Pride and Justice

di Malakia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Hawke e Anders ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Surana ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: All I want is a pretty girl, a decent meal, and the right to shoot lightning at fools ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Dear Old Friends ***
Capitolo 5: *** Capitolo V: Serhazat ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Hawke e Anders ***


Dragon Age II... croce e delizia. Per fortuna che c'è Anders!
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Anders si rigirò sotto le coperte preda di un sonno agitato.  Quegli incubi lo perseguitavano da quando era diventato un Custode Grigio e il fatto che uno spirito dell'Oblio avesse scelto il suo corpo come fissa dimora di certo non aiutava. Temi ricorrenti dei suoi sogni erano l'Oblio e i suoi demoni, sapientemente miscelati con orribili ricordi che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di cancellare.
La caccia alla baronessa nei recessi di Paludenera ad esempio, oppure quando l'eroe del Ferelden,  quel sadico orecchie a punta di Surana, aveva sfidato l'Architetto in una gara di magia all'ultimo sangue.
L'Oblio stesso si era distorto attorno a loro, mentre il comandante dei Grigi, già uccisore dell'Arcidemone, aveva affrontato il signore dei prole oscura, un essere che prima della corruzione era stato uno dei più temibili magister del Tevinter.
Il Custode, in possesso del grimorio della Strega delle Selve Flemeth e di una totale padronanza della Magia del Sangue aveva sconfitto l'antico stregone assorbendone i poteri, diventando qualcosa che Anders non avrebbe saputo definire.
Un abominio? No, LUI era un abominio, sebbene a possederlo fosse uno spirito anziché un demone. Surana era qualcosa di più, qualcosa che andava ben oltre essere lo schiavo di un demone o dei propri desideri oscuri… qualcosa di paragonabile solo a Flemeth in persona, probabilmente.
Eppure la prima volta che l'aveva incontrato alla Fortezza della Veglia, gli era sembrato assolutamente innocuo. Era un elfo originario dell'Arlea di Redcliff  e come lui aveva passato l'intera vita rinchiuso dietro le mura del Circolo. Come fosse diventato un Custode Grigio non lo sapeva, ma aveva sentito dire che era successo dopo un disatroso tentativo di sfuggire alla sorveglianza dei templari in compagnia di un altro mago, un certo Jowan.
- Anders? -
- Mmh…? -
- Non costringermi a buttarti giù dalla branda. Hai scatenato una rivoluzione e ora mezzo Thedas ci vuole morti, non puoi startene lì a dormire. -
Il biondo si coprì il capo con il rozzo coltrone di lana – Lasciami in pace Hawke, stavo sognando il Ferelden… -
Si udì uno sbuffare spazientito, poi una scarica di elettricità azzurrina lo fece schizzare dritto a sedere – Sei impazzita?! –
La maga rise – Sono stanca di sentirmi chiamare Hawke.  Ho un nome, ricordi? – rispose lei glissando la sua domanda – E' ora di mettersi in marcia. I nostri inseguitori sicuramente non se la stanno prendendo comoda quanto te. –
Lui si stiracchiò, rassettandosi la giacca marrone. Faceva troppo freddo per dormire svestiti e l'ultima cosa che desiderava era dover rispondere ad un eventuale agguato dei templari in mutande.
Hawke si caricò lo zaino sulle spalle e gli rivolse un sorriso affettuoso. Per non dare nell'occhio, entrambi avevano sostituito i loro abiti da incantatori con semplici vesti da contadini e nascosto i bastoni incisi che utilizzavano per catalizzare la magia avvolgendoli in una coperta. Di certo non erano un carico che passava inosservato, ma ad un'occhiata superficiale potevano venir scambiati per attrezzi da lavoro.
Erano fuggiti da Kirkwall due mesi prima e, dopo aver dirottato una nave di mercenari assoldati dai Templari erano sbarcati sulle coste rocciose di Orlais. Il piano era semplice: raggiungere la capitale e mettersi alla ricerca dell'Eroe del Ferelden, il mago elfo che aveva per l'appunto occupato gli incubi di Anders quella mattina.
Perché lo stessero cercando era piuttosto ovvio: era il solo in grado di unire i maghi, l'unico Magister vivente che non provenisse dal tirannico impero Tevinter. Se avesse accettato di aiutarli ancora non lo sapevano, del resto non erano neanche sicuri di riuscire a trovarlo… e, soprattutto, nessuno poteva dire con certezza se appellarsi ad uno come lui fosse davvero una buona idea.
Sicuramente, Surana godeva di fama e rispetto tanto presso gli elfi che presso gli umani, aveva impedito al flagello di abbattersi sul Ferelden e ristabilito l'ordine ponendo la giovane regina Anora sul trono… ma restava comunque uno schifoso opportunista dalle orecchie a punta.
- E' ancora molto lontana la capitale? – la domanda di Hawke lo distolse dai suoi pensieri.
- Non ci sono mai stato, ma ho sentito dire che le sue altissime torri si possono scorgere da lontano e, per il momento all'orizzonte non si vedono altro che alberi e pianure. -
- Fantastico. – sbottò lei scuotendo il capo, il tatuaggio viola che aveva sulla guancia sembrava scintillare alla luce dell'alba. – Pensi davero che troveremo Surana? O almeno la sua compagna. Mi accontenterei di avere dalla mia parte la figia di Asha Bellan'ar. Piuttosto, come hai detto che si chiama? -
- Morrigan – scandì Anders in un sussurro. – Pare che si sia infiltrata a corte e che consigli… o manipoli… l'imperatrice, restando nell'ombra. -
- Sento che andremo molto d'accordo. – sogghignò lei continuando a scrutare l'orizzonte.
- Già, dopotutto quelle come te ADORANO manipolare. Specialmente quando puoi obbligare gli altri a tagliarsi la gola da soli. – bofonchiò l'altro, mentre un bagliore azzurrino gli rischiarava le iridi color miele.
- Non ricominciare con questa storia, Giustizianders, sei corrotto dalla magia quanto lo sono io. – s'impuntò Hawke posandosi le mani sui fianchi. Lo chiamava "Giustizianders" ogni volta che un qualche bagliore magico lasciava intuire la presenza dello spirito – E anche il tuo caro Custode è un mago del sangue. -
Anders sorrise lievemente. Zefrina Hawke era un'eretica cresciuta lontana dal circolo, istruita nelle arti magiche dal padre insieme alla sorella Bethany che lui, sfortunatamente, non aveva mai conosciuto. Era stata trucidata da un Ogre prima ancora che Zefrina raggiungesse Kirkwall, molto prima che loro due s'incontrassero.
Nonostante il Circolo sostenesse di esere l'unico organo in grado di addestrare adeguatamente i maghi, il padre di Hawke aveva dimostrato il contrario: non solo sua figlia era un'incantatrice provetta, ma era persino riuscita a resistere alla tentazione dei demoni con tenacia impressionante. Lui era presente il giorno che il Demone della Superbia si era impossessato di lei minacciando di trasformarla in un abominio, e lo ricordava come fosse ieri.
Erano entrati nell'Oblio sotto la guida della guardiana Marethari, guida spirituale di un clan di elfi dalish accampato poco lontano da Kirkwall, nella speranza di salvare l'anima di un giovane e promettente mago mezz'elfo che gli spiriti avevano preso di mira.
Il demone gli aveva sfidati uno ad uno, mettendo alla prova la loro forza di volontà. Quell'ottuso di Fenris era stato il primo a cedere, rivoltandosi contro di loro. Stessa sorte era toccata ad Isabela, la migliore amica di Hawke che, pur non essendo una cattiva persona era stata tradita dalla propria avidità.
Quando era arrivato il suo turno, Giustizia lo aveva protetto dalle melliflue parole del demone, mentre Zefrina aveva intrapreso co lui un acceso duello verbale. In questo, gli ricordava molto Surana. Anche lui amava fare due chiacchiere con demoni e prole oscura, solitamente persuadendoli a concedergli qualche dono in cambio della promessa di risparmiare loro la vita… promessa che raramente manteneva.
Hawke aveva tentato di convincere il demone a lasciare in pace il mezz'elfo, ma l'essere non aveva sentito ragioni e le si era avventato contro. La battaglia era stata dura, ma sebbene fossero rimasti soltanto in due, lui ed Hawke erano un'accoppiata inarrestabile. La ragazza era specializzata nella magia d'attacco, con una personale predilezione per incantesimi arcani mentre lui era sempre stato portato per la via della guarigione. Ogni volta che il demone si scrollava di dosso l'effetto di un incanto e riusciva a colpirla, immediatamente la sua magia risanatrice le cicatrizzava le ferite. Già allora teneva molto a lei, e non avrebbe sopportato di vederla coperta di cicatrici a causa di una sua negligenza.
Quando il demone era sul punto di cadere e Zefrina stava evocando l'energia per scagliare un ultimo incantesimo, la creatura si era smaterializzata davanti ai loro occhi, attraversando le dimensioni dell'Oblio in un ultimo gesto disperato. Poi aveva attaccato di nuovo, non fisicamente, ma colpendo Zefrina attraverso una distorsione del velo, entrandole in corpo.
Anders si era sentito mancare il fiato. L'aveva posseduta, l'avrebbe trasformata in un abominio e lui sarebbe stato costretto ad ucciderla per tentare almeno di salvarle l'anima…
Lei cadde in ginocchio, prendendosi dolorosamente la testa fra le mani tentando disperatamente di scacciare quella presenza ma il demone la stava già prosciugando delle energie, distruggendo tutte le sue difese mentali. Tentò di contrastare la sua avanzata con la magia, ma non le era rimasta più una sola scintilla di Lyrium in corpo, il demone se ne era nutrito immediatamente, lasciandola completamente indifesa. Gridando per il dolore, vide le sue mani trasformarsi, la pelle che avvizziva e le unghie che si allungavano mentre il demone plasmava il suo corpo per insediarvisi definitivamente. – Sei mia! – gongolò soddisfatto mentre Anders, ancora paralizzato dal terrore, riusciva a stento a pensare.
- No – ringhiò lei tra i denti ormai simili a zanne giallastre – …tu sei mio! – afferrò il bastone e lo rovesciò, conficcandosi la lama seghettata nell'addome. Il sangue rosso scuro esplose tutt'intorno, arrivando persino a chiazzare il volto incredulo di Anders.
La magia scaturì nuovamente dalle sue mani, catalizzata non dal Lyrium ma dall'essenza stessa della vita e il demone indietreggiò, gridando come se gli fosse stato lanciato addosso dell'olio bollente. Tentò di fuggire, abbandonando quel corpo che fino ad un istante prima aveva così tanto desiderato ma lei lo imprigionò in una maglia di energia incandescente.
- Tu non vai da nessuna parte! – gridò Hawke, i lineamenti e le mani che rapidamente tiacquistavano il loro aspetto umano. Con un movimento convulso, estrasse la lama dalla carne e si appoggiò al bastone per rimettersi in piedi. Con l'estremità ancora intrisa di sangue, tracciò un glifo sul pavimento e lo colpì, accendendolo del bagliore rosso della magia proibita.
Anders sentì la presenza del demone acquietarsi, sottomessa. Lo aveva siglillato all'interno del suo corpo, imprigionandolo in quella forma mortale con catene che difficilmente l'entità sarebbe riuscita a spezzare senza subire un terrificante contraccolpo. Erano state forgiate con l'energia vitale della maga quando essa era fusa con la sua, se avesse tentato di separarsi da lei o di ucciderla, sarebbe perito a sua volta.
Sfinita per lo sforzo, la ragazza era crollata a terra e Anders si era precipitato da lei, cicatrizzandole le ferite e trasportandola fuori dall'Oblio con l'aiuto di Giustizia.
Quando aveva ripreso conoscenza, si era ritrovata distesa sul letto soffice della sua tenuta nella Città Superiore con tutta la famiglia Hawke riunita attorno al suo capezzale.
Anders era rimasto in disparte, osservando quella commovente scenetta familiare. Leandra aveva stretto al petto la figlia piangendo dalla gioia, Carver che aveva tentato in tutti i modi di celare la propria preoccupazione per far forza alla madre, adesso si era lasciato andare mentre Gamlen, burbero come al solito, aveva sbottato – Vedi Leandra? Sono queste le cose che succedono quando si sposa un eretico fereldiano! –
Nessuno di loro, ovviamente, sapeva che la ragazza era diventata la prigione vagante di un demone, e Zefrina fece il possibile per tenerlo loro nascosto, improvvisando persino una scusa per l'appariscente marchio viola che il demone le aveva impresso sul volto. – Bello eh? Me l'ha fatto Isabela, lei ne ha uno simile tatuato sul fondoschiena. Ero troppo invidiosa. -
Da allora, il richiamo della magia del sangue era divenuto sempre più forte e ben presto Zefrina era divenuta pressochè incapace di lanciare incantesimi attingendo al mana  come aveva fatto in passato. Persino le pozioni a base di Lyrium non avevano più effetto su di lei e l'unico modo che aveva per curarsi, oltre a prosciugare l'energia dei nemici, era quello di ricorrere alla magia diretta, motivo per cui Anders le stava sempre a fianco, accompagnandola in tutti i suoi viaggi.
E la cosa non gli dispiaceva… tutt'altro. Quella disavventura li aveva uniti e adesso che anche lei era posseduta da qualcosa… adesso che anche lei era costretta a portarsi appresso un segreto terribile, Anders la sentiva più affine che mai. Non era raro che si trovassero a parlare degli "aspetti tecnici" della loro rispettiva possessione, lui le raccontava di come i suoi poteri fossero aumentati da quando aveva accolto Giustizia e Hawke rispondeva ironicamente che se un tempo la loro era stata una "relazione a tre", adesso avrebbero potuto formare una squadra di wallop.
Giustizia e Superbia inoltre, sembravano andare piuttosto d'accordo nonostante il primo fosse uno spirito benevolo eccessivamente zelante e il secondo un demone imprigionato contro la propria volontà.
L'idea che un demone maschio fosse legato alla donna che amava non lo entusiasmava, ma Superbia non era interessato alle "cosacce dei mortali" come lui stesso le definiva, perciò probabilmente era preferibile ad un demone del desiderio… anche se quest'ultima idea lo stuzzicava sotto certi aspetti. Palesemente infastidito dai pensieri del suo ospitante, Giustizia fece lampeggiare d'azzurro la sua pelle, ma il mago lo ignorò. La disapprovazione di Giustizia era ben diversa dall'ira di Vendetta, non rischiava di saltare alla gola dei suoi stessi amici come era successo nel nascondiglio di Corypheus… quando Zefrina, suo fratello Carver ed Isabela avevano dovuto ridurlo ad uno straccio per riuscire a calmarlo.
Ma non sempre Vendetta si manifestava in modo così violento, altre volte, le più pericolose, erano quelle in cui sussurrava nella sua mente avvelenandogli i pensieri. Allora restava lucido, ma non riusciva ad opporsi, anzi… credeva di essere lui stesso a formulare quei pensieri, perciò non sentiva il bisogno di contrastarli o di riflettere. Era sulla spinta di quei mormorii che aveva convinto Hawke ad aiutarlo a recuperare i materiali necessari per attuare il suo piano. Lei si era ovviamente insospettita e l'aveva pregato di dirgli che cosa avesse in mente, ma Anders le aveva rifilato soltanto un mucchio di frottole ed era riuscito a strapparle la promessa di aiutarlo. Superbia si era opposto con tutte le sue forze, spingendo la ragazza a cavargli di bocca la verità ma Zefrina era riuscita a zittirlo.
Magari avesse avuto lui un controllo simile su Giustizia…
- Mi fiderò. – gli aveva confidato Hawke baciandolo sulla guancia e lui si era visto crollare il mondo addosso. Se avesse saputo cos'aveva davvero in mente gli avrebbe rifilato uno schiaffo. Forse due. Forse lo avrebbe immolato sul posto in una vampata di fiamme spirituali… no, non l'avrebbe fatto.
Si sarebbe infuriata e avrebbe tentato di farlo ragionare, forse ci sarebbe anche riuscita… quando era con lei solitamente riusciva a controllare Giustizia e se era Vendetta ad emergere sapeva che non si sarebbe fatta scrupoli a tramortirlo con una mazzata. Ah, era appagante sapere che la ragazza che amava guardava dritto negli occhi lo spirito e lo affrontava senza paure, a volte persino col sorriso sulle labbra. – Non posso portarti da nessuna parte! – aveva esclamato ironicamente quando Vendetta lo aveva dominato nei sotterranei della fortezza dei Custodi. Vista la sua instabilità, non aveva tutti i torti.
Eppure, quando aveva messo in atto il suo piano e la Chiesa di Kirkwall era stata spazzata via in una roboante esplosione di luce rossa, aveva scorto la paura negli occhi di Hawke. Di cosa si era resa complice? Un conto era aiutare i maghi ad organizzarsi, un conto era difendersi dagli attacchi dei templari… ma questo? Un attentato che aveva causato la morte di persone innocenti?
Hawke si era voltata verso di lui, così furiosa che sul suo viso scintillava il bagliore violaceo indice della presenza del demone. – Sei impazzito?! –
- Non può esserci pace tra maghi e templari. Il mio gesto ha escluso ogni possibilità di compromesso. Non tornerò indietro, non sono pentito. – le aveva risposto con fermezza glaciale. Adesso che il piano era stato portato a compimento, il sussurro di Vendetta aveva abbandonato la sua testa. Lo spirito eta soddisfatto.
- C'erano altri modi, Anders. Non era necessario uccidere queste persone! La Grande Sacerdotessa Elthina era una donna saggia e…! -
- E avrebbe trovato il compromesso che ho evitato! – ruggì Anders lasciandola senza parole – Altra prigionia, altri soprusi, altre… - il mago strinse i pugni - … altre ingiustizie. -
Hawke lo guardò impietosita. Il giogo dei templari schiacciava i maghi e Anders, da solo, era costretto da Giustizia a farsi carico di tutto quel dolore.
- Ho cambiato il destino di questo mondo, il come… saranno gli altri a deciderlo. Non m'importa cosa farai di me. Uccidimi, consegnami ai templari, fammi imprigionare di nuovo. Non mi interessa... -
Zefrina scosse  il capo senza lasciarlo continuare – Quel che è fatto è fatto. – scandì passandosi nervosamente la lingua sulle labbra – Porremo fine a questa guerra una volta per tutte, placheremo lo spirito che incarni e lo rispediremo nell'Oblio felice e contento quando non ci sarà più un solo mago sottomesso alle leggi della Chiesa. –
Anders sollevò lo sguardo, incredulo – Voi… voi mi sosterrete? –
- Voi? Da quando mi dai del "voi"? – tentò di scherzare, ma l'uomo continuò a fissarla interdetto – Sì, mio caro Anders. Bruceremo ogni sede del Circolo dei Magi che incontreremo sul nostro cammino, ridurremo in poltiglia i templari o li sacrificheremo a qualche antico dio Tevinteriano, ti sta bene? -
Un sorriso sfiorò nuovamente le labbra del mago – Tutto eccetto la parte dei sacrifici. Ho già da smacchiare il tuo sangue dai vestiti, un altare gocciolante è l'ultima cosa di cui ho bisogno. –
- Saggia decisione. Comunque, a tua differenza, ho intenzione di rivelarti immediatamente il vero motivo di questo mio brusco cambio d'atteggiamento. – puntualizzò lei sogghignando, mentre il riverbero viola si riaccendeva nei suoi occhi – Superbia è invidioso della tua idea e si sta rammaricando del fatto di non averci pensato lui… a far saltare in aria mezza Kirkwall. E io sono d'accordo con lui. -
- Ricordi che è un demone e che quindi tutto ciò che ti suggerisce è irrimediabilmente sbagliato, vero? – era sollevato dalla consapevolezza di avere Hawke dalla sua parte, ma non riusciva a togliersi dalla testa il timore di averla trascinata in quella follia contro la sua volontà… e se fosse stata tutta colpa di Superbia? Se la ragazza che aveva conosciuto avesse cessato di esistere e lui stesse parlando direttamente con un'entità oscura?
Quando Hawke lo afferrò per le spalle attirandolo a sé per baciarlo, ogni dubbio svanì. Le loro sagome si stagliavano nere contro le fiamme magiche che avevano raso al suolo la Chiesa. Alle loro spalle, Kirkwall bruciava sconquassata dalla rivolta, sia la comandante Meredith che l'arcimago Orsino erano morti, entrambi corrotti e divorati dai propri demoni interiori. E loro stavano lì, abbracciati. Due eretici, due maghi senza speranza di redenzione, due anime condannate.
Ma insieme.
Insieme mentre tutto il mondo bruciava.

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Surana ***


Surana inspirò profondamente. Val Royeux si estendeva mastodontica davanti a lui, le alte torri merlate che si stagliavano contro il cielo ambrato della mattina. Il vento soffiava implacabile sulle mura scompigliandogli i capelli e facendo schioccare gli stendardi rossi e blu.
Come tutti gli elfi era longilineo e di statura ridotta, ma qualcosa nella sua figura esprimeva potere. E non per merito del pregiato abito da magister sul cui spallaccio destro era stata fissata, come un trofeo, la maschera bronzea dell’Architetto.
Sedeva a gambe incrociate sul balcone principale del palazzo dell’Imperatrice. A quell’ora non c’era nessuno in giro e lui poteva godersi un po’ di tranquillità prima di venir nuovamente trascinato nella caotica vita mondana della corte Orlesiana. Nessuno sapeva chi fosse in realtà, eccetto l’imperatrice e il ciambellano ma a Surana stava benissimo così. I bagni di folla e le parate non facevano per lui, aveva salvato il Ferelden e sconfitto l’Arcidemone, ma non era mai stato interessato alla gloria. Il potere, quello si che lo intrigava.
Da quando Morrigan era entrata a corte come consigliera dell’Imperatrice anche la sua vita era cambiata. Dopo anni passati a dormire sulle dure brande del Circolo prima sulle stuoie della sua tenda poi, i voluminosi cuscini di piume del suo nuovo alloggio quasi lo infastidivano.
Non aveva bisogno di tutta quell’opulenza e l’unico motivo per cui aveva accettato la fin troppo generosa ospitalità dell’Imperatice era la possibilità di accedere alla biblioteca del palazzo. Ovviamente sperava di trovarvi qualche antico manoscritto, ma le sue aspettative furono deluse. Stando ai libri che aveva consultato, ad Orlais le sole cose a contare erano i bei vestiti, l’alta cucina e i complotti di palazzo e niente di tutto ciò lo interessava.
Ma Morrigan era felice. Sarà stata anche una strega delle selve cresciuta lontana dalla civiltà, ma era pur sempre una donna e le ricchezze e il fasto di quel mondo sembravano andarle a genio. Se non altro, nessuno aveva mai osato chiamarla eretica.
Il fatto che fossero due maghi non aveva  mai causato problemi nonostante la capitale fosse anche sede dell’Ordine dei Templari. L’Imperatrice aveva un debole per Morrigan, con i suoi modi schietti e logici la strega era in grado mostrare alla sovrana punti di vista sempre nuovi che nessun’altro dei suoi sudditi avrebbe mai osato proporle.
E poi c’era Alyzabel. La piccola, pestifera, adorabile Alyzabel.
Mezzelfa, palliduccia, capelli corvini e il caratteraccio di sua madre.
Non pensava che si sarebbe affezionato a lei, eppure la sua leggendaria imperturbabilità veniva meno se lo guardava con quei suoi occhioni color ambra, identici ai suoi. Anche se dietro quello sguardo di bambina si nascondeva l’anima di un Antico Dio, anche se il suo corpicino era un involucro per un potere troppo grande per un mortale, un potere che lo attirava come una falena che si lascia tentare dalle lingue del fuoco…
Ma era sua figlia e non riusciva a pensare a lei come ad un polveroso grimorio di magia pronto a rivelargli i suoi segreti. Era una bambina che lo chiamava e cercava la sua approvazione, così impacciata nei pomposi abiti che la moda Orlesiana imponeva alle donne d’alto rango.
E lui, per la prima volta in tutta la sua vita, si sentiva impotente davanti a qualcuno. Certe volte gli risultava persino difficile dirle di no se si metteva a fare i capricci e allora era Morrigan a rimproverarlo, senza nascondere però una certa soddisfazione nel constatare come il burbero Custode Grigio che conosceva si stesse poco a poco aprendo con lei e con Alyzabel.
Il loro era sempre stato un rapporto strano, s’erano avvicinati inizialmente per pure “affinità intellettuali” perché Surana era interessato ad apprendere quanti più segreti la figlia di Flemeth fosse disposta a condividere con lui. I primi progressi lo avevano estasiato e così aveva insistito affinchè Morrigan gl’insegnasse a mutare forma proprio come faceva lei. Le “lezioni” che la strega delle Selve gli impartì all’accampamento sotto gli occhi strabuzzati di Alistair  erano uno dei ricordi più preziosi che Surana custodiva nel suo cuore freddo e atrofico. Forse era addirittura il primo bel ricordo che avesse mai immagazzinato nella sua biblioteca mentale.
Prima di diventare un Custode, prima di incontrare Morrigan… per lui esisteva solo il Circolo. Lo avevano portato via dalla sua casa a Redcliffe quando aveva solo sette anni e tutto il resto della sua vita lo aveva passato dietro le mura fortificate della torre, con gli altri apprendisti che lo prendevano di mira semplicemente perché era un elfo e loro, rampolli di qualche signorotto locale, gli elfi li tenevano come sguatteri e stallieri.
Poi ovviamente c’erano i Templari, sempre pronti a sottoporti al rito della Calma al minimo passo falso. Le sole persone di cui sentiva di potersi fidare erano il suo compagno di stanza Jowan e il Primo Incantatore Irving. Jowan era una mezza cartuccia come mago, ma condivideva il suo desiderio di fuggire da quella prigione e questo gli bastava. Irving beh, era il solo che rispettasse veramente lì dentro. Era un uomo placido e saggio, sempre pronto a mediare con i templari per proteggere i suoi studenti e più di una volta lo aveva tirato fuori dai guai.
Ma Morrigan era completamente diversa. Tra loro c’era stata intesa sin dal primo momento, spesso si toglievano l’un l’altra le parole di bocca esponendo il loro punto di vista, altrettante volte di andavano contro come due cani rabbiosi. Un momento prima voleva baciarla, quello dopo voleva ucciderla. Era una relazione amara, contorta, spesso crudele. Ma per loro funzionava.
Più imparava a conoscerla e più desiderava essere come lei, un eretico cresciuto libero dal giogo della chiesa perché, che lui lo volesse o no, la permanenza al Circolo gli aveva inculcato l’idea di dorver reprimere il suo dono per la magia, di doverlo temere e nascondere.
Con Morrigan, lontano dalla Torre invece poteva abbracciarlo. Poteva essere sé stesso fino in fondo, poteva ridere mentre i Prole Oscura bruciavano come carta ad un suo semplice gesto, mentre i suoi nemici si rannicchiavano terrorizzati o preda di incubi più vividi della realtà si scagliavano l’uno contro l’altro… poteva sentirsi libero.
La vocetta di Alyzabel lo riscosse dai suoi pensieri mentre le sue manine gli strattonavano il mantello – Papà! Papà, la mamma mi ha detto di portarti questa! –
Surana si voltò, regalando un sorriso stanco alla sua streghetta preferita – Fa vedere Alyz. –
La bambina consegnò la lettera chiusa con un sigillo di ceralacca nero che Surana non riuscì ad identificare. Prese la figlioletta sulle ginocchia e lei lo abbracciò tutta contenta, giocherellando con le trine del suo farsetto da Magister.
Surana aprì la busta scorrendo distrattamente le righe della lettera, ma mano mano che leggeva la sua espressione si fece sempre più corrucciata.
- Papà… stai bene? – gli chiese la piccola notando il suo improvviso cambiamento d’umore.
Lui la ignorò, rileggendo la missiva per assicurarsi di aver assimilato tutte le informazioni e  poi si mise in piedi, tenendo ancora Alyzabel tra le braccia e rientrò nelle sue stanze.
Indugiò con lo sguardo sull’armadio chiuso da un lucchetto incantato che custodiva la sua armatura e il suo bastone da battaglia. Posò delicatamente la bambina a terra, scompigliandole i capelli scuri prima di sollevare la mano destra per sciogliere il sigillo del guardaroba e spalancarlo.
Erano anni che non usava il suo equipaggiamento, ma alla vista degli intarsi sul bastone e delle rune abilmente iscritte sulle piastre d’acciaio gli sembrò di non essersene mai separato. Quegi oggetti erano parte di lui, s’erano macchiati del sangue di mille nemici eppure sembravano invocarne altro. Li avrebbe accontentati.
Alyzabel sapeva che suo padre era un tipo di poche parole, perciò non insistette e si ritirò in un angolo della stanza, osservandolo in silenzio mentre con solennità rimetteva mano agli abiti che lo avevano consacrato salvatore del Ferelden. E quello stesso eroe che lei non aveva mai conosciuto ma del quale aveva tanto sentito parlare presto fu finalmente davanti a lei, avvolto nelle sue lugubri vesti da stregone.
Prima di indossare l’elmo a forma di testa di grifone, Surana si rivolse alla piccola – C’è una cosa che devo fare. E’ importante Alyzabel, molto importante. Torna da tua madre e dille che starò via alcuni giorni. Tornerò presto, non preoccuparti per me. –
- Non mi preoccupo. – rispose lei serenamente – Lo so che sei il più forte di tutti. –
Surana sorrise – Vorrei che fosse così, mostriciattolo. Adesso su, vai. -
La bambina annuì, ma prima di uscire dalla stanza aggiunse – Li braccano. I Templari… loro li prenderanno. Devi affrettarti. –
L’elfo sollevò le sopracciglia sottili. – Cos’altro vedi? – chiese, avvicinandosi di un passo per scrutarla dritta negli occhi.
C’erano dei momenti in cui Alyzabel si comportava come una normale bambina, tempestandolo di domande e mettendo il broncio, ed altri dove rivelava la sua natura sovrannaturale diventando improvvisamente silenziosa, seria, adulta. Momenti in cui parlava di cose che non poteva sapere, di eventi accaduti prima della sua nascita, di cose che avvenivano a chilometri di distanza. Morrigan sosteneva che  quello era solo uno dei tanti poteri che crescendo avrebbe sviluppato e lui tremava d’impazienza e di paura al solo pensiero.
Alyzabel si concentrò, serrando a pugno le piccole mani – C’è una luce, uno… spirito, nel corpo di un uomo. E un’ombra, un demone…! …Fuggono insieme, dagli uomini in armatura… ma… ma…! –
Surana sentì un fiotto di pietà alla vista degli occhi spaventati della bambina, anche se le sue parole non avevano fatto altro che confondergli le idee – Stai calma, partirò immediatamente. Vai da Morrigan. -
La bambina si riscosse come da un brutto sogno e annuì tremando – Fai presto! –
Per tutta risposta lui si calò l’elmo sulla fronte e uscì a gran passi col bastone saldamente stretto nella mano coperta dal guanto d’armi. Il clangore delle piastre dell’armatura non gli era più così familiare, ma la visione di Alyzabel occupava interamente la sua mente. Uno spirito nel corpo di un uomo… poteva essere Giustizia? Non ne era certo, ma visto che il mittente della lettera era Anders non era da escludere.
Dopo aver ucciso l’Architetto le loro strade si erano divise e non aveva saputo più niente di lui, di Nathanael Howe o degli altri compagni che l’avevano affiancato durante quella lotta post-Flagello. Dopo essersi separato da loro, era partito alla ricerca di Morrigan e s’era ricongiunto con lei dopo una vera e propria caccia alla strega nelle selve Koncari. Cosa ne fosse stato degli altri non gli era mai interessato, così come non gl’importava più niente del Ferelden che aveva da tempo smesso di considerare come casa propria.
Ma Anders… lo ricordava bene, persino con un certo affetto. Lo faceva ridere la sua fissazione per i gatti. Inoltre era un fuggiasco del Circolo esattamente come lui, perciò avevano sempre avuto un sacco di argomenti in comune e per questo non se la sentiva di ignorare la sua richiesta d’aiuto. Soprattutto se ciò che la lettera diceva corrispondeva al vero.

 
So che è passato tanto tempo Surana, ma ho un disperato bisogno del tuo aiuto. Non so dove ti trovi, né se questa lettera ti raggiungerà mai, ma sei l’unico a cui posso rivolgermi. Sono in fuga dai Liberi Confini, ho lasciato Kirkwall al culmine della rivolta tra Maghi e Templari e adesso sono il loro ricercato numero uno. Non posso dirti cosa ho fatto, le voci sul mio conto presto si spargeranno in tutto il Thedas e allora sarà troppo tardi  perché persino tu possa offrirmi il tuo aiuto. Posso solo dirti che sono una persona molto diversa da quella che hai conosciuto, forse sono diventato più simile a te. Ho visto e fatto cose terribili, perciò in nome dell’amicizia che un tempo ci legava, sono obbligato ad avvertirti che ti caccerai in guai molto grossi se verrai in mio soccorso. Non ti avrei mai chiesto una cosa del genere se non fosse stato davvero necessario ma non si tratta solo di me. Con me sta fuggendo un’altra eretica e mi sembra sottointeso che questa donna mi stia molto a cuore. Non voglio perderla per colpa dei Templari. Non voglio assistere ad altre ingiustizie. Impazzirei, Surana. Impazzirei.
Ci stiamo dirigendo verso Val Royeaux dove spero che questa lettera ti raggiungerà. Siamo allo stremo, inseguiti da un’orda di Templari. Segui le tracce, so che ci troverai.
--- Anders

 
Prendendo per buono che Giustizia fosse lo spirito a cui Alyzabel si riferiva, perché Anders non lo aveva menzionato parlando invece della sua nuova fiamma? E poi c’era sempre l’ombra… il demone che aveva spaventato la sua piccola. Che cosa ci faceva con Anders? Possibile che non si fosse accorto della sua presenza? Il mago biondo era uno sciocco, ma Surana non lo credeva stupido fino a questo punto. Doveva vederci chiaro.  

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Capitolo 3
*** Capitolo III: All I want is a pretty girl, a decent meal, and the right to shoot lightning at fools ***


Surana spronò il cavallo al galoppo, godendosi l’aria frizzante della mattina mentre indisturbato si lasciava alle spalle le mura granitiche di Val Royeux.
Il bastone intarsiato gli sobbalzava sulla schiena e i lunghi capelli neri gli scivolavano fuori dall’elmo. Le campagne di Orlais erano completamente diverse da quelle aride e terrose del Ferelden, qui tutto era immerso nel verde delle coltivazioni di vite e alberi da frutto e le colline degradavano piacevolmente verso le baie sassose che s’affacciavano sul mare.
Tutto sembrava tranquillo e mentre procedeva lungo la strada incontrò persino un paio di venditori ambulanti serenamente intenti a mercanteggiare. Rallentò per chiedere se avessero incrociato una compagnia di Templari ben armata, ma nessuno seppe fornirgli alcuna indicazione, perciò decise di abbandonare la via carovaniera e di spingersi nella foresta tagliando per i campi.
Se Anders e la sua amichetta erano abbastanza svegli, avrebbero tentato di raggiungere la capitale evitando di seguire il fiume sul cui estuario sorgeva la città, preferendo una via alternativa e discreta.
La foresta e i suoi acquitrini non erano esattamente un luogo piacevole dove avventurarsi, ma erano l’ideale se si voleva far perdere le proprie tracce e seminare un gran numero d’inseguitori.
Segui le tracce, so che ci troverai. Aveva scritto Anders nella lettera. Si, come no.
Mentre si addentrava nel fitto della foresta, rimpianse di non aver spronato Alyzabel ad immergersi completamente nella visione per ottenere qualche dettaglio in più. Ma non le piaceva forzarla, i suoi poteri erano ancora latenti e in larga parte sconosciuti e nemmeno lui sapeva cosa sarebbe potuto succedere se ne avesse perso il controllo. Inoltre era ancora troppo piccola per sottoporsi ad un’addestramento magico di qualsiasi tipo. Ovviamente lui e Morrigan non l’avrebbero affidata al circolo di Val Royeux e si sarebbero occupati personalmente della sua formazione con il beneplacito dell’Imperatrice Celene I in persona.
Restava il fatto che sapere dove cercare in quel momento gli avrebbe risparmiato un bel po’ di grane. Strattonò le redini per rallentare il cavallo e si mise in ascolto. La foresta era immersa in un silenzio idilliaco. A dire il vero era persino troppo silenziosa per essere una foresta dove normalmente in quella stagione s’udiva l’incessante canto delle cicale e il cinguettare degli uccelli.
Smontò da cavallo e portò istintivamente una mano al bastone, serrando le dita guantate attorno al legnoferro levigato. Qualcosa si stava avvicinando, lo sentiva. E non con le orecchie, ma nel sangue. Il sangue di prole oscura che aveva bevuto prima della disfatta di Ostagar e che lo aveva reso un Custode Grigio ormai undici anni prima adesso gli ribolliva nelle vene. Era tanto che non provava quella sensazione, perciò impiegò un’istante ad identificarla.
Senza dire una parola evocò nella mano libera un fuoco fatuo che si mise a volteggiarli intorno e che avrebbe funto da antenna e catalizzatore per i suoi incantesimi, poi avanzò tra gli alberi cercando di essere il più silenzioso possibile. I suoi occhi dorati scrutavano febbrilmente il sottobosco in cerca di qualsiasi movimento improvviso mentre le sue mani già formicolavano di magia pronte a colpire.
Una freccia sibilò nell’aria e lui riuscì a schivarla appena in tempo, lasciando che andasse a conficcarsi nel tronco alle sue spalle. Si voltò e senza neppure vedere in faccia il suo aggressore scagliò un quadrello incantato nella direzione da cui proveniva la freccia. Il dardo spirituale fendette rami e fronde come una saetta centrando in pieno petto il bandito appostato tra gli alberi.
Altre frecce perforarono l’aria e Surana le mandò in mille pezzi con un esplosione di forza mentale ma alcune sorpassarono l’onda d’urto e, sebbene deviate e prive della loro letale velocità originaria, gli penetrarono nella carne.
Ringhiando, se ne strappò una dall’avambraccio e richiamò a sé altro potere.
Tra i banditi in tipici costumi Orlesiani si diffuse un mormorio angosciato che si tramutò in grida quando il corpo del primo di loro ad essere caduto si trasformò in polvere e la sua energià vitale andò a risanare le ferite di Surana.
Un’altra raffica di frecce s’abbattè sull’incantatore mentre uno degli uomini più temerari s’avvicinava con una lama sguainata in ogni mano. Surana sputò una boccata di sangue e le sue labbra sottili s’incurvarono in un sorriso di scherno, ma il suo assalitore non lo notò, preparandosi a sferrare una falciata letale.
Le lame fendettero l’aria attraversando il corpo dell’elfo come fosse fatto di tanti, brulicanti brandelli… e il grido di puro orrore che cacciò il tagliagole quando la vittima che credeva d’avere in pugno esplose in un nugolo d’insetti fu soffocato dal ronzio assordante.
Lo sciame si divise in tante nuvole più piccole che s’avventarono sugli ultimi banditi rimasti, costringendoli alla fuga. Infine gli insetti si radunarono nuovamente in una grottesca forma umana che riprese poco a poco le sembianze di Surana finchè l’elfo non si ritrovò da solo e ricoperto di sangue in mezzo al campo di battaglia.
Gettò via l’elmo e si sedette ai piedi di una quercia per riprendere fiato, ravviandosi i capelli madidi di sudore. Non aveva corso un vero pericolo, era uscito indenne da situazioni ben peggiori… ma trovarsi da solo a fronteggiare un’imboscata non era il massimo della vita. Si concentrò, risucchiando altra energia dai cadaveri che lo circondavano per far sparire gli ultimi graffi e si rimise in piedi.
Durante lo scontro, il suo cavallo era fuggito via spaventato e lui non aveva alcuna intenzione di rincorrerlo in mezzo alla boscaglia, perciò dopo aver bevuto una lunga sorsata dalla borraccia che portava con sé proseguì dritto per la sua strada, il fuoco fatuo che ancora gli danzava allagramente sopra la testa.
 
***
 
Hawke trascinava Anders di peso, un braccio passato attorno alla schiena del mago e la mano libera saldamente aggrappata al bastone che stava usando come puntello durante la salita. Se la strategia dei Templari era quella di prenderli per sfinimento, beh… stava funzionando. Li avevano braccati come animali sin dal loro approdo sulla costa Orlesiana, spingendoli verso le montagne dopo aver fatto circolare pacchi di manifesti con una taglia succulenta sulla loro testa.
Per il momento avevano seminato i loro inseguitori, ma Hawke non voleva fermarsi.
La foresta era fitta in quel tratto e dal suolo spuntavano spunzoni di roccia ricoperti d’erbacce. Non c’erano caverne o altri luoghi in cui nascondersi, solo una distesa deserta e buia, dove accendere un fuoco avrebbe immediatamente rivelato la loro posizione.
Ma Anders che fino ad allora s’era trascinato pietosamente al suo fianco aveva appena perso i sensi e lei non aveva la forza di caricarselo in spalla. Lo adagiò contro il tronco contorto di un vecchio albero e si distese al suo fianco col cuore che ancora le rimbalzava nel petto per la fatica.
Non era un buon momento perché il guaritore del gruppo si facesse un sonnellino, pensò sconsolata portandosi una mano al fianco ferito. Il sangue le si era raggrumato sotto l’armatura e ogni passo le provocava una sorda fitta a tutta la gamba destra. Aveva bisogno di essere curata al più presto se non voleva che la ferita s’infettasse ma il mago era allo stremo delle forze, esattamente come lei.
Persino Superbia rantolava pietosamente dentro di lei. Moriremo. Ringhiava.
- No che non moriremo, frignone di un demone. – bofonchiò Hawke stringendo i denti, nonostante fosse consapevole che se i Templari li avessero raggiunti adesso, per loro sarebbe stata la fine.
Combattendo contro la stanchezza, Hawke si chinò sull’uomo e premette la fronte contro la sua. Scottava. Maledizione!
Moriremo.Ripetè Superbia in un uggiolio e stavolta lei non trovò la forza per ribattere. Sprofondò di nuovo nell’erba fissando i barbagli di luce che filtravano attraverso le fronde degli alberi pregando che l’aiutassero a restare sveglia, ma tutto attorno a lei si faceva sempre più sfocato e sarebbe sicuramente sprofondata nell’incoscienza se all’improvviso Anders non si fosse bruscamente girato su un fianco, scosso da un ascesso di tosse.
Lei gli si avvicinò porgendogli l’ultima borraccia d’acqua rimasta, ma lui la rifiutò con un gesto brusco.
- Sto bene. –
- No che non stai bene. Sei malato. – 
- Ce la faccio. Dobbiamo proseguire, non possiamo aspettare ancora. I Templari… -
Hawke lo afferrò per le spalle, pregandolo di restare disteso. Era pallido, tremava e i suoi occhi color miele erano pesantemente cerchiati. Per quanto restare lì fosse pericoloso, un guaritore esperto come lui sapeva che proseguire in quelle condizioni era un suicidio… per quasto motivo, Hawke s’infuriò quando scoprì che quel comportamento sconsiderato era indotto della presenza di Giustizia, rivelata dal lieve bagliore azzurrognolo che percorreva la pelle dell’uomo.
Allo spirito non interessavano le condizioni di salute del suo ospite, l’importante era raggiungere l’obbiettivo, l’importante era uscire da quella foresta e unirsi agli altri maghi ribelli che li attendevano a Val Royeux. – Non ci muoveremo finchè non ti sarai ripreso, Anders. Non puoi marciare in questo stato. – Insistette lei, rispondendo ai suoi fiacchi tentativi di liberarsi dalla sua stretta immobilizzandolo contro il tronco nodoso.
- Dobbiamo proseguire! – ribattè lui, mentre le crepe sul suo viso si facevano più grandi e luminose.
- Anders, è Giustizia a parlare per te e lo sai. Non sei in condizione di...! -
- Io posso fare tutto quello che voglio! – ruggì il mago liberandosi con uno strattone dalla sua presa e balzando in piedi, gli occhi che brillavano immersi nel gelido bagliore delle profondità dell’Oblio stesso. – Lui è mio. -
– E’ stremato, ti rendi conto che così facendo lo ucciderai? - ribattè Hawke alzandosi a sua volta, appoggiandosi faticosamente al bastone Sacrificare chi si è offerto spontaneamente di aiutarti, questa la chiami giustizia? –
- Non ascolterò le tue parole, Demone della Superbia! – Così detto il mago, o meglio l’entità che lo abitava, fece per allontanarsi ma Hawke gli si parò davanti. – Non è il demone a parlare e lo sai benissimo. Sono Hawke, Zefrina Hawke e qui il solo preda della propria Superbia sei tu, spirito! Non andrai da nessuna parte. Non ti permetterò di uccidere Anders per un tuo capriccio! -
Lui sostenne imperturbabile il suo sguardo con le iridi fiammeggianti d’azzurro – Non ho alcun desiderio di mantenerlo in vita. Un tempo forse ne avrei tratto vantaggio, ma ormai lui è solo un ostacolo. Il suo attaccamento alla vita e a te m’impedisce di portare a termine il mio compito. –
- Non ti lascerò possedere il suo corpo morto come hai fatto con quello di quel disgraziato di Kristoff! – lo aggredì Hawke sempre più colma di disprezzo per quell’entità di cui un tempo aveva ammirato l’integrità e la determinazione – E adesso siediti, buono e tranquillo, se non vuoi che… -
Senza preavviso, Giustizia l’afferrò per la gola mozzandole il respiro. Il volto e la pelle delle mani così irradiate di luce da essere quasi accecanti – Tu sei il problema. Tu sei il motivo per cui lui ancora non si arrende. Per cui insiste a combattermi. –
Hawke boccheggiò, aggrappandosi disperatamente alla tunica del mago mentre la stretta attorno al suo collo si faceva sempre più soffocante. – A-And… Anders… –
- Muori, demone. Così presto lui ti raggiungerà e io potrò finalmente portare giustizia in questo mondo. -
Superbia squittiva disperatamente nella mente di Hawke, ma lei aveva benaltro di cui preoccuparsi al momento. Doveva dimostrare allo spirito che non era un’avversaria così semplice da eliminare. Anche se era stremata da giorni di digiuno e marcia forzata, anche Anders lo era e, conseguentemente, Giustizia ne risentiva, sebbene in modo indiretto.
Tira fuori quell’orgoglio di cui vai tanto fiero, demone! Ordinò Hawke nella sua mente, sperando di pungere sul vivo Superbia, perché appellarsi al suo “onore” di demone era la sola cosa in grado di smuoverlo. Lascerai che uno spiritello scintillante ci faccia a pezzi?
No! Quella singola parola rimbombò tra gli alberi come un ruggito.
Giustizia trasalì, quando vide la ragazza affondarsi gli artigli del guanto d’armi nell’addome, andando a riaprire la ferita che aveva appena iniziato a cicatrizzarsi. Il sangue stillò denso e vermiglio sui gambali dell’armatura e lo spirito si sentì spinto indietro da una forza incontrastabile.
Giustizia arretrò, lasciando la presa sul collo di Hawke e prendendosi la testa tra le mani per soffocare l’irresistibile comando che la magia del sangue gli aveva impartito. Lascialo andare, subito!
Hawke continuò a tenerlo sotto torchio, immaginando fili di seta rossa manovrarlo come una marionetta e proiettò quella visione nella realtà grazie alle ultime scintille di forza vitale che le restavano in corpo.
Giustizia digrignò i denti e oppose una strenua resistenza ma il legame che aveva con il corpo mortale di Anders e il sangue vivo che vi circolava gli rendeva impossibile contrastare la magia proibita.
- Non finisce qui, demone! Non finisce qui! – ringhiò in un ultimo impeto di ribellione, prima di far crollare Anders in ginocchio e di tornare a rintanarsi in qualche buio angolo della sua mente.
Il bagliore azzurro abbandonò gli occhi del mago e lui ed Hawke si scambiarono una lunga occhiata in totale silenzio.
- Ti... ti ho quasi uccisa. – balbettò Anders abbassando lo sguardo sulle sue mani. Mani che fino a poco prima erano serrate attorno alla gola della persona che gli era più cara al mondo.
- Non sarebbe la prima... la prima volt... – tentò di sdrammattizzare lei, ma l’emorragia e l’ultimo incantesimo le avevano consumato anche le ultime forze. Barcollò e sarebbe caduta lungo distesa sull’erba se Anders non l’avesse afferrata appena in tempo.
Con la testa immersa in un turbine confuso di pensieri, la fronte infiammata dalla febbre e il ruggito frustrato di Giustizia che ancora gli risuonava nelle orecchie, Anders prese a cantilenare un incantesimo di guarigione mentre dalle dalle sue mani fluivano tiepide ondate di energia purificatrice.
Hawke riprese a respirare regolarmente, mano mano che il dolore s’attenuava e i lividi bluastri le sparivano dal collo.
Anders invece riusciva a stento a trattenere le lacrime, ripensando a quello che aveva confessato al Custode Grigio durante le loro disavventure a Paludenera... “tutto quello che voglio è una ragazza carina, un pasto decente e il diritto di sparare fulmini contro gli imbecilli”.
Aveva appena rischiato di perdere tutte e tre le cose.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: Dear Old Friends ***


Surana stava cominciando a spazientirsi. Il sole era ormai alto nel cielo e i raggi arroventati filtravano attraverso l’intreccio di rami sopra la sua testa. Accaldato, bevve un’altra lunga sorsata d’acqua e si gettò sul viso quella che restava nella borraccia.
Ma non era la temperatura estiva ad innervosirlo, quanto quel vago senso di minaccia che non l’aveva più abbandonato e l’assoluta assenza di rumori al di fuori del suo stesso respiro.
Il sangue di Prole Oscura che aveva nelle vene continuava a fargli palpitare il cuore, prova che qualcosa di ben più pericoloso di una banda di tagliaborse lo stava seguendo, acquattata nelle ombre azzurre della foresta.
Non sapeva neanche perché si ostinasse a proseguire, ormai era chiaro che non avrebbe trovato alcuna traccia di Anders o dei suoi inseguitori. Non aveva senso esporsi a rischi inutili, ma quella presenza sottile che avvertiva strisciare alle sue spalle lo metteva a disagio. Non era un prole oscura, né un demone, nè uno spirito. Era qualcosa di antico, quancosa di potente ed estraneo a quella foresta scura persino in pieno giorno.
Surana slacciò il bastone dalla cinghia che portava a tracolla e conficcò a terra l’estremità appuntita con un gesto autoritario. – Non ho tempo da perdere! Mostrati e facciamola finita! – sbottò.
Il bosco rimase innaturalmente silenzioso, ma la presenza si fece più definita alla percezione del mago. Qualsiasi cosa fosse, lo aveva sentito e si stava avvicinando per rispondere al suo appello. Surana chiuse gli occhi e svuotò la mente per concentrarsi. Quel potere e quella malvagità gli erano dannatamente familiari.
- Mi chiedevo quand’è che ti saresti rifatta viva… - scandì l’elfo, voltandosi lentamente - …Flemeth. –
La voce grave della Strega delle Selve raggiunse le sue orecchie a punta prima ancora che la figura entrasse nel suo campo visivo – È sempre buona cosa per una signora farsi attendere. Non lo hai impatato in questi ultimi anni di vita a corte, Surana? –
Lui stava per ribattere, ma la sua consueta imperturbabilità vacillò quando anziché trovarsi dinnanzi la vecchia rachititca che lo aveva salvato dalla battaglia di Ostagar si trovò a fronteggiare una temibile presenza che in un primo momento poteva venir scambiata per una femmina Kossith.
Era più alta di lui di almeno tutta la testa e l’elaborata acconciatura degna di una nobildonna Orlesiana dava ai capelli serici la foggia di due possenti corna ripiegate all’indietro. Il volto altero, indubbiamente quello della strega che aveva conosciuto, appariva ringiovanito come minimo di una quindicina d’anni e la stessa cosa valeva per il corpo, adesso longilineo e voluttuoso, fasciato in un abito rosso carminio.
- Chiudi la bocca, mio caro. Pensa a cosa direbbe Morrigan se ti vedesse così. – ridacchiò Flemeth, avanzando tra gli alberi con gli stivali coperti di piastre d’acciaio e spuntoni che fendevano l’erba incolta ad ogni falcata.
Surana s’affrettò a riacquistare il cipiglio torvo che lo contraddistingueva, sforzandosi di celare l’imbarazzo – Mi concederai che sei piuttosto diversa dall’ultima volta che ci siamo visti. –
- Non mi aspettavo che un conoscitore delle arti arcane del tuo calibro si stupisse per trucchetti come questo. – continuò a punzecchiarlo lei, adesso che i due erano a pochi passi di distanza l’uno dall’altra.
- Credevo che il solo modo per riavere la tua giovinezza fosse possedendo una delle tue figlie. – bofonchiò Surana incrociando le braccia e traendo, interiormente, un sospiro di sollievo perché qualsiasi stregoneria Flemeth avesse impiegato di certo non richiedeva l’insediarsi nel corpo di Morrigan.
Almeno non per il momento.
- Ci sono tante, troppe cose che non sai per affermare che esista ‘un solo modo’ per fare qualcosa. Non c’è mai una sola opsione, una sola via. Soltanto gli sciocchi e i Qunari pensano che il mondo abbia un solo verso e proceda in linea retta.  -
- E’ per questo che forse non avrei dovuto lasciarti andare quando Morrigan mi ha chiesto di ucciderti. – sibilò il Custode Grigio a denti stretti e Flemeth sembrò sinceramente sorpresa dalla sua aggressività rapinosa.
- Mi stai minacciando? Cos’ho fatto per meritarmi il tuo improvviso disprezzo? Allora sembrasti ben lieto di coprire la mia fuga raccontando a Morrigan di avermi ucciso con le tue mani. Gli incantesimi e il potere che i miei libri e pergamene ti hanno concesso non ti bastano più? -
Surana stirò nervosamente le labbra. Allora, era accecato dal desiderio di esplorare le arti proibite e quando la vecchia Strega gli aveva offerto tutto quel ben del Creatore lui non aveva esistato un solo istante ad accettare. Ma adesso teneva a Morrigan e ad Alyzabel più di quanto osasse ammettere a sé stesso, motivo per cui l’improvvisa ricomparsa di Flemeth lo allarmava più dell’avvicinarsi di un nuovo Flagello.
- Parliamoci chiaro, Strega. So chi sei e di cosa sei capace, così come lo sapevo sei anni fa quando scelsi di non sfidarti, evitando che le selve Koncari divenissero teatro della mia ingloriosa ed atroce morte. Ero poco più che un ragazzo ambizioso, ma adesso le cose sono ben diverse. Ho trasformato in realtà molti dei miei desideri, plasmando a mio piacimento il mondo attorno a me. Anora è sul trono grazie a me, Celene è ancora libera di straviziare nel suo palazzo perché io glielo concedo, i Prole Oscura marciscono nelle loro dannate gallerie perché l’esercito che IO ho radunato ce li ha ricacciati. Non provo per te lo stesso timore reverenziale che allora mi convinse a non fronteggiarti. -
Dinnanzi ad un simile sfoggio d’arroganza, Flemeth non riuscì a trattenere una seconda raggelante risata. – Hai fatto grandi cose, questo è certo. Così come altre migliaia di eroi e tiranni hanno fatto prima di te e continueranno a fare nei secoli a venire. Non crederti così speciale, la superbia è una sciagura che può portare anche un fiumiciattolo insignificante a sommergere un continente intero. – lo redarguì con voce priva d’ironia, del tutto incurante delle sue minacce. - E parlando di Superbia, forse dovrei dirti che lo spirito ed il demone che cerchi non sono lontani.  È questo il motivo per cui sono venuta, non certo per congratularmi con te e Morrigan di aver messo al mondo una nuova strega della famiglia senza neppure avvisare la vecchia nonna del lieto evento. Ma non sono certo la stessa Flemeth che in una popolare leggenda Chasid maledisse la nascitura solamente per non essere stata invitata alla festa. – continuò, mentre un nuovo sorriso di scherno si faceva largo sul volto miracolosamente ringiovanito.
- No, non lo sei. Faresti sicuramente qualcosa di peggio. – concordò Surana con una scrollata di spalle.
- Sai sempre come lusingarmi, per questo mi piaci. – rispose Flemeth scrutandolo da capo a piedi come un’artista che ammira compiaciuto una scultura appena terminata. Surana aveva fatto tutto il lavoro sporco, ma era stata lei a dargli i mezzi per raggiungere l’apice a cui tanto apirava. – Ma non sei il solo ad essersi guadagnato la mia attenzione, né l’unico ad aver svolto compiti per mio conto… e saprai molto presto a chi mi riferisco. Segui il sentiero che da qui conduce ad ovest, nelle profondità della foresta e fidati del sangue corrotto che ti scorre nelle vene. Troverai il mago che già una volta incrociasti sul tuo cammino e al suo fianco, colei che è nota col nome di Campionessa di Kirkwall, così come tu lo sei con quello di Eroe del Ferelden. -
L’elfo lasciò vagare lo sguardo sui tronchi anneriti indicati dalla mano affusolata della donna – Stai radunando chiunque abbia un titolo altisonante o cosa? – domandò, ma quando tornò a voltarsi verso Flemeth aspettandosi l’ennesima risposta sibillina, trovò davanti a sé soltanto la radura deserta.
 
***
 
Grazie alle sue cure, Hawke si era ripresa ed era già desiderosa di riprendere la marcia ma stavolta fu Anders ad opporsi. Rimettersi in cammino avrebbe rapidamente bruciato quelle poche energie che avevano recuperato, mettendo nuovamente Giustizia in condizione di nuocere. Incredibile come a confronto con il temibile Spirito, Superbia apparisse poco più che uno spauracchio uscito da una storia per bambini… ma Anders comprendeva meglio di chiunque altro cosa rendesse Giustizia ben più pericoloso di un vero Demone.
Giustizia era un fanatico, un credente e un punitore. Termini che solitamente Anders accostava ai templari e che adesso calzavano a pennello allo spirito che ospitava e che aveva giurato di proteggere i maghi dalla loro oppressione. Col tempo, Giustizia si era trasformato in ciò che aveva giurato di combattere e probabilmente si odiava per questo. Era diventato ipocrita, forse perché condizionato dalla mente umana che coabitava, e non riuscendo ad accettare i propri fallimenti sfogava la propria collera sugli altri e su Hawke per prima.
Superbia, dal canto suo… era semplicemente un Demone e come tale incarnava i vizi umani, dal peccatuccio più innocente alla crudeltà più assoluta. Ma era onesto con sé stesso, trasparente come cristallo e anche se la sua natura orgogliosa lo spingeva ad ergersi baldanzoso dinnanzi al pericolo, il suo desiderio di non perire per potersi vendicare di chi lo aveva umiliato era ben più forte. Se battere in ritirata gli avrebbe fatto guadagnare una chance di rivincita, allora avrebbe messo da parte la superbia per lasciare spazio alla codardia. Hawke aveva compreso questo suo meccanismo mentale e lo utilizzava per tenere in pugno il demone, una cosa che lui non sarebbe mai stato in grado di fare con Giustizia, perché per lui il fallimento e la ritirata non erano contemplate.
Così, proprio come l’entità che l’abitava, Hawke aveva rinunciato senza troppe proteste all’idea di rimettersi in marcia prima del calar del sole ed era sprofondata in un sonno senza sogni sotto lo stesso albero dove per poco lui non l’aveva strangolata.
Se fossero sopravvissuti e avessero raggiunto Val Royeux… Anders avrebbe dovuto andarsene per la sua strada.
Lo sapeva sin dall’inizio, ma come l’ingenuo che era sempre stato aveva sperato, forse persino pregato che con lei le cose avrebbero potuto essere diverse. Ma ingannarsi non serviva a niente. Era pericoloso, una bomba di Gaatlok pronta ad esplodere come quelle che i Qunari avevano usato per radere al suolo mezza Kirkwall in un solo giorno.
Ma per il momento doveva starle a fianco e tendere l’orecchio ad ogni minimo rumore, tenendosi pronto a scattare in piedi e a scappare tra gli alberi contorti facendo quanto più chiasso possibile nella speranza di portare i templari lontano da lei. Aveva ripulito l’area circostante dalle tracce che avevano lasciato trascinandosi fin lì e adagiato Hawke dove gli arbusti nascondevano quasi completamente il suo corpo disteso, perciò adesso non poteva far altro che attendere, lottando contro il richiamo insistente del sonno che la febbre aveva acceso dentro di lui.
Ma stavolta il torpore non ebbe il tempo d’impossessarsi di lui, perché una vampa di luce bluastra vibrò nel cielo e uno stormo di uccelli spaventati si librò frenetico sotto le fronde nere degli alberi.
Anders scattò in piedi, le mani sudate serrate sul bastone da incantatore e s’addentrò nella foresta in direzione della luce che già andava dissipandosi. – Correre incontro ai templari. Che gran bel piano. – ironizzò, ripensando all’assurdità di quella situazione. Ma lui e Giustizia sarebbero andati fino in fondo, lo facevano sempre.

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Capitolo 5
*** Capitolo V: Serhazat ***


Ho cambiato il nome di Hawke da 'Malakia' (mio nikname su vari lidi internet, incluso Deviantart e che uso frequentemente per i salvataggi di Dragon Age e Mass Effect ma che poco s'addice all'ambientazione) con il nome effettivo della mia Campionessa più recente, ovvero Zefrina. Spero di non causare confusione! L'ho sostituito anche nei capitoli precedenti.
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  La febbre aveva steso un velo opaco sui suoi occhi. La foresta tutt’intorno gli appariva irreale e sfocata come nell’Oblio ma il rantolo roco del suo respiro era lì a ricordargli che si trovava ancora nel mondo reale e che stava correndo volontariamente tra le braccia dei Templari.
Giustizia s’aggrappò ai suoi pensieri come un cavaliere che tenta di trattenere un destriero imbizzarrito. Ormai non aveva più alcun interesse per Anders come persona, lo spirito che un tempo l’aveva considerato un amico ormai provava solamente disprezzo nei suoi confronti ma non per questo gradiva che il corpo che lo ospitava venisse fatto a pezzi.
Ma Anders riuscì a resistere all’istinto di girare sui tacchi, continuando a seguire il bagliore azzurro che aleggiava oltre le fronde degli alberi. Se fosse entrato in contatto con la barriera anti-magia eretta dai cacciatori di maghi non avrebbe avuto scampo, perciò doveva avvicinarsi con cautela, attirare la loro attenzione e poi… e poi cosa?
Sperare in un miracolo? Che Surana avesse ricevuto il suo messaggio e si fosse già messo sulle sue tracce? Quante possibilità potevano mai esserci? Stremato e con Giustizia che minacciava di spezzare la sua volontà da un momento all’altro non poteva sperare nemmeno in una gloriosa morte da mago libero che tira le cuoia portandosi dietro una dozzina di templari.
No, l’avrebbero massacrato senza che avesse la minima possibilà di difendersi.
Ma lo faceva per Hawke, per ripagare quel debito di vita che aveva contratto durante la rivolta di Kirkwall. Lei lo aveva risparmiato quando chiunque altro avrebbe volentieri spalmato il suo cervello sulle macerie della Chiesa che lui stesso aveva fatto saltare in aria.
Lo aveva protetto dall’ira di Sebastian, intimandogli di togliersi di torno pur consapevole di star mettendo a dura prova anche la fedeltà di Aveline e Fenris.  Un loro voltafaccia avrebbe potuto decretare la sconfitta nell’assurda battaglia che stavano per affrontare al fianco del Primo Incantatore Orsino ed i suoi maghi, eppure lei non aveva esitato.
- Sono qui per i Maghi. – aveva affermato la Campionessa scagliando a terra il pugnale con cui solo un istante prima Anders s’aspettava gli avrebbe trapassato il cuore - Non posso cambiare ciò che sono. Ho il dono della magia, così come lo avevano mio padre e mia sorella. Ho passato l’infanzia a nascondermi e a scappare. Ho visto troppi amici maghi venir trascinati via in catene dopo essere stati prosciugati del mana e pestati a sangue. Sono un'eretica, e di quelle della peggior specie… - con queste parole, Hawke rivolse un sorriso crudele in direzione della Comandante Meredith, allentando il controllo che esercitava su Superbia e lasciando che il suo volto palliduccio si deformasse per un istante, palesando la presenza del demone. – Ho perso mia madre per colpa di un mago corrotto tanto quanto lo sono io, ma non è servito alcun demone perché mio fratello voltasse le spalle a me, a Bethany e a tutto ciò in cui mio padre credeva: sei bastata tu.  Sono diventata il mostro che voi Templari accusate ogni mago di essere, ma accetterei mille patti con mille demoni se il loro potere mi permettesse di cancellare il tuo Ordine dalla faccia della terra! -
Meredith l’aveva guardata con uno sdegno persino superiore a quello di Sebastian e aveva fatto appello a tutto il suo autocontrollo per non impugnare la lama di Lyrium rosso e avventarsi su di lei come un guerriero berserk. – Purificherò Kirkwall a qualunque costo. E lo farò passando sul tuo cadavere e su quello di chiunque altro mi sbarrerà la strada! – aveva ringhiato in risposta, prima di tornare dai suoi uomini, tra i quali stava anche un Carver irrigidito e inquieto, per prepararsi alla battaglia.
Poi le cose erano andate com’erano andate. Meredith e Orsino erano morti, ma Anders non avrebbe mai dimenticato la notte in cui Hawke gli aveva offerto tutto il suo appoggio rischiando la propria vita e fronteggiando il suo stesso fratello.
Il riverbero blu era sempre più vicino, eppure Anders non udiva il consueto passo cigolante dei Templari in armatura. Insospettito, si acquattò tra i cespugli percorrendo carponi l’ultimo tratto che lo separava dalla sfolgorante barriera d’energia che formava una semisfera nel bel mezzo della radura.
Quello che vide una volta scostata la foglia seghettata di una grossa felce lo lasciò a dir poco allibito.
La bolla di luce non proteggeva una banda di Templari pronti a scuoiarlo vivo, ma un piccolo accampamento. Un paio di cavalli sellati brucavano l’erba legati ad un palo e sul fuoco da campo stava arrostendo un grosso pezzo di cacciagione.
Decisamente non era un avamposto dei Templari.
Sollevato, Anders si sporse fuori dal suo nascondiglio continuando a contemplare la barriera d’energia. Un campo di forza come quello doveva essere alimentato da un mago o da un artefatto molto potente, ma nei paraggi non v’era l’ombra né dell’una né dell’altra cosa. Visto lo scampato pericolo, avrebbe fatto meglio a raggiungere Hawke prima che la maga riprendesse conoscenza e si mettesse a cercarlo rischiando di verir sorpresa dai Templari, ma i proprietari di quel bizzarro accampamento si rivelarono ai suoi occhi in modo del tutto inaspettato.
Due figure fecero la loro comparsa al limitare della radura e si fermarono davanti alla barriera sfavillante.
Erano la coppia più malassortita che Anders avese mai visto e a rendere il tutto ancor più surreale stava il fatto che una delle due figure gli fosse fin troppo nota.
La prima era una vera e propria gigantessa, la donna più alta e muscolosa che avesse mai visto. Persino la mascolinità di Aveline sarebbe impallidita dinnanzi alla sua mole ma del resto, nemmeno l’ex capitano delle guardie di Kirkwall poteva competere con una femmina Kossith. La gigantessa cornuta attraversò il campo ad ampie falcate, la carnagione granitica che riluceva sotto il sole a netto contrasto con i capelli scuri che portava parzialmente rasati in un taglio marziale. Una delle corna era spezzata, ma quella ancora intatta si ripiegava in avanti come quella di un ariete, seguendo la linea dura degli zigomi e del naso aquilino che ben poco s’addiceva ai canoni di bellezza estetica degli esseri umani ma che probabilmente l’avrebbe resa più che appetibile agli occhi di altro Kossith. Diversamente dai Qunari che aveva conosciuto e affrontato nei Liberi Confini, lei non aveva il volto segnato di pitture rosso sangue e non portava un abbigliamento esotico e succinto. Indossava invece una camicia a balze in perfetto stile orlesiano e dei calzoni scuri coperti fino al ginocchio da consunti stivali di pelle. Con un gesto della mano munita di lunghi artigli, la Kossith dissolse la barriera azzurra attraversando il campo a grandi falcate.
Al suo fianco, serafico e composto come a suo solito, camminava niente meno che Varric Thethras, il nano cantastorie che aveva scortato Hawke nelle sue peripezie a Kirkwall da ben prima che il cammino della futura Campionessa incrociasse quello di Anders.
Cosa ci facesse Varric ad Orlais era un mistero, ma Anders non era mai stato così felice di vederlo. Si rendeva conto che le cose non erano più come una volta, lui ed Hawke adesso erano dei fuorilegge ricercati in tutto il Thedas, ma conosceva il nano abbastanza bene da sapere che non avrebbe negato loro il suo aiuto. E in quel momento avevano bisogno di tutto il sostegno possibile.
Senza pensarci due volte, s’avvicinò all’accampamento sbracciandosi per attirare l’attenzione di Varric e della Kossith. Quando il nano lo vide spuntar fuori dalla boscaglia agitando le braccia come un forsennato, le sue sopracciglia prominenti s’incurvarono per la sorpresa – Anders? Che mi prenda un colpo… -
- Lo conosci? – indagò la femmina Qunari senza staccare gli occhi iridescenti dall’umano pallido e stremato che stava caracollando nella loro direzione.
Senza risponderle, Varric corse incontro al mago e, per quanto la sua statura ridotta gli consentisse, gli passò un braccio attorno alla vita per aiutarlo a restare in piedi. – Per la sottoveste di Andraste, come hai fatto a ridurti così?  –
Anders avrebbe voluto rispondere con una delle sue frecciatine ironiche, ma era troppo stanco ed in pensiero per Hawke per permettersi un simile lusso – Non ha importanza, devi aiutare Hawke, lei… -
- Hawke? La Campionessa di Kirkwall è qui? – s’intromise la Qunari raggiungendoli e sostituendo il suo braccio muscoloso a quello di Varric per sorreggere il mago.
- Sì, devi portarla qui Varric, è stremata quanto me. L’ho lasciata in una radura poco distante, quando ho visto la barriera ho pensato che i Templari ci avessero trovati e così… - Anders tremò nella presa della Kossith scosso da un ascesso di tosse e lei lo invitò premurosamente a sedersi accanto al fuoco e a bere da una bisaccia piena d’acqua che il mago accettò con gli occhi annebbiati ma pieni di sincera riconoscenza.
- Prenditi cura del biondino, Serhazat. Vado a prendere Hawke e torno. – asserì Varric già pronto ad inoltrarsi nel bosco per soccorrere la vecchia amica ma la Qunari gli fece notare che se la ragazza era ferita e priva di sensi, difficilmente sarebbe riuscito a portarla fin lì senza trascinarla su sassi e sterpaglie.
- Quando hai ragione hai ragione, ma poi non raccontare in giro che Varric Thethras resta indietro a giocare all’infermiera e lascia alle donne tutto il lavoro. – tentò di sdrammatizzare Varric e lei ricambiò con un sorriso che addolcì un poco i suoi lineamenti duri – Non mi permetterei mai! Anche se saresti adorabile. Come infermiera, intendo. -
Anders staccò le labbra screpolate dalla bisaccia e cercò allarmato lo sguardo di Varric. Potevano davvero fidarsi di una Qunari? Hawke aveva represso nel sangue una loro rivolta solo qualche anno prima ed era proprio per questa impresa che il suo nome era divenuto famoso tanto nei Liberi Confini quanto alle estremità delle Anderfels e del Tevinter...
- Le corna non fanno il Qunari. – s’affrettò a chiarire il nano intuendo la sua preoccupazione – Passa una serata a bere birra con lei e rimpiangerai di non averla incontrata prima. O forse lo farai… ma solo dopo esserti risvegliato in cortile abbracciato ad un Nug e con indosso il corsetto di una nobildonna Orlesiana. -
Nonostante la febbre, Anders non riuscì a trattenere una risata che si tramutò istantaneamente in un violento scoppio di tosse. – E’ così che vi siete incontrati? – biascicò con un filo di voce.
- Ah, sapessi che scenata ha messo su Bianca quando l’ha scoperto. – ammiccò Varric offrendogli altra acqua e tagliando per lui una bella fetta di montone fumante – Ma parleremo in un secondo momento delle situazioni imbarazzanti in cui mi sono recentemente andato a cacciare. Adesso mangia e riposa, Serhazat sarà di ritorno con Hawke in spalla prima che tu te ne accorga. – concluse, seguendo con lo sguardo le spalle ampie della Qunari sparire tra le ombre verdi-azzurre della foresta che circondava l’accampamento.

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