Mashka: l'ultimo angelo di Russia

di Mave
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giugno 1899 ***
Capitolo 2: *** Battesimo ***
Capitolo 3: *** Daddy's little girl ***
Capitolo 4: *** Sorellastra ***
Capitolo 5: *** Angelo senz'ali ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Giugno 1899 ***


Image and video hosting by TinyPic Giugno 1899. Piove e fa freddo.

Il cielo è plumbeo sul golfo di Finlandia e la breve estate tarda ad esplodere nei suoi giorni miti e caldi.

Stamattina nella dacia di Peterhof, residenza estiva degli zar, si respira un'intensa e concitata agitazione: la zarina Aleksandra è stata colta dai dolori del travaglio!

Non è stata una gravidanza facile e tutti sono in apprensione per mamma e nascituro.

E poi c'è quella preghiera muta: forse oggi la Santa Madre Russia abbraccerà il suo agognato erede al trono!


Olga e Tatiana, due piccole matrioske di porcellana nei loro semplici vestitini bianchi, incrociano le gambe e si tengono per mano.

La loro mamma ha insegnato loro che stare in ozio è figlio del demonio ma le due bambine, contagiate dallo strano tramestio che anima il palazzo non riescono a far altro che aspettare.

Miss Eagar, la bambinaia, ha cercato di prepararle al fatto che presto ci sarà un nuovo bambino ad allietarle ma le due ne sono state piuttosto contrariate: sono un duo così affiatato, stanno così bene insieme da non aver bisogno di un terzo incomodo .


Mezzogiorno. L'andirivieni verso le stanze della zarina si fa più intenso.

Una ruga di preoccupazione deforma i bellissimi lineamenti esotici di Tatiana: e se la mamma dovesse diventare brutta quanto Olga quando si era presa la febbre tifoidea?

Pochi mesi fa c'è voluto del bello e del buono per convincere la testarda Tanya che la sua Olya non era stata sostituita con una bambina più brutta, gialla e malaticcia.


Un vagito di vita.

Un vagito che si espande nella reggia di Pietro il Grande, lungo il golfo di Finlandia, lungo la Neva, la steppa e gli Urali.

Le campane della cattedrale di San Pietro e Paolo rintoccano a festa.

Dindon. Dindon. Una, due, tre, quattro, cinque volte.

Dieci. Venti. Cinquanta. Ottanta. Novanta.

Cento volte.

Silenzio.

Un silenzio deluso che tradisce tutte le attese: è femmina. È nata la terza granduchessa Romanov.


Lo Zar cela il suo rammarico e sa già di amare quella terza figlia, dello stesso sentimento di devozione e protezione, con cui tiene per mano Olga e Tatiana mentre le accompagna a conoscere la sorellina.

La zarina è a letto, bella come sempre nonostante la stanchezza e il sorriso triste che la invecchiano di dieci anni.

Bacia le figlie tra i capelli biondi mentre Nicola, con maestria, culla un fagottino bianco e morbido che incuriosisce le bambine.

Olga e Tatiana, tenendosi per mano, scrutano con meraviglia quel tesoro e quel mistero che profuma di vita: la neonata è bellissima. Le guance rosee e un boccolo biondo su una tempia sono effige di salute, i suoi magnifici occhi blu contornati da lunghe ciglia scure sono un marchio indelebile. Gli occhi dei Romanov.

"Lei è Maria Nikolaevna Romanov! Benvenuta in famiglia!"

La piccola sbadiglia alla presentazione ufficiale con quell'aria dolce che caratterizzerà tutta la sua vita.

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Capitolo 2
*** Battesimo ***


Maria: il mare amaro del dolore.

E davvero disillusione, rimpianto e contrarietà aveva suscitato quella nascita che sarebbe dovuta essere accolta con gioia. La terza figlia femmina.

Il terzo fallimento della Tedesca.

Oggi però la bambina con il viso dei cherubini, dalla bellezza degna di un quadro, è una vera principessa delle fiabe.

Una novella Rosaspina con tanto di fate madrine.


9 luglio 1899: nella Chiesa del Gran Palazzo accorrono parenti di mezza Europa al battesimo della principessina.

Maria Fyodorovna, nata Dagmar di Danimarca, l'imperatrice- madre farà da madrina alla nipotina che porta il suo nome.

Sono presenti un cardinale con il suo galero rosso e il Capo della chiesa luterana nel suo abito nero con ruches bianche.

Cinquecento demoiselles d'honneur, tutte abbigliate allo stesso modo, accompagnano l'imperatrice madre e la giovane zarina.


Ed ecco la bellissima Rosaspina fare il suo trionfale ingresso adagiata su un cuscino di panno foderato d'oro. Regale nella sua veste di pizzo foderata di seta rosa.

La porta in Chiesa la principessa Galitzin, la più anziana della corte russa.


Mashka è così pura e innocente che i sovrani avvertono una punta di malinconia quando è ora di abbandonare la cerimonia: secondo la legge della chiesa ortodossa i genitori non devono assistere al battesimo.

The Baby Amable viene spogliata e rivestita della stessa camicina con cui sono stati battezzati anche suo padre e le sue due sorelle maggiori.

La veste verrà rubata quello stesso giorno e mai più ritrovata. Un presagio sinistro sul destino di Marie, a cui nessuno bada.

È il momento di immergere la bambina per tre volte nella fonte battesimale.

Miss Eager, irlandese purosangue, nel suo pessimo russo cerca di accertarsi che l'acqua sia alla giusta temperatura. I capelli castani della piccola granduchessa vengono tagliati in quattro punto a formare una croce sulla testa perfetta.

Vengono gettati in acqua e tutti trattengono il fiato. C'è una superstizione russa che presagisce sventure se i capelli dovessero galleggiare.

I capelli di Marie si comportano in maniera ortodossa: sprofondano tutti in una volta.

Maria Nikolaevna Romanov avrà un futuro luminoso!

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Capitolo 3
*** Daddy's little girl ***


Com'è bella l'estate per le bambine che giocano a rincorrersi, nei loro vestitini svolazzanti, nei giardini di una delle Sette Meraviglie d'Ucraina!

Quell'estate del 1901, però, un'espressione perennemente afflitta commuove pure il granito bianco di Crimea e il marmo di Carrara che ornano il Palazzo di Livadija.

Lo zar ha il tifo. Un'infezione molto brutta e seria che lo debilita, lo intorpidisce e lo costringe a letto.


Maria, due anni appena, non vuole nemmeno più giocare con Olga e Tatiana, che si divertono tanto a rincorrerla per i giardini dove trotterella nei suoi passi incerti.

Non capisce perché non sia tutto come a Carskoe Selo quando la mattina si avvinghia alle ginocchia del suo papà mentre sta facendo colazione e i suoi occhioni blu dardeggiano quando la bambinaia si avvicina, con il suo atteggiamento contrito, per portarla via.

Allora Nicola ricambia il sorriso della sua piccina e la sua voce torreggiante, da zar, ordina a Miss Eager:

"Portate una sedia per Marija! Sono commosso da tanto affetto!"

E quanto gli mancano le loro passeggiate insieme. La piccola gelosa che sa sempre ingraziarsi il babbo quando nelle sue passeggiate giornaliere sceglie sempre un'altra dama di compagnia.

"Papà...Papà..."

Cinguetta il piccolo passerotto dalla finestra aperta finché lo Zar non torna sui suoi passi, la solleva tra le braccia e la porta insieme a lui nel parco.


"Papà...Papà..."

Adesso quell'invocazione pare una preghiera sommessa e inesaudita.

È l'ora del tè e la bambina se ne resta accovacciata sul pavimento, vicino alla porta del vivaio, tendendo l'orecchio ad ogni suono anche al più impercettibile, protraendo le braccine ogni volta che ode la voce di Nicola.

Alessandra arriva nella stanza dei bambini trafelata: ha l'aria stanca e preoccupata.

Non sorride quasi mai la zarina ma ha qualcosa che irradia di gioia il visino di sua figlia: appuntata ai vestiti porta una spilla con una miniatura del marito.

I singhiozzi si placano all'istante e Maria si arrampica sul ginocchio della mamma iniziando a ricoprire di baci il ritratto di suo padre.

Sarà una tradizione che rispetterà per molte sere prima di andare a dormire. Bacerà quella spilla finché Nicola non sarà guarito.

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Capitolo 4
*** Sorellastra ***


Sorellastra!

Com'è brutto questo dispregiativo! Nelle favole è sempre la brutta e cattiva, quella di troppo.

E questa sensazione di disturbo colpisce Maria quando Olga e Tatiana la escludono dai loro giochi.


Oh perché non l'hanno lasciata a Wolfsgarten, insieme allo zio Ernest?

La piccola Ella, la nipote preferita della Regina Vittoria, si è assolutamente innamorata della piccola cuginetta.

Elizabeth, figlia unica, è stata la prima a voler fortemente la compagnia di Mashka, seppur ancor neonata, tanto da tentare di farla diventare sua sorella adottiva.

Al momento della partenza della famiglia imperiale dall'Assia, con l'innocenza dei suoi tre anni, Ella cercò di dissuadere Alix.

"Zia lasciatemi Marie! Lei è così brutta che dovreste buttarla via. Sarete tutti più felici senza di lei!"


Aveva detto quelle brutte parole per ottenere il suo scopo. Invano.

Molto meno amichevoli della principessina Elisabetta Maria Alice Vittoria si dimostrano le due vere sorelle di Marie.

"Sorellastra!"

Continuano a tormentarla, spintonandola quando inizia a camminare ed escludendola dai loro giochi.

"Un giorno le vostre cattiverie contro Marie saranno punite! Di solito, nelle favole, le sorellastre sono le vere principesse!"

Non manca di rimbeccarle la tata. E, alla fine, quel giorno arriva.


Maria guarda con invidia la casa che le sue sorelle maggiori hanno costruito ammucchiando coperte su alcune sedie. La piccola, con entusiasmo, ha cercato di partecipare a quel gioco ma le due tiranne l'hanno scacciata, chiudendola nuovamente fuori dal loro mondo.

Miss Eager allora cerca di placare la delusione di Maria costruendo una capannina anche per lei e per Anastasia: ma la quartogenita dei Romanov ha appena pochi mesi e non è certo un'ideale compagna di giochi.

L'ira infantile esplode.

L'angioletto si trasforma in una furia. A grandi falcate attraversa tutta la stanza e raggiunge l'angolo di paradiso esclusivo delle sorelle.

SBAM!

La manina paffuta colpisce l'angolo del labbro sottile di Tatiana.

SBAM

Uno schiaffo anche sulla guancia rosea di Olga.

La piccola monella corre via prima ancora che le sorelle possano realizzare l'umiliazione loro inflitta, prima ancora che Miss Eager possa rimproverarla.

Scappa nell'altra stanza. Dopo un paio di minuti torna vestita con il mantello e il cappello di una bambola, come una perfetta lady inglese, con le braccia colme di giocattoli.

Torna dalle sorelle e li lascia cadere ai loro piedi.

“Non voglio fare la cameriera. Sarò la zia buona che porta i regali alle nipotine!”

Dà i regali e dà un bacio in fronte alle nipotine.

Tatiana abbassa lo sguardo, pentita.

“Siamo state troppo crudeli con la piccola Marie!”

Ammette, infine, timidamente. Hanno imparato la lezione: d’ora in poi rispetteranno i diritti della sorella minore.

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Capitolo 5
*** Angelo senz'ali ***


I bambino non sono degli angioletti ma nemmeno dei piccoli diavoletti.

Ci sono degli aneddoti sulla piccola granduchessa Marija che testimoniano come anche un cherubino della sua fama, a volte, potesse sforare dai confini delle buone maniere.


Fine del secolo. A tener banco anche all'interno delle mura di Palazzo è l'affaire Dreyfus.

Miss Eager è una convinta sostenitrice dell'ufficiale di artiglieria e intavola un'infervorata difesa anche mentre sta facendo il bagnetto alla terzogenita degli zar.

"Dreyfus è stato imprigionato per tradimento?"

Chiede Lily Dhen.

"Sì. Ha trascorso cinque anni di prigionia in una colonia penale nella Guinea francese. Anche il grande scrittore Emile Zola ha preso le sue difese..."

"Buon Dio! Immaginate se è un uomo innocente!"

"Lo è! Il processo è stato assurdo!"

La conversazione è animata ma la piccola Maria Nikolaevna è annoiata dalle voci delle due donne che parlano di cose a lei incomprensibili, come un noioso sottofondo.

Una svista della tata e la bambina sgattaiola via. Corre per i corridoi nuda e gocciolante.

Si imbatte in una sentinella e, battendo il piedino, chiede:

"Dov'è il mio papà?"

Superando l'incredulità e l'imbarazzo di quella scena bizzarra, l'uomo si affretta a rassicurarla:

"Il tuo papà è un uomo molto impegnato! Ci sono molte persone importanti che devono parlare con lui!"

Arriva la giovane zia Olga Alekandrovna.

"Santo cielo! Cara bambina sei tutta bagnata. Su, andiamo ad asciugarci e a metterci dei vestiti!"

Prende in braccio la nipotina e ringrazia la sentinella per aver badato a lei.

"Allora ti sei fatta un nuovo amico?"

Le chiede riportandola in bagno. Miss Eager sta ancora discutendo di politica!


Una giornata intera da passare nel bodouir della mamma è meglio che giocare con la casa delle bambole!

Ma quante tentazioni ci sono sul tavolo da tè che alle piccole granduchesse è severamente vietato toccare!

Che acquolina in bocca fanno venire i biblichen con il loro appetitoso profumo di vaniglia!

Il desiderio è troppo grande e la manina paffuta di Maria si allunga verso uno di quei wafer. Poi verso un altro.

Il piattino resta vuoto e Mashka sta in mezzo alla stanza in lacrime.

Certamente la mamma e Miss Eager la puniranno e la manderanno a letto senza cena.

La risata allegra dello zar Nicola sorprende tutti.

"Fate rimanere Marie insieme a noi! Ho sempre avuto timore che le crescessero le ali. Sono sollevato nel vedere che è soltanto una bambina!"

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Nell'inverno del 1904 Maria non aveva ancora sei anni e già sentiva parlare di guerra. Nel febbraio di quell'anno, infatti, il Giappone aveva lanciato un ultimatum all'Impero Russo.

La guerra russo-giapponese per il controllo della Manciuria e della Corea andò avanti per due anni, svenando la Russia che da lì a poco sarebbe stata scossa dalla rivoluzione del 1905.

Le bambine udivano continuamente lamenti e voci tese intorno a loro cosicché i loro innocenti cuoricini si riempirono di odio.

E pensavano ai giapponesi come a delle creature strane e misteriose: Olga immaginava addirittura fossero delle scimmie.

Un giorno Miss Eagar stava leggendo un giornale dove era illustrata l'immagine di Showa, il principe ereditario del Giappone, un bambino della stessa età di Anastasia.

Maria, seguita da Anastasia, arrivò di corsa nella stanza e guardò con curiosità quella foto.

"Chi è?"

Chiese infatti con gli occhi scintillanti.

Miss Eagar le rispose che, un giorno, sarebbe stato imperatore del Giappone.

Il visino della piccola Mashka fu solcato da un'onda rabbiosa prima che lei colpisse il giornale con la mano aperta, quasi come se volesse schiaffeggiare la foto di quel bambino.

"Piccolo, orrido popolo giapponese!"

Affermò la piccola con sussiego.

Aveva imparato da poco la parola "orrido" e le piaceva usarla benché non ne capisse ancora bene il significato.

"Sono venuti e hanno affondato le nostre navi. Hanno affogato i nostri marinai."

Continuò la piccola con la voce velata di rabbia e di tristezza.

La bambinaia l'attirò a sé e cercò di spiegare.

"Maria Nikolaevna non sono questi piccoli bambini che fanno la guerra. Vedi? Sono quasi più piccoli di Anastasia!"

Ma era difficile convincere la piccola granduchessa.

"Si invece. Sono stati questi piccoli bambini a fare queste cose brutte alle nostre navi e ai nostri marinai. La mamma mi ha detto che i giapponesi sono tutti piccole persone!"

Asserì testarda.

Tuttavia l'odio e il risentimento dei grandi non aveva indurito il cuore di Maria e la sua anima buona veniva fuori quando doveva confortare gli altri.

In quel gelido inverno Anastasia tossì per mesi.

Alle bambine era stato raccomandato di stare attenti e di non tossire addosso a nessuno per non far ammalare anche altre persone.

Un giorno Anastasia era seduta in grembo alla tata quando un convulso colpo di tosse la colpì. La piccina cercò di soffocarlo contro le sue vesti rischiando di strozzarsi.

Maria, che stava giocando poco più in là con Olga e Tatiana, corse da lei.

"Tesoro, tesoro tossisci su di me!"

Disse. Miss Eagar la guardò stupita e le chiese perché lo avesse fatto.

Maria si strinse nelle spalle e i riccioli castani ondeggiarono lievemente sulle sue spalle.

"Mi dispiace così tanto vedere la mia sorellina ammalata! Ho pensato che se riesco a prendere io un po' del suo male poi starà meglio!"

Spiegò con un sorriso grande. Grande come il suo cuore.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il matrimonio tra Andrea di Grecia e la principessa Alice di Battenberg, nipote di Ernest, celebrato in autunno, era stato molto bello e fonte di felicità per le figlie dello zar che, in quell'occasione, avevano potuto rivedere la cugina Ella e giocare assieme a lei.

Dopo la cerimonia, tenutasi in Assia, la famiglia imperiale si recò a Skiernewice . Ernest permise alla figlia di andare in Polonia con sua sorella Alessandra e la sua famiglia.

Tutte le bambine erano entusiaste di quella gita insieme.

Seguirono settimane piene di giochi, di passeggiate e di pic-nic nel bosco a Skiernewice, dove si trovava il casino di caccia della famiglia imperiale.

Una mattina la bella Ella, che ora aveva otto anni, si svegliò con un terribile mal di gola e con dolori al petto.

Il medico della corte russa la visitò e concluse:

"La principessa Elizabeth ha fatto la scalmanata per tutto il giorno, ieri, assieme alle sue cugine!"

Ma la situazione della piccola andò peggiorando, la febbre salì e le iniezioni di caffeina e di canfora non aiutarono il suo cuoricino.

Ella aveva contratto una febbre tifoidea e alle cugine era stato impedito di vederla.

La notte durante la quale Ella si mise a sedere sul letto gridando:

"Sto morendo, sto morendo!"

Un altro urlo spaventoso attirò l'attenzione di Alessandra. Veniva dalla stanza delle sue figlie minori.

Si precipitò nella stanza e trovò Maria e Anastasia abbracciate, in piedi nei loro letti.

"Mamma c'è un uomo nella stanza!"

Alessandra rimase tranquilla alle parole di Maria e si avvicinò per permettere alle figlie di rifugiarsi tra le sue braccia. Probabilmente era stata una "visione" frutto della loro fantasia.

Nessuno sarebbe potuto entrare nella stanza delle bambine senza essere visto.

"È solo un'ombra. Vedi Marie!"

Alessandra additò il riflesso delle loro figure che emanava la luce da notte sul pavimento.

"No, no è nascosto sopra la tenda!"

Continuò Maria, mentre Anastasia si era attaccata al braccio della mamma senza volerla lasciare andare.

La zarina accese una candela e, portandosi Anastasia in braccio, perquisì la stanza per rassicurale che non ci fosse nessuno.

Entrò il dottore e cercò di calmare Maria mentre Anastasia continuava a tremare tra le braccia della mamma.

Quindi il medico informò Alessandra delle condizioni della nipotina. La zarina si alzò per spiare nella stanza dell'ammalata con Anastasia , che sembrava essersi addormentata, ancora in braccio. Per un secondo gli occhi morenti di Ella incontrarono quelli di Anastasia prima che questa sospirasse :

"Oh povera cugina Ella. Povera principessa Elizabeth"

E si addormentò.

Maria continuò a parlare per un bel po' dell'uomo strano, dell'uomo che era venuto per aiutare il dottore a far guarire la cugina Ella. Alla fine, stremata, si addormentò con le sue braccia intrecciate a quelle di Alessandra.

Pochi giorni dopo Ella morì. Il ritorno a Carskoe Selo fu profondamente triste e per un po' di giorni Olga, Tatiana e Maria furono affrante. Anastasia era troppo piccola per capire la morte.

Il Natale riportò un po' di allegria. Si stava decorando l'albero di Natale nel palazzo d'inverno quando arrivò lo zar.

Maria si avvicinò al padre con gli occhioni blu sgranati dalla contentezza.

"Oh papà hai mai visto qualcosa di più bello?"

Chiese additando l'albero.

Pochi giorni dopo la piccola Maria stava guardando delle foto. In una c'era una ragazza cieca.

"Perché questa ragazza è cieca?"

Chiese a sua madre.

"Dio ha fatto alcune persone non vedenti. Nessuno sa perché!"

Rispose Alessandra. Ma Maria aveva una sua teoria.

"Io conosco qualcuno che sa perché!"

"No tesoro, non penso che..."

Ma Maria interruppe con un largo sorriso sua madre.

"La cugina Ella lo sa. Lei ora può sedersi con Dio e parlare con lui. E Lui gli sta dicendo come lo ha fatto e perché!"

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


"Da grande voglio sposare un soldato e avere una ventina di bambini!"

Disse una volta Maria, osservando dalla finestra l'esercito imperiale russo. Lo zar sorrise: la sua bambina aveva esagerato nel dire di volere tutti quei bambini, tuttavia sapeva dell'ammirazione di Maria per i soldati.

A palazzo conosceva tutte le guardie per nome e voleva sempre sapere se fossero sposati o quanti figli avessero.

"Sarai una brava moglie e una brava mamma!"

Concluse Nicola facendo una carezza all'"angelo" della famiglia.

L'amore di Maria per quegli uomini in divisa era noto in famiglia e spesso le sorelle la prendevano in giro.

Un giorno la piccola granduchessa stava guardando, dalla finestra, la marcia di un reggimento di soldati.

"Oh! Io amo questi cari soldati! Vorrei baciarli tutti!"

Disse sognante.

"Marie, le belle bambine non baciano i soldati!"

Le spiegò Miss Eager e la bambina non fece osservazioni su quella specie di rimprovero.

Qualche giorno dopo, a palazzo, si tenne una festa per i bambini. Tra gli invitati vi era anche il figlio del granduca Costantino.

Il ragazzo aveva dodici anni ed era stato messo nel corpo dei Cadetti. Arrivò alla festa con la sua uniforme.

Si avvicinò alla sua cuginetta Maria per baciarla, ma lei si mise la mano sulla bocca e si ritrasse dall'abbraccio del ragazzo.

"Vai via soldato!"

Disse con grande dignità.

"Io non bacio i soldati!"

E corse via. Il ragazzo era divertito dalle parole della piccola cugina e, allo stesso tempo, orgoglioso per essere stato scambiato per un vero soldato.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


L'arrivo di Alessio aveva portato tanta felicità a corte. Le sue quattro sorelle, spesso, arrivavano furtive nel boudoir della mamma e si avvicinavano in punta di piedi alla culla per ricoprire di baci il piccolo zarevic.

Tuttavia fu una felicità di breve durata. Qualche settimana dopo la nascita, il piccolo iniziò a sanguinare dall'ombelico gettando nello sconforto i genitori.

Emofilia. E Alessandra che ne era portatrice sana non riusciva a darsi pace.

Alle bambine fu raccomandato di non strapazzare quel piccolo esserino, di non scuoterlo e di avere tante premure con lui.

E Olga, Tatiana, Maria e Anastasia lo coccolarono e lo viziarono come la cosa più preziosa delle loro vite.

Olga e Tatiana erano sempre state l'una la migliore amica dell'altra e lo stesso stava accadendo tra Maria e Anastasia.

Anastasia, sempre vivace e pronta a combinare qualche diavoleria finiva quasi sempre per cacciare nei guai anche la sorella maggiore. Tuttavia dove Anastasia era solita fare scherzi spesso Maria chiedeva perdono per entrambe.

Condividevano la stessa camera, vestivano alla stessa maniera e a palazzo erano conosciute come "la piccola coppia".

Nonostante i loro caratteri diametralmente opposti andavano molto d'accordo.

"Io e Anastasia non abbiamo segreti. Non mi piacciono i segreti."


Aveva scritto in una lettera alla zarina la piccola Maria.

Tuttavia più Alessio cresceva più Anastasia si legava a lui. Essendo la figlia di mezzo, Maria si ritrovò ad essere gelosa e a sentirsi esclusa e trascurata dalle sorelle.

A farla sentire ancora più sola era il suo carattere pacato e dolce che spesso finiva per essere oggetto di scherno per gli altri quattro.

La trovavano fedele come un cane e buona come quando Olga e Tatiana l'avevano chiamata "sorellastra" perché Maria non metteva mai nei guai nessuno di loro.

Inoltre cresceva un po' più rotonda rispetto ad Olga e Tatiana con delle figure aggraziate, alte e longilinee.

I quattro bambini presero a chiamare la sorella little fat bow bow


e Alessandra era preoccupata per quella bambina paffuta, forse un po' grassoccia, che era Maria e sperava, in cuor suo, che crescendo sarebbe diventata bella quanto le sorelle.

Un giorno mentre era rotolata sul tappeto durante uno dei loro giochi le sorelle presero a cantilenarle quell'odioso soprannome.

Alla piccola Maria spuntarono le lacrime agli occhi, si rimise in piedi con contegno e andò a chiudersi in camera. In preda alla rabbia prese carta e calamaio e gettò sul foglio tutte le sue paure. Le paure di non essere amata come gli altri bambini.

Quindi firmò la lettera, la ripiegò per bene e la fece strisciare sotto la porta del boudoir dove Alessandra si trovava in quel momento.

La zarina recapitò quella strana missiva, la scartò e sorrise nel riconoscere la calligrafia incerta ma ordinata di sua figlia.

Man mano che leggeva però il sorriso si trasformava in un'espressione triste.

Era stata così assorta da Alessio, dalla sua malattia, dal dolore per quel figlio malato da aver trascurato per troppo tempo i sentimenti delle figlie.

Si avvicinò alla scrivania e ne recuperò un foglio pulito. Sedette e iniziò a scrivere. "Mia cara, piccola Maria,

la tua lettera mi ha reso molto triste. Dolce bambina devi promettermi che mai più penserai che nessuno ti ama.

Come è nata questa assurda idea nella tua testolina?

Noi tutti ti amiamo molto teneramente, solo quando diventi cattiva e non ci dai ascolto, allora devi essere sgridata, ma sgridare non significa non amare, al contrario lo si fa per correggere i difetti e migliorare.

So che quando sei in collera con le tue sorelle credi che il modo giusto per punirle sia di restare da sola con Irina ma invece dovresti stare con loro. Stai diventando una ragazza grande e devi imparare a perdonare.

Ora non pensarci più, e ricorda che sei preziosa e cara come gli altri quattro e che noi ti amiamo con tutto il cuore.

Dio ti benedica mia cara bambina. Ti bacio sempre teneramente.

La tua mamma "


Alessandra ripiegò la lettera, uscì per i corridoi scorgendo Maria intenta a guardare fuori dalla finestra. Le diede l foglio e un sorriso rese ridenti anche gli occhi blu della piccola.


**** ****

Irina era figlia di Xenia, la sorella minore di Nicola II, quindi era cugina delle granduchesse.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Tatiana era considerata la bellezza del suo tempo, con un aspetto praticamente perfetto, tuttavia era Maria ad aver ereditato la classica bellezza dei Romanov.

Era alta per la sua età, un po' paffuta e con un timido, dolce sorriso. Una massa di capelli castani, con riflessi d'oro, le incorniciava i lineamenti delicati del viso e i suoi grandi occhi blu incantavano chiunque la incontrasse.

Aveva gusti semplici e adorava dipingere con la mano sinistra. Era di buon cuore e gentile. A Palazzo conosceva tutti i soldati per nome, chiamava le persone che incontrava " i miei amici" e poteva strappare dalle mani della madre un bambino per ricoprirlo di baci.

Era l'erede naturale dei Romanov e si diceva somigliasse molto ai nonni paterni Alessandro III e Maria Fyodorovna

Anche se dotata di bellezza e di bontà, Maria non aveva l'eleganza delle sue sorelle maggiori ed era piuttosto goffa.

Aveva dodici anni e sullo "Standart", lo yatch imperiale, le granduchesse stavano facendo le prove di un valzer con gli ufficiali.

Maria continuava a pestare i piedi all'ufficiale che le faceva da cavaliere, si muoveva sgraziata e si aggrovigliava, impacciata, tra le braccia dell'uomo.

Lo Zar, che era venuto a guardare, pensò bene di dare delle dritte alla figlia.

"Non è il modo giusto per farlo, Marie! Non aggrapparti alle braccia del tuo partner. Sei troppo lontana e lui non ti può guidare nella maniera giusta!"

Quindi Nicola richiamò con un cenno della mano Sophie Buxhoveveden chiedendole di fargli da dama.

"Ora ti mostro i movimenti giusti!"

Nonostante la baronessa Sophie fosse stata l'unica "plebea" a ballare il valzer con lo zar, Maria non riusciva proprio a seguire i tempi e i passi di quel maledetto ballo e continuò a rotolare tra le braccia del suo partner.

Era sicura che mai più avrebbe provato tanto imbarazzo ma i fatti la smentirono. A sedici anni era venuto il momento per Maria di prendere parte alla sua prima occasione ufficiale.

Era emozionata per quella cena di stato ed era bellissima nel suo vestito blu pallido, impreziosito dai diamanti che i genitori avevano regalato ad ogni figlia per il loro sedicesimo compleanno.

La granduchessa entrò nella sala al braccio di un alto granduca. Le scarpe con il tacco alto la tradirono e cadde a terra proprio mentre stava entrando nel refettorio.

"Certamente è la grassa Marie!"

Osservò scherzosamente lo Zar sentendo il rumore.

Ma i bei "piattini blu" di Maria erano colmi di lacrime: dentro di lei sentiva che il mondo stava cadendo in disgrazia proprio come era scivolata lei su quel lindo pavimento per colpa delle sue bellissime scarpe alte.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Quello che mancava in eleganza era stato compensato dalla forza fisica. La forza ereditata da nonno Alessandro, capace di piegare un rublo d'argento con una mano.

Quando Maria era più grande fu capace di sollevare, per scommessa, i suoi tutor da terra.

E quando i bambini imperiali, per gioco, salivano sul tetto di zinco della galleria coperta, scavalcando attraverso la finestra del gabinetto dell'imperatore, era sempre Maria Nikolaevna la prima ad arrampicarsi per poi issare le sorelle e il fratello. E quando era tempo di scendere i ruoli si invertivano: prima Maria aiutava gli altri e poi scivolava lei, da sola, senza nessun aiuto.

Quando Alessio aveva un attacco o era malato tendeva sempre le braccia verso la sorella e supplicava:

"Mashka prendimi!"

E la buona Marie dimenticava l'infantile gelosia, spingeva la sedia a rotelle del fratellino per il palazzo e lo coccolava con premura.

La qualità di Marie era, però, destinata a giocarle un brutto tiro.

Nell'estate del 1912 la famiglia imperiale, al solito, si trasferì nella residenza estiva di Livadija. Lo studio dello zar era al secondo piano del Palazzo Bianco e lo zar era molto geloso della sua privacy tanto da tenere sempre chiusa a chiave quella stanza in sua assenza.

Questo comportamento aveva fomentato le fantasie delle sue figlie sui segreti che quella "stanza oscura" potesse celare.

Accadde che un giorno Nicola lasciò lo studio dimenticandosi di chiudere la porta a chiave: la tentazione per le quattro ragazze fu troppa.

Le ragazze si ritrovarono ad esplorare quella che costituiva una delle centosedici stanze del palazzo restando un po' deluse dal trovare solo ritratti di vecchi antenati alle pareti, la scrivania in acero, un caminetto e un confortevole divano rosso.

"Olya, Tanya..."

La voce impaziente di Alessandra che riecheggiava lontana, mentre declinava i vezzeggiativi delle sue figlie maggiori fece gelare il sangue nelle vene alle ragazze.

"Mashka, Nastya dove vi siete cacciate?"

La voce della zarina si faceva sempre più i forte, insistente e vicina.

Maria spalancò la finestra in fretta.

"Presto aiutatemi ad uscire. Dopo vi tirerò fuori!"

Convinse Olga e Tatiana, in preda al panico. Nessuna di loro voleva prendersi una punizione per aver disubbidito.

La porta che si spalancava fece sussultare le tre ragazze rimaste all'interno mentre Marie tratteneva il fiato, penzoloni fuori dalla finestra, sospesa nell'aria.

"Dov'è vostra sorella?"

Chiese Alessandra guardando Anastasia che teneva il capo chino per trattenere una risata. In quel momento Olga e Tatiana lasciarono la presa.

Un tonfo portò la mamma ad affacciarsi per assistere, con biasimo e orrore, alla deplorevole sfortuna della sua terzogenita che aveva appena fatto un volo di quindici metri.

Gli arbusti e i cespugli avevano attutito l'impatto.

"Santo cielo Marie. Stai bene?"

La preoccupazione di Alessandra era prevalsa sull'ira.

Marie era graffiata e dolorante tuttavia, inaspettatamente, risuonò un fermo

"Si, mamma!"

Accompagnato da un sorriso che si allargava sempre di più quando gli occhi di Marie incontrarono l'espressione greve sul viso di Anastasia.

La buona sorte di Maria non risparmiò alle ragazze un'adeguata punizione per quell'avventura scoperta e finita male e fu vietato loro di andare a fare passeggiate, fuori da palazzo, per diverso tempo.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


12 ottobre 1912. Alexei era in punto di morte; una grave crisi di emofilia era seguita ad un incidente nella vasca da bagno.

I medici di corte avevano informato Alessandra di prepararsi al peggio, all'inevitabile.

Il gelo era sceso a Carskoe Selo e nella riservatissima residenza zarista le quattro granduchesse celavano l'opprimente tristezza per essere di conforto alla mamma.

La zarina non si era data per vinta però e in un ultimo, disperato tentativo di salvare la vita del suo amato Alexei aveva inviato un telegramma a padre Grigorjy.

Grigorjy Rasputin: il monaco siberiano, il santone che Alessandra credeva un dio e che Maria e le sue sorelle erano state educate a considerare un "loro amico".

"I medici sono disperati. Le vostre preghiere sono la nostra ultima speranza."

Aveva scritto Alessandra.

Padre Grigorjy si era raccolto in preghiera, per ore, nella sua casa in Siberia. Nicola era stato costretto ad allontanarlo da corte, dalle maldicenze e dalle calunnie che piovevano sulla sua famiglia.

Finalmente arrivò la risposta. Maria correva per i corridoi con la missiva in mano per recapitarla a mamma e papà che non si scostavano mai dal capezzale del piccolo malato.

"Dite ai medici di non assillare il ragazzo. Lasciatelo riposare. Si rimetterà presto."

Era il telegrafico messaggio del monaco. La famiglia imperiale ci credette: padre Grigoryi aveva sempre guarito Alexei.

Successe ancora. Il piccolo zarevic iniziò a ristabilirsi miracolosamente.

Mentre stava a tenergli compagnia nella sua stanza, Maria osservava dalla finestra l'incedere dell'autunno, l'enorme parco brullo, gli alberi ormai spogli e il delicato tappetto di foglie rinsecchite.

Pensava a padre Grigory. Al "loro amico" che le aveva insegnato ad amare la natura.

"Mia cara perla Maria, hai parlato con il mare? Mi manca la tua anima semplice. Ci rivedremo presto."

Quando tornò nella stanza che condivideva con Anastasia, la dolce granduchessa ritrovò quel telegramma datato 1908: era di Grigory Rasputin.

Padre Grigory aveva una figlia che portava il suo stesso nome e gli piaceva sottolinearlo. Mashka non capiva perché la zia Olga era rimasta tanto sconvolta quando era venuta a conoscenza del fatto che "il loro amico" venisse abitualmente nel vivaio a chiacchierare con lei, con le sorelle e il fratello quando ormai erano pronti per la sera.

Padre Grigory era diventato al pari di uno di famiglia ed era facile confidargli i loro segreti.

Tatiana diceva che la gente è cattiva e non capiva perché Sofia Ivanovna, una delle governanti, inorridita, aveva pregato lo zar di far cessare quelle visite serali.

Tatiana, Maria, Olga e Anastasia appartenevano al loro mondo ingenuo, protette dalle cattiverie e dalle menzogne, dal malcontento di un popolo in rivolta che non sapeva e fremeva.

Il popolo russo odiava la loro mamma, la "Tedesca" che aveva portato tanti guai. Era diventata oggetto di scherno, soggetto di cartoni animati pornografici e assieme a lei le sue figlie.

Le quattro ragazze erano all'oscuro di quanto grande fosse la tragedia che presto le avrebbe travolte. C'era la loro famiglia e nulla più.

"Mia cara piccola amica, che il Signore ti aiuti a portare la tua croce con saggezza e con la gioia in Cristo. In questo mondo non fai in tempo a vedere il giorno che è già sera."

Era un telegramma del 1909 che padre Grigory aveva indirizzato a Maria.

La giovane granduchessa non immaginava quanto quelle parole si sarebbero rivelate vere.

Una profezia. Grigory Rasputin era tanto abile a farle quanto bravo era nel suo dono di taumaturgo.

Alexei si riprese. I Romanov non potevano fare a meno di quel mistico tanto discusso e controverso.

Fu richiamato a corte.

Il 1914 era alle porte. Grigory si oppose all'entrata in guerra della Santa Madre Russia.

Per la prima volta Nicola non lo ascoltò.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Allo scoppio della prima guerra mondiale Maria era poco più di una ragazzina, troppo giovane per diventare infermiera come Olga e Tatiana.

La Russia, che aveva preso parte al conflitto al fianco di Gran Bretagna e Francia, era però un gigante dai piedi d'argilla e presto la disorganizzazione e la fame falciarono milioni di soldati.

La situazione era così disastrosa da spingere lo zar Nicola a sostituire l'arciduca Michele prendendo il comando delle truppe. La zarina Alessandra aveva trasformato il suo palazzo in un campo di fortuna per i feriti e assieme alle figlie maggiori lavorava alacremente e incessantemente per tentare di alleviare le loro sofferenze.

Maria e Anastasia volevano però rendersi utili in qualche modo.

Un ospedale fu fondato sotto il loro patrocinio e le due ragazze spesso visitavano i soldati feriti, portavano loro dei fiori, leggevano per loro e giocavano a carte con loro.

Senza venir meno alla sua natura, Maria imparò presto i loro nomi, non venne meno alla sua abitudine di chiedere delle loro famiglie e delle loro case sollevando negli sventurati bei ricordi e facendogli tornare la voglia di vivere.

Lo zar si trovava nel quartier generale della guerra di Mogilev quando ricevette una lettera di Maria che, per qualche minuto, gli fece ritornare il sorriso.

"Ieri pomeriggio io e Anastasia eravamo alla scuola degli infermieri..."

Scriveva la quindicenne Maria.

"I bambini hanno bevuto il tè e ho dato loro da mangiare la pappa, ho subito pensato a te quando la minestra ti finisce nella barba, corre giù per il mento e dobbiamo affrettarci a ripulirti il mento con i cucchiai"

Anche nei difficili e incerti giorni di guerra Maria riuscì a ritagliarsi momenti di svago. Scrisse nel suo diario:

" È stato così divertente! Krylov ha perso il rottame di ferro più grande che era caduto dalla prua nel laghetto; Khadov ha cercato di aiutarlo a tirarlo fuori e sono quasi caduti in acqua. Alla fine li ho afferrati per le loro uniformi. Tutto questo è accaduto su un pezzo di ghiaccio già alla deriva e alcune suore hanno cercato di renderlo stabile con dei ganci.

Fetodov non era in servizio oggi, così è venuto l'altro, quello con delle guance rosse e paffute che io e Anastasia abbiamo soprannominato "guance". Ha fatto un polverone terribile e urlava gli ordini dal ponte. Mamma era seduta lì sul ponte, nella sua sedia.

Abbiamo riso forte e a lungo."

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Aveva solo undici anni Maria quando credeva di essersi innamorata follemente per la prima, e forse unica, volta.

Allora quei sentimenti nuovi e confusi che le facevano battere il cuore avevano avuto bisogno della comprensione e del conforto materno.

" Ho notato che da un po' di tempo sei triste ma non mi chiedere perché non possiamo piacere a tutti. Cerca di non lasciare che i tuoi pensieri si soffermino troppo a lungo su di lui. Lo sai, ti vuole bene come ad una sorellina e vorrei aiutarti a non darti tutta questa pena. Sii coraggiosa e rallegrati e non lasciare che i tuoi pensieri si soffermino così tanto su di lui. Non va bene e ti rende ancora più triste!"

Le parole di Aleksandra, allora, erano state sufficienti a far scordare i primi patimenti d'amore, quella cotta infantile, alla piccola Maria.

Ora, però, era tutto diverso.

"Sposerò un soldato un giorno..."

Soleva dire la granduchessa e quella profezia le sembrò potesse avverarsi quando a Mogilev, nella sede di guerra, durante una visita allo zar e ad Alexei.

Lui si chiamava Nikolai Dmitrievich Demenkov, era un ufficiale della giornata presso la sede dello zar. Aveva gli occhi grigi come l'acqua della Neva nei giorni più tempestosi dell'inverno russo, e il sorriso di un ragazzino.

Era giovane, temerario, fedele e bellissimo. Maria Nikolaevna se ne innamorò follemente appena i suoi zaffiri pacifici incrociarono lo sguardo burrascoso del giovane soldato.

Il cuore della granduchessa aveva preso a battere forte come non mai.

"Sua Altezza imperiale..."

Le si era rivolto, la prima volta, il giovane Demenkov. La terzogenita dello zar aveva chinato la testa, pudica, ignorando Anastasia che già aveva capito e sghignazzava poco distante da lei.

"Qual è il vostro nome?"

Si era subito informata Maria, senza tradire la sua empatia verso gli altri.

"Nikolai Dmitrievich Demenkov, vostra Altezza!"

Aveva risposto il soldato. Era poco più che un ragazzino, poteva avere qualche anno in più di lei.

"Posso chiamarvi Kolya?"

Aveva azzardato la timida Mashka volendo qualcosa che fosse soltanto loro.

"Certo sua Altezza. Kolya sembra un diminutivo molto carino!"

Maria era scoppiata a ridere come non aveva mai fatto prima in presenza di un uomo.

"Sei così giovane. Siamo così giovani, mi fanno sentire vecchia tutti quei titoli altisonanti. Ti va di chiamarmi Mashka?"

Non aveva detto Maria Nikolaevna, non aveva usato il patronimico con cui era conosciuta nelle sfere più intime.

Kolya e Mashka le suonavano così personali e unici, così comuni e pieni d'amore.

Kolya chinò lo sguardo e non rispose nulla. Non voleva preoccuparsi delle reazioni dello zar o delle distanze sociali che lo rendevano indegno della bella Mashka.

Era un momento magico, il momento di un amore tra ragazzi.

Non sapeva che Maria, tornata a Carskoe Selo avrebbe sempre chiesto notizie di lui nelle lettere che avrebbe scritto allo zar.

E non poteva sapere che la principessa sognatrice avrebbe firmato, scherzosamente, quelle missive "Signora Demenkov".

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Kolya parlava spesso di quando sarebbe stato inviato al fronte con l'ingenuo orgoglio di un giovane soldato pronto a difendere la Santa Madre Russia, con la saggia rassegnazione di chi si abbandona al suo destino.

Quando lo sentiva parlare di guerra, di "andare al fronte", di morti e battaglie epiche Maria rabbrividiva.

Non poteva pregarlo, non poteva ordinargli "Ve ne scongiuro, non mi lasciate". Il suo era un amore già condannato, senza futuro; la giovane granduchessa lo sapeva bene eppure era così piacevole la compagnia di Kolya.

Maria si era ritrovata a gioire di tutti i momenti, anche di quelli insignificanti, che il fato le aveva regalato di passare con Kolya e si ritrovava a cantare allegra quando il ragazzo era di turno presso l'ospedale sotto il patrocinio suo e di Anastasia.

Quel cinque settembre le due ragazze avevano bevuto il tè assieme ad alcune guardie poi Nikolai Demenkov aveva proposto alle loro maestà di fare una passeggiata approfittando del pomeriggio soleggiato.

Anastasia aveva ammiccato sorniona verso la sorella maggiore e Maria temeva già che la diabolica malenkaya l'avrebbe messa in imbarazzo con qualche commento inopportuno.

Scoperta l'infatuazione di Maria per il giovane ufficiale, infatti, la piccola Romanov aveva preso a canzonarla:

"Mashka e il grosso, grasso Demenkov!"

"Avviatevi, io vi raggiungerò tra poco in ospedale. Quest'oggi il mio alluce valgo non mi da tregua."

Aveva accampato quella scusa la brillante Anastasia ricevendo un sorriso di gratitudine da parte della sorella maggiore.

Maria e Kolya si erano avviati conversando piacevolmente e la ragazza camminava ad un metro da terra, libera da ogni pensiero e da ogni preoccupazione.

"Vi sembro imprudente o forse vi infastidisco quando converso con voi dai balconi delle stanze di mia madre?"

Aveva chiesto all'improvviso, colta da un dubbio. Kolya aveva scosso energeticamente il capo.

"Assolutamente Mashka. Conversare con voi è un piacere. Voi...voi siete l'unica nota di colore in questi giorni grigi per l'umanità. Voi siete il pensiero più bello per me in questi giorni di incertezza, di guerra e di orrore."

A quelle parole Maria era trasalita ed era stata colta da un'innocente paura. La forte mano di Kolya era pronta a farle una carezza ma si era arrestata a mezz'aria.

Entrambi avevano sussultato al rumore sordo proveniente dalla pagoda adiacente.

"Cosa è successo?"

Istintivamente Kolya l'aveva presa per mano e, di corsa, avevano salito le scale. I vetri di tre finestre erano in frantumi ed Olga, appoggiata al suo ombrello, era inerme e inespressiva, rannicchiata vicino ai cocci che aveva appena infranto.

Maria si precipitò verso di lei e la ispezionò come una mammina premurosa.

"Ti sei fatta male? Sei ferita?"

Chiese, scrutando i palmi delle mani per accorgersi che da uno di essi scorreva un piccolo rivolo di sangue. Prese il suo fazzoletto e l'avvolse attorno alla mano della sorella.

Sapeva bene che per Olga era un periodo difficile. Olga non adatta a portare gli oneri di essere sorella maggiore, di essere esempio alle sorelle più piccole. Olga, la principessa fragile e sensibile, cresciuta tra sete e velluti non era adatta a diventare infermiera, a vedere giorno dopo giorno i corpi mutilati, a udire i lamenti strazianti dei feriti sul campo.

"Oh Mashka è il mio cuore che sanguina. Sono a pezzi...proprio come questi vetri!"

Olga si abbandonò contro le sue braccia e iniziò a singhiozzare.

Maria la cullò e la zittì dolcemente e intanto volse uno sguardo pieno di incertezza verso Kolya. Ora più che mai comprendeva le atrocità della guerra e Kolya le sembrava già una lontana chimera irraggiungibile.

*** ***

Ringrazio quanti hanno letto e commentato la storia. Coloro che l'hanno inserita tra le seguite, ricordate e preferite.

A presto.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Era inevitabile: il dovere, prima o poi, avrebbe portato Kolya al fronte.

Maria lo aveva sempre saputo che quell'amore da favola per il suo bel soldato si sarebbe rivelato un fuoco fatuo eppure alla cena che la zarina aveva organizzato per congedare il reggimento di Demenkov, la granduchessa aveva occhi solo per lui.

Voleva imprimersi in mente ogni particolare, come la fossetta sul mento che si formava quando lui sorrideva, cosicché sarebbe stata capace di riprodurre il ritratto di Kolya anche ad occhi chiusi.

Lei che di acquerelli e matite aveva fatto una grande passione.

La cena era stata fissata per le diciannove e se fino ad allora Maria aveva atteso che il tempo scorresse veloce, ora avrebbe dato tutto l'oro della corona per fermarlo.

Kolya sorrideva garbato, sereno e felice del fatto che, ancora una volta, avrebbe servito la Russia. Avrebbe combattuto per lo zar, e un po' anche per sua figlia.

Mashka aveva atteso il momento opportuno, quando gli occhi indiscreti dei commensali erano distratti, per dare il suo regalo di commiato a Demenkov.

"L'ho fatta per voi. Spero sia della vostra misura!"

Gli aveva allungato il pacchetto, sfuggendolo con le sue preziose gemme blu ed evitando di aggiungere quanto quel lavoro fatto col cuore le avesse attirato le prese in giro di Anastasia.

L'involucro rivelò una bella camicia.

"L'ho cucita con le mie mani!"

Spiegò Maria accalorandosi. Kolya la rigirò tra le mani, stupito e spiazzato da quell'attenzione.

"Siete molto cara, Mashka. Si...è della mia misura!"

Si era trattenuto dal farle una carezza. Non poteva esternare così la sua gratitudine: non in mezzo a tutta quella gente e, soprattutto, sotto gli occhi di Aleksandra.

"Vi scriverò di tanto in tanto, se la cosa vi fa piacere!"

Aggiunse invece Kolya, ridando un alito di speranza al cuore innamorato dell'altro.

"Sarò ben lieta di rispondervi!"

Era un contentino per rendere meno penosa la separazione: entrambi, infatti, sapevano che non si sarebbero più rivisti.

Allora nei ricordi di Maria scorrevano come rapide diapositive tutti i momenti che aveva condiviso con lui.

Il giorno che lo zar lo aveva invitato a giocare a tennis a Carskoe Selo.

I concerti negli ospedali a cui avevano assistito insieme e i tè sui balconi della mamma. Le lunghe conversazioni con lei affacciata alle finestre come una bella Giulietta russa.

Sapeva che quei ricordi avrebbero fatto parte di lei per sempre.

"Non dimenticatemi, Kolya!"

Disse soltanto come un presentimento sinistro.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


I soldati, al fronte, stanchi e furiosi avevano minacciato l'ammutinamento quando erano loro pervenute delle casse in legno contenenti dei doni da parte della zarina.

Il loro iniziale, fioco, entusiasmo era stato sostituito dall'indignazione nei confronti della "Tedesca" quando invece della gradita vodka che li avrebbe scaldati un po' si erano ritrovati a rigirare tra le mani delle inutili Bibbie.

L'incertezza della guerra e i malumori sempre più evidenti avevano spinto lo zar Nicola a prendere, personalmente, il comando dell'esercito.

Mentre a San Pietroburgo scoppiavano i primi disordini e i primi scioperi indetti dai cittadini provati dagli stenti e dalla fame, i figli dello zar presero il morbillo.

Alessio, il più cagionevole, fu il primo a contrarre il morbo e, ben presto, anche Olga, Tatiana e Anastasia finirono a letto ammalate. Maria, ancora una volta, era stata risparmiata grazie alla sua costituzione forte e robusta.

"Le mie gambe!"

Alessandra era solita riferirsi così alla sua terzogenita in quei giorni di confusione e di agitazione e Maria lavorava con lei e per lei instancabile. Faceva da messaggera correndo per le scale del palazzo ora che la corrente elettrica era stata tagliata e l'ascensore non era più in funzione, accudiva e teneva compagnia alle sorelle malate e insisteva perché la sua mamma si riposasse.

Quei giorni, in cui si ritrovò ad essere l'unico sostegno di sua madre, trasformarono Maria da una bambina ad una donna.

E il suo altruismo e il suo coraggio si rivelarono tutti in quella terribile notte del 13 marzo. Il messaggio dei disordini scoppiati a San Pietroburgo era arrivano fino a Carskoe Selo e la zarina, temendo un attacco del palazzo da parte della folla, decise di andare a parlare ai soldati rimasti fedeli all'impero posti all'esterno come sentinelle.

La notte era molto fredda e in lontananza si udiva il rumore delle pistole. Maria insistette per accompagnare la mamma.

Era buio pesto e solo una debole luce proveniente dalla neve faceva risplendere le canne dei fucili.

La prima truppa di soldati era schierata in ginocchio nella neve, gli altri stavano in piedi, dietro, preparando i loro fucili nell'eventualità di un attacco improvviso.

Dunque stavano rischiando la vita? Davvero lei e la mamma si erano esposte ad un pericolo mortale?

In un primo momento a Maria parve tutto un assurdo gioco ma, man mano che avanzavano tra le file dei soldati sentiva la responsabilità e il pericolo crescere.

Forse avrebbero potuto inchinarsi al loro popolo come aveva fatto due secoli prima la regina di Francia e mostrarsi, finalmente, in tutta la loro umanità. Non potevano, però.

Alessandra avanzava maestosa tra i soldati e la granduchessa la seguiva, ignara come una giovinetta, imperterrita come una donna.

Le figure delle due donne si allungavano come ombre tremule nella notte gelata e non risparmiavano parole di conforto, di fiducia e di semplice fede ai soldati che non avevano tradito e non si erano rivoltati contro i Romanov.

Intanto le raffiche di spari selvaggi si sentivano sempre più vicine finché, all'improvviso, cessarono.

Maria non aveva avuto il tempo per farsi vincere dalla paura perché la stanchezza l'aveva colta per prima.

"Non sarò malata finché papà non sarà di ritorno!"

Si era ripromessa e continuava a ripetersi come se in questo modo potesse tardare i sintomi della malattia che già covavano in lei.

Non sapeva ancora la piccola granduchessa che la notte a piedi nella neve, essersi spesa senza ragione , le sarebbe quasi costato la vita.

** ** ** **

* Ringrazio quanti leggono questa storia. Coloro che l'hanno inserita tra le preferite, le seguite e le ricordate!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Dopo i disordini di San Pietroburgo nessuno aveva notizie dello zar e nessuno sapeva cosa sarebbe successo adesso.

Finalmente il granduca Paolo giunse a Palazzo e chiese di parlare in privato con Alessandra, ritirandosi con lei nella sala rossa.

Maria rimase in attesa nella sala accanto trovando conforto nella compagnia di Lili. Lili Dehn era una delle amiche intime della zarina che aveva deciso di restare e di condividere la sorte dei suoi amici. Maria e Anastasia erano state subito affettuose ed accoglienti con lei: le avevano preparato un letto unendo due divani nella sala rossa e avevano abbellito la stanza con icone sacre e una foto del figlioletto di Lili che le due ragazze avevano scelto tra una varietà di scatti e Anastasia le aveva prestato una delle sue camicie da notte.

Marie se ne stava seduta sul divano con lo sguardo inqueto cercando di captare le parole che la mamma e il granduca si scambiavano. Poteva sentire le risposte agitate della zarina.

"Perché parlano a voce così alta? Forse è meglio che vada a vedere cosa sta succedendo lì dentro, Lili!"

Alla fine non riuscendo più a star ferma la granduchessa scattò in piedi.

"No, no. Faremo meglio a restare calme qui!"

L'amica cercò di rassicurarla. Maria esitò qualche secondo poi, vacillando, si arrese.

"Tu puoi restare ad aspettare qui ma io andrò in camera mia. Non sopporto di pensare a quanto mamma sia preoccupata in questo momento!"

Aveva appena lasciato la stanza quando comparve Alessandra: il viso dell'imperatrice era una maschera di agonia e gli occhi erano colmi di lacrime non versate. Barcollò piuttosto che camminare e Lili si precipitò a sostenerla fino a farla poggiare, pesantemente, alla scrivania.

"Abdicato!"

Disse telegrafica Alessandra con voce rotta. Lili non fece in tempo a realizzare quanto quella semplice parola avrebbe rivoluzionato un mondo intero che la sua attenzione fu attirata dal suono di un pianto amaro.

La granduchessa Maria era accovacciata in un angolo della stanza e aveva il viso pallido al pari di quello della madre.

Sapeva tutto.


Più tardi entrò un servitore e, a voce bassa, annunciò che la cena era servita. La zarina si ricompose e quando Lili fece per seguirla la pregò di accertarsi che Maria stesse bene.

Lili tornò indietro dove la ragazza era rimasta seduta sul pavimento a piangere. Era così giovane e così impotente che la donna l'abbracciò e la consolò come se si fosse trattato di sua figlia.

"Su, su tesoro, non piangere. Non piangere..."

Le sussurrò dolcemente baciandole il viso rigato di lacrime e permettendole di tenere la testa contro la sua spalla.

"Pensa alla mamma. La renderà così infelice saperti triste!"

Alla menzione della madre, Mashka ricordò la devozione incrollabile che i figli devono avere verso i genitori e si impose di essere coraggiosa. Asciugò le lacrime e si rimise in piedi.

"Hai ragione Lili. Devo pensare alla mamma. Devo pensare a lei!"

E raggiunse il boudoir di Alessandra per essere, ancora una volta, il suo sostegno. Ma la giornata riservava ancora spiacevoli e amare sorprese alla due donne.

Alle undici di sera, quando si stavano preparando per andare a letto, Goutchkoff, il ministro di guerra, giunse a Palazzo insistendo nel dover incontrare l'imperatrice.

"Ma a quest'ora è impossibile!"

Disse Alessandra.

"Vostra Maestà, insiste!"

Balbetto Volkoff, che si trovava in uno stato di agitazione da quando il ministro era arrivato.

L'imperatrice guardò Lili e Maria con uno sguardo di terrore e, al contempo, di rassegnazione.

"Lui è venuto ad arrestarmi!"

Esclamò riconquistando la sua regale compostezza, raccogliendo i capelli sotto il copricapo della croce rossa che aveva tolto e aspettò, in silenzio, il ritorno del granduca Paolo che era stato mandato a chiamare.

Né Maria, né Lili osavano parlare.

L'attesa sembrava interminabile finché non si udirono voci furibonde nei corridoi e lo sbattere di una porta: Goutchkoff si trovava ora nella stanza accanto.

Maria si aggrappò al braccio della madre, intenzionata a proteggerla in ogni caso.

"Fatemi venire con voi, madre!"

La implorò ma Alessandra baciò teneramente la figlia e scosse il capo.

"Aspettami qui, Mashka!"

La ragazza, scossa dalla paura, sedette sul divano in mezzo al granduca Paolo e a Lili.

Non aveva paura per lei, no di certo. Il suo terrore era solo per quello che sarebbe potuto capitare alla sua amata mamma.

Finalmente, nella notte più lunga delle loro vite, la porta del boudoir si aprì e, con grande sollievo di Maria, apparve la zarina.

La ragazza corse incontro alla madre un po' piangendo, un po' ridendo, finché le due donne crollarono a terra travolte dal loro abbraccio.

"Non mi arresteranno, non questa volta. Ma il colloquio...oh che umiliazione!"

Rassicurò tutti Alessandra, stringendosi forte alla sua Maria.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


"Non mi ammalerò finché papà non sarà tornato!"

Maria aveva stretto i denti, fermamente decisa a non cedere alla spossatezza di quei giorni, finché non avesse riabbracciato Nicola.

Tuttavia proprio mentre l'ex zar era ormai prossimo a riabbracciare i suoi cari ragazzi e l'amata Alessandra, la malattia di Maria si manifestò in tutta la sua gravità.

Mashka era stata l'ultima delle sorelle a contrarre il morbillo ma le sue condizioni furono aggravate da una polmonite virulenta causata dal freddo che la ragazza aveva preso quando, nella notte gelida di marzo, era uscita a parlare con i soldati assieme alla zarina.

Quella sera erano tutti nella spasmodica attesa di Nicola ma quella ragazza di diciassette anni, che si era spesa senza ritegni, non riuscì più a nascondere di star male.

"Oh lasciatemi stare. Voglio solo essere qui quando papà tornerà!"

Continuava a ripetere, come una nenia delirante , a sua madre e alle sue sorelle che cercavano di convincerla ad andare a riposare.

"Lily puoi dormire tu con la mamma questa sera?"

Furono le sue ultime parole comprensibili. Poi perse conoscenza a causa della febbre alta.

Maria, che aveva ardentemente desiderato essere la prima a dare il bentornato al suo papà, stava delirando quando Lily venne ad annunciarle che, finalmente, Nicola era a casa.

In uno dei suoi brevi momenti di lucidità la ragazza riconobbe l'amica che le era rimasta accanto in quei giorni di sventura.

"Beh Lily dove sei stata? Papà è davvero qui, non è vero?"

Lily non fece in tempo a tranquillizzarla che già Mashka era ripiombata nel terribile mondo degli incubi.

"C'è una folla di persone...Persone orribili...Vogliono uccidere la mamma...Perché vogliono fare questo?"

Si agitava mentre Alessandra le tergeva la fronte sudata.


L'abdicazione, l'ira del popolo che chiedeva le loro teste coronate, la paura per un futuro sempre più incerto passarono in secondo piano per Nicola e Alessandra difronte all'eventualità di poter perdere una delle loro figlie.

La malattia di Maria era così grave che il dottor Botkin decise di parlare chiaro con i due genitori in pena.

"Vostra figlia potrebbe non sopravvivere!"

Alessandra, però, non voleva arrendersi: Maria, la più forte di tutti loro, non poteva morire.

Maria se la sarebbe cavata come qualche anno prima quando era stata operata alle tonsille e aveva avuto una perdita di sangue così copiosa che era stata la zarina stessa ad intimare al dottore di continuare l'intervento. Era stata la prova che le sue figlie erano portatrici sane di quel male terribile che lei aveva trasmesso ad Alessio. La prova tangibile e crudele che avrebbe reso le ragazze delle regine tristi e delle mamme colpevoli un giorno.

La famiglia si era adoperata per dare a Maria tutto quello che avrebbe potuto darle un po' di conforto e perciò fu la prima granduchessa celibe a dormire in un vero letto piuttosto che sulle brandine militari come erano state abituate le granduchesse fin da bambine.

Lily, Alessandra e le tre granduchesse ancora convalescenti si alternarono al capezzale della malata.

Ad Anastasia piaceva spazzolare i bei capelli della sorella maggiore, che si aggrovigliavano tutti quando Maria scuoteva la testa durante i suoi sonni agitati.

Intanto, mentre Maria lottava per la sua vita, in Russia si era costituito un governo provvisorio che ordinò a Lili di lasciare l'ex famiglia imperiale.

Prima di partire Lili andò nella stanza buia dove riposava Maria: la baciò sulle guance arrossate, la benedisse e uscì in punta di piedi.

Non si sarebbero mai più riviste.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Tobolsk, Siberia.

Nel giro di poche settimane i Romanov erano passati dall'essere una delle dinastie più gloriose della storia russa a dei semplici cittadini.

Prigionieri. . Trecento anni di storia spazzati via in un colpo.

Maria si annoiava in quella palazzina a due piani, lontano dalla sua amata San Pietroburgo, eppure aveva sempre un sorriso per i carcerieri e non si lamentava mai.

Potevano andare a Messa la domenica e i soldati erano abbastanza gentili e rispettosi con l'ex famiglia imperiale.

La terzogenita di Nicola era arrivata addirittura ad affermare: "Non mi dispiacerebbe restare qui per sempre!"

Il comandante e gli altri soldati semplici avevano ben presto scoperto quanto fosse piacevole conversare con quella ragazza sognante dagli incantevoli occhi blu.

Dopo essersi ripresa dal morbillo e anche dalla scarlattina la giovane Mashka stava sbocciando in tutta la sua bellezza. Secondo l'usanza russa, i capelli suoi e delle sorelle erano stati rasati in inverno perché, a causa della malattia e delle medicine, erano diventati flosci e spenti e cadevano a ciocche.

Anche Alexei aveva insistito per prender parte a quello strano gioco a cui erano chiamate le sorelle.

Trattenendo il fiato e facendo tutte le raccomandazioni del caso perché la testa del ragazzino non subisse nemmeno un graffio, alla fine, Alessandra aveva acconsentito.

Era stato buffo far delle foto con i loro crani rasati, con i loro visi che sembravano tutti uguali, come i capi dei manichini.

Maria, al pari delle sorelle, aveva sofferto nel vedere la sua lunga chioma castana afflosciarsi per terra ma poi si era fatta forza dicendosi che i capelli sarebbero ricresciuti: in fondo, quando Tatiana si era presa il tifo bevendo acqua contaminata durante la festa del trecentenario, aveva già subito quel trattamento per poi essere considerata, come sempre, la più bella tra le sorelle.

Soltanto quando i cappelli a larghe falde o le parrucche e i foulard non nascondevano quell'essere calva, la giovane granduchessa si ritrovava ad arrossire se, per caso, incrociava lo sguardo curioso di un soldato.

Poi i capelli avevano preso a crescere in morbide onde che le addolcivano il viso.

Sapeva che il suo desiderio di restare a Toblosk per sempre non si sarebbe avverato. Tutti i membri della famiglia si facevano ogni giorno più sospettosi; Olga, addirittura, aveva preso ad andarsene in giro con un coltellino e una pistola ben nascosti negli stivali. Come se li fosse procurati sua sorella non lo sapeva e temeva che Olga non avrebbe nemmeno saputo come farne buon uso: alla fine le preghiere di Nicola che l'aveva supplicata di disfarsene avevano avuto la meglio su qualsiasi colpo di testa.

"Vogliono trasferirci in un posto più sicuro!"

Annunciò, in un bisbiglio, un pomeriggio Tatiana alle sorelle. Le quattro ragazze si guardarono allarmate: Alessio si era fatto male mentre giocava con uno slittino e sarebbe stato impossibile trasportarlo.

"Papà deve partire. Forse presto. Vogliono portarlo a Mosca. Fargli un processo!"

La Governante portava quelle notizie telegrafiche, frammenti di conversazioni che riusciva a strappare tra i genitori e gli ufficiali.

Ad Alessandra non piaceva l'idea che la sua famiglia fosse separata di nuovo ma doveva decidere se seguire il marito in pericolo o restare e prendersi cura del figlio malato. E doveva decidere in fretta.

Alla fine decise di mettersi in viaggio con Nicola. Tatiana era abbastanza assennata e materna per prendersi cura del fratellino.

Olga era troppo depressa e nevrotica per accompagnarla e Anastasia era la migliore compagna di giochi per distrarre Alessio.

Avrebbe potuto chiedere a Maria, le sue gambe di partire assieme ai genitori ma non osava. Aveva preteso troppo da lei durante i giorni dell'abdicazione e la sua devozione aveva quasi ucciso Mashka.

"Una di noi deve partire con mamma e papà! Deve prendersi cura della mamma!"

Convennero le ragazze. Dopo una breve consulta, Maria si alzò decisa:

"Andrò io!"

Disse con fermezza. Le sarebbero mancate le piacevoli conversazioni con il commissario Pankratov e le gentilezze dell'uomo che si prodigava sempre per chiederle se avesse bisogno di qualche particolare favore.

Come il giorno della partenza si avvicinava, il cuore di Maria si colmava di dolore per l'imminente separazione. Lei ed Anastasia decisero di bruciare i loro diari per non lasciar tracce per i bolscevichi: i sogni di due adolescenti, i primi amori, i segreti...tutta la loro vita ridotta in cenere in pochi attimi.

E mentre il fuoco crepitava e anche gli occhi azzurri delle ragazze lanciavano fiamme, ricoperti di lacrime, i Romanov ebbero una certezza: Maria, la ragazza la cui nascita era stata una delusione, era diventata una donna coraggiosa pronta a sacrificarsi per la sua famiglia. Un solido pilastro di conforto e rassicurazione.

*** ***

Ringrazio quanti continuano a leggere questa storia e chiedo scusa per gli aggiornamenti così sporadici!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Sabato, 27 aprile 1918.

Maria e la zarina erano in lacrime mentre lo zar aveva una parola di incoraggiamento per le altre figlie che restavano indietro e per lo sparuto gruppo di domestici che aveva deciso di restare fedele ai sovrani.

Il giorno della partenza era arrivato. Alessandra pregò Pier Gilliard di salire in camera di Alessio per consolarlo.

Il ragazzo era a letto, con il viso affondato contro il cuscino: piangeva anche lui.

Non c'erano carrozze scintillanti ad attendere gli zar decaduti ma solo dei semplici carri: gli zar e Maria, dopo aver abbracciato ed essersi congedati da tutti, raggiunsero il cortile assieme al Dottor Botkin.

Prima di sedersi sul pavimento in legno del carretto, come una semplice contadina, gli occhi di Maria vagarono fino alle finestre dei piani superiori della palazzina di Toblosk: suo fratello, con un braccio attorno al collo di Pierre Gilliard che lo sosteneva, assisteva alla scena affranto.

La ragazza ripensò a tutte le volte in cui era stato ammalato, a tutte le volte che l'aveva intenerita con la sua voce cantilenante: "Mashka, prendimi!" E lei, con la forza di nonno Alessandro nelle braccia, lo aveva portato a spasso facendolo ridere.

Anche in quel momento avrebbe fatto di tutto per far tornare il sorriso sul viso pallido del fratellino. Alessio però se ne restava ad osservare con le labbra serrate e gli occhi gonfi di pianto e a nulla valse lo sforzo di Maria che, nonostante la morte che aveva nel cuore, si sforzò di ricambiare lo sguardo di Alessio con un sorriso disteso.


Faceva freddo, tanto freddo in Siberia. In quella stagione le nevi iniziano a sciogliersi e le strade erano fangose e non asfaltate : il viaggio fu tremendo.

Maria tremava tanto che, ad un certo punto, il dottor Botkin si sfilò la giacca per avvolgergliela attorno alle spalle. Ma le preoccupazioni della ragazza non erano per lei, per dove sarebbe andata a finire, per ciò che le sarebbe potuto accadere: le sue preoccupazioni erano tutte per la mamma.

Più volte si era ripetuta che Alessandra non avrebbe superato quel viaggio, che non avrebbe sopportato di essere separata da Alessio. La zarina se ne restava inerte, impassiva a tutto ciò che le accadeva attorno: durante le soste per far abbeverare e riposare i cavalli, Maria scendeva dal suo posto e si avvicinava alla mamma per sistemarle le coperte. Le sue dita erano gelate tanto che doveva strofinarle a lungo prima di riuscire a muoverle.

La stazione dei treni fu una sorta di miraggio.

Mosca. Sarebbero andati a Mosca.

Processo sommario! Che cosa significava, in nome del cielo?

Si chiese la piccola granduchessa durante il viaggio, nella cabina che divideva con Anna Demidova, la cuoca.

Ekaterinburg. Casa di detenzione speciale. . Una piccola palazzina requisita al mercante Ipatiev.

Era questa la nuova dimora degli zar. Qui, nella gelida Siberia, Maria dovette adeguarsi presto, nolente o volente, alla sua nuova vita da prigioniera.

Dormiva in camera con i genitori e quasi ogni giorno scriveva lettere alle sorelle.

Era in quegli scritti che poteva sfogarsi, che poteva liberare tutte le paure che non osava palesare davanti ai genitori già avviliti. Lei era lì per essere la loro forza.

"10 maggio 1918,

Care sorelle, caro Alexiei,

Abbiamo perso tutta la tranquillità di cui abbiamo goduto a Tobolsk. Qui, ogni giorno, accadono cose spiacevoli. I membri del soviet regionale ci hanno chiesto quanti soldi ognuno di noi avesse con sé e ci hanno fatto firmare un documento. Mamma e papà, come sapete, non hanno un soldo mentre io avevo i sedici rubli e i diciassette copechi che Anastasia mi ha dato per il viaggio. Hanno preso i soldi in custodia e ci hanno avvertiti che non saremo esenti da altri controlli.

Chi avrebbe immaginato che ci avrebbero trattato in questo modo dopo quattordici mesi di detenzione?

Speriamo che le cose migliorino...Miglioreranno di certo quando, finalmente, saremmo di nuovo tutti insieme.

La vostra Marie."

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


"Ogni volta che abbraccio lo zar, lo zarevic, le ragazze, la mia schiena è percossa da un brivido di terrore: è come se tra le braccia stringessi dei cadaveri."

"Voglio far presente al Babbo e alla Madre della Russia, ai ragazzi, che se io sarò ucciso da comuni assassini, specialmente miei fratelli contadini, tu zar di Russia, non aver paura e resta sul trono: i tuoi figli regneranno per altri cento anni. Ma se io sarò ucciso da nobili, le loro mani resteranno macchiate di sangue, i fratelli uccideranno i fratelli. Se saranno stati i tuoi parenti a provocare la mia morte allora nessuno della tua famiglia resterà vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal popolo russo"

Durante quelle settimane di detenzione, Nicola si era ritrovato a rimuginare, in maniera quasi ossessiva, su quella profezia inquietante che, un tempo, Rasputin aveva scagliato contro i Romanov.

Erano passati due anni esatti da quando il principe Felix, marito della cugina Irina, aveva assassinato il monaco e la Russia stava andando in rovina. E se quel folle avesse avuto ragione?

Questo dubbio lo tormentava soprattutto quando incrociava lo sguardo stanco di Alessandra, gli occhi limpidi di Maria e pensava agli altri figli lontani. Come avrebbe potuto proteggere la sua famiglia?

Loro erano rami di uno stesso albero e, se la pianta fosse stata sradicata dalle fondamenta, avrebbe trascinato con sé tutti quei rami.

Maria, con l'ottimismo dei suoi diciotto anni, aveva pensieri meno tetri di quelli del genitore, tuttavia anche lei, in quelle lunghe ore, si era ritrovata a ripensare a padre Gregory come non aveva mai fatto in quegli ultimi due anni.

Rammentava i pianti che lei e le sorelle avevano versato quando la notizia era giunta nel boudoir della mamma. Ricordava quel freddo giorno di dicembre, i funerali, i mormorii maligni e implacabili del popolo e degli aristocratici che avevano sempre mal visto la presenza di padre Gregory a corte.

Gregor Rasputin aveva fatto guarire il suo fratellino più di una volta. E questo per lei era sufficiente: forse poteva pregare per la sua anima, perché vegliasse sulla loro sorte così aleatoria.

Le incertezze di Maria, Alessandra e Nicola si diradarono in una giornata di maggio quando, finalmente, anche Olga, Tatiana, Anastasia e Alessio li raggiunsero ad Ekaterinburg.

Le ragazze erano molto provate. Olga era più depressa che mai, Tatiana conservava la sua solita dignità nonostante la gonna infangata per le stradine paludose e i trattamenti da comune plebea, Anastasia aveva perso il suo bellissimo sorriso e tutta la sua gioia di vivere.

Maria non esitò a cedere il suo letto ad Alessio per dormire interra, sulla pietra fredda, assieme alle sorelle.

Tuttavia c'era qualcosa che le altre ragazze non le dicevano. Era accaduto loro qualcosa: forse a Tobolsk, forse durante il viaggio ma nessuna delle tre osava farne parola.

Durante la navigazione sul piroscafo "Rus" alle granduchesse era stato impedito di chiudere a chiave le loro cabine. Durante la notte le guardie avevano cercato di molestare le spaventate e scioccate ragazze.

Fortunatamente, quegli uomini erano troppo ubriachi per poter far loro, veramente, del male.

Memore di quell'esperienza terribile, Olga inorridiva davanti agli atteggiamenti di amicizia che Maria intratteneva con le guardie anche ad Ekaterinburg.

La ragazza non esitava a mostrare i suoi album di fotografie e a chiedere delle famiglie dei carcerieri, proprio come faceva da bambina nel palazzo di Carskoe Selo.

Quando Maria sorrideva, i suoi occhi si illuminavano tutti, il suo volto era roseo e la sua risata così allegra e contagiosa che i soldati, che avrebbero dovuto essere gli aguzzini dei Romanov, si ritrovavano a ridere assieme a lei.

Tuttavia si trattava, per lo più, di uomini rozzi e ignoranti, che covavano un odio atavico verso il vecchio regime. Non era raro che si rivolgessero alle granduchesse con un linguaggio troppo colorito.

Un giorno, uno dei soldati rivolse ad Olga una tale ingiuria che la ragazza sbiancò. Maria, che aveva udito, non esitò a riprenderlo:

"Non siete disgustato da voi stesso quando usate delle parole così vergognose? Pensa di conquistare i favori di una donna ben educata con simili parole? Siate un uomo cortese e delicato e allora potremmo conversare con voi!"

Il soldato era diventato color porpora per la vergogna e anche Olga aveva assunto un colorito rosso, indispettita dall'audacia della sorella.

"Come, come puoi? Come puoi essere così amichevole con il nemico?"

L'aggredì poco dopo. Maria non ribatté: sapeva che quella sfuriata sarebbe servita ai nervi di Olga e, in cuor suo, l'aveva già perdonata.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Il 26 giugno, il giorno del compleanno di Maria, era finalmente arrivato.

Diciannove anni. Un tempo sarebbe stata onorata di festeggiamenti solenni a Carskoe Selo ma ora, nella remota villetta di Ekaterinburg, tutti gli eventi, soprattutto quelli lieti, sembravano passare in sordina per i Romanov.

Le granduchesse, fasciate nelle loro lunghe gonne nere e nelle camicette di seta bianca, anche quel giorno si erano dedicate ai lavori di casa: lavare il pavimento, rifare gli scomodi giacigli che fungevano loro da letti...Nella casa Ipatiev avevano, perfino, imparato a impastare il pane!

Maria si era accontentata degli auguri e dei modesti regali che la famiglia era riuscita a racimolare per lei. Erano tutti insieme e questo le bastava.

Eppure, aveva pensato in cuor suo, non le sarebbe dispiaciuto avere un dolce per il suo compleanno.

Ivan Skorokhodov, uno dei soldati incaricati di far da sentinelle ai Romanov, era particolarmente incantato da quella ragazza dai modi affabili e civettuoli. Erano quasi coetanei e lì, nella casa Ipatiev, non c'erano differenze di rango a frapporsi alla loro nascente amicizia.

Quel giorno di fine giugno decise di compiere un gesto avventato, audace ma pieno d'affetto per la bella Maria, sempre disponibile con tutti.

Le portò una torta in gran segreto. Il gesto era tanto inatteso, tanto voluto che la giovane prese Ivan per un braccio e lo tirò in uno spazio più appartato.

Voleva semplicemente elargirgli il suo grazie, senza malizia e forse un po' ingenuamente. Non voleva che la sua famiglia chiacchierasse di lei.

Già Olga mal tollerava l'eccessiva libertà che la sorella si prendeva con le guardie e anche Alessandra aveva preso a rimbottare la figlia con sussurri arrabbiati.

Non poteva nemmeno immaginare che un semplice gesto d'amicizia come una torta potesse scatenare il finimondo e causare tanti guai a lei e ad Ivan, due poveri infelici!

Il comandante Yurovsky, quello che li chiamava dispregiativamente "Cittadini Romanov" e che l'aveva ripresa duramente quando lei, per vincere la noia si era abbarbicata in giardino con un perentorio "Cittadina Romanov non si maltrattano le piante!", rimosse immediatamente Ivan dal suo incarico.

Maria fu, invece isolata dalla sua famiglia.

Olga e Alessandra erano quelle più deluse da lei, quelle che evitavano la sua compagnia.

E la terzogenita di Nicola II si sentiva rifiutata come un tempo. Una reietta della famiglia Romanov.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Ci erano voluti parecchi giorni ma, alla fine, sia Olga che la zarina avevano ripreso ad apprezzare la compagnia di Maria. Nella loro precaria vita da prigionieri reclusi sapevano di non poter permettere che altri malcontenti e incomprensioni li allontanassero.

La famiglia era sempre stata il loro punto di forza e i Romanov sapevano bene che, in quel momento, dovevano essere uniti più che mai.

Isolati dal resto del mondo, trincerati dietro a flebili speranze e a penose angosce avevano trascorso a casa Ipatiev quasi un altro mese.

I menscevichi sono alle porte di Ekaterinburg. Ci libereranno presto!

Esilio. Forse ci confineranno in Inghilterra.

Erano questi pensieri, la speranza di potersi ancora salvare, che spingeva tutti i membri della famiglia ad accogliere un nuovo giorno con crescente ottimismo.

Quando, però, le cose restavano immutabili e tutti i giorni si trascinavano avanti nella stessa apatia e nella stessa incertezza l'ottimismo fu, presto, sostituito dal pessimismo.

Quella domenica di metà luglio il sacerdote di Ekaterinburg celebrò la messa per i detenuti. Con sua grande sorpresa, durante la preghiera per i defunti, Maria e la sua famiglia caddero in ginocchio.

Gli dei in terra, gli zar della Santa Madre Russia che, come in un presagio funesto, si prostravano al loro imminente destino!

Tuttavia, il lunedì successivo, le ragazze si svegliarono di buon umore, riuscendo addirittura a scherzare tra loro mentre si inginocchiavano per spazzare il pavimento: indossavano le solite gonne lunghe e le semplici camicie di seta e i loro capelli, ancora corti, cadevano sulla fronte in maniera disordinata. Come erano lontani i fasti di Carskoe Selo!

Maria, stuzzicata dalle sorelle, aveva preso a vantarsi con la donna che le aiutava nelle faccende, della sua proverbiale forza.

"L'ho ereditata da nonno Alessandro. Riesco a sollevare Alessio con una mano soltanto! Sono una ragazza sana e forte, lasciate che vi aiuti di più!"

Proponeva sempre con un sorriso, dimostrandosi la Maria disponibile e generosa di sempre.

Se la terzogenita di Nicola aveva ritrovato il sorriso, nonostante le avversità, il piccolo Alessio e la zarina sembravano spegnersi giorno per giorno.

Lo zarevic non si era ancora, del tutto ripreso, dopo l'incidente con lo slittino e quell'atmosfera di tensione e di odio represso verso mamma e papà non facevano che renderlo ancora più insofferente.

Alessandra, sofferente di sciatica, sembrava aver perso completamente la voglia di vivere.

Yakov Yurovsky si informava, giornalmente, delle condizioni di salute dei due Romanov e Nicola rispondeva sempre cordiale. Anche lui viveva quella situazione con una sorta di rassegnazione cristiana.

Gli era rimasta solo una cosa per cui lottare, solo una da proteggere e da cui trarre forza: la sicurezza dei figli e il sorriso, ormai spento, delle sue quattro splendide ragazze.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


La mattina del 16 luglio 1918 il sole era sorto per essere testimone di una giornata come un'altra: c'era vento e faceva caldo ad Ekaterinburg.

Nel pomeriggio la zarina rimase in casa assieme a Tatiana pregandola di leggere per lei alcuni passi della Bibbia. Nicola prese con sé Olga, Maria e Anastasia per la consueta passeggiata in giardino.

Lo zar e le figlie si ritrovarono ad osservare l'alacre andirivieni di alcune formichine che procedevano in processione.

"Come sono indaffarate! Si stanno preparando per l'inverno!"

Aveva osservato Maria, chinandosi per guardarle meglio.

"Avranno un gran da fare! Chissà quante cose dovranno mettere da parte nella loro dispensa: lo sanno bene quanto è lungo e rigido l'inverno russo. Almeno non sono pigre come te, Mashka!"

Obiettò Anastasia, ritrovando un po' dell'antica impertinenza nei suoi modi, fattisi più maturi. La sorella le destinò una linguaccia.

"Chissà come sarà il prossimo inverno in Russia! Chissà se lo vedremo!"

Rifletté a voce alta Olga con la sua vena malinconica. Nicola si sentì pungere la schiena da tante piccole, invisibili, punture d'ago: gli sembrava quasi che la sua primogenita non alludesse affatto ad un possibile esilio ma a una fine più tragica per tutti loro.


**** ***

Quella sera, dopo cena, mentre la famiglia stava giocando a carte fu spiazzata dalla notizia che Leonid, lo sguattero e compagni di giochi di Alessio, avrebbe dovuto lasciare Ekaterinburg.

Uno zio malato aveva chiesto di lui!

Quella spiegazione data a precipizio insospettì i Romanov. Alessio fu il più contrariato e dispiaciuto nel veder andar via l'unico amico che avesse trovato tra gli Urali.

Tatiana e il Dottor Botkin andarono nell'ufficio di Yurovski per chiedere che il ragazzo potesse tornare.

"Leonid tornerà presto!"

Li ingannò e li persuase il comandante. Tutti furono sollevati alla notizia che Leonid, l'unico che era riuscito a far divertire Alessio durante le lunghe ore di prigionia, presto sarebbe tornato con loro. Con questo pensiero andarono a dormire.

*** ****

Fu un movimento brusco a svegliare Maria. Era buio pesto e Anastasia si era girata di scatto, finendole quasi addosso. Le due sorelle si accorsero che Olga e Tatiana si stavano già rivestendo.

"Papà dice di fare in fretta! Ci sono disordini in città e vogliono trasferirci...Per la nostra sicurezza, dicono!"

Spiegò Tatiana alle sorelle minori, mentre aiutava Olga ad abbottonare il suo corpino.

Sapevano che quello avrebbe potuto significare che presto, molto presto, sarebbero potuti essere liberi.

Con una strana euforia e un certo nervosismo addosso, le mani di Maria tremarono mentre stringevano i lacci del busto di Anastasia.

Erano bustini speciali ed era difficile portarli con una certa disinvoltura senza dare nell'occhio: dentro le ragazze avevano cucito i loro gioielli, le pietre preziose e i diamanti di cui non volevano essere defraudate.

"Li nasconderemo e li porteremo sempre addosso! Questo è l'unico modo per non farceli rubare!"

Aveva detto Alessandra alle figlie. Olga, Tatiana e Anastasia si erano occupate di quell'incombente compito quando erano rimaste indietro a Tobolsk: la madre si riferiva ai preziosi con il nome in codice di medicine.

Sul ballatoio del secondo piano, Nicola attendeva le figlie con Alessio in braccio: il ragazzino non poteva camminare da solo.

Le granduchesse rivolsero al genitore un sorriso sghembo, poi lui strinse a sé Maria e Olga, che gli erano più vicine e fece una carezza ad Anastasia e a Tatiana.

Le ragazze e Anna Demidova presero borse, cuscini e quant'altro sarebbe stato utile a rendere confortevole un probabile viaggio per Alessandra e Alessio. Anastasia portava in braccio Jimmy, il suo amato cane.

Quando sul pianerottolo notarono le teste imbalsamate di un'orsa e dei suoi cuccioli, Maria e Tatiana si fermarono e abbassarono la testa in una sorta di gesto di rispetto per quegli esseri viventi uccisi.

"Beh presto usciremo da questo posto!"

Nicola si rivolse ai familiari e alla poca servitù fedele con caustica esultanza.

"Da questa parte! Prima di metterci in viaggio dobbiamo scattarvi una foto!"

Li guidò Yurovski, facendo menzione alla sua precedente esperienza di fotografo. Probabilmente era solo una formalità, un modo per far sapere al nemico che lo zar e la famiglia imperiale stavano bene

Furono condotti in uno scantinato.

"Come? Non c'è nemmeno una sedia su cui sedersi?"

Chiese contrariata Alessandra. Yurovski fece portare, prontamente, tre sedie: su due presero posto gli zar, sull'altra lo zarevic.

Gli ultimi troni degli zar di Russia.

Le ragazze, il dottor Botkin, Anna Demidova, Maria e le sue sorelle si sistemarono dietro, in piedi.

Yurovski, con calcolata freddezza, dava loro disposizioni su come mettersi affinché la foto uscisse bene.

Poi uscì fuori. I prigionieri restarono in attesa mezz'ora: trenta minuti in cui si dissero ben poco anche se Alessandra violò la regola dei soldati, che avevano imposto loro di parlare espressamente in russo, e si rivolse alle figlie in inglese.

Quando sentirono i passi, che ritornavano, farsi sempre più concitati, il cuore balzò in gola ai prigionieri.

Erano le prime ore del 17 luglio.

Anastasia cercò la mano della sorella e la strinse forte. Poi i suoi occhi azzurri incontrarono quelli sgranati e ancora più profondi di Mashka.

I piattini di Marija.

Mentre la porta si spalancava Maria riuscì a regalare un sorriso ad Anastasia. L'ultimo sorriso.

L'ultimo sorriso di Mashka, l'ultimo angelo di Russia.

***** ***

Ringrazio quanti hanno seguito questa storia. Chi ha avuto la pazienza di recensirla, chi l'ha menzionata tra le preferite, seguite e ricordate...Chi non ha perso la voglia di leggere nonostante i miei lunghi ritardi.

A presto!

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