L'inizio di una nuova era: il tesoro di cappello di paglia di kiko90 (/viewuser.php?uid=224597)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** capitolo 22 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PROLOGO
Avevano
viaggiato per tutto il mondo, incontrato pericoli ed avversari in
ogni dove ma, dopo cinque anni avevano raggiunto ognuno i propri
sogni e, adesso?
-Su
muoviti testa di verza la strada giusta è questa!-
-Chi
hai chiamato testa di verza, mister sopracciglio?-
-Piantatela!
È muovetevi tutti e due!- disse una voce femminile alle loro
spalle
-Eccoci
finalmente! Il posto è questo!-
-Sicuro
di volerlo fare?-
-Sicurissimo!
Io sono il re dei pirati e devo lasciare qualcosa al mio successore,
come Gol D Roger lo ha lasciato a me!- disse con voce solenne,
lasciando meravigliati persino i componenti della sua ciurma
–e
poi… E’ troppo divertente!! E come giocare a
caccia al tesoro!- disse il ragazzo dal sorriso elastico
-Sei
sempre il solito baka, Rufy!- disse Usop spiattellandosi una mano in
fronte, per un attimo aveva seriamente pensato che dopo cinque anni
ed aver ottenuto un ruolo così importante il suo capitano
era
maturato almeno un po’ ma, si sa, chi idiota nasce, idiota
rimane.
-Bene
allora è deciso, mettetelo li!- disse Nami, la navigatrice
che era
riuscita a disegnare la cartina del mondo
-Sempre
a dare ordini e mocciosa!-
-Taci
buzzurro, come puoi vedere, io non posso fare sforzi!- disse la donna
facendogli la linguaccia e portandosi le mani al ventre gonfio.
Un
grande baule venne portato al centro di un immensa grotta.
L’intera
ciurma si mise intorno ad esso e, sorridendo soddisfatti, ripensarono
a come era nata tutta quella storia qualche ora addietro…
-Uffa
mi sto annoiando, che si fa?- disse Rufy mentre, appeso alla polena
andava alla ricerca di qualche tesoro nascosto nel suo naso
-partita
a carte?- propose Usop poco distante
-No!
Io sono il re dei pirati voglio un avventura!- lagnò
-perché
non giochiamo ad acchiapparci per tutta l’isola?- propose
Chopper
-SIII
che bello!!-
Così,
mentre il resto della ciurma si rilassava chi al sole, chi leggeva
qualche libro o mentre altri preferivano soltanto dormire o fare
altro; Chopper, Rufy e Usop saltarono giù dalla nave e
iniziarono a
correre per tutta l’isola appena scoperta.
Dopo
aver raggiunto Raftel Island e affrontato tutti i pericoli nascosti,
finalmente la ciurma di cappello di paglia aveva trovato il
famigerato One Piece e Monkey D. Rufy era diventato il nuovo Re dei
pirati, da allora avevano continuato a viaggiare, perché
ormai
quella era la loro vita e non potevano farne a meno così,
dopo un
lungo viaggio scoprirono una nuova isola e si ormeggiarono li per
rifocillarsi.
Durante
la corsa sull’isola i tre pirati trovarono una grotta ben
nascosta
e li nacque l’idea…
-Una
volta ho letto un libro di Robin dove si parlava di certi uomini che
nascondevano un tesoro e poi dopo molti anni lo andavano a
riprendere, perché non lo facciamo anche noi?- propose la
piccola
renna
Rufy
osservò i due compagni con sguardo serio per qualche secondo
per
poi, improvvisamente, afferrarli e correre verso la nave.
Una
volta giunti alla Sunny, propose alla sua ciurma “un
gioco” come
lo chiamava lui, nascondere un tesoro per i pirati che un giorno
volevano seguire le sue e le loro orme, una sottospecie di prova,
come quella ideata dal suo predecessore.
-seriamente
credi che ci siano altri pazzi come noi pronti ad avventurarsi per
cercare un fantomatico tesoro dopo la storia del One piece?- disse
Usop
-Si
e chissà, un giorno li incontreremo!- disse sempre
più eccitato il
capitano
Zoro,
seguito da Sanji, scese dalla nave, lui accettava ogni pazza
decisione del suo capitano e poi, doveva ammetterlo, gli sarebbe
piaciuto un giorno incontrare qualcuno che aveva la sua stessa voglia
di diventare il migliore e chissà, magari come lui, ci
sarebbe
riuscito.
Si
avviarono tutti e nove verso la grotta, mentre Brook suonava
un’allegra canzone.
Ed
adesso eccoli li, pronti a sigillare quel nuovo testamento.
Nove
persone, un baule, una sfida che di certo nessuno si aspetterebbe
mai!
Cosa
ci sarà nel baule? Qualcuno sarà così
coraggioso ma allo stesso
tempo pazzo per sfidare il grande blu e non solo, per trovarlo?
“
Che
la nuova era dei pirati abbia inizio” così aveva
urlato Rufy detto
cappello di paglia, il nuovo leggendario Re dei pirati.
Nuove
sfide attenderanno chiunque voglia avventurarsi alla ricerca del
tesoro di Monkey D. Rufy e, una volta arrivati ad esso solo il
migliore potrà affrontare Rufy e la sua ciurma per
aggiudicarsi il
titolo. Che la sfida abbia inizio!
SCHEDA
OC
- Altro: (se
volete aggiungere qualche curiosità sul vostro personaggio o
qualsiasi altra cosa)
ANGOLO
AUTRICE
Ciao
a tuttiiii!!!!!
Questa è la mia prima storia a OC, spero che il prologo vi
abbia
incuriosito. Come avrete capito la storia si svolge dopo che Rufy
è
diventato il re dei pirati; in questa storia non ci saranno i
personaggi di One piece ma solo i vostri OC che cercheranno di
trovare il tesoro di Rufy che ricomparirà soltanto alla
fine!
Spero
che vogliate
partecipare, visto che è la mia prima fic ad OC per ora
prendo solo
10 OC.
Un
ringraziamento
speciale al mio assistente per l'appoggio e il sostegno costante!
Con
questo credo che
sia tutto,
Bacioni
kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** capitolo 1 ***
Il
vento soffiava forte tra le vele della Black moon.
Le
onde, potenti, si infrangevano contro il legno scuro della nave che,
veloce, procedeva verso una nuova isola; verso una nuova avventura.
Black
moon era una nave possente, costruita con lo scuro ed indistruttibile
legno delle foreste Lagron; dove solo i migliori carpentieri
riuscivano a rifornirsi, visto i costi esorbitanti dei materiali.
Ogni
pirata sognava una nave costruita con il legno di Lagron, l'unico in
grado di affrontare gli svariati fenomeni atmosferici del nuovo mondo
senza riportare danni ma, quel legno non era accessibile a tutti
visto gli spietati controlli della marina nella zona ma il capitano
della Black moon di certo non era il tipo da spaventarsi per qualche
semplice marine graduato.
Amlach
Lumbar, questo era il suo nome, era un ragazzo di ventitrè
anni,
conosciuto da tutti come Wolf, Capitan Wolf.
Con
sguardo duro e freddo osservava, seduto sulla polena a forma di testa
di lupo, il mare che pian piano si agitava sempre più.
Wolf
era considerato da tutti un uomo spietato e, la maggior parte delle
persone che lo incontravano rimanevano intimorite dal suo aspetto.
Era alto circa due metri con una possente muscolatura data dai
numerosi ed intensivi allenamenti a cui, fin da piccolo era stato
sottoposto al dojo di spada. I suoi occhi erano di un
azzurro-ghiaccio che venivano risaltati ancor di più dai
suoi corti
capelli corvino; il suo fisico era segnato da diverse cicatrici,
segni indelebili delle lunghe battaglie che aveva affrontato negli
anni, tra cui una lunga tutta la schiena e una sul bicipite destro
fino a metà braccio ma, quella che più si notava
e dava un aspetto
ancor più serio al ragazzo era la cicatrice che rendeva
cieco
l'occhio sinistro.
Wolf
notando il repentino cambiamento di clima si alzò dalla sua
postazione, facendo oscillare le tre katane che portava legate ai
suoi corti pantaloni neri, proprio come l'uomo che ammira da una vita
e che sogna di sconfiggere un giorno, lo spadaccino più
forte del
mondo, Roronoa Zoro.
Con
passo deciso si avviò facendo smuovere la catenella che,
lenta
penzolava dai suoi pantaloni, doveva avvertire la sua ciurma; le
previsioni riguardanti un imminente tempesta che la navigatrice di
bordo aveva previsto ore prima; si stava per scagliare su di loro.
La
ciurma, come si poteva dedurre dalle urla provenienti dalla cucina,
era radunata nella sala da pranzo.
Wolf
aprì con uno scatto la porta, sfiorando con una mano il
bicipite
sinistro da cui, sotto la corta manica nera della maglia si
intravedeva il tatuaggio raffigurante un lupo. Si, i tatuaggi erano
una sua piccola passione, infatti aveva un drago sul polpaccio destro
e un altro all'altezza del cuore con due katane incrociate dietro ad
un teschio con un lupo che appoggiava la zampa anteriore su di
esso,divenuto il suo stemma, la sua bandiera.
Il
capitano era sempre stato un solitario ma, da quando aveva incontrato
i componenti della sua ciurma aveva scoperto cosa voleva dire avere
una famiglia a cui voler bene e da proteggere, anche se non lo dava a
vedere era affezionato ad ogni componente della sua ciurma.
Appena
entrato in cucina la scena che gli si presentò davanti lo
fece
sorridere impercettibilmente; Stun rincorreva arrabbiato Luna,
l'archeologa che, come suo solito quando si annoiava, si divertiva ad
architettare scherzi contro i suoi compagni, e Stun, di solito, era
la sua vittima preferita. Lui era un omone di venti anni, alto un
metro e novanta, socievole con tutti malgrado il suo aspetto che,
all'inizio, terrorizzava la gente che lo incontrava ma, questo non
valeva per i suoi compagni di ciurma che vedevano in Stun uno di
loro, un amico e compagno fidato. Stun a causa di un frutto del mare
troppo acerbo che aveva mangiato anni prima, si era trasformato in un
gigante completamente ricoperto da una corazza blu, con accentuati
muscoli che rendevano ancora più possente la sua statura; da
allora
non era più riuscito a tornare normale, era condannato a
rimanere in
quella forma per tutta la sua vita anche se, la speranza di trovare
una soluzione, una cura, era sempre viva nel suo cuore.
Mentre
rincorreva per tutta la cucina, Luna, che si era divertita a
disegnargli una buffa espressione femminile sul volto con tanto di
rossetto molto pronunciato, sorrideva, perchè da quando
aveva
incontrato quei pazzi compagni si sentiva un uomo qualunque, uno di
loro.
-ASHUROS
FERMALAAAA!!!!- urlava Stun rivolto al suo migliore amico con cui
aveva viaggiato per anni prima che entrambi conoscessero Wolf ed
entrassero a far parte, come i primi due componenti, della sua
ciurma.
-Cosa
dovrei fare???- disse Ashuros leggermente in difficoltà,
quando si
trattava di intraprendere un qualsiasi rapporto con una ragazza
diventava estremamente timido ed impacciato.
-PLACCALA!!-
urlò Stun rincorrendo ancora la agile biondina che
sfrecciava da una
parte all'altra della stanza.
-Perchè
capitano tutte a me!- sospirò Ashuros mentre con estremo
coraggio
placcò la compagna che, non aspettandosi la mossa del nakama
finì
direttamente tra le sue braccia.
Stun
arrivò a passo lento verso la donna ed iniziò ad
osservarla bene.
Luna
era una bella ragazza, alta un metro e settantacinque, snella con un
corpo molto atletico. Aveva dei lunghi capelli biondi lisci e due
occhi azzurri come l'oceano che osservava dalla nave ogni giorno,
portava dei corti pantaloncini rosa fluo e un top, anch'esso molto
corto, bianco con delle strisce nere verticali che metteva in risalto
il suo prosperoso seno.
-Allora
Thunder, pensi davvero di riuscire a vendicarti?- disse la ragazza
usando il soprannome che ormai tutti conoscevano di Stun, lei non
aveva di certo paura di un gigante come lui visto che era figlia di
un vero e proprio gigante,Jaguar D. Saul e si divertiva parecchio a
sfidarlo.
-Certo!-
sorrise l'altro che, lentamente aveva assunto un leggero colorito
rosso a causa delle forme troppo pronunciate e, troppo vicine della
biondina.
Luna,
con movimenti lenti cercò di divincolarsi dalla presa ferrea
di
Ashuros che le teneva ferma i polsi, impestati da mille braccialetti
nel braccio destro mentre nell'altro aveva attorcigliato una
cordicella nera girata più volte che si metteva al collo
quando
doveva combattere.
-Dai
cosa sarà mai un po' di rossetto sulla faccia!- disse con un
sorrisino birichino Luna – Dai Ashuros almeno tu lasciami
andare...- disse voltandosi con la testa verso il ragazzo che le
teneva prigioniera i polsi.
-Io...
non...- balbettava il ragazzo colto dall'improvvisa vicinanza della
compagna.
Era
conosciuto dai suoi nemici, dalla marina, come il trucidatore era un
vero incubo per i Don giovanni, se ne trovava qualcuno davanti non ci
pensava due volte ad usare il suo potere ed incatenarlo da qualche
parte, proprio non sopportava quel genere di uomini, li trovava
viscidi, pensiero tra l'altro condiviso con il suo amico Stun. Era
considerato anche un bel ragazzo di diciannove anni, alto un metro e
ottantacinque con una corporatura abbastanza muscolosa, aveva dei
particolari capelli argentati corti tranne una ciocca un po'
più
lunga che gli ricadeva sull'occhio sinistro, coprendo il suo bel
colore grigio scuro degli occhi che si intonava bene alla carnagione
chiara. Era un trucidatore, chiamato persino Catena nera ma, davanti
ad una ragazza diventava un ragazzo timido che faticava ad aprirsi
con il genere femminile anche se, un giorno, avrebbe tanto voluto
crearsi una famiglia.
Si
sentiva osservato Ashuros e, abbassando lo sguardo vide la sua
compagna osservarlo da capo a piedi.
Luna
stava escogitando con la sua mente da archeologa una possibile via di
fuga ma, niente sembrava fare al caso suo; aveva pensato di usufruire
della catena che il compagno portava come cintura sui suoi pantaloni
neri ma, non sarebbe mai riuscita a sfilargliela con i polsi ancora
intrappolati. Non c'era nient'altro a cui poter accingere
dall'abbigliamento dell'amico visto che indossava una semplice
maglietta bianca con disegnato un cuore incatenato che fuoriusciva
dalla sua giacca nera di pelle abbinata a dei stivali anch'essi neri
con delle piccole catenelle attaccate. Niente, non c'era niente che
la potesse aiutare, neanche il suo potere dato
l'impossibilità di
usare le mani in quel momento, quindi l'unica soluzione era chiedere
aiuto!
-Asako,
mi potresti dare una mano?- disse Luna con un sorrisetto poco
rassicurante
-Non
ci provar...- ma Stun non fece in tempo a finire la frase che Asako
era già entrata in azione.
Asako
era una ragazza di sedici anni alta un metro e settanta con dei
lunghi capelli biondi e occhi blu e, a differenza di Luna aveva
qualche lentiggine sul suo piccolo viso era sempre un po' diffidente
con le persone ma ormai si fidava dei suoi compagni e sapeva che
poteva contare su di loro, non erano come i pirati che molti anni
prima gli avevano rovinato l'infanzia, loro erano suoi amici.
Quando
Luna si trovava in queste situazioni, chiedeva sempre aiuto alla sua
nakama che, con il suo potere riusciva sempre a liberarla.
Veloce
Asako attivò il suo potere e, dopo cinque minuti si videro i
risultati. Luna non era più tenuta in ostaggio da Ashuros ma
era
comodamente seduta su una sedia e stava mangiando, accompagnata da
Asako, un dolcetto al cioccolato mentre aspettava che la sua vendetta
nei confronti dei nakama maschi si compisse. Un gran tonfo
annunciò
alla ciurma che era finito l'effetto del potere di Asako.
-Ahahahahah!-
rideva Luna osservando Stun e Ashuros a terra.
Grazie
al frutto time time, Asako poteva fermare il tempo per cinque minuti,
bloccando ciò che voleva intorno a se. Per
“salvare” la nakama
infatti aveva fermato il tempo e aveva liberato Luna lasciando
bloccati Stun e Ashuros ma, a Luna questo non bastava, riteneva molto
più divertente giocare un altro po' con i suoi due compagni
così
fece in modo che una volta passati i cinque minuti i due, sbilanciati
si dessero una testata per poi cadere a terra, e questo era proprio
quello che era successo e, a cui aveva infine anche assistito il
capitano una volta entrato in cucina.
-LUUNNNAAAAA!!!!!-
urlarono i due ragazzi a terra con una vena che pulsava frenetica in
testa, erano arrabbiati ma, infondo si divertivano molto con quella
biondina.
-Ragazzi!-
intervenne serio Wolf –la tempesta che Asako aveva previsto
si sta
avvicinando- disse avvicinandosi al tavolo dove erano sedute la
navigatrice e l'archeologa.
-Bene!
Allora dobbiamo prepararci, secondo i miei calcoli sarà una
tempesta
molto potente con forti venti da ovest che se non gestiamo bene
potrebbero far colare a picco la nostra nave con qualche onda
gigantesca!- disse Asako osservando dalla finestrella della cucina il
tempo in repentino cambiamento.
-Ai
venti posso pensarci io!- disse July con la sua candida voce, appena
entrata in cucina.
Asako
si girò verso la compagna appena arrivata dallo studio
medico,
infatti July era il medico di bordo. Anche se era ancora piccola,
quattordici anni, era davvero afferrata in campo medico e,
più di
una volta aveva salvato i suoi compagni da gravi ferite. Era la
più
piccola della ciurma insieme ad Asako che però ne aveva
sedici. Era
una ragazza timida e sempre molto gentile con tutti ma, quando si
trattava di combattere era molto coraggiosa.
-Bene,
quindi July dovrai concentrare i venti verso est in modo da non
creare onde anomale che potrebbero colpire la nave ok?- disse la
navigatrice rivolta alla quattordicenne
-Certo!-
disse sorridendo dolcemente la ragazza dai capelli biondo scuro.
Amava
stare su quella nave, con i suoi compagni, si sentiva libera, libera
di vivere la vita come lei la desiderava senza obbedire a vecchie
leggi che le imponevano di sentirsi superiore agli altri visto le sue
origini da nobile mondiale, lei non era superiore a nessuno lei era
una ragazza normale che voleva vivere una vita normale o, almeno una
vita senza schiavitù.
Il
vento ululava forte contro le pareti della nave che, iniziava ad
oscillare sempre più annunciando così che era
giunto il momento di
mettersi in movimento.
-Andiamo
ragazzi, ognuno ai suoi posti!- disse Wolf aprendo la porta della
cucina e mostrando a tutti le condizioni atmosferiche in atto.
La
pioggia violenta sbatteva in ogni dove della nave, trascinata dalle
forti folate di vento che potenti aumentavano la potenza delle onde
che si infrangevano sulla nave.
-July
i venti!!!- urlò Asako una volta uscita sul ponte con tutta
la
ciurma
July
chiuse per un attimo gli occhi neri per concentrarsi e poi li
aprì
con determinazione osservando il cielo che con il suo color grigio
scuro non prometteva nulla di buono.
Il
vento soffiava forte sventolando velocemente la corta gonnellina
bianca della quattordicenne e bagnando con la fitta pioggia la
canottiera a righe bianca e azzurra e le calze dello stesso colore
lunghe fino alle ginocchia che, portava negli stivali neri. Dopo
qualche secondo July con il suo potere riuscì a dirottare la
direzione del vento, facilitando così la manovra della nave
al
capitano che teneva ben saldo il timone.
-Ben
fatto July, continua così!- disse Asako che nel frattempo
controllava con il log pose la rotta migliore da intraprendere.
Se
il vento era cessato o almeno aveva cambiato la sua direzione, la
pioggia non ne voleva sapere di diminuire la sua intensità
infatti
continuava a cadere fitta impedendo quasi la visuale.
Stun
e Ashuros dopo varie difficoltà erano riusciti ad ammainare
le vele
e con qualche difficoltà data dalla pioggia stavano legando
le cime
quando si accorsero dell'immensa onda che per poco stava per colpire
la loro nakama Luna sul ponte della nave.
-LUNAAAA
ATTENTAAAA!!!- urlarono all'uniscono i due amici
La
diciassettenne si girò giusto in tempo per vedere la grande
onda che
si stava per scagliare su di lei, cosa poteva fare? Doveva inventarsi
qualcosa e alla svelta o la sua vita sarebbe finita...
ANGOLO
AUTRICE:
Ciaooooo!!!
eccomi finalmente con il primo capitolo di questa storia ad OC, dove
è stata presentata la prima ciurma. Spero di aver reso al
meglio i
personaggi. Fatemi sapere cosa ne pensate!
A
presto baci kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** capitolo 2 ***
Nuovo
mondo, isola Shuri.
Normalmente
Shuri era un isola tranquilla, non succedeva mai niente di eclatante,
niente che potesse animare quella cittadina; i suoi abitanti ormai si
erano rassegnati a sperare che un giorno qualcosa movimentasse, anche
solo per un istante, la loro giornata, erano arrivati al punto di
considerare emozionante il mercato del pesce del martedì
dove, per
aggiudicarsi il pesce più fresco le vecchiette si
malmenavano a suon
di borsettate. Si, quello era l'aneddoto più interessante di
tutta
l'isola, fino a quel giorno...
Nei
pressi del grande porto di Shuri, un'immensa folla si era riunita per
assistere alla battaglia che si stava svolgendo proprio li, in quella
tranquilla e normale cittadina.
Le
spade cozzavano violente tra di loro, gli spari dei fucili
riecheggiavano nell'apparente silenzio di quella strada, il sangue
sgorgava veloce dalle teste appena mozzate dei marine che per loro
sfortuna si erano messi contro i pirati sbagliati, peccato che lo
avevano scoperto troppo tardi, rimettendoci, in soli cinque minuti,
metà reggimento.
Avevano
le ore contate, di cento marine ne erano rimasti in piedi solo una
cinquantina e questo ad opera di soli cinque pirati.
Con
estrema agilità Lilian Rose Cowashy, chiamata dagli amici
Lily,
aveva appena sferrato con precisione una delle sue frecce colpendo il
povero malcapitato proprio nel centro del petto.
Lily
era il medico di bordo di quella ciurma di pirati, aveva vent'anni,
era molto determinata e coraggiosa.
Mentre
veloce caricava il suo fidato arco con un'altra freccia,
spostò
delicatamente con una mano i suoi lunghi capelli neri con riflessi
blu che mossi ricadevano sotto la schiena, preparandosi ad un nuovo
colpo.
-Hey
ragazzina, cosa credi di fare con quel giocattolo?- disse un basso e
grasso marine che gli si avvicinava con fare minaccioso impugnando
una spada.
-Ragazzina
a chi scusa? Razza di barile con le gambe!- disse con tono freddo e
incavolato, odiava essere definita una ragazzina.
-Come
osi! Adesso ti faccio vedere io brutta impertinente!- disse il marine
volteggiando in aria la sua grossa spada.
Lily
socchiuse un po' i suoi particolari occhi viola, giusto quanto
bastava per prendere la mira e scoccare un ulteriore freccia che,
sfiorò l'orecchio del grasso marine e lo
oltrepassò.
-Ahahahahahah!
Lo avevo detto io che quel coso era un giocattolo! Non mi hai neanche
colpito!-
Lily
sorrise, nel vedere che come sempre il suo colpo era andato a buon
fine, infatti aveva colpito un altro marine che dietro a quel
grassone, stava per ferire la sua compagna Yuki.
-Io
non sbaglio mai mira e, questo non è un giocattolo!- disse
Lilian
glaciale -Anzi, non ho neanche intenzione di sprecare una delle mie
frecce per te!- disse riponendo l'arco in spalla e avvicinandosi al
marine che, notando lo sguardo serio della ragazza stava iniziando a
preoccuparsi.
Silenziosa
come una pantera, si avvicinò all'uomo facendo ondeggiare le
balze
della sua corta gonna marrone che, indossava con una maglia senza
maniche rosa. Si fermò e, con il suo sguardo violaceo
catturò gli
occhi del marine.
L'uomo
cadde a terra urlando di dolore, le fiamme che vedeva nella sua testa
lo stavano uccidendo, stava bruciando vivo.
Lily
scansò con la punta dei suoi stivaletti neri il marine in
preda alle
visioni che, lei, con il suo frutto gli aveva provocato e, impugnando
di nuovo l'arco continuò a combattere pensando che, di certo
il
marine di prima non la considerava più una semplice
ragazzina.
Nel
frattempo Yuki, che aveva appena ringraziato con un sorriso Lily, per
il salvataggio, si stava destreggiando combattendo tra due marine.
Yuki
aveva ventuno anni, era stata la terza ad entrare a far parte di
quella ciurma ed era la navigatrice di bordo. Aveva un carattere
molto riservato e timido a causa della
“maledizione”, come la
chiamava lei, che si portava dietro dalla nascita.
Era
nata con una sottospecie di dono, maledizione, che gli permetteva di
assorbire le energie vitali di una persona soltanto toccandola.
Aveva
sempre avuto paura di questo suo essere, per questo faticava a
rapportarsi con le persone ma, da quando aveva conosciuto il suo
capitano e i suoi compagni, si sentiva più sicura di
sè e, grazie a
loro, stava imparando a controllare il suo potere.
Yuki
osservava, con i suoi grandi occhi verdi, i due avversari che senza
pietà affondavano un colpo dietro l'altro ma, questo non era
un
problema per la ragazza visto che, grazie a Ryuu, un suo compagno di
ciurma esperto di armi, aveva finalmente un'arma fatta apposta per
lei, con cui poteva destreggiarsi senza per forza avvalersi del suo
potere.
Girò
tra le dita , abilmente, la lancia creata da Ryuu, e con uno scatto
la allungò mostrando entrambi i lati appuntiti con cui
schivò i
colpi dei marine.
I
suoi lunghi capelli castani, con riflessi ramati, danzavano sulla sua
candida schiena, fermandosi, solo, quando Yuki atterrò con
un ultimo colpo i due uomini.
Sorrise
sentendosi fiera di se stessa e alzando lo sguardo cercò
Ryuu
intento a combattere.
Ryuu
era un ragazzo di venti anni di un metro e settantacinque,una
corporatura magra e un fisico allenato. Era un ragazzo dal carattere
complicato e spesso si mostrava per una persona fredda e crudele,
come in combattimento; non si faceva mai molti problemi ad uccidere
qualcuno anzi, era sadico e si divertiva a torturare il nemico.
Aveva
già abbattuto molti nemici quella mattina e, ancora non
aveva
terminato. Impugnò più saldamente la sua fidata
falce rossa a tre
lame e, con gesto rapido, decapitò cinque marine alle sue
spalle.
Sorrise,
sentendo il caldo sangue delle sue vittime sporcargli la felpa nera
con cappuccio che puntualmente teneva sempre calato sul viso,
nascondendo così anche i suoi corti capelli neri come la
pece e,
lasciando intravedere il suo magnetico sguardo color ambra.
Avanzava
sicuro tra i corpi dei nemici che, ormai erano quasi tutti a terra,
frugò nelle tasche dei suoi jeans blu scuro ed estrasse un
pezzo di
stoffa con cui pulì le tre lame della sua falce, l'ultima
era fatta
di Agalmatolite, quando ad un certo punto il suo sguardo fu catturato
da una scena poco distante da lui; il suo capitano stava combattendo
con altri cinque marine ed una volta atterrati ne stava fronteggiando
un altro grazie al suo potere e, proprio in quel momento un viscido
vigliacco graduato la stava colpendo alle spalle, approfittando della
momentanea distrazione di essa.
Veloce
Ryuu corse verso la compagna, i suoi occhi ambra divennero rossi e la
sua forza fisica aumentò, il frutto del mare stava entrando
in
azione.
Preciso
e veloce colpì il vigliacco avversario facendolo cadere a
terra e,
spietato usò la sua falce per finirlo.
Si
girò e vide due occhi ambra che lo guardavano, il capitano
era
salvo, questo era l'importante. Da quando aveva conosciuto lei e la
sua ciurma, Ryuu era cambiato, aveva trovato una famiglia,
ciò che
non aveva mai avuto.
La
battaglia era quasi giunta al termine, ormai erano pochi i marine
rimasti in piedi e, l'ammiraglio al loro comando stava ora
combattendo contro Solan, il capitano di quei quattro fortissimi
pirati.
-Solan
arrenditi, è meglio per te!- disse l'ammiraglio
-non
ci penso proprio Crastan!- disse la donna impugnando i suoi fidati
pugnali
-un
giorno ti catturerà lo sai...-
La
donna dai lunghi capelli mogano partì
all'attaccò, no, non si
sarebbe mai fatta catturare, non sarebbe mai tornata da lui...
Crastan
schivò abilmente i fendenti del pirata e partì
con il contrattacco.
Le sue braccia si trasformarono in due enormi asce che
scagliò con
violenza sulla ragazza di ventitrè anni che aveva difronte.
Solan
fulminea si scansò giusto in tempo facendo incastrare le
grosse asce
di Crastan al suolo; la rossa approfittò della momentanea
difficoltà
del nemico, incastrato nel cemento, per affondare due precisi colpi
nell'addome dell'uomo.
-dovresti
saperlo che questi giochetti non servono a niente contro di me!-
disse l'ammiraglio estraendo le due armi.
Solan
notò che i tagli dati dai suoi pugnali, avevano lacerato
solo la
divisa dell'uomo, il corpo era completamente intatto.
-Dannazione
il tuo corpo è interamente fatto d'acciaio!- disse la donna
ricordandosi che l'uomo aveva mangiato il frutto iron-iron.
In
quel breve lasso di tempo in cui Solan pensava ad un modo per
sconfiggere l'avversario, esso approfittò della sua
momentanea
distrazione per colpirla con un poderoso pugno d'acciaio
scaraventandola a metri di distanza.
-SOLAAAAAANNNN!!!!-
un urlo proveniente dal centro della battaglia fece voltare
l'ammiraglio che individuò il soggetto; un componente della
ciurma
di Solan, un ragazzo, Edward Yoshina conosciuto come
“l'assassino”,
chiamato così per le sue origini e per il suo passato da
assassino
su commissione.
Ed,
così lo chiamavano i suoi amici, era alto un metro e
settantacinque
con una muscolatura ben sviluppata e fisico asciutto. Il suo corpo
era segnato da mille cicatrici, tra cui una sulla parte sinistra del
viso che partiva dalla fronte scendendo fino al mento e, da un
tatuaggio su tutto il braccio destro fino al polso che raffigurava dei
fiori immersi nelle onde.
Edward
aveva un carattere complicato e odiava i soprusi, il destino dei suoi
nemici era segnato visto che per lui un nemico doveva essere fatto
fuori senza mai risparmiare nessuno.
Crastan
notò lo sguardo pieno di ira che il ragazzo di ventuno anni
gli
stava rivolgendo, come se lo volesse squartare vivo per quello che
aveva osato fare al suo capitano ma, probabilmente era proprio
così
visto che, aveva sentito dire che la ciurma di quella ragazzina dai
capelli rossi era veramente molto unita.
Edward
iracondo più che mai giustiziò senza
pietà e velocemente gli
avversari che gli si paravano contro ricevendo proiettili su tutto il
corpo che, però non lo scalfivano minimamente visto che a
contatto
con la sua dura pelle di drago i proiettili si accartocciavano
lasciando per un breve lasso di tempo squame rosse ove era stato
colpito, camminando con sguardo indiavolato verso l'ammiraglio, i
suoi occhi da verdi divennero di un giallo intenso e, la pupilla
diventò come quella di un rettile, i canini si stavano
leggermente
allungando così come le unghie delle mani, che stavano
diventando
degli artigli duri e taglienti più del diamante; si stava
pian piano
trasformando nel drago che era nascosto dentro di lui.
Minaccioso
uccideva chiunque gli sbarrasse la strada, niente poteva fermarlo
quando la collera prendeva il sopravvento, quando si feriva qualcuno
della sua ciurma, niente o quasi...
-Ed!
A lui ci penso io!- disse una voce femminile avvolta in una nube di
polvere che, una volta diradata svelò un'infuriata Solan;
aveva
sussurrato appena la frase ma, sapeva che il suo compagno l'aveva
sentita grazie ai suoi sensi da drago.
Edward
si fermò una volta sentita la voce del suo capitano e,
appurato che
stesse bene, si girò con un sorriso sghembo verso di lei.
-Tutto
bene capitano?-
-Certo!
Ci vuole ben altro per uccidermi!- sorrise -ne stanno arrivando
altri, voi pensate a loro, io sconfiggo Crastan e poi ci andiamo a
prendere una birra!- disse incamminandosi verso il nemico mentre si
spolverava gli attillati jeans blu scuro e il top nero con la mano
destra, facendo notare il tatuaggio sull'interno dell'avambraccio,
una frase che racchiudeva tutto il suo essere, il suo motto “
la
libertà è un sogno raggiungibile, basta volerla e
combattere per
essa ogni giorno”, fatto dopo un'importante decisione anni
prima.
I
quattro pirati si scagliarono fieri e decisi verso il nuovo plotone
di marine appena arrivato sul campo di battaglia.
-Vedo
che sei ancora tutta intera Ahahahahah!- rise Crastan preparandosi ad
attaccare.
La
donna si avvicinò glaciale e senza paura verso l'ammiraglio
che
spietato aveva trasformato il suo braccio destro in una lunga lancia
seghettata che, pronto, aveva scagliato contro la donna che,
però in
un batter di ciglia, aveva sviato il colpo con un suo pugnale e
sferrato un potente calcio facendo perdere, all'energumeno,
l'equilibrio.
Lenta
si avvicinò all'uomo a terra, puntando sul suo volto il
consueto e
appuntito tacco a spillo che portava sempre, anche durante le
battaglie.
-Immobile-
disse la rossa guardando negli occhi il nemico sotto di lei che,
improvvisamente non riuscì più a muovere neanche
un solo muscolo
del suo corpo, tranne il viso ma, a poco gli serviva.
-Ascoltami
Crastan, di a quel viscido di William di non cercarmi più o
sarà
lui ad avere la peggio!-
-Mo-morirai
maledetta!- biascicò l'uomo con il tacco conficcato nel
volto.
La
donna con in mente il volto dell'uomo che più odiava in
assoluto,
torturò il marine.
-Dolore!-
sussurrò fissando Crastan che, alle sue parole
iniziò a contorcersi
sotto di lei, stava soffrendo, un dolore che era arrivato
all'improvviso, un dolore che sapeva di dover attribuire a quella
belva rossa, un dolore che gli attanagliava le viscere, sembrava che
un vulcano fosse appena eruttato dentro di lui e che la sua lava,
bollente ed incandescente, lo stava uccidendo pian piano; il dolore
era troppo forte da sopportare anche per un ammiraglio che aveva
vissuto mille battaglie, dopo qualche secondo perse conoscenza
osservando per un'ultima volta quegli occhi d'oro che lo avevano
lacerato dentro.
-Finiscilo!-
disse Edward alle spalle del suo capitano, era il suo vice, il primo
componente entrato a far parte della sua ciurma, sapeva che Solan
veniva considerata fredda e spietata ma che infondo non lo era
neanche con i peggiori nemici.
No,
deve portare un messaggio per me!-disse lei sfoderando un sorriso
sincero ed, accarezzando il ciondolo a forma di cuore che pendeva
dalla sua collana, esso custodiva il suo segreto.
Il
ragazzo affianco a lei slegò i suoi lunghi riccioli castani
racchiusi in una crocchia e li rilegò immediatamente, era
una specie
di rito il suo.
Man
mano tutti i componenti della ciurma si avvicinarono al capitano,
intorno a loro c'erano circa duecento marine e un ammiraglio privi di
sensi.
La
gente di quella tranquilla cittadina di certo non avrebbe mai
dimenticato quel giorno, quella battaglia, quel sangue...di certo
avrebbero parlato per sempre di quella mattina.
-Su
ciurma, andiamo a festeggiare con una bella birra!- disse Solan
ricevendo un urlo di felicità da parte della sua famiglia.
ANGOLO
AUTRICE:
Salve
gente!!! Rieccomi con il terzo capitolo dove sono stati presentati
gli ultimi cinque OC! Spero come sempre di aver descritto al meglio i
vostri personaggi, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate così
da
poter continuare in tranquillità ed al meglio la storia.
Grazie
a tutti coloro che continuano a seguirmi e recensirmi, a presto
un
bacione kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** capitolo 3 ***
Pochi
secondi, solo pochi secondi restavano a Luna per decidere come agire
per salvarsi la vita.
La pioggia continuava a cadere imperterrita.
Aveva diminuito notevolmente la sua intensità grazie
all’indebolimento del vento, ma dava comunque fastidio
all’equipaggio che, caparbio, resisteva pur di salvaguardare
la
nave e le loro vite. Vite, che in quel momento erano a repentaglio,
soprattutto quella della giovane archeologa, la quale stava per venir
travolta da un’enorme onda.
Luna non aveva paura, lei era
una combattente, anche questa volta aveva deciso di combattere, di
certo non l’avrebbe uccisa una semplicissima onda alta circa
venti
metri. No! Lei avrebbe lottato per vivere!
Con i suoi occhioni
azzurri come il mare, osservò la mastodontica onda. Sorrise
appena,
prima di portare davanti a se le sue mani e iniziare a muovere,
velocemente, le slanciate dita.
Improvvisamente l’enorme ammasso
d’acqua si scompose in milioni, miliardi, di piccole gocce
che
volteggiavano, leggiadre, sopra la testa della biondina.
Sospirò
Luna, non le piaceva mettere in mostra le abilità del suo
frutto del
mare, ma questa volta era stata costretta a scegliere se usare il suo
frutto o morire sotto la violenta forza dell’onda, beh aveva
scelto
la sua vita!
Con la coda dell’occhio Luna vide Stun correre
verso di lei. Poco prima gli aveva urlato di stare attenta, ma adesso
non c’era più nessun pericolo, l’onda
ormai era nelle sue mani;
ma Stun aveva tutt’altro che la faccia tranquillizzata, anzi
aveva
un’espressione seria come quando si preparava a combattere.
Luna
alzò lo sguardo verso le goccioline che volteggiavano sulla
sua
testa e, con un gesto veloce delle dita le issò in cielo,
per poi
liberarle dal suo controllo, provocando così una leggera
pioggia che
si unì alla fievole acqua che scendeva già da ore.
Appena la
ragazza riportò i suoi occhioni davanti a se, vide Stun
pararsi
davanti a lei in segno di protezione, ma cosa stava succedendo
ancora?
Asako, affiancata al timone accanto al capitano, vide
l’enorme re del mare che era appena comparso da dietro
l’onda che
stava per inghiottire Luna. Si portò una mano sulla bocca,
spaventata per la sorte dei compagni. Aveva letto molti libri e
sentito diverse voci riguardanti i mostri che abitavano quei mari, ne
aveva visti alcuni ma mai così grandi. Era enorme e, adesso,
puntava
le sue gigantesche fauci contro i suoi amici.
-Luna sta
indietro!- disse Stun serio.
-Ma che cosa succede? Spostati!
L’onda l’ho neutralizzata!- disse la ragazza non
capendo, non
aveva ancora visto ciò che le si parava davanti.
Stun con un
balzo schizzò in avanti e, con un poderoso pugno,
colpì il muso del
mostro facendolo sbilanciare; solo allora Luna comprese il gesto di
protezione del compagno, la sua vita e quella dell’amico
erano
ancora a rischio.
Il mostro marino si riprese in fretta dal colpo
e ora era più arrabbiato che mai.
Saltò dal lato opposto della
nave, provocando così una notevole oscillazione
dell’imbarcazione.
I componenti dell’equipaggio si tennero ben stretti al primo
appiglio che gli capitava a tiro, nessuno doveva assolutamente cadere
in mare o sarebbe stato un vero problema.
Amlach si fidava
ciecamente di ogni componente della sua ciurma e, proprio per questo,
sapeva che poteva lasciare il re del mare nelle mani di Thunder; lui
era il migliore in quel campo.
Il mostro marino riemerse più
agguerrito che mai. Puntò con il suo sguardo
d’oro, l’energumeno
dalla pelle blu e si fiondò contro di lui.
Stun rimase lì,
immobile, aspettando il nemico giungere. Appena il viscido serpente
verde arrivò a un metro dal pirata, esso lo colpì
con un calcio e
poi lo afferrò per i lunghi baffi saltandogli sulla testa.
Si
contorceva dal dolore il mostro, si ribellava, ma senza successo.
Per
Rankelnas Stun non era la prima volta che si trovava di fronte ad un
re del mare, anzi per lui quello era uno vero e proprio tuffo nel
passato.
-Hey Rankelnas questa volta hai superato
te stesso! Questo re del mare è davvero enorme!- disse Joel,
un
vecchio cacciatore marino. Stun era il suo orgoglio, ogni volta che
solcava i mari tornava sempre con un mostro sempre più
grande e
spaventoso.
-Eh si vecchio Jo, questo era veramente grosso e
mi ha dato anche un po’ di filo da torcere per catturarlo.-
disse
il ragazzo passandosi una mano tra i capelli.
Era un
cacciatore di re del mare da diversi anni, era cresciuto per mare e
ne aveva visti di tutti i tipi. Ogni sfida contro un nuovo mostro lo
eccitava, raffinare la tecnica e piegarlo al suo volere sempre in
meno tempo, era divertente. Amava il suo lavoro, ma allora non sapeva
che presto anche lui, per un futile sbaglio, sarebbe diventato un
mostro. A volte il destino gioca brutti scherzi…
Un giorno
come tanti, mentre solcava le acque del mare settentrionale, Stun
avvistò un piccolo isolotto. Era stanco, viaggiava ormai da
giorni;
quindi decise di attraccare.
Quell’isola aveva proprio
l’aspetto di essere disabitata, non c’era nessuna
forma di
insediamento umano e, ciò voleva dire
tranquillità assoluta, un
vero paradiso.
Dopo aver scaricato alcune cose dalla sua piccola
imbarcazione, Stun decise di sgranchirsi le gambe facendo una
passeggiata in riva al mare e, sfruttando così
l’occasione per
esplorare il piccolo isolotto.
Mentre passeggiava tranquillo,
qualcosa catturò la sua attenzione. Una macchia in mezzo al
boschetto nel centro dell’isola. L’istinto da
cacciatore ebbe la
meglio così, Thunder, si avviò verso il bosco.
Dopo essersi fatto
spazio tra i vari arbusti, vide ciò che aveva catturato da
lontano
la sua attenzione, un frutto.
All’apparenza sembrava un frutto
normale anche se il colore azzurro chiaro quasi verde , era
decisamente particolare. Un borbottio iniziò a farsi sentire
dal suo
stomaco, chiaro segnale che era giunta l’ora di pranzo;
così Stun
non ci pensò due volte ad afferrare lo strano frutto e
iniziare a
mangiarlo.
Al primo boccone sembrava andare tutto bene anche se,
aveva potuto constatare che il frutto era ancora acerbo, ma la fame
era troppa, infondo si poteva mangiare anche così. Al
secondo
boccone, Stun iniziò ad avvertire qualcosa di diverso, si
sentiva
strano, pesante. Non ci fece molto caso, ma decise comunque di
tornare alla barca. I suoi passi pian piano si fecero sempre
più
pesanti, le mani iniziarono a tremargli e la testa a pulsare forte.
Qualcosa non andava, forse quel frutto era avvelenato o, forse era un
frutto del mare…
Ne aveva sentito parlare molto, ma credeva che
fossero solo leggende, ma forse così non era;
chissà quale potere
avrebbe assunto, almeno le leggende parlavano di grandi poteri che
potevano rendere le persone anche invincibili, se usati bene.
Con
questi pensieri in testa, il ragazzo non si accorse della debolezza
che lo stava pian piano avvolgendo, in men che non si dica, Stun
crollò a terra senza forze.
Era mattina, Rankelnas si
svegliò con la testa pesante, sembrava che ci fosse un
macigno
sopra. Cercò di alzarsi ma crollò di nuovo a
terra. Tutto il suo
corpo sembrava più pesante. Ci mise qualche minuto a
mettersi seduto
e, quello che vide lo lasciò un po’ interdetto. Si
trovava sulla
spiaggia un po’ lontano dalla sua barca, non era riuscito a
raggiungerla dopo aver mangiato il frutto. I suoi vestiti giacevano a
brandelli accanto a lui, ma la cosa che lo sconvolse di più
fu la
sua pelle, era rivestita da una corazza blu. Si alzò di
colpo e gli
sembrò di alzare altre cinquanta persone insieme a lui.
Osservò i
suoi piedi divenuti giganteschi come le sue mani, il tutto di una
colorazione blu intensa. Si toccò il viso preso dal panico e
notò
dei cambiamenti anche lì, non aveva neanche un capello e i
suoi
lineamenti erano leggermente cambiati. Preoccupato e sconvolto si
diresse subito nella sua cabina sulla barca e, prese in mano uno
specchio, quello che vide non gli piacque affatto. Era diventato un
gigante blu e tutto per colpa di uno stupido frutto acerbo, la sua
vita era rovinata, era diventato un mostro, proprio come gli esseri
che cacciava nei mari da quando era bambino.
Dopo quel giorno
Thunder sfruttò ogni briciola della sua energia per cercare
una
cura. Scoprì in oltre che il frutto che aveva mangiato
apparteneva
alla categoria zoo zoo leggendario scarabeo tuono, infatti volendo si
poteva anche trasformare in un enorme scarabeo dalla corazza violacea
ed era in grado anche di controllare ed usare i fulmini a suo
piacimento. Il potere lo affascinava certo, ma non accettava
l’idea
di restare per sempre in quel modo, doveva esserci una soluzione, una
cura.
La gente, quando lo vedeva, lo scrutava con terrore, i suoi
amici scappavano, nessuno lo considerava più un umano tanto
che,
Stun, si rifiutava anche di esprimersi e preferiva farsi capire a
gesti.
Si sentiva un mostro, un mostro senza amici, con il solo
scopo di tornare normale, finché un giorno in una locanda
incontrò
Ashuros.
Stun era appena entrato nella locanda che di solito
frequentava, quando vide un giovane ragazzo biondo provarci
spudoratamente con la cameriera della taverna, lusingandola con mille
complimenti stucchevoli. Tutte quelle moine, quelle smancerie Thunder
non le aveva mai sopportate, non considerava uomini quelli che si
comportavano così. Si addentrò meglio nella
locanda per dirne
quattro a quel don Giovanni, ma qualcuno lo precedette.
Delle
catene avvolsero il corpo del biondino, stringendolo e poi
appendendolo alla trave del soffitto. Stun si guardò intorno
e vide
un giovane ragazzo dai capelli argentei sorridere e ritirare le sue
catene.
Quel ragazzo già gli stava simpatico. Decise quindi che,
se non sarebbe scappato appena lo avrebbe visto, gli avrebbe offerto
da bere per aver eliminato quello scocciatore. Si avvicinò e
si
sedette accanto a lui. I due iniziarono a parlare. Ashuros Bleeder,
non era per niente intimorito o disgustato da Stun, anzi lo
considerava molto simpatico e, insieme condividevano l’odio
per
quel tipo di uomini.
I due divennero subito amici e, decisero
quindi di salpare insieme; proteggendosi a vicenda.
Finalmente
Stun si sentiva per la prima volta dopo tanto, in pace con se stesso,
aveva finalmente trovato un vero amico e, presto, avrebbe trovato una
vera e propria famiglia.
Quel ricordo fece
sorridere Stun, la sua vita da quando si era trasformato in quello
che era adesso, era cambiata notevolmente e, anche se continuava a
sperare di trovare una cura un giorno, sentiva il suo cuore
più
leggero perché, anche se fosse rimasto per sempre
così, avrebbe
avuto sempre l’appoggio e l’amicizia dei suoi
nakama.
Con un
ultimo colpo ben assestato, Thunder scaraventò il mostro,
ormai
privo di vita, in mare.
Galleggiava tra le onde che man mano si
erano quietate. Il cielo pian piano stava ritornando limpido e, anche
la pioggia aveva concluso la sua violenta discesa, il pericolo era
finalmente scampato.
-Ottimo lavoro Stun!- disse il capitano
dall’alto
-Grazie Stun!- disse Luna saltandogli al collo
felice. Stun aveva la faccia completamente spiaccicata
nell’abbondante seno della biondina e questo gli recava un
notevole
imbarazzo.
-Luna basta! Scendi!- si ribellava il pirata,
suscitando le risate dei suoi compagni.
-Ragazzi terra in
vista!- urlò July dalla postazione di vedetta.
Tutta la
ciurma si accostò alla balaustra per osservare i lineamenti
della
nuova isola che sorgeva all’orizzonte, ancora avvolta da un
piccolo
strato di nebbia.
-Bene ciurma, prepariamoci a salpare!- urlò
il capitano, ricevendo grida d’approvazione da tutti i suoi
compagni. Avevano lottato duramente durante la tempesta, una nuova
isola e un po’ di riposo era proprio l’ideale.
Intanto
sull’isola Shuri la ciurma di Solan, chiamata la furia rossa,
si
apprestava a rifocillarsi, dopo la battaglia con i marine, in una
locanda.
-Ecco a voi signori, quattro birre e un cocktail
della casa!- disse la cameriera porgendo ai pirati le bibite
richieste.
-Grazie!- disse Yuki sempre gentile con tutti.
-Oh
Lily, io non riesco proprio a capire come fai a non bere la birra!-
disse Solan osservando la giovane sorseggiare tranquilla il suo
cocktail.
-E’ amara! La birra è amara, non mi piace- disse
come se nulla fosse Lilian.
-Tzè! Io piuttosto la considero
uhm, vediamo… rigenerante!- disse Edward affondando le sue
labbra
nel bicchiere ormai quasi vuoto, ridestandosi dalle fatiche della
battaglia con l’adorata bibita dorata.
-Ah si, si vede!-
disse con un sorriso birichino Lilian, facendo notare al compagno di
aver già finito la birra.
Tutti risero di cuore per quel
gesto, persino Ryuu accennò un sorriso, lui che di solito
era sempre
sulle sue, ma come non poteva ridere con quei pazzi compagni.
Solan
fece cenno alla cameriera di portare un altro giro di bibite alla sua
ciurma, mentre Edward nel frattempo aveva focalizzato la sua
attenzione verso una conversazione in un tavolo infondo al
locale.
-Ehi Sol, ascolta!- disse il vice al suo capitano
La
ragazza si concentrò chiudendo gli occhi e, sentì
tre uomini
parlare tra un bicchiere di Sakè e l’altro, di
un’interessante
tesoro.
-L’ho saputo
stamattina! Il tesoro si dice
sia nascosto su un’isola ai confini del grande Blu dove solo
lui
stesso con la sua ciurma sono arrivati!- disse un uomo dalla folta
barba nera.
-chissà quali meravigliosi tesori ci saranno
nascosti!- disse un altro con gli occhi che brillavano.
-si!
Ma sarà impossibile per chiunque arrivarci! E’ una
sfida senza
eguali!-
-Uhm… interessante!- disse Solan riaprendo
gli occhi, sorridendo. –Andiamo a sentire cosa hanno da dirci
di
più chiaro!- disse alzandosi dal tavolo, seguita a ruota da
Edward e
Ryuu, mentre le due ragazze si apprestavano a godersi la scena dal
tavolo, continuando a bere tranquille.
Con passo lento e
sinuoso, Solan si diresse verso i tre uomini che senza accorgersene
stavano parlando del tesoro più importante mai conosciuto
dopo il
fatidico One piece.
-Salve!- disse la donna smuovendo la sua
chioma rossa.
I tre uomini si girarono all’uniscono,
rimanendo imbambolati per la bellezza della ragazza.
-Ciao
bambola! Vuoi unirti a noi!- disse l’uomo dalla barba nera
con
occhio malizioso.
Un colpo di tosse fece notare ai tre uomini
che non erano soli. Infatti altri due ragazzi si trovavano alle
spalle della donna. Uno portava una felpa nera con cappuccio e, se
gli occhi stanchi per il troppo alcool, del moro, non si sbagliavano,
poteva giurare che fosse macchiata da diversi schizzi rossi, forse
sangue, pensò. Mentre l’altro aveva uno sguardo
tutt’altro che
amichevole che li scrutava ad uno ad uno con freddezza.
-Vedo
che ti sei portata la scorta, hai paura che ti facciamo del male?-
rise sguaiatamente l’uomo.
–Sai, non ho affatto paura di
voi anzi, muoio dalla voglia di sapere di più del tesoro di
cui
state parlando- disse mettendo una mano sulla spalla
dell’uomo.
-Hai
sentito Rik la ragazza vuole sapere di più sul tesoro!-
disse al
compagno di fronte.
-Magari dolcezza se fai andar via i tuoi
amici e ti unisci a noi, potremmo anche dirti qualcosa, ma niente si
fa per niente, cosa ci guadagniamo noi?- disse l’uomo
chiamato
Rik.
-La vita!- rispose freddo Ed.
I tre uomini risero
mentre Solan si avvicinò a Rik piegandosi per sussurrargli
qualcosa
nell’orecchio.
Improvvisamente le pupille dell’uomo
sbiancarono, la sua testa, come tutto il suo corpo iniziò a
tremare
fortemente. La rossa si rialzò sorridendo –Allora
qualcuno adesso
vuole raccontarmi qualcosa in più su questo tesoro?-
-Cosa
gli hai fatto?! Rik! Rispondi stai bene?- urlò
l’uomo alla sua
destra, osservando l’amico sbiancare sempre più.
-Il tuo
amico non si riprenderà se qualcuno di voi due non si decide
a
parlare, e vi avviso, sto iniziando ad innervosirmi!-
sospirò la
donna
-Bastarda!- urlò in risposta l’uomo che fu subito
accerchiato, come l’altro amico, dai due componenti della
ciurma.
Ryuu veloce aveva impugnato la sua falce che, veloce
era finita sul collo del malcapitato, tenendolo sospeso tra la vita e
la morte. –Un solo respiro e ti perforo la carotide!-
sussurrò
guardandolo con il suo sguardo ambrato.
Edward aveva invece
bloccato gli arti del vigliacco che aveva chiamato bastarda il suo
capitano e, la testa era immobilizzata sotto il suo avambraccio.
Lasciandogli solo l’opportunità di dire
ciò che, loro, volevano
sentire o sarebbe stata morte certa.
-Va be-bene vi dirò
tutto, ma lascia andare Rik!- contrattò.
-Solo dopo che tu da
brav’uomo, mi avrai detto tutto!- disse il capitano sfiorando
con
la mano la testa di Rik che cominciò a sbattere sul tavolo
ripetutamente.
-Ok! Ok! Stamattina è giunta voce che il nuovo
re dei pirati Monkey D. Rufy, abbia nascosto un tesoro su
un’isola
ai confini del grande Blu. Si dice anche che, abbia nascosto su varie
isole degli indizi per raggiungerlo e che i pirati una volta arrivati
al tesoro dovranno affrontare lui e la sua ciurma in
persona!-
-Interessante!- disse Solan liberando dal suo potere
Rik che cadde a terra svenuto.
-E’ da pazzi imbarcarsi per
questa missione, ci sono molti pericoli…-
continuò l’uomo
-Ah,
ma noi siamo pazzi! Vero ragazzi?- disse il capitano ai suoi compagni
che avevano lasciato andare, dopo suo ordine, i due uomini.
-Si
capitano!Chi la trova una ciurma più fuori di testa della
nostra!-
rispose accennando un sorriso il vice.
-Monkey D. Rufy e
Roronoa Zoro, è da tanto che desidero sfidarli!- disse Ryuu
riponendo la falce.
-Bene! andiamo a riferire al resto della
ciurma che salperemo alla ricerca del tesoro del Re dei pirati! Una
nuova avventura ci aspetta!-
Angolo
Autrice:
Salve genteee!! Allora ecco a voi un altro capitolo! Cosa
ne pensate? La ciurma di Solan a scoperto finalmente del tesoro di
cappello di paglia e sono decisi a partire! L’altra ciurma
dopo
varie peripezie sta per sbarcare su una nuova isola, cosa
succederà
li? Scopriranno anche loro del tesoro? In questo capitolo ho trattato
anche il passato di un personaggio e nei prossimi tratterò
anche gli
altri. Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Sarei felice di
ricevere i vostri commenti e sapere da, quelli di voi che ancora non
me l’hanno detto, cosa ne pensano del proprio Oc! ( ma anche
dagli
altri e dai lettori) Se ci sono correzioni da fare fatemelo notare
pure, apporterò le giuste modifiche! Per il resto ringrazio
vivamente tutti coloro che leggono la storia che l’hanno
inserita
tra le preferite, seguite e ricordate e ai cari recensori!!!
Un
bacione, a presto
kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** capitolo 5 ***
-July
questa volta hai proprio esagerato! Devi smetterla di liberare gli
schiavi che ti vengono affidati! Così mi costringi a punirti
un’altra volta!- disse una donna dai lunghi capelli dorati e
occhi
verdi, la mamma di July, Shonda.
Shonda era una donna
inflessibile. Amava la sua famiglia ma amava molto di più il
potere.
Era una nobile mondiale e ne era orgogliosa. Era rispettata e temuta
da tutti insieme a suo marito.
-Madre loro sono persone
esattamente come noi! Perché devono subire questa tortura?
Meritano
di vivere una vita felice come la desiderano, non di sottostare ad
ogni nostro capriccio e di vivere da schiavi!- si ribellò la
ragazza
di soli dodici anni.
-Come osi rivolgerti così a nostra
madre? Insolente! Ti meriti un’altra notte nelle celle!-
disse
sprezzante Shaluila, sua sorella.
-Shaluila basta!- la zittì
la madre – July, tu sei una ragazza forte, e questa
è una
caratteristica di te che mi piace molto, ma figlia mia sei una
stupida!- disse dandole uno schiaffo in pieno viso – Noi
siamo
superiori! Non puoi paragonare noi a quell’insulsa feccia
umana!
Loro stanno già vivendo la vita al meglio visto che gli
consentiamo
di servirci, ma ahimè sono troppo inferiori per soddisfarci
al
meglio così noi dobbiamo provvedere
all’eliminazione, capisci? Tu
sei una nobile! Sei nata per essere il loro Dio, non una loro amica!
Un nobile non può essere indulgente, un nobile deve essere
solo
superiore! Cerca di ficcartelo in testa! Guardie portatela di nuovo
nella cella di isolamento!- disse Shonda, fredda, come se quella che
le guardie stavano per portare via fosse una ragazza qualunque che
non significava niente per lei e, non invece sua figlia.
July
venne scortata dalle guardie nella cella che occupava ogni volta che
ne combinava una delle sue.
Questa volta aveva aiutato Ronda una
ragazza poco più grande di lei, a fuggire dalla prigionia.
Ronda era
malata e non riusciva a sopravvivere a quelle ingiurie. July si era
affezionata molto alla ragazza che la seguiva ovunque perché
era “
la sua schiava” un regalo fattole da suo padre per i suoi
dodici
anni. Cercò di aiutare l’amica in tutti i modi,
aveva persino
iniziato a studiare medicina per farla stare meglio ma era ancora
inesperta, quindi quando notò i peggioramenti di salute
dell’amica
decise di agire e liberarla. Era l’unica
possibilità per
Ronda.
Aveva fatto questo molte volte e, ne aveva sempre subito le
conseguenze. Sua madre e suo padre gli ripetevano sempre che
contavano su di lei, che doveva diventare forte come loro, ma lei
quel forte lo interpretava più come “devi
diventare spietata come
noi, devi essere superiore a tutti!”.
No, July non voleva
questo! Si, era nata come nobile mondiale e tutti i suoi parenti
erano spregevoli e senza cuore, ma lei sarebbe stata diversa, lei
voleva essere migliore di loro e governare con il cuore, abolendo per
sempre la schiavitù.
La missione di July quel giorno era fallita,
mentre stava aiutando Ronda a fuggire sua sorella Shaluila
l’aveva
scoperta e denunciata ai genitori. Ronda era stata crudelmente uccisa
davanti a gli occhi della sua amica che desiderava solo salvarla,
invece l’aveva condotta verso la morte.
Piangeva July,
piangeva, promettendo a se stessa che un giorno ce l’avrebbe
fatta,
un giorno sarebbe fuggita da lì e sarebbe stata libera per
lei e per
Ronda! Sarebbe diventata forte, diventando un ottimo medico in grado
di curare tutte le malattie e una nobile mondiale forte ma giusta che
vive insieme alla gente; non al di sopra di essa.
-Hey July!-
la chiamò un ragazzino della sua età da fuori la
cella.
-Che
vuoi Raley?- disse sprezzante la ragazza, osservando il
cugino.
-Come stai?- disse abbassando lo sguardo. Raley era un
ragazzo magro e alto qualche centimetro più di July. Erano
cresciuti
insieme e, anche se condivideva le stesse opinioni riguardo alla
schiavitù, di July, a differenza della ragazza lui non osava
controbattere e preferiva seguire le direttive dei genitori. Era un
codardo come lo definiva la cugina.
-Come ti sembra che stia?
Sono chiusa qui dentro un’ altra volta e Ronda è
morta!-
singhiozzò ricordando l’amica.
-Mi dispiace per Ronda, era
simpatica! Ma July sapevi che non dovevi farlo, sapevi cosa
rischiavi!-
-Lo so! Ma non vuol dire che mi sarei arresa solo
perché loro potevano farmi del male o scoprirmi! Raley tutto
questo
è ingiusto lo sai! La schiavitù va abolita!
Aiutami ad uscire da
qui! Aiutami a scappare!- lo supplicò avvicinandosi alle
sbarre ed
aggrappandosi ad esse per guardare negli occhi il cugino.
-Ma
che dici! È pericoloso! Ci scopriranno!-
indietreggiò lui,
immaginandosi a quali torture sarebbe stato sottoposto se
l’avessero
scoperto.
-Sei il solito codardo!- sbuffò July rintanandosi
nell’angolo più buio della cella facendo capire al
ragazzo che la
conversazione era conclusa.
Era stata liberata dopo qualche
giorno. I genitori credevano che finalmente avesse capito la lezione,
che doveva comportarsi in un certo modo ma, non era così.
Dopo
qualche settimana di pianificazione, July attuò la sua fuga.
Lei
e la sua famiglia erano scesi alle isole Saboudy per comprare nuovi
schiavi, lì la ragazza approfittando della distrazione della
famiglia durante l’asta di schiavi, fuggì.
Si tolse
quell’odiosa bolla di resina e quella tuta argentea per non
farsi
riconoscere e, rimase con gli unici vestiti che gli sarebbero
rimasti, una maglietta azzurra e una gonnellina bianca con sotto
delle calze a righe che le arrivavano fino alle ginocchia.
July
corse a per di fiato senza mai guardarsi indietro, sapeva che da un
momento all’altro l’avrebbero cercata quindi
l’unico modo per
essere al sicuro era imbarcarsi su una nave.
Era sfinita ormai
priva di forze, quando in lontananza vide una nave e ci si
catapultò
sopra. Si diresse subito nella stiva per non farsi notare
dall’equipaggio; per sua fortuna in quel momento non era
presente
nessuno sulla nave.
Una volta arrivata nella stiva si nascose il
meglio possibile e, presa dalla stanchezza si addormentò.
Qualche
ora più tardi si svegliò e con sua grande
sorpresa notò che non si
trovava più nella stiva della nave, ma su un comodo letto.
Si
alzò di colpo spaventata. Immediatamente pensò
che i suoi genitori
l’avevano ritrovata e portata a casa, ma non era
così. Si guardò
intorno, la stanza era molto cupa. Le tende di velluto rosso, erano
semi chiuse e le pareti erano scure, quasi nere, come i pochi ed
essenziali mobili all’interno, dove erano riposti degli
strani
occhiali da aviatore e dei braccialetti tempestati di borchie e
catene. Per la prima volta da che era fuggita, July aveva paura.
Si
avvicinò alla porta ma non fece in tempo a mettere la mano
sulla
maniglia che essa si aprì mostrando un uomo alto e muscoloso
con una
faccia poco raccomandabile.
July lo guardò bene, aveva degli
strani capelli rosso fuoco sparati all’insù, le
labbra erano
sottili, velate da un leggero colore nero e, i suoi occhi erano
freddi ma allo stesso tempo ardevano come il fuoco che gli dava
colore.
-Bene ti sei svegliata spia!- disse l’uomo entrando
nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Era possente, July
iniziò a tremare.
-Io, io…- July non riusciva a parlare,
improvvisamente il suo carattere timido aveva preso il sopravvento
sul suo tipico coraggio.
L’uomo si avvicinò al comodino e
prese i grandi occhiali a fascia e se li mise tra i capelli, poi con
un gesto della mano attirò a se le catene e le borchie sui
mobili,
come se fossero attratti da una calamita e se li sistemò
addosso.
-Che ci fai sulla mia nave?- chiese improvvisamente
freddando la ragazza con il suo sguardo.
-Sono fuggita dalla
mia famiglia e cercavo un modo per scappare
dall’arcipelago…-
disse diventando rossa.
-Famiglia di merda eh?- ghignò
-Si,
loro sono nobili mondial… o merda!- disse July pensando
troppo
tardi che non era affatto una buona idea dire ad un perfetto
sconosciuto la verità sui suoi genitori, sicuramente
l’avrebbe
riportata indietro per guadagnare qualche berry. Si morse il labbro
inferiore abbassando la testa e, sperando che quello strano tizio non
avesse capito.
-Cazzo! Nobili mondiali?! Capisco perché sei
scappata, quelli sono degli stronzi!- sbottò con la sua
solita
delicatezza, il rosso.
July sorrise, forse non l’avrebbe
riportata dai suoi genitori, infondo.
In quel momento qualcuno
bussò alla porta. Un tipo con una strana maschera da
lottatore aprì
la porta.
-Capitano Eustass siamo pronti a partire!- lo
informò
-Aspettate dobbiamo riportare questa mocciosa dai
quei pezzi di merda dei nobili mondiali!-
July si schiantò,
la speranza di essere riuscita a fuggire era crollata,
quell’uomo
l’avrebbe riportata da loro.
-NO! Ti prego non riportarmi da
loro, non voglio diventare come loro io voglio essere libera! E tu
dovresti capirlo meglio di tutti visto che sei un pirata, dovresti
sapere cosa vuol dire essere liberi! Io non lo sarò mai se
tornerò
da loro!- disse piangendo disperata.
-Che palle!- sbuffò
-Salpiamo!- disse Eustass senza neanche guardarla. Non
l’avrebbe
mai confessato ma quella ragazzina aveva sfiorato con quelle parole
la corazza di ferro che era il suo cuore.
July rimase sulla
nave del rosso per diversi mesi. Nonostante tutto si trovava bene con
quella strana e scorbutica ciurma. Kidd non era di certo un
gentiluomo, non le aveva mai mostrato un segno di affetto o di
gentilezza ma, July sapeva che, infondo, si era affezionato a lei.
La
ragazza decise che finalmente era ora di andare avanti e lottare per
il suo sogno, così decise di lasciare la ciurma di Kidd e
viaggiare
per conto proprio, cercando la sua strada.
Erano appena
approdati su una nuova isola dove lì, lei avrebbe salutato
Kidd e
gli altri.
-Eccoci al dunque! Grazie di tutto Kidd- disse la
biondina baciandogli, velocemente, una guancia.
-Diavolo July
lo sai che odio ste smancerie!- disse ripulendosi il viso con la
mano.
La ciurma si incamminò, tornando alla nave.
July li
osservava e salutava animatamente. Ad un certo punto vide Kidd
lanciarle qualcosa che afferrò al volo.
I suoi occhiali da
aviatore.
Sorrise posizionandoseli in testa, Kidd anche se era
sempre freddo e scorbutico si era affezionato a lei e, donarle i suoi
occhiali ne era la prova.
Sfiorò i suoi cari occhiali
che teneva in testa come sempre, e accennò un sorriso
nostalgico.
Dal giorno che aveva salutato Kidd, ne aveva passate di tutti i
colori ma era diventata più forte e sempre più
vicina al suo
obiettivo, ed ora era pronta a dimostrarlo anche alla sua
famiglia.
Alzò il palmo della mano da dove un tornado sempre
più grande si faceva spazio e lo scagliò verso la
perfida sorella
che ne fu investita.
July aveva mangiato il frutto Ari Ari
qualche anno dopo aver salutato Kidd, e proprio grazie a quel frutto
aveva aiutato Amlach durante il loro primo incontro dove
conquistò
la sua fiducia diventando il medico di bordo.
Shaluila continuava
a girare travolta dal tornado mentre le guardie si erano scagliate
contro Asako e Luna. July ne approfittò per andare dalla
piccola
schiava.
-Ciao piccola! Scappa, adesso sei libera non devi più
sottostare a loro!-
-Grazie…grazie mille!- disse la bambina
abbracciandola prima di scappare, zoppicando, via, verso la
libertà.
July ripensò per un momento a Ronda, sapeva che anche lei
adesso
era libera e che sicuramente era orgogliosa di lei; aveva persino
cambiato il suo cognome, usando quello dell’amica, per
sentirla più
vicina e per essere un po’ come lei, coraggiosa.
-July
attenta!- urlò Raley avvisandola dell’imminente
attacco alle sue
spalle. Raley era ancora sorpreso di rivedere la cugina, gli era
mancata molto in quegli anni.
July si voltò di scatto e vide una
guardia intenta a colpirla con un colpo di spada ma la lama fu subito
fermata da un’altra lama, una spada scintillante
dall’impugnatura
oro. La proprietaria della spada sorrise a July e lei
ricambiò.
-Grazie Asi!- disse la biondina ringraziando la
navigatrice corsa ad aiutarla.
-Figurati!- sorrise –Adesso
fai vedere a quella scema di tua sorella quanto sei forte!-
July
si rialzò e si diresse verso la sorella. Aveva
l’appoggio delle
sue amiche e questo la rendeva ancora più forte.
Il tornado
che aveva travolto Shaluila aveva cessato la sua potenza lasciando la
donna tramortita e infuriata, a terra.
-Maledetta! Sei una
maledetta! Riporterò il tuo cadavere da mamma e
papà loro ne
saranno lieti dopo che li hai disonorati fuggendo tra questa
feccia!-
-Zitta! sei solo una stupida arrogante, lo sei sempre
stata!- disse July colpendo la sorella con una frustata
d’aria che
scaraventò Shaluila di nuovo a terra.
Nel frattempo Luna si
divertiva a combattere contro le guardie e, al suo fianco
c’era
Asako che si destreggiava con la sua spada, atterrando una guardia
dopo l’altra.
La navigatrice era circondata da una decina di
guardie che erano accorse numerose dopo le urla della nobile. Aveva
affondato la sua spada nel fianco di una di loro e mentre la stava
estraendo un altro soldato la stava per attaccare ad un fianco quando
improvvisamente la guardia sentì il suo corpo bloccarsi e
poi
muoversi contro il suo volere; i piedi retrocedevano e una sua mano
si alzò in aria prendendo velocità mentre si
chiudeva a pugno e si
scagliava violento contro il suo stesso viso.
Una risata
cristallina provenne da dietro il soldato caduto a terra, Luna si
divertiva sempre ad usare il suo frutto heal heal con cui era in
grado anche di far muovere con un solo cenno delle dita le cellule di
un corpo come se fosse una marionetta al suo volere.
-Eh va
beh, succede dai!- disse alla guardia che, colpendosi da sola, si era
fracassato il naso –non potevo permetterti di colpire una mia
compagna!- rise, preparandosi ad un nuovo attacco.
-Lancia
heal!- urlò sfruttando le particelle di acqua di una fontana
li
vicino per creare una lancia d’acqua che man mano si faceva
sempre
più solida, di ghiaccio, che scagliò verso un
altro nemico pronto
ad attaccarla.
-Mi dispiace ma oggi non è proprio il vostro
giorno fortunato!- disse l’archeologa.
-Sono d’accordo con
te!- disse la navigatrice affianco a lei mentre affondava la sua
spada nelle costole di due guardie, una dopo l’altra.
–oggi hanno
trovato pane per i loro denti!- sorrise Asako, estraendo la spada
compiaciuta.
-Ne stanno per arrivare altri! Vi conviene
scappare!- disse Raley alle due donne.
-Perché ci dici
questo? Perché ci stai aiutando?- gli chiese Asako.
-Non
voglio che July torni a casa, lei adesso è libera e felice e
così
deve essere!-
Le due ragazze annuirono sorridendo, non tutti i
nobili erano spregevoli e senza cuore come si diceva, July e Raley ne
erano la prova vivente.
-Dobbiamo andarcene subito e avvisare
il capitano e gli altri! Non possiamo più rimanere su
quest’isola!-
disse la navigatrice
-July andiamo!- urlò Luna all’amica
ancora intenta a combattere contro la sorella.
Shaluila aveva
colpito il giovane medico ad un fianco, quando da dietro
arrivò
Raley che la tramortì.
-July scappa, ne stanno arrivando
altri, sei in pericolo!- disse il cugino.
-Raley vieni con
me!- gli chiese guardandolo dritto nei suoi occhi verdi.
-Non
posso! Io non sono coraggioso come te! Però ti
aspetterò, aspetterò
il giorno che tu tornerai per abolire la schiavitù per
sempre, io
sarò sempre al tuo fianco!- disse il ragazzo.
-Grazie!- disse
la biondina correndo verso le amiche.
-Ecco July, andiamo!-
disse Luna
-Ok! Adesso ci penso io così avremo un po’ di
vantaggio su di loro- disse Asako concentrandosi e bloccando le
guardie intorno a loro grazie al suo potere. –Abbiamo solo
cinque
minuti muoviamoci!- urlò.
Le tre ragazze iniziarono a correre
verso il porto, mentre nel frattempo Amlach, Stun e Ashuros stavano
per scoprire qualcosa di molto interessante.
Nel
frattempo nel bel mezzo del mare, la Liberty navigava tranquilla
verso la prossima meta.
-C’è qualcosa di strano
nell’aria…-
disse Yuki osservando il cielo dal ponte di prua.
-Del tipo?-
chiese Lily curiosa –oggi sembra una giornata fantastica! Il
sole è
caldissimo, un vero paradiso!- disse girandosi ad osservare il resto
della ciurma.
Solan aveva deciso di rilassarsi un po’ prendendo
un po’ si sole, comodamente sdraiata su una sdraio con
indosso un
bikini nero che risaltava la sua già abbronzata pelle. Ryuu
a
qualche metro dal capitano si stava allenando a torso nudo e
pantaloncini neri, affianco a lui c’era Edward intento a fare
flessioni con l’ausilio di un solo dito.
Lily riportò
l’attenzione verso Yuki che, a differenza dei suoi compagni,
non si
stava per niente godendo la tranquillità di quella giornata,
anzi
sembrava decisamente preoccupata.
-Hai ragione quando dici,
sembra una giornata fantastica , ma credo che non lo sarà!
Nell’aria
percepisco dei cambiamenti, non so come spiegartelo perché
è la
prima volta che mi capita una cosa del genere…- disse la
navigatrice
-Una tempesta in arrivo?- tentò Lilian
-No,
in quel caso ci sarebbero delle nuvole a preannunciarlo. Piuttosto
è
il mare quello che mi preoccupa di più,
è… strano!- disse
sporgendosi un po’ dalla balaustra per osservarlo meglio
–sembra
calmo ma in realtà non lo è! Dobbiamo stare
allerta, qualcosa sta
cambiando nelle correnti marine!-
Lily annuì, allarmata da
ciò che aveva appena detto l’amica. Yuki era in
gamba nel suo
lavoro quindi se lei diceva che c’era qualcosa che non andava
era
sicuramente la verità.
Il medico non ebbe nemmeno il tempo di
finire il suo pensiero che Yuki scattò immediatamente a
prendere il
cannocchiale.
-Dannazione!- imprecò la navigatrice –Vortici
marini!- disse stringendo i denti per il nervosismo.
-Cosa…Cosa
sono i vortici marini?- chiese il medico afferrando il cannocchiale
–Oh mio dio!- gridacchiò alla vista di molteplici
vortici di acqua
che si stagliavano proprio nella loro direzione. Erano grandissimi e
ognuno girava per un senso opposto, causando delle piccole onde che
man mano diventavano sempre più grandi avvicinandosi ad
essi.
-Dobbiamo subito cambiare rotta! Ci stiamo imbattendo
nei vortici marini!- urlò Yuki facendosi sentire da tutto
l’equipaggio.
Ryuu scattò subito accanto a Yuki per vedere
con i suoi occhi quel che stava succedendo, mentre Solan e Edward
erano corsi sulla polena per verificare anche loro
l’imminente
pericolo.
-Diamine questa non ci voleva!- imprecò Ed
osservando, in modo più definito grazie ai suoi sensi
sviluppati, i
pericolosi vortici.
-Andiamo!- disse Solan saltando giù dalla
polena per raggiungere il timone.
La nave si avvicinava sempre
più velocemente verso i vortici, come se una strana forza la
spingesse in quella direzione. Ryuu ed Edward avevano afferrato il
timone e virato ma questo non era bastato, era troppo tardi. La nave
fu travolta da una potente onda che inondò tutto il ponte, i
pirati
presi alla sprovvista cercarono di attaccarsi al primo appiglio che
trovavano, nessuno doveva finire in mare.
Appena l’onda si
ritirò, Solan alzò il capo ed urlò
–State tutti bene?- la paura
di perdere qualche suo compagno si leggeva sul suo viso tirato dalla
troppa tensione. Un minuto prima stava tranquillamente prendendo il
sole e, un minuto dopo era intenta a pregare che tutti i suoi
compagni fossero sani e salvi.
Si guardò intorno e vide Yuki
stretta tra le braccia forti di Ryuu che l’aveva afferrata
all’ultimo momento prima che cadesse in mare. Edward stretto
a una
fune e Lily attaccata a mo di polipo, all’albero maestro. Il
capitano si rilassò, tirando un sospiro di sollievo che le
si spezzò
a metà perché la nave era appena stata catturata
dai vortici ed
iniziava a oscillare da un vortice all’altro senza sosta,
sballottando la nave e il suo equipaggio.
Nessuno sapeva come
agire, come salvare tutti da quella situazione che man mano
peggiorava.
Un ulteriore e più violento vortice fece volare la
nave di qualche metro, facendola atterrare su un altro ciclone
marino.
-LILYYYY!- urlò Yuki vedendo l’amica scivolare dal
ponte e finire in acqua.
Lilian aveva perso conoscenza appena
toccata l’acqua improvvisamente ghiacciata. Aveva mangiato,
come la
maggior parte della ciurma, un frutto del mare e adesso era in balia
di esso; la sua fine era segnata. Affondava sempre più
giù, in quel
mare che fino a pochi minuti prima sembrava tranquillo, in quella
giornata che, pochi istanti prima aveva etichettato come fantastica.
Cosa le sarebbe successo, sarebbe riuscita a salvarsi?
ANGOLO
AUTRICE:
Salve genteee!!! Si lo so, sono in un ritardo
apocalittico :) Scusatemiiiii tantooooooo! Ma in questo ultimo mese
ho avuto qualche piccolo problem e ripensamenti vari su questa fic ed
altro! Comunque adesso sono qui e spero di non scomparire
più!
Per
quanto riguarda questo cap che è depositato da tempo
immemore nel
mio pc, che dire, non mi convince molto ma il giudizio spetta a voi!
Aspetto come sempre le vostre recensioni!
Un bacione kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** capitolo 4 ***
-Il
tesoro di Monkey D. Rufy? No, non ci credo!- disse Lily sgranando gli
occhi dopo aver appreso la notizia.
-Si non è fantastico?-
disse il capitano con gli occhi che brillavano. Amava affrontare
nuove avventure e nuove sfide che avrebbero messo alla prova lei e la
sua ciurma.
-Tu sei pazza! Non credi che ormai un sacco di
pirati saranno in viaggio per trovare il tesoro? Sarà una
missione
impossibile!- disse Yuki, la quale era la più matura di
tutto quel
pazzo gruppo, pensava sempre al da farsi e alle conseguenze che certe
azioni potevano avere su di loro.
-Ma Yuki ci pensi, potremo
conoscere nuove isole, potrai persino conoscere la navigatrice
più
famosa dei sette mari, Nami la gatta ladra!- disse Solan cercando di
convincerla.
-Beh, hai ragione, ma resta comunque pericoloso…-
disse abbassando lo sguardo. Non aveva realmente paura che quella
missione fosse pericolosa, amava viaggiare e scoprire nuove isole, il
vero problema era lei, non si fidava delle sue abilità,
della sua
maledizione.
Solan si alzò e mise una mano sulla spalla della
compagna –Non preoccuparti, andrà tutto bene, tu
riuscirai a
dominare il tuo potere e diventerai fortissima!- disse sorridendole
dolcemente.
Yuki la guardò negli occhi, vedeva come il suo
capitano credeva in lei, sapeva di avere l’appoggio di tutta
la
ciurma si, ce l’avrebbe fatta.
-Hai ragione, ce la faremo!-
disse la navigatrice abbozzando un dolce sorriso.
-Bene
ciurma, allora ognuno ai propri posti, si salpa!- disse il
capitano.
Dopo aver appreso la notizia del tesoro si erano
diretti sulla loro nave, la Liberty.
La Liberty era una grande
nave costruita dai migliori carpentieri dell’isola Zuiki,
isola
natale del capitano; infatti proprio il padre di Solan, un grande
carpentiere, e i suoi amici, costruirono la nave alla donna quando
decise di salpare. La nave aveva due serie di cannoni da entrambi i
lati, fornita di ogni confort. Il legno della nave era nero, nero
come la notte, la balaustra era bianca come ogni piccolo particolare
della nave. La polena era costituita da due grandi ali, simbolo della
libertà, la libertà che ogni pirata professava.
Ogni componente
della ciurma si mise al lavoro per salpare. Ryuu ed Edward issarono
l’ancora nel frattempo Yuki controllava la rotta migliore da
intraprendere, mentre Solan e Lily pensavano alle vele.
La
nave con il vento a favore aveva già abbandonato la costa
che pian
piano diventava un miraggio in lontananza.
I pirati si
godevano la bella giornata. Il sole splendeva alto nel cielo, faceva
un gran caldo, nessuna nuvola all’orizzonte, solo una leggera
brezza che riusciva a rinfrescare i corpi, accaldati,dei
pirati.
Lilian leggeva, seduta su una sdraio, un libro di
medicina. Voleva essere sempre aggiornata sulle nuove cure che
circolavano in giro, per questo appena approdavano su una nuova isola
si catapultava subito a comprare un libro e mille riviste
scientifiche. A qualche metro dal medico, all’ombra
dell’albero
maestro, era seduto con gambe incrociate, Ryuu. Aveva la sua
inseparabile falce accanto e, osservava il mare davanti a se.
-Tieni Ryuu- disse la navigatrice porgendogli una bibita
fresca. Ryuu, la osservò. Yuki lo guardava con una dolcezza
mai
vista, guardava tutti così era nel suo carattere.
Arrossì prendendo
la bibita offertagli e, toccandosi i capelli si girò
immediatamente,
nascondendosi meglio sotto il cappuccio della sua felpa, per non far
notare il suo imbarazzo.
A poca distanza Edward si rigirava tra le
mani il braccialetto d’argento che portava sempre al polso
sinistro, a volte il passato tornava prepotente a invadergli la testa
con ricordi troppo dolorosi ed era proprio allora che preferiva
isolarsi dal resto del gruppo, rimuginando su eventi che mai avrebbe
potuto cambiare.
Dall’alto del timone, Solan osservava ogni
componente della sua ciurma. Aveva notato la tristezza negli occhi
del suo vice, l’imbarazzo di Ryuu, la tranquillità
di Lily e la
gentilezza di Yuki, si soffermò proprio su
quest’ultima.
Yuki,
doveva aiutarla. Dalla conversazione che avevano avuto qualche ora
prima, aveva intuito la sua paura, paura riguardante la sua
maledizione. Doveva fare qualcosa, glielo aveva promesso un anno
prima quando si era unita alla sua ciurma, era migliorata molto ma la
paura di far del male alle persone che toccava, alle persone che
amava, era ancora viva dentro di lei.
Si legò i lunghi capelli
mogano in una coda alta e iniziò a scendere le scale per
dirigersi
verso la balaustra dove Yuki osservava il log pose.
-Yuki- la
chiamò
La navigatrice si girò e vide lo sguardo di
determinazione che il suo capitano aveva ogni volta che si prefissava
un obbiettivo, cosa aveva in mente?
-Dammi la mano- disse seria la
rossa.
-Ma… Solan sai che non posso- disse l’altra senza
capire.
-Dammi la mano, è ora che impari a controllare il tuo
potere- disse offrendole la sua mano.
-ti farò del male…
potresti persino morire…- cercò di convincerla.
-non
morirò, tranquilla!- sorrise la rossa.
Yuki si convinse,
aveva il terrore di fare del male alle persone, ma sapeva anche che
doveva imparare a controllare il suo potere, poteva farcela, doveva
farcela.
Con mano tremante si avvicinò a quella del suo
capitano, la strinse ed iniziò a sentire l’energia
scorrere dalla
mano di Solan fino alla sua, passando poi per tutto il suo corpo;
ecco la maledizione iniziava a fare effetto.
Solan stringeva il
labbro inferiore tra i denti, sofferente, ma sicura che la sua amica
ce l’avrebbe fatta.
-Ma cosa stai facendo?- disse Lily alle
spalle del capitano.
-Io… lei…- la navigatrice non sapeva
che dire, stava per ritrarre la mano ma la rossa le afferrò
il polso
e gli intimò di continuare.
-Yuki, va avanti, concentrati,
puoi fermarlo solo se ti concentri!- disse Solan.
-Io… io
non ci riesco!-
-Concentrati, prova a chiudere gli occhi- le
consigliò Lily.
Yuki fece come le era stato consigliato, e
ripensò a come aveva conosciuto il suo capitano, a come era
finita
ad essere navigatrice sulla Liberty…
-Yuki va a
prendere l’ordinazione dei due nuovi clienti invece di
disegnare
assurde cartine!- disse Rose sua madre, la proprietaria della locanda
dell’isola Huri.
-Si mamma vado subito!- disse la ragazza
arrotolando il disegno ed infilandoselo nella tasca dei
pantaloni.
Yuki si diresse verso i nuovi arrivati, una ragazza
ed un ragazzo. I due stavano tranquillamente parlando.
-Allora
Sol, adesso che si fa?- chiese il ragazzo dai capelli castani, alla
donna di fronte a lui.
-Boh, non lo so!- rispose la donna come
se niente fosse.
-Ma come no lo sai, sei il capitano!- gli
fece notare.
-Ehm si, allora vediamo… cercheremo una
navigatrice! Si ci manca proprio una navigatrice! Ammettiamolo amico
mio, noi due siamo un po’ negati!- disse ridendo
-Giusto un
po’!- abbozzò un sorriso Ed.
Yuki arrivò al tavolo per
prendere le ordinazioni -Salve, io sono Yuki cosa posso portarvi?-
disse gentilmente.
-Ciao Yuki io sono Solan e lui è Edward-
disse la donna rivolgendole un sorriso mentre le porgeva la mano come
saluto.
Yuki guardò la mano, ma non l’afferrò,
si limitò
a dire solo –piacere!- lasciando un po’ perplessi i
due
clienti.
Il ragazzo non parlava molto mentre la donna dai
capelli rossi aveva già ordinato da bere e da mangiare
mentre
progettava mille viaggi. Sembrava un tipo allegro, pensò la
cameriera.
Dopo aver preso le ordinazioni la cameriera fece
per andarsene senza accorgersi però che il suo disegno era
caduto
dalla tasca dei pantaloni e, raccolto prontamente dalla rossa.
Era
molto veloce Yuki, in men che non si dica aveva cucinato ciò
che gli
era stato richiesto.
Lavorava in quella locanda fin da quando era
piccolissima insieme alla madre a cui era molto affezionata.
Arrivò
al tavolo della rossa e consegnò il cibo, stando molto
attenta a non
sfiorare nessuno dei due clienti.
Solan prima che la cameriera si
voltasse per tornare in cucina disse –Credo che questo sia
tuo!-
disse porgendole il disegno.
Yuki rimase per un attimo interdetta,
non si era nemmeno accorta di averlo perso.
-Si, grazie!-
disse prendendo il foglio.
-Sei molto brava a disegnare!-
esordì la donna.
-Beh, è una mia passione, mi piace molto
disegnare e studiare astronomia, ho sempre sognato di girare il
mondo!- disse sorridendo, fantasticando come quando era
bambina.
-che ne dici di diventare la navigatrice della mia
ciurma?- propose infine la donna.
-Cosa? Navigatrice? Beh, io…
mi piacerebbe ma non posso, non posso lasciare mia mamma da
sola…-
disse un po’ amareggiata, era stato sempre il suo grande
sogno
solcare i sette mari e conoscere nuovi posti, ed ora che gli era
stata offerta la possibilità di realizzarlo aveva rifiutato,
perché
era tutto troppo complicato.
-Peccato, sei molto brava!
Comunque noi resteremo qui fino a domani, se cambi idea
l’offerta e
sempre valida!-
-Va bene…-
Per tutto il giorno Yuki
non fece altro che pensare alla proposta di quella donna. Ne aveva
parlato anche con sua madre e lei le aveva detto un categorico no,
senza spiegazioni ne niente, solo no!
La giornata lavorativa stava
per terminare, era davvero distrutta. Il locale ormai era quasi
vuoto, solo qualche tavolo occupato da turisti che stavano finendo di
mangiare ed un uomo seduto al bancone a bere.
Yuki si avvicinò
all'uomo per vedere se aveva bisogno di qualcosa.
-Salve,
posso portarle altro?-
-Si dolcezza, un po’ di compagnia!-
disse maliziosamente l’uomo.
-mi dispiace ma quella non è
disponibile- disse Yuki cercando di tornare in cucina ma
l’uomo
l’afferrò dal polso.
-Ahi, mi lasci!- si divincolò la
ragazza.
-Su non fare tante storie, vieni qui- disse
strattonandola a se, accerchiandola con le sue lunghe mani.
-mi
lasci!- si stava iniziando a spaventare, l’uomo non ne voleva
proprio sapere di lasciarla anzi, iniziò ad accarezzarle un
braccio
e a guardarla con lussuria.
Yuki spaventata portò le mani al
petto dell’uomo in segno di difesa, per respingerlo, senza
pensare
alle conseguenze.
L’uomo immediatamente cominciò ad allentare
la presa e a tremare lievemente.
-Yuki cosa succede?- disse la
mamma alle sue spalle.
L’uomo cadde a terra privo quasi di
ogni forza.
-Mamma lui ha cercato di molestarmi, io… mi
sono solo difesa…- disse la ragazza ancora un po’
sotto shock per
quello che aveva fatto.
L’uomo si rialzò piano, guardando
la ragazza e retrocedendo verso l’uscita, coprì
meglio l’uniforme
che portava sotto il cappotto e si diresse velocemente verso il
comando di marine dell’isola.
-Oh piccola mia, stai bene?
speriamo che quell’uomo non racconti a nessuno del tuo
segreto o
saranno guai…- disse la mamma un po’ preoccupata.
Il
giorno dopo Yuki fece molta più attenzione del solito,
decise di
restare in cucina e lasciare prendere le ordinazioni a sua mamma, si
sentiva ancora sconvolta da quello che era successo la sera
precedente.
Mentre preparava della carne arrosto sentì delle urla
provenire dall’ingresso.
Sua mamma parlava, anzi urlava, contro
qualcuno, il che era molto strano di solito era una donna molto
tranquilla, quindi decise di andare a controllare.
Appena uscì
dalla cucina vide un’orda di marine all’ingresso,
capitanata da
un tenente il quale era affiancato dall’uomo che la sera
precedente
l’aveva molestata, anche lui era in divisa, non si era
accorta che
fosse un marine.
-Eccola è lei signore!- urlò l’uomo
indicando la ragazza dai capelli castani.
-Lasciate in pace
mia figlia! Lei non ha fatto niente!- urlò Rose
-Prendetela è
un pericolo per la comunità!- ordinò il tenente
ai suoi uomini che
iniziarono ad avanzare minacciosi verso la ragazza. In
realtà i
marine non consideravano Yuki un pericolo ma bensì
un’arma utile
per l’esercito.
Yuki deglutì sonoramente, aveva tanta
paura, non aveva mai combattuto prima d’ora e sapeva che non
ce
l’avrebbe mai fatta contro tutti quei marine. Chiuse gli
occhi
spaventata e sentì l’inizio di una battaglia, ma
contro chi
stavano combattendo i marine?
Aprì gli occhi e vide la donna che
aveva conosciuto il giorno prima e il suo amico, combattere senza
alcuno sforzo contro i soldati.
I marine si accasciavano al suolo
uno dopo l’altro. Il ragazzo taciturno del giorno prima si
era
rivelato un abile e spietato combattente, ogni soldato che osava
avvicinarsi a lui dopo solo qualche secondo era a terra senza vita.
Ci vollero solo pochi minuti e più nessun soldato era
rimasto in
piedi.
-Grazie, grazie di cuore!- disse Rose a Solan.
-Di
nulla signora, odiamo le ingiustizie, sicuramente quei marine
avrebbero sfruttato sua figlia per orrendi scopi, era nostro dovere
aiutarvi!- disse la donna.
-Yuki…- la chiamò la mamma –
qui non sei più al sicuro, torneranno, devi scappare!-
-Ma
mamma non posso lasciarti da sola… e poi dove posso andare,
questa
e la mia casa!-
-Non preoccuparti per me, me la caverò! Ieri
mi hai detto che ti sarebbe piaciuto diventare la navigatrice di
questa donna, vai figlia mia, vivi i tuoi sogni, qui sei solo in
pericolo!- disse la donna con le lacrime agli occhi.
-Grazie
mamma…- disse Yuki, impossibilitata ad abbracciare il
genitore a
causa del suo maledetto dono.
-Bene Ed, credo che abbiamo
trovato la navigatrice che cercavamo!- disse al suo vice la
rossa.
Yuki sorrise, dentro di lei sapeva che si sarebbe
trovata bene con quei due, la sua vita stava per cambiare
drasticamente, aveva finalmente la possibilità di realizzare
i suoi
sogni.
Riaprì gli occhi Yuki e vide il suo
capitano sbiancare, stava perdendo tutte le energie, lei lo sapeva,
lo sentiva, doveva fermarsi. Si concentrò come non mai,
ripeté
mille volte nella sua mente la parola “basta”
finché con suo
grande stupore sentì come se qualcosa dentro di lei si
bloccasse.
Non percepiva più l’energia di Solan invaderle il
corpo, aveva
bloccato il suo dono e questo lo poteva vedere anche tramite il
colorito di Solan che pian piano ritornava normale.
-Brava
Yuki!- disse la rossa –adesso prova a liberarlo e fermarlo di
nuovo- le consigliò.
E la mora così fece. Quell’operazione
richiedeva molta fatica e concentrazione, ma se si sarebbe allenata
avrebbe finalmente controllato il suo dono.
Lasciò la mano di
Solan e, per la prima volta in vita sua abbracciò una
persona.
Nel frattempo la ciurma del
capitano Wolf si apprestava a sbarcare su una nuova isola.
-Ehi
Asako, come si chiama quest’isola?- chiese il capitano
-L’isola
si chiama Zinga, capitano!- disse la navigatrice
–è un'isola
abbastanza tranquilla ma è meglio essere prudenti.-
L’attracco
fu facile e veloce, l’ancora era stata buttata in mare e la
nave
ormeggiata con cura. La ciurma si stava preparando a scendere
finalmente sulla terra ferma. Dopo quella dura tempesta, rilassarsi
camminando per le vie della cittadina era proprio ciò che ci
voleva.
-Asako, July che ne dite se andiamo a farci un giro
lasciando gli uomini da soli?- disse l’archeologa
-Si,
perché no! Devo giusto passare da una libreria per
controllare se ci
sono nuovi libri sulla navigazione!- rispose Asako
-Sono
d’accordo anche io, ho proprio voglia di visitare
l’isola!- disse
July sorridente
-Bene, allora capitano noi andiamo in libreria
e poi a fare un giro per negozi!- annunciò Luna entusiasta.
-Si,
perfetto!- rispose il capitano, il quale era sempre di poche
parole.
Le ragazze scesero dalla nave, lasciando dietro di
loro gli uomini a decidere in quale locanda andare.
Le tre
biondine camminavano tranquille per le vie del villaggio,
chiacchierando del più e del meno.
July era la più timida del
gruppo ma si divertiva molto a passare il tempo con le sue nakama.
Luna era molto simpatica e scherzava sempre con Asako che le
rispondeva a tono, però sempre scherzando. Rideva July
finché la
sua attenzione non fu catturata da una scena al centro della
piazza.
Una bambina, scalza, di non più di sei anni, portava
un’infinità di pacchi e buste di vari negozi. Era
decisamente
affaticata, non riusciva più a camminare e, ad un certo
punto, colta
dalla stanchezza cadde con le ginocchia a terra facendo rotolare
giù
tutti i pacchetti contenenti vestiti e gioielli di marca.
Davanti
a lei c’era una donna, affiancata da una schiera di guardie.
La
bambina respirava affaticata. Portava uno sgualcito vestitino giallo,
i suoi capelli erano castani ed erano tagliati in un caschetto
irregolare, sicuramente erano stati tagliati da una mano non esperta.
July la osservò bene e, potè notare un tatuaggio
che conosceva
bene, sulla schiena semi scoperta della bambina, il segno del drago
volante, il simbolo dei nobili mondiali, il marchio della
schiavitù.
La donna davanti a lei indossava una sfera di resina,
in modo da non respirare l’aria delle persone comuni, in modo
da
non essere contaminata da una razza molto inferiore alla sua, la
quale era la più pura di tutte.
July con le mani tremanti
dalla rabbia si fermò con le sue amiche ad assistere alla
scena.
Tutta la gente intorno a quella donna si era inginocchiata,
portandole un rispetto che in realtà non meritava.
La bambina era
ancora seduta a terra, con le mani sulla ghiaia dura della strada,
che le aveva causato anche qualche contusione al ginocchio. Piangeva
la piccola perché sapeva di aver commesso un grande errore
che gli
sarebbe costato parecchio.
La donna si girò ad osservare la
bambina. La guardava con rabbia, odio, disprezzo.
-Alzati
insulsa bambina! Non sei degna di essere la mia schiava, non sei
degna di vivere!- urlò contro la piccola impugnando la sua
pistola.
-Nobile Shaluila non fatelo…- osò dire una
guardia, intenerita dalla povera bambina che tremava
terrorizzata.
-Come osi dirmi cosa devo fare!!!- strillò
isterica, colpendolo al petto con la sua arma.
La guardia
cadde a terra. Nessuno più osò fiatare.
Accanto alla donna
c’era un altro nobile, un ragazzo di circa sedici anni, con i
capelli castano chiaro. Guardava la donna accanto a lui disgustato,
non approvava quello che faceva, ma non aveva il coraggio di
intervenire.
Shaluila si girò di nuovo verso la bambina
brandendo la pistola, decisa a finirla visto che aveva osato
sporcarle i vestiti nuovi.
Stava per premere il grilletto quando
una forte, quanto improvvisa, folata di vento la fece cadere a
terra.
Asako e Luna osservarono la loro nakama. Tremava dalla
rabbia, tremava dall’orrore. July non sopportava di dover
assistere
ancora a quelle ingiustizie. Quella bambina era così piccola
come
poteva essere già una schiava? Nessuno doveva esserlo, ogni
uomo si
meritava la libertà e, lei avrebbe sempre combattuto per
questo, per
realizzare il suo sogno, abolire la schiavitù.
Fece qualche passo
avanti, il medico, alzando i palmi delle mani da dove, pian piano, si
formavano piccoli tornado.
-July cosa fai, fermati!- le urlò
Asako preoccupata. La timida e tenera ragazza che conosceva, aveva
lasciato spazio a una coraggiosa e, in questo caso, vendicativa
donna.
-July?- disse il giovane nobile mondiale –July, sei
proprio tu?- chiese incredulo.
-Si cugino, sono io!- rispose
fredda la biondina.
-Maledetta! Dovevo immaginare che fossi
tu! Guardie prendetelaaa!!- urlò Shaluila.
-Ma… mia
signora, anche lei è una nobile!- osò una
guardia, ma fu subito
fulminata dallo sguardo iracondo della padrona.
-Prendetela ho
detto! Papà sarà molto contento di punire la sua
degenera
figlia!-
July si preparò all’attacco seguita dalla sue
compagne.
In un breve lasso di tempo tutto il suo passato le
stava tornando a galla, veloce come le acque di un fiume in
piena.
ANGOLO AUTRICE:
Salveeee
genteee!!! Ecco un nuovo capitolo! Qui ho trattato il passato di un
altro Oc, Yuki! Cosa ne pensate? Volevo in realtà parlare
anche del
passato di July ma il capitolo diventava decisamente troppo lungo
quindi o preferito interromperlo così, nel bel mezzo
dell’inizio
della battaglia contro i nobili mondiali, nonché parenti di
July!
Che ve ne pare? Il prossimo capitolo inizierà con il passato
di
quest’ultima per poi continuare con altre scene. Per quanto
riguarda i nobili mondiali non so molto su di loro, ho fatto qualche
ricerca e spero di non aver scritto qualche cavolata XD
Come
pensate che stia procedendo la storia? Spero di leggere le vostre
opinioni e in caso i vostri consigli o critiche!
Adesso vi
saluto, a presto
Un bacione, kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** capitolo 6 ***
Correvano
all’impazzata, il tempo stringeva, da un momento
all’altro
l’esercito dei nobili mondiali si sarebbe ripreso dal fermo
temporale causato da Asako e sarebbero andati a cercarle.
-Più
veloci ragazze, tra poco le guardie si riprenderanno!- urlò
la
navigatrice mentre correva a per di fiato per le vie del centro
abitato.
-Uffa ma perché devono capitare tutte a noi? E poi
io ho fame… Uh, una bancarella di dolciiii!- disse Luna
fermando la
sua corsa davanti ad un’invitante bancarella di dolci di
tutte le
qualità.
-Salve cara, vuoi assaggiare qualche dolcetto? Li ho
fatti io con le mie mani stamani- disse un’anziana signora
dall’altro capo della bancarella.
-Uh siiii!! Voglio quelli
al cioccolato e anche quelli laggiù, uhm
cos’è panna montata
quella? Ah, anche una dozzina di quelli alla crema! No quelli al
miele no, bleah!- iniziò a ordinare l’archeologa,
con gli occhi
che pregustavano già quelle delizie.
-LUNAA!- la chiamò
Asako, mentre tornava indietro, con sguardo minaccioso, a recuperare
la compagna.
-Si sbrighi signora non ho molto tempo!- tremò
alla vista della navigatrice infuriata.
-Ti sembra il caso di
pensare ai dolci? Quale parte della frase “ un esercito di
guardie
nobiliari ci stanno alle calcagna” non hai afferrato?- disse
picchiettando la punta della sua scarpa sul terreno.
-Ok, Ok
ho capito, ma non potevo non comprare questi dolci, sono buonissimi!-
disse afferrandone uno dal sacchetto appena datole dalla signora per
poi infilarselo in bocca.
-Sei senza speranza!- sospirò
l’altra, sorridendo –Su andiamo!-
Continuarono a correre
tutte e tre schivando le varie persone che affollavano la strada quel
giorno. Dei loro compagni sembrava non esserci alcuna
traccia.
-Ragazze scusate è tutta colpa mia!- disse July alle
amiche.
-Ma stai scherzando? Non devi di certo scusarti, tutte
noi ci saremmo comportate come hai fatto tu! Anzi, hai dato una bella
lezione a tua sorella!- le sorrise amorevole la navigatrice.
-Già,
sono d’accordo con Asi!- disse Luna girando il volto per
osservare
July dietro di lei, mentre continuava a correre –tua sorella
è un’
arpia, mentre Raley mi sta proprio simpatico! Peccato che non si
è
unito a n… Ahia!- disse sbattendo contro qualcosa di
estremamente
duro che la fece cadere a terra insieme ai suoi amati
dolcetti.
-Argh! Chi è quel deficiente che si ferma di colpo
in mezzo alla strada??- disse infuriata la biondina -Oh no! I miei
dolci!- piagnucolò.
-Sempre la solita sbadata, eh Luna?-
disse ironico Stun.
-Ah! Sei tu Stun! Perché sei impalato
qui?- disse la ragazza pulendosi i vestiti mentre si rialzava,
raccogliendo ciò che rimaneva dei suoi dolci.
-Ma che succede
qui?- disse Asako, osservando Ashuros e Amlach circondati da una
schiera di marine a terra.
-C’è stato qualche imprevisto!-
sorrise il nakama, mentre si avvicinava al capitano e
all’amico.
-Capitano!- lo chiamò Asako.
-Ah bene,
siete arrivate giusto in tempo per sentire ciò che abbiamo
appena
scoperto da questo tizio.- disse spostandosi di qualche
centimetro.
Dietro il capitano infatti c’era un marine,
molto probabilmente un tenente o un vice ammiraglio, incatenato ad un
palo in mezzo a quel che doveva essere una sottospecie di piazza,
anche se molto piccola.
Il marine era appeso a testa in giù,
e Ashuros gli teneva il capo rialzato afferrandolo dai
capelli.
-Allora ripeti alle nostre compagne quel che hai
detto a noi!- ordinò Amlach al tenente.
-Ca-cappello di
paglia ha-ha-ha annunciato di aver nascosto su qualche isola lontana
il suo tesoro, co-così da sfidare qualunque pirata voglia
prendersi
il suo titolo di Re dei pirati…- disse sputando qualche
rivolo di
sangue dalla bocca.
-E poi…- lo incitò Ashuros stringendo
le catene.
-Il-il nostro ammiraglio ha scoperto che…-
-Eccole
sono loro!- urlò il capitano dell’esercito dei
nobili
mondiali.
-Oh, oh! Ci hanno trovate!- disse Luna osservando
l’esercito avanzare di corsa verso di loro.
-Luna che cavolo
hai combinato questa volta?- la fulminò con lo sguardo il
capitano.
-Aspetta un attimo questa volta io non c’entro, è
stata July!- disse indicando la ragazza dal viso angelico.
Amlach
guardò Luna con un sopracciglio alzato come a dire che non
le
credeva minimamente, visto che di solito era lei che innescava
qualche rissa nei bar o combinava qualche casino.
-E' vero
capitano è colpa mia. Ho incontrato i miei parenti e non ho
potuto
lasciar correre mentre stavano per uccidere una povera bambina
innocente!- disse abbassando lo sguardo e stringendo i
pugni.
-Capisco! Beh occupiamoci di loro e imbarchiamoci,
abbiamo un obiettivo adesso da raggiungere, non vedo l’ora di
sconfiggere capello di paglia e Roronoa!- disse ghignando.
I
pirati si schierarono tutti in fila pronti a scontrarsi contro
l’esercito.
A pochi metri dai marine, si lanciarono all’attacco:
Wolf impugnò le sue tre, amate, katane e si
lanciò contro un orda
di soldati. Aveva sempre ammirato Roronoa Zoro, ora divenuto lo
spadaccino più forte del mondo dopo aver sconfitto il
famigerato
Mihawk. Amlach da quando aveva visto Zoro combattere avvalendosi di
tre spade ne aveva subito comprata una aggiungendola alle altre due
che portava sempre con se.
Con un potente fendente il capitano
tranciò di netto il massiccio petto di un soldato,
sorpassandolo per
combattere contro altre tre guardie. Wolf era spietato e sadico
contro i nemici, con un veloce colpo mutilò il braccio di
una
giovane guardia e la scaraventò a terra, mentre con un
rapido giro
decapitò le guardie che lo stavano per colpire alle spalle.
Il
sangue zampillava ovunque, il terreno ormai aveva preso una sfumatura
vermiglia dove una miriade di uomini senza vita si accasciavano
venendo calpestati da altri che tentavano di sopravvivere a quegli
spietati combattenti.
Ashuros veloce e silenzioso si avvicinò
alle guardie. Con l’ausilio del suo potere fece uscire dalle
sue
mani delle catene infuocate che accerchiarono una buona parte del
plotone che si trovò senza nessuna via di fuga. Ogni persona
bloccata in quel cerchio infuocato sentiva il calore sempre
più
forte e lacerante sulla pelle; urla di dolore e odor di carne
bruciata si diffondevano per tutta la piccola piazza. Ashuros,
chiamato anche catena nera, si girò in tempo per vedere
un’altra
orda di militari attaccarlo, così in un battito di ciglia
fece
fuoriuscire dalla sua schiena della altre catene che, però
questa
volta erano invisibili all’occhio umano, infatti le guardie
si
ritrovarono strette in una morsa invisibile che stringeva sempre di
più mozzandogli il respiro e facendoli cadere a terra senza
vita.
-Grande amico!- disse Stun sorridendo al nakama che
sfoderava altre catene.
Stun si era buttato nella mischia con
un sorriso in viso, come sempre. La sua forza fisica era notevolmente
superiore rispetto a quelle sottospecie di guerrieri nobiliari.
Rankelnas ne sollevò uno sulla sua testa ed
iniziò a farlo roteare
su di essa per poi lanciarlo contro i suoi stessi compagni di
plotone. Il soldato arrivò ad una velocità tale
da abbattere almeno
una decina di compagni, scaraventandoli di qualche metro più
lontani.
-Ehi Stun, lascia divertire anche me!- disse Luna
fingendosi annoiata.
-Accomodati pure!- disse l’uomo blu,
mentre abbatteva altri soldati.
-Tu!- disse una guardia
indicando Luna –Te la farò pagare per quello che
mi hai fatto
prima!- disse l’uomo tenendosi stretto il naso ferito che,
Luna,
grazie al suo potere, lo aveva indotto a colpirsi da solo qualche ora
prima.
-Ancora tu!- disse ridendo –Non ti è bastata la
lezione di prima?-
In risposta l’uomo si lanciò, armato di
un grosso spadone, contro la biondina.
-Rete Heal!- urlò la
ragazza, creando intorno a se una fitta rete di radici e rami con
spine acuminate rivolte all’infuori in modo da non far
entrare
nessun attacco nemico.
-Che c’è, ti nascondi adesso?- la
beffeggiò il soldato.
-No, non sono il tipo io! Heal puppet!-
disse invocando un nuovo attacco. La fitta rete di rami si sciolse
allungandosi verso l’alto. L’uomo
osservò i rami che si
contorcevano come se fossero manovrati da qualcuno, infine assunsero
la forma di una strana marionetta a grandezza naturale che si
lanciò
contro il soldato. L’uomo preso alla sprovvista venne colpito
da un
potente calcio spinoso della marionetta, la quale usava mosse di Kung
fu. Per la seconda volta in quella giornata il naso dell’uomo
sanguinò insieme, questa volta, a varie ferite su tutto il
corpo;
infatti il militare non riusciva a competere contro la strana
marionetta, era troppo abile e veloce per lui.
-Oggi mi sto
divertendo un sacco!- disse Luna ridendo.
-Vediamo se ti
divertirai ancora!- disse una voce proveniente dalla sua destra.
Un’altra guardia si apprestava a colpirla con un pugnale, ma
la
ragazza sfilò dai suoi pantaloncini la catenella dorata che
usava
anche come cintura e, con un veloce gesto bloccò la mano
dell’uomo
facendogli cadere il pugnale a terra, poi lo tramortì con un
forte
colpo di catena in testa.
-Uhm, con te mi sono divertita un
po’ meno!- disse osservando l’uomo semicosciente a
terra.
Alla
sinistra della ragazza, Asako e July davano il meglio di se. La prima
aveva sfoderato la sua spada correndo verso il centro della
battaglia. La sua leggera gonnellina bianca si imbrattò
subito del
sangue delle sue vittime, come del resto il suo top crema. I suoi
capelli biondi oscillavano velocemente da una parte a un'altra
seguendo i movimenti improvvisi e veloci della ragazza; mentre i suoi
occhi blu erano semi coperti dalla bandana scura che portava legata
in testa.
I suoi fendenti erano sempre precisi, non mancava mai
il suo obiettivo e durante il combattimento controllava sempre le
sorti dei suoi compagni, pronta ad aiutarli in caso di
necessità.
Con un battito di ciglia bloccò la nuova orda di soldati che
si
apprestava ad arrivare dal lato nord della piazza impaziente di
immergersi nella battaglia, ma non aveva fatto i conti con il potere
della navigatrice che li aveva bloccati prima che potessero solo
intravedere il campo di battaglia.
July, affiancata ad Asako,
innescò una serie di vortici d’aria che rapirono i
suoi avversari
e li fecero girare su se stessi per vari metri finché non
vennero
scagliati contro il muro di una abitazione. Subito dopo July era
già
pronta a sgominare, con una potente folata di vento, una decina di
guardie che correvano agguerrite verso di lei, pronte a catturarla
per portarla a casa, ma lei non era certo disposta a farsi
prendere.
-Ciurma alla nave!- ordinò autoritario, Wolf.
I
pirati abbatterono le ultime guardie e corsero verso la nave mentre
il capitano, fermo davanti l’esercito, chiudeva gli occhi.
I
soldati rimasero perplessi per qualche secondo, ma quando Wolf
riaprì
gli occhi, i soldati retrocedettero impauriti da quello sguardo
freddo come il ghiaccio che gli dava colore.
Il capitano portò le
mani in avanti e con l’accenno di un mezzo sorriso sadico,
catturò
le ombre degli uomini davanti a lui. I soldati si sentirono come
improvvisamente spogliati dei propri abiti. Un improvviso freddo li
avvolgeva. Davanti i loro occhi, ombre di ogni forma e dimensione si
levavano in cielo sotto il comando di quell’oscuro uomo, che
le
manovrava come fossero fatte di una strana pasta.
Le ombre
assunsero la forma di un enorme sfera che Wolf scaraventò a
terra.
Le guardie non capivano cosa aveva in mente il capitano, tutto quello
non sembrava essere pericoloso, così alcuni uomini, i
più
coraggiosi, si avvicinarono alla sfera che, nel frattempo, si era
appiattita a terra formando un grosso cerchio nero tra il capitano e
le guardie. Gli uomini che intendevano ancora combattere, appena
toccarono con un piede l’enorme cerchio nero ne furono subito
inghiottiti. Il cerchio in realtà si era trasformato in un
gigantesco buco nero da cui nessuno poteva far più ritorno.
Il
resto dei militari retrocedettero sempre più velocemente,
finché
non si ritrovarono a correre lontano da quel pericoloso buco.
Amlach,
con un veloce gesto delle dita, richiuse il buco e si
incamminò
tranquillamente verso la nave, verso il suo sogno, certo che nessun
soldato su quell’isola avrebbe cercato di sfidarlo ancora.
Tra le correnti impazzite
e i vortici marini, la Liberty rischiava di affondare.
Il suo
equipaggio, ancora aggrappato come meglio poteva, osservava il mare
che aveva appena inghiottito una di loro.
Solan aveva lo sguardo
fisso nel vuoto. I suoi occhi celavano una tristezza profonda,
dettata dal senso di colpa che in quel momento la stava
lacerando.
Lasciò andare l’appiglio con cui si era salvata
dall’onda improvvisa e iniziò a scivolare sul
ponte inclinato a
causa dei vortici che aveva sballottato la nave fino ad un punto in
cui il mare era privo di essi.
Scivolò senza sentire dolore
mentre il suo corpo sbatteva contro i vari oggetti sballottati sul
ponte, finché non si sentì afferrare da un polso
e la sua corsa
cessò.
-Sol ma che diavolo stai facendo?- disse Edward
tenendo stretto il polso dell’amica.
Solan voltò il suo
sguardo vuoto verso il suo vice, che per qualche secondo rimase
inerme contro quegli occhi. Lui la conosceva ormai da tanto tempo,
era stato il primo ad entrare nella sua ciurma e con lei aveva
ricominciato a dare un senso alla sua vita; la conosceva
così bene
da sapere quello che in quel momento le frullava in testa, Solan si
sentiva in colpa, lo stesso senso di colpa che si portava dietro
ormai da anni.
-Non è colpa tua…- sussurrò il vice.
-E'
sempre colpa mia, io non…- la donna si fermò e
ripensò a quella
frase che aveva sentito fin troppe volte, e che considerava,
soprattutto in quel momento, più veritiera che mai.“Tu
non sei
in grado di proteggere nessuno, come non sei riuscita a proteggere
lei…” “ …ogni componente
della tua presunta ciurma morirà
seguendo la tua folle voglia di libertà, avrai sempre
più morti
sulla coscienza…”.
-Smettila!- urlò Ed per la prima
volta arrabbiato con Solan. Non sopportava vederla debole, non
sopportava quando lei gettava la spugna. Lei era sempre pronta a
spronare ed aiutare gli altri, ad infondere loro coraggio,
perché
non era in grado di farlo anche con se stessa? –Non
è
assolutamente colpa tua! Non è colpa di nessuno! Adesso da
capitano
dicci cosa fare! Come salvare Lily e tutti noi!- disse addolcendo il
tono di voce.
Solan annuì con la testa e afferrò con
decisione una fune accanto ad Edward.
-Scusa hai ragione, devo
pensare ad un modo per salvarci…- disse guardando il mare.
Non si
sentiva affatto meglio, ma adesso l’importante era salvare i
suoi
compagni, doveva farcela.
-C’è solo una persona tra noi che
è in grado di nuotare senza soccombere- disse Ed
-Yuki!-
chiamò Solan.
Yuki annuì, aveva capito, anzi sapeva che era
l’unica a poter salvare l’amica quindi senza
esitare scivolò via
dall’abbraccio forte di Ryuu; che istintivamente
l’aveva subito
protetta e che solo ora si era accorto di come erano vicini i loro
corpi ed era arrossito violentemente.
-Vado!- disse Yuki
rivolgendosi al capitano e al vice che annuirono.
-Non ci
pensare neanche!- disse d’un tratto Ryuu.
Yuki si girò
verso di lui con un’espressione confusa in viso.
–Perché?-
chiese
-E' troppo pericoloso e non saresti in grado di
salvarla con quella forte corrente!- disse con tono duro, senza
però
perdere la calma.
-Non sarei in grado di salvarla?? Allora
dovrei lasciarla morire, Ryuu?- gli urlò in faccia la
navigatrice.
-No! Dico solo che tu…-
-Che io sono
troppo debole? Che non sono forte come voi, come te?-
-Yuki!
Ryuu! Smettetela di litigare non c’è tempo da
perdere!- urlò
Solan
Yuki voltò le spalle a Ryuu e, stando attenta a non
scivolare, si legò una lunga fune intorno alla vita. Edward
e Solan
la raggiunsero tenendo stretta l’altra cima della fune per
riportare le due compagne di nuovo sulla nave una volta che Yuki
avesse trovato Lily.
La navigatrice senza guardarsi indietro saltò
giù dalla nave, immergendosi anche lei in quelle fredde
acque.
L’impatto con l’acqua fu tremendo, come se si
immergesse nel puro ghiaccio, eppure il clima fino a qualche minuto
prima era mite, non si spiegava il perché di quelle acque
così
gelide.
Yuki annaspò per qualche secondo, poi tranquillizzandosi
e adattandosi alla temperatura fredda, prese un grande respiro e si
immerse.
Aprì gli occhi sott’acqua come le aveva insegnato
una
sua amica tempo orsono, ma la vista laggiù non era un
granché.
Vedeva tutto appannato e, senza accorgersene finì nel bel
mezzo di
un vortice.
Il suo corpo iniziò a girare velocemente come quelle
irrequiete acque, iniziava a bere acqua salata che prepotentemente le
entrava dal naso e dalla bocca quando cercava di prendere un
po’ di
ossigeno. Sentiva gli sguardi colmi di preoccupazione, dei suoi
compagni, puntati su di lei, doveva farcela, doveva trovare
Lilian.
Si immerse una seconda volta, però questa volta nel
vortice, cercando di non nuotare, tanto sarebbe servito solo a
sprecare energie visto che era chiusa lì dentro. Questa
volta mentre
era immersa vide una chioma nera fare capolino sotto di lei.
Lily.
La compagna sprofondava sempre più giù. Ormai
erano
diversi minuti che era là sotto, Yuki doveva assolutamente
tirarla
fuori al più presto o sarebbe morta.
La cartografa riemerse
qualche secondo per prendere una razione d’ossigeno
sufficiente a
farla arrivare da Lilian, poi si ri-immerse nuotando più
veloce che
poteva verso la nakama, sfidando la forza inesauribile del
vortice.
Gli occhi di Lily erano serrati, dalla sua bocca uscivano
le ultime bolle d’ossigeno che risiedevano nei suoi polmoni.
Yuki
con un ultimo slancio arrivò a toccare la mano
dell’amica ed
iniziò a trascinarla nuotando verso la luce del sole.
Lilian
aveva bevuto molta acqua e, per questo, il suo corpo era estremamente
pesante. Yuki sentiva un forte dolore alle gambe e alle braccia,
dovuto all’eccessivo sforzo, ma non mollò.
Riemerse insieme
alla compagna ancora incosciente e si portò una mano alla
vita per
assicurarsi che la fune era ancora legata, ma così non era.
Spalancò
gli occhi spaventata, come avrebbe fatto adesso a riportare Lily e se
stessa sul ponte.
-La fune!- urlò Ryuu dalla nave, indicando
qualcosa a qualche metro da Yuki.
La ragazza si girò e vide
l’estremità della fune, si concentrò e,
portando un braccio
intorno alla vita della nakama, iniziò a nuotare in
direzione della
fune. Con un ultimo sforzo l’afferrò e diede il
segnale ai
compagni di ripescarla.
Ryuu, Ed e Solan tirarono la fune, issando
le due nakama sul ponte finalmente ristabilizzato; infatti mentre
Yuki era in mare Ed e Solan avevano manovrato la nave in modo da
farla ritornare in posizione dritta mentre Ryuu osservava le gesta di
Yuki.
Lilian era distesa sul ponte, non respirava e i suoi
occhi erano sigillati.
-Oddio, cosa facciamo adesso? Il medico
è lei!- disse Yuki mentre sdraiata accanto
all’amica cercava di
riprendere fiato.
-La dobbiamo rianimare!- disse Solan
congiungendo le mani all’altezza del petto di Lily ed
iniziando la
manovra.
-uno, due, tre… uno, due, tre…-
-Lily dai
ce l’ha puoi fare!- la incitò Yuki mentre i due
ragazzi
osservavano la scena in silenzio.
Dopo qualche manovra, Lily
iniziò a sputare acqua dalla bocca. Solan la fece girare su
un
fianco così da non far rientrare l’acqua in bocca.
-Lily
come ti senti?- chiese Ed
-Un po’ infreddolita ma sto bene!
Grazie ragazzi di avermi salvato!-
-E' tutto merito di Yuki!
E' lei che si è buttata in mare per salvarti!- disse il
capitano.
-Allora sono in debito con te amica!- sorrise
Lily.
Mentre Lily si ristabilizzava prendendo qualche
pastiglia contro l’ipotermia, Solan si diresse verso il
timone;
doveva pensare ad un modo per uscire da quella situazione.
-Qualche
idea?- chiese a Yuki, anch’essa vicino al timone.
-No,
niente-
-Che ne dici se usiamo il total jet?- disse Ryuu alle
loro spalle.
-Ottima idea Ryuu, perché non ci ho pensato
prima! Così riusciremo ad uscire di qui grazie allo sbalzo
che ci
darà il total jet!- disse entusiasta Solan.
-Si, è vero!
Ottimo Ryuu.- disse con meno entusiasmo Yuki, la quale era ancora
arrabbiata con il ragazzo.
In men che non si dica l’equipaggio
attivò il total jet, ovvero un potente gettò di
vapore, posizionato
da entrambi i lati sotto la nave. Il total jet sbalzò la
nave in
aria per poi scendere in picchiata verso il mare. Tutto
l’equipaggio
si era ben arrancato, per la seconda volta in quella giornata, ad
ogni appiglio della nave, aspettandosi l’impatto con
l’acqua.
Avevano usato pochissime volte il total jet, ma ricordavano benissimo
che l’impatto con l’acqua era violento e che molta
acqua sarebbe
finita sul ponte, ma questa volta la caduta fu molto più
traumatizzante. Infatti la nave, invece di atterrare
sull’acqua
atterrò su qualcosa di estremamente duro che
danneggiò il fondale
della nave.
-Ma cosa è successo?- chiese Lily
-Dove
siamo atterrati?- chiese Edward
Solan si alzò, seguita dal
resto della ciurma per controllare ciò che era successo.
Appena
si affacciarono alla balaustra tutti restarono a bocca aperta.
Davanti a loro si ergeva un’imponente isola circondata da una
coltre di mare ghiacciato, lo stesso dove erano atterrati loro con la
nave.
L’isola era completamente ricoperta da una fitta
nebbiolina che rendeva difficile l’avvistamento, per questo i
pirati non l’avevano intravista prima.
-Stargazer, l’isola
di ghiaccio!- disse Yuki ammirandola.
-L’isola di ghiaccio?
Bene. Qualcuno a qualche idea per come arrivarci, visto che il mare
intorno è completamente ghiacciato?- disse Lily avvolgendosi
ancor
di più nella coperta che aveva sulle spalle per
ristabilizzare la
temperatura corporea.
-Direi che dovremo fare una bella
passeggiata sull’oceano ghiacciato- disse il vicecapitano.
Solan
e Ryuu erano gli unici a non aver ancora detto una parola dopo aver
visto l’isola, ognuno per i suoi motivi. La rossa stringeva
tra le
mani il suo prezioso ciondolo, ripensando a ciò che era
successo
qualche minuto prima. Si era lasciata scivolare sul ponte dopo che
Lily era caduta in acqua, ma per quale motivo? Sapeva che lei non
poteva salvarla, avendo mangiato un frutto del mare, e allora
perché
l’aveva fatto? Da capitano doveva almeno provarci, si disse.
Ryuu,
invece, osservava l’isola invernale ripensando al luogo dove
era
nato. La sua isola Goteshi. Un’isola invernale nel Nuovo
mondo.
Scrollò la testa per scacciare quel pensiero e, si
avviò
insieme ai suoi compagni su quello spesso strato di ghiaccio che li
avrebbe portati ad approdare su una nuova isola, toccando,
finalmente, la terra ferma che mai, come in quella giornata, avevano
desiderato così tanto.
ANGOLO
AUTRICE:
Eccomi carissimi lettori! Contenti? Questa volta ho
aggiornato presto!
Allora vediamo un po’, in questo capitolo
abbiamo ritrovato la ciurma di Wolf che ha scoperto del tesoro di
Rufy! Mentre dall’altra parte la ciurma di Solan, prima, ha
salvato
Lily e poi sono “approdati” davanti una nuova
isola, cosa
succederà adesso? Devo dire che sono, stranamente,
soddisfatta di
questo cap, forse perché mi piacciono i combattimenti o
mettere nei
guai gli OC :) (forse più la seconda visto che nei
combattimenti non
sono molto azzeccata). Comunque aspetto come sempre le vostre
opinioni!
Adesso vi lascio, buona proseguimento di giornata!
Un
bacione, kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** capitolo 7 ***
Isola
Stargazer.
La ciurma di Solan furia rossa, dopo aver indossato
indumenti adatti alle fredde temperature, si era avviata sullo spesso
strato di ghiaccio che circondava l’isola.
-Wow che fenomeno
interessante! Avevo letto qualche libro riguardante
quest’isola, ma
nessuno è degno di questa meraviglia.- disse la navigatrice
sprofondando il viso nella calda sciarpa kaki, mentre osservava
l’isola che le si stagliava davanti.
Stargazer era un vero
paradiso di ghiaccio: gli alberi erano completamente gelati come del
resto tutto il paesaggio. L’atmosfera che si respirava era
magica,
con soffici fiocchi di neve che cadevano man mano che
l’equipaggio
si avvicinava all’isola.
-Ddddd che freddo! Co-co-come fanno
a vivere qui?- chiese Lilian avvolta in due pesanti maglioni sotto il
giaccone blu notte.
-Per quanto ne so, l’isola prima non era
così ghiacciata, era una semplice isola invernale, dove
sì, faceva
freddo, ma non in questo modo! Ho letto che da circa tre anni le
temperature si sono di colpo abbassate, congelando ogni forma di
vegetazione e, persino le case!- disse saggiamente Yuki.
-Le
case?? E la gente come vive senza casa?- chiese incuriosita il
medico.
-Beh, questo non lo so!- arrossì la
cartografa.
-Sicuramente avranno trovato un modo per rientrare
nelle loro abitazioni e convivere con il ghiaccio, anche se tutto
questo è un po’ strano!- disse Solan guardandosi
intorno.
-In
che senso?- si incuriosì anche il vice.
-Non sono un’esperta
di clima ma, dimmi se sbaglio Yuki, questo repentino cambio di clima
non può essere una questione naturale, giusto?-
-Giusto, ma
non saprei cosa può averla provocata…- rispose
riflettendo su un
possibile motivo logico.
-Bene siamo arrivati, che si fa?-
disse Ed una volta messo piede sull’isola,girandosi verso il
capitano.
-Direi che potete rilassarvi e cercare una locanda
dove alloggiare questa notte, mentre io andrò a cercare un
carpentiere per la nave, l’impatto con il ghiaccio
l’ha
danneggiata parecchio-
-Uh si, una calda e confortevole
locanda!- sospirò Lily pregustando il calore di un ambiente
chiuso,
con magari una bella tazza di cioccolata bollente tra le
mani.
-Bene, io vengo con te!- disse Edward pronto a seguire,
come sempre, il capitano.
-No, cioè… sarai stanco! Va con
gli altri a cercare una buona locanda, e poi non vorrai lasciare Ryuu
solo con Yuki e Lily, lo trascinerebbero in qualche
negozio…- disse
improvvisando una scusa veloce, che di certo non sfuggì al
suo
vice.
-Uhm, come vuoi tu!- disse Ed guardando Solan con un
sopracciglio alzato. Stava nascondendo qualcosa, presto avrebbe anche
scoperto cosa, ma sarebbe stata lei stessa a dirglielo quando si
sarebbe sentita pronta, faceva sempre così.
Mentre la ciurma
si addentrava nell’isola alla ricerca di una confortevole
locanda,
Solan accelerò il passo per allontanarsi il più
possibile dai
compagni. Lei come ogni componente della nave aveva i suoi segreti;
Yuki infatti aveva una paura tremenda dei ragni, mentre Lily non
avrebbe mai confessato di non riuscire a dormire al buio, Ryuu invece
non parlava mai del suo passato ed Edward, beh di lui sapeva tutto,
ma era sicura che anche lui custodiva i suoi segreti. Solan si era
allontanata non perché non si fidasse della sua ciurma, ma
solo per
proteggerli.
La rossa estrasse un lumacofono e velocemente
digitò alcuni numeri. Dall’altro capo della lumaca
una voce
maschile, estremamente profonda, rispose.
-Pronto?-
-Sono
Solan, come sta?- disse stringendo forte tra le mani il medaglione
che custodiva il suo segreto.
-Solan! Non dovresti chiamare lo
sai, lui ti potrebbe scovare!- bisbigliò con voce rauca,
l’uomo.
-Lo so, ma avevo bisogno di sapere se sta bene…-
disse tirando indietro le lacrime, che crudeli le volevano solcare il
viso.
-Sta bene…- disse addolcendo la voce l’uomo
–chiede
sempre di te! Io le ho detto che sei morta, ma è come se
sapesse che
non è vero! Comunque figliuola devi cercare di dimenticarla,
per il
suo e il tuo bene-
-Lo so, ma non ci riesco… Ok, adesso devo
andare, ciao papà!- disse con voce rotta
dall’imminente
pianto.
Solan ripose in tasca il lumacofono e
si asciugò le lacrime, camminando verso quel che doveva
essere una
sottospecie di porto.
Nel frattempo il resto
dell’equipaggio stava ancora cercando una locanda. Le strade
erano
delle vere e proprie lastre di ghiaccio, dove era impossibile non
cadere almeno una volta, per un turista.
I pochi abitanti che
erano rimasti sull’isola, dopo il repentino cambiamento
climatico
di tre anni prima, si erano attrezzati di strane scarpe chiodate per
non scivolare su quelle lastre. Man mano che i pirati camminavano
verso il centro del paese la neve cadeva sempre più fitta,
come se
qualcosa al centro dell’isola innescasse la nevicata.
-Uhm…
tutto questo è molto strano…- disse Yuki.
-Già lo penso
anche io…- disse pensieroso Ed.
-Ecco una locanda
finalmente!- esultò Lily che si diresse di corsa verso la
struttura,
ma prima che potesse aprire la porta scivolò cadendo
rovinosamente a
terra.
-Tutto bene Lily?- disse Yuki ridendo
-Si, ma
non c’è niente da ridere!- sbuffò
infastidita la mora.
Ryuu
spalancò la porta del locale e, un intenso profumo di
cannella e
cioccolato gli entrò prepotentemente nelle narici.
La locanda
Iceland, era molto grande, ma soprattutto confortevole. Davanti
l’ingresso si stagliava un grosso tappeto che
all’apparenza
doveva essere molto soffice. Il locale era composto da un grande
salone, con al centro un grosso bancone da bar e, invece dei soliti
tavoli con sedie, c’erano delle sottospecie di divanetti con
sontuosi tavoli di ogni dimensione. Le luci erano soffuse per dare la
giusta intimità ai clienti e, nell’aria si
respiravano aromi dolci
contrastati da lievi note piccanti, provenienti dalla cucina dietro
il bancone. Sulla sinistra si ergeva una sontuosa scala di legno
scuro, avvolta da un lussuosissimo tappeto rosso opaco, che conduceva
agli alloggi.
-Wow! questo posto è il paradiso!- disse Lily
girando su se stessa per ammirare il posto.
-Benvenuti signori
e signore!- disse un uomo sulla quarantina fasciato in una divisa blu
e rossa.
-Signora a chi razza di pingu?!- disse, armata di
arco e frecce, Lilian.
-Ehm, volevo dire signorine…- deglutì
spaventato, l’uomo.
-Vorremmo sapere se ci sono delle stanze
libere- chiese Edward all’uomo.
-Tutte quelle che volete!
Purtroppo da quando è cambiato il clima non ci sono
più molti
turisti che vengono a visitarci…- disse triste il locandiere.
-Ci
servirebbero cinque stanze- continuò il vice.
-Ma certo,
accomodatevi pure ad uno dei nostri tavoli, vi farò
preparare le
camere migliori- disse servile il quarantenne.
-Mi scusi, sa
dirmi qualcosa su questo repentino cambio di clima?- chiese, con la
sua solita curiosità da navigatrice, Yuki.
-Certo, è tutta
colpa del perfido Rondonos, è lui che ha innescato questo
strano
processo!-
-Chi è Rondonos?- chiese Ryuu fiutando guai in
vista.
-Da quando è approdato qui tre anni fa, si crede il re
dell’isola, ma in realtà è solo un vile
pirata che si è
impossessato con la forza e la tirannia della nostra amata isola,
riducendola in un cumulo di ghiaccio.-
-Uhm, interessante! C’è
profumo di sfida in giro, Solan ne sarà felice!- disse
Edward con un
mezzo sorriso.
-Ha per caso mangiato qualche strano frutto del
mare, questo Rondonos?- chiese Lily
-Scusate ma non posso
aggiungere altro, lui potrebbe sentirci, ha spie ovunque- disse il
locandiere eclissandosi su per le scale.
La ciurma si accomodò
ai comodi divanetti, ordinando qualche bevanda per
riscaldarsi.
-Ehi ciurma!- disse Solan appena entrata
nella locanda.
-Capitano! Sei arrivata finalmente, trovato un
carpentiere?- disse Ed con uno strano sguardo che non passò
inosservato alla rossa, era stata smascherata.
-Ehm, si certo!
Domani andrà a vedere i danni!- rispose prontamente.
-Come
hai fatto a trovarci?- chiese Lily.
-Beh, non è stato
difficile, era l’unica locanda aperta della città.-
-Le
camere sono pronte se vi volete accomodare, queste sono le chiavi!-
disse il locandiere spuntato improvvisamente dietro le spalle di
Solan.
Ogni pirata prese una chiave e si avviò verso le
scale.
Lily si era subito buttata sotto la doccia per
rifocillarsi sotto un getto di acqua calda, dopo aver passato dei
lunghi ed interminabili minuti nell’acqua gelata, quella
mattina,
sentiva proprio il bisogno di qualcosa di caldo. Ryuu, prima
posò la
sua fedele falce accanto al letto, e poi scostò la tenda
crema,
della piccola finestra della sua camera, per ammirare il paesaggio
innevato che si celava fuori. Yuki, si era buttata subito sul letto,
testando il morbido materasso; mentre Edward invece stava riponendo
le poche cose che si era portato dalla nave, quando qualcuno
bussò
alla sua porta.
-Avanti- disse sapendo già chi fosse.
-Ciao
Ed!- disse Solan facendo capolino dalla porta –ho portato
queste
per farmi perdonare!- disse mostrando due bottiglie di
liquore.
-Perdonare di cosa?- disse Ed fingendo di non sapere
a cosa si riferisse.
-E dai, ho capito che mi hai scoperta in
pieno!- disse sedendosi sul letto del vice, porgendogli una bottiglia
mentre lei ne stappava un’altra.
-E si Sol, non puoi
nascondermi niente, dovresti saperlo ormai!- disse sorridendo mentre
si sedeva accanto a lei prendendo la bottiglia.
-Scusa, avevo
bisogno di fare una cosa da sola- disse attaccando le sue labbra alla
bottiglia, deglutendo il forte liquido.
-Ehi vacci piano, non
vorrai sbronzarti come la prima volta che ci siamo conosciuti!- disse
imitando la compagna, bevendo un gran sorso –va tutto bene?-
disse
improvvisamente serio, guardando Solan dritta negli occhi
ambrati.
-Si certo!- rispose deviando lo sguardo.
-Ehi,
sai che puoi dirmi tutto…-
-Sì, solo che non vorrei
parlarne adesso, non voglio pensarci…- disse sorridendogli
debolmente.
-Ok!, allora cin!- disse facendo cozzare le due
bottiglie in un improvvisato brindisi.
-Cin!- sorrise, questa
volta più tranquilla, Solan.
Sulla
Black moon nel frattempo…
-Wow è stato grandioso! Avete
visto le facce dei soldati quando il capitano gli ha rubato le
ombre?- disse Luna super entusiasta
-Si avevano gli occhi
fuori dalle orbite!- continuò Asako
-E quando Ashuros gli ha
incatenati con le sue catene invisibili? Mitico!- continuò
l’archeologa.
-Si è stato fortissimo!- disse July mentre
sfogliava un libro di medicina.
-Ehi Luna! Lascia qualche
dolce anche a me!- si intrufolò Stun.
-Uhm, sono buonissimi!
Togli le mani Thunder!- gli schiaffeggiò una mano blu, Luna.
Aveva
trovato sul tavolo, nel pomeriggio dopo lo sbarco, un vassoio di
dolci di tutti i tipi, purtroppo quelli che aveva acquistato
sull’isola li aveva persi a causa del combattimento, ma per
fortuna
ne erano spuntati dei nuovi e, anche più buoni, sulla nave.
-Si
sono buonissimi!- disse Stun rubando un dolce al cioccolato, mentre
lanciava un’occhiata ad Ashuros.
Catena nera era fuori dalla
cucina, seduto accanto all’albero maestro. Sentiva, dalla sua
posizione, le chiacchiere dei suoi compagni, i quali non facevano
altro che parlare dei marine e delle guardie che avevano appena
battuto.
Ashuros odiava, come molti pirati, la marina e in quel
momento, ascoltando le conversazioni dei compagni, non poté
fare a
meno di ripensare al suo passato.
-Nonna sono
arrivato!- disse un giovane ragazzo dai corti capelli argento.
-Oh
Ashuros caro, vieni ti stavo aspettando!- disse l’anziana
seduta su
un divanetto.
-Dimmi nonna, come mai mi hai mandato a chiamare
così di fretta?- disse affannato per la lunga corsa che
aveva fatto.
Qualche ora prima un servitore agli ordini della nonna, gli aveva
riferito che sua nonna Astrid lo voleva vedere subito e, visto che la
cosa sembrava urgente, Ashuros si era subito precipitato dalla
donna.
-Caro nipote, stamani sono venuta a conoscenza di
qualcosa di terribilmente inaspettato…- iniziò la
donna, dai
lunghi capelli bianchi racchiusi con un sontuoso fermaglio dalle
sfumature dorate.
-Sai che in questi ultimi anni lo stato ha
avuto molti problemi, guerre, carestie, ma per fortuna ce
l’abbiamo
sempre fatta. La nostra famiglia è una delle più
ricche e potenti,
tuo padre, e prima di lui tuo nonno, è un fedele consigliere
del re,
per questo molte volte la nostra famiglia è stata presa di
mira dai
disertori del regno…-
-Non capisco nonna, cosa centra tutto
questo con la tua improvvisa chiamata?- chiese il giovane
confuso.
-Sai che anche se sono anziana, ho ancora i miei
contatti là fuori…- disse la donna ripensando a
quando era una
giovane spia governativa. –Beh, uno di loro mi ha appena
comunicato
che dei trasgressori del regno, alleati stanno per causare un colpo
di stato e la nostra famiglia sarà uno degli obiettivi
principali!-
disse spalancando gli occhi cerulei.
-Cosa? Chi, chi sta
cercando di colpire lo stato? di colpire noi?- chiese il ragazzo
sconvolto dalla notizia.
-Non è questo l’importante, è
più
necessario che tu te ne vada subito! Scappa di qui per il tuo bene
figliuolo!- disse l’anziana poggiando una fragile mano sul
ginocchio del nipote che le sedeva accanto.
-Non ci penso
proprio!- si alzò di colpo Ashuros –Non
scapperò lasciando tutti
voi a combattere questa nuova guerra!- urlò.
-Sii
ragionevole, è troppo pericoloso, si rischia la vita, non
voglio che
il mio unico nipote muoia per il capriccio di qualche delinquente!-
disse Astrid fronteggiando il nipote.
-Non morirò! So
difendermi!- si imputò.
-Sapevo che avresti reagito in questo
modo, ah che testa dura!- disse la donna avvicinandosi ad un armadio
dove, dopo qualche minuto, estrasse un sacchetto grande e uno molto
più piccolo. –Tieni, questo ti aiuterà
nella battaglia…- disse
porgendogli il sacchetto più grande.
Ashuros incuriosito lo
aprì e ne estrasse uno strano frutto.
-E cosa dovrei farci
con un frutto?- chiese con un sopracciglio alzato, iniziava a pensare
che la nonna fosse impazzita.
-Questo è il frutto del mare
chain-chain, mangialo e ti renderà più forte!-
disse l’anziana,
sorridendo. –E questo…- disse porgendogli il
sacchetto più
piccolo –è un regalo che penso gradirai molto-
Il ragazzo
aprì l’altro sacchetto e ne estrasse un piccolo
cofanetto argento
con all’interno un orecchino: una catenina nera alla quale
era
appeso un falcetto anch’esso nero.
-Ma, ma questo è…?-
chiese incredulo il giovane.
-Si, l’orecchino di tuo nonno!
Quello che avevi sempre desiderato avere fin da piccolo, ora
è tuo!-
-Grazie nonna!- disse felice.
-Non ringraziarmi, anzi
mangia quel frutto, non abbiamo molto tempo!- disse improvvisamente
nervosa.
Ashuros iniziò a mangiare il frutto. Esso aveva uno
strano gusto piccante, con delle note metalliche, come se stesse
trangugiando metallo.
Mentre il ragazzo mandava giù l’ultimo
boccone, sentendosi sempre più strano e improvvisamente
più forte,
qualcuno bussò violentemente alla porta di casa.
Astrid andò
ad aprire.
Tre uomini di media altezza si presentarono davanti
alla donna improvvisando un inchino.
-Signora Bleeder, gli
insertori hanno iniziato ad attaccare la città!- disse un
uomo dai
capelli rosso fuoco.
-Cosa? Così presto? Uhm… allora non
abbiamo tempo da perdere andiamo subito a contrattaccare!- disse
agguerrita, l’anziana.
-Nonna cosa succede?- chiese il
nipote
-Hanno iniziato ad attaccarci!- disse frettolosa
l’anziana.
-Oh no! Devo andare subito a casa per aiutare
papà!- disse il ragazzo.
-Si corri, io dirigerò da qui il
contrattacco!- disse l’anziana stratega.
Ashuros corse a per
di fiato verso casa sua. Era diventato improvvisamente più
veloce e
silenzioso, quasi non udiva i suoi stessi passi. Intorno a lui si
percepivano i rumori di una violenta battaglia, esplosioni, grida di
poveri bambini alla ricerca delle loro famiglie, persone che
raccattavano velocemente qualche vestito per poter fuggire da quel
caos. Era successo tutto così velocemente che non si era
accorto
della gravità della situazione.
Appena arrivò a qualche
chilometro da casa sua, il suo cuore perse qualche battito. Da casa
sua, una sontuosa villa in cima ad una collina, si ergeva un pesante
e denso fumo nero, la casa stava andando a fuoco!
Corse sempre più
veloce, finché non arrivò nel cortile, dove vide
alcuni uomini
combattere contro suo padre e i suoi amici.
-Papà!- urlò
Ashuros.
-Ashuros scappa!- gli urlò il padre, il quale stava
rovinosamente sanguinando da una ferita al centro del petto.
Il
ragazzo si guardò intorno, non vedeva sua madre da nessuna
parte,
quindi decise di entrare nella casa che andava in fiamme.
Salì le
scure scale dove, con grande orrore, trovò il corpo mezzo
bruciato
della madre.
Una grande rabbia sgorgò nelle sue vene, sempre
più
calda, sempre più potente. Trascinò quel che
rimaneva del corpo
della madre, fuori casa e, stringendo forte i pugni iniziò a
combattere.
Si sentiva forte, quasi invincibile, era accecato
dalla rabbia. Perché stava succedendo tutto quello?
perché sua
madre , una donna sempre dolce e gentile con tutti, era morta in
quell’atroce modo?
Più la rabbia cresceva, più Ashuros
sentiva il suo corpo cambiare. Improvvisamente, un uomo alle sue
spalle impugnò un fucile pronto a sparagli, ma qualcosa lo
fermò.
Delle catene.
Ashuros aveva sentito uno strano
pizzicore sulla schiena e, quando si era girato aveva visto una lunga
catena infuocata spuntargli dalla schiena e colpire un uomo con in
mano un fucile puntato contro di lui.
Il potere del frutto del
diavolo, pensò il ragazzo.
La battaglia si fece sempre più lieve
finché non rimase più nessun nemico da
sconfiggere. Il padre di
Ashuros era morto dopo un altro letale colpo, il giovane era rimasto
solo.
Di corsa si precipitò a casa dell’adorata nonna e
lì, la
scena era pressappoco simile a quella di casa sua.
Tutto era
avvolto dalle fiamme, decine di corpi giacevano sul prato,
colorandolo di rosso. Ashuros cercò la nonna e la
trovò appoggiata
ad un albero, semicosciente.
-Nonna!- disse parzialmente
sollevato.
-Ash…Ashuros…- sospirò
Il ragazzo dai
capelli argentati si inginocchiò davanti
all’anziana, notando le
gravi ferite che riportava.
-Nonna aspetta qui, vado a
chiamare un medico!-
-No…figliuolo, la mia ora ormai è
giunta… pensa a salvare altre vite, pensa a difendere la
tua… sii
felice, creati una famiglia…- disse la donna prima di
esalare
l’ultimo respiro.
-Nonna…-
Da quel giorno
Ashuros covò una grande rabbia dentro di sé. Dopo
aver dato una
degna sepoltura alla sua famiglia, si recò nel centro della
sua
città danneggiata in ogni dove. Iniziò ad aiutare
le varie persone
in difficoltà, cercando di riportare una leggera
normalità in
quella città ferita.
Passavano i giorni e Ashuros si faceva
sempre più freddo e solitario, finché, dopo tre
anni da
quell’atroce attacco, decise di partire, di abbandonare tutto
e
diventare un pirata, sfidando la legge, la marina, che si era fregata
della sua città, del suo stato, non curandosi di tutto il
dolore che
avevano subito, ma forse, si disse Ashuros, la marina infondo
centrava con quello che era successo, o se non era così, non
aveva
comunque impedito che succedesse.
Dopo qualche mese da pirata
solitario, un giorno, in una locanda, Ashuros incontrò Stun.
I due
divennero subito grandi amici e decisero di partire insieme.
Così
Ashuros, poté ricominciare a vivere e, dopo poco tempo, sia
lui che
l’amico entrarono a far parte della ciurma di Amlach Lumbar,
detto
Wolf, il quale si era mostrato degno della loro fiducia.
Ashuros
aveva trovato una nuova famiglia e, questa volta, avrebbe combattuto
ancor più duramente per non perderla mai.
Si
risvegliò, Ashuros, da quel breve flashback sul suo passato.
Il suo
rancore per la marina negli anni non si era assopito, ma era contento
di aver trovato degli amici fedeli con cui viaggiare e vivere la sua
vita piena di nuove avventure.
Improvvisamente, mentre era
assorto nei suoi pensieri, catena nera sentì un forte tonfo,
qualcosa aveva urtato la nave.
Ashuros si alzò e vide una
malconcia barchetta affianco alla Black moon.
-Capitano!-
chiamò –abbiamo ospiti!- disse osservando il
giovane ragazzo sulla
barchetta che lo guardava con occhi serrati dalla
paura.
ANGOLO AUTRICE:
Ciao
a tutti!!!!
Eccomi con un nuovo capitolo! Allora che dire, mi
convince in parte, ovvero non sono molto sicura riguardo al passato
di Ashuros quindi chiedo in anticipo scusa al creatore del
personaggio se ho cannato qualcosa!
Per quanto riguarda il resto,
beh, come avrete capito la ciurma di Solan passerà qualche
episodio
sull’isola Stargazer, mentre la ciurma di Amlach
sarà impegnata in
una nuova avventura riguardante il ragazzo naufrago!
Spero che
tutto sommato il capitolo vi sia piaciuto, aspetto come sempre le
vostre recensioni che adoro!!!
Un’ultima cosa e poi mi eclisso,
come qualcuno di voi avrà potuto notare
dall’introduzione, ho
ri-aperto le iscrizioni per 4 nuovi Oc! Perché vi starete
chiedendo,
beh, per consentire ad altre persone di partecipare e, per rendere
ancora più avventurosa la storia dei nostri cari amici!
Spero che
qualcuno voglia partecipare, ovviamente tenendo conto degli OC
già
presenti e dei ruoli già assegnati! Sarei super felice se ci
fossero
almeno altri due o tre Oc maschi, ma ovviamente vanno bene anche le
ragazze!!! :)
Con questo concludo o faccio un angolo autrice lungo
quanto tutto il capitolo!
Vi auguro buona giornata/serata!
Un
bacione grande kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** capitolo 8 ***
Nel
bel mezzo dell’oceano la Black moon aveva gettato
l’ancora dopo
che una barca di piccole dimensioni gli si era affiancata qualche
minuto prima.
I pirati si erano subito riuniti sul ponte,
curiosi di conoscere colui che aveva urtato la loro nave e scoprirne
il perché.
Il giovane naufrago, un ragazzo di diciassette anni
alto circa un metro e settanta con occhi e capelli marroni, era stato
issato sul ponte grazie alle catene di Ashuros, e adesso si ritrovava
gli sguardi di sei persone puntati addosso.
-Sa-Salve…-
disse titubante il giovane. Alcune persone di
quell’equipaggio
sembravano innocue, quasi gentili, agli occhi del giovane.
Le
ragazze avevano visi soavi ed erano tutte e tre molto belle, mentre
gli uomini lo spaventavano a morte.
Il ragazzo era rimasto
scioccato, soprattutto, dal grosso gigante blu e dall’uomo
dal
fisico possente e gli occhi di ghiaccio, che tutti chiamavano
capitano.
Il giovane osservò l’ambiente intorno a se: la
nave
era davvero grandissima, rifinita in ogni dettaglio. In cima, la vela
più grande e una grossa bandiera nera che sventolava fiera,
portava
lo stemma di un lupo con dietro le ossa incrociate di un teschio. Il
moro deglutì sonoramente, terrorizzato per essere capitato
proprio
su una nave pirata.
-Ciao!! Io mi chiamo Luna!- disse, facendo
un gran sorriso, improvvisamente la giovane biondina al centro,
rivolta al nuovo arrivato –Tu invece chi sei?- chiese
-Pia-piacere
io… sono Chuck!- disse con voce poco stabile.
-Cosa ci fai
per mare con questa bagnarola?- chiese freddo il capitano.
-Sono
scappato dalla mia isola, Foko, per chiedere aiuto alla…
alla…marina…- disse tremando, sicuro che da un
momento all’altro
lo avrebbero scuoiato vivo o gettato in pasto a qualche re del mare,
soprattutto dopo aver nominato la marina, ma era più forte
di lui
non riusciva a mentire, neanche nelle situazioni che forse lo
richiedevano.
-Ahahah! Chiedere aiuto alla marina, che cosa
stupida!- rise il capitano.
-Perché, cosa succede sulla tua
isola?- chiese un'altra biondina, Asako, facendosi avanti.
Chuck
si sentiva un po’ preso in giro, visto le affermazioni del
capitano, ma del resto loro erano pirati e si sa che il loro rapporto
con la marina era di puro odio, era già tanto che
quell’uomo non
l’avesse decapitato con le sue tre katane dopo aver nominato
la
marina, forse aveva qualche chance di sopravvivere, intanto doveva
rispondere alla domanda di quella graziosa ragazza pirata.
-Alcuni
mesi fà dei pirati sono sbarcati sulla mia isola, iniziando
a
derubare ogni commerciante e fare razzie. Il loro capo si fa chiamare
il nuovo Barbanera, è spregevole e, soprattutto, fortissimo.
Nessuno
sulla mia isola è stato in grado di fermarlo. Abbiamo
cercato di
contattare la marina ma niente; quindi io, il figlio del sindaco del
mio villaggio, sono partito per cercare qualcuno in grado di
salvarci, forse parlando con qualche ammiraglio avrei convinto la
marina a venire ad aiutarci…- raccontò.
-Non ci conterei
tanto! La marina non ha nessun interesse ad aiutare te o gli abitanti
della tua isola!- disse Ashuros seduto accanto all’albero
maestro.
-Ma io…-
Amlach diede una fugace occhiata ad
Asako che era in piedi accanto a lui. La ragazza teneva i pugni
stretti e la mascella serrata. Era evidentemente rimasta sconvolta,
ma soprattutto arrabbiata, dalle rivelazioni sul nuovo
Barbanera.
-Ti aiuteremo noi!- disse Wolf girandosi e
camminando verso il timone.
Chuck rimase senza parole. Se la
marina non aveva nessun interesse ad aiutarlo, perché quel
pirata si
era appena offerto di aiutarlo? Che cosa ne avrebbe tratto lui e la
sua ciurma?
-Perché? Pe-perché mi aiutate?- chiese il
naufrago, confuso.
Il capitano non rispose e continuò a
camminare salendo, silenzioso, le scalette. La sua ciurma sapeva che
infondo Wolf aveva un gran cuore e aiutare quel ragazzo, senza
nemmeno conoscerlo, lo dimostrava.
Asako sorrise appena alle
parole del capitano. Lui era a conoscenza del suo passato e sapeva
quanto lei odiasse Barbanera e i suoi pirati. Quando Rufy cappello di
paglia lo aveva sconfitto anni prima, lei ne era stata felicissima,
ma dentro di lei portava ancora rancore per quello che era successo
al suo villaggio. Forse, se sarebbe riuscita ad aiutare Chuck quel
rancore si sarebbe sopito. Forse Wolf aveva deciso di aiutarlo
proprio per quel motivo.
La ciurma di pirati si diradò per la
nave, ognuno aveva i suoi compiti da svolgere. Wolf era andato al
timone per osservare la rotta, mentre Stun e Ashuros erano in cucina,
chi a cucinare e chi a mangiare. July dopo aver visitato il nuovo
arrivato si chiuse nel suo studio per sistemare le cartelle mediche
dei suoi compagni, mentre Luna si era accovacciata in un angolo della
nave a leggere uno dei suoi preziosi libri senza essere
disturbata.
Chuck, il naufrago, si era appoggiato alla balaustra
ed osservava la nave in movimento, diretta verso la sua isola.
Chissà
se quei pirati appena conosciuti lo avrebbero davvero aiutato, si
poteva fidare della parola di un pirata?
Assorto nei suoi
pensieri il ragazzo non si era accorto che la navigatrice di bordo
gli si era affiancata, appoggiandosi anche lei alla
balaustra.
-Pensi alla tua isola?- disse Asako.
-Sì.
Mi chiedo se accettando il vostro aiuto ho fatto la scelta
giusta…-
disse con voce leggermente bassa.
-Sì! Il nostro capitano
mantiene sempre la sua parola! Se ti ha promesso che ti
aiuterà, lo
farà, non devi dubitarne!- disse convinta la biondina.
-Ma
siete pirati! Pirati come quelli che stanno danneggiando la mia isola
da mesi!!- alzò leggermente i toni il ragazzo.
-Noi non siamo
come loro!- urlò Asako arrabbiata –Noi non
uccidiamo la gente, non
pensiamo solo ad arricchirci sopra le spalle altrui, noi viaggiamo
per raggiungere i nostri ideali, i nostri sogni, aiutando la gente
non facendole del male!!-
-Scusa…hai ragione, voi siete
diversi lo avete dimostrato porgendomi il vostro aiuto senza sapere
nulla di me, ma sai per me e difficile fidarmi dei pirati, visto
ciò
che sta succedendo sulla mia isola-
-Sì, ti capisco fin
troppo bene…- disse con voce malinconica Asako.
Chuck guardò
la ragazza con sguardo confuso, davvero sapeva ciò che stava
passando lui? Forse anche lei nel suo passato aveva affrontato una
situazione simile, se era così aveva un buon motivo per
fidarsi di
loro, quella ragazza lo capiva e lui dentro di se sapeva di poterle
credere.
-Raccontami un po’ della tua isola…- disse
improvvisamente la donna.
-Ok!- disse Chuck facendole segno di
sedersi accanto a lui sul ponte.
Seduti, l’uno accanto a
l’altra, Chuck iniziò a raccontare le bellezze
della sua
particolare isola.
-Foko è un’isola vulcanica non molto
grande. Al centro di essa si erge un grandissimo vulcano ormai
inattivo da secoli. Il territorio circostante ad esso è
molto
fertile, infatti la mia gente vive principalmente grazie
all’agricoltura, esportando le nostre prelibate verdure in
tutto il
mondo. Purtroppo da quando è sbarcato questo perfido pirata,
si è
impossessato della nostra merce, impedendoci di vendere i nostri
prodotti e chi si rifiuta viene ucciso senza scrupoli…-
disse
stringendo forte i pugni. Asako gli mise una mano sulla sua, cercando
di rincuorarlo –Presto tutto questo finirà, e la
tua isola
ritornerà ad essere felice come prima!- disse
sorridendogli.
-Grazie Asako, sei davvero una brava persona!-
disse Chuck guardandola negli occhi.
La biondina arrossì,
finché non venne chiamata a rapporto dal capitano
-Asako
vieni!- tuonò Wolf.
La navigatrice lasciò il suo nuovo amico
e salì le scalette che portavano al timone dove Wolf
l’aspettava.
-Eccomi capitano!-
-Guarda un po’ là!-
disse indicando un punto lontano.
Asako afferrò il
cannocchiale e osservò il punto indicatole
dall’uomo. In
lontananza infatti si vedeva una piccola isola, quella doveva essere
Foko!
-Bene, tra qualche ora arriveremo a Foko!- disse esperta
la navigatrice.
-Vai ad avvisare il tuo amico, e di a tutti di
preparasi per l’attracco-
-Va bene capitano!- sorrise la
ragazza –e… grazie per aver deciso di aiutare
Chuck!- disse per
poi scendere ad avvisare tutti.
Amlach osservò l’isola
ancora lontana, pensando che anche se Cappello di paglia era
diventato il nuovo Re dei pirati ed aveva combattuto contro
Barbanera, ancora esistevano seguaci di quest’ultimo, pronti
a far
razzie su ogni isola come il loro mentore. Ma lui era ben deciso a
distruggere una volta per tutte quei tipi di pirati che offendevano
il loro nome, su Foko, presto, si sarebbe scatenata una vera e
propria guerra tra pirati.
Secondo
giorno isola Stargazer.
Piccoli fiocchi di neve cadevano lenti
sullo sfondo ghiacciato della cittadina, mossi da una leggera brezza
che pian piano li trasportava facendoli danzare qua e la.
Il sole
stava pigramente sorgendo, illuminando con i suoi caldi raggi il
paesaggio incastonato nel ghiaccio, rendendolo quasi fatato.
I
pochi cittadini che ancora abitavano a Stargazer, pian piano si
stavano risvegliando, animando le case con le chiacchiere mattutine o
accendendo i camini per riscaldarsi da quel perenne freddo che li
avvolgeva.
Nella locanda Iceland invece, si respirava già il
dolce profumo di croissant appena sfornati, accompagnato dal consueto
caffè appena uscito. Delicate note di crema alla vaniglia
seguite da
un intenso odor di cannella si propagavano per tutta la taverna fino
alle camere degli ospiti, dove la ciurma della furia rossa
riposava.
Ryuu quella mattina si era svegliato presto, continuava
a rigirarsi nel letto con un pensiero fisso in testa: Yuki.
Lui
non era il tipo da affezionarsi troppo alle persone che aveva
intorno, anche se da quando era entrato a far parte di quella ciurma
gli risultava molto difficile far finta di non essersi affezionato ai
suoi compagni ed, in particolar modo, a quella testarda di una
navigatrice.
Yuki sin dall’inizio era sempre stata molto gentile
con Ryuu, si avvicinava a lui e iniziava a parlargli e a fargli
domande per conoscerlo un po’ meglio, ignorando il fatto che
lui
preferiva isolarsi, ma lei era fatta così, entrava nei cuori
delle
persone, anche dei più solitari, dei più
scontrosi, come lui.
Infatti era proprio questo il problema che attanagliava la mente di
Ryuu quella mattina, quella ragazza era entrata prepotentemente nel
suo cuore, e lui se ne era accorto solo adesso, adesso che molto
probabilmente lei non voleva più stargli vicino, visto come
si era
comportato sulla nave con lei, ma infondo forse era meglio
così, più
gli stava lontana e meglio era per la sua incolumità;
già una volta
aveva fatto del male a dei suoi compagni e mai avrebbe accettato che
quel fatto si potesse ripetere, soprattutto nei confronti di
Yuki.
Ryuu si decise una volta per tutte ad alzarsi da quel letto
e a non pensare a quelle cose, chiamate sentimenti, che per lui erano
quasi sconosciuti. Aveva aperto il suo cuore solo una volta, ad una
bambina, e difficilmente qualcun altro avrebbe raggiunto quel
livello.
Velocemente si vestì con la felpa nera più
pesante che
aveva, calandosi come sempre il cappuccio sugli occhi, poi
indossò
dei jeans e i suoi consueti scarponcini neri, prese la falce ed
uscì
dalla sua stanza.
Attraversò il lungo corridoio con passi lenti
e ben calcolati, era sempre allerta e pronto a combattere in ogni
momento. Passò davanti alla camera di Yuki e si
fermò per qualche
secondo. Guardava quella porta scura come se volesse oltrepassarla
con lo sguardo per vedere cosa facesse la compagna, quando
improvvisamente la porta si aprì. Yuki aprendo la porta e si
ritrovò
Ryuu davanti.
-Ryuu…- disse un po’ confusa di ritrovarselo
li davanti.
-Ciao Yuki- disse il ragazzo passandosi una mano
fra i capelli per l’imbarazzo.
-Volevi dirmi qualcosa?-
disse la ragazza, sperando che Ryuu si scusasse con lei per il
litigio avuto sulla Liberty. Yuki ci era rimasta molto male nel
sapere che Ryuu la considerasse debole, non in grado di aiutare
Lilian. Sperava che lui abbassasse quello scudo che si creava per non
interagire con le persone e ammettesse di aver sbagliato, se lo
pensava.
-No, non devo dirti niente- disse, freddo, il nakama
incamminandosi verso le scale.
Yuki abbassò lo sguardo
amareggiata, evidentemente Ryuu non si sarebbe mai aperto con lei,
evidentemente ciò che aveva detto sulla nave lo pensava
realmente,
infondo lui non mentiva mai.
In un'altra stanza, due pirati
dormivano a gonfie vele. Dopo aver passato la serata a bere e
chiacchierare di cose più o meno importanti, Solan ed Edward
si
erano addormentati, chi sdraiata completamente sul letto con ancora
una bottiglia mezza vuota in mano e chi seduto ai piedi del letto con
una sfilza di bottiglie vuote di tutti i tipi accanto. Ai due pirati
piaceva passare alcune serate così, rimembrando i vecchi
tempi e
fantasticando sulle avventure future. Quella sera Ed non aveva
indagato sullo strano atteggiamento del capitano, lei stessa gli
aveva detto che non era ancora pronta a parlarne e lui sapeva che,
quando lo sarebbe stata, lui sarebbe stato il primo a saperlo.
Il
sole ormai faceva capolino dalle leggere tende color lavanda,
illuminando tutta la stanza. Un dispettoso raggio di sole
stuzzicò
con il suo bagliore, gli occhi ancora chiusi del capitano, che
iniziò
a mugugnare qualcosa per la fastidiosa luce. Si rigirava in mille
posizioni su quel comodo letto, ma il raggio non smetteva di
disturbarla, così aprì di colpo gli ambrati occhi
rimanendo
accecata dalla luce.
-Aaaah che luce fastidiosa!- disse
portandosi una mano davanti a gli occhi.
Pian piano Solan si
abituò alla luce mattutina, aprendo maggiormente gli occhi.
Si
guardò intorno e vide una testa ai piedi del letto. In un
baleno
vari flash della serata precedente le affollarono la mente: lei che
bussava alla porta di Edward, loro due che ridevano e soprattutto
bevevano, mille chiacchiere, una sfida a chi beveva più
bottiglie di
sakè e poi… più niente.
Osservò la bottiglia mezza vuota che
aveva ancora in mano e sbuffò.
-Uffa! Ha vinto di nuovo lui!-
disse appoggiando la bottiglia sul comodino ed alzandosi dal letto.
In tutte le loro sfide vinceva sempre lui, ma prima o poi
l’avrebbe
battuto, pensò.
Guardò il suo vice dormire sul pavimento e
sorrise teneramente. Aveva dormito per tutta la notte sul quel freddo
pavimento lasciando a lei il suo letto; era certa ormai che lui si
fosse addormentato dopo di lei e quindi aveva scelto di dormire sul
pavimento per non svegliarla, come era certa che in quel momento il
moro non stesse affatto dormendo visto il suo respiro leggermente
più
accelerato e il sorrisetto che aveva stampato in volto sicuramente
dopo aver sentito le prediche sulla rossa riguardo alla sua
vittoria.
-Su alzati, andiamo a fare colazione!- disse
porgendo una mano al vice.
-Come facevi a sapere che non stavo
dormendo?- disse lui alzandosi e stiracchiandosi.
-Ti conosco
ormai… e togliti quel sorrisetto fastidioso dal viso- disse
sorridendo.
Dopo qualche minuto quasi tutti i pirati
scesero a fare colazione. Ryuu, seduto su un divanetto, sorseggiava a
testa china un caffè nero, mentre Yuki dalla parte opposta
giocherellava con il suo croissant, senza avere però nessuna
intenzione di mangiarlo. Solan ed Edward osservarono i due nakama e
poi, guardandosi negli occhi, si chiesero cosa stava succedendo a
quei due.
-Dormito bene Yuki?- chiese improvvisamente la
rossa, alla compagna.
-Si, si…- disse un po’
sovrappensiero, cosa che fece incuriosire ancor di più il
capitano.
-E tu, Ryuu?- chiese voltandosi a guardare il moro.
Ryuu fulminò con lo sguardo la rossa, facendole capire che
sapeva
dove voleva andare a parare e che si stava sbagliando di
grosso.
Prima che la situazione potesse degenerare Edward
intervenì –Quali sono i piani per oggi?- chiese a
Solan.
-Beh
pensavo che potevamo fare un giro per il paese e scoprire qualcosa su
questo Rondocoso di cui mi hai parlato ieri, sarei proprio curiosa di
conoscerlo!- disse piegando le labbra in un sorrisetto di lato che
non preannunciava nulla di buono.
All’improvviso, dalla
cucina, si udirono delle forti urla come se qualcuno stesse chiamando
un nome a gran voce.
I pirati guardarono verso la sala cottura
cercando di capire cosa stesse succedendo.
-SUKI!
SUKI!-
-Che succede Tom?- chiese un ragazzo
-Suki è
sparita! Non la trovo da nessuna parte!- urlava probabilmente il
proprietario della locanda.
-Ma dove può essere andata, è
così piccola?- chiedeva una donna.
-E' la solita peste!
Sparisce per ore facendoci preoccupare come pazzi!- puntualizzava
un'altra.
-NO! Questa volta è diverso! Era andata a portare
dei biscotti appena sfornati alla vecchia signora Zirman e non
è più
tornata, sono passate già due ore, non è da lei!
Sapeva che doveva
tornare subito a casa, non mi avrebbe mai disubbidito!- disse
affranto il locandiere.
-Vado a cercarla!- disse,un ragazzo, a
tutti i presenti in cucina.
Dalla cucina uscì un
ragazzo alto circa un metro e novanta con dei capelli neri corti,
tranne un ciuffo leggermente più lungo che gli copriva
lievemente
l’occhio destro. Il ragazzo si muoveva con movimenti lenti e
ben
calcolati come se dovesse far attenzione al percorso che stava
facendo.
Solan osservò bene il ragazzo:aveva all’incirca
ventitré anni, portava un maglione marrone sopra dei jeans
neri e
degli scarponcini marrone scuro. Con precisione il ragazzo
afferrò
il cappotto nero appeso al portabiti appeso dietro il bancone del
bar, togliendosi il grembiule da cuoco che indossava.
La rossa
appena il ragazzo si girò nuovamente, rimase leggermente
spiazzata
osservando gli occhi del ragazzo; essi erano di un bianco-azzurro,
impossibili da non notare. Immediatamente la donna capì il
perché
dei movimenti così calcolati del ragazzo, dei gesti precisi,
infatti
lui era cieco, e Solan era decisamente stupita dalla grande sicurezza
dei suoi movimenti che sembravano precisi e perfetti anche senza
l’uso della vista.
-Shin aspetta!- lo chiamò il locandiere
uscito anch’esso dalla cucina.
-Tom la troverò, troverò
Suki!- disse il ragazzo moro.
-Potrebbe averla catturata
Rondonos, è pericoloso!- disse Tom abbassando lo sguardo
preoccupato
per la sorte della bambina e del cuoco.
-E' ora che qualcuno
dia una bella lezione a quel pallone gonfiato! La deve smettere di
rovinarci la vita e di rapire i bambini del villaggio!- disse Shin
furioso.
-Scusate cosa sta succedendo?- chiese Solan alzandosi
dal tavolo e camminando verso i due.
-Mi scusi signorina se vi
abbiamo disturbato, ma vede stamani mia figlia è scomparsa e
credo
sia stato Rondonos a rapirla! Lui sta rapendo ogni bambino del
villaggio e non capiamo il motivo!- disse Tom con le mani tra i corti
capelli.
-Capisco, stia tranquillo vi aiuteremo a trovare sua
figlia e a dare una lezione a questo Rondo come si chiama!- disse
agguerrita.
-E cosa ci guadagnereste voi pirati ad aiutarci?-
disse diffidente Shin.
-Salveremo una bambina e l’intero
villaggio da un tiranno, questo è il nostro guadagno!- disse
Solan
convinta.
Shin rimase fermo ad ascoltare quelle parole. Quella
donna sembrava proprio una tipa tosta, e anche se non si fidava molto
del genere femminile, dato il suo passato, forse quella donna li
avrebbe aiutati veramente, forse finalmente si sarebbero liberati di
quel tiranno con il suo aiuto.
Shin stava per uscire dalla locanda
per iniziare le ricerche, quando un’intensa fragranza gli
invase le
narici. Chiuse gli occhi per percepire meglio quel misterioso profumo
che aveva già percepito la mattina precedente, appena quei
pirati
erano entrati nella locanda. Shin era un cuoco e avvolte gli piaceva
ornare i suoi piatti con dei fiori e, concentrandosi meglio riconobbe
le note della magnolia nera, un misterioso e raro fiore che si
trovava solo nelle isole più calde. I suoi sensi da quando
era
diventato cieco anni prima, si erano sviluppati parecchio affinando
così olfatto e udito. Al dolce profumo seguì una
voce cristallina
che man mano si avvicinava a lui. Si sentì sfiorare, quella
persona
gli era appena passata accanto; riaprì gli occhi
maledicendosi per
l’ennesima volta per aver perso la vista, mai come quel
giorno
aveva desiderato riacquistare la vista per vedere il volto di una
persona.
-Buongiorno! Che succede?- chiese Lily appena
arrivata.
-Lily, finalmente! Ma quanto dormi?- disse
scherzosamente Solan.
La mora sorrise al suo capitano,
esortandola poi a raccontarle cosa stava succedendo visto che era
stata svegliata da delle urla.
La rossa raccontò tutto alla
nakama, mentre Shin restava lì, fermo, ad assaporare quel
dolce
profumo.
-Allora Shin vieni?- disse improvvisamente
Lilian.
Il ragazzo si ridestò sentendosi chiamato in causa.
Aveva perso tutto il racconto della rossa e anche il pezzo in cui lei
e la sua ciurma si dividevano in coppie per cercare Suki. Lui era
stato accoppiato con Lilian per la ricerca e lei adesso lo stava
spronando a muoversi.
-Dove?- chiese il moro
-A cercare
Suki!- disse la ragazza con un sopracciglio alzato, quel tipo era un
po’ strano, pensò.
-Si, si, Arrivo!- disse il ragazzo
stranamente impacciato, non gli era mai successo in vita sua, di
solito era sempre stato refrattario con le ragazze, soprattutto dopo
il suo duro passato, non gli importava molto delle donne, ma sentiva
che quella ragazza era diversa, aveva un non so ché che lo
attraeva.
-Grazie, grazie mille per il vostro aiuto!- disse in
lacrime il locandiere.
-Troveremo sua figlia, è una
promessa!- disse Solan prima di uscire dalla locanda insieme ai suoi
compagni, pronti a smistarsi per la ricerca.
Lei ed Edward
andarono verso quello che doveva essere una sottospecie di bosco,
dove alla fine di esso si trovava il quartier generale di Rondonos,
secondo il locandiere. Ryuu e Yuki, i quali avevano tentato di non
stare nella stessa squadra però senza successo, si
incamminarono
verso il lato sud, a differenza di Lily e Shin che si inoltrarono nel
villaggio.
La ricerca della piccola Suki era appena iniziata,
l’avrebbero trovata? E cosa sarebbe successo dopo?
ANGOLO
AUTRICE:
Salve salvino gente!!!! (oggi scrivo in stile
Flanders! Ok, meglio di no :) ) Coooomunque, eccomi di nuovo qui con
un nuovo capitolo! Spero come sempre che vi piaccia. In questo
capitolo abbiamo conosciuto, in parte, un nuovo Oc, Shin! Cosa ne
pensate? Per quanto riguarda gli altri Oc presto entreranno a far
parte della storia anche loro!
Per quanto riguarda le due ciurme,
presto si troveranno ad affrontare i primi veri nemici e pian piano
si scopriranno varie cose… che cosa? Beh non posso dirvelo,
se no
che gusto c’è! ;)
Comunque voglio ringraziare di cuore
Bekkuzza-chan, Charly-chan,SmileGiveMeFive e BlackSwan Hawtorne per
avermi mandato i loro splendidi Oc! Con questo voglio avvisare tutti
gli altri lettori che nel corso della storia riaprirò le
iscrizioni,
offrendo a chi vuole la possibilità di partecipare a questa
storia
che sarà di certo la più lunga che abbia mai
scritto!
Beh non
saprei che altro dire, tranne che ringrazio tantissimo coloro che
continuano a recensirmi e leggere, vi adoro, il vostro sostegno e
tutto per me!
A presto genteeee!!!
Bacioni kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** capitolo 9 ***
La
cittadina ghiacciata si era finalmente svegliata. Anziane signore
camminavano lente per i vicoli, reggendosi a strategici bastoni con
punta acuminata per non scivolare sulle lastre di ghiaccio.
Shin
e Lily camminavano ormai da una buona mezz’ora alla ricerca
della
piccola Suki, figlia del proprietario della locanda.
-Allora
tu sei un cuoco…- iniziò la conversazione Lily.
-Si, la
cucina è stata sempre la mia passione- rispose Shin
–qual é
invece il tuo ruolo nella ciurma? Almeno da quello che so ogni pirata
ha un ruolo più o meno…-
-Sì, io sono il medico di bordo,
sono persi senza di me!- disse ridendo, la mora.
-Si,
immagino- rise –sei anche quella che ieri è caduta
davanti alla
locanda?- chiese scherzosamente.
-E tu come fai a saperlo?
Cioè tu sei…- non sapeva come affrontare
l’argomento, per Shin
sicuramente non era facile parlare della sua cecità.
-Cieco?!
Lo puoi dire, è quello che sono! Non
c’è niente di male ad
ammetterlo! Comunque ne parlavano tutti in cucina ieri mattina, e Tom
ha persino detto che lo hai minacciato con il tuo arco
perché ti
aveva chiamata signora!- continuò a ridere.
-Non mi sembra
affatto divertente!- sbuffò il medico –anzi quando
torniamo alla
locanda devo fare due chiacchiere con i tuoi colleghi!- disse
rabbiosa.
-Suvvia, da quello che mi hanno raccontato, è stata
una scena molto divertente!- continuò a beffeggiarla, per la
prima
volta si sentiva a suo agio a parlare con una donna, dopo tanto
tempo.
-Se non la smetti ti infilzo!- disse la ragazza con
voce fintamente seria.
-Non mi fai paura!- rispose il
cuoco.
Mentre si stavano punzecchiando, Shin sentì dei passi
dietro di loro, qualcuno li stava seguendo.
-Ci stanno
seguendo…- disse a bassa voce.
-Si, hai ragione, dobbiamo
seminarli, ci penso io!- Lily detto questo si girò verso gli
uomini
che li stavano seguendo, gli sorrise appena e si concentrò.
Le
guardie di Rondonos rimasero spiazzate, un momento prima i due
giovani erano davanti a loro e dopo, quando la ragazza si era girata,
erano spariti, davanti a loro adesso c’era solo la strada
completamente vuota.
Mentre le guardie si continuavano a guardare
intorno, Lily e Shin correvano, seminandole.
-Cosa gli hai
fatto?- chiese il ragazzo.
-Niente di ché, ho proiettato
nelle loro menti l’immagine della strada vuota, senza di noi,
così
abbiamo l’opportunità di allontanarci da loro,
però non abbiamo
molto tempo!-
-Uhm, sembra divertente!- professò il ragazzo.
All’improvviso però il sorriso di Shin
svanì, prese Lily per un
braccio e la spostò in un vicolo buio.
-Ma che stai facendo?-
chiese lei confusa.
-Ssssh! Ci sono altre guardie, le sento-
sussurrò il ragazzo, tenendo una mano sulla bocca del medico.
I
due erano praticamente appiccicati l’uno di fronte
all’altra.
Entrambi si sentivano in imbarazzo, infondo si conoscevano si e no da
qualche ora, eppure avevano instaurato subito una certa
sintonia.
Appena il pericolo di essere scoperti fu passato, i due
uscirono dal vicolo.
-Ma come fai?- chiese Lily sorpresa. Shin
sembrava non risentire della perdita della vista, gli altri suoi
sensi erano molto più sviluppati di qualsiasi altro umano,
era
davvero un portento.
-Diciamo che mi sono allenato molto nello
sviluppo dei sensi che mi sono rimasti, quindi percepisco cose che
altri non sentono…- disse tranquillo.
I due continuarono più
tranquillamente la ricerca, mentre un'altra squadra, quella composta
da Ryuu e Yuki, galleggiava nella freddezza più assoluta, ma
questa
volta non centrava il clima.
I due infatti, non avevano ancora
spiaccicato una parola, entrambi troppo chiusi in se stessi.
Yuki
ormai pensava che lei per Ryuu non contasse niente. Nei mesi
precedenti aveva pensato di aver instaurato, anche se con molta
fatica, un rapporto di amicizia con il ragazzo, ma adesso aveva i
suoi dubbi. Da quando Ryuu era entrato a far parte della ciurma, non
si era aperto mai con nessuno di loro, non sapevano quasi niente di
lui, ma, al capitano andava bene così. Solan si fidava del
suo
istinto e se esso le diceva che Ryuu era un bravo ragazzo, allora non
le serviva altro. Il ragazzo si era dimostrato sempre molto
protettivo nei confronti dei suoi nakama, e a volte molto di
più nei
confronti di Yuki, ma la ragazza iniziava a pensare che fossero solo
sue fantasie.
La navigatrice era sempre stata una persona gentile
e disponibile con tutti, ma non sopportava l’idea di non aver
chiare le idee, e in questo momento aveva bisogno di chiarire con
Ryuu.
-Senti Ryuu…- iniziò decisa, fermandosi di colpo.
Il
ragazzo si fermò dopo qualche passo e con lentezza
girò di poco il
viso verso la ragazza.
-Voglio sapere se quello che è venuto
fuori sulla nave è la verità. Realmente pensi che
io sia la più
debole della ciurma? Pensi veramente che io sia un peso per voi?-
disse con la voce incrinata.
Ryuu la guardò da sotto il
cappuccio della felpa. I suoi occhi ambrati squadravano il viso della
compagna, leggendo dolore nei suoi occhi. Avrebbe voluto dirle che
non pensava quello, che sulla nave era solo preoccupato che lei non
potesse farcela contro quei vortici, ma qualcosa lo trattenne, il suo
carattere duro prese il sopravvento.
-Di certo non sei la più
forte- disse soltanto, voltandosi e continuando a camminare. Yuki si
asciugò in fretta una lacrima e iniziò a
camminare a fianco del
compagno. Adesso aveva le sue risposte e doveva farci i conti. Era
ferita, ma prima o poi forse le sarebbe passato, infondo doveva
aspettarsela una simile risposta.
I due continuarono a
camminare, scrutando ogni angolo di paese, parlandosi solo se era
indispensabile. Improvvisamente però, delle urla catturarono
l’attenzione di entrambi, che guardandosi velocemente negli
occhi,
si misero a correre verso la direzione delle urla.
Arrivarono
davanti ad un malridotto locale, ormai in disuso da parecchi anni,
visto le porte e le finestre completamente rotte con stalattiti di
ghiaccio che scendevano pericolose dalle grondaie
dell’edificio.
-Tu
stai qui! Io vado a vedere cosa succede la dentro!- disse imperativo,
Ryuu.
-Smettila di darmi ordini, non sei tu il mio capitano!-
disse Yuki fredda, avanzando dentro l’edificio.
Appena
entrarono le urla si fecero più chiare, una bambina stava
urlando di
essere lasciata in pace, mentre degli uomini ridevano sommessamente.
Silenziosi come delle pantere, Ryuu e Yuki si nascosero dietro
dei vecchi mobili per vedere meglio ciò che stava accadendo,
prima
di agire.
La bambina aveva circa sei anni, aveva dei lunghi
capelli rossi e degli occhioni chiari. Appena Ryuu la vide gli sorse
spontaneo pronunciare un nome…-Sakura-.
Yuki lo guardò
con la coda dell’occhio. Sembrava improvvisamente teso. I
muscoli
del suo corpo erano contratti a tal punto che si potevano contare.
Una vena sulla tempia del ragazzo iniziò a pulsare
frenetica, come
se il suo solito controllo stesse per vacillare.
-Ryuu…va
tutto bene?- chiese la navigatrice.
Il ragazzo si girò e la
guardò con uno sguardo strano, sembrava perso nei suoi
stessi
pensieri.
L’attenzione di Ryuu si focalizzò ancora su quella
bambina che seduta a terra, retrocedeva per non essere catturata da
quegli uomini. Evidentemente, si era accorta che la stavano seguendo
e si era rifugiata la dentro ma poi l’avevano trovata. Un
uomo alto
e molto magro l’afferrò per i capelli,
trascinandola verso i
compari. La bambina iniziò a piangere calde lacrime e a
gridare
insulti contro l’uomo. Ryuu non resistette più a
quella scena.
Fulmineo uscì dal nascondiglio e si gettò senza
pietà contro
quegli uomini. Le guardie rimasero spiazzate vedendo quel demone
sbucare dal nulla, con in mano una falce a tre lame, la morte era
arrivata lì a prenderli.
Uno dopo l’altro caddero a terra, chi
con la testa mozzata e chi con squarci enormi per tutto il corpo. La
rabbia di Ryuu sembrava non assopirsi, anzi ad ogni vittima che
mieteva, nuova rabbia sgorgava nelle sue vene, rendendolo
inarrestabile. I suoi occhi ambrati erano iniettati di rosso, la sua
pelle aveva assunto un colore marroncino, il suo corpo si stava
trasformando man mano che la rabbia avanzava. La sua schiena si era
incurvata rompendo così gli indumenti che indossava. Dalla
schiena e
dalle braccia uscirono delle ossa sporgenti come degli spuntoni di un
drago. Le mani si allungarono facendo fuoriuscire dei letali artigli.
Ryuu si era trasformato nel suo peggiore incubo, e adesso nessuno
sarebbe riuscito a fermarlo dalla sua folle sete di
sangue…
Dall’altra parte dell’isola Solan ed
Edward si erano appena addentrati nel bosco Rykan, dove si diceva
vivesse, all’estremità di esso, il temuto Rondonos.
-Non
vedo l’ora di incontrare questo tizio e di liberare
l’isola dal
suo dominio!- disse Solan sempre più agguerrita.
-Si anche
io, ho proprio voglia di sgranchirmi un po’ le ossa!- disse
Edward
con un mezzo ghigno, lui era sempre pronto a gettarsi a capofitto in
ogni nuova sfida.
-Tom ha detto di procedere sempre dritti
finché non finisce la foresta, poi ci saremmo trovati un
grosso
palazzo davanti!- disse la rossa ripensando alle parole del
locandiere.
-Giusto ma cerchiamo di non perderci!- puntualizzò
Ed.
-Già, forse era meglio se mi portavo Yuki!- disse
punzecchiando il vice.
-Vedi che non sono io quello che si
perde ogni tre passi, ma sei tu! E poi hai insistito che Yuki e Ryuu
facessero squadra!- puntualizzò il moro.
-Se, se, come dici
tu!- disse facendo svolazzare una mano in aria –Comunque quei
due
devono risolvere i problemi che hanno o rischiano di rompere
l’armonia della ciurma!- disse un po’ pensierosa.
-Ehi Sol
ascolta!- disse Ed affinando l’olfatto ad un preciso odore.
La
rossa si concentrò ma non sentì niente.
-Ed, io non sento
niente! Sei tu che hai i super sensi non io!-
Il ragazzo
percepì un forte odore di medicinale, poi con un gesto
veloce prese
Solan e se la portò tra le braccia, proteggendola da una
freccia
intrisa di sonnifero che era stata appena scagliata verso di lei.
La
rossa lo ringraziò con un sorriso ma non fece in tempo a
dire niente
che altre frecce, velocemente, si scagliarono contro di loro. Abili i
due pirati le evitarono quasi tutte ma la rossa infine venne colpita
ad polpaccio destro.
-Sol!- urlò il ragazzo correndole
accanto.
-Non è niente, sta attento Ed!- ma non finì la
frase che, distratto dalla sorte del capitano, anche il vice venne
colpito. Pian piano i sensi di entrambi i pirati iniziarono ad
affievolirsi. Entrambi caddero a terra l’uno accanto a
l’altro
ormai privi di sensi, mentre un orda di uomini e donne li presero e
li trascinarono verso il palazzo di Rondonos.
Amlach
e la sua ciurma erano appena sbarcati sull’isola Foko. Ogni
pirata
rimase sbigottito vedendo come era ridotta l’isola. Chuck
appena si
erano avvicinati abbastanza all’isola saltò
giù dalla nave. Era
scioccato, aveva lasciato la sua isola solo da una settimana, e con
la sua barchetta aveva affrontato mille ostacoli per trovare qualcuno
che lo aiutasse a salvare la sua terra da quei perfidi pirati, ma ora
che aveva trovato aiuto sembrava troppo tardi.
Davanti a lui c’era
la confusione più totale, gente che urlava e scappava dalle
fiamme
che attanagliavano il villaggio. Il fumo denso, entrava prepotente
nella gola, attanagliandola e impedendo alla persona di respirare
bene; il fumo offuscava la vista degli abitanti che si scontravano
l’uni con gli altri. Uomini e donne combattevano con
qualsiasi arma
contro gli stessi abitanti del villaggio, i loro vicini, i loro
amici. Chuck non capiva perché si erano messi a combattere
tra di
loro invece di schierarsi contro i pirati del nuovo Barbanera,
sicuramente durante la sua assenza erano successe molte cose e tutte
terribili.
Il ragazzo corse senza fiato schivando con difficoltà
gli abitanti inferociti. Aveva bisogno di trovare suo padre, lui
sarebbe stato in grado di dirgli cosa era successo in quei
giorni.
-Asako! Segui Chuck e sta attenta!- ordinò
Amlach.
La ragazza annuì ed iniziò a correre dietro il
moro.
Aveva notato subito l’agitazione del ragazzo appena la nave
si era
avvicinata abbastanza all’isola da vedere del denso fumo nero
provenire dall’interno del villaggio.
Asako capiva benissimo
come si sentiva Chuck in quel momento. La furia di quella assurda
battaglia la fece sentire stranamente sopraffatta, da ricordi tenuti
nascosti in un angolo della sua memoria per troppo tempo. Adesso come
non mai il suo passato stava tornando prepotentemente a galla. Gli
spari, le grida dei bambini, il fumo le fiamme le sembravano
così
dannatamente familiari…
-Asako su vieni, il pranzo è
pronto!- la chiamò sua madre Camlyn.
-Arrivo mamma!- disse la
bambina di soli sette anni, intenta a giocare con un bastone di
legno, fingendo che fosse una spada.
La biondina entrò nella
sua piccola casetta in cima alla collina poco distante dal villaggio
Hikas, il più grande villaggio dell’isola Kas nel
mare
occidentale.
-Com’è andata la battaglia contro i feroci
nemici?- le chiese il padre seduto al grande tavolo in
cucina.
-Benissimo papino! Ho sconfitto tutti i nemici!- disse
lei orgogliosa.
-Brava la mia figliuola- disse il padre
poggiandole una mano su i lunghi capelli biondi e
scompigliandoglieli.
-Si, ma una brava spadaccina deve tenersi
in forma e diventare forte, quindi siediti qui cara e mangia tutto,
sono sicura che diventerai fortissima!- disse amorevolmente la
mamma.
-Oh certo mamma, hai ragione!- disse la bambina
catapultandosi al tavolo.
Appena finì di mangiare la piccola
Asi, si legò i lunghi capelli biondi e con il padre
uscì in
giardino per allenarsi un po’.
Suo padre Kanata, era un
bravo spadaccino e sua figlia desiderava diventare forte come lui.
Asako era felice, la sua vita era perfetta, aveva una famiglia
fantastica e viveva su un’isola piccola ma molto bella e
tranquilla, sembrava che niente potesse infrangere
quell’armonia
perfetta.
Qualche giorno dopo, mentre Asako era a scuola con i
suoi amici, un improvviso rumore risuonò per tutta
l’isola seguito
da un forte terremoto.
Gli insegnati si allarmarono e cercarono di
capire cosa fosse successo, proteggendo i bambini.
I rumori si
facevano sempre più forti, sembrava che stesse crollando
qualcosa e
tutti , anche i più piccoli, ormai avevano capito che si
trattava di
esplosioni seguiti da improvvisi terremoti.
-Bambini mettetevi
tutti sotto i banchi!- ordinò l’insegnante
terrorizzata.
Asako
si guardava intorno. I suoi amici piangevano, urlavano, spaventati da
quell’improvviso caos. La loro isola era sempre stata un vero
paradiso, mentre adesso era diventata un vero inferno. La piccola si
chiedeva come stessero i suoi genitori, aveva una gran voglia di
uscire da lì e correre da loro, ma non glielo avrebbero mai
permesso.
La porta della classe si aprì violentemente e, un
ulteriore insegnante gridò per tutta l’aula.
-USCITE TUTTI
DA QUI, LA SCUOLA STA PER CROLLARE!-
I bambini e gli
insegnanti si catapultarono, spintonandosi, all’uscita. Fuori
c’era
un vero inferno. Case, negozi segnati da profondi spacchi causati dal
terremoto, gente che urlava per tutto il villaggio.; alcuni bambini
riconobbero i genitori e corsero da loro mentre un'altra forte
scossa, più violenta, fece tremare la terra aprendo delle
grosse
voragini sulla strada. Alcune case e molte persone ne vennero
inghiottite, mentre dal centro del villaggio si udiva un forte odor
di fumo, segno che era anche scoppiato un grosso incendio.
Asako
non capiva perché stesse succedendo tutto quello, ma presto
ebbe la
risposta alla sua domanda.
Una schiera di nove persone capitanata
da un grosso omone con un’ispida barba nera che rideva
sommessamente, si avvicinavano minacciosi.
-Oh no, quello e
Barbanera!- urlò una donna.
Asako, mentre osservava quel
ciccione senza denti, ricordò che suo padre le aveva sempre
raccontato che anni prima della sua nascita, Barbabianca insieme alla
sua famiglia era giunto sulla loro isola, scacciando dei perfidi
pirati che chiedevano alla popolazione dazi esorbitanti. Da quel
giorno l’uomo aveva posto una sua bandiera
sull’isola Kas,
garantendo agli isolani che nessun altro pirata avrebbe mai osato
attaccare un suo territorio. Gli abitanti dell’isola gli
erano
sempre stati grati e quando, qualche settimana prima scoprirono della
morte di quest’ultimo a Marineford ne rimasero sconvolti e
sperarono che nessun pirata violasse la loro isola approfittando
della morte del grande Barbabianca; ma adesso la giovane biondina
capì che le speranze degli isolani si erano appena infrante
con
l’arrivo del peggior pirata mai esistito, Barbanera.
-Zahahahaha!
Da oggi questa isola sarà sotto il mio dominio!- rise
l’uomo,
strappando la bandiera di Barbabianca.
-Non te lo
permetteremo!- disse Kanata, il padre di Asako, seguito da altri
uomini e donne armati.
-Zahahahaha! Pensate davvero di poter
competere con noi? Ahahah illusi!- disse il pirata prima di far
apparire un grosso buco nero dalla sua mano destra.
-PAPA'!!!!!-
urlò Asako
La piccola liberandosi dalla presa dell’insegnate
corse verso il padre, voleva stargli accanto, aiutarlo a combattere
contro quei perfidi pirati, ma non fece in tempo a raggiungere il
genitore che il grosso buco nero creato dal pirata iniziò ad
inghiottire molte persone. Kanata si tenne stretto al tronco di un
albero, ma questo non servì, e prima di cedere a
quell’oscurità
che attraeva il suo corpo, sorrise alla figlia, salutandola per
l’ultima volta.
Gli altri pirati nel frattempo si erano divisi e
stavano distruggendo l’intero villaggio, c’era
persino un grosso
gigante che con la sua mole distruggeva tutto ciò che gli si
parava
davanti.
Asako gridò forte il nome del padre, poco prima che lui
venne inghiottito dall’enorme buco nero.
La biondina era
distrutta, continuava a piangere ed urlare, poi in lontananza vide la
spada del padre, la impugnò con qualche
difficoltà e corse,
arrabbiata, verso il capitano.
L’omone si accorse della bambina
solo quando sentì qualcosa si appuntito ferirgli il grosso
pancione.
-Ma chi diavolo è stato??- disse girandosi verso la
ferita –TU! Pulce, come hai osato!- ringhiò
prendendo Asako dai
capelli e scaraventandola contro un muro.
Le immagini della
sua isola che cadeva a pezzi, dei suoi amici che venivano uccisi
insieme ai propri genitori, furono le ultime cose che vide prima di
perdere i sensi.
Asako si svegliò quando ormai era buio.
L’oscurità intorno a lei era affievolita solo
dalla luce delle
fiamme che lente finivano di bruciare ciò che restava di
quell’isola
presa d’assedio, lasciando solo cenere e macerie al loro
passaggio.
Dei pirati non c’era traccia. La bambina, si alzò
ancora
affaticata. La testa le faceva un gran male, sicuramente a causa
della ferita che le aveva procurato la caduta.
Pian piano camminò
tra le macerie del suo villaggio, sorpassando corpi di persone che
conosceva fin da quando era piccolissima. Sembrava che nessuno, a
parte lei, fosse sopravvissuto. Calde lacrime le solcarono il viso
quando l’immagine di suo padre inghiottito da
quell’enorme buco
nero le si focalizzò davanti. Improvvisamente
iniziò a correre
verso la collinetta dove si trovava casa sua, sperava di trovare sua
madre ancora viva, non sopportava l’idea di restare sola, ma
dentro
di se, sapeva che quella era solo una flebile speranza, lei ormai non
aveva più nessuno.
Appena salì la collina vide la sua casa
distrutta. Si avvicinò alle macerie e vide la mano di sua
madre.
Scavò con tutte le sue poche forze finché non
riuscì a
disseppellire il corpo della madre. Pianse, pianse tanto,
finché
decise che le lacrime non sarebbero servite a niente.
Quel giorno
Asako fece una promessa a se stessa: non avrebbe mai più
permesso
che succedessero cose del genere. Sarebbe diventata molto
più forte,
allenandosi tutti i giorni e, un giorno avrebbe compiuto la sua
vendetta contro Barbanera, nessuno più doveva morire per
mano sua e
dei pirati come lui.
Asako, mentre correva, ripensò a
quella promessa che si era fatta anni prima ed accelerò il
passo per
raggiungere Chuck. Non avrebbe permesso che quell’isola e gli
abitanti di essa, facessero la stessa fine della sua isola, no,
questo non sarebbe successo! Adesso era più forte ed aveva
le
risorse per compiere finalmente la sua vendetta, per sconfiggere il
nuovo Barbanera.
ANGOLO AUTRICE:
Ciao
a tutti carissimi lettori!!! Ecco un nuovo capitolo, dove finalmente
sono riuscita a scrivere il passato di Asako. Riuscirà la
navigatrice a compiere la sua vendetta? E cosa succederà
alla ciurma
di Solan? Scoprirete tutto nei prox cap, dove conosceremo altri due
Oc!
Spero di leggere le vostre splendide recensioni!
A presto
bacioni, kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** capitolo 10 ***
Isola
Foko.
Caos, tanto, troppo caos.
Gente che urlava, bambini
che piangevano e vecchi armati di spade e forconi si fronteggiavano
gli uni contro gli altri.
L’intera isola era come impazzita, la
calma e la tranquillità tipica di qualche mese prima, era
ormai
stata spazzata via dalla furia, dalla violenza, dalla sete di sangue;
non importava quale, se quello di un pirata malvagio o di un
concittadino, ormai nessuno più su quell’isola
riusciva a
ragionare, come se le menti dei tranquilli abitanti di Foko fossero
state tramutate in menti criminali, paragonabili ai peggiori serial
killer.
Nel bel mezzo del porto, ormai diventato un campo di
battaglia, una donna dai lunghi capelli biondi mezzi bruciacchiati,
teneva ben saldo in mano un bastone, fissava la strada davanti a se
con occhi persi, spenti; arrancava tra la folla di cittadini
impazziti reggendosi a quel malandato pezzo di legno, sembrava che
stesse per crollare a terra da un momento all’altro. July,
sempre
pronta ad aiutare le persone in difficoltà, si
avvicinò alla donna,
allungando una mano per sorreggerla. La donna però
retrocedette,
osservando la giovane ragazza con rabbia. Improvvisamente essa
alzò
il bastone che teneva in mano e lo scagliò verso la ragazza.
July
presa alla sprovvista rimase paralizzata da quella scena, non
muovendosi neanche di un solo passo. Il bastone era sempre
più
vicino al medico, quando la donna che lo impugnava cadde a terra
insieme all’arma.
July sbattè ripetutamente le palpebre per
capire cosa fosse successo e, riscossa, vide una ragazza davanti a
lei, con ancora la mano destra stretta in un pugno, lo stesso pugno
che aveva messo k.o. l’isolana impazzita.
La ragazza abbassò il
pugno e ridendo si girò verso July.
-Sta attenta, qui la
gente è impazzita!- disse la giovane.
July osservò la
ragazza: Fisico snello e non particolarmente formoso, lunghi capelli
castani con delle ciocche viola da dove si intravedevano dei piccoli
orecchini di oro bianco a forma di elefantino. I suoi occhi erano
verdi e spiccavano sulla sua pelle molto chiara, evidentemente non si
abbronzava molto facilmente. Sullo zigomo destro aveva un particolare
tatuaggio a forma di piccola stella stilizzato. Portava dei jeans
grigi strappati sul ginocchio destro con sopra una t-shirt bianca con
la stampa di un paesaggio invernale, in netto contrasto con il caldo
inferno dove si trovavano.
-Bè, perché mi fissi? Stai per
caso guardando il mio naso?- disse guardando minacciosa July.
-No,
no!- si affrettò a rispondere la biondina, notando
però che la
castana in effetti aveva un naso abbastanza pronunciato, ma era
decisamente meglio non farne parola, quindi decise di cambiare
argomento e giocare la carta dell’umorismo se non voleva
beccarsi
anche lei un potente gancio destro –Anzi, ti devo ringraziare
per
quello che hai fatto, hai salvato il mio di naso!- disse July
sorridendo.
La ragazza rise allegra e porse la mano al medico
–Di niente, comunque io mi chiamo Sara Criséll, ma
puoi chiamarmi
anche Crìse- disse un po’ a disagio, non era
facile per lei
relazionarsi con la gente.
-Io mi chiamo July Grios, piacere!
Sara, tu abiti qui? Sai cosa sta succedendo alla popolazione?- chiese
la biondina
-No, non abito qui. Sono sbarcata su quest’isola
con la mia barchetta qualche giorno fa e la gente non si comportava
così, anzi erano tutti molto uniti e si stavano organizzando
per
combattere contro i pirati che hanno invaso l’isola e io mi
sono
offerta di aiutarli, ma poi ieri improvvisamente la gente ha iniziato
a combattere gli uni contro gli altri…- disse la castana
mentre
giocherellava con il braccialetto d’oro bianco che teneva al
polso.
-Uhm… è tutto così strano…-
disse July pensando
alle parole appena sentite, cercando così di trovare un
nesso a
quello che stava accadendo, ma era difficile trovarlo.
-July!
Vieni qua ci sono dei feriti!- la chiamò Ashuros a qualche
metro da
lei. La ragazza si voltò e fece cenno al compagno che
l’avrebbe
raggiunto, poi si girò di nuovo verso Sara e disse
–scusa ma
adesso devo andare, sono un medico e qui c’è molta
gente ferita,
grazie ancora per prima!- disse iniziando a correre verso i
feriti.
Tutta la ciurma di Wolf si era sparpagliata per il
porto, cercando di domare quella folla impazzita, e di capire cosa
realmente stesse succedendo, mentre Asako e Chuck cercavano il padre
di quest’ultimo per carpire informazioni da lui.
Sara
osservò la biondina, sembrava una tipa simpatica, e con lei
era
riuscita quasi a fare amicizia, senza pensarci ulteriormente corse
dietro al medico, raggiungendola mentre July apportava le prime cure
ai feriti.
-July, voglio anche io aiutare questa gente, e
visto che sono qui da qualche giorno forse posso esservi utile!-
disse Sara speranzosa. Quelle urla quel caos, era più forte
di lei,
non riusciva a non far niente, doveva rendersi utile, doveva aiutare
quella gente.
-Sai dove si trova il capo dei pirati, colui che
si definisce il nuovo Barbanera?- chiese una voce dura alle spalle
della ragazza.
Sara si girò e si trovò di fronte, con tutta
la sua altezza, Amlach, che la osservava con il suo unico
occhio.
-Si… credo di sapere dove si trova…- disse un
po’
intimorita dall’uomo –dovrebbe trovarsi nel palazzo
comunale al
centro della piazza principale, è li che ha la sua sede-
-Bene-
disse Amlach, voltandosi ed iniziando a camminare verso il centro del
paese, facendo oscillare, ad ogni suo passo, le tre katane che
portava legate in vita.
-Ma…Ma dove sta andando?- chiese
Sara sbigottita dal comportamento dell’uomo.
-Semplice, sta
andando a segnare la fine del nuovo Barbanera- disse Ashuros
passivo.
-Ma è pericoloso! Quel pirata è fortissimo,
appena
gli abitanti hanno solo pensato di attaccarlo è successo
tutto
questo, fermatelo!-
-E chi lo ferma! Quando Wolf si mette
qualcosa in testa nessuno può fargli cambiare idea!- disse
Stun
ridendo, mentre raggiungeva i compagni trascinandosi dietro degli
isolani legati con delle strette corde, in modo che non potessero
più
creare casini.
-Già il capitano è fatto così!- disse
Luna
camminando verso gli amici.
-Capitano? Quindi voi siete dei
pirati?- chiese stupita Sara.
-Certo!- rispose sorridente
l’archeologa – e siamo anche i più
forti! Il capitano ne farà
polpette di quel sudicio uomo!-
Crìse sorrise, quell’uomo
era un pazzo e anche i suoi compagni, ma allo stesso tempo le
piacevano molto, forse aveva finalmente trovato delle persone valide
con cui vagare per i sette mari… ma loro
l’avrebbero
accettata?
-Su dobbiamo muoverci e trovare Asako e Chuck, e
soprattutto cercare di calmare questa gente e impedirgli di uccidersi
a vicenda- disse Ashuros ai compagni.
-Si hai ragione, come ci
organizziamo?- chiese Stun
-July! Luna! Voi occupatevi della
popolazione, io e Stun cerchiamo Asako e Chuck! Tu! sai dove si trova
la casa del sindaco?- chiese infine a Sara.
-Ehm sì!- disse
sempre più confusa, l’avevano per caso presa per
una guida
turistica?
-Bene allora portaci lì!- disse catena nera.
Sara
annuì seguita anche dalle altre due ragazze. Mentre la nuova
ragazza
si incamminava con i due pirati, non poteva far a meno di girarsi
ogni tre per due per vedere come se la cavassero July e Luna, non
capiva perché uno dei due ragazzi non era rimasto a
proteggere e
aiutare le due compagne.
-Se la sanno cavare, sono forti non
preoccuparti per loro, ne hanno affrontate di peggiori!-disse
l’uomo
blu con un grosso sorriso stampato in volto, che rassicurò,
un po’,
la castana.
Sara si girò un’ultima volta e quello che vide le
fece strabuzzare gli occhi: July aveva scatenato un vortice
d’aria
che aveva rinchiuso in se una decina di isolani, i quali dopo un
po’
che venivano sballottolati caddero a terra svenuti, mentre Luna ne
aveva stesi altrettanti e si stava affrettando a legarli
così, una
volta svegli, non avrebbero dato problemi. Sara si rese conto che
Stun aveva perfettamente ragione, non doveva preoccuparsi per le due
ragazze visto che erano molto in gamba. Quella ciurma di pirati,
così
diversi tra loro erano una vera forza e Sara era sempre più
convinta
di aver trovato finalmente quello che cercava da tempo.
Nel
frattempo Asako e Chuck erano appena giunti davanti la casa del
ragazzo e la situazione non era delle migliori: Sette pirati armati
di grossi spadoni e fucili, stavano uscendo dalla casa del ragazzo,
la quale si presentava mal ridotta con porte sbragate e finestre
rotte. I pirati ridevano sommessamente ed alcuni di loro presentavano
qualche leggera ferita, data da un recente combattimento.
Chuck
stringendo forte i pugni e digrignando i denti si avvicinò
marciando
verso gli uomini. Asako tentò di fermarlo visto che si
trovavano in
inferiorità numerica, ma il ragazzo era troppo accecato
dalla rabbia
per darle ascolto.
I pirati non si erano ancora accorti di lui,
visto che erano troppo intenti a parlare dello scontro appena
avvenuto con il sindaco del paese e di come in pochi secondi lo
avevano messo fuori gioco.
Chuck a quelle parole prese la rincorsa
e si fiondò contro uno dei pirati, un omone alto circa due
metri con
una folta barba marrone e qualche dente traballante che gli dava
un'aria ancora più squallida. I due caddero a terra e Chuck
assestò
un pugno all’uomo. Il pirata vide cadere uno dei suoi due
denti sul
terreno sabbioso e con occhi pieni di rabbia prese Chuck e lo
colpì
dritto nello stomaco facendolo piegare in due dal dolore.
-Dannato
moscerino, guarda cosa hai fatto al mio dente! Me la pagherai!!-
urlò
pieno di rabbia.
-Chuck!- urlò la navigatrice corsa in
soccorso dell’amico.
-Guarda un po’ che bella fanciulla,
vieni cara a vedere come il mio amico fa fuori il tuo ragazzo!- disse
un altro pirata, però molto più basso e
magrissimo, così tanto che
gli si potevano contare le ossa.
Asako impugnò la sua fedele
katana e affondò la sua lama nel ventre dello scheletrico
pirata,
suscitando le risate degli altri furfanti che si beffavano
dell’amico
ferito.
Chuck nel frattempo stava subendo le torture del barbuto
pirata che alternava i pugni ai calci mettendo alla prova la
resistenza del giovane ragazzo.
Asako era sola, ed in effettiva
inferiorità numerica rispetto a quei pirati, ma questo non
era di
certo un motivo per arrendersi. Ripensò al suo passato, a
quello che
Barbanera e i suoi pirati avevano fatto alla sua isola, ai suoi
amici, alla sua famiglia…
Impugnò con entrambe le mani la
katana, così forte da farsi sbiancare le nocche, era
arrivato il
momento della sua vendetta.
Uno dopo l’altro i pirati
caddero a terra, inermi. La lama della spada era intrisa di sangue di
diversi gruppi sanguigni, come lo era il terreno circostante.
Chuck,
ansimante osservava la biondina che ora giaceva supina a terra. Dagli
occhi blu della navigatrice scendevano calde lacrime, rigandole il
volto spruzzato di lentiggini. Il ragazzo le si avvicinò,
cercando
di consolarla, credendo che la ragazza piangesse perché era
spaventata, ma così non era. Asako era felice, finalmente
sentiva un
peso in meno sulla coscienza, e sapeva che dall’alto del
cielo i
suoi genitori erano orgogliosi di lei; aveva lottato per salvare un
amico e non c’era cosa migliore.
-Asako, tutto bene?- chiese
Chuck un po’ preoccupato.
-Si, adesso va molto meglio!-
disse sorridendo mentre si asciugava le lacrime e si rialzava
–Su,
entriamo!- disse offrendo una mano al ragazzo.
Chuck era
sempre più stupito della grande personalità della
ragazza che si
faceva sempre più spazio nel suo cuore.
I due ragazzi lentamente
entrarono nella casa del sindaco, ma dopo pochi passi si fermarono,
entrambi ammutoliti. Davanti a loro, una lunga scia di sangue
conduceva alla cucina, lì si trovava il corpo di qualcuno,
un pirata
o il padre di Chuck?
Isola
Stargazer
Shin e Lilian avevano perlustrato tutta l’area a
loro affidata, di Suki non c’era nessuna traccia e il tempo
aveva
iniziato a nevicare un'altra volta.
-Brrrr… Shin qui non c’è
traccia della piccola Suki, forse è meglio andare da Yuki e
Ryuu
forse loro hanno trovato la bambina- disse Lily stringendosi nel
caldo cappotto azzurro.
-Credo che tu abbia ragione, su
andiamo- disse Shin facendo strada alla compagna verso il lato sud
del villaggio dove si trovavano gli altri due pirati.
-AIUTO!
AIUTO! C'E' UN MOSTRO NEL VILLAGGIO AIUTO!- gridavano due degli
uomini di Rondonos mentre correvano come pazzi sfuggendo da un
ipotetico mostro nel lato sud del villaggio.
-Ma cosa sta
succedendo? Di-di quale mostro parlano?- chiese Lily titubante.
-Non
so. Ma andiamo a scoprirlo, vengono dal lato sud, proprio dove sono i
tuoi amici-
-è vero! Su corriamo, Yuki e Ryuu potrebbero
essere in pericolo!- disse Lily afferrando Shin da un polso e
correndo più veloce possibile, se i suoi amici erano in
pericolo,
lei doveva aiutarli il prima possibile.
Ryuu si era
trasformato in un vero e proprio mostro e sembrava inarrestabile.
Aveva distrutto tutto ciò che si era trovato davanti in
quella casa
già precaria di per se. Yuki lo guardava allibita, non aveva
mai
visto Ryuu trasformarsi in quel modo, eppure era con loro
già da un
anno e non aveva accennato mai ad una simile possibilità,
perché?
Ryuu prese un grosso tavolo e lo sollevò senza nessuno
sforzo. Davanti a lui, spiaccicati contro un muro, c’erano le
due
guardie di Rondonos che avevano perseguitato e picchiato la piccola
Suki; la rabbia che sgorgava nelle vene di Ryuu era tale da volere le
teste di quei due appese come lampadari; così
scaraventò il tavolo
sui due uomini che rimasero schiacciati dall’imponente pezzo
di
legno. Dal soffitto iniziarono a cadere pezzi di intonaco,
annunciando così l’imminente crollo
dell’abitazione e la piccola
Suki iniziò a tremare spaventata da colui che
l’aveva appena
salvata dalle guardie.
Yuki si avvicinò alla bambina cercando di
calmarla.
-Ciao io sono Yuki e mi manda tuo padre Tom, vieni
dobbiamo uscire di qui tra poco la casa crollerà!- disse
prendendo
in braccio la bambina e correndo verso l’uscita.
-Perché il
tuo amico sta distruggendo tutto? E perché si è
trasformato in quel
mostro?- chiese la bambina appena uscita dall’abitazione.
-Non
lo so piccola, non lo so…- disse Yuki con gli occhi lucidi,
era
spaventata, era spaventata da ciò che Ryuu potesse fare.
Poco
prima che il soffitto crollò del tutto, Ryuu uscì
dalla casa. Si
guardava intorno come per cercare le sue prossime vittime, tutto
quello fatto nella casa non gli era bastato, voleva di più,
voleva
altro sangue.
Le guardie erano scappate urlando come dei bambini.
Alcuni abitanti si erano fermati a vedere cosa stava succedendo e,
proprio su di loro si soffermò lo sguardo di Ryuu.
Con uno
slancio saltò davanti al piccolo gruppo di persone, pronto
ad
ucciderle senza nessun apparente motivo, solo per desiderio.
-Suki
resta qui nascosta e non ti muovere per nessun motivo, hai capito?-
disse Yuki alla piccola dopo averla nascosta dentro una grande cassa
di frutta vuota.
-Si… ma, ma tu cosa vuoi fare?- chiese
impaurita.
-Devo impedire che quella gente venga uccisa!-
disse Yuki, la quale aveva capito le intenzioni del compagno.
-Sta
attenta Yuki!- sussurrò la bambina nascondendosi meglio.
La
navigatrice corse verso il gruppetto di persone e si frappose fra
loro e Ryuu.
-Ryuu ti prego non farlo! Non ucciderli, tu non
vuoi farlo veramente!- disse cercando di tirare indietro le lacrime
che prepotenti volevano uscire.
Ryuu la guardò per qualche
secondo con le sue iridi iniettate di sangue, chinò la testa
leggermente da un lato e digrignò i denti. Con un urlo
assordante
proveniente dalla sua gola, Ryuu alzò in alto
l’arto destro e
colpì Yuki scaraventandola contro il grosso muro di un
edificio. La
ragazza sbatté violentemente la schiena e cadde a terra
sanguinando
copiosamente da una spalla. La navigatrice con molta
difficoltà si
rialzò, cercando di tornare da Ryuu e impedirgli
ciò che stava per
fare, ma ormai era troppo tardi. Cercò di camminare verso il
compagno ma la gamba destra le cedette e cadde con le ginocchia a
terra. Non riusciva a raggiungerlo, non poteva neanche fermarlo.
Tenendosi forte la spalla ferita osservò la strage che il
suo
compagno stava compiendo: Ryuu aveva preso dalla gola un giovane
ragazzo e stringeva, stringeva molto forte, mentre le altre persone
correvano il più velocemente possibile lontano da quel
inarrestabile
mostro.
Il ragazzo stava per esalare il suo ultimo respiro, la sua
pelle aveva preso uno strano colorito blu per mancanza di aria,
quando improvvisamente il suo assassino fu distratto da alcune voci,
due persone che correvano verso di lui, così
mollò la presa sul
collo del ragazzo, il quale approfittò per recuperare
faticosamente
l’aria persa.
Yuki strisciò verso il ragazzo stringendosi il
labbro inferiore tra i denti per non pensare al
dolore.
-Corri…Vai…subito… via da qui!- disse
la
navigatrice faticosamente al ragazzo che giaceva a terra
ansimante.
Il ragazzo annuì e con fatica si alzò e corse il
più
veloce possibile via da lì.
Shin e Lily da lontano avevano
visto la navigatrice venir scaraventata contro un muro da un mostro,
forse lo stesso da cui stavano scappando le guardie di Rondonos.
I
due arrivarono davanti il mostro e si misero subito in posizione da
combattimento. Shin si affidava alle ombre che riusciva intravedere
dai suoi occhi privi di vista e al suo sviluppato udito riuscendo a
percepire la posizione della bestia. Shin corse verso il mostro e
cercò di sferrargli un poderoso calcio che però
non colpì l’essere
che si scansò velocemente e afferrò la gamba del
ragazzo facendolo
volare accanto alla cassa di frutta, frantumandola e facendo uscire
allo scoperto la piccola Suki.
-Suki!- disse Shin
sollevato
-Shin!- disse la bambina fiondandosi tra le braccia
del giovane cuoco della locanda di suo padre.
Lily prese in
mano il suo fidato arco e lo puntò verso il mostro, ma Yuki
le si
parò davanti.
-No Lily non farlo!- disse mettendosi davanti a
Ryuu, con le gambe che le cedevano dal dolore.
-Yuki ma cosa
fai? Perché lo proteggi?- disse Lily confusa
-Lui è Ryuu!-
disse Yuki prima di essere afferrata da Ryuu, mentre Lily abbassava
l’arco incredula delle parole della compagna.
Gli artigli
pronunciati del ragazzo le si conficcarono nell’addome
facendo
fuoriuscire piccole gocce di sangue che man mano aumentavano di
volume.
Yuki non riusciva a muoversi, Ryuu l’aveva
immobilizzata, la spalla già fratturata era schiacciata
contro le
ossa sporgenti che uscivano dalle braccia di Ryuu, lesionando ancor
di più la pelle della ragazza.
-Yuki!!- urlò Lily che non
sapeva come muoversi. Se Yuki aveva ragione e, quel mostro era Ryuu
non poteva colpirlo era pur sempre un suo compagno e sicuramente in
quel momento non era in se, ma come potevano fermarlo senza
ucciderlo? All’improvviso Lilian si illuminò
–Yuki! Usa il tuo
potere!- urlò all’amica.
Yuki abbassò lo sguardo, non
sapeva ancora controllare al meglio il suo potere, se solo non si
sarebbe riuscita a fermare avrebbe potuto uccidere Ryuu, e questo non
poteva permetterlo.
-Yuki è l’unico modo, se non lo fai lui
ucciderà te e tutti noi!- la convinse il medico.
Chiudendo
gli occhi, Yuki afferrò il braccio pieno di spuntoni, di
Ryuu. Il
mostro iniziò a contorcersi e mollare la presa
sull’addome della
ragazza. La navigatrice intensificò la stretta mentre
copiose
lacrime le solcavano il viso.
Pian piano gli spuntoni che
ricoprivano il corpo del ragazzo si ritirarono all’interno
del
corpo, seguito dai lunghi artigli. Gli occhi tornarono lucenti e
ambrati, Ryuu era ritornato in se. Il ragazzo puntò il suo
sguardo
confuso su quello della ragazza che ancora gli stringeva il braccio.
Ryuu iniziò ad avere delle convulsioni e spaventata Yuki
mollò la
presa.
-Mi dispiace Ryuu…- disse la mora guardando il
nakama a terra.
Lily, Shin e Suki si avvicinarono ai due e
Lily iniziò a visitare la compagna.
Ryuu si guardò intorno, non
ricordava cosa era successo, vide la casa distrutta, i corpi di
alcune guardie squartati, sangue tanto sangue sul terreno e
poi…Yuki,
ferita. Un breve flash di quello che aveva fatto gli comparve davanti
agli occhi, era stato lui, lui aveva ucciso quegli uomini,
danneggiato quella casa e soprattutto ferito i suoi amici. Lui aveva
quasi ucciso Yuki e questo non poteva perdonarselo, era successo di
nuovo, il mostro dentro di lui si era scatenato ancora come tanti,
tanti anni prima…
In preda al disgusto per se stesso e quello
che aveva fatto, Ryuu corse via, lontano dai suoi compagni, mentre
candidi fiocchi di neve gli si posavano sul viso e mentre una
disperata Yuki lo chiamava a gran voce. Si voltò solo un
istante e
la vide li, sofferente mentre lo guardava, con accanto una bambina
dai capelli rossi. Istintivamente si portò la mano
sull’avambraccio
destro dove aveva tatuato il nome più importante della sua
vita,
Saky.
Nei sotterranei del palazzo di Rondonos una
ragazza alta circa un metro e settanta dal fisico atletico con dei
capelli castani legati in una alta coda tranne un ciuffo che le
copriva parte dell’occhio sinistro, stava legando alcune
guardie
del signore dell’isola. Era approdata su
quell’isola da due
settimane, dopo essere sopravvissuta ad una dura tempesta la sua
barchetta era andata a schiantarsi contro il freddo e duro ghiaccio
che costeggiava Stargazer, così da due settimane era
bloccata su
quell’isola ghiacciata e stava letteralmente morendo di
freddo,
così aveva deciso di “ prendere in
prestito” alcuni vestiti dal
palazzo di quel viscido di Rondonos, non solo per lei ma anche per
alcuni abitanti dell’isola che non riuscivano più
a sopportare
quelle fredde temperature con i pochi indumenti che avevano. La loro
isola, le era stato raccontato, un tempo era un luogo molto caldo e
loro non avevano vestiti adatti alla temperature di adesso, quindi si
era offerta di aiutarli.
Era stato molto facile addentrarsi nel
palazzo e arrivare fino ai sotterranei. Aveva trovato una grande
stanza dove le guardie riponevano i loro abiti e quindi li aveva
assaliti e legati.
-Ecco fatto, così va meglio!- disse dopo
aver legato ed imbavagliato l’ultima guardia –E
questi li prendo
io!- disse riponendo in un grosso sacco giacche, maglioni e chi ne ha
più ne metta.
Velocemente si affrettò ad uscire da quella
stanza e si inoltrò in un lungo e buio corridoio. Ad un
certo punto
sentì dei rintocchi come se qualcuno stesse battendo contro
del
ferro, seguito da alcune imprecazioni.
-Maledette sbarre di
agalmatolite! Maledetto Rondonos appena esco di qui ti faccio secco!-
ringhiava un uomo chiuso nelle celle del palazzo.
La ragazza
camminò verso quella voce, forse prima di uscire dal palazzo
poteva
fare ancora un piccolo dispetto a Rondonos, ovvero liberare un suo
prigioniero, peccato che proprio in quel momento altre guardie
stessero camminando verso la sua direzione. Diana si sistemò
meglio
gli occhiali sul naso e, poggiando il grosso sacco vicino al muro si
trasformò in un grosso armadillo. Velocemente si
appallottolò su se
stessa ed iniziò a dirigersi velocemente, come una palla,
verso i
soldati. Le due guardie vennero stese a terra dall’animale,
mentre
il prigioniero nella cella osservava la scena e si chiedeva cosa ci
facesse un armadillo dentro il palazzo.
Diana si trasformò nella
sua forma ibrida: le sue unghie si allungarono e il resto del corpo
si foderò di placche ossee durissime, proprio come quelle di
un
armadillo. La ragazza con la mano destra, impugnò la katana
che
teneva legata in vita la quale aveva il manico decorato con fiori di
ibisco rossi, come il fodero, e partì all’attacco.
In pochi
secondi atterrò le guardie e sorridendo tornò
nella sua forma umana
dirigendosi verso la cella. Al suo interno c’era Edward il
quale
guardava la ragazza con un sopracciglio alzato.
-Bè cos’hai
da guardare? Non hai mai visto una ragazza armadillo?- disse Diana
sprezzante.
-No per fortuna! Su liberami!- disse Ed già
abbastanza irritato per essere in quella situazione, non gli piaceva
chiedere aiuto alle altre persone.
-Potresti anche dire per
favore!- disse Diana incrociando le braccia al petto, guardando in
cagnesco il ragazzo.
Edward osservò la ragazza dagli occhi
verdi: portava una camicia a quadri a maniche corte aperta su una
canottiera e un paio di calzoncini corti e una fascia bordeaux legata
in vita a cui era appesa la katana che aveva usato qualche minuto
prima contro le guardie.
-Ho detto muoviti devo trovare il mio
capitano!- disse Edward afferrando le sbarre infuriato ma mollando la
presa subito dopo per essersi bruciato i palmi delle mani con
l’agalmatolite.
Diana iniziò a picchiettare nervosamente il
sandalo sul pavimento dei sotterranei, mentre una piccola vena sul
collo pulsava nervosamente. Quel ragazzo la stava irritando in un
modo mai visto, forse era meglio lasciarlo alla mercé di
Rondonos,
ma se aveva capito bene aveva detto che doveva salvare il suo
capitano, quindi c’era qualcun altro in pericolo, non poteva
lasciarlo li! Con la sua fidata katana ruppe il lucchetto della
cella, liberando il ragazzo, il quale si incamminò verso le
scale
che portavano ai piani superiori.
-Ehi! Aspetta un attimo,
potresti anche ringraziare, se non era per me saresti marcito li
dentro!- urlò oltraggiata Diana.
Edward si girò ad
osservarla e disse –Ma non stai morendo di freddo vestita in
quel
modo?- disse riferendosi all’abbigliamento estivo della
ragazza.
-In effetti si, per questo ho preso questi!- disse
mostrando il sacco con i cappotti -Senti hai detto che devi salvare
il tuo capitano, sei un pirata?- chiese la ragazza.
-Si, e
devo anche muovermi, se le succede qualcosa io…- disse
stringendo i
pugni così forte da far pulsare le vene sulle mani e sulle
braccia.
-Bene, ho deciso, ti aiuterò! Comunque io mi chiamo
Diana Instar!- disse la mora.
-Edward Yoshina, e non ho
bisogno del tuo aiuto!-
-Senti tu!- disse Diana puntandogli
un dito sul petto –Ho studiato la mappa di questo palazzo e
se il
tuo capitano non si trova qui, sicuramente Rondonos
l’avrà portata
nella sala torture, quindi ti serve il mio aiuto per trovarla al
più
presto!-
-Va bene!- disse il vicecapitano continuando a
camminare, seguito da Diana. La ragazza osservava quello scorbutico
ragazzo, sembrava tener molto al suo capitano, chissà forse
una
volta salvato il fantomatico capitano l’avrebbero presa nella
loro
ciurma, da sempre sognava di far parte di una ciurma di pirati, ma
questo per ora rimaneva un sogno.
ANGOLO
AUTRICE:
Faccio schifo lo so! In ritardo e per giunta con un
capitolo schifoso! Scusateeeeee e scusate anche per non aver messo il
passato di Ryuu come avevo annunciato ad alcuni di voi ma mi sono
persa nel combattimento e se avrei aggiunto anche il passato di Ryuu
il pezzo sulla ciurma di Solan sarebbe venuto troppo lungo rispetto
all’altra ciurma e non voglio creare differenze, quindi il
passato
si troverà super sicurissimamente nel prossimo capitolo che
posterò
il 26, quindi non tanto tardi, miracolosamente! Prometto che il
prossimo capitolo sarà migliore! Vi ringrazio per la vostra
pazienza
e, spero che i due nuovi OC vi siano piaciuti!
A presto
carissimi,
Bacioni kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** capitolo 11 ***
Correva
veloce Ryuu, veloce come non mai, senza una meta precisa, solo con la
voglia di fuggire da quel luogo dove il mostro che per molti anni era
assopito nel suo corpo, quel giorno si era risvegliato facendo del
male a delle persone innocenti e a una sua compagna, proprio lei,
Yuki.
Non si sarebbe mai perdonato per quello che aveva fatto, e
soprattutto lei non lo avrebbe mai perdonato. Aveva impiegato anni a
trovare degli amici fidati e una ciurma che lo apprezzasse per quello
che era, e proprio quel giorno aveva mandato in fumo tutto.
Dopo
qualche minuto Ryuu era arrivato sulla spiaggia, ghiacciata,
dell’isola. La neve che continuava a scendere imperterrita,
si era
depositata sul viso del ragazzo intirizzendogli le sopracciglia e i
capelli neri, che avevano assunto un colorito bianco grazie ai
fiocchi che gli si erano depositati sopra.
Alzò lo sguardo al
cielo, come se volesse comunicare con qualcuno lassù, ma non
era da
lui, semplicemente quella neve e quell’atmosfera gli aveva
fatto
tornare in mente il suo freddo e duro passato…
Dieci
anni prima…
Il piccolo Ryuu osservava il cielo bianco carico
di neve, mentre dondolava sulla sua amata altalena nel piccolo
giardino dell’orfanotrofio Last Hope.
Ryuu abitava lì da quando
era piccolissimo. Non aveva genitori, sua madre, di cui conosceva
solo il nome, Kaname D. Hondo, a causa della sua salute cagionevole
ebbe solo il tempo di dare un nome a suo figlio prima di spegnersi
per sempre, il 21 dicembre sull’isola invernale di Goteshi
nel
Nuovo mondo, il giorno della nascita di Ryuu. Visto che del padre del
bambino non si sapeva nulla, Ryuu fu considerato un orfano ed
affidato al decadente istituto Last Hope.
L’orfanotrofio dove
era finito era uno dei peggiori, cadeva letteralmente a pezzi e non
aveva una bella reputazione.
Il piccolo Ryuu Kouri dovette subito
imparare a cavarsela da solo, senza l’aiuto di nessuno. Non
aveva
una famiglia e neanche degli amici, era sempre stato solo e pensava
che lo sarebbe sempre stato. Gli unici momenti che passava con
un’apparente serenità erano quelli trascorsi nel
piccolo giardino
dell’edificio, unica nota positiva di quel posto. Il
giardinetto
era pieno di erbacce e nessun altro bambino osava metterci piede,
tranne Ryuu, il quale aveva notato una piccola altalena malandata
legata a due grossi alberi. Il piccolo dopo aver riparato alla bene e
meglio l’altalena tutti i giorni si divertiva a dondolarsi e
pensare; pensare a quello che gli sarebbe piaciuto diventare, e alle
avventure che avrebbe voluto affrontare.
Un giorno però, quando
il piccolo ragazzino aveva solo dieci anni, un gruppo di uomini
invase l’istituto, e da li la vita di Ryuu cambiò.
-Ecco,
prendete anche quel ragazzino laggiù!- disse una roca voce
maschile
a altri due uomini, indicando Ryuu nel giardinetto.
-Lasciatemi!-
urlava Ryuu mentre si dibatteva tra le grinfie di quegli uomini.
Non
capiva cosa stesse succedendo. La vita nell’orfanotrofio non
era
facile ma fino ad allora era comunque tranquilla e considerava quel
posto la sua casa.
Il ragazzo venne portato fuori dall’edificio
e raggruppato insieme ad altri cinque bambini nel cortile.
I
bambini furono trascinati lungo la costa dove si ergeva un grosso
galeone. Ryuu rimase stupito, non aveva mai visto una nave
così
grande, anzi non aveva mai visto una sola nave visto che
l’orfanotrofio si ergeva in una pianura e lui non aveva mai
messo
piede fuori da quel posto. Mentre Ryuu guardava ammirato il mare e la
grande nave, un grosso uomo alto quasi tre metri con una lunga e
appuntita barba bianca, scendeva dal galeone.
-Bene, bene,
bene! Sono solo questi gli schiavi che siete riusciti a trovare?-
sbraitò contro i suoi uomini.
-Mio capitano, gli altri erano
troppo piccoli, non ci avreste ricavato niente!- disse l’uomo
che
aveva rapito Ryuu e i suoi compagni.
-Non ti immischiare nei
miei affari! Dovevate prenderli tutti, poi avrei deciso io cosa
farne!- disse inferocito, picchiando con forza un piede a terra,
facendo così tremare per qualche secondo la terra
circostante.
-Mi…mi scusi signore!- disse l’uomo, ma non
bastò, il capitano impugnò una grossa pistola
dorata e lo colpì in
pieno petto.
-Al diavolo le scuse, ormai è troppo tardi
dobbiamo salpare, su caricate i mocciosi sulla nave e salpiamo per le
isole Sabaudy- disse l’uomo barbuto tornando sulla nave.
I
bambini furono rinchiusi in delle anguste celle nella stiva della
nave. Ryuu aveva ormai capito tutto, quegli uomini erano schiavisti e
presto li avrebbero venduti ai migliori offerenti. Gli altri ragazzi
piangevano e si lamentavano, tutti avevano molta paura, anche Ryuu,
ma lui non era tipo da mostrare i suoi sentimenti, non sarebbe
servito a farlo uscire da quella situazione, quindi decise di
aspettare, pazientare fino alle isole Saboudy.
Il viaggio era
molto lungo è difficile. Gli schiavisti passavano ai
ragazzini solo
del pane ammuffito e dell’acqua rancida, trattandoli come
degli
animali. Dopo qualche giorno di navigazione il galeone si
fermò ad
un'isola e il capitano decise di vendere li alcuni ragazzi, visto che
non tutti sarebbero sopravvissuti fino all’arcipelago. Quando
ripresero il mare erano rimasti in due, Ryuu e un ragazzino dai
capelli arancioni di nome Ruji. Ruji era un tipo sempre allegro
nonostante stesse viaggiando con degli schiavisti verso
l’arcipelago
che lo avrebbe etichettato per sempre come uno schiavo. Ryuu trovava
irritante quell’atteggiamento, ma forse era solo il modo di
Ruji
per non impazzire e sopravvivere a quella dura vita che lo aspettava.
Arrivati alle Sabaudy, Ruji venne acquistato da un ricco mercante
di stoffe, infondo, disse a Ryuu, gli poteva andare molto
peggio.
Ormai Ryuu era rimasto solo nella cella del mercato degli
schiavi, accanto alla sua cella ce ne erano tantissime, piene di
persone tutte diverse tra loro. C’erano uomini pesce,
giganti,
strani animali e semplici umani come lui.
Aspettò per tre giorni
il suo turno e quando arrivò fu trascinato con delle grosse
e
pesanti catene ed un collare alla gola, verso una sottospecie di
palco dove uno strano uomo vestito come un giullare esponeva le sue
tante abilità davanti ad una platea piena di persone che lo
guardavano come se fosse un pezzo di carne da macello.
Mentre
quella sottospecie di pagliaccio contava le offerte che venivano
fatte per Ryuu, un uomo in mezzo alla tribuna si alzò,
Hyroshi
Kataka. Tutti nella platea tacquero, nessuno osava fiatare contro
quello che era conosciuto come Hyro il sanguinario, un pericoloso
pirata che infestava da molti anni i sette mari.
-duemila
berry!- urlò l’uomo, una cifra molto al di sotto
di quelle già
esposte, ma il pagliaccio non osò obiettare e quindi
picchiò il
martelletto urlando –Venduto- mentre scioglieva le catene di
Ryuu e
il collare e lo consegnava al pirata.
-Bene ragazzo, tu sarai
il mio mozzo da oggi, su muoviti dobbiamo salpare!-
bofonchiò mentre
si accendeva un sigaro.
Ryuu iniziò la sua vita da pirata
così, facendo da mozzo al pericoloso Hyro che sottoponeva il
ragazzino a duri allenamenti con le armi da taglio. In sette anni
Ryuu divenne un membro ufficiale della ciurma. Aveva rinforzato il
suo corpo e il suo carattere, che era divenuto sempre più
chiuso e
duro.
Qualche mese dopo l’intera ciurma approdò su
un'isola
per saccheggiarla.
-Uomini prendete tutto ciò che siete in
grado di trasportare e il resto distruggetelo!- disse Hyro ridendo
sguaiatamente.
Ryuu setacciò la spiaggia dove avevano
attraccato prima di incamminarvi verso il villaggio; odiava
saccheggiare le persone innocenti, lo trovava ingiusto e meschino,
non era quella la vita e le avventure che sognava di affrontare
quando pensava sulla sua altalena nell’orfanotrofio. Mentre
camminava sulla spiaggia vide uno strano frutto a forma di mango di
colore nero con delle sfumature di blu elettrico. Incuriosito e,
soprattutto affamato, lo prese e gli diede un morso. Il sapore non
era un granché ma Ryuu non mangiava qualcosa di decente da
settimane
quindi decise che quello strano frutto era meglio di niente. Lo
mangiò velocemente, se solo qualche suo compagno lo avesse
trovato a
mangiare invece di saccheggiare l’isola, sicuramente lo
avrebbe
riferito al capitano e quindi quel gesto avrebbe segnato la sua
condanna a morte.
Improvvisamente dopo aver mangiato l’ultimo
pezzo del frutto si sentì molto strano. La pelle iniziava a
tirare e
ad assumere un colore marroncino. Dalla sua schiena sentiva spuntare
qualcosa, come se le ossa volessero fuoriuscirgli dal corpo.
Improvvisamente sentì una gran rabbia dentro di se, sentiva
il
bisogno di uccidere così si diresse velocemente verso il
centro
dell’isola dove i suoi compagni avevano già messo
a ferro e fuoco
il villaggio centrale. Ryuu sentiva una gran forza dentro di se come
mai prima di allora, vide degli isolani e si catapultò, con
un
balzo, su di loro spezzandogli, senza pensarci due volte, il collo.
Continuò così per diverse ore, persino uccidendo
i suoi stessi
compagni di ciurma che ormai in quello stato non riconosceva
più.
Per ultimo lasciò Hyro, il suo capitano. L’uomo
fece di tutto per
fermare quello che una volta era solo un piccolo mozzo e che adesso
era divenuto un membro della sua ciurma e, in un certo senso si era
affezionato a lui, ma Ryuu non ebbe pietà neanche per lui e,
con la
falce a tre lame, che aveva creato lui stesso, mozzò la
testa del
suo capitano e poi infierì sul suo corpo. Dopo quella lunga
strage
di sangue le forze lo abbandonarono.
La mattina dopo Ryuu si
svegliò senza nessun ricordo. Attorno a lui però
vide i corpi
insanguinati dei suoi compagni, degli abitanti del villaggio e,
quello che ne rimaneva del corpo del capitano Hyro. Sangue tanto
sangue ovunque e la strana e dura verità che era stato lui a
commettere tutto quello lo spaventò a morte, a tal punto che
iniziò
a correre verso la spiaggia. Lì trovò una piccola
barca da
pescatore ancorata, la prese e si mise in mare.
Restò in mare
per due giorni e due notti in una sottospecie di stato di trance a
causa della strage che aveva compiuto, ma dopo quei giorni
approdò
su una piccola isola poco distante da quella della strage.
Ancorò
la nave sulla banchina e si gettò a capofitto sulla spiaggia
con la
sola idea di restare li a morire, ma quello non era ancora il suo
momento.
-Ciao!- disse una bambina di circa sette anni con dei
magnetici occhi verdi e capelli color rame. La bambina mentre
raccoglieva conchiglie sulla spiaggia aveva notato il ragazzo
sdraiato sulla spiaggia e si era avvicinata.
Ryuu non la degnò
di una risposta, semplicemente la ignorò.
La bambina sbuffò
e notò che il ragazzo riportava diverse ferite.
-Sei ferito,
devi curarti subito!- disse allarmata.
-Lasciami stare
mocciosa, queste ferite me le merito!- disse duro Ryuu chiudendo gli
occhi.
La bambina sospirò ed afferrò il braccio del
ragazzo
ed iniziò a trascinarlo sotto un albero. Ryuu non capiva
perché
quella bambina facesse tutto quello per lui, ma era troppo stanco per
chiederglielo, così si addormentò.
La bambina si prese cura del
ragazzo, medicandolo con affetto e proteggendolo dalle temperature
fredde notturne con delle grosse foglie.
Dopo qualche giorno
di sonno profondo Ryuu si svegliò. Si sentiva pieno di forze
e non
capiva come fosse possibile. Aprì gli occhi e vide la
ragazzina che
aveva incontrato sulla spiaggia che lavava delle bende, le sue
bende.
Ryuu si alzò e andò verso la bambina.
-Perché lo
hai fatto?- domandò
-Ah ciao, ti sei svegliato finalmente!
Pensavo che avresti dormito per sempre!- rise la rossa.
Ryuu a
quel dolce e spontaneo sorriso non potè che ricambiare,
sorridendo
come non aveva mai fatto in vita sua.
Passarono alcune settimane e
i due si affezionarono l’una all’altro. La bambina
aveva detto a
Ryuu di chiamarsi Sakura Kirashi e che come lui era un'orfana. Ryuu
decise di prendersi cura di lei, come lei aveva fatto per lui ed
iniziò a fare qualche “onesto” lavoro
per permettere a Sakura
una vita migliore.
La bambina adorava Ryuu e lo considerava suo
fratello, infatti lo chiamava fratellone, cosa che fece sentire Ryuu
finalmente accettato; finalmente anche lui aveva una famiglia, la sua
famiglia era Sakura.
Un giorno mentre Sakura e Ryuu
passeggiavano per il mercato della frutta, alcuni uomini, pirati,
iniziarono a parlare a toni alti di Hyro il sanguinario e la sua
ciurma, uccisi senza pietà da un mostro su
un’isola poco distante
da quella.
-Guardate ragazzi ma quello non è un membro della
ciurma di Hyro? Come fa ad essere ancora vivo?- disse un uomo
indicando il ragazzo accanto alla bambina.
-Forse è stato
proprio lui a uccidere i suoi compagni ed a sterminare tutti gli
abitanti dell’isola!- disse un altro pirata, guardando male
Ryuu.
-Ma certo è proprio così, non ci sono altre
spiegazioni, è lui il mostro!- disse un terzo uomo.
Ryuu a
quelle parole strinse i pugni così forte da non sentirsi
più i
nervi delle mani, ma sapeva che quello che stavano dicendo quei
pirati era la sola e pura verità, ma Sakura non poteva
accettare che
quegli uomini parlassero male del suo fratellone, quindi si
girò
verso i pirati e disse –Brutti idioti, il mio fratellone non
è un
mostro, lui è una brava persona e non ha fatto nulla di
ciò che
dite!- urlò con le guance rosse dalla rabbia.
Ryuu la prese
in braccio mentre ancora scalpitava arrabbiata e la portò
via da
lì.
-Perché, perché non gli hai dato una lezione
Ryuu? Loro
ti hanno definito un mostro!- disse Sakura con le lacrime agli
occhi.
-Perché è la verità Saky! Ho fatto
realmente ciò
che quei pirati hanno detto!- disse il ragazzo abbassando lo
sguardo.
Sakura rimase senza parole per qualche secondo, poi
si fiondò ad abbracciare le gambe del suo fratellone ed
iniziò a
singhiozzare.
-Io…Io ti voglio bene lo stesso Ryuu, tu sei
il mio fratellone!- disse iniziando a piangere.
Ryuu abbracciò
la bambina e gli disse che era stata colpa di un frutto del mare che
aveva mangiato quello stesso giorno del massacro e che aveva paura
che un giorno potesse risvegliarsi il mostro dentro di lui e farle
del male. Gli raccontò tutta la sua vita, che era stato un
orfano,
uno schiavo e infine un pirata; che aveva sempre sognato di essere un
pirata libero ed affrontare mille avventure con dei compagni leali e
fidati.
-Lo diventerai fratellone, diventerai un pirata
fortissimo e riuscirai a controllare il tuo potere!- disse fiduciosa
la piccola.
-No, non credo che succederà mai Saky…- disse a
voce bassa Ryuu.
-Promettimelo! Promettimi che lo diventerai!
Parti alla ricerca della ciurma di pirati perfetta per te e torna da
me quando sarai diventato fortissimo e avrai imparato a controllare
il tuo potere!- disse la rossa con gli occhi pieni di gioia.
-Ma
non posso lasciarti sola, cosa farai?- disse Ryuu confuso.
-Io
me la so cavare! Non puoi rinunciare ai tuoi sogni per me, non
voglio! Su fratellone!-
In una mattina di maggio, Ryuu partì
con la stessa barchetta con cui era approdato su quell’isola.
Prima
di partire si fece tatuare sull’avambraccio destro il nome
“Saky”
per portare sempre con se il ricordo della sua sorellina,
l’unica
in grado di far uscir fuori il suo lato dolce.
Dopo un
anno che viaggiava per i mari e uccideva per guadagnarsi qualche
soldo, incontrò su un'isola Solan e la sua ciurma. Il
capitano dalla
chioma rossa colpì subito l’attenzione di Ryuu
dopo che si era
buttata a salvare una bambina che stava per essere colpita da un
proiettile, venendo così colpita lei stessa ad una spalla.
Il
vice capitano e la navigatrice della piratessa iniziarono subito una
lotta contro gli schiavisti che avevano colpito il loro capitano e
Ryuu gli si affiancò. Da quel giorno, Ryuu Kouri conosciuto
come
Nightmare, entrò a far parte della ciurma di Solan la furia
rossa,
trovando così la ciurma di pirati che aveva sempre sognato e
realizzando così una piccola parte del suo sogno…
Ryuu
distolse gli occhi dal cielo di Stargazer. Sì, aveva trovato
la
ciurma che aveva sempre desiderato, con compagni fidati, ma ora aveva
perso tutto…
Isola Foko, palazzo
comunale.
Amlach spalancò con un calcio il portone del grosso
ed imponente palazzo comunale dell’isola di Foko. Al suo
interno
trovò una ventina di pirati intenti a bere vino e a mangiare
come
maiali.
-Ehi tu, che ci fai qui?- disse un pirata decisamente
ubriaco mentre traballava verso Wolf.
Wolf non lo degnò di
una risposta, semplicemente prese una katana e lo colpì
all’addome.
Quel gesto suscitò l’ira degli altri pirati che
corsero subito a
difendere l’amico, scagliandosi uno dopo l’altro
sul capitano
lupo. Per Amlach quei quattro pirati mezzi ubriachi erano una vera
scocciatura, infatti se ne liberò in pochi secondi con
qualche
preciso fendente.
Con le mani in tasca e sguardo fiero camminò
verso una grossa scala che sicuramente lo avrebbe portato da
quell’infame pirata che stava occupando l’isola
Foko.
Salì le
scale, liberandosi man mano di altri ingombranti pirati,
finché
giunse davanti ad un portone di scuro legno massiccio,
spalancato.
-Entra pure capitano Wolf!- disse la voce profonda
di un uomo all’interno della stanza.
Wolf oltrepassò
l’entrata con passo deciso, scrutando tutto quello che lo
circondava. Davanti a se si trovava una grossa scrivania con dei
fogli buttati qua e la sul pavimento di legno. Dietro la scrivania
c’era una grossa vetrata che si espandeva per tutta la parete
e, di
fronte la grande finestra, c’era un uomo alto con un grande
cappello nero in testa ed un mantello anch’esso nero.
-Ti
stavo aspettando, ci hai messo un po’ ad arrivare!-
continuò a
parlare l’uomo –Sai Wolf non ti conviene metterti
contro di me,
sono troppo forte per uno come te!- disse ridendo.
-Lo
vedremo!- fu la risposta secca di Wolf che, mano destra alle katane,
era già pronto a dimostrare di che pasta era fatto, ma mai
avrebbe
attaccato un uomo alle spalle, ne valeva del suo onore da
spadaccino.
L’uomo alla finestra si girò, mostrandosi al
suo avversario.
Portava una camicia nera e dei pantaloni a zampa
neri, i quali ricadevano perfettamente sul suo fisico asciutto ma ben
allenato.
Il suo volto era scavato, rattoppato da qualche accenno
di barba sul mento. I capelli neri sfuggivano dal suo grosso cappello
coprendo parte dell’occhio sinistro, e celando un
po’ lo strano
colore violaceo che possedevano le sue iridi.
Con un ghigno si
avvicinò alla scrivania e si appoggiò ad essa
incrociando le
braccia al petto.
-Dimmi capitano Wolf, ti vuoi unire alla mia
ciurma di pirati?- disse con fare strafottente.
Wolf grugnì
in risposta. Chiedere ad un capitano di cedere i propri
“gradi”
per far parte di un’altra ciurma era un vero affronto, quel
tipo
stava giocando troppo con la sua pazienza.
-Uhm lo devo
interpretare per un no forse? Peccato mi saresti stato utile
come…mozzo!- disse scoppiando in una fragorosa risata.
Amlach
non ci vide più dalla rabbia, impugnò la sua
fidata spada dal
manico blu e come un fulmine si scaraventò sul collo
dell’uomo. Il
pirata non lo destò di uno sguardo, continuò a
ridere come se nulla
fosse, ma appena il lupo arrivò a qualche centimetro da lui
si
spostò molto velocemente, arrivando dietro al pirata e
puntandogli
una pistola ad un fianco, senza che lui se ne accorgesse.
-Non
sottovalutarmi Wolf, ti conosco, so le tue mosse, i tuoi poteri, non
puoi niente contro di me-
Wolf si girò di scatto puntando la
spada al petto dell’uomo che teneva la pistola puntata sul
capitano
lupo, chi l’avrebbe spuntata?
-Pa-papà!-
urlò Chuck accasciandosi vicino al corpo del padre, riverso
a terra
con una profonda ferita che gli squarciava il petto –No
Papà! Non
puoi essere morto, Noooo!!!- urlava disperato il ragazzo.
Asako
osservava la scena con una mano premuta sulle labbra. Tutto quello
era così simile a ciò che aveva passato lei,
trovare la madre morta
in casa, dopo aver visto il padre sprofondare in un baratro, sapeva
quanto dolore Chuck stava provando in quel momento.
Qualcosa però
catturò l’attenzione della biondina, un leggero
movimento del
petto del sindaco, era impercettibile, perché debolissimo,
ma c’era,
e questo significava che il padre di Chuck non era morto, era vivo,
c’era ancora speranza per lui.
-Chuck!- lo chiamò Asi
–guarda il petto di tuo padre, respira!- disse indicando
l’uomo.
Il ragazzo osservò attentamente il genitore e i
suoi occhi si illuminarono.
-Papà! Papà sono Chuck!- disse
piangendo di gioia.
-Chuck…- sospirò il padre aprendo
lentamente gli occhi stanchi.
-Si papà sono io!- disse mentre
Asako si inginocchiava accanto a loro.
-Figlio mio sei tornato
e… con una bella ragazza!- disse l’uomo facendo
l’occhiolino ad
Asako che lo guardò stupita.
A quelle parole Chuck colpì con
un pugno il genitore in testa facendolo imprecare.
-Ma Chuck
sei impazzito! Perché lo hai colpito?- chiese la navigatrice
confusa.
-Fidati questo non lo ha sentito minimamente! Mio
padre è il solito Don Giovanni incallito, neanche in punto
di morte
riesce ad essere serio!-
-Ehi ragazzino io non sono in punto
di morte!- disse l’uomo cercando di alzarsi.
-Signore stia
giù o le sue ferite peggioreranno!- disse la biondina
tamponando con
uno straccio, la ferita sull’addome dell’uomo.
-Che mani
delicate e che bellissimo volto, sembri un angelo!- disse il sindaco
sognante mentre guardava Asako che arrossiva sempre più.
-Papà
torna serio per cinque minuti! Cos’è successo
quando sono partito?
Perché la gente del villaggio combatte gli uni contro gli
altri?-
-Qualche giorno dopo la tua partenza, abbiamo deciso
di affrontare quel viscido pirata. Abbiamo radunato tutte le armi in
nostro possesso e ciò che poteva diventarlo come forconi o
bastoni.
Ci siamo diretti più agguerriti che mai davanti il palazzo
comunale,
invaso dal quel perfido uomo. Eravamo uniti più che mai, e
non
potevamo più aspettare l’arrivo della marina se
mai si sarebbe
scomodata a venire, quindi decidemmo di attaccare. Appena arrivammo
davanti l’edificio, quel verme aveva chiamato a raccolta
altri
pirati, erano un centinaio e tutti con delle facce da assassini. Non
avevamo scampo e nessuna possibilità di farcela ma decidemmo
lo
stesso di lottare fino alla morte per difendere la nostra isola.
Appena iniziammo ad attaccarli quel viscido di Sylas, il nuovo
Barbanera come si fa chiamare lui, uscì allo scoperto e non
so come
ci bloccò tutti. Non riuscivamo a muoverci, io venni colpito
alla
testa e quando mi risvegliai la popolazione era impazzita e si
uccidevano a vicenda-
-Credo che questo Sylas abbia mangiato
un frutto del mare e in qualche modo abbia corrotto la mente degli
isolani!- suppose Asako.
-Si lo credo anche io! Dobbiamo
avvisare i tuoi compagni prima che sia troppo tardi!-
-Tu
resta con tuo padre, ti mando July al più presto, io vado ad
avvisare il capitano!- disse Asako uscendo di corsa.
Nel
frattempo il porto dell’isola era completamente riversato nel
caos
più assoluto. I pirati si fronteggiavano con gli isolani,
senza però
ferirli gravemente. Tutti ormai avevano capito che non erano in se e
che dovevano scoprire cosa gli fosse successo.
Sara, Stun e
Ashuros, i quali si erano incamminati per cercare Asako e
Chuck,avevano fatto dietro front visto che si erano ritrovati
circondati da folli vecchietti armati di spranghe. In men che non si
dica avevano legato e imbavagliato molti isolani, altri erano
prigionieri di vortici di aria e incatenati, i pirati della Black
moon dopo una buona mezz’ora erano riusciti a tenere a bada
tutti i
cittadini e si stavano concedendo una piccola pausa mentre Luna e
July si occupavano dei feriti.
-Ma cosa diavolo gli è
successo a queste persone, sembrano posseduti!- disse Stun
asciugandosi del sudore dalla fronte.
-Puf, e chi lo sa!-
sbuffò Luna mentre si sistemava la chioma bionda.
-Ragazzi!-
urlò Asako mentre correva di corsa verso i compagni.
-Asi che
succede?- le chiese Ashuros.
-Abbiamo….abbiamo trovato il
padre di Chuck…- disse affannata , cercando di riprendere
fiato
dopo la lunga corsa.
-Si che bello! Sta bene?- chiese
l’archeologa
-è ferito gravemente e ha bisogno subito di
cure! Ma c’è una cosa più urgente,
dov’è il capitano?- chiese
guardandosi intorno e notando una ragazza affianco a July –E
lei
chi è?-
-Lei è Sara!- disse July –Mi sta aiutando con i
feriti, se ci dici dov’è il padre di Chuck
corriamo subito a
medicarlo!-
-Procedete dritte verso nord fino a ad una casetta
con dei pirati stesi a terra!- disse la navigatrice sorridendo.
-Ti
sei data da fare è Asi? Brava batti il cinque!- disse Luna
porgendo
la mano all’amica.
-Poche chiacchiere ragazze! Asako, Wolf è
andato al palazzo comunale per sconfiggere l’impostore di
turno. Tu
hai qualche informazione?- disse Ashuros serio più che mai.
-Si,
il padre di Chuck ci ha raccontato che Sylas, questo è il
nome
dell’uomo che si crede il nuovo Barbanera, ha uno strano
potere ed
è molto pericoloso. Qualche giorno fa la popolazione aveva
deciso di
combatterlo e si erano recati tutti al palazzo comunale ma lui non si
sa come li ha bloccati e poi trasformati in delle sottospecie di
assassini che non si fermano mai.- concluse Asako, mentre dietro i
pirati i cittadini incatenati e imbavagliati si liberavano e si
preparavano ad attaccare di nuovo.
-Oh! Oh! Ragazzi le nostre
prede si sono liberate!- disse Luna osservando gli isolani
impazziti.
-E adesso come li fermiamo senza ucciderli?- si
chiesero Stun e Ashuros.
La situazione ormai era
insostenibile, l’intera ciurma di Amlach era alle prese con
dei
cittadini impazziti mentre il loro capitano si trovava di fronte al
pericoloso Sylas. La ciurma della Black moon sarà in grado
di far
tornare la pace e la tranquillità sull’isola di
Foko sconfiggendo
Sylas, o faranno la stessa fine di quegli impazziti
cittadini?
ANGOLO
AUTRICE:
Eccomi di nuovo qui!!!
Allora carissimi cosa ne
pensate di questo capitolo? ( A me tranne alcuni pezzi, non convince
neanche questo)
Finalmente e dico finalmente sono riuscita a
scrivere il passato di Ryuu, cosa ne pensate?
La ciurma di Amlach
si trova in un bel casino, come ne usciranno fuori e chi la
spunterà
tra il capitano della Black moon e il pericoloso Sylas e, quale
sarà
il potere di quest’ultimo?
Bè cari, scoprirete tutto questo e
molto altro a gennaio, tornerò a pubblicare dopo il 7
gennaio,
quindi passate delle Buone feste e tantissimi auguri a tutti!
La
vostra pazza e ritardataria Kiko90, Baciiiiii
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** capitolo 12 ***
Isola
Foko: porto
Spari, fucilate, colpi di bastone in pieno
stomaco; ormai la situazione al porto era inarrestabile. I componenti
della Black moon stavano ormai lottando da diversi minuti contro gli
isolani, cercando di non ferirli in modo grave, ma la pazienza dei
pirati era giunta al limite.
Luna stava combattendo contro un
ragazzo dai capelli castani raccolti in una coda. Il giovane
impugnava un grosso coltello da cucina cercando di colpire
l’archeologa, la quale si stava trattenendo da suonargliele
di
santa ragione. Luna, come tutti i suoi compagni, aveva capito che
quella gente era sotto l’effetto di qualche potere dato da un
frutto del mare, ma non sapevano come contrastarlo. Ad un certo punto
il castano schizzò velocemente in avanti, impugnando ancora
più
saldamente il coltello nella mano destra e cercò di colpire
la
ragazza alla gola. Luna, presa alla sprovvista indietreggiò
di
qualche centimetro, evitando fortunatamente il colpo alla gola. La
biondina tirò un sospiro di sollievo, dopo aver tirato un
poderoso
pugno al giovane ragazzo che per poco non la decapitava. Mentre
riprendeva fiato notò delle ciocche di capelli biondi
accanto ai
suoi piedi, si piegò e le raccolse.
Ne era certa, più che certa,
quelli erano i suoi capelli.
-I MIEI CAPELLI!!-
Un
urlo assordante risuonò per tutta l’isola. Luna
era nera di
rabbia, nessuno doveva osare toccare i suoi capelli, figuriamoci
tagliarli! I suoi compagni si girarono verso la nakama, allarmati
dall’urlo.
-Luna cos’è successo? Stai bene?- le chiese
Stun il quale si precipitò subito accanto alla
ragazza.
L’archeologa era ancora chinata a terra e stringeva
nella mano destra le ciocche appena tagliate. Una grossa mano blu si
poggiò sulla spalla della ragazza, cercando di capire se
fosse
ferita e cosa fosse successo esattamente, ma l’allegra
ragazza di
sempre, sempre pronta a scherzare con chiunque, era in preda alla
rabbia più nera. Luna si alzò, scrollandosi di
dosso la mano di
Stun. Gli occhi dell’archeologa erano coperti da un leggero
ciuffo
biondo che ne oscurava lo sguardo.
-Luna…- cercò di dire
Thunder, ma la ragazza lo fermò.
-Basta! Mettetevi da parte,
mi sono stancata di questa storia!- disse rivolgendosi ai suoi amici,
i quali seguirono il suo consiglio e le lasciarono campo libero,
anche se un po’ titubanti.
-RETE AD INVERSIONE HEAL!- urlò
Luna alzando le mani al cielo, concentrata più che mai.
Mentre
nei pressi del porto dell’isola si scatenava l’ira
di una
ragazza, nel palazzo comunale era appena iniziato il tanto atteso
scontro tra Amlach e Sylas.
Uno sparo riecheggiò nel comune
pieno di cadaveri e feriti che Wolf si era lasciato alle spalle
durante la sua avanzata verso Sylas.
Nell’ufficio del sindaco,
piccole gocce di sangue scendevano lente sul pavimento in legno,
inumidendolo e macchiandolo con il suo scarlatto colore.
Wolf e
Sylas si osservano, concentrati uno sugli occhi dell’altro,
pronti
ad attaccare appena l’avversario avrebbe fatto un passo
falso.
Entrambi erano rimasti feriti dalla loro prima
colluttazione, Wolf era stato colpito alla spalla sinistra da un
proiettile e Sylas aveva ricevuto un fendente in pieno petto
però
non era abbastanza profondo per nuocergli.
-Mi complimento
Wolf, nessuno era mai riuscito a colpirmi! Ma non ti illudere questo
è stata solo pura fortuna!- rise.
-Smettila di blaterare e
combatti!- disse il moro impugnando tutte e tre le sue spade e
lanciandosi subito all’attacco.
Sylas schivò ogni fendente
con grande maestria, innervosendo il nemico con le sue saccenti
battutine.
Il duello sembrava alla pari, nessuno dei due era più
riuscito a colpire o, solo sfiorare, la pelle
dell’avversario.
Amlach ad ogni nuovo fendente che lanciava, sentiva un forte dolore
alla spalla, evidentemente il proiettile aveva danneggiato qualche
nervo e ne cominciava a subire le conseguenze. Sylas si accorse
subito del problema e decise di sfruttarlo a suo favore. Con un
veloce slancio saltò sulla scrivania, ormai ribaltata dallo
scontro
e afferrò un enorme macete appeso, per abbellimento, alla
parete più
grande della stanza. Wolf cercò di disarmarlo ma quel
maledetto era
estremamente veloce, si equivalevano anche in questo.
Sylas si
fiondò contro il capitano che a sua volta si
preparò all’attacco.
Le tre spade di Wolf si scontrarono contro il grosso macete
provocando una serie di scintille, Sylas inaspettatamente
girò
veloce lo spadone per confondere il nemico e, afferrando dalla
cintura una delle sue pistole, colpì ancora una volta il
moro alla
spalla e poi al polpaccio sinistro, facendo così
inginocchiare Wolf
a terra che per il dolore lasciò cadere due delle sue spade.
Sylas,
mentre rideva di gusto guardò Wolf. Quel pirata gli aveva
dato filo
da torcere ma nessuno poteva sconfiggerlo, almeno così
pensava.
Amlach strinse forte i denti e riprese lentamente le
spade in mano.
-Vedo che ancora sei vivo, pellaccia dura eh?!-
disse camminando, lentamente, avanti e indietro.
Wolf si
rialzò più determinato che mai a sconfiggere quel
farabutto. Si
guardò intorno e impugnando ancor più saldamente
le else delle sue
katane ripartì all’attacco.
Amlach pensò ai suoi compagni di
viaggio, a Chuck e a quello che aveva dovuto subire l’isola
di Foko
a causa di Sylas e, la forza di quei pensieri gli permisero di
prendere alla sprovvista l’avversario e colpirlo ad un
braccio. La
lotta ricominciò più violenta che mai, con Sylas
in estrema
difficoltà. Il tiranno non riusciva a tenere il passo, Wolf
era
estremamente veloce e soprattutto determinato a sconfiggerlo, doveva
inventarsi qualcosa al più presto o non sarebbe
sopravvissuto a
quello scontro prima dell’arrivo dei rinforzi.
Con un forte
pugno Sylas colpì Wolf in pieno volto,facendolo
indietreggiare e
ottenendo così un po’ di spazio per attuare la sua
prossima
mossa.
-Non volevo usare il mio potere su di te Wolf, ma
purtroppo lo devo fare- disse con tono freddo.
Sylas puntò le
sue iridi violette su Wolf che improvvisamente non riuscì
più a
muoversi. Da viola, gli occhi di Sylas divennero cobalto per qualche
secondo e poi ritornarono viola.
Sylas sorrise mentre l’avversario
deponeva le spade. Il tiranno era sicuro che il suo frutto avesse
annientato la personalità di Wolf. Infatti tempo or sono
Sylas aveva
mangiato un frutto del diavolo che gli permetteva di alterare la
mentalità delle persone inducendole a sviluppare il loro
lato
malvagio e annientando la razionalità e la bontà;
ma quello che
Sylas ancora non sapeva è che questo potere non funzionava
su
tutti.
Dopo l’attacco di Luna, gli
isolani erano stati rinchiusi tutti in una fitta rete fatta di radici
e spine invalicabili. La rabbia di Luna le aveva permesso di
modificare una sua consueta tecnica, invece di usare la rete per
proteggersi, aveva fatto in modo di usarla per imprigionare gli
isolani.
-Bravissima Luna sei stata grande!- disse Asako
avvicinandosi all’amica e battendole una pacca sulla spalla.
-Wow!
Non avevo mai visto una cosa del genere!- disse Sara
stupita.
-Ahahah sono stata brava eh? Anche se adesso ci
vorrebbe un bel dolcetto per ricaricarmi!- disse Luna, la quale aveva
ritrovato il sorriso perso.
-Sei sempre la solita!- commentò
Stun rincuorato di vedere la compagna di nuovo serena.
-Io non
canterei vittoria così presto!- commentò Ashuros
osservando
l’imponente imbarcazione appena giunta al porto.
Una grossa
e possente nave rosso fuoco, attraccò proprio al cospetto
dei sei
pirati. In cima al pennone più alto si ergeva una bandiera
pirata
raffigurante una tigre rossa.
-Saranno amici o nemici?- chiese
l’archeologa.
-Lo scopriremo presto temo- disse Stun
osservando un uomo alto circa quattro metri, evidentemente affetto da
gigantismo, con dei folti capelli rossi, scendere dalla nave seguito
da una ragazza alta circa un metro e ottanta con dei lunghi capelli
corvino e occhi verdi e dai lineamenti fini.
Il gigante si
fermò a qualche metro da Ashuros e compagni, iniziando a
squadrarli.
-Mya tu prendi metà degli uomini e raggiungi
Sylas, io e il resto della ciurma ci occuperemo di questi pidocchi!-
disse il gigante.
La ragazza dai capelli corvino iniziò a
camminare verso il palazzo comunale seguita da una cinquantina di
uomini, ma Ashuros e compagni le sbarrarono la strada. Veloce come la
luce la ragazza afferrò due pistole dalla sua cintura e
colpì sia
July che Sara. Mya era stata così veloce che nessuno aveva
previsto
la sua mossa, così dopo aver riposto le pistole
continuò a
camminare, a testa bassa, mentre gli uomini che erano con lei si
fiondarono contro i pirati nemici.
Un nuovo combattimento ebbe
inizio.
Isola Stargazer:
locanda Ice land
La porta della locanda si spalancò di colpo
lasciando Tom, il proprietario, a bocca aperta appena vide sua figlia
saltargli tra le braccia.
Mentre la piccola Suki riabbracciava il
padre, Lilian e Shin portarono dentro Yuki che nel frattempo era
svenuta.
-O mio dio! Cos’è successo Shin?- chiese Tom al
suo dipendente.
-Abbiamo avuto qualche contrattempo… e Yuki
è rimasta ferita…- disse il cuoco abbassando lo
sguardo.
-Mi
dispiace, sono a vostra completa disposizione, voi mi avete riportato
mia figlia e io sono in debito con voi!- disse l’uomo
porgendo una
coperta a Suki.
-Grazie Tom, se è possibile mi potreste
portare di sopra dell’acqua calda e delle bende, devo subito
medicare la mia compagna prima che le ferite si infettino- disse
Lilian molto preoccupata per l’amica.
-Ma certo! Vado subito
a prenderli!-
Lilian e Shin portarono Yuki nella sua stanza
mentre Tom fece recapitare le cose richieste dal medico. Le ferite di
Yuki erano molto profonde, soprattutto quelle all’addome e
alla
spalla destra. Lily con estrema cura medicò e
cucì la pelle della
compagna che dormiva ancora. Yuki, sia per il dolore provocato dalle
ferite, sia per la sofferenza provata dopo la fuga di Ryuu, era
crollata in un sonno profondo contornato da incubi dove Ryuu non
faceva più ritorno.
Lilian dopo aver medicato l’amica scese
le scale fino al ristorantino della locanda dove Shin le fece trovare
una cioccolata calda.
-Come sta Yuki?- chiese il ragazzo
mentre si stringeva le tempie doloranti.
-Bene, anche se ha
bisogno di molto riposo, non potrà muoversi per qualche
giorno o le
ferite si riapriranno- disse affondando lo sguardo nella tazza di
cioccolata calda.
-Capisco. E con Ryuu come vi comporterete?-
chiese il moro.
-Non lo so…- sospirò la mora –Ryuu non
ci aveva mai parlato di questa sua possibile trasformazione…
quello
che è successo è molto grave, ma resta un nostro
compagno finché
Solan non deciderà diversamente, è una scelta che
spetta a
lei!-
-Sì lei è il capitano, e mi sembra anche una
persona
in gamba, forse dovremmo avvisarla di quello che è accaduto-
propose
il cuoco.
-Sì, devo trovare lei ed Edward, si sono diretti al
palazzo di Rondonos forse hanno bisogno di aiuto!- disse Lily
appoggiando la tazza sul tavolo ed alzandosi in piedi –Meglio
che
vada a cercarli!-
-Vengo con te!- disse Shin sfiorando la mano
della ragazza con la sua per fermarla.
-Non sei obbligato.
Abbiamo trovato Suki, perché dovresti rischiare la tua vita
per
noi?-
-Bè diciamo che mi siete simpatici!- rise Shin
omettendo che la vera ragione, ovvero che anche se conosceva da poco
quella ciurma, si era affezionato a loro, e soprattutto a lei.
-Ok,
allora è meglio andare! Tom ti prego controlla Yuki ogni
tanto e non
permetterle di alzarsi!-
-Certamente! Fate attenzione
ragazzi!- disse il locandiere.
I due ragazzi si inoltrarono
verso la foresta alla ricerca dei due pirati, mentre nel castello di
Rondonos, Edward e Diana erano appena arrivati davanti la sala delle
torture.
-Ecco questa è la sala delle torture- sussurrò
Diana nascosta insieme al vice capitano dietro una grossa colonna
davanti l’entrata della sala.
-Bene adesso puoi anche
andartene, io vado a salvare il mio capitano!- disse Ed
serio.
-Senti tu! Ormai sono qui e ti aiuto a salvare questo
tuo capitano, anche se non capisco perché siete venuti
proprio in
questo palazzo!-
-Solan si è messa in testa di salvare
l’isola da questo tiranno e quindi eccoci qui! Adesso basta
con le
chiacchiere ed entriamo!-
-Aspetta! Là dentro sarà pieno di
guardie ci conviene trovare un altro modo per entrare, e poi non
siamo sicuri che lei sia là dentro!- disse saggiamente Diana.
-Io
lo sono, sento il suo odore!-
-Cosa? Odore?- disse la ragazza
annusando l’aria circostante, cose che fece leggermente
sorridere
Edward.
-è inutile che continui ad annusare, anche io ho
mangiato un frutto del mare e riesco a riconoscere l’odore di
una
persona che conosco-
-Ah! E dillo prima no!- disse irritata la
ragazza, sentendo di aver fatto una figuraccia annusando
l’aria
intorno a se –Comunque stanno arrivando due guardie e mi
è venuta
un’idea!-
Nella stanza delle torture Solan era
legata ad una sedia con due guardie accanto ed una terza con una
grossa siringa in mano. Davanti a lei si trovava un uomo alto circa
settanta centimetri con la testa pelata tranne un ciuffo di capelli
che usava come riporto per nascondere la calvizie, e dei piccoli
baffetti appena sotto il naso. L’uomo era il temutissimo
Rondonos.
-Solan, la furia rossa, è un piacere averti qui!-
disse il nano ridendo di gusto, mentre osservava la ragazza legata e
sofferente.
-Non…è…un…piacere per
me…nano- disse
Solan alzando di poco lo sguardo –pensavo fossi
più alto!- rise
debolmente.
-Maledetta! Non è l’altezza che rende forte una
persona! Guardami io sono rispettato e temuto da tutti!- disse
Rondonos gonfiando il petto.
-Sei…solo un vigliacco…che
sottomette le persone per farsi rispettare…-
-Come osi!
Basta mi sono stufato di lei! Guardie iniettatele altro concentrato
di agalmatolite così anche lei si sottometterà al
mio volere!
Warahahaha!-
TOC TOC
-Avanti! Chi è che mi disturba??-
disse nervoso Rondonos
-Signore mi scusi- disse una guardia
appena entrata nella stanza seguita dal compagno
-Cosa c’è?-
chiese burbero
-Abbiamo, delle novità per lei!- rispose
subito l’altra guardia.
-Mmm, quali?- chiese il nano
accomodandosi su una grande e rialzata sedia.
Solan nel
frattempo cercava in tutti i modi di restare cosciente, anche se
ormai le era difficile visto ciò che le avevano
somministrato.
Diverse siringhe ormai vuote erano depositate ai piedi della rossa ed
un’altra era pronta ad essere iniettata annientando con il
suo
contenuto le forze della ragazza. Il siero contenuto nelle siringhe
era un super concentrato di agalmatolite che, somministrata ad una
persona che aveva mangiato un frutto del mare era puro veleno. Gli
organi pian piano venivano maciullati annientando la persona
dall’interno, la quale era incapace di muoversi.
Una guardia
si avvicinò di qualche passo al capitano, ma subito
l’altra lo
fermò prendendolo per un polso. La guardia vicina a Solan
notò i
diversi buchi che la ragazza aveva su entrambe le braccia, che ora le
ricadevano lungo i fianchi estremamente pallide come tutta la
carnagione della ragazza in quel momento.
La guardia a quella
vista serrò i denti e strinse forti i pugni.
-Allora quali
novità ci sono?- chiese Rondonos, nervoso perché
ancora nessuno dei
due soldati aveva detto una sola parola.
-Abbiamo avvistato un
mostro nel villaggio che sta seminando terrore per tutto il
villaggio!- disse veloce il soldato
-Warahahaha cosa vuoi che
me ne importi della stupida gente del villaggio! Adesso ho cose
più
urgenti da fare, tipo divertirmi a torturare questa insulsa pirata
Warahahah!-
A quelle parole la guardia vicina a Solan si
scagliò contro il tappo comandante. L’elmetto che
gli proteggeva
la testa cadde a terra mostrando il volto furibondo di Edward che con
artigli puntati alla gola di Rondonos era già pronto ad
ucciderlo.
Edward aveva raggiunto il limite, quell’uomo, se
così si poteva
definire, era una delle persone più viscide e crudeli che
aveva mai
conosciuto, e lui ne aveva conosciuto tanti nella sua carriera di
assassino su commissione e poi pirata.
Mentre Edward teneva
stretto il collo di Rondonos, Diana si tolse anche lei
l’elmetto
sottratto ad una delle due guardie che avevano avvistato nel
corridoio e, anche da loro aveva sentito la notizia del mostro
così
aveva usato questa scusa per entrare nella sala tortura e cercare un
modo per salvare il capitano di quel cocciuto ragazzo che, proprio in
quel momento aveva rovinato tutto il suo piano.
Mentre Diana si
trasformava nella sua forma ibrida e combatteva con le due guardie
presenti nella stanza, Edward era pronto a dare un primo e ultimo
colpo che avrebbe segnato la fine di quello spregevole uomo, ma non
aveva calcolato che anche se basso, Rondonos era un piccolo covo di
malvagità e astuzia. Il tappo infatti, sollevato da terra,
attaccò
le sue viscide mani sulle spalle di Edward che si raggelò
all’istante lasciando la presa.
-Edward…- sospirò Solan
incapace di aiutare il vice.
Il ragazzo diventò una statua di
ghiaccio e subito dopo anche Diana, corsa in suo aiuto fece la stessa
fine.
-Warahahah! Questi pirati si credono tanto forti ma sono
dei veri imbecilli!- rise il viscido Rondonos sistemandosi il piccolo
abito blu notte.
-Corri Shin sento che Solan ed
Edward hanno bisogno del nostro aiuto!- disse Lilian al cospetto del
grande palazzo, preoccupata sempre più per i suoi amici.
Nel
frattempo, mentre i suoi compagni stavano rischiando la vita, Yuki si
risvegliò di colpo nel letto della sua camera nella locanda.
Si
guardò intorno, aveva freddo e sentiva dolori ovunque,
soprattutto
dove Ryuu aveva conficcato i suoi aguzzi artigli.
La ragazza
ripensò all’accaduto e una piccola lacrima le
sfuggì dagli
occhi.
Senza pensarci ulteriormente si alzò con molta fatica dal
letto e camminò verso la porta, ma le gambe le cedettero e
cadde a
terra. Con grande sforzo si rialzò, mentre la porta si
apriva di
colpo.
-Oh signorina si metta subito a letto, la sua compagna
a detto che non deve affaticarsi!- disse Tom, il quale dopo aver
sentito dei rumori nella stanza della ragazza era corso a
controllare.
-Devo… trovare Ryuu- disse la navigatrice
caparbia, tenendosi una mano all’addome.
-No, no,no! Ci
penseranno i suoi amici! Da brava torni a letto!- disse
l’oste
accompagnandola al letto.
Yuki annuì poco convinta e si
coricò nel letto. Tom soddisfatto che la pirata
l’aveva ascoltato,
richiuse la porta e scese in cucina, ma ciò che Tom ignorava
è che
quando Yuki si metteva qualcosa in testa niente poteva farle cambiare
idea, soprattutto se la paura di perdere per sempre Ryuu le
attanagliava il cuore. Così la ragazza appena
sentì i passi del
locandiere allontanarsi scese dal letto, indossò il giaccone
e uscì
dalla finestra, anche se dolorante, la forza e la determinazione
l’avrebbero sostenuta nella sua missione.
ANGOLO
AUTRICE:
Eccomi quiiii!!! Per una volta puntuale, durerà per
tutto il 2014? Mah lo spero!
Comunque carissimi, passate bene le
vacanze? Spero di sì, purtroppo sono finite :( e va bhe non
potevano
durare per sempre!
Tornando al capitolo, spero come sempre che vi
sia piaciuto! Diciamo che le due ciurme sono proprio nei guai e che,
neanche io so come farli uscire da quelle situazioni O.o ( ci vuole
tutta visto che la storia la scrivo io e dovrei pensare prima a come
svolgere le varie situazioni) e va bhe vuol dire che lo scopriremo
insieme, visto che decido tutto mentre scrivo! ;) Per quanto riguarda
Rondonos, bè, che dire, un po’ bruttino eh? ^^
Come sempre
aspetto le vostre bellissime recensioni e ringrazio coloro che
leggono, recensiscono e hanno messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate! Grazieeee a tuttiiiii!!!!
Adesso vi
lascio! A presto miei prodi eroiii!
Bacioniiii kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** capitolo 13 ***
Isola
Stargazer: palazzo di Rondonos
Passi lenti ed appesantiti,
risuonavano nel silenzio del palazzo.
Tre uomini: due guardie e
il signore del palazzo, si apprestavano a raggiungere i sotterranei
nel palazzo dove vi si trovavano le prigioni.
Dopo che Rondonos
con una mossa astuta ed inaspettata aveva congelato i due pirati,
Diana ed Edward, aveva subito dato ordine che i due prigionieri
fossero portati nelle prigioni, così da renderli
inoffensivi, ma
soprattutto perché il suo potere su i due poteva scadere
dopo pochi
minuti visto che Edward gli aveva stretto il collo facendogli perdere
preziose energie.
Il potere di Rondonos era molto potente, ma era
comparabile alle sue energie, se era in perfetta forma
l’effetto
del suo potere poteva durare un’intera giornata, ma se come
in
questo caso, il suo corpo subiva dei danni, il potere durava ben
poco. Quando era arrivato su Stargazer decise subito che
quell’isola
sarebbe stata sua, così grazie al suo potere
congelò l’intera
isola toccando solamente il terreno accanto a lui. Come delle radici,
il ghiaccio si allungò per tutto il perimetro congelando
ogni cosa.
Per non scongelare l’isola nei giorni successivi, Rondonos
decise
di scendere nella foresta ogni giorno e intensificare il freddo del
paesaggio, così da congelarlo ogni giorno della sua vita,
facendo
diventare Stargazer una vera stella di ghiaccio nell’oceano.
Però
quel giorno quel pirata lo aveva indebolito così,
preoccupato e,
soprattutto spaventato, che quei due forti pirati si scongelassero da
un momento all’altro, procedeva spedito più che
mai verso le
celle.
Le due guardie si erano caricate sulle spalle i due
ghiaccioli, mentre Rondonos, davanti a loro, gli faceva strada per
assicurasi che non capitasse qualche inconveniente.
Il piccolo
uomo camminava con passi piccoli ma veloci, strascinando il mantello
blu notte del suo piccolo abito, mentre le due guardie, appesantite,
camminavano lentamente buttando fiumi di sudore.
-Muovetevi
idioti, tra poco devo pranzare. Non voglio stare qui tutto il
giorno!- sbraitò il pelato sempre più agitato.
In pochi
minuti scesero le tortuose scale a chiocciola che portavano alle
prigioni. Rondonos frugò nelle tasche dei corti pantaloni
alla zuava
alla ricerca delle chiavi delle celle trovandole subito, per sua
fortuna.
-Ecco, metteteli qui dentro! Entrambi hanno mangiato
un frutto del mare da quello che abbiamo potuto vedere nella sala
delle torture, quindi questo è il posto ideale per loro
Warahahah!-
rise finalmente più sollevato –Voi due restate qui
a controllare i
prigionieri!- ordinò prima di voltarsi ed incamminarsi per
le
scale.
Le due guardie sbuffarono contrariate, mandando al quel
paese il loro piccolo viscido capo.
Nel frattempo Solan
era rimasta nella sala torture legata alla sedia con il corpo
visibilmente provato dalle numerose iniezioni. La pelle aveva assunto
un tono così pallido da sembrare un fantasma con delle
vistose
occhiaie violacee sotto gli occhi ambrati. Le braccia erano
contornate da lividi anch’essi violaceli li dove gli aghi
delle
siringhe avevano bucato la sua pelle. La pirata era senza forze, con
molta fatica cercava di tenere gli occhi aperti ma le risultava
estremamente difficile. Non le importava se era lei a soffrire, ma
sapere che un suo compagno poteva incappare nella sua stessa tortura,
questo proprio non lo poteva accettare. Era riuscita a capire ben
poco di quello che era successo qualche minuto prima, ma aveva
riconosciuto il suo vice, il suo più caro amico, pronto come
sempre,
da quando si erano conosciuti, a difenderla a costo della sua stessa
vita. Solan aveva sentito Rondonos ridere e beffeggiarsi di Edward e
di una ragazza che era con lui, dopo averli congelati. Lei non aveva
potuto avvertirli del potere di quel mostro, non aveva potuto fare
niente per impedire che fossero congelati e questo la faceva
arrabbiare in un modo mai visto. Con la rabbia che le sgorgava nelle
vene insieme alla maledetta agalmatolite, spalancò gli occhi
e si
obbligò a tenerli aperti. L’avrebbe fatta pagare a
quel nano da
giardino, lo avrebbe distrutto con le sue stesse mani, fosse
l’ultima
cosa che faceva. La rossa si guardò intorno e vide un
coltello sul
trono poco distante da lei. Con un colpo di reni si buttò a
terra
con la sedia. Immediatamente una forte fitta allo stomaco le fece
stringere i denti cercando di reprimere il dolore. Pian piano
l’agalmatolite stava danneggiando tutti i suoi organi,
maciullandoli. Testarda continuò nel suo intento e, anche se
soffriva, iniziò a trascinarsi con la sedia legata al suo
corpo,
verso il trono per afferrare il coltello e tagliare quelle maledette
corde che la imprigionavano. A qualche centimetro dal trono
sentì
un’altra forte fitta, però questa volta
all’altezza del petto.
Sentì una morsa al cuore, i battiti rallentarono bruscamente
e la
testa iniziò a vorticare velocemente. L’immagine
di Edward ridotto
ad un ghiacciolo la spronò a riprendersi e raggiungere
l’obiettivo
ormai vicino. Con qualche difficoltà prese il coltello
allungando le
affusolate dita il più possibile. Una volta presa
l’arma iniziò a
maneggiarla sulle corde che le tenevano strette i polsi. La lama del
coltello però non era molto affilata e Solan rimpianse
sempre più i
suoi fidati pugnali che Rondonos le aveva sottratto. Dopo svariati
minuti contornati da bestemmie contro il coltello e il suo
proprietario, Solan riuscì a liberarsi. Si
strofinò i polsi godendo
del contatto freddo delle sue mani in contrasto con le scottanti
ferite sui polsi procurate dalle corde. Finalmente libera, Solan si
alzò dirigendosi verso la porta, ma un altro forte dolore al
petto,
più forte del precedente, la frenò, facendola
inginocchiare
ansimante sul pavimento. Era in pessime condizioni il capitano della
Liberty e dentro di sè si chiedeva se sarebbe mai riuscita
ad uscire
viva da quel maledetto palazzo.
Mentre due dei
suoi compagni erano in preda a situazioni molto difficili, Lilian era
appena giunta, insieme a Shin, davanti al palazzo di
Rondonos.
-Solan ed Edward saranno sicuramente là dentro,
spero che stiano bene- disse la ragazza, osservando il
palazzo.
-Quei due mi sono sembrati due tipi in gamba, vedrai
che stanno benissimo!- disse Shin sfregandosi le tempie.
-Shin
cos’hai? Anche nella locanda ti sfregavi le tempie, hai mal
di
testa?- chiese apprensiva il medico.
-Solo un po’. Non
preoccuparti è normale, mi succede sempre quando sforzo
troppo la
poca vista che mi ritrovo-
-Riesci a vedere solo ombre
vero?-
-Sì, solo qualche ombra…- disse il cuoco
abbassando
la testa, odiava con tutto se stesso non poter vedere, ma odiava
ancor di più colei che le aveva portato via la vista.
-Dovresti
tornare alla locanda Shin, dico davvero! è troppo pericoloso
e poi
tu non sei un pirata, sei un cuoco, non centri con questa storia.-
disse Lilian cercando di persuadere il moro a non seguirla.
-Lily,
Tom e la gente di quest’isola mi hanno accolto con un grande
affetto quando, tre anni fa, sono arrivato per la prima volta a
Stargazer. Tom mi ha subito accolto nella sua famiglia, credendo in
me ed offrendomi il posto da cuoco anche se sono cieco. Non riesco a
vedere niente fuorché che delle stupidissime ombre, ma posso
aiutarti, fidati! E poi mi sono sempre piaciuti i pirati!
Chissà
magari anche io un giorno lo diventerò- disse Shin
sorridendo alla
giovane ragazza.
-Ok, ok! Tanto ho capito che è inutile
provare a farti cambiare idea- disse Lilian rassegnata, ma felice per
le parole di Shin. Lo vedeva bene come pirata, era coraggioso e
sprezzante del pericolo, pronto a salvare chi ne aveva bisogno,
proprio come uno della sua ciurma, chissà magari quando
tutta quella
storia sarebbe finita, avrebbe potuto chiedere al capitano di
prenderlo con loro, pensò.
-Su entriamo allora!- disse
Shin iniziando a correre con Lilian verso il castello. I due
entrarono da un’entrata posteriore che li portò
direttamente in
una grande sala da pranzo. Un grande orologio a pendolo, riposto
accanto ad cristalliera ricolma di piatti di porcellana, suonava
armoniosamente le dodici in punto. I due ragazzi avanzarono nella
grande sala, notando che l’immenso tavolo scuro al centro
della
stanza era apparecchiato per una sola persona e, quindi da un momento
all’altro questa persona sarebbe arrivata.
-Sento odor di
cibo, probabilmente arrosto…- disse Shin fiutando
l’aria, lui di
certo non poteva vedere il tavolo apparecchiato.
-Sì, c’è
un grosso tavolo apparecchiato per una sola persona, che credo
sarà
qui da un momento all’altro- rispose Lily
-Dobbiamo uscire
di qui subito! Vedi per caso un’uscita?- chiese il moro.
-Sì
laggiù!- disse Lilian prendendo Shin per mano e conducendolo
verso
la porta scura.
I due appena varcata la porta si trovarono in
un grande corridoio con diverse porte dai vari lati. Il corridoio era
lunghissimo drappeggiato da un lungo tappeto rosso il quale sembrava
infinito. I due giovani ad un certo punto sentirono dei passi ed
immediatamente si fiondarono dietro un muro per non farsi vedere. I
passi si avvicinavano sempre di più e, se Lily aveva
predetto bene,
appartenevano ad una sola persona.
Shin vide una piccola ombra
avvicinarsi verso di loro, sembrava molto bassa, forse era…
-Un
bambino!- disse Lilian sbucando da dietro il muro ed incamminandosi
verso di lui. Shin la seguì poco convinto che quello fosse
un
bambino, visto che conosceva chi abitava in quel
palazzo.
-Tranquillo Shin è solo un bambino! Forse uno di
quelli rapiti dal perfido Rondonos, vieni lo dobbiamo salvare!- disse
la mora correndo verso il bambino che era a qualche metro da
loro.
Il “bambino” si fermò di colpo appena
vide i due
ragazzi e disse –Chi siete voi? E che ci fate nel mio
palazzo?-
-Wow che vocione bambino! Ti serve un bello sciroppo
per curare le tue corde vocali!- disse Lily la quale non aveva ancora
notato bene l’aspetto della persona che avevano di fronte.
Shin
a differenza del medico aveva intuito giustamente chi era il
personaggio che avevano di fronte e si era già messo in
guardia,
pronto a combattere.
-Le mie corde vocali sono perfette razza
di sgualdrina!- disse il “bambino”
-Ma come ti permetti
moccioso!- si infuriò Lilian –adesso ti riporto
subito da tua
madre e gli dirò di educarti meglio!- disse prendendo il
bambino dal
braccio.
-Mia mamma l’ho uccisa quando avevo dieci anni
perché non voleva che uccidessi il mio cane!- si
ribellò
La
ragazza a quella frase rimase perplessa. Quel bambino aveva ucciso la
mamma quando aveva dieci anni? Ma se lei gliene dava si e no cinque
per la sua altezza! Il medico chinò il capo per vedere bene
il
bambino in volto e, appena incontrò quegli occhi iniettati
di
crudeltà e vide i capelli con il riporto e i baffetti,
schizzò
indietro saltando tra le braccia di Shin per l’orrore.
-AAHHHH!!
Ma che cos’è? Un folletto? Uno strano
mostriciattolo che abita
nella foresta qui vicino?- chiese scioccata e schifata, a
Shin.
-Lily, lui è Rondonos!- disse serio il ragazzo,
osservando per quel che poteva, quell’ombra malvagia. Lui
aveva
intuito subito di chi si trattava, ed adesso lui e Lilian si
trovavano in un grosso pasticcio.
Nel
frattempo Solan cercava di uscire a gran fatica dalla sala torture,
quando sentì qualcuno avvicinarsi alla porta. La rossa si
trascinò
dietro la porta, reggendosi in piedi con gran fatica.
La porta si
aprì ed entrò una grossa ed alta guardia che si
diresse dritta al
trono. Quella guardia era l’unica possibilità che
aveva per
trovare il suo compagno è liberarlo. La rossa si
concentrò e, anche
se l’agalmatolite nel suo corpo le impediva a tutti i costi
di
usare i suoi poteri, decise di combatterla. Strinse forte i pugni e
richiuse violentemente la porta della stanza, facendo così
voltare
la guardia. Tremava Solan, per il grande sforzo a cui si stava
sottoponendo, ma doveva farlo. Puntò dritta i suoi occhi su
quelli
della guardia cercando di sottometterla con il suo potere, ma
sembrava non riuscirci.
-Tu! Come diavolo hai fatto a
liberarti? E come riesci a reggerti ancora in piedi?- disse il
soldato camminando verso la donna.
Solan si concentrò
maggiormente, a tal punto che un rivolo di sangue iniziò a
scenderle
lento dal naso. Il soldato era ormai a qualche passo da lei quando
improvvisamente si accasciò a terra. Solan copiò
le pene che lei
stava provando in quel momento, al soldato che si contorceva dal
dolore. Lentamente la ragazza si avvicinò a l’uomo
e si chinò
verso di lui.
-Dove sono i prigionieri?- disse in un sussurro,
la furia rossa.
-Ro-Rondonos li ha chiusi nelle segrete…-
tossì la guardia.
-E dove si trovano queste segrete?-
-devi
scendere le scale alla fine del corridoio…- disse il soldato
stringendosi forte il ventre.
Solan si asciugò il sudore
freddo che le imperlava la fronte bollente. Doveva sbrigarsi, le
forze la stavano abbandonando, ma prima di ciò doveva
salvare il suo
compagno e quella ragazza.
-Come faccio a scongelare i due
prigionieri?- chiese.
-I…i…il potere di Ro…Rondonos si
neutralizza dopo una giornata se la persona o la cosa congelata non
viene di nuovo toccata dal signore, ma… quando Rondonos
viene
ferito il potere dura di meno, e quando a congelato quei due pirati
era in preda a soffocamento quindi potrebbero già essersi
scongelati…- disse contorcendosi dal dolore, sembrava che
ogni
organo del suo corpo stesse bruciando.
La rossa uscì dalla
porta dirigendosi nelle celle del castello, mentre il soldato esalava
il suo ultimo respiro.
Ryuu seduto sulla sabbia
innevata pensava, stringendosi la testa tra le mani, a ciò
che
avrebbe fatto d’ora in poi. Tornare dai suoi compagni era
escluso,
sicuramente nessuno voleva più vederlo dopo ciò
che aveva fatto e
soprattutto ciò che gli aveva nascosto. Non voleva che i
suoi
compagni scoprissero quella parte di se che, lui per primo, odiava
con tutto se stesso, ma ormai era troppo tardi. Cosa avrebbe fatto?
Forse doveva trovare un modo per fuggire da quell’isola,
anche se
la vedeva dura senza un’imbarcazione. Forse doveva restare li
per
sempre, nascondendosi finché i suoi compagni non fossero
partiti, ma
anche questo era da escludere, vivere in quel posto dove aveva quasi
ucciso Yuki lo avrebbe fatto impazzire, e allora cosa doveva
fare?
-Ryuu!- lo chiamò una voce alle sue spalle.
Yuki
lo conosceva bene, o almeno un po’, visto gli ultimi eventi.
Sapeva
che Ryuu amava il mare e che l’unica cosa che riusciva a
rilassarlo
era osservare l’oceano, per questo dopo aver scavalcato la
finestra
della taverna, si era diretta subito lì.
Ryuu si girò di
scatto, riconoscendo quella voce fin troppo familiare. Cosa ci faceva
Yuki lì? Voleva forse urlargli in faccia quanto lo odiava?
-Che
ci fai qui?- chiese freddo.
La ragazza, affannata, camminò
lentamente verso di lui. –Perché sei scappato?-
chiese con voce
tremante.
-Che ti importa? Tanto non faccio più parte della
ciurma!- ringhiò.
-Ma che stai dicendo? Certo che fai parte
della ciurma! Perché non dovresti più farne
parte?-
-Perché
sono un mostro!- disse alzandosi in piedi e fronteggiando la
ragazza.
-Tu non sei un mostro Ryuu…- disse Yuki allungando
una mano verso il viso del giovane che però si
scostò. –Tu sei
uno di noi e lo sarai sempre!- disse dolcemente la ragazza.
-No!
Non capisco perché ti comporti così!- disse
afferrandola da un
braccio –ti ho ferito con queste mani! Ti ho quasi ucciso! Ho
quasi
ucciso degli innocenti!- urlò furibondo, più con
se stesso che con
la nakama –Non posso tornare, Solan non mi vorrà
più nella sua
ciurma, sono un mostro!- concluse lasciando il braccio della
ragazza.
-Basta!- disse la navigatrice dando un forte schiaffo
al ragazzo –Basta dire queste cose! Se dici questo vuol dire
che
non hai stima di Solan, che non la conosci! Lei ti
perdonerà, ti
accetterà come ha accettato me, la dannata, maledetta fin
dalla
nascita! Che ti credi, che sei l’unico a considerarsi un
mostro per
quello che può fare? Io ho quasi ucciso Solan per imparare
ad usare
il mio dono, e non mi sembra che lei mi abbia buttato giù
dalla
nave!- disse furibonda la ragazza. Yuki aveva gli occhi lucidi ma non
voleva piangere, no doveva per una volta essere forte e lasciare da
parte il carattere dolce e gentile che la contraddistingueva.
Ryuu
le voltò le spalle, sentendosi risuonare quelle parole nella
testa.
Yuki aveva ragione, Solan lo avrebbe tenuto nella ciurma comunque,
loro erano una famiglia. Quella ragazza era sorprendente, dolce e
gentile sempre, ma anche determinata e combattiva quando serviva. Non
lo avrebbe mai ammesso, ma non voleva separarsi da lei.
Ad un
certo punto Ryuu sentì un tonfo, si girò e vide
Yuki svenuta a
terra. Immediatamente la prese tra le braccia e, veloce, corse verso
la locanda, verso i suoi amici, i suoi compagni, la sua famiglia.
Isola Foko: porto
Un’enorme tigre
rossa si lanciò contro Ashuros, il pirata con un ghigno
sicuro, aprì
i palmi delle mani portandoli in avanti, da essi fuoriuscirono delle
pesanti e spesse catene che si allungavano velocemente verso la
tigre. Il grosso felino venne imprigionato da esse che però
non
riuscirono a trattenere la pesante mole dell’animale. Catena
nera
strinse i denti e con il suo sguardo freddo pensò ad un
attacco in
grado di catturare l’animale, che per la sua grande stazza
era
molto agile. La tigre rossa si scagliò di nuovo contro
Ashuros che
non fece in tempo a difendersi e cadde a terra sbattendo la
testa.
Dall’altra parte July e Sara erano sdraiate a terra
ferite dai colpi di pistola di Mya. Appena i due pirati erano stati
colpiti la furia dei loro amici si era scatenata sui nuovi avversari.
Stun si era buttato a capofitto contro lo squadrone di pirati che
proteggeva Mya, la quale era sparita verso il palazzo comunale. Luna
ed Asako mentre mettevano k.o. i nemici, si avviavano per soccorrere
le due ragazze ferite. Il capo dei pirati della tigre rossa, Kaios,
iniziò a combattere contro Ashuros, trasformandosi in una
grossa
tigre rossa grazie al frutto del mare che aveva mangiato anni
orsono.
Luna riuscì ad avvicinarsi alle due ferite mentre la
navigatrice era ancora impegnata a combattere contro
l’abilissima
spadaccina della tigre rossa.
-July! Sara! Come state?- chiese
preoccupata Luna
-Sono stata meglio…- disse la castana
reggendosi il braccio destro ferito.
-Non sono ferite gravi-
disse July controllando la ferita di Sara e la sua al polpaccio
–sono
ferite superficiali, anche se i proiettili andrebbero tolti al
più
presto prima che facciano infezione- disse esperta il medico
-Meglio
così dai, vuol dire che quella tipa non è poi
così in gamba a
sparare!- disse Luna sorridendo.
-Io credo invece che ci abbia
colpito così superficialmente apposta! Non so come
spiegartelo ma ho
come la sensazione che non ci volesse far veramente del
male…-
disse la biondina pensierosa. July aveva notato lo sguardo di Mya
prima che sparasse a lei e Sara, era triste come se volesse scusarsi
per quello che stava per fare, forse quella ragazza doveva agire
così
perché c’era il suo capitano che la guardava e se
non avrebbe
sparato avrebbe rischiato lei la vita, ma queste per ora erano solo
supposizioni per il giovane medico.
-Sarà ma vi ha comunque
sparato e la pagherà!- disse vendicativa Luna, guai se
qualcuno
osava toccare i suoi amici.
Mentre Luna aiutava July a
bendarsi la ferita, strappandosi un pezzo della sua maglietta per
usarlo come benda, un pirata ghignante dietro di lei aveva
già
alzato la sua affilata lancia per decapitare l’archeologa.
-Luna
attenta!- gridò July vedendo l’uomo armato dietro
la
compagna.
Quando Luna si girò vide soltanto una grossa
macchia blu passarle davanti e sbattere qualcuno violentemente a
terra.
Stun teneva sempre d’occhio i suoi compagni durante il
combattimento, pronto ad accoppare qualsiasi nemico che li avrebbe
feriti. Appena si era girato nella direzione di Luna e July ed aveva
visto quella lancia puntata verso la testa della biondina, una rabbia
incontrollabile lo aveva assalito. Quel giorno Luna era
particolarmente a rischio decapitazione e questo lo urtava
più che
mai. Teneva tanto a quella biondina tutto pepe. Sì, quando
erano
sulla nave lo faceva impazzire con i suoi scherzi, ma le era
particolarmente affezionato anche per questo. Come un fulmine Stun si
era scagliato verso il pirata e lo aveva buttato a terra facendo
volare in alto la lancia che si conficcò nel terreno acconto
al
piede di Luna.
-Ma perché oggi ce l’hanno tutti con la mia
testa?- disse l’archeologa toccandosi il collo come a
controllare
se fosse ancora attaccato al resto del corpo.
-Non lo so, ma
Stun è stato veramente un grande a salvarti
all’ultimo secondo!-
disse Sara ammiccando.
-Eh?! Sì! È, è stato bravo!- disse
Luna arrossendo mentre osservava Stun percuotere il pirata. Il nakama
blu la difendeva e proteggeva sempre e questo la fece sentire per la
prima volta al sicuro, lui c’era sempre per lei, come un
grosso
angelo blu, con però non proprio le fattezze di un angelo,
ma a Luna
questo non importava, per lei Stun era perfetto così
com’era.
Il
gigante blu appena si assicurò che il pirata era fuori gioco
si girò
verso la biondina che lo stava guardando con uno strano sguardo che
lo fece arrossire di colpo.
-Ehi amico che ti prende? Sei
tutto rosso!- lo punzecchiò Ashuros mentre combatteva in un
acceso
corpo a corpo contro Kaios.
-Cosa?! Ma sta zitto e pensa al
gattino rosso!- sbuffò ancor più rosso, Thunder.
Ripresosi, Stun si
trasformò in un enorme scarabeo e, grazie alle sue corna
fulminò
molti pirati.
-Che puzza di fritto che c’è qui intorno!-
disse Chuck accorso anche lui al porto.
-Chuck!- urlò felice
Asako –Che ci fai qui? Tuo padre è…- si
incupì pensando al
peggio.
-No, tranquilla! L’ho medicato come ho potuto, ma
sta bene! Visto che non arrivavi con July mi sono preoccupato e sono
corso qui!- disse sferrando nel frattempo un calcio ad un barilotto
di pirata.
-C’è stato qualche imprevisto!- disse la
navigatrice sferrando il fendente decisivo che neutralizzo la
spadaccina avversaria.
-Sì, ho notato!- sorrise il giovane
cittadino di Foko.
Nel frattempo nel
palazzo comunale, Sylas rideva di gusto per aver giocato un bel tiro
mancino al capitano della Black moon. Amlach era stato colpito dal
frutto del mare dell’avversario ed ora si sentiva molto
strano. Con
un gesto automatico ripose le katane, che fino a qualche secondo fa
stava usando per fronteggiare il nemico, nei foderi sentendo dentro
di se una crescente rabbia contro il mondo intero e i suoi abitanti.
Odiava ogni cosa e voleva sterminare chiunque si trovasse davanti,
tutti tranne Sylas. Infatti Sylas era l’unico immune alla
rabbia
omicida che innescava nelle persone, lui era intoccabile per quelle
persone, adesso Wolf non poteva nuocergli in qualsiasi modo visto che
era sotto il suo potere.
Con calma ed un gesto elegante, Sylas
scostò la sedia dalla scrivania ribaltata e si sedette,
accavallando
le gambe mentre osservava Wolf.
Il capitano stringeva fortemente i
pugni, sbiancando così le nocche delle mani. Tutti i muscoli
del suo
corpo erano contratti, i bicipiti si erano come gonfiati dalla rabbia
che lo assaliva inspiegabilmente. Una parte di se gli diceva di
combattere quel potere, ma, per Wolf che era sempre stato un
sanguinario era ancora più difficile sovrastare tale
frutto.
Improvvisamente il portone del palazzo comunale sbattè,
facendo insospettire Sylas su chi fosse giunto al suo covo.
Dei
passi riecheggiarono per la sala, interrompendosi solo per qualche
breve secondo mentre si scansava il corpo di uno degli uomini di
Sylas rivolto a terra. Dopo poco quei passi risuonarono per la grande
scala, annunciando così l’arrivo di quella
misteriosa persona
nell’ufficio di Sylas.
Sylas non era l’unico in tensione per
l’arrivo di qualcun altro nel palazzo, infatti anche Wolf era
stranamente molto irrequieto. Cercava, o almeno ci provava, di
controllare quella rabbia, ma sapere che una nuova persona stava per
pararsi davanti a lui gli offuscava la coscienza, la sete di sangue
era troppo forte. Il capitano lupo istintivamente mise la mano
sinistra sull’elsa delle sue katane, pronto a sfoderarle.
I
passi si facevano sempre più vicini, dopo qualche minuto una
figura
femminile varcò la porta dell’ufficio del sindaco.
Amlach e
Sylas osservarono bene la nuova arrivata, ognuno con uno sguardo
diverso. Il primo era sanguinario, con le mani tremanti pronto a
sfogarsi sulla giovane, l’altro era malizioso, apprezzante
del bel
fisico della giovane. Sylas da buon padrone di casa si alzò
dalla
sedia e, con passo lento e strascicante, per squadrare meglio la
pirata, le andò incontro.
Mya si sentiva un po’ intimorita da
quei due uomini, non aveva mai incontrato Sylas prima di allora, ma
aveva una brutta fama secondo ciò che le era stato riferito
da
Kaios. Il moro, dopo un elegante baciamano, si fermò a un
metro di
distanza dalla ragazza e la osservò bene: Mya era molto alta
con dei
lunghi capelli corvino con una leggera frangetta che le copriva la
fronte. I suoi lineamenti erano fini e delicati con degli abbaglianti
occhi verdi. Il suo corpo a detta di Sylas era perfetto: snello e
formoso ai punti giusti. La ragazza indossava una maglietta a mezze
maniche bianca e dei pantaloncini crema che le risaltavano meglio le
gambe. Proprio su esse lo sguardo di Sylas si soffermò,
infatti la
ragazza aveva una grossa cicatrice sulla gamba sinistra, dettaglio
che stonava con la sua bellezza. La ragazza si sentì troppo
osservata e questo non le piacque, quindi con aria sicura,
gonfiò il
petto e varcò quei pochi metri che la dividevano dal temuto
uomo.
Mya da sempre aveva una sicurezza nascosta dentro di se, che mostrava
solo quando si sentiva sotto minaccia, negli altri casi era una
ragazza molto chiusa con un carattere particolare tutto da
scoprire.
-Sono Mya Asaghy. Mi manda il capitano Kaios tigre
rossa.- disse con voce ferma e fiera come un marine, ciò che
era
fino a qualche anno prima.
-Bene, allora finalmente è
arrivato!- disse Sylas girando intorno alla ragazza, come un
avvoltoio –Dove si trova adesso?- chiese fermandosi ad
osservare il
lato b della mora.
-è al porto! Sta combattendo contro alcuni
pirati!- disse girandosi verso il suo interlocutore e guardandolo
negli occhi.
Mya incastonò i suoi splendenti occhi verdi in
quelli anomali di Sylas. Quello sguardo bastò alla ragazza
per
capire ogni cosa dell’uomo, il suo vero essere, la sua
malvagità.
Lì non avrebbe trovato nessun indizio su suo fratello.
-Bene,
bene, bene. Hai sentito Wolf? I tuoi amichetti stanno combattendo
contro i pirati della tigre rossa! Tra qualche minuto ti ritroverai
senza una ciurma!- rise –O se sono abbastanza forti per
sopravvivere, li ucciderai tu con le tue stesse mani appena li
incontrerai!- rise ancora più forte Sylas.
Mya si girò ad
osservare l’uomo che Sylas stava evidentemente beffeggiando.
Era
alto è muscoloso e sembrava in piena crisi nervosa. Non
aveva
risposto alle battutine di Sylas, aveva semplicemente stretto la mano
sinistra intorno all’elsa blu di una katana, il suo
comportamento
era strano, da quel che aveva capito lui era il capitano dei pirati
al porto, il capitano delle due ragazze a cui lei aveva sparato. Si
sentì immediatamente in colpa per quello che aveva fatto, ma
doveva
farlo o Kaios avrebbe ucciso lei, per loro fortuna però Mya
le aveva
colpite solo di striscio, deviando volontariamente la mira di solito
sempre estremamente precisa.
Wolf si sentiva osservato, non solo
da quel viscido di Sylas, ma anche dalla nuova arrivata. Si
girò e
subito si maledisse per averlo fatto. Appena vide quella ragazza vide
la sua prossima vittima. Come un animale riusciva a sentire il suo
odore e desiderare che si trasformasse in sangue. Fulmineo e
incontrollabile sfoderò una katana e corse verso la ragazza.
Mya
vide l’unico occhio di quel ragazzo e vi lesse tutto il suo
tormento, tutto il dolore che aveva provato negli anni e che stava
provando adesso nel voler uccidere un innocente per colpa del frutto
di Sylas. Vide la forte amicizia che lo legava ai suoi compagni e
l’amore forte e travolgente che provava per una donna del suo
passato.
Istintivamente Mya prese dalla cintura che portava in
vita, la sua fidata katana e schivò il colpo di Wolf. I due
iniziarono a combattere. Wolf affondava deciso la sua spada contro
quella della ragazza che abilmente si difendeva contro la forza bruta
dell’uomo. Mentre i due combattevano Sylas si godeva lo
scontro,
senza nessuna obiezione se la ragazza avesse avuto la peggio.
Wolf
era incontrollabile, con la mano sinistra sguainò una
seconda katana
e con entrambe le spade sfoderò un potente colpo che
disarmò la
ragazza. Mya osservò ancora una volta l’iride
azzurro-ghiaccio
dell’uomo e vi lesse un profondo dispiacere per quel che
stava per
compiere, ovvero ucciderla.
Amlach prese per il collo la ragazza
e la buttò contro la porta chiusa alle sue spalle,
bloccandole la
mano sinistra, che era già pronta ad impugnare una delle due
fidate
pistole; con la sua più grande e forte mano
bloccò il polso destro
della ragazza dove vi era raffigurato il tatuaggio di un
colibrì, lo
stesso del ciondolo del braccialetto che portava sempre con se.
Mya
si agitava cercando di difendersi fino all’ultimo. Il
capitano
della Black moon stringeva sempre più forte, quando,
osservando la
ragazza, qualcosa dentro di lui si svegliò. La sua
coscienza, il suo
valore da spadaccino gli impedivano di ferire una donna innocente,
questo era contro ogni suo principio e mai avrebbe macchiato il suo
onore da spadaccino.
Lasciando di sasso Sylas, Wolf mollò la
presa dal collo della ragazza che iniziò a tossire. Mya
aveva visto
bene, quel ragazzo era una brava persona.
-Ma che sta
succedendo? Wolf uccidila!- ordinò Sylas.
-Non ci penso
proprio! Mi sa proprio che il tuo giochetto con me a qualche
problema!- disse il pirata riferendosi al potere del nemico.
-Non
è possibile!- disse infuriato Sylas –adesso
vedremo! Se tu non
ucciderai lei, vuol dire che lei ucciderà te!- disse
convinto. Non
capiva perché Wolf fosse tornato in se, questo non andava
bene, la
sua vita allora era di nuovo in pericolo, l’unica
possibilità era
cambiare la personalità della ragazza, forse avrebbe avuto
qualche
chance di uccidere Amlach.
Con i suoi occhi viola, Sylas
catturò lo sguardo della ragazza. Mya osservava come
incantata le
iridi violette dell’uomo che man mano assumevano un colorito
cobalto. Sylas pensava di averla in pugno ormai, ma non aveva fatto i
conti con il potere di Mya, l’unico in grado di respingere il
suo.
La ragazza sbattè velocemente le palpebre riuscendo a
rimanere in se. Quando aveva osservato gli occhi di Sylas aveva visto
ciò che lui le voleva far fare, ovvero uccidere Wolf e
diventare una
spietata killer, ma questo non accadde. Molti anni prima infatti Mya
aveva mangiato un frutto del mare che le aveva sviluppato una forte
abilità, ovvero leggere la mente delle persone, svelando
ogni loro
pensiero. La sua mente, il suo cervello da quel giorno diventarono il
suo punto forte grazie al frutto che le aveva concesso una mente
super sviluppata.
Sylas rimase perplesso ed arrabbiato, prima Wolf
si era liberato del suo potere ed adesso quella ragazza sembrava
esserne immune.
-Come hai fatto?- le chiese a bassa voce
Wolf
-Credo che il mio frutto sia in netto contrasto con il
suo! La mia mente è già stata modificata dal
frutto del mare che ho
mangiato anni fa, non può essere alterata ulteriormente-
disse
saggiamente Mya.
Sylas iniziò a sudare freddo, tutto il suo
piano stava andando in frantumi.
-Tu, tu fai parte della
ciurma di Kaios, e lui fa parte dei miei pirati, quindi tu mia cara
devi stare dalla mia parte!- disse Sylas facendosi due calcoli.
-No!
Era da un po’ che volevo lasciare la ciurma di
quell’uomo. Le
vostre menti sono solo innescate dall’odio e dalla sete di
sangue e
denaro, proprio come i pirati che hanno rapito mio fratello!- disse
Mya arrabbiata –Non sono più con voi!-
Sylas a quelle
parole si buttò contro la ragazza cercando di ferirla, ma
Wolf le si
parò di fronte.
-Noi due abbiamo un conto in sospeso!- disse
ghignando malefico Wolf.
I due ripresero il combattimento, ma
Sylas era in netto svantaggio. L’uomo doveva pensare ad una
via di
fuga al più presto. Senza farsi accorgere
dall’avversario, prese
una pistola dalla sua cintura e sparò.
Amlach si girò di colpo,
seguendo la direzione del proiettile, ovvero verso Mya. Il pirata
lasciò Sylas per salvare Mya e questo permise al meschino
pirata di
fuggire dalla finestra. Mya schivò con un colpo di spada il
proiettile, salvandosi all’ultimo secondo.
-Bastardo, è
scappato!- disse Wolf picchiando un pugno contro la parete.
-è
solo un vigliacco!- disse Mya.
-Devo trovarlo subito, e
finirlo!- disse deciso il capitano.
-Credo che prima dovresti
andare al porto, i tuoi uomini hanno bisogno di te- propose la
ragazza, la quale si sentiva ancora in colpa per aver ferito, anche
se in modo lieve, le due ragazze.
-Sì, hai ragione- disse
l’uomo incamminandosi verso l’uscita, poi si
fermò e
rivolgendosi alla ragazza disse –Tu non vieni?-
-Sì, ma…
devo confessarti una cosa, ho sparato a due pirati al porto- disse
abbassando lo sguardo.
-li hai uccisi?- chiese freddo
-No,
solo feriti lievemente. Dovevo farlo o la tigre rossa mi avrebbe
ucciso-
-Capisco. Adesso andiamo, i miei uomini sono forti e
sapranno capire le tue ragioni-
Mentre i due si avviavano
verso il porto, lì la situazione si stava sempre di
più
scaldando.
Stun trasformatosi in un enorme scarabeo viola,
colpiva gli avversari con fulmini provenienti dal suo corpo e dalle
sue mani, decimando non pochi pirati. Le due ragazze ferite erano
state medicate alla bene meglio e anche loro si erano subito lanciate
nella mischia.
Ormai rimasero solo Ashuros e la tigre rossa che
combattevano. La tigre era molto forte. Essa aveva affondato i suoi
artigli sia sul collo dell’argentato che sulla schiena.
Però anche
se mal ridotto catena nera continuava a combattere con tutte le sue
forze. Con un astuto colpo, Ashuros scagliò la tigre a terra
e prima
che essa si rialzasse, formò delle catene roventi che subito
circondarono l’animale.
La tigre iniziò a ruggire dal dolore,
mentre le catene roventi le bruciavano il prezioso pelo rosso. Del
fumo seguito da odor di carne bruciata si propagò per tutto
il
porto, nauseando i presenti.
Disgustato anche lui per quella
puzza, Ashuros con un potente colpo sbilanciò
l’animale nell’acqua
marina, eliminandolo per sempre.
-Grande amico!-disse Stun
dando una pacca sulla spalla del nakama, dopo essere tornato nella
sua forma normale.
-Adesso ci resta solo che andare dal
capitano!- disse serio Ashuros a tutta la ciurma.
-a proposito
di capitano, eccolo è laggiù!- disse Asako
indicando Wolf a qualche
metro di distanza da loro.
-Sì, ma quella con lui è…-
disse Luna iniziando a stringere i pugni per la rabbia, pronta ad
attaccare colei che aveva ferito le sue amiche.
ANGOLO
AUTRICE:
Non ci credo sono ancora puntuale! Wow mi sorprendo
di me stessa! O.o
Comunque miei carissimi lettori, ecco a voi un
altro capitolo pieno di azione, forse vi sarete anche scocciati di
tutti sti combattimenti… comunque spero come sempre che vi
sia
piaciuto anche questo capitolo, dove ne sono successe parecchie di
cose!
Un piccolo avviso per tutti voi, queste due saghe: Stargazer
e Foko stanno per giungere al termine, stimo più o meno due
o tre
capitoli per la fine di essi, quindi preparatevi per le nuove
avventure dei nostri eroi! :)
Con questo e tutto, aspetto come
sempre le vostre meravigliose recensioni e ringrazio tutti coloro che
si limitano anche solo a leggere!!!
Prossimo aggiornamento 7
febbraio! :)
Un bacione la vostra kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** capitolo 14 ***
Con
passi lenti e cauti Solan scese la grande scalinata che, secondo le
informazioni della guardia doveva portare alle celle dei
prigionieri.
Solan si sentiva la testa scoppiare e le gambe
deboli, doveva sbrigarsi non aveva ancora molto tempo a disposizione.
Si fermò per qualche secondo contro la parete umida delle
scale e
cercò di respirare a fondo recuperando, per quel che era
possibile,
qualche briciolo di energia. Con un ultimo sforzo scese gli ultimi
scalini e si ritrovò davanti un bivio. Sia a destra che a
sinistra
c’era un lungo corridoio buio illuminato solo da qualche
candela
appesa ad un antico lucernario al muro. La luce fioca delle candele
illuminava quegli angusti corridoi dove si potevano intravedere
alcuni topi correre veloci verso il buio delle loro tane. La rossa
alla vista di quegli animali fece una smorfia di disgusto, odiava i
topi e l’idea di camminare con quei cosi in giro non la
allettava
per niente. Guardò per la seconda volta sia a destra che a
sinistra
indecisa sulla via giusta da prendere, quella guardia non le aveva
detto del piccolo bivio che si sarebbe trovata davanti e lo maledisse
per questo. Dando un’ultima occhiata imboccò il
corridoio alla sua
sinistra, pregando di aver preso la direzione giusta.
Camminò
lentamente per quel lungo e angusto corridoio, schizzando in avanti
al minimo rumore con i nervi a fior di pelle. Se solo una di quelle
bestiacce l’avrebbe anche solo sfiorata non avrebbe retto;
poteva
affrontare i più peggiori pirati e marine ma i topi no, era
più
forte di lei. Sorrise al pensiero che se Edward fosse stato
lì con
lei, la starebbe sicuramente prendendo in giro con qualche
frecciatina delle sue, ma, quel pensiero le fece ricordare che il suo
amico era in una cella di agalmatolite congelato e che doveva
liberarlo al più presto. Accelerò quanto
più possibile il passo
inoltrandosi sempre di più nel buio delle segrete.
Oltrepassò
diverse celle ma erano tutte vuote senza nessun prigioniero, che
fossero solo loro gli unici prigionieri di Rondonos?
Mentre
continuava a camminare ad un certo punto le sue scarpe, con
inconfondibile tacco a spillo, toccarono un qualcosa di liquido.
Solan si abbassò con qualche sforzo premendo la mano sul
petto
dolorante e controllò con un dito di che liquido si
trattasse.
Appoggiò il dito indice nel liquido e poi se lo
portò davanti al
naso, era inodore e, dopo averlo appoggiato sulle labbra
verificò
che era anche insapore.
-è acqua!- esclamò –Edward e
quella ragazza sono vicini! Sicuramente questa è
l’acqua del loro
scongelamento!-
Con questa nuova certezza Solan zampettò
velocemente nell’acqua finché non sentì
delle voci.
-Mi
sono stufato di stare agli ordini di quel nano! Mentre lui va a
mangiare noi dobbiamo stare qui per tutto il giorno e la notte, mi
sono rotto!- esclamò una guardia appoggiando al muro il
fucile che
aveva in mano.
-Sta zitto Cedric! Se ti sente ci tortura come
quella pirata di sopra o ci butta tra le grinfie di Baldarus.- disse
l’altro rabbrividendo all’idea.
-Ehi voi due fateci uscire
di qui!!!- urlò Diana dalla cella.
-Sta un po’ zitta
ragazzina, le tue urla mi hanno stufato!- disse Cedric fulminando la
castana.
-Giuro che quando esco di qui ti appendo per le p…-
disse la ragazza imbestialita più che mai, ma Edward la
fermò
–Calmati, presto, molto presto, usciremo di qui!- disse
incrociando
le braccia al petto ed appoggiandosi al muro come se stesse
aspettando qualcosa o qualcuno.
Diana si girò con
occhi spiritati verso il compagno di cella e puntandogli un dito al
petto disse –Ma come diavolo fai a startene così
tranquillo!? Io
voglio uscire di qui subito!- urlò
-Ti ho detto che tra poco
usciamo- disse sempre con aria tranquilla il vice capitano
–deve
solo trovare il momento giusto per eliminare questi idioti- disse
ghignando.
Diana lo guardò con faccia interrogativa come per
dire “ questo è fuso” ma poi qualcosa le
balenò per la mente
–Senti, ehm…fiuti qualcosa?- chiese al moro come
se stesse
parlando con un cane.
Edward annuì continuando a
ghignare.
-Ma di che diavolo state parlando voi due??- chiese
irritato la guardia guardando i due prigionieri.
-Credo stiano
parlando di me!- disse una voce femminile alle spalle di Cedric. La
guardia si girò di scatto in tempo per vedersi spalmare in
faccia la
canna del suo fucile. Cedric cadde a terra reggendosi il viso
dolorante, mentre il compagno si avventava su Solan. La rossa
cercò
di muoversi il meno possibile visto che la testa le girava senza
sosta. Decise di non usare i suoi poteri o si sarebbe data da sola il
colpo di grazia, così afferrò di nuovo il fucile
e cercò di
colpire anche l’altra guardia che però
scansò il colpo.
-Sol
dietro di te!- urlò Edward accanto alle sbarre.
Solan si girò
e vide Cedric afferrarla dalla vita stringendo forte per non farla
muovere. Solan si sentì mozzare il fiato, non riusciva quasi
a
respirare. L’altra guardia si parò di fronte a lei
con un ghigno
malefico.
-Bene bene, sei riuscita a scappare, ma non
scapperai da noi!- rise
Solan rise a sua volta confondendo la
guardia e gli sferrò un calcio nelle parti basse che fece
crollare
l’uomo a terra. Cedric che teneva ancora la donna stretta
dalla
vita la scaraventò a terra e la sovrastò
premendole le mani a terra
e bloccandole il bacino con il suo.
Edward aveva afferrato con
rabbia le sbarre di agalmatolite che gli stavano pian piano bruciando
i palmi delle mani facendo uscire del lieve fumo da esse.
-Lasciala
porco!- urlò il vice con occhi spiritati.
Diana guardò
Solan, la quale dopo aver subito tutte quelle torture era riuscita a
liberarsi ed era subito corsa a salvare un componente della sua
ciurma. Senza dubbio quella donna aveva una grande forza di
volontà
e Diana già la ammirava molto.
Solan si dimenava sotto le
grinfie di Cedric, ma non aveva più molte forze per
contrastare
l’uomo.
-Solan!- la chiamò Diana
La rossa guardò la
ragazza nella cella che si era chinata a terra e le stava passando
oltre le sbarre, facendo attenzione a non toccarle, la sua preziosa
katana.
-Prendila!- disse la mora sorridendole, non aveva mai
prestato la sua katana a nessuno, ma qualcosa dentro di lei le diceva
che era la cosa giusta da fare.
Cedric intento a sovrastare la
ragazza che riteneva molto affascinante, non notò niente,
finché
non sentì qualcosa di affilato trapassargli lo stomaco. Un
dolore
improvviso gli si propagò per tutto il corpo. Cedric
abbassò lo
sguardo e vide il sangue sgorgare senza sosta dal suo stomaco.
Dolorante si accasciò accanto alla rossa reggendosi il
ventre
ferito.
Solan frugò nelle tasche dell’uomo, mentre esso
era
preso da delle forti convulsioni, e recuperò le chiavi delle
celle.
Con un immenso sforzo si rialzò e si avviò verso
la cella
ed infilò la chiave per liberare i due pirati, ma
l’altra guardia
era pronta ad impedirglielo. Solan irritata si girò di
scatto e
affondò la katana nel corpo dell’altra guardia
mandandola al
tappeto accanto al compagno. Finalmente la rossa aprì la
cella
liberando i due pirati.
-Grazie e, scusa se l’ho sporcata!-
disse la rossa porgendo la katana alla sua legittima
proprietaria.
-Figurati, c'è abituata!- sorrise
Diana.
-Sol!- la chiamò Edward dopo aver dato il colpo di
grazia a quelle due guardie. Sapeva che Solan non l’avrebbe
fatto,
ma lui odiava lasciare vivi i nemici, così non si fece
nessuno
scrupolo a spezzargli l’osso del collo.
La rossa, al
richiamo, si girò nella direzione del vice che la stava
guardando
con sguardo profondo. Solan conosceva quello sguardo, Ed lo faceva
solo quando era preoccupato per qualcuno.
-Sto bene!- disse il
capitano per confortalo, anche se non era la verità,
più passava il
tempo e più le sue forze l’abbandonavano. Se solo
Lilian fosse lì,
pensò.
Edward la scrutò per qualche secondo cercando di
catturare lo sguardo ambrato della rossa, l’unico che poteva
fargli
capire le sue vere condizioni. Appena lo intercettò strinse
i pugni,
promettendo di far fuori Rondonos e tutti i suoi aiutanti, ma
soprattutto promise a se stesso che l’avrebbe salvata, come
lei
tempo or sono l’aveva salvato da una vita vuota.
I tre
pirati si incamminarono verso l’uscita delle segrete,
seguendo il
percorso fatto in precedenza da Solan.
Solan e Diana nel tragitto
parlarono un po’ conoscendosi meglio e apprezzando ognuna le
caratteristiche dell’altra.
Arrivati al bivio davanti le scale,
Solan sentì delle voci.
-Ssssht… ho sentito qualcosa!-
disse il capitano
Edward affinò l’orecchio e percepì dei
respiri lenti.
-C’è qualcuno- professò il vice.
I
tre pirati si immisero nel corridoio opposto al loro illuminato
anch’esso da delle vecchie candele.
-Ho paura!- disse una
piccola voce in un sussurro
-Zitta Shian o Baldarus ci
prenderà!- disse un'altra voce.
I pirati si avvicinarono
cautamente alla cella dove provenivano le voci e, in un angolo di
essa, buio e umido, videro due bambine rannicchiate a terra strette
l’una all’altra tremanti e spaventate. Intorno a
loro c’era
qualche vestito mangiucchiato dai topi, sicuramente appartenente a
qualche altro bambino e tutt’intorno escrementi appartenente
ai
piccoli e sporchi animali.
La candela appesa davanti alla cella
illuminava i piccoli e spaventati volti delle bambine tutte sporche e
insanguinate.
-ma sono due bambine!- disse Diana scioccata
dalle condizioni delle piccole, mentre Edward rimaneva in silenzio e
Solan tremante si avvicinava alla cella.
La rossa sentiva la testa
pesante ed era estremamente confusa. Si avvicinò
ulteriormente alla
cella e osservò le due bambine: una con dei lunghi capelli
biondo
sporco legati in una coda mezza disfatta con degli occhioni verdi
terrorizzati, l’altra aveva dei lunghi capelli neri con una
lieve
frangetta che le ricadeva sui bei occhi ambrati entrambe avevano
più
o meno cinque anni. Solan osservò la bambina dai capelli
neri, la
quale aveva uno sguardo fiero anche se era spaventata a morte.
Improvvisamente la rossa si fiondò sulle sbarre scuotendole
e
chiamando a gran voce il nome -Lya- delle lacrime lente cadevano dai
suoi bei occhi ambrati simili a quelli della bambina.
-Lya!
Lya!- continuava a urlare Solan. L’algamatolite aveva colpito
anche
la sua mente non facendole distinguere la realtà dai
ricordi, il
presente con il passato.
Le bambine si misero a tremare
spaventate dalla reazione della rossa. La bambina mora
riuscì a dire
solo –mi chiamo Ariel…- cercando di convincere la
donna che la
fissava, che l’aveva scambiata per un'altra.
Edward con calma
si avvicinò al capitano e piano le mise le mani sulle spalle
e la
allontanò dalla cella.
-Lasciami William! Non me la porterai
via!- disse la rossa strattonandosi dalla presa del compagno.
Il
vice prese la donna per il viso e appoggiò la sua fronte su
quella
della donna e disse –Sol, sono io Edward! Il tuo vice, il tuo
compagno di bevute ricordi? E quella bambina non è Lya!-
Solan
sbattè le palpebre un paio di volte e poi ritornò
in se. –Ed…cosa
mi succede?- sussurrò.
-Tranquilla adesso andiamo da Lilian e
ti curerà!- disse più a se stesso che a lei visto
che era
preoccupato da morire.
-Ragazzi abbiamo un problemino!- disse
Diana improvvisamente.
I due pirati si girarono e videro un
grosso uomo alto circa tre metri e mezzo avanzare verso di loro con
una grossa mazza borchiata in mano.
-Baldarus!- disse tremante
Ariel.
-Sol, tu e Diana portate le bambine fuori di qui, a
questo grassone ci penso io!- disse Edward fissando il gigante che si
avvicinava.
Solan notò gli occhi infiammati di Edward pronto a
combattere e determinato più che mai.
Veloci Solan e Diana
presero le bambine e corsero verso le scale, mentre Edward con un
ghigno stampato in volto disse –Pronto a morire grassone?-
schioccandosi le mani pronto a scatenare la rabbia che aveva
accumulato in quel castello.
Nel frattempo Shin e Lilian
erano alle prese con Rondonos. Lilian era ancora scioccata
dall’aspetto di Rondonos. Non se lo aspettava di certo
così, basso
è così brutto, anzi si era immaginata tutto
l’opposto.
Shin
depose a terra Lilian e fissò la piccola ombra davanti a
lui,
Rondonos.
-Allora voi chi siete? Che ci fate nel mio
castello?Anzi scommetto che siete i pirati di quella rossa che ho
torturato fino a qualche minuto fa!- rise –Neanche gli altri
due
vostri amici sono riusciti a fermarmi, pensate di riuscirci voi?-
disse con aria di sfida.
-Che cos’hai fatto a Solan?- urlò
Lilian trattenuta da Shin –Dove sono lei e Edward? Rispondi
mostro!-
-Basta! Mi hai stancato ragazzina!- disse Rondonos
portandosi davanti il viso una mano con il palmo rivolto
all’insù.
–Adesso ti faccio passare la voglia di insultarmi!- disse il
nano
rabbioso.
Dal palmo della mano di Rondonos lentamente si formò
un piccolo vortice di foglie sempre più grande,
finché arrivato al
suo culmine il perfido signore lo scagliò contro Lilian e
Shin che
vennero travolti dal vortice roteando velocemente al suo interno
finché non furono scagliati contro una parete.
Shin si alzò a
fatica dal muro mentre Lilian era svenuta li accanto a lui.
-Me
la pagherai!!- urlò Shin correndo verso Rondonos e
scagliandosi con
un potente calcio verso di lui.
Il nanetto non era molto agile e
infatti ricevette il calcio in pieno viso. Shin continuò a
colpire
il perfido uomo, scatenando la sua ira su di lui. Rondonos ormai
aveva la faccia piena di lividi che lo rendevano ancora più
brutto
di com’era in realtà. Shin non gli aveva dato il
tempo di contro
attaccare con il suo potere, visto che si era scagliato contro di lui
come una furia. Mentre il cuoco si preparava a colpire l’uomo
con
un forte pugno, il nano lo schivò e con uno schiocco di dita
fece
comparire una nuvola di petali che avvolsero Shin soffocandolo con un
intenso profumo.
Rondonos approfittò di quell’occasione per
chiamare a gran voce tutte le guardie del palazzo, qualcosa gli
diceva che quei pirati non erano gli unici nel palazzo.
Uno stormo
di guardie iniziò ad affollare i corridoi diretti verso il
richiamo
del loro capo.
Nel frattempo Diana e Solan erano appena giunte
nel corridoio e videro Rondonos e Lilian a terra svenuta e Shin
immerso in una nuvola di petali di fiori che si teneva stretto forte
la gola in piena crisi respiratoria.
-Lily!- urlò Solan
barcollando verso l’amica. La rossa si inginocchiò
e cominciò a
scuotere la mora che riprese conoscenza.
-Diana aiuta quel
ragazzo ti prego, è dalla nostra parte!- disse Solan mentre
reggeva
il capo di una Lilian ancora un po’ confusa.
-Si vado!-
disse Diana correndo ad aiutare Shin, mentre le due bambine alla
vista di Rondonos si erano nascoste dietro una grossa colonna.
Diana
strappò Shin da quella nuvola di petali rosa così
il ragazzo potè
di nuovo respirare. La mora osservò il ragazzo e lo
riconobbe come
il cuoco della locanda Iceland dove aveva mangiato qualche volta. Ma
che ci faceva un cuoco lì a combattere contro Rondonos?
Pensò.
-Sol
sei tu?- disse Lilian mettendosi seduta
-Sì Lily, come stai?-
chiese preoccupata il capitano.
-Bene, sto bene! ma tu
piuttosto, quel mostro ha detto che ti aveva torturata e da quello
che posso vedere non hai una bella cera!- disse il medico squadrando
l’amica.
-Sì è vero, ma adesso che tu sei qui puoi darmi
qualcosa per stare meglio!- disse speranzosa Solan.
-Non
posso! Non so cosa ti ha fatto Rondonos e se non mi accerto prima
delle tue condizioni non posso darti niente!-
Nel frattempo le
guardie circondarono i pirati mentre Rondonos se ne andava
tranquillamente.
I pirati si affiancarono al centro del corridoio,
guardandosi in torno.
-Sono troppi!- disse Lilian
preoccupata.
-Se sei spaventata e meglio che te la dai a gambe
levate!- Disse Diana sprezzante.
-Ma questa chi è?- disse
rabbiosa Lilian rivolta al capitano.
-Lei è Diana, una nostra
alleata!-
Le guardie incombevano su di loro e Lilian decise di
usare il suo potere per cercare di illudere almeno un po’ di
loro.
Shin capì cosa voleva fare il medico e le strinse la mano.
-Ma
cosa…- disse Lilian confusa dal gesto del cuoco.
-Sai, anche
io ho mangiato un frutto del mare. Sono in grado di accentuare o
riutilizzare il frutto di chi tocco- disse il cuoco.
-Fantastico!-
sorrise Lilian.
Improvvisamente delle fiamme immaginarie
comparvero nel lungo corridoio facendo arretrare le guardie
spaventate. Solan accentuò l’effetto con il suo
potere facendo
provare alle guardie una sensazione di calore se si avvicinavano
all’illusione creata dalla compagna.
-Wow notevole!-
commentò Diana –ma adesso, cosa facciamo?- chiese.
-Lily
dammi qualcosa per non sentire dolore, devo distruggere una volta per
tutte Rondonos, mentre voi vi occuperete delle guardie!- disse
Solan.
Lilian senza ribattere, perché sapeva che era inutile
con il suo cocciuto capitano, estrasse da un piccolo marsupio
allacciato alla cintura una boccettina e una siringa.
-Devo
farla sul collo così agirà prima, farà
un po’ male però!- disse
avvisando il capitano.
-Mai come il dolore che provo da
ore-
Solan scostò i lunghi capelli mogano dal collo scoprendo
così il piccolo tatuaggio a forma di lupo disegnato sotto
l’orecchio, poi piegò il collo in modo da
facilitare la
penetrazione dell’ago e Lilian iniettò il forte
antidolorifico.
Solan ebbe un fremito ma pian piano il dolore
iniziò a dileguarsi, anche se sapeva che una volta finito
l’effetto
si sarebbe sentita molto peggio. Con un rapido scatto
attraversò le
fiamme immaginarie e si fece largo tra le guardie ricorrendo
Rondonos. Lilian impugnò il suo fidato arco ed
impedì ad alcune
guardie di seguire il capitano mentre Shin e Diana si preparavano
alla feroce battaglia.
Ryuu spalancò la porta della
locanda Iceland con un calcio facendo sussultare i presenti. Tom il
proprietario corse subito incontro al pirata e lo aiutò a
portare
Yuki nella sua stanza.
-Menomale che l’hai trovata, mi sono
accorto troppo tardi che era scappata dalla finestra! La sua amica mi
ha detto che non doveva assolutamente muoversi o le ferite si
sarebbero aggravate!- disse Tom tutto agitato.
Ryuu osservò
la ragazza sdraiata sul letto: aveva il viso molto pallido corrugato
in una smorfia di dolore. Quella pazza aveva scavalcato una finestra
nelle sue precarie condizioni per andarlo a cercare, perché
faceva
tutto questo per lui? Era troppo anche per una persona dolce come
lei!
-Dove sono i miei compagni?- chiese brusco Ryuu
-La
ragazza dai capelli rossi, Solan, e quell’altro con la
cicatrice in
volto non sono mai ritornati e Lilian e Shin sono andati al palazzo
di Rondonos a cercarli- proferì il locandiere.
Ryuu aggrottò
la fronte preoccupato –Sicuramente Solan si sarà
cacciata in
qualche guaio!- disse sorridendo appena –Vado anche io al
castello,
e mi raccomando- disse in tono serio e freddo, tanto da far
accapponare la pelle al povero locandiere –se ti fai scappare
ancora Yuki ti taglio la testa con questa!- disse mostrando la sua
affilata falce a tre lame. Tom deglutì spaventato ed
annuì, mentre
Ryuu dopo aver sfiorato velocemente una guancia della navigatrice
corse anche lui al castello di Rondonos.
Isola
Foko
Luna infuriata marciava contro il capitano e la donna che
aveva ferito le sue amiche. Non capiva perché essa si
trovasse a
fianco al suo capitano, che non fosse poi così cattiva
proprio come
pensava July? Mentre procedeva spedita verso di loro sentiva le urla
dei suoi compagni che la incitavano a stare calma, visto che la
conoscevano bene e sapevano che quando si arrabbiava diventava una
furia. Ma Luna era una ragazza intelligente e man mano che arrivava
davanti a Mya il dubbio che quella ragazza fosse in realtà
dalla
loro parte, si faceva sempre più strada nella sua mente.
Arrivò
davanti alla ragazza dai lunghi capelli corvini e rimase immobile ed
in silenzio a fissarla, mentre tutti i suoi amici fissavano lei
aspettando una sua mossa. Luna osservò gli occhi verdi della
ragazza
e ne lesse tanta tristezza e dispiacere. La vide dare
un’occhiata
veloce nella direzione di July e Sara, coloro a cui aveva sparato, e
la vide sorridere appena quando constatò che stavano bene.
La rabbia
che provava qualche secondo prima svanì di colpo lasciando
spazio ad
un grosso sorriso che l’aveva sempre caratterizzata sul suo
bel
viso. Con una mossa veloce porse la mano a Mya sorridendole
cordiale.
-Ciao! Io sono Luna!- disse felice.
Mya aveva
notato l’aria più che incavolata che aveva la
ragazza appena
l’aveva vista, e poteva immaginare il perché, ma
adesso non capiva
perché il suo umore era cambiato di botto, che
l’avesse già
perdonata senza neanche ascoltare le sue scuse? Confusa e un
po’
sbigottita, Mya strinse la mano di Luna e si presentò.
– Mya
Asaghy, piacere! E, scusa per prima, ma ero obbligata a sparare alle
tue amiche ma ho cercato di fargli male il meno possibile- disse
sorridendo appena, contagiata dall’enorme sorriso della
biondina
che aveva di fronte.
-Non ti preoccupare, l’avevo intuito! E
tutto apposto!- disse raggiante Luna.
Gli altri pirati erano
rimasti sbalorditi quando Luna aveva teso la mano a Mya invece di
scatenare una rissa, quella ragazzina bionda stupiva ogni giorno di
più i suoi compagni, soprattutto Stun che sorrideva felice
al gesto
dell’archeologa.
Tutta la ciurma, e i nuovi arrivati, si
riunirono attorno ad Amlach.
-Cos’è successo qui?- disse il
capitano guardandosi intorno e deducendo che si era appena concluso
uno scontro.
-Gli isolani erano impazziti, probabilmente
secondo le informazioni ricevute dal padre di Chuck, la loro pazzia
è
dovuta al potere del nuovo Barbanera, Sylas; poi sono arrivati, come
ben sai la ciurma della tigre rossa, con questa ragazza- disse
Ashuros indicando Mya –ma li abbiamo battuti come puoi
vedere!-
ghignò.
-Mya è dalla nostra parte! Si è trovata su quella
nave per necessità ma appena ha potuto mi ha salvato la vita
e da
oggi fa parte della nostra ciurma- disse con il suo solito tono
piatto ed autoritario Wolf.
-COSAA??- disse sorpresa Mya
guardando con occhi fuori dalle orbite l’uomo accanto a
lei.
-Benissimo! Benvenuta nella ciurma Mya!!- disse
entusiasta Luna saltellando attorno alla ragazza.
-Ma, io… -
cercò di dire la corvina, ma Amlach non la degnava di uno
sguardo o
una parola.
-Chuck!- lo chiamò Amlach –hai dunque trovato
tuo padre?- chiese non calcolando la reazione ancora scioccata di
Mya.
-Sì, si trova a casa nostra però è
ferito.- disse
abbassando la testa.
-July ce la fai ad andare a soccorrere il
padre di Chuck?- chiese il capitano
-Sì, certo!- disse la
biondina convinta.
-Bene, allora vai insieme a…- disse
indicando Sara –Lei… e Chuck a curare suo padre,
ci ritroviamo
qui!- ordinò il capitano.
-Subito capitano!- disse July
incamminandosi con Sara e Chuck. Sara non capiva perché
quell’uomo
desse ordini anche a lei ed accettasse così su due piedi,
senza che
glielo aveva neanche chiesto, Mya nella sua ciurma, quel tipo era
davvero strano, ma lo ammirava molto. I suoi uomini parlavano molto
bene di lui e si vedeva che lo rispettavano tantissimo, le sarebbe
piaciuto entrare anche lei a far parte di quella ciurma, ma lui non
aveva detto niente a riguardo, anzi non ricordava neanche il suo
nome.
-Scusa Amlach…- lo interruppe Mya arrossendo –Ma
non
ti ho mai chiesto di entrare nella tua ciurma, io…-
Amlach
si girò verso la ragazza fissandola con il suo unico occhio
color
ghiaccio. Mya capì dallo sguardo dell’uomo che gli
stava chiedendo
se aveva qualcosa in contrario e Mya pensò che non aveva mai
incontrato dei pirati così buoni di cuore e che combattono
per i
loro ideali non per arricchirsi, quindi sorridendo fiera e disse
–Grazie, accetto!-
Wolf alzò un angolo della bocca in una
sottospecie di sorriso e si concentrò su il resto della
ciurma.
–Sylas è molto abile, ha un potere molto forte ma
lo batterò!-
disse stringendo la mano destra all’elsa di una delle sue
katane
–Quel vigliacco è scappato dal palazzo comunale
è dobbiamo
trovarlo, prima che usi di nuovo il suo potere su qualcuno di noi-
digrignò i denti al pensiero che quel viscido aveva giocato
con la
sua mente e, se non fosse arrivata Mya probabilmente lo avrebbe
mandato ad uccidere i suoi stessi nakama.
-Allora che
aspettiamo andiamo a cercarlo!- disse Asako pronta a veder morire
colui che si definiva il nuovo Barbanera.
-Stun! Luna! Voi
andate al palazzo comunale, lì ci sono molti incartamenti
forse in
qualcuno di essi troverete un altro suo nascondiglio, mentre io,
Ashuros, Mya e Asako andremo a cercarlo oltre il villaggio!-
ordinò
Luna e Stun si avviarono verso il comune mentre gli
altri si dirigevano verso l’interno del villaggio.
Intorno a
loro regnava il caos più assoluto. I paesani impazziti
avevano messo
a ferro e fuoco il villaggio, distruggendo molte abitazioni e
negozi.
-Ci vorrà molto lavoro per ricostruire tutto quanto!-
notò Asako.
-Se sono tutti come Chuck, sono gente in gamba e
aiutandosi a vicenda riporteranno il villaggio come nuovo!- disse
Ashuros.
Asako arrossì di botto ripensando a Chuck e al modo
dolce come la guardava, nessuno l’aveva mai guardata
così. Chuck
si era mostrato anche molto coraggioso nel voler vendicare suo padre
dai pirati di Sylas, e poi era piombato durante la battaglia al porto
e l’aveva salvata… le sarebbe piaciuto averlo
accanto durante il
viaggio sulla Black Moon ma sapeva che aveva dei doveri nel suo
villaggio, soprattutto adesso che il padre era stato ferito e che
andava ricostruito il villaggio, chissà, magari un giorno si
sarebbero rincontrati.
-Capitano, come faremo a non farci
influenzare dal potere di Sylas?- chiese improvvisamente
Ashuros.
-Ash, non so… dovremo stare molto attenti, non
dobbiamo permettergli di metterci gli uni contro gli altri-
-Secondo me…- intervenì Mya –tutto sta
a non guardare i
suoi occhi! Se non si fissano i suoi occhi il suo frutto non dovrebbe
aver nessun effetto, anche se parte del suo potere, da quello che ho
potuto notare, consiste nel attirare la preda con il suo sguardo
magnetico e poi stravolgergli la mente- disse saggiamente la
mora.
Ashuros guardò Mya stupito e quando incrociò i
suoi
occhi smeraldo arrossì lievemente, senza capirne il motivo,
anche se
aveva sempre avuto un certo imbarazzo con le donne.
-Credo che
Mya abbia ragione, la sua teoria regge!- disse la navigatrice
pensando alle parole della nuova nakama.
-Bene, allora per
stare più sicuri nessuno guardi troppo a lungo lo sguardo di
quel
farabutto!- ordinò Wolf.
Mentre Wolf e company
cercavano un modo per non farsi manipolare da Sylas, Luna e Stun
erano appena giunti al palazzo comunale.
-Il nostro capitano
si deve essere divertito un bel po’ qui!- disse Stun notando
i vari
cadaveri dei pirati di Sylas sparsi per tutto il salone.
-Sì,
senza dubbio! Peccato volevo esserci!- disse l’archeologa
sbuffando
e mettendo un adorabile broncio a cui Stun non riusciva a resistere
per stuzzicarla.
-Così rischiavi di essere decapitata anche
qui!- la punzecchiò
-Ahah, divertente! Ma davvero oggi perché
ce l’hanno tutti con la mia povera testa?!- chiese
sorridendo.
-Luna…- disse serio Stun avvicinandosi di più
alla ragazza.
-Si…- disse lei deglutendo nervosamente
-io…-
disse con tono basso avvicinandosi fino ad arrivare a qualche
centimetro di distanza dal volto di Luna.
-Tu…?- chiese la
biondina con il cuore che le batteva forte. Non capiva il motivo, era
abituata alla vicinanza di Stun, ma da quando l’aveva salvata
dalla
decapitazione nel porto, qualcosa era scattato dentro di lei, ma non
capiva ancora bene cosa, o non voleva capirlo.
-io, volevo
dirti che…- disse avvicinando una grossa mano blu al volto
della
biondina e lasciandola sospesa a mezz’aria, mentre
l’archeologa
stava diventando paonazza per l’imbarazzo.
-co-cosa…vo-volevi
dirmi?- disse con la voce tremante, Luna.
-Bè…- sospirò
Stun sorridendo –hai uno scarafaggio che si sta facendo una
vacanza
su i tuoi capelli!- rise sommessamente.
-Cosa? U-uno
SCARAFAGGIO????- disse Luna iniziando a saltare ed urlare per
l’orrore, e dire che pensava che Stun stesse per…
che sciocchezza
lui non provava certe cose per lei! Ma, cosa aveva appena detto? Uno
scarafaggio era sulla sua testa? –Aaaaaaaahh! Stun toglilo
subito
da liiiiiiiiii!!!- urlò agitando le mani, terrorizzata da
quello
schifoso insetto.
Stun era piegato in due dal ridere, vedere
la sua compagna agitarsi così per un piccolo insetto, mentre
contro
orde di marine e pirati era sempre coraggiosa e pronta alla
battaglia, lo faceva sbellicare dalle risate, e dire che per poco
aveva avuto la tentazione di baciarla, prima di vedere lo
scarafaggio, ovviamente!
-STUN! Ho detto toglimi questo mostro
dalla testaaaa!!!- gli ordinò.
-Se stai un attimo ferma
magari riesco a toglierlo ahaha!- disse continuando a ridere.
-e
smettila di ridereee!!!- urlò isterica.
Con un lungo respiro
Luna cercò di calmarsi e stare ferma così che
Stun potesse
scacciare quel mostro dalla sua testa! La sua povera, povera
testa.
-Ecco fatto, sei salva adesso!- disse l’uomo blu
beffeggiandola.
-Aaaaah da quanto avevo quel coso in testa?-
chiese scompigliandosi nervosamente i capelli per controllare che non
ci fossero i parenti dello scarafaggio.
-mah, forse da quando
siamo sbarcati!- la prese in giro Thunder.
-COSAAA???? E me lo
dici solo adessoooo???- urlò alzando un dito verso
l’alto creando
così pian piano una bolla d’acqua grossa come una
palla da bowling
che scagliò sulla testa di Stun.
-LUNAA!!!- gli urlò contro
il blu mentre l’archeologa con un sorriso biricchino in viso
correva su per le scale, lì dove si trovava
l’ufficio del sindaco
e dove aveva risieduto Sylas prima che Wolf lo mettesse in
fuga.
Chuck entrò in casa come una furia
preoccupato per le condizioni del padre che giaceva steso sul
pavimento della cucina.
-Eccolo è qui!- urlò a July e
Sara.
July si sedette vicino all’uomo che ormai respirava
appena.
-Mmmm è molto grave…- disse
-Non-non ce la
farà?- chiese in ansia Chuck.
-Tranquillo farò tutto il
possibile per salvarlo! Sara cerca un lenzuolo o qualcosa di simile
devo bendarlo!-
Sara corse per tutta la casa alla ricerca di
ciò che le aveva chiesto July. I capelli castani con ciocche
viola
le si appiccicavano sulla fronte obbligandola a scostarli ogni tre
per due. Entrò nella camera da letto di qualcuno, forse di
Chuck e
trovò qualche maglia ancora pulita nel grande armadio a
quattro ante
e le portò subito a July.
July nel frattempo, con un coltello da
cucina molto affilato aveva fatto un taglio sul costato
dell’uomo
per impedire un’emorragia interna. Con molta cura
disinfettò le
ferite e ricucì qualche taglio ed in fine con
l’aiuto di Chuck e
Sara bendarono il padre di quest’ultimo con i tessuti
recuperati
dalla castana.
Il sindaco iniziò a respirare più regolarmente,
facendo tirare un sospiro di sollievo sia al figlio che al medico,
che fino all’ultimo minuto temevano il peggio.
Nel
frattempo alle pendici di una grande scogliera, Sylas osservava il
mare, aspettando che il suo rivale arrivasse per affrontarlo
nell’ultimo scontro, sempre se avrebbe superato le sorprese
che gli
aveva lasciato lungo il percorso che lo conduceva da lui. Rise
sentendo l’urlo di dolore di una donna, la sua prima trappola
era
stata innescata.
ANGOLO AUTRICE:
Ciaooooo
Carisssimi lettoriiiii!!!!!
Vi sono mancata??? ;) Ma anche
no!
Allora eccoci con un nuovo capitolo. Devo dire che non mi
dispiace! Tutto ormai sta volgendo al termine Amlach è
pronto ad
affrontare Sylas per l’ultima volta e lo stesso vale per
Solan
contro Rondonos!
Che ne dite di questo cap? spero vi sia piaciuto!
Come sempre sono successe un po’ di cose, Sol con qualche
difficoltà ha liberato Edward e Diana e poi le due bambine,
ma chi
sarà Lya? E il nuovo arrivato Baldarus? Già vi
dico che sarà super
affascinante come Rondonos, preparatevi! :) Per quanto riguarda Wolf,
Mya è entrata ufficialmente nella ciurma e Luna non
l’ha uccisa,
anzi ci ha fatto amicizia! Adesso mancano solo gli scontri finali
u.u
Bè come sempre aspetto le vostre recensioni, che come sapete
mi danno una gran carica!!!! Grazieeee milleeeee!!!
Vi aspetto al
prossimo e forse ultimo cap di questa saga, dovrei, se riesco,
aggiornare il 20 febbraio!!
Un bacione miei cari!!!
La vostra
pazza kiko!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** capitolo 15 ***
Un
grido di dolore, un corpo che si accascia a terra, il panico, il
terrore.
Era successo tutto molto velocemente che Amlach non
riusciva tutt'ora a rendersi conto di ciò che era successo
realmente.
Lui e parte della sua ciurma si erano avventurati alla
ricerca del pericoloso Sylas per sconfiggerlo una volta per tutte, ma
una volta giunti nei pressi di Asbraron, la foresta senza vita, le
cose si erano complicate.
Asbraron era un luogo desertico,
costituito da arbusti ormai privi di vita con spine pungenti e alberi
morti, senza neanche una foglia. Il terreno su cui crescevano era
nero come la notte, con pietre grigie scuro dai mille fori; tutto
quello sicuramente era la conseguenza di una potente ondata di lava
avvenuta qualche anno prima.
I pirati si erano persi nell’ammirare
quel tetro paesaggio, distraendosi giusto quel tanto che bastava
perché le trappole che aveva precedentemente lasciato Sylas
agissero
inosservate.
Asako e Mya stavano parlando dei lunghi viaggi
che la mora aveva affrontato da sola e
dell’abilità nella
navigazione che aveva acquisito, diventando poi la navigatrice dello
spietato tigre rossa. Mentre le due ragazze parlavano, il capitano e
Ashuros discutevano delle mosse da fare per sconfiggere il nemico.
All’improvviso Asako senza accorgersene si ritrovò
il piede
incastrato in una tagliola. La ragazza cadde a terra gridando per il
forte e lancinante dolore alla caviglia. I tre pirati si piazzarono
attorno a lei cercando di aiutarla ad aprire quella maledetta
trappola, ma più Amlach cercava di aprire gli aguzzi denti,
più
essa si stringeva come una morsa intorno alla caviglia sanguinante
della navigatrice. Asako non riusciva a trattenere le lacrime per il
dolore. Il suo viso era diventato bianco come un lenzuolo e Mya era
convinta che la biondina sarebbe svenuta da un momento
all’altro.
-maledizione non si apre!- disse Wolf dando un
pugno al terreno nero.
-Aiutatemi…per favore…fa male da
morire!- disse Asako torturandosi con i denti il labbro inferiore per
non gridare ulteriormente dal dolore.
-Tranquilla Asi
riusciremo a togliere questa schifezza dal tuo piede!- disse Ashuros
determinato.
I denti della tagliola stringevano sempre più
forte, come se avessero una vita propria, facendo soffrire sempre di
più la povera navigatrice.
-La ferita è molto profonda serve
un medico al più presto!- disse Mya osservando la ferita
alla
caviglia di Asako.
-Si ma prima dobbiamo liberarla!- ringhiò
Wolf.
-cerchiamo il capo di quest’affare, magari troviamo un
disinnesco- disse l’argentato.
I due uomini iniziarono a
scavare intorno alla trappola, mentre Mya asciugava con un fazzoletto
il sudore freddo della navigatrice ormai svenuta per il dolore.
-Ma
non è possibile!- urlò rabbioso catena nera.
-Che succede?-
chiese la nuova nakama.
-Qui sotto non c’è niente! Non è
possibile, una trappola deve…- ma Ashuros non
finì la frase che
con un lento sibilo altre trappole si avvicinarono a loro. Sembravano
muoversi volontariamente, animate da una strana forma di vita
propria, ma com’era possibile?
-Che diavolo sta succedendo?-
sbottò Amlach osservando le trappole avvicinarsi,
strisciando sempre
più vicini a loro.
Nel villaggio: casa
Chuck.
-Ecco, tuo padre finalmente è fuori pericolo!- disse
July, stanca ma felice. Salvare la vita ad una persona la rendeva
sempre orgogliosa del suo lavoro.
-Ottimo lavoro July! Sei
stata grande!- disse Sara sorridendo.
-Chissà come se la
stanno cavando gli altri!- pensò ad alta voce July,
corrugando
leggermente la fronte in pensiero per la sorte dei suoi
compagni.
-Forse Amlach starà già dando il colpo di grazia
a
Sylas e tra poco saranno qui!- disse speranzosa Sara.
-Oh no!-
disse improvvisamente Chuck sbiancando di colpo.
-Ehi Chuck
che ti succede? Ti senti male?- chiese il giovane medico andandogli
vicino.
-Sono uno stupido!- disse sbattendosi una mano sulla
fronte e gesticolando agitato –mi sono completamente
dimenticato di
avvisare Amlach dei guardiani di Sylas nella foresta di Asbraron,
sono tutti in pericolo!- disse in piena crisi nervosa.
-Calmati
adesso!- disse Sara poggiandogli due mani sulle spalle
–adesso fa
un respiro profondo e dicci chi sono questi guardiani e che pericolo
c’è in questa foresta-
-Sylas quando è arrivato qui, era
già informato delle speciali creature che abitano nella
nostra
foresta. Asbraron, e un luogo oscuro. Dopo l’eruzione del
vulcano
qualche anno fa, essa si è popolata di strane creature, le
Riskan:
delle sottospecie di piante carnivore che sembrano delle trappole per
animali, ma che in realtà hanno una loro vita e sono molto
pericolose. Poi ci sono i guardiani della foresta, fanno parte del
popolo dei Miras, gente con delle strane usanze che abitano alle
pendici del vulcano e che non scendono mai qui al villaggio. Quando
hanno visto Sylas per la prima volta lo hanno scambiato per un Dio
sceso dal cielo e gli hanno offerto la loro protezione, e ovviamente
Sylas non si è fatto sfuggire tale opportunità-
-Cavolo! E
questi Miras sono molto potenti?- chiese la mora
-Sono un
popolo guerriero specializzato nell’invenzione di
potentissime
armi! Dobbiamo subito avvisare gli altri, sono in pericolo!- disse
sempre più agitato Chuck, preoccupato soprattutto per Asako.
-Ma
tuo padre? Come facciamo con lui?- chiese Sara
-Lui adesso
deve solo riposare, e gli abitanti del villaggio impazziti sono sotto
controllo, meglio lasciarlo qui!- disse July.
-Ok! Allora
andiamo!-
Foresta Asbraron
-Ma si
muovono! Sono vivi!- disse Mya disgustata.
I tre pirati si
misero intorno alla navigatrice per proteggerla. Mya aveva afferrato
le sue fidate pistole, Ashuros era già pronto ad
imprigionare quegli
strani esseri con le sue catene ed Amlach, mano sull’else
delle
katane era pronto all’attacco.
-Non si devono avvicinare ad
Asako- ordinò
-Si capitano!- dissero in coro i due
pirati.
Le strane creature avanzarono sempre più velocemente
verso di loro, iniziando a saltare addosso ai pirati.
Amlach e i
suoi iniziarono a combattere contro quelle strane tagliole,
neutralizzandone qualcuna, ma subito dopo ne spuntavano da ogni dove
altre, diventando una miriade.
-Ma sono tantissime, da dove
sbucano?- chiese Mya con il fiatone. La ragazza non faceva in tempo a
colpire qualche pianta carnivora che subito altre cinque ne
prendevano il posto.
-dobbiamo trovare un modo per
distruggerle tutte, o non finiranno mai!- urlò Ashuros nel
frastuono
della battaglia.
-Aaaah!- l’urlo di Asako catturò
l’attenzione dei tre pirati che si girarono
all’unisono verso la
ragazza. La biondina era infatti stata aggredita da un'altra pianta
che le aveva azzannato il braccio. Con un fendente Amlach aveva
subito staccato la pianta dal braccio della navigatrice che ora
sanguinava copiosamente dove i denti della pianta avevano lacerato la
sua pelle.
Mya si accostò alla ragazza, cercando di tenerla
sveglia ed impedirle di riaddormentarsi.
-Asako resta qui con
noi, non addormentarti o potresti…-ma non finì la
frase,
spaventata dalle sue stesse parole.
L’ulteriore attacco ad
Asako aveva distratto sia il capitano che Ashuros, che vennero
attaccati alle spalle da una decina di piante ciascuno. I morsi delle
piante laceravano la carne dei due ragazzi, macchiando i vestiti e il
terreno scuro, del loro brillante sangue.
La situazione si era
fatta davvero difficile per i quattro pirati, che ora si ritrovavano
in balia di quelle strane e violente creature. Wolf e Ashuros anche
se sofferenti combattevano il più possibile, cercando di
sterminare
quelle erbacce, mentre Mya non poteva fare altro che stare accanto
alla navigatrice e proteggerla da ulteriori attacchi.
All’improvviso
una forte ed improvvisa folata di vento, sballottò molte
piante in
aria, facendole volteggiare prima in un vortice di vento e foglie per
poi essere sbilanciate lontano da lì, consentendo ad Amlach
e
Ashuros di riprendere il dominio su gli esseri rimasti.
Sara,
arrivata insieme a July e Chuck nella foresta di Asbraron, estrasse
dalla tasca dei suoi jeans grigi, dei piccoli kunai di cristallo
intrisi di haki e li sferrò contro le piante ferendole
mortalmente.
-Meno male che siete arrivati!- disse con un
sospiro di sollievo Mya.
-Asako! Cosa le è successo?- disse
allarmato Chuck scavalcando qualche pianta carnivora e sedendosi
accanto alla biondina.
-Sono state queste maledette piante!
Una è ancora attaccata alla sua caviglia e non sappiamo come
toglierla!- disse Mya
-Dannazione maledette Riskan! Ma, forse…
Sara vieni qui!- la chiamò Chuck invaso da
un’improvvisa
illuminazione.
Sara neutralizzò altre piante e corse
dall’amico. –Cosa c’è? Oddio,
cos’è successo ad Asako?-
-una Riskan le ha ferito la caviglia e non vuole staccarsi,
forse con uno dei tuoi kunai si staccherà senza affondare
maggiormente i suoi denti nella pelle di Asako!- disse con voce
tremolante e tesa, Chuck.
-Ok, ci provo!-
-Attenti!-
urlò July avvertendo i compagni dell’attacco di
altri Riskan.
-Ci
penso io!- disse Sara costruendo, con i suoi poteri, uno scudo di
cristallo intorno loro. Una volta protetti dallo scudo, Sara estrasse
un nuovo kunai e lentamente lo conficcò dentro la pianta
facendo
attenzione a non ferire ulteriormente la navigatrice. La pianta si
contorse per qualche secondo per poi staccare la presa dalla caviglia
di Asako ed esalare il suo ultimo respiro con il kunai conficcato nel
corpo.
-Fantastico ci sei riuscita!- esultò tutto felice
Chuck mentre Mya tirò un sospiro di sollievo.
-Bè avevate
qualche dubbio!?- rise sguaiatamente Sara, contenta anche lei di aver
risolto il problema.
Nel frattempo Amlach, July e Ashuros
avevano sterminato molte piante e le altre stavano strisciando via da
quei inaspettati pericolosi nemici.
July corse subito dalla
compagna, iniziando a medicare la ferita. Intanto Asako aveva ripreso
un po’ di colore sentendo sempre meno dolore grazie alle cure
della
nakama.
-Asi come ti senti?-chiese Chuck tenendole una
mano.
-adesso molto meglio…- sussurrò ancora
indebolita.
-July, come mai siete venuti qui?- le chiese il
capitano.
-Chuck si è ricordato dei pericoli di questa
foresta quindi siamo corsi ad avvisarvi-
-Capitano!- richiamò
l’attenzione Ashuros
-Sì, li ho sentiti- disse Amlach
voltando lo sguardo verso l’interno della foresta, dove
nell’oscurità si muovevano i guerrieri Miras.
-Chuck porta
Asako via di qui!- ordinò il capitano non staccando mai lo
sguardo
di ghiaccio dalla foresta.
-va bene!- disse Chuck caricandosi
Asako in braccio ed iniziandosi ad incamminare verso il
villaggio.
Gli altri pirati rimasero in attesa che il nuovo
nemico si mostrasse, tutti sulla difensiva e pronti
all’attacco.
-Certo che con voi non si rischia di annoiarsi
mai!- disse Sara ridendo. Le piaceva la vita movimentata e, con loro,
lo doveva essere sempre.
-Bè dovrai abituarti!- disse con
tono freddo, ma un po’ scherzoso, Amlach.
Sara si ammutolì
all’istante. Perché si doveva abituare a quella
vita? Che forse
Amlach avesse deciso di prenderla nella sua ciurma?
Il primo
schieramento Miras si fece avanti mostrando una ventina di uomini
armati di tutto punto: coltelli, fucili tecnologici, balestre, quegli
uomini avevano un vero e proprio arsenale con loro, la lotta sarebbe
stata davvero difficile.
-Capitano, possiamo cavarcela da
soli, tu hai altro a cui pensare!- disse catena nera incontrando lo
sguardo del suo capitano.
Wolf non disse niente. Sapeva che i
suoi uomini erano in gamba e, con le due nuove aggiunte nella ciurma
lo erano ancora di più. Lui aveva un compito e una battaglia
da
portare a termine, doveva sconfiggere e neutralizzare Sylas una volta
per tutte. Con un cenno del capo accordò alle parole di
Ashuros e
con un veloce balzo e qualche fendente ben calcolato si fece largo
tra le squadriglie dei Miras. I guerrieri rimasero un attimo
spiazzati da quell’uscita, ma poi cercarono di inseguire il
pirata,
ma gli uomini di esso li fermarono iniziando così la
lotta.
Wolf corse sempre più veloce nella
foresta oscura. I rami secchi degli alberi sfregiavano la sua pelle
quando gli passava a fianco. Il suo occhio glaciale era puntato in
un'unica direzione, davanti a se, verso Sylas. Quell’uomo
dall’anima malvagia e gli occhi viola, lo aveva stufato.
Aveva
fatto troppo male e adesso era giunta l’ora che la pagasse.
Con
un balzo Amlach scavalcò un tronco caduto a terra forse a
causa di
un temporale. L’uomo uscì finalmente dalla foresta
e si ritrovò
al cospetto di una spettacolare scogliera. Il paesaggio che gli si
stagliava davanti era da mozzare il fiato, persino ad un uomo
apparentemente senza cuore e freddo come lui. Il sole ormai stava
tramontando colorando così il cielo di mille sfumature, dal
rosso al
giallo e qualche sfumatura di violetto qua e là. Nel momento
in cui
il sole toccò piano il mare, affondando lentamente in esso,
Sylas
spuntò al vertice della scogliera. Wolf automaticamente mise
una
mano sull’elsa delle sue katane, agguerrito più
che mai.
I
colori del sole sempre più perso nell’oceano, si
dipingevano sul
volto dell’uomo dagli occhi violetti, approfondendone il
sorriso
sadico che aveva in volto.
-Vedo che sei finalmente arrivato,
Amlach!- disse ridendo Sylas.
-Non sono io quello che è
scappato a gambe levate, Sylas- rispose a tono il capitano della
Black moon.
-Non sono scappato!- urlò offeso l’uomo
–piuttosto come stanno i tuoi compagni? Hanno già
incontrato i
miei guardiani?- rise
-Poche chiacchiere Sylas e combatti!-
disse collerico Wolf, il quale non vedeva l’ora di concludere
quella situazione.
-Immagino che questo sia un sì- rise
sempre più forte cosa che fece sempre più
innervosire Amlach.
Con
uno scatto fulmineo, mentre la sua risata riecheggiava ancora nel
tramonto, Sylas scattò in avanti verso Wolf, impugnando una
delle
sue pistole per puntarla alla gola del capitano. Wolf però
aveva i
riflessi pronti, e con uno scattò altrettanto veloce
posizionò le
sue tre katane, come faceva sempre il grande Roronoa.
Il duello
iniziò senza nessuna esclusione di colpi. Sylas aveva con se
anche
lo spadone rubato nell’ufficio del sindaco e con esso cercava
di
colpire Wolf, che però risultava essere sempre
più veloce di
lui.
Sylas si stava sempre più innervosendo nel non riuscire a
colpire Wolf, questa cosa lo stava mandando fuori di testa
rallentandolo anche nei movimenti. Non sapeva come sconfiggere
quell’abile pirata, l’unico modo era portarlo,
grazie al suo
potere, dalla sua parte, ma questo era già accaduto e si era
rivelato un fiasco, visto che Wolf si era, inspiegabilmente, liberato
del suo controllo, ma lui non demordeva.
Amlach colpì Sylas con
un profondo fendente allo stomaco, facendolo balzare
all’indietro.
Il capitano della Black moon era ormai inarrestabile, anche se il
pensiero per i suoi compagni era sempre vivo dentro di lui.
Sylas,
con fatica cercò di alzarsi, quando improvvisamente si
udì un boato
provenire dalla foresta. Amlach si girò di scatto verso di
essa
distraendosi così dal duello in atto. Sylas
fruttò subito a suo
vantaggio quella distrazione e, impugnando di nuovo lo spadone,
affondò la lama nel costato del capitano. Amlach
sentì un freddo
glaciale attraversargli le costole vedendo spuntare, intrisa del suo
sangue, la lama dello spadone, dal suo addome. Sylas ritirò
la lama,
facendo gemere di dolore Wolf che si accasciò a terra.
-Mai
distrarsi durante un incontro, Wolf!- disse con tono trionfante
–in
fondo non so cosa ti leghi così tanto a quei quattro pirati,
non
valgono niente- disse con tono sprezzante.
Wolf a quelle
parole sentì la rabbia bollente come la lava di un vulcano,
salirgli
nelle vene ed invadergli tutto il corpo, dandogli la forza necessaria
per alzarsi e continuare a combattere. Wolf strinse la sabbia tra i
pugni delle mani e si alzò barcollando appena.
Impugnò una delle
sue katane, cadute a terra per il colpo precedente, e si
avviò verso
Sylas.
-i miei compagni sono la mia forza, la ragione per cui
riesco ad andare avanti e, tu, non devi neanche nominarli!- disse
Wolf furioso.
Quando il moro, girandosi vide Wolf in piedi con
la katana pronto a combattere ancora e ancora, mentre la ferita che
gli aveva impresso sgorgava senza pietà, rimase paralizzato.
Amlach
Lumbar stava per segnare la sua fine, questo Sylas l’aveva
capito.
Non aveva mai incontrato in vita sua un uomo con tanta forza di
volontà e, da una parte era orgoglioso di aver combattuto
contro di
lui, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di averlo
sconfitto.
Con un veloce balzo Sylas si buttò dalla scogliera,
ghignando per aver comunque scelto lui il suo destino.
Amlach si
sporse dalla scogliera maledicendo l’uomo appena caduto. Vide
Sylas
ghignare mentre cadeva sempre più in basso, verso il
profondo blu
del mare.
Amlach ripose la katane e, sorridendo, aprì il palmo
della mano creando così, grazie alle ombre che il sole
calante stava
lasciando sulla terra, un grosso buco nero che andò a
posizionare
appena sotto Sylas. L’uomo appena vide il buco nero e le
fiamme
oscure che bruciavano al suo interno maledì Wolf,
togliendosi per
sempre il suo tipico sorrisino dal volto. Era stato sconfitto, Wolf
lo aveva sconfitto, per sempre.
Il corpo di Sylas venne
inghiottito dal buco nero che si richiuse appena dopo averlo
inghiottito. Wolf con sempre un sorrisino in volto, cadde con le
ginocchia a terra, sputando qualche rivolo di sangue e accasciandosi
stanco, a terra.
Isola di
Foko:porto
-Grazie mille Amlach per il vostro aiuto, avete
salvato la nostra isola dalla tirannia di Sylas. Ve ne saremo per
sempre grati!- disse il sindaco del villaggio con ancora tutto il
corpo fasciato, ma comunque in ottima forma.
-Di niente-
grugnì un po’ scontroso Amlach, il quale non amava
ricevere mille
ringraziamenti. Lui non combatteva per essere lodato, ma
perché era
quello che gli dettava il cuore, la cosa giusta da fare, non voleva
nient’altro.
-Ora dobbiamo salpare!- disse il capitano
cercando di riprendersi la mano tenuta in ostaggio dal sindaco che
continuava incessantemente a ringraziarlo.
Dopo aver sconfitto
con non poche difficoltà i guerrieri Miras, Ashuros e gli
altri si
erano recati sul luogo del combattimento di Sylas e Wolf e avevano
trovato il loro capitano vivo, ma gravemente ferito. Subito July
aveva apportato le prime cure e poi tutti si erano recati al
villaggio. Con la disfatta di Sylas gli isolani erano ritornati in se
e Luna aveva potuto liberarli. Con l’aiuto del medico del
villaggio, July aveva curato tutti i feriti mentre Luna e Stun
avevano aiutato per qualche giorno, Chuck e i suoi cittadini a
ricostruire il villaggio malandato.
Ora però, era giunto il
momento di tornare in mare. Wolf e la sua ciurma, come tutti i pirati
che si rispettano, non riuscivano a restare troppo a lungo sulla
terra ferma, il richiamo del mare era sempre molto forte dentro di
loro.
-Tieni Asi, questa è la mappa della prossima isola che
incontrerete seguendo questa rotta: L’isola dei giganti-
disse
Chuck tenendo stretta una mano della ragazza, la quale si era ripresa
bene dall’attacco dei Riskan, anche se la caviglia era ancora
fasciata.
-Grazie, mi dispiace che non puoi salpare con noi,
mi mancherai- disse la biondina arrossendo.
-Anche tu, tanto-
disse Chuck avvicinandosi al viso della giovane e baciandola
dolcemente.
-Grazie a tutti! Mi mancherete! Siete
fantastici!- urlava Luna salutando ogni isolano come se fosse il suo
migliore amico, per poi afferrare un grosso sacco e trascinarlo verso
la nave.
-Che c’è la dentro?- chiese curioso
Stun
-Uhm…provviste! Anzi visto che sono un po’ pesanti
portale tu sulla nave!- disse Luna lanciando il grosso e pesante
sacco in braccio a Stun.
-Luna! Aspetta io…- ma ormai era
inutile l’archeologa si era già dileguata tra la
folla così Stun
dovette rassegnarsi a portare il sacco con le provviste, che per lui
non era affatto pesante, ma non voleva darla vinta a quella furbetta
di una biondina.
-Pronta ad iniziare un nuovo
viaggio?- chiese Ashuros a Mya mentre si incamminavano verso la
nave.
-Sì, sono convinta che sarà un viaggio molto
interessante!- disse la giovane sorridendo felice, sapeva dentro di
se di aver trovato finalmente delle persone buone e leali con cui
affrontare il suo viaggio e ritrovare il fratello, con loro era certa
che ci sarebbe riuscita.
-E tu che fai impalata lì, non
vieni?- disse Wolf girandosi verso Sara che era rimasta lì
ferma nel
porto senza sapere cosa fare. Voleva andare con loro, ma Amlach non
gli aveva mai detto che era a tutti gli effetti una della ciurma,
forse nella foresta aveva travisato le sue parole.
-io…veramente…-
disse un po’ impacciata.
-Su, non abbiamo tempo da perdere,
prendi le tue cose e fatti dire da Asako quale sarà la tua
stanza,
ormai sei una di noi!- disse salendo sulla nave e sorridendo senza
farsi vedere dalla ragazza la quale era scoppiata a ridere dalla
felicità.
La Black moon era ormai salpata da
qualche ora quando Luna si ricordò di una cosa molto
importante.
-Capitano!- urlò improvvisamente mentre stavano
cenando.
-Uhm…- grugnì Wolf
-Io e Stun abbiamo
trovato dei documenti nell’ufficio occupato da Sylas e, uno
sembra
molto importante- disse seria –pare che Sylas stesse anche
lui
cercando il tesoro di Monkey D. Rufy e pare che, secondo questo
documento, il tesoro possa trovarsi sull’isola Karstar-
concluse
l’archeologa.
-Interessante!- disse Ashuros, bevendo un
sorso di birra.
-La rotta allora è giusta- disse Asako
controllando il log pose –la prossima isola è
quella dei giganti e
poi dovremmo arrivare a Karstar-
-L’isola dei giganti hai
detto??- disse Luna,alzandosi in piedi di scatto, facendo
così
cadere la sedia a terra.
-Sì, proprio quella- confermò la
navigatrice.
-Ma è fantastico! Potrò finalmente
riabbracciare i miei parenti!- disse euforica la biondina saltellando
per tutta la cucina.
-Parenti??- chiesero in coro tutti i
componenti della ciurma, sorpresi dall’affermazione
dell’archeologa.
ANGOLO
AUTRICE:
Salveeee a tutti genteeeee!!!
Eccoci finalmente
con la conclusione della saga di Foko Island! Yeah!!!
Come avrete
potuto notare questo capitolo è tutto per la ciurma di
Amlach, e vi
starete chiedendo il perché! Bè, prima di tutto
perché come
supponevo e venuto un po’ troppo lungo e se mettevo anche la
parte
della ciurma di Solan, allora ci sarebbero voluti due giorni per
leggere tutto il capitolo, quindi ho deciso di dividerli, infatti il
prossimo sarà tutto sulla ciurma della cara Sol con la fine
della
saga di Stargazer.
Spero tanto che non vi dispiaccia di questa mia
decisione e che il capitolo vi sia piaciuto! La morte di Sylas non mi
piace molto, ma ero veramente senza idee al riguardo!
Comunque
spetta come sempre a voi il parere finale!
A presto miei cari
lettori, entro fine mese metto il capitolo sulla ciurma di Solan, non
disperate! :)
Un grazie speciale a tutti coloro che continuano a
recensire questa storia ed ovviamente a chi la legge!
Un
bacione kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** capitolo 16 ***
Stargazer:
castello di Rondonos
In un corridoio buio ed angusto,
illuminato solo da qualche flebile candela appesa al muro, due uomini
si preparavano allo scontro.
Uno dei combattenti era Baldarus, un
gigante dall’aspetto terrificante. Esso era molto alto e
muscoloso.
I suoi occhi erano rossi iniettati di sangue; sul viso aveva una
miriade di piercing, a partire da due grossi anelli metallici sul
sopracciglio destro, un altro al naso e al labbro inferiore, per poi
finire con svariati orecchini. Anche la pelle scura del suo corpo era
rivestita di piercing sparsi per tutto il busto scoperto. Baldarus
aveva una stazza molto possente, con pronunciati bicipiti e polpacci
scolpiti. Esso incuteva un gran timore a chiunque lo incontrasse, ma
non a lui, non a Edward Yoshina conosciuto per i sette mari con il
nome di “Assassino”.
Edward fissava concentrato l’avversario,
senza però intaccare il suo ghigno diabolico. La sua
espressione era
paragonabile a quella di un serial killer, di un pazzo appena uscito
dal manicomio, di un demone senza pace, e in realtà Edward
era un
po’ tutto questo. L’assassino era determinato
più che mai a
sconfiggere quel mostro e a battere per sempre il potere di
Rondonos.
Gli occhi verdi dell’assassino si intravedevano
appena dal cappuccio del cappotto nero che indossava. Con un gesto
rapido scaraventò a terra il cappotto, liberandosi di quel
peso
inutile. Portò le mani alla nuca e sciolse la crocchia che
teneva
legati i suoi capelli castani e, con un gesto automatico, la rifece.
Adesso era pronto, lo scontro poteva iniziare.
Senza dire una
parola l’assassino si buttò verso
l’avversario, il quale impugnò
la sua fedele mazza borchiata. Lo scontro tra i due corpi fu molto
violento, tale da far tremare, per pochi secondi, il pavimento e le
mura circostanti.
Gli occhi dei due uomini si incrociarono per
qualche istante, due belve inarrestabili. Baldarus cercò di
affondare la sua mazza contro il costato del ragazzo che
però si
girò in tempo per schivare il colpo. Il gigante quando
incontrò per
la seconda volta lo sguardo del ragazzo, rimase perplesso. Gli occhi
verdi del pirata avevano lasciato spazio a delle iridi dorate con
pupilla allungata come i rettili. Lo sguardo del ragazzo, se
possibile, faceva ancora più paura. Quel momento di
sbigottimento
Baldarus lo pagò caro visto che l’assassino, con
lunghi artigli
affilati, gli sfregiò il petto con cinque profondi solchi.
Il
gigante grugnì per il bruciore che gli avevano procurato i
tagli e
si infuriò ancora di più. Baldarus si
passò una mano sul petto
sfregiato e ringhiò. Prese la mazza, caduta nel precedente
impatto,
e si scagliò con tutta la sua possente mole verso il moro.
Edward
balzò indietro evitando i colpi che si susseguivano veloci.
Il
gigante ad ogni colpo schivato soffiava aria dal naso sempre
più
irritato. Quel pirata iniziava a dargli veramente sui
nervi.
-Maledetto moscerino vieni qua!- ruggì Baldarus.
-Che
c’è grassone sei già stanco?- lo
istigò il moro.
-Ti
faccio a pezzi!- ribattè infuriato il gigante; il quale fece
girare
la mazza più volte sulla sua testa per poi lanciarla del
tutto
contro l’avversario. Edward questa volta non
riuscì a schivare il
colpo troppo veloce. La mazza lo colpì in pieno stomaco,
facendogli
così sputare una piccola quantità di sangue dalla
bocca. Baldarus,
approfittando che il ragazzo era piegato in due per riprendersi dal
colpo, lo colpì con il gomito sulla schiena, facendo
così cadere
del tutto a terra il pirata.
-Ecco, sistemato!- disse il
gigante spolverandosi le mani e girandosi per recuperare la mazza,
convinto che lo scontro ormai era giunto al termine.
-Io non
ne sarei tanto sicuro- disse, glaciale, Edward alzandosi lentamente
da terra –ci vuole ben altro di qualche piccolo colpo per
sconfiggermi- disse facendo brillare, nelle tenebre, i suoi occhi
gialli.
-Ma,come…- Baldarus strabuzzò gli occhi e
tremò
dalla rabbia –adesso ti disintegro una volta per tutte!-
disse
iracondo.
Edward alzò il sopracciglio sinistro e guardò il
gigante come a dirgli “Non ci riuscirai mai, ti
ucciderò prima
io”.
Abile, Ed, si scagliò sul gigante, colpendolo con un
forte pugno che lo fece barcollare. Poi aumentò il
ritmò colpendolo
sempre più forte, facendogli staccare per giunta il piercing
dal
labbro destro che cadde a terrà con un tintinnio, mentre il
volto
del gigante si macchiava sempre più di rosso. Baldarus non
riusciva
a contrattaccare visto che la potenza dei colpi del ragazzo lo
stordivano parecchio, però in un piccolo frangente, mentre
sentiva
il naso spezzarsi, ripensò al suo padrone, a Rondonos, colui
che con
la sua piccola stazza, l’aveva salvato anni prima e che
quindi
aveva promesso di servire e proteggere. Non poteva farsi battere da
un pirata qualunque. No, doveva spezzargli le ossa e toglierlo di
mezzo.
Baldarus reagì. Con la sua manona afferrò Edward
da un
braccio bloccando così i suoi colpi. Lo sollevò
da terra mentre il
ragazzo infieriva con potenti calci sul suo addome, ma Baldarus non
sentiva dolore, o almeno lo sentiva, ma doveva vincere.
Prese la
mazza borchiata e la scaraventò sulla schiena del ragazzo
che
gemette dal dolore, incrinando la schiena quando le appuntite borchie
gli entrarono nella pelle, sfiorando le vertebre e macchiando la
felpa nera di rosso e cristallino sangue. La pelle del ragazzo in un
primo momento si era trasformata, dove colpita, in piccole squame
rosse proteggendolo per un po’, ma la potenza dei colpi le
indebolì, ferendo così il ragazzo.
Baldarus infierì ancora ed
ancora sul pirata, tanto da ridurgli la felpa a brandelli che si
dispersero per terra. Edward aveva il corpo rosso, pieno di sangue.
Sul petto nudo emergeva una grossa cicatrice subita anni or sono: tre
righe parallele, come degli artigli, che gli sfregiavano tutto il
costato.
Il ragazzo però, anche se sofferente, non mollava mai,
l’unica parola che faceva parte del suo vocabolario durante
un
combattimento era, Vittoria.
Così, mentre era ancora sospeso in
aria dal gigante che infieriva sulla sua pelle con la mazza,
raggruppò le forze per sferrare un primo colpo che gli
avrebbe fatto
ottenere il vantaggio necessario per sconfiggere il nemico. Edward
alzò il braccio sinistro, coperto fino al polso da un grosso
tatuaggio formato da onde e fiori che aveva anche sull’altro
braccio, e aprì il palmo della mano. Gli artigli si
allungarono
maggiormente, diventando sempre più duri e letali. Veloce,
mentre il
nemico caricava un nuovo colpo, conficcò la mano nella gola
del
gigante che si fermò di colpo, mollando la presa su Edward
il quale
cadde a terra. Baldarus si portò istintivamente la mano alla
gola
ferita, non riuscendo però neanche a respirare. Il sangue
zampillava
violento schizzando ovunque, visto che era appena stata recisa la
carotide. Il gigante si accasciò con le ginocchia a terra,
provocando così un leggero tremore per tutto il pavimento.
La mazza
borchiata, che qualche secondo prima stava sfigurando la schiena del
vice capitano, ora era abbandonata lì, a terra, in un mare
di
sangue. Baldarus cadde con la schiena sul freddo pavimento, in preda
agli ultimi spasmi prima della morte lenta e dolorosa.
Edward si
alzò con qualche difficoltà. Traballò
verso il gigante e si fermò
davanti alla figura, sofferente, stesa a terra. L’assassino
però
non amava lasciare le sue vittime in fin di vita, no, lui doveva
eliminare seduta stante il problema. Il nemico doveva morire sotto i
suoi occhi, i quali erano ormai abituati a quella visione: la vita
che cede il passo alla morte. Edward, così, si
chinò verso il
gigante e gli afferrò un braccio, scaraventandolo poi con
forza
verso le sbarre di una cella lì vicino. Baldarus
continuò a tremare
senza sosta, mentre il suo viso, il suo corpo, prendevano sempre
più
le sembianze di un cadavere. Lentamente Edward si avvicinò
al
gigante il quale stava lentamente scivolando a terra. Con un rapido
gesto l’assassino conficcò i suoi artigli nel
torace dell’uomo,
il quale ritornò tra i vivi un ultimo secondo, spalancando
gli
occhi, questa volta terrorizzati, ed osservando il pirata che gli
stava per togliere la vita. Si era sbagliato, quello non era un
pirata qualunque, quello era un assassino.
Con la mano ancora nel
petto del gigante, Edward ghignò appena prima di ritrarre la
mano
strappando così il cuore, ancora pulsante, del gigante. Ed
gettò il
“trofeo” a terra e si ripulì alla bene
meglio, la mano
insanguinata, sui pantaloni della tuta neri. Gli artigli si
ritirarono, e le pupille ritornarono normali.
Si poggiò con una
mano al muro di fronte e respirò a fondo. Sentiva il suo
corpo
tramortito da mille colpi. Le costole incrinate e, forse, alcune
erano anche rotte. I tagli, provocati dalla mazza, bruciavano a
contatto con il sudore che colava dal suo corpo e si mescolava con il
sangue fresco. Poggiò la fronte al muro freddo, beandosi
della
frescura di quelle mura, mentre con il suo udito sentiva
l’inizio
di una battaglia al piano superiore.
Nel lungo
corridoio del piano di sopra, Shin, Lily e Diana erano ormai
circondati da una miriade di soldati.
-Non pensavo che
quell’essere avesse così tante guardie!- disse
Lily impugnando il
suo arco.
-Se te la fai sotto puoi anche andartene, qui non
c’è bisogno di fifoni!- disse Diana squadrando i
soldati.
Lilian
si girò con sguardo assassino verso la sua destra dove
c’era
Diana.
-Ma chi diavolo sei tu? E che cavolo ci fai qui?-
disse infuriata. Non capiva perché quella ragazza fosse
così
scontrosa con lei, e soprattutto cosa ci facesse lì, e se in
realtà
Diana era dalla parte di Rondonos e da un momento all’altro
si
sarebbe schierata dalla parte dei soldati?
Diana osservò
Lily. Non voleva essere scontrosa con lei, ma era più forte
di lei,
era il suo carattere ad emergere prepotente, soprattutto quando si
trovava sotto pressione come in quel caso.
-Sono una semplice
ragazza che vuole spaccare il culo a questi soldati di merda, quindi
se non ti dispiace rimanderei a dopo le chiacchiere!- disse con tono
saccente.
Lily sbuffò, appuntandosi mentalmente di spaccare
la faccia a quell’arrogante appena la battaglia fosse
finita.
-Facciamoli fuoriii!- urlò un soldato, gasato
dall’imminente battaglia.
I tre pirati si guardarono in
faccia per una frazione di secondo, sufficiente a decidere di quale
gruppo di pirati ognuno si sarebbe occupato.
Shin si lanciò
alla sua sinistra. Le ombre davanti a lui avanzavano veloci, ma
ormai, dopo tanti anni di cecità riusciva benissimo a
combattere
come una persona normale, facendo della sua vista solo un
insignificante dettaglio. Colpì con potenti calci diversi
pirati che
gli si buttavano contro. Alcuni avevano in mano delle armi, pistole,
spade, ma Shin riusciva a disarmarli con rapidi movimenti.
-Ehi
scherzo della natura, perché non te la vedi con me!- disse
un uomo
alle spalle del cuoco.
Shin scaraventò a terra, prima con un
pugno, poi con due calci, alcuni soldati e poi si girò verso
la voce
alle sue spalle.
Vide un ombra un po’ più grossa delle altre,
impugnare un qualcosa che doveva essere un fucile. Non rispose
all’offesa subita, la miglior risposta era
l’attacco; così si
lanciò verso il soldato che sparò qualche colpo,
ma il cuoco
predisse la traiettoria dei colpi e li schivò con estrema
facilità.
Balzò di fronte all’uomo e gli centrò
il naso con un potente
gancio sinistro. L’uomo barcollò ma non cadde. Il
soldato prese
più saldamente il fucile e cercò di colpire il
cuoco, anche se ora
era lui ad avere la vista offuscata visto il forte dolore del naso
che gli faceva lacrimare gli occhi. La guardia non riuscì
neanche
questa volta a colpire Shin, il quale lo confondeva ulteriormente
usando il potere di Lily per mostrare al soldato se stessi che in
realtà non esistevano. Shin aveva
l’abilità di poter usare per un
giorno il potere che aveva “preso” da un'altra
persona nel corso
della giornata, annullando il suo effetto il giorno dopo. Il potere
di Lily era molto particolare e bello, ed era sicuro che gli sarebbe
mancato una volta annullato. Con una finta scivolata Shin fece lo
sgambetto al soldato che cadde a terra insieme al suo fucile.
La
battaglia si faceva sempre più violenta, sembrava che quei
soldati
non finivano mai, appena ne mettevano fuori gioco alcuni, altri
spuntavano dalle scale e da ogni dove del palazzo per attaccarli.
Veloce il suo sguardo passo in rassegna la stanza alla ricerca di
Lilian. Non sapeva neanche lui perché si fosse fermato a
cercarla,
ma sapeva che per continuare al meglio il combattimento doveva essere
sicuro che lei stesse bene. La ritrovò immersa in una folla
di
soldati che, dopo qualche istante finirono k.o. Sorrise Shin mentre
Lily poggiava una nuova freccia nel suo arco per poi prendere la mira
e scagliarla.
Come sempre Lily non sbagliò il colpo, infatti un
soldato venne colpito in pieno petto e cadde a terra, sui corpi dei
suoi compagni che avevano fatto precedentemente la sua stessa fine.
Mentre senza sosta Lilian scoccava una freccia dopo l’altra,
sentì
un improvviso capogiro. La vista le si appannò e da medico
sapeva
che da un momento all’altro sarebbe svenuta e non poteva fare
niente in quel momento per evitarlo. La testa iniziò a
ronzarle e i
colpi che infieriva alle guardie diventavano sempre più
deboli ed
imprecisi. Shin si accorse subito che qualcosa nella ragazza non
andava, e cercò di richiamare la sua attenzione.
-Lily! Lily
tutto bene?-
Lilian sentiva la voce del cuoco lontana, come se
provenisse da un'altra stanza, invece che a qualche metro da lei. Non
riusciva a rispondergli visto il dolore improvviso che gli si
insinuò
nella testa. Rapidamente capì che era dovuto alla botta che
aveva
preso quando Rondonos l’aveva sbattuta contro la parete e,
sapeva
di avere una piccola fiala con delle erbe nel marsupio che portava
sempre con se, in grado di contrastare quel dolore e farla continuare
a combattere, ma di certo i suoi avversari non le avrebbero concesso
qualche secondo di pausa per curarsi, certo che no, per loro quello
era un vantaggio da non lasciarsi scappare.
Le cadde una freccia a
terra e cercò di chinarsi per prenderla, ma un soldato la
colpì
violentemente in volto facendola cadere a terra.
-Lily!- urlò
Shin rabbioso mentre cercava di avanzare in soccorso della ragazza,
ma i soldati, sempre numerosi gli impedivano di arrivare a
lei.
Lilian cercò nel marsupio la fialetta e la trovò,
ma
qualcuno le diede un calcio nello stomaco e le fece allentare la
presa sulla boccetta. Non riusciva a reagire, aveva bisogno della
medicina o sarebbe svenuta da un momento all’altro.
Cercò di
capire dove fosse Shin tra quell’ammasso di persone, e lo
vide
impegnato in un corpo a corpo, lui non poteva aiutarla. Il soldato
che le aveva appena dato un calcio, infierì di nuovo,
seguito da
alcuni suoi compagni che approfittarono della debolezza della ragazza
per massacrarla, ma improvvisamente qualcosa rotolò verso di
loro
facendoli cadere a terra come dei birilli. Lilian strabuzzò
gli
occhi non capendo da dove era uscita quella sottospecie di animale.
Appena l’animale riprese le fattezze umane a Lilian per poco
non
veniva un colpo. Diana era una specie di armadillo?
La ragazza
armadillo iniziò a combattere contro quella parte di soldati
a cui
spettava a Lily occuparsene, gravandosi così sia i suoi che
quelli
del medico. Lily osservò Diana combattere con
abilità con la sua
katana. La ragazza era nella sua forma ibrida, ovvero il suo corpo
era rivestito da placche ossee che la proteggevano dagli attacchi. Le
sue orecchie erano da armadillo e sulla fronte era spuntato una
sottospecie di caschetto formato dalle placche. La mora alternava la
katana alle affilate unghie che usava come seconda katana, infierendo
così profondi solchi e graffi ai suoi avversari.
-Muoviti a
prendere quella medicina. Non posso pararti il culo tutto il giorno!-
disse Diana rivolta a Lily seduta dietro di lei.
In un primo
momento Lilian si innervosì, ma poi capì che
Diana aveva ragione, i
soldati erano troppi non poteva resistere ancora per molto. Veloce
afferrò la boccetta e mandò giù il
composto. Rabbrividì per il
gusto amaro delle medicina creata da lei, ma dopo pochi secondi
iniziava già a sentirsi meglio, così si
affiancò a
Diana.
-Grazie- disse Lily senza però girarsi a guardare la
ragazza, che non rispose tranne che con un debole sorriso.
Lilian
capì perché Solan si era fidata di lei e
l’aveva lasciata lì con
loro. Infondo anche se i modi di Diana non erano del tutto inerenti
ai suoi, era comunque una brava ragazza pronta ad aiutare anche
un’estranea in difficoltà accollandosi fatiche in
più.
I tre
pirati combatterono fianco a fianco senza sosta mentre Solan
attraversava correndo i corridoi dell’immenso palazzo di
Rondonos.
-Dove diavolo si è cacciato quel nano!- disse
stringendo i denti.
La medicina che gli aveva iniettato Lily
iniziava a far effetto, man mano non sentiva più nessuno di
quei
forti e lancinanti dolori causati dall’agalmatolite, anche se
sapeva che ne avrebbe poi pagato le conseguenze. La sua mente era
ritornata lucida, nessun altro flash sul passato come era successo
quando aveva visto quella bambina. Istintivamente si portò
la mano
al medaglione che aveva appeso ad una collana al collo. Lo strinse
forte prima di imboccare un ulteriore corridoio e ritrovarsi davanti
la figura spregevole di Rondonos.
Nel
cortile del palazzo Ryuu aveva appena fatto il suo ingresso. Si
guardò intorno e vide poi alcuni soldati venir scaraventati
giù
dalle finestre più alte, sicuramente c’era una
battaglia in atto
in quel palazzo. Se lo sentiva che il suo capitano si sarebbe messo
come sempre nei guai, e i continui soldati che atterravano
incoscienti sullo strato di neve del cortile ne erano la prova.
Sentì
improvvisamente un brivido di freddo e si ricordò che dopo
aver
quasi sterminato mezza città era rimasto senza maglia dopo
la
trasformazione e, la preoccupazione per la salute di Yuki glielo
avevano fatto dimenticare completamente. Scrollò le spalle
Ryuu e si
disse che non c’era niente di meglio di una bella battaglia
per
riscaldarsi, quindi si precipitò, senza pensarci due volte,
nel
castello.
Mentre varcava la grande sala d’entrata del castello
incontrò già le sue prime vittime. Sembrava che
il castello fosse
sommerso da guardie, ma questo per lui non era un problema, sperava
solo che il mostro dentro di lui non fuoriuscisse un’altra
volta,
ma qualcosa dentro di lui gli diceva che poteva star tranquillo.
Con
la sua falce a tre lame mieté tante di quelle teste che era
impossibile contarle tutte. Poi salendo tra uno scontro e
l’altro
la grande scalinata che conduceva al piano superiore, si
ritrovò in
un corridoio dove c’era un gran casino, e in quel gran casino
ovviamente ritrovò una dei suoi compagni.
-Lilian!- la chiamò
attirando la sua attenzione.
Lily si girò sentendo la voce
del compagno e sorrise nel vedere che era tornato in se,
forse.
-Ryuu! Dov’è Yuki?- chiese supponendo che la
ragazza
sicuramente non era rimasta nella stanza della locanda dove
l’aveva
lasciata lei.
-Alla locanda, sta male!- disse con tono ansioso
senza nemmeno accorgersene.
Lilian accelerò il ritmò delle
frecce, preoccupata per l’amica, chissà cosa aveva
combinato
quella testa dura per far preoccupare persino Ryuu.
Ryuu si
aggiunse agli altri pirati, riuscendo così, con il suo
aiuto, a
mettere ancora più in difficoltà i soldati.
-Vedo
che sei ancora in piedi rossa!- disse Rondonos
-Di certo non
posso farmi sconfiggere da un nano come te!- lo punzecchiò
Solan.
-Bene vorrà dire che se prima sono stato
“gentile”
con te torturandoti solo con l’agalmatolite, adesso
userò tutto il
mio potenziale e, o ti sottometterai al mio volere diventando un mio
soldato o ti ucciderò!- disse convinto che la pirata avrebbe
scelto
di stare dalla sua parte piuttosto che morire, ma ovviamente non
conosceva Solan la furia rossa.
-Combatti!- disse la rossa
senza aggiungere altro, non doveva prendere altro tempo
prezioso.
Irritato dalla risposta della rossa, Rondonos creò
un vortice di petali come aveva fatto precedentemente con Shin e lo
spedì dritto verso Solan. La rossa aveva già
assistito a quel tipo
di attacco quindi cercò di evitarlo, schivando il tornado di
petali
e saltando sopra il tavolo davanti a lei. Il vortice si
schiantò
contro la porta della stanza facendo così dileguare i dolci,
ma
assassini, petali rosa per tutta la stanza. Solan saltò
giù dal
tavolo e vide, riposti su un mobile i suoi amati pugnali. Rondonos
seguì lo sguardo della donna e capì che voleva i
pugnali, quindi li
afferrò prima di lei. Ne lanciò prima uno e poi
l’altro verso la
rossa, ma questo non sapeva essere un grande sbaglio; infatti la
rossa molto abile con le armi da taglio, afferrò al volo i
pugnali
senza farsi neanche un graffio.
-Grazie nano!- disse facendolo
diventare nero dalla rabbia.
Rondonos saltellò innervosito,
poi si fermò di colpo e si concentrò. Solan
capì che quel nano
diabolico aveva qualcosa in mente ma non fece in tempo a fare una
qualsiasi mossa che Rondonos la colpì con una violenta
ondata
bollente.
La bolla d’aria che si scagliò su Solan era
così
calda da ustionarle leggermente la pelle. Rondonos continuò
a creare
bolle di aria sempre più calda e di lanciarle contro la
donna che si
destreggiava per evitarle e nel frattempo avvicinarsi
all’uomo per
colpirlo.
Con astuzia e agilità, Solan riuscì ad arrivare
alle
spalle di Rondonos senza che lui, concentrato a scagliare una bolla
d’aria calda dietro l’altra, se ne accorgesse.
Il capitano
della Liberty poggiò le sue fredde mani sulle spalle del
nano che
ebbe a quel contatto un sussulto.
-Adesso tocca a me farti
assaggiare il mio potere- sussurrò la rossa
all’orecchio del
nano.
Rondonos cercò in tutti i modi di ribellarsi, ma ormai
non aveva scampo.
-dolore- disse Solan, e Rondonos iniziò a
contorcersi.
-fiamme- disse ancora la rossa mettendo una mano
sulla testa dell’uomo che iniziò a sentire un
sempre più forte
calore nella testa, come se il cervello stesse andando a fuoco, come
se delle fiamme gli circondassero l’intero cranio.
-non ti
diverti più adesso, visto che sei tu quello ad essere
torturato
questa volta?- chiese Solan con voce crudele.
-Nooo,
smettilaaa, stregaaa!- urlava Rondonos in preda alla follia del
dolore –ti scongiuro abbi pietà di me, mi
dispiace!- disse
inginocchiandosi.
Solan a quelle parole si fermò. Lasciò la
presa sulla testa dell’uomo e si scansò di qualche
millimetro da
lui. Rondonos aveva detto che era dispiaciuto, magari adesso aveva
capito di aver sbagliato e sarebbe cambiato, punito secondo la legge
ovviamente, ma sarebbe cambiato.
Rondonos respirò a fondo,
mentre con la testa piegata sorrideva soddisfatto che la donna fosse
così prevedibile. Quella rossa, anche se un pirata, aveva
pietà dei
suoi nemici, ed era bastata una cavolata simile per farla cedere e
lasciarlo andare, ma lui invece non era affatto deciso ad andarsene o
lasciarla andare. Lui l’avrebbe distrutta per il dolore che
gli
aveva fatto provare.
Rondonos afferrò uno dei pugnali che Solan
aveva incautamente lasciato a terra e velocemente lo
conficcò nello
stomaco della donna.
Un urlo risuonò per tutto il
palazzo.
Lily, Shin,
Ryuu e Diana erano finalmente riusciti a sconfiggere tutti i pirati
quando sentirono l’urlo di dolore del capitano. Subito dopo
sentirono dei passi lenti e trascinati salire le scale e, dopo
qualche secondo Edward fece capolino dalla scala che conduceva ai
sotterranei.
-Edward!- lo chiamò Lily correndo verso di lui,
notando che era gravemente ferito.
-Non è niente sto bene!-
disse spingendo via la mano di Lily che voleva controllare le ferite
–dov’è Sol? Quell’urlo
era…- disse interrompendosi, visto
che conosceva già la risposta.
-Sì, era il capitano- disse
Ryuu avvicinandosi ai due compagni, mentre Shin e Diana, che non
facevano parte di quella ciurma, improvvisamente si sentirono come,
di troppo.
-Dobbiamo…andare…da…lei- disse Edward
cercando di camminare verso la stanza da dove proveniva
l’urlo e da
dove lui riusciva a percepire l’odore del capitano e del
sangue.
Lily e Ryuu sapevano che era inutile dire al vice che
non doveva sforzarsi, di restare li e che sarebbero andati loro a
controllare Solan, perché non sarebbe servito a niente.
Edward non
avrebbe lasciato mai il suo capitano da sola.
-AAAAAAHHH!-
urlò Solan presa alla sprovvista, con il pugnale, il suo
pugnale,
conficcato nell’addome. Il dolore era disarmante, anche
perché
l’effetto della medicina stava già finendo,
così da farla sentire
ancora peggio. Ma non poteva lasciare che quel viscido, e falso nano
la distruggesse.
Mentre Rondonos si allontanava dalla donna,
Solan lo afferrò da un braccio, afferrando l’altro
pugnale e
conficcandoglielo nella mano poggiata a terra. Questa volta toccava a
lui urlare, mentre sia il suo sangue che quello di Rondonos,
cominciava a macchiare il pavimento di legno. Solan mise di nuovo la
mano sulla spalla di Rondonos, pensando che Edward aveva ragione, non
doveva lasciarsi impietosire dai nemici, doveva fare a loro
ciò che
loro avevano fatto a lei, anzi peggio, ed ucciderli in modo che non
nuocessero più a nessuno.
Lentamente pensò, e poi sussurrò le
parole della disfatta di Rondonos.
-usa il potere del ghiaccio
su di te!-
Il nano sotto l’influsso del potere della rossa,
si portò la mano sinistra, quella libera dal pugnale,
all’altezza
del cuore, e pian piano diventò un cubetto di ghiaccio.
Dei
passi veloci si avvicinavano sempre di più verso la stanza
dove
Solan aveva appena ghiacciato Rondonos. Con molta fatica, con la
fronte imperlata di sudore a causa delle forti fitte al petto, Solan
si alzò sovrastando con la sua altezza, il cubetto di
ghiaccio e,
quando la sua ciurma con Shin e Diana giunsero nella stanza,
sferrò
un calcio alla statua di ghiaccio, frantumando il corpo di Rondonos
in mille cubetti di ghiaccio che si sciolsero man mano.
-Capitano
ce l’hai fatta!- esultò Lily entusiasta.
Solan osservò
tutte le persone nella stanza. Lily, accanto a Shin aveva un gran
sorriso e qualche ferita e livido qua e là, ma tutto sommato
stava
bene. Ryuu, probabilmente giunto da poco, aveva abbassato lo sguardo
appena lei aveva incrociato il suo, chissà
perché, si chiese. Poi
c’era Diana, con quella sua espressione seria ma che non
riusciva a
non celare un sorriso di felicità, e poi Edward, che anche
se era
conciato male la guardava come per dire “ottimo lavoro
capitano”.
Con quell’ultima visione Solan cadde a terra ormai priva di
ogni
forza.
Una
settimana dopo…
Il sole splendeva alto nel cielo di
Stargazer. La popolazione finalmente poteva godersi, dopo tanto, il
tanto amato sole, il tanto amato caldo, caratteristico di
quell’isola. Gli alberi erano ritornati verdi e pian piano
delle
piccole gemme iniziavano a far capolino dai rami. Farfalle ed insetti
solcavano il cielo insieme agli uccelli che trillavano felici.
Dopo
la disfatta di Rondonos il clima pian piano era ritornato normale. La
neve si era completamente sciolta così come lo spesso strato
di
ghiaccio che circondava le acque del mare intorno all’isola,
dove
la Liberty era rimasta incagliata.
Durante la settimane, Lily con
l’aiuto del medico del villaggio, aveva curato i suoi
compagni,
anche se alcuni risultavano ancora deboli e quindi in
convalescenza.
-Daiiii Lily ti prego solo un goccio!!!- disse
Solan supplicando il medico di farle bere anche solo un goccio di
birra.
-No Sol, non se ne parla!- disse il medico con fare
autoritario.
-Dai tutti festeggiano tranne me! Non è giusto!-
disse la rossa facendo gli occhioni dolci al medico.
-Ho detto
no! E poi, puoi festeggiare benissimo anche senza bere alcool!- disse
la mora incrociando le braccia al petto.
-No! È
impossibile!!- replicò Solan.
-Grazie mille per
averci ospitato nella tua locanda Tom, questi sono i soldi per la
permanenza! E scusa se sono scappata dalla finestra!- disse Yuki
porgendo a Tom qualche banconota.
-Non se ne parla dolcezza,
voi avete salvato la mia isola, mia figlia, non posso accettare per
nessuna ragione al mondo il vostro denaro!-
-Ma Tom…- cercò
di replicare la navigatrice
-Niente ma cara, ci avete
salvato!-
-Bè grazie mille Tom!- disse Yuki abbracciandolo.,
mentre Tom osservava Ryuu ancora leggermente spaventato per la
minaccia di una settimana prima.
Mentre Lily raccoglieva
le ultime cose e Edward si godeva il paesaggio. Solan si
avvicinò a
Ryuu seduto su una panchina fuori dalla locanda.
-Cosa fai
qui?- chiese la rossa.
-Niente, attendo- disse Ryuu.
-Sempre
di molte parole tu, eh?- disse sedendosi accanto a lui – e
cosa
attendi?- chiese
-Che salpiate-
-Tu non vieni con
noi?-chiese con una punta di ironia, sapeva Solan cosa era successo a
Ryuu, della sua trasformazione e di tutto il resto, ma non ne avevano
ancora parlato visto che era stata a letto fino a quella mattina, e
sapeva anche cosa frullasse per la testa di quel ragazzo.
-Sol,
sai benissimo cos’è successo. Non
c’è bisogno che sia tu a
cacciarmi, me ne vado io- disse con voce apparentemente distaccata,
anche se dentro di se sperava che il capitano gli dicesse di restare
con loro.
Solan si alzò e fece qualche passo verso la porta
della locanda, poi si girò –Ryuu, tutti abbiamo
dei segreti, delle
cose che ci spaventano e che non vogliamo mostrare agli altri. Non ti
accuso di non avermi parlato di questo tuo potere, non ti accuso di
aver tenuto per te questo tuo segreto, perché infondo ognuno
di noi
omette da sempre qualcosa agli altri e solo quando si
sentirà pronto
ne parlerà con la ciurma- disse più a se stessa
che a Ryuu –non
ti caccerò dalla ciurma solo perché hai un potere
che non riesci a
controllare al meglio, perché questo è solo un
motivo in più per
tenerti con noi. Ma non ti obbligo neanche a restare, tu sei libero
di fare ciò che vuoi, ma ricorda che rimarrai sempre uno di
noi!-
detto questo afferrò la maniglia della porta ed
entrò nella
locanda, lasciando Ryuu fuori a riflettere su quelle parole appena
udite.
-Solan!- la chiamò Tom –Yuki mi ha appena
detto che state cercando il tesoro di quel pazzo di Rufy! Sai io
l’ho
conosciuto qualche anno fa, quando Rondonos non era ancora giunto qui
da noi! Rufy è un ragazzo pieno di energia e quel giorno,
prima che
partisse mi ha detto che si sarebbe diretto a Karstar per organizzare
una caccia al tesoro per dei nuovi pirati!-
-Cosaa??? Vuol
dire che forse il tesoro si potrebbe trovare su Karstar?- disse
entusiasta Solan.
Tom annuì, mentre la ciurma iniziò a
festeggiare la fantastica notizia.
Qualche ora dopo i
pirati si diressero alla spiaggia dove era attraccata la Liberty dopo
aver ricevuto le giuste riparazioni.
Lily esitò fino all’ultimo
momento a parlare con Shin, l’aveva evitato per una
settimana, ma
poi era giunto il momento di salutarsi e quindi gli si
avvicinò con
un’aria molto triste.
-Shin… sono veramente felice di
averti conosciuto- disse
-Anche io Lily e…- disse ma venne
interrotto da Lily
-Aspetta non dire niente, voglio prima fare
una cosa- Lily prese la mano di Shin e chiuse gli occhi. Shin fece la
stessa cosa, e nella sua testa iniziarono a comparire le immagini di
una ragazza sorridente che sistemava delle medicine, quella era Lily.
Shin rimase basito, era più bella di quello che si
immaginava, poi
vide altre persone e capì che erano gli altri membri della
ciurma.
-Lily io…-
-Non dire niente, volevo solo che
avessi un mio ricordo- disse diventando leggermente rossa, ma per
fortuna Shin non poteva vederla.
-Ma quale ricordo?!-
intervenne Diana –Shin non ti ha detto che veniamo anche noi
con
voi?! Da oggi siamo compagni di ciurma, contenta?- disse la mora
prendendo una sacca e salendo sulla nave. Solo allora Lilian si
accorse della sacca accanto a Shin.
-E'…vero?- chiese
-Sì,
stavo per dirtelo!- rispose il cuoco –sono il vostro nuovo
cuoco!-
Lily abbracciò forte Shin e poi lo condusse alla
nave.
La Liberty dopo aver salutato tutti, salpò. Solcando i
mari verso una nuova avventura e verso il tesoro di Monkey D.
Rufy.
Solan si avvicinò ad Edward, il quale era
seduto accanto all’albero maestro ad ammirare le prime stelle
che
stavano iniziando a spuntare nel cielo.
-Posso?-chiese prima
di sedersi accanto al vice.
-Certo- sorrise non troppo
Ed.
-Una bella avventura non credi?- chiese la rossa
riferendosi a Stargazer.
-Sì, di certo non ci dimenticheremo
di quel nano!- rise Ed.
-Aspetta un attimo ma quella…?-
disse Sol indicando una bottiglia di Rhum accanto al ragazzo
–Ed!
Non è giusto, anche a te Lily ha vietato di bere!-
protestò
-E
secondo te io per tutto questo tempo sarei stato senza bere neanche
un goccio di alcool?- disse ridendo della faccia della
compagna.
-Potevi almeno dividere le tue scorte segrete con
me!- disse fingendosi offesa
-Stavi male…- disse il ragazzo
ripensando all’amica stesa nel letto della locanda per una
settimana intera
-Anche tu…- bofonchiò lei abbassando lo
sguardo.
-Tieni- grugnì il vice porgendogli la
bottiglia.
-Grazie- sorrise la rossa assaporando il liquore
per poi passare la bottiglia al compagno e posare la testa sulla
spalla del vice.
Tutto era tornato nella norma. Ryuu infine
era salito sulla nave senza dire una parola, aveva solo guardato
Solan e sorriso, più che un sorriso aveva solo alzato appena
la
bocca da un lato, e poi si era messo a pulire la falce accanto al
timone dove Yuki controllava la rotta. Nella ciurma erano entrati a
far parte due nuovi membri, di cui Solan si fidava molto e, come
accadeva sempre, aveva sentito già parte della famiglia
appena li
aveva incontrati.
Ogni componente della ciurma era stato ferito
durante il combattimento al castello, ma come sempre si sarebbero
protetti a vicenda, perché è questo che fa una
famiglia.
ANGOLO
AUTRICE:
Eccomiiiiiii!!!!
Allora carissimi, ecco terminata
anche la saga di Stargazer! Lo so, lo so, vi mancherà
tantissimo
l’aitante Rondonos :) ma vi prometto che inventerò
altri nemici
molto più interessanti di lui, e magari più belli!
Spero che la
saga e questo capitolo finale vi sia piaciuto, spero di non essere
stata troppo cruenta, che ne dite dovrei mettere
l’avvertimento
contenuti forti?
Bè che altro dire ora i nostri eroi sono
partiti alla ricerca di nuove avventure ed ovviamente del famoso
tesoro!
Il prossimo capitolo spero di riuscire a scriverlo presto
tra un impegno e un altro, quindi per adesso non so darvi una data
del prossimo aggiornamento ma non sarà molto tardi, massimo
tra due
settimane!
Prima di scrivere un angolo autrice più lungo del
kilometrico cap qui sopra, vi lascio!
Come sempre aspetto di
leggere le vostre meravigliose recensioni.
A presto
spero!
Bacioniiiii Kiko
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** capitolo 17 ***
Nel
bel mezzo dell’oceano sulla Blackmoon…
-Parenti??-
chiesero sbigottiti i componenti della ciurma di Wolf, guardando con
mille punti interrogativi sulla testa, la loro amica
archeologa.
-Certo! Perché, non vi avevo detto che i miei
genitori erano entrambi giganti e quindi anche tutti i miei parenti?-
disse come niente fosse mentre si versava un abbondante bicchiere di
succo.
-Ma smettila!- disse Stun ridendo ed alzandosi dal
tavolo, dove era riunita tutta la ciurma –se i tuoi genitori
sono
dei giganti, perché tu sei una nanetta?- rise punzecchiando
l’amica.
Luna guardò in cagnesco l’omone blu davanti a
lei e, con un cenno delle dita, senza che Stun se ne potesse
accorgere, formò una bolla di succo di frutta sulla testa
del
ragazzo che continuava a ridere sguaiatamente.
-Luna a volte
ti inventi delle cose davvero assurde!- rise più forte
tenendosi la
pancia per il troppo ridere –dove l’hai letta
questa, su uno dei
tuoi libri? Magari uno di favole?- rise sempre più forte
asciugandosi una lacrima dai grandi occhi.
Thunder non
riusciva a smettere di ridere, non credeva minimamente che una
ragazza normale potesse essere figlia di giganti, non si era mai
vista o sentita una cosa del genere e, impegnato tanto a beffeggiarsi
dell’amica, non si era accorto della bolla sempre
più grande che
volteggiava sulla sua testa, scatenando le risa dei suoi
nakama.
-Ora vediamo se continui a ridere!- disse la biondina
schioccando le dita e facendo si che la bolla precipitasse sulla
testa blu del compagno.
-ben ti sta Stun! Ancora non hai
imparato che non bisogna far arrabbiare Luna?- rise Asako dando il
cinque all’archeologa.
-Maledetta nanetta!- bofonchiò Stun
ripulendo il viso dall’appiccicoso succo.
-Che cos’hai
detto?- disse Luna avvicinandosi di nuovo al compagno.
-Niente…-
sussurrò stringendo i denti il blu, quella biondina lo
fregava ogni
volta!
-Luna, quindi tu hai davvero dei genitori giganti?-
chiese Sara incuriosita dalla storia.
-Sì è proprio così!-
sorrise raggiante – ma è meglio dire,
avevo… purtroppo non sono
più su questa terra…- disse abbassando lo sguardo
sulle sue
scarpe, le inseparabili blaiser bianche col baffo nero.
Vedendo
che la ragazza si era rattristata di colpo, Stun decise di non
scherzare più e affiancandosi alla ragazza disse con tono
dolce
–Luna, perché non ci racconti la tua storia?-
La biondina
alzò il volto ed incontro i grandi occhi del compagno che
ora non la
stavano più deridendo, ma si erano addolciti capendo che
anche il
passato della sua compagna non doveva essere tanto allegro.
-Va
bene, vi racconterò la mia storia…- disse
sedendosi al grande
tavolo della cucina, mentre i suoi compagni, attenti, aspettavano che
lei iniziasse. Persino Wolf, che di solito si mostrava menefreghista,
aveva aperto il suo unico occhio, prima chiuso in un finto riposo,
per ascoltare e comprendere il passato della sua archeologa.
-La
mia storia ha inizio in una notte di luna piena di diciassette anni
fa.
Mia madre era una bellissima donna, considerata la più bella
del popolo dei giganti. Si chiamava Martha e aveva dei lunghi capelli
biondi che racchiudeva sempre in una lunga treccia che le scivolava
dolcemente sulla spalla destra. I suoi occhi, come i miei, erano blu
come l’oceano e furono proprio essi a conquistare mio padre,
il
gigante Jaguar D. Saul.
I miei genitori si innamorarono a prima
vista. Mia madre era originaria della famosa isola di Erbaf nel mare
meridionale, patria dei giganti più famosi, mentre mio padre
era
originario di Larbaf una piccola isola scoperta dal mio bisnonno
Jaguar D. Robius che si trasferì lì con tutta la
sua famiglia da
chissà dove. Mio padre era un viceammiraglio della
marina…-
-Cosa??- disse sconvolta Sara
-Ecco dove
avevo già sentito quel nome! Jaguar D. Saul era uno dei vice
ammiragli più famosi, ma poi…- disse Mya
ricordandosi della
notizia della morte dell’uomo letta in dei vecchi fascicoli,
quando
faceva ancora parte della marina.
-Sì, era un vice ammiraglio
molto potente e conosciuto, che credeva fermamente nella giustizia
morale che, presto scoprì non essere la stessa giustizia
applicata
dai suoi capi e amici.
Dopo che si conobbero i miei genitori si
trasferirono su Larbaf, l’isola dei miei antenati, conosciuta
da
pochissime persone, visto che tempo fa si credeva che Erbaf fosse la
sola ed unica isola dei giganti. Su Larbaf decisero di metter su
famiglia e così mia madre dopo un anno dal loro matrimonio
rimase
incinta. La gravidanza le portò non pochi problemi
indebolendola
molto. Una sera mia madre iniziò a sentirsi male e
capì che era
arrivato il momento di mettermi al mondo. Mio padre non stava
più
nella pelle anche se era decisamente preoccupato per la salute di mia
madre, visto che la sua pancia non era cresciuta molto durante la
gravidanza e pensava che ci fossero dei gravi problemi al bambino,
cioè me. Quella sera molte donne più il medico
del villaggio,
aiutarono mia madre nel parto, ma sembrava che qualcosa non andasse.
Mio padre preso dalla paura andò sul promontorio
più alto
dell’isola, dove passava i pomeriggi a leggere quando
ritornava
dalle sue missioni.
Quella sera il cielo era stellato come non
mai, e in alto brillava una grande e luminosa luna piena. Mio padre
piangendo pregò la luna di aiutare sua moglie e sua figlia
perché
erano le cose più importanti che aveva al mondo. Dopo
qualche ora
tornò a casa e alla soglia della porta sentì il
pianto di una
bambina… La luna aveva esaudito la sua richiesta e per
questo mio
padre volle omaggiarla dando il suo nome alla sua primogenita.
Una
volta entrato nella stanza dove ci trovavamo io e mia madre, mio
padre rimase scioccato, come del resto tutti i presenti. Mia madre
teneva fra le braccia un piccolo fagottino rosa che conteneva una
bambina normale, non una bambina gigante, ma questo non importava ai
miei genitori, loro sostenevano che io ero il loro piccolo miracolo e
che ero speciale…
La gente del villaggio però non mi vedeva di
buon occhio visto che non ero come loro, ma dopo due giorni dalla mia
nascita una vecchia signora venuta da lontano venne a casa nostra e
disse hai miei genitori che io ero una rarità, ma che nel
mondo
c’erano altre persone, bambini e adulti nati da giganti, ma
con
sembianze normali. Questa notizia tranquillizzò
ulteriormente i miei
genitori che mi diedero tutto il loro amore, anche se durò
poco.
Quando avevo solo due anni, mio padre fu arruolato per
un’importante missione ad Ohara, e così dovette
partire lasciando
me e mia madre a Larbaf. Prima di partire, quel giorno mio padre mi
portò sul grande promontorio dell’isola, dove
andavamo sempre ad
osservare il mare. Lì mi raccontava mille storie sui pirati
che
aveva incontrato e battuto e vecchie leggende che aveva letto in
libri altrettanto antichi. Mi divertivo molto con lui, la sua risata
risuonava tra le foglie del grande albero su cui aveva costruito
un’altalena proprio lì, sul promontorio dove
salendo su di essa
potevo viaggiare tra le nuvole e il mare. Lì mio padre mi
promise
che sarebbe tornato e che mi avrebbe raccontato tantissime altre
storie come sempre, regalandomi come ricordo di quella promessa, un
anello d’argento con cinque piccoli diamantini.
Lo aspettai
tanto, ma passarono i mesi e di lui non avemmo notizie. Un giorno
decisi di andare da sola al promontorio, forse da lassù
avrei potuto
scorgere la nave di mio padre, pensai. Il promontorio era molto
lontano e io ero molto piccola; i miei genitori mi avevano vietato di
andarci da sola, ma quel giorno, approfittando della momentanea
distrazione di mia madre mentre stendeva i panni, corsi fin
lì, o
almeno dove secondo la mia testa doveva trovarsi il
promontorio.
Larbaf non era un’isola molto grande, ma per una
bambina di soli due anni diventava davvero gigantesca. Camminai per
non so neanche quanto tempo. Sentivo le mie piccole gambe tremare
dalla stanchezza, ma la voglia di vedere mio padre era più
forte. Mi
ricordo che entrai in una fitta foresta e capii che avevo preso la
strada sbagliata visto che con mio padre non passavamo mai di
lì.
Stanca cercai di tornare indietro e chiedere a mia madre se mi
accompagnava al promontorio, ma finii in prossimità della
spiaggia.
Mi avviai verso la spiaggia ed iniziai a giocare con qualche
conchiglia nascosta tra i granuli sabbiosi. Tra un gioco e
l’altro
non mi accorsi che ormai il sole aveva ceduto il cielo alla luna e,
quando me ne accorsi era ormai troppo tardi. Ero stanca e molto
affamata, ma decisi comunque di non provare a tornare a casa
perché
sicuramente avrei sbagliato strada e mi sarei persa ulteriormente,
quindi decisi di aspettare lì l’arrivo di mia
madre. Aspettai
diverse ore e la fame ormai era insostenibile. Ad un certo punto mi
ricordai di quando mio padre aveva cercato di insegnare a pescare a
mia madre, senza però riuscirci, e quindi cercai un rametto
duro e
appuntito e iniziai a pescare cercando di infilzare qualche pesce con
la mia precaria arma. Ad un certo punto, quando ormai sentivo i piedi
gelarsi nell’acqua sempre più fredda, infilzai
qualcosa. Sicura di
aver finalmente catturato quel piccolo pesce giallo che mi sgusciava
tra i piedi ormai da ore, alzai il rametto e mi accorsi di aver
invece pescato un frutto, o almeno così pensai. Il frutto,
illuminato dai deboli raggi della luna, aveva la forma di un melone
però con uno strano colorito bianco con macchie nere.
Affamata non
riflettei sulla possibilità che il frutto fosse avvelenato o
chissà
cosa e lo mangiai, senza sapere che in realtà quello era un
frutto
del mare e che avrebbe cambiato per sempre il mio corpo.
La
mattina dopo le grida di mia mamma, accompagnata dai primi raggi di
sole, mi svegliarono. Mia madre si era molto spaventata e mi aveva
cercato per tutto il giorno e la notte per l’intera isola
finché
non mi aveva trovato.
Alcuni giorni dopo la mia “fuga” mia
madre ricevette una lettera da parte di mio padre.
Io ero al
settimo cielo, finalmente mio padre sarebbe tornato a casa. Nella
lettera c’era scritto che gli era stato ordinato di
distruggere
un’isola, Ohara, con tutti i suoi abitanti. Mio padre era
oltraggiato da questa cosa perché non poteva definirsi
giustizia, ma
era soltanto una carneficina ciò che gli aveva ordinato il
governo;
così aveva deciso di lasciare la marina e tornare a casa da
noi due.
Nella lettera raccontava anche che prima di quell’ordine
c’era
stato un altro evento che gli aveva iniziato a far capire che serviva
le persone sbagliate. Qualche settimana prima lui e Aokiji, un suo
caro amico, insieme hai loro sottoposti avevano trovato una barca
sulla rotta di Ohara e, proprio Aokiji, di cui mio padre si fidava
tanto, uccise i civili su quella nave sospettando, ma non essendone
sicuro, che fossero archeologi di Ohara condannati perché
studiavano
un pezzo di storia che doveva rimanere oscuro all’intero
mondo. Di
quei civili si salvò solo una donna che venne catturata ed
interrogata da mio padre, Nico Olvia un’archeologa che aveva
ben
capito quante ingiustizie aveva provocato il governo mondiale che lui
serviva. Scritto in piccolo a fine lettera c’era un p.s. non
fidatevi di Aokiji.
Quella lettera sconvolse molto mia madre aveva
percepito da quelle parole il rammarico di mio padre, la delusione
nell’aver servito per molti anni un governo che andava contro
tutti
i suoi valori.
Dopo quella lettera passarono diversi mesi, senza
avere nessuna notizia di mio padre, finché dopo un anno
arrivò una
lettera da parte del governo mondiale che ci annunciava che Jaguar D.
Sauro era disperso in mare ormai da mesi, e che sicuramente era morto
visto che la sua nave era stata ritrovata distrutta.
Quella
notizia fu un lampo a ciel sereno. Mia madre pianse per giorni e
giorni e io cercavo solo di consolarla mentre l’odio per
Aokiji
cresceva. Io sapevo che era stato lui ad uccidere mio padre, me lo
sentivo nel profondo del mio essere.
Due anni dopo, quel verme, si
presentò davanti la porta di casa mia. Avevo solo quattro
anni ma
ero già determinata ad ucciderlo, come lui aveva fatto con
mio
padre. Ricordo che con quel suo tono glaciale chiese a mia mamma se
mio padre le aveva parlato di qualche segreto militare, ma mia mamma
negò. Aokiji capì che quella era una menzogna
visto che conosceva
mia madre da molti anni. Mio padre invitava sempre i suoi amici a
partecipare ai grandi banchetti che organizzavano a Larbaf e Aokiji
veniva ogni volta. Era uno di casa ormai, come uno zio, quindi
l’odio
verso di lui era ancora più forte perché non
aveva tradito solo mio
padre, ma anche noi. Senza pensarci mi avventai contro di lui,
impugnando una spada di mio padre. Aokiji parò il colpo
senza
nessuna difficoltà e mi fece cadere la spada. Mi
osservò con rabbia
e poi impugnò la spada caduta a terra. Con un impeto di
rabbia si
scagliò su di me, ma mia madre si frappose tra me e la
spada. Mi
ritrovai con gli occhi chiusi ed un bruciore sul viso. La spada mi
aveva provocato un taglio che scendeva dal naso fino a sotto il collo
passando in mezzo alle labbra...- disse tracciando la cicatrice del
taglio ancora un po’ evidente sul suo bel viso.
–quel giorno
Aokiji mi portò via anche l’unico affetto che mi
era rimasto, mia
madre, risparmiandomi prima di andarsene via. Da quel giorno rimasi
sola, molti amici e parenti si occuparono di me, ma restavo comunque
sola. Dentro di me covai un gran rabbia in quell’uomo che ci
aveva
tradito tutti e decisi quindi di allenarmi per diventare forte al
punto da batterlo. Scoprì che il frutto che avevo mangiato
durante
la mia fuga era un frutto del mare, e grazie a lui iniziai a
sviluppare le mie attuali abilità.
All’età di quattordici anni
mentre osservavo il mare dal mio caro promontorio, decisi di
diventare un pirata e così partii, ed eccomi qua!- disse
Luna
sorridendo, anche se amaramente, mentre giocherellava con
l’anello
d’argento regalatole dal padre che rigirava tra le affusolate
dita.
Tutti i membri della ciurma rimasero
per un attimo in silenzio, finchè Asako, accanto a Luna
intervenì
–Sì, ora sei una di noi, e senza di te sarebbe una
noia mortale!-
disse abbracciando l’amica triste –Ricordo ancora
il giorno in
cui ti abbiamo conosciuta. Eravamo in una locanda su un’isola
della
rotta maggiore e dei cacciatori di taglie ci volevano catturare, ma
non aveva capito con chi avevano a che fare. Allora eravamo solo in
quattro sulla nave e io ero l’unica donna!- disse con finta
aria
afflitta – un cacciatore di taglie, mentre ero impegnata a
combattere contro un suo compagno, sparò ma il proiettile
non mi
colpì mai, perché tu senza pensarci due volte ti
sei buttata per
salvarmi, anche se non mi conoscevi, e poi hai fatto due occhi neri a
quel tipo!- disse ridendo di gusto, contagiando anche
l’archeologa
e tutta la ciurma.
-Wow che bel salvataggio! Complimenti Luna!
La tua storia e molto triste, ma infondo quale pirata non ha una
storia dura alle spalle?- disse Sara seria – ma
l’importante è
che sei serena adesso e che un giorno vendicherai i tuoi genitori!-
-Sì, su questo ci puoi scommettere, questa nanetta non la
batte nessuno!- disse Stun dando una leggera spinta con la spalla a
Luna.
Luna sorrise, si sentiva molto meglio dopo aver
raccontato la sua storia.
-Ma quindi tra qualche giorno se
non ho capito male, sbarcheremo su Larbaf?- chiese July attirando
l’attenzione su di lei, cosa che la fece arrossire di
botto.
-Veramente no!- iniziò Asako –L’isola
dove
approderemo si chiama Sinif! In realtà ci sono tre isole di
giganti
in tutto il mondo. La famosa Erbaf nella rotta maggiore, Larbaf
l’isola di Luna e Sinif nel grande blu, la meno conosciuta di
tutte-
-Sì esatto! E lì che si sono trasferiti molti dei
miei parenti di Larbaf perché si dice che sia
un’isola
paradisiaca! Dove regna la pace eterna!- disse Luna ritrovando il suo
tipico sorriso.
-Bene, allora tutti a Sinif!!!- esultò Sara
contagiando tutti.
Nel frattempo sulla
Liberty…
Erano passati solo due giorni dalla partenza da
Stargazer e la nave viaggiava lenta verso la prossima metà.
Tutta
la ciurma aveva risentito molto della battaglia contro Rondonos e i
suoi aiutanti, infatti molti di loro erano ancora convalescenti con
ferite ancora non rimarginate.
I due nuovi membri si erano
ambientati molto bene. Shin, entrato nella cucina della Liberty,
aveva iniziato a cucinare una prelibatezza dietro l’altra
iniziando
così il suo lavoro da cuoco; aiutato da Yuki che prima del
suo
arrivo era l’addetta alla cucina visto che aveva lavorato
nella
locanda di sua madre fin da quando era piccolissima. I due andavano
molto d’accordo, si scambiavano ricette e consigli,
divertendosi a
cucinare insieme.
Mentre i due preparavano il pranzo, Diana e
Lilian entrarono in cucina litigando come sempre.
-Fatti gli
affari tuoi!- sbottò Diana entrando come una furia dentro la
cucina,
sbattendo la porta ed attirando l’attenzione dei due cuochi.
-Dico
solo che dovresti vestirti più femminile, così
sembri un
maschiaccio!- disse Lilian entrando anche lei in cucina.
Diana
si girò e la fulminò con lo sguardo
–Non mi interessano i vestiti
o le gonne e non parlarmi neanche per sogno dei tacchi alti, li odio!
Sembro un maschiaccio? Bè amen, a me piace stare comoda, non
ho
bisogno di mettermi in mostra per qualcuno che neanche mi calcola!-
disse acida Diana colpendo con le sue parole, Lily che capì
il
riferimento a lei e Shin. Infatti da quando Shin era salito sulla
Liberty non le aveva rivolto molta attenzione, cosa che faceva
soffrire un po’ Lilian che aveva sperato in un qualcosa tra
di
loro.
-Perché devi essere sempre così acida?- le
urlò
contro il medico
-Sei tu che mi provochi!- rispose la
vedetta.
-Ragazze dai calmatevi!- cercò di intervenire con
dolcezza Yuki.
-lascia perdere Yuki, tanto non la smetteranno
mai…- disse Shin sorridendo. Si divertiva a vedere Lily e
Diana
discutere, erano entrambi delle testarde, e le loro liti in
realtà
erano solo un modo per conoscersi e diventare amiche. Lui invece non
sapeva come avvicinarsi a Lily, visto che in realtà era
molto timido
con le ragazze. Da quando era salito sulla nave non aveva parlato
molto con il medico, si era un po’ allontanato con la paura
di
rovinare tutto se avrebbe anche solo detto una parola, ma non poteva
immaginare che in realtà Lilian vedeva questo allontanamento
come
disinteresse nei suoi confronti.
Sentendo le parole di Shin,
Lily tacque di colpo, sedendosi sulla lunga panca accanto al tavolo.
Diana vedendo la ragazza rabbuiarsi di colpo decise di consolarla,
anche se non era il suo forte.
-Ehi, che ti prende adesso?-
disse la mora sedendosi accanto al medico.
-Niente, lasciami
in pace…- borbottò Lily torturandosi le mani.
-E' per
quello che ha detto Shin, vero?- chiese Diana sussurrando.
-Non
solo…-
-Centra per caso Yuki?- chiese la vedetta, attirando
tutta l’attenzione del medico.
-Yuki? Perché, cosa centra?-
chiese Lily girandosi con faccia interrogativa a guardare
Diana.
-Bè, ho notato che lei e Shin hanno fatto molta
amicizia…- disse non sapendo che quelle parole avrebbero
causato
non pochi problemi.
Lilian dopo aver udito quelle parole si
girò a osservare i due cuochi. Shin stava passando della
salsa di
pomodoro a Yuki e lei lo ringraziò con un sorriso, per
adesso niente
di cui preoccuparsi, poi però Yuki per afferrare il
barattolo del
sale sfiorò la mano del ragazzo e quello fu un primo
campanello
d’allarme per il giovane medico. Lilian iniziò a
vedere troppi
sfioramenti, risate e parole sussurrate. La gelosia prese il
sopravvento insieme ad una nuova consapevolezza, ovvero che Shin
preferisse Yuki a lei. D’altronde loro due avevamo una forte
passione per la cucina che li accomunava, mentre lei e Shin non
avevano niente in comune.
Lilian si girò verso Diana che capì
dallo sguardo della compagna che forse aveva messo una scomoda pulce
nell’orecchio della brunetta.
Nel frattempo in cucina
arrivarono anche Ryuu ed Edward. Il primo entrò con la sua
fedele
falce al seguito dopo aver eseguito i suoi consueti allenamenti. Il
secondo invece aveva anche lui passato la mattinata ad allenarsi,
anche se Lilian glielo aveva vietato visto che le ferite alla schiena
non si erano del tutto rimarginate, infatti il ragazzo aveva la
schiena e il torace completamente fasciati con qualche piccola
macchia di sangue che imbrattava le bende immacolate.
-E’
pronto!- disse Shin portando in tavola dei fumanti spaghetti.
-Solan
non è ancora arrivata?- chiese Edward notando
l’assenza del
capitano.
-Credo che sia ancora nella sua cabina- rispose la
navigatrice.
-Vado a chiamarla!- disse di colpo Diana
lasciando tutti un po’ sorpresi. Non sapeva neanche lei il
perché
si fosse offerta di andare a chiamare il capitano, forse
perché,
infondo, ma molto infondo, si sentiva in colpa per aver fatto
insospettire Lily di una sottospecie di affinità tra Shin e
Yuki;
magari Solan poteva aiutarla a risolvere la situazione prima che
degenerasse.
Nel frattempo nella cabina di
Solan…
Diario di bordo,
Sono due giorni che
navighiamo dopo la partenza da Stargazer. La ciurma non è in
perfetta forma, ma ci riprenderemo presto. L’avventura su
Stargazer
è stata dura, ho seriamente creduto di lasciarci le penne
questa
volta, ma si vede che ancora non è giunta la mia ora. Appena
siamo
approdati sull’isola ho chiamato mio padre, dividendomi dalla
ciurma, non voglio che loro sappiano, almeno per adesso, è
troppo
pericoloso.
Mio padre mi ha detto che Lya mi cerca, chiede di me,
non so cosa fare, forse sto sbagliando tutto, dovrei tornare da lei,
ma questo segnerebbe la sua condanna a morte e anche la mia. Lui non
smetterà mai di cercarci, non si darà pace
finché non ci avrà
eliminato, ma io lo troverò prima e, lo ucciderò!
Mi ha rovinato la
vita, portandomi via colui che amavo più al mondo, ma
infondo è
stata solo colpa mia, sono io che sono caduta come una stupida tra le
sue braccia…
BOOM
Un’improvvisa cannonata
fece oscillare violentemente la nave cogliendo alla sprovvista
l’equipaggio della Liberty che subito si mise in moto.
-Ci
attaccano!!- urlò Diana salita velocemente di vedetta per
verificare
chi aveva osato attaccarli.
Il resto della ciurma uscì
velocemente dalla cucina, Yuki corse al timone per manovrare la nave
ed evitare così ulteriori cannonate, mentre gli altri
aspettavano
gli ordini del capitano. Solan uscì di corsa dal suo studio,
lasciando il diario sulla scrivania, ed afferrando prima di uscire i
suoi due fedeli pugnali.
Arrivata sul ponte una nuova palla di
cannone fu scagliata verso la Liberty, ma Yuki con abilità
virò la
nave giusto in tempo per scansare il colpo.
-Ottimo Yuki!-
gridò Shin in direzione della navigatrice che
alzò il pollice in su
in cenno di vittoria.
-Sol che facciamo?- chiese Edward
affiancandola.
-Ryuu vai insieme a Shin ai cannoni e al mio
via attaccate!- ordinò il capitano e i due ragazzi corsero
subito
verso i cannoni. –Diana chi sono questi bastardi che ci
attaccano?-
urlò iraconda Solan, teneva tantissimo alla sua nave e
nessuno
doveva anche solo provare a mandarla a picco.
-Sono dei
pirati! Sulla loro bandiera è raffigurato un drago verde!-
urlò la
castana dalla vedetta.
-I dragoni!- disse Edward stringendo i
pugni.
-Dannazione questa non ci voleva proprio!- disse Solan
pensando alla fama che precedeva quei loschi pirati. I dragoni
infatti erano dei pirati della peggior specie, non avevano regole,
per loro l’importante era arricchirsi anche a discapito degli
altri, soprattutto pirati. I dragoni erano anche conosciuti come la
ciurma senza capitano, infatti solo due volte due di loro si erano
fatti avanti come capitani, ma vennero crudelmente assassinati dai
compagni. I dragoni si uccidevano tra di loro perché la sete
di
denaro era troppo alta e quando qualcuno sgarrava anche minimamente
veniva giustiziato nel peggior dei modi, reclutando così
sempre
nuove reclute.
Un altro colpo di cannone susseguito da
un’altra virata violenta fece prendere a Solan una decisione
che
dopo, forse, avrebbe rimpianto.
-All’arrembaggio ragazzi!-
urlò facendosi sentire da tutta la ciurma
-Ma Sol, molti di
noi sono ancora feriti, non possiamo combattere, è
meglio…- disse
Lily ma fu interrotta dall’ira del capitano.
-Fuggire? No!
Non se ne parla! Attacchiamoli e facciamogli vedere di che pasta
siamo fatti!- disse girandosi poi verso il suo vice che
ghignò
pronto ad un nuovo scontro.
La nave nemica ormai era a
qualche metro di distanza e man mano si avvicinava alla Liberty non
smettendo mai di lanciare grosse palle di cannone. Ryuu e Shin
rispondevano di tono alle cannonate, con ulteriori colpi, modificati
dall’esperto d’armi che garantivano un effetto
sorpresa, infatti
le cannonate esplodevano ancora prima di toccare l’acqua
colpendo
così la nave nemica con la forza del fuoco.
Appena la Liberty fu
abbastanza vicina alla nave nemica, l’equipaggio, tranne Yuki
e
Diana, si fiondò sulla nave dei dragoni.
I dragoni erano
armati di tutto punto. Un grosso tipo affetto probabilmente da
gigantivismo, imbracciò una balaustra ed iniziò a
sferrare frecce a
destra e a manca.
-Ehi grassone perché non te la vedi con
me!- disse Lilian prendendo il suo amato arco e caricandolo a
dovere.
Shin si buttò nella mischia di ombre che si trovava
davanti, colpendo a suon di calci e pugni ogni pirata che gli si
parava davanti.
Diana, saltata giù dalla vedetta, si
trasformò in armadillo, giusto in tempo per scaraventare
giù dalla
nave un dragone che era riuscito ad arrivare sulla Liberty.
Yuki
garantita la sicurezza della nave, affiancò la vedetta e
insieme
respinsero tutti coloro che volevano derubare la loro nave.
Sulla
nave nemica, Solan si batteva con lo sfregiato, uno dei più
potenti
pirati dei dragoni. L’uomo armeggiava con due spade che
veloci
tentavano di colpire la donna. Ad ogni colpo schivato la donna
sentiva una fitta all’addome, segno che Lilian aveva ragione,
molti
di loro non erano ancora in piena forma e quel combattimento era un
rischio bello grosso per loro.
Edward dall’altra parte
della nave nemica spezzava colli e strappava cuori ad ogni pirata che
osava guardarlo negli occhi, mentre alla sua destra Ryuu mieteva
vittime con la sua falce a tre lame.
La ciurma di Solan
sembrava avere la meglio contro quei pirati che erano così
temuti ma
poco organizzati. Lilian aveva trafitto il cuore del gigante con una
freccia avvelenata, garantendogli così una morte sicura.
Shin aveva
messo al tappeto una decina di pirati tra cui molti ragazzi della sua
stessa età, mentre Ryuu aveva ormai spezzato le ossa a
metà dei
dragoni presenti su quel ponte. Ad un certo punto mentre gli ultimi
dragoni cadevano a terra inermi, un uomo dalla vedetta della nave
nemica iniziò a sparare verso i pirati della furia rossa.
I
proiettili del fucile vagavano per tutta la nave, alcuni si
conficcarono nelle assi di legno del pavimento, altri
nell’albero
maestro o nelle loro stesse vele, mentre di altri non si sapeva che
fine avessero fatto.
Solan sempre più furiosa, eliminò ogni
pirata che si trovava davanti e si arrampicò sulla vedetta
evitando
i colpi di fucile di quel pazzo.
Arrivata sul piccolo spazio di
avvistamento, iniziò una lotta contro l’uomo che
aveva sferrato
fuoco contro la sua ciurma e in poche mosse lo mise k.o.
conficcandogli un pugnale nell’addome.
Dall’alto della
postazione di vedetta vide ogni suo compagno in piedi con accanto
decine di corpi di dragoni privi di vita. Era stato rischioso
assalire la nave per difendersi, ma avevano avuto la meglio e questa
la rendeva soddisfatta della sua scelta.
Solan scese dalla vedetta
mentre i suoi compagni racimolavano i tesori dei dragoni e li
trasbordavano sulla Liberty, tornando sani e salvi sulla loro
nave.
Diana e Yuki aiutarono Shin, Lily e Ryuu a trasbordare i
tesori, mentre Solan notò Edward ancora fermo sulla nave
nemica.
-Ehi Ed che fai ancora lì?- chiese al compagno
distante qualche metro.
Il castano si girò lentamente,
incamminandosi verso il capitano e i compagni. I passi
dell’assassino
erano incerti e goffi, cosa che preoccupò la rossa.
-Ed
tu-tutto bene?- balbettò preoccupata Solan.
-Sì, non-non
preoccuparti sto bene… quel dannato che sparava alla cieca
mi ha
colpito, ma non è niente…- disse arrancando verso
l’amica.
Solan
notò solo in quel momento il buco nella maglietta a maniche
corte
del compagno. Il foro era nel bel mezzo dell’addome,
già ferito
dal precedente scontro sull’isola di ghiaccio. Il sangue
fluiva
veloce macchiando sempre più la maglietta ormai inzuppata.
Le gocce
scarlatte che il tessuto non riusciva più a trattenere,
iniziarono a
picchiettare sulle assi di legno del pavimento della nave,
macchiandolo del vivace e rosso sangue.
Solan corse dall’amico
giusto in tempo per attutire la sua caduta. Edward si
inginocchiò
facendo una lunga e sofferente smorfia di dolore.
-Lily!!-
urlò Solan richiamando l’attenzione del medico e
tutti i suoi
compagni che in pochi secondi furono al loro cospetto.
-Cos’è
successo?- chiese il medico osservando la ferita di Edward, ma Solan
non rispose. Davanti agli occhi aveva il viso sofferente del suo
vice, con il sangue che le imbrattava le mani e i vestiti, gli occhi
del suo amico sempre più spenti e lontani.
-No, non puoi
lasciarmi Ed!- urlò la rossa stringendo il capo del ragazzo
appoggiato sulle sue ginocchia.
-Tranquil-la sto be-ne…-
sussurrò l’assassino, cercando di tranquillizzare
la rossa, anche
se sofferente riusciva ancora a leggere, negli occhi ambrati del suo
capitano, tutti i rimorsi e i sensi di colpa che si celavano,
così
cercò di alzarsi per dimostrarle che stava bene e che di
certo non
sarebbe stato uno stupido proiettile a metterlo fuori gioco, ma
appena alzò il busto di pochi centimetri sentì
una forte scossa di
dolore pervadergli tutto il corpo.
Il corpo di Edward fu
assalito da convulsioni molto forti, mentre Lilian cercava in tutti i
modi di farle cessare e stabilizzarlo.
Gli occhi verdi del giovane
si chiusero lentamente, cessando anche ogni attività del suo
corpo,
del suo cuore…
ANGOLO AUTRICE:
Sarò
breve perché sento le vostre aure negative e bisognose del
mio
sangue!
Allora nel primo pezzo, ovvero quello sulla ciurma di
Wolf, abbiamo visto il passato della cara Luna, che questa volta, ha
differenza degli altri passati, è raccontato in prima
persona. Come
vi sembra? Per quanto riguarda la storia delle isole dei giganti ho
dovuto rivedere i miei piani perché quando ho pensato alla
saga
dell’isola dei giganti non ero a conoscenza della reale
esistenza
di essa, ovvero l’isola di Erbaf. Essa esiste veramente nel
manga,
ma essendo che Jaguar D. Sauro era uno dei pochi giganti a non
esserne originario ho deciso di inventarne altre due, visto che Erbaf
si trova nella rotta maggiore. Spero che questo non sia un problema e
che mi scusiate se ho stravolto un po’ il personaggio di
Aokiji ma
era necessario ai fini della storia dell’Oc. Per quanto
riguarda
l’altra ciurma, ovvero quella di Solan, posso solo dirvi che
rivedrete altre volte il diario di quest’ultima che
sarà
indispensabile più avanti. Per quanto riguarda Edward,
bè, si
vedrà… :)
Ora mi dileguo aspettando in un angolo remoto del
mondo le vostre recensioni, se questo capitolo non fa troppo schifo
per averne!
Baciii kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** capitolo 18 ***
Attimi
di panico assalirono la ciurma della Liberty. Il capitano rimase
inginocchiata sul legno chiaro che rivestiva il ponte della nave
nemica con, tra le braccia, la testa inerme del suo vice.
L’intera
ciurma corse subito a fianco della rossa rimanendo, per alcuni
secondi, immobili, senza proferir parola.
Gli amici sono la
famiglia che ognuno si sceglie, accettando pregi e difetti e
condividendo gioie e dolori
Una ciurma è come una
famiglia, un’insieme di amici che perseguono gli stessi
obiettivi e
che condividono l’amore per il mare e la libertà.
Ora, mentre uno
di loro aveva smesso di respirare, colpito per sbaglio da un
proiettile vagante, i suoi amici si ritrovarono per un attimo,
persi…
-Lilian…- invocò il nome del medico, il capitano,
pregandola con una tacita richiesta, di far qualcosa, di salvare
Edward.
Il medico osservò, per un istante, gli occhi
arrossati del capitano, e poi si concentrò
sull’amico ferito.
Iniziò a praticare un massaggio cardiaco, sperando in una
risposta
da parte del vice capitano che, però, sembrava non arrivare.
Alle
sue spalle, la mora, sentiva Yuki piangere silenziosamente, mentre
Shin la consolava. Diana era stranamente in silenzio, fissava il
medico provare il tutto per tutto per salvare il compagno, ma
sembrava inutile. Ryuu, sempre taciturno e apparentemente
menefreghista, stringeva forte la sua falce tra le mani, cercando di
trattenersi dall’urlare dalla rabbia o dal seguire
all’inferno
colui che aveva colpito il suo compagno di ciurma, facendo capire al
vigliacco che, l’inferno era un luogo migliore rispetto alle
sue
torture.
Sia lui che Edward avevano un carattere molto chiuso, ma
si stimavano molto, ed anche se non si confidavano davanti ad una
birra, entrambi si consideravano molto amici, ritrovandosi spesso ad
allenarsi, silenziosamente, insieme. Vedere Edward, sempre pronto a
difendere i propri compagni, lì steso a terra sanguinante,
faceva
infuriare Ryuu, non poco. Ryuu si girò cercando, non sapendo
bene
neanche lui il perché, lo sguardo di Yuki che
però trovò infossato
nel petto di Shin che dolcemente cercava di tranquillizzarla. Ryuu
sentì uno strano crampo allo stomaco e una voglia matta di
prendere
Shin a calci, ma sapeva che non era né il luogo
né il momento
adatto.
Dopo aver tentato di tutto, Lilian si lasciò cadere le
braccia lungo i fianchi, abbassando la testa rassegnata.
-Mi
dispiace…- disse Lily tirando su col naso.
-No! Non può
essere!- urlò Solan iniziando a scuotere il corpo
insanguinato del
compagno.
Mentre Ryuu cercava di fermare il capitano
disperato, improvvisamente Edward aprì gli occhi debolmente,
iniziando a tossire e, facendo fuoriuscire sangue anche dalla
bocca.
-Ed!- urlò Solan pulendosi gli occhi pieni di lacrime
e sottraendosi dalla presa di Ryuu.
Lilian subito si attivò per
stabilizzare il battito ritrovato. Il ragazzo, con gli occhi mezzi
socchiusi, osservò la ciurma intorno a lui, ma non riusciva
a dir
loro neanche una parola, poi un forte dolore al torace lo invase e,
sopraffatto da quello spasimo lancinante, non riuscì
più a tenere
gli occhi aperti né a sentire le parole dei suoi compagni
che lo
chiamavano e lo pregavano di non mollare; ma per una volta, anche lui
non riuscì a non cedere ad un dolore più forte ed
invadente della
sua forza di volontà, così chiuse gli occhi,
stanco.
Era
passata una settimana dal giorno dell’attacco alla loro nave
da
parte di spietati uomini che non meritavano neanche il titolo di
“pirata”.
Lilian dopo aver stabilizzato il battito del vice
capitano, aveva annunciato alla ciurma che Edward era entrato in
coma, e che lei non poteva fare altro se non aspettare che lui si
risvegliasse autonomamente.
Ogni componente della ciurma aveva
reagito a suo modo: Solan era uscita dalla camera di Edward sbattendo
la porta arrabbiata, più con se stessa che con altri, non
mettendoci
più piede da quel giorno. Diana aveva cercato a suo modo di
alleggerire la tensione sbottando con un –poteva andare
peggio,
no?- torturandosi l’interno della guancia per il dispiacere
che
provava, ma che non voleva mostrare. Gli altri, silenziosamente erano
usciti dalla stanza, chi piangendo e chi dirigendosi verso il ponte
per sfogare la propria rabbia negli allenamenti, mentre a tutti non
restava che sperare, sperare che il loro vice si risvegliasse, un
giorno.
I giorni e le settimane passavano, lente e tutte allo
stesso modo. Ogni componente della ciurma, tranne il capitano, si
recava tutti i giorni a controllare lo stato del compagno, facendogli
compagnia per qualche ora, alternativamente.
Quella mattina
Yuki era entrata alle prime luci dell’alba nella stanza del
vice.
La cabina del vice era abbastanza ampia con il letto al centro
della stanza, attaccato alla parete e qualche attrezzo per allenarsi
rimasto ancora sul pavimento.
La navigatrice entrò piano,
chiudendosi lentamente la porta alle spalle. Avanzò verso il
letto
del compagno e si sedette sulla sedia affianco ad esso. Quella
mattina si era, come sempre, alzata molto presto per controllare la
rotta e, mentre passava davanti le varie camere dei suoi compagni,
vide lo studio del capitano semi aperto. Guardò al suo
interno e
vide il caos più totale: lampade a terra, fogli sparsi sul
pavimento… Solan dal giorno in cui Lilian aveva annunciato
il coma
di Edward, non era più la stessa. Covava dentro di se una
gran
rabbia e si dava la colpa per tutto quello che era successo. La rossa
ormai era diventata quasi un fantasma sulla nave, visto che passava
tutto il suo tempo nello studio e non usciva neanche per mangiare.
Solo la notte si udivano i suoi passi mentre saliva il ponte per
guardare le stelle, ma più che guardarle le malediceva.
Il
capitano non si dava pace, dava la colpa solo a se stessa,
perché
era stata lei a dare l’ordine e lei non aveva calcolato i
rischi
per i suoi compagni già feriti dal precedente scontro su
Stargazer
e, proprio per questo, non si sentiva degna di andar a trovare il suo
amico. Non riusciva a sopportare l’immagine di lui fermo in
un
letto, no, non lo accettava!
Yuki sospirò pesantemente
posando la sua mano fresca sulla fronte bollente del
compagno.
-Edward, ciao- iniziò la navigatrice mettendo un
fazzoletto bagnato sulla fronte del ragazzo –sono venuta qui
per
dirti che devi svegliarti, e lo devi fare il più presto
possibile.
Sulla nave c’è un vero caos, Lily non so
perché non mi rivolge
quasi la parola e sento anche dell’ostilità da
parte di Ryuu.
Siamo tutti molto preoccupati per te, anche Diana, pensa un
po’!-
disse sorridendo appena –ma colei che non riesce a darsi pace
saprai già chi è, Solan! Voi due siete molto
legati, lo sappiamo
tutti, ed io l’ho capito subito dal primo giorno che vi ho
visto
nella locanda di mia madre, quindi puoi immaginare come lei si senta!
Devi svegliarti Edward o credo che lei, e tutti noi, non torneremo
più come prima.-
La perdita di un amico è come una bomba
esplosa in un campo di fiori, non resta più nulla della
serenità di
un tempo…
Il vicecapitano ascoltò ogni parola della
navigatrice, cercando di reagire, di farle capire che lui era ancora
con loro, che stava combattendo per tornare, ma che quella era una
dura battaglia. Riusciva a sentire tutto Edward, ogni parola dei suoi
amici, ogni suono, ma non riusciva a risvegliarsi e questo lo faceva
arrabbiare come non mai.
Sentiva ogni cosa soprattutto il dolore
proveniente dalle varie ferite sul corpo e, in particolar modo da
quella che gli sfregiava il torace. Quella cicatrice era ormai molto,
molto vecchia, ma bruciava intensamente più delle altre,
così da
riportarlo, contro la sua volontà, a quel giorno di molti
anni fa
quando se la procurò, quando la sua vita cambiò
radicalmente…
La
vita del giovane Edward Yoshina non era la vita di un semplice
ragazzo della sua età. Fin da bambino il suo modo di vivere
era
estremamente differente, non perché non avesse una famiglia
che gli
voleva bene, o perché gli mancasse qualcosa, no! Tutto
questo non
centrava.
Il giovane Edward era sempre stato un bambino attivo e
determinato, però con delle abilità differenti
dai bambini comuni.
Fin da piccolissimo aveva imparato a riconoscere l’odore del
sangue
fresco a causa del lavoro dei suoi genitori, Ageha e Rebecca Yoshina
due tra i più famigerati assassini mondiali. I Yoshina
crescevano
Edward e, sua sorella maggiore Amamya, con amore, ma anche con rigore
visto che anche loro due un giorno, non troppo tardi, sarebbero
diventati degli assassini come loro.
I due fratelli, insieme ai
genitori vivevano a Elsan un piccolo villaggio nel cuore delle
montagne. I due erano molto legati ed insieme si allenavano, sin
dalla tenera età di quattro anni, per diventare forti e
spietati
come i genitori. Entrambi rispettavano tantissimo i genitori e li
consideravano dei punti di riferimento. Ageha e Rebecca amavano i
figli a dismisura, ma a causa del lavoro che avevano scelto, e che
amavano, non avevano molto tempo da trascorrere con loro.
Per i
Yoshina, il lavoro dell’assassino era considerata una nobile
arte.
In pochissimi riuscivano a farsi un nome ed ad essere chiamati da
vari personaggi, anche famosi, per commissionargli omicidi per niente
facili, ma i Yoshina sapevano il fatto loro. Entrambi avevano
maturato negli anni una notevole forza fisica e soprattutto astuzia.
Catturavano le loro vittime come dei ragni con le loro tele,
aspettando pazientemente il momento giusto per agire, senza lasciar
traccia del loro passaggio, per questo erano considerati i migliori
nel loro campo e degli eroi per i loro figli.
Amamya, più grande
di Edward di due anni, provava un grande affetto per il fratello, ma
che negli anni si trasformò sempre più in
rivalità. La ragazza
infatti, pur allenandosi tutti i giorni senza sosta, non riusciva a
superare la forza maschile del fratello minore, e questo la rendeva
ogni giorno più competitiva. Edward dal canto suo non
provava tutta
questa rivalità, perché per lui Amamya era sempre
stata un esempio
di forza e determinazione.
I genitori, quasi sempre fuori per
lavoro, approvavano la rivalità tra i due, pensando che
fosse un
incentivo per diventare degli ottimi assassini, e non immaginandosi
che questo, un giorno, avrebbe distrutto la loro famiglia.
Amamya,
quando aveva solo dieci anni, dopo l’ennesima sconfitta
durante gli
allenamenti, si inoltrò nel bosco accanto il villaggio per
sfogare i
suoi nervi. Adorava molto passeggiare per i piccoli sentieri,
restando così, sola con se stessa. Quel giorno il cielo era
più
nuvoloso, le nuvole erano cariche di pioggia, ma a lei non importava,
in montagna i temporali, soprattutto estivi, erano
un’abitudine, e
un po’ di acqua non aveva mai fatto male a nessuno, si disse.
La
ragazza ad un certo punto arrivò davanti ad una grotta e
qualcosa lì
dentro la colpì. In lontananza nel centro della grotta si
intravedeva una strana pianta con un frutto rosso scuro, molto
spinoso. Amamya sorrise, capendo subito di cosa si trattasse, un
frutto del mare. I suoi genitori le avevano parlato di tali frutti e
dei poteri che potevano dare, così non ci pensò
su molto e lo
mangiò contenta, finalmente sarebbe diventata più
forte del
fratello, una volta per tutte.
Passarono due anni da quel giorno
e Amamya notò che Edward, ormai di dieci anni, aveva
dimezzato il
distacco tra loro due. Amamya si era impegnata molto e, grazie al
frutto del mare, il quale si era scoperto essere uno Zoo Zoo
mitologico modello drago, aveva superato per un anno il fratello,
diventando notevolmente più forte, ma essendo maschio la
forza di
Edward cresceva insieme a lui ed Amamya temeva che in giro di qualche
anno Edward l’avrebbe superata comunque. Così un
giorno decise di
mostrare al fratello tutta la sua forza, anche se Edward
cercò di
impedirglielo, preoccupato per quello che poteva succedere.
-Amamya
non farlo, non c’è bisogno che mi dimostri la tua
forza, so già
che sei fortissima!- disse Edward cercando di persuadere la
sorella.
-No! Tu stai diventando sempre più forte, ma io ho
mangiato il frutto del mare, e mai potrai raggiungere questa mia
abilità!- disse la giovane ragazza dai lunghi capelli
castani,
iniziando la trasformazione. Inizialmente passò al secondo
stadio da
ibrido che usava molto spesso accentuando i riflessi e la forza, ma
questa volta non le bastò e volle arrivare al terzo stadio,
l’ultimo
ed il più pericoloso.
Amamya sotto gli occhi stupefatti del
fratello si trasformò in un grosso drago rosso che, muovendo
la sua
lunga coda iniziò a radere al suolo gli alberi circostanti
all’abitazione.
-Ma che succede?- chiese Rebecca, la madre,
uscendo fuori dalla casa.
-Amamya si è trasformata in drago!-
disse Edward puntando i suoi occhi verdi sulla sorella drago,
ammirandola.
-Oh no!- disse la madre mettendosi una mano sulla
bocca, spaventata.
La creatura improvvisamente iniziò a
sputare fuoco per tutto il villaggio, iniziando così a
seminare il
panico tra la gente del villaggio. Edward sapeva che doveva fermare
la sorella, ma non sapeva come.
-Amamya!- urlò il minore
cercando di parlarle, ma la bestia era inarrestabile.
Il
drago iniziò, con i suoi artigli, a mietere le prime
vittime, due
giovani contadini che si trovavano nel posto sbagliato al momento
sbagliato, così, Edward capì che doveva
intervenire. Il ragazzo si
parò davanti alla sorella, sicuro che a lui non avrebbe
fatto del
male, invece, il drago scagliò una zampata contro il
giovane,
ferendolo con tre profondi e lunghi graffi sul torace. Edward
crollò
a terra portandosi le mani al torace ferito. Sentiva un forte,
lancinante dolore mai provato prima. La vista gli si iniziò
ad
appannare e l’ultima cosa che vide furono i genitori che
cercavano
invano di fermare la sorella…
Al suo risveglio , Edward scoprì
con amarezza che la sorella era morta. La madre, in lacrime, gli
confessò che l’unico modo per fermare il frutto
,era l’acqua del
mare, ma abitando in montagna era impossibile accingere al mare,
così, prima che Amamya sterminasse l’intero
villaggio, lei e il
padre erano stati costretti ad ucciderla. Edward rimase profondamente
scosso da quella rivelazione. La sorella era tutto per lui, la sua
metà visto che erano sempre stati inseparabili e che Amamya
si era
sempre preso cura di lui quando i genitori non c’erano. La
madre
consegnò al figlio il braccialetto d’argento della
sorella che
Edward da quel giorno portò legato al polso come il tesoro
più caro
che possedesse.
Il giovane iniziò così a chiudersi in se
stesso, passando le giornate tutte uguali: la mattina dormiva fino a
tardi, poi si alzava nel cuore del pomeriggio e si allenava per poi
nella sera iniziare a compiere i suoi primi crimini come assassino su
commissione, provocandosi così le sue prime e, numerose,
cicatrici
sulle braccia, che per lui erano solo un motivo di orgoglio, niente
più; mentre con la sua prima ricompensa decise di farsi un
tatuaggio
nel braccio destro.
Cinque anni dopo, all’età di quindici
anni, la fama del ragazzo si fece sempre più grande,
superando quasi
quella dei genitori. Era spietato, abile e senza cuore, niente era
più importante per lui. Si sentiva il responsabile di
ciò che era
successo alla sorella. Ogni notte durante i suoi delitti riviveva
quell’orrore e sempre più cercava in un malsano
modo, di diventare
il migliore solo per la sorella. Era diventato così famoso
da avere
anche una cospicua taglia sulla testa, vivo o morto, dettava il
manifesto, e un soprannome “L’assassino”,
ma lui se ne
infischiava, continuando con il suo lavoro perché il suo
obiettivo,
ormai da quel brutto giorno, era uno: procurarsi il frutto che aveva
distrutto la sorella ed impossessarsene per portare su di se la
maledizione che gli aveva portato via ciò che aveva di
più caro.
In una notte d’estate di tre anni dopo, grazie alla soffiata
di
un suo informatore, scoprì la locazione del frutto, nato in
una zona
molto remota del mondo, e partì subito alla sua ricerca e,
appena lo
trovò, non ci pensò due volte e lo
mangiò.
Rientrato al suo
villaggio natale, lo trovò completamente assediato
dall’esercito
che, visto la sua cospicua taglia, sempre più elevata, lo
volevano
arrestare.
Edward si affiancò ai genitori, già impegnati a
difendere il loro villaggio, ed insieme cominciarono a fronteggiare i
soldati però troppo numerosi. Pian piano
l’esercito stava avendo
la meglio. I genitori ed Edward, ormai sopraffatti dalla marina non
sapevano che fare, Edward era persino stato colpito al viso,
procurandosi così un’ampia ferita. Mentre Edward
tentò di
improvvisarsi una cura per fermare l’eccessiva fuoriuscita di
sangue, sua madre gli andò incontro.
-Edward!- lo chiamò la
madre avvicinandosi al ragazzo, schivando i vari soldati
–devi
trasformarti in drago o ci cattureranno tutti- disse piangendo,
perché per lei era molto dura pronunciare quella frase,
sapendo a
cosa andava incontro.
-No! Non lo farò mai! È troppo
pericoloso potrei uccidervi!- disse iracondo il ragazzo.
-Se
non lo farai loro ci uccideranno lo stesso! Siamo destinati a morire
lo stesso Ed!- disse implorandolo.
Edward si convinse a
malincuore e si trasformò. Appena il drago dentro di lui
uscì
fuori, Edward non comandò più il suo corpo. Il
drago sterminò ogni
cosa lasciando caos e distruzione ovunque, finché, esausto
crollò a
terra tornando normale.
Il giorno dopo Ed si svegliò e trovò
tutti morti, i soldati, la gente del villaggio e i suoi
genitori…
Dopo aver dato una degna sepoltura ai suoi genitori
decise di partire, come un nomade, continuando ad uccidere sotto
commissione, finché l’ennesima commissione, ovvero
ingaggio per
uccidere un pirata, non gli cambiò radicalmente vita.
All’età
di ventuno anni il giovane assassino venne ingaggiato da un potente
marine per uccidere un pirata. All’inizio Edward
pensò che fosse
la solita storia che si ripeteva da anni, la marina non riusciva a
catturare un pirata e quindi si affidava alle abili e silenziose mani
degli assassini, ma non era così. Gli era stato
commissionato di
uccidere una giovane donna: Solan Cruz, giovane pirata senza una
ciurma al seguito. Edward iniziò come sempre a prendere
informazioni
sulla sua vittima, scoprendo che la donna si recava ogni mese in una
locanda sulla rotta del grande blu, nell’isola Strom.
L’uomo
partì verso l’isola, arrivando in una fresca
giornata primaverile.
L’isola era gremita di persone, e per chiunque non sarebbe
stato
facile individuare l’obiettivo, ma non per lui.
Entrò nella
locanda indossando la sua usuale felpa nera con cappuccio in testa,
lasciando fuoriuscire solo il suo penetrante sguardo verde. Si
sedette al bancone ordinando una birra ed aspettando pazientemente la
sua vittima.
Passarono le ore e della giovane non c’era traccia,
finché a tarda sera finalmente la pirata entrò
nella locanda.
Edward attraverso lo specchio dietro il bancone, potè vedere
la
donna: alta, con forme accattivanti, lunghi e mossi capelli mogano e
occhi ambrati. Indubbiamente era una bella donna, ma a lui questo non
doveva importare. Mentre studiava dallo specchio il suo obiettivo,
vide la donna sorridergli. Lo aveva visto ed aveva notato che la
stava fissando, doveva stare più attento. La donna con
grazia
attraversò il locale e dopo aver salutato con un abbraccio
il
locandiere, si sedette accanto all’assassino. Troppo facile,
pensò
Ed.
-Ciao!- disse Solan rivolgendosi con un sorriso al
ragazzo.
Edward si girò e vide un sorriso abbagliante ed una
mano porta verso di lui.
-Piacere, io mi chiamo Solan!- disse
raggiante. Edward strinse la mano e subito si sentì strano
come se
un vortice caldo gli stesse invadendo il corpo.
-Lasciati
andare, il dolore che provi è forte, ma non è
giusto che sottometta
tutto. Ascolta le tue emozioni e tienile strette a te-
sussurrò la
donna all’orecchio dell’assassino.
Edward a quelle parole
sentì emozioni che ormai non provava da tempo: gioia,
felicità,
tutte emozioni celate, nascoste e sottomesse da anni, con la
convinzione che non era giusto provarle, visto che Amamya non poteva
più farlo. L’assassino cercò con lo
sguardo la donna chiedendole
spiegazioni, ma non la trovò più al suo fianco ma
al centro del
locale. La osservò mentre dentro di se quel vortice di
emozioni si
dissolveva pian piano ,ma sapeva che adesso non le avrebbe
più
dimenticate, non avrebbe più dimenticato cosa significasse
essere
felici, perché infondo la felicità non dura per
tutta la vita, è
uno stato d’animo non un obiettivo, per questo quando
c’è e
meglio aggrapparsi ad essa e non lasciarla andare.
Edward si girò
verso la donna e vide Solan intenta ad osservare una scena: Dei
pirati ad un tavolo infondo al locale stavano maltrattando una
bambina evidentemente della loro stessa ciurma, magari una sguattera.
La donna, decisa, si incamminò verso i pirati e
poggiò una mano sul
capo di essi e, questo bastò a farlo stramazzare a
terra.
-Interessante, da non sottovalutare!- disse Edward fra
sè.
L’assassino seguì la vicenda con interesse. La
donna
iniziò a combattere contro i vari soldati con grande
abilità,
proteggendo la bambina.
-deve aver mangiato un frutto del
mare- pensò l’assassino esaminando le mosse della
donna, ogni
pirata che veniva toccato da essa rimaneva come folgorato da una
strana forza. Edward pensò che con lui invece si era
comportata
diversamente, aveva cercato di riportarlo alla vita, scavando nel suo
essere cupo e buio, riuscendo a riportare a galla la sua anima, che
ormai riteneva perduta.
Edward vide un paio di uomini alzarsi da
un altro tavolo e bofonchiare qualcosa ridendo, mentre armati si
avvicinavano alla donna. Non sapeva neanche lui il perché,
ma
istantaneamente si alzò, sfoderando gli artigli della mano
destra e,
prima che quei due potessero anche solo sfiorare la rossa, lui li
fece fuori in un battito di ciglia. La donna si accorse del
salvataggio avvenuto alla sue spalle e sorrise felice. In un batter
d’occhio però nel locale scoppiò il
caos. I compagni dei due
pirati fatti fuori da Edward si scagliarono contro di lui, seguiti da
altre persone che cercavano solo una buona scusa per menar le mani.
Solan ed Edward si guardarono negli occhi per un breve attimo e, con
un tacito accordo, iniziarono a combattere fianco a fianco. Nel giro
di qualche minuto metà dei pirati che si erano rivoltati
contro i
due giovani erano stesi a terra e supplicavano pietà, mentre
gli
altri avevano ben deciso di darsela a gambe.
-Ecco piccola,
adesso sei al sicuro da quei brutti tizi- disse Solan ripulendosi le
mani e abbassandosi all’altezza della bambina, sotto lo
sguardo
dell’assassino. –Tieni questi soldi, sono pochi ma
ti basteranno
per qualche settimana- disse la rossa porgendo qualche banconota un
po’ stropicciata alla bambina.
-Grazie!- disse la bambina
abbracciando la donna forte e piangendo di gioia.
-Solan sei
sempre la solita!- disse l’oste, un uomo basso e con un gran
pancione, mentre sorrideva alla ragazza –vieni piccola che ti
preparo qualcosa da mangiare e, se vuoi, puoi restare qui con me e la
mia famiglia!- disse l’oste sorridendo dolcemente alla
bambina.
-Grazie Jois, sei sempre il migliore!- disse Solan
abbracciando l’uomo e facendolo arrossire vistosamente.
-Bene!
ora che è tutto sistemato ti va di prenderti una birra con
me?-
disse Solan girandosi verso Edward, il quale restò sorpreso
da
quella richiesta, ma accettò.
I due passarono ore e ore al
bancone del bar bevendo e ridendo felici. Edward era da tanto, troppo
tempo che non si sentiva così, felice. Stare accanto a
quella donna
lo faceva sentire più leggero, diverso. I due bevvero fino a
tarda
sera improvvisando una gara di bevute infinita, visto che entrambi
reggevano molto bene l’alcool.
Il giorno dopo, alle prime
luci dell’alba Edward si svegliò con un leggero
cerchio alla
testa, ma niente di troppo fastidioso. Immediatamente sentì
un odore
di cannella invadergli le narici, così si guardò
intorno e vide
lei, Solan. La ragazza era tranquillamente addormentata accanto a
lui, su un letto, in una stanza che non sapeva neanche come ci fosse
arrivato. Edward osservò la ragazza e, in quel preciso
istante pensò
che era il momento perfetto per ucciderla e portare a termine la
missione, ma non lo fece. Coprì la schiena scoperta della
donna con
una coperta e si alzò dal letto. Quella donna si era
dimostrata
nobile d’animo difendendo una bambina innocente e poi lo
aveva
fatto sentire di nuovo vivo, aveva un debito con lei e, per questo
non poteva ucciderla.
Solan dopo qualche ora si risvegliò
rigirandosi nel letto per poi alzarsi. Non ricordava assolutamente
niente, neanche come fosse finita in quella stanza, però
ricordava
un ragazzo, dai profondi occhi verdi pieni di sofferenza e una gara
di bevute di cui non ricordava il vincitore. Si guardò
intorno la
donna e vide che la stanza era deserta, quindi decise di scendere
giù
a salutare l’amico oste e poi ripartire con la sua nave. Con
grande
sorpresa ritrovò Edward al bancone del bar è
sorrise
raggiante.
-Ben svegliata!- disse il ragazzo salutandola
Solan gli si accostò e disse –ti va di partire con
me?
Sono un pirata e mi servirebbe proprio un vice capitano!- disse
osservandolo con i suoi intensi occhi ambrati.
-Ci sto!-
rispose Edward senza troppo preamboli. Forse era giunto il momento di
cambiare vita, e Solan era la persona giusta per farlo.
-Benissimo!
Allora in marcia ragazzo!- disse la rossa alzandosi di scatto
sorridendo felice per aver finalmente trovato il suo primo e fidato
componente di ciurma, visto che lui aveva deciso di risparmiarle la
vita, perché in realtà lei lo aveva capito dal
primo sguardo appena
entrata in locanda. –Se vuoi ti posso dare anche la rivincita
per
la gara di ieri!- disse la rossa incamminandosi verso la porta.
-Ma
se ho vinto io!- disse il castano fermandosi di botto.
-No, no
caro, ho vinto io!- ripeté la donna, iniziando
così una discussione
senza fine, che fece sorridere entrambi i nuovi, ed inseparabili,
amici.
Blackmoon, verso l’isola
dei giganti…
Freddo, pioggia e vento forte. Ormai la
Blackmoon era ancorata in quel tratto di mare già da una
settimana,
aspettando che quella maledetta perturbazione passasse. Asako aveva
annunciato che, per la sicurezza dell’equipaggio e della
nave, era
meglio rimanere lì fino che la tempesta non passasse.
L’intero
equipaggio non accolse bene la notizia, ma del resto sapevano che la
loro navigatrice era in gamba e si fidavano delle sue scelte, quindi
di buon grado tutti cercarono di aspettare pazientemente che la
tempesta passasse.
Nella piccola cucina della Balckmoon, il
capitano, seduto con i piedi incrociati sul tavolo e le mani
incrociate dietro la testa, sonnecchiava cullato dalle onde, un
po’
agitate, del mare. Mentre Wolf si riposava, Sara e Mya, appoggiate al
bancone della cucina lo guardavano e parlottavano tra di
loro.
-Certo che il capitano non è niente male…- disse
Sara
bisbigliando. Da quando la castana era salita sulla nave, si era,
stranamente ambientata molto bene. Tutti i componenti della ciurma si
erano resi disponibili con lei, inducendola così ad aprirsi
e
relazionarsi con loro come mai le era successo prima d’ora.
-Sì,
è proprio un bell’uomo, però io
preferisco gli uomini leggermente
più gentili e sensibili- disse Mya alla compagna, mentre
entrambe
continuavano a squadrare ogni particolare del capitano.
-Sono
d’accordo con te! Ma rimane molto affascinante- rise Sara
diventando rossa, non sapeva neanche lei dove avesse trovato tutta
quella scioltezza.
-Ehi ragazze, cosa fate?- disse Asako
appena entrata in cucina con July, la quale portava in mano una pigna
di libri di medicina da studiare.
-July riposati un po’, sei
sempre su questi libri!- la richiamò Sara.
-Devo imparare il
più possibile se un giorno voglio essere il medico
più in gamba
sulla faccia della terra- disse July convinta.
-Sì, ma devi
anche svagarti un po’- controbatté la navigatrice
–su lascia
quei libri sul tavolo e prendiamoci un thé insieme, poi
potrai
studiare quanto vuoi!- sorrise Asako mettendo l’acqua nel
bollitore.
-Ok! Allora di cosa stavate parlando?- chiese July
avvicinandosi a Mya e Sara.
-Di quanto sia sexy Wolf!- disse
Mya senza troppi giri di parole.
-Ma… co-cosa…- balbettò
imbarazzata July le quali gote si colorarono di un rosso acceso, tipo
lampadina.
-Concordo!- si intromise Asako, annuendo convinta
–è molto, molto sexy, peccato che non abbia nessun
interesse per
le donne- commentò la biondina.
-Cosa? Non dirmi che Wolf
è…?- non riuscì a continuare la frase
Sara.
-Ma no! Volevo
solo dire che secondo me ha avuto una grossa delusione o qualcosa del
genere, perché in anni che viaggio con lui non
l’ho mai visto
veramente interessato ad una donna, solo le solite storie di una
notte- disse un po’ più pensierosa Asako.
-Lo credo anche
io…- disse July sempre più rossa, non le piaceva
parlare di quegli
argomenti, con per giunta il diretto interessato a soli pochi metri
da loro.
-Una delusione dici? Chissà chi era la fortunata?-
disse pensierosa Sara.
-Mmm…- dalla bocca del capitano uscì
un mugolio, segno che si stava per svegliare, così le
quattro
ragazze si misero immediatamente a parlare d’altro.
-Il
legno di questa nave è veramente bello!- sbottò
Mya cambiando
velocemente discorso, provocando le risa delle amiche.
Amlach
si alzò dalla sua comoda posizione, strofinandosi gli occhi
ancora
un po’ assonnati. Notò gli occhi delle ragazze
guardarlo di
sfuggita e non riuscì ad accennare un sorrisetto malizioso.
Wolf
aveva sentito parola per parola, ridendo mentalmente per le lusinghe,
ma appena si era toccato il tasto della delusione, aveva deciso di
smettere di “dormire” così da poter
porre fine a quelle
supposizioni che gli riaprivano una vecchia e, ancora troppo
dolorosa, ferita.
-Capitano vuoi un po’ di thé?- chiese
gentilmente July
-No, mi prendo del saké e vado ad
allenarmi!- disse afferrando dal ripostiglio accanto alla cucina, una
bottiglia di liquore e trangugiandone giù una buona
quantità prima
di uscire fuori dalla cucina, nel bel mezzo della tempesta, per
raggiungere la piccola palestra.
-Cavolo dite che ci ha
sentito?- sussurrò Sara.
-Spero di no!- disse il giovane
medico sorseggiando, insieme alle amiche, il caldo thé.
Nel
frattempo nella sala comune, collegata alla cucina, Ashuros e Stun
passavano il tempo giocando a carte, mentre su una poltrona,
nell’angolo della sala, Luna, rannicchiata con le ginocchia
al
petto, giocherellava con lo sbuffo delle sue scarpe, assorta nei suoi
pensieri.
-Non trovi che Luna sia un po’ strana in questi
giorni?- chiese Stun ad Ashuros, mentre tentava, inutilmente, di
vincere la partita.
-Vuoi per caso distrarmi per vincere?-
chiese l’argentato squadrando l’amico con i suoi
profondi occhi
grigio scuro.
-No, dico sul serio, è strana…- disse Stun
osservando la ragazza, stranamente silenziosa.
Ashuros si girò
a sua volta, dando una rapida occhiata alla compagna e, solo in quel
momento notò che nella giovane archeologa c’era
qualcosa che non
andava. Seppur lui non avesse mai approfondito l’amicizia con
nessuna delle ragazze della ciurma, le conosceva bene lo stesso. July
era la timida della situazione, mentre Asako era sempre pronta a
prendere le difese dei suoi amici, anche per semplici scherzi,
scherzi che di solito organizzava Luna, sempre allegra e sorridente.
Però ora quel sorriso non c’era, o almeno era
velato da una
leggera maschera di tristezza mista ad apprensione, manifestata
durante quella interminabile settimana di piogge.
-mi sa che
hai ragione…- disse infine Ashuros, rigirandosi verso
Stun.
-Allora non è solo una mia impressione! Da quando siamo
ancorati qui, il suo bel sorriso si è spento e dire che
prima era al
settimo cielo per la nostra prossima tappa, l’isola dei
giganti-
-Bel sorriso?- lo punzecchiò Ash, approfittando, per
una volta, nel poter mettere in imbarazzo il suo miglior amico.
Le
gote di Stun da blu intenso si colorarono leggermente di un
sottospecie di rosa pallido, facendo così sbellicare dalle
risate
Ashuros.
-Smettila idiota!- si infuriò Stun buttando le carte
a terra, suscitando così le risa ancor più forti
del
compagno.
Luna, dal suo piccolo angolo, si girò verso i due,
vedendoli litigare scherzosamente, ma non riuscì a sorridere
visto
il pensiero fisso che le attanagliava la mente.
La notte dopo aver
raccontato ai suoi compagni il suo passato, Luna iniziò a
pensare
all’isola di Sinif, ai suoi parenti ed amici… ma
subito dopo, una
brutta sensazione si impossessò del suo stomaco,
attorcigliandolo in
una forte morsa. Aveva ormai da una settimana quella sensazione
sgradevole addosso. Sentiva o percepiva, che a Sinif qualcosa andasse
storto. Non sapeva come spiegarlo, quindi non ne aveva parlato con
nessuno dei suoi compagni rimanendo così con questo
sgradevole
dubbio addosso.
La biondina osservò ancora i due compagni
litigare e picchiarsi come due bambini finché ad un certo
punto la
nave ondeggiò fortemente, facendo così spegnere
la luce della
lampada ad olio, riposta sul tavolo.
Tutta la stanza rimase
avvolta nel buio, finché Stun, dopo aver cercato a tentoni
la
lampada, la riaccese.
La luce si accese lentamente, ma Ashuros
continuava ad essere avvolto da una piccola ombra, così si
girò e
si ritrovò praticamente con la faccia a qualche centimetro
dal seno
di Luna.
La ragazza durante l’attimo di buio si era alzata dalla
sua posizione ed aveva deciso che era ora di scoprire se veramente
Sinif era in pericolo, non poteva aspettare che ci arrivassero, no,
doveva scoprirlo subito; quindi l’unico che poteva aiutarla
era
Ashuros.
Nel buio, Luna si era avvicinata al ragazzo steso a
terra dopo la “lotta” con Stun e si era
accovacciata sul
pavimento per chiedergli un favore, ma una volta riaccesa la luce si
era accorta di essere troppo vicino al compagno, diventato paonazzo
dall’imbarazzo.
-Ash devo chiederti un favore!- disse tutto
d’un fiato l’archeologa.
-Sì…ma…ma…- balbettava
catena nera, mentre retrocedeva per riprendere le dovute distanze dal
seno prosperoso della compagna. Era inutile, la troppa vicinanza con
il corpo femminile per lui sarebbe sempre rimasto un grosso problema,
l’imbarazzo si impossessava di lui, non riuscendo a
spiccicare
parola.
-chi è in imbarazzo ora?- rise sguaiatamente Stun,
invidiando però un po’ l’amico.
-Cosa volevi chiedermi?-
chiese Ash a Luna, una volta ripreso il controllo su di se.
-Tu
hai molti amici vero? Informatori intendo!- disse titubante,
Luna.
-Sì, perché?- chiese confuso
l’argentato, mentre
Stun smise di ridere a quella domanda, concentrandosi sulle parole
della compagna.
-Vorrei che tu chiedessi informazioni
sull’isola di Sinif, per favore- disse Luna con aria
angosciata.
Entrambi i ragazzi guardarono la biondina un po’
perplessi, non capendo bene perché, di punto in bianco
volesse
informazioni sull’isola che, appena passata la tempesta,
avrebbero
raggiunto.
-Ok! Mi metto subito a lavoro, vado a fare qualche
telefonata con il lumacofono e ti faccio sapere- disse Ashuros
alzandosi ed uscendo fuori dalla stanza.
-Perché ti servono
informazioni su Sinif?- chiese il gigante blu.
Luna si sedette
al tavolo sospirando –Ho una brutta sensazione riguardo
l’isola,
devo sapere se va tutto bene, non posso più aspettare-
-Vedrai
che Ashuros presto ti dirà che va tutto a gonfie vele e di
non
preoccuparti!- disse Stun poggiando una sua grande e grossa mano
sulla minuta spalla della ragazza.
-Grazie Stun- disse Luna
accennando un sorriso.
-E quello cos’era? Un sorriso? Nah!
Sai fare di meglio biondina, su!- disse Stun cercando di far ridere
la ragazza, non sopportava vederla così giù di
morale, non era da
lei, così si mise a fare delle buffe facce che ottennero il
risultato sperato, Luna scoppiò in una fragorosa risata con
le
lacrime agli occhi.
-Grazie Stun!- disse mentre continuava a
ridere a crepa pelle.
Fuori dalla nave
mentre il vento soffiava forte e la pioggia sbatteva prepotente sul
legno della nave, Ashuros aveva appena intercettato, con non poca
fatica, un suo vecchio amico, Riki.
-Riki mi servono
informazioni su Sinif…-
-Una delle tre isole dei giganti? Si
certo, cosa ti serve sapere?- chiese il ragazzo di poco più
di
sedici anni, che aveva la fama di sapere tutto di tutti.
-Dimmi
tutto quello che sai!- disse Ash, mentre il ciuffo argento gli
sbatteva di qua e di la per colpa del vento.
-Bè amico, non
c’è poi molto da dire! Isola fantastica, gente
fantastica, peccato
che fra qualche giorno o settimana non esisterà
più né l’isola e
né i suoi abitanti!- disse il ragazzo schietto.
-Che diavolo
stai dicendo? Perché?-
-La marina…- disse Riki con voce
distorta
-La marina cosa? Riki? Mi senti?- urlò Ash per
superare il rumore del vento, ma ormai la linea era stata interrotta
e il lumacofono aveva cessato di funzionare, spaventato da un potente
tuono.
-Maledizione!- disse Ashuros sbattendo il lumacofono a
terra. E adesso cos’avrebbe detto all’archeologa?
Come avrebbe
reagito Luna a quella notizia? E cosa centrava la marina con Sinif?
Ashuros guardò il cielo, sperando che quella maledetta
tempesta
passasse presto, dovevano arrivare il prima possibile su Sinif, o
come aveva detto Riki, non ci sarebbe più stata
un’isola dove
attraccare.
ANGOLO AUTRICE:
Ciaoooo
a tutti!!! Scusate l’immenso ritardo di questo capitolo, ma
ho
avuto veramente poco tempo per scrivere e poi si ci è messo
il mio
gatto a mangiarmi il filo del caricabatterie del pc, quindi potete
immaginare il disagio! Comunque spero che il capitolo vi sia
piaciuto, anche se a me non convince molto, questa volta l’ho
dovuto scrivere a round quindi questo è il risultato! :(
Fatemi
sapere cosa ne pensate!
Un bacione kiko90
(prometto che
entro fine mese aggiornerò, se riesco due capitoli :) )
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** capitolo 19 ***
Il
vento sferzava forte contro le vele della “luna
nera” portandola,
velocemente, nonostante la bufera intorno ad essa, al suo obiettivo,
Sinif, l’isola dei giganti.
Avevano deciso di partire
subito, sfidare la tempesta, il vento, la pioggia, pur di arrivare in
tempo su Sinif, sperando di poter evitare quella tragedia annunciata
e di tranquillizzare Luna, diventata ormai il fantasma di se stessa
su quella nave.
L’archeologa infatti, da quando era stata
informata da Ashuros della decisione della marina di distruggere
Sinif, era caduta in uno stato di ansia da cui non riusciva ad
uscire.
Erano partiti ormai da due giorni e, secondo la
navigatrice, mancavano solo poche ore all’isola.
Luna sedeva
sulla testa del lupo nero, la polena della Blackmoon, avvolta da un
giaccone giallo acceso, il quale la rifletteva come un faro nella
notte in quella giornata oscura e nebbiosa.
Osservava l’orizzonte,
o almeno ciò che riusciva a scorgere da esso. Le mani
tremanti, il
labbro inferiore stretto sotto la morsa dei denti e gli occhi umidi,
immersi da lacrime che non riusciva più a versare, visto la
troppo
ansia.
Lentamente Asako si avvicinò a lei, avvolgendola in un
grande e caloroso abbraccio, dandole tutto il suo sostegno ed
appoggio. Sapeva, Asako, cosa stava passando la sua amica. I suoi
parenti, i suoi amici, l’isola da dove proveniva la sua
famiglia
stava per essere ingiustamente distrutta dalla marina, senza un
motivo apparente, senza una spiegazione, e questo le dava sui nervi
perché lì, in quel momento, bloccata su quella
nave, non poteva
fare niente per aiutare il suo popolo; così
l’ansia di sapere se
al suo arrivo ci sarebbe stata ancora un’isola dei giganti,
le
aveva portato via la sua allegria che tutti, sulla nave,
rimpiangevano.
-Tranquilla stiamo quasi per arrivare- sussurrò
Asako all’orecchio della biondina, sentendo i tremiti di
freddo
dell’amica, che però non voleva togliersi da
quella posizione per
avvistare, per prima, Sinif.
-Ok, grazie Asi- disse atona,
Luna, continuando a fissare un punto indefinito davanti a lei.
Asako
sciolse l’abbraccio e con un’espressione pensierosa
si diresse
verso la cucina, mentre piccole gocce di pioggia ricominciavano a
scendere sempre più violente sulla nave, dopo la piccola
tregua che
avevano concesso.
La cucina era avvolta da uno strano
silenzio, non propriamente tipico degli abitanti di quella nave, di
solito sempre casinisti, ma senza l’allegria contagiosa della
loro
capo banda, nessuno riusciva più a scherzare, visto anche la
situazione in cui si trovavano.
Asako percorse il piccolo
corridoio della sala da pranzo, fermandosi improvvisamente ad
osservare ogni componente della ciurma.
Sara si era raggomitolata
su una poltroncina fissando il soffitto, mentre sovrappensiero
giocherellava con le ciocche viola dei suoi lunghi capelli castani.
Accanto a lei, Mya osservava July leggere un grosso tomo di medicina,
completamente immersa nella lettura. Come suo solito Amlach
schiacciava un pisolino con le gambe incrociate e le mani unite
dietro la testa, però restando con i sensi vigili e pronti
ad agire,
mentre Ashuros, davanti ai fornelli, preparava una cioccolata calda
con piccoli pezzettini di marshmellow, con l’intenzione di
riscaldare i suoi amici.
Asako fermò i suoi penetranti occhi blu
sulla figura mastodontica di Stun. Il ragazzo era seduto a cavalcioni
su una sedia ed osservava qualcosa, o meglio dire qualcuno, fuori
attraverso l’oblò della cucina.
L’espressione del nakama era
triste, forse la più triste di tutti. Quando Luna aveva
ricevuto da
Ashuros la brutta notizia riguardante Sinif, aveva smesso di avere
contatti con tutto l’equipaggio, rifugiandosi sulla polena
senza
dire una parola, e a Stun questo faceva molto male. Asako aveva
compreso ormai da tempo quale legame accomunava i due compagni, ma
anche le loro difficoltà nell’ammetterlo ed
accettarlo, ognuno per
i suoi motivi. Per Stun, abituato ad essere sempre stuzzicato
dall’archeologa, tramite i suoi scherzi e le sue battute,
quella
era una vera tortura, si sentiva come abbandonato, soprattutto
perché
lei non aveva fatto nessuna eccezione escludendo per giorni i suoi
amici, aveva infatti escluso soprattutto lui dalla sua vita,
l’unico
in grado di ridarle il sorriso con una semplice battuta.
-Ehi
ragazzi! Ma cosa sono quelle facce? Su, dai non è mica morto
qualcuno!- Disse improvvisamente la navigatrice, stanca di tutto quel
silenzio a cui non era abituata
-Luna ha bisogno di noi, e di
certo con queste facce tristi non la stiamo aiutando!-
continuò
portando le mani ai fianchi osservando, seria, uno ad uno i suoi
amici.
-Sì, Asi ha ragione, dobbiamo fare qualcosa!-
l’affiancò Sara, alzandosi di scatto dalla sedia.
Anche se era
l’ultima arrivata nella ciurma, si sentiva in dovere di
aiutare
Luna, che con lei era sempre stata molto gentile.
-Ma cosa
possiamo fare? La nave sta andando già a tutta
velocità grazie al
vento a nostro favore- disse saggiamente Mya.
-Sì, questo è
vero, ma potremmo cercare di distrarre Luna, o almeno farla entrare,
se sta lì fuori ancora un po’ si
prenderà un malanno- disse la
bionda navigatrice.
-E' inutile, non verrà mai dentro, non
vuole la nostra compagnia- disse Stun con tono triste e freddo,
ripensando ad un momento preciso di qualche giorno prima, quando
aveva cercato di far compagnia alla sua amica archeologa e lei lo
aveva, per la prima volta, respinto in malo modo.
-Stun, non
devi prendertela, Luna è preoccupata, non ce l’ha
con nessuno di
noi. Vedrai che appena approderemo su Sinif tornerà la Luna
ficcanaso di sempre- disse Ashuros dando una pacca sulla spalla del
compagno.
Mentre i nakama parlavano di come distrarre Luna
prima dell’arrivo su Sinif, Amlach si alzò,
uscendo dalla cucina
con le mani in tasca e il suo solito sguardo impassibile.
-Ma
dove sta andando?- chiese July confusa
-Va a parlare con Luna-
disse Mya sorridendo pacata. Lei aveva ascoltato i pensieri del
capitano grazie al suo potere, e quindi sapeva ciò che Wolf
voleva
dire all’archeologa, e sapeva anche che avrebbe dato una
scossa al
comportamento di essa.
Il vento, unito alla sottile ma
gelata pioggia, arrivava contro il viso del capitano come una vera
è
propria frustata gelida, ma Wolf continuava come se niente fosse la
sua avanzata verso la polena.
La nebbia era svanita, portata
via probabilmente dal vento; almeno c’era un evento
atmosferico
fastidioso in meno, pensò Wolf.
Il pirata arrivò senza far
rumore, dietro la sua nakama, stretta in quel troppo leggero
cappotto.
-Luna!- la chiamò con tono duro.
Wolf vide
la ragazza tremare a quel richiamo, ma non si girò.
-Luna,
girati!- disse severo.
La biondina si girò verso l’uomo, la
faccia, come tutto il resto, era completamente zuppa, gli occhi
arrossati dal vento e dalle lacrime, mentre il suo incarnato era
bianco, bianco come le lenzuola appena lavate.
-Devi smetterla
di comportarti così!- l’ammonì
–i tuoi compagni sono
preoccupati per te, non si danno pace sapendo che tu sei qui al
freddo, sotto l’acqua e, soprattutto, non accettano che non
vuoi
nessuno di loro al tuo fianco per aiutarti, per sfogarti! Noi siamo
nakama, ricordatelo! Se sta male uno di noi, stiamo male tutti!-
disse il capitano senza urlare, non ce ne era bisogno, il suo tono
sempre duro e, apparentemente distaccato, bastava per intensificare
il messaggio.
Luna tremò ancora udendo quelle parole. Ora
sentiva non solo un gran freddo, l’ansia e la preoccupazione,
ma
anche i sensi di colpa per come si era comportata con i suoi
compagni, escludendoli dal suo dolore, trattandoli a pesci in faccia
senza volerlo veramente, come aveva fatto con Stun qualche giorno
prima. L’archeologa, sentì una morsa al cuore e la
gola stretta
dal senso di colpa, non aveva mai pensato che i suoi compagni
potessero soffrire per lei, ma questo ora che ci pensava era logico,
loro erano una famiglia e, come aveva detto il capitano, se uno di
loro stava male, stavano male tutti.
-Mi…mi dispiace, non
volevo farvi preoccupare- disse singhiozzando appena, Luna.
Wolf,
non era duro come voleva apparire. Anche lui era preoccupato per
quella testina bionda, ma non lo avrebbe mai ammesso, però
ora
vederla in quel modo, bagnata come un pulcino fradicio, gli provocava
una strana sensazione, pietà.
-Dai entra in cucina e vai a
riscaldarti, Ash ha preparato una cioccolata calda…- disse
con tono
più caldo.
-Grazie capitano!- disse Luna saltando al collo di
Wolf ed abbracciandolo forte. Era il suo modo per fargli capire
quanto quelle parole le erano servite più di tutti gli
abbracci e le
parole dolci che aveva ricevuto in quei giorni.
-Ehi! Staccati
Luna!- disse totalmente a disagio il capitano, mentre la biondina si
staccava da lui e tornava, anche se debolmente, a sorridere, correndo
verso la cucina dove i suoi amici la aspettavano a braccia
aperte.
Amlach ora era solo sulla testa del suo lupo nero ed
osservava l’orizzonte che man mano stava prendendo forma allo
schiarire dei nuvoloni neri che, pian piano, si stavano dissolvendo
grazie alle forti correnti ventose.
Improvvisamente, mentre il
sole nascosto dietro quei nuvoloni per giorni, riemergeva rosso e
potente riscaldando l’atmosfera, Amlach ricordò
una vecchia
scena...
-No Wolf ti prego, non lasciarmi!- urlava disperata
una ragazza, con gli occhi immersi di lacrime, sulla banchina del
porto, mentre osservava Wolf salire iracondo e ferito, su una piccola
imbarcazione che non era neanche sua.
-Smettila, non voglio
più sentire le tue bugie! Torna da lui, tra noi è
finita!- gli urlò
contro Wolf, sanguinante, ma ferito ancor più gravemente nel
cuore,
dalla persona che amava più al mondo, che ora lo stava
supplicando
di restare, ma era inutile restare se lei lo aveva tradito con il suo
peggior nemico, infrangendo i loro sogni.
-Ti prego Wolf! Non
farlo! Ti prego! Mi avevano detto che eri morto!- urlò con
tutto il
suo fiato la giovane donna dai corti capelli rossi, mentre ormai la
barca dove si era imbarcato Wolf era già partita, portandole
via il
suo amore e i loro sogni…
Wolf si riscosse da
quell’improvviso e, doloroso, ricordo. Non sapeva cosa
l’avesse
scatenato, forse il rosso colore del fuoco, così simile a
quei
capelli che aveva accarezzato, annusato e baciato mille volte, ma che
gli erano anche stati portati via nel più meschino dei modi.
Scosse
la testa, girandosi e dando le spalle al sole, per non ripensare
più
a quel giorno di ormai cinque anni prima, e ritornando a passo
trascinato, come suo solito, dai suoi compagni dai quali ora si
udivano le risate di gioia per il ritorno, tra loro, di
Luna.
Qualche ora dopo, mentre ormai il sole del
mezzogiorno splendeva alto nel cielo, senza neanche una nuvola a
fargli compagnia, July avvistò qualcosa
all’orizzonte.
-ISOLA
A ORE 12!- urlò July per farsi udire da tutti i compagni.
Luna
si catapultò come un uragano verso il castello di poppa dove
si
trovava il medico e le sottrasse il cannocchiale per osservare con i
suoi occhi i contorni dell’isola.
-Sinif!- sussurrò felice
l’archeologa, mentre una morsa di ansia iniziò di
nuovo ad
attanagliale lo stomaco, ma ora sapeva che bastava stare insieme ai
suoi amici per scacciarla via.
-Bene! July alza il vento a
nostro favore così arriveremo prima!- comandò
Asako al timone
–mentre voi ragazzi preparatevi all’attracco-.
-Sei
contenta che siamo quasi arrivati a Sinif?- disse Stun emergendo alle
spalle di Luna, che si girò verso di lui regalandogli, dopo
tanto,
un caloroso sorriso.
-Sì, molto!- disse Luna, con gli occhi
pieni di gioia, non vedeva l’ora di riabbracciare i suoi
cari, e
soprattutto una persona.
-Bene, almeno non ti sentiremo più
frignare!- disse l’uomo blu scherzosamente, sfregando i
capelli
biondi della ragazza in una rude e scherzosa carezza.
-Stun i
capelli!- gridacchiò la ragazza per poi tornare
improvvisamente
seria.
-Che c’è?- chiese Thunder preoccupato.
La
biondina tutto pepe si avvicinò alla guancia del ragazzo,
alzandosi
sulle punte dei piedi per raggiungere il suo obiettivo, appoggiando i
palmi delle mani sul torace muscoloso del ragazzo per poi baciarlo
accanto alla bocca, sulla guancia, teneramente.
-Grazie di
tutto Stun, e scusami per il mio comportamento di questi giorni!- gli
disse l’archeologa staccandosi da lui, sorridendogli e
lasciandolo
senza parole, ma con mille pensieri, mentre lei correva verso Ashuros
per aiutarlo a calare l’ancora.
-Eccoci finalmente!!- esultò
Luna, saltellando finalmente sulla terra natale di suo padre.
Sinif
era proprio come lei la ricordava: Immensa e piena di prati verdi,
con uccelli dai mille colori e suoni che regalavano spettacoli
formidabili nello splendido cielo. Era tutto così bello,
troppo
bello, pensò Luna.
-Ehi Ash, ma qui non sembra esserci una
guerra!- disse Luna, prima che un forte boato fece tremare la terra e
fuggire gli uccelli che gracchiarono impauriti.
-Io credo che
invece la guerra ci sia eccome!- disse Sara massaggiandosi il
fondoschiena leso dalla caduta che aveva appena fatto.
-Andiamo
a scoprirlo- disse Wolf incamminandosi nell’immenso prato che
foderava l’isola.
Tutti i pirati seguirono il capitano, dopo
aver nascosto per bene la nave in una grotta marina, ed averla
ancorata con cura.
Appena superarono una grande collina, i
pirati notarono delle immense nuvole di fumo provenire dal centro
dell’isola, accompagnate dall’inconfondibile luce
arancione delle
fiamme alte che, violente e spietate, bruciavano ogni cosa.
-Oh
nooo!- disse Luna portandosi le mani davanti la bocca per
l’orrore
che stavano vedendo i suoi occhi.
-Ehi, voi laggiù!- urlò
una voce da dietro un albero.
In pochi secondi, i pirati
vennero circondati da una schiera di giganti armati e qualche umano
anch’esso armato fino al collo.
La ciurma di pirati si mise
subito sulla difensiva, pronti a combattere, ma Luna li
fermò.
-No,
amici aspettate, loro non sono nostri nemici!- disse ai suoi
compagni, per poi girarsi verso i giganti e dire –Sono Jaguar
D.
Luna, la figlia di Jaguar D. Sauro, sono una di voi e loro sono i
miei amici, non vogliamo farvi del male-
-Luna? Luna sei tu?-
disse sorpreso un ragazzo emergendo da dietro due grossi ed imponenti
giganti, avanzando verso l’archeologa.
-Finn!!- urlò Luna
correndo ad abbracciare il ragazzo che aprì le braccia per
accoglierla ed abbracciarla forte.
-Come mi sei mancata!!-
disse il ragazzo, baciandole i capelli biondi.
-Anche tu! Ero
così preoccupata per te in questi giorni!- disse Luna
stringendolo
ancor più forte, mentre Stun, dall’altra parte
osservava la scena,
sentendo una strana fitta al cuore, nel sentire che la sua amica era
stata tutto quel tempo in pena per quel ragazzo e non per il suo
popolo. Chi era quel tipo? E cosa significava per
Luna?
Intanto sulla
Liberty…
Il sole, lentamente, stava sorgendo dal blu intenso
del mare, illuminando tutto ciò che aveva intorno con i suoi
caldi e
luminosi raggi; rischiarando il cammino alle navi che viaggiavano
sull’amico oceano. Tra di esse, vi era la Liberty, dove al
suo
interno, la maggior parte della ciurma stava ancora riposando
serenamente nei loro alloggi.
Una preoccupata navigatrice però
era già sveglia da ore e, dopo aver fatto visita
all’amico in
coma, si stava apprestando ad andare a controllare la rotta.
Yuki,
salì i primi gradini che portavano al ponte ed
iniziò ad udire
degli inconsueti suoni. Di solito a quell’ora nessuno dei
suoi
nakama era sveglio, quindi la cosa l’allarmò non
poco.
Con
calma, e senza far rumore, aprì la porta che collegava la
zona notte
con il ponte. Si guardò intorno circospetta, ma sembrava che
non ci
fosse nessuno, eppure quei suoni, di lame che si scontravano erano
sempre presenti.
Yuki, impugnando una scopa, lasciata sul ponte il
giorno prima durante le pulizie, si avviò verso quel rumore,
che
sembrava provenire nei pressi dell’albero maestro.
Man mano che
si avvicinava il rumore si faceva sempre più intenso, segno
che
stava raggiungendo l’obiettivo. Ad un certo punto
però la
navigatrice si fermò, osservando la vecchia scopa che aveva
in
mano.
-Ma chi voglio prendere in giro, neanche un pesce si
spaventerebbe di questa scopa!- disse sottovoce prima di sbucare
davanti l’albero maestro e quindi davanti al nemico.
Yuki
posò accanto alla parete, la scopa, e preso un lungo respiro
si
presentò davanti l’albero maestro, fermando
così il suono che
l’aveva allarmata.
-Yuki sei tu?- chiese Shin, smettendo di
affilare i coltelli della cucina.
-Shin ma che ci fai sveglio
a quest’ora? Mi hai fatto prendere un colpo, pensavo che
qualcuno
fosse salito sulla nave?- disse Yuki riprendendo a respirare
regolarmente.
-Stavo affilando i coltelli, visto che non
riuscivo a dormire- disse il ragazzo passandosi una mano tra i corti
capelli neri.
-Ah, capisco- disse Yuki sedendosi accanto al
compagno –cos’è che non ti fa dormire?-
gli chiese.
-Bè…
in realtà non so se hai notato lo strano comportamento di
Lilian in
questi giorni, cerca di evitarmi in ogni modo- disse ritornando ad
affilare i coltelli.
-Eccome se l’ho notato, sta evitando
anche me, e non so il perché!- disse abbassando la testa,
dispiaciuta per quella situazione, visto che con Lilian si era sempre
trovata benissimo e la considerava come una sorella.
-Sta
evitando anche te?- chiese Shin girandosi verso l’ombra che
sapeva
essere Yuki, riconoscendo ormai le sue proporzioni e il suo
odore.
-Sì, ed è molto strano…- disse Yuki
alzando il viso
ed incrociando gli occhi azzurro-bianco del cuoco.
In quel
preciso istante, mentre i due si guardavano negli occhi, chi
più chi
meno, per cercare di capire perché Lilian ce
l’avesse con loro, il
medico fece la sua comparsa sul ponte, diretta alla cucina per uno
spuntino mattutino, visto che la sera prima non aveva mangiato un
granché.
Appena Lily passò davanti l’albero maestro e vide
i
due compagni, vicini che si scambiavano occhiate complici,
andò su
tutte le furie scaraventando la scopa, che prese accanto alla
parente, contro i due, colpendo Yuki sull’arcata
sopracciliare.
Lily si accorse subito di aver reagito troppo
bruscamente. Era stata accecata dalla gelosia e, la rabbia aveva
agito, colpendo una sua nakama e ferendola. Lilian si
avvicinò
subito a Yuki che si teneva stretto il sopracciglio sanguinante,
mentre Shin cercava qualcosa per tamponare il sangue.
-Yuki…mi
dispiace…- disse Lily porgendo la mano vicino al
sopracciglio, per
visitarlo, ma Yuki si ritrasse.
-Ma che ti è saltato in
mente?- disse Shin arrabbiato per il gesto senza senso della
ragazza.
A quelle parole Lilian si sentì sprofondare. Si
sentiva terribilmente in colpa per ciò che aveva fatto a
Yuki, ma
allo stesso tempo continuava ad essere arrabbiata. Perché
Yuki
doveva sempre stare vicina a Shin? Perché lui cercava Yuki e
non
lei? Perché i due sembravano andare così
d’accordo, mentre a lei
non veniva rivolta neanche una piccola attenzione da parte del
cuoco?
Tutte quelle domande le affollavano la testa, mentre si
allontanava dai due per rifugiarsi in cucina, sotto lo sguardo
dispiaciuto di Yuki, che era ancor più confusa per il
comportamento
dell’amica.
La colazione quella mattina, fu avvolta
dal silenzio più assoluto ed una tensione così
palpabile che si
poteva tagliare con un coltello.
Sia Ryuu che Diana si erano
interrogati su come Yuki si fosse procurata quel taglio al
sopracciglio, ma nessuno osò chiedere spiegazioni, visto
l’aria
ostile che si respirava.
Shin era arrabbiato con Lily per il suo
comportamento, mentre Lily, seppur dispiaciuta per quello che aveva
fatto, era ancor più imbufalita per le attenzioni doppie che
ora
Shin riservava a Yuki, la quale adesso aveva intuito il rancore che
riservava il medico verso di lei e Shin, ma non sapeva come chiarire
la situazione.
A fine colazione, Ryuu uscì per primo dalla
cucina, non sopportando più, anche lui, tutte le premure di
Shin nei
confronti di Yuki, quindi decise che era meglio andarsi ad allenare
un po’ per sfogare l’istinto omicida verso il
compagno. Lilian lo
seguì a ruota, preferendo sistemare l’infermeria
piuttosto che
continuare ad assistere a quello spettacolo.
Dopo qualche minuto,
mentre Diana si sentiva la terza in comodo, entrò Solan.
La donna
aveva i lunghi capelli rossi, raccolti in una coda disfatta, evidenti
occhiaie violacee evidenziavano il suo incarnato bianco pallido, che
non era per niente il suo tipico colore.
-Sol! Vuoi un po’
di caffè?- chiese gentilmente Yuki, felice di incrociare il
capitano
dopo settimane.
-No- disse scontrosa la donna, che afferrò
una bottiglia di liquore dalla credenza e si sedette al tavolo
assaporando con lunghi sorsi la bevanda alcolica.
-Ma Sol, non
puoi bere alcool di prima mattina! Il tuo organismo è
già
compromesso dall’agalmatolite che ti è stata
iniettata su
Stargazer, continuando così ti ucciderai!- la
rimproverò la
navigatrice.
-Fatti i cavoli tuoi! E poi forse è quel che
merito, la morte- disse la donna sbattendo la bottiglia sul
tavolo.
Yuki a quelle parole non seppe cosa rispondere. La
loro ciurma, sempre unita, allegra come una vera famiglia, ora pian
piano si stava disfacendo nel peggiore dei modi.
Con le lacrime
che gli riempivano gli occhi, Yuki uscì dalla cucina,
pregando che
al più presto quella brutta situazione sarebbe passata,
riportando
la pace e la serenità sulla loro nave.
Finito di scolarsi la
bottiglia di liquore, mentre lo stomaco le bruciava enormemente,
Solan, barcollando, uscì dalla cucina dirigendosi nel suo
studio.
Entrò nel suo studio e lo trovò incasinato
più che
mai. Non ricordava neanche quando aveva gettato tutto a terra, colta
da un moto d’ira, ma non le importava più di
tanto. Scavalcò con
poca agilità, inciampando nella sua stessa roba
più volte, finché
non arrivò alla scrivania e si sedette.
Evitò di guardarsi nel
piccolo specchio sopra la scrivania, tanto sapeva che quello che
avrebbe visto non le sarebbe piaciuto.
Prese in mano un foglio ed
una matita, iniziando così a scrivere sul suo diario.
Un
altro cavolo di giorno è iniziato. Che schifo.
Sulla nave non
fanno altro che ripetermi che mi sto facendo del male, che
così
rischio di morire, e io dentro di me, prego perché questo
avvenga
veramente. Siamo sinceri, non merito di vivere. Nella mia schifo di
esistenza ho soltanto portato dolore alla gente che mi stava accanto,
sin da bambina, e adesso, ecco l’ennesima vittima, Edward.
Un
leggero bussare alla porta interruppe Solan dalla sua biografia,
facendola irritare ancor di più.
-Chi cavolo è adesso?- urlò
verso la porta.
-Sono io, Diana- disse la ragazza entrando con
strafottenza nella stanza, per poi buttarsi comodamente sul letto
della rossa.
-Che vuoi, Diana?- chiese Solan girandosi
iraconda verso la vedetta.
- Ti stai comportando da vera
cogliona!- sbottò Diana, facendo scattare una vena omicida
sulla
tempia della rossa.
-Che cos’hai appena detto?- chiese con
tono freddo ed infuriato, Solan.
-Che sei una cogliona! Stai
mandando tutto a rotoli, la tua salute, il tuo sogno, la tua ciurma,
per quale motivo? Per Edward? Perché lui è in
coma? Idiozie! Questa
è solo una scusa per commiserarti, per lasciarti andare e
non
affrontare la vita vera! Ma così non stai facendo male solo
a te
stessa, ma a tutta la ciurma che sta andando a rotoli! Sono sicura
che Edward non vorrebbe questo!- disse Diana incrociando le gambe per
stare più comoda sul letto.
-Ma come ti permetti! Io faccio
quello che voglio della mia vita! E poi la ciurma non sta andando a
rotoli!- disse alzandosi dalla sedia, Solan, per pararsi davanti alla
sua sottoposta.
-Ne sei sicura? Come fai a dirlo visto che sei
sempre chiusa qui dentro o sbronza? Ti sei accorta del sopracciglio
tagliato di Yuki? Dell’ostilità di Lily?- chiese
poco pacata
Diana, sistemandosi i leggeri occhiali a forma ovale.
Solan a
quelle domande rimase zitta, d'altronde cosa poteva risponderle,
aveva perfettamente ragione, Diana. Era chiusa nel suo studio ormai
da settimane e non sapeva niente della vita fuori da esso, e
soprattutto delle ostilità tra la ciurma. Aveva sempre
sognato una
ciurma unita, fatta da persone che si vogliono bene, che si
rispettano a vicenda, proteggendosi nei momenti di pericolo; ed era
stato così fino a poco tempo fa, ma ora sembrava che stesse
andando
tutto a rotoli.
-Non che a me interessi qualcosa, ma Lilian
sente una forte gelosia nei confronti di Yuki. Pensa che Shin si sia
invaghito della navigatrice, mentre sappiamo tutti che non è
così,
che quei due sono solo amici che hanno in comune la passione per la
cucina. Eppure Lilian la pensa così. Bè, forse
anche per colpa di
qualcosa che ho detto, ma questo non centra.- disse la mora
giocherellando con la coda di cavallo.
-Ma Lily e Yuki sono
sempre state molto unite!- disse Solan, incredula.
-Se non mi
credi guarda tu stessa. Lilian cerca in tutti i modi di evitare quei
due, e quando non ci riesce…bè le cose si
complicano come questa
mattina, quando Lily ha colpito Yuki con una scopa, ferendola!
È
questo che vuoi, Solan? Perché se è questo,
è meglio che alla
prossima isola ci separiamo tutti- disse schietta la castana,
guardando fiera il capitano negli occhi.
-No, non è questo
che voglio…- disse la rossa abbassando la testa.
-Fiuuu…-
tirò un sospiro di sollievo la vedetta – bene,
allora fatti una
doccia e torna ad essere il nostro capitano! Hanno bisogno di te!-
disse aprendo la porta, in procinto di uscire.
-Diana,
grazie!- disse Solan sorridendo appena alla nakama.
La
rossa, appena Diana richiuse la porta dietro di se, si buttò
a terra
tra le sue scartoffie, e pianse, buttando via tutto il dolore, la
rabbia e il menefreghismo che le avevano attanagliato mente e corpo
in quelle settimane.
Dopo un po’, quando si sentì pronta, si
guardò allo specchio, non riconoscendo la persona che veniva
riflessa in esso. Nello specchio si vedeva una ragazza distrutta
dentro e fuori, la quale aveva perso tutta la sua grinta e voglia di
affrontare la vita e raggiungere i suoi obiettivi. Odiava quella
ragazza, non voleva essere così, quindi, decise di ascoltare
il
consiglio della sua nakama, quella ragazza che con i suoi modi
burberi, infondo teneva tantissimo a tutti i componenti della ciurma,
anche se non voleva dimostrarlo.
Dopo aver fatto un lungo
bagno ed essersi vestita in modo decente, finalmente decise che era
ora di uscire da quel suo rifugio, ma prima sistemò il caos
che
aleggiava in quella stanza.
Una volta fuori dalla porta, decise
che se voleva tornare ad essere un bravo capitano, meritevole della
fiducia dei suoi uomini, doveva prima far visita ad uno di loro,
Edward.
Entrò con titubanza e paura nella camera del suo vice
che conosceva molto bene, visto che ci aveva passato molto tempo.
La
stanza era avvolta dalla luce che penetrava dalla piccola finestra
con tendine bianche. Solan osservò quelle tendine, di certo
non era
opera di Edward, visto che il suo vice non amava questi fronzoli,
come li chiamava lui, quindi quella era sicuramente opera della dolce
Yuki, che voleva portare un po’ di armonia in quella stanza
così
spoglia e minimalista.
Solan si avvicinò al letto, sedendosi poi
su di esso, in un angolo.
Era così dura per lei vedere il suo
amico lì, immobile, senza dire una parola; non che Edward da
sveglio
fosse di tante parole, fra lui e Ryuu si poteva aprire una gara su
chi pronunciava meno parole in tutto l’arco della giornate,
eppure
per lei era così anomalo vederlo lì, con gli
occhi chiusi,
apparentemente incosciente.
Accarezzò il viso del vice,
sapendo che lui non amava quel tipo di smancerie, e cercò le
parole
giuste per scusarsi con lui.
-Edward, ciao. Sì, se te lo stai
chiedendo finalmente mi sono decisa a venire a trovarti. Lo sai che
per me non è stato per niente facile. Mi sento in colpa, Ed.
E’
tutta colpa mia se ora tu sei qui e se la ciurma sta andando a
rotoli. Mi dispiace, mi dispiace tanto. Sai a volte ripenso a quando
ci siamo incontrati in quella taverna. Appena ero entrata lì
dentro,
ho percepito la tua solitudine, la tua rabbia e il tuo dolore e non
ho resistito, dovevo aiutarti, anche sapendo chi eri e qual era il
tuo compito. Poi tu mi hai affiancato per difendere quella bambina ed
è stato in quel momento che ho capito che finalmente avevo
trovato
il mio primo componente della ciurma, il mio braccio destro.- disse
Sol, tirando su col naso. – Ne abbiamo passate tante, e
ancora ne
dobbiamo fare di cose. Me lo hai promesso, ricordi? Mi avresti
seguita ovunque! Ti prego Ed svegliati! Non puoi lasciarmi
così.-
disse Solan spostando il suo sguardo fuori dalla finestra, sul mare,
per non abbandonarsi alla tristezza.
La donna restò in quella
stanza per tutto il giorno, con gran sorpresa di tutta la ciurma,
tranne che per Diana. Parlò a lungo con Edward,
addormentandosi poi
con la testa sul letto del compagno.
Il giorno dopo,
quando il sole ancora non era sorto, Solan sentì dei piccoli
movimenti provenire dal letto su cui era poggiata, così si
svegliò
alzando il viso dal materasso e cercando di mettere a fuoco.
-Ciao-
disse una voce leggermente roca, mentre due occhi verdi la
osservavano curiosi.
A Solan venne quasi un colpo, quando vide
Edward guardarla con i suoi occhi verdi come le foglie di quercia in
estate. Il suo cuore galoppò per la felicità,
saltando sulla sedia
dalla contentezza.
-Ed! Ti sei svegliato!!- disse raggiante,
sorridendo dopo settimane.
-Scusa, ma…tu chi sei?- disse
improvvisamente Edward, troncando la felicità della donna
che rimase
a bocca aperta, non sapendo cosa rispondere.
Nel
frattempo sulla postazione di vedetta, Diana con il suo cannocchiale,
mise a fuoco i contorni di una nuova isola ed urlò
–TERRAAAA!-
ANGOLO
DELLA RITARDATARIA AUTRICE:
Ciaoooooooo miei carissimi
lettoriiiiiii!
Chiedo perdono per questo immenso ritardo!
Scusatemi veramente tanto, ma avevo altre long in sospeso che non
aggiornavo da un po’, quindi ho dovuto prima scrivere i cap
delle
altre storie, ma adesso eccomi quiiiiiii!
Allora che ne pensate di
questo catastrofico/supernoioso cap?
Luna, la carissima Luna,
sembra aver ritrovato il sorriso, e non solo, anche un misterioso
ragazzo a cui è molto legata, Finn! Chi sarà? E
cosa succederà ora
che sono arrivati su Sinif?
Sulla liberty invece c’è una vera e
propria guerra! =0
Lilian che prende Yuki a suon di scope, mentre
Diana fa tornare la ragione alla cara Solan, finalmente! Nel
frattempo Edward si è svegliato e sono quasi arrivati su una
nuova
isola! Bè, ne son successe di cosucce! ;)
Comunque spero
veramente che il cap vi sia piaciuto, e spero di leggere le vostre
fantastiche recensioni che, non smetterò mai di dirvelo, LE
ADOROOOOOO!!!
Cmq prima di lasciarvi volevo comunicarvi alcune
cose:
1 Ho deciso di aprire una specie di gioco sulle coppie di
questa fic, visto che molti di voi hanno già qualche
preferenza e
che io ho in mente di aggiungere qualche altra coppietta. Per adesso
le coppie che mi avete segnalato sono: StunxLuna (chiamata anche
STUNA o STLUNA, decidete voi il nome che più vi piace o
inventatene
altri che metterò al voto), poi c’è la
RyuuxYuki (sono aperte le
proposte per un nomignolo tutto loro), la ShinxLily, ShinxYuki,
WolfxSara, EdxSol. Queste sono per ora le coppie che nelle varie rec
mi avete segnalato, ma ovviamente sono aperte nuove proposte :) non
è
detto che siano queste le coppie decisive!! Potrei sorprendervi!
;)
Quindi chiunque voglia dire la sua lo faccia pure! Il gioco ha
inizio!!!
2 Sto pensando di aprire una pagina facebook dove
potete contattarmi, per sapere in tempo reale come procede lo
svolgimento del cap, shippare le vostre coppie preferite, parlare del
più e del meno o altro. Cosa ne pensate?
3 ok questo angolo
autrice sta diventando più lungo di tutto il cap O.o
comunque questa
giuro è l’ultima cosa. Sto pensando di aprire, tra
un po’, le
iscrizioni per due nuovi OC maschi, da inserire nelle varie ciurme,
spero che siate d’accordo, ancora non è deciso!
Comunque
ora ho davvero finito di scrivere questo immenso angolo. Se siete
sopravvissuti alla noia di questo cap/angolo, vi aspetto al prossimo
episodio!!!
Un bacione la vostra pazza autrice Kiko90
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** capitolo 20 ***
-Scusa
ma tu chi sei?- disse Edward osservando la ragazza dai lunghi capelli
rossi, in piedi davanti a lui.
-Come…- disse confusa Solan,
osservando l’amico che la guardava come se fosse un alieno.
–Ed
sono io, Sol! Oh no, non puoi aver perso la memoria!- disse la rossa
mettendosi le mani nei capelli e voltandosi, iniziando a camminare
avanti e indietro per la piccola stanza, farfugliando parole che il
ragazzo non riusciva neanche a comprendere.
-No, non è possibile,
come hai potuto perdere la memoria! Adesso come farai? E se tu non
volessi più essere un pirata? Oddio!! Tutti i nostri
progetti, i
nostri sogni, ora sono infranti…- continuava a blaterare la
rossa,
parlando più con se stessa che con il vice.
Era durata solo pochi
secondi la sua felicità. Vedere Edward di nuovo con gli
occhi
aperti, lì che la osservava, era stato bellissimo, quasi un
sogno;
ma il sogno ora si era trasformato in un incubo scoprendo che
l’amico
non la riconosceva neanche.
Il sole iniziò a fare capolino dalla
piccola finestrella della stanza da letto del vice, illuminando
debolmente la stanza e le lacrime che silenziose scendevano dal volto
del capitano.
Una mano, grande e forte si posò con estrema
delicatezza sulla spalla nuda della rossa, arrestando per un breve
istante le lacrime fin troppo amare.
-Non piangere Sol…-
disse Edward girando, con una piccola pressione della mano, il corpo
della ragazza verso di lui.
-No, tu non puoi capire cosa
significhi tutto questo per me! Ho passato settimane terribili,
affogando nei sensi di colpa per quello che ti era successo, ed ora
tu…- singhiozzò – tu non ricordi chi
sono, chi sei! Con chi mi
sfogherò io adesso? Chi mi proteggerà dalle mie
stesse pazzie? Chi
straccerò nelle gare di bevute??-
-Aspetta un attimo, tu non
mi hai mai stracciato, ho sempre vinto io!- protestò il vice.
-Non
è assolutamente vero! Già dalla prima volta che
ci siamo conosciuti
ti ho stracciato!- mentì la donna, asciugandosi le lacrime,
che
ormai avevano cessato il loro cammino.
-Non è affatto vero,
quella volta sei caduta come una pera cotta e ti sei addormentata sul
letto, almeno credo…- ribadì il castano.
-Aspetta un
attimo!- disse improvvisamente la rossa, mettendosi le mani sui
fianchi–Come fai a ricordare queste cose se hai perso la
memoria?-
disse fulminando con lo sguardo il suo interlocutore.
Edward,
per niente intimorito, ghignò strafottente e disse
–Bhe, semplice,
era tutto uno scherzo!-
-UNO SCHERZO??- urlò la rossa
impugnando i suoi fidati pugnali per poter sgozzare il
compagno.
Edward con una veloce mossa, disarmò la compagna,
sapendo che mai l’avrebbe colpito, se no, non sarebbe stato
così
semplice disarmarla.
La ragazza si ritrovò tra le braccia del
compagno, con il viso sul suo petto ancora coperto di bende.
-Non
farlo più!- disse Edward con tono serio, mentre stringeva a
sé la
rossa.
-Fare cosa?- chiese confusa il capitano
-Non
trascurarti più, non trascurare più la ciurma per
colpa mia! Se un
giorno io non dovrei sopravvivere, tu dovrai andare avanti! Il tuo
sogno Sol, e quello dei nostri compagni, sono più importanti
di me,
io ti sarò comunque accanto-
-Va bene… ma tu non azzardare
a morire!- sorrise la rossa ascoltando il battito del cuore del suo
vice, calmo e continuo; poi alzò la testa e disse
–però questo
vale anche per te! Se io un giorno non dovessi sopravvivere ad una
battaglia, va avanti! Guida i nostri compagni affinché
ognuno di
loro riesca a realizzare il proprio sogno!-
-Lo faremo
insieme!- disse Ed, non riuscendo neanche ad immaginare la nave, la
sua vita, senza quella pazza del suo capitano.
Mentre i due
amici si erano finalmente ritrovati, il resto della ciurma si era
radunato sul ponte dopo che Diana aveva avvistato terra.
Yuki,
afferrò il suo cannocchiale per osservare meglio i
lineamenti della
nuova isola che, da lì a qualche minuto avrebbero raggiunto.
-Il
regno di Shairam!- disse la navigatrice, mentre pian piano
distingueva sempre meglio i contorni dell’isola.
-Shairam…
è questo il nome della nuova isola?- disse Ryuu
affacciandosi alla
balaustra, accanto a Yuki.
La ragazza sussultò sentendo la
voce del moro che nelle ultime settimane sembrava volerla
evitare.
-Ciao Ryuu!- disse la castana riponendo il
cannocchiale. –Sì, Shairam è il nome
della nuova isola che tra
poco visiteremo. Sai è molto famosa nel nuovo mondo per il
grande
commercio di seta e abiti pregiati!- disse sorridente la ragazza,
osservando il compagno guardare il mare, immerso nei propri pensieri,
forse non l’aveva neanche ascoltata.
Con aria affranta Yuki
si voltò per dirigersi verso il timone e controllare la
rotta,
quando la voce calma e roca di Ryuu la fermò.
-Come va
l’occhio?- le chiese Ryuu, continuando ad osservare il mare,
cercando di rimanere impassibile, anche se non lo era affatto.
Avrebbe voluto chiedere a Yuki perché passasse il suo tempo
sempre
con Shin, perché non andava più a trovarlo in
palestra mentre si
allenava, come aveva sempre fatto prima dello sbarco su Stargazer; ma
l’unica cosa che era riuscita a chiederle era come stava.
Yuki
si era fermata sul posto e, sorridendo appena per quella domanda di
interesse da parte di Ryuu, si girò verso il ragazzo.
-Fa
ancora un po’ male, però presto
passerà, grazie!- disse
illuminando il suo viso con uno splendido sorriso che, Ryuu non
poté
non notare e rimanerne abbagliato.
-Non so però perché Lily
mi abbia colpito in quel modo, in queste ultime settimane si
è
allontanata molto da me…- continuò Yuki, cercando
di intraprendere
una conversazione con il ragazzo, non potendo immaginare che
l’argomento da lei scelto era poco gradito da Ryuu.
-Se tu
stessi meno attaccata a Shin, Lilian non si comporterebbe
così!-
disse con tono estremamente freddo il moro, lasciando Yuki
spiazzata.
-Io non sto attaccata a Shin!- rispose irritata la
navigatrice. Perché, Ryuu, le aveva risposto in quel modo,
come se
covasse odio verso di lei o verso Shin? Si chiese Yuki, mentre Ryuu
afferrava la sua falce, incamminandosi verso la palestra.
Non
voleva perdere l’unica persona che era riuscita ad entrare
nel suo
cuore, Ryuu, ma, il destino sembrava dividerli ogni volta…
-Yuki
forse dovremmo chiamare Solan e dirle che stiamo per attraccare!-
disse Shin interrompendo il battibecco dei due compagni.
-Ehm,
sì, forse sarebbe meglio…- disse Yuki ancora
persa tra mille
pensieri dopo le fredde parole di Ryuu che, ora osservava Shin con
aria tetra.
Nella testa della navigatrice iniziò ad
insinuarsi un piccolo dubbio, e se Ryuu si stesse comportando in quel
modo per gelosia? Ma gelosia per cosa però? Non aveva
senso.
-Navigatrice come ci dobbiamo muovere?- chiese Diana
saltando giù dalla posizione di vedetta.
Yuki fu costretta, a
quella domanda, a ritornare cosciente visto che l’attracco
era
ormai prossimo.
-Ok! Allora bisogna avvisare Solan, ci pensi
tu Shin?- chiese la navigatrice osservando il cuoco.
-Certo!-
disse il cuoco incamminandosi verso la porta che portava alla zona
notte, ma prima che il cuoco aprisse la porta, essa si
spalancò
rivelando Solan ed Edward.
Tutti i componenti della ciurma
rimasero a bocca aperta vedendo il loro compagno, ormai in coma da
settimane, lì sul ponte accanto al capitano che sembrava
aver
riacquistato il sorriso dopo parecchio tempo.
Lo stupore e la
sorpresa furono sostituite da urla di gioia e svariati abbracci che,
il vice, ricevette un po’ imbarazzato.
-Bentornato tra noi
Ed!- disse Lily abbracciandolo, mentre Ryuu dietro di lei sorrideva
appena, rimanendo però come sempre in disparte, appoggiato
all’albero maestro.
-Ryuu- lo salutò Edward con un cenno
del capo.
-Ed- rispose il moro sollevando il mento.
-Quante
arie! Perché non vi abbracciate e basta invece di fare i
fighi senza
sentimenti?!- disse Diana sbuffando.
-Perché sono maschi! E'
questo il loro modo di dirsi “Ciao, sono felice di
rivederti”-
disse Lilian affiancando la vedetta, che si era buttata a gambe
incrociate su di un barile.
Tutta la ciurma scoppiò a ridere,
mentre Ryuu imbarazzato abbassò il capo toccandosi,
nervosamente i
capelli, ed Edward fulminava Diana e Lilian.
Solan osservò la sua
ciurma, rincuorandosi di sentire le risa dei suoi compagni. Solo in
quel momento capì quanto le era mancato tutto quello, e
dentro di se
si fece la promessa di non cadere più nell’abisso
dei rimorsi,
doveva accettare le scelte e le conseguenze che esse
portavano.
-Bè ragazzi io direi che è arrivato il
momento di attraccare!- disse Yuki riportando l’attenzione di
tutti
all’imminente attracco.
-Ognuno ai propri posti!- urlò il
capitano incamminandosi verso il timone, fermandosi poi di scatto e
posizionandosi con le mani sui fianchi.
-Dove credi di andare
tu?- disse la rossa rivolgendosi al vice.
-A spiegare le vele!
È questo il mio compito!- disse il ragazzo seguendo Ryuu, il
quale
si stava arrampicando per spiegare le vele.
-Ed, sei pazzo?
Devi tornare subito a letto o potresti peggiorare!- lo
rimproverò il
capitano.
-Non ci penso proprio a tornare in quel letto, sono
stato fermo fin troppo!- disse con tono sempre calmo e distaccato il
ragazzo.
-Sol ha ragione Ed, si potrebbero riaprire le
ferite!- disse Lily affiancando il capitano.
-sciocchezze!-
detto questo il ragazzo saltò sull’albero maestro,
arrampicandosi
con estrema agilità.
-Che testa dura!- dissero in coro le due
ragazze, mentre dall’alto Ryuu ghignava divertito.
Dopo
qualche minuto, la Liberty finalmente attraccò sulla nuova
isola:
Shairam.
La nave, per sicurezza era stata privata del jolly
roger e le vele erano state ammainate, risultando così una
semplice
nave di passaggio.
-Yuki parlaci di quest’isola, c’è
pericolo
di trovare marine in giro?- chiese il capitano, cercando di
salvaguardare la sua ciurma.
-Il regno di Shairam è…-
iniziò la navigatrice, ma venne interrotta da Diana.
-Regno??
Vuoi dire che c’è un Re e quelle stronzate varie?-
-Sì…
Il regno di Shairam è governato dal Re Razom, un uomo di
sani
principi, sembra. Secondo i libri che parlano di questo regno,
Shairam anni fa era stata sottomessa da una banda di pirati,
spodestando il re di allora Weris. Un giorno però un
ragazzino del
villaggio, stanco di dover rubare i suoi stessi compaesani per poter
portare qualcosa da mangiare alla sua famiglia, fronteggiò e
sfidò
uno dei pirati che avevano buttato in rovina la sua amata isola. I
compaesani si schierarono dalla parte del ragazzino e iniziarono a
ribellarsi, riuscendo così a scacciare i pirati. Quel
ragazzino era
Razom, che fu proclamato re a soli 14 anni, anche se non era di
sangue nobile, ma Weris impressionato da ciò che aveva fatto
quel
ragazzino, e soprattutto dalla sua capacità
nell’unire il popolo
per sconfiggere i pirati, ciò che lui non era riuscito a
fare, lo
nominò re, abbassandosi a diventare un semplice
consulente…-
-Wow, tanta roba! Sembra un tipo in gamba questo Razom-
proferì Diana.
-Sì, ma il regno da allora non ha più ben
visto i pirati, considerati da sempre un rischio per la loro
serenità- continuò la spiegazione, Yuki.
-Dobbiamo stare
molto attenti a non farci riconoscere- disse Shin.
-Mi
raccomando ragazzi, la massima attenzione, non voglio rischiare un
altro combattimento, per ora è meglio evitare…-
disse la
rossa.
-Va bene capitano!- dissero i pirati in coro.
-Bene!
allora andiamo a visitare questo famoso regno!- disse il capitano
iniziando a scendere per la piccola scaletta di legno della nave,
seguita da tutta la ciurma.
Isola
Sinif
-Ma Luna che ci fai qui?- disse Finn staccandosi un po’
dalla ragazza per guardarla nei suoi meravigliosi occhi, gli erano
mancati tanto quegli occhi, pensò il ragazzo.
-Sono diventata
un pirata ed io e i miei compagni durante la rotta ci siamo ritrovati
qui. Ho saputo della guerra Finn, ma che succede?- chiese preoccupata
l’archeologa.
-è una lunga storia, ma adesso dobbiamo
andare via da qui, è pericoloso!- disse il ragazzo
voltandosi verso
i suoi compagni giganti –Portiamoli al rifugio!-
-Non se ne
parla! Sono pirati, non possiamo fidarci di loro!- disse un grosso
uomo con dei ricci capelli neri, i quali sembravano un
cespuglio.
Improvvisamente un fischio lontano attirò
l’attenzione dei presenti, i quali si girarono tutti verso il
grande prato davanti a loro.
-Scappiamo!!- urlò Mya –Sta
per colpirci una bomba!-
Veloci i pirati, seguiti dal gruppo
di giganti, si allontanarono dal grande prato verde.
-Presto
rifugiamoci qui!- urlò Finn trascinando Luna per la mano
senza
mollarla mai.
Il fischio assordante si avvicinava sempre più,
entrando prepotente nei timpani dei presenti, infastidendoli a tal
punto che si fermarono per tapparsi le orecchie ed impedire a quel
maledetto suono di assordirli.
Il fischio fu sostituito da un
forte ronzio, finché, potente, una bomba atterrò
distruttiva,
sull’immacolato prato verde.
L’atterraggio fu distruttivo,
seminando intorno ad esso polvere e distruzione.
I presenti erano
stati rimbalzati contro alcuni alberi della foresta a causa dello
sbalzo d’aria provocato dall’atterraggio della
bomba.
Wolf
si rialzò piano, reggendosi con una mano al grosso tronco di
quercia
dove era stato scaraventato.
Il capitano si guardò intorno,
vedendo i suoi compagni a qualche metro l’uno
dall’altro che pian
piano tentavano, anche loro, di rialzarsi e capacitarsi
dell’accaduto.
Davanti a lui, in quello che solo pochi secondi
prima era un fantastico prato verde, ora si ergeva un’enorme
cratere.
-Sono arrivati anche qui!- disse il gigante
riccioluto alle spalle del capitano.
-Chi?- chiese Wolf.
-La
marina! È arrivata anche in questa zona, non siamo
più al sicuro
ormai- disse affranto l’omone, porgendo una mano ad un suo
compagno, aiutandolo a rialzarsi.
-Perché vi sta attaccando?-
continuò le sue domande il capitano.
-Vogliono distruggerci,
per sempre!- concluse il gigante, voltando le spalle al capitano
della Blackmoon.
-Venite, andiamo al nostro rifugio lì vi
spiegheremo tutto- disse Finn inoltrandosi nella foresta
circostante.
I pirati camminarono per una buona mezz’ora,
percorrendo un piccolo e sterrato viale che li portò dritti
in un
vicolo cieco, infatti davanti a loro si ergeva un’imponente
montagna con al suo fianco un grosso ed altrettanto imponente
monolite.
-Che diavolo significa? Ci state prendendo in giro?-
disse Stun furioso, dirigendosi a grandi passi verso Finn per
fronteggiarlo.
-Ehi Stun che ti prende?- chiese Luna
mettendosi tra i due ragazzi.
-Che mi prende? Il tuo caro
amico ci ha portato in un vicolo cieco, forse per consegnarci alla
marina e tu mi chiedi che mi prende?- rispose brusco l’uomo
blu,
zittendo la ragazza immediatamente.
Luna non capiva il
repentino cambio di umore di Stun. Non era da lui comportarsi in quel
modo così scontroso, perché invece ora era
così arrabbiato? E
perché la stava guardando con quello sguardo pieno di rabbia?
-Stai
calmo amico, non vogliamo consegnarvi alla marina- disse tranquillo
Finn, per niente preoccupato del tono alterato del
pirata.
Schioccando le dita, per attirare l’attenzione di due
grossi giganti, Finn ordinò loro di aprire la porta.
-Quale
porta?- chiese Sara sempre più confusa.
-Ora vedrete!-
rispose il ragazzo mettendosi una mano tra gli ondulati capelli
castani, ravvivandoli.
I due giganti si avvicinarono al grosso
monolite ed ognuno di loro prese l’enorme sasso da
un’estremità
ed iniziò ad alzarlo per liberare il passaggio.
Appena il
monolite fu spostato, una grossa entrata scavata nella dura pietra
della montagna, si presentò davanti i pirati increduli.
-Su,
entrate…- li spronò Finn –dobbiamo
chiudere l’entrata al più
presto o ci troveranno.
Wolf, seguito dai suoi compagni entrò
nella grotta che in un primo momento si presentava buia e inospitale.
Dietro di loro i due giganti che avevano rimosso il masso, ora lo
stavano riposizionando al suo posto, nascondendo ad occhi indiscreti
quella storica via di fuga.
-Il portale di Ramis!- disse Luna
meravigliata di aver dimenticato quel frammento della sua
infanzia.
-Il portale di cosa??- chiese Asako, affiancando
l’amica.
-Il portale di Ramis. Da piccola, quando con i miei
genitori venivamo in visita su Sinif, io e Finn ci incantavamo
davanti a questa grande apertura, chiamata per l’appunto
“il
portale di Ramis”. Noi eravamo solo dei bambini e non ci era
permesso varcare il portale, ma durante i nostri giochi
fantasticavamo di essere grandi e di esplorare il suo interno. Wow,
non posso crederci di essere finalmente qui!- disse stupita
l’archeologa, continuando a guardarsi intorno, mentre
camminava
lungo uno stretto corridoio.
Luna notò subito delle strane
incisioni sulle pareti e, da brava studiosa si fermò ad
esaminarli.
I suoi curiosi occhi blu si soffermarono su di una
immagine stilizzata: uomini alti ed imponenti danzavano felici
intorno ad un fuoco, immersi in uno sfondo verde muschio che
simboleggiava la natura e tutta l’essenza di Sinif.
Quegli
uomini, pensò Luna, dovevano essere veramente felici in quel
tempo.
Non conoscevano la sofferenza e la crudeltà dei tempi che
correvano.
Vivevano spensierati in quella che era l’isola paradiso,
immersa
nella natura e soprattutto nella pace.
Dalla tasca dei suoi
piccoli shorts giallo acceso, Luna prese un piccolo foglietto e, con
una piccola matita iniziò a disegnare velocemente
quell’immagine
che con calma avrebbe studiato nei dettagli.
Fuori dalla caverna
si potevano udire i boati di nuove bombe che ora stavano pian piano
distruggendo il paradiso dei giganti.
Dopo svariati minuti, i
pirati arrivarono alla fine del lungo ed angusto corridoio di pietra
e quello che si trovarono davanti, li lasciò per la seconda
volta in
quella giornata, a bocca aperta.
Un’immensa vallata, immacolata
si dipingeva davanti ai loro occhi. Essa era la più bella
che
avessero mai visto, con giganteschi fiori ovunque e alberi altissimi
che era quasi impossibile scorgerne la chioma.
-Ma…è
bellissimo!- disse Sara facendo un passo avanti. Affondando le sue
scarpe nella soffice erbetta intrisa di rugiada.
-Ma com’è
possibile che ci sia una valle dentro una montagna?- chiese Mya
curiosa. Aveva viaggiato per anni per mare, visitando le più
svariate isole, ma mai aveva assistito ad un fenomeno tanto
incredibile.
-Questa e la valle di Ramis!- disse Finn aprendo
le braccia per presentare loro la grande vallata. –Ramis
è il
nostro piccolo tesoro, da millenni ormai! Si dice che i giganti
abbiano costruito la montagna per proteggere e custodire la valle, in
modo che una parte di Sinif, potesse essere sempre intatta ed
immacolata-.
-è bellissima! In tutti i nostri giochi non ero
mai riuscita ad immaginarmi tanta bellezza!- disse Luna avvicinandosi
ad un maestoso fiore rosa, il quale i petali erano alti quanto tutta
lei.
-Ai bambini non era concesso venire qui, perché con la
loro ingenuità avrebbero poi potuto raccontare
dell’esistenza di
Ramis a qualche visitatore dell’isola, mettendo a repentaglio
tale
tesoro. Ora invece, a causa della guerra, i pochi giganti che si sono
salvati in tempo ed, altri che riusciamo a salvare dalle varie
estremità dell’isola prima che vengano uccisi dai
marine, vengono
condotti qui, sia grandi che piccini- disse Finn.
-Ma perché
vogliono distruggere l’isola? I giganti non sono pacifici?-
chiese
Asako.
-Sì, lo sono, ma la marina ormai li crede un grave
pericolo. I giganti si sono sempre schierati dalla parte della
giustizia, e molti di loro, come il padre di Luna ed altri si erano
persino arruolati dalla marina, ma, dopo aver capito ciò che
l’istituzione faceva, si sono ribellati. Sempre
più giganti nel
corso degli anni hanno sabotato la marina, alcuni sono diventati
pirati, altri invece hanno preferito aggirare il sistema
dall’interno
e, tutto ciò ha causato un forte odio da parte del governo
nei
nostri confronti. Così, qualche mese fa,
l’ammiraglio William
Akainu, ordinò lo sterminio dell’isola e di tutti
i suoi abitanti
per dare una lezione epica a tutti i giganti-.
-William
Akainu? E' lo stesso ammiraglio che anni e anni fa ha ucciso Portugas
D. Ace?- domandò Sara.
-No, è suo fratello minore, ancora
più spietato del maggiore. Si dice che possieda dei poteri
incredibili e che sia inarrestabile- disse il gigante
riccioluto.
-William…- sussurrò Amlach stringendo i pugni
dalla rabbia. Lui lo conosceva bene, gli aveva portato via
l’unica
cosa al mondo a cui teneva, e sapere che quell’essere vagava
ancora
sulla terra disperdendo dolore a destra e a manca, lo faceva
infuriare ancora di più.
-Dobbiamo fare qualcosa! Sinif non
può essere distrutta! La marina, e soprattutto questo
William non
possono vincere!- disse Luna più combattiva che mai.
-Siamo
troppo deboli Luna, e loro sono troppo numerosi, non riusciremo mai a
sconfiggerli tutti e salvare l’isola, è questione
solo di giorni
ormai- disse affranto Finn.
Luna si avvicinò al ragazzo e gli
mise una mano sulla guancia per sollevargli il viso in modo che i
suoi occhi grigi incontrassero i suoi blu come il mare di
notte.
-Ricordi quando eravamo piccoli e combattevamo con
tutto noi stessi contro mostri e draghi? Bè ora i mostri e i
draghi
sono gli uomini della marina e noi dobbiamo combatterli e scacciarli
dalla nostra isola! Vinceremo come vincevamo da bambini!-
Stun
ascoltò una ad una le parole dette dalla sua amica. Luna era
sempre
così determinata, soprattutto quando si trattava di
proteggere e
difendere un suo amico o un suo ideale. Lei era fatta così e
lui, le
voleva bene anche per questo.
-Capitano, che ne dici di
iniziare una nuova battaglia contro la marina?- chiese
l’archeologa
voltandosi verso Wolf.
Il capitano, con lo sguardo perso nel
vuoto, in una marea di ricordi oscuri fin troppo dolorosi, stringeva
sempre più forti i pugni a tal punto da far sbiancare le
nocche,
rese quasi trasparenti, insieme alla mascella irrigidita dalla
rabbia, un solo nome vagava ora nella sua testa: William, insieme ad
un solo obiettivo, ucciderlo.
ANGOLO
AUTRICE:
Salveeee ragazze/i!!
Come va? Spero tutto
bene!
Ecco a voi il nuovo capitolo di questa interminabile fic!
;)
So che non è un granché visto che in
realtà non succede
molto, ma era necessario spiegare alcune cose prima degli eventi dei
prossimi cap! Comunque spero come sempre che lo possiate apprezzare
lo stesso! :)
Nella prima parte, quella della ciurma di Solan, il
caro Edward in realtà si è scoperto aver fatto un
piccolo scherzo
al suo capitano, suscitando l’ira di quest’ultima (
e sicuramente
anche la vostra per avervi fatto credere il peggio, ovvero che aveva
perso la memoria). La ciurma infine è approdata su una nuova
isola,
chissà cosa succederà lì sopra!
Nella seconda parte invece,
ritroviamo i pirati della Blackmoon e il misterioso amico di Luna,
Finn. Non è successo molto anche qui, più che
altro ho spiegato un
po’ la situazione in cui si trovano i giganti e
l’isola. Per
quanto riguarda William il fratello ancor più cattivo di
Akainu,
sarà un personaggio molto importante in questa fic, quindi
tenetevelo molto a mente. Tra l’altro William, in un certo
senso
era già comparso, o almeno nominato, nella fic. Qualcuno si
ricorda
dove e da chi è stato nominato?
Nel precedente capitolo, o meglio
dire nell’angolo autore, avevo accennato a una possibile
nascita di
una pagina facebook su questa fic, però non è
stata ancora
realizzata e, in verità non so se riuscirò a
realizzarla :(
Bene
con questo credo sia tutto!
Al prossimo cap (che non so quando
riuscirò a scrivere)
Un bacione la vostra kiko
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** capitolo 21 ***
Isola
di Sinif: Valle di Ramis
I piccoli bambini giganti giocavano
tranquilli nella loro valle incantata, rincorrendosi e nascondendosi
dietro le enormi e meravigliose piante che attorniavano
l’intera
valle. Il loro rincorrersi, i loro gridolini di gioia quando venivano
scovati dai compagni, fungevano solo da sottofondo per i pirati e
l’esercito di giganti che si stavano preparando al
contrattacco
verso la marina. L’isola man mano che passavano i giorni
stava
cadendo in distruzione, ormai la maggior parte di essa era distrutta
insieme ai suoi villaggi e a chi li abitava, una vera carneficina. I
pirati della Blackmoon, avendo assistito con i loro occhi alla
potenza della marina e sentendosi in dovere di aiutare quella povera
gente che non aveva nessuna colpa, aveva dato la massima
collaborazione per scacciare i marine per sempre da Sinif.
-Allora
dovremmo dividerci in quattro gruppi- disse Finn, a capo
dell’esercito gigante, rivolgendosi anche ai pirati.
-Non ha
senso dividerci!! Uniti saremo più forti!- disse Stun sempre
in
disaccordo con ogni parola che Finn diceva.
-Ti sbagli! Se
usciamo in massa saremo un facile bersaglio, invece separandoci in
piccoli e forti gruppi potremmo attaccarli su diversi fronti,
liberando più villaggi in contemporanea, salvando
così molta più
gente!- disse Finn, fiero delle sue parole.
Stun, sempre più
irritato dalle parole del vecchio amico d’infanzia di Luna, e
ancor
di più perché esso aveva ragione su tutti i
fronti, calciò il
tronco di un grosso albero che aveva vicino, facendo volare via,
starnazzando, i piccoli uccelli dalle piume variopinte che vi
riposavano sopra.
Luna, seduta su un grosso masso osservava il
compagno che, da quando erano sbarcati su Sinif, aveva cambiato
radicalmente il suo atteggiamento, diventando scontroso ed
irritabile. Voleva avvicinarsi a lui, chiedergli spiegazioni o magari
fargli uno dei suoi scherzi per farlo irritare e poi ridere insieme a
lui per la sua buffa faccia, ma sentiva che questa volta lui non
avrebbe riso insieme a lei, qualcosa tormentava Stun e lei non
riusciva a capire cosa fosse.
-Wolf come ritieni che potremmo
dividere i tuoi e i miei soldati?- chiese Finn, attendendo una
risposta dall’oscuro capitano.
Wolf prestò poca attenzione
a quella domanda, visto che aveva l’immagine di William che
sorrideva malvagio davanti a lui –è
indifferente…- disse
soltanto, riportando la parola a Finn, che spaesato, osservò
i vari
pirati, cercando di formare gruppi abbastanza omogenei.
-Bene,
ehm…allora…Tu Ashuros andrai con Rika
e…Mya, vi occuperete
della zona est- disse il ragazzo formando il primo gruppo
–Io, Luna
e Wolf formeremo il secondo gruppo e ci occuperemo della zona nord.
Stun, Torres, Stink e Sara della zona sud, mentre i rimanenti, July,
Asako, Roki e Trunk della zona ovest- concluse la disposizione dei
vari gruppi il giovane capo.
-Non ho nessuna intenzione di
collaborare con i pirati!- sbruffo Torres, il gigante dalla folta
chioma nera, avanzando a grandi passi verso Finn.
-Torres
smettila con queste discriminazioni!- urlò Finn.
–Il loro aiuto è
un vero miracolo, sono forti e con loro a fianco avremo molte
più
possibilità di salvare la nostra casa o sei troppo egoista
per
accettarlo?- disse il ragazzo fronteggiando, anche se molto
più
piccolo e mingherlino, il gigante, il quale abbassò il viso
e
accettò le parole del piccolo capo.
Dall’altra parte i
pirati si iniziarono a disporre secondo i gruppi, cominciando a fare
conoscenza con i vari giganti.
-Ciao io mi chiamo Stink!-
disse un grosso ragazzo dal viso ovale e dai lunghi e setosi capelli
biondi, i quali scendevano liberi fino alle ginocchia.
Sara
osservò il grosso ragazzo che le si era parato davanti,
arretrando
impercettibilmente, leggermente intimorita dalla stazza di
quest’ultimo, ma cercando di rimanere cordiale e amichevole.
-Io…io mi chiamo Sara…- sussurrò
porgendo, tremando, la
piccola mano che venne avvolta da quella grossa e robusta del gigante
che, con immenso stupore della ragazza, diede una stretta delicata e
per niente rude.
Sara sorrise, capendo che non doveva avere
nessuna paura dei giganti, anche se il loro aspetto possente poteva
mettere a disagio, erano in realtà delle persone buone e
molto più
gentili dei normali esseri umani, anche se Torres, il burbero attacca
brighe, avrebbe preferito non averlo nel suo gruppo, ma per fortuna
con lei c’era anche Stun.
-Finn!- lo chiamò un uomo che,
con passo tranquillo e per niente affrettato, si avvicinava al
ragazzo emergendo dalla foresta, affiancato da una donna gigante
molto bella.
-Papà, mamma!- urlò contento il ragazzo andando
incontro ai due nuovi arrivati.
-Figliolo, siamo appena
arrivati dall’entrata est del portale! Zariks è
stata distrutta!-
disse Fonix, l’uomo alto con dei folti capelli rosso
aranciato ed
una barba lunga altrettanto arancione.
-Oh no, anche Zariks!
Dobbiamo agire al più presto!- disse furioso Finn stringendo
i pugni
lungo i fianchi.
-Ce la faremo vedrai cucciolo mio!- disse la
gigante Linak, madre di Finn. Linak era una bella donna dai lunghi e
ondulati capelli castani, dello stesso colore ed intensità
del
figlio, con due occhi azzurri come il cielo che la rendevano ancora
più bella ed aggraziata anche con la sua possente, ma ben
uniformata, stazza.
-Salve Fonix! Salve Linak!- disse Luna
raggiungendo l’amico e salutando i due genitori.
-Oh…ma tu
sei la piccola Luna Jaguar!- disse Linak, abbassandosi per avvolgere
la pirata in un caloroso abbraccio. –Cara, da quanti anni non
venivi qui a trovarci! Finn ha sentito tantissimo la tua mancanza,
sai ha sempre avuto un debole per te!- disse Linak sciogliendo
l’abbraccio.
-Mamma!!- la sgridò Finn, il quale era
diventato rosso come un pomodoro per la confessione, poco
appropriata, della madre.
-Oh suvvia, perché te la prendi
tanto Finn! Tanto si sa che tu e Luna siete destinati a stare
insieme!- disse come nulla fosse più vero, Linak.
Luna
sentendo quelle parole diventò anche lei leggermente rossa.
Si
sentiva per la prima volta in imbarazzo con quella famiglia che, da
sempre considerava come la sua seconda famiglia. Lei voleva molto
bene a Finn, tantissimo. Aveva capito, cosa lui provasse per lei; i
suoi occhi quando la guardavano brillavano e, i suoi abbracci e le
sue carezze, erano sempre più calorose, simbolo di un
affetto sempre
più forte ed intenso nei suoi riguardi. Più
volte, soprattutto in
quei lunghi giorni di navigazione verso Sinif, si era chiesta cosa
provasse per Finn, ma la risposta le veniva sempre meno, anche
un’archeologa intelligente come lei, a volte, non riusciva a
trovare le risposte.
I pensieri di Luna furono interrotti subito
da una figura blu che si avvicinava, possente verso di loro. Stun,
sembrava sempre più rabbioso, e minaccioso si
fermò proprio davanti
a Finn, ignorandola come se lei non fosse lì, accanto a lui.
Luna
abbassò lo sguardo, imporporando le guance al sol pensiero
che il
compagno avesse sentito ciò che aveva detto Linak su lei e
Finn,
chissà cosa ne pensava Stun, se, soprattutto, gliene
importasse
qualcosa che lei potesse amare o meno il suo vecchio amico.
-Noi
siamo pronti! Se hai finito di chiacchierare vorremmo concludere al
più presto questa situazione!- disse freddo Stun, a Finn.
-Certo,
possiamo partire subito!- disse il ragazzo, salutando i genitori e
prendendo Luna per mano, la quale seguì sorpresa il ragazzo
senza
parlare.
-Bene ragazzi, conto su di voi per indicare ai pirati
le zone da proteggere e salvaguardare! Mi raccomando state attenti,
ci rivedremo qui in serata!- disse Finn salutando i suoi uomini ed
avviandosi con Luna ed Amlach verso l’uscita di Ramis.
I
vari gruppi uno ad uno uscirono dalla grande vallata, ognuno
utilizzando un passaggio segreto a seconda della zona che avrebbero
dovuto raggiungere.
-Dove ci dirigiamo Finn?- chiese Luna
seguendo il ragazzo e il suo capitano.
-Ad un piccolo
villaggio della parte nord, Strina. Spero non sia già stato
attaccato, lì abitano Nonna Sasume e Nonno Ruyko, sono i
giganti più
anziani su Sinif, i pilastri dell’isola.- raccontò
il
castano.
-Uhm... non mi ricordo di loro! Ma sono i tuoi nonni?
Mi ricordavo che erano morti!- disse Luna aggrottando le
sopracciglia.
-No, non sono miei nonni naturali! Diciamo che
sono i nonni di tutta Sinif!- rise Finn.
Mentre i due amici
chiacchieravano, Wolf aveva affinato tutti i sensi per stare in
massima allerta ed evitare un possibile attacco a sorpresa da parte
della marina. I rimbombi delle cannonate che distruggevano
chissà
quale villaggio e il forte odore di fumo che si propagava per tutta
la zona circostante, assediavano feroci i timpani e l’olfatto
dei
tre ragazzi che si avviavano sempre più velocemente verso il
piccolo
paesino di Strina.
Improvvisamente, Amlach sentì un piccolo e,
quasi impercettibile, scrocchio ad alcuni metri da loro.
Rallentò il
passo, distanziandosi di alcuni passi dai compagni, studiando
così
nel frattempo ogni rumore che lo circondava. Sentiva il fruscio delle
foglie mosse da una leggera brezza. Il canto degli uccelli che
cercavano i propri simili, forse per avvisarli di un pericolo
prossimo; udiva il verso grutturale dei cinghiali che con i loro musi
allungati scavavano nella terra alla ricerca di qualche golosa radice
e, poi un altro scrocchio, ora ne era sicuro qualcuno li stava
seguendo e, quel qualcuno di certo non era un loro amico.
Continuò
a camminare lentamente, Wolf, tenendo la mano sull’elsa delle
sue
fidate katane ed ispezionando con il suo unico occhio la zona che lo
circondava nella parte destra, purtroppo la sinistra era scoperta.
Colui che li stava seguendo evidentemente pensava di essere un bravo
cacciatore, di non essersi fatto scoprire dalla sua preda,
continuando a muoversi dietro di loro, spezzando i piccoli rami e le
foglie secche che giacevano sul suolo, incurante del rumore che stava
causando, pensando che sicuramente lo avrebbero scambiato per qualche
animale, ma non era così. Wolf era attento a tutto, sapeva
distinguere ogni minimo rumore, era stato addestrato fin dalla tenera
età ed i frutti dei suoi duri allenamenti ora venivano a
galla più
che mai. Il suono sordo e pesante che proveniva dalle sue spalle
indicava un uomo di grossa statura, armato con una grossa spada e
forse anche un fucile in groppa.
Dopo una buona mezzora di
cammino, il confine tra la steppa boschiva che stavano attraversando
i tre ragazzi, e il villaggio di Strina, si delineò
mostrando ai tre
giovani l’impatto dell’imminente guerra che stava
soccombendo il
villaggio.
-Oh no!- disse Finn correndo come un pazzo giù per
la piccola collina che lo divideva dal villaggio.
Il paese era
avvolto dalle fiamme che però erano appena state innescate.
I marine
erano ancora lì, pronti a distruggere ed uccidere tutti
senza nessun
rimorso, la giustizia, la cruda e spietata giustizia che tanto
declamavano, stava solo mietendo vittime innocenti.
Luna seguì
l’amico, pronta a combattere per il suo popolo, mentre Wolf,
fulmineo si girò giusto in tempo prima che l’omone
dietro di lui
sfiorasse il grilletto del suo fucile puntato sulla giovane
archeologa.
Tempestivo Wolf sfilò la sua katana nera come una
notte senza stelle né luna, portandola veloce verso la
giugulare del
nemico, recidendola in un sol colpo, annientando così il
cacciatore,
che ingenuo pensava di poter vincere contro Amlach Lumbar, il lupo
nero.
Repentino Wolf raggiunse i suoi compagni, lasciando il
corpo inerme del marine sulla collina, mentre la testa di esso
rotolava giù dall’altura, mostrando a tutti la
prima vittima del
corpo della marina di quella giornata.
I tre ragazzi
arrivarono nel paesino come una ventata di aria fresca per gli
abitanti di Strina. Man mano che andavano avanti, teste, braccia,
corpi interi di marine cadevano a terra, ridando una speranza al
popolo di giganti che ormai aspettava solo la morte.
Finn, si
avventò su un gruppo di giubbetti bianchi che avevano
assalito e
appena bruciato la casa dei cari nonni. Con il suo fucile ne
abbatté
qualcuno, colpendo con precisione gambe e petti dei soldati che come
foglie secche cadevano inermi sul terreno sabbioso. Il ragazzo
entrò
nella casa dei nonni, urlando i loro nomi, e stando attento a non
rimanere incastrato tra le fiamme.
Il soffitto della casa era
molto alto visto la statura dei giganti e così anche le
varie
stanze, veramente immense anche nelle più piccole capanne.
Con
coraggio Finn si addentrò sempre più tra le
fiamme roventi
bruciacchiandosi i pantaloni scuri e la camicia verde militare che
indossava, ma a lui questo non importava, i suoi nonni erano il suo
unico obiettivo.
Le prime travi del soffitto iniziarono a
carbonizzarsi, scricchiolando sulla testa del giovane ragazzo,
avvertendolo di una loro imminente caduta.
Finn, varcò la soglia
della piccola cucina dove la cara nonnina sfornava sempre i suoi
perfetti e buonissimi biscotti.
Lì, il ragazzo trovò i nonnini.
La nonna Sasume, una vecchietta sempre estremamente sincera e
autoritaria, era piegata sul corpo del suo amato, steso a terra con
una spada nel petto.
Sasume piangeva disperata, senza accorgersi
che ormai era circondata dalle fiamme che, tra qualche istante,
l’avrebbero divorata.
-Nonna Sasume!- la chiamò Finn,
strattonandola per un braccio.
-Va via Finn! Ruyko è morto e
io andrò via con lui!- disse aggrappandosi al braccio del
suo
amato.
-Nonna alzati subito! Nonno Ruyko non vorrebbe che
sprecassi così la tua vita! Ti spingerebbe via e ti direbbe
“donna
alza quelle chiappe rugose ed esci di qui!”-
Sasume, annuì
con la testa, pulendosi la sua ultima lacrima e trovando un
po’ del
suo tipico spirito combattivo per lasciare il marito, compagno di una
lunga vita, ed uscire dalla loro casa.
I due uscirono appena in
tempo prima che la trave principale del soffitto cedette impedendo il
passaggio a tutti tranne che alle divoratrici fiamme.
Luna
corse verso i due, lasciando Wolf combattere, mentre a terra
giacevano una schiera di marine ormai senza vita.
-E il nonno
dov’è?- chiese l’archeologa.
-Non c’è più,
purtroppo…- disse Finn abbassando il capo.
-Ma che amici in
gamba che ti sei trovato Finn!- disse la vecchia Sasume. –Ora
voglio scendere in campo anche io!- disse la vecchietta afferrando un
forcone a terra e camminando verso un marine isolato.
-Nonna
aspetta!!!- la inseguì Finn, spiattellandosi una mano sulla
fronte
–Dove vaii?!-
Nell’istante in cui Finn inseguiva la nonna,
si accorse di un soldato con un fucile puntato verso Luna ed un
sorriso spietato sulle labbra. Veloce il castano si accorse del
leggero fumo che usciva dalla canna del fucile, segno che esso aveva
appena sparato. Seguì la traiettoria della canna,
individuando il
proiettile diretto proprio verso la biondina che stava combattendo
all’insaputa del pericolo.
Finn si buttò tra il proiettile e la
ragazza cercando di salvarla, ma il colpo sfiorò lo stesso
la
giovane archeologa, anche se di striscio verso il fianco destro,
mentre poi continuò la sua corsa piantandosi
nell’addome del
castano ferendolo gravemente.
Finn e Luna caddero a terra,
mentre un lago di sangue si impossessava del freddo e sabbioso
terreno, ormai protagonista di morte e distruzione.
Regno
di Shairam: nel castello del Re…
-No! No e No! Non mi
sposerò con quella brutta ed idiota vampira!-
urlò furibondo un
giovane ragazzo dai corti e biondissimi capelli, fronteggiando,
impettito, un grande e possente uomo con una vistosa corona in
testa.
-Zein non fare lo sciocco! Ormai hai vent’anni devi
pur trovare una compagna con cui vivere e guidare il regno una volta
che io non ci sarò più.- disse Razom, il Re di
Shairam.
-Padre
capisco le tue preoccupazioni, ma io non voglio trovare così
la
donna che passerà il resto della sua vita con me! Io credo
nel vero
amore non in quello di convenienza!- ribadì il figlio
puntando il
dito verso il grande portone dorato da dove era appena uscita
l’ennesima pretendente.
-Ma la dolce Margareth sembra una
brava ragazza!- disse Razom lisciandosi il pizzetto brizzolato.
-Quella? Ma l’hai vista papà? È pallida
come un fantasma
e i suoi occhi sono spenti come se fosse morta e non se ne fosse
accorta! I suoi discorsi poi, non durano più di due parole
messe in
croce, non fa per me, ecco!- si impuntò il ragazzo.
-Digli
qualcosa tu tesoro, nostro figlio è un vero cocciuto!- disse
Razom
voltando il capo verso il trono accanto al suo dove, a gambe
incrociate sensualmente, la regina Amelia, giocherellava con i suoi
setosi e biondi capelli, ammiccando verso il capo delle guardie
reali.
-Sì, sì…tuo padre ha ragione, devi
trovarti una
sposa- disse assecondando il marito, senza interessarsi realmente
alla discussione tra padre e figlio, troppo impegnata a civettare con
il soldato di grado superiore.
-Oh mia dolce Amelia sei sempre
così saggia- disse mieloso, Razom, troppo innamorato e
cieco, da
notare l’atteggiamento civettuolo della moglie.
-Ma mamma
anche tu sei d’accordo? Tu che hai dovuto sposare
papà solo perché
era un Re solo, ma molto ricco e più vecchio di te? No! Io
non farò
lo stesso, io credo nel colpo di fulmine, troverò la donna
giusta
per me, l’amore della mia vita!- disse, teatralmente, il
giovane
principe, uscendo dalla reggia con un diavolo per capello.
“Io
lo so, troverò la mia anima gemella, bella, intelligente, la
giusta
regina per questo regno” pensò con determinazione
il ragazzo,
afferrando un mantello ed incamminandosi per l’immenso ponte
che
separava il castello dalla cittadina.
Nel
frattempo nei pressi del porto di Shairam…
L’intero porto
era circondato da piccole e caratteristiche bancarelle di pesce,
sistemate accuratamente accanto alle piccole imbarcazioni dei
pescatori appena tornati con del buon pesce fresco.
Un grosso e
grasso pescatore sistemava un’enorme pesce spada sul freddo
ghiaccio per mantenere la sua freschezza, mentre il pesce ancora
muoveva il suo scivoloso corpo.
I pirati della Liberty erano
appena sbarcati dalla loro cara nave, cercando di fare molta
attenzione a non farsi riconoscere, visto che i pirati non erano
molto ben visti lì.
-Wow! Questo posto è fantastico!- disse
Lilian osservando il grande porto addobbato. –Guardate quanto
pesce
fresco! E quelle verdure sembrano freschissime!- disse indicando una
giovane donna riporre in un cesto della fresca verdura di stagione,
non facendo nemmeno in tempo a riporla che già i primi
clienti le
chiedevano di vendergliela.
Shairam era un regno pacifico,
governato da un Re molto rispettato ed amato. Razom non faceva
mancare niente al suo popolo, il quale viveva nell’agiatezza
più
assoluta, infatti ogni abitante possedeva una bella è
spaziosa casa
con giardino per coltivare o un peschereccio per catturare e vendere
il pesce, non soffrendo mai di fame e povertà, era un regno
perfetto
o, almeno lo sembrava.
La ciurma abbandonò il porto entrando
in una affollata stradina a ciottoli grigi che portava nel centro
della cittadina.
-Uh guardate i balconi delle case come sono
pieni di fiori!!- disse Lily osservando dei bellissimi e variopinti
fiori che scendevano a cascata dai balconi di legno intarsiato.
-Ehi
Lily certo che sei un po’ lunatica!- disse Diana dietro di
lei.
-Cosa?- disse la mora voltando il capo indietro verso la
compagna, fulminandola.
-Cinque minuti fa, sulla nave, eri una
furia lancia scope e ora sei una smielata amante dei balconcini e
delle verdurine?- disse la mora sistemandosi la montatura degli
occhiali.
Lilian si fermò di colpo, voltandosi verso la
vedetta e poggiando entrambe le mani sulle spalle di essa.
-Sono
stufa di arrovellarmi il fegato per Shin e Yuki! Lui è un
caso
chiuso ormai! Voglio vivere serena e godermi questo bel posto!- disse
di nuovo raggiante la ragazza, riprendendo a passeggiare per le vie
del paese, mentre Diana, con un sopracciglio alzato, la guardava
allibita.
-Quella è tutta matta! In che ciurma di pazzi sono
finita?- si chiese la vedetta fra se, continuando a camminare con le
mani incrociate dietro la testa, seguita, poco distante dal resto
della ciurma.
Subito dietro Diana, Shin camminava a passo
strascinato immerso nei suoi pensieri.
Sentiva il profumo di
magnolia nera che lasciava Lily al suo passaggio. Esso gli entrava
nelle narici, ammaliandolo come la prima volta che l’aveva
sentito.
La sua mente era pervasa ormai da settimane, dall’immagine
sorridente del medico, la stessa che, grazie al suo potere, Lilian
gli aveva fatto vedere a Stargazer, per mostrare a Shin il suo volto
e quelli dei suoi futuri compagni.
Il ragazzo era rimasto
incantato, e ogni notte, in ogni momento della giornata, pensava a
lei ed alla voglia di parlarle o starle vicino, tuffandosi in quel
meraviglioso e dolce profumo che emanava la pelle della giovane
ragazza, ma, purtroppo, nelle ultime settimane tra di loro si era
creato un vuoto, un vortice nero che li allontanava sempre di
più,
impedendo a Shin di stare accanto alla sua musa, alla sua
ancora.
Shin si voltò verso Yuki, alla sua destra, e vide la sua
figura, un'ombra per lui, camminare lenta. Come lui Yuki stava
soffrendo per qualcosa, ma cosa? Non sapeva se erano in confidenza
abbastanza per chiederle cose così private e, mentre stava
per aprir
bocca sentì un’aura nera dietro di lui, e senza
voltarsi capì di
chi si trattava, Ryuu.
L’esperto d’armi, anche se cercava in
tutti i modi di evitare di stare accanto a Yuki e Shin, vuoi o non
vuoi finiva sempre tra di loro, come se una misteriosa forza lo
spingesse tra i due, impedendogli di stare lontano dalla navigatrice.
Ryuu fulminò Shin, stringendo forte la sua cara falce,
concentrandosi per non usarla contro il compagno, solo
perché dopo
avrebbe dovuto dare delle spiegazioni.
-Qui si respira un po’
di tensione- disse Edward a Solan, che camminava tranquilla accanto a
lui.
-Già, ma vedrai che si risolverà tutto molto
presto…-
disse il capitano fiduciosa.
-Con o senza cadaveri tra la
ciurma?- scherzò il vice.
-Spero senza!- rise serena la
rossa, immergendosi nella folla del paese.
Mentre i pirati
camminavano attenti tra le vie di Shairam, Solan ebbe come la
sensazione che qualcuno la stesse osservando.
Sentiva benissimo
due occhi puntati su di se, che l’analizzavano e la
studiavano con
cura, come se le stessero scavando dentro.
Si sentì
improvvisamente a disagio, iniziando a girare il capo, alla disperata
ricerca di quei due occhi che la stavano tormentando, ma non li
trovò.
Improvvisamente, una vecchia donna, incappucciata, afferrò
il braccio del capitano, fermando così la sua camminata,
senza che i
compagni, immersi nella folla, si accorgessero di qualcosa.
Solan
guardò con aria confusa la donna, e si soffermò
ad analizzare quei
piccoli e rugosi occhi chiari, quasi bianchi, fissare i suoi ambrati
ed immergersi in essi, stregandoli quasi.
-Chi sei? Cosa
vuoi?- chiese la rossa con un fil di voce.
-Solan… con il
sangue proteggerai colei che porti vicino al tuo cuore…-
disse
la vecchia signora lasciando la presa sul braccio della
ragazza.
-Cosa? Che centra il sangue e chi devo proteggere?
Ma, come fa a sapere il mio nome?- chiese in una raffica di domande
il capitano, ma il tempo di formularle, la vecchietta era
già
misteriosamente scomparsa tra la gente del villaggio.
-Ehi Sol
vieni?- la richiamò Yuki a qualche metro di distanza,
facendole
cenno con la mano.
La rossa, con aria confusa, si diresse dai
suoi compagni, mentre le parole della vecchietta continuavano a
rimbombarle nella testa come il ritornello di una canzone di cui non
capiva il senso.
Sangue? proteggere qualcuno vicino al suo cuore,
forse un suo compagno? Ma che ne poteva sapere quella vecchietta?
Eppure conosceva il suo nome o forse lo aveva sentito mentre stava
parlando un qualche suo compagno, mica tutti i vecchietti erano
sordi, eppure quella storia non la convinceva.
Mentre Solan
continuava a pensare al possibile senso di quelle strane parole,
giocherellando, senza farci caso, con il ciondolo che portava al
collo, proprio accanto al cuore, Lilian vide un giovane ragazzo, con
un mantello, attraversare, spensierato la strada, senza far caso al
carretto pieno di balle di fieno che passava a tutta
velocità per la
via.
Il ragazzo, immerso nei suoi pensieri, camminava
tranquillo, mentre il conducente del carretto, tra l’altro
senza
freni, gli urlava di spostarsi al più presto, non potendo
fermare i
cavalli in tempo.
Lilian, repentina si catapultò accanto al
ragazzo, afferrandolo da un braccio e trascinandolo, velocemente, al
sicuro sul marciapiede di ruvide mattonelle rosse.
Il mantello che
copriva il volto del ragazzo cadde, rivelando la faccia sbigottita
del principe Zein.
-Ehi tu, la prossima volta fa più
attenzione, quel carretto ti poteva uccidere!- disse Lily scuotendo
la sua chioma nera con riflessi viola, dalle piccole spighe di fieno
che erano volate dal carretto durante il salvataggio.
Zein,
iniziò ad aprire e chiudere la bocca come un pesce fuor
d’acqua
senza sapere, o meglio avere la forza di spiaccicare due parole,
davanti a cotanta bellezza.
Il giovane principe infatti era
rimasto completamente folgorato dalla bellezza del giovane medico,
sua salvatrice, in lui, come per magia, era schioccato il famosissimo
colpo di fulmine.
-Heylà!- disse Diana sventolando una mano
davanti gli occhi azzurri ed imbambolati di Zein.
-Credo che
abbia preso un colpo in testa questo qui! E anche bello forte!-
presunse la vedetta.
-Non credo, ma forse è meglio
controllare…- disse Lily, avvicinando le sue delicate mani
sul
cranio biondo del ragazzo, e con delicatezza spostò qualche
capello
per controllare che non ci fossero colluttazioni.
Zein
osservava ogni piccolo tratto del medico: i suoi penetranti occhi
viola, i setosi capelli scuri che, alla luce del sole venivano
abbelliti da fantastici raggi blu che le illuminavano il viso chiaro
e bello come una divinità.
Il tocco leggero della donna, sul suo
volto, lo faceva sentire in paradiso, come se quel carretto in
realtà
l’avesse investito ed ora, un bellissimo angelo lo stava
accogliendo tra le porte del paradiso.
-Mio angelo…-
sussurrò Zein guardando Lily, mentre il resto della ciurma,
e
qualche paesano, si accerchiava intorno a loro.
-Cosa scusa?-
chiese Lilian confusa, forse aveva capito male.
Zein,
improvvisamente, facendo prendere un colpo ai presenti, si
alzò di
scattò come se avesse appena preso la scossa. Dalla camicia
di seta
estrasse una profumata ed intatta rosa che, inchinandosi, porse alla
ragazza.
-Ma da dove l’ha tirata fuori??- chiese Diana
inclinando il viso sbigottita.
-Per me?- chiese Lily,
arrossendo.
-Sì mio angelo!- disse Zein porgendo la rosa e
baciando, con delicatezza, la mano della ragazza.
-Che sta
succedendo, Yuki?- chiese Shin non riuscendo a capire
l’accaduto a
causa della sua dannata cecità.
-Lilian ha appena salvato un
ragazzo e lui ora la sta ringraziando con una rosa- disse la
navigatrice.
-Capisco…- mormorò il cuoco –
e… lei…-
chiese.
-Lei è arrossita, ma ha accettato volentieri la
rosa-
-Oh per tutti i kami! Principe Zein!!- disse un soldato
correndo come un forsennato verso il principe.
-Principe??-
dissero in coro Lily e Diana.
-Sì, mio dolce angelo! Io sono
Zein, il principe erede al trono di Shairam!- disse facendo un
inchino dei più perfetti, Zein, sorridendo dolcemente a
Lilian, la
quale arrossì per tutte le attenzioni che quello strano
ragazzo le
stava volgendo.
-Oh per la miseria ti sei beccata un principe
eh!- disse Diana, punzecchiando Lilian con il gomito.
-Piacere
principe Zein, io mi chiamo Lilian Rose Cowashy e loro sono i miei
compagni di ciu…-
-Siamo i suoi compagni di viaggio!
Viaggiamo per mare con il nostro mercantile!- disse repentina Yuki
evitando giusto in tempo che la compagna spifferasse la loro natura
pirata al principe.
-Lilian Rose…che poesia… Il tuo nome
risveglia nella mia mente il canto degli uccelli, il profumo dei
fiori più dolci, lo splendore del paesaggio più
bello del mondo…-
disse Zein volteggiando intorno alla ragazza.
-Questo si è
fumato qualcosa di pesante!- bofonchiò Diana suscitando il
risolino
dei suoi compagni, persino i più seri, tutti tranne Shin, il
quale
sentiva solo un gran bruciore ai timpani ad ogni parola sdolcinata di
quel ragazzo, che stava fin troppo omaggiando la sua
compagna.
-Principe Zein suo padre la rivuole subito a
palazzo!- disse Ryo, la guardia reale.
-Solo se la mia
salvatrice mi farà il grande onore di venire con me! Ti
offrirò
ogni cosa, ogni lusso, potrai fare tutto ciò che vuoi nel
mio
palazzo, ed ovviamente questo vale anche per i tuoi compagni, sarete
miei preziosissimi ospiti!-
-Palazzo? Lusso sfrenato? Ci sto!-
disse Lilian esuberante, accettando la proposta del giovane.
–Sol,
per te va bene?- si girò poi, ripensandoci, chiedendo al
capitano
come di dovere.
-Ma sì, perché no!- disse sorridendo la
rossa.
Così i giovani pirati sotto copertura furono scortati
verso l’immenso palazzo reale, dove molte sorprese li
attendevano.
ANGOLO AUTRICE:
Se in questo
momento avete gli occhi fuori dalle orbite ed osservate maniacalmente
il calendario cercando il mio ultimo aggiornamento e non trovandolo a
distanza di un mese potete stare tranquilli, non è un sogno,
sono
proprio io, è questo che avete appena letto e il nuovo cap
delle due
nuove saghe!
Devo confessare che l’ispirazione su questo cap è
venuta di botto e quindi, approfittando di un piccolo periodo di
malattia e riposo, ho deciso di buttarlo giù per rimediare
hai miei
soliti ritardi!! ;)
Allora parlando un po’ del cap: nella prima
parte, sull’isola gigante, abbiamo intravisto alcuni giganti
che
combatteranno a fianco dei nostri cari amici pirati. Che ne pensate?
E del povero Finn che per salvare la sua amica è stato
colpito?
Qualcuno prova un po’ di pena per lui? :)
Nella seconda parte
invece, ho inserito la famiglia reale che conosceremo pian piano. Lo
so, lo so, Zein è fuori di testa e la mamma e il padre anche
peggio!
Però volevo rendere la storia anche con un tratto comico e
non solo
misterioso e sanguinario, spero non vi dispiaccia! Ovviamente
rivedremo anche la misteriosa vecchietta!
Bhè carissimi, con
questo è tutto, ovviamente aspetto i vostri giudizi, come
sempre
bellissimi!
A presto bacioniiiiii kiko
(p.s.
dimenticavo di dire che dedico questo cap a tutti i lettori/recensori
che in questi giorni sono occupati con gli esami! Imbocca al lupo
ragazze/i!!)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** capitolo 22 ***
Isola
Shairam: verso il palazzo reale…
Dopo l’inaspettato,
quanto ambiguo, incontro con il principe Zein, i pirati della
Liberty, invitati dal principe a visitare il palazzo, si stavano
dirigendo verso di esso, percorrendo un alberato viale, costeggiato
da mille alberi dalle folte e verdeggianti chiome, le quali
splendevano sotto il caldo sole, ombreggiando il passaggio dei
pirati, i quali un po’ titubanti, si apprestavano a visitare
il
palazzo reale.
Zein, a capo del gruppo, mostrava con passione ogni
angolo di quella terra che amava tanto; mostrando così la
sua ampia
conoscenza di botanica, architettura e storia.
-Questo e
l’arco di Eraldo!- disse Zein, indicando il possente arco in
pietra
bianca scolpita, che gli si ergeva davanti.
-Eraldo? Ma che
diavolo di nome è?- sbottò Diana aggrottando la
fronte perplessa.
–Sul serio esiste qualcuno che si chiama così?-
chiese
sistemandosi la lunga coda di cavallo.
-Eraldo era un prode
eroe che sconfisse, milioni di anni fa, il temibile drago nero. Esso
aveva, con il suo fuoco magico, incenerito gran parte
dell’isola,
uccidendo così milioni di abitanti…-
iniziò il suo racconto il
principe.
-Si, si come no! Adesso dovremmo anche credere che
esistono i draghi che sputano fuoco magico…- disse scettica
la
mora.
-In un certo senso sì…- disse Edward
ghignando.
-Mah! Anche se fosse io non credo che sto tipo che
si chiama Era qualcosa abbia sfidato un drago, sono tutte cavolate!-
continuò Diana, restia a credere a quel tipo di leggende.
-Quanto
sei polemica Diana, lascia parlare Zein!- la riprese Lilian
interessata alla storia.
-Grazie dolce Lilian…- disse Zein
cogliendo un fiore da terra ed offrendolo in dono alla ragazza.- Come
dicevo, Eraldo però, forte e coraggioso, decise di
affrontare il
drago e di salvare la giovane principessa che era stata rapita dal
drago. Con pochi e precisi colpi il grande Eraldo sconfisse il drago
per sempre, salvando l’isola e la principessa, alla quale
chiese la
mano proprio sotto questo arco.- disse Zein guardando Lilian
intensamente negli occhi.
-Eraldo fu colpito come un fulmine a
ciel sereno dalla bellezza della principessa, non poteva vivere senza
di lei, così rischiò la vita per salvarla e,
quando lei accettò di
sposarlo fece incidere su questo vecchio arco la loro
storia…-
spiegò Zein prendendo Lilian per mano e mostrandole le
incisioni sul
grande arco. Sulla pietra infatti era rappresentato, con la tecnica
del basso rilievo, un cavaliere che combatteva con un grosso drago e,
sul lato opposto, lo stesso cavaliere in ginocchio davanti ad una
donna, il tutto contornato da elaborati ghirigori che rendevano
quell’opera unica ed inimitabile. La storia di un amore
ricordato
nel tempo.
-Wow! È una storia così romantica!-
proferì Lily
sognando ad occhi aperti la scena raccontatale. Immaginava la
bellissima principessa vestita con un lungo abito bianco e il prode
cavaliere inginocchiato nella sua luccicante armatura, davanti a lei,
mentre le confessava tutto il suo amore. Come le sarebbe piaciuto
essere al posto della principessa. Trovare qualcuno talmente
innamorato di lei da considerare la sua vita inutile se non fosse
stata trascorsa accanto a lei.
-Sì mia dolce salvatrice, è
una storia bellissima. Io credo nel colpo di fulmine sai…-
disse
Zein guardando intensamente la ragazza – succede
all’improvviso,
quando meno te lo aspetti. Esso ti colpisce, ti senti frastornato e
quello che ti trovi davanti ti sembra un sogno, ma non lo è,
perché
in realtà è solo la tua anima gemella che
finalmente ti ha trovato
e che mai lascerai andare…- disse sognante Zein, mentre
Lilian
continuava ad ammirare l’arco stando poco attenta alle
attenzioni
del giovane principe.
Qualche passo più indietro, Shin,
ascoltava attento ogni parola del principe. Ora ne era più
che
certo, quel damerino si era preso una bella cotta per la sua
compagna, e questo non gli andava per niente giù. Con
quell’ultima
frase sul colpo di fulmine, Zein aveva descritto precisamente la
sensazione che Shin aveva provato nella locanda di Tom a Stargazer,
quando per la prima volta aveva incontrato, o meglio percepito con il
suo dolce profumo, Lilian. Ne era rimasto ammaliato, stordito, ma a
differenza del principe non era stato in grado di farlo comprendere
al giovane medico, che pian piano si era allontanata da
lui.
-Vogliamo procedere?- disse Zein prendendo la mano di
Lily e baciandole il dorso delicatamente, inchinandosi lievemente al
suo cospetto.
Lily presa alla sprovvista arrossì, per niente
abituata a tutte quelle lusinghe, ma allo stesso tempo ci stava
prendendo gusto.
I pirati ed il principe continuarono a
camminare, finché non arrivarono in prossimità di
un grande ponte,
il quale divideva il villaggio dalla casata reale. Infatti
dall’altra
parte del ponte, in tutta la sua bellezza, si ergeva un immenso
palazzo.
I pirati rimasero a bocca aperta ammirando l’edificio.
Esso era composto da quattro torri che si innalzavano di una decina
di metri, fabbricate con il forte ed indistruttibile granito grigio
perla. Esse si innalzavano ai lati della grossa casata, la cui
facciata era abbellita dall’enorme portone in legno scuro
intarsiato nell’oro più puro che splendeva sotto i
raggi solari,
che lo illuminavano come se risplendesse di luce
propria.
-Que…questa è casa tua?- balbettò
Lilian
incredula.
-Sì mia dea, questa è la mia umile dimora!- disse
sorridente il biondino.
-Chiamala umile, sembra la casa di un
drago celeste!- borbottò la vedetta.
I pirati, scortati dal
principe iniziarono l’avanzata verso il palazzo,
oltrepassando il
lungo ponte in legno massiccio, il quale collegava il palazzo,
costruito su un’ampia collina circondata interamente da un
profondo
fossato.
Yuki osservava affascinata ogni singolo particolare di
quel luogo che, ai suoi occhi, sembrava magico. Aveva letto molti
libri sul medioevo e visto molte figure che rappresentavano i
castelli medievali e, quello che si trovava dinanzi a lei in quel
momento, sembrava un vero e proprio castello medievale. Le alte
torri, il fossato che proteggeva il castello da possibili attacchi
esterni, innalzando il ponte che, da quel che aveva capito doveva
essere il classico ponte levatoio.
La giovane navigatrice,
ammaliata dall’aspetto esteriore del palazzo si chiedeva se
l’interno di esso fosse altrettanto bello e stupefacente, ma
presto, si disse, lo avrebbe scoperto.
Arrivati davanti
l’immenso portone, due mastodontiche guardie si inchinarono
al
cospetto di Zein, aprendo, con forza, il massiccio portone.
Varcato
il portone, i pirati si trovarono dentro un’immensa sala. Le
pareti
di essa erano ornate da mille eleganti ghirigori dorati,
così come
le possenti colonne quadrate che sostenevano il piano di sopra,
collegato da due immense scale di legno pregiato, disposte a destra
ed a sinistra della sala.
Tutti i presenti ammiravano estasiati la
residenza del ragazzo, sicuri di non aver mai visto una reggia tanto
ornata nei minimi dettagli.
-Figliuolo sei tornato
finalmente!!- disse Razom, scendendo, con forti tonfi, data la sua
enorme stazza, dalla scala.
-Padre, vieni voglio presentarti i
miei nuovi amici e, soprattutto, la mia salvatrice, Lilian Rose
Cowashy- disse Zein prendendo la mano di Lilian, invitandola ad
avanzare verso il re.
Lily, un po’ imbarazzata, si inchinò
goffamente davanti al grosso Re che la squadrò curioso da
capo a
piedi.
-Ma che stupenda fanciulla!!!- esordì il re –Ma in
che senso è la tua salvatrice, figliuolo?- disse leggermente
confuso
il sovrano, lisciandosi, come d’abitudine, il brizzolato
pizzetto.
-Mi ha salvato da un carro che stava per investirmi!
Senza il suo prodigioso, quanto eroico gesto, sarei morto padre,
capite? Lei è quella giusta! Lo sapevo che l’avrei
trovata!- disse
Zein esortando il padre a capire cosa intendeva.
-Oh!- esclamò
il re, intensificando lo sguardo sulla figura della donna
–Sì, si
molto bella, graziosa e di buone maniere! Ottima scelta figliuolo!-
si complimentò.
-Scusate, ehm... di che scelta state
parlando?- chiese Lilian, confusa.
-Niente, niente mia dolce
Lilian…- si affrettò a dire Zein, mentre il padre
continuava a
guardare Lily ed annuire soddisfatto.
-Cosa sono tutti questi
schiamazzi? Non si può nemmeno riposare in pace in questo
palazzo!-
disse Amalia, la regina, scendendo con grazia dalla sontuosa
scala.
-Mamma ho invitato a palazzo i miei nuovi amici. Sono
dei commerciati approdati oggi sulla nostra isola. Lei è
Lilian, mi
ha salvato la vita e quindi ho deciso di invitarla, insieme ai suoi
compagni, nel nostro palazzo…- disse Zein, mentre la madre,
scendendo l’ultimo gradino, puntò il suo sguardo
oltre il figlio,
su Ryuu, il quale, con sguardo annoiato, osservava vigile ogni
anfratto del palazzo.
Con eleganza, Amalia oltrepassò tutti i
presenti, dirigendosi verso il giovane pirata.
I suoi occhi
azzurri erano rimasti affascinati dal bell’aspetto del nuovo
arrivato. Sotto la t-shirt nera, si potevano intravedere gli
addominali perfetti di Ryuu, che incantarono la regina.
-E tu
come ti chiami?- chiese Amalia, parandosi di fronte al taciturno
ragazzo.
Ryuu, osservò la donna dinanzi a lui. La regina
aveva dei lunghi capelli biondi, che cadevano leggiadri fino al fondo
schiena. La pelle, color del latte, era illuminata da due splendenti
occhi azzurri come il cielo, mentre il corpo, fasciato in uno stretto
e scollato vestito di seta bianca, mostrava tutte le abbondanti forme
della donna, poco nascoste.
Il ragazzo, osservata
l’interlocutrice, storse il naso in segno di disinteresse.
Non gli
piacevano le donne che si mettevano in mostra, cercando di attirare
l’attenzione di più uomini possibili, no, non era
proprio il suo
tipo di donna ideale.
-Cosa c’è, non hai la lingua?- disse
la regina, posando un suo dito contro il petto del ragazzo,
scendendo, sensuale, sempre più giù.
-Si chiama Ryuu,
signora regina!- disse improvvisamente Yuki, affiancando Ryuu, e
fulminando la regina.
-Ryuu…- ripeté la donna –che bel
nome! Sarà un piacere averti come ospite…- disse
sottolineando, in
modo malizioso, l’ultima parola, ricevendo come risposta un
grugnito poco interessato dal ragazzo ed un’ulteriore
fulminata da
parte della navigatrice.
-Vi ringraziamo per la vostra
ospitalità! Io sono Solan, il capitano della nave dei
commercianti!-
disse la rossa presentandosi ai due sovrani.
-Sì, si…-
disse sventolando una mano in aria la regina, poco interessata;
mentre attenta osservava uno ad uno i ragazzi della sala, puntando i
suoi occhi cristallini sulle figure maschili.
-Questa regina
mi sembra una gatta in calore…- sussurrò Diana,
e, sentendola,
Lily le pestò un piede per farla tacere.
-Direi, figliuolo,
che forse i tuoi nuovi amici preferirebbero riposarsi un
po’…-
disse il re.
-Hai ragione padre! Lucinda, vieni!- disse Zein
chiamando a gran voce, la dama di corte.
La dama, una ragazza
di vent’anni, entrò nella sala, inchinandosi al
cospetto dei
reali, aspettando che le venissero impartiti gli ordini.
-Lucinda,
mostra le stanze hai nostri nuovi ospiti- si signorino Zein, disse la
ragazza, inchinandosi servile.
Lilian notò il leggero rossore
sulle guance della ragazza, sembrava in forte imbarazzo quando
guardava Zein, forse lei aveva una cotta per il principe, che
purtroppo sembrava non accorgersi per niente della dama.
I
pirati seguirono la dama, che ad uno ad uno mostrò le stanze
ed una
volta sistemati tutti, si dileguò tra i corridoi di corte.
Ogni
stanza era immensa, ornata nei minimi dettagli, e provvista di un
bagno personale con tutti i comfort possibili, un ampio letto a
baldacchino e svariati mobili per ogni necessità, anche la
più
futile. Ai pirati sembrava un sogno avere tutte quelle
comodità a
disposizione. Amavano la loro nave, ma alcune cose, come un bagno
personale, un comodo letto, erano solo un sogno su una nave costruita
per avere lo stretto necessario, senza appesantirla troppo con troppi
mobili o altro che avrebbero facilitato l’affondamento in
caso di
forti tempeste.
Qualche ora dopo, i nuovi ospiti furono
invitati a presentarsi nella sala delle feste, dove i sovrani avevano
organizzato un sontuoso banchetto in loro onore.
Affamati e
curiosi gli ospiti si fecero scortare dalla servitù,
attraversando i
lunghi corridoi, fino ad arrivare davanti un grosso portone, che al
loro arrivo si aprì lentamente dall’interno.
La sala che li
accolse era molto luminosa, le pareti erano di un rosa antico con
qualche spruzzata di oro e si intonavano perfettamente alle lunghe
tende che scendevano soavi davanti le finestre. Al centro della
stanza un lungo tavolo rettangolare accoglieva gli invitati con i
più
pregiati piatti tipici di Shairam.
-Eccovi!- esultò il re
–accomodatevi pure, tutto questo e per voi miei cari ospiti!-
Con
calma i pirati si accomodarono alle sedie, mentre Lily fu scortata da
Zein alla sedia a fianco alla sua.
-Mia salvatrice spero che
non ti dispiaccia regalarmi un po’ del tuo tempo stasera-
-Ma
no, figurati, però non mi chiamare salvatrice, chiamami
Lily- disse
la mora sorridendo dolce, mandando così in fumo il cervello
del
principe che iniziò ad evaporare facendosi mille film
mentali.
La
cena iniziò, accompagnata dal suono soave di violini e arpe
che
rendevano serena e piacevole la serata, mentre una schiera di
camerieri, attenti, continuavano a portare mille piatti differenti
con pesce, verdure e carni cucinate in mille modi, per la gioia dei
pirati e soprattutto del panciuto re.
-Sono veramente contento
di aver fatto la vostra conoscenza, ma mi dica cara Solan, quali
merci commerciate?- chiese il re alla rossa al suo fianco.
-Merce
di ogni tipo. Da stoffe, spezie, qualsiasi cosa ci venga affidato,
ovviamente di alta qualità- disse la rossa, recitando
perfettamente
la parte del commerciante.
-Però vedo che siete anche ben
armati!- disse la regina, non togliendo mai lo sguardo da Ryuu, il
quale non si separava mai dalla sua fedele falce.
-Ogni sano
di mente che viaggia per mare porta con se delle armi, difesa
personale- disse freddo Ryuu, accarezzando il manico della falce a
tre lame.
-Oh si…e questo ti rende molto più
affascinante…-disse con tono malizioso la regina,
sporgendosi sul
tavolo, mettendo volontariamente il prosperoso e mal celato seno,
esibendosi per il pirata che aveva di fronte.
Ryuu non fu
toccato minimamente da quella scena e continuò, come niente
fosse a
bere e mangiare, mentre a qualche posto di distanza, Yuki, infilzava
ripetutamente il pesce nel suo piatto, immaginando la faccia della
regina al suo posto.
Quella donna ci stava provando spudoratamente
con Ryuu da quando avevano messo piede a palazzo e, quel
rincoglionito del marito non si era accorto di niente, mentre Ryuu,
con il suo solito distacco non si curava minimamente di respingere
tali avance, cosa che faceva ancora più innervosire la
navigatrice.
Nel bel mezzo della cena, Solan iniziò a
percepire una strana presenza. Si sentiva osservata, nuovamente come
era successo quella stessa mattina nel caos del porto di Shairam.
Avvertiva un’agghiacciante occhiata alle sue spalle, ma
voltandosi
non trovava nessuno dietro di se. Iniziò, senza allarmare
nessuno,
ad ispezionare la sala, ma era difficile trovare la fonte di quello
sguardo, visto la folla di camerieri e musicisti che si trovavano
nella sala.
Ad un certo punto sentì il fiato venirle meno. Il suo
corpo si era come congelato sul posto estraniando ogni suono che la
circondava.
Improvvisamente sembrava essere stata rinchiusa in una
bolla. I suoni attorno a lei le giungevano ovattati, lontani; persino
la voce roca e potente del re, il quale rideva e scherzava delle
uscite poco fini di Diana intenta a bisticciare con Lily a causa
dell’ultimo trancio di pesce spada arrostito che era rimasto
sul
tavolo.
Le immagini intorno alla rossa iniziarono a scorrere a
rallentatore, mentre lei cercava in tutti i modi di capire cosa le
stesse succedendo.
Improvvisamente la vide. Vide la stessa
vecchietta incontrata nel porto. Essa si trovava in mezzo alla folla
di camerieri che entravano ed uscivano dalla sala con piatti pieni e
vuoti. La vecchia donna era proprio lì, che la fissava con
quei suoi
occhi vitrei ed agghiaccianti.
Solan puntò i suoi occhi ambrati
sulla donna, ora in quella stanza c’erano solo loro due,
tutto
intorno il silenzio.
-Solan…- la chiamò la vecchietta. Il
suo era un sussurro, ma venne percepito dalla rossa chiaramente, come
se l’anziana si trovasse al suo fianco.
-Chi sei?- chiese il
capitano. Non riusciva a sentire la sua stessa voce, e le sue labbra
non si erano mosse di un millimetro, quindi probabilmente la
vecchietta non aveva udito la sua domanda, che forse aveva formulato
mentalmente, ma con estrema sorpresa della rossa, essa rispose.
-Non
importa chi sono… importa solo ciò che ti ho
detto…- disse la
donna.
Solan si ritrovò quelle parole nella mente. Esse
rimbombavano feroci nella sua testa causandole un leggero dolore alle
tempie. Non capiva che diavolo stava succedendo, ed era stanca di
rimanere in balia di quello strano maleficio, così chiuse
gli occhi
ed iniziò a respirare profondamente. In pochi secondi i
suoni
ritornarono. Le risa del re, il battibeccare delle sue compagne di
viaggio, le avances sussurrate della regina e i ringhi di
disapprovazione di Yuki; ogni cosa era tornata normale. Si accorse
che quelli che per lei erano sembrati istanti lunghissimi, in
realtà
corrispondevano ad un battito di ciglia. Si Guardò intorno
la rossa,
cercando la vecchietta e vedendola uscire dalla sala. Con calma, la
rossa si alzò dalla sedia, scusandosi con il re, trovando la
scusa
che doveva prendere qualcosa in camera sua.
-Tutto bene?- le
chiese Edward studiando ogni movimento della rossa.
-Sì,
tranquillo. Devo accertarmi di una cosa e torno subito- disse
tranquillamente la donna prima di lasciare il tavolo.
L’avrebbe
trovata. Avrebbe trovato quella donna e questa volta con le buone o
con le cattive si sarebbe fatta dire ogni cosa. Cosa voleva da lei?
Come conosceva il suo nome? E, soprattutto, che significato aveva la
frase che le aveva sussurrato al porto?
Nel
frattempo sull’isola dei giganti…
-Finn! Finn!- urlò Luna
notando la macchia di sangue che, pian piano, impregnava sempre
più
la maglietta dell’amico.
Finn si era buttato, senza pensarci
troppo, sul proiettile proteggendo la sua amata Luna.
La
biondina, la quale era stata solo sfiorata dal proiettile, sentiva un
leggero bruciore al fianco, ma non le importava visto che la vita di
Finn era in pericolo.
Con cura, l’archeologa cercò di
appoggiare il ragazzo a terra senza farlo sforzare
troppo.
-Tranquilla è solo un graffio- disse Finn cercando di
rassicurare l’amica, notando l’espressione
preoccupata della
biondina.
-Non dovevi gettarti contro il proiettile, perché
lo hai fatto?- chiese Luna, mentre sollevava la maglietta del ragazzo
cercando di capire la gravità della ferità.
Finn non
rispose, abbassò lo sguardo pensando alle parole pronunciate
dalla
madre quella stesse mattina. Secondo Linak lui e Luna erano destinati
a stare insieme e quando lui aveva rivisto la biondina dopo tutti
quegli anni aveva capito di averla sempre amata, ma il destino era
tutt’altra storia, e soprattutto il coraggio di confessare
ciò che
provava alla sua migliore amica era la cosa più dura.
-Ieeeeee
cos’è successo al mio caro Finn??- urlò
Sasume la nonnina
gigante.
-E' stato colpito da un proiettile!- disse Luna,
sbarrando gli occhi appena vide la ferita del ragazzo.
-Ieeeeee
chi ha osato ferire Finn-chan Ieeeee!!- disse la vecchietta
esaminando con cura ogni angolo del villaggio, individuando poi il
suo bersaglio: un marine che scappava con un fucile in
mano.
Repentina la vecchietta imbracciò il forcone che aveva
li vicino e lo lanciò con potenza e precisione verso il
marine.
Il
forcone saettò veloce conficcandosi con assoluta precisione
nella
schiena del marine, il quale cadde a terra morente.
Luna, con
occhi fuori dalle orbite, si complimentò con la vecchia
Sasume,
rimanendo stupita dalla sua forza è precisione.
-Ieeeeee io
da giovane ero una valorosa guerriera gigante! Ho combattuto per anni
sotto le armi di questi stolti che ora ci temono così tanto
da
volerci tutti morti! Ieeee ma non ce la faranno Ieeeee noi siamo
più
forti!!- disse più determinata che mai Sasume.
Un colpo di
tosse riportò l’attenzione di Luna su Finn, il
quale aveva
iniziato a sbiancare e tremare lievemente.
-Dobbiamo subito
portarlo alla valle, lì qualcuno lo curerà!-
disse l’archeologa,
mentre Amlach, dopo aver formato un enorme buco nero ed averci
attirato i marine rimasti, si avvicinò al resto del gruppo.
-Ne
stanno arrivando altri- disse Amlach fissando, con il suo occhio
attento, la foresta da dove erano giunti –Luna porta Finn e
la
vecchia, alla valle, qui ci penso io!- ordinò il
capitano.
SDENG
Un sonoro cazzotto colpì la testa
scura di Amlach che, con sguardo truce, fulminò la vecchia
Sasume la
quale aveva ancora il pugno alzato.
-Ieeeee…Vecchia a chi?
Senti un po’ ragazzino, sarò anche più
grande di te, ma non ti
permetto di chiamarmi vecchia! Io non dimostro poi tutti questi anni
Ieeeee!!- disse Sasume. Seppur in avanzata età la vecchietta
si
sentiva ancora giovane, sia dentro che fuori, non badando agli anni
che passavano, complice anche la sua innata grinta che le aveva
sempre permesso di farsi rispettare da tutti.
Amlach osservò
la donna, alta e possente, con la pelle rugosa e gli occhi chiari che
brillavano però di una strana luce. Quegli occhi
simboleggiavano la
forza interiore della donna che, nonostante aveva appena subito un
pesante lutto perdendo il marito tanto amato, avevano ancora voglia
di vivere e soprattutto di proteggere quell’isola e i suoi
abitanti
che amava tanto. Amlach, colpito dallo spirito della vecchietta
ghignò e disse –Va bene vecchia!- sfidando
così la furia della
donna che però capì il tono scherzoso del
capitano e sorrise
fingendosi arrabbiata.
Luna e Sasume aiutarono Finn a
reggersi in piedi sorreggendolo ed iniziando a camminare verso la
valle.
-E meglio che non andiate nella foresta o vi
scontrerete con i marine! Vecchia non c’è un'altra
via per la
valle di Ramis?- chiese Wolf
-Sì, c’è un vecchio viale, un
po’ più lungo e tortuoso, ma sicuro, andiamo!-
disse la vecchietta
indicando a Luna la direzione, mentre Finn pian piano perdeva
conoscenza.
Nel villaggio, semi distrutto, rimase solo
Wolf con i sensi completamente all’erta, vigile ad ogni
rumore
proveniente dalla foresta.
Due delle tre spade erano già pronte
ad essere usate, mentre la terza giaceva tranquilla ancora nel suo
fodero, pronta ad essere usata solo in caso di bisogno.
Passi
frettolosi, schiamazzi e urla di graduati, si udivano sempre
più;
così come un felino pronto a catturare la sua preda, Amlach
iniziò
a correre verso la foresta, dove i primi cadaveri caddero sul terreno
umido e freddo.
Il lupo iniziò la sua caccia.
Nel
frattempo, all’uscita est della valle di Ramis, Ashuros e Mya
seguivano attenti la gigante Rika.
Mya era sempre stata molto
restia a fidarsi delle persone. Nella sua vita si era fidata molto
spesso delle persone sbagliate, rimanendone ferita e facendo si che
il suo carattere, già molto riservato, si chiudesse ancor di
più
impedendole di fidarsi subito delle persone che aveva intorno, anche
se si mostravano buone d’animo.
In quel momento, mentre
camminava attraverso un lungo e buio corridoio scavato nella pietra,
Mya non sapeva se poteva fidarsi di Rika, la gigante che li stava
conducendo verso l’uscita della valle. Era avvenuto tutto
molto
velocemente; erano approdati su Sinif e si erano ritrovati
catapultati in una valle quasi mitologica con in atto una guerra
contro lo sterminio dei giganti. Non capiva perché la marina
conseguisse questi obiettivi così crudeli. Sapeva di cosa
era
capace, lo aveva provato sulla sua stessa pelle, eppure non avrebbe
mai capito cosa spingesse milioni di uomini ad ubbidire a tali
ordini, lo trovava ripugnante.
Con lo sguardo, Mya, osservò la
figura mastodontica davanti a lei. Rika era una gigante molto bella.
I suoi lunghi capelli neri mossi le ricadevano selvaggi ed indomabili
lungo la schiena, incorniciando il viso ovale illuminato da due
occhioni castani. Rika non aveva aperto bocca da quando avevano
lasciato gli altri gruppi e, quel silenzio iniziava un po’ a
pesarle.
La mora voltò il capo alla sua destra, cercando, o
almeno sperando, che il suo compagno di ciurma prendesse
l’iniziativa, ma le speranze erano molto poche.
Ashuros
camminava concentrato ed in perfetto silenzio. Ogni passo del giovane
era seguito da un suono metallico, dato dalle numerose catene che
indossava. Il ciuffo argenteo del ragazzo, ricadeva lungo,
nascondendogli l’occhio sinistro. Mya osservò
senza farsi notare,
il compagno. Si sentiva un po’ a disagio in sua compagnia,
visto
che era passato circa un mese dalla sua entrata in ciurma e non aveva
mai parlato con il ragazzo.
Appena salita sulla Blackmoon si era
chiesta come potesse fidarsi di quelle persone appena conosciute e,
soprattutto, come loro potessero fidarsi di lei, ma presto
capì che
quella grande, quanto strana famiglia, l’aveva scelta ed
accettata
dal primo momento che aveva messo piede sulla nave. Inaspettatamente
era riuscita ad aprirsi subito, instaurando immediatamente un bel
rapporto, soprattutto con le ragazze. L’unico con cui non si
era
mai sentita in sintonia, o almeno non aveva mai avuto un motivo con
cui iniziare un discorso, era proprio Ashuros. Il ragazzo non era
affatto un chiacchierone e giocherellone, in certi sensi, come Stun;
piuttosto Ash era molto simile al loro capitano, sempre sulle sue ed
in disparte. Lo aveva osservato molte volte, soprattutto in
quell’ultimo periodo, quando Ash aveva fatto di tutto per
cercare
informazione sulla guerra su Sinif per la compagna Luna. Era un bravo
ragazzo, se lo sentiva, ma restava il fatto che non riusciva,
nonostante fossero compagni, a fidarsi completamente di lui.
-Ecco
l’uscita!- esordì Rika, spezzando quel pesante
silenzio e i
pensieri di Mya, la quale tornò a concentrasi
sull’obiettivo
iniziale: salvare i giganti.
I pirati e Rika, uscirono dalla
grotta attraverso un piccolo passaggio che richiusero accuratamente
con un enorme masso, per poi avviarsi verso il villaggio più
vicino.
-Il villaggio che stiamo per visitare si chiama
Kranic. Non è molto grande, ma è abitato
principalmente da bambini-
disse Rika con voce lieve.
Mya notò Ashuros sussultare
lievemente alla parola “bambini”, ma non
osò chiedergli il
motivo.
-Come mai è abitato principalmente da bambini?-
chiese Mya a Rika.
-Perché a Kranic è stato fondato, molti
anni fa, un orfanotrofio dove vengono accettati tutti i bambini
giganti e non, che sono stati abbandonati dai genitori o che li hanno
persi per tragici incidenti.- le spiegò la donna continuando
a
camminare per la lunga valle sprovvista di ogni tipo di
vegetazione.
Solo in quel momento Mya notò l’assenza di
vegetazione in quel luogo. Da quel che aveva potuto capire di Sinif,
essa era un’isola immersa nel verde, con vallate, alberi e
fiori,
non si spiegava quel posto privo anche della più semplice
erbetta
tappezzante; intorno a loro, il giallo dell’erba secca e il
rosso
della terra cotta dal sole padroneggiavano, rendendo tutto il
paesaggio un deserto desolato e privo di vita.
-Rika perché
in questa zona non c’è vegetazione?- chiese sempre
più curiosa la
mora.
-Vedo che sei molto attenta Mya- sorrise la gigante
voltandosi verso la ragazza –Di solito Sinif è
interamente coperta
di verde, in ogni luogo, ma da quando è iniziato questo
insensato
attacco da parte della marina, alcune zone hanno perso la loro linfa
vitale. Sono improvvisamente inaridite, come se qualcosa o qualcuno
si stesse nutrendo dell’energia della natura! Tutto
ciò ci
spaventa a morte, se solo questa “cosa” colpisse
Ramis noi
saremmo spacciati…- disse affranta la gigante.
-Non
preoccuparti, vedrai che questo non succederà, noi lo
impediremo!-
disse Mya cercando di sollevare l’umore di Rika. Poteva
percepire
l’angoscia che attanagliava la donna, la preoccupazione per
il suo
popolo e per la sua isola erano così forti, e Mya non poteva
far
altro che mettercela tutta per impedire il peggio.
-Attente!-
urlò Ashuros fiondandosi accanto alle ragazze.
In pochi
secondi delle catene nere uscirono dalle sue mani, dirigendosi veloci
dietro le grosse pietre che vi si paravano nella desolata
vallata.
Mya vide lo sguardo concentrato del compagno e,
repentina, imbracciò le sue fidate pistole, pronte a far
fuori ogni
nemico che si parava davanti.
Alcuni soldati furono catturati
e sollevati in aria dalle potenti ed indistruttibili catene di
Ashuros, mentre altri iniziarono a sparare contro Rika e Mya.
Pronta
e letale, Mya iniziò a sparare contro i marine i quali si
erano
nascosti dietro le pietre per fargli un’imboscata. Senza
sbagliare
un solo colpo, Mya atterrò una decina di marine, mentre
Rika,
accanto a lei, utilizzava la lancia che portava legata dietro la
schiena, per abbatterne altri.
Il combattimento durò a lungo.
Rika, grazie alla sua stazza e alla sua agilità era favorita
nel
corpo a corpo, riuscendo così ad abbattere molti soldati,
mentre
altri spaventati se la davano a gambe levate.
Mya saettava il suo
sguardo in ogni direzione, colpendo senza scampo ogni marine, anche
il più lontano, proteggendo gli amici impegnati nel corpo a
corpo.
Dopo una buona mezz’ora i pirati ebbero la meglio.
Ashuros con le sue catene aveva stritolato diversi avversari,
lasciando i loro corpi, privi di vita, sul terreno o lanciandoli
sulle aguzze pietre da dove erano venuti.
-Siete fortissimi
ragazzi!- esultò Rika –Con voi la speranza di
salvare Sinif si fa
sempre più forte!- disse sorridendo felice, mentre riponeva
la lunga
lancia insanguinata, dietro la schiena.
-venite andiamo, il
villaggio e proprio laggiù!- disse Rika indicando un punto
all’orizzonte, dove, lontano, si potevano intravedere due o
tre
casette ed una grossa, quanto alquanto sgangherata, struttura.
In
pochi minuti i tre arrivarono nel villaggio di Kranic. Esso era molto
piccolo, come aveva detto Rika, e molto degradato. Al centro si
ergeva un grosso edificio, deteriorato sia dal tempo che dalla guerra
e, tutto intorno, la desolazione più assoluta.
-Ma non c’è
nessuno!- disse Mya, notando le vie deserte.
-Invece qualcuno
c’è…ma sono nascosti…- disse
Ashuros guardandosi
intorno.
Improvvisamente la porta dell’orfanotrofio si aprì
e ne uscì una bambina che iniziò a correre verso
i tre nuovi
arrivati.
-Hana vieni qui!!- urlò un uomo sulla sessantina,
attaccato alla porta dell’orfanotrofio.
La bambina,
guardandosi indietro, continuò a correre finché
non finì per
sbattere contro Ashuros.
La piccola cadde a terra e, solo allora
si accorse dei nuovi arrivati. La faccia della piccola
sbiancò di
colpo, ritrovandosi di fronte lo sguardo freddo del ragazzo i cui
occhi grigi la squadravano da capo a piedi.
Mya osservò il
compagno ed avanzò di un passo per tranquillizzare la
bambina,
quando, con sua enorme sorpresa, Ashuros si abbassò
all’altezza
della bimba e, sorridendo dolce, le porse la mano per alzarsi.
Mya
rimase stupita da quel gesto che non si aspettava minimamente.
L’espressione sempre fredda e distaccata del compagno, si era
tramutata in uno sguardo dolce ed amorevole, come quello di un
fratello maggiore che aiuta la sua sorellina a rialzarsi dopo una
caduta.
Hana accettò sorridendo la mano di Ashuros, capendo
che non doveva avere nessuna paura di quel ragazzo dagli occhi e
capelli grigi.
-Grazie!! Io sono Hana e tu?- chiese la
piccola, spolverandosi il piccolo vestitino rosa sgualcito.
-Io
mi chiamo Ashuros, ma puoi chiamarmi anche Ash!- rispose il ragazzo
continuando a sorridere alla bambina.
Mya rimase quasi
incantata nel vedere quella scena, ma dovette riprendersi subito
visto l’imminente pericolo che li stava per colpire.
Un vento
freddo e glaciale sollevò la polvere della strada, mentre un
urlo
agghiacciante si estendeva per tutto il villaggio, rompendo vetri per
la potenza del forte suono, ed assordendo i pirati che immediatamente
si pararono, invano, le orecchie, mentre una donna dai lunghi capelli
bianchi scendeva dal cielo.
Nell’immensa
vallata di Ramis nel frattempo, Luna e la vecchia Sasume giunsero
nella grotta trascinando un Finn quasi morente.
-Resisti Finn
siamo arrivati!- disse Luna con gli occhi umidi. Sentiva una strana e
forte stretta al cuore ogni volta che volgeva lo sguardo sul suo
amico, il quale ormai non riusciva più a tenere le gambe
dritte e a
respirare regolarmente. La maglietta del ragazzo era zuppa di sangue
e, sia Luna che Sasume, non vedevano l’ora di affidare il
ragazzo
ad un medico, visto che entrambe avevano intuito la gravità
della
ferita.
Appena le due donne giunsero nella valle,
oltrepassando il lungo corridoio di pietra, notarono subito una gran
folla.
Giganti e non, erano disposti in ogni zona della valle e,
molti di loro, riportavano qualche ferita più o meno grave.
-Luna!-
la chiamò Asako correndole incontro.
-Asi! Presto Finn a
bisogno di un medico!- disse l’archeologa disperata.
La
bionda navigatrice aiutò la compagna e la vecchietta a
sistemare
Finn su una brandina provvisoria e poi corse a chiamare July, la
quale era impegnata a curare le varie ferite dei poveri isolani
colpiti dalla guerra.
Dopo pochi secondi, che a Luna
sembrarono interminabili, July arrivò seguita da due
giganti, Roki e
Trunk.
-Ragazzi prendete la barella di Finn e portatela
laggiù, così posso fasciare la ferita-
ordinò il medico.
-Rika
era con voi?- chiese Roki a Luna che negò con il capo.
-No,
lei è nel gruppo di Ashuros e Mya- rispose la biondina,
notando che
alcuni gruppi erano già rientrati dalla missione, forse per
quel
motivo la valle era affollata in quel modo; sicuramente July ed
Asako, aiutate da Roki e Trunk avevano portato i giganti feriti nella
grotta per mantenerli al sicuro.
-Capisco…- disse Roki
abbassando il capo scuro. Lui era il fratello gemello di Rika. I due
erano sempre stati molto legati e ognuno si preoccupava sempre
dell’altro, e in quel momento, Roki, era estremamente
preoccupato
per la sorella. Sentiva una strana sensazione, come se Rika fosse in
pericolo, ma non poteva fare niente per aiutarlo e questo lo stava
facendo impazzire.
-Tranquillo i miei amici sono ottimi
combattenti, Rika è al sicuro con loro!- disse Asako
cercando di
consolare il giovane gigante.
Finn fu riposto all’interno di
una piccola caverna che fungeva da infermeria.
July, con
delicatezza, tolse la maglia al ragazzo per verificare lo stato della
ferita.
-E' molto grave?- chiese Luna, mentre si tormentava le
mani.
-Uhm…no…- disse July mentre con un batuffolo di
cotone imbevuto puliva la ferita. –il proiettile è
facilmente
estraibile, dovrebbe rimettersi presto, però ha bisogno di
riposo
assoluto almeno per qualche giorno- si pronunciò il
medico.
-No…io…devo…salvare…Sinif…-
tossì il
ragazzo, mentre pian piano riprendeva i sensi.
-Tranquillo, ci
penseremo noi a salvare Sinif, ora l’importante e che tu
guarisca…-
disse amorevolmente Luna, accarezzando i folti capelli scuri
dell’amico.
Finn sorrise perdendosi nel blu degli occhi di
Luna e, piano, ritornò nel mondo dei sogni, affidandosi alle
dolci
carezze della sua Luna e alle cure di July.
Qualche
ora dopo, un’altra orda di giganti feriti invase la valle,
capitanata dal gruppo composto da Stun, Sara, il gigante scorbutico
Torres e Stink. Quest’ultimo era portato a spalla da Stun e
Torres,
anche loro con qualche ferita superficiale.
-Cos’è
successo?- disse Asako correndo incontro a Sara.
-Siamo stati
attaccati mentre portavamo i giganti qui nella valle. Stink
è ferito
ad una gamba, ho cercato di bendarla come meglio potevo- disse con il
fiatone Sara.
-Ottimo lavoro! Vieni portatelo da questa parte
così July potrà controllare la ferita.-
-Gli altri sono già
tornati?- chiese la castana.
-Solo il gruppo di Wolf, anche se
lui è rimasto nel villaggio a combattere- disse Asako
indicando un
lettino dove far sdraiare Stink.
-Come mai non è tornato
anche il capitano?- chiese Sara
-Finn e Luna sono stati feriti
e quindi Amlach per permettere a loro di tornare qui senza incappare
nei marine, è restato lì- li informò
la navigatrice.
Stun
appena sentì le parole “Luna ferita” non
ragionò più. Il suo
corpo si pietrificò all’istante, sentendosi come
un grosso macigno
ed impedendogli di muoversi o semplicemente di parlare. Il panico lo
aveva assalito, il sol pensiero che la sua Luna fosse stata ferita lo
mandava in bestia. Perché lui non era lì con lei
ha proteggerla?
Perché quello stupido idiota di Finn non aveva evitato che
lei si
ferisse? Ma soprattutto, dov’era ora Luna? Mille domande gli
affollavano la mente, e la voglia incontrollata di vedere la sua
testolina bionda era sempre più forte. Quella stessa mattina
si era
comportato malissimo con lei, respingendola, solo perché era
geloso
marcio di Finn. Sì, lo aveva capito bene che il suo
comportamento da
scorbutico era solo la conseguenza di una forte gelosia. Durante
quelle ore di separazione, mentre aveva combattuto contro una schiera
di marine, non c’era stato un attimo in cui non aveva pensato
a
lei. Il suo dolce sorriso, le battute e gli scherzi, le sue labbra,
il suo corpo, tutto le era mancato di Luna; e ora sapere che era
ferita e, forse anche gravemente, lo spaventava a morte.
-Dov’è
Luna?- riuscì finalmente a chiedere, Stun, con tono
apatico.
-Laggiù, in quella grotta… e con…-
Asako non
riuscì a finire la frase che Stun si era già
allontanato verso la
grotta indicatagli.
Nella penombra della
grotta, Finn si svegliò, dopo qualche ora di profondo sonno.
Il
giovane ragazzo si guardò intorno per capire dove si
trovasse
esattamente.
Intorno a lui solo roccia e buio con una piccola
luce che giungeva dal suo fianco destro, la quale illuminava
debolmente la stanza rocciosa.
Con fatica, Finn, riuscì a girarsi
mettendosi seduto sul lettino.
-Che stai facendo? Devi restare
sdraiato!- gli disse Luna con tono fintamente minaccioso, mentre un
sorriso di sollievo spuntò sul suo bel viso.
Finn sorrise di
rimando, osservando la giovane biondina accanto a lui, illuminata
dalla flebile luce di una candela, appoggiata su uno spartano
comodino fatto con un ceppo di quercia.
-Cos’hai da
sorridere?- gli chiese Luna, piegando la testa da un lato,
incuriosita dallo sguardo profondo dell’amico.
-Sorrido
perché non riesco ancora a credere che tu sia veramente qui!
Mi sei
mancata così tanto Luna…- disse Finn, prendendo
la mano destra
della ragazza tra le sue ed iniziandole ad accarezzare delicatamente
il palmo.
Luna sentì una serie di brividi di piacere lungo la
schiena, e non capiva il perché. Era confusa come non mai,
stare
vicina a Finn la confondeva, visto che non sapeva cosa provava
realmente per lui. Le sue guance si colorarono leggermente di rosso,
mentre Finn, ostinato, continuava a guardarla intensamente negli
occhi. Luna non riuscendo più a reggere quello sguardo,
abbassò il
viso, cercando un modo per stemperare quella tensione.
-Non
dovevi metterti tra me e il proiettile, hai rischiato grosso! E poi
non lo sai, ma io ho la pellaccia dura!- disse la biondina ridendo,
sollevando nuovamente il viso e, ritrovando gli occhi di Finn sempre
su di lei.
-Non avrei mai permesso che quel marine ti colpisse
Luna. Tu sei importante per me, lo sei sempre stata…-
iniziò Finn,
convinto che quello fosse finalmente il momento giusto per confessare
ciò che provava per la biondina.
-Si, bhe anche tu sei
importante per me… siamo amici da sempre ahahaha- disse Luna
ridendo, cercando di buttare la situazione sul ridere, non voleva
sentirsi dire ciò che Finn stava per dire, le cose si
sarebbero
complicate ancor di più, eppure una piccola parte di lei
sperava che
Finn continuasse a parlare, e così fece.
-Luna è inutile che
ci giriamo intorno, sono stanco di nascondere ciò che provo
per te…-
disse portando il palmo della sua mano sulla guancia destra della
ragazza, la quale si immobilizzò sul posto, avvampando.
-In
questi anni ti ho pensato ogni istante. Ogni giorno mi mancavi sempre
di più e, quando ti ho rivista questa mattina, ho giurato a
me
stesso che ti avrei confessato ogni mio sentimento, perché
io ti amo
Luna!- concluse Finn avvicinandosi pericolosamente alle labbra della
ragazza, la quale aveva spalancato gli occhi dopo quella
confessione.
Con delicatezza Finn circondò il volto della
ragazza con le sue mani e lo avvicinò al suo. Luna non ci
stava
capendo più niente, la sua testa era affollata da mille
pensieri e
domande. Stava facendo la cosa giusta permettendo a Finn di baciarla?
Se da una parte voleva baciare Finn, dall’altra qualcosa
dentro di
lei le diceva che era sbagliato, che non era la cosa giusta da fare,
che tutto sarebbe cambiato e che molti avrebbero sofferto.
Mentre
Luna si poneva tutte quelle domande, le labbra di Finn si poggiarono
sulle sue, delicatamente.
Quasi involontariamente l’archeologa
rispose al bacio, lasciandosi trasportare dall’amore che il
ragazzo
provava per lei, ma che lei non sapeva se lo ricambiasse o
meno.
Dalla piccola entrata della grotta, Stun,
impietrito, assisteva alla scena.
Il dolore lo avvolse, insieme ad
una rabbia e delusione accecante.
La sua Luna stava baciando Finn,
il suo migliore amico, ciò voleva dire che lei lo amava. In
fondo
Luna e Finn erano amici da sempre, avevano condiviso
l’infanzia e
soprattutto entrambi erano figli di giganti e umani. Erano perfetti
insieme, e come aveva detto qualche ora prima la madre di Finn, erano
destinati a stare insieme.
Qualcosa al centro del suo petto blu si
ruppe, inondando il costato di un dolore lancinante, che
difficilmente lo avrebbe mai abbandonato.
Non aveva senso restare
lì, ormai aveva perso ciò che amava di
più, l’unica persona che
lo vedeva, o almeno così credeva, con altri occhi.
L’unica persona
che non lo aveva mai fatto sentire un mostro; ma quella stessa
persona aveva scelto di stare con Finn, un ragazzo normale, non un
mostro come lui.
Voltò le spalle a quella scena, Stun,
incamminandosi verso l’uscita di Ramis, mentre i primi e
potenti
tuoni annunciavano l’imminente temporale che si stava per
abbattere
su Sinif.
ANGOLO
AUTRICE:
Ieeeeeeee ragazzi/e!!!
Non sono la nonna Sasume,
ma la vostra “cara” autrice!
Allora questo capitolino, mica
tanto ino visto la lunghezza O.O, mi convince per metà. Non
so se
possa piacervi tutto questa fase di sentimenti in ribellione, gelosie
e cose varie, forse sto esagerando un po’, allontanandomi dal
vero
obiettivo, non so ditemi voi così mi regolo! Comunque sul
cap non
aggiungo altro, preferisco leggere le vostre recensioni e soprattutto
le vostre reazioni a ciò che ho scritto! ;)
Detto ciò ho un
piccolo annuncio da fare…
ATTENZIONE: AVVISO
IMPORTATE!!!
SAPENDO QUANTO VI PIACCIANO LE STORIE AD OC,
VOLEVO COMUNICARVI CHE, LA MIA AMICA MIYUKI90, PUBBLICHERA’ A
BREVE
UNA STORIA OC. SE SIETE INTERESSATI I POSTI DISPONIBILI SONO 6 (TRE
MASCHI E TRE FEMMINE), CHIUNQUE VOGLIA PARTECIPARE ME LO FACCIA
SAPERE E SARO’ FELICE DI DARVI TUTTE LE INFO CHE DESIDERATE!
GRAZIE
PER LA VOSTRA ATTENZIONE!
Bacioni Kiko90
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2111661
|