ripeteva sempre che era sexy, aveva anche ragione.
Era assolutamente l’uomo più sensuale che avessi mai visto, i suoi capelli ondulati, il suo corpo non troppo muscoloso…
Arrossii involontariamente.
-Ehm, la ringrazio signor Jackson.- Gli diedi del lei, come aveva fatto con me e come era giusto che fosse. Ero solo una stupida collaboratrice, non potevo fare la sfacciata dandogli del tu.
Nel suo atteggiamento c’era qualcosa di strano, qualcosa che mi ricordava vagamente me, era diffidente, riusciva a celare bene i suoi stati d’animo, anche io ci provavo e puntualmente non funzionava mai. Un libro aperto, era quello che ero diventata.
-A lei piace?- Tutto d’un tratto gli interessava il mio inutile parere.
Mi ritrovai a chiedermi il perché, ma poi mi sbrigai ad annuire.
Si fece scappare un risolino e poi abbassò il capo. Era strano, misterioso, bisognava ammetterlo, però mi intrigò.
-Oh eccoti, sei qui Bel..- Il sorriso di Berenice si tramutò in curiosità quando vide chi c’era con me. Un lampo di malizia le attraversò gli occhi, come se potesse pensare a chissà che.
-Mhm, scusate se vi interrompo, ma Reid e Ross vi stanno aspettando nella sala conferenze, qui accanto.- E non ero stata avvertita nemmeno della riunione, perfetto.
Una giornata alla ‘facciamo tutto all’insaputa di Belle’. Sbuffai prima di correre o meglio, scappare nella stanza. Mi sentivo troppo in soggezione vicino a Jackson e non era solamente per la notevole differenza d’altezza.
-Bene, eccoci qui.- Reid strinse nuovamente la mano della star.
-Allora, fra mezz’ora i cameraman e la troupe inizierà a fare le prime riprese con intervista annessa.-
Le raccomandazioni e le spiegazioni continuarono per circa venti minuti, poi fu il momento di partire.

 

Santa Barbara, California.

 

Neverland, il posto migliore del mondo.
Non ero mai stata in una proprietà così grande, anzi, grande era riduttivo perché era immensa.  Sembrava non finire più. L’intervista avvenne a bordo piscina, aveva chiesto quella location perché era bella da vedere e soprattutto era rilassante.
-Mettetevi comode, signore.-
Laila si tolse le scarpe ed immerse i piedi nell’acqua limpida, era spigliata, a suo agio, non capivo come facesse. Io rimasi ferma immobile, non feci un movimento. Ero paralizzata dalla paura di fare qualcosa di sbagliato. Sospirai, poi mi misi a sedere su una delle sedie che ci avevano messo a disposizione.
Jackson fece lo stesso, me lo ritrovai quindi difronte.
Con la voce un po’ rotta dall’emozione iniziai a fare la prima domanda.
Dio mio, mi vergognavo tantissimo.
Stavo per aprire bocca ma la mia collega mi interruppe, iniziando a chiedergli della casa.
-Come mai hai scelto il nome ‘neverland’?- Si approcciò in un modo completamente diverso dal mio, prese subito confidenza con il diretto interessato.
-Beh, vedi, mi piace pensare di aver creato un parco divertimenti mai visto prima. Neverland significa terra che non c’è, infatti nessuno crede che questa proprietà sia vera, a meno che non venga visitata.- Ridacchiò nervosamente.
-Si è ispirato a Peter P- La mora m’impedì di continuare la domanda.
-Per caso hai preso spunto da Peter Pan?- Ribollii letteralmente di rabbia. 
Non solo mi aveva interrotto, ma aveva perfino avuto la faccia tosta di riformulare il quesito che gli stavo per porre.
Il contenuto era lo stesso, pensava che non ce ne saremmo accorti?
La voce di Laila si addolcì, proprio come il suo sguardo nei confronti della popstar.
Mi si accese una lampadina in testa, capii che stava flirtando con lui!
Abbozzai un sorriso poi abbassai lo sguardo. 
-Ehm, si, si, mi sono ispirato a quella storia, sa com’è, l’isola che non c’è e tutte quelle cose… Mi piacciono i cartoni disney.-
Non la degnò di uno sguardo, invece, parlò con me. Mi sembrava dispiaciuto dal suo tono di voce. 

Matt spense la telecamera.
-Ok, ora parliamo di altro, mi raccomando ragazze: convinzione!- Ci motivò quest’ultimo.
-Uno, due, tre, azione!- Ci mormorò l’altro cameraman.
-Signor Jackson- Mi schiarii la voce per poi continuare:- Cosa pensa del fatto che Thriller ha passato la storia come l’album più venduto al mondo?- Assunsi un tono professionale e distaccato.
-Beh, vede, sono molto contento del risultato. Io ed i miei collaboratori ci abbiamo messo un bel po’, però è stato bello sapere che quel disco è piaciuto a molte persone. D’altronde faccio musica anche per gli altri, non solamente per me stesso.- Si tolse gli occhiali e mi guardò dritto negli occhi.
-Thriller è un bell’album, uno dei migliori della storia musicale, ma dicci Michael, chi ti ha introdotto nel mondo dello spettacolo?- Trillò lei.
Era un’ottima domanda, molto meglio della mia su thriller. “Chissà quante volte l’avrà sentita..” No, non ero stata per niente originale.
-Credo sia stato mio padre. Lui ha creato i Jackson five, il gruppo in cui facevo parte insieme ai miei fratelli. Lui ci ha insegnato molto ed è grazie a lui se sono qui.- Lo vidi rattristarsi al ricordo di suo padre e della sua infanzia, per me sarebbe anche finita li quella parte, ma Laila decise di infilare il coltello nella piaga.
-Eravate veramente notevoli, però ci piacerebbe sapere com’è stata la sua infanzia da bambino prodigio.-
Si irrigidì totalmente, si vedeva da lontano che non amava parlare di quelle cose, non capivo però perché lei insisteva così tanto, sapevo anche io che questi argomenti erano off-limits per lui e non ero nemmeno una delle sue più grandi fans o sostenitrici.
Sapevo cosa provava in momenti del genere, così mi feci coraggio.
-Io penso, Matt, che possiamo anche tagliare questa parte e procedere con delle domande che riguardino la sua musica, no? D’altronde questo è un documentario per lanciare il suo DISCO, non la sua INFANZIA.- Marcai molto quelle parole.
Ero solamente una collaboratrice, era vero, ma diamine, queste cose mi facevano veramente schifo. Stava andando assolutamente fuori tema, non era giusto.
-Lei è d'accordo signor Jackson?- Ci fu un silenzio imbarazzante per alcuni secondi.
La mora mi stava trucidando con lo sguardo, poi però lui si decise a parlare:- Assolutamente si.-
Mi guardò con gratitudine, io gli sorrisi sinceramente.

***

 

-Grazie, grazie mille, veramente.- Sussurrò Michael mentre ci accompagnava all’uscita insieme alle sue guardie del corpo.
-Di niente, signore, era solamente…il mio lavoro.-
Nella mia mente mi colpirono mille flashback sulla mia infanzia e su mio padre.
Odiavo portarmi appresso quel peso fastidioso sulle spalle, era una presenza costante quella dell’uomo che per quindici anni mi aveva perseguitata e buttata giù in tutti i modi possibili.
Mi venne un attacco d’asma, non riuscivo più a respirare. Mi succedeva spesso, ma non volevo dare nell’occhio, cercai il broncodilatatore, nella borsa però non c’era traccia di quest’ultimo. Sembravo invisibile, nessuno accanto a me si accorgeva di quello che stava succedendo.
Boccheggiavo ed ansimavo, ero entrata nel panico. La faccia di mio padre mi apparve davanti quasi stessi sognando ad occhi aperti.
-Dio mio, cosa ti succede?- Urlò Jackson palesemente spaventato.
Si girarono tutti di scatto, finalmente poi trovai la medicina e aspirai avidamente.
Ma nessuna terapia farmacologica avrebbe potuto salvarmi dai demoni che avevo dentro, nel profondo della mia anima.
Mi ritrovai in una circostanza sgradevole, erano tutti spaventati tranne, ovviamente, la mia compagnia di lavoro. Avevo gli occhi del moro attaccati a me come una calamita.
-Niente, ho avuto un semplice attacco d’asma, tranquilli..- I bodyguard annuirono e continuarono il loro cammino con Laila.
-Ragazzi, vi dispiace se vi rubo per un po’ la signorina Martìn? La faccio accompagnare in albergo dal mio autista.-
Matt rispose che non c’era nessun problema, mentre quella ad obiettare, per colpa della sua invidia, fu la mora, che quasi urlò:- NO CI SERVE!-
Ovviamente nessuno di noi l’ascoltò.
Quando Michael Jackson chiede qualcosa, nessuno gli dice di no. O per lo meno, nessuno riesce a dirglielo.
Farfugliò un umile: -Grazie.-
Domandava tutto con modestia, non se la tirava affatto, ecco perché erano quasi tutti gentili con lui.
Naturalmente, c’era sempre qualcuno che se ne approfittava.
Camminammo per un bel pezzo, fino a quando non tornammo alla piscina. Ero parecchio confusa, perché mi aveva portata al punto di partenza?

Mi fece cenno di sedermi, ubbidii senza proferire parola.
“Calma Belle, non ti mangerà, al massimo ti può licenziare.” La faceva facile, la mia mente.
Mi spaventai un pochino.
-E’ sicura di stare bene, signorina?- Si accertò.
Mi si sciolse letteralmente il cuore, si stava preoccupando per me, una comune mortale.
-Si, grazie mille.- Mi guardai le mani dal nervoso. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo.
-La ringrazio, non sa quanto significhi per me il suo gesto. La casa discografica mi ha costretto a fare questo documentario, se fosse stato per me avrei solamente lanciato il disco. Odio stare a contatto con i giornalisti, senza offesa. Tutte le volte mi chiedono del mio passato, io, io non amo parlarne, quindi ancora una volta, grazie. Ma non è per questo che ti ho fatto venire qui..- Il suo tono era deciso, ma si vedeva che era timido.
Una personalità così simile alla mia, mi trovavo a mio agio da sola con lui.
Ed era una cosa strana per me, perché non ero mai stata bene con una persona del sesso opposto.
-Per cosa, allora?- Domandai ingenuamente.
La sua risposta non tardò ad arrivare:- Perché ho visto qualcosa nei tuoi occhi, prima.-
Scossi il capo confusa.
-Mi perdoni, ma ancora non capisco, signor Jackson..- Lui diventò ancora più serio. -Il terrore.- Mi spiazzò.
Lui sapeva?


Ciao ragazze!
Come va? Io tutto apposto, grazie a chi ha recensito e sopratutto grazie a chi segue, ricorda e preferisce.
Il capitolo non è il massimo, mi scuso se c'è qualche ripetizione, ma l'ho scritto a notte fonda.
Un bacino a tutte

Ti amo Michael.

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Capitolo 3
*** Odi et amo ***


Cap 2 - Odi et amo

Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento. 
- Catullo.

 

Forse aveva sofferto così tanto da imparare a riconoscere la sofferenza degli altri attraverso i loro sguardi.

-Io non so di cosa stia parlando, davvero.- Dichiarai sulla difensiva.
Inarcò un sopracciglio, era diffidente, come se non credesse alle mie parole.
Era un’affermazione falsa, la mia, ma lui che ne poteva sapere? Non era mica cresciuto con me.
-Non mi mentire.- All’improvviso il suo tono si fece duro. Cercava un contatto con gli occhi, però io guardavo altrove. 
Insisteva, non si fermava, voleva scavare affondo, voleva aiutarmi ma io non lo capivo all’epoca.
-Io.. ehm…stavo avendo un attacco d’asma e mi sono spaventata perché non trovavo la medicina. Non le è mai capitato di temere per la sua vita e di andare nel panico, signore?- Inventai quell’enorme balla per sviare.
Desiderai intensamente cambiare argomento, proprio come avevo fatto io nel bel mezzo dell’intervista per aiutarlo.
-Non ho paura di niente, veramente.- Mi scappò una risatina. Non poteva essere vero.
-Oh andiamo! Tutti hanno paura di qualcosa.- Si avvicinò pericolosamente.
Sembrava così maledettamente sicuro di sé, non era più il ragazzo con gli occhi tristi che non voleva parlare della sua infanzia. Stava in piedi, accanto a me, mentre la sua figura alta e snella mi faceva ombra. Si accovacciò, il suo viso era a circa cinque centimetri di distanza dal mio. Lo trovai strano, pareva che volesse guardarmi dentro l’anima per conoscermi meglio.
-Io no, glielo posso assicurare.- Il suo respiro sul mio collo mi fece rabbrividire, ma non di paura.
‘vedremo’ sussurrai mentalmente.

Dopo una ventina di minuti in cui eravamo stati in religioso silenzio con i piedi immersi nell’acqua della piscina, il signor Jackson decise di farmi riaccompagnare all’hotel.
Un hotel magnifico, cinque stelle, lusso dappertutto, non potevo chiedere di meglio.
-A domani, signorina.- Mormorò contro il mio orecchio prima di lasciarmi salire sulla vettura.
Quel tipo di macchina non passava di certo inosservata dato che era una limousine.
Quando la vidi, infatti, arrossii tantissimo. Non vi ero mai salita sopra, mi sembrava qualcosa di assolutamente esagerato!
-A domani.- Biascicai. Quell’uomo giuro che mi mandava in tilt.
Nessuno c’era mai riuscito, solamente lui e lo odiavo per questo. Ammirazione, fastidio, confusione, erano dei sentimenti contrastanti che aveva scatenato dentro di me in una sola giornata.
Sapevo che non mi sarei dovuta lasciar andare con lui, non era giusto nei confronti del mio lavoro, ma sopratutto, era una persona irraggiungibile. In tutti i sensi.
Sospirai guardando fuori dal finestrino e ripensando alle poche parole che ci eravamo scambiati da soli.
Aveva riconosciuto la mia sofferenza, non si era bevuto le mie bugie, era andato oltre. Allora perché invece di farmi piacere mi spaventava? Non mi ero mai costruita dei muri attorno, forse quello era il momento di cominciare a farlo. Non doveva sapere.
-Siamo arrivati.-
Scesi in fretta e furia dalla macchina per rifugiarmi nella mia stanza.
Quella sera non parlai con nessuno, non chiamai mia madre a casa e non mangiai. In qualche modo ero rimasta turbata dalle sue semplici parole.
Avevo anche passato molto tempo a riformulare le domande che gli avrei posto il giorno seguente, tanto per non fare brutta figura.
Quando la fame si fece sentire, lo specchio catturò la mia attenzione. Avrei dovuto tenere duro, non potevo mollare proprio in quel momento.
La mia immagine riflessa mi fece quasi ribrezzo. Era un sentimento che mi portavo dietro dalle medie.
Ero soggetta a gravi prese in giro sulle mie gambe, sui miei capelli, sul mio modo di fare, sul mio viso. Volevo conquistare la perfezione che tanto bramavo da anni, ma non ci ero mai riuscita. Se qualcuno mi diceva ‘stai bene, sei bellissima!’ per un momento mi sentivo apposto con me stessa, ma poi guardavo qualche ragazza più bella ed automaticamente ai miei occhi diventavo uno schifo.
Forse avrei dovuto chiedere aiuto, ma cosa puoi fare quando la persona che ti prende di mira è tuo padre?
Niente. Stai li ed aspetti che si ubriachi così tanto da svenire, piangi, urli, ti chiedi perché sia capitato proprio a te, ma non puoi cambiare le cose perché per quanto quell’uomo sbagli, sarà sempre tuo padre.
Scostai i capelli sulla spalla destra e controllai il petto. Piccole ed invisibili cicatrici ornavano il mio corpo, quelle sul seno erano più visibili mentre quelle sul collo erano sparite del tutto.
Notai che i miei occhi azzurri erano spenti, logorati ed un po’ me ne dispiacqui.
-Belle, un nome che non ti si addice proprio.- Borbottai alla me riflessa.

 

**

 

Neverland, Santa Barbara, California, 25 Marzo 1990. 8:40 AM

 

Meno venti minuti alla seconda intervista. L’emozione mi stava mangiando viva.

Stavo camminando tranquillamente in giardino quando qualcosa mi venne addosso.
Caddi a terra con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.
-Tu!- Mi puntò il dito contro.
Non avevo nemmeno avuto il tempo di realizzare chi fosse perché subito dopo mi prese per il colletto.
-Prova di nuovo a mettere il bastone fra le ruote alla mia carriera e te la vedrai brutta!- Laila mi minacciò.
Ero sempre stata sensibile alla violenza, difatti cominciai a tremare. L’avevo fatta grossa, ma poco importava, avevo risparmiato un po’ di sofferenza ad un altro essere umano e quello mi rendeva felice.
-Non sei nessuno, non permetterti mai più!- Sputò con cattiveria.
Grazie a Dio mi lasciò andare per correre da “Mike”. La confidenza che si era presa era veramente troppa.
Ero visibilmente scossa, per non farlo notare, scelsi ancora una volta di reprimere il mio stato d’animo.
Avevo passato una vita a farlo ed ancora non ero brava a nascondere i miei sentimenti, che strano.
-Mike! Sei in forma raggiante oggi, tutto bene?- Si affrettò a dire prima che l’attenzione del moro si spostò su di me.
Feci finta di rileggere i quesiti, così da non dover per forza entrare nella conversazione. Se non avessi finto di essere occupata probabilmente mi avrebbe fatto una domanda alla quale non avrei voluto rispondere.
-Grazie mille, anche tu. Tutto apposto, grazie ancora. Voi che mi dite?-
Il suo tono fin troppo dolce mi fece venire un dubbio che sfatai quando li scrutai di sottecchi.
Si guardavano negli occhi, lei sorrideva falsamente mentre lui mi sembrò felice.
Stavano flirtando? Si.

Mi dava fastidio? Forse.
Mi sarei dovuta fare da parte e lasciare che Laila si scottasse. Se lo meritava.
D’altronde quando hai a che fare con una persona di fama mondiale puoi solamente pregare che vada tutto bene per un piccolo lasso di tempo, perché relazioni del genere non durano mai molto.
Il suo mondo girava e bruciava troppo velocemente per noi persone normali. Ma forse alla mia collega piaceva giocare con il fuoco.
Uno dei suoi bodyguard, Andrew, gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Michael si illuminò come un albero di natale. La sua felicità era incontenibile, sembrava un bambino a cui era stato concesso di visitare Disneyland.
Mi incuriosii parecchio, quindi, stabilii che era meglio avvicinarmi per saperne di più. Ma non ne ebbi bisogno, perché la cosa, o meglio, la persona che Jackson stava aspettando si mostrò in tutto il suo splendore.
Lisa Marie Presley, figlia del mitico Elvis, cresciuta a Graceland, nella tenuta del padre.
Avevo scritto un paio di articoli su di lei, non conoscevo bene il suo personaggio, di conseguenza, non seppi spiegarmi il motivo della sua presenza.

Visita ad un vecchio amico? Nah, erano più intimi.
Si baciarono in bocca.
Decisamente più intimi.
-Signore, lasciatemi che vi presenti la futura signora Jackson.- Ella ci volse un sorriso strafottente, che riuscì a mascherare bene.
-Sono Lisa Presley, ma penso che mi conosciate. Piacere mio, carissime.- La mia compagna si prostrò letteralmente ai suoi piedi inondandola di complimenti.
Mi lasciai sfuggire una risatina sarcastica che avrei dovuto assolutamente trattenere.
Mi guardarono tutte e due con aria di sfida, tranne Michael, lui era in qualche modo divertito.
-Piacere mio, signorina.- Mi aggiustai gli occhiali. Le porsi la mano ma la rifiutò.
Quell’aria di sufficienza che aveva mi mandava letteralmente in bestia.
Come poteva una persona così superficiale ed antipatica stare con una umile e fantastica? Era del tutto inspiegabile, ai miei occhi.

-Bene, penso che possiamo pure iniziare. Sediamoci.- Con il suo fare da padrona di casa ci introdusse verso un’area inesplorata dell’abitazione.
Era una camera stranissima, piena di giocattoli. Mi rese felice quella vista, non mi fu chiaro il perché. Ero solamente contenta di vedere tanti giocattoli.
Ci fece sedere su un divanetto con dei disegni raffiguranti Peter Pan e gli altri protagonisti della storia.
Fantastico!

-Azione, ragazzi!- Matt ci avvertì.
Appena misero in moto le telecamere Laila partì con la prima domanda.
-Siete veramente belli insieme, a quando il matrimonio?- Naturalmente, da brava prepotente, Lisa non fece aprire bocca al suo ragazzo.
-Il 27 di Aprile! Sarà un giorno fantastico.- Era molto esaltata. Fin troppo, per i miei gusti.
Mi scambiai un’occhiata indecifrabile con il diretto interessato. Eravamo tutti e due in silenzio, lasciavamo conversare le due come se fossero amiche da anni. Ero ancora una volte in disparte, ma ci ero abituata.
Belle si abitua a tutto. Ormai la gente si aspetta solo quello da me.
-Cosa ami di più di Michael?- Le chiese appassionandosi alle loro vicende amorose. Si vedeva da lontano che fingeva, Dio Santo, era proprio senza ritegno.
-Beh, ehm…cosa amo di più…ehm..- Ci pensò per qualche secondo su.
Rimasi allibita. Davvero non sapeva dire cosa l’aveva colpita di quell’uomo?

Se fossi stata lei avrei elencato una marea di cose, come per esempio: il suo sorriso, la sua risata contagiosa, i suoi occhi, i suoi capelli, il suo modo di fare, la sua umiltà, il suo corpo così sexy…
Arrossii violentemente.
Dovevo smetterla. 

-Credo di amare il suo carattere molto aperto.- Ridacchiai istericamente.
Se c’era qualcuno che non era affatto estroverso, quello era Michael. Forse era il suo passato o forse il suo carattere, ma lui non era così. Non lo conosceva proprio.
-Signor Jackson, cosa le piace fare nel tempo libero?- Ero stufa di parlare della loro vita privata, adesso lasciavo che la mia curiosità parlasse per me.
Era una domanda che mi ponevo spesso: cosa fanno le persone famose quando non sono impegnate a lavorare? Si divertono come noi o fanno cose strane?
Era banale, ma era sempre meglio della conversazione ESCLUSIVA di Laila e Lisa.
Tra l’altro, sembravano proprio due migliori amiche. Beh, tra vipere si erano trovate bene.

-Scusate, se non vi dispiace vorrei parlare con questa bellissima signora in privato per farle qualche domanda. Il secondo cameraman può venire con noi, se non le dispiace Miss Presley.-
Lei acconsentì felice. Tutti e tre si diressero verso un’altra stanza della casa a discutere di non so cosa.
Io e Jackson eravamo interdetti, non ci aspettavamo che ci lasciassero da soli come due cretini.
-Mi piace girare con delle bici elettriche per tutta casa. Sono veramente veloci e mi divertono, anche se alla mia donna non piace quando lo faccio.- Scrollò le spalle.
-Oh si, ne ho sentito parlare. Deve essere divertente!- Costavano pure un occhio della testa, ma lui poteva permettersele.
-Venite con me, ve le mostro.-
In un batter d’occhio ci ritrovammo in corridoio. Non un normale corridoio, ma uno così grande da sembrare una stanza. Lì vi teneva tutte le bici dai colori sgargianti.
Quando le vidi la mia bocca formò una ‘o’ in segno di stupore.
-Sono..stupende, davvero.- Ero strabiliata.
Nessuno dei miei conoscenti le possedeva, erano le prime che vedevo dal vivo, difatti mi luccicarono gli occhi.
-Facciamo una gara.- Propose.
Allungò la sua mano ed io la strinsi con vigore. -Bella stretta, Jackson. Davvero notevole.- Mormorai.
Scelsi quella dal colore verde e vi montai sopra.
-Ok, allora, se premi il pedale rosso acceleri, se invece premi quello blu ti fermi. Per andare a destra o sinistra, basta girare il manubrio. Facciamo una prova.-
Il suo alito sapeva di menta, era così buono. I battiti del mio cuore aumentarono, proprio come l’agitazione. La sua vicinanza non era un bene, assolutamente no.
Misi in moto il veicolo e partii lentamente. Michael mi stava dietro, all’inizio, quando mi lasciò premetti troppo sull’acceleratore. Misi le mani in avanti per proteggermi, ma nella frazione di secondo in cui pensai che stavo per staccarmi accadde qualcosa.
-Oddio!- Mi fermai di botto ed il mio cuore fece lo stesso.
Una risata echeggiò nell’abitacolo.
-E’ stata la cosa più divertente del mondo! Hai ripreso tutto, vero Matt?- Jackson era euforico. Il biondo si limitò ad annuire.
Ero sana e salva, fortunatamente, ma qualcuno si sarebbe fatto male da li a poco.
La sua risata mi contagiò e non potei fare a meno di unirmi a lui.
Non ridevo tanto per l’accaduto, ma per la situazione. Michael era accasciato per terra, con le lacrime agli occhi, la mano sul petto ed i capelli davanti al viso, mentre io ero seduta sulla bici.
-La prego basta ridere, sto soffocando.- Lo supplicai invano. Ormai nessuno dei due riusciva più a smettere.
-Non vedo l’ora di vedere il video!- Un’altra risata.
Imitò anche il mio urlo molto acuto.
-Io non parlo così!- Abbassai di poco il tono di voce. Le lacrime scendevano alla velocità della luce, ma per una volta non erano lacrime di tristezza, bensì, di felicità.

-Che succede qui?- Domandò Laila venendoci incontro con un sopracciglio inarcato. Le spiegammo velocemente la situazione e lei abbozzò un sorriso. Ci disse anche che l’intervista era andata bene, ma Lisa era dovuta scappare per dei problemi personali.
-Bene, per il momento direi che abbiamo abbastanza materiale, che ne dite di fare una pausa?- Ci suggerì Andrew.  La troupe decise di tornare in albergo, Laila compresa.
-Rimani qui, ti faccio riaccompagnare dopo. Ho bisogno di parlarti.- Mi prese per il braccio facendomi girare di scatto verso di lui.
Avvampai per il gesto inaspettato.
-Ehm, si, ok.- Ero curiosa. Mi avrebbe parlato un’altra volta del terrore nei miei occhi? O saremmo rimasti in silenzio? Mi andavano bene tutte e due le opzioni, l’importante era rimanere con Michael.
In qualche modo mi sentivo legata a lui. Era proprio strano, ma era come una calamita per me. Non riuscivo più a staccarmi neanche se avessi voluto, ero completamente in balia di un ragazzo che non conoscevo da più di 24 ore.

 


Mi scuso se il capitolo fa schifo e soprattutto mi scuso per eventuali errori. Aggioro alle 3:23 di notte, capitemi.
Non ho la possibilità di aggiornare di mattina, prutroppo :c Dio, rileggere questo capitolo mi fa venire da piangere. Mi manca troppo.
Comunque le date le ho messe a cazzo di cane, non preoccupatevi se non coincidono alla realtà.
Una recensione?*please* 

Forever in my heart, AppleHead.
Ti amo.

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Capitolo 4
*** Breathe ***


Cap3- Breathe

"I don't know if I should."
 

La luce di mezzogiorno si fece più intensa ed il sole cominciava a scottarmi sulla pelle.
Eravamo ancora una volta a bordo piscina. Il suo giardino era immenso e mi meravigliai di come non si fosse mai perso in quella casa così grande per una persona sola.
Mi rabbuiai pensando che non sarebbe più stato da solo, Lisa Marie sarebbe andata a vivere con lui dopo il matrimonio. Non mi dava fastidio il fatto che fosse fidanzato, più che altro, con chi.
Avevo avuto “l’onore” di parlarle solo per cinque minuti, ma già la odiavo. Ed io non ero una persona che portava rancore o che giudicava un libro dalla copertina.

Il rumore dell’acqua che si muoveva m’incantò per qualche minuto, estraniandomi dalla realtà.
Rimuginai sull’intervista, sulle domande successive e sulla presunta felicità di coppia che i due vantavano tanto davanti alle telecamere.
Perché scegliere una donna così spocchiosa quando puoi averne altre mille? Insomma, era Michael Jackson, la più grande popstar mondiale, le ragazze non gli mancavano. 


Improvvisamente ebbi un mancamento a causa dei pasti che avevo saltato. La testa iniziò a girarmi e la vista mi si offuscò.
-Stai bene?- Chiese con preoccupazione.
-Si..- Posai una mano sulla tempia destra. Mi succedeva spesso, oltre agli sbalzi d’umore avevo anche dei mancamenti.
Perché mi facevo questo? Perché mi costringevo a non mangiare? La risposta era una sola: volevo l’approvazione di mio padre, per una volta volevo sentirmi accettata da lui. Nonostante il male ed i danni che mi aveva arrecato volevo compiacerlo.
Ma ai miei occhi, la perfezione a cui ambivo era lontana anni luce.
-Vuoi che chiami un medico?- Probabilmente non aveva mai assistito ad una scena del genere, mentre io vi assistevo quotidianamente.
-No, no, mi è già passato!- Cercai di farmi forza e di sembrare vispa.
Lui annuì dubbioso.
Si era preoccupato per me, non potevo crederci! Il re del pop che si preoccupava per una come me, se lo avessi raccontato mi avrebbero presa per pazza.
Finalmente mi ripresi.
Mi aggiustai gli occhiali nervosamente, poi tossicchiai:-Voleva dirmi qualcosa, signor Jackson?- Bisognava andare al dunque. Perché mi aveva detto di rimanere?
-Non vorrà licenziar..- L’ansia parlò per me.
-No, non preoccuparti. Volevo solamente godere della tua compagnia.- Ero disorientata.
Gli stavo simpatica? Quello si che era un vero scoop.  Non credetti alle mie orecchie, pazzesco!
-E’ sicuro di stare bene?- Mi venne naturale domandarglielo.
-Si, perché non dovrei?- Alzò un sopracciglio divertito.
“Beh forse perché non sono proprio miss simpatia o miss universo?”
Non avevo quelle qualità che pensavo cercasse in una donna, ergo, nella mia mente non mi sembrava fattibile una cosa del genere. Non mi sembrava nemmeno possibile il fatto che mi rivolgesse la parola.
-Ehm, chiedevo.-
Lo guardai un’ultima volta con il fiato mozzato. Era bello, bello da vivere. Il suo sorriso contagioso, il suo carattere introverso ma comunque in qualche modo solare, i suoi occhi…lui.
Quel giorno aveva indossato una camicia verde, i pantaloni neri ed il cappello anch’esso nero. Era l’uomo più affascinante che avessi mai visto dal vivo.
Si accorse che lo stavo fissando ma non disse niente, si limitò a sorridere.
Inaspettatamente qualcosa di bagnato mi venne addosso. Quando riaprii gli occhi compresi che Michael mi aveva tirato un po’ d’acqua.
-Come si è permesso, signor Jackson!- Feci la finta offesa. Ricambiai il gesto schizzandolo con i piedi.
La sua risata cristallina echeggiò nell’aria, mi ammaliò così tanto da non capire più nulla.
-Ah si? Sta giocando con il fuoco, miss Martìn.- Riprese a darmi del lei.
Ridacchiai.
Mi coprii con la mano per pararmi dall’ennesimo schizzo d’acqua che stava per colpirmi in pieno volto.
-Allora spegniamolo questo fuoco.- Ammiccai.
Avevo un piano in mente per fargliela pagare.
Con un gesto repentino lo buttai in acqua, ma lui fu più furbo e mi prese la gamba trascinando giù anche me.
Era palesemente divertito, mi aveva battuto ed aveva vinto. Non mi importava della vittoria, sinceramente volevo solamente vederlo felice. Per farlo ridere avrei perso altre mille volte contro di lui.

 

Eravamo sul patio, seduti su un dondolo a mangiare un po’ di anguria. Avevo ancora la camicia e la gonna, avevo solamente tolto le scarpe e le calze. Anche lui era vestito, tranne per i piedi che erano nudi. 
Se qualcuno ci avesse visto avrebbe pensato che eravamo due pazzi, ma come dargli torto? Lo sembravamo proprio!
-Mi sono divertito con te.- Affermò di punto in bianco.
Arrossii violentemente, sperai che non se ne accorgesse. Sprizzavo gioia da tutti i pori, per me quello era un grande risultato, avevo allietato anche solo per una giornata la vita di una persona e questo mi rendeva la persona più felice del mondo.
-Anche io, signor Jackson. E’ stato un piacere, davvero.- Mi sorrise sornione.
Era bello, troppo, troppo, troppo bello per essere vero.
-Seguimi ti devo far vedere una cosa!- Mi tese una mano che accettai volentieri.
Ci stavamo ancora una volta addentrando in quel vasto giardino per andare chissà dove. La terra sotto ai miei piedi iniziò a tremare a causa di quel contatto che avevo atteso da tutta la mattinata.
La realtà era una sola: il fascino di Michael Jackson mi stava colpendo come una palla demolitrice colpisce un muro.
Non sapevo se la cosa mi dava fastidio o mi faceva piacere, ma era sbagliato, completamente e totalmente sbagliato.
Mi sentivo uno schifo perché mi stavo avvicinando ad un cliente sposato e non avrei dovuto. Sarei dovuta rimanere al mio posto e non l’avevo fatto.
-Eccoci qui.- Lo spettacolo che mi si presentò mi colse alla sprovvista.
Ero strabiliata.
Ci trovammo difronte ad una quercia enorme, contornata da una cascata artificiale.
Non riuscii ad esprimere il mio stupore a riguardo, era incredibile.
-Gypsy!- Urlò.
Qualcosa da dietro la cascata si mosse pesantemente. Mi spaventai a morte, non avevo capito di cosa si trattava fino a quando l’animale non esibì la sua proboscide.
-Oddio, ma è vero?- Chiesi avvicinandomi un po’. Ero sempre stata attratta dagli elefanti, per me erano come dei giganti buoni.
Michael rise di gusto godendosi la scena.
-Tu che dici?- Mannaggia a me e alle mie domande stupide.
Gypsy si avvicinò con cautela, iniziai ad accarezzarle la zampa destra e si rilassò.
Avrei voluto toccarle il viso ma la mia scarsa altezza non mi permetteva di arrivarvi.
-Ti piacciono gli elefanti?-
Annuii di rimando. Non ne avevo mai visto uno, quello era il primo, l’emozione che ebbi nel toccarlo era incontenibile, inspiegabile.
-Me lo ha regalato una mia cara amica. Fra poco dovremmo darlo via..- Disse con una nota di tristezza nella voce.
-Oh, perché? E’ così dolce!- Mi dispiacqui molto, era un peccato.
-A Lisa non piace…-
Li capii tutto.

 


Hola belle!
Grazie per il capitolo precedente (TRE RECENSIONI!!!!!!!!!), mi scuso se questo è un po' scritto male (di merda proprio), ma ho degli esami e avevo un'idea in testa. 
Non aggiornerò per un pochino ragazze perchè come ho già detto devo fare degli esami scolastici e devo studiare molto, quindi niente, spero vi piaccia e spero che possiate recensire anche negativamente.
Un bacio!

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