L'inizio di una nuova era: il tesoro di cappello di paglia

di kiko90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO



Avevano viaggiato per tutto il mondo, incontrato pericoli ed avversari in ogni dove ma, dopo cinque anni avevano raggiunto ognuno i propri sogni e, adesso?


-Su muoviti testa di verza la strada giusta è questa!-


-Chi hai chiamato testa di verza, mister sopracciglio?-


-Piantatela! È muovetevi tutti e due!- disse una voce femminile alle loro spalle


-Eccoci finalmente! Il posto è questo!-


-Sicuro di volerlo fare?-


-Sicurissimo! Io sono il re dei pirati e devo lasciare qualcosa al mio successore, come Gol D Roger lo ha lasciato a me!- disse con voce solenne, lasciando meravigliati persino i componenti della sua ciurma –e poi… E’ troppo divertente!! E come giocare a caccia al tesoro!- disse il ragazzo dal sorriso elastico


-Sei sempre il solito baka, Rufy!- disse Usop spiattellandosi una mano in fronte, per un attimo aveva seriamente pensato che dopo cinque anni ed aver ottenuto un ruolo così importante il suo capitano era maturato almeno un po’ ma, si sa, chi idiota nasce, idiota rimane.


-Bene allora è deciso, mettetelo li!- disse Nami, la navigatrice che era riuscita a disegnare la cartina del mondo


-Sempre a dare ordini e mocciosa!-


-Taci buzzurro, come puoi vedere, io non posso fare sforzi!- disse la donna facendogli la linguaccia e portandosi le mani al ventre gonfio.



Un grande baule venne portato al centro di un immensa grotta. L’intera ciurma si mise intorno ad esso e, sorridendo soddisfatti, ripensarono a come era nata tutta quella storia qualche ora addietro…





-Uffa mi sto annoiando, che si fa?- disse Rufy mentre, appeso alla polena andava alla ricerca di qualche tesoro nascosto nel suo naso


-partita a carte?- propose Usop poco distante


-No! Io sono il re dei pirati voglio un avventura!- lagnò


-perché non giochiamo ad acchiapparci per tutta l’isola?- propose Chopper


-SIII che bello!!-



Così, mentre il resto della ciurma si rilassava chi al sole, chi leggeva qualche libro o mentre altri preferivano soltanto dormire o fare altro; Chopper, Rufy e Usop saltarono giù dalla nave e iniziarono a correre per tutta l’isola appena scoperta.



Dopo aver raggiunto Raftel Island e affrontato tutti i pericoli nascosti, finalmente la ciurma di cappello di paglia aveva trovato il famigerato One Piece e Monkey D. Rufy era diventato il nuovo Re dei pirati, da allora avevano continuato a viaggiare, perché ormai quella era la loro vita e non potevano farne a meno così, dopo un lungo viaggio scoprirono una nuova isola e si ormeggiarono li per rifocillarsi.




Durante la corsa sull’isola i tre pirati trovarono una grotta ben nascosta e li nacque l’idea…


-Una volta ho letto un libro di Robin dove si parlava di certi uomini che nascondevano un tesoro e poi dopo molti anni lo andavano a riprendere, perché non lo facciamo anche noi?- propose la piccola renna


Rufy osservò i due compagni con sguardo serio per qualche secondo per poi, improvvisamente, afferrarli e correre verso la nave.


Una volta giunti alla Sunny, propose alla sua ciurma “un gioco” come lo chiamava lui, nascondere un tesoro per i pirati che un giorno volevano seguire le sue e le loro orme, una sottospecie di prova, come quella ideata dal suo predecessore.


-seriamente credi che ci siano altri pazzi come noi pronti ad avventurarsi per cercare un fantomatico tesoro dopo la storia del One piece?- disse Usop


-Si e chissà, un giorno li incontreremo!- disse sempre più eccitato il capitano


Zoro, seguito da Sanji, scese dalla nave, lui accettava ogni pazza decisione del suo capitano e poi, doveva ammetterlo, gli sarebbe piaciuto un giorno incontrare qualcuno che aveva la sua stessa voglia di diventare il migliore e chissà, magari come lui, ci sarebbe riuscito.


Si avviarono tutti e nove verso la grotta, mentre Brook suonava un’allegra canzone.



Ed adesso eccoli li, pronti a sigillare quel nuovo testamento.


Nove persone, un baule, una sfida che di certo nessuno si aspetterebbe mai!

Cosa ci sarà nel baule? Qualcuno sarà così coraggioso ma allo stesso tempo pazzo per sfidare il grande blu e non solo, per trovarlo?


Che la nuova era dei pirati abbia inizio” così aveva urlato Rufy detto cappello di paglia, il nuovo leggendario Re dei pirati.


Nuove sfide attenderanno chiunque voglia avventurarsi alla ricerca del tesoro di Monkey D. Rufy e, una volta arrivati ad esso solo il migliore potrà affrontare Rufy e la sua ciurma per aggiudicarsi il titolo. Che la sfida abbia inizio!






SCHEDA OC


  • Nome:

  • Cognome:

  • Soprannome:(non è obbligatorio)

  • Età:

  • Sesso:

  • Aspetto fisico:

  • Segni particolari:(cicatrici, tatuaggi o altro)

  • Abbigliamento:

  • Carattere:(molto importante perché così posso descrivere meglio le azioni del vostro personaggio quindi non preoccupatevi di scrivere un papiro, scrivete il più possibile)

  • Passato:(stessa cosa del carattere scrivete il più possibile)

  • Paure/Rancori:

  • Sogno:

  • Ruolo: (Capitano, navigatore ecc ... chi lo richiede prima se lo aggiudica)

  • Frutto del Mare: Inventato

  • Arma:

  • Oggetti particolari: ( tipo collane o cose del genere a cui il vostro OC è affezionato)

  • Punti di forza:(attacco, difesa, velocità e altri)

  • Punti deboli: (es attacco, difesa, velocità, agilità e molti altri

  • Altro: (se volete aggiungere qualche curiosità sul vostro personaggio o qualsiasi altra cosa)





ANGOLO AUTRICE


Ciao a tuttiiii!!!!! Questa è la mia prima storia a OC, spero che il prologo vi abbia incuriosito. Come avrete capito la storia si svolge dopo che Rufy è diventato il re dei pirati; in questa storia non ci saranno i personaggi di One piece ma solo i vostri OC che cercheranno di trovare il tesoro di Rufy che ricomparirà soltanto alla fine!

Spero che vogliate partecipare, visto che è la mia prima fic ad OC per ora prendo solo 10 OC.

Un ringraziamento speciale al mio assistente per l'appoggio e il sostegno costante!


Con questo credo che sia tutto,

Bacioni kiko90

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Il vento soffiava forte tra le vele della Black moon.

Le onde, potenti, si infrangevano contro il legno scuro della nave che, veloce, procedeva verso una nuova isola; verso una nuova avventura.


Black moon era una nave possente, costruita con lo scuro ed indistruttibile legno delle foreste Lagron; dove solo i migliori carpentieri riuscivano a rifornirsi, visto i costi esorbitanti dei materiali.

Ogni pirata sognava una nave costruita con il legno di Lagron, l'unico in grado di affrontare gli svariati fenomeni atmosferici del nuovo mondo senza riportare danni ma, quel legno non era accessibile a tutti visto gli spietati controlli della marina nella zona ma il capitano della Black moon di certo non era il tipo da spaventarsi per qualche semplice marine graduato.


Amlach Lumbar, questo era il suo nome, era un ragazzo di ventitrè anni, conosciuto da tutti come Wolf, Capitan Wolf.

Con sguardo duro e freddo osservava, seduto sulla polena a forma di testa di lupo, il mare che pian piano si agitava sempre più.

Wolf era considerato da tutti un uomo spietato e, la maggior parte delle persone che lo incontravano rimanevano intimorite dal suo aspetto. Era alto circa due metri con una possente muscolatura data dai numerosi ed intensivi allenamenti a cui, fin da piccolo era stato sottoposto al dojo di spada. I suoi occhi erano di un azzurro-ghiaccio che venivano risaltati ancor di più dai suoi corti capelli corvino; il suo fisico era segnato da diverse cicatrici, segni indelebili delle lunghe battaglie che aveva affrontato negli anni, tra cui una lunga tutta la schiena e una sul bicipite destro fino a metà braccio ma, quella che più si notava e dava un aspetto ancor più serio al ragazzo era la cicatrice che rendeva cieco l'occhio sinistro.


Wolf notando il repentino cambiamento di clima si alzò dalla sua postazione, facendo oscillare le tre katane che portava legate ai suoi corti pantaloni neri, proprio come l'uomo che ammira da una vita e che sogna di sconfiggere un giorno, lo spadaccino più forte del mondo, Roronoa Zoro.


Con passo deciso si avviò facendo smuovere la catenella che, lenta penzolava dai suoi pantaloni, doveva avvertire la sua ciurma; le previsioni riguardanti un imminente tempesta che la navigatrice di bordo aveva previsto ore prima; si stava per scagliare su di loro.

La ciurma, come si poteva dedurre dalle urla provenienti dalla cucina, era radunata nella sala da pranzo.

Wolf aprì con uno scatto la porta, sfiorando con una mano il bicipite sinistro da cui, sotto la corta manica nera della maglia si intravedeva il tatuaggio raffigurante un lupo. Si, i tatuaggi erano una sua piccola passione, infatti aveva un drago sul polpaccio destro e un altro all'altezza del cuore con due katane incrociate dietro ad un teschio con un lupo che appoggiava la zampa anteriore su di esso,divenuto il suo stemma, la sua bandiera.

Il capitano era sempre stato un solitario ma, da quando aveva incontrato i componenti della sua ciurma aveva scoperto cosa voleva dire avere una famiglia a cui voler bene e da proteggere, anche se non lo dava a vedere era affezionato ad ogni componente della sua ciurma.


Appena entrato in cucina la scena che gli si presentò davanti lo fece sorridere impercettibilmente; Stun rincorreva arrabbiato Luna, l'archeologa che, come suo solito quando si annoiava, si divertiva ad architettare scherzi contro i suoi compagni, e Stun, di solito, era la sua vittima preferita. Lui era un omone di venti anni, alto un metro e novanta, socievole con tutti malgrado il suo aspetto che, all'inizio, terrorizzava la gente che lo incontrava ma, questo non valeva per i suoi compagni di ciurma che vedevano in Stun uno di loro, un amico e compagno fidato. Stun a causa di un frutto del mare troppo acerbo che aveva mangiato anni prima, si era trasformato in un gigante completamente ricoperto da una corazza blu, con accentuati muscoli che rendevano ancora più possente la sua statura; da allora non era più riuscito a tornare normale, era condannato a rimanere in quella forma per tutta la sua vita anche se, la speranza di trovare una soluzione, una cura, era sempre viva nel suo cuore.

Mentre rincorreva per tutta la cucina, Luna, che si era divertita a disegnargli una buffa espressione femminile sul volto con tanto di rossetto molto pronunciato, sorrideva, perchè da quando aveva incontrato quei pazzi compagni si sentiva un uomo qualunque, uno di loro.


-ASHUROS FERMALAAAA!!!!- urlava Stun rivolto al suo migliore amico con cui aveva viaggiato per anni prima che entrambi conoscessero Wolf ed entrassero a far parte, come i primi due componenti, della sua ciurma.


-Cosa dovrei fare???- disse Ashuros leggermente in difficoltà, quando si trattava di intraprendere un qualsiasi rapporto con una ragazza diventava estremamente timido ed impacciato.


-PLACCALA!!- urlò Stun rincorrendo ancora la agile biondina che sfrecciava da una parte all'altra della stanza.


-Perchè capitano tutte a me!- sospirò Ashuros mentre con estremo coraggio placcò la compagna che, non aspettandosi la mossa del nakama finì direttamente tra le sue braccia.


Stun arrivò a passo lento verso la donna ed iniziò ad osservarla bene.

Luna era una bella ragazza, alta un metro e settantacinque, snella con un corpo molto atletico. Aveva dei lunghi capelli biondi lisci e due occhi azzurri come l'oceano che osservava dalla nave ogni giorno, portava dei corti pantaloncini rosa fluo e un top, anch'esso molto corto, bianco con delle strisce nere verticali che metteva in risalto il suo prosperoso seno.


-Allora Thunder, pensi davvero di riuscire a vendicarti?- disse la ragazza usando il soprannome che ormai tutti conoscevano di Stun, lei non aveva di certo paura di un gigante come lui visto che era figlia di un vero e proprio gigante,Jaguar D. Saul e si divertiva parecchio a sfidarlo.


-Certo!- sorrise l'altro che, lentamente aveva assunto un leggero colorito rosso a causa delle forme troppo pronunciate e, troppo vicine della biondina.


Luna, con movimenti lenti cercò di divincolarsi dalla presa ferrea di Ashuros che le teneva ferma i polsi, impestati da mille braccialetti nel braccio destro mentre nell'altro aveva attorcigliato una cordicella nera girata più volte che si metteva al collo quando doveva combattere.


-Dai cosa sarà mai un po' di rossetto sulla faccia!- disse con un sorrisino birichino Luna – Dai Ashuros almeno tu lasciami andare...- disse voltandosi con la testa verso il ragazzo che le teneva prigioniera i polsi.


-Io... non...- balbettava il ragazzo colto dall'improvvisa vicinanza della compagna.


Era conosciuto dai suoi nemici, dalla marina, come il trucidatore era un vero incubo per i Don giovanni, se ne trovava qualcuno davanti non ci pensava due volte ad usare il suo potere ed incatenarlo da qualche parte, proprio non sopportava quel genere di uomini, li trovava viscidi, pensiero tra l'altro condiviso con il suo amico Stun. Era considerato anche un bel ragazzo di diciannove anni, alto un metro e ottantacinque con una corporatura abbastanza muscolosa, aveva dei particolari capelli argentati corti tranne una ciocca un po' più lunga che gli ricadeva sull'occhio sinistro, coprendo il suo bel colore grigio scuro degli occhi che si intonava bene alla carnagione chiara. Era un trucidatore, chiamato persino Catena nera ma, davanti ad una ragazza diventava un ragazzo timido che faticava ad aprirsi con il genere femminile anche se, un giorno, avrebbe tanto voluto crearsi una famiglia.

Si sentiva osservato Ashuros e, abbassando lo sguardo vide la sua compagna osservarlo da capo a piedi.

Luna stava escogitando con la sua mente da archeologa una possibile via di fuga ma, niente sembrava fare al caso suo; aveva pensato di usufruire della catena che il compagno portava come cintura sui suoi pantaloni neri ma, non sarebbe mai riuscita a sfilargliela con i polsi ancora intrappolati. Non c'era nient'altro a cui poter accingere dall'abbigliamento dell'amico visto che indossava una semplice maglietta bianca con disegnato un cuore incatenato che fuoriusciva dalla sua giacca nera di pelle abbinata a dei stivali anch'essi neri con delle piccole catenelle attaccate. Niente, non c'era niente che la potesse aiutare, neanche il suo potere dato l'impossibilità di usare le mani in quel momento, quindi l'unica soluzione era chiedere aiuto!


-Asako, mi potresti dare una mano?- disse Luna con un sorrisetto poco rassicurante


-Non ci provar...- ma Stun non fece in tempo a finire la frase che Asako era già entrata in azione.

Asako era una ragazza di sedici anni alta un metro e settanta con dei lunghi capelli biondi e occhi blu e, a differenza di Luna aveva qualche lentiggine sul suo piccolo viso era sempre un po' diffidente con le persone ma ormai si fidava dei suoi compagni e sapeva che poteva contare su di loro, non erano come i pirati che molti anni prima gli avevano rovinato l'infanzia, loro erano suoi amici.

Quando Luna si trovava in queste situazioni, chiedeva sempre aiuto alla sua nakama che, con il suo potere riusciva sempre a liberarla.

Veloce Asako attivò il suo potere e, dopo cinque minuti si videro i risultati. Luna non era più tenuta in ostaggio da Ashuros ma era comodamente seduta su una sedia e stava mangiando, accompagnata da Asako, un dolcetto al cioccolato mentre aspettava che la sua vendetta nei confronti dei nakama maschi si compisse. Un gran tonfo annunciò alla ciurma che era finito l'effetto del potere di Asako.


-Ahahahahah!- rideva Luna osservando Stun e Ashuros a terra.

Grazie al frutto time time, Asako poteva fermare il tempo per cinque minuti, bloccando ciò che voleva intorno a se. Per “salvare” la nakama infatti aveva fermato il tempo e aveva liberato Luna lasciando bloccati Stun e Ashuros ma, a Luna questo non bastava, riteneva molto più divertente giocare un altro po' con i suoi due compagni così fece in modo che una volta passati i cinque minuti i due, sbilanciati si dessero una testata per poi cadere a terra, e questo era proprio quello che era successo e, a cui aveva infine anche assistito il capitano una volta entrato in cucina.


-LUUNNNAAAAA!!!!!- urlarono i due ragazzi a terra con una vena che pulsava frenetica in testa, erano arrabbiati ma, infondo si divertivano molto con quella biondina.


-Ragazzi!- intervenne serio Wolf –la tempesta che Asako aveva previsto si sta avvicinando- disse avvicinandosi al tavolo dove erano sedute la navigatrice e l'archeologa.


-Bene! Allora dobbiamo prepararci, secondo i miei calcoli sarà una tempesta molto potente con forti venti da ovest che se non gestiamo bene potrebbero far colare a picco la nostra nave con qualche onda gigantesca!- disse Asako osservando dalla finestrella della cucina il tempo in repentino cambiamento.


-Ai venti posso pensarci io!- disse July con la sua candida voce, appena entrata in cucina.


Asako si girò verso la compagna appena arrivata dallo studio medico, infatti July era il medico di bordo. Anche se era ancora piccola, quattordici anni, era davvero afferrata in campo medico e, più di una volta aveva salvato i suoi compagni da gravi ferite. Era la più piccola della ciurma insieme ad Asako che però ne aveva sedici. Era una ragazza timida e sempre molto gentile con tutti ma, quando si trattava di combattere era molto coraggiosa.


-Bene, quindi July dovrai concentrare i venti verso est in modo da non creare onde anomale che potrebbero colpire la nave ok?- disse la navigatrice rivolta alla quattordicenne


-Certo!- disse sorridendo dolcemente la ragazza dai capelli biondo scuro.

Amava stare su quella nave, con i suoi compagni, si sentiva libera, libera di vivere la vita come lei la desiderava senza obbedire a vecchie leggi che le imponevano di sentirsi superiore agli altri visto le sue origini da nobile mondiale, lei non era superiore a nessuno lei era una ragazza normale che voleva vivere una vita normale o, almeno una vita senza schiavitù.


Il vento ululava forte contro le pareti della nave che, iniziava ad oscillare sempre più annunciando così che era giunto il momento di mettersi in movimento.


-Andiamo ragazzi, ognuno ai suoi posti!- disse Wolf aprendo la porta della cucina e mostrando a tutti le condizioni atmosferiche in atto.


La pioggia violenta sbatteva in ogni dove della nave, trascinata dalle forti folate di vento che potenti aumentavano la potenza delle onde che si infrangevano sulla nave.


-July i venti!!!- urlò Asako una volta uscita sul ponte con tutta la ciurma


July chiuse per un attimo gli occhi neri per concentrarsi e poi li aprì con determinazione osservando il cielo che con il suo color grigio scuro non prometteva nulla di buono.


Il vento soffiava forte sventolando velocemente la corta gonnellina bianca della quattordicenne e bagnando con la fitta pioggia la canottiera a righe bianca e azzurra e le calze dello stesso colore lunghe fino alle ginocchia che, portava negli stivali neri. Dopo qualche secondo July con il suo potere riuscì a dirottare la direzione del vento, facilitando così la manovra della nave al capitano che teneva ben saldo il timone.


-Ben fatto July, continua così!- disse Asako che nel frattempo controllava con il log pose la rotta migliore da intraprendere.


Se il vento era cessato o almeno aveva cambiato la sua direzione, la pioggia non ne voleva sapere di diminuire la sua intensità infatti continuava a cadere fitta impedendo quasi la visuale.

Stun e Ashuros dopo varie difficoltà erano riusciti ad ammainare le vele e con qualche difficoltà data dalla pioggia stavano legando le cime quando si accorsero dell'immensa onda che per poco stava per colpire la loro nakama Luna sul ponte della nave.


-LUNAAAA ATTENTAAAA!!!- urlarono all'uniscono i due amici


La diciassettenne si girò giusto in tempo per vedere la grande onda che si stava per scagliare su di lei, cosa poteva fare? Doveva inventarsi qualcosa e alla svelta o la sua vita sarebbe finita...







ANGOLO AUTRICE:

Ciaooooo!!! eccomi finalmente con il primo capitolo di questa storia ad OC, dove è stata presentata la prima ciurma. Spero di aver reso al meglio i personaggi. Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto baci kiko90



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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Nuovo mondo, isola Shuri.

Normalmente Shuri era un isola tranquilla, non succedeva mai niente di eclatante, niente che potesse animare quella cittadina; i suoi abitanti ormai si erano rassegnati a sperare che un giorno qualcosa movimentasse, anche solo per un istante, la loro giornata, erano arrivati al punto di considerare emozionante il mercato del pesce del martedì dove, per aggiudicarsi il pesce più fresco le vecchiette si malmenavano a suon di borsettate. Si, quello era l'aneddoto più interessante di tutta l'isola, fino a quel giorno...

Nei pressi del grande porto di Shuri, un'immensa folla si era riunita per assistere alla battaglia che si stava svolgendo proprio li, in quella tranquilla e normale cittadina.

Le spade cozzavano violente tra di loro, gli spari dei fucili riecheggiavano nell'apparente silenzio di quella strada, il sangue sgorgava veloce dalle teste appena mozzate dei marine che per loro sfortuna si erano messi contro i pirati sbagliati, peccato che lo avevano scoperto troppo tardi, rimettendoci, in soli cinque minuti, metà reggimento.
Avevano le ore contate, di cento marine ne erano rimasti in piedi solo una cinquantina e questo ad opera di soli cinque pirati.
Con estrema agilità Lilian Rose Cowashy, chiamata dagli amici Lily, aveva appena sferrato con precisione una delle sue frecce colpendo il povero malcapitato proprio nel centro del petto.
Lily era il medico di bordo di quella ciurma di pirati, aveva vent'anni, era molto determinata e coraggiosa.
Mentre veloce caricava il suo fidato arco con un'altra freccia, spostò delicatamente con una mano i suoi lunghi capelli neri con riflessi blu che mossi ricadevano sotto la schiena, preparandosi ad un nuovo colpo.

-Hey ragazzina, cosa credi di fare con quel giocattolo?- disse un basso e grasso marine che gli si avvicinava con fare minaccioso impugnando una spada.

-Ragazzina a chi scusa? Razza di barile con le gambe!- disse con tono freddo e incavolato, odiava essere definita una ragazzina.

-Come osi! Adesso ti faccio vedere io brutta impertinente!- disse il marine volteggiando in aria la sua grossa spada.

Lily socchiuse un po' i suoi particolari occhi viola, giusto quanto bastava per prendere la mira e scoccare un ulteriore freccia che, sfiorò l'orecchio del grasso marine e lo oltrepassò.

-Ahahahahahah! Lo avevo detto io che quel coso era un giocattolo! Non mi hai neanche colpito!-

Lily sorrise, nel vedere che come sempre il suo colpo era andato a buon fine, infatti aveva colpito un altro marine che dietro a quel grassone, stava per ferire la sua compagna Yuki.

-Io non sbaglio mai mira e, questo non è un giocattolo!- disse Lilian glaciale -Anzi, non ho neanche intenzione di sprecare una delle mie frecce per te!- disse riponendo l'arco in spalla e avvicinandosi al marine che, notando lo sguardo serio della ragazza stava iniziando a preoccuparsi.

Silenziosa come una pantera, si avvicinò all'uomo facendo ondeggiare le balze della sua corta gonna marrone che, indossava con una maglia senza maniche rosa. Si fermò e, con il suo sguardo violaceo catturò gli occhi del marine.
L'uomo cadde a terra urlando di dolore, le fiamme che vedeva nella sua testa lo stavano uccidendo, stava bruciando vivo.
Lily scansò con la punta dei suoi stivaletti neri il marine in preda alle visioni che, lei, con il suo frutto gli aveva provocato e, impugnando di nuovo l'arco continuò a combattere pensando che, di certo il marine di prima non la considerava più una semplice ragazzina.

Nel frattempo Yuki, che aveva appena ringraziato con un sorriso Lily, per il salvataggio, si stava destreggiando combattendo tra due marine.
Yuki aveva ventuno anni, era stata la terza ad entrare a far parte di quella ciurma ed era la navigatrice di bordo. Aveva un carattere molto riservato e timido a causa della “maledizione”, come la chiamava lei, che si portava dietro dalla nascita.
Era nata con una sottospecie di dono, maledizione, che gli permetteva di assorbire le energie vitali di una persona soltanto toccandola.
Aveva sempre avuto paura di questo suo essere, per questo faticava a rapportarsi con le persone ma, da quando aveva conosciuto il suo capitano e i suoi compagni, si sentiva più sicura di sè e, grazie a loro, stava imparando a controllare il suo potere.
Yuki osservava, con i suoi grandi occhi verdi, i due avversari che senza pietà affondavano un colpo dietro l'altro ma, questo non era un problema per la ragazza visto che, grazie a Ryuu, un suo compagno di ciurma esperto di armi, aveva finalmente un'arma fatta apposta per lei, con cui poteva destreggiarsi senza per forza avvalersi del suo potere.
Girò tra le dita , abilmente, la lancia creata da Ryuu, e con uno scatto la allungò mostrando entrambi i lati appuntiti con cui schivò i colpi dei marine.
I suoi lunghi capelli castani, con riflessi ramati, danzavano sulla sua candida schiena, fermandosi, solo, quando Yuki atterrò con un ultimo colpo i due uomini.
Sorrise sentendosi fiera di se stessa e alzando lo sguardo cercò Ryuu intento a combattere.

Ryuu era un ragazzo di venti anni di un metro e settantacinque,una corporatura magra e un fisico allenato. Era un ragazzo dal carattere complicato e spesso si mostrava per una persona fredda e crudele, come in combattimento; non si faceva mai molti problemi ad uccidere qualcuno anzi, era sadico e si divertiva a torturare il nemico.
Aveva già abbattuto molti nemici quella mattina e, ancora non aveva terminato. Impugnò più saldamente la sua fidata falce rossa a tre lame e, con gesto rapido, decapitò cinque marine alle sue spalle.
Sorrise, sentendo il caldo sangue delle sue vittime sporcargli la felpa nera con cappuccio che puntualmente teneva sempre calato sul viso, nascondendo così anche i suoi corti capelli neri come la pece e, lasciando intravedere il suo magnetico sguardo color ambra.
Avanzava sicuro tra i corpi dei nemici che, ormai erano quasi tutti a terra, frugò nelle tasche dei suoi jeans blu scuro ed estrasse un pezzo di stoffa con cui pulì le tre lame della sua falce, l'ultima era fatta di Agalmatolite, quando ad un certo punto il suo sguardo fu catturato da una scena poco distante da lui; il suo capitano stava combattendo con altri cinque marine ed una volta atterrati ne stava fronteggiando un altro grazie al suo potere e, proprio in quel momento un viscido vigliacco graduato la stava colpendo alle spalle, approfittando della momentanea distrazione di essa.
Veloce Ryuu corse verso la compagna, i suoi occhi ambra divennero rossi e la sua forza fisica aumentò, il frutto del mare stava entrando in azione.
Preciso e veloce colpì il vigliacco avversario facendolo cadere a terra e, spietato usò la sua falce per finirlo.
Si girò e vide due occhi ambra che lo guardavano, il capitano era salvo, questo era l'importante. Da quando aveva conosciuto lei e la sua ciurma, Ryuu era cambiato, aveva trovato una famiglia, ciò che non aveva mai avuto.

La battaglia era quasi giunta al termine, ormai erano pochi i marine rimasti in piedi e, l'ammiraglio al loro comando stava ora combattendo contro Solan, il capitano di quei quattro fortissimi pirati.

-Solan arrenditi, è meglio per te!- disse l'ammiraglio

-non ci penso proprio Crastan!- disse la donna impugnando i suoi fidati pugnali

-un giorno ti catturerà lo sai...-

La donna dai lunghi capelli mogano partì all'attaccò, no, non si sarebbe mai fatta catturare, non sarebbe mai tornata da lui...

Crastan schivò abilmente i fendenti del pirata e partì con il contrattacco. Le sue braccia si trasformarono in due enormi asce che scagliò con violenza sulla ragazza di ventitrè anni che aveva difronte.
Solan fulminea si scansò giusto in tempo facendo incastrare le grosse asce di Crastan al suolo; la rossa approfittò della momentanea difficoltà del nemico, incastrato nel cemento, per affondare due precisi colpi nell'addome dell'uomo.

-dovresti saperlo che questi giochetti non servono a niente contro di me!- disse l'ammiraglio estraendo le due armi.

Solan notò che i tagli dati dai suoi pugnali, avevano lacerato solo la divisa dell'uomo, il corpo era completamente intatto.

-Dannazione il tuo corpo è interamente fatto d'acciaio!- disse la donna ricordandosi che l'uomo aveva mangiato il frutto iron-iron.

In quel breve lasso di tempo in cui Solan pensava ad un modo per sconfiggere l'avversario, esso approfittò della sua momentanea distrazione per colpirla con un poderoso pugno d'acciaio scaraventandola a metri di distanza.

-SOLAAAAAANNNN!!!!- un urlo proveniente dal centro della battaglia fece voltare l'ammiraglio che individuò il soggetto; un componente della ciurma di Solan, un ragazzo, Edward Yoshina conosciuto come “l'assassino”, chiamato così per le sue origini e per il suo passato da assassino su commissione.

Ed, così lo chiamavano i suoi amici, era alto un metro e settantacinque con una muscolatura ben sviluppata e fisico asciutto. Il suo corpo era segnato da mille cicatrici, tra cui una sulla parte sinistra del viso che partiva dalla fronte scendendo fino al mento e, da un tatuaggio su tutto il braccio destro fino al polso che raffigurava dei fiori immersi nelle onde.
Edward aveva un carattere complicato e odiava i soprusi, il destino dei suoi nemici era segnato visto che per lui un nemico doveva essere fatto fuori senza mai risparmiare nessuno.
Crastan notò lo sguardo pieno di ira che il ragazzo di ventuno anni gli stava rivolgendo, come se lo volesse squartare vivo per quello che aveva osato fare al suo capitano ma, probabilmente era proprio così visto che, aveva sentito dire che la ciurma di quella ragazzina dai capelli rossi era veramente molto unita.
Edward iracondo più che mai giustiziò senza pietà e velocemente gli avversari che gli si paravano contro ricevendo proiettili su tutto il corpo che, però non lo scalfivano minimamente visto che a contatto con la sua dura pelle di drago i proiettili si accartocciavano lasciando per un breve lasso di tempo squame rosse ove era stato colpito, camminando con sguardo indiavolato verso l'ammiraglio, i suoi occhi da verdi divennero di un giallo intenso e, la pupilla diventò come quella di un rettile, i canini si stavano leggermente allungando così come le unghie delle mani, che stavano diventando degli artigli duri e taglienti più del diamante; si stava pian piano trasformando nel drago che era nascosto dentro di lui.
Minaccioso uccideva chiunque gli sbarrasse la strada, niente poteva fermarlo quando la collera prendeva il sopravvento, quando si feriva qualcuno della sua ciurma, niente o quasi...

-Ed! A lui ci penso io!- disse una voce femminile avvolta in una nube di polvere che, una volta diradata svelò un'infuriata Solan; aveva sussurrato appena la frase ma, sapeva che il suo compagno l'aveva sentita grazie ai suoi sensi da drago.

Edward si fermò una volta sentita la voce del suo capitano e, appurato che stesse bene, si girò con un sorriso sghembo verso di lei.

-Tutto bene capitano?-

-Certo! Ci vuole ben altro per uccidermi!- sorrise -ne stanno arrivando altri, voi pensate a loro, io sconfiggo Crastan e poi ci andiamo a prendere una birra!- disse incamminandosi verso il nemico mentre si spolverava gli attillati jeans blu scuro e il top nero con la mano destra, facendo notare il tatuaggio sull'interno dell'avambraccio, una frase che racchiudeva tutto il suo essere, il suo motto “ la libertà è un sogno raggiungibile, basta volerla e combattere per essa ogni giorno”, fatto dopo un'importante decisione anni prima.

I quattro pirati si scagliarono fieri e decisi verso il nuovo plotone di marine appena arrivato sul campo di battaglia.

-Vedo che sei ancora tutta intera Ahahahahah!- rise Crastan preparandosi ad attaccare.

La donna si avvicinò glaciale e senza paura verso l'ammiraglio che spietato aveva trasformato il suo braccio destro in una lunga lancia seghettata che, pronto, aveva scagliato contro la donna che, però in un batter di ciglia, aveva sviato il colpo con un suo pugnale e sferrato un potente calcio facendo perdere, all'energumeno, l'equilibrio.
Lenta si avvicinò all'uomo a terra, puntando sul suo volto il consueto e appuntito tacco a spillo che portava sempre, anche durante le battaglie.

-Immobile- disse la rossa guardando negli occhi il nemico sotto di lei che, improvvisamente non riuscì più a muovere neanche un solo muscolo del suo corpo, tranne il viso ma, a poco gli serviva.

-Ascoltami Crastan, di a quel viscido di William di non cercarmi più o sarà lui ad avere la peggio!-

-Mo-morirai maledetta!- biascicò l'uomo con il tacco conficcato nel volto.

La donna con in mente il volto dell'uomo che più odiava in assoluto, torturò il marine.

-Dolore!- sussurrò fissando Crastan che, alle sue parole iniziò a contorcersi sotto di lei, stava soffrendo, un dolore che era arrivato all'improvviso, un dolore che sapeva di dover attribuire a quella belva rossa, un dolore che gli attanagliava le viscere, sembrava che un vulcano fosse appena eruttato dentro di lui e che la sua lava, bollente ed incandescente, lo stava uccidendo pian piano; il dolore era troppo forte da sopportare anche per un ammiraglio che aveva vissuto mille battaglie, dopo qualche secondo perse conoscenza osservando per un'ultima volta quegli occhi d'oro che lo avevano lacerato dentro.

-Finiscilo!- disse Edward alle spalle del suo capitano, era il suo vice, il primo componente entrato a far parte della sua ciurma, sapeva che Solan veniva considerata fredda e spietata ma che infondo non lo era neanche con i peggiori nemici.

No, deve portare un messaggio per me!-disse lei sfoderando un sorriso sincero ed, accarezzando il ciondolo a forma di cuore che pendeva dalla sua collana, esso custodiva il suo segreto.

Il ragazzo affianco a lei slegò i suoi lunghi riccioli castani racchiusi in una crocchia e li rilegò immediatamente, era una specie di rito il suo.

Man mano tutti i componenti della ciurma si avvicinarono al capitano, intorno a loro c'erano circa duecento marine e un ammiraglio privi di sensi.

La gente di quella tranquilla cittadina di certo non avrebbe mai dimenticato quel giorno, quella battaglia, quel sangue...di certo avrebbero parlato per sempre di quella mattina.

-Su ciurma, andiamo a festeggiare con una bella birra!- disse Solan ricevendo un urlo di felicità da parte della sua famiglia.






ANGOLO AUTRICE:

Salve gente!!! Rieccomi con il terzo capitolo dove sono stati presentati gli ultimi cinque OC! Spero come sempre di aver descritto al meglio i vostri personaggi, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate così da poter continuare in tranquillità ed al meglio la storia.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi e recensirmi, a presto

un bacione kiko90

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


Pochi secondi, solo pochi secondi restavano a Luna per decidere come agire per salvarsi la vita.
La pioggia continuava a cadere imperterrita. Aveva diminuito notevolmente la sua intensità grazie all’indebolimento del vento, ma dava comunque fastidio all’equipaggio che, caparbio, resisteva pur di salvaguardare la nave e le loro vite. Vite, che in quel momento erano a repentaglio, soprattutto quella della giovane archeologa, la quale stava per venir travolta da un’enorme onda.

Luna non aveva paura, lei era una combattente, anche questa volta aveva deciso di combattere, di certo non l’avrebbe uccisa una semplicissima onda alta circa venti metri. No! Lei avrebbe lottato per vivere!

Con i suoi occhioni azzurri come il mare, osservò la mastodontica onda. Sorrise appena, prima di portare davanti a se le sue mani e iniziare a muovere, velocemente, le slanciate dita.
Improvvisamente l’enorme ammasso d’acqua si scompose in milioni, miliardi, di piccole gocce che volteggiavano, leggiadre, sopra la testa della biondina.
Sospirò Luna, non le piaceva mettere in mostra le abilità del suo frutto del mare, ma questa volta era stata costretta a scegliere se usare il suo frutto o morire sotto la violenta forza dell’onda, beh aveva scelto la sua vita!
Con la coda dell’occhio Luna vide Stun correre verso di lei. Poco prima gli aveva urlato di stare attenta, ma adesso non c’era più nessun pericolo, l’onda ormai era nelle sue mani; ma Stun aveva tutt’altro che la faccia tranquillizzata, anzi aveva un’espressione seria come quando si preparava a combattere.
Luna alzò lo sguardo verso le goccioline che volteggiavano sulla sua testa e, con un gesto veloce delle dita le issò in cielo, per poi liberarle dal suo controllo, provocando così una leggera pioggia che si unì alla fievole acqua che scendeva già da ore.
Appena la ragazza riportò i suoi occhioni davanti a se, vide Stun pararsi davanti a lei in segno di protezione, ma cosa stava succedendo ancora?

Asako, affiancata al timone accanto al capitano, vide l’enorme re del mare che era appena comparso da dietro l’onda che stava per inghiottire Luna. Si portò una mano sulla bocca, spaventata per la sorte dei compagni. Aveva letto molti libri e sentito diverse voci riguardanti i mostri che abitavano quei mari, ne aveva visti alcuni ma mai così grandi. Era enorme e, adesso, puntava le sue gigantesche fauci contro i suoi amici.

-Luna sta indietro!- disse Stun serio.

-Ma che cosa succede? Spostati! L’onda l’ho neutralizzata!- disse la ragazza non capendo, non aveva ancora visto ciò che le si parava davanti.

Stun con un balzo schizzò in avanti e, con un poderoso pugno, colpì il muso del mostro facendolo sbilanciare; solo allora Luna comprese il gesto di protezione del compagno, la sua vita e quella dell’amico erano ancora a rischio.
Il mostro marino si riprese in fretta dal colpo e ora era più arrabbiato che mai.
Saltò dal lato opposto della nave, provocando così una notevole oscillazione dell’imbarcazione. I componenti dell’equipaggio si tennero ben stretti al primo appiglio che gli capitava a tiro, nessuno doveva assolutamente cadere in mare o sarebbe stato un vero problema.
Amlach si fidava ciecamente di ogni componente della sua ciurma e, proprio per questo, sapeva che poteva lasciare il re del mare nelle mani di Thunder; lui era il migliore in quel campo.

Il mostro marino riemerse più agguerrito che mai. Puntò con il suo sguardo d’oro, l’energumeno dalla pelle blu e si fiondò contro di lui.
Stun rimase lì, immobile, aspettando il nemico giungere. Appena il viscido serpente verde arrivò a un metro dal pirata, esso lo colpì con un calcio e poi lo afferrò per i lunghi baffi saltandogli sulla testa.
Si contorceva dal dolore il mostro, si ribellava, ma senza successo.
Per Rankelnas Stun non era la prima volta che si trovava di fronte ad un re del mare, anzi per lui quello era uno vero e proprio tuffo nel passato.



-Hey Rankelnas questa volta hai superato te stesso! Questo re del mare è davvero enorme!- disse Joel, un vecchio cacciatore marino. Stun era il suo orgoglio, ogni volta che solcava i mari tornava sempre con un mostro sempre più grande e spaventoso.

-Eh si vecchio Jo, questo era veramente grosso e mi ha dato anche un po’ di filo da torcere per catturarlo.- disse il ragazzo passandosi una mano tra i capelli.

Era un cacciatore di re del mare da diversi anni, era cresciuto per mare e ne aveva visti di tutti i tipi. Ogni sfida contro un nuovo mostro lo eccitava, raffinare la tecnica e piegarlo al suo volere sempre in meno tempo, era divertente. Amava il suo lavoro, ma allora non sapeva che presto anche lui, per un futile sbaglio, sarebbe diventato un mostro. A volte il destino gioca brutti scherzi…

Un giorno come tanti, mentre solcava le acque del mare settentrionale, Stun avvistò un piccolo isolotto. Era stanco, viaggiava ormai da giorni; quindi decise di attraccare.
Quell’isola aveva proprio l’aspetto di essere disabitata, non c’era nessuna forma di insediamento umano e, ciò voleva dire tranquillità assoluta, un vero paradiso.
Dopo aver scaricato alcune cose dalla sua piccola imbarcazione, Stun decise di sgranchirsi le gambe facendo una passeggiata in riva al mare e, sfruttando così l’occasione per esplorare il piccolo isolotto.
Mentre passeggiava tranquillo, qualcosa catturò la sua attenzione. Una macchia in mezzo al boschetto nel centro dell’isola. L’istinto da cacciatore ebbe la meglio così, Thunder, si avviò verso il bosco. Dopo essersi fatto spazio tra i vari arbusti, vide ciò che aveva catturato da lontano la sua attenzione, un frutto.
All’apparenza sembrava un frutto normale anche se il colore azzurro chiaro quasi verde , era decisamente particolare. Un borbottio iniziò a farsi sentire dal suo stomaco, chiaro segnale che era giunta l’ora di pranzo; così Stun non ci pensò due volte ad afferrare lo strano frutto e iniziare a mangiarlo.
Al primo boccone sembrava andare tutto bene anche se, aveva potuto constatare che il frutto era ancora acerbo, ma la fame era troppa, infondo si poteva mangiare anche così. Al secondo boccone, Stun iniziò ad avvertire qualcosa di diverso, si sentiva strano, pesante. Non ci fece molto caso, ma decise comunque di tornare alla barca. I suoi passi pian piano si fecero sempre più pesanti, le mani iniziarono a tremargli e la testa a pulsare forte. Qualcosa non andava, forse quel frutto era avvelenato o, forse era un frutto del mare…
Ne aveva sentito parlare molto, ma credeva che fossero solo leggende, ma forse così non era; chissà quale potere avrebbe assunto, almeno le leggende parlavano di grandi poteri che potevano rendere le persone anche invincibili, se usati bene.
Con questi pensieri in testa, il ragazzo non si accorse della debolezza che lo stava pian piano avvolgendo, in men che non si dica, Stun crollò a terra senza forze.


Era mattina, Rankelnas si svegliò con la testa pesante, sembrava che ci fosse un macigno sopra. Cercò di alzarsi ma crollò di nuovo a terra. Tutto il suo corpo sembrava più pesante. Ci mise qualche minuto a mettersi seduto e, quello che vide lo lasciò un po’ interdetto. Si trovava sulla spiaggia un po’ lontano dalla sua barca, non era riuscito a raggiungerla dopo aver mangiato il frutto. I suoi vestiti giacevano a brandelli accanto a lui, ma la cosa che lo sconvolse di più fu la sua pelle, era rivestita da una corazza blu. Si alzò di colpo e gli sembrò di alzare altre cinquanta persone insieme a lui. Osservò i suoi piedi divenuti giganteschi come le sue mani, il tutto di una colorazione blu intensa. Si toccò il viso preso dal panico e notò dei cambiamenti anche lì, non aveva neanche un capello e i suoi lineamenti erano leggermente cambiati. Preoccupato e sconvolto si diresse subito nella sua cabina sulla barca e, prese in mano uno specchio, quello che vide non gli piacque affatto. Era diventato un gigante blu e tutto per colpa di uno stupido frutto acerbo, la sua vita era rovinata, era diventato un mostro, proprio come gli esseri che cacciava nei mari da quando era bambino.

Dopo quel giorno Thunder sfruttò ogni briciola della sua energia per cercare una cura. Scoprì in oltre che il frutto che aveva mangiato apparteneva alla categoria zoo zoo leggendario scarabeo tuono, infatti volendo si poteva anche trasformare in un enorme scarabeo dalla corazza violacea ed era in grado anche di controllare ed usare i fulmini a suo piacimento. Il potere lo affascinava certo, ma non accettava l’idea di restare per sempre in quel modo, doveva esserci una soluzione, una cura.
La gente, quando lo vedeva, lo scrutava con terrore, i suoi amici scappavano, nessuno lo considerava più un umano tanto che, Stun, si rifiutava anche di esprimersi e preferiva farsi capire a gesti.
Si sentiva un mostro, un mostro senza amici, con il solo scopo di tornare normale, finché un giorno in una locanda incontrò Ashuros.

Stun era appena entrato nella locanda che di solito frequentava, quando vide un giovane ragazzo biondo provarci spudoratamente con la cameriera della taverna, lusingandola con mille complimenti stucchevoli. Tutte quelle moine, quelle smancerie Thunder non le aveva mai sopportate, non considerava uomini quelli che si comportavano così. Si addentrò meglio nella locanda per dirne quattro a quel don Giovanni, ma qualcuno lo precedette.
Delle catene avvolsero il corpo del biondino, stringendolo e poi appendendolo alla trave del soffitto. Stun si guardò intorno e vide un giovane ragazzo dai capelli argentei sorridere e ritirare le sue catene.
Quel ragazzo già gli stava simpatico. Decise quindi che, se non sarebbe scappato appena lo avrebbe visto, gli avrebbe offerto da bere per aver eliminato quello scocciatore. Si avvicinò e si sedette accanto a lui. I due iniziarono a parlare. Ashuros Bleeder, non era per niente intimorito o disgustato da Stun, anzi lo considerava molto simpatico e, insieme condividevano l’odio per quel tipo di uomini.
I due divennero subito amici e, decisero quindi di salpare insieme; proteggendosi a vicenda.
Finalmente Stun si sentiva per la prima volta dopo tanto, in pace con se stesso, aveva finalmente trovato un vero amico e, presto, avrebbe trovato una vera e propria famiglia.




Quel ricordo fece sorridere Stun, la sua vita da quando si era trasformato in quello che era adesso, era cambiata notevolmente e, anche se continuava a sperare di trovare una cura un giorno, sentiva il suo cuore più leggero perché, anche se fosse rimasto per sempre così, avrebbe avuto sempre l’appoggio e l’amicizia dei suoi nakama.
Con un ultimo colpo ben assestato, Thunder scaraventò il mostro, ormai privo di vita, in mare.
Galleggiava tra le onde che man mano si erano quietate. Il cielo pian piano stava ritornando limpido e, anche la pioggia aveva concluso la sua violenta discesa, il pericolo era finalmente scampato.

-Ottimo lavoro Stun!- disse il capitano dall’alto

-Grazie Stun!- disse Luna saltandogli al collo felice. Stun aveva la faccia completamente spiaccicata nell’abbondante seno della biondina e questo gli recava un notevole imbarazzo.

-Luna basta! Scendi!- si ribellava il pirata, suscitando le risate dei suoi compagni.

-Ragazzi terra in vista!- urlò July dalla postazione di vedetta.

Tutta la ciurma si accostò alla balaustra per osservare i lineamenti della nuova isola che sorgeva all’orizzonte, ancora avvolta da un piccolo strato di nebbia.

-Bene ciurma, prepariamoci a salpare!- urlò il capitano, ricevendo grida d’approvazione da tutti i suoi compagni. Avevano lottato duramente durante la tempesta, una nuova isola e un po’ di riposo era proprio l’ideale.





Intanto sull’isola Shuri la ciurma di Solan, chiamata la furia rossa, si apprestava a rifocillarsi, dopo la battaglia con i marine, in una locanda.

-Ecco a voi signori, quattro birre e un cocktail della casa!- disse la cameriera porgendo ai pirati le bibite richieste.

-Grazie!- disse Yuki sempre gentile con tutti.

-Oh Lily, io non riesco proprio a capire come fai a non bere la birra!- disse Solan osservando la giovane sorseggiare tranquilla il suo cocktail.

-E’ amara! La birra è amara, non mi piace- disse come se nulla fosse Lilian.

-Tzè! Io piuttosto la considero uhm, vediamo… rigenerante!- disse Edward affondando le sue labbra nel bicchiere ormai quasi vuoto, ridestandosi dalle fatiche della battaglia con l’adorata bibita dorata.

-Ah si, si vede!- disse con un sorriso birichino Lilian, facendo notare al compagno di aver già finito la birra.

Tutti risero di cuore per quel gesto, persino Ryuu accennò un sorriso, lui che di solito era sempre sulle sue, ma come non poteva ridere con quei pazzi compagni.
Solan fece cenno alla cameriera di portare un altro giro di bibite alla sua ciurma, mentre Edward nel frattempo aveva focalizzato la sua attenzione verso una conversazione in un tavolo infondo al locale.

-Ehi Sol, ascolta!- disse il vice al suo capitano

La ragazza si concentrò chiudendo gli occhi e, sentì tre uomini parlare tra un bicchiere di Sakè e l’altro, di un’interessante tesoro.

-L’ho saputo stamattina! Il tesoro si dice sia nascosto su un’isola ai confini del grande Blu dove solo lui stesso con la sua ciurma sono arrivati!- disse un uomo dalla folta barba nera.

-chissà quali meravigliosi tesori ci saranno nascosti!- disse un altro con gli occhi che brillavano.

-si! Ma sarà impossibile per chiunque arrivarci! E’ una sfida senza eguali!-


-Uhm… interessante!- disse Solan riaprendo gli occhi, sorridendo. –Andiamo a sentire cosa hanno da dirci di più chiaro!- disse alzandosi dal tavolo, seguita a ruota da Edward e Ryuu, mentre le due ragazze si apprestavano a godersi la scena dal tavolo, continuando a bere tranquille.

Con passo lento e sinuoso, Solan si diresse verso i tre uomini che senza accorgersene stavano parlando del tesoro più importante mai conosciuto dopo il fatidico One piece.

-Salve!- disse la donna smuovendo la sua chioma rossa.

I tre uomini si girarono all’uniscono, rimanendo imbambolati per la bellezza della ragazza.

-Ciao bambola! Vuoi unirti a noi!- disse l’uomo dalla barba nera con occhio malizioso.

Un colpo di tosse fece notare ai tre uomini che non erano soli. Infatti altri due ragazzi si trovavano alle spalle della donna. Uno portava una felpa nera con cappuccio e, se gli occhi stanchi per il troppo alcool, del moro, non si sbagliavano, poteva giurare che fosse macchiata da diversi schizzi rossi, forse sangue, pensò. Mentre l’altro aveva uno sguardo tutt’altro che amichevole che li scrutava ad uno ad uno con freddezza.

-Vedo che ti sei portata la scorta, hai paura che ti facciamo del male?- rise sguaiatamente l’uomo.

–Sai, non ho affatto paura di voi anzi, muoio dalla voglia di sapere di più del tesoro di cui state parlando- disse mettendo una mano sulla spalla dell’uomo.

-Hai sentito Rik la ragazza vuole sapere di più sul tesoro!- disse al compagno di fronte.

-Magari dolcezza se fai andar via i tuoi amici e ti unisci a noi, potremmo anche dirti qualcosa, ma niente si fa per niente, cosa ci guadagniamo noi?- disse l’uomo chiamato Rik.

-La vita!- rispose freddo Ed.

I tre uomini risero mentre Solan si avvicinò a Rik piegandosi per sussurrargli qualcosa nell’orecchio.
Improvvisamente le pupille dell’uomo sbiancarono, la sua testa, come tutto il suo corpo iniziò a tremare fortemente. La rossa si rialzò sorridendo –Allora qualcuno adesso vuole raccontarmi qualcosa in più su questo tesoro?-

-Cosa gli hai fatto?! Rik! Rispondi stai bene?- urlò l’uomo alla sua destra, osservando l’amico sbiancare sempre più.

-Il tuo amico non si riprenderà se qualcuno di voi due non si decide a parlare, e vi avviso, sto iniziando ad innervosirmi!- sospirò la donna

-Bastarda!- urlò in risposta l’uomo che fu subito accerchiato, come l’altro amico, dai due componenti della ciurma.

Ryuu veloce aveva impugnato la sua falce che, veloce era finita sul collo del malcapitato, tenendolo sospeso tra la vita e la morte. –Un solo respiro e ti perforo la carotide!- sussurrò guardandolo con il suo sguardo ambrato.
Edward aveva invece bloccato gli arti del vigliacco che aveva chiamato bastarda il suo capitano e, la testa era immobilizzata sotto il suo avambraccio. Lasciandogli solo l’opportunità di dire ciò che, loro, volevano sentire o sarebbe stata morte certa.

-Va be-bene vi dirò tutto, ma lascia andare Rik!- contrattò.

-Solo dopo che tu da brav’uomo, mi avrai detto tutto!- disse il capitano sfiorando con la mano la testa di Rik che cominciò a sbattere sul tavolo ripetutamente.

-Ok! Ok! Stamattina è giunta voce che il nuovo re dei pirati Monkey D. Rufy, abbia nascosto un tesoro su un’isola ai confini del grande Blu. Si dice anche che, abbia nascosto su varie isole degli indizi per raggiungerlo e che i pirati una volta arrivati al tesoro dovranno affrontare lui e la sua ciurma in persona!-

-Interessante!- disse Solan liberando dal suo potere Rik che cadde a terra svenuto.

-E’ da pazzi imbarcarsi per questa missione, ci sono molti pericoli…- continuò l’uomo

-Ah, ma noi siamo pazzi! Vero ragazzi?- disse il capitano ai suoi compagni che avevano lasciato andare, dopo suo ordine, i due uomini.

-Si capitano!Chi la trova una ciurma più fuori di testa della nostra!- rispose accennando un sorriso il vice.

-Monkey D. Rufy e Roronoa Zoro, è da tanto che desidero sfidarli!- disse Ryuu riponendo la falce.

-Bene! andiamo a riferire al resto della ciurma che salperemo alla ricerca del tesoro del Re dei pirati! Una nuova avventura ci aspetta!-







Angolo Autrice:
Salve genteee!! Allora ecco a voi un altro capitolo! Cosa ne pensate? La ciurma di Solan a scoperto finalmente del tesoro di cappello di paglia e sono decisi a partire! L’altra ciurma dopo varie peripezie sta per sbarcare su una nuova isola, cosa succederà li? Scopriranno anche loro del tesoro? In questo capitolo ho trattato anche il passato di un personaggio e nei prossimi tratterò anche gli altri. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Sarei felice di ricevere i vostri commenti e sapere da, quelli di voi che ancora non me l’hanno detto, cosa ne pensano del proprio Oc! ( ma anche dagli altri e dai lettori) Se ci sono correzioni da fare fatemelo notare pure, apporterò le giuste modifiche! Per il resto ringrazio vivamente tutti coloro che leggono la storia che l’hanno inserita tra le preferite, seguite e ricordate e ai cari recensori!!!
Un bacione, a presto
kiko90

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


-July questa volta hai proprio esagerato! Devi smetterla di liberare gli schiavi che ti vengono affidati! Così mi costringi a punirti un’altra volta!- disse una donna dai lunghi capelli dorati e occhi verdi, la mamma di July, Shonda.

Shonda era una donna inflessibile. Amava la sua famiglia ma amava molto di più il potere. Era una nobile mondiale e ne era orgogliosa. Era rispettata e temuta da tutti insieme a suo marito.

-Madre loro sono persone esattamente come noi! Perché devono subire questa tortura? Meritano di vivere una vita felice come la desiderano, non di sottostare ad ogni nostro capriccio e di vivere da schiavi!- si ribellò la ragazza di soli dodici anni.

-Come osi rivolgerti così a nostra madre? Insolente! Ti meriti un’altra notte nelle celle!- disse sprezzante Shaluila, sua sorella.

-Shaluila basta!- la zittì la madre – July, tu sei una ragazza forte, e questa è una caratteristica di te che mi piace molto, ma figlia mia sei una stupida!- disse dandole uno schiaffo in pieno viso – Noi siamo superiori! Non puoi paragonare noi a quell’insulsa feccia umana! Loro stanno già vivendo la vita al meglio visto che gli consentiamo di servirci, ma ahimè sono troppo inferiori per soddisfarci al meglio così noi dobbiamo provvedere all’eliminazione, capisci? Tu sei una nobile! Sei nata per essere il loro Dio, non una loro amica! Un nobile non può essere indulgente, un nobile deve essere solo superiore! Cerca di ficcartelo in testa! Guardie portatela di nuovo nella cella di isolamento!- disse Shonda, fredda, come se quella che le guardie stavano per portare via fosse una ragazza qualunque che non significava niente per lei e, non invece sua figlia.

July venne scortata dalle guardie nella cella che occupava ogni volta che ne combinava una delle sue.
Questa volta aveva aiutato Ronda una ragazza poco più grande di lei, a fuggire dalla prigionia. Ronda era malata e non riusciva a sopravvivere a quelle ingiurie. July si era affezionata molto alla ragazza che la seguiva ovunque perché era “ la sua schiava” un regalo fattole da suo padre per i suoi dodici anni. Cercò di aiutare l’amica in tutti i modi, aveva persino iniziato a studiare medicina per farla stare meglio ma era ancora inesperta, quindi quando notò i peggioramenti di salute dell’amica decise di agire e liberarla. Era l’unica possibilità per Ronda.
Aveva fatto questo molte volte e, ne aveva sempre subito le conseguenze. Sua madre e suo padre gli ripetevano sempre che contavano su di lei, che doveva diventare forte come loro, ma lei quel forte lo interpretava più come “devi diventare spietata come noi, devi essere superiore a tutti!”.
No, July non voleva questo! Si, era nata come nobile mondiale e tutti i suoi parenti erano spregevoli e senza cuore, ma lei sarebbe stata diversa, lei voleva essere migliore di loro e governare con il cuore, abolendo per sempre la schiavitù.
La missione di July quel giorno era fallita, mentre stava aiutando Ronda a fuggire sua sorella Shaluila l’aveva scoperta e denunciata ai genitori. Ronda era stata crudelmente uccisa davanti a gli occhi della sua amica che desiderava solo salvarla, invece l’aveva condotta verso la morte.

Piangeva July, piangeva, promettendo a se stessa che un giorno ce l’avrebbe fatta, un giorno sarebbe fuggita da lì e sarebbe stata libera per lei e per Ronda! Sarebbe diventata forte, diventando un ottimo medico in grado di curare tutte le malattie e una nobile mondiale forte ma giusta che vive insieme alla gente; non al di sopra di essa.

-Hey July!- la chiamò un ragazzino della sua età da fuori la cella.

-Che vuoi Raley?- disse sprezzante la ragazza, osservando il cugino.

-Come stai?- disse abbassando lo sguardo. Raley era un ragazzo magro e alto qualche centimetro più di July. Erano cresciuti insieme e, anche se condivideva le stesse opinioni riguardo alla schiavitù, di July, a differenza della ragazza lui non osava controbattere e preferiva seguire le direttive dei genitori. Era un codardo come lo definiva la cugina.

-Come ti sembra che stia? Sono chiusa qui dentro un’ altra volta e Ronda è morta!- singhiozzò ricordando l’amica.

-Mi dispiace per Ronda, era simpatica! Ma July sapevi che non dovevi farlo, sapevi cosa rischiavi!-

-Lo so! Ma non vuol dire che mi sarei arresa solo perché loro potevano farmi del male o scoprirmi! Raley tutto questo è ingiusto lo sai! La schiavitù va abolita! Aiutami ad uscire da qui! Aiutami a scappare!- lo supplicò avvicinandosi alle sbarre ed aggrappandosi ad esse per guardare negli occhi il cugino.

-Ma che dici! È pericoloso! Ci scopriranno!- indietreggiò lui, immaginandosi a quali torture sarebbe stato sottoposto se l’avessero scoperto.

-Sei il solito codardo!- sbuffò July rintanandosi nell’angolo più buio della cella facendo capire al ragazzo che la conversazione era conclusa.

Era stata liberata dopo qualche giorno. I genitori credevano che finalmente avesse capito la lezione, che doveva comportarsi in un certo modo ma, non era così.

Dopo qualche settimana di pianificazione, July attuò la sua fuga.
Lei e la sua famiglia erano scesi alle isole Saboudy per comprare nuovi schiavi, lì la ragazza approfittando della distrazione della famiglia durante l’asta di schiavi, fuggì.
Si tolse quell’odiosa bolla di resina e quella tuta argentea per non farsi riconoscere e, rimase con gli unici vestiti che gli sarebbero rimasti, una maglietta azzurra e una gonnellina bianca con sotto delle calze a righe che le arrivavano fino alle ginocchia.
July corse a per di fiato senza mai guardarsi indietro, sapeva che da un momento all’altro l’avrebbero cercata quindi l’unico modo per essere al sicuro era imbarcarsi su una nave.

Era sfinita ormai priva di forze, quando in lontananza vide una nave e ci si catapultò sopra. Si diresse subito nella stiva per non farsi notare dall’equipaggio; per sua fortuna in quel momento non era presente nessuno sulla nave.
Una volta arrivata nella stiva si nascose il meglio possibile e, presa dalla stanchezza si addormentò.


Qualche ora più tardi si svegliò e con sua grande sorpresa notò che non si trovava più nella stiva della nave, ma su un comodo letto.
Si alzò di colpo spaventata. Immediatamente pensò che i suoi genitori l’avevano ritrovata e portata a casa, ma non era così. Si guardò intorno, la stanza era molto cupa. Le tende di velluto rosso, erano semi chiuse e le pareti erano scure, quasi nere, come i pochi ed essenziali mobili all’interno, dove erano riposti degli strani occhiali da aviatore e dei braccialetti tempestati di borchie e catene. Per la prima volta da che era fuggita, July aveva paura.

Si avvicinò alla porta ma non fece in tempo a mettere la mano sulla maniglia che essa si aprì mostrando un uomo alto e muscoloso con una faccia poco raccomandabile.
July lo guardò bene, aveva degli strani capelli rosso fuoco sparati all’insù, le labbra erano sottili, velate da un leggero colore nero e, i suoi occhi erano freddi ma allo stesso tempo ardevano come il fuoco che gli dava colore.

-Bene ti sei svegliata spia!- disse l’uomo entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Era possente, July iniziò a tremare.

-Io, io…- July non riusciva a parlare, improvvisamente il suo carattere timido aveva preso il sopravvento sul suo tipico coraggio.

L’uomo si avvicinò al comodino e prese i grandi occhiali a fascia e se li mise tra i capelli, poi con un gesto della mano attirò a se le catene e le borchie sui mobili, come se fossero attratti da una calamita e se li sistemò addosso.

-Che ci fai sulla mia nave?- chiese improvvisamente freddando la ragazza con il suo sguardo.

-Sono fuggita dalla mia famiglia e cercavo un modo per scappare dall’arcipelago…- disse diventando rossa.

-Famiglia di merda eh?- ghignò

-Si, loro sono nobili mondial… o merda!- disse July pensando troppo tardi che non era affatto una buona idea dire ad un perfetto sconosciuto la verità sui suoi genitori, sicuramente l’avrebbe riportata indietro per guadagnare qualche berry. Si morse il labbro inferiore abbassando la testa e, sperando che quello strano tizio non avesse capito.

-Cazzo! Nobili mondiali?! Capisco perché sei scappata, quelli sono degli stronzi!- sbottò con la sua solita delicatezza, il rosso.

July sorrise, forse non l’avrebbe riportata dai suoi genitori, infondo.

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Un tipo con una strana maschera da lottatore aprì la porta.

-Capitano Eustass siamo pronti a partire!- lo informò

-Aspettate dobbiamo riportare questa mocciosa dai quei pezzi di merda dei nobili mondiali!-

July si schiantò, la speranza di essere riuscita a fuggire era crollata, quell’uomo l’avrebbe riportata da loro.

-NO! Ti prego non riportarmi da loro, non voglio diventare come loro io voglio essere libera! E tu dovresti capirlo meglio di tutti visto che sei un pirata, dovresti sapere cosa vuol dire essere liberi! Io non lo sarò mai se tornerò da loro!- disse piangendo disperata.

-Che palle!- sbuffò -Salpiamo!- disse Eustass senza neanche guardarla. Non l’avrebbe mai confessato ma quella ragazzina aveva sfiorato con quelle parole la corazza di ferro che era il suo cuore.

July rimase sulla nave del rosso per diversi mesi. Nonostante tutto si trovava bene con quella strana e scorbutica ciurma. Kidd non era di certo un gentiluomo, non le aveva mai mostrato un segno di affetto o di gentilezza ma, July sapeva che, infondo, si era affezionato a lei.
La ragazza decise che finalmente era ora di andare avanti e lottare per il suo sogno, così decise di lasciare la ciurma di Kidd e viaggiare per conto proprio, cercando la sua strada.

Erano appena approdati su una nuova isola dove lì, lei avrebbe salutato Kidd e gli altri.

-Eccoci al dunque! Grazie di tutto Kidd- disse la biondina baciandogli, velocemente, una guancia.

-Diavolo July lo sai che odio ste smancerie!- disse ripulendosi il viso con la mano.

La ciurma si incamminò, tornando alla nave.
July li osservava e salutava animatamente. Ad un certo punto vide Kidd lanciarle qualcosa che afferrò al volo.
I suoi occhiali da aviatore.
Sorrise posizionandoseli in testa, Kidd anche se era sempre freddo e scorbutico si era affezionato a lei e, donarle i suoi occhiali ne era la prova.



Sfiorò i suoi cari occhiali che teneva in testa come sempre, e accennò un sorriso nostalgico. Dal giorno che aveva salutato Kidd, ne aveva passate di tutti i colori ma era diventata più forte e sempre più vicina al suo obiettivo, ed ora era pronta a dimostrarlo anche alla sua famiglia.

Alzò il palmo della mano da dove un tornado sempre più grande si faceva spazio e lo scagliò verso la perfida sorella che ne fu investita.

July aveva mangiato il frutto Ari Ari qualche anno dopo aver salutato Kidd, e proprio grazie a quel frutto aveva aiutato Amlach durante il loro primo incontro dove conquistò la sua fiducia diventando il medico di bordo.
Shaluila continuava a girare travolta dal tornado mentre le guardie si erano scagliate contro Asako e Luna. July ne approfittò per andare dalla piccola schiava.

-Ciao piccola! Scappa, adesso sei libera non devi più sottostare a loro!-

-Grazie…grazie mille!- disse la bambina abbracciandola prima di scappare, zoppicando, via, verso la libertà.
July ripensò per un momento a Ronda, sapeva che anche lei adesso era libera e che sicuramente era orgogliosa di lei; aveva persino cambiato il suo cognome, usando quello dell’amica, per sentirla più vicina e per essere un po’ come lei, coraggiosa.


-July attenta!- urlò Raley avvisandola dell’imminente attacco alle sue spalle. Raley era ancora sorpreso di rivedere la cugina, gli era mancata molto in quegli anni.
July si voltò di scatto e vide una guardia intenta a colpirla con un colpo di spada ma la lama fu subito fermata da un’altra lama, una spada scintillante dall’impugnatura oro. La proprietaria della spada sorrise a July e lei ricambiò.

-Grazie Asi!- disse la biondina ringraziando la navigatrice corsa ad aiutarla.

-Figurati!- sorrise –Adesso fai vedere a quella scema di tua sorella quanto sei forte!-

July si rialzò e si diresse verso la sorella. Aveva l’appoggio delle sue amiche e questo la rendeva ancora più forte.

Il tornado che aveva travolto Shaluila aveva cessato la sua potenza lasciando la donna tramortita e infuriata, a terra.

-Maledetta! Sei una maledetta! Riporterò il tuo cadavere da mamma e papà loro ne saranno lieti dopo che li hai disonorati fuggendo tra questa feccia!-

-Zitta! sei solo una stupida arrogante, lo sei sempre stata!- disse July colpendo la sorella con una frustata d’aria che scaraventò Shaluila di nuovo a terra.

Nel frattempo Luna si divertiva a combattere contro le guardie e, al suo fianco c’era Asako che si destreggiava con la sua spada, atterrando una guardia dopo l’altra.

La navigatrice era circondata da una decina di guardie che erano accorse numerose dopo le urla della nobile. Aveva affondato la sua spada nel fianco di una di loro e mentre la stava estraendo un altro soldato la stava per attaccare ad un fianco quando improvvisamente la guardia sentì il suo corpo bloccarsi e poi muoversi contro il suo volere; i piedi retrocedevano e una sua mano si alzò in aria prendendo velocità mentre si chiudeva a pugno e si scagliava violento contro il suo stesso viso.
Una risata cristallina provenne da dietro il soldato caduto a terra, Luna si divertiva sempre ad usare il suo frutto heal heal con cui era in grado anche di far muovere con un solo cenno delle dita le cellule di un corpo come se fosse una marionetta al suo volere.

-Eh va beh, succede dai!- disse alla guardia che, colpendosi da sola, si era fracassato il naso –non potevo permetterti di colpire una mia compagna!- rise, preparandosi ad un nuovo attacco.

-Lancia heal!- urlò sfruttando le particelle di acqua di una fontana li vicino per creare una lancia d’acqua che man mano si faceva sempre più solida, di ghiaccio, che scagliò verso un altro nemico pronto ad attaccarla.

-Mi dispiace ma oggi non è proprio il vostro giorno fortunato!- disse l’archeologa.

-Sono d’accordo con te!- disse la navigatrice affianco a lei mentre affondava la sua spada nelle costole di due guardie, una dopo l’altra. –oggi hanno trovato pane per i loro denti!- sorrise Asako, estraendo la spada compiaciuta.

-Ne stanno per arrivare altri! Vi conviene scappare!- disse Raley alle due donne.

-Perché ci dici questo? Perché ci stai aiutando?- gli chiese Asako.

-Non voglio che July torni a casa, lei adesso è libera e felice e così deve essere!-

Le due ragazze annuirono sorridendo, non tutti i nobili erano spregevoli e senza cuore come si diceva, July e Raley ne erano la prova vivente.

-Dobbiamo andarcene subito e avvisare il capitano e gli altri! Non possiamo più rimanere su quest’isola!- disse la navigatrice

-July andiamo!- urlò Luna all’amica ancora intenta a combattere contro la sorella.

Shaluila aveva colpito il giovane medico ad un fianco, quando da dietro arrivò Raley che la tramortì.

-July scappa, ne stanno arrivando altri, sei in pericolo!- disse il cugino.

-Raley vieni con me!- gli chiese guardandolo dritto nei suoi occhi verdi.

-Non posso! Io non sono coraggioso come te! Però ti aspetterò, aspetterò il giorno che tu tornerai per abolire la schiavitù per sempre, io sarò sempre al tuo fianco!- disse il ragazzo.

-Grazie!- disse la biondina correndo verso le amiche.

-Ecco July, andiamo!- disse Luna

-Ok! Adesso ci penso io così avremo un po’ di vantaggio su di loro- disse Asako concentrandosi e bloccando le guardie intorno a loro grazie al suo potere. –Abbiamo solo cinque minuti muoviamoci!- urlò.

Le tre ragazze iniziarono a correre verso il porto, mentre nel frattempo Amlach, Stun e Ashuros stavano per scoprire qualcosa di molto interessante.






Nel frattempo nel bel mezzo del mare, la Liberty navigava tranquilla verso la prossima meta.

-C’è qualcosa di strano nell’aria…- disse Yuki osservando il cielo dal ponte di prua.

-Del tipo?- chiese Lily curiosa –oggi sembra una giornata fantastica! Il sole è caldissimo, un vero paradiso!- disse girandosi ad osservare il resto della ciurma.
Solan aveva deciso di rilassarsi un po’ prendendo un po’ si sole, comodamente sdraiata su una sdraio con indosso un bikini nero che risaltava la sua già abbronzata pelle. Ryuu a qualche metro dal capitano si stava allenando a torso nudo e pantaloncini neri, affianco a lui c’era Edward intento a fare flessioni con l’ausilio di un solo dito.
Lily riportò l’attenzione verso Yuki che, a differenza dei suoi compagni, non si stava per niente godendo la tranquillità di quella giornata, anzi sembrava decisamente preoccupata.

-Hai ragione quando dici, sembra una giornata fantastica , ma credo che non lo sarà! Nell’aria percepisco dei cambiamenti, non so come spiegartelo perché è la prima volta che mi capita una cosa del genere…- disse la navigatrice

-Una tempesta in arrivo?- tentò Lilian

-No, in quel caso ci sarebbero delle nuvole a preannunciarlo. Piuttosto è il mare quello che mi preoccupa di più, è… strano!- disse sporgendosi un po’ dalla balaustra per osservarlo meglio –sembra calmo ma in realtà non lo è! Dobbiamo stare allerta, qualcosa sta cambiando nelle correnti marine!-

Lily annuì, allarmata da ciò che aveva appena detto l’amica. Yuki era in gamba nel suo lavoro quindi se lei diceva che c’era qualcosa che non andava era sicuramente la verità.
Il medico non ebbe nemmeno il tempo di finire il suo pensiero che Yuki scattò immediatamente a prendere il cannocchiale.

-Dannazione!- imprecò la navigatrice –Vortici marini!- disse stringendo i denti per il nervosismo.

-Cosa…Cosa sono i vortici marini?- chiese il medico afferrando il cannocchiale –Oh mio dio!- gridacchiò alla vista di molteplici vortici di acqua che si stagliavano proprio nella loro direzione. Erano grandissimi e ognuno girava per un senso opposto, causando delle piccole onde che man mano diventavano sempre più grandi avvicinandosi ad essi.

-Dobbiamo subito cambiare rotta! Ci stiamo imbattendo nei vortici marini!- urlò Yuki facendosi sentire da tutto l’equipaggio.

Ryuu scattò subito accanto a Yuki per vedere con i suoi occhi quel che stava succedendo, mentre Solan e Edward erano corsi sulla polena per verificare anche loro l’imminente pericolo.

-Diamine questa non ci voleva!- imprecò Ed osservando, in modo più definito grazie ai suoi sensi sviluppati, i pericolosi vortici.

-Andiamo!- disse Solan saltando giù dalla polena per raggiungere il timone.

La nave si avvicinava sempre più velocemente verso i vortici, come se una strana forza la spingesse in quella direzione. Ryuu ed Edward avevano afferrato il timone e virato ma questo non era bastato, era troppo tardi. La nave fu travolta da una potente onda che inondò tutto il ponte, i pirati presi alla sprovvista cercarono di attaccarsi al primo appiglio che trovavano, nessuno doveva finire in mare.

Appena l’onda si ritirò, Solan alzò il capo ed urlò –State tutti bene?- la paura di perdere qualche suo compagno si leggeva sul suo viso tirato dalla troppa tensione. Un minuto prima stava tranquillamente prendendo il sole e, un minuto dopo era intenta a pregare che tutti i suoi compagni fossero sani e salvi.

Si guardò intorno e vide Yuki stretta tra le braccia forti di Ryuu che l’aveva afferrata all’ultimo momento prima che cadesse in mare. Edward stretto a una fune e Lily attaccata a mo di polipo, all’albero maestro. Il capitano si rilassò, tirando un sospiro di sollievo che le si spezzò a metà perché la nave era appena stata catturata dai vortici ed iniziava a oscillare da un vortice all’altro senza sosta, sballottando la nave e il suo equipaggio.
Nessuno sapeva come agire, come salvare tutti da quella situazione che man mano peggiorava.
Un ulteriore e più violento vortice fece volare la nave di qualche metro, facendola atterrare su un altro ciclone marino.

-LILYYYY!- urlò Yuki vedendo l’amica scivolare dal ponte e finire in acqua.

Lilian aveva perso conoscenza appena toccata l’acqua improvvisamente ghiacciata. Aveva mangiato, come la maggior parte della ciurma, un frutto del mare e adesso era in balia di esso; la sua fine era segnata. Affondava sempre più giù, in quel mare che fino a pochi minuti prima sembrava tranquillo, in quella giornata che, pochi istanti prima aveva etichettato come fantastica. Cosa le sarebbe successo, sarebbe riuscita a salvarsi?







ANGOLO AUTRICE:
Salve genteee!!! Si lo so, sono in un ritardo apocalittico :) Scusatemiiiii tantooooooo! Ma in questo ultimo mese ho avuto qualche piccolo problem e ripensamenti vari su questa fic ed altro! Comunque adesso sono qui e spero di non scomparire più!
Per quanto riguarda questo cap che è depositato da tempo immemore nel mio pc, che dire, non mi convince molto ma il giudizio spetta a voi!
Aspetto come sempre le vostre recensioni!
Un bacione kiko90

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Capitolo 6
*** capitolo 4 ***


-Il tesoro di Monkey D. Rufy? No, non ci credo!- disse Lily sgranando gli occhi dopo aver appreso la notizia.

-Si non è fantastico?- disse il capitano con gli occhi che brillavano. Amava affrontare nuove avventure e nuove sfide che avrebbero messo alla prova lei e la sua ciurma.

-Tu sei pazza! Non credi che ormai un sacco di pirati saranno in viaggio per trovare il tesoro? Sarà una missione impossibile!- disse Yuki, la quale era la più matura di tutto quel pazzo gruppo, pensava sempre al da farsi e alle conseguenze che certe azioni potevano avere su di loro.

-Ma Yuki ci pensi, potremo conoscere nuove isole, potrai persino conoscere la navigatrice più famosa dei sette mari, Nami la gatta ladra!- disse Solan cercando di convincerla.

-Beh, hai ragione, ma resta comunque pericoloso…- disse abbassando lo sguardo. Non aveva realmente paura che quella missione fosse pericolosa, amava viaggiare e scoprire nuove isole, il vero problema era lei, non si fidava delle sue abilità, della sua maledizione.

Solan si alzò e mise una mano sulla spalla della compagna –Non preoccuparti, andrà tutto bene, tu riuscirai a dominare il tuo potere e diventerai fortissima!- disse sorridendole dolcemente.

Yuki la guardò negli occhi, vedeva come il suo capitano credeva in lei, sapeva di avere l’appoggio di tutta la ciurma si, ce l’avrebbe fatta.

-Hai ragione, ce la faremo!- disse la navigatrice abbozzando un dolce sorriso.

-Bene ciurma, allora ognuno ai propri posti, si salpa!- disse il capitano.

Dopo aver appreso la notizia del tesoro si erano diretti sulla loro nave, la Liberty.

La Liberty era una grande nave costruita dai migliori carpentieri dell’isola Zuiki, isola natale del capitano; infatti proprio il padre di Solan, un grande carpentiere, e i suoi amici, costruirono la nave alla donna quando decise di salpare. La nave aveva due serie di cannoni da entrambi i lati, fornita di ogni confort. Il legno della nave era nero, nero come la notte, la balaustra era bianca come ogni piccolo particolare della nave. La polena era costituita da due grandi ali, simbolo della libertà, la libertà che ogni pirata professava.
Ogni componente della ciurma si mise al lavoro per salpare. Ryuu ed Edward issarono l’ancora nel frattempo Yuki controllava la rotta migliore da intraprendere, mentre Solan e Lily pensavano alle vele.

La nave con il vento a favore aveva già abbandonato la costa che pian piano diventava un miraggio in lontananza.

I pirati si godevano la bella giornata. Il sole splendeva alto nel cielo, faceva un gran caldo, nessuna nuvola all’orizzonte, solo una leggera brezza che riusciva a rinfrescare i corpi, accaldati,dei pirati.
Lilian leggeva, seduta su una sdraio, un libro di medicina. Voleva essere sempre aggiornata sulle nuove cure che circolavano in giro, per questo appena approdavano su una nuova isola si catapultava subito a comprare un libro e mille riviste scientifiche. A qualche metro dal medico, all’ombra dell’albero maestro, era seduto con gambe incrociate, Ryuu. Aveva la sua inseparabile falce accanto e, osservava il mare davanti a se.

-Tieni Ryuu- disse la navigatrice porgendogli una bibita fresca. Ryuu, la osservò. Yuki lo guardava con una dolcezza mai vista, guardava tutti così era nel suo carattere. Arrossì prendendo la bibita offertagli e, toccandosi i capelli si girò immediatamente, nascondendosi meglio sotto il cappuccio della sua felpa, per non far notare il suo imbarazzo.
A poca distanza Edward si rigirava tra le mani il braccialetto d’argento che portava sempre al polso sinistro, a volte il passato tornava prepotente a invadergli la testa con ricordi troppo dolorosi ed era proprio allora che preferiva isolarsi dal resto del gruppo, rimuginando su eventi che mai avrebbe potuto cambiare.

Dall’alto del timone, Solan osservava ogni componente della sua ciurma. Aveva notato la tristezza negli occhi del suo vice, l’imbarazzo di Ryuu, la tranquillità di Lily e la gentilezza di Yuki, si soffermò proprio su quest’ultima.
Yuki, doveva aiutarla. Dalla conversazione che avevano avuto qualche ora prima, aveva intuito la sua paura, paura riguardante la sua maledizione. Doveva fare qualcosa, glielo aveva promesso un anno prima quando si era unita alla sua ciurma, era migliorata molto ma la paura di far del male alle persone che toccava, alle persone che amava, era ancora viva dentro di lei.
Si legò i lunghi capelli mogano in una coda alta e iniziò a scendere le scale per dirigersi verso la balaustra dove Yuki osservava il log pose.

-Yuki- la chiamò

La navigatrice si girò e vide lo sguardo di determinazione che il suo capitano aveva ogni volta che si prefissava un obbiettivo, cosa aveva in mente?
-Dammi la mano- disse seria la rossa.

-Ma… Solan sai che non posso- disse l’altra senza capire.

-Dammi la mano, è ora che impari a controllare il tuo potere- disse offrendole la sua mano.

-ti farò del male… potresti persino morire…- cercò di convincerla.

-non morirò, tranquilla!- sorrise la rossa.

Yuki si convinse, aveva il terrore di fare del male alle persone, ma sapeva anche che doveva imparare a controllare il suo potere, poteva farcela, doveva farcela.

Con mano tremante si avvicinò a quella del suo capitano, la strinse ed iniziò a sentire l’energia scorrere dalla mano di Solan fino alla sua, passando poi per tutto il suo corpo; ecco la maledizione iniziava a fare effetto.
Solan stringeva il labbro inferiore tra i denti, sofferente, ma sicura che la sua amica ce l’avrebbe fatta.

-Ma cosa stai facendo?- disse Lily alle spalle del capitano.

-Io… lei…- la navigatrice non sapeva che dire, stava per ritrarre la mano ma la rossa le afferrò il polso e gli intimò di continuare.

-Yuki, va avanti, concentrati, puoi fermarlo solo se ti concentri!- disse Solan.

-Io… io non ci riesco!-

-Concentrati, prova a chiudere gli occhi- le consigliò Lily.

Yuki fece come le era stato consigliato, e ripensò a come aveva conosciuto il suo capitano, a come era finita ad essere navigatrice sulla Liberty…



-Yuki va a prendere l’ordinazione dei due nuovi clienti invece di disegnare assurde cartine!- disse Rose sua madre, la proprietaria della locanda dell’isola Huri.

-Si mamma vado subito!- disse la ragazza arrotolando il disegno ed infilandoselo nella tasca dei pantaloni.

Yuki si diresse verso i nuovi arrivati, una ragazza ed un ragazzo. I due stavano tranquillamente parlando.

-Allora Sol, adesso che si fa?- chiese il ragazzo dai capelli castani, alla donna di fronte a lui.

-Boh, non lo so!- rispose la donna come se niente fosse.

-Ma come no lo sai, sei il capitano!- gli fece notare.

-Ehm si, allora vediamo… cercheremo una navigatrice! Si ci manca proprio una navigatrice! Ammettiamolo amico mio, noi due siamo un po’ negati!- disse ridendo

-Giusto un po’!- abbozzò un sorriso Ed.

Yuki arrivò al tavolo per prendere le ordinazioni -Salve, io sono Yuki cosa posso portarvi?- disse gentilmente.

-Ciao Yuki io sono Solan e lui è Edward- disse la donna rivolgendole un sorriso mentre le porgeva la mano come saluto.

Yuki guardò la mano, ma non l’afferrò, si limitò a dire solo –piacere!- lasciando un po’ perplessi i due clienti.

Il ragazzo non parlava molto mentre la donna dai capelli rossi aveva già ordinato da bere e da mangiare mentre progettava mille viaggi. Sembrava un tipo allegro, pensò la cameriera.

Dopo aver preso le ordinazioni la cameriera fece per andarsene senza accorgersi però che il suo disegno era caduto dalla tasca dei pantaloni e, raccolto prontamente dalla rossa.

Era molto veloce Yuki, in men che non si dica aveva cucinato ciò che gli era stato richiesto.
Lavorava in quella locanda fin da quando era piccolissima insieme alla madre a cui era molto affezionata.

Arrivò al tavolo della rossa e consegnò il cibo, stando molto attenta a non sfiorare nessuno dei due clienti.
Solan prima che la cameriera si voltasse per tornare in cucina disse –Credo che questo sia tuo!- disse porgendole il disegno.
Yuki rimase per un attimo interdetta, non si era nemmeno accorta di averlo perso.

-Si, grazie!- disse prendendo il foglio.

-Sei molto brava a disegnare!- esordì la donna.

-Beh, è una mia passione, mi piace molto disegnare e studiare astronomia, ho sempre sognato di girare il mondo!- disse sorridendo, fantasticando come quando era bambina.

-che ne dici di diventare la navigatrice della mia ciurma?- propose infine la donna.

-Cosa? Navigatrice? Beh, io… mi piacerebbe ma non posso, non posso lasciare mia mamma da sola…- disse un po’ amareggiata, era stato sempre il suo grande sogno solcare i sette mari e conoscere nuovi posti, ed ora che gli era stata offerta la possibilità di realizzarlo aveva rifiutato, perché era tutto troppo complicato.

-Peccato, sei molto brava! Comunque noi resteremo qui fino a domani, se cambi idea l’offerta e sempre valida!-

-Va bene…-

Per tutto il giorno Yuki non fece altro che pensare alla proposta di quella donna. Ne aveva parlato anche con sua madre e lei le aveva detto un categorico no, senza spiegazioni ne niente, solo no!
La giornata lavorativa stava per terminare, era davvero distrutta. Il locale ormai era quasi vuoto, solo qualche tavolo occupato da turisti che stavano finendo di mangiare ed un uomo seduto al bancone a bere.
Yuki si avvicinò all'uomo per vedere se aveva bisogno di qualcosa.

-Salve, posso portarle altro?-

-Si dolcezza, un po’ di compagnia!- disse maliziosamente l’uomo.

-mi dispiace ma quella non è disponibile- disse Yuki cercando di tornare in cucina ma l’uomo l’afferrò dal polso.

-Ahi, mi lasci!- si divincolò la ragazza.

-Su non fare tante storie, vieni qui- disse strattonandola a se, accerchiandola con le sue lunghe mani.

-mi lasci!- si stava iniziando a spaventare, l’uomo non ne voleva proprio sapere di lasciarla anzi, iniziò ad accarezzarle un braccio e a guardarla con lussuria.
Yuki spaventata portò le mani al petto dell’uomo in segno di difesa, per respingerlo, senza pensare alle conseguenze.
L’uomo immediatamente cominciò ad allentare la presa e a tremare lievemente.

-Yuki cosa succede?- disse la mamma alle sue spalle.

L’uomo cadde a terra privo quasi di ogni forza.

-Mamma lui ha cercato di molestarmi, io… mi sono solo difesa…- disse la ragazza ancora un po’ sotto shock per quello che aveva fatto.

L’uomo si rialzò piano, guardando la ragazza e retrocedendo verso l’uscita, coprì meglio l’uniforme che portava sotto il cappotto e si diresse velocemente verso il comando di marine dell’isola.

-Oh piccola mia, stai bene? speriamo che quell’uomo non racconti a nessuno del tuo segreto o saranno guai…- disse la mamma un po’ preoccupata.

Il giorno dopo Yuki fece molta più attenzione del solito, decise di restare in cucina e lasciare prendere le ordinazioni a sua mamma, si sentiva ancora sconvolta da quello che era successo la sera precedente.
Mentre preparava della carne arrosto sentì delle urla provenire dall’ingresso.
Sua mamma parlava, anzi urlava, contro qualcuno, il che era molto strano di solito era una donna molto tranquilla, quindi decise di andare a controllare.
Appena uscì dalla cucina vide un’orda di marine all’ingresso, capitanata da un tenente il quale era affiancato dall’uomo che la sera precedente l’aveva molestata, anche lui era in divisa, non si era accorta che fosse un marine.

-Eccola è lei signore!- urlò l’uomo indicando la ragazza dai capelli castani.

-Lasciate in pace mia figlia! Lei non ha fatto niente!- urlò Rose

-Prendetela è un pericolo per la comunità!- ordinò il tenente ai suoi uomini che iniziarono ad avanzare minacciosi verso la ragazza. In realtà i marine non consideravano Yuki un pericolo ma bensì un’arma utile per l’esercito.

Yuki deglutì sonoramente, aveva tanta paura, non aveva mai combattuto prima d’ora e sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta contro tutti quei marine. Chiuse gli occhi spaventata e sentì l’inizio di una battaglia, ma contro chi stavano combattendo i marine?
Aprì gli occhi e vide la donna che aveva conosciuto il giorno prima e il suo amico, combattere senza alcuno sforzo contro i soldati.
I marine si accasciavano al suolo uno dopo l’altro. Il ragazzo taciturno del giorno prima si era rivelato un abile e spietato combattente, ogni soldato che osava avvicinarsi a lui dopo solo qualche secondo era a terra senza vita. Ci vollero solo pochi minuti e più nessun soldato era rimasto in piedi.

-Grazie, grazie di cuore!- disse Rose a Solan.

-Di nulla signora, odiamo le ingiustizie, sicuramente quei marine avrebbero sfruttato sua figlia per orrendi scopi, era nostro dovere aiutarvi!- disse la donna.

-Yuki…- la chiamò la mamma – qui non sei più al sicuro, torneranno, devi scappare!-

-Ma mamma non posso lasciarti da sola… e poi dove posso andare, questa e la mia casa!-

-Non preoccuparti per me, me la caverò! Ieri mi hai detto che ti sarebbe piaciuto diventare la navigatrice di questa donna, vai figlia mia, vivi i tuoi sogni, qui sei solo in pericolo!- disse la donna con le lacrime agli occhi.

-Grazie mamma…- disse Yuki, impossibilitata ad abbracciare il genitore a causa del suo maledetto dono.

-Bene Ed, credo che abbiamo trovato la navigatrice che cercavamo!- disse al suo vice la rossa.

Yuki sorrise, dentro di lei sapeva che si sarebbe trovata bene con quei due, la sua vita stava per cambiare drasticamente, aveva finalmente la possibilità di realizzare i suoi sogni.




Riaprì gli occhi Yuki e vide il suo capitano sbiancare, stava perdendo tutte le energie, lei lo sapeva, lo sentiva, doveva fermarsi. Si concentrò come non mai, ripeté mille volte nella sua mente la parola “basta” finché con suo grande stupore sentì come se qualcosa dentro di lei si bloccasse. Non percepiva più l’energia di Solan invaderle il corpo, aveva bloccato il suo dono e questo lo poteva vedere anche tramite il colorito di Solan che pian piano ritornava normale.

-Brava Yuki!- disse la rossa –adesso prova a liberarlo e fermarlo di nuovo- le consigliò.
E la mora così fece. Quell’operazione richiedeva molta fatica e concentrazione, ma se si sarebbe allenata avrebbe finalmente controllato il suo dono.
Lasciò la mano di Solan e, per la prima volta in vita sua abbracciò una persona.






Nel frattempo la ciurma del capitano Wolf si apprestava a sbarcare su una nuova isola.

-Ehi Asako, come si chiama quest’isola?- chiese il capitano

-L’isola si chiama Zinga, capitano!- disse la navigatrice –è un'isola abbastanza tranquilla ma è meglio essere prudenti.-

L’attracco fu facile e veloce, l’ancora era stata buttata in mare e la nave ormeggiata con cura. La ciurma si stava preparando a scendere finalmente sulla terra ferma. Dopo quella dura tempesta, rilassarsi camminando per le vie della cittadina era proprio ciò che ci voleva.

-Asako, July che ne dite se andiamo a farci un giro lasciando gli uomini da soli?- disse l’archeologa

-Si, perché no! Devo giusto passare da una libreria per controllare se ci sono nuovi libri sulla navigazione!- rispose Asako

-Sono d’accordo anche io, ho proprio voglia di visitare l’isola!- disse July sorridente

-Bene, allora capitano noi andiamo in libreria e poi a fare un giro per negozi!- annunciò Luna entusiasta.

-Si, perfetto!- rispose il capitano, il quale era sempre di poche parole.

Le ragazze scesero dalla nave, lasciando dietro di loro gli uomini a decidere in quale locanda andare.


Le tre biondine camminavano tranquille per le vie del villaggio, chiacchierando del più e del meno.
July era la più timida del gruppo ma si divertiva molto a passare il tempo con le sue nakama. Luna era molto simpatica e scherzava sempre con Asako che le rispondeva a tono, però sempre scherzando. Rideva July finché la sua attenzione non fu catturata da una scena al centro della piazza.

Una bambina, scalza, di non più di sei anni, portava un’infinità di pacchi e buste di vari negozi. Era decisamente affaticata, non riusciva più a camminare e, ad un certo punto, colta dalla stanchezza cadde con le ginocchia a terra facendo rotolare giù tutti i pacchetti contenenti vestiti e gioielli di marca.
Davanti a lei c’era una donna, affiancata da una schiera di guardie.
La bambina respirava affaticata. Portava uno sgualcito vestitino giallo, i suoi capelli erano castani ed erano tagliati in un caschetto irregolare, sicuramente erano stati tagliati da una mano non esperta.
July la osservò bene e, potè notare un tatuaggio che conosceva bene, sulla schiena semi scoperta della bambina, il segno del drago volante, il simbolo dei nobili mondiali, il marchio della schiavitù.
La donna davanti a lei indossava una sfera di resina, in modo da non respirare l’aria delle persone comuni, in modo da non essere contaminata da una razza molto inferiore alla sua, la quale era la più pura di tutte.

July con le mani tremanti dalla rabbia si fermò con le sue amiche ad assistere alla scena.
Tutta la gente intorno a quella donna si era inginocchiata, portandole un rispetto che in realtà non meritava.
La bambina era ancora seduta a terra, con le mani sulla ghiaia dura della strada, che le aveva causato anche qualche contusione al ginocchio. Piangeva la piccola perché sapeva di aver commesso un grande errore che gli sarebbe costato parecchio.
La donna si girò ad osservare la bambina. La guardava con rabbia, odio, disprezzo.

-Alzati insulsa bambina! Non sei degna di essere la mia schiava, non sei degna di vivere!- urlò contro la piccola impugnando la sua pistola.

-Nobile Shaluila non fatelo…- osò dire una guardia, intenerita dalla povera bambina che tremava terrorizzata.

-Come osi dirmi cosa devo fare!!!- strillò isterica, colpendolo al petto con la sua arma.

La guardia cadde a terra. Nessuno più osò fiatare.
Accanto alla donna c’era un altro nobile, un ragazzo di circa sedici anni, con i capelli castano chiaro. Guardava la donna accanto a lui disgustato, non approvava quello che faceva, ma non aveva il coraggio di intervenire.
Shaluila si girò di nuovo verso la bambina brandendo la pistola, decisa a finirla visto che aveva osato sporcarle i vestiti nuovi.
Stava per premere il grilletto quando una forte, quanto improvvisa, folata di vento la fece cadere a terra.

Asako e Luna osservarono la loro nakama. Tremava dalla rabbia, tremava dall’orrore. July non sopportava di dover assistere ancora a quelle ingiustizie. Quella bambina era così piccola come poteva essere già una schiava? Nessuno doveva esserlo, ogni uomo si meritava la libertà e, lei avrebbe sempre combattuto per questo, per realizzare il suo sogno, abolire la schiavitù.
Fece qualche passo avanti, il medico, alzando i palmi delle mani da dove, pian piano, si formavano piccoli tornado.

-July cosa fai, fermati!- le urlò Asako preoccupata. La timida e tenera ragazza che conosceva, aveva lasciato spazio a una coraggiosa e, in questo caso, vendicativa donna.

-July?- disse il giovane nobile mondiale –July, sei proprio tu?- chiese incredulo.

-Si cugino, sono io!- rispose fredda la biondina.

-Maledetta! Dovevo immaginare che fossi tu! Guardie prendetelaaa!!- urlò Shaluila.

-Ma… mia signora, anche lei è una nobile!- osò una guardia, ma fu subito fulminata dallo sguardo iracondo della padrona.

-Prendetela ho detto! Papà sarà molto contento di punire la sua degenera figlia!-

July si preparò all’attacco seguita dalla sue compagne.
In un breve lasso di tempo tutto il suo passato le stava tornando a galla, veloce come le acque di un fiume in piena.





ANGOLO AUTRICE:

Salveeee genteee!!! Ecco un nuovo capitolo! Qui ho trattato il passato di un altro Oc, Yuki! Cosa ne pensate? Volevo in realtà parlare anche del passato di July ma il capitolo diventava decisamente troppo lungo quindi o preferito interromperlo così, nel bel mezzo dell’inizio della battaglia contro i nobili mondiali, nonché parenti di July! Che ve ne pare? Il prossimo capitolo inizierà con il passato di quest’ultima per poi continuare con altre scene. Per quanto riguarda i nobili mondiali non so molto su di loro, ho fatto qualche ricerca e spero di non aver scritto qualche cavolata XD
Come pensate che stia procedendo la storia? Spero di leggere le vostre opinioni e in caso i vostri consigli o critiche!
Adesso vi saluto, a presto
Un bacione, kiko90

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Capitolo 7
*** capitolo 6 ***


Correvano all’impazzata, il tempo stringeva, da un momento all’altro l’esercito dei nobili mondiali si sarebbe ripreso dal fermo temporale causato da Asako e sarebbero andati a cercarle.

-Più veloci ragazze, tra poco le guardie si riprenderanno!- urlò la navigatrice mentre correva a per di fiato per le vie del centro abitato.

-Uffa ma perché devono capitare tutte a noi? E poi io ho fame… Uh, una bancarella di dolciiii!- disse Luna fermando la sua corsa davanti ad un’invitante bancarella di dolci di tutte le qualità.

-Salve cara, vuoi assaggiare qualche dolcetto? Li ho fatti io con le mie mani stamani- disse un’anziana signora dall’altro capo della bancarella.

-Uh siiii!! Voglio quelli al cioccolato e anche quelli laggiù, uhm cos’è panna montata quella? Ah, anche una dozzina di quelli alla crema! No quelli al miele no, bleah!- iniziò a ordinare l’archeologa, con gli occhi che pregustavano già quelle delizie.

-LUNAA!- la chiamò Asako, mentre tornava indietro, con sguardo minaccioso, a recuperare la compagna.

-Si sbrighi signora non ho molto tempo!- tremò alla vista della navigatrice infuriata.

-Ti sembra il caso di pensare ai dolci? Quale parte della frase “ un esercito di guardie nobiliari ci stanno alle calcagna” non hai afferrato?- disse picchiettando la punta della sua scarpa sul terreno.

-Ok, Ok ho capito, ma non potevo non comprare questi dolci, sono buonissimi!- disse afferrandone uno dal sacchetto appena datole dalla signora per poi infilarselo in bocca.

-Sei senza speranza!- sospirò l’altra, sorridendo –Su andiamo!-

Continuarono a correre tutte e tre schivando le varie persone che affollavano la strada quel giorno. Dei loro compagni sembrava non esserci alcuna traccia.

-Ragazze scusate è tutta colpa mia!- disse July alle amiche.

-Ma stai scherzando? Non devi di certo scusarti, tutte noi ci saremmo comportate come hai fatto tu! Anzi, hai dato una bella lezione a tua sorella!- le sorrise amorevole la navigatrice.

-Già, sono d’accordo con Asi!- disse Luna girando il volto per osservare July dietro di lei, mentre continuava a correre –tua sorella è un’ arpia, mentre Raley mi sta proprio simpatico! Peccato che non si è unito a n… Ahia!- disse sbattendo contro qualcosa di estremamente duro che la fece cadere a terra insieme ai suoi amati dolcetti.

-Argh! Chi è quel deficiente che si ferma di colpo in mezzo alla strada??- disse infuriata la biondina -Oh no! I miei dolci!- piagnucolò.

-Sempre la solita sbadata, eh Luna?- disse ironico Stun.

-Ah! Sei tu Stun! Perché sei impalato qui?- disse la ragazza pulendosi i vestiti mentre si rialzava, raccogliendo ciò che rimaneva dei suoi dolci.

-Ma che succede qui?- disse Asako, osservando Ashuros e Amlach circondati da una schiera di marine a terra.

-C’è stato qualche imprevisto!- sorrise il nakama, mentre si avvicinava al capitano e all’amico.

-Capitano!- lo chiamò Asako.

-Ah bene, siete arrivate giusto in tempo per sentire ciò che abbiamo appena scoperto da questo tizio.- disse spostandosi di qualche centimetro.

Dietro il capitano infatti c’era un marine, molto probabilmente un tenente o un vice ammiraglio, incatenato ad un palo in mezzo a quel che doveva essere una sottospecie di piazza, anche se molto piccola.

Il marine era appeso a testa in giù, e Ashuros gli teneva il capo rialzato afferrandolo dai capelli.

-Allora ripeti alle nostre compagne quel che hai detto a noi!- ordinò Amlach al tenente.

-Ca-cappello di paglia ha-ha-ha annunciato di aver nascosto su qualche isola lontana il suo tesoro, co-così da sfidare qualunque pirata voglia prendersi il suo titolo di Re dei pirati…- disse sputando qualche rivolo di sangue dalla bocca.

-E poi…- lo incitò Ashuros stringendo le catene.

-Il-il nostro ammiraglio ha scoperto che…-

-Eccole sono loro!- urlò il capitano dell’esercito dei nobili mondiali.

-Oh, oh! Ci hanno trovate!- disse Luna osservando l’esercito avanzare di corsa verso di loro.

-Luna che cavolo hai combinato questa volta?- la fulminò con lo sguardo il capitano.

-Aspetta un attimo questa volta io non c’entro, è stata July!- disse indicando la ragazza dal viso angelico.

Amlach guardò Luna con un sopracciglio alzato come a dire che non le credeva minimamente, visto che di solito era lei che innescava qualche rissa nei bar o combinava qualche casino.

-E' vero capitano è colpa mia. Ho incontrato i miei parenti e non ho potuto lasciar correre mentre stavano per uccidere una povera bambina innocente!- disse abbassando lo sguardo e stringendo i pugni.

-Capisco! Beh occupiamoci di loro e imbarchiamoci, abbiamo un obiettivo adesso da raggiungere, non vedo l’ora di sconfiggere capello di paglia e Roronoa!- disse ghignando.

I pirati si schierarono tutti in fila pronti a scontrarsi contro l’esercito.
A pochi metri dai marine, si lanciarono all’attacco: Wolf impugnò le sue tre, amate, katane e si lanciò contro un orda di soldati. Aveva sempre ammirato Roronoa Zoro, ora divenuto lo spadaccino più forte del mondo dopo aver sconfitto il famigerato Mihawk. Amlach da quando aveva visto Zoro combattere avvalendosi di tre spade ne aveva subito comprata una aggiungendola alle altre due che portava sempre con se.
Con un potente fendente il capitano tranciò di netto il massiccio petto di un soldato, sorpassandolo per combattere contro altre tre guardie. Wolf era spietato e sadico contro i nemici, con un veloce colpo mutilò il braccio di una giovane guardia e la scaraventò a terra, mentre con un rapido giro decapitò le guardie che lo stavano per colpire alle spalle.
Il sangue zampillava ovunque, il terreno ormai aveva preso una sfumatura vermiglia dove una miriade di uomini senza vita si accasciavano venendo calpestati da altri che tentavano di sopravvivere a quegli spietati combattenti.

Ashuros veloce e silenzioso si avvicinò alle guardie. Con l’ausilio del suo potere fece uscire dalle sue mani delle catene infuocate che accerchiarono una buona parte del plotone che si trovò senza nessuna via di fuga. Ogni persona bloccata in quel cerchio infuocato sentiva il calore sempre più forte e lacerante sulla pelle; urla di dolore e odor di carne bruciata si diffondevano per tutta la piccola piazza. Ashuros, chiamato anche catena nera, si girò in tempo per vedere un’altra orda di militari attaccarlo, così in un battito di ciglia fece fuoriuscire dalla sua schiena della altre catene che, però questa volta erano invisibili all’occhio umano, infatti le guardie si ritrovarono strette in una morsa invisibile che stringeva sempre di più mozzandogli il respiro e facendoli cadere a terra senza vita.

-Grande amico!- disse Stun sorridendo al nakama che sfoderava altre catene.

Stun si era buttato nella mischia con un sorriso in viso, come sempre. La sua forza fisica era notevolmente superiore rispetto a quelle sottospecie di guerrieri nobiliari. Rankelnas ne sollevò uno sulla sua testa ed iniziò a farlo roteare su di essa per poi lanciarlo contro i suoi stessi compagni di plotone. Il soldato arrivò ad una velocità tale da abbattere almeno una decina di compagni, scaraventandoli di qualche metro più lontani.

-Ehi Stun, lascia divertire anche me!- disse Luna fingendosi annoiata.

-Accomodati pure!- disse l’uomo blu, mentre abbatteva altri soldati.

-Tu!- disse una guardia indicando Luna –Te la farò pagare per quello che mi hai fatto prima!- disse l’uomo tenendosi stretto il naso ferito che, Luna, grazie al suo potere, lo aveva indotto a colpirsi da solo qualche ora prima.

-Ancora tu!- disse ridendo –Non ti è bastata la lezione di prima?-

In risposta l’uomo si lanciò, armato di un grosso spadone, contro la biondina.

-Rete Heal!- urlò la ragazza, creando intorno a se una fitta rete di radici e rami con spine acuminate rivolte all’infuori in modo da non far entrare nessun attacco nemico.

-Che c’è, ti nascondi adesso?- la beffeggiò il soldato.

-No, non sono il tipo io! Heal puppet!- disse invocando un nuovo attacco. La fitta rete di rami si sciolse allungandosi verso l’alto. L’uomo osservò i rami che si contorcevano come se fossero manovrati da qualcuno, infine assunsero la forma di una strana marionetta a grandezza naturale che si lanciò contro il soldato. L’uomo preso alla sprovvista venne colpito da un potente calcio spinoso della marionetta, la quale usava mosse di Kung fu. Per la seconda volta in quella giornata il naso dell’uomo sanguinò insieme, questa volta, a varie ferite su tutto il corpo; infatti il militare non riusciva a competere contro la strana marionetta, era troppo abile e veloce per lui.

-Oggi mi sto divertendo un sacco!- disse Luna ridendo.

-Vediamo se ti divertirai ancora!- disse una voce proveniente dalla sua destra. Un’altra guardia si apprestava a colpirla con un pugnale, ma la ragazza sfilò dai suoi pantaloncini la catenella dorata che usava anche come cintura e, con un veloce gesto bloccò la mano dell’uomo facendogli cadere il pugnale a terra, poi lo tramortì con un forte colpo di catena in testa.

-Uhm, con te mi sono divertita un po’ meno!- disse osservando l’uomo semicosciente a terra.

Alla sinistra della ragazza, Asako e July davano il meglio di se. La prima aveva sfoderato la sua spada correndo verso il centro della battaglia. La sua leggera gonnellina bianca si imbrattò subito del sangue delle sue vittime, come del resto il suo top crema. I suoi capelli biondi oscillavano velocemente da una parte a un'altra seguendo i movimenti improvvisi e veloci della ragazza; mentre i suoi occhi blu erano semi coperti dalla bandana scura che portava legata in testa.
I suoi fendenti erano sempre precisi, non mancava mai il suo obiettivo e durante il combattimento controllava sempre le sorti dei suoi compagni, pronta ad aiutarli in caso di necessità. Con un battito di ciglia bloccò la nuova orda di soldati che si apprestava ad arrivare dal lato nord della piazza impaziente di immergersi nella battaglia, ma non aveva fatto i conti con il potere della navigatrice che li aveva bloccati prima che potessero solo intravedere il campo di battaglia.

July, affiancata ad Asako, innescò una serie di vortici d’aria che rapirono i suoi avversari e li fecero girare su se stessi per vari metri finché non vennero scagliati contro il muro di una abitazione. Subito dopo July era già pronta a sgominare, con una potente folata di vento, una decina di guardie che correvano agguerrite verso di lei, pronte a catturarla per portarla a casa, ma lei non era certo disposta a farsi prendere.

-Ciurma alla nave!- ordinò autoritario, Wolf.

I pirati abbatterono le ultime guardie e corsero verso la nave mentre il capitano, fermo davanti l’esercito, chiudeva gli occhi.
I soldati rimasero perplessi per qualche secondo, ma quando Wolf riaprì gli occhi, i soldati retrocedettero impauriti da quello sguardo freddo come il ghiaccio che gli dava colore.
Il capitano portò le mani in avanti e con l’accenno di un mezzo sorriso sadico, catturò le ombre degli uomini davanti a lui. I soldati si sentirono come improvvisamente spogliati dei propri abiti. Un improvviso freddo li avvolgeva. Davanti i loro occhi, ombre di ogni forma e dimensione si levavano in cielo sotto il comando di quell’oscuro uomo, che le manovrava come fossero fatte di una strana pasta.
Le ombre assunsero la forma di un enorme sfera che Wolf scaraventò a terra. Le guardie non capivano cosa aveva in mente il capitano, tutto quello non sembrava essere pericoloso, così alcuni uomini, i più coraggiosi, si avvicinarono alla sfera che, nel frattempo, si era appiattita a terra formando un grosso cerchio nero tra il capitano e le guardie. Gli uomini che intendevano ancora combattere, appena toccarono con un piede l’enorme cerchio nero ne furono subito inghiottiti. Il cerchio in realtà si era trasformato in un gigantesco buco nero da cui nessuno poteva far più ritorno.
Il resto dei militari retrocedettero sempre più velocemente, finché non si ritrovarono a correre lontano da quel pericoloso buco.
Amlach, con un veloce gesto delle dita, richiuse il buco e si incamminò tranquillamente verso la nave, verso il suo sogno, certo che nessun soldato su quell’isola avrebbe cercato di sfidarlo ancora.







Tra le correnti impazzite e i vortici marini, la Liberty rischiava di affondare.
Il suo equipaggio, ancora aggrappato come meglio poteva, osservava il mare che aveva appena inghiottito una di loro.
Solan aveva lo sguardo fisso nel vuoto. I suoi occhi celavano una tristezza profonda, dettata dal senso di colpa che in quel momento la stava lacerando.
Lasciò andare l’appiglio con cui si era salvata dall’onda improvvisa e iniziò a scivolare sul ponte inclinato a causa dei vortici che aveva sballottato la nave fino ad un punto in cui il mare era privo di essi.
Scivolò senza sentire dolore mentre il suo corpo sbatteva contro i vari oggetti sballottati sul ponte, finché non si sentì afferrare da un polso e la sua corsa cessò.

-Sol ma che diavolo stai facendo?- disse Edward tenendo stretto il polso dell’amica.

Solan voltò il suo sguardo vuoto verso il suo vice, che per qualche secondo rimase inerme contro quegli occhi. Lui la conosceva ormai da tanto tempo, era stato il primo ad entrare nella sua ciurma e con lei aveva ricominciato a dare un senso alla sua vita; la conosceva così bene da sapere quello che in quel momento le frullava in testa, Solan si sentiva in colpa, lo stesso senso di colpa che si portava dietro ormai da anni.

-Non è colpa tua…- sussurrò il vice.

-E' sempre colpa mia, io non…- la donna si fermò e ripensò a quella frase che aveva sentito fin troppe volte, e che considerava, soprattutto in quel momento, più veritiera che mai.“Tu non sei in grado di proteggere nessuno, come non sei riuscita a proteggere lei…” “ …ogni componente della tua presunta ciurma morirà seguendo la tua folle voglia di libertà, avrai sempre più morti sulla coscienza…”.

-Smettila!- urlò Ed per la prima volta arrabbiato con Solan. Non sopportava vederla debole, non sopportava quando lei gettava la spugna. Lei era sempre pronta a spronare ed aiutare gli altri, ad infondere loro coraggio, perché non era in grado di farlo anche con se stessa? –Non è assolutamente colpa tua! Non è colpa di nessuno! Adesso da capitano dicci cosa fare! Come salvare Lily e tutti noi!- disse addolcendo il tono di voce.

Solan annuì con la testa e afferrò con decisione una fune accanto ad Edward.

-Scusa hai ragione, devo pensare ad un modo per salvarci…- disse guardando il mare. Non si sentiva affatto meglio, ma adesso l’importante era salvare i suoi compagni, doveva farcela.

-C’è solo una persona tra noi che è in grado di nuotare senza soccombere- disse Ed

-Yuki!- chiamò Solan.

Yuki annuì, aveva capito, anzi sapeva che era l’unica a poter salvare l’amica quindi senza esitare scivolò via dall’abbraccio forte di Ryuu; che istintivamente l’aveva subito protetta e che solo ora si era accorto di come erano vicini i loro corpi ed era arrossito violentemente.

-Vado!- disse Yuki rivolgendosi al capitano e al vice che annuirono.

-Non ci pensare neanche!- disse d’un tratto Ryuu.

Yuki si girò verso di lui con un’espressione confusa in viso. –Perché?- chiese

-E' troppo pericoloso e non saresti in grado di salvarla con quella forte corrente!- disse con tono duro, senza però perdere la calma.

-Non sarei in grado di salvarla?? Allora dovrei lasciarla morire, Ryuu?- gli urlò in faccia la navigatrice.

-No! Dico solo che tu…-

-Che io sono troppo debole? Che non sono forte come voi, come te?-

-Yuki! Ryuu! Smettetela di litigare non c’è tempo da perdere!- urlò Solan

Yuki voltò le spalle a Ryuu e, stando attenta a non scivolare, si legò una lunga fune intorno alla vita. Edward e Solan la raggiunsero tenendo stretta l’altra cima della fune per riportare le due compagne di nuovo sulla nave una volta che Yuki avesse trovato Lily.
La navigatrice senza guardarsi indietro saltò giù dalla nave, immergendosi anche lei in quelle fredde acque.
L’impatto con l’acqua fu tremendo, come se si immergesse nel puro ghiaccio, eppure il clima fino a qualche minuto prima era mite, non si spiegava il perché di quelle acque così gelide.
Yuki annaspò per qualche secondo, poi tranquillizzandosi e adattandosi alla temperatura fredda, prese un grande respiro e si immerse.
Aprì gli occhi sott’acqua come le aveva insegnato una sua amica tempo orsono, ma la vista laggiù non era un granché. Vedeva tutto appannato e, senza accorgersene finì nel bel mezzo di un vortice.
Il suo corpo iniziò a girare velocemente come quelle irrequiete acque, iniziava a bere acqua salata che prepotentemente le entrava dal naso e dalla bocca quando cercava di prendere un po’ di ossigeno. Sentiva gli sguardi colmi di preoccupazione, dei suoi compagni, puntati su di lei, doveva farcela, doveva trovare Lilian.
Si immerse una seconda volta, però questa volta nel vortice, cercando di non nuotare, tanto sarebbe servito solo a sprecare energie visto che era chiusa lì dentro. Questa volta mentre era immersa vide una chioma nera fare capolino sotto di lei.
Lily.
La compagna sprofondava sempre più giù. Ormai erano diversi minuti che era là sotto, Yuki doveva assolutamente tirarla fuori al più presto o sarebbe morta.
La cartografa riemerse qualche secondo per prendere una razione d’ossigeno sufficiente a farla arrivare da Lilian, poi si ri-immerse nuotando più veloce che poteva verso la nakama, sfidando la forza inesauribile del vortice.
Gli occhi di Lily erano serrati, dalla sua bocca uscivano le ultime bolle d’ossigeno che risiedevano nei suoi polmoni. Yuki con un ultimo slancio arrivò a toccare la mano dell’amica ed iniziò a trascinarla nuotando verso la luce del sole.
Lilian aveva bevuto molta acqua e, per questo, il suo corpo era estremamente pesante. Yuki sentiva un forte dolore alle gambe e alle braccia, dovuto all’eccessivo sforzo, ma non mollò.
Riemerse insieme alla compagna ancora incosciente e si portò una mano alla vita per assicurarsi che la fune era ancora legata, ma così non era. Spalancò gli occhi spaventata, come avrebbe fatto adesso a riportare Lily e se stessa sul ponte.

-La fune!- urlò Ryuu dalla nave, indicando qualcosa a qualche metro da Yuki.

La ragazza si girò e vide l’estremità della fune, si concentrò e, portando un braccio intorno alla vita della nakama, iniziò a nuotare in direzione della fune. Con un ultimo sforzo l’afferrò e diede il segnale ai compagni di ripescarla.
Ryuu, Ed e Solan tirarono la fune, issando le due nakama sul ponte finalmente ristabilizzato; infatti mentre Yuki era in mare Ed e Solan avevano manovrato la nave in modo da farla ritornare in posizione dritta mentre Ryuu osservava le gesta di Yuki.


Lilian era distesa sul ponte, non respirava e i suoi occhi erano sigillati.

-Oddio, cosa facciamo adesso? Il medico è lei!- disse Yuki mentre sdraiata accanto all’amica cercava di riprendere fiato.

-La dobbiamo rianimare!- disse Solan congiungendo le mani all’altezza del petto di Lily ed iniziando la manovra.

-uno, due, tre… uno, due, tre…-

-Lily dai ce l’ha puoi fare!- la incitò Yuki mentre i due ragazzi osservavano la scena in silenzio.

Dopo qualche manovra, Lily iniziò a sputare acqua dalla bocca. Solan la fece girare su un fianco così da non far rientrare l’acqua in bocca.

-Lily come ti senti?- chiese Ed

-Un po’ infreddolita ma sto bene! Grazie ragazzi di avermi salvato!-

-E' tutto merito di Yuki! E' lei che si è buttata in mare per salvarti!- disse il capitano.

-Allora sono in debito con te amica!- sorrise Lily.


Mentre Lily si ristabilizzava prendendo qualche pastiglia contro l’ipotermia, Solan si diresse verso il timone; doveva pensare ad un modo per uscire da quella situazione.

-Qualche idea?- chiese a Yuki, anch’essa vicino al timone.

-No, niente-

-Che ne dici se usiamo il total jet?- disse Ryuu alle loro spalle.

-Ottima idea Ryuu, perché non ci ho pensato prima! Così riusciremo ad uscire di qui grazie allo sbalzo che ci darà il total jet!- disse entusiasta Solan.

-Si, è vero! Ottimo Ryuu.- disse con meno entusiasmo Yuki, la quale era ancora arrabbiata con il ragazzo.

In men che non si dica l’equipaggio attivò il total jet, ovvero un potente gettò di vapore, posizionato da entrambi i lati sotto la nave. Il total jet sbalzò la nave in aria per poi scendere in picchiata verso il mare. Tutto l’equipaggio si era ben arrancato, per la seconda volta in quella giornata, ad ogni appiglio della nave, aspettandosi l’impatto con l’acqua. Avevano usato pochissime volte il total jet, ma ricordavano benissimo che l’impatto con l’acqua era violento e che molta acqua sarebbe finita sul ponte, ma questa volta la caduta fu molto più traumatizzante. Infatti la nave, invece di atterrare sull’acqua atterrò su qualcosa di estremamente duro che danneggiò il fondale della nave.

-Ma cosa è successo?- chiese Lily

-Dove siamo atterrati?- chiese Edward

Solan si alzò, seguita dal resto della ciurma per controllare ciò che era successo.
Appena si affacciarono alla balaustra tutti restarono a bocca aperta. Davanti a loro si ergeva un’imponente isola circondata da una coltre di mare ghiacciato, lo stesso dove erano atterrati loro con la nave.
L’isola era completamente ricoperta da una fitta nebbiolina che rendeva difficile l’avvistamento, per questo i pirati non l’avevano intravista prima.

-Stargazer, l’isola di ghiaccio!- disse Yuki ammirandola.

-L’isola di ghiaccio? Bene. Qualcuno a qualche idea per come arrivarci, visto che il mare intorno è completamente ghiacciato?- disse Lily avvolgendosi ancor di più nella coperta che aveva sulle spalle per ristabilizzare la temperatura corporea.

-Direi che dovremo fare una bella passeggiata sull’oceano ghiacciato- disse il vicecapitano.

Solan e Ryuu erano gli unici a non aver ancora detto una parola dopo aver visto l’isola, ognuno per i suoi motivi. La rossa stringeva tra le mani il suo prezioso ciondolo, ripensando a ciò che era successo qualche minuto prima. Si era lasciata scivolare sul ponte dopo che Lily era caduta in acqua, ma per quale motivo? Sapeva che lei non poteva salvarla, avendo mangiato un frutto del mare, e allora perché l’aveva fatto? Da capitano doveva almeno provarci, si disse.
Ryuu, invece, osservava l’isola invernale ripensando al luogo dove era nato. La sua isola Goteshi. Un’isola invernale nel Nuovo mondo.
Scrollò la testa per scacciare quel pensiero e, si avviò insieme ai suoi compagni su quello spesso strato di ghiaccio che li avrebbe portati ad approdare su una nuova isola, toccando, finalmente, la terra ferma che mai, come in quella giornata, avevano desiderato così tanto.








ANGOLO AUTRICE:

Eccomi carissimi lettori! Contenti? Questa volta ho aggiornato presto!
Allora vediamo un po’, in questo capitolo abbiamo ritrovato la ciurma di Wolf che ha scoperto del tesoro di Rufy! Mentre dall’altra parte la ciurma di Solan, prima, ha salvato Lily e poi sono “approdati” davanti una nuova isola, cosa succederà adesso? Devo dire che sono, stranamente, soddisfatta di questo cap, forse perché mi piacciono i combattimenti o mettere nei guai gli OC :) (forse più la seconda visto che nei combattimenti non sono molto azzeccata). Comunque aspetto come sempre le vostre opinioni!
Adesso vi lascio, buona proseguimento di giornata!
Un bacione, kiko90


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Capitolo 8
*** capitolo 7 ***


Isola Stargazer.

La ciurma di Solan furia rossa, dopo aver indossato indumenti adatti alle fredde temperature, si era avviata sullo spesso strato di ghiaccio che circondava l’isola.

-Wow che fenomeno interessante! Avevo letto qualche libro riguardante quest’isola, ma nessuno è degno di questa meraviglia.- disse la navigatrice sprofondando il viso nella calda sciarpa kaki, mentre osservava l’isola che le si stagliava davanti.

Stargazer era un vero paradiso di ghiaccio: gli alberi erano completamente gelati come del resto tutto il paesaggio. L’atmosfera che si respirava era magica, con soffici fiocchi di neve che cadevano man mano che l’equipaggio si avvicinava all’isola.

-Ddddd che freddo! Co-co-come fanno a vivere qui?- chiese Lilian avvolta in due pesanti maglioni sotto il giaccone blu notte.

-Per quanto ne so, l’isola prima non era così ghiacciata, era una semplice isola invernale, dove sì, faceva freddo, ma non in questo modo! Ho letto che da circa tre anni le temperature si sono di colpo abbassate, congelando ogni forma di vegetazione e, persino le case!- disse saggiamente Yuki.

-Le case?? E la gente come vive senza casa?- chiese incuriosita il medico.

-Beh, questo non lo so!- arrossì la cartografa.

-Sicuramente avranno trovato un modo per rientrare nelle loro abitazioni e convivere con il ghiaccio, anche se tutto questo è un po’ strano!- disse Solan guardandosi intorno.

-In che senso?- si incuriosì anche il vice.

-Non sono un’esperta di clima ma, dimmi se sbaglio Yuki, questo repentino cambio di clima non può essere una questione naturale, giusto?-

-Giusto, ma non saprei cosa può averla provocata…- rispose riflettendo su un possibile motivo logico.

-Bene siamo arrivati, che si fa?- disse Ed una volta messo piede sull’isola,girandosi verso il capitano.

-Direi che potete rilassarvi e cercare una locanda dove alloggiare questa notte, mentre io andrò a cercare un carpentiere per la nave, l’impatto con il ghiaccio l’ha danneggiata parecchio-

-Uh si, una calda e confortevole locanda!- sospirò Lily pregustando il calore di un ambiente chiuso, con magari una bella tazza di cioccolata bollente tra le mani.

-Bene, io vengo con te!- disse Edward pronto a seguire, come sempre, il capitano.

-No, cioè… sarai stanco! Va con gli altri a cercare una buona locanda, e poi non vorrai lasciare Ryuu solo con Yuki e Lily, lo trascinerebbero in qualche negozio…- disse improvvisando una scusa veloce, che di certo non sfuggì al suo vice.

-Uhm, come vuoi tu!- disse Ed guardando Solan con un sopracciglio alzato. Stava nascondendo qualcosa, presto avrebbe anche scoperto cosa, ma sarebbe stata lei stessa a dirglielo quando si sarebbe sentita pronta, faceva sempre così.

Mentre la ciurma si addentrava nell’isola alla ricerca di una confortevole locanda, Solan accelerò il passo per allontanarsi il più possibile dai compagni. Lei come ogni componente della nave aveva i suoi segreti; Yuki infatti aveva una paura tremenda dei ragni, mentre Lily non avrebbe mai confessato di non riuscire a dormire al buio, Ryuu invece non parlava mai del suo passato ed Edward, beh di lui sapeva tutto, ma era sicura che anche lui custodiva i suoi segreti. Solan si era allontanata non perché non si fidasse della sua ciurma, ma solo per proteggerli.

La rossa estrasse un lumacofono e velocemente digitò alcuni numeri. Dall’altro capo della lumaca una voce maschile, estremamente profonda, rispose.


-Pronto?-

-Sono Solan, come sta?- disse stringendo forte tra le mani il medaglione che custodiva il suo segreto.

-Solan! Non dovresti chiamare lo sai, lui ti potrebbe scovare!- bisbigliò con voce rauca, l’uomo.

-Lo so, ma avevo bisogno di sapere se sta bene…- disse tirando indietro le lacrime, che crudeli le volevano solcare il viso.

-Sta bene…- disse addolcendo la voce l’uomo –chiede sempre di te! Io le ho detto che sei morta, ma è come se sapesse che non è vero! Comunque figliuola devi cercare di dimenticarla, per il suo e il tuo bene-

-Lo so, ma non ci riesco… Ok, adesso devo andare, ciao papà!- disse con voce rotta dall’imminente pianto.




Solan ripose in tasca il lumacofono e si asciugò le lacrime, camminando verso quel che doveva essere una sottospecie di porto.


Nel frattempo il resto dell’equipaggio stava ancora cercando una locanda. Le strade erano delle vere e proprie lastre di ghiaccio, dove era impossibile non cadere almeno una volta, per un turista.
I pochi abitanti che erano rimasti sull’isola, dopo il repentino cambiamento climatico di tre anni prima, si erano attrezzati di strane scarpe chiodate per non scivolare su quelle lastre. Man mano che i pirati camminavano verso il centro del paese la neve cadeva sempre più fitta, come se qualcosa al centro dell’isola innescasse la nevicata.

-Uhm… tutto questo è molto strano…- disse Yuki.

-Già lo penso anche io…- disse pensieroso Ed.

-Ecco una locanda finalmente!- esultò Lily che si diresse di corsa verso la struttura, ma prima che potesse aprire la porta scivolò cadendo rovinosamente a terra.

-Tutto bene Lily?- disse Yuki ridendo

-Si, ma non c’è niente da ridere!- sbuffò infastidita la mora.

Ryuu spalancò la porta del locale e, un intenso profumo di cannella e cioccolato gli entrò prepotentemente nelle narici.

La locanda Iceland, era molto grande, ma soprattutto confortevole. Davanti l’ingresso si stagliava un grosso tappeto che all’apparenza doveva essere molto soffice. Il locale era composto da un grande salone, con al centro un grosso bancone da bar e, invece dei soliti tavoli con sedie, c’erano delle sottospecie di divanetti con sontuosi tavoli di ogni dimensione. Le luci erano soffuse per dare la giusta intimità ai clienti e, nell’aria si respiravano aromi dolci contrastati da lievi note piccanti, provenienti dalla cucina dietro il bancone. Sulla sinistra si ergeva una sontuosa scala di legno scuro, avvolta da un lussuosissimo tappeto rosso opaco, che conduceva agli alloggi.

-Wow! questo posto è il paradiso!- disse Lily girando su se stessa per ammirare il posto.

-Benvenuti signori e signore!- disse un uomo sulla quarantina fasciato in una divisa blu e rossa.

-Signora a chi razza di pingu?!- disse, armata di arco e frecce, Lilian.

-Ehm, volevo dire signorine…- deglutì spaventato, l’uomo.

-Vorremmo sapere se ci sono delle stanze libere- chiese Edward all’uomo.

-Tutte quelle che volete! Purtroppo da quando è cambiato il clima non ci sono più molti turisti che vengono a visitarci…- disse triste il locandiere.

-Ci servirebbero cinque stanze- continuò il vice.

-Ma certo, accomodatevi pure ad uno dei nostri tavoli, vi farò preparare le camere migliori- disse servile il quarantenne.

-Mi scusi, sa dirmi qualcosa su questo repentino cambio di clima?- chiese, con la sua solita curiosità da navigatrice, Yuki.

-Certo, è tutta colpa del perfido Rondonos, è lui che ha innescato questo strano processo!-

-Chi è Rondonos?- chiese Ryuu fiutando guai in vista.

-Da quando è approdato qui tre anni fa, si crede il re dell’isola, ma in realtà è solo un vile pirata che si è impossessato con la forza e la tirannia della nostra amata isola, riducendola in un cumulo di ghiaccio.-

-Uhm, interessante! C’è profumo di sfida in giro, Solan ne sarà felice!- disse Edward con un mezzo sorriso.

-Ha per caso mangiato qualche strano frutto del mare, questo Rondonos?- chiese Lily

-Scusate ma non posso aggiungere altro, lui potrebbe sentirci, ha spie ovunque- disse il locandiere eclissandosi su per le scale.

La ciurma si accomodò ai comodi divanetti, ordinando qualche bevanda per riscaldarsi.


-Ehi ciurma!- disse Solan appena entrata nella locanda.

-Capitano! Sei arrivata finalmente, trovato un carpentiere?- disse Ed con uno strano sguardo che non passò inosservato alla rossa, era stata smascherata.

-Ehm, si certo! Domani andrà a vedere i danni!- rispose prontamente.

-Come hai fatto a trovarci?- chiese Lily.

-Beh, non è stato difficile, era l’unica locanda aperta della città.-

-Le camere sono pronte se vi volete accomodare, queste sono le chiavi!- disse il locandiere spuntato improvvisamente dietro le spalle di Solan.


Ogni pirata prese una chiave e si avviò verso le scale.

Lily si era subito buttata sotto la doccia per rifocillarsi sotto un getto di acqua calda, dopo aver passato dei lunghi ed interminabili minuti nell’acqua gelata, quella mattina, sentiva proprio il bisogno di qualcosa di caldo. Ryuu, prima posò la sua fedele falce accanto al letto, e poi scostò la tenda crema, della piccola finestra della sua camera, per ammirare il paesaggio innevato che si celava fuori. Yuki, si era buttata subito sul letto, testando il morbido materasso; mentre Edward invece stava riponendo le poche cose che si era portato dalla nave, quando qualcuno bussò alla sua porta.

-Avanti- disse sapendo già chi fosse.

-Ciao Ed!- disse Solan facendo capolino dalla porta –ho portato queste per farmi perdonare!- disse mostrando due bottiglie di liquore.

-Perdonare di cosa?- disse Ed fingendo di non sapere a cosa si riferisse.

-E dai, ho capito che mi hai scoperta in pieno!- disse sedendosi sul letto del vice, porgendogli una bottiglia mentre lei ne stappava un’altra.

-E si Sol, non puoi nascondermi niente, dovresti saperlo ormai!- disse sorridendo mentre si sedeva accanto a lei prendendo la bottiglia.

-Scusa, avevo bisogno di fare una cosa da sola- disse attaccando le sue labbra alla bottiglia, deglutendo il forte liquido.

-Ehi vacci piano, non vorrai sbronzarti come la prima volta che ci siamo conosciuti!- disse imitando la compagna, bevendo un gran sorso –va tutto bene?- disse improvvisamente serio, guardando Solan dritta negli occhi ambrati.

-Si certo!- rispose deviando lo sguardo.

-Ehi, sai che puoi dirmi tutto…-

-Sì, solo che non vorrei parlarne adesso, non voglio pensarci…- disse sorridendogli debolmente.

-Ok!, allora cin!- disse facendo cozzare le due bottiglie in un improvvisato brindisi.

-Cin!- sorrise, questa volta più tranquilla, Solan.









Sulla Black moon nel frattempo…

-Wow è stato grandioso! Avete visto le facce dei soldati quando il capitano gli ha rubato le ombre?- disse Luna super entusiasta

-Si avevano gli occhi fuori dalle orbite!- continuò Asako

-E quando Ashuros gli ha incatenati con le sue catene invisibili? Mitico!- continuò l’archeologa.

-Si è stato fortissimo!- disse July mentre sfogliava un libro di medicina.

-Ehi Luna! Lascia qualche dolce anche a me!- si intrufolò Stun.

-Uhm, sono buonissimi! Togli le mani Thunder!- gli schiaffeggiò una mano blu, Luna. Aveva trovato sul tavolo, nel pomeriggio dopo lo sbarco, un vassoio di dolci di tutti i tipi, purtroppo quelli che aveva acquistato sull’isola li aveva persi a causa del combattimento, ma per fortuna ne erano spuntati dei nuovi e, anche più buoni, sulla nave.

-Si sono buonissimi!- disse Stun rubando un dolce al cioccolato, mentre lanciava un’occhiata ad Ashuros.

Catena nera era fuori dalla cucina, seduto accanto all’albero maestro. Sentiva, dalla sua posizione, le chiacchiere dei suoi compagni, i quali non facevano altro che parlare dei marine e delle guardie che avevano appena battuto.
Ashuros odiava, come molti pirati, la marina e in quel momento, ascoltando le conversazioni dei compagni, non poté fare a meno di ripensare al suo passato.




-Nonna sono arrivato!- disse un giovane ragazzo dai corti capelli argento.

-Oh Ashuros caro, vieni ti stavo aspettando!- disse l’anziana seduta su un divanetto.

-Dimmi nonna, come mai mi hai mandato a chiamare così di fretta?- disse affannato per la lunga corsa che aveva fatto. Qualche ora prima un servitore agli ordini della nonna, gli aveva riferito che sua nonna Astrid lo voleva vedere subito e, visto che la cosa sembrava urgente, Ashuros si era subito precipitato dalla donna.

-Caro nipote, stamani sono venuta a conoscenza di qualcosa di terribilmente inaspettato…- iniziò la donna, dai lunghi capelli bianchi racchiusi con un sontuoso fermaglio dalle sfumature dorate.

-Sai che in questi ultimi anni lo stato ha avuto molti problemi, guerre, carestie, ma per fortuna ce l’abbiamo sempre fatta. La nostra famiglia è una delle più ricche e potenti, tuo padre, e prima di lui tuo nonno, è un fedele consigliere del re, per questo molte volte la nostra famiglia è stata presa di mira dai disertori del regno…-

-Non capisco nonna, cosa centra tutto questo con la tua improvvisa chiamata?- chiese il giovane confuso.

-Sai che anche se sono anziana, ho ancora i miei contatti là fuori…- disse la donna ripensando a quando era una giovane spia governativa. –Beh, uno di loro mi ha appena comunicato che dei trasgressori del regno, alleati stanno per causare un colpo di stato e la nostra famiglia sarà uno degli obiettivi principali!- disse spalancando gli occhi cerulei.

-Cosa? Chi, chi sta cercando di colpire lo stato? di colpire noi?- chiese il ragazzo sconvolto dalla notizia.

-Non è questo l’importante, è più necessario che tu te ne vada subito! Scappa di qui per il tuo bene figliuolo!- disse l’anziana poggiando una fragile mano sul ginocchio del nipote che le sedeva accanto.

-Non ci penso proprio!- si alzò di colpo Ashuros –Non scapperò lasciando tutti voi a combattere questa nuova guerra!- urlò.

-Sii ragionevole, è troppo pericoloso, si rischia la vita, non voglio che il mio unico nipote muoia per il capriccio di qualche delinquente!- disse Astrid fronteggiando il nipote.

-Non morirò! So difendermi!- si imputò.

-Sapevo che avresti reagito in questo modo, ah che testa dura!- disse la donna avvicinandosi ad un armadio dove, dopo qualche minuto, estrasse un sacchetto grande e uno molto più piccolo. –Tieni, questo ti aiuterà nella battaglia…- disse porgendogli il sacchetto più grande.

Ashuros incuriosito lo aprì e ne estrasse uno strano frutto.

-E cosa dovrei farci con un frutto?- chiese con un sopracciglio alzato, iniziava a pensare che la nonna fosse impazzita.

-Questo è il frutto del mare chain-chain, mangialo e ti renderà più forte!- disse l’anziana, sorridendo. –E questo…- disse porgendogli il sacchetto più piccolo –è un regalo che penso gradirai molto-

Il ragazzo aprì l’altro sacchetto e ne estrasse un piccolo cofanetto argento con all’interno un orecchino: una catenina nera alla quale era appeso un falcetto anch’esso nero.

-Ma, ma questo è…?- chiese incredulo il giovane.

-Si, l’orecchino di tuo nonno! Quello che avevi sempre desiderato avere fin da piccolo, ora è tuo!-

-Grazie nonna!- disse felice.

-Non ringraziarmi, anzi mangia quel frutto, non abbiamo molto tempo!- disse improvvisamente nervosa.

Ashuros iniziò a mangiare il frutto. Esso aveva uno strano gusto piccante, con delle note metalliche, come se stesse trangugiando metallo.
Mentre il ragazzo mandava giù l’ultimo boccone, sentendosi sempre più strano e improvvisamente più forte, qualcuno bussò violentemente alla porta di casa.

Astrid andò ad aprire.

Tre uomini di media altezza si presentarono davanti alla donna improvvisando un inchino.

-Signora Bleeder, gli insertori hanno iniziato ad attaccare la città!- disse un uomo dai capelli rosso fuoco.

-Cosa? Così presto? Uhm… allora non abbiamo tempo da perdere andiamo subito a contrattaccare!- disse agguerrita, l’anziana.

-Nonna cosa succede?- chiese il nipote

-Hanno iniziato ad attaccarci!- disse frettolosa l’anziana.

-Oh no! Devo andare subito a casa per aiutare papà!- disse il ragazzo.

-Si corri, io dirigerò da qui il contrattacco!- disse l’anziana stratega.

Ashuros corse a per di fiato verso casa sua. Era diventato improvvisamente più veloce e silenzioso, quasi non udiva i suoi stessi passi. Intorno a lui si percepivano i rumori di una violenta battaglia, esplosioni, grida di poveri bambini alla ricerca delle loro famiglie, persone che raccattavano velocemente qualche vestito per poter fuggire da quel caos. Era successo tutto così velocemente che non si era accorto della gravità della situazione.
Appena arrivò a qualche chilometro da casa sua, il suo cuore perse qualche battito. Da casa sua, una sontuosa villa in cima ad una collina, si ergeva un pesante e denso fumo nero, la casa stava andando a fuoco!
Corse sempre più veloce, finché non arrivò nel cortile, dove vide alcuni uomini combattere contro suo padre e i suoi amici.

-Papà!- urlò Ashuros.

-Ashuros scappa!- gli urlò il padre, il quale stava rovinosamente sanguinando da una ferita al centro del petto.

Il ragazzo si guardò intorno, non vedeva sua madre da nessuna parte, quindi decise di entrare nella casa che andava in fiamme. Salì le scure scale dove, con grande orrore, trovò il corpo mezzo bruciato della madre.
Una grande rabbia sgorgò nelle sue vene, sempre più calda, sempre più potente. Trascinò quel che rimaneva del corpo della madre, fuori casa e, stringendo forte i pugni iniziò a combattere.
Si sentiva forte, quasi invincibile, era accecato dalla rabbia. Perché stava succedendo tutto quello? perché sua madre , una donna sempre dolce e gentile con tutti, era morta in quell’atroce modo?
Più la rabbia cresceva, più Ashuros sentiva il suo corpo cambiare. Improvvisamente, un uomo alle sue spalle impugnò un fucile pronto a sparagli, ma qualcosa lo fermò.
Delle catene.
Ashuros aveva sentito uno strano pizzicore sulla schiena e, quando si era girato aveva visto una lunga catena infuocata spuntargli dalla schiena e colpire un uomo con in mano un fucile puntato contro di lui.
Il potere del frutto del diavolo, pensò il ragazzo.
La battaglia si fece sempre più lieve finché non rimase più nessun nemico da sconfiggere. Il padre di Ashuros era morto dopo un altro letale colpo, il giovane era rimasto solo.
Di corsa si precipitò a casa dell’adorata nonna e lì, la scena era pressappoco simile a quella di casa sua.
Tutto era avvolto dalle fiamme, decine di corpi giacevano sul prato, colorandolo di rosso. Ashuros cercò la nonna e la trovò appoggiata ad un albero, semicosciente.

-Nonna!- disse parzialmente sollevato.

-Ash…Ashuros…- sospirò

Il ragazzo dai capelli argentati si inginocchiò davanti all’anziana, notando le gravi ferite che riportava.

-Nonna aspetta qui, vado a chiamare un medico!-

-No…figliuolo, la mia ora ormai è giunta… pensa a salvare altre vite, pensa a difendere la tua… sii felice, creati una famiglia…- disse la donna prima di esalare l’ultimo respiro.

-Nonna…-


Da quel giorno Ashuros covò una grande rabbia dentro di sé. Dopo aver dato una degna sepoltura alla sua famiglia, si recò nel centro della sua città danneggiata in ogni dove. Iniziò ad aiutare le varie persone in difficoltà, cercando di riportare una leggera normalità in quella città ferita.

Passavano i giorni e Ashuros si faceva sempre più freddo e solitario, finché, dopo tre anni da quell’atroce attacco, decise di partire, di abbandonare tutto e diventare un pirata, sfidando la legge, la marina, che si era fregata della sua città, del suo stato, non curandosi di tutto il dolore che avevano subito, ma forse, si disse Ashuros, la marina infondo centrava con quello che era successo, o se non era così, non aveva comunque impedito che succedesse.

Dopo qualche mese da pirata solitario, un giorno, in una locanda, Ashuros incontrò Stun. I due divennero subito grandi amici e decisero di partire insieme. Così Ashuros, poté ricominciare a vivere e, dopo poco tempo, sia lui che l’amico entrarono a far parte della ciurma di Amlach Lumbar, detto Wolf, il quale si era mostrato degno della loro fiducia.
Ashuros aveva trovato una nuova famiglia e, questa volta, avrebbe combattuto ancor più duramente per non perderla mai.





Si risvegliò, Ashuros, da quel breve flashback sul suo passato. Il suo rancore per la marina negli anni non si era assopito, ma era contento di aver trovato degli amici fedeli con cui viaggiare e vivere la sua vita piena di nuove avventure.

Improvvisamente, mentre era assorto nei suoi pensieri, catena nera sentì un forte tonfo, qualcosa aveva urtato la nave.
Ashuros si alzò e vide una malconcia barchetta affianco alla Black moon.

-Capitano!- chiamò –abbiamo ospiti!- disse osservando il giovane ragazzo sulla barchetta che lo guardava con occhi serrati dalla paura.









ANGOLO AUTRICE:

Ciao a tutti!!!!
Eccomi con un nuovo capitolo! Allora che dire, mi convince in parte, ovvero non sono molto sicura riguardo al passato di Ashuros quindi chiedo in anticipo scusa al creatore del personaggio se ho cannato qualcosa!
Per quanto riguarda il resto, beh, come avrete capito la ciurma di Solan passerà qualche episodio sull’isola Stargazer, mentre la ciurma di Amlach sarà impegnata in una nuova avventura riguardante il ragazzo naufrago!
Spero che tutto sommato il capitolo vi sia piaciuto, aspetto come sempre le vostre recensioni che adoro!!!
Un’ultima cosa e poi mi eclisso, come qualcuno di voi avrà potuto notare dall’introduzione, ho ri-aperto le iscrizioni per 4 nuovi Oc! Perché vi starete chiedendo, beh, per consentire ad altre persone di partecipare e, per rendere ancora più avventurosa la storia dei nostri cari amici! Spero che qualcuno voglia partecipare, ovviamente tenendo conto degli OC già presenti e dei ruoli già assegnati! Sarei super felice se ci fossero almeno altri due o tre Oc maschi, ma ovviamente vanno bene anche le ragazze!!! :)
Con questo concludo o faccio un angolo autrice lungo quanto tutto il capitolo!
Vi auguro buona giornata/serata!
Un bacione grande kiko90

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Capitolo 9
*** capitolo 8 ***


Nel bel mezzo dell’oceano la Black moon aveva gettato l’ancora dopo che una barca di piccole dimensioni gli si era affiancata qualche minuto prima.

I pirati si erano subito riuniti sul ponte, curiosi di conoscere colui che aveva urtato la loro nave e scoprirne il perché.
Il giovane naufrago, un ragazzo di diciassette anni alto circa un metro e settanta con occhi e capelli marroni, era stato issato sul ponte grazie alle catene di Ashuros, e adesso si ritrovava gli sguardi di sei persone puntati addosso.

-Sa-Salve…- disse titubante il giovane. Alcune persone di quell’equipaggio sembravano innocue, quasi gentili, agli occhi del giovane.
Le ragazze avevano visi soavi ed erano tutte e tre molto belle, mentre gli uomini lo spaventavano a morte.
Il ragazzo era rimasto scioccato, soprattutto, dal grosso gigante blu e dall’uomo dal fisico possente e gli occhi di ghiaccio, che tutti chiamavano capitano.
Il giovane osservò l’ambiente intorno a se: la nave era davvero grandissima, rifinita in ogni dettaglio. In cima, la vela più grande e una grossa bandiera nera che sventolava fiera, portava lo stemma di un lupo con dietro le ossa incrociate di un teschio. Il moro deglutì sonoramente, terrorizzato per essere capitato proprio su una nave pirata.

-Ciao!! Io mi chiamo Luna!- disse, facendo un gran sorriso, improvvisamente la giovane biondina al centro, rivolta al nuovo arrivato –Tu invece chi sei?- chiese

-Pia-piacere io… sono Chuck!- disse con voce poco stabile.

-Cosa ci fai per mare con questa bagnarola?- chiese freddo il capitano.

-Sono scappato dalla mia isola, Foko, per chiedere aiuto alla… alla…marina…- disse tremando, sicuro che da un momento all’altro lo avrebbero scuoiato vivo o gettato in pasto a qualche re del mare, soprattutto dopo aver nominato la marina, ma era più forte di lui non riusciva a mentire, neanche nelle situazioni che forse lo richiedevano.

-Ahahah! Chiedere aiuto alla marina, che cosa stupida!- rise il capitano.

-Perché, cosa succede sulla tua isola?- chiese un'altra biondina, Asako, facendosi avanti.

Chuck si sentiva un po’ preso in giro, visto le affermazioni del capitano, ma del resto loro erano pirati e si sa che il loro rapporto con la marina era di puro odio, era già tanto che quell’uomo non l’avesse decapitato con le sue tre katane dopo aver nominato la marina, forse aveva qualche chance di sopravvivere, intanto doveva rispondere alla domanda di quella graziosa ragazza pirata.

-Alcuni mesi fà dei pirati sono sbarcati sulla mia isola, iniziando a derubare ogni commerciante e fare razzie. Il loro capo si fa chiamare il nuovo Barbanera, è spregevole e, soprattutto, fortissimo. Nessuno sulla mia isola è stato in grado di fermarlo. Abbiamo cercato di contattare la marina ma niente; quindi io, il figlio del sindaco del mio villaggio, sono partito per cercare qualcuno in grado di salvarci, forse parlando con qualche ammiraglio avrei convinto la marina a venire ad aiutarci…- raccontò.

-Non ci conterei tanto! La marina non ha nessun interesse ad aiutare te o gli abitanti della tua isola!- disse Ashuros seduto accanto all’albero maestro.

-Ma io…-

Amlach diede una fugace occhiata ad Asako che era in piedi accanto a lui. La ragazza teneva i pugni stretti e la mascella serrata. Era evidentemente rimasta sconvolta, ma soprattutto arrabbiata, dalle rivelazioni sul nuovo Barbanera.

-Ti aiuteremo noi!- disse Wolf girandosi e camminando verso il timone.

Chuck rimase senza parole. Se la marina non aveva nessun interesse ad aiutarlo, perché quel pirata si era appena offerto di aiutarlo? Che cosa ne avrebbe tratto lui e la sua ciurma?

-Perché? Pe-perché mi aiutate?- chiese il naufrago, confuso.

Il capitano non rispose e continuò a camminare salendo, silenzioso, le scalette. La sua ciurma sapeva che infondo Wolf aveva un gran cuore e aiutare quel ragazzo, senza nemmeno conoscerlo, lo dimostrava.
Asako sorrise appena alle parole del capitano. Lui era a conoscenza del suo passato e sapeva quanto lei odiasse Barbanera e i suoi pirati. Quando Rufy cappello di paglia lo aveva sconfitto anni prima, lei ne era stata felicissima, ma dentro di lei portava ancora rancore per quello che era successo al suo villaggio. Forse, se sarebbe riuscita ad aiutare Chuck quel rancore si sarebbe sopito. Forse Wolf aveva deciso di aiutarlo proprio per quel motivo.

La ciurma di pirati si diradò per la nave, ognuno aveva i suoi compiti da svolgere. Wolf era andato al timone per osservare la rotta, mentre Stun e Ashuros erano in cucina, chi a cucinare e chi a mangiare. July dopo aver visitato il nuovo arrivato si chiuse nel suo studio per sistemare le cartelle mediche dei suoi compagni, mentre Luna si era accovacciata in un angolo della nave a leggere uno dei suoi preziosi libri senza essere disturbata.
Chuck, il naufrago, si era appoggiato alla balaustra ed osservava la nave in movimento, diretta verso la sua isola. Chissà se quei pirati appena conosciuti lo avrebbero davvero aiutato, si poteva fidare della parola di un pirata?
Assorto nei suoi pensieri il ragazzo non si era accorto che la navigatrice di bordo gli si era affiancata, appoggiandosi anche lei alla balaustra.

-Pensi alla tua isola?- disse Asako.

-Sì. Mi chiedo se accettando il vostro aiuto ho fatto la scelta giusta…- disse con voce leggermente bassa.

-Sì! Il nostro capitano mantiene sempre la sua parola! Se ti ha promesso che ti aiuterà, lo farà, non devi dubitarne!- disse convinta la biondina.

-Ma siete pirati! Pirati come quelli che stanno danneggiando la mia isola da mesi!!- alzò leggermente i toni il ragazzo.

-Noi non siamo come loro!- urlò Asako arrabbiata –Noi non uccidiamo la gente, non pensiamo solo ad arricchirci sopra le spalle altrui, noi viaggiamo per raggiungere i nostri ideali, i nostri sogni, aiutando la gente non facendole del male!!-

-Scusa…hai ragione, voi siete diversi lo avete dimostrato porgendomi il vostro aiuto senza sapere nulla di me, ma sai per me e difficile fidarmi dei pirati, visto ciò che sta succedendo sulla mia isola-

-Sì, ti capisco fin troppo bene…- disse con voce malinconica Asako.

Chuck guardò la ragazza con sguardo confuso, davvero sapeva ciò che stava passando lui? Forse anche lei nel suo passato aveva affrontato una situazione simile, se era così aveva un buon motivo per fidarsi di loro, quella ragazza lo capiva e lui dentro di se sapeva di poterle credere.

-Raccontami un po’ della tua isola…- disse improvvisamente la donna.

-Ok!- disse Chuck facendole segno di sedersi accanto a lui sul ponte.
Seduti, l’uno accanto a l’altra, Chuck iniziò a raccontare le bellezze della sua particolare isola.

-Foko è un’isola vulcanica non molto grande. Al centro di essa si erge un grandissimo vulcano ormai inattivo da secoli. Il territorio circostante ad esso è molto fertile, infatti la mia gente vive principalmente grazie all’agricoltura, esportando le nostre prelibate verdure in tutto il mondo. Purtroppo da quando è sbarcato questo perfido pirata, si è impossessato della nostra merce, impedendoci di vendere i nostri prodotti e chi si rifiuta viene ucciso senza scrupoli…- disse stringendo forte i pugni. Asako gli mise una mano sulla sua, cercando di rincuorarlo –Presto tutto questo finirà, e la tua isola ritornerà ad essere felice come prima!- disse sorridendogli.

-Grazie Asako, sei davvero una brava persona!- disse Chuck guardandola negli occhi.

La biondina arrossì, finché non venne chiamata a rapporto dal capitano

-Asako vieni!- tuonò Wolf.

La navigatrice lasciò il suo nuovo amico e salì le scalette che portavano al timone dove Wolf l’aspettava.

-Eccomi capitano!-

-Guarda un po’ là!- disse indicando un punto lontano.

Asako afferrò il cannocchiale e osservò il punto indicatole dall’uomo. In lontananza infatti si vedeva una piccola isola, quella doveva essere Foko!

-Bene, tra qualche ora arriveremo a Foko!- disse esperta la navigatrice.

-Vai ad avvisare il tuo amico, e di a tutti di preparasi per l’attracco-

-Va bene capitano!- sorrise la ragazza –e… grazie per aver deciso di aiutare Chuck!- disse per poi scendere ad avvisare tutti.

Amlach osservò l’isola ancora lontana, pensando che anche se Cappello di paglia era diventato il nuovo Re dei pirati ed aveva combattuto contro Barbanera, ancora esistevano seguaci di quest’ultimo, pronti a far razzie su ogni isola come il loro mentore. Ma lui era ben deciso a distruggere una volta per tutte quei tipi di pirati che offendevano il loro nome, su Foko, presto, si sarebbe scatenata una vera e propria guerra tra pirati.




Secondo giorno isola Stargazer.

Piccoli fiocchi di neve cadevano lenti sullo sfondo ghiacciato della cittadina, mossi da una leggera brezza che pian piano li trasportava facendoli danzare qua e la.
Il sole stava pigramente sorgendo, illuminando con i suoi caldi raggi il paesaggio incastonato nel ghiaccio, rendendolo quasi fatato.
I pochi cittadini che ancora abitavano a Stargazer, pian piano si stavano risvegliando, animando le case con le chiacchiere mattutine o accendendo i camini per riscaldarsi da quel perenne freddo che li avvolgeva.
Nella locanda Iceland invece, si respirava già il dolce profumo di croissant appena sfornati, accompagnato dal consueto caffè appena uscito. Delicate note di crema alla vaniglia seguite da un intenso odor di cannella si propagavano per tutta la taverna fino alle camere degli ospiti, dove la ciurma della furia rossa riposava.
Ryuu quella mattina si era svegliato presto, continuava a rigirarsi nel letto con un pensiero fisso in testa: Yuki.
Lui non era il tipo da affezionarsi troppo alle persone che aveva intorno, anche se da quando era entrato a far parte di quella ciurma gli risultava molto difficile far finta di non essersi affezionato ai suoi compagni ed, in particolar modo, a quella testarda di una navigatrice.
Yuki sin dall’inizio era sempre stata molto gentile con Ryuu, si avvicinava a lui e iniziava a parlargli e a fargli domande per conoscerlo un po’ meglio, ignorando il fatto che lui preferiva isolarsi, ma lei era fatta così, entrava nei cuori delle persone, anche dei più solitari, dei più scontrosi, come lui. Infatti era proprio questo il problema che attanagliava la mente di Ryuu quella mattina, quella ragazza era entrata prepotentemente nel suo cuore, e lui se ne era accorto solo adesso, adesso che molto probabilmente lei non voleva più stargli vicino, visto come si era comportato sulla nave con lei, ma infondo forse era meglio così, più gli stava lontana e meglio era per la sua incolumità; già una volta aveva fatto del male a dei suoi compagni e mai avrebbe accettato che quel fatto si potesse ripetere, soprattutto nei confronti di Yuki.
Ryuu si decise una volta per tutte ad alzarsi da quel letto e a non pensare a quelle cose, chiamate sentimenti, che per lui erano quasi sconosciuti. Aveva aperto il suo cuore solo una volta, ad una bambina, e difficilmente qualcun altro avrebbe raggiunto quel livello.
Velocemente si vestì con la felpa nera più pesante che aveva, calandosi come sempre il cappuccio sugli occhi, poi indossò dei jeans e i suoi consueti scarponcini neri, prese la falce ed uscì dalla sua stanza.
Attraversò il lungo corridoio con passi lenti e ben calcolati, era sempre allerta e pronto a combattere in ogni momento. Passò davanti alla camera di Yuki e si fermò per qualche secondo. Guardava quella porta scura come se volesse oltrepassarla con lo sguardo per vedere cosa facesse la compagna, quando improvvisamente la porta si aprì. Yuki aprendo la porta e si ritrovò Ryuu davanti.

-Ryuu…- disse un po’ confusa di ritrovarselo li davanti.

-Ciao Yuki- disse il ragazzo passandosi una mano fra i capelli per l’imbarazzo.

-Volevi dirmi qualcosa?- disse la ragazza, sperando che Ryuu si scusasse con lei per il litigio avuto sulla Liberty. Yuki ci era rimasta molto male nel sapere che Ryuu la considerasse debole, non in grado di aiutare Lilian. Sperava che lui abbassasse quello scudo che si creava per non interagire con le persone e ammettesse di aver sbagliato, se lo pensava.

-No, non devo dirti niente- disse, freddo, il nakama incamminandosi verso le scale.

Yuki abbassò lo sguardo amareggiata, evidentemente Ryuu non si sarebbe mai aperto con lei, evidentemente ciò che aveva detto sulla nave lo pensava realmente, infondo lui non mentiva mai.

In un'altra stanza, due pirati dormivano a gonfie vele. Dopo aver passato la serata a bere e chiacchierare di cose più o meno importanti, Solan ed Edward si erano addormentati, chi sdraiata completamente sul letto con ancora una bottiglia mezza vuota in mano e chi seduto ai piedi del letto con una sfilza di bottiglie vuote di tutti i tipi accanto. Ai due pirati piaceva passare alcune serate così, rimembrando i vecchi tempi e fantasticando sulle avventure future. Quella sera Ed non aveva indagato sullo strano atteggiamento del capitano, lei stessa gli aveva detto che non era ancora pronta a parlarne e lui sapeva che, quando lo sarebbe stata, lui sarebbe stato il primo a saperlo.

Il sole ormai faceva capolino dalle leggere tende color lavanda, illuminando tutta la stanza. Un dispettoso raggio di sole stuzzicò con il suo bagliore, gli occhi ancora chiusi del capitano, che iniziò a mugugnare qualcosa per la fastidiosa luce. Si rigirava in mille posizioni su quel comodo letto, ma il raggio non smetteva di disturbarla, così aprì di colpo gli ambrati occhi rimanendo accecata dalla luce.

-Aaaah che luce fastidiosa!- disse portandosi una mano davanti a gli occhi.

Pian piano Solan si abituò alla luce mattutina, aprendo maggiormente gli occhi. Si guardò intorno e vide una testa ai piedi del letto. In un baleno vari flash della serata precedente le affollarono la mente: lei che bussava alla porta di Edward, loro due che ridevano e soprattutto bevevano, mille chiacchiere, una sfida a chi beveva più bottiglie di sakè e poi… più niente. Osservò la bottiglia mezza vuota che aveva ancora in mano e sbuffò.

-Uffa! Ha vinto di nuovo lui!- disse appoggiando la bottiglia sul comodino ed alzandosi dal letto. In tutte le loro sfide vinceva sempre lui, ma prima o poi l’avrebbe battuto, pensò.

Guardò il suo vice dormire sul pavimento e sorrise teneramente. Aveva dormito per tutta la notte sul quel freddo pavimento lasciando a lei il suo letto; era certa ormai che lui si fosse addormentato dopo di lei e quindi aveva scelto di dormire sul pavimento per non svegliarla, come era certa che in quel momento il moro non stesse affatto dormendo visto il suo respiro leggermente più accelerato e il sorrisetto che aveva stampato in volto sicuramente dopo aver sentito le prediche sulla rossa riguardo alla sua vittoria.

-Su alzati, andiamo a fare colazione!- disse porgendo una mano al vice.

-Come facevi a sapere che non stavo dormendo?- disse lui alzandosi e stiracchiandosi.

-Ti conosco ormai… e togliti quel sorrisetto fastidioso dal viso- disse sorridendo.


Dopo qualche minuto quasi tutti i pirati scesero a fare colazione. Ryuu, seduto su un divanetto, sorseggiava a testa china un caffè nero, mentre Yuki dalla parte opposta giocherellava con il suo croissant, senza avere però nessuna intenzione di mangiarlo. Solan ed Edward osservarono i due nakama e poi, guardandosi negli occhi, si chiesero cosa stava succedendo a quei due.

-Dormito bene Yuki?- chiese improvvisamente la rossa, alla compagna.

-Si, si…- disse un po’ sovrappensiero, cosa che fece incuriosire ancor di più il capitano.

-E tu, Ryuu?- chiese voltandosi a guardare il moro. Ryuu fulminò con lo sguardo la rossa, facendole capire che sapeva dove voleva andare a parare e che si stava sbagliando di grosso.
Prima che la situazione potesse degenerare Edward intervenì –Quali sono i piani per oggi?- chiese a Solan.

-Beh pensavo che potevamo fare un giro per il paese e scoprire qualcosa su questo Rondocoso di cui mi hai parlato ieri, sarei proprio curiosa di conoscerlo!- disse piegando le labbra in un sorrisetto di lato che non preannunciava nulla di buono.

All’improvviso, dalla cucina, si udirono delle forti urla come se qualcuno stesse chiamando un nome a gran voce.
I pirati guardarono verso la sala cottura cercando di capire cosa stesse succedendo.



-SUKI! SUKI!-

-Che succede Tom?- chiese un ragazzo

-Suki è sparita! Non la trovo da nessuna parte!- urlava probabilmente il proprietario della locanda.

-Ma dove può essere andata, è così piccola?- chiedeva una donna.

-E' la solita peste! Sparisce per ore facendoci preoccupare come pazzi!- puntualizzava un'altra.

-NO! Questa volta è diverso! Era andata a portare dei biscotti appena sfornati alla vecchia signora Zirman e non è più tornata, sono passate già due ore, non è da lei! Sapeva che doveva tornare subito a casa, non mi avrebbe mai disubbidito!- disse affranto il locandiere.

-Vado a cercarla!- disse,un ragazzo, a tutti i presenti in cucina.



Dalla cucina uscì un ragazzo alto circa un metro e novanta con dei capelli neri corti, tranne un ciuffo leggermente più lungo che gli copriva lievemente l’occhio destro. Il ragazzo si muoveva con movimenti lenti e ben calcolati come se dovesse far attenzione al percorso che stava facendo.
Solan osservò bene il ragazzo:aveva all’incirca ventitré anni, portava un maglione marrone sopra dei jeans neri e degli scarponcini marrone scuro. Con precisione il ragazzo afferrò il cappotto nero appeso al portabiti appeso dietro il bancone del bar, togliendosi il grembiule da cuoco che indossava.
La rossa appena il ragazzo si girò nuovamente, rimase leggermente spiazzata osservando gli occhi del ragazzo; essi erano di un bianco-azzurro, impossibili da non notare. Immediatamente la donna capì il perché dei movimenti così calcolati del ragazzo, dei gesti precisi, infatti lui era cieco, e Solan era decisamente stupita dalla grande sicurezza dei suoi movimenti che sembravano precisi e perfetti anche senza l’uso della vista.

-Shin aspetta!- lo chiamò il locandiere uscito anch’esso dalla cucina.

-Tom la troverò, troverò Suki!- disse il ragazzo moro.

-Potrebbe averla catturata Rondonos, è pericoloso!- disse Tom abbassando lo sguardo preoccupato per la sorte della bambina e del cuoco.

-E' ora che qualcuno dia una bella lezione a quel pallone gonfiato! La deve smettere di rovinarci la vita e di rapire i bambini del villaggio!- disse Shin furioso.

-Scusate cosa sta succedendo?- chiese Solan alzandosi dal tavolo e camminando verso i due.

-Mi scusi signorina se vi abbiamo disturbato, ma vede stamani mia figlia è scomparsa e credo sia stato Rondonos a rapirla! Lui sta rapendo ogni bambino del villaggio e non capiamo il motivo!- disse Tom con le mani tra i corti capelli.

-Capisco, stia tranquillo vi aiuteremo a trovare sua figlia e a dare una lezione a questo Rondo come si chiama!- disse agguerrita.

-E cosa ci guadagnereste voi pirati ad aiutarci?- disse diffidente Shin.

-Salveremo una bambina e l’intero villaggio da un tiranno, questo è il nostro guadagno!- disse Solan convinta.

Shin rimase fermo ad ascoltare quelle parole. Quella donna sembrava proprio una tipa tosta, e anche se non si fidava molto del genere femminile, dato il suo passato, forse quella donna li avrebbe aiutati veramente, forse finalmente si sarebbero liberati di quel tiranno con il suo aiuto.
Shin stava per uscire dalla locanda per iniziare le ricerche, quando un’intensa fragranza gli invase le narici. Chiuse gli occhi per percepire meglio quel misterioso profumo che aveva già percepito la mattina precedente, appena quei pirati erano entrati nella locanda. Shin era un cuoco e avvolte gli piaceva ornare i suoi piatti con dei fiori e, concentrandosi meglio riconobbe le note della magnolia nera, un misterioso e raro fiore che si trovava solo nelle isole più calde. I suoi sensi da quando era diventato cieco anni prima, si erano sviluppati parecchio affinando così olfatto e udito. Al dolce profumo seguì una voce cristallina che man mano si avvicinava a lui. Si sentì sfiorare, quella persona gli era appena passata accanto; riaprì gli occhi maledicendosi per l’ennesima volta per aver perso la vista, mai come quel giorno aveva desiderato riacquistare la vista per vedere il volto di una persona.

-Buongiorno! Che succede?- chiese Lily appena arrivata.

-Lily, finalmente! Ma quanto dormi?- disse scherzosamente Solan.

La mora sorrise al suo capitano, esortandola poi a raccontarle cosa stava succedendo visto che era stata svegliata da delle urla.

La rossa raccontò tutto alla nakama, mentre Shin restava lì, fermo, ad assaporare quel dolce profumo.

-Allora Shin vieni?- disse improvvisamente Lilian.

Il ragazzo si ridestò sentendosi chiamato in causa. Aveva perso tutto il racconto della rossa e anche il pezzo in cui lei e la sua ciurma si dividevano in coppie per cercare Suki. Lui era stato accoppiato con Lilian per la ricerca e lei adesso lo stava spronando a muoversi.

-Dove?- chiese il moro

-A cercare Suki!- disse la ragazza con un sopracciglio alzato, quel tipo era un po’ strano, pensò.

-Si, si, Arrivo!- disse il ragazzo stranamente impacciato, non gli era mai successo in vita sua, di solito era sempre stato refrattario con le ragazze, soprattutto dopo il suo duro passato, non gli importava molto delle donne, ma sentiva che quella ragazza era diversa, aveva un non so ché che lo attraeva.

-Grazie, grazie mille per il vostro aiuto!- disse in lacrime il locandiere.

-Troveremo sua figlia, è una promessa!- disse Solan prima di uscire dalla locanda insieme ai suoi compagni, pronti a smistarsi per la ricerca.
Lei ed Edward andarono verso quello che doveva essere una sottospecie di bosco, dove alla fine di esso si trovava il quartier generale di Rondonos, secondo il locandiere. Ryuu e Yuki, i quali avevano tentato di non stare nella stessa squadra però senza successo, si incamminarono verso il lato sud, a differenza di Lily e Shin che si inoltrarono nel villaggio.
La ricerca della piccola Suki era appena iniziata, l’avrebbero trovata? E cosa sarebbe successo dopo?








ANGOLO AUTRICE:

Salve salvino gente!!!! (oggi scrivo in stile Flanders! Ok, meglio di no :) ) Coooomunque, eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo! Spero come sempre che vi piaccia. In questo capitolo abbiamo conosciuto, in parte, un nuovo Oc, Shin! Cosa ne pensate? Per quanto riguarda gli altri Oc presto entreranno a far parte della storia anche loro!
Per quanto riguarda le due ciurme, presto si troveranno ad affrontare i primi veri nemici e pian piano si scopriranno varie cose… che cosa? Beh non posso dirvelo, se no che gusto c’è! ;)
Comunque voglio ringraziare di cuore Bekkuzza-chan, Charly-chan,SmileGiveMeFive e BlackSwan Hawtorne per avermi mandato i loro splendidi Oc! Con questo voglio avvisare tutti gli altri lettori che nel corso della storia riaprirò le iscrizioni, offrendo a chi vuole la possibilità di partecipare a questa storia che sarà di certo la più lunga che abbia mai scritto!
Beh non saprei che altro dire, tranne che ringrazio tantissimo coloro che continuano a recensirmi e leggere, vi adoro, il vostro sostegno e tutto per me!
A presto genteeee!!!
Bacioni kiko90

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Capitolo 10
*** capitolo 9 ***


La cittadina ghiacciata si era finalmente svegliata. Anziane signore camminavano lente per i vicoli, reggendosi a strategici bastoni con punta acuminata per non scivolare sulle lastre di ghiaccio.
Shin e Lily camminavano ormai da una buona mezz’ora alla ricerca della piccola Suki, figlia del proprietario della locanda.

-Allora tu sei un cuoco…- iniziò la conversazione Lily.

-Si, la cucina è stata sempre la mia passione- rispose Shin –qual é invece il tuo ruolo nella ciurma? Almeno da quello che so ogni pirata ha un ruolo più o meno…-

-Sì, io sono il medico di bordo, sono persi senza di me!- disse ridendo, la mora.

-Si, immagino- rise –sei anche quella che ieri è caduta davanti alla locanda?- chiese scherzosamente.

-E tu come fai a saperlo? Cioè tu sei…- non sapeva come affrontare l’argomento, per Shin sicuramente non era facile parlare della sua cecità.

-Cieco?! Lo puoi dire, è quello che sono! Non c’è niente di male ad ammetterlo! Comunque ne parlavano tutti in cucina ieri mattina, e Tom ha persino detto che lo hai minacciato con il tuo arco perché ti aveva chiamata signora!- continuò a ridere.

-Non mi sembra affatto divertente!- sbuffò il medico –anzi quando torniamo alla locanda devo fare due chiacchiere con i tuoi colleghi!- disse rabbiosa.

-Suvvia, da quello che mi hanno raccontato, è stata una scena molto divertente!- continuò a beffeggiarla, per la prima volta si sentiva a suo agio a parlare con una donna, dopo tanto tempo.

-Se non la smetti ti infilzo!- disse la ragazza con voce fintamente seria.

-Non mi fai paura!- rispose il cuoco.

Mentre si stavano punzecchiando, Shin sentì dei passi dietro di loro, qualcuno li stava seguendo.

-Ci stanno seguendo…- disse a bassa voce.

-Si, hai ragione, dobbiamo seminarli, ci penso io!- Lily detto questo si girò verso gli uomini che li stavano seguendo, gli sorrise appena e si concentrò. Le guardie di Rondonos rimasero spiazzate, un momento prima i due giovani erano davanti a loro e dopo, quando la ragazza si era girata, erano spariti, davanti a loro adesso c’era solo la strada completamente vuota.
Mentre le guardie si continuavano a guardare intorno, Lily e Shin correvano, seminandole.

-Cosa gli hai fatto?- chiese il ragazzo.

-Niente di ché, ho proiettato nelle loro menti l’immagine della strada vuota, senza di noi, così abbiamo l’opportunità di allontanarci da loro, però non abbiamo molto tempo!-

-Uhm, sembra divertente!- professò il ragazzo. All’improvviso però il sorriso di Shin svanì, prese Lily per un braccio e la spostò in un vicolo buio.

-Ma che stai facendo?- chiese lei confusa.

-Ssssh! Ci sono altre guardie, le sento- sussurrò il ragazzo, tenendo una mano sulla bocca del medico.

I due erano praticamente appiccicati l’uno di fronte all’altra. Entrambi si sentivano in imbarazzo, infondo si conoscevano si e no da qualche ora, eppure avevano instaurato subito una certa sintonia.
Appena il pericolo di essere scoperti fu passato, i due uscirono dal vicolo.

-Ma come fai?- chiese Lily sorpresa. Shin sembrava non risentire della perdita della vista, gli altri suoi sensi erano molto più sviluppati di qualsiasi altro umano, era davvero un portento.

-Diciamo che mi sono allenato molto nello sviluppo dei sensi che mi sono rimasti, quindi percepisco cose che altri non sentono…- disse tranquillo.

I due continuarono più tranquillamente la ricerca, mentre un'altra squadra, quella composta da Ryuu e Yuki, galleggiava nella freddezza più assoluta, ma questa volta non centrava il clima.

I due infatti, non avevano ancora spiaccicato una parola, entrambi troppo chiusi in se stessi.
Yuki ormai pensava che lei per Ryuu non contasse niente. Nei mesi precedenti aveva pensato di aver instaurato, anche se con molta fatica, un rapporto di amicizia con il ragazzo, ma adesso aveva i suoi dubbi. Da quando Ryuu era entrato a far parte della ciurma, non si era aperto mai con nessuno di loro, non sapevano quasi niente di lui, ma, al capitano andava bene così. Solan si fidava del suo istinto e se esso le diceva che Ryuu era un bravo ragazzo, allora non le serviva altro. Il ragazzo si era dimostrato sempre molto protettivo nei confronti dei suoi nakama, e a volte molto di più nei confronti di Yuki, ma la ragazza iniziava a pensare che fossero solo sue fantasie.
La navigatrice era sempre stata una persona gentile e disponibile con tutti, ma non sopportava l’idea di non aver chiare le idee, e in questo momento aveva bisogno di chiarire con Ryuu.

-Senti Ryuu…- iniziò decisa, fermandosi di colpo.

Il ragazzo si fermò dopo qualche passo e con lentezza girò di poco il viso verso la ragazza.

-Voglio sapere se quello che è venuto fuori sulla nave è la verità. Realmente pensi che io sia la più debole della ciurma? Pensi veramente che io sia un peso per voi?- disse con la voce incrinata.

Ryuu la guardò da sotto il cappuccio della felpa. I suoi occhi ambrati squadravano il viso della compagna, leggendo dolore nei suoi occhi. Avrebbe voluto dirle che non pensava quello, che sulla nave era solo preoccupato che lei non potesse farcela contro quei vortici, ma qualcosa lo trattenne, il suo carattere duro prese il sopravvento.

-Di certo non sei la più forte- disse soltanto, voltandosi e continuando a camminare. Yuki si asciugò in fretta una lacrima e iniziò a camminare a fianco del compagno. Adesso aveva le sue risposte e doveva farci i conti. Era ferita, ma prima o poi forse le sarebbe passato, infondo doveva aspettarsela una simile risposta.

I due continuarono a camminare, scrutando ogni angolo di paese, parlandosi solo se era indispensabile. Improvvisamente però, delle urla catturarono l’attenzione di entrambi, che guardandosi velocemente negli occhi, si misero a correre verso la direzione delle urla.
Arrivarono davanti ad un malridotto locale, ormai in disuso da parecchi anni, visto le porte e le finestre completamente rotte con stalattiti di ghiaccio che scendevano pericolose dalle grondaie dell’edificio.

-Tu stai qui! Io vado a vedere cosa succede la dentro!- disse imperativo, Ryuu.

-Smettila di darmi ordini, non sei tu il mio capitano!- disse Yuki fredda, avanzando dentro l’edificio.

Appena entrarono le urla si fecero più chiare, una bambina stava urlando di essere lasciata in pace, mentre degli uomini ridevano sommessamente.
Silenziosi come delle pantere, Ryuu e Yuki si nascosero dietro dei vecchi mobili per vedere meglio ciò che stava accadendo, prima di agire.
La bambina aveva circa sei anni, aveva dei lunghi capelli rossi e degli occhioni chiari. Appena Ryuu la vide gli sorse spontaneo pronunciare un nome…-Sakura-.
Yuki lo guardò con la coda dell’occhio. Sembrava improvvisamente teso. I muscoli del suo corpo erano contratti a tal punto che si potevano contare. Una vena sulla tempia del ragazzo iniziò a pulsare frenetica, come se il suo solito controllo stesse per vacillare.

-Ryuu…va tutto bene?- chiese la navigatrice.

Il ragazzo si girò e la guardò con uno sguardo strano, sembrava perso nei suoi stessi pensieri.
L’attenzione di Ryuu si focalizzò ancora su quella bambina che seduta a terra, retrocedeva per non essere catturata da quegli uomini. Evidentemente, si era accorta che la stavano seguendo e si era rifugiata la dentro ma poi l’avevano trovata. Un uomo alto e molto magro l’afferrò per i capelli, trascinandola verso i compari. La bambina iniziò a piangere calde lacrime e a gridare insulti contro l’uomo. Ryuu non resistette più a quella scena. Fulmineo uscì dal nascondiglio e si gettò senza pietà contro quegli uomini. Le guardie rimasero spiazzate vedendo quel demone sbucare dal nulla, con in mano una falce a tre lame, la morte era arrivata lì a prenderli.
Uno dopo l’altro caddero a terra, chi con la testa mozzata e chi con squarci enormi per tutto il corpo. La rabbia di Ryuu sembrava non assopirsi, anzi ad ogni vittima che mieteva, nuova rabbia sgorgava nelle sue vene, rendendolo inarrestabile. I suoi occhi ambrati erano iniettati di rosso, la sua pelle aveva assunto un colore marroncino, il suo corpo si stava trasformando man mano che la rabbia avanzava. La sua schiena si era incurvata rompendo così gli indumenti che indossava. Dalla schiena e dalle braccia uscirono delle ossa sporgenti come degli spuntoni di un drago. Le mani si allungarono facendo fuoriuscire dei letali artigli. Ryuu si era trasformato nel suo peggiore incubo, e adesso nessuno sarebbe riuscito a fermarlo dalla sua folle sete di sangue…



Dall’altra parte dell’isola Solan ed Edward si erano appena addentrati nel bosco Rykan, dove si diceva vivesse, all’estremità di esso, il temuto Rondonos.

-Non vedo l’ora di incontrare questo tizio e di liberare l’isola dal suo dominio!- disse Solan sempre più agguerrita.

-Si anche io, ho proprio voglia di sgranchirmi un po’ le ossa!- disse Edward con un mezzo ghigno, lui era sempre pronto a gettarsi a capofitto in ogni nuova sfida.

-Tom ha detto di procedere sempre dritti finché non finisce la foresta, poi ci saremmo trovati un grosso palazzo davanti!- disse la rossa ripensando alle parole del locandiere.

-Giusto ma cerchiamo di non perderci!- puntualizzò Ed.

-Già, forse era meglio se mi portavo Yuki!- disse punzecchiando il vice.

-Vedi che non sono io quello che si perde ogni tre passi, ma sei tu! E poi hai insistito che Yuki e Ryuu facessero squadra!- puntualizzò il moro.

-Se, se, come dici tu!- disse facendo svolazzare una mano in aria –Comunque quei due devono risolvere i problemi che hanno o rischiano di rompere l’armonia della ciurma!- disse un po’ pensierosa.

-Ehi Sol ascolta!- disse Ed affinando l’olfatto ad un preciso odore.

La rossa si concentrò ma non sentì niente.

-Ed, io non sento niente! Sei tu che hai i super sensi non io!-

Il ragazzo percepì un forte odore di medicinale, poi con un gesto veloce prese Solan e se la portò tra le braccia, proteggendola da una freccia intrisa di sonnifero che era stata appena scagliata verso di lei.
La rossa lo ringraziò con un sorriso ma non fece in tempo a dire niente che altre frecce, velocemente, si scagliarono contro di loro. Abili i due pirati le evitarono quasi tutte ma la rossa infine venne colpita ad polpaccio destro.

-Sol!- urlò il ragazzo correndole accanto.

-Non è niente, sta attento Ed!- ma non finì la frase che, distratto dalla sorte del capitano, anche il vice venne colpito. Pian piano i sensi di entrambi i pirati iniziarono ad affievolirsi. Entrambi caddero a terra l’uno accanto a l’altro ormai privi di sensi, mentre un orda di uomini e donne li presero e li trascinarono verso il palazzo di Rondonos.







Amlach e la sua ciurma erano appena sbarcati sull’isola Foko. Ogni pirata rimase sbigottito vedendo come era ridotta l’isola. Chuck appena si erano avvicinati abbastanza all’isola saltò giù dalla nave. Era scioccato, aveva lasciato la sua isola solo da una settimana, e con la sua barchetta aveva affrontato mille ostacoli per trovare qualcuno che lo aiutasse a salvare la sua terra da quei perfidi pirati, ma ora che aveva trovato aiuto sembrava troppo tardi.
Davanti a lui c’era la confusione più totale, gente che urlava e scappava dalle fiamme che attanagliavano il villaggio. Il fumo denso, entrava prepotente nella gola, attanagliandola e impedendo alla persona di respirare bene; il fumo offuscava la vista degli abitanti che si scontravano l’uni con gli altri. Uomini e donne combattevano con qualsiasi arma contro gli stessi abitanti del villaggio, i loro vicini, i loro amici. Chuck non capiva perché si erano messi a combattere tra di loro invece di schierarsi contro i pirati del nuovo Barbanera, sicuramente durante la sua assenza erano successe molte cose e tutte terribili.
Il ragazzo corse senza fiato schivando con difficoltà gli abitanti inferociti. Aveva bisogno di trovare suo padre, lui sarebbe stato in grado di dirgli cosa era successo in quei giorni.

-Asako! Segui Chuck e sta attenta!- ordinò Amlach.

La ragazza annuì ed iniziò a correre dietro il moro. Aveva notato subito l’agitazione del ragazzo appena la nave si era avvicinata abbastanza all’isola da vedere del denso fumo nero provenire dall’interno del villaggio.
Asako capiva benissimo come si sentiva Chuck in quel momento. La furia di quella assurda battaglia la fece sentire stranamente sopraffatta, da ricordi tenuti nascosti in un angolo della sua memoria per troppo tempo. Adesso come non mai il suo passato stava tornando prepotentemente a galla. Gli spari, le grida dei bambini, il fumo le fiamme le sembravano così dannatamente familiari…


-Asako su vieni, il pranzo è pronto!- la chiamò sua madre Camlyn.

-Arrivo mamma!- disse la bambina di soli sette anni, intenta a giocare con un bastone di legno, fingendo che fosse una spada.

La biondina entrò nella sua piccola casetta in cima alla collina poco distante dal villaggio Hikas, il più grande villaggio dell’isola Kas nel mare occidentale.

-Com’è andata la battaglia contro i feroci nemici?- le chiese il padre seduto al grande tavolo in cucina.

-Benissimo papino! Ho sconfitto tutti i nemici!- disse lei orgogliosa.

-Brava la mia figliuola- disse il padre poggiandole una mano su i lunghi capelli biondi e scompigliandoglieli.

-Si, ma una brava spadaccina deve tenersi in forma e diventare forte, quindi siediti qui cara e mangia tutto, sono sicura che diventerai fortissima!- disse amorevolmente la mamma.

-Oh certo mamma, hai ragione!- disse la bambina catapultandosi al tavolo.

Appena finì di mangiare la piccola Asi, si legò i lunghi capelli biondi e con il padre uscì in giardino per allenarsi un po’.

Suo padre Kanata, era un bravo spadaccino e sua figlia desiderava diventare forte come lui. Asako era felice, la sua vita era perfetta, aveva una famiglia fantastica e viveva su un’isola piccola ma molto bella e tranquilla, sembrava che niente potesse infrangere quell’armonia perfetta.

Qualche giorno dopo, mentre Asako era a scuola con i suoi amici, un improvviso rumore risuonò per tutta l’isola seguito da un forte terremoto.
Gli insegnati si allarmarono e cercarono di capire cosa fosse successo, proteggendo i bambini.
I rumori si facevano sempre più forti, sembrava che stesse crollando qualcosa e tutti , anche i più piccoli, ormai avevano capito che si trattava di esplosioni seguiti da improvvisi terremoti.

-Bambini mettetevi tutti sotto i banchi!- ordinò l’insegnante terrorizzata.

Asako si guardava intorno. I suoi amici piangevano, urlavano, spaventati da quell’improvviso caos. La loro isola era sempre stata un vero paradiso, mentre adesso era diventata un vero inferno. La piccola si chiedeva come stessero i suoi genitori, aveva una gran voglia di uscire da lì e correre da loro, ma non glielo avrebbero mai permesso.

La porta della classe si aprì violentemente e, un ulteriore insegnante gridò per tutta l’aula.

-USCITE TUTTI DA QUI, LA SCUOLA STA PER CROLLARE!-

I bambini e gli insegnanti si catapultarono, spintonandosi, all’uscita. Fuori c’era un vero inferno. Case, negozi segnati da profondi spacchi causati dal terremoto, gente che urlava per tutto il villaggio.; alcuni bambini riconobbero i genitori e corsero da loro mentre un'altra forte scossa, più violenta, fece tremare la terra aprendo delle grosse voragini sulla strada. Alcune case e molte persone ne vennero inghiottite, mentre dal centro del villaggio si udiva un forte odor di fumo, segno che era anche scoppiato un grosso incendio.
Asako non capiva perché stesse succedendo tutto quello, ma presto ebbe la risposta alla sua domanda.
Una schiera di nove persone capitanata da un grosso omone con un’ispida barba nera che rideva sommessamente, si avvicinavano minacciosi.

-Oh no, quello e Barbanera!- urlò una donna.

Asako, mentre osservava quel ciccione senza denti, ricordò che suo padre le aveva sempre raccontato che anni prima della sua nascita, Barbabianca insieme alla sua famiglia era giunto sulla loro isola, scacciando dei perfidi pirati che chiedevano alla popolazione dazi esorbitanti. Da quel giorno l’uomo aveva posto una sua bandiera sull’isola Kas, garantendo agli isolani che nessun altro pirata avrebbe mai osato attaccare un suo territorio. Gli abitanti dell’isola gli erano sempre stati grati e quando, qualche settimana prima scoprirono della morte di quest’ultimo a Marineford ne rimasero sconvolti e sperarono che nessun pirata violasse la loro isola approfittando della morte del grande Barbabianca; ma adesso la giovane biondina capì che le speranze degli isolani si erano appena infrante con l’arrivo del peggior pirata mai esistito, Barbanera.

-Zahahahaha! Da oggi questa isola sarà sotto il mio dominio!- rise l’uomo, strappando la bandiera di Barbabianca.

-Non te lo permetteremo!- disse Kanata, il padre di Asako, seguito da altri uomini e donne armati.

-Zahahahaha! Pensate davvero di poter competere con noi? Ahahah illusi!- disse il pirata prima di far apparire un grosso buco nero dalla sua mano destra.

-PAPA'!!!!!- urlò Asako

La piccola liberandosi dalla presa dell’insegnate corse verso il padre, voleva stargli accanto, aiutarlo a combattere contro quei perfidi pirati, ma non fece in tempo a raggiungere il genitore che il grosso buco nero creato dal pirata iniziò ad inghiottire molte persone. Kanata si tenne stretto al tronco di un albero, ma questo non servì, e prima di cedere a quell’oscurità che attraeva il suo corpo, sorrise alla figlia, salutandola per l’ultima volta.
Gli altri pirati nel frattempo si erano divisi e stavano distruggendo l’intero villaggio, c’era persino un grosso gigante che con la sua mole distruggeva tutto ciò che gli si parava davanti.
Asako gridò forte il nome del padre, poco prima che lui venne inghiottito dall’enorme buco nero.
La biondina era distrutta, continuava a piangere ed urlare, poi in lontananza vide la spada del padre, la impugnò con qualche difficoltà e corse, arrabbiata, verso il capitano.
L’omone si accorse della bambina solo quando sentì qualcosa si appuntito ferirgli il grosso pancione.

-Ma chi diavolo è stato??- disse girandosi verso la ferita –TU! Pulce, come hai osato!- ringhiò prendendo Asako dai capelli e scaraventandola contro un muro.

Le immagini della sua isola che cadeva a pezzi, dei suoi amici che venivano uccisi insieme ai propri genitori, furono le ultime cose che vide prima di perdere i sensi.

Asako si svegliò quando ormai era buio. L’oscurità intorno a lei era affievolita solo dalla luce delle fiamme che lente finivano di bruciare ciò che restava di quell’isola presa d’assedio, lasciando solo cenere e macerie al loro passaggio.
Dei pirati non c’era traccia. La bambina, si alzò ancora affaticata. La testa le faceva un gran male, sicuramente a causa della ferita che le aveva procurato la caduta.
Pian piano camminò tra le macerie del suo villaggio, sorpassando corpi di persone che conosceva fin da quando era piccolissima. Sembrava che nessuno, a parte lei, fosse sopravvissuto. Calde lacrime le solcarono il viso quando l’immagine di suo padre inghiottito da quell’enorme buco nero le si focalizzò davanti. Improvvisamente iniziò a correre verso la collinetta dove si trovava casa sua, sperava di trovare sua madre ancora viva, non sopportava l’idea di restare sola, ma dentro di se, sapeva che quella era solo una flebile speranza, lei ormai non aveva più nessuno.
Appena salì la collina vide la sua casa distrutta. Si avvicinò alle macerie e vide la mano di sua madre. Scavò con tutte le sue poche forze finché non riuscì a disseppellire il corpo della madre. Pianse, pianse tanto, finché decise che le lacrime non sarebbero servite a niente.
Quel giorno Asako fece una promessa a se stessa: non avrebbe mai più permesso che succedessero cose del genere. Sarebbe diventata molto più forte, allenandosi tutti i giorni e, un giorno avrebbe compiuto la sua vendetta contro Barbanera, nessuno più doveva morire per mano sua e dei pirati come lui.



Asako, mentre correva, ripensò a quella promessa che si era fatta anni prima ed accelerò il passo per raggiungere Chuck. Non avrebbe permesso che quell’isola e gli abitanti di essa, facessero la stessa fine della sua isola, no, questo non sarebbe successo! Adesso era più forte ed aveva le risorse per compiere finalmente la sua vendetta, per sconfiggere il nuovo Barbanera.






ANGOLO AUTRICE:

Ciao a tutti carissimi lettori!!! Ecco un nuovo capitolo, dove finalmente sono riuscita a scrivere il passato di Asako. Riuscirà la navigatrice a compiere la sua vendetta? E cosa succederà alla ciurma di Solan? Scoprirete tutto nei prox cap, dove conosceremo altri due Oc!
Spero di leggere le vostre splendide recensioni!
A presto bacioni, kiko90

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Capitolo 11
*** capitolo 10 ***


Isola Foko.

Caos, tanto, troppo caos.
Gente che urlava, bambini che piangevano e vecchi armati di spade e forconi si fronteggiavano gli uni contro gli altri.
L’intera isola era come impazzita, la calma e la tranquillità tipica di qualche mese prima, era ormai stata spazzata via dalla furia, dalla violenza, dalla sete di sangue; non importava quale, se quello di un pirata malvagio o di un concittadino, ormai nessuno più su quell’isola riusciva a ragionare, come se le menti dei tranquilli abitanti di Foko fossero state tramutate in menti criminali, paragonabili ai peggiori serial killer.

Nel bel mezzo del porto, ormai diventato un campo di battaglia, una donna dai lunghi capelli biondi mezzi bruciacchiati, teneva ben saldo in mano un bastone, fissava la strada davanti a se con occhi persi, spenti; arrancava tra la folla di cittadini impazziti reggendosi a quel malandato pezzo di legno, sembrava che stesse per crollare a terra da un momento all’altro. July, sempre pronta ad aiutare le persone in difficoltà, si avvicinò alla donna, allungando una mano per sorreggerla. La donna però retrocedette, osservando la giovane ragazza con rabbia. Improvvisamente essa alzò il bastone che teneva in mano e lo scagliò verso la ragazza. July presa alla sprovvista rimase paralizzata da quella scena, non muovendosi neanche di un solo passo. Il bastone era sempre più vicino al medico, quando la donna che lo impugnava cadde a terra insieme all’arma.
July sbattè ripetutamente le palpebre per capire cosa fosse successo e, riscossa, vide una ragazza davanti a lei, con ancora la mano destra stretta in un pugno, lo stesso pugno che aveva messo k.o. l’isolana impazzita.
La ragazza abbassò il pugno e ridendo si girò verso July.

-Sta attenta, qui la gente è impazzita!- disse la giovane.

July osservò la ragazza: Fisico snello e non particolarmente formoso, lunghi capelli castani con delle ciocche viola da dove si intravedevano dei piccoli orecchini di oro bianco a forma di elefantino. I suoi occhi erano verdi e spiccavano sulla sua pelle molto chiara, evidentemente non si abbronzava molto facilmente. Sullo zigomo destro aveva un particolare tatuaggio a forma di piccola stella stilizzato. Portava dei jeans grigi strappati sul ginocchio destro con sopra una t-shirt bianca con la stampa di un paesaggio invernale, in netto contrasto con il caldo inferno dove si trovavano.

-Bè, perché mi fissi? Stai per caso guardando il mio naso?- disse guardando minacciosa July.

-No, no!- si affrettò a rispondere la biondina, notando però che la castana in effetti aveva un naso abbastanza pronunciato, ma era decisamente meglio non farne parola, quindi decise di cambiare argomento e giocare la carta dell’umorismo se non voleva beccarsi anche lei un potente gancio destro –Anzi, ti devo ringraziare per quello che hai fatto, hai salvato il mio di naso!- disse July sorridendo.

La ragazza rise allegra e porse la mano al medico –Di niente, comunque io mi chiamo Sara Criséll, ma puoi chiamarmi anche Crìse- disse un po’ a disagio, non era facile per lei relazionarsi con la gente.

-Io mi chiamo July Grios, piacere! Sara, tu abiti qui? Sai cosa sta succedendo alla popolazione?- chiese la biondina

-No, non abito qui. Sono sbarcata su quest’isola con la mia barchetta qualche giorno fa e la gente non si comportava così, anzi erano tutti molto uniti e si stavano organizzando per combattere contro i pirati che hanno invaso l’isola e io mi sono offerta di aiutarli, ma poi ieri improvvisamente la gente ha iniziato a combattere gli uni contro gli altri…- disse la castana mentre giocherellava con il braccialetto d’oro bianco che teneva al polso.

-Uhm… è tutto così strano…- disse July pensando alle parole appena sentite, cercando così di trovare un nesso a quello che stava accadendo, ma era difficile trovarlo.

-July! Vieni qua ci sono dei feriti!- la chiamò Ashuros a qualche metro da lei. La ragazza si voltò e fece cenno al compagno che l’avrebbe raggiunto, poi si girò di nuovo verso Sara e disse –scusa ma adesso devo andare, sono un medico e qui c’è molta gente ferita, grazie ancora per prima!- disse iniziando a correre verso i feriti.

Tutta la ciurma di Wolf si era sparpagliata per il porto, cercando di domare quella folla impazzita, e di capire cosa realmente stesse succedendo, mentre Asako e Chuck cercavano il padre di quest’ultimo per carpire informazioni da lui.

Sara osservò la biondina, sembrava una tipa simpatica, e con lei era riuscita quasi a fare amicizia, senza pensarci ulteriormente corse dietro al medico, raggiungendola mentre July apportava le prime cure ai feriti.

-July, voglio anche io aiutare questa gente, e visto che sono qui da qualche giorno forse posso esservi utile!- disse Sara speranzosa. Quelle urla quel caos, era più forte di lei, non riusciva a non far niente, doveva rendersi utile, doveva aiutare quella gente.

-Sai dove si trova il capo dei pirati, colui che si definisce il nuovo Barbanera?- chiese una voce dura alle spalle della ragazza.

Sara si girò e si trovò di fronte, con tutta la sua altezza, Amlach, che la osservava con il suo unico occhio.

-Si… credo di sapere dove si trova…- disse un po’ intimorita dall’uomo –dovrebbe trovarsi nel palazzo comunale al centro della piazza principale, è li che ha la sua sede-

-Bene- disse Amlach, voltandosi ed iniziando a camminare verso il centro del paese, facendo oscillare, ad ogni suo passo, le tre katane che portava legate in vita.

-Ma…Ma dove sta andando?- chiese Sara sbigottita dal comportamento dell’uomo.

-Semplice, sta andando a segnare la fine del nuovo Barbanera- disse Ashuros passivo.

-Ma è pericoloso! Quel pirata è fortissimo, appena gli abitanti hanno solo pensato di attaccarlo è successo tutto questo, fermatelo!-

-E chi lo ferma! Quando Wolf si mette qualcosa in testa nessuno può fargli cambiare idea!- disse Stun ridendo, mentre raggiungeva i compagni trascinandosi dietro degli isolani legati con delle strette corde, in modo che non potessero più creare casini.

-Già il capitano è fatto così!- disse Luna camminando verso gli amici.

-Capitano? Quindi voi siete dei pirati?- chiese stupita Sara.

-Certo!- rispose sorridente l’archeologa – e siamo anche i più forti! Il capitano ne farà polpette di quel sudicio uomo!-

Crìse sorrise, quell’uomo era un pazzo e anche i suoi compagni, ma allo stesso tempo le piacevano molto, forse aveva finalmente trovato delle persone valide con cui vagare per i sette mari… ma loro l’avrebbero accettata?

-Su dobbiamo muoverci e trovare Asako e Chuck, e soprattutto cercare di calmare questa gente e impedirgli di uccidersi a vicenda- disse Ashuros ai compagni.

-Si hai ragione, come ci organizziamo?- chiese Stun

-July! Luna! Voi occupatevi della popolazione, io e Stun cerchiamo Asako e Chuck! Tu! sai dove si trova la casa del sindaco?- chiese infine a Sara.

-Ehm sì!- disse sempre più confusa, l’avevano per caso presa per una guida turistica?

-Bene allora portaci lì!- disse catena nera.

Sara annuì seguita anche dalle altre due ragazze. Mentre la nuova ragazza si incamminava con i due pirati, non poteva far a meno di girarsi ogni tre per due per vedere come se la cavassero July e Luna, non capiva perché uno dei due ragazzi non era rimasto a proteggere e aiutare le due compagne.

-Se la sanno cavare, sono forti non preoccuparti per loro, ne hanno affrontate di peggiori!-disse l’uomo blu con un grosso sorriso stampato in volto, che rassicurò, un po’, la castana.
Sara si girò un’ultima volta e quello che vide le fece strabuzzare gli occhi: July aveva scatenato un vortice d’aria che aveva rinchiuso in se una decina di isolani, i quali dopo un po’ che venivano sballottolati caddero a terra svenuti, mentre Luna ne aveva stesi altrettanti e si stava affrettando a legarli così, una volta svegli, non avrebbero dato problemi. Sara si rese conto che Stun aveva perfettamente ragione, non doveva preoccuparsi per le due ragazze visto che erano molto in gamba. Quella ciurma di pirati, così diversi tra loro erano una vera forza e Sara era sempre più convinta di aver trovato finalmente quello che cercava da tempo.


Nel frattempo Asako e Chuck erano appena giunti davanti la casa del ragazzo e la situazione non era delle migliori: Sette pirati armati di grossi spadoni e fucili, stavano uscendo dalla casa del ragazzo, la quale si presentava mal ridotta con porte sbragate e finestre rotte. I pirati ridevano sommessamente ed alcuni di loro presentavano qualche leggera ferita, data da un recente combattimento.
Chuck stringendo forte i pugni e digrignando i denti si avvicinò marciando verso gli uomini. Asako tentò di fermarlo visto che si trovavano in inferiorità numerica, ma il ragazzo era troppo accecato dalla rabbia per darle ascolto.
I pirati non si erano ancora accorti di lui, visto che erano troppo intenti a parlare dello scontro appena avvenuto con il sindaco del paese e di come in pochi secondi lo avevano messo fuori gioco.
Chuck a quelle parole prese la rincorsa e si fiondò contro uno dei pirati, un omone alto circa due metri con una folta barba marrone e qualche dente traballante che gli dava un'aria ancora più squallida. I due caddero a terra e Chuck assestò un pugno all’uomo. Il pirata vide cadere uno dei suoi due denti sul terreno sabbioso e con occhi pieni di rabbia prese Chuck e lo colpì dritto nello stomaco facendolo piegare in due dal dolore.

-Dannato moscerino, guarda cosa hai fatto al mio dente! Me la pagherai!!- urlò pieno di rabbia.

-Chuck!- urlò la navigatrice corsa in soccorso dell’amico.

-Guarda un po’ che bella fanciulla, vieni cara a vedere come il mio amico fa fuori il tuo ragazzo!- disse un altro pirata, però molto più basso e magrissimo, così tanto che gli si potevano contare le ossa.

Asako impugnò la sua fedele katana e affondò la sua lama nel ventre dello scheletrico pirata, suscitando le risate degli altri furfanti che si beffavano dell’amico ferito.
Chuck nel frattempo stava subendo le torture del barbuto pirata che alternava i pugni ai calci mettendo alla prova la resistenza del giovane ragazzo.
Asako era sola, ed in effettiva inferiorità numerica rispetto a quei pirati, ma questo non era di certo un motivo per arrendersi. Ripensò al suo passato, a quello che Barbanera e i suoi pirati avevano fatto alla sua isola, ai suoi amici, alla sua famiglia…
Impugnò con entrambe le mani la katana, così forte da farsi sbiancare le nocche, era arrivato il momento della sua vendetta.

Uno dopo l’altro i pirati caddero a terra, inermi. La lama della spada era intrisa di sangue di diversi gruppi sanguigni, come lo era il terreno circostante.
Chuck, ansimante osservava la biondina che ora giaceva supina a terra. Dagli occhi blu della navigatrice scendevano calde lacrime, rigandole il volto spruzzato di lentiggini. Il ragazzo le si avvicinò, cercando di consolarla, credendo che la ragazza piangesse perché era spaventata, ma così non era. Asako era felice, finalmente sentiva un peso in meno sulla coscienza, e sapeva che dall’alto del cielo i suoi genitori erano orgogliosi di lei; aveva lottato per salvare un amico e non c’era cosa migliore.

-Asako, tutto bene?- chiese Chuck un po’ preoccupato.

-Si, adesso va molto meglio!- disse sorridendo mentre si asciugava le lacrime e si rialzava –Su, entriamo!- disse offrendo una mano al ragazzo.

Chuck era sempre più stupito della grande personalità della ragazza che si faceva sempre più spazio nel suo cuore.
I due ragazzi lentamente entrarono nella casa del sindaco, ma dopo pochi passi si fermarono, entrambi ammutoliti. Davanti a loro, una lunga scia di sangue conduceva alla cucina, lì si trovava il corpo di qualcuno, un pirata o il padre di Chuck?









Isola Stargazer

Shin e Lilian avevano perlustrato tutta l’area a loro affidata, di Suki non c’era nessuna traccia e il tempo aveva iniziato a nevicare un'altra volta.

-Brrrr… Shin qui non c’è traccia della piccola Suki, forse è meglio andare da Yuki e Ryuu forse loro hanno trovato la bambina- disse Lily stringendosi nel caldo cappotto azzurro.

-Credo che tu abbia ragione, su andiamo- disse Shin facendo strada alla compagna verso il lato sud del villaggio dove si trovavano gli altri due pirati.

-AIUTO! AIUTO! C'E' UN MOSTRO NEL VILLAGGIO AIUTO!- gridavano due degli uomini di Rondonos mentre correvano come pazzi sfuggendo da un ipotetico mostro nel lato sud del villaggio.

-Ma cosa sta succedendo? Di-di quale mostro parlano?- chiese Lily titubante.

-Non so. Ma andiamo a scoprirlo, vengono dal lato sud, proprio dove sono i tuoi amici-

-è vero! Su corriamo, Yuki e Ryuu potrebbero essere in pericolo!- disse Lily afferrando Shin da un polso e correndo più veloce possibile, se i suoi amici erano in pericolo, lei doveva aiutarli il prima possibile.



Ryuu si era trasformato in un vero e proprio mostro e sembrava inarrestabile. Aveva distrutto tutto ciò che si era trovato davanti in quella casa già precaria di per se. Yuki lo guardava allibita, non aveva mai visto Ryuu trasformarsi in quel modo, eppure era con loro già da un anno e non aveva accennato mai ad una simile possibilità, perché?
Ryuu prese un grosso tavolo e lo sollevò senza nessuno sforzo. Davanti a lui, spiaccicati contro un muro, c’erano le due guardie di Rondonos che avevano perseguitato e picchiato la piccola Suki; la rabbia che sgorgava nelle vene di Ryuu era tale da volere le teste di quei due appese come lampadari; così scaraventò il tavolo sui due uomini che rimasero schiacciati dall’imponente pezzo di legno. Dal soffitto iniziarono a cadere pezzi di intonaco, annunciando così l’imminente crollo dell’abitazione e la piccola Suki iniziò a tremare spaventata da colui che l’aveva appena salvata dalle guardie.
Yuki si avvicinò alla bambina cercando di calmarla.

-Ciao io sono Yuki e mi manda tuo padre Tom, vieni dobbiamo uscire di qui tra poco la casa crollerà!- disse prendendo in braccio la bambina e correndo verso l’uscita.

-Perché il tuo amico sta distruggendo tutto? E perché si è trasformato in quel mostro?- chiese la bambina appena uscita dall’abitazione.

-Non lo so piccola, non lo so…- disse Yuki con gli occhi lucidi, era spaventata, era spaventata da ciò che Ryuu potesse fare.

Poco prima che il soffitto crollò del tutto, Ryuu uscì dalla casa. Si guardava intorno come per cercare le sue prossime vittime, tutto quello fatto nella casa non gli era bastato, voleva di più, voleva altro sangue.
Le guardie erano scappate urlando come dei bambini. Alcuni abitanti si erano fermati a vedere cosa stava succedendo e, proprio su di loro si soffermò lo sguardo di Ryuu.
Con uno slancio saltò davanti al piccolo gruppo di persone, pronto ad ucciderle senza nessun apparente motivo, solo per desiderio.

-Suki resta qui nascosta e non ti muovere per nessun motivo, hai capito?- disse Yuki alla piccola dopo averla nascosta dentro una grande cassa di frutta vuota.

-Si… ma, ma tu cosa vuoi fare?- chiese impaurita.

-Devo impedire che quella gente venga uccisa!- disse Yuki, la quale aveva capito le intenzioni del compagno.

-Sta attenta Yuki!- sussurrò la bambina nascondendosi meglio.

La navigatrice corse verso il gruppetto di persone e si frappose fra loro e Ryuu.

-Ryuu ti prego non farlo! Non ucciderli, tu non vuoi farlo veramente!- disse cercando di tirare indietro le lacrime che prepotenti volevano uscire.

Ryuu la guardò per qualche secondo con le sue iridi iniettate di sangue, chinò la testa leggermente da un lato e digrignò i denti. Con un urlo assordante proveniente dalla sua gola, Ryuu alzò in alto l’arto destro e colpì Yuki scaraventandola contro il grosso muro di un edificio. La ragazza sbatté violentemente la schiena e cadde a terra sanguinando copiosamente da una spalla. La navigatrice con molta difficoltà si rialzò, cercando di tornare da Ryuu e impedirgli ciò che stava per fare, ma ormai era troppo tardi. Cercò di camminare verso il compagno ma la gamba destra le cedette e cadde con le ginocchia a terra. Non riusciva a raggiungerlo, non poteva neanche fermarlo. Tenendosi forte la spalla ferita osservò la strage che il suo compagno stava compiendo: Ryuu aveva preso dalla gola un giovane ragazzo e stringeva, stringeva molto forte, mentre le altre persone correvano il più velocemente possibile lontano da quel inarrestabile mostro.
Il ragazzo stava per esalare il suo ultimo respiro, la sua pelle aveva preso uno strano colorito blu per mancanza di aria, quando improvvisamente il suo assassino fu distratto da alcune voci, due persone che correvano verso di lui, così mollò la presa sul collo del ragazzo, il quale approfittò per recuperare faticosamente l’aria persa.
Yuki strisciò verso il ragazzo stringendosi il labbro inferiore tra i denti per non pensare al dolore.

-Corri…Vai…subito… via da qui!- disse la navigatrice faticosamente al ragazzo che giaceva a terra ansimante.
Il ragazzo annuì e con fatica si alzò e corse il più veloce possibile via da lì.

Shin e Lily da lontano avevano visto la navigatrice venir scaraventata contro un muro da un mostro, forse lo stesso da cui stavano scappando le guardie di Rondonos.
I due arrivarono davanti il mostro e si misero subito in posizione da combattimento. Shin si affidava alle ombre che riusciva intravedere dai suoi occhi privi di vista e al suo sviluppato udito riuscendo a percepire la posizione della bestia. Shin corse verso il mostro e cercò di sferrargli un poderoso calcio che però non colpì l’essere che si scansò velocemente e afferrò la gamba del ragazzo facendolo volare accanto alla cassa di frutta, frantumandola e facendo uscire allo scoperto la piccola Suki.

-Suki!- disse Shin sollevato

-Shin!- disse la bambina fiondandosi tra le braccia del giovane cuoco della locanda di suo padre.

Lily prese in mano il suo fidato arco e lo puntò verso il mostro, ma Yuki le si parò davanti.

-No Lily non farlo!- disse mettendosi davanti a Ryuu, con le gambe che le cedevano dal dolore.

-Yuki ma cosa fai? Perché lo proteggi?- disse Lily confusa

-Lui è Ryuu!- disse Yuki prima di essere afferrata da Ryuu, mentre Lily abbassava l’arco incredula delle parole della compagna.

Gli artigli pronunciati del ragazzo le si conficcarono nell’addome facendo fuoriuscire piccole gocce di sangue che man mano aumentavano di volume.
Yuki non riusciva a muoversi, Ryuu l’aveva immobilizzata, la spalla già fratturata era schiacciata contro le ossa sporgenti che uscivano dalle braccia di Ryuu, lesionando ancor di più la pelle della ragazza.

-Yuki!!- urlò Lily che non sapeva come muoversi. Se Yuki aveva ragione e, quel mostro era Ryuu non poteva colpirlo era pur sempre un suo compagno e sicuramente in quel momento non era in se, ma come potevano fermarlo senza ucciderlo? All’improvviso Lilian si illuminò –Yuki! Usa il tuo potere!- urlò all’amica.

Yuki abbassò lo sguardo, non sapeva ancora controllare al meglio il suo potere, se solo non si sarebbe riuscita a fermare avrebbe potuto uccidere Ryuu, e questo non poteva permetterlo.

-Yuki è l’unico modo, se non lo fai lui ucciderà te e tutti noi!- la convinse il medico.

Chiudendo gli occhi, Yuki afferrò il braccio pieno di spuntoni, di Ryuu. Il mostro iniziò a contorcersi e mollare la presa sull’addome della ragazza. La navigatrice intensificò la stretta mentre copiose lacrime le solcavano il viso.
Pian piano gli spuntoni che ricoprivano il corpo del ragazzo si ritirarono all’interno del corpo, seguito dai lunghi artigli. Gli occhi tornarono lucenti e ambrati, Ryuu era ritornato in se. Il ragazzo puntò il suo sguardo confuso su quello della ragazza che ancora gli stringeva il braccio. Ryuu iniziò ad avere delle convulsioni e spaventata Yuki mollò la presa.

-Mi dispiace Ryuu…- disse la mora guardando il nakama a terra.

Lily, Shin e Suki si avvicinarono ai due e Lily iniziò a visitare la compagna.
Ryuu si guardò intorno, non ricordava cosa era successo, vide la casa distrutta, i corpi di alcune guardie squartati, sangue tanto sangue sul terreno e poi…Yuki, ferita. Un breve flash di quello che aveva fatto gli comparve davanti agli occhi, era stato lui, lui aveva ucciso quegli uomini, danneggiato quella casa e soprattutto ferito i suoi amici. Lui aveva quasi ucciso Yuki e questo non poteva perdonarselo, era successo di nuovo, il mostro dentro di lui si era scatenato ancora come tanti, tanti anni prima…
In preda al disgusto per se stesso e quello che aveva fatto, Ryuu corse via, lontano dai suoi compagni, mentre candidi fiocchi di neve gli si posavano sul viso e mentre una disperata Yuki lo chiamava a gran voce. Si voltò solo un istante e la vide li, sofferente mentre lo guardava, con accanto una bambina dai capelli rossi. Istintivamente si portò la mano sull’avambraccio destro dove aveva tatuato il nome più importante della sua vita, Saky.



Nei sotterranei del palazzo di Rondonos una ragazza alta circa un metro e settanta dal fisico atletico con dei capelli castani legati in una alta coda tranne un ciuffo che le copriva parte dell’occhio sinistro, stava legando alcune guardie del signore dell’isola. Era approdata su quell’isola da due settimane, dopo essere sopravvissuta ad una dura tempesta la sua barchetta era andata a schiantarsi contro il freddo e duro ghiaccio che costeggiava Stargazer, così da due settimane era bloccata su quell’isola ghiacciata e stava letteralmente morendo di freddo, così aveva deciso di “ prendere in prestito” alcuni vestiti dal palazzo di quel viscido di Rondonos, non solo per lei ma anche per alcuni abitanti dell’isola che non riuscivano più a sopportare quelle fredde temperature con i pochi indumenti che avevano. La loro isola, le era stato raccontato, un tempo era un luogo molto caldo e loro non avevano vestiti adatti alla temperature di adesso, quindi si era offerta di aiutarli.
Era stato molto facile addentrarsi nel palazzo e arrivare fino ai sotterranei. Aveva trovato una grande stanza dove le guardie riponevano i loro abiti e quindi li aveva assaliti e legati.

-Ecco fatto, così va meglio!- disse dopo aver legato ed imbavagliato l’ultima guardia –E questi li prendo io!- disse riponendo in un grosso sacco giacche, maglioni e chi ne ha più ne metta.

Velocemente si affrettò ad uscire da quella stanza e si inoltrò in un lungo e buio corridoio. Ad un certo punto sentì dei rintocchi come se qualcuno stesse battendo contro del ferro, seguito da alcune imprecazioni.

-Maledette sbarre di agalmatolite! Maledetto Rondonos appena esco di qui ti faccio secco!- ringhiava un uomo chiuso nelle celle del palazzo.

La ragazza camminò verso quella voce, forse prima di uscire dal palazzo poteva fare ancora un piccolo dispetto a Rondonos, ovvero liberare un suo prigioniero, peccato che proprio in quel momento altre guardie stessero camminando verso la sua direzione. Diana si sistemò meglio gli occhiali sul naso e, poggiando il grosso sacco vicino al muro si trasformò in un grosso armadillo. Velocemente si appallottolò su se stessa ed iniziò a dirigersi velocemente, come una palla, verso i soldati. Le due guardie vennero stese a terra dall’animale, mentre il prigioniero nella cella osservava la scena e si chiedeva cosa ci facesse un armadillo dentro il palazzo.
Diana si trasformò nella sua forma ibrida: le sue unghie si allungarono e il resto del corpo si foderò di placche ossee durissime, proprio come quelle di un armadillo. La ragazza con la mano destra, impugnò la katana che teneva legata in vita la quale aveva il manico decorato con fiori di ibisco rossi, come il fodero, e partì all’attacco. In pochi secondi atterrò le guardie e sorridendo tornò nella sua forma umana dirigendosi verso la cella. Al suo interno c’era Edward il quale guardava la ragazza con un sopracciglio alzato.

-Bè cos’hai da guardare? Non hai mai visto una ragazza armadillo?- disse Diana sprezzante.

-No per fortuna! Su liberami!- disse Ed già abbastanza irritato per essere in quella situazione, non gli piaceva chiedere aiuto alle altre persone.

-Potresti anche dire per favore!- disse Diana incrociando le braccia al petto, guardando in cagnesco il ragazzo.

Edward osservò la ragazza dagli occhi verdi: portava una camicia a quadri a maniche corte aperta su una canottiera e un paio di calzoncini corti e una fascia bordeaux legata in vita a cui era appesa la katana che aveva usato qualche minuto prima contro le guardie.

-Ho detto muoviti devo trovare il mio capitano!- disse Edward afferrando le sbarre infuriato ma mollando la presa subito dopo per essersi bruciato i palmi delle mani con l’agalmatolite.

Diana iniziò a picchiettare nervosamente il sandalo sul pavimento dei sotterranei, mentre una piccola vena sul collo pulsava nervosamente. Quel ragazzo la stava irritando in un modo mai visto, forse era meglio lasciarlo alla mercé di Rondonos, ma se aveva capito bene aveva detto che doveva salvare il suo capitano, quindi c’era qualcun altro in pericolo, non poteva lasciarlo li! Con la sua fidata katana ruppe il lucchetto della cella, liberando il ragazzo, il quale si incamminò verso le scale che portavano ai piani superiori.

-Ehi! Aspetta un attimo, potresti anche ringraziare, se non era per me saresti marcito li dentro!- urlò oltraggiata Diana.

Edward si girò ad osservarla e disse –Ma non stai morendo di freddo vestita in quel modo?- disse riferendosi all’abbigliamento estivo della ragazza.

-In effetti si, per questo ho preso questi!- disse mostrando il sacco con i cappotti -Senti hai detto che devi salvare il tuo capitano, sei un pirata?- chiese la ragazza.

-Si, e devo anche muovermi, se le succede qualcosa io…- disse stringendo i pugni così forte da far pulsare le vene sulle mani e sulle braccia.

-Bene, ho deciso, ti aiuterò! Comunque io mi chiamo Diana Instar!- disse la mora.

-Edward Yoshina, e non ho bisogno del tuo aiuto!-

-Senti tu!- disse Diana puntandogli un dito sul petto –Ho studiato la mappa di questo palazzo e se il tuo capitano non si trova qui, sicuramente Rondonos l’avrà portata nella sala torture, quindi ti serve il mio aiuto per trovarla al più presto!-

-Va bene!- disse il vicecapitano continuando a camminare, seguito da Diana. La ragazza osservava quello scorbutico ragazzo, sembrava tener molto al suo capitano, chissà forse una volta salvato il fantomatico capitano l’avrebbero presa nella loro ciurma, da sempre sognava di far parte di una ciurma di pirati, ma questo per ora rimaneva un sogno.





ANGOLO AUTRICE:

Faccio schifo lo so! In ritardo e per giunta con un capitolo schifoso! Scusateeeeee e scusate anche per non aver messo il passato di Ryuu come avevo annunciato ad alcuni di voi ma mi sono persa nel combattimento e se avrei aggiunto anche il passato di Ryuu il pezzo sulla ciurma di Solan sarebbe venuto troppo lungo rispetto all’altra ciurma e non voglio creare differenze, quindi il passato si troverà super sicurissimamente nel prossimo capitolo che posterò il 26, quindi non tanto tardi, miracolosamente! Prometto che il prossimo capitolo sarà migliore! Vi ringrazio per la vostra pazienza e, spero che i due nuovi OC vi siano piaciuti!
A presto carissimi,
Bacioni kiko90




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Capitolo 12
*** capitolo 11 ***


Correva veloce Ryuu, veloce come non mai, senza una meta precisa, solo con la voglia di fuggire da quel luogo dove il mostro che per molti anni era assopito nel suo corpo, quel giorno si era risvegliato facendo del male a delle persone innocenti e a una sua compagna, proprio lei, Yuki.
Non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva fatto, e soprattutto lei non lo avrebbe mai perdonato. Aveva impiegato anni a trovare degli amici fidati e una ciurma che lo apprezzasse per quello che era, e proprio quel giorno aveva mandato in fumo tutto.
Dopo qualche minuto Ryuu era arrivato sulla spiaggia, ghiacciata, dell’isola. La neve che continuava a scendere imperterrita, si era depositata sul viso del ragazzo intirizzendogli le sopracciglia e i capelli neri, che avevano assunto un colorito bianco grazie ai fiocchi che gli si erano depositati sopra.
Alzò lo sguardo al cielo, come se volesse comunicare con qualcuno lassù, ma non era da lui, semplicemente quella neve e quell’atmosfera gli aveva fatto tornare in mente il suo freddo e duro passato…


Dieci anni prima…

Il piccolo Ryuu osservava il cielo bianco carico di neve, mentre dondolava sulla sua amata altalena nel piccolo giardino dell’orfanotrofio Last Hope.
Ryuu abitava lì da quando era piccolissimo. Non aveva genitori, sua madre, di cui conosceva solo il nome, Kaname D. Hondo, a causa della sua salute cagionevole ebbe solo il tempo di dare un nome a suo figlio prima di spegnersi per sempre, il 21 dicembre sull’isola invernale di Goteshi nel Nuovo mondo, il giorno della nascita di Ryuu. Visto che del padre del bambino non si sapeva nulla, Ryuu fu considerato un orfano ed affidato al decadente istituto Last Hope.
L’orfanotrofio dove era finito era uno dei peggiori, cadeva letteralmente a pezzi e non aveva una bella reputazione.
Il piccolo Ryuu Kouri dovette subito imparare a cavarsela da solo, senza l’aiuto di nessuno. Non aveva una famiglia e neanche degli amici, era sempre stato solo e pensava che lo sarebbe sempre stato. Gli unici momenti che passava con un’apparente serenità erano quelli trascorsi nel piccolo giardino dell’edificio, unica nota positiva di quel posto. Il giardinetto era pieno di erbacce e nessun altro bambino osava metterci piede, tranne Ryuu, il quale aveva notato una piccola altalena malandata legata a due grossi alberi. Il piccolo dopo aver riparato alla bene e meglio l’altalena tutti i giorni si divertiva a dondolarsi e pensare; pensare a quello che gli sarebbe piaciuto diventare, e alle avventure che avrebbe voluto affrontare.
Un giorno però, quando il piccolo ragazzino aveva solo dieci anni, un gruppo di uomini invase l’istituto, e da li la vita di Ryuu cambiò.

-Ecco, prendete anche quel ragazzino laggiù!- disse una roca voce maschile a altri due uomini, indicando Ryuu nel giardinetto.

-Lasciatemi!- urlava Ryuu mentre si dibatteva tra le grinfie di quegli uomini.

Non capiva cosa stesse succedendo. La vita nell’orfanotrofio non era facile ma fino ad allora era comunque tranquilla e considerava quel posto la sua casa.
Il ragazzo venne portato fuori dall’edificio e raggruppato insieme ad altri cinque bambini nel cortile.
I bambini furono trascinati lungo la costa dove si ergeva un grosso galeone. Ryuu rimase stupito, non aveva mai visto una nave così grande, anzi non aveva mai visto una sola nave visto che l’orfanotrofio si ergeva in una pianura e lui non aveva mai messo piede fuori da quel posto. Mentre Ryuu guardava ammirato il mare e la grande nave, un grosso uomo alto quasi tre metri con una lunga e appuntita barba bianca, scendeva dal galeone.

-Bene, bene, bene! Sono solo questi gli schiavi che siete riusciti a trovare?- sbraitò contro i suoi uomini.

-Mio capitano, gli altri erano troppo piccoli, non ci avreste ricavato niente!- disse l’uomo che aveva rapito Ryuu e i suoi compagni.

-Non ti immischiare nei miei affari! Dovevate prenderli tutti, poi avrei deciso io cosa farne!- disse inferocito, picchiando con forza un piede a terra, facendo così tremare per qualche secondo la terra circostante.

-Mi…mi scusi signore!- disse l’uomo, ma non bastò, il capitano impugnò una grossa pistola dorata e lo colpì in pieno petto.

-Al diavolo le scuse, ormai è troppo tardi dobbiamo salpare, su caricate i mocciosi sulla nave e salpiamo per le isole Sabaudy- disse l’uomo barbuto tornando sulla nave.

I bambini furono rinchiusi in delle anguste celle nella stiva della nave. Ryuu aveva ormai capito tutto, quegli uomini erano schiavisti e presto li avrebbero venduti ai migliori offerenti. Gli altri ragazzi piangevano e si lamentavano, tutti avevano molta paura, anche Ryuu, ma lui non era tipo da mostrare i suoi sentimenti, non sarebbe servito a farlo uscire da quella situazione, quindi decise di aspettare, pazientare fino alle isole Saboudy.
Il viaggio era molto lungo è difficile. Gli schiavisti passavano ai ragazzini solo del pane ammuffito e dell’acqua rancida, trattandoli come degli animali. Dopo qualche giorno di navigazione il galeone si fermò ad un'isola e il capitano decise di vendere li alcuni ragazzi, visto che non tutti sarebbero sopravvissuti fino all’arcipelago. Quando ripresero il mare erano rimasti in due, Ryuu e un ragazzino dai capelli arancioni di nome Ruji. Ruji era un tipo sempre allegro nonostante stesse viaggiando con degli schiavisti verso l’arcipelago che lo avrebbe etichettato per sempre come uno schiavo. Ryuu trovava irritante quell’atteggiamento, ma forse era solo il modo di Ruji per non impazzire e sopravvivere a quella dura vita che lo aspettava.
Arrivati alle Sabaudy, Ruji venne acquistato da un ricco mercante di stoffe, infondo, disse a Ryuu, gli poteva andare molto peggio.
Ormai Ryuu era rimasto solo nella cella del mercato degli schiavi, accanto alla sua cella ce ne erano tantissime, piene di persone tutte diverse tra loro. C’erano uomini pesce, giganti, strani animali e semplici umani come lui.
Aspettò per tre giorni il suo turno e quando arrivò fu trascinato con delle grosse e pesanti catene ed un collare alla gola, verso una sottospecie di palco dove uno strano uomo vestito come un giullare esponeva le sue tante abilità davanti ad una platea piena di persone che lo guardavano come se fosse un pezzo di carne da macello.
Mentre quella sottospecie di pagliaccio contava le offerte che venivano fatte per Ryuu, un uomo in mezzo alla tribuna si alzò, Hyroshi Kataka. Tutti nella platea tacquero, nessuno osava fiatare contro quello che era conosciuto come Hyro il sanguinario, un pericoloso pirata che infestava da molti anni i sette mari.

-duemila berry!- urlò l’uomo, una cifra molto al di sotto di quelle già esposte, ma il pagliaccio non osò obiettare e quindi picchiò il martelletto urlando –Venduto- mentre scioglieva le catene di Ryuu e il collare e lo consegnava al pirata.

-Bene ragazzo, tu sarai il mio mozzo da oggi, su muoviti dobbiamo salpare!- bofonchiò mentre si accendeva un sigaro.

Ryuu iniziò la sua vita da pirata così, facendo da mozzo al pericoloso Hyro che sottoponeva il ragazzino a duri allenamenti con le armi da taglio. In sette anni Ryuu divenne un membro ufficiale della ciurma. Aveva rinforzato il suo corpo e il suo carattere, che era divenuto sempre più chiuso e duro.
Qualche mese dopo l’intera ciurma approdò su un'isola per saccheggiarla.

-Uomini prendete tutto ciò che siete in grado di trasportare e il resto distruggetelo!- disse Hyro ridendo sguaiatamente.

Ryuu setacciò la spiaggia dove avevano attraccato prima di incamminarvi verso il villaggio; odiava saccheggiare le persone innocenti, lo trovava ingiusto e meschino, non era quella la vita e le avventure che sognava di affrontare quando pensava sulla sua altalena nell’orfanotrofio. Mentre camminava sulla spiaggia vide uno strano frutto a forma di mango di colore nero con delle sfumature di blu elettrico. Incuriosito e, soprattutto affamato, lo prese e gli diede un morso. Il sapore non era un granché ma Ryuu non mangiava qualcosa di decente da settimane quindi decise che quello strano frutto era meglio di niente. Lo mangiò velocemente, se solo qualche suo compagno lo avesse trovato a mangiare invece di saccheggiare l’isola, sicuramente lo avrebbe riferito al capitano e quindi quel gesto avrebbe segnato la sua condanna a morte.
Improvvisamente dopo aver mangiato l’ultimo pezzo del frutto si sentì molto strano. La pelle iniziava a tirare e ad assumere un colore marroncino. Dalla sua schiena sentiva spuntare qualcosa, come se le ossa volessero fuoriuscirgli dal corpo. Improvvisamente sentì una gran rabbia dentro di se, sentiva il bisogno di uccidere così si diresse velocemente verso il centro dell’isola dove i suoi compagni avevano già messo a ferro e fuoco il villaggio centrale. Ryuu sentiva una gran forza dentro di se come mai prima di allora, vide degli isolani e si catapultò, con un balzo, su di loro spezzandogli, senza pensarci due volte, il collo. Continuò così per diverse ore, persino uccidendo i suoi stessi compagni di ciurma che ormai in quello stato non riconosceva più. Per ultimo lasciò Hyro, il suo capitano. L’uomo fece di tutto per fermare quello che una volta era solo un piccolo mozzo e che adesso era divenuto un membro della sua ciurma e, in un certo senso si era affezionato a lui, ma Ryuu non ebbe pietà neanche per lui e, con la falce a tre lame, che aveva creato lui stesso, mozzò la testa del suo capitano e poi infierì sul suo corpo. Dopo quella lunga strage di sangue le forze lo abbandonarono.

La mattina dopo Ryuu si svegliò senza nessun ricordo. Attorno a lui però vide i corpi insanguinati dei suoi compagni, degli abitanti del villaggio e, quello che ne rimaneva del corpo del capitano Hyro. Sangue tanto sangue ovunque e la strana e dura verità che era stato lui a commettere tutto quello lo spaventò a morte, a tal punto che iniziò a correre verso la spiaggia. Lì trovò una piccola barca da pescatore ancorata, la prese e si mise in mare.

Restò in mare per due giorni e due notti in una sottospecie di stato di trance a causa della strage che aveva compiuto, ma dopo quei giorni approdò su una piccola isola poco distante da quella della strage.
Ancorò la nave sulla banchina e si gettò a capofitto sulla spiaggia con la sola idea di restare li a morire, ma quello non era ancora il suo momento.

-Ciao!- disse una bambina di circa sette anni con dei magnetici occhi verdi e capelli color rame. La bambina mentre raccoglieva conchiglie sulla spiaggia aveva notato il ragazzo sdraiato sulla spiaggia e si era avvicinata.

Ryuu non la degnò di una risposta, semplicemente la ignorò.

La bambina sbuffò e notò che il ragazzo riportava diverse ferite.

-Sei ferito, devi curarti subito!- disse allarmata.

-Lasciami stare mocciosa, queste ferite me le merito!- disse duro Ryuu chiudendo gli occhi.

La bambina sospirò ed afferrò il braccio del ragazzo ed iniziò a trascinarlo sotto un albero. Ryuu non capiva perché quella bambina facesse tutto quello per lui, ma era troppo stanco per chiederglielo, così si addormentò.
La bambina si prese cura del ragazzo, medicandolo con affetto e proteggendolo dalle temperature fredde notturne con delle grosse foglie.

Dopo qualche giorno di sonno profondo Ryuu si svegliò. Si sentiva pieno di forze e non capiva come fosse possibile. Aprì gli occhi e vide la ragazzina che aveva incontrato sulla spiaggia che lavava delle bende, le sue bende.
Ryuu si alzò e andò verso la bambina.

-Perché lo hai fatto?- domandò

-Ah ciao, ti sei svegliato finalmente! Pensavo che avresti dormito per sempre!- rise la rossa.

Ryuu a quel dolce e spontaneo sorriso non potè che ricambiare, sorridendo come non aveva mai fatto in vita sua.
Passarono alcune settimane e i due si affezionarono l’una all’altro. La bambina aveva detto a Ryuu di chiamarsi Sakura Kirashi e che come lui era un'orfana. Ryuu decise di prendersi cura di lei, come lei aveva fatto per lui ed iniziò a fare qualche “onesto” lavoro per permettere a Sakura una vita migliore.
La bambina adorava Ryuu e lo considerava suo fratello, infatti lo chiamava fratellone, cosa che fece sentire Ryuu finalmente accettato; finalmente anche lui aveva una famiglia, la sua famiglia era Sakura.

Un giorno mentre Sakura e Ryuu passeggiavano per il mercato della frutta, alcuni uomini, pirati, iniziarono a parlare a toni alti di Hyro il sanguinario e la sua ciurma, uccisi senza pietà da un mostro su un’isola poco distante da quella.

-Guardate ragazzi ma quello non è un membro della ciurma di Hyro? Come fa ad essere ancora vivo?- disse un uomo indicando il ragazzo accanto alla bambina.

-Forse è stato proprio lui a uccidere i suoi compagni ed a sterminare tutti gli abitanti dell’isola!- disse un altro pirata, guardando male Ryuu.

-Ma certo è proprio così, non ci sono altre spiegazioni, è lui il mostro!- disse un terzo uomo.

Ryuu a quelle parole strinse i pugni così forte da non sentirsi più i nervi delle mani, ma sapeva che quello che stavano dicendo quei pirati era la sola e pura verità, ma Sakura non poteva accettare che quegli uomini parlassero male del suo fratellone, quindi si girò verso i pirati e disse –Brutti idioti, il mio fratellone non è un mostro, lui è una brava persona e non ha fatto nulla di ciò che dite!- urlò con le guance rosse dalla rabbia.

Ryuu la prese in braccio mentre ancora scalpitava arrabbiata e la portò via da lì.

-Perché, perché non gli hai dato una lezione Ryuu? Loro ti hanno definito un mostro!- disse Sakura con le lacrime agli occhi.

-Perché è la verità Saky! Ho fatto realmente ciò che quei pirati hanno detto!- disse il ragazzo abbassando lo sguardo.

Sakura rimase senza parole per qualche secondo, poi si fiondò ad abbracciare le gambe del suo fratellone ed iniziò a singhiozzare.

-Io…Io ti voglio bene lo stesso Ryuu, tu sei il mio fratellone!- disse iniziando a piangere.

Ryuu abbracciò la bambina e gli disse che era stata colpa di un frutto del mare che aveva mangiato quello stesso giorno del massacro e che aveva paura che un giorno potesse risvegliarsi il mostro dentro di lui e farle del male. Gli raccontò tutta la sua vita, che era stato un orfano, uno schiavo e infine un pirata; che aveva sempre sognato di essere un pirata libero ed affrontare mille avventure con dei compagni leali e fidati.

-Lo diventerai fratellone, diventerai un pirata fortissimo e riuscirai a controllare il tuo potere!- disse fiduciosa la piccola.

-No, non credo che succederà mai Saky…- disse a voce bassa Ryuu.

-Promettimelo! Promettimi che lo diventerai! Parti alla ricerca della ciurma di pirati perfetta per te e torna da me quando sarai diventato fortissimo e avrai imparato a controllare il tuo potere!- disse la rossa con gli occhi pieni di gioia.

-Ma non posso lasciarti sola, cosa farai?- disse Ryuu confuso.

-Io me la so cavare! Non puoi rinunciare ai tuoi sogni per me, non voglio! Su fratellone!-

In una mattina di maggio, Ryuu partì con la stessa barchetta con cui era approdato su quell’isola. Prima di partire si fece tatuare sull’avambraccio destro il nome “Saky” per portare sempre con se il ricordo della sua sorellina, l’unica in grado di far uscir fuori il suo lato dolce.


Dopo un anno che viaggiava per i mari e uccideva per guadagnarsi qualche soldo, incontrò su un'isola Solan e la sua ciurma. Il capitano dalla chioma rossa colpì subito l’attenzione di Ryuu dopo che si era buttata a salvare una bambina che stava per essere colpita da un proiettile, venendo così colpita lei stessa ad una spalla.
Il vice capitano e la navigatrice della piratessa iniziarono subito una lotta contro gli schiavisti che avevano colpito il loro capitano e Ryuu gli si affiancò. Da quel giorno, Ryuu Kouri conosciuto come Nightmare, entrò a far parte della ciurma di Solan la furia rossa, trovando così la ciurma di pirati che aveva sempre sognato e realizzando così una piccola parte del suo sogno…



Ryuu distolse gli occhi dal cielo di Stargazer. Sì, aveva trovato la ciurma che aveva sempre desiderato, con compagni fidati, ma ora aveva perso tutto…








Isola Foko, palazzo comunale.

Amlach spalancò con un calcio il portone del grosso ed imponente palazzo comunale dell’isola di Foko. Al suo interno trovò una ventina di pirati intenti a bere vino e a mangiare come maiali.

-Ehi tu, che ci fai qui?- disse un pirata decisamente ubriaco mentre traballava verso Wolf.

Wolf non lo degnò di una risposta, semplicemente prese una katana e lo colpì all’addome. Quel gesto suscitò l’ira degli altri pirati che corsero subito a difendere l’amico, scagliandosi uno dopo l’altro sul capitano lupo. Per Amlach quei quattro pirati mezzi ubriachi erano una vera scocciatura, infatti se ne liberò in pochi secondi con qualche preciso fendente.
Con le mani in tasca e sguardo fiero camminò verso una grossa scala che sicuramente lo avrebbe portato da quell’infame pirata che stava occupando l’isola Foko.
Salì le scale, liberandosi man mano di altri ingombranti pirati, finché giunse davanti ad un portone di scuro legno massiccio, spalancato.

-Entra pure capitano Wolf!- disse la voce profonda di un uomo all’interno della stanza.

Wolf oltrepassò l’entrata con passo deciso, scrutando tutto quello che lo circondava. Davanti a se si trovava una grossa scrivania con dei fogli buttati qua e la sul pavimento di legno. Dietro la scrivania c’era una grossa vetrata che si espandeva per tutta la parete e, di fronte la grande finestra, c’era un uomo alto con un grande cappello nero in testa ed un mantello anch’esso nero.

-Ti stavo aspettando, ci hai messo un po’ ad arrivare!- continuò a parlare l’uomo –Sai Wolf non ti conviene metterti contro di me, sono troppo forte per uno come te!- disse ridendo.

-Lo vedremo!- fu la risposta secca di Wolf che, mano destra alle katane, era già pronto a dimostrare di che pasta era fatto, ma mai avrebbe attaccato un uomo alle spalle, ne valeva del suo onore da spadaccino.

L’uomo alla finestra si girò, mostrandosi al suo avversario.
Portava una camicia nera e dei pantaloni a zampa neri, i quali ricadevano perfettamente sul suo fisico asciutto ma ben allenato.
Il suo volto era scavato, rattoppato da qualche accenno di barba sul mento. I capelli neri sfuggivano dal suo grosso cappello coprendo parte dell’occhio sinistro, e celando un po’ lo strano colore violaceo che possedevano le sue iridi.
Con un ghigno si avvicinò alla scrivania e si appoggiò ad essa incrociando le braccia al petto.

-Dimmi capitano Wolf, ti vuoi unire alla mia ciurma di pirati?- disse con fare strafottente.

Wolf grugnì in risposta. Chiedere ad un capitano di cedere i propri “gradi” per far parte di un’altra ciurma era un vero affronto, quel tipo stava giocando troppo con la sua pazienza.

-Uhm lo devo interpretare per un no forse? Peccato mi saresti stato utile come…mozzo!- disse scoppiando in una fragorosa risata.

Amlach non ci vide più dalla rabbia, impugnò la sua fidata spada dal manico blu e come un fulmine si scaraventò sul collo dell’uomo. Il pirata non lo destò di uno sguardo, continuò a ridere come se nulla fosse, ma appena il lupo arrivò a qualche centimetro da lui si spostò molto velocemente, arrivando dietro al pirata e puntandogli una pistola ad un fianco, senza che lui se ne accorgesse.

-Non sottovalutarmi Wolf, ti conosco, so le tue mosse, i tuoi poteri, non puoi niente contro di me-

Wolf si girò di scatto puntando la spada al petto dell’uomo che teneva la pistola puntata sul capitano lupo, chi l’avrebbe spuntata?





-Pa-papà!- urlò Chuck accasciandosi vicino al corpo del padre, riverso a terra con una profonda ferita che gli squarciava il petto –No Papà! Non puoi essere morto, Noooo!!!- urlava disperato il ragazzo.

Asako osservava la scena con una mano premuta sulle labbra. Tutto quello era così simile a ciò che aveva passato lei, trovare la madre morta in casa, dopo aver visto il padre sprofondare in un baratro, sapeva quanto dolore Chuck stava provando in quel momento.
Qualcosa però catturò l’attenzione della biondina, un leggero movimento del petto del sindaco, era impercettibile, perché debolissimo, ma c’era, e questo significava che il padre di Chuck non era morto, era vivo, c’era ancora speranza per lui.

-Chuck!- lo chiamò Asi –guarda il petto di tuo padre, respira!- disse indicando l’uomo.

Il ragazzo osservò attentamente il genitore e i suoi occhi si illuminarono.

-Papà! Papà sono Chuck!- disse piangendo di gioia.

-Chuck…- sospirò il padre aprendo lentamente gli occhi stanchi.

-Si papà sono io!- disse mentre Asako si inginocchiava accanto a loro.

-Figlio mio sei tornato e… con una bella ragazza!- disse l’uomo facendo l’occhiolino ad Asako che lo guardò stupita.

A quelle parole Chuck colpì con un pugno il genitore in testa facendolo imprecare.

-Ma Chuck sei impazzito! Perché lo hai colpito?- chiese la navigatrice confusa.

-Fidati questo non lo ha sentito minimamente! Mio padre è il solito Don Giovanni incallito, neanche in punto di morte riesce ad essere serio!-

-Ehi ragazzino io non sono in punto di morte!- disse l’uomo cercando di alzarsi.

-Signore stia giù o le sue ferite peggioreranno!- disse la biondina tamponando con uno straccio, la ferita sull’addome dell’uomo.

-Che mani delicate e che bellissimo volto, sembri un angelo!- disse il sindaco sognante mentre guardava Asako che arrossiva sempre più.

-Papà torna serio per cinque minuti! Cos’è successo quando sono partito? Perché la gente del villaggio combatte gli uni contro gli altri?-

-Qualche giorno dopo la tua partenza, abbiamo deciso di affrontare quel viscido pirata. Abbiamo radunato tutte le armi in nostro possesso e ciò che poteva diventarlo come forconi o bastoni. Ci siamo diretti più agguerriti che mai davanti il palazzo comunale, invaso dal quel perfido uomo. Eravamo uniti più che mai, e non potevamo più aspettare l’arrivo della marina se mai si sarebbe scomodata a venire, quindi decidemmo di attaccare. Appena arrivammo davanti l’edificio, quel verme aveva chiamato a raccolta altri pirati, erano un centinaio e tutti con delle facce da assassini. Non avevamo scampo e nessuna possibilità di farcela ma decidemmo lo stesso di lottare fino alla morte per difendere la nostra isola. Appena iniziammo ad attaccarli quel viscido di Sylas, il nuovo Barbanera come si fa chiamare lui, uscì allo scoperto e non so come ci bloccò tutti. Non riuscivamo a muoverci, io venni colpito alla testa e quando mi risvegliai la popolazione era impazzita e si uccidevano a vicenda-

-Credo che questo Sylas abbia mangiato un frutto del mare e in qualche modo abbia corrotto la mente degli isolani!- suppose Asako.

-Si lo credo anche io! Dobbiamo avvisare i tuoi compagni prima che sia troppo tardi!-

-Tu resta con tuo padre, ti mando July al più presto, io vado ad avvisare il capitano!- disse Asako uscendo di corsa.



Nel frattempo il porto dell’isola era completamente riversato nel caos più assoluto. I pirati si fronteggiavano con gli isolani, senza però ferirli gravemente. Tutti ormai avevano capito che non erano in se e che dovevano scoprire cosa gli fosse successo.
Sara, Stun e Ashuros, i quali si erano incamminati per cercare Asako e Chuck,avevano fatto dietro front visto che si erano ritrovati circondati da folli vecchietti armati di spranghe. In men che non si dica avevano legato e imbavagliato molti isolani, altri erano prigionieri di vortici di aria e incatenati, i pirati della Black moon dopo una buona mezz’ora erano riusciti a tenere a bada tutti i cittadini e si stavano concedendo una piccola pausa mentre Luna e July si occupavano dei feriti.

-Ma cosa diavolo gli è successo a queste persone, sembrano posseduti!- disse Stun asciugandosi del sudore dalla fronte.

-Puf, e chi lo sa!- sbuffò Luna mentre si sistemava la chioma bionda.

-Ragazzi!- urlò Asako mentre correva di corsa verso i compagni.

-Asi che succede?- le chiese Ashuros.

-Abbiamo….abbiamo trovato il padre di Chuck…- disse affannata , cercando di riprendere fiato dopo la lunga corsa.

-Si che bello! Sta bene?- chiese l’archeologa

-è ferito gravemente e ha bisogno subito di cure! Ma c’è una cosa più urgente, dov’è il capitano?- chiese guardandosi intorno e notando una ragazza affianco a July –E lei chi è?-

-Lei è Sara!- disse July –Mi sta aiutando con i feriti, se ci dici dov’è il padre di Chuck corriamo subito a medicarlo!-

-Procedete dritte verso nord fino a ad una casetta con dei pirati stesi a terra!- disse la navigatrice sorridendo.

-Ti sei data da fare è Asi? Brava batti il cinque!- disse Luna porgendo la mano all’amica.

-Poche chiacchiere ragazze! Asako, Wolf è andato al palazzo comunale per sconfiggere l’impostore di turno. Tu hai qualche informazione?- disse Ashuros serio più che mai.

-Si, il padre di Chuck ci ha raccontato che Sylas, questo è il nome dell’uomo che si crede il nuovo Barbanera, ha uno strano potere ed è molto pericoloso. Qualche giorno fa la popolazione aveva deciso di combatterlo e si erano recati tutti al palazzo comunale ma lui non si sa come li ha bloccati e poi trasformati in delle sottospecie di assassini che non si fermano mai.- concluse Asako, mentre dietro i pirati i cittadini incatenati e imbavagliati si liberavano e si preparavano ad attaccare di nuovo.

-Oh! Oh! Ragazzi le nostre prede si sono liberate!- disse Luna osservando gli isolani impazziti.

-E adesso come li fermiamo senza ucciderli?- si chiesero Stun e Ashuros.

La situazione ormai era insostenibile, l’intera ciurma di Amlach era alle prese con dei cittadini impazziti mentre il loro capitano si trovava di fronte al pericoloso Sylas. La ciurma della Black moon sarà in grado di far tornare la pace e la tranquillità sull’isola di Foko sconfiggendo Sylas, o faranno la stessa fine di quegli impazziti cittadini?









ANGOLO AUTRICE:

Eccomi di nuovo qui!!!
Allora carissimi cosa ne pensate di questo capitolo? ( A me tranne alcuni pezzi, non convince neanche questo)
Finalmente e dico finalmente sono riuscita a scrivere il passato di Ryuu, cosa ne pensate?
La ciurma di Amlach si trova in un bel casino, come ne usciranno fuori e chi la spunterà tra il capitano della Black moon e il pericoloso Sylas e, quale sarà il potere di quest’ultimo?
Bè cari, scoprirete tutto questo e molto altro a gennaio, tornerò a pubblicare dopo il 7 gennaio, quindi passate delle Buone feste e tantissimi auguri a tutti!
La vostra pazza e ritardataria Kiko90, Baciiiiii


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Capitolo 13
*** capitolo 12 ***


Isola Foko: porto

Spari, fucilate, colpi di bastone in pieno stomaco; ormai la situazione al porto era inarrestabile. I componenti della Black moon stavano ormai lottando da diversi minuti contro gli isolani, cercando di non ferirli in modo grave, ma la pazienza dei pirati era giunta al limite.

Luna stava combattendo contro un ragazzo dai capelli castani raccolti in una coda. Il giovane impugnava un grosso coltello da cucina cercando di colpire l’archeologa, la quale si stava trattenendo da suonargliele di santa ragione. Luna, come tutti i suoi compagni, aveva capito che quella gente era sotto l’effetto di qualche potere dato da un frutto del mare, ma non sapevano come contrastarlo. Ad un certo punto il castano schizzò velocemente in avanti, impugnando ancora più saldamente il coltello nella mano destra e cercò di colpire la ragazza alla gola. Luna, presa alla sprovvista indietreggiò di qualche centimetro, evitando fortunatamente il colpo alla gola. La biondina tirò un sospiro di sollievo, dopo aver tirato un poderoso pugno al giovane ragazzo che per poco non la decapitava. Mentre riprendeva fiato notò delle ciocche di capelli biondi accanto ai suoi piedi, si piegò e le raccolse.
Ne era certa, più che certa, quelli erano i suoi capelli.

-I MIEI CAPELLI!!-

Un urlo assordante risuonò per tutta l’isola. Luna era nera di rabbia, nessuno doveva osare toccare i suoi capelli, figuriamoci tagliarli! I suoi compagni si girarono verso la nakama, allarmati dall’urlo.

-Luna cos’è successo? Stai bene?- le chiese Stun il quale si precipitò subito accanto alla ragazza.

L’archeologa era ancora chinata a terra e stringeva nella mano destra le ciocche appena tagliate. Una grossa mano blu si poggiò sulla spalla della ragazza, cercando di capire se fosse ferita e cosa fosse successo esattamente, ma l’allegra ragazza di sempre, sempre pronta a scherzare con chiunque, era in preda alla rabbia più nera. Luna si alzò, scrollandosi di dosso la mano di Stun. Gli occhi dell’archeologa erano coperti da un leggero ciuffo biondo che ne oscurava lo sguardo.

-Luna…- cercò di dire Thunder, ma la ragazza lo fermò.

-Basta! Mettetevi da parte, mi sono stancata di questa storia!- disse rivolgendosi ai suoi amici, i quali seguirono il suo consiglio e le lasciarono campo libero, anche se un po’ titubanti.

-RETE AD INVERSIONE HEAL!- urlò Luna alzando le mani al cielo, concentrata più che mai.





Mentre nei pressi del porto dell’isola si scatenava l’ira di una ragazza, nel palazzo comunale era appena iniziato il tanto atteso scontro tra Amlach e Sylas.

Uno sparo riecheggiò nel comune pieno di cadaveri e feriti che Wolf si era lasciato alle spalle durante la sua avanzata verso Sylas.
Nell’ufficio del sindaco, piccole gocce di sangue scendevano lente sul pavimento in legno, inumidendolo e macchiandolo con il suo scarlatto colore.
Wolf e Sylas si osservano, concentrati uno sugli occhi dell’altro, pronti ad attaccare appena l’avversario avrebbe fatto un passo falso.
Entrambi erano rimasti feriti dalla loro prima colluttazione, Wolf era stato colpito alla spalla sinistra da un proiettile e Sylas aveva ricevuto un fendente in pieno petto però non era abbastanza profondo per nuocergli.

-Mi complimento Wolf, nessuno era mai riuscito a colpirmi! Ma non ti illudere questo è stata solo pura fortuna!- rise.

-Smettila di blaterare e combatti!- disse il moro impugnando tutte e tre le sue spade e lanciandosi subito all’attacco.

Sylas schivò ogni fendente con grande maestria, innervosendo il nemico con le sue saccenti battutine.
Il duello sembrava alla pari, nessuno dei due era più riuscito a colpire o, solo sfiorare, la pelle dell’avversario. Amlach ad ogni nuovo fendente che lanciava, sentiva un forte dolore alla spalla, evidentemente il proiettile aveva danneggiato qualche nervo e ne cominciava a subire le conseguenze. Sylas si accorse subito del problema e decise di sfruttarlo a suo favore. Con un veloce slancio saltò sulla scrivania, ormai ribaltata dallo scontro e afferrò un enorme macete appeso, per abbellimento, alla parete più grande della stanza. Wolf cercò di disarmarlo ma quel maledetto era estremamente veloce, si equivalevano anche in questo.
Sylas si fiondò contro il capitano che a sua volta si preparò all’attacco. Le tre spade di Wolf si scontrarono contro il grosso macete provocando una serie di scintille, Sylas inaspettatamente girò veloce lo spadone per confondere il nemico e, afferrando dalla cintura una delle sue pistole, colpì ancora una volta il moro alla spalla e poi al polpaccio sinistro, facendo così inginocchiare Wolf a terra che per il dolore lasciò cadere due delle sue spade.
Sylas, mentre rideva di gusto guardò Wolf. Quel pirata gli aveva dato filo da torcere ma nessuno poteva sconfiggerlo, almeno così pensava.

Amlach strinse forte i denti e riprese lentamente le spade in mano.

-Vedo che ancora sei vivo, pellaccia dura eh?!- disse camminando, lentamente, avanti e indietro.

Wolf si rialzò più determinato che mai a sconfiggere quel farabutto. Si guardò intorno e impugnando ancor più saldamente le else delle sue katane ripartì all’attacco.
Amlach pensò ai suoi compagni di viaggio, a Chuck e a quello che aveva dovuto subire l’isola di Foko a causa di Sylas e, la forza di quei pensieri gli permisero di prendere alla sprovvista l’avversario e colpirlo ad un braccio. La lotta ricominciò più violenta che mai, con Sylas in estrema difficoltà. Il tiranno non riusciva a tenere il passo, Wolf era estremamente veloce e soprattutto determinato a sconfiggerlo, doveva inventarsi qualcosa al più presto o non sarebbe sopravvissuto a quello scontro prima dell’arrivo dei rinforzi.
Con un forte pugno Sylas colpì Wolf in pieno volto,facendolo indietreggiare e ottenendo così un po’ di spazio per attuare la sua prossima mossa.

-Non volevo usare il mio potere su di te Wolf, ma purtroppo lo devo fare- disse con tono freddo.

Sylas puntò le sue iridi violette su Wolf che improvvisamente non riuscì più a muoversi. Da viola, gli occhi di Sylas divennero cobalto per qualche secondo e poi ritornarono viola.
Sylas sorrise mentre l’avversario deponeva le spade. Il tiranno era sicuro che il suo frutto avesse annientato la personalità di Wolf. Infatti tempo or sono Sylas aveva mangiato un frutto del diavolo che gli permetteva di alterare la mentalità delle persone inducendole a sviluppare il loro lato malvagio e annientando la razionalità e la bontà; ma quello che Sylas ancora non sapeva è che questo potere non funzionava su tutti.




Dopo l’attacco di Luna, gli isolani erano stati rinchiusi tutti in una fitta rete fatta di radici e spine invalicabili. La rabbia di Luna le aveva permesso di modificare una sua consueta tecnica, invece di usare la rete per proteggersi, aveva fatto in modo di usarla per imprigionare gli isolani.

-Bravissima Luna sei stata grande!- disse Asako avvicinandosi all’amica e battendole una pacca sulla spalla.

-Wow! Non avevo mai visto una cosa del genere!- disse Sara stupita.

-Ahahah sono stata brava eh? Anche se adesso ci vorrebbe un bel dolcetto per ricaricarmi!- disse Luna, la quale aveva ritrovato il sorriso perso.

-Sei sempre la solita!- commentò Stun rincuorato di vedere la compagna di nuovo serena.

-Io non canterei vittoria così presto!- commentò Ashuros osservando l’imponente imbarcazione appena giunta al porto.

Una grossa e possente nave rosso fuoco, attraccò proprio al cospetto dei sei pirati. In cima al pennone più alto si ergeva una bandiera pirata raffigurante una tigre rossa.

-Saranno amici o nemici?- chiese l’archeologa.

-Lo scopriremo presto temo- disse Stun osservando un uomo alto circa quattro metri, evidentemente affetto da gigantismo, con dei folti capelli rossi, scendere dalla nave seguito da una ragazza alta circa un metro e ottanta con dei lunghi capelli corvino e occhi verdi e dai lineamenti fini.

Il gigante si fermò a qualche metro da Ashuros e compagni, iniziando a squadrarli.

-Mya tu prendi metà degli uomini e raggiungi Sylas, io e il resto della ciurma ci occuperemo di questi pidocchi!- disse il gigante.

La ragazza dai capelli corvino iniziò a camminare verso il palazzo comunale seguita da una cinquantina di uomini, ma Ashuros e compagni le sbarrarono la strada. Veloce come la luce la ragazza afferrò due pistole dalla sua cintura e colpì sia July che Sara. Mya era stata così veloce che nessuno aveva previsto la sua mossa, così dopo aver riposto le pistole continuò a camminare, a testa bassa, mentre gli uomini che erano con lei si fiondarono contro i pirati nemici.
Un nuovo combattimento ebbe inizio.







Isola Stargazer: locanda Ice land

La porta della locanda si spalancò di colpo lasciando Tom, il proprietario, a bocca aperta appena vide sua figlia saltargli tra le braccia.
Mentre la piccola Suki riabbracciava il padre, Lilian e Shin portarono dentro Yuki che nel frattempo era svenuta.

-O mio dio! Cos’è successo Shin?- chiese Tom al suo dipendente.

-Abbiamo avuto qualche contrattempo… e Yuki è rimasta ferita…- disse il cuoco abbassando lo sguardo.

-Mi dispiace, sono a vostra completa disposizione, voi mi avete riportato mia figlia e io sono in debito con voi!- disse l’uomo porgendo una coperta a Suki.

-Grazie Tom, se è possibile mi potreste portare di sopra dell’acqua calda e delle bende, devo subito medicare la mia compagna prima che le ferite si infettino- disse Lilian molto preoccupata per l’amica.

-Ma certo! Vado subito a prenderli!-

Lilian e Shin portarono Yuki nella sua stanza mentre Tom fece recapitare le cose richieste dal medico. Le ferite di Yuki erano molto profonde, soprattutto quelle all’addome e alla spalla destra. Lily con estrema cura medicò e cucì la pelle della compagna che dormiva ancora. Yuki, sia per il dolore provocato dalle ferite, sia per la sofferenza provata dopo la fuga di Ryuu, era crollata in un sonno profondo contornato da incubi dove Ryuu non faceva più ritorno.

Lilian dopo aver medicato l’amica scese le scale fino al ristorantino della locanda dove Shin le fece trovare una cioccolata calda.

-Come sta Yuki?- chiese il ragazzo mentre si stringeva le tempie doloranti.

-Bene, anche se ha bisogno di molto riposo, non potrà muoversi per qualche giorno o le ferite si riapriranno- disse affondando lo sguardo nella tazza di cioccolata calda.

-Capisco. E con Ryuu come vi comporterete?- chiese il moro.

-Non lo so…- sospirò la mora –Ryuu non ci aveva mai parlato di questa sua possibile trasformazione… quello che è successo è molto grave, ma resta un nostro compagno finché Solan non deciderà diversamente, è una scelta che spetta a lei!-

-Sì lei è il capitano, e mi sembra anche una persona in gamba, forse dovremmo avvisarla di quello che è accaduto- propose il cuoco.

-Sì, devo trovare lei ed Edward, si sono diretti al palazzo di Rondonos forse hanno bisogno di aiuto!- disse Lily appoggiando la tazza sul tavolo ed alzandosi in piedi –Meglio che vada a cercarli!-

-Vengo con te!- disse Shin sfiorando la mano della ragazza con la sua per fermarla.

-Non sei obbligato. Abbiamo trovato Suki, perché dovresti rischiare la tua vita per noi?-

-Bè diciamo che mi siete simpatici!- rise Shin omettendo che la vera ragione, ovvero che anche se conosceva da poco quella ciurma, si era affezionato a loro, e soprattutto a lei.

-Ok, allora è meglio andare! Tom ti prego controlla Yuki ogni tanto e non permetterle di alzarsi!-

-Certamente! Fate attenzione ragazzi!- disse il locandiere.

I due ragazzi si inoltrarono verso la foresta alla ricerca dei due pirati, mentre nel castello di Rondonos, Edward e Diana erano appena arrivati davanti la sala delle torture.

-Ecco questa è la sala delle torture- sussurrò Diana nascosta insieme al vice capitano dietro una grossa colonna davanti l’entrata della sala.

-Bene adesso puoi anche andartene, io vado a salvare il mio capitano!- disse Ed serio.

-Senti tu! Ormai sono qui e ti aiuto a salvare questo tuo capitano, anche se non capisco perché siete venuti proprio in questo palazzo!-

-Solan si è messa in testa di salvare l’isola da questo tiranno e quindi eccoci qui! Adesso basta con le chiacchiere ed entriamo!-

-Aspetta! Là dentro sarà pieno di guardie ci conviene trovare un altro modo per entrare, e poi non siamo sicuri che lei sia là dentro!- disse saggiamente Diana.

-Io lo sono, sento il suo odore!-

-Cosa? Odore?- disse la ragazza annusando l’aria circostante, cose che fece leggermente sorridere Edward.

-è inutile che continui ad annusare, anche io ho mangiato un frutto del mare e riesco a riconoscere l’odore di una persona che conosco-

-Ah! E dillo prima no!- disse irritata la ragazza, sentendo di aver fatto una figuraccia annusando l’aria intorno a se –Comunque stanno arrivando due guardie e mi è venuta un’idea!-



Nella stanza delle torture Solan era legata ad una sedia con due guardie accanto ed una terza con una grossa siringa in mano. Davanti a lei si trovava un uomo alto circa settanta centimetri con la testa pelata tranne un ciuffo di capelli che usava come riporto per nascondere la calvizie, e dei piccoli baffetti appena sotto il naso. L’uomo era il temutissimo Rondonos.

-Solan, la furia rossa, è un piacere averti qui!- disse il nano ridendo di gusto, mentre osservava la ragazza legata e sofferente.

-Non…è…un…piacere per me…nano- disse Solan alzando di poco lo sguardo –pensavo fossi più alto!- rise debolmente.

-Maledetta! Non è l’altezza che rende forte una persona! Guardami io sono rispettato e temuto da tutti!- disse Rondonos gonfiando il petto.

-Sei…solo un vigliacco…che sottomette le persone per farsi rispettare…-

-Come osi! Basta mi sono stufato di lei! Guardie iniettatele altro concentrato di agalmatolite così anche lei si sottometterà al mio volere! Warahahaha!-

TOC TOC

-Avanti! Chi è che mi disturba??- disse nervoso Rondonos

-Signore mi scusi- disse una guardia appena entrata nella stanza seguita dal compagno

-Cosa c’è?- chiese burbero

-Abbiamo, delle novità per lei!- rispose subito l’altra guardia.

-Mmm, quali?- chiese il nano accomodandosi su una grande e rialzata sedia.

Solan nel frattempo cercava in tutti i modi di restare cosciente, anche se ormai le era difficile visto ciò che le avevano somministrato. Diverse siringhe ormai vuote erano depositate ai piedi della rossa ed un’altra era pronta ad essere iniettata annientando con il suo contenuto le forze della ragazza. Il siero contenuto nelle siringhe era un super concentrato di agalmatolite che, somministrata ad una persona che aveva mangiato un frutto del mare era puro veleno. Gli organi pian piano venivano maciullati annientando la persona dall’interno, la quale era incapace di muoversi.

Una guardia si avvicinò di qualche passo al capitano, ma subito l’altra lo fermò prendendolo per un polso. La guardia vicina a Solan notò i diversi buchi che la ragazza aveva su entrambe le braccia, che ora le ricadevano lungo i fianchi estremamente pallide come tutta la carnagione della ragazza in quel momento.
La guardia a quella vista serrò i denti e strinse forti i pugni.

-Allora quali novità ci sono?- chiese Rondonos, nervoso perché ancora nessuno dei due soldati aveva detto una sola parola.

-Abbiamo avvistato un mostro nel villaggio che sta seminando terrore per tutto il villaggio!- disse veloce il soldato

-Warahahaha cosa vuoi che me ne importi della stupida gente del villaggio! Adesso ho cose più urgenti da fare, tipo divertirmi a torturare questa insulsa pirata Warahahah!-

A quelle parole la guardia vicina a Solan si scagliò contro il tappo comandante. L’elmetto che gli proteggeva la testa cadde a terra mostrando il volto furibondo di Edward che con artigli puntati alla gola di Rondonos era già pronto ad ucciderlo. Edward aveva raggiunto il limite, quell’uomo, se così si poteva definire, era una delle persone più viscide e crudeli che aveva mai conosciuto, e lui ne aveva conosciuto tanti nella sua carriera di assassino su commissione e poi pirata.
Mentre Edward teneva stretto il collo di Rondonos, Diana si tolse anche lei l’elmetto sottratto ad una delle due guardie che avevano avvistato nel corridoio e, anche da loro aveva sentito la notizia del mostro così aveva usato questa scusa per entrare nella sala tortura e cercare un modo per salvare il capitano di quel cocciuto ragazzo che, proprio in quel momento aveva rovinato tutto il suo piano.
Mentre Diana si trasformava nella sua forma ibrida e combatteva con le due guardie presenti nella stanza, Edward era pronto a dare un primo e ultimo colpo che avrebbe segnato la fine di quello spregevole uomo, ma non aveva calcolato che anche se basso, Rondonos era un piccolo covo di malvagità e astuzia. Il tappo infatti, sollevato da terra, attaccò le sue viscide mani sulle spalle di Edward che si raggelò all’istante lasciando la presa.

-Edward…- sospirò Solan incapace di aiutare il vice.

Il ragazzo diventò una statua di ghiaccio e subito dopo anche Diana, corsa in suo aiuto fece la stessa fine.

-Warahahah! Questi pirati si credono tanto forti ma sono dei veri imbecilli!- rise il viscido Rondonos sistemandosi il piccolo abito blu notte.




-Corri Shin sento che Solan ed Edward hanno bisogno del nostro aiuto!- disse Lilian al cospetto del grande palazzo, preoccupata sempre più per i suoi amici.





Nel frattempo, mentre i suoi compagni stavano rischiando la vita, Yuki si risvegliò di colpo nel letto della sua camera nella locanda.
Si guardò intorno, aveva freddo e sentiva dolori ovunque, soprattutto dove Ryuu aveva conficcato i suoi aguzzi artigli.
La ragazza ripensò all’accaduto e una piccola lacrima le sfuggì dagli occhi.
Senza pensarci ulteriormente si alzò con molta fatica dal letto e camminò verso la porta, ma le gambe le cedettero e cadde a terra. Con grande sforzo si rialzò, mentre la porta si apriva di colpo.

-Oh signorina si metta subito a letto, la sua compagna a detto che non deve affaticarsi!- disse Tom, il quale dopo aver sentito dei rumori nella stanza della ragazza era corso a controllare.

-Devo… trovare Ryuu- disse la navigatrice caparbia, tenendosi una mano all’addome.

-No, no,no! Ci penseranno i suoi amici! Da brava torni a letto!- disse l’oste accompagnandola al letto.

Yuki annuì poco convinta e si coricò nel letto. Tom soddisfatto che la pirata l’aveva ascoltato, richiuse la porta e scese in cucina, ma ciò che Tom ignorava è che quando Yuki si metteva qualcosa in testa niente poteva farle cambiare idea, soprattutto se la paura di perdere per sempre Ryuu le attanagliava il cuore. Così la ragazza appena sentì i passi del locandiere allontanarsi scese dal letto, indossò il giaccone e uscì dalla finestra, anche se dolorante, la forza e la determinazione l’avrebbero sostenuta nella sua missione.








ANGOLO AUTRICE:

Eccomi quiiii!!! Per una volta puntuale, durerà per tutto il 2014? Mah lo spero!
Comunque carissimi, passate bene le vacanze? Spero di sì, purtroppo sono finite :( e va bhe non potevano durare per sempre!
Tornando al capitolo, spero come sempre che vi sia piaciuto! Diciamo che le due ciurme sono proprio nei guai e che, neanche io so come farli uscire da quelle situazioni O.o ( ci vuole tutta visto che la storia la scrivo io e dovrei pensare prima a come svolgere le varie situazioni) e va bhe vuol dire che lo scopriremo insieme, visto che decido tutto mentre scrivo! ;) Per quanto riguarda Rondonos, bè, che dire, un po’ bruttino eh? ^^
Come sempre aspetto le vostre bellissime recensioni e ringrazio coloro che leggono, recensiscono e hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate! Grazieeee a tuttiiiii!!!!
Adesso vi lascio! A presto miei prodi eroiii!
Bacioniiii kiko90

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Capitolo 14
*** capitolo 13 ***


Isola Stargazer: palazzo di Rondonos

Passi lenti ed appesantiti, risuonavano nel silenzio del palazzo.
Tre uomini: due guardie e il signore del palazzo, si apprestavano a raggiungere i sotterranei nel palazzo dove vi si trovavano le prigioni.
Dopo che Rondonos con una mossa astuta ed inaspettata aveva congelato i due pirati, Diana ed Edward, aveva subito dato ordine che i due prigionieri fossero portati nelle prigioni, così da renderli inoffensivi, ma soprattutto perché il suo potere su i due poteva scadere dopo pochi minuti visto che Edward gli aveva stretto il collo facendogli perdere preziose energie.
Il potere di Rondonos era molto potente, ma era comparabile alle sue energie, se era in perfetta forma l’effetto del suo potere poteva durare un’intera giornata, ma se come in questo caso, il suo corpo subiva dei danni, il potere durava ben poco. Quando era arrivato su Stargazer decise subito che quell’isola sarebbe stata sua, così grazie al suo potere congelò l’intera isola toccando solamente il terreno accanto a lui. Come delle radici, il ghiaccio si allungò per tutto il perimetro congelando ogni cosa. Per non scongelare l’isola nei giorni successivi, Rondonos decise di scendere nella foresta ogni giorno e intensificare il freddo del paesaggio, così da congelarlo ogni giorno della sua vita, facendo diventare Stargazer una vera stella di ghiaccio nell’oceano. Però quel giorno quel pirata lo aveva indebolito così, preoccupato e, soprattutto spaventato, che quei due forti pirati si scongelassero da un momento all’altro, procedeva spedito più che mai verso le celle.
Le due guardie si erano caricate sulle spalle i due ghiaccioli, mentre Rondonos, davanti a loro, gli faceva strada per assicurasi che non capitasse qualche inconveniente.
Il piccolo uomo camminava con passi piccoli ma veloci, strascinando il mantello blu notte del suo piccolo abito, mentre le due guardie, appesantite, camminavano lentamente buttando fiumi di sudore.

-Muovetevi idioti, tra poco devo pranzare. Non voglio stare qui tutto il giorno!- sbraitò il pelato sempre più agitato.

In pochi minuti scesero le tortuose scale a chiocciola che portavano alle prigioni. Rondonos frugò nelle tasche dei corti pantaloni alla zuava alla ricerca delle chiavi delle celle trovandole subito, per sua fortuna.

-Ecco, metteteli qui dentro! Entrambi hanno mangiato un frutto del mare da quello che abbiamo potuto vedere nella sala delle torture, quindi questo è il posto ideale per loro Warahahah!- rise finalmente più sollevato –Voi due restate qui a controllare i prigionieri!- ordinò prima di voltarsi ed incamminarsi per le scale.

Le due guardie sbuffarono contrariate, mandando al quel paese il loro piccolo viscido capo.


Nel frattempo Solan era rimasta nella sala torture legata alla sedia con il corpo visibilmente provato dalle numerose iniezioni. La pelle aveva assunto un tono così pallido da sembrare un fantasma con delle vistose occhiaie violacee sotto gli occhi ambrati. Le braccia erano contornate da lividi anch’essi violaceli li dove gli aghi delle siringhe avevano bucato la sua pelle. La pirata era senza forze, con molta fatica cercava di tenere gli occhi aperti ma le risultava estremamente difficile. Non le importava se era lei a soffrire, ma sapere che un suo compagno poteva incappare nella sua stessa tortura, questo proprio non lo poteva accettare. Era riuscita a capire ben poco di quello che era successo qualche minuto prima, ma aveva riconosciuto il suo vice, il suo più caro amico, pronto come sempre, da quando si erano conosciuti, a difenderla a costo della sua stessa vita. Solan aveva sentito Rondonos ridere e beffeggiarsi di Edward e di una ragazza che era con lui, dopo averli congelati. Lei non aveva potuto avvertirli del potere di quel mostro, non aveva potuto fare niente per impedire che fossero congelati e questo la faceva arrabbiare in un modo mai visto. Con la rabbia che le sgorgava nelle vene insieme alla maledetta agalmatolite, spalancò gli occhi e si obbligò a tenerli aperti. L’avrebbe fatta pagare a quel nano da giardino, lo avrebbe distrutto con le sue stesse mani, fosse l’ultima cosa che faceva. La rossa si guardò intorno e vide un coltello sul trono poco distante da lei. Con un colpo di reni si buttò a terra con la sedia. Immediatamente una forte fitta allo stomaco le fece stringere i denti cercando di reprimere il dolore. Pian piano l’agalmatolite stava danneggiando tutti i suoi organi, maciullandoli. Testarda continuò nel suo intento e, anche se soffriva, iniziò a trascinarsi con la sedia legata al suo corpo, verso il trono per afferrare il coltello e tagliare quelle maledette corde che la imprigionavano. A qualche centimetro dal trono sentì un’altra forte fitta, però questa volta all’altezza del petto. Sentì una morsa al cuore, i battiti rallentarono bruscamente e la testa iniziò a vorticare velocemente. L’immagine di Edward ridotto ad un ghiacciolo la spronò a riprendersi e raggiungere l’obiettivo ormai vicino. Con qualche difficoltà prese il coltello allungando le affusolate dita il più possibile. Una volta presa l’arma iniziò a maneggiarla sulle corde che le tenevano strette i polsi. La lama del coltello però non era molto affilata e Solan rimpianse sempre più i suoi fidati pugnali che Rondonos le aveva sottratto. Dopo svariati minuti contornati da bestemmie contro il coltello e il suo proprietario, Solan riuscì a liberarsi. Si strofinò i polsi godendo del contatto freddo delle sue mani in contrasto con le scottanti ferite sui polsi procurate dalle corde. Finalmente libera, Solan si alzò dirigendosi verso la porta, ma un altro forte dolore al petto, più forte del precedente, la frenò, facendola inginocchiare ansimante sul pavimento. Era in pessime condizioni il capitano della Liberty e dentro di sè si chiedeva se sarebbe mai riuscita ad uscire viva da quel maledetto palazzo.




Mentre due dei suoi compagni erano in preda a situazioni molto difficili, Lilian era appena giunta, insieme a Shin, davanti al palazzo di Rondonos.

-Solan ed Edward saranno sicuramente là dentro, spero che stiano bene- disse la ragazza, osservando il palazzo.

-Quei due mi sono sembrati due tipi in gamba, vedrai che stanno benissimo!- disse Shin sfregandosi le tempie.

-Shin cos’hai? Anche nella locanda ti sfregavi le tempie, hai mal di testa?- chiese apprensiva il medico.

-Solo un po’. Non preoccuparti è normale, mi succede sempre quando sforzo troppo la poca vista che mi ritrovo-

-Riesci a vedere solo ombre vero?-

-Sì, solo qualche ombra…- disse il cuoco abbassando la testa, odiava con tutto se stesso non poter vedere, ma odiava ancor di più colei che le aveva portato via la vista.

-Dovresti tornare alla locanda Shin, dico davvero! è troppo pericoloso e poi tu non sei un pirata, sei un cuoco, non centri con questa storia.- disse Lilian cercando di persuadere il moro a non seguirla.

-Lily, Tom e la gente di quest’isola mi hanno accolto con un grande affetto quando, tre anni fa, sono arrivato per la prima volta a Stargazer. Tom mi ha subito accolto nella sua famiglia, credendo in me ed offrendomi il posto da cuoco anche se sono cieco. Non riesco a vedere niente fuorché che delle stupidissime ombre, ma posso aiutarti, fidati! E poi mi sono sempre piaciuti i pirati! Chissà magari anche io un giorno lo diventerò- disse Shin sorridendo alla giovane ragazza.

-Ok, ok! Tanto ho capito che è inutile provare a farti cambiare idea- disse Lilian rassegnata, ma felice per le parole di Shin. Lo vedeva bene come pirata, era coraggioso e sprezzante del pericolo, pronto a salvare chi ne aveva bisogno, proprio come uno della sua ciurma, chissà magari quando tutta quella storia sarebbe finita, avrebbe potuto chiedere al capitano di prenderlo con loro, pensò.


-Su entriamo allora!- disse Shin iniziando a correre con Lilian verso il castello. I due entrarono da un’entrata posteriore che li portò direttamente in una grande sala da pranzo. Un grande orologio a pendolo, riposto accanto ad cristalliera ricolma di piatti di porcellana, suonava armoniosamente le dodici in punto. I due ragazzi avanzarono nella grande sala, notando che l’immenso tavolo scuro al centro della stanza era apparecchiato per una sola persona e, quindi da un momento all’altro questa persona sarebbe arrivata.

-Sento odor di cibo, probabilmente arrosto…- disse Shin fiutando l’aria, lui di certo non poteva vedere il tavolo apparecchiato.

-Sì, c’è un grosso tavolo apparecchiato per una sola persona, che credo sarà qui da un momento all’altro- rispose Lily

-Dobbiamo uscire di qui subito! Vedi per caso un’uscita?- chiese il moro.

-Sì laggiù!- disse Lilian prendendo Shin per mano e conducendolo verso la porta scura.

I due appena varcata la porta si trovarono in un grande corridoio con diverse porte dai vari lati. Il corridoio era lunghissimo drappeggiato da un lungo tappeto rosso il quale sembrava infinito. I due giovani ad un certo punto sentirono dei passi ed immediatamente si fiondarono dietro un muro per non farsi vedere. I passi si avvicinavano sempre di più e, se Lily aveva predetto bene, appartenevano ad una sola persona.
Shin vide una piccola ombra avvicinarsi verso di loro, sembrava molto bassa, forse era…

-Un bambino!- disse Lilian sbucando da dietro il muro ed incamminandosi verso di lui. Shin la seguì poco convinto che quello fosse un bambino, visto che conosceva chi abitava in quel palazzo.

-Tranquillo Shin è solo un bambino! Forse uno di quelli rapiti dal perfido Rondonos, vieni lo dobbiamo salvare!- disse la mora correndo verso il bambino che era a qualche metro da loro.

Il “bambino” si fermò di colpo appena vide i due ragazzi e disse –Chi siete voi? E che ci fate nel mio palazzo?-

-Wow che vocione bambino! Ti serve un bello sciroppo per curare le tue corde vocali!- disse Lily la quale non aveva ancora notato bene l’aspetto della persona che avevano di fronte.
Shin a differenza del medico aveva intuito giustamente chi era il personaggio che avevano di fronte e si era già messo in guardia, pronto a combattere.

-Le mie corde vocali sono perfette razza di sgualdrina!- disse il “bambino”

-Ma come ti permetti moccioso!- si infuriò Lilian –adesso ti riporto subito da tua madre e gli dirò di educarti meglio!- disse prendendo il bambino dal braccio.

-Mia mamma l’ho uccisa quando avevo dieci anni perché non voleva che uccidessi il mio cane!- si ribellò

La ragazza a quella frase rimase perplessa. Quel bambino aveva ucciso la mamma quando aveva dieci anni? Ma se lei gliene dava si e no cinque per la sua altezza! Il medico chinò il capo per vedere bene il bambino in volto e, appena incontrò quegli occhi iniettati di crudeltà e vide i capelli con il riporto e i baffetti, schizzò indietro saltando tra le braccia di Shin per l’orrore.

-AAHHHH!! Ma che cos’è? Un folletto? Uno strano mostriciattolo che abita nella foresta qui vicino?- chiese scioccata e schifata, a Shin.

-Lily, lui è Rondonos!- disse serio il ragazzo, osservando per quel che poteva, quell’ombra malvagia. Lui aveva intuito subito di chi si trattava, ed adesso lui e Lilian si trovavano in un grosso pasticcio.





Nel frattempo Solan cercava di uscire a gran fatica dalla sala torture, quando sentì qualcuno avvicinarsi alla porta. La rossa si trascinò dietro la porta, reggendosi in piedi con gran fatica.
La porta si aprì ed entrò una grossa ed alta guardia che si diresse dritta al trono. Quella guardia era l’unica possibilità che aveva per trovare il suo compagno è liberarlo. La rossa si concentrò e, anche se l’agalmatolite nel suo corpo le impediva a tutti i costi di usare i suoi poteri, decise di combatterla. Strinse forte i pugni e richiuse violentemente la porta della stanza, facendo così voltare la guardia. Tremava Solan, per il grande sforzo a cui si stava sottoponendo, ma doveva farlo. Puntò dritta i suoi occhi su quelli della guardia cercando di sottometterla con il suo potere, ma sembrava non riuscirci.

-Tu! Come diavolo hai fatto a liberarti? E come riesci a reggerti ancora in piedi?- disse il soldato camminando verso la donna.

Solan si concentrò maggiormente, a tal punto che un rivolo di sangue iniziò a scenderle lento dal naso. Il soldato era ormai a qualche passo da lei quando improvvisamente si accasciò a terra. Solan copiò le pene che lei stava provando in quel momento, al soldato che si contorceva dal dolore. Lentamente la ragazza si avvicinò a l’uomo e si chinò verso di lui.

-Dove sono i prigionieri?- disse in un sussurro, la furia rossa.

-Ro-Rondonos li ha chiusi nelle segrete…- tossì la guardia.

-E dove si trovano queste segrete?-

-devi scendere le scale alla fine del corridoio…- disse il soldato stringendosi forte il ventre.

Solan si asciugò il sudore freddo che le imperlava la fronte bollente. Doveva sbrigarsi, le forze la stavano abbandonando, ma prima di ciò doveva salvare il suo compagno e quella ragazza.

-Come faccio a scongelare i due prigionieri?- chiese.

-I…i…il potere di Ro…Rondonos si neutralizza dopo una giornata se la persona o la cosa congelata non viene di nuovo toccata dal signore, ma… quando Rondonos viene ferito il potere dura di meno, e quando a congelato quei due pirati era in preda a soffocamento quindi potrebbero già essersi scongelati…- disse contorcendosi dal dolore, sembrava che ogni organo del suo corpo stesse bruciando.

La rossa uscì dalla porta dirigendosi nelle celle del castello, mentre il soldato esalava il suo ultimo respiro.




Ryuu seduto sulla sabbia innevata pensava, stringendosi la testa tra le mani, a ciò che avrebbe fatto d’ora in poi. Tornare dai suoi compagni era escluso, sicuramente nessuno voleva più vederlo dopo ciò che aveva fatto e soprattutto ciò che gli aveva nascosto. Non voleva che i suoi compagni scoprissero quella parte di se che, lui per primo, odiava con tutto se stesso, ma ormai era troppo tardi. Cosa avrebbe fatto? Forse doveva trovare un modo per fuggire da quell’isola, anche se la vedeva dura senza un’imbarcazione. Forse doveva restare li per sempre, nascondendosi finché i suoi compagni non fossero partiti, ma anche questo era da escludere, vivere in quel posto dove aveva quasi ucciso Yuki lo avrebbe fatto impazzire, e allora cosa doveva fare?

-Ryuu!- lo chiamò una voce alle sue spalle.

Yuki lo conosceva bene, o almeno un po’, visto gli ultimi eventi. Sapeva che Ryuu amava il mare e che l’unica cosa che riusciva a rilassarlo era osservare l’oceano, per questo dopo aver scavalcato la finestra della taverna, si era diretta subito lì.

Ryuu si girò di scatto, riconoscendo quella voce fin troppo familiare. Cosa ci faceva Yuki lì? Voleva forse urlargli in faccia quanto lo odiava?

-Che ci fai qui?- chiese freddo.

La ragazza, affannata, camminò lentamente verso di lui. –Perché sei scappato?- chiese con voce tremante.

-Che ti importa? Tanto non faccio più parte della ciurma!- ringhiò.

-Ma che stai dicendo? Certo che fai parte della ciurma! Perché non dovresti più farne parte?-

-Perché sono un mostro!- disse alzandosi in piedi e fronteggiando la ragazza.

-Tu non sei un mostro Ryuu…- disse Yuki allungando una mano verso il viso del giovane che però si scostò. –Tu sei uno di noi e lo sarai sempre!- disse dolcemente la ragazza.

-No! Non capisco perché ti comporti così!- disse afferrandola da un braccio –ti ho ferito con queste mani! Ti ho quasi ucciso! Ho quasi ucciso degli innocenti!- urlò furibondo, più con se stesso che con la nakama –Non posso tornare, Solan non mi vorrà più nella sua ciurma, sono un mostro!- concluse lasciando il braccio della ragazza.

-Basta!- disse la navigatrice dando un forte schiaffo al ragazzo –Basta dire queste cose! Se dici questo vuol dire che non hai stima di Solan, che non la conosci! Lei ti perdonerà, ti accetterà come ha accettato me, la dannata, maledetta fin dalla nascita! Che ti credi, che sei l’unico a considerarsi un mostro per quello che può fare? Io ho quasi ucciso Solan per imparare ad usare il mio dono, e non mi sembra che lei mi abbia buttato giù dalla nave!- disse furibonda la ragazza. Yuki aveva gli occhi lucidi ma non voleva piangere, no doveva per una volta essere forte e lasciare da parte il carattere dolce e gentile che la contraddistingueva.

Ryuu le voltò le spalle, sentendosi risuonare quelle parole nella testa. Yuki aveva ragione, Solan lo avrebbe tenuto nella ciurma comunque, loro erano una famiglia. Quella ragazza era sorprendente, dolce e gentile sempre, ma anche determinata e combattiva quando serviva. Non lo avrebbe mai ammesso, ma non voleva separarsi da lei.
Ad un certo punto Ryuu sentì un tonfo, si girò e vide Yuki svenuta a terra. Immediatamente la prese tra le braccia e, veloce, corse verso la locanda, verso i suoi amici, i suoi compagni, la sua famiglia.





Isola Foko: porto

Un’enorme tigre rossa si lanciò contro Ashuros, il pirata con un ghigno sicuro, aprì i palmi delle mani portandoli in avanti, da essi fuoriuscirono delle pesanti e spesse catene che si allungavano velocemente verso la tigre. Il grosso felino venne imprigionato da esse che però non riuscirono a trattenere la pesante mole dell’animale. Catena nera strinse i denti e con il suo sguardo freddo pensò ad un attacco in grado di catturare l’animale, che per la sua grande stazza era molto agile. La tigre rossa si scagliò di nuovo contro Ashuros che non fece in tempo a difendersi e cadde a terra sbattendo la testa.
Dall’altra parte July e Sara erano sdraiate a terra ferite dai colpi di pistola di Mya. Appena i due pirati erano stati colpiti la furia dei loro amici si era scatenata sui nuovi avversari. Stun si era buttato a capofitto contro lo squadrone di pirati che proteggeva Mya, la quale era sparita verso il palazzo comunale. Luna ed Asako mentre mettevano k.o. i nemici, si avviavano per soccorrere le due ragazze ferite. Il capo dei pirati della tigre rossa, Kaios, iniziò a combattere contro Ashuros, trasformandosi in una grossa tigre rossa grazie al frutto del mare che aveva mangiato anni orsono.
Luna riuscì ad avvicinarsi alle due ferite mentre la navigatrice era ancora impegnata a combattere contro l’abilissima spadaccina della tigre rossa.

-July! Sara! Come state?- chiese preoccupata Luna

-Sono stata meglio…- disse la castana reggendosi il braccio destro ferito.

-Non sono ferite gravi- disse July controllando la ferita di Sara e la sua al polpaccio –sono ferite superficiali, anche se i proiettili andrebbero tolti al più presto prima che facciano infezione- disse esperta il medico

-Meglio così dai, vuol dire che quella tipa non è poi così in gamba a sparare!- disse Luna sorridendo.

-Io credo invece che ci abbia colpito così superficialmente apposta! Non so come spiegartelo ma ho come la sensazione che non ci volesse far veramente del male…- disse la biondina pensierosa. July aveva notato lo sguardo di Mya prima che sparasse a lei e Sara, era triste come se volesse scusarsi per quello che stava per fare, forse quella ragazza doveva agire così perché c’era il suo capitano che la guardava e se non avrebbe sparato avrebbe rischiato lei la vita, ma queste per ora erano solo supposizioni per il giovane medico.

-Sarà ma vi ha comunque sparato e la pagherà!- disse vendicativa Luna, guai se qualcuno osava toccare i suoi amici.

Mentre Luna aiutava July a bendarsi la ferita, strappandosi un pezzo della sua maglietta per usarlo come benda, un pirata ghignante dietro di lei aveva già alzato la sua affilata lancia per decapitare l’archeologa.

-Luna attenta!- gridò July vedendo l’uomo armato dietro la compagna.

Quando Luna si girò vide soltanto una grossa macchia blu passarle davanti e sbattere qualcuno violentemente a terra.
Stun teneva sempre d’occhio i suoi compagni durante il combattimento, pronto ad accoppare qualsiasi nemico che li avrebbe feriti. Appena si era girato nella direzione di Luna e July ed aveva visto quella lancia puntata verso la testa della biondina, una rabbia incontrollabile lo aveva assalito. Quel giorno Luna era particolarmente a rischio decapitazione e questo lo urtava più che mai. Teneva tanto a quella biondina tutto pepe. Sì, quando erano sulla nave lo faceva impazzire con i suoi scherzi, ma le era particolarmente affezionato anche per questo. Come un fulmine Stun si era scagliato verso il pirata e lo aveva buttato a terra facendo volare in alto la lancia che si conficcò nel terreno acconto al piede di Luna.

-Ma perché oggi ce l’hanno tutti con la mia testa?- disse l’archeologa toccandosi il collo come a controllare se fosse ancora attaccato al resto del corpo.

-Non lo so, ma Stun è stato veramente un grande a salvarti all’ultimo secondo!- disse Sara ammiccando.

-Eh?! Sì! È, è stato bravo!- disse Luna arrossendo mentre osservava Stun percuotere il pirata. Il nakama blu la difendeva e proteggeva sempre e questo la fece sentire per la prima volta al sicuro, lui c’era sempre per lei, come un grosso angelo blu, con però non proprio le fattezze di un angelo, ma a Luna questo non importava, per lei Stun era perfetto così com’era.

Il gigante blu appena si assicurò che il pirata era fuori gioco si girò verso la biondina che lo stava guardando con uno strano sguardo che lo fece arrossire di colpo.

-Ehi amico che ti prende? Sei tutto rosso!- lo punzecchiò Ashuros mentre combatteva in un acceso corpo a corpo contro Kaios.

-Cosa?! Ma sta zitto e pensa al gattino rosso!- sbuffò ancor più rosso, Thunder. Ripresosi, Stun si trasformò in un enorme scarabeo e, grazie alle sue corna fulminò molti pirati.

-Che puzza di fritto che c’è qui intorno!- disse Chuck accorso anche lui al porto.

-Chuck!- urlò felice Asako –Che ci fai qui? Tuo padre è…- si incupì pensando al peggio.

-No, tranquilla! L’ho medicato come ho potuto, ma sta bene! Visto che non arrivavi con July mi sono preoccupato e sono corso qui!- disse sferrando nel frattempo un calcio ad un barilotto di pirata.

-C’è stato qualche imprevisto!- disse la navigatrice sferrando il fendente decisivo che neutralizzo la spadaccina avversaria.

-Sì, ho notato!- sorrise il giovane cittadino di Foko.







Nel frattempo nel palazzo comunale, Sylas rideva di gusto per aver giocato un bel tiro mancino al capitano della Black moon. Amlach era stato colpito dal frutto del mare dell’avversario ed ora si sentiva molto strano. Con un gesto automatico ripose le katane, che fino a qualche secondo fa stava usando per fronteggiare il nemico, nei foderi sentendo dentro di se una crescente rabbia contro il mondo intero e i suoi abitanti. Odiava ogni cosa e voleva sterminare chiunque si trovasse davanti, tutti tranne Sylas. Infatti Sylas era l’unico immune alla rabbia omicida che innescava nelle persone, lui era intoccabile per quelle persone, adesso Wolf non poteva nuocergli in qualsiasi modo visto che era sotto il suo potere.
Con calma ed un gesto elegante, Sylas scostò la sedia dalla scrivania ribaltata e si sedette, accavallando le gambe mentre osservava Wolf.
Il capitano stringeva fortemente i pugni, sbiancando così le nocche delle mani. Tutti i muscoli del suo corpo erano contratti, i bicipiti si erano come gonfiati dalla rabbia che lo assaliva inspiegabilmente. Una parte di se gli diceva di combattere quel potere, ma, per Wolf che era sempre stato un sanguinario era ancora più difficile sovrastare tale frutto.
Improvvisamente il portone del palazzo comunale sbattè, facendo insospettire Sylas su chi fosse giunto al suo covo.
Dei passi riecheggiarono per la sala, interrompendosi solo per qualche breve secondo mentre si scansava il corpo di uno degli uomini di Sylas rivolto a terra. Dopo poco quei passi risuonarono per la grande scala, annunciando così l’arrivo di quella misteriosa persona nell’ufficio di Sylas.
Sylas non era l’unico in tensione per l’arrivo di qualcun altro nel palazzo, infatti anche Wolf era stranamente molto irrequieto. Cercava, o almeno ci provava, di controllare quella rabbia, ma sapere che una nuova persona stava per pararsi davanti a lui gli offuscava la coscienza, la sete di sangue era troppo forte. Il capitano lupo istintivamente mise la mano sinistra sull’elsa delle sue katane, pronto a sfoderarle.
I passi si facevano sempre più vicini, dopo qualche minuto una figura femminile varcò la porta dell’ufficio del sindaco.
Amlach e Sylas osservarono bene la nuova arrivata, ognuno con uno sguardo diverso. Il primo era sanguinario, con le mani tremanti pronto a sfogarsi sulla giovane, l’altro era malizioso, apprezzante del bel fisico della giovane. Sylas da buon padrone di casa si alzò dalla sedia e, con passo lento e strascicante, per squadrare meglio la pirata, le andò incontro.
Mya si sentiva un po’ intimorita da quei due uomini, non aveva mai incontrato Sylas prima di allora, ma aveva una brutta fama secondo ciò che le era stato riferito da Kaios. Il moro, dopo un elegante baciamano, si fermò a un metro di distanza dalla ragazza e la osservò bene: Mya era molto alta con dei lunghi capelli corvino con una leggera frangetta che le copriva la fronte. I suoi lineamenti erano fini e delicati con degli abbaglianti occhi verdi. Il suo corpo a detta di Sylas era perfetto: snello e formoso ai punti giusti. La ragazza indossava una maglietta a mezze maniche bianca e dei pantaloncini crema che le risaltavano meglio le gambe. Proprio su esse lo sguardo di Sylas si soffermò, infatti la ragazza aveva una grossa cicatrice sulla gamba sinistra, dettaglio che stonava con la sua bellezza. La ragazza si sentì troppo osservata e questo non le piacque, quindi con aria sicura, gonfiò il petto e varcò quei pochi metri che la dividevano dal temuto uomo. Mya da sempre aveva una sicurezza nascosta dentro di se, che mostrava solo quando si sentiva sotto minaccia, negli altri casi era una ragazza molto chiusa con un carattere particolare tutto da scoprire.

-Sono Mya Asaghy. Mi manda il capitano Kaios tigre rossa.- disse con voce ferma e fiera come un marine, ciò che era fino a qualche anno prima.

-Bene, allora finalmente è arrivato!- disse Sylas girando intorno alla ragazza, come un avvoltoio –Dove si trova adesso?- chiese fermandosi ad osservare il lato b della mora.

-è al porto! Sta combattendo contro alcuni pirati!- disse girandosi verso il suo interlocutore e guardandolo negli occhi.

Mya incastonò i suoi splendenti occhi verdi in quelli anomali di Sylas. Quello sguardo bastò alla ragazza per capire ogni cosa dell’uomo, il suo vero essere, la sua malvagità. Lì non avrebbe trovato nessun indizio su suo fratello.

-Bene, bene, bene. Hai sentito Wolf? I tuoi amichetti stanno combattendo contro i pirati della tigre rossa! Tra qualche minuto ti ritroverai senza una ciurma!- rise –O se sono abbastanza forti per sopravvivere, li ucciderai tu con le tue stesse mani appena li incontrerai!- rise ancora più forte Sylas.

Mya si girò ad osservare l’uomo che Sylas stava evidentemente beffeggiando. Era alto è muscoloso e sembrava in piena crisi nervosa. Non aveva risposto alle battutine di Sylas, aveva semplicemente stretto la mano sinistra intorno all’elsa blu di una katana, il suo comportamento era strano, da quel che aveva capito lui era il capitano dei pirati al porto, il capitano delle due ragazze a cui lei aveva sparato. Si sentì immediatamente in colpa per quello che aveva fatto, ma doveva farlo o Kaios avrebbe ucciso lei, per loro fortuna però Mya le aveva colpite solo di striscio, deviando volontariamente la mira di solito sempre estremamente precisa.
Wolf si sentiva osservato, non solo da quel viscido di Sylas, ma anche dalla nuova arrivata. Si girò e subito si maledisse per averlo fatto. Appena vide quella ragazza vide la sua prossima vittima. Come un animale riusciva a sentire il suo odore e desiderare che si trasformasse in sangue. Fulmineo e incontrollabile sfoderò una katana e corse verso la ragazza. Mya vide l’unico occhio di quel ragazzo e vi lesse tutto il suo tormento, tutto il dolore che aveva provato negli anni e che stava provando adesso nel voler uccidere un innocente per colpa del frutto di Sylas. Vide la forte amicizia che lo legava ai suoi compagni e l’amore forte e travolgente che provava per una donna del suo passato.
Istintivamente Mya prese dalla cintura che portava in vita, la sua fidata katana e schivò il colpo di Wolf. I due iniziarono a combattere. Wolf affondava deciso la sua spada contro quella della ragazza che abilmente si difendeva contro la forza bruta dell’uomo. Mentre i due combattevano Sylas si godeva lo scontro, senza nessuna obiezione se la ragazza avesse avuto la peggio.
Wolf era incontrollabile, con la mano sinistra sguainò una seconda katana e con entrambe le spade sfoderò un potente colpo che disarmò la ragazza. Mya osservò ancora una volta l’iride azzurro-ghiaccio dell’uomo e vi lesse un profondo dispiacere per quel che stava per compiere, ovvero ucciderla.
Amlach prese per il collo la ragazza e la buttò contro la porta chiusa alle sue spalle, bloccandole la mano sinistra, che era già pronta ad impugnare una delle due fidate pistole; con la sua più grande e forte mano bloccò il polso destro della ragazza dove vi era raffigurato il tatuaggio di un colibrì, lo stesso del ciondolo del braccialetto che portava sempre con se.
Mya si agitava cercando di difendersi fino all’ultimo. Il capitano della Black moon stringeva sempre più forte, quando, osservando la ragazza, qualcosa dentro di lui si svegliò. La sua coscienza, il suo valore da spadaccino gli impedivano di ferire una donna innocente, questo era contro ogni suo principio e mai avrebbe macchiato il suo onore da spadaccino.
Lasciando di sasso Sylas, Wolf mollò la presa dal collo della ragazza che iniziò a tossire. Mya aveva visto bene, quel ragazzo era una brava persona.

-Ma che sta succedendo? Wolf uccidila!- ordinò Sylas.

-Non ci penso proprio! Mi sa proprio che il tuo giochetto con me a qualche problema!- disse il pirata riferendosi al potere del nemico.

-Non è possibile!- disse infuriato Sylas –adesso vedremo! Se tu non ucciderai lei, vuol dire che lei ucciderà te!- disse convinto. Non capiva perché Wolf fosse tornato in se, questo non andava bene, la sua vita allora era di nuovo in pericolo, l’unica possibilità era cambiare la personalità della ragazza, forse avrebbe avuto qualche chance di uccidere Amlach.

Con i suoi occhi viola, Sylas catturò lo sguardo della ragazza. Mya osservava come incantata le iridi violette dell’uomo che man mano assumevano un colorito cobalto. Sylas pensava di averla in pugno ormai, ma non aveva fatto i conti con il potere di Mya, l’unico in grado di respingere il suo.
La ragazza sbattè velocemente le palpebre riuscendo a rimanere in se. Quando aveva osservato gli occhi di Sylas aveva visto ciò che lui le voleva far fare, ovvero uccidere Wolf e diventare una spietata killer, ma questo non accadde. Molti anni prima infatti Mya aveva mangiato un frutto del mare che le aveva sviluppato una forte abilità, ovvero leggere la mente delle persone, svelando ogni loro pensiero. La sua mente, il suo cervello da quel giorno diventarono il suo punto forte grazie al frutto che le aveva concesso una mente super sviluppata.
Sylas rimase perplesso ed arrabbiato, prima Wolf si era liberato del suo potere ed adesso quella ragazza sembrava esserne immune.

-Come hai fatto?- le chiese a bassa voce Wolf

-Credo che il mio frutto sia in netto contrasto con il suo! La mia mente è già stata modificata dal frutto del mare che ho mangiato anni fa, non può essere alterata ulteriormente- disse saggiamente Mya.

Sylas iniziò a sudare freddo, tutto il suo piano stava andando in frantumi.

-Tu, tu fai parte della ciurma di Kaios, e lui fa parte dei miei pirati, quindi tu mia cara devi stare dalla mia parte!- disse Sylas facendosi due calcoli.

-No! Era da un po’ che volevo lasciare la ciurma di quell’uomo. Le vostre menti sono solo innescate dall’odio e dalla sete di sangue e denaro, proprio come i pirati che hanno rapito mio fratello!- disse Mya arrabbiata –Non sono più con voi!-

Sylas a quelle parole si buttò contro la ragazza cercando di ferirla, ma Wolf le si parò di fronte.

-Noi due abbiamo un conto in sospeso!- disse ghignando malefico Wolf.

I due ripresero il combattimento, ma Sylas era in netto svantaggio. L’uomo doveva pensare ad una via di fuga al più presto. Senza farsi accorgere dall’avversario, prese una pistola dalla sua cintura e sparò.
Amlach si girò di colpo, seguendo la direzione del proiettile, ovvero verso Mya. Il pirata lasciò Sylas per salvare Mya e questo permise al meschino pirata di fuggire dalla finestra. Mya schivò con un colpo di spada il proiettile, salvandosi all’ultimo secondo.

-Bastardo, è scappato!- disse Wolf picchiando un pugno contro la parete.

-è solo un vigliacco!- disse Mya.

-Devo trovarlo subito, e finirlo!- disse deciso il capitano.

-Credo che prima dovresti andare al porto, i tuoi uomini hanno bisogno di te- propose la ragazza, la quale si sentiva ancora in colpa per aver ferito, anche se in modo lieve, le due ragazze.

-Sì, hai ragione- disse l’uomo incamminandosi verso l’uscita, poi si fermò e rivolgendosi alla ragazza disse –Tu non vieni?-

-Sì, ma… devo confessarti una cosa, ho sparato a due pirati al porto- disse abbassando lo sguardo.

-li hai uccisi?- chiese freddo

-No, solo feriti lievemente. Dovevo farlo o la tigre rossa mi avrebbe ucciso-

-Capisco. Adesso andiamo, i miei uomini sono forti e sapranno capire le tue ragioni-

Mentre i due si avviavano verso il porto, lì la situazione si stava sempre di più scaldando.

Stun trasformatosi in un enorme scarabeo viola, colpiva gli avversari con fulmini provenienti dal suo corpo e dalle sue mani, decimando non pochi pirati. Le due ragazze ferite erano state medicate alla bene meglio e anche loro si erano subito lanciate nella mischia.
Ormai rimasero solo Ashuros e la tigre rossa che combattevano. La tigre era molto forte. Essa aveva affondato i suoi artigli sia sul collo dell’argentato che sulla schiena. Però anche se mal ridotto catena nera continuava a combattere con tutte le sue forze. Con un astuto colpo, Ashuros scagliò la tigre a terra e prima che essa si rialzasse, formò delle catene roventi che subito circondarono l’animale.
La tigre iniziò a ruggire dal dolore, mentre le catene roventi le bruciavano il prezioso pelo rosso. Del fumo seguito da odor di carne bruciata si propagò per tutto il porto, nauseando i presenti.
Disgustato anche lui per quella puzza, Ashuros con un potente colpo sbilanciò l’animale nell’acqua marina, eliminandolo per sempre.

-Grande amico!-disse Stun dando una pacca sulla spalla del nakama, dopo essere tornato nella sua forma normale.

-Adesso ci resta solo che andare dal capitano!- disse serio Ashuros a tutta la ciurma.

-a proposito di capitano, eccolo è laggiù!- disse Asako indicando Wolf a qualche metro di distanza da loro.

-Sì, ma quella con lui è…- disse Luna iniziando a stringere i pugni per la rabbia, pronta ad attaccare colei che aveva ferito le sue amiche.









ANGOLO AUTRICE:

Non ci credo sono ancora puntuale! Wow mi sorprendo di me stessa! O.o
Comunque miei carissimi lettori, ecco a voi un altro capitolo pieno di azione, forse vi sarete anche scocciati di tutti sti combattimenti… comunque spero come sempre che vi sia piaciuto anche questo capitolo, dove ne sono successe parecchie di cose!
Un piccolo avviso per tutti voi, queste due saghe: Stargazer e Foko stanno per giungere al termine, stimo più o meno due o tre capitoli per la fine di essi, quindi preparatevi per le nuove avventure dei nostri eroi! :)
Con questo e tutto, aspetto come sempre le vostre meravigliose recensioni e ringrazio tutti coloro che si limitano anche solo a leggere!!!
Prossimo aggiornamento 7 febbraio! :)
Un bacione la vostra kiko90

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Capitolo 15
*** capitolo 14 ***


Con passi lenti e cauti Solan scese la grande scalinata che, secondo le informazioni della guardia doveva portare alle celle dei prigionieri.
Solan si sentiva la testa scoppiare e le gambe deboli, doveva sbrigarsi non aveva ancora molto tempo a disposizione. Si fermò per qualche secondo contro la parete umida delle scale e cercò di respirare a fondo recuperando, per quel che era possibile, qualche briciolo di energia. Con un ultimo sforzo scese gli ultimi scalini e si ritrovò davanti un bivio. Sia a destra che a sinistra c’era un lungo corridoio buio illuminato solo da qualche candela appesa ad un antico lucernario al muro. La luce fioca delle candele illuminava quegli angusti corridoi dove si potevano intravedere alcuni topi correre veloci verso il buio delle loro tane. La rossa alla vista di quegli animali fece una smorfia di disgusto, odiava i topi e l’idea di camminare con quei cosi in giro non la allettava per niente. Guardò per la seconda volta sia a destra che a sinistra indecisa sulla via giusta da prendere, quella guardia non le aveva detto del piccolo bivio che si sarebbe trovata davanti e lo maledisse per questo. Dando un’ultima occhiata imboccò il corridoio alla sua sinistra, pregando di aver preso la direzione giusta.
Camminò lentamente per quel lungo e angusto corridoio, schizzando in avanti al minimo rumore con i nervi a fior di pelle. Se solo una di quelle bestiacce l’avrebbe anche solo sfiorata non avrebbe retto; poteva affrontare i più peggiori pirati e marine ma i topi no, era più forte di lei. Sorrise al pensiero che se Edward fosse stato lì con lei, la starebbe sicuramente prendendo in giro con qualche frecciatina delle sue, ma, quel pensiero le fece ricordare che il suo amico era in una cella di agalmatolite congelato e che doveva liberarlo al più presto. Accelerò quanto più possibile il passo inoltrandosi sempre di più nel buio delle segrete. Oltrepassò diverse celle ma erano tutte vuote senza nessun prigioniero, che fossero solo loro gli unici prigionieri di Rondonos?
Mentre continuava a camminare ad un certo punto le sue scarpe, con inconfondibile tacco a spillo, toccarono un qualcosa di liquido. Solan si abbassò con qualche sforzo premendo la mano sul petto dolorante e controllò con un dito di che liquido si trattasse. Appoggiò il dito indice nel liquido e poi se lo portò davanti al naso, era inodore e, dopo averlo appoggiato sulle labbra verificò che era anche insapore.

-è acqua!- esclamò –Edward e quella ragazza sono vicini! Sicuramente questa è l’acqua del loro scongelamento!-

Con questa nuova certezza Solan zampettò velocemente nell’acqua finché non sentì delle voci.

-Mi sono stufato di stare agli ordini di quel nano! Mentre lui va a mangiare noi dobbiamo stare qui per tutto il giorno e la notte, mi sono rotto!- esclamò una guardia appoggiando al muro il fucile che aveva in mano.

-Sta zitto Cedric! Se ti sente ci tortura come quella pirata di sopra o ci butta tra le grinfie di Baldarus.- disse l’altro rabbrividendo all’idea.

-Ehi voi due fateci uscire di qui!!!- urlò Diana dalla cella.

-Sta un po’ zitta ragazzina, le tue urla mi hanno stufato!- disse Cedric fulminando la castana.

-Giuro che quando esco di qui ti appendo per le p…- disse la ragazza imbestialita più che mai, ma Edward la fermò –Calmati, presto, molto presto, usciremo di qui!- disse incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi al muro come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno.

Diana si girò con occhi spiritati verso il compagno di cella e puntandogli un dito al petto disse –Ma come diavolo fai a startene così tranquillo!? Io voglio uscire di qui subito!- urlò

-Ti ho detto che tra poco usciamo- disse sempre con aria tranquilla il vice capitano –deve solo trovare il momento giusto per eliminare questi idioti- disse ghignando.

Diana lo guardò con faccia interrogativa come per dire “ questo è fuso” ma poi qualcosa le balenò per la mente –Senti, ehm…fiuti qualcosa?- chiese al moro come se stesse parlando con un cane.

Edward annuì continuando a ghignare.

-Ma di che diavolo state parlando voi due??- chiese irritato la guardia guardando i due prigionieri.

-Credo stiano parlando di me!- disse una voce femminile alle spalle di Cedric. La guardia si girò di scatto in tempo per vedersi spalmare in faccia la canna del suo fucile. Cedric cadde a terra reggendosi il viso dolorante, mentre il compagno si avventava su Solan. La rossa cercò di muoversi il meno possibile visto che la testa le girava senza sosta. Decise di non usare i suoi poteri o si sarebbe data da sola il colpo di grazia, così afferrò di nuovo il fucile e cercò di colpire anche l’altra guardia che però scansò il colpo.

-Sol dietro di te!- urlò Edward accanto alle sbarre.

Solan si girò e vide Cedric afferrarla dalla vita stringendo forte per non farla muovere. Solan si sentì mozzare il fiato, non riusciva quasi a respirare. L’altra guardia si parò di fronte a lei con un ghigno malefico.

-Bene bene, sei riuscita a scappare, ma non scapperai da noi!- rise

Solan rise a sua volta confondendo la guardia e gli sferrò un calcio nelle parti basse che fece crollare l’uomo a terra. Cedric che teneva ancora la donna stretta dalla vita la scaraventò a terra e la sovrastò premendole le mani a terra e bloccandole il bacino con il suo.
Edward aveva afferrato con rabbia le sbarre di agalmatolite che gli stavano pian piano bruciando i palmi delle mani facendo uscire del lieve fumo da esse.

-Lasciala porco!- urlò il vice con occhi spiritati.

Diana guardò Solan, la quale dopo aver subito tutte quelle torture era riuscita a liberarsi ed era subito corsa a salvare un componente della sua ciurma. Senza dubbio quella donna aveva una grande forza di volontà e Diana già la ammirava molto.
Solan si dimenava sotto le grinfie di Cedric, ma non aveva più molte forze per contrastare l’uomo.

-Solan!- la chiamò Diana

La rossa guardò la ragazza nella cella che si era chinata a terra e le stava passando oltre le sbarre, facendo attenzione a non toccarle, la sua preziosa katana.

-Prendila!- disse la mora sorridendole, non aveva mai prestato la sua katana a nessuno, ma qualcosa dentro di lei le diceva che era la cosa giusta da fare.

Cedric intento a sovrastare la ragazza che riteneva molto affascinante, non notò niente, finché non sentì qualcosa di affilato trapassargli lo stomaco. Un dolore improvviso gli si propagò per tutto il corpo. Cedric abbassò lo sguardo e vide il sangue sgorgare senza sosta dal suo stomaco. Dolorante si accasciò accanto alla rossa reggendosi il ventre ferito.
Solan frugò nelle tasche dell’uomo, mentre esso era preso da delle forti convulsioni, e recuperò le chiavi delle celle.
Con un immenso sforzo si rialzò e si avviò verso la cella ed infilò la chiave per liberare i due pirati, ma l’altra guardia era pronta ad impedirglielo. Solan irritata si girò di scatto e affondò la katana nel corpo dell’altra guardia mandandola al tappeto accanto al compagno. Finalmente la rossa aprì la cella liberando i due pirati.

-Grazie e, scusa se l’ho sporcata!- disse la rossa porgendo la katana alla sua legittima proprietaria.

-Figurati, c'è abituata!- sorrise Diana.

-Sol!- la chiamò Edward dopo aver dato il colpo di grazia a quelle due guardie. Sapeva che Solan non l’avrebbe fatto, ma lui odiava lasciare vivi i nemici, così non si fece nessuno scrupolo a spezzargli l’osso del collo.

La rossa, al richiamo, si girò nella direzione del vice che la stava guardando con sguardo profondo. Solan conosceva quello sguardo, Ed lo faceva solo quando era preoccupato per qualcuno.

-Sto bene!- disse il capitano per confortalo, anche se non era la verità, più passava il tempo e più le sue forze l’abbandonavano. Se solo Lilian fosse lì, pensò.

Edward la scrutò per qualche secondo cercando di catturare lo sguardo ambrato della rossa, l’unico che poteva fargli capire le sue vere condizioni. Appena lo intercettò strinse i pugni, promettendo di far fuori Rondonos e tutti i suoi aiutanti, ma soprattutto promise a se stesso che l’avrebbe salvata, come lei tempo or sono l’aveva salvato da una vita vuota.

I tre pirati si incamminarono verso l’uscita delle segrete, seguendo il percorso fatto in precedenza da Solan.
Solan e Diana nel tragitto parlarono un po’ conoscendosi meglio e apprezzando ognuna le caratteristiche dell’altra.
Arrivati al bivio davanti le scale, Solan sentì delle voci.

-Ssssht… ho sentito qualcosa!- disse il capitano

Edward affinò l’orecchio e percepì dei respiri lenti.

-C’è qualcuno- professò il vice.

I tre pirati si immisero nel corridoio opposto al loro illuminato anch’esso da delle vecchie candele.

-Ho paura!- disse una piccola voce in un sussurro

-Zitta Shian o Baldarus ci prenderà!- disse un'altra voce.

I pirati si avvicinarono cautamente alla cella dove provenivano le voci e, in un angolo di essa, buio e umido, videro due bambine rannicchiate a terra strette l’una all’altra tremanti e spaventate. Intorno a loro c’era qualche vestito mangiucchiato dai topi, sicuramente appartenente a qualche altro bambino e tutt’intorno escrementi appartenente ai piccoli e sporchi animali.
La candela appesa davanti alla cella illuminava i piccoli e spaventati volti delle bambine tutte sporche e insanguinate.

-ma sono due bambine!- disse Diana scioccata dalle condizioni delle piccole, mentre Edward rimaneva in silenzio e Solan tremante si avvicinava alla cella.
La rossa sentiva la testa pesante ed era estremamente confusa. Si avvicinò ulteriormente alla cella e osservò le due bambine: una con dei lunghi capelli biondo sporco legati in una coda mezza disfatta con degli occhioni verdi terrorizzati, l’altra aveva dei lunghi capelli neri con una lieve frangetta che le ricadeva sui bei occhi ambrati entrambe avevano più o meno cinque anni. Solan osservò la bambina dai capelli neri, la quale aveva uno sguardo fiero anche se era spaventata a morte. Improvvisamente la rossa si fiondò sulle sbarre scuotendole e chiamando a gran voce il nome -Lya- delle lacrime lente cadevano dai suoi bei occhi ambrati simili a quelli della bambina.

-Lya! Lya!- continuava a urlare Solan. L’algamatolite aveva colpito anche la sua mente non facendole distinguere la realtà dai ricordi, il presente con il passato.

Le bambine si misero a tremare spaventate dalla reazione della rossa. La bambina mora riuscì a dire solo –mi chiamo Ariel…- cercando di convincere la donna che la fissava, che l’aveva scambiata per un'altra.
Edward con calma si avvicinò al capitano e piano le mise le mani sulle spalle e la allontanò dalla cella.

-Lasciami William! Non me la porterai via!- disse la rossa strattonandosi dalla presa del compagno.

Il vice prese la donna per il viso e appoggiò la sua fronte su quella della donna e disse –Sol, sono io Edward! Il tuo vice, il tuo compagno di bevute ricordi? E quella bambina non è Lya!- Solan sbattè le palpebre un paio di volte e poi ritornò in se. –Ed…cosa mi succede?- sussurrò.

-Tranquilla adesso andiamo da Lilian e ti curerà!- disse più a se stesso che a lei visto che era preoccupato da morire.

-Ragazzi abbiamo un problemino!- disse Diana improvvisamente.

I due pirati si girarono e videro un grosso uomo alto circa tre metri e mezzo avanzare verso di loro con una grossa mazza borchiata in mano.

-Baldarus!- disse tremante Ariel.

-Sol, tu e Diana portate le bambine fuori di qui, a questo grassone ci penso io!- disse Edward fissando il gigante che si avvicinava.
Solan notò gli occhi infiammati di Edward pronto a combattere e determinato più che mai.
Veloci Solan e Diana presero le bambine e corsero verso le scale, mentre Edward con un ghigno stampato in volto disse –Pronto a morire grassone?- schioccandosi le mani pronto a scatenare la rabbia che aveva accumulato in quel castello.


Nel frattempo Shin e Lilian erano alle prese con Rondonos. Lilian era ancora scioccata dall’aspetto di Rondonos. Non se lo aspettava di certo così, basso è così brutto, anzi si era immaginata tutto l’opposto.
Shin depose a terra Lilian e fissò la piccola ombra davanti a lui, Rondonos.

-Allora voi chi siete? Che ci fate nel mio castello?Anzi scommetto che siete i pirati di quella rossa che ho torturato fino a qualche minuto fa!- rise –Neanche gli altri due vostri amici sono riusciti a fermarmi, pensate di riuscirci voi?- disse con aria di sfida.

-Che cos’hai fatto a Solan?- urlò Lilian trattenuta da Shin –Dove sono lei e Edward? Rispondi mostro!-

-Basta! Mi hai stancato ragazzina!- disse Rondonos portandosi davanti il viso una mano con il palmo rivolto all’insù. –Adesso ti faccio passare la voglia di insultarmi!- disse il nano rabbioso.

Dal palmo della mano di Rondonos lentamente si formò un piccolo vortice di foglie sempre più grande, finché arrivato al suo culmine il perfido signore lo scagliò contro Lilian e Shin che vennero travolti dal vortice roteando velocemente al suo interno finché non furono scagliati contro una parete.
Shin si alzò a fatica dal muro mentre Lilian era svenuta li accanto a lui.

-Me la pagherai!!- urlò Shin correndo verso Rondonos e scagliandosi con un potente calcio verso di lui.
Il nanetto non era molto agile e infatti ricevette il calcio in pieno viso. Shin continuò a colpire il perfido uomo, scatenando la sua ira su di lui. Rondonos ormai aveva la faccia piena di lividi che lo rendevano ancora più brutto di com’era in realtà. Shin non gli aveva dato il tempo di contro attaccare con il suo potere, visto che si era scagliato contro di lui come una furia. Mentre il cuoco si preparava a colpire l’uomo con un forte pugno, il nano lo schivò e con uno schiocco di dita fece comparire una nuvola di petali che avvolsero Shin soffocandolo con un intenso profumo.
Rondonos approfittò di quell’occasione per chiamare a gran voce tutte le guardie del palazzo, qualcosa gli diceva che quei pirati non erano gli unici nel palazzo.
Uno stormo di guardie iniziò ad affollare i corridoi diretti verso il richiamo del loro capo.
Nel frattempo Diana e Solan erano appena giunte nel corridoio e videro Rondonos e Lilian a terra svenuta e Shin immerso in una nuvola di petali di fiori che si teneva stretto forte la gola in piena crisi respiratoria.

-Lily!- urlò Solan barcollando verso l’amica. La rossa si inginocchiò e cominciò a scuotere la mora che riprese conoscenza.

-Diana aiuta quel ragazzo ti prego, è dalla nostra parte!- disse Solan mentre reggeva il capo di una Lilian ancora un po’ confusa.

-Si vado!- disse Diana correndo ad aiutare Shin, mentre le due bambine alla vista di Rondonos si erano nascoste dietro una grossa colonna.

Diana strappò Shin da quella nuvola di petali rosa così il ragazzo potè di nuovo respirare. La mora osservò il ragazzo e lo riconobbe come il cuoco della locanda Iceland dove aveva mangiato qualche volta. Ma che ci faceva un cuoco lì a combattere contro Rondonos? Pensò.

-Sol sei tu?- disse Lilian mettendosi seduta

-Sì Lily, come stai?- chiese preoccupata il capitano.

-Bene, sto bene! ma tu piuttosto, quel mostro ha detto che ti aveva torturata e da quello che posso vedere non hai una bella cera!- disse il medico squadrando l’amica.

-Sì è vero, ma adesso che tu sei qui puoi darmi qualcosa per stare meglio!- disse speranzosa Solan.

-Non posso! Non so cosa ti ha fatto Rondonos e se non mi accerto prima delle tue condizioni non posso darti niente!-

Nel frattempo le guardie circondarono i pirati mentre Rondonos se ne andava tranquillamente.
I pirati si affiancarono al centro del corridoio, guardandosi in torno.

-Sono troppi!- disse Lilian preoccupata.

-Se sei spaventata e meglio che te la dai a gambe levate!- Disse Diana sprezzante.

-Ma questa chi è?- disse rabbiosa Lilian rivolta al capitano.

-Lei è Diana, una nostra alleata!-

Le guardie incombevano su di loro e Lilian decise di usare il suo potere per cercare di illudere almeno un po’ di loro. Shin capì cosa voleva fare il medico e le strinse la mano.
-Ma cosa…- disse Lilian confusa dal gesto del cuoco.

-Sai, anche io ho mangiato un frutto del mare. Sono in grado di accentuare o riutilizzare il frutto di chi tocco- disse il cuoco.

-Fantastico!- sorrise Lilian.

Improvvisamente delle fiamme immaginarie comparvero nel lungo corridoio facendo arretrare le guardie spaventate. Solan accentuò l’effetto con il suo potere facendo provare alle guardie una sensazione di calore se si avvicinavano all’illusione creata dalla compagna.

-Wow notevole!- commentò Diana –ma adesso, cosa facciamo?- chiese.

-Lily dammi qualcosa per non sentire dolore, devo distruggere una volta per tutte Rondonos, mentre voi vi occuperete delle guardie!- disse Solan.

Lilian senza ribattere, perché sapeva che era inutile con il suo cocciuto capitano, estrasse da un piccolo marsupio allacciato alla cintura una boccettina e una siringa.

-Devo farla sul collo così agirà prima, farà un po’ male però!- disse avvisando il capitano.

-Mai come il dolore che provo da ore-

Solan scostò i lunghi capelli mogano dal collo scoprendo così il piccolo tatuaggio a forma di lupo disegnato sotto l’orecchio, poi piegò il collo in modo da facilitare la penetrazione dell’ago e Lilian iniettò il forte antidolorifico.
Solan ebbe un fremito ma pian piano il dolore iniziò a dileguarsi, anche se sapeva che una volta finito l’effetto si sarebbe sentita molto peggio. Con un rapido scatto attraversò le fiamme immaginarie e si fece largo tra le guardie ricorrendo Rondonos. Lilian impugnò il suo fidato arco ed impedì ad alcune guardie di seguire il capitano mentre Shin e Diana si preparavano alla feroce battaglia.



Ryuu spalancò la porta della locanda Iceland con un calcio facendo sussultare i presenti. Tom il proprietario corse subito incontro al pirata e lo aiutò a portare Yuki nella sua stanza.

-Menomale che l’hai trovata, mi sono accorto troppo tardi che era scappata dalla finestra! La sua amica mi ha detto che non doveva assolutamente muoversi o le ferite si sarebbero aggravate!- disse Tom tutto agitato.

Ryuu osservò la ragazza sdraiata sul letto: aveva il viso molto pallido corrugato in una smorfia di dolore. Quella pazza aveva scavalcato una finestra nelle sue precarie condizioni per andarlo a cercare, perché faceva tutto questo per lui? Era troppo anche per una persona dolce come lei!

-Dove sono i miei compagni?- chiese brusco Ryuu

-La ragazza dai capelli rossi, Solan, e quell’altro con la cicatrice in volto non sono mai ritornati e Lilian e Shin sono andati al palazzo di Rondonos a cercarli- proferì il locandiere.

Ryuu aggrottò la fronte preoccupato –Sicuramente Solan si sarà cacciata in qualche guaio!- disse sorridendo appena –Vado anche io al castello, e mi raccomando- disse in tono serio e freddo, tanto da far accapponare la pelle al povero locandiere –se ti fai scappare ancora Yuki ti taglio la testa con questa!- disse mostrando la sua affilata falce a tre lame. Tom deglutì spaventato ed annuì, mentre Ryuu dopo aver sfiorato velocemente una guancia della navigatrice corse anche lui al castello di Rondonos.







Isola Foko

Luna infuriata marciava contro il capitano e la donna che aveva ferito le sue amiche. Non capiva perché essa si trovasse a fianco al suo capitano, che non fosse poi così cattiva proprio come pensava July? Mentre procedeva spedita verso di loro sentiva le urla dei suoi compagni che la incitavano a stare calma, visto che la conoscevano bene e sapevano che quando si arrabbiava diventava una furia. Ma Luna era una ragazza intelligente e man mano che arrivava davanti a Mya il dubbio che quella ragazza fosse in realtà dalla loro parte, si faceva sempre più strada nella sua mente. Arrivò davanti alla ragazza dai lunghi capelli corvini e rimase immobile ed in silenzio a fissarla, mentre tutti i suoi amici fissavano lei aspettando una sua mossa. Luna osservò gli occhi verdi della ragazza e ne lesse tanta tristezza e dispiacere. La vide dare un’occhiata veloce nella direzione di July e Sara, coloro a cui aveva sparato, e la vide sorridere appena quando constatò che stavano bene. La rabbia che provava qualche secondo prima svanì di colpo lasciando spazio ad un grosso sorriso che l’aveva sempre caratterizzata sul suo bel viso. Con una mossa veloce porse la mano a Mya sorridendole cordiale.

-Ciao! Io sono Luna!- disse felice.

Mya aveva notato l’aria più che incavolata che aveva la ragazza appena l’aveva vista, e poteva immaginare il perché, ma adesso non capiva perché il suo umore era cambiato di botto, che l’avesse già perdonata senza neanche ascoltare le sue scuse? Confusa e un po’ sbigottita, Mya strinse la mano di Luna e si presentò. – Mya Asaghy, piacere! E, scusa per prima, ma ero obbligata a sparare alle tue amiche ma ho cercato di fargli male il meno possibile- disse sorridendo appena, contagiata dall’enorme sorriso della biondina che aveva di fronte.

-Non ti preoccupare, l’avevo intuito! E tutto apposto!- disse raggiante Luna.

Gli altri pirati erano rimasti sbalorditi quando Luna aveva teso la mano a Mya invece di scatenare una rissa, quella ragazzina bionda stupiva ogni giorno di più i suoi compagni, soprattutto Stun che sorrideva felice al gesto dell’archeologa.
Tutta la ciurma, e i nuovi arrivati, si riunirono attorno ad Amlach.

-Cos’è successo qui?- disse il capitano guardandosi intorno e deducendo che si era appena concluso uno scontro.

-Gli isolani erano impazziti, probabilmente secondo le informazioni ricevute dal padre di Chuck, la loro pazzia è dovuta al potere del nuovo Barbanera, Sylas; poi sono arrivati, come ben sai la ciurma della tigre rossa, con questa ragazza- disse Ashuros indicando Mya –ma li abbiamo battuti come puoi vedere!- ghignò.

-Mya è dalla nostra parte! Si è trovata su quella nave per necessità ma appena ha potuto mi ha salvato la vita e da oggi fa parte della nostra ciurma- disse con il suo solito tono piatto ed autoritario Wolf.

-COSAA??- disse sorpresa Mya guardando con occhi fuori dalle orbite l’uomo accanto a lei.

-Benissimo! Benvenuta nella ciurma Mya!!- disse entusiasta Luna saltellando attorno alla ragazza.

-Ma, io… - cercò di dire la corvina, ma Amlach non la degnava di uno sguardo o una parola.

-Chuck!- lo chiamò Amlach –hai dunque trovato tuo padre?- chiese non calcolando la reazione ancora scioccata di Mya.

-Sì, si trova a casa nostra però è ferito.- disse abbassando la testa.

-July ce la fai ad andare a soccorrere il padre di Chuck?- chiese il capitano

-Sì, certo!- disse la biondina convinta.

-Bene, allora vai insieme a…- disse indicando Sara –Lei… e Chuck a curare suo padre, ci ritroviamo qui!- ordinò il capitano.

-Subito capitano!- disse July incamminandosi con Sara e Chuck. Sara non capiva perché quell’uomo desse ordini anche a lei ed accettasse così su due piedi, senza che glielo aveva neanche chiesto, Mya nella sua ciurma, quel tipo era davvero strano, ma lo ammirava molto. I suoi uomini parlavano molto bene di lui e si vedeva che lo rispettavano tantissimo, le sarebbe piaciuto entrare anche lei a far parte di quella ciurma, ma lui non aveva detto niente a riguardo, anzi non ricordava neanche il suo nome.

-Scusa Amlach…- lo interruppe Mya arrossendo –Ma non ti ho mai chiesto di entrare nella tua ciurma, io…-

Amlach si girò verso la ragazza fissandola con il suo unico occhio color ghiaccio. Mya capì dallo sguardo dell’uomo che gli stava chiedendo se aveva qualcosa in contrario e Mya pensò che non aveva mai incontrato dei pirati così buoni di cuore e che combattono per i loro ideali non per arricchirsi, quindi sorridendo fiera e disse –Grazie, accetto!-

Wolf alzò un angolo della bocca in una sottospecie di sorriso e si concentrò su il resto della ciurma. –Sylas è molto abile, ha un potere molto forte ma lo batterò!- disse stringendo la mano destra all’elsa di una delle sue katane –Quel vigliacco è scappato dal palazzo comunale è dobbiamo trovarlo, prima che usi di nuovo il suo potere su qualcuno di noi- digrignò i denti al pensiero che quel viscido aveva giocato con la sua mente e, se non fosse arrivata Mya probabilmente lo avrebbe mandato ad uccidere i suoi stessi nakama.

-Allora che aspettiamo andiamo a cercarlo!- disse Asako pronta a veder morire colui che si definiva il nuovo Barbanera.

-Stun! Luna! Voi andate al palazzo comunale, lì ci sono molti incartamenti forse in qualcuno di essi troverete un altro suo nascondiglio, mentre io, Ashuros, Mya e Asako andremo a cercarlo oltre il villaggio!- ordinò

Luna e Stun si avviarono verso il comune mentre gli altri si dirigevano verso l’interno del villaggio.

Intorno a loro regnava il caos più assoluto. I paesani impazziti avevano messo a ferro e fuoco il villaggio, distruggendo molte abitazioni e negozi.

-Ci vorrà molto lavoro per ricostruire tutto quanto!- notò Asako.

-Se sono tutti come Chuck, sono gente in gamba e aiutandosi a vicenda riporteranno il villaggio come nuovo!- disse Ashuros.

Asako arrossì di botto ripensando a Chuck e al modo dolce come la guardava, nessuno l’aveva mai guardata così. Chuck si era mostrato anche molto coraggioso nel voler vendicare suo padre dai pirati di Sylas, e poi era piombato durante la battaglia al porto e l’aveva salvata… le sarebbe piaciuto averlo accanto durante il viaggio sulla Black Moon ma sapeva che aveva dei doveri nel suo villaggio, soprattutto adesso che il padre era stato ferito e che andava ricostruito il villaggio, chissà, magari un giorno si sarebbero rincontrati.

-Capitano, come faremo a non farci influenzare dal potere di Sylas?- chiese improvvisamente Ashuros.

-Ash, non so… dovremo stare molto attenti, non dobbiamo permettergli di metterci gli uni contro gli altri-

-Secondo me…- intervenì Mya –tutto sta a non guardare i suoi occhi! Se non si fissano i suoi occhi il suo frutto non dovrebbe aver nessun effetto, anche se parte del suo potere, da quello che ho potuto notare, consiste nel attirare la preda con il suo sguardo magnetico e poi stravolgergli la mente- disse saggiamente la mora.

Ashuros guardò Mya stupito e quando incrociò i suoi occhi smeraldo arrossì lievemente, senza capirne il motivo, anche se aveva sempre avuto un certo imbarazzo con le donne.

-Credo che Mya abbia ragione, la sua teoria regge!- disse la navigatrice pensando alle parole della nuova nakama.

-Bene, allora per stare più sicuri nessuno guardi troppo a lungo lo sguardo di quel farabutto!- ordinò Wolf.




Mentre Wolf e company cercavano un modo per non farsi manipolare da Sylas, Luna e Stun erano appena giunti al palazzo comunale.

-Il nostro capitano si deve essere divertito un bel po’ qui!- disse Stun notando i vari cadaveri dei pirati di Sylas sparsi per tutto il salone.

-Sì, senza dubbio! Peccato volevo esserci!- disse l’archeologa sbuffando e mettendo un adorabile broncio a cui Stun non riusciva a resistere per stuzzicarla.

-Così rischiavi di essere decapitata anche qui!- la punzecchiò

-Ahah, divertente! Ma davvero oggi perché ce l’hanno tutti con la mia povera testa?!- chiese sorridendo.

-Luna…- disse serio Stun avvicinandosi di più alla ragazza.

-Si…- disse lei deglutendo nervosamente

-io…- disse con tono basso avvicinandosi fino ad arrivare a qualche centimetro di distanza dal volto di Luna.

-Tu…?- chiese la biondina con il cuore che le batteva forte. Non capiva il motivo, era abituata alla vicinanza di Stun, ma da quando l’aveva salvata dalla decapitazione nel porto, qualcosa era scattato dentro di lei, ma non capiva ancora bene cosa, o non voleva capirlo.

-io, volevo dirti che…- disse avvicinando una grossa mano blu al volto della biondina e lasciandola sospesa a mezz’aria, mentre l’archeologa stava diventando paonazza per l’imbarazzo.

-co-cosa…vo-volevi dirmi?- disse con la voce tremante, Luna.

-Bè…- sospirò Stun sorridendo –hai uno scarafaggio che si sta facendo una vacanza su i tuoi capelli!- rise sommessamente.

-Cosa? U-uno SCARAFAGGIO????- disse Luna iniziando a saltare ed urlare per l’orrore, e dire che pensava che Stun stesse per… che sciocchezza lui non provava certe cose per lei! Ma, cosa aveva appena detto? Uno scarafaggio era sulla sua testa? –Aaaaaaaahh! Stun toglilo subito da liiiiiiiiii!!!- urlò agitando le mani, terrorizzata da quello schifoso insetto.

Stun era piegato in due dal ridere, vedere la sua compagna agitarsi così per un piccolo insetto, mentre contro orde di marine e pirati era sempre coraggiosa e pronta alla battaglia, lo faceva sbellicare dalle risate, e dire che per poco aveva avuto la tentazione di baciarla, prima di vedere lo scarafaggio, ovviamente!

-STUN! Ho detto toglimi questo mostro dalla testaaaa!!!- gli ordinò.

-Se stai un attimo ferma magari riesco a toglierlo ahaha!- disse continuando a ridere.

-e smettila di ridereee!!!- urlò isterica.

Con un lungo respiro Luna cercò di calmarsi e stare ferma così che Stun potesse scacciare quel mostro dalla sua testa! La sua povera, povera testa.

-Ecco fatto, sei salva adesso!- disse l’uomo blu beffeggiandola.

-Aaaaah da quanto avevo quel coso in testa?- chiese scompigliandosi nervosamente i capelli per controllare che non ci fossero i parenti dello scarafaggio.

-mah, forse da quando siamo sbarcati!- la prese in giro Thunder.

-COSAAA???? E me lo dici solo adessoooo???- urlò alzando un dito verso l’alto creando così pian piano una bolla d’acqua grossa come una palla da bowling che scagliò sulla testa di Stun.

-LUNAA!!!- gli urlò contro il blu mentre l’archeologa con un sorriso biricchino in viso correva su per le scale, lì dove si trovava l’ufficio del sindaco e dove aveva risieduto Sylas prima che Wolf lo mettesse in fuga.





Chuck entrò in casa come una furia preoccupato per le condizioni del padre che giaceva steso sul pavimento della cucina.

-Eccolo è qui!- urlò a July e Sara.

July si sedette vicino all’uomo che ormai respirava appena.

-Mmmm è molto grave…- disse

-Non-non ce la farà?- chiese in ansia Chuck.

-Tranquillo farò tutto il possibile per salvarlo! Sara cerca un lenzuolo o qualcosa di simile devo bendarlo!-

Sara corse per tutta la casa alla ricerca di ciò che le aveva chiesto July. I capelli castani con ciocche viola le si appiccicavano sulla fronte obbligandola a scostarli ogni tre per due. Entrò nella camera da letto di qualcuno, forse di Chuck e trovò qualche maglia ancora pulita nel grande armadio a quattro ante e le portò subito a July.
July nel frattempo, con un coltello da cucina molto affilato aveva fatto un taglio sul costato dell’uomo per impedire un’emorragia interna. Con molta cura disinfettò le ferite e ricucì qualche taglio ed in fine con l’aiuto di Chuck e Sara bendarono il padre di quest’ultimo con i tessuti recuperati dalla castana.
Il sindaco iniziò a respirare più regolarmente, facendo tirare un sospiro di sollievo sia al figlio che al medico, che fino all’ultimo minuto temevano il peggio.



Nel frattempo alle pendici di una grande scogliera, Sylas osservava il mare, aspettando che il suo rivale arrivasse per affrontarlo nell’ultimo scontro, sempre se avrebbe superato le sorprese che gli aveva lasciato lungo il percorso che lo conduceva da lui. Rise sentendo l’urlo di dolore di una donna, la sua prima trappola era stata innescata.






ANGOLO AUTRICE:

Ciaooooo Carisssimi lettoriiiii!!!!!
Vi sono mancata??? ;) Ma anche no!
Allora eccoci con un nuovo capitolo. Devo dire che non mi dispiace! Tutto ormai sta volgendo al termine Amlach è pronto ad affrontare Sylas per l’ultima volta e lo stesso vale per Solan contro Rondonos!
Che ne dite di questo cap? spero vi sia piaciuto! Come sempre sono successe un po’ di cose, Sol con qualche difficoltà ha liberato Edward e Diana e poi le due bambine, ma chi sarà Lya? E il nuovo arrivato Baldarus? Già vi dico che sarà super affascinante come Rondonos, preparatevi! :) Per quanto riguarda Wolf, Mya è entrata ufficialmente nella ciurma e Luna non l’ha uccisa, anzi ci ha fatto amicizia! Adesso mancano solo gli scontri finali u.u
Bè come sempre aspetto le vostre recensioni, che come sapete mi danno una gran carica!!!! Grazieeee milleeeee!!!
Vi aspetto al prossimo e forse ultimo cap di questa saga, dovrei, se riesco, aggiornare il 20 febbraio!!
Un bacione miei cari!!!
La vostra pazza kiko!


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Capitolo 16
*** capitolo 15 ***


Un grido di dolore, un corpo che si accascia a terra, il panico, il terrore.

Era successo tutto molto velocemente che Amlach non riusciva tutt'ora a rendersi conto di ciò che era successo realmente.
Lui e parte della sua ciurma si erano avventurati alla ricerca del pericoloso Sylas per sconfiggerlo una volta per tutte, ma una volta giunti nei pressi di Asbraron, la foresta senza vita, le cose si erano complicate.
Asbraron era un luogo desertico, costituito da arbusti ormai privi di vita con spine pungenti e alberi morti, senza neanche una foglia. Il terreno su cui crescevano era nero come la notte, con pietre grigie scuro dai mille fori; tutto quello sicuramente era la conseguenza di una potente ondata di lava avvenuta qualche anno prima.
I pirati si erano persi nell’ammirare quel tetro paesaggio, distraendosi giusto quel tanto che bastava perché le trappole che aveva precedentemente lasciato Sylas agissero inosservate.

Asako e Mya stavano parlando dei lunghi viaggi che la mora aveva affrontato da sola e dell’abilità nella navigazione che aveva acquisito, diventando poi la navigatrice dello spietato tigre rossa. Mentre le due ragazze parlavano, il capitano e Ashuros discutevano delle mosse da fare per sconfiggere il nemico. All’improvviso Asako senza accorgersene si ritrovò il piede incastrato in una tagliola. La ragazza cadde a terra gridando per il forte e lancinante dolore alla caviglia. I tre pirati si piazzarono attorno a lei cercando di aiutarla ad aprire quella maledetta trappola, ma più Amlach cercava di aprire gli aguzzi denti, più essa si stringeva come una morsa intorno alla caviglia sanguinante della navigatrice. Asako non riusciva a trattenere le lacrime per il dolore. Il suo viso era diventato bianco come un lenzuolo e Mya era convinta che la biondina sarebbe svenuta da un momento all’altro.

-maledizione non si apre!- disse Wolf dando un pugno al terreno nero.

-Aiutatemi…per favore…fa male da morire!- disse Asako torturandosi con i denti il labbro inferiore per non gridare ulteriormente dal dolore.

-Tranquilla Asi riusciremo a togliere questa schifezza dal tuo piede!- disse Ashuros determinato.

I denti della tagliola stringevano sempre più forte, come se avessero una vita propria, facendo soffrire sempre di più la povera navigatrice.

-La ferita è molto profonda serve un medico al più presto!- disse Mya osservando la ferita alla caviglia di Asako.

-Si ma prima dobbiamo liberarla!- ringhiò Wolf.

-cerchiamo il capo di quest’affare, magari troviamo un disinnesco- disse l’argentato.

I due uomini iniziarono a scavare intorno alla trappola, mentre Mya asciugava con un fazzoletto il sudore freddo della navigatrice ormai svenuta per il dolore.

-Ma non è possibile!- urlò rabbioso catena nera.

-Che succede?- chiese la nuova nakama.

-Qui sotto non c’è niente! Non è possibile, una trappola deve…- ma Ashuros non finì la frase che con un lento sibilo altre trappole si avvicinarono a loro. Sembravano muoversi volontariamente, animate da una strana forma di vita propria, ma com’era possibile?

-Che diavolo sta succedendo?- sbottò Amlach osservando le trappole avvicinarsi, strisciando sempre più vicini a loro.






Nel villaggio: casa Chuck.

-Ecco, tuo padre finalmente è fuori pericolo!- disse July, stanca ma felice. Salvare la vita ad una persona la rendeva sempre orgogliosa del suo lavoro.

-Ottimo lavoro July! Sei stata grande!- disse Sara sorridendo.

-Chissà come se la stanno cavando gli altri!- pensò ad alta voce July, corrugando leggermente la fronte in pensiero per la sorte dei suoi compagni.

-Forse Amlach starà già dando il colpo di grazia a Sylas e tra poco saranno qui!- disse speranzosa Sara.

-Oh no!- disse improvvisamente Chuck sbiancando di colpo.

-Ehi Chuck che ti succede? Ti senti male?- chiese il giovane medico andandogli vicino.

-Sono uno stupido!- disse sbattendosi una mano sulla fronte e gesticolando agitato –mi sono completamente dimenticato di avvisare Amlach dei guardiani di Sylas nella foresta di Asbraron, sono tutti in pericolo!- disse in piena crisi nervosa.

-Calmati adesso!- disse Sara poggiandogli due mani sulle spalle –adesso fa un respiro profondo e dicci chi sono questi guardiani e che pericolo c’è in questa foresta-

-Sylas quando è arrivato qui, era già informato delle speciali creature che abitano nella nostra foresta. Asbraron, e un luogo oscuro. Dopo l’eruzione del vulcano qualche anno fa, essa si è popolata di strane creature, le Riskan: delle sottospecie di piante carnivore che sembrano delle trappole per animali, ma che in realtà hanno una loro vita e sono molto pericolose. Poi ci sono i guardiani della foresta, fanno parte del popolo dei Miras, gente con delle strane usanze che abitano alle pendici del vulcano e che non scendono mai qui al villaggio. Quando hanno visto Sylas per la prima volta lo hanno scambiato per un Dio sceso dal cielo e gli hanno offerto la loro protezione, e ovviamente Sylas non si è fatto sfuggire tale opportunità-

-Cavolo! E questi Miras sono molto potenti?- chiese la mora

-Sono un popolo guerriero specializzato nell’invenzione di potentissime armi! Dobbiamo subito avvisare gli altri, sono in pericolo!- disse sempre più agitato Chuck, preoccupato soprattutto per Asako.

-Ma tuo padre? Come facciamo con lui?- chiese Sara

-Lui adesso deve solo riposare, e gli abitanti del villaggio impazziti sono sotto controllo, meglio lasciarlo qui!- disse July.

-Ok! Allora andiamo!-






Foresta Asbraron


-Ma si muovono! Sono vivi!- disse Mya disgustata.

I tre pirati si misero intorno alla navigatrice per proteggerla. Mya aveva afferrato le sue fidate pistole, Ashuros era già pronto ad imprigionare quegli strani esseri con le sue catene ed Amlach, mano sull’else delle katane era pronto all’attacco.

-Non si devono avvicinare ad Asako- ordinò

-Si capitano!- dissero in coro i due pirati.

Le strane creature avanzarono sempre più velocemente verso di loro, iniziando a saltare addosso ai pirati.
Amlach e i suoi iniziarono a combattere contro quelle strane tagliole, neutralizzandone qualcuna, ma subito dopo ne spuntavano da ogni dove altre, diventando una miriade.

-Ma sono tantissime, da dove sbucano?- chiese Mya con il fiatone. La ragazza non faceva in tempo a colpire qualche pianta carnivora che subito altre cinque ne prendevano il posto.

-dobbiamo trovare un modo per distruggerle tutte, o non finiranno mai!- urlò Ashuros nel frastuono della battaglia.

-Aaaah!- l’urlo di Asako catturò l’attenzione dei tre pirati che si girarono all’unisono verso la ragazza. La biondina era infatti stata aggredita da un'altra pianta che le aveva azzannato il braccio. Con un fendente Amlach aveva subito staccato la pianta dal braccio della navigatrice che ora sanguinava copiosamente dove i denti della pianta avevano lacerato la sua pelle.
Mya si accostò alla ragazza, cercando di tenerla sveglia ed impedirle di riaddormentarsi.

-Asako resta qui con noi, non addormentarti o potresti…-ma non finì la frase, spaventata dalle sue stesse parole.

L’ulteriore attacco ad Asako aveva distratto sia il capitano che Ashuros, che vennero attaccati alle spalle da una decina di piante ciascuno. I morsi delle piante laceravano la carne dei due ragazzi, macchiando i vestiti e il terreno scuro, del loro brillante sangue.
La situazione si era fatta davvero difficile per i quattro pirati, che ora si ritrovavano in balia di quelle strane e violente creature. Wolf e Ashuros anche se sofferenti combattevano il più possibile, cercando di sterminare quelle erbacce, mentre Mya non poteva fare altro che stare accanto alla navigatrice e proteggerla da ulteriori attacchi.

All’improvviso una forte ed improvvisa folata di vento, sballottò molte piante in aria, facendole volteggiare prima in un vortice di vento e foglie per poi essere sbilanciate lontano da lì, consentendo ad Amlach e Ashuros di riprendere il dominio su gli esseri rimasti.
Sara, arrivata insieme a July e Chuck nella foresta di Asbraron, estrasse dalla tasca dei suoi jeans grigi, dei piccoli kunai di cristallo intrisi di haki e li sferrò contro le piante ferendole mortalmente.

-Meno male che siete arrivati!- disse con un sospiro di sollievo Mya.

-Asako! Cosa le è successo?- disse allarmato Chuck scavalcando qualche pianta carnivora e sedendosi accanto alla biondina.

-Sono state queste maledette piante! Una è ancora attaccata alla sua caviglia e non sappiamo come toglierla!- disse Mya

-Dannazione maledette Riskan! Ma, forse… Sara vieni qui!- la chiamò Chuck invaso da un’improvvisa illuminazione.

Sara neutralizzò altre piante e corse dall’amico. –Cosa c’è? Oddio, cos’è successo ad Asako?-

-una Riskan le ha ferito la caviglia e non vuole staccarsi, forse con uno dei tuoi kunai si staccherà senza affondare maggiormente i suoi denti nella pelle di Asako!- disse con voce tremolante e tesa, Chuck.

-Ok, ci provo!-

-Attenti!- urlò July avvertendo i compagni dell’attacco di altri Riskan.

-Ci penso io!- disse Sara costruendo, con i suoi poteri, uno scudo di cristallo intorno loro. Una volta protetti dallo scudo, Sara estrasse un nuovo kunai e lentamente lo conficcò dentro la pianta facendo attenzione a non ferire ulteriormente la navigatrice. La pianta si contorse per qualche secondo per poi staccare la presa dalla caviglia di Asako ed esalare il suo ultimo respiro con il kunai conficcato nel corpo.

-Fantastico ci sei riuscita!- esultò tutto felice Chuck mentre Mya tirò un sospiro di sollievo.

-Bè avevate qualche dubbio!?- rise sguaiatamente Sara, contenta anche lei di aver risolto il problema.

Nel frattempo Amlach, July e Ashuros avevano sterminato molte piante e le altre stavano strisciando via da quei inaspettati pericolosi nemici.

July corse subito dalla compagna, iniziando a medicare la ferita. Intanto Asako aveva ripreso un po’ di colore sentendo sempre meno dolore grazie alle cure della nakama.

-Asi come ti senti?-chiese Chuck tenendole una mano.

-adesso molto meglio…- sussurrò ancora indebolita.

-July, come mai siete venuti qui?- le chiese il capitano.

-Chuck si è ricordato dei pericoli di questa foresta quindi siamo corsi ad avvisarvi-

-Capitano!- richiamò l’attenzione Ashuros

-Sì, li ho sentiti- disse Amlach voltando lo sguardo verso l’interno della foresta, dove nell’oscurità si muovevano i guerrieri Miras.

-Chuck porta Asako via di qui!- ordinò il capitano non staccando mai lo sguardo di ghiaccio dalla foresta.

-va bene!- disse Chuck caricandosi Asako in braccio ed iniziandosi ad incamminare verso il villaggio.

Gli altri pirati rimasero in attesa che il nuovo nemico si mostrasse, tutti sulla difensiva e pronti all’attacco.

-Certo che con voi non si rischia di annoiarsi mai!- disse Sara ridendo. Le piaceva la vita movimentata e, con loro, lo doveva essere sempre.

-Bè dovrai abituarti!- disse con tono freddo, ma un po’ scherzoso, Amlach.

Sara si ammutolì all’istante. Perché si doveva abituare a quella vita? Che forse Amlach avesse deciso di prenderla nella sua ciurma?

Il primo schieramento Miras si fece avanti mostrando una ventina di uomini armati di tutto punto: coltelli, fucili tecnologici, balestre, quegli uomini avevano un vero e proprio arsenale con loro, la lotta sarebbe stata davvero difficile.

-Capitano, possiamo cavarcela da soli, tu hai altro a cui pensare!- disse catena nera incontrando lo sguardo del suo capitano.

Wolf non disse niente. Sapeva che i suoi uomini erano in gamba e, con le due nuove aggiunte nella ciurma lo erano ancora di più. Lui aveva un compito e una battaglia da portare a termine, doveva sconfiggere e neutralizzare Sylas una volta per tutte. Con un cenno del capo accordò alle parole di Ashuros e con un veloce balzo e qualche fendente ben calcolato si fece largo tra le squadriglie dei Miras. I guerrieri rimasero un attimo spiazzati da quell’uscita, ma poi cercarono di inseguire il pirata, ma gli uomini di esso li fermarono iniziando così la lotta.






Wolf corse sempre più veloce nella foresta oscura. I rami secchi degli alberi sfregiavano la sua pelle quando gli passava a fianco. Il suo occhio glaciale era puntato in un'unica direzione, davanti a se, verso Sylas. Quell’uomo dall’anima malvagia e gli occhi viola, lo aveva stufato. Aveva fatto troppo male e adesso era giunta l’ora che la pagasse.
Con un balzo Amlach scavalcò un tronco caduto a terra forse a causa di un temporale. L’uomo uscì finalmente dalla foresta e si ritrovò al cospetto di una spettacolare scogliera. Il paesaggio che gli si stagliava davanti era da mozzare il fiato, persino ad un uomo apparentemente senza cuore e freddo come lui. Il sole ormai stava tramontando colorando così il cielo di mille sfumature, dal rosso al giallo e qualche sfumatura di violetto qua e là. Nel momento in cui il sole toccò piano il mare, affondando lentamente in esso, Sylas spuntò al vertice della scogliera. Wolf automaticamente mise una mano sull’elsa delle sue katane, agguerrito più che mai.

I colori del sole sempre più perso nell’oceano, si dipingevano sul volto dell’uomo dagli occhi violetti, approfondendone il sorriso sadico che aveva in volto.

-Vedo che sei finalmente arrivato, Amlach!- disse ridendo Sylas.

-Non sono io quello che è scappato a gambe levate, Sylas- rispose a tono il capitano della Black moon.

-Non sono scappato!- urlò offeso l’uomo –piuttosto come stanno i tuoi compagni? Hanno già incontrato i miei guardiani?- rise

-Poche chiacchiere Sylas e combatti!- disse collerico Wolf, il quale non vedeva l’ora di concludere quella situazione.

-Immagino che questo sia un sì- rise sempre più forte cosa che fece sempre più innervosire Amlach.

Con uno scatto fulmineo, mentre la sua risata riecheggiava ancora nel tramonto, Sylas scattò in avanti verso Wolf, impugnando una delle sue pistole per puntarla alla gola del capitano. Wolf però aveva i riflessi pronti, e con uno scattò altrettanto veloce posizionò le sue tre katane, come faceva sempre il grande Roronoa.
Il duello iniziò senza nessuna esclusione di colpi. Sylas aveva con se anche lo spadone rubato nell’ufficio del sindaco e con esso cercava di colpire Wolf, che però risultava essere sempre più veloce di lui.
Sylas si stava sempre più innervosendo nel non riuscire a colpire Wolf, questa cosa lo stava mandando fuori di testa rallentandolo anche nei movimenti. Non sapeva come sconfiggere quell’abile pirata, l’unico modo era portarlo, grazie al suo potere, dalla sua parte, ma questo era già accaduto e si era rivelato un fiasco, visto che Wolf si era, inspiegabilmente, liberato del suo controllo, ma lui non demordeva.
Amlach colpì Sylas con un profondo fendente allo stomaco, facendolo balzare all’indietro. Il capitano della Black moon era ormai inarrestabile, anche se il pensiero per i suoi compagni era sempre vivo dentro di lui.
Sylas, con fatica cercò di alzarsi, quando improvvisamente si udì un boato provenire dalla foresta. Amlach si girò di scatto verso di essa distraendosi così dal duello in atto. Sylas fruttò subito a suo vantaggio quella distrazione e, impugnando di nuovo lo spadone, affondò la lama nel costato del capitano. Amlach sentì un freddo glaciale attraversargli le costole vedendo spuntare, intrisa del suo sangue, la lama dello spadone, dal suo addome. Sylas ritirò la lama, facendo gemere di dolore Wolf che si accasciò a terra.

-Mai distrarsi durante un incontro, Wolf!- disse con tono trionfante –in fondo non so cosa ti leghi così tanto a quei quattro pirati, non valgono niente- disse con tono sprezzante.

Wolf a quelle parole sentì la rabbia bollente come la lava di un vulcano, salirgli nelle vene ed invadergli tutto il corpo, dandogli la forza necessaria per alzarsi e continuare a combattere. Wolf strinse la sabbia tra i pugni delle mani e si alzò barcollando appena. Impugnò una delle sue katane, cadute a terra per il colpo precedente, e si avviò verso Sylas.

-i miei compagni sono la mia forza, la ragione per cui riesco ad andare avanti e, tu, non devi neanche nominarli!- disse Wolf furioso.

Quando il moro, girandosi vide Wolf in piedi con la katana pronto a combattere ancora e ancora, mentre la ferita che gli aveva impresso sgorgava senza pietà, rimase paralizzato. Amlach Lumbar stava per segnare la sua fine, questo Sylas l’aveva capito. Non aveva mai incontrato in vita sua un uomo con tanta forza di volontà e, da una parte era orgoglioso di aver combattuto contro di lui, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di averlo sconfitto.
Con un veloce balzo Sylas si buttò dalla scogliera, ghignando per aver comunque scelto lui il suo destino.
Amlach si sporse dalla scogliera maledicendo l’uomo appena caduto. Vide Sylas ghignare mentre cadeva sempre più in basso, verso il profondo blu del mare.
Amlach ripose la katane e, sorridendo, aprì il palmo della mano creando così, grazie alle ombre che il sole calante stava lasciando sulla terra, un grosso buco nero che andò a posizionare appena sotto Sylas. L’uomo appena vide il buco nero e le fiamme oscure che bruciavano al suo interno maledì Wolf, togliendosi per sempre il suo tipico sorrisino dal volto. Era stato sconfitto, Wolf lo aveva sconfitto, per sempre.
Il corpo di Sylas venne inghiottito dal buco nero che si richiuse appena dopo averlo inghiottito. Wolf con sempre un sorrisino in volto, cadde con le ginocchia a terra, sputando qualche rivolo di sangue e accasciandosi stanco, a terra.







Isola di Foko:porto

-Grazie mille Amlach per il vostro aiuto, avete salvato la nostra isola dalla tirannia di Sylas. Ve ne saremo per sempre grati!- disse il sindaco del villaggio con ancora tutto il corpo fasciato, ma comunque in ottima forma.

-Di niente- grugnì un po’ scontroso Amlach, il quale non amava ricevere mille ringraziamenti. Lui non combatteva per essere lodato, ma perché era quello che gli dettava il cuore, la cosa giusta da fare, non voleva nient’altro.

-Ora dobbiamo salpare!- disse il capitano cercando di riprendersi la mano tenuta in ostaggio dal sindaco che continuava incessantemente a ringraziarlo.

Dopo aver sconfitto con non poche difficoltà i guerrieri Miras, Ashuros e gli altri si erano recati sul luogo del combattimento di Sylas e Wolf e avevano trovato il loro capitano vivo, ma gravemente ferito. Subito July aveva apportato le prime cure e poi tutti si erano recati al villaggio. Con la disfatta di Sylas gli isolani erano ritornati in se e Luna aveva potuto liberarli. Con l’aiuto del medico del villaggio, July aveva curato tutti i feriti mentre Luna e Stun avevano aiutato per qualche giorno, Chuck e i suoi cittadini a ricostruire il villaggio malandato.
Ora però, era giunto il momento di tornare in mare. Wolf e la sua ciurma, come tutti i pirati che si rispettano, non riuscivano a restare troppo a lungo sulla terra ferma, il richiamo del mare era sempre molto forte dentro di loro.

-Tieni Asi, questa è la mappa della prossima isola che incontrerete seguendo questa rotta: L’isola dei giganti- disse Chuck tenendo stretta una mano della ragazza, la quale si era ripresa bene dall’attacco dei Riskan, anche se la caviglia era ancora fasciata.

-Grazie, mi dispiace che non puoi salpare con noi, mi mancherai- disse la biondina arrossendo.

-Anche tu, tanto- disse Chuck avvicinandosi al viso della giovane e baciandola dolcemente.



-Grazie a tutti! Mi mancherete! Siete fantastici!- urlava Luna salutando ogni isolano come se fosse il suo migliore amico, per poi afferrare un grosso sacco e trascinarlo verso la nave.

-Che c’è la dentro?- chiese curioso Stun

-Uhm…provviste! Anzi visto che sono un po’ pesanti portale tu sulla nave!- disse Luna lanciando il grosso e pesante sacco in braccio a Stun.

-Luna! Aspetta io…- ma ormai era inutile l’archeologa si era già dileguata tra la folla così Stun dovette rassegnarsi a portare il sacco con le provviste, che per lui non era affatto pesante, ma non voleva darla vinta a quella furbetta di una biondina.



-Pronta ad iniziare un nuovo viaggio?- chiese Ashuros a Mya mentre si incamminavano verso la nave.

-Sì, sono convinta che sarà un viaggio molto interessante!- disse la giovane sorridendo felice, sapeva dentro di se di aver trovato finalmente delle persone buone e leali con cui affrontare il suo viaggio e ritrovare il fratello, con loro era certa che ci sarebbe riuscita.


-E tu che fai impalata lì, non vieni?- disse Wolf girandosi verso Sara che era rimasta lì ferma nel porto senza sapere cosa fare. Voleva andare con loro, ma Amlach non gli aveva mai detto che era a tutti gli effetti una della ciurma, forse nella foresta aveva travisato le sue parole.

-io…veramente…- disse un po’ impacciata.

-Su, non abbiamo tempo da perdere, prendi le tue cose e fatti dire da Asako quale sarà la tua stanza, ormai sei una di noi!- disse salendo sulla nave e sorridendo senza farsi vedere dalla ragazza la quale era scoppiata a ridere dalla felicità.




La Black moon era ormai salpata da qualche ora quando Luna si ricordò di una cosa molto importante.

-Capitano!- urlò improvvisamente mentre stavano cenando.

-Uhm…- grugnì Wolf

-Io e Stun abbiamo trovato dei documenti nell’ufficio occupato da Sylas e, uno sembra molto importante- disse seria –pare che Sylas stesse anche lui cercando il tesoro di Monkey D. Rufy e pare che, secondo questo documento, il tesoro possa trovarsi sull’isola Karstar- concluse l’archeologa.

-Interessante!- disse Ashuros, bevendo un sorso di birra.

-La rotta allora è giusta- disse Asako controllando il log pose –la prossima isola è quella dei giganti e poi dovremmo arrivare a Karstar-

-L’isola dei giganti hai detto??- disse Luna,alzandosi in piedi di scatto, facendo così cadere la sedia a terra.

-Sì, proprio quella- confermò la navigatrice.

-Ma è fantastico! Potrò finalmente riabbracciare i miei parenti!- disse euforica la biondina saltellando per tutta la cucina.

-Parenti??- chiesero in coro tutti i componenti della ciurma, sorpresi dall’affermazione dell’archeologa.










ANGOLO AUTRICE:

Salveeee a tutti genteeeee!!!
Eccoci finalmente con la conclusione della saga di Foko Island! Yeah!!!
Come avrete potuto notare questo capitolo è tutto per la ciurma di Amlach, e vi starete chiedendo il perché! Bè, prima di tutto perché come supponevo e venuto un po’ troppo lungo e se mettevo anche la parte della ciurma di Solan, allora ci sarebbero voluti due giorni per leggere tutto il capitolo, quindi ho deciso di dividerli, infatti il prossimo sarà tutto sulla ciurma della cara Sol con la fine della saga di Stargazer.
Spero tanto che non vi dispiaccia di questa mia decisione e che il capitolo vi sia piaciuto! La morte di Sylas non mi piace molto, ma ero veramente senza idee al riguardo!
Comunque spetta come sempre a voi il parere finale!
A presto miei cari lettori, entro fine mese metto il capitolo sulla ciurma di Solan, non disperate! :)
Un grazie speciale a tutti coloro che continuano a recensire questa storia ed ovviamente a chi la legge!
Un bacione kiko90


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Capitolo 17
*** capitolo 16 ***


Stargazer: castello di Rondonos


In un corridoio buio ed angusto, illuminato solo da qualche flebile candela appesa al muro, due uomini si preparavano allo scontro.
Uno dei combattenti era Baldarus, un gigante dall’aspetto terrificante. Esso era molto alto e muscoloso. I suoi occhi erano rossi iniettati di sangue; sul viso aveva una miriade di piercing, a partire da due grossi anelli metallici sul sopracciglio destro, un altro al naso e al labbro inferiore, per poi finire con svariati orecchini. Anche la pelle scura del suo corpo era rivestita di piercing sparsi per tutto il busto scoperto. Baldarus aveva una stazza molto possente, con pronunciati bicipiti e polpacci scolpiti. Esso incuteva un gran timore a chiunque lo incontrasse, ma non a lui, non a Edward Yoshina conosciuto per i sette mari con il nome di “Assassino”.
Edward fissava concentrato l’avversario, senza però intaccare il suo ghigno diabolico. La sua espressione era paragonabile a quella di un serial killer, di un pazzo appena uscito dal manicomio, di un demone senza pace, e in realtà Edward era un po’ tutto questo. L’assassino era determinato più che mai a sconfiggere quel mostro e a battere per sempre il potere di Rondonos.

Gli occhi verdi dell’assassino si intravedevano appena dal cappuccio del cappotto nero che indossava. Con un gesto rapido scaraventò a terra il cappotto, liberandosi di quel peso inutile. Portò le mani alla nuca e sciolse la crocchia che teneva legati i suoi capelli castani e, con un gesto automatico, la rifece. Adesso era pronto, lo scontro poteva iniziare.
Senza dire una parola l’assassino si buttò verso l’avversario, il quale impugnò la sua fedele mazza borchiata. Lo scontro tra i due corpi fu molto violento, tale da far tremare, per pochi secondi, il pavimento e le mura circostanti.
Gli occhi dei due uomini si incrociarono per qualche istante, due belve inarrestabili. Baldarus cercò di affondare la sua mazza contro il costato del ragazzo che però si girò in tempo per schivare il colpo. Il gigante quando incontrò per la seconda volta lo sguardo del ragazzo, rimase perplesso. Gli occhi verdi del pirata avevano lasciato spazio a delle iridi dorate con pupilla allungata come i rettili. Lo sguardo del ragazzo, se possibile, faceva ancora più paura. Quel momento di sbigottimento Baldarus lo pagò caro visto che l’assassino, con lunghi artigli affilati, gli sfregiò il petto con cinque profondi solchi.
Il gigante grugnì per il bruciore che gli avevano procurato i tagli e si infuriò ancora di più. Baldarus si passò una mano sul petto sfregiato e ringhiò. Prese la mazza, caduta nel precedente impatto, e si scagliò con tutta la sua possente mole verso il moro. Edward balzò indietro evitando i colpi che si susseguivano veloci. Il gigante ad ogni colpo schivato soffiava aria dal naso sempre più irritato. Quel pirata iniziava a dargli veramente sui nervi.

-Maledetto moscerino vieni qua!- ruggì Baldarus.

-Che c’è grassone sei già stanco?- lo istigò il moro.

-Ti faccio a pezzi!- ribattè infuriato il gigante; il quale fece girare la mazza più volte sulla sua testa per poi lanciarla del tutto contro l’avversario. Edward questa volta non riuscì a schivare il colpo troppo veloce. La mazza lo colpì in pieno stomaco, facendogli così sputare una piccola quantità di sangue dalla bocca. Baldarus, approfittando che il ragazzo era piegato in due per riprendersi dal colpo, lo colpì con il gomito sulla schiena, facendo così cadere del tutto a terra il pirata.

-Ecco, sistemato!- disse il gigante spolverandosi le mani e girandosi per recuperare la mazza, convinto che lo scontro ormai era giunto al termine.

-Io non ne sarei tanto sicuro- disse, glaciale, Edward alzandosi lentamente da terra –ci vuole ben altro di qualche piccolo colpo per sconfiggermi- disse facendo brillare, nelle tenebre, i suoi occhi gialli.

-Ma,come…- Baldarus strabuzzò gli occhi e tremò dalla rabbia –adesso ti disintegro una volta per tutte!- disse iracondo.

Edward alzò il sopracciglio sinistro e guardò il gigante come a dirgli “Non ci riuscirai mai, ti ucciderò prima io”.
Abile, Ed, si scagliò sul gigante, colpendolo con un forte pugno che lo fece barcollare. Poi aumentò il ritmò colpendolo sempre più forte, facendogli staccare per giunta il piercing dal labbro destro che cadde a terrà con un tintinnio, mentre il volto del gigante si macchiava sempre più di rosso. Baldarus non riusciva a contrattaccare visto che la potenza dei colpi del ragazzo lo stordivano parecchio, però in un piccolo frangente, mentre sentiva il naso spezzarsi, ripensò al suo padrone, a Rondonos, colui che con la sua piccola stazza, l’aveva salvato anni prima e che quindi aveva promesso di servire e proteggere. Non poteva farsi battere da un pirata qualunque. No, doveva spezzargli le ossa e toglierlo di mezzo.
Baldarus reagì. Con la sua manona afferrò Edward da un braccio bloccando così i suoi colpi. Lo sollevò da terra mentre il ragazzo infieriva con potenti calci sul suo addome, ma Baldarus non sentiva dolore, o almeno lo sentiva, ma doveva vincere.
Prese la mazza borchiata e la scaraventò sulla schiena del ragazzo che gemette dal dolore, incrinando la schiena quando le appuntite borchie gli entrarono nella pelle, sfiorando le vertebre e macchiando la felpa nera di rosso e cristallino sangue. La pelle del ragazzo in un primo momento si era trasformata, dove colpita, in piccole squame rosse proteggendolo per un po’, ma la potenza dei colpi le indebolì, ferendo così il ragazzo.
Baldarus infierì ancora ed ancora sul pirata, tanto da ridurgli la felpa a brandelli che si dispersero per terra. Edward aveva il corpo rosso, pieno di sangue. Sul petto nudo emergeva una grossa cicatrice subita anni or sono: tre righe parallele, come degli artigli, che gli sfregiavano tutto il costato.
Il ragazzo però, anche se sofferente, non mollava mai, l’unica parola che faceva parte del suo vocabolario durante un combattimento era, Vittoria.
Così, mentre era ancora sospeso in aria dal gigante che infieriva sulla sua pelle con la mazza, raggruppò le forze per sferrare un primo colpo che gli avrebbe fatto ottenere il vantaggio necessario per sconfiggere il nemico. Edward alzò il braccio sinistro, coperto fino al polso da un grosso tatuaggio formato da onde e fiori che aveva anche sull’altro braccio, e aprì il palmo della mano. Gli artigli si allungarono maggiormente, diventando sempre più duri e letali. Veloce, mentre il nemico caricava un nuovo colpo, conficcò la mano nella gola del gigante che si fermò di colpo, mollando la presa su Edward il quale cadde a terra. Baldarus si portò istintivamente la mano alla gola ferita, non riuscendo però neanche a respirare. Il sangue zampillava violento schizzando ovunque, visto che era appena stata recisa la carotide. Il gigante si accasciò con le ginocchia a terra, provocando così un leggero tremore per tutto il pavimento. La mazza borchiata, che qualche secondo prima stava sfigurando la schiena del vice capitano, ora era abbandonata lì, a terra, in un mare di sangue. Baldarus cadde con la schiena sul freddo pavimento, in preda agli ultimi spasmi prima della morte lenta e dolorosa.
Edward si alzò con qualche difficoltà. Traballò verso il gigante e si fermò davanti alla figura, sofferente, stesa a terra. L’assassino però non amava lasciare le sue vittime in fin di vita, no, lui doveva eliminare seduta stante il problema. Il nemico doveva morire sotto i suoi occhi, i quali erano ormai abituati a quella visione: la vita che cede il passo alla morte. Edward, così, si chinò verso il gigante e gli afferrò un braccio, scaraventandolo poi con forza verso le sbarre di una cella lì vicino. Baldarus continuò a tremare senza sosta, mentre il suo viso, il suo corpo, prendevano sempre più le sembianze di un cadavere. Lentamente Edward si avvicinò al gigante il quale stava lentamente scivolando a terra. Con un rapido gesto l’assassino conficcò i suoi artigli nel torace dell’uomo, il quale ritornò tra i vivi un ultimo secondo, spalancando gli occhi, questa volta terrorizzati, ed osservando il pirata che gli stava per togliere la vita. Si era sbagliato, quello non era un pirata qualunque, quello era un assassino.
Con la mano ancora nel petto del gigante, Edward ghignò appena prima di ritrarre la mano strappando così il cuore, ancora pulsante, del gigante. Ed gettò il “trofeo” a terra e si ripulì alla bene meglio, la mano insanguinata, sui pantaloni della tuta neri. Gli artigli si ritirarono, e le pupille ritornarono normali.
Si poggiò con una mano al muro di fronte e respirò a fondo. Sentiva il suo corpo tramortito da mille colpi. Le costole incrinate e, forse, alcune erano anche rotte. I tagli, provocati dalla mazza, bruciavano a contatto con il sudore che colava dal suo corpo e si mescolava con il sangue fresco. Poggiò la fronte al muro freddo, beandosi della frescura di quelle mura, mentre con il suo udito sentiva l’inizio di una battaglia al piano superiore.





Nel lungo corridoio del piano di sopra, Shin, Lily e Diana erano ormai circondati da una miriade di soldati.

-Non pensavo che quell’essere avesse così tante guardie!- disse Lily impugnando il suo arco.

-Se te la fai sotto puoi anche andartene, qui non c’è bisogno di fifoni!- disse Diana squadrando i soldati.

Lilian si girò con sguardo assassino verso la sua destra dove c’era Diana.

-Ma chi diavolo sei tu? E che cavolo ci fai qui?- disse infuriata. Non capiva perché quella ragazza fosse così scontrosa con lei, e soprattutto cosa ci facesse lì, e se in realtà Diana era dalla parte di Rondonos e da un momento all’altro si sarebbe schierata dalla parte dei soldati?

Diana osservò Lily. Non voleva essere scontrosa con lei, ma era più forte di lei, era il suo carattere ad emergere prepotente, soprattutto quando si trovava sotto pressione come in quel caso.

-Sono una semplice ragazza che vuole spaccare il culo a questi soldati di merda, quindi se non ti dispiace rimanderei a dopo le chiacchiere!- disse con tono saccente.

Lily sbuffò, appuntandosi mentalmente di spaccare la faccia a quell’arrogante appena la battaglia fosse finita.

-Facciamoli fuoriii!- urlò un soldato, gasato dall’imminente battaglia.

I tre pirati si guardarono in faccia per una frazione di secondo, sufficiente a decidere di quale gruppo di pirati ognuno si sarebbe occupato.

Shin si lanciò alla sua sinistra. Le ombre davanti a lui avanzavano veloci, ma ormai, dopo tanti anni di cecità riusciva benissimo a combattere come una persona normale, facendo della sua vista solo un insignificante dettaglio. Colpì con potenti calci diversi pirati che gli si buttavano contro. Alcuni avevano in mano delle armi, pistole, spade, ma Shin riusciva a disarmarli con rapidi movimenti.

-Ehi scherzo della natura, perché non te la vedi con me!- disse un uomo alle spalle del cuoco.

Shin scaraventò a terra, prima con un pugno, poi con due calci, alcuni soldati e poi si girò verso la voce alle sue spalle.
Vide un ombra un po’ più grossa delle altre, impugnare un qualcosa che doveva essere un fucile. Non rispose all’offesa subita, la miglior risposta era l’attacco; così si lanciò verso il soldato che sparò qualche colpo, ma il cuoco predisse la traiettoria dei colpi e li schivò con estrema facilità. Balzò di fronte all’uomo e gli centrò il naso con un potente gancio sinistro. L’uomo barcollò ma non cadde. Il soldato prese più saldamente il fucile e cercò di colpire il cuoco, anche se ora era lui ad avere la vista offuscata visto il forte dolore del naso che gli faceva lacrimare gli occhi. La guardia non riuscì neanche questa volta a colpire Shin, il quale lo confondeva ulteriormente usando il potere di Lily per mostrare al soldato se stessi che in realtà non esistevano. Shin aveva l’abilità di poter usare per un giorno il potere che aveva “preso” da un'altra persona nel corso della giornata, annullando il suo effetto il giorno dopo. Il potere di Lily era molto particolare e bello, ed era sicuro che gli sarebbe mancato una volta annullato. Con una finta scivolata Shin fece lo sgambetto al soldato che cadde a terra insieme al suo fucile.
La battaglia si faceva sempre più violenta, sembrava che quei soldati non finivano mai, appena ne mettevano fuori gioco alcuni, altri spuntavano dalle scale e da ogni dove del palazzo per attaccarli. Veloce il suo sguardo passo in rassegna la stanza alla ricerca di Lilian. Non sapeva neanche lui perché si fosse fermato a cercarla, ma sapeva che per continuare al meglio il combattimento doveva essere sicuro che lei stesse bene. La ritrovò immersa in una folla di soldati che, dopo qualche istante finirono k.o. Sorrise Shin mentre Lily poggiava una nuova freccia nel suo arco per poi prendere la mira e scagliarla.
Come sempre Lily non sbagliò il colpo, infatti un soldato venne colpito in pieno petto e cadde a terra, sui corpi dei suoi compagni che avevano fatto precedentemente la sua stessa fine. Mentre senza sosta Lilian scoccava una freccia dopo l’altra, sentì un improvviso capogiro. La vista le si appannò e da medico sapeva che da un momento all’altro sarebbe svenuta e non poteva fare niente in quel momento per evitarlo. La testa iniziò a ronzarle e i colpi che infieriva alle guardie diventavano sempre più deboli ed imprecisi. Shin si accorse subito che qualcosa nella ragazza non andava, e cercò di richiamare la sua attenzione.

-Lily! Lily tutto bene?-

Lilian sentiva la voce del cuoco lontana, come se provenisse da un'altra stanza, invece che a qualche metro da lei. Non riusciva a rispondergli visto il dolore improvviso che gli si insinuò nella testa. Rapidamente capì che era dovuto alla botta che aveva preso quando Rondonos l’aveva sbattuta contro la parete e, sapeva di avere una piccola fiala con delle erbe nel marsupio che portava sempre con se, in grado di contrastare quel dolore e farla continuare a combattere, ma di certo i suoi avversari non le avrebbero concesso qualche secondo di pausa per curarsi, certo che no, per loro quello era un vantaggio da non lasciarsi scappare.
Le cadde una freccia a terra e cercò di chinarsi per prenderla, ma un soldato la colpì violentemente in volto facendola cadere a terra.

-Lily!- urlò Shin rabbioso mentre cercava di avanzare in soccorso della ragazza, ma i soldati, sempre numerosi gli impedivano di arrivare a lei.

Lilian cercò nel marsupio la fialetta e la trovò, ma qualcuno le diede un calcio nello stomaco e le fece allentare la presa sulla boccetta. Non riusciva a reagire, aveva bisogno della medicina o sarebbe svenuta da un momento all’altro. Cercò di capire dove fosse Shin tra quell’ammasso di persone, e lo vide impegnato in un corpo a corpo, lui non poteva aiutarla. Il soldato che le aveva appena dato un calcio, infierì di nuovo, seguito da alcuni suoi compagni che approfittarono della debolezza della ragazza per massacrarla, ma improvvisamente qualcosa rotolò verso di loro facendoli cadere a terra come dei birilli. Lilian strabuzzò gli occhi non capendo da dove era uscita quella sottospecie di animale. Appena l’animale riprese le fattezze umane a Lilian per poco non veniva un colpo. Diana era una specie di armadillo?
La ragazza armadillo iniziò a combattere contro quella parte di soldati a cui spettava a Lily occuparsene, gravandosi così sia i suoi che quelli del medico. Lily osservò Diana combattere con abilità con la sua katana. La ragazza era nella sua forma ibrida, ovvero il suo corpo era rivestito da placche ossee che la proteggevano dagli attacchi. Le sue orecchie erano da armadillo e sulla fronte era spuntato una sottospecie di caschetto formato dalle placche. La mora alternava la katana alle affilate unghie che usava come seconda katana, infierendo così profondi solchi e graffi ai suoi avversari.

-Muoviti a prendere quella medicina. Non posso pararti il culo tutto il giorno!- disse Diana rivolta a Lily seduta dietro di lei.

In un primo momento Lilian si innervosì, ma poi capì che Diana aveva ragione, i soldati erano troppi non poteva resistere ancora per molto. Veloce afferrò la boccetta e mandò giù il composto. Rabbrividì per il gusto amaro delle medicina creata da lei, ma dopo pochi secondi iniziava già a sentirsi meglio, così si affiancò a Diana.

-Grazie- disse Lily senza però girarsi a guardare la ragazza, che non rispose tranne che con un debole sorriso.

Lilian capì perché Solan si era fidata di lei e l’aveva lasciata lì con loro. Infondo anche se i modi di Diana non erano del tutto inerenti ai suoi, era comunque una brava ragazza pronta ad aiutare anche un’estranea in difficoltà accollandosi fatiche in più.
I tre pirati combatterono fianco a fianco senza sosta mentre Solan attraversava correndo i corridoi dell’immenso palazzo di Rondonos.

-Dove diavolo si è cacciato quel nano!- disse stringendo i denti.

La medicina che gli aveva iniettato Lily iniziava a far effetto, man mano non sentiva più nessuno di quei forti e lancinanti dolori causati dall’agalmatolite, anche se sapeva che ne avrebbe poi pagato le conseguenze. La sua mente era ritornata lucida, nessun altro flash sul passato come era successo quando aveva visto quella bambina. Istintivamente si portò la mano al medaglione che aveva appeso ad una collana al collo. Lo strinse forte prima di imboccare un ulteriore corridoio e ritrovarsi davanti la figura spregevole di Rondonos.








Nel cortile del palazzo Ryuu aveva appena fatto il suo ingresso. Si guardò intorno e vide poi alcuni soldati venir scaraventati giù dalle finestre più alte, sicuramente c’era una battaglia in atto in quel palazzo. Se lo sentiva che il suo capitano si sarebbe messo come sempre nei guai, e i continui soldati che atterravano incoscienti sullo strato di neve del cortile ne erano la prova.
Sentì improvvisamente un brivido di freddo e si ricordò che dopo aver quasi sterminato mezza città era rimasto senza maglia dopo la trasformazione e, la preoccupazione per la salute di Yuki glielo avevano fatto dimenticare completamente. Scrollò le spalle Ryuu e si disse che non c’era niente di meglio di una bella battaglia per riscaldarsi, quindi si precipitò, senza pensarci due volte, nel castello.
Mentre varcava la grande sala d’entrata del castello incontrò già le sue prime vittime. Sembrava che il castello fosse sommerso da guardie, ma questo per lui non era un problema, sperava solo che il mostro dentro di lui non fuoriuscisse un’altra volta, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che poteva star tranquillo.
Con la sua falce a tre lame mieté tante di quelle teste che era impossibile contarle tutte. Poi salendo tra uno scontro e l’altro la grande scalinata che conduceva al piano superiore, si ritrovò in un corridoio dove c’era un gran casino, e in quel gran casino ovviamente ritrovò una dei suoi compagni.

-Lilian!- la chiamò attirando la sua attenzione.

Lily si girò sentendo la voce del compagno e sorrise nel vedere che era tornato in se, forse.

-Ryuu! Dov’è Yuki?- chiese supponendo che la ragazza sicuramente non era rimasta nella stanza della locanda dove l’aveva lasciata lei.

-Alla locanda, sta male!- disse con tono ansioso senza nemmeno accorgersene.

Lilian accelerò il ritmò delle frecce, preoccupata per l’amica, chissà cosa aveva combinato quella testa dura per far preoccupare persino Ryuu.

Ryuu si aggiunse agli altri pirati, riuscendo così, con il suo aiuto, a mettere ancora più in difficoltà i soldati.












-Vedo che sei ancora in piedi rossa!- disse Rondonos

-Di certo non posso farmi sconfiggere da un nano come te!- lo punzecchiò Solan.

-Bene vorrà dire che se prima sono stato “gentile” con te torturandoti solo con l’agalmatolite, adesso userò tutto il mio potenziale e, o ti sottometterai al mio volere diventando un mio soldato o ti ucciderò!- disse convinto che la pirata avrebbe scelto di stare dalla sua parte piuttosto che morire, ma ovviamente non conosceva Solan la furia rossa.

-Combatti!- disse la rossa senza aggiungere altro, non doveva prendere altro tempo prezioso.

Irritato dalla risposta della rossa, Rondonos creò un vortice di petali come aveva fatto precedentemente con Shin e lo spedì dritto verso Solan. La rossa aveva già assistito a quel tipo di attacco quindi cercò di evitarlo, schivando il tornado di petali e saltando sopra il tavolo davanti a lei. Il vortice si schiantò contro la porta della stanza facendo così dileguare i dolci, ma assassini, petali rosa per tutta la stanza. Solan saltò giù dal tavolo e vide, riposti su un mobile i suoi amati pugnali. Rondonos seguì lo sguardo della donna e capì che voleva i pugnali, quindi li afferrò prima di lei. Ne lanciò prima uno e poi l’altro verso la rossa, ma questo non sapeva essere un grande sbaglio; infatti la rossa molto abile con le armi da taglio, afferrò al volo i pugnali senza farsi neanche un graffio.

-Grazie nano!- disse facendolo diventare nero dalla rabbia.

Rondonos saltellò innervosito, poi si fermò di colpo e si concentrò. Solan capì che quel nano diabolico aveva qualcosa in mente ma non fece in tempo a fare una qualsiasi mossa che Rondonos la colpì con una violenta ondata bollente.
La bolla d’aria che si scagliò su Solan era così calda da ustionarle leggermente la pelle. Rondonos continuò a creare bolle di aria sempre più calda e di lanciarle contro la donna che si destreggiava per evitarle e nel frattempo avvicinarsi all’uomo per colpirlo.
Con astuzia e agilità, Solan riuscì ad arrivare alle spalle di Rondonos senza che lui, concentrato a scagliare una bolla d’aria calda dietro l’altra, se ne accorgesse.
Il capitano della Liberty poggiò le sue fredde mani sulle spalle del nano che ebbe a quel contatto un sussulto.

-Adesso tocca a me farti assaggiare il mio potere- sussurrò la rossa all’orecchio del nano.

Rondonos cercò in tutti i modi di ribellarsi, ma ormai non aveva scampo.

-dolore- disse Solan, e Rondonos iniziò a contorcersi.

-fiamme- disse ancora la rossa mettendo una mano sulla testa dell’uomo che iniziò a sentire un sempre più forte calore nella testa, come se il cervello stesse andando a fuoco, come se delle fiamme gli circondassero l’intero cranio.

-non ti diverti più adesso, visto che sei tu quello ad essere torturato questa volta?- chiese Solan con voce crudele.

-Nooo, smettilaaa, stregaaa!- urlava Rondonos in preda alla follia del dolore –ti scongiuro abbi pietà di me, mi dispiace!- disse inginocchiandosi.

Solan a quelle parole si fermò. Lasciò la presa sulla testa dell’uomo e si scansò di qualche millimetro da lui. Rondonos aveva detto che era dispiaciuto, magari adesso aveva capito di aver sbagliato e sarebbe cambiato, punito secondo la legge ovviamente, ma sarebbe cambiato.

Rondonos respirò a fondo, mentre con la testa piegata sorrideva soddisfatto che la donna fosse così prevedibile. Quella rossa, anche se un pirata, aveva pietà dei suoi nemici, ed era bastata una cavolata simile per farla cedere e lasciarlo andare, ma lui invece non era affatto deciso ad andarsene o lasciarla andare. Lui l’avrebbe distrutta per il dolore che gli aveva fatto provare.
Rondonos afferrò uno dei pugnali che Solan aveva incautamente lasciato a terra e velocemente lo conficcò nello stomaco della donna.

Un urlo risuonò per tutto il palazzo.











Lily, Shin, Ryuu e Diana erano finalmente riusciti a sconfiggere tutti i pirati quando sentirono l’urlo di dolore del capitano. Subito dopo sentirono dei passi lenti e trascinati salire le scale e, dopo qualche secondo Edward fece capolino dalla scala che conduceva ai sotterranei.

-Edward!- lo chiamò Lily correndo verso di lui, notando che era gravemente ferito.

-Non è niente sto bene!- disse spingendo via la mano di Lily che voleva controllare le ferite –dov’è Sol? Quell’urlo era…- disse interrompendosi, visto che conosceva già la risposta.

-Sì, era il capitano- disse Ryuu avvicinandosi ai due compagni, mentre Shin e Diana, che non facevano parte di quella ciurma, improvvisamente si sentirono come, di troppo.

-Dobbiamo…andare…da…lei- disse Edward cercando di camminare verso la stanza da dove proveniva l’urlo e da dove lui riusciva a percepire l’odore del capitano e del sangue.

Lily e Ryuu sapevano che era inutile dire al vice che non doveva sforzarsi, di restare li e che sarebbero andati loro a controllare Solan, perché non sarebbe servito a niente. Edward non avrebbe lasciato mai il suo capitano da sola.






-AAAAAAHHH!- urlò Solan presa alla sprovvista, con il pugnale, il suo pugnale, conficcato nell’addome. Il dolore era disarmante, anche perché l’effetto della medicina stava già finendo, così da farla sentire ancora peggio. Ma non poteva lasciare che quel viscido, e falso nano la distruggesse.

Mentre Rondonos si allontanava dalla donna, Solan lo afferrò da un braccio, afferrando l’altro pugnale e conficcandoglielo nella mano poggiata a terra. Questa volta toccava a lui urlare, mentre sia il suo sangue che quello di Rondonos, cominciava a macchiare il pavimento di legno. Solan mise di nuovo la mano sulla spalla di Rondonos, pensando che Edward aveva ragione, non doveva lasciarsi impietosire dai nemici, doveva fare a loro ciò che loro avevano fatto a lei, anzi peggio, ed ucciderli in modo che non nuocessero più a nessuno.
Lentamente pensò, e poi sussurrò le parole della disfatta di Rondonos.

-usa il potere del ghiaccio su di te!-

Il nano sotto l’influsso del potere della rossa, si portò la mano sinistra, quella libera dal pugnale, all’altezza del cuore, e pian piano diventò un cubetto di ghiaccio.

Dei passi veloci si avvicinavano sempre di più verso la stanza dove Solan aveva appena ghiacciato Rondonos. Con molta fatica, con la fronte imperlata di sudore a causa delle forti fitte al petto, Solan si alzò sovrastando con la sua altezza, il cubetto di ghiaccio e, quando la sua ciurma con Shin e Diana giunsero nella stanza, sferrò un calcio alla statua di ghiaccio, frantumando il corpo di Rondonos in mille cubetti di ghiaccio che si sciolsero man mano.

-Capitano ce l’hai fatta!- esultò Lily entusiasta.

Solan osservò tutte le persone nella stanza. Lily, accanto a Shin aveva un gran sorriso e qualche ferita e livido qua e là, ma tutto sommato stava bene. Ryuu, probabilmente giunto da poco, aveva abbassato lo sguardo appena lei aveva incrociato il suo, chissà perché, si chiese. Poi c’era Diana, con quella sua espressione seria ma che non riusciva a non celare un sorriso di felicità, e poi Edward, che anche se era conciato male la guardava come per dire “ottimo lavoro capitano”. Con quell’ultima visione Solan cadde a terra ormai priva di ogni forza.











Una settimana dopo…

Il sole splendeva alto nel cielo di Stargazer. La popolazione finalmente poteva godersi, dopo tanto, il tanto amato sole, il tanto amato caldo, caratteristico di quell’isola. Gli alberi erano ritornati verdi e pian piano delle piccole gemme iniziavano a far capolino dai rami. Farfalle ed insetti solcavano il cielo insieme agli uccelli che trillavano felici.
Dopo la disfatta di Rondonos il clima pian piano era ritornato normale. La neve si era completamente sciolta così come lo spesso strato di ghiaccio che circondava le acque del mare intorno all’isola, dove la Liberty era rimasta incagliata.
Durante la settimane, Lily con l’aiuto del medico del villaggio, aveva curato i suoi compagni, anche se alcuni risultavano ancora deboli e quindi in convalescenza.

-Daiiii Lily ti prego solo un goccio!!!- disse Solan supplicando il medico di farle bere anche solo un goccio di birra.

-No Sol, non se ne parla!- disse il medico con fare autoritario.

-Dai tutti festeggiano tranne me! Non è giusto!- disse la rossa facendo gli occhioni dolci al medico.

-Ho detto no! E poi, puoi festeggiare benissimo anche senza bere alcool!- disse la mora incrociando le braccia al petto.

-No! È impossibile!!- replicò Solan.




-Grazie mille per averci ospitato nella tua locanda Tom, questi sono i soldi per la permanenza! E scusa se sono scappata dalla finestra!- disse Yuki porgendo a Tom qualche banconota.

-Non se ne parla dolcezza, voi avete salvato la mia isola, mia figlia, non posso accettare per nessuna ragione al mondo il vostro denaro!-

-Ma Tom…- cercò di replicare la navigatrice

-Niente ma cara, ci avete salvato!-

-Bè grazie mille Tom!- disse Yuki abbracciandolo., mentre Tom osservava Ryuu ancora leggermente spaventato per la minaccia di una settimana prima.


Mentre Lily raccoglieva le ultime cose e Edward si godeva il paesaggio. Solan si avvicinò a Ryuu seduto su una panchina fuori dalla locanda.

-Cosa fai qui?- chiese la rossa.

-Niente, attendo- disse Ryuu.

-Sempre di molte parole tu, eh?- disse sedendosi accanto a lui – e cosa attendi?- chiese

-Che salpiate-

-Tu non vieni con noi?-chiese con una punta di ironia, sapeva Solan cosa era successo a Ryuu, della sua trasformazione e di tutto il resto, ma non ne avevano ancora parlato visto che era stata a letto fino a quella mattina, e sapeva anche cosa frullasse per la testa di quel ragazzo.

-Sol, sai benissimo cos’è successo. Non c’è bisogno che sia tu a cacciarmi, me ne vado io- disse con voce apparentemente distaccata, anche se dentro di se sperava che il capitano gli dicesse di restare con loro.

Solan si alzò e fece qualche passo verso la porta della locanda, poi si girò –Ryuu, tutti abbiamo dei segreti, delle cose che ci spaventano e che non vogliamo mostrare agli altri. Non ti accuso di non avermi parlato di questo tuo potere, non ti accuso di aver tenuto per te questo tuo segreto, perché infondo ognuno di noi omette da sempre qualcosa agli altri e solo quando si sentirà pronto ne parlerà con la ciurma- disse più a se stessa che a Ryuu –non ti caccerò dalla ciurma solo perché hai un potere che non riesci a controllare al meglio, perché questo è solo un motivo in più per tenerti con noi. Ma non ti obbligo neanche a restare, tu sei libero di fare ciò che vuoi, ma ricorda che rimarrai sempre uno di noi!- detto questo afferrò la maniglia della porta ed entrò nella locanda, lasciando Ryuu fuori a riflettere su quelle parole appena udite.



-Solan!- la chiamò Tom –Yuki mi ha appena detto che state cercando il tesoro di quel pazzo di Rufy! Sai io l’ho conosciuto qualche anno fa, quando Rondonos non era ancora giunto qui da noi! Rufy è un ragazzo pieno di energia e quel giorno, prima che partisse mi ha detto che si sarebbe diretto a Karstar per organizzare una caccia al tesoro per dei nuovi pirati!-

-Cosaa??? Vuol dire che forse il tesoro si potrebbe trovare su Karstar?- disse entusiasta Solan.

Tom annuì, mentre la ciurma iniziò a festeggiare la fantastica notizia.


Qualche ora dopo i pirati si diressero alla spiaggia dove era attraccata la Liberty dopo aver ricevuto le giuste riparazioni.
Lily esitò fino all’ultimo momento a parlare con Shin, l’aveva evitato per una settimana, ma poi era giunto il momento di salutarsi e quindi gli si avvicinò con un’aria molto triste.


-Shin… sono veramente felice di averti conosciuto- disse

-Anche io Lily e…- disse ma venne interrotto da Lily

-Aspetta non dire niente, voglio prima fare una cosa- Lily prese la mano di Shin e chiuse gli occhi. Shin fece la stessa cosa, e nella sua testa iniziarono a comparire le immagini di una ragazza sorridente che sistemava delle medicine, quella era Lily. Shin rimase basito, era più bella di quello che si immaginava, poi vide altre persone e capì che erano gli altri membri della ciurma.

-Lily io…-

-Non dire niente, volevo solo che avessi un mio ricordo- disse diventando leggermente rossa, ma per fortuna Shin non poteva vederla.

-Ma quale ricordo?!- intervenne Diana –Shin non ti ha detto che veniamo anche noi con voi?! Da oggi siamo compagni di ciurma, contenta?- disse la mora prendendo una sacca e salendo sulla nave. Solo allora Lilian si accorse della sacca accanto a Shin.

-E'…vero?- chiese

-Sì, stavo per dirtelo!- rispose il cuoco –sono il vostro nuovo cuoco!-

Lily abbracciò forte Shin e poi lo condusse alla nave.

La Liberty dopo aver salutato tutti, salpò. Solcando i mari verso una nuova avventura e verso il tesoro di Monkey D. Rufy.




Solan si avvicinò ad Edward, il quale era seduto accanto all’albero maestro ad ammirare le prime stelle che stavano iniziando a spuntare nel cielo.

-Posso?-chiese prima di sedersi accanto al vice.

-Certo- sorrise non troppo Ed.

-Una bella avventura non credi?- chiese la rossa riferendosi a Stargazer.

-Sì, di certo non ci dimenticheremo di quel nano!- rise Ed.

-Aspetta un attimo ma quella…?- disse Sol indicando una bottiglia di Rhum accanto al ragazzo –Ed! Non è giusto, anche a te Lily ha vietato di bere!- protestò

-E secondo te io per tutto questo tempo sarei stato senza bere neanche un goccio di alcool?- disse ridendo della faccia della compagna.

-Potevi almeno dividere le tue scorte segrete con me!- disse fingendosi offesa

-Stavi male…- disse il ragazzo ripensando all’amica stesa nel letto della locanda per una settimana intera

-Anche tu…- bofonchiò lei abbassando lo sguardo.

-Tieni- grugnì il vice porgendogli la bottiglia.

-Grazie- sorrise la rossa assaporando il liquore per poi passare la bottiglia al compagno e posare la testa sulla spalla del vice.

Tutto era tornato nella norma. Ryuu infine era salito sulla nave senza dire una parola, aveva solo guardato Solan e sorriso, più che un sorriso aveva solo alzato appena la bocca da un lato, e poi si era messo a pulire la falce accanto al timone dove Yuki controllava la rotta. Nella ciurma erano entrati a far parte due nuovi membri, di cui Solan si fidava molto e, come accadeva sempre, aveva sentito già parte della famiglia appena li aveva incontrati.
Ogni componente della ciurma era stato ferito durante il combattimento al castello, ma come sempre si sarebbero protetti a vicenda, perché è questo che fa una famiglia.








ANGOLO AUTRICE:

Eccomiiiiiii!!!!
Allora carissimi, ecco terminata anche la saga di Stargazer! Lo so, lo so, vi mancherà tantissimo l’aitante Rondonos :) ma vi prometto che inventerò altri nemici molto più interessanti di lui, e magari più belli!
Spero che la saga e questo capitolo finale vi sia piaciuto, spero di non essere stata troppo cruenta, che ne dite dovrei mettere l’avvertimento contenuti forti?
Bè che altro dire ora i nostri eroi sono partiti alla ricerca di nuove avventure ed ovviamente del famoso tesoro!
Il prossimo capitolo spero di riuscire a scriverlo presto tra un impegno e un altro, quindi per adesso non so darvi una data del prossimo aggiornamento ma non sarà molto tardi, massimo tra due settimane!
Prima di scrivere un angolo autrice più lungo del kilometrico cap qui sopra, vi lascio!
Come sempre aspetto di leggere le vostre meravigliose recensioni.
A presto spero!
Bacioniiiii Kiko

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Capitolo 18
*** capitolo 17 ***


Nel bel mezzo dell’oceano sulla Blackmoon…


-Parenti??- chiesero sbigottiti i componenti della ciurma di Wolf, guardando con mille punti interrogativi sulla testa, la loro amica archeologa.

-Certo! Perché, non vi avevo detto che i miei genitori erano entrambi giganti e quindi anche tutti i miei parenti?- disse come niente fosse mentre si versava un abbondante bicchiere di succo.

-Ma smettila!- disse Stun ridendo ed alzandosi dal tavolo, dove era riunita tutta la ciurma –se i tuoi genitori sono dei giganti, perché tu sei una nanetta?- rise punzecchiando l’amica.

Luna guardò in cagnesco l’omone blu davanti a lei e, con un cenno delle dita, senza che Stun se ne potesse accorgere, formò una bolla di succo di frutta sulla testa del ragazzo che continuava a ridere sguaiatamente.

-Luna a volte ti inventi delle cose davvero assurde!- rise più forte tenendosi la pancia per il troppo ridere –dove l’hai letta questa, su uno dei tuoi libri? Magari uno di favole?- rise sempre più forte asciugandosi una lacrima dai grandi occhi.

Thunder non riusciva a smettere di ridere, non credeva minimamente che una ragazza normale potesse essere figlia di giganti, non si era mai vista o sentita una cosa del genere e, impegnato tanto a beffeggiarsi dell’amica, non si era accorto della bolla sempre più grande che volteggiava sulla sua testa, scatenando le risa dei suoi nakama.

-Ora vediamo se continui a ridere!- disse la biondina schioccando le dita e facendo si che la bolla precipitasse sulla testa blu del compagno.

-ben ti sta Stun! Ancora non hai imparato che non bisogna far arrabbiare Luna?- rise Asako dando il cinque all’archeologa.

-Maledetta nanetta!- bofonchiò Stun ripulendo il viso dall’appiccicoso succo.

-Che cos’hai detto?- disse Luna avvicinandosi di nuovo al compagno.

-Niente…- sussurrò stringendo i denti il blu, quella biondina lo fregava ogni volta!

-Luna, quindi tu hai davvero dei genitori giganti?- chiese Sara incuriosita dalla storia.

-Sì è proprio così!- sorrise raggiante – ma è meglio dire, avevo… purtroppo non sono più su questa terra…- disse abbassando lo sguardo sulle sue scarpe, le inseparabili blaiser bianche col baffo nero.

Vedendo che la ragazza si era rattristata di colpo, Stun decise di non scherzare più e affiancandosi alla ragazza disse con tono dolce –Luna, perché non ci racconti la tua storia?-

La biondina alzò il volto ed incontro i grandi occhi del compagno che ora non la stavano più deridendo, ma si erano addolciti capendo che anche il passato della sua compagna non doveva essere tanto allegro.

-Va bene, vi racconterò la mia storia…- disse sedendosi al grande tavolo della cucina, mentre i suoi compagni, attenti, aspettavano che lei iniziasse. Persino Wolf, che di solito si mostrava menefreghista, aveva aperto il suo unico occhio, prima chiuso in un finto riposo, per ascoltare e comprendere il passato della sua archeologa.





-La mia storia ha inizio in una notte di luna piena di diciassette anni fa.
Mia madre era una bellissima donna, considerata la più bella del popolo dei giganti. Si chiamava Martha e aveva dei lunghi capelli biondi che racchiudeva sempre in una lunga treccia che le scivolava dolcemente sulla spalla destra. I suoi occhi, come i miei, erano blu come l’oceano e furono proprio essi a conquistare mio padre, il gigante Jaguar D. Saul.
I miei genitori si innamorarono a prima vista. Mia madre era originaria della famosa isola di Erbaf nel mare meridionale, patria dei giganti più famosi, mentre mio padre era originario di Larbaf una piccola isola scoperta dal mio bisnonno Jaguar D. Robius che si trasferì lì con tutta la sua famiglia da chissà dove. Mio padre era un viceammiraglio della marina…-


-Cosa??- disse sconvolta Sara

-Ecco dove avevo già sentito quel nome! Jaguar D. Saul era uno dei vice ammiragli più famosi, ma poi…- disse Mya ricordandosi della notizia della morte dell’uomo letta in dei vecchi fascicoli, quando faceva ancora parte della marina.

-Sì, era un vice ammiraglio molto potente e conosciuto, che credeva fermamente nella giustizia morale che, presto scoprì non essere la stessa giustizia applicata dai suoi capi e amici.
Dopo che si conobbero i miei genitori si trasferirono su Larbaf, l’isola dei miei antenati, conosciuta da pochissime persone, visto che tempo fa si credeva che Erbaf fosse la sola ed unica isola dei giganti. Su Larbaf decisero di metter su famiglia e così mia madre dopo un anno dal loro matrimonio rimase incinta. La gravidanza le portò non pochi problemi indebolendola molto. Una sera mia madre iniziò a sentirsi male e capì che era arrivato il momento di mettermi al mondo. Mio padre non stava più nella pelle anche se era decisamente preoccupato per la salute di mia madre, visto che la sua pancia non era cresciuta molto durante la gravidanza e pensava che ci fossero dei gravi problemi al bambino, cioè me. Quella sera molte donne più il medico del villaggio, aiutarono mia madre nel parto, ma sembrava che qualcosa non andasse. Mio padre preso dalla paura andò sul promontorio più alto dell’isola, dove passava i pomeriggi a leggere quando ritornava dalle sue missioni.
Quella sera il cielo era stellato come non mai, e in alto brillava una grande e luminosa luna piena. Mio padre piangendo pregò la luna di aiutare sua moglie e sua figlia perché erano le cose più importanti che aveva al mondo. Dopo qualche ora tornò a casa e alla soglia della porta sentì il pianto di una bambina… La luna aveva esaudito la sua richiesta e per questo mio padre volle omaggiarla dando il suo nome alla sua primogenita.
Una volta entrato nella stanza dove ci trovavamo io e mia madre, mio padre rimase scioccato, come del resto tutti i presenti. Mia madre teneva fra le braccia un piccolo fagottino rosa che conteneva una bambina normale, non una bambina gigante, ma questo non importava ai miei genitori, loro sostenevano che io ero il loro piccolo miracolo e che ero speciale…
La gente del villaggio però non mi vedeva di buon occhio visto che non ero come loro, ma dopo due giorni dalla mia nascita una vecchia signora venuta da lontano venne a casa nostra e disse hai miei genitori che io ero una rarità, ma che nel mondo c’erano altre persone, bambini e adulti nati da giganti, ma con sembianze normali. Questa notizia tranquillizzò ulteriormente i miei genitori che mi diedero tutto il loro amore, anche se durò poco.
Quando avevo solo due anni, mio padre fu arruolato per un’importante missione ad Ohara, e così dovette partire lasciando me e mia madre a Larbaf. Prima di partire, quel giorno mio padre mi portò sul grande promontorio dell’isola, dove andavamo sempre ad osservare il mare. Lì mi raccontava mille storie sui pirati che aveva incontrato e battuto e vecchie leggende che aveva letto in libri altrettanto antichi. Mi divertivo molto con lui, la sua risata risuonava tra le foglie del grande albero su cui aveva costruito un’altalena proprio lì, sul promontorio dove salendo su di essa potevo viaggiare tra le nuvole e il mare. Lì mio padre mi promise che sarebbe tornato e che mi avrebbe raccontato tantissime altre storie come sempre, regalandomi come ricordo di quella promessa, un anello d’argento con cinque piccoli diamantini.
Lo aspettai tanto, ma passarono i mesi e di lui non avemmo notizie. Un giorno decisi di andare da sola al promontorio, forse da lassù avrei potuto scorgere la nave di mio padre, pensai. Il promontorio era molto lontano e io ero molto piccola; i miei genitori mi avevano vietato di andarci da sola, ma quel giorno, approfittando della momentanea distrazione di mia madre mentre stendeva i panni, corsi fin lì, o almeno dove secondo la mia testa doveva trovarsi il promontorio.
Larbaf non era un’isola molto grande, ma per una bambina di soli due anni diventava davvero gigantesca. Camminai per non so neanche quanto tempo. Sentivo le mie piccole gambe tremare dalla stanchezza, ma la voglia di vedere mio padre era più forte. Mi ricordo che entrai in una fitta foresta e capii che avevo preso la strada sbagliata visto che con mio padre non passavamo mai di lì. Stanca cercai di tornare indietro e chiedere a mia madre se mi accompagnava al promontorio, ma finii in prossimità della spiaggia. Mi avviai verso la spiaggia ed iniziai a giocare con qualche conchiglia nascosta tra i granuli sabbiosi. Tra un gioco e l’altro non mi accorsi che ormai il sole aveva ceduto il cielo alla luna e, quando me ne accorsi era ormai troppo tardi. Ero stanca e molto affamata, ma decisi comunque di non provare a tornare a casa perché sicuramente avrei sbagliato strada e mi sarei persa ulteriormente, quindi decisi di aspettare lì l’arrivo di mia madre. Aspettai diverse ore e la fame ormai era insostenibile. Ad un certo punto mi ricordai di quando mio padre aveva cercato di insegnare a pescare a mia madre, senza però riuscirci, e quindi cercai un rametto duro e appuntito e iniziai a pescare cercando di infilzare qualche pesce con la mia precaria arma. Ad un certo punto, quando ormai sentivo i piedi gelarsi nell’acqua sempre più fredda, infilzai qualcosa. Sicura di aver finalmente catturato quel piccolo pesce giallo che mi sgusciava tra i piedi ormai da ore, alzai il rametto e mi accorsi di aver invece pescato un frutto, o almeno così pensai. Il frutto, illuminato dai deboli raggi della luna, aveva la forma di un melone però con uno strano colorito bianco con macchie nere. Affamata non riflettei sulla possibilità che il frutto fosse avvelenato o chissà cosa e lo mangiai, senza sapere che in realtà quello era un frutto del mare e che avrebbe cambiato per sempre il mio corpo.
La mattina dopo le grida di mia mamma, accompagnata dai primi raggi di sole, mi svegliarono. Mia madre si era molto spaventata e mi aveva cercato per tutto il giorno e la notte per l’intera isola finché non mi aveva trovato.
Alcuni giorni dopo la mia “fuga” mia madre ricevette una lettera da parte di mio padre.
Io ero al settimo cielo, finalmente mio padre sarebbe tornato a casa. Nella lettera c’era scritto che gli era stato ordinato di distruggere un’isola, Ohara, con tutti i suoi abitanti. Mio padre era oltraggiato da questa cosa perché non poteva definirsi giustizia, ma era soltanto una carneficina ciò che gli aveva ordinato il governo; così aveva deciso di lasciare la marina e tornare a casa da noi due. Nella lettera raccontava anche che prima di quell’ordine c’era stato un altro evento che gli aveva iniziato a far capire che serviva le persone sbagliate. Qualche settimana prima lui e Aokiji, un suo caro amico, insieme hai loro sottoposti avevano trovato una barca sulla rotta di Ohara e, proprio Aokiji, di cui mio padre si fidava tanto, uccise i civili su quella nave sospettando, ma non essendone sicuro, che fossero archeologi di Ohara condannati perché studiavano un pezzo di storia che doveva rimanere oscuro all’intero mondo. Di quei civili si salvò solo una donna che venne catturata ed interrogata da mio padre, Nico Olvia un’archeologa che aveva ben capito quante ingiustizie aveva provocato il governo mondiale che lui serviva. Scritto in piccolo a fine lettera c’era un p.s. non fidatevi di Aokiji.
Quella lettera sconvolse molto mia madre aveva percepito da quelle parole il rammarico di mio padre, la delusione nell’aver servito per molti anni un governo che andava contro tutti i suoi valori.
Dopo quella lettera passarono diversi mesi, senza avere nessuna notizia di mio padre, finché dopo un anno arrivò una lettera da parte del governo mondiale che ci annunciava che Jaguar D. Sauro era disperso in mare ormai da mesi, e che sicuramente era morto visto che la sua nave era stata ritrovata distrutta.
Quella notizia fu un lampo a ciel sereno. Mia madre pianse per giorni e giorni e io cercavo solo di consolarla mentre l’odio per Aokiji cresceva. Io sapevo che era stato lui ad uccidere mio padre, me lo sentivo nel profondo del mio essere.
Due anni dopo, quel verme, si presentò davanti la porta di casa mia. Avevo solo quattro anni ma ero già determinata ad ucciderlo, come lui aveva fatto con mio padre. Ricordo che con quel suo tono glaciale chiese a mia mamma se mio padre le aveva parlato di qualche segreto militare, ma mia mamma negò. Aokiji capì che quella era una menzogna visto che conosceva mia madre da molti anni. Mio padre invitava sempre i suoi amici a partecipare ai grandi banchetti che organizzavano a Larbaf e Aokiji veniva ogni volta. Era uno di casa ormai, come uno zio, quindi l’odio verso di lui era ancora più forte perché non aveva tradito solo mio padre, ma anche noi. Senza pensarci mi avventai contro di lui, impugnando una spada di mio padre. Aokiji parò il colpo senza nessuna difficoltà e mi fece cadere la spada. Mi osservò con rabbia e poi impugnò la spada caduta a terra. Con un impeto di rabbia si scagliò su di me, ma mia madre si frappose tra me e la spada. Mi ritrovai con gli occhi chiusi ed un bruciore sul viso. La spada mi aveva provocato un taglio che scendeva dal naso fino a sotto il collo passando in mezzo alle labbra...- disse tracciando la cicatrice del taglio ancora un po’ evidente sul suo bel viso.
–quel giorno Aokiji mi portò via anche l’unico affetto che mi era rimasto, mia madre, risparmiandomi prima di andarsene via. Da quel giorno rimasi sola, molti amici e parenti si occuparono di me, ma restavo comunque sola. Dentro di me covai un gran rabbia in quell’uomo che ci aveva tradito tutti e decisi quindi di allenarmi per diventare forte al punto da batterlo. Scoprì che il frutto che avevo mangiato durante la mia fuga era un frutto del mare, e grazie a lui iniziai a sviluppare le mie attuali abilità. All’età di quattordici anni mentre osservavo il mare dal mio caro promontorio, decisi di diventare un pirata e così partii, ed eccomi qua!- disse Luna sorridendo, anche se amaramente, mentre giocherellava con l’anello d’argento regalatole dal padre che rigirava tra le affusolate dita.





Tutti i membri della ciurma rimasero per un attimo in silenzio, finchè Asako, accanto a Luna intervenì –Sì, ora sei una di noi, e senza di te sarebbe una noia mortale!- disse abbracciando l’amica triste –Ricordo ancora il giorno in cui ti abbiamo conosciuta. Eravamo in una locanda su un’isola della rotta maggiore e dei cacciatori di taglie ci volevano catturare, ma non aveva capito con chi avevano a che fare. Allora eravamo solo in quattro sulla nave e io ero l’unica donna!- disse con finta aria afflitta – un cacciatore di taglie, mentre ero impegnata a combattere contro un suo compagno, sparò ma il proiettile non mi colpì mai, perché tu senza pensarci due volte ti sei buttata per salvarmi, anche se non mi conoscevi, e poi hai fatto due occhi neri a quel tipo!- disse ridendo di gusto, contagiando anche l’archeologa e tutta la ciurma.

-Wow che bel salvataggio! Complimenti Luna! La tua storia e molto triste, ma infondo quale pirata non ha una storia dura alle spalle?- disse Sara seria – ma l’importante è che sei serena adesso e che un giorno vendicherai i tuoi genitori!-

-Sì, su questo ci puoi scommettere, questa nanetta non la batte nessuno!- disse Stun dando una leggera spinta con la spalla a Luna.

Luna sorrise, si sentiva molto meglio dopo aver raccontato la sua storia.

-Ma quindi tra qualche giorno se non ho capito male, sbarcheremo su Larbaf?- chiese July attirando l’attenzione su di lei, cosa che la fece arrossire di botto.

-Veramente no!- iniziò Asako –L’isola dove approderemo si chiama Sinif! In realtà ci sono tre isole di giganti in tutto il mondo. La famosa Erbaf nella rotta maggiore, Larbaf l’isola di Luna e Sinif nel grande blu, la meno conosciuta di tutte-

-Sì esatto! E lì che si sono trasferiti molti dei miei parenti di Larbaf perché si dice che sia un’isola paradisiaca! Dove regna la pace eterna!- disse Luna ritrovando il suo tipico sorriso.

-Bene, allora tutti a Sinif!!!- esultò Sara contagiando tutti.







Nel frattempo sulla Liberty…

Erano passati solo due giorni dalla partenza da Stargazer e la nave viaggiava lenta verso la prossima metà.
Tutta la ciurma aveva risentito molto della battaglia contro Rondonos e i suoi aiutanti, infatti molti di loro erano ancora convalescenti con ferite ancora non rimarginate.
I due nuovi membri si erano ambientati molto bene. Shin, entrato nella cucina della Liberty, aveva iniziato a cucinare una prelibatezza dietro l’altra iniziando così il suo lavoro da cuoco; aiutato da Yuki che prima del suo arrivo era l’addetta alla cucina visto che aveva lavorato nella locanda di sua madre fin da quando era piccolissima. I due andavano molto d’accordo, si scambiavano ricette e consigli, divertendosi a cucinare insieme.
Mentre i due preparavano il pranzo, Diana e Lilian entrarono in cucina litigando come sempre.

-Fatti gli affari tuoi!- sbottò Diana entrando come una furia dentro la cucina, sbattendo la porta ed attirando l’attenzione dei due cuochi.

-Dico solo che dovresti vestirti più femminile, così sembri un maschiaccio!- disse Lilian entrando anche lei in cucina.

Diana si girò e la fulminò con lo sguardo –Non mi interessano i vestiti o le gonne e non parlarmi neanche per sogno dei tacchi alti, li odio! Sembro un maschiaccio? Bè amen, a me piace stare comoda, non ho bisogno di mettermi in mostra per qualcuno che neanche mi calcola!- disse acida Diana colpendo con le sue parole, Lily che capì il riferimento a lei e Shin. Infatti da quando Shin era salito sulla Liberty non le aveva rivolto molta attenzione, cosa che faceva soffrire un po’ Lilian che aveva sperato in un qualcosa tra di loro.

-Perché devi essere sempre così acida?- le urlò contro il medico

-Sei tu che mi provochi!- rispose la vedetta.

-Ragazze dai calmatevi!- cercò di intervenire con dolcezza Yuki.

-lascia perdere Yuki, tanto non la smetteranno mai…- disse Shin sorridendo. Si divertiva a vedere Lily e Diana discutere, erano entrambi delle testarde, e le loro liti in realtà erano solo un modo per conoscersi e diventare amiche. Lui invece non sapeva come avvicinarsi a Lily, visto che in realtà era molto timido con le ragazze. Da quando era salito sulla nave non aveva parlato molto con il medico, si era un po’ allontanato con la paura di rovinare tutto se avrebbe anche solo detto una parola, ma non poteva immaginare che in realtà Lilian vedeva questo allontanamento come disinteresse nei suoi confronti.

Sentendo le parole di Shin, Lily tacque di colpo, sedendosi sulla lunga panca accanto al tavolo. Diana vedendo la ragazza rabbuiarsi di colpo decise di consolarla, anche se non era il suo forte.

-Ehi, che ti prende adesso?- disse la mora sedendosi accanto al medico.

-Niente, lasciami in pace…- borbottò Lily torturandosi le mani.

-E' per quello che ha detto Shin, vero?- chiese Diana sussurrando.

-Non solo…-

-Centra per caso Yuki?- chiese la vedetta, attirando tutta l’attenzione del medico.

-Yuki? Perché, cosa centra?- chiese Lily girandosi con faccia interrogativa a guardare Diana.

-Bè, ho notato che lei e Shin hanno fatto molta amicizia…- disse non sapendo che quelle parole avrebbero causato non pochi problemi.

Lilian dopo aver udito quelle parole si girò a osservare i due cuochi. Shin stava passando della salsa di pomodoro a Yuki e lei lo ringraziò con un sorriso, per adesso niente di cui preoccuparsi, poi però Yuki per afferrare il barattolo del sale sfiorò la mano del ragazzo e quello fu un primo campanello d’allarme per il giovane medico. Lilian iniziò a vedere troppi sfioramenti, risate e parole sussurrate. La gelosia prese il sopravvento insieme ad una nuova consapevolezza, ovvero che Shin preferisse Yuki a lei. D’altronde loro due avevamo una forte passione per la cucina che li accomunava, mentre lei e Shin non avevano niente in comune.
Lilian si girò verso Diana che capì dallo sguardo della compagna che forse aveva messo una scomoda pulce nell’orecchio della brunetta.

Nel frattempo in cucina arrivarono anche Ryuu ed Edward. Il primo entrò con la sua fedele falce al seguito dopo aver eseguito i suoi consueti allenamenti. Il secondo invece aveva anche lui passato la mattinata ad allenarsi, anche se Lilian glielo aveva vietato visto che le ferite alla schiena non si erano del tutto rimarginate, infatti il ragazzo aveva la schiena e il torace completamente fasciati con qualche piccola macchia di sangue che imbrattava le bende immacolate.

-E’ pronto!- disse Shin portando in tavola dei fumanti spaghetti.

-Solan non è ancora arrivata?- chiese Edward notando l’assenza del capitano.

-Credo che sia ancora nella sua cabina- rispose la navigatrice.

-Vado a chiamarla!- disse di colpo Diana lasciando tutti un po’ sorpresi. Non sapeva neanche lei il perché si fosse offerta di andare a chiamare il capitano, forse perché, infondo, ma molto infondo, si sentiva in colpa per aver fatto insospettire Lily di una sottospecie di affinità tra Shin e Yuki; magari Solan poteva aiutarla a risolvere la situazione prima che degenerasse.



Nel frattempo nella cabina di Solan…


Diario di bordo,
Sono due giorni che navighiamo dopo la partenza da Stargazer. La ciurma non è in perfetta forma, ma ci riprenderemo presto. L’avventura su Stargazer è stata dura, ho seriamente creduto di lasciarci le penne questa volta, ma si vede che ancora non è giunta la mia ora. Appena siamo approdati sull’isola ho chiamato mio padre, dividendomi dalla ciurma, non voglio che loro sappiano, almeno per adesso, è troppo pericoloso.
Mio padre mi ha detto che Lya mi cerca, chiede di me, non so cosa fare, forse sto sbagliando tutto, dovrei tornare da lei, ma questo segnerebbe la sua condanna a morte e anche la mia. Lui non smetterà mai di cercarci, non si darà pace finché non ci avrà eliminato, ma io lo troverò prima e, lo ucciderò! Mi ha rovinato la vita, portandomi via colui che amavo più al mondo, ma infondo è stata solo colpa mia, sono io che sono caduta come una stupida tra le sue braccia…


BOOM

Un’improvvisa cannonata fece oscillare violentemente la nave cogliendo alla sprovvista l’equipaggio della Liberty che subito si mise in moto.

-Ci attaccano!!- urlò Diana salita velocemente di vedetta per verificare chi aveva osato attaccarli.

Il resto della ciurma uscì velocemente dalla cucina, Yuki corse al timone per manovrare la nave ed evitare così ulteriori cannonate, mentre gli altri aspettavano gli ordini del capitano. Solan uscì di corsa dal suo studio, lasciando il diario sulla scrivania, ed afferrando prima di uscire i suoi due fedeli pugnali.
Arrivata sul ponte una nuova palla di cannone fu scagliata verso la Liberty, ma Yuki con abilità virò la nave giusto in tempo per scansare il colpo.

-Ottimo Yuki!- gridò Shin in direzione della navigatrice che alzò il pollice in su in cenno di vittoria.

-Sol che facciamo?- chiese Edward affiancandola.

-Ryuu vai insieme a Shin ai cannoni e al mio via attaccate!- ordinò il capitano e i due ragazzi corsero subito verso i cannoni. –Diana chi sono questi bastardi che ci attaccano?- urlò iraconda Solan, teneva tantissimo alla sua nave e nessuno doveva anche solo provare a mandarla a picco.

-Sono dei pirati! Sulla loro bandiera è raffigurato un drago verde!- urlò la castana dalla vedetta.

-I dragoni!- disse Edward stringendo i pugni.

-Dannazione questa non ci voleva proprio!- disse Solan pensando alla fama che precedeva quei loschi pirati. I dragoni infatti erano dei pirati della peggior specie, non avevano regole, per loro l’importante era arricchirsi anche a discapito degli altri, soprattutto pirati. I dragoni erano anche conosciuti come la ciurma senza capitano, infatti solo due volte due di loro si erano fatti avanti come capitani, ma vennero crudelmente assassinati dai compagni. I dragoni si uccidevano tra di loro perché la sete di denaro era troppo alta e quando qualcuno sgarrava anche minimamente veniva giustiziato nel peggior dei modi, reclutando così sempre nuove reclute.

Un altro colpo di cannone susseguito da un’altra virata violenta fece prendere a Solan una decisione che dopo, forse, avrebbe rimpianto.

-All’arrembaggio ragazzi!- urlò facendosi sentire da tutta la ciurma

-Ma Sol, molti di noi sono ancora feriti, non possiamo combattere, è meglio…- disse Lily ma fu interrotta dall’ira del capitano.

-Fuggire? No! Non se ne parla! Attacchiamoli e facciamogli vedere di che pasta siamo fatti!- disse girandosi poi verso il suo vice che ghignò pronto ad un nuovo scontro.


La nave nemica ormai era a qualche metro di distanza e man mano si avvicinava alla Liberty non smettendo mai di lanciare grosse palle di cannone. Ryuu e Shin rispondevano di tono alle cannonate, con ulteriori colpi, modificati dall’esperto d’armi che garantivano un effetto sorpresa, infatti le cannonate esplodevano ancora prima di toccare l’acqua colpendo così la nave nemica con la forza del fuoco.
Appena la Liberty fu abbastanza vicina alla nave nemica, l’equipaggio, tranne Yuki e Diana, si fiondò sulla nave dei dragoni.

I dragoni erano armati di tutto punto. Un grosso tipo affetto probabilmente da gigantivismo, imbracciò una balaustra ed iniziò a sferrare frecce a destra e a manca.

-Ehi grassone perché non te la vedi con me!- disse Lilian prendendo il suo amato arco e caricandolo a dovere.

Shin si buttò nella mischia di ombre che si trovava davanti, colpendo a suon di calci e pugni ogni pirata che gli si parava davanti.

Diana, saltata giù dalla vedetta, si trasformò in armadillo, giusto in tempo per scaraventare giù dalla nave un dragone che era riuscito ad arrivare sulla Liberty.
Yuki garantita la sicurezza della nave, affiancò la vedetta e insieme respinsero tutti coloro che volevano derubare la loro nave.


Sulla nave nemica, Solan si batteva con lo sfregiato, uno dei più potenti pirati dei dragoni. L’uomo armeggiava con due spade che veloci tentavano di colpire la donna. Ad ogni colpo schivato la donna sentiva una fitta all’addome, segno che Lilian aveva ragione, molti di loro non erano ancora in piena forma e quel combattimento era un rischio bello grosso per loro.


Edward dall’altra parte della nave nemica spezzava colli e strappava cuori ad ogni pirata che osava guardarlo negli occhi, mentre alla sua destra Ryuu mieteva vittime con la sua falce a tre lame.

La ciurma di Solan sembrava avere la meglio contro quei pirati che erano così temuti ma poco organizzati. Lilian aveva trafitto il cuore del gigante con una freccia avvelenata, garantendogli così una morte sicura. Shin aveva messo al tappeto una decina di pirati tra cui molti ragazzi della sua stessa età, mentre Ryuu aveva ormai spezzato le ossa a metà dei dragoni presenti su quel ponte. Ad un certo punto mentre gli ultimi dragoni cadevano a terra inermi, un uomo dalla vedetta della nave nemica iniziò a sparare verso i pirati della furia rossa.
I proiettili del fucile vagavano per tutta la nave, alcuni si conficcarono nelle assi di legno del pavimento, altri nell’albero maestro o nelle loro stesse vele, mentre di altri non si sapeva che fine avessero fatto.
Solan sempre più furiosa, eliminò ogni pirata che si trovava davanti e si arrampicò sulla vedetta evitando i colpi di fucile di quel pazzo.
Arrivata sul piccolo spazio di avvistamento, iniziò una lotta contro l’uomo che aveva sferrato fuoco contro la sua ciurma e in poche mosse lo mise k.o. conficcandogli un pugnale nell’addome.
Dall’alto della postazione di vedetta vide ogni suo compagno in piedi con accanto decine di corpi di dragoni privi di vita. Era stato rischioso assalire la nave per difendersi, ma avevano avuto la meglio e questa la rendeva soddisfatta della sua scelta.
Solan scese dalla vedetta mentre i suoi compagni racimolavano i tesori dei dragoni e li trasbordavano sulla Liberty, tornando sani e salvi sulla loro nave.

Diana e Yuki aiutarono Shin, Lily e Ryuu a trasbordare i tesori, mentre Solan notò Edward ancora fermo sulla nave nemica.

-Ehi Ed che fai ancora lì?- chiese al compagno distante qualche metro.

Il castano si girò lentamente, incamminandosi verso il capitano e i compagni. I passi dell’assassino erano incerti e goffi, cosa che preoccupò la rossa.

-Ed tu-tutto bene?- balbettò preoccupata Solan.

-Sì, non-non preoccuparti sto bene… quel dannato che sparava alla cieca mi ha colpito, ma non è niente…- disse arrancando verso l’amica.

Solan notò solo in quel momento il buco nella maglietta a maniche corte del compagno. Il foro era nel bel mezzo dell’addome, già ferito dal precedente scontro sull’isola di ghiaccio. Il sangue fluiva veloce macchiando sempre più la maglietta ormai inzuppata. Le gocce scarlatte che il tessuto non riusciva più a trattenere, iniziarono a picchiettare sulle assi di legno del pavimento della nave, macchiandolo del vivace e rosso sangue.

Solan corse dall’amico giusto in tempo per attutire la sua caduta. Edward si inginocchiò facendo una lunga e sofferente smorfia di dolore.

-Lily!!- urlò Solan richiamando l’attenzione del medico e tutti i suoi compagni che in pochi secondi furono al loro cospetto.

-Cos’è successo?- chiese il medico osservando la ferita di Edward, ma Solan non rispose. Davanti agli occhi aveva il viso sofferente del suo vice, con il sangue che le imbrattava le mani e i vestiti, gli occhi del suo amico sempre più spenti e lontani.

-No, non puoi lasciarmi Ed!- urlò la rossa stringendo il capo del ragazzo appoggiato sulle sue ginocchia.

-Tranquil-la sto be-ne…- sussurrò l’assassino, cercando di tranquillizzare la rossa, anche se sofferente riusciva ancora a leggere, negli occhi ambrati del suo capitano, tutti i rimorsi e i sensi di colpa che si celavano, così cercò di alzarsi per dimostrarle che stava bene e che di certo non sarebbe stato uno stupido proiettile a metterlo fuori gioco, ma appena alzò il busto di pochi centimetri sentì una forte scossa di dolore pervadergli tutto il corpo.

Il corpo di Edward fu assalito da convulsioni molto forti, mentre Lilian cercava in tutti i modi di farle cessare e stabilizzarlo.
Gli occhi verdi del giovane si chiusero lentamente, cessando anche ogni attività del suo corpo, del suo cuore…







ANGOLO AUTRICE:

Sarò breve perché sento le vostre aure negative e bisognose del mio sangue!
Allora nel primo pezzo, ovvero quello sulla ciurma di Wolf, abbiamo visto il passato della cara Luna, che questa volta, ha differenza degli altri passati, è raccontato in prima persona. Come vi sembra? Per quanto riguarda la storia delle isole dei giganti ho dovuto rivedere i miei piani perché quando ho pensato alla saga dell’isola dei giganti non ero a conoscenza della reale esistenza di essa, ovvero l’isola di Erbaf. Essa esiste veramente nel manga, ma essendo che Jaguar D. Sauro era uno dei pochi giganti a non esserne originario ho deciso di inventarne altre due, visto che Erbaf si trova nella rotta maggiore. Spero che questo non sia un problema e che mi scusiate se ho stravolto un po’ il personaggio di Aokiji ma era necessario ai fini della storia dell’Oc. Per quanto riguarda l’altra ciurma, ovvero quella di Solan, posso solo dirvi che rivedrete altre volte il diario di quest’ultima che sarà indispensabile più avanti. Per quanto riguarda Edward, bè, si vedrà… :)
Ora mi dileguo aspettando in un angolo remoto del mondo le vostre recensioni, se questo capitolo non fa troppo schifo per averne!

Baciii kiko90

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Capitolo 19
*** capitolo 18 ***


Attimi di panico assalirono la ciurma della Liberty. Il capitano rimase inginocchiata sul legno chiaro che rivestiva il ponte della nave nemica con, tra le braccia, la testa inerme del suo vice.
L’intera ciurma corse subito a fianco della rossa rimanendo, per alcuni secondi, immobili, senza proferir parola.

Gli amici sono la famiglia che ognuno si sceglie, accettando pregi e difetti e condividendo gioie e dolori

Una ciurma è come una famiglia, un’insieme di amici che perseguono gli stessi obiettivi e che condividono l’amore per il mare e la libertà. Ora, mentre uno di loro aveva smesso di respirare, colpito per sbaglio da un proiettile vagante, i suoi amici si ritrovarono per un attimo, persi…

-Lilian…- invocò il nome del medico, il capitano, pregandola con una tacita richiesta, di far qualcosa, di salvare Edward.

Il medico osservò, per un istante, gli occhi arrossati del capitano, e poi si concentrò sull’amico ferito. Iniziò a praticare un massaggio cardiaco, sperando in una risposta da parte del vice capitano che, però, sembrava non arrivare. Alle sue spalle, la mora, sentiva Yuki piangere silenziosamente, mentre Shin la consolava. Diana era stranamente in silenzio, fissava il medico provare il tutto per tutto per salvare il compagno, ma sembrava inutile. Ryuu, sempre taciturno e apparentemente menefreghista, stringeva forte la sua falce tra le mani, cercando di trattenersi dall’urlare dalla rabbia o dal seguire all’inferno colui che aveva colpito il suo compagno di ciurma, facendo capire al vigliacco che, l’inferno era un luogo migliore rispetto alle sue torture.
Sia lui che Edward avevano un carattere molto chiuso, ma si stimavano molto, ed anche se non si confidavano davanti ad una birra, entrambi si consideravano molto amici, ritrovandosi spesso ad allenarsi, silenziosamente, insieme. Vedere Edward, sempre pronto a difendere i propri compagni, lì steso a terra sanguinante, faceva infuriare Ryuu, non poco. Ryuu si girò cercando, non sapendo bene neanche lui il perché, lo sguardo di Yuki che però trovò infossato nel petto di Shin che dolcemente cercava di tranquillizzarla. Ryuu sentì uno strano crampo allo stomaco e una voglia matta di prendere Shin a calci, ma sapeva che non era né il luogo né il momento adatto.
Dopo aver tentato di tutto, Lilian si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, abbassando la testa rassegnata.

-Mi dispiace…- disse Lily tirando su col naso.

-No! Non può essere!- urlò Solan iniziando a scuotere il corpo insanguinato del compagno.

Mentre Ryuu cercava di fermare il capitano disperato, improvvisamente Edward aprì gli occhi debolmente, iniziando a tossire e, facendo fuoriuscire sangue anche dalla bocca.

-Ed!- urlò Solan pulendosi gli occhi pieni di lacrime e sottraendosi dalla presa di Ryuu.
Lilian subito si attivò per stabilizzare il battito ritrovato. Il ragazzo, con gli occhi mezzi socchiusi, osservò la ciurma intorno a lui, ma non riusciva a dir loro neanche una parola, poi un forte dolore al torace lo invase e, sopraffatto da quello spasimo lancinante, non riuscì più a tenere gli occhi aperti né a sentire le parole dei suoi compagni che lo chiamavano e lo pregavano di non mollare; ma per una volta, anche lui non riuscì a non cedere ad un dolore più forte ed invadente della sua forza di volontà, così chiuse gli occhi, stanco.




Era passata una settimana dal giorno dell’attacco alla loro nave da parte di spietati uomini che non meritavano neanche il titolo di “pirata”.
Lilian dopo aver stabilizzato il battito del vice capitano, aveva annunciato alla ciurma che Edward era entrato in coma, e che lei non poteva fare altro se non aspettare che lui si risvegliasse autonomamente.
Ogni componente della ciurma aveva reagito a suo modo: Solan era uscita dalla camera di Edward sbattendo la porta arrabbiata, più con se stessa che con altri, non mettendoci più piede da quel giorno. Diana aveva cercato a suo modo di alleggerire la tensione sbottando con un –poteva andare peggio, no?- torturandosi l’interno della guancia per il dispiacere che provava, ma che non voleva mostrare. Gli altri, silenziosamente erano usciti dalla stanza, chi piangendo e chi dirigendosi verso il ponte per sfogare la propria rabbia negli allenamenti, mentre a tutti non restava che sperare, sperare che il loro vice si risvegliasse, un giorno.

I giorni e le settimane passavano, lente e tutte allo stesso modo. Ogni componente della ciurma, tranne il capitano, si recava tutti i giorni a controllare lo stato del compagno, facendogli compagnia per qualche ora, alternativamente.

Quella mattina Yuki era entrata alle prime luci dell’alba nella stanza del vice.
La cabina del vice era abbastanza ampia con il letto al centro della stanza, attaccato alla parete e qualche attrezzo per allenarsi rimasto ancora sul pavimento.
La navigatrice entrò piano, chiudendosi lentamente la porta alle spalle. Avanzò verso il letto del compagno e si sedette sulla sedia affianco ad esso. Quella mattina si era, come sempre, alzata molto presto per controllare la rotta e, mentre passava davanti le varie camere dei suoi compagni, vide lo studio del capitano semi aperto. Guardò al suo interno e vide il caos più totale: lampade a terra, fogli sparsi sul pavimento… Solan dal giorno in cui Lilian aveva annunciato il coma di Edward, non era più la stessa. Covava dentro di se una gran rabbia e si dava la colpa per tutto quello che era successo. La rossa ormai era diventata quasi un fantasma sulla nave, visto che passava tutto il suo tempo nello studio e non usciva neanche per mangiare. Solo la notte si udivano i suoi passi mentre saliva il ponte per guardare le stelle, ma più che guardarle le malediceva.
Il capitano non si dava pace, dava la colpa solo a se stessa, perché era stata lei a dare l’ordine e lei non aveva calcolato i rischi per i suoi compagni già feriti dal precedente scontro su Stargazer e, proprio per questo, non si sentiva degna di andar a trovare il suo amico. Non riusciva a sopportare l’immagine di lui fermo in un letto, no, non lo accettava!

Yuki sospirò pesantemente posando la sua mano fresca sulla fronte bollente del compagno.

-Edward, ciao- iniziò la navigatrice mettendo un fazzoletto bagnato sulla fronte del ragazzo –sono venuta qui per dirti che devi svegliarti, e lo devi fare il più presto possibile. Sulla nave c’è un vero caos, Lily non so perché non mi rivolge quasi la parola e sento anche dell’ostilità da parte di Ryuu. Siamo tutti molto preoccupati per te, anche Diana, pensa un po’!- disse sorridendo appena –ma colei che non riesce a darsi pace saprai già chi è, Solan! Voi due siete molto legati, lo sappiamo tutti, ed io l’ho capito subito dal primo giorno che vi ho visto nella locanda di mia madre, quindi puoi immaginare come lei si senta! Devi svegliarti Edward o credo che lei, e tutti noi, non torneremo più come prima.-

La perdita di un amico è come una bomba esplosa in un campo di fiori, non resta più nulla della serenità di un tempo…

Il vicecapitano ascoltò ogni parola della navigatrice, cercando di reagire, di farle capire che lui era ancora con loro, che stava combattendo per tornare, ma che quella era una dura battaglia. Riusciva a sentire tutto Edward, ogni parola dei suoi amici, ogni suono, ma non riusciva a risvegliarsi e questo lo faceva arrabbiare come non mai.
Sentiva ogni cosa soprattutto il dolore proveniente dalle varie ferite sul corpo e, in particolar modo da quella che gli sfregiava il torace. Quella cicatrice era ormai molto, molto vecchia, ma bruciava intensamente più delle altre, così da riportarlo, contro la sua volontà, a quel giorno di molti anni fa quando se la procurò, quando la sua vita cambiò radicalmente…


La vita del giovane Edward Yoshina non era la vita di un semplice ragazzo della sua età. Fin da bambino il suo modo di vivere era estremamente differente, non perché non avesse una famiglia che gli voleva bene, o perché gli mancasse qualcosa, no! Tutto questo non centrava.
Il giovane Edward era sempre stato un bambino attivo e determinato, però con delle abilità differenti dai bambini comuni. Fin da piccolissimo aveva imparato a riconoscere l’odore del sangue fresco a causa del lavoro dei suoi genitori, Ageha e Rebecca Yoshina due tra i più famigerati assassini mondiali. I Yoshina crescevano Edward e, sua sorella maggiore Amamya, con amore, ma anche con rigore visto che anche loro due un giorno, non troppo tardi, sarebbero diventati degli assassini come loro.
I due fratelli, insieme ai genitori vivevano a Elsan un piccolo villaggio nel cuore delle montagne. I due erano molto legati ed insieme si allenavano, sin dalla tenera età di quattro anni, per diventare forti e spietati come i genitori. Entrambi rispettavano tantissimo i genitori e li consideravano dei punti di riferimento. Ageha e Rebecca amavano i figli a dismisura, ma a causa del lavoro che avevano scelto, e che amavano, non avevano molto tempo da trascorrere con loro.
Per i Yoshina, il lavoro dell’assassino era considerata una nobile arte. In pochissimi riuscivano a farsi un nome ed ad essere chiamati da vari personaggi, anche famosi, per commissionargli omicidi per niente facili, ma i Yoshina sapevano il fatto loro. Entrambi avevano maturato negli anni una notevole forza fisica e soprattutto astuzia. Catturavano le loro vittime come dei ragni con le loro tele, aspettando pazientemente il momento giusto per agire, senza lasciar traccia del loro passaggio, per questo erano considerati i migliori nel loro campo e degli eroi per i loro figli.
Amamya, più grande di Edward di due anni, provava un grande affetto per il fratello, ma che negli anni si trasformò sempre più in rivalità. La ragazza infatti, pur allenandosi tutti i giorni senza sosta, non riusciva a superare la forza maschile del fratello minore, e questo la rendeva ogni giorno più competitiva. Edward dal canto suo non provava tutta questa rivalità, perché per lui Amamya era sempre stata un esempio di forza e determinazione.
I genitori, quasi sempre fuori per lavoro, approvavano la rivalità tra i due, pensando che fosse un incentivo per diventare degli ottimi assassini, e non immaginandosi che questo, un giorno, avrebbe distrutto la loro famiglia.

Amamya, quando aveva solo dieci anni, dopo l’ennesima sconfitta durante gli allenamenti, si inoltrò nel bosco accanto il villaggio per sfogare i suoi nervi. Adorava molto passeggiare per i piccoli sentieri, restando così, sola con se stessa. Quel giorno il cielo era più nuvoloso, le nuvole erano cariche di pioggia, ma a lei non importava, in montagna i temporali, soprattutto estivi, erano un’abitudine, e un po’ di acqua non aveva mai fatto male a nessuno, si disse. La ragazza ad un certo punto arrivò davanti ad una grotta e qualcosa lì dentro la colpì. In lontananza nel centro della grotta si intravedeva una strana pianta con un frutto rosso scuro, molto spinoso. Amamya sorrise, capendo subito di cosa si trattasse, un frutto del mare. I suoi genitori le avevano parlato di tali frutti e dei poteri che potevano dare, così non ci pensò su molto e lo mangiò contenta, finalmente sarebbe diventata più forte del fratello, una volta per tutte.
Passarono due anni da quel giorno e Amamya notò che Edward, ormai di dieci anni, aveva dimezzato il distacco tra loro due. Amamya si era impegnata molto e, grazie al frutto del mare, il quale si era scoperto essere uno Zoo Zoo mitologico modello drago, aveva superato per un anno il fratello, diventando notevolmente più forte, ma essendo maschio la forza di Edward cresceva insieme a lui ed Amamya temeva che in giro di qualche anno Edward l’avrebbe superata comunque. Così un giorno decise di mostrare al fratello tutta la sua forza, anche se Edward cercò di impedirglielo, preoccupato per quello che poteva succedere.

-Amamya non farlo, non c’è bisogno che mi dimostri la tua forza, so già che sei fortissima!- disse Edward cercando di persuadere la sorella.

-No! Tu stai diventando sempre più forte, ma io ho mangiato il frutto del mare, e mai potrai raggiungere questa mia abilità!- disse la giovane ragazza dai lunghi capelli castani, iniziando la trasformazione. Inizialmente passò al secondo stadio da ibrido che usava molto spesso accentuando i riflessi e la forza, ma questa volta non le bastò e volle arrivare al terzo stadio, l’ultimo ed il più pericoloso.
Amamya sotto gli occhi stupefatti del fratello si trasformò in un grosso drago rosso che, muovendo la sua lunga coda iniziò a radere al suolo gli alberi circostanti all’abitazione.

-Ma che succede?- chiese Rebecca, la madre, uscendo fuori dalla casa.

-Amamya si è trasformata in drago!- disse Edward puntando i suoi occhi verdi sulla sorella drago, ammirandola.

-Oh no!- disse la madre mettendosi una mano sulla bocca, spaventata.

La creatura improvvisamente iniziò a sputare fuoco per tutto il villaggio, iniziando così a seminare il panico tra la gente del villaggio. Edward sapeva che doveva fermare la sorella, ma non sapeva come.

-Amamya!- urlò il minore cercando di parlarle, ma la bestia era inarrestabile.

Il drago iniziò, con i suoi artigli, a mietere le prime vittime, due giovani contadini che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, così, Edward capì che doveva intervenire. Il ragazzo si parò davanti alla sorella, sicuro che a lui non avrebbe fatto del male, invece, il drago scagliò una zampata contro il giovane, ferendolo con tre profondi e lunghi graffi sul torace. Edward crollò a terra portandosi le mani al torace ferito. Sentiva un forte, lancinante dolore mai provato prima. La vista gli si iniziò ad appannare e l’ultima cosa che vide furono i genitori che cercavano invano di fermare la sorella…
Al suo risveglio , Edward scoprì con amarezza che la sorella era morta. La madre, in lacrime, gli confessò che l’unico modo per fermare il frutto ,era l’acqua del mare, ma abitando in montagna era impossibile accingere al mare, così, prima che Amamya sterminasse l’intero villaggio, lei e il padre erano stati costretti ad ucciderla. Edward rimase profondamente scosso da quella rivelazione. La sorella era tutto per lui, la sua metà visto che erano sempre stati inseparabili e che Amamya si era sempre preso cura di lui quando i genitori non c’erano. La madre consegnò al figlio il braccialetto d’argento della sorella che Edward da quel giorno portò legato al polso come il tesoro più caro che possedesse.
Il giovane iniziò così a chiudersi in se stesso, passando le giornate tutte uguali: la mattina dormiva fino a tardi, poi si alzava nel cuore del pomeriggio e si allenava per poi nella sera iniziare a compiere i suoi primi crimini come assassino su commissione, provocandosi così le sue prime e, numerose, cicatrici sulle braccia, che per lui erano solo un motivo di orgoglio, niente più; mentre con la sua prima ricompensa decise di farsi un tatuaggio nel braccio destro.
Cinque anni dopo, all’età di quindici anni, la fama del ragazzo si fece sempre più grande, superando quasi quella dei genitori. Era spietato, abile e senza cuore, niente era più importante per lui. Si sentiva il responsabile di ciò che era successo alla sorella. Ogni notte durante i suoi delitti riviveva quell’orrore e sempre più cercava in un malsano modo, di diventare il migliore solo per la sorella. Era diventato così famoso da avere anche una cospicua taglia sulla testa, vivo o morto, dettava il manifesto, e un soprannome “L’assassino”, ma lui se ne infischiava, continuando con il suo lavoro perché il suo obiettivo, ormai da quel brutto giorno, era uno: procurarsi il frutto che aveva distrutto la sorella ed impossessarsene per portare su di se la maledizione che gli aveva portato via ciò che aveva di più caro.
In una notte d’estate di tre anni dopo, grazie alla soffiata di un suo informatore, scoprì la locazione del frutto, nato in una zona molto remota del mondo, e partì subito alla sua ricerca e, appena lo trovò, non ci pensò due volte e lo mangiò.
Rientrato al suo villaggio natale, lo trovò completamente assediato dall’esercito che, visto la sua cospicua taglia, sempre più elevata, lo volevano arrestare.
Edward si affiancò ai genitori, già impegnati a difendere il loro villaggio, ed insieme cominciarono a fronteggiare i soldati però troppo numerosi. Pian piano l’esercito stava avendo la meglio. I genitori ed Edward, ormai sopraffatti dalla marina non sapevano che fare, Edward era persino stato colpito al viso, procurandosi così un’ampia ferita. Mentre Edward tentò di improvvisarsi una cura per fermare l’eccessiva fuoriuscita di sangue, sua madre gli andò incontro.

-Edward!- lo chiamò la madre avvicinandosi al ragazzo, schivando i vari soldati –devi trasformarti in drago o ci cattureranno tutti- disse piangendo, perché per lei era molto dura pronunciare quella frase, sapendo a cosa andava incontro.

-No! Non lo farò mai! È troppo pericoloso potrei uccidervi!- disse iracondo il ragazzo.

-Se non lo farai loro ci uccideranno lo stesso! Siamo destinati a morire lo stesso Ed!- disse implorandolo.

Edward si convinse a malincuore e si trasformò. Appena il drago dentro di lui uscì fuori, Edward non comandò più il suo corpo. Il drago sterminò ogni cosa lasciando caos e distruzione ovunque, finché, esausto crollò a terra tornando normale.
Il giorno dopo Ed si svegliò e trovò tutti morti, i soldati, la gente del villaggio e i suoi genitori…
Dopo aver dato una degna sepoltura ai suoi genitori decise di partire, come un nomade, continuando ad uccidere sotto commissione, finché l’ennesima commissione, ovvero ingaggio per uccidere un pirata, non gli cambiò radicalmente vita.

All’età di ventuno anni il giovane assassino venne ingaggiato da un potente marine per uccidere un pirata. All’inizio Edward pensò che fosse la solita storia che si ripeteva da anni, la marina non riusciva a catturare un pirata e quindi si affidava alle abili e silenziose mani degli assassini, ma non era così. Gli era stato commissionato di uccidere una giovane donna: Solan Cruz, giovane pirata senza una ciurma al seguito. Edward iniziò come sempre a prendere informazioni sulla sua vittima, scoprendo che la donna si recava ogni mese in una locanda sulla rotta del grande blu, nell’isola Strom. L’uomo partì verso l’isola, arrivando in una fresca giornata primaverile. L’isola era gremita di persone, e per chiunque non sarebbe stato facile individuare l’obiettivo, ma non per lui. Entrò nella locanda indossando la sua usuale felpa nera con cappuccio in testa, lasciando fuoriuscire solo il suo penetrante sguardo verde. Si sedette al bancone ordinando una birra ed aspettando pazientemente la sua vittima.
Passarono le ore e della giovane non c’era traccia, finché a tarda sera finalmente la pirata entrò nella locanda. Edward attraverso lo specchio dietro il bancone, potè vedere la donna: alta, con forme accattivanti, lunghi e mossi capelli mogano e occhi ambrati. Indubbiamente era una bella donna, ma a lui questo non doveva importare. Mentre studiava dallo specchio il suo obiettivo, vide la donna sorridergli. Lo aveva visto ed aveva notato che la stava fissando, doveva stare più attento. La donna con grazia attraversò il locale e dopo aver salutato con un abbraccio il locandiere, si sedette accanto all’assassino. Troppo facile, pensò Ed.

-Ciao!- disse Solan rivolgendosi con un sorriso al ragazzo.

Edward si girò e vide un sorriso abbagliante ed una mano porta verso di lui.

-Piacere, io mi chiamo Solan!- disse raggiante. Edward strinse la mano e subito si sentì strano come se un vortice caldo gli stesse invadendo il corpo.

-Lasciati andare, il dolore che provi è forte, ma non è giusto che sottometta tutto. Ascolta le tue emozioni e tienile strette a te- sussurrò la donna all’orecchio dell’assassino.

Edward a quelle parole sentì emozioni che ormai non provava da tempo: gioia, felicità, tutte emozioni celate, nascoste e sottomesse da anni, con la convinzione che non era giusto provarle, visto che Amamya non poteva più farlo. L’assassino cercò con lo sguardo la donna chiedendole spiegazioni, ma non la trovò più al suo fianco ma al centro del locale. La osservò mentre dentro di se quel vortice di emozioni si dissolveva pian piano ,ma sapeva che adesso non le avrebbe più dimenticate, non avrebbe più dimenticato cosa significasse essere felici, perché infondo la felicità non dura per tutta la vita, è uno stato d’animo non un obiettivo, per questo quando c’è e meglio aggrapparsi ad essa e non lasciarla andare.
Edward si girò verso la donna e vide Solan intenta ad osservare una scena: Dei pirati ad un tavolo infondo al locale stavano maltrattando una bambina evidentemente della loro stessa ciurma, magari una sguattera. La donna, decisa, si incamminò verso i pirati e poggiò una mano sul capo di essi e, questo bastò a farlo stramazzare a terra.

-Interessante, da non sottovalutare!- disse Edward fra sè.

L’assassino seguì la vicenda con interesse. La donna iniziò a combattere contro i vari soldati con grande abilità, proteggendo la bambina.

-deve aver mangiato un frutto del mare- pensò l’assassino esaminando le mosse della donna, ogni pirata che veniva toccato da essa rimaneva come folgorato da una strana forza. Edward pensò che con lui invece si era comportata diversamente, aveva cercato di riportarlo alla vita, scavando nel suo essere cupo e buio, riuscendo a riportare a galla la sua anima, che ormai riteneva perduta.
Edward vide un paio di uomini alzarsi da un altro tavolo e bofonchiare qualcosa ridendo, mentre armati si avvicinavano alla donna. Non sapeva neanche lui il perché, ma istantaneamente si alzò, sfoderando gli artigli della mano destra e, prima che quei due potessero anche solo sfiorare la rossa, lui li fece fuori in un battito di ciglia. La donna si accorse del salvataggio avvenuto alla sue spalle e sorrise felice. In un batter d’occhio però nel locale scoppiò il caos. I compagni dei due pirati fatti fuori da Edward si scagliarono contro di lui, seguiti da altre persone che cercavano solo una buona scusa per menar le mani. Solan ed Edward si guardarono negli occhi per un breve attimo e, con un tacito accordo, iniziarono a combattere fianco a fianco. Nel giro di qualche minuto metà dei pirati che si erano rivoltati contro i due giovani erano stesi a terra e supplicavano pietà, mentre gli altri avevano ben deciso di darsela a gambe.

-Ecco piccola, adesso sei al sicuro da quei brutti tizi- disse Solan ripulendosi le mani e abbassandosi all’altezza della bambina, sotto lo sguardo dell’assassino. –Tieni questi soldi, sono pochi ma ti basteranno per qualche settimana- disse la rossa porgendo qualche banconota un po’ stropicciata alla bambina.

-Grazie!- disse la bambina abbracciando la donna forte e piangendo di gioia.

-Solan sei sempre la solita!- disse l’oste, un uomo basso e con un gran pancione, mentre sorrideva alla ragazza –vieni piccola che ti preparo qualcosa da mangiare e, se vuoi, puoi restare qui con me e la mia famiglia!- disse l’oste sorridendo dolcemente alla bambina.

-Grazie Jois, sei sempre il migliore!- disse Solan abbracciando l’uomo e facendolo arrossire vistosamente.

-Bene! ora che è tutto sistemato ti va di prenderti una birra con me?- disse Solan girandosi verso Edward, il quale restò sorpreso da quella richiesta, ma accettò.

I due passarono ore e ore al bancone del bar bevendo e ridendo felici. Edward era da tanto, troppo tempo che non si sentiva così, felice. Stare accanto a quella donna lo faceva sentire più leggero, diverso. I due bevvero fino a tarda sera improvvisando una gara di bevute infinita, visto che entrambi reggevano molto bene l’alcool.

Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba Edward si svegliò con un leggero cerchio alla testa, ma niente di troppo fastidioso. Immediatamente sentì un odore di cannella invadergli le narici, così si guardò intorno e vide lei, Solan. La ragazza era tranquillamente addormentata accanto a lui, su un letto, in una stanza che non sapeva neanche come ci fosse arrivato. Edward osservò la ragazza e, in quel preciso istante pensò che era il momento perfetto per ucciderla e portare a termine la missione, ma non lo fece. Coprì la schiena scoperta della donna con una coperta e si alzò dal letto. Quella donna si era dimostrata nobile d’animo difendendo una bambina innocente e poi lo aveva fatto sentire di nuovo vivo, aveva un debito con lei e, per questo non poteva ucciderla.

Solan dopo qualche ora si risvegliò rigirandosi nel letto per poi alzarsi. Non ricordava assolutamente niente, neanche come fosse finita in quella stanza, però ricordava un ragazzo, dai profondi occhi verdi pieni di sofferenza e una gara di bevute di cui non ricordava il vincitore. Si guardò intorno la donna e vide che la stanza era deserta, quindi decise di scendere giù a salutare l’amico oste e poi ripartire con la sua nave. Con grande sorpresa ritrovò Edward al bancone del bar è sorrise raggiante.

-Ben svegliata!- disse il ragazzo salutandola

Solan gli si accostò e disse –ti va di partire con me? Sono un pirata e mi servirebbe proprio un vice capitano!- disse osservandolo con i suoi intensi occhi ambrati.

-Ci sto!- rispose Edward senza troppo preamboli. Forse era giunto il momento di cambiare vita, e Solan era la persona giusta per farlo.

-Benissimo! Allora in marcia ragazzo!- disse la rossa alzandosi di scatto sorridendo felice per aver finalmente trovato il suo primo e fidato componente di ciurma, visto che lui aveva deciso di risparmiarle la vita, perché in realtà lei lo aveva capito dal primo sguardo appena entrata in locanda. –Se vuoi ti posso dare anche la rivincita per la gara di ieri!- disse la rossa incamminandosi verso la porta.

-Ma se ho vinto io!- disse il castano fermandosi di botto.

-No, no caro, ho vinto io!- ripeté la donna, iniziando così una discussione senza fine, che fece sorridere entrambi i nuovi, ed inseparabili, amici.








Blackmoon, verso l’isola dei giganti…

Freddo, pioggia e vento forte. Ormai la Blackmoon era ancorata in quel tratto di mare già da una settimana, aspettando che quella maledetta perturbazione passasse. Asako aveva annunciato che, per la sicurezza dell’equipaggio e della nave, era meglio rimanere lì fino che la tempesta non passasse. L’intero equipaggio non accolse bene la notizia, ma del resto sapevano che la loro navigatrice era in gamba e si fidavano delle sue scelte, quindi di buon grado tutti cercarono di aspettare pazientemente che la tempesta passasse.

Nella piccola cucina della Balckmoon, il capitano, seduto con i piedi incrociati sul tavolo e le mani incrociate dietro la testa, sonnecchiava cullato dalle onde, un po’ agitate, del mare. Mentre Wolf si riposava, Sara e Mya, appoggiate al bancone della cucina lo guardavano e parlottavano tra di loro.

-Certo che il capitano non è niente male…- disse Sara bisbigliando. Da quando la castana era salita sulla nave, si era, stranamente ambientata molto bene. Tutti i componenti della ciurma si erano resi disponibili con lei, inducendola così ad aprirsi e relazionarsi con loro come mai le era successo prima d’ora.

-Sì, è proprio un bell’uomo, però io preferisco gli uomini leggermente più gentili e sensibili- disse Mya alla compagna, mentre entrambe continuavano a squadrare ogni particolare del capitano.

-Sono d’accordo con te! Ma rimane molto affascinante- rise Sara diventando rossa, non sapeva neanche lei dove avesse trovato tutta quella scioltezza.

-Ehi ragazze, cosa fate?- disse Asako appena entrata in cucina con July, la quale portava in mano una pigna di libri di medicina da studiare.

-July riposati un po’, sei sempre su questi libri!- la richiamò Sara.

-Devo imparare il più possibile se un giorno voglio essere il medico più in gamba sulla faccia della terra- disse July convinta.

-Sì, ma devi anche svagarti un po’- controbatté la navigatrice –su lascia quei libri sul tavolo e prendiamoci un thé insieme, poi potrai studiare quanto vuoi!- sorrise Asako mettendo l’acqua nel bollitore.

-Ok! Allora di cosa stavate parlando?- chiese July avvicinandosi a Mya e Sara.

-Di quanto sia sexy Wolf!- disse Mya senza troppi giri di parole.

-Ma… co-cosa…- balbettò imbarazzata July le quali gote si colorarono di un rosso acceso, tipo lampadina.

-Concordo!- si intromise Asako, annuendo convinta –è molto, molto sexy, peccato che non abbia nessun interesse per le donne- commentò la biondina.

-Cosa? Non dirmi che Wolf è…?- non riuscì a continuare la frase Sara.

-Ma no! Volevo solo dire che secondo me ha avuto una grossa delusione o qualcosa del genere, perché in anni che viaggio con lui non l’ho mai visto veramente interessato ad una donna, solo le solite storie di una notte- disse un po’ più pensierosa Asako.

-Lo credo anche io…- disse July sempre più rossa, non le piaceva parlare di quegli argomenti, con per giunta il diretto interessato a soli pochi metri da loro.

-Una delusione dici? Chissà chi era la fortunata?- disse pensierosa Sara.

-Mmm…- dalla bocca del capitano uscì un mugolio, segno che si stava per svegliare, così le quattro ragazze si misero immediatamente a parlare d’altro.

-Il legno di questa nave è veramente bello!- sbottò Mya cambiando velocemente discorso, provocando le risa delle amiche.

Amlach si alzò dalla sua comoda posizione, strofinandosi gli occhi ancora un po’ assonnati. Notò gli occhi delle ragazze guardarlo di sfuggita e non riuscì ad accennare un sorrisetto malizioso. Wolf aveva sentito parola per parola, ridendo mentalmente per le lusinghe, ma appena si era toccato il tasto della delusione, aveva deciso di smettere di “dormire” così da poter porre fine a quelle supposizioni che gli riaprivano una vecchia e, ancora troppo dolorosa, ferita.

-Capitano vuoi un po’ di thé?- chiese gentilmente July

-No, mi prendo del saké e vado ad allenarmi!- disse afferrando dal ripostiglio accanto alla cucina, una bottiglia di liquore e trangugiandone giù una buona quantità prima di uscire fuori dalla cucina, nel bel mezzo della tempesta, per raggiungere la piccola palestra.

-Cavolo dite che ci ha sentito?- sussurrò Sara.

-Spero di no!- disse il giovane medico sorseggiando, insieme alle amiche, il caldo thé.





Nel frattempo nella sala comune, collegata alla cucina, Ashuros e Stun passavano il tempo giocando a carte, mentre su una poltrona, nell’angolo della sala, Luna, rannicchiata con le ginocchia al petto, giocherellava con lo sbuffo delle sue scarpe, assorta nei suoi pensieri.

-Non trovi che Luna sia un po’ strana in questi giorni?- chiese Stun ad Ashuros, mentre tentava, inutilmente, di vincere la partita.

-Vuoi per caso distrarmi per vincere?- chiese l’argentato squadrando l’amico con i suoi profondi occhi grigio scuro.

-No, dico sul serio, è strana…- disse Stun osservando la ragazza, stranamente silenziosa.

Ashuros si girò a sua volta, dando una rapida occhiata alla compagna e, solo in quel momento notò che nella giovane archeologa c’era qualcosa che non andava. Seppur lui non avesse mai approfondito l’amicizia con nessuna delle ragazze della ciurma, le conosceva bene lo stesso. July era la timida della situazione, mentre Asako era sempre pronta a prendere le difese dei suoi amici, anche per semplici scherzi, scherzi che di solito organizzava Luna, sempre allegra e sorridente. Però ora quel sorriso non c’era, o almeno era velato da una leggera maschera di tristezza mista ad apprensione, manifestata durante quella interminabile settimana di piogge.

-mi sa che hai ragione…- disse infine Ashuros, rigirandosi verso Stun.

-Allora non è solo una mia impressione! Da quando siamo ancorati qui, il suo bel sorriso si è spento e dire che prima era al settimo cielo per la nostra prossima tappa, l’isola dei giganti-

-Bel sorriso?- lo punzecchiò Ash, approfittando, per una volta, nel poter mettere in imbarazzo il suo miglior amico.

Le gote di Stun da blu intenso si colorarono leggermente di un sottospecie di rosa pallido, facendo così sbellicare dalle risate Ashuros.

-Smettila idiota!- si infuriò Stun buttando le carte a terra, suscitando così le risa ancor più forti del compagno.

Luna, dal suo piccolo angolo, si girò verso i due, vedendoli litigare scherzosamente, ma non riuscì a sorridere visto il pensiero fisso che le attanagliava la mente.
La notte dopo aver raccontato ai suoi compagni il suo passato, Luna iniziò a pensare all’isola di Sinif, ai suoi parenti ed amici… ma subito dopo, una brutta sensazione si impossessò del suo stomaco, attorcigliandolo in una forte morsa. Aveva ormai da una settimana quella sensazione sgradevole addosso. Sentiva o percepiva, che a Sinif qualcosa andasse storto. Non sapeva come spiegarlo, quindi non ne aveva parlato con nessuno dei suoi compagni rimanendo così con questo sgradevole dubbio addosso.

La biondina osservò ancora i due compagni litigare e picchiarsi come due bambini finché ad un certo punto la nave ondeggiò fortemente, facendo così spegnere la luce della lampada ad olio, riposta sul tavolo.
Tutta la stanza rimase avvolta nel buio, finché Stun, dopo aver cercato a tentoni la lampada, la riaccese.
La luce si accese lentamente, ma Ashuros continuava ad essere avvolto da una piccola ombra, così si girò e si ritrovò praticamente con la faccia a qualche centimetro dal seno di Luna.
La ragazza durante l’attimo di buio si era alzata dalla sua posizione ed aveva deciso che era ora di scoprire se veramente Sinif era in pericolo, non poteva aspettare che ci arrivassero, no, doveva scoprirlo subito; quindi l’unico che poteva aiutarla era Ashuros.

Nel buio, Luna si era avvicinata al ragazzo steso a terra dopo la “lotta” con Stun e si era accovacciata sul pavimento per chiedergli un favore, ma una volta riaccesa la luce si era accorta di essere troppo vicino al compagno, diventato paonazzo dall’imbarazzo.

-Ash devo chiederti un favore!- disse tutto d’un fiato l’archeologa.

-Sì…ma…ma…- balbettava catena nera, mentre retrocedeva per riprendere le dovute distanze dal seno prosperoso della compagna. Era inutile, la troppa vicinanza con il corpo femminile per lui sarebbe sempre rimasto un grosso problema, l’imbarazzo si impossessava di lui, non riuscendo a spiccicare parola.

-chi è in imbarazzo ora?- rise sguaiatamente Stun, invidiando però un po’ l’amico.

-Cosa volevi chiedermi?- chiese Ash a Luna, una volta ripreso il controllo su di se.

-Tu hai molti amici vero? Informatori intendo!- disse titubante, Luna.

-Sì, perché?- chiese confuso l’argentato, mentre Stun smise di ridere a quella domanda, concentrandosi sulle parole della compagna.

-Vorrei che tu chiedessi informazioni sull’isola di Sinif, per favore- disse Luna con aria angosciata.

Entrambi i ragazzi guardarono la biondina un po’ perplessi, non capendo bene perché, di punto in bianco volesse informazioni sull’isola che, appena passata la tempesta, avrebbero raggiunto.

-Ok! Mi metto subito a lavoro, vado a fare qualche telefonata con il lumacofono e ti faccio sapere- disse Ashuros alzandosi ed uscendo fuori dalla stanza.

-Perché ti servono informazioni su Sinif?- chiese il gigante blu.

Luna si sedette al tavolo sospirando –Ho una brutta sensazione riguardo l’isola, devo sapere se va tutto bene, non posso più aspettare-

-Vedrai che Ashuros presto ti dirà che va tutto a gonfie vele e di non preoccuparti!- disse Stun poggiando una sua grande e grossa mano sulla minuta spalla della ragazza.

-Grazie Stun- disse Luna accennando un sorriso.

-E quello cos’era? Un sorriso? Nah! Sai fare di meglio biondina, su!- disse Stun cercando di far ridere la ragazza, non sopportava vederla così giù di morale, non era da lei, così si mise a fare delle buffe facce che ottennero il risultato sperato, Luna scoppiò in una fragorosa risata con le lacrime agli occhi.

-Grazie Stun!- disse mentre continuava a ridere a crepa pelle.






Fuori dalla nave mentre il vento soffiava forte e la pioggia sbatteva prepotente sul legno della nave, Ashuros aveva appena intercettato, con non poca fatica, un suo vecchio amico, Riki.

-Riki mi servono informazioni su Sinif…-

-Una delle tre isole dei giganti? Si certo, cosa ti serve sapere?- chiese il ragazzo di poco più di sedici anni, che aveva la fama di sapere tutto di tutti.

-Dimmi tutto quello che sai!- disse Ash, mentre il ciuffo argento gli sbatteva di qua e di la per colpa del vento.

-Bè amico, non c’è poi molto da dire! Isola fantastica, gente fantastica, peccato che fra qualche giorno o settimana non esisterà più né l’isola e né i suoi abitanti!- disse il ragazzo schietto.

-Che diavolo stai dicendo? Perché?-

-La marina…- disse Riki con voce distorta

-La marina cosa? Riki? Mi senti?- urlò Ash per superare il rumore del vento, ma ormai la linea era stata interrotta e il lumacofono aveva cessato di funzionare, spaventato da un potente tuono.

-Maledizione!- disse Ashuros sbattendo il lumacofono a terra. E adesso cos’avrebbe detto all’archeologa? Come avrebbe reagito Luna a quella notizia? E cosa centrava la marina con Sinif? Ashuros guardò il cielo, sperando che quella maledetta tempesta passasse presto, dovevano arrivare il prima possibile su Sinif, o come aveva detto Riki, non ci sarebbe più stata un’isola dove attraccare.






ANGOLO AUTRICE:

Ciaoooo a tutti!!! Scusate l’immenso ritardo di questo capitolo, ma ho avuto veramente poco tempo per scrivere e poi si ci è messo il mio gatto a mangiarmi il filo del caricabatterie del pc, quindi potete immaginare il disagio! Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se a me non convince molto, questa volta l’ho dovuto scrivere a round quindi questo è il risultato! :(
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacione kiko90

(prometto che entro fine mese aggiornerò, se riesco due capitoli :) )

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Capitolo 20
*** capitolo 19 ***


Il vento sferzava forte contro le vele della “luna nera” portandola, velocemente, nonostante la bufera intorno ad essa, al suo obiettivo, Sinif, l’isola dei giganti.

Avevano deciso di partire subito, sfidare la tempesta, il vento, la pioggia, pur di arrivare in tempo su Sinif, sperando di poter evitare quella tragedia annunciata e di tranquillizzare Luna, diventata ormai il fantasma di se stessa su quella nave.
L’archeologa infatti, da quando era stata informata da Ashuros della decisione della marina di distruggere Sinif, era caduta in uno stato di ansia da cui non riusciva ad uscire.

Erano partiti ormai da due giorni e, secondo la navigatrice, mancavano solo poche ore all’isola.

Luna sedeva sulla testa del lupo nero, la polena della Blackmoon, avvolta da un giaccone giallo acceso, il quale la rifletteva come un faro nella notte in quella giornata oscura e nebbiosa.
Osservava l’orizzonte, o almeno ciò che riusciva a scorgere da esso. Le mani tremanti, il labbro inferiore stretto sotto la morsa dei denti e gli occhi umidi, immersi da lacrime che non riusciva più a versare, visto la troppo ansia.
Lentamente Asako si avvicinò a lei, avvolgendola in un grande e caloroso abbraccio, dandole tutto il suo sostegno ed appoggio. Sapeva, Asako, cosa stava passando la sua amica. I suoi parenti, i suoi amici, l’isola da dove proveniva la sua famiglia stava per essere ingiustamente distrutta dalla marina, senza un motivo apparente, senza una spiegazione, e questo le dava sui nervi perché lì, in quel momento, bloccata su quella nave, non poteva fare niente per aiutare il suo popolo; così l’ansia di sapere se al suo arrivo ci sarebbe stata ancora un’isola dei giganti, le aveva portato via la sua allegria che tutti, sulla nave, rimpiangevano.

-Tranquilla stiamo quasi per arrivare- sussurrò Asako all’orecchio della biondina, sentendo i tremiti di freddo dell’amica, che però non voleva togliersi da quella posizione per avvistare, per prima, Sinif.

-Ok, grazie Asi- disse atona, Luna, continuando a fissare un punto indefinito davanti a lei.

Asako sciolse l’abbraccio e con un’espressione pensierosa si diresse verso la cucina, mentre piccole gocce di pioggia ricominciavano a scendere sempre più violente sulla nave, dopo la piccola tregua che avevano concesso.


La cucina era avvolta da uno strano silenzio, non propriamente tipico degli abitanti di quella nave, di solito sempre casinisti, ma senza l’allegria contagiosa della loro capo banda, nessuno riusciva più a scherzare, visto anche la situazione in cui si trovavano.

Asako percorse il piccolo corridoio della sala da pranzo, fermandosi improvvisamente ad osservare ogni componente della ciurma.
Sara si era raggomitolata su una poltroncina fissando il soffitto, mentre sovrappensiero giocherellava con le ciocche viola dei suoi lunghi capelli castani. Accanto a lei, Mya osservava July leggere un grosso tomo di medicina, completamente immersa nella lettura. Come suo solito Amlach schiacciava un pisolino con le gambe incrociate e le mani unite dietro la testa, però restando con i sensi vigili e pronti ad agire, mentre Ashuros, davanti ai fornelli, preparava una cioccolata calda con piccoli pezzettini di marshmellow, con l’intenzione di riscaldare i suoi amici.
Asako fermò i suoi penetranti occhi blu sulla figura mastodontica di Stun. Il ragazzo era seduto a cavalcioni su una sedia ed osservava qualcosa, o meglio dire qualcuno, fuori attraverso l’oblò della cucina. L’espressione del nakama era triste, forse la più triste di tutti. Quando Luna aveva ricevuto da Ashuros la brutta notizia riguardante Sinif, aveva smesso di avere contatti con tutto l’equipaggio, rifugiandosi sulla polena senza dire una parola, e a Stun questo faceva molto male. Asako aveva compreso ormai da tempo quale legame accomunava i due compagni, ma anche le loro difficoltà nell’ammetterlo ed accettarlo, ognuno per i suoi motivi. Per Stun, abituato ad essere sempre stuzzicato dall’archeologa, tramite i suoi scherzi e le sue battute, quella era una vera tortura, si sentiva come abbandonato, soprattutto perché lei non aveva fatto nessuna eccezione escludendo per giorni i suoi amici, aveva infatti escluso soprattutto lui dalla sua vita, l’unico in grado di ridarle il sorriso con una semplice battuta.

-Ehi ragazzi! Ma cosa sono quelle facce? Su, dai non è mica morto qualcuno!- Disse improvvisamente la navigatrice, stanca di tutto quel silenzio a cui non era abituata
-Luna ha bisogno di noi, e di certo con queste facce tristi non la stiamo aiutando!- continuò portando le mani ai fianchi osservando, seria, uno ad uno i suoi amici.

-Sì, Asi ha ragione, dobbiamo fare qualcosa!- l’affiancò Sara, alzandosi di scatto dalla sedia. Anche se era l’ultima arrivata nella ciurma, si sentiva in dovere di aiutare Luna, che con lei era sempre stata molto gentile.

-Ma cosa possiamo fare? La nave sta andando già a tutta velocità grazie al vento a nostro favore- disse saggiamente Mya.

-Sì, questo è vero, ma potremmo cercare di distrarre Luna, o almeno farla entrare, se sta lì fuori ancora un po’ si prenderà un malanno- disse la bionda navigatrice.

-E' inutile, non verrà mai dentro, non vuole la nostra compagnia- disse Stun con tono triste e freddo, ripensando ad un momento preciso di qualche giorno prima, quando aveva cercato di far compagnia alla sua amica archeologa e lei lo aveva, per la prima volta, respinto in malo modo.

-Stun, non devi prendertela, Luna è preoccupata, non ce l’ha con nessuno di noi. Vedrai che appena approderemo su Sinif tornerà la Luna ficcanaso di sempre- disse Ashuros dando una pacca sulla spalla del compagno.

Mentre i nakama parlavano di come distrarre Luna prima dell’arrivo su Sinif, Amlach si alzò, uscendo dalla cucina con le mani in tasca e il suo solito sguardo impassibile.

-Ma dove sta andando?- chiese July confusa

-Va a parlare con Luna- disse Mya sorridendo pacata. Lei aveva ascoltato i pensieri del capitano grazie al suo potere, e quindi sapeva ciò che Wolf voleva dire all’archeologa, e sapeva anche che avrebbe dato una scossa al comportamento di essa.


Il vento, unito alla sottile ma gelata pioggia, arrivava contro il viso del capitano come una vera è propria frustata gelida, ma Wolf continuava come se niente fosse la sua avanzata verso la polena.

La nebbia era svanita, portata via probabilmente dal vento; almeno c’era un evento atmosferico fastidioso in meno, pensò Wolf.
Il pirata arrivò senza far rumore, dietro la sua nakama, stretta in quel troppo leggero cappotto.

-Luna!- la chiamò con tono duro.

Wolf vide la ragazza tremare a quel richiamo, ma non si girò.

-Luna, girati!- disse severo.

La biondina si girò verso l’uomo, la faccia, come tutto il resto, era completamente zuppa, gli occhi arrossati dal vento e dalle lacrime, mentre il suo incarnato era bianco, bianco come le lenzuola appena lavate.

-Devi smetterla di comportarti così!- l’ammonì –i tuoi compagni sono preoccupati per te, non si danno pace sapendo che tu sei qui al freddo, sotto l’acqua e, soprattutto, non accettano che non vuoi nessuno di loro al tuo fianco per aiutarti, per sfogarti! Noi siamo nakama, ricordatelo! Se sta male uno di noi, stiamo male tutti!- disse il capitano senza urlare, non ce ne era bisogno, il suo tono sempre duro e, apparentemente distaccato, bastava per intensificare il messaggio.

Luna tremò ancora udendo quelle parole. Ora sentiva non solo un gran freddo, l’ansia e la preoccupazione, ma anche i sensi di colpa per come si era comportata con i suoi compagni, escludendoli dal suo dolore, trattandoli a pesci in faccia senza volerlo veramente, come aveva fatto con Stun qualche giorno prima. L’archeologa, sentì una morsa al cuore e la gola stretta dal senso di colpa, non aveva mai pensato che i suoi compagni potessero soffrire per lei, ma questo ora che ci pensava era logico, loro erano una famiglia e, come aveva detto il capitano, se uno di loro stava male, stavano male tutti.

-Mi…mi dispiace, non volevo farvi preoccupare- disse singhiozzando appena, Luna.

Wolf, non era duro come voleva apparire. Anche lui era preoccupato per quella testina bionda, ma non lo avrebbe mai ammesso, però ora vederla in quel modo, bagnata come un pulcino fradicio, gli provocava una strana sensazione, pietà.

-Dai entra in cucina e vai a riscaldarti, Ash ha preparato una cioccolata calda…- disse con tono più caldo.

-Grazie capitano!- disse Luna saltando al collo di Wolf ed abbracciandolo forte. Era il suo modo per fargli capire quanto quelle parole le erano servite più di tutti gli abbracci e le parole dolci che aveva ricevuto in quei giorni.

-Ehi! Staccati Luna!- disse totalmente a disagio il capitano, mentre la biondina si staccava da lui e tornava, anche se debolmente, a sorridere, correndo verso la cucina dove i suoi amici la aspettavano a braccia aperte.

Amlach ora era solo sulla testa del suo lupo nero ed osservava l’orizzonte che man mano stava prendendo forma allo schiarire dei nuvoloni neri che, pian piano, si stavano dissolvendo grazie alle forti correnti ventose.
Improvvisamente, mentre il sole nascosto dietro quei nuvoloni per giorni, riemergeva rosso e potente riscaldando l’atmosfera, Amlach ricordò una vecchia scena...

-No Wolf ti prego, non lasciarmi!- urlava disperata una ragazza, con gli occhi immersi di lacrime, sulla banchina del porto, mentre osservava Wolf salire iracondo e ferito, su una piccola imbarcazione che non era neanche sua.

-Smettila, non voglio più sentire le tue bugie! Torna da lui, tra noi è finita!- gli urlò contro Wolf, sanguinante, ma ferito ancor più gravemente nel cuore, dalla persona che amava più al mondo, che ora lo stava supplicando di restare, ma era inutile restare se lei lo aveva tradito con il suo peggior nemico, infrangendo i loro sogni.

-Ti prego Wolf! Non farlo! Ti prego! Mi avevano detto che eri morto!- urlò con tutto il suo fiato la giovane donna dai corti capelli rossi, mentre ormai la barca dove si era imbarcato Wolf era già partita, portandole via il suo amore e i loro sogni…



Wolf si riscosse da quell’improvviso e, doloroso, ricordo. Non sapeva cosa l’avesse scatenato, forse il rosso colore del fuoco, così simile a quei capelli che aveva accarezzato, annusato e baciato mille volte, ma che gli erano anche stati portati via nel più meschino dei modi. Scosse la testa, girandosi e dando le spalle al sole, per non ripensare più a quel giorno di ormai cinque anni prima, e ritornando a passo trascinato, come suo solito, dai suoi compagni dai quali ora si udivano le risate di gioia per il ritorno, tra loro, di Luna.



Qualche ora dopo, mentre ormai il sole del mezzogiorno splendeva alto nel cielo, senza neanche una nuvola a fargli compagnia, July avvistò qualcosa all’orizzonte.

-ISOLA A ORE 12!- urlò July per farsi udire da tutti i compagni.

Luna si catapultò come un uragano verso il castello di poppa dove si trovava il medico e le sottrasse il cannocchiale per osservare con i suoi occhi i contorni dell’isola.

-Sinif!- sussurrò felice l’archeologa, mentre una morsa di ansia iniziò di nuovo ad attanagliale lo stomaco, ma ora sapeva che bastava stare insieme ai suoi amici per scacciarla via.

-Bene! July alza il vento a nostro favore così arriveremo prima!- comandò Asako al timone –mentre voi ragazzi preparatevi all’attracco-.

-Sei contenta che siamo quasi arrivati a Sinif?- disse Stun emergendo alle spalle di Luna, che si girò verso di lui regalandogli, dopo tanto, un caloroso sorriso.

-Sì, molto!- disse Luna, con gli occhi pieni di gioia, non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi cari, e soprattutto una persona.

-Bene, almeno non ti sentiremo più frignare!- disse l’uomo blu scherzosamente, sfregando i capelli biondi della ragazza in una rude e scherzosa carezza.

-Stun i capelli!- gridacchiò la ragazza per poi tornare improvvisamente seria.

-Che c’è?- chiese Thunder preoccupato.

La biondina tutto pepe si avvicinò alla guancia del ragazzo, alzandosi sulle punte dei piedi per raggiungere il suo obiettivo, appoggiando i palmi delle mani sul torace muscoloso del ragazzo per poi baciarlo accanto alla bocca, sulla guancia, teneramente.

-Grazie di tutto Stun, e scusami per il mio comportamento di questi giorni!- gli disse l’archeologa staccandosi da lui, sorridendogli e lasciandolo senza parole, ma con mille pensieri, mentre lei correva verso Ashuros per aiutarlo a calare l’ancora.

-Eccoci finalmente!!- esultò Luna, saltellando finalmente sulla terra natale di suo padre.

Sinif era proprio come lei la ricordava: Immensa e piena di prati verdi, con uccelli dai mille colori e suoni che regalavano spettacoli formidabili nello splendido cielo. Era tutto così bello, troppo bello, pensò Luna.

-Ehi Ash, ma qui non sembra esserci una guerra!- disse Luna, prima che un forte boato fece tremare la terra e fuggire gli uccelli che gracchiarono impauriti.

-Io credo che invece la guerra ci sia eccome!- disse Sara massaggiandosi il fondoschiena leso dalla caduta che aveva appena fatto.

-Andiamo a scoprirlo- disse Wolf incamminandosi nell’immenso prato che foderava l’isola.

Tutti i pirati seguirono il capitano, dopo aver nascosto per bene la nave in una grotta marina, ed averla ancorata con cura.


Appena superarono una grande collina, i pirati notarono delle immense nuvole di fumo provenire dal centro dell’isola, accompagnate dall’inconfondibile luce arancione delle fiamme alte che, violente e spietate, bruciavano ogni cosa.

-Oh nooo!- disse Luna portandosi le mani davanti la bocca per l’orrore che stavano vedendo i suoi occhi.

-Ehi, voi laggiù!- urlò una voce da dietro un albero.

In pochi secondi, i pirati vennero circondati da una schiera di giganti armati e qualche umano anch’esso armato fino al collo.

La ciurma di pirati si mise subito sulla difensiva, pronti a combattere, ma Luna li fermò.

-No, amici aspettate, loro non sono nostri nemici!- disse ai suoi compagni, per poi girarsi verso i giganti e dire –Sono Jaguar D. Luna, la figlia di Jaguar D. Sauro, sono una di voi e loro sono i miei amici, non vogliamo farvi del male-

-Luna? Luna sei tu?- disse sorpreso un ragazzo emergendo da dietro due grossi ed imponenti giganti, avanzando verso l’archeologa.

-Finn!!- urlò Luna correndo ad abbracciare il ragazzo che aprì le braccia per accoglierla ed abbracciarla forte.

-Come mi sei mancata!!- disse il ragazzo, baciandole i capelli biondi.

-Anche tu! Ero così preoccupata per te in questi giorni!- disse Luna stringendolo ancor più forte, mentre Stun, dall’altra parte osservava la scena, sentendo una strana fitta al cuore, nel sentire che la sua amica era stata tutto quel tempo in pena per quel ragazzo e non per il suo popolo. Chi era quel tipo? E cosa significava per Luna?









Intanto sulla Liberty…

Il sole, lentamente, stava sorgendo dal blu intenso del mare, illuminando tutto ciò che aveva intorno con i suoi caldi e luminosi raggi; rischiarando il cammino alle navi che viaggiavano sull’amico oceano. Tra di esse, vi era la Liberty, dove al suo interno, la maggior parte della ciurma stava ancora riposando serenamente nei loro alloggi.
Una preoccupata navigatrice però era già sveglia da ore e, dopo aver fatto visita all’amico in coma, si stava apprestando ad andare a controllare la rotta.
Yuki, salì i primi gradini che portavano al ponte ed iniziò ad udire degli inconsueti suoni. Di solito a quell’ora nessuno dei suoi nakama era sveglio, quindi la cosa l’allarmò non poco.
Con calma, e senza far rumore, aprì la porta che collegava la zona notte con il ponte. Si guardò intorno circospetta, ma sembrava che non ci fosse nessuno, eppure quei suoni, di lame che si scontravano erano sempre presenti.
Yuki, impugnando una scopa, lasciata sul ponte il giorno prima durante le pulizie, si avviò verso quel rumore, che sembrava provenire nei pressi dell’albero maestro.
Man mano che si avvicinava il rumore si faceva sempre più intenso, segno che stava raggiungendo l’obiettivo. Ad un certo punto però la navigatrice si fermò, osservando la vecchia scopa che aveva in mano.

-Ma chi voglio prendere in giro, neanche un pesce si spaventerebbe di questa scopa!- disse sottovoce prima di sbucare davanti l’albero maestro e quindi davanti al nemico.

Yuki posò accanto alla parete, la scopa, e preso un lungo respiro si presentò davanti l’albero maestro, fermando così il suono che l’aveva allarmata.

-Yuki sei tu?- chiese Shin, smettendo di affilare i coltelli della cucina.

-Shin ma che ci fai sveglio a quest’ora? Mi hai fatto prendere un colpo, pensavo che qualcuno fosse salito sulla nave?- disse Yuki riprendendo a respirare regolarmente.

-Stavo affilando i coltelli, visto che non riuscivo a dormire- disse il ragazzo passandosi una mano tra i corti capelli neri.

-Ah, capisco- disse Yuki sedendosi accanto al compagno –cos’è che non ti fa dormire?- gli chiese.

-Bè… in realtà non so se hai notato lo strano comportamento di Lilian in questi giorni, cerca di evitarmi in ogni modo- disse ritornando ad affilare i coltelli.

-Eccome se l’ho notato, sta evitando anche me, e non so il perché!- disse abbassando la testa, dispiaciuta per quella situazione, visto che con Lilian si era sempre trovata benissimo e la considerava come una sorella.

-Sta evitando anche te?- chiese Shin girandosi verso l’ombra che sapeva essere Yuki, riconoscendo ormai le sue proporzioni e il suo odore.

-Sì, ed è molto strano…- disse Yuki alzando il viso ed incrociando gli occhi azzurro-bianco del cuoco.

In quel preciso istante, mentre i due si guardavano negli occhi, chi più chi meno, per cercare di capire perché Lilian ce l’avesse con loro, il medico fece la sua comparsa sul ponte, diretta alla cucina per uno spuntino mattutino, visto che la sera prima non aveva mangiato un granché.
Appena Lily passò davanti l’albero maestro e vide i due compagni, vicini che si scambiavano occhiate complici, andò su tutte le furie scaraventando la scopa, che prese accanto alla parente, contro i due, colpendo Yuki sull’arcata sopracciliare.
Lily si accorse subito di aver reagito troppo bruscamente. Era stata accecata dalla gelosia e, la rabbia aveva agito, colpendo una sua nakama e ferendola. Lilian si avvicinò subito a Yuki che si teneva stretto il sopracciglio sanguinante, mentre Shin cercava qualcosa per tamponare il sangue.

-Yuki…mi dispiace…- disse Lily porgendo la mano vicino al sopracciglio, per visitarlo, ma Yuki si ritrasse.

-Ma che ti è saltato in mente?- disse Shin arrabbiato per il gesto senza senso della ragazza.

A quelle parole Lilian si sentì sprofondare. Si sentiva terribilmente in colpa per ciò che aveva fatto a Yuki, ma allo stesso tempo continuava ad essere arrabbiata. Perché Yuki doveva sempre stare vicina a Shin? Perché lui cercava Yuki e non lei? Perché i due sembravano andare così d’accordo, mentre a lei non veniva rivolta neanche una piccola attenzione da parte del cuoco?
Tutte quelle domande le affollavano la testa, mentre si allontanava dai due per rifugiarsi in cucina, sotto lo sguardo dispiaciuto di Yuki, che era ancor più confusa per il comportamento dell’amica.



La colazione quella mattina, fu avvolta dal silenzio più assoluto ed una tensione così palpabile che si poteva tagliare con un coltello.
Sia Ryuu che Diana si erano interrogati su come Yuki si fosse procurata quel taglio al sopracciglio, ma nessuno osò chiedere spiegazioni, visto l’aria ostile che si respirava.
Shin era arrabbiato con Lily per il suo comportamento, mentre Lily, seppur dispiaciuta per quello che aveva fatto, era ancor più imbufalita per le attenzioni doppie che ora Shin riservava a Yuki, la quale adesso aveva intuito il rancore che riservava il medico verso di lei e Shin, ma non sapeva come chiarire la situazione.
A fine colazione, Ryuu uscì per primo dalla cucina, non sopportando più, anche lui, tutte le premure di Shin nei confronti di Yuki, quindi decise che era meglio andarsi ad allenare un po’ per sfogare l’istinto omicida verso il compagno. Lilian lo seguì a ruota, preferendo sistemare l’infermeria piuttosto che continuare ad assistere a quello spettacolo.
Dopo qualche minuto, mentre Diana si sentiva la terza in comodo, entrò Solan.
La donna aveva i lunghi capelli rossi, raccolti in una coda disfatta, evidenti occhiaie violacee evidenziavano il suo incarnato bianco pallido, che non era per niente il suo tipico colore.

-Sol! Vuoi un po’ di caffè?- chiese gentilmente Yuki, felice di incrociare il capitano dopo settimane.

-No- disse scontrosa la donna, che afferrò una bottiglia di liquore dalla credenza e si sedette al tavolo assaporando con lunghi sorsi la bevanda alcolica.

-Ma Sol, non puoi bere alcool di prima mattina! Il tuo organismo è già compromesso dall’agalmatolite che ti è stata iniettata su Stargazer, continuando così ti ucciderai!- la rimproverò la navigatrice.

-Fatti i cavoli tuoi! E poi forse è quel che merito, la morte- disse la donna sbattendo la bottiglia sul tavolo.

Yuki a quelle parole non seppe cosa rispondere. La loro ciurma, sempre unita, allegra come una vera famiglia, ora pian piano si stava disfacendo nel peggiore dei modi.
Con le lacrime che gli riempivano gli occhi, Yuki uscì dalla cucina, pregando che al più presto quella brutta situazione sarebbe passata, riportando la pace e la serenità sulla loro nave.

Finito di scolarsi la bottiglia di liquore, mentre lo stomaco le bruciava enormemente, Solan, barcollando, uscì dalla cucina dirigendosi nel suo studio.

Entrò nel suo studio e lo trovò incasinato più che mai. Non ricordava neanche quando aveva gettato tutto a terra, colta da un moto d’ira, ma non le importava più di tanto. Scavalcò con poca agilità, inciampando nella sua stessa roba più volte, finché non arrivò alla scrivania e si sedette.
Evitò di guardarsi nel piccolo specchio sopra la scrivania, tanto sapeva che quello che avrebbe visto non le sarebbe piaciuto.
Prese in mano un foglio ed una matita, iniziando così a scrivere sul suo diario.

Un altro cavolo di giorno è iniziato. Che schifo.
Sulla nave non fanno altro che ripetermi che mi sto facendo del male, che così rischio di morire, e io dentro di me, prego perché questo avvenga veramente. Siamo sinceri, non merito di vivere. Nella mia schifo di esistenza ho soltanto portato dolore alla gente che mi stava accanto, sin da bambina, e adesso, ecco l’ennesima vittima, Edward.


Un leggero bussare alla porta interruppe Solan dalla sua biografia, facendola irritare ancor di più.

-Chi cavolo è adesso?- urlò verso la porta.

-Sono io, Diana- disse la ragazza entrando con strafottenza nella stanza, per poi buttarsi comodamente sul letto della rossa.

-Che vuoi, Diana?- chiese Solan girandosi iraconda verso la vedetta.

- Ti stai comportando da vera cogliona!- sbottò Diana, facendo scattare una vena omicida sulla tempia della rossa.

-Che cos’hai appena detto?- chiese con tono freddo ed infuriato, Solan.

-Che sei una cogliona! Stai mandando tutto a rotoli, la tua salute, il tuo sogno, la tua ciurma, per quale motivo? Per Edward? Perché lui è in coma? Idiozie! Questa è solo una scusa per commiserarti, per lasciarti andare e non affrontare la vita vera! Ma così non stai facendo male solo a te stessa, ma a tutta la ciurma che sta andando a rotoli! Sono sicura che Edward non vorrebbe questo!- disse Diana incrociando le gambe per stare più comoda sul letto.

-Ma come ti permetti! Io faccio quello che voglio della mia vita! E poi la ciurma non sta andando a rotoli!- disse alzandosi dalla sedia, Solan, per pararsi davanti alla sua sottoposta.

-Ne sei sicura? Come fai a dirlo visto che sei sempre chiusa qui dentro o sbronza? Ti sei accorta del sopracciglio tagliato di Yuki? Dell’ostilità di Lily?- chiese poco pacata Diana, sistemandosi i leggeri occhiali a forma ovale.

Solan a quelle domande rimase zitta, d'altronde cosa poteva risponderle, aveva perfettamente ragione, Diana. Era chiusa nel suo studio ormai da settimane e non sapeva niente della vita fuori da esso, e soprattutto delle ostilità tra la ciurma. Aveva sempre sognato una ciurma unita, fatta da persone che si vogliono bene, che si rispettano a vicenda, proteggendosi nei momenti di pericolo; ed era stato così fino a poco tempo fa, ma ora sembrava che stesse andando tutto a rotoli.

-Non che a me interessi qualcosa, ma Lilian sente una forte gelosia nei confronti di Yuki. Pensa che Shin si sia invaghito della navigatrice, mentre sappiamo tutti che non è così, che quei due sono solo amici che hanno in comune la passione per la cucina. Eppure Lilian la pensa così. Bè, forse anche per colpa di qualcosa che ho detto, ma questo non centra.- disse la mora giocherellando con la coda di cavallo.

-Ma Lily e Yuki sono sempre state molto unite!- disse Solan, incredula.

-Se non mi credi guarda tu stessa. Lilian cerca in tutti i modi di evitare quei due, e quando non ci riesce…bè le cose si complicano come questa mattina, quando Lily ha colpito Yuki con una scopa, ferendola! È questo che vuoi, Solan? Perché se è questo, è meglio che alla prossima isola ci separiamo tutti- disse schietta la castana, guardando fiera il capitano negli occhi.

-No, non è questo che voglio…- disse la rossa abbassando la testa.

-Fiuuu…- tirò un sospiro di sollievo la vedetta – bene, allora fatti una doccia e torna ad essere il nostro capitano! Hanno bisogno di te!- disse aprendo la porta, in procinto di uscire.

-Diana, grazie!- disse Solan sorridendo appena alla nakama.


La rossa, appena Diana richiuse la porta dietro di se, si buttò a terra tra le sue scartoffie, e pianse, buttando via tutto il dolore, la rabbia e il menefreghismo che le avevano attanagliato mente e corpo in quelle settimane.
Dopo un po’, quando si sentì pronta, si guardò allo specchio, non riconoscendo la persona che veniva riflessa in esso. Nello specchio si vedeva una ragazza distrutta dentro e fuori, la quale aveva perso tutta la sua grinta e voglia di affrontare la vita e raggiungere i suoi obiettivi. Odiava quella ragazza, non voleva essere così, quindi, decise di ascoltare il consiglio della sua nakama, quella ragazza che con i suoi modi burberi, infondo teneva tantissimo a tutti i componenti della ciurma, anche se non voleva dimostrarlo.

Dopo aver fatto un lungo bagno ed essersi vestita in modo decente, finalmente decise che era ora di uscire da quel suo rifugio, ma prima sistemò il caos che aleggiava in quella stanza.
Una volta fuori dalla porta, decise che se voleva tornare ad essere un bravo capitano, meritevole della fiducia dei suoi uomini, doveva prima far visita ad uno di loro, Edward.

Entrò con titubanza e paura nella camera del suo vice che conosceva molto bene, visto che ci aveva passato molto tempo.
La stanza era avvolta dalla luce che penetrava dalla piccola finestra con tendine bianche. Solan osservò quelle tendine, di certo non era opera di Edward, visto che il suo vice non amava questi fronzoli, come li chiamava lui, quindi quella era sicuramente opera della dolce Yuki, che voleva portare un po’ di armonia in quella stanza così spoglia e minimalista.
Solan si avvicinò al letto, sedendosi poi su di esso, in un angolo.
Era così dura per lei vedere il suo amico lì, immobile, senza dire una parola; non che Edward da sveglio fosse di tante parole, fra lui e Ryuu si poteva aprire una gara su chi pronunciava meno parole in tutto l’arco della giornate, eppure per lei era così anomalo vederlo lì, con gli occhi chiusi, apparentemente incosciente.

Accarezzò il viso del vice, sapendo che lui non amava quel tipo di smancerie, e cercò le parole giuste per scusarsi con lui.

-Edward, ciao. Sì, se te lo stai chiedendo finalmente mi sono decisa a venire a trovarti. Lo sai che per me non è stato per niente facile. Mi sento in colpa, Ed. E’ tutta colpa mia se ora tu sei qui e se la ciurma sta andando a rotoli. Mi dispiace, mi dispiace tanto. Sai a volte ripenso a quando ci siamo incontrati in quella taverna. Appena ero entrata lì dentro, ho percepito la tua solitudine, la tua rabbia e il tuo dolore e non ho resistito, dovevo aiutarti, anche sapendo chi eri e qual era il tuo compito. Poi tu mi hai affiancato per difendere quella bambina ed è stato in quel momento che ho capito che finalmente avevo trovato il mio primo componente della ciurma, il mio braccio destro.- disse Sol, tirando su col naso. – Ne abbiamo passate tante, e ancora ne dobbiamo fare di cose. Me lo hai promesso, ricordi? Mi avresti seguita ovunque! Ti prego Ed svegliati! Non puoi lasciarmi così.- disse Solan spostando il suo sguardo fuori dalla finestra, sul mare, per non abbandonarsi alla tristezza.

La donna restò in quella stanza per tutto il giorno, con gran sorpresa di tutta la ciurma, tranne che per Diana. Parlò a lungo con Edward, addormentandosi poi con la testa sul letto del compagno.


Il giorno dopo, quando il sole ancora non era sorto, Solan sentì dei piccoli movimenti provenire dal letto su cui era poggiata, così si svegliò alzando il viso dal materasso e cercando di mettere a fuoco.

-Ciao- disse una voce leggermente roca, mentre due occhi verdi la osservavano curiosi.

A Solan venne quasi un colpo, quando vide Edward guardarla con i suoi occhi verdi come le foglie di quercia in estate. Il suo cuore galoppò per la felicità, saltando sulla sedia dalla contentezza.

-Ed! Ti sei svegliato!!- disse raggiante, sorridendo dopo settimane.

-Scusa, ma…tu chi sei?- disse improvvisamente Edward, troncando la felicità della donna che rimase a bocca aperta, non sapendo cosa rispondere.





Nel frattempo sulla postazione di vedetta, Diana con il suo cannocchiale, mise a fuoco i contorni di una nuova isola ed urlò –TERRAAAA!-









ANGOLO DELLA RITARDATARIA AUTRICE:

Ciaoooooooo miei carissimi lettoriiiiiii!
Chiedo perdono per questo immenso ritardo! Scusatemi veramente tanto, ma avevo altre long in sospeso che non aggiornavo da un po’, quindi ho dovuto prima scrivere i cap delle altre storie, ma adesso eccomi quiiiiiii!
Allora che ne pensate di questo catastrofico/supernoioso cap?
Luna, la carissima Luna, sembra aver ritrovato il sorriso, e non solo, anche un misterioso ragazzo a cui è molto legata, Finn! Chi sarà? E cosa succederà ora che sono arrivati su Sinif?
Sulla liberty invece c’è una vera e propria guerra! =0
Lilian che prende Yuki a suon di scope, mentre Diana fa tornare la ragione alla cara Solan, finalmente! Nel frattempo Edward si è svegliato e sono quasi arrivati su una nuova isola! Bè, ne son successe di cosucce! ;)
Comunque spero veramente che il cap vi sia piaciuto, e spero di leggere le vostre fantastiche recensioni che, non smetterò mai di dirvelo, LE ADOROOOOOO!!!
Cmq prima di lasciarvi volevo comunicarvi alcune cose:
1 Ho deciso di aprire una specie di gioco sulle coppie di questa fic, visto che molti di voi hanno già qualche preferenza e che io ho in mente di aggiungere qualche altra coppietta. Per adesso le coppie che mi avete segnalato sono: StunxLuna (chiamata anche STUNA o STLUNA, decidete voi il nome che più vi piace o inventatene altri che metterò al voto), poi c’è la RyuuxYuki (sono aperte le proposte per un nomignolo tutto loro), la ShinxLily, ShinxYuki, WolfxSara, EdxSol. Queste sono per ora le coppie che nelle varie rec mi avete segnalato, ma ovviamente sono aperte nuove proposte :) non è detto che siano queste le coppie decisive!! Potrei sorprendervi! ;)
Quindi chiunque voglia dire la sua lo faccia pure! Il gioco ha inizio!!!

2 Sto pensando di aprire una pagina facebook dove potete contattarmi, per sapere in tempo reale come procede lo svolgimento del cap, shippare le vostre coppie preferite, parlare del più e del meno o altro. Cosa ne pensate?

3 ok questo angolo autrice sta diventando più lungo di tutto il cap O.o comunque questa giuro è l’ultima cosa. Sto pensando di aprire, tra un po’, le iscrizioni per due nuovi OC maschi, da inserire nelle varie ciurme, spero che siate d’accordo, ancora non è deciso!

Comunque ora ho davvero finito di scrivere questo immenso angolo. Se siete sopravvissuti alla noia di questo cap/angolo, vi aspetto al prossimo episodio!!!

Un bacione la vostra pazza autrice Kiko90

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Capitolo 21
*** capitolo 20 ***


-Scusa ma tu chi sei?- disse Edward osservando la ragazza dai lunghi capelli rossi, in piedi davanti a lui.
-Come…- disse confusa Solan, osservando l’amico che la guardava come se fosse un alieno. –Ed sono io, Sol! Oh no, non puoi aver perso la memoria!- disse la rossa mettendosi le mani nei capelli e voltandosi, iniziando a camminare avanti e indietro per la piccola stanza, farfugliando parole che il ragazzo non riusciva neanche a comprendere.
-No, non è possibile, come hai potuto perdere la memoria! Adesso come farai? E se tu non volessi più essere un pirata? Oddio!! Tutti i nostri progetti, i nostri sogni, ora sono infranti…- continuava a blaterare la rossa, parlando più con se stessa che con il vice.
Era durata solo pochi secondi la sua felicità. Vedere Edward di nuovo con gli occhi aperti, lì che la osservava, era stato bellissimo, quasi un sogno; ma il sogno ora si era trasformato in un incubo scoprendo che l’amico non la riconosceva neanche.
Il sole iniziò a fare capolino dalla piccola finestrella della stanza da letto del vice, illuminando debolmente la stanza e le lacrime che silenziose scendevano dal volto del capitano.
Una mano, grande e forte si posò con estrema delicatezza sulla spalla nuda della rossa, arrestando per un breve istante le lacrime fin troppo amare.

-Non piangere Sol…- disse Edward girando, con una piccola pressione della mano, il corpo della ragazza verso di lui.

-No, tu non puoi capire cosa significhi tutto questo per me! Ho passato settimane terribili, affogando nei sensi di colpa per quello che ti era successo, ed ora tu…- singhiozzò – tu non ricordi chi sono, chi sei! Con chi mi sfogherò io adesso? Chi mi proteggerà dalle mie stesse pazzie? Chi straccerò nelle gare di bevute??-

-Aspetta un attimo, tu non mi hai mai stracciato, ho sempre vinto io!- protestò il vice.

-Non è assolutamente vero! Già dalla prima volta che ci siamo conosciuti ti ho stracciato!- mentì la donna, asciugandosi le lacrime, che ormai avevano cessato il loro cammino.

-Non è affatto vero, quella volta sei caduta come una pera cotta e ti sei addormentata sul letto, almeno credo…- ribadì il castano.

-Aspetta un attimo!- disse improvvisamente la rossa, mettendosi le mani sui fianchi–Come fai a ricordare queste cose se hai perso la memoria?- disse fulminando con lo sguardo il suo interlocutore.

Edward, per niente intimorito, ghignò strafottente e disse –Bhe, semplice, era tutto uno scherzo!-

-UNO SCHERZO??- urlò la rossa impugnando i suoi fidati pugnali per poter sgozzare il compagno.

Edward con una veloce mossa, disarmò la compagna, sapendo che mai l’avrebbe colpito, se no, non sarebbe stato così semplice disarmarla.
La ragazza si ritrovò tra le braccia del compagno, con il viso sul suo petto ancora coperto di bende.

-Non farlo più!- disse Edward con tono serio, mentre stringeva a sé la rossa.

-Fare cosa?- chiese confusa il capitano

-Non trascurarti più, non trascurare più la ciurma per colpa mia! Se un giorno io non dovrei sopravvivere, tu dovrai andare avanti! Il tuo sogno Sol, e quello dei nostri compagni, sono più importanti di me, io ti sarò comunque accanto-

-Va bene… ma tu non azzardare a morire!- sorrise la rossa ascoltando il battito del cuore del suo vice, calmo e continuo; poi alzò la testa e disse –però questo vale anche per te! Se io un giorno non dovessi sopravvivere ad una battaglia, va avanti! Guida i nostri compagni affinché ognuno di loro riesca a realizzare il proprio sogno!-

-Lo faremo insieme!- disse Ed, non riuscendo neanche ad immaginare la nave, la sua vita, senza quella pazza del suo capitano.

Mentre i due amici si erano finalmente ritrovati, il resto della ciurma si era radunato sul ponte dopo che Diana aveva avvistato terra.

Yuki, afferrò il suo cannocchiale per osservare meglio i lineamenti della nuova isola che, da lì a qualche minuto avrebbero raggiunto.

-Il regno di Shairam!- disse la navigatrice, mentre pian piano distingueva sempre meglio i contorni dell’isola.

-Shairam… è questo il nome della nuova isola?- disse Ryuu affacciandosi alla balaustra, accanto a Yuki.

La ragazza sussultò sentendo la voce del moro che nelle ultime settimane sembrava volerla evitare.

-Ciao Ryuu!- disse la castana riponendo il cannocchiale. –Sì, Shairam è il nome della nuova isola che tra poco visiteremo. Sai è molto famosa nel nuovo mondo per il grande commercio di seta e abiti pregiati!- disse sorridente la ragazza, osservando il compagno guardare il mare, immerso nei propri pensieri, forse non l’aveva neanche ascoltata.

Con aria affranta Yuki si voltò per dirigersi verso il timone e controllare la rotta, quando la voce calma e roca di Ryuu la fermò.

-Come va l’occhio?- le chiese Ryuu, continuando ad osservare il mare, cercando di rimanere impassibile, anche se non lo era affatto. Avrebbe voluto chiedere a Yuki perché passasse il suo tempo sempre con Shin, perché non andava più a trovarlo in palestra mentre si allenava, come aveva sempre fatto prima dello sbarco su Stargazer; ma l’unica cosa che era riuscita a chiederle era come stava.

Yuki si era fermata sul posto e, sorridendo appena per quella domanda di interesse da parte di Ryuu, si girò verso il ragazzo.

-Fa ancora un po’ male, però presto passerà, grazie!- disse illuminando il suo viso con uno splendido sorriso che, Ryuu non poté non notare e rimanerne abbagliato.

-Non so però perché Lily mi abbia colpito in quel modo, in queste ultime settimane si è allontanata molto da me…- continuò Yuki, cercando di intraprendere una conversazione con il ragazzo, non potendo immaginare che l’argomento da lei scelto era poco gradito da Ryuu.

-Se tu stessi meno attaccata a Shin, Lilian non si comporterebbe così!- disse con tono estremamente freddo il moro, lasciando Yuki spiazzata.

-Io non sto attaccata a Shin!- rispose irritata la navigatrice. Perché, Ryuu, le aveva risposto in quel modo, come se covasse odio verso di lei o verso Shin? Si chiese Yuki, mentre Ryuu afferrava la sua falce, incamminandosi verso la palestra.

Non voleva perdere l’unica persona che era riuscita ad entrare nel suo cuore, Ryuu, ma, il destino sembrava dividerli ogni volta…


-Yuki forse dovremmo chiamare Solan e dirle che stiamo per attraccare!- disse Shin interrompendo il battibecco dei due compagni.

-Ehm, sì, forse sarebbe meglio…- disse Yuki ancora persa tra mille pensieri dopo le fredde parole di Ryuu che, ora osservava Shin con aria tetra.

Nella testa della navigatrice iniziò ad insinuarsi un piccolo dubbio, e se Ryuu si stesse comportando in quel modo per gelosia? Ma gelosia per cosa però? Non aveva senso.

-Navigatrice come ci dobbiamo muovere?- chiese Diana saltando giù dalla posizione di vedetta.

Yuki fu costretta, a quella domanda, a ritornare cosciente visto che l’attracco era ormai prossimo.

-Ok! Allora bisogna avvisare Solan, ci pensi tu Shin?- chiese la navigatrice osservando il cuoco.

-Certo!- disse il cuoco incamminandosi verso la porta che portava alla zona notte, ma prima che il cuoco aprisse la porta, essa si spalancò rivelando Solan ed Edward.

Tutti i componenti della ciurma rimasero a bocca aperta vedendo il loro compagno, ormai in coma da settimane, lì sul ponte accanto al capitano che sembrava aver riacquistato il sorriso dopo parecchio tempo.
Lo stupore e la sorpresa furono sostituite da urla di gioia e svariati abbracci che, il vice, ricevette un po’ imbarazzato.

-Bentornato tra noi Ed!- disse Lily abbracciandolo, mentre Ryuu dietro di lei sorrideva appena, rimanendo però come sempre in disparte, appoggiato all’albero maestro.

-Ryuu- lo salutò Edward con un cenno del capo.

-Ed- rispose il moro sollevando il mento.

-Quante arie! Perché non vi abbracciate e basta invece di fare i fighi senza sentimenti?!- disse Diana sbuffando.

-Perché sono maschi! E' questo il loro modo di dirsi “Ciao, sono felice di rivederti”- disse Lilian affiancando la vedetta, che si era buttata a gambe incrociate su di un barile.

Tutta la ciurma scoppiò a ridere, mentre Ryuu imbarazzato abbassò il capo toccandosi, nervosamente i capelli, ed Edward fulminava Diana e Lilian.
Solan osservò la sua ciurma, rincuorandosi di sentire le risa dei suoi compagni. Solo in quel momento capì quanto le era mancato tutto quello, e dentro di se si fece la promessa di non cadere più nell’abisso dei rimorsi, doveva accettare le scelte e le conseguenze che esse portavano.



-Bè ragazzi io direi che è arrivato il momento di attraccare!- disse Yuki riportando l’attenzione di tutti all’imminente attracco.

-Ognuno ai propri posti!- urlò il capitano incamminandosi verso il timone, fermandosi poi di scatto e posizionandosi con le mani sui fianchi.

-Dove credi di andare tu?- disse la rossa rivolgendosi al vice.

-A spiegare le vele! È questo il mio compito!- disse il ragazzo seguendo Ryuu, il quale si stava arrampicando per spiegare le vele.

-Ed, sei pazzo? Devi tornare subito a letto o potresti peggiorare!- lo rimproverò il capitano.

-Non ci penso proprio a tornare in quel letto, sono stato fermo fin troppo!- disse con tono sempre calmo e distaccato il ragazzo.

-Sol ha ragione Ed, si potrebbero riaprire le ferite!- disse Lily affiancando il capitano.

-sciocchezze!- detto questo il ragazzo saltò sull’albero maestro, arrampicandosi con estrema agilità.

-Che testa dura!- dissero in coro le due ragazze, mentre dall’alto Ryuu ghignava divertito.





Dopo qualche minuto, la Liberty finalmente attraccò sulla nuova isola: Shairam.

La nave, per sicurezza era stata privata del jolly roger e le vele erano state ammainate, risultando così una semplice nave di passaggio.
-Yuki parlaci di quest’isola, c’è pericolo di trovare marine in giro?- chiese il capitano, cercando di salvaguardare la sua ciurma.

-Il regno di Shairam è…- iniziò la navigatrice, ma venne interrotta da Diana.

-Regno?? Vuoi dire che c’è un Re e quelle stronzate varie?-

-Sì… Il regno di Shairam è governato dal Re Razom, un uomo di sani principi, sembra. Secondo i libri che parlano di questo regno, Shairam anni fa era stata sottomessa da una banda di pirati, spodestando il re di allora Weris. Un giorno però un ragazzino del villaggio, stanco di dover rubare i suoi stessi compaesani per poter portare qualcosa da mangiare alla sua famiglia, fronteggiò e sfidò uno dei pirati che avevano buttato in rovina la sua amata isola. I compaesani si schierarono dalla parte del ragazzino e iniziarono a ribellarsi, riuscendo così a scacciare i pirati. Quel ragazzino era Razom, che fu proclamato re a soli 14 anni, anche se non era di sangue nobile, ma Weris impressionato da ciò che aveva fatto quel ragazzino, e soprattutto dalla sua capacità nell’unire il popolo per sconfiggere i pirati, ciò che lui non era riuscito a fare, lo nominò re, abbassandosi a diventare un semplice consulente…-

-Wow, tanta roba! Sembra un tipo in gamba questo Razom- proferì Diana.

-Sì, ma il regno da allora non ha più ben visto i pirati, considerati da sempre un rischio per la loro serenità- continuò la spiegazione, Yuki.

-Dobbiamo stare molto attenti a non farci riconoscere- disse Shin.

-Mi raccomando ragazzi, la massima attenzione, non voglio rischiare un altro combattimento, per ora è meglio evitare…- disse la rossa.

-Va bene capitano!- dissero i pirati in coro.

-Bene! allora andiamo a visitare questo famoso regno!- disse il capitano iniziando a scendere per la piccola scaletta di legno della nave, seguita da tutta la ciurma.









Isola Sinif

-Ma Luna che ci fai qui?- disse Finn staccandosi un po’ dalla ragazza per guardarla nei suoi meravigliosi occhi, gli erano mancati tanto quegli occhi, pensò il ragazzo.

-Sono diventata un pirata ed io e i miei compagni durante la rotta ci siamo ritrovati qui. Ho saputo della guerra Finn, ma che succede?- chiese preoccupata l’archeologa.

-è una lunga storia, ma adesso dobbiamo andare via da qui, è pericoloso!- disse il ragazzo voltandosi verso i suoi compagni giganti –Portiamoli al rifugio!-

-Non se ne parla! Sono pirati, non possiamo fidarci di loro!- disse un grosso uomo con dei ricci capelli neri, i quali sembravano un cespuglio.

Improvvisamente un fischio lontano attirò l’attenzione dei presenti, i quali si girarono tutti verso il grande prato davanti a loro.

-Scappiamo!!- urlò Mya –Sta per colpirci una bomba!-

Veloci i pirati, seguiti dal gruppo di giganti, si allontanarono dal grande prato verde.

-Presto rifugiamoci qui!- urlò Finn trascinando Luna per la mano senza mollarla mai.

Il fischio assordante si avvicinava sempre più, entrando prepotente nei timpani dei presenti, infastidendoli a tal punto che si fermarono per tapparsi le orecchie ed impedire a quel maledetto suono di assordirli.
Il fischio fu sostituito da un forte ronzio, finché, potente, una bomba atterrò distruttiva, sull’immacolato prato verde.
L’atterraggio fu distruttivo, seminando intorno ad esso polvere e distruzione.
I presenti erano stati rimbalzati contro alcuni alberi della foresta a causa dello sbalzo d’aria provocato dall’atterraggio della bomba.


Wolf si rialzò piano, reggendosi con una mano al grosso tronco di quercia dove era stato scaraventato.
Il capitano si guardò intorno, vedendo i suoi compagni a qualche metro l’uno dall’altro che pian piano tentavano, anche loro, di rialzarsi e capacitarsi dell’accaduto.
Davanti a lui, in quello che solo pochi secondi prima era un fantastico prato verde, ora si ergeva un’enorme cratere.


-Sono arrivati anche qui!- disse il gigante riccioluto alle spalle del capitano.

-Chi?- chiese Wolf.

-La marina! È arrivata anche in questa zona, non siamo più al sicuro ormai- disse affranto l’omone, porgendo una mano ad un suo compagno, aiutandolo a rialzarsi.

-Perché vi sta attaccando?- continuò le sue domande il capitano.

-Vogliono distruggerci, per sempre!- concluse il gigante, voltando le spalle al capitano della Blackmoon.

-Venite, andiamo al nostro rifugio lì vi spiegheremo tutto- disse Finn inoltrandosi nella foresta circostante.

I pirati camminarono per una buona mezz’ora, percorrendo un piccolo e sterrato viale che li portò dritti in un vicolo cieco, infatti davanti a loro si ergeva un’imponente montagna con al suo fianco un grosso ed altrettanto imponente monolite.

-Che diavolo significa? Ci state prendendo in giro?- disse Stun furioso, dirigendosi a grandi passi verso Finn per fronteggiarlo.

-Ehi Stun che ti prende?- chiese Luna mettendosi tra i due ragazzi.

-Che mi prende? Il tuo caro amico ci ha portato in un vicolo cieco, forse per consegnarci alla marina e tu mi chiedi che mi prende?- rispose brusco l’uomo blu, zittendo la ragazza immediatamente.

Luna non capiva il repentino cambio di umore di Stun. Non era da lui comportarsi in quel modo così scontroso, perché invece ora era così arrabbiato? E perché la stava guardando con quello sguardo pieno di rabbia?

-Stai calmo amico, non vogliamo consegnarvi alla marina- disse tranquillo Finn, per niente preoccupato del tono alterato del pirata.
Schioccando le dita, per attirare l’attenzione di due grossi giganti, Finn ordinò loro di aprire la porta.

-Quale porta?- chiese Sara sempre più confusa.

-Ora vedrete!- rispose il ragazzo mettendosi una mano tra gli ondulati capelli castani, ravvivandoli.

I due giganti si avvicinarono al grosso monolite ed ognuno di loro prese l’enorme sasso da un’estremità ed iniziò ad alzarlo per liberare il passaggio.
Appena il monolite fu spostato, una grossa entrata scavata nella dura pietra della montagna, si presentò davanti i pirati increduli.

-Su, entrate…- li spronò Finn –dobbiamo chiudere l’entrata al più presto o ci troveranno.

Wolf, seguito dai suoi compagni entrò nella grotta che in un primo momento si presentava buia e inospitale. Dietro di loro i due giganti che avevano rimosso il masso, ora lo stavano riposizionando al suo posto, nascondendo ad occhi indiscreti quella storica via di fuga.

-Il portale di Ramis!- disse Luna meravigliata di aver dimenticato quel frammento della sua infanzia.

-Il portale di cosa??- chiese Asako, affiancando l’amica.

-Il portale di Ramis. Da piccola, quando con i miei genitori venivamo in visita su Sinif, io e Finn ci incantavamo davanti a questa grande apertura, chiamata per l’appunto “il portale di Ramis”. Noi eravamo solo dei bambini e non ci era permesso varcare il portale, ma durante i nostri giochi fantasticavamo di essere grandi e di esplorare il suo interno. Wow, non posso crederci di essere finalmente qui!- disse stupita l’archeologa, continuando a guardarsi intorno, mentre camminava lungo uno stretto corridoio.

Luna notò subito delle strane incisioni sulle pareti e, da brava studiosa si fermò ad esaminarli.

I suoi curiosi occhi blu si soffermarono su di una immagine stilizzata: uomini alti ed imponenti danzavano felici intorno ad un fuoco, immersi in uno sfondo verde muschio che simboleggiava la natura e tutta l’essenza di Sinif.
Quegli uomini, pensò Luna, dovevano essere veramente felici in quel tempo. Non conoscevano la sofferenza e la crudeltà dei tempi che correvano. Vivevano spensierati in quella che era l’isola paradiso, immersa nella natura e soprattutto nella pace.
Dalla tasca dei suoi piccoli shorts giallo acceso, Luna prese un piccolo foglietto e, con una piccola matita iniziò a disegnare velocemente quell’immagine che con calma avrebbe studiato nei dettagli.
Fuori dalla caverna si potevano udire i boati di nuove bombe che ora stavano pian piano distruggendo il paradiso dei giganti.

Dopo svariati minuti, i pirati arrivarono alla fine del lungo ed angusto corridoio di pietra e quello che si trovarono davanti, li lasciò per la seconda volta in quella giornata, a bocca aperta.
Un’immensa vallata, immacolata si dipingeva davanti ai loro occhi. Essa era la più bella che avessero mai visto, con giganteschi fiori ovunque e alberi altissimi che era quasi impossibile scorgerne la chioma.

-Ma…è bellissimo!- disse Sara facendo un passo avanti. Affondando le sue scarpe nella soffice erbetta intrisa di rugiada.

-Ma com’è possibile che ci sia una valle dentro una montagna?- chiese Mya curiosa. Aveva viaggiato per anni per mare, visitando le più svariate isole, ma mai aveva assistito ad un fenomeno tanto incredibile.

-Questa e la valle di Ramis!- disse Finn aprendo le braccia per presentare loro la grande vallata. –Ramis è il nostro piccolo tesoro, da millenni ormai! Si dice che i giganti abbiano costruito la montagna per proteggere e custodire la valle, in modo che una parte di Sinif, potesse essere sempre intatta ed immacolata-.

-è bellissima! In tutti i nostri giochi non ero mai riuscita ad immaginarmi tanta bellezza!- disse Luna avvicinandosi ad un maestoso fiore rosa, il quale i petali erano alti quanto tutta lei.

-Ai bambini non era concesso venire qui, perché con la loro ingenuità avrebbero poi potuto raccontare dell’esistenza di Ramis a qualche visitatore dell’isola, mettendo a repentaglio tale tesoro. Ora invece, a causa della guerra, i pochi giganti che si sono salvati in tempo ed, altri che riusciamo a salvare dalle varie estremità dell’isola prima che vengano uccisi dai marine, vengono condotti qui, sia grandi che piccini- disse Finn.

-Ma perché vogliono distruggere l’isola? I giganti non sono pacifici?- chiese Asako.

-Sì, lo sono, ma la marina ormai li crede un grave pericolo. I giganti si sono sempre schierati dalla parte della giustizia, e molti di loro, come il padre di Luna ed altri si erano persino arruolati dalla marina, ma, dopo aver capito ciò che l’istituzione faceva, si sono ribellati. Sempre più giganti nel corso degli anni hanno sabotato la marina, alcuni sono diventati pirati, altri invece hanno preferito aggirare il sistema dall’interno e, tutto ciò ha causato un forte odio da parte del governo nei nostri confronti. Così, qualche mese fa, l’ammiraglio William Akainu, ordinò lo sterminio dell’isola e di tutti i suoi abitanti per dare una lezione epica a tutti i giganti-.

-William Akainu? E' lo stesso ammiraglio che anni e anni fa ha ucciso Portugas D. Ace?- domandò Sara.

-No, è suo fratello minore, ancora più spietato del maggiore. Si dice che possieda dei poteri incredibili e che sia inarrestabile- disse il gigante riccioluto.

-William…- sussurrò Amlach stringendo i pugni dalla rabbia. Lui lo conosceva bene, gli aveva portato via l’unica cosa al mondo a cui teneva, e sapere che quell’essere vagava ancora sulla terra disperdendo dolore a destra e a manca, lo faceva infuriare ancora di più.

-Dobbiamo fare qualcosa! Sinif non può essere distrutta! La marina, e soprattutto questo William non possono vincere!- disse Luna più combattiva che mai.

-Siamo troppo deboli Luna, e loro sono troppo numerosi, non riusciremo mai a sconfiggerli tutti e salvare l’isola, è questione solo di giorni ormai- disse affranto Finn.

Luna si avvicinò al ragazzo e gli mise una mano sulla guancia per sollevargli il viso in modo che i suoi occhi grigi incontrassero i suoi blu come il mare di notte.

-Ricordi quando eravamo piccoli e combattevamo con tutto noi stessi contro mostri e draghi? Bè ora i mostri e i draghi sono gli uomini della marina e noi dobbiamo combatterli e scacciarli dalla nostra isola! Vinceremo come vincevamo da bambini!-

Stun ascoltò una ad una le parole dette dalla sua amica. Luna era sempre così determinata, soprattutto quando si trattava di proteggere e difendere un suo amico o un suo ideale. Lei era fatta così e lui, le voleva bene anche per questo.

-Capitano, che ne dici di iniziare una nuova battaglia contro la marina?- chiese l’archeologa voltandosi verso Wolf.

Il capitano, con lo sguardo perso nel vuoto, in una marea di ricordi oscuri fin troppo dolorosi, stringeva sempre più forti i pugni a tal punto da far sbiancare le nocche, rese quasi trasparenti, insieme alla mascella irrigidita dalla rabbia, un solo nome vagava ora nella sua testa: William, insieme ad un solo obiettivo, ucciderlo.









ANGOLO AUTRICE:

Salveeee ragazze/i!!
Come va? Spero tutto bene!
Ecco a voi il nuovo capitolo di questa interminabile fic! ;)
So che non è un granché visto che in realtà non succede molto, ma era necessario spiegare alcune cose prima degli eventi dei prossimi cap! Comunque spero come sempre che lo possiate apprezzare lo stesso! :)
Nella prima parte, quella della ciurma di Solan, il caro Edward in realtà si è scoperto aver fatto un piccolo scherzo al suo capitano, suscitando l’ira di quest’ultima ( e sicuramente anche la vostra per avervi fatto credere il peggio, ovvero che aveva perso la memoria). La ciurma infine è approdata su una nuova isola, chissà cosa succederà lì sopra!
Nella seconda parte invece, ritroviamo i pirati della Blackmoon e il misterioso amico di Luna, Finn. Non è successo molto anche qui, più che altro ho spiegato un po’ la situazione in cui si trovano i giganti e l’isola. Per quanto riguarda William il fratello ancor più cattivo di Akainu, sarà un personaggio molto importante in questa fic, quindi tenetevelo molto a mente. Tra l’altro William, in un certo senso era già comparso, o almeno nominato, nella fic. Qualcuno si ricorda dove e da chi è stato nominato?
Nel precedente capitolo, o meglio dire nell’angolo autore, avevo accennato a una possibile nascita di una pagina facebook su questa fic, però non è stata ancora realizzata e, in verità non so se riuscirò a realizzarla :(
Bene con questo credo sia tutto!
Al prossimo cap (che non so quando riuscirò a scrivere)
Un bacione la vostra kiko

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Capitolo 22
*** capitolo 21 ***


Isola di Sinif: Valle di Ramis

I piccoli bambini giganti giocavano tranquilli nella loro valle incantata, rincorrendosi e nascondendosi dietro le enormi e meravigliose piante che attorniavano l’intera valle. Il loro rincorrersi, i loro gridolini di gioia quando venivano scovati dai compagni, fungevano solo da sottofondo per i pirati e l’esercito di giganti che si stavano preparando al contrattacco verso la marina. L’isola man mano che passavano i giorni stava cadendo in distruzione, ormai la maggior parte di essa era distrutta insieme ai suoi villaggi e a chi li abitava, una vera carneficina. I pirati della Blackmoon, avendo assistito con i loro occhi alla potenza della marina e sentendosi in dovere di aiutare quella povera gente che non aveva nessuna colpa, aveva dato la massima collaborazione per scacciare i marine per sempre da Sinif.

-Allora dovremmo dividerci in quattro gruppi- disse Finn, a capo dell’esercito gigante, rivolgendosi anche ai pirati.

-Non ha senso dividerci!! Uniti saremo più forti!- disse Stun sempre in disaccordo con ogni parola che Finn diceva.

-Ti sbagli! Se usciamo in massa saremo un facile bersaglio, invece separandoci in piccoli e forti gruppi potremmo attaccarli su diversi fronti, liberando più villaggi in contemporanea, salvando così molta più gente!- disse Finn, fiero delle sue parole.

Stun, sempre più irritato dalle parole del vecchio amico d’infanzia di Luna, e ancor di più perché esso aveva ragione su tutti i fronti, calciò il tronco di un grosso albero che aveva vicino, facendo volare via, starnazzando, i piccoli uccelli dalle piume variopinte che vi riposavano sopra.

Luna, seduta su un grosso masso osservava il compagno che, da quando erano sbarcati su Sinif, aveva cambiato radicalmente il suo atteggiamento, diventando scontroso ed irritabile. Voleva avvicinarsi a lui, chiedergli spiegazioni o magari fargli uno dei suoi scherzi per farlo irritare e poi ridere insieme a lui per la sua buffa faccia, ma sentiva che questa volta lui non avrebbe riso insieme a lei, qualcosa tormentava Stun e lei non riusciva a capire cosa fosse.

-Wolf come ritieni che potremmo dividere i tuoi e i miei soldati?- chiese Finn, attendendo una risposta dall’oscuro capitano.

Wolf prestò poca attenzione a quella domanda, visto che aveva l’immagine di William che sorrideva malvagio davanti a lui –è indifferente…- disse soltanto, riportando la parola a Finn, che spaesato, osservò i vari pirati, cercando di formare gruppi abbastanza omogenei.

-Bene, ehm…allora…Tu Ashuros andrai con Rika e…Mya, vi occuperete della zona est- disse il ragazzo formando il primo gruppo –Io, Luna e Wolf formeremo il secondo gruppo e ci occuperemo della zona nord. Stun, Torres, Stink e Sara della zona sud, mentre i rimanenti, July, Asako, Roki e Trunk della zona ovest- concluse la disposizione dei vari gruppi il giovane capo.

-Non ho nessuna intenzione di collaborare con i pirati!- sbruffo Torres, il gigante dalla folta chioma nera, avanzando a grandi passi verso Finn.

-Torres smettila con queste discriminazioni!- urlò Finn. –Il loro aiuto è un vero miracolo, sono forti e con loro a fianco avremo molte più possibilità di salvare la nostra casa o sei troppo egoista per accettarlo?- disse il ragazzo fronteggiando, anche se molto più piccolo e mingherlino, il gigante, il quale abbassò il viso e accettò le parole del piccolo capo.

Dall’altra parte i pirati si iniziarono a disporre secondo i gruppi, cominciando a fare conoscenza con i vari giganti.

-Ciao io mi chiamo Stink!- disse un grosso ragazzo dal viso ovale e dai lunghi e setosi capelli biondi, i quali scendevano liberi fino alle ginocchia.

Sara osservò il grosso ragazzo che le si era parato davanti, arretrando impercettibilmente, leggermente intimorita dalla stazza di quest’ultimo, ma cercando di rimanere cordiale e amichevole.

-Io…io mi chiamo Sara…- sussurrò porgendo, tremando, la piccola mano che venne avvolta da quella grossa e robusta del gigante che, con immenso stupore della ragazza, diede una stretta delicata e per niente rude.

Sara sorrise, capendo che non doveva avere nessuna paura dei giganti, anche se il loro aspetto possente poteva mettere a disagio, erano in realtà delle persone buone e molto più gentili dei normali esseri umani, anche se Torres, il burbero attacca brighe, avrebbe preferito non averlo nel suo gruppo, ma per fortuna con lei c’era anche Stun.

-Finn!- lo chiamò un uomo che, con passo tranquillo e per niente affrettato, si avvicinava al ragazzo emergendo dalla foresta, affiancato da una donna gigante molto bella.

-Papà, mamma!- urlò contento il ragazzo andando incontro ai due nuovi arrivati.

-Figliolo, siamo appena arrivati dall’entrata est del portale! Zariks è stata distrutta!- disse Fonix, l’uomo alto con dei folti capelli rosso aranciato ed una barba lunga altrettanto arancione.

-Oh no, anche Zariks! Dobbiamo agire al più presto!- disse furioso Finn stringendo i pugni lungo i fianchi.

-Ce la faremo vedrai cucciolo mio!- disse la gigante Linak, madre di Finn. Linak era una bella donna dai lunghi e ondulati capelli castani, dello stesso colore ed intensità del figlio, con due occhi azzurri come il cielo che la rendevano ancora più bella ed aggraziata anche con la sua possente, ma ben uniformata, stazza.

-Salve Fonix! Salve Linak!- disse Luna raggiungendo l’amico e salutando i due genitori.

-Oh…ma tu sei la piccola Luna Jaguar!- disse Linak, abbassandosi per avvolgere la pirata in un caloroso abbraccio. –Cara, da quanti anni non venivi qui a trovarci! Finn ha sentito tantissimo la tua mancanza, sai ha sempre avuto un debole per te!- disse Linak sciogliendo l’abbraccio.

-Mamma!!- la sgridò Finn, il quale era diventato rosso come un pomodoro per la confessione, poco appropriata, della madre.

-Oh suvvia, perché te la prendi tanto Finn! Tanto si sa che tu e Luna siete destinati a stare insieme!- disse come nulla fosse più vero, Linak.

Luna sentendo quelle parole diventò anche lei leggermente rossa. Si sentiva per la prima volta in imbarazzo con quella famiglia che, da sempre considerava come la sua seconda famiglia. Lei voleva molto bene a Finn, tantissimo. Aveva capito, cosa lui provasse per lei; i suoi occhi quando la guardavano brillavano e, i suoi abbracci e le sue carezze, erano sempre più calorose, simbolo di un affetto sempre più forte ed intenso nei suoi riguardi. Più volte, soprattutto in quei lunghi giorni di navigazione verso Sinif, si era chiesta cosa provasse per Finn, ma la risposta le veniva sempre meno, anche un’archeologa intelligente come lei, a volte, non riusciva a trovare le risposte.
I pensieri di Luna furono interrotti subito da una figura blu che si avvicinava, possente verso di loro. Stun, sembrava sempre più rabbioso, e minaccioso si fermò proprio davanti a Finn, ignorandola come se lei non fosse lì, accanto a lui. Luna abbassò lo sguardo, imporporando le guance al sol pensiero che il compagno avesse sentito ciò che aveva detto Linak su lei e Finn, chissà cosa ne pensava Stun, se, soprattutto, gliene importasse qualcosa che lei potesse amare o meno il suo vecchio amico.

-Noi siamo pronti! Se hai finito di chiacchierare vorremmo concludere al più presto questa situazione!- disse freddo Stun, a Finn.

-Certo, possiamo partire subito!- disse il ragazzo, salutando i genitori e prendendo Luna per mano, la quale seguì sorpresa il ragazzo senza parlare.

-Bene ragazzi, conto su di voi per indicare ai pirati le zone da proteggere e salvaguardare! Mi raccomando state attenti, ci rivedremo qui in serata!- disse Finn salutando i suoi uomini ed avviandosi con Luna ed Amlach verso l’uscita di Ramis.

I vari gruppi uno ad uno uscirono dalla grande vallata, ognuno utilizzando un passaggio segreto a seconda della zona che avrebbero dovuto raggiungere.

-Dove ci dirigiamo Finn?- chiese Luna seguendo il ragazzo e il suo capitano.

-Ad un piccolo villaggio della parte nord, Strina. Spero non sia già stato attaccato, lì abitano Nonna Sasume e Nonno Ruyko, sono i giganti più anziani su Sinif, i pilastri dell’isola.- raccontò il castano.

-Uhm... non mi ricordo di loro! Ma sono i tuoi nonni? Mi ricordavo che erano morti!- disse Luna aggrottando le sopracciglia.

-No, non sono miei nonni naturali! Diciamo che sono i nonni di tutta Sinif!- rise Finn.

Mentre i due amici chiacchieravano, Wolf aveva affinato tutti i sensi per stare in massima allerta ed evitare un possibile attacco a sorpresa da parte della marina. I rimbombi delle cannonate che distruggevano chissà quale villaggio e il forte odore di fumo che si propagava per tutta la zona circostante, assediavano feroci i timpani e l’olfatto dei tre ragazzi che si avviavano sempre più velocemente verso il piccolo paesino di Strina.
Improvvisamente, Amlach sentì un piccolo e, quasi impercettibile, scrocchio ad alcuni metri da loro. Rallentò il passo, distanziandosi di alcuni passi dai compagni, studiando così nel frattempo ogni rumore che lo circondava. Sentiva il fruscio delle foglie mosse da una leggera brezza. Il canto degli uccelli che cercavano i propri simili, forse per avvisarli di un pericolo prossimo; udiva il verso grutturale dei cinghiali che con i loro musi allungati scavavano nella terra alla ricerca di qualche golosa radice e, poi un altro scrocchio, ora ne era sicuro qualcuno li stava seguendo e, quel qualcuno di certo non era un loro amico.
Continuò a camminare lentamente, Wolf, tenendo la mano sull’elsa delle sue fidate katane ed ispezionando con il suo unico occhio la zona che lo circondava nella parte destra, purtroppo la sinistra era scoperta. Colui che li stava seguendo evidentemente pensava di essere un bravo cacciatore, di non essersi fatto scoprire dalla sua preda, continuando a muoversi dietro di loro, spezzando i piccoli rami e le foglie secche che giacevano sul suolo, incurante del rumore che stava causando, pensando che sicuramente lo avrebbero scambiato per qualche animale, ma non era così. Wolf era attento a tutto, sapeva distinguere ogni minimo rumore, era stato addestrato fin dalla tenera età ed i frutti dei suoi duri allenamenti ora venivano a galla più che mai. Il suono sordo e pesante che proveniva dalle sue spalle indicava un uomo di grossa statura, armato con una grossa spada e forse anche un fucile in groppa.

Dopo una buona mezzora di cammino, il confine tra la steppa boschiva che stavano attraversando i tre ragazzi, e il villaggio di Strina, si delineò mostrando ai tre giovani l’impatto dell’imminente guerra che stava soccombendo il villaggio.

-Oh no!- disse Finn correndo come un pazzo giù per la piccola collina che lo divideva dal villaggio.
Il paese era avvolto dalle fiamme che però erano appena state innescate. I marine erano ancora lì, pronti a distruggere ed uccidere tutti senza nessun rimorso, la giustizia, la cruda e spietata giustizia che tanto declamavano, stava solo mietendo vittime innocenti.

Luna seguì l’amico, pronta a combattere per il suo popolo, mentre Wolf, fulmineo si girò giusto in tempo prima che l’omone dietro di lui sfiorasse il grilletto del suo fucile puntato sulla giovane archeologa.
Tempestivo Wolf sfilò la sua katana nera come una notte senza stelle né luna, portandola veloce verso la giugulare del nemico, recidendola in un sol colpo, annientando così il cacciatore, che ingenuo pensava di poter vincere contro Amlach Lumbar, il lupo nero.

Repentino Wolf raggiunse i suoi compagni, lasciando il corpo inerme del marine sulla collina, mentre la testa di esso rotolava giù dall’altura, mostrando a tutti la prima vittima del corpo della marina di quella giornata.

I tre ragazzi arrivarono nel paesino come una ventata di aria fresca per gli abitanti di Strina. Man mano che andavano avanti, teste, braccia, corpi interi di marine cadevano a terra, ridando una speranza al popolo di giganti che ormai aspettava solo la morte.
Finn, si avventò su un gruppo di giubbetti bianchi che avevano assalito e appena bruciato la casa dei cari nonni. Con il suo fucile ne abbatté qualcuno, colpendo con precisione gambe e petti dei soldati che come foglie secche cadevano inermi sul terreno sabbioso. Il ragazzo entrò nella casa dei nonni, urlando i loro nomi, e stando attento a non rimanere incastrato tra le fiamme.
Il soffitto della casa era molto alto visto la statura dei giganti e così anche le varie stanze, veramente immense anche nelle più piccole capanne.
Con coraggio Finn si addentrò sempre più tra le fiamme roventi bruciacchiandosi i pantaloni scuri e la camicia verde militare che indossava, ma a lui questo non importava, i suoi nonni erano il suo unico obiettivo.
Le prime travi del soffitto iniziarono a carbonizzarsi, scricchiolando sulla testa del giovane ragazzo, avvertendolo di una loro imminente caduta.
Finn, varcò la soglia della piccola cucina dove la cara nonnina sfornava sempre i suoi perfetti e buonissimi biscotti.
Lì, il ragazzo trovò i nonnini. La nonna Sasume, una vecchietta sempre estremamente sincera e autoritaria, era piegata sul corpo del suo amato, steso a terra con una spada nel petto.
Sasume piangeva disperata, senza accorgersi che ormai era circondata dalle fiamme che, tra qualche istante, l’avrebbero divorata.

-Nonna Sasume!- la chiamò Finn, strattonandola per un braccio.

-Va via Finn! Ruyko è morto e io andrò via con lui!- disse aggrappandosi al braccio del suo amato.

-Nonna alzati subito! Nonno Ruyko non vorrebbe che sprecassi così la tua vita! Ti spingerebbe via e ti direbbe “donna alza quelle chiappe rugose ed esci di qui!”-

Sasume, annuì con la testa, pulendosi la sua ultima lacrima e trovando un po’ del suo tipico spirito combattivo per lasciare il marito, compagno di una lunga vita, ed uscire dalla loro casa.
I due uscirono appena in tempo prima che la trave principale del soffitto cedette impedendo il passaggio a tutti tranne che alle divoratrici fiamme.

Luna corse verso i due, lasciando Wolf combattere, mentre a terra giacevano una schiera di marine ormai senza vita.

-E il nonno dov’è?- chiese l’archeologa.

-Non c’è più, purtroppo…- disse Finn abbassando il capo.

-Ma che amici in gamba che ti sei trovato Finn!- disse la vecchia Sasume. –Ora voglio scendere in campo anche io!- disse la vecchietta afferrando un forcone a terra e camminando verso un marine isolato.

-Nonna aspetta!!!- la inseguì Finn, spiattellandosi una mano sulla fronte –Dove vaii?!-

Nell’istante in cui Finn inseguiva la nonna, si accorse di un soldato con un fucile puntato verso Luna ed un sorriso spietato sulle labbra. Veloce il castano si accorse del leggero fumo che usciva dalla canna del fucile, segno che esso aveva appena sparato. Seguì la traiettoria della canna, individuando il proiettile diretto proprio verso la biondina che stava combattendo all’insaputa del pericolo.
Finn si buttò tra il proiettile e la ragazza cercando di salvarla, ma il colpo sfiorò lo stesso la giovane archeologa, anche se di striscio verso il fianco destro, mentre poi continuò la sua corsa piantandosi nell’addome del castano ferendolo gravemente.

Finn e Luna caddero a terra, mentre un lago di sangue si impossessava del freddo e sabbioso terreno, ormai protagonista di morte e distruzione.









Regno di Shairam: nel castello del Re…

-No! No e No! Non mi sposerò con quella brutta ed idiota vampira!- urlò furibondo un giovane ragazzo dai corti e biondissimi capelli, fronteggiando, impettito, un grande e possente uomo con una vistosa corona in testa.

-Zein non fare lo sciocco! Ormai hai vent’anni devi pur trovare una compagna con cui vivere e guidare il regno una volta che io non ci sarò più.- disse Razom, il Re di Shairam.

-Padre capisco le tue preoccupazioni, ma io non voglio trovare così la donna che passerà il resto della sua vita con me! Io credo nel vero amore non in quello di convenienza!- ribadì il figlio puntando il dito verso il grande portone dorato da dove era appena uscita l’ennesima pretendente.

-Ma la dolce Margareth sembra una brava ragazza!- disse Razom lisciandosi il pizzetto brizzolato.

-Quella? Ma l’hai vista papà? È pallida come un fantasma e i suoi occhi sono spenti come se fosse morta e non se ne fosse accorta! I suoi discorsi poi, non durano più di due parole messe in croce, non fa per me, ecco!- si impuntò il ragazzo.

-Digli qualcosa tu tesoro, nostro figlio è un vero cocciuto!- disse Razom voltando il capo verso il trono accanto al suo dove, a gambe incrociate sensualmente, la regina Amelia, giocherellava con i suoi setosi e biondi capelli, ammiccando verso il capo delle guardie reali.

-Sì, sì…tuo padre ha ragione, devi trovarti una sposa- disse assecondando il marito, senza interessarsi realmente alla discussione tra padre e figlio, troppo impegnata a civettare con il soldato di grado superiore.

-Oh mia dolce Amelia sei sempre così saggia- disse mieloso, Razom, troppo innamorato e cieco, da notare l’atteggiamento civettuolo della moglie.

-Ma mamma anche tu sei d’accordo? Tu che hai dovuto sposare papà solo perché era un Re solo, ma molto ricco e più vecchio di te? No! Io non farò lo stesso, io credo nel colpo di fulmine, troverò la donna giusta per me, l’amore della mia vita!- disse, teatralmente, il giovane principe, uscendo dalla reggia con un diavolo per capello.

“Io lo so, troverò la mia anima gemella, bella, intelligente, la giusta regina per questo regno” pensò con determinazione il ragazzo, afferrando un mantello ed incamminandosi per l’immenso ponte che separava il castello dalla cittadina.






Nel frattempo nei pressi del porto di Shairam…

L’intero porto era circondato da piccole e caratteristiche bancarelle di pesce, sistemate accuratamente accanto alle piccole imbarcazioni dei pescatori appena tornati con del buon pesce fresco.
Un grosso e grasso pescatore sistemava un’enorme pesce spada sul freddo ghiaccio per mantenere la sua freschezza, mentre il pesce ancora muoveva il suo scivoloso corpo.
I pirati della Liberty erano appena sbarcati dalla loro cara nave, cercando di fare molta attenzione a non farsi riconoscere, visto che i pirati non erano molto ben visti lì.

-Wow! Questo posto è fantastico!- disse Lilian osservando il grande porto addobbato. –Guardate quanto pesce fresco! E quelle verdure sembrano freschissime!- disse indicando una giovane donna riporre in un cesto della fresca verdura di stagione, non facendo nemmeno in tempo a riporla che già i primi clienti le chiedevano di vendergliela.

Shairam era un regno pacifico, governato da un Re molto rispettato ed amato. Razom non faceva mancare niente al suo popolo, il quale viveva nell’agiatezza più assoluta, infatti ogni abitante possedeva una bella è spaziosa casa con giardino per coltivare o un peschereccio per catturare e vendere il pesce, non soffrendo mai di fame e povertà, era un regno perfetto o, almeno lo sembrava.

La ciurma abbandonò il porto entrando in una affollata stradina a ciottoli grigi che portava nel centro della cittadina.

-Uh guardate i balconi delle case come sono pieni di fiori!!- disse Lily osservando dei bellissimi e variopinti fiori che scendevano a cascata dai balconi di legno intarsiato.

-Ehi Lily certo che sei un po’ lunatica!- disse Diana dietro di lei.

-Cosa?- disse la mora voltando il capo indietro verso la compagna, fulminandola.

-Cinque minuti fa, sulla nave, eri una furia lancia scope e ora sei una smielata amante dei balconcini e delle verdurine?- disse la mora sistemandosi la montatura degli occhiali.

Lilian si fermò di colpo, voltandosi verso la vedetta e poggiando entrambe le mani sulle spalle di essa.

-Sono stufa di arrovellarmi il fegato per Shin e Yuki! Lui è un caso chiuso ormai! Voglio vivere serena e godermi questo bel posto!- disse di nuovo raggiante la ragazza, riprendendo a passeggiare per le vie del paese, mentre Diana, con un sopracciglio alzato, la guardava allibita.

-Quella è tutta matta! In che ciurma di pazzi sono finita?- si chiese la vedetta fra se, continuando a camminare con le mani incrociate dietro la testa, seguita, poco distante dal resto della ciurma.

Subito dietro Diana, Shin camminava a passo strascinato immerso nei suoi pensieri.
Sentiva il profumo di magnolia nera che lasciava Lily al suo passaggio. Esso gli entrava nelle narici, ammaliandolo come la prima volta che l’aveva sentito. La sua mente era pervasa ormai da settimane, dall’immagine sorridente del medico, la stessa che, grazie al suo potere, Lilian gli aveva fatto vedere a Stargazer, per mostrare a Shin il suo volto e quelli dei suoi futuri compagni.
Il ragazzo era rimasto incantato, e ogni notte, in ogni momento della giornata, pensava a lei ed alla voglia di parlarle o starle vicino, tuffandosi in quel meraviglioso e dolce profumo che emanava la pelle della giovane ragazza, ma, purtroppo, nelle ultime settimane tra di loro si era creato un vuoto, un vortice nero che li allontanava sempre di più, impedendo a Shin di stare accanto alla sua musa, alla sua ancora.
Shin si voltò verso Yuki, alla sua destra, e vide la sua figura, un'ombra per lui, camminare lenta. Come lui Yuki stava soffrendo per qualcosa, ma cosa? Non sapeva se erano in confidenza abbastanza per chiederle cose così private e, mentre stava per aprir bocca sentì un’aura nera dietro di lui, e senza voltarsi capì di chi si trattava, Ryuu.
L’esperto d’armi, anche se cercava in tutti i modi di evitare di stare accanto a Yuki e Shin, vuoi o non vuoi finiva sempre tra di loro, come se una misteriosa forza lo spingesse tra i due, impedendogli di stare lontano dalla navigatrice.
Ryuu fulminò Shin, stringendo forte la sua cara falce, concentrandosi per non usarla contro il compagno, solo perché dopo avrebbe dovuto dare delle spiegazioni.

-Qui si respira un po’ di tensione- disse Edward a Solan, che camminava tranquilla accanto a lui.

-Già, ma vedrai che si risolverà tutto molto presto…- disse il capitano fiduciosa.

-Con o senza cadaveri tra la ciurma?- scherzò il vice.

-Spero senza!- rise serena la rossa, immergendosi nella folla del paese.

Mentre i pirati camminavano attenti tra le vie di Shairam, Solan ebbe come la sensazione che qualcuno la stesse osservando.
Sentiva benissimo due occhi puntati su di se, che l’analizzavano e la studiavano con cura, come se le stessero scavando dentro.
Si sentì improvvisamente a disagio, iniziando a girare il capo, alla disperata ricerca di quei due occhi che la stavano tormentando, ma non li trovò.
Improvvisamente, una vecchia donna, incappucciata, afferrò il braccio del capitano, fermando così la sua camminata, senza che i compagni, immersi nella folla, si accorgessero di qualcosa.
Solan guardò con aria confusa la donna, e si soffermò ad analizzare quei piccoli e rugosi occhi chiari, quasi bianchi, fissare i suoi ambrati ed immergersi in essi, stregandoli quasi.

-Chi sei? Cosa vuoi?- chiese la rossa con un fil di voce.

-Solan… con il sangue proteggerai colei che porti vicino al tuo cuore…- disse la vecchia signora lasciando la presa sul braccio della ragazza.

-Cosa? Che centra il sangue e chi devo proteggere? Ma, come fa a sapere il mio nome?- chiese in una raffica di domande il capitano, ma il tempo di formularle, la vecchietta era già misteriosamente scomparsa tra la gente del villaggio.

-Ehi Sol vieni?- la richiamò Yuki a qualche metro di distanza, facendole cenno con la mano.

La rossa, con aria confusa, si diresse dai suoi compagni, mentre le parole della vecchietta continuavano a rimbombarle nella testa come il ritornello di una canzone di cui non capiva il senso.
Sangue? proteggere qualcuno vicino al suo cuore, forse un suo compagno? Ma che ne poteva sapere quella vecchietta? Eppure conosceva il suo nome o forse lo aveva sentito mentre stava parlando un qualche suo compagno, mica tutti i vecchietti erano sordi, eppure quella storia non la convinceva.
Mentre Solan continuava a pensare al possibile senso di quelle strane parole, giocherellando, senza farci caso, con il ciondolo che portava al collo, proprio accanto al cuore, Lilian vide un giovane ragazzo, con un mantello, attraversare, spensierato la strada, senza far caso al carretto pieno di balle di fieno che passava a tutta velocità per la via.

Il ragazzo, immerso nei suoi pensieri, camminava tranquillo, mentre il conducente del carretto, tra l’altro senza freni, gli urlava di spostarsi al più presto, non potendo fermare i cavalli in tempo.
Lilian, repentina si catapultò accanto al ragazzo, afferrandolo da un braccio e trascinandolo, velocemente, al sicuro sul marciapiede di ruvide mattonelle rosse.
Il mantello che copriva il volto del ragazzo cadde, rivelando la faccia sbigottita del principe Zein.

-Ehi tu, la prossima volta fa più attenzione, quel carretto ti poteva uccidere!- disse Lily scuotendo la sua chioma nera con riflessi viola, dalle piccole spighe di fieno che erano volate dal carretto durante il salvataggio.

Zein, iniziò ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor d’acqua senza sapere, o meglio avere la forza di spiaccicare due parole, davanti a cotanta bellezza.
Il giovane principe infatti era rimasto completamente folgorato dalla bellezza del giovane medico, sua salvatrice, in lui, come per magia, era schioccato il famosissimo colpo di fulmine.

-Heylà!- disse Diana sventolando una mano davanti gli occhi azzurri ed imbambolati di Zein.

-Credo che abbia preso un colpo in testa questo qui! E anche bello forte!- presunse la vedetta.

-Non credo, ma forse è meglio controllare…- disse Lily, avvicinando le sue delicate mani sul cranio biondo del ragazzo, e con delicatezza spostò qualche capello per controllare che non ci fossero colluttazioni.

Zein osservava ogni piccolo tratto del medico: i suoi penetranti occhi viola, i setosi capelli scuri che, alla luce del sole venivano abbelliti da fantastici raggi blu che le illuminavano il viso chiaro e bello come una divinità.
Il tocco leggero della donna, sul suo volto, lo faceva sentire in paradiso, come se quel carretto in realtà l’avesse investito ed ora, un bellissimo angelo lo stava accogliendo tra le porte del paradiso.

-Mio angelo…- sussurrò Zein guardando Lily, mentre il resto della ciurma, e qualche paesano, si accerchiava intorno a loro.

-Cosa scusa?- chiese Lilian confusa, forse aveva capito male.

Zein, improvvisamente, facendo prendere un colpo ai presenti, si alzò di scattò come se avesse appena preso la scossa. Dalla camicia di seta estrasse una profumata ed intatta rosa che, inchinandosi, porse alla ragazza.

-Ma da dove l’ha tirata fuori??- chiese Diana inclinando il viso sbigottita.

-Per me?- chiese Lily, arrossendo.

-Sì mio angelo!- disse Zein porgendo la rosa e baciando, con delicatezza, la mano della ragazza.

-Che sta succedendo, Yuki?- chiese Shin non riuscendo a capire l’accaduto a causa della sua dannata cecità.

-Lilian ha appena salvato un ragazzo e lui ora la sta ringraziando con una rosa- disse la navigatrice.

-Capisco…- mormorò il cuoco – e… lei…- chiese.

-Lei è arrossita, ma ha accettato volentieri la rosa-

-Oh per tutti i kami! Principe Zein!!- disse un soldato correndo come un forsennato verso il principe.

-Principe??- dissero in coro Lily e Diana.

-Sì, mio dolce angelo! Io sono Zein, il principe erede al trono di Shairam!- disse facendo un inchino dei più perfetti, Zein, sorridendo dolcemente a Lilian, la quale arrossì per tutte le attenzioni che quello strano ragazzo le stava volgendo.

-Oh per la miseria ti sei beccata un principe eh!- disse Diana, punzecchiando Lilian con il gomito.

-Piacere principe Zein, io mi chiamo Lilian Rose Cowashy e loro sono i miei compagni di ciu…-

-Siamo i suoi compagni di viaggio! Viaggiamo per mare con il nostro mercantile!- disse repentina Yuki evitando giusto in tempo che la compagna spifferasse la loro natura pirata al principe.

-Lilian Rose…che poesia… Il tuo nome risveglia nella mia mente il canto degli uccelli, il profumo dei fiori più dolci, lo splendore del paesaggio più bello del mondo…- disse Zein volteggiando intorno alla ragazza.

-Questo si è fumato qualcosa di pesante!- bofonchiò Diana suscitando il risolino dei suoi compagni, persino i più seri, tutti tranne Shin, il quale sentiva solo un gran bruciore ai timpani ad ogni parola sdolcinata di quel ragazzo, che stava fin troppo omaggiando la sua compagna.

-Principe Zein suo padre la rivuole subito a palazzo!- disse Ryo, la guardia reale.

-Solo se la mia salvatrice mi farà il grande onore di venire con me! Ti offrirò ogni cosa, ogni lusso, potrai fare tutto ciò che vuoi nel mio palazzo, ed ovviamente questo vale anche per i tuoi compagni, sarete miei preziosissimi ospiti!-

-Palazzo? Lusso sfrenato? Ci sto!- disse Lilian esuberante, accettando la proposta del giovane. –Sol, per te va bene?- si girò poi, ripensandoci, chiedendo al capitano come di dovere.

-Ma sì, perché no!- disse sorridendo la rossa.

Così i giovani pirati sotto copertura furono scortati verso l’immenso palazzo reale, dove molte sorprese li attendevano.




ANGOLO AUTRICE:

Se in questo momento avete gli occhi fuori dalle orbite ed osservate maniacalmente il calendario cercando il mio ultimo aggiornamento e non trovandolo a distanza di un mese potete stare tranquilli, non è un sogno, sono proprio io, è questo che avete appena letto e il nuovo cap delle due nuove saghe!
Devo confessare che l’ispirazione su questo cap è venuta di botto e quindi, approfittando di un piccolo periodo di malattia e riposo, ho deciso di buttarlo giù per rimediare hai miei soliti ritardi!! ;)
Allora parlando un po’ del cap: nella prima parte, sull’isola gigante, abbiamo intravisto alcuni giganti che combatteranno a fianco dei nostri cari amici pirati. Che ne pensate? E del povero Finn che per salvare la sua amica è stato colpito? Qualcuno prova un po’ di pena per lui? :)
Nella seconda parte invece, ho inserito la famiglia reale che conosceremo pian piano. Lo so, lo so, Zein è fuori di testa e la mamma e il padre anche peggio! Però volevo rendere la storia anche con un tratto comico e non solo misterioso e sanguinario, spero non vi dispiaccia! Ovviamente rivedremo anche la misteriosa vecchietta!
Bhè carissimi, con questo è tutto, ovviamente aspetto i vostri giudizi, come sempre bellissimi!
A presto bacioniiiiii kiko

(p.s. dimenticavo di dire che dedico questo cap a tutti i lettori/recensori che in questi giorni sono occupati con gli esami! Imbocca al lupo ragazze/i!!)

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Capitolo 23
*** capitolo 22 ***


Isola Shairam: verso il palazzo reale…

Dopo l’inaspettato, quanto ambiguo, incontro con il principe Zein, i pirati della Liberty, invitati dal principe a visitare il palazzo, si stavano dirigendo verso di esso, percorrendo un alberato viale, costeggiato da mille alberi dalle folte e verdeggianti chiome, le quali splendevano sotto il caldo sole, ombreggiando il passaggio dei pirati, i quali un po’ titubanti, si apprestavano a visitare il palazzo reale.
Zein, a capo del gruppo, mostrava con passione ogni angolo di quella terra che amava tanto; mostrando così la sua ampia conoscenza di botanica, architettura e storia.

-Questo e l’arco di Eraldo!- disse Zein, indicando il possente arco in pietra bianca scolpita, che gli si ergeva davanti.

-Eraldo? Ma che diavolo di nome è?- sbottò Diana aggrottando la fronte perplessa. –Sul serio esiste qualcuno che si chiama così?- chiese sistemandosi la lunga coda di cavallo.

-Eraldo era un prode eroe che sconfisse, milioni di anni fa, il temibile drago nero. Esso aveva, con il suo fuoco magico, incenerito gran parte dell’isola, uccidendo così milioni di abitanti…- iniziò il suo racconto il principe.

-Si, si come no! Adesso dovremmo anche credere che esistono i draghi che sputano fuoco magico…- disse scettica la mora.

-In un certo senso sì…- disse Edward ghignando.

-Mah! Anche se fosse io non credo che sto tipo che si chiama Era qualcosa abbia sfidato un drago, sono tutte cavolate!- continuò Diana, restia a credere a quel tipo di leggende.

-Quanto sei polemica Diana, lascia parlare Zein!- la riprese Lilian interessata alla storia.

-Grazie dolce Lilian…- disse Zein cogliendo un fiore da terra ed offrendolo in dono alla ragazza.- Come dicevo, Eraldo però, forte e coraggioso, decise di affrontare il drago e di salvare la giovane principessa che era stata rapita dal drago. Con pochi e precisi colpi il grande Eraldo sconfisse il drago per sempre, salvando l’isola e la principessa, alla quale chiese la mano proprio sotto questo arco.- disse Zein guardando Lilian intensamente negli occhi.

-Eraldo fu colpito come un fulmine a ciel sereno dalla bellezza della principessa, non poteva vivere senza di lei, così rischiò la vita per salvarla e, quando lei accettò di sposarlo fece incidere su questo vecchio arco la loro storia…- spiegò Zein prendendo Lilian per mano e mostrandole le incisioni sul grande arco. Sulla pietra infatti era rappresentato, con la tecnica del basso rilievo, un cavaliere che combatteva con un grosso drago e, sul lato opposto, lo stesso cavaliere in ginocchio davanti ad una donna, il tutto contornato da elaborati ghirigori che rendevano quell’opera unica ed inimitabile. La storia di un amore ricordato nel tempo.

-Wow! È una storia così romantica!- proferì Lily sognando ad occhi aperti la scena raccontatale. Immaginava la bellissima principessa vestita con un lungo abito bianco e il prode cavaliere inginocchiato nella sua luccicante armatura, davanti a lei, mentre le confessava tutto il suo amore. Come le sarebbe piaciuto essere al posto della principessa. Trovare qualcuno talmente innamorato di lei da considerare la sua vita inutile se non fosse stata trascorsa accanto a lei.

-Sì mia dolce salvatrice, è una storia bellissima. Io credo nel colpo di fulmine sai…- disse Zein guardando intensamente la ragazza – succede all’improvviso, quando meno te lo aspetti. Esso ti colpisce, ti senti frastornato e quello che ti trovi davanti ti sembra un sogno, ma non lo è, perché in realtà è solo la tua anima gemella che finalmente ti ha trovato e che mai lascerai andare…- disse sognante Zein, mentre Lilian continuava ad ammirare l’arco stando poco attenta alle attenzioni del giovane principe.

Qualche passo più indietro, Shin, ascoltava attento ogni parola del principe. Ora ne era più che certo, quel damerino si era preso una bella cotta per la sua compagna, e questo non gli andava per niente giù. Con quell’ultima frase sul colpo di fulmine, Zein aveva descritto precisamente la sensazione che Shin aveva provato nella locanda di Tom a Stargazer, quando per la prima volta aveva incontrato, o meglio percepito con il suo dolce profumo, Lilian. Ne era rimasto ammaliato, stordito, ma a differenza del principe non era stato in grado di farlo comprendere al giovane medico, che pian piano si era allontanata da lui.

-Vogliamo procedere?- disse Zein prendendo la mano di Lily e baciandole il dorso delicatamente, inchinandosi lievemente al suo cospetto.

Lily presa alla sprovvista arrossì, per niente abituata a tutte quelle lusinghe, ma allo stesso tempo ci stava prendendo gusto.

I pirati ed il principe continuarono a camminare, finché non arrivarono in prossimità di un grande ponte, il quale divideva il villaggio dalla casata reale. Infatti dall’altra parte del ponte, in tutta la sua bellezza, si ergeva un immenso palazzo.
I pirati rimasero a bocca aperta ammirando l’edificio. Esso era composto da quattro torri che si innalzavano di una decina di metri, fabbricate con il forte ed indistruttibile granito grigio perla. Esse si innalzavano ai lati della grossa casata, la cui facciata era abbellita dall’enorme portone in legno scuro intarsiato nell’oro più puro che splendeva sotto i raggi solari, che lo illuminavano come se risplendesse di luce propria.

-Que…questa è casa tua?- balbettò Lilian incredula.

-Sì mia dea, questa è la mia umile dimora!- disse sorridente il biondino.

-Chiamala umile, sembra la casa di un drago celeste!- borbottò la vedetta.

I pirati, scortati dal principe iniziarono l’avanzata verso il palazzo, oltrepassando il lungo ponte in legno massiccio, il quale collegava il palazzo, costruito su un’ampia collina circondata interamente da un profondo fossato.
Yuki osservava affascinata ogni singolo particolare di quel luogo che, ai suoi occhi, sembrava magico. Aveva letto molti libri sul medioevo e visto molte figure che rappresentavano i castelli medievali e, quello che si trovava dinanzi a lei in quel momento, sembrava un vero e proprio castello medievale. Le alte torri, il fossato che proteggeva il castello da possibili attacchi esterni, innalzando il ponte che, da quel che aveva capito doveva essere il classico ponte levatoio.
La giovane navigatrice, ammaliata dall’aspetto esteriore del palazzo si chiedeva se l’interno di esso fosse altrettanto bello e stupefacente, ma presto, si disse, lo avrebbe scoperto.

Arrivati davanti l’immenso portone, due mastodontiche guardie si inchinarono al cospetto di Zein, aprendo, con forza, il massiccio portone.
Varcato il portone, i pirati si trovarono dentro un’immensa sala. Le pareti di essa erano ornate da mille eleganti ghirigori dorati, così come le possenti colonne quadrate che sostenevano il piano di sopra, collegato da due immense scale di legno pregiato, disposte a destra ed a sinistra della sala.
Tutti i presenti ammiravano estasiati la residenza del ragazzo, sicuri di non aver mai visto una reggia tanto ornata nei minimi dettagli.

-Figliuolo sei tornato finalmente!!- disse Razom, scendendo, con forti tonfi, data la sua enorme stazza, dalla scala.

-Padre, vieni voglio presentarti i miei nuovi amici e, soprattutto, la mia salvatrice, Lilian Rose Cowashy- disse Zein prendendo la mano di Lilian, invitandola ad avanzare verso il re.

Lily, un po’ imbarazzata, si inchinò goffamente davanti al grosso Re che la squadrò curioso da capo a piedi.

-Ma che stupenda fanciulla!!!- esordì il re –Ma in che senso è la tua salvatrice, figliuolo?- disse leggermente confuso il sovrano, lisciandosi, come d’abitudine, il brizzolato pizzetto.

-Mi ha salvato da un carro che stava per investirmi! Senza il suo prodigioso, quanto eroico gesto, sarei morto padre, capite? Lei è quella giusta! Lo sapevo che l’avrei trovata!- disse Zein esortando il padre a capire cosa intendeva.

-Oh!- esclamò il re, intensificando lo sguardo sulla figura della donna –Sì, si molto bella, graziosa e di buone maniere! Ottima scelta figliuolo!- si complimentò.

-Scusate, ehm... di che scelta state parlando?- chiese Lilian, confusa.

-Niente, niente mia dolce Lilian…- si affrettò a dire Zein, mentre il padre continuava a guardare Lily ed annuire soddisfatto.

-Cosa sono tutti questi schiamazzi? Non si può nemmeno riposare in pace in questo palazzo!- disse Amalia, la regina, scendendo con grazia dalla sontuosa scala.

-Mamma ho invitato a palazzo i miei nuovi amici. Sono dei commerciati approdati oggi sulla nostra isola. Lei è Lilian, mi ha salvato la vita e quindi ho deciso di invitarla, insieme ai suoi compagni, nel nostro palazzo…- disse Zein, mentre la madre, scendendo l’ultimo gradino, puntò il suo sguardo oltre il figlio, su Ryuu, il quale, con sguardo annoiato, osservava vigile ogni anfratto del palazzo.

Con eleganza, Amalia oltrepassò tutti i presenti, dirigendosi verso il giovane pirata.
I suoi occhi azzurri erano rimasti affascinati dal bell’aspetto del nuovo arrivato. Sotto la t-shirt nera, si potevano intravedere gli addominali perfetti di Ryuu, che incantarono la regina.

-E tu come ti chiami?- chiese Amalia, parandosi di fronte al taciturno ragazzo.

Ryuu, osservò la donna dinanzi a lui. La regina aveva dei lunghi capelli biondi, che cadevano leggiadri fino al fondo schiena. La pelle, color del latte, era illuminata da due splendenti occhi azzurri come il cielo, mentre il corpo, fasciato in uno stretto e scollato vestito di seta bianca, mostrava tutte le abbondanti forme della donna, poco nascoste.
Il ragazzo, osservata l’interlocutrice, storse il naso in segno di disinteresse. Non gli piacevano le donne che si mettevano in mostra, cercando di attirare l’attenzione di più uomini possibili, no, non era proprio il suo tipo di donna ideale.

-Cosa c’è, non hai la lingua?- disse la regina, posando un suo dito contro il petto del ragazzo, scendendo, sensuale, sempre più giù.

-Si chiama Ryuu, signora regina!- disse improvvisamente Yuki, affiancando Ryuu, e fulminando la regina.

-Ryuu…- ripeté la donna –che bel nome! Sarà un piacere averti come ospite…- disse sottolineando, in modo malizioso, l’ultima parola, ricevendo come risposta un grugnito poco interessato dal ragazzo ed un’ulteriore fulminata da parte della navigatrice.

-Vi ringraziamo per la vostra ospitalità! Io sono Solan, il capitano della nave dei commercianti!- disse la rossa presentandosi ai due sovrani.

-Sì, si…- disse sventolando una mano in aria la regina, poco interessata; mentre attenta osservava uno ad uno i ragazzi della sala, puntando i suoi occhi cristallini sulle figure maschili.

-Questa regina mi sembra una gatta in calore…- sussurrò Diana, e, sentendola, Lily le pestò un piede per farla tacere.

-Direi, figliuolo, che forse i tuoi nuovi amici preferirebbero riposarsi un po’…- disse il re.

-Hai ragione padre! Lucinda, vieni!- disse Zein chiamando a gran voce, la dama di corte.

La dama, una ragazza di vent’anni, entrò nella sala, inchinandosi al cospetto dei reali, aspettando che le venissero impartiti gli ordini.

-Lucinda, mostra le stanze hai nostri nuovi ospiti- si signorino Zein, disse la ragazza, inchinandosi servile.

Lilian notò il leggero rossore sulle guance della ragazza, sembrava in forte imbarazzo quando guardava Zein, forse lei aveva una cotta per il principe, che purtroppo sembrava non accorgersi per niente della dama.

I pirati seguirono la dama, che ad uno ad uno mostrò le stanze ed una volta sistemati tutti, si dileguò tra i corridoi di corte.
Ogni stanza era immensa, ornata nei minimi dettagli, e provvista di un bagno personale con tutti i comfort possibili, un ampio letto a baldacchino e svariati mobili per ogni necessità, anche la più futile. Ai pirati sembrava un sogno avere tutte quelle comodità a disposizione. Amavano la loro nave, ma alcune cose, come un bagno personale, un comodo letto, erano solo un sogno su una nave costruita per avere lo stretto necessario, senza appesantirla troppo con troppi mobili o altro che avrebbero facilitato l’affondamento in caso di forti tempeste.


Qualche ora dopo, i nuovi ospiti furono invitati a presentarsi nella sala delle feste, dove i sovrani avevano organizzato un sontuoso banchetto in loro onore.
Affamati e curiosi gli ospiti si fecero scortare dalla servitù, attraversando i lunghi corridoi, fino ad arrivare davanti un grosso portone, che al loro arrivo si aprì lentamente dall’interno.
La sala che li accolse era molto luminosa, le pareti erano di un rosa antico con qualche spruzzata di oro e si intonavano perfettamente alle lunghe tende che scendevano soavi davanti le finestre. Al centro della stanza un lungo tavolo rettangolare accoglieva gli invitati con i più pregiati piatti tipici di Shairam.

-Eccovi!- esultò il re –accomodatevi pure, tutto questo e per voi miei cari ospiti!-

Con calma i pirati si accomodarono alle sedie, mentre Lily fu scortata da Zein alla sedia a fianco alla sua.

-Mia salvatrice spero che non ti dispiaccia regalarmi un po’ del tuo tempo stasera-

-Ma no, figurati, però non mi chiamare salvatrice, chiamami Lily- disse la mora sorridendo dolce, mandando così in fumo il cervello del principe che iniziò ad evaporare facendosi mille film mentali.

La cena iniziò, accompagnata dal suono soave di violini e arpe che rendevano serena e piacevole la serata, mentre una schiera di camerieri, attenti, continuavano a portare mille piatti differenti con pesce, verdure e carni cucinate in mille modi, per la gioia dei pirati e soprattutto del panciuto re.

-Sono veramente contento di aver fatto la vostra conoscenza, ma mi dica cara Solan, quali merci commerciate?- chiese il re alla rossa al suo fianco.

-Merce di ogni tipo. Da stoffe, spezie, qualsiasi cosa ci venga affidato, ovviamente di alta qualità- disse la rossa, recitando perfettamente la parte del commerciante.

-Però vedo che siete anche ben armati!- disse la regina, non togliendo mai lo sguardo da Ryuu, il quale non si separava mai dalla sua fedele falce.

-Ogni sano di mente che viaggia per mare porta con se delle armi, difesa personale- disse freddo Ryuu, accarezzando il manico della falce a tre lame.

-Oh si…e questo ti rende molto più affascinante…-disse con tono malizioso la regina, sporgendosi sul tavolo, mettendo volontariamente il prosperoso e mal celato seno, esibendosi per il pirata che aveva di fronte.

Ryuu non fu toccato minimamente da quella scena e continuò, come niente fosse a bere e mangiare, mentre a qualche posto di distanza, Yuki, infilzava ripetutamente il pesce nel suo piatto, immaginando la faccia della regina al suo posto.
Quella donna ci stava provando spudoratamente con Ryuu da quando avevano messo piede a palazzo e, quel rincoglionito del marito non si era accorto di niente, mentre Ryuu, con il suo solito distacco non si curava minimamente di respingere tali avance, cosa che faceva ancora più innervosire la navigatrice.

Nel bel mezzo della cena, Solan iniziò a percepire una strana presenza. Si sentiva osservata, nuovamente come era successo quella stessa mattina nel caos del porto di Shairam. Avvertiva un’agghiacciante occhiata alle sue spalle, ma voltandosi non trovava nessuno dietro di se. Iniziò, senza allarmare nessuno, ad ispezionare la sala, ma era difficile trovare la fonte di quello sguardo, visto la folla di camerieri e musicisti che si trovavano nella sala.
Ad un certo punto sentì il fiato venirle meno. Il suo corpo si era come congelato sul posto estraniando ogni suono che la circondava.
Improvvisamente sembrava essere stata rinchiusa in una bolla. I suoni attorno a lei le giungevano ovattati, lontani; persino la voce roca e potente del re, il quale rideva e scherzava delle uscite poco fini di Diana intenta a bisticciare con Lily a causa dell’ultimo trancio di pesce spada arrostito che era rimasto sul tavolo.
Le immagini intorno alla rossa iniziarono a scorrere a rallentatore, mentre lei cercava in tutti i modi di capire cosa le stesse succedendo.
Improvvisamente la vide. Vide la stessa vecchietta incontrata nel porto. Essa si trovava in mezzo alla folla di camerieri che entravano ed uscivano dalla sala con piatti pieni e vuoti. La vecchia donna era proprio lì, che la fissava con quei suoi occhi vitrei ed agghiaccianti.
Solan puntò i suoi occhi ambrati sulla donna, ora in quella stanza c’erano solo loro due, tutto intorno il silenzio.

-Solan…- la chiamò la vecchietta. Il suo era un sussurro, ma venne percepito dalla rossa chiaramente, come se l’anziana si trovasse al suo fianco.

-Chi sei?- chiese il capitano. Non riusciva a sentire la sua stessa voce, e le sue labbra non si erano mosse di un millimetro, quindi probabilmente la vecchietta non aveva udito la sua domanda, che forse aveva formulato mentalmente, ma con estrema sorpresa della rossa, essa rispose.

-Non importa chi sono… importa solo ciò che ti ho detto…- disse la donna.

Solan si ritrovò quelle parole nella mente. Esse rimbombavano feroci nella sua testa causandole un leggero dolore alle tempie. Non capiva che diavolo stava succedendo, ed era stanca di rimanere in balia di quello strano maleficio, così chiuse gli occhi ed iniziò a respirare profondamente. In pochi secondi i suoni ritornarono. Le risa del re, il battibeccare delle sue compagne di viaggio, le avances sussurrate della regina e i ringhi di disapprovazione di Yuki; ogni cosa era tornata normale. Si accorse che quelli che per lei erano sembrati istanti lunghissimi, in realtà corrispondevano ad un battito di ciglia. Si Guardò intorno la rossa, cercando la vecchietta e vedendola uscire dalla sala. Con calma, la rossa si alzò dalla sedia, scusandosi con il re, trovando la scusa che doveva prendere qualcosa in camera sua.

-Tutto bene?- le chiese Edward studiando ogni movimento della rossa.

-Sì, tranquillo. Devo accertarmi di una cosa e torno subito- disse tranquillamente la donna prima di lasciare il tavolo.

L’avrebbe trovata. Avrebbe trovato quella donna e questa volta con le buone o con le cattive si sarebbe fatta dire ogni cosa. Cosa voleva da lei? Come conosceva il suo nome? E, soprattutto, che significato aveva la frase che le aveva sussurrato al porto?







Nel frattempo sull’isola dei giganti…

-Finn! Finn!- urlò Luna notando la macchia di sangue che, pian piano, impregnava sempre più la maglietta dell’amico.

Finn si era buttato, senza pensarci troppo, sul proiettile proteggendo la sua amata Luna.

La biondina, la quale era stata solo sfiorata dal proiettile, sentiva un leggero bruciore al fianco, ma non le importava visto che la vita di Finn era in pericolo.
Con cura, l’archeologa cercò di appoggiare il ragazzo a terra senza farlo sforzare troppo.

-Tranquilla è solo un graffio- disse Finn cercando di rassicurare l’amica, notando l’espressione preoccupata della biondina.

-Non dovevi gettarti contro il proiettile, perché lo hai fatto?- chiese Luna, mentre sollevava la maglietta del ragazzo cercando di capire la gravità della ferità.

Finn non rispose, abbassò lo sguardo pensando alle parole pronunciate dalla madre quella stesse mattina. Secondo Linak lui e Luna erano destinati a stare insieme e quando lui aveva rivisto la biondina dopo tutti quegli anni aveva capito di averla sempre amata, ma il destino era tutt’altra storia, e soprattutto il coraggio di confessare ciò che provava alla sua migliore amica era la cosa più dura.

-Ieeeeee cos’è successo al mio caro Finn??- urlò Sasume la nonnina gigante.

-E' stato colpito da un proiettile!- disse Luna, sbarrando gli occhi appena vide la ferita del ragazzo.

-Ieeeeee chi ha osato ferire Finn-chan Ieeeee!!- disse la vecchietta esaminando con cura ogni angolo del villaggio, individuando poi il suo bersaglio: un marine che scappava con un fucile in mano.

Repentina la vecchietta imbracciò il forcone che aveva li vicino e lo lanciò con potenza e precisione verso il marine.
Il forcone saettò veloce conficcandosi con assoluta precisione nella schiena del marine, il quale cadde a terra morente.

Luna, con occhi fuori dalle orbite, si complimentò con la vecchia Sasume, rimanendo stupita dalla sua forza è precisione.

-Ieeeeee io da giovane ero una valorosa guerriera gigante! Ho combattuto per anni sotto le armi di questi stolti che ora ci temono così tanto da volerci tutti morti! Ieeee ma non ce la faranno Ieeeee noi siamo più forti!!- disse più determinata che mai Sasume.

Un colpo di tosse riportò l’attenzione di Luna su Finn, il quale aveva iniziato a sbiancare e tremare lievemente.

-Dobbiamo subito portarlo alla valle, lì qualcuno lo curerà!- disse l’archeologa, mentre Amlach, dopo aver formato un enorme buco nero ed averci attirato i marine rimasti, si avvicinò al resto del gruppo.

-Ne stanno arrivando altri- disse Amlach fissando, con il suo occhio attento, la foresta da dove erano giunti –Luna porta Finn e la vecchia, alla valle, qui ci penso io!- ordinò il capitano.

SDENG

Un sonoro cazzotto colpì la testa scura di Amlach che, con sguardo truce, fulminò la vecchia Sasume la quale aveva ancora il pugno alzato.

-Ieeeee…Vecchia a chi? Senti un po’ ragazzino, sarò anche più grande di te, ma non ti permetto di chiamarmi vecchia! Io non dimostro poi tutti questi anni Ieeeee!!- disse Sasume. Seppur in avanzata età la vecchietta si sentiva ancora giovane, sia dentro che fuori, non badando agli anni che passavano, complice anche la sua innata grinta che le aveva sempre permesso di farsi rispettare da tutti.

Amlach osservò la donna, alta e possente, con la pelle rugosa e gli occhi chiari che brillavano però di una strana luce. Quegli occhi simboleggiavano la forza interiore della donna che, nonostante aveva appena subito un pesante lutto perdendo il marito tanto amato, avevano ancora voglia di vivere e soprattutto di proteggere quell’isola e i suoi abitanti che amava tanto. Amlach, colpito dallo spirito della vecchietta ghignò e disse –Va bene vecchia!- sfidando così la furia della donna che però capì il tono scherzoso del capitano e sorrise fingendosi arrabbiata.


Luna e Sasume aiutarono Finn a reggersi in piedi sorreggendolo ed iniziando a camminare verso la valle.

-E meglio che non andiate nella foresta o vi scontrerete con i marine! Vecchia non c’è un'altra via per la valle di Ramis?- chiese Wolf

-Sì, c’è un vecchio viale, un po’ più lungo e tortuoso, ma sicuro, andiamo!- disse la vecchietta indicando a Luna la direzione, mentre Finn pian piano perdeva conoscenza.


Nel villaggio, semi distrutto, rimase solo Wolf con i sensi completamente all’erta, vigile ad ogni rumore proveniente dalla foresta.
Due delle tre spade erano già pronte ad essere usate, mentre la terza giaceva tranquilla ancora nel suo fodero, pronta ad essere usata solo in caso di bisogno.
Passi frettolosi, schiamazzi e urla di graduati, si udivano sempre più; così come un felino pronto a catturare la sua preda, Amlach iniziò a correre verso la foresta, dove i primi cadaveri caddero sul terreno umido e freddo.
Il lupo iniziò la sua caccia.









Nel frattempo, all’uscita est della valle di Ramis, Ashuros e Mya seguivano attenti la gigante Rika.
Mya era sempre stata molto restia a fidarsi delle persone. Nella sua vita si era fidata molto spesso delle persone sbagliate, rimanendone ferita e facendo si che il suo carattere, già molto riservato, si chiudesse ancor di più impedendole di fidarsi subito delle persone che aveva intorno, anche se si mostravano buone d’animo.
In quel momento, mentre camminava attraverso un lungo e buio corridoio scavato nella pietra, Mya non sapeva se poteva fidarsi di Rika, la gigante che li stava conducendo verso l’uscita della valle. Era avvenuto tutto molto velocemente; erano approdati su Sinif e si erano ritrovati catapultati in una valle quasi mitologica con in atto una guerra contro lo sterminio dei giganti. Non capiva perché la marina conseguisse questi obiettivi così crudeli. Sapeva di cosa era capace, lo aveva provato sulla sua stessa pelle, eppure non avrebbe mai capito cosa spingesse milioni di uomini ad ubbidire a tali ordini, lo trovava ripugnante.
Con lo sguardo, Mya, osservò la figura mastodontica davanti a lei. Rika era una gigante molto bella. I suoi lunghi capelli neri mossi le ricadevano selvaggi ed indomabili lungo la schiena, incorniciando il viso ovale illuminato da due occhioni castani. Rika non aveva aperto bocca da quando avevano lasciato gli altri gruppi e, quel silenzio iniziava un po’ a pesarle.
La mora voltò il capo alla sua destra, cercando, o almeno sperando, che il suo compagno di ciurma prendesse l’iniziativa, ma le speranze erano molto poche.
Ashuros camminava concentrato ed in perfetto silenzio. Ogni passo del giovane era seguito da un suono metallico, dato dalle numerose catene che indossava. Il ciuffo argenteo del ragazzo, ricadeva lungo, nascondendogli l’occhio sinistro. Mya osservò senza farsi notare, il compagno. Si sentiva un po’ a disagio in sua compagnia, visto che era passato circa un mese dalla sua entrata in ciurma e non aveva mai parlato con il ragazzo.
Appena salita sulla Blackmoon si era chiesta come potesse fidarsi di quelle persone appena conosciute e, soprattutto, come loro potessero fidarsi di lei, ma presto capì che quella grande, quanto strana famiglia, l’aveva scelta ed accettata dal primo momento che aveva messo piede sulla nave. Inaspettatamente era riuscita ad aprirsi subito, instaurando immediatamente un bel rapporto, soprattutto con le ragazze. L’unico con cui non si era mai sentita in sintonia, o almeno non aveva mai avuto un motivo con cui iniziare un discorso, era proprio Ashuros. Il ragazzo non era affatto un chiacchierone e giocherellone, in certi sensi, come Stun; piuttosto Ash era molto simile al loro capitano, sempre sulle sue ed in disparte. Lo aveva osservato molte volte, soprattutto in quell’ultimo periodo, quando Ash aveva fatto di tutto per cercare informazione sulla guerra su Sinif per la compagna Luna. Era un bravo ragazzo, se lo sentiva, ma restava il fatto che non riusciva, nonostante fossero compagni, a fidarsi completamente di lui.

-Ecco l’uscita!- esordì Rika, spezzando quel pesante silenzio e i pensieri di Mya, la quale tornò a concentrasi sull’obiettivo iniziale: salvare i giganti.

I pirati e Rika, uscirono dalla grotta attraverso un piccolo passaggio che richiusero accuratamente con un enorme masso, per poi avviarsi verso il villaggio più vicino.

-Il villaggio che stiamo per visitare si chiama Kranic. Non è molto grande, ma è abitato principalmente da bambini- disse Rika con voce lieve.

Mya notò Ashuros sussultare lievemente alla parola “bambini”, ma non osò chiedergli il motivo.

-Come mai è abitato principalmente da bambini?- chiese Mya a Rika.

-Perché a Kranic è stato fondato, molti anni fa, un orfanotrofio dove vengono accettati tutti i bambini giganti e non, che sono stati abbandonati dai genitori o che li hanno persi per tragici incidenti.- le spiegò la donna continuando a camminare per la lunga valle sprovvista di ogni tipo di vegetazione.

Solo in quel momento Mya notò l’assenza di vegetazione in quel luogo. Da quel che aveva potuto capire di Sinif, essa era un’isola immersa nel verde, con vallate, alberi e fiori, non si spiegava quel posto privo anche della più semplice erbetta tappezzante; intorno a loro, il giallo dell’erba secca e il rosso della terra cotta dal sole padroneggiavano, rendendo tutto il paesaggio un deserto desolato e privo di vita.

-Rika perché in questa zona non c’è vegetazione?- chiese sempre più curiosa la mora.

-Vedo che sei molto attenta Mya- sorrise la gigante voltandosi verso la ragazza –Di solito Sinif è interamente coperta di verde, in ogni luogo, ma da quando è iniziato questo insensato attacco da parte della marina, alcune zone hanno perso la loro linfa vitale. Sono improvvisamente inaridite, come se qualcosa o qualcuno si stesse nutrendo dell’energia della natura! Tutto ciò ci spaventa a morte, se solo questa “cosa” colpisse Ramis noi saremmo spacciati…- disse affranta la gigante.

-Non preoccuparti, vedrai che questo non succederà, noi lo impediremo!- disse Mya cercando di sollevare l’umore di Rika. Poteva percepire l’angoscia che attanagliava la donna, la preoccupazione per il suo popolo e per la sua isola erano così forti, e Mya non poteva far altro che mettercela tutta per impedire il peggio.

-Attente!- urlò Ashuros fiondandosi accanto alle ragazze.

In pochi secondi delle catene nere uscirono dalle sue mani, dirigendosi veloci dietro le grosse pietre che vi si paravano nella desolata vallata.
Mya vide lo sguardo concentrato del compagno e, repentina, imbracciò le sue fidate pistole, pronte a far fuori ogni nemico che si parava davanti.

Alcuni soldati furono catturati e sollevati in aria dalle potenti ed indistruttibili catene di Ashuros, mentre altri iniziarono a sparare contro Rika e Mya.

Pronta e letale, Mya iniziò a sparare contro i marine i quali si erano nascosti dietro le pietre per fargli un’imboscata. Senza sbagliare un solo colpo, Mya atterrò una decina di marine, mentre Rika, accanto a lei, utilizzava la lancia che portava legata dietro la schiena, per abbatterne altri.

Il combattimento durò a lungo. Rika, grazie alla sua stazza e alla sua agilità era favorita nel corpo a corpo, riuscendo così ad abbattere molti soldati, mentre altri spaventati se la davano a gambe levate.
Mya saettava il suo sguardo in ogni direzione, colpendo senza scampo ogni marine, anche il più lontano, proteggendo gli amici impegnati nel corpo a corpo.
Dopo una buona mezz’ora i pirati ebbero la meglio. Ashuros con le sue catene aveva stritolato diversi avversari, lasciando i loro corpi, privi di vita, sul terreno o lanciandoli sulle aguzze pietre da dove erano venuti.

-Siete fortissimi ragazzi!- esultò Rika –Con voi la speranza di salvare Sinif si fa sempre più forte!- disse sorridendo felice, mentre riponeva la lunga lancia insanguinata, dietro la schiena.

-venite andiamo, il villaggio e proprio laggiù!- disse Rika indicando un punto all’orizzonte, dove, lontano, si potevano intravedere due o tre casette ed una grossa, quanto alquanto sgangherata, struttura.

In pochi minuti i tre arrivarono nel villaggio di Kranic. Esso era molto piccolo, come aveva detto Rika, e molto degradato. Al centro si ergeva un grosso edificio, deteriorato sia dal tempo che dalla guerra e, tutto intorno, la desolazione più assoluta.

-Ma non c’è nessuno!- disse Mya, notando le vie deserte.

-Invece qualcuno c’è…ma sono nascosti…- disse Ashuros guardandosi intorno.

Improvvisamente la porta dell’orfanotrofio si aprì e ne uscì una bambina che iniziò a correre verso i tre nuovi arrivati.

-Hana vieni qui!!- urlò un uomo sulla sessantina, attaccato alla porta dell’orfanotrofio.

La bambina, guardandosi indietro, continuò a correre finché non finì per sbattere contro Ashuros.
La piccola cadde a terra e, solo allora si accorse dei nuovi arrivati. La faccia della piccola sbiancò di colpo, ritrovandosi di fronte lo sguardo freddo del ragazzo i cui occhi grigi la squadravano da capo a piedi.
Mya osservò il compagno ed avanzò di un passo per tranquillizzare la bambina, quando, con sua enorme sorpresa, Ashuros si abbassò all’altezza della bimba e, sorridendo dolce, le porse la mano per alzarsi.
Mya rimase stupita da quel gesto che non si aspettava minimamente. L’espressione sempre fredda e distaccata del compagno, si era tramutata in uno sguardo dolce ed amorevole, come quello di un fratello maggiore che aiuta la sua sorellina a rialzarsi dopo una caduta.

Hana accettò sorridendo la mano di Ashuros, capendo che non doveva avere nessuna paura di quel ragazzo dagli occhi e capelli grigi.

-Grazie!! Io sono Hana e tu?- chiese la piccola, spolverandosi il piccolo vestitino rosa sgualcito.

-Io mi chiamo Ashuros, ma puoi chiamarmi anche Ash!- rispose il ragazzo continuando a sorridere alla bambina.

Mya rimase quasi incantata nel vedere quella scena, ma dovette riprendersi subito visto l’imminente pericolo che li stava per colpire.
Un vento freddo e glaciale sollevò la polvere della strada, mentre un urlo agghiacciante si estendeva per tutto il villaggio, rompendo vetri per la potenza del forte suono, ed assordendo i pirati che immediatamente si pararono, invano, le orecchie, mentre una donna dai lunghi capelli bianchi scendeva dal cielo.








Nell’immensa vallata di Ramis nel frattempo, Luna e la vecchia Sasume giunsero nella grotta trascinando un Finn quasi morente.

-Resisti Finn siamo arrivati!- disse Luna con gli occhi umidi. Sentiva una strana e forte stretta al cuore ogni volta che volgeva lo sguardo sul suo amico, il quale ormai non riusciva più a tenere le gambe dritte e a respirare regolarmente. La maglietta del ragazzo era zuppa di sangue e, sia Luna che Sasume, non vedevano l’ora di affidare il ragazzo ad un medico, visto che entrambe avevano intuito la gravità della ferita.

Appena le due donne giunsero nella valle, oltrepassando il lungo corridoio di pietra, notarono subito una gran folla.
Giganti e non, erano disposti in ogni zona della valle e, molti di loro, riportavano qualche ferita più o meno grave.

-Luna!- la chiamò Asako correndole incontro.

-Asi! Presto Finn a bisogno di un medico!- disse l’archeologa disperata.

La bionda navigatrice aiutò la compagna e la vecchietta a sistemare Finn su una brandina provvisoria e poi corse a chiamare July, la quale era impegnata a curare le varie ferite dei poveri isolani colpiti dalla guerra.

Dopo pochi secondi, che a Luna sembrarono interminabili, July arrivò seguita da due giganti, Roki e Trunk.

-Ragazzi prendete la barella di Finn e portatela laggiù, così posso fasciare la ferita- ordinò il medico.

-Rika era con voi?- chiese Roki a Luna che negò con il capo.

-No, lei è nel gruppo di Ashuros e Mya- rispose la biondina, notando che alcuni gruppi erano già rientrati dalla missione, forse per quel motivo la valle era affollata in quel modo; sicuramente July ed Asako, aiutate da Roki e Trunk avevano portato i giganti feriti nella grotta per mantenerli al sicuro.

-Capisco…- disse Roki abbassando il capo scuro. Lui era il fratello gemello di Rika. I due erano sempre stati molto legati e ognuno si preoccupava sempre dell’altro, e in quel momento, Roki, era estremamente preoccupato per la sorella. Sentiva una strana sensazione, come se Rika fosse in pericolo, ma non poteva fare niente per aiutarlo e questo lo stava facendo impazzire.

-Tranquillo i miei amici sono ottimi combattenti, Rika è al sicuro con loro!- disse Asako cercando di consolare il giovane gigante.

Finn fu riposto all’interno di una piccola caverna che fungeva da infermeria.
July, con delicatezza, tolse la maglia al ragazzo per verificare lo stato della ferita.

-E' molto grave?- chiese Luna, mentre si tormentava le mani.

-Uhm…no…- disse July mentre con un batuffolo di cotone imbevuto puliva la ferita. –il proiettile è facilmente estraibile, dovrebbe rimettersi presto, però ha bisogno di riposo assoluto almeno per qualche giorno- si pronunciò il medico.

-No…io…devo…salvare…Sinif…- tossì il ragazzo, mentre pian piano riprendeva i sensi.

-Tranquillo, ci penseremo noi a salvare Sinif, ora l’importante e che tu guarisca…- disse amorevolmente Luna, accarezzando i folti capelli scuri dell’amico.

Finn sorrise perdendosi nel blu degli occhi di Luna e, piano, ritornò nel mondo dei sogni, affidandosi alle dolci carezze della sua Luna e alle cure di July.





Qualche ora dopo, un’altra orda di giganti feriti invase la valle, capitanata dal gruppo composto da Stun, Sara, il gigante scorbutico Torres e Stink. Quest’ultimo era portato a spalla da Stun e Torres, anche loro con qualche ferita superficiale.

-Cos’è successo?- disse Asako correndo incontro a Sara.

-Siamo stati attaccati mentre portavamo i giganti qui nella valle. Stink è ferito ad una gamba, ho cercato di bendarla come meglio potevo- disse con il fiatone Sara.

-Ottimo lavoro! Vieni portatelo da questa parte così July potrà controllare la ferita.-

-Gli altri sono già tornati?- chiese la castana.

-Solo il gruppo di Wolf, anche se lui è rimasto nel villaggio a combattere- disse Asako indicando un lettino dove far sdraiare Stink.

-Come mai non è tornato anche il capitano?- chiese Sara

-Finn e Luna sono stati feriti e quindi Amlach per permettere a loro di tornare qui senza incappare nei marine, è restato lì- li informò la navigatrice.

Stun appena sentì le parole “Luna ferita” non ragionò più. Il suo corpo si pietrificò all’istante, sentendosi come un grosso macigno ed impedendogli di muoversi o semplicemente di parlare. Il panico lo aveva assalito, il sol pensiero che la sua Luna fosse stata ferita lo mandava in bestia. Perché lui non era lì con lei ha proteggerla? Perché quello stupido idiota di Finn non aveva evitato che lei si ferisse? Ma soprattutto, dov’era ora Luna? Mille domande gli affollavano la mente, e la voglia incontrollata di vedere la sua testolina bionda era sempre più forte. Quella stessa mattina si era comportato malissimo con lei, respingendola, solo perché era geloso marcio di Finn. Sì, lo aveva capito bene che il suo comportamento da scorbutico era solo la conseguenza di una forte gelosia. Durante quelle ore di separazione, mentre aveva combattuto contro una schiera di marine, non c’era stato un attimo in cui non aveva pensato a lei. Il suo dolce sorriso, le battute e gli scherzi, le sue labbra, il suo corpo, tutto le era mancato di Luna; e ora sapere che era ferita e, forse anche gravemente, lo spaventava a morte.

-Dov’è Luna?- riuscì finalmente a chiedere, Stun, con tono apatico.

-Laggiù, in quella grotta… e con…- Asako non riuscì a finire la frase che Stun si era già allontanato verso la grotta indicatagli.






Nella penombra della grotta, Finn si svegliò, dopo qualche ora di profondo sonno.
Il giovane ragazzo si guardò intorno per capire dove si trovasse esattamente.
Intorno a lui solo roccia e buio con una piccola luce che giungeva dal suo fianco destro, la quale illuminava debolmente la stanza rocciosa.
Con fatica, Finn, riuscì a girarsi mettendosi seduto sul lettino.

-Che stai facendo? Devi restare sdraiato!- gli disse Luna con tono fintamente minaccioso, mentre un sorriso di sollievo spuntò sul suo bel viso.

Finn sorrise di rimando, osservando la giovane biondina accanto a lui, illuminata dalla flebile luce di una candela, appoggiata su uno spartano comodino fatto con un ceppo di quercia.

-Cos’hai da sorridere?- gli chiese Luna, piegando la testa da un lato, incuriosita dallo sguardo profondo dell’amico.

-Sorrido perché non riesco ancora a credere che tu sia veramente qui! Mi sei mancata così tanto Luna…- disse Finn, prendendo la mano destra della ragazza tra le sue ed iniziandole ad accarezzare delicatamente il palmo.

Luna sentì una serie di brividi di piacere lungo la schiena, e non capiva il perché. Era confusa come non mai, stare vicina a Finn la confondeva, visto che non sapeva cosa provava realmente per lui. Le sue guance si colorarono leggermente di rosso, mentre Finn, ostinato, continuava a guardarla intensamente negli occhi. Luna non riuscendo più a reggere quello sguardo, abbassò il viso, cercando un modo per stemperare quella tensione.

-Non dovevi metterti tra me e il proiettile, hai rischiato grosso! E poi non lo sai, ma io ho la pellaccia dura!- disse la biondina ridendo, sollevando nuovamente il viso e, ritrovando gli occhi di Finn sempre su di lei.

-Non avrei mai permesso che quel marine ti colpisse Luna. Tu sei importante per me, lo sei sempre stata…- iniziò Finn, convinto che quello fosse finalmente il momento giusto per confessare ciò che provava per la biondina.

-Si, bhe anche tu sei importante per me… siamo amici da sempre ahahaha- disse Luna ridendo, cercando di buttare la situazione sul ridere, non voleva sentirsi dire ciò che Finn stava per dire, le cose si sarebbero complicate ancor di più, eppure una piccola parte di lei sperava che Finn continuasse a parlare, e così fece.

-Luna è inutile che ci giriamo intorno, sono stanco di nascondere ciò che provo per te…- disse portando il palmo della sua mano sulla guancia destra della ragazza, la quale si immobilizzò sul posto, avvampando.

-In questi anni ti ho pensato ogni istante. Ogni giorno mi mancavi sempre di più e, quando ti ho rivista questa mattina, ho giurato a me stesso che ti avrei confessato ogni mio sentimento, perché io ti amo Luna!- concluse Finn avvicinandosi pericolosamente alle labbra della ragazza, la quale aveva spalancato gli occhi dopo quella confessione.

Con delicatezza Finn circondò il volto della ragazza con le sue mani e lo avvicinò al suo. Luna non ci stava capendo più niente, la sua testa era affollata da mille pensieri e domande. Stava facendo la cosa giusta permettendo a Finn di baciarla? Se da una parte voleva baciare Finn, dall’altra qualcosa dentro di lei le diceva che era sbagliato, che non era la cosa giusta da fare, che tutto sarebbe cambiato e che molti avrebbero sofferto.
Mentre Luna si poneva tutte quelle domande, le labbra di Finn si poggiarono sulle sue, delicatamente.
Quasi involontariamente l’archeologa rispose al bacio, lasciandosi trasportare dall’amore che il ragazzo provava per lei, ma che lei non sapeva se lo ricambiasse o meno.


Dalla piccola entrata della grotta, Stun, impietrito, assisteva alla scena.
Il dolore lo avvolse, insieme ad una rabbia e delusione accecante.
La sua Luna stava baciando Finn, il suo migliore amico, ciò voleva dire che lei lo amava. In fondo Luna e Finn erano amici da sempre, avevano condiviso l’infanzia e soprattutto entrambi erano figli di giganti e umani. Erano perfetti insieme, e come aveva detto qualche ora prima la madre di Finn, erano destinati a stare insieme.
Qualcosa al centro del suo petto blu si ruppe, inondando il costato di un dolore lancinante, che difficilmente lo avrebbe mai abbandonato.
Non aveva senso restare lì, ormai aveva perso ciò che amava di più, l’unica persona che lo vedeva, o almeno così credeva, con altri occhi. L’unica persona che non lo aveva mai fatto sentire un mostro; ma quella stessa persona aveva scelto di stare con Finn, un ragazzo normale, non un mostro come lui.
Voltò le spalle a quella scena, Stun, incamminandosi verso l’uscita di Ramis, mentre i primi e potenti tuoni annunciavano l’imminente temporale che si stava per abbattere su Sinif.









ANGOLO AUTRICE:

Ieeeeeeee ragazzi/e!!!
Non sono la nonna Sasume, ma la vostra “cara” autrice!
Allora questo capitolino, mica tanto ino visto la lunghezza O.O, mi convince per metà. Non so se possa piacervi tutto questa fase di sentimenti in ribellione, gelosie e cose varie, forse sto esagerando un po’, allontanandomi dal vero obiettivo, non so ditemi voi così mi regolo! Comunque sul cap non aggiungo altro, preferisco leggere le vostre recensioni e soprattutto le vostre reazioni a ciò che ho scritto! ;)
Detto ciò ho un piccolo annuncio da fare…

ATTENZIONE: AVVISO IMPORTATE!!!

SAPENDO QUANTO VI PIACCIANO LE STORIE AD OC, VOLEVO COMUNICARVI CHE, LA MIA AMICA MIYUKI90, PUBBLICHERA’ A BREVE UNA STORIA OC. SE SIETE INTERESSATI I POSTI DISPONIBILI SONO 6 (TRE MASCHI E TRE FEMMINE), CHIUNQUE VOGLIA PARTECIPARE ME LO FACCIA SAPERE E SARO’ FELICE DI DARVI TUTTE LE INFO CHE DESIDERATE!
GRAZIE PER LA VOSTRA ATTENZIONE!

Bacioni Kiko90


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