Il sincronizzatore: Il grande viaggio

di Fuyu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro oltre il muro ***
Capitolo 2: *** Viaggio lungo Calm ***
Capitolo 3: *** Incontro alla capitale ***



Capitolo 1
*** Incontro oltre il muro ***


Primo capitolo

Incontro oltre il muro


34° S., anno 1500. Ultimo giorno del II ciclo, regno di Algora, da qualche parte ad Est dalla capitale. Attraverso una stradina di sabbia, una ragazza incappucciata stava camminando, seguendo una sfera luminosa arancione. Il buio imperversava e il vento freddo, della notte, le gelava le mani. La sfera volava a mezzo metro da terra e la sua luce era abbastanza per far vedere dove metteva i piedi alla ragazza.
Ormai camminava da quasi un giorno e la stanchezza, la fame e il sonno si facevano sentire, oltre che il freddo. Sapeva di non poter tornare in dietro, era consapevole che se fosse tornata sui suoi passi l'avrebbero uccisa, quindi, l'unica cosa che poteva fare era seguire quell'inconsueta guida e sperare. Finalmente, dopo altri minuti, un muro si stagliava davanti a lei. La struttura era alta, venti metri e, la ragazza, dal punto in cui si trovava, non riusciva a vederne la cima. Era di solida roccia e, probabilmente, molto spesso, l'unica soluzione era scalarlo, ma neanche lei sapeva cosa ci fosse al di la.
Algora era un regno chiuso, nel vero significato del termine. A Nord, vi era solo un isola, denominata "Terre Perse", a Est una catena montuosa, a Sud un bosco infestato da creature -che spaventavano fin dall'alba dei tempi- e a Ovest questo muro. La ragazza non sapeva cosa ci fosse al di la di tutte queste cose, aveva sempre vissuto in pace e nella beata ignoranza, nella sua casa alla capitale come figlia di un ex cavaliere reale il quale era anche appartenente alla piccola nobiltà. Vivendo sempre sotto le cure paterne e del suo rango, non si era mai preoccupata di cavarsela da sola o di dover pensare agli altri esseri oltre a lei su quel pianeta. Però, nonostante la vita da signorina che aveva condotto, il padre non aveva viziato, ne lei, ne i suoi due fratelli, insegnandogli l'onore e la bontà. Non a caso il fratello maggiore era, a sua volta, diventato cavaliere seguendo le orme del padre, mentre lei era ancora all'accademia.
Ad ogni modo, doveva trovare un modo per andarsene dal regno di Algora. Si girò un attimo, tentando d'intravedere Desdoler, la capitale e sua città natale, ma tutto quello che intravedeva erano le luci di Dadesi, una cittadina a Nord-Ovest di Desdoler. Sconsolata e infreddolita si rigirò verso la possente parete di roccia. Fissava la sferetta luminosa come a chiederle di darle una mano, ma quella andò avanti senza prestarle attenzione. La luce arancione la guidò fino a degli spuntoni di roccia che potevano fungere da scala. Essendo stata all'accademia per due anni, qualcosa di sopravvivenza ne sapeva, forse non era una scalatrice esperta, ma neanche una principiante. Dopo un bel po di scalata, la ragazza era stremata, non era abituata a scalare rocce come quelle e si sedette un attimo. Era, più o meno, a metà del muro* e il vento si era fatto più forte, preannunciando pioggia. Si voltò di nuovo verso Algora e stavolta riuscì a vedere qualche luce più distante di Dadesi, probabilmente Desdoler. Non doveva avere rimpianti, lo sapeva, però il suo pensiero andò alla sua famiglia e sopratutto al suo maestro, morto quella stessa mattina accanto a lei. Sempre seduta, portò la mano destra alla tasca dei pantaloni, ne tirò fuori un ciondolo tondo con inciso un corno e delle foglie d'acero. Delle gocce lo bagnarono e la ragazza guardò in alto venendo colpita a sua volta. La pioggia cominciò a scendere, prima leggera, poi fittissima. Si rialzò in piedi e si accorse che la sferetta era scomparsa, si voltò più volte da varie parti, ma niente. Provò anche a gridare e chiamarla, ma grazie allo scrosciare della pioggia e la fittezza con la quale cadeva, faceva fatica a sentire e vedere perfino se stessa. Finì di salire gli speroni di roccia, non avendo altra scelta, e trovò la lucina che l'aspettava, in cima, davanti ad una specie di rientranza nel muro, esattamente a metà. Lei guardò scettica la sua guida per poi avvicinarsi, mentre la pioggia aumentava. Si rannicchiò nella rientranza per ripararsi, ma l'effetto fu quello di cadere all'indietro, appena appoggiata alla parete di roccia.
Una strada si aprì di fronte a lei, no n'appena il polverone- dovuto alla caduta- le consentì di guardare. Sembrava un cunicolo, non scavato naturalmente, probabilmente qualcuno aveva pensato bene di aprire un breccia, ma poi era stata dimenticata. La sfera si addentrò nel cunicolo e lei si alzò velocemente, per non perderla di nuovo.

La strada era abbastanza dritta e, se tanto, dava tanto, il muro doveva essere molto spesso. Lei aveva contato, almeno, 5 metri e, della fine neanche l'ombra. La luce arancione illuminava i confini del cunicolo, il quale non era più ampio di 2 metri, probabilmente chi l'aveva costruito non aveva pensato ai mezzi di trasporto, però- ripensandoci- nessun mezzo avrebbe potuto salire fino all'inizio della via. Ad ogni modo, dopo altri 4 metri, si iniziò a vedere l'uscita da quel luogo buio. Fuori pioveva ancora, ma la nostra amica pareva più sollevata, almeno aveva superato i confini di Algora. Non sapeva dove si trovava, però sembrava un bel posticino.
Algora era un bel regno, pieno di boschetti e fiumi, tuttavia vi erano più paludi che foreste e neanche una vasta zona aperta che potesse, neanche lontanamente, essere definita prateria. Il regno, dal quale lei veniva, era industriale sempre pronto ad espandersi tecnologicamente. Invece, sotto di lei, poteva vedere una distesa di erba fresca bagnata dalla pioggia e illuminata dalla luce blu di uno dei tre satelliti¹. Non era ancora scesa, ma già si avvertiva un aria diversa, quasi più pulita, rispetto ad Algora. La sferetta, al contrario di lei, stava già percorrendo quelli che parevano, dei veri e propri gradini. La discesa fu più facile della salita e in meno di mezz'ora si ritrovò a calpestare l'erbetta su descritta. Il verde riempiva l'aria e l'odore di umido le donava un'aria frizzantina. Continuò a camminare seguendo la sua guida, che a dire il vero non sapeva nemmeno da dove era sbucata.
Nella cella, dove era stata messa dopo la morte del suo maestro, si era ritrovata quella luce tonda che la incitava a seguirla e, sempre la palla, le aveva aperto la cella aiutandola ad evitare le guardie ed ora si era ritrovata li. Dalle mappe delle varie biblioteche di Algora, era venuta a conoscenza di un regno confinante di nome Calm. I due regni, come le era stato insegnato, erano in guerra da bel 25 anni, anche se 20 anni fa era stato eretto il muro e quindi nessuna disputa era più stata iniziata. Però -per quanto ne sapeva- poteva essere pieno di mostri o assassini, ma per il momento pareva più sicuro del regno di Algora. Continuando a seguire la sfera si ritrovò davanti ad un lago, dove una figura stava passando. Pareva un ragazzo, più o meno della sua età, il quale se ne stava tranquillamente a camminare con uno zaino in spalla. La sferetta, alla vista del nuovo arrivato, aumentò la velocità arrivandogli praticamente davanti e facendolo quasi cadere per la sorpresa.
«Oibho, e tu che ci fai qui?» chiese, quasi divertito. La luce si fece più intensa appena il ragazzo la prese in mano e poi un fascio di luce andò verso la ragazza. «Ah, ora capisco!» disse sorridendo facendo scomparire la sfera. Il ragazzo si avvicinò alla nostra e la guardò dall'alto in basso per poi porgerle la mano. «Mi chiamo Arti, piacere!» esclamò come un bambino. Lei, per cortesia, strinse la mano, ma si guardò bene da dirgli il nome. Arti rimase in perplessa attesa, ma il nome non arrivò e quindi decise di continuare a parlare. «Da dove vieni?» chiese, però ancora nessuna risposta. «Quanti anni hai?» ancora nulla «Come mai qui?» continuò. A dire il vero alla ragazza pareva di avere di fronte un deficiente, mentre gli faceva tutte quelle domande aveva un espressione da vero ebete in viso. «Ma sai parlare?» chiese infine sconfitto dalla cocciuttagine dell'altra. Lei divenne rossa e gli tirò un pugno in piena testa.
«Certo che so parlare, non sono una bambina!»
«Ah, meno male! Credevo non capissi il mio linguaggio» fece Arti massaggiandosi la testa «Perché non vuoi dirmi il nome?» domandò, mentre la pioggia continuava a cadere. A differenza di lei, Arti non aveva cappucci, solo un ridicolo mantello verde, tra l'altro nemmeno era invernale, e quindi era zuppo d'acqua.
«Tu piuttosto, perché ti stai facendo la doccia?» chiese scettica.
«L'acqua non mi da noia, dopotutto è naturale che piova!»
«Si, ma ti prenderai un malanno!» fece presente. L'unica risposta che ricevette fu un sorriso da beota che le fece venire voglia di tirargli un altro pugno.
«Sei manesca, te l'hanno mai detto?» e via, un altro pugno. «Ma che ho fatto?» si chiese, tenendosi la testa con entrambe le mani. La ragazza era di carattere molto spiccio e non le piaceva essere presa in giro. Per di più, il ragazzo davanti a lei, la irritava in maniera venale. La pioggia continuava a cadere, anche se sembrava che si dovesse fermare, visto che l'intensità si stava affievolendo. Lei guardò in alto, trovando una specie di aperture stra le nuvole, sintomo che il tempo andava migliorando. Era ancora buio e lei non aveva ancora dormito, nonostante le quasi 24 ore di camminata. Probabilmente erano le 11 di sera, se non più tardi.
«Ora non ho tempo di stare dietro ad un idiota come te! Devo trovare un posto dove riposare e pensare!» esclamò tornando a guardare Arti di sottecchi. Il ragazzo, che si era alzato -dalla posizione china che aveva assunto, per tenersi la testa ed evitare altri pugni- la fissò con stupore.
«Non hai una casa?» chiese tranquillamente. Lo sguardo che gli rivolse, lei, gli fece passare un brivido lungo la schiena. I suoi pugni non erano tanto forti da massacrarlo, ma preferiva evitare.
«Non ci posso tornare! E, in ogni caso, non sono affari tuoi» proclamò superandolo, cominciando a camminare. Ora che quell'idiota, come lo definiva lei, gli aveva tolto la sua guida, aveva solo il suo senso dell'orientamento su cui contare. Però, dalla sua aveva il fatto che quel nuovo posto pareva confortevole.
«Guarda, che la prima città abitabile è Fenip e si trova ad almeno 16 miglia² da qui!» spiegò, vedendola fermarsi. Lei si girò verso il suo interlocutore, quasi sconsolata e poi, trovando una roccia ci si sedette. Arti le si avvicinò con circospezione e, infine, le fece una proposta. «Puoi stare da me! Ho un accampamento qui vicino, solo dieci minuti»
La ragazza posizionò lo sguardo su di lui con scetticismo scosse la testa, piuttosto che passare, anche metà notte, con uno come lui, si sarebbe presa un malanno. «Come vuoi, però sta attenta! Anche se la pioggia è passata, non è detto che non ritorni» proclamò Arti andando via.
Lei lo vide allontanarsi, poi si voltò alle sue spalle e vide solo una distesa d'erba. Dare retta a lui era da sconsiderati, infondo, poteva anche esserci una cittadina più vicina, ma non vedeva nemmeno un lume o qualcosa che potesse suggerirlo. Certo quel posto non era Algora, quindi - forse, neanche avevano l'elettricità- però era stanca e affamata. Il suo capo ritornò a guardare dove Arti era sparito, le si crucciò il volto e alla fine si alzò controvoglia. Corse per l'erba bagnata, schizzando goccioline qua e la, sia dai piedi che dal mantello. Dopo qualche minuto lo vide seduto su una radice d'albero, che preannunciava un boschetto.
«Cambiato idea?» chiese ridendo. Lei gli si avvicinò, stavolta, camminando e appena arrivata lo guardò male.
«Infondo è colpa tua, se non ho più quella specie di palla che mi indicava la strada!» fece presente lei.


I due arrivarono alla tenda di Arti, lei era stravolta, non ne poteva più di camminare e lo stomaco pareva un pozzo senza fondo. La tenda non era grande, ma aspettarsi che lo fosse era da pazzi. Davanti alla tenda, di un grigio smorto, vi si trovava un focolare spento e zuppo d'acqua. Un laghetto si stagliava, lungo lo spazio dedicato al camping di Arti.
«Tu viaggi molto?» chiese lei, levandosi -finalmente- il cappuccio dalla testa, rivelando capelli azzurri lunghi fino alla vita, raccolti in una coda bassa con due momiage³ dai quali pendevano gioielli d'oro. Arti la fissò con stupore, mentre si levava lo zaino.
«Ma non ti pesano?» chiese indicando i gioielli. Lei guardò i su citati e gli sorrise serafica mente. «Era solo una domanda!» protestò massaggiandosi, per la -non si ricordava più- volta.
«Il metallo che produciamo ad Algora è leggerissimo e non sono l'unica a portarlo come ornamento per i capelli!» spiegò.
«Vieni da Algora?» domandò «Come hai fatto ad arrivare qui? Non dirmi che hai scalato il muro?» continuò a fare domande, indicando la direzione del muro, all'ultima di esse. Lei seguì il braccio di lui e poi annuì con la testa.
«A dire il vero, la sferetta, che tu hai "spento", mi ha portato ad un cunicolo a metà del monte!» spiegò, rimarcando la parola spento. «A proposito, come diavolo hai fatto a farla sparire, e che diavolo era?»
«Anch'io mi sono stupito, non pensavo che ci fosse ancora! Sopratutto, dopo tutti questi anni» rise Arti tirando fuori dallo zaino un tubicino in onice, intarsiato d'argento. «Credevo fosse finito anni fa»
«Aspetta, aspetta solo un attimo! Cosa stai farfugliando, hai creato tu quell'affare?»
«Si, però è successo almeno 6000 anni fa!» esclamò creando una palla di fuoco dal cilindro, la quale si andò a posare vicino ai ceppi bagnati del focolare. Un bel colore rosso riempì il campo visivo di Arti, colorando gli occhi arancioni e i capelli marroni di un bel rosso vivo. Mentre il calore impregnava le membra della ragazza che aveva spalancato gli occhi. Non ci aveva fatto caso prima, gli occhi di lui erano arancioni. Lei cominciò a pensare: -Occhi arancioni, 6000 anni fa, diceva cose assurde-
«Se.....sei...sei! Tu sei il SINCRONIZZATORE!» esclamò quasi atterrita, cadendo a terra con il terreno fangoso che le sporcò i pantaloni, gli stivali e la parte inferiore della maglia e del mantello. Arti divenne serio e le si avvicinò con calma, lei cominciò ad arretrare. Da quando era bambina le era stato detto che il sincronizzatore era colui che portava morte, un mostro dal quale stare alla larga e da uccidere subito. Istintivamente portò la mano destra al fianco sinistro, ma non aveva nulla e allora si ricordò di aver lasciato la spada ad Algora, nelle prigioni. Si sentiva già morta quando Arti avvicinò le mani, a palmi aperti, verso il suo viso. Chiuse gli occhi e, dopo minuti -che le parevano ore- sentì le sue guance tirarsi. Riaprì gli occhi vedendo Arti sorridere a trentadue denti e le sue mani che le tiravano le guance.
«Proprio così, mi chiamo Cronos I. Artenzi! Sincronizzatore» esclamò felice lasciandola andare e tirando fuori dallo zaino una specie di pietra lunga 30 cm e alto 25 cm, spessa 5 cm.

Il fatto di avere davanti il sincronizzatore l'aveva spiazzata, ma non quanto non essere stata uccisa. Aveva sempre saputo che era un sanguinario, che ogni 1500 anni scendeva sulla terra per portarla alla rovina. Il ragazzo che aveva di fronte, però, non figurava di tali prerogative e poi sembrava troppo bambino. Ma gli occhi arancioni erano distintivi, solo il sincronizzatore, poteva averli.
«Quindi questo mondo, morirà?» chiese quasi impaurita, ma anche sconvolta. Arti la guardò con stupore. Dopodiché, senza neanche risponderle si avviò alla tenda, mettendo prima il mantello ad asciugare davanti al fuoco. Lei ci rimase di sasso, l'aveva completamente ignorata. «Se pensa di potermi trattare così si sbaglia!» esclamò a se stessa alzandosi e andandogli dietro. Prima che potesse entrare nella tenda, però, Arti ne uscì con degli abiti. La ragazza abbassò il capo, muovendo alcune goccioline ribelli del mantello.
«Cambiati o prenderai un malanno!» le fece il verso.
Entrò nella tenda titubante, trovandola abbastanza comoda. Non sapeva se poteva fidarsi, ma fin'ora, tutto quello che le avevano insegnato ed inculcato nella testa, si era rivelato sbagliato. Mentre si cambiava, il ciondolo del maestro le cadde dalla tasca dei pantaloni -in tutto quel trambusto si era dimenticata dove lo aveva messo-. Lo raccolse da terra e se lo strinse al petto, ricordando le tipiche parole del maestro "Non tutto quello che senti è vero". L'uomo che l'aveva iniziata alla spada era il padre, gentile e pacato. Il contrario esatto di colui che la stava allenando per farla diventare cavaliere.
Il suo maestro era un uomo pieno d'orgoglio e passione, ormai aveva 50 anni, ma non si dava certo perso. I suoi ideali erano decisi e onorabili, a differenza di altri le aveva sempre insegnato a cercare la verità con la propria testa, senza credere a tutto quello che sentiva. Doveva vedere con i suoi occhi e poi decidere. Ad un tratto Arti la distolse dai suoi pensieri. «Ci sei?» chiese. Lei, ancora in mutande gli urlò, rossa in viso, di non entrare. Arti tornò al focolare, davanti alla sfera rossa, uscita dal cilindro, lei si accostò all'entrata della tenda. Non era ancora del tutto sicura che quel ragazzo fosse il sincronizzatore, ne era sicura che potesse far del male, tutto quello che sapeva riguardo a quell'essere era scritto sui libri di storia o le era stato detto. Però adesso che lo vedeva sorridere e giocare con la sferetta -fatta ricomparire, da chissà dove- le sembrava semplicemente un ragazzo un po' fuori dal comune. Richiuse la tenda e si cambiò in fretta, intanto un buon profumino si alzò nell'aria.
«Non sapevo, sapessi cucinare!» esclamò lei uscendo con una maglia e dei pantaloni da lavoro. I suoi vestiti li teneva in mano, dopodiché li sciacquò dal fango, nel lago e poi li adagiò sul filo, dal quale pendeva anche il mantello di Arti, per farli asciugare.
«Ho sempre vissuto da solo, non avendo una madre mi sono dovuto abituare!» proclamò passandole un piatto e un mestolo di terracotta. «Non so quanto possa essere commestibile! Tieni conto che le mie papille gustative cambiano ogni 1500 anni, quindi probabilmen...»
«AHHH, CHE SCHIFO! Ma quanto sale ci hai messo?» domandò bevendo l'acqua accanto a se.
«Ti avevo avvisato! So cucinare, ma 1500 anni fa ero un Ursar, e loro mangiano solo roba a base di alghe e frutti di mare» precisò.
«Lascia, cucino io, tu vatti a cambiare. Oppure il sincronizzatore non ha problemi con il raffreddore?» chiese ironica. Mentre Arti si cambiava, con dei vestiti che teneva sempre di scorta -come quelli dati alla ragazza- lei fece bollire dell'acqua e si mise dentro delle verdure datele da Arti in persona. Non era certo una cuoca, però -almeno uno stufato- lo sapeva cucinare.
«Mmh, buono, sei brava!» fece i complimenti lui gustandosi il cibo. «Erano settimane, che cercavo di capire dove sbagliassi!»
«Se non capisci nemmeno dove sbagli non imparerai mai»
«Giusta osservazione» sorrise lui.
«Me lo ha insegnato il mio maestro!» gli rispose, poi divenne malinconica e osservò il piatto. «Anche lo stufato, è stato mio fratello maggiore a insegnarmelo!» si stupì lei stessa delle sue parole. Non erano cose che aveva imparato da sola, erano tutte cose imparate da altri «In realtà non so fare nulla!» sibilò «Non sono riuscita nemmeno a......» si fermò quasi sull'orlo del pianto.
«Che importa!» esclamò Arti, risvegliandola. «Quello che conta e che tu adesso lo sappia fare, e poi nessuno nasce imparato!» sorrise, sbuffando ilare e poi gli arrivò un pugno.
«Mangia, signor sincronizzatore!» Guardandolo mangiare, prese una decisione. Se non poteva più tornare ad Algora avrebbe trovato un modo per cambiare e crescere, capire e decidere di testa sua. Alla fine guardando la zuppa che le aveva insegnato suo fratello, tese la mano verso Arti. Lui allargò gli occhi e la fissò stupito. «Mi chiamo Avlynn!» esclamò. Lui sorrise e le strinse la mano a sua volta.


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Come avrete potuto notare, ho cancellato la storia precedente, mi sono accorta che andava troppo veloce e non c'erano neanche delle descrizioni decenti. Ho cambiato varie cose, rispetto alla prima stesura, quindi potete leggerlo tranquillamente, anche se avete già letto l'altra. Ho cambiato anche il titolo principale, decidendo di dividere la storia in più di due fasi e anche i titoli dei vari capitoli saranno più lunghi. Cercherò di fare più descrizioni, come in questo primo capitolo, e avendo già rifatto anche il secondo capitolo, credo di riuscire a presentarvelo la prossima settimana. Poi dal 10 di luglio in poi non avrò nemmeno gli esami e sarò completamente libera.
Ho definitivamente deciso di togliere il rating rosso, dopotutto è una storia fantasy non macabra e quindi tutte le scene, di sesso, martoriamenti e torture, saranno solo velate, quindi sarà arancione per ogni evenienza. Mentre le scene di combattimento, farò del mio meglio per descriverle a modo.
Spero che vada meglio, fatemi sapere.


Da qui in po le note:
*lo so che scalare 10 m non una bazzecola, sopratutto dopo 24 ore di cammino e in piena pioggia torrenziale, ma tant'è che io e la fisica non andiamo d accordo.

¹ Sarebbe l'equivalente della nostra luna. Nella storia, come detto più avanti sono tre: Vaati, quello descritto con la luce blu, Nul con la luce rossa, secondo in distanza e Cais con la luce viola, il più lontano.

² 16 miglia sarebbero: 25,749504 Km, ho fatto i calcoli a computer. Più o meno la distanza tra Viareggio (LU) e Lucca.

³ Sono delle ciocche di capelli che pendono davanti alle orecchie, di solito sono più lunghe dei capelli dietro ed è una capigliatura tipicamente maschile.

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Capitolo 2
*** Viaggio lungo Calm ***


secondo capitolo

Viaggio lungo Calm


La mattina seguente, dopo un sonno ristoratore, i due si alzarono alle prime luci dell'alba. Arti aveva lasciato la tenda ad Avlynn, da buone maniere come era solito fare e lui si era coricato sul suo mantello, ormai asciutto vicino alla palla rossa, che durante la notte aveva finito il suo compito. Avlynn era già sveglia e vestita, quando Arti aprì gli occhi.
«Buon giorno!» fece lei, porgendogli un bicchiere d'acqua.
«Buon giorno!» rispose stupito. Avlynn si era rimessa i suoi vestiti, ormai asciutti e aveva piegato quelli di Arti, mettendoli nella tenda, dove lui li trovò andandosi a cambiare. Avlynn aveva, intanto preparato la colazione. Arti era pieno di provviste e di varie materie prime, come anche del latte.
«Si vede che sei da solo!» proclamò lei passandogli la tazza e un pezzo di pane.
«A si!» esclamò lui innocente.
«Allora, qual'è precisamente il compito del sincronizzatore!?» chiese. Lei sapeva solo che portava morte, ma non come.
«Beh, io devo purificare il mondo, tramite alcune pietre, le quali sono sparse per il mondo e la mappa, mi aiuterà!» disse fiero indicando il pezzo di roccia, accanto a lui. Avlynn lo prese in mano. Sembrava una piantina, però non rappresentava il loro mondo, o almeno come lei lo conosceva. «Quella è una vecchia mappa! In realtà quello che serve davvero e questo!» disse tirando fuori una specie di freccia -in realtà ricordava solo la punta di una freccia- bronzea con al centro un cerchio di vetro, convesso su un lato e piatto nell'altro. «Questo è una mappa in tempo reale! Indica dove sono le pietre nel raggio di 20 Km. mentre per le distanze più lunghe comincia a brillare no n'appena mi avvicino ad una di esse» spiegò.
«Bene. Quindi, devi cercare queste pietre! Allora vengo con te»
«Si.......COSA?» chiese riprendendosi all'ultimo «No, no e no! Ho sempre viaggiato da solo e sempre lo farò!» esclamò lui.
«Non resisteresti un giorno, continuando a mangiare quello che ti prepari!»
«Ho vissuto più di 40.000 anni, senza che nessuno mi facesse da balia, cambiando forma ogni 1500 anni! Non credo di avere problemi!»
«Va bene, anche se tu non volessi, io ti seguirei comunque!» proclamò Avlynn lavando la tazza dal latte residuo. Arti la guardò con sguardo quasi rassegnato.
«Perché vorresti seguirmi! Tu credi che io porti morte, no?» chiese.
«Ho deciso che lo verificherò con i miei occhi! Non vengo per darti una mano, ti seguo solo per tenerti d'occhio!» specificò. «Il problema è che mi serve una spada!» esclamò, mettendosi al collo il ciondolo del maestro. Arti scosse la testa, però sapeva che non l'avrebbe convinta neanche minacciandola, quindi sopperì alla faccenda. I due chiusero la tenda e la misero, nello zaino del sincronizzatore, insieme agli utensili.
«Va bene, non credo che riuscirei a farti cambiare idea! Per prima cosa, andiamo ad Asiuf, la capitale!» proclamò Arti «Li troveremo altre provviste e delle armi! Non saranno all'altezza di Algora, ma non c'è male! Dopodiché cominceremo il viaggio!» esclamò incominciando a camminare. Dopo qualche minuto, però si voltò verso di lei. «Ti avverto, sarà un viaggio molto lungo, dovremo girare tutto il mondo e non sempre useremo dei mezzi di trasporto! Per esempio, la capitale è molto più a Ovest di qui, ci vorranno almeno quattro giorni di cammino, prima di arrivare!» spiegò. Avlynn lo guardò scettica e si avvicinò, per poi superarlo e salire su una piccola collinetta, così da superarlo in altezza.
«Ho camminato attraverso una palude, lunga qualche centinaio di km, per almeno un giorno. Ho scalato una montagna fino all'altezza di 10 m, durante una pioggia torrenziale. Tutto questo con la paura imminente di essere uccisa! Credi che una camminata mi scoraggi?» chiese fiera di se. Arti rise e poi, insieme, si avviarono a quel viaggio lungo quattro giorni fino alla capitale.


Molto più a Ovest, oltre il regno di Calm, dove Avlynn e Arti stavano camminando. Su un isola, circondata da pilasti neri, i quali tenevano eretta una barriera d'ambra, si sentirono dei rumori come di sirena, venire da una delle strutture. Alta almeno 3 m, si ergeva a sud dell'isola, totalmente bianca con qualche venatura di giallo panna, due torri la costeggiavano da ambi i lati e un rosone al centro della facciata ne simboleggiava l'importanza.
Capelli rossi e vesti ricamate seguivano i movimenti di Un uomo che correva per i corridoi di alabastro della struttura. Dietro di lui delle guardie con armature rilucenti lo seguivano con le lance rivolte alla sua schiena. In mano, l'uomo, teneva un libro verde, con scritte in oro e una cornice d'acqua, le cui pagine sembravano rilucere nel buio delle vie percorse. L'uomo arrivò in una sala piena di libri, sbarrò la porta e i suoi occhi verdi si guardarono intorno.
«Dovrebbe essere qui!» esclamò senza fiato, mentre le guardie tentavano di buttare giù la grande porta con intarsi marmorei. Dopo molto cercare, alla fine, trovò una via dietro a una, delle tante colonne, che adornavano la sala, in marmo nero. La piccola porticina lo condusse ad una stanza piena di polvere e ragnatele, dove al centro ci era posto un altare con un epitaffio inciso. Tenendo il libro con la mano destra, la sinistra andò a toccare le scritte incise e queste si illuminarono alzandosi, aprendo una parete davanti all'uomo. Le guardie, stavano ancora cercando di sfondare la porta, quando arrivò un altro uomo che, vestito simile al primo, le fece scostare. Dalle sue mani partì un raggio che fece esplodere i cardini della porta, la quale collassò su se stessa. L'uomo nella stanza, davanti al piedistallo, sentì il tonfo nella stanza accanto e si affretto a distruggere le scritte. Dopodiché, passò oltre la parete aperta. Appena si trovò al di la, la parete si richiuse dietro di lui e le guardie, entrate dalla porticina, assieme all'altro uomo, videro solo un muro con delle macerie. Si guardarono intorno, non riuscendo a capire come avesse potuto fare.
Intanto, al di la della parete, l'uomo aveva cominciato a camminare per un corridoio -con quello che doveva ricordare un tappeto rosso a bordi gialli- ai piedi. Lo percorse fino ad un portone di ferro, aprendolo con un suono sinistro -per via dei cardini pieni di ruggine- arrivò ad una rampa di scale, le quali lo portarono in una cittadella, precisamente davanti ad un canale di scolo. Risalito sul muretto del canale, si ritrovò su una stradina di una città.
«Mi scusi, sa dirmi che città è questa?» chiese l'uomo ad un passante, vestito con abiti alquanto miseri in confronto all'interlocutore.
«Questa è Marbh! Si trova esattamente a Sud della penisola Plima» spiegò l'uomo guardandolo di sottecchi. In effetti, l'uomo pareva uscito da una reggia. La maglia nera a collo alto, che portava, era in puro lino, sopra la quale portava una toga marrone con ricami a mano e i pantaloni, anch'essi neri, parevano fatti su misura. Aggiungendoci anche tutto l'oro che aveva addosso pareva un principe. L'uomo, ringraziò il passante, poi riprese il cammino. Tirò fuori una bussola, totalmente in avorio e seguì il Nord fino ad uscire dalla città. Il suo obbiettivo era la capitale Asiuf, nel regno di Calm e -grazie agli atlanti della biblioteca dell'isola Algia- sapeva esattamente dove andare, oltre i confini della penisola. Intanto la sirena si levava ancora dall'isola Algia, dalla quale lui era scappato. Non facendoci caso s'incamminò verso il regno Calm, dove sperava che la divinazione avesse azzeccato. Lo aspettava un viaggio di tre giorni.

Intanto i due viaggiatori, si erano ritrovati su una stradina di campagna, che come un serpente si estendeva fino a dove poteva vedere l'occhio. Avlynn era stupita, a parte qualche sporadico albero -e la radura, dove Arti si era accampato- non aveva visto boschi o pinete. Era tutta prateria aperta, piena di sole e aria, oltre le varie montagne e salitine varie. Le sembrava di rinascere, di essere totalmente fuori dal suo mondo, eppure erano ancora sullo stesso continente.
Era da ormai parecchie ore che camminavano e, sebbene sapessero che era dura, la stanchezza cominciava a dare le prime avvisaglie, quando Arti -per uno strano motivo- si scostò dalla stradina andando verso nord.
«Dove vai?» chiese quasi urlando lei. Alla fine, non ricevendo risposta, gli andò dietro. Continuarono in quella direzione, nel silenzio più assoluto, per qualche minuto, fino a che non videro una cittadina davanti a loro.
«Questa è Fenip! La cittadina di cui ti parlavo ieri sera» spiegò dirigendosi dentro la città. «E' molto isolata, ma ti assicuro che ha tutti i comfort!» proclamò
«Ma non dovevamo andare alla capitale?» domandò Avlynn
«Si certo, ma una piccola pausa non ci farà male! E poi voglio avere informazioni» spiegò. La ragazza seguì il compagno di viaggio e si addentrarono nella cittadella. Era piccola -quattro o cinque case, non di più- ma si respirava la tipica aria di famiglia delle piccole città. Era il tipico posto dove tutti, sanno tutto di tutti. «Puoi andare anche a girartela, mi troverai alla locanda!» precisò Arti dirigendosi nella suddetta casa. Avlynn, non sapeva se fidarsi, Arti avrebbe anche potuto andarsene senza di lei, quindi lo seguì.
La locanda era interamente di legno, totalmente differente da quella alla capitale di Algora -in mattoni e cemento-. Il focolare davanti alle poltrone e i divani, dava un senso di quiete e calore. Arti si avvicinò al bancone, esattamente davanti alla porta d'ingresso. Il bancone era al centro della stanza e le scale che portavano ai piani superiori e alle camere, era situata accanto al bar, oltre il bancone. Avlynn, invece si sedette su una delle poltrone davanti al camino, levandosi il mantello che portava sopra la maglia gialla e il gilè rosso. Il sincronizzatore parlava con la locandiera e lei ne approfittò per chiudere gli occhi, la stanchezza e la camminata del giorno prima stavano avendo il loro effetto.
La locandiera non sapeva chi aveva davanti, non tutti sapevano della peculiarità degli occhi arancioni. A differenza di Algora, nel regno di Calm, il sincronizzatore non era portatore di sventure e quindi non era necessario stare a lerta.
Dopo la chiacchierata con la donna, Arti andò da Avlynn, trovandola addormentata sulla poltrona. Quello era il momento perfetto per lasciarla li e andarsene, ma appena girò le spalle un piccolo ricordo -di quando lei aveva espresso il desiderio di andare con lui- gli riaffiorò in testa. Aveva visto la determinazione e la cocciutaggine nei suoi occhi. Allorché sospirò e si mise seduto sul divano accanto alla poltrona, aspettando che Avlynn riaprisse gli occhi.

Dopo un'ora la ragazza riaprì gli occhi osservando Arti che esaminava la mappa di pietra. Si alzò di scatto, accortasi che doveva essersi addormentata.
«Che ore sono?» chiese. Arti guardò l'enorme meridiana sopra al camino.
«Sono le 2 del pomeriggio!» esclamò. «Hai dormito un ora! Che ne dici di mangiare, io ho fame!» disse, poi, alzandosi a sua volta. La ragazza lo guardò camminare e, infine, lo seguì.
Dopo pranzo ripresero il cammino, tornando sulla stradina tracciata, di prima.
«Perché non mi ha lasciata li!?» domandò
«Chi lo sa!» sorrise Arti davanti a lei.
«Cos'è ti senti solo?» chiese lei acida.
«Niente affatto, probabilmente l'ho fatto per compassione! Non sei a casa tua e potresti anche perderti!» esclamò. Avlynn rise sotto i baffi per dargli uno scappellotto e superarlo, correndo. Arti si massaggiò la testa per poi raggiungerla. Non era male viaggiare con qualcuno, almeno, non si sarebbe annoiato. Il resto della giornata lo trascorsero a parlare del più e del meno, sopratutto sul compito di Arti. In una qualche maniera, Avlynn non voleva parlare di se.
Giunta la notte rimontarono la tenda e riaccesero il fuoco.
«Come funziona quel coso?» chiese Avlynn rivedendo il cilindro.
«Questo è un oggetto magico, creato dai maghi! Serve per accendere fuochi. Teoricamente, non so come funzioni, ma crea un sfera magica, grazie alle proprietà del fuoco -che i maghi anno manipolato- e poi la diffonde» spiegò
«Quindi è molto vecchio!»
«Beh, ha più di 2000 anni, se vuoi saperlo!» esclamò «Ad ogni modo i maghi, sono persone eccezionali! Con la loro abilità sono in grado di comandare i 4 elementi principali e quelli secondari, creando oggetti come questo»
«Erano, vuoi dire? I maghi non ci sono più da migliaia d'anni!» sorrise lei. Avrebbe sempre voluto vedere un mago, le piacevano le storie che leggeva alla biblioteca di Mek -cittadina a Nor/Est di Desdoler- dove si potevano trovare draghi, maghi e cavalieri impegnati in dispute e combattimenti spettacolari. Il solo problema era che erano racconti vecchi di anni, secoli addirittura.
«Cosa? Non è affatto vero! I maghi ci sono ancora. Vivono sull'isola Algia, sono attorniati da una barriera che vieta loro di uscire, ma non sono ancora estinti» spiegò. Avlynn spalancò gli occhi alla rivelazione e ne rimase estasiata, era proprio vero che fino ad ora era vissuta in una campana di bugie. Anche se non poteva fidarsi completamente di Arti, voleva che fosse vero.

Il giorno seguente il loro cammino li portò ad un villaggio, ma stavolta non c'era nessuno. Era abbandonata, una città fantasma.
«Stanotte, ci fermeremo qui! Questo una volta era un villaggio di pescatori, ma da quando hanno deviato il fiume, e il lago Habi si è prosciugato, non ci abita più nessuno!» parlò Arti ad Avlynn. La serata trascorse tranquilla, come quelle precedenti. Avevano fatto una sosta, quel pomeriggio, lungo la strada, per riposarsi e rifocillarsi, quindi non erano propriamente stanchi. Anche se erano le 11 passate non avevano molto sonno. La palla di fuoco riscaldava l'aria autunnale e di pioggia nemmeno l'odore. In cielo brillavano le stelle e i tre satelliti si vedevano nitidamente, sopratutto Vaati, il satellite più vicino di colore blu.
«Ad Algora le stelle non sono così! Ne vedi una sporadicamente, c'è una specie di tetto di fumo che non te le fa vedere!» spiegò Avlynn.
«Dev'essere orribile, le stelle sono una delle più belle cose al mondo»
«Perché quante ce ne sono?» domandò Avlynn curiosa.
«Mmh, vediamo! Gli alberi, l'acqua, gli animali, il vento e tante altre!» rise lui
«Praticamente tutto!» ironizzò Avlynn
«Tutto ciò che è creato dalla natura!» specificò Arti chiudendo gli occhi. Avlynn lo sentì addormentarsi e guardando le stelle pensò a casa. La sua famiglia non sapeva niente di quello che era successo, non era a conoscenza del fatto che lei ormai non era più ad Algora. Avlynn non poteva nemmeno immaginare quello che avrebbero fatto alla sua famiglia, lei era ricercata e probabilmente la sua famiglia era stata arrestata. Alla fine, stanca, si addormentò anche lei pregando per suoi famigliari.


Intanto l'uomo che era uscito dall'isola Algia era entrato nei confini di Calm, fermandosi alla città di Nekry per la notte. Si era cambiato, preferendo degli abiti più consoni all'ambiente. Aveva tenuto solo la maglia nera di lino e i pantaloni, la tunica e gli ornamenti d'oro gli aveva venduti o barattati con denaro, grazie al quale poteva pagare vitto, alloggio e provviste. Al momento era all'inn della città dove si preparava per dormire. Le sirene dell'isola riecheggiavano ancora, anche se le sentiva più lievi, rispetto a prima, sintomo che si era allontanato. Fin tanto che le sirene avrebbero riecheggiato nessuno sarebbe venuto a cercarlo. Quelle sirene le potevano udire solo i maghi erano ultrasuoni speciali, adatti a farsi sentire, solo a coloro che avevano magia nelle vene, come i maghi. Il nostro mago in questione, era consapevole che l'isola -per quanto piccola- aveva posti e strutture immense, e ci avrebbero impiegato in bel po' prima di accorgersi che era scappato. Dopotutto nessuno conosceva quel passaggio, lui lo aveva trovato per caso leggendo un vecchio atlante, quindi avrebbero pensato che si fosse rifugiato da qualche parte nella stanza per poi scappare di nuovo.
Nella stanza della locanda si sedette sul letto aprendo il libro che aveva portato con se. Qualche settimana prima era riuscito a fare una divinazione, secondo la quale, il sincronizzatore sarebbe arrivato alla capitale Asiuf. Mancavano ancora due giorni al termine prestabilito e lui doveva assolutamente parlare con il sincronizzatore.
Guardava il libro con uno sguardo perso e distante, le pagine erano bianche, segnate dal tempo e dall'usura, il tomo pareva animato, ma era solo un'illusione della magia. Più di una volta aveva sentito su di se gli sguardi, dei passanti che lo fissavano in malo modo. All'inizio credeva per via dei vestiti, ma poi aveva capito che era per il libro. Ovviamente aveva attirato l'attenzione, quindi non poteva portarlo ancora per molto in quella forma. La mano sinistra si posò sul libro e una luce bianca/azzurra uscì dal palmo della mano. Il libro cambiò misura, da spesso ed enorme come un tomo antico e pesante, arrivò alle misure di un dito e spesso quanto la lama più sottile. Lo richiuse in un ciondolo comprato al mercato che si apriva e poi si stese chiudendo gli occhi.

Il sole entrò nelle tende, quasi con timidezza, svegliando il mago che si alzò con calma. Aveva tutto il tempo, sarebbe arrivato ad Asiuf in giornata e avrebbe dovuto aspettare un giorno, quindi, tanto valeva prendersela comoda, visto che le sue divinazioni raramente sbagliavano, però c'era sempre il dubbio. Dopotutto la divinazione non era una scienza esatta al 100%. Sceso per le scale, dopo aver controllato il libro, fece colazione per poi incamminarsi. Seguì una stradina, piastrellata di rocce, venendo raggiunto nel pomeriggio -dalla parte opposta della strada- da un gregge di pecore in pascolo. Il mago salutò il pastore con garbo il quale ricambiò e si riposò con il mago all'ombra mentre il gregge pascolava.
«Cosa la porta qui, straniero?» chiese il vecchio pastore.
«Cosa le fa credere che sia straniero?»
«Sarò anche vecchio ma riconosco un mago quando lo vedo!» rise il vecchio. L'uomo rise e si sdraiò sull'erbetta.
«Siete il primo e l'unico che mi abbia riconosciuto per quel che sono! Gli altri mi guardavano male!»
«La vecchiaia, porta conoscenza e saggezza! Soltanto perchè siete rinchiusi in quell'isola non vuol dire che non possiate uscire in qualche modo. Siete maghi no» Il mago rise di cuore e dopo si incamminò. Arrivò alla capitale Asiuf nel pomeriggio, avendo ancora tempo, si diresse alla locanda e prenotò una stanza, poi si fece dare le indicazioni per la biblioteca della città e vi si diresse a passo spedito. La sera, fece riacquisire al libro le forme originarie e cominciò a leggerlo. Gli occhi gli si illuminarono e le pagine cominciarono a mostrare le scritte.

Quella stessa sera, intanto Avlynn e Arti, avrebbero dormito in un vero letto. Erano arrivati alla città Gaya, molto vicini ad Asiuf, che avrebbero raggiunto l'indomani. In camere diverse, stavano pensando ai loro problemi. Avlynn continuava a pensare alla sua famiglia, e Arti studiava la mappa, per capire dove potessero essere le pietre. Il problema era che, le pietre in questione, cambiavano ubicazione ogni volta che lui finiva il suo compito -ogni 1500 anni- quindi. La mappa gli serviva per raccapezzolarsi per la separazione dei continenti, che durante quegli anni si spostavano e insieme alla freccia con il cerchio di vetro lo aiutavano.
Fin'ora nessuna avvisaglia di luce dalla freccia quindi, probabilmente, a Calm non ce ne erano, ma lui non si dava per vinto. Avlynn, intanto era stesa sul letto. Avevano pagato quelle camere con i soldi che Arti aveva con se, ma prima o poi avrebbero dovuto fare dei lavori, altrimenti non avrebbero potuto avere guadagno. Però i suoi pensieri erano rivolti anche alla sua famiglia, sopratutto al fratellino minore, il più piccolo e ingenuo.
Il giorno dopo, appena finita la colazione, si diressero verso l'uscita dalla città di Gaya, da li partiva una stradina sterrata che portava direttamente alla capitale.
«Finalmente ci siamo. La capitale è vicina, ancora mezza giornata, forse!» decretò Arti
«Come "forse"?» riecheggiò Avlynn.
«Vedi, è la prima volta che mi spingo così ad Ovest, prima ero arrivato solo fino alla chiusa di Habi!»
«Sei proprio un idiota!» proclamò Avlynn tirandogli l'ennesimo pugno.
«Ma sarà sempre così!?»
«Anche peggio se non ti muovi!» esclamò superandolo. Arti seguì Avlynn e, finalmente -nel pomeriggio inoltrato- raggiunsero la capitale.



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Capitolo 3
*** Incontro alla capitale ***


terzo capitolo

Incontro alla capitale



La capitale pervasa‭ ‬da una aria festosa e piena di gioia.‭ ‬Ad Avlynn sembrava di vivere in un altro mondo.‭ ‬Le varie bancarelle erano piene di gente e i venditori urlavano ad alta voce ciò che vendevano e a quale prezzo.
La taverna,‭ ‬perché tale sembrava,‭ ‬con gli archi a trionfo che ne abbellivano la struttura lignea e il soffitto a cassettoni,‭ ‬donava la sensazione del tempo sospeso.‭ ‬Per giunta,‭ ‬tutti i mobili,‭ ‬nella penombra delle lanterne,‭ ‬sembravano caldi e pieni di ricordi.‭ ‬Il locandiere,‭ ‬un simpatico vecchietto,‭ ‬se ne stava immobile al di la del bancone,‭ ‬aspettando‭ ‬-con pazienza-‭ ‬i clienti.
Mentre i nostri entravano,‭ ‬un uomo con i capelli rossi stava scendendo le scale lignee,‭ ‬che erano poste al centro del grande salone principale.‭ ‬Con la forma a chiocciola,‭ ‬salivano fino al piano più alto dell'edificio.‭ ‬Il corrimano,‭ ‬che ne seguiva l'andatura,‭ ‬era intagliato a mano con qualche fiore colorato ad olio per abbellirlo.‭ ‬L'uomo non si curò dei nuovi arrivati,‭ ‬uscendo dalla porta principale,‭ ‬mentre Avlynn ed Arti raggiungevano il locandiere per avere le camere.‭ ‬Erano ancora le‭ ‬6‭ ‬del pomeriggio,‭ ‬quindi,‭ ‬Avlynn decise di andare a fare un giro in città.
Il mercato si estendeva per tutte le vie principali,‭ ‬con contorno di stendardi e fiocchi colorati.‭ ‬Le lanterne,‭ ‬che piano,‭ ‬piano si accendevano davano calore ai vari oggetti in vendita e il cielo sull'imbrunire,‭ ‬si stava sempre più scurendo,‭ ‬per costruire un velo di magia a quella capitale così lontana da casa.
‭«A‬h,‭ ‬quanta roba‭! ‬Vediamo se trovo un armaiolo‭» parlò alla sferetta che le andava sempre dietro, questa fece una specie di capriola dalla felicità. ‬Probabilmente,‭ ‬oltre al mercato,‭ ‬vi erano anche negozi e quindi Avlynn cominciò la sua ricerca,‭ ‬intanto Arti si era sistemato nella sua camera alla locanda,‭ poggiando la chiave di Avlynn sul comodino vicino al letto.

Dopo molto girare,‭ ‬Avlynn,‭ ‬aveva trovato‭ ‬un armeria -anche grazie alla sua compagna di avventure-‭ ‬sulla strada ad Ovest della via principale.‭ ‬Entrando,‭ ‬si sentì subito a casa.‭ ‬Tutte le armi dei vari lavori,‭ ‬dal ladro al cacciatore,‭ ‬per passare ai grandi spadaccini o gli arcieri.‭ ‬Tutte queste armi erano in esposizione,‭ ‬poste su chiodi‭ ‬-sulla parete-‭ ‬o tenute in ceste di vimini intrecciati.‭ ‬Separate per misura,‭ ‬tipo di arma e prezzo,‭ ‬erano davvero ben fatte e rifinite.‭ ‬Alcune di esse erano cesellate sulle lame,‭ ‬altre impreziosite da gemme,‭ ‬molte erano semplici con solo qualche intaglio sul manico ma non meno resistenti.‭ ‬I mastri artigiani ci mettevano amore e tempo per fabbricare quei gioielli,‭ ‬che‭ ‬-nelle mani di esperti-‭ ‬si sarebbero trasformate in vere e proprie armi da combattimento.
Il proprietario era un uomo robusto,‭ ‬con la barba e delle braccia da cacciatore,‭ ‬probabilmente ne aveva forgiata qualcuna da solo.‭ ‬Guardava la ragazza da buon padrone, chiedendosi che diavolo fosse quella cosa luccicante che le volava attorno.
Avlynn si guardava‭ attorno‬,‭ ‬scrutando le varie spade,‭ ‬molte non avevano la guaina.‭ ‬La sua bravura raggiungeva il massimo con le spade ad una mano,‭ ‬però anche le spade bastarde¹,‭ ‬le andavano bene.‭ ‬Mentre lei guardava le armi,‭ ‬fuori dall'armeria si sentiva il vociare e il sussurrare delle persone,‭ ‬ma anche i vari litigi e risse,‭ ‬che non potevano mancare in una stradina secondaria.‭ ‬I due,‭ ‬all'interno,‭ ‬non ci facevano caso,‭ ‬finché,‭ ‬la porta del negozio,‭ ‬si aprì bruscamente rivelando un uomo con degli stracci e dei pugnali alla vita.‭ ‬Il proprietario lo fissò con‭ ‬diffidenza,‭ ‬mentre l'altro si muoveva in direzione delle spadone a due mani.‭ ‬La nostra lo guardò dal basso verso l'alto,‭ ‬non era abituata a certe maniere,‭ ‬ma era anche vero che lei conosceva solo la nobiltà di Algora,‭ ‬non era mai scesa nei piani bassi del regno.‭ ‬Anche quando viaggiava per le varie città,‭ ‬non andava oltre le case dei nobili.
Ad ogni modo,‭ ‬le sembrava,‭ ‬quanto meno scortese non salutare.‭ ‬Però,‭ ‬visto che il proprietario non aveva detto nulla,‭ ‬si rimise a guardare le spade,‭ ‬lasciando perdere.

Nelle strade,‭ ‬intanto,‭ ‬il mago stava correndo,‭ ‬lo seguivano degli uomini,‭ ‬non proprio raccomandabili.‭ ‬L'uomo dai capelli rossi entrò ansimando nell'armeria,‭ ‬dove Avlynn e il proprietario stavano tranquilli a decidere sul prezzo della spada,‭ ‬che la ragazza aveva scelto.‭ ‬All'entrata del mago i tre presenti si girarono con facce stupite. La palla, invece lampeggiò, ma nessuno su ne accorse, nemmeno il mago, visto che lei era dal lato opposto della ragazza, rispetto al nuovo arrivato.‭ I‬l rosso si guardava in giro con un libro tra le braccia.‭ La nostra protagonista‬ lo guardava con circospezione,‭ ‬mai aveva visto una persona,‭ ‬di qualunque mestiere,‭ ‬vestito a quel modo.‭ ‬L'altro cliente,‭ ‬invece,‭ ‬faceva finta di nulla e continuava a guardare le armi.‭ ‬Il mago camminava continuando a guardare la porta,‭ ‬dalla quale era entrato.‭ ‬Poi,‭ ‬ad un certo,‭ ‬mentre Avlynn e il proprietario erano tornati a discutere sul prezzo,‭ ‬si riaprì la porta.‭ ‬I tre che stavano seguendo il mago lo avevano seguito fino a li.
Di li a poco si consumò una vera a propria battaglia.‭ ‬I tre uomini si avvicinavano minacciosi al mago,‭ ‬mentre il proprietario si apprestava a prendere una spada da dietro al bancone.‭ ‬la ragazza,‭ ‬con la spada,‭ ‬non ancora pagata,‭ ‬in mano,‭ ‬diede man forte all'uomo -lasciando l'amica oltre il bancone- e anche il cliente scortese si unì alla rissa. L'unico che non faceva nulla era il povero malcapitato dai capelli rossi,‭ ‬il quale preferiva rimanersene a distanza da quegli oggetti acuminati.‭ ‬Non era il tipo da armi affilate e armature d'acciaio.
‭«‬Ma dove sono finito‭?" ‬si chiedeva,‭ ‬restando dietro ad una delle ceste di vimini,‭ ‬con il libro stretto al petto.‭ ‬Nel mentre guardava il combattimento,‭ ‬tre contro tre,‭ ‬che si stava consumando davanti a lui,‭ ‬per l'intera armeria.‭ ‬I sei contendenti si scambiavano le lame tra loro o ne prendevano di nuove,‭ ‬ma a lui sembravano solo dei barbari e nient'altro.‭
Il mago se ne voleva solo stare per i fatti suoi,‭ ‬quando i tre che,‭ ‬lo avevano inseguito,‭ vedendolo‬ con in mano il libro magico.‭ ‬Mentre stava immerso nei suoi pensieri quasi non veniva trafitto dalla punta di una lancia,‭ ‬fermata prontamente da Avlynn.
‭«‬Non si mettono di mezzo gli indifesi‭!» urlò‬ all'uomo che aveva di fronte.‭ ‬Grazie al colpo parato,‭ ‬l'uomo si scaraventò al di la del mago,‭ ‬facendo cadere delle lame ancorate alla parete.‭  «‬Tutto bene‭?» ‬chiese infine la ragazza al mago.‭ ‬Lui la guardò con gli occhi spalancati e annuì con la testa.
‭«‬A‭attenta!» ‬la avverti il mago,‭ ‬indicandole le spalle.‭ ‬Si girò in tempo per evitare la lama,‭ ‬pericolosamente vicina alla sua gola.‭ ‬Ancora accovacciata sul pavimento fece lo sgambetto al suo avversario,‭ ‬gli prese la lama e poi prese il mago per il braccio facendolo andare dietro al bancone, dove incontrò la sferetta di Avlynn.
«Ma tu..."
La disputa si spostò fuori dall'armeria,‭ ‬quando uno dei tre malviventi venne scaraventato fuori dal proprietario.‭ ‬I due,‭ ‬rimasti dentro seguirono il compagno e Avlynn con gli altri due gli andarono dietro.‭ ‬I fendenti continuavano a riecheggiare per le vie e molte persone urlavano o chiamavano aiuto,‭ ‬alcuni aiutavano i nostri lanciando verdure sui volti dei tre ladri.
Avlynn, scaraventò il suo avversario, di nuovo nell'armeria. L'uomo si si ritrovò contro il bancone sbattendo la schiena su di esso. Lei seguì il malvivente, il quale -ripresosi per la botta- la prese per la vita e la lanciò dall'altra parte del bancone, dove il mago se ne stava al riparo.‭ ‬Il rosso si scostò appena in tempo per evitare la colluttazione.
‭«‬Quello è troppo grosso per voi, lasciate perdere‭"
«Vuoi essere salvato‭?» ‬chiese l'azzurra,‭ ‬tentando di rimettersi in piedi.
«Certo‭»
«Allora taci‭!» gli urlò l'azzurra, mettendosi finalmente in ginocchio, senza notare l'uomo che - da oltre il bancone- li stava per affettare con un ascia. Il primo colpo colpì il legno, poi, prima che potesse sferrare un altro colpo e rompere del tutto il bancone, i‬ tre sentivano i rumori delle spade e lance,‭ ‬che cozzavano tra loro,‭ ‬dei quattro contendenti ancora fuori.‭ ‬Poi a quel rumore si aggiunse quello delle grida dei passanti.‭ ‬Il proprietario e l'altro uomo si davano da fare per fermare i fendenti ed evitare che le persone si facessero male,‭ ‬ma gli altri due parevano dei veri assassini.‭ ‬All'improvviso un suono echeggiava per le vie.‭ ‬Erano le guardie della capitale accorse per il casino,‭ ‬Le armature viventi,‭ ‬perché ciò sembravano,‭ ‬fermarono i quattro duellanti,‭ ‬ma prima che potessero entrare il mago tirò vicino a se Avlynn.‭  «‬Che fai‭?»
«Ricambio il favore‭!» proclamò, alzando la voce,‬ poggiando la mano sinistra sul pavimento.‭ ‬Apparve una luce ai loro piedi e poi i due sparirono lasciando solo una nuvola di polvere e il terzo uomo accecato.

Alla locanda Arti stava cominciando a preoccuparsi.‭ ‬Avlynn non era ancora tornata ed ora ormai ora di cena.‭ ‬Stava per uscire dalla porta,‭ ‬quando una luce si formò nella sua stanza,‭ ‬rivelando,‭ ‬poi,‭ ‬Avlynn e il mago caduti dalla parte opposta del letto, rispetto al ragazzo.‭ ‬Il sincronizzatore ci rimase di stucco,‭ ‬nel vedere le due figure sul pavimento tentare di alzarsi.
‭«‬Avlynn.‭ ‬Ma che diavolo‭?» ‬chiese tornando indietro, aggirando il letto per aiutare l'amica.
‭«‬Chiedilo a lui‭» ‬protestò la ragazza.‭ «‬Dove diavolo siamo‭?» ‬domandò poi pulendosi dalla polvere
«Alla locanda»
‭«Alla locanda? Come diavolo hai fatto... Un momento...» «Dov'è la palla volante?» chiese in preda al panico nel piccolo spazio angusto, tra il letto e il muro.
‭«Intende questa cosina?» chiese Atlas, facendo spuntare dalla maglia la guida della ragazza. Avlynn ne fu contentissima e la prese in mano. Da quando Arti l'aveva fatta riapparire al campo la creatura si era affezionata a lei. Il mago fu contento di vedere la scena e sopratutto di aver ricambiato il favore
‭«Ad ogni modo, h‬o usato il teletrasporto per arrivare qui‭» ‬spiegò il mago, uscendo dal piccolo spazio tra il letto e il muro, posizionandosi proprio a metà strada trai piedi del letto e la finestra ‭«‬Viene meglio all'aperto,‭ ‬ma in quel momento non avevo scelta‭»
«E voi siete‭?» ‬chiese Arti, camminando oltre l'uomo, mentre Avlynn puliva l'esserino dalla polvere residua, rimanendo tra il letto e il muro.‭ ‬Il mago, si girò verso la voce e si ritrovò gli occhi di Arti proprio davanti.‭ ‬Appena li vide strinse le mani del sincronizzatore, contento
«Oh,‭ ‬sincronizzatore,‭ ‬finalmente non ci‭ ‬speravo più‭! ‬E‭' ‬un vero onore,‭ ‬poterla conoscere,‭ ‬sono davvero onorato...‭»
«Ok,‭ ‬ora basta‭!» ‬esclamò Avlynn, fermando il mago, dopo aver camminato verso di loro, ed essere arrivata alle spalle di Atlas‭ «‬Chi sei? Che diavolo era quello‭?» interrogò lei
«Oh,‭ ‬giusto. Mi chiamo Atlas e sono un mago dell'isola.‭ ‬Quello di prima, come già detto, era il teletrasporto, una della magie base ‭» spiegò con ancora le mani sopra quella di Arti, ma rivolto alla sua salvatrice che stava, a sua volta superando Arti verso la porta.
«Magia!‭» esclamò ‬Avlynn, girandosi con occhi luccicanti, poi, afferrò Arti per il mantello e lo scostò da davanti ad Atlas, infine, si mise a fare domande al mago.‭ ‬Atlas,‭ ‬sentendosi in colpa per Arti‭ -‬il quale era finito accanto alla testata del letto, sulla parete opposta della finestra, per colpa di Avlynn- rise nervoso verso di lei‭ «‬Mi chiamo Avlynn e ho sempre voluto vedere una magia‭» sorrise‬ lei.‭ ‬Il mago‭ sempre sorridendo‬ -con una gocciolina sulla testa- le indicò il sincronizzatore.‭ ‬Lei seguì lo sguardo,‭ ‬notando il ragazzo totalmente spalmato sul muro, mentre la sa creazione tentava di capire se stava bene.‭ ‬Una gocciolina cadde dalla fronte di Avlynn nel vedere la scena e tutto quello che riuscì a dire fu‭ «‬Ops‭»

Quella sera cenarono insieme, intanto la sferetta si era coricata nella camera di Avlynn, la quale aveva ricevuto la chiave dal sincronizzatore prima della cena. Il mago spiegò loro che doveva parlare a tutti i costi con Arti, e grazie alla divinazione aveva scoperto che lo avrebbe incontrato proprio li alla capitale.
«Come hai fatto a scappare dall'isola‭?» ‬chiese Arti,‭ ‬addentando un pezzo di carne.‭ ‬Ad Avlynn pareva che non mangiasse da mesi.
‭«‬Ho usato un vecchio passaggio magico fino alla penisola Plima‭!» ‬spiegò‭ «‬Ad ogni modo,‭ ‬ora è inutilizzabile,‭ ‬si può usare solo per entrare‭! ‬Ho distrutto il pannello dall'altra parte‭» ‬precisò.‭ «‬Volevo tanto conoscervi‭! ‬Vi devo dire una cosa molto importante‭!» ‬disse in modo serio.
‭«‬Chiamami Arti e dammi del tu‭! ‬Non servono formalità‭»
«Scusate,‭ ‬ma è una mia pecca.‭ ‬Do del‭ "‬Lei‭" ‬a chiunque non conosca da anni‭!»
«Capisco‭!» ‬si stupì il più giovane.‭ ‬In realtà tra i due,‭ ‬Atlas era quello più giovane,‭ ‬visto tutte le volte che Arti era rinato,‭ ‬ma al momento il mago aveva‭ ‬29‭ ‬anni,‭ ‬mentre l'altro solo‭ ‬21.‭ ‬Avlynn se ne stava seduta a mangiare,‭ ‬sentendo i discorsi dei due uomini accanto a lei.‭ ‬Sulle prime parevano due amici che non si vedevano da anni,‭ ‬ma poi passarono alle cose serie.‭ ‬Atlas era partito dall'isola perché,‭ ‬ultimamente,‭ ‬stavano succedendo troppe cose strane.‭ ‬Il suo maestro sembrava impazzito,‭ ‬e tutti i libri sparivano.
‭«‬Il mio maestro è il capo di noi maghi,‭ ‬fino a‭ ‬5‭ ‬anni fa era l'uomo che ho sempre conosciuto e che mi ha fatto da mentore,‭ ‬ma ultimamente è impossibile anche solo ragionarci con lui‭!» ‬spiegò.‭ ‬Dopo di che,‭ finita‬ la cena, vennero invitati dal mago in camera sua. Atlas tirò fuori dal cassetto -di una scrivania in dotazione ad alcune camere-‭ ‬la collana.‭ Prese il libro al suo interno, facendolo tornare alle dimensioni originali‬ ad Arti‭ «‬I libri,‭ ‬della grande biblioteca magica stanno sparendo,‭  ‬uno dopo l'altro.‭ ‬Sono riuscito a salvare uno dei più importanti tomi,‭ ‬ma molti altri sono a rischio‭!»
«Il fatto che i libri spariscano,‭ ‬non è legato al mio compito‭! ‬Essendo oggetti inanimati,‭ ‬non risentono dei sentimenti delle persone‭» ‬spiegò Arti.‭ ‬Atlas scosse la testa.
‭«Forse voi non lo sapete, ma ultimamente abbiamo trovato una tecnica che ci permette di fondere l'animato con l'inanimato‬.‭ ‬Molti dei libri magici,‭ ‬sono stati creati tramite gli elementi e il loro comandamento‭! ‬Alcuni di essi possono essere letti solo tramite l'elemento con il quale è stato fuso‭"
«Quindi possono essere letti solo dove ci sono gli elementi in questione‭?» ‬chiese scettica Avlynn.‭ ‬Le piaceva la magia,‭ ‬ma non credeva che fosse così assurda.
‭«‬Potrà sembrarvi assurdo signorina,‭ ‬ma è proprio così‭!»
Arti si sedette sul letto,‭ ‬accanto ad Avlynn,‭ ‬aprendo il libro pote vedere le pagine bianche.‭ ‬Il sincronizzatore guardò il mago.
‭«‬Anche questo‭?» ‬domandò.‭ ‬Atlas scosse il capo,‭ ‬inginocchiandosi davanti ai due compagni di viaggio.‭ ‬Premette il palmo destro sugli occhi di Arti e appena le mani furono tolte i suoi occhi cominciarono ad illuminarsi e le scritte apparvero a lui.
‭«‬E‭' ‬un incantesimo d'illusione,‭ ‬solo una magia agli occhi può rivelare le scritte‭!» ‬precisò‭ Atlas «‬Almeno su questo libro‭!» ‬Arti si mise a leggerlo.‭ ‬Intanto Avlynn continuava a non vedere.
Mentre il ragazzo dagli occhi arancioni leggeva,‭ ‬gli altri due si misero a parlare.
‭«‬Credi che riesca a leggerlo,‭ ‬dopotutto è un libro di magia‭!»
«La nostra magia si tramanda da persona a persona,‭ ‬non attraverso i libri‭! ‬Nei nostri tomi ci sono solo informazioni sugli elementi,‭ ‬il mondo,‭ ‬l'universo e,‭ ‬nel nostro caso,‭ ‬sul sincronizzatore‭» ‬spiegò il mago sedendosi sul suo letto,‭ ‬accanto ad Avlynn.‭ ‬Le camere della locanda erano,‭ ‬più o meno,‭ ‬tutte uguali,‭ ‬ma a volte cambiavano disposizioni dei mobili e i colori delle stoffe.‭ La ragazza ‬si stese con schiena sul letto,‭ ‬mentre Arti continuava a leggere.‭ ‬Intanto la notte andava avanti.

Il libro conteneva preziose informazioni sulle varie pietre,‭ ‬la loro possibile ubicazione.‭ ‬Contenevano anche i vari esperimenti apportati dai maghi,‭ ‬lungo i secoli,‭ ‬dei sedimenti del mondo.‭ ‬Quando Arti smise di leggere,‭ ‬si sentì il pesante rumore del libro chiuso.‭ ‬Il sincronizzatore si sedette sulla poltroncina,‭ ‬davanti alla scrivania,‭ ‬con un cuscino da supporto.
‭«‬Qualche problema‭?» ‬chiese Avlynn‭, rialzandosi‬.‭ ‬Arti alzò la testa al richiamo per guardare l'altra,‭ ‬sorrise e,‭ ‬infine,‭ ‬si alzò in piedi.
‭«‬Bene‭! ‬Abbiamo una meta‭» ‬proferì uscendo dalla camera,‭ ‬lasciando,‭ ‬prima,‭ ‬il libro al mago e ringraziandolo.‭ ‬I due,‭ ‬rimasero sul letto si guardarono con sguardi‭ interrogativi‬,‭ ‬poi seguirono la figura dell'altro,‭ ‬il quale,‭ ‬saltellando,‭ ‬se ne andava in camera sua.
‭«‬Se non la smette di prendere decisioni senza avvisare,‭ ‬gli arriva un altro pugno‭!» ‬esclamò l'azzurra.‭ ‬Il mago si mise a ridere sotto i baffi,‭ ‬poi si diedero la buona notte e anche Avlynn tornò nella sua stanza.

La mattina seguente,‭ ‬la fanciulla scese le scale,‭ ‬già pronta e accompagnata dalla fida pallina,‭ ‬quando vide Arti ed Atlas che mangiavano la colazione in uno dei tavoli della seconda sala,‭ ‬la quale si apriva oltre la porta accanto al bancone.‭ ‬Si sedette con cura,‭ ‬notando una spada al fianco del sincronizzatore.
‭«‬Da quando sai usare le armi‭?» ‬chiese,‭ ‬prendendo un tozzo di pane.‭ ‬Lui guardò la spada e poi le sorrise,‭ ‬porgendogliela.
‭«‬Veramente,‭ ‬l'ho trovata in camera.‭ ‬Forse l'hai persa a causa del teletrasporto?‭» ‬propose.‭ ‬Lei la prese in mano,‭ ‬era senza guaina,‭ ‬ma la lama era molto ben lavorata,‭ ‬con una gemma blu in cima all'elsa e tre piccole gemme azzurre sul proteggi mani in oro.‭ ‬La lama,‭ ‬anche se non di prima scelta,‭ ‬era ben limata e temprata.
‭«‬Non è la stessa spada con la quale mi avete salvato da q‭quell'uomo?» ‬chiese Atlas osservandola meglio.
‭«‬Si,‭ ‬probabilmente,‭ ‬non avendola lasciata,‭ ‬mi ha seguito‭! ‬Anche se non l'ho pagata è comunque in mano mia.‭ ‬E poi l'armaiolo non ha notato nulla‭» ‬fece spallucce lei appoggiandola al tavolo.‭ ‬Quella spada era di buona fattura,‭ ‬certo non come la sua,‭ ‬ma per il momento andava più che bene.
‭«Ma l'hai rubata» protestò Arti verso la compagna di viaggio.
‭«Si può definire un incidente, visto che "qualcuno", mi ha teletrasportata alla locanda, prima che io potessi pagarla» precisò inchiodando il mago con sguardo ironico, lo stesso che -di solito- era riservato ad Arti. Atlas sorrise di rimando mentre Arti scuoteva la testa
‭«Allora, per ricambiare che ne direste di prendermi con voi?» domandò ai due.
‭«Mi dispiace m...»
‭«Ma certo, sarà un vero piacere avere un mago in squadra» professò Avlynn tirando un calcio da sotto il tavolo alla gamba di Arti per zittirlo. Il sincronizzatore si ritrovò con la propria mano alla bocca per evitare di urlare dal dolore.

I tre cominciarono il viaggio,‭ ‬quella stessa mattina,‭ ‬presero dei cavalli‭ ‬-con i soldi ricavati dalla vendita degli oggetti di Atlas-‭ ‬poi si diressero verso Algora.
‭«‬Fammi capire,‭ ‬vuoi andare ad Algora‭?!» ‬chiese il,‭ ‬quasi,‭ ‬cavaliere.
‭«‬Si‭!»
«Ti sei forse dimenticato che io non posso metterci piede‭?» ‬fece presente.
‭«‬Come mai‭?» ‬domandò Atlas sul cavallo accanto ad Avlynn.
‭«‬Problemi personali‭!» ‬declassò lei,‭ ‬tornando a guardare Arti,‭ ‬che cavalcava davanti a loro due.‭ I tre non cavalcavano in fila indiana, anzi Atlas era accanto ad Avlynn, mentre Arti apriva la via, la sferetta invece svolazzava, in mezzo ai tre cavalli.
Oltre alle provviste e agli utensili,‭ ‬sui cavalli,‭ ‬vi erano anche tutte le stoviglie di Arti e anche la tenda.‭ ‬La spada,‭ ‬invece,‭ ‬era incastrata nella cintura d'oro,‭ ‬doppia,‭ ‬che Avlynn portava alla vita.
‭«‬Non lo hai spiegato nemmeno a me‭» ‬ci pensò Arti.‭ «‬Ad ogni modo,‭ ‬non hai di che preoccuparti,‭ ‬siamo diretti in un luogo nel quale non ti riconoscerebbero mai‭» ‬spiegò lui.‭ «‬E poi,‭ ‬ad Algora,‭ ‬c'è l'unico porto volante del continente‭!»
«Porto volante?...‭ A‬d Algora non c'è nessun porto volante‭» ‬disse lei.
‭«‬Oh si che c'è.‭ ‬E‭' ‬sulla punta,‭ ‬oltre il bosco Infinito‭» ‬precisò il sincronizzatore.‭ ‬Avlynn prese un mestolo,‭ ‬e glielo tirò in testa.‭ «‬Aia.‭ ‬E adesso che c'è‭?»
«Quel bosco è considerato maledetto e tu vuoi passarci in mezzo‭?»
«Senza contare che dovremo passare il muro e poi cavalcare fino al bosco‭» ‬s'intromise il mago‭ «‬Non credo,‭ ‬nemmeno io,‭ ‬che sia una buona idea‭» ‬continuò Atlas.
‭«‬State tranquilli,‭ ‬non passeremo il muro‭! ‬Ci dovrebbe essere un passaggio magico,‭ ‬che porta direttamente dall'altra parte del bosco‭» ‬spiegò Arti.
‭«‬E come mai io non lo conosco‭?» ‬chiese delucidazioni il mago,‭ ‬stupito che Arti sapesse certe cose.
‭«‬Probabilmente,‭ ‬perché è molto vecchio,‭ ‬scommetto che nemmeno il tuo maestro,‭ ‬sà della sua esistenza‭»
«Se ci fosse stato un passaggio del genere,‭ ‬i due regni l'avrebbero chiuso,‭ ‬come hanno fatto con il muro‭!» ‬proclamò Avlynn.
‭«‬Il muro è stato costruito,‭ ‬dopo la guerra tra i due regni,‭ ‬di‭ ‬20‭ ‬anni fa‭! ‬Il passaggio magico non veniva più usato,‭ ‬già all'epoca,‭ ‬da almeno‭ ‬3000‭ ‬anni.‭ ‬Probabilmente se lo sono dimenticati‭» ‬spiegò‭ «‬Oh,‭ ‬almeno,‭ ‬lo spero‭» ‬sospirò il ragazzo.‭ ‬Avlynn lo fulminò da dietro e il mago rise.‭ ‬Al mago,‭ ‬sembravano due ragazzini.‭
La cavalcata,‭ ‬si protrasse per un giorno intero,‭ ‬dopo di che si fermarono nel villaggio abbandonato,‭ ‬montarono la tenda e accesero il fuoco.
‭«‬Entro domani,‭ ‬dovremo riuscire ad arrivare all'entrata,‭ ‬si trova a Nord del muro‭» ‬disse Arti dando una ciotola ad Atlas.
‭«‬Quindi,‭ ‬dovremo cambiare la direzione verso Nord,‭ ‬domani‭!» ‬esclamò il mago prendendo la ciotola e ringraziando.‭ ‬Arti annuì e cominciò a mangiare.‭ ‬Avlynn,‭ ‬intanto‭ ‬-dopo aver servito i due-‭ ‬cominciò a mangiare per ultima.‭ ‬La palla di fuoco risplendeva nella notte,‭ ‬illuminando quel villaggio abbandonato,‭ ‬con tutti letti,‭ ‬ormai mangiati dalle termiti e i tetti dei quali ne rimaneva solo lo scheletro.‭ ‬I tre mangiavano e parlavano in armonia,‭ con la sferetta che svolazzava da uno all'altro felice di trovarsi in compagnia.
«Da dove spunta? Non pensavo che lei fosse una maga, signorina?‭» proclamò Atlas
«Infatti non lo è. Quella pallina è una mia creazione‭» spiegò Arti, aprendo la mano in modo che l'oggetto della conversazione vi si posasse, mentre con l'altra teneva ferma la ciotola.
«Certo che però è offensivo chiamarla palla, sfera o o esservino. Dovremmo darle un nome‭» proferì Avlynn «Che ne dite di Lamia?» chiese la ragazza
«Anche Uma, non starebbe male‭» propose Atlas. I due tirarono fuori nomi femminili a raffica, quasi divertendosi, Arti invece chiuse gli occhi con l'esserino in mano e scosse la testa.
«Guardate che è un maschio‭» proclamò alla fine. I due compagni guardarono il sincronizzatore come se avessero visto un fantasma, infine, Avlynn si alzò e prese la palla tra le mani, questa si fece prendere tranquillamente da lei.
«Sei un maschio?‭» domandò cominciando a ricordare le notti, durante le quali ci aveva dormito insieme. La cosa circolare incrementò il suo colora, da arancione arrivò vicino al rosso, come se si fosse imbarazzata. «Ok! Allora che ne dici di Eles, si può usare per tutti i generi» sorrise lei. La sferetta prese a fluttuare felice, per poi dirigersi da Atlas, mentre Avlynn lo seguiva². ‭Arti, invece, era sbiancato solo a sentire quel nome.



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Scusate il ritardo, ma per una settimana non è andato internett, quindi non è colpa mia, adesso sono tornata attiva, quindi godetevelo. Sotto le sole due note

¹ Le spade bastarde, sono le spade che possono essere impugnate con una o due mani
² Da ora in poi mi rivolgerò alla sfera "Eles" al maschile, invece che al femminile.

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