The Beauty and the Bass

di martyc97_fecalina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Esplorazioni ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** Can you keep a secret? ***
Capitolo 5: *** Memories ***
Capitolo 6: *** Walking into the past ***
Capitolo 7: *** Il circo dei ricordi ***
Capitolo 8: *** I'm Blair Waldorf as you're Chuck Bass ***
Capitolo 9: *** Lost in the Castle ***
Capitolo 10: *** The boy who was alone. ***
Capitolo 11: *** Did you see? ***
Capitolo 12: *** What a sourprise would it be? ***
Capitolo 13: *** Let it snow ***
Capitolo 14: *** Save the last dance ***
Capitolo 15: *** Only moon can see us. ***
Capitolo 16: *** Scars from the past ***
Capitolo 17: *** We could have had it all ***
Capitolo 18: *** Coming Home ***
Capitolo 19: *** Sunshine ***
Capitolo 20: *** Back to december ***
Capitolo 21: *** Let her go ***
Capitolo 22: *** Stay in darkness ***
Capitolo 23: *** Ghostbusters ***
Capitolo 24: *** Psychological terrorism ***
Capitolo 25: *** If happy ever after did exist ***
Capitolo 26: *** Stagione di caccia ***
Capitolo 27: *** Tana per Bass ***
Capitolo 28: *** The prince and the dragon ***
Capitolo 29: *** A boy once told me: happiness is not contemplated. ***
Capitolo 30: *** Requiem of lights ***
Capitolo 31: *** Avviso ***
Capitolo 32: *** First Epilogue - Christmas Time ***
Capitolo 33: *** Second Epilogue - Longlife Treasure of Destiny. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Beauty and the Bass


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Prologo

 
Tanto tempo fa, in un paese lontano un giovane principe viveva in un castello splendente. Benché avesse tutto quello che poteva desiderare il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte d’inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente. Lui che provava repulsione per la vecchia dal misero aspetto rise del dono e la cacciò, ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze perché la vera bellezza si trova nel cuore. Il principer la respinse di nuovo. In quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il principe si scusò ma era troppo tardi perché lei ormai aveva visto che non c’era amore nel suo cuore e per punirlo gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti, facendo del lussuoso palazzo l’eterna prigione del principe senza cuore. Il principe fu così bloccato nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul mondo. La rosa che gli aveva offerto la fata era davvero una rosa incantata e sarebbe rimasta fiorita fino a che il principe non avesse compiuto 21 anni. Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l’ultimo petalo l’incantesimo si sarebbe spezzato, in caso contrario sarebbe rimasto bloccato in quella prigione di pietra senza amore per sempre.
 
Era una limpida giornata di fine autunno a New York e, nonostante alcune nuvole minacciassero il cielo, il sole regnava ancora sovrano, regalando ai cittadini un pomeriggio soleggiato da poter trascorrere con gioia.
Blair Waldorf decise di prendere alla lettera madre natura e passare il pomeriggio tra passeggiate a Central Park e shopping lungo la quinta strada con Serena.
Quel giorno, poi, B era particolarmente entusiasta, visto che quella stessa sera sarebbe venuto a farle visita Harold.
“S, dove sei? Ti sto aspettando da mezz’ora! Sono davanti a Sturbuck’s, se non arrivi entro cinque minuti non sai quello che ti aspetta! Disse Blair dispoticamente alla segreteria.
Non fece in tempo a riagganciare che la sua bionda e turbolenta amica si precipitò fuori da un taxi, saltandole addosso.
“Mi spiace tanto per il ritardo, B, è solo che non mi ero resa conto di che ore fossero” cercò di giustificarsi Serena mentre ancora teneva stretta l’amica. Se c’era un modo per farsi perdonare da Blair Waldorf questo era stritolarla fino a farle mancare il fiato per poi comprarle una Chanel o un paio di Louboutin.
“Va bene, ti perdono, ora però sbrighiamoci, da Bendel sono arrivate delle nuove Louboutin meravigliose!”
Serena le rivolse un sorriso smagliante e insieme cominciarono a camminare per le vie di New York.
Le nuvole erano sparite, portate via dal vento per far spazio alla luce e al calore del Sole, solo una incombeva ancora su Manhattan, una nuvola grigia e sola, che sembrava portare con sé un vago profumo di rosa ma che trasmetteva malinconia ed amarezza: e solo gli osservatori più attenti sapevano che quella nuvola non sarebbe andata via tanto facilmente, perché era da un po’ che sembrava aver trovato la sua casa a New York o, più precisamente, sulla cima dell’Empire Hotel.

Angolo Autrici.
Eilà bella gente :3 Cominciamo dalle presentazioni, alcuni di voi ci conoscono altri no, siamo Fede (Fecalina) e Marty (martyc97). Scherzando con le recensioni, alla fine, la pazzia della storia a 4 mani, l'abbiamo fatta per davvero, ed ecco che vi tormentiamo con una nuova storia u.u Dal titolo e dal prologo (piuttosto corto, scusate XD)  avrete capito che è una rivisitazione della celebre fiaba "La Bella e la Bestia"; beh, essendo molteplici i parallel tra la fiaba e il pairing Chuck/Blair non potevamo non realizzare un progetto del genere ;) Ma vi avverto che ci saranno non poche cose che cambieranno, a partire dalla maledizione (motivazione: Chuck Bass è figo per natura u.u) e  continuando con altri particolari che vi verranno svelati man mano nel corso della storia. 
Baci,
Fede e Marty ♥


  

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Capitolo 2
*** Esplorazioni ***


Esplorazioni

 

Dopo la giornata di shopping passata con Serena e la stupenda serata passata con suo padre, Blair era davvero distrutta, sapeva bene che l’indomani sarebbe stata una giornata faticosa; doveva, infatti, passare all’atelier di sua madre per vedere come procedevano i preparativi per la Settimana della Moda, quindi ciò di cui aveva bisogno era un bel sonno ristoratore.
Blair quella notte sognò di tulle, taffetà, stoffa pregiata, pizzi e merletti; ma sognò anche i macarons, Central Park e un principe azzurro che le donava una rosa rossa che profumava vagamente di magia.
Quando si svegliò era raggiante e, dopo aver fatto colazione, si catapultò nella caotica vita newyorchese.
Il sole era oramai calato a New York, e non poche nuvole minacciavano il cielo, ma una Waldorf non si ferma mai, così il suo giro per negozi continuò come da programma finché l’incessante pioggia che ticchettava sulla superficie grigiastra della città non la costrinse a ripararsi sotto una qualche impalcatura.
I taxi sembravano essersi estinti, e B cominciava a spazientirsi.
Cacciò lo specchietto dalla sua Balenciaga, ma non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene, che il vento aveva portato via i fogli del contratto con Barney’s.
Non poteva permetterlo.
Corse a perdifiato fino a che non raggiunse i fogli vagabondi.
Il vento li aveva portati fino all’entrata di un edificio, un hotel. Dopodiché i fogli si erano intrufolati all’interno tramite una fessura. Quel contratto era importante, era la sua occasione di dimostrare alla madre che era abbastanza responsabile da dirigere la Waldorf Design.
Si fece coraggio e spinse le enormi porte dell’edificio.
“C’è nessuno?” gridò B una volta entrata.
Rimase a bocca aperta. Quel posto era enorme, un grande tappeto rosso troneggiava sotto i suoi piedi, estendendosi fino alle scale. Vicino a queste due ascensori, uno su ogni lato. Quel luogo, per quanto spettacolare, era ormai in decadenza.

L'aspetto affascinante ma in rovina aveva incuriosito Blair più del come mai all'entrata di un hotel non ci fosse nessuno per accogliere i possibili -e alquanto rari secondo Blair- clienti. S'incamminò nella hall come se ne fosse la padrona, atteggiamento che aveva in ogni luogo, se si vuole essere precisi. I suoi tacchi ticchettavano sull'elegante tappeto e le sue dita sfioravano le tende di velluto carminio mentre si avvicinava agli ascensori.
Provò a chiamare quello alla sua destra ma era evidentemente rotto, lo stesso valeva per quello di sinistra. Il suo sguardo fu allora attratto dalla scalinata che si ergeva tra i due elevatori. Era imponente e aveva un che di maestoso che fece stupire Blair di non averla notata prima.
La curiosità nella mora cresceva di minuto in minuto e se Blair Waldorf voleva sapere qualcosa, niente l'avrebbe fermata. Salì le scale con passo spedito e arrivò al primo piano senza incontrare nessuno.
Possibile che un hotel di tale ricchezza sia caduto in rovina? Persino io, che vivo qui a New York, avrei fatto follie pur di passarci almeno una notte.
Questo pensava Blair mentre ammirava il grande lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto di quella che un tempo era la sala da pranzo. Più si guardava intorno, più Blair si convinceva che la rovina di un tale splendore fosse dovuto a motivi interni e non ad un calo di fondi o di clienti. Dimentica del tempo, del luogo e degli impegni, Blair continuò la sua esplorazione. Si sentiva come se fosse tornata bambina, a quando giocava a fare gli esploratori con S e loro, si sentiva a casa.
Arrivò ad una grande sala e al suo centro si ergeva un meraviglioso pianoforte a coda, incredibilmente curato rispetto a ciò che aveva visto finora. B si avvicinò allo strumento, con aria nostalgica.
Glielo ricordava troppo: lo vedeva lì, seduto su quello sgabello troppo alto per lui, mentre faceva volare le mani sui tasti d'avorio e suonava la canzone che aveva composto per loro due. Era breve ma travolgente, ricca e -incredibilmente- dolce.
Senza pensarci, si sedette di fronte alla tastiera e iniziò a suonare, pensando a lui. La musica la avvolse e i momenti passati con lui le invasero la mente riempiendola di dolcezza, nostalgia e tristezza. Un'unica lacrima, ribelle come lui, scese dalle ciglia, scivolando lenta per tutto il viso. Era così tanto che non pensava a lui, più o meno lo stesso di S riguardo a l'altro.
Quanto era passato? Tre, quattro anni? Non ricordava. Una voce la fece sobbalzare e tornare alla realtà, una realtà che non credeva possibile.



Angolo Autrici.

 

 

Konnichiwa! Bene, questo capitolo è stato sfornato dalla mia mente malata (a detta di molti). Mi presento, sono Marty. Vi basti sapere che sono una otaku (appassionata di anime e manga), divoratrice di libri e chair fin nell'osso (So che non vi importa ma ci tenevo a farvi sapere di che gentaccia state leggendo i lavori XD). Che dire di questo capitolo, ne sono piuttosto orgogliosa. Mi è piaciuto molto scriverlo e, sinceramente, lo adoro. Sono molto critica nei miei confronti e quindi lascio a voi il giudizio finale. Recensite!!
Bene, ora parliamo entrambe!
M:- E allora... Come non possiamo ringraziare le persone che hanno letto questa storia!
F:- Giusto! In particolare, ci teniamo a ringraziare...
M:- Beckybloomwood per la sua meravigliosa recensione!
F:- Jessica_GG per averla messa tra le preferite!
M:- Futura Sceneggiatrice per averla inserita tra le seguite!
F:- E di nuovo grazie a voi lettori silenziosi! Vogliamo davvero sapere che cosa ne pensate della storia
M:- Anche se per ora è piuttosto corta ma più recensioni riceveremo, più saremo stimolate a scrivere, nevvero socia?
F:- Chiaro! Uh, che angolo lungo, chiudo che è meglio! Quindi, grazie e alla prossima!
xoxo Marty e Fede

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Capitolo 3
*** Incontri ***


Incontri

 

Si girò velocemente, conosceva quella voce molto bene, troppo. Era la stessa voce che l’ aveva accompagnata durante la sua infanzia e adolescenza, era la voce compagna di mille avventure e debitrice di altrettante promesse.
Quando posò gli occhi sulla stanza scura non vide niente, eppure…
Si guardò intorno alla ricerca di un solo indizio che non le facesse pensare di avere le allucinazioni.
Vide un candelabro acceso poggiato sul tavolino, lo afferrò –forse con fin troppa foga- e girò per avere una panoramica della stanza.
Nulla.
Scosse la testa, sconsolata.
“Ehi, ehi, fa’ piano, o rischierai di rompermi!” si lamentò una voce.
Ma allora non era pazza, o forse sì, fatto sta che le venne da domandare: “Dove sei?”
“Qui accanto a te,B”
Blair si girò velocemente, abbastanza per vedere il candelabro terminare la frase.
Quel coso aveva … una faccia.
“O mio Dio!” esclamò prima di lanciare l’oggetto in aria, facendolo ricadere sul pavimento con un rumoroso tonfo.
Blair indietreggiava, le mani davanti la bocca in segno di stupore.
“Ahi! E’ così che si trattano i vecchi amici?”
B assottigliò lo sguardo, ma era ancora spaventata a morte.
Ebbe il coraggio di sibilare solo un debole “Nate”
“In cera e fiamma” disse lui rialzandosi da terra.
Nate si avvicinò alla mora, fino a ritrovarsi ai suoi piedi
“Allora, come stai?” chiese allegro.
Lei lo fissò per qualche secondo, poi svenne.
****
“Ehilà?! Sveglia” un sussurro.
“Ma che fai?” un altro sussurro.
“Cerco di farla rinsavire!”
“Credete sia morta?” il terzo.
Blair era semi-cosciente, e continuava a sentire delle vocine sussurrare cose quasi del tutto incomprensibili.
“Ma no che non è morta, è solo svenuta, cosa credi?” rispose Nate.
Okay, era giunta l’ora di riaprire gli occhi, svegliarsi e raccontare a Serena del suo assurdo sogno.
Contò fino a tre, pronta a ritornare alla vita reale, ma quello che poté sbirciare dalle folte ciglia era tutto, tranne che reale, o almeno così sperò.
“Si è svegliata!” urlò una teiera.
“Lo vediamo anche noi, Dorota” le disse un orologio.
Ok, era una candid camera.
“Dorota?!”
“Miss Blair, non sa quanto mi è mancata, ma cosa ci fa qui?”
“Qui dove? E perché non riesco a svegliarmi?”
“Svegliarmi? Tu credi di star sognando?” le chiese l’orologio.
“E tu chi sei?” rispose B con un espressione accigliata sul volto.
Cercò di alzarsi, mettendosi a sedere sul polveroso pavimento in legno, tentando di non pensare agli urli di disperazione che provenivano dalla sua gonna Givenchy.
“Io sono Dan, Humphrey”
Uno dei sopraccigli di B schizzò verso l’alto.
L’orologio - Humphrey sospirò, non si ricordava di lui quando era fatto di carne ed ossa, figurarsi in quel momento.
“Io e te abbiamo fatto le superiori insieme, ma ti sei accorta della mia esistenza solo quando ho cominciato a frequentare Serena”
A Blair parve accendersi una lampadina.
“Oh sì, ora mi ricordo di te: eri il suo … caso di beneficenza”
Dan scosse la testa, sconsolato e leggermente divertito da quella strana situazione.
“Vedo che il tempo non ti ha reso più gentile.”
“E non ha reso te meno orrendo, ora potete spiegarmi cosa diavolo sta succedendo?”
“Per prima cosa non stai sognando”
“Non dire sciocchezze Humphrey, sei un orologio che parla, sto per forza sognando”
“Mi spiace, Blair, ma non è così” intervenne Nate.
“Nate” disse dolcemente, sorridendogli “Non sai quanto vorrei fosse vero, non sai quanto vorrei tu fossi qui davvero ma non è possibile, tu sei scomparso 4 anni fa”
B parve realizzare solo dopo le sue parole, quando le lacrime nostalgiche minacciavano di invaderle le iridi scure.
“So che sembra impossibile, ma è così, devi credermi”
“Non posso, come faccio a cre-Ahi!”
Quell’idiota di un orologio le aveva appena dato un pizzicotto incredibilmente forte.
“Sei impazzito?” sbottò Blair.
“Volevo solo farti capire che non stai sognando, purtroppo”
B gli lanciò un’ occhiataccia, prima di focalizzare l’attenzione su Nate e Dorota.
“Com’è possibile?”
“Quando quattro anni fa scomparimmo … noi non lo facemmo sul serio. So che può sembrare assurdo, ma una fata ha lanciato una maledizione sull’hotel e su tutti coloro che vi erano dentro, trasformandoci in … questo” disse Nate indicandosi.
“Una fata?” chiese B scettica “Devo davvero essere stressata per fare un sogno simile”
“Blair, tu devi credermi, per favore”
B lo guardò nostalgica.
Sospirò.
“E dovete davvero mancarmi tanto per arrivare a credere a queste favole”.

 

 

 

Angolo Autrici.

Konnichiwa! Dato che qualcuno *guarda male Fede* si è dimenticato di inviarmi l'angolo autrici e il titolo del capitolo vi tocca sorbirmi di nuovo me, Marty, quaggiù u.u SCUSATECI, il nostro ritardo è imperdonabile ma causa forze maggiori, vedi assenza di computer -Fede- e efp che non fa creare il codice html -Marty-, non siamo riuscite a pubblicare fino ad oggi! Per farci perdonare, vi promettiamo un aggiornamento lampo! Diteci voi quando e noi lo faremo *tanto il capitolo l'ho già scritto, la la la. Ops...* Torniamo al capitolo. Che ne pensate? A mio parere è magnifico *nd. Fede Mi fai arrossire!* *nd.me Lo è! Ma via dal mio angolo!* *se ne va a capo chino* Quindi, che ne pensate? Che ne dite delle accoppiate oggetto-personaggio? Ma la domanda più importante: volete Nate che canta “Stia con noi!” anche qui? Per rispondere a queste importantissime domande (soprattutto l'ultima) lasciate un commento ;) Inoltre, voi che accoppiate oggetto-personaggio fareste? Vediamo se qualcuno indovina XD! Bene, vi lascio a scrivere le recensioni *che voi scriverete, giusto? Giusto?* *nd. Fede Non puoi costringerle!* *Sigh...* Al prossimo capitolo!
xoxo, Marty e Fede

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Capitolo 4
*** Can you keep a secret? ***


Can you keep a secret?
 

"Ma dove mi trovo? Ho capito che è un posto che conosco ma non capisco quale!"
Lo sguardo di Nate si fece più dolce e triste: "Siamo all'interno dell'Empire".
Le parole fluttuarono nell'aria e trapassarono la mente di Blair come una doccia gelata. Ecco perché glielo ricordava così tanto: quel luogo era ciò che considerava una casa, era normale che fosse intriso della sua presenza. Non era pronta a chiedere dove fosse lui. Temeva troppo la risposta.
“Questo spiega molti aspetti ma come mai sembra così... vuoto? Voglio dire quattro anni fa era uno degli hotel più rinomati di New York ed era sempre pieno. Se, come hai detto tu, la maledizione è caduta su tutte le persone all'interno dell'hotel, dove sono gli ospiti, la “servitù”? Come mai ci siete solo voi?”
Dorota si fece avanti saltellando -vederla in quello stato faceva nascere in B una voglia di ridere e di piangere che la lasciavano senza fiato. : “A questo posso risponderle io, Miss Blair. Quel giorno l'Empire era chiuso per una ristrutturazione, perciò gli ospiti non c'erano. Quando la maledizione cadde su di noi era ormai sera e i lavoratori avevano smesso già da un pezzo di lavorare, così come gli operai. In sintesi, l'hotel, fatta eccezione per noi e e i lavoratori fissi dell'hotel, era vuoto”.
Blair annuì, soddisfatta della spiegazione e, senza farsi notare, si diede un altro pizzicotto per riaccertarsi che quello che vedeva e sentiva non fosse un sogno.
Guardò di nuovo i loro corpi, ritrovando nella teiera l'espressione comprensiva e complice di Dorota, nel candelabro il sorriso luminoso e gli occhi limpidi di Nate e nell'orologio... be', qualcosa di Humphrey ci doveva essere anche lì, credeva.
“Potreste spiegarmi un po' meglio questa maledizione? Su chi o cosa è caduta?”. In realtà, B voleva solo una conferma ai suoi peggiori - e migliori, in un certo senso – pensieri.
Perché migliori, vi chiederete voi. Be', tra se e se Blair pensava che se lui era stato maledetto, almeno voleva dire che era vivo e per lei questa era la cosa più importante.
Nate la fissò con uno sguardo impenetrabile, così stonante in quegli occhi così azzurri e in cui potevi leggere tutto ciò che passava per la testolina dell'ex-biondo.
“Sono certo che tu l'abbia già capito: la fata maledisse per la sua durezza di cuore Chuck”.
Il cuore di Blair si fermò per un infinito secondo: erano anni che ormai non sentiva pronunciare quel nome, per lei era un tabù e la sua famiglia e i suoi amici avevano imparato che non bisognava pronunciarlo se B era a portata d'orecchio.
Tuttavia, il sollievo che B provava nel sapere che lui era vivo -anche se non sapeva in che forma- era tale da riempire la voragine che in quegli anni si era formata nel suo cuore.
“La maledizione ha avuto effetto anche su di noi. Il nostro 'stato' è stato voluto dalla fata come continuo ricordo a Chuck della sua colpa.”
Blair si accigliò: “Quindi lui non è un oggetto?”
Dan negò: “In un certo senso a lui è toccata la sorte peggiore. Vedi...”
“SIGNORINO DAN!! SA CHE NON DEVE PARLARNE!!” La mora guardò shockata la sua ex-cameriera: non l'aveva mai sentita alzare la voce in quel modo con nessuno.
Lo sguardo di Dan si fece preoccupato e si guardò a lungo intorno ma, non appena capì che non c'era alcun rischio al momento, si rilassò un poco: “Ops, mi stava per scappare! Grazie Dorota!” L'occhiataccia che gli stava rivolgendo Nate era degna di Blair Waldorf o di lui.
“Be', continueremo dopo il discorso” s'intromise Dorota “Ora, miss Blair, lei mi sembra abbia urgente bisogno di un bagno e di un po' di tè.”
B guardò riconoscente Dorota. Sapeva che prima o poi una frase del genere sarebbe uscita dalle sue labbra: era ciò che le ripeteva sempre quando la vedeva giù o sconvolta per qualcosa.
Si ricordi, miss Blair: se qualcosa non va, un bagno ed una buona tazza di tè la aiuteranno a capire cosa fare! E Blair aveva seguito il suo consiglio in quei quattro anni ogni volta che qualcosa la infastidiva o turbava.
Blair prese in mano la teiera: “Dorota! Voglio il miglior bagno e il miglior tè che io abbia mai fatto negli ultimi quattro anni” esclamò col solito tono di comando, ammorbidito da una nota di dolcezza.
Dorota sorrise: “Subito, miss Blair!”

 

Angolo Autrici.
Sssalve poplo di EFP!Ecco l'aggiornamento lampo come promesso da Marty ;) Stavolta sono Fede, che è riuscita a ritagliarsi una mattinata a casa dopo taaanto temmpo XD Che dire del capitolo, questo l'ha scritto Marty, e spero vi piaccia ;)  E' un capitolo di passaggio ma almeno un po' di dubbi sono stati svelati ;)
Una sola richiesta: recensite, per favore? Insomma, ci farebbe davvero piacere sapere cosa pensate della storia,so, move on and write us u.u
xoxo,
Fede e Marty ♥

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Capitolo 5
*** Memories ***


Memories



Blair scivolò nel mondo dei sogni non appena il suo corpo venne a contatto con l’acqua calda della vasca.
Non ricordava di poter fare dei sogni tanto piacevoli. 
Era a Central Park, ed era poco più che una bambina, un’altra piccolina dai capelli color oro le si avvicinò prendendola per mano e portandola alle altalene, andavano su e giù, su e giù , ridendo e facendo commenti sui loro vestiti svolazzanti, di tanto in tanto. Fino a quando non scorsero altre due testoline, una bionda ed un’altra bruna, avvicinarsi a loro.
“Nate!” gridò Serena saltando già dalla giostra, seguita a ruota da B.
La biondina abbracciò il suo amico, mentre la bruna gli stampò un bacio sulla guancia.
Erano così piccoli, il bambino vicino a Nate faceva strane smorfie con la faccia, al ché B, alterata, gli chiese:
“Si può sapere cos’hai?”
“Nulla, è solo che proprio non so come faccia Nathaniel a sopportare tutte queste smancerie”
La bimba assunse un’espressione scettica ed altezzosa, quella che, di lì a qualche anno, avrebbe assunto con chiunque, secondo lei, stesse pensando qualcosa di estremamente stupido.
“Lo dici solo perché non è a te che sono rivolte”
“Io non voglio le tue stupide attenzioni, Waldorf”
“Bene, perché non te le darei comunque” stabilì offesa, trotterellando verso lo scivolo.
Il bambino sbuffò, imbronciandosi.
Il fiore che teneva stretto fra le mani dietro la schiena cadde a terra.
Chuck Bass non avrebbe mai più regalato una rosa a Blair Waldorf, si promise.

B si svegliò di soprassalto, non era un sogno, era una ricordo, uno di quei ricordi che fanno salire le lacrime agli occhi e pizzicare la gola.
Uscì dalla vasca avvolgendosi in un salviettone, si chiese come avesse fatto Dorota a procurarsi quella roba, ma probabilmente la sua fidata tata aveva provveduto a sistemare le stanze, per lo meno.
Si recò all’interno della camera di letto e notò un armadio posto vicino ad un divano, forse…
Ma non appena aprì le ante, dal mobile fuoriuscì un gridolino di protesta.
“Oddio!” urlò B saltando sul letto a baldacchino lì vicino.
“Ehi, tu devi essere la ragazza di cui tutti parlano, scusa se ti ho spaventata, ma non vengo aperta da un po’. Io sono Jenny!”
“La piccola J, mi ricordo di te” constatò scavando nei meandri della sua memoria e trovandovi una biondina del primo anno in gonna scozzese.
“Davvero?!” chiese a metà tra l’incredulità e la felicità.
“Certo, volevi fare la stilista, vero?”
“Già, suppongo sia per questo che sono diventata un armadio” disse sarcastica.
B rise insieme a lei.
“Allora, piccola J, vediamo un po’ cos’hai raccolto in questo cinque anni”
Jenny le regalò un sorriso enorme, prima di spalancare, letteralmente, le porte del paradiso.
B si avvicinò, accarezzando i tessuti delle decine di abiti che c’erano lì. Erano uno più meraviglioso dell’altro.
“Li hai fatti tu?”
“Sì, li tenevo qui prima della maledizione, mi aveva aiutato Nate a trovare un posto per le mie creazioni. Ti piacciono?” chiese con un luccichio speranzoso negli occhi.
B aprì la bocca come per rispondere, ma richiuse subito, osservando rapita i capi.
“Niente male” giudicò con un sorrisetto furbo sulle labbra,e Jenny sapeva che, detto da Blair, era il complimento più grande che potesse ricevere.
“Allora?” chiese ancora la bruna “cosa metto per cena?”

 

Waldorf Penthouse.


“Serena, non risponde neanche a me” si lamentò il francese, tra l’infastidito e il preoccupato.
Serena faceva avanti e indietro per il salotto, torturandosi le dita e fissando ansiosamente il telefono.
“Ho avvisato la polizia, Louis. Non preoccuparti la troveremo” cercò di rassicurarlo la bionda.
“Sono preoccupato, non la sento da ieri sera”
“Io da stamattina, quando è andata a lavoro”
Forse aveva un meeting e me ne sono dimenticata, che giorno è oggi?”
“Martedì 22 Novembre”
Serena si fermò un attimo, deglutì e si sedette
“Oh” commentò.
“Cosa c’è?” le chiese Louis avvicinandosi al divano.
Serena sospirò, tenendo gli occhi chiusi.
Aveva deciso di rimuovere quel giorno dal suo calendario, faceva ancora troppo male. Trattenne le lacrime e cercò di sorridere.
“Non è nulla, non preoccuparti. Sonno sicura che entro domattina sarà di nuovo qui”
“Come domattina?”
“Hai idea di dove possa essere? Elle a disparu*”
Era incredibile come una parola tanto comune potesse trafiggere il petto di una donna solare come Serena e far crollare la sua maschera in pochi secondi, fortunatamente era tanto brava da rimetterla altrettanto velocemente. E come la frase, pronunciata in francese, suonasse teatrale, quando probabilmente Blair si era solo rifugiata da qualche parte per non ricordare.
“Sta tranquillo, fa solo passare questa giornata, ok?”
“Pour quoi? Cos’è successo in questa giornata?” disse Louis con enfasi, quasi come si fosse accorto di essere escluso tanto da un segreto tanto triste quanto importante.
Serena lo guardò negli occhi.
In questa giornata, quattro anni fa, è scomparso l’amore della mia vita e della sua, anche se lei non lo aveva e non lo ha capito.
“In questa giornata, quattro anni fa, sono scomparsi dei nostri cari amici”
A volte negare la verità è l’unico modo di non affogare nelle lacrime, si ripeté Serena mentre, il suo cuore, era già annegato.

 

Angolo Autrici.


Ssssalve popolo di efp Eccoci qui con un nuovo capitolo, scusateci per gli aggiornamenti non proprio lampo ma è colpa mia (fede) XD Che dire? Eccoci con tanti ricordi e un salto a Casa Waldorf dove vi viene rivelato chi è il vostro Gaston Spero tanto che il capitolo vi piaccia, scriverlo è stato un piacere spero sia lo stesso per voi leggerlo (sono sempre fede, lol)! Fede, non annoiarli con le chiacchiere u.u (marty) Okay, okay, hai ragione xD (fede) Allora, saluti a tutti e recensite in tanti, mi raccomando e.e xoxo, Marty e Fede

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Capitolo 6
*** Walking into the past ***


Walking into the past



L'abito che Blair aveva scelto era quanto di più elegante potesse esserci in giro per Manhattan. La stoffa rossa la avvolgeva, valorizzando le sue curve sinuose e lo spacco sul lato sinistro mostrava la lunga gamba ad ogni passo. I capelli raccolti in una crocchia, semplice ma elegante, mettevano in risalto la nuca e il collo e il trucco rendeva B ancora più bella di quanto non fosse di solito.
“Forse ho esagerato.” disse Blair, rivolta a tutti e a nessuno. Jenny la rassicurò estasiata: “B, sei assolutamente magnifica! Sono contentissima che il vestito che avevo disegnato per te ti stia così bene!”
La mora si girò verso l'armadio: “Hai disegnato questo vestito per me?” Blair era sicura che la Jenny umana a questo punto sarebbe arrossita me la Jenny- armadio poté solo distogliere lo sguardo e balbettare qualche parola confusa.
“Non sono arrabbiata, tranquilla. Sono solo... stupita, ecco, e anche colpita”. Lo sguardo di gratitudine e di adorazione che le rivolse la piccola J la fece sentire come se fosse tornata alla St. Jude, il suo territorio, il suo regno -del terrore, certo, ma pur sempre un regno-.
Dorota entrò nella stanza e come vide Blair iniziò a singhiozzare leggermente. “Dorota! Suvvia, non sono così orrenda stasera!” Dorota scosse violentemente il capo: “Oh, miss Blair! Il fatto è che lei è cresciuta così tanto! Mi sembra un sogno che lei sia di nuovo di fronte a me!”
B sorrise e prese la teiera tra le mani: “Al massimo ti sembrerà un incubo, sappi che non mi sono affatto addolcita e ora, portami a mangiare! Spero tu ti sia ricordata cosa ci fosse il martedì a cena!” La fedele cameriera annuì: “Pasticcio di carne con contorno di patate arrosto. Vuole anche il dolce, miss Blair?”
B Ci pensò su: “Vada per il dolce. Credo che una crostata possa andare”. Dorota sorrise: “Agli ordini, miss Blair!”

******
Serena si aggirava a Central Park, con sguardo assente e il cuore sofferente. 'Dannato Louis, perché mi ha detto che giorno era oggi, eh? Non poteva starsene zitto?”
I pensieri di Serena erano un gomitolo di ricordi: non appena ne veniva fuori uno se ne srotolava un altro nella sua testa.
Ricordava i bei momenti che avevano passato tutti e quattro insieme proprio lì, a Central Park, e il luogo dove si trovava non la aiutava di certo a far finire quella tortura che, per quanto dolce, la faceva soffrire tanto, troppo.
Dove avevano dato da mangiare agli scoiattoli- Blair era stata quasi morsa da uno degli animaletti perché aveva deciso di portarselo a casa-; Dove avevano fatto volare gli aquiloni insieme; Dove i mori erano soliti ritrovarsi per complottare; Dove lui le aveva chiesto di uscire; Dove lei e Blair erano venute a sapere della loro scomparsa ;
Serena si fermò di colpo. Il respiro si fece affannoso non appena vide la panchina dove la sofferenza sua e di B era iniziata. Come un naufrago vicino al relitto della propria barca, si sedette su quella panchina.
Appena si appoggiò al legno ruvido, i ricordi -quelli che voleva dimenticare ma che erano rimasti più vividi nella sua testa, quelli che evitava di giorno con tutta se stessa ma che la notte la tormentavano- la invasero.

4 anni prima, 22 Novembre

S e B camminavano tranquille in un Central Park nel pieno dell'autunno. Le foglie danzavano intorno ai loro piedi con calde sfumature e il sole con l'aria fredda rendeva l'atmosfera frizzante e piena di vita.
S, cosa hai intenzione di fare per il vostro anniversario?” chiese B, curiosa. La bionda guardò l'amica pensierosa: “Non so B. Nate mi aveva detto di voler organizzare tutto lui quest'anno dato che l'anno scorso lo avevo fatto io”.
Blair sorrise maliziosa: “Chissà cosa preparerà. Sai, lasciare ad un uomo l'organizzazione di un incontro non è sempre una buona idea.”
S la guardò tra lo scandalizzato, il divertito e il preoccupato: “Blair!! Non farmi preoccupare. Comunque tranquilla, mi fido di lui, organizzerà un appuntamento stupendo!”
La mora distolse lo sguardo, sorridendo sotto i baffi: “Sarà, sarà...” disse incamminandosi verso la panchina di fronte a lei, quella vicina al lago delle sue amate anatre. Fece cenno all'amica di sedersi accanto a lei e tirò fuori la busta di briciole che Dorota le aveva preparato quella mattina. Passarono così il pomeriggio, tra risate, briciole e foglie secche.
Strano, Nate non mi risponde da un po'...” Blair sorrise all'amica: “Sta tranquilla S, vedrai che risponderà. Magari lo ha lasciato a casa o qualcosa del genere. La bionda si tranquillizzò un po': “Hai ragione, deve essere successa una cosa simile”.
Le ragazze passarono il pomeriggio a Central Park, senza ricevere notizie di Nate. S cominciava a preoccuparsi, ma Blair cercava in tutti i modi di calmarla, fortunatamente riusciva ad essere molto persuasiva, e a nascondere il fatto che cominciava a preoccuparsi anche lei, soprattutto visto che nemmeno Chuck rispondeva alle chiamate.
Tornarono a casa e la tensione era alle stelle, Nate non era lì, o a casa sua o da Chuck, non era in palestra e nessuno lo aveva visto dopo la sera precedente, quando aveva annunciato che sarebbe andato a fare delle commissioni con Chuck.
Quando varcarono la soglia dell’attico dei Van Der Bass, Lily si precipitò verso di loro.
“Ragazze, grazie al cielo” disse correndo ad abbracciarle, con le lacrime agli occhi.
Serena cominciava a preoccuparsi sul serio, B le prese la mano, qualunque cosa Lily dovesse dire loro , aveva il sentore che le avrebbe distrutte.
“Mamma, che succede?” le chiese la bionda debolmente.
“La polizia è venuta qui poco fa, sono state denunciate la scomparsa di alcune persone”
Blair e Serena la guardavano sconvolta.
“Dov’è Chuck?” chiese istintivamente Blair.
Lily era sull’orlo delle lacrime.
“Non è una coincidenza, si conoscevano tutti, li conoscevamo tutti”.
“Dove sono Chuck e Nate?” ripeté la mora con enfasi, le lacrime si erano ormai liberate dal suo controllo.
“Sono scomparsi alla stessa ora, dello stesso giorno. E’ stato Rufus Humphrey ad avvisare le autorità dopo che i suoi ragazzi non sono rientrati per la notte”
Serena piangeva, Lily accompagnava il pianto della figlia con il suo.
“Mi dispiace tanto, ragazze”
Le tre donne si abbracciarono e piansero tutta la notte.
Da quel giorno non ebbero più notizie, da quel giorno, per Serena e Blair, iniziò la fine.

 

Angolo Autrici.

 

Konnichiwa! Dai, ditelo che vi sono mancata XD. Già, non vi liberete così facilmente di Marty! *Vuoi iniziare invece di stare lì a poltrire n.d. Fede* *Ok, ok. Hai ragione, sto divagando n.d. Marty*
Stavo dicendo, in questo capitolo viene rivelato finalmente come S e B hanno ricevuto la notizia della scomparsa di Nate e Chuck.
Scrivere la fine di questo capitolo è stato molto difficile dato che non sapevo proprio come dare la notizia alle due *ringrazia l'intervento divino di Fede che le ha dato una mano*
Ora voglio sapere, ma... ma... la storia non vi piace? Recensite così poco! T.T Sob, non potreste lasciare un minuscolo commentino per dirci se la storia vi fa schifo (e magari il perché), se vi piace o se morireste piuttosto di leggerne una sola parola in più? Per favore, ci aiuterebbe molto dato che io domani parto per la Sardegna (finalmente) e Fede è sempre molto impegnata.
Forse so cosa state aspettando... Tranquille, Chuck apparirà in pochi capitoli u.u
Grazie per aver assistito ai miei deliri,
xoxo, Marty e Fede.

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Capitolo 7
*** Il circo dei ricordi ***


Il circo dei ricordi

 

“Allora, signori, non abbiamo un’ospite a cena da anni, per cui dobbiamo impegnarci al massimo per fare bella figura.” Annunciò Dorota con tono perentorio ed autoritario, mentre saltellava per la cucina. “ E poi l’ospite in questione è proprio Blair Waldorf, quindi voglio vedere la tavola imbandita in un batter d’occhio e la cucina al lavoro. Attizzate il fuoco, chiamate l’argenteria, preparate le porcellane! Mr. Nate?” chiamò la teiera rivolgendosi al candelabro.
“Tu occupati di presentare la cena ed intrattenere Miss Blair” comandò.
“Agli ordini”.
“Cosa sta succedendo qui?” squittì Dan non appena mise piede in cucina.
“Oh, Mr. Dan, finalmente è arrivato, dobbiamo dare tutti una mano, su forza, si trovi qualcosa da fare, e si sbrighi”
“Ma cosa diavolo sta succedendo?”
“Prepariamo la cena per Miss Blair!” esultò felice una piccola tazzina dal bordo scheggiato, sbucando da dietro Dorota.
“Che cosa?!” esclamò Dan strabuzzando gli occhi. Anastasia non trattenne un risolino alla vista della faccia stravolta dell’orologio.
Nate sospirò, avvicinandosi a Dan con Dorota. “Dorota! Se il padrone scopre di tutto questo…”
“Oh, finiscila! Io non ho intenzione di farla morire di fame!” esclamò la teiera.
“D’accordo, va bene: un bicchier d’acqua , un tozzo di pane-”
“Oh, ma cosa dici, Dan?!” disse Nate dandogli una leggera spinta “E’ Blair, ed è nostra ospite. Deve sentirsi la benvenuta” continuò con tono galante e avviandosi verso la sala da pranzo, dove B era già seduta al tavolo.
“Ok, ma fate piano. Se il padrone ci scopre sarà la nostra fine!” disse un tantino intimorito.
“Sta tranquillo, Dan” disse Nate “ Ma infondo cos’è una cena senza un po’ di musica?” terminò prima di chiudersi la porta alle spalle e saltare sul tavolo, davanti ad una B piuttosto sbalordita.
Una leggera musica si diffuse nell’aria, mentre Nate tossicchiava con delle luci rivolte verso di lui, prima di cominciare a parlare: “Ma chère mademoiselle” cominciò Nate con un accento francese migliore di quello che ricordava “è con il più grande onore e grandissimo piacere che le diamo il benvenuto, ed ora la invitiamo a rilassarsi, accomodiamoci a tavola dove, la sala da pranzo, con orgoglio, le presenta: la cena!” finì con quel fare galante che da sempre lo contraddistingueva e che, sapeva, piacere tanto a Blair.
Era tutto meravigliosamente surreale, ma Blair non aveva ancora visto niente. Il volume della musica si alzò, e Nate cominciò a … cantare. Blair rise leggermente, prima di essere sopraffatta dalla magia del momento: Nate cantava ,ed intorno piatti, bicchieri, e portate d’ogni tipo danzavano intorno a lui. La voce del suo amico accompagnava la cena che gustava un po’ alla volta senza mai distogliere lo sguardo da quello spettacolo decisamente unico.
Stia con noi, qui con noi, recitava la canzone, e Blair decise che, sì, sarebbe rimasta in quel castello incantato.
I suoi pensieri furono rivolti per un attimo a Serena, avrebbe tanto voluto che fosse lì con lei, a gioire e cantare con Nate, era sicura che si sarebbe fatta insegnare la canzone e avrebbe cominciato a cantarla sotto la doccia. Ma poi si rese conto che, molto probabilmente, se fosse uscita di lì, non sarebbe più potuta entrare, e lei doveva ancora chiarire una cosa, quella cosa.
Si riconcentrò su Nate: la musica era rallentata, e notò Dan che tentava di riprendere un bicchiere di champagne, prima di essere abbagliato dal faro centrale, era sicura che Nate avrebbe coinvolto anche lui e così fu. La musica riprese ad essere più vivace di prima, Dorota entrò in scena con le sue tazzine piene di tè: c’era anche la piccola Anastasia! E subito dopo un cancan di candelabri, tazze, bicchieri, spolverini e quant’ altro si stagliava al centro della scena , circondata da piatti che saltavano e bicchieri che brindavano. I cucchiai si tuffarono nel punch, i lampadari si accesero e le bottiglie di champagne si stapparono, quello era il gran finale, e Blair decise di aver appena vissuto la più bella serata della sua vita.
“Oh mio Dio, è stato bellissimo. E il tuo francese è migliorato, Nate” disse complimentandosi con l'amico, che fece un inchino giocoso.
“Bravissimi, tutti bravissimi. Però guardate che ora si è fatta, è ora di andare a dormire” sbraitò Dan sbadigliando.
“Oh, non dire stupidaggini, Humphrey, come posso aver sonno dopo una serata del genere?! Che ne dite di farmi fare un giro dell’hotel?” chiese mentre già era in piedi, era chiaro che la domanda era retorica, lei avrebbe comunque fatto un giro dell’albergo.
“Cosa? No!” esclamò l’orologio.
“Perché no?” chiese la bruna con un sopracciglio alzato.
“Beh, ecco, vedi Blair… perché … perché” Perché se Chuck Bass ti vedesse in giro per l’albergo io sarei fritto! No, questo non poteva dirlo.
“Vedi? Non hai una sola ragione per impedirmelo” disse soddisfatta incamminandosi verso le scale.
Dan sospirò, prima di raggiungere Blair e Nate, che già erano andati nella hall.
“Non me lo ricordavo così… imponente” osservò Blair accarezzando il mogano della scrivania della reception.
“Non immaginavo lo ricordassi” si stupì Nate. In effetti quando Chuck comprò l’hotel lo tenne aperto pochi mesi, prima di farlo ristrutturare, B non c’era stata più di una decina di volte.
“Certo che lo ricordo, io e Serena dovevamo sempre venire qui a cercarvi e a scollarvi dal bar o dalla suite” ricordò ridendo, prima di notare il volto di Nate mutare, al pronunciare del nome della bionda.
“Nate, mi dispiace, io-”
“Non fa nulla” la tranquillizzò il candelabro
“Come sta?”
“Come stava il giorno in cui sei scomparso: le manchi” gli confessò con una nota di malinconia nella voce.
“Anche lei mi manca” disse con lo stesso tono.
Dan tossicchiò, nella speranza di farli distrarre dalla tristezza che aleggiava nell’aria.
“Allora, Blair, dove vuoi andare?” Blair ci pensò su, prima di dirigersi a passo di marcia verso l’ascensore. Premette il pulsante e, con suo grande stupore, funzionava. Entrò nell’elevatore, puntando lo sguardo sulla scritta laccata di nero ‘Attico’, ma prima che potesse pigiare il pulsante, Nate e Dan corsero nell’ascensore urlando.
“Cosa stai facendo, Blair?”
“Non farlo!” B li guardò confusa, prima di lasciarsi trascinare fuori dal macchinario.
“Cosa vi è preso?”
“Non puoi andare lì”
“Come fai a sapere dove stavo andando?” ribatté piccata guardando Nate con un sopracciglio alzato.
“In ogni caso, non puoi andare all’ultimo piano”
“Perché? Cosa c’è lì?”
“Non c’è nulla, assolutamente nulla.” di affrettò a chiarire Dan “Solo un gran macello, teli di plastica, progetti per la ristrutturazione...”
“Inventatene un’altra, Humphrey” Dan sospirò, non ricordava quanto poteva essere testarda quelle ragazza; ma in cuor suo fu felice di aver ritrovato la Blair testarda e non quella stronza, la preferiva di gran lunga caparbia a spietata e insopportabile.
“Dan ha ragione, e poi ti annoieresti soltanto e sporcheresti il tuo bel vestito” le disse Nate “Che ne dici invece se ti portiamo a fare vedere ... il guardaroba?”
Blair plasmò un enorme sorriso “Guardaroba?”
“Già, la festa d’apertura doveva essere in onore di Givenchy, quindi ci sono centinaia e centinaia di vestiti”
“Di tutti i tipi!” rincarò la dose Dan affiancando Nate, notando il sorriso di B, l’avevano scampata. Ma mentre i due amici sottobraccio la guidavano farneticando cose su Audrey, tessuti e modelli, B trasformò il sorriso in un ghigno vittorioso, prima di scomparire dietro le porte dell’ascensore.
Aspettò impaziente che il macchinario salisse tutti i piani, quando il campanello suonò e le porte si riaprirono, il suo cuore saltò un battito. Si addentrò nella suite buia, era come la ricordava, si avvicinò al biliardo e alla moto, accarezzando il sedile in pelle.Poi notò una luce fioca provenire da una stanza, solo in un  secondo momento si accorse che, quella era la stanza di Chuck, aprì la porta ed entrò. Si sedette sul letto, respirando il profumo che quell’ambiente emanava: scotch e tabacco. Notò un anta dell’armadio spalancata, e, alzandosi, si avvicinò.
Era buio, ma riuscì a pescare un papillon, era incredibile quanto le mancasse, in cuor suo sperava davvero che tutto quello non fosse un sogno, sperava di trovare Chuck, da qualche parte, ma sapeva che non era un oggetto.
‘A lui è toccata la sorte peggiore’, le aveva confessato Dan, e lei non poteva far altro che pensare al peggio, non riusciva a non pensare alla probabilità che, Chuck Bass, potesse essere morto. Gli occhi le s’inumidirono, e ben presto le lacrime le raggiunsero le guance, prima di essere scacciate dalla mano veloce.
“Nate?” Blair sussultò. Quella voce … non poteva crederci.
“Dan, sei tu?” sembrava infastidito, triste, sembrava rassegnato.
Blair si girò velocemente, sentendo dei passi avvicinarsi. Fu un attimo: le luci si accesero, gli sguardi s’incontrarono, un fioco “Blair” uscito come un sussurro dalla sua bocca e, per un attimo, per quell’attimo, non ci fu traccia di rassegnazione.


Angolo Autrici.

 

Ave efp! Marty e Fede ti salutano! *classiciste mode: on* Beh, cosa ve ne pare? Devo dire che sono molto orogogliosa di questo capitolo (sono Fede) e spero che piaccia a voi almeno la metà di quanto piaccia a me! Per la parte della cena sono stata molto fedele alla storia originale come avevavmo in mente di fare. Quindi, per immaginarvi cosa succederà basta rispolverare il caro DVD de "La Bella e la Bestia" XD.  Avete capito che le domande che facciamo sono sempre serie e, dato che non avete risposto, abbiamo fatto a modo nostro. Quindi, beccatevi questo Nate canterino u.u Eheheh, ci siamo, sta per arrivare il nostro Bass *FINALMENTE n.d. Voi*. Sì, ve lo abbiamo fatto sudare sei capitoli ma nel prossimo vedremo come sta il nostro Chuck. Ringraziamo moltissimo LaylaLaRed (ben due recensioni <3), Classicista10 (che può permettersi tutto quello che vuole u.u) e Novalis (ciao carissssssima *n.d. Marty*) per le loro fantastiche recensioni! E ora diteci: come ve lo immaginate la nostra Bestia preferita? Rispondete perché i vostri consigli ci sono sempre d'aiuto.

Alla prossima! xoxo, Marty e Fede

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Capitolo 8
*** I'm Blair Waldorf as you're Chuck Bass ***


I'm Blair Waldorf as you're Chuck Bass

 

Quel sussurro scosse Blair più di qualsiasi urlo. Lo sguardo si posò sulla figura che le stava davanti. I capelli erano appena più lunghi dall'ultima volta che lo aveva visto, profonde occhiaie solcavano il suo viso un po' più magro e cresciuto di quello che ricordava, dandogli un non so che di misterioso e affascinante che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi le più sostenute di Manhattan.
Nonostante i quattro anni passati lontano da tutto e da tutti il suo stile impeccabile non era andato perduto: papillon viola al suo posto in meraviglioso contrasto con il completo e la camicia scura.
Ebbene sì, Chuck Bass era davanti a lei. Ma non del tutto.
B cercava quello sguardo sicuro, arrogante, così simile al suo, che caratterizzava Chuck, che lo rendeva il miglior dongiovanni dell'intera New York, il miglior imprenditore in circolazione e il miglior compagno di complotti.
Gli occhi di Chuck erano, però, il fantasma di quelli che Blair ricordava. Erano spenti, rassegnati nonostante quella piccola nota di vita quando l'aveva vista.
“Chuck”. Il suo nome sussurrato dalla voce tremante e piena di lacrime di Blair parve riscuotere il ragazzo che si avvicinò a lei con fare nervoso.
“Cosa ci fai TU qui? Come hai fatto ad entrare? Nate, Dan e Dorota avrebbero dovuto...” Le parole gli morirono sulle labbra non appena sentì le braccia di B intorno al suo collo e le sue lacrime a bagnargli la camicia.
“Siete vivi, SEI vivo. Cosa è successo? Perché non hai provato a contattarmi, a farmi sapere? Non sai quanto siamo state male io, S, Lily, tutti. Vi credevamo morti. Ma siete qui, anche se un po' 'diversi' da prima. Oh, ero così preoccupata!”
Questo fiume di parole investì Chuck come una piena dopo anni di secca. Non era abituato a tutta quella vita, non era abituato ad avere Blair -una bomba in forma umana- accanto.
Per questo non si scostò subito, lo stupore di ritrovare una delle sue più grandi complici tra le braccia era oltre modo grande.
Si prese qualche attimo per stringerla, quasi impercettibilmente, a se e affondare il viso tra i suoi capelli. Aveva dimenticato il suo profumo, quell'aroma -un misto tra peonie e Chanel no. 5- che lo aveva accompagnato nei più bei pomeriggi della sua vita, passati a complottare, a macchinare e a sbirciare sotto il tulle della gonna- evitando di farsi scoprire dalla mora-. Credeva che quella vaga perfezione non sarebbe mai cambiata ma il Fato aveva avuto piani diversi per lui.
Appena si riscosse, prese Blair e la spostò dal suo petto, gentilmente. B si ricompose, asciugandosi gli occhi e controllando di non aver sbafato il trucco -facendo sorridere Chuck per questo gesto che la rendeva più reale, più Blair-.
Il nervosismo però tornò in fretta come se n'era andato. “Mi spieghi cosa ci fai qui? Non hai saputo nulla perché non volevo far sapere nulla, non ci avete mai visto perché non volevo farci vedere. Quindi come ci hai trovato?”
B distolse lo sguardo, ferita da quelle parole così dure. Chuck si morse il labbro, rendendosi conto di aver esagerato un po', anche se era la pura e semplice verità.
“É stato un caso. I fogli di un contratto sono entrati nel portone d'ingresso e quindi sono entrata a recuperarli. Il posto però era così... strano! Ho dovuto iniziare ad esplorare un po', è stata una cosa più forte di me.” Disse incrociando le braccia sotto il seno e riguadagnando quel suo carattere sicuro.
“Poi ho incontrato Nate, Dan, Dorota... Mi hanno raccontato un po' cosa è successo a loro e mi hanno servito la cena. Non ti arrabbiare con Nate per averti trovato! Lui e Humphrey hanno provato a non farmi venire qua ma, lo sai, quando decido una cosa è inutile tentare di farmi cambiare idea.”
Concluse guardando negli occhi Chuck.
Ancora non riusciva a credere che lui fosse lì davanti a lei e quindi doveva assolutamente mantenere lo sguardo su di lui. Aveva paura che come avesse sbattuto le palpebre lui sarebbe scomparso.
Lo sguardo di Chuck da nervoso e spazientito si fece rabbioso.
Premette un pulsante.
“DOROTA! NATHANIEL! HUMPHREY! VENITE SUBITO QUI!”
In varie parti del castello una teiera rabbrividiva, un candelabro si spegneva e un orologio smise di ticchettare per un millisecondo. Poi tutti e tre si avviarono verso l'ascensore.
Quando si ritrovarono dentro l'elevatore e dopo aver pigiato un minuscolo pulsante alla loro altezza, talmente piccolo che solo loro che gli erano di fronte riuscivano a vederlo, iniziarono a discutere animatamente.
“Io ve l'avevo det...”
“Dan, non incominciare.” mormorò spazientito Nate.
“Be', ma è vero. L'avevo detto io, che sarebbe finita male! Oh, non voglio vedere la faccia di Chuck quando arriveremo...” disse Dan mentre si torturava le mani per l'ansia.
“Oh, insomma. Avremmo dovuto lasciarla andare via? Sapete benissimo tutti che lei è l'unica che possa sciogliere la maledizione.” affermò Dorota “E inoltre non potevo lasciare andar via miss Blair dopo quattro anni che non la vedo! Chissà come sono le nuove domestiche, sicuramente non sanno ancora bene come servire miss Blair. Ah, povera la mia padroncina, senza la sua Dorota”.
Nate lasciò perdere la teiera, ormai in modalità mamma chioccia. “Dorota ha ragione, Dan. Sai bene quanto me che B è l'unica in grado di far innamorare Chuck, lo è sempre stata.”
“Ciò non toglie che ora Chuck ci ucciderà” constatò l'orologio che non ebbe tempo di ticchettare un'ultima volta prima che si aprissero le porte dell'ascensore.
Nonostante fino ad allora, escluso Dan, sembrassero tranquilli riguardo ciò che sarebbe successo di lì a poco, non appena varcarono la soglia della suite diventarono tutti tesi come corde di violino.
“Sa...Salve” balbettò Dan mentre si avviava verso la camera da letto.
Una presenza minacciosa alle loro spalle li fece voltare, lentamente.
Nate si fece avanti: “Amico, ci dispiace molto, sappiamo che non volev... Ma cosa ti è successo?”
Sulla guancia destra di Chuck svettava una bella cinquina. Lo schiaffo era stato talmente forte da lasciare perfettamente il segno sul viso scavato.
“Blair mi ha tirato uno schiaffo” sputò Chuck.
Nate era allibito. Blair, per quanto dispotica, non era una tipa violenta.
“Perché mai miss Blair avrebbe dovuto tirarle uno schiaffo, Mr. Chuck?” chiese Dorota, stupita quanto l'altro.
“Perché le ho detto di andarsene.” rispose con finto disinteresse.
“E?” continuò Dan.
“E le ho detto di non farsi più vedere dato che non avevo la minima intenzione di provarci con lei”
continuò quello, indeciso sul tirar fuori il suo solito ghigno o no.
Nate si sbatté una mano sulla fronte, Dan spalancò la bocca -e se fosse stato in un cartone animato la sua mandibola sarebbe al piano di sotto- e Dorota lo fissò come se avesse davanti un pazzo.
“Mr. Chuck! Non mi stupisco che miss Blair lo abbia picchiato! Le sembrano cose da dirsi ad una cara amica dopo anni di separazione? Inoltre, sa benissimo che lei potrebbe essere...”
Fu la volta di Chuck di rimanere allibito, tanto che scoppiò in una sonora risata.
“Dorota, è matematicamente impossibile che io mi innamori, figurati di una come Blair!”
Dopo essersi ripreso, l'orologio aveva iniziato a guardarsi intorno.
“Ehm, Chuck, ma dov'è Blair?”
Il giovane gli rispose, seccato: “Se ne è andata. Ha preso l'ascensore poco prima che lo prendeste voi, evidentemente”.
Dorota iniziò a saltellare in giro: “Dove potrà essersi cacciata? Per tutte le bustine di tè, dobbiamo trovarla! Mr. Nate, Mr. Dan, aiutatemi forza! Io controllerò i primi piani, Mr, Dan lei le camere da letto. Mr, Nate lei gli ultimi e il tetto.”
Tanto disse e tanto fu che la teiera era già scomparsa nel vano dell'ascensore seguita dal candelabro e l'orologio.
I tre rivoltarono l'Empire da cima a fondo ma solo quando Nate andò sul tetto la trovò.
Erano identici, lei lo diceva sempre: Chuck ama i tetti. Quello che non aveva capito è che anche lei li amava.
Si avvicinò alla ragazza, seduta sul cornicione ad ammirare la caotica New York. Identici, stessa posizione, stesso punto. Ma anche così diversi: lo sguardo di lui perso e rassegnato, quello di lei vivo e deciso, anche se in quel momento era velato da una sottile tristezza.
“Ehi” sussurrò il candelabro quando fu ai piedi di B.
“Ehi” disse lei, mentre sollevava Nate e lo posava sul cornicione, accanto a lei.
“Sai che Chuck è fatto così”
“Lo so, ma speravo che fosse appena più gentile dopo anni che non ci vedevamo” rispose irritata B.
“Lui è Chuck Bass, cambiare atteggiamento con le donne non è nel suo stile”
“Già, ma io non sono una donna qualsiasi. Sono Blair Waldorf tanto quanto lui è Chuck Bass e se la mia presenza qui non è gradita vorrà dire che me ne andrò. Non sono il tipo di persona che resta a farsi offendere. Offendo a mia volta e poi me ne vado, non dando così occasione di risposta”.
“NO! Non te ne andare, ti prego!” esclamò spaventato Nate,
“Oh, Nate. Mi mancherai anche tu” disse stringendo il candelabro in un abbraccio.
“E... Ecco, non PUOI andartene! D... Devi ancora vedere il guardaroba, sì, ecco proprio così. E sono sicuro che potrai prendere tutti i vestiti che vuoi! Consideralo come... un gesto di scuse da parte nostra!” affermò convinto il candelabro che dopo i tentennamenti iniziali aveva trovato un'ottima scusa per trattenerla.
Infatti, gli occhi di Blair si illuminarono: “Anche se voi non dovete farvi perdonare niente... Accetto volentieri! Non sia mai che Blair Waldorf dica no a dei vestiti in regalo!”
“Non solo vestiti! Ci sono anche borse, scarpe, accessori, gioielli...”
Nate continuò ad elencare tutte le meraviglie che nascondevano il famoso guardaroba mentre, in braccio a una Blair divertita dai suoi sproloqui, si avviava all'interno dell'hotel.
Chuck non si era unito a loro nella “caccia a Blair”. Era ritornato in camera a contemplare il secondo petalo di rosa che cadeva, lentamente. Era iniziato il conto alla rovescia ma dell'arrivo non c'era nemmeno l'ombra.

 

 

Angolo Autrici.

 

Aloha! Ladies and gentleman, è con grande onore e grandissimo piacere che diamo il benvenuto a Charles Bartholomew Bass!! *applausi* Ho cercato (Marty) di rispettare ciò che mi avete consigliato nelle recensione che ci hanno lasciato Novalis (Sciao cara! Che te ne pare?) e LaylaLaRed (Che dici? Sono riuscita a renderlo bene la nostra Bestia?).
Ora, dato che qualcuno *Fede nel suo angolo di depressione* è in preda a quel mostro chiamato BLOCCO DELLO SCRITTORE *musica da film dell'orrore* cosa ci immaginate che accadrà nei prossimi capitoli? Ricordatevi che vogliamo mantenere la trama del film disneyano quindi cose come B si mette con Gaston non sono contemplate XD *Ma... Pourquoi? n.d. Louis* *Stai zitto, francesino. Sappiamo tutti che Blair si metterà con me u.u n.d. Chuck* *Ha ragione n.d. Tutti*
Tornando a noi, grazie di cuore a Novalis e LaylaLaRed per aver recensito e Novalis (e due) e Anne Tudor per aver messo la storia tra le seguite!
Bene, spero che lascerete una minuscola recensionee per farci sapere che ne pensate del capitolo,
xoxo Marty e Fede

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Capitolo 9
*** Lost in the Castle ***


Lost in the castle

 

“E tra i modelli ce ne sono alcuni che ti piacerebbero tanto, o almeno questo crede Jenny. Ehi, Blair, mi stai ascoltando?” Il candelabro si voltò, pensando di vedere Blair che lo seguiva e con gli occhi che le brillavano per la voglia di vedere quello che lui riteneva semplici vestiti ma che le 'donne di casa' descrivevano come capolavori di stoffa.
Tuttavia non trovò niente di tutto ciò. Blair era sparita, volatilizzata.
“Oh, no. È sparita di nuovo! Accidenti, Dorota mi ucciderà appena saprà che...”
“Appena saprò cosa, Mr. Nate?” disse la teiera avvicinandosi all'altro.
“Dorota! Ma che sorpresa! Per mille fiamme, non mi aspettavo di vederti qui” iniziò a farneticare Nate mentre la cera colava come sudore freddo.
Dorota lo guardò stranito: “E per quale ragione non dovrei essere nel luogo in cui ci siamo dati appuntamento dopo aver cercato Miss Blair? A proposito, l'hai trovata?”
“Be', io l'avevo trovata m-ma... ha detto che era stanca e che sarebbe andata subito a dormire, già!”
“Giusto cielo, la raggiungerò subito! Ben fatto Mr. Nate, ben fatto!” disse la teiera mentre già si avviava verso l'ascensore.
“NO! Non andare!” urlò Nate.
“Perché mai?” chiese stranita la balia. La sua Miss Blair aveva bisogno del suo tè serale, della coperta di lana -quella notte sarebbe stata piuttosto fredda, se lo sentiva fin nel manico- e di altre cose che solo lei poteva prepararle.
“P-perché ha chiesto di non essere disturbata. H-ha detto che doveva riflettere su un bel po' di cose”. Rispose tutto d'un fiato il candelabro mentre tirava un sospiro di sollievo mentale. Se la sarebbe cavata anche quella volta.
Dorota annuì, sembrava piuttosto convinta. “Bene, allora vado a controllare che tutto sia apposto giù in cucina. Per mille bustine di tè (Novalis, questo è per te XD n.d. Marty), Anastasia doveva essere nella credenza già da un'ora!”
La teiera si incamminò verso la cucina borbottando qualcosa sul pranzo, il dolce e le tazzine disobbedienti.
Nate si rilassò, abbandonandosi contro il muro. Iniziava a sentire il bisogno di un bel sonno ristoratore.
“Avanti, dov'è Blair?” Dan apparve dal corridoio vicino.
“L'ho appena detto a Dorota. È voluta andare a letto. Non vuole essere disturbata.”
“Non me la dai a bere. Quando menti, balbetti sempre all'inizio della frase. Sputa il rospo”
Nate rabbrividì- anche se forse non è possibile per un candelabro rabbrividire- e si voltò a fronteggiare l'orologio. “E va bene, l'avevo trovata ma mentre la portavo qui l'ho persa, avevo intenzione di andare a cercarla subito dopo averlo scoperto ma è arrivata Dorota e quindi...” confessò il candelabro grattandosi la testa.
L'orologio scosse la testa, sconsolato. “Dai, andiamo a cercarla. Di nuovo”.
“Bravo Dan. Questo è lo spirito!” disse Nate mentre lo seguiva nel corridoio.

****

B seguiva distratta Nate che sproloquiava sulla bellezza di vestiti, borse, scarpe e gioielli che erano contenuti in quello che Blair aveva soprannominato “Il Guardaroba del Mistero”.
La sua mente era altrove, qualche piano più in alto, per la precisione. Una domanda le ronzava nella testa e come una vespa la pungeva insistentemente per ottenere la sua attenzione.
'Ma qual è la maledizione di Chuck? Di aspetto è sempre il solito anche più bello di prima. Ma perché Humphrey ha detto che la sua è la maledizione peggiore? Non me lo spiego, cosa c'è di peggio di essere un orologio petulante non lo so, anche se petulante lo era già.'
Questo pensava B mentre camminava dietro a Nate o almeno, mentre credeva di camminare dietro a Nate.
Si bloccò non appena vide che davanti a lei non c'era più il candelabro con la sua luce rassicurante e la parlantina amichevole. Intorno a lei c'era solo un ammasso di cianfrusaglie.
'Be', anche se non dove dicevano loro, un gran macello c'è.'
Facendo attenzione a dove metteva i piedi, iniziò a cercare un modo per tornare nella zona 'abitata' dell'hotel.
“Nate? Nate, dove sei? Dorota? Humphrey? Avanti, venite fuori!”
Più andava avanti, meno riusciva ad orientarsi e a non cadere. Tuttavia, una Waldorf non si arrende mai e lei era meno propensa ad arrendersi di tutte le Waldorf che l'avevano preceduta.
Continuò ad avanzare e a chiamare aiuto, o meglio ad ordinare che qualcuno venisse ad aiutarla, finché non si trovò finalmente in un luogo familiare.
Ironia della sorte, si era trovata davanti alla suite di Chuck. Confidando nella sua assenza, rientrò in quella stanza decisa a scoprire cosa vi fosse nascosto.
Perché lei ne era certa, quello che Nate e Dan tentavano di nasconderle non era Chuck. Lui poteva essere in qualsiasi piano dell'hotel.
'No, qui qualcosa puzza di... rosa?' pensò avvertendo quella fragranza nell'aria.
Si incamminò in quella suite che conosceva così bene. Ogni cosa era esattamente come quattro anni prima. Il biliardo, la moto, i quadri, tutto esattamente come allora. Entrò nella camera da letto di Chuck, quella camera che aveva visto più donne di qualsiasi altra stanza di Manhattan.
Mentre era persa nel contemplare il tutto notò un fioco bagliore e l'aroma -come di rosa nel pieno della fioritura- che diventava più forte mentre si avvicinava a quella luce.
Si avvicinò, ipnotizzata da quel profumo così intenso, quasi da far star male, e vide una rosa rossa, non di un rosso normale. Quello era il rosso del sole al tramonto, era il rosso del rossetto più seducente, era il rosso del sangue che sgorga da una ferita aperta.
La rosa era protetta da una campana di vetro e -B si dovette dare l'ennesimo pizzicotto per crederci- fluttuava al suo interno.
Due petali giacevano sotto la stessa campana, uno che stava avvizzendo sempre più e uno che sembrava appena caduto, palpitante, come se stesse cercando di tornare a far parte di quella magica corolla o come un cuore nei suoi ultimi, frenetici battiti.
Incantata da quella visione si avvicinò ancora di più, notando appena l'enorme finestra aperta su New York, e mentre stava per liberare il fiore, sentì una specie di ringhio che la fece saltare all'indietro.
Fece appena in tempo a notare il cambiamento da rabbia a terrore in quegli occhi, che conosceva così bene, prima di capire che stava cadendo, anzi, precipitando.

 

 

Angolo Autrici.

 

Salve Salvino! (?) Dato il famoso BLOCCO DELLO SCRITTORE * “Profondo rosso” in sottofondo* che ha colpito Fede (Si sta riprendendo, non disperate XD) sono ancora io, Marty, che vi rompe quaggiù e con il suo nuovo capitolo u.u Bene, sono pronta ad essere insultata in tutte le lingue del mondo per questo finale pieno di suspance.
Comunque è un capitolo che non mi convince più di tanto, mi lascia un po' perplessa ma questo è ciò che la mia povera testolina è riuscita a ricavare tra una versione di greco e una di latino. Spero che vi piaccia più di quanto non piaccia a me (non so se ha senso come frase, ma vabbè...) e gradirei taaaanto una recensione da parte vostra. Sapete che vi siete decimati rispetto alle letture dei primi capitoli? Sob, che tristezza T.T La mia prima vera long perde lettori di capitolo in capitolo T.T - per Fede il discorso non vale perché sarà la quinta o sesta long che scrive u.u- Fatevi sentire, per favore

xoxo, Marty e Fede

F-Ehm, Marty, ti sei dimenticata di una cosa molto importante!
M- E sarebbe a dire? o.O
F- Non hai ringraziato chi ha recensito!!
M- Miseriaccia, hai ragione!
F *sospira* - Grazie quindi a Novalis per la sua recensione!!
M- E per farmi perdonare di questa mia imperdonabile dimenticanza, riceverai un biscotto al cioccolato immaginario!
Blair- Ha sbattuto la testa di recente.
F- Il trauma è stato molto forte.
M- Non sparlate di me alle mie spalle *Piange e si fa consolare da Chuck*
B- Non toccare Chuck!
M- Ricordati che stai precipitando e il tuo destino è nelle mani mie e di Fede.
Chuck- Su, Blair, lasciala fare. *Abbraccia una Marty al settimo cielo*
F- Mi sento sola così! *Prende Nate umano e lo abbraccia*
Nate- Ehm, ok...
Serena- Cosa sta succedendo qui???-
B- S, meglio chiudere che qui l'angolo sta diventando un capitolo -.-”
S- Scusate le due pazze povere autrici che vi tormentano, ci vediamo nel prossimo capitolo!
B- E ricordatevi, Blair Waldorf vi ordina di recensire! In fondo sto precipitando! Il mio destino potrebbe dipendere da voi!
S- Ciao ciao!!

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Capitolo 10
*** The boy who was alone. ***


 

The boy who was alone.

 

Il vuoto.
Era il vuoto ciò che Blair Waldorf sentiva sotto di sé, poco prima che un paio di braccia  la prendessero, risollevandola e riportandola con i piedi a terra.
Non era riuscita a registrare un solo secondo di ciò che era appena accaduto.
Solo che lei aveva perso l’equilibrio, cadendo giù dalla porta-finestra nella camera vicino alla quale era depositata a rosa.
O meglio, quasi caduta, perché Chuck l’aveva salvata.
Chuck Bass che la salvava, suonava così incredibilmente strano, eppure maledettamente giusto.
Non riusciva a spiegarsi il perché, sapeva solo che era così, e basta.
Si ritrovò tra le braccia di Chuck, gli occhi ancora chiusi e il cuore a mille, poco dopo lui la lasciò, allontanandosi da lei e parandosi contro la rosa.
“Perché sei qui? Nate o Dorota non ti hanno detto che è un’ala proibita?!”
“Quello non mi ha mai fermata” ribatté indifferente ed in tono di sfida, cercando di ignorare il tremolio ancora diffuso per tutto il suo corpo.
Stava per morire, ed ancora non riusciva a crederci.
In più fuori c’era una gran brutta tempesta, una di quelle che ti spaventano sul serio, –se poi ci mettiamo anche che era notte fonda, era davvero un’atmosfera da film dell’orrore- quindi sarebbe morta tra il vento, l’acqua e il fango.
Ringraziò il Cielo che Chuck l’avesse presa.
“Beh, dovrebbe qui. Non ti hanno insegnato il rispetto della privacy, Waldorf?”
“Disse quello che s’intrufolava negli spogliatoi femminili a scuola” gli rispose sarcastica lei “Cos’è quella?” continuò, stavolta, con curiosità.
Chuck non poté non notare quella luce che la contraddistingueva brillare nei suoi occhi, era una luce di sfida, di voglia di sapere, era quella luce che significava guai, perché quando Blair Waldorf vuole qualcosa, non si ferma davanti a niente e a nessuno.
“Non sono affari tuoi, Blair, va via” le disse pacato, nonostante dentro stesse ribollendo di rabbia, perché lei non doveva essere lì, non avrebbe dovuto trovarlo, non poteva farlo.
Non dopo che lui l’aveva distrutta e poi era scomparso nel nulla per quattro anni.
Lei dovrebbe odiarlo, e invece non è così, lui lo sa: lei non lo odia, e questo è sbagliato, perché neanche lui la odia, e questo potrebbe incasinare tutto.
Lei potrebbe incasinare tutto.
“Avanti, Bass, a me puoi dirlo. Sono brava con i segreti” disse avvicinandosi di qualche passo.
Chuck indietreggiò di più verso la rosa.
“Blair…”
“E’ una rosa magica, non è vero?” indovinò lei.
Gli occhi di Chuck si erano fatti due fessure: “Blair va via” ringhiò in un sussurro.
“Magari è legata ad un incantesimo o-”
“Ho detto di andartene!” gli urlò contro.
Blair era spaventata.
Chuck Bass non perdeva le staffe, Chuck Bass distruggeva con un tono tagliente, calmo e di classe.
Chuck Bass non si arrabbiava, Chuck Bass umiliava.
Chuck Bass non urlava, non urlava contro di lei.
Ecco perché corse via, spaventata, perché in quegli occhi aveva scorto rabbia, frustrazione, amarezza. E aveva paura che, se fosse rimasta lì ancora un attimo avrebbe scorto l‘odio.
Doveva andarsene di lì: da quella stanza, da quella suite, da quell’albergo.
Sorpassò velocemente Dan, ritrovandosi Dorota e Nate di fronte.
“Mi spiace, non posso restare. Io non posso farlo” sussurrò piano, mentre si fiondava oltre la porta d’ingresso.
La teiera e il candelabro attoniti. Blair era sparita in una frazione di secondo.
Il tono lieve e i singhiozzi incastrati tra bocca e cuore.
Quando ritornò alla vita reale, fuori dall’albergo, aveva le guancie rosse e gli occhi lucidi, ma non avrebbe pianto.
Si ritrovò a maledire Madre Natura, perché diluviava e lei non aveva l’ombrello, ma non le importava, poteva anche essere colpita da un fulmine ma non sarebbe rimasta un minuto di più in quel luogo in cui non era gradita.
Cominciò a correre sotto la pioggia, neanche un taxi in circolazione, vagò per una decina di minuti, si era allontanata abbastanza dall’albergo, così decise di fermarsi sotto una cappotta di plastica di una fermata dell’autobus.
Aveva incredibilmente freddo, il vestito era scollato e lei  non aveva il cappotto.
I denti battevano ed aveva la pelle d’oca, voleva solo tornare a casa.
“Ehi, bambolina, che ci fai tutto solo in giro a quest’ora?”
Blair si girò istintivamente, indietreggiando di fronte alle ombre che si avvicinavano.
“Hai bisogno di un po’ di compagnia?”
Disse uno di loro.
Sotto la luce del lampione, Blair poté vedere i tre uomini avvicinarsi a lei, la puzza di alcol scadente era forte e pungente.
"I lupi di New York" li chiamavano lei e S.
Le gambe erano molli, e lei tremava ancora di più.
Con uno scatto fulmineo scappò, ma qualcosa –o meglio qualcuno- la bloccò.
Il quarto uomo: grande, grosso e tatuato.
La strattonò per un braccio sorridendo insieme agli altri tre, e pregustando il sapore della vittima di quella  serata.
“Un bel bocconcino come te dovrebbe stare sotto le coperte a quest’ora, non credi?”
Disse un altro accarezzandole le guancia.
Lei girò il volto: “E voi dovreste stare in prigione, non credi?”
“Fai anche la difficile? Non credo tu sia nella posizione per criticarci”
Blair si dimenò tra le braccia dell’uomo che la teneva ancora, ferma, senza successo.
“Facciamola finita”
Annunciò cercando di baciarla, mentre lei si dimenava, ancora e ancore e lui faceva risalire la mano lungo la coscia.
“Lasciami!”urlò B disperata.
Sarebbe morta, ne era sicura, le lacrime cominciarono ad abbandonare gli occhi per posarsi sulle guancie.
Poi, tutt’un tratto, non sentì più le viscide mani dell’uomo si di lei.
Nessuno la stava più toccando o trattenendo.
Aprì gli occhi in tempo per vedere i suoi aggressori correre via, terrorizzati
Un enorme bestia che assomigliava ad un orso si stava scagliando contro l’ultimo uomo, il più grosso, quello che la teneva ferma.
Quest’ ultimo prese una spranga di ferro e si gettò contro l’animale, colpendolo ripetutamente.
Tra i gemiti di dolore, la bestia riuscì a colpirlo a sua volta, lasciandolo cadere a terra privo di sensi.
Subito dopo anche la bestia cadde.
Blair era terrorizzata, si girò per scappare via, quando vide Dan e Nate in fondo alla strada.
Li raggiunse velocemente.
“Blair!” urlò Nate.
“Ragazzi, cosa ci fate qui?”
“Siamo venuti a cercare Chuck” rispose Dan.
“Beh, lui non c’è”
 Dan osservò la scena oltre la spalla di Blair, ed disse allarmato: “E’ lì,  corri Nate, è a terra!”
Blair non capiva, ma seguì i suoi due amici.
I due si fermarono vicino al corpo della bestia, e lei sgranò gli occhi.
Non poteva essere…
“Nate…” sussurrò leggermente.
“Blair cos’è successo?”
“C’erano dei tizi e mi hanno aggredito. Lui è venuto qui e li ha fatti scappare ma uno di loro lo ha colpito con un bastone di ferro” Le lacrime agli occhi, mentre cercava ancora di capire.
“Nate, lui è…”
Il candelabro annuì.
Blair abbassò lo sguardo.
A lui è capitata la sorte peggiore, ricordò Blair.
Bloccato in eterno ella sua fortezza di solitudine, la favola del piccolo Bass chiuso in un una stanza d’ albergo solo e senza nessuno si sarebbe ripetuta, stavolta all’infinito.


 

Angolo Autrici.

Salve popolo di Efp! Qui sono Marty e Fede che parlano e , no, questa non è una trsmissione radiofonica xD *Fede prende il microfono* Ehi, come va miei dolci e cari cupcakes? Io mi sono, finalmente, sbloccata e.e Sapevo che era questione di tempo prima che tornassi a tormentarvi u.u Vi dirò: sono mooolto fiera di questo capitolo, non solo perchè è il capitolo dello sblocco, ma anche perchè mi è piaciuto com'è venuto *.* Come avrete notato siamo rimasti fedeli alla favola, e visto che dubito che a NYC possa esserci un branco di lupi selvaggi in libertà, Marty ha avuto la geniale idea di chiamare la gang di loschi criminali "I lupi di  NY" come richiamo alla favola u.u
Bene, la lezione è finita, lol quindi non mi resta altro che chiedervi di recensire in tanti, cosicchè possa sbloccarmi definitivamente e.e
M: hai finito di annoiarli?
F: Ehi, guarda che ho tutto il diritto di annoiarli ora che mi sono sbloccata u.u
M: Fa come credi ma: MUOVITI!
F: Va bene va bene...
Ci vediamo alla prossima, con tanti cuuuuuupcakes per voi *w*
M: Cosa c'entrano ora i cupcakes? o.O
F: i cupcakes c'entrano sempre u.u
*marty si porta una mano alla fronte e scuote la testa sconsolata*
Vabbè, come dici tu,
insomma, fatevi senire!
xoxo,
Marty e Fede ♥

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Capitolo 11
*** Did you see? ***


Did you see?

 

Trascinarono di tutta fretta Chuck all’interno dell’albergo.
Era ferito, e anche se magari nella sua forma animalesca non si notava più di tanto, quando varcarono la soglia e riprese il suo solito aspetto, la ferita che aveva sul braccio era molto grande: aperta e grondante di sangue, a causa della mazza appuntita che l’uomo gli aveva scagliato contro.
Chuck perse conoscenza e Blair, alla vista del volto pallido di lui, trattenne a stento un singhiozzo.
Non piangeva però, bisognava essere forti, le sue lacrime non sarebbero servite proprio a nulla.
Lo depositarono su un morbido tappeto nel salotto, cosicché si trovasse abbastanza in basso da poter permettere anche agli altri, oltre che a Blair, le sue condizioni.
Dorota, seguita da un attaccapanni e quello che sembrava un mobile per la toeletta, corsero saltellando verso il ferito.
“Come diavolo-?”
“Lupi” scandì velocemente Nate, mentre cercava qualcosa per placare la fuoriuscita di sangue.
Sarebbe morto dissanguato se non avessero fatto qualcosa.
“L’ospedale è fuori questione” ragionò B ad alta voce.
“Magari uno studio veterinario” disse Dan cercando di smorzare un po’ la tensione.
“Ti sembra il momento di fare del sarcasmo?” ringhiò Blair.
“Cercavo solo di smorzare la tensione. Mi stavo rendendo utile!”
“Vuoi davvero renderti utile? Chiudi il becco”
Intanto Dorota stava lavorando con dei pezzi di stoffa lunghi e candidi ed alcuni barattoli pieni di creme e medicinali.
“Mi serve aiuto con questo. Io posso darvi indicazioni, ma purtroppo non posso fare altro” Disse alludendo tristemente
al fatto che, beh, non avendo le mani non poteva applicare bende o medicinali.

Dan e Nate fecero un passo indietro, nonostante lo sguardo preoccupato sapevano di non essere in grado.
Nate guardò Blair, e lei seppe che toccava a lei.
“Cosa devo fare?” chiese decisa. Ma le mani le tremavano mentre prendeva la siringa con le dosi di morfina indicate da Dorota.
“Prima di tutto bisogna anestetizzare il braccio. Sa fare un puntura, Miss Blair?” Blair annuì, mentre avvicinava l’ago al braccio di Chuck.
Il tappeto sotto di loro era intriso di sangue, da buttare così come il suo vestito. Ma al momento non le importava gran ché.
Prese un grosso respiro e iniettò la morfina nel braccio di Chuck.
Successivamente Dorota le spiegò come pulirla e disinfettarla.
La vigile tata non si era mossa di un millimetro, sempre accanto a Blair a darle istruzioni e conforto.
“Ce la può fare” le sussurrava di tanto in tanto.
Fortunatamente, una volta ripulita, la ferita non era poi così profonda, ma richiedeva dei punti.
Dodici, per la precisione.
Blair non seppe spiegarsi il motivo per cui ci fossero tutte quelle attrezzature per il pronto soccorso, ma non era il momento di fare domande.
Pensò che probabilmente era nella norma, ma poi le venne in mente del cugino di Dorota, Hugo.
Un medico polacco arrivato anni prima negli Stati Uniti e ripartito dopo una settimana, le visite a domicilio non si facevano più, così era ripartito per il suo paese, dimenticando però la sua attrezzatura qui in America, nella suite 457 dell’Empire Hotel, per la precisione.
Una volta che la ferita fu disinfettata arrivò il momento di metterei punti, e lì subentrò Jenny.
Aveva perfezionato negli anni l’abilità nel cucire anche nella sua attuale forma.
Non era molto ciò che poteva fare, ma era l’unica in grado di cucire dei punti.
Mentre l’ex biondina tentava di fare il suo meglio, Blair si era procurata bende e acqua per Chuck da mettere sulla fronte.
L’infezione aveva procurato una leggera febbre, ma era il minimo.
Dopo ben tre ore e mezza da quando Chuck era tornato a casa, riuscirono a fasciarlo e depositarlo su un grande divano,
accanto al camino.

Erano tutti esausti, ma la preoccupazione impediva loro di crollare.
“È stata bravissima, Miss Blair. Hugo non avrebbe potuto fare di meglio” le disse la teiera allegramente, nella speranza di sollevarle un po’ il morale.
Blair le sorrise, accorgendosi che aveva appena confermato la sua ipotesi riguardo al cugino medico di Dorota.
“Già, fortuna che qualcuno stava attento durante il corso di pronto soccorso” disse guardando Nate ma in particolare Humphrey.
Non pretendeva che Nate fosse attento in classe, ma Dan!
“Non guardare me, io scrivo, non faccio la crocerossina” si giustificò il diretto interessato.
Blair sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma represse a stento una risate.
Il veloce battibecco riuscì ad alleggerire un po’ l’animo dei presenti.
“Voi andate pure a dormire, resto io con Chuck” disse Nate.
“Nate, hai dovuto trascinarlo qui dalla stazione dell’autobus. Sei esausto.”
“E’ il mio migliore amico” si giustificò semplicemente il candelabro.
Blair gli sorrise dolcemente, prima di avvicinarsi a lui e prenderlo tra la mani.
“E tu sei il mio. Quindi ti ordino di andare a dormire” gli disse premurosa.
“E poi voi non potreste comunque fare molto, qui. Mentre se si sveglia io potrei dargli un’aspirina o preparargli una tisana o un tè”
“Beh, per quello le servo io” si fece avanti Dorota.
Blair rise leggermente, per poi rassicurarla sul fatto che, se sarebbe servito, l’avrebbe chiamato.
Dopo circa mezz’ora riuscì a convincere tutti ad andare dormire, era incredibile come fossero apprensivi, preoccupati e affettuosi con Chuck, nonostante lui non fosse proprio un esempio di gentilezza.
Però suppose che dopo cinque anni sotto lo stesso tetto, ci si affeziona, anche involontariamente.
Jenny le lasciò un pigiama di seta, che Blair indossò subito, felice di potersi sfilare il vestito sporco.
Si lavò in cinque minuti, per poi ritornare subito a controllare Chuck.
Dormiva ancora, disteso sul divano, con il fuoco che gli illuminava il volto non più così pallido.
Pensò che fosse un buon segno.
Si sedette sulla poltrona vicino, prendendo un libro dalla libreria nella speranza che l’avrebbe tenuta sveglia. In realtà non le serviva il libro, non sarebbe riuscita a dormire comunque.
Di tanto in tanto lo abbandonava per cambiare le bende sulla fronte di Chuck.
Era arrivata a metà del libro e non aveva ancora capito la storia, i suoi occhi scorrevano sulle parole ma le sua mente era impegnata da ben altri pensieri.
Dopo un po’ abbandonò il libro, notando solo allora che si trattava di Amore e Psiche.
Rise leggermente, perché quella situazione un po’ glielo ricordava.
Poi scosse la testa, perché lei non era Psiche e Chuck non era di certo Amore, non erano innamorati o altro.
Le uniche cose che avevano in comune la sua vita e quel libro, al momento, erano un castello e un uomo che si ostinava a nascondersi nell’ombra pur di non provare a cambiare.
Scosse nuovamente la testa, convincendosi che era la stanchezza a farle fare certo pensieri.
Volse lo sguardo a Chuck, che dormiva placidamente, il respiro regolare e il viso innaturalmente caldo.
Le ricordava un bambino, e il pensiero la intenerì leggermente.
Poi qualcosa cambiò: le sopracciglia aggrottate e le palpebre che sbattevano, si stava svegliando.
Blair gli andò vicino, accovacciandosi vicino al divano.
Chuck mugolò qualcosa, prima di aprire completamente gli occhi.
Uno sguardo assonnato e confuso: “Cosa…?”
“Sei stato aggredito, Chuck” spiegò lei piano.
“Sì, me lo ricordo” disse aspramente.
Poi un dubbio guizzò nei suoi occhi caramello.
“Tu hai visto…?” chiese piano, quasi in un sussurro tanto impercettibile da non essere udito.
Perché aveva paura della risposta, delle conseguenze.
Aveva paura che lei avrebbe potuto correre via a gambe levate.
Ma era lì.
Perché era lì? Ancora lì, dopo che lo aveva visto?
Si ritrovò a maledire se stesso, perché a dire la verità se lei se ne fosse andata sarebbe stato tutto più facile.
O forse no.
Perché lei era già andata via, era già scappata via da lui, eppure lui era corso a cercarla dopo quanto? Dieci minuti?
Si convinse che era stato per l’urlo, e basta.
Solo per quello, solo per salvare un’amica.
Lei gli sorrise dolcemente, annuendo piano.
Era tranquilla.
“Grazie”gli disse in tono riconoscente.
“Non c’è di che” rispose lui affascinante, sorridendo poco prima di richiudere gli occhi e sprofondare nuovamente nel mondo dei sogni.
Sogni dei quali lei, quella notte, era la regina incontrastata.

 

Angolo Autrici.

 

Felici Fanfiction Games! E possa il fandom essere sempre a vostro favore! *modalità tributi: on* Bene signori, dopo Blair crocerossina, Dan che non sa qualcosa e un armadio che cuce, credo possiate dire di aver visto tutto! Capitolo alquanto intenso, Chuck ferito, la cura, i chiarimenti... Questo nel film è il punto in qualche modo di svolta, dove la bella e la Bestia si avvicinano, giusto? Quindi nel prossimo capitolo aspettatevi qualcosa di estremamente chair
C- Oh, finalmente!
Louis- Mais... Mais non! Che fine ho fatto io?
B- Guarda, meno ti si vede, più sono contenta.
S- B, guarda che ci sono anche io lì fuori!
N (in forma umana)- Serena! Serena, tesoro mio!
S- Nate! *lo prende e iniziano a coccolarsi*
Marty- Ehi, che succede qui? Cos'è tutto questo chiasso?
L- Marti, Fede! Quando torneremo in scena io e S?
Fede- Ah, mi ero dimenticata di te. Marty, ti toccherà scrivere anche di lui.
M- Che cosa? No! Non posso nemmeno fargli del male ancora!
L- Allez, allez! Tutte le mie fans mi aspettano!
C- Questo prevede che tu abbia delle fan. Cosa non vera.
L- C'est vrai!
C- Io sono Chuck Bass. *tutte le presunte fan di Louis diventano fan di Chuck*
M- Ah, e va bene. Voi due zitti! Louis scriverò anche di te (solo perchè c'è S, eh) e Chuck... Oh, lui è Chuck Bass, come si può non adorarlo!
F- Giusto! *prendono entrambe un tappetino e si mettono ad adorarlo.

*** Blair si allontana da quella gabbia di matti, afferrando al volo Chuck***

B- Come sempre tocca a me fare il lavoro di quelle perditempo autrici
C- Sì, ma com'è che ci sono anche io?
B- Cos'è, dovevo staccare S dal suo scoglio? Poi la sua ira te la prendi te.
C- Ok, ok. Beh, mie care fans, Sappiate che adoro ognuna di voi. Un bacio alle carissime Giada_Chair, Novalis e _Giuls17_.
B *lanciando occhiatacce a Chuck*- Pochi baci tu, ti ho appena salvato la vita.
C- Blair, lo so bene *a bassa voce* Se anche tu vuoi un bacio da me, recensisci, mi raccomando!
B- Cosa hai detto? Ah, non importa. Bene, alla prossima e mi raccomando, recensite!
C- Ciao ciao!

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Capitolo 12
*** What a sourprise would it be? ***


What a sourprise would it be?

 

“Louis, te lo giuro! Ieri ho visto Blair con una bestia orrenda!” Serena era ancora sconvolta da ciò che aveva visto.
Era sicurissima che quella che aveva visto era B. Le stava andando incontro per sapere cosa ci facesse lì, in quell'angolo sperduto di New York, ma poi erano arrivati i lupi.
Li aveva visti accerchiare la sua amica, avvicinarla con le loro intenzioni scritte in faccia, o meglio, scritte sul cavallo dei pantaloni.
Era talmente sconvolta che riuscì a tirare fuori il cellulare solo quando il primo prese il mento di Blair tra le sue luride dita.
Poi arrivò la bestia.
Non sapeva in che altro modo definire quell'essere che si era frapposto tra Blair e il pericolo.
Urlò il nome di Blair per dirle di scappare ma lei era troppo spaventata per sentirla, o almeno così credeva.
Quando vide la bestia crollare a terra e Blair iniziare ad allontanarsi credeva che i guai fossero finiti.
Vide però la sua amica guardare in basso e parlare con delle cose per terra.
S credette che la sua amica fosse sconvolta. Poi vide quelle cose muoversi e avvicinarsi alla bestia.
Le vide sollevarla con fatica, aiutate da Blair.
Le vide trascinala all'interno di un hotel in disuso.
Vide la sua amica andare dietro a loro.
Troppo sconvolta per fare alcun che, riuscì solo a chiamare un taxi e a sussurrare l'indirizzo di casa.
La mattina dopo credette di aver sognato ma vide che nel portafoglio mancavano dei soldi. La mancia data al tassista.
Questo la convinse, oltre all'assenza di Blair, a chiamare Louis.
“Serena, sono sicuro che ti sei sognata tutto. Ascoltami, se entro stasera Blair non è rientrata chiameremo la polizia, d'accord?”
Serena sospirò. Capiva che la sua storia era assurda. Ci credeva poco lei stessa.
“D'accordo ma stasera se non arriva chiamiamo la polizia, ok?”
“Ok”.

 

********************************************************************

 

Un raggio di un sole appena sorto svegliò Blair.
Si beò del calore delle coperte aspettando che una delle sue nuove domestiche venisse a svegliarla.
“Miss Blair?”
La sopraccitata Miss Blair si alzò di scatto, ricordando tutto ciò che le era accaduto il giorno prima.
Un capogiro la fece sdraiare di nuovo. In fondo, non aveva ancora ben assimilato il fatto che delle persone che credeva morte fossero vive e vegete, anche se non proprio normali.
“Miss Blair, sta bene?? Desidera un tè, una camomilla, dormire ancora o...”
“Sto bene, Dorota. Tranquilla, respira. Ecco, così.” la tranquillizzò la mora.
“Ma... Come ci sono finita qui? Voglio dire, ieri mi sono addormentata giù su una poltrona e ora...” Si guardò intorno affascinata. Si era svegliata in un enorme letto a baldacchino, in una stanza arredata magnificamente.
Sfiorò lentamente il velluto delle tende, di un rosso scuro e intenso.
Le pesanti coperte rosa antico la avvolgevano in una morbida stretta che lei riconobbe come seta.
“Oh, Mr. Chuck quando si è risvegliato l'ha portata qui così che lei potesse dormire comodamente, Miss Blair.” rispose con ovvietà la teiera.
La mora corrugò la fronte, pensierosa: “Ma che ore sono?”
“Le 15:08 e 22 secondi, per l'esattezza.” esclamò Dan, spuntando da dietro la porta.
“Ehi, Blair! Buongiorno!” esclamò uno spolverino entrando dietro l'orologio.
“E tu saresti?”
“Vanessa Abrams, amica di Dan. Non credo tu mi conosca”. Rispose sorridendo quella che ora Blair sapeva essere Vanessa.
“Bene, ora sareste tutti così gentili DA USCIRE IMMEDIATAMENTE DA QUI! Dorota! Chiedi a Jenny un vestito, mi fido della sua scelta. Humphrey! Voglio qui, nel giro di cinque minuti, il mio cellulare, Virginia! Portami le cose per un bagno. Scattare!”
I tre lasciarono la stanza con alle spalle l'eco di un 'Subito, Miss Blair', di un 'È Vanessa' e di un 'E
dove lo trovo io il tuo cellulare'.
Blair uscì dal letto trovandosi con la sola biancheria coperta dalla sottoveste addosso.
“Ma chi diamine...”
“Be', è stato più divertente di quanto immaginassi spogliarti” sussurrò una voce alle sue spalle.
Blair si girò lentamente per vedere un Chuck tranquillamente appoggiato allo stipite della porta, l'ombra di un sorriso sulle labbra e uno sguardo che le aveva fatto venir voglia di avere qualcosa con cui coprirsi.
“Charles Bartholomew Bass, spero tu abbia una motivazione più che valida per ciò che hai fatto” disse Blair, con quella calma glaciale che sapeva terrorizzare molte persone. Ma ovviamente non Chuck Bass.
“Dubito che mi avresti ringraziato se ti avessi lasciato con un vecchio pigiama di qualche cameriera”. Per la gioia di Chuck, Blair rabbrividì al solo pensiero.
“E comunque...” Chuck si avvicinò pericolosamente, secondo lei, a Blair. La mora iniziò ad indietreggiare finché non si trovò bloccata tra il letto e il petto di Chuck.
“Ti preferisco con questo outfit”.
Il sussurro che le arrivò all'orecchio la congelò sul posto e la fece andare a fuoco in contemporanea.
Il cuscino andò a colpire in pieno la faccia di Chuck, permettendo a Blair di ricomporsi almeno un po'.
“Razza di...”
“Blair, non si aggrediscono i convalescenti”. Questa frase fece correre lo sguardo di Blair lungo il braccio di Chuck fino a trovare la fasciatura candida, lasciata scoperta dalla camicia con le maniche strette abbastanza da lasciar intravedere la fasciatura.
Chuck vide il suo sguardo preoccupato.
“Sto bene, Blair, e solo grazie a te” la rassicurò.
Lo sguardo di orgoglio che riconobbe negli occhi di lei lo indusse a pensare che, in fondo, ringraziare non era una cosa così brutta.
“Ne ero certa, Bass, ne ero certa” disse con aria di sufficienza la mora.
Stava per aggiungere qualcos'altro ma fu interrotta dall'insistente abbaiare di... un poggiapiedi?
“E tu chi saresti, bello?” sussurrò Blair chinandosi ad accarezzare il cane.
“Monkey” rispose Chuck.
“Monkey?”
“Un randagio che era entrato nell'hotel. Anche lui è rimasto vittima di... be', lo sai.”
Dal modo con cui Chuck interruppe la frase voltando di scatto la testa, Blair capì che la maledizione era una nota molto dolente per l'altro.
Decise di lasciare in sospeso la questione, almeno per un po'.
Chuck la distolse da Monkey, a cui sembrava essere simpatica:“Be', quando sarai pronta, fatti portare da Dorota nella hall, ok?”
La curiosità prese il sopravvento su di lei: “Perché?”
“Pazienta, Waldorf, pazienta. Che sorpresa sarebbe se te lo dicessi subito?” e uscì dalla stanza, lasciando Blair stupefatta e con uno strano languore in fondo al cuore. Un languore che assomigliava moto alla felicità.

 

 

Angolo Autrici.

 

Bonjour! Capitolo DECISAMENTE di passaggio, lo sappiamo, ma ho cercato (Marty) comunque di non renderlo noioso. Ditemelo voi se ci sono riuscita. Bene, sono apparsi due nuovi personaggio: l'amatissimo Monkey (Bello di Marty, sei l'unico cane di cui non ho paura) e Vittoria ( è Vanessa n.d. Valentina). Cosa ne pensate? Sono un po' preoccupata (sono sempre io) di aver reso Chuck OOC, dato che è il primo capitolo in cui appare davvero, cioè non arrabbiato/ferito/qualcos'altro.
C- Care lettrici, io sono Chuck Bass (la gran parte di loro sviene) e gradirei che queste autrici mi rendano al meglio, quindi consigliatele che qui quello che ci rimette sono io.
B- E non dimentichiamoci di me. Voglio dire, mi hanno fatto spogliare da Chuck e mi hanno messo il pigiama di una cameriera. Aiutatemi! E tu, Chuck. Prova a toccarmi senza il mio consenso un altra volta e giuro che...
C- Tanto mi darai il consenso, quindi non rischio u.u
*Blair se ne va, ferita nell'orgoglio ma non sconfitta*
S- Mio Dio Chuck! Eri in condizioni pietose quando ti ho visto! Ti hanno mai consigliato una ceretta o qualcosa del genere?
*Blair ritorna e prende S per un braccio, portandola lontano da possibili figuracce*
Marty- Ma vi piace proprio questo angolino, eh?
Fede- Avete almeno chiesto ai lettori se piace?
C- Io sono Chuck Bass.
Viola *È VANESSA!!*- Ehm, quello che vuole dire è che se non vi piace ci dileguiamo.
D- Per mille rintocchi! Su, su, sgomberare che qui si fa buio.
N- Aspetta! Stavolta ringrazio io! Quindi, grazie a Giada_Chair, Novalis e _Giuls17_ per le recensioni e blue_sun23 per aver messo la storia tra le seguite!
Dorota- Bene, un saluto a tutti e al prossimo tè, volevo dire capitolo!! 

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Capitolo 13
*** Let it snow ***


Let it snow

 

Durante la corsa in ascensore, che durò circa tre minuti, Blair non poteva far a meno di pensare che tutto quello era sbagliato, terribilmente sbagliato.
Lei doveva tornare a casa, dalla sua famiglia, da Serena,da Louis.
Louis.
Quel nome le trafisse il petto come centinaia di lame, perché mentre lei era in un castello incantato tra tazzine parlanti e orologi indisponenti a cercare di salvare Chuck Bass, lui era a casa da solo, magari la stava cercando, magari avevano già chiamato la polizia, lui e S.
La paura la pervase, se avessero scoperto dove si trovava e con chi si trovava sarebbe stato un disastro.
Avrebbero potute portare via i suoi amici e rinchiuderli in un qualche laboratorio per fare esperimenti.
Rabbrividì al pensiero. Doveva andare via da quel posto. Si ripromise di parlarne con Nate, Dorota e gli altri, poi quella stessa sera sarebbe tornata a casa.
Dicendo nuovamente addio a Nate, a Dorota, a Chuck.
Non credeva di essere emotivamente pronta per dire addio nuovamente a nessuno di loro, ora che li aveva ritrovati. Avrebbe trovato un modo per tornare.
Il tintinnio dell’ascensore la distolse dai suoi pensieri, si recò nella hall trotterellando nella sua calda gonna bianca. Jenny era stata davvero brava nella scelta dell'outfit: un’ampia gonna a ruota a vita alta le arrivava sopra il ginocchio, avvolgendole dolcemente le gambe fasciate dalle calze. Il maglioncino dalle maniche a sbuffo le tratteneva in una calda stretta color cielo.
Le Manolo ticchettavano sulla moquette, annunciando il suo arrivo all’uomo che se ne stava elegantemente appollaiato sulla poltrona color porpora.
Il suo sguardo s’illuminò leggermente, non appena i suoi occhi si posarono sulla figura che troneggiava al centro della stanza.
Le sorrise affascinante, prima di alzarsi per andarle in contro.
“Ce l’hai fatta Waldorf”
“La curiosità ha avuto la meglio sul mio buon senso. Allora, qual è questa sorpresa?” Chiese con gli occhi accesi d’entusiasmo e un sorriso vivace sul volto, che aveva spazzato via ogni traccia del fioco disappunto che l’aveva colta quando aveva notato che il papillon di lui era dello stesso colore del maglioncino di lei.
“Calma, Waldorf” le sorrise lui prendendo qualcosa dal tavolino accanto
“Una sorpresa degna di questo nome necessita dei giusti preparativi”
Una benda, ecco cos’aveva in mano Chuck.
Non appena la vide Blair, il suo sopracciglio schizzò pericolosamente verso l’alto.
“Non crederai che indosserò quella, vero?”
“E’ seta” spiegò Chuck.
“Potrebbe anche essere oro colato, non indosserò una benda mentre tu mi porti solo-Dio-sa-dove”
Chuck la guardò a metà tra l’offeso e il divertito.
“Bene, allora vorrà dire che non ci sarà alcuna sorpresa” le disse sorridendole furbo.
“Bene” decretò Blair assumendo la classica posa da Regina di ghiaccio che la contraddistingueva nei corridoi della Constance.
Quel ricordo non fece altro che far allargare il sorriso di Chuck.
“Bene” accordò lui, incamminandosi verso l’ascensore.
Solo dopo qualche paio di metri, Blair si permise di sbirciare, attraverso le lunghe ciglia, la figura di Chuck che non accennava fermarsi.
Sbuffò, maledicendo se stessa, Chuck Bass e quella maledetta curiosità che la tormentava.
“Bass, torna immediatamente indietro con quella ridicola fascia. Pretendo la mia sorpresa!” E si potrebbe dire che, nonostante le proteste, Blair fu più che felice di essere scesa a compromessi con Chuck, perché ciò che le stava mostrando ora valeva mille bende.
Gli occhi della ragazza s’illuminarono, come se il cioccolato al loro interno si stesse sciogliendo, un sorriso meravigliato andò ad incresparle le labbra.
“Oh mio Dio, Chuck è…” La verità era che lei stava cercando le parole per descriverlo, ma non ci riusciva.
“Lo so.” Rispose lui semplicemente, perché in realtà tra loro non c’era mai stato bisogno di parole.
“Da quanto tempo sono qui dentro?” chiese accarezzando il tessuto pregiato dei vestiti appesi alle loro grucce.
Il fantomatico guardaroba di cui le avevano parlato Dan e Nate era più bello di quello che immaginava.
Enorme, stracolmo di vestiti di quello che era lo stilista della sua eroina: Audrey Hepburn.
Poi lo vide, in un angolino in fondo alla stanza, in una teca di vetro, tenuto come un trofeo: il famoso tubino nero.
Quello di “Colazione da Tiffany”, quello che era il tratto distintivo dell’attrice, quello che lei aveva sempre sognato d’indossare, sperando di sentire il profumo che ancora impregnava la stoffa costosa.
“E’ stupendo” sussurrò una volta avvicinatasi, sfiorando il vetro con le dita affusolate.
“E’ tuo” le confessò Chuck affiancandola.
“Cosa?”
“Puoi prenderlo, è tuo. L’avevo comprato per il tuo compleanno, prima che…” Lasciò la frase a mezz’aria, e Blair capì che non gli andava di parlarne, così si limitò a sorridergli, rassicurante.
“Grazie” gli sussurrò riconoscente.
I loro occhi s’incrociarono, e automaticamente si sorrisero, come facevano sempre, come avevano sempre fatto senza mai saperne il motivo.
“Dovresti provarlo” Blair si riprese, voltandosi verso il vestito e allontanandosi.
“Sì, hai ragione”
Recuperò un paio di scarpe e si spostò nei camerini.
Una volta infilato il vestito e messo il collier prese qualche molletta, tirando su i capelli come facevano lei e Serena da piccole. Avrebbe potuto chiamare qualcuno per aiutarla, ma in certo qual modo sapeva che era sbagliato.
Sapeva che, in quel momento, il resto del mondo doveva rimanere chiuso fuori da quel guardaroba.
Si rimirò allo specchio a lungo, prima di uscire, osservando la figura snella che troppe volte quello specchio aveva distorto, costringendola ad esigere di più, perché non era abbastanza.
Non abbastanza magra. Non abbastanza bionda. Non abbastanza simpatica. Non abbastanza bella.
Semplicemente, lei, non era abbastanza.
Non quando la misura di paragone era Serena Van Der Woodsen, così magra, così bionda, così simpatica, così perfetta.
E così Blair si ritrovava a desiderare di rompere quello stupido specchio, ma non lo faceva.
Semplicemente tentava di accontentarlo, di aspettare che le dicesse finalmente che era le la più bella del reame, che la Regina si era trasformata in Biancaneve.
Ma lo specchio non lo faceva, e lei si ritrovava in bagno a vomitare anche l’anima, allora il suo amico dalla cornice dorata le rispondeva che, sì, forse in quel modo sarebbe potuta risultare più carina.
Senza rivelarle però che il prezzo da pagare era la morte.
Era diventata bulimica senza nemmeno accorgersene, e guarire era stato faticoso.
Ma ce l’aveva fatta, ed ora quello specchio era stato sostituito da uno che le riconosceva la sua bellezza, uno specchio in cui amava riflettere la sua immagine, uno specchio che l’aveva fatta sentire desiderata, bellissima, nonostante non avesse capelli lucenti e gambe chilometriche.
Quello specchio la stava aspettando al di là della porta.
Quando uscì la voce di Sinatra si era già diffusa nell’aria.
Blair fece una giravolta, un sorriso leggero e le gote arrossate.
“Audrey Hepburn impallidirebbe” cominciò Chuck avvicinandosi
“Probabilmente sarebbe così invidiosa che te lo strapperebbe di dosso. E ,onestamente, anche io”
Blair sbuffò, alzando gli occhi al cielo
“Sei sempre il solito, Bass. Potresti anche fare un complimento senza sembrare un pervertito una volta tanto” disse allontanandosi verso gli altri vestiti.
“E dove sarebbe il divertimento?” disse alludendo all’adorabile modo in cui Blair Waldorf cadeva in/cedeva all’imbarazzo, ma ciò gli procurò solo un’altra occhiataccia da parte della diretta interessata.
“Sei bellissima” le concesse allora lui avvinandosi.
“Lo so” gli disse con fare altezzoso.
Ma il suo guardo lo ringraziava. E non solo del complimento.
Era comunque ancora a disagio, così si spostò verso la vetrata che affacciava su un bellissimo giardinetto, con qualche grande albero ed una piccola fontana.
“Ha nevicato” constatò notando la superficie candida del paesaggio.
“Già, e anche parecchio. Ha cominciato stanotte e non ha smesso fino a alle due” Blair si ricordò che,a quell’ora, lei ancora dormiva.
“Una tempesta?”
Chuck annuì: “Dorota dice che la corrente è mancata fino a tarda mattinata, e che le strade in città sono tutte bloccate, anche l’entrata dell’albergo lo è.”
“Oh” Questo voleva dire che lei era bloccata lì almeno fino al giorno successivo, ma stranamente la cosa non le dispiaceva.
“Mi dispiace, immagino che avresti voluto andare via” chiese cauto Chuck, quasi preoccupato dal sentirsi dire che aveva ragione.
“No, va bene” gli disse invece lei.
Avrebbe voluto sorridere, avrebbero voluto farlo entrambi.
Ma rimasero in silenzio.
“E’ davvero bello” disse B riferendosi al giardino.
“Vuoi uscire?”
“Con questi tacchi e questo vestito? Morirei congelata”
“Sai, Givenchy confezionava anche cappotti” le disse con una punta di sarcasmo.
B aggrottò le sopracciglia indispettita, mentre lui si allontanava per recuperare un pesante cappotto invernale e un paio di guanti.
La aiutò ad infilarlo e le aprì la porta: i tacchi affondarono nella neve soffice, e lei fu costretta a reggersi a Chuck per non cadere.
Si aspettava di vederlo trasformarsi, ma poi si rese conto che, beh, tecnicamente erano ancora all’interno dell’Empire. Certo, altrimenti lui non le avrebbe proposto di uscire.
“Se mi fai cadere ti chiudo fuori, Bass, a morire congelato”
“E come pensi di fare se non riesci a fare due passi senza perdere l’equilibrio?”
“A costo di camminare a piedi scalzi sulla neve mi vendicherò”
Lui scoppiò a ridere, perché le minacce di Blair erano una cosa che gli mancava, e sentire ridere Chuck Bass era una cosa tanto rara che Blair non poté far a meno di imitarlo.
“Allora, cosa mi dici di Serena?” le chiese mentre passeggiavano.
“Sta bene. Si è laureata alla Brown ed ora lavora come redattrice di un giornale scandalistico”
“E’ di sicuro un lavoro perfetto per Serena Van Der Woodsen”
Lei rise leggermente, perché era vero: l'It Girl per eccellenza, la ragazza di cui parlano tutti che, per una volta, si ritrova dall’altro lato della cronaca.
“Già”
“E tu invece?Hai realizzato i tuoi sogni?”
Lei annuì: “Yale e la Waldorf Design” Decise di non parlare di Louis, non per il momento.
“Mi fa piacere” commentò Chuck, e Blair sapeva che diceva sul serio.
Era davvero felice per lei.
Poco dopo si resero conto che era il momento rientrare, chiusero bene la porta e i tolsero i capotti, ma le suole delle scarpe di Blair erano ancora ricoperte di neve, così, non appena fece qualche passo scivolò rovinosamente a terra.
Ma non si era fatta male, il che era strano.
Poi si rese conto che qualcosa aveva attutito la caduta: Chuck.
Scoppiò a ridere incontrollabile, perché lui era steso a terra a massaggiarsi la schiena mentre lei era seduta sulle sue gambe. “
Sì, davvero divertente, Waldorf” disse fulminandola con lo sguardo, ma lei non accennava a fermarsi.
Non appena riuscì a controllarsi, si accertò che stesse bene, e che il braccio non avesse avuto danni.
“Sto bene, ma non di certo grazie a te”
“Oh, andiamo, non è stata mica colpa mia. Anzi, ora dovresti chiuderti fuori come ti aveva promesso.”
“Io non ci conterei” Lei rise di nuovo, perché Chuck era seriamente arrabbiato, e tutto quello era esilarante.
“Sai, la neve che hai sparsa sui capelli non si addice al tono arrabbiato.” gli disse avvicinandosi per togliergli i fiocchi bianchi che aveva tra i capelli.
Non seppero come accadde, perché in realtà nessuno dei due lo aveva previsto, perché non sarebbe dovuto accadere perché Chuck e Blair, Blair e Chuck erano scomparsi tanti anni prima. Perché entrambi erano testardi, stronzi e incapaci di affrontare i loro sentimenti.
Ma accadde, e nel momento in cui le labbra si sfiorarono, nel momento in cui i baci divennero sempre di più, sempre più insistenti, sempre più consapevoli, qualcuno fuori dalla porta di quel guardaroba, pensò che forse c’era ancora una speranza.

 

 

Angolo Autrici.

C- E ANDIAMO!
L- Blair!! Cosa stai fascendo???
B- Stai zitto Louis, è un momento importante!!
S- Oh, B! Perché non mi hai detto cosa hai passato? Ti avrei aiutato a superarlo! *piangendo disperata abbraccia Blair*
B- S, respira va tutto bene. Voglio dire, sono Blair Waldorf!
N- Serena! Abbiamo bisogno di una wedding planner improvvisata! Questi due devono innamorarsi! Non mi piace colare cera ovunque.
Do- Io mi occupo del tè.
J- Io dei vestiti.
Violante *Per l'ultima volta, è Vanessa!*- Io della pulizia.
D- Io degli orari.
C- Ragazzi, era un bacio.
N- Chuck, questa è la cosa peggiore che potessi dire. Praticamente, hai detto che è amore.
C- Cioè?
N- Chuck Bass non dà mai solo un bacio. Chuck Bass è Chuck Bass. Dicendo che era un bacio, hai praticamente detto che è amore.
C- O.O
Marty- Avete completamente cancellato il nostro spazio? Si chiama Angolo AUTRICI non Angolo Cast.
B- Provvediamo subito

Angolo Cast.

Fede- O.O
Marty- O.O
Fede *confabulando*- Dobbiamo riprendere il controllo
Marty *sussurrando*- Hai ragione.
Fede- Ahehm. Se non volete che un tornado devasti New York, abbattendosi ferocemente sull'Empire e su due personcine a caso *Marty- CoffSerenaCoffLouis*, uccidendo tutti. ABBANDONATE IMMEDIATAMENTE IL NOSTRO ANGOLO!

 

Cri Cri.



Cri Cri.

 



Marty- Finalmente. Dicevamo

 

Angolo Autrici.

F- Ora, ringraziamo le nostre abbonate Novalis, _Giuls17_ e Giada_Chair e la nostra carissima LaylaLaRed che ha recensito gli ultimi capitolo all toghetah!
M- Sei un mito, Layla! Eccoti un muffin virtuale!
F- E alle altre un pacco di wafer in omaggio!
M- Aspetta! Abbiamo due nuovi seguiti!
F- Sul serio? Sono commossa! *piange sulla spalla di Marty*
M- Grazie mille a Deb86 e yopu per averci inserito tra le seguite.
F- Mi raccomando, recensite!
M & F- xoxo, Marty e Fede

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Capitolo 14
*** Save the last dance ***


Save the last dance

 Le labbra di Blair erano soffici contro le sue. Chuck non riusciva davvero a capire come fosse finito a baciarla.
Un attimo prima lei gli stava togliendo la neve dai capelli e un attimo dopo erano con le labbra incollate, come se staccarle volesse dire morire.
Tuttavia, Blair si staccò, bisognosa d'aria, con le gote arrossate, i capelli sciolti dalle abili mani di Chuck e lo sguardo indeciso tra il piacere e lo shock.
Chuck la vide alzarsi, sfiorandogli il viso con le dita, voltarsi e uscire dalla stanza.
“Sono un’idiota, Nathaniel.” disse Chuck.
“Amico, lo sei davvero se hai ancora il coraggio di dirmi che non provi nulla per lei. Perché fino a qualche secondo fa, non sembrava che non provassi nulla. Diciamo che era tutto il contrario”.
Chuck guardò seccato Nate che si era avvicinato con l'aria di chi la sapeva lunga.
“Sono quattro anni che non vedo una donna. Credo sia normale provare attrazione dopo che te ne piomba una in casa”.Mormorò Chuck, anche se non credeva nemmeno lui a quello che diceva.
“Punto primo: Chuck, non hai più sedici anni. Sei un ventenne, gli ormoni non sono più una scusa. Punto secondo: non hai negato. Punto terzo: voglio ricordarti che quella è Blair Waldorf, non una donna qualsiasi, e che è la mia migliore amica. Quindi, se la fai soffrire, be', non stupirti se ti ritrovi un po' bruciacchiato ogni tanto.”
Nate fissava Chuck, consapevole che il primo non avrebbe mai ammesso che lui aveva ragione. “Tsk”.
Appunto.
“Senti, io vado giù a vedere cosa combinano gli altri. Tu, datti una sistemata perché se credi che io sia contento di essere un candelabro, be', sei fuori strada. Aspettati la cena più romantica e sontuosa che io, Dorota, Dan, Jenny e Vanessa riusciremo a mettere su”.
Così dicendo, il candelabro uscì dal guardaroba.
Chuck guardò l'amico come se lo avesse visto ballare il cancan con Dan e Monkey.
Cancellò l'immagine dalla sua testa con un brivido di disgusto. Scuotendo la testa si alzò dal pavimento, dove Blair lo aveva praticamente buttato durante il bacio, e decise che se proprio doveva prepararsi e cenare con Blair, l'avrebbe fatta rimanere a bocca aperta.
****
 
“Sì, sono Blair. Non posso venire oggi a lavoro, sono bloccata a casa e mi sento anche poco bene”.
Dan si stupì delle capacità di bugiarda attrice di Blair.
A sentire la sua voce, sembrava fosse moribonda a letto, con almeno quaranta di febbre. Invece era lì di fronte a lui, mentre si rimirava le unghie, comodamente sdraiata sul divano come se il mondo esistesse solo per servirla.
Se non fosse stata davanti a lui avrebbe fatto venire un medico.
“No, no. Non importa che chiamate un medico. È solo un po' di febbre ma credo che durerà un po' di giorni. Appena mi sento meglio avviserò. Intanto lascio a te il comando. I progetti per le prossime due settimane sono pronti, devi solo controllare che i sarti facciano il loro lavoro. Per ogni problema, chiamami.” disse tutto questo intervallando con abilità colpi di tosse e piccoli starnuti.
Non appena riattaccò, non c'era traccia della voce debole e nasale che aveva usato poco prima. “Perfetto, dovrei essere a posto per un po' di giorni, l'unico problema sono Louis e Serena”. Blair sapeva che quello non era l'unico problema.
 Al momento, quei due erano la sua preoccupazione minore. La sua mente era totalmente concentrata sul perché avesse baciato Chuck Bass.
Sì, perché, per quanto si dicesse che era stato lui ad avvicinarsi alla fine, la verità è che era stata lei a cercare le labbra di lui. Sospirò, in realtà nemmeno quello era il problema.
La cosa che la preoccupava davvero era ciò che sentiva da quando le loro bocche si erano incontrate.
Sentiva come un fuoco che era nato da delle braci rimaste sotto la cenere da lungo tempo ma che non si erano mai spente del tutto.
Non era mai successo quando baciava Louis.
Louis era l'acqua, la avvolgeva e la tranquillizzava ma Chuck era il fuoco, la bruciava e la faceva sentire viva come non mai. Sapeva che se avesse visto Chuck mentre era in quelle condizioni gli sarebbe saltata addosso.
E Blair Waldorf non salta addosso a nessuno.
“Blair? Ehi, Terra chiama Blair!”
Blair si riscosse e posò lo sguardo su Nate che la chiamava senza ottenere risposta.
“Sì, scusa Nate. Cosa c'è?” chiese la mora.
“Jenny ti vuole. Vai a prepararti, la cena di stasera non si prepara da sola!” disse mentre già se ne andava. “Aspetta quale cena?” ma il candelabro era già sparito con l'eco di un 'Ah, l'amour!'.
Con un'alzata di spalle Blair si diresse verso quella che era a tutti gli affetti la sua camera.
“Ehi, Blair! Dicono che ci sarà una cena stasera, e che cena! Dobbiamo renderti strepitosa! Dunque su che colore andiamo? I capelli come li vuoi? Se vuoi posso cucirti ora un vestito, ho abbastanza stoffa e abbastanza tempo per riuscirci. Tu intanto vai da Dorota per farti preparare!”
Blair non era riuscita a dire una parola. Jenny era un vulcano in iperattività e guai a cercare di fermarla.
“Ah, Blair! Devo prenderti delle misure, vuoi? Vanessa, potresti aiutarmi?”
Lo spolverino spuntò da dietro la porta. Evidentemente Jenny, l'aveva vista passare.
“Certo! Che misure ti mancano?” chiese lo spolverino avvicinandosi a Blair.
“Dunque, Blair prendi questo metro e dammi la misura della vita, delle spalle, dei fianchi e della lunghezza delle gambe. Vanessa, tu guarda che le prenda bene e dalle una mano”.
Jenny, nel ruolo di sarta aveva una sicurezza che le era sempre mancata e che le avrebbe dato la forza di presentarsi alla mora prima. “Ottimo, ho tutto ciò che mi serve e ora, Blair, vai a prepararti, sarà una grande, grandissima serata!” La mora lasciò l'armadio indaffarato e eccitato per il lavoro che stava per svolgere.
“Ma di che cena state parlando tutti quanti?” chiese Blair perplessa.
“Ah, niente di che. Era tanto che non vedevamo qualcuno di umano oltre a Chuck e questo ha dato alla testa un po' a tutti. Su, seguimi. Devi farti una doccia, truccarti pettinarti... Sai, alcune delle cameriere che sono rimaste qui erano anche parrucchiere e una era una truccatrice divina, anche se, non so, se vuoi fare da sola...” disse Vanessa con tono interrogativo.
“Un po' di aiuto non fa mai male” disse diplomatica Blair e le due si avviarono per fare ciò che avevano appena detto.
****
“Ah, Dan, è fatta! Quei due si possono solo innamorare tra loro! Saremo di nuovo umani, ci pensi?”
Nate era al settimo cielo, si vedeva già abbracciato alla sua Serena a Central Park, senza dover più guardare in alto per vedere qualcuno in faccia.
“Non ne sono così convinto. Chuck non sembra affatto interessato a lei...” Dan non voleva esultare troppo presto. E c'era quel nome che gli ronzava in testa
Chi diavolo è Louis? Sono sicuro di non averlo mai sentito nominare prima...
Decise che avrebbe indagato e che, per il momento non avrebbe detto nulla al suo amico.
“Non sembravano così disgustati prima, mentre si baciavano”
“Ah, cosa vuoi che... CHI HA BACIATO CHI???” Dan era sicuro che si fosse arrugginito qualche ingranaggio. “Allora c'è speranza per davvero!” esclamò Dorota che era arrivata giusto in tempo per sentire la notizia.
 
“Già. E se quello è disinteresse, io sono un fiammifero.” asserì convinto il candelabro.
“Di nuovo umani”. Il sussurro di Dan era sbigottito, shockato.
“Già, di nuovo umani” rispose Nate, con la speranza nella voce.
“Avanti, allora! Dobbiamo soffiare sul fuoco finché è caldo! Diamo una sistemata a questo hotel, deve diventare splendente! Radunate tutti! Io vado da miss Blair a vedere se ha bisogno di una mano!” ordinò Dorota mentre già si avviava.
I due non poterono fare altro che annuire e iniziare a chiamare tutti e quei tutti erano un po' più di quelli che avevano detto a Blair.
****
Era tutto pronto. Tutto perfetto.
La decadenza che aveva caratterizzato l'Empire negli ultimi anni era sparita, soffiata via da un vento che prendeva il nome di Dorota. La piccola teiera aveva fatto un lavoro magistrale, riuscendo addirittura a trovare tra gli oggetti incantati qualche vecchio elettricista che sistemasse gli ascensori e che desse un'occhiata all'impianto elettrico. Le scale, che era impossibile riparare in poche ore, erano nascoste da lunghi teli che scendevano dal soffitto come cascate cremesi.
Tutto splendeva come se dovessero entrare da un minuto all'altro gli antichi clienti. Ma ciò che davvero dava una nuova luce all'hotel era Blair Waldorf. Appena Chuck la vide sentì uno strano languore al petto e il suo stomaco fece una capriola. Le farfalle sono tornate pensò con una certa malinconia, sicuro che non l'avrebbe mai detto a Blair.
Blair che in quel momento scendeva le scale che portavano alla sala da pranzo.
Blair che era avvolta dalla seta blu notte del vestito che la rendeva bellissima.
Blair che era diventata la luce nel buio, una luce tremula e debole ma che dopo anni di oscurità li riscaldava come il sole.
Le prese la mano portandosela alle labbra.
“Waldorf, sei una visione stasera.” soffiò sulla sua mano.
“Grazie, Bass. Anche tu non sei male.” disse sorridendo B.
Blair si stava chiedendo come fosse possibile che il suo papillon fosse sempre dello stesso colore del suo vestito. Aveva iniziato a pensare che lui indagasse su cosa lei si metteva prima di vestirsi.
Si avvicinarono alla tavola imbandita, senza fretta, godendosi la sensazione delle loro mani strette l'una nell'altra.
 
“Devo dire che mi stai mettendo a dura prova” disse Chuck, guardando Blair con un pizzico, forse più di un pizzico di malizia negli occhi.
“Che intendi?” chiese Blair, che sperava di aver mal interpretato le parole di Chuck.
“Be', sai quanto amo la nuca e tirarti su i capelli in quel modo, quindi, Waldorf, è un chiaro invito”.
Blair si morse appena il labbro.
“Inoltre” sussurrò nel suo orecchio “ho appena scoperto che adoro le scollature sulla schiena”.
La mora sospirò mentalmente. Aveva chiesto a Jenny qualcosa di bello e provocante ma di certo non si aspettava una scollatura che lasciava scoperta tutta la sua schiena.
La stoffa la avvolgeva delicata, allargandosi sulle gambe mentre si sedeva per mangiare. Dorota si era superata, entrambi pensavano che quello fosse stato il suo più grande lavoro. Chuck aveva deciso di comprare a Blair un sacco di vestiti blu.
Amava il modo in cui il colore rendeva la sua pelle più chiara, i suoi capelli più castani e i suoi occhi più luminosi e ammalianti. Mangiarono tra una battuta maliziosa e una risposta a modo. La Squadra Chair ammirava il suo operato con orgoglio. Sentivano già il profumo dell'aria primaverile newyorchese, il freddo pungente sulla pelle, i colori dell'estate negli occhi.
“Musica! Ci vuole della musica!” le note di Moon River si diffusero nell'aria.
“Waldorf, non oso immaginare con chi sei stata costretta a ballare in questi anni. Mi permetti di rimediare all'incompetenza dei tuoi passati accompagnatori?”
“Bass, puoi semplicemente chiedere 'Mi concedi questo ballo?', non ti avrei ucciso” disse la mora mentre accettava la mano che le veniva offerta.
“Come tu ben sai, la semplicità non è nel mio stile” rispose sogghignando.
Blair, tuttavia, si ritrovò a concordare con lui. Stava cancellando gli orribili ricordi dei balli a cui aveva partecipato nei quattro anni precedenti di passo in passo. Si adattavano l'un l'altra come due fili intrecciati
 Chuck guidò lentamente Blair verso l'ascensore, fece cenno a Nate, che vedeva appostato poco lontano da loro, di chiamarlo. Quando vi arrivarono davanti era aperto che aspettava solo loro.
Senza smettere di ballare entrarono dentro. Quando si chiusero le porte, le loro labbra erano già unite in un bacio che aveva ben poco di dolce e delicato.
Tutto ciò che esprimeva quel bacio era passione.

Angolo Autrici Cast.

L- No, no, no, no! Tutto sbagliato! Tutto sbagliato!
N- Sì, sì, sì, sì! Tutto perfetto! Tutto perfetto!
L- Tasci, candelabro senza fiamma! N- In guardia, francesino! Non resterò un candelabro ancora per molto e qua giù sono in forma umana!
L- Avanti! *Inizia una violenta rissa*
D- Io scommetto dieci euro psu Nate.
Viviana *Va-nes-sa, NON È COSÌ DIFFICILE*- Io punto sul francese. Nate non mi fila dopo anni di corte spassionata, se li merita un paio di lividi u.u
Do- Mr. Nate! Mr. SperoPerLeiCheNonAbbiaToccatoMissBlair! Smettetela subito!
Marty- Ma è possibile che se ci distraiamo un attimo, siete sempre qui a disturbare?
Monkey- Woof Woof! *tradotto: Io glielo ripeto mille volte, ma mi ascoltano, secondo voi? NO! Sono solo un cane-poggiapiedi!*
Fede- Nate, Louis, staccatevi IMMEDIATAMENTE!
*Si abbassa la polvere, mostrando un Nate vittorioso e un Gaston sanguinante*
Marty- Bravo Nate!! Finalmente qualcuno ti picchia dannato capitolino!
Fede- Marty, contieniti. In fondo, anche se è uno sciocco babbano, ci serve per la storia!
Marty- Tranquilla, farò in modo che non subisca danni permanenti, quel mondano. Potrei fargli un iratze...
Fede- Ma i mondani impazziscono o muoiono se gli vengono fatte delle rune!
Marty- Dannazione, mi hai scoperta!
*fangirl mode: on*
S- Ma dove sono Chuck e Blair?
*Tutti tacciono. Rumori infraintendibili provengono dal piano superiore*
N- Ci stanno dando dentro, eh!
L- Ma... Lei non ha mai voluto farlo con me!!
Viurica *BASTA! NON NE POSSO PIÙ*- Be', non sembri uno molto... capace.
L- Mi ritengo offeso.
S- Nate, li raggiungiamo?
N- Perché no? A che livello sono?
S- L'ultima volta erano al mondo 7, ma non mi ricordo il livello.
N- Chuck! Io voglio fare Luigi!
S- Voglio il toad blu!
B- Sbrigatevi! Sarà la decima volta che proviamo a battere il boss del castello!
C- Prendi le pile, Nate! Non sono sicuro che gli altri due telecomandi funzionino!
*Fu, così che il NJBC si riunì per un'amichevole partita a Super Mario Bros Wii. Insieme, riuscirono a salvare la principessa Peach e a sconfiggere Bowser.*
E fu così che le vostre povere autrici riuscirano a riprendere il controllo del LORO angolo!
*coff coff*Salve bellezze ♥ Eccoci di ritorno con questo scoppiettante capitolo, come sempre speriamo che vi piaccia, anche perchè siete voi il motivo per cui questa storia ha vita ♥
M: Oh, ma come siamo poetiche oggi u.u
F: Per i nostri adorati lettori questo ed altro :*
M: Quindi non manchiamo di ringrazrvi...
F: Grazie a  FantasyAle Giada_Chair  Gio__Styles Jessica_GG Giuls17 per aver inserito la storia tra le preferite ♥
M: Grazie anche a   Anerol   anne tudor  blue_sun23   Deb86  Futura sceneggiatrice  Giada_Chair NemyChoi   Novalis   Nunziacri RBAA  rosy_hopes e  yopu per averla inserita tra le seuite ♥
F: E ovviamente grazie ai lettori silenziosi...
M: E a coloro che recensiscono, stavolto regaliamo a tutti una torta alla crema *Q*

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Capitolo 15
*** Only moon can see us. ***


Only moon can see us.

 

I primi raggi solari attraversarono le finestre, accarezzando eleganti tende ed il suo viso ancora addormentato, un leggero ticchettio – come quello della pioggia che andava ad infrangersi contro il vetro – le risuonò nelle orecchie, costringendola ad abbandonare Morfeo.
Pensò che stesse piovendo, e l'idea le piacque parecchio, perché non c'è niente di meglio di una mattina passata a poltrire fra le lenzuola mentre fuori la pioggia fungeva da sottofondo.
Aprì pigramente gli occhi ancora assonnati, rigirandosi tra le coperte dai tessuti pregiati e facendosi avvolgere della piacevole sensazione del caldo dei piumoni.
Sospirò beata, plasmando un pigro sorriso sulle labbra scarlatte, seppur prive di rossetto, e aprendo solo di poco gli occhi.
Quando fu completamente sveglia lasciò che lo sguardo ancora confuso si poggiasse su ciò che la circondava.
Era sempre così la mattina, il cervello in movimento per cercare di distinguere il sogno dalla realtà, e constatò che quella non era la sua stanza, nessuna delle sue stanze.
La pioggia picchierellava ancora, ma non contro la finestra: il sole si era appena svegliato e non c'era traccia di temporali nell'azzurro cielo newyorchese.
Si voltò lentamente in direzione del rumore, lo sguardo studiò attentamente l'ambiente circostante: vestiti sparsi sul pavimento, quadri che conosceva fin troppo bene.
Il rumore non era quello di un temporale, ma di una doccia.
Si portò le mani al viso nello stesso istante in cui si rese conto di quello che era successo: era nuda, nel letto di una stanza che non era la sua.
E sapeva fin troppo bene chi si celava dietro la porta del bagno.
I ricordi della notte appena trascorsa cominciarono ad inondarle la mente mentre lei scendeva dal letto alla ricerca dei vestiti.
L'aveva spinta contro la parete dell'ascensore, senza troppe cerimonie. In ogni caso non era quello che voleva lei,
I baci erano insistenti, affamati, lussuriosi, ma non nel modo in cui dovevano esserlo.
Perché lei lo sapeva, che non era un semplice bacio quello che bramava, non era una donna che avrebbe saziato il suo appetito,
No, era Blair Waldorf che voleva.
Solo lei. Sempre lei,
E l'avrebbe avuta, pensò con un pizzico di colpevolezza la diretta interessata mentre i baci passavano dalla bocca al collo e le gambe di lei lo avvolgevano.
Recuperò una scarpa, chinandosi per cercare la sua compagna sotto l'ampio letto a due piazze.
L'ascensore suonò e le porte si aprirono sul salotto della suite Bass.
La corsa era finita, il punto di non ritorno era stato raggiunto.
Blair sussurrò il suo nome, mentre lui si allontanava da lei quel poco che bastava per farle posare nuovamente i piedi a terra.
Le porte dell'elevatore non si erano ancora richiuse quando le loro bocche si ritrovarono, e loro inciampavano andando a tentoni verso la porta della camera da letto.
Ritrovò la sua Loubuotin vicino alla porta, mentre malediceva se stessa, ancora una volta, per aver ceduto al lato oscuro.
Sbagliando, sbagliando, sbagliando come faceva sempre quando lui era nelle vicinanze.
Era inevitabile, come loro due, constatò con rammarico.
Il vestito era volato via in men che non si dica, così come sarebbe volata via ora la camicia di lui.
Blair armeggiava con gli ultimi bottoni.
Alla fine si ruppe.
Il suono dei bottoni che rimbalzavano sul pavimento non riuscì a coprire un rumoroso ma indistinto gemito che si diffondeva nell'aria.
Un ricordo si impose sugli altri, con una forza molto vicina alla violenza, sommergendola e confondendola ancora di più.
Il sussurro di Chuck era arrivato inaspettato alle sue orecchie.
Sei sicura?”
Un mare di ricordi l'aveva investita.
Era un'altra notte, un altro tempo, un altro luogo.
Eppure lei aveva risposto allo stesso modo alla stessa domanda che le aveva posto quella volta, aveva risposto avvicinandosi e accostando le sue labbra a quelle di lui.
E niente li aveva interrotti quella notte.
Infilò la biancheria intima sospirando, il suo reggiseno giaceva a terra, tra i bottoni di madreperla, che la notte precedente avevano abbandonato il proprio posto sulla camicia di Chuck.
A lui non era dispiaciuto, comunque.
Si domandò se in questo momento, sotto la doccia, gli dispiacesse invece.
I baci erano diventati più dolci, forse per la consapevolezza che, oramai, nessuno dei due si sarebbe più potuto sottrarre.
I baci di Blair raggiunsero presto il petto di Chuck, mentre lui la teneva stretta, accarezzandole le gambe e rubandole qualche sospiro.
La bruna si era accorta, quella sera, che la spalla era un suo punto debole.
E anche Chuck lo aveva notato.
Non si spiegava, altrimenti, l'impegno con cui vezzeggiava una porzione già rossa di pelle.
E il sorriso malizioso che aveva rivolto ad una Blair intenta a martoriarsi il labbro per trattenersi non era che un'ulteriore conferma.
Blair scivolò sul petto di Chuck, sensuale.
Il sorriso ironico che lui aveva sulle labbra era sparito, volatilizzato, non appena la mora aveva baciato la pelle dello stomaco piatto.
E quando la lingua di Blair aveva sfiorato l'ombelico con timida audacia, tutto ciò che fece fu prendere le sue labbra e baciarle con passione.
Si massaggiò con delicatezza la spalla, mentre cercava il vestito nel caos che si erano lasciati alle spalle.
L'acqua continuava a scandire il tempo mentre lei si affannava nella stanza
Ma non era stata solo malizia, quella notte Blair aveva scorto un lato di Chuck che non conosceva e che avrebbe voluto vedere più spesso.
Man mano le carezze si facevano più delicate, mentre le dita affusolate di lei accarezzavano i capelli scuri di lui.
Ci furono tanti baci quella notte: sul viso, sulla pancia, sulle labbra, sulla mascella. Furono più di quanti gliene dovessero essere concessi.
Perché i baci sono pericolosi, sono patti silenziosi fra amanti, sono sospiri regalati, e non rubati, sono frasi sussurrate, non pretese.
Sono tre parole, sette lettere.
E quella notte, i baci sarebbero stati la loro rovina.
Recupererò anche il suo vestito, infilandolo con la stessa velocità con la quale l'aveva perso.
Ascoltò in silenzio il rumore della doccia, ma questo s'interruppe dopo pochi secondi.
Blair, lasciò in fretta la stanza, senza guardarsi indietro, scomparendo tra le porte dell'ascensore.
La passione aveva lasciato spazio alla dolcezza, quando entrambi si accorsero della luna, unico testimone del loro peccato.
Chuck l'abbracciò da dietro, immergendo la testa tra i suoi boccoli e posandole un bacio riverente sulla spalla nuda. Lei sorrise, girando la testa e rispondendo al bacio con uno sulle labbra.
Dolce, casto e innocente.
Loro non lo erano, non dovevano esserlo.
Si addormentarono l'uno tra le braccia dell'altra, perché, fin quando la luna era l'unica testimone, tutto era loro concesso.
Non doveva essere molto presto, la casa era già in movimento.
Un tintinnio annunciò l'arrivo dell'ascensore al piano terra.
Le porte si spalancarono e Blair uscì di fretta, biascicando un saluto a Dorota e Dan, che stavano chiacchierando vicino alle scale.
Corse in bagno, aprì l'acqua e la fece scorrere sul viso.
Il cuore le martellava nel petto, sempre più forte, sempre più veloce.
Credette di star per avere un infarto, ma lei lo sapeva, non era così.
Era una sensazione familiare, che non sentiva da tanto – quattro anni, le ricordò la fastidiosa vocina nella sua testa – e che era accompagnata da un brontolio nello stomaco, un brontolio spaventosamente simile ad uno svolazzare, uno sbattere d'ali di farfalle che credeva – sperava – morte.
Si lasciò cadere contro il muro, la testa fra le mani.
Perché non poteva affrontarlo, non di nuovo.
Si alzò e si sciacquò ancora il viso,
Infondo poteva farlo, cancellare tutto, ora che era in tempo, ora che il sole splendeva alto in cielo e che la luna era lontana.
Ora che quell'unico testimone ancora non poteva parlare.

Angolo autrici.

*PAPPARAPAPPAPA*
*Rullo di tamburi*
*Musichetta ad effetto in sottofondo*
Benvenuti ai Settantacinquesimi Hunger Gam-
F- Porca Coin, Snow, hai sbagliato fandom è.é
Snow- Oh, avete ragione, pardon.
F- Per questa volta va bene, la prossima ti diamo in pasto agli ibridi u.u Vero Marty?
M- Prossima volta?! Scusa Seneca, puoi portare via quelle adorabili bestiole. Mangeranno la prossima volta.
*Snow va via borbottando su quanto i fandom privi di un dittatore siano indisciplinati*
M&F *Wow, sembra il logo di una ditta! n.d. M* *Hai ragione! n.d. Fede*- Scusate l'inconveniente, ma ormai il nostro angolo sembra essere stato infestato da ogni fictional charachter esistente, dovremo dire ad Hagrid di fare più attenzione quando chiude la nostra porta interdimensionale u.u Ma tornando a noi: IL RATING È STATO ALZATO! E speriamo davvero che vi faccia piacere XD Abbiamo voluto farvi una sorpresa e be', speriamo vi sia piaciuta. Quindi, SORPRESA! Come vedete la storia inizia a distaccarsi dalla fiaba, quindi fateci sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
C- Ahehm.
M- Sì, sì. Vi lasciamo il posto
*Marty e Fede si mettono in un angolo borbottando alla mancanza di rispetto nei personaggi oggi giorno*

Angolo Cast.

B- Io... Voi... BASTA, VI UCCIDO!!
M- S-suvvia, Blair. Non mi sembra il caso.
F- Diglielo anche tu, Chuck!
C- Be', Blair, non mi sembravi tanto dispiaciuta quando ti...
B- TACI O GIURO SULLE TUE AMATE BOTTEGA VENETA CHE FARÒ IN MODO CHE TU NON POSSA FARE PIÙ CERTE COSE!
C- Ma poi ne soffrirai anche tu!
B- TI HO DETTO DI TACERE!
S- B, calmati. Chuck, allontanati. Lo dico per il tuo bene. Blair, va tutto bene *si avvicina come un domatore ad una bestia furiosa*. Nessuno ti farà del male ne ti giudicherà.
Valeria *VA. NES. SA!*- Guarda, guarda Blair!
B- ZITTA, VERA! NON OSARE!! S, DOV'È LOUIS? NON POSSO FARMI VEDERE DA LUI!!
N- È in infermeria. Non si è ancora ripreso dalla rissa dello scorso capitolo u.u
D- A proposito, Vittoria *NON TI CI METTERE ANCHE TU!!* qualcuno qui ha vinto una scommessa e vuole riscuotere i suoi dieci euro...
*Violemi *Mi sono rotta* fugge via, inseguita da un orologio furioso*
C- Nathaniel, vieni qui. A quanto pare gli unici abbastanza in se siamo io e te. Ringraziamo.
N- Grazie infinite a: blue_sun 23
C- LaylaLaRed
N- FantasyAle
C- _Giuls17_
N- NovalisC- Giada_Chair
C- E infine a Gior_gia_ 28.
N- Grazie a tutte e, come ci hanno detto di fare le nostre autrici, arriverà a tutti una torta al cioccolato.
C- Un bacio a tutte!

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Capitolo 16
*** Scars from the past ***


Scars from the past

 

Chuck non si aspettava di trovarla nel letto ad aspettarla.
Era Blair, non restava lì ad aspettare dopo aver fatto sesso con uno dei suoi migliori amici che aveva creduto morto per quattro anni e che aveva scoperto vivo solo due giorni prima.
O meglio, nessuna persona sana di mente lo farebbe.
Non poté fare comunque a meno di avvertire una piccola fitta di delusione nel vedere il letto sfatto e vuoto.
Blair non c'era. Logico.
Ma se non si sperava com'era possibile rimanere delusi?

********************************

Il suo piano era molto semplice.
Fintanto fosse stata insieme a qualcuno, lei e Chuck non sarebbero finiti a fare cose di cui poi si sarebbero pentiti.
E c'era un altro problema che la stava tormentando e che rispondeva ad una chioma castana e un accento francese molto marcato.
“Dorota, il telefono!” ordinò.
Partiamo dalle cose semplici, per modo di dire.
Compose il numero velocemente.
“B? B, DOVE DIAMINE SEI FINITA? Io e Louis siamo preoccupatissimi! Ascolta, so che era un giorno... particolare ma non mi pare il caso di sparire così! Stai bene, vero? Perché ti ho visto...”
“Dove? Dove mi hai visto, S?” Blair era accigliata.
“Lascia perdere. Torniamo al punto principale. Dove sei?”
La mora si morse il labbro.
Aveva cercato una scusa che non sembrasse troppo idiota ma non ne aveva trovate.
“Sono... bloccata dalla neve, sì”.
“Perfetto, ma dove?” Si stava immaginando la nota spazientita nella voce dell'amica?
“In... un posto a New York”.
“B, dimmi solo se stai bene” Blair sorrise: Serena era l'unica che capiva esattamente quando smettere di fare domande e quando doveva accontentarsi di risposte vaghe.
Era l'unica che la capiva davvero. “Oltre a lui” “Taci, vocina!”
“Sto bene, S. Ti prometto che ti dirò tutto, prima o poi. Nel frattempo, potresti coprirmi con Louis?” B sapeva che stava facendo un azzardo.
Sperava che l'amica capisse.
Sperava che non chiedesse.
Sperava che si fidasse di lei.
Ci fu un attimo di silenzio dall'altra parte della cornetta.
“D'accordo. Posso dire che sei da tua madre? Magari chiamo anche lei e glielo dico” disse Serena dubbiosa.
Blair tirò un sospiro di sollievo.
Nate era vicino a lei, con aria pensosa.
“Chi è Louis, Blair?” un'occhiataccia da parte dell'amica lo fece zittire.
“S, sei la migliore amica che si possa desiderare! Grazie e prometto che, appena potrò, ti spiegherò tutto!”
“Mi fido di te, Blair” e con queste parole riattaccò.

******************************************

La voce della mora le era sembrata normale, appena preoccupata, ma forte come sempre.
La preoccupazione per lei era quasi scomparsa sostituita in gran parte da una prepotente curiosità.
Dov'era, cosa faceva e con chi era Blair?
Erano domande che la tormentavano da due sere prima.
Come aveva detto, si fidava di Blair, e proprio per questo aveva insistito perché Louis aspettasse a chiamare la polizia.
Se Blair fosse stata in pericolo o avesse avuto bisogno di qualcosa glielo avrebbe fatto sapere sicuramente. Trovava sempre il modo di farlo.
Si ricordava ancora di quando, al liceo, aveva fatto in modo che la preside la chiamasse nel suo studio solo per dirle a che ora incontrarsi nel pomeriggio.
Scosse la testa, divertita, al ricordo.
Ricordava come lo avesse raccontato a...
Spalancò gli occhi come se le avessero dato un pugno nello stomaco.
Blair, chi è Louis?”
Aveva vagamente sentito la domanda rivolta alla mora dall'altra parte del telefono.
Non le aveva dato peso, finché non aveva riconosciuto la voce.
Le questioni erano due: o era impazzita e iniziava a sentire le voci delle persone scomparse, oppure Blair era con Nate.

*********************************************************

“Allora?”
Blair sentiva lo sguardo di Nate seguirla mentre la guidava nell'hotel, mostrandole ogni anfratto possibile.
“Allora cosa?”
“Sai cosa voglio dire” e Blair lo sapeva.
Si riferiva a Louis. Il suo fidanzato, o meglio, quasi-fidanzato. Le aveva fatto la proposta poco tempo prima.
E lei non aveva ancora risposto.
Non sapeva perché. Amava Louis, ne era certa, ma non era altrettanto sicura di voler passare con lui il resto della sua vita.
C'era qualcosa, che neanche lei sapeva identificare, che la bloccava, la tratteneva, la ancorava al passato senza lasciarla andare avanti, senza lasciarla dimenticare.
E credeva di aver appena dato un volto a quel qualcosa. Un volto che la guardava con un sorriso malizioso e uno sguardo pieno di domande non dette, risposte non fatte e promesse non dichiarate.
“Nessuno in particolare, Nate. Un... caro amico”. Sì, poteva andare come scusa.
Il 'sarà' sospettoso del candelabro non la rassicurava del tutto ma non aumentava nemmeno l'agitazione.
“Ma l'hotel non era quasi vuoto quando c'è stata la maledizione?” domandò Blair, mentre salutava l'ennesimo appendiabiti e faceva attenzione a non pestare un pettine che stava saltellando verso di loro.
Nate fece una risatina nervosa. “Quando ti abbiamo vista entrare nell'hotel, ci siamo messi d'accordo nel dirti della maledizione ma cercando di rendertela meno 'spaventosa'. Quindi abbiamo diminuito drasticamente il numero di persone rimaste coinvolte. C'erano tutti i lavoratori ma non molti ospiti”.
Blair annuì tra se. “Senti, come ci si sente ad essere un candelabro?”
“Oserei dire fiammeggiante, ma suonerebbe fin troppo ironico” fece un sorriso sarcastico ma i suoi occhi erano oscurati dal peso dei ricordi.
Blair attese che iniziasse il suo racconto mentre leggeva la tristezza nel volto di cera dell'amico.
Nate prese un respiro profondo, come se si stesse per immergere, come se stesse annegando nel mare del passato.
“All'inizio era spaventoso. Non riuscivo davvero ad immaginare di poter vivere in questo corpo. Non riuscivo a controllare le fiamme, bruciacchiavo tutto quanto e ho rischiato un sacco di volte di ridurmi ad una pozza di cera perché mi dimenticavo che mi scioglievo vicino ad altre fiamme. Ma ci si fa l'abitudine. Probabilmente se fossi rimasto solo sarei impazzito, ma c'erano anche Dan e Dorota. E c'era Chuck. Lui non ci ha mai trattato in modo diverso, nel bene e nel male. Dan era sempre Humphrey, Dorota era sempre Dorota ed io ero sempre Nathaniel. Sai, la prima notte dopo la maledizione si era chiuso nella sua suite. Non faceva entrare nessuno, urlava di non avvicinarsi. La mattina dopo riuscii a parlarci. Non mi fece entrare, mi parlò attraverso la porta. Mi disse che non si era trasformato in niente, che aveva paura, che non sapeva cosa pensare. Mi disse che gli dispiaceva. Che non voleva, che non credeva che anche io sarei stato vittima di ciò che era. Rimase chiuso nella suite per una settimana. Ogni giorno mi avvicinavo alla porta e, non appena lo chiamavo, lo sentivo rispondermi al di là della parete. Mi aspettava. Parlavamo di voi, del futuro. E ogni volta mi chiedeva scusa.”
Quando Nate smise di parlare, per Blair fu come se una bolla fosse esplosa ricordandole dove fosse.
Aveva la bocca dischiusa, in un'espressione rapita.
“E poi cosa successe? Cosa cambiò?” domandò con l'impazienza di una bambina che ascoltava una favola. La favola più triste che avesse mai sentito.
“Lui cambiò, letteralmente. Uscì dalla suite senza farsi vedere da nessuno e non appena mise il piede fuori dal perimetro dell'Empire si trasformò. La mattina dopo la porta era aperta e lui era seduto per terra che si guardava i vestiti strappati con l'aria stupita e sconvolta di un bambino. Ci misi tutta la mattina a convincerlo a dirmi cosa fosse accaduto e tutto il giorno a farlo riprendere. Io avevo avuto tempo -anche se poco- per abituarmi alla mia... condizione. Lui aveva appena subito lo shock che io avevo iniziato a superare. E come lui c'era stato per me – anche se in un modo tutto suo – quello era il mio turno per sostenerlo.”
Blair notò solo allora quanto si fosse rafforzata l'amicizia tra Chuck e Nate in quegli anni.
C'erano stati quando nessun altro poteva capirli l'uno per l'altro.
Avevano affrontato quella maledizione insieme, non superandola, ma imparando a sopportarla.
Avevano riacceso la speranza nell'altro quando credeva non ce ne fosse più e erano stati consolati quando erano preda dello sconforto.
Avevano disinfettato le cicatrici che il passato aveva lasciato su entrambi, sopportando a denti stretti il presente.

Proprio come lei e Serena.
“Nate, io...”
“Devo proprio andare, Dan mi ucciderà se non lo aiuto a sistemare giù. A dopo, Blair.”
E Blair non vide un candelabro che se ne andava via saltellando.
Vide solo un ragazzo alto, biondo, con le spalle larghe e una camicia azzurra come i suoi occhi, con una mano tra i capelli che camminava tranquillo e che si girava per sorriderle prima di sparire da davanti ai suoi occhi.
E Blair non seppe quando le sue lacrime avevano iniziato a scorrere.
Seppe solo che non si fermavano, perché non sapeva quando avrebbe visto davvero quel viso, quel sorriso.
E Blair non si accorse di come un paio di braccia fin troppo conosciute l'aveva avvolta.
Si accorse solo di una mano leggera che le sfiorava il volto, in una carezza consolatrice, e di un paio di labbra che si posarono sulle sue senza insistenza.
E Blair non capì come quel bacio si fosse evoluto in qualcosa di più, qualcosa di proibito, di sbagliato, di perfetto.
Capì solo che era il suo cuore che gli sussurrava di farlo e che, per una volta, poteva concedersi di ascoltarlo.

 

Angolo Autrici.

 

Buonsalve a tutti! Quanti feels in questo capitolo, tutti per voi, cari lettori! Che dire, questo capitolo (Marty) non ne voleva proprio sapere di uscire dalle mie dita. L'inizio è stata una faticaccia, non sapevo cosa fargli fare, dire, pensare. Poi è arrivato Nate e ha detto “Ehi, è il mio turno!” e gli ho lasciato il controllo totale del capitolo. Il vero protagonista oggi, possiamo dirlo, è lui u.u Che ve ne pare del colpo di scena? Anche qui non c'entro niente. Prendetevela con S e Nate che fanno di testa loro.
F- Dobbiamo riprendere un po' il controllo dei personaggi, Marty.
M- Hai ragione, ma come facciamo?
F- Non lo so, ma qualcosa ci inventeremo u.u
M- Nel frattempo, possiamo lasciarli fare, no?
F- o.O Perché mai sei così buona? Che stregoneria è mai questa?
M- Riuscire ad avere la firma di Cassie sulla tua copia di Città d'Ossa e dell'Angelo (dopo tre ore di coda, ma vabbè) ha i suoi lati positivi u.u
D- Ti porterò a tutti i signing che vuoi se sei così dopo ognuno di questi.
M- Guarda che l'hai detto, Dan.
B- Sì, bene. Ora fate spazio.
F- D'accordo, d'accordo. Ma ricordatevi che noi possiamo farvi fare tutto, chiaro?

Angolo Cast.

C- Nathaniel, ti sembra il caso di sbandierare a tutti i miei momenti peggiori?
N- Dai Chuck, in fondo, ti ho lasciato solo con Blair! Dovresti ringraziarmi!
B- NATE! COSA HAI FATTO??
N- Ehm, non è quello che intendevo!
C- Oh, è esattamente quello che intendevi. Vendetta, dolce vendetta.
B- Razza di... e ti sei fatto sentire da S!
S- B, non dovresti tenermi certe cose segrete!
B- Serena, te lo avrei detto non appena avessi potuto chiedere a quel maniaco se andava bene.
L- Blair! Cosa stai fascendo??
B- Ma non eri ancora in infermeria tu?
L- Mi hanno dimesso oggi e sono venuto subito da te.
C- Louis, mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte. Blair è mia. Non ti ama, ama me e solo me. Vattene, nessuno ti vuole.
L- Ma, ma...
*Si guarda intorno alla ricerca di qualcuno che lo consoli ma incontra solo sguardi freddi*
L- MI VANDICHERÒ! SAPPIATELO!
*Sparisce in una nuvola con tanto di fulmini*
C- Uh, che paura.
N- Lo posso mettere al tappeto di nuovo quando vuole.
Van... *SÌ!! Finalmente!!*... da *-.-”* -Ma se intanto, ringraziassimo chi ha recensito?
Monkey- Woof, woof woof woof.
D- Dunque, dice che ringraziamo con tutta la pelliccia FantasyAle, Novalis, Giada_Chair e LaylaLaRed.
C- Quando hai imparato il canide?
D- Un orologio sa sempre come amministrare il suo tempo e ne trova anche per fare altro u.u
B- Oppure lo capisci perché lo parli anche tu, senza offesa Monkey.
M- Woof. (Non ti preoccupare :P)
S- Tornando a noi, credo che questi biscotti alla nutella e mascarpone siano per voi, recensitrici (?)
B- Ciao!

 

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Capitolo 17
*** We could have had it all ***


We could have had it all

 

“Chuck”
Un umido sussurro contro le sue labbra riportò entrambi alla realtà.
“Non posso” sussurrò nuovamente abbassando lo sguardo.
Lo sospirò così piano che lui non sapeva se l'aveva sentito davvero o se era solo frutto della sua immaginazione.
Si ritrovò comunque a chiederle il perché, con una nota delusa e confusa nella voce. Non la capiva, non credeva sarebbe mai riuscito a farlo.
Lei era Blair Waldorf, la creatura più complicata di questo universo.
La bambina che si rifiutava categoricamente di indossare pigiami che non venissero direttamente dalla Francia.
La quindicenne che si chiudeva in bagno, lasciando scorrere l'acqua e la tristezza mentre il mondo ignorava le sue urla silenziose.
La diciassettenne a cui aveva spezzato il cuore.
La ventenne che... be', non lo sapeva.
Si rese conto di non sapere nulla di questa Blair, di non conoscerla fino in fondo. C'era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa che non riusciva a decodificare, perché non apparteneva alla sua Blair.
Era qualcosa che apparteneva alla Blair del presente, quella degli ultimi quattro anni, che non indossava più i cerchietti e non dettava più legge nei corridoi della Constance.
Un pensiero gli sfiorò la mente: probabilmente, quello sguardo, era quello della Blair di qualcun altro.
“Perché?” ripeté in risposta al suo mutismo. Serrò la mascella allontanandosi da lei e facendo scivolare via la mani dalla sua vita.
“Io… non… Non posso e basta, ok?” rispose sulla difensiva, guardandosi intorno a disagio.
“Blair, perché?” ripeté Chuck ancora una volta.
Doveva sapere.
Aveva bisogno di sapere.
Blair sospirò pesantemente, prima di ritornare a guardarlo negli occhi.
“Sono passati quattro anni, Chuck, le cose cambiano.”
Lui la guardò con uno sguardo confuso. Il calore sprigionato dall’abbraccio di poco prima era sparito, sostituito dalla freddezza del rancore e la forza del dolore che non riuscivano ad elaborare.
Perché loro funzionavano male, non riuscivano ad accettare il dolore, ignorandolo e trasformandolo in rabbia.
“Potresti essere più specifica?”
Blair sbuffò ancora, accorgendosi delle lacrime che le pizzicavano gli occhi. Perché le lacrime erano un must tra di loro. Non esistevano senza lacrime, senza dolore.
Nessuno, dopo Chuck, era più riuscita a farla piangere, né di dolore né tanto meno di gioia.
Un po’ le mancavano, quelle lacrime che bagnavano il cuscino, quelle gocce salate che nascondeva così bene da negarne l’esistenza persino a se stessa.
Non a lui, però.
E all’improvviso ricordò: un bagno luminoso, troppo, un odore nauseante, la testa che girava e le gambe molli.
Aveva quindici anni e non era la prima volta, non sarebbe neanche stata l’ultima. Le lacrime non accennavano a fermarsi, perché a quanto il mondo sembrava essersi coeso contro di lei, urlandogli che non era abbastanza, che non lo sarebbe mai stata.
Poi due braccia che avvolgevano il suo corpo tremante, la sollevavano e la portavano via da quel luogo troppo luminoso, la portavano nell’oscurità, dove nessuno avrebbe potuto vedere il suo dolore. Una carezza delicata che le sfiorava il viso e cacciava via le lacrime.
Non è mai successo, era solo un sogno, domani sarà tutto passato.
Blair scosse la testa, ritornando al presente. “Tu non c’eri, Chuck, e francamente pensavo non saresti tornato. Nessuno lo pensava. Sono andata avanti con la mia vita”
“Blair…” quello che voleva essere un rimprovero risultò solo un sospiro soffocato.
Avrebbe voluto scuoterla, dirle di smetterla di girarci intorno e andare dritta al punto.
Perché Chuck sapeva quello che stava per dirgli, sapeva che allora lui sarebbe crollato, di nuovo.
Che neanche Nate avrebbe potuto mettere a posto i suoi brandelli, questa volta.
“Mi sono fidanzata, Chuck” Mentì, sapendo che al suo dito non c’era ancora alcun anello.
“Chi?” Occhi chiusi e mascella contratta, cercando in vano di contenere la rabbia, il dolore.
“Non ha importanza” disse lei scuotendo la testa, mentre le lacrime abbandonavano gli occhi per andare a posarsi sulle guance rosee.
“Tu eri morto, Chuck” continuò con la voce rotta dal pianto, anticipando la sua domanda.
E pianse, ancora.
Perché stavolta non c’era modo di nascondersi, perché questa volta erano entrambi privi di armatura, sconfitti dal tempo e dai sentimenti, da quel destino che li voleva divisi, che cercava di dire loro che non potevano.
Che i loro nomi, nel libro della vita, erano stati cancellati e riscritti così tante volte da aver ormai consumato la matita. 
Chuck e Blair, Blair e Chuck.
“Anche Nate era morto” Non disse altro, sapendo che lei avrebbe capito, sapendo che ciò che stava facendo era stupido e puerile.
Nate e Serena ancora esistevano, sepolti da qualche parte sotto valanghe di foto e cartoline. Bastava fare pulizia, ritrovare quella fotografia sbiadita per riaccendere un amore che non si era mai spento.
Perché per loro non poteva essere così? Perché loro non potevano essere una fotografia sepolta in un armadio anziché un quadro sprofondato nell’abisso?
“Sono incinta” E, nell’abisso, sprofondò anche lui.

 

Angolo Autrici.

Benvenuti ad Hogwarts! Quest'anno io, il professor Silente, mi impegno a proteggervi da tutti i mostri e professori con intenzioni omicide che si aggirano nel castello e ch...
M- Diamine, prima Snow, ora te Silly?
F- Dovete smetterla di intromettervi nei nostri angoli!
S- Cento punti a Grifondoro per la perfetta respirazione del signor Potter!
M- Non ti conviene. Stai parlando ad una Serpeverde. Potrei accidentalmente fare una Maledizione Senza Perdono...
S- Ehm... Mi smaterializzo a Mielandia...
F- Ecco, bravo.
Dicevamo.
Tadan! Scusate il ritardo ma non siamo riuscite a fare di meglio. Speriamo di fare meglio la settimana prossima u.u Colpo di scena niente male, eh? Capitolo breve ma alquanto intenso. Che ne pensate? 
 Sinceramente non so (Fede) come mi sia saltato in mente di fare una cosa del genere XD Eppure una Corvonero dovrebbe essere più coscienziosa ç_ç Insomma: fremo dalla voglia di sapere cosa pensate di questo capitolo che, devo ammetterlo, stranamente mi soddisfa, ma di cui sono insicura a causa della sorpresina che una certa persona *sguardo omicida a Blair* ha deciso di regalarvi u.u Ve lo aspettavate?
M- Io di certo no.
F- Nemmeno io.
*si girano a guardare Blair*
B- Ehm...
M- Muahahah. Volevate l'angolo? A voi!

Angolo Cast.

C- Di chi è, Blair? Di quel falso francese?
B- …
S- Come hai potuto non dirmi niente? O me lo hai detto e non me lo ricordo?
B- …
L- Blair! Allora mi ami!
B- …
C- Avere un/a figlio/a non vuol dire che ti ami. Ama me e suo/a figlio/a.
B- …
Valeriana *Devo dire che avete una certa fantasia*- Non me lo sarei mai aspettata da te, Blair.
B- …
Do *era tanto che non appariva*- Non sono cose di cui parlare in pubblico! Continueremo più tardi. Ora a te la parola Monkey.
Mo- Woof woof woof, woof woof! (Grazie a gior_gia_28, FantasyAle, Giada_Chair, Novalis e LaylaLaRed!)
Do- Credo che questa crostata sia per voi.
B- …
Do- Ehm... Bene, al prossimo tè!

 

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Capitolo 18
*** Coming Home ***


Coming home


Lo aveva detto.
Non ci credeva nemmeno lei.
L'unica che lo sapeva era Dorota a cui aveva chiesto di comprarle un test. E non conosceva ancora il risultato.
Sapeva solo che doveva essere Chuck il primo a saperlo. Perché era sicura che il figlio non fosse il suo.
Era da prima di incontrarlo che si sentiva strana ma non l'aveva detto a S o Louis per non farli preoccupare.
Si era detta che doveva essere l'agitazione per la data che si avvicinava, che non appena fosse passata sarebbe stata meglio.
Ma aveva scoperto che erano vivi. La gioia del momento le aveva fatto dimenticare tutto e tutti: Louis, il lavoro, il fatto che potesse essere incinta, tutto dimenticato, nascosto in un angolo della sua mente. L'unica che era rimasta sempre tra i suoi pensieri era Serena.
Perché lei meritava di sapere quanto lei. Perché lei piangeva tutte le notti, quando si svegliava dall'ennesimo incubo. E non meritava di soffrire.
Quella consapevolezza l'aveva riportata coi piedi per terra. Vedeva nello sguardo di Chuck il suo shock, misto a qualcosa che non sapeva identificare. Perché Chuck non poteva essere speranzoso, vero?
“Chuck?”
Vide lo sguardo di lui metterla a fuoco, come se si fosse svegliato all'improvviso. Con uno sguardo le fece capire che poteva continuare. Che la sua confusione poteva aspettare, qualsiasi cosa fosse.
“Vorrei far venire qui anche Serena”.
Blair vide Chuck espirare bruscamente, come se gli avesse dato un pugno nello stomaco.
“Tu mi dici che sei incinta e poi mi chiedi di far venire qui anche Serena?”
Blair sospirò. Aveva perfettamente ragione lo sapeva.
“Lo so, e ti chiedo scusa. Ma ho bisogno di lei, ti prego, Chuck. Deve saperlo”.
E Chuck sapeva che Blair si riferiva a lui, al bambino, ma soprattutto a Nate.
“Io... Devo... Pensare. A tutto. Ho bisogno di tempo, capisci?”
Lo sguardo di Blair si addolcì. Capiva fin troppo bene.
“Sì” e non seppe perché le sue labbra si posarono su quelle di lui in un bacio che assomigliava ad una carezza. Un bacio che aveva il sapore salato delle lacrime.

***************************************

“Ehi, amico, che è quella faccia?” Nate veniva verso di lui, con aria gongolante.
Chuck si era chiuso nella sua stanza, ma Nate poteva entrarvi quando voleva, dato che aveva la chiave.
“Non c'è speranza, Nathaniel” vide il viso dell'amico rabbuiarsi all'istante.
“Dai, lo sai com'è Blair. Dalle tempo e vedrai che...”
Chuck sorrise comprensivo e rassegnato.
“No, Nathaniel. È davvero finita”.
All'improvviso sentì la gola annodarsi, i polmoni rifiutare tutta l'aria, il corpo pesante, gli occhi pizzicare.
Erano sensazioni che ricordava di aver già provato una volta, ma non riusciva, non voleva ricordarsi quando.
Non si era reso conto di essere crollato a terra, come una marionetta a cui era stato staccato anche l'ultimo sottile filo che lo teneva in equilibrio sul mondo.
La fragile speranza che non si era accorto di provare finché non l'aveva persa.
Fu naturale, anche se non era tipico di lui, piangere la sua disperazione.
“Chuck...” Nate si accostò all'amico, avvertendo la disperazione emanarsi da lui ad ondate forti e destabilizzanti.
“Mi spiace, Nathaniel... Mi spiace così tanto... Per colpa mia... Voi... Tu... Mi spiace... Soltanto perché nessuno riesce ad amarmi... Mi spiace...”
E Nate capì.
Capì che Chuck aveva perso ogni speranza.
Capì che probabilmente non avrebbe mai smesso di essere un candelabro.
Capì che non avrebbe riabbracciato mai la sua Serena.
E Chuck capì.
Capì che era impossibile che quel bambino fosse suo, per quanto lo desiderasse.
Capì che metà della lezione era stata appresa.
Capì che amava Blair, tanto da desiderare solo la sua felicità. Felicità che non era con lui.
“È incinta, Nate”.

*********************************

“Allora è da sua madre?” chiese per l'ennesima volta Louis.
“Ti dico di sì. Vuoi chiamare Eleonor?”
Serena aveva contattato la madre di Blair non appena aveva chiuso la sua ultima conversazione con l'amica. Eleonor era sembrata sospettosa ma, come lei, aveva deciso di fidarsi della figlia, appoggiandola.
“No, no. Va bien. Allor, io vado. Au revoir, Serena” e il francese si alzò dal tavolo del caffè dove si erano incontrati.
Serena salutò l'altro con un cenno del capo ed un sorriso e rimase ancora lì, a sorseggiare il suo cappuccino e mordicchiano il croissant che aveva preso insieme.
Non riusciva a stargli simpatico, Louis.
Troppo perfetto, troppo insinuante, troppo sospettoso. Non lasciava a Blair un attimo di respiro.
Non come...
Interruppe bruscamente il pensiero, mentre la frase, o meglio, la voce, che la tormentava da qualche ora.
Blair, chi è Louis?”
Lo squillo del suo telefono la riscosse dal vortice di pensieri che la stava risucchiando.
Era un messaggio.
S, vieni di fronte all'Empire tra un'ora. Sarò lì. Vieni, ti prego, ho bisogno di te. B
Tempo di dieci secondi e stava chiamando un taxi per andare dalla sua amica.
E Serena non vide l'ombra di un francese osservarla da lontano e non sentì la chiamata che lui stava facendo.
“Bonjour, vous pouvez commencer à chercher Blair. Vous avez deux jours”.*

******************************************

“COSA VUOL DIRE CHE ARRIVERÀ QUALCUN'ALTRO??”
Blair alzò gli occhi al cielo di fronte allo sguardo sconvolto di Dan.
Chuck aveva mandato Nate a dirle che andava bene e lo sguardo confuso e curioso del candelabro le aveva fatto capire che non sapeva a cosa si riferisse.
Come l'occhiata al suo ventre le fece capire che Chuck gliel'aveva detto.
“Sì, tra mezz'ora. Quindi, Dan, preparati. Non voglio che succedano casini.”
“Ma, ma... Oh, Signore, cosa dovrei fare, mh?” Era una sua impressione o stava ticchettando più velocemente del solito?
“Nascondi tutti, tranne Dorota, Nate e Anastasia. Non voglio vedere nessun altro in giro. Ora vado da Jenny, devo prepararmi.” e, dando le spalle all'orologio, se ne andò.
Non sapeva perché Chuck aveva accettato.
Di motivi per dire di no, ne aveva a bizzeffe, tuttavia l'aveva ascoltata.
Che non volesse che Serena soffrisse?
Accantonò il pensiero, rilegandolo nella zona della sua mente che chiamava “Ala Proibita”, ultimamente un po' sovraffollata.
Vi erano ammassate le sue preoccupazioni riguardo Chuck, Louis, il bambino, ciò che la collegava a loro, le paure, la rabbia, il dolore.
Sospirò, le sarebbe venuta un'emicrania coi fiocchi.
“Jenny, dammi qualcosa da mettere per andare fuori -anche se per poco-, e che sia pesante”.
“Agli ordini, Blair! Su che colori andiamo?” chiese l'armadio con la vivacità che l'accendeva quando si parlava di vestiti e abbinamenti.
A Blair ricordava una versione di se più giovane e felice.
“Colori caldi. Ah, ho visto un cappotto niente male, lì in mezzo. Color terra, di lana cotta. Ecco, qualcosa che stia bene con quello”.
Quando finirono, Blair sentì l'impazienza farsi strada in lei.
La sua amica le era mancata.
Prese l'ascensore e scese fino alla hall, dove Dan l'aspettava.
“Tutto sistemato, Blair. Cosa si dovrebbe dire in questi casi?”
“Non ti ringrazierò, Humphrey, non ci sperare” disse, altezzosa.
Mentre usciva fuori, si preparò ad aspettare la sua amica, perennemente in ritardo, per almeno dieci minuti.
Ma una cascata di capelli biondi la investì, dopo due passi fuori dall'hotel.
“B!”
Era a casa, finalmente.


Angolo Autrici.

* “Salve, potete iniziare a cercare Blair. Avete due giorni”

Buondì, ragazzuole! Che ve ne pare? Ci sono abbastanza feels in questo capitolo? Far piangere Chuck è stato straziante (M) ma... non ho saputo resistere! Ve lo vedete lì, con la sua faccia da cucciolo in lacrime? AWWWWWWWW!!!!!
C- Ahehm.
M- Prometto che ti faccio picchiare Louis!
L- Ehi!
F- Stai zitto, Louis! Tanto non ti ascolteremo.
C- Affare fatto u.u
Dicevamo, che ne pensate del ritorno in pompa magna di S? Sì, insomma, diteci tuuuutto quello che pensate, TUTTO! Ora, vi lasciamo a quegli zoticoni amabili personaggi <3

Angolo Cast.

B- Bene, dato che lo scorso capitolo non ho avuto la possibilità *coff Coraggio coff* di parlare, parto io: Non sono incinta.
N- E io sono una lampadina a carica manuale.
C- Non sei convincente, Blair. Ti credevo un'attrice migliore.
S- Hanno ragione, B.
D- E se non sei riuscita ad ingannare nemmeno Serena, vuol dire che n sei stata pessima.
B- Tsk, malfidenti!
L- Muahahahah! Hai pianto, Chuck! Perderai an sacco di fans!
C- Ma per favore, guarda. Marty! *Fa la faccia più sofferente e vicina al pianto che può*
M- TOO MUCH FEELINGS!! *sviene*
F- Mio Dio, Marty! Ma che... *vede Chuck* IL MIO CUORE! NON REGGE A TUTTA QUESTA AFVUSAOGSITÀ!! *sviene anche lei*
Do- Mr. Chuck! Non si fa! Forza, anche lei Mr. Nate, le porti in infermeria da Madama Chips.
N- Agli ordini!
Mo- Woof woof!
S- Giusto, Monkey! Ringraziamo blue_sun23, jadenLux_nm18, jonas4e,, nuny98 e sofiaa98 per aver inserito la storia tra le preferite!
B- Sul serio, come fate a preferire una storia di quelle due pazze? Vi meritate un premio. Dorota! Muffin a volontà!
Vivì *Ora andiamo sui nomi da gatti? -.-”*- Grazie a Finchel_1994, Hanon3000_22 e vero99belli per averla messa tra le seguite!
B- Muffin anche per loro, Dorota!
J- E Giada_Chair, FantasyAle, Novalis e LaylaLaRed per aver recensito!
B- Per loro muffin con gocce di cioccolato!
S- Ciao ciao e grazie!

p.s. Le presone che hanno messo la storia tra le preferite o le seguite ringraziate sono quelle che non erano presenti nell'ultimo “ringraziamento generale” del capitolo 14. Grazie anche a coloro che non abbiamo nominato e ai lettori silenziosi, sperando che i muffin vi facciano venir fuori la voce ;) Ah, e sì, tutti i personaggi conoscono il canide, se ve lo state domandando XD

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Capitolo 19
*** Sunshine ***


Sunshine


Serena era una ragazza incredibilmente dolce, tranquilla, positiva.
Serena era solita ad essere associata alla parola sorriso, o raggio di sole.
Serena era luminosità, era la luce infondo al tunnel, la bambina con il sorriso impiastricciato di gelato, la ragazza dallo sguardo vivace e i capelli lucenti, la donna con la risata di una bambina di quattro anni, una risata della quale, volente o meno, non potevi non innamorarti.
Lo sapeva Nate, lo sapeva fin troppo bene, perché quando la udì per la prima volta era davvero quella di una bambina di quattro anni. E non aveva lasciato più i suoi pensieri.
Mai.
Nelle notti più buie, nei periodi più oscuri, Serena era sempre stata la sua fiaccola, il suo raggio di speranza.
Erano anni che la luce in fondo a quel tunnel era solo un miraggio, un fioco luccichio fra le tenebre ma Nate lo sapeva, che splendeva ancora, che la fiamma bruciava e avrebbe continuato a bruciare, per sempre, nonostante il vento che incombeva furioso sulla fiamma.
Per questo motivo, quando la vide attraverso le enormi vetrate dell’albergo abbracciare Blair gli parve di sognare.
Si ripeté che doveva essere un miraggio, l’ennesimo scherzo della sua mente oramai fusa. Ma non lo era.
Serena era lì: radiosa, bellissima, splendente.
Il suo raggio di sole che era venuto a salvarlo dall’oscurità.
Sorrise emozionato, di un’emozione che gli bagnò gli occhi e gli fece staccare il cervello per un attimo, prima di rendersi conto che Serena era lì.
Sarebbe entrata, e l’avrebbe visto.
Ma a quel punto allora? Come avrebbe reagito?
Il panico prese il sopravvento e Nate si ritrovò a correre il più velocemente possibile verso l’ascensore. Ma le due ragazze avevano già varcato la soglia, strette ancora in un abbraccio.
“Blair, vuoi dirmi cos’hai combinato? E perché siamo qui? Credevo che l’Empire fosse caduto in disuso dopo, sai…”
La bionda sembrava realmente provata, sia dall’emozione per l’aver ritrovato Blair che dalla tristezza che quel luogo le recava.
“Non proprio, qualcuno è rimasto qui…” Rispose la mora vagamente, incerta su cosa dirgli e cosa no, chi dirgli.
“È diventato un rifugio per senza tetto?”
Blair rise leggermente. “Non proprio”
La mora si tolse il soprabito, poggiandolo sulla poltrona vicino gli ascensori.
“Aspettami qui” Serena annuì, mentre l’amica andava in sala da pranzo.
Non appena varcò la soglia della cucina chiamò Dorota a apporto, chiedendole dove fosse Nate.
“Miss Blair, io non ne ho idea, perché non chiede a Mr Dan?”
“Dan non può saperlo, l’ho mandato al piano di sopra mezz’ora fa. Grazie lo stesso Dorota, se lo vedi digli che deve raggiungermi immediatamente all’ingresso. E mi raccomando, nessun altro deve venire lì al di fuori di Nate, a meno che non sia io a dargli il permesso.”
“Certo Miss Blair” La ragazza sorrise alla teiera, mentre ispezionava ancora la sala da pranzo. A insospettirla fu una vaga puzza di bruciato proveniente da un angolo della stanza, vicino all’estremità di una tenda.
“Nate?” chiamò confusa, prima di spostare la tenda e trovare il suo amico.
“Cosa ci fai qui?” gli chiese con aria confusa.
“Io cosa ci faccio qui? Cosa ci fa Serena qui? L’hai chiamata tu?!” chiese il candelabro con aria tradita.
“Sì, è per questo che ti cercavo, volevo-“
“Cosa? Portarmi da lei e dirle: ‘Ehi, S, ricordi Nate, il ragazzo di cui eri innamorata quattro anni fa? Beh, è vivo, ed è un candelabro parlante sotto l’incantesimo di una fata che ha voluto punire Chuck per il suo cuore di pietra!’?” chiese alzando il tono della voce, ma rimanendo sempre ben nascosto.
“Nate, io-”
“Tu cosa?!” la interruppe nuovamente Nate “Speravi di regalarci il nostro lieto fine, Blair? Beh, mi dispiace, ma non è possibile, perché nel caso non l’avessi notato, io sono un mostro! Un fenomeno da baraccone!” Nate stava urlando e le sue fiamme erano diventate visibilmente più grosse.
“Non sei un mostro, né tanto meno un fenomeno da baraccone. So che sei spaventato per quello che potrebbe pensare Serena, ma credimi, capirà. Io l’ho fatto.” Gli disse con dolcezza.
Poteva solo immaginare quanto Nate stesse soffrendo in quel momento, avere il proprio amore a pochi passi e dover stare lontani.
Già, poteva solo immaginarlo.
Rivolse a Nate uno sguardo carico d’affetto, sorridendogli.
“È diverso, Blair. Come avresti reagito se Chuck fosse stato una bestia anche all’interno dell’hotel? O se fosse stato un mestolo, una scrivania? Come ti saresti sentita sapendo che era lì ma non potevi abbracciarlo, non potevi accarezzarlo?!”
“Cosa?” Blair si allontanò, colta alla sprovvista.
“Tu la vedi in questo modo perché Chuck è qui con te, ed è umano. Può abbracciarti e può stringerti senza ustionarti, Blair. Ma io e Serena … è semplicemente impossibile. E tu lo sai bene, forse più di tutti, che non c’è alcuna speranza per noi due” Il candelabro abbassò lo sguardo afflitto.
Blair deglutì, perché era vero, perché lei lo sapevo meglio di chiunque che, a questo punto
Nate non sarebbe mai più potuto ritornare un essere umano.
Il suo amico si allontanò dalla tenda, lo sguardo ancora basso, mentre andava via.
Ma prima che potesse lasciare la stanza, Blair lo chiamò: “Hai ragione. Tra te e Serena è diverso, non è come tra me e Chuck. Voi vi amate, senza complicazioni e mille intrighi, il vostro è semplice amore, puro. Lo è sempre stato. Siete così diversi da noi” osservò con una risata amara mentre, con le lacrime agli occhi che teneva adeguatamente a bada, si avvicinava all’amico “ed è proprio per questo che tra voi andrà a finire bene, non so come, ma sarà così, l’ho sempre saputo. Per me e Chuck non c’è speranza, me ne rendo conto, ma per voi sì. C’è sempre stata e sempre ce ne sarà. Serena ora è lì, che aspetta, e appena ti vedrà, con o senza fiamme, ti correrà incontro. Quindi ti prego, Nate, vieni con me. Io e Chuck abbiamo rinnegato la felicità così tante volte prima dell’incidente, ed ora guarda a cosa siamo arrivati. Ti prego, Nate, vieni con me”
Nate le si avvicinò piano, guardandola negli occhi pieni di lacrime che non avrebbe versato, e si ritrovò a credere alle sue parole.
“Verrò” rispose.
E non se ne pentì.
Non se ne pentì, quando Blair lo prese fra le mani e lo portò fuori dalla stanza.
Non se ne pentì quando vide Serena che giocherellava distratta con un vecchio centrino sul tavolino da caffè.
Non se ne pentì quando la bionda alzò gli occhi per rivolgerli vero l’ami e sorriderle, Dio se gli era mancato quel sorriso. 
Non se ne pentì nemmeno quando, con voce lieve, aprì gli occhi per dirle: “Ciao, Serena” con voce soffice e rotta dalla commozione.
E non se ne pentì quando lei, confusa, lo guardò, riconoscendo gli occhi blu e portandosi una mano alla bocca.
“Nate” sussurrò con il sorriso sulle labbra e la confusione negli occhi.
Ed eccolo lì, il raggio di Sole in fondo al tunnel era stato finalmente raggiunto.

 

Angolo Autrici.

Salve cupcakes, come state? Noi una meraviglia, ed è tutto merito di qualcosa che inizia con C e finisce con atching Fire *___* *Marty e Fede vomitano arcobaleni* Dunque, per prima cosa volevo scusarmi per il ritardo (sono Fede) è stata colpa mia, chiedo perdono, ma sono stata impegnatissima in questi giorni T.T Detto questo: capitolo super Serenate per far contente le fan della Breathless ♥♥♥ Ma ho comunque cercato di inserirci una velata parte Chair Spero che il risultato vi piaccia e che sia valsa la pena aspettare qualche giorno in più
-Ehm... *Serena fa capolino con una strana espressione*
M- Sì, ecco, ora vi cediamo l'angolo... *Marty sbuffa*
S- No, non è per quello, è che c'è uno strano tipo là... mezzo nudo... che continua a chiederci se vogliamo una zolletta di zucchero *Marty e Fede si guardano, con occhi da maniache fangirl*
F- ODAIR DOVE SEI?! *Fede comincia a vomitare arcobaleni*
M- Fede, calmati per la nipote di Snow!
F- Ma se stai per svenire anche tu!
*Marty e Fede si sorreggono a vicenda*
Finnick *Appare con un'aurea di epicità e beltà*- Volete una zolletta di zucchero?
*Marty e Fede svengono*
Angolo Cast.
C- Qualcuno mi spiega cos'è successo?
Fin- Colpa mia, succede spesso.
N- Ma non puoi metterti qualcosa addosso?
Fin- Lo farei volentieri, ma la mia stilista è una stupida -.-”
D- Che ha fatto?
Fin- Ha bruciato tutti i miei vestiti che coprivano più del minimo indispensabile.
C- Ma che... Ehi, ma dove sono le ragazze?
Monkey *traduttore attivo*- Alcune sono svenute, altre stanno resistendo ma le situazioni sono critiche per tutte.
Fin- Ehi, cagnolino, vuoi una zolletta di zucchero?
D- È terribile! Stanno iniziando a perdere sangue dal naso! Di questo passo moriranno dissanguate!
C- Quali sono quelle in condizioni peggiori?
Mon- Marty e Fede sono quelle messe peggio. Subito dopo, viene Louis.
N- LOUIS???
Mon- Esatto. Blair è svenuta pochi minuti fa e Serena sembra stia bene. Violanda *eheheh... Mi sono corretta u.u n.d. Marty* ... Non so, sembra delirante... Continua a ripetere “Too much feels” dondolando avanti e indietro per terra...
C- Dorota?
Do- Sto bene, vado a trovare qualcosa da mettere addosso a Mr. Finnick.
Fin- Grazie mille! *sorride*
Do- NON... RE... SISTO!!! *sviene*
N- L'abbiamo persa!!
Fin- Sono desolato, non avrei dovuto accettare di fare lo sponsor per le zollette di zucchero.
C- Ti capisco. Di solito sono io quello che deve fare attenzione. Imparerai a contenere la tua bellezza col tempo.
M- Vuoi... Dire... Ch...e non... Ti abbi.... amo mai visto... veramente?
F- G...ià...
M&F- Ti... Pregh...iamo... S...iamo gi... à a due... passi dalla... tomba...
C *sospira*- Va bene.
*Una luce avvolge tutti, Chuck Bass si è mostrato in tutta la sua bellezza*
M&F- TOO MUCH BEAUTY!!! TOO MUCH FEELINGS!!!
Fin- Perché lo hai fatto?
C- Stanno bene, non ho rilasciato tutti i blocchi.
N- Serena, amore mio, stai bene?
S- Benissimo! Non mi fa alcun effetto.
Fin- Sai il perché?
S- Ma certo! Mi spiace, ma voi due scomparite di fronte al mio Nate!
N- Oh, Serena!
S- Oh, Nate! *Si ritirano nel loro angolo di dolciosità*
Mon- Scusate per il disagio, gentili lettrici. Ringraziamo Novalis, LaylaLaRed, Lovatic_Chair, FantasyAle e blue_sun23 per le loro recensioni.
Fin- Volete una zolletta di zucchero?

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Capitolo 20
*** Back to december ***


 Back to December

“Blair, dire che tu mi devi una spiegazione è un eufemismo”
Nate era tra le braccia della bionda che non aveva la più minima intenzione di lasciarlo scendere da quel rifugio.
“Scusa ,S. Non dipendeva da me! Ora vi lascio, io... ho da fare, sì” e se ne andò con sguardo pensieroso.
Serena osservò la schiena dell'amica scomparire dietro le porte dell'ascensore.
Si voltò ad ammirare quegli occhi che credeva persi per sempre, che non aveva più intenzione di abbandonare.
“Nate...”
“Serena, io...” cominciò il candelabro, allontanando il suo sguardo da quello di lei, posandolo sul suo corpo dorato.
Ma non riuscì ad aggiungere una singola parola.
“Perché non mi hai avvisato? Hai la minima idea di quello che io e B abbiamo passato? Se non fossi così felice di rivederti, probabilmente sarei arrabbiata” disse stringendolo ancora di più al suo petto.
“Serena, come puoi trattarmi così?” il suo sguardo triste non sfuggì a Serena.
“E come dovrei trattarti, scusa?” chiese, con l'aria di una bambina a cui hanno chiesto come respirare.
“Guardami...” il sibilo sospirato tra i denti arrivò alle orecchie di Serena che non se ne sorprese.
Un sorriso andò ad illuminare il volto della bionda.
Lo posò per terra e iniziò a squadrarlo.
“Be', vedo... calore. Vedo il tuo sorriso, anche se ora sei imbronciato. Vedo il tuo modo di gesticolare quando vuoi farti capire. Vedo la gentilezza che ti ha sempre fatto brillare ai miei occhi. Vedo l'affetto e la preoccupazione per la tua migliore amica. Vedo la gioia di essere coi tuoi amici. Vedo molte cose. Ma soprattutto, vedo i tuoi occhi. Vedo te, Nate Archibald. Vedo te e ti amo”
Nate ricacciò le lacrime, non era il momento di piangere. Era il momento di sorridere per un amore ritrovato. Era il momento di concedersi un po' di felicità.
Ricordò una canzone.
Che rumore fa la felicità?
Per lui la felicità era la risata cristallina di Serena.
Per lui la felicità era un 'ti amo' detto da quella stessa voce.
“Ti amo, Serena. Non ho mai smesso di amarti”.
“Ti amo, Nate. Non ho mai smesso di amarti”.
E Dan, nascosto dietro alla porta, giurò di vedere Serena abbracciare e baciare la fronte ad un alto ragazzo biondo, con la felicità scritta in volto.
***********************************************
L'aria sul tetto dell'Empire era gelida, ma lui amava i tetti.
Amava come riuscisse ad osservare tutta la città, ammirarla cambiare manto di stagione in stagione, di giorno in giorno, di ora in ora.
Sporse di poco il braccio oltre i confini della sua prigione di cristallo e neve.
La sua mano si trasformò in una zampa pelosa con lunghi artigli.
La ritrasse come se si fosse scottato. Non poteva non sperare ogni volta che fosse tutto un brutto sogno.
Sospirò affranto.
Il freddo aveva congelato i suoi pensieri meglio del suo amato scotch.
“Chuck.” Bastò quel sussurro a provocare il disgelo. Non la aspettava così presto.
“Blair.”
“Io volevo... Ecco, io...” Blair che balbettava? Questo sì che era inaspettato.
Ma capì. Come sempre, d'altronde.
“Non c'è bisogno di ringraziare, Blair. Era giusto che lei sapesse.” disse sospirando, stanco.
“Ma non eri tenuto a farlo. Quindi grazie, Chuck.”
Le braccia di lei lo cinsero da dietro, con le mani intrecciate sopra il suo cuore.
Blair si concentrò sulla melodia regolare che sentiva.
Probabilmente la cosa più regolare nella sua vita.
“Chuck... Io devo andare, lo sai.”
Le lacrime stavano già minacciando di solcare le sue guance.
Non voleva andarsene. Non voleva perdere cosa aveva appena ritrovato. Non voleva.
“Sì, lo so.” Si girò nell'abbraccio per guardare quegli occhi che erano in grado di portarlo a sfiorare il cielo e di farlo precipitare nell'inferno.
E posare le labbra sulle sue fu naturale come espirare dopo aver inspirato.
Stava per ritrarsi quando le mani di Blair corsero alla sua nuca, stringendo i suoi capelli in un modo che lo mandava fuori di testa.
Le sue mani scivolarono sul corpo della mora con delicatezza e ammirazione palpabile.
La sua mente si ricollegò quando giunse al ventre ancora piatto.
“Blair, il bam...” ma le labbra di lei erano di nuovo incollate alle sue.
Blair era una droga.
Intossicante, travolgente, dolorosa, indispensabile.
Era la sua droga e avrebbe voluto così tanto che fosse solo sua.
Tuttavia, come il freddo aveva congelato i suoi pensieri prima, Blair li bruciò uno ad uno.
Come una droga.
***************************************************
Louis si girò, abbassando il binocolo.
Si era appostato sul palazzo di fronte a quello indicatogli dal suo investigatore, che aveva seguito Serena fino a quell'hotel in disuso.
Non capiva davvero cosa ci facesse lì, in quel posto dimenticato da tutti.
Louis non sapeva qual'era il legame che univa quel posto alla sua amata Blair, la sua bionda superficiale amica e il loro misterioso passato.
Non aveva mai voluto indagare.
Si fidava di Blair, credeva che quando fosse stata pronta, gli avrebbe parlato.
E aveva aspettato, Louis, come un cane fedele.
Ma quando tradisci la fiducia di un cane, il rischio è che morda la mano che fino a poco prima accarezzava.
Aveva visto abbastanza.
Abbastanza perché il suo cuore si spezzasse.
Abbastanza perché vedesse Blair ricambiare con forza il bacio di lui.
Abbastanza perché notasse il braccio di lui sporgersi verso l'esterno e trasformarsi in una zampa mostruosa.
Abbastanza perché capisse che Serena aveva ragione e che lo aveva tradito.
Abbastanza perché si ricordasse di quella persona.
Abbastanza perché desiderasse vendetta.
“Pronto? Vorrei parlare con Georgina Sparks. Dica che riguarda Blair Waldorf.”
E sotto la neve il suo cuore congelò.
***************************************************
“Chuck?” lo chiamò Blair con la testa appoggiata ancora sul suo petto, mentre giocherellava con la sua mano lui le posò un soffice bacio sulla testa, stringendola un po' di più a se, con la paura che potesse scappare.
Blair prese un respiro profondo, ancora indecisa su cosa fare.
Ci aveva riflettuto a lungo, in quei giorni, aveva riflettuto su cosa potessero essere, su tutta quell'assurda situazione, e la verità era che ancora non ne era venuta a capo.
Non poteva, non finché lui non le avesse dato quella certezza, la risposta a quella domanda che le ronzava nelle testa da troppo tempo, da quando, quattro anni prima, il destino li aveva separati.
Lei era pronta, a lasciare Louis, a far cadere le maschere che li dividevano.
Ma doveva esserlo anche lui, quindi decise di farlo, di rischiare tutto, a costo di farsi del male, ancora.
"Cosa sono per te?"
Lo chiese velocemente, ma sapeva che lui aveva capito, perché lo sentì irrigidirsi.
Poteva sentire il battiti del cuore che acceleravano.
"Cosa?" chiese confuso.
Lei si girò, in modo da poterlo guardare negli occhi, e fargli capire che lui aveva capito benissimo, e che lei non avrebbe ripetuto.
Deglutì e dirottò il suo sguardo verso la finestra, la presa più stretta intorno alla sua vita e le parole incastrate fra cuore e gola.
Non sarebbero uscite, non avrebbe detto nulla.
Proprio come non aveva detto nulla quattro anni prima.
Lei lo guardò tradita, delusa ed amareggiata.
Ferita.
Deglutì a fatica e scese dal letto.
"
Ci vediamo, Chuck" gli disse piano, con tono quasi soffocato.
E alle orecchi di lui quelle parole suonavano come l'ennesima delusione che le aveva provocato.
Come uno dei tanti soprusi che il suo cuore aveva subito a causa sua.
Ma non poteva dirle ciò che credeva di provare.
Non poteva dirle quelle tre parole, quelle sette lettere.
Non voleva imprigionarla in qualcosa che lei forse desiderava solo momentaneamente, anche se sperava così tanto che anche lei lo volesse come lui voleva lei.
E c'era il bambino.
Non che lui non lo avrebbe amato, anche se non era suo, ma avrebbe avuto bisogno di suo padre, e come avrebbe fatto Blair?
No, decisamente dirle quelle parole le avrebbe complicato la vita.
Meglio restare una bestia prigioniera per il resto della sua vita.
Nate avrebbe capito di sicuro, e gli altri non ci avevano mai sperato veramente.
Sì, non era la scelta migliore per tutti, ma era la scelta migliore per Blair.
E questo per lui era l'importante.


Angolo Autrici.
Sì, siamo vive! Scusate il ritardo ma qualcuno (guarda male Fede) non risponde ai messaggi u.u Dire che questo capitolo è stato un parto per me (Marty) è riduttivo. Non ne voleva proprio sapere di allungarsi. Nell'arco di cento parole avevano detto tutto! E allunga allunga allunga. Ma di sicuro non vi interessa, ditemi solo quanto fa schifo da uno a dieci u.u
F- Marty, smettila di lamentarti! Dobbiamo festeggiare!
M- Davvero? No, non dirmi che...
F- Signori e signore, siamo liete di annunciare che il primo capitolo ha raggiunto le 1040 (1042, per l'esattezza u.u) visualizzazioni!
D- Fatemi capire, davvero 1042 persone si sono fermate a dare un'occhiata a 'sta roba?
M&F- ZITTO TE!!!
M- Millequarantadue!!! Grazie di cuore *si asciuga gli occhi*
F- Siamo davvero onorate *prende il fazzoletto a Marty*
M- Arriverà a tutti voi millequarantadue persone un biscotto. Avete presente gli omini di marzapane? Esatto, restando in tema Natale u.u
F- Ora lasciamo spazio a quelli là. Anzi no! Stavolta vi ringraziamo noi, care recensitrici!
M- Grazie mille FantasyAle, Novalis e Lovatic_Chair!
F- E dato che è il ventesimo capitolo...
M- SIAMO AL VENTESIMO CAPITOLO????
F- Sì, Marty.
M- MA... MA... IO...*Fede la trascina via*
F- Scusatela, è un po' tanto fuori di testa. Comunque a voi arriverà una torta sacher. Marty la adora *Torta sacher :Q________ n.d. Marty* e spera piaccia anche a voi. Ora vi lascio a quelli là u.u
Angolo Cast.
S- Chuck, perché non sei ancora venuto a salutarmi??
C- Per favore, tutto quel miele potrebbe farmi venire la carie.
*Nate prende il capitolo precedente*
C- Nathaniel, no.
N- Era la...
C- Nathaniel...
N- Scelta migliore per...
C- Non...
N- Blair. E questo...
C- Farlo...
N- Per lui era l'importante.
S- Chi ha la carie adesso?
C- Non è colpa mia! Sono quelle due!!
M&F- Quelle due potrebbero decidere di farti diventare una bestia anche dentro all'hotel.
C- Sono Chuck Bass.
*Non vacillano*
B- Chuck, perché non funziona?
C- Non lo so. Io sono Chuck Bass.
M- Vederti nella tua forma non controllata e con Finnick Odair...
F- Ci ha reso parzialmente immuni al tuo fascino u.u
M- Non fraintendere, ti adoriamo ancora, ma non potrai più usarci u.u
C- Troverò un modo, sappiatelo.
M- Charles...
C- E va bene. Addio!
Verbena *Vi siete date alla botanica? -.-”*- Wow, questo angolo è stato davvero devastante per lui!
M- Forse non dovevamo trattarlo così male...
F- Siamo state troppo cattive...
*sguardo di intesa*
M&F- Chuck!! Perdonaci!! Non lo faremo più!!! *lo rincorrono*
C- Per stavolta vi perdono, ma la prossima non sarò così generoso u.u
*E così si conclude questo angolo. Cosa ci insegna? Che Chuck Bass non perde mai u.u*

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Capitolo 21
*** Let her go ***


Let her go

Accarezzò il legno pregiato e ricoperto di tenue rosa dell’armadio, sorridendo leggermente a quella che una volta ricordava come una piccola biondina tutto pepe.
“Allora è finita?” le chiese Jenny con un po’ di timore nella voce. Blair annuì, dirottando lo sguardo verso il basso e tentando di trattenere le lacrime.
Era finita, una volta per tutte.
“Mi dispiace” le disse l’armadio con un tono delicato, confortevole.
Blair la guardò dritta negli occhi, l’unica cosa umana che ancora le rimanevano.
Erano simili a quelli di Nate e Serena: chiari, sognatori, carichi di bontà, affetto e quell’innocenza che aveva sempre invidiato ai suoi due amici.
Però, gli occhi di Jenny, avevano qualcosa in più, erano accesi da qualcosa che non li accomunava a quelli dei suoi amici: ambizione, un’ambizione pronta a tutto, un’ambizione destinata a tramutarsi in qualcosa di reale.
La stessa ambizione di cui erano animati i suoi, di occhi.
Aveva sempre ammirato Jenny per questo, anche se non gliel’aveva mai detto, e, adesso, era proprio lei a dover spegnere quella luce che brillava negli occhi dell’ex biondina. Le sue ambizioni sarebbero state destinate a rimanere tali, imprigionate in quella teca di legno che era Jenny.
Eppure a lei sembrava non importare, sembrava non contare che lei dovesse dire addio ai propri sogni, ciò che le importava era Blair, confortarla.
Perché, lo sapeva, quel mi dispiace era per ciò che era successo a lei, e non per ciò che avrebbe significato per se stessa e per i suoi amici.
“Perché?” si ritrovò a chiedere Blair più a se stessa che a Jenny.
La giovane, dapprima spiazzata dalla domanda, si raddolcì subito dopo: “Perché tu avresti potuto scrivere il tuo lieto fine, ma il destino te lo ha impedito.”
“Anche a te” ribatté la mora.
Jenny le sorrise dolcemente: “No, io non ho mai avuto quella possibilità, tu invece sì, e hai dovuto vederla scorrere via dalla tue mani lentamente.”
Blair prese un profondo respiro, riflettendo su cosa le parole della ragazza significassero realmente. La stava perdendo, la sua possibilità di essere felice, la stava perdendo davvero.
Si girò verso il letto a baldacchino sul quale era risposta una valigia, gliel’aveva data Dorota. Sapeva che Miss Blair sarebbe partita, ma voleva che, questa volta, avesse avuto qualcosa per ricordarsi di loro, per ricordare a se stessa che stavano bene, era una valigia piena di ricordi: una delle candele di Nate, una lancetta di ricambio di Dan e il vassoio da tè di Dorota.
Un carillon.
Suonava le note di un pianoforte, la melodia della sua infanzia, quella che lui suonava e lei ascoltava, rapita.
Prese un respiro, prima di correre fuori dalla stanza.

***

Serena teneva ancora stretto Nate, spaventata dal doverlo lasciare andare ancora una volta, dal fatto che quello potesse essere solo uno splendido, per quanto surreale, sogno.
Continuava ad osservare Nate, mentre lui le raccontava nei dettagli ciò che era successo loro negli ultimi quattro anni, ansioso di essere ricambiato: voleva sapere tutto della vita di Serena, per quanto fosse spaventato dalle risposte.
In quattro anni cambiano molte cose, la stessa Blair stava per sposarsi prima di capitare nell’albergo.
“È… incredibile” commentò Serena alla fin della storia “Sembra quasi di essere in una fiaba”
Nate le sorrise, malinconico, le era mancato quel suo essere ottimista, la sua concezione del mondo non troppo lontano da quello di una bambina di quattro anni.
Serena non aveva mai smesso di sognare, e Nate non aveva mai smesso di popolare quei sogni. Il suo cavaliere dall’armatura scintillante.
“Beh, non proprio” cominciò il candelabro a voce bassa “nelle fiabe c’è il lieto fine. Per noi, quest’opzione, non sembra essere contemplata”
Serena aggrottò le sopracciglia, stupita e in disaccordo con l’ex biondo.
“Non è detto” ribatté.
“Serena… sai come andrà a finire: Blair era la nostra unica speranza, ma l’abbiamo persa,. Non è stata colpa d nessuno, non di Blair o di Chuck o di chiunque altro. E’ il destino.”
“Lo scriviamo noi il nostro destino, Nate”
“Non stavolta” La bionda si portò il candelabro ad un palmo dal naso, guardandolo con una determinazione che Nate non ricordava di aver mai visto.
“Ti dico di sì, c’è speranza Nate: per noi, per loro, per tutti!Mi ero ripromessa di starne fuori ma, prima, ho visto Blair salire da Chuck, forse…”
“Blair è andata da Chuck?” La bionda annuì, mentre il candelabro le chiedeva ancora se era sicura.
“Devo andare a controllare, a vedere con i miei occhi, se davvero… forse non tutto è perduto, forse c’è ancora speranza!” Due larghi sorrisi gemelli fecero la loro comparsa sul viso dei due biondi, mentre il candelabro balzava giù saltellando verso l’ascensore.
“Aspettami qui, torno subito, e con buone notizie, spero!” 

***

Pigiò convulsamente il pulsante dell’ascensore, scivolando velocemente al suo interno e aspettando che arrivasse a destinazione, torturandosi le labbra e le dita. Un suono preannunciò le porte che si aprivano e perlustrò la stanza con passo veloce.
Lo trovò subito, seduto all’angolo bar con l’immancabile bicchiere di scotch in mano. Si avvicinò, affiancandolo.
“Sto andando via” annunciò in tono neutrale.Chuck buttò giù un altro sorso, senza rispondere, senza guardarla.
“Louis sarà preoccupato” continuò lei.
“Blair…”
“No, Chuck, prima io: mi ha chiesto di sposarlo, ed io gli ho chiesto tempo per rispondere, ma poi sei ricomparso tu, cosa che dovrei fare adesso? Non posso tornare da lui, non posso rispondergli finché tu non rispondi a me, alla domanda di sempre: cosa siamo, Chuck?”
“Blair…” tentò ancora con voce roca e debole.
“Quattro anni fa mi dicesti che non potevamo stare insieme, che non eri pronto. Beh, ne abbiamo passate tante da allora, credevo fossi morto e, credimi, ho cercato di andare avanti, ma ogni volta il tuo fantasma mi perseguitava.” Le lacrime cominciarono ad inondarle gli occhi color cioccolato, mentre tentava di impedire alla sua voce di rompersi.
“Io voglio solo che tu sia felice” le confessò Chuck, guardandola finalmente negli occhi. Piangeva, di nuovo. Per colpa sua, di nuovo.
“Allora sii onesto con me, dimmi se ciò che provi è vero, e se lo è troveremo un modo, qualunque.” La mano di lei raggiunse quella di lui, stringendola. “Ma se non lo è, per favore, Chuck, lasciami andare” una lacrima le rigò brevemente il volto, spazzata via dalle dita veloci.
Chuck distolse brevemente lo sguardo, stringendo la sua mano con più fermezza di quanto avesse mai fatto. Quando si girò nuovamente verso Blair, l’aveva già lasciata andare. “È solo un gioco, ed io detesto perdere, quindi vai”
“Grazie” sussurrò Blair prima di voltarsi, senza l‘ intenzione di guardarsi indietro.
Nate arrivò non molto tempo dopo, sorridente e felice come Chuck non lo vedeva da tanto. E, nonostante il vestito elegante e la cravatta annodata, Chuck si sentì un mostro.
“Chuck! Mi hanno detto che Blair era qui, questo vuol dire che è tutto apposto?”
“È andata via, Nathaniel.”
“Cosa?” chiese confuso il candelabro.
“L’ho lasciata andare…” aggiunse come se stesse realizzando solo in quel momento ciò che aveva fatto.
Sì, ma… perché?”
Perché non la merito.
Perché è incinta ed io non sarò in grado di fare da padre a quel bambino.
Perché tutto ciò che so fare è farla piangere.
Perché ho spezzato il suo cuore così tante volte da aver perso il conto.
“Perché la amo, e non posso renderla felice”

 

Angolo Autrici.

Buon Natale dal binario 9 e 3/4 gente! Ebbene sì, scusate il ritardo, ma capiteci, Hogwarts in questi giorni è stata piena di confusione, con gufi che volavano ovunque a causa delle partenze per le vacanze di Natele D: In ogni caso, finalmente a casa, ce l'abbiamo fatta ad aggiornare u.u *Ma non sareste dovute essere a casa già da qualche giorno? Le vacanza iniziano il 21 ndHermione* Miseriaccia, Hermione! (cit.Ron) Perché devi fare sempre la saputella, l'avevo quasi scampata T.T Vabbè, la copertura è saltata, mi toccherà dirvi la verità: sono stata occupata (sono Fede) da faccende babbane, indi per cui ci ho messo una settimana per terminare il capitolo, chiedo perdono! Siate buoni è Natale XD Beh, che dire? Ho cercato di giocare sulla componente emotiva: l'ultima parte è un chiaro riferimento alla 2x23, che credo essere la massima espressione dei parallelismi tra C e B e la Bella e la Bestia Detto questo, spero vi piaccia, recensite e ancora Buon Natale. E io (Marty) chiedo immensamente scusa per ciò che ho fatto. Sì, mancava un pezzo del capitolo. Aggiornando non me ne sono resa conto e me ne sono accorta ora. Scusate, lettori, ma soprattuto, scusa Fede T.T Ringraziamo infinitamente Novalis e FantasyAle per le loro recensioni <3 Restando in tema, vi arriverà un bel Pandoro u.u
xoxo, Marty e Fede

Angolo Cast.

C- È Natale a casa mia.
B- Tra oggetti e magia.
N- Sarò un cero ancora un po'
S- Non so se resisterò
D- Il nuovo pendolo è mio.
Mon- Il guinzaglio invece è mio.
Do- Un po' di tè lo vuoi anche tu?
L- Noel de plus en plus.
Victoire- Vanessa è il nome mio.
J- Il vestito rosso è mio.
Marty- Non possiamo più aspettar.
Fede- Natale non tardare!
Anastasia- Non possiamo più aspettar...
Tutti- Natale non tardaaar!

Merry Christmas!

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Capitolo 22
*** Stay in darkness ***


Stay in darkness

“Stiamo andando, B?”
“Sì, S. Ma puoi tornare, lo sai.”
Io no. Questa consapevolezza aveva accompagnato Blair tutto il giorno. Sapeva che non avrebbe più visto i suoi amici.
Per Serena era diverso, lei ce l'avrebbe fatta. Se la immaginava come una vecchia, su una sedia a dondolo, che raccontava e ascoltava il candelabro che non aveva mai abbandonato.
Sì. S ce l'avrebbe fatta.
Era lei che non sarebbe riuscita a raccogliere i pezzi del suo cuore. Ma si sarebbe costretta a farlo.
“B, nel messaggio avevi detto che avevi bisogno di me. Era solo una scusa o c'è altro che devi dirmi?”
La mora sospirò.
“C'è altro.” disse mentre si portava una mano al ventre ad accarezzare il suo bambino, il bambino che amava senza se e senza ma.
“B, cosa...” Lo sguardo confuso di Serena si concentrò sulla mano dell'amica. Posata sullo stomaco con una delicatezza ed una gentilezza che non erano di Blair, non della Blair amica o donna o innamorata.
Ma solo di una Blair madre.
“Sei incinta” B sorrise con un velo di malinconia.
“Già.”
“Ed è di Louis.”
“Esatto.”
“E stai andando a dirglielo.”
“S, se sai già tutto allora andiamo” disse mentre si girava verso la porta d'uscita.
“Ed è per questo che non puoi stare con Chuck.”
Blair si gelò sul posto. A volte dimenticava quanto la sua amica sapesse leggerle dentro e con quanta facilità ci riuscisse. Non era la sua migliore amica, sua sorella per caso. Si era guadagnata quel posto nel suo cuore.
“Non è solo per quello” sussurrò la mora.
“Ragazze! Finalmente vi ho trovato!” Nate le raggiunse mentre l'ascensore si chiudeva dietro di lui.
Serena si voltò verso di lui, sorridendo come una bambina la mattina di Natale.
“Nate!” e allargò le braccia per prenderlo tra le braccia.
Il candelabro sorrise di rimando alla bionda per poi rivolgersi alla mora.
“Blair, te lo manda Chuck.” disse porgendole un piccolo pacco.
Blair prese il pacco, incuriosita e perplessa.
Credeva che lei e Chuck si fossero già detti tutto quanto, che non ci fosse niente da aggiungere.
Aveva risposto alla sua domanda, aveva fatto la sua scelta e lei aveva agito di conseguenza.
Aprì il pacco.
Dentro c'era uno specchio.
Era piccolo, elegante e raffinato. Blair si chiese perché tra tutte le cose che aveva, Chuck le avesse regalato uno specchio.
Eppure aveva qualcosa di familiare. Lo aveva già visto, ne era sicura, ma non riusciva a ricordare dove.
Intanto Serena e Nate parlottavano, lanciando ogni tanto un'occhiata all'amica e Blair poteva distinguere chiaramente il nome suo e di Chuck tra i loro discorsi.
“Tutta questa confidenza e dolcezza potrebbe essere adorabile, ma inizia a stancarmi. Nate, cos'è?” chiese la mora, alquanto spazientita.
Nate sorrise in modo... strano. Era un sorriso da complotto, quello?
“Dovresti chiedere a Chuck, io non ne so nulla...”
“Già, B! Perché non chiedi a Chuck? In fondo, è lui che te lo manda.”
B li fissò perplessa. Quei due avevano davvero pensato a qualcosa di furbo?
Meno caffè la mattina, Blair, decisamente meno caffè.
“Ma S, noi dovevamo...”
Serena sorrise comprensiva: “Mi spiegherai tutto di fronte ad una tazza di caffè da Starbucks, ok? Ora, dovresti andare.”
Per questo e per nient'altro aveva annuito a Serena e chiesto dove fosse Chuck, per poi avviarsi verso il tetto e sicuramente non perché voleva vederlo ancora, per l'ultima volta.
Per questo si era preso un secondo per imprimersi nella testa, come per marchiare a fuoco la sua memoria, per macchiarla con quel ricordo in modo permanente. Non per non dimenticarlo.
Per questo le lacrime le pizzicavano gli occhi ma lei, prepotente, le ricacciava indietro. Non perché non voleva lasciarlo.
Per questo la sua voce tremava leggermente, abbastanza comunque perché Chuck se ne accorgesse, mentre lo chiamava, mentre pronunciava quel nome che era stato ma che sarebbe diventati di nuovo un tabù inviolabile, un tabù per evitare che crollasse. Non perché si sentiva già sola e vuota.
Chuck osservava New York, appoggiato al cornicione.
Osservava quella città che amava e che sentiva come la sua, ma che non lo era, da cui era stato esiliato, imprigionato al centro stesso di essa, costretto a vederla davanti ai suoi occhi, ad un passo di distanza, senza poterla raggiungere davvero. Come un germoglio in un deserto, a pochi passi da un'oasi, ma comunque troppo lontano.
Si voltò e la sensazione che provò nel vedere Blair, bellissima nel suo completo blu -il completo che lui le aveva regalato dopo la cena-, era la stessa che provava quando ammirava la sua città.
Sua e non sua al tempo stesso, vicina e irraggiungibile, tutto ciò che voleva ma che non poteva avere.
“Cosa c'è, Waldorf? Non dovresti essere già da Pierre?”.
“Si chiama Louis”
“Come ti pare. Comunque, cosa ci fai qui?” La nota scocciata nella voce di Chuck non poteva coprire la tristezza che pervadeva quelle poche parole.
E ogni parola, per Blair era una coltellata, non al petto, era una coltellata dritta in mezzo alle scapole, improvvisa e inaspettata.
La colpa è sua. Non sono certo io quella che non ci ha provato.
“Nate mi ha portato questo”. Mostrò lo specchio a Chuck. Lui lo guardò come un ricordo, sai che c'è ma è ormai lontano, nel passato che tutto prende e non restituisce mai.
“Era accanto alla rosa, giusto? Cos'è?” chiese impaziente la mora.
Chuck sorrise appena e le prese l'oggetto dalle mani.
Entrambi sentirono un brivido attraversarli quando si sfiorarono.
“Mostrami Serena” mormorò, leggero, e Blair vide comparire nello specchio il volto della sua migliore amica, mentre parlottava con Nate, coi volti vicini e lo sguardo concentrato.
“Incredibile” sospirò, “Davvero incredibile, lo hai mai usato?” chiese, anche se sapeva già la risposta.
“Ovviamente. Io e Nate non vi abbiamo perso di vista per troppo tempo. C'eravamo quando vi siete diplomate, c'eravamo quando Serena pubblicò il primo scandalo, c'eravamo per la tua prima sfilata e c'eravamo ogni Natale, Ringraziamento e Capodanno, c'eravamo ogni 22 novembre. Solo che voi non lo sapevate.”
Una lacrima solitaria si fece strada sul volto di Blair, seguita da un'altra e un'altra ancora. Piangeva perché non voleva andarsene, non voleva perdere tutto di nuovo, sentire quel vuoto nel petto ancora, svegliarsi dopo un incubo per l'ennesima volta. Quei pochi giorni di pace erano sembrati infiniti. Ma era il 30 novembre. Otto giorni e già non ne poteva più fare a meno.
Doveva andarsene prima che diventasse dipendente da quella felicità.
“Chuck, è un regalo bellissimo. Grazie” e dopo aver sfiorato la sua guancia in una lenta carezza, Blair se ne andò.
Si allontanò dal suo Cavaliere Oscuro perché sapeva che la fata non lo aveva maledetto per niente: Chuck aveva un cuore di ghiaccio.
Ciò che non sapeva era che il ghiaccio, in quei giorni, si era sciolto.
Ma lui sarebbe rimasto nell'oscurità per non macchiare la sua luce con quell'oscurità che lo avvolgeva.

**********************************
“Blair, mon amour! Finalmante, sei tornata!” Le braccia di Louis la strinsero sulla vita, sollevandola e facendola girare in aria non appena la vide a Central Park.
Chuck non lo farebbe mai. Sa che odi quando ti si scompigliano i capelli.
Sei tornata a tormentarmi? Vuoi startene zitta, vocina dei miei stivali?

“Oui, Louis! Scusa se ti ho fatto aspettare, ma mia madre aveva bisogno di me.”
Blair osservò quei capelli castani troppo chiari, quegli occhi dorati così poco profondi e quel sorriso luminoso da copertina, falso. Incredibile come sembrasse passata un'eternità da quando lo aveva visto l'ultima volta. Eppure erano stati solo otto giorni, poco più di una settimana.
“Serena, me l'aveva detto. Spero solo che non ti porti via da me di nuovo, ma cherie! A proposito, l'hai vista da quando sei tornata?”
“No, ancora non l'ho vista. Sai dov'è?” Blair sperò che non le si leggesse la bugia in faccia. Solitamente era un'ottima attrice ma era ancora scombussolata dagli ultimi eventi.
Lui la prese per mano, iniziando a camminare.
“No, ma credo debba farsi controllare da qualcuno...” sussurrò Louis con tono freddo e distaccato. Cattivo.
“E perché mai? È impazzita durante la mia assenza?” e Blair rise, di una risata falsa perché solo Chuck sapeva farla ridere davvero.
“Parlava di una bestia, nei pressi di un hotel in disuso... Come si chiamava? Ah, sì. Mi pare fosse l'Empire. E non solo! Diceva che anche tu eri lì, con quella bestia e che la stavi aiutando. Io mi sono preoccupato, soprattutto dopo l'incontro con una certa persona...”
Blair era congelata sul posto. Non riusciva a crederci. Louis sapeva.
O forse no, forse è davvero preoccupato per Serena, ma devo fargli capire che non ce n'è bisogno.
“E chi sarebbe questa persona?” non riuscì a nascondere la preoccupazione.
“Una vostra cara amica. Ti ricordi Georgina Sparks? Era passata per una visita ma voi non c'eravate. Così ci siamo conosciuti e le ho parlato di questo... episodio. Lei mi ha confidato che non era la prima volta che la tua amica aveva allucinazioni di questo tipo. Forse sarebbe meglio contattare uno psichiatra, no?”
Blair respirò a fondo. Doveva fare qualcosa. Doveva proteggere Serena. Doveva distrarre Louis.
“Be', io direi di chiamare sì un dottore, ma non uno psichiatra...”
Louis la guardò, stranito: “E chi dovremmo chiamare, mon amour?”
Blair sorrise: “Un ginecologo. Sono incinta, Louis”.



Angolo Autrici.
Buongiorno stelle del cielo! La terra vi saluta! *FabbricaDiCioccolatoTime* Per prima cosa, io (Marty) mi ero dimenticata di pubblicare parte del capitolo precedente. Sì, sono imperdonabile, linciatemi pure. L'ho aggiunto quindi chi se lo fosse perso ora può leggerlo. Capitolo alquanto pieno, vi pare? Lo specchio, i SereNate che complottano, l'addio e l'arrivo purtroppo di Louis che però si porta dietro G
F- Sì!! La mia amata G <3
M- L'ho inserita solo per te, cava u.u
Georgina- Non dite baggianate, sarei arrivata lo stesso.
M- Oddio, sei arrivata anche tu?
G- Credi davvero che potrei perdermi un angolo dove posso maltrattare tutti? Non scherziamo.
F- La Regina dei Complotti è arrivata u.u
M- Ho capito, Fede andiamocene e Georgina! Ricorda di ringraziare tutti!
G- Certo, certo.
Angolo Cast.
C- Blair, dovevi restare con me!
B- Ma se mi hai detto di andare!
C- Quante volte ti avrò detto di non ascoltarmi quando parlo di me!
B- -.-”
L- Tasci, Bestia! Lei vuole stare avec moi!
C- Bestia a chi? Almeno io so parlare, francesino.
L- En guard!
*rissa*
Violetta *Come avete scoperto che la amo?*- Un'altra rissa?
N- Non è giusto! Chuck, dovevi aspettarmi! *si butta nella mischia*
G- Dan, non dovresti andare anche te? Sono tutti gli uomini, mi pare.
D- Per favore, io scrivo. Non prendo a pugni.
B- Infatti vieni preso a pugni *ripensa al Ringraziamento della sesta stagione*
D- M... Mi aveva colto di sorpresa!
S- Come no... Comunque, G, sorvoliamo sul fatto che ti mi ritieni pazza *Nate emerge dalla nuvola di polvere urlando un 'Non lo sei, amore mio!'*, comunque, dovremmo ringraziare qualcuno, no?
G- Hai ragione, per una volta. Ehi, in questo capitolo tu e il tuo biondino sembravate intelligenti!
S- -.-”
B- Dorota! Inizia a sfornare waffle!
Do- Agli ordini Miss Blair!
G- Grazie a Narumi__Darkaria e sofiaa95 per aver inserito la storia tra le preferite!
B- Waffle con zucchero!
S *dopo aver rubato un waffle*- Grazie a blue_sun23, Eri_Gomez, Flo_94, Narumi__Darkaria e Wish15 per averla messa tra le seguite!
B- Waffle col miele!
Veronica * TE QUIEROO, TE QUI... Ehm... Andatevene* Grazie mille a 117 e Narumi__Darkaria per averla messa tra le ricordate!
B- Waffle col gelato!
M- Grazie di cuore a FantasyAle per averci messo tra i suoi autori preferiti. Siamo davvero onorate <3
B- Waffle con la nutella!
F- E per concludere grazie alle sempre presenti Lovatic_Chair e Novalis per le loro fantastiche recensioni. È anche merito vostro se la storia continua.
B- Waffle con ciò che vogliono!
Mon- Grazie a tutti quanti, al prossimo capitolo!
p.s. Anche questa volta, i ringraziamenti fanno riferimento a quelli dei capitoli 14 e 18. Grazie ancora a tutti quanti voi lettori, silenziosi e non, fateci sapere che ne pensate della storia perché tutto è meglio del silenzio.
p.p.s Secondo voi chi ha vinto la rissa? Lo scoprirete nella prossima puntata u.u

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Capitolo 23
*** Ghostbusters ***


Ghostbusters
 

Le lenzuola di tessuto pregiato avvolgevano il suo corpo in una calda morsa consolatrice, le primi luci del mattino filtravano dalle tende chiare e il rombo delle auto cominciava a diventare insistente nelle strade.
New York si stava svegliando, e così anche Blair Waldorf.
I piedi nudi toccarono il pavimento freddo e un brivido le percorse la schiena, strinse la vestaglia al petto, raggiungendo la finestra che affacciava sulla città.
New York, la sua New York, così complicata e immensa e bellissima.
La città che l’aveva vista crescere, passare dai cerchietti e i banchi di scuola agli abiti importanti e le sfilate di moda. La città che l’aveva vista sbocciare, come un fiore, e combattere pur di non appassirsi, perché può un fiore vivere senza la sua linfa?
Ricordò di un’altra mattina, un altro giorno, un altro luogo, un altro uomo.
Era l’estate dell’anno prima, lei e Louis erano al loro primo appuntamento, a Parigi.
Il ricordo della voce ovattata del suo fidanzato riecheggiava fra le pareti della sua stanza. Parigi è complicata e bellissima, proprio come te.
Il volto della mora si dipinse di un sorriso dolce, ma malinconico.
Louis era sempre stato così dolce con lei, la amava in un modo assolutamente puro e semplice, non gli ci era voluto molto per confessarle il suo amore e gli ci era voluto ancora meno per dichiararsi a lei, chiedendo la sua mano, giurando che l’avrebbe amata per il resto della sua vita.
E Blair sapeva che diceva la verità.
Eppure Louis non riusciva a capirla, non fino in fondo, perché lei non era Parigi, non era solo delicata e fragile e romantica, non era lo scenario di milioni di favole a lieto fine.
Blair era dolce e meschina allo stesso tempo, delicata e pericolosa, fragile e forte quanto un uragano.
Blair era romantica ma, di quei suoi stessi sogni di favole e principesse, era rimasta prigioniera.
Lei non era Parigi, lei era New York, una medaglia a due facce, una lama a doppio taglio, aveva bisogno dell’oscurità per vivere.
Perché anche la più luminosa delle stelle ha bisogno del buio per brillare.
Blair era questo e molto altro, Blair era tutto ciò che a Louis doveva essere nascosto.
Gli occhi le si fecero lucidi, mentre il sole nasceva e lei con la mano accarezzava la pancia ancora piatta.
Stava facendo ciò che sarebbe stato meglio per il suo bambino, continuava a ripetersi. Lo ripeteva all’infinito, nella speranza che un giorno avrebbe potuto crederci.
“Miss Blair!”
E Blair non poté fare altro che ricordare la sua Dorota. L'unica, oltre a loro, che l'aveva sempre capita e accettata, che la metteva davanti ai suoi errori e al lato oscuro della medaglia senza paura e senza rischiare di esserne schiacciata. Le mancava già.
“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così, Anita” borbottò Blair.
Solo Dorota può chiamarmi così.
“Mi scusi, Miss Waldorf. Mr. Louis mi ha chiesto di avvertirla che non sarà a casa prima del tardo pomeriggio oggi. Ha faccende importanti da sbrigare all’ambasciata.”
Blair annuì alla sua domestica, congedandola con un veloce gesto della mano.
Le mancava Dorota.
Lei avrebbe di certo insinuato qualche dubbio dentro di lei, facendole notare che Louis era a casa sempre meno frequentemente, e in seguito avrebbe inforcato gli occhiali da sole e avrebbe assecondato Blair andando in missione per lei.
Come quando era al liceo.
Ma Dorota non c’era, e senza il suo grillo parlante tutti i dubbi e i sospetti di Blair annegavano nel mare di pensieri che le offuscavano la mente.
Intanto, dall’altra parte della città, il principe di Monaco beveva un caffè, sfogliando cauto le pagine del New York Times.
“Allora, Sua Altezza, trovato niente in merito ad una misteriosa bestia ruba fidanzate?” L’uomo alzò gli occhi, puntandoli su quelli della donna di fronte a lui che, con un ghigno malizioso, occhieggiava il giornale.
“Spiriteul” bofonchiò il francese.
“Sì, è una delle mie tante qualità” ribatté candidamente Georgina prendendo posto.
“Aleur, trovato qualcosa?” chiese impaziente il moro.
“A parte un mucchio di carte inutili: no.” Le dita smaltate di nero agguantarono un croissant.
“So quello che ho visto” affermò il francese. Non era un pazzo, non si era immaginato la bestia, né il bacio.
“Magari hai visto male” un sorriso divertito e furbo incorniciava il volto della mora.
“Tu sai qualcosa che non vuoi dirmi” il tono deciso celava la rabbia che traspariva dagli occhi verdi.
“Come ad esempio che il tuo accento è abbastanza ridicolo? Mi sono trattenuta per educazione, Principe” Le labbra laccate di rosso addentarono il dolce, mentre Louis sbatteva il giornale sul tavolo.
Detestava quella donna, era la pura essenza del male, non aveva alcun rispetto per lui o per il suo titolo; quello stesso appellativo, pronunciato in modo talmente solenne, suonava come il peggiore degli scherni.
Eppure Louis sapeva che, per uscire vincente da questa storia, aveva bisogno di lei.
“Ti pago per una ragione, devi dirmi ciò che sai!”
“A questo proposito: non credo che il lavoro valga la ricompensa. Dopotutto ho dovuto inserirmi negli archivi della polizia per ottenere le informazioni di cui dispongo, potrei finire in galera...” Georgina gli sorrise, mentre lui la guardava con astio.
Era sicuro che per lei fosse stato facile ottenere quelle informazioni e che sarebbe stato altrettanto facile uscire pulita da tutto quello. Eppure l’ego, ancora una volta, vinse la coscienza dell’uomo.
“Quanto?”
“50 mila, più l’immunità diplomatica.” Georgina sorrise, serafica.
“Cosa intendi?”
“Stavo pensando ad una carica onorifica, un sottoposto dell'ambasciatore”
“Stai cercando un lavoro?” La risata della mora riecheggiò nel locale. Louis sospirò, avendo capito le intenzioni della donna.
“Dove?”
“Questo lo decideremo tra qualche giorno”
“Va bien, ma non voglio responsabilità”
“So come coprire le mie tracce, Principe, non preoccuparti di questo” ammiccò la mora.
“Aleur?” chiese Louis, impaziente.
Georgina addentò nuovamente il croissant, assaporandolo con una calma irritante.
“Quando Chuck Bass sparì, quattro anni fa,” cominciò cauta “se ne perse ogni traccia, fu dato morto ma il corpo non fu mai ritrovato, non ci sono mai stati i funerali. Semplicemente scomparso nel nulla. Poof!”
“Davvero è questo ciò che hai da dirmi? Queste sono informazioni che conosco anche io!”
“E tu sai anche che Eric Van Der Woodsen, tre anni fa, fu ricoverato al Centro Ostroff per ben sei mesi perché era convinto di aver visto il fratello scomparso?”
“Quio?”
“E cercò di raggiungerlo a quanto pare, ma il luogo in cui cercò di entrare era dismesso, così cadde, rompendosi un braccio e finendo al pronto soccorso.”
“È il fratello di Serena?”
“Esattamente, ma nessuno, a parte Lily, era a conoscenza di questa storia. Fece ispezionare il palazzo una notte, di modo che nessuno potesse fare strane congetture da dare in pasto ai media”
“E lo trovarono?” Louis sudava freddo, il corpo sporto verso la mora, mentre ferveva per sapere la risposta.
“No.” Sorrise Georgina. Louis si passò una mano fra i capelli scuri, non c’erano prove che ciò che avesse visto era vero.
“Ma…” continuò Georgina “Gli uomini di Lily non ispezionarono tutto il palazzo. Un solo piano, completamente inagibile secondo l’architetto che lavorava per la Signora Van Der Woodsen, non fu visitato.”
“Era…” sussurrò Louis. “L’ultimo piano dell’Empire Hotel, il palazzo sul cui tetto Eric Van Der Woodsen aveva giurato di aver visto Chuck Bass.”
Louis era sconvolto, i battiti acceleravano alla realizzazione che tutto ciò che aveva pensato non era frutto della sua fantasia. “Chiama a casa, Principe, non stanotte si va a caccia di fantasmi”.


Angolo Autrici.

M- Ehilà?
F- C'è nessuno?
M- Questa volta siamo davvero in ritardo!
F- Oh, ci uccideranno T.T
M- Non disperare! Vedrai che ce la caveremo, in qualche modo!
Care Chairleaders, perdonatemi, ma, ancora una volta, è colpa mia se aggiorniamo solo ora (sono Fede, ma scommetto che l'avevate capito XD) T.T E' solo che sono stata superimpegnata, quindi chiedo umilmente venia, ma so che voi siete dolci e carine e mi perdonerete c: *anche perché altrimenti niente torta u.u* Allora, ricapitolando, spero che il capitolo vi piaccia, vi dirà, inserire Eric è stata una decisione Last minute, ma Georgie mia ha sempre ispirata In quanto a lei, spero, vi abbia fatto piacere il piccolo siparietto della Regine del male dell'UES
S- FERME UN ATTIMO!
F- Non avevo calcolato i personaggi!
M- Andiamocene prima che ci uccidano!
S- Ma volevo solo chiederle che torta regalavano questa volta! Vabbè.
Angolo Cast.
L- Mais, Paris è migliore di New York!
N- Ti prego. New York è superiore.
L- False!
J *sì, non sono morta XD*- Sai che stai parlando a una decina di newyorchesi, vero?
*I sopraccitati newyorchesi si avvicinano minacciosi a Louis*
L- Tornerò!
B- Lasciate perdere quello lì e venite qui, subito!
S- B, che succede!
M- Già, che succede
B*bisbiglia con gli altri*- Oggi è il compleanno di quella idiota di Marty. Forse se le facciamo gli auguri non ci ucciderà!
C- Sei assolutamente perfida, Waldorf.
S- Sì, facciamolo, facciamolo!
*Tutti in coro* TAAAANTI AUUUGUUUUURIII AAAA TEEEEEE! TAAAANTI AUUUGUUUUURIII AAAA TEEEEEE! TAAAANTI AUUUGUUUUURIII AAAA MAAARTYYY! TAAAANTI AUUUGUUUUURIII AAAA TEEEEEE!
M- Chi. Ve. Lo. Ha. Detto.
F- Io non c'entro.
L- Un'uccellino...
C- Drogati meno, francesino dei miei stivali.
L* Urla insulti in francese*
F- Per l'occasione Tatarella20, Narumi_Darkaria, FantasyAle, Novalis e Giuls17, che hanno recensito lo scorso capitolo, riceveranno una fetta di Torta 900 ^~^
M- Lasciatene una fetta anche a me!
S- Ciao ciao!|

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Capitolo 24
*** Psychological terrorism ***


Psychological terrorism
 

“Non ti preoccupare, Louis. Starò bene”. La voce di Blair gli giungeva vuota alle orecchie, come se la sua presenza fosse un dato irrilevante per lei e, probabilmente, era così.
“A plus tard, cherie!” disse con voce fintamente dolce.
Non la sopportava.
Così falsa, così lontana, così diversa, così imprevedibile, così Blair. Così non sua.
La amava ancora? Certo, ma il suo cuore non perdonava e, per quanto l'amasse, desiderava la vendetta più del suo amore.
“Allora, piccolo principe, vogliamo andare? Su, o non addomesticheremo la volpe!”
Georgina lo guardava da sotto le lunghe ciglia, gli occhi di ghiaccio lo osservavano con aria divertita.
“Donc, cosa facciamo?” chiese esasperato, non capiva quella donna e una parte di lui ne era felice.
Georgina sorrise e iniziò a spiegare il piano allegra, come se stesse parlando di un picnic a Central Park.
“Allora, di certo non possiamo entrare lì, e chiedere alla muffa se hanno visto un ragazzo scomparso anni fa, ti pare? Quindi, tu ora andrai alle Bass Industries, che ora sono gestite da Jack Bass, fratello del defunto Bart e zio del disperso Chuck. Chiederai, anzi, pretenderai di comprare l'edificio. In questo modo, non avremo alcun problema. Non dovresti avere tante difficoltà, è un vecchio palazzo in disuso.”
Louis annuì, si sentiva costretto a fidarsi di quella donna.
“Tu che farai, Georgina?”
Il sorriso perfido che curvò le labbra rosse della mora gli diede i brividi. Fortuna che erano alleati, pensava.
“Oh, solo del sano terrorismo psicologico”.

*****************************************
“Anita! Vai ad aprire, dev'essere Serena!” Blair era distesa sul letto, avvolta nel suo amato piumino rosa antico, con l'intenzione di restarci per tutti i giorni successivi.
Non aveva voglia di vedere nessuno, in particolare Louis, che quella sera non sarebbe tornato a casa, fortunatamente.
Blair sapeva che lui sospettava qualcosa ma anche lei aveva dei dubbi su di lui.
Forse stava facendo la cosa sbagliata.
Forse era ancora in tempo per tornare all'Empire, a raccontare a Dorota i suoi sospetti.
Forse poteva stare lì con Serena e Nate e... Chuck.
Forse...
“Oh, B. Quanto tempo!” Un moto di stizza riempì la mora.
Di tutte le persone che il buon Dio poteva mandare in quel momento lei era l'ultima che desiderava vedere.
“Georgina. Credo che tu sappia che non è un piacere” rispose, acida squadrando l'altra.
Georgina sorrise amichevole mentre gli occhi le si illuminavano di divertimento.
Chiaramente stava combinando qualcosa, e Blair voleva tenersene fuori.
“Georgina, non sono in vena di stare dietro ai casini che stai per creare, quindi, non coinvolgermi.” disse mentre si rituffava nel delicato cuscino di seta, abbassandosi sugli occhi la mascherina. Un bel sonno era quello che le serviva.
“Ma Blair, tu sei la protagonista! Come faccio a non coinvolgerti!” esclamò, fintamente contrariata, incurvando le labbra in un broncio palesemente ironico.
Ovviamente non le importava di quello che voleva Blair.
“E di grazia, come sarei diventata la protagonista del tuo spettacolo di burattini?” La stizza era palpabile nella voce di Blair.
Il sorriso di Georgina si allargò ancora di più.
“Lo scoprirai presto, Queen B! Fai attenzione alle bestie che ti circondano, potrebbero azzannarti. Au revoir! Ah, e se vedi Serena, chiedile come sta Eric!”
Blair sentì un brivido percorrerle la schiena mentre sentiva i tacchi della donna allontanarsi.
Un brivido di terrore.
Non ci mise molto a mettere insieme i messaggi che Georgina con quell'ultima frase le aveva dato.
Bestie: sapeva di Chuck.
Au revoir: era in combutta con Louis.
Serena: sapevano che anche la sua bionda amica era informata.
E lei era la protagonista, quindi entrambi sapevano che lei non era affatto stata dalla madre.
Ma perché aveva nominato Eric?
“È permesso?” Blair sollevò la mascherina, trovandosi davanti Harold, sorridente.
“Papà?” Ecco, questo era più inaspettata della visita di quella perfida di Georgina.
“Principessa! Sono così dispiaciuto di essere arrivato così in ritardo! Ma quella tormenta aveva bloccato tutti gli aerei. Be', l'importante è essere arrivati, giusto? Roman ti manda i suoi saluti e questi fantastici biscotti! Ma, angelo mio, cosa ci fai ancora a letto? Su, New York ci sta aspettando!”
Si era completamente dimenticata di suo padre. Doveva arrivare il giorno in cui ha ritrovato Chuck, Nate e gli altri.
E ciò che era successo aveva relegato in un angolo tutto ciò al di fuori di quell'hotel, esclusi Serena e Louis.
“Scusa papà, ho avuto una settimana difficile, ma sono felice che tu sia qui. Passami uno di quei biscotti, forza!”
Il padre le si sedette accanto, offrendole il dolcetto.
“Mi spiace non esserci stato, tesoro. Puoi raccontarmi tutto, lo sai? Ma solo dopo una bella cioccolata calda. Chiederò a Doro... alla domestica di preparartela, ti va? Quei biscotti sono ottimi con la cioccolata con panna” e sorridendo si avviò a fare quanto detto.

**************************************
Blair se n'era andata dal'Empire, portandosi via la flebile speranza che aveva animato gli oggetti negli ultimi giorni.
Cercavano tutti di non pensare al destino che li attendeva: rimanere per sempre degli oggetti.
Nate di faceva giochi prestigio con le fiamme, mentre Dan borbottava più del solito riguardo a quanto tende e fuoco non andassero d'accordo.
Dorota preparava il tè mentre parlava con Vanessa di quanto fosse sporca la cucina.
Jenny cuciva una coperta calda a Monkey che le girellava intorno con aria un po' triste.
Tutti cercavano di distrarsi.
Tutti tranne Chuck.
Da quando Blair se n'era andata non era uscito dalla sua suite, urlando a chiunque tentasse di entrare o parlare con lui improperi degni di uno scaricatore di porto, non certo di Chuck Bass.
Nate era preoccupato, era diverso dall'altra volta.
Chuck non doveva capire niente, aveva già capito.
Capito che era finita, che non c'era speranza, che la prigione di cristallo si era fatta solida, di dura pietra, pietra che lo soffocava, lo abbatteva, lo uccideva..
Troppe volte Nate aveva sentito, mentre accostava l'orecchio alla porta della suite, il rumore di vetri infrangersi, tonfi sordi contro il muro, spesso seguiti da un leggero gemito di Chuck, e un paio di volte dei singhiozzi disperati.
E per quanto tentasse di parlare col suo amico, di spiegargli che andava bene così, le uniche risposte che otteneva erano borbottii infastiditi.
Chuck era quello che più di tutti aveva sperato e che più di tutti era rimasto deluso.


 

Angolo Autrici.
Hallo! Ditelo che ve ne eravate dimenticate di Harold come noi u.u Niente è lasciato al caso, fanciulle! Detto ciò, che ve ne pare? Il caro vecchio terrorismo psicologico non sbaglia mai <3 E poi sì, sta parte triste triste in fondo non so (Marty) da dove sia uscita u.u Vabbuò, prima che ci linciate per motivi a noi sconosciuti (?) ci dileguiamo u.u
p.s. Prendetevela con quegli idioti dei personaggi se tutto non va come stabilito >.<
Angolo Cast.
G- Amo il terrorismo psicologico u.u
B- Cosa centra Eric, brutta *censura*????
Lucius Malfoy- Via Blair, più garbata.
S- E lei chi è?
Lucius- Ero venuto a fare da testimonial per una famosa ditta di shampoo. Perché i miei capelli fanno swissssh.
S- Guarda che sono io la testimonial della L'Oreal è.é
D- Perché non hai visto il mio ciuffo in metà delle stagioni.
N- Amico, tu e i tuoi capelli non andate tanto d'accordo, vero?
D- Meglio che Viviana con i suoi u.u
Vanna *La lista di nomi online è molto fantasiosa, vedo*- Cos'hanno i miei capelli che non va?
B- Hanno solo bisogno di una visita urgente dal parrucchiere. O forse da un esorcista.
S- Cooomunque, Harold ha portato dei biscotti anche a Novalis, Narumi_Darkaria e tatarella20 per le loro carissime recensioni.
Lucius- Sicuramente saranno delle intelligentissime Serpeverdi u.u
B- Ma gli intelligenti non erano in Corvonero?
Lucius- Dettagli u.u
N- Chissà noi in che casa saremmo...
S- Chiediamo ai lettori!
Lucius- Mi pare una splendida idea.
B- Idee che possono venire soltanto a dei deficienti come voi -.-”
D- Se c'è qualche potterhead che segue questa... cosa, ci dica un po' dove ci smisterebbe u.u
Draco- E se non lo farete mio padre lo verrà a sapere è.é

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Capitolo 25
*** If happy ever after did exist ***


If happy ever after did exist
 

Erano passati tre mesi – 82 giorni, 328 ore, infinite notte insonni- dall’ultima volta che Blair aveva messo piede all’Empire.
Gennaio volgeva ormai al termine e Febbraio bussava alla porta, insistente, i fogli sul calendario volavano e il ricordo delle labbra di Chuck contro le sue si faceva ogni secondo più vago, troppo per poter anche solo sperare di ricordare quella sensazione.
Louis era diventato una presenza sempre meno stabile nella sua vita e, nonostante tutto, a lei non dispiaceva.
Cosa diavolo c’era di sbagliato in lei? Lui sarebbe stato il padre del suo bambino, suo marito di lì a qualche giorno.
La risposta di Blair era arrivata lentamente, e non c’era alcuna gioia nei suoi occhi quando aveva fatto cenno con la testa e mormorato un sì, e se solo Louis non fosse stato tanto distratto avrebbe capito che le lacrime che le brillavano nelle iridi color cioccolato non erano di gioia.
Ma non era di certo l’unico a distrarsi facilmente, perché sarebbe stato solo uno sguardo più attento a Blair per capire quanto falsa fosse la gioia nei suoi occhi, nella sua voce, nel suo tocco che, delicato, le accarezzava la pancia quasi evidente.
Erano passati tre mesi e il suo bambino (o bambina) cresceva, mentre la sua mente si divertiva a fomentarla regalandone, di notte, spezzoni di una vita che non avrebbe mai vissuto con un uomo che non sarebbe mai stato suo.
Era intrappolata nella sua favole, e il ‘Vissero per sempre felici e contenti’ si stava rivelando la più grande bugia che le avessero mai raccontato.
Il matrimonio si avvicinava, erano stati costretti ad anticiparlo a causa della gravidanza, così la pancia non si sarebbe notata. Sophie non si era neanche alterata più di tanto, in fondo era un erede al trono quello che Blair avrebbe messo al mondo.
Il 22 Gennaio, la data del suo matrimonio.
Dio doveva un gran bel senso dell’umorismo, si era ritrovata a pensare constatando che era il giorno dopo il compleanno di Chuck.
La data di scadenza.
Come poteva sentirsi così male e allo stesso tempo sapere di star facendo la cosa giusto?
Una volta Chuck le aveva detto che c’era una differenza tra il Grande Amore e l’Amore Giusto, l’aveva buttata lì, puntando gli occhi su lei e Nate che sorridevano alla telecamera, felici e spensierati come solo due dodicenni sarebbero potuti essere.
Ora Blair lo capiva, stava sacrificando il Grande Amore per l’Amore Giusto, quello per suo figlio.
I giorni passavano e la fatidica data si avvicinava, sempre di più, fino a ridursi ad una manciata di ore che la dividevano dall’altare, l’abito bianco e lo sposo sbagliato.
Era la sera del 21 gennaio, e non un solo momento Blair aveva lasciato la sua mente vagare, spaventata dai suoi stessi pensieri.
Tirò su la zip del vestito viola che le fasciava i fianchi morbidi, i capelli erano sciolti e il trucco leggero. Agguantò la sua pochette Chanel e si diresse al piano di sotto, dove Serena la stava aspettando.
Avrebbero raggiunto le altre da Visconti, dove si sarebbe tenuto il suo addio al nubilato.
Aveva insistito che Serena non venisse, che restasse con Nate quella notte, per affrontare insieme ciò che sarebbe successo, era stata l’unica volta che avevano affrontato l’argomento, e le lacrime avevano subito raggiunto i suoi occhi e il suo cuore.
Serena non aveva detto nulla, aveva solo scosso la testa, sorridendole gentilmente, un sorriso appena accennato, diverso dai soliti sorrisi di Serena, quelli che fanno sgomberare le nuvole, e l’aveva stretta in un abbraccia.
“Pronta, Principessa?” le chiese la sua bionda migliore amica. Blair annuì, diretta verso l’ascensore, per poi bloccarsi non appena le porte si aprirono.
“Un secondo, ho dimenticato il cappotto” Serena annuì, mentre Blair perlustrava il suo armadio e il salone in cerca della sua giacca firmata Valentino.
Stava per urlare ad Anita qualcosa, quando notò la porta semi aperta della stanza degli ospiti. Non veniva usata da mesi, magari il suo cappotto era stato distrattamente poggiato lì dalla sua incompetente cameriera.
Spalancò la porta di legno e pigiò l’interruttore della luce. Cinque fogli bianchi erano sparpagliati sul letto a baldacchino.
Si voltò un attimo, notando una chiave caduta accanto alla porta, segno che qualcuno aveva dimenticato di chiudere a chiave. Si avvicinò al letto, prendendo i fogli fra le mani.
Alcuni di loro erano macchiati d’inchiostro nero, probabilmente erano delle copie che la stampante aveva rovinato e che qualcuno aveva dimenticato di gettare nella spazzatura. Erano la pagina 1, la pagina 7 e la pagine 13, quindi dovevano essere sfuggite ad un fascicolo.
Gli occhi di Blair viaggiarono veloci sulle parole che si susseguivano sulla carta bianca. L’odore dell’inchiostro ancora fresco le invase le narici e il polpastrelli delle dita le si tinsero vagamente di nero.
Il suo cuore mancò un battito, poi due, tre.
‘Le Industrie Bass cedono l’Empire Hotel, edificio in procinto di demolizione, al Principe Louis Grimaldi di Monaco per la cifra di $ 194.700. I termini e condizione dell’accordo approvati dal CEO delle Industrie Bass Jack Xavier Bass saranno di seguito elencate al fine di…’
Le ginocchia le divennero di gelatina, ma non le importava, raccolse i fogli e prese la prima giacca che le capitò a tiro, scendendo le scale talmente veloce che quasi travolse Serena.
“B, credevo stessi cercando-”
“Guarda” la bloccò l’amica porgendole i fogli, a Serena bastò leggere i primi tre righi per alzare lo sguardo confuso su Blair.
“Cosa diavolo vuol dire?”
“Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo, a pagina 7 c’è scritto che l’ultimo sopralluogo avverrà stanotte”
“B, sei davvero sicura di…”
“Chiama Penelope, dille che non mi sono sentita bene ma che la serata è già stata pagata e che possono rimanere lì” tagliò corto la mora.
Entrò nell’ascensore, tirando la bionda all’interno con sé. Blair liquidò il suo autista e chiamò un taxi, Serena era ancora sotto shock, ma B era determinata.
Una limousine avrebbe dato nell’occhio, pensò la parte machiavellica che ancora era in lei, diede all’autista l’indirizzo e cominciò a rimuginare sulla situazione: perché mai Louis avrebbe dovuto comprare l’Empire ma, soprattutto, perché gliel’aveva tenuto nascosto?
Blair cominciò a sospettare che il suo fidanzato avesse scoperto qualcosa, l’ansia cresceva ogni minuto di più e, quando finalmente la vettura gialla accostò, i sospetti di Blair divennero certezze.
Una donna vestita di blu con grandi occhi chiari e lunghi capelli corvini era in piede dalla parte opposta del marciapiedi, un sorriso diabolico le increspava le labbra mentre salutava l’elegante uomo che le si era avvicinato pochi attimi prima.
Si scambiarono qualche parola, per poi dirigersi verso la porta dell’albergo, ma prima che potessero metter piede dentro si bloccarono, l’uomo mormorò qualcosa, la donna roteò gli occhi e i due si allontanarono a passo svelto. Probabilmente avevano dimenticato qualcosa.
Non appena voltarono l’angolo Blair si precipitò fuori dal taxi, dall’altro lato della strada, seguita a ruota da Serena. Qualunque cosa stesse facendo Louis avrebbe portato distruzione, era sempre così quando era coinvolta Georgina Sparks.


Angolo Autrici.
Salve a tutti! Ci scusiamo per la nostra lentezza T.T Siamo davvero terribili. Cooomunque, che ne pensate del salto temporale? Le cose sono un po' cambiate dal capitolo precedente u.u La nostra cattivona preferita si è data da fare XD Ringraziamo di cuore Novalis e tatarella20 per le loro fantastiche recensioni <3 Vi arriverà una bella tavoletta di cioccolato u.u Bene, al prossimo capitolo, fanciulle :*
Angolo Cast.
S- Ehm... Gente... Vi ricordate lo scorso angolo?
B- Perché?
S- È arrivato il Cappello Parlante.
N- Davvero?
McGranitt- Forza, quando vi chiamo dovete venire qui per essere smistati. Blair Waldorf!
Cappello- Be', c'è tanto materiale ma direi... SERPEVERDE!
McGranitt- Charles Bass!
Cappello- SERPEVERDE!
McGranitt- Daniel Humphrey!
Cappello- Uhm... Dove ti metto... Forse... CORVONERO!
B- Ma i Corvonero non erano intelligenti?
D- Ehi!
Piton- Silenzio!
McGranitt- Erik Van Der Woodsen!
Cappello- TASSOROSSO!
McGranitt- Georgina Sparks!
Cappello *non si posa nemmeno sulla sua testa*- SERPEVERDE!
McGranitt- Jenny Humphrey!
Cappello- TASSOROSSO! No, non Tassofrasso. Proprio Tassorosso.
McGranitt- Nathaniel Archibald!
Cappello- Questa è facile. GRIFONDORO!
McGranitt- Serena Van Der Woodsen!
Cappello- Troppo facile. GRIFONDORO!
McGranitt- Vincenza Abrams!
Vera- Pure lei, professoressa? T.T
Cappello- Dove ti metto... Mah, dato che ce ne ho messo uno solo... CORVONERO!
McGranitt- E con questo abbiamo concluso.
L- E io?
Piton- Per lei, signor Grimaldi, abbiamo creato una casa speciale... Si chiama VermeVomito. La sala di ritrovo è al Platano Picchiatore. Mi segua.
*E boh. Cosa dobbiamo dire? Che rivedere i film di Harry Potter nuoce alla nostra sanità mentale. Ah, ma non ce l'abbiamo. Allora niente, guardateli come se non ci fosse un domani.*

 

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Capitolo 26
*** Stagione di caccia ***


Stagione di caccia

Blair saliva le scale cercando in ogni anfratto qualcuno che potesse spiegarle cosa diamine stesse succedendo.
Cosa avevano da spartire Georgina e Louis? Si erano visti una sola volta, dannazione!
Cosa centrava Erik? Cosa voleva Louis dall'Empire? Non lo stava sposando? Non stava per dare alla luce suo figlio? Non stava rinunciando alla sua felicità, al suo Grande Amore, per stare con lui? Cosa aveva sbagliato?
“Blair? Cosa ci fai qui? Serena?”
La mora si fermò, la sua testa era stata talmente occupata da tutte quelle domande che i suoi occhi erano passati oltre Dan che li osservava, stranito.
Si era anche dimenticata che non era sola, che S era sempre con lei. Questo pensiero le fece tirare un sospiro di sollievo. Se c'era qualcosa che non era cambiato era il suo legame con Serena.
“Dan, cosa sta succedendo?” chiese la bionda all'orologio.
“Hanno comprato il palazzo” disse, impassibile. Anzi, senza speranza.
“Ma perché? Cosa vuole Louis? E Georgina? Dov'è Chuck? E Nate? E tutti gli altri?”
Blair si fermò solo perché non aveva più fiato. Tutti i suoi dubbi erano usciti dalla sua bocca, lasciandola con una strana sensazione di testa leggera.
Si era tenuta tutto dentro così a lungo, troppo.
“Non lo so Blair. Qui non c'è più nessuno. Ce ne siamo dovuti andare prima di essere buttati e prima che trovassero Chuck. Siamo andati al Palace. Ma Blair, cosa ci fai tu qui?”
Blair rimase perplessa per un po'.
Dan aveva ragione, cosa ci faceva lì? Aveva detto addio a Chuck, a cosa poteva esserci tra loro, al loro futuro insieme. Quindi che ci faceva lì?
“Non lo so, Dan. Io... non lo so.”
Le lacrime abbandonarono i suoi occhi senza che se ne accorgesse. Blair raccolse stupita una lacrima su un dito.
I singhiozzi arrivarono all'improvviso, tanti, incontrollabili.
È la gravidanza, è la gravidanza. Devi riprenderti, fallo per la piccola. Fallo per Victoria.
“Va tutto bene, B. Ci sono qui io.” Serena si era seduta accanto all'amica, che era scivolata per terra, stringendole le spalle.
“Te lo dico io perché sei qui. Perché tu non abbandoni mai le persone. Per quanto tu dica che ormai fanno parte del tuo passato, niente ti farà dimenticare Chuck e Nate. E se loro sono in difficoltà, noi siamo con loro, a tirarli fuori dai guai. Come quando rischiavano di essere scoperti mentre raccoglievano le mele di nascosto, ti ricordi B? E noi dicevamo a chi arrivava che erano andati a fare una passeggiata, un bagno, che non c'erano lì. O quando loro controllavano che le mamme non arrivassero mentre ci provavamo i loro vestiti e ci truccavamo come loro. Ci siamo sempre stati a coprirci le spalle, gli uni gli altri. E questo non cambierà mai. B, ti voglio bene, ci sarò sempre, non dimenticarlo.”
Blair aveva smesso di piangere, una strana stanchezza l'aveva avvolta. Serena le sorrise, comprensiva.
“Grazie, S.” le disse, la voce bassa, un sussurro.
“Quando vuoi”.
“Che quadretto commovente. Sul serio, sto per mettermi a piangere”.
Blair si alzò di scatto, girando la testa in direzione della voce gelida e carica di sarcasmo.
“Georgina” sibilò.
“Sempre un piacere, Waldorf! Serena, quanto tempo! Sempre più bionda, vedo. Grazie mille, Mr. Pendolo. Mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito il caro vecchio Chuck. È così tanto che non lo vedo. Che ne dite di una rimpatriata?”
Lo sguardo gelido di Blair e quello irato di Serena risposero a quella “amichevole” proposta.
“Mi sa che non è aria di festeggiamenti. Be', forse Louis, vuole accompagnarmi con qualche suo amico.” Georgina si voltò, dirigendosi verso la porta.
Una limousine l'aspettava, lo stemma dei Grimaldi ben in vista.
“Cosa lega te e Louis? Lo hai chiamato tu, non è vero? Lascialo stare, lui non è come noi.”
Il rumore dei tacchi sul parquet si fermò e un sorriso divertito distese le labbra di Georgina.
“Forse non lo era, ma ti giuro sul mio incredibile talento per gli intrighi, che è stato lui a chiamarmi. Vederti baciare Chuck non deve avergli fatto molto bene. Sei stata tu, Blair, a renderlo uno di noi. Congratulazioni.”
Blair sgranò gli occhi. Le girava la testa e sentì Serena sostenerla mentre stava cadendo.
Victoria, cosa ho fatto?
“Ora, abbiamo una bestia da catturare. Con permesso.”
Fu troppo. Il buio avvolse Blair, come una calda coperta, concedendole l'oblio.
********************************
“Chuck, avanti fammi entrare”. Nate era fuori dalla stanza in cui l'amico si era rintanato non appena erano arrivati al Palace.
Nate sapeva che odiava essere visto con quell'aspetto ma non poteva restarsene chiuso lì per sempre.
Be', conoscendolo, forse troverebbe il modo.
“Nate, lo ripeto per l'ultima volta. Non. Ti. Farò. Entrare. Sono stato chiaro?” Chuck era furioso, per quanto tentasse di nasconderlo. Il candelabro sospettava che in quella forma diventasse più irascibile di quanto non lo fosse di solito.
“Come vuoi. Io me ne resto qui fuori, allora.” disse mentre si sedeva difronte alla porta, come aveva fatto innumerevoli volte, sempre con la stessa persona dall'altro lato della parete di legno.
Sospirò, aveva davvero bisogno di una dormita. Il trasferimento, la crisi di Chuck, il non vedere Serena, la consapevolezza che era tutto finito. Era troppo persino per un tipo come lui.
Ma evidentemente qualcuno non era d'accordo.
“Nate, ci sei ancora?” chiese in un sussurro con la voce baritonale.
“Sì, Chuck. Ci sono”
“Mi dispiace, Nathaniel. Non te lo meriti. Non se lo merita nessuno di voi. Persino per quell'Humphrey questo è troppo. Mi dispiace.”
Nate sorrise, a molti sembrava che Chuck non avesse un cuore, o che fosse congelato, e lo era, un tempo. Una morsa di ghiaccio lo rendeva odioso, quasi. Certo, era il suo migliore amico, ma essere migliori amici, non vuol dire conoscere e accettare anche i difetti dell'altro?
“Lo so, Chuck. Lo so”
“Grazie Nathaniel”. E Nate capì tutto ciò che c'era dopo quel grazie, quei perchè sottintesi, quei perchè che non era necessario spiegare.
“Quando vuoi, amico”. E un sorriso si andò a formare sulle labbra di cera del candelabro e lo stesso accadde su un volto mostruoso, che si distese in un espressione di dolce malinconia.
*****************************************
“Oui? Georgina, cosa vuoi?” la voce scocciata del principe arrivò a Georgina con una vaga nota di stanchezza.
“Piccolo Principe, la volpe è uscita dalla tana e si è rifugiata al Palace Hotel. Che ne dici di andare a caccia?” un sorriso malvagio le distese le labbra, l'ansia del cacciatore che fiuta la sua preda, ignara.
“Direi che è un'ottima idea. Quando?”
Il sorriso si allargò mentre scendeva dalla limousine di fronte all'hotel.
“Sono già qui”.
La caccia era aperta.


Angolo Autrici.
E con un ritardo puntualissimo (?) arriva il ventiseiesimo capitolo. Che dire, le cose si stanno evolvendo e sapete tutti cosa c'è a questo punto del film, no? Sì, ci siamo un po' tanto discostate dalla fiaba ma, ehi, sono Chuck e Blair, lo pretendevano u.u Quindi speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e aspettiamo le vostre recensioni <3
xoxo, Marty e Fede
Angolo Cast.
L- Sono così escitato! La caccia è sampre stato uno dei miei sport preferiti! Volpe? O altro?
G- Sono circondata da un branco di idioti *Scar's influence*
B- Io te lo avevo detto.
L- Puorquoi?
G- Lascia perdere, Prince. Non capiresti comunque.
L- Sei così cattiva >.<
J- Tornando a noi, questo è il capitolo dei ringraziamenti!
S- Già, è vero!
N- Allora, un grazie di cera (?) a AlessiaCe, Feel Alone, Katherine JN e tatarella20 per aver messo la storia tra le preferite!
S- Credo che queste ciambelle col miele siano per voi.
D- Grazie a Gossipgirl99, Grattastinchi98, JajaSerenity, se_93 e, di nuovo, tatarella20 per aver inserito The Beauty and the Bass tra le seguite.
Velia *-.-” non so davvero più che dire*- Le ciambelle glassate sono per voi invece.
Mon- E infine, grazie infinite a Novalis e tatarella20 (hai fatto l'en plain oggi u.u) per le loro fantastiche recensioni. Siete il sostegno maggiore per quelle due.
Do- Alla prossima!
p.s. I ringraziamenti fanno riferimento a quelli dei capitoli 14, 18 e 22. Ancora grazie mille anche a voi lettori silenziosi
p.p.s. Chuck non c'è in questo angolo perchè non vuole mostrarsi trasformato. Scusatelo, vi ringrazia anche lui u.u
p.p.p.s. Voi non amate i p.s.? Noi amiamo i p.s. XD
p.p.p.p.s. Lol. Visto?
p.p.p.p.p.s. Sta venendo una piramide di p :O (?)

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Capitolo 27
*** Tana per Bass ***


Tana per Bass

Un buio rassicurante avvolgeva l’albergo, il silenzio regnava sovrano e l’eco di malinconia di quel posto ormai dimenticato da Dio risuonava fra gli alti soffitti. I tappeti pregiati, colorati, provenienti da ogni dove giacevano a terra, coperti da uno spesso velo di polvere che difficilmente sarebbe stato calpestato ancora da qualche paio di Prada nuove di zecca.
O forse no.
Un’austera figura femminile si ergeva dinanzi alla vetrata che affacciava sulla Quinta Strada, in cui ignari cittadini vivevano le loro patetiche e dispendiose vite trovando, tra una bottiglia di champagne e l’ultimo numero di Vogue, il tempo di dedicarsi alle loro relazioni personali. Amanti, escort, valletti e chi più ne ha più ne metta, signore troppo ricche e troppo vecchie passeggiavano a braccetto con ragazzi troppo giovani e disillusi, il tutto sotto lo sguardo disinteressato del mondo e , quella sera, di Georgina Sparks.
Controllò l’ora sul suo cellulare, accorgendosi che era passato già un quarto d’ora da quando aveva chiamato Louis.
Quell’uomo era un idiota, ma le aveva dato una cosa che le mancava da tempo: combattere contro una sua pari, o quasi.
Non che avesse mai considerato Blair al suo livello, ma c’era una parte in quella ragazza, quella parte incredibilmente spietata, che aveva sempre ammirato. Ricordò di come, al nono anno, rimase sbalordita nel vedere quella piccola bambolina tutta cerchietti e lustrini rovesciare accidentalmente il suo yogurt sulla chioma della sua amica Iz, o di come Blair aveva più volte contribuito alla distruzione sociale della loro bionda ex amica comune.
Ma Serena era una It-Girl, e gli scandali servivano solo a farla tornare in campo più forte di prima; in ogni caso Blair non riusciva mai ad andare fino in fondo con lei.
Ed era qui che l’ammirazione si trasformava in disprezzo: così tanto potenziale sprecato a causa di qualche ridicola favoletta sul valore dell’amicizia che le avevano insegnato da bambina. Patetico.
Ed ancora più patetica trovava tutta la storia con Chuck Bass. Un po’ ce l’aveva con Blair, Georgina, per averle tolto anche quello.
Chuck Bass. Non che per lei valesse più di una scopata tra tredicenni, ma la realtà era che la cattiva condotta di Chuck era una cosa di cui non aveva mai dubitato. Era sicura che quel ragazzo non sarebbe mai cambiato, sarebbe rimasto un adolescente per sempre. Il suo Peter Pan, il suo personaggio preferito, il suo piccolo mostro.
E Blair aveva osato sconvolgere la sua storia, aveva cercato di scrivere un lieto fine ad una favola che non doveva averne uno, così, Georgina, giurò a se stessa di cancellare quel ‘E vissero per sempre felici e contenti’ con le sue stesse mani non appena le si sarebbe presentata l’occasione.
E quell’occasione era arrivata: sottoforma di un omuncolo in giacca e cravatta e con un ridicolo accento europeo.
Un ghigno le plasmò il volto, non appena il rumore di alcuni passi pesanti spezzarono il silenzio e i suoi pensieri. Salì innumerevoli scale, attraversò parecchi corridoi e svoltò un bel po’ di angoli, fino ad arrivare ad aprire una porta bianca sulla quale si ergevano quattro cifre a caratteri dorati.
1812.
“Tana per Bass”.
La bestia si voltò con un ringhio sorpreso, ma la mora non vacillò per un secondo: non era niente di più terribile del mostro che aveva creato lei tanti anni prima.
“Non ti trovo bene, Chuckie, forse dovresti uscire e prendere una boccata d’aria fresca ogni tanto” pronunciò leziosa.
“Georgina, cosa diavolo ci fai qui?” ringhiò ancora mentre cercava l’ombra in ogni angolo della stanza.
“Passavo da queste parte ho pensato di fare visita ad un vecchio amico. Ho incontrato anche Blair, ricordi Blair, vero?” Chuck non rispose, ancora protetto dal buio ma sentendosi incredibilmente disarmato. Georgina sapeva, e se c’era qualcosa che persino Chuck Bass temeva era quella psicopatica.
Cosa diavolo aveva in mente?
“Chissà perché ho il sentore che la risposta sia sì, hai sempre scodinzolato dietro la gonnella della piccola Waldorf, ti tiene ancora al guinzaglio, eh?” scandì la mora.
Un altro ringhio scaturì dalle labbra di Chuck, che cercava di controllarsi ed evitare di saltarle addosso. Georgina lo stava provocando, e con ottimi risultati, anche, ma a quel gioco si poteva giocare in due.
“E tu che mi racconti invece, Sparks? Come stanno i tuoi genitori? Si rifiutano ancora di vederti… o di farti vedere tuo figlio?”
Il sorriso dal volto della mora svanì per qualche secondo.
“Come-?”
“-diavolo faccio a saperlo? Bella domanda, facciamo che rispondo se tu rispondi alla mia: come mi hai trovato?”
Georgina sorrise serafica, prima di rivolgergli uno sguardo innocente: “Facile, è bastato cercare su Google ‘Canili di lusso per cuori infranti’, stranamente c’erano solo due risultati, e quando all’Empire ho trovato solo Blair Waldorf in lacrime sono venuta qui”
Chuck fece un balzo fuori dall’angolo, arrivando fino a fronteggiare Georgina che, stavolta, fece qualche passo indietro.
“Cos’hai fatto a Blair?” ringhiò.
“Io? Nulla, Bass, ma tu? Sei sicuro di poter dire la stessa cosa?” il sorriso malefico ancora ad incresparle le labbra scarlatte.
“Pensaci” continuò “se tu non fossi stato tanto egoista ed immaturo da rifiutarti d’ammettere i tuoi sentimenti a quest’ora non staresti qui”
“Come-?”
“-diavolo faccio a saperlo? Bella domanda, facciamo che rispondo se tu rispondi alla mia: quanto sei disposto a fare per salvarla?”
“Dimmi cosa le hai fatto!” urlò avvicinandosi alla mora con un salto e , stavolta, negli occhi di Georgina c’era un pizzico di timore.
“Non le ho fatto niente, Chuck, non ancora.” Sospirò, per poi continuare, tranquillamente “Vedi? Non sono io il cattivo in questa storia, Chuckie, io sono solo la pedina di un gioco più grande di me”
“Bugia: Georgina Sparks non è la pedina di nessuno” affermò Chuck.
Georgina rise, per poi aggiungere in un sussurro seducente accarezzandogli un lato della testa: “Come mi conosci bene, Chuckie, se non fossi un mostro in questo momento ti bacerei”.
Chuck si ritrasse bruscamente, per poi chiedere nuovamente “Cosa vuoi, Georgina?”
“Cosa voglio io non conta, Bass, ciò che conta è cosa vuole il Principe Louis Grimaldi di Monaco, ovvero: la tua testa su un piatto d’argento”
“Louis? E’ il fidanzato di Blair”
“Esatto, che cagnolino intelligente, meriteresti un biscotto”
“Georgina” disse Chuck con calma, mentre il suo petto si gonfiava a dismisura “Hai dieci secondi per dirmi esattamente cosa sta succedendo prima che io ti stacchi la testa a morsi”
E Georgina, stavolta, sapeva che il tempo per i giochi era finito.
“Stanno arrivando Chuck, e tu non potrai farci nulla: ti uccideranno, il minimo che puoi fare è non opporre resistenza. Entro meno di un paio d’ore la testa che verrà staccata sarà la tua”. Chuck vacillò, la verità di quelle parole lo trafisse come un milione di lame.
“E Blair resterà sola, sposerà un uomo che ormai non la ama più, un pazzo omicida che ha ucciso a sangue freddo l’Amore della sua Vita. Tu morirai, Chuck, e stavolta non avrai alcuno specchio che ti assicurerà che sta bene”.
Un ringhio di disperazione gli partì dalla gola, mentre le zampe distruggevano il tavolo in mogano al centro della sala.
“Quello che ti sto offrendo è protezione, Chuck” continuò Georgina con cautela “ Protezione per Blair dopo che sarai morto, sai che posso farlo e lo farò in cambio di un’informazione”
“C’è sempre un prezzo da pagare, non è vero Georgina?” chiese Chuck con retorica amarezza. Gli occhi chiari della donna si puntarono in quelli color caramello di Chuck.
“Alcuni di noi non smettono mai di giocare, Bass.” disse con uno strano luccichio negli occhi “Mi spiace che la tua partita sia finita così.”
Lacrime, erano lacrime che le brillavano negli occhi. Lacrime che, quegli occhi, non li avrebbero mai lascati, ma c’erano, ed erano reali.
“Cosa vuoi sapere?”
“L’identità della fata, so che hai scoperto chi è, so che è venuta da te una seconda volta e so che tu hai un nome. Io voglio quel nome, Chuck, in cambio della protezione di Blair”
“Nathaniel, Serena, Humphrey e tutti gli altri. Voglio che tu li protegga tutti, capito?”
Georgina annuì, porgendogli la mano: non una traccia di arrogante malizia sul volto.
“Diana, Diana Payne” Georgina gli strinse la zampa con entrambe le mani, poi sospirò e , con un sorriso tirato e ala voce debole, disse: “È stato un piacere fare affari con te, Bass”.
Il tonfo delle porte d’ingresso che si spalancavano annunciò l’arrivo dei francesi.
“Vorrei poter dire lo stesso, Sparks” rispose sorridendole leggermente e, un secondo dopo, Georgina non c’era più.



Angolo Autrici.
*ppst Marty! Secondo te il terreno è libero?*
*Non saprei, io non vedo nessuno*
*…*
*…*
*Chi va per prima?*
*Di chi è la colpa del ritardo?*
*Uff, capito, vado io -.-*
Ehm, salve a tutti, cosa posso dire? SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE, CHIEDO UMILMENTE VENIA PER IL MIO IMPERDONABILE RITARDO T.T Davvero, spero tanto che riusciate a perdonarmi l’imperdonabile, ma queste settimane sono state infernali, ho avuto una marea di interrogazioni e sono stata una settimana a morire sui libri di greco T.T Anyway, spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo di cui, stranamente, sono non entusiasta, di più! Che dire? Che io ami a dismisura Georgina è cosa nota a tutti, e scrivere di lei è sempre un piacere immenso, ma scrivere di lei con Chuck, beh, è stato qualcosa di meraviglioso *.* Sinceramente tutti gli intrighi che ci sono usciti non so nemmeno io da dove li ho presi, ma tant’è XD Spero vi soddisfi anche la parte emotiva del capitolo e spero davvero vivamente che vi piaccia la parte finale, quella dove G mette a nudo la sua parte più umana (più o meno XD), amo quella donna da cattiva e la amo ancora di più quando cerca di fare la buona ma non ci riesce fino in fondo Sproloquio finito, ora vi lascio a-
*Fede sente un leggero tossicchiare*
F- Cosa?!
Personaggio sconosciuto- Quello.
M- Fede siamo morte!
P.S.- È.
F- Marty, è stato bello conoscerti
Effie Trinket- MOGANO!!!
M- M... Ma è stato lui! *Prende Chuck che si volta verso di loro*
C- COME DIAVOLO TI E’ SALTATO IN MENTE, EH?
F- Chuck…
C- E PER DI PIU’ FARMI DARE LA NOTIZIA DA GEORGINA SPARKS!
G- Senti Fido, stai a cuccia u.u *scambio di sguardi omicidi*
*Fede scappa via terrorizzata trascinando con se una sconvolta Marty e un'adirata Effie con le valigie in mano*
F&M- Narnia stiamo arrivando!

Angolo Cast.
C- Non posso crederci, se la sono svignata dopo quello che hanno combinato!
N- Tranquillo amico, troveremo un modo per sistemare tutto, se muori tu chi sopporterà le crisi isteriche di Blair?
L- Muoi, évidemment!
C- Sta’ zitto idiota, ci manchi solo tu a rivinarmi ancora di più la giornata!
N- Credimi Luois, non ti conviene, non lo augurerei neanche al mio peggior nemico o.o
B- NATHANIEL ARCHIBALD! Io sono qui sai?
*Nate scompare in meno di un frazione di secondo*
L. Blair, mon amour!
B- Mon amour un corno! Stai per uccidere Chuck !
C- Blair !
B- Chuck !
*musichetta alla Titanic e relativo incontro strappalacrime*
D- Oh, passatemi un fazzoletto per mille orologi svizzeri!
Do- Mr. Dan! Un po’ di contegno!
D- Sono i feels Dorota, sono i feels! *Dan sventola il fazzoletto fuzia a pois gialli*
Varana *Come la strega? Scherzate?*- Monkey, visto che i piccioncini si stanno ricongiungendo, Dan sta affogando nelle sue lacrime, Fede e Marty sono scappate in Messico e Nate e Serena in una stanza d’albergo, probabilmente, credo tocchi a noi fare i ringraziamenti!
Mon- Certamente! Grazie mille a Novalis e Tatarella20 per le loro adorabili recensioni!
Do- Siete così dolci e fedeli che vi meritate una bella crostata di mele.
G- Ma fate attenzione che non siano avvelenate.
Do- Signorina Sparks!
D- Al prossimo rintocco!

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Capitolo 28
*** The prince and the dragon ***


The prince and the dragon

“Blair? Blair, ci sei?” Una voce arrivava ovattata alle orecchie di Blair, non sapeva chi fosse, non le importava.
Per qualche motivo sapeva che se si fosse svegliata sarebbe stata male, quindi perchè farlo? Quell'oscurità così dolce la cullava, la faceva sentire protetta.
Quindi, Voce, lascia dormire la piccola Blair. Non tirarla dentro una realtà che non vuole conoscere.
“Blair, Chuck ha bisogno di noi! Ti prego Blair. Mi scusi, non si può fare più in fretta?”
Chuck? Voce, conosci Chuck? Perché ha bisogno di Blair? Non può aspettare? E chi altro c'è con te, Voce? Perché deve sbrigarsi? Non c'è fretta, Voce. Dormi anche te.
“Blair, ti prego. Chuck rischia di morire sul serio, questa volta! B, ti prego...”
B? Chi è che la chiamava B? Ah, già. Be', Blair, mi sa che è ora di alzarsi. Serena e Chuck hanno bisogno di te.
“S? Cosa succede?” Blair vide solo una cascata di fili d'oro, mentre l'amica l'abbracciava.
Socchiuse gli occhi, era un po' stordita e non capiva dove fosse. Il rumore di un motore le fece capire che doveva trovarsi su una macchina o qualcosa del genere.
“B, mi hai fatto preoccupare così tanto! Non ti svegliavi e io ti chiamavo ma tu sembravi morta e io non sapevo che fare e...”
“S, respira, sto bene. Cosa sta succedendo?”
Serena le disse che era svenuta dopo l'incontro con Georgina, che lei e Dan avevano deciso di chiamare un taxi per andare al Palace per avvisare gli altri del pericolo imminente.
Blair sospirò, affranta. Per quanto cercasse di avere la stessa fiducia che aveva Serena di fare in tempo, dentro di lei sapeva che era troppo tardi.
Conosceva Georgina e sapeva che non avrebbe comunicato il suo piano se ci fosse stata qualche possibilità di fermarlo.
“S, saranno già arrivati, probabilmente. Lo sai anche te che non abbiamo possibilità di fare in tempo. Georgina non lascia mai che qualcuno faccia in tempo” sussurrò per non farsi sentire dal tassista.
“Tentar non nuoce, B. Non possiamo stare qui senza far niente!”
Blair lanciò un'occhiata a Dan, che era stato in silenzio per tutto il tempo. Nei suoi occhi leggeva una grande disperazione ma anche una grande voglia di combattere.
Blair sospirò per l'ennesima volta.
“Autista, se non ci fa arrivare all'entrata del Palace nell'arco di cinque minuti, può star certo che questo sarà il suo ultimo giorno di lavoro. Parola di Waldorf”.
**********************************
“Mr. Chuck! Mr. Chuck! Sono arrivati! Sono molti, Mr. Chuck! Cosa dobbiamo fare?”
La voce di Dorota attraversò la sua testa come un lampo nella notte, richiamandolo al presente, per quanto fosse poco gradito, e rapendolo dal dolce oblio che stava avvolgendo la sua mente.
Da quando era in quel corpo non aveva dormito un minuto, terrorizzato all'idea di non svegliarsi più.
Dio se aveva il folle desiderio di uccidere Diana Payne. Lei e quel francesino da strapazzo.
E Dio se aveva il folle desiderio di uccidersi. Aveva sempre pensato alla morte come l'unica soluzione a quella situazione. La sola cosa che lo fermava era la consapevolezza che se lo avesse fatto non sapeva cosa sarebbe successo a tutti gli altri. Erano maledetti con lui, chissà quanto forte era il legame tra loro.
“Dorota, avevo espressamente chiesto di non disturbarmi per nessun motivo” disse atono, senza alcun sentimento, come se il fatto che stesse per morire non fosse altro che la logica conseguenza del momento.
In fondo, il suo cuore non era già morto? Non era stato soffocato dalle sue stesse mani mentre negava a Blair il futuro che avrebbero potuto vivere insieme? Quella stessa Blair che ancora piangeva per lui. Non la meritava ora e non l'avrebbe mai meritata. Ma nemmeno Louis la meritava.
Fu lieto del patto che aveva fatto con Georgina. Era malvagia ma non sleale. Come lui, conosceva il valore di una promessa fin troppo bene e, come lui, conosceva il dolore di essere soli.
“Cosa facciamo, Mr. Chuck?” chiese Dorota disperata.
“Li lasciamo entrare” sussurrò Chuck.
“Cosa? Credo di non aver-”
“Hai sentito benissimo. Li lasciamo entrare. Entreranno comunque, Dorota. Lo sai meglio di me” rispose, come se fosse la conclusione più ovvia del mondo. E per lui lo era, in fondo.
“Be', se crede che tutti noi staremo fermi qui a non fare niente si sbaglia. Capisco che al momento sia alquanto giù ma ciò non vuol dire che la sua vita non conti più niente. E se lei non vuole difenderla, be', vorrà dire che ci penseremo noi” e così dicendo scese all'ingresso, dove gli altri oggetti stavano cercando di tener chiuso il portone che decine di persone cercavano di buttare giù.
Tutti gli oggetti erano lì, addossati a quella soglia, ma era palese che non avrebbero retto ancora a lungo.
“Riusciranno ad entrare!” esclamò Nate, con una nota di panico nella voce.
“Cosa facciamo, Nate?” urlò Vanessa in risposta, nel tentativo di non soccombere sotto la forza delle spinte.
D'improvviso gli occhi del candelabro si illuminarono: “Ho un'idea!”
****************************************
“Ne vous arrêtez pas! Fidatevi, non resterete delusi!” Louis incoraggiava gli uomini che si era portato dietro, mentre cercavano di aprire quella maledetta porta.
Sembrava quasi che ci fosse qualcosa fosse stato ammassato lì davanti, ad ostruire il passaggio.
Quando finalmante riuscirono ad entrare si presentò ai loro occhi una stanza piena di oggetti, ma niente davanti alla porta.
Il francese non si fece troppe domande, alla fine era un vecchio hotel, forse i cardini erano molto arrugginiti.
Fece cenno agli altri di seguirlo, puntando alle scale, la mano delicatamente posata su una pistola, il gelido peso di un pugnale alla cintura.
“ORA!”
Non fece in tempo a voltarsi che uno spazzolone aveva avvolto la sua testa, coprendogli la visuale della stanza.
Aspetta, uno spazzolone ha fatto cosa?
Se lo staccò di dosso e la scena che vide era quanto di più surreale avesse mai visto.
Gli oggetti che fino ad un secondo prima erano immobili, avevano attaccato i suoi uomini.
Vide un appendiabiti prendere a ganciate un uomo, un baule inghiottirne un altro, un poggiapiedi fare lo sgambetto ad un terzo.
“Sacre Bleu!” esclamò tra i denti. Decise di procedere da solo, avrebbe ucciso personalmente quel Chuck Bass.
***************************************
Da che aveva memoria, quando qualcosa lo turbava saliva sul tetto del palazzo in cui si trovava. Amava osservare la città dall'alto, gli sembrava che i problemi che lo tormentavano fossero piccoli come le persone che camminavano lì in basso.
Si sentiva libero, leggero, solo ma non abbandonato. E quella volta non faceva eccezione.
Aspettava. Aspettava che lo trovassero e che mettessero fine a quella messa in scena. Era tardi per lui, non sarebbe mai più stato un umano.
E la soluzione era stata di fronte a lui. Era stata lì, a chiedergli se lui stesse giocando o se la amasse. A chiedere di pronunciare quelle tre parole, quelle sette lettere che avrebbero cambiato la loro vita.
Ma non lo aveva fatto e non se ne pentiva. Non perché non l'amasse ma perché sapeva che per lei era meglio così. Aveva il suo principe, cosa se ne faceva del drago?
Ma non dovette aspettare ancora a lungo.
Il principe era arrivato ad uccidere il drago, a salvare la principessa una volta per tutte e portarla verso il suo 'felici e contenti'.
E il drago era pronto a fare la sua parte, morire. Non avrebbe nemmeno lottato, sapeva già come sarebbe andata a finire.
“Chuck Bass. Finalmante ci incontriamo”. Quell'accento francese era quanto di più vomitevole avesse mai sentito. Cosa ci trovasse Blair in un tipo del genere per lui era un mistero.
Ringhiò a denti stretti. Odiava i convenevoli, sapeva che voleva ucciderlo e lui stava soltando aspettando.
Vide la mano di Louis trovare la pistola, lo vide sollevarla verso di lui, in attesa di qualche movimento, di una lotta o qualcosa del genere. Ma non avvenne niente di tutto ciò, Chuck stava soltanto lì, immobile, guardando la pistola quasi senza interesse, gli occhi fissi in quelli dell'altro.
Avanti dicevano È il momento di finire tutto.
E Louis sparò.



Angolo Autrici.
Cioè, amateci. Dopo il ritardo madornale degli ultimi capitoli questo è addirittura in anticipo u.u Tutto merito mio (Marty), eh. Questo capitolo NON si è scritto praticamente da solo, no. Scherzi a parte, che ne pensate? Sinceramente non mi disgusta ma è tutto merito del nostro Chuck <3
C- Modestamente.
F- Anche da bestia sei il personaggio migliore che abbiamo.
M- Senza di te questa storia varrebbe il nulla.
C- Tutte queste manfrine mi fanno pensare che abbiate qualcosa da farvi perdonare.
F- Perché non hai letto il capitolo?
C- Non ancora.
*Legge il capitolo*
C- 3
F- In Messico ci siamo già state.
C- 2
M- Che ne dici di El Dorado? Come nel film della Dreamworks!
C- 1
F- E speriamo di trovarci pure Tullio e Miguel *0*
*Aprono un portale di Shadowhunters e spariscono sotto gli occhi di Chuck*

Angolo Cast.
C- In un modo o in un altro scappano sempre.
B- Be', non è colpa mia se fanno i conti senza l'oste. Guardami, sembro una donzella senza spina dorsale.
C- No, Blair. Sei semplicemente fantastica come sempre.
B- Oh Chuck!
L- Oui, oui. Ma chi ha la pistola, ora?
N- Chi si è fatto accecare da uno spazzolone?
L- Tasci, cero.
N- Si da il caso che questo cero, non appena tornerà umano ti massacrerà :D
D- Io punto su Nate.
Vidia *Davvero, state dando fondo a tutte le vostre fonti*- Anche io. Non ci casco due volte u.u
Mon- Al solito, qui state facendo i cavoli vostri quando ci sono delle persone che perdono tempo a RECENSIRE questa storia. Disonore su di voi, disonore sulle vostre mucche!
Do- Monkey ha ragione! Fortuna che ho preparato i miei famosi tortini al cioccolato.
S- Dunque, ringraziamo di cuore Novalis, tatarella20 e blue_sun23 per le loro fantavigliose recensioni.
J *era una vita che non comparivo qua :D*- Alla prossima, ragazze <3

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Capitolo 29
*** A boy once told me: happiness is not contemplated. ***


A boy once told me: happiness is not contemplated.

Nel regno dell’Upper East Side, a notte inoltrata,
la bella fanciulla dalla bestia era scappata.
I suoi amici più cari la speranza non avevan perso
ma i nemici le porte del palazzo avevan già aperto.
Dall’altra parte del fiume, sotto un bagliore fioco,
una giovane fanciulla faceva il suo gioco:
partiva, volava, sull’aereo era salita
mentre la bestia giaceva a terra senza vita,
da lontano si sentì un urlo straziato,
la principessa correva a perdifiato.
Ma cosa c’è che non va? Perché non gioisce?

È con il principe trionfante e la bestia sconfitta che la favola finisce…
ma bisogna ricordare che
 in un regno in cui i veri castelli non sono di tutti alla portata
e dove una favola finisce la nostra è appena iniziata
.

Il rumore sordo di uno sparo, gli scalini sotto i suoi piedi sembravano star per cedere, il fiato le mancava, ma continuava a correre.
Doveva continuare a correre.
Le lacrime le raggiunsero gli occhi, ma lei le cacciò via con un veloce gesto della mano perché non le impedissero la visuale.
Uno scalino dopo l’altro: otto, nove, dodici, ventritré.
Arrivata.
Avrebbe voluto riprendere fiato, ma non poteva, doveva fare in fretta, doveva muoversi, doveva salvarlo.
Spalancò la porta di ferro e subito un’ondata di gelo la travolse, congelandola sul posto.
No, non era il vento.
“Chuck” sussurrò la ragazza con le lacrime agli occhi.
“Chuck!” ripeté più forte correndo verso la bestia che, sul freddo asfalto del tetto,  giaceva quasi senza vita, respirando a fatica.
“Ti prego Chuck, respira. Parlami. Ti prego”
Blair gli prese il volto fra le mani, inginocchiandosi accanto a lui e lasciando che le lacrime le solcassero libere il viso.
“Blair” sospirò aprendo leggermente gli occhi.
“Hey” sussurrò lei sorridendogli leggermente, un sorriso bagnato dalle lacrime, probabilmente l’ultimo che avrebbe potuto concedergli.
“Sei venuta, perché sei venuta?”
Il respiro diventava sempre più affannato, e Blair avrebbe voluto gridare.
“Sapevo della tua passione per i tetti” rise leggermente accarezzandogli il volto.
“Blair devi andartene…”
“Bass, io non vado da nessuna parte è chiaro? Non questa volta, smettila di dirmi cosa devo fare”
Tanto fai di testa tua comunque, pensò Chuck.
Voleva ghignare, ma il risultato fu una smorfia di dolore.
“Lasciami andare, Blair. Io non…”
“Tu non cosa, Chuck?”
Seguirono alcuni secondi di silenzio, prima che Chuck la guardasse e le dicesse ciò che sempre
aveva saputo.
“Io non posso renderti felice. Perciò ti prego, Blair, va via. Va da Luois, meriti il tuo lieto fine”
Blair lo guardò sconcertata per un attimo, prima di pronunciarsi in una risata amara.“Se permetti, Bass, sono io a scegliere cosa mi renda felice e sono io a scegliere cosa fare o meno della mia vita, chiaro? Non puoi fare di testa tua, non puoi decidere al mio posto! Maledizione, Bass!”
I toni si erano notevolmente alzati e Chuck la guardava in un misto fra l’incredulo e il divertito, i suoi ultimi minuti si stavano rivelando incredibilmente sorprendenti.
“Mi stai davvero urlando contro mentre sono in punto di morte, Waldorf? Che razza di favole ti leggevano da piccola?”
“Beh, nessuna in cui il cavaliere decideva di morire per uno stupido capriccio!”
“Capriccio?! CAPRICCIO?!Io l’ho fatto per te, ed è incredibile che tu mi stia sgridando per questo mentre ce la faccio a stento a respirare! E questo non è in nessuna delle favole che conosci perché non è una favola! Ed io non sono il tuo dannato Principe Azzurro!”
“Sai una cosa? Hai ragione, tu non sei il Principe Azzurro, non puoi esserlo…”
Gli occhi di Chuck si velarono di tristezza, mentre biascicava un ‘bene’.
“Tu sei un egocentrico Basstardo, narcisista, ipocrita, machiavellico e manipolatore. Sei così preso da te stesso e da quanto cattivo tu sia, Chuck, che non ti sei neanche reso conto di ciò che hai fatto: sacrificare te stesso per il bene di chi ami. Tu non sei il Principe Azzurro, non sei un drago, ma sai cosa? Io non sono una principessa, siamo Chuck e Blair, Blair e Chuck e non m’importa quanto tu, razza d’idiota, cerchi di combatterlo: sei tu il mio lieto fine”
Chuck si alzò sui gomiti, prendendo le fragili mani di lei fra le sue grosse zampe.
“Quindi non osare morire” rise fra le lacrime “O giuro che stavolta te la farò pagare, quanto è vero che mi chiamo Blair Waldorf”
Chuck le rivolse uno sguardo intenso, era in procinto di dire qualcosa, quando una risata derisoria arrivò da lontano.
“Ma che bello spettacolino! Fantastìc!”
Chuck ringhiò a Louis, che si avvicinava a loro con la pistola ancora fra le mani.
“Ma su una cosa ti do ragione, Blair: non sei una principessa, e dubito lo sarai mai, sei così…”
Non poté finire la frase, o aggiustare la pistola fra le mani che Chuck gli saltò addosso.
Un urlo di dolore a causa della spalla ferita si diffuse nell’aria,  mentre Blair guardava inorridita Louis spingere Chuck a terra e puntargli la pistola contro, ma Chuck fu più veloce di lui, e gli strappò l’arma dalla mani, scaraventandola giù dal tetto.
Le posizioni s’invertirono e con un ringhio Chuck prese Louis per il bavero della camicia, sollevandolo in aria.
“Scappa, Louis, e ti risparmierò la vita”
Louis rise fra le mani della bestia.
“Tu? Risparmiare la vita a me? Guardati, Bass, tu es pathétique! Convinto ancora che potrebbe esserci un futuro per voi” disse con disprezzo “Ma sii realista, chi potrebbe mai amare una bestia?”
Blair, nascosta in un angolo, si sentiva impotente, sarebbe voluta uscire, avrebbe voluto reagire, ma non era solo di lei che si trattava.
Doveva proteggere il suo bambino.
Ma quell’ultima affermazione la scosse a tal punto da farle dimenticare il buonsenso e afferrare la prima cosa che aveva sottomano, agguantò una mazza, in procinto di uscire allo scoperto, quando notò qualcosa brillare sul pavimento: il cellulare di Chuck.
Georgina, lesse sul display.
Blair non sapeva perché, ma sentiva che quella era una telefonata a cui doveva rispondere.
“Pronto?”
La polizia sta arrivando insieme ai responsabili del Centro Ostroff, prenderanno Louis. Tieni in vita Chuck fino a quel momento.”
La telefonata finì.
Blair cercò di richiamarla di nuovo, ma l’unica risposta che ricevette fu quella della voce metallica che, dall’altro capo del telefono, la informava che la scheda era stata disattivata.
La mora gettò il cellulare sul pavimento, agguantando nuovamente la mazza.
Louis rideva ancora.
“Stanno arrivando. Mi ha chiamato Georgina e
“E ti aspetti che io ti creda?”
“Se non credi a me crederai a questo” rispose rivolgendosi al rumore delle sirene della polizia e agli squadroni che facevano irruzione nell’albergo.
Louis scosse la testa, il suo sguardo spaventato ma gonfio d’orgoglio.
“Non m’importa, quando vedranno lui…”
“Quando vedranno me” lo interruppe Chuck “sarò morto, o scappato, ma per te sarà troppo tardi, sarai ancora bloccato qui”
Louis resse lo sguardo di Chuck prima di biascicare un debole ‘lasciami andare’.
E fu quello che Chuck fece, rifugiandosi subito dopo nell’ombra.
Blair guardò Louis passare attraverso la porta di metallo, e sentì un uomo dal fondo della scale gridare ‘E’ lui!’
Era finita, pensò, era finita per davvero.
Andò verso Chuck, osservandolo nell’ombra annaspare a causa della spalla.
Lui la vide e fece qualche passo nella sua direzione.
Il cuore stava per scoppiarle nel petto.
Lo fece, pensò, perché sentì un rumore sordo riempire l’aria.
Ma no, non era il suo cuore, era quello di Chuck.
Louis aveva sparato il suo ultimo colpo, e stavolta non era alla spalla che aveva mirato.



Angolo Autrici.
Goodday guys! Oggi le vostre autrici sono particolarmente felici (Marty perchè è in gita, Fede perchè  domani iniznao le vacanze), quindi gioite con noi e godetevi il vostro lieto fine.
...
Uh, no, aspettate, non c'è nessun lieto fine,e sapete di chi è la colpa, lo sapete? La colpa è tutta di Lermantov, che mi ha fatto capire che il lieto fine è sopravvalutato, quindi sì, questo è l'ultimo capitolo e non ci  sarà l'happy ending u.u

...
...
C: COSA DIAMINE STAI BLATERNADO?!
F: Sssh, zitto tu, sei morto è.é
M: Ehm, okay, scusateci signori, ma Fede oggi ha appena fatto una simulazione delle invalsi di quattro ore ed è un tantineeeelllo fuori al momento xD
F: Chi? Io? Naaah.
C: Oh, sì che lo sei.
F: Morto!
M: Okay, Fede,  cosa ne dici di una bella tisana calda ora? *Marty porta Fede in un angolino e la calma*
*Marty e Fede tornano*
*Fede è leggermeeente rinsavita*
F: Okay, ci sono, o meglio, quasi. Scusate il piccolo inconveniente ma è l'effetto delle invalsi XD Bene, placate gli animi e posate le asce, questo NON è davvero lìultimo capitolo *avuto paura, eh?* XD Che dire?  Questo capitolo è stato un parto, con tanto di tre giorni di travaglio *è possibile? Mah XD* e, a parte la filastrocca iniziale di cui vado abbastanza fiera (u.u) non mi entusiasma particolarmente XD Spero riuscirete a smentirmi, recensite, recensite, recensite! ♥

Angolo Cast.
L: Muahahah Ho vinto!
G: Sei stato ARRESTATO, cretino! -.-
S: Tu non eri partita?
G: E tu non eri... Tu che fine hai fatto, di preciso?
S: Sono al combattere al fiianco di Nate, ovviamente!
N: Vedrai che anche noi avremo il nostro lieto fine , ti amo!
S: Ti amo anch'io!
G: Mi fate venire il diabete...
B: Concordo
C: Portatemi una dose d'insulina, vi prego
L: Tu! Tu es mort!
C: Ti prego, ci vuole molto più di te per distruggere Chuck Bass.
B: Razza di Motherchucker, Basshole! Non rubarmi le battute! *sguardo minaccioso*
C: *sguardo ammiccante*
*Chuck e Blair scompaio misteriosamente*
Vilma *quanti cavolo di nomi femminili che iniziano con la lettera V conoscete? -.-*:  Perchè nell'Angolo Cast scompare sempre qualcuno?
D: Chuck sta morendo e tu ti preoccupi di questo? Se muore lui, siamo fritti tutti!
N: Wow, Dan, che pensiero affettuoso nei confronti di Chuck .-.
D: E ovviamente non potrebbe coronare la sua storia d'amore eccetera eccetare, si.
S: Che tatto, davvero -.-
Mo: Concordo con i biondini! E' sempre del mio padrone che si parla!
Verdiana *ma cavolo!*: e comunque a me non sembra stia tanto male...
*rumori ambigui provenienti dallo sgabbuzzino*
N: O.O
S: O.O
D: Sarò traumatizzato per il resto della vita o.o
Mo: meglio procedere con i ringraziamenti, dov'è Dorota?
Do: Sono qui, con una torta panna e fragole per i nostri mmeravigliosi recensori, ovvero XoxoGossipGirl00 e Novalis!
D: Alla prossima, se mi sarò ripreso o.o

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Capitolo 30
*** Requiem of lights ***


Requiem of lights

Blair sentì solo quel colpo sordo, rapido come un battito d'ali di un angelo di morte, pesante come la spada di Damocle che si sentiva sulla testa. Sembrava il battito di un cuore. Era l'ultimo battito di due cuori. Il suo e quello di Chuck.
Vide il corpo della bestia cadere a terra, il proiettile che apriva una rosa scura sulla sua schiena mentre Louis ne faceva fiorire un'altra sullo stomaco, pugnalando il corpo spirante della bestia con un accanimento e una ferocia di cui Blair si sentiva responsabile.
Louis non era quel mostro. Louis era dolce, gentile, amava l'arte e Blair. Era colpa sua se era diventato in quel modo. Lei tirava fuori l'oscurità che giaceva, latente, nelle persone. Chuck e Louis erano soltanto l'ennesima riprova di quel che già sapeva.
Blair vide Louis staccarsi dal corpo esanime del suo nemico. Lo vide scatenarsi in una risata furiosa, pazza, ebbro di gioia per il suo piano perfettamente riuscito. Blair lo vide indietreggiare e indietreggiare, un passo dopo l'altro, ridendo senza freni. Cercò la voce per dirgli di fermarsi, di avvisarlo, ma quando la trovò era troppo tardi.
Blair lo vide inciampare nel cornicione del tetto, lo vide rivolgerle un ultimo sguardo, confuso ma con una punta di sollievo. Si slanciò verso di lui cercando di afferrargli la mano, perché nonostante tutto lo amava, o almeno non desiderava la sua morte. Ma Louis sorrise, come se quella fosse stata la conclusione che aveva sempre aspettato, che aveva programmato fin dall'inizio: il finale perfetto per il suo spettacolo perfetto.
Louis cadde, gli occhi chiusi, un accenno di sorriso sulle labbra, il corpo leggero nel vento e nella pioggia.
Blair sussurrò il suo nome mentre lo vedeva abbandonarsi all'aria, gli occhi si coprirono di un velo leggero di lacrime e una le scivolò sul viso, lasciandosi dietro una scia che bruciava come una cicatrice.
Un mugolio sofferente la riportò alla realtà, alla sua realtà. Si voltò verso Chuck, il cuore immobile nel suo petto, morto come quello dell'altro. Morto come quello di Louis.
Corse fino a che non raggiunse il corpo della bestia, riversa al suolo.
Sentiva il mondo ovattato, intorno a lei, come se le avessero chiuso le orecchie con del cotone. Non si accorse di Serena, Dorota, Nate e Dan che li avevano raggiunti. Non si accorse del rumore delle sirene che continuava, incurante di ciò che succedeva. Non si accorse del cellulare di Chuck che brillava per una chiamata di Jack Bass.
La sua attenzione era tutta per Chuck, per Chuck e il suo debole respiro, per Chuck e il battito stanco del suo cuore.
“Chuck”.
*************************************
Tutto bianco. Bianco. Bianco, bianco, bianco, bianco.
Sentiva una voce, lontana, dolce, una ninna nanna.
Lo chiamava. Come lo chiamava? Come si chiamava?
Non lo sapeva. Non sapeva più niente. Sentiva solo una gran voglia di addormentarsi. Di chiudere gli occhi e non aprirli più.
Ma....
La voce lo chiamava.
Perché lo chiamava? Non lo stava cullando? Portando nel mondo dei sogni?
Perché era così angosciata? Cercò di sentire meglio la voce, di darle un nome.
E all'improvviso il nome arrivò.
Blair.
Blair stava soffrendo. Perché? Non doveva soffrire.
Poi il bianco diventò rosso. All'improvviso. E col rosso arrivò il dolore.
Il tremendo dolore.
E si scoprì a rimpiangere il bianco, anche se ora sentiva la voce di Blair e capiva cosa diceva.
“Chuck, ti prego. Non lasciarmi, Chuck. Ti ordino di restare qui, con me. Stupido, non puoi abbandonarmi ora che possiamo stare insieme!”
Cercò di aprire gli occhi. Ci riuscì.
Vide Blair e le parve la cosa più bella su cui il suo sguardo si fosse mai posato. E non importava che avesse il trucco rovinato dalle lacrime che scendevano dai suoi occhi come cascate di dolore.
Non importava che avesse il vestito rotto e i capelli in disordine.
Non importava.
Cercò la voce per parlare. La trovò.
“Almeno... Ho potuto vederti un'ultima volta” sussurrò, provando con tutto sé stesso ad ignorare il dolore. Sentiva la spalla andare a fuoco, il ventre gelarsi e il cuore... Non lo sentiva affatto.
“Bass, non fare il romantico in punto di morte. Cerca di riposare, avrai tutto il tempo del mondo per fare lo sdolcinato, dopo”.
Cercò di sorridere. Non ce la fece.
“Blair, è troppo tardi. Lo sai anche tu”.
Gli si stava appannando la vista, sentiva sempre meno dolore, come se stesse lentamente uscendo dal suo corpo di mostro, come se lo stesse abbandonando.
Vide Blair negare col capo, una bambina che non credeva al finale della storia che le avevano raccontato.
“Chuck, ti prego” pianse la mora, in un ultimo, disperato lamento.
E poi tornò il bianco.
****************************************
Era finita.
Non ce l'avevano fatta.
Dan vide l'ultimo petalo della rosa staccarsi e cadere. Mezzanotte.
“Buon compleanno, Chuck” sussurrò.
Nate si avvicinò lentamente ai due, mormorando il nome dell'amico come un mantra, come un incantesimo che lo avrebbe riportato da loro.
Serena lo seguiva, devastata, forse più di tutti. Vedeva il suo amico morto, la sua migliore amica morire con lui e l'amore della sua vita disperato.
Dorota iniziò a piangere, silenziosa.
Tutto era ovattato, come se il dolore fosse un anestetico, ottenebrava i sensi in una sorta di oblio.
Tutto era ovattato. Tranne la voce di Blair.
“No. Chuck, no. Basstardo, alzati. Dai. Tirati su, muovi quelle zampe pelose. Chuck, ti prego. Chuck, non è giusto. Ti prego, alzati. Svegliati. Non andartene. Non ora che ho capito. Non ora che possiamo avere il nostro 'per sempre felici e contenti'. Non ora che posso dirti le tre parole, le sette lettere. Chuck. Ti prego. Io ti amo”.
I deboli pugni di Blair si abbattevano sul corpo senza vita della bestia, in cerca di un conforto che non avrebbe trovato. Da quando il cuore di Chuck aveva smesso di battere, Blair non riusciva più a pensare.
Posò un bacio, umido di lacrime, sulle labbra fredde dell'altro.
E pianse. Pianse tutte le sue lacrime, pianse sul petto della bestia che amava, pianse perché lo aveva capito troppo tardi, pianse perché era morta anche lei, pianse perché era viva.
Sentiva Serena che la chiamava, ma la ignorò. Non voleva muoversi. Non voleva abbandonarlo per l'ennesima volta.
Poi accadde qualcosa.
Iniziò a piovere luce, che circondò il corpo di Chuck, in un requiem di luce.
*************************************
Si trovava a Central Park. Le foglie variopinte frusciavano nel vento, danzavano nell'aria per adagiarsi nel laghetto delle papere, quelle a cui Blair dava da mangiare nei momenti di difficoltà, come se aiutare quelle creature, aiutasse pure lei.
Era a Central Park, in autunno, di fronte al laghetto delle papere. Lo scenario preferito di Blair.
Era tutto così tranquillo e così suo che si aspettava di vederla spuntare da dietro un albero da un momento all'altro.
Una folata di vento lo colpì, leggera come una carezza, e desiderò una sciarpa, come quelle che metteva al liceo.
Non ebbe il tempo di finire di pensarlo che sentì un peso nella tasca del completo che indossava.
Una sciarpa.
La indossò e si sedette sulla panchina di fronte a lui, inspirando l'odore di pioggia, foglie e autunno.
“È passato tanto tempo, Chuck”. Si voltò, mentre tentava di mascherare la sorpresa di trovarla lì.
Ma perché si stupiva? Sicuramente tutto quello che vedeva era frutto del suo potere.
“Posso dire che non è un piacere, Diana Payne, o ti offendi?”.
La fata era uguale all'ultima volta in cui l'aveva vista.
Il viso bello, i capelli castani che le ricadevano sulle spalle, la carnagione scura, messa in risalto dal vestito bianco.
“Potrei, ma a che serve, ormai?” disse sorridendo.
Già, era morto. E quindi quello era... qualsiasi cosa ci sia dopo la morte.
Ma cosa ci faceva lì, Diana?
Glielo chiese.
“Oh, Charles. Non è ovvio? Sei riuscito a spezzare la maledizione. Ora ami.”
Chuck non capiva. Sì, amava Blair, l'amava con tutto il suo cuore. Ma non era amato.
“Forse l'età ti gioca qualche brutto tiro. Non ti ricordi la maledizione che tu stessa hai lanciato? Inoltre, non so se l'hai notato, ma sono morto”.
La fata rise, frivola, come se il ragazzo fosse un bambino che gioca e fa smorfie e che lei trovava estremamente buffo.
“Charles, salti sempre a conclusioni affrettate. Se tu fossi morto, io non sarei qui, a parlarti, ti pare? E, certo che mi ricordo l'incantesimo. E puoi star certo che anche l'altra metà della maledizione è stata compiuta. Ami e sei amato, Chuck Bass.”
Stavolta fu Chuck a ridere, e di gusto, per giunta.
“Questa mi è nuova. E da quando io sarei amato? Sono un mostro senza cuore, un uomo odioso. Sono Chuck Bass. E a nessuno importa”.
“Be', a qualcuno importa, invece. Credimi, Charles, quando ti dico che Blair Waldorf ti ama, come tu ami lei. Ma basta chiacchiere. Non ti pare giunto il momento di tornare?”
Di fronte agli occhi di Chuck, il parco stava scomparendo, foglia dopo foglia. Si voltò di nuovo verso Diana, ma lei se ne stava andando, immergendosi nelle acque del lago.
“Diana!” chiamò: aveva tante domande, tanti dubbi, ma scoprì che non gli importava più.
Non gli interessava vendicarsi, non gli interessava sapere. Tutto ciò che voleva era sentire di nuovo intorno a sé le braccia di Blair.
La donna si voltò verso di lui, l'acqua che giocava col suo vestito.
“È stato un piacere rivederti, fata”.
E poi iniziò a piovere luce, luce che lo avvolse e lo portò lontano da quel parco, verso un tetto, degli oggetti, una donna e una nuova vita.
************************************
Il corpo della bestia scivolò da sotto il petto di Blair, sollevandosi in aria, luminoso.
Gli occhi di Blair cercarono di vedere oltre quella luce, non voleva che glielo portassero via di nuovo.
Vide una zampa rimpicciolire, fino a diventare una mano e una zampa tornare ad essere un piede.
Vide il viso della bestia trasformarsi in quello di Chuck, del Chuck che amava e che stava piangendo.
Non ci voleva credere. Cosa stava succedendo? Chuck era morto, aveva sentito il suo cuore smettere di battere, il respiro abbandonare il suo corpo.
Perché si stava trasformando? Era una beffa della fata?
Il corpo di Chuck tornò a terra, sotto gli occhi attoniti di tutti. Blair stava per mettersi a piangere ancora -avrebbe avuto poi il tempo di essere forte- quando un movimento catturò il suo sguardo.
Un debole battito di ciglia.
Quel movimento fu seguito da un altro.
E Blair si trovò di fronte a Chuck, vivo e vegeto.
“Blair” sussurrò. Fu come un richiamo, le braccia di Blair si trovarono intorno al collo di Chuck, la testa sul suo petto, sul suo cuore, che batteva frenetico.
Lo sentì abbracciarla, come per trattenerla lì, come per non abbandonarla.
“Sei vivo” e le lacrime che scendevano sul suo viso erano lacrime di felicità, di gioia e amore.
“Sono vivo e non ti lascerò mai più. Sono vivo e ti amo, Blair Waldorf.”
“Ti amo anche io, Chuck. Ti amo, dannato Basstardo egocentrico ed egoista. Ti amo e non riuscirai a fare niente per farmi smettere di amarti.”
Lo strinse a sé con ancora più forza e le loro labbra si incontrarono.
Fu un bacio dolce, innamorato e felice.
Fu un bacio illuminato dai fuochi di artificio: le luci che prima piovevano, ora salivano verso il cielo ed esplodevano in fiori di luce che avvolgevano nella loro ricaduta gli oggetti incantati.
Il corpo di candelabro di Nate si allungò, cambiò, si trasformò, e davanti agli occhi di tutti apparve il biondo ragazzo dagli occhi azzurri e il sorriso perfetto.
Chuck si staccò da Blair per abbracciare l'amico.
“Nathaniel!”
“Ehi, amico, è bello vederti negli occhi!”
Fu poi il turno di Dan e Dorota e di tutti gli oggetti incantati. Tutti quanti tornarono al loro aspetto originale, tutti quanti erano di nuovo umani.
“Nate!”
Serena vedeva davanti a sé il ragazzo che amava, che aveva creduto morto e che aveva continuato ad amare, nonostante fosse un candelabro. Serena lo vedeva e si aprì in un sorriso talmente felice che tutti si fermarono a guardarla, come incantati.
“Serena!” Nate corse verso di lei, malfermo nel corpo che aveva perduto per anni, e quando la raggiunse tutto ciò che fece fu prenderle le mani e guardarla negli occhi.
Intrecciò le dita con le sue e quando si fu saziato della visione del suo viso la attirò a sé, in un bacio che aveva il sapore di un ritorno a casa.
“Tutto questo miele mi sta facendo venire la carie. La prossima volta che mi ritroverò di fronte a tutto questo zucchero, devo ricordami di portarmi dietro l'insulina”.
Blair si voltò, la vita stretta nel dolce abbraccio di Chuck.
“Jack Bass? Non so se essere sorpresa o disgustata. Che ci fai qui?”
Jack le rivolse un sorriso smagliante.
“Oh Blair, dovresti ringraziarmici e basta, dato che è grazie a me e alla cara Georgina che il tuo amoruccio, nonché mio nipote, è vivo e gli scagnozzi del Piccolo Principe non sono arrivati prima del tempo. A proposito, dov'è la Corona di Monaco?”
La gioia di aver ritrovato Chuck aveva rimosso per un po' il pensiero di Louis dalla testa di Blair.
D'improvviso si sentì una persona crudele, lei festeggiava mentre l'uomo che stava per sposare era morto. Dio, se era meschina.
“È precipitato. Di sicuro non è sopravvissuto alla caduta” disse in un respiro, come se dirlo più in fretta lo rendesse meno doloroso.
Sentì l'abbraccio di Chuck farsi più forte, come per cercare di tenerla insieme se si fosse sbriciolata, ma Blair non ne aveva bisogno. Era forte con Chuck ed era forte per Chuck.
“Ehi, nipote! Pronto per dividere l'impero?”. Jack si avvicinò al nipote, dandogli una pacca sulla spalla e ignorando Blair che in mezzo ai due Bass.
Chuck sorrise: “ Pare che te lo deva. Parleremo più tardi delle percentuali e di tutto il resto. Ora come ora, voglio solo riposare.”
“Sì, direi che ce lo siamo meritato” sussurrò Blair.
“Torniamo a casa, Waldorf” mormorò perché lo sentisse solo lei.
“Non vedo l'ora Bass”.



Angolo Autrici.
E siamo arrivate fin qui. Siamo al penultimo capitolo. La storia in sé è finita, manca solo l'epilogo. Che dire, questo capitolo (Marty) è stato davvero un parto. La parte finale è stata davvero difficile da scrivere, non sapevo proprio come farlo finire questo capitolo. Ma il risultato finale mi sembra quanto meno accettabile. Indovinate qual'è stata la parte più facile da scrivere? Dai, so che indovinerete. Credo che l'odio che provavo per quel personaggio si sia capito XD Che altro dire, i ringraziamenti lacrimosi li lasciamo al prossimo capitolo perché non siamo emotivamente pronte a farli . Come sempre, grazie mille a voi che recensite: Novalis e XoxoGossipGirl00. Che ne dite di un bel gelato? Scegliete voi il gusto ;) Alla prossima! xoxo, Marty e Fede.

..
.

Angolo Cast.
B- Credevate davvero che non ci saremmo stati?
L- Sono morto! Non sci posso credere!
C- Muhahahahah. Ride bene chi ride ultimo u.u
N- SONO UMANO!!!! YEEEEEHHHH!!!!
S- Non sai quanto sono felice, amore mio *piange dalla gioia.*
Vissia *Ma per l'ultimo capitolo mi fate il favore di azzeccarlo?*- Dai, alla fine sapevamo che sarebbe andata a finire così u.u
G- Non esserne così sicura. Quelle due sono un po' instabili.
M- EHI!
Do- La signorina Sparks non voleva dire quello, signorine!
Jack- Oh, è esattamente quello che intendeva.
J- Non iniziate a litigare ora. Ormai siamo alla fine...
D- Non lo dire, sorellina! C'è il rischio che mi metta a piangere!
Mon- Non è possibile... Avrei capito Anastasia, ma tu...
A- Io sono una bambina forte e non piango u.u
F- Dai chiudiamo qui, gente! Per l'ultima volta...
Tutti- AL PROSSIMO CAPITOLO!

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Capitolo 31
*** Avviso ***


 Avviso
 
Salve popolo di EFP, come vedete non siamo morte, ma siamo state trascinate via dall'estate come, scommettiamo, gran parte di voi. In più con la fine di questa splendida ( almeno per noi) storia, è venuto a farci visita il cosiddetto blocco dello scrittore, ma non è colpa nostra! Sono loro che non sanno essere felici e contenti u-u Poi abbiamo capito come combatterlo.
D- Ne avete ancora per molto?
Vanille *la storia è finita e voi non avete ancora imparato il mio nome? DAVVERO?!*- Insomma, se continuate così si addormentano!
B- come sempre dovrò prendere io in mano le redini della situazione.
S- B! Non puoi fare sforzi, torna a letto!
B- S, sono incinta, non invalida!
C- Sì, posso confermare.
B- Bass!
N- Ho capito, faccio io...
M&F- SCUSATE?!
Do- Beh, signorine, voi non la finivate più di parlare...
F- Ah, siamo NOI che non la finiamo più di parlare!?
M- Io ci rinuncio -.-
Mo- Okay, okay, faccio io! In poche parole le nostre care autrici non riuscivano a decidere come concludere la storia, quindi, cari lettori, solo per questa volta non avrete un epilogo, ma ben DUE!
D- Sembra stia facendo una televendita...
M&F- Beh, come avrete capito posteremo ben DUE epiloghi, quindi non perdetevi questa incredibile offerta!
J-
È davvero una televendita o.o
M- Aspettiamo ansiose le vostre recensioni u-u
F- E approfittiamo di quest avviso per dirvi che, per chi riuscirà a sopportarci ancora, abbiamo un cantiere un'altra ff fiabesca!
M- Esatto amici, la Chairytale non finisce qui, e stavolta vedremo i nostri personaggi catapultati nel mondo di "Frozen- Il Regno di Ghiaccio" con un personaggio in più, diciamo :) 
F- Il caro Jack Frost! Qui la locandina che ci ha preparato la nostra carissima Novalis u.u *novantadue minuti di applausi* Aspettiamo con ansia di sapere cosa ne pensate della nuova storia e dei due epiloghi
M- Dato che ci siamo, ringraziamo le carissime bagigia98, FantasyAle, XoxoGossipGirl00 e Novalis per le loro recensioni nello scorso capitolo
Do- Torta allo yogurt per tutte e una torta al triplo cioccolato a Novalis come ringraziamento per la grafica <3 
D- Avete un futuro nella televendita, davvero...
S- A presto!







  
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Capitolo 32
*** First Epilogue - Christmas Time ***


Christmas Time


Cinque anni dopo

Chuck aprì lentamente gli occhi. Le coperte lo avvolgevano in un dolce abbraccio, che non aveva voglia di abbandonare.
Cercò il corpo di Blair nella poca luce che filtrava dalla finestra, ma non lo trovò.
Sospirò, continuava a sognare. Nelle notti in cui non era l'oscurità ciò che vedeva sotto le palpebre, i fantasmi del passato tornavano a fargli visita: ed era di nuovo bestia ferita che cercava di salvare l'amore della sua vita.
Ogni tanto sognava anche Diana, il loro “incontro” e ciò che si erano detti: gli piaceva, quel sogno.
Un peso gli piombò sullo stomaco con la ferocia di una piccola tigre.
“Papààà!!! Sveglia!! È passato Babbo Natale!!! Daaaiiii, vieniii!!!” la sua figlia maggiore.
“Arrivo Victoria, non c'è bisogno di urlare” disse prendendola in collo e affondando il viso nei riccioli mogano. Era la copia sputata della madre, tranne che per gli occhi. Aveva gli occhi azzurri del padre.
La bambina aveva quasi cinque anni e sapeva che Chuck non era il suo vero padre, ma se n'era fatta una ragione e il suo papà era il suo Chuck.
“La mamma dov'è?” chiese, sbadigliando appena.
La piccola lo trascinò verso la porta: “In salotto! Vedessi quanti regali, papà! Dai, andiamo!”.
Chuck si infilò una vestaglia viola e prese la bimba sulle spalle.
“Papààà!!! Mettimi giùù!” urlò tra una risata e l'altra Victoria.
L'uomo sorrise: “Sei sicura, principessa?” La bimba ci pensò un po' e scosse il capo, sistemandosi meglio sulle spalle del padre.
Scesero in salotto, dove sotto un enorme albero di Natale li attendevano una marea di regali, Blair con le mani sulla pancia.
“Era ora, Bass!” disse Blair, con un malcelato sorriso.
“Buon Natale anche a te, tesoro”
Si diedero un leggero bacio a fior di labbra, tutto ciò che Victoria concesse loro.
“Bleah, mamma! Papà, fammi scendere!” disse, scalpitando.
La donna alzò gli occhi al cielo: “Vic, siamo d'accordo. Si aprono stasera quando arrivano Roxy, Alec, Ed e Will, giusto?”
La piccola si voltò verso la madre: “Ma mamma! Almeno uno!”
“Non si discute, signorina!” disse Blair, poco convinta.
Chuck decise di intervenire a favore della figlia: “Blair, è Natale. E a Natale...”
“Siamo tutti più buoni. Va bene, Bass, ho capito, ho capito. Vic, solo uno, sono stata chiara?”
La piccola iniziò a saltellare mentre si avvicinava ai regali, prendendone due e cominciando ad aprirli.
“Victoria!” la richiamò Blair.
“Che c'è? Uno per te e uno per papà!” rispose con tono ovvio la bambina.
Chuck rise, quella piccola peste era tutta sua madre.
Blair lasciò perdere, andandosi a sdraiare con delicatezza sul divano accanto all'albero.
“Come ti senti?” chiese preoccupato Chuck.
La donna sorrise: “Come se fossi incinta di due gemelli, Chuck. Stai tranquillo. Louis e Lottie stanno bene. Ma la mamma ha bisogno della sua colazione. Dorota!”
“Arrivo, Miss Blair!” e Dorota entrò nella stanza, portando un vassoio con la colazione per tutta la famiglia.
“Dorota, mi passeresti i croissant al cioccolato?”.
La donna si era addolcita un po' in quegli anni, e in alcune occasioni, come il Natale, il suo lato più tenero veniva fuori, dando un po' di tregua alla domestica e anche al marito.
Mentre l'uomo addentava una fetta di torta al caffè, Dorota annunciò che la famiglia Archibald sarebbe arrivata entro mezz'ora e gli Humphrey per l'ora di pranzo, mentre Jack Bass con la famiglia sarebbe venuto per cena.
Blair, come sua abitudine, aveva organizzato tutto, anche se sarebbero venuti solo gli amici più cari.
All'ora stabilita, la porta si aprì lasciando entrare Serena, Nate e la biondissima Roxane, la bimba di quattro anni più bionda che ci fosse e la migliore amica di Victoria, che la accolse trascinandola di fronte al suo nuovissimo “Salone di bellezza” mentre decantava la perfezione del trucco che vi aveva trovato.
“Nathaniel, ti vedo in splendida forma” disse Chuck, dando una pacca sulla spalla all'amico.
“Non mi lamento Chuck. Tu, piuttosto, non sei ancora impazzito, stando ventiquattr'ore al giorno con Blair?”
“Archibald, ti sento!” urlò Blair, tralasciando per qualche secondo le chiacchiere con Serena.
“Ma, Blair! Se sono ogni giorno più pazzo di te non è colpa mia” gridò in risposta Chuck.
“Oh, Chuck. Tu e Nate non cambiate mai. Sempre pronti a coprire le spalle all'altro.” disse Serena, ridendo.
“Potrei dire lo stesso di voi”.
Le due donne furono richiamate dalle figlie che volevano assolutamente dei consigli sul trucco migliore per Natale.
La mattinata passò tra le chiacchiere degli adulti e le risate delle bambine.
L'ora di pranzo arrivò presto, ma di Dan e della sua famiglia neanche l'ombra.
“Perennemente in ritardo. Credo che la sua fobia per gli orologi lo porterà alla rovina” commentò Blair.
“Fortuna per lui che Vanessa non ha paura degli spolverini, altrimenti gli sarebbe toccato fare le pulizie o assumere una domestica” continuò il moro.
“Fa sempre piacere sentirsi apprezzati” aggiunse una voce piena di sarcasmo, seguita da una risata cristallina e dal vociare di due bambini arrivati con lui.
“Finalmente, Humphrey” sospirò la mora mentre Serena abbracciava Vanessa.
“E io non ho una fobia per gli orologi. Semplicemente non ne voglio uno, considerando che mi ricorda quei tempi” aggiunse accomodandosi sul divano accanto a Nate.
“Sì, Dan, ma io non ho paura delle candele” disse ridendo il biondo.
“Ah, cosa parlo a fare con voi. Alec, dove hai messo i regali per le due principesse dell'Upper East Side?” chiese al figlio.
“Humphrey, non siamo principesse già da un po'” disse Blair.
“Parlavo delle vostre figlie” e Chuck non poté non fare una risata soffocata al broncio malcelato e all'aria vagamente delusa e offesa della moglie.
“Zio Dan!!” urlarono le suddette principesse, saltando in collo allo 'zio'.
“Ecco qui i miei splendori! Come state, ragazze?” esclamò.
Le due si guardarono con aria complice.
“Zio Dan, ci racconti la storia?” chiese Roxane, sfoderando la sua letale 'faccia da cucciolo'.
Da dietro gli occhiali l'uomo le guardava, facendo finta di non capire di che storia stessero parlando.
“Quale volete?” chiese, facendo sorridere la moglie per quella finta ingenuità.
Victoria lo guardò, come se stesse parlando con un idiota patentato: “La storia, Daniel!”
“Questa sera, ragazze. Tra un po' si va a tavola. E non chiamarmi in quel modo, piccoletta!”
“E tu non chiamarmi piccoletta, Daniel!”
“Ed, è colpa tua vero?” chiese con tono di rimprovero al figlio maggiore, dell'età di Roxane.
Il piccolo, un moretto tutto pepe, ghignò: “Scusa, Daniel!”
“Edward James Humphrey vieni subito qui!”
Vanessa con l'altro figlio Alexander, di tre anni, più calmo del fratello e simile alla madre, bloccò l'inseguimento che stava per nascere con poche magiche parole: “A tavola, bambini! E Dan, piantala subito di fare l'idiota o ti porto al museo dell'orologio!” minacciò la donna.
“E se non esiste?” chiese speranzoso Dan ma il ghigno della moglie anticipò le sue parole: “Lo fondo”.
Le tre famiglie, sistemate a tavola, mangiarono servite dalla fedele ed efficiente Dorota, tra risate e discorsi leggeri.
“Serena, ho letto il tuo ultimo scoop! Chi si sarebbe mai aspettato che quell'oca di Ivy Dickens nascondesse una cosa del genere!” esclamò la mora.
“Già, è stata dura ma alla fine sono venuti fuori tutti i dettagli che la puntavano come colpevole di quell'incidente al party dell'altra sera. Piuttosto, ho visto che la tua linea invernale sta andando meravigliosamente. Non incontro nessuno che non abbia almeno uno Waldorf nel suo armadio, ormai”.
“Non posso negarlo. Quest'anno sta andando particolarmente bene. Anche Chuck, che ha un occhio più esperto, me lo ha confermato” gongolò l'altra.
“E tu, Chuck? Ho visto che le Industrie Bass stanno avendo sempre più successo” disse Nate.
“Non mi lamento. Alla fine, lavoro bene con Jack. E il tuo giornale?” chiese.
“L'ultimo numero è stato il giornale più venduto in città, anche grazie all'intervista al rinomato autore Daniel Humphrey sul seguito del suo libro” rispose il biondo.
“Signor Archibald, mi fa arrossire. Il merito è da attribuire alla rubrica d'arte del vostro giornale. Chi la scrive? Non mi ricordo il nome...”
“Davvero divertente, Daniel. Non ti ricordi il nome di tua moglie?” continuò Vanessa.
“Ah, giusto! Hai ragione, cara. E non chiamarmi in quel modo!” disse col sorriso sulle labbra.
Chiacchierarono per tutto il pranzo, con i figli che facevano congetture su cosa avrebbe portato loro il vecchio con la barba e il vestito rosso.
Dopo il pranzo i bambini andarono con la cara tata Dorota nella sala giochi, attratti anche dal profumato richiamo dei biscotti che la donna aveva promesso loro.
Gli adulti si ritirarono in salotto, seduti sul divano a parlare del più e del meno. La giornata scorreva tranquilla così come la loro vita.
Tutti erano tornati alla vita di sempre, dopo gli avvenimenti al Palace, avevano riabbracciato le proprie famiglie e trovato un modo di farsi una vita, nonostante fossero stati anni lontano dal mondo.
Era curioso come le loro vite si intrecciassero di continuo. Si erano persi di vista per un paio di anni, ma una serie di assurde coincidenze li aveva riavvicinati. Ovviamente, gli Archibald e i Bass non si erano mai allontanati. Era impossibile, considerando che le mogli erano praticamente inseparabili. E quando Vanessa era stata assunta al giornale di Nate si erano rimessi in contatto anche con gli Humphrey.
C'era un rapporto strano tra tutti loro. Si consideravano una famiglia allargata, ognuno sapeva di poter contare sugli altri in ogni situazione. E anche il fatto che i loro figli fossero così amici rendeva ancora più forte quel legame.
“Humphrey, ma tua sorella quando arriva? Devo chiederle un consiglio per un vestito” chiese Blair, palesando la curiosità di tutti i presenti.
“Ha detto che il suo volo da Parigi era in ritardo, quindi arriverà per stasera” disse l'interpellato, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E, di grazia, quando diamine avevi intenzione di dirmelo??” aggiunse la mora, un tantino alterata.
“E dai, Blair, l'importante è che arrivi, no?” cercò di salvarsi l'ex-orologio.
“Ti odio, Daniel”.
“Non iniziare anche tu con quel nome! Ti chiedo scusa, okay?”
“Ecco, così va meglio” rispose soddisfatta.
“E Anastasia dov'è?” chiese Vanessa. La ragazza studiava alla Constance, Blair non aveva sentito ragioni a riguardo. Nonostante il desiderio di Dorota di farla studiare in una scuola normalissima, Blair voleva solo il meglio per la sua piccola modella in erba.
“Passa il Natale dai nonni paterno quest'anno, dato che non li vede mai. È il nostro regali di Natale” rispose Chuck, voltandosi a guardare la moglie.
“Sono certa che è felicissima di ciò che avete fatto” affermò Serena, con un dolce sorriso dipinto in volto. Anche se non c'era Anastasia, sarebbe stato un Natale fantastico, ne era certa.
“Sono stupito del fatto che Blair non si sia lamentata di questa invasione” aggiunse Dan, sinceramente colpito della disponibilità della mora. Di solito, insisteva perché i ritrovi avvenissero a casa degli Archibald, che era più spaziosa della sua, dato che vi vivevano anche Lily e i genitori di Nate.
Tuttavia, quel Natale era andato diversamente.
“Humphrey, secondo te vi ospito tutti per mia spontanea volontà?” disse la mora, alzando gli occhi al cielo. Lo scrittore non capiva: nessuno era in grado di costringere Blair Waldorf a fare alcunché, nessuno tranne...
“Blair, non puoi andare in giro al terzo mese di gravidanza gemellare come se niente fosse. Lo sai che è meglio così” disse Chuck, svelando l'arcano che tormentava Dan, mentre Blair alzava nuovamente gli occhi al cielo di fronte a quell'eccessiva preoccupazione.
“Sai che ha ragione, B! Dai, ti prometto che la prossima volta facciamo una riunione al Palace, okay?”
La mora annuì soddisfatta dalla promessa che l'amica le aveva fatto. Se lo sarebbe ricordato di sicuro.
“Allora, avete già deciso i nomi dei due bambini?” chiese Vanessa ai due futuri genitori, nel tentativo di cambiare argomento.
La donna non si lasciò sfuggire come lo sguardo di Chuck si fosse illuminato al pensiero dei due figli.
Era un uomo diverso dal ragazzo che l'aveva fatta diventare uno spolverino, era più umano.
Blair annuì, col sorriso sulle labbra: “Charlotte e Louis” disse, ed un velo di malinconia le ricoprì gli occhi per un breve istante.
Si sentiva terribilmente in colpa per ciò che era accaduto al suo quasi marito, lo sguardo del principe mentre precipitava la tormentava di notte.
Dare a suo figlio il suo nome le era sembrato un modo per riscattarsi, per chiedere perdono. Louis Bass sarebbe stato amato come meritava il suo omonimo.
Serena cinse le spalle dell'amica, notando che i suoi pensieri erano tornati agli anni passati, quelli che tutti cercavano di dimenticare, ma che ricordavano fin troppo bene.
“B, è un gesto meraviglioso” la rassicurò.
L'atmosfera si era fatta densa di tristezza, ma una carica di allegria fu portata dall'entrata in scena delle due bambine.
Victoria si mise al centro della stanza, chiedendo attenzione agli adulti con un colpetto di tosse, che ricordava incredibilmente la madre.
“Signori, Signore. Siete tutti invitati a seguirmi nell'altra stanza dove si terrà la sfilata di moda delle note stiliste Victoria Eleonor Bass e Roxane Isabelle Archibald. I modelli sono già pronti, prego, dopo di voi”.
Con un accenno di risa, tutti seguirono le bambine, che descrivevano con grande abbondanza di particolari ciò che attendeva i fortunati spettatori.
Quando si furono accomodati la “Grande Sfilata di Natale” ebbe inizio. A vedere i figli costretti dalle due dispotiche bambine a fare avanti e indietro su una passerella improvvisata, con un broncio che raggiungeva livelli storici per il povero Edward, Dan trattenne a stento una risata, che non sfuggì alla Blair in miniatura.
“Desideri sfilare anche tu, Daniel?” chiese maligna la bimba.
Roxy saltellò incontro all'uomo, con gli occhi illuminati dalla gioia: “Oh, zio Dan, sarebbe fantastico! Vuoi, per favore?”
Dan provò con tutte le sue forze a resistere a quel tenero visino, ma era la sua kryptonite. Probabilmente, se la piccina gli avesse chiesto di mettere un orologio, lo avrebbe fatto.
“Andiamo, ragazze, rendetemi più bello di quanto già non sia” accettò alla fine.
“Quanta modestia, Daniel” lo sbeffeggiò il figlio maggiore.
“Andiamo Ed. Sai bene che queste due potrebbero vestirti da fatina”.
La piccola mora si voltò a quelle parole, un sorriso perfido in volto: “Fatina, eh? Roxy, porta anche Ed! Un po' di magia in una sfilata non fa mai male” disse convinta.
Fu così che tutti si ritrovarono a ridere di gusto di fronte a Dan con addosso un lungo vestito rosso e una bacchetta tra le dite, un paio di ali a decorare il tutto e al piccolo Edward con un adorabile tutù rosa e una coroncina piumata.
Il tutto fu immortalato dalla fotocamera di Serena, che rideva di gusto, con accanto il piccolo Alec, che sfogliava un libro, guardandone rapito le immagini.
Nel tardo pomeriggio li raggiunsero anche Jenny, che aveva preso una settimana di ferie dall'atelier francese per cui lavorava.
“Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma l'aereo s-”
Blair la interruppe con un gesto stizzito della mano: “Lo sappiamo, quell'idiota di tuo fratello ce lo ha detto”
“Ehi! Non sono un idiota!” si intromise l'uomo tirato in causa, mentre abbracciava la sorella.
Jenny sorrise al fratello, salutando tutte quelle persone che l'avevano aiutata nel diventare ciò che era: una rinomata stilista in carriera.
Le collaborazioni tra l'atelier per cui lavorava e la Waldorf Design, grazie a lei, erano frequentissime, e questo aveva permesso a Blair di iniziare la sua conquista della moda europea.
“Jenny, ti spiace aiutarmi con un modello mentre sei qui? C'è qualcosa nel disegno che non mi convince” chiese pensierosa Blair alla giovane stilista, che non aveva smesso di adorare la mora.
“Non c'è problema, Blair. Quando vuoi, chiamami” confermò la bionda.
Blair sorrise all'amica. In lei rivedeva sempre un po' di sé stessa, quella che non si fermava mai e che amava la moda con tutto il cuore.
L'arrivo della donna suscitò scalpore tra i bambini: Jenny era la loro beniamina, sia dei nipoti che delle due bambine. Giocava con loro, li consigliava e li aiutava ogni volta che poteva.
Anche il pomeriggio passò nella tranquillità dell'inverno newyorchese, tra biscotti, cioccolata calda, fuoco nel camino e richieste di bambini.
“Ma mamma! Io voglio aprirli ora i regali!! Daiii, per favore!” pregò Victoria, mentre Edward le dava man forte. Voleva i suoi regali e non avrebbe aspettato Will per aprirli.
Serena si avvicinò all'amica, alla quale stava venendo un leggero mal di testa.
“Bambini, che ne dite, di andare a giocare con la neve?” gli occhi dei più piccini si illuminarono.
“Giocare con la neve?” sussurrò Alexander, sollevando il capo dal libro che stava guardando.
La bionda annuì: “Dorota, potresti portare i cappotti ai bambini? E anche sciarpe e guanti. Facciamo un salto a Central Park con zia Jenny e torniamo, ok?”
Tutti annuirono e alla comitiva si aggiunse anche Dan.
“Tornate entro un'oretta. Sono già le 18, tra poco arrivano Jack e Georgina” disse con una lieve smorfia.
Certo, era grata ai due, ma continuava a fidarsi poco, soprattutto di lei. I genitori non avevano niente a che vedere con Will, il loro unico figlio, nato prima che la maledizione entrasse nelle loro vite. Quel bambino era assolutamente adorabile: educato, gentile, spiritoso e tranquillo, Blair lo adorava.
Rimasta sola con Chuck, Vanessa, Nate e Dorota, Blair si assopì, cullata dalle chiacchiere degli altri.
“Allora, Chuck, come sta Blair?” chiese Nate, un po' preoccupato per l'amica. Ricordava l'ultima parte della gravidanza di Victoria. Per lo stress che aveva subito, c'erano state delle complicanze e aveva rischiato di perdere la bambina.
Chuck aveva aiutato la donna con ogni mezzo e, alla fine tutto era andato per il meglio.
L'uomo sorrise, mentre carezzava leggero la testa della moglie, appoggiata sulle sue gambe: “Stanno tutti e tre bene. Dopo Vic, Blair aveva paura che ci sarebbero stati dei problemi anche per Charlotte e Louis, ma fortunatamente non è stato così. Entro giugno nasceranno”.
Vanessa sollevò un sopracciglio, sorpresa: “Prematuri?” chiese.
Chuck annuì: “ Il dottore dice che è normale per i gemelli nascere prematuri” li rassicurò.
Parlarono molto, dei figli, del lavoro, del passato e del presente. Parlarono finché non arrivò una mandria di piccole pesti che raccontava di pupazzi di neve giganti, papere in un laghetto quasi congelato, lotte all'ultima palla di neve e cioccolata calda tra le mani infreddolite.
Mentre Blair apriva gli occhi nella sua camera, dove l'aveva portata Chuck, al piano inferiore si aprivano le porte dell'ascensore rivelando l'altra famiglia Bass.
“Allora nipote, che fine ha fatto la tua adorabile figliola? Il regalo che ho qui tra le mani non si scarta da solo” disse Jack, mentre entrava nel salotto, dando una pacca sulla spalla al migliore socio in affari che avesse mai avuto. Nonostante Chuck fosse molto giovane, aveva un intuito per gli affari e un savoir faire che conquistava tutti quelli che volevano trattare con le Industrie Bass. Si doveva ricordare di ringraziare la moglie per non averlo ucciso quando poteva.
Chuck sorrise allo zio mentre li conduceva dagli altri: “Stava giocando con Roxane e gli altri. Come è andato il viaggio?”
La famiglia era appena tornata da un viaggio in Sud America, come si notava dalla pelle abbronzata dei tre.
“Una favola, Chuckie. Non credo di aver mai passato tante ore in spiaggia in una sola settimana. Un vero peccato essere tornati” rispose Georgina, il cui colorito caramellato confermava le sue parole, così come il tono di voce sognante e vagamente dispiaciuto.
“Georgina, spero che il sole non ti abbia bruciato quel poco di gentilezza che avevi” disse Blair, mentre scendeva le scale per raggiungere tutti quanti.
La mora sorrise glaciale alla sua quasi-cognata: “E io spero che il freddo non abbia congelato la tua, B”.
Serena alzò gli occhi al cielo, quelle due non cambiavano mai: talmente simili, talmente testarde, che non potevano non scontrarsi ogni volta.
“Benarrivati. Will, caro, come stai? Ti sei divertito?” chiese Serena al suo protetto. Come Blair, adorava quel bambino.
Il piccolo di sei anni, con gli occhi azzurri e i capelli neri della madre, ma il viso del padre, sorrise alla donna, avvicinandosi a lei e alla zia.
“Era tutto fantastico, zie! C'erano tantissimi animali strani e il mare era così bello! Ho fatto tante foto con la macchina fotografica che mi avete regalato per il compleanno” disse sorridendo alle due, che lo riempivano di moine.
Victoria rapì il cuginetto in men che non si dica, trascinandolo di fronte al gioco dell'oca a cui i bambini stavano giocando sotto gli occhi degli adulti che facevano il tifo per i loro figli.
Nessuno si stupì quando Roxane vinse la partita. La fortuna della piccola era leggendaria.
“Evviva! Ho vinto! Ora posso avere la storia, zio Dan? Per favore!” chiese la bionda, che stava aspettando la storia dalla mattina.
L'uomo sorrise alla piccola: “Dopo cena, tesoro, te lo prometto. Intanto che ne dite di aprire i regali?”
La gioia si dipinse sui volti dei bambini mentre si fiondavano sulla pila di scatole infiocchettate sotto l'albero.
Tra carte, risate e giochi arrivò l'ora di cena, durante la quale, l'atmosfera gioiosa fu turbata, secondo Dan, da una notizia spaventosa.
Jenny, dopo il dolce, si alzò, richiamando l'attenzione degli altri, colpendo leggermente il bicchiere con la forchetta.
Si schiarì leggermente la voce: “Ne approfitto per darvi una bella notizia. Come tutti sapete, ho trovato l'amore a Parigi-”
“Continuo a dire che quel Damien non mi convince per niente” borbottò Dan, guadagnandosi occhiatacce dalla metà femminile del tavolo.
“E sono felice di annunciarvi che... Abbiamo deciso di sposarci!” continuò col sorriso sulle labbra la ragazza, le guance leggermente arrossate.
Mentre le varie donne le facevano i complimenti, si sentì un tonfo.
La risata di Victoria riempì la sala: “Zio Dan è svenuto!” esclamò divertita.
Tra il divertito stupore generale, Dan sbatté piano le palpebre, capendo cosa fosse successo.
Iniziò a blaterare di come fosse sbagliato sposarsi prima dei trent'anni, che non si fidava di quel Damien e via dicendo, finché i bambini non gli ricordarono la sua promessa.
Guidati da Roxy, tutti si accomodarono in salotto, gli adulti seduti sui divani e i bambini ai piedi della poltrona su cui era seduto Dan.
Victoria stringeva tra le mani un libro che porse all'uomo non appena si dichiarò pronto.
La voce di Dan si fece strada tra di loro, raccontando una storia che tutti conoscevano.
“ Tanto tempo fa, in un paese lontano un giovane principe viveva in un castello splendente. Benché avesse tutto quello che poteva desiderare il principe era viziato, egoista e cattivo...”
E così, si raccontò di un principe nella sua prigione in mezzo alla città, di un candelabro che amava una giovane donna, di un orologio coraggioso, di molti altri oggetti che aspettavano che la maledizione fosse spezzata, di un uomo che non era stato amato quanto meritava e dell'amore di una donna per una bestia a cui donò il proprio cuore.





Angolo Autrici.
OMMIODDIO CE L'HO FATTA A SCRIVERLO TUTTO 'STO CAPITOLO DEL CAVOLO!! (Marty) Non avete idea di cosa sia stato a scrivere questo capitolo. Ci ho messo un mese UN MESE, a trovare un modo per continuarlo. Non vogliono essere felici i dementi.
Quindi, sorvolando sulla mia sofferenza, che ne pensate? Io, personalmente adoro Will e Alec *noo, io non ho preso metà dei nomi spudoratamente da Shadowhunters, cosa dite*. Chi vi è piaciuto delle piccole new entry? Ovviamente, Victoria è un riferimento all'episodio Chair che tutti voi ricordate, a.k.a il “Victor Victrola” <3 Che altro dire, i due epiloghi sono collegati e questo è antecedente a quello che seguirà.
Un'altra cosuccia, avete notato che J e G si conoscevano prima della maledizione? Tutta colpa mia (Marty), e... *rullo di tamburi* ci sarà una shot a riguardo! (questa è un'idea di Fede però u-u) Che ne pensate?
E ora vi lascio a quei dementi tesori dei personaggi.

Angolo Cast.
Victoria- Ciao a tutti! Io sono Victoria! Vi è piaciuto il capitolo? A me tanto :3 Cosa vi è pia...
B- Vic, calmati. Lascia parlare anche gli altri.
Ed- Giusto, Eleonor, lascia parlare gli altri.
Vic- NON CHIAMARMI ELEONOR!
Roxane- Ci farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, vero papà?
N- Esatto, tesoro. Aspettiamo le vostre recensioni
D- Nel frattempo ringraziamo chi ha recensito l'avviso delle decerebrate di sopra.
M&F- EHI!
Violinda *Sono piuttosto sicura che questo nome non esiste*- Ben detto Dan u-u
C- Quindi grazie a Charlie Hudson, gior_gia_28, XoxoK, bagigia98 e Novalis.
Do- Waffle col gelato a questo giro?
S- Perché noi non riceviamo mai dolci?
F- Non ve li meritate u-u
Will- Nemmeno noi bambini?
*M&F iniziano a distribuire dolciumi ai più piccoli perché loro se li sono meritati u-u*
Alec- Evviva! *addenta un biscotto e torna al libro illustrato che ha in grembo*
Ja- Il nostro piccolo manipolatore: ottiene già i suoi primi biscotti :')
G- Dobbiamo essere fieri di lui.
J- Ma com'è che voi due vi conoscevate già?
Ja- Affari nostri è-é
Mon- Ora basta, chiudiamola qui che è meglio u-u
Tutti- Al prossimo (e ultimo) capitolo!

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Capitolo 33
*** Second Epilogue - Longlife Treasure of Destiny. ***


Longlife Treasure of Destiny

Il vestito elegante, la cravatta annodata, la barba appena rasata e la sensazione di fresco che la camicia appena stirata gli donava.
Fece scivolare le dita sulla cravatta un paio di volte, accertandosi che fosse tutto a posto, e passò una mano fra i capelli scuri.
Gli sembrava ancora surreale, dopo più di cinque anni, poter uscire e camminare per strada senza la paura di notare il proprio riflesso nella vetrina di qualche negozio.
Gli specchi gli mettevano ancora addosso uno strano senso di inquietudine, ma nulla che non potesse controllare, ma gli incubi… Gli incubi non gli davano pace, stralci di un futuro che sarebbe potuto essere diverso dal suo presente, la costante paura di aprire la porta e ritrovarsi nuovamente quella donna e quella rosa davanti lo tormentavano.
Avrebbe dovuto godersi il presente, ma non riusciva, in quel particolare periodo, a lasciare andare il suo passato, i suoi demoni, quei ricordi che gli ricordavano che non importa quanto in alto sei, ci sarà sempre il pericolo di una caduta.
Assorto nei suoi pensieri, Chuck non si accorse delle sottili braccia che gli avvolgevano la vita se non quando un paio di soffici labbra scarlatte si posarono alla base della sua nuca.
Chiuse gli occhi, sorridendo e voltandosi verso di lei per poter catturare le sue labbra in un bacio delicato.
“A cosa pensavi?” gli chiese lei poggiando la testa sul suo petto.
Il cuore batteva veloce attraverso il tessuto costoso della camicia, ed ogni volta che quel suono arrivava alle sue orecchie, Blair non poteva fare altro che sorridere ed essere grata che quella melodia potesse ancora accompagnare le sue giornate.
Chuck non rispose, affondò semplicemente la testa nei suoi boccoli scuri, posandovi un soffice bacio e stringendola maggiormente a se.
“Sono qui, Chuck, non vado da nessuno parte” lo rassicurò avendo intuito cosa lo affliggeva “Nonandiamo da nessuna parte. Nessuno di noi.”
Il vestito di Blair frusciò, mentre Chuck disegnava cerchi immaginari sulla sua schiena, allontanandosi quel poco che bastava per poggiarle un delicato bacio sulla fronte.
“Lo so.”
Le labbra si spostarono dalla fronte alla guancia, la mascella, le labbra.
“E’ solo che a volte mi sembra troppo bello per essere vero, ecco tutto” confessò in un sussurro.
“Ma lo è.”
“Lo è.” Sorrise Chuck mentre la porta della camera veniva spalancata e una bambolina dal vestito color pesca, i boccoli scuri e gli occhi chiari faceva irruzione nella stanza
“Papà! Zio Nate dice che devi correre ad aiutarlo, è urgentissimo!”
I due sciolsero l’abbraccio che li univa e si concentrarono sulla bambina che, correndo verso di loro, si catapultava fra le braccia di Chuck con fare preoccupato.
“Cos’è successo, piccola?” le chiese Blair mentre la bambina si aggiustava meglio nell’abbraccio del padre.
“Beh, ecco, stavo giocando con Roxanne e Alec in giardino, quando tutt’un tratto abbiamo sentito zio Nate e zio Dan urlare. So che non si origliano le conversazioni dei grandi, ma Roxy mi ha trascinata ed io ho portato anche Alec, perché Ed e Will non c’erano e lui è piccolo, non potevo lasciarlo da solo, giusto mamma? Sono stata reponabile” spiegò la bambina con convinzione.
“Si dice responsabile, tesoro” rise Blair al pensiero del piccolo Alexander trascinato da Roxy e Victoria in giro per il giardino, era il piccolo di casa e tutti, nessuno escluso, amavano spupazzarlo.
“Beh, ma lo sono stata, vero?”
“Assolutamente” la rassicurò Chuck posandole un bacio sulla testa.
Victoria sorrise soddisfatta e continuò con la sua storia, lunga e dettagliata come solo quella di una bambina di cinque anni poteva essere, arrivando finalmente ad una conclusione:
“E zio Nate cercava di dirgli che era una bella cosa che zia Jenny si stesse sposando e che avrebbe avuto una casa e una famiglia e allora io gli ho detto che zio Nate aveva ragione, che così la cicogna avrebbe messo anche a lei un bambino nella pancia come alla mia mamma, ma appena ho detto quella parola zio Dan è caduto a terra!”
Chuck e Blair si guardarono in faccia, tentando di non ridere, ma trovando la cosa molto difficile.
“Ma io non ho fatto nulla di male, vero? ‘Bambino’ non è una brutta parola come quella che ha detto zio Jack a Natale.”
Blair aggrottò le sopracciglia: “Quale brutta parola?” chiese in tono inquisitorio, ma la bambina la ignorò, continuando il suo discorso:
“Forse non sapeva come nascono i bambini” rifletté puntando gli occhi chiari in quelli di Chuck.
“Dovresti andare da lui e dirglielo, o quando nasceranno il mio fratellino e la mia sorellina sverrà di nuovo”
Chuck rise, stringendo di più la bambina e schioccandole un sonoro bacio sulla guancia.
“Hai ragione, dovrei proprio andare. Tieni tu compagnia alla mamma?”
La bambina sorrise e annuì energicamente, stampando un bacio sulla guancia dell’uomo e, una volta tornata con i piedi per terra, volteggiando verso Blair e il suo pancione.
Era incredibile quanto Victoria somigliasse alla madre: lo stesso portamento regale, il nasino piccolo e leggermente all’insù e soffici boccoli color cioccolato che le ricadevano sulle spalle.
Ma gli occhi, gli occhi non mentivano, come non mentiva il suo tono autoritario ma al contempo cortese e quel non so che di aristocratico che era estraneo a Blair stessa.
Victoria era una principessa, era nel suo DNA, in quelle sottigliezze che solo degli occhi attenti riuscivano a catturare ed associare dolorosamente a Louis.
La bambina sapeva chi fosse il suo padre biologico, e ne teneva una foto sul comodino che risaliva a pochi mesi prima del tragico incidente automobilistico in cui era stato coinvolto.
Sempre meglio che raccontare al mondo intero e alla famiglia reale che era caduto dal tetto di un palazzo mentre cercava di uccidere una Bestia colpita da un incantesimo, comunque.
A volte, d’estate, Victoria passava qualche settimana a Monaco con i suoi nonni: le piaceva la città, ma casa era sempre casa, dove c’erano mamma e papà.
Perché, dal primo momento in cui gli occhi caramello di Chuck avevano incontrato quelli celesti di Victoria lo avevano capito entrambi: si appartenevano.
Ora la bambina trotterellava per il corridoio, mano nella mano con la sua mamma ed una bimba dai suoi stessi occhi e i capelli più luminosi del Sole.
Aprirono la porta color crema di fronte a loro e le bambine balzarono fra le due figure bionde (una dal vestito azzurro, l’altra bianco) al centro della stanza.
“Zia J sei megarigliosa” le offrì Roxanne con lo sguardo sognante e un dolce sorriso ad incresparle le labbra.
“Meravigliosa, tesoro” la corresse Serena accarezzandole i capelli.
“Si, mamma” roteò gli occhi la bambina.
Jenny sorrise alle bambine, voltandosi nuovamente verso lo specchio e sorridendo nervosamente.
“Sicure che il vestito non sia troppo stretto? Dio, non riesco a respirare, e forse avrei dovuto eliminare le rifiniture sul corpetto e sostituirle con-”
Il fiume di parole che uscivano dalle labbra color ciliegia della donna furono immediatamente fermate dalla voce di Blair.
“Jenny” disse richiamando la sua attenzione “ sei perfetta” continuò più dolcemente “il vestito è perfetto, una delle tua creazioni migliori, piccola J, devo ammetterlo”
Jenny le sorrise, lasciando che le gote ricoperte di fard si arrossissero.
“Damien rimarrà a bocca aperta” ammiccò Serena, e dopo una frazione di secondo si ritrovarono tutte ricoperte di tulle e strette dalla fragili braccia di Jenny.
“Grazie” sussurrò commossa.
“Non azzardarti a piangere o ti si rovinerà il trucco” intimò Blair con gli occhi lucidi.
“Senti chi parla, sei una fontana ambulante in questi giorni, B”
“Hey! E’ colpa della gravidanza, tu hai pianto tre volte guardando un film quando eri incinta di Roxy”
“Ero emotiva!”
“Guardavamo American Pie”
Serena rispose con una scrollata di spalle e le tre scoppiarono a ridere, interrotte dalla voce di Victoria.
“Mamma, cos’è American Pie?”
Blair guardò sua figlia a corto di parole, prima di sorriderle e accarezzarle la testa.
“Chiedilo a zio Nate, okay tesoro?”
Serena trattenne una risata, e Jenny trangugiò lo champagne sul tavolino della stanza.
“Attenta con quello, Piccola J, non vorrai arrivare all’altare ubriaca come qualcun altro” rimproverò Blair con una punta di disgusto nella voce.
“Ti stai forse riferendo a me, Waldorf?”
Georgina, in tutto il suo oscuro splendore, si materializzò sull’uscio della porta, seguita da una figura alta e abbronzata i cui occhi verdi si posarono commossi sulla sposa.
Vanessa, con Alec al seguito, corse ad abbracciare Jenny, ignorando il battibecco in corso.
“Bass.” Puntualizzò Blair.
“Idem”
“Già, peccato che io abbia sposato il Bass giusto.”
“Quello meno eccitante vorrai dire”
“O meno sociopatico” sorrise serafica la donna.
“Voi due: basta! Almeno oggi trattenetevi!” s’intromise Serena prendendo fra le braccia Alec.
“Ha cominciato lei ad insultarmi” accusò Georgina “mentre non ero presente, tra l’altro, molto di classe.”
“Disse quella che ha sposato Jack Bass ubriaca fradicia in una cappella a Las Vegas.”
“E’ stato una vita fa, per quanto ancora hai intenzione di andare avanti?”
“E’ successo due settimane fa!”
In tutta risposta la donna scrollò le spalle, prendendo un sorso di champagne e un assaggio di pasticcino.
“Sei solo delusa perché, non essendoci stata una cerimonia, non hai potuto criticarla.”
“Posso eccome” rise B “lo sto facendo, infatti”.
“Ragazze!” tuonò la voce di Jenny “Non vorrei interrompere il vostro siparietto, ma io tra tre minuti mi sposo!”
Blair e Georgina di scambiarono un ultimo sguardo ostile, prima di ammorbidirlo posandolo sulla sposa che, radiosa, si dirigeva verso la navata.
La cerimonia era intima e deliziosa, dopo la funzione iniziarono i festeggiamenti, contornati di risate, racconti e frecciatine.
Mentre gli adulti danzavano ognuno fra le braccia del proprio consorte, i bambini giocavano in giardino.
“Edward, abbiamo fatto la conta e sei uscito tu, devi cercarci!”
Victoria, dall’alto delle sue ballerine Vivier, si ostinava a rimproverare il bambino che, testardo, si rifiutava di sottostare alle regole.
“Ma io non voglio, Victoria.”
“Non si tratta di volere o no, devi farlo!” puntò i piedi la bambina, pericolosamente vicina a spingerlo a terra.
Succedeva sempre così, a Ed piaceva provocarla solo per vederla perdere le staffe e, il più delle volte, riusciva nel suo intento.
Il fatto era che, fin da quando era nato, Victoria Eleonor Bass gli era stata presentata come un essere perfetto.
Victoria non faceva arrabbiare i grandi, non sporcava i vestiti, non sedeva scomposta.
Mai.
Tutto questo, secondo il giovane Humphrey, per cui infrangere le regole e gli schemi era la regola, era inaccettabile.
Il piccoletto aveva ereditato la stessa grinta e lo stesso spirito ribelle della zia, moltiplicati per mille e, insieme ai sopracitati, di J aveva ereditato anche una certa passione per i geni Waldorf, a quanto pare.
“Basta voi due, conto io!” s’intromise Roxy, che conosceva quella tiritera fin troppo bene.
“No, così gliela dai vinta!” si lamentò ancora la mora.
La biondina scrollò le spalle, cominciando a contare, lasciando così un’indispettita Victoria e un ghignante Ed.
I bimbi cominciarono a cercare un nascondiglio: Alec si nascose sotto il tavolo dei genitori, ridacchiando e arrampicandosi sulla gamba dello zio Nate che trasalì, permettendo così a Roxanne di tanare il bambino.
William fu scoperto dalla biondina mentre derubava il buffet, tentando di allungare la mano e afferrare un muffin dalla colonna dietro cui era nascosto.
Edward, invece, era uscito sull’orlo delle lacrime da un cespuglio, con una spina impigliata nella camicia e qualcosa nascosto dietro la schiena.
Mancava solo Victoria che, però, sembrava essere scomparsa.
La bambina, arrabbiata, era corsa lontano dalla festa, verso un prato dove, assorta, aveva rincorso una farfalla, fino a rendersi conto che, oramai, non sentiva più la musica né le risate dei suoi parenti.
Era spaventata, così tanto da permettere ai suoi occhioni azzurri di riempirsi di lacrime, chiamando a squarciagola mamma e papà.
“Ti sei persa?” chiese ad un tratto una voce gentile.
La bambina si voltò, trovandosi davanti una bellissima donna vestita d’azzurro.
“Victoria, giusto?” chiese ancora la sconosciuta.
La bambina annuì, facendo qualche passo indietro.
Sua madre le ripeteva sempre di non parlare con gli sconosciuti e lei, quella donna, non l’aveva mai vista.
“Non avere paura, sono un’amica, anche se un po’ in ritardo al matrimonio di Jennifer.”
“Jennifer è mia zia.” Ragionò la bambina.
Se quella donna conosceva Jenny non poteva essere cattiva, giusto?
Victoria si asciugò le lacrime, avvicinandosi di un passettino e facendo un piccolo inchino.
“Victoria Eleonor Bass.”dichiarò porgendole la mano.
La donna sorrise, stringendola per qualche secondo.
“Diana Payne.”
“Non ti ho mai vista con zia Jenny, però”
“Sono un’amica di vecchio data”
La bambina annuì, continuando ad osservarla.
“Sei molto bella” disse ad un certo punto, e Diana non poté fare a meno di sorriderle per l’ennesima volta.
“Grazie, anche tu. Assomigli tanto alla tua mamma, sai? Eccetto che per gli occhi”.
La bimba le offrì un altro sorriso cortese, prima di abbassare di poco lo sguardo e cominciare inconsciamente a disegnare dei cerchi nel terreno con la punta delle scarpe.
“La mia mamma dice che è perché anche Louis li aveva così.”
“Louis è il tuo papà?”
La bambina rialzò nuovamente lo sguardo, puntando gli occhi in quelli della donna.
Era così, lei lo sapeva, eppure sapeva anche che era Chuck suo padre, quello che le rimboccava le coperte, le dava il bacio della buonanotte e la stringeva se era triste o si faceva male.
Così, tutte le volte che qualcuno le poneva quella domanda lei istintivamente scuoteva la testa, per poi ritrovarsi sommersa di domande a cui una bambina di quattro anni non sa e non dovrebbe rispondere.
In quei casi la sua mamma la salvava, portandola via o rispondendo per lei; e se non c’era Blair c’era Chuck, qualcuno dei suoi zii o addirittura Roxy.
Ma stavolta Victoria era da sola e non sapeva cosa rispondere, così scrollò le spalle, riprendendo il movimento circolare della scarpa.
“Più o meno.”
“E Chuck, è anche lui il tuo papà?” insisté la donna con un tono sempre cortese e chinandosi per poter guardare meglio la bambina.
Victoria, turbata da quelle domande, indietreggiò infastidita.
“Sì, e mi ha detto di non parlare con gli sconosciuti. Sarai anche un’amica di zia Jenny, ma io non ti conosco.”
Diana sorrise, avvicinandosi e accarezzandole una guancia prima di indietreggiare di qualche passo.
“Sei un bel tipetto, Victoria Bass, hanno fatto proprio un bel lavoro con te.”
Victoria la guardò confusa, ma felice del complimento.
“Grazie, Diana Payne. Ma ora devo andare…”
“Non ce n’è bisogno, guarda chi sta arrivando.”
La bambina si voltò, notando Serena che sorreggeva sua madre, la cui gravidanza le impediva di correre, e suo padre che, invece, si dirigeva veloce verso di lei.
Il volto della bambina s’illuminò, voltandosi per salutare un’ultima volta la donna che, però, era già andata via.
Pochi minuti dopo le braccia di Chuck la stringevano, mentre Blair le rimproverava di essersi allontanata così tanto, accarezzandole però i capelli scuri.
Victoria non raccontò a nessuno di Diana, non sapeva perché, ma sentiva che quell’incontro e quella donna dovevano essere il suo piccolo segreto.
Tornata alla festa si godé le luci dei riflettori, a quanto pare erano tutti preoccupati per lei.
Le braccia di Chuck la lasciarono solo quando la chiamò Edward che, furtivo, la portò in un angolo mentre gli altri ballavano.
“Devo darti una cosa” annunciò il piccolo Humphrey.
Victoria assunse un’espressione scettica: “Se è un’altra manciata di terra che lancerai sul mio vestito ti avverto che…”
Ed la bloccò, cacciando una rosa da dietro la schiena e lasciandola fra le mani della bambina, prima di stamparle un bacio sulla guancia, mormorare un ‘mi dispiace’ appena percettibile e correre via verso la festa.
Victoria lo raggiunse poco dopo, con la rosa fra le mani e un sorriso sulle labbra.
Da lontano, già rintanata nei boschi, una donna osservava quel tripudio di felicità: i suoi occhi catturarono i due bambini, poi le figure danzanti di Chuck e Blair.
Infine osservò un bambino sui sette anni dai capelli scuri e gli occhi chiari ridere fra le braccia del papà, mentre la madre cercava di sistemargli la cravatta facendogli il solletico.
I due stamparono un bacio sulle guance del piccolo, prima di lasciarlo andare e riprendere a muoversi insieme a tempo di musica.
La fata sorrise soddisfatta, chiedendosi cosa sarebbe successo se, in quella notte d’inverno, non avesse sbagliato destinazione, trovandosi accidentalmente a bussare alla porta del Bass sbagliato, maledicendo Chuck anziché Jack, come già era stato prestabilito.
‘Il destino’ pensò ‘ha strani modi per giocare le sue carte. Ma, in fondo, tutto è bene quel che finisce bene.’





Angolo Autrici. /Angolo Cast.
Buongiorno Raggi di Sole, eccoci all'alba -letteralmente- di questo 28 Luglio con l'ultimo capitolo di questa storia. Eh già, cari lettori, questo viaggio finisce per lasciare posto ad un altro e...
D- Possibile che dovete sempre aggiungere una nota triste?._.
S- E' vero, questi epiloghi sono così pieni di gioia, non rovinate l'atmosfera!
M- Cosa pretendiate che facciamo, posticipare i saluti? Avremo il diritto di dire addio alla nostra storia o no? è.é
D- Ecco, questa sarebbe una bell'idea u-u
F- Cosa posticipare i saluti?
N- Già, pensateci, avrete un intero spazio uwu
S- E non intaccherete la nostra felicità!
M- Ma sentila la signorina è.è
C- Andiamo ragazze, cosa vi costa?
*M&F si perdono nel contemplare Bass*
*Fede si riprende e fa rinsavire Marty*
*Fede e Marty confabulano*
F- No, mi spiace. Ci conosciamo e sappiamo che probabilmente continueremo a rimandare all'infinito *coff come è successo coff*. Ora fatemi parlare del capitolo, sciò!
Veruca *è l'ultimo capitolo, ho perso le speranze ormai*- Agli ordini...
M- Bravi bimbi u-u
...
Sssalve fedeli lettori, come va? Noi, dobbiamo essere sincere, siamo un po' giù per la fine della storia, ma (Fede) anche contenta e soddisfatta di questo capitolo :) Ci ho messo penso un mese per scriverlo e a tratti, visto che scrivevo un pezzo e poi non avevo idea di come continuare XD Mi venivano sempre idee mentre ero sotto la doccia ma, non avendo dove scriverle, le dimenicavo, lol. Be', che dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno quanto è piaciuto a me e spero anche che vi piaccia la sorpresina/rivelazione che vi ho serbato nel finale MUAHAHAH 
Recensite, eh uwu
M- Ora, visto che è l'ultimo capitolo *T^T*, vi salutano delle personcine speciali
Alec- Ringraziamo con tutto il nostro cuore voi che avete messo la storia nei preferiti. Siete le venti persone più fantasiose *D- Fantastiche, tesoro* del mondo u-u
Ed- Grazie infinite a voi due che avete messo la storia nelle ricordate. Vi adoriamo :D
Roxy- Miiiiiiille grazie alle ventitrè persone che hanno messo la storia tra le loro seguite. Speriamo che le zie Marty e Fede non vi abbiano fatto arrabbiare troppo coi loro infiniti ritardi <3

M&F- EHI!
Will: E infine, ma non per importanza, un enorme grazie a tutti coloro che si sono fermate a recensire la storia. Ognuno dei vostri commenti è stato importante per Martina e Federica, senza di voi, probabilmente non sarebbero arrivate alla fine della storia.
M&F- EHI!!
Vic- Grazie a chi ha messo queste due tra le autrici preferite. Ammiriamo il vostro coraggio
M&F- EHI!!!
C- Grazie soprattutto a Novalis, bagigia98, XoxoK e gior_gia_28 per le recensioni che hanno lasciato al primo epilogo.
B- Dorota vi ha preparato degli specialissimi cheesecake con frutti di bosco.
N- Grazie a coloro che recensiranno o hanno già recensito questo capitolo, l'ultimo.
S- A voi i cheesecake li facciamo con la cioccolata fusa sopra *M&F- :Q____*
D- Grazie di cuore a tutti, sappiamo che la stiamo tirando per le lunghe ma, ehi, è l'ultima occasione che abbiamo di esprimere la nostra eterna gratitudine.
Vanessa *OMMIODDIO NON CI POSSO CREDERE, AT LEAST!!!*- Grazie mille.
Tutti - GRAZIE DI CUORE!
*singhiozzi a volontà*
*cala il sipario*
 
E tutti vissero felici e contenti.
Fin

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