Allegiant: what if..?

di diaforis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tris. ***
Capitolo 2: *** Tobias. ***
Capitolo 3: *** Tobias. ***
Capitolo 4: *** Tris. ***



Capitolo 1
*** Tris. ***


La morte di Tris ha segnato una ferita profonda nella "me lettrice". Ho letto e riletto il post sul blog di Veronica, nel quale spiega le sue motivazioni; le ho apprezzate, le ho comprese, ma non le ho condivise e mentirei se dicessi che era questo il finale che mi aspettavo. Ho letto e riletto il capitolo in cui Tris esala l'ultimo respiro, ho cominciato a lasciare che le lacrime andassero quando ha chiesto il consenso della madre, come a dire "Sono stata brava?" e ho finito singhiozzando nell'immaginare Tobias spargere le sue ceneri.

Sono le 4:15 del mattino e ho scritto questo "primo capitolo" con il bagliore di una lampada accesa e le lacrime ancora agli occhi, cocciuta come una bambina nel dire: "no, io non ci sto. Voglio un finale diverso, un finale da Tris!".

Ho voluto cominciare dall'ultimo capitolo dal punto di vista di Tris. Dalle ultime righe prima di incontrare la madre. No, io non le faccio incontrare. Vorrebbe dire lasciare andare Tris, e nel mio "finale alternativo" questa non è una cosa possibile.

Spero lo apprezziate. Saranno pochi capitoli, quelli che bastano per scrivere e condividere con voi il "mio" finale.

* = sono parole copiate dal libro Allegiant, non sono mie, non mi appartengono e le ho solo ricopiate per poter riprendere la storia da questo punto.





(Tris.)



Sono a terra. Sento caldo sul collo e sotto la guancia. Rosso. Il sangue ha un colore strano. Scuro. Con la coda dell'occhio vedo David accasciato sulla sua sedia.*

E poi il buio.
* * *

Mi ritrovo improvvisamente dentro una stanza di forma rettangolare, abbastanza grande da contenere tre persone immobili, chine su qualcosa. Un lettino, forse.

Osservo da lontano e, solo dando un'altra occhiata intorno, mi rendo conto di essere nella stanza di un obitorio. Non riconosco le persone, nè tantomeno la ragazza dai lunghi capelli dorati stesa sulla lastra di acciaio, e non mi sembra giusto stare qui ad osservare il dolore silenzioso di queste persone, ma qualcosa dentro di me mi spinge ad avvicinarmi. I miei passi sono silenziosi, ai piedi ho i miei stivaletti neri da Intrepida.

Loro non mi sentono. Nella sala riecheggia uno straziante silenzio. Qui dentro si gela, sembra tutto surreale.

Mi avvicino quel tanto che basta per mettere a fuoco le spalle larghe del ragazzo, i capelli neri e corti sulle spalle della ragazza al suo fianco. Lo sguardo vitreo della terza persona, posta di fronte a loro, al di là della lastra. Scuoto la testa, come a cacciare via un brutto pensiero.

No, no. Non può essere, non può.

Loro non mi vedono. Non si accorgono della mia bocca spalancata, dei miei occhi incollati sul viso della ragazza morta. Sul mio viso.

Urlo. Urlo più forte che posso, ma dalla mia bocca non esce un singolo suono.

Con le gambe che mi tremano mi piazzo vicino Cara, proprio di fronte Tobias. Non accenna ad alzare lo sguardo dal viso della me stesa sulla lastra, mentre con una mano le sfiora la guancia bianca e fredda, intatta.

Deglutisco e cerco di capire, cerco di capire se mi trovo in una simulazione.

Tutto questo non può essere reale.

Christina si lascia sfuggire un singhiozzo e si accascia sul ventre della mia copia inerme, vestita di tutto punto con vestiti da Abnegante. Grigio su grigio.

La sua schiena sobbalza, la mano di Tobias non accenna a spostarsi; Cara fa un sospiro e, guardandoli, annuncia che è ora di andare.

Annuiscono entrambi e, senza dire una parola, fanno dietro-front e camminano sfiorandosi le spalle verso la porta di vetro, con Cara dietro di loro.

Sono sola, adesso. Sola con un'altra me. Un'altra me morta.

Urlo di nuovo, con quanto più fiato ho nei polmoni, e questa volta la sento la mia voce. Questa volta l'aria mi passa nella gola e mi sembra di riemergere, finalmente, da un'immersione durata troppo a lungo.







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Capitolo 2
*** Tobias. ***


 
Ho voluto saltare le parti lunghissime in cui Tobias sceglie di non resettare la madre, e tutto il discorso che ne scaturisce con Johanna e Marcus. Ho deciso anche di tagliare la scena con Zeke e la madre, così come gran parte del viaggio di ritorno. Penso che sappiamo tutti cosa succede, per cui ho riassunto brevemente per dare un  minimo di senso a ciò che avrei scritto dopo e ho continuato con il mio "finale alternativo". Spero sia comunque di vostro gradimento, e al prossimo capitolo.


 
(Tobias.)
 
 
La spedizione in città è andata bene. Johanna ha accettato le condizioni poste da Evelyn, e Marcus non ha potuto fare altro che accettarle di conseguenza.

Alla fine non ho avuto il coraggio di resettare la memoria di mia madre. Lei ha scelto di cambiare, di mettere da parte il risentimento e la sete di vendetta, per me.

Ha scelto me.
 
* * *
 
Guardo l'orologio sul mio polso e sospiro di sollievo, l'ora X è passata. Caleb e Tris a quanto pare sono riusciti a disattivare il dispositivo, la memoria della gente della città è salva.

Guardo fuori dal finestrino e sobbalzo di tanto in tanto, quelle volte in cui Amar non riesce a schivare con le ruote del furgone le buche della strada disastrata. Ho lo stomaco sottosopra ma cerco di non farci caso, e mi concentro su altro.

Penso a Tris. Penso a com'è cambiata la mia vita da quando lei ne fa parte, e non posso fare a meno di lasciarmi sfuggire un sorriso.

 
* * *
 
Al nostro arrivo alla residenza nessuna guardia ci viene in contro, nessun allarme suona, entriamo indisturbati con la consapevolezza di essere, finalmente, in un posto realmente sicuro.

Mi volto verso Christina e dai suoi occhi sorridenti capisco che è tutto finito, che ce l'abbiamo fatta. Che Tris e Caleb ce l'hanno fatta.

Salto giù dal furgone e supero tutti quanti, lasciando al mio passaggio una pacca sulla spalla di Amar che, in risposta, alza il pollice verso l'alto come segno di vittoria.

Cammino veloce fra i corridoi vuoti, silenziosi. Forse fin troppo silenziosi.

« Ma dove sono tutti quanti? » domanda Christina. Cammina dietro di me, ma un passo avanti al resto del gruppo, guardandosi intorno quasi smarrita.

Scuoto la testa e continuo a camminare a passo spedito verso i dormitori, dove sono sicuro di trovare Tris. Faccio per svoltare l'angolo, quando una figura dal volto conosciuto mi appare davanti.  « Cara! » esclamo, andandole incontro.

Si avvicinano anche gli altri ma io resto ad osservare il suo sguardo che, seppur libero dall'angoscia con cui l'avevamo lasciata, ha comunque qualcosa che non va.

« Tobias.. » sussurra quasi, guardandomi negli occhi. « E' andata bene in città? »

Rielaboro la sua domanda nella mente e mi limito ad annuire, chiedendomi per quale assurdo motivo Cara non sia davanti a me a fare capriole e festeggiare, invece di guardarmi con lo sguardo compassionevole di chi deve dare una brutta notizia.

« Bene.. » annuisce, e si sforza di accennare un sorriso nella mia direzione.

E allora capisco, qualcosa è andato storto. « Caleb non ce l'ha fatta, vero? » domando.

Lei mi osserva, osserva i miei compagni di missione alle mie spalle, e scuote la testa.

« No, no. Caleb sta bene. » La osservo. « Dov'è Tris? »

Sento lo sguardo di Christina bruciare alle mie spalle. Cara abbassa lo sguardo, non risponde. L'ansia incomincia ad impossessarsi di me, le mani mi prudono e faccio un passo verso di lei, sovrastandola con la mia figura imponente.

« Tobias mi dispiace. Stiamo facendo del nostro meglio, ma.. » la blocco, scuotendo la testa.

« E' viva? ». Annuisce. « Portami da lei. »

* * *
 
Non so da quanto tempo sono impalato a fissarla davanti il letto sulla quale è stesa. Sembra ancora più minuta, inerme con le braccia lungo i fianchi magri.

Accanto a me Christina la fissa con la mia stessa espressione persa, incapace di mettere insieme i pezzi di un puzzle in origine facile da completare e adesso quasi impossibile.

Dopo qualche minuto di assenza Cara rientra dentro la stanza con una cartelletta in mano, pronta a darci una spiegazione a tutto questo. Sangue erudita non mente.

Prima che apra bocca, Christina la precede. « Si riprenderà? », chiede.

« Lo spero. » risponde, calcandosi ancora di più gli occhiali sul naso. « Vedete, il siero della morte ha avuto un effetto del tutto inaspettato su Tris. Nelle ore scorse abbiamo effettuato delle analisi lampo su di lei e i risultati ci hanno confermato quello che più temevamo. » ci guarda per un secondo e sospira. « Tris è in una specie di simulazione della sua morte. Non ci sente, non ci vede. Sta vivendo da spettatore esterno ciò che sarebbe accaduto se lei fosse morta realmente».

Cerco di comprendere a pieno ciò che mi è stato appena detto, senza riuscirci del tutto. Osservo il volto di Tris e vedo i suoi occhi muoversi dietro le palpebre calate, la sua bocca contrarsi, le mani stringersi e poi rilassarsi nuovamente.

Mi volto verso Christina, ha una mano davanti la bocca e gli occhi lucidi.

« Non ci resta che aspettare » aggiunge poi Cara, prima di uscire dalla stanza e lasciare me e Christina impalati qui, ad osservare increduli Tris.

La mia Tris.

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Capitolo 3
*** Tobias. ***


Eccomi con un nuovo capitolo. Scusate l'attesa ma fra ferragosto ed influenza sono stata parecchio male. Ad ogni modo, spero vi piaccia come i precedenti e colgo l'occaisone per ringraziare tutti coloro che hanno commentato. Non sapete quanto piacere mi faccia leggere le vostre recensioni. Grazie, grazie, grazie.

* = 
ho deciso di ricopiare questo pezzo dal libro originale perché amo quella scena, e amo come Veronica ha espresso i pensieri di Tobias in questo pezzo. Non sono parole mie, ma dell'autrice. 




(Tobias.)


Reggo il vassoio con una sola mano e mi guardo intorno, cercando di scorgere Christina nella mensa gremita di persone. La trovo seduta in uno dei tavoli meno in vista dell'intera sala con Amar e mi lascio sfuggire un sorriso, camminando nella loro direzione. Sanno quanto io odi essere osservato e, considerando che loro due sono gli unici a sopportarmi, apprezzo anche questi dettagli.

« Alla buon'ora! » Christina alza gli occhi dal suo pezzo di torta e mi rivolge uno dei suoi sorrisi da lo-faccio-per-te-lo-sai, spostando con un piede la sedia di fronte la sua.

Mi siedo e poso il vassoio sul tavolo, alzando lo sguardo su entrambi. Prendo una cucchiata di cereali e resto con il cucchiaio a mezz'aria, sentendo i loro sguardi bruciarmi addosso « Ragazzi, sto bene! ».

Si scambiano un'occhiata complice e Christina incrocia le braccia al petto, puntandomi addosso quel suo sguardo assottigliato « Le tue occhiaie dicono il contrario, sai? ».

Mi ficco i cereali in bocca e la guardo, masticando lentamente mentre mi gratto il collo con la mano libera dal cucchiaio. Loro continuano a fissarmi.

Alzo gli occhi al cielo « Oh ma dai! Ho lavorato fino a tardi al progetto di risanamento. Sembrano tutti dei poveri cuccioli indifesi, ci avete fatto caso?».

« Sei impossibile, Quattro. » Christina prende il proprio vassoio e si alza, passandomi dietro e mollandomi una pacca sulla schiena. « Ci vediamo dopo » aggiunge, andando via con Amar alle sue spalle.

Scuoto la testa, lasciando che un sorriso appena accennato mi sfiori le labbra, e finisco i miei cereali in silenzio, osservando fuori dalla finestra la mia nuova realtà grigia.


 
* * *


Dopo l'incidente di Tris attorno a me aleggia un clima di comprensione totale: controllano se mangio abbastanza, se dormo abbastanza, se ho tutto ciò che mi serve.

Mi chiedono sempre se sto bene e io non deludo mai nessuno, rispondo sempre di sì.

Anche se la risposta è no. No, non sto bene. No, non voglio parlarne.

Ho solo bisogno di muovermi, di non tenere la mente libera neanche per un minuto, ed è per questo mi tengo impegnato tutto il giorno alla Residenza. 

Il siero della memoria ha reso senza ricordi tutti coloro che vi sono entrati in contatto, facendoli diventare come delle sorte di scatole vuote da riempire con nuovi contenuti.  

Amavo il mio lavoro di istruttore negli Intrepidi ed è stato anche questo a spingermi ad offrirmi come volontario per insegnare a queste persone la verità. 

Basta raccontare loro quello che so. Niente di più, niente di meno.

E mi gratifica farlo.


 
* * *
 

Qualche giorno fa hanno staccato le macchine ad Uriah. 

Ho assistito da dietro il vetro, fuori dalla stanza, e tremavo mentre la linea verde frastagliata sullo schermo nero diventava una semplice linea retta.

 Non sopportavo l'idea di assistere direttamente al dolore di Hana e Zeke. Non sopportavo di udire i loro singhiozzi, di vedere i loro sguardi vacui e lucidi puntati sul corpo ormai senza vita di Uriah.  Non sopportavo di assistere ad altro dolore. 

In quel momento queste sono state le mie giustificazioni ma adesso mi rendo conto di essere un vigliacco. La verità è che avevo paura di sentire il mio cuore spezzarsi in tanti piccolissimi frammenti, immedesimandomi in loro. La verità è che mi spaventava a morte l'idea di poter vedere il viso di Tris al posto di quello di Uriah.


 
* * *
 

« Ma mi stai ascoltando? » mi riscuoto dai miei pensieri quando Christina mi sventola una mano davanti la faccia, passandomi poi il mio bicchierone di caffé.

« Sì, Chris, Adam ti ha detto che.. » ripeto con poco entusiasmo l'anneddoto raccontato pochi secondi prima e mi giro verso di lei, che mi guarda fintamente offesa « E non fare quella faccia » sbotto, continuando a camminare verso l'ala medica. 

La sento sbuffare accanto a me e poi bloccarsi in mezzo al corridoio, costringendomi a voltarmi di scatto verso di lei (e a salvare in extremis il mio caffè). 

« Ti ho detto anche che oggi non.. posso venire.  » mi guarda, esitando qualche secondo come se avesse paura della mia reazione. O del mio giudizio, forse.

Alzo le spalle e annuisco, prendendo un sorso di caffè dal piccolo buchetto sul tappo del bicchiere di cartone « Va bene, tanto avevo voglia di restare da solo con lei dopo».

Lei sembra pensarci su, poi annuisce, alza una mano in segno di saluto e si dirige dal lato opposto al mio, verso i dormitori.

Non posso arrabbiarmi con Christina, nè tantomeno criticarla. Da quando Tris è su quel letto c'è sempre stata, per me e per lei.  Non ha mancato un giorno di farle visita, parlandole o tenendole semplicemente la mano. Piangendo piegata sopra di lei. Per cui va bene così. Se vuole dedicare del tempo per se stessa. 

Riprendo a camminare e tiro verso di me la pesante porta in metallo del reparto intensivo, lasciando che si chiuda rumorosamente alle mie spalle. Non mi curo di chiuderla da me, è un po' come il mio segno di riconoscimento; come a dire: "Sono arrivato, tutti fuori da quella stanza". Ormai ne sono tutti a conoscenza e se lo fanno andare bene. 

Cara compresa, che mi viene incontro come ogni volta « Ciao Tobias, puoi andare da lei. Abbiamo appena finito i controlli giornalieri ».

Annuisco e le stringo una mano attorno al braccio, prima di passarle accanto e andare verso la stanza numero 26. La mia seconda residenza, mettiamola così.


 
* * *
 

Ricordo così nitidamente il nostro primo incontro.

Quando il suo corpo rimbalzò per primo sulla rete, tutto quello che fui in grado di regitrare fu una macchia grigia. La aiutai a districarsi dalla rete e sentii la sua mano piccola ma calda. Un attimo dopo lei era davanti a me, bassa e minuta, semplice, ordinaria sotto tutti i punti di vista. Tranne per il fatto che era stata la prima a saltare. La Rigida era saltata per prima. Neanche io ero saltato per primo. Aveva gli occhi così seri, così risoluti. Bellissimi. *

Quegli stessi occhi che adesso tremano, chiusi, sotto il peso di chissà quale simulazione sfiancante e fin troppo dolorosa da sopportare. 

Sospiro e trascino accanto al letto la sedia, posizionandola quasi all'altezza della sua testa. Mi siedo e non riesco a staccare neanche per un secondo gli occhi da quel viso rilassato ma allo stesso tempo in tensione; dalle labbra rosee, che si arricciano a tratti.

Dio, ho così tanto bisogno di vederla sveglia. Di parlarle.

Di baciarla.

Le prendo delicatamente una mano, quella stessa mano piccola che avevo stretto su quel treno, il giorno della simulazione contro gli Abneganti. La stringo piano, intreccio le dita con le sue e le carezzo il dorso con il pollice ruvido. 

Dio, quanto mi manca. 

Mi mordo il labbro, rendendomi conto di aver preso questo vizio da lei. Resto fermo, con la sua mano nella mia, e mi lascio sfuggire un sorriso che si trasforma senza neanche darmi il tempo di rendermene conto in un singhiozzo. Abbasso la testa e lascio che le lacrime mi accarezzino le guance, che arrivino fin sulla bocca; mi sembra quasi di risentire il suo pollice sfiorarmi il labbro inferiore. 

« Perché l'hai fatto? » le chiedo, con voce roca « Perché non hai lasciato che andasse Caleb? Me lo avevi promesso, Tris, me lo dovevi. Mi avevi promesso che non mi avresti lasciato, che avevi capito il valore della tua vita, che avresti cominciato a pensare a te stessa. E.. scusami se sono così egoista, ma avevi promesso di pensare a me, a noi.»

Con la mano libera mi passo indice e pollice sugli occhi, premendo le dita fino a bloccare le lacrime, e spazzo via quelle che mi hanno già rigato la pelle. 

« Mi manchi e non riesco a togliermi dalla mente l'immagine del nostro ultimo bacio. Ho bisogno di te per andare avanti, per ricostruirci insieme quella vita che tanto sognavamo. Ricordi, Tris? Svegliati, parlami.. » mi abbasso su di lei, poggio la testa sul suo ventre piatto e ascolto il suo respiro lento, regolare. Chiudo gli occhi e sospiro. 

Non devo crollare. Devo mantenere i nervi saldi e aspettare. Lei tornerà da me.

Ed è con questa consapevolezza che mi rendo conto di un movimento impercettibile, un fruscio di lenzuola e poi una mano gracile fra i miei capelli, a solleticarmi la nuca. 

« T-tobias? ». Basta una parola e il mondo diventa di nuovo a colori

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Capitolo 4
*** Tris. ***


Perdonate il ritardo imperdonabile. Grazie a tutti per i commenti, li apprezzo molto. Spero che il capitolo vi piaccia!

 

(Tris.)


Non so dare un nome a tutte le emozioni che stanno attraversando la mia mente in questo momento. Sono tante e tutte discordanti fra di loro, ma credo sia normale. Sono stata bloccata nel limbo della mia morte per giorni, mesi.. non lo so neanche per quanto.

Il mio cervello è intorpidito, si sta liberando dalle cinture della simulazione poco alla volta, come un fiore che si prende il suo tempo per poter sbocciare in tutta la sua bellezza.

Al momento riesco a controllare solo l' olfatto ed è per questo che la puzza di disinfettante mi sale subito al naso, mi entra in gola.

Eppure questo silenzio cieco è più stimolante delle immagini che ero costretta a rivedere senza sosta fino a pochi giorni fa. Riesco a pensare, riesco a ricordare, riesco a trovare una scappatoia.

Pian piano sento un formicolio al braccio destro, poi al sinistro. Un ronzio fastidioso, poi una sedia che striscia sul pavimento. Una pressione sul mio ventre, poi una voce che parla.

Sembra lontana, ovattata, se fosse un'immagine sarebbe sfocata e irriconoscibile,  senza la messa a fuoco a renderla nitida.

Una nuova nota vissuta mi sale al naso, la pressione sulla mia pancia si fa sempre più decisa; la voce prende corpo e si trasforma in quella che ho sentito per tutto questo tempo nella mia testa.

Ho paura di essere tornata indietro, ho paura di rivedere il suo sguardo che osserva il mio corpo rigido e gelido su quella lastra.

Riesco a muovere la mano destra verso il braccio di Tobias. Glielo sfioro, stringendo le dita esili sopra la sua pelle abbronzata.

«T-tobias..?» concentro tutte le mie forze in quell'unica parola.

La voce mi esce roca, tremolante, ma non importa perché lui riesce ugualmente a sentirmi ed alza la testa. Non importa perché lui sgrana gli occhi e mi fissa incredulo, scattando verso di me e prendendomi la testa fra le sue mani così calde e grandi.

Non importa perché con un bacio sfiorato riesce a strapparmi completamente via dall'ultima simulazione della mia vita.


 

* * *
 


Quando "vai via" per tanto tempo e poi "ritorni" non puoi pretendere di riavere indietro la tua vita in un batter d'occhio. Devi sottostare a ciò che ti impongono e non puoi opporti, perché sarebbe sbagliato e controproducente per me stessa.

Almeno così dicono.

Cara mi fissa da dietro i suoi occhiali da erudita e mi punta nelle pupille una stupida lucina, che io seguo con lo sguardo.

« Ok Tris, non sembra esserci alcuna anomalia. I tuoi riflessi sono buoni, gli organi funzionano a dovere. Sembra tutto nella norma, ma nei prossimi giorni vorrei comunque tenerti d'occhio, sai non.. ». Scuoto la testa e la interrompo, dondolando i piedi dal lettino sul quale sono seduta « Cos'era quel siero di simulazione? Dov'ero? E' stato.. orribile» presso le labbra insieme, torturandomele.

Lei sospira e si rigira quella che sembra una penna fra le mani pallide e curate. « Non lo sappiamo. Non riusciamo a capire perché su di te abbia avuto quell'effetto, era soltanto un siero della morte. A volte ci sono cose del nostro vecchio mondo che non riusciamo a capire.. ».

Aggrotto le sopracciglia ed improvvisamente mi illumino, ricordando il motivo per cui ho preso il posto di Caleb. « E' andato tutto bene? Intendo.. le fazioni, il siero della memoria. Cosa ne sarà di noi?  » domando tutto di un fiato, sentendo l'ansia prendere possesso di me.

Cara sorride e, ancor prima che lei cominci a parlare, questo basta a farmi tranquillizzare. « E' andato tutto secondo i piani. Abbiamo cancellato la memoria di tutti e li stiamo rieducando con la verità. Tobias è bravissimo in questo.. ».

Non mi stupisco quando sento nominare il nome di Tobias abbinato ad un complimento, e non posso fare a meno di stendere le labbra in un accenno di sorriso. Questo basta per far alzare Cara dallo sgabello di fronte a me. « Stai bene, Tris. Non c'è motivo che tu rimanga ulteriormente qui. Rivestiti, Tobias ti sta aspettando davanti la porta. Non è andato via neanche per un secondo ».

Annuisco e la osservo uscire dalla stanza, prima di abbassare lo sguardo sulle mie mani, intrecciate sopra le ginocchia ossute.
La verità è che mi sento tremendamente in colpa.

Non ho mantenuto la mia promessa. Mi sono sacrificata ancora una volta per gli altri, senza pensare a me stessa o alla promessa fatta.

Senza pensare a Tobias.

So' che lui non è arrabbiato con me ed è questo che non capisco. Insomma, dovrebbe esserlo. Dovrebbe essere arrabbiato a morte ed invece non mi ha lasciata sola per un momento, riversando tutta la sua angoscia nel lavoro, chiedendo solo di riavermi indietro.

Scuoto la testa e scaccio via questi pensieri, guardandomi intorno alla ricerca dei vestiti che Cara mi ha detto di indossare. Li trovo sopra la scrivania alle mie spalle; profumano di pulito, di un profumo dolce ma pungente che non avevo mai sentito prima.

Prendo in mano il primo indumento della pila: una maglietta a collo alto, verde. La indosso sopra l'intimo e faccio lo stesso con il paio di jeans chiari. Le scarpe, bianche, mi calzano a pennello.

Niente più vestiti da Abnegante o da Intrepida.

Niente più colori identificativi.

Niente più Fazioni.

Sotto il tessuto della maglietta sento il mio tatuaggio bruciare.

Da oggi ricomincio a vivere anche io.


 

* * *
 


Mi chiudo la porta alle spalle e rivolgo la mia attenzione alla figura che mi aspetta, a braccia incrociate, poggiato al muro con un piede.

Guardo Tobias con gli occhi lucidi e, con un gesto involontario, mi porto dietro un orecchio una ciocca di capelli fin troppo lunga.

Non so perché, ma il pensiero di mia madre che mi taglia i capelli mi balena in mente come un fulmine a ciel sereno.

Lui sembra accorgersi del guizzo nei miei occhi, perché si avvicina e senza dire niente mi stringe fra le sue braccia forti, cullandomi come se non fosse accaduto nulla.

Come se fossimo ancora nel suo rifugio, al covo degli Intrepidi.

Ed è proprio con la consapevolezza che nulla è cambiato fra me e lui che lo stringo con quanta forza ho in corpo, affondando il viso nel suo petto ampio e accogliente. Mi posa un bacio fra i capelli e lo sento sospirare, mentre fa scorrere una mano sulla mia schiena.

Stiamo così senza parlare, senza guardarci negli occhi. Stiamo semplicemente abbracciati, lasciando che tutto il dolore passato scompaia. Stretti l'uno nell'altra come a ridarci vita a vicenda.

Come a ridarci ossigeno a vicenda.

Perché lui non lo sa, ma mi è mancato come l'aria.


 

* * *
 


Stringo la mano di Tobias e lo seguo lungo il corridoio illuminato in cui stiamo camminando. Urto contro la sua spalla quando si ferma improvvisamente davanti una porta di legno bianco.

Si volta verso di me, accigliato « Tutto okay? ». Annuisco.

Sopra la superficie lucida spicca il numero "4" e non posso fare a meno di farmi sfuggire uno sbuffo divertito, inarcando il sopracciglio destro « Quattro? », gli domando.

Neanche si gira, troppo impegnato ad infilare una chiave argentata nella serratura, ma dalla posizione in cui sono riesco benissimo a vedere le guance che si stendono a causa del sorriso. « Non dire niente, è del tutto casuale e nessuno, a parte te, Chris e pochi eletti, trovano la cosa così divertente » afferma, mentre apre la porta e si fa da parte per lasciarmi entrare.
Davanti a me si apre un'ampia stanza illuminata da numerosi faretti sul tetto, mentre parte della nuova città in costruzione si affaccia dalle immense vetrate che percorrono la stanza.

Mi volto verso di lui come una bambina che ha appena fatto una nuova scoperta e sbatto più volte gli occhi. « Ma è.. è.. » lui annuisce, continuando la frase al mio posto. « Bellissimo, lo so. »

Stendo le labbra in un sorriso e continuo ad osservarlo, mentre cerco di formulare nella mia mente la domanda successiva.
Tobias però mi anticipa e prima ancora che io apra bocca, mi poggia una mano ruvida sulla guancia. « Sì, è nostra. La nostra nuova casa ».


 

* * *



Stretta fra le braccia di Tobias, non ho paura di lasciare libera la mia mente. Alcuni punti interrogativi mi sfiorano subito i pensieri.

Caleb è in cima ad essi. Dov'è? Perché non era lì al mio risveglio?

Tobias mi ha detto che Christina sarebbe tornata il giorno dopo, non poteva di certo sapere che oggi sarei stata io a tornare.
Ma su Caleb non ha proferito parola.

Sospiro e sfrego la guancia contro il suo petto, ormai abituata all'idea di essere nello stesso letto insieme a lui.

Se me lo avessero detto soltanto qualche tempo prima sarei avvampata e poi avrei detto chiaramente "NO!", ma il tempo passato da sola in quella simulazione ha rivoluzionato tutto.

Il mio modo di pensare a Tobias e di approcciarmi con lui.

Può sembrare strano, non si può cambiare idea così velocemente, ma ciò che ho realizzato dopo qualche tempo mi ha permesso di riflettere. "Aspettare", ma cosa? Cosa c'è di male a voler condividere con la persona che si ama anche l'intimità?
Forse la mia mentalità da Abnegante non mi permetteva di vedere oltre, ma vivere come ho vissuto io fino a ieri sì.

« Sei sveglia? » la voce di Tobias mi strappa ai miei pensieri e così annuisco « Hm-hm».

« Non hai sonno? » di nuovo, la sua voce mi arriva calda e profonda alle orecchie. Questa volta mi poggio con il mento sul suo petto e, approfittando della luce che entra dai finestroni che si estendono anche nella camera da letto, scuoto la testa. « No, tu? ».

Scuote la testa anche lui e mi sorride, alzando l'angolo destro della bocca. Non so cosa mi porti a desiderarlo così tanto, ma mi sporgo verso di lui e gli rubo un bacio. Lui continua a guardarmi.

« Tris.. » sfiata, deglutendo rumorosamente.

Ripoggio le labbra sulle sue, questa volta prolungando il bacio, e lui mi allontana dolcemente sfiorandomi una guancia con i polpastrelli caldi. « Tris.. » ripete.

Punto gli occhi nei suoi e, parlando ad un millimetro dalle sue labbra carnose, ribatto con convinzione « Zitto e baciami ».

 

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