Soldier of Mind

di PaneBianco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Primo Incontro ***
Capitolo 2: *** Il Problema Irrisolvibile ***
Capitolo 3: *** Anime Legate ***



Capitolo 1
*** Il Primo Incontro ***



Il cuore sa bene come curare gli affanni della mente,
la mente non può riuscire a curare gli affanni del cuore.
Vito Giaquinto
 
Il Primo Incontro
 
L’erba sottile frusciava spinta dal vento, ondeggiava nella quiete mattutina, luccicava intrisa di rugiada e mi solleticava le gambe sottili. La sentivo fremere accanto al mio viso, la sentivo sussurrare con il bosco, danzare con le foglie, cantare con gli usignoli e colorare di verde la collina. Era come se la natura si fosse data appuntamento proprio quel giorno, intorno a me; come se sapesse che quel giorno sarebbe stato l’inizio. Tutta la natura sembrava impaziente che il tempo trascorresse. Impaziente che succedesse qualcosa, mentre io continuavo imperterrito a leggere il mio libricino di centotrentasette pagine. Ero appoggiato al tronco dell’albero più grande e nodoso della collina. Sfogliavo avidamente il mio avere per l’ennesima volta, come se volessi stamparmi in mente ogni singola frase, ogni singola parola, ogni singola emozione, ogni singolo pensiero. Il vento continuava a soffiare, sempre più forte, tanto che sentii dei brividi lungo la schiena. Ma non demordevo, la mia lettura era più importante di un altro stupido temporale estivo. Ero già sopravvissuto ad altre tempeste, niente mi avrebbe fermato.
Il sole cominciava a nascondersi dietro le nuvole, lasciandosi dietro un’ombra di oscurità, non troppo densa da fermarmi. Nella mia testa era un susseguirsi di immagini, di fatti, di promesse, di speranze, di sogni… Non mi accorsi neppure che sulla collina stava salendo qualcun altro. Erano tre bambini del mio villaggio e avevano circa la mia stessa età. La ragazza doveva essere la maggiore, perché stava incitando gli altri due a salire la collina senza distrarsi o fare sciocchezze. Era alta per la sua età, circa dodici anni, e molto magra, anche se non lo potevo dire con certezza, dato che portava un maglione largo dalla fantasia scozzese. Aveva i capelli molto scuri, legati in una coda alta e stretta. Gli occhi, da quel che potevo vedere, erano chiari, forse verdi, contornati da una paio di occhiali squadrati. Era abbastanza carina. In quel momento stava cercando di aiutare il più piccolo dei suoi fratelli a raggiungere una sporgenza, ma il bambino scivolò e cadde alla base della collina con un tonfo sordo. Lo guardai meglio e vidi che aveva in mano qualcosa. Forse era quello che gli aveva impedito di salire facilmente. Il bambino doveva avere circa otto anni, era molto paffuto e aveva delle braccia molto grosse. I capelli erano dello stesso colore della sorella, spettinati e dritti come spaghetti. A differenza di lei, però, il bambino aveva gli occhi più scuri e non sembrava entusiasta della gita sulla collina. Il terzo bambino, invece, era diverso da tutti e due. Aveva i capelli castano chiaro piuttosto lunghetti, con la frangia che gli ricadeva sugli occhi. Il viso aveva dei lineamenti abbastanza duri, anche se conservava le guance paffute come il fratello. Aveva gli occhi verdi come la sorella e non proferiva parola mentre saliva sulla collina. Portava uno zaino nero, che appariva molto pesante e arrancava sulla collina con fatica. Smisi di leggere il libro.
Più in giù la ragazza stava cercando di convincere il fratello a risalire la collina, con scarsi risultati.
—Avanti, Robert! Quando saremo arrivati in cima ti darò una caramella.—
—Non ne ho voglia, M. Perché non posso usare la bacchetta di mamma per arrivare in cima?—
Mi chiesi cosa volesse dire con “bacchetta”, ma non ci pensai troppo.
—Non dirlo neanche per scherzo. Sai bene che non puoi e, soprattutto, se ti vede qualcuno siamo nei guai. Ridammi la bacchetta di mamma!—
La ragazza si avvicinò minacciosamente e cercò di prendere il bastoncino che il bambino aveva in mano. Quella doveva essere la “bacchetta”, ma non capii cosa ci fosse di tanto pericoloso in quel minuscolo pezzo di legno.
Lo scoprii molto presto.
Quando i due cominciarono a tirare da una parte all’altra la “bacchetta”, quella emise qualche scintilla rossa da un’estremità. Non potevo credere ai miei occhi.
Mi strofinai le palpebre qualche volta, certo di aver avuto un allucinazione, cosa che mi capitava spesso in quel periodo. Una volta avevo visto che il cane del vicino mi fissava e cominciava a parlarmi. Un’altra volta il pasticcio di carne che la mamma stava cucinando prese fuoco da solo, come se non volesse essere mangiato. Per fortuna che odiavo il pasticcio di carne. In quel momento, però, tutto sembrava reale. Quando riaprii gli occhi dalla bacchetta uscì una luce gialla che si diresse proprio dov’ero io.
Mi mancò per poco, ma colpì il terreno poco distante da me proprio sopra la testa dell’altro bambino. Quello lanciò un grido e si aggrappò con forza a una roccia lì vicino. Vidi i suoi fratelli trattenere il fiato e lanciarsi occhiatacce. Il bambino sulla collina cercava disperatamente di tirarsi su e arrivare in cima, invano.
Fu allora che decisi di intervenire, lasciandomi dietro la calma tranquillità del mio libro. Mi avvicinai al bordo della collina, m’inginocchiai e tesi la mano verso il ragazzo. Vidi che mi guardò con gratitudine e afferrò la mia mano. Purtroppo, nonostante la mia enorme voglia di aiutare, non avevo calcolato che io non ero per niente forte. Tirai con tutte le mie forze, ma senza successo. Il ragazzo era troppo pesante per me. Lui intanto mi incitava e cercava di aiutarmi spingendo dal basso, ma le sue scarpe scivolavano sul terreno e io mi stavo avvicinando sempre più al bordo.
—Forse dovremmo lasciar perdere.— disse a un tratto guardandomi negli occhi. Vidi che aveva gli occhi di un verde quasi azzurro e le ciglia molto lunghe. Una spruzzata molto leggera di lentiggini sotto gli occhi li risaltava molto. E poi aveva quello sguardo di gratitudine che mi rese così felice da non mollare.
—No, posso farcela.— dissi rendendomi conto di non aver detto ancora niente.
Dopo di ciò, tutto fu molto confuso. Io cercai disperatamente di aiutare il ragazzo, ma lui perse la presa della mia mano e cadde all’indietro. La ragazza alla base della collina, strappò velocemente la “bacchetta” dalle mani del fratello e l’agitò come se volesse dirigere un’orchestra. In cambio, però, suo fratello smise di cadere e volò fino in cima alla collina, proprio accanto a me.
Io guardai sbalordito la ragazza che abbassava il bastoncino e riprese a salire. Non riuscivo a pensare lucidamente. Mi sembrava tutto un sogno. Avevo la bocca aperta e guardavo alternatamente i due fratelli che salivano e il ragazzo di fronte a me. Lui si avvicinò e mi tese la mano.
—Grazie per avermi aiutato. Io sono Malcolm, tu come ti chiami?—disse come se volare fosse la cosa più normale del mondo.
—I-Io sono… ehm.. Nym. Sì, sono Nym Halliwell.— balbettai ancora stupefatto.
La ragazza ci raggiunse. Mi rivolse uno sguardo severo, come se avessi anch’io intenzione di rubarle la “bacchetta”.
—E così hai visto tutto… Dovremo portarti da mia madre perché chiami quelli del Ministero e ti cancelli la memoria.— disse camminando avanti e indietro.
Io mi spaventai, quando mi resi conto che parlava con me.
—Cancellarmi la memoria?—
—Sì, eh… com’è che ti chiami?—
—Nym. Nym Halliwell. Tu chi sei invece?—
Lei si voltò a guardarmi con i suoi occhi verdi. Vidi che il suo viso era molto severo, come se avessi fatto di nuovo qualcosa di sbagliato.
—Non ha importanza ora. Andiamo, Nym Halliwell.—
Io non capivo più nulla. Scendemmo velocemente dalla collina e ci dirigemmo verso il paese. I due fratelli ci stavano dietro ridacchiando, ma non sembravano molto contenti.
Arrivammo davanti a una piccola costruzione in pietra, probabilmente la loro casa e ci sedemmo in giardino, o meglio, io mi sedetti in giardino con i due fratelli, mentre la ragazza correva a chiamare la madre. Io ne approfittai per riprendere a leggere il mio libro, anche se non riuscii a concentrarmi dopo l’accaduto.
—Allora Nym, dove vivi tu?— chiese Malcolm guardandomi.
—Io vivo di là, vicino al parco. Quella casa bianca con i fiori azzurri alle finestre.— risposi indicando la direzione.
Lui rimase un attimo pensieroso, poi annuì, come se avesse capito dove vivevo.
—Sì, ho capito. I tuoi genitori che lavoro fanno?—
—Mia madre è una sarta. Lavora nella fabbrica vicino alle serre, mentre mio padre è all’estero. Non lo vedo da Natale, ma comunque è un biologo. Studia le piante e gli animali. Qualcosa del genere.—
—Non ti hanno mai detto se uno di loro aveva dei poteri o una bacchetta come quella di mia mamma?—
Io rimasi di stucco dopo quella domanda. Non mi sarei aspettato niente del genere. Poteri? Bacchette? Ma dov’ero finito! Mi sembrava di essere in una di quelle favole che mi raccontava mia madre da piccolo.
—No, non mi ha mai parlato di cose del genere.—
Malcolm abbassò lo sguardo e sospirò come se fosse deluso.
Poco dopo comparì la madre dei tre fratelli. Assomigliava moltissimo alla ragazza, anche se aveva diversi capelli grigi e un’aria stanca e triste. Mi guardò con quell’aria severa che aveva anche sua figlia, poi disse, rivolgendosi alla ragazza:
—Sarà meglio informare subito il Ministero, prima che scoprano che sei stata tu a fare quell’incantesimo. Manderanno qui uno di loro per il ragazzo. La prossima volta state più attenti! Tutti quanti!—
Poi si girò e tornò in casa.
In quel momento un gufo attraversò il giardino e si posò sul tavolo. Era un bellissimo esemplare di barbagianni, aveva il piumaggio color caramello con sfumature grigie, grandi occhi gialli e una busta appesa a una zampa. Ci misi qualche secondo a capire che quel gufo aveva una lettera attaccata alla zampa. Sbattei più volte le palpebre, ma la busta non accennava a scomparire. Era sempre lì.
La ragazza la prese con un gesto veloce, l’aprì e la lesse tutta d’un fiato. I suoi fratelli la guardavano con ansia, come se si aspettassero chissà cosa.
Dopo qualche minuto sul volto le si disegnò un sorriso. I suoi lineamenti duri si rilassarono e il suo sguardo severo scomparve. Pensai che in quel momento era davvero bella. Che magnifico miracolo, il sorriso.
Si voltò verso di me e disse:
—Non c’è nessun problema con il Ministero. Hanno scritto che sta arrivando un loro rappresentante per parlarti. Vuol dire che anche tu sei dei nostri. Benvenuto nel nostro mondo, Nym Halliwell. Io sono Minerva McGranitt.—






 
Nda:
Ciao a tutti! Eccomi tornata con questa storia.
Anticipo già che è una mini-long di tre capitoli incentrata sul personaggio di Nym.
Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito e che continuerete a seguire il resto della storia.
A presto,
Leti.
PS: come ho scritto nell'introduzione: "Questa storia partecipa al contest "OC mania!" di ColeiCheDanzaConIlFuoco"

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Capitolo 2
*** Il Problema Irrisolvibile ***


Il Problema Irrisolvibile 
 
—Nym sveglia! Alzati! Facciamo tardi a lezione! NYM!!—
Apro gli occhi, rendendomi conto di aver appena sognato per l’ennesima volta il mio primo incontro con Minerva. Il ricordo è ancora così vivido che potrei descrivere perfettamente ogni piccolissimo dettaglio di quella giornata. Purtroppo, il mio compagno di stanza Edward non la pensa così.
—Mi alzo, mi alzo. Per Merlino quanto sei fastidioso!—sbotto tirando le tende blu del mio letto a baldacchino. La mia stanza, in cima alla torre di Corvonero è illuminata da un fresco sole primaverile. Le tende di tutti i letti sono tirate, segno che gli altri tre sono già scesi a fare colazione. Solo Ed è rimasto ad aspettarmi, come ogni mattina.
—Scommetto che stavi ancora sognando la McGranitt, non è vero?—chiede cercando di pettinarsi i capelli biondi che, nonostante tutto, rimangono spettinati come se fosse continuamente colpito da folate di vento. Poi si volta a guardarmi con un ghigno malizioso. Io arrossisco un poco, tanto per farlo contento, ma, sinceramente, non mi vergogno di niente. Perché dovrebbe imbarazzarmi il fatto che Minerva sia la mia migliore amica? Ed pensa che prima o poi noi due ci metteremo assieme, ma non ha ancora capito che siamo solo amici.
—Piantala, Ed! Ti ho già detto che io e Minerva siamo solo amici.—
—Quindi l’hai sognata di nuovo, Mr. Sognatore?—
Io esito e gli rivolgo un’occhiataccia, anche se, dopotutto, ha detto la verità. Sul suo viso si apre un sorriso e scoppia a ridere compiaciuto.
—Sì! Lo sapevo che la stavi sognando di nuovo, Nym. Cerchi di nasconderlo, ma non ci riesci. Sei un pessimo attore. —
E con questo se ne va in bagno. Io comincio a vestirmi, pensando di nuovo al mio sogno. Ricordo ancora il suo sguardo e il suo sorriso. Quando ho stretto per la prima volta la sua mano e ho avvertito che da quel giorno non sarei più stato lo stesso.
Da quel giorno ho scoperto di essere un mago. Tutto è cambiato quell’estate: i miei programmi, i miei sogni, i miei pensieri… Tutto. Scoprii che Minerva era di un anno più grande di me e apparteneva alla casa di Grifondoro. Rimasi un po’ deluso quando il Cappello Parlante mi assegnò a Corvonero. Non volevo vederla solo ai pasti e nei rari fine settimana liberi dallo studio. Mi ricredetti il mattino dopo, quando, appena svegliato, trovai Edward Debney, il mio compagno di stanza, che mi fissava. Gli chiesi se aveva qualcosa che non andava, ma lui si limitò a dirmi:
—Sembri un elfo domestico.—
Io, che non capivo se fosse matto o altro, gli chiesi cosa intendeva e lui mi mostrò una fotografia animata (sì avete capito bene: la fotografia si muoveva) della sua famiglia. Mi indicò un piccolo esserino che, nella foto, gli arrivava al petto e mi disse che avevo gli occhi della stessa misura. Ho sempre pensato di avere gli occhi un po’ troppo grandi rispetto al normale, ma non grandi come delle palline da tennis. A parte gli occhi, non ho molto di speciale. Capelli castani, gambe e braccia magre, basso di statura e occhi marroni… niente di che.
Ed, però, da quel giorno cominciò a dire che dovevamo avere dei nomi in codice se per caso dovevamo dirci qualcosa di importante (e in sei anni non ho ancora capito cosa intendesse per “importanti”). Così il suo nome in codice diventò “Fico n°7” e il mio “Occhi a palla”… e non ho mai commentato la sua scelta su questo.
Scendiamo in Sala Grande per la colazione. Varchiamo la soglia certi di trovare solo gli ultimi ritardatari del giorni, visto che mancano solo dieci minuti alle 9. In compenso la Sala Grande è gremita di studenti urlanti. Ci metto qualche secondo a realizzare che oggi è sabato e non ci sono lezioni. Faccio per girarmi verso Ed, ma lui è già corso via verso un gruppetto di ragazze di Tassorosso. Sono sempre stato al corrente del fatto che Ed faccia impazzire le ragazze, ma credevo che almeno non mi avrebbe lasciato in mezzo alla Sala Grande come un perfetto imbecille. Devo ricordarmi di dirglielo.
A un tratto sento che una voce familiare mi chiama.
—Nym! Ehi Nym. Vieni a sederti con noi oggi.—
Mi volto verso il viso familiare di Minerva e le sorrido. È seduta vicino ad alcuni suoi compagni di casa, mentre di fronte a lei siede Malcolm, suo fratello. Sicuramente stanno parlando della partita di Quidditch che deve iniziare.
Li raggiungo e mi siedo accanto a Minerva. Lei mi guarda un po’ perplessa.
—Come mai ti sei messo la divisa?—
Io abbasso le sguardo imbarazzato.
—Ed mi ha fatto credere che oggi avevamo lezione. Prima o poi dovrò smetterla di fidarmi di lui.—
—Hai ragione. Comunque, farai il tifo per noi oggi, vero?— chiede guardandomi con il suo solito sguardo severo.
—Come sempre, M. Posso avere del pane tostato ora?—
Lei mi passa il pane con un sorriso, poi si rivolge a Malcolm.
—Malcolm, tutto bene?—
Il ragazzo sembra stia dormendo sul tavolo. La testa sorretta da una mano e i capelli spettinati stanno per finire nel piatto di uova e pancetta che ha davanti. È strano che sia così calmo, di solito è sempre allegro e conversa volentieri.
—Sì, certo perché non… yaaawn— dice, interrompendosi per sbadigliare rumorosamente.
—Cosa hai fatto ieri sera?— gli chiede Minerva guardandolo severamente.
—Ho studiato per i GUFO. Qualche problema?—
Dopo di che ricomincia a fissare il suo piatto di uova e pancetta, come se fosse qualcosa di molto interessante.
 
 
Siamo appoggiati al parapetto sugli spalti del campo di Quidditch. Edward e Malcolm sono accanto a me, mentre la partita sta iniziando. I Serpeverde sono dalla parte opposta del campo e stanno già cantando “inni” alla loro casa. Il sole splende nel cielo, tempo perfetto per una partita di Quidditch.
—Gioca anche la tua amica Minnie?— mi sussurra Ed all’orecchio.
Io gli lancio un’occhiataccia e guardo con la coda dell’occhio se Malcolm ha sentito. Non reagisce.
—Non chiamarla così, Ed.—
—Perché? Non vi siete ancora dati dei soprannomi? Io per te proporrei “Occhi a palla”— e scoppia a ridere. Decido di lasciarlo perdere, perché tanto, qualsiasi cosa dica, non cambierà mai idea. Ed è anche meglio così.
All’improvviso un fischio improvviso si propaga per il campo e la partita incomincia.
La pluffa viene subito catturata dai Cacciatori di Grifondoro, tra cui Minerva. Sorvolano il campo a bassa quota, mentre mettono in atto qualche strategia già premeditata. Minerva e un tizio di nome Charles si passano la pluffa, mentre due Cacciatori di Serpeverde cercano di bloccare loro la strada. A un certo punto uno di loro riesce a deviare il lancio di Charles e si impossessa della pluffa. I Cacciatori Serpeverde si dirigono verso i tre anelli di Grifondoro. Un battitore cerca di fermarli lanciandogli contro un bolide, ma il Cacciatore riesce a schivarlo. Arriva davanti alla porta, tira e il portiere di Grifondoro riesce a pararla!
Un boato di disappunto esplode dalle tribune dei Serpeverde.
Mi riesce un po’ difficile seguire la partita con precisione, perché i giocatori si confondono moltissimo, anche con la luce del sole.
Malcolm, invece, guarda tutto con un favoloso binocolo regalatogli da sua sorella. Lo osservo mentre incita la sua squadra. La sciarpa di Grifondoro gli svolazza attorno al collo, mossa dal vento creato dal passaggio dei giocatori.
A un certo punto si volta verso di me.
—Vuoi provarlo, Nym — dice porgendomi il binocolo.
—No, no. Usalo tu. Riesco a vedere anche così.—
—Sei sicuro? Guarda che per qualche minuto posso anche farne a meno.—e mi sorride come quella volta sulla collina. I suoi occhi, verdi come quelli di Minerva, brillano. Non mi sono mai accorto di quanto si somigliano i due fratelli. Sono gentili, simpatici, a volte un po’ inflessibili, ma comunque di buona compagnia. Riescono a farti divertire anche con uno stupido scherzo da quattro soldi e non ti stanchi mai di stare con loro. Poi, dato che viviamo nello stesso villaggio, ci vediamo anche d’estate. È bellissimo.
—No, Malcolm. Guardo la partita così.—
Poco dopo, un battitore di Serpeverde riesce a colpire Minerva con un bolide. Non riesco a capire dove l’ha colpita, ma vedo che lei perde quota rapidamente. Infine, quando tocca terra, si accascia al suolo tenendosi una mano sulla testa.
—NO! Merlino! Che stronzo!—comincio a urlare insieme a tutta la tribuna Grifondoro.
Intanto la partita continua ad andare avanti come se nulla fosse. Riesco a vedere il capitano di Grifondoro fare segno all’arbitro di fare una pausa. Dopo qualche minuto questo fischia e la partita s’interrompe.
Malcolm si alza subito e annuncia che  va a controllare come sta sua sorella.
Ed, invece, ne approfitta per farmi uno dei suoi soliti discorsi da imbecille.
—Quindi non ti piace McGranitt, non è vero Nym?—
—No, Ed, non mi piace. È la mia migliore amica. Non posso essere preoccupato per lei?—
—Ma tu sei sicuro sicuro che sia solo un’amica?—
—Ti ho già risposto mille volte a questa domanda.—
—Secondo me tu menti.—
—E tu sei estenuante.—
—Non c’è niente di male se ti piace la tua migliore amica, Nym.—
—La smetti?—
—Quindi ti piace McGranitt?—
Di tutta risposta, io mi allontano da lui e mi appoggio al parapetto. Comincio a pensare che la mia mente mi stia giocando brutti scherzi. Continuo a pensare a quella persona. Continuo a guardarla. Continuo a sognarla. Possibile che io mi sia innamorato? Sì, Nym, non l’hai ancora capito? Risponde una vocina nella mia testa. E in questo momento vorrei urlare al mondo che… Sì, per Merlino, sì. Mi piace McGranitt e non riesco a non pensarci. Ed non fa che aggravare questa situazione continuando a farmi sentire diverso, esposto, uno schifo. E non se ne rende conto, perché lui non lo sa. Nessuno lo sa.
Non riesco nemmeno ad ammetterlo a me stesso, figurarsi se riesco a dirlo a lui. E soprattutto… non riesco nemmeno io ad accettarlo. Nessuno mi accetterebbe.
In quel momento, vedo Malcolm tornare di corsa verso di me. Sento un brivido lungo la schiena e ho un brutto presentimento.
—Nym presto vieni! Minerva è svenuta. Non può continuare la partita. La stanno portando in infermeria. Andiamo!—
Ho paura. Perché in tutta questa situazione c’è un problema irrisolvibile: sono innamorato di McGranitt, ma il suo nome non è Minerva.

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Capitolo 3
*** Anime Legate ***


Anime Legate
 
Sono seduto accanto al letto di Minerva in infermeria. In questo momento sta dormendo perché, come ha detto Madama Chips, un trauma cranico, sebbene lieve, ha comunque danneggiato la testa. Le hanno sciolto i capelli per appoggiarle del ghiaccio sulla fronte. È un po’ pallida rispetto al solito e ha una strana espressione sul viso. Le luci leggermente offuscate delle lampade illuminano la stanza di un bagliore sinistro. La luna piena brilla fuori dalla finestra, contornata da stelle luminose.
Mi sento stanco dopo questa giornata e non solo perché sono stato qui tutto il giorno con la mia migliore amica. Ed non fa che ripetermi sempre le stesse cose e le mie capacità di recitazione si stanno via via indebolendo. Cerco di proteggere la mia mente e i miei sentimenti, ma non  faccio che aumentare la mia infelicità. È come se più scuse accumulo, più sento che la mia mente si riempie. E alla fine scoppierà.
Quando per caso incontro Malcolm, la mia mente si svuota. Penso, ma i miei pensieri non mi pesano e la mia mente è più leggera. Purtroppo non posso comandare al mio cuore di smetterla perché, anche se riesce a curare la mente, lui stesso è malato.
Mi sento così male in questo momento, come se ogni barriera stia per spezzarsi. Cosa direbbe Minerva di me? Non credo mi accetterebbe. I miei genitori, quando capitava di parlare di coppie “diverse” (come le chiamavano loro), esprimevano con forza il loro disappunto e disaccordo. Non penso che nel mondo dei maghi sia poi così diverso.
Sento che la porta si apre silenziosamente e qualcuno entra nella stanza. Mi si ferma il respiro quando vedo che è lui.
—Ciao, Nym. Come sta Minerva?— chiede sorridendomi.
—Non si è ancora svegliata. Madama Chips ha detto che si deve riposare per qualche giorno, anche se le ha dato qualche pozione, credo.—
—Oh…va bene. Ma non hai ancora mangiato, tu?—
—No, sono rimasto qui dal pomeriggio. Non sono sceso a cena.—
—Se vuoi sto qui un po’ io con lei. Vai a mangiare qualcosa.—
—No, grazie. Non ho fame, davvero.— dico, ma vengo tradito dal mio stomaco che brontola.
—Dai Nym! Non puoi non mangiare. Minerva non scappa, sai?—
—Grazie Malcolm, ma no. Resto qui.—
In quel momento Minerva emette un sospiro, come se voglia dire qualcosa. Io e Malcolm ci avviciniamo per sentire meglio.
—Andate.— dice in un sussurro —Andate tutti e due.—
Noi ci guardiamo sorpresi, ma Minerva non aggiunge altro. Ci allontaniamo da lei e usciamo dall’infermeria.
—Hai già mangiato?— chiedo io, mentre scendiamo le scale diretti in cucina.
—No, mi sono attardato a studiare per i GUFO e quando mi sono accorto che era tardi sono venuto subito qui.—
—Come vanno i tuoi studi?—
—Non male, anche se Minerva dice che sono indietro.—
—Minerva dice a tutti che sono indietro con lo studio.—
Dopo di che, piombiamo in un silenzio imbarazzante. I passi che risuonano sul duro pavimento di pietra e le lampade che mandano una luce tremolante danno al castello un’atmosfera inquietante.
—Ma come facciamo a mangiare se hanno già sparecchiato tutto?—
Lui mi guarda con un sorrisetto.
—Io e Robert abbiamo scoperto un passaggio segreto per la cucina qualche mese fa.—
—Wow! Non sapevo ci fossero passaggi segreti nella scuola.—
—Per forza non lo sapevi… sono segreti.— dice ridacchiando.
Mi accorgo che parlando siamo arrivati davanti a uno strano quadro dipinto a olio. Malcolm allunga la mano e tocca la pera dipinta. Non capisco se la stia grattando o le stia facendo il solletico, ma poco dopo si apre una porta di legno.
Entriamo e ci ritroviamo nelle cucine dove decine di elfi domestici sono accovacciati su un tappeto.
—Non potremmo stare qui.—
—Oh, zitto Nym. Non vorrai mica morire di fame!—
Detto ciò, chiama un elfo domestico che evidentemente conosce e gli borbotta qualcosa all’orecchio. Questo gli fa un inchino e corre via come un razzo.
—Cosa gli hai detto?—
—Solo ciò che deve preparare. Sai che ti assomiglia un po’? Avete gli stessi occhi.—
—Lo dice sempre anche Edward…—
—Edward?—
—Sì, il mio compagno di casa.—
—Ah sì. Quello che sta sempre con le ragazze di Tassorosso?—
—Sì, lui.—
In quel momento, due elfi domestici fanno la loro comparsa con due piatti di carne e patate. Li appoggiano su un bancone di legno e ci fanno segno di sederci. Ci sorridono come se avessimo dato noi a loro il piatto di carne.
Io e Malcolm ci sediamo e cominciamo a mangiare in silenzio. Il piatto è delizioso come sempre. Gli elfi domestici sono i migliori.
—Senti, Nym… come sono andati i tuoi GUFO, l’anno scorso?—
—Abbastanza bene. Sono stato promosso in tutto, anche se non ho continuato alcune materie.—
—Sono un po’ agitato. Ho paura che se non passo tutti gli esami, Minerva mi farà uno dei suoi soliti discorsi.—
—Non ti preoccupare. Minerva sa bene che non tutti possono essere bravi come lei.—
Ritorniamo a mangiare la nostra cena in silenzio. La mia mente ancora in subbuglio mi sta urlando di dire qualcosa, di provare a capire se potrebbe funzionare. Continua a volare altrove, in un tempo in cui sono felice e non ho paura di mostrarmi agli altri. Dove le persone accettano quello che sono e dove Malcolm è come me. Comincio a fantasticare su come sarebbe la mia vita con questo piccolo dettaglio in più. Immagino le giornate nel nostro villaggio. Minerva che ci sorride e finge di sgridarci perché abbiamo fatto qualcosa di sbagliato. Sdraiati sulla collina del nostro primo incontro a guardare le stelle, con il mio libretto aperto sulle gambe e le mani unite. Il vento che ci scompiglia i capelli, invece della confusione che mi scompiglia la mente. E una stella cadente passa proprio sopra le nostre teste, testimone della nostra felicità.
—Nym, avrei una domanda da farti.— dice Malcolm interrompendo le mie fantasie.
—Sì?—
—Ti piace mia sorella?—
La realtà mi piomba addosso come una grossa pietra e mi schiaccia con tutto il suo peso. Guardo Malcolm negli occhi, nei suoi occhi verdi. Vedo che è serio, che vuole sapere la verità. Sento il mio cuore che accelera il battito. La mia mente che vuole scoppiare. Le mie labbra che fremono. Le mie mani che sudano.
Tutto mi sta dicendo di rispondere a quella domanda e dire che io non amo Minerva, ma è difficile. Ho paura che rovinerei tutto. Come mi guarderebbe Malcolm, sapendo che sono innamorato di lui? Cosa mi direbbe poi? Forse non mi rivolgerebbe più la parola. Mi direbbe che sono un mostro e non devo più stargli vicino.
Il mio cuore invece mi dice che devo buttarmi, devo reagire. Non può sopportare altri segreti dal peso troppo grande.
—Forse un po’… ma è la mia migliore amica.—
Non ho il coraggio di buttarmi. So che Malcolm al posto mio l’avrebbe fatto, ma io non sono un Grifondoro.
 
 
Più tardi, prima di andare a dormire, rileggo ancora una volta il mio passo preferito del mio libretto intitolato: “Le più belle frasi della Bibbia”:
“Quando ebbe finito di parlare a Saul, l'anima di Gionathan rimase legata all'anima di Davide, e Gionathan l'amò come l'anima sua. […] Gionathan fece quindi un patto con Davide, perché lo amava come la sua anima. Poi Gionathan si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide, e vi aggiunse pure le sue vesti, la sua spada, il suo arco e la sua cintura.”








 
Note finali:
Ciao a tutti! Volevo spiegare alcune cose prima di finire definitivamente questa storia e sarebbe anche ora.
Prima di tutto il titolo. Per questo ho due spiegazioni:
1-Il nome “Nym” deriva da un’opera di Shakespeare ed è un soldato del re Enrico V. Per questo ho scelto “Soldier”.
Poi tra le caratteristiche delle persone con questo nome, c’è il fatto che sono molto introspettive, vivono nella mente e non sono molto aperte. Per questo ho scelto “Mind”.
2-Il titolo stesso “Soldato della mente” è basato sulla persona che è Nym.
Come dice lui stesso nel terzo capitolo (e come si deduce dagli altri) tende a proteggere i suoi pensieri e sentimenti dagli altri per paura che non lo accettino.
Per questo lui è il Soldato della sua stessa mente, protettore dei suoi sentimenti.
Potrei dire che invece di intitolare questa storia con il suo nome, ho scelto di scrivere quello che è.
Un’altra cosa: I nomi dei fratelli e alcune caratteristiche di Minerva le ho prese dalla sua biografia su Pottermore (che consiglio a tutti di leggere perché è stupenda).
Pensavo di scrivere qualcosa di originale, ambientando la storia negli anni in cui Minerva è a Hogwarts.
Infine voglio ringraziare la giudiciA per aver indetto questo contest fantastico, perché senza non mi sarebbe venuto in mente.
Ho in mente anche delle shot singole da scrivere (in cui succede qualcosa in più). So che molti forse penseranno che non può finire così, ma a parer mio è ancora troppo presto e potete considerare questa mini-long come una specie di introduzione.
Come ho detto prima ho in mente alcuni avvenimenti su Nym, sui quali vorrei scrivere.
Grazie ancora a ColeiCheDanzaConIlFuoco per il contest.
E grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a qua, avete avuto un bel po' di pazienza!

A presto,
Leti.

 

 

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