Il ritorno di Marilyn Monroe

di Puffy_MikaMarilyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un abito rosso ***
Capitolo 2: *** Che mi succede? ***
Capitolo 3: *** La verità ***
Capitolo 4: *** Nasce l'arcobaleno ***
Capitolo 5: *** Sei più tranquillo, ora? ***



Capitolo 1
*** Un abito rosso ***


IN ABITO ROSSO

Cosa le era successo? Marilyn si toccò il vestito e sentì che era umido e sporco. Dove si trovava? Pochi attimi di luce proveniente da un taxi che sfrecciava via le bastarono per capire: era sdraiata, sul bordo di una strada enorme.
Si alzò faticosamente in piedi; le gambe erano doloranti e le girava la testa; nonostante questo capì immediatamente che non si trovava a Brentwood.
Intorno a lei c'erano cose che non aveva mai visto, tante luci, palazzi enormi e un via vai di gente di fretta, era buio.
-Dove mi trovo?- disse a voce alta, ma nessuno la sentì. Si mise a correre nonostante quello che doveva essere un favoloso abito rosso intralciasse ogni suo movimento. Aveva freddo, fame ed era stremata, non sapeva dove si trovava e le sembrava di essere stata sbalzata in un'epoca diversa dalla sua. O forse addirittura su un altro pianeta...
Com'era possibile, la sera prima era nella sua villa a Brentwood, in California, e improvvisamente era piombata lì...in quell'universo così distante. Forse era solo un brutto sogno...Marilyn si diede un pizzicotto, ma quando riaprì gli occhi non era cambiato niente.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era la stanchezza che iniziava a tormentarle i piedi e le gambe, come se avesse camminato per chilometri.
Si sedette vicino al portone d'ingresso di un palazzo e, nostante il freddo e i tanti dubbi, si addormentò.

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Capitolo 2
*** Che mi succede? ***


Ciao ragazze\i <3 scusate se non scrivo da un bel po'...perdonatemi ;) Grazie delle bellissime recensioni e...che dire, spero che questo secondo capitolo vi piaccia!
Xxx Idyyy


-Ehii...sveglia.- disse una voce maschile molto dolce.
Marilyn socchiuse gli occhi:- Emily?-
-No, il mio nome è Peter!- sghignazzò la voce.
La ragazza aprì gli occhi definitivamente e si ricordò di essere accovacciata su un gradino. E il ragazzo che aveva davanti non assomigliava affatto alla sua domestica.
-Chi sei?- esclamò quasi spaventata.
Il ragazzo, dai capelli castani e riccioluti, si grattò il mento e borbottò:- Fammi indovinare, ieri sera eri ad una festa in maschera, hai bevuto troppo...ed eccoti qua.-
Marilyn lo fissò con i suoi occhioni castani. Ma di qualche festa in maschera parlava? Rimase zitta senza capire.
-...altrimenti trovami una spiegazione valida per il tuo travestimento da Marilyn Monroe.- le disse Peter.
Marilyn si alzò faticosamente in piedi cercando di rimediare ai danni del suo vestito e guardò Peter con stupore e rabbia allo stesso tempo. Era di poco più alto di lei, vestito con una t-shirt bianca e un paio di jeans e l'espressione del viso di chi attende una risposta. Non riusciva a decifrare il suo sguardo, era così dolce e severo allo stesso tempo...
-Tu...non mi riconosci?- gli domandò.
Lui scosse la testa. Lei si accasciò di nuovo a terra. “Però” pensò Peter: “per farla somigliare così tanto alla Monroe ce ne avranno messo di tempo tra trucco e parrucco.” Senza rendersene conto le fissava ogni lineamento del viso, ogni increspatura della pelle al leggero movimento delle labbra.
I loro sguardi si incontrarono. -Cosa ci fai ancora qui?- chiese lei.
-Non mi piace lasciare su una strada le belle ragazze, specie quelle un po' sbronze.- sorrise porgendole una mano per alzarsi; lei l'accettò volentieri.


Peter non aveva detto una parola durante quei due minuti in cui salivano le scale per raggiungere il suo appartamento. Si era limitato a fissarla, e lei faceva di tutto per fingere di non accorgersene.
Arrivati all'ultimo piano girò le chiavi nella toppa di una delle tante porte e lasciò che Marilyn entrasse. Il salotto dell'abitazione era grande, ma pieno zeppo di libri e scartoffie che occupavano mensole, straripavano dai cassetti e lastricavano il pavimento.
-Perdonami per il disordine...- si scusò il ragazzo, creando un passaggio per camminare tra il materiale accatastato per terra.
Quel suo faccino mentre si scusava fece sorridere lievemente Marilyn.
-Ma figurati, sei stato così carino ad ospitarmi qui!- disse la ragazza con riconoscenza.
“O mio Dio!” un pensiero assalì Peter. Stava accogliendo in casa sua una ragazza identica a Marilyn Monroe che aveva trovato poco prima sotto il portone! Questo pensiero lo fece piombare in una delle sue crisi di timidezza; lui, che di ragazze sapeva poco o niente!


-Peter? Peter?!-  Il ragazzo si riprese e si accorse di essere immobile in piedi, a fissare come un cretino un punto invisibile davanti a sé. La ragazza bionda che aveva di fianco lo stava scuotendo per un braccio.
-Uhmm...- mugugnò guardandola in viso. 
-Stai bene? Ti eri addormentato in piedi...- si accertò Marilyn.
-Io? S-sì, c-certo, sto b-benissimo!- esclamò allontanandosi da lei. Che idiota che era, aveva conosciuto quella ragazza da neanche un quarto d'ora e già stava crollando. Cosa gli stava succedendo?
“Forza Peter, riprenditi!” si disse da solo.
-Ehm...- balbettò rivolto a Marilyn:- se vuoi ti faccio vedere la stanza degli ospiti, sempre che tu voglia ancora stare qui.-
In tutta risposta la bionda gli schioccò un bacio sulla guancia che lo lasciò interdetto per un attimo. 
-Tu stai qui seduto, la trovo da sola.- disse diretta verso una porta.
-Va-va bene...- riuscì solo a dire, lui.
Chissà se quella ragazza era veramente Marilyn Monroe? ...ma dai, impossibile! “Peter, smettila di farti inutili film mentali!” si disse. 
Eppure, qualcosa nel suo atteggiamento gli faceva venire voglia di crederci...


Wow, che ragazzo dolce che ha incontrato la nostra Marilyn! <3<3 Speriamo che le creda, però! 
Spero di riuscire ad aggiungere il nuovo capitolo al più presto!
Intanto voi recensite!!!

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Capitolo 3
*** La verità ***


Buon pomeriggio a tutte\i! ;)  Stamattina ero particolarmente ispirata e ho scritto questo capitolo in dieci minuti...una cosa molto rara *.* mi auguro che vi piaccia!
Mi raccomando recensite!!!


Un profumo di biscotti si diffuse in tutta la casa, arrivando anche sotto il naso di Peter. Si era addormentato più di un'ora prima, sul suo divano, dimenticandosi completamente di avere una ragazza per casa.
A proposito, dov'era finita “Marilyn”? E da dove arriva quel profumino?
Fu una ragazza vestita solo con un asciugamano a chiarirgli le idee.
-Buonanotte e sogni d'oro!- rise Marilyn.
Peter le rivolse un'occhiata interrogativa: aveva i capelli umidi ed era struccata, ma continuava comunque a somigliare alla diva di Hollywood. Notando la sua espressione, Marilyn si sentì un po' in colpa: -Non volevi che usassi la doccia?-
-Ma no, tranquilla!- cercò di sorriderle Peter, cercando di guardarla negli occhi. Non era abituato ad avere ragazze in casa e quella situazione lo metteva molto in imbarazzo -Usa pure quello che vuoi.-
-Quindi non te la prendi se ho preparato qualcosa con il tuo...forno?-
Ecco spiegato il profumo di biscotti!
Marilyn andò in cucina e tornò con una teglia di frollini fumanti. Si sedette accanto a Peter e, mentre li assaggiavano, gli domandò:- Ma cosa ti è successo oggi? Stavi proprio male, eri così pallido...-
Non capì per quale ragione, ma Peter fu felice che la ragazza si fosse presa a cuore la sua salute; e vederla così, senza tutto quel mascara e rossetto rosso, faceva sembrare quella conversazione una chiacchierata tra amici.
-Sono un po' stressato, lavoro...tanto.- rispose. Anche se quel faccino lo induceva a parlare, non poteva certo raccontare ad una sconosciuta, perlopiù donna, la sua “paura” del sesso femminile.
-Che lavoro fai?- chiese Marilyn.
-Il fumettista. Lavoro per numerose riviste qui a New York.-  Marilyn lo fissava con gli occhi sgranati. “Santo cielo”, pensò Peter: gli occhi della ragazza erano così belli anche senza tutto quel trucco! Emanavano una luce particolare, come fossero due stelle...
Ma perché era rimasta così stupita per il suo mestiere di fumettista? Era abbastanza anomalo, ma non tanto da fare quella faccia...
La domanda della ragazza lo spiazzò. -Siamo a New York?!-
-Siamo sulla 19a Street di New York City.- rispose Peter, incredulo. Notò che la ragazza era in imbarazzo, le sue guance si erano colorite di una sfumatura di rosa. Era così carina... ma probabilmente si era fumata qualcosa!
In ogni modo, per scacciare l'imbarazzo, le chiese:- Chi ti ha insegnato a ricetta di questo biscotti? Sono buonissimi!-
Le guance di Marilyn tornarono del loro colore originale -Mia madre. Quando ero piccola li preparava sempre per me e mio fratello. Poi...-
Abbassò lo sguardo guardandandosi i piedi. Nonostante non la vedesse in faccia, Peter capì che era molto triste.
-...poi, nel 1935, prese un forte esaurimento ed io finì in un orfanotrofio. Ogni giorno, in quell'ambiente ostile, ripensavo a quei momenti e mi chiedevo: perché io? Perché proprio io devo soffrire così tanto, che ho fatto per meritarmelo? Volevo indietro la mia infanzia felice, in compagnia delle persone che amavo,  giochi con mio fratello e anche questi biscotti. Dopo tre anni una cara amica di mia madre decise di prendersi cura di me, e fu a lei che chiesi la ricetta.-
Il ragazzo era rimasto tanto colpito da quel racconto che non si pose domande nemmeno sulla data. Sapeva che era improbabile, ma non poteva fare altro che lasciarsi travolgere dalla malinconia che aleggiava nell'aria.
Lo disse in fretta, quasi incredulo delle sue stesse parole. -Tu sei Marilyn Monroe?-
Passarono pochi istanti, poi lei gli buttò le braccia al collo.


Spero di poter aggiornare presto! Vi prometto che i prossimi capitoli saranno meno malinconici...;)
Ditemi se vi è piaciuto!
XXX Idy

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Capitolo 4
*** Nasce l'arcobaleno ***


A pranzo aveva cucinato Peter, vantandosi di saper cucinare benissimo l'italiano: risultato? Gli spaghetti erano come un agglomerato gommoso e al sugo sembrava fosse stata sostituita la salsa con la vinavil.
Per mandarli giù si erano scolati due bottiglie di birra e si erano stesi, sbronzi e un po' stanchi, sul divano. Marilyn aveva addosso una camicia a righe viola di Peter che le arrivava a metà coscia, i capelli spettinati e gli occhi persi; sembrava proprio una ragazza appena uscita da un night club!
Continuava a ridacchiare come una scema e, ad un certo punto, afferrò un cuscino e lo scaraventò addosso a Peter. Il ragazzo contraccambiò e si scatenò una vera e propria guerra; c'erano piume in ogni parte della stanza che si univano al casino che c'era già.
Pareva un campo di battaglia!
Poi Peter si mise a farle il solletico. Tra le risa generali, Marilyn si sbracciata implorandolo di smetterla e colpendo qualsiasi cose le capitasse a tiro. Si sent' il fracasso di un vaso finito in frantumi sul pavimento, ma nessuno ci fece caso.
Solo quando si sentì suonare la sveglia delle due Peter, in un attimo di lucidità, si bloccò: alle tre doveva essere alla redazione del “New York Times” per consegnare le sue nuove vignette!
Fece per alzarsi e solo allora si accorse della posizione in cui era: sdraiato sul suo divano con sotto di lui una ragazza che era ancora in preda a piccoli spasmi per le troppe risa.
Il cuore prese a battergli fortissimo. -S-scusa...- balbettò senza sapere neanche perché, mentre si alzava. Marilyn lo guardò con i suoi occhioni di un nocciola intenso e gli sorrise, facendolo sentire subito più rilassato.
-Io devo passare al “New York Times”, se mi accompagni andiamo a prendere qualcosa per te, okey?- le disse facendole capire che si trattava di vestiti.
Marilyn si alzò dal divano stiracchiandosi e ringraziò Peter con un bacio sulla guancia. Nel punto dove si erano posate le labbra della ragazza, Peter sentì aprirsi una voragine; era stato ancora meglio del primo bacio ricevuto da lei. Probabilmente era diventato rosso come un pomodoro!
Si domandava il perché di tutte quelle emozioni contrastanti: sentiva il bisogno di abbracciarla, lo faceva stare bene; e di scrutare quei suoi occhioni che cambiavano sfumature a seconda della luce...prima erano di un marrone intenso, dopo diventavano quasi verdi.


Dopo pochi minuti erano già pronti per uscire; Marilyn indossava la stessa camicia e un paio di jeans si Peter che si erano ristretti per colpa di un lavaggio sbagliato.
-Tranquilla, tra poco indosserai qualcosa di meglio!- la rassicurò Peter.
In effetti Marilyn non si sentiva molto a suo agio in quei vestiti; d'altra parte non aveva scelta, il suo abito rosso era sporco e pieno di strappi.
Appena furono in strada la ragazza non potè fare a meno di notare quante cose erano cambiate da quando si era recata a New York l'ultima volta. Era in compagnia di quello che sarebbe poi diventato il suo terzo marito, il commediografo Arthur Miller. Era lì che lui le aveva chiesto di sposarlo. Peccato che alla fine fosse finito tutti, e la colpa ricadeva sempre su di lei.
“Marilyn Monroe spezza il cuore agli uomini”, si divertivano a scrivere i giornali. E lei ci soffriva, perché in fondo chiedeva solo un po' d'amore, un po' di calore che l'accompagnasse nei momenti belli e in quelli brutti.
Le strade di New York pullulavano di negozi nei quali alti manichini mettevano in mostra capi stravaganti. Le persone, inoltre, la guardavano in modo strano; non che non fosse abituata agli sguardi, ma quelle occhiate erano più allibite che emozionate di averla di fronte.
Cercando di ignorarle, il suo sguardo cadde su una vetrina dove era esposto un miniabito color azzurro cielo lungo fino alle ginocchia e stretto in vita da un morbido nastro del medesimo colore.
-Peter...posso vedere quello?- chiese al ragazzo di fianco a lei. Dopo una rapida occhiata al prezzo il ragazzo rabbrividì, ma disse comunque a Marilyn di entrare e provare quello che voleva.
Dovette aspettare un bel po' prima di vederla ricomparire ma, nonostante la sua scarsa conoscenza in campo femminile, capì che era abitudine delle donne essere ritardatarie e ovviamente la Monroe, simbolo di bellezza e femminilità, non poteva essere da meno.
Ma quando finalmente uscì dal negozio Peter, alla sua vista, si trattenne dallo spalancare la bocca...era bellissima! Come poteva aver dubitato che quell'angelo fosse la vera Marilyn Monroe?
Un filo di vento e sarebbe stata la replica della famosa scena della gonna nel film “Quando la moglie è in vacanza”, in versione azzurra.
Dopo aver sfoggiato un sorriso degno di essere incorniciato, Marilyn raggiunse il ragazzo e gli domandò:- Perché mi guardi così? Non mi sta bene?-
“Ma sei matta?” pensò Peter, e rispose con un :-Stai benissimo!-
-Adesso andiamo dove lavori tu...- gli ricordò la ragazza, altrimenti il suo sguardo sarebbe rimasto fisso su di lei per un bel po' ancora.


Peter aveva preferito andare da solo a consegnare le sue nuove tavole, lasciando Marilyn all'ingresso. Ci aveva impiegato solo una ventina di minuti, ma erano bastati perché la ragazza si accorgesse di molte cose a lei sconosciute: quelli strani oggetti che quasi tutti stringevano in mano, quelle automobili così diverse da quelle che circolavano a Los Angeles...le sembrava che New York avesse fatto un salto avanti nel tempo di cinquant'anni.
Non disse nulla a Peter per paura di fare a figura della stupida.
Fecero un giro al Central Park, passando dai vialetti affollati di ragazzi che facevano jogging ai sentieri più riparati e romantici. Si sdraiarono su un grande prato e si rilassarono come lucertole al sole. Peter convinse Marilyn ad assaggiare il famoso hot-dog newyorkese, che lei gustò con piacere.
Verso le sette tornarono a casa e si sedettero sul divano di Peter. Non sapendo cosa fare, il ragazzo propose: -Devo avere un film da qualche parte...ti piace “A qualcuno piace caldo”?-
Marilyn rise dandogli una spintarella sulla spalla. Quel ruolo era uno dei suoi preferiti, perché comprendeva parti recitare, cantate e ballate.
Guardarono insieme tutto il film, ridacchiando ogni tanto sulle scene più divertenti e le espressioni buffe di Marilyn nelle vesti della sensuale Sugar.
Arrivarono ai titoli di conda e i due non la smettevano un attimo di ridere. Ad un tratto, però, Marilyn gli toccò il braccio invitandolo a fermarsi.
-Peter...-sussurrò.
Il ragazzo la guardò molto seriamente: c'era qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa di magnetico che allo stesso tempo gli incuteva un po' di paura.
-...Peter, tu sei stato gentilissimo ad ospitarmi, ma per favore, devi riportarmi a Brentwood.-
-A Brentwood?- chiese senza capire il ragazzo.
-Io vivo lì. Non so per quale motivo mi trovavo a New York quella sera...è una cosa assurda, ti capisco benissimo. Ma ti prego, fallo per me!- lo implorò la ragazza senza allontanarsi dai suoi occhi.
Peter non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto dirglielo subito? Non l'aveva fatto per paura di farle del male e aveva rimosso quel pensiero anche lui. Era rimasto talmente colpito da Marilyn da mettere da parte ogni logica.
-Marilyn...i-io non posso.- esordì. Aveva ricominciato a balbettare.
-Perché non puoi? Peter io ho bisogno di tornare a casa...mi sforzo di capire cosa sia successo ma non riesco a darmi una spiegazione. Tu sei l'unico che può aiutarmi!- esclamò Marilyn . Come avrebbe spiegato la sua improvvisa sparizione alla cronaca?
-Io n-non posso perché...t-tu sei morta cinquant'anni fa.-
Ecco, l'aveva detto. Ma non sentiva affatto il cuore leggero come succede sempre dopo essersi tolti un peso, anzi, si era fatto più pesante. Non osava guardarla in faccia.
Mantenendo lo sguardo sulle sue ginocchia, allungò una mano verso di lei.
-Non toccarmi.- fu la risposta secca della ragazza.
Peter stava per dire qualcosa, ma Marilyn lo precedette:-Non è possibile...non è possibile...- ripeteva.
Trovò il coraggio di guardarla. Si stava allontanando sempre di più da lui e quando raggiunse il bracciolo del divano si alzò in piedi di scatto. Era rossa in viso, c'era della rabbia in lei, ma era più che altro scioccata, spaventata e incredula.
-Marilyn...- provò a dirle Peter, senza avere la minima idea di come avrebbe continuato la frase.
La ragazza si passò velocemente una mano sugli occhi e gridò:-Non chiamarmi Marilyn! Marilyn Monroe non esiste più!-
Scoppiò in lacrime e corse via, nella sua stanza.
Peter non sapeva che fare, gli si era aperta una voragine all'altezza dello stomaco. Si accorse di quanto teneva a lei. Perché solo se si tiene veramente ad una persona, quando egli sta male si viene contagiati dalle sue stesse emozioni.
A volte subentrano anche gli istinti, che ci guidano a fare cose che non ci saremo mai immaginati. Così accadde a Peter. Prese una busta da lettere, vi mise all'interno un biscotto di quelli che la ragazza aveva preparato di mattina e ci scrisse sul dorso: “Ti prego, sorridi. Ogni volta che vedo un tuo sorriso nel mio cuore nasce l'arcobaleno. Peter”
Neanche lui sapeva da dove gli erano uscite quelle parole, ma venivano direttamente dal cuore. Fissò la busta sulla porta della stanza degli ospiti e si chiuse anch'egli in camera sua.



Ciao!! =) Eccomi qui con il promesso quarto capitolo...spero vi piaccia, personalmente ne sono molto soddisfatta. Ringrazio di cuore la mia amica Zaffiro_Lunare...che mi ha fornito un sacco di spunti **salvatrice <3**
Recensitemi, accetto consigli, complimenti e anche critiche ;)
Al prossimo aggiornamento!
Ida xxx

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Capitolo 5
*** Sei più tranquillo, ora? ***


Sembrava un angelo avvolto nelle coperte, con quei riccioli biondi e disordinati, il viso appoggiato dolcemente sul cuscino e la bocca socchiusa, a formare un piccolo cuore.
Peter stava lì, sull'uscio della stanza degli ospiti, a guardarla. Aveva dormito poco, tormentato dall'idea di averla fatta stare male: si sentiva risuonare in testa le parole della sera prima “Marilyn Monroe non esiste più!”
Santo cielo, stavano diventando una persecuzione. Era lei, Marilyn, la diva leggendaria che appariva dappertutto ad aver pronunciato quella frase.
Istintivamente si avvicinò di più al letto, sedendosi accanto a lei. Si accorse che sul comodino c'era la busta, e un po' si sentì meglio pensando che la ragazza l'aveva letta.
Rivolse lo sguardo sul suo viso, quei lineamenti così perfetti, armoniosi, erano scalfiti da alcuni segni rossi sulle guance, lasciati dalle lacrime. Allungò un braccio verso di lei e le accarezzò dolcemente la guancia sinistra, scendendo poi lungo la spalla e il braccio, adagiato lungo il profilo del corpo. Scese ancora un po', tra la sua mano e il corpo di Marilyn c'era una coperta, ma non poté comunque evitare che un brivido gli percorresse la spina dorsale. La ragazza dormiva apparentemente beata, perché chissà quali pensieri vagavano nella sua mente dopo quella rivelazione; il braccio destro era piegato, la mano dietro la testa e il seno che affiorava di poco sopra le coperte fecero formulare a Peter alcuni flash, che prontamente cercò di cancellare.
“Peter, riprenditi!” diceva una parte di sé stesso.
“No, Peter, ascolta i tuoi istinti!” la contraddiva l'altra metà.
“Stai formulando strani pensieri guardando una ragazza mentre dorme, ritorna in te!”
Come al solito la sua parte timida prese il sopravvento. Peter fece per alzarsi ed uscire dalla stanza, quando una voce disse: -Perché te ne vai?-
Si voltò di scatto. Marilyn lo stava guardando con due occhioni e un timido sorriso. -I-io...- balbettò il ragazzo.
Lei allungò un braccio e gli accarezzò i riccioli castani. Gli occhi fissi gli uni sugli altri, rimasero così per pochi istanti che parvero secoli. Improvvisamente la ragazza ritrasse la mano e gli gettò uno sguardo amareggiato. -Peter scusami...potrai mai perdonarmi? Io...io non volevo...- disse, le tremava il labbro inferiore.
-Sono io che devo scusarmi con te...io...sono un cretino, non avrei dovuto dirtelo...-
-No no, non pensarlo nemmeno per sogno! E poi nessuno mi aveva aveva mai associato il mio sorriso con un arcobaleno. Sei il primo...- disse la ragazza, concludendo con un sorriso.
Peter arrossì. - Ti avranno detto tante altre cose bellissime. Tu sei Marilyn Monroe...- Si bloccò ripensando a quello che aveva appena detto, lei lo aveva intimato di non chiamarla più così!
La ragazza scosse la testa. -Non tante quanto credi...e poi, io mi chiamo Norma, Norma Jeane.-
Voleva essere chiamata con il suo nome di battesimo? Peter non ci aveva mai pensato.
-Va bene...Norma. Ti va di fare colazione?-


Stavano camminando lungo la Quinta mano nella mano, sembravano due fidanzatini. A Marilyn, o meglio Norma, luccicavano gli occhi davanti ad ogni cosa nuova che vedeva, sembrava una bambina che scopre il mondo.
Con il suo vestitino turchese che svolazzava, attirava numerosi sguardi e Peter si sentiva un po' geloso senza sapere neanche il perché.
-Sei mai salita sull'Empire State Building?- le chiese il ragazzo.
Quell'idea gli era venuta così, la cima dell'Empire era la meta perfetta per scattare fotografie a Manhattan dall'alto e poi l'ingresso era a numero chiuso, quindi sarebbero rimasti un po' appartati e lontani dagli occhi curiosi della gente.
Marilyn lo guardò sgranando gli occhi:- Mi stai chiedendo di andare fin lassù? Mio Dio, ma quanto è alto quel...coso? - esclamò indicandolo.
-443, 2 metri...andiamo?- rispose Peter prendendole la mano e correndo verso l'ingresso.
La ragazza lo seguiva, si sentiva incredibilmente libera quando era con lui; una sensazione nuova, perché nella sua vita passata di libertà ne aveva avuta ben poca. Durante la sua infanzia era stata sballottata da una famiglia all'altra, lontana dal calore di una famiglia e anche quando era diventata Marilyn Monroe non poteva fare niente, era costantemente sotto i riflettori.
Ora che non sapeva nemmeno lei chi era, Marilyn o Norma Jeane?, avrebbe potuto spiccare il volo tanto si sentiva leggera.
Presero l'ascensore e dopo poco erano già in cima. -Sei pronta?- le domandò Peter:- da qui si ha la più bella visuale dell'isola di Manhattan!-
-E se mi viene un attacco di vertigini? Perdo l'equilibrio e cado giù?- rispose Marilyn con una risatina; in realtà sapeva perfettamente che c'erano le sbarre di ferro, voleva solo sentire la risposta di Peter.
-Beh, vorrà dire che farò uso dei miei super poteri per recuperarti. Hai presente Spid...- il ragazzo si fermò immediatamente; meglio evitare di confonderle ancor più le idee.
Marilyn sorrise e, senza lasciargli la mano, si avvicinò alle sbarre per guardare giù. Quello che vide la lasciò senza fiato: c'erano tanti, tantissimi grattacieli tutti vicini tra loro. Ognuno di essi aveva un'architettura particolare, erano tutti diversi; si vedeva anche il fiume Hudson che separava Manhattan dal New Jersey.
-Peter...è fantastico!- esclamò la ragazza. I suoi occhi non riuscivano a staccarsi di un millimetro dal panorama, mai avrebbe creduto che potessero esistere cose di uno splendore simile.
Peter sorrise, era contento di averla sorpresa. -Se guardi dall'altra parte, oggi che è una bella giornata, puoi vedere la Pennsylvania, il Massachussetts e il Connecticut. Poi...auch!- dovette fermarsi perché la ragazza gli si era lanciata addosso abbracciandolo.
Sorpreso dalla sua reazione, Peter le allacciò le mani dietro la schiena. Percepiva il suo calore addosso, e anche il suo profumo e in quel momento pensò che non c'era profumo più buono.
Marilyn sollevò la testa che aveva appoggiato sulla spalla e del ragazzo e lo guardò negli occhi; non era la prima volta che si esploravano a vicenda, come se nelle pupille si nascondesse un segreto. I loro visi erano a pochi centimetri di distanza, i loro nasi quasi si sfioravano. Peter strinse un po' più forte Marilyn, attirandola a sé. Le sue labbra lasciavano sfuggire un lieve sorriso, quando si avvicinarono di pochi millimetri a quelle di Peter. Sarebbero bastati pochi centimetri per farle incontrare...
-Scusate se vi interrompo...- disse una voce. I due si separarono bruscamente, scambiandosi occhiate sospette, avevano entrambi un colorito un po' rosso.
Davanti a loro c'era un uomo sulla mezza età, basso e tarchiato con due baffetti alla francese. Si avvicinò a Marilyn, le sollevò la mano e gliela baciò in segno di saluto. 
-Che cosa desidera, signore?- chiese aspramente Peter, un po' innervosito del comportamento dell'uomo nei confronti di Marilyn. Li aveva interrotti nel momento sbagliato, proprio quando stavano per baciarsi. Un momento...lui stava per baciare Marilyn Monroe? Il cervello gli andò in palla, mentre l'uomo faceva continui complimenti alla ragazza.
-Scusate se non mi sono ancora presentato, mi chiamo Spencer Wright e dirigo un'agenzia per modelle. Come avrete capito me ne intendo, e non ho potuto non notare una così rara bellezza...- disse rivolgendo un sorrisino sornione a Marilyn, che rispose un po' imbarazzata.
-Beh, io...- rispose timidamente lei.
-Perché sa a chi somiglia, signorina? A...- esclamò sempre più euforico l'uomo.
Peter allora non potè fare a meno che intervenire. - ...il suo nome è Norma!-
Spencer Wright gli riservò un'occhiata di disappunto. -Ohh, che nome grazioso! Sarebbe perfetto sulla prima pagina delle riviste...-
-Io non credo che Norma...- rispose a malo modo Peter, volendosi togliere dai piedi al più presto quell'ometto che faceva tanto il cascamorto.
Inaspettatamente, Marilyn lo interruppe. -Perché no? Dovrei posare e basta, vero?- Si ricordava dell'inizio della sua carriera, quando era tutto così roseo e lei si divertiva un mondo a indossare strani vestiti con tutti i fotografi attorno. 
Spencer Wright sorrise con malizia:-Ma ceerto, mia cara! Sarebbe perfetta come indossatrice! Tenga, questo è il mio biglietto da visita. Se lo desidera la attendo nel mio ufficio domani mattina alle dieci!- E le consegnò un bigliettino decorato con tanti ghirigori dorati.
Si tolse il cappello per salutare Peter che rispose con un cenno della testa e prese l'ascensore, scomparendo.
Subito Marilyn si mise davanti a Peter con gli occhi che le brillavano dalla felicità. -Che ne dici?- gli chiese.
“Dico che è una pessima idea, io voglio che tu sia felice e tu...” pensò il ragazzo, preoccupato che il ritorno sulle copertina di Norma l'avrebbe riportata nella stessa situazione di Marilyn Monroe.
-Se tu sei contenta...- rispose titubante.
La ragazza lo guardò per bene. Quell'espressione era la stessa che aveva fatto mentre stavano per baciarsi, poco tempo prima. Baciarsi...beh, quel ragazzo iniziava a piacerle un pochino, ma trovava strano quel suo impulso di baciarlo. Alla fine si conoscevano da così poco...


Erano tornati a casa dopo aver mangiato velocemente ad un fast food, Peter era rimasto stupito della voracità con cui Marilyn mangiava. Si era presa una porzione di pollo fritto con patatine, una fetta di cheesecake e una Coca-Cola; in dieci minuti aveva spazzolato tutto, mentre a Peter mancava ancora mezza fetta di Sacher Torte.
-Però...guarda che non ci rincorre nessuno!- rise il ragazzo.
-Questa frase me la diceva sempre mia nonna...ma io non posso farci niente, mangio, mangio, mangio!- rispose sempre ridendo Marilyn.
Peter pensò che anche se mangiava normalmente senza fare tutte quelle diete orribili a base di strani beveroni come molte ragazze di oggi era comunque bellissima. Aveva le sue forme, non era certo uno stecchino, ed era questo che la rendeva unica ed inimitabile.
Pagarono e uscirono a braccetto dal locale. Peter ritornò sull'argomento dell'agenzia per modelle.
-Se quello Spencer Wright non ti tratta bene dimmelo, eh!- le ripeteva.
-Non sarai mica geloso, Peter Dockerty!- sghignazzò la ragazza mettendosi le mani sui fianchi.
“Sono geloso?” si chiese da solo il ragazzo. 
Non rispose, in questo modo lasciò abbastanza intendere la risposta.
-Nooo...- esclamò Marilyn, furbetta. Gli si avvicinò un po' e lo squadrò mordicchiandosi il labbro inferiore.
Gli lasciò un piccolo bacio sulle labbra, poi accostò la sua bocca vicino all'orecchio del ragazzo e gli sussurrò:- Sei più tranquillo, ora?-







Ciao :) <3  ed ecco spiegato perché ho scelto di ambientare questa ff a New York! Il contesto mi ispira nella scrittura ;) sono stata un po' crudele a spezzare il bacio finale ma...se la vie!
Quindi da una parte Peter sarà al settimo cielo per il bacio di Marilyn...ops, di Norma, mentre dall'altra è preoccupato che lei commetta gli stessi errori del suo alter ego...
Scusate il ritardo nella pubblicazione, prometto che sarò più puntuale!
Un bacione <3
Ida xxxxx

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