Fatemi lo sconto

di Calenzano
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'assedio ***
Capitolo 2: *** Lo scontro ***
Capitolo 3: *** La fuga ***



Capitolo 1
*** L'assedio ***


Emanuele sudava, strizzato nell'uniforme blu. Era di una taglia troppo piccola per lui, ragazzone alto e con le spalle larghe. In magazzino non ne avevano altre, e gli avevano ficcato in mano quella. Ma tanto, tra poco, quello che aveva addosso sarebbe stato l'ultimo dei pensieri.

Il giovane guardò di nuovo la scena da incubo davanti a sé. Loro, al di là delle porte scorrevoli a vetri, premevano per entrare, ringhiando e mugolando di desiderio, in un coro cacofonico spaventoso. E il loro numero cresceva di minuto in minuto. Probabilmente stavano convergendo là dall'intera città.

Non rinunceranno per nulla al mondo, ci sono troppe prede succulente qua dentro, pensò.

Presto sarebbero entrati. E sarebbe stato l'inferno.


“Sto per morire.” Si disse Emanuele per l'ennesima volta. La paura gli strizzava la bocca dello stomaco, facendolo lottare per non far tornare su quel poco che aveva mangiato.

“To', manda giù adesso, fin che puoi.” Gli aveva detto uno dei magazzinieri, allungandogli un panino stantìo, prima di sparire da qualche parte tra gli scaffali. E dire che lo conosceva appena di vista. Ma ora anche gli addetti al deposito erano stati dislocati in prima linea, al pari di loro, insieme con tutte le forze disponibili.

“Statt'in pace, Manue'.” Carmela, poco lontana da lui, stava ravviandosi i capelli biondi con le dita per raccoglierli in una coda, così da non esserne intralciata, e si era accorta del suo colorito verdastro. “Faremo nu' mazzo tanto a quei cosi.”

Emanuele tentò un sorriso stiracchiato, mentre Carmela mostrava la sua arma improvvisata a sottolineare le proprie parole. Era una forza quella donna, pensò. Si fosse presentato il diavolo in persona, avrebbe dato il fatto suo anche a lui. Ma ciò che li aspettava avrebbe fatto impallidire persino quello. Loro, all'esterno, erano ormai diventati una folla, che si schiacciava sbavando contro le vetrate, urtandole con tonfi sordi. Ogni tanto, uno più audace degli altri tentava di insinuare una mano nell'apertura delle porte, che per fortuna resistevano. Ormai dovevano aver circondato tutto l'edificio. Nonostante la fiducia battagliera della collega, preferiva non farsi illusioni. Giravano voci atroci su cosa fossero stati capaci di fare in altri punti della città.

Gli altri, intorno, non erano messi meglio di lui. Rosario, più o meno suo coetaneo, era rannicchiato tremante dietro una cassa, aggrappato al registratore come a un salvagente in un mare in burrasca, mentre la dolce Anna Maria singhiozzava sommessamente, poco più in là. A quest'ora sarebbe potuta essere lontano da qui, pensò Emanuele, le mancava così poco alla pensione.... E invece non avrebbe mai fatto la coda alla Posta, sospirando al pensiero dell'aumento del gas, per riscuoterla.


I minuti scorrevano inesorabili, l'ora fatale si avvicinava. Minghetti fece la sua comparsa, armato fino ai denti con quello che pareva un set da barbecue e una pentola rovesciata a mo' di elmo, cosa che in una circostanza diversa avrebbe provocato l'ilarità generale. Ma in quel momento non c'era proprio nulla da ridere.


“Ascoltate tutti!” Esclamò. “La situazione è difficile, ma possiamo farcela. L'ondata più consistente arriverà dall'entrata principale, ma non dobbiamo sottovalutare gli attacchi provenienti dalla galleria. Monti mi ha detto che ce ne sono anche nel piazzale.” Carmela annuiva, la fronte aggrottata per la concentrazione, mentre il caporeparto spiegava la strategia. “Dobbiamo evitare a tutti i costi l'accerchiamento: se ci prendono alle spalle, è finita. Per questo voi presidierete tutto il secondo tratto dell'area di ingresso ovest, mentre la Corradi, Benizzi e gli altri sono già all'entrata est, all'accesso galleria. Tutto chiaro? Ci sono domande? Bene. Non abbiate pietà, perchè loro non ne avranno.”

Il cuore di Emanuele fece un guizzo, a sentire il cognome di Valentina. Minuta, con un grande zazzera di capelli crespi e due splendidi occhi castani. La guardava, ogni volta, senza speranza. L'unica cosa di cui era stato capace, quando ancora tutto era normale, era stato cercare di offrirle un caffè. Ma gli era uscito solo un bofonchio incomprensibile, che gli era valso un'occhiata perplessa. E aveva finito per battere in ritirata con un “Niente, scusa”, che ancora gli bruciava. E adesso era troppo tardi.

 

Mancavano quattro minuti alle nove. Emanuele sbirciò tra le fessure della grande barricata difensiva eretta tra le corsie, pallido per la paura, la sua arma stretta tra le mani. Maledisse le circostanze che l'avevano portato là. Mettere qualcosa da parte per l'università, magari farsi un quattro o cinque giorni di vacanza da qualche parte... E ora, invece, guarda in che casino si ritrovava.

“Non concedete loro nulla; colpite per primi, e colpite forte!” Ripeté Minghetti.

“Ci potete scommettere!” Vociò Walter, dal banco macelleria.

Grazie, per lui è facile. Ha una batteria di coltelli da fare invidia allo Chef Tony...

Un rumoraccio sfrigolante annunciò l'accensione degli altoparlanti, seguito dalla musica ad alto volume. Emanuele sobbalzò. Che cosa grottesca, pensò, morire con Lady Gaga nelle orecchie. Incrociò lo sguardo assente di Rosario. Si era già arreso al suo destino.

Ma io no. Io combatterò fino all'ultimo. E se devo andarmene, vedrò di portarmi dietro il più possibile di quei bastardi.

Il pavimento vibrò all'improvviso sotto i loro piedi. “Hanno sfondato nel parcheggio sotterraneo, sono dentro!” Gridò qualcuno, provocando un coro di urla di spavento.

“Niente panico, restate ai vostri posti!” Tuonò Minghetti.

Emanuele ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo un'ultima volta, verso quelle parole che avevano causato la loro rovina. NUOVO PUNTO VENDITA. SCONTI FAVOLOSI.

Poi furono le nove. E le porte si spalancarono.

 

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Capitolo 2
*** Lo scontro ***


Con un potente ruggito di soddisfazione, l'orda mostruosa fece irruzione.
Erano decine e decine, pallidi, disfatti, sbavanti, ma ferocemente determinati. Marciarono al galoppo in direzione all'area del supermercato, mentre le scale di accesso dai sotterranei ne vomitavano altri. La terra tremava sotto centinaia di piedi che la martellavano nella corsa. Per un attimo, i fragili tornelli d'ingresso sembrarono poter arginare la marea ringhiante e ululante che vi si accalcò sgomitando. Poi, inevitabilmente, cedettero di schianto, e gli zombie dilagarono in massa verso le corsie. Emanuele sentì Anna Maria gridare di terrore dietro la sua cassa. Ma non riuscì a non urlare a sua volta quando i primi si abbatterono come bestie impazzite contro la base della barricata, precariamente allestita con sacchi di patate, facendone scivolare giù un paio. Emettendo versi rabbiosi, i non morti iniziarono la scalata, calpestati dagli altri che stavano arrivando alle loro spalle e che li usavano come scalette per salire a propria volta. Altri ancora si avventavano sugli scaffali, arraffando tutto ciò che il loro istinto di risparmio suggeriva essere sufficientemente conveniente.

“FUOCO!” Ordinò con voce stentorea Minghetti, dalla sua postazione sopraelevata, iniziando il bombardamento.

Carmela digrignò i denti, impugnò la sua racchetta elettrica per zanzare, e al grido di “A chi v'è muort e stramuort!” iniziò a distribuire volt a destra e a manca. Anche Emanuele, armato di un'ampia padella, si mise a buttare giù con rovesci ben assestati ogni faccia stravolta che sbucava in cima ai sacchi. Ma erano troppi. Per ogni zombie che cadeva e scompariva nella calca sottostante ce n'erano tre che tentavano di salire. E altri continuavano ad arrivare.

Non ce la faremo mai.

Il concerto di urla, ringhi e rantoli era spaventoso, e andava a mescolarsi al fracasso dei danni prodotti dalle zuffe che si scatenavano anche tra gli attaccanti, per il possesso di qualche articolo particolarmente ambito. Qua e là si verificavano i primi scontri tra carrelli, e non tutti erano incidentali. Alcuni aspettavano al varco quelli carichi delle occasioni migliori, e poi andavano all'arrembaggio speronandoli con mira micidiale e impossessandosi del contenuto. Nel baccano generale, Gaga sbraitava:

So happy I could die
And it’s alright!

 

 

Rosario fu il primo a cadere. La scossa del pericolo lo aveva rianimato, e fu sopraffatto dal panico. Nonostante Minghetti gli urlasse dietro, abbandonò la cassa. Emanuele lo vide dribblare due o tre zombie, troppo carichi di viveri per riuscire a prenderlo, e tentare un'impossibile corsa verso l'uscita. Ma poi un gruppetto gli tagliò la strada, e si ritrovò intrappolato.

Cosa cavolo pensava di fare? Pensò il giovane, staccando a padellate una mano che artigliava la sommità della barricata.

Rosario sembrò spacciato. Poi, però, con un guizzo di energia insospettato, afferrò un grosso cartello di plastica da un espositore là vicino, e cominciò a sbatterlo di piatto e di taglio sulle teste che si trovava davanti, tentando di aprirsi un varco. Fu un errore. Se solo avesse letto il pannello, avrebbe visto la scritta squillante “META' PREZZO, solo per oggi!”. Fu come sventolare un drappo rosso davanti a una mandria di tori. Con un muggito bramoso, si slanciarono avanti in tre, cinque, dieci, venti, tutti a contendersi l'oggetto di tanta convenienza. Rosario scomparve sotto l'assalto, e il disgraziato ragazzo, smembrato, finì equamente diviso tra gli aspiranti compratori.

Emanuele, a quella vista, fu assalito dai conati e dovette sporgersi oltre la barriera per vomitare anche l'anima. Quanto meno, ciò rallentò in parte l'assalto dei nemici.

“Manue', simme scuvert. Dobbiamo andarcene e' ca.” Carmela, grazie al cielo, lo stava tirando per una manica. Tossendo e boccheggiando, il giovane fu d'accordo: la postazione di Minghetti era stata espugnata, con essa il fuoco di copertura era cessato. Il caporeparto era scomparso, la barricata era ormai indifendibile, e forse le corsie a fianco erano già cadute, il che li avrebbe esposti al rischio di farsi prendere alle spalle. La donna saltò giù, e lui la seguì. Si appoggiarono ai sacchi di patate, tolti i nastri che li tenevano insieme, e spinsero con tutto il loro peso. Dopo un'iniziale resistenza, la barriera si disfece, e chili e chili di tuberi franarono addosso agli assalitori, seppellendoli.

 


I due superarono il reparto vino e succhi, in cui sembrava fosse esplosa una bomba e pozzanghere multicolori si allargavano sulle piastrelle; e giunsero alla fine del corridoio. Si sporsero con circospezione. Quello che videro fu la conferma dei loro timori. Le deboli difese erano state travolte, e l'intero supermercato era ormai in balia dei mostri, che saccheggiavano sfrenatamente gli scaffali.

“Cerchiamo di raggiungere gli altri, Carmela.” Sussurrò Emanuele.

“Minghett s'incazzerà... Gli ordini nun erano chisti.” Ribatté lei.

“Lo so... Ma lui non c'è più, giusto? Potrebbe essere morto. E l'area ovest ormai è andata. Se restiamo qui, non ne usciremo mai. Dobbiamo almeno provarci. Voglio vedere se Va... Se stanno bene.”

La collega esitò, poi annuì, cupa.

 

 

Al banco del pesce si stava scatenando l'apocalisse. Volavano sogliole e orate, tranci di tonno venivano dilaniati senza pietà, un astice caduto sul pavimento ne approfittò, traballante, per riconquistare la libertà.

Emanuele e Carmela piegarono da quella parte, con l'intento di approfittare della confusione per passare indenni. Forse ci sarebbero riusciti, se proprio in quel momento uno degli zombie, un tipo alto e allampanato, non si fosse impossessato di una testa di pesce spada e non avesse iniziato a usarla per trafiggere chiunque gli venisse a tiro. In breve, attorno a lui non rimasero che cadaveri, e i due commessi. Il tizio li fissò con occhio allucinato, quindi mosse loro contro, intenzionato a terminare il massacro. Carmela preparò la racchetta, ma dal banco vicino sbucò Walter, il grembiule macchiato di sangue, una mannaia nella destra, un coltellaccio nella sinistra, e un disossatore stretto tra i denti. Lo spadaccino ittico cambiò immediatamente bersaglio, e, imbracciata la testa, partì alla carica contro di lui con un urlo ferino. Iniziò un duello serrato, le lame che si incrociavano stridendo. Walter, nonostante la mole imponente, era piuttosto abile nello schivare gli affondi. “Mmfggt!” Bofonchiò da dietro al coltello.

“Ah?” Fece Carmela, perplessa.

“Ha detto: fuggite!” Indovinò Emanuele.

I due, coperti dal macellaio, spiccarono una corsa verso il lato opposto del reparto. Ma quando, giunti fuori tiro, si volsero a guardare, Walter spiccava contro il muro, inchiodato dalla lunga spada del pesce che pareva guardarlo attonito. Con le ultime forze, però, riuscì a cavarsi di bocca il disossatore e a infilarlo in un occhio dell'avversario. Il bercio di questi riecheggiò in tutto il reparto.


Emanuele e Carmela ripresero la fuga tra le corsie, il cuore in gola. Il ragazzo evitò una zombie che aveva tentato di infilarsi in bocca una confezione intera di Nastrine e ora vagava con le guance grottescamente deformate, mugugnando ed eruttando zampilli di zucchero; e riuscirono a guadagnare il corridoio d'uscita.

Ma alle casse trovarono un'altra visione da incubo. Attorno alla postazione di Anna Maria c'era una piramide brulicante di Quelli, perfetto esempio di fila all'italiana. Erano così tanti da avere invaso anche le casse vicine, e uno zombino surfava allegramente sul nastro trasportatore spinto alla massima velocità. Il corpo grassoccio della cassiera era riverso sulla tastiera, strangolato da uno scontrino chilometrico che le si era avvolto attorno al collo come un pitone dal codice a barre.

“Gesù.” Mormorò Carmela.

Emanuele si costrinse a scantonare lungo gli scaffali, con un groppo in gola. Anna Maria, buona e sorridente, era sempre stata un po' la mamma del supermercato, specialmente per i giovani neoassunti come lui. Sgattaiolarono, il più silenziosamente possibile, verso le casse automatiche. Uno degli invasori, evidentemente contrariato dalla difficoltà del loro uso, aveva risolto il problema sbarbandone una dal suo alloggiamento, e ora si trovava avviluppato nei cavi elettrici. Si gettarono a terra, strisciando col passo del giaguaro per evitare di far suonare i dispositivi antitaccheggio, e furono fuori.

 



Emanuele correva, col cuore che batteva all'impazzata per il timore di ciò che avrebbe potuto vedere una volta giunto all'ingresso est. La galleria sembrava non finire mai. Finalmente sbucarono nella corte.

Valentina era là, in piedi sul banco informazioni, circondata da un nugolo di zombie famelici. Aveva improvvisato un lanciafiamme con un accendi fornelli e un bottiglione di profumo, e una nuvola tossica di fumo Dolce e Gabbana pour homme impestava l'aria per un raggio di diversi metri. La ragazza combatteva con valore, e diversi non morti correvano in giro ululanti, trasformati in torce al risparmio energetico. Ma il loro numero era schiacciante, e non avrebbero tardato a prevalere.

Emanuele sentì risorgere dentro di sé lo spirito degli intrepidi cavalieri medioevali salvatori di fanciulle in pericolo, e senza pensarci due volte si slanciò in avanti con un urlo di guerra, puntando il più grosso dei nemici e brandendo la sua Bialetti antiaderente. Ma tenere lo sguardo fisso sull'obiettivo comporta il rinunciare a guardare dove si mettono i piedi. Come nelle migliori tradizioni comiche, un arto zombico semicarbonizzato rotolò tra le sue All Stars numero quarantacinque, le dita fellone ne arpionarono una, e lui rovinò a terra in un gran fracasso di acciaio Inox e Teflon. Carmela, che lo seguiva, lo superò con un balzo e frisse uno degli assedianti con colpo di racchetta ben piazzato. La pioggia di scintille che ne scaturì reagì a contatto con le sostanze chimiche nell'aria, provocando un'imponente fiammata che incendiò molti dei mostri e mise in fuga i superstiti.

“State bene?” Chiese loro Valentina balzando giù dal bancone, mentre Emanuele si rialzava maledicendosi con tutte le sue forze.

“Simme vivi.” Rispose Carmela, sbuffando. “Gli autri?”

La giovane si limitò a scuotere la testa.

Siamo rimasti solo noi tre... Come faremo ad uscire di qui? Pensò il ragazzo, sgomento. Poi cercò di darsi un tono. “Il supermercato è perduto. Quelli non se andranno finché sarà rimasto anche solo un sottocosto. Dobbiamo cercare una via di fuga praticabile.”

“E quale?” Lo bloccò subito Valentina. “Qui fuori pullula di quei maledetti, l'hai visto. L'entrata principale, figuriamoci.”

“I portelloni d'emergenza...?” Suggerì Emanuele, incerto. “Di lì si va al piazzale posteriore, magari il cancello dei fornitori è rimasto aperto.”

“Dissero ca ce ne stanno pure là.” Gli ricordò Carmela.

“Ma saranno meno che dalle altre parti. Possiamo fare un tentativo. No?” Insistette lui.

“Perché no? Non mi pare che abbiamo idee migliori.” Sospirò Valentina. Ricaricò stantuffando un paio di volte l'erogatore del bottiglione, e si avviò. Carmela la seguì, ed Emanuele si affrettò a fare altrettanto.



Si spostarono radenti alle pareti della galleria, nascondendosi dietro i pilastri di cemento ogni volta che uno zombie sbucava, barcollante, in direzione dell'uscita. Fortunatamente erano pochi, e tutti troppo carichi di spesa, per prestare loro attenzione. Finalmente, in lontananza, apparvero i portelloni grigi, i cartelli che ammonivano: USARE SOLO IN CASO DI EMERGENZA.

Se non è un'emergenza questa....

“Dovremo forzarli.” Osservò sottovoce Valentina.

“Ci penso io.” Si offrì subito Emanuele, ansioso di rimediare alla figuraccia di prima.

“Ok.” La ragazza sbirciò da dietro la colonna. “Via libera.”

Emanuele si mise in posizione come un velocista sulla linea del via, e scattò. Ma non aveva fatto neppure tre passi, che uno di Quelli uscì da sotto un arco. Il giovane inchiodò bruscamente, imprecando per lo spavento. C'era però qualcosa di familiare in quella figura vacillante. I capelli radi, il camice, ora lacero e sporco, simile ai loro, le mani pelose che brancolavano nel vuoto... Con un sussulto, Emanuele riconobbe Minghetti. Il caporeparto ondeggiava qua e là come fosse appena sceso da una giostra, e borbottava ossessivamente qualcosa a proposito di un'offerta in esaurimento.

No! L'hanno contagiato!

Nonostante il pericolo, restò a guardarlo scioccato, senza badare a Valentina e Carmela che si sbracciavano per dirgli di tornare indietro. Minghetti mugolava e ansimava, in preda a un'atroce astinenza da spesa. All'improvviso, cacciò un urlo disumano.
“Sconto....! FATEMI LO SCONTOOO!!!”

Abbrancò i maniglioni antipanico delle porte, e si mise a scuoterli furiosamente. L'allarme, ancora inserito, iniziò a trillare con un suono penetrante. Emanuele si riscosse, e batté velocemente in ritirata verso le colleghe.

“E' diventato uno di loro...” Gemette.

“Maledizione!” Imprecò Valentina.

“Dobbiamo aiutarlo, non possiamo...”

“Sta perduto, Manuè.” Lo bloccò Carmela, con fermezza.

“Carmela ha ragione. Non possiamo fare più nulla per lui.” Constatò Valentina, amaramente. Poi, intenerita dall'espressione del ragazzo, gli strinse una spalla. “Forse solo questo.”

Coraggiosamente, uscì allo scoperto. Corse verso una mozzarella che nel bailamme generale era rotolata fin lì, sfuggendo all'occhio vigile degli zombie, e la calciò verso il suo ex capo. Questi vi si gettò sopra famelico, rannicchiandosi poi beato tra i portelloni con il suo tesoro di bufala gocciolante.

Si strinsero dietro il loro riparo. Erano al punto di partenza.

“Poveraccio, che fine orribile.” Disse Valentina, scuotendo la testa.

“Nun era cattivo... Forse solo nu poco strunz ppe fissar e' ferie.” Assentì Carmela.

“E adesso, che facciamo?”

Seguì un silenzio, rotto solo dai versi lamentosi delle creature in caccia. Presto sarebbero tornate alla carica. Emanuele si scervellò, alla ricerca dell'idea grandiosa, quella che nei film d'azione faceva sempre il suo porco effetto. La sentì arrivare di lontano, contorta e saltellante.

“Ho un'idea.” Annunciò. “Ma non vi piacerà.”

La disse. E a loro non piacque.



 

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Capitolo 3
*** La fuga ***


“Tu si pazz....” Mormorava Carmela, mentre, con mille cautele, compivano a ritroso il percorso di prima. Emanuele non poté che concordare. Rientrare nel supermercato ancora in balia degli zombie era semplicemente folle. Ma le creme solari si trovavano là, nella corsia dei cosmetici, tra i doposole e gli shampoo. Spalmarsele addosso per poi tentare di confondersi in mezzo a Quelli era l'unico modo che gli fosse venuto in mente per arrivare incolumi all'uscita.

I corridoi del punto vendita sembravano travolti da uno tsunami. Ovunque confezioni sventrate, merce troppo costosa sparpagliata senza complimenti, un intero scaffale crollato. Diverse creature smaltivano i postumi dell'orgia rannicchiate tra sacchetti biodegradabili stracolmi di bottino, in una corta di coma post compratorio, emettendo ogni tanto un grugnito assonnato. Ma sarebbe bastato un nulla per risvegliare la loro furia. Emanuele rabbrividì scorgendo nella vasca frigo i cadaveri di tre magazzinieri, tra cui quello che gli aveva offerto il panino quella mattina, fare capolino in mezzo ai sofficini. Baffi di ghiaccio si stavano già cristallizzandosi sui loro volti perplessi, rendendoli novelli Capitan Findus.

Dio mio, non risparmiano niente e nessuno.

“Manca molto?” Chiese Valentina, poco pratica di quel settore. Lei di solito lavorava al banco pane e pasticceria.

“Passiamo l'abbigliamento e ci siamo.” La rassicurò lui.

Acquattati tra le file di grucce, puntarono verso l'estremità del reparto. Ma qualcosa, nell'aria, li inquietava. Era tutto tranquillo, troppo. Persino la musica degli altoparlanti sembrava smorzata.

C'è qualcosa di strano....

Una grande ombra si disegnò sul pavimento in fondo al corridoio, espandendosi man mano che ciò che la proiettava avanzava, a passi sordi. Poi, lei apparve.

 


Era una donnona mastodontica, gli occhietti azzurri dardeggianti nel faccione bianco e paffuto, sotto i bigodini a raggiera. Indossava un abito a fiori sotto cui sarebbe entrato comodamente il circo Medrano, guanti di gomma gialla, e, cosa ancor più raccapricciante, un logoro grembiule da cucina rosa con una stampa di Hello Kitty. Opuscoli pubblicitari con tutte le ultime offerte le sbucavano fuori dalle tasche, e ogni tanto ne estraeva uno per sbocconcellarlo distrattamente. L'effetto era da brividi.

“Oddio, è lei!” Esclamò Valentina in un soffio. “La Massaia...”

Emanuele sentì una fitta di terrore, misto a timore reverenziale, scendere giù per la schiena. La Massaia, la leggendaria e letale regina degli zombie risparmiatori. La protagonista delle storie spaventose, sussurrate la sera, all'orario di chiusura, nel retro del supermercato. Lo spauracchio delle mamme per far stare buoni i bambini in coda alla cassa. No, non ti compro le Big Bubble. Smettila, o viene la Massaia, ti mette in borsa e ti porta via. Colei alla quale nessun prodotto, per quanto occultato in fondo agli scaffali, poteva sperare di sfuggire; la cui ferocia era pari solo al fiuto per le occasioni. E ora era là, poco distante da loro. Con relativa, gigantesca borsa. Si mormorava che contenesse i teschi di diversi commessi, decapitati a colpi di carta fedeltà, che avevano osato sbagliarle il resto. Procedeva lentamente, facendo ondeggiare la sua imponente mole avanti e indietro, mugugnando assorta.

Carmela afferrò i due ragazzi pietrificati, e portandosi l'indice alle labbra, li trascinò dentro un cubicolo che fungeva da camerino, e tirò la pesante tenda scura.

“Statevene zitt, ca forse nun ci vede....”

Non fiatarono, pigiati dentro l'improvvisato riparo, spiando da una fessura la Massaia che caracollava attraverso il reparto, con aria sdegnata. Non c'erano molte buone occasioni, lì. Si fermò ad esaminare della biancheria, rigirandola tra le manone guantate. Ma quando vide il cartellino col prezzo, la cifra non le piacque. Con un ringhio sordo, addentò i calzini con la grinta di una dozzina di pitbull. Fiocchi di cotone bianco addensarono l'aria, mentre la regina mostrava tutto il suo disappunto sventrando l'espositore.

Emanuele, nel buio afoso, credeva di soffocare. Si mosse con cautela, cercando di guadagnare centimetri di spazio vitale, e così facendo finì col naso nella coda vaporosa dei capelli di Valentina. Nonostante la situazione, non poté trattenersi dall'inspirare a fondo.

Che buon profumo...

Ebbe l'impressione che lei stesse rabbrividendo. Le cercò il braccio, e glielo sfiorò con una lunga carezza calda, forte, rassicurante.

Non devi aver paura... Sono qua con te.

“A Manue', a voli smettere de tastiarm?”

Ma che figura di... Emanuele divenne così rosso che l'interno del camerino parve illuminarsi. Fortuna che la Massaia, là fuori, terminata di fare a pezzi l'esosa merce, aveva ripreso la sua esplorazione. I tre trattennero il respiro quando, passando davanti al loro nascondiglio, sembrò rallentare. Ma poi proseguì decisa fino in fondo, svoltò l'angolo e scomparve dalla vista.

 

Carmela scostò la tenda, e tutti si precipitarono fuori, in debito d'ossigeno. Dopo aver controllato che l'enorme zombiessa non fosse in vista, sgattaiolarono fino allo scaffale della cosmesi. Raccolsero tutte le creme solari a disposizione, fecero saltare i tappi, e iniziarono a spalmarsele in abbondanza su viso, braccia e mani, fino a risultare pallidi come i loro nemici. Liberatisi dei camici blu, cercarono di dare un aspetto il più possibile trascurato ai vestiti sottostanti, e terminarono il tutto arruffandosi i capelli. Per Valentina fu sufficiente disfare la coda e agitare avanti e indietro la testa con una mossa alla Carrà. I suoi ricci ribelli si spararono immediatamente in direzioni fisicamente improbabili, conferendole un'aria da pazza.

Quindi si osservarono, valutando il risultato. Non era perfetto, ma poteva andare. Ora l'importante sarebbe stato infiltrarsi in mezzo a Quelli.

“Mi raccomando, non perdiamoci di vista.” Raccomandò la giovane. “E stiamo attenti a imitare quello che fanno loro.”

Emanuele assentì, unto di crema fino alle orecchie. Carmela aveva voluto strafare, e ora brillava di Kids Sun protezione 50. Nascosero alla meglio le armi in un fagotto, e si appostarono all'angolo della corsia. Non dovettero attendere molto, prima che passasse un gruppetto di zombie in marcia. Non appena questi li ebbero superati, i tre commessi uscirono e si accodarono al gruppo, cercando di emettere gli stessi suoni bassi e gutturali. Parve funzionare. Ben presto furono raggiunti da altri esseri, che li seguirono a propria volta. Sembravano andare tutti dalla stessa parte, attratti da qualcosa.

 

Intruppati, non poterono che seguire la corrente, verso il centro del supermercato da cui proveniva un orrido coro di versacci. Giunti a destinazione, dovettero fermarsi, e si trovarono nel mezzo di una folla rumoreggiante e gocciolante bava, adesso stranamente compatta. L'anarchia selvaggia dell'accaparramento era scomparsa, e adesso si respirava un nuovo, curioso senso di fratellanza risparmiatoria. Nel vuoto al centro dell'assembramento si fece largo l'enorme stazza della Massaia, e tutti gli zombie presenti sembrarono guardarla, come ipnotizzati, tenendosi a rispettosa distanza. Poco a poco, gemiti e mugghi si attenuarono in un mormorio pieno di aspettativa. Era chiaro che stesse per accadere qualcosa di importante.

Deve essere una specie di rito....

La regina, stronfiando come un mantice, stava rovistando gravemente nella borsa, alla ricerca di qualcosa. Parve individuarlo, e un fremito corse tra gli astanti. Quindi, con un verso trionfante, portò alla luce una manciata di coupon; e tutti esplosero in muggiti di giubilo. La zombiessa sollevò solenne i tagliandi verso il cielo, provocando un boato assordante di versi entusiastici, che poco a poco divennero un coro ritmato. Diverse carte fedeltà apparvero dal nulla, e iniziarono ad essere agitate in aria, a tempo.

Emanuele scambiò un'occhiata furtiva con gli altri: era il momento di approfittarne. Senza parere, cominciò a strisciare indietro tra le file, con i tipici passi malfermi. Ma d'un tratto, mentre era impegnato nella manovra, si accorse che lo zombie alla sua destra lo stava fissando. Temendo di aver dato nell'occhio, si fermò, fingendo attenzione a quanto succedeva al centro. Ma ben presto, anche quelli che stavano davanti alle sue colleghe si voltarono, con un'aria strana.

Che cavolo succede...?

I mostri guardavano qua e là annusando l'aria, qualcosa li disturbava. Con un tuffo al cuore, gli si accese una lampadina.

Quali creme abbiamo preso, per travestirci? Mica quelle a prezzo pieno, vero....?!?

Ma lo sguardo inorridito di Valentina confermò il suo timore.

Che razza di imbecilli, avremmo dovuto prendere quelle col trenta per cento in meno!

Il suo vicino barcollò verso di lui, lentamente ma deciso, e si mise a sniffargli rumorosamente la faccia. Emanuele si sforzò di restare immobile, nonostante il fetore che emanava. Ma quello del costo intero era ben più forte, per il fiuto infallibile dello zombie. Che infatti contrasse il volto in una smorfia di disgusto, gettò indietro la testa, ed emise un fortissimo ululato di allarme. L'intera compagine dei risparmiatori interruppe il coro e si voltò di scatto verso di loro, lasciando cadere le carte. Emanuele, atterrito, sollevò lo sguardo, e incrociò quello malevolo della Massaia. Fu un attimo.

Con un ringhio poderoso, la regina degli zombie gettò in aria i buoni, e si avventò contro di lui con un'agilità sorprendente. Emanuele fece appena in tempo a girare sui tacchi e mettersi a correre, prima che i non morti, uno dopo l'altro, si mettessero in moto, e che Carmela a Valentina si unissero a lui. La prima fece per estrarre la racchetta, ma la ragazza gridò: “No, sono troppi! Di qua, venite!”

Si gettarono in uno slalom tra gli scaffali, inseguiti dall'orda al gran completo. Sfrecciarono a perdifiato tra gli snack, i biscotti e il caffè d'orzo, superarono una sagoma di bambino che reclamava i suoi cereali, e con una brusca sterzata si ritrovarono fra i generi di prima necessità. Emanuele ansimava, ma la paura gli metteva le ali ai piedi. Passando, Valentina agguantò una confezione formato famiglia di Friol, ne strappò il tappo e ne sparse il contenuto a terra. Non appena i primi degli inseguitori svoltarono nel corridoio, decollarono in una spettacolare gamma di posizioni Kung Fu, atterrando di faccia nella pozza oleosa e provocando una catena di inciampi per quelli che sopraggiungevano.

“Grande!” Esclamò Emanuele, colmo di ammirazione. Ma, una volta giunti in fondo, si trovarono persi. Alcuni mostri avevano fatto il giro delle corsie, e adesso da tutte le direzioni zombie inferociti stavano arrivando per sbranarli. Sembrò che la loro ora fosse suonata. Si raccolsero schiena contro schiena, pronti all'ultima, disperata battaglia. Ma poi Valentina avvistò un carrello rovesciato, abbandonato come un relitto all'uscita delle casse.

 


Uno sprazzo di speranza, inaspettato. Approfittando dell'azione di sfondamento di Carmela, che da ragazza aveva frequentato un mediano della Beneventana Rugby, e che adesso si gettò in avanti a testa bassa travolgendo gli aggressori, i due giovani si precipitarono da quella parte. Valentina fu la prima ad arrivare al carrello, e iniziò a tirare per raddrizzarlo. Emanuele la seguì a ruota. Ma, mentre oltrepassava le casse, qualcosa lo artigliò a tradimento per la maglietta. Fu costretto a inchiodare, sentendo il tessuto lacerarsi, e si ritrovò a pochi centimetri da una faccia livida e ghignante.

“LA'!!! Guarda, laggiù!” Esclamò Emanuele concitato, indicando un punto a caso in lontananza. “Prendi uno, paghi tre!” Gli uscì detto.

Per fortuna si trattava di uno zombie piuttosto anziano, che lì per lì, mollò la presa per girarsi in cerca della promozione. Poi aggrottò le sopracciglia, e si vide la consapevolezza farsi strada nella sua espressione animalesca, via via che realizzava la fregatura. Il mostro emise un ringhio rabbioso, agitando inutilmente le mani ad artiglio a mezz'aria. Ma Emanuele era già lontano, al carrello.

“Carmela, spingi da quella parte!” Esclamò.

Il mezzo si mise in movimento, cigolando, lui e la collega dietro, un piede sul predellino e l'altro a spingere, mentre la minuta Valentina prese posto sul seggiolino ripiegabile per bambini col suo lanciafiamme imbracciato, come un mitragliere sulla torretta del carro armato. Poco a poco presero velocità, e la galleria prese a sfilare attorno a loro.

Ce la possiamo fare! Esultò dentro di sé il ragazzo.

Ma gli zombie non avevano alcuna intenzione di rinunciare alle loro vittime così facilmente. Quelli ancora nel supermercato si diedero all'inseguimento, chiamandosi a vicenda con versi bellicosi, mentre quelli in posizione più avanzata cercavano di intercettare la preda, costringendo i tre commessi a pericolose sterzate per evitarli. Valentina, con le sue fiammate, scoraggiava i più intraprendenti, ma non era semplice riparare su tutti i lati, e più di una volta rischiò di incenerire quanto restava della permanente di Carmela.

“Statt attient, Valentì!” Protestò quella. “Suno trentaquattr euro, da Silvano!”

“Scusa! Ma questi maledetti sono dappertutto....” Si giustificò la giovane, innervosita.

Come a darle ragione, una coppia di Quelli li attaccò in contemporanea. Uno, scansate agilmente le difese, spiccò un balzo e si attaccò con i denti al gancio della catenella di collegamento del carrello, mentre il suo compagno approfittava dello sbandamento provocato per saltare sulla parte anteriore e allungare la mano adunca verso la fuochista. Emanuele si gettò a recuperare la sua padella dal fondo del carrello e la stampò sulla faccia dell'aggressore. Ululando, questi perse l'equilibrio e precipitò fuori. Meno facile fu liberarsi del suo compare, che sventolava in fondo alla catena come una grottesca bandiera, mandando a vuoto le scariche infuocate di Valentina. Ma poi questa ebbe un lampo di genio, e colpì con forza il cassetto quadrato per la moneta che serviva ad aprire il gancio. Il meccanismo scattò, i cinquanta centesimi inseriti nella fessura furono sputati fuori, e andarono a colpire lo zombie in mezzo agli occhi con la forza della pietra di Davide scagliata contro Golia. Con un gemito orrendo, il non morto mollò la presa e finì a rotolare sul pavimento.

L'urlo di vittoria dei tre compagni risuonò nella galleria. Ma durò poco. Emanuele avvertì un gran fracasso alle loro spalle, e quando si voltò per poco non seguì la sorte dei nemici abbattuti.

Un altro carrello, con a bordo la Massaia, li inseguiva a tutta velocità. Una decina di zombie spingeva con tutte le proprie forze, incitati con sordi grugniti dalla loro regina che straripava dal suo interno, brandendo minacciosa la sua micidiale carta.

Con un gemito di spavento, Emanuele e Carmela si dettero a pedalare con ancora più impegno, ma lo sforzo si faceva sentire e il mezzo inseguitore si stava avvicinando inesorabilmente. Ogni tanto anche uno dei mostri spingitori crollava inciampando nei propri piedi, venendo però immediatamente rimpiazzato. Una luce apparve in lontananza: le porte d'entrata. Ma parevano distanti anni luce. Il ragazzo si rese conto che non sarebbero mai riusciti a raggiungerle in tempo. La Massaia li avrebbe presi, e il musetto dolce di Hello Kitty sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbero visto, prima di finire spiaccicati come moscerini.

Non posso crederci, dopo tutti i nostri sforzi....

Carmela, però, non era dello stesso avviso.

“Cuntinuat ad annà. Mo' li cuncio io, sti fetient.”

Affermò, compiendo una complicata manovra per entrare nel carrello. Emanuele avvertì un campanello d'allarme.

“Carmela, cosa vuoi fare? Non intenderai mica....”

Ma la donna stava già arrampicandosi sul manico.

“Vuje cuntinuat, v'avvio detto. Io tratteng chilla grassona, accussì vuje potite fuje.”

“Cosa?!? No!” Esclamò Valentina, incredula.

“NO! E' una pazzia, un suicidio!” Le fece eco Emanuele, scioccato.

“E' l'unico modo che avete per uscire vivi di qua. Non vi preoccupate per me. Non me andrò senza aver fatto festa ad un bel po' di quelli.”

Questo terrorizzò i due più di ogni altra cosa. Sentire parlare Carmela in italiano dava tutta l'idea della serietà della situazione. Emanuele sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

“Non farlo, ti prego...” Sussurrò.

Dietro di loro, la Massaia era ormai vicinissima, e i suoi occhietti porcini fremevano d'impazienza per la strage imminente.

Carmela gli accarezzò una guancia. Sul viso le balenò un'ombra di sorriso.

“Quanno sarete fori e' cca, immitala a escire.” Disse, accennando a Valentina. “E tu, daje ne possibbiletà a stu povaru figghju, ca è na vita ca te muore arreto.” Aggiunse rivolta a lei. Emanuele si sentì avvampare. “Site due bei guagliuni, e tutt'o lassato è perduto.”

Quindi si volse, tirò un profondo respiro e strinse la racchetta fra le mani. Poi, gridando “JAAAAA!!!” con tutta la voce che aveva, si lanciò nel vuoto, diritta contro il carrello nemico.

 


Urlando terrificanti maledizioni partenopee, la donna piombò diritta in mezzo agli zombie, scompaginandoli. Il carrello si impennò, ricadde fragorosamente giù, sbandò, e solo a prezzo di grossi sforzi l'equipaggio poté mantenerlo in assetto. Ma Carmela si era saldamente ancorata alla parte anteriore, e come una furia iniziò a saettare scariche qua e là. Fulminò sul posto un nemico, cacciò il manico della racchetta nell'occhio di un altro, e quando un terzo la agguantò da dietro cercando di sollevarla di peso, lo colpì con un calcio micidiale sotto la cintura. Il malcapitato finì k.o. all'istante, scomparendo sotto le ruote del mezzo in corsa. Ma la stazza enorme della Massaia si erse verso il cielo, oscurando la luce. Con un ringhio sordo, e facendosi largo a suon di sberle tra i suoi sottoposti, calò un poderoso pugno in direzione della coraggiosa commessa. Carmela fu lesta a spostarsi, mandando il cazzotto a deformare le sbarre metalliche come fossero di plastilina, e rispose immediatamente con un colpo di racchetta, approfittando dello sbilanciamento dell'avversaria. Una pioggia di scintille azzurrine crepitò in aria, e per un attimo Carmela avvertì un'ondata di selvaggia euforia. “Abbusca accà, brutta chiavica!”

Ma fu solo quando le faville si spensero, che vide il ghigno malevolo sul faccione della Massaia. Troppo tardi si rese conto che i guanti di gomma l'avevano protetta dalla scossa. Una sventola che sapeva di Mastro Lindo al limone le arrivò in piena faccia, facendo esplodere il mondo in un turbinio di lampi.

 

Emanuele urlava, vedendo la regina zombie massacrare Carmela. In preda all'orrore, si accorse appena che Valentina aveva preso il controllo del loro mezzo, per evitare di fermarsi. Ormai erano quasi in salvo, bastavano pochi metri....

 

Carmela digrignò i denti, sentendo avvicinarsi la fine. Aveva male dappertutto, e in bocca avvertiva un disgustoso sapore metallico. Ma non avrebbe capitolato senza combattere fino all'ultimo volt. Con le energie residue, colpì disperatamente la Massaia più volte, senza badare al dolore. Riuscì persino a bruciacchiarle la borsa, e i bollini fedeltà si incendiarono insieme alla carta, provocando un assordante barrito furioso nella proprietaria. Ma poi la lucina rossa del manico della racchetta, già fievole, lampeggiò un'ultima volta, e si spense per sempre. Batterie esaurite. Trionfante, la zombiessa agguantò la donna, e le strinse le enormi mani al collo. Carmela tentò ancora, inutilmente, di difendersi, ma prima di scivolare nell'incoscienza fu ancora capace di far cadere l'arma, ormai scarica, tra le ruote del carrello. Mentre la vista le si offuscava, le parve di sentire un leggero profumo di basilico, sparso nell'aria frizzante della sera di Posillipo. Proprio come quando era bambina. Poi, tutto si fece buio.

 

“Emanuele...” La voce rotta dal pianto della sua compagna lo distolse da quella vista straziante. “Dobbiamo continuare a spingere, siamo quasi fuori... Altrimenti il sacrificio di Carmela sarà stato inutile.”

Non lo fu. L'ultimo disperato gesto della loro collega sortì il suo effetto. Gli assi del carrello avversario, già messi a dura prova dal peso elefantiaco della sua occupante, non ressero al sobbalzo provocato dall'inciampo. Una ruota cedette e schizzò via come sparata da un fucile, mentre le altre si squadernarono in differenti direzioni. Gli zombie superstiti persero completamente il controllo, urtando gli uni negli altri, e carambolando tutt'intorno. Ma il carrello, con a bordo un'ululante Massaia, continuò la sua folle corsa in una scia di scintille provocate dall'attrito e, mentre quello dei due ragazzi proseguiva a diritto, proprio sul finire della galleria deviò di lato, compiendo un'ampia curva, e andando a schiantarsi con la forza di un missile contro la vetrina di Intimissimi. L'ultima immagine della Massaia visibile al mondo furono pochi bigodini sparpagliati in giro, ed Hello Kitty che decorava serafica un paio di tanga.

 


“È andata, È ANDATA!” Gridò Valentina, agitando il pugno all'indirizzo delle macerie della vetrina. Ma Emanuele, voltato dalla parte opposta, contemplava agghiacciato le porte automatiche avvicinarsi a velocità folle davanti a loro.

Si apriranno in tempo...?

La lucina del sensore si attivò, e i pannelli iniziarono a scorrere sui binari, lentamente. Troppo.

Per un pelo... Forse.

Senza esitare, scavalcò il bordo del carrello, agguantò Valentina, la tirò giù dal seggiolino, e senza badare alla sua esclamazione di sorpresa, si rannicchiò riparandola il più possibile.

Uno schianto fragoroso che fece tremare la struttura metallica del mezzo, e schegge di vetro schizzarono in tutte le direzioni, mentre il veicolo, infrante le porte, andava in testa coda girando vorticosamente due o tre volte su sé stesso, cozzava contro un cestino, rimbalzava e proseguiva in retromarcia ancora per qualche metro nello spiazzo antistante l'entrata, prima di esaurire la spinta e fermarsi gemendo.

Per qualche attimo, nessuno dei due si mosse.

“Stai bene?” Chiese Emanuele, gracchiante.

“Credo... Credo di sì.” Rispose Valentina, incerta, scrollando via i frammenti rimasti impigliati tra i ricci.

Il ragazzo saltò giù, barcollando sulle gambe malferme, e aiutò la compagna a scendere dal carrello.

Forse fu lei a inciampare, o forse lui a tirare un po' troppo. Fatto sta che Emanuele si ritrovò con i suoi occhi sgranati a pochi centimetri di distanza. Non pensò. Si buttò e basta. E stavolta non ci furono imbarazzanti sbagli. Fu un bacio che da nervoso e un po' sghembo si sciolse fino a diventare morbido e appassionato. Quando si lasciarono, aveva il cuore a mille. Ma pure Valentina era deliziosamente rossa in viso. Si guardarono in silenzio, intensamente, godendosi la magia del momento. Poi si incamminarono, piano. Emanuele, trepidante, le prese con delicatezza la mano, e provò un guizzo di gioia quando lei rispose con naturalezza.

“Sono contenta che sia finita.” Disse piano la ragazza, mentre attraversavano il parcheggio.

“Già...” Rispose lui, trasognato. Poi un lampo di spirito assurdo. E lo sparò. “Scontato, no?”

Stavolta non evitò il bottiglione ormai vuoto, che gli arrivò diritto in testa. Si mise a scappare, ridacchiando, inseguito da una Valentina fintamente minacciosa. E, mentre il grande edificio si allontanava alle loro spalle, gli parve di sentire una voce, diversa da quella di Gaga, che cantava piano.

Strignímmoce, vasámmoce,

ch''a giuventù va 'e pressa...








E così si chiude questa cosa folle, primo esperimento nel comico. Spero faccia sorridere, e chiedo venia per il napoletano 'mpruvvisato (nessuno si faccia scrupolo a correggermi). Grazie mille a chi ha seguito, commentato, a chi lo vorrà fare... E a chi fa lo sconto.

 

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