E Poi Non Rimase Nessuno

di saitou catcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dura lex, sed lex ***
Capitolo 2: *** E tramutano il tuo sogno in vergogna ***



Capitolo 1
*** Dura lex, sed lex ***


Dura legge, ma è la legge”

 

Nell'aula del tribunale faceva freddo. Edward Seton si strinse le braccia attorno al corpo, cercando di placare i brividi che lo scuotevano. Eppure era strano tutto quel gelo in quella che era, almeno al di fuori delle grandi finestre del Palazzo di Giustizia, una calda e soleggiata giornata di giugno.

Seton lasciò vagare lo sguardo fori dalla finestra, tra i banchi di nuvole sfilacciate che si rincorrevano con grazia nel cielo azzurro. Per qualche istante si distrasse ad immaginare la gente che percorreva le strade della città con animo spensierato, godendosi il sole e la brezza, incurante del fatto che, al di là di quelle massiccie pareti di pietra, si stava decidendo il destino di un uomo. Il suo destino. Un altro brivido lo scosse.

Eppure, Matthews si era dimostrato così ottimista, solamente ieri. “Vedrai, Edward” gli aveva assicurato con quel suo caldo sorriso gioviale, “Vedrai, ti assolveranno, non c'è il minimo dubbio. Un altro paio di ore e sei fuori, vedrai!”.

Edward ci credeva... fino a un certo punto. Non che dubitasse della bravura di Matthews come avvocato, tutt'altro. Però il pensiero che lui potesse in qualche modo uscirne pulito dopo quello che aveva fatto gli sembrava... non sbagliato, quanto improbabile.

Guardò di nuovo fuori dalla finestra. C'era stato il sole, quel giorno in cui aveva ucciso la signora Preston. Edward lo ricordava bene. Una giornata limpida, più primaverile che estiva, appena rinfrescata da un venticello leggero. Si era fermato qualche istante, fuori dalla porta di casa sua, assaporando quell'aria pulita e godendosi la sensazione del sole che gli riscaldava le spalle. Aveva avuto un attimo di esitazione, uno solo, però.

Non avrebbe voluto derubare la signora Preston. Era sempre stata gentile con lui, ed Edward ricordava ancora il sapore della sua torta di mele, caldo, fragrante, ricordava il sapore appena acido della marmellata all'arancia che la signora gli serviva accompagnata da una tazza di the nero. Era sempre gentile la signora Preston, ed aveva sempre un sorriso per lui, e anche se era un sorriso storto e i suoi denti erano pochi e sporchi, a Seton aveva sempre trasmesso una sensazione di calore.

“Se ne trovano pochi di giovanotti come lei” gli diceva sempre, quando lui si recava a casa sua per le ripararle le tubature e, perché no?, all'occorrenza anche pulirle il giardino e magari, ma solo se le va, sa com'è, sono una donna così sola, fermarsi a bere una tazza di the.

Non che Seton facesse tutto questo per gentilezza. Aveva bisogno di soldi, ed era disposto a qualsiasi cosa, pur di guadagnare. Ma i soldi non bastavano, non bastavano mai. Ed era stato così che si era ritrovato sulla soglia di casa della signora Preston, quel caldo mattino di appena pochi mesi prima. Era stato facile. Possedeva una copia delle chiavi che lei stessa gli aveva dato, qualora si fosse trovata fuori, come quel giorno era accaduto. Era entrato, e si era messo a frugare freneticamente tra i cassetti, aveva buttato tutto all'aria, divorato da una fretta impellente che non gli concedeva pause.

“Cosa sta facendo?”

Si era voltato di scatto, tra le mani ancora un gomitolo di lana che aveva afferrato per frugare nei cassetti e se l'era trovata lì, davanti.

 

“Entra il Giudice! Tutti in piedi!”

Edward Seton si riscosse dalle sue fantasticherie con una smorfia infastidita. Si alzò lentamente in piedi, sentendo ogni singolo osso del suo corpo protestare dopo le lunghe ore di immobilità. Quantomeno, presto si sarebbe trovato al di fuori di quel fetido palazzo. Sarebbe finito tutto entro poche ore, Matthews gliel'aveva assicurato.

Il Giudice Wargrave fece lentamente il suo ingresso nell'aula del Tribunale, ricambiando con pochi, freddi movimenti del capo, i cenni di saluto che gli venivano rivolti dalla platea. Si accomodò sulla sua poltrona con la lentezza e la maestosità di un re e girò lentamente lo sguardo sulla folla, gli occhi piccoli e freddi profondamente incassati sotto le folte sopracciglia grigie.

Seton alzò appena il capo e il suo sguardo parve affondare nell'iride penetrante e limpida degli occhi grigi del giudice. Wargrave lo fissò, e sul suo volto non apparve neppure un lieve segno d'emozione, neppure il più piccolo indice di turbamento. Rimase immobile, fissando Edward Seton come se non lo vedesse, o non gli importasse nulla di lui.

Ma lo vedeva, Seton poteva percepirlo, poteva percepirlo come percepiva il caldo sole di giugno che irrompeva nel gelo invernale dell'aula, fredda com'erano freddi gli occhi del giudice Wargrave. Wargrave lo fissava, e Seton poteva avvertire il suo sguardo come una sensazione fisica, simile a una lama di coltello che lentamente penetrasse fin dentro i suoi organi, tra cuore, fegato e polmoni, scendendo sempre più a fondo in cerca dell'anima.

E tutt'ad un tratto, senza nessun pretesto logico o razionale, Seton seppe che il giudice Wargrave vedeva. Vedeva tutto. Perché il suo era lo sguardo della Giustizia, lo sguardo della Legge, a cui non sfuggiva nulla. Wargrave vedeva, e per la prima volta nella sua vita, Edward Seton si sentì veramente nudo.

Nel mondo intorno a loro, gli avvocati incominciarono a parlare, esposero i fatti, sfoderando tutta la dialettica a loro disposizione per fare impressione sulla giuria. Ma Seton non udiva nulla. Dal fondo dell'aula di tribunale, dall'alto del suo immenso seggio da cui dominava ogni cosa, Wargrave lo fissava, e non c'era nessun luogo in cui Edward Seton avrebbe potuto sfuggirgli.

Come trascinato dalla forza di quello sguardo, l'uomo ritornò con i ricordi a quella calda giornata di appena pochi mesi prima, quel giorno maledetto in cui si era voltato, e aveva trovato la Signora Preston, ferma nella camera da letto con i grandi occhi sgranati e le mani convulsamente strette sulle borse della spesa. Come un pesce catturato dalla rete, che boccheggia in cerca dell'aria, Edward Seton si dibatté tra i lacci di quei ricordi, cercando una qualunque giustificazione, ma lo sguardo di Wargrave lo inchiodava, imprigionato al suo delitto senza vie di scampo.

 

Rimase immobile, inchiodato al suo posto, con il gomitolo di lana stretto tra le mani e gli occhi fissi sulla piccola figura della vecchia intorno a lui. Per qualche istante, nessuno dei due si mosse.

Cosa sta facendo?” ripeté la signora Preston.

 

Avresti potuto dirle la verità, no? Cosa ci avresti perso? In fondo, ti voleva bene.

 

Si levi dai piedi, signora Preston” udì la sua voce come se parlasse da una grande distanza.

Ma cosa sta succedendo?” ribatté lei, con quella sua vocina sottile, così pigolante. “Cosa vuole?”

Mi stia bene a sentire” la sua voce era diventata un ringhio, adesso, Si avvicinò a lei, incombendo con tutta la sua statura su quella vecchia minuta e fragile. “Lei adesso mi dice dove si trovano i soldi. E me li da'. ADESSO. Senza discutere.”

 

Forse, se le avessi chiesto aiuto, non avrebbe esitato ad accoglierti. Invece, era meglio ricorrere alla violenza e alla sopraffazione, vero? Le armi preferite di voi criminali.

 

La superò a grandi passi, diretto verso la cucina. Udì il suono dei suoi sandali che lo rincorrevano freneticamente, ma non vi prestò alcuna attenzione. Irruppe nella cucina come una furia, aprendo freneticamente tutti i cassetti, rovesciando a terra tutto quello che gli capitava sotto mano, e nel fragore della sua ricerca era più difficile udire le grida della signora Preston.

Si fermi, signor Seton, si fermi!”

 

Ma tu non potevi, vero, Edward? Voi criminali avete il vostro destino scritto nel sangue. Ladro una volta, sarai ladro di nuovo.

 

Le mani di lei, sottili, rugose, con il dorso picchiettato di macchie si strinsero debolmente sul suo braccio. Edward si voltò di scatto e le sferrò un sonoro spintone, mandandola a sbattere contro la parete della cucina. Poté quasi udire distintamente il suono delle sue ossa che si spezzavano.

Buttata in un angolo come un sacco di stracci, troppo debole perfino per fuggire, Michelle Preston cominciò ad urlare. E la sua voce non era debole, era stridula, acuta, e lanciava accuse ben chiare.

Il panico strinse le sue viscere in una morsa gelida. La sua mano, muovendosi lungo il piano cottura, incontrò, quasi per caso, il manico di un lungo coltello affilato. Le sue dita lo afferrarono, lo strinsero. Edward Seton avanzò a grandi passi verso la vecchia schiacciata contro il muro. Levò il coltello, lo calò.

Fu semplice. Bastò un colpo, e le urla si acquietarono.

Nel silenzio che era improvvisamente calato nella cucina, Edward Seton abbassò lentamente il coltello. Nessuno gridava più. La signora Preston giaceva ai suoi piedi, un mucchietto di ossa in un mare di sangue.

Non aveva voluto ucciderla.

 

Certo, è sempre questa la vostra giustificazione.

 

I suoi occhi seguirono, quasi incantati, il lento allargarsi del sangue sul pavimento. Era rosso, di un rosso così vivo da fargli sembrare che gli bruciasse gli occhi, imprimendosi a fuoco nel suo cervello.

E fu allora che tutto la realtà dell'atto da lui appena compiuto esplose con violenza nel suo cervello. La consapevolezza di quanto era appena successo gli si presentò alla mente in tutto il suo orrore.

Era un assassino.

 

Un assassino e un ladro, e per te non c'è via di scampo. Gente come te rappresenta la feccia dell'umanità, il cancro che ci portiamo dietro dal giorno del peccato originale, e spetta a noi, rappresentatanti e difensori della Legge, estirparvi dalla terra perché non possiate mai più ripetere i vostri atti criminali. Dura legge, ma è la legge.

 

Il giorno dell'esecuzione si presentò sotto un cielo limpido e terso, simile a quello che aveva illuminato il giorno della morte di Michelle Preston. Edward Seton fu scortato nell'aula di tribunale da due poliziotti massicci, che lo trascinarono con malagrazia fino al centro della stanza, lì dove gli occhi di tutti potevano ammirare la forca.

Era stato dichiarato colpevole. Tutti, tutti, ne erano rimasti sorpresi, perfino il pubblico ministero, ma non Edward Seton. Sapeva quale sarebbe stato il suo destino sin da quel disgraziato istante in cui i suoi occhi avevano incrociato quelli del giudice Wargrave e in quello sguardo Seton aveva compreso quale sarebbe stato il suo destino.

Venne fatto salire sulla pedana, gli fu messo il cappio al collo. Sentì la canapa grattare rudemente contro la sua pelle. Molti parlarono, ma lui non udì neppure una parola.

Il giudice Wargrave sedeva tranquillamente al suo posto, lì dove Edward Seton lo aveva visto per la prima volta. Ascoltò il verdetto senza apparente interesse, gli occhi da tartaruga calmi e distanti, un lieve accenno di sorriso sulle labbra.

Poi, la sua testa si volse appena, e i suoi occhi incrociarono quelli di Seton. E, nell'ultimo momento di lucidità che ancora gli era concesso, Seton vide brillare in essi un lampo di trionfo, e un piccolo sorriso inarcare le labbra del giudice.

Il cappuccio venne calato sul suo volto, la botola fu abbassata, il cappio si strinse. Edward Seton morì, e nel buio che lentamente lo avvolgeva, l'unica immagine che rimase distinta fu quella degli occhi di ghiaccio del Giudice Wargrave.

Dura legge, ma è la legge.

 

Ehilà!

Salve a voi tutti folli del mondo di EFP! A cosa è dovuto questo parto mentale? Molto semplice: circa tre anni fa, ho letto “Dieci Piccoli Indiani”, che si è poi affermato come il mio libro preferito della Christie. Caso vuole che questa estate io debba mettere in scena col mio gruppo scout proprio il capolavoro di Agatha, in cui io interpreto Emily Brent. Quindi, ho deciso di mettere finalmente su carta un'idea che mi frullava in testa da un po' di tempo: esprimere i pensieri delle vittime dei Dieci Piccoli Indiani.

Spero che questo mio primo capitolo sia venuto bene, e spero di ricevere tante recensioni! L'aggiornamento non sarà regolare, dipende dall'ispirazione!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** E tramutano il tuo sogno in vergogna ***


 

But the tigers

come at night

with their voices

soft as thunder

As they tear

your hope apart

As they turn

your dreams

to shame

 

Correva, e i rami le frustavano le guance, le labbra, e il sangue le scorreva sul viso in rivoli sottili,andando a mescolarsi alle lacrime. Correva, e sentiva il cuore scoppiarle nel petto, in battiti sordi, violenti, che le riecheggiavano fin nelle orecchie. Correva con tutte le sue forze e con tutta la sua velocità, ma sapeva che non sarebbe mai, mai riuscita a sfuggire alle parole di Emily Brent e alla tremenda verità che esse contenevano.

Beatrice Taylor si fermò, ansante, e si guardò intorno, cercando di scorgere qualcosa attraverso il velo di lacrime che le annebbiava la vista. Sotto di lei, il fiume scorreva in un mormorio monotono e continuo, la vista dell'acqua luccicante impedita dalle folte canne che si allungavano in prossimità della riva. Attorno a lei, la natura le si chiudeva attorno in un anello di alberi e cespugli di un verde crudele, rilucente contro il cielo grigio di quella fredda giornata d'inverno. Non un soffio di vento agitava le foglie.

Aveva corso così tanto da allontanarsi dalla città, aveva corso fino a quando non aveva visto le case del piccolo paesino di Hamilton svanire al di la' dell'orizzonte, e adesso era stanca, mortalmente stanca. Avanzò di qualche passo e si lasciò cadere sull'erba, stringendosi convulsamente la testa tra le mani. Per alcuni istanti rimase lì, immobile, la fronte premuta contro le ginocchia e il respiro che nel petto si faceva più doloroso. Tutte le lacrime che fino ad allora aveva trattenuto, tutto il dolore che aveva soffocato nella sorda ansia di fuggire, esplosero improvvisamente dentro di lei, sotto formi di singhiozzi violenti, acuti, che le laceravano il petto e le stridevano in gola.

Era lontana, adesso, lontana da Hamilton, lontana da tutto... ma non dalle parole crudeli e violenti di Emily Brent, che continuavano a rieccheggiarle nelle orecchie con la terribile potenza di una condanna.

Ti sei venduta come una sgualdrina al primo uomo che ti è capitato, e hai lasciato che lui facesse di te quello che voleva! Lo sai come si definiscono le ragazze che rimangono incinte a diciasette anni, Beatrice? Lo sai?

In piedi di fronte a lei, inafferrabile e irraggiungibile nella sua corazza di virtù, Emily Caroline Brent la osservava, e Beatrice non avrebbe mai potuto dimenticare il disprezzo nel suo sguardo, la smorfia di disgusto in cui le sue labbra sottili si erano deformate, ne' avrebbe mai potuto cancellare quelle parole che l'avevano fatta sentire umiliata, degradata, e sporca, più sporca di qualsiasi cosa avrebbe mai potuto immaginare. Improvvisamente tutto quello che le era successo le era apparso in una luce diversa, una luce violenta e impietosa che rendeva tutta la sua stupenda storia d'amore una vicenda squallida e sporca. Ogni singola sillaba pronunciata dalle labbra sdegnose della sua vecchia padrona era affondata in lei con la crudeltà di un coltello, scavando, rovistando, insozzando i suoi sogni e le sue fantasie. E in quel momento, rannicchiata ai piedi di Emily Brent come un cucciolo ferito, Beatrice Taylor aveva pianto, mentre le sue viscere si contorcevano per la vergogna.

Voleva bene alla signorina Brent. Sarebbe stato difficile spiegarne il perché, visto che la sua padrona era la donna più taciturna e dispotica che avesse mai conosciuto, ma Beatrice le aveva voluto bene, più di quanto avrebbe mai potuto giustificare. E forse, per un certo periodo, anche la signorina Brent gliene aveva voluto. Beatrice non riusciva a ricordare che si fosse mai espressa in un gesto d'affetto nei suoi confronti, ma era convinta che fosse così. Era contenta di lei, e lo diceva spesso. Al giorno d'oggi, diceva, era difficile trovare ragazze di buone maniere, che sapessero adattarsi alle esigenze del loro lavoro senza lamentarsi. Era difficile trovare ragazze serie, ragazze oneste, ma Beatrice era una di loro, e la signorina Brent era molto contenta di questo. Beatrice ricordava ancora le parole che un giorno le aveva rivolto, in piedi sulla veranda della sua casa, il naso delicato arricciato in una smorfia di disgusto.

Le ragazze della tua età sono creature sfacciate, insolenti, senza nessun rispetto per il mondo circostante. Non diventare mai come una di quelle creature perdute, Beatrice. Certo non approverei.

La signorina Brent non approverebbe. Capitava, a volte, che Beatrice si sorprendesse a pensarlo. L'aveva pensato, per un breve, fugace istante, quando le labbra di Ludwig avevano aperto le sue e Beatrice si era lasciata andare tra le sue braccia, incurante del mondo circostante, incurante della morale e di ciò che era giusto, perché l'uomo che la stava baciando era Ludwig, e Ludwig la amava.

Rivide, in quell'istante, il lampo di derisione e pietà che era passato negli occhi della signorina Brent, e la risata secca che era sgorgata dalle labbra di quella donna che non rideva mai.

Ti ama, dici? Lo pensi davvero? Povera illusa. Sei davvero così sciocca da credere che lui ti sposerà, sobbarcandosi il frutto di un legame peccaminoso?

Beatrice aveva avuto appena la voce per rispondere, gli occhi bassi e le mani che le si torcevano furiosamente in grembo.

Lui... lui non ha intenzioni disoneste, signorina Brent. Dovete credermi. Lui vuole sposarmi.Io so che lo farà.

Oltre che una creatura immorale, tu sei anche una sciocca. Quell'uomo non ti vorrà mai, e sinceramente non posso biasimarlo. Chi mai vorrebbe al suo fianco una ragazza immorale, una ragazza priva di principi e di facili costumi, una ragazza che porta nel suo grembo il figlio della colpa? Perché è questo che sarà quel bambino.

Lui... le mani di Beatrice si erano raccolte sul suo grembo, in quel gesto che ormai le era divenuto abituale. Lui non ha colpe, signorina Brent!

La sua prima colpa sarà quella di essere nato. Lui sarà il frutto della tua leggerezza, il marchio eterno della tua rovina e della tua condanna. E ogni giorno che passerà, sarà sempre più consapevole della sua condizione, e la sua vita sarà una vita di sventura. È questo che vuoi, Beatrice? Sei contenta per tuo figlio?

Signorina Brent... io...

Taci. Emily Brent l'aveva interrotta con uno sguardo carico di disgusto che l'aveva fatta contorcere di vergogna fin nelle viscere. Non ho intenzione di ospitarti sotto questo tetto un minuto di più. Nessuno potrà mai dire che io abbia concesso attenuanti all'immoralità.

Cosa...? Beatricea aveva alzato di scatto la testa, mentre un orribile presentimento si faceva strada in lei. Mi state... cacciando?

Cos'altro posso fare?

NO! Ed era stato allora che Beatrice Taylor si era gettata ai piedi della sua vecchia padrona, senza più ne' dignità ne' orgoglio, il corpo scosso da singhiozzi violenti. Vi prego, vi prego, signorina Brent, non fatelo! I miei genitori mi hanno cacciato... io... non ho un altro posto dove andare...

Sono contenta che l'abbiano fatto. Significa che, almeno in loro, c'è una qualche traccia di onestà e di principi morali.

Vi scongiuro... farò qualunque cosa...

Smettila con questi piagnistei.

Signorina Brent, vi prego!

PREGARE?! Emily Brent si era erte in tutta la sua altezza, terribile nella sua aura di virtù, gli occhi che mandavano lampi. PREGARE?! Tu preghi ME, ragazza senza vergogna? Va' a pregare Dio, creatura perduta! È lui che può concederti il perdono, se mai è possibile per una come te!

Ed era stato allora che Beatrice Taylor era fuggita via, rincorsa da quelle parole che non le lasciavano scampo, che le risuonavano nelle orecchie in un martellare ossessivo. Ed era giunta lì, vicino al fiume, incapace di correre ancora.

Rimase lì, a lungo, a malapena cosciente dello scorrere del tempo. Lentamente, le sue lacrime cessarono di scorrere, ma il dolore rimase in fondo al suo ventre, sordo e pulsante, lì dove anche il suo bambino cresceva e si sviluppava. Le braccia di Beatrice s'incrociarono sul suo ventre, in un impulso di disperata tenerezza, di desiderio di protezione. Ma come avrebbe potuto proteggere il suo bambino, ora?

La vita che da quel momento l'attendeva si srotolò davanti a lei in una serie di immagini colorate di vergogna, di disapprovazione, di solitudine. Perché Ludwig non sarebbe mai venuto, ora Beatrice lo sapeva. La signorina Brent aveva sempre avuto ragione.

Cosa farò, ora? Dove andrò? Non c'era più niente per lei. Non ora che il suo peccato, il suo sogno, il suo disperato desiderio di amare la segnavano come un marchio indelebile. Il suo mondo era finito nelle notte in cui si era concessa a Ludwig.

E improvvisamente, in ultimo, disperato istante di lucidità, Beatrice comprese. Che Emily Brent aveva sempre avuto ragione e che lei non meritava di vivere. Rise, ricordando la ragazzina sciocca ed ingenua che era stata, e più rideva, più la disperazione si faceva strada in lei, strappandole brandelli di lucidità mentale. Aveva gettato la vita traquilla-e rispettabile- chea aveva in nome di uno sciocco sogno chiamato amore.

Beatrice Taylor aprì gli occhi, ormai senza più lacrime, e il suo sguardo fu attirato dal luccicare del fiume. Come se fosse stato un segno del destino, comprese improvvisamente quello che doveva fare.

Le cattive ragazze come te fanno tutte la stessa fine.

Si mise in piedi, lentamente, come in trance, ed avanzò tra le canne che nascondevano il fiume, scostandole con movimenti a malapena accennati. Si fermò sulla riva, lo sguardo perso nel vorticare ininterrotto delle correnti.

L'acqua del fiume era profonda, e scura, così scura che sembrava non avere mai fine. Beatrice la toccò e sentì che era fredda. Vide il suo viso stravolto e distrutto ondeggiare e scorrere via tra i mulinell.

Per quelle come te il perdono non è possibile.

Come un automa, si tolse le scarpe, il grembiule, si sciolse i capelli, quei bei capelli neri che un tempo erano stati il suo vanto.Le sue mani scesero a posarsi sul ventre.

Mi dispiace tanto, amore mio. Ma è l'unico modo per salvarti.

Avanzò di un passo e sfiorò con la punta delle dita l'acqua gelida.

La signorina Brent non approverebbe.

Il pensiero risuonò improvviso nella sua testa e la bloccò, per un istante appena. Beatrice esitò, lo sguardo perso nel vuoto.

Poi si lasciò cadere.

L'acqua scura si chiuse su di lei, e Beatrice Taylor sprofondò, portando con sé i sogni infranti di una vita distrutta.

 

I had a dream

my life would be

So different from

this hell I'm living

so different now

from what it seemed

Now life has killed

the dream

I dreamed

 

Ed eccomi di nuovo qua!

Noto che nessuno mi ha recensito. Che la peste vi colga...

Comunque.

Proprio ieri, io e i membri del mio gruppo scout abbiamo messo in scena “Dieci Piccoli Indiani”. Tutti mi hanno detto che sono bravissima ad interpretare la parte della cattiva, e che nel momento in cui confessavo di aver indotto al suicidio Beatrice Taylor facevo paura. Questo spettacolo mi ha fatto odiare Emily Brent ancora di più, perché mi ha costretto ad indossare un'orrida gonna a fiori che mi dava almeno cento anni di più.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. La canzone s'intitola “I Dreamed A Dream”, vi lascio il link: http://youtu.be/dny7QqAXfts

Vi prego, recensite!

Un bacio a tutti,

Saitou

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