Voci dal passato

di virgo78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO IX ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO X ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO XI ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO XII ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO XIII ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO XIV ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO XV ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO XVI ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

Si narra di un tempo in cui una spietata guerra imperversò fra Atena Dea della giustizia e Ares Dio della guerra. ..Atena richiamò a sé i suoi devoti cavalieri contro Ares, il più feroce fra le divinità …
Si narra di come Atena, forte dei suoi cavalieri, sconfisse Ares sigillandone l’anima nella sua stessa spada ….
Il tempo del risveglio è tornato … i Berserker di Ares stanno per rompere il sigillo che teneva imprigionata, in un sonno privo di sogni, l’anima della loro Signore...

 

ps ragazzi recensite perfavore !!! sia in bene che in male basta che mi dite che pensate della storia !!!!

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Capitolo 2
*** CAPITOLO I ***


CAPITOLO 1
 
 
-Se ne è andato!- la ragazza cadde sulle ginocchia, grosse lacrime rigarono il suo viso roseo. Il vento gelido della Siberia portò lontano il suono di quelle parole. Una calda mano si poggio sulla sua spalla destra, Maia alzò lo sguardo verso il suo maestro – lo rivedrai… Cristal ha terminato il suo addestramento – disse l’uomo scrutando l’orizzonte come se cercasse qualcosa- e a te manca poco, poi lo rincontrerai.- le sorrise guardandola negli occhi celesti ancora umidi di lacrime, la ragazza annuì e si alzò da terra. Maia si avviò verso la casetta che per tanti anni aveva condiviso con il suo compagno d’armi, ora avrebbe affrontato da sola l’ultima prova…
 
I primi raggi del sole invasero la stanza, Maia aprì gli occhi a fatica; “di nuovo lo stesso sogno” sospirò. Chissà se quel passato l’avrebbe mai abbandonata. Non era più tornata in Siberia dopo la morte del suo Maestro, ciò che più gli aveva spezzato il cuore era stato l’aver saputo che chi aveva messo fine alla vita del Maestro dei ghiacci prima e, di Aquarius dopo era stato Cristal. Anche lei come il suo amico, per volontà di un padre legato alle tradizioni, aveva intrapreso l’addestramento per diventare un cavaliere di Atena. Con enormi difficoltà era riuscita a conquistare l’armatura delle Pleiadi, aveva fatto ritorno in Grecia la sua Nazione d’origine, dove aveva trovato un padre orgoglioso di quella figlia che aveva cresciuto come un maschio. Quel senso di orgoglio era durato poco. Il suo ritorno in Siberia e la sconcertante verità sulla morte del maestro dei ghiacci l’aveva allontanata da quella strada che la sua famiglia aveva seguito per generazioni. Con grande disappunto del padre Maia aveva deciso di non recarsi al cospetto di Atena, come tutti cavalieri dovevano fare, ma di continuare per una sua strada senza padroni.
Era iniziato cosi il suo cammino “da lupo solitario”.  Aveva incontrato molti nemici e difeso molti innocenti finché, voci di una guerra lontana verso un mostro di nome Arago, l’avevano portata a Tokyo. Li Maia aveva conosciuto cinque giovani, i samurai, con poteri simili al suo che non seguivano alcun padrone ; il loro spirito guerriero nasceva dalla volontà di distruggere il male intorno a loro, di cui Arago e i suoi scagnozzi ne rappresentavano l’incarnazione.
Lì in quel gruppo aveva trovato non solo compagni d’arme che condividevano i suoi ideali, ma anche amici fidati cui però aveva rivelato solo una parte della sua storia. Maia, infatti, non aveva mai spiegato il motivo del suo ripudio verso l’ordine dei cavalieri di Atena,  molte volte gli era stato chiesto ma lei aveva cercato di aggirare comunque la domanda. I Samurai avvertendo il suo disagio avevano fatto cadere l’argomento fino a non domandargli più nulla del suo passato.  
Come poteva una Divinità chiedere a un discepolo di uccidere non uno ma entrambi i suoi maestri e come poteva un discepolo, per quanto devoto alla sua Dea, levare una mano contro chi lo aveva reso cavaliere. Queste erano le domande che accompagnavano Maia ogni qual volta che i suoi pensieri tornavano ai tempi dell’addestramento quando, nonostante le avversità di una natura incontaminata dove i segni di vita si riducevano a qualche villaggio sparso qua e là, la vicinanza di un amico e del suo Maestro rendeva tutto più facile. Maia si alzò di scatto buttando di lato le coperte e si avviò verso il bagno, una doccia avrebbe lavato via quei ricordi spiacevoli.
Uscì dal bagno con ancora indosso l’accappatoio, il leggero bussare alla porta la fece sussultare:

 
  • Si ?- domandò
  • La colazione è pronta principessa!!!-
La voce di Rio la fece sorridere.
 
  • Grazie, arrivo subito!!!-
Sentì i passi di Rio farsi sempre più lontani, cominciò a cambiarsi in tutta fretta senza preoccuparsi di asciugarsi i lunghi capelli.
Aveva imparato ad apprezzare ciascuno dei cinque ragazzi,  ognuno con un carattere diverso: Rio che non si tirava mai indietro negli scontri ed era sempre pronto a rischiare la vita per i suoi amici e per i più deboli; Simo il più pacifico del gruppo; Shido il più impulsivo; Kimo il più giudizioso fra i cinque e infine Sami il più riflessivo fra tutti. Con quest’ultimo  Maia non era riuscita a instaurare lo stesso rapporto che aveva con gli altri; aveva l’impressione di trovarsi un muro davanti.
Aprì la porta e scese rapidamente le scale. Un profumo di uova strapazzate e pane tostato le riempì le narici.

 
  • Mmm che profumino- esclamò sulla soglia della porta della cucina.
Kimo la guardò sottecchi e sorrise.
 
  • Siediti – disse cercando di assumere un tono severo – è pronto-.
Maia abitava nella casa di Rio da tanto ormai, ogni tanto si fermava anche Kimo da loro, figlio di un noto astronomo parecchie volte rimaneva a casa solo allora e si trasferiva per lunghe settimane nella villetta sul lago con lei e Rio.
 
  • Dov’è Rio?- domando Maia.
  • È fuori con Fiamma Bianca- rispose Kimo servendo le uova strapazzate con il pane tostato nei piatti.
– Perché questi capelli bagnati?- domando Kimo osservandola.
Maia sorrise, Kimo era attento ad ogni movimento dei suoi compagni, era un po’ la colla di quel gruppo e, riusciva a tenere insieme i caratteri più disparati.

 
  • Ho fatto di fretta Kimo – rispose Maia toccandosi d’istinto i lunghi capelli.
  • Buongiorno principessa!!! Ti sei svegliata-
La voce di Rio distrasse Kimo, Maia sospirò, almeno per il momento si era risparmiata una tirata d’orecchie.
 
  • Buongiorno Rio, com’è la mattinata fuori- fece Maia.
  • Mmm - Rispose Rio stiracchiandosi- è arrivata l’estate finalmente!- .
Il rombo del motore di un gip li fece voltare contemporaneamente verso la porta:
 
  • Deve essere Ambra- fece Kimo – di buona ora però, è prestissimo-.
Osservò l’orologio da parete che segnava le nove e trenta.
Ambra entrò accompagnata dal piccolo Danny, aveva il viso tirato in una strana espressione nervosa. Nipote di un noto professore di letteratura all’università di Tokyo, era stato suo nonno a indirizzarla verso i samurai e a trasmetterle l’amore per l’antico. Negli anni Ambra aveva continuato gli studi e ora era responsabile del Museo di storie Antiche di Tokyo. Maia ebbe uno strano presentimento nel vedere Ambra arrivare così presto.

 
  • Buongiorno a tutti- fece il piccolo Danny, la mascotte del gruppo.- Mmm che profumino-.
  • Danny - fece Ambra con un tono che non ammetteva repliche-, va fuori a giocare con Fiamma Bianca- i tre ragazzi si guardarono fra loro, era ovvio che qualcosa non andasse.
  • Ok – fece il ragazzo tirando il broncio- posso prendere un po’ di pane tostato-, disse rivolto a Kimo.
  • Certo -rispose il ragazzo- prendine quanto ne vuoi- disse porgendogli il cestino pieno di pane tostato.
Il bambino prese tre fette di pane e si avviò verso la porta che dava sul giardino. Ambra si accertò che Danny fosse uscito poi aprì il suo computer portatile e avviò quello che doveva essere un filmato, secondo Maia. I tre ragazzi si disposero alle spalle della giovane scambiandosi occhiate perplesse, poi Rio disse:
 
  • Si può sapere che è successo, sei entrata con una faccia da funerale!-.
Ambra gli rivolse un leggero sorriso poi concentrò la sua attenzione verso lo schermo del computer, il filmato non era ancora partito, si volse verso i ragazzi e disse:
 
  • Stanotte c’è stato un furto al museo- disse tutto di un fiato.
  • Quindi – rispose Kimo -da che punto di vista ci può riguardare un furto al museo?
  • Guardate- e avviò il filmato.
Le immagini si concentravano su una teca di cristallo, all’interno si trovava una spada, non di fattura giapponese come quella dei Samurai, ma risalente probabilmente a un’altra epoca agli albori della storia quando l’uomo conviveva con il mito, osservò Maia. I suoi occhi celesti colsero qualcosa, una pergamena sembrava essere apposta su quella spada.
 
  • Puoi… puoi ingrandire l’immagine sulla pergamena- balbettò Maia.
Ambra sorrise e armeggiando con i tasti del computer ingrandì l’immagine. La ragazza sbiancò, Rio e Kimo colsero quello strano movimento e si scambiarono un’occhiata perplessa; da troppo tempo conoscevano Maia per non accorgersi che qualcosa l’avesse turbata.
Sul computer apparve una scritta doveva essere greco antico, pensò Kimo.
- Aθηνα̃,  – sussurrò Maia.
- Cosa?!- esclamò Rio
Prese la parola Ambra:

 
  • E’ greco antico, c’è scritto Atena.-
Disse continuando a guardare il monitor.
- La spada in questione è stata trovata in una collezione privata, pare provenga dalla Grecia dove è stata rinvenuta ai piedi del Partenone di Atene. Non si sa molto su questo pezzo tranne che probabilmente era legata a una statua altrettanto grande….-.
 Lasciò la frase in sospeso
- Tuttavia – continuò- questa è la parte forse più normale del filmato-

 
  • Infatti-, continuò Rio- in fin dei conti, si tratta di un pezzo d’antiquariato con una scritta sopra, cosa può spaventarti in tutto questo?- domando inarcando un sopraciglio.
  • Hai ragione Rio- fece Ambra armeggiando nuovamente con i tasti del computer- ma il filmato non finisce qui. Guardate.-
Indicò qualcosa nello schermo che fece sudare fredda Maia. La scena passava dalla teca di cristallo a una figura nera che si avvicinava alla spada, il ladro in questione indossava un’armatura che nulla aveva a che fare con quella dei samurai, la sua fattura era identica a quella di Maia.
- Non è tanto la presenza di quel ladro ad avermi fatto preoccupare, ma il fatto che nonostante l’ esistenza di allarmi super moderni nemmeno uno abbia cominciato a suonare!  Il custode  poi, è stato rinvenuto in stato di choc con un’espressione di terrore sul volto- Ambra richiuse il computer e si giro a guardare i tre ragazzi.
- Non vorrei agitarvi, e non l’avrei fatto se tutto ciò non mi fosse parso alquanto strano, credo che purtroppo non si tratti di un semplice furto. Maia – continuò- so che per te è un tasto dolente ma.. pensavo che forse tu avresti potuto dirmi qualcosa di più. Forse in una tua qualsiasi visita ad Atene…-.
- No!- la interruppe Maia girandosi di spalle, il capo chino e le mani strette a pugno- io non sono mai stata in Grecia –mentì- non ne so un bel nulla né d’Atene, né del Partenone né dei lacché della Dea Atena!!-
Si giro verso i tre amici, gli occhi che da celesti erano diventati di un blu cupo:
- Mi dispiace Ambra non so esserti di aiuto, ma, andrò a verificare cosa è successo in prima persona-
Si avvicinò alle scale.
- Dove credi di andare da sola ! - la fermò Rio.
- A vedere con i miei occhi quello che è successo- continuò Maia.
- Non andrai da sola- intervenne Kimo - siamo un gruppo e ci muoveremo insieme. Rio verrà con te mentre io mi preoccuperò di avvertire gli altri-.
Maia chinò il capo: - Ok, vado a cambiarmi e andrò con Rio al museo. Ambra potresti accompagnarci?-
Ambra sorrise – Sì, con piacere-
Maia si avviò verso le scale che conducevano alla sua stanza; improvvisamente si sentiva tutto il peso del mondo addosso, il passato che tanto aveva tenuto lontano stava tornando.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II ***


II capitolo
Il sole splendeva, riflettendosi sui marmi bianchi delle dodici case di Atene, nulla faceva presagire qualche tipo minaccia. Isabel, tuttavia, aveva sentito quasi uno scossone dentro di se, come se una potenza immensa tentasse di schiacciarla. Dopo aver avvertito quella sensazione la ragazza aveva richiamato a se tutti i cavalieri, i cinque che erano già presenti e i cavalieri di bronzo oramai divenuti Cavalieri d’oro. Seduta sui gradini della stanza del trono, rifletteva su che cosa potesse minacciare questa volta l’equilibrio che si era creato dopo la sconfitta di Nettuno. Presa da quei pensieri, non si accorse dell’arrivo del cavaliere di Virgo.- Milady va tutto bene ?-
Isabel sollevò il capo di scatto e sorrise di fronte a quella visione angelica, sarebbe stato inutile mentire sapeva che Virgo, nonostante cieco all’apparenza, vedeva molte più cose di tutti i Cavalieri messi insieme.
La ragazza sospiro:- No Virgo, il senso di angoscia che mi ha portato a convocarvi tutti nuovamente al grande tempio non mi abbandona. Ho la sensazione che qualcosa debba succedere da un momento all’altro ma cosa- si fermò sospirando di nuovo- non saprei dirti.-
Chinò di nuovo il capo. Il cavaliere della sesta casa si avvicinò di più alla sua Dea: - Non tema Milady, anche questa volta riusciremo -
La ragazza sorrise ma, non si mosse dai gradini dove si era accovacciata: -Ma dimmi – riprese con tono serio – i cavalieri sono arrivati tutti?-;
il Cavaliere fece un cenno di assenso:- Tutti Milady tranne Phoenix. Cristal è arrivato ieri sera dalla Siberia e Sirio stamattina dai Cinque Picchi ma di Phoenix nessuna notizia.- continuo il cavaliere d’oro.
Isabel sospiro di nuovo; Phoenix non era per nulla cambiato in quegli anni nonostante lei lo avesse ordinato cavaliere d’oro del Cancro. Abituato a una vita da “ lupo solitario “ non riusciva proprio a fermarsi più di una settimana con gli altri cavalieri. A differenza di Sirio e Cristal, che comunque chiedevano il suo permesso anche per tornare nei rispettivi luoghi di addestramento, Phoenix non voleva sentire ragioni. Lui non era abituato a tutte quelle “smancerie”; con questa frase l’ultima volta era sparito nel nulla nonostante le suppliche di suo fratello Andromeda. No Phoenix non sarebbe mai cambiato. Isabel si alzò dai gradini su cui era seduta accompagnata dal fruscio della lunga gonna. Poggiò una mano sulla spalliera del trono dorato facendo vagare il suo sguardo verso la tenda rossa che nascondeva le scalinate che conducevano alla statua d’oro della Dea. Chi o cosa avrebbero incontrato questa volta, e quanto dolore avrebbe riletto nel volto dei suoi amati cavalieri.
Fu distolta dai quei pensieri dalla voce stridula di Mylock che inveiva contro qualcuno:- Razza di maleducato, come osi voler entrare nella sala del trono di Milady senza essere annunciato!!. – urlava. Isabel e Virgo si scambiarono un’occhiata prima di guardare verso il pesante portone che si apriva, accompagnato da un cigolio.
- Avanti zucca pelata, non essere così fiscale! Isabel è abituata alle nostre visite- la voce di Pegasus invase la stanza.
-Come osi- continuo a urlare Mylock – devi rivolgerti a Lady Isabel con il dovuto rispetto. E tu- disse puntando il dito verso la fragile figura che
era alle spalle di Pegasus – tu Andromeda, pensavo fossi diverso rispetto a questa massa di maleducati.- Andromeda senti il sangue fluire alle guance e divenne rosso come un peperone.
- Ho tentato di fermarlo Mylock- continuò Andromeda ancora rosso in viso – ma non ha voluto sentire ragioni-.
Lady Isabel osservò i due Cavalieri e sorrise, per la prima volta in quei giorni ebbe un aspetto più rilassato, notò Virgo
- Mylock- il tono di Isabel non ammetteva repliche- lasciali entrare-
-Ma Milady ….- piagnucolò Mylock.
- ho detto lasciali entrare! - ordino Isabel.
- Come desidera- chinò il capo Mylock in segno di rispetto- con voi due faremo i conti dopo- sussurrò uscendo.
- Allora mia bella principessa- disse Pegasus avvicinandosi al trono dov’era Lady Isabel - cosa ti ha portato a convocarci tutti così d’urgenza- continuò Pegasus sorridendo.
Isabel osservò Pegasus con i capelli scompigliati come il solito e gli occhi di un bambino pronto sempre a combinarne una e sorrise; in quegli anni Pegasus era cresciuto da ragazzo era diventato uomo ormai, le battaglie lo avevano reso più forte e sicuro di sé ma non avevano scalfito quel carattere ribelle e provocatorio che era diventato quasi un marchio associato al suo nome.
- Mi dispiace avervi convocato di fretta e furia – abbassò gli occhi Isabel- ma ancora non so con esattezza di cosa si tratta. Ho avvertito questo cosmo intenso che mi ha quasi schiacciata per qualche secondo, di natura sicuramente divina, vista la vastità con cui mi ha investito, ma chi o cosa sia questo ancora non lo so- sospiro la giovane.
- Milady lei non è riuscita a riconoscerlo?- domando il timido Andromeda.
Isabel scosse la testa ma non rispose.
- E tu Virgo ? - domando Pegasus al cavaliere della sesta casa come se si fosse accorto di lui solo in quel momento- non hai capito nemmeno di chi possa trattarsi?-
Il cavaliere fece un cenno del capo con la solita calma che lo contraddistingueva.
Pegasus pensò che probabilmente nulla avrebbe potuto scalfire quell’espressione pacifica che il cavaliere della Vergine aveva stampato sul viso o meglio, qualcuno c’era riuscito, penso Pegasus sorridendo, ma al momento non era in quella stanza. D’istinto osservò Andromeda i lineamenti delicati erano tesi in un’espressione di nervosissimo; sì, pensò, erano proprio diversi i due fratelli, uno così “sfacciato” e rude, l’altro delicato e dolce. Scrollò le spalle, com’era strana la natura.
- Bè allora noi cosa dovremmo fare?- Pegasus interrogò Lady Isabel
- Al momento nulla Pegasus, non resta altro da fare che aspettare la mossa di quest’avversario, poi agiremo di conseguenza- rispose la ragazza.
- Ok allora andrò a dare una bella spolverata alla casa del Sagittario, sai com’è oramai sta diventando un pezzo di antiquariato- sogghignò
- Ma Pegasus- lo implorò quasi Andromeda- Milady lo perdoni. Per fortuna non c’è Mylock, gli farai prendere un infarto, prima o poi- continuò rivolto all’amico-.
- Ma no- fece Pegasus con la solita aria strafottente e,  si avviò verso la porta alzando una mano di spalle in segno di saluto.
- Con permesso Milady- fece Andromeda chinando il capo- lo seguo prima che possa combinare qualche altro guaio-
Isabel sorrise chinando il capo a sua volta e li osservò uscire dalla sala del trono, poi si rivolse verso Virgo quasi ad aver avvertito il suo sguardo su di sé.
- Avete un’altra espressione quando c’è, uno di quei cinque ragazzi qua intorno- osservò il cavaliere.
- Hai ragione- dovette ammettere la ragazza - sono così spensierati che mi piange il cuore a vederli impegnati in una nuova battaglia- e si mosse per andarsi a sedere di nuovo sui gradini che portavano al trono d’oro.
 
 
ALLORA RAGAZZI CHE NE DITE è IL CASO DI CONTINUARE !!!!

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Capitolo 4
*** CAPITOLO III ***


CAPITOLO  III
 
Cristal entrò nell’undicesima casa, un tempo dimora del suo maestro Aquarius, i rumori della battaglia che si era consumata qualche anno prima, parevano ancora risuonare tra quelle bianche mura. Lady Isabel aveva fatto riparare tutti i danni provocati da quei potenti colpi, ma nulla avrebbe potuto curare la ferita lasciata dalla morte del suo maestro. Aquarius aveva lasciato il dominio delle energie fredde a quel discepolo che lo aveva superato in tutto. L’orgoglio del cavaliere dell’undicesima casa era stato ferito dalla presenza di quel giovane ragazzo che, aveva messo in discussione il suo stesso ruolo di cavaliere d’oro protettore della Dea Atena. Preso da quei pensieri non si accorse della presenza dei due amici arrivati in quel momento.
- Che cosa guardi Cristal- esordì Pegasus- il soffitto ?-
Cristal si girò di scatto. La voce di Pegasus lo aveva distratto da quei pensieri, la sensibilità non era certo il suo forte penso Cristal.
- Chi poteva essere se non tu- fece Cristal tagliente.
- Scusalo Cristal sai com’è fatto- fece Andromeda avvertendo la tensione nella voce dell’amico.
- Non potrai continuare a scusarlo per l’eternità-
Rispose Cristal freddo.
- Che ho detto di male- fece Pegasus imbronciato- penso solo che non sia il caso di continuare a rimuginare sul passato soprattutto con i guai che stanno per arrivare!- esclamo offeso per poi dirigersi verso la porta di uscita.
- A cosa si riferisce- fece Cristal guardandolo uscire.
- Ti spiegherà tutto Lady Isabel- Andromeda si fermò a guardare l’amico - Cristal, non puoi continuare a tormentarti per una colpa che non hai, non volevi quello scontro e lo sai benissimo- terminò con voce dolce.
Cristal non rispose.
- Ci vediamo dopo allora- disse Andromeda seguendo Pegasus. Si volto un ultima volta, prima di uscire dall’undicesima casa di cui Cristal ora ne era il custode. Guardò l’amico che era rimasto immobile alle sue ultime parole. Cristal non aveva mai dimenticato quello scontro, aveva sofferto e continuava a patire in silenzio, il suo carattere lo portava a essere taciturno e a non parlare mai di ciò che lo turbava. Andromeda lo sapeva
bene, quel senso di colpa lo stava distruggendo, continuò a pensare scendendo i gradini che portavano alla decima casa ancora incustodita dopo la morte di Capricorn, un'altra vittima di Arles. Cristal a differenza di Andromeda e Pegasus, non si fermava mai per molto tempo al grande tempio, preferiva tornare in Siberia, rifugiandosi tra quelle fredde terre, cercava di scappare da un passato che lo tormentava. D’istinto pensò al fratello, chissà dov’era in quel momento e se stava bene, non aveva sue notizie da molto. Phoenix avrebbe fatto il suo ingresso eroico nella prossima battaglia per poi sparire di nuovo senza lasciare traccia, era fatto cosi.
Andromeda usci dalla casa del Capricorno e si apprestò a entrare nella casa del Sagittario che Pegasus aveva ereditato direttamente da Micene, il cavaliere d’oro della nona casa. La guerra la madre di tutte le violenze era nuovamente in agguato.
****
A Maia sembrò infinita la strada che portava in città; da quando aveva visto quel filmato sul computer di Ambra, non aveva proferito parola. Kimo e Rio si erano accorti di quel cambiamento ma se si erano limitati a osservarla senza farle altri commenti. Guardando fuori dal finestrino, a Maia parvero passargli davanti i cinque anni dell’addestramento in Siberia; chi avrebbe incontrato al museo, e se fosse stato Cristal o qualche altro scagnozzo di Atena lei come avrebbe reagito, in fin dei conti quello che aveva visto sullo schermo del computer era un ombra.
Rio che aveva deciso di accompagnarla, la scrutava dallo specchietto retrovisore, Ambra lo guardò sottecchi e, cercando di alleviare un po’ la tensione disse:- Fiamma Bianca è sempre li? -
- Si - fu la secca risposta di Rio; era ovvio che il samurai fosse preoccupato per Maia, penso Ambra, in fin dei conti era diventata loro compagna d’armi e amica. Quella ragazza l’aveva sempre incuriosita, era comparsa così dal nulla e aveva salvato Simo dall’attacco di un guerriero del male. I samurai, un po’ diffidenti all’inizio, in seguito si erano legati a lei come a una sorella, tutti tranne Sami che aveva mantenuto un certo distacco da Maia; cosa insolita per il Samurai della luce, padrone della virtù della sensibilità. Tante volte Ambra, avrebbe voluto chiederle del suo passato ma, Maia riusciva in un modo o in un altro a svincolarsi dal discorso. Cosa l’aveva allontanata da Atena? perché aveva ripudiato gli ideali per i quali era diventata cavaliere? Domande cui Ambra ancora non riusciva a trovare una risposta anche se, dopo la reazione di Maia quella mattina, non aveva più dubbi qualcosa di terribile l’aveva portata tanto lontana dalla sua Dea.  In quel momento i suoi pensieri furono interrotti dalla vista degli alti palazzi della città.
- Siamo quasi arrivati-, disse, ma non ebbe alcuna risposta.
A Maia sembrò di ricevere un pugno nello stomaco.
“Ci siamo”, penso sospirando, “ avanti Maia cosa vuoi che succeda, anche se ti troverai davanti Cristal è difficile che ti riconosca. “Oddio” – continuo – “ma a chi voglio prendere in giro”.
-Eccoci- fece Ambra parcheggiando davanti al museo.
Scesero tutti e tre dalla gip rossa, Rio si guardò intorno quasi a voler cercare qualcosa, sempre seguito dall’inseparabile Fiamma Bianca, poi si girò verso Maia e la trovò un po’ distante da lui con il naso all’insù a scrutare chissà cosa verso il lato opposto della strada.
-C’è qualcuno lassù- fece Maia guardando fisso il punto più alto del palazzo di fronte a loro.- Non vedo nulla- fece Ambra guardando anche lei verso l’alto.
NESSUNA OPINIONE RAGAZZI????

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Capitolo 5
*** CAPITOLO IV ***


CAPITOLO IV
 
-Io lo sento Ambra e non è nulla di buono-. “Non deve essere un cavaliere di Atena”, aggiunse mentalmente, “il cosmo che lo accompagna ha qualcosa di oscuro. Bè almeno non mi troverò faccia a faccia con uno di loro”.
Andò verso la gip, aprì il bagagliaio e prese  lo scrigno contenete la sua armatura. Per un attimo sfiorò i bassorilievi che rappresentavano le sei pleiadi poi, come se uscisse da un sogno, si mise lo scrigno sulle spalle e si avviò versò l’edificio di fronte.
-Dove stai andando ?- fece Rio allarmato seguendola.
Non capiva cosa stesse succedendo a Maia ma il suo volto, di solito dolce e sorridente, era diventato una maschera di durezza.
-Vado a vedere chi ci spia- rispose.
Rio istintivamente guardò verso l’alto. - Senza di me non andrai in nessun posto, anche perché Kimo e gli altri mi ucciderebbero se dovesse succederti qualcosa-.
Maia si fermo sul primo gradino del palazzo e sorrise.
-Non ho nessuna intenzione di andare da sola ma, se fossi in te, indosserei la protoarmatura non è il caso di rischiare. Non credo che chi ci sta guardando sarà molto gentile nei nostri confronti- disse continuando a sorridere.
Rio annuì e superandola entrò nel portone del palazzo accompagnato da Fiamma Bianca dove, avvolto da una luce intensa,  indossò la protoarmatura.
Maia di suo, indosso l’armatura delle Pleiadi. Il colore blu oltremare delle vestigia metteva in risalto il biondo castano dei suoi capelli. I suoi occhi però non erano del solito colore, celesti come il cielo a primavera, ma avevano assunto tonalità più scure.
Alle loro spalle comparì Ambra:
-Vengo con voi – disse
-Non credo sia il caso Ambra- rispose Rio- non sappiamo cosa ci aspetti lassù, non vorrei corressi qualche rischio inutile.- concluse.
- E’ vero Ambra- continuò Maia- e poi chi farà da guida agli altri quando arriveranno. Non vorrai mica che Shido abbatta tutti i palazzi prima di trovarci. - Continuò sorridendo.
- Ok va bene ma siate prudenti voi due- disse chinando il capo.
Rio e Maia si avviarono per le scale; era un edificio di quattro piani che terminava con una porta che dava sul terrazzo.
Giunti davanti a quella porta, Maia poggiò la mano sulla maniglia di ferro e sostò un paio di minuti. Rio si accorse di quell’ incertezza e d’istinto mise la sua mano su quella della ragazza- Andrà tutto bene Maia, qualunque cosa succeda o chiunque ci sia dietro questa porta, ricorda che tu non sei sola- concluse. Maia sorrise.

 
****
Kimo andava avanti e indietro per il soggiorno. Era riuscito a rintracciare Simo e Shido che sarebbero arrivati da lui nel giro di dieci minuti, ma di Sami nessuna traccia.
-Avanti, rispondi a questo maledetto telefono !!- imprecò, continuando a girare per la stanza. Il piccolo Denny lo osservava comodamente seduto sul divano. - Ah finalmente rispondi Sami – disse Kimo quasi urlando- questa forse è la trentesima volta che ti chiamo. Dove ti trovi?- continuò attendendo la risposta del suo interlocutore.- Perfetto, la palestra quanto dista dal museo, dove lavora Ambra?- ancora silenzio in attesa della risposta di Sami. – allora recati, immediatamente lì. Maia e Rio sono andati al museo con Ambra, c’è qualcosa che non va nell’aria Sami, e quei due pazzi scalmanati chissà cosa sono in grado di combinare!!!- continuo Kimo attendendo la risposta dell’amico.
-Ok allora ci vediamo lì. - e chiuse la telefonata. Poi si rivolse al piccolo Denny – Tu resterai a casa Denny.- disse con un tono che non ammetteva repliche. Il bambino mise il broncio e disse- Ma potrei esservi d’aiuto.- quasi piangendo.
-No!- ordino Kimo - non sappiamo chi ci troveremo davanti- poi si addolcì, non riusciva mai a essere troppo duro con quel bambino che aveva imparato ad amare come un fratello più piccolo- cerca di capire Denny -  disse avvicinandosi e scompigliandogli i capelli- questa volta non è come le altre, farai il buono?- chiese.
-Va bene Kimo - rispose il piccolo abbassando gli occhi – farò come mi dici.-
Il suono continuo del campanello annunciò l’arrivo di Simo e Shido.
- Bene - fece Kimo avviandosi verso l’ingresso – sono arrivati- continuò aprendola porta.
Si trovo davanti Simo e Shido. Avevano ancora i capelli bagnati era ovvio, penso Kimo, che stavano rilassandosi al lago. Provò un po’ di rammarico per averli disturbati ma, la situazione esigeva la loro presenza. Shido disse – Allora si può sapere che è successo- aveva ancora il fiatone.

-Non ho tempo di spiegarvi ora, muoviamoci! Sami è già lì- disse Kimo tutto di un fiato, e senza dare il tempo di rispondere li spinse verso l’uscita. Si voltò solo per salutare il piccolo Denny che era rimasto
a guardali in silenzio – fai il bravo bambino ok ?- aspettò il gesto di assenso di Denny e poi uscì lasciando il piccolo a fissare la porta.
 

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO V ***


CAPITOLO V
 
Sami restò un paio di minuto immobile a fissare il telefonino. Poi lo ripose in tasca e si apprestò a uscire. La palestra distava dal museo un paio d’isolati, avrebbe impiegato una decina di minuti ad arrivarci. La chiamata di Kimo l’aveva raggelato, sapeva bene che l’amico si comportava in quel modo solo quando c’era qualcosa che lo turbava; ciò che agitava di più Sami era però, non sapere a cosa stavano andando incontro Rio e Maia.
Si spostò distrattamente il ciuffo biondo dagli occhi e si avviò lungo una scorciatoia che lo avrebbe portato prima al museo. Si ritrovò a pensare a quella ragazza che aveva movimentato la vita dei cinque samurai. Non sapeva perché ma la sentiva in pericolo, come se un’ombra fosse calata su di lei. Si apprestò a girare l’ultimo angolo e si trovò davanti alla gip di Ambra, la ragazza con le braccia incrociate sul petto appoggiata allo sportello dell’auto, appena lo vide sorrise:
- Finalmente sei arrivato?- disse tutto di un fiato.
- Sì, e vorrei capire che sta succedendo, visto che Kimo non mi ha detto un bel niente!!!- continuo Sami con lo sguardo cupo.
Ambra sorrise e, brevemente raccontò quanto era accaduto a Sami, poi alzò il viso fissando il  terrazzo del palazzo di fronte:
-Che staranno combinando?- sospirò.
- Bè se non abbiamo visto nessuno volare da lassù vuol dire che ancora sono calmi!!!.- una voce dietro di loro li fece sobbalzare.
- Siete arrivati!!!- Quasi urlò Ambra accogliendoli con un sorriso.
- Dove sono Maia e Rio?- domando preoccupato Simo.
- Sono già lassù – rispose Sami cupo.La risata di Shido fece voltare tutti.
-Che hai da ridere?- chiese Kimo un po’ infastidito da quel comportamento, non era certo il momento di scherzare.
-Rido perché quei due pazzi si vanno a cacciare sempre nei guai, anzi questa volta devo rimproverarli perché non mi hanno aspettato.-
Disse Shido continuando a ridere.
- Cosa ci trovi di tanto divertente non l’ho capito, comunque muoviamoci- lo rimproverò Kimo, poi si rivolse ad Ambra :- Tu resta qui Ambra, non vorrei….-ma non fece in tempo a finire la fase, Ambra scatto come se l’avesse morsa qualcosa.
- E no caro Kimo, io non starò qui a fare la guardiana all’auto! Questo furto mi riguarda da vicino. Ti vorrei ricordare che  l’oggetto è stato rubato dal museo di cui io sono responsabile.- e con un gesto di stizza spostò il lunghi capelli castani.
Kimo rimase senza parole di fronte alla reazione di Ambra, poi sconfitto disse:- Va’ bene, Ambra, ma rimarrai dietro di noi.-
Dopo aver ascoltato la sua risposta, la ragazza si girò di spalle e si avvio verso l’ingresso del palazzo.
- Eh le donne caro amico... – fece Shido passandogli affianco e seguendo l’amica.
- Non prendertela Kimo, sai com’è fatta Ambra, non correrà alcun rischio- lo consolò Simo – ora sbrighiamoci però- continuò guardando il punto più alto del palazzo – lassù hanno bisogno di noi.-
E si avviarono verso il portone seguiti da Sami.
 

 
N. B mini capitolo per introdurre poi quello della prima battaglia ... alla prossima

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI ***


CAPITOLO VI
 
Maia aprì la porta, la luce del sole ferì i suoi occhi chiari. Man mano che si abituò all’improvviso bagliore scorse due figure. Una possente l’altra più esile. Entrambe avvolte da un mantello scarlatto. Stavano poggiate al muretto che recintava l’intero terrazzo; girate di spalle, parevano ignorare la loro presenza.
- Ben arrivati - fece una delle due figure. La voce sensuale e quasi ammaliante era senza dubbio quella di una donna, pensò Maia.
L’esile figura si staccò dal muretto e voltandosi cominciò ad avvicinarsi a loro.
- Vi stavamo aspettando.- Continuò.
La donna si muoveva con fare sinuoso, il mantello scarlatto si avvolgeva alle sue flessuose gambe.
I capelli neri, che incorniciavano un viso pallido e spigoloso, ondeggiavano mossi da un vento invisibile e i suoi occhi blu, come la notte senza stelle, parevano scrutarla fino al fondo della sua anima.
- Maia delle Pleiadi- continuò scandendo bene le parole - Un cavaliere di Atena in Giappone in compagnia di un samurai? Che cosa curiosa.-
Domandò accompagnando le parole con un gesto del capo che indicava Rio.
Maia, mascherando l’improvvisa irritazione che provava nei confronti di quella donna, sorrise dicendo:
- E’ maleducazione non presentarsi e chiamare per nome chi invece ignora la tua esistenza.  Con chi ho l’onore, o forse no, di parlare- rispose beffeggiandola.
- Insolente!- s’irritò la donna – neanche immagini con chi stai parlando! –
Continuò quasi urlando. Rio sorrise ascoltando Maia. La conosceva bene oramai e sapeva, che una delle sue più grandi “virtù”, era fare perdere la pazienza a chi aveva di fronte. Maia continuò:
- E’ di grazia- disse deridendola- con chi starei parlando?-
- Razza di arrogante io…- e fece un altro passo ma fu fermata dalla figura che intanto era venuta avanti.
A Rio sembrò un colosso. Indossava un’armatura che ricordava le vestigia spartane e portava l’elmo sotto il braccio Il gigante era completamente calvo. Gli occhi apparivano come fessure sotto le sopracciglia folte e il viso, abbronzato e rude, era incorniciato da una barbetta nera.  Sotto il mantello Rio intravide la spada che era stata rubata al museo.
Il giovane samurai si mise in guardia.  
“ Accidenti”, pensò, “quando arriveranno gli altri”. Guardò furtivamente Fiamma Bianca, appariva inquieta e quasi spaventata. Non sapeva perché ma aveva la sensazione che quelli che avevano di fronte non erano semplici guerrieri. D’istinto cercò con lo sguardo Maia; lei, il viso tirato in un’espressione di nervosismo, aveva stampato un sorriso beffardo sulle labbra.
- Ragazzina! – tuonò l’uomo- porta rispetto verso i cavalieri di rango più alto del tuo! -
- E chi mi dice che voi siate cavalieri di rango più alto del mio. In fin dei conti le informazioni che avete sul mio conto non sono del tutto corrette - continuò Maia sempre con il sorriso sulle labbra.
“Ora la ammazza” pensò Rio, e si avvicinò di più alla ragazza.
- E in che cosa abbiamo sbagliato? - disse l’uomo.
- Io non sono un cavaliere di Atena ! - Maia quasi urlò nel dire quelle parole.
 - A no ? – fece l’altra donna sorridendo e mettendo in mostra una fila di denti bianchissimi
- Eppure, la tua armatura ricorda molto le vestigia dei cavalieri di Atena.-
Maia divenne paonazza in volto ma mantenne la calma, poi disse:
- I miei compagni sono i Samurai. Voi piuttosto siete le marionette nelle mani di quali divinità?- Disse acida.
Rio vide il volto dell’altra donna divenire ancora più bianco:
- Come osi rivolgerti in questo modo a noi cavalieri di Ares! - Disse con voce isterica.
“Ecco svelato il mistero”, pensò Maia.
- I cavalieri di Ares…- ripeté Maia- e che ci fanno due cavalieri del vostro livello cosi lontani dalla loro terra d’origine ?- Li sbeffeggiò ancora Maia.
- Ora basta ragazzina ! - La ammonì la figura alle spalle della donna.
- Io sono Kratos “ la potenza” e la donna al mio fianco è Alala “ il grido di guerra”. Seguivamo il nostro signore Ares nelle battaglie agli albori della storia. Se ci troviamo cosi lontani “dalla nostra terra d’origine ” e per recuperare la spada che era custodita in quel museo. In quell’antico monile alberga l’anima del nostro signore che Atena sigillò ai tempi del mito. Tu cavaliere senza padroni, come osi insultare noi che siamo tuttora riconoscenti al Dio che ci ha investito a Cavalieri.-
 Kratos avanzò di un altro passo. Rio guardò Maia, la ragazza fissava i due cavalieri e rispose con tutto l’ardore di cui era capace:
 -Chi sia il vostro Dio poco importa-  la voce quasi ridotta a un sibilo –se vi obbliga a rubare per lui pur di essere riportato alla luce. Divinità senza spina dorsale che usano voi, perché loro sono troppo codardi per mostrarsi in prima persona!!-
Maia aveva alzato la voce, le sue parole furono accompagnate da un vento gelido e il suo corpo circondato da un’aurea bianca. Rio ebbe l’impressione che Kratos avesse toccato un tasto dolente per la ragazza. In quel momento, il samurai notò la presenza degli altri quattro compagni che erano comparsi sulla porta che dava sul terrazzo, seguiti da Ambra. I ragazzi si avvicinarono. Fu Shido a parlare per primo:
- Comincia a far freddo, hanno urtato la suscettibilità di quella testa calda di Maia? - Domandò con il solito umorismo e alzò il viso al cielo. Piccoli fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo limpido. Il Cavaliere delle pleiadi stava facendo ricorso al suo potere.
 La ragazza ordinò con voce alta:
 - Ora, voi due tornerete da dove siete venuti e lascerete qui quella maledetta spada- terminò.
La risata sguaiata di Alala infervorì ancora di più lo spirito guerriero di Maia. Il guerriero di Ares continuò dicendo:
- Padrona delle energie fredde- osservò Alala incrociando le braccia sul petto - deve essere stata allieva del Maestro dei Ghiacci e di Aquarius, il cavaliere d’oro che presiedeva all’undicesima casa. Voci di guerra sostengono che sia caduto nella battaglia delle dodici case, per mano del suo stesso discepolo Cristal il Cigno-.
Avanzò verso Maia continuando a provocarla con una voce simile al sibilo di un serpente.:
-Dicono che sia Cristal stesso a essere il custode dell’XI casa ora. -
Il vento da prima leggero divenne quasi bufera. Maia concentrava il suo potere nelle due mani; sembrava una sfera di cristallo. Lì in quel turbine di aria e gelo convogliava tutta la sua rabbia. La ragazza, dopo un paio di minuti di silenzio, chinò il capo a guardare l’energia che si era concentrata nelle sue mani. Poi con occhi di fuoco fissò Alala e disse:
- Non osare in mia presenza nominare quel vigliacco. Lui che per amore di Atena ha levato la mano su entrambi i suoi maestri! Lui che per essere un fedele servo di quella che si proclama Dea della giustizia ha rinnegato chi lo aveva reso cavaliere! Non osare Alala  e questo non è un avvertimento ma un ordine!!-. Fu una frazione di secondo che ai samurai parve un’eternità, sembrò che il cielo stesso si fosse scagliato contro Alala, che si ritrovò a terra con il pettorale dell’armatura completamente congelato.
Il samurai della luce fece passare il suo sguardo da Maia alla donna che era rimasta a terra frastornata dal colpo subito. “ Ora si spiega tutto “ pensò Sami.  D’un tratto parve tutto chiaro. Capiva perché la ragazza cercava sempre di deviare il discorso quando si parlava del suo addestramento, della sua investitura a cavaliere dei suoi maestri. Ma chi era questo Cristal il Cigno? Si chiese. Cercò lo sguardo dei suoi compagni, anche loro avevano collegato i pezzi del mosaico che ricostruiva il passato cui Maia cercava di sfuggire e il suo ripudio verso quella Dea cui doveva obbedienza. Sami cercò Maia con lo sguardo.
La ragazza, ancora in preda alla rabbia disse: - Cedimi quella spada Alala, subito! -
La donna si levò da terra aiutata dal suo compagno. Si asciugò il rivolo di sangue che colava dall’angolo della bocca con il dorso della mano. Guardò con occhi che brillavano di soddisfazione Maia, poi alzò il braccio; a quel gesto una decina di guerrieri tutti con vestigia nere come la notte circondarono i samurai.
-Sei la degna discepola dei tuoi maestri mi complimento Maia delle pleiadi. Mai nessuno mi aveva atterrato con un colpo solo- poi scoppio in una ristata isterica.
- Cosa ci trovi di tanto divertente- s’intromise Rio.
Fu Kratos a intervenire: - Non vi siete accorti di nulla Samurai? – domandò. Non ricevendo risposta continuò - La provocazione, devo dire ben riuscita di Alala, vi ha distratto per bene.- Abbozzò un ghigno malefico.
A quelle parole seguì l’urlo di qualcuno. Maia si volto di scatto, Ambra giaceva svenuta fra le braccia di uno dei guerrieri comparsi dal nulla.
- Maledetto, lasciala!- Urlò Maia, e fece per scagliarsi contro il guerriero che teneva prigioniera Ambra.
Fu fermata per il braccio da Kratos che, attirandola verso di sé, gli assestò un pugno sotto lo sterno. Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime:
- Perché -. Sussurrò, poi svenne fra le braccia del guerriero.
Alala che si era gustata tutta la scena, rimanendo però al sicuro dietro le spalle possenti di Kratos, scoppiò in una risata malefica.
- Perché il nostro obiettivo non era solo la spada di Ares. Il risveglio del nostro signore richiede il sangue innocente della sua ultima guardiana. In questo caso la vostra amica - .
Guardò con soddisfazione il corpo esamine di Ambra fra le braccia del suo sottoposto. Poi continuò compiaciuta:
- Quando il nostro signore si sarà ridestato dal suo sonno, egli stessa diventerà seguace del Dio della guerra - . Continuò a ridendo.
- Maledetta- Sibilò Sami.
Gli occhi del samurai si spostarono dai suoi amici, che erano tutti circondati, a Maia. La ragazza priva di conoscenza giaceva fra le braccia di Kratos.
“Devo liberarla” pensò, e si scagliò verso il gigante. L’uomo colto alla sprovvista indietreggiò inciampando nel suo stesso mantello. Approfittando di quella situazione Sami prese Maia. Gli altri Samurai, vista la reazione dell’amico, si avventarono sugli altri guerrieri.
Indietreggiando Alala si rivolse a Kratos:
- Abbiamo assolo il nostro compito, o quasi- disse guardando Maia- possiamo togliere il disturbo-.
- Sono d’accordo -. Disse il gigante alzandosi da terra.
Rivolse un ultimo sguardo al cavaliere delle Pleiadi fra le braccia del Samurai e disse sorridendo:
– Sarà lei a venire da noi-.
 Poi si voltò di spalle e facendo un gesto con il braccio ordinò agli altri guerrieri, impegnati a difendersi dai samurai, la ritirata.
- Vigliacchi ! - grido Shido – tornate indietro!-
Si apprestò a seguirli, ma fu fermato da Kimo che quasi gli urlò:
– Fermati Shido, e vieni ad aiutarmi Simo è ferito.- terminò Kimo avvicinandosi al samurai ferito a una spalla dai nemici.
Rio intanto, accorso in aiuto di Sami si avventò su Kratos. Il gigante schivandolo si allontanò con una serie di balzi, mostrando un’agilità non proporzionale alla sua mole.
- Ci rivedremo Samurai!- Urlò Alala e si allontanò definitivamente accompagnata da Kratos e gli altri guerrieri scomparendo fra i palazzi.
Kimo fissando il punto in cui erano spariti i due con Ambra disse:
 -Dobbiamo riprenderci quella maledetta spada e Ambra. -
- Sì ma come faremo - disse sconsolato Simo – non sappiamo nemmeno, dove l’hanno portata. -
- Lo sappiamo invece - fu la risposta secca di Kimo.
I samurai lo guardarono come se fosse un estraneo. Kimo continuò quasi rivolto a se stesso:
 - Ares è un Dio greco quindi è lì che sono diretti, in Grecia. Ci rivolgeremo alla divinità che imprigionò l’anima di Ares nella notte dei tempi – Spiegò Kimo.
- Questo significa che Maia…- Simo lasciò la frase a metà.
Sami d’istinto strinse la ragazza più forte a sé. Una morsa gli attanagliò lo stomaco. Alzando gli occhi verso gli amici disse:
 -Portiamola a casa ragazzi, quando si risveglierà, penseremo da farsi. -
-Hai ragione – fece Shido – è inutile scervellarsi da ora. Ci penseremo al momento opportuno e poi, a stomaco vuoto non si ragiona.-
Sami ringrazio mentalmente l’amico, che con il suo buon umore riusciva sempre a sollevare l’animo di tutti. Già, al risveglio di Maia avrebbero pensato da farsi. Si avviarono verso l’uscita del palazzo, seguiti da Fiamma Bianca che vegliava su di loro come un angelo custode. Sami non sapeva perché ma, in cuor suo sentiva che questa guerra gli avrebbe portato via qualcosa d’importante.
 

NB un grazie di cuore và crazy_mofos_knight per la sua gentilezza e per l'incoraggiamento che mi ha dato...... 
 

 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VII ***


CAPITOLO VII

 
Un turbine di emozioni che lo lasciò senza fiato. Cristal sentì il cuore uscirgli dal petto. D’istinto strinse più forte i gradini della sesta casa, quella di libra, finché le nocche non divennero bianche. Sirio, seduto due gradini più avanti, si voltò a guardarlo con fare interrogativo.
- Ci vediamo dopo- fece senza dare troppe spiegazioni alzandosi come un automa.
Sirio fece un cenno di assenso, poi si voltò a guardare lo spettacolo che si parava davanti. I templi bianchi parevano splendere di luce propria sotto i raggi del sole.  Era cambiato tutto in quel luogo dalla prima volta che era arrivato ad Atene. Il fragile equilibrio, a caro prezzo conquistato, era ora messo nuovamente in discussione. Sospirò alzandosi. I lunghi capelli color ebano, che conferivano alla sua figura un aspetto ancora più elegante, ondeggiarono mossi da un vento invisibile. Alzò gli occhi al cielo sgombro da nuvole, i suoi pensieri volarono ai dolci occhi di Fiori di Luna; alla tristezza che li velavano ogni volta che lo vedeva partire. No, fece scuotendo il capo, non era quello il momento di farsi prendere dallo sconforto, non ora che Atena aveva nuovamente bisogno dei suoi cavalieri. Si apprestò a salire i gradini della casa, un tempo appartenuta al suo vecchio maestro, lui sarebbe stato orgoglioso del suo discepolo. 
***
Cristal entrò nell’undicesima casa. Nella salita che portava alla casa dell’Acquario, non aveva incontrato nessuno. Milo era andando in ricognizione su ordine di Lady Isabel e Pegasus chissà cos’altro stava combinando. Sorrise ripensando al povero Andromeda che cercava sempre di giustificarlo in qualche modo. Avvertì una punta d’invidia verso l’amico; il cavaliere di Sagitter riusciva a trovare il lato ridicolo in ogni situazione, anche in quella più disperata. Comportamento che non apparteneva al Cavaliere dell’Acquario. Imboccò il corto corridoio e si avviò verso il tempietto adiacente all’undicesima casa. Lady Isabel aveva badato a farne costruire uno per ogni Cavaliere. Quella struttura rappresentava un’oasi di pace e di ristoro per i ragazzi. Entrò nella spartana stanza, quattro colonne in stile dorico poste agli angoli della camera, sorreggevano il soffitto celeste. Il locale era adorno solo di un letto con un comodino e, di una piccola scrivania posta sotto la finestra. Una cornice argentea troneggiava sul mobile antico. Ritraeva una foto, ormai sbiadita, di due ragazzini che ridevano spensierati. Si avvicinò al letto perfettamente in ordine, chiuse gli occhi e si concentrò. Cercò quel cosmo, tentò di scorgere quell’energia… Nulla.
Quella sensazione non la percepiva da molto, dall’ultima battaglia che si era consumata lì al grande tempio. All’epoca un altro cavaliere aveva fatto ricorso alle energie fredde della Siberia. All’improvviso la sua mente fu attraversata da due occhi azzurri come il cielo a primavera. Si avvicinò alla scrivania e sfiorò il portaritratti.
- Maia…- sussurrò.
Poi ripudiò quell’ipotesi. Aveva saputo dell’investitura a cavaliere della ragazza, della sua ultima visita in Siberia dopo la morte del maestro dei ghiacci, poi il nulla. Era scomparsa senza lasciare traccia. Cristal l’aveva cercata per molto tempo ma Maia sembrava essere svanita nel nulla, come se i ghiacci eterni stessi della Siberia l’avessero inghiottita. Ora, a distanza di anni, avvertiva il cosmo di un cavaliere che come lui controllava le energie fredde. Chi poteva essere? Continuò a pensare mentre distrattamente si levava la maglia bianca. Sul torace erano ancora visibili le cicatrici lasciate dalla battaglia all’ottava casa, contro Scorpio. Si sdraiò sul letto una miriade di pensieri presero ad affollarle la mente. Lentamente la stanchezza ebbe il sopravvento e, Cristal sprofondò in un sonno profondo, dove a fargli compagnia, erano quegli occhi che mai in vita sua avrebbe dimenticato.
***
Quanto tempo aveva dormito Maia non lo sapeva. Provò ad alzarsi puntellando sul gomito ma cadde rovinosamente indietro, il dolore sordo sotto lo sterno la fece desistere :- Maledizione!- imprecò fra i denti.
Cercò di fare mente locale:
“Il gigante, la tipa con la risata come un serpente, l’urlo di Ambra e poi, e poi…Il buio”.
Fece un respiro profondo e si alzò. Mise lentamente i piedi a terra e il mondo cominciò a girarle intorno. Chiuse gli occhi… Un altro respiro… Sì alzò lentamente ignorando il senso di nausea che la assaliva… Non c’era tempo….
***
Le prime stelle della sera costellavano il cielo sereno. A Kimo parvero tanti piccoli diamanti incastonati su un manto di velluto nero. Fece correre lo sguardo lontano, al di là delle scure montagne che facevano da corona al paesaggio. Ambra … non riusciva a pensare ad altro. Come stava? Poggiò la fronte al vetro freddo.
- Vedrai starà bene !- la voce di Shido lo distolse dai suoi pensieri.
Il samurai della terra era seduto comodamente sul divano e addentava l’ennesima ciambellina salata.
- Si pentiranno di averla rapita, Ambra le darà filo da torcere! – continuò con la bocca piena.
Kimo si voltò a guardarlo.
- Come fai ad abbuffarti così?- disse.
- Perché sono sicuro di quello che dico. Ambra è un osso duro !- continuò Shido leccandosi le dita.
Rio si staccò dal marmo dell’alto camino, dove era poggiato, e accarezzò distrattamente la testa morbida di Fiamma Bianca.
-Osso duro quanto vuoi, ma non possiamo stare con le mani in mano- disse.
Simo sospirò sconsolato:- Dobbiamo ancora informare Maia della partenza. -
-Dove andiamo ?- la voce della ragazza fece voltare tutti.
A Shido l’ennesimo boccone le andò di traverso, Simo arrossì fino alla punta dei capelli. Rio cercò con lo sguardo Kimo. L’unico a rimanere impassibile fu Sami. Era seduto nella poltrona di pelle di fianco al divano. Alzò solo un sopracciglio.
-Allora ? – fece la ragazza scendendo lentamente le scale.
Maia guardava con insistenza Kimo, che prendendo un profondo respiro disse tutto d’un fiato:
- Dobbiamo recarci in Grecia al grande tempio di Atena. -
A Maia parve di nuovo di svenire, si aggrappò al corrimano delle scale cercando di fermare il senso vertigine che l’aveva assalita. Bianca in volto domandò con un filo di voce:
- Perché?-
Fu Rio a intervenire:
- Perché Ares è un Dio greco e, solo chi la prima volta lo condannò a un sonno forzato può farlo di nuovo-.
- Atena - continuò Maia.
- Esatto fece – Kimo- ma se tu non te la senti… - Lasciò la frase in sospeso.
- No!- quasi urlò la ragazza. Scese gli ultimi gradini della scala, poi disse:
- Quando partiremo?- chiese rivolta a tutti i samurai.
 -In queste condizioni non credo andrai lontano.-
 Sami intervenne con una freddezza che lasciò Maia spiazzata.
Perché si comporta così, pensò. Non era mai stato molto loquace con lei, ma il gelo che le leggeva negli occhi era qualcosa di nuovo:
- Comunque quando vuoi– terminò freddo il samurai.
 -Bene. Allora possiamo partire pure subito- fece Maia.
- Maia - cercò di intervenire Shido: -Rifletti se partiamo con te in queste condizioni e con Simo ferito, saremmo già svantaggiati.-
Maia guardò Simo. Non si era accorta della vistosa fasciatura che cingeva la spalla del ragazzo.
Chinò la testa: - Aspetteremo solo un altro giorno, poi partiremo, dobbiamo andare a riprenderci Ambra-.
- Dobbiamo andare a riprenderci Ambra o, devi semplicemente prenderti la tua vendetta verso Cristal il Cigno ? - fece Sami acido.
Maia lo guardò sconcertata, si chiese dove avesse potuto sentire quel nome. Poi ricordò le parole dette dal cavaliere di Ares; “quindi hanno sentito tutto”, pensò.
- Cristal il Cigno è solo affare mio e, sta sicuro Sami che non sarai invischiato in questa faccenda né tu né glialtri. –
Continuò maledicendo mentalmente i due cavalieri di Ares che avevano portato a galla quel nome – Quell’uomo è il mio ultimo pensiero in questo momento!-.
- Non si direbbe – continuò insolente Sami – Sai, dalla tua espressione credo invece che sia lui, più che Ares che il tuo spirito guerriero vuole affrontare.-
Maia avanzò verso di lui. Ora non sentiva più il dolore causato dal pugno di Kratos, quella che avvertiva era solo rabbia; una rabbia dettata dall’atteggiamento di Sami che lei non riusciva a capire.
- Ora basta Sami ! - Kimo si pose fra loro -E tu Maia calmati. Partiremo domani nel pomeriggio e andremo a riprenderci Ambra.-
Maia continuò a fissare Sami oltre le spalle di Kimo, poi si avviò verso la sua stanza.
Rio si avvicinò a Sami e afferrandolo per un braccio e disse:
- Che diamine ti è preso!- Sami si divincolò dalla stretta dell’amico e con gli occhi fissi verso la porta della camera di Maia, ormai chiusa, si avviò verso le scale.
-Dove vai! – Gli urlò quasi dietro Rio.
Sami non rispose, stava già aprendo la porta della stanza di Maia.
Rio guardò gli altri cercando da loro una spiegazione, ma negli occhi dei compagni vide il suo stesso stupore.
***
Le ombre create dai raggi della luna che filtrava fra i rami degli alberi, conferivano al paesaggio un aspetto surreale. Sentendo aprire la porta Maia non si voltò, nella convinzione che a seguirla fosse stato Rio, si limitò solo a dire:
- Non ho voglia di parlare. -
Non sentendo alcuna risposta si girò; arretrò di un passo nel vedere Sami.
- Che cosa vuoi ancora? – Domandò aspramente.
Sami la guardò, i suoi occhi già chiari sembravano di ghiaccio. Avanzò verso di lei e oltrepassandola si fermò davanti alla finestra. Poggiò le mani sul davanzale e chinò il capo.
- Chi è Cristal il Cigno ?- una domanda a bruciapelo che lasciò Maia senza parole.
Si girò il suo sguardo ora appariva più dolce.
- Te l’ho detto prima è affar mio.-
- Fai parte di un gruppo. Ci siamo fidati di te senza mai chiederti nulla del tuo passato. Ora quel passato sta tornando …- Maia non lo lasciò finire.
- Che cosa t’importa di Cristal il Cigno, che cosa t’importa del mio passato. Dimmelo Sami, quale ostacolo può costituire per te tutto questo!- fece allargando le braccia.
- M’importa di te. -
Di nuovo senza parole, Sami l’aveva lasciata di nuovo senza parole. Che cosa voleva dire con: “M’importa di te”. La guardò per un tempo che sembrò indefinito. Poi si avviò verso la porta passandole accanto. Il profumo di muschio bianco che lo accompagnava, lasciò una scia che a Maia parve quasi di poter toccare. Temporeggiò sulla soglia:
- Ti rendi conto di quanto qualcosa sia importante quando stai per perderla. –
Non si voltò nel dire quella frase. Abbassò la maniglia dorata e uscì dalla stanza.
***
Rio lo stava aspettando a metà della bianca scala che conduceva al piano di sotto.
- Cos’altro gli hai detto – fece rivolto all’amico.
- Nulla che ti possa riguardare – fece secco Sami.
 Poi superò Rio continuando a scendere le scale. Passò in mezzo agli altri samurai, prese la giacca sul divano e, senza dire una parola, aprì il pesante portone d’ingresso richiudendoselo alle spalle.
- Qualcuno mi può spiegare cosa gli è preso!-
Domandò inutilmente Rio dalle scale agli esterrefatti amici.
****
Sami vagò senza meta nel bosco adiacente all’abitazione di Rio, nemmeno si accorse di essere arrivato al laghetto dove tante volte avevano passato con gli altri momenti spensierati. Si fermò ad ammirare la luna argentea riflessa nello specchio del lago scuro; una leggera brezza fece increspare la superfice nera creando piccole onde che andavano a infrangersi sui massi. Un rumore di passi sulle foglie cadute dagli alberi lo fece voltare di scatto. Kimo sbucò da dietro il tronco di una pianta secolare. Si bloccò alla vista dell’amico. Sami lo guardò poi, come se la presenza di Kimo fosse del tutto irrilevante, si voltò nuovamente verso il lago. Continuò a fissare la pozza d’acqua, rapito dai giochi di luce che la luna creava in essa. Kimo si avvicinò di più, Sami abbozzò un sorriso ma continuò a dare le spalle all’amico, poi quasi parlando a se stesso mormorò:
- Alla fine doveva accadere, ma non credevo così presto.- Sospirò nel pronunciare la frase. - Maia è una ragazza ostinata, cocciuta e impulsiva. L’ho sempre tenuta lontana e, non mi chiedere il perché non saprei dirtelo, ma…Il solo pensiero di poterla perdere, di non vederla più, ha fatto scattare in me qualcosa …- Lasciò la frase in sospeso.
Kimo fissò l’amico cercando di cogliere qualsiasi movimento qualsiasi reazione ma, Sami sembrava una statua in quel momento.
- Mi spaventa … Perderla mi spaventa, e non capisco il perché...- Chinò il capo.
“ Perché il pensare di perderla ti ha fatto capire che non è un’amica come per noi” pensò Kimo ma non proferì parola. Si rese contò che in quel momento, quello di Sami, era uno sfogo. Poggiò una mano sulla sua spalla dell’amico e sorridendole le disse:
 - Torniamo a casa non facciamo preoccupare gli altri, una bella dormita e, domani tutto sembrerà diverso.-
Sami non rispose, si limitò solo a girarsi e seguire Kimo sula via del ritorno.
 
 

 Eccoci quà dopo mesi di silenzio...Silenzio... ma questo non vuol dire che non ho continuato a scrivere....
Eccovi 2 capitoli. Spero buona lettura

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Capitolo 9
*** CAPITOLO VIII ***


CAPITOLO VIII
 
Freddo... freddo che s’insinuava nelle parti più piccole del suo corpo. Le braccia, non le sentiva più tant’erano intorpidite dalla posizione scomoda in cui si trovava. Ambra cercò di muovere le dita affusolate, anchilosate dal gelo. Grazie alla sua cultura in fatto di cimeli del passato, era riuscita ad analizzare il luogo in cui si trovava prigioniera. Doveva essere un’antica prigione a giudicare dalle numerose crepe presenti sui muri. Ambra le aveva toccate con meticolosità, anche se aveva le mani legate dietro la schiena. Al suo risveglio, dopo che i suoi occhi si erano abituati alla penombra della cella, si era ritrovata con il corpo fasciato da un abito bianco; il taglio era quello che le antiche sacerdotesse greche utilizzavano per le cerimonie religiose. Aveva qualcosa sul capo, doveva essere una tiara a giudicare dalla pesantezza e, anche le braccia erano adorne con pesanti bracciali. Sorrise, doveva apparire come uno spaventapasseri così addobbata. Shido l’avrebbe definita così...
Shido... ragazzi... dove siete”invocò mentalmente. L’ultimo ricordo che aveva era quello di quei guerrieri con le armature nere come la notte senza stelle, uno di essi l’aveva colta di sorpresa alle spalle. Lei aveva urlato ma poi la vista si era annebbiata. Rammentava solo l’odore di cloroformio e poi nulla. Si era risvegliata in quel posto umido che sapeva di muffa. Non sapeva da quanto era lì. La prigione doveva essere situata sotto terra a giudicare dal buio e dal grado di umidità. Alzò gli occhi al soffitto scuro, sospirò.  Poi lo sguardo divenne deciso; non si sarebbe abbattuta, i suoi amici sarebbero andati a riprenderla. Si alzò dalla panca di legno e si avvicinò alle grate della cella. Socchiuse gli occhi cercando di visualizzare meglio l’ambiente esterno ma, il rumore di passi proveniente dal fondo del corridoio buio la fece indietreggiare. Toccò il muro con le mani e rimase in quella posizione, come se questo potesse renderla tutt’uno con l’ambiente. Chiunque fosse si stava avvicinando e doveva essere un guerriero; il rumore metallico a contatto con il pavimento di pietra era un suono inequivocabile. Il lieve bagliore di una torcia illuminò parte del viso del suo aguzzino.
- Non ti servirà a nulla appiattirti contro la parete!- le parole furono seguite da una risata tonante.
La voce, quel tono, era l’uomo che li aveva attaccati. Ambra non rispose.
Lo scatto della chiave nella serratura le fece capire che era arrivato il momento.
Il gigante la afferrò per un braccio. Ambra ebbe un sussulto a quel contatto e provò a opporre resistenza ma, il freddo le aveva congelato le carni e la presa forte di quell’uomo le faceva male. Cercò di liberarsi, ma il guerriero serrò la presa avvicinandola di più al suo possente corpo.
- Quasi quasi mi dispiace non poterti avere per me bocconcino.-
Le sussurrò all’orecchio. Ambra rabbrividì; non riusciva a emettere una parola, un suono. Il terrore aveva preso il sopravvento. Lei che non si era piegata neanche al Signore del male nelle vesti di Arago, ora non riusciva a reagire. Il guerriero la prese di peso e se la caricò sulle spalle come se fosse un fuscello. La ragazza sentì lacrime calde scivolargli lentamente sulle gote. “ Amici”, implorò mentalmente. Uscirono dalla cella avviandosi lungo il tetro corridoio. Il fuoco flebile della torcia che Kratos teneva nell’altra mano, creava giochi d’ombre che rendevano l’ambiente ancora più cupo. Ambra si guardò intorno approfittando scarsa illuminazione. Non si era sbagliata, erano delle segrete quelle. Aveva contato circa quattro celle, dentro però non c’era nessuno. L’uomo, con il suo prezioso bottino, iniziò a salire dei gradini. Man a mano l’architettura circostante cambiava, un bianco marmo faceva capolino sulle pareti. Alla fine della scalinata, due colonne in stile dorico sorreggevano l’entrata in altro ambiente. Kratos varcò la soglia e Ambra dovette chiudere gli occhi a causa della luce intensa.
- Siamo arrivati bellezza.-
Kratos la rimise a terra tenendola saldamente per un braccio. Ambra sollevò lentamente le palpebre, aveva quasi paura di sapere cosa si sarebbe trovata di fronte.
Rimase estasiata e, al contempo, spaventata da quello che gli si parò davanti. L’interno di un tempio greco, come quelli che tante volte aveva ammirato fra le pagine dei suoi libri, sembrava essere stato riprodotto alla perfezione. Lungo le pareti scorrevano in fila delle colonne di marmo che sorgevano da alti basamenti decorati. Sul fondo della stanza si ergeva su un piccolo podio la statua di Ares. La scultura ritraeva il Dio della guerra con indosso un’armatura di fattura spartana ma, sembrava incompleta era come se a quell’antico monumento mancasse qualcosa. Rapita da quello scenario Ambra, non si era accorta degli otto guerrieri inginocchiati in segno di devozione ai piedi della scalinata che precedeva la statua di Ares. Se ne rese conto quando uno di essi si stacco dalla fila immobile per andarle incontro. Il giovane guerriero indossava un’armatura nera che, alla luce delle torce dell’ampia stanza, assumeva riflessi rossi come sangue liquido. I corti capelli castani scuri, incorniciavano un viso spigoloso in cui erano incastonati occhi blu come il mare in tempesta. Ambra si sentì in soggezione sotto quello sguardo. Quel ragazzo poteva avere la sua età ma il portamento e l’austerità della sua figura lo rendevano più maturo.
- Pensavo che non saresti più arrivato. – Fece abbozzando un sorriso.
- La nostra principessa ha cercato inutilmente di porre resistenza.- Fece burbero Kratos.
Poi guardando oltre le spalle del compagno disse:
- E’ tutto pronto Phobos ? –
Phobos ripeté mentalmente Ambra. Dove aveva già sentito quel nome. Cercò di focalizzare quanto aveva appreso negli anni sulla mitologia classica, poi un flash. Phobos era uno dei figli di Ares, era conosciuto come la divinizzazione della paura in battaglia. Ambra indietreggiò di un passo, dinanzi a chi si trovava? Divinità, anche se minori, erano divinità e, lei cosa avrebbe potuto. Nulla, si rispose. Lo sconforto prese il sopravvento, in un gesto disperato si girò di spalle e cercò l’unica via d’uscita che si parava davanti. Non fece in tempo a raggiungere le scale che conducevano alle segrete dove era stata rinchiusa che, la forte mano di Kratos la bloccò per un braccio.
- Dove vai principessa – fece con un sorriso malefico il gigante – non vorrai fare attendere ancora il nostro Signore –
- Lasciala Kratos – lo ammonì Phobos.
Il guerriero lo guardò di traverso e lasciò, di controvoglia, il braccio di Ambra. Il giovane prese la mano di Ambra:
- Non temere, non ti sarà fatto alcun male.-
Ad Ambra venne da ridere; lui il Dio della paura chiedeva ad Ambra di non averne. Tuttavia seguì obbediente Phobos, era come se non riuscisse più a controllare i suoi movimenti, quell’uomo sembrava averla soggiogata. Percorse con Phobos l’intera stanza passando in mezzo ai guerrieri che si erano spostati al loro passaggio. Salì lentamente i gradini che conducevano alla statua del Dio della guerra ai piedi del quale era stata posta la spada rubata al museo di Tokio. Lì s’inchinò come la più fedele delle seguaci; la sua mente urlava ma il suo corpo non le ubbidiva. Cosa le aveva fatto quel cavaliere, Samurai! La sua supplica non sarebbe stata udita da alcun orecchio perché le sue labbra non riuscivano a muoversi. Ambra prese la spada fra le mani, il sigillo di Atena era ancora apposto sul fodero. Strappò quell’antica pergamena e sfoderò l’arma che parve vibrare fra le sue mani. Il tempo non aveva scalfito la lama di quell’antico monile; la spada vibrò nuovamente assetata di sangue che dai tempi del mito non beveva. Ambra non esitò, fece passare il filo della lama sul palmo della mano. Lacerò le carni, ma sembrò non provare dolore. La spada lambì quel fluido vitale, se né nutri e parve diventare di fuoco. Lentamente Ambra, sentì le forze venirle meno. Tutto intorno al lei si fece sfocato, stava perdendo i sensi consapevole del fatto che lei aveva risvegliato il Dio della guerra. La stanza s’illuminò a giorno, fu invasa da una forza che parve schiacciarla. Gli occhi si riempirono di lacrime Amici perdonatemi, urlò nella sua mente. Poi tutto divenne buio, ad accompagnarla in quel sonno forzato furono le urla di vittoria dei cavalieri schierati agli ordini del loro Signore. Ares Dio della guerra era tornato.
***
Un’onda d’urto che la piegò in due. Isabel si ritrovò in ginocchio ansante a fissare il bianco marmo del balcone adiacente alla sala del trono. La fronte imperlata di sudore, non riusciva a respirare, come se una morsa invisibile la teneva prigioniera.
“ Sorella mia, sei magnifica nelle spoglie umane che hai scelto per reincarnarti”.
La voce profonda di Ares la raggiunse mediante il suo cosmo. Isabel si sollevò piano, facendo leva sullo scettro di Thule in cui cercò sostegno con entrambe le mani.
“ Sei tu dunque Ares. E’ tuo il cosmo che aleggia da giorni sulle terre di Grecia”. Rispose mentalmente al suo interlocutore.
“ Non mi avevi riconosciuto? Tutto ciò mi rammarica! Sei cosi vicina agli uomini ormai da non riconoscere un Dio ?” . La sbeffeggiò Ares.
“ Che cosa vuoi da me? Perché ti sei ridestato da un sonno durato secoli in cui io ti avevo confinato?”. Domandò la Dea.
 “Per riprendermi ciò che è mio di diritto! La vittoria sugli uomini”. Una risata fragorosa rimbombò nelle orecchie di Atena. Isabel si levò in tutta la sua fragile statura. Il suo corpo fu circondato da un alone dorato, segno del suo potere. Poi a voce alta urlò:
- Tu non avrai ragione degli uomini finché io avrò un alito di vita! Tu non vincerai Ares. –
La risata di Ares divenne più forte:
“ Lo vedremo cara sorella! Mi riprenderò ciò che tu mi portasti via nella notte dei tempi e, non mi riferisco solo alla supremazia sulla Terra!”.
Poi il cosmo di Ares si fece più aggressivo; il rosso alone del sangue che accompagna le guerre, la circondò in un abbraccio soffocante. Atena cercò di contrastarlo ma, quando la morsa si allentò, si ritrovò esamine a terra. Nelle orecchie udiva ancora la risata malefica del Dio. Il cosmo di Ares si era ritirato, ma l’aveva lasciata priva di forze.
In quel momento arrivò Pegasus, richiamato dalla richiesta di muto soccorso della sua Dea.
-Atena!- urlò.
Si era aspettato di trovare anche gli altri ma c’erano solo lui e Isabel che giaceva a terra.
La prese fra le braccia e si guardò attorno, come a cercare il responsabile della sofferenza di Atena. Poi guardò la ragazza; bianca in volto portava i segni dello sforzo fatto fra i lineamenti del viso.
Avrebbe voluto portarla lontano da quel posto, lontano dal nuovo nemico che incombeva come un’ombra sul grande tempio ma, lei era Atena. Lei era le Dea a cui lui doveva obbedienza, la Dea per cui avrebbe dato la vita. La Dea ... non la fanciulla che si era trasformata in una splendida donna.
- Perché... - sussurrò.
- Pegasus – la flebile voce di Atena lo riportò alla realtà.
- Non affaticarti Isabel, ti riporto dentro. Non posso lasciarti un attimo sola che ti cacci ne guai – Si avviò verso l’interno della sala del trono. Evitò di guardarla si sarebbe perso nel profondo dei suoi occhi. Per poco non andò a sbattere contro il pettorale dorato di Virgo. Il cavaliere della sesta Casa era comparso dal nulla.
- Mi farai prendere un infarto una di queste volte! – gli urlò quasi contro.
- Non sono abituato a farmi annunciare con trombe e tamburi – rispose secco il cavaliere. Poi spostò il suo sguardo cieco su Atena, stretta fra le braccia di Pegasus.
- Milady – fece dolce – il cosmo che ho avvertito, anche se mi è giunto ovattato come se volesse nascondere a noi cavalieri la sua presenza, era quello di... –
- Ares – terminò la frase Lady Isabel.
- Pegasus – fece dolcemente rivolta al cavaliere che la teneva fra le braccia – riesco a stare in piedi da sola.-
Titubante il cavaliere la rimise delicatamente a terra, continuando a fissarla per accertarsi delle sue reali condizioni.
Poi si rivolse a Virgo:- Perché nessuno si è accorto di questo Ares? – domandò.
Il cavaliere dorato lo guardò alzando un sopraciglio. Quell’uomo gli metteva i brividi, un pensiero che ripeteva a tutti gli altri cavalieri dai tempi della scalata alle dodici case.
- Questo “Ares” – lo canzonò Virgo – è il Dio della guerra ingiusta. L’antitesi di Atena, per intenderci. Credo sia stata una cosa fatta di proposito, probabilmente non voleva interferenze nel suo dialogo con Atena. – terminò la frase guardando la Dea.
Isabel annuì, ma la sua mente tornò alle parole di Ares:
 “Mi riprenderò ciò che tu mi portasti via nella notte dei tempi e, non mi riferisco solo alla supremazia sulla Terra!”.
A cosa si riferiva. Che cosa voleva portarle via il Dio della guerra. D’istinto strinse lo scettro di Thule.
- Perché noi lo abbiamo avvertito ?- fece curioso Pegasus.
- La tua vita è fatta di troppi perché mio giovane cavaliere. – fece il cavaliere della sesta casa squadrandolo con sguardo cieco -Eravamo più vicini fisicamente ad Atena in quel momento -.
Punto sul vivo, Pegasus stava per controbattere ma Lady Isabel lo fermò:
- Per ora – fece mettendo la sua mano su quella di Pegasus - non farete parola agli altri di tutto ciò -
- Mah Isabel – replicò Pegasus – è giusto che glia altri sappiano... -
- Non finché non l’avrò trovato. Ares, al momento, è un cosmo fugace che ha avuto la furbizia, di essere così veloce nella sua visita da non permettermi di localizzarlo. Non possiamo creare allarmismi per una voce che parla chissà da dove. Non posso permettermi di mandarvi allo sbaraglio verso una divinità che invece sa benissimo come e dove colpire – lo ammonì Atena. Nella sua voce vibrò l’autorità della divinità che era in lei.
- Come vuoi – fece Pegasus e si avviò verso la porta.
Isabel lo segui con lo sguardo:
- Capirà- fece Virgo dando voce ai pensieri della sua Dea.
Isabel sospirò, poi si avviò anche lei verso l’uscita. Si voltò un’ultima volta prima di uscire verso Virgo:- Mi dirigo all’altura delle Stelle Virgo, che nessuno mi disturbi. Ho bisogno di alcune risposte e, mi auguro di trovarle. –
Il tono non ammetteva repliche. Il cavaliere della sesta casa chinò il capo in segno di obbedienza.
 
 

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO IX ***


Capitolo interamente dedicato allo scontro Atena /Ares. Il Signore della guerra rivela le sue intenzioni….
 
CAPITOLO IX
 
L’Altura delle Stelle, un luogo avvolto dalle nebbie del mito, si ergeva come un gigante dietro le dodici case. Lì,un tempo, il grande Sacerdote, leggeva il futuro mediante il movimento degli astri. Isabel lo contemplò dall’alto delle scale che precedevano la tredicesima casa. Scese lentamente i gradini e, s’incamminò lungo una stretta via che collegava il tempio, ora dimora di Atena, all’Altura delle Stelle. Il lastricato di marmo bianco rifletteva il porpora delle fiamme che bruciavano negli alti bracieri; di fianco ad essi, i soldati del grande tempio chinavano il capo in segno di rispetto al passaggio della Dea.  La ragazza, diritta nella sua minuta statura, procedeva passo dopo passo verso quell’antico oracolo. Giunta di fronte al massiccio portone che dava accesso all’Altura delle Stelle Isabel temporeggiò; sollevò lo sguardo, il rosso del tramonto aveva ceduto il posto all’oscurità della notte. Le timide luci delle stelle si accendevano una a una, alcune solitarie, altre delineavano figure che parlavano di miti e eroi tanto cari alla Dea. Isabel sospirò, salì i due gradini che la separavano dall’ingresso di quell’arcaica struttura e chiuse gli occhi. Una flebile luce dorata s’irradiò dalla mano sinistra chiusa a pugno. Quando il chiarore si estinse,la ragazza aprì il palmo; un’antica chiave di bronzo, plasmata in un’altra epoca, occupava parte della sua piccola mano. L’antico oggetto, simile a un pettine, s’incastrò alla perfezione nella geometria della serratura. Uno scatto... due scatti...
Il pesante portone si aprì cigolando sommessamente e, Isabel entrò nel buio atrio richiudendosi l’uscio alle spalle. Come se qualcuno avesse preceduto il suo ingresso,le torce, distribuite sui muri e sorrette da anelli di ferro ormai imbrunito, si accesero illuminando la scala a chiocciola che portava alla parte più alta della struttura. La ragazza iniziò a salire i gradini di tufo grezzo, tutto in quella struttura sapeva di antico. Senza nemmeno accorgersene si trovò dinanzi alla porta che dava sulla piccola stanza adiacente all’Osservatorio delle stelle. Aprì il palmo della mano e fece una lieve pressione sul legno dell’uscio. Ispirò a pieni polmoni ed entrò.Una piccola stanza rustica si presentò ai suoi occhi. Diversi libri, alcuni ancora aperti, e un mappamondo stellare erano poggiati su un tavolo, unico ornamento della camera. Isabel li sfiorò con le dita e si soffermò un attimo.Poi, con passo deciso, si avviò verso il grande varco scavato nella roccia. Un ampio terrazzo lastricato di pietre corrose dal tempo permetteva al suo ospite di abbracciare con uno sguardo l’intera Acropoli.  Atena si fermò al suo centro, chiuse gli occhi e allargò braccia.  I lunghi capelli e le leggere vesti bianche, iniziarono a ondeggiare mosse da un vento che pareva sfiorare solo quella fragile figura che si stagliava su quell’antico picco roccioso. La luce dorata, da prima fievole, divenne più intensa e il corpo di Isabel ne fu circondato. L’aurea di Atena si estese dall’altura delle Stelle al grande tempio;sfiorò ciascuna casa, presieduta dai suoi cavalieri, donando pace ai suoi custodi. In quel confronto doveva essere sola e, sola doveva cercare il suo nemico. Il potere della Dea vagò oltre il villaggio di Rodorio, oltre la stessa Atene, ai limiti estremi della Grecia, fino ai quei luoghi un tempo abitati da gente barbara e bellicosa. Inarcò le sopracciglia; era convinta che il suo nemico si trovasse in quel posto ma la delusione si dipinse sul suo volto. Non vi era traccia del suo avversario in quella che un tempo era la sua residenza. Il suo cosmo vacillò per un attimo ma, quell’esitazione, fu sufficiente a dare spazio alla sua antitesi di interferire in quella ricerca silenziosa.
“ Davvero mi credevi tanto stolto da rifugiarmi nella mia antica dimora?”
Il cosmo di Ares la raggiunse all’improvviso e sferzò il pacifico potere di Atena come una foglia al vento. Isabel barcollò ma non cadde. Trovò sostegno nello Scettro di Thule che parve illuminarsi a giorno. Guardò decisa diritta davanti a sé.
“Stare a contatto con gli uomini ti ha rammollito sorella mia! Ti esponi troppo. Un tempo eri una grande stratega!”
La voce del Dio la sbeffeggiò, ma non era il momento di accettare provocazioni. Isabel ne era consapevole, com’era cosciente del fatto che solo il contatto prolungato con il cosmo di Ares le avrebbe permesso di capire dov’era.
“ Non ti ho cercato per inutili convenevoli Ares e non pensare che mi aggradi il tuo tono di scherno. Che cosa credi che non sia in grado di umiliarti come ho fatto in passato? Oh, pensi che tema uno scontro con te? Visto com’è finita l’ultima volta, non dovrei essere io a preoccuparmi!”(1)
Il cosmo del Dio della guerra s’infervori accendendosi di rosso, contro con quello dorato di Atena. Isabel non esitò, chiuse gli occhi in attesa che il potere di Ares si scontrasse con il suo. La potenza del Dio della guerra, tuttavia, trovò un ostacolo sul suo cammino. La ragazza aprì gli occhi. Dinanzi a lei il cavaliere di Virgo si era posto a scudo della Dea, come uno scoglio su cui s’infrange il mare tempestoso.
- Perché?- fece Isabel sconvolta.
Il biondo custode della sesta casa le dava la schiena, stava dritto, come se non avesse accusato il dolore fisico provocato dal potere di Ares. Il cavaliere la guardò da sopra la spalla, aveva gli occhi aperti. Segno che aveva fatto ricorso a tutto il suo potere. Un rivolo di sangue le colava dall’angolo della bocca.
Virgo sorrise: - Milady – sembrava parlare a fatica- ho avvertito il suo potere che sfiorava il mio cuore. Tuttavia… Tuttavia, non sono riuscito a trovare pace, a sprofondare nelle braccia di Morfeo com’era suo intento. Non sono il cavaliere più vicino ad Atena solo perché custode della porta di Ade – sussurrò il cavaliere guardandola negli occhi.
Cadde su un ginocchio e Isabel le fu subito accanto.
- Sarei riuscita a fronteggiare Ares Virgo! – gridò Isabel.
- Non ho dubbi a riguardo Milady, ma non chieda a un suo cavaliere di non proteggerla-.
“ Che scena commuovente. Il cavaliere che si sacrifica per la sua Dea. La sua Dea che non vuole che si versi sangue per difenderla. Ho ragione nel dire che ti sei rammollita. Gli uomini DEVONO sacrificare la vita per i loro Signori! L’amore per queste inutili creature designerà la tua fine Atena!”.
Era ovvio che il Dio della guerra non conoscesse la pietà. Il suo retaggiolo portava a esigere il sacrificio dei suoi sudditi. Atena, invece, aveva votato la vita agli uomini.
La ragazza si alzò lentamente, il suo cosmo dorato guizzo indignato da tanta ferocia.
“ Gli uomini non sono inutili creature. Tuttavia è inutile spiegarlo a una divinità assetata di sangue come te. Ora dimmi Ares, oltre alla tua smania di potere, cosa ti spinge a riaccendere una guerra sepolta da secoli di storia. Cosa ?”
Non c’era traccia di umanità nella voce di Isabel, Virgo la avvertì chiaramente tramite il suo cosmo in risonanza con quello di Atena. La divinità che era in lei aveva preso il sopravvento.
Un potere non aggressivo, come quello di Ares, no. Pensò Virgo guardando dal basso la sua Dea.
La risposta di Ares non tardò ad arrivare.
“ Ciò che mi levasti nella notte dei tempi Atena”.
Poi la voce del Dio mutò, una vena nostalgica e dolce sembrò dare un suono diverso alle sue parole:
“Ares è padre di Nike gloriosa”. (2)
Isabel sentì il pavimento venirle meno sotto i piedi. Cercò sostegno nello scettro di Thule, l’antico monile che rappresentava l’effige di Nike stessa. Strinse il bastone finché le nocche non divennero bianche. Virgo impallidì, ecco cosa cercava Ares.
In preda a un tumulo di emozioni, la ragazza rispose a voce alta e non più tramite il suo cosmo: - Tu non mi leverai ciò che risiede alla mia destra dagli albori della storia. Non c’è vittoria, non c’è onore, non c’è fama senza saggezza. Per questo siamo unite io e Nike, dal tempo del mito!!-.
Aveva urlato Atena; aveva dato sfogoal timore di perdere la sua compagna silenziosa di sempre. Non si accorse delle lacrime che le rigavano il volto.
- Io non ti permetterò di usare Nike contro gli uomini…- concluse in un sibilo.
“Lo vedremo cara sorella. Una figlia, per quanto legata alla sua compagna di “avventure” non può ripudiare suo padre. Quando Nike si ridesterà dal suo sonno, tornerà da me e tu ... e tu non potrai fare altro che assistere impotente alla sua scelta. Allora io avrò finalmente la vittoria che mi spetta dal tempo delle grandi guerre epiche. Vedrai i tuoi cavalieri cadere uno a uno. I loro corpi, privi di vita, saranno da monito e trofeo per tutti quelli che cercheranno di levare una mano contro un Dio!”.
Accompagnò le parole con una risata che risuonò, nelle orecchie di Isabel, come il gracidare di una cornacchia. Il cosmo di Ares si ritirò, dissolvendosi come neve al sole, ma lasciò una traccia, una scia di potere che avrebbe permesso a Isabel di trovarlo. La ragazza sorrise:
- Devo partire per Nuova Luxor Virgo – guardò con aria di sfida l’orizzonte – Ares non si smentisce mai. Nell’impeto delle minacce ha lasciato una traccia che mi condurrà al suo nascondiglio. Mi serve però, l’aiuto dei satelliti della fondazione-.
Virgo la guardò, l’antica Dea della guerra giusta si ergeva in tutta la sua determinazione. Non c’era traccia di timore o tentennamenti nei suoi occhi, né di quelle lacrime che prima le rigavano il volto.
- Milady- fece quasi timidamente e in soggezione sotto quello sguardo duro – come giustificherà la sua assenza?-.
Isabel si addolcì, non le piaceva far prevalere la sua indole divina davanti ai suoi cavalieri: - Dirai che situazioni urgenti hanno richiesto la mia presenza a Nuova Luxor. Non una parola su quanto accaduto Virgo. Nessuno, almeno per il momento, deve sapere qual è il vero obiettivo di Ares. Si accenderebbero animi contrastanti e battaglieri. Tornerò fra due giorni. Intanto chiedi a Mur, in maniera molto discreta, di organizzare le difese del grande tempio. Ares non tarderà ad attaccarci –.
Fece per rientrare nella stanza adiacente al terrazzo, su cui si era svolto lo scontro divino, ma si voltò verso il cavaliere che era rimasto in ginocchio alle sue spalle.
- Grazie Virgo, grazie di tutto – il viso di Isabel si era disteso in un caloroso sorriso.
Virgo si sentì scaldare il cuore, fece un cenno con il capo e si apprestò a seguire la sua signora.
***
Il Dio della guerra sorrise. In piedi, sul balcone attiguo alla sala del trono, chiuse gli occhi e respirò la brezza che arrivava dal mare. L’odore della vittoria... già lo sentiva. Una giovane ancella, dagli occhi privi di luce, lo chiamò:
- Mio Signore- fece timidamente.
L’uomo si voltò. Il viso abbronzato era incorniciato da una barba bruna tagliata a regola d’arte. Morbidi ricci scuri ricadevano sulla fronte mettendo in risalto gli occhi, neri come la notte senza stelle. Ares mosse un passo e la sua ombra sovrastò la ragazza. Il chitone e l’himation (3), rossi come il sangue, rendevano la figura del Dio ancora più terribile. La giovane lo osservò, priva della coscienza che rende un uomo intimorito davanti a una divinità, tese il vassoio d’argento su cui era posto un calice contenente un liquido scuro.
- Il suo vino – fece la ragazza chinando di poco il capo.
- Grazie Ambra -. Sorrise il Dio della guerra, consapevole che quella che aveva davanti era la sua prima vittoria.
 
  1. Secondo l’Iliade Ares fu ripetutamente battuto da Atena.
  2. L’inno omerico ad Ares al verso 4, (Hymn. Hom. VIII) dice che Ares è “padre di Nike gloriosa”.
  3. Il chitone era l’abito nazionale degli uomini greci. Consisteva in una lunga tunica, cucita su un lato e fermata sulle spalle. L’himation, invece, era il mantello indossato sopra la tunica.
 
 
 
Un grazie di cuore va a mattmary15, CuroNeko_chan, e crazy_mofos_knight le vostre recensioni sono veramente importanti grazie ancora….

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO X ***


E finalmente rieccoci, dopo più di un mese sono qui a pubblicare gli altri Capitoli.
Premetto che questa volta mi sono trovata in grosse difficolta. Ho sfatto e rifatto questi capitoli non so quante volte. Alla fine, per renderli più “ digeribili” lì o suddivisi. Bè che dirvi buona lettura e, come sempre, aspetto le vostre opinioni. 

 
CAPITOLO X
Non era riuscita a chiudere occhio quella notte Maia. Invano si era girata e rigirata nel letto senza trovare pace. Non ricordava una nottata così insonne dai tempi dell’addestramento. All’epoca, a tenerla sveglia, era il gelo della Siberia che di notte mordeva le carni nonostante il caldo fuoco del camino. Si sollevò sul gomito e sbirciò fuori dalla finestra. Il sole non era ancora sorto. Si sentiva come svuotata. Il giorno prima, senza accorgersene, aveva fatto ricorso a tutte le sue energie; il solo ricordo di Cristal e di cosa lui aveva fatto ai suoi maestri l’aveva mandata su tutte le furie. Accidenti a Cristal e a Sami...
- Sami... - sussurrò.
Ripensò alla sfuriata dell’amico, alle parole pronunciate in un soffio: M’importa di te.
Si mise una mano sulla fronte... chiuse gli occhi. Che cosa stava succedendo alla sua tranquilla vita? Tutto ciò che aveva costruito, dopo il suo ripudio verso l’ordine dei cavalieri di Atena, stava crollando come un castello di carta. Sospirò e si voltò verso la finestra. I primi bagliori del giorno fecero capolino dalle fessure della tapparella semi aperta. Si mise a sedere sul letto, rimase qualche istante a fissare i corpuscoli di polvere che sembravano danzare nei fasci luminosi che filtravano dalla finestra. Sollevò lo sguardo... quel giorno avrebbe segnato la partenza verso una terra che Maia aveva lasciato al passato.
***
Ancora assonnato Rio varcò la porta della grande cucina seguito a ruota dall’inseparabile Fiamma Bianca. L’arredo rustico color corda e l’ampia finestra che dava sul giardino, rendeva l’ambiente molto luminoso. Socchiuse gli occhi, si passò una mano fra i neri capelli scompigliati, e cercò di mettere a fuoco la figura che si destreggiava ai fornelli.
Con voce resa roca dal sonno, disse:- Che ci fai sveglia a quest’ora?-.
Maia sobbalzò:- Non mi sembra così presto, sono le nove – rispose la ragazza indicando le lancette dell’orologio a muro.
- Non hai dormito stanotte vero?- chiese a bruciapelo Rio.
Le ombre scure sotto gli occhi erano messe in risalto dalla carnagione chiara della ragazza.
Maia si limitò a scrollare le spalle:- Facciamo colazione?- chiese ignorando di proposito la domanda che le aveva rivolto l’amico.
Si voltò reggendo due piatti in mano e, invitò il compagno ad accomodarsi a tavola con un gesto della testa. Rio sospirò, Maia era una maestra quando si trattava di cambiare discorso. Il ragazzo si mise a sedere e addentò una fetta di pane tostato, Fiamma Bianca si sdraiò sbadigliando vicino al suo padrone.
- A che ora si parte?- domandò Maia giocherellando con il cibo nel piatto.
Rio la guardò furtivamente:- Kimo andrà all’aeroporto stamattina – sorseggiò il liquido arancione nel bicchiere - prenderà i biglietti per il primo volo per la Grecia -.
- Pensavo ad Ambra... credi che le abbiano fatto qualcosa?- chiese Maia apprensiva.
Rio non rispose, si limitò a scrollare le spalle. Anche lui, come tutti gli altri, era rimasto frastornato da quanto accaduto. In quel momento fece capolino Shido, seguito da Simo.
- Buongiorno! Quale magnifico profumo percepiscono le mie narici... – fece allegro il Samurai della terra annusando l’aria. Simo salutò con un gesto della mano e un ampio sorriso.
- Buongiorno a voi!- esclamò Maia alzandosi dalla sedia - arrivate giusto in tempo. Sedetevi vi servo la colazione - fece Maia alzandosi dal tavolo e armeggiando con piatti e padelle.
- Buongiorno - la voce di Sami fece voltare tutti verso la porta. I ragazzi risposero con un cenno del capo, eccetto Rio che guardò l’amico di traverso. Lui, ignorando lo sguardo dell’amico, si avvicinò ai fornelli passando di fianco a Maia che era rimasta in piedi alle spalle di Simo. Si versò una tazza fumante di caffè e iniziò a sorseggiarla avvicinandosi alla finestra e guardando fuori. Maia si sentiva in imbarazzo. L’arrivo di Sami aveva fatto scendere un silenzio tombale nella cucina. Notò lo sguardo torvo che Rio e Shido rivolgevano all’amico. Simo, come lei, appariva al quanto nervoso. La sfuriata della sera precedente aveva lasciato tutti perplessi. Non era da Sami comportarsi in quel modo e, non era da Sami trattare Maia in quel modo. In quel momento la ragazza, invidiò la tigre siberiana che sonnecchiava tranquillamente indisturbata. Il rumore del portone d’ingresso che si chiudeva alleviò la tensione che si era creata. Rio si affacciò dalla porta della cucina e, per poco, non si scontrò con Kimo.
- Da dove vieni a quest’ora del mattino?- fece guardando l’amico.
- Sono andato a fare i biglietti all’aeroporto e a salutare Denny – rispose Kimo sventolando i ticket che aveva in mano - si parte alle 00:15. Arriveremo ad Atene intorno alle 11:00 di domani -.
- Ci siamo quindi- fece Rio pensieroso.
Kimo non rispose, aveva i nervi a fior di pelle. Il pensiero di Ambra lo tormentava; inoltre, si rendeva conto, di trovarsi in una situazione per nulla facile. Si era creato uno stato di agitazione tale fra i Samurai che, una parola in più, un singolo gesto era in grado di scatenare un litigio fra i suoi compagni.
- Bé – sorrise Rio- mancano un bel po’ di ore e, come dice Shido, a stomaco pieno si ragiona meglio. Maia ha preparato una colazione con i fiocchi- disse facendo il gesto all’amico di entrare in cucina. Kimo seguì Rio e informò Maia e gli altri della partenza verso Atene.
- Una volta arrivati lì che faremo? – chiese Simo. Il silenzio calò nuovamente fra loro.
Kimo si passò una mano tra i capelli. Nella fretta di partire non aveva pensato a come muoversi una volta arrivati ad Atene.
- Forse... tu Maia ... – Shido pronunciò le parole in un soffio. Maia lo guardò, non voleva farlo sentire in colpa, e sorrise. Era arrivato il momento delle spiegazioni.  E’ giusto così, pensò la ragazza, loro mi hanno dato da subito fiducia ... io come li ho ricambiati?
- Non sei obbligata Maia – fece Kimo in tono rassicurante. Maia fece un cenno con il capo. Si versò del succo in un bicchiere e lo fissò per qualche secondo, come se in quel liquido potessero comparire quei ricordi sepolti in un angolo del suo cuore.
- Io ... in teoria, dovrei essere un cavaliere di Atena ... la mia famiglia è fedele alla Dea da generazioni- sorrise tristemente .
- Vuol dire che sei greca ?- chiese Simo stupito.
La ragazza fece un cenno di approvazione con il capo. La notizia aveva lasciato tutti a bocca aperta. Tutti tranne Sami, il ragazzo la fissava come chissà quale scheletro volesse riesumare.
- Già da piccola frequentavo il Grande Tempio. In una di quelle tante visite mio padre mi presentò Aquarius, quello che insieme al maestro dei Ghiacci, sarebbe diventato il mio mentore. All’età di sette anni partii per l’addestramento in Siberia. In seguito conquistai l’armatura delle Pleiadi- fu interrotta da Rio.
- Sette anni! A sette anni sei andata in Siberia?- era incredulo Rio, come si poteva mandare una bambina a fronteggiare un allenamento del genere - che razza di padre era il tuo !!- non riuscì a trattenersi.
- Rio!!- lo ammonì Kimo.
- Non fa nulla Kimo – lo giustificò Maia sorridendo amaramente – è normale stupirsi. I genitori, in genere, non mandano i figli ad addestrarsi in Siberia... – fece una breve pausa - l’unica erede della stirpe di guerrieri in famigli ero io. Non sono stata obbligata a diventare un cavaliere, è stata una mia scelta. Mio padre è stato sempre un esempio da seguire ... sempre presente, sempre attento ma ... credo di averlo deluso … - lasciò la frase in sospeso. Si fermò per un instante, i dolci ricordi di un’infanzia spensierata erano vividi nel suo cuore, così come il ricordo dei suoi genitori e delle attenzioni che le rivolgevano. Dal davanzale della finestra su cui si era seduto, Sami la guardò. Quella ragazza era stata mandata in un inferno di ghiaccio. Come aveva fatto a resistere? Cosa l’aveva spinta a non cedere? La risposta a quelle domande le venne da sola. Cristal.
- Deluso ?– fece Shido che era rimasto, come gli altri, sbalordito da quanto aveva appreso.
- Si – fece semplicemente Maia – al termine dell’addestramento avrei dovuto presentarmi al cospetto di Atena, come suo cavaliere … non l’ho mai fatto - Maia sorrise e proseguì, non voleva più nascondere il passato ai suoi amici, non lo meritavano - La vita dei miei maestri è finita per mano di Cristal il Cigno, mio compagno di addestramento ... loro discepolo. Su ordine di Atena Cristal ha levato la mano sui nostri maestri – sollevò lo sguardo verso i compagni, stranamente non aveva versato una lacrima. Era stato come liberarsi di un peso. Ora, dopo aver raccontato la verità, si sentiva più leggera. La verità ... sospirò Maia.
Cristal è stato il suo compagno di addestramento, di giochi, di sorrisi, di lacrime. Cristal è stato il suo mondo in quegli anni e Maia, probabilmente, lo è stata per lui. Cristal le ha spezzato il cuore, pensò Sami: - Non ti sei più recata al Grande Tempio? Non hai mai incontrato la Dea Atena e i suoi Cavalieri?- fu la prima volta che parlò Sami. La domanda arrivò spontanea non riuscì a trattenersi, doveva sapere... voleva sapere se c’era stato un incontro con Cristal dopo quegli eventi.
- No- Ho ripudiato Atena, ecco perché ho deluso mio padre- fu la semplice risposta di Maia.
- Sai come arrivare al cospetto della Dea Maia? – domandò Kimo; poi, come se un pensiero le avesse attraversato la mente, proseguì esitante - non sei costretta a seguirci... –.
Maia non lo lasciò finire: - V’indicherò la strada e verrò con voi. Non ho più voglia di scappare – disse con voce dura. Si fermò rievocando mentalmente luoghi che da tempo non visitava – non molto distante da Atene e dalle antiche rovine dell’Acropoli, sorge il Santuario di Atena. Si dice che sia preservato, agli occhi dei comuni mortali, da un campo di forza. Intorno ad esso si trova il piccolo villaggio di Rodorio. Dai tempi del mito, gli abitanti del borgo hanno il compito di tutelare il passaggio fra il Santuario, dimora della Dea, e il mondo esterno. L’accesso al Grande Tempio si trova dietro a un negozio di fiori. L’ultima volta che mi sono recata in quei luoghi, il vecchio Anthimos era custode di tale varco. Mi auguro che sia ancora in vita, altrimenti potrebbero sorgere delle difficoltà- sorrise Maia al ricordo di quell’anziano signore che le regalava sempre una rosa bianca in segno di rispetto.
- Insomma – fece Shido – una bella scarpinata -.
Maia si limitò a rispondere con un cenno di assenso del capo.
- Mi sembra tutto chiaro. Maia... grazie- Kimo si avvicinò alla ragazza mettendole le mani sulle spalle. Sapere come muoversi e dove andare una volta arrivati ad Atene, lo rendeva più tranquillo. Forse ancora c’era speranza per Ambra.
- Non devi ringraziarmi - fece allegra Maia. Posò il bicchiere che aveva in mano e disse- Vado a fare i bagagli a dopo - si avviò alla porta della cucina. Si era liberata di un peso ma doveva riflettere su cosa fare una volta arrivata ad Atene. Non si voltò a guardare i compagni. Lasciò i Samurai così.
- Che cosa farà quando si ritroverà Cristal davanti ?- Shido aveva dato voce al pensiero di tutti.
- Non ne ho la più pallida idea – rispose Rio portandosi una mano dietro la nuca.
- La situazione non è delle migliori - fece Simo sospirando – Arrovellarci il cervello con ipotesi e supposizioni non servirà a molto. Forse è il caso di andare a preparare i bagagli, possibilmente lasciando la roba da mangiare a casa – Simo terminò la frase ridendo.
- Non c’è bisogno di metterne in valigia. Dicono che la cucina greca sia molto saporita – fece Shido ridendo a sua volta.
- Sei incredibile!- si finse scandalizzato Rio – pensi a mangiare in ogni momento -.
I tre ragazzi risero. Sami li guardò rimanendo estraneo alla conversazione. Lentamente si alzò dal davanzale di marmo su cui era rimasto appoggiato per tutto il tempo di quel lungo colloquio; ripose delicatamente la tazzina che aveva in mano sul ripiano della cucina e si avviò verso l’uscita. Sostò per un lungo momento sul primo gradino delle scale che portavano al piano di sopra, fissando la porta chiusa della stanza di Maia.
- Se fossi in te, parlerei con lei prima di partire- la voce di Kimo lo fece sussultare.
Sami lo guardò come se non lo riconoscesse. In quel momento l’unica cosa che gli premeva era non perdere Maia.
***
- Che cosa?!- la voce squillante di Pegasus riecheggiò nella tredicesima casa. Il cavaliere di Sagitter afferrò Virgo per il bavero della giacca coloro crema, tipica della gente indiana.
-Ti prego Pegasus calmati – lo supplicò Andromeda trattenendolo per un braccio.
-Non mi calmo affatto! Hai lasciato che Isabel partisse sola per nuova Luxor! Non ti è passato minimamente per il tuo nobile cervello che qualcuno sia lì ad aspettarla! – continuò Pegasus non mollando la presa.
- Ho seguito la volontà di Atena – fece calmo Virgo.
- Tu hai seguito ... – Pegasus era una furia.
- Adesso basta! – la voce di Sirio placò lo spirito guerriero di Pegasus. L’ex cavaliere del Dragone stava entrando nella sala accompagnato da Cristal.
- Adesso basta Pegasus – ripeté Sirio – Virgo non ha colpa. Sai meglio di qualsiasi altro, presente in questa stanza, che se Isabel si mette qualcosa in testa non c’è niente che può fermarla. Lascia stare Virgo e calma i tuoi bollenti spiriti - la voce di Sirio tuonò autoritaria. Assumere quel ruolo non le piaceva ma, sapeva benissimo che con un soggetto come Pegasus non vi era, altro tono da usare. Pegasus lo guardò da sopra la spalla, farfugliò qualcosa e lasciò il colletto di Virgo. Si voltò e si avviò verso l’uscita, urtando di proposito la spalla di Sirio. Il cavaliere di Libra lo ignorò. Cristal scosse il capo sorridendo e incrociò le braccia sul petto. Pegasus non si rendeva conto che Virgo avrebbe potuto metterlo al tappeto in un nano secondo.
- Pegasus – gli urlò dietro Andromeda.
- Lascialo andare – fece Sirio.
- Mah Sirio – piagnucolò Andromeda.
- Ho detto ... lascialo ... andare – scandì bene le parole – vedrai si calmerà – fece poi con tono più gentile. Andromeda chinò la testa.
- Io non so cosa sia andata a fare Lady Isabel a Nuova Luxor, non so neanche cosa tu stia nascondendo ma, bada Virgo, se per una tua eccessiva fiducia negli eventi dovesse accadere qualcosa a Milady, non sarò di certo io a fermare il pugno di Pegasus. In quel caso sarai impegnato a difenderti non solo da lui-. Terminò la frase Sirio fissando per un lungo istante Virgo poi, si avviò verso l’uscita seguito a ruota da Cristal e Andromeda.
Virgo sospirò, Lady Isabel conosceva bene i suoi cavalieri. Ecco perché aveva lasciato Atene a notte fonda.

 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO XI ***


CAPITOLO XI
Il jet privato della Fondazione di Thule atterrò silenzioso nell’arena del Santuario, situata in prossimità della prima casa dello zodiaco. Il portellone si aprì e Isabel fece capolino accompagnata da Mylock. Per un giorno aveva dismesso gli abiti da Dea, le candide vesti bianche erano state sostituite da un tailleur scuro che metteva in risalto la sua snella figura. Nella mano destra, l’inseparabile scettro di Thule parve brillare di luce proprio sotto il caldo sole di Grecia. Isabel ispirò a pieni polmoni l’aria della sua terra e si apprestò a scendere i gradini di ferro; ad attenderla al loro termine, il Grande Mur e il piccolo Kiki. Il cavaliere della prima casa si inginocchiò in segno di rispetto verso la sua Dea, l’armatura parve animarsi a quel semplice gesto, assumendo riflessi di oro liquido sotto i raggi del sole.
- Mur, quali nuove dal Grande tempio ? – domandò la ragazza con dolcezza.
Il cavaliere sollevò il capo rimanendo in ginocchio:- Ho organizzato le difese del grande tempio come da lei richiesto Milady. Oltre ai cavalieri d’oro, anche quelli d’argento e i soldati del Santuario hanno occupato le loro posizioni. Attendono solo un vostro ordine-.
La ragazza rispose con un cenno del capo:- Ora, ti prego Mur, di voler convocare tutti i cavalieri che presiedono le dodici case. Riferisci loro che Atena li attende nella sala del trono fra due ore -.
Mur la guardò con fare interrogativo ma non proferì parola - Sia come vuole Milady – fece alzandosi e infilandosi l’elmo.
- Kiki – disse dolcemente la ragazza – ti arreca disturbo teletrasportarmi nelle mie stanze -.
- No Milady – fece con un sorriso il bambino – sono diventato molto forte sa’ – terminò pavoneggiandosi. Come fratello di Mur e discendente di una delle razze più antiche al mondo, il piccolo Kiki era padrone della telecinesi. Potere riservato solo a pochi eletti al grande tempio.
La ragazza prese la manina paffuta che il bambino le offriva, salutò Mylock e Mur con un gesto del capo, dopodiché sparirono entrambi, accompagnati dal sibilo dello spazio che si distorceva intorno a loro.
***
L’aereo iniziò le manovre  di  atterraggio nell’aeroporto di Atene. Il viaggio era stato lungo ma tranquillo. Maia guardava già da un po’ fuori dal piccolo finestrino dell’aereo. La Grecia con le sue terre fertili e assolate, affascinava chiunque già guardandola dall’alto. Le bianche costruzioni, tipiche di quella cultura, donavano ancora più luce a quei luoghi. Erano trascorsi quattro anni... quattro lunghi anni dall’ultima volta che Maia aveva calpestato quel suolo. Ricordava ancora l’espressione ferita che aveva letto negli occhi del padre quando aveva urlato “ Non farò mai parte dei cavalieri di Atena !”. Ricordava ancora il volto della madre rigato dalle lacrime, la supplica di tornare si suoi passi ... Maia si era chiusa il pesante portone d’ingresso alle spalle e con quel gesto aveva ripudiato tutto ciò in cui aveva creduto. Aveva rinnegato la sua famiglia, i valori che per anni avevano cercato di impartirgli, la Dea a cui doveva obbedienza l’ordine dei Cavalieri dello Zodiaco di cui Atena era reggente...Cristal aveva distrutto in un solo istante ciò per cui lei aveva combattuto. Il suo principe azzurro si era trasformato in un mostro e aveva reso il suo cuore simile al ghiaccio che Maia manipolava... Cristal... Cristal. La voce del comandante che annunciava l’atterraggio la distolse da quei pensieri. Si rese conto in quel momento di essersi quasi isolata dal resto del mondo. Era bastato sorvolare la Grecia per perdersi nei suoi ricordi, figuriamoci vedere Cristal cosa avrebbe scatenato in lei. Slacciò le cinture di sicurezza e si alzò. Nella fretta di recuperare i biglietti aerei Kimo, aveva dimenticato di chiedere di avere tutti i posti vicino. I ragazzi, si erano trovati cosi separati fra loro. Lasciò scorrere la fila verso il portellone d’uscita in modo da riunirsi con gli altri. Rio si avvicinò a lei sbadigliando seguito a ruota da Simo Kimo e Sami. All’appello mancava solo Shido.
- Dov’è Shido? – chiese la ragazza scrutando oltre le spalle di Sami.
- Sta chiedendo il numero di telefono alle hostess – fece con non curanza Rio.
- COOSA?- rispose Simo scandalizzato – noi veniamo in questo posto a salvare Ambra e lui cosa fa? Si mette a chiedere numeri di telefono alle ragazze!-.
Maia rise di cuore guardando l’amico che con difficoltà tornava verso la coda dell’aereo a chiamare Shido.
- Forse è meglio se iniziamo a scendere – disse Rio incamminandosi verso l’uscita. Kimo lo seguì, Sami invece rimase immobile a guardare Maia come se qualche gorgone l’avesse pietrificato.
- Che ti prende – disse Maia alquanto imbarazzata.
- Sei sicura – fece il ragazzo guardandola negli occhi – sei sicura di volerlo rincontrare?-.
 Il tono grave nella voce di Sami la paralizzò. In quel momento Shido sospinto da Simo si avvicinò – Ehi ... volete rimanere sull’aereo? – fece il Samurai della terra.
La delicatezza nel riconoscere determinati momenti non era certo il punto di forza di Shido, questo pensò Simo che si rese conto bene della situazione che aveva davanti. Già nei giorni passati aveva intuito qualcosa, piano a piano quel dubbio stava diventando certezza.
- Vi aspettiamo sotto – fece spingendo avanti Shido che protestò visibilmente. Sami era rimasto per tutto il tempo a guardare Maia e la ragazza non aveva distolto lo sguardo, sembrava che il tempo si fosse fermato in quel momento.
- Che cosa vuoi che faccia – rispose Maia alla domanda di Sami – vuoi che vi lasci andare ad affrontare Atena o Ares o qualunque altro da soli? Vuoi che resti in disparte solo per paura di rincontrare Cristal? - .
In quel momento un’anziana coppia passò di fianco a Sami, la moglie sussurrò qualcosa al marito guardando Maia e Sami discutere. L’anziana signora strizzò l’occhio alla ragazza che si ritrovò ad arrossire davanti a quel gesto. Chissà che impressione avevano dato dal di fuori.
- Che cosa ti succede Sami ? – Maia cercò di ricomporsi - Io non ti riconosco più- disse quasi disperata.
Sami chinò la testa e sorrise. Non un sorriso di felicità increspò le sue labbra ma un riso amaro. Parlò più a se stesso che a Maia:- Forse... forse temo più io questo incontro - strinse la maniglia del bagaglio a mano finché le nocche non divennero bianca. Poi sollevò lo sguardo incontrando gli occhi smarriti di Maia. Alzò la mano e accarezzò la guancia della ragazza, temporeggiò su quella pelle morbida, si avvicinò finché Maia sentì il suo respiro confondersi con quello di Sami. Il ragazzo le sfiorò la fronte con le labbra. Sostò qualche secondo, come se cosi facendo potesse imprimersi nella mente quel momento. Chiuse gli occhi Sami, respirando il dolce profumo di Maia. A fatica si allontanò da lei guardandola per un lungo istante, poi si  avviò al portellone di uscita. Maia rimase stordita da quell’atteggiamento che nulla aveva a che fare con il freddo e scostante Sami; quando si riebbe, si rese conto di essere rimasta l’unica ospite sull’aereo. Si affrettò a prendere il borsone, dal portabagagli sopra il sedile, e corse verso l’uscita. Sami era riuscito per l’ennesima volta a fare diventare la sua bocca arida come il deserto del Sahara.
***
Lo spazio si piegò e Isabel apparve con il piccolo Kiki nelle sue stanze. Il bambino si congedò con un gesto del capo e sparì nel nulla. La ragazza fissò per un attimo il punto, dove era svanito Kiki poi, si voltò verso la grande finestra intarsiata di fregi di marmo bianco. I pesanti tendaggi colore del sangue, che un tempo adornavano quelle stesse stanze, erano stati sostituiti da stoffe più leggere che ondeggiarono sospinte dalla brezza che proveniva dal mare. Isabel ripose con cura lo scettro di Thule in un angolo accanto al letto color noce poi, si affacciò alla finestra ammirando lo spettacolo che si parava davanti. Il Santuario sembrava un paradiso in quel momento ma, quei templi bianchi per quanto ancora avrebbero mantenuto il loro candore. La maniglia di ottone dorato si abbassò e Isabel seppe in quello stesso momento chi le faceva visita. Sorrise, ma non si voltò. Aveva percepito l’aurea di Pegasus nello stesso istante in cui aveva messo piede in quella stanza.  Chissà da quanto tempo aspettava.
- Spero che questa sorta di fuga verso Nuova Luxor sia solo un episodio isolato!- il ragazzo aveva parlato con tono aspro. Era ovvio che non avesse gradito il fatto di non essere stato avvisato di quella partenza.
- Era necessario – fu la semplice risposta di Lady Isabel che indifferente rimase voltata a godersi il paesaggio.
- Era necessario – ripeté Pegasus avvicinandosi di più alla ragazza – era necessario partire di nascosto? Era necessario eclissarti senza dare una spiegazione? – si fermò per un attimo – Ti sei resa conto a quale rischio ti sei esposta? Sai Isabel, vorrei rammentassi che lì fuori c’è un altro folle che sta cercando di attentare alla tua vita – accompagnò le parole con gesto della mano.
In quel momento la ragazza si voltò. I suoi occhi blu parvero incupirsi:- Ti vorrei rammentare – sottolineò le parole-  che non sono una sprovveduta qualsiasi e ... che se ben non lo ricordi stai parlando con Atena – cercò di mantenere un tono duro – Vorrei anche ricordarti Pegasus che non sono tenuta a chiederti il permesso per qualsiasi cosa io abbia intenzione di fare – .
Isabel osservò la reazione Pegasus. Improvvisamente il ragazzo parve perdere tutta l’insolenza che lo caratterizzava. Pegasus chinò il capo mortificato e Isabel sentì il cuore fermarsi. Non le piaceva comportarsi in quel modo, non era orgogliosa di aver ferito Pegasus. Si avvicinò al ragazzo e cercò di assumere un tono più gentile: -La mia partenza era necessaria –.
- Lo sai quanto mi mandi in ansia il fatto di non avere tutto sotto controllo. Anzi di non avere te sotto controllo- finì la frase con un sorriso sornione. Isabel non poté trattenersi dal sorridere a sua volta.
- Allora- fece il ragazzo consapevole che la tensione si fosse attenuata – mi dici cosa sei andata a fare a Nuova Luxor e perlopiù accompagnata solo da quella specie di pinguino che ti ritrovi come maggiordomo? –
- Pegasus!- lo rimproverò Isabel ma non infierì – lo saprai alla riunione che ho convocato fra due ore e ... ti prego di presentarti questa volta –.
Pegasus sorrise, Isabel era una testa dura e se aveva deciso di non rivelare niente non lo avrebbe fatto fino alla riunione. Si voltò avviandosi all’uscita facendo un gesto della mano.
- L’importante è che non ti sia è successo nulla – apri la porta richiudendosela alle spalle. La ragazza sorrise e si apprestò a cambiarsi d’abito. Nell’adunanza che aveva indetto, avrebbe per primo dovuto tenere a bada le teste calde...
***
I samurai e Maia uscirono dalla hall del piccolo albergo che Kimo aveva prenotato. Atene era rimasta esattamente come Maia lo ricordava. Musicisti di strada, bancarelle, negozi di ceramiche, musei, caffè tempestavano le vie della città. La ragazza, con indosso lo scrigno contenente l’armatura, indicò la via agli amici. I ragazzi la seguirono continuando a guardare, affascinati, una città dove il passato incontrava alla perfezione il presente. La via che conduceva all’Acropoli era in salita, dopo un ultimo tratto di strada, si ritrovarono dinanzi al Partenone simbolo della città di Atene.
-L’edificio è dedicato ad Atena Parthenos – fece Maia sorridendo allo stupore che lesse negli occhi dei Samurai.
- Ambra ne rimarrebbe rapita – fece Kimo con una nota di tristezza nella voce.
- La ritroveremo Kimo e poi la porteremo a fare una bella gita fra queste rovine – disse Simo cercando di consolare l’amico.
Maia guardò il tempio dorico che spiccava imponente sulla collina dell’Acropoli. Rammentò le parole del padre in una delle tante gite che lei amava fare: “ Ricorda Maia, ovunque ti troverai, il bianco colonnato del Partenone stagliato contro l’azzurro del cielo saprà sempre indicarti la via”.
Indicarmi la via... pensò la ragazza.
- Siamo arrivati ?- la voce sconsolata di Shido la fece voltare, il Samurai aveva la fronte imperlata di sudore per via della lunga salita.
Sembrava distrutto, Maia sorrise: - Quasi Shido. Dobbiamo scendere da quella stradina – fece la ragazza indicando un piccolo viale a zigzag che tagliava il lato della montagna.
Shido si mise a sedere sul resto di un’antica colonna e sospirò sconsolato:
- Almeno adesso andremo in discesa -. L’espressione del suo volto, fece ridere l’intero gruppo. Il Samurai della terra, in effetti, non era molto abituato alle lunghe camminate. Preferiva stare comodamente seduto in poltrona piuttosto.
- Adiamo campione, manca poco- fece Maia mettendogli una mano sulla spalla.
Il samurai si alzò di controvoglia e si apprestò a seguire Maia e gli altri, verso quella stradina che li avrebbe condotti al cospetto di una divinità.
***
Un antico portico segnava l’ingresso al piccolo villaggio di Rodorio. In quel borgo il tempo sembrava essersi fermato. Le basse case bianche e blu facevano da contorno a un’unica piazza, al cui centro si ergeva una fontana di marmo bianco da cui zampillava acqua cristallina. Tutto intorno, la gente del paese, svolgeva le faccende quotidiane. La cosa che meravigliò i Samurai fu’, la noncuranza, di quegli uomini e quelle donne alla loro presenza.
- Sembriamo invisibili – fece Rio.
- Il mio scrigno – fece Maia indicando le sue spalle- sono abituati a vedere cavalieri che entrano ed escono da questo posto –
- Dove andiamo ora? - chiese impaziente Kimo.
- Di là – rispose Maia indicando una stradina sulla destra.
Si avviarono, camminando fra la gente, verso la via indicata da Maia. Rimasero perplessi nel costatare che si trattava di un vicolo cieco.
 - Mah ... - disse Simo – da qui non c’è uscita – concluse indicando la fine della strada.
- All’apparenza – rispose Maia. La ragazza si fermò davanti all’ultimo negozio, in fondo al vicolo.
La fragranza di fiori che si avvertì nell’aria, inebriò tutti i Samurai. In quel momento si resero conto, di trovarsi davanti al fioraio di cui aveva parlato Maia il giorno prima. La ragazza spostò delicatamente la tenda, fatta di conchiglie, ed entrò in quell’antica costruzione. I Samurai la seguirono a ruota non proferendo parola. L’interno della bottega era molto rustico.  Numerosi vasi, contenenti svariate specie di fiori, erano sparsi qua’ e là sul pavimento e su delle mensole di legno. Maia si guardò intorno in cerca di qualcuno. All’improvviso, da dietro il bancone di legno consumato dal tempo, fece capolino una bambina. Il viso paffuto era incorniciato da riccioli scuri e gli occhi, dello stesso colore, scrutavano curiosi i suoi ospiti. Indossava un vestitino blu e i piccoli piedini erano cinti da sandali di cuoio.
- Ciao come posso aiutarvi?- salutò in greco.
- Che cosa ha detto ?- fece Shido inarcando un sopracciglio.
- Ciao – rispose Maia nella stessa lingua – cerco Anthimos. Mi sai dire dove posso trovarlo?-.
 Maia si era inginocchiata per trovarsi alla stessa altezza della bambina che sorridendo, sparì dietro la porta che dava nel retro bottega. Quando riapparve, teneva per mano un anziano signore. Il viso, incorniciato da una folta barbetta bianca, portava i segni del tempo ma gli occhi, di un celeste intenso, brillavano ancora vigili. Il vecchio si reggeva a un bastone, indossava una tunica color crema tenuta in vite da una cintola scura.
- Nonno – fece la bimba allegra – questa signorina mi ha chiesto di te-.
Anthimos squadrò la figura della ragazza che aveva dinanzi poi, i suoi occhi ebbero un guizzo d’ilarità e s’inumidirono di lacrime che toccarono il cuore di Maia.
- Che Zeus mi fulmini – fece l’anziano avvicinandosi alla ragazza – Signorina Maia!- l’aveva riconosciuta, nonostante l’età e gli anni passati, si era ricordata di quella ragazzina curiosa che passava sempre per il suo negozio.
- Anthimos – fece Maia prendendo, fra le sue, le mani rugose dell’anziano.
- Santo cielo ragazza mia, quanto sei cresciuta – continuò l’uomo – tuo padre ti ha cercato per mare e per monti dov’eri finita – fece improvvisamente severo.
Maia sorrise:- E’ una lunga storia Anthimos e ti prego non parlare con mio padre di questa mia visita al Grande Tempio. A tempo debito andrò da lui –.
Anthimos guardò oltre la spalla di Maia, come se si fosse accorto solo in quel momento della presenza dei Samurai, la oltrepassò e si fermo dinanzi i cinque ragazzi esaminandoli.
- Perché ci guarda cosi ? – chiese Shido nervoso avvicinandosi di più a Kimo.
Kimo fece spallucce. Quell’uomo era alquanto inquietante e non finiva di fissarli.
- Sono miei amici Anthimos – fece Maia in greco rendendosi conto dell’imbarazzo degli amici – ti prego Anthimos concedici il permesso di presentarci al cospetto di Atena –.
- Sono tempi duri ragazza mia – disse l’anziano continuando a guardare i Samurai – al Santuario regna la diffidenza verso gli sconosciuti. Una guerra, a breve, potrebbe turbare nuovamente il nostro equilibrio. Centinaia di soldati sono schierati a difesa del Grande Tempio e, i cavalieri d’oro sono stati richiamati a custodire le loro case – l’uomo questa volta si era fatto capire dai Samurai. Rio si chiese com’era possibile, né lui né gli altri parlavano il greco eppure lo avevano capito. Poi, come folgorato comprese, anche quello era il potere di Atena e quell’uomo né possedeva una scintilla.
- Ti prego accordaci  il favore di passare. La vita di una nostra amica è in grave pericolo. Atena soltanto può aiutarci- fece supplichevole Kimo. Gli altri lo guardarono e ben compresero la sua disperazione. Ambra era nelle mani di Ares da troppo tempo ormai. Anthimos lo guardò per un lungo istante, si accarezzò la barba e si voltò verso Maia.
- Non siete cavalieri di Atena, ma il vostro potere è grande ... – si fermò un istante – e sia, vi concederò di passare ma bada ragazza mia oltre quella soglia, potreste essere visti come nemici. Siate prudenti – fece premuroso voltandosi verso Maia.
Con un gesto della mano, l’anziano, invitò i Samurai e Maia a seguirlo nel retro bottega, seguito dalla bambina che gli trotterellò davanti. Si soffermò solo un istante, davanti a un vaso colmo di rose bianche, né prese una e la pose fra le mani di Maia. La ragazza sorrise timidamente e segui l’uomo nel buio corridoio. L’anziano frugò nelle tasche e ne estrasse una chiave dorata. Spostò il pesante panno scuro che nascondeva una porta recante, strani simboli astronomici e infilò la chiave nella serratura. L’accesso era stato aperto. Maia si fermò sull’uscio e abbracciò teneramente l’anziano signore, poi ispirò profondamente e si apprestò a varcare la soglia. I Samurai salutarono uno a uno Anthimos con un gesto del capo.
L’uomo richiuse la porta e sussurrò – Che Atena ti protegga ragazza mia - .
***
Un brivido le attraversò la schiena, era stato come mettere i piedi nudi nelle gelide terre di Siberia. Cristal chiuse gli occhi, una sensazione familiare si affacciò alla sua mente, mentre il suo cuore iniziò a battere più velocemente. Sirio lo guardò cercando una spiegazione all’espressione che leggeva sul volto dell’amico. Quando Cristal si riebbe, trovò le iridi giada dell’amico che lo scrutavano. 
- Mi stai ascoltando – fece Sirio – hai la testa chissà dove in questi giorni e dovresti rimanere concentrato Cristal!- Cristal non rispose si limitò ad abbozzare un sorriso di scusa.
- Finalmente rimproveri qualcuno che non sia io – la voce squillante di Pegasus fece voltare tutti verso l’ingresso della settima casa. Il ragazzo indossava l’armatura, un tempo appartenuta a Micene di Sagitter. Una leggenda riviveva in Pegasus e il cavaliere, nonostante il temperamento irruente, rendeva giustizia al suo predecessore. Andromeda, con le vestigia affidategli da Atena, lo seguiva silenzioso.
Sirio sorrise:- Già pronto per la battaglia Pegasus ?-.
- Diciamo che non voglio fare ritardo alla riunione indetta da Isabel. Fra mezz’ora si apriranno le danze – fece il ragazzo sornione.
Sirio guardò oltre le spalle dell’amico. Andromeda fissava il pavimento pensieroso. Immaginò cosa potesse preoccuparlo in quel momento:- Arriverà Andromeda -.
Il cavaliere sollevò il capo sentendosi chiamare in causa:- In realtà – la sua voce tremò- quello che più mi turba è l’atteggiamento di Lady Isabel. Non capisco perche si ostini a non voler parlare quando, almeno con noi, è sempre stata molto esplicita-.
Pegasus guardò di sottecchi l’amico. Andromeda, nonostante le battaglie affrontate, era sempre riluttante quando si parlava di guerra. Lui, d’altronde, aveva promesso di non fare parola su questo Ares che un bel mattino aveva deciso di scatenare una nuova battaglia per la conquista del mondo. Tutti uguali queste divinità! Pensò O quasi ... aggiunse mentalmente. Il suo pensiero andò a Isabel alla sofferenza che aveva intaccato i lineamenti delicati del viso. Anche questa volta ti proteggerò a costo della vita... promise battagliero mentalmente.
- E’ inutile scervellarci, a breve tanto sapremo cosa ci aspetta – la voce di Cristal lo riportò alla realtà.
- Mi chiedo che fine abbia fatto mio fratello – disse Andromeda sconsolato- tutti noi siamo qui e lui ... lui chissà in quale parte del mondo si trova- concluse abbassando lo sguardo.
- Arriverà – lo consolò Pegasus dandole una pacca sulle spalle – vedrai che spunterà dal nulla nel bel mezzo della riunione – terminò ridendo. In realtà Pegasus sperava accadesse, Phoenix, per quanto burbero, rendeva sicuro ognuno di loro. La sua forza e la sua presenza erano fonte di tranquillità per i ragazzi.
- Bé – fece Sirio – se questa volta i ritardatari non vogliamo essere noi Cristal è il caso di prepararci -.
Cristal, fece un cenno di approvazione con il capo e si avviò all’uscita della casa di Libra salutando con un gesto della mano i tre amici. Socchiuse gli occhi chiari una volta fuori, il sole splendeva alto in cielo. Si apprestò a salire i bianchi gradini che conducevano all’undicesima casa. Quella sensazione non lo abbandonava, un cosmo a lui familiare aveva varcato le porte del Santuario.
 

 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO XII ***


CAPITOLO XII
 

Aveva indossato la sua armatura appena oltrepassata la soglia che conduceva al Santuario. I Samurai avevano imitato il gesto della ragazza e Maia si era ritrovata a guardare, affascinata, il rito della Vestizione.  Le piccole sfere, custodite da ciascun Samurai, recavano impresse le virtù proprie dei ragazzi. Da quei globi luminosi, si sprigionava un potere straordinario che avvolgeva i Samurai con tendaggi e petali di ciliegio che una volta spariti, in tanti granelli lucenti, lasciavano i loro corpi interamente rivestiti di quelle armature originate dal male ma devolute, grazie al sacrificio di un uomo, al bene. Iniziarono così, in silenzio, il loro cammino fra i terreni impervi del Santuario. Nessuno li aveva fermati “ Forse i soldati di Atena sono concentrati nelle retrovie “ si era ritrovata a pensare la ragazza. Rallentò l’andatura notando un’ombra scura che agilmente saltava fra una rupe e l’altra.
- Ci stanno seguendo- fece all’improvviso.
- Chi ?- chiese Rio dietro di lei.
Maia non fece in tempo a rispondere, la voce di una donna li raggiunse dall’alto.
- CHI SIETE VOI; COME OSATE ADDRENTRARVI NEL TERRITORIO DELLA DEA ATENA !!!- .
D’istinto Maia sollevò lo sguardo verso la fonte di quell’ammonimento. Una donna, con indosso un’armatura dai riflessi viola e con il volto coperto da una maschera d’argento, in un unico balzo le sbarrò la strada.
- Allora volete rispondermi- la donna continuò sottovoce.
Shido si mosse nervoso e Rio mise le mani sulle katane.
- No – fece Maia avvertendo la tensione che agitava gli amici – lasciate parlare me - si schiarì la voce e parlò tutto di un fiato- chiediamo di essere scortati al cospetto di Atena. Non siamo nemici, abbiamo informazioni importanti per voi -.
La donna rise sguaiatamente:- Ragazzina, pensi che Atena abbia del tempo da perdere con voi. Ve lo ripeto un ultima volta QUALI SONO I VOSTRI NOMI- scandì bene le ultime parole. 
Maia strinse i pugni, doveva mantenere la calma ma quella donna si stava impegnando a fargliela perdere:
- Noi ... - lasciò la frase in sospeso.
Maia chiuse gli occhi, un cosmo vasto e potente comparve dal nulla; quell’energia la attraversò da una parte all’altra scrutando nel profondo del suo animo. Quando si riprese un uomo, alto circa un metro e ottanta e con indosso un’armatura d’oro, le dava le spalle.
- Falli passare Tisifone, dicono il vero – la voce roca e profonda del cavaliere riecheggiò fra quelle rocce.
- Guarda guarda chi si vede – fece la donna tagliente incrociando le braccia sul seno prosperoso – pensavo avessi perso la strada di casa questa volta. Non farò passare proprio nessuno siamo in allerta oh ... - fece sollevando una mano disinteressata – ma come puoi saperlo, sei stato in vacanza finora -.
I samurai e Maia fecero passare lo sguardo dal cavaliere d’oro alla donna.
L’uomo sorrise, quando parlò, la sua voce aveva assunto un tono autoritario:- E’ ovvio che qui al grande tempio abbiate dimenticato le buone maniere- fece beffandosi della donna che aveva davanti – garantisco io per questi guerrieri. Ora, levati di mezzo e facci passare. Gli ordini di un cavaliere d’oro non si discutono – di nuovo quel potere, l’energia di quell’uomo si allargò a macchia d’olio.
Maia né fu’ investita, ma non ne ebbe timore, quel cosmo per quanto potente era gentile, per quanto tenebroso era luminoso. Tisifone non indietreggiò di un passo. Quella donna sarebbe stata capace di tener testa a un intero esercito. La sacerdotessa rimase a lungo a fissare Phoenix  poi, si fece di lato senza dire una parola. Il cavaliere si voltò e Maia poté finalmente guardarlo in faccia. I capelli scuri ricadevano disordinati su un viso abbronzato in cui rilucevano, magnetici, due occhi blu come il mare in tempesta. Una cicatrice solcava parte del naso rendendo l’aspetto di quell’uomo sinistro. Phoenix guardò Maia e sorrise mostrando una fila di denti bianchissima.  Istintivamente Sami si fece avanti ponendosi di fianco a Maia.
Phoenix gli rivolse un’occhiata curiosa:- Vi scorterò io da Atena, non temete – disse tranquillo.
- Grazie – fece timidamente Maia.
L’uomo si voltò, non prima di aver squadrato gli altri Samurai, avviandosi con passo elegante verso le dodici case. Tisifone, infastidita dall’atteggiamento di Phoenix, con gesto di stizza prese a saltare nuovamente, come un felino, fra le alture del Grande Tempio.

***

Phoenix si fermò nell’ampio spazio che precedeva il primo dei dodici templi. I Samurai sollevarono lo sguardo e contemplarono le strutture che si ergevano a difesa di un tempio molto più grande, sede della Dea Atena.
- Eccoci arrivati. Questa è la prima casa dello zodiaco, dimora del Grande Mur dell’Ariete – disse.
- Sempre il solito ritardatario, allora Phoenix quale buon vento ti porta da queste parti?-. La voce di un uomo echeggiò nell’aria e lo spazio intorno ai presenti si piegò. In una luce dorata, apparve la figura di cavaliere d’oro. I lunghi capelli, mossi da un vento inesistente, facevano da cornice a quella visione eterea che sembrava quasi fluttuare a mezz’aria. Accanto a lui un bambino corse sorridente incontro a Phoenix.
- Phoenix – gridò aggrappandosi alla gamba del cavaliere. I tratti del viso di Phoenix si ammorbidirono e le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso.
- Sei diventato un ometto Kiki ?- fece scompigliandogli i capelli rossicci. Gli occhi verdi e vispi del ragazzino guardarono curiosi i Samurai e Maia. Phoenix si voltò, verso ragazzi che erano rimasti frastornati da quanto accaduto intorno a loro.
- Ho necessità di presentare i miei ospiti ad Atena – fece serio Phoenix, eludendo di proposito la domanda rivoltagli dal cavaliere di Ariete.
Il grande Mur si avvicinò ai Samurai, richiamato dal potere delle armature dei ragazzi. Con la mano, guantata d’oro, sfiorò il coprispalla dell’armatura di Rio: - Queste corazze risalgono all’epoca del mito. In esse scorre il potere degli elementi e il bene e il male, da cui sono state plasmate, sono fusi alla perfezione. In merito a te, mia giovane guerriera – fece rivolgendo la sua attenzione a Maia - La tua armatura reca il potere delle stelle e di Atena – la guardò con attenzione ma non indagò oltre. Il tempo avrebbe fornito tutte le risposte necessarie - Venite da lontano amici miei e siete i benvenuti al Grande Tempio. Bene – fece rivolto a Phoenix - avvertirò Lady Isabel della tua presenza e dei tuoi ospiti. Ti precedo alle stanze Atena non tardare. Kiki – disse rivolto al ragazzino che era ancora di fianco a Phoenix - andiamo -.  Il bambino si staccò di controvoglia da Phoenix che le sorrise incoraggiandolo. I due sparirono nel nulla lasciando i samurai e Maia, senza parole. Phoenix sorrise dinanzi all’espressione che lesse sul volto dei ragazzi.

***

Il grande Tempio di Atena, una struttura che riproduceva alla perfezione l’antico Partenone, si stagliava silenzioso contro il cielo di Grecia. Phoenix si fermò,  invitando i Samurai e Maia a seguirlo su per i gradini che li avrebbero condotti alle stanze della Dea. Un grande portone di legno scuro, intarsiato da fregi d’oro, segnava l’acceso alla struttura. Phoenix lo aprì con la stessa facilità con cui si solleva una piuma. L’interno del tempio era illuminato da torce distribuite sulle alte colonne in stile dorico, ogni pilastro era presieduto da un soldato che, al passaggio del cavaliere d’oro, si metteva in posizione di attenti. Il breve corridoio terminava con un portone simile a quello d’ingresso. Di guardia a esso,  un uomo calvo che a Maia ricordò un maggiordomo, alla vista di Phoenix gli inveì contro additandolo:
- Razza di screanzato! Sola ora ti ricordi di avere una Dea cui devi obbedienza !- Mylock era su tutte le furie.
Phoenix abbozzò un sorriso malefico:- E’ un piacere anche per me rivederti zucca pelata –.
- Maleducato come osi rivolgerti a me in questi toni!- urlò Mylock e, a Maia sembrò che la testa di quell’uomo dovesse prendere fuoco da un momento all’altro.
Phoenix lo oltrepassò con non curanza:- A dopo i convenevoli Mylock, i miei ospiti attendono di essere ricevuti da Lady Isabel – lo guardò da sopra la spalla e i suoi occhi si accesero di una luce sinistra, l’uomo arretrò di un passo davanti a quello sguardo.
- Non deve avere un buon rapporto con le autorità- sussurrò Shido immediatamente zittito da Simo.
Phoenix fece pressione sul massiccio portone che si spalancò, proiettando l’ombra del cavaliere nella stanza. L’ampia sala in cui si ritrovarono, aveva dodici seggi con alti schienali, recanti il simbolo dello zodiaco dei suoi occupanti, erano distribuite sei per lato. Al termine della doppia fila di scanni, un trono di velluto rosso e intarsi d’oro si stagliava vuoto sopra una sorta di podio, preceduto da tre gradini.  La figura di un’esile fanciulla, con lunghi capelli e adorna di una semplice veste bianca, parlò con voce simile al canto di un usignolo: - Phoenix - Isabel parve sussurrare quel nome. La presenza del temuto ex cavaliere della fenice la fece sussultare di gioia. Maia fu’ rapita da quell’immagine, non guardò altro che quella ragazza o forse non volle guardare.
- Isabel – Phoenix sorrise chinando il capo in segno di saluto e Maia rimase stupita dalla profonda confidenza fra il cavaliere e la sua Dea, tale da portare Phoenix a non utilizzare titoli quali Lady o altri.
- Pensavo che questa volta volessi fare sciopero – Pegasus si alzò dal sedile e andò incontro all’amico.
Maia guardò con curiosità quel buffo ragazzo con i capelli scompigliati, aveva un viso che ricordava quello di una piccola peste. Anche lui indossava un’armatura d’oro con due grandi ali dorate che al momento opportuno, probabilmente, si sarebbero spiegate per portare in salvo la Dea Atena.
- Pegasus – la voce di Atena divenne autoritaria – per favore ritorna al tuo posto e lascia parlare Phoenix -.
- Ringrazio gli Dei per il tuo ritorno, finalmente non sarò il solo a essere rimproverato – strizzò l’occhio all’amico e si soffermò un attimo su Maia chinando il capo da un lato e guardandola curioso. La ragazza istintivamente arrossì.
Pegasus tornò al suo seggio, incrociò le braccia sul pettorale dell’armatura, e continuando a fissare Maia disse:- Fra loro c’è una ragazza e la sua armatura non è come quella dei suoi amici-.
Cristal, che fino a quel momento non aveva prestato attenzione agli ospiti di Phoenix, incuriosito dalle parole di Pegasus guardò nella direzione in cui si trovavano i ragazzi arrivati con l’amico.
Fu’ in quel momento che la vide, i loro occhi s’incrociarono e a Cristal parve di essere catapultato indietro nel tempo. Lì, a quel giorno di tanti anni fa’, quando il Maestro dei Ghiacci gli presentò quella buffa bambina con corte trecce baciate dal sole e occhi celesti come il cielo a primavera. Doveva essere lei, il colore di quelle iridi sarebbe rimasto per sempre impresso nel suo cuore. Davanti a lui, tuttavia, non c’era più una bimba. Quella ragazzina che a tutti i costi voleva diventare un cavaliere non esisteva più, dinanzi a lui c’era una donna; le trecce erano state sostituite da lunghi capelli e quell’aria goffa, che aveva fatto tanto ridere Cristal, era quella di una fiera amazzone. Non è possibile, pensò, le emozioni di questi ultimi giorni mi stanno giocando brutti scherzi. 
 
Maia non distolse lo sguardo da quegli occhi, tanto amati in passato. L’uomo che aveva messo fine alla vita dei suoi maestri e indossava con arroganza le vestigia di Aquarius, la guardava con ostinazione. Il suo cosmo vibrò d’indignazione. Sami si rese conto, di quella silenziosa battaglia che la ragazza stava combattendo. Delicatamente, mise una mano sul pugno serrato di Maia. Quel caldo tocco ebbe l’effetto desiderato. Maia distolse lo sguardo da Cristal e i suoi occhi si posarono su quella mano che, affettuosamente la invitava alla calma.
Sirio sussultò osservando quella scena; era stato un battito di ciglio, una frazione di secondo ma, era sicuro di quanto aveva avvertito, era sicuro dell’ostilità di quella fanciulla. Non verso Atena, pensò, ma verso Cristal.
Fece per alzarsi ma la voce di Phoenix lo bloccò:- Isabel, i miei ospiti vorrebbero conferire con te. Ti prego di ascoltarli – terminò il cavaliere facendosi di lato e invitando Kimo a parlare.
La ragazza fece un cenno di approvazione. Il samurai s’inginocchiò in segno di rispetto.
- Dea Atena, il mio nome è Kimo. La nostra stirpe di guerrieri appartiene all’ordine dei Samurai– Kimo si fermò, sentiva che la tensione stava prendendo il sopravvento.
- Ti prego, continua – fece Isabel dolce scendendo i gradini e avvicinandosi di più al Samurai.
Kimo la guardò, quella donna era la pace fatta persona. Un senso di calma lo pervase e il Samurai parlò con una serenità che non ricordava da giorni:- Qualcosa di grave è avvenuto nella nostra città Milady. Noi proveniamo dal lontano Giappone, giorni fa’ al museo di Tokyo è sparita una reliquia risalente all’epoca del mito. Una spada recante il sigillo della Dea Atena -.
Isabel chiuse gli occhi, ecco come Ares si era destato dal sonno forzato in cui lei lo aveva confinato. Un brusio si levò nell’ampia sala. I cavalieri d’oro si scambiarono occhiate perplesse. Isabel sollevò una mano cercando di placare il vocio dei presenti:- Ares … - fece una breve pausa – ne sono a conoscenza Kimo. Il Signore della guerra mi ha fatto già visita –.
- E’ lui dunque – fece Sirio sottovoce – e lui che minaccia nuovamente la terra. E’ del Dio della guerra la presenza che Lady Isabel aveva avvertito?- era una domanda rivolta più a se stesso  ma, il suo vicino di posto, il cavaliere di Scorpio, rispose abbozzando un sorriso malefico: - Un altro pazzo che le vuole prendere! -. Pegasus di fianco al cavaliere dell’ottava casa chinò il capo. La situazione si faceva complicata, la voce di Andromeda lo distrasse dai suoi pensieri.
- Tu lo sapevi – fece sporgendosi verso l’amico – sapevi già di chi si trattava … -
Pegasus non rispose. Cristal di fianco ad Andromeda invitò l’amico a ricomporsi. 
Isabel alzò di più il tono della voce per sovrastare il brusio che si era creato:- Vi prego Cavalieri, fate continuare il nostro amico-.
Kimo si schiarì la voce:- Lo stesso giorno in cui è avvenuto il furto, siamo stati attaccati da due cavalieri di Ares - riprese fiato e, con voce venata dalla tristezza, continuò- siamo giunti al suo cospetto Atena, oltre che per renderle noti questi eventi, per chiedere il suo aiuto. I cavalieri di Ares hanno rapito la nostra amica che ha custodito l’arma, nel museo di cui era responsabile, per tutto questo tempo. I guerrieri del Dio della guerra, durante lo scontro, hanno affermato che solo il sangue dell’ultima custode della spada avrebbe potuto risvegliare il loro Signore ... A quanto lei mi riferisce però, il Dio Ares si è già ridestato quindi probabilmente, siamo arrivati tardi- le ultime parole furono pronunciate in un soffio e lo sconforto si dipinse sul viso dei Samurai.
Lady Isabel si avvicinò di più a Kimo e inginocchiandosi di fronte al Samurai le prese le mani, guantate, fra le sue:- Non tutto è perduto Samurai, abbi speranza e fede. Vi aiuterò a ritrovare la vostra amica non temere. Ares non l’ha uccisa l’ha solo resa sua schiava, vedrai a breve sarà di nuovo fra voi. Intanto- fece alzandosi e invitando Kimo a imitarla - ti prego di alzarti. E’ un grande onore per me ricevervi nelle mie terre. Vi chiedo, di voler accettare il mio invito a restare come miei ospiti nei giorni a venire- concluse sorridendo dolcemente.
Maia sbiancò. Se Kimo avesse accettato quella proposta, lei sarebbe stata costretta e ritrovarsi Cristal fra i piedi ogni giorno, ed era l’ultima cosa che voleva. No Kimo ti prego No!Si ritrovò a pensare.
La risposta di Kimo non tardò ad arrivare - Ne saremmo onorati Milady- fece abbozzando un sorriso.
Maia strinse i pugni. Non le sarebbe stato possibile sfuggire a quegli occhi che, insistentemente la guardavano. Non le sarebbe stato possibile sfuggire a un confronto diretto con Cristal. Il destino aveva deciso per lei.
Uno dei cavalieri d’oro si alzò dal proprio seggio e chinando il capo, richiamò l’attenzione di Atena:- Milady mi conceda di continuare la perlustrazione iniziata. Se Ares si è già ridestato dal suo sonno, come lei afferma, non passerà molto tempo prima che ci attacchi. In questo momento noi ci muoviamo alla cieca mentre il Dio della guerra sa bene dove colpire -.
Isabel si distaccò da Kimo e rivolgendosi al cavaliere, smanioso di combattere, disse:- In realtà cavaliere di Scorpio io so’, dove dimora Ares -.
Il vocio si levò nuovamente nell’ampia sala, Pegasus sobbalzò sul sedile e guardò Isabel con ansia.
Atena si mosse lentamente verso il centro della stanza, si voltò abbracciando con lo sguardo tutti i presenti:
- Il viaggio a nuova Luxor mi ha permesso, mediante i satelliti della fondazione del nonno, di riuscire a rintracciare Ares. La stupidità del mio divino fratello mi ha permesso di trovarlo. Ecco perché vi avevo convocato oggi - .
Virgo rivolse un cieco sguardo alla sua Dea, era riuscita nel suo intento ma, la riluttanza che traspariva dalla sua voce era un chiaro segno dell’avversione di Atena alle guerre ingiuste.
- Mandi me Lady Isabel – fece caparbio Scorpio - un paio di noi metterebbe fine ai sogni di conquista di Ares -.
Isabel scosse il capo e i lunghi capelli ondeggiarono:- Ti ostini a non capire Scorpio, Ares non è un Dio come gli altri. La sua sete di sangue l’ha reso famoso fin dall’epoca del mito. I suoi seguaci non sono semplici cavalieri ... – la voce di Pegasus la bloccò.
- Andiamo Isabel, abbiamo affrontato Arles che si faceva scudo di quelli che oggi chiamiamo compagni. Nettuno ci ha scaraventato contro i cavalieri del Nord e i suoi Generali e siamo ancora qui a raccontarlo. Ha ragione Scorpio cosa saranno mai questi Cavalieri -.
- Pegasus, non sarai né tu né Scorpio a decidere cosa fare. Da Atena verranno gli ordini – un uomo che a Maia ricordò un angelo si alzò frapponendosi fra Lady Isabel e i cavalieri.
Gli occhi di quel cavalieri erano chiusi, rendendolo cieco all’apparenza, ma Maia poté avvertire con chiarezza la vastità del suo cosmo. L’uomo continuò avanzando verso gli altri due – Scorpio, giustifico Pegasus. La sua giovane età lo porta a gesti avventati, ma non mi aspetto questo comportamento da te che sei uno degli anziani del Grande Tempio!-. Scorpio chinò il capo mortificato, Pegasus di suo non aprì più bocca, le parole pronunciate da Virgo erano un chiaro riferimento alla discussione avvenuta il giorno prima.
- Non sfidate troppo la sorte – la voce di Sirio risuonò come un avvertimento e, Pegasus controvoglia si rimise a sedere imitato da Scorpio.
Isabel rivolse uno sguardo di gratitudine verso il custode della sesta casa, il suo intervento era stato decisivo in quella discussione. La ragazza si rivolse all’assemblea – L’arrivo dei Samurai è un aiuto inaspettato. Stasera terremo una cena e li discuteremo sul da farsi – poi si rivolse ai sei ragazzi che erano rimasti in silenzio per tutto il tempo – mi scuso miei giovani amici per quanto appena accaduto. Alcuni dei miei cavalieri si sono presentati da soli – fece indicando Pegasus, Scorpio e Phoenix. Con la minuta mano presentò il resto dei guerrieri, gli occhi dei Samurai si puntarono su Cristal quando Lady Isabel lo nominò. E’ dunque lui, pensò Sami, è lui Cristal.
La voce di Atena lo distolse da quei pensieri: - Dimmi Kimo, quel’è il nome dei tuoi compagni ?-.
- Le chiedo perdono Lady Isabel, nella foga di informarla su quanto accaduto, sono venuto meno alle buone maniere – Kimo, gesticolando con il braccio, nominò Rio, Sami, Simo e Shido sino ad arrivare a Maia. Si bloccò per un attimo e guardò l’amica negli occhi, lei fece un cenno con il capo, ormai non poteva nascondersi o tirarsi indietro.
Kimo sospirò – lei è Maia, cavaliere delle Pleiadi -.
Il fragore del metallo che cade al suolo attirò l’attenzione dei presenti su Cristal. Il cavaliere dell’undicesima casa, bianco come le candide nevi della Siberia, si era alzato d’impulso dallo scanno. Sirio fece passare lo sguardo dall’amico alla ragazza, aveva visto giusto dunque, non era stata solo una sensazione.
- Cristal – la voce di Isabel era carica di apprensione.
Il biondo cavaliere non si era reso conto del gesto appena fatto. Cercò di ricomporsi, sotto gli occhi attoniti dei presenti, raccolse l’elmo e si rimise a sedere. Isabel lo guardò e, come Sirio, fece correre lo sguardo su quella ragazza il cui solo nome aveva smosso il gelido cavaliere di Aquarius:- La tua armatura, mia giovane amica ha fatture greche. Quali ragioni ti hanno portato così lontano dalla tua terra d’origine? – chiese con dolcezza.
Maia aprì la bocca per replicare ma, Sami anticipò la sua risposta:- Voci di guerre lontane l’hanno condotta a noi Milady, Maia fa’ parte del nostro gruppo da tempo ormai. Abile cavaliere e gradita alleata, ha salvato la vita di ciascuno di noi in molte occasioni. Grazie a lei abbiamo conosciuto il valore dei cavalieri di Atena -. Aveva parlato d’impulso, l’impulso dettato dalla volontà di difendere quella che ora capiva non essere più una semplice amica. Sì, Sami dopo aver visto Cristal, era divenuto consapevole del sentimento che lo legava a Maia. Un sentimento che lo avrebbe spinto a sacrificare la vita, se fosse stato necessario. Gli altri Samurai di contro erano rimasti sconvolti da quanto appena affermato dall’amico. Sino il giorno prima, l’impressione che aveva dato era tutt’altra rispetto a quello che ora mostrava.
 Maia guardò l’amico con riconoscenza, con voce tremante si rivolse ad Atena: - Mi auguro che il mio comportamento non suoni come un’offesa per lei Milady -.
Isabel si avvicinò finché non le fu’ di fronte - No cavaliere- la confortò – non ha importanza a quale rango o fazione un cavaliere appartenga è sempre nel giusto quando combatte per amore della pace sulla terra -.
Fu’ in quel momento che Maia lo avvertì, il cosmo di Atena caldo e pieno d’amore. Si sentì sfiorare il cuore come la mano di una madre che carezza amorevolmente una figlia. Guardò negli occhi la donna che aveva davanti, E’ questo dunque il cosmo di Atena, in grado di risanare qualsiasi ferita, in grado di curare qualsiasi cuore avvelenato. Possibile, possibile che questa donna con il volto di un angelo abbia costretto Cristal a levare la mano contro i suoi maestri?
Non capì il motivo ma, i suoi occhi si riempirono di lacrime e se riuscì a trattenerle fu’ solo perché la voce di Phoenix la riportò alla realtà:- Credo Isabel che i nostri amici siano stanchi, visto il lungo viaggio che hanno dovuto affrontare -.
Atena fece un cenno di assenso e continuando a guardare Maia chiamò a voce alta:- Mylock !- l’uomo si presentò all’istante, fece un inchino e attese gli ordini della sua padrona - Mylock per favore, disponi che le stanze degli ospiti, al tempio del riposo, siano preparate subito. I nostri giovani amici rimarranno da noi per tutta la permanenza ad Atene e, se non ti reca troppo disturbo, recupera i loro bagagli t’indicheranno loro l’albergo, dove avevano deciso di alloggiare -. Mylock si dileguò con un inchino andando a eseguire le disposizioni della sua signora.
– Sarete stanchi amici miei, vi chiedo tuttavia l’onore di cenare con noi questa sera, in tal modo riusciremo a conoscerci meglio – disse gentilmente.
Fu Rio a rispondere – L’onore è tutto nostro Milady, vi chiedo di concederci il tempo necessario per rinfrescarci dal lungo viaggio - .
Isabel fece un cenno di approvazione con il capo e li congedò. I Samurai e Maia si avviarono all’uscita. La ragazza era felice di sfuggire, almeno momentaneamente, a quell’assurda situazione. Si voltò un ultima volta prima che Shido richiudesse il pesante portone, Cristal aveva lo sguardo peso nel vuoto.

***

L’aveva cercata in lungo e in largo e ora a separarlo da lei c’era solo una porta. Si alzò infilandosi l’elmo. Doveva parlargli. Doveva sentire di nuovo quella voce. Si avviò al portone d’ingresso ma Sirio lo trattenne per un braccio:- Si può sapere che ti succede? Chi è quella ragazza?- chiese a bruciapelo.
Cristal lo guardò, in quegli occhi di giada lesse l’ansia di un fratello per una situazione che non riusciva a comprendere. Sorrise e gentilmente e poggiò la mano su quella di Sirio:- Va tutto bene, a tempo debito ti spiegherò ogni cosa. Ora, ti prego lasciami andare - .
Di controvoglia Sirio mollò la presa, Cristal lo guardò con occhi carichi di riconoscenza e a passo spedito raggiunse l’uscita lasciandosi il portone aperto alle spalle.
Pegasus che nel frattempo aveva raggiunto Sirio chiese:- Dove scappa Cristal -.
Sirio si voltò senza dare una risposta, sotto gli occhi attoniti di Pegasus, raggiunse Phoenix che nel frattempo si era ricongiunto al fratello Andromeda: - Dove hai incontrato quei ragazzi ?- chiese.
Phoenix alzò un sopraciglio, non capendo la strana domanda di Sirio rispose:- Perché?-.
- Perché rispondi a una domanda con un’altra domanda?- fece irritato Sirio.
Phoenix lo guardò, non gli andava di discutere – Li ho sottratti alle grinfie di quella strega di Tisifone. Avevano da poco varcato la soglia che dal fioraio Anthimos conduce al grande tempio. Di cosa ti preoccupi sono amici – Phoenix continuava a non capire.
Sirio non rispose si limitò a tornare a guardare la porta dov’era sparito Cristal.
***
-MAIA - la voce di Cristal riecheggiò nel corridoio.
La ragazza si fermò senza voltarsi. I samurai nel sentire pronunciare il nome dell’amica si girarono all’unisono. Appena poco fuori dalla porta d’ingresso alle stanza di Atena, Cristal si stagliava immobile. I samurai si guardarono fra loro e Sami, si mosse tornado verso Maia che era rimasta l’ultima della fila. Lo sguardo che lesse negli occhi chiari della ragazza, lo fece arretrare di un passo.
D’istinto guardò oltre le spalle dell’amica e poi di nuovo verso Maia:- Se vuoi ... -.
Maia non la lasciò finire:- No! Andate, sarò subito da voi -.
Sami la guardò ma non proseguì oltre, si voltò e invitò gli altri a seguirlo. Di fronte alla riluttanza di Rio si limitò solo a dire:- Così vuole Maia -.
Rio chinò il capo e imitò gli altri. Maia li guardò per un lungo istante, finché non li vide sparire dietro le ultime due colonne che segnavano l’ingresso al tempio di Atena. Chiuse gli occhi e ispirò a pieni polmoni. Cercò di calmare i battiti del suo cuore che sembrava impazzito dopo aver sentito il suono di quella voce.
- Maia – Cristal aveva di nuovo pronunciato il suo nome.
La ragazza si voltò e lo squadrò con freddezza, come un cacciatore osserva la sua preda. Il suo volto aveva perso ogni espressione. La rabbia stava prendendo il sopravvento e per poco Maia non scaraventò Cristal contro una colonna. Lui si avvicinò, incurante di quello che aveva scatenato. Non trovava le parole, a lungo aveva immaginato quel giorno, a lungo aveva pensato a cosa dirle quando l’avrebbe rincontrata e ora non riusciva nemmeno a emettere un suono.
- Hai fatto perdere le tue tracce, perché?- riuscì semplicemente a dire.
Maia abbozzò un sorriso spento:- A questa domanda dovresti già saperti dare una risposta, cavaliere dell’undicesima casa – le ultime parole furono pronunciate con sprezzo.
 Istintivamente Cristal si ritrovò a guardare le vestigia d’oro appartenute al suo maestro. I dubbi di anni si consolidarono in certezze. Strinse i pugni, non poteva perderla di nuovo:- Tu non sai come sono andate realmente le cose –.
- Quello che vedo mi basta. Non mi servono le tue stupide giustificazioni – rispose Maia con rabbia.
- Cosa ti è successo?- domandò Cristal muovendo un passo.
- NON TI AVVICINARE! Non un passo in più cavaliere o non risponderò delle mie azioni. Se non vuoi che oltre ad Ares si scateni una guerra fra i Samurai e Atena stai lontano da me ... - il suono ovattato di voci che si facevano sempre più vicine non le permise di terminare la frase.
Maia guardò oltre le spalle di Cristal, Pegasus seguito da Sirio Andromeda e Phoenix si stavano avvicinando. Quei cinque avevano un legame speciale, Maia se ne era resa conto subito. Guardò un’ultima volta Cristal prima di voltarsi e raggiungere l’uscita di corsa. Cristal rimase a fissare il punto in cui la ragazza era sparita. Non riusciva a muovere un muscolo. Sembrava una statua di pietra, in un solo istante il suo cuore sembrava aver cessato di battere. Pegasus rallentò l’andatura vedendo Cristal immobile, si volse a guardare Sirio che fece solo un cenno con il capo.

 

 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO XIII ***


CAPITOLO XIII
Rallentò l’andatura in prossimità dei colonnati che segnavano l’uscita al Grande Tempio di Atena. Ispirò profondamente e si stampò un sorriso finto sulle labbra. La cosa importante era uscire da lì, si sentiva soffocare. Doveva stare lontano da Cristal, doveva frenare i battiti di quel cuore che le sussurrava di voltarsi e tornare indietro. Si fermò un istante. Poi con tranquillità usci all’aperto, la luce del sole le ferì gli occhi chiari, lì socchiuse. I samurai erano lì ad aspettarla. Shido era comodamente seduto sui gradini di marmo, Kimo e Simo discutevano tranquillamente a differenza di Rio che appariva alquanto nervoso nel suo fare avanti e indietro. Sami invece se ne stava di spalle, l’elmo sotto il braccio osserva il panorama che si stagliava di fronte a lui. Fu Rio a vederla:
- Ehi, ci stavi facendo preoccupare -.
Alle sue parole gli altri si voltarono a guardarla. Maia sorrise e scese lentamente i gradini:- Va tutto bene Rio-.
- Per forza – la canzonò Shido - non abbiamo sentito nessun terremoto – rise.
Maia fu’contagiata da quella risata e per un attimo dimenticò tutto.
In quel momento arrivò un ragazzino con indosso una sorta di divisa da cameriere.
- I signori mi vogliano seguire –disse facendo un lieve inchino.
- Certo - rispose gentilmente Simo.
I Samurai e Maia si accodarono al ragazzo seguendolo per la stradina che li avrebbe portati al tempio del riposo. Sami rimase l’ultimo nella fila, in silenzio seguì i suoi compagni tenendo gli occhi puntati su Maia.
***
- Enio !- la voce del Dio della guerra riecheggiò nell’ampia sala del trono.
Dalla penombra emerse la figura di una donna; l’andatura elegante accompagnava una guerriera dai lunghi capelli rossi come il sangue. L’armatura, succinta, lasciava intravedere il corpo formoso e la pelle chiara come la luna. La donna s’inginocchiò contemplando, con i grandi occhi verdi, il suo Signore in attesa degli ordini.
- Enio, convoca Kratos con urgenza –.
La donna si limitò a fare un cenno con il capo, lentamente si alzò e si avviò all’uscita.
Dopo pochi minuti rientrò accompagnata da Kratos. La sinuosa figura della donna era in contrasto con la mole del guerriero calvo.
- Mio signore – fece Kratos inginocchiandosi ad Ares – sono ai suoi ordini-.
Ares lo guardò continuando, con non curanza, ad accarezzare il capo di Ambra prostrata ai suoi piedi in segno di devozione.
- Devi recarti al grande Tempio di Atene – Kratos sussultò –dovrai passare inosservato Kratos e, una volta dinanzi alla mia divina sorella, non dovrai alzare un solo dito contro di lei. Sarai i miei occhi in questa missione, la tua presenza in quel luogo mi sarà necessaria per dar conferma ai miei sospetti. Quelle terre sono state solcate da qualcuno di molto potente ma nessuno ancora conosce la sua vera natura – dinanzi alle mute domande del suo guerriero Ares continuò abbozzando un sorriso malefico- te ne renderai conto quando ti scontrerai con il suo potere. Non osare farle del male, non un solo capello dovrai torcerle -.
Kratos guardò con disappunto il suo Signore – Forse, allora, non sono la persona più indicata a questo tipo di missione –.
- Osi discutere i miei ordini!- il cosmo di Ares divampò nella sala. Kratos ne fu schiacciato e si ritrovò con il viso contro il freddo marmo del pavimento- Partirai con la notte e domani adempirai il compito che ti ho assegnato-, ritirò quell’energia fatta di sangue e guerre lasciando respirare il suo guerriero che si sollevò piano e fece un cenno con il capo – è tutto puoi andare ora -.
Kratos si dileguò senza dire una parola. Enio abbozzò un sorriso maligno, rimanendo in attesa che il suo signore parlasse:- Va pure tu – fece freddo.
 La donna sia avviò all’uscita, il Dio della guerra non conosceva mezze misure e otteneva sempre ciò che voleva. Chi avrà destato cosi tanto interesse? Questa fu la domanda che Enio si pose una volta fuori dal tempio del Dio.
***
Non si rese conto di quanto tempo era rimasto a fissare il punto in cui era sparita Maia finché la mano di Pegasus, sulla spalla, non lo scosse.
- Cristal – fece preoccupato il cavaliere.
Il ragazzo si voltò rendendosi conto in quel momento che i suoi amici lo stavano guardando con mille domande negli occhi. Accennò un sorriso:- Da quanto tempo siete qui?- chiese.
- Da quello che basta per capire che c’è qualcosa che non va - rispose Sirio incrociando le braccia sul petto.
- Non pensavo che i miei ospiti potessero sortire questo effetto su di te – disse Phoenix e, dinanzi alla muta domanda di Cristal, continuò – lo ripeto anche a te, come a Sirio prima, li ho incontrati poco dopo l’accesso del fioraio Anthimos. Tisifone non li faceva passare- terminò scontroso.
Cristal lo ringraziò con un gesto del capo.
- Che cosa ti prende?- chiese preoccupato Andromeda.
- Tu la conosci vero?- chiese a bruciapelo Sirio.
- Di chi stiamo parlando?- s’intromise Pegasus.
Cristal non rispose, si voltò nuovamente verso lo spiraglio di luce che s’intravedeva in lontananza.
Pegasus fece passare lo sguardo da Cristal a Sirio:- Allora – fece infastidito- mi volete illuminare per favore? Già la presenza di quei sei non mi piace per nulla. Chi ci dice che non siano nemici mascherati da amici?-.
- Tu e le tue teorie complottistiche – lo schernì Sirio - forse non ne hai mai sentito parlare. Oh ... magari quando Castalia, durante l’addestramento, cercava di spiegartelo schiacciavi un pisolino. I samurai sono realmente ciò che dicono. Il mio anziano maestro mi raccontò delle loro gesta durante l’addestramento, mi disse che l’armatura di uno di loro si trovava proprio su uno dei cinque picchi e che le forze che la custodivano andavano al di là del terreno -.
Pegasus arrossì:- E allora quella ragazza? Non è una di loro l’hai sentita mentre lo diceva Lady Isabel – fece sospettoso.
- Non è una nemica ... non vostra almeno – terminò amaramente Cristal.
- Che vuoi dire ?- chiese Pegasus.
- Il suo potere viene dalle stelle e la sua armatura ... è stata foggiata fra i ghiacci eterni della Siberia –
- COOSA?- Pegasus diede voce al pensiero di tutti i presenti – che diamine mi stai dicendo Cristal che quella ragazza è stata una tua compagna di addestramento -. Il cavaliere era incredulo, ecco spiegata la reazione di Cristal nell’udire il suo nome.
Phoenix sospirò:- Cos’altro hai da dire Cristal?- aveva ben compreso che c’era qualcosa di più dietro a quelle parole.
Il cavaliere si voltò e le sue iridi per un attimo parvero divenire ancora più chiare.
- Non si ha una reazione del genere per un semplice compagno d’armi- fece indagatore Sirio.
- Forse è il caso che non insistiamo - rispose Andromeda cercando di andare in aiuto all’amico- se non te la senti non sei obbligato a raccontarci nulla - terminò sfiorando l’avambraccio di Cristal.
- Parla per te Andromeda – s’impuntò Pegasus.
- Non ti lascerà in pace se non parli- sorrise Sirio.
- Infatti, dovessi legarti a una colonna Cristal – rispose Pegasus minaccioso.
Il viso di Cristal si distese in un sorriso:- Siete dei ficcanaso – fece fingendosi arrabbiato. Poi un’ombra scura, le passò sul volto – hai ragione Sirio, non si reagisce così alla presenza di un semplice compagno d’arme. Maia ... è stata tutto per me negli anni dell’addestramento in Siberia. Il giorno che parti per Nuova Luxor gli promisi che sarei tornato. Gli eventi che seguirono bè... tutti li conosciamoe fra questi la morte del Maestro dei Ghiacci per mano mia – Cristal strinse i pugni, quei ricordi erano cosi vivi ancora a distanza di anni - Maia all’epoca aveva terminato il suo addestramento e, conquistata l’armatura delle pleiadi, aveva fatto ritorno in Grecia –.
-Si trovava qui quando tu ti scontrasti con il Maestro dei Ghiacci ? – chiese dolce Andromeda.
Cristal fece un cenno con il capo e continuò il suo racconto: – Al mio ritorno in Siberia, dopo la battaglia delle dodici case, la gente del luogo m’informò che Maia era passata dal villaggio. L’unico segno da lei lasciato, era una rosa sulla tomba del nostro maestro; nel frattempo le era giunta voce anche della morte di Aquarius – fece una pausa, poi con il capo chino continuò – ha fatto perdere le sue tracce, inutili i tentativi di trovarla. Sembrava sparita nel nulla. Ora ... dopo quattro anni me la ritrovo davanti completamente cambiata e ... con un odio profondo verso di me ... - terminò in un sussurro.
L’espressione apatica di Cristal, colpì Phoenix:- Hai intenzione di rimanere in questo stato per molto ?- domandò cercando di scuoterlo.
Cristal levò lo sguardo gelido su Phoenix: - Che cosa vuoi che faccia Phoenix. Che la leghi a una sedia cercando di convincerla che non sono stato io a uccidere i nostri maestri! –
Phoenix abbozzò un sorriso sinistro:- Sei sempre il solito piagnucolone. Non sei riuscito ad andare avanti in questi anni, nonostante la consapevolezza che quello che è successo non è stata per causa tua- disse acido.
- Fratello ti prego non essere ingiusto con lui – lo supplicò Andromeda cercando di placare gli animi.
- Mi dispiace Phoenix, io non riesco ad ammazzare la gente e a non avere rimorsi come fai tu – replicò acido Cristal.
Phoenix lo guardò torvo e avanzò minaccioso verso Cristal.
Pegasus si frappose tra loro – Avanti Phoenix, calmati –.
Phoenix spostò lo sguardo su Pegasus:- Levati di mezzo, non ho intenzione di prenderlo a pugni, anche se la tentazione è forte. E’ vero – continuò rivolto a Cristal - non ho rimorso, perché quello che faccio è per amore della pace e di un ideale che a stento riusciamo a mantenere. Per questo motivo non continuo a vivere nel passato come fai, tu- poi oltrepassò gli altri avviandosi all’uscita.
- Dove vai fratello – fece Andromeda cercando di trattenerlo.
- Non sopporto tutti questi sentimentalismi – alzò la mano in segno di saluto.
- Per quanto non approvi i suoi modi, Phoenix questa volta ha ragione. Non puoi stare a rimuginare su colpe che non hai. Devi farlo capire a quella ragazza se è cosi importante per te- Sirio parlò con la solita calma che lo caratterizzava.
Cristal si avviò verso l’uscita:- Ho bisogno di stare solo – disse semplicemente.
- Cristal- cercò di rincorrerlo Pegasus immediatamente bloccato da Sirio.
- Mah ... Sirio – balbettò Pegasus.
- Lascialo andare Pegasus, è giusto che resti solo. Mi auguro che in questa solitudine trovi la via da seguire – poi tornando a sorridere fece – andiamo a prepararci-.
Pegasus e Andromeda si scambiarono un’occhiata perplessa e seguirono Sirio verso l’uscita.
***
Il tempio del riposo si presentava come una struttura dell’età classica su due piani.  Un portico con tre colonne poggiava al sommo di una breve scalinata di tre gradini, le colonne sorreggevano un frontone dalla fattura classica sotto il quale si ergeva un ampio portone di ferro e vetro che permetteva l’accesso alla villa.
Maia ne rimase affascinata e si ritrovò a pensare che Lady Isabel probabilmente, fosse abituata a ricevere viste “importanti”. Il ragazzo che li aveva accompagnati salì lentamente i gradini che precedevano l’ingresso, una volta davanti al portone abbassò la maniglia e, facendosi di lato, invitò i Samurai e Maia a entrare facendo un inchino. I ragazzi entrarono una per volta guardandosi intorno curiosi.
L’interno dell’edificio aveva uno stile molto semplice. Una scalinata centrale portava ai piani superiori, dividendo l’interno in due grandi ali. Sulla destra si apriva quello che doveva essere un salone, sulla sinistra invece la porta era chiusa probabilmente si trattava della zona adibita alla servitù.
- Dove posso trovare la mia camera ?- chiese Maia con gentilezza al ragazzo.
- Le indico la strada signorina- timidamente aggiunse- sua Signoria Lady Isabel aveva disposto bevande fresche e dolci per ristorarvi dal lungo viaggio-.
Maia sorrise:- Preferisco andare in camera mia –.
Il ragazzo fece un cenno con il capo, si avviò alle scale seguito a ruota da Maia che si voltò solo per salutare con un semplice A dopo gli amici perplessi.
Quando Maia spari dietro la porta della sua stanza, il ragazzo accompagnò i Samurai nel salotto, dove una ricca tavola imbandita fece leccare i baffi a Shido.
- Se avete bisogno di me, potete chiamarmi- fece il ragazzo con un inchino sparendo dietro la porta.
- Dio grazie si mangia – fece Shido avvicinandosi al tavolo- stavo per morire di fame- concluse addentando una fetta di crostata.
- Non potresti mai morire di fame tu – lo canzonò Simo.
- Maia si è chiusa nel silenzio- fece pensieroso Rio.
Kimo scrutò Sami da dietro il bicchiere colmo di liquido ambrato.
- Credo sia normale – fece Shido con la bocca piena.
- Anche Cristal sembrava sconvolto – rispose Simo.
Sami si alzò dalla poltroncina in vimini: - Ci vediamo dopo – e si avviò all’uscita sotto lo sguardo confuso dei compagni.
- Io non capisco … cosa le sta succedendo! – domandò Rio alla reazione dell’amico.
- Sai com’è fatto Sami – rispose Shido dopo aver sorseggiato l’aranciata nel bicchiere – ha di questi momenti lasciamolo in pace-.
Kimo incrociò le braccia sul petto e scrutò furtivamente Simo, anche lui aveva avuto lo stesso sentore, il comportamento anomalo di Sami era riconducibile a Maia…
***
La camera che l’avrebbe ospitata, ricordò a Maia una sorta di casa delle bambole in miniatura. I mobili, di legno chiaro sbiancato, avevano decorazioni romantiche e delicate. Una grande finestra, adorna di tende di organza color pesca, faceva filtrare la luce del sole e, un letto a baldacchino di ferro battuto, decorato da graziose tende bianche, completava la scena. Maia sorrise, lei era sicuramente abituata ad ambienti più spartani. Si sfilò l’elmo dell’armatura e lo poggiò delicatamente sulla tolette bianca. Il rosso e l’arancio del tramonto invasero la stanza, creando giochi di luce sulle chiare pareti. Maia si mise a sedere sul largo davanzale. Le dodici case sembravano grani di una collana di perle infilate una dietro l’altra. I marmi di quelle antiche dimore splendevano di luce propria creando una sorta di bruma che conferiva loro un alone di mistero. Fece correre lo sguardo su ognuna di esse soffermandosi sull’undicesima casa, un tempo dimora del suo Maestro. Inevitabilmente il suo pensiero andò al suo attuale custode ... Cristal … Maia sospirò, il tempo e le battaglie affrontate lo avevano reso più maturo scolpendolo nel fisico e nell’anima. Ripensò agli anni trascorsi in Siberia, alle serate davanti all’enorme camino in pietra, ai duri allenamenti in quelle lande gelate, alle ferite che Cristal con affetto le aveva medicato … Sembrava tutto così lontano, come se quei ricordi appartenessero a un’altra vita. Un lieve bussare alla porta la scostò da quei pensieri. Sami, con ancora indosso la protoarmatura, entrò. I biondi capelli del Samurai assumevano riflessi dorati sotto i raggi del tramonto del sole. A Sami, di suo, Maia apparve come un angelo. Il sole che tramontava alle sue spalle sembrava quasi incorniciare la sua figura in un alone dorato. Da quando non faceva altro che pensare a lei? Da quando quella ragazza occupava con insistenza i suoi pensieri? Che diamine era successo al distaccato Samurai della luce? Ci fu un attimo d’imbarazzo, poi il Samurai parlò:
- Volevo accertarmi che stessi bene – fece cercando di assumere un tono distaccato.
Maia si voltò a guardare fuori dalla finestra. Sami la osservò, i tratti del viso erano tirati in una smorfia di nervosismo: - Si - fece voltandosi verso il suo interlocutore con un sorriso teso sul volto – va tutto bene- si alzò stiracchiandosi - E’ il caso che ci prepariamo a breve, verranno a prenderci per la cena -.
Il ragazzo la guardò a lungo, Maia le aveva fatto capire con quelle parole che voleva rimanere sola. Sorrise e si avviò all’uscita, alzò una mano in segno di saluto e si richiuse la porta alle spalle. La ragazza sospirò e chiuse per un attimo gli occhi. Una bella doccia avrebbe lavato via tutti quei pensieri insieme alla polvere.
 
 
 

 

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Capitolo 15
*** CAPITOLO XIV ***


CAPITOLO XIV

Alle 19:30 in punto Mylock fece il suo ingresso, invitando i Samurai e Maia a seguirlo. La ragazza notò che i Samurai erano tutti in qualche modo eleganti, persino Shido abituato a salopette di tutti i colori, quella sera indossava un pantalone scuro con camicia dello stesso colore. Lei aveva preferito un pantalone nero, con sandali alla schiava e una camiciola senza collo, che lasciava le spalle scoperte, tenuta sui fianchi da un cinturino. I capelli rigorosamente sciolti gli davano un senso di sicurezza, li considerava quasi un marchio del suo carattere ribelle. Si avviò insieme con gli altri per la stradina, rivestita da pietre antiche, che li avrebbe condotti al luogo dove si sarebbe tenuta la cena. Maia ne avrebbe fatto volentieri a meno, il pensiero di trovarsi a faccia a faccia con Cristal la metteva in agitazione. Dopo circa dieci minuti di cammino la struttura che si ritrovò davanti, ricordò a Maia uno di quei posti dove le coppie si scambiano promesse d’amore. Il gazebo circolare, con colonne illuminate da torce le cui fiamme danzavano sotto la leggera brezza estiva, presentava una volta finemente decorata in ferro battuto che creava giochi di forme lasciando intravedere il cielo stellato. Al centro di quella costruzione un tavolo circolare era illuminato da candelabri classicheggianti. Mylock fece un inchino e si dileguò. Sull’ultimo dei gradini che precedevano l’ingresso al gazebo, Lady Isabel attendeva i suoi ospiti. Il leggero vestito color pesca lungo fin sotto le ginocchia metteva in risalto la sua minuta figura. Nessuno avrebbe mai pensato che in quella leggiadra creatura potesse albergare una divinità. Nel vederli sorrise e, Maia si rese conto di quanto i suoi amici fossero rapiti da quell’immagine da cui traspariva un senso di pace. I suoi amici, non lei.
Kimo fu il primo ad avvicinarsi e, facendo un inchino, prese la piccola mano baciandone il dorso:- La sua ospitalità Milady è degna del suo nome-.
Era ovvio che anche Kimo si fosse rammollito. In quel momento fece capolino il ragazzo dall’armatura con grandi ali, Pegasus era il suo nome, o almeno cosi Maia ricordava. La camicia bianca lasciata sciattamente fuori dal pantalone metteva in risalto la sua pelle scura.
- Isabel – fece sorridendo – pare che la cena sia pronta per essere servita, almeno così dice quella sottospecie di maggiordomo che ti ritrovi- concluse.
La ragazza lo fulminò con lo sguardo per poi rivolgere l’attenzione ai suoi ospiti invitandoli a seguirla con un sorriso. Il Cavaliere salutò uno a uno i Samurai con un gesto del capo, quando fu la volta di Maia si avvicinò porgendole il braccio:
- Permette ?- chiese mettendo in mostra una fila di denti bianchissima.
Maia sorrise di rimando, accettando l’invito di quel ragazzo che le stava particolarmente simpatico. Appena dentro si ritrovò davanti Phoenix, al suo fianco c’era  il cavaliere dai tratti dolci e trasparenti come quelli di un bambino, la salutò con un gesto del capo:
- Allora – fece l’ex cavaliere della fenice – come ti pare tutto ciò’- accompagnò le parole con un gesto che abbracciava l’ambiente intorno a loro.
Maia arrossì:- Non vorrei sembrare scortese Phoenix è tutto bello ma ... un po’ eccessivo-.
- Che ti avevo detto fratello, non è tipa da lustri e balletti- rise di cuore Phoenix.
Maia fece passare lo sguardo da Phoenix ad Andromeda, quest’ultimo notando gli occhi smarriti della ragazza aggiunse:- Io sono Andromeda, il fratello minore di Phoenix, non abbiamo avuto modo di presentarci per bene prima – e gli offrì, la piccola mano bianca.
Maia la strinse prontamente ma, continuò a guardare i due ragazzi.
- In pratica il giorno e la notte - aggiunse Pegasus e rise di gusto davanti all’espressione che assunse Maia.
Le sorprese in quel gruppo non finivano mai. In quel momento Lady Isabel invitò i presenti ad accomodarsi al grande tavolo, numerose pietanze tipiche della terra di Grecia erano state servite. Fu allora che senti lo sguardo di Cristal che la passava da parte a parte. Di fianco a lui il cavaliere dai tratti orientali, le sussurrava qualcosa all’orecchio. Cristal rispondeva con un gesto del capo continuando a fissare Maia. Si distrasse solo nel momento in cui un altro cavaliere, se non ricordava male Lady Isabel lo aveva chiamato Scorpio, si avvicinò a lui. Quel cavaliere, che a Maia ricordò Aquarius in qualche modo, invitava Cristal a sedersi al suo fianco. Maia squadrò il suo vecchio compagno d’arme. Il ragazzo indossava un paio di pantaloni scuri e una camicia bianca leggermente aperta sul petto che lasciava intravedere l’antico rosario, ultimo dono di una madre a un figlio che non avrebbe più rivisto. Maia ricordava quella storia come se l’avesse sentita il giorno prima; ricordava come Cristal l’avesse quasi narrata in una di quelle tante sere in cui, l’ululato del vento misto a neve la rendeva particolarmente nervosa. Il Maestro dei Ghiacci aveva riso di cuore davanti all’espressione buffa che Maia aveva assunto dopo l’ennesimo tuono. Rammentava ancora come Cristal per farla tranquillizzare gli aveva messo una coperta di pelliccia sulle spalle e aveva iniziato a raccontarle la storia di quel rosario. Ricordi … oramai rimanevano solo ricordi …. La voce di Sami la richiamò al presente:
- Maia ?- chiese il biondo Samurai – ci accomodiamo – si era reso conto dello sguardo vuoto dell’amica ed era andato in suo aiuto.
Come un automa, la ragazza, fece un cenno di assenso con il capo invitando di rimando Pegasus a sedersi accanto a lei. Almeno la serata non sarebbe stata cosi pesante. Solo dopo aver preso posto si rese conto che Cristal era seduto di fronte a lei. Bene, pensò, ne vedremo delle belle...
Da lì Maia guardò gli ospiti seduti al tavolo, i Cavalieri di Atena discutevano educatamente con i Samurai che, sembravano a loro agio in quel contesto. Solo io mi sento un pesce fuor d’acqua... rimuginando su quei pensieri la voce di Scorpio le arrivò quasi ovattata. Il cavaliere dell’ottava casa le chiedeva, gesticolando con la forchetta che aveva in mano, dove avesse svolto l’addestramento. Rio e Shido per poco non si strozzarono. Kimo, Simo e Sami guardarono Maia, la ragazza apparve molto imbarazzata, prese un bel respiro e disse:
- In Siberia, cavaliere -.
- Ecco dove ti ho visto - fece Scorpio agitando la forchetta – tu eri quella ragazzina che dava tanto da fare ad Aquarius, teneva una tua foto nella sua stanza- fece ironizzando. Il sorriso si spense alla vista degli occhi pieni di lacrime della ragazza. Cristal sentì il cuore frantumarsi in mille pezzi. Lui che aveva giurato di proteggerla le aveva provocato tanto dolore, i suoi occhi s’incupirono, e guardò di traverso Scorpio. Sami, di fianco a Maia, si avvicinò – Non ora Maia, non ora- le sussurrò all’orecchio prendendole la mano.
Pegasus fece passare lo sguardo da Cristal a Maia, l’aria si era fatta carica di tensione. Doveva deviare il discorso su altro:- Va bene, quest’argomento è troppo doloroso per alcuni di noi – aveva improvvisamente perso il tono spiritoso che lo accompagnava in ogni sua battuta, poi cercando di portare l’attenzione su qualcosa che non fosse Aquarius, disse – allora Samurai raccontateci come si sta dalle vostre parti. Qui da noi, in queste case piene di polvere, ci annoiamo molto- quelle parole suscitarono le risa di tutti. Tutti tranne che di Maia e di Cristal. La freddezza negli occhi dell’ex cavaliere del Cigno, fece crescere nella ragazza una rabbia intensa. Si fermò dallo spaccarle un piatto in testa per il quieto vivere. Come poteva Cristal rimanere indifferente a quello che era successo ad Aquarius, come poteva indossare l’armatura del suo Maestro con tanta disinvoltura. La voce di Shido là allontanò da quei pensieri malsani:
– Vero Maia- il samurai terminava una frase che Maia non aveva capito, assorta com’era nei suoi pensieri.
Sami gli venne nuovamente incontro – Shido sta raccontando di quando tu lo hai buttato fuori di casa per fare le pulizie- gli sussurrò.
Maia arrossì rendendosi conto dello sguardo dei presenti - Bè è difficile tenere a bada cinque uomini –.
Lady Isabel sorrise, poi schiarendosi la voce disse:- Domani sera sarà tutto pronto per la partenza -.
- Domani sera!- esclamò Maia, trovando consenso in Shido e Rio; anche Pegasus si accodò a quella muta protesta.
- Mia giovane guerriera – fece Virgo con tutta calma – capisco l’apprensione che nutri per la tua amica, ma non possiamo partire alla cieca contro un nemico di cui non conosciamo nulla, se non ciò che il mito racconta- quell’uomo a Maia metteva i brividi.
- Le chiedo scusa Milady, se le sono sembrata troppo impulsiva. Ambra è nelle loro mani da troppo tempo ormai ed io ….- lasciò la frase in sospeso.
Lady Isabel la guardò con dolcezza:- Stai tranquilla Maia, capisco la tua preoccupazione, ma ti prometto che faremmo di tutto per portare in salvo la vostra amica - terminò sorridendo gentilmente.
Convinto di aver parlato fra sé e sé Cristal sussurrò:- La solita testa calda – fece sorseggiando il liquido ambrato nel suo bicchiere.
- Ti darà molto da fare amico mio. Aquarius mi raccontava del carattere irruento di quella ragazza – fece Scorpio di fianco a lui.
Cristal sorrise. Gli anni l’avevano cambiata fisicamente, ma lo spirito battagliero era rimasto quello di un tempo. Quello dell’addestramento quando, lo stesso Maestro dei Ghiacci era dovuto intervenire più volte nelle scazzottate di Maia con i ragazzi del villaggio.
Il resto della cena si svolse in maniera tranquilla, intervallata a sprazzi dalle battute di Pegasus e Shido e, dalle grosse risate del cavaliere del Toro che aveva proclamato quella coppia vincente. Al termine del caffè, Lady Isabel si congedò dai suoi ospiti non prima di aver ricordato, a Cavalieri e Samurai, che la mattina successiva si sarebbe tenuta una riunione nella sala del trono per discutere sui particolari della partenza. Cristal seguì il gesto di Atena, stiracchiandosi salutò gli altri ospiti fingendosi stanco. Si voltò un ultima volta a guardare Maia impegnata in conversazione con il Grande Mu e Ioria.

 

***

Aveva finito di contare il gregge di pecore quante volte? Nemmeno lei lo ricordava. Maia buttò di lato le coperte e decise di rivestirsi.  Quattro passi al chiaro di luna l’avrebbero calmata. Facendo attenzione a non provocare il minimo rumore, sgattaiolò fuori dal tempio del riposo. Una leggera brezza le scompigliò i lunghi capelli.  L’odore degli ulivi, di cui il grande tempio era circondato, gli inebriò quasi i sensi. Ispirò a pieni polmoni quell’aria frizzante, poi decise. Nel tratto di strada che conduceva al luogo dove albergava insieme agli altri, aveva notato un campo di fiori su cui si ergevano, solitarie, numerose lapidi di pietra. Aveva chiesto al ragazzo, che li aveva accompagnati al tempio del riposo, di che cosa si trattasse. Con un certo timore nella voce, il giovane aveva sostato un attimo davanti a quello spiazzo e, con mano tremante, aveva indicato quello che era il cimitero dei cavalieri caduti in battaglia. Maia si avviò verso quel campo fiorito in cui, probabilmente, riposava il suo maestro. I pallidi raggi della luna illuminavano le fredde pietre sepolcrali. Stava quasi per perdere la speranza di trovare la lastra con l’incisione del nome di Aquarius quando la vide, solitaria sulla parte più esterna del campo. Si avvicinò e, con mano tremante, sfiorò l’incisione in greco antico. Rose bianche adornavano l’intera pietra tombale a mo di rampicante. Come se qualcuno l’avesse messe lì di proposito. Calde lacrime iniziarono a solcarle il volto roseo, non riusciva a controllarle. Sollevò il viso, si massaggiò gli occhi con il pollice e l’indice, e si alzò. Guardò un’ultima volta il luogo dove giaceva il suo maestro e, si avviò per la strada che conduceva alle dodici case. A separarla da quella che un tempo era la dimora di Aquarius, c’era solo il tempio presieduto da Andromeda. Aggirò la Casa dei Pesci saltando da un masso all’altro per la strada più disastrata finché, non si ritrovò davanti agli alti colonnati dell’undicesima casa. Ricordò le parole di Pegasus alla domanda “Riposate all’interno delle vostre case?”. Il cavaliere aveva raccontato dei templi attigui, alle dodici case, fatti costruire da Lady Isabel per i suoi cavalieri. Entrò sicura che in quel momento la casa fosse deserta. Si guardò intorno, alcune colonne portavano i segni di una lotta che si era consumata anni addietro fra quelle mura. Maia strinse i pugni fino quasi a conficcarsi le unghie nella carne, l’ira s’impadronì di lei. Una sensazione simile a un pugno le attanagliò lo stomaco.
- Maestro- sussurrò.
- Sapevo che saresti venuta- la voce di Cristal la fece trasalire.
Cristal era coperto dalla cintola in giù, sul nudo petto riluceva il rosario di perle della madre. Aveva avvertito la sua presenza e, ora Maia non sapeva come uscire da quella situazione.
Accidenti a me e alle mie passeggiate notturne...

Note dell'autrice : Ed eccoci qui, non sono sparita sono solo super impegnata. Bè vi auguro buona lettura e tranquilli non lascerò passare molto tempo per i prossimi capitoli.... A presto

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO XV ***


CAPITOLO XV

Silenzio… silenzio che complicava tutto…. Gli unici suoni percepibili erano i loro respiri e il suo cuore… Maia lo sentiva rimbombare con prepotenza. Gli ordinava di voltarsi, di abbandonarsi contro il petto di Cristal… Quanto aveva desiderato quell’abbraccio. Quanto, nei momenti di sconforto, lo avrebbe voluto vicino… ora era lì. Doveva solo voltarsi e, avrebbe ritrovato quel principe perso quel giorno di tanti anni fa’ quando, il suo cuore si era spezzato con la morte dei suoi maestri… Maestri… quello era il motivo del suo odio. Nello stesso istante in cui tale pensiero le sfiorò la mente, la collera prese il sopravvento. Si voltò di scatto per dirigersi all’uscita ma, la mano di Cristal la fermò per un braccio. Maia fece correre lo sguardo da quella presa a quegli occhi chiari come il ghiaccio.
- Per quanto hai intenzione di ignorarmi - non era una domanda ma quasi una supplica.
- Non abbiamo nulla da dirci. Non più ormai -.
Il cavaliere s’irrigidì. Maia cercò di proseguire verso quello spiraglio di luce che intravedeva da lontano ma, Cristal la attirò a sé abbracciandola da dietro. Cingendole la vita sottile, con le forti braccia, affondò il viso nei suoi capelli. Maia poteva sentire il cuore di Cristal battere contro le proprie spalle. Sembrava impazzito…. Tu tum … tu tum … Doveva uscire da quella situazione al più presto, ma lo voleva realmente?
“Numi aiutatemi”, chiuse gli occhi e ispirò cercando di dare aria ai polmoni, quel profumo conosciuto e mai dimenticato le invase le narici…
- Ti prego Maia, dammi la possibilità di spiegare. Non ti fare accecare dall’odio- le sussurrò – hai ragione, ho levato la mano verso i nostri maestri…-.
Maia strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, d’impeto si allontano da quell’abbraccio. Si voltò guardando Cristal con occhi di fuoco:- Come hai osato levare il braccio su di loro, chi ti ha dato il diritto di sottrarmi al loro affetto, ai loro insegnamenti? Chi Cristal?-.
Quanto male aveva fatto a quella ragazza? Quanto l’aveva fatta soffrire?  Cristal chinò il capo, sconfitto:
- La mia non è stata brama di potere – si fermò un attimo – avrei volentieri sacrificato la mia vita in cambio… ma … la posta in gioco era alta …-
Un sorriso amaro si stampò sul volto della ragazza:- La posta in gioco era tanto alta da sacrificare la vita dei tuoi maestri? Tanto alta da mettere fine hai giorni di chi ti aveva reso cavaliere di chi ti aveva cresciuto come un figlio? E’ questo il senso dell’onore dei cavalieri di Atena ?!- si fermò un attimo per riprendere fiato e il controllo del suo corpo che tremava come una foglia al vento – Ti faccio una domanda Cristal. Avresti ucciso anche me ?-
- Io per te sacrificherei la mia vita! – fece esasperato -Non ho dimenticato un solo giorno di quelli passati con te. Nulla … –neanche il bacio rubato la notte prima della partenza per Nuova Luxor aggiunse mentalmente- Io almeno ho cercato di affrontarlo il dolore. Tu cosa hai fatto? Sei scappata per rifugiarti fra le braccia dei tuoi amici Samurai. Credi che io sia cieco? Credi che non abbia visto come il tuo amico “Sami” ti teneva la mano e ti sussurrava all’orecchio?- la gelosia, il peggiore dei mali, aveva preso il sopravvento.
Cristal parlava con collera e, Maia ne fu colpita come uno schiaffo da quelle parole.
Reagì con rabbia e, d’impeto sferrò un pugno al suo interlocutore, il labbro di Cristal prese a sanguinare:
- Non osare Cristal! Non osare fare queste insinuazioni!I samurai mi hanno accolto come una di loro senza chiedere nulla in cambio. I samurai non alzerebbero mai una mano contro i loro amici neanche se fosse la loro stessa Dea a chiederlo. Un fedele segugio ecco cosa sei, hai ucciso i tuoi maestri questa è la sola realtà che conosco!!!Chi sei tu per meritare l’armatura di Aquarius, chi ha disposto questo? Chi? Atena?- aveva urlato Maia mentre ansimava per la rabbia. In quel momento si rese conto che stava piangendo, cocenti lacrime le rigavano il volto.
- Aquarius l’ha deciso, la sua armatura mi è venuta in aiuto nei momenti difficili. Lui e solo lui mi ha designato come suo erede – il tono, era quello di un uomo sconfitto.
In quel momento Cristal si rese conto di sentire un macigno sul cuore. Il peso di chi è consapevole delle colpe compiute e non riesce a porvi rimedio. Maia rimase impietrita. Quelle parole l’avevano raggiunta come fulmine. Guardò Cristal con freddezza. Si girò di spalle:
- Bugie costruite a regole d’arte, ecco cosa sono. La Maia che hai conosciuto è morta nel momento in cui tu hai levato la mano contro i nostri maestri, Cristal –.
Non attese risposta s’incamminò verso l’uscita lasciando Cristal solo con quei pensieri.
Il Cavaliere si asciugò il rivolo di sangue che le scivolava dall’angolo della bocca. Si guardò la mano …
- Che cosa ho fatto- sussurrò.

***

Si poggiò respirando, quasi a fatica, ai colonnati dell’XI casa. Il cuore batteva all’impazzata…
Maia sollevò lo sguardo verso la volta celeste, la luna sembrava un faro in quella notte buia. Sospirò chinando il capo, lentamente mosse i primi passi scendendo i gradini e avviandosi verso una nova nottata insonne.

***

Come se un macigno pesasse sulle sue spalle, Cristal si avvio verso il tempio adibito a casa ormai.
Si appoggiò stancamente allo stipite della porta. Si passò una mano sulla fronte…
- Forse è meglio che ti lasci stare…. Non c’è posto per me nel tuo cuore – sussurrò quelle parole mentre, adagio, si avvicinò alla scrivania spartana su cui era riposta una foto sbiadita dal tempo.
La prese fra le mani sfiorando il viso di quella, allora, bambina con delicatezza quasi come se l’avesse di fronte.
- Maestri…- sussurrò.
Ripose quella cornice con altrettanta delicatezza e si affaccio al davanzale della bassa casa.
La luna sembrava un disco argentato circondato dal suo alone lucente. Quel silenzio riportò Cristal indietro nel tempo, a una notte d’autunno di tanti anni fa … Lì in quelle lande di neve le notti sembravano tutte uguali… l’ululato del vento diventava una nenia e i suoi abitanti si addormentavano a quel suono...
 
- Non ha toccato cibo- il Maestro dei Ghiacci era apparso al quanto preoccupato.
Cristal si era limitato a rispondere con un cenno del capo giocherellando con i resti del cibo nel piatto:
- Questo momento doveva arrivare … le porto una tazza di latte caldo-.
L’uomo seguì con lo sguardo il suo discepolo mentre scompariva dietro la porta della camera di Maia.
 
- Maia – il ragazzo la chiamò dolcemente.
Avvolta in una pesante coperta, Maia se ne stava seduta davanti al grande camino di pietra. Gli occhi fissi sulle fiamme che guizzavano allegre.
- Ti ho portato una tazza di latte caldo. Non hai toccato cibo-.
Cristal aveva poggiato delicatamente la tazza, ricolma di liquido fumante, sulla mensola di legno che rivestiva il camino, e le si era seduto accanto. Aveva cercato di cogliere qualsiasi espressione in quegli occhi che avevano assunto riflessi d’oro. Aveva scrutato il profilo delicato della ragazza, poi si era concentrato anche lui sul fuoco del camino. Non era mai stato un tipo forte, la perdita della sua adorata mamma lo aveva reso freddo e discostato da ciò che lo circondava e, tante erano state le volte che si era ritrovato a piangere da solo. Poi nella sua vita era arrivata quella ragazza e tutto era cambiato.
- A che ora partirai?- la voce della giovane era ridotta a un soffio.
Cristal aveva risposto continuando a guardare il camino:- Appena arriverà la nave della fondazione di Thule. Credo domani mattina presto –
- Questo momento doveva arrivare ma non pensavo così presto…- aveva lasciato la frase in sospeso.
-Maia…-
- Resta qui…resta con me questa notte – gli occhi ricolmi di lacrime e una supplica cui Cristal non avrebbe detto di no.
Un lieve rumore aveva fatto voltare il ragazzo verso la porta; poggiato allo stipite mogano, il Maestro dei Ghiacci le aveva fatto un cenno con il capo prima di andar via.  Il cavaliere si era voltato allora verso la ragazza, abbracciandola, aveva cercato di assaporare ogni secondo, ogni profumo, ogni gesto di quella fragile fanciulla con cui aveva condiviso gioie e dolori in quel posto dimenticato da Dio. Maia in quell’abbraccio si era sciolta in un pianto i cui singhiozzi le avevano smosso le minute spalle… A lungo Cristal le aveva accarezzato i capelli, sussurrato parole gentili fino a quando la ragazza, sfinita, non era crollata in un sonno agitato. Era rimasto cosi a guardarla per un tempo indefinito. Piano, Cristal, le aveva fatto poi scivolare la coperta dalle spalle e, presa fra le braccia, l’aveva adagiata sul letto, supina. Con premura, le aveva rimboccato le coperte.  Era rimasto lì, rapito da quell’immagine. Il viso, rotondo, incorniciato dai lunghi capelli chiari, le folte ciglia che creavano giochi d’ombre sul volto, le labbra leggermente dischiuse. Come in un sogno si era chinato su quella figura dormiente e aveva sfiorato quelle labbra carnose con le sue. Quel desiderio improvviso lo aveva confuso e, quasi spaventato da quel forte sentimento, si era staccato dal sapore dolce di quella bocca… la ragazza non si era svegliata anzi, un lieve sorriso le aveva increspato le rosse labbra…
 
Quanto tempo era trascorso da quel giorno, quante cose erano cambiate, Maia era cambiata.
Sospirò allontanandosi dalla finestra. Si gettò a peso morto sul letto, le mani dietro la nuca chiuse gli occhi, doveva riposare, l’unica persona che le era rimasta andava protetta anche a costo della vita in quella battaglia.

***

Un'altra alba stava sorgendo illuminando a giorno il grande tempio di Atene. Maia si guardò allo specchio, l’ennesima nottata in bianco, stava diventando un’abitudine. Due profonde occhiaie segnavano il viso pallido. La ragazza sospirò, quella giornata avrebbe segnato la partenza verso un nemico di cui non sapevano nulla. Lì avrebbero ripreso Ambra e sarebbero tornati a casa … casa… Maia sospirò allontanandosi dallo specchio, scostò la tenda e guardò fuori. Si dice che: La casa è, dove si trova il cuore (1) ma, il suo cuore dov’era? D’istinto chiuse il pugno, le nocche si erano colorate di viola dopo il pugno dato a Cristal. Neanche lo sentiva il dolore, quella storia sarebbe finita presto. Lei sarebbe tornata a Tokyo con i Samurai e Cristal sarebbe diventato un ricordo opaco perso nel tempo … Forse. Un lieve bussare alla porta la fece sussultare. D’istinto guardò l’orologio a muro, segnava appena le sette e trenta.
-Avanti- fece titubante.
Dalla porta aperta per metà fece capolino Shido. Un sorriso sornione stampato sul viso rotondo:
-Pensavo dormissi. Meglio così, ti aspettiamo sotto- fece tutto di un fiato– non tira una buona aria sai-.
 Shido sorrise e richiuse la porta.  Maia guardò perplessa l’uscio chiuso per un paio di minuti. Di tutta fretta, fini di prepararsi si mise l’elmo sotto il braccio e si avviò giù per le scale.

***

Nell’ampio salone regnava un silenzio tombale. Maia fece un passo indietro sulla soglia, era ovvio che qualcosa non andasse. Kimo era girato di spalle, guardava distrattamente fuori sorseggiando una tazza di caffè. Simo e Shido erano seduti al grande tavolo imbandito ma solo quest’ultimo addentava una brioche assaporandola con gusto. Sami, calmo all’apparenza, sorseggiava il caffè comodamente seduto nell’ampia poltrona in vimini. Rio era agitato, molto agitato…
- Che succede – fece Maia.
 Sami la guardò da sopra la tazzina fumante. Una fiera amazzone con indosso l’armatura, Maia appariva più decisa che mai quella mattina. La squadrò da capo a piedi e notò il livido sulle bianche dita. Rendendosi conto dell’insistenza dello sguardo dell’amico sulla mano guantata, la ragazza si affrettò a nasconderla dietro la schiena. Un altro interrogatorio l’avrebbe snervata.
- Dunque – esordì Rio. Già il “dunque” non era un buon inizio, pensò Maia – dopo la cena di ieri sera io e Kimo abbiamo avuto una discussione, in merito alla nostra posizione in questa storia – i Samurai erano tutti attenti, anche Shido aveva lasciato l’ennesima brioche a metà. Rio continuò - io sono dell’opinione che Ambra non può più aspettare – concluse incrociando le braccia sul petto in attesa che qualcuno parlasse.
Fu Simo a intervenire:- Io capisco l’apprensione per Ambra, Rio, ma non vorrei che il nostro gesto apparisse come … “scortese”-.
Shido s’infervori :- Ti sei bevuto il cervello Simo – fece puntando le mani sul tavolo e alzandosi di scatto - fin ora abbiamo sempre agito da soli, io sono d’accordo con Rio – si avvicinò all’amico quasi come se quel gesto potesse chiarire la sua posizione.
Simo divenne rosso, Sami andò in aiuto all’amico:- C’è anche da dire Shido che, in qualche modo, il cavaliere di Virgo ha ragione. Non possiamo affrontare chi non conosciamo-.
 Maia che fino a quel momento aveva taciuto si avvicinò lentamente al tavolo, ripose delicatamente l’elmo e con calma parlò:
- Già in altre occasioni ci siamo trovati di fronte a nemici di cui non sapevamo nulla. Ne siamo usciti sempre vittoriosi. Io concordo con Rio e Shido perché aspettare stasera per partire? Lady Isabel ha molti mezzi a disposizione perché non andare ora a riprenderci Ambra?- si fermò un attimo osservando la reazione dei Samurai. Shido e Rio annuivano convinti, gli altri scuotevano il capo incerti – comunque io stessa avevo intenzione di parlare con Milady di ciò; non riesco a stare con le mani in mano aspettando il miracolo mentre Ambra chissà quale rischi corre –.
Kimo, che fino a quel momento era rimasto ad ascoltare disse: - Siete sempre i soliti guerrafondai voi tre.  Vi rendete conto che questa volta non è come le altre, che è una divinità quella che andremmo ad affrontare? E noi, per quanto esperti in battaglia non ci siamo mai scontrati con una divinità – concluse agitando pericolosamente la tazzina.
– Che sia divinità poco importa, io non me ne starò qui a girarmi i pollici – fece Maia rossa in viso. Kimo chinò il capo. Maia continuò – No Kimo, qualunque sia la decisione presa in questa riunione, io oggi partirò in cerca di Ambra. Chi vorrà seguirmi lo farà, altrimenti siete liberi di rimanere agli ordini di Atena. Io non ho padroni –. Sottolineò l’ultima parola. Con un gesto di stizza riprese l’elmo dal tavolo e disse - E’ meglio avviarci non c’è altro su cui discutere, io la mia decisione l’ho presa – si avviò verso la porta, seguita da Rio e Shido.
Kimo rimase per qualche istante a fissare il pavimento. Sami le pose una mano sulla spalla
– Capisco la tua apprensione ma, vedrai, andrà tutto bene. Spiegheremo le nostre ragioni a Lady Isabel, lei capirà –.
Kimo scosse il capo sconfitto.
 - Possibilmente cerchiamo di non fare parlare quei tre, altrimenti la guerra sarà anche con Atena –. Aggiunse Simo strappando un sorriso all’amico.

***

Sei poltrone, di broccato rosso, dagli alti schienali erano state disposte nell’ampia sala del trono. L’ingresso dei Samurai fu’ accolto da un caloroso sorriso di Lady Isabel che li invitò, con la minuta mano, a occupare posto sui ricchi sedili. Maia si guardò intorno, agitandosi nervosamente sulla poltrona. Erano tutti presenti, tutti eccetto Cristal. Nel gran vociferare della sala, Maia riuscì chiaramente a distinguere le parole che Pegasus rivolgeva a Sirio.
- Dove si è cacciato Cristal ?- Il cavaliere di Sagitter, che l’aveva salutata con un grande sorriso al suo arrivo, appariva preoccupato nel rivolgere quella domanda all’amico.
Sirio si limitò a rispondere facendo spallucce. Non si accorse Maia, intenta ad ascoltare quel dialogo, del cavaliere di Virgo finché non le fu’ davanti. Il cavaliere della sesta casa la fissava con occhi ciechi. Maia fu percossa da un brivido. La figura dorata di quell’uomo, così vicino, la agitava. Cercò di richiamare l’attenzione dei suoi amici, ma erano tutti impegnati in qualche conversazione con gli altri cavalieri d’oro.
- Il tuo cuore è tormentato, mia giovane amica- fece il biondo cavaliere inarcando un sopracciglio - ricorda, i fantasmi del passato vanno affrontati altrimenti, non sarai in grado di gestire le tue emozioni e, in questo momento la mente deve essere lucida per permettere al pugno di colpire- .
Maia non riuscì a proferire un solo suono, quell’uomo aveva poteri che andavano aldilà di quelli di un semplice cavaliere. Virgo si allontanò senza attendere alcuna risposta. Il rumore del portone d’ingresso che si apriva la distolse da quella visione angelica. Il cavaliere dell’undicesima casa fece il suo ingresso, il viso stanco portava i segni di una nottata passata in bianco. Passò di fianco alla poltrona su cui era seduta Maia, la guardò di sottecchi per poi proseguire verso il sedile che portava l’effige dell’Acquario. Pegasus gli andò incontro dandole una pacca sulle spalle per poi circondargliele affettuosamente.
- Ehi non volevi svegliarti stamattina – si avvicinarono entrambi al cavaliere di Libra, comodamente seduto sulla sua poltrona con le lunghe gambe accavallate e le braccia incrociate sul petto.
Vicino all’affascinante cavaliere della bilancia il timido Andromeda fece preoccupato:
- Che hai fatto al labbro?-.
D’istinto il cavaliere si porto la mano al piccolo taglio tumefatto. Pegasus si avvicinò di più a Cristal.
- Questo è stato un pugno- fece per toccare l’amico che si tirò indietro.
- Non è nulla ragazzi ... - Cristal era alquanto imbarazzato.
- E’ stata lei?- silenzioso, Phoenix, si era avvicinato al gruppo di amici.
I ragazzi erano disposti a semicerchio intorno al seggio di Sirio. Quest’ultimo alzò un sopraciglio attendendo una risposta dall’amico.
- Abbiamo avuto una discussione – fece Cristal abbassando lo sguardo- ma questo non è il luogo giusto per parlarne-.
- Bel caratterino la ragazzina – fece Pegasus incrociando le braccia sul petto.
Cristal si voltò verso Maia; la ragazza imbarazzata guardò altrove. Si ritrovò davanti Sami che le sorrise.
- Il livido sulla tua mano … – fece grattandosi il mento - … il taglio sul labro di Cristal... sei stata tu vero?- fece sedendosi accanto a lei.
- Non so di cosa tu stia parlando- rispose Maia con finta aria innocente.
La voce di Lady Isabel stroncò l’ennesima discussione con Sami sul nascere. Gli altri Samurai avevano occupato, come i cavalieri d’oro, i seggi intarsiati. Maia si ritrovò sulla destra Sami e alla sua sinistra l’agguerrito Rio. Almeno qualcuno l’avrebbe sostenuta.
- Come vi ho anticipato ieri – la voce di Isabel suonò ferma e decisa- grazie ai satelliti della fondazione di Thule sono riuscita a trovare il luogo designato come residenza, del mio divino fratello – respirò a fondo e continuò- incastonate come smeraldi nel mar Egeo si trovano le piccole Cicladi. Fra essa una,  non calpestata da piede d’uomo, è conosciuta con il nome di Keros. E’ un’isola disabitata di grande splendore. Lì fra quelle antiche rovine greche sorge il tempio di Ares. Li troverete la vostra amica- fece rivolta ai Samurai – Non ci sono navi dirette dal Pireo, il porto di Atene, ma sono riuscita ad ottenere tutte le autorizzazioni. Raggiungerete Keros con una delle navi della fondazione -.
- Milady – fece Maia titubante – se ci sono tutte le autorizzazioni perché non anticipare la partenza? Perché aspettare questa notte?-
Isabel aprì la bocca per rispondere ma, la voce di Cristal risuonò alta nell’ampia sala del trono. Il cavaliere dell’undicesima casa si era alzato dal seggio dorato e, un passo alla volta si avvicinava a Maia.
- Ragazzina – tuonò - credi che questo sia un gioco? Credi che nostri nemici ci accoglieranno a braccia aperte? Parli da incosciente, da persona che non conosce i poteri di un Dio o, credi che siano tutti come la nostra Dea Atena, amica degli uomini! – Cristal aveva parlato tutto di un fiato. Non si era accorto di aver alzato la voce. La stupida ostinazione di Maia gli aveva fatto perdere la pazienza. Lui, il gelido cavaliere del Cigno, aveva perso il controllo. Accidenti a te ... pensò.
Lo stordimento iniziale, per la reazione di Cristal, passò in un secondo. Maia si alzò di scatto sotto lo sguardo attonito dei presenti.
- Alla fine è riuscita a fargli perdere la pazienza- sogghignò Scorpio- esattamente come succedeva con Aquarius -.
- Rio fermala – sussurrò Simo – ora lo ammazza -.
Rio fece per alzarsi ma l’occhiata di Sami lo bloccò.
- Che fai? Perché lo hai fermato? – fece Shido – anche tu Kimo fa’ qualcosa -.
- No! – rispose serio Sami – è affar loro. Non vi permettete a intervenire -.
Era una questione fra Cristal e Maia, l’intromissione di qualcuno di loro avrebbe solo complicato le cose. 
La ragazza, rossa in viso, si avvicinò minacciosa a Cristal. In tanti anni non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo:
 – Io non prendo ordini da nessuno tantomeno da te, soldatino dorato! Che ti piaccia o non partirò per quella dannata isola a costo di farlo a nuoto. Non sarai certo tu a fermarmi! - Tremava Maia mentre guardava Cristal, lo scontro avuto la sera precedente sembrava averlo svuotato di qualsiasi forma di gentilezza.  
Pegasus, ripresosi dallo stupore, si alzò:- E’ impazzito non c’è altra spiegazione, ora lo faccio ravvedere io-.
 –Torna al tuo posto Pegasus! – fece Sirio con lo sguardo fisso su Cristal.
- Mah ... Sirio ... – balbettò Pegasus.
- Non ti conviene Pegasus – fece Scorpio pensieroso – guardali. Non ti rendi conto della battaglia che stanno combattendo? Quei due hanno molto in sospeso e non credo sia il caso di metterci di mezzo. Io stesso mi sarei alzato altrimenti per far rinsavire quel pezzo di ghiaccio-.
Pegasus lo guardò, dopo la morte del cavaliere dell’undicesima casa, Scorpio aveva preso a vegliare su Cristal come un angelo silenzioso, probabilmente per qualche promessa fatta all’amico di un tempo. Il cavaliere di Sagitter tornò a guardare Cristal. Il biondo cavaliere era fermo nella sua posizione e Maia non arretrava di un passo. Una bella gatta da pelare ... pensò.
- Qualcuno deve pur dirle qualcosa. La guerra è contro Ares non contro i Samurai- fece perplesso Andromeda. 
E cosi fu’:
- Cristal riprendi il tuo posto- la voce di Atena era dura – e chiedo anche a te di fare lo stesso Maia-.
I due si guardarono ancora. Fu’ Cristal il primo a cedere non prima di aver sussurrato:
- Per questa maledetta guerra ho perso già il Maestro dei Ghiacci e Aquarius. No Maia non perderò anche te!- poi si voltò accompagnato dal fruscio del candido mantello bianco.
Maia lo guardò occupare il suo posto prima di voltarsi e mettersi a sedere sul suo seggio. Rio la scrutò incredulo.
- Ho perso le staffe - fece Maia continuando a guardare diritto davanti a se immaginando la domanda dell’amico.
- Non lo hai picchiato è già tanto – le fece l’occhiolino.
Kimo, invece, le rivolse occhiate di ammonimento. Maia neanche se ne accorse, tremava come se il gelo della Siberia si fosse trasferito in quella stanza.  Ispirando profondamente Lady Isabel riprese il controllo della situazione e con voce ferma parlò:
- Non sarò io a fermarti Maia, ma concedimi di aiutarvi. Ares minaccia un equilibrio raggiunto a prezzo di molte, troppe vite - la ragazza la guardò a lungo per poi annuire con il capo. Isabel continuò- se è la partenza che volete anticipare, non sarò io a esservi di ostacolo. Capisco l’apprensione che nutrite per la sorte della vostra amica – si fermo un attimo – Mylock – chiamò con voce stanca . Il maggiordomo si presentò all’istante. Come se fosse dotato di qualche strano potere che lo portava alla velocità della luce al cospetto della sua Signora. S’inchinò in attesa di ordini – convoca il capitano della nave. La partenza è anticipata al primo pomeriggio-. Mylock si chinò ancora di più prima di sparire, com’era comparso, nel nulla.
Atena si voltò, salendo lentamente i gradini che conducevano al seggio reale. Poggiato all’alto schienale, un monile di fattura antica sembrava protendersi verso i palmi della sua Signora. Lady Isabel lo prese fra le piccole mani, il suo corpo fu circondato da un’aurea dorata che si allargò, come l’abbraccio di una madre che cerca di proteggere i propri figli, in tutta la sala del trono. La Dea si voltò, con gli occhi chiusi, verso i suoi cavalieri e fu’ in quel momento che accadde.  Le pupille si dilatarono cancellando l’azzurro degli occhi di Maia. Una miriade di voci si levò a canto nella sua testa. Era come se qualcuno, qualcosa la chiamasse. Era come se un'altra se stessa la guardasse da uno specchio. Quello scettro, antico probabilmente quanto la Dea Atena, invocava il suo nome silenziosamente ma con prepotenza.
- Che ti prende ?- la voce di Rio le arrivò ovattata, come se l’amico parlasse da uno spazio tempo diverso dal suo. Lo guardò, come se non lo riconoscesse, era come ridestarsi da un sonno durato secoli. Quando si riebbe sorrise per non fare preoccupare l’amico.
- Nulla- fece scrollando le spalle – quello scettro mi ha incantato – sorrise ancora. Poi rivolse lo sguardo a quella Dea che, una volontà estranea alla sua, riconosceva come indiscussa Signora.
Isabel socchiuse gli occhi in quell’istante, il suo sguardo ora era diverso, non c’era traccia di umanità nelle iridi blu. La natura divina aveva preso il sopravvento. Con voce ferma ordinò:
- Mu tu, con i cavalieri più anziani, organizzerai le difese del grande tempio, Ares non si farà attendere molto – si fermò un istante per rivolgere lo sguardo fiero a Pegasus - Cavaliere di Sagitter, tu con Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix partirete alla volta dell’isola di Ares- .
Pegasus ricambiò lo sguardo altero, odiava vedere la natura Divina prendere il sopravvento su Isabel. In quel momento la sentiva lontana, come un essere umano può essere lontano anni luce da un Dio.
Fece un cenno di assenso con il capo.
- Isabel tu cosa hai intenzione di fare – Sirio si rivolse alla sua Dea con un’enorme confidenza.
- Non verrò con voi se è questo che vuoi sapere, sarò al vostro fianco tuttavia in questa nuova battaglia. Siate prudenti. Ares è un Dio sanguinario che si nutre delle paure che incute nelle sue vittime - la voce della ragazza ora era quella di un usignolo. Isabel passò, con lo sguardo, a rassegna dei suoi cavalieri.
- Milady- Ioria di Leo si alzò dal suo seggio dorato, il guizzo di un muscolo del viso sulla pelle abbronzata tradì una nota di nervosismo – conceda a uno di noi di accompagnare i cavalieri e i Samurai e questo non per…-
La risata del gigante Aldebaran non gli permise di terminare la frase:- Amico mio, capisco la tua apprensione verso il tuo pupillo – con la grande mano indicò Pegasus che arrossì fino alla punta dei capelli – ma credimi sono più esperti questi ragazzini ad affrontare un Dio che non noi ahahah – terminò la frase con una sonora risata che alleviò la tensione nella sala del trono. Ioria si mise la mano dietro la nuca, alquanto imbarazzato, e si fece contagiare da quella risata come gli altri in sala. Tutti tranne Maia e Cristal.

  1. Plinio il Vecchio
 

Ed eccomi qui,  finalmente sono riuscita a pubblicare. Ho avuto il blocco dello scrittore ... ebbene si non riuscivo ad andare avanti... ora pare mi sia sbloccata vedremo ... intanto buona lettura ....
A presto

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Capitolo 17
*** CAPITOLO XVI ***


CAPITOLO XVI
 
- Bene – la voce di Lady Isabel si levò sul vocio che si era creato in sala – Cavalieri, Samurai – disse facendo passare lo sguardo sui presenti - cercate di risparmiare più energie possibili. Nel primo pomeriggio la nave della Fondazione vi condurrà sull’isola di Keros –. Congedò cosi tutti e voltandosi di spalle, si avviò su per le scale che portavano alla statua di Atena. Esitò solo qualche istante, osservando curiosa l’ex cavaliere del Cigno. La sfuriata di pochi minuti prima l’aveva lasciata basita. In tutti gli anni, passati a fianco del gelido cavaliere di Aquarius, non lo aveva mai visto reagire in quel modo.
Intuendo la sua perplessità Pegasus, la guardò con insistenza quasi a voler attirare la sua attenzione.
Isabel lo guardò di rimando e, facendo un cenno con il capo, sollevò il drappo rosso che nascondeva le scale che portavano alla scultura di Atena. Fra loro, un solo sguardo bastava più di mille parole.
Appena la Dea fu scomparsa dietro il tendaggio, i presenti si alzarono quasi all’unisono. Mu, circondato dai cavalieri d’oro più anziani, iniziò a organizzare le difese del grande tempio, discutendo animatamente con il battagliero Scorpio che pareva contrastare ogni sua scelta.
- E’ il caso di ritirarci- fece Kimo mettendosi di fronte agli altri samurai ancora seduti ai loro seggi.
- In effetti- fece Shido massaggiandosi l’addome- siamo ancora in tempo per fare un’altra colazione-.
- Tu hai sempre fame – lo canzonò Simo.
Sami silenzioso si alzò per dirigersi all’uscita. I suoi amici non fecero caso a quel gesto intenti a prendere in giro Shido. Maia se ne stava china completamente estranea alla conversazione, i gomiti poggiati sulle ginocchia, scrutava furtivamente Cristal.
- Credi che cosi facendo riconquisterai la sua fiducia?- Pegasus, le mani sui fianchi, fronteggiava Cristal.
- Non ho voglia di discutere Pegasus- il biondo cavaliere si alzò dirigendosi all’uscita.
- No!- Pegasus determinato continuò- tu lo farai invece…-
- Pegasus!- la voce di Sirio lo ammonì- lascialo andare-.
Cristal con un cenno del capo, a mo’ di muto ringraziamento verso l’amico, si avviò all’uscita.
- Perché ?- il cavaliere di Sagitter era famoso per la sua testardaggine.
- Perché deve essere così. Perché ci sono circostanze che solo i diretti interessati possono chiarire – finì il saggio Sirio.
- Credimi Pegasus –Phoenix si era avvicinato all’amico- questa è una situazione più complicata di tutte le trame che ordiscono gli Dei dell’olimpo-.
- Che vuoi dire fratello- Andromeda spalancò i grandi occhioni verdi.
- Non li hai guardati mentre si affrontavano prima? Rancore, rabbia, gelosia sono solo alcuni dei sentimenti che aleggiano nell’aria ogni qual volta quei due si trovano ad affrontarsi …- fece Phoenix seguendo Cristal con lo sguardo.
Il cavaliere passò di fianco a Maia e, senza guardarla, proseguì oltre verso il grande portone. Maia lo guardò di sottecchi, Cristal appariva gelido e in quel momento ebbe l’impressione di trovarsi un estraneo davanti. Non si era resa conto che Sami, poggiato allo stipite del portone intarsiato, attendeva che Cristal le passasse vicino. Il cavaliere, come se non lo avesse visto, proseguì per il portone aperto. Sami il capo chino e le braccia incrociate sul petto parlò piano, in modo che le sole orecchie di Cristal potessero udirlo:
- Credo che sia il momento di lasciarla in pace…-.
Cristal si fermò - Sarà lei a deciderlo – fece senza girarsi. Non proferì altra parola, proseguì verso l’uscita. Sami lo seguì con lo sguardo.
-Vuoi arrivare alle mani?- la voce di Kimo lo fece sussultare. Il samurai del cielo si era accorto in ritardo delle intenzioni di Sami.
Sami abbozzo un mezzo sorriso:-Solo se sarà necessario…-.
- Cosa le hai detto- fece Maia con tono per nulla amichevole. Era arrivata alle spalle dei due Samurai dopo aver assistito a quella breve conversazione dal suo seggio. Sami la guardò perplesso - Non sono cose che ti riguardano Sami – continuò dura- questa storia è solo affar mio, non voglio essere difesa da nessuno sia chiaro-. Non lasciò il tempo di rispondere all’attonito Samurai, andò via con passo deciso.
- Credo che sia un suo modo per proteggerti, pensa se dovessi arrivare a uno scontro con Cristal cosa ne verrebbe fuori…- cercò di consolarlo Kimo.
Sami la guardò andar via senza dire nulla. La loro tranquilla vita era stata spiazzata dal passato di Maia, un passato che Sami temeva. L’idea di perderla lo tormentava.
Dall’altro lato della sala Phoenix di fianco a Sirio aveva assistito all’intera scena: - C’è da dire che ha un bel caratterino, la ragazza – fece Phoenix grattandosi il mento.
- Questo complica non poco le cose. Tuttavia… tuttavia dobbiamo essere semplici spettatori … - rispose Sirio.
Phoenix fece un cenno di assenso con il capo.
***
Man mano la grande sala del trono si svuotò dei suoi ospiti. Isabel, rimasta sola, si mise a sedere sui bianchi scalini di marmo.
- Cos’è quella faccia afflitta ?- la voce di Pegasus la fece sobbalzare.
Isabel se lo ritrovò davanti, il capo leggermente chino da un lato e un sorriso ironico stampato sul volto. Per Pegasus gli anni sembravano essersi fermati, spoglio delle vestigia d’oro appariva ancora un ragazzino.
- Allora- fece sorridendo.
- Questa è una parte di te che ho sempre ammirato, riesci sempre a essere ironico, anche se le condizioni sono disperate – Isabel sorrise di rimando.
Pegasus si mise a sedere di fianco a lei, distese le gambe e poggio i palmi delle mani al freddo marmo dei gradini. Rimasero in silenzio per un tempo indefinito.
- Promettimi che ritornerete – sussurrò la ragazza guardandosi le mani.
- Ritornerete ?- fece Pegasus inarcando il sopracciglio - Pensavo ti preoccupassi solo di me – concluse facendo il broncio.
Isabel sorrise. Il ragazzo si fece improvvisamente serio:- Bè la missione non è fra le più semplici ma mi faccio coraggio pensando quello che abbiamo già affrontato. Tu nel frattempo non cacciarti nei guai-
- Ci saranno i cavalieri d’oro a difendermi-
- Loro non io – fece Pegasus serio.
Guardò per un lungo istante la donna, non la Dea, poi facendo leva sulle braccia si alzò. Lei sollevò il capo seguendolo. Il ragazzo si mise le mani in tasca e sfoderando il suo sorriso migliore disse:
- Vado a farmi un giro a dopo-.
- Pegasus- il cavaliere si fermò- Cristal oggi…. Io a stento l’ho riconosciuto –
Pegasus fece spallucce: - Come dice il saggio Sirio è meglio che non mettiamo il naso in questa storia-
- Quale storia – spalancò i grandi occhi Isabel. Poi come se fosse stata illuminata da chissà quale pensiero, disse- quella ragazza… Cristal -.
Pegasus la bloccò:- I sentimenti, che siano di amore o odio, sono sentimenti. Non puoi interferire se non li conosci…- lasciò la frase in sospeso guardando Isabel negli occhi per un lungo istante poi, piano, si girò di spalle avviandosi verso l’ampio portone.
***
Da quanto tempo stava vagando senza meta, fra quelle alture, non lo sapeva. Doveva stare lontano da tutti, almeno per quel poco che rimaneva. Da sopra una sporgenza osservò il panorama. Il mare, oltre le alture appariva calmo e scintillante, come costellato da diamanti. Tutto intorno era tranquillo. Il suo cuore, però, era in tumulto per tutti quegli eventi che si stavano susseguendo cosi velocemente, per quella strana sensazione che l’aveva attanagliata alla vista di quel monile… Quel coro di voci lo sentiva ancora nella sua testa. E fu’ allora che accadde. Richiamata da una voce non udibile a orecchio umano sia avviò alle stanze di Atena come un automa. Senza, quasi, rendersene conto, si ritrovò al XIII tempio. La scena che si parò davanti ai suoi occhi la lasciò senza fiato. Le guardie, di solito simili a statue di marmo nella loro posizione di attenti, giacevano a terra con un’espressione di terrore dipinta sul volto. Maia s’inginocchiò accanto a una di loro. Pose due dita sulla giugulare per accertarsi che fosse ancora vivo. Non aveva ferite visibili a occhio ma figurava quasi in uno stato di trans. Sembrava vivesse un incubo a occhi aperti. La presenza di una forza oscura, simile a quella avvertita a Tokyo, attirò la sua attenzione, si senti schiacciare da quel potere. Per fortuna indosso la mia armatura pensò.  Quel cosmo carico di odio s’irradiava dalla stanza in cui si trovava Atena. Senza pensarci due volte, Maia aprì il pesante portone.
***
Riuniti alla prima casa dello zodiaco, i cavalieri d’oro più anziani udirono il richiamo della loro Dea.
Scattaro all’unisono, mossi da una volontà estranea a tutto.
***
Pegasus, si trovava alla sesta casa, in compagnia degli altri cavalieri, sbiancò e si strinse il petto come se il dolore fosse anche fisico: - Isabel …. C’è qualcuno con lei, e non è un amico- disse con lo sguardo fisso in un punto non definito.
- Maledizione - imprecò Phoenix- sono già arrivati-.
 Nessuno aspettò il via dell’altro, Pegasus fu il primo ad avviarsi verso le stanze di Atena, seguito a ruota dagli altri cavalieri.
***
Maia identificò subito la possente figura che le dava le spalle. “Sono arrivati fin qui”, pensò.
Il cavaliere, incontrato a Tokyo, intimava Atena con parole di sprezzo. Lady Isabel si ergeva in tutta la sua esile figura. Non stava facendo ricorso ai suoi poteri di Dea, si limitava solo a guardare quel gigante che aveva davanti senza alcun timore negli occhi. Le parole uscirono dalla bocca di Maia senza che lei le potesse controllarle.
- Ehi bestione- disse con arroganza- sta diventando un’abitudine, la tua quella di prendersela con le fanciulle indifese -.
Kratos non si voltò. La sua risata, carica di odio, risuonò in tutta la stanza.
- Sei tornata all’ovile, pecorella smarrita- fece acido.
Maia doveva prendere tempo. I cavalieri e i samurai sarebbero arrivati, ma per il momento c’era solo lei a difesa di Atena. Quell’ultimo pensiero la fece quasi sorridere, lei che tanto aveva disprezzato Atena ora era lì a difenderla. Muovendosi molto lentamente si portò sulla destra di Kratos.
- Non sono tornata all’ovile – fece gelida- sono venuta a cercare la mia amica, dove l’avete portata -.
Di nuovo il fragore di quella risata- La tua amica- fece Kratos guardandola con gli occhi ridotti a due fessure - è ora schiava del mio Dio e fra poco lo sarà anche Atena!!!!-
Nella mano sinistra di Kratos si formò una sfera di luce nera. Il mantello, rosso sangue, iniziò a volteggiare attorno alle muscolose gambe del guerriero di Ares mosso da un vento invisibile.
“Maledizione “ imprecò mentalmente Maia, sapeva che l’obiettivo di quell’uomo non era lei, ma Atena. Senza pensarci due volte, fece uno scatto in avanti, il tempo necessario per evitare che la sfera di energia di Kratos colpisse Atena, ma non lei. Lady Isabel si ritrovò cosi a terra. Sollevato lo sguardo, incrociò quello di Maia. Solo allora si rese conto che la ragazza, nel tentativo di proteggerla, era rimasta ferita a un braccio. Sulla pelle bianca di Maia rivoli di sangue scendevano caldi.
- Maia- sussurrò Lady Isabel – sei ferita- disse sfiorandole il braccio con una mano- non ce n’era bisogno-.
Maia sembrò non ascoltarla. Si alzò e intorno a lei tutto si fece gelido.
***
Chino sulla tomba del suo maestro, a Cristal mancò un battito. Quel cosmo, conosciuto, entrò in risonanza con il suo. Dal cielo limpido un candido fiocco di neve scese, Cristal aprì il palmo della mano… Il cristallo si sciolse. Chiuse le dita a pugno: - Maia… Maledizione ... -.
***
Sami, in piedi davanti alla finestra che dava sul giardino, guardava fuori nell’attesa di vedere arrivare Maia da un momento all’altro. Una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco.
- Che cosa pensi ?– la voce di Kimo lo distolse dai suoi pensieri.
- C’è qualcosa che non va, non è da Maia questo ritardo io ….- lascio la frase a metà. La presenza di qualcosa di oscuro sembrò schiacciare tutti i samurai. Sami si discostò dalla finestra e corse verso la porta. Gli altri Samurai lo seguirono.
***
Maia fronteggiava Kratos, non un tentennamento non un’esitazione nello sguardo. Doveva cercare una soluzione, il prima possibile. Ancora in ginocchio, di spalle a Lady Isabel, aprì la mano e sfiorò il pavimento.
Nel punto in cui le dita affusolate toccarono il freddo marmo, s’irradiò una sottile lastra di ghiaccio.
Kratos la sbeffeggiò:- Che cosa pensi di fare ragazzina …- lasciò la frase a metà quando si rese conto di quanto, stava accadendo.  Il ghiaccio che si sprigionava dal palmo di Maia, si concentrava tutt’intorno a Lady Isabel andando a formare una sorta barriera che la separava da Kratos.
- No Maia !!! – urlò Isabel rialzandosi  - posso farcela da sola! –.
Maia non si voltò, gli occhi fissi sul suo avversario, sussurrò: -Non tema Milady, nessuno gli farà del male -.
Isabel cadde in ginocchio sentendosi impotente davanti a quella situazione. Maia si alzò lentamente. Una luce argentea da flebile divenne accecante e il corpo della ragazza ne fu circondato.
Kratos d’istinto arretrò di un passo: - Non osare ragazzina !!!-
Maia alzò entrambe le braccia sopra la testa, in una figura che a Isabel ricordò quella di un altro Cavaliere.
Doveva riuscire a fermare quell’uomo, anche se momentaneamente, il tempo necessario per far sì che i cavalieri arrivassero in soccorso alla loro Dea. Lo doveva al Maestro dei Ghiacci ad Aquarius che avevano dato la loro vita per Cristal. Fra le minute mani la ragazza si concentrò un microcosmo di gelo e vento. Fu un battito di ciglia e Kratos si ritrovò contro una delle alte colonne di marmo. L’intera stanza venne avvolta dal vento misto a neve .
Kratos si risollevò stordito da quella furia - Com’è possibile !!- urlò per sovrastare il vento che lo circondava- com’è possibile che una cavaliere cosi fragile sviluppi un tale potere- aggrappandosi con forza alla colonna dietro di lui, espanse il suo cosmo. Il colore del sangue accompagnava il suo potere.
Maia sembrava non curarsene.
 – Fermati - urlò Isabel - ti prego Maia!- .
Maia sembrava non ascoltarla, il corpo avvolto da spire di gelo che si ergevano a sua difesa  e il capo chino,  gli conferivano un aspetto surreale. Improvvisamente lo scettro di Thule iniziò a illuminarsi di luce propria. Mosso da una forza invisibile, prese a fluttuare a mezz’aria. Isabel fece passare il suo sguardo da Maia allo scettro che Micene portò con sé la notte degli inganni.
In quel momento Cristal fece il suo ingresso, rimanendo pietrificato davanti a quella scena.


Note dell'autrice: ed eccoci al nuovo capitolo.... non manca molto .... spero di leggere qualche vs recensione
A presto

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