Something Very Important Is About To Happen

di sistolina
(/viewuser.php?uid=40394)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scout's Honor (1x02) ***
Capitolo 2: *** You've Never Had A Real Friend Before (1x03) ***
Capitolo 3: *** My Legacy (1x05) ***
Capitolo 4: *** This. Is Over. We're Done. (1x07) ***
Capitolo 5: *** I Have An Ugliness It's Impossible To Love (1x08) ***
Capitolo 6: *** You Love Her? (1x10) ***
Capitolo 7: *** I'm A Lucky Guy (1x11) ***
Capitolo 8: *** What Do You Need? (1x13) ***
Capitolo 9: *** You Were My Only Friend (2x04) ***
Capitolo 10: *** It Means Hope (2x05) ***
Capitolo 11: *** And...You Were There (2x07) ***
Capitolo 12: *** We Gotta Finish This, You And Me (2x08) ***



Capitolo 1
*** Scout's Honor (1x02) ***


Scout's Honor




Anche la foresta sembra morente.
Solo le fusa di un gatto particolarmente stupido. Io non vorrei strusciarmi sulle gambe di qualcosa che probabilmente mi mangerà. 
“Cavolo, ho dimenticato di portare un freesbee” dire cazzate del genere è così fottutamente tipico di me. Sventrare una tensione così densa da poterci camminare sopra, zittire il silenzio instabile e l'ansia palpabile.
Peter riesce a giostrarsi meglio di sua madre nelle mie stupide allusioni. Solo un dito medio in risposta, una mezza risata nervosa, offuscata dall'ansia, forse, e forse l'anticipazione di quel dolore che le più diverse leggende ci hanno lasciato. Molte cose cambiano, ma non il dolore.
“Non scherzare” forse non dovrei, ma è più facile indossare una maschera qualsiasi che ammettere di farmela sotto.
Comincia così, nel mezzo di un miagolio nervoso, quel sonoro schiocco fradicio che anticipa la trasformazione. Vertebre che si muovono e non dovrebbero farlo, mandibole serrate e palpebre strizzate.
Nell'inequivocabile danza della sofferenza più atroce, tutto si spezza e si ricompone, preme contro la pelle.
E gli occhi. Cazzo, nessuno mi aveva avvertito che avrei visto “letteralmente” i suoi occhi venir fuori dalle orbite. 
Artigli, pelle che si sfibra, sfilacciata lungo gli arti, accessoria. Un enorme scheletro di lupo a scarnificarlo come se non fosse mai stato lì. Non urla troppo, perché le sue corde vocali, probabilmente, sono strappate a tratti in gola.
Occhi gialli che fissano quella trasformazione con la stessa incredula paura che strozza me. 
Non ci si può abituare ad una cosa del genere.
Non so come lei faccia a guardarlo senza fare niente. 
Non so come ci riesco io.
Un dente dopo l'altro precipita sul terreno in un clangore di vetri rotti, un ringhio basso e sofferente, un muso spaventoso che si fa strada fra i suoi lineamenti umani strappandogli via il viso e frantumandogli ogni singolo osso. Ovunque, sul suo corpo, tracce di carne, muscoli e pelle ridotti ad un lacero ricordo. 
Sembra essere accaduto in un istante, quando l'uomo si scioglie sulle foglie marce e il terreno argilloso per lasciare spazio all'animale. 
Non ho semplicemente smesso di respirare. Qualcosa nel mio sangue, e nei muscoli, negli organi interni. Tutto si è fermato.
Il lupo scuote il pelo fino a quando ogni traccia di sangue e di pelle non scivola a terra vischiosa.
In un attimo resta solo il pelo irto e un basso ringhio gutturale.
È qualcosa che fa vibrare perfino me. Qualcosa che non so cosa darei per poter fare anch'io.
Scrollarsi di dosso quello che sei stato fino a quel momento. Reinventarsi, abbandonare gli scarti e mandarli giù interi. Semplicemente, senza pensare. 
Senza l'opprimente sensazione di essere il figlio prediletto, quello che manderà avanti il buon nome della famiglia.
Roman Godfrey e il suo destino segnato.
Prendere un treno e semplicemente andare. Lasciare il resto indietro.
“Peter?” ringhia, si volta e si allontana in due falcate.
Un gigantesco lupo dagli occhi gialli che solleva a malapena un fruscio di foglie.
“Mi state prendendo per il culo”




 
**Note: probabilmente nessuno guarda questo tf. Ma se a qualcuno è capitato di dargli un'occhiata, sicuramente li amerà. E' inevitabile, sono una bromance che funziona^^
Se li amate quanto li amo io, fatemelo sapere^^
O venitemi a trovare qui!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** You've Never Had A Real Friend Before (1x03) ***


You've never had a real friend before




Dovrei smetterla di smettere con l'alcool. O di limitarlo, o pensare di farlo.
Dovrei smettere anche con gli amici.
E di guidare sobrio, perché finisco sempre in qualche posto che mi si appiccica addosso e non so più come scacciare.
La foresta ha sempre lo stesso colore, vivido e penetrante, ma non potrò mai più guardarla allo stesso modo, adesso che so di lui.
Peter è anche un po' coglione, a dire il vero. Un grosso e stizzoso coglione.
E Letha è una stronza ingenua, con le sue gonne rosa e il suo adorabile feto. Col cazzo che lo chiamo bambino, quell'ammasso ci cellule messe insieme a caso che non si sa da dove sia arrivato.
Il locale è buio e puzza. Solo bandiere americane e sporcizia sul bancone, un enorme barista nero e i miei documenti falsi.
Sfasato, nell'incoscienza della mia fiaschetta, unica compagna affidabile che mi sia rimasta.
Mia madre mi porterebbe a comprare qualche completo di cui non ho bisogno, e Shelley ha già le sue termiti da saziare.
In fondo mi serve solo questo, un pub puzzolente e offuscato dal fumo, dove anche i miei stessi lineamenti mi sono estranei. Chissenefrega di Peter Rumancek e delle sue nottate pelose.
Chissenefrega di Letha e del suo bambino nato con l'intervento dello Spirito Santo.
E chissenefrega anche del cazzone che mi sta fissando da dieci minuti con la camicia macchiata di unto e la fronte sudata.
Un banjo strimpella alla radio una musica allegra che non mi contagia.
I bicchieri diventano due.
Una sigaretta. Il velo dell'incoscienza che ritarda, come sempre. Sempre di più.
Con Peter sarebbe meglio. Questo whisky schifoso avrebbe un sapore migliore, o forse no. Probabilmente il bordo del bicchiere sarebbe ancora sbeccato e sporco di rossetto lavato male dalla lavastoviglie della Guerra Civile, e il tizio schifoso continuerebbe a fissarmi come se mi volesse stendere a pancia in giù sul bancone. Ma con Peter, queste cose, nemmeno le avrei notate.
Ma io sono quello fuori di testa.
Lui ulula nudo nei boschi attorno dalla città, ma io sono quello fuori di testa che deve parlare con il consulente scolastico. E di cosa? Cosa cazzo dovrei dirgli, al consulente scolastico, di preciso?
Ho dato la mia parola di scout ad un bastardello peloso che se ne frega.
Non poteva andare meglio, come al solito.
 
***
 
Lei mi fissa, con quello sguardo di commiserazione un po' affettuosa che riserverebbe solo ad un bambino ingenuo
“Non hai mai avuto un vero amico prima d'ora” 
Non ne ho avuto nessuno, se è per questo.
Ma Roman non è un amico, uno di quelli con cui vai a rimorchiare ragazze e bere birra.
Lui ti guarda con quegli occhi enormi, e sembra essere capace di capire, e leggere, e dire qualsiasi cosa. E affrontare qualsiasi cosa, cadendo semplicemente addormentato sul mio divano come se fosse suo. 
Come faccio a spiegarle chi è Roman veramente?
“Scappa. Scappa prima che sia troppo tardi per te”
E' già troppo tardi per me.





Ululati^^: sarò breve...è tardi e ho sonno ahahahaha
Ho smesso di aggiornare perchè non avevo tempo di vedere gli episodi...sto recuperando, quindi aspettatevi altre schifezzuoleXD
Sempre flash, per ora, magari prima o poi mi cimenterò in una OS :)
Grazie a tutti per l'attenzione, e alle ragazze per le splendide recensioni al primo capitolo! Vi adoro...alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** My Legacy (1x05) ***


My Legacy



Basta solo un graffio. Un taglio profondo, netto, indolore. Proverò quel lancinante bruciore un secondo appena. Poi solo calore. 
La cocaina mi sbatte nel cervello fin dietro gli occhi, tasta la carne debole delle mie palpebre, le pareti fragili delle vene, annebbia tutto, setaccia i miei organi interni con una stretta vellutata e ferma.
Schizofrenica.
Lei lavora di bocca con l'annoiata esperienza di una moglie frustrata. Puzza come una moglie frustrata, di solitudine, di botox e disperata ricerca di attenzioni.
Puzza come qualcuno che non ricorda nemmeno cosa voglia dire svegliarsi la mattina senza disprezzarsi. 
L'odore affine si riconosce negli anfratti, e nelle sfumature.
Intorno a me, prima, c'era solo l'odore stantio di una disperazione bipolare, persone che correvano senza sosta per precipitare al centro di una traiettoria tracciata dall'insofferenza e il rimpianto.
E poi Peter, Peter e il suo folle nonno gypsy. Peter e la sua tosta madre gypsy, la sua eclettica cugina gypsy, e la sua libertà di zingaro d'impacchettare la sua roba e sparire. 
Nessun nome da difendere, da non lasciar sfigurare, nessuna zigrinata eredità da maneggiare accuratamente. Nessuna gabbia se non quella che ti tiene ancorato alla terra.
La lama luccica sullo specchio, la coca rimbomba fin dietro il collo, in bassi potenti e stridere di emozioni spoglie.
Ovattata e preconfezionata, al voce da vedova rispettosa di mia madre graffia le pareti di stronzate melense a cui non crede nessuno. Mio padre, quell'uomo memorabile e generoso. Mio padre, il luminare dolente e fragile.
Mio padre s'è sparato in faccia sul tappeto persiano del nostro salotto.
Shelley non è nemmeno qui, perché lei non lo ritiene opportuno. Perché solo il suo figlio prediletto, erede di una fortuna che nemmeno vuole e di una maschera che dissangua solo ad indossarla, è degno di ubriacarsi di bourbon e sfondarsi di coca fino agli occhi. Il mondo non deve vedere Shelley, perché lei non vorrebbe vederla. Il mondo deve solo sapere che è il frutto dell'immensa generosità dei Godfrey, di un amore smisurato che puzza di rancido solo se ci si avvicina abbastanza.
L'amore dei Godfrey, un padre che si fracassa il cranio, una figlia nascosta, e il legittimo erede che non riesce nemmeno a stare in piedi, strafatto e ubriaco, l'uccello affondato nella gola di una tardona frustrata, all'anniversario di qualcosa che vorrebbe radere al suolo.
Lei si muove avanti e indietro, la schiena inarcata, le labbra socchiuse, e la gola che produce suoni sommessi che somigliano a singhiozzi. Forse sta piangendo nell'unico modo che conosce.
Punge la lama fra le dita. Un solo affondo e sarà finita.
La profondità è importante Roman. Importante.
Deve sprofondare nel modo giusto, precipitare sotto la carne lentamente, quel tanto che basta per sentire il calore.
Un solo movimento, è c'è soltanto quell'inebetito rilassamento, quella refrattarietà da orgasmo che rende le osa friabili e gommose. La pelle cede, e con lei i pensieri, e le angosce, e le responsabilità che fluiscono lentamente dalla ferita come un'infezione marcescente.
Un sorriso amaro di sangue scavato contro il cuore.
“Per favore, dì a Theo, che l'istituto sarà in buone mani”





Note: questa raccolta è sempre stata Roman-centrica. Diciamoci la verità, il suo personaggio spacca, Bill Skarsgard è perfetto per la parte, e le dinamiche malate della sua famiglia sono affascinanti.
Peter è presente, e sarà presente ancora a lungo e spesso, perchè è il fulcro centrare della serie e perchè Roman senza Peter mi rende triste ç__ç
Ma la disperazione di Roman, specialmente nella scena finale della 1x05, parla davvero da sola...spero di essere stata in grado di coglierne almeno una minima parte...
Grazie a tutti, come sempre...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** This. Is Over. We're Done. (1x07) ***


This. Is Over. We're Done



E' l'unico che riesca a farlo. Un solo gesto, a malapena un movimento, il fottuto tempismo di chi sa come si fa un'entrata trionfale. Mandare affanculo la mia giornata con un dannatissimo pezzo di carta scarabocchiato e due sigarette accese contemporaneamente. Come un ragazzino.
La rabbia si dirada per un attimo in quei gesti fin troppo familiari per uno che dovrebbe fregarsene.
Per me, che dovrei essere qui per mandarlo a farsi fottere.
Faccio fatica a guardarlo mentre metto fine a questa cosa. Il modo in cui agita le dita in aria, e aspira il fumo dalla sigaretta, e mi fissa con quegli occhi enormi e sfarfallanti, mi dice che forse, da qualche parte, forse, posso ancora sperare che Roman Godfrey non si comporti da dannata primadonna psicolabile ogni volta che qualcosa non gli va a genio.
Mia madre aveva ragione.
Destiny aveva ragione.
Ma lui è sempre Roman.
“Mi dispiace ok? Sono un coglione” e lo vedo agitarsi quel pensiero, imprigionato fra la pupilla e l'iride. E provo ad assecondarlo, una volta tanto, l'istinto di fuga che trattiene ogni giorno con quella fatica inesplicabile.
Andare via, Roman. Via. Da tutto, da quello che ti preme così tanto addosso da farti scoppiare i vasi sanguigni.
“Non lo so...cercare di capire” leggo la sua risposta prima ancora che apra bocca, da come getta via la sigaretta, da come sputa fuori il fumo come se volesse ustionarmi.
Lo capisco da come respira e si muove. È inquietante, e spaventosamente confortante.
Ma lui è sempre Roman. Ed è ancora un bambino che si arrampica sulle ginocchia di suo padre per elemosinare stralci dismessi di attenzioni. Lo stesso bambino che lo ha trovato morto sul tappeto del salotto.
Per sempre un bambino, uno che non è mai stato davvero bambino.
“Zingaro pezzo di merda” fa male, nonostante tutto. Sa come far male. Non gli è mai importato, e non gli importa nemmeno adesso da dove cazzo sia saltato fuori. Ma affondano precipitosamente quelle parole nella pelle, e per un attimo brucia più dei miei fottuti occhi che si sciolgono fuori dalle orbite ad ogni dannata luna piena.
“Sappi che se ti scoperai mia cugina, io ti ucciderò” 
Non ci hanno mai insegnato ad arrenderci e lasciar correre. Io scappo, è quello che faccio, quello che sono. E Roman graffia, alla cieca, qualsiasi cosa si trovi davanti. La butta a terra a spallate, battendo quelle inquietanti palpebre magiche che sembrano convincere chiunque a fare qualsiasi cosa. 
Potrebbe farlo con me. È un pensiero che mi inciampa in testa, e resta. Potrebbe, ma non lo farà. Perché forse ho affondato il colpo troppo sotto la pelle per tastare l'entità della ferita che ho lasciato.
Terrore. Puro, distillato. Il terrore del principino viziato, e del bambino che ancora affoga in fondo alla sua gola. Perdere tutto. Perdere lei, perdere me.
“Tu non sei migliore di me” arranca. Stringe, strappa, stride.
E io scappo.
Perché, alla fine, anch'io sono sempre Peter.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I Have An Ugliness It's Impossible To Love (1x08) ***


 

I have an ugliness
it's impossible to love




“Sei brutto. Sei brutto. Sei brutto. Sei brutto” sento ancora il puzzo della paura e dell'umiliazione. Il tanfo del dolore, della pietà e della brutalità.
L'odore delle voci e dei sussurri, del mio viso nello specchio, del nastro di seta della vestaglia legato attorno ai suoi polsi. Tutto questo ha prima di tutto un odore.
Il mio.
La chiazza di vomito si allarga ai miei piedi come un ghigno obliquo, lo schiaffo definitivo. La definitiva sentenza. Sono quel mostro, il mostro che le voci mi hanno sussurrato all'orecchio, il mostro che deridevano e incitavano.
A nulla serve ricordare che non ho lasciato traccia di quell'orrore in lei. Io saprò, perché la puzza di violenza e depravazione potrò sentirla da lontano.
E anche Peter.
“Fottiti, fottiti. Zingaro del cazzo” la coca è l'unica cosa che non ha quell'odore, stanotte. Non ha semplicemente odore, si arrampica sui miei nervi e li titilla, li strofina e li pizzica come uno scherzo pietoso.  “Fottuto. Fottutissimo” il motore vibra contro le piante dei piedi, contro il pedale del freno, che giace ignorato, e su quello dell'acceleratore, basso e mugolante sotto il peso della mia folle corsa. Geme e si lamenta, ma continua a correre. “Vaffanculo! Fottiti frocetto del cazzo!” isterico e incontrollato, il mio urlo si propaga nell'abitacolo come una scossa elettrica a basso voltaggio. Sento la mia voce strillare insulti e implorare un perdono silenzioso e lurido. Voglio scacciarlo, lontano e dimenticato, vorrei che quella strana malia che mi fa sanguinare il naso funzionasse su di me. Vorrei dimenticare.
Vorrei non aver visto, e sentito l'odore di quel sesso così sfrigolante e inebriante dall'altra parte della finestra chiusa di una fottuta roulotte. 
Vorrei strapparmi dalla testa quell'immagine, e la consapevolezza di ogni singolo punto di sutura alla mia anima che si strappa dolorosamente. 
Vorrei non essere il codardo che sono, e avere bisogno di lui anche adesso, adesso che è tutta colpa sua.
Peter. Semplicemente chiamarlo e raccontargli di quelle voci. E del sangue, del dolore, del respiro che si incastra in gola.
Peter e qualche trucco da zingaro per strapparmi dall'anima il grumo nero d'odio e impotenza che mi comprime il petto.
Aiutami...
La nebbia è grumosa e rafferma sulla strada, i lampioni illuminano a malapena l'asfalto sdrucciolevole. Un'ombra gigantesca si para davanti ai miei fari.
“CAZZO!”
Sono andato dritto contro il tronco divelto sulla strada. 
Testardo e borioso come sempre.
Peter mi prenderebbe per il culo, con quel suo modo così nomade di sorridere anche di queste stronzate.
Peter non è qui, non sarà mai più da nessuna parte.
La macchina non parte, piagnucolando debolmente sotto di me.
Pioggia, fango, vento gelido, l'odore di violenza e sangue, e vomito, e sconfitta, e disperazione rancida e riciclata.
Una luce in lontananza, minacciosa e algida. 
La torre mi fissa altera e spocchiosa, nell'oscurità nebbiosa della Pennsylvania.
So cosa devo fare.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** You Love Her? (1x10) ***


You Love Her?




Solo una sigaretta, il fumo nei polmoni, fin nelle viscere, arrotolato e acciambellato contro lo sterno e attraverso la pelle.
Solo un'acciaieria abbandonata, l'odore di cancrena degli oggetti, e di morte, ruggine e acqua stagnante. La carrozzeria dell'auto solida e confortante contro la schiena.
L'odore di sudore e di foresta, di prefabbricato in legno marcio e tarli. Di palude, di zanzare, di rane lamentose. Odore di radici che affondano nel fango e succhiano disperatamente un'acqua nera e densa di liquami.
Casa mia, e deodorante per ambienti. Resina, acqua di colonia, profumo francese.
Eppure sono sempre là a dondolarmi di un'amaca rattoppata e cigolante, l'erba tagliata che puzza di terra bagnata e i vestiti stropicciati da portare in lavanderia.
Lui accanto a me, in quella domanda che mi galleggia in gola da quando mi sono svegliato, e l'ho trovato lì.
Come se niente fosse, come se fosse il suo posto.
Il mio è questo, su un pavimento di cemento frastagliato e chiazzato di olio di motore, foglie e scarafaggi che si rincorrono sui cadaveri in decomposizione.
Un posto tossico e letale.
“La ami?” ciondola per un istante. Certezza e paura da qualche parte in quelle sfuggenti iridi zingare. Scapperebbero anche gli occhi, di Peter, se non fossero incastonati nelle palpebre. O almeno lo saranno fino al sorgere della luna piena.
Certezza.
Sono fuori.
“Sì” io so cos'è, cosa può diventare. Io ho visto. Non ho paura.
Ma Letha, Letha crede ancora negli angeli e nello Spirito Santo. Letha può guardarlo e vedere i suoi sogni di ragazzina ricca prendere forma; può tratteggiare a carboncino leggero i suoi vestiti sgualciti, i suoi capelli annodati, la sua casa di legno e plastica, la sua storia e i costumi della sua gente, e trasformarli in una favola romantica con cui titillarsi.
Io ho visto la bestia squarciarlo e venire fuori dalla sua pelle svuotata. L'ho visto soffrire e imprecare, urlare. L'ho visto tornare.
Meraviglioso.
Quello che lei è pronta a vedere, lui glielo lascerà scorgere.
“Merda”
“Merda”
Io ho visto tutto, e Peter è ancora mio. 
L'amore. L'amore un cazzo.
Io ho visto la bestia. 
Amore.
 
***
 
L'ho vista colpirlo. L'ho visto cadere.
In frantumi, come qualcosa di fragile.
Io, non lui.
Lui si sveglierà, e sarà sempre Peter.
Io perdo un pezzo ogni volta, e il drago mi stringe la gola. 
“Se gli fai del male sei morta. Capito? Morta” io sono morto. 
“Mi arrabbierò molto se mi costringerai a spararti”
“Non mi fai paura” lei mi guarda, e sa.
Si avvicina al lupo con una lama di quindici centimetri stretta in pugno.
E' così evidente? Così pateticamente chiaro tutto questo, se anche la prima tizia ignota alcolizzata con una pistola, capisce dove affondare il coltello per fermarmi il cuore?
“Dio non vuole che tu sia felice Roman” 
Lo so.
“Dio vuole che tu sia forte” 
Toccalo, maledetta stronza, e vediamo quanto sarai forte tu.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** I'm A Lucky Guy (1x11) ***


I'm A Lucky Guy






Ho notato la nebbia.
Non notavo mai nulla prima.
I tetti delle case, le incrostazioni delle pareti, i ciuffi di erba gialla tagliata male nei cortili delle case. Notavo a malapena che esistessero persone vive attorno a me.
Mentre venivo qui ho notato la nebbia, asfissiante e giallognola, che avvolge tutto. La nebbia metallica della vecchia acciaieria, la nebbia tossica di quello che la gente pensa di Peter, di me.
Di mio padre.
Di mia sorella.
Di Letha.
Ho notato la nebbia e ho pensato a come dev'essere trovare un cadavere immerso nella nebbia. Al colore, l'odore, il sapore del sangue nella nebbia.
Ho notato la nebbia e ho pensato a Peter, a quello che avrebbe detto, a quella vasca da bagno vuota dove ha dormito, in quella chiesa asfissiata dalla polvere. Una polvere che sembra nebbia.
Non ho nemmeno più anticorpi per il suo sarcasmo, o lo sguardo che ha quando pensa a lei.
Una volta ero bravo a lasciar sanguinare fuori tutto. 
Ma con lui faccio schifo.
“Sono un ragazzo fortunato” ha detto
Fortunato.
Fortunato.
Fortunato.
Il mio panico non conta. Non conta niente.
Gipsy di merda, sanno solo scappare, nascondersi e sgattaiolare.
So solo che non c'è il tempo, o lo spazio, o la dimensione.
“Questo non è uno scherzo...ok?” si è fermato solo un attimo per quello che ha visto marcire piano nello spazio fra noi. 
Forse prenderebbe sul serio il terrore di Letha.
Ma il mio è scivolato via, o forse è la nebbia che sempre lo nasconde, io davvero non lo so.
Non importa quello che diciamo, o che facciamo.
Non importa cosa siamo.
Dovevo solo andare via, e fare quello che mi chiedeva. Perché forse non posso davvero proteggerlo da tutta la merda decapitata e tutte le ragazzine morte che ci cadono addosso.
Ma posso essere quello di cui ha bisogno adesso, mentre tutto succede.
“Ah...Roman...”
Sono uno stupido ragazzino a tremare così. Io, Roman Godfrey, per un cazzo di zingaro.
“Dicevo sul serio a proposito di Letha”
Letha.
Sempre Letha.
Proteggerla. Prima era un mio dovere, ora solo amore di riflesso.
“Dormi bene...”
E sono andato lì, dalla tua psicopatica cugina che mangia carne cruda e vermi, e ho ascoltato, e ho visto, ho obbedito. E forse questo cerchio del potere magico zingaro funzionerà, e io potrò dimenticare tutta la parte sul prezzo da pagare.
Forse sì, forse andrà così.
Poi sveglierai, e tornerai.
Torna.
Se torni ha tutto un senso. Questo rituale, queste parole assurde pronunciate a cazzo che non significano niente per me.
Se torni indietro dal cerchio di fuoco della cazzo di colpa e della follia, allora va bene, allora sì.
Allora la tua mano fredda nella mia non è solo uno stupido modo per non sentirmi fuori da tutto, inutile, piccolo, viziato.
Ma torna Peter. 





NB: so di essere una persona pessima a riprendere in mano questa raccolta dopo MESI, anzi, quasi un anno intero, perchè HG torna a breve e io non ho ancora finito la prima stagione ç__ç
Vi chiedo scusa, ma in vista della première, spero accetterete lo stesso questo mio pegno :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** What Do You Need? (1x13) ***


 

What do you need?






Peter.
Shelley.
Letha.
Il bambino.
Peter.
E lei mi ha guardato con quegli occhi alieni, vecchi e lontani, e quel sorriso crudele, un po' troppo giovane e antico per essere vero.
Una saggezza incauta e viziata, di quelle difficili da scacciare, pruriginose come cancro.
È una bambina infinita e interminabile, eterna e soffocata.
Irosa, crudele, gelida, incestuosa.
Ammaliante e profumata, come una corona di fiori sulla tomba bianca di un figlio.
Nessuno di loro aveva il dono.
Nessuno.
Solo io.
Quale dono? Quale stigma sanguinante ha impresso in me?
Io lo so. Lo so.
So cosa sono.
Indurisci il tuo cuore.
Il sangue.
Il bambino che piange.
Dio non vuole che tu sia felice Roman, vuole che tu sia forte.
Lei. Olivia, e la mia eredità.
Sei un guerriero...
Non voglio combattere, voglio solo dormire. Morire.
Devi scegliere. 
Perché devo sempre scegliere? Perché devo decidere? Chi sono io per decidere?
Shelley...
Lei mi guarda, ed è sempre bella, sempre infinita, si dilata nel tempo e nello spazio, nella mia memoria. È sempre stata lì, e io con lei, in attesa.
So cosa devo fare.
La lama vibra nella mia mano accanto a lui. Mio figlio. Mia figlia. Potrei cancellarlo dal mondo, questo impronunciabile affronto alla natura.
Questo figlio di una follia che è mia, e mi definisce. Figlio di lacrime e di dolore, di angeli violenti che lasciano impronte di sangue.
Se sparisse, sparirebbe il ricordo. Forse sparirei anche io, e questa sete che è anche fame e vergogna e sesso e ansia e solitudine.
Se sparissi io sparirebbe anche la nebbia.
Ma il mio sangue è nero, ed è lui che deve scivolare. Sono io che devo sparire. Solo così posso dimenticare.
Non vincerai oggi. Non oggi.
Fa male. Tanto. Molto più di sempre, di quei graffi superficiali e scarni che nemmeno lasciavano tracce. 
Fa male e mi risveglia, nell'incontenibile purificazione del dolore e della morte. 
Forse quei fottuti gypsy hanno ragione. Forse è vero. Forse si deve scappare sempre, più veloce della nebbia, della polvere e delle urla.
Di mia madre che è eterna e immutabile. Di Letha, di Shelley, di Peter.
In fondo nessuno può raggiungermi se mi lascio morire.
Penso che Peter potrebbe tornare e non trovarmi più.
Penso che forse per lui potrei fermarmi adesso, ed essere un guerriero. Lasciare a lui il privilegio di scappare, e a me il bisogno di correre per riaverlo indietro. 
Penso che forse piangerà anche per me, come ha fatto per lei.
Penso che è tardi, adesso, per tornare.
Non riesco più a pensare.
Non c'è più nebbia, è solo scuro.
Risorgere, come vittime della nostra stessa mano. È così che rinasce la nostra specie.


 
A gypsy is a gypsy is a gypsy. 
They'll steal the rings from your fingers 
and the love from your heart.
(Olivia, 1x13)





 
Note finali (fino alla season 2): alla fine ho ripreso in mano tutto e ho concluso. Vi chiedo scusa se è passata una vita, ma avevo smesso con la visione a tre episodi dalla fine e non so nemmeno perchè. Cioè, lo so, ma comunque ha poco senso :)
La season finale è stata stranamente bomba, mi è piaciuta in toto, e sono paradossalmente entusiasta della nuova stagione che sta arrivando...e non solo per Bill, ma anche perchè Letha si è tolta dai maroni e lui e Peter possono amarsi. Scherzo, non troppo effettivamente, ma trovavo quel triangolo noioso ed irritante...
Come sempre, se volete trovarmi in qualche luogo, potete trovarmi qui^^

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** You Were My Only Friend (2x04) ***



You Were My Only Friend






“I was a coward. It wasn't even about the people who trashed my trailer.
I just didn't want anything to remind me of Letha, of everything that I lost.
You were my only friend. 
And I shouldn't have abandoned you, and I'm sorry”
(Peter, 2x04)


Le combinazioni dei geni del dolore non hanno scavalcato nessuno di noi. Quando tristi e arzigogolati si sono intrecciato l'uno all'altro, ci hanno trovati.
Nel sonno, quando la sete, la fame, la voglia non scorticano vivi i miei secondi di veglia, ci sono gli incubi; quelle pallide, filacciose similitudini senza forma che appartengono anche a te.
Non ti ho mai riavuto indietro, perché non scappavi da me, né volevi tornare qui. E anche odiarti, per quel poco che il mio corpo inutile e lamentoso riusciva a mettere insieme, e qualcosa che non fosse cieca voglia di sbranare, mutilare, succhiare e uccidere, è stato inutile.
Mi piace tua madre, e non perché faceva i biscotti.
E forse sono stato l'unico vero perdente di questo massacro di silenzi e abbandoni, l'unico rimasto.
Al centro di uno spiazzo vuoto, nella nebbia chimica e nei fumi tossici della White Tower, il re del castello, intoccato e inavvicinabile per tutti i mesi i cui giorni non so più contare. 
Solo la sete scandisce il mio tempo, la voglia che ho di morte che era la voglia che avevo di compagnia, sempre solo, seduto negli angoli affilati di una roulotte vuota.
Sono un drogato, lo ero di sesso, di fama, di distrazioni e di te, perché eri l'unico che poteva esistere in centimetri di distanza senza scomparire dentro i miei deliri. Sei sempre esistito in un posto tutto tuo, che non si chiamava Godfrey, non era uno scherzo della natura o della scienza, e non era costretto a sottomettere tutti per raggranellare battiti cardiaci scoordinati.
L'abbiamo persa, ci siamo persi.
Io ti ho perso, ma forse non posso nemmeno perdere qualcosa che non c'è.
Fottuti gipsies, friabili come la carta straccia ed evanescenti come questa nebbia verde che ha solo nascosto il sangue finché non ci ha sporcato le mani.
Lei sapeva che saresti arrivato, perché di me conosce tutto anche se quasi non l'ho toccata. La parte di Letha che ha tenuto insieme i nostri testardi pezzi di ragazzini idioti forse è la parte di lei che riconosce l'odore che hai, il rumore che fai, le lontananze che si riducono.
Ora io so cosa vorrei dirti, Roman Godfrey diciassettenne disadattato che spiava le tue mosse da un cortile all'altro, anelli scintillanti e capelli troppo lunghi. Strani giacchetti fuori moda e scarpe sfasciate. 
Per un secondo, forse troppo lungo e falso, come la bigiotteria delle zingare rattrappite che leggono la mano nei Luna Park, non ho sete, non voglio squartare, squarciare, succhiare. Vorrei solo avere il tempo di strapparmi di dosso questa pelle di uomo d'affari e di upir affamato, e chiederti di restare per quella canna che ancora conservo come se potessi aspirare anche te e un altro tempo insieme alla marihuana.
“Tu eri il mio unico amico”
Lo sono ancora.






Note: eccomi qui^^ Sto recuperando la seconda stagione ad una velocità preoccupante, come al mio solito, e la sto apprezzando, anche se purtroppo le interazioni Peter/Roman sono veramente poche, per ora...(significative, ma poche...).
Avrei voluto scrivere una flash anche sul primo incontro, ma ho trovato questo molto più significativo, perchè Roman che fa lo stronzo per ripicca è così amabile ma poco credibile che non voglio metterci penna, diciamo ahahhahaha Questo confronto, più sincero e imbarazzato, mi ha trasmesso qualcosa che volevo condividere con voi^^ Spero di aver fatto bene :)
Come sempre potete trovarmi nel mio covo, con la mia roommy che oggi ha compiuto gli anni <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** It Means Hope (2x05) ***


It Means "Hope"





È arrivato da lontano. Non l'ho visto succedere, dentro di me, un pugno nello stomaco di stupida violenza, la macchina lanciata alla cieca sulla strada sterrata, la fredda e impersonale facciata di casa di Roman, quel “Home” scritto a caratteri cubitali a prenderci in giro tutti.
Non sono il benvenuto. In una casa che si chiama Casa io non sono il benvenuto.
Tutti gli altri sì, Miranda sì, psicopatici e puttane di ogni sorta, ma non io.
E forse me lo sono meritato, forse no.
Forse l'unico modo che Nicolaj conosceva di dimostrarmi il suo affetto era rompermi il naso, perché non ci si trasforma con la luna sbagliata, lo sanno tutti.
Tutto quello che mi ricordo di Nicolaj ha il sapore del sangue dal naso, l'odore della marijuana bruciata e l'aspetto articolato e scosceso delle sue rughe. Ero piccolo e non capivo, ero piccolo e non vedevo i pugni tirati al muro, tutto l'amore che c'era.
L'espressione di Roman non la voglio vedere, quell'occhio obliquo strano, di uno che recita una parte e non sa farlo nemmeno bene. E non è nemmeno per Miranda che sono venuto, non è nemmeno perché mi sento sempre un po' defraudato di quello che sono da Roman Godfrey.
Pugni e dolore che mi ricordano Nicolaj.
Adesso capisco comprendo il senso di diventare un lupo fuori di testa, disgregarsi e morire. Perché il sapore del sangue, io, lo riconosco come mio. Le costole fratturate, i mobili sfasciati, pareti e pavimenti.
“Cos'hai che non va?”
Sto cambiando, sto marcendo, mi sto disgregando. Ad alta voce non posso dirlo, ma forse a te sì, forse capiresti che l'odore di cancrena che senti sono pezzi di me che muoiono.
“Non ne ho idea”
Non ora, non adesso. Non qui.
Alla fine Roman ride, come un idiota, perché siamo idioti, piccoli e stupidi ragazzini che marciscono di maledizioni millenarie, e ci sappiamo toccare solo così, fra i pugni e il dolore.
Riesco solo a cercare qualcuno nel nulla che lui mi ha rubato.
Dovevo cercare lui, e nemmeno lo sapevo.

***

Miranda. Letha. Christina. Shelley. Mia madre.
Forse, prima o poi, Roman. Non so chi di noi sarà il primo a cedere, ma sarò io a cadere, perché l'ho deciso.
Posso odiare Peter, posso farlo, posso arrampicarmi sugli specchi di ogni abbandono, e odiarlo.
Nadia.
Anche Nadia prima di Roman.
Ma non è come credevo sarebbe stato essere quello che viene dopo, di nuovo. Non con Nadia. Nadia vuol dire speranza, e se Peter può vedere qualcosa di bello in quella strana creatura figlia di nessuno che sembra conoscerlo da prima di venire al mondo, allora posso anch'io.
Posso essere quello che viene dopo Nadia, e aspettare di vedere Peter essere di nuovo quello che era.
Posso guardarlo ricordare Letha, e amare Letha, ancora, sempre, più di me. E desiderare Miranda, e stringere Nadia. Posso guardarlo fare questo, e guardarlo alzarsi e accettare che forse c'è qualcosa di noi, insieme, che non può essere reciso.
Forse Miranda ha ragione a volerci entrambi, e forse lui ha ragione a seguirla.
Forse ce l'ho anch'io, piccolo, stupido e goffo. Forse, prima o poi, sarò io.
Speranza.



Note: sarò breve, ho scritto la precedente ieri e probabilmente scriverò la seguente in giornata. Un paio di episodi troppo belli, insomma, vanno condivisiXD

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** And...You Were There (2x07) ***


And You Were There




Stupide cose e stupide routine. La macchina del caffè che non funziona, la lontananza falsa di chi sa di essere stato completamente vicino e conosce l'odore che ha.
Ed è davvero, terribilmente, incredibilmente imbarazzante, scoprirsi di nuovo nel mondo reale.
Come sarebbe stato io non potevo saperlo, e come è stato non so spiegarlo. È come una distanza fatta di starnuti ripetuti che non chiedono nessuna risposta. Peter ha l'espressione che ha, sempre, quando qualcosa che non sa gestire diventa così grande da non poter più essere ignorato.
Diventa silenzioso, diventa scontroso, diventa morbido. Come gli strani e incomprensibili ghirigori nella sabbia, Peter affossa se stesso.
Miranda non conosce distinzione fra l'imbarazzo e la refrattarietà, non vede davvero quello che noi vediamo, spezzati i sette frammenti della nostra anima difettosa e sparati nell'iperspazio per il mondo. I piccoli pezzi appuntiti di quelli che eravamo prima sono pezzi di vetro conficcati nei tronchi d'albero o inabissati nella sabbia del fondale degli Oceani.
Non ci sono più Roman e Peter. O Roman o Peter. Esiste in questa stanza qualcuno, un'entità disturbata come le frequenze radio pirata sulle navi attraccate in mezzo al mare, una forma angolosa e soffocante di qualcuno che siamo noi, ma non siamo più noi. 
Non è fatta di corpi nudi e di contatti, di posizioni assunte come partite a scacchi, e scoperte di nascondigli dove ancora credevamo di essere introvabili.
È quella stupida, filamentosa, umida e scorbutica verità che dà al caffè il sapore di paglia, e al silenzio nuovi intossicanti odori. Forse non è mai stata Letha, forse è sempre stato Peter.
Lo pensano le mie dita mentre faccio cadere la cialda nella bocchetta incandescente della macchina del caffè, e forse lo pensano anche le impronte digitali di Peter sulla tazza. Ormai siamo tutti toccati dalle stesse impronte, umane scene del delitto da analizzare.
Cosa scoprirebbero se ci trovassero morti, domani, in mezzo alla neve sciolta e sporca di fango lurido del colore del colera in vitro, io non lo so.
Ma saremmo ricoperti di impronte sbafate, di unghiate e di lividi fatti di cerchi concentrici tutti diversi. Fra i tatuaggi di Miranda, forse, non si vedrebbero altro che macchie passate, altre impronte e sogni.
Sulla pelle mia e di Peter una mappa che allontana dal tesoro, anziché portarvici. Sdraiata in mezzo a noi lei ha visto, e noi non abbiamo mai chiuso gli occhi per davvero. Abbandonarsi al sonno è accettare la veglia, e nessuno di noi può.
Stiamo solo zitti e impacciati, bambini che sognano di bambini che muoiono, zitti e goffi. Ai nostri incubi non ho mai dato forma, ma ora vedo le impronte, ditate macchiate di fango e di neve. Se Miranda vede un senso io non lo trovo.
Ma tutto sa di Peter, di lupi, di angeli e di upir, di sangue e di persone che abbiamo dovuto lasciare. 
E forse la mappa di impronte non porta al tesoro, perché il tesoro non esiste.
Forse il tesoro sono solo le impronte che abbiamo addosso, come sentieri fra le rocce per scacciare la solitudine di una pelle intonsa.
Forse dovrei solo bere un fottuto caffè e smetterla di pensare al morso di Peter dietro la mia scapola sinistra. Qualcuno direbbe che lì c'è il cuore, se io non fossi Roman Godfrey.
Se mai ne ho avuto uno, Peter lo ha masticato.
Ma almeno, dopotutto, lo ha trovato.



Notine: sarebbe stato come minimo appropriata una scena di sesso, diciamolo. Non volevo vedere niente di che, ma hanno sfumato come puritani dei film anni '50. La loro concezione di "spazio all'immaginazione" io la ritengo un po' esagerata, considerando che non si sono mai fatti mancare niente, in tal senso -.-
Bill e Landon concordano con me, e penso anche con tutti voi, che la threesome è stata una Roman-Peter thing, e che Miranda sia capitata in mezzo solo per essere più politically correct (e paraculi). Sono felice che si shippino anche loro, btw, mi danno sempre tante gioie ahahah
Che dire, questa flash mi piace, stranamente, spero anche a voi^^

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** We Gotta Finish This, You And Me (2x08) ***


We Gotta Finish This, You And Me




Imbarazzante quanto velocemente abbiamo affogato l'imbarazzo. Quanto sia stato facile agire senza parlare, senza sollevare alcuna obiezione tremolante dettata dall'insicurezza e dal senso di colpa. 
Destiny contiene in sé quella schizofrenica anima gypsy che in me si è solo arrampicata un po' sui bordi per scivolarmi via in ghirigori scomposti. Mi ha lasciato il pelo, le zanne, gli artigli, una pessima Sindrome da Luna Piena, ma è mia cugina la vera discendente degli antichi rituali, io sono solo un animaletto che puzza di pelliccia bagnata.
Roman. Non so cosa sia Roman. Ma ha solo fatto quello che ci si aspettava da lui, senza sbagliare, senza sbavare. C'è un ordine, una strana compostezza in questo Roman. Non so chi ho ritrovato, non so se dovevo tornare.
Forse no, forse lo so che non dovevo, ma ho visto troppa gente fatta a pezzi per non sapere che quei sogni si sono srotolati sul filo spinato che ci unisce per un motivo che forse noi non capiamo, ma da cui non possiamo prescindere.
È uno strano Roman, ricordo di averlo pensato all'inizio, per un lungo momento. Ricordo di aver annusato l'upir, non più il ragazzino in transizione eccitato dal sangue. Qualcosa ha risposto nel mio stomaco, un ancestrale gorgoglio, un richiamo.
Niente di umano che chiamava il suo disumano.
Strani fotomontaggi di sangue e carcasse putrefatte, bambini assassinati e serpenti. Tornare indietro, da Roman, a Hemlock Grove, per una gita nelle segrete dell'incubo e del terrore ancestrale dell'essere umano.
Non da Roman, da qualcuno.
Ho detto a me stesso queste parole, e non ci ho creduto.
Ma non era lo stesso Roman. E forse era quello che Letha aveva lasciato indietro, un pezzo di una persona che anche lui era stato, come me.
Però ora vedo di nuovo quel Roman, e non è il mio lupo intrappolato a riconoscere l'odore del soprannaturale, ma solo la persona che sono, dopo Letha, che ero prima di Letha e di Hemlock Grove, prima di Cristina e Shelley, mia madre e Miranda. 
Roman.
Roman che quasi si addormenta su Nadia. Nadia e i suoi occhi grandi e innaturali.
Nadia che loro cercano, che loro vogliono.
Posso mentire a quel Roman, perché è la persona che ho lasciato indietro, e mi ha odiato, respinto e  dimenticato. Ha tentato. Conosco quello che vedo, riconosco le forme e i colori di una pellicola intrappolata nel vuoto del tempo.
Posso aspettare che si lasci cadere in quel confuso grumo nero di sogni che solo insieme possiamo districare. Posso aspettare che si spenga come un bambino testardo davanti alla tv che non può guardare.
Ironico, questo nostro inseparato destino, inseparabile accozzaglia di movimenti che hanno senso solo se ci trasciniamo insieme da una parte e dall'altra del pericolo mortale. 
Vorrei mentirgli per Letha, per Nadia, perché possa avere un padre, anche se non sarò io.
Ma mi muovo nella nebbia verde di Hemlock Grove pensando che è per lui, per quel Roman addormentato e irascibile, stanco e biascicante, che sono qui. Morirò, mi sfilaccerò in zanne di lupo e pelliccia fino a perdere l'uomo che sono, come mai esistito se non nelle storie della mezzanotte attorno al fuoco. Scappare e tornare. Fili della memoria, upir che sono ancora bambini e neonati. Se devo strappare la mia umanità una lacerante trasformazione alla volta, se devo scomparire fra le fauci di un lupo anziché nel misero corpo del me stesso che non riconosco, allora mentirò a Roman. E in mezzo alla nebbia verde di Hemlock Grove striscerò verso la morte con quella certezza ammuffita ma reale che somiglia a lui. La certezza di scomparire con un senso, di rimanere incastonato alle leggende della buonanotte, nelle orecchie di qualcuno, sputato dalla bocca di qualcun altro.
Per Nadia, e Letha, e me stesso.
Roman mi ricorderà. 






Note: un'altra flash, altri momenti, Peter POV. Sono meno a mio agio con il suo punto di vista, ma lo sguardo che ha lanciato a Roman addormentato in quella scena parla per tutti, per tutto il mondo. Che Roman lo ami è evidente, penso che ci possano anche essere persone che ancora non l'hanno capito, ma son poche, perchè sono canon, e li shippano pure Bill e Landon, e li shippa il mondo intero, e la sceneggiatura è completamente slash. Ma Peter è quello che fa l'innamorato di Letha, e poi guarda Roman "in quel modo". L'ho apprezzato, perchè è forse la prima volta che vedo vera tenerezza e vero affetto in lui. Un momento da ricordare, la presa di coscienza che loro due, nel bene e nel male, sono connessi, e non solo da qualcosa che è morto, ma anche qualcuno che è vivo, e va protetto.
Non so, ho amato quella scena e sentivo il bisogno di portarla qui^^
Sapete sempre dove trovarmi :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1792442