Di lieto c'è solo la fine di quel Tavernello schifoso.

di pestoallagenovese
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cenerentola ***
Capitolo 2: *** Hansel e Gretel ***



Capitolo 1
*** Cenerentola ***


Una luna di miele da togliere il fiato.
Letteralmente.
Christopher portò Cenerentola in una piccola reggia non lontano dal loro reame, circondata da laghetti e coltivazioni di ciliegi. Tra i colori rosati del tramonto che riflettevano sull’acqua e i meravigliosi fiori di quegli alberi primaverili, si poteva respirare amore da ogni angolo della foresta.
Amore che fa venire il voltastomaco.
Amore tossico e velenoso.
Il principe, con Cenerentola ancora in braccio, si diresse subito in camera, quella bella, con il baldacchino e rosso ovunque.
Rosso passione o rosso sangue?
I vestiti volarono più in fretta dei baci, e il rumore della cascata che s’intravedeva dalla finestra non copriva di certo le urla e gli schiamazzi della giovane coppia.
Lei si fermò di colpo.
Vide, nel riflesso dello specchio in mezzo alla stanza, un pugnale dalla lama affilata e rossastra, posto sul comodino vicino al loro letto.
Vide, nascosta sotto l’armadio di legno chiaro, una scarpetta azzurra chiaramente non appartenente a lei.
“C’è stato qualcun altro qui, ultimamente?” domandò Cenerentola.
“Shh, non preoccuparti, goditi questo momento al meglio” e la baciò sul collo e sul decolté.
Direi che stava godendo chiaramente troppo.
Urlò.
 
La schiuma la avvolgeva tutta, il getto d’acqua le districava dolcemente i capelli e il profumo del bagnoschiuma si espandeva per tutta la sala da bagno. Era il primo momento, dopo il matrimonio, che Ella si dedicava totalmente a se stessa e poteva usufruire dei vantaggi di essere una principessa.
Shampoo ai lamponi o al latte di mandorle?
L’idromassaggio forte, medio o di debole intensità?
Soffiò sulle bolle per farle volare in aria e s’immerse sott’acqua.
Non riuscì più a risalire. Qualcuno o qualcosa la stava trattenendo sul fondo. Gridava aiuto, ma più urlava più soffocava; più si dimenava, più diventava pesante e senza controllo del proprio corpo.
Riaprì gli occhi.
Solo un incubo.
Sì guardò intorno; di nuovo quel pugnale sulla credenza delle saponette.
Uscì dalla vasca e si asciugò in fretta, si mise il vestitino giallo rigorosamente in pizzo e andò da Christopher.
 
Il principe se ne stava sdraiato sull’amaca, con le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo perso.
Cenerentola arrivò da dietro per fargli una sorpresa.
Provò ad abbracciarlo ma lui si voltò di scatto e le diede uno schiaffo. Le cinque dita stampate in faccia erano visibili anche dall’altra parte del giardino.
Ella, spaventata, scoppiò a piangere e cominciò a chiedere perdono. Lui si chinò verso di lei e la raccolse da terra, con lo stesso sguardo vuoto di prima.
La baciò.
Cenerentola si lasciò incantare dal sapore delle sue labbra, dalle sue mani sul suo viso.
Scesero sulla schiena.
Meglio dire fianchi.
Anzi glutei.
Lei si ritrasse e lui la baciò di nuovo, facendo un giro turistico negli slip della neoprincipessa. Il GPS non serviva, era esperto ormai data la scorsa notte infuocata.
Lo spinse via.
“Puoi anche sforzarti di essere un po’ più romantico!”
Christopher alzò gli occhi al cielo, la fulminò con lo sguardo e rientrò nella reggia.
 
Cenerentola non riusciva a dormire, nonostante l’immensa stanchezza di un’altra notte di fuoco.
Si mise la camicia da notte e andò a esplorare il castello.
Di notte la reggia sembrava tutto un altro luogo.
C’era più magia nell’aria.
Ella aveva notato solo allora una porta a lato della scala principale chiusa con un lucchetto.
Un lucchetto aperto.
La curiosità prese il sopravvento ed entrò.
Un enorme corridoio si estese davanti ai suoi occhi. Era circondata da quadri e foto di famiglia, oggetti datati e polverosi e mobili di un altro secolo con almeno tre dita di muffa sopra.
“Però, quante mogli ha avuto il re” si fermò di colpo.
Quello in foto non era il re, ma il suo principe!
Lacrime amare allagarono la stanza e lei si sentì affogare nel suo stesso dolore.
La foresta, intanto, si dimenava sotto i comandi violenti del vento.
La porta sì aprì di colpo ed entrò Christopher con il pugnale in mano.
“Tu non dovevi venire qui!” sbraitò.
Cenerentola cominciò a correre verso la fine del corridoio, inseguita da colui che doveva essere il suo vero amore. Si trovò di fronte a delle scale a chiocciola ripidissime. Decise di salire.
Il tempo sembrò fermarsi. Era tutto così surreale.
Sangue, solo sangue, sangue ovunque.
Chiuse velocemente la porta e la bloccò con un divanetto di pelle per provare a prendere tempo.
Era bloccata, non c’era via di fuga. Cercò un posto dove nascondersi, un posto decente dove dover morire, e fu allora che vide i cadaveri di tutte le altre principesse salite al trono prima di lei.
Il corpo di una ragazza, particolarmente giovane e bella, era appesa alla cappa di una corda attaccata al lampadario. Un’altra fanciulla, dagli occhi azzurri come il ghiaccio, era tagliata a metà, con il tronco in un cesto e gli arti inferiori sparsi per la stanza. Rabbrividì, e con lei anche le sue lacrime. Non riusciva a crederci. Non poteva essere vero.
Si girò verso la porta, presa violentemente a coltellate dal pugnale del principe.
Si sedette per terra, con la testa fra le mani, rassegnata a un destino che non poteva finire così.
Improvvisamente vide l’America: un balconcino in fondo alla stanza, dietro un armadio, aspettava solo lei.
La porta sì aprì di colpo.
Lei si buttò. 

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Capitolo 2
*** Hansel e Gretel ***


Furono passati cinque anni da quando Hansel e sua sorella avevano rischiato di esalare l’ultimo respiro in un forno grandezza bambino. Della strega non si seppe più nulla, così come del codardo padre che li aveva abbandonati nel bosco.
Così credevano, almeno.
Quella notte erano stati trovati da due contadini sulla riva di un ruscello, non lontano dalla casetta di marzapane. La giovane coppia, lei bassina e minuta e lui poco più alto di lei, viveva in una capanna di paglia e argilla, senza figli da accudire, senza animali da addestrare. Dopo due anni di convivenza con i due gemelli, Leonard, il padre adottivo, dovette partire per andare a lavorare presso il palazzo reale come magazziniere, costringendo sua moglie Tania a crescere e a badare ai bambini da sola. Non se la cavò per niente male: Gretel imparò velocemente l’arte della tessitura e Hansel sembrava esser nato per arare i campi.
Ma sì sa, niente può andare bene per sempre.
Così come niente può fermare la curiosità di un adolescente.
 
Tre anni dopo, nel pieno della Stagione della Macina, Hansel decise di abbandonare Tania e sua sorella per vendicare il suo passato. Fucile carico, scarponi lucidati, e il nutrimento necessario per qualche giorno: il ragazzo aveva tutto. Non sapeva ancora la destinazione, non era sicuro di dove volesse andare. L’unica certezza era di scappare il più lontano possibile da chi amava.
Amare è una debolezza, amare rende deboli, e i deboli non facevano per lui.
Rubò un asino da una famiglia del loro stesso villaggio. Tanto quelli avevano gli asini che piovevano dal cielo, manco ci fosse un paradiso per i somari lassù.
O forse c’è.
Uno in più o uno in meno, comunque, non avrebbe fatto la differenza.
In meno di due giornate di viaggio sarebbe arrivato al castello, avrebbe salutato Leonard per spiegargli la situazione – tra uomini ci si capisce – e chiesto alla Regina Lexine la benedizione per lasciare il regno.
Era a circa metà della spedizione quando, improvvisamente, un uomo munito di torcia e cavallo si mise in mezzo a lui e il sentiero, minacciandolo di rovinargli la vita se non gli avesse dato tutte le sue provviste. A denti stretti, si avvicinò all’uomo e, con aria saccente gli sussurrò: “Tu di mio assaggerai solo la mia polvere!” E partì spedito cavalcando il suo asino verso quello che sarebbe potuto essere il suo destino.
 
Tania si svegliò di soprassalto.
“Hansel! Gretel!” urlò a gran voce.
Probabilmente si trattava solo di un incubo.
O probabilmente no.
Fiamme e fumo annebbiavano la vista della contadina, e l’odore di zolfo copriva quello della torta di mele cucinata il giorno prima. Si alzò di scatto per vedere se i gemelli erano accanto a lei. Gretel dormiva tranquilla, Hansel era sparito. “Probabilmente è già uscito a chiamare soccorsi”, pensò. Prese Gretel di peso e la trascinò fuori, quando un mucchio di paglia rovente non cadde dal soffitto proprio davanti a loro. La ragazza non si svegliava, forse era svenuta. Tania, in lacrime, gridava con tutta se stessa per attirare l’attenzione dei possibili passanti.
Niente. Solo lo scricchiolio della paglia.
All’improvviso, un destriero di razza Karabair, dalla folta criniera corvina e il manto color castagno, scavalcò con un grande salto Tania e Gretel, atterrando proprio di fronte ai loro occhi. Un uomo, nascosto dietro un grande mantello, scese dal cavallo e sguainò la spada, puntandola dritta alla gola della donna.
“Chi siete?” domandò tremolante Tania.
“Colui che deve vendicarsi per la sfrontatezza di vostro figlio.”
E sgozzò la povera donna, che in tutta la sua vita non aveva mai commesso peccato.
La testa volò via in mezzo alle fiamme, e in un istante fu solo un mucchio di cenere bigia. 


 

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