Death Sue Note

di LeGuignol
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DEATH SUE NOTE
A MissChiara, che mi ammazza con le sue recensioni negative ma allo stesso tempo mi incoraggia a scrivere.
Questa “roba” è nata da una tua idea, prenditene la responsabilità ^^
 
Questa fanfiction partecipa al challenge “La perfetta Mary Sue” indetto da MissChiara --> http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=37200
 
 
PROLOGO
 
Wammy’s House, Wammy’s House… se pensate che questo istituto per giovani superdotati sia qualcosa di etereo e inarrivabile, una specie di tempio della conoscenza, siete fuori strada. D’accordo, accanto alle materie scolastiche classiche se ne studiano altre un po’ fuori dall’ordinario, e i metodi stessi di insegnamento non seguono i normali canoni, ma per il resto i ragazzi sono identici a quelli di tutte le altre scuole del mondo. Si studia, si scherza, si è sbattuti fuori dalla classe se si disturba, ci si becca una punizione se si è sorpresi a far casino di notte, si cresce insieme e… ci si innamora.
Delusi? Forse vi eravate immaginati qualcosa di simile allo Xavier Institute o alla Hero High School? Mi dispiace, ma qui non si sfornano supereroi.
Vi chiederete come faccio a sapere tutto questo.
Se avrete la pazienza e la voglia di ascoltarmi, vi racconterò qualcosa di interessante. Una storia d’amore finita male, legata ad un Quaderno della Morte.
Mi chiamo Rose-Damasque, ed ho quasi diciotto anni. Ciò significa che fra qualche mese diventerò maggiorenne e lascerò l’Istituto. Mi trovo qui alla Wammy’s House da quando avevo dieci anni, ovvero da quando sono rimasta orfana. Pochi giorni dopo la morte dei miei genitori, il signor Quillsh Wammy venne a prendermi nell’orfanotrofio dove ero stata sistemata temporaneamente, per portarmi nel suo Istituto.
Alla Wammy’s House ognuno ha una dote particolare: per fare un esempio, Linda è una pittrice fenomenale, Mello e Near possiedono intelligenza e logica fuori dal comune. La mia capacità non è mai stata rivelata, ma nonostante ciò sono al terzo posto nella classifica per i successori di L, a pari merito con Matt che, tra l’altro, è mio fratello. Evidentemente la consanguineità implica anche una certa omogeneità di QI.
La posizione alta in graduatoria comporta l’assegnazione di una lettera a sostituzione del proprio nome. Io ne ho addirittura due: MS. E’ davvero curioso, perché non corrispondono nemmeno alle iniziali del mio nome!
La storia che sto per raccontarvi risale a qualche mese fa. Tutto cominciò in un giorno che sembrava non avere nulla di diverso dagli altri. Ero nella mia camera, in piedi davanti allo specchio, intenta a dare gli ultimi ritocchi al trucco accurato e a rimettere a posto un ricciolo biondo che era sfuggito dalla forcina. Avevo una certa fretta, perché le lezioni stavano per cominciare. Cercai di sistemare il fuggiasco, e intanto osservai l’immagine di me che mi restituiva lo specchio. I capelli color dell’oro zecchino scendevano fluenti fino alla vita, gli occhi verde smeraldo rilucevano più del solito, sottolineati dal trucco leggero che ne valorizzava il taglio orientale e misterioso, la pelle di pesca del viso, bianca come il latte, era esaltata da una tenue sfumatura naturale sulle guance, proprio il colore delle rose di Damasco che aveva ispirato ai miei genitori il mio nome. Sorrisi spontaneamente, rivelando i miei denti perfetti, bianchi e lisci come perle. Diedi un’ultima occhiata al mio vestito. Fortunatamente l’Istituto non impone una divisa, quindi posso scegliere l’abbigliamento che più esalta il mio corpo allenato dalla danza e dalla capoeira.  
Soddisfatta dal risultato, presi i libri per le lezioni della mattinata e mi avviai verso le aule.
Durante il tragitto incontrai Maggie, la mia migliore amica, che purtroppo non era anche mia compagna di stanza. Maggie sarebbe davvero carina se non avesse un brutto difetto: una paurosa acne giovanile le deturpa la pelle del viso.
«Buongiorno, faccia da pizza» la salutai con allusione.
«Quanto sei stronza!» rise ad alta voce lei prendendomi a braccetto.
Io sono così: la mia spavalderia, che in altri casi provocherebbe avversione, suscita sempre simpatia nei miei confronti, e qualsiasi mia battuta, per quanto impertinente, finisce sempre in una risata.
Succede la stessa cosa con i pasticci che combino. Come quella volta, tanto per citarne una fra tante, in cui facendo il bucato infilai per sbaglio un paio di slip rossi di capodanno insieme al set di maglie bianche di L, facendogliele diventare tutte rosa. Quando, tremante – perché, sebbene vivace, sono anche molto timida  – mi recai al suo cospetto per confessargli la cosa, lui mi sorprese abbracciandomi di slancio, esclamando: «Non ti preoccupare, avevo giusto voglia di spezzare la monotonia!».
Insomma, non se l’era presa per nulla. Però io in quel momento avevo sentito suonare le campane e quasi ero svenuta per la felicità di quell’abbraccio. Eh sì, perché, vedete, nonostante i miei capelli d’oro, i miei occhi di smeraldo, la mia pelle di pesca, i miei denti di perla, il mio fisico da manichino di Harrods e la mia schiera di pretendenti, L, l’unico che mi interessi veramente, manco mi vede.
Ma non divaghiamo. Dunque, mentre camminavamo verso le aule, Maggie scorse Mello venire dalla parte opposta del corridoio, e mi diede di gomito. Tutti alla Wammy’s House sanno che Mello ha due sole ossessioni: diventare il successore di L e portarsi a letto me.
Riguardo il secondo punto, non ci è ancora riuscito solo perché, nonostante Mello non mi dispiaccia, la mia ossessione è e rimane L.
Non volevo dargli false speranze, però, siccome sono di animo nobile, lo salutai calorosamente, finsi di inciampare e gli caddi addosso.
«Oh, scusami!» cinguettai  con la mia vocina da usignolo, premendo la mia quinta abbondante sul suo petto e lasciandogli liberamente sbirciare nella scollatura.
«No, figurati» balbettò lui, mentre avvertivo la sua eccitazione incipiente premere contro la mia coscia.
Mio fratello, che non si separa mai da Mello, alzò appena gli occhi dal Nintendo in un lampo smeraldino – unica caratteristica fisica che condivide con me – e mi biascicò un «ciao» con la sigaretta in bocca.
Fortunatamente la campanella di inizio lezioni squillò, salvandomi da quella situazione. Presi Maggie per mano e corsi via, non prima di aver udito un «Che invidia!» sospirato da qualcuna delle ragazze presenti in corridoio che aveva assistito alla scena.
Passai le prime due ore di lezione a rimuginare su ciò che avevo appena fatto, ascoltando solo superficialmente le spiegazioni dei professori. Avevo fatto male a comportarmi così con Mello? Alla fine mandai un SMS a Near, seduto tre banchi più avanti di me. Near se ne sta sempre sulle sue, ma con me ha un buon rapporto. Sono praticamente l’unica con cui si confida, come si fa con una sorella maggiore, e io faccio altrettanto con lui quando ho qualche problema.
Andammo avanti a messaggiarci per un’ora buona, e finalmente mi sentii meglio. Ma, quando credevo che ormai la giornata volgesse al meglio, Roger, il nostro direttore, spalancò improvvisamente la porta dell’aula.
«MS» mi chiamò, dopo essersi scusato con il professore per l’intrusione, «vieni con me nel mio studio, presto! Near, vieni anche tu».
Il signor Roger non mi chiama mai Rose o Damasque, come fanno tutti. Quando deve interpellarmi, usa sempre le due lettere, a sottolineare il fatto che faccio parte dell’élite dei prescelti. Ad ogni modo, capii dal suo tono che era una cosa urgente, e mi affrettai a seguirlo.
Quando arrivammo nel suo studio, vidi che c’era anche Mello e mi preoccupai ulteriormente. Doveva essere successo qualcosa di grave, se eravamo stati convocati tutti insieme. Il signor Roger si sedette alla scrivania e, dopo aver meditato un momento socchiudendo gli occhi, parlò.
«Ho bisogno dell’aiuto di uno di voi» proferì in tono grave.
Ci raccontò delle indagini di cui si stava occupando L in Giappone. Come sospettavo già da tempo, si trattava del caso Kira. Quello che non sapevo, e che ci lasciò tutti e tre in un primo momento increduli, fu l’apprendere come Kira compiva i suoi delitti, ovvero scrivendo il nome delle vittime su un quaderno. Ma l’incredulità durò poco: se L stesso asseriva una cosa del genere, non potevamo che fidarci.
«Questo caso potrebbe essere troppo grande perfino per L. Potrebbe rendersi necessario il vostro intervento» concluse il signor Roger rivolgendosi a tutti noi, ma guardando me in particolare.
Fui la prima a rompere il silenzio.
«In ogni triangolo rettangolo il quadrato costruito sull'ipotenusa è sempre equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. E, infatti, il mio gatto ultimamente mangia poco. Un’ombra e una minaccia crescono nella mia mente, ma, del resto, ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare» risposi prontamente.
Il signor Roger sgranò gli occhi, Mello e Near mi fissarono con una punta di invidia.
«Non ti smentisci mai. Le tue deduzioni sono sempre rapide e precise. Potresti raggiungere L a Tokyo e dargli una mano, cosa ne pensi?» mi chiese il direttore, nascondendo un sorriso compiaciuto.
«Sono costernata» risposi in tono serio.
«Come mi aspettavo, una riposta di una sagacia stupefacente. Allora è deciso. In ogni caso, la mia scelta sarebbe caduta comunque su di te. Credo che un po’ di compagnia femminile farà bene a quel ragazzo».
Presi il commento del signor Roger come un augurio di buon auspicio.
«Lasci fare a me. Non mi chiamo più MS se questa volta non riesco a rivoltarlo come un guanto» dichiarai solennemente, voltandomi per uscire.
A queste parole, Mello e Near esplosero in un’ovazione spontanea ed io lasciai lo studio con contegno regale, mentre gli ultimi raggi di sole provenienti dalla finestra facevano rilucere l’oro zecchino della mia chioma.

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Capitolo 2
*** Epilogo ***


EPILOGO
 
Il giorno seguente atterrai a Narita e giunsi senza problemi al Quartier Generale delle indagini sul caso Kira, specificando per bene l’indirizzo al tassista. Dopo aver superato un metal detector, una scansione della retina, un controllo delle impronte digitali, una radiografia e un tizio munito di guanto in lattice con cui passai un quarto d’ora spensierato, feci finalmente il mio ingresso nella sala principale.
E qui, com’era prevedibile, attirai l’attenzione di tutti. Aizawa spalancò così tanto la bocca che quasi si slogò una mascella, Matsuda si gettò adorante ai miei piedi, Mogi e il sovrintendente Yagami sparsero petali di rose di Damasco sul mio cammino, in onore al mio nome. Ukita purtroppo era già morto, altrimenti avrebbe recitato seduta stante un’ode alla mia avvenenza.
Solo due persone reagirono in maniera anomala: L, che mi salutò appena, e Light che, a quanto sapevo, era il sospettato principale. Quest’ultimo mi studiò come si guarda un avversario pericoloso, cosa che rafforzò non poco i miei sospetti. Evidentemente aveva riconosciuto la minaccia che rappresentavo per lui.
Ad ogni modo, mi assegnarono una poltroncina comoda ad una delle scrivanie libere e Watari mi portò subito un carrello di paste che io, affamata dal viaggio, mangiai avidamente senza preoccuparmi per la mia linea invidiabile. Mi misi immediatamente al lavoro, visto che avevo già approfondito durante il viaggio tutto quello che c’era da sapere sul caso, e chiesi di poter parlare a tu per tu con lo Shinigami legato al Death Note. Era chiaro come il sole che era in combutta con Kira. Perché mai nessuno se ne era ancora accorto?! Tuttavia, nonostante le mie notevoli abilità investigative, non riuscii a convincerlo in nessun modo a confessare.
Scoraggiata, tornai alla sala principale. Forse, L avrebbe avuto successo dove io avevo fallito. Purtroppo, però, non era seduto al suo posto. Lo cercai dappertutto, ed infine lo trovai sul terrazzo, in piedi sotto una pioggia torrenziale. Rimasi a fissarlo a bocca aperta: bagnato fradicio e con lo sguardo perso verso il cielo nero, con la pioggia che gli colava sul viso, era più sexy che mai. Così calciai via Light, che tanto era lì solo per assecondare un po’ di fan service yaoi, e mi buttai tra le braccia del mio detective preferito confessandogli…  le mie scoperte sul caso Kira? Ma vaaaaa’! Tutto il mio amore represso.
Lui questa volta non mi respinse, ma al contrario mi strinse forte, aggrappandosi a me in un gesto disperato.
«Come hai potuto pensare che non ti ricambiassi?» mi singhiozzò all’orecchio, «I tuoi capelli d’oro, i tuoi occhi di smeraldo, la tua pelle di pesca, la tua bellezza ultraterrena, la tua indole dolce ma forte, bastarda ma simpatica, strafottente ma timida non potevano non far breccia nel mio cuore».
Lo strinsi spasmodicamente, saggiando il suo corpo snello dalla muscolatura delicata, percorrendo con le dita la pelle diafana, fissandolo in quegli occhi profondi ed eterei. Le mie mani andarono alla cintura dei jeans, allentando il primo bottone.
«Ti prego, non ora» mi fermò lui, allontanandomi le mani. «Siamo a un punto decisivo del caso Kira… Devo concentrarmi unicamente su questo. Devo agire subito, o sarà la fine. Una volta sistemata questa faccenda, mi dedicherò esclusivamente a te»
Prima che avessi il tempo di replicare se ne andò, tornando all’asciutto nella sala principale. Io rimasi lì sotto la pioggia, a meditare sulle sue parole. Ancora una volta avevo perso un’occasione. Se doveva evitarmi continuamente, perché mi erano state assegnate quelle due lettere? Che significato avevano? Doveva esserci una spiegazione!
Tornai anch’io alla sala principale, e raggelai. Scoprii che L aveva intenzione di testare il Death Note, e questo avrebbe messo la parola fine al caso Kira, condannando Light se la regola dei tredici giorni si fosse rivelata falsa. In quel momento, tutti i pezzi andarono a posto nella mia mente, come quando una parola che è rimasta sulla punta della lingua finalmente si concretizza. Ma certo! Lo Shinigami! Avrebbe ucciso L prima che potesse risolvere il caso, togliendomi la possibilità di farmelo. Dovevo fermarlo ad ogni costo! Ma come? Dopo tutto ero solo MS, avevo anch’io i miei limiti!
 
E fu in quel momento che accadde qualcosa che, ancora oggi, non riesco a spiegarmi.
 
Improvvisamente, giunta da chissà dove, mi esplose nella mente una frase di cui ignoravo totalmente il significato. Afferrai un lecca lecca a forma di luna che trovai lì per lì sulla scrivania e, tenendolo alto sopra di me, ripetei meccanicamente la frase a voce alta:
«Mary Sue power, make up!» strillai con quanto fiato avevo.
Dal lecca lecca si sprigionò un lampo di luce che mi avvolse completamente. Quando svanì, il mio aspetto era mutato. I capelli, lunghi fin oltre le ginocchia, ora lisci, ora ricci, ora mossi, avevano assunto una sfumatura multicolore cangiante, tipo la superficie riflettente di un CD; gli occhi, rosa violetto, erano illuminati da pagliuzze argentate; la pelle opalescente risplendeva di luce propria; il seno era aumentato almeno di una coppa. La mia bellezza aveva raggiunto un livello tale che tutti gli astanti furono costretti a ripararsi gli occhi per non rimanerne folgorati.
«Ma… cosa è successo?» chiesi, sorprendendomi allo stesso tempo di quanto la mia voce fosse diventata flautata, carezzevole, autoritaria, carismatica e seducente.
«Tu sei la Mary Sue che stavamo cercando!» mi rispose un gatto parlante sbucato da chissà dove.
A dire il vero, alla prima occhiata stentai a capire che fosse proprio un gatto, tale era la quantità di fiocchetti e trine di cui era adorno.
«Io sono Gatty Stu, il messaggero delle fangirls, e tu sei colei che ha il potere di trasformarsi nella Mary Sue suprema» continuò l’animale. «Hai una missione da compiere: devi guidare le tue compagne alla conquista di questo fandom, grazie alla tua facoltà di distruggere l’IC dei personaggi principali facendoli regredire allo stato di babbei. Ed ora, avanti, combatti!»
Un’energia nuova, calda e potente mi pervase.
«SUE  GORGEOUS  BEAUTY  SHOCK!» gridai, producendomi in una posa molto scenografica quanto superflua.
L’energia defluì tutta insieme fuori dal mio corpo, riducendo in polvere il Death Note, lo Shinigami, tutto il suo mondo e ferendo a morte Light.
Subito dopo la trasformazione si sciolse, e mi sentii fiacca e debole. Le ginocchia mi cedettero, ma L mi afferrò prima che cadessi.
«Sei stata meravigliosa, non so dirti quanto. Lascia che te lo spieghi in camera mia» mi disse, mentre la pioggia cessava e l’arcobaleno spiccava in cielo.
Nell’udire ciò mi sentii subito meglio, e realizzai che le gambe mi sostenevano di nuovo. Mossi qualche passo verso Light, riverso a terra agonizzante, e mi inginocchiai accanto a lui.
«Avrei distrutto io stesso il Death Note, se me l’avessi chiesto. Ti conosco da appena due ore, ma ho perso la testa per te» furono le sue ultime parole prima di spirare.
Lo affidai agli altri, avevo di meglio a cui pensare. Mi feci spiegare da Watari come raggiungere la camera di L e feci sei piani in salita di corsa per arrivarci il più in fretta possibile. Non stavo più nella pelle per l’impazienza! Quando giunsi a destinazione con il fiatone e accaldata – ma non sudata – però trovai la camera deserta. Mi avvicinai alla scrivania, dove era posato un biglietto indirizzato a me.
 
Mia cara Rose-Damasque,
non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi salvato la vita ed aver risolto il caso Kira al posto mio, sollevandomi dall’incombenza di arrestarlo e di dimostrare ancora una volta di essere il migliore.
Oggi mi hai fatto capire una cosa importante.  I tuoi capelli d’oro, i tuoi occhi di smeraldo, la tua bocca di rosa, i tuoi denti di perla mi hanno convinto a fuggire con Maggie, che ha capelli che sono capelli, occhi che sono occhi, una bocca che è una bocca e denti che sono denti.
In bocca al lupo per la tua missione, sono certo che avrai successo.
 
Mai più tuo,
L
 
Rimasi per ore a fissare il biglietto, impietrita, senza capire. Sulle prime pensai perfino che vi fosse un messaggio cifrato di significato diverso, nascosto fra le righe.
Quando giunse la sera, mi convinsi che con lui avevo proprio fallito.
Avevo commesso un errore imperdonabile. Avrei dovuto capire fin dall’inizio che L non faceva per me. Sì, avrei dovuto arrivarci da sola quando, qualche mese prima, il suo alter ego dagli occhi vermigli, Beyond Birthday, mi aveva seviziata e violentata ripetutamente nello scantinato della Wammy’s House durante un rave. Del resto, un trattamento del genere che cosa avrebbe potuto mai far nascere in me, se non un’attrazione fatale per Beyond?
 
 
 
Gli inutili commenti dell’autrice.
 
Durante la stesura di questa fanfiction ho appreso due verità fondamentali:
 
1)  Scrivere cazzate è facilissimo. La scrittura e l’auto-betaggio di questa “storia” hanno richiesto tre ore in tutto, riuscendo a farci stare in mezzo pure una mail e una mezza dozzina di SMS; al contrario, per scrivere un capitolo di “Mondi Diversi”, tra indizi da inserire e particolari da far combaciare, impiego dalle due alle tre settimane, e nonostante ciò mi chiedo continuamente se non abbia trascurato qualcosa.
 
2) Mantenere L  IC rasenta l’utopia, mandarlo OOC è semplice come bere un bicchier d’acqua: basta farlo parlare!
 
E, da ultimo, un pronostico: scommetto che questa “storia” avrà molto più successo di tante altre che mi sono costate fatica e ore di ricerche su internet per documentarmi.
Per cui tu, lettore amante della lingua italiana e delle trame ben strutturate, quando incappi in una storia meritevole non esitare ad incoraggiare gli autori promettenti con una recensione. Altrimenti, la mediocrità invaderà ogni fandom ^^

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