Intrigo alla corte del vicere

di Diana924
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Partenza ***
Capitolo 3: *** Madrid ***
Capitolo 4: *** Viaggio ***
Capitolo 5: *** Madrid ***
Capitolo 6: *** Sbarco ***
Capitolo 7: *** Madrid ***
Capitolo 8: *** Decisioni ***
Capitolo 9: *** Madrid ***
Capitolo 10: *** Il Tragitto ***
Capitolo 11: *** Madrid ***
Capitolo 12: *** Arrivo ***
Capitolo 13: *** Madrid ***
Capitolo 14: *** Cavalcata ***
Capitolo 15: *** Madrid ***
Capitolo 16: *** Il Ricevimento ***
Capitolo 17: *** Madrid ***
Capitolo 18: *** Parlarsi ***
Capitolo 19: *** Madrid ***
Capitolo 20: *** il convento ***
Capitolo 21: *** Madrid ***
Capitolo 22: *** Collocquio ***
Capitolo 23: *** Madrid ***
Capitolo 24: *** La donazione ***
Capitolo 25: *** Madrid ***
Capitolo 26: *** Partenza ***
Capitolo 27: *** Madrid ***
Capitolo 28: *** L'Hacienda di Vera Cruz ***
Capitolo 29: *** Madrid ***
Capitolo 30: *** Preparativi ***
Capitolo 31: *** Madrid ***
Capitolo 32: *** La festa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La stava baciando, e lei gli si aggrappava. Era così bella, con i capelli neri sciolti sulle spalle eburnee, che l’avrebbe amata altre mille volte solo per vedere di nuovo quei capelli muoversi, sembravano quasi vivere di vita propria. Lei era bellissima, anche in quel momento. La sua mano si spostò dalla sua schiena ai fianchi dopo aver indugiato sui seni e averle provocato un fremito, e stava per andare oltre quando qualcuno aprì la porta. Riuscì a rubarle un altro bacio appassionato prima che Juan e Blanca, che stringeva a sé Francisco, entrassero.

<< Tesori miei >> sua moglie si alzò, dopo essersi sistemata.

<< Madre, Francisco ha fatto un brutto sogno e ci ha svegliato >> rispose Juan. << Perché non avete avvisato Maria? >> << Juanito ha provato, ma Maria dorme, e non riusciamo a svegliarla, così siamo venuto da voi >> rispose Blanca, mentre saliva sul letto, seguita dai fratelli. Isabel sorrise mentre stringeva a sé la figlia. << Volete che vi racconti una storia? >>, anche se Juan aveva sedici anni lei lo trattava come un bimbo, o come un adulto, a seconda delle circostanze. << No, parlateci dei vostri viaggi >> a parlare era stato Juan, che si era seduto e l’abbracciava da dietro. << Va bene, mi nino, di quale viaggio? >> chiese lei, mentre la sua mano gli accarezzava i capelli, che erano come quelli di Ivan Sergeevic. << Del Messico, parlateci del Messico >> quasi urlò Blanca, stretta tra Manuél e Isabel. Isabel sorrise, e lasciò al parola a suo marito, ma poi ci ripensò.

<< Un racconto interessante tesoro. Allora, vediamo come posso cominciare. Eravamo tornati da pochi mesi da Berlino quando fummo avvisati che mio zio Pablo Juan Maria Cifuntes de la Conception era morto nella sua hacienda di Vera Cruz, che io avevo ereditato, e … >> << Di cui non mi avevi mai parlato >> la interruppe Manuél, sorridendo, ricordava ancora la sorpresa nell’apprendere che la moglie era ricca e di come la sua ricchezza fosse legata al suo Paese natio.

<< Come diceva vostra madre c’era questa eredità, ed era necessaria la sua presenza, così decidemmo di partire dopo avervi affidati a Maria come sempre >>.

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Capitolo 2
*** Partenza ***


La verità era che lo zio di Isabel, don Pablo Juan Maria, era morto dieci anni prima dopo aver passato gli ultimi trent’anni della sua vita chiuso in un monastero ad espiare un peccato di gioventù di cui nessuno ricordava nulla. Evidentemente nella famiglia Cifuntes vi erano diversi personaggi passionali e allo stesso tempo profondamente spirituali, almeno Manuél Volcos aveva pensato così quando Isabel gli aveva comunicato che suo zio era morto. << Per me era un estraneo, l’ho visto solo tre volte e ricordo solo quel penetrante odore d’incenso che lo seguiva ovunque andasse >> gli aveva rivelato lei, e non ne avevano più parlato.

Poi, dopo tutto quel tempo, era stata affidata loro un’altra missione, e precisamente in Messico. Erano appena tornati da Berlino e lui voleva solamente godersi la sua famiglia, ma sua moglie non era dello stesso avviso. Lui la comprendeva, e immaginava di sapere cosa pensasse, e quali fossero i pensieri che si susseguivano nella sua testa.

Lui avrebbe fatto quel che voleva lei, doveva farlo.

<< Accetteremo, sono anni che non torno in patria, accetteremo >> e lui aveva assentito. << Forse troverò la forza >> ma queste parole erano rivolte a se stessa e lui non aveva capito, ma gli erano sembrate importanti e si era ripromesso che l’avrebbe seguita anche in capo al mondo.

<< Quando dobbiamo partire? >> aveva chiesto lei, mentre si avvolgeva nello scialle. << Entro ottobre >> aveva risposto lui.

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Capitolo 3
*** Madrid ***


<< E quindi siete partiti per l’eredità dello zio? >> chiese Blanca, che stava combattendo contro il sonno per sentire la storia. << Assolutamente querida, e siamo partiti da La Coruna non appena ci è stato possibile, e la mamma non vi voleva lasciare >> le rispose Manuél, accarezzandole i capelli. << La mamma ha pianto molto quando abbiamo lasciato Madrid, ma c’ero io con lei, e … >> << L’avete consolata voi >> intervenne Juan, sarcastico.

Se Manuél fosse stato da solo probabilmente lo avrebbe preso a ceffoni o avrebbe lasciato la stanza infuriato. Ma non era da solo, era con sua moglie e con sua figlia, ed entrambe non gli avrebbero permesso di fare una di quelle cose. Per fortuna Isabel venne in suo aiuto. << Hai ragione Juanito, ero triste ma tuo padre mi ha consolata >>, vide distintamente Juan che storceva la bocca.

Manuél non era suo padre, e lei ignorava dove fosse Ivan Sergeevic e non lo voleva sapere, ma pensava che dopo otto anni suo figlio avesse compreso. << A la Coruna salpammo su una nave che si chiamava Trinidad e passammo tutto il tempo nella nostra cabina, perché i marinai dissero che viaggiare con una donna porta sfortuna e tuo padre decise di non lasciarmi sola per tutto il viaggio >> << perché le donne portano sfortuna? >> chiese Blanca, che sembrava essersi risvegliata.

<< Non lo so tesoro, so solo che dicono che portiamo sfortuna e che è meglio non viaggiare con una donna a bordo >> rispose lei. << Ma tu hai viaggiato su una nave >> << Si, e ho passato tutto il viaggio con lei, perché non volevo lasciarla >> fu la risposta di Manuél, che sorrise a sua moglie.

Avrebbe voluto baciarla e tenerla stretta a sé, ma non erano soli quella notte, ma con i loro figli, anche se Francisco e Blanca si stavano per addormentare.

Avvertì un peso sulle braccia, Blanca si era definitivamente arresa alle lusinghe di Morfeo. << Riportala a letto Juan, Francisco dormirà con noi questa notte >> disse al ragazzo, che prese in braccio la sorellina che dormiva. Juan per una volta ubbidì senza ribattere ed uscì dalla stanza.

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Capitolo 4
*** Viaggio ***


Era vero che le donne a bordo portavano sfortuna, ma Isabel non si era mai preoccupata di quella stupida idea, e di solito passava le giornate di viaggio girovagando per la nave.

Il giorno prima di partire erano stati raggiunti da una notizia che l’aveva lasciata inebetita.

Hans Hermann von Katte infatti era stato condannato a morte e si temeva per la vita del principe Federico di Prussia.

Isabel  non aveva pianto, non aveva gridato, non era svenuta. Era solo impallidita e aveva fatto capire a gesti a suo marito che voleva essere lasciata in pace per un po’. Lui l’aveva lasciata nella loro cabina e si era fatto un giro. Non ignorava quello che c’era stato tra Isabel e von Katte ma sapeva di meritarlo e per questo si comportava come se ne fosse all’oscuro.

Non appena suo marito aveva lasciato al stanza Isabel si era distesa sul letto. Aveva creduto che avrebbe pianto, ma non vi riuscì. Il dolore e la paura erano ancora più grandi di quanto il pianto potesse esprimere.

Katte era morto e Frederic, il suo Frederic rischiava di morire di lì a poco, forse era già morto. Lo aveva amato con una passione che credeva morta e aveva versato così tante lacrime quando era dovuta tornare in Spagna. Il loro amore era stato una pausa, un intervallo dorato nella sua vita e lei ne era stata sempre consapevole, sebbene alla fine se ne fosse scordata, proprio lei che aveva bisogno più di tutti di ricordare. Era rimasta sul letto, immobile, finché non aveva sentito la porta che si apriva lentamente.

Alzò al testa e vide suo marito che la osservava.

<< Non sapevo se stavi dormendo o se eri ancora sveglia >> si giustificò lui. << Non devi giustificarti, sei mio marito >> rispose lei; stava per alzarsi quando lui la fermò. << E tu non dovresti fare così. Ti ricordi? Era su una nave che è successo per la terza volta >> disse, ricordando quando sette anni prima si erano amati. << Lo ricordo, era tutto così bello, che mi parve eterno mentre ora vorrei che tutto questo finisse >> e lui rimase in silenzio, per poi annullare la distanza tra di loro con un bacio. 

Continuò a baciarla anche quando finirono sul letto. Continuò baciarla anche quando lei gli tolse la giubba e poi la camicia.  Continuò con i baci anche quando fu lui a privarla degli abiti, prima il bell’abito rosso, poi la camicia bianca di fine batista e infine le calze. Era un incontro di corpi, come se due esseri disperati si fossero incontrati e stessero cercando di non essere più soli, almeno per un po’.

Manuél non seppe dire per quanto tempo si amarono in quella maniera disperata, anche perché non appena terminarono si addormentarono profondamente e al loro risveglio l’unica cosa che videro fu l’oceano.

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Capitolo 5
*** Madrid ***


La sera dopo era stata Blanca a trascinare i fratelli di nuovo nella stanza dei genitori, nonostante le vivaci proteste di Juan.

<< Voglio sapere come va avanti la storia, voglio sapere >> disse non appena aprì la porta, e Juan le mise una mano sugli occhi per evitare che vedesse sua madre e suo padre che si stavano baciando appassionatamente.

<< Juan! Togli subito le mani dalla mia faccia! >> urlò Blanca e Manuél, quell’uomo che detestava con tutta l’anima, smise di baciare sua madre, la donna che gli era più cara. Juan aveva avuto alcune avventure con cameriere e sartine ma era certo che nessuna di loro avrebbe potuto sostituire sua madre, la sua splendida madre.

<< Cosa volete a quest’ora? >> chiese Isabel, mentre si ricomponeva e solo quando ebbe terminato Juan tolse le mani dal viso di Blanca che corse verso sua madre, mentre il fratello aveva in braccio Francisco, che stava per svegliarsi.

<< Voglio la storia, dovete continuare, sono curiosa! >> Blanca questa volta non riuscì a trattenersi e urlò, svegliando definitivamente Francisco che si mise a piangere. << ecco, l’hai fatto piangere! Sei contenta vero? >> sbottò Juan, prima di ricevere un ceffone da sua madre, che ne rifilò uno anche a Blanca. << Juan, non rivolgerti a tua sorella con quel tono, Blanca, non urlare >> li riprese Manuél, mentre la bambina si massaggiava la guancia offesa e Juan lo guardava stizzito. << Vostro padre ha ragione >> intervenne Isabel.

<< Allora, vostra madre e io sbarcammo a Vera Cruz con un giorno di ritardo a causa di una tempesta, e venimmo informati che essendo vostra madre l’unica erede era inutile venire, ma poi si parlò dell’hacienda di Zaragoza >> << Zaragoza? >> << Esatto. A quanto sembrava una zia di vostra madre, donna Eulialia Maria de San Sebastian era deceduta da poco e non avendo altri parenti all’infuori di vostra madre, e di un lontano cugino di cui s’ignorava dove abitasse era necessaria la presenza di vostra madre a Zaragoza il prima possibile >>.

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Capitolo 6
*** Sbarco ***


Isabel fu al prima a sbarcare, perché suo marito aveva ritenuto che fosse meglio per lei. Sua moglie sembrava al contempo radiosa e triste mentre dopo diciotto anni calcava di nuovo il terreno della sua patria.

Lui era sempre stato molto reticente sul suo passato mentre sua moglie si era lentamente aperta in quegli anni.  Anche perché c’erano tante cose di cui non poteva parlarle, come di quel pomeriggio di trent’anni fa. Se lo ricordava bene ma quello era un segreto che sapeva solamente lui, e non doveva saperlo nessun’altro.

<< Donna Isabel Maria? >> udirono una voce che la chiamava e si voltarono verso quella voce.

Videro un’anziana signora, maestosa e regale come una regina. I suoi tratti erano indios e aveva i capelli ormai bianchi. Indossava degli abiti semplici, ordinari ma il suo contegno era principesco. << Cercavate me? >> chiese Isabel e Manuél avvertì nella sua voce una sorta di paurosa deferenza verso quella dama ignota.

<< Isabelita, la mia Isabelita? >> chiese la donna, sorpresa e meravigliata. Isabel rimase in silenzio, poi corse verso quella donna. << Maria! >> e l’abbracciò con slanciò, mentre suo marito le osservava.

<< La mia bambina, come sei cresciuta e come sei bella piccola mia, guardati, sei uno splendore >> disse la donna, mentre si allontanava per osservarla meglio.

Quella mattina Isabel indossava il suo abito verde bordato di nero, una collana di smeraldi e aveva i capelli raccolti in una complicata acconciatura fermata con forcine e parure, un’autentica visione secondo suo marito e anche secondo quell’anziana signora.

<< Bimba mia, sei bellissima, ma dimmi, hai un marito? Dei figli? Bella come sei devono aver fatto al fila per sposarti, anche dopo quel fatto … >> ma venne interrotta da Isabel, imbarazzata. << Ho un marito e tre figli, di 15, 6 anni e l’ultimo ha appena 9 mesi. Loro sono rimasti a Madrid, ma mio marito è qui con me. Maria, ti presento mio marito, don Manuél Volcos. Manuél, ti presento Maria Azul, Maria è stata la mia governante quando ero bambina e vivevo qui in Messico  >> la interruppe Isabel imbarazzata, girandosi verso Manuél, che aveva ascoltato al conversazione con molto interesse.

E così quella era stata la governante di Isabel pensò lui. E c’era un segreto nella vita di sua moglie, che non doveva essere poi così segreto se quell’anziana signora lo conosceva.

<< Voi sareste suo marito?! Siete un bel giovane, e ditemi: siete un buon marito? E un buon padre? >> chiese Maria, avvicinandosi a lui, che si sentì a disagio.

<< E’ un ottimo padre Maria, fidati di me, ma perché sei venuta qui? Sono anni che non scrivo a casa >> chiese Isabel, intervenendo al momento giusto.

Quindi lei non aveva avvisato e la sua balia si trovava lì per caso, riflette lui. Ma il caso e le coincidenze non esistevano pertanto lei si trovava lì a Vera Cruz per un motivo preciso.

<< Ero qui per mandarti una lettera bambina mia. Tua zia Eulialia è morta, e ti ha nominata unica erede, ma donna Eulialia erano anni che era rincretinita, perdona il termine, e c’è un altro testamento che dice che dona tutto al convento di Nuestra Senora de la Asunciòn e quindi era necessaria la vostra presenza a Zaragoza >> profferì Maria, baciando la mano di Isabel. << Maria, io e mio marito ne parleremo, ma credo che acconsentirà >> le rispose Isabel. << Fate come desiderate, io riparto domattina >> e detto questo si congedò.

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Capitolo 7
*** Madrid ***


Blanca questa volta aveva aspettato e aveva bussato alla porta prima di entrare. Aveva trascinato con sé solo Juan perché Francisco stava dormendo e non era saggio svegliarlo.

Come le volte precedenti si era sistemata tra i suoi genitori e aveva atteso che sua madre andasse a controllare il suo fratellino prima di ricominciare con le suppliche. << Voglio la storia, voglio la storia, voglio la storia >> chiedeva, mentre si stringeva e suo padre e Juan stava parlando di qualcosa con la sua mamma.

Juan e Isabel avevano un rapporto molto forte, questo lo sapeva da sempre ma Juan non piaceva a suo padre, non piaceva a suo padre perché non era figlio suo e quindi non gli voleva come ne voleva a lei o a Francisco.

<< Allora, avevamo appena saputo della morte di vostra zia, e vostra madre sarebbe dovuta andare a Zaragoza per ottenere l’eredità che le spettava di diritto, ma ero determinato a non farla andare da sola, così la convinsi che anche la mia presenza era essenziale >> << E lo era? >> chiese Blanca. << No, ma vostro padre aveva così insistito che non me la sentì di lasciarlo solo a Vera Cruz, anche perché non sapevamo quanto tempo avrei dovuto passare a Zaragoza ed era la prima volta che lui lasciava l’Europa e visitava il Nuovo Mondo >>rispose Isabel.

<< Passammo la notte a Vera Cruz, e il giorno dopo, prima del mattutino, eravamo già pronti per la partenza >>. << E cosa avete fatto prima di partire? >> domandò Blanca, che stava cercando di non addormentarsi. << Abbiamo mangiato, ci siamo riposati e dopo avervi scritto una lettera siamo partiti >> le rispose sua madre, ma ormai la bimba non l’ascoltava più, immersa in un sonno profondo.

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Capitolo 8
*** Decisioni ***


Isabel aveva raggiunto Manuél che la stava osservando.

Poi lo aveva baciato con passione, lui le aveva risposto, e aveva fatto per metterle un braccio intorno alla vita, sapeva bene che lei odiava quel tipo di effusioni, specie in pubblico. E invece si era avvicinata maggiormente a lui, e lui aveva intensificato il bacio, incontrando scarsa resistenza da parte di sua moglie.

Si staccò da lei di malavoglia, anche perché aveva capito cosa voleva ottenere con quel bacio, e tacitamente aveva accettato. 

Isabel aveva quasi sempre un secondo fine, lui lo sapeva fin troppo bene.

<< Cosa vuoi? >> le chiese non appena si separarono. << Andiamo a Zaragoza Manuél, ti scongiuro, andiamoci. So che la nostra missione doveva svolgersi qui a Vera Cruz, ma dobbiamo andare. Sono quasi vent’anni che non vedo casa mia, ne ho il diritto. Te ne prego, eppoi la nobiltà messicana ha diversi interessi a Zaragoza, quindi li troveremo lì, stai tranquillo e non disperare amor mio >> dichiarò lei, mentre lui la teneva stretta a sé. << Riguarda tua zia? >> le chiese. << No, non la ricordo quasi per niente. Riguarda me Manuél, me. Devo farlo, devo >> fu la risposta di lei. << Riguarda quel fatto cui la tua governante ha accennato? >> le chiese, e sentì che lei stava piangendo silenziosamente. << Si, ma non posso rivelarti nulla, mi dispiace, lo vorrei tanto ma non posso >> disse tra le lacrime, nascondo la testa tra le sue spalle. << Isabel, amore mio e mia moglie, tutti noi abbiamo dei segreti, e se tu ora non vuoi, perché non puoi o non te la senti, rivelarmi il tuo a me sta bene. Ciò non vuol dire che smetterò di amarti perché per me è impossibile farlo, non chiedermelo nemmeno >> ribadì, prendendole il volto tra le mani e baciandola teneramente, poi le asciugò le lacrime mentre lei si rilassava sotto il suo tocco.

<< Cosa vuoi fare? >> gli chiese lei, mentre si stringeva a lui. << Per il momento cerchiamo un posto dove dormire, poi partiamo domani >> fu la risposta di suo marito, prima di baciarla un’altra volta.

Dormirono in una piccola stanza, in un letto comodo e che non oscillava come quello sulla nave. Quando Manuél provò a toccarla Isabel si ritrasse una prima volta ma alla seconda rimase ferma. Lui intuì che c’era qualcosa ma sapeva che in cambio del desiderio di lei di andare a Zaragoza lui quella sera avrebbe avuto la sua ricompensa. E l’avrebbe incassata fino in fondo.

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Capitolo 9
*** Madrid ***


Quella sera erano stati ospiti a corte per assistere all’inizio della stagione teatrale ed erano tornati tardi, almeno quattro ore dopo il vespro.

Manuél voleva solo passare una notte con sua moglie in pace com’era suo diritto di marito, ma non appena aprì la porta trovo Blanca che saltellava sul letto, e Juan che sembrava aver trovato i suoi romanzi francesi, da quanto se la rideva.

Isabel si avvicinò ai figli e si sedette sul letto. << Volete sentire di nuovo la storia, vero? >> << Io no, è stata lei a insistere. Non si regge in piedi eppure vi vuole sentire lo stesso >> obbiettò Juan, chiudendo il romanzo che stava leggendo. << Allora puoi anche andartene >> intervenne Manuél, duro. Odiava l’atteggiamento di quel ragazzo, che non era mutato in quegli anni. Sempre a ricordargli che lui non era suo padre e che lui sapeva qual’era la sua vita prima del matrimonio.

<< Non ho mai detto che voglio andarmene, Manuél >> rispose Juan, provocandolo, mentre si sedeva e Blanca correva verso di lui. << Perché hai chiamato nostro padre per nome? >> chiese la bimba. << Perché lui non è mio padre Blanca >> le rispose Juan, facendosi serio. Lei lo osservò ad occhi aperti. << E allora dov’è tuo padre? >> chiese. << Gradirei non parlare di questo, e  tu piccola mia non volevi sapere della storia? >> intervenne Isabel, conscia che la rabbia silenziosa che Juan provava verso Manuél stava divenendo un problema.

Quando lui era bambino loro due si bastavano e Manuél era importante come poteva esserlo un abito e un arredo. Tutti e due si burlavano delle sue amanti, fossero duchesse o servette, e degli amanti, fossero Grandi di Spagna o paggi, che si portava a casa.

Erano felici, prima che Manuél divenisse importante per sua madre e che questa lo sposasse.

Lei lo sapeva bene, e meglio ancora lo sapeva Manuél che ormai aveva rinunciato ad instaurare un rapporto con il marmocchio di Isabel, come lo chiamava appena otto anni prima.

<< Allora, la diligenza arrivò a Vera Cruz un’ora dopo il mattutino e io e vostro padre vi salimmo, diretti a Zaragoza. Ora lì le strade non sono come qui in Spagna, e in generale in Europa, così il tragitto che normalmente avremmo percorso in una sola giornata durò sei giorni >>

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Capitolo 10
*** Il Tragitto ***


Non erano abituati a quel tipo di viaggio, specie lui. Erano partiti di mattina presto su consiglio di Isabel, perché là il sole era più luminoso che a Madrid e non c’erano montagne sufficienti a ripararli specie vicino la costa, e gli suggeriva di viaggiare solamente nelle prime ore del mattino e fermarsi non appena l’aria iniziava a farsi pesante.

 Per questo lei aveva con sé un ombrellino di sete per proteggersi dal sole, lui invece non vi aveva pensato e voleva arrivare il prima possibile.

Il paesaggio era straordinario, così diverso dall’Europa e non gli ci volle molto per immaginarsi Isabel da giovane a cavallo per quelle terre che apparivano infinite.

Faceva caldo, molto caldo, eppure solo lui si lamentava.

Gli altri, una suora giovanissima, forse della stessa età di Juan, sedeva composta e nonostante i veli neri non si sventolava mai mentre c’era un uomo anziano che viaggiava con un’india giovanissima, e anche lui non si lamentavano mai.

Isabel aveva fatto subito amicizia con la suora, mentre l’uomo la trattava con alterigia, tanto che il secondo giorno Isabel si fece scappare: <<  E ho chiamato mio figlio Juan, come mio padre, don Juan Maria Cifuntes de la Conception, che Iddio l’abbia in gloria >>, lui si stava chiedendo ancora il perché di quell’affermazione quando l’uomo si era avvicinato a lei. << Voi sareste figlia di don Juan? L'alacde di Zaragoza? >> le aveva chiesto. << Si, era mio padre >> aveva risposto lei, sorridendo. << Non sapeva che avesse una figlia >> << Eravamo due sorelle, ora ci sono solo io. Mia madre era donna Maria Vitoria Real de Noy, figlia di don Hernando Real de Noy >>. << Non sapevo che avesse sposato un’india >> << Mia nonna nella sua tribù era una principessa, aveva quindi sangue reale. E poi fu un matrimonio felice >> rispose, guardando fuori dal finestrino.

Isabel era nipote di una principessa, Isabel aveva sangue regale nelle vene. Lei non gli aveva mai parlato del suo passato, e ora scopriva la cosa in una maniera che non gli piaceva.

<< Perché non me l’hai detto prima? >> le chiese quella notte, mentre erano nella stanza di quella locanda dove si erano fermati. << Cosa? >> gli domandò lei, sempre con lo stesso sorriso della giornata. << Di tua nonna, che sei una principessa >> aveva risposto, offeso. << Di mia nonna? E’ vero, ho sbagliato, ma non lo ritenevo importante. Non era la nostra nobiltà, la nobiltà indigena è diversa. Furono felici, ma io non ho sangue reale se ciò ti imbarazza. Mio nonno amava mia nonna, ma non appena seppe che uno dei suoi soldati si era invaghito di lei, e lei ne era lusingata, non esitò a ucciderlo davanti a lei. Siamo una famiglia particolare Manuél, passionali e mistici come questa terra >> rispose lei, baciandolo. << Allora amami Isabel, mia regina, amami nella passione e nel tuo misticismo, amami, mia moglie, mia amata, mia principessa >> rispose lui, buttandola sul letto e iniziando a toglierle le vesti.

Il sesto giorno, non appena furono vicini a Zaragoza Isabel fece segno al cocchiere di fermarsi. Scesero, e lui si rese conto che l’anziano signore aprì loro lo sportello, un gesto che non aveva mai fatto nei giorni precedenti, come se ora fosse un suo dovere morale aprire la portiera ad Isabel, anche se fino al giorno prima l’aveva trattata con arroganza.

<< E ora? Siamo qui, in mezzo al nulla, senza un mezzo! Davvero una bella idea Isabel, complimenti! >> urlò lui. << Abbi fede Manuél, abbi fiducia in me >> ripose lei, e si mise a scrutare l’orizzonte. Dopo un po’ si vide una nuvola di polvere, e un indio di circa trent’anni che guidava un calesse si avvicinò. << Mia madre me l’aveva detto che saresti arrivata, e io sono venuto a prenderti >> disse, smontando. << Pablo! >> urlò lei abbracciandolo. << Ma guardati, sei bellissima Isabelita, una donna >> disse lui, sollevandola e stringendola ancora di più << ora non potrai più scappare come quando mi rubavi i fiori >> rispose lei, ridendo spensierata. << No di certo, e l’uomo con te chi è? Il tuo segretario? >> chiese, ridendo a sua volta. Segretario. Lui, segretario. Questo era un autentico affronto, e sua moglie non faceva nulla.  << No, è mio marito, Manuél, ti presento Pablo, il mio fratello di latte. Pablo, ti presento mio marito don Manuél Volcos >>

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Capitolo 11
*** Madrid ***


Blanca non capiva perché tra suo padre e Juan ci fosse quell’odio. C’era sempre stato, fin da quando era piccola non ricordava altrimenti. Suo padre e suo fratello si odiavano e nonostante i tentativi del padre erano sempre più lontani.

Sua madre sapeva tutto e in privato ne soffriva, quante volte l’aveva vista piangere ma con loro si mostrava sempre serena. C’era anche quella volta che l’aveva stretta a sé chiamandola bambina amata tra le lacrime, era accaduto dopo il loro ritorno da Berlino. Lei non aveva capito ma si era stretta a sua madre spaventata. Ogni volta che vedeva suo padre sua madre smetteva di piangere e si mostrava lieta e felice di averlo accanto a lei.

Era stato così anche quel giorno, sua madre stava piangendo nel giardino, ma non appena aveva sentito i passi di suo padre si era asciugate le lacrime e si era dipinta sul viso un sorriso.

Quella sera voleva chiederle perché fosse sempre triste, ma poi la curiosità aveva avuto il sopravvento su di lei.

Invidiava Francisco che dormiva nella sua culla, lui si che non aveva problemi. Così anche quella sera era pronta ad ascoltare il resto della storia.

<< E così, sul calesse, arrivammo fino all’hacienda … >>  E com’era l’hacienda? >> intervenne lei. Suo padre le passò la mano tra i capelli e le diede un bacio, facendola stringere maggiormente a lui. Adorava suo padre e non capiva perché Juan lo detestasse. << La casa era bianca, e non aveva il tetto come qui in Spagna. C’erano tre piani e un grande balcone, dal balcone scendeva un roseto di stupende rose rosse, e intorno vi erano le terre della mia famiglia  >> rispose sua madre, mentre lei si perdeva nell’immaginare tutto quello splendore.

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Capitolo 12
*** Arrivo ***


Non appena scesero dal calesse, Isabel aiutata da Pablo questa volta, si ritrovarono ad ammirare la villa padronale. Manuél rimase a bocca aperta, e così era quella la casa dov’era cresciuta sua moglie. Era completamente bianca, doveva avere almeno tre piani e da un balcone scendeva un roseto di rose, stupenda rose rosse.

Isabel stava sorridendo, poi lo prese per mano ed aprì la porta. Subito videro diversi uomini e donne, sia indios che bianchi che si stavano dando da fare, pulendo e lustrando ogni singolo angolo di quella magione.

<<  Padrona! Venite, venite, donna Isabel è tornata! >> urlò Maria, prima di correre verso Isabel e inchinarsi come se lei fosse una regina, mentre la servitù s’inchinava. Manuél li osservò sorpreso, specie quando Isabel fece per aiutare Maria a rialzarsi e la donna rifiutò il gesto. << Venite, venite, voi e vostro marito sarete stanchi, vi abbiamo preparato la stanza del defunto don Juan, che Iddio l’abbia in gloria, su venite >> disse la donna, mentre li conduceva su per le scale. Arrivati al terzo piano si fermò davanti ad una porta e l’aprì, per poi congedarsi.

Manuél rimase incantato, ogni cosa in quella stanza denotava lusso ma anche la voglia di esibizione tipica dei parvenue, come il letto, con un baldacchino rosso e oro e degli intarsi.

<< Ti trattano come se fossi una regina >> disse a sua moglie, che si era distesa sul letto. << Per loro è come se lo fossi, capiscili, sono quasi vent’anni che non mi vedono >> rispose lei, mentre si muoveva sensuale sul letto. << Com’ha fatto Maria ad arrivare qui prima di noi? >> << A piedi, gli indios consocono sentieri che a noi sono sconosciuti per questo è arrivata prima di noi. Se la conosco bene, e se conosco bene Pablo domani avranno organizzato un ricevimento >> rispose lei, mentre lui abbandonava la finestra. << Un ricevimento? >> << Verrà tutta la nobiltà, e la gente che conta di questa provincia, ne sono sicurissima >> rispose lei, mentre lo osservava togliersi la camicia e rimanere a petto nudo. << Sei la loro regina, la mia bella Isabel, la mia regina >> disse Manuél, prima di baciarla.

Al piano di sotto Maria stava sgridando Pablo, << Cosa ti è saltato in mente di mancare di rispetto a don Manuél? >> non urlava perché sentiva distintamente i rumori che venivano dal piano di sopra. << Lui non mi piace, e se l’ha sposata, dopo quello che è successo deve certamente mirare ai soldi della padrona >> si difendeva lui. << Follie, e lo sai anche tu, donna Isabel non ha mai parlato del suo passato con suo marito, lui non sa nulla, né deve saperlo. La verità è che la tua devozione di servo ha ceduto il passo ad altro >> << E se anche fosse? >> << Non puoi, lei ti è superiore per nascita, è sposata e ha tre figli. I giorni in cui la trattavi con familiarità sono finiti da tempo. Trattala con rispetto e ricorda di rivolgerti a loro come donna Isabel e don Manuél >> << Lo farò, ma non cambierà niente tra noi >> << Non c’è mai stato un noi, e non potrà mai esserci, lei è innamorata, innamorata di suo marito, ficcatelo bene in testa Pablo Ruiz >> urlò Maria, prima di uscire dalla porta e lasciarlo solo con i suoi pensieri.

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Capitolo 13
*** Madrid ***


Juan era appena tornato da casa di Teresa, la sua ultima conquista, una cameriera della duchessa di Medinaceli, una ragazza in gamba, che per qualche spicciolo era sempre ben disposta a farsi baciare e toccare. Era appena entrato in casa che sentì una melodia. Seguendola arrivò fino al giardino e vide sua madre che cullava il suo fratellino Francisco. Sorrise, ma non capiva quelle parole, così si avvicinò di più, cercando di non fare rumore.

<< Si è addormentato, Juan, puoi stare tranquillo >>, sua madre riusciva sempre a scoprirlo. << Com’è andata con la giovane Teresa? >> chiese, lasciandolo di sasso. << Bene, ma come fate a saperlo? >> chiese a sua volta, intimidito da quella bella donna, sua madre, che si stava alzando in quel momento, con Francisco che dormiva tra le sue braccia. << Sono tua madre, è mio dovere saperlo >> rispose li, con un sorriso. << Madre, che lingua era con cui avete cantato a Francisco? >> chiese, divorato dalla curiosità. Lei gli rivolse un sorriso enigmatico. << E’ la lingua degli indios, la mia balia me l’ha insegnata, e cantava per me in questa lingua, e io l’ho fatto per voi, non ricordi Juanito? >> chiese, dispiaciuta.

 Juan ricordava quelle parole, ma per lui erano evanescenti e lontane, ricordava il loro suono, ma niente più, e dovette ammetterlo con sua madre, che scosse la testa, ma tra loro non c’erano segreti, non c’erano mai stati segreti. << E quindi in Messico avete parlato questa lingua? >> << Solo con la servitù, la nobiltà finge di non conoscerla ma si capiva che comprendevano quel che dicevo >> rispose lei, e proprio in quel momento Blanca e Manuél entrarono. La sua sorellina indossava un abito verde e aveva le trecce che giocavano tra i suoi capelli, facendola ridere mentre correva e saltava. << Blanca Maria, vieni qui, altrimenti sporcherai il vestito >> la riprese sua madre, e lei obbediente corse da lei.

<< Mi racconti la storia? >> chiese, mentre suo padre la prendeva in braccio, e Juan avvertiva distintamente la gelosia. Lui non aveva avuto un padre che lo prendeva in braccio, o che giocasse con lui. Dai suoi otto anni in poi c’era Manuél, ma avrebbe preferito essere separato per sempre da sua madre piuttosto che giocare con lui o farsi abbracciare da quell’uomo. 

<< Non preferiresti sentirla stasera? >> chiese Manuél, << No, perché dopo mi addormento, così ho deciso: voglio sentirla ora >> rispose Blanca, aggrappandosi questa volta a Manuél, che sorrise. << Va bene tesoro >> acconsentì sua madre.

Blanca era la prediletta di Manuél, da cui aveva preso gli occhi, quei begli occhi nocciola che Maria, la loro fantesca e una seconda madre per Juan, non si stancava mai di lodare.

<< Allora il giorno dopo andammo a cavallo per l’hacienda, ma devo ammettere che era immensa >> cominciò Manuél, e Blanca, ignorando sua madre, si sedette sull’erba per sentire con più attenzione.

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Capitolo 14
*** Cavalcata ***


Dopo aver fatto colazione, e aver sentito la Messa nel vicino convento di Nuestra Senora de la Mercedes, Isabel e Manuél avevano deciso di andare a cavallo. Entrambi erano ottimi cavallerizzi e Manuél era ansioso di vedere le terre di sua moglie, nonché sue.

Si erano recati così nella scuderia e avevano scelto due cavalli. Isabel montava all’amazzone con leggerezza e indubbia maestria, e l’abito che indossava quel giorno, marrone e bianco, metteva in risalto le sue forme ed era una gioia per gli occhi di suo marito, e segretamente anche di Pablo che l’aveva aiutata a montare in sella.

<< Non aspettarci per pranzo, torneremo però per il ricevimento >> disse, rivolta a nessuno in particolare, prima che lei e Manuél incitassero i cavalli e partissero.

L’hacienda aveva un’estensione discretamente vasta, tanto da dover essere percorsa in almeno cinque giorni, come riferì Isabel a suo marito, ma era così bello cavalcare con accanto la sua splendida moglie che Manuél dimenticò presto quel che lei gli aveva rivelato.

A Berlino aveva temuto di perderla, o di perdere il suo amore che per lui era tutto, e invece erano lì, nella sua città natia, nelle sue terre, e lei lo amava, lei lo amava ancora più intensamente se poteva essere possibile da credervi.

Verso mezzogiorno, quando ormai si stava facendo caldo e i cavalli erano stanchi si fermarono vicino un fiume e smontarono. Lui l’aiutò e sentì con piacere il corpo di lei contro il suo quando scese e furono vicini.

Il suo profumo era lo stesso, e se ne inebriò, come e più del solito.   Lei lo ringraziò con la sua solita grazia che la faceva apparire come l’abitante di un regno fatato, e si avvicinò all’acqua. Lentamente si bagnò il viso e le spalle, apparendo ai suoi sempre più sensuale.

<< Amore è un fumo levato col fiato dei sospiri; purgato, è fuoco scintillante negli occhi degli amanti; turbato, un mare alimentato dalle loro lacrime. Che altro è esso? Una follia discreta quanto mai, fiele che strangola e dolcezza che sana >>, asserì all’improvviso lui, ripetendo una delle frasi di “ Romeo e Giulietta “, una tragedia che Isabel amava molto.

<< M'ami tu? So bene che dirai "sì" e io accetterò il tuo verbo; però, se giuri, potresti riuscir falso: agli spergiuri degli amanti, Giove dicono ride >> rispose lei, citando la sua scena preferita, mentre lui si avvicinava.  Ma lei preferì sedersi sull’erba e stendersi ad osservare il cielo, e dimenticandosi per un attimo di non essere da sola.

<< Cosa fai? >> le chiese lui, non l’aveva mai vista comportarsi in quel modo. << Guardo il cielo, da bambina lo facevo sempre, venivo qui e osservavo il sole, poi ho smesso >>, << perché hai smesso? >> domandò, forse questa volta avrebbe compreso, avrebbe abbattuto quel muro di riservatezza e segreti che lei e la sua servitù avevano eretto. C’era un segreto che lui non doveva sapere e di cui lei non aveva parlato in diciassette anni, ma forse quella era la volta buona, si disse.

<< Perché … perché il cielo sapeva quello che mi era accaduto, e sapeva che era iniziato tutto da lì, anche se fu orribile, e umiliante >> fu la risposta enigmatica di sua moglie, ma lui non ebbe il tempo di riflettervi bene perché lei gli chiuse la bocca con un bacio. Lui stava per rispondere, quando lei si allontanò da lui. << Dobbiamo tornare, si staranno chiedendo dove siamo finiti, e dobbiamo cambiarci per stasera >>, ma le guance rosse e il tono di voce, basso e sensuale, sembravano enunciare un’altra verità.

<< Ancora un altro bacio, per piacere resta, il tempo di un bacio  >> la implorò lui, trattenendola. << Non dovremmo >> rispose lei, mentre si sdraiava nuovamente sull’erba. << Dovremmo, sei mia moglie e io ti amo >> e la baciò nuovamente. << Dammi un figlio, dammi un figlio Manuél >> lo implorò lei, non appena interruppero il loro bacio e lui iniziò a giocare con i suoi capelli, passando le mani tra quelle belle ciocche nere. << Amore mio, ne abbiamo già due, più Juan >> rispose lui, prima di prenderle una ciocca ribelle e baciarla. << Ma se fosse concepito qui, in Messico, sarebbe diverso per me, e non si ricorderebbe più nessuno di quel fatto >> si giustificò lei, prima che lui la baciasse nuovamente, se lei voleva un altro figlio chi era lui per negarglielo, pensò prima di slacciarle lentamente il busto.

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Capitolo 15
*** Madrid ***


Manuél adorava le corride e quando poteva lui e Isabel andavano a vederle. Quel giorno si erano portati anche Juan, che però si stava visibilmente annoiando, e Blanca, che seguiva lo spettacolo ad occhi sgranati.

<< Quando eri bambino tu e tuo padre venivate sempre qui e ti divertivi >> lo rimproverò sua madre, mentre accarezza i lunghi capelli di Blanca. << Gli dicevi sempre di portarmi fuori quando veniva un amante, e lui mi portava qui >> rispose l’altro, e Blanca lo fissò ad occhi aperti mentre il toro entrava nell’arena.. << La mamma aveva degli amanti? >> chiese, era sempre stata convinta che solo suo padre e il padre di Juan fossero gli unici uomini che avevano avuto sua madre. << Si, e … >> rispose, prima che sua madre lo interrompesse dicendo << Vero, ma erano pochi, ed erano storie abbastanza importanti per me >>.

Menzogne, tutte menzogne, menzogne per confortarla, lui lo sapeva. Erano stati tanti gli uomini che avevano dormito nel letto di sua madre, nessuno di loro contava per lei e lui lo sapeva bene. << ora godiamoci lo spettacolo >> a parlare era stata Isabel, mentre il matador entrava nell’arena. << Com’era il ricevimento? >> chiese Blanca, nel momento in cui il matador si posizionava di fronte al toro agitando il suo panno di colore scarlatto. << Tua madre aveva ragione, c’erano tutti i nobili di Zaragoza, venuti più per curiosità che per altro, ma c’erano, e tua madre era radiosa >> disse, e proprio in quel momento il matador colpì il toro.

Tutti trattennero un urlo, mentre il toro infuriato caricava il matador, colpendolo. Manuél mise una mano davanti agli occhi di Blanca per impedirle di vedere quella scena, e continuò a raccontare. << Due ore dopo il vespro, indossando i nostri abiti migliori, scendemmo nel patio dove si erano radunati gli invitati >> riprese Manuél, doveva distrarre Blanca da quello che stava accadendo.

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Capitolo 16
*** Il Ricevimento ***


Quella sera avevano indossato i loro abiti migliori e poi erano scesi insieme nel patio dove gli ospiti avevano già cominciato a radunarsi.

Manuél fu sorpreso di vedere come tutti salutassero con deferenza sua moglie, e di riflesso anche lui.

Isabel rispondeva agli omaggi con dei sorrisi sinceri e aveva sempre una parola gentile per ognuno di loro. Si era fermata a conversare con don Hernando de la Huerta, un distinto signore di circa cinquanta’anni. Parlando con la moglie di questi, la seconda moglie, donna Anna, aveva scoperto che Isabel e don Hernando già si conoscevano. Non era riuscito a capire come, perché la donna non lo sapeva ma era stata una conversazione interessante.

Mentre discorreva con don Antonio Fernandez delle ultime novità europee questi gli aveva detto: << Siete fortunato ad essere sposato con donna Isabel, o siete molto furbo, o molto sciocco >>, il tutto accompagnato da un’aria sorniona che non gli era piaciuta per niente. << Cosa volete dirmi? Parlate chiaramente >> aveva detto, mettendo mano alla spada, nessuno insultava lui e sua moglie in casa sua. << Fino ai diciotto anni donna Isabel era l’ereditiera più corteggiata di tutto il Messico, poi nessuno ne ha più voluto sapere anche perché da un giorno all’altro ha chiuso la casa ed è scomparsa >> rispose don Antonio mentre Isabel si fermava a parlare con donna Cristina de Jorge, che la salutava con una riverenza.

<< E cosa vorreste insinuare con questo? >> replicò Manuél, stando attento a non farsi sfuggire nemmeno una parola. << Io non insinuo nulla, io so. E se proprio volete saperlo don Manuél, qui tutti sanno la verità, solo che sono troppo furbi per non dirla >> fu la risposta di Antonio, prima di scomparire tra la folla.

Dunque Isabel aveva un segreto, o per meglio dire gli aveva tenuto segreto qualcosa. Tutti gli altri in qualche modo sapevano e solo lui ne era all’oscuro. Doveva essere qualcosa che riguardava il suo passato e la sua giovinezza, per la precisione i suoi diciotto anni, da lì cominciava il mistero. Osservò sua moglie con maggior attenzione. Isabel ad un osservatore poco attento sarebbe sembrata raggiante e senza problemi, ma lui non era quel genere di spettatore. Colse l’ansia sul volto di lei, i muscoli tesi per la tensione e le dita che stringevano in modo spasmodico il ventaglio che stava usando in quel momento.

Isabel non si sentiva a suo agio, non si sentiva protetta, si sentiva indifesa e lui non poteva aiutarla perché non sapeva nulla.

Isabel d’altro canto non era tranquilla. Nonostante la festa tutti sembravano volerle comunicare con dei piccoli gesti che loro sapevano tutto e che lo avrebbero rivelato a Manuél. Anche in quel momento, emntre parlava con donna Cristina non si sentiva a suo agio e tormentava il ventaglio, agitandolo con troppa foga.

<< E ditemi, avete figli? >> le chiese la donna, mostrando una curiosità malsana che la indispettì e le comunicò derisione. << Si, tre figli, Juan, Blanca e Francisco >> rispose asciutta, mentre con al coda dell’occhio spiava suo marito, che conversava con don Antonio. << E quanti anni hanno? >> le chiese donna Cristina. << Hanno sedici, otto anni e nove mesi donna Cristina, quindi al risposta è no, per fortuna no >> disse Isabel, prima di allontanarsi da donna Cristina, che rimase sconvolta dalla mancanza di decenza di Isabel.

Lei continuò a intrattenere gli ospiti, sempre con il sorriso sulle labbra e guadagnandosi sia delle occhiate di derisione che di incoraggiamento. La ammiravano e nello stesso tempo al deridevano, era la loro dea e al contempo la trattavano come un’appestata. Per questo non sono tornata per diciannove anni, pensò, perché sapevo che mi avrebbero guardata in questo modo e non sono in grado di sopportarlo.

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Capitolo 17
*** Madrid ***


La giornata era trascorsa con incredibile velocità, almeno così pensava Manuél mentre stava baciando sua moglie. Isabel era stupenda quella notte, e quando al vide in camicia ne ebbe la certezza. Lentamente ricominciò a baciarla, mentre le sue mani correvano sul suo corpo, ecco quella volta sarebbe stato perfetto, pensò prima che la porta si aprisse e Isabel lo spingesse da una parte. Come le altre sere Blanca era entrata, ma questa volta Juan la seguiva di sua spontanea volontà.

Isabel sorrise e andò verso di loro, mentre lui cercava di non pensare che anche quella sera sua moglie non si sarebbe presa cura di lui e dei suoi desideri.

Era sua moglie, era suo diritto conoscerla ma sembrava che ora che conosceva il suo passato ci fosse più dolcezza nei loro abbracci come lei gli aveva fatto notare quella mattina stessa. Blanca si fece prendere in braccio, era una bambina così minuta che sembrava più piccola dei suoi sei anni. Isabel se la strinse e per un attimo ripensò al padre di Blanca e a Firenze. Com’era stata felice lì, e com’era bello quell’amore che aveva vissuto. Ora le rimaneva solo la figlia per ricordarlo, e con lei il suo segreto verso suo marito.

La portò fino al letto, e la bimba iniziò a saltare sul letto. << Blanca, non saltare, ricordi quel che ha detto il dottore? >> disse suo padre, e la bambina si voltò verso di loro. << Si, che devo rimanere calma, e che mamma e Maria devo comprarmi le medicine e io devo obbedire >> << Brava tesoro, quindi adesso vieni qui >> e lei si gettò tra le braccia di suo padre. << però voglio sentire la storia, papà mi aveva raccontato fino alla festa, e cosa accadde dopo? >> << Dopo che gli invitati se n’erano andati raggiunsi tua madre, parlammo un poco e poi ci addormentammo >>.

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Capitolo 18
*** Parlarsi ***


Un osservatore poco attento avrebbe pensato che Isabel avesse il pieno controllo sulla situazione e si stesse godendo quella sera, ma Manuél non era un osservatore poco attento. Infatti non appena i primi invitati avevano dichiarato che era ora di andarsene lei li aveva salutati, poi scusandosi se stava poco bene si era ritirata.

Balle, sua moglie aveva una salute di ferro, e poi lui la conosceva da quasi vent’anni e sapeva bene quando mentiva. Ma questa volta lei voleva che lui sapesse, si aspettava che lui la raggiungesse. E lui lo fece, non appena l’ultimo degli invitati lasciò l’hacienda. Andò direttamente nella loro stanza, certo che l’avrebbe trovata lì. E infatti aveva ragione.

Isabel si era tolta l’abito di quella sera e si stava spazzolando distrattamente i lunghi capelli neri che lui voleva toccare. << Sai che sei la donna più bella che io abbia mai conosciuto? >> le domandò, abbracciandola da dietro, e posando la sua spazzola accanto a lei. << Non dire bugie, hai incontrato donne più belle di me >> rispose lei, almeno su questo poteva essere sincera con lui. << Forse, ma tu sei la mamma più bella che abbia mai visto, e inoltre sei dotata di una grande forza d’animo >>. << Cosa te lo fa pensare? >> chiese lei, girandosi in modo da poterlo vedere in viso.

<< Ti ho visto prima, ho visto come stavi, e ho udito delle voci >> << Non so cosa ti abbiano detto, ma sappi una cosa, io ti amo >> << Lo so mi amor, lo so. Mi chiedo, perché? Perché non ci siamo sposati vent’anni fa? >> le chiese, mentre le spostava i capelli. << Perché eravamo giovani, perché credevamo che il matrimonio fosse una prigione e per mille altri stupidi motivi che non ricordo >> rispose Isabel, prima che Manuél iniziasse a baciarle appassionatamente la spalla e che ogni suo pensiero scomparisse cedendo il posto al piacere.

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Capitolo 19
*** Madrid ***


Blanca era sempre stata delicata di salute a differenza di Juan che con l’eccezione di quella volta a otto anni non si era mai ammalato.

Anche quella volta, dopo essere stata malata per due settimane Blanca era costretta a prendere le medicine che il dottore le aveva consigliato, nonostante lei non volesse. Sua madre, quando era presente, si prendeva cura di lei trattandola come una bambola di porcellana. Più di una volta aveva sentito suo padre lamentarsi della sua salute, e sua madre che raddoppiava i baci a sentire quelle parole. Lei diceva che non sapeva perché fosse così cagionevole, e alla domanda del perché non lo fosse anche Juan aveva risposto che nella sua famiglia dovevano essere cagionevoli. Poi aveva stretto a sé Blanca e la bimba le aveva accarezzati i capelli. C’era un segreto che le riguardava, Juan non era stupido, d’altronde era figlio di sua madre come amava ripetere in giro, quindi qualcosa aveva subodorato. Quel giorno la stava mettendo a letto lui perché sua madre e Manuél erano andati a un ballo di corte. << Hai preso la medicina? >> le chiese. << Si Juan >> rispose lei. << Allora buonanotte … >> << No, voglio sentire la storia, non dormo finché non tornano >> lo interruppe lei, sedendosi non appena sentì dei rumori. << Blanca! >> gridò lui non appena lei uscì dal letto e si mise a correre. Erano tornati dal ballo con un certo anticipo perché Isabel si era preoccupata tutta la sera pensando a Blanca malata a casa con Juan. Non che si fidasse del figlio, ma preferiva essere presente.

Questo non aveva impedito a Manuél, non appena lei chiuse la porta di casa, di cingerla con le braccia e spingerla verso il muro. << Non dovremmo, non qui, sveglierai i bambini >> tentò di resistere lei. << Dormono, ho ballato con te tutta la sera, per favore Isabel >> le rispose, mentre la tempestava di baci e una sua mano saliva sulle gambe di lei, facendola gemere nella bocca di lui. Stava per raggiungere il luogo che si era prefissato quando udì un rumore di passi. Veloce sua moglie si abbassò le gonne appena in tempo per prendere in braccio Blanca che arrivava, seguita da Juan. << Non dovresti già a essere a letto? >> << Non ha voluto sentire storie, ha preso le medicine ma non vuole dormire >> risponde Juan, mentre la bimba si stringe a sua madre. << Voglio sentire la storia, altrimenti non dormo >> << Blanca, non fare così, sei stata malata, e … >> << Papà ha detto che al vostro racconto avreste continuato con la storia >> la interrompe Blanca, certa che suo padre  le avrebbe dato ragione. 

E’ un lampo, ma Juan lo vede lo stesso, per un secondo lo sguardo di Isabel si era fatto più cupo, appena un attimo prima di passare Blanca a Manuél, che sorrise alla figlia per poi iniziare la narrazione.

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Capitolo 20
*** il convento ***


Il giorno dopo il ricevimento Isabel aveva deciso che era ora di andare al convento de la Asuncion per discutere la questione del testamento di sua zia. Aveva indossato un abito nero molto castigato, aveva preso il suo rosario di perle che si era legata alla cintura, si era avvolta in un velo e così si era presentata nel salone dove Manuél stava facendo colazione.

Lui era rimasto abbagliato da quella visione nerovestita  e si era alzato, diretto verso di lei.

Poi non appena l’aveva raggiunta si era inginocchiato, le aveva baciato prima l’orlo della veste come si usava per le regine, per poi abbracciarla e baciarla con passione dopo averle sollevato il velo.

<< Non qui, dobbiamo andare >> aveva cercato di replicare lei, se fossero stati veloci sarebbero arrivati in anticipo e ciò avrebbe favorevolmente impressionato le suore.

<< Aspetteranno, io non posso, guardati un po’, quanto sei bella >> in lei c’era un miscuglio di sacralità e di sensualità che lo inebriava, era come sfiorare con un tocco sensuale un statua della Madonna,  come baciare con desiderio una medaglia del rosario, qualcosa di proibito ed eccitante. Lei cercò di divincolarsi, ma la presa di lui si fece più salda. Ormai erano vicinissimi e lui la tempestava di baci a cui non resisteva, baciandolo a sua volta. La mano di lui strinse con forza le natiche di lei, e lei mandò un gemito di piacere, mentre rinunciava a lottare. Lui aveva infilato la mano sotto le sue vesti e stava risalendo per le gambe quando la porta si aprì ed entro Pablo. << Volevo avvisarvi che i cavalli e la carrozza sono pronti >> disse l’uomo con voce inespressiva, per poi andarsene mentre loro due si ricomponevano. Isabel lo aveva baciato dolcemente sulla guancia prima di seguire Pablo, e lui l’aveva imitata.

***

Fecero il tragitto in silenzio, scombussolati all’interno della carrozza che sussultava non appena sulla strada c’era un irregolarità, il che accadeva spesso. Manuél osservava il paesaggio, mentre Isabel tormentava il ventaglio, la prova ne erano le nocche ormai livide.

Non appena la carrozza si fermò davanti il convento lei fu la prima ad uscirne, la seguì e la vide incamminarsi con decisione.

Isabel bussò e una suora aprì il portone, << Sorella, io e mio marito dobbiamo parlare con la reverenda madre, se poteste annunciarci >> le chiese Isabel, mentre la suora li scrutava con occhi severi.

La suora, una donna all’incirca della stessa età di Isabel di cui si vedeva solo il volto pallido che spiccava tra il velo nero, aprì la porta e li fece entrare.

<< Don Manuél Volcos e donna Isabel Cifuntes y Volcos, giusto? >> chiese ai due, mentre li guidava verso l’ufficio della madre superiora, suor Virginia, nata Lucia de Haro.

Il convento appariva spartano ma non mancavano mobili di buona fattura e alcuni ritratti, tutti a tema religioso. Come gli aveva spiegato Isabel il convento era stato fondato due secoli fa dalla prestigiosa famiglia Allende, perché la moglie dell’allora patriarca era particolarmente devota alla Vergine e in seguito a una lunga malattia aveva deciso di far costruire il convento come un ex voto.

<< La madre superiora accetta di ricevervi >> annunciò la suora, aprendo una porta e introducendoli dentro. Lo studio della madre superiora era austero come tutto il monastero. La luce filtrava da un’unica finestra e una candela stava bruciando disperdendo l’odore delle cera per la stanza. Dietro la scrivania un cupo crocifisso gettava il suo sguardo sulla stanza, e appena sotto di lui, bastava abbassare lo sguardo, c’era suor Virginia.

Era una donna anziana di un’età indefinibile, avvolta nei veli neri e non le si vedevano i capelli. Era magra e sul suo viso erano evidenti le rughe. Le mani erano adunche e scheletriche, ma quel che sorprendeva era lo sguardo. Penetrante sembrava scrutare dentro l’anima di coloro che erano al suo cospetto, motivo per cui le novizie tremavano non appena ne scorgevano la figura. << Don Manuél Volcos e donna Isabel Cifuntes y Volcos, accomodatevi >> disse, prima che Isabel e Manuél le obbedissero, avvertivano il carisma che sprigionava quella donna.

<< Così voi siete la nipote di donna Eulialia, che Iddio l’abbia in gloria >> iniziò suor Virginia, aveva la voce imperiosa di chi è abituato a comandare ma roca come se non avesse bisogno di parlare per essere ubbidita. << Sono io reverenda madre, ma vorrei parlare di affari >> disse Isabel scostando il suo velo e apparendo nella sua stupefacente bellezza che sembrò contrariare suor Virginia. << Come dovreste sapere donna Isabel vostra zia ci ha donato l’hacienda nel suo testamento >> << Ma il testamento, mi scusi se la interrompo reverenda madre, non è valido perche era risaputo che mia zia ormai era quasi folle a causa dell’età avanzata >> aggiunse Isabel, e suor Virginia si trattenne dal picchiarla con il suo bastone come faceva con le novizie quando queste erano irrispettose nei suoi confronti. << E come vorreste regolarvi? >> domandò, alzandosi e obbligando così i due ad alzarsi a loro volta. << Potremmo cedervi alcuni terreni dell’hacienda, quelli più vicini al convento >> intervenne Manuél, prima che Isabel prendesse la parola. << Un’ottima soluzione don Manuél. Ne riparleremo. Ora andate >> li congedò, prima che Isabel le chiedesse se poteva scambiare alcune parole con lei in privato e lei acconsentisse.

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Capitolo 21
*** Madrid ***


<< Perché sei rimasta con quella suora se la odiavi? >> chiese Blanca il giorno dopo. Faceva caldo quella sera così mentre Juan era uscito per andare da Teresa e così erano rimasti solo loro quattro più maria che stava sorvegliando Francisco che gattonava nel patio.

<< Perché dovevo dirle una cosa importante >> rispose sua madre, stringendola a sé, mentre Manuél osservava sua moglie e sua figlia.

Ignorava la verità, come ignorava che a volte nel vedere gli occhi di Blanca Isabel piangesse. << E perché non hai voluto che ci fosse papà? >> domandò la bambina, prima di togliersi della polvere dagli abiti che indossava. Isabel la strinse ancora più forte, quel gesto le ricordava così tanto Giuliano, il padre di Blanca, le faceva male, la faceva soffrire e lei non voleva più soffrire.

<< Erano argomenti personali tesoro, non potevo discuterne con papà >> le rispose sua madre, mentre Manuél si sedeva accanto a lei, dava un bacio sulla guancia a Blanca e poi la baciava sulla bocca. Un bacio tenero e d’amore, anche se lei sapeva che avrebbe voluto di più ma non potevano, non con Blanca, Francisco e Maria che li osservavano. << Se tua madre non vuole parlarne non insistere Blanca >> la riprese suo padre, prima che la bimba gli desse un bacio sulla guancia e corresse da Francisco che gattonava verso di lei, chiamandolo a gran voce.

<< sai una cosa amore mio? >> le chiese lui, mentre lei poggiava la testa sulle sue gambe. << Cosa? >> domandò lei a sua volta mentre lui iniziava ad accarezzarle i capelli, neri come al notte e lucenti come il sole. << A volte Blanca mi sorprende >> e lei fece per alzarsi. Sapeva che prima o poi sarebbe successo ma non era preparata. << P-perché dici questo? >> gli chiese terrorizzata cercando di dominarsi. << Non sembra viennese  >> fu al risposta di lui, prima che scoppiasse a ridere, seguito dopo un po’ da lei. Blanca era nata a Vienna ma aveva i capelli neri e la pelle leggermente ambrata, non come la madre ma nemmeno pallida come Juan, le cui origini russe si potevano indovinare. Aveva dei begli occhi nocciola molto espressivi e un naso regolare ma non piccolo, tutto sembrava, fuorché austriaca. << Non sapevo che fossi austriaco >> rispose lei, avendo capito il gioco del marito. << E nemmeno tu lo sei >> rispose Manuél, attirandola in un bacio.

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Capitolo 22
*** Collocquio ***


Isabel aveva chiesto a Manuél di uscire, e questi le aveva obbedito. Era convinto che Isabel avrebbe confessato a suor Virginia il suo tradimento con Hans von Katte e per questo non l’aveva voluto. Gli stava bene così, sebbene ogni volta che la immaginava fremere sotto i baci di quel ragazzino provasse una fitta di gelosia e di odio.

<< Cosa volete dirmi? >> chiese suor Virginia che aveva compreso che senza Manuél Isabel era in soggezione di fronte a lei, la povera donna stava addirittura tremando. << Su, su cara, non mordo mica >> disse, avvicinandosi a lei e si accorse che stava piangendo. << Scusate reverenda madre, ma è importante che mi confidi con una persona che non mi tradisca, sia per il bene della mia anima che per il mio matrimonio >> disse Isabel tra i singhiozzi. << Parlate pure liberamente, cosa avrete mai commesso di così grave da spaventarvi in cotal maniera? >> domandò suor Virginia.

<< Io mento, io mento ogni giorno a mio marito. Odio farlo ma è necessario, ma sarà meglio che le racconti ogni cosa dal principio. Io sono nata qui, a  Zaragoza e lei consocerà mio padre, don Juan Cifuntes. Mio padre morì che avevo quindici anni e fino ai diciotto mi comportai come un’ereditiera in cerca di marito e posso assicurarle che non mi mancavano i pretendenti. Una sera avevo dato un ballo mascherato nell’hacienda a Vera Cruz, e vi intervenne tutta la nobiltà di questa regione. Dopo un po’ andaì sulla spiaggia e pensai di fare il bagno di notte. Non c’era nessuno così con discrezione mi spogliai ed entrai in acqua. Fu bellissimo madre, l’ultima cosa bella della mia vita qui in Messico. Non appena uscì e mentre mi stavo rivestendo un uomo mi circondò con le braccia. Cercai prima di spingerlo via e poi di gridare ma lui era più forte. Abusò di me su quella stessa spiaggia, mentre cercavo di non gridare ma alla fine gridai e piansi per l’umiliazione e il disgusto. Mi sentivo sporca e debole e passai diversi giorni a letto mentre la mia governante pregava la Beata Vergine che non fossi rimasta incinta. Una preghiera esaudita ciò nonostante nessuno mi avrebbe più voluta e sembrava che lo sapessero tutti. Così decisi di andare in Europa e una volta a Madrid accettai un lavoro. Non posso dirle di che si tratta ma sappia che ho conosciuto mio marito a Bruxelles. Ormai ero rovinata così mi concessi a lui ed altri uomini. Ho avuto tanti amanti, da uno di loro ho avuto un figlio, il mio Juan. Ha quasi diciassette anni ed è il mio orgoglio e la mia forza. Fui così felice quando nacque, madre, pensai che tutto sarebbe cambiato, ma non accadde e ne ero felice. Poi otto anni fa nella città di Firenze mi sono innamorata. L’amore, non avevo mai amato prima e fu per me una rivelazione. Non posso dirle il suo nome ma sappia che lui mi amava come io lo amavo e che progettò di far uccidere sua moglie per potermi sposare, disse che voleva adottare mio figlio. Sarebbe stato meglio reverenda madre, mi perdoni. Dopo il mio matrimonio con don Manuél mi accorsi di aspettare un figlio, ma quando Blanca nacque mi accorsi che era figlia non di mio marito ma del mio amato. E ogni giorno ne sono sempre più convinta madre, stessi occhi, stesso portamento. E’ per me una tortura non rivelarlo a mio marito ma non posso perché lui adora i suoi figli. E pochi mesi fa ho amato un’altra volta. Perché madre? Perché non riesco ad essere felice? Perché Nostro Signore mi mette alla prova? Io non ho fatto nulla di male, ero una giovane timorata di Dio, e ho sofferto così tanto. Poi ho creduto di aver trovato la felicità e questa mi è stata strappata via. E ora devo mentire, perché amo i miei figli, amo mio marito. Perché? >> concluse, prima di piangere.

Suor Virginia era turbata da quella donna. Vanità, lussuria e superbia erano i suoi peccati più evidenti ma c’era in lei una tale umiltà e così tante pena che si sentì commuovere. << ne avete mai parlato con qualcuno? >> << Nemmeno al mio confessore. Solo tre persone sanno la verità su di me, e non conoscono tutta la verità >> le rispose Isabel. << Perché l’avete detto a me? >> le domandò, sorpresa da come quella donna le avesse rivelato la sua vita così facilmente. << Perché mio padre diceva che voi eravate una santa donna. Noi ci siamo già incontrate, solo che voi non lo ricordate. Ero la bimba dei dolcetti >> rispose e per la prima volta da quando si trovava là dentro sorrise.

 << la bimba dei dolcetti? Eravate voi? >> le chiese suor Virginia sorpresa. Si ricordava di una bambina che portava i dolci alle monache. Veniva una volta a settimana, vestita di seta come una piccola regina con un vassoio che insisteva per offrire di persona alle sue consorelle. Salutava sempre, era dolce e si fermava a pregare con devozione prima di salutare le monache e salire sulla carrozza per poi ricomparire la settimana seguente.

<< Come siete cresciuta mia cara; avete mantenuto le promesse della vostra fanciullezza mia cara. Ho ascoltato ma non posso fare nulla, convivete con troppi segreti ma ora dovete lasciare questo luogo, avrete altri doveri, di madre e di moglie, non dimenticatelo e non siete egoista >> concluse, accompagnandola alla porta. << Addio suor Virginia >> << Addio Isabel dei dolcetti >> la salutò suor Virginia.

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Capitolo 23
*** Madrid ***


Isabel quel giorno non si sentiva troppo bene, a causa dei ripetuti giramenti di testa che l’avevano costretta a letto, perché Maria le aveva perentoriamente ordinato di riposarsi e che lei avrebbe badato ai suoi figli, come faceva sempre.

Maria era stata un aiuto prezioso per lei da quando viveva in quella casa. Aveva servito prima presso il padre di Manuél e dopo presso suo marito. Era una buona donna e come tutti aveva creduto che Juan fosse figlio di Manuél finché Isabel non le aveva spiegato al verità e agli occhi della messicana aveva il pregio di non essersi scandalizzata, come non si era scandalizzata dei loro amanti in giro per casa che avrebbero potuto turbare Juan.  Era una seconda madre sia per Juan che per Blanca che le erano molto affezionati e lo sarebbe stata anche per Francisco.

Provò ad alzarsi ma ricadde sul letto perché la testa minacciava di scoppiarle da un momento all’altro. Maria entrò e si sedette davanti a lei. << Don Sebastian sta insegnando a vostra figlia il francese e nel frattempo vostro figlio traduce dello spagnolo al latino >> la informò. << Dopo devo andare a salutarlo allora >> rispose Isabel, cercando di alzarsi, ma proprio in quel momento entrò Blanca.

<< Tu non avevi lezione? >> la rimproverò sua madre. << Si, ma don Sebastian sta correggendo il compito di Juan e vi impiegherà così tanto tempo che io avrò imparato il verbo essere in francese >> le rispose sua figlia, sedendosi sul letto, e accavallando le gambe. In quel momento le ricordò Giuliano quando si sedeva sui divani con lei accanto, prima che cercasse le sue labbra e le sua mani la liberassero dagli abiti. Si chiese quando potessero aver concepito Blanca e ripensò con malinconia alla casa di Giuliano, ai suoi appartamenti a palazzo Pitti.

 << Je suis, tu es, il est, nous sommes, vous … êtes, ils ont >> ripete Blanca a voce bassa. << No tesoro, riprova un’altra volta, e , Maria, porta qualcosa da mangiare a don Sebastian e chiedigli se si ferma per pranzo >> la corresse Isabel. << Ils sont! >> aggiunse raggiante Blanca << Ora devi raccontarmi la storia, che successe dopo che eravate tornati dal convento? >> chiese, avvicinandosi a lei.

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Capitolo 24
*** La donazione ***


Manuél l’aveva aspettata nel chiostro. Isabel in quel momento forse stava confessando a suor Virginia il suo tradimento, ma lui non era furioso con lei, non dopo quei mesi.

L’aveva tradita sia con uomini che con donne e quindi gli sembrava giusto, perfidamente giusto, che sua moglie gli avesse reso al pariglia almeno per una volta.

Anche quando lei era incinta di Blanca lui l’aveva tradita, non era il tradimento a farlo infuriare. Era il sapere che Katte era più giovane di lui, che quindi forse era riuscito a farla godere come lui non sarebbe mai riuscito a fare, che il suo corpo era sicuramente più seducente del suo. Eppure lei era tornata da lui, ma doveva averlo fatto per i figli, e perché lo amava e quello era stato uno sbaglio.

Fu Isabel che usciva dal convento a interrompere i suoi pensieri, le aprì lo sportello e salì a sua volta nella carrozza. Durante il viaggio di ritorno rimasero entrambi in silenzio, mentre i pensieri di lui erano su di lei e quelli di lei verso il suo passato E in silenzio scesero dalla carrozza e si diressero verso al casa padronale.

Non appena entrò videro Maria che stava portando biancheria pulita nello loro stanze. << Maria, quando hai finito portami tutto l’occorrente per scrivere >> le ordinò Isabel, dirigendosi verso la stanza che lei e suo marito condividevano.

Si sedette e si fece abbracciare da suo marito, che la liberò del velo nero e iniziò a far vagare le sue dita tra i capelli neri di lei, aspirando il suo profumo di gelsomini, un profumo che per lui era quasi più potente di una droga.

Udirono la porta e si voltarono, era Maria con un calamaio pieno d’inchiostro, una penna d’oca e alcuni fogli. << Quando avete finito avvisate >> disse l’anziana donna, senza scomporsi, posando i fogli sul tavolo e andandosene, ignorandoli.

Isabel si diresse verso il tavolo, intinse la penna nel calamaio e iniziò vergare alcune parole. Poi lo consegnò a suo marito che lesse: Io, Isabel Maria Cifuntes de la Conception dono alle suore del convento de la Asuncion parte delle mie terre, precisamente dal lago che si trova più vicino a detto convento fino al convento medesimo.

Dopo aver finito di leggere lui si sedette sul bordo del letto e la fissò: << Dovevi proprio farlo? >> le chiese. << Dovevo Manuél, dovevo, ho un debito con suor Virginia e questo è l’unico modo per pagarlo >> rispose lei, alzandosi e fronteggiandolo. << Non era necessaria questa donazione Isabel, e questo che vuoi lasciare ai tuoi figli? Un’hacienda mutilata? >> le domandò lui, nel momento in cui lei gli sia avvicinava. << Ti riferisci a Francisco o a Juan? >> chiese lei. << A entrambi, non sarò suo padre ma quel bambino l’ho cresciuto io >>, sapeva che lei questo non l’avrebbe negato, non poteva negarlo di fronte a lui. << Non nego questo, ma fidati di me: è la cosa giusta da fare >> gli rispose Isabel. Lui la cinse con le braccia, avvertendo nuovamente il suo profumo. << Ti amo Isabel, e temo che questa decisione sia troppo avventata >> << Non lo è, mi amor, non lo è >> rispose lei prima di cercare le sue labbra.

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Capitolo 25
*** Madrid ***


Su pressione di Juan, di Manuél, di Maria persino di don Sebastian Isabel si era decisa ad andare da un dottore. Don Luis Ruiz era un uomo di assoluta fedeltà e completa rettitudine che da anni si occupava di quella famiglia che reputava assai bislacca.

La visita era appena terminata << Dunque don Luis, cos’ho? >> chiese Isabel, mentre si rivestiva. << Niente di preoccupante Isabel, anzi, congratulazioni >> le rispose don Luis. << E di cosa? >> chiese lei, anche se intuiva la risposta. << Mia cara, dopo tre gravidanze dovrebbe riconoscere i sintomi >> fu la semplice risposta.

Incinta, per la quarta volta. Mentre usciva dallo studio Isabel si chiese quando potesse aver concepito. Probabilmente in Messico, o durante il viaggio di ritorno.

Ebbe come un’illuminazione, sarebbe stata una bambina, una sorella per Blanca, ora doveva solo parlarne con suo marito. Una figlia concepita in Messico, la sua terra natia, quell’idea la inebriò, era quello che voleva. Tornarvi per partorire sarebbe stato stupendo ma sapeva che era un progetto irrealizzabile.

A casa non c’era nessuno, così si tolse gli abiti e si mise davanti allo specchio nuda, con solo la camicia indosso. Aveva ragione il dottore si disse, osservandosi bene vedeva chiaramente il ventre più arrotondato. Lentamente si mise una mano lì e sentì al bambina muoversi. Si sentiva bene, e colma di una pace interiore che aveva avvertito solo con Francisco, quando era stata felice senza avere segreti per suo marito. Cominciava ad avere una certa età, eppure avere un altro figlio le parve così naturale e bello, non sapeva quali altre parole utilizzare.

Non le restava che dirlo a Manuél e a Juan, ma non sapeva a chi dare la priorità, se al figlio che adorava o al marito che amava. Conosceva le loro reazioni ed era certa che non l’avrebbero delusa, non la deludevano mai.

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Capitolo 26
*** Partenza ***


Isabel aveva deciso che era ora di passare un po’ di tempo all’hacienda di Vera Cruz così quando sarebbero dovuto tornare in Europa il viaggio sarebbe stato meno lungo. Inoltre lì si riuniva il fior fiore della nobiltà messicana e così avrebbero potuto portare a compimento la loro missione, poi tornare in tempo per il settimo compleanno di Blanca, almeno così speravano.

Manuél si era mostrato entusiasta di quell’idea, perché a suo parere lì a Zaragoza faceva troppo caldo. Si adattava difficilmente ai climi diversi da quelli madrileni, una caratteristica che aveva ereditato da sua madre. Come lei anche lui aveva dei segreti.

E uno di questi riguardava la sua famiglia. Sua madre si era risposata subito dopo la morte di suo padre, e lui non l’aveva perdonata per quell’atto così sconsiderato,  ed era morta lo stesso anno che erano andati a Roma. Saputolo si era diretto a Napoli nella maniera più veloce che conosceva per dirle addio. Con il fratellastro e la sorellastra, si erano visti per la prima volta in quell’occasione e avevano deciso di comune accordo che gli sarebbe spettata una rendita mensile di 9870 scudi e 100 maravedì per la casa di Napoli e le vigne presso Portici che sua madre aveva portato in dote quando si era sposata.

Isabel non ne sapeva nulla, come sempre, sapeva solamente che sua suocera era morta e che Manuél aveva dei fratellastri, e non le importava d’altro. Ma per lui era diverso. Voleva sapere di tutto di lei, per averla sempre sotto il suo controllo, per dominarla, per amarla maggiormente, per penetrare maggiormente nella sua mente e per avere accesso ai suoi ricordi, specialmente a quelli in cui lui non era presente.

Aveva scoperto pochi indizi in quegli anni, ovvero che c’era uno scandalo non ben definito e che tutti sembravano conoscerlo ma si rifiutavano di parlarne. Isabel aveva dei bellissimi ricordi sull’hacienda ma non appena lui cercava di farla parlare di Vera Cruz lei taceva o cambiava argomento. Quindi tutto doveva essere accaduto lì, e infatti ricordò le sue insistenze sul voler dormire in una locanda e non nell’hacienda, con la scusa che nessuno vi abitava da anni e che quindi il disordine sarebbe stato totale. Balle, tutte bugie si disse mentre lei osservava fuori dal finestrino e il suo nervosismo aumentava mentre la distanza diminuiva.

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Capitolo 27
*** Madrid ***


Anche quella notte Manuél non si era risparmiato, anzi. Per potersi finalmente godere una serata tranquilla con sua moglie aveva dato ordine a Maria di portare Juan e Blanca fuori casa. Juan aveva compreso l’antifona e aveva deciso di passare da Teresa subito dopo aver cenato mentre Blanca era stata felicissima di uscire.

<< Que tu quieres a la vida? >> gli domandò Isabel, prima che lui ricominciasse a baciarla. << Tu mi amor, tu y mis hijos >> le rispose lui, baciandola. << Manuél, aspetto un figlio >> lo interruppe lei. La reazione di lui la sorprese, aveva ricominciato a baciarla, e sentiva le sue mani dovunque, come se la bramasse da secoli. << Ti amo Isabel >> le disse, mentre metteva la sua mano sul ventre di lei. << Ti amo >> ripete, prima baciandole il ventre le guancie e infine la bocca. Lei stava per dirgli di proseguire quando al porta si spalancò e apparvero Blanca e Maria.

<< Scusatemi tanto, ma questo angioletto era così ansiosa di rientrare che ho dovuto anticipare l’ora del ritorno >> si giustificò Maria mentre Blanca saliva sul letto e si stringeva a sua madre. Sua madre solitamente profumava di gelsomino ma in quel momento le parve di sentire un odore diverso. Non riuscì a identificarlo ma era più penetrante del gelsomino e più forte. Sua madre la strinse a sé e Blanca si accorse che era sudata come se avesse corso.

Sua madre era sempre perfetta, con i capelli perfettamente acconciati e gli abiti sempre puliti, eppure quell’odore la turbava. Decise di non pensarci quando suo padre le chiese se voleva sentire ancora la storia. << Si, si, si >> disse, abbracciandolo. Adorava suo padre. Lui era bello, giovane ed era come l’eroe di un romanzo. Non capiva perché Juan lo detestasse ma con lei lui era sempre gentile e affabile. La prendeva in braccio, giocava con lei e le raccontava delle storie bellissime sulla sua terra natale, quella Napoli che per lei era un paradiso in terra.

<< Allora, dopo aver terminato le procedure legali con il convento partimmo per Vera Cruz, dove tua madre aveva un’hacienda e … >> << Ma perché la prima volta non avete dormito lì? >> lo interruppe sua figlia. << Perché erano anni che tutta l’hacienda era disabitata e così avevo mandato la servitù a ripulirla >> fu la risposta di Isabel.

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Capitolo 28
*** L'Hacienda di Vera Cruz ***


Quando scesero dalla carrozza Manuél rimase senza parole.

Se l’hacienda a Zaragoza era grande questa era un’autentica reggia. Quella a Zaragoza era dotata di ampie estensioni di terreno, ora un po’ meno ampie ma pur sempre notevoli questa aveva anche un accesso all’oceano. Isabel si muoveva per quelle stanze come se fosse una regina nel suo palazzo ma quando si trattò di andare a vedere il mare ebbe un fremito.

<< Tutto bene? >> le chiese suo marito. << Certamente, sto bene ma preferisco rimandare, se per te va bene >> rispose lei, mentre tormentava il suo ventaglio. Di solito lei non rimandava alcunché, ed era raro che chiedesse il suo parere su una cosa simile, faceva sempre di testa sua e questo immancabilmente lo seduceva. << Eccellente, vieni, facciamo una passeggiata >> le consigliò lui, offrendole il braccio. Lei si alzò e s’incamminò assieme a suo marito.

Nel momento in qui lasciarono l’abitazione intravidero Pablo che dava ordini agli servitori su dove sistemare i mobili e gli arredi. << Lui ti desidera >> sussurrò Manuél a sua moglie. << Non essere ridicolo mi amor, siamo cresciuti insieme, è mio fratello di latte, come potrebbe anche solo pensarlo? >> obiettò sua moglie, stringendosi a lui. << osserva la sua reazione >> mormorò lui, prima di baciarla ardentemente sulla bocca, bacio che lei gli rese.

Pablo li osservò un attimo, per poi voltare la testa stizzito. Infine sentirono i suoi passi che si allontanavano da lì. Lui sorrise e le sussurrò all’orecchio: << Visto? Avevo ragione, lui ti desidera ma tu sei mia, solo mia, la mia Isabel, la mia bella moglie, la mia Isabel, mia per sempre >> , al che lei sorrise, << So come trattarlo, non preoccuparti >> rispose, mentre continuavano a camminare.

Arrivati però alla spiaggia lei cominciò a comportarsi in maniera strana. Si fermò e lui dovette quasi trascinarla di peso perché si rifiutava di compiere anche un solo passo. Quando poi non furono più in vista della casa lei si accasciò sulla spiaggia e pianse, o meglio cercò di farlo solo che non vi riusciva.

<< ora mi dirai cosa ti è successo qui e perché per oltre dieci anni non mi hai detto niente! Siamo sposati e ho il diritto di sapere certe cose Isabel. Odio i tuoi silenzi, e detesto la tue omissioni, ora voglio la verità >> urlò lui, facendola tremare maggiormente. << Vuoi la verità? Te la dirò subito la verità, prima di subito anzi. Sai perché non voglio venire qui? perché qui ho perso la mia innocenza! E io non volevo ma lui era più forte, aveva più anni di me, mi fece male, tanto male ma piansi solo alla fine, e io ero vergine! Capisci? Io non volevo, gridai ma lui mi bloccò e lo fece, anche se io non volevo, credimi >> confesso, prima di scoppiare a piangere. Lui corse verso di lei e iniziò a cullarla. << Calmati amore mio, è passato, è tutto passato. Ora fai un bel respiro e raccontami tutto fin dall’inizio. Qui >> << Qui? >> domandò lei, asciugandosi gli occhi umidi per il pianto. << Qui >> fu la semplice risposta di lui.

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Capitolo 29
*** Madrid ***


Isabel quella mattina si era svegliata sul tardi, ma non abbastanza da non sentire Blanca che giocava nel patio assieme ad Anna, la nipote di Maria arrivata la sera prima. Maria l’aveva fatta venire pregando Isabel e Manuél di prenderla a servizio con lei perché stava invecchiando e le serviva aiuto, Anna difatti era brava ed era minore di Juan di soli due anni.    Quando l’aveva assunta per un periodo di prova che tutti e quattro sapevano essere simbolico Isabel aveva ammonito Juan di non provare anche solo a sfiorare quella ragazzina, e alla risposta del giovane gli aveva spiegato che non doveva, perché lo affermavano lei e Manuél e aveva troncato la discussione. In quel momento, si era nel frattempo vestita decise di uscire e dirigersi verso il patio.

<< Donna Isabel >>, la salutò Anna, facendo una piccola riverenza. << Buongiorno Anna, piccola mia. Anna, portami del latte e anche un pezzo della torta che tua zia ci ha preparato ieri sera se n’è avanzata. E tu tesoro, vuoi qualcosa? >> chiese a Blanca. << No madre, ho già mangiato >> rispose la bimba, sedendosi però accanto a lei mentre Anna si dirigeva verso la cucina.

<< Blanca, devo dirti una cosa >> iniziò Isabel, mentre sua figlia s’incuriosiva. << Ricordi quando è nato Francisco? >> << Si, eravate ingrassata e papà vi diceva sempre che non dovevate affaticarvi >> rispose Blanca, serissima. Ricordava ancora quando Maria aveva mandato Juan a chiamare don Luis e suo padre l’aveva porta al Prado, per poi tornare solo dopo due ore. Don Luis usciva proprio in quel momento, dicendo che il parto era stato breve e che era un maschio. Lei era corsa a vedere il fratellino nuovo che stava riposando e aveva pensato che non avrebbe mai avuto figli perché aveva visto il viso di sua madre, stanco e distrutto dal dolore.

<< Bene, tra sei mesi, forse di meno forse di più, avrai un fratellino, o una sorellina >> le rivelò sua madre, proprio nel momento in cui Anna tornava con un vassoio. Blanca sapeva che certi sentimenti non si possono manifestare di fronte alla servitù, anche se fino a pochi minuti prima aveva giocato con Anna, così rimase in silenzio e osservò sua madre bere il latte e infine posare la tazza sul tavolo che si trovava nel giardino. << Potete proseguire con la storia? >> le chiese timidamente e vide sua madre sorridere mentre assaggiava la torta di Maria.

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Capitolo 30
*** Preparativi ***


La nobiltà messicana era estremamente chiusa e orgogliosa di sé stessa, una combinazione che cominciava a diventare sgradevole per Manuél Volcos.

La stessa nobiltà che prima a Zaragoza si era accapigliata per poter essere presente al ricevimento ora li trattava come due appestati. Avevano deciso all’unanimità che Isabel era una svergognata arrogante e lui o uno stupido o un arrampicatore sociale, e orgogliosi delle loro passate glorie li evitavano.

Se Isabel accettava la situazione e subiva in silenzio lui non era dello stesso parere.  Sapeva che uno di quei nobili, quegli hidalgos, era colui che aveva violentato Isabel.

Lei gli aveva raccontato tutto, nulla tacendo su quella notte che le aveva portato via l’onore. << Per questo dopo …? >> << Esatto, ormai ero disonorata e mi dicevo che differenza faceva una volta in più o una in meno? Non cambiava nulla e io ero più felice >> si era giustificata lei, spiegandogli in parte il suo comportamento, prima che lui l’abbracciasse.

Lei non voleva sapere chi era stato ma per lui a questo punto era diventata un’ossessione scoprirne l’identità, che lei lo desiderasse o meno.

E si era deciso ad offrire un altro ricevimento, questa volta a Vera Cruz. A differenza della moglie aveva ottenuto le informazioni di cui avevano bisogno, quei nobili spocchiosi necessitavano di un po’ del suo amato whisky scozzese per parlare e quando lo facevano rivelavano ogni cosa. Ma nonostante questo non aveva ancora trovato l’uomo che stava cercando.

Aveva invitato tutti, precisando che era una festa in maschera e aveva fatto confezionare un abito bianco per sua moglie, identico a quello di quella sera.

Ora voleva solo controllare la vecchia lista; Isabel gli aveva detto che di queste cose si era sempre occupato Pablo e lui lo aveva convocato.

<< Hai l’elenco che ti ho chiesto? >> gli chiese alzandosi. Pablo era un veramente bel giovane, se lo avesse incontrato sette anni prima lo avrebbe sicuramente sedotto. Ma perché prendersi in giro si chiese, lo avrebbe sedotto anche ora. << Eccolo qui >> rispose l’altro, atono mettendo sul tavolo un elenco. Un nome era cancellato. << Perché hai cancellato il nome di don Hernando? >> chiese lui, sospettoso << Non ritengo doveroso invitare don Hernando >> fu la risposta. << E perché mai? >> domandò Manuél avvicinandosi a Pablo.

<< Forse perché lui sa qualcosa su quel fatto? >> era sempre più vicino, i loro visi si toccavano. << Forse perché lui è coinvolto? >> e lentamente poggiò le sue labbra sulla bocca dell’altro, che rimase rigido. << Forse perché è stato lui, vero Pablo? >> si era allontanato ma solo per poter assaporare di nuovo quelle labbra. << Si signore, ma … >> chiese l’altro mentre stupore, desiderio, ira e indignazione passavano velocemente sul suo viso. << Tranquillo, non sono un sodomita pervertito, non solo almeno, amo mia moglie, la tua Isabel, ma sappi che se posso mi concedo degli svaghi. Forse lo faccio perché detesto al calma del matrimonio o per il segreto desiderio di essere provocatorio, non lo so né lo voglio sapere Pablo. Ma sappi una cosa: se ti ribecco a guardare mia moglie come hai fatto tre giorni fa io ti uccido con le mie stesse mani! >> disse, prima di baciarlo un’altra volta e lasciare la stanza, abbandonando Pablo lì con i suoi dubbi e il suo sapore sulle labbra.

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Capitolo 31
*** Madrid ***


Juan aveva preso la notizia della quarta gravidanza di sua madre peggio di come lei aveva creduto e meglio di quanto Manuél avesse sperato. Infatti si era limitato ad alzarsi dalla tavola ed ad uscire di casa, il tutto eseguito in silenzio.

La volta precedente aveva ricoperto d’insulti Manuél, dandogli del libertino, del pervertito, del porco e dello stupratore. Manuél aveva replicato definendolo un bambino viziato e solo il pronto intervento di Isabel e Blanca aveva evitato che i due venissero alle mani proprio lì in casa.

Isabel aveva cercato di raggiungerlo per spiegarsi ma l’altro le aveva detto che andava da Teresa e : << Congratulazioni madre, e anche a quel pervertito di vostro marito! Ma madre!? Voi usavate epiteti peggiori un tempo, come sodomita, cane degenerato, immorale? Poi c’era vizioso! >> urlò, prima di uscire di casa sbattendo la porta.

Solo tra le braccia di Manuél, nel giardino si era calmata, cercando di frenare le lacrime che avevano iniziato a scorrerle sul viso. Blanca li aveva osservati in silenzio per poi avvicinarsi ai suoi genitori D’istinto abbracciò sua madre che le accarezzò distrattamente i capelli, mentre Manuél l’accarezzava e la baciava teneramente.

<< Perché Juan ha detto quelle cose? >> chiese, con tutta l’ingenuità di cui era capace. << E’ difficile risponderti tesoro, molto difficile >> rispose suo padre, mentre sua madre cessava definitivamente di singhiozzare. << Prosegui con la storia? >> chiese, aveva capito che era l’unico sistema per non far piangere sua madre. << Va bene tesoro, proseguirò con la storia >> fu la risposta di sua madre mentre il cielo rosato per il tramonto li osservava con distacco.

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Capitolo 32
*** La festa ***


Quando Isabel e Manuél scesero nel giardino tutti gli sguardi, sia degli invitati che della servitù, si orientarono verso di loro.

Isabel appariva eterea e quasi incorporea con quel vestito bianco che ne metteva in risalto la pelle ma la maschera le rendeva sensuale e provocante, riunendo in sé la bellezza di un angelo e la sensualità di una strega.

Suo marito in abito nero appariva come il suo contrario. Il volto era imperturbabile e la maschera nera circondava i suoi occhi come se fosse sempre stata lì. Appariva una via di mezzo tra un cherubino e un brigante di strada, come sussurravano le donne presenti, mentre continuavano ad osservarlo e i loro mariti parimenti non avevano occhi ché per Isabel.

La coppia ballò prima una quadriglia poi un minuetto e tutti giuravano che i due non toccassero terra. Isabel non parlava, limitandosi a sorridere e ad annuire mentre suo marito discorreva anche per lei. Non bevvero molto, solo alcuni bicchieri di tequila, lei ricordando che quando aveva diciotto anni certe bevande le erano state proibite, lui rimpiangendo il suo whiskey e la sangria spagnola che era decisamente più buona di quell’affare.

Non perdeva d’occhio sua moglie che si era seduta ed era circondata da diverse donne. Poi vide don Hernando avvicinarsi. Pablo era stato molto esauriente, sia quando l’aveva baciato sia quando il giorno seguente aveva osato di più baciandolo e toccandolo. Aveva un bel corpo e se non avesse avuto a cuore quell’affare da risolvere forse si sarebbe potuto divertire ma non doveva pensarci.

Si diresse verso di loro. << Manuél, don Hernando si stava complimentando per i nostri abiti, ha detto che sono sublimi >> affermò sua moglie non appena li raggiunse. << E lo confermo don Manuél, voi e la vostra bella moglie siete stupendi, ma ditemi donna Isabel, mi sembra di aver già visto il vostro abito ma è impossibile >> aggiunse questi.

Manuél lo osservò meglio. Indossava un’uniforme dei dragoni che sembrava essere stata appena lucidata. Aveva circa cinquant’anni e i capelli cominciavano a ingrigire sebbene apparisse ancora vigoroso. Gli occhi grigi erano penetranti e glaciali come i ghiacci del nord.

Trovò nauseante che quell’uomo ora si permettesse non solo di rivolgere la parola a sua moglie ma che la toccasse pure dopotutto quello che le aveva fatto e che lei ne fosse all’oscuro.

<< E’ possibile invece mio caro don Hernando, è infatti simile all’abito che indossai quando avevo diciotto anni >> rispose Isabel, scoppiando a ridere come una fanciulla. Don Hernando la osservò meglio, per poi ridere con lei.

<< Don Hernando, vorrei parlarvi, se mia moglie me lo consente >> disse lui, avvicinandosi a sua moglie. Isabel sorrise, << certamente Manuél, don Hernando, consideratevi libero >> scherzò, prendendo un altro bicchiere di tequila. << Benissimo donna Isabel, e siccome sono libero di cosa volevate parlarmi? >> chiese don Hernando. << Seguitemi mio caro >> rispose Manuél, impassibile, sebbene dentro di sé ardesse di rabbia.

L’altro si alzò dal divano, Isabel aveva infatti dato ordine che i divani fossero messi a disposizione degli ospiti all’esterno della casa e si dispose a seguire Manuél.

Era leggermente alticcio ma aveva ancora la padronanza dei sensi mentre lui era perfettamente sobrio, non per niente solo dosi massicce di vodka e whiskey riusciva a farlo ubriacare a quell’età.

I due si allontanarono dalla pista da ballo dove in quel momento si ballava una sarabanda, superarono l’abitazione e s’inoltrarono verso la spiaggia, verso la realizzazione del suo piano e verso la vendetta per Isabel, che ignara di tutto stava discutendo con donna Cristina.

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