C'era una volta una vita mortale

di Alicecream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ade ***
Capitolo 2: *** Atena ***
Capitolo 3: *** Afrodite ***
Capitolo 4: *** Apollo ***



Capitolo 1
*** Ade ***


C'era una volta un ragazzino che disegnava.
Appoggiato alle gradinate del campo da basket, osservava con occhio critico una giovane e la riportava su carta. L'aveva già disegnata parecchie volte: in classe mentre dormicchiava, con una ciocca di capelli biondo cenere che le ricadeva lungo il banco; in palestra, nel momento in cui schiacciava un pallone oltre la rete avversaria; in spiaggia, quando costruiva castelli di sabbia giganteschi.
Stavolta invece era sdraiata nell'erba, con gli occhi spalancati verso il cielo e un girasole messo dietro l'orecchio.
"Ehy Ade, che stai facendo?"
Ade sobbalzò, preso alla sprovvista, e si affrettò a chiudere il suo album.
"Niente, Sefi, niente!"
"Ade, non sono mica scema. Fammi vedere!"
Ade cercò di allontanare i suoi fogli dalla ragazza, ma lei si allungò fino a riuscire ad afferrarli.
"Dai Ade, lo sai che mi piacciono i tuoi dise... oh!"
Persefone arrossì leggermente, mentre guardava sé stessa dipinta, il medesimo sorriso timido che si affacciava sul mondo.
"È davvero.. bello. Si, mi piace. È.. wow."
Persefone tornò a guardare Ade in faccia, e notò che anche lui aveva preso un colorito imbarazzato.
"Si, ecco, ehm... non riesco a trovare un colore per gli occhi. Ho provato di tutto, ma niente arriva anche solo ad assomigliare a quel tuo azzurro."
Ade parlava velocemente e si mangiava le parole, impacciato.
Quella ragazza aveva degli occhi incredibili, li definiva 'vivi'. Sembravano due fiumi illuminati dal sole, pieni di pesciolini e con un fondale sassoso. Se li avesse guardati troppo a lungo, probabilmente l'acqua avrebbe iniziato a sgorgare fino a sommergerli tutti.
Persefone, un sorriso malizioso sul viso, si sedette a gambe incrociate di fronte a lui.
"Prego Ade. Non ho fretta."
Amava quando lo chiamava con il suo nome.
Così iniziò a mischiare le varie tonalità di blu.
Azzurro fiordaliso e pastello; blu acciaio, alice, Bondi, chiaro, di Persia, Dodger, elettrico, fiordaliso, marino, notte, oltremare, pavone, polvere, reale, Savoia, scuro, Tiffany; acqua, acquamarina, avio, carta da zucchero, celeste, ciano, cobalto, denim, grigio cadetto, indaco, lavanda, pervinca, zaffiro.
Ma proprio quando aveva quasi trovato una colorazione adatta, arrivò Demetra.
Ade la odiava. Era la migliore amica di Sefi e si vociferava fosse lesbica; si staccavano solo per andare in bagno. Non la sopportava perché per colpa sua non poteva mai stare realmente solo con Persefone, e non era mai riuscito a confessarle il suo amore.
Anche se sospettava fosse una cosa lampante.
"Ehy, Perss, cosa fai con 'sto sfigato? Andiamocene. Ares mi ha detto che stasera dà una festa a casa sua e siamo tutti invitati. Vieni?"
Demetra la prese per il braccio e cominciò a spingerla, e Sefi si alzò.
"Ehy Ade, ora devo andare... ci vediamo, okay? Ti prometto che la prossima volta sarò una modella migliore."
Sorrise e fece una smorfia in direzione dell'amica, che ora la tirava verso il campetto con un'espressione contrarita.
"Ciao ciao!"
Poi si mise a correre da Ares e dal suo gruppo.
Se l'era fatta scappare... di nuovo.
Dei, prima o poi quella Demetra l'avrebbe fatta nera.
 

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Capitolo 2
*** Atena ***


NOTE DELL'AUTRICE:
Buonsalve gente :) Grazie a chi ha letto il primo capitolo e soprattutto a chi l'ha recensito, spero che anche questo vi possa piacere.
Buona lettura :3


C'era una volta una ragazzina che leggeva.
Romanzi, raccolte, poesie, gialli, rosa, horror, fantasy, libri impegnati, Atena spaziava tra tutti i generi possibili e immaginabili.
Leggeva in classe, mentre la profe spiegava cose che lei già sapeva; leggeva in casa, mentre mangiava, senza prestare attenzione ai bocconi che spesso non centravano la bocca; leggeva in spiaggia, sotto l'ombrellone, mentre i suoi amici giocavano a palla.
In quel momento stava leggendo 'Arancia meccanica' e iniziava a capire il protagonista. Nonostante fosse contraria alla violenza, avrebbe volentieri zittito i suoi compagni con la forza.
Quei tipi stavano giocando a pallacanestro da mezz'ora, mentre il solito gruppo di oche ignoranti cinguettava dagli spalti.
Ade, come al solito, stava fissando Persefone, e probabilmente le stava anche facendo un ritratto. Quel povero ragazzo pensava di essere invisibile per tutti, ma per lei nessuno era trasparente.
La sua cotta per Persefone era lampante agli occhi di tutti.
In campo, Zeus e Ares stavano facendo i fighetti, come se non lo facessero abbastanza spesso, mentre il pallone vagava da un canestro all'altro.
Atena si sistemò la montatura degli occhiali e riprese a leggere.

"Sfigata! Sei ancora dietro a leggere, eh?"
L'ombra di Ares la coprì interamente.
Alto, muscoloso, biondo, sportivo: il tipico stereotipo del capitano della squadra di basket, il bulletto figo che porta a letto una ragazza diversa a notte.
Non era un cattivo ragazzo, Ares. Non lo era, se tu facevi parte del suo gruppetto.
Se invece ti chiamavi Atena, eri una secchiona e non facevi altro che leggere, allora Ares diventava l'antipatia fatta persona.
"Allora? Cos'è, a forza di leggere hai perso l'uso della lingua?"
Insisteva, come se volesse veramente risposte.
"No Ares, la lingua la sa usare bene... ma non per parlare! Facciamo una prova?"
Era stato uno dei suoi amichetti a rispondere. Ora, secondo il copione che si ripeteva da quando aveva memoria, sarebbero iniziate le battute a sfondo sessuale. Atena non avrebbe replicato, finché non se ne sarebbero andati, annoiati dalla sua assenza di reazione.
"Allora, Atena... come la usi la lingua?"
Ares si era accovacciato davanti a lei, le mani sulle sue ginocchia, e cercava il contatto con gli occhi. Senza riuscirci.
Con un colpo secco le chiuse il libro in faccia, e fece sobbalzare la ragazza.
"Non è educato non rispondere alle domande che ti vengono poste. Atena."
Pronunciò il suo nome con calma, e la fece rabbrividire. Ma si morse la lingua, e non aprì bocca.
Ares le si avvicinò ancora di più, finché i loro nasi furono sul punto di sfiorarsi.
"Stai attenta, ragazza. Prima o poi ti mostrerò di cosa sono capace."
Atena ora lo fissava, con uno sguardo truce, ma senza proferire parole.
Con una mossa rapida, Ares premette le sue labbra contro quelle della giovane; poi si ritrasse e, sempre guardandola, tornò nel campetto per finire la partita.
'Non so cosa faccia con quella lingua' pensava 'ma se la usa insieme alle labbra, ha un futuro da pornostar.'
Atena, come se non fosse accaduto nulla, riprese a leggere. Ma un pensierino fugace alle labbra di Ares lo fece anche lei.

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Capitolo 3
*** Afrodite ***


NOTE DELL'AUTRICE!
Buonsalve gente!
Prima di tutto vi ringrazio di cuore, grazie per aver letto questi due capitoli e soprattutto grazie per le recensioni! Giuro, ogni volta che qualcuno recensisce mi metto a saltellare e a urlare. E se sono fuori casa non è un bello spettacolo, ahahah :)
Comunque, spero che anche questo capitolo vi possa piacere. Non sono stata per niente clemente con Afrodite, chiedo scusa a tutti i suoi figli che leggeranno.
Pregherò per non farmi incenerire come mi avete suggerito :")
Buona lettura semidei :)



C'era una volta una ragazza che sculettava.
È piuttosto triste definire in questo modo la caratteristica principale di un personaggio, ma in fondo cos'altro faceva Afrodite?
Okey, dai, posso concederlo: quella dolce fanciulla non aveva solo lo sculettamento come obiettivo di vita.
Per esempio, le piaceva truccarsi: chili e chili di terra le impiastricciavano il volto, mentre sugli occhi le scorreva qualche chilometro di eyeliner. Cambiava spesso rossetto, ma usava soprattutto colori opachi: dall'arancio fluorescente al rosso fuoco, dal blu elettrico al fucsia. La cosa bella era che quel make up, che sarebbe risultato pessimo su qualunque altra persona, su di lei stava bene. Non solo era bella, era divina. Sta di fatto che era anche il capitano delle cheerleader, come ogni altra bellezza scolastica che si rispetti.
Ad Afrodite piacevano anche le persone belle. Non quella bellezza soggettiva che può colpirti all'improvviso, un fulmine a ciel sereno; no, a lei piacevano le persone oggettivamente belle.
Maschi, femmine, non importava: le interessavano tanto gli addominali ben scolpiti quanto i culi sodi, tanto le gambe muscolose quanto le terze di reggiseno.
Afrodite amava l'amore. L'amore tra le altre persone, s'intende. Combinava casini, creava scompiglio: grazie a lei (o per colpa sua?) le coppie storiche si mollavano e i migliori amici si mettevano insieme. Insomma, se due volevano fidanzarsi, dovevano chiedere la sua benedizione.
Infine, le piaceva il sesso. Come ogni diva che si rispetti, lo faceva ovunque e con chiunque (chiunque avesse i suoi standard di bellezza, ovviamente).
Bene, questa era Afrodite: simpatica come ragazza, non credete?
In quel momento, vestita con una tutina che a stento le copriva il seno, stava sculettando, cercando di incoraggiare i suoi compagni che giocavano a basket. Anche se, con tutto quel ben di dio che lasciava scoperto, più che dar loro forza li distraeva.
"Avanti, Ares! Forza! Mostragli chi sei a Zeus!"
Non era realmente interessata alla partitella, ma era suo dovere mettersi in mostra.
Intanto, le sue amichette del cuore stavano spettegolando, sempre in cerca di qualche scoop.
"Ma hai sentito di Artemide..."
"Ti hanno detto che Ermes..."
"Ma lo sapevi che Apollo..."
E via dicendo. Non sapevano stare zitte, quelle.
Afrodite intanto osservava Ares giocare, i muscoli che si tendevano per lanciare il pallone all'interno del canestro, per poi rilassarsi e cominciare a esultare. Quanto era bello, Ares, coi suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, glaciali, letali. Afrodite conosceva tantissimi ragazzi, uno più affascinante dell'altro, ma nessuno eguagliava Ares. Nessuno.
"Ehy dolcezza, stasera a casa mia facciamo fiesta?"
Ares aveva smesso di giocare ed era salito sulle tribune con passo strascicato. Una goccia di sudore gli colava dalla fronte, e Afrodite ammise a se stessa che quel particolare la mandava fuori di testa.
Ares le si avvicinò di più, poggiandole una mano sul fianco.
"Birra e amici. Altro che Coca Cola, questa è la ricetta della felicità!"
Senza indiscrezione, fece scivolare la mano fino a palparle il sedere.
"Ci stai? Siete tutti invitati!"
Aggiunse urlando, facendosi sentire anche da Atena e Ade, seduti nei due angoli degli spalti, come al solito in disparte.
Per Ade non si faceva problemi, quell'asociale era praticamente invisibile, anche se conteneva una bellezza repressa incredibile. Occhi neri, capelli dello stesso colore e carnagione pallida; se non fosse stato così sfigato ci avrebbe fatto su un pensierino.
Atena invece non la sopportava. Si credeva chissà chi solo perché non si staccava mai da un libro, ma in realtà era solo una perfettina del cazzo. In più, aveva notato che ultimamente Ares le stava dedicando troppo tempo: si prendeva gioco di lei, quello sì, ma le lanciava certe occhiate languide che era difficile non notare, e soprattutto non malintendere.
Anche se in quel momento stava toccando il suo, di sedere, capiva benissimo che i suoi pensare erano rivolti alla secchiona che aveva appena finito di punzecchiare.
E, comprese con un moto di stizza, ne era gelosa.
 

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Capitolo 4
*** Apollo ***


C'era una volta un ragazzino che arteggiava.
Verbo arteggiare, prima coniugazione, tempo infinito: l'aveva inventato lui, e insieme ad altre centinaia di parole faceva parte del suo dizionario personale.
Arteggiare: l'arte di sentire arte.
Per esempio, Apollo adorava la musica in tutte le sue forme: dal rock più puro, come quello dei Queen, alle canzoni profonde di De Andrè; dalle ballate commerciali di Miley Cyrus alle arie di Mozart.
E, si vergognava ad ammetterlo, quando era solo in casa, chiudeva tutte le porte, sprangava le finestre, abbassava le tapparelle, faceva partire a tutto volume 'Live while we're young' degli One Direction e si metteva a saltellare in giro per le stanze.
Apollo e i suoi segreti segretissimi, se qualcuno l'avesse scoperto tutta la sua credibilità  sarebbe finita dritta dritta nel cesso. Ma passiamo oltre, che forse è meglio.
Apollo adorava leggere.
 "Come Atena!" starete pensando. Il fatto è che, mentre lei leggeva per divertirsi, lui lo faceva per imparare.
 I suoi molteplici scaffali strabordavano di testi medici, raccolte di poesie, classici, antiche edizioni di giornali (probabilmente se li avesse rivenduti a qualche collezionista ci avrebbe fatto soldoni) e saggi di ogni tipo. Era insopportabile averlo accanto quando, finita una faticosa lettura, iniziava a sparare citazioni una dietro l'altra. Citazioni che comunque nessuno coglieva, ma particolari.
Certo, un'altra cosa che non avrebbe mai ammesso era che nello scaffale enorme di camera sua, dietro ad un'edizione del 1900 della Divina Commedia e una Bibbia impolverata scritta in greco, si nascondeva uno scompartimento segreto (o forse sarebbe meglio chiamarlo "buco nel muro"). No, nessun giornalino porno; Apollo in esso teneva tutta la saga di Harry Potter, che leggeva sulle note di 'Story of my life'.
I segreti segretissimi di Apollo, parte due.
 Ora, scommetto che ve lo immaginerete ai margini del campo da basket, spiegando a qualche malcapitato giocatore la trama de 'Il fu Mattia Pascal' mentre si accingeva a tirare la palla nel canestro.
Forse a Zeus, che aveva abbastanza pazienza da stare ad ascoltarlo, oppure ad Ade, che faceva finta di sentirlo mentre dipingeva. Sicuramente non ad Ares, che gli avrebbe tirato un cartone per zittirlo.
E invece no.
 Con tutta la frustrazione del mondo, Apollo stava stravaccato sull'ultimo banco della terza G, sorbendosi una noiosissima lezione di matematica sui polinomi. Si era fatto fottere nell'ultima verifica di geometria dell'anno, dove aveva preso un bel tre e mezzo, e adesso si sarebbe rovinato l'estate con quei maledetti corsi di recupero. Tanto non ci capiva niente lo stesso, che differenza faceva?  No, lui doveva stare ad ascoltare quell'essere deforme definito professoressa, doveva capire quelle relazioni impossibili tra numeri e lettere. Che poi, che senso ha mischiarle? Ics e ipsilon si susseguivano in un vortice di più, meno, per e diviso.
Un raggio di luce attraversava la finestra e colpiva la sua schiena, facendolo sudare, come se non avesse abbastanza caldo.
Eccolo là, in una bollente giornata di luglio, disperandosi per la mattinata sprecata. In testa, più che le espressioni, il corpo scoperto di Afrodite che danzava e si muoveva sinuosamente durante la partita quotidiana di pallacanestro.  No, Afra non c'entrava nulla con la matematica, ma Apollo non poteva affrontare la lezione senza pensarla.
 'Bella, bella e impossibile' pensava, rivisitando la Nannini.
 Con la fronte appoggiata alla superficie fresca del banco, non riusciva a conciliare l'immagine di Afra con quella del mostro orrendo che gli aveva appena chiesto la soluzione dell'espressione che ovviamente non aveva neppure iniziato.
Forse era arrivato il momento di impegnarsi un po’.
E non solo nella matematica.



NOTE DELL'AUTRICE:
Buonsalve bella gente!
Okey, questo capitolo non è un granché, ma con Apollo mi trovate un po' impreparata. Comunque, devo dire due cose:
-Non ho la più pallida idea di cosa si studi in matematica in terza linguistico;
-Penso che i Queen siano un gruppo rock. Wikipedia dice così. Se sbaglio perdonatemi, non ho una grande cultura musicale, posso sempre correggere :)

Detto questo, uhm, devo ringraziare tuttissime le persone che hanno letto questi capitoli e che li stanno recensendo. Dei, mi state facendo diventare la persona più felice del mondo, lo giuro. Vi metterei anche i cuoricini, ma purtroppo sono da computer e non li trovo :')
Ciao ciao :)

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